Un amore a Londra

di Lois Lane 89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Questa storia si svolge in Inghilterra, e più precisamente nella capitale, Londra.

Mi chiamo Abigail, ma chi mi conosce mi chiama Abby.

La mia vita è totalmente ordinaria: lavoro come guida alla National Gallery.

Una sera mi successe una cosa che non mi sarei mai aspettata.

Ero andata al cinema per godermi una serata tranquilla; quando arrivai alla biglietteria, comprai il biglietto ed entrai in sala dopo aver acquistato una bottiglietta d'acqua al bar.

Una volta entrata in sala, mi sedetti in un posto in ultima fila, e aspettai che il film iniziasse.

Mentre stavo bevendo un sorso d'acqua, mi accorsi che un uomo si era seduto accanto a me.

Ci mancò poco, anzi pochissimo che l'acqua che avevo in bocca mi andasse di traverso: accanto a me c'era Jonathan Rhys-Meyers, attore, cantante e modello di origine irlandese che nella serie tv “The Tudors” interpretava il personaggio del re d'Inghilterra Enrico VIII Tudor.

Pensai che di persona era ancora più bello: quella sera indossava dei jeans con le scarpe da tennis, e sopra una maglia grigia con lo scollo a V e una felpa con la zip allacciata solo per metà.

La maglia era adrente; così metteva in risalto il suo fisico perfetto.

Lui mi guardò e mi sorrise: io feci la stessa cosa, poi voltai la testa e posai la bottiglietta dentro la borsa.

Il film iniziò: ogni tanto, con la coda dell'occhio, guardavo Jonathan per capire se il film gli stava piacendo; sembrava di si, dato che sorrideva (il film era una commedia).

Quando il film finì, presi la mi aborsa, mi alzai dal seggiolino e feci per andarmene, ma qualcuno mi posò una mano sul braccio.

Mi voltai, e mi trovai Jonathan accanto.

“Credo che questa sia tua. Deve essere scivolata fuori prima, durante il film.” disse Jonathan, porgendomi la bottiglietta d'acqua mezza piena.

“Grazie, non me ne ero nemmeno accorta.” risposi io, allungando la mano pre prenderla.

In quel momento le nostre dita si sfiorarono, e io ritrassi la mano.

“Sono cose che succedono. Io mi chiamo Jonathan.” disse Jonathan, porgendomi la mano.

“Abigail.” risposi io, stringendogli la mano.

“E' un bellissimo nome.” disse Jonathan lasciando andare la mia mano.

-Mai bello quanto te- pensai nella mia testa.

“Grazie. Scusa ma ora devo proprio andare. Buona notte.” risposi io.

“Buona notte.” disse Jonathan.

Così dicendo, mi allontanai da lui, uscì dal cinema e tornai a casa.

Abitavo in un appartamento vicino a Holland Park.

Una volta entrata in casa, indossai il pigiama e andai a letto.

Non riuscivo a credere di aver incontrato Jonathan Rhys-Meyers.

Con il suo viso ben fisso nella mente, mi addormentai.


TO BE CONTINUED...

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


La mattina dopo, mi recai al lavoro alla National Gallery.

Fui una giornata lunghissima; la mattina dovetti accompaganre in giro per la galleria una scolaresca di 20 alunni più 2 insegnanti: facevano parecchio rumore e dovetti chiedere più volte agli insegnanti di fargli fare silenzio.

Nel pomeriggio, arrivò un gruppo di persone anziane: mi interrompevano in continuazione, chiedendomi se avevo un ragazzo e parlando tra loro.

Fortunatamente con loro fu un giro breve; quando se ne furono andati, parlai con il mio collega che assegnava i gruppi del fatto che quel giorno non ero riuscita a fare il mio lavoro dato che tutti parlavano tra loro e mi interrompevano sempre.

Lui mi rispose che avrebbe fatto il possibile per risolvere le cose.

Dopo di che controllai l'orologio e vidi che mancava ancora un'ora alla fine del mio turno; così feci un giro per la galleria per vedere se qualche visitatore aveva bisogno d'aiuto.

All'improvviso, notai un ragazzo che guardava nella mia direzione; anzi guardava proprio me.

Lo guardai con più attenzione, e lo riconobbi: era Jonathan.

Mi avvicinai a lui, che stava sorridendo.

“Quando si dice la coincidenza. Non pensavo di trovarti in un posto del genere.” disse Jonathan.

“In verità io lavoro qui. Faccio la guida.” risposi io.

“Lavoro interessante. E come è andata oggi?” domandò Jonathan.

“Non benissimo. Ho avuto una scolaresca stamattina e un gruppo di anziani nel pomeriggio. Mi interrompevano sempre. Non riuscivo a fare un discorso sensato.” risposi io.

“Davvero un comportamento inadeguato. A che ora stacchi?” domandò Jonathan.

“Tra dieci minuti.” risposi io, guardando l'orologio che portavo al polso.

“Allora sono arrivato al momento giusto. Ti va di andare a bere qualcosa insieme Abigail?” domandò Jonathan.

“Abby. Chi mi conosce mi chiama Abby. E comunque si, mi piacerebbe.” risposi io.

Jonathan sorrise, e a me si fermò il fiato: aveva un sorriso fantastico.

Dopo di che, lui aspettò che il mio turno finisse; poi uscimmo insieme.

Ci recammo in un locale in cui il barista lo chiamò per nome.ordinammo da bere e ci sedemmo ad un tavolo.

“Come mai hai ordinato un analcolico?” domandò Jonathan.

“Sono astemia. L'unica volta che ho bevuto del vino, la mia testa ha girato per un bel po'. Non reggo l'alcool.” risposi io.

“Non tutti lo reggono. Comunque sono contento che tu sia qui.” disse Jonathan.

Io sorris, e in quel momento ci portarono la nostra ordinazione.

“Vieni spesso qui?” domandai io.

“Si. Sai, stavo ripensando a ieri sera, a quando ti ho vista al cinema. Quando mi hai riconosciuto, credevo che ti saresti messa a urlare e che mi saresti saltata addosso. Sono rimasto sorpreso quando non l'hai fatto.” rispose Jonathan.

“Mi è stato insegnato a non aggredire le persone. Non sono il genere di ragazza che salta addosso alla prima celebrità che incontra.” dissi io.

“Tutte le persone che mi riconoscono per strada vogliono qualcosa da me: una fotografia, un autografo. Tu sei la prima che mi tratta come una persona normale e non come una celebrità. A volte sono costretto anche a fuggire quando le fan sono troppo insistenti.” rispose Jonathan.

“Io non farò nulla del genere.” dissi io.

“Lo so. Sento che c'è qualcosa di diverso in te, che posso fidarmi. E che posso essere me stesso.” rispose Jonathan.

“Sono contenta che tu possa essere te stesso. Non potrai esserlo molto spesso con la vita che fai.” dissi io.

Tra me e me pensai se potevo fidarmi di me stessa con lui.

“No, infatti.” rispose Jonathan sorridendomi.

Finimmo i nostri drink in silenzio.

Feci per tirare fuori il portafoglio, ma Jonathan me lo impedì.

“Lascia stare. Faccio io.” disse Jonathan.

Così dicendo, Jonathan pagò il conto e insieme uscimmo dal locale.

“Dove abiti?” domandò Jonathan.

“Vicino a Holland Park.” risposi io.

“Non siamo lontani. Posso riaccompagnarti a casa?” domandò Jonathan.

“Certo.” risposi io.

Detto questo, cominciammo a camminare.

Durante il tragitto, Jonathan mi prese per mano; io lo guardai e lui mi sorrise.

Arrivammo davanti al portone del palazzo dove abitavo e io mi fermai.

“Io sono arrivata. Grazie per il drink.” dissi io, togliendo la mia mano dalla sua.

“No. Grazie a te.” rispose Jonathan.

Lui si avvicinò a me, e puntò i suoi occhi dritti nei miei: da vicino i suoi occhi azzurri erano ancora più intensi.

Il suo sguardo era totalmente magnetico.

Jonathan prese il mio viso tra le mani e sfiorò le mie labbra con le sue.

Dopo di che, mi allontanai da lui, e tirai fuori le chiavi dalla borsa.

“Buona notte.” dissi io, dopo aver infilato le chiave nella serratura e aver aperto il portone.

“Buona notte.” rispose Jonathan.

Prima che chiudessi il portone, Jonathan mi fermò per chiedermi il numero di telefono; io lo scrissi su un bigliettino che avevo nella borsa e glielo consegnai.

A quel punto, potei salutarlo, chiudere il portone e andare in casa.

Quando arrivai in casa, ero senza fiato: Jonathan mi aveva baciato.

Non riuscivo a credere che Jonathan Rhys-Meyers avesse baciato proprio me.

Mi feci una doccia veloce e me ne andai a dormire.


TO BE CONTINUED...


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Passò una settimana, e non avevo più rivisto Jonathan.

A dire la verità non mi aveva chiamato; probabilmente era molto impegnato con il lavoro.

In questa settimana, al lavoro, mi capitarono dei gruppi in cui riuscì a fare il mio dovere.

Un giorno, mentre spiegavo un quadro ad un gruppo di liceali, notai un ragazzo, a pochi metri di distanza dal mio gruppo, che guardava dritto verso di me: era Jonathan.

Cercai di mantenere la concentrazione, distolsi lo sguardo da lui e continuai a parlare del quadro.

Quando terminai, guardai l'orologio e vidi che il mio turno era terminato.

Uscì dalla galleria, e in pochissimo tempo mi ritrovai Jonathan accanto.

“Non credo che fossi alla galleria per vedere un quadro.” dissi io.

“Infatti. Mi piace guardarti mentre sei al lavoro.” rispose Jonathan.

In quel momento, il suo cellulare squillò.

“Ora devo proprio andare. Raggiungimi a questo indirizzo stasera.” disse Jonathan, porgendomi un foglietto sopra il quale c'era scritto un indirizzo.

“Ma che posto è?” domandai io, prendendo il foglietto.

“Un posto dove possiamo finalmente stare soli.” rispose Jonathan.

Mi dette un bacio sulla guancia, mi sorrise e si allontanò.

Tornai a casa, e quando arrivò il momento, mi preparai per andare all'appuntamento con Jonathan.

Mentre indossavo un semplice vestito bianco, mi domandavo continuamente perchè stavo per andare da lui, e se non fosse il caso di cambiare idea e rimanere a casa.

Quando fui pronta, mi guardai allo specchio, e mi domandai che cosa Jonathan Rhys Meyers potesse mai trovare in una ragazza come me.

Uscì di casa, e mi recai all'indirizzo scritto sul foglietto.

Arrivai davanti alla porta, e suonai il campanello: ero un fascio di nervi.

La porta si aprì e mi trovai Jonathana davanti, che sorrise.

Entrai in casa, e lui chiuse la porta alle mie spalle.

“Sei bellissima.” disse Jonathan prendendomi la mano.

“Grazie. E' casa tua, vero?” domandai io.

“Si. Così possiamo stare tranquilli. Vieni.” rispose Jonathan.

Mi condusse in salotto, dove, sul tavolino davanti al divano c'erano delle confezioni di cibo cinese.

La luce era soffusa, per creare la giusta atmosfera.

“Ti piace il cibo cinese? Non conosco ancora i tuoi gusti.” disse Jonathan.

“Mi piace molto la cucina cinese. Hai fatto la scelta giusta.” riaposi io.

“E' arrivato tutto poco prima che tu arrivassi. È ancora caldo.” disse Jonathan.

Così dicendo, chi sedemmo per terra su dei cuscini.

“Come sapevi che sarei venuta?” domandai io.

“Non lo so. Ci ho sperato. E alla fine eccoti qui.” rispose Jonathan.

Finimmo di mangiare guardandoci negli occhi.

Dopo cena, ci sedemmo sul divano.

“Abby, c'è una cosa che devi sapere.” disse Jonathan, prendendomi le mani.

“Dimmi, ti ascolto.” risposi io.

“Ecco io... mi sono innamorato di te.” disse Jonathan.

“Da quanto tempo?” domandai io.

“Credo dalla sera in cui ti ho conosciuta al cinema, ma l'ho capito la sera dopo quando ti ho riaccompagnata a casa. Non riesco più a togliermi il tuo viso dalla testa.” rispose Jonathan.

Prima che potessi parlare, lui prese il mio viso tra le mani e mi baciò con passione.

Io sul momento ricambiai il bacio, ma quando lui fece scivolare la mano sotto l'orlo del mio vestito, un campanello d'allarme suonò nella mia testa, e gli bloccai la mano.

Lui smise di baciarmi e mi guardò.

“Che cosa c'è? Qualcosa non va?” domandò Jonathan.

Io mi alzai dal divano.

“Non possiamo farlo. Non è giusto.” risposi io.

“Ci amiamo. Non vedo nulla di sbagliato in questo.” disse Jonathan.

“Jonathan, che tu lo voglia o no, sei una celebrità. Pensa se ci vedessero insieme. La stampa farebbe i salti di gioia. Tutti vorrebbero sapere che cosa ci trovi in una come me.” risposi io.

“Possiamo evitarla la stampa.” disse Jonathan.

“Non per sempre. È solo questione di tempo prima che la notizia si diffonda. Noi non possiamo stare insieme. Dimenticati di me, è la cosa migliore. E io prometto che dimenticherò tutto. Non cercarmi mai più. Addio.” risposi io, raccogliendo la mia borsa.

Così dicendo, uscì di corsa da quella casa; non mi voltai nemmeno per vedere se lui mi era corso dietro per cercare di fermarmi.

Quando arrivai a casa, ero senza fiato per la corsa, e avevo le lacrime che non la smettevano di scendere.

Mi buttai sul letto, mi strinsi un cuscino al petto, e cercai di calmarmi.

Ma con tutti gli uomini che ci sono a Londra, mi dovevo innamorare proprio di Jonathan Rhys-Meyers?

I giorni passavano: ci provai in tutti i modi, ma non riuscivo a dimenticare quello che era successo a casa di Jonathan.

Ci sarebbe voluto più tempo del previsto.


TO BE CONTINUED...



 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Passarono due settimane da quella sera, e io mi concentrai sul mio lavoro.

Da un paio di mesi (quindi da prima che incontrassi Jonathan), io e un mio collega della National Gallery, Kevin, stavamo preparando tutto il materiale per una conferenza che aveva come argomento la dinastia dei Tudor.

Mi era occorso parecchio tempo per creare i file della presentazione.

Arrivò il giorno della conferenza, che si sarebbe svolta non alla National Gallery, ma in una sala del palazzo di Greenwich.

Ci era voluto un mese intero per ottenere tutti i permessi, ma alla fine ce l'avevamo fatta.

Io mi trovavo dietro le quinte con Kevin per controllare che fosse tutto a posto e in ordine per iniziare; io sarei salita sul palco, mentre Kevin sarebbe rimasto dietro le quinte per manovrare il computer.

Sbirciai nella sala e vidi due cose: in sala c'erano parecchie persone, e questo mi fece piacere; la seconda cosa che vidi, però, mi mandò nel panico più totale.

Sulla destra della sala, nelle prime file, era seduto nientemeno che l'intero cast della serie tv “The Tudors”: Henry Cavill (che interpretava il personaggio del duca di Suffolk Charles Brandon), era seduto in prima fila; accanto a lui c'era Jonathan.

“Kevin, non posso uscire sul palco. È meglio che parli tu.” dissi io, avvicinandomi a Kevin.

“Capisco che sei nervosa, abbiamo lavorato tanto per arrivare fin qui. Non puoi tirarti indietro.” rispose Kevin.

“Tu non capisci. Ho appena visto l'intero cast della serie “The Tudors” in prima fila. Non posso farcela.” dissi io.

Non potevo certo dirgli che se Jonathan mi vedeva ero finita.

“Abby, tu sei l'unica che conosce a memoria tutte le date e la storia, sei l'unica che può farlo. Ora prendi un bel respiro, accendi il microfono e sali su quel palco.” rispose Kevin.

Mentre cercavo di respirare per calmarmi, Kevin annunciò che stavamo per iniziare.

Guardai Kevin, che mi sorrise; accesi il microfono, e uscì sul palco: il pubblico applaudì.

Guardai alla mia destra, e i miei occhi incontrarono quelli di Jonathan: non sembrava arrabbiato, ma solo molto sorpreso di trovarmi li.

Salutai il mio pubblico, presentai l'argomento che avrei trattato, e iniziai a parlare, mentre Kevin di seguiva con le foto proiettate sullo schermo alle mie spalle.

Facemmo un paio di pause, per permettermi di riprendere fiato: non ricordavo un'altra occasione in cui avessi parlato così tanto.

L'intero cast della serie, rimase in sala fino alla fine.

Nel primo pomeriggio, la conferenza finì.

Ringraziai tutti per la presenza, li salutai, spensi il microfono e tornai dietro le quinte.

Kevin mi abbracciò.

Dopo di che, raccogliemmo tutte le nostre cose.

Quando uscimmo dal palazzo di Greenwich, trovammo tutto il cast ad attenderci per farci i complimenti.

Così facendo, salutai Kevin, e mi avviai verso casa.

Per arrivarci presi un taxi: non avevo voglia di camminare fino alla metro.

Una volta arrivata a casa, mi buttai sul letto: ero esausta.

Dopo un po', bussarono alla porta.

Andai ad aprire, e mi trovai Jonathan davanti.

“Che cosa ci fai qui?” domandai io.

“Dobbiamo parlare.” rispose Jonathan.

“Non abbiamo niente da dirci.” dissi io.

Feci per chiudere la porta, ma lui fu più veloce: bloccò la mia mano, entrò e chiuse la porta.

“Io non riesco a dimenticarti. Ci ho provato in tutti i modi. Me è impossibile. E sento che anche tu provi la stessa cosa. Ho visto il tuo sguardo stamattina alla conferenza.” disse Jonathan.

“Hai ragione. Non riesco a dimenticare. Tu sei sicuro di volere proprio me?” domandai io, tenendo le braccia incrociate contro il petto.

Jonathan si avvicinò a me, e mi prese le mani.

“Assolutamente si. Voglio solo te.” rispose Jonathan.

Mi avvicinai al suo viso e gli baciai una guancia.

“Sai, sono rimasto molto sorpreso quando ti ho vista salire sul palco oggi. Hai fatto un lavoro fantastico.” disse Jonathan.

“Ti è piaciuto davvero? Credi che sia piaciuto anche al resto del cast?” domandai io.

“Sono stati tutti molto contenti. Come hai fatto a conoscere così bene la storia dei Tudor?” domandò Jonathan a sua volta.

“Libri, e anche un po' la serie. Deve essere stato difficile interpretare Enrico VIII. Parlare come facevano nel '500 non deve essere stato facile.” risposi io.

“E' stata un po' dura, questo è vero. E penso che abbiamo ancora una questione in sospeso.” disse Jonathan.

Così dicendo, prese il mio viso tra le mani e mi baciò dolcemente.

“Come ti senti?” domandò Jonathan quando si staccò.

“Esausta. E non parlo solo di oggi, ma anche di tutto il lavoro che ho fatto per preparare tutto il materiale.” risposi io.

Jonathan mi posò le mani sui fianchi, mentre io portai le mie braccia intorno al suo collo.

I nostri visi si unirono nuovamente in un bacio; ma questa volta fu più passionale.

Jonathan mi tolse la giacca: indossavo ancora i vestiti che avevo alla conferenza a Greenwich Palace.

Io gli tolsi la sua, e ben presto finimmo sotto le coperte: i nostri corpi l'uno contro l'altro.

La mattina dopo, quando aprì gli occhi e mi misi a sedere sul letto, vidi che Jonathan era sdraiato accanto a me, ancora addormentato.

Quell'uomo rappresentava la perfezione: occhi azzurri, sguardo magnetico, un fisico scolpito a regola d'arte da mozzare il fiato; e tra tutte le donne che poteva avere, aveva scelto me.

Mi alzai, indossai gli slip e una canotta; e a piedi nudi, mi diressi in cucina per prendere dell'acqua.

Ad un tratto, sentì un rumore alle mie spalle e mi voltai: Jonathan si era alzato, ed era davanti a me, indossando solo gli slip sotto i pantaloni; per il resto era a piedi nudi e senza camicia.

Prese il bicchiere dalla mia mano, lo posò sul tavolo dopo aver finito l'acqua che c'era dentro, e mi strinse contro il proprio corpo.

Mentre mi teneva stretta a se, iniziò a baciarmi il collo.

Ogni suo bacio era capace di farmi venire le farfalle allo stomaco.

Jonathan si staccò dal mio collo, e mi guardò.

“Tu mi farai diventare pazzo. Sei letteralmente irresistibile.” disse Jonathan.

“Sei la prima persona che la pensa così.” risposi io, allontanandomi un po' da lui.

“Hai mai avuto qualcuno prima di me?” domandò Jonathan.

“Si, avevo un ragazzo una volta. Ma non è finita bene. Secondo lui non ero alla sua altezza. Così un giorno l'ho trovato insieme ad un'altra ragazza. Da due anni non c'è più stato nessuno nella mia vita.” risposi io.

“Quel tipo è solo un idiota. Non sa cosa si è perso.” disse Jonathan.

Così dicendo mi prese in braccio, e io posai le mi e labbra sulle sue.

Prima di pranzo, Jonathan si rivestì e se ne andò, dicendomi che aveva un impegno.

Mi promise che ci saremmo rivisti prestissimo.

Quando rimasi sola, mi feci una doccia, e mi occupai delle faccende domestiche.

Mentre lavoravo, accesi la musica.



TO BE CONTINUED...

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Il giorno dopo, andai al lavoro alla National Gallery.

Per quella giornata non erano perviste visite guidate con gruppi, così mi limitai a girare per la galleria, e vedere se qualche visitatore avesse bisogno d'aiuto.

Ad un certo punto, vidi cinque membri del cast dei Tudors davanti ad una statua: Jonathan, Henry, Natalie Dormer (Anna Bolena), Sam Neil (Thomas Wolsey) e Jeremy Northam (Tommaso Moro).

Stavo per andare verso di loro, ma qualcuno alle mie spalle mi chiamò per nome; mi voltai e vidi Tom, il mio ex ragazzo con la ragazza con la quale mi aveva tradita; evidentemente stavano ancora insieme.

“Sai, non riesco proprio a capire cosa il mio Tommy trovasse in te. Sei solo una insignificante ragazzina che fa la guida in un museo di roba vecchia.” disse lei; era solo una smorfiosa, e non dovevo reagire alle sue provocazioni.

Jonathan era dietro di me, a qualche metro di distanza, e sperai che non reagisse.

Feci per andarmene, ma Tom mi bloccò, prendendomi per un braccio.

“Tu per me non hai significato nulla. Sei soltanto una ragazzina che crede ancora alle favole. Non troverai nessuno che ti ami davvero. Resterai sola, per sempre.” disse Tom.

Lasciò la presa intorno al mio braccio, e se ne andò insieme a quella smorfiosa della sua ragazza.

Guardai l'orologio, e vidi che il io turno era finito da cinque minuti: quel giorno facevo solo il turno della mattina.

Timbrai l'uscita, presi la mia borsa, e uscì dalla National Gallery.

Mentre camminavo, qualcuno mi prese la mano: alzai lo sguardo, e vidi Jonathan accanto a me.

“Hai sentito tutto, vero?” domandai io.

“Si. Non devi dargli retta. Tu sei tutto tranne che insignificante.” rispose Jonathan.

Così dicendo, mi strinse tra le sue braccia.

“Scusa.” dissi io, staccandomi da lui.

“Per cosa?” domandò Jonathan.

“Hai lasciato i tuoi amici per correre da me. Ti lascio tornare da loro.” risposi io, guardando alle spalle di Jonathan.

Henry, Natalie, Sam e Jeremy erano a pochi metri di distanza da noi.

“Non si sono arrabbiati. E poi tu avevi bisogno di me. Stavamo per andare a pranzo, vieni con noi.” disse Jonathan.

Anche gli altri volevano che andassi con loro, così mi unì al gruppo.

Ci recammo in un ristorante vicino al parco di Sant James.

Durante il pranzo, mi fecero tutti delle domande riguardo alla conferenza a cui avevano partecipato.

Mentre stavamo aspettando il dessert, mi accorsi che nel ristorante c'era anche Tom con la smorfiosa; Jonathan se ne accorse, e mi prese la mano.

Ad un tratto la smorfiosa si avvicinò al nostro tavolo: aveva riconosciuto Henry (disse che l'aveva visto nel film L'uomo d'acciaio), e voleva una foto con lui e il suo autografo.

Per non essere scortese, Henry fece la foto e firmò l'autografo.

Dopo pranzo, salutai Henry, Natalie, Same e Jeremy e me ne andai insieme a Jonathan.

Camminavamo mano nella mano.

Arrivammo fino a Kensington Gardens, davanti alla fontana con la statua di Peter Pan.

“Come mai siamo venuti proprio qui?” domandai io.

“Perchè da quando sto con te, a volte mi sento proprio come Peter Pan.” rispose Jonathan.

“Come un bambino?” domandai io.

“No. Mi sento come se volassi. E come in Peter Pan, ti sei la mia Wendy.” rispose Jonathan.

Lo guardai e gli accarezzai il viso.

Appoggiai la testa sul suo petto, e lui mise un braccio intorno alla mia vita.

Dopo un po', uscimmo da Kensington Gardens.

Mentre mi riaccompagnava a casa, Jonathan mi disse che due giorni dopo sarebbe dovuto partire per Dublino, in Irlanda, la sua città natale.

Doveva andarci per partecipare alla realizzazione di un servizio fotografico per una rivista di moda.

Mi promise che nel giro di una settimana, massimo due, sarebbe tornato da me.

Mi sarebbe mancato tantissimo; infatti non appena rimasi sola, volevo corrergli dietro e impedirgli di partire.

Arrivò il giorno in cui Jonathan partì per Dublino; purtroppo non potevo lasciare il mio lavoro, così dovetti rimanere a Londra.

Dopo nemmeno una settimana, Jonathan mi mancava da impazzire.

Non avevo ancora ricevuto sue notizie; evidentemente era così impegnato da non poter nemmeno prendere in mano il cellulare per mandarmi un messaggio.

Passarono due settimane da quando Jonathan era partito.



TO BE CONTINUED...

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Un pomeriggio arrivai fino a casa sua per vedere se per caso era tornato, dato che non rispondeva a nessuna telefonata o messaggio.

Vidi che al piano di sotto, dove c'era il salotto, la luce era accesa.

Arrivai alla porta, e suonai il campanello.

Mi aprì una ragazza: bionda, occhi azzurri, fisico mozzafiato; molto probabilmente era una modella.

Quello che mi fece infuriare, fu il fatto che era a casa di Jonathan, indossando solo la biancheria intima.

“Che cosa desideri?” domandò lei.

“Veramente stavo cercando Jonathan; questa è casa sua.” risposi io.

“E' dentro. Vieni anche tu, ci divertiamo.” rispose la ragazza.

“No grazie. Non è necessario.” dissi io.

Così dicendo, mi allontanai dalla porta e me ne andai.

Nel momento in cui voltai le spalle, sentì la porta chiudersi.

Tornai a casa con le lacrime che sgorgavano senza alcun freno.

Alla fine, anche Jonathan mi aveva tradito; mmi sentivo malissimo, come se lui mi avesse infilato un pugnale dritto nel cuore.

Mentre stavo letteralmente inondando il mio cuscino di lacrime, il mio cellulare squillò.

Lo tirai fuori dalla tasca, e vidi il nome Jonathan sul display; ignorai la chiamata, così come quelle successive, e alla fine spensi il telefono.

Non avevo nessuna voglia di sentirlo mentre mi rifilava una serie infinita di scuse totalmente inutili.

Quando riuscì a smettere di piangere, mi accorsi che era già diventato buio.

Andai in bagno, e mi guardai allo specchio; avevo un aspetto orrendo: i miei occhi erano arrossati.

Credo di aver esaurito la mia riserva di lacrime.

Aprì il rubinetto, e mi bagnai il viso con abbondante acqua fredda.

Mentre avevo l'asciugamano tra le mani per asciugarmi la faccia, qualcuno bussò alla porta.

Guardai dallo spioncino: Jonathan era dall'altra parte della porta.

Volevo proprio sapere chi era il genio che lasciava il portone aperto in modo che chiunque potesse entrare.

Mi sedetti per terra, con la schiena contro la porta.

“Abby, so che sei li e che mi stai ascoltando. Quello che hai visto oggi pomeriggio non è affatto come pensi. Ero tornato da Dublino stamattina; stavo per chiamarti, ma alcuni dei miei amici mi sono piombati in casa con delle modelle, compresa la ragazza che ti ha aperto. Quando è tornata dentro ha detto di aver parlato con una ragazza che mi stava cercando, e che se ne è andata subito. Ho capito immediatamente che quella ragazza eri tu. Mi ci è voluto un po', ma ho cacciato tutti di casa e sono corso qui da te. Ti chiedo solo di perdonarmi e di credermi.” disse Jonathan.

Mentre parlava, delle lacrime cominciarono nuovamente a sgorgare dai miei occhi; evidentemente la riserva di lacrime non era esaurita del tutto.

Dal suo tono di voce sembrava sincero; fece qualche pausa: come se le parole gli si bloccassero in gola.

Quando finì di parlare, aspettai qualche secondo, e mi alzai da terra.

Aprì la porta e lui era ancora lì: doveva aver pianto perchè aveva gli occhi lucidi.

Ci guardammo per un momento che sembrò non finire mai.

“Quello che hai detto poco fa, era vero?” domandai io.

“Dalla prima all'ultima parola. Io ti amo Abby. Ti amo davvero. E ci è mancato poco che ti perdessi per colpa di alcuni idioti.” rispose Jonathan.

Strinsi la mano intorno al bavero della sua giacca e lo tirai dentro casa; lui non oppose resistenza e quando fu dentro, con una mano chiuse la porta mentre l'altra era sulla mia schiena.

“Mi dispiace. Ho espresso un giudizio senza conoscere i fatti.” dissi io.

“E'stato tutto un brutto malinteso. Ma ora abbiamo risolto tutto.” rispose Jonathan.

“Infatti. Perchè ti amo anch'io.” dissi io.

Così dicendo, lo baciai facendo in modo che i nostri corpi fossero l'uno contro l'altro.

Lui prese il mio volto tra le mani, che poi scesero lungo la mia schiena.

La sua bocca passò sul mio collo, permettendomi di respirare.

Finimmo a coccolarci sul letto; rimanemmo vestiti, e togliemmo solo le scarpe.

Jonathan era ancora stanco dal viaggio, dato che non aveva potuto riposarsi a causa di quello che era successo.

Poco dopo, Jonathan si addormentò: non volli svegliarlo, e soprattutto non volevo che se ne andasse.

Lo coprì con il lenzuolo, e mi addormentai accanto a lui.



TO BE CONTINUED...

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Quando la mattina dopo mi svegliai, vidi che Jonathan si era già alzato.

“Scusa se mi sono addormentato. Non sarei dovuto restare.” disse Jonathan.

“Eri stanco, e hai fatto bene a dormire. E puoi rimanere a dormire qui tutte le volte che vuoi. Non sarò certo io a impedirtelo.” risposi io.

“Che impegni hai per oggi?” domandò Jonathan.

“Oggi non devo andare al lavoro. È il mio giorno libero. Non ho nulla da fare.” risposi io.

“Fantastico. Allora passeremo insieme l'intera giornata, e stanotte resterai da me.” disse Jonathan.

Così dicendo, misi in una borsa i mie vestiti da lavoro, il pigiama, le scarpe che uso alla galleria e i miei prodotti cosmetici: deodorante, profumo, spazzolino, dentifricio, spazzola e trucchi.

Dopo di che, uscimmo di casa insieme.

La sera precedente, Jonathan era venuto in macchina; così misi la mia borsa nel bagagliaio, salimmo in macchina e partimmo.

Jonathan fermò la macchina in uno di quei parcheggi a pagamento; il nostro era nel distretto di Westminster.

Uscimmo a piedi dal parcheggio e cominciammo a girare per Londra.

Facemmo un giro sulla London's eye, la ruota panoramica.

Era stata sistemata proprio sulla riva del Tamigi, e quando arrivammo in cima, ci godemmo lo splendido panorama della città di Londra.

Per fortuna nella cabina eravamo soli.

Per tutto il giro, Jonathan mi tenne stretta a se: io mi sentivo protetta e al sicuro tra le sue braccia.

Dopo il giro sulla ruota panoramica, prendemmo qualcosa da mangiare in un locale che vendeva i suoi prodotti solo take away.

Nel pomeriggio, girammo ancora un po' per Londra; dopo aver assistito al cambio della guardia a Buckingham Palace, ci recammo al parcheggio.

Dopo averlo pagato, salimmo in macchina e tornammo a casa di Jonathan.

Non entravo in quella casa dalla sera in cui Jonathan confessò di essere innamorato di me.

Ma quella sera non sarei scappata; Jonathan era mio, e nessuno me lo avrebbe portato via.

Arrivammo a destinazione, e Jonathan parcheggiò l'auto.

Scendemmo, e dopo aver preso la mia borsa dal bagagliaio, entrammo in casa, chiudendoci la porta alle spalle.

Posai la borsa con i miei vestiti e quella con cui ero andata in giro per Londra nell'ingresso, e seguì Jonathan in salotto.

Decidemmo di guardarci un film: la scelta cadde su Dirty Dancing, e ci accoccolammo sul divano dopo aver spinto il tasto play.

Eravamo circa a metà del film quando suonò il campanello.

Avevo io il teleccomando, e spinsi il tasto pausa.

“Aspetti qualcuno?” domandai io guardando Jonathan.

“No. Aspetta qui.” rispose Jonathan, alzandosi dal divano.

Andò alla porta e l'aprì; oltre a quella di Jonathan, sentivo delle altre voci provenire dall'ingresso.

La porta si chiuse e Jonathan si sedette nuovamente accanto a me.

“Chi era alla porta?” domandai io.

“I miei amici. Quegli idioti di ieri. Volevano che stasera uscissi con loro. Avevano intenzione di andare in giro per locali; probabilemnte per rimorchiare qualche ragazza. Ho detto che potevano andarci da soli. Io una ragazza ce l'ho già. E ho intenzione di tenermela stretta.” rispose Jonathan, intrecciando la sua mano con la mia.

Feci ripartire il film, e finimmo di guardarlo.

Quando finì, spinsi stop, e spensi sia la tv che il lettore dvd.

Ci accorgemmo che fuori si era già fatto buio.

Nessuno dei due aveva molta fame, così saltammo la cena.

Jonathan mi sollevò il viso con due dita, e proprio nel momento in cui stava per baciarmi, il campanello suonò di nuovo.

“Non è possibile.” dissi io, posando la testa sulla spalla di Jonathan.

Questa volta ci alzammo tutti e due dal divano, ma fu sempre Jonathan ad andare alla porta.

Sentì delle voci, e la porta chiudersi poco dopo; Jonathan rientrò in salotto che aveva un'espressione arrabbiata.

“Chi era stavolta?” domandai io.

“Sempre quegli idioti. Credevano che avessi cambiato idea. Ora ho chiuso la porta a chiave.” rispose Jonathan, circondando il mio corpo con le sue braccia.

“Credi che riusciremo a non essere più disturbati e a rimanere soli?” domandai io, posando le mani sul suo petto.

“Si. Anche perchè prima stavo per fare una cosa e sono stato interrotto.” rispose Jonathan.

Così dicendo, Jonathan sollevò il mio viso con una mano, e finalmente riuscì a baciarmi.

Le sue labbra erano morbide e calde sulle mie.

Quando si staccò, mi prese in braccio, tenendo un braccio contro la mia schiena e l'altro sotto le mie ginocchia.

Tenendomi tra le sue braccia, Jonathan salì al piano superiore ed entrò in quella che doveva essere la sua stanza.

L'unica fonte luminosa era la luce della luna, che filtrava dalla finestra aperta.

Jonathan mi posò sul letto, e venne sopra di me, stando attento a non gravarmi addosso con il suo peso.

Anche nella penombra, i suoi occhi azzurri risaltavano ancora di più.

“Quello che provo da quando sto con te, non l'ho mai provato con nessun'altra. Tu mi fai letteralmente impazzire.” disse Jonathan.

Io mi limitai a sorridere.

Jonathan mi prese la mano e iniziò a sfiorare l'interno del mio polso con le labbra.

Salì lungo il mio braccio, e si soffermò a lungo sul mio collo.

Mentre cercavo di mantenere la lucidità, riuscì a slacciargli i bottoni della camicia, a toglierla e a farla finire sul pavimento.

Jonathan si tolse da sopra di me, e ci mettemmo a sedere sul letto.

Feci scorrere le mie mani sui suoi bicipiti scolpiti, e lui prese la mia maglia e la tolse, gettandola sopra la sua camicia.

Poco dopo, togliemmo il resto dei vestiti; Jonathan facceva scorrere una mano lungo il mio corpo, mentre l'altra stringeva una delle mie.

Ci addormentammo.



TO BE CONTINUED...

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


La mattina dopo, Jonathan mi svegliò, e dopo aver fatto colazione, ci vestimmo, e mi accompagnò al lavoro.

Prima di entrare alla National Gallery, ci salutammo e mi disse che aveva delle cose da fare.

Non era certo la prima volta che tornavo a casa da sola.

Quella giornata passò velocemente, e quando il mio turno finì, tornai nel mio appartamento a Holland Park.

Dopo cena, mi stesi sul letto, e lasciai che la mia mente vagasse tra i ricordi: rividi tutti i momenti fantastici che avevo passato con Jonathan dal giorno in cui l'avevo conosciuto fino alla sera precedente; mi addormentai.

La sera seguente, mentre tornavo a casa dal lavoro, due ragazzi mi bloccarono la strada.

Cominciarono a mettermi le mani addosso, cercando di sbottonarmi la camicia.

Cercai di impedirglielo, ma loro erano in due, ed erano molto più forti di me.

Mi trascinarono in un vicolo; io iniziai a gridare per cercare di attirare l'attenzione di qualcuno perchè mi aiutasse e chiamasse la polizia, ma loro mi chiusero la bocca per impedirmelo.

Avevo le lacrime agli occhi e il cuore bloccato in gola: avevo delle mani addosso che non erano quelle delicate di Jonathan; queste stringevano e facevano male; vidi che uno di loro aveva un serpente tatuato lungo il braccio.

Mentre uno mi teneva ferma, l'altro ne approfittava; poi si davano il cambio.

Quando ebbero finito, se ne andarono, lasciandomi nel vicolo; mi sedetti contro il muro con le ginocchia copntro il petto, sotto shock.

Poco dopo, sentì delle voci provenire dalla strada, a cui ben presto si aggiunsero delle luci blu e rosse: probabilmente la polizia, e forse anche l'ambulanza.

Delle persone si chiarono su di me, ma gli impedì di toccarmi.

Sentì uno dei poliziotti di Scotland Yard pronunciare il nome di Jonathan.

Ad un certo punto, un uomo si chinò su di me e pronunciò il mio nome: alzai gli occhi, e vidi che davanti a me c'era Jonathan; dal suo sguardo sembrava spaventato.

Mi gettai tra le sue braccia, che mi strinsero.

“Come ha fatto? Non permetteva a nessuno di toccarla.” disse un poliziotto.

“Perchè lei sa che io non le farei mai del male.” rispose Jonathan.

Così dicendo, Jonathan mi aiutò ad alzarmi da terra, e dopo avermi presa in braccio, mi portò nel mio appartamento.

Jonathan si oppose al fatto di portarmi in ospedale.

Una volta che fummo nel mio appartamento, Jonathan mi aiutò a cambiarmi i vestiti, e mi porse un bicchiere d'acqua.

“Mi hai fatto prendere un bello spavento.” disse Jonathan mentre mi stringeva tra le sue braccia.

Mi accorsi che avevo in bocca un sapore orribile: i baci dei due ragazzi.

C'era solo una persona che poteva toccare le mie labbra: ed era accanto a me proprio in quel momento.

Lo guardai, mi avvicinai al suo viso e lo baciai; lui ricambil il bacio e cercò di allontanarmi da lui.

Io scossi la testa: non volevo che si allontanasse.

“Io ti amo Abby; di questo non devi mai dubitare. Ma dopo quello che hai passato, hai bisogno di dormire un po'. Non ti lascio sola; sei al sicuro.” disse Jonathan.

Mi sdraiai sul letto, e mi addormentai con le braccia di Jonathan intorno al mio corpo.

La mattina dopo, quando mi svegliai, mi accorsi che avevo al coperta addosso.

Mi alzai, scesi dal letto, uscì dalla stanza e andai in salotto.

Jonathan era lì, e mi porse un bicchiere di succo di frutta.

“Ho chiamato la galleria, e gli ho raccontato quello che ti è successo. Ti augurano di rimetterti al più presto, e hanno detto che ci penseranno loro a coprire i tuoi turni finchè non sarai pronta per tornare. Chi ti ha fatto questo è ancora a piede libero, e non voglio correre rischi.” disse Jonathan.

Posai il bicchiere sul bancone della cucina e presi un foglio di carta con una penna.

Scrissi tutto quello che ricordavo della sera precedente, compreso del tatuaggio a forma di serpente che aveo notato sul braccio di uno di loro.

Quando ebbi finito, lo consegnai a Jonathan: mentre lo leggeva, cambiò espressione e poi propose di portareil foglio alla polizia; io accettai.

Uscimmo di casa insieme, e ci recammo alla stazione di Scotland Yard.

Jonathan consegnò il foglio con la mia dichiarazione, e mi fecero vedere delle foto di pregiudicati per vedere se potevo riconoscere i miei aggressori.

Poco tempo dopo, trovai le due foto che stavo cercando.

I poliziotti si attivarono subito e partirono per arrestare quei due.

Dopo un po', i due ragazzi vennero condotti nella sala degli interrogatori.

Io li vidi attraverso il vetro; Jonathan era accanto a me.

Ero sicura che se non ci fosse stato il vero a separarli, gli sarebbe saltato addosso.

Dopo il riconoscimento, io e Jonathan uscimmo dalla centrale di polizia, e tornammo a casa mia.

“Come ti senti ora?” domandò Jonathan.

“Molto meglio. E questo grazie a te.” risposi io.

Jonathan sorrise; era felice di sentire nuovamente la mia voce.

“Ora che è tutto finito, abbiamo lasciato una cosa in sospeso.” dissi io.

Gli misi le braccia intorno al collo e lo baciai: questa volta non mi allontanò da se.

Passammo insieme tutto il resto della giornata.

Passò una settimanaa dall'aggressione, e decisi che ero in grado di tornare al lavoro; avvertì la galleria il giorno prima e mi feci dare i nuovi turni.

Il giorno in cui tornai al lavoro, avevo il turno che copriva tutta la giornata.

Tornai a casa da sola; infatti non vidi Jonathan, ma ci sentimmo solo al telefono.

Una volta a casa, dopo una doccia veloce, mi stesi sotto le coperte, e mi addormentai.

Il tempo passava veloce, e senza che me ne accorgessi, erano già trascorsi due anni dalla sera in cui avevo incontrato Jonathan nella sala di un cinema: io e lui eravamo sempre più uniti.

Una sera, durante una cena a lume di candela, Jonathan mi chiese di sposarlo: gli risposi di si senza esitazione.

Passò un anno esatto dalla sua proposta: ci sposammo con una cerimonia intima.

Furono invitati solo i parenti e gli amici più stretti.

Passammo due settimane in viaggio di nozze ai Caraibi: un vero paradiso.

Circa due settimane dopo il nostro ritorno a Londra, scoprì di essere incinta: Jonathan era al settimo cielo quando glielo dissi.

Circa nove mesi dopo, nacque un maschietto: lo chiamammo Christopher.

Naturalmente avrebbe portato il cognome del padre: Christopher Rhys-Meyers.

Ma chi lo avrebbe conosciuto lo avrebbe chiamato semplicemente Chris.

Il nostro piccolo fu battezzato quando aveva quattro mesi.

Io e Jonathan avevamo una famiglia, ed eravamo le persone più felici del mondo intero.

THE END

 

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