I'm trusting you

di Weleo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Extra ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Le mie dita scorrevano velocemente sui tasti del pianoforte mentre sentivo passi che si muovevano al piano di sopra.Questo non mi sconcentrò e continuai imperterrita fino alla fine della melodia. -Brava-  Disse mrs. Hudson emettendo un gridolino. -Vado a farti un thè, Ellie, così possiamo sederci e parlare. -  Mi avvicinai alla cucina e mi sedetti al tavolo. -Come hai passato questi ultimi anni?Continuo a non capire come mai tu abbia voluto diplomarti prima e lasciare Londra- mi chiese. -Sono stata un per qualche tempo a Southsea, sul mare. Mi ero trovata un lavoro e una casa, ma alla fine ho deciso di tornare a Londra per studiare architettura alla Bartlett...- Venni interrotta da veloci note di violino che provenivano dal piano di sopra. -Non badare alla musica. è solo Sherlock che suona. Ora dove abiti?- -Per ora sto in un hotel qui vicino e sto cercando un appartamento- -Potrei provare a convincere Sherlock a condividere l'appartamento con te, in fondo John ha lasciato la stanza al piano di sopra libera. Non ti assicuro niente gli Holmes certe volte hanno davvero un pessimo carattere- -Si, ne so qualcosa anche se non ho mai conosciuto Sherlock, Mycroft è piuttosto pedante certe volte- Scese tra di noi un lungo silenzio piene delle domande non dette che mrs. Hudson non vedeva l'ora di pronunciare fermata solo dalla sensibilità che agli Holmes mancava. Quando ormai il silenzio diventò ormai insostenibile, respirai profondamente e dopo aver salutato Mrs. Hudson tornai nella fredda aria di Londra.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


----- Piccola nota dell'autrice 
Ellie ha 19 anni e la fan fiction è ambientata un mese dopo la fine della terza stagione quindi ovviamente ci saranno riferimenti alla serie e spoiler per chi non l'avesse vista tutta
---------Buona lettura


Dopo poco mi trasferii definitivamente al 221b di Backer Street e la casa era praticamente disabitata. Il salotto e la sala da pranzo erano in completamente incasinate, mentre la stanza al piano di sopra era vuota fatta a eccezione per un bastone lasciato in un angolo probabilmente dimenticato dal precedente inquilino. Sherlock non si fece vedere per una settimana, non tornava neanche a dormire e le giornate per me passavano lente : ogni giorno andavo a lezione, prendevo un caffe con gli amici e vivevo una vita normale. 
Un giorno mentre salivo le scale per andare in camera mia notai che la luce in cucina era accesa e entrandoci mi accorsi che Sherlock era seduto al tavolo e stava osservando nel microscopio un vetrino. -Ciao- Gli dissi, ma quello rimase ancora qualche secondo al microscopio poi si alzò e senza degnarmi di uno sguardo o dire una parola si avvicinò alla finestra e si mise a suonare il violino.

La sera scesi a farmi un the e lo vidi sul divano che armeggiava con fiale e siringhe  - Vuoi del the?- chiesi - No no- rispose distrattamente. Entrai in salotto e vidi lui con un ago nel braccio mentre spingeva lo stantuffo - Cos'è?- chiesi -Morfina- -Perché la prendi?- - Mi hanno sparato qualche settimana fa- - Sei sicuro?- -Che mi hanno sparato? Si, sono abbastanza sicuro- disse con voce carica di sarcasmo. -Non quello. Sei sicuro che sia l'unico motivo per cui lo prendi?- Sbuffo e mi chiese: - Esattamente chi sei tu?- - Piacere Ellie Jackson- - E perché sei qui?- - Ci vivo da quasi due settimane - Alzò le spalle non curante delle mie parole  -Non mi avevi mai notata prima?- -Si, ma non mi ero mai interessato del motivo per cui eri qui- 

Sono appena uscita da una doccia bollente e mi sto fissando allo specchio. I miei occhi sono dello stesso colore dell'accappatoio ovvero blu elettrico e i miei capelli neri ricadono bagnati e ammassati sulle spalle. Sento la porta dell'appartamento che si apre e mi vesto in fretta, poi mentre mi sto truccando sento Sherlock dire :- A cosa devo questa visita fratellone?- -Non ti illudere, fratellino, non sono qui per te-  Entro nella stanza e rivedo una faccia familiare. -Ellie, ti stavo cercando- mi dice Mycroft Holmes - Buongiorno Mycroft. Di cosa hai bisogno ?-  Non posso fare a meno di sorridere alla faccia di Sherlock leggermente confusa. - Volevo darti questo- Mi porse una cartellina bianca con su scritto: Caso Elienton. Un'ondata di tristezza e ricordi mi pervade, ma senza darlo a vedere ringrazio il maggiore degli Holmes e salgo in camera mia per leggere il fascicolo

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Fissavo le parole che ormai conoscevo a memoria: 
Ben Elienton 45 anni padre
Eleanor Elienton 42 anni madre
Robin Elienton 10 anni figlia 
L'intera famiglia è deceduta in un'incidente d'auto 

Alzai gli occhi dal foglio e fissai l'acqua del lago di Battersea Park pensierosa. 
Erano cazzate, tutte cazzate. 
Gli Elienton erano morti con onore e nessuno lo avrebbe mai saputo perché su un foglio di carta in remoto angolo di un archivio dove nessuno avrebbe mai guardato c'era scritto che erano morti in un incidente d'auto. 
Comunque questo era solo il foglio che sarebbe stato alla centrale di polizia, al governo inglese avrebbero avuto il resto del fascicolo: Almeno 20 pagine sulla famiglia, sulla loro vita e su ciò che faceva. Non ero riuscita a leggerla ancora tutta. 

Quando Mycroft me l'aveva portata ero andata in camera ansiosa di leggere  quello che non sapevo, ma mentre ero ancora solo all'inizio mi venne da piangere e le pareti della stanza sembravano fin troppo strette. Ero scesa in fretta dalle scale e mi ero fermata in salotto per prendere capotto e borsa. Lì Sherlock mi aveva visto infilare la cartellina in borsa con le lacrime che ormai scendevano.
- Dove vai?-  mi chiese. -Non lo so.- 
L'aria fredda mi ha subito schiarito le idee, mi sono asciugata le lacrime e poi sono finita qui appoggiata a un tronco a Battersea Park.

Il sole mi scalda tiepido mentre si accinge a tramontare. Ero rimasta al parco tutto il pomeriggio perché qui regna un così gran senso di pace che sembra che niente di male fosse mai accaduto o potesse mai accadere. Prendo un respiro profondo e con movimenti meccanici mi alzo per tornare a casa. Aprendo la porta sento le ormai familiari note di violino e di questo sono solo grata, se Sherlock ha altro a cui pensare non farà domande. Ma quando entro in salotto lui smette subito e annuncia con voce piatta :
- Ho fatto il the.-
 Se speravo che mi avrebbe lasciata in pace mi sbagliavo di grosso, voleva farmi parlare. Forse sperava di potermi cogliere in un momento di debolezza, ma la debolezza l'avevo lasciata a Battersea Park e ora è certo che non gli dirò niente. In silenzio mi offre una tazza di quello che sembra un Earl Grey venuto male, la stringo tra le mani per assorbirne il calore mentre mi vado a sedere sulla poltrona. 
-Perché non mi hai detto che conoscevi mio fratello?- 
Sospiro, non ho voglia di stare ad ascoltarlo mentre fa congetture, esige risposte solo perché ad un tratto sono diventata interessante.
 - Avrebbe fatto qualche differenza?- rispondo.
 - No.- 
 Un silenzio cade su di noi e io mi preparo alla sfilza di domande.
 - Sulla cartellina c'è scritto caso Elienton. Chi è Elienton? Che cosa ha fatto?-
 - Non ho intenzione di dirtelo-
 - Come conosci mio fratello?-
 -Mi ha aiutato-
 - Quando?-
 -Quando ne avevo bisogno-
 - Perché avrebbe dovuto aiutarti?-
 - Perché era amico dei miei genitori- 
-Perché era?-
 - I miei genitori sono morti- 
- Mi dispia...-
 - Oddio risparmiatelo, non te ne potrebbe fregare di meno - 
- Perché mio fratello voleva che tu avessi quella cartellina?-
 - Non sono affari tuoi- detto questo mi sono alzata e me ne sono andata

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Stavo cercando di pesare la pasta che volevo farmi per cena, ma la stramaledetta bilancia non voleva funzionare. Dopo  la millesima volta che provavo ad accenderla  la presi e la scaraventai con rabbia per terra mandandola in frantumi. Sherlock che stava suonando il violino si interruppe per girarsi a guardarmi. 
-Perchè l'hai fatto?- mi chiese.
-Non funzionava e mi ha dato sui nervi. Preparo la cena anche per te?-
Sherlock mi guardò come se avessi detto la cosa più strana del mondo e poi si limitò a fissare un punto perso nel vuoto e bisbigliava cose inconprensibili mentre lentamente alzava il tono della voce.
-Ma certo. Così potrebbe avere senso. Si si. Devo andare subito. Come ho fatto a non pensarci prima?-
-Pensare a cosa?- 
- A te!- mi rispose urlando mentre si catapultava giù dalle scale.


Avevo cenato da sola e guardavo la tv senza neanche ascoltarla. L'unica cosa a  cui continuavo a pensare erano le parole del mio coinquilino.Cos asignificava che non aveva ancora pensato a me?  Sapevo che se avesse trovato il mio caso interessante non si sarebbe fermato davanti a nulla per scoprire la verità, che io fossi volente o nolente. Dubitavo comunque che gli avrei mai detto la verità o che ci sarebbe mai arrivato. Lo sbattere della porta interruppe i miei pensieri. Evidentemente il grande genio era tornato a tormentarmi con le sue stupide domande.
-Cosa intedevi prima?- gli chiesi senza degnarlo di uno sguardo.
-Sono stato in un archivio... di quelli del governo.-
-Ti fanno entrare negli archivi del governo?-
-Sono entrato con un pass di mio fratello, e cercato informazioni su di te.-
-Trovato qualcosa di interessante?-
-A prima vista no. Sembra che tu abbia avuto una vita abbastanza normale, ma le informazioni sono state tutte inserite qualche mese fa come se prima non esistessi e la tua intera identità fosse stata inventata quando sei arrivata a Londra.- disse egli piazzandosi davanti a mio sguardo.
-E quindi? cosa vuoi che ti dica?-
-Che tu cofermi la mia ipotesi-
-Sai già che è così. Ma questo cambia qualcosa?-
Rimanemmo qualche secondo a fissaci finche non disse:
-Ellie Jackson è un  nuovo nome?-
-In realtà no, anzi è vecchio.-
-E come lo spieghi allora?-
-Tu come spieghi che sei rimasto morto per due anni?-


 La vita era diventata monotona ormai finchè un giorno di pioggia qualcosa finalmente inizio a muoversi.Mycroft aveva fatto la sua ricomparsa e stava confabulando di piani governativi e di una cena con Sherlock. Li sentivo battibeccare perchè avevo lasciato la porta della stanza aperta mentre leggevo in quanto Sherlock prima stava suonando il violino. Il detective suonava molto bene e mi piaceva lasciarmi cullare dalle note che suonava. Ogni tanto scendevo da Mrs.Hudson e suonavo il piano. Gli strumenti musicali mi avevano sempre affascinata, ma avevo avuto una vita troppo incasinata ed ero riscita a imparare a suonare discretamente il pianoforte prima dei dieci anni. Mi ero alzata per chiudere la porta quando alcune parole dette da Sherlock attirarono la mia attenzione:
-Se ha un briciolo di cervello il signor Tenross non porterà mai quei piani alla festa.-
Tenross, avevo già sentito quel nome prima. Gli avevo anche dato la caccia ed ero convita che non lo avrei sentito più. Corsi giù dalle scale e mentre entavo nella stanza dissi a Mycroft: 
-William Tenross è ancora vivo?-
Mycroft sembrava infastidito dala mia interruzione e indeciso su cosa dirmi ma alla fine se ne uscì con un semplice cenno affermativo del capo.
- Perchè?-
- Non c'erano abbastanza elementi per assicurarlo alla giustizia.-
Non c'erano abbastanza elementi? Prove? Io le avevo trovate tutte. Anni della mia vita sprecati a cercare prove e indizzi perchè lui potesse continuare ad andare alle feste.
- Di cos'è accusato ora?-
- Sempre della stessa cosa. Dell'hard-disk che aveva rubato agli Elienton. Non è ancora riuscito a decifrarlo, ma ora ci serve e lo rivogliamo indietro.-
-E hai intenzione di mandre Sherlock a questa cena così che possa recuperarli?-
-Esatto-
-Vengo anche io.-
-é troppo pericoloso-
-Io ci vado che voi lo vogliate o no. Posso infilrarmi lì facilmente anche da sola- 
Il maggiore degli Holmes sospirò massaggiandosi gli occhi, mentre Sherlock mi guardava con aria truce e indecisa, ma alla fine disse:
-Verrà, non so cosa significhi per lei Tenross, ma mi potrebbe essere d'aiuto.-

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Era giunta finalmente la sera della cena. Ero molto nervosa quando mi misi a prepararmi. Oggi avrei rivisto Tenross. Lo odiavo. Lo odiavo con tutta me stessa. Era l'unico pensiero che mi passava per la testa mentre mi preparavo. Dopo un'ora ero truccata e vestita. Avevo scelto un semplice vestito blu scuro che arrivava fino ai piedi con una cintura nera poco sopra la vita e dei tacchi neri. I capelli semi-intrecciati mi ricadevano sulla spalla sinistra in morbidi boccoli. Presi la borsetta e il giubbotto e scesi di sotto. Sherlock mi stava aspettando elegante in uno smocking nero.

- Vogliamo andare?- mi chiese

- Pronta quando lo sei tu.-

Salimmo sul taxi che ci aspettava fuori e il mio compagno riprese subito a parlare:

-Mio fratello mi ha fatto avere la lista degli invitati. Ne conosci qualcuno? - disse passandomi un foglio.

-Si. Lui. David Khan. Anche se lui mi conosce con un altro nome.-

-Ah si? Quale?-

-è stato al tempo in cui vivevo con tuo fratello...-

-Vivevi con mio fratello? Questo spiega come mai sei così pazza e rompiscatole. Cosa ci facevi da mio fratello?-

-Avevo bisogno di un posto dove stare. Comunque siamo andati a una spece di cena tipo quella di stasera e avevo bisogno di un nome potente quindi come accompagnatrice di tuo fratello ho detto di chiamarmi Eleanor Holmes.-

-Hai fatto finta di essere la moglie di mio fratello?-

-Ho fatto finta di essere la sorella di tuo fratello. La giovane di casa Holmes che viene introdotta nel mondo della politica. è stata questa la mia identità per quella sera. Nessuno fà domande sulle sorelle invece se si fosse visto Mycroft Holmes con una ragazza più giovane... bhè se ne sarebbe parlato molto. Quindi dato la presenza di Khan stasera dovrò tornare a impersonarla. -

-Tenross. Come lo conosci?- disse cambiando argomento.

-Vuoi sentirmi dire quello che sai già?-

 -Come fai a sapere che lo so già?-

-Perchè la sera che sono tornata a casa dal parco ho dimenticato la borsa di sotto.-

-Io sò soltanto che Tenross ha torturato e ucciso gli Elienton.-

-Infatti.-

-Questo non spiega come li conosci tu.-

Mi girai a guardarlo, era evidente che attendeva una risposta eppure rimanemmo a fissarci finchè non arrivammo. 
-Che tipo è?- mi chiese mentre ci avviavamo nel vialetto del palazzo.

- Tenross? È furbo anche se è un po' sprovveduto alle volte. Non saprebbe distinguere una pistola ad acqua da una vera-

L'edificio era una casa rinascimentale con i soffitti affrescati. All'ingresso chiesero il nome a Sherlock e ci presero i cappotti mentre ci conducevano ad una stanza da cui arrivava un forte brusio di voci. 
Entrammo in una stanza bellissima e arredata in modo magnifico e solo in quel momento mi ricordai quanto odiavo quel genere di cose. Gente dell'aristocrazia londinese che si credeva migliore degli altri si riuniva per parlare e vantarsi di loro stessi mentre le accompagnatrici si potevano pavoneggiare, rispondendo macchinosamente ai loro uomini con risposte dettate dall'etichetta.

Mi guardai intorno alla ricerca di visi familiari, ma tutto quello che riscii a scorgere fù il faccione grasso e rosso del signor Khan che si avvicinava. 

-Signorina Holmes, che piacere rivederla.-disse con voce affanata.

-Anche per me è un grande piacere rivederla-

-Questo dev'essere il giovane Sherlock, l'altro fratello- Sherlock mascherò la seccatura di essere chiamato l'altro fratello dietro un sorriso amichevole.Il che era molto strano.

-Piacere. La mia qui presente sorellina ha abbandonato l'idea politica per passare all'architettura. Ma non può resistere a queste cene così raffinate e quindi cerca sempre di venire con me e mio fratello.-

-Si, non perderei mai l'occasione per venire a questo genere di cose- dissi con un tono poco convincente, anche se il signor Khan si era già allontanato.

-Quindi vedi Tenross da qualche parte?- mi chiese.

-No.- dissi mentendo. L'avevo appena individuato in un angolo della sala mentre si avvicinava al buffet.

-Ora se vuoi scusarmi, vado a cercalo.- dissi allontanadomi in fretta da Sherlock.

 

-Buona sera,lei deve essere il signor Tenross-dissi con falsa allegria.

- Buona sera a lei. Ci conosciamo forse? Mi sembra che abbia un viso familiare- 

-Oh no. Non credo. Sono Eleanor Holmes. Mio fratello Mycroft mi ha parlato di lei. L'ammiro molto,signore. è da non credere come dai bassi fondi sia riuscito a farsi strada fino ai vertici della politica internazionale. Con tutte quelle accuse poi...- dissi.

-Intendi quelle in cui dicono che io abbia spie e sicari per estorcere informzioni alla gente? Sono accuse disdicevoli. Le fantasticherie di pazzi.-

Fantasticherie di pazzi. Ma io ero riuscita a provare che in realtà le accuse erano vere. Ma era stato tutto messo a tacere e niente era più successo.

-Ovviamente. Ci vuole ben poco per capire che le accuse non stavano in piedi. Mi chiedevo signor Tenross se le andava di passeggiare. Qui c'è troppo rumore per i miei gusti.-

-Certamente.-

Detto questo ci muovemmo e dopo un lungo vagabondaggio finimmo in una stanza finemente arredata dove tenevano le posate e i bicchieri già pronti per essere portati nell'altra stanza. Avevamo parlato del più e del meno e mentre  provavo a nascondere tutto l'odio che provavo per lui avevo la sensazione che mi stesse piano piano riconoscendo.

- è sicura che non ci siamo già visti, signorina Holmes?-mi chiese. Ormai eravamo soli quindi non importava più se mi avesse riconosciuto.

-Bhe, a dire il vero ci siamo già visti. Fino all'anno scorso la stavo cercando. Abitavo a Southsea.-

-Sono un po' lento con le faccie, ma credo ormai di aver capito chi lei sia. Ma mi dica perchè mi stava cercando?-

-Per riconsegnarla alla giustizia.-

Vidi lo stupore che si diffondeva sulla sua faccia mentre mi riconosceva.

-Lei non è la signorina Holmes.-

-E lo capisce solo ora?-

-Eleanor Webb.Non pensavo ci saremmo rincontrati.-

-Neanche io. Sfortunatamente avevo dato per scontato che le piantassero una pallottola in testa ma mi sbagliavo.-

Egli si diresse velocemente verso la porta, ma io fui più veloce. Tirai fuori la pistola dalla borsa.

-Fallo. Scappa. Ti giuro che se lo fai non arriverai vivo alla fine del corridoio.-

-E se non lo faccio mi ucciderai lo stesso.-

-Non è detto.-

-Ma sul serio?-

-Le faccio io le domande. Cosa c'è sull'hard dirsk?-

-Non lo so.-

-Perchè continui a tenerlo allora? Sarebbe più sicuro lasciarlo dato che ti danno la caccia per quello.-

-Un giorno potrebbe essermi utile.-

-Hai ucciso delle persone per averlo e non sai neanche cosa farci?-

-Signorina Webb, il fatto che sia stato io a uccidere gli Elienton è un puro caso. Loro avevano l'hard disk, se io li avessi risparmiati, li avrebbe uccisi qualcun'altro.- 

Tiro indietro il calcio della pistola per caricarla e gliela premo contro la fronte. è l'unico modo in cui vorrei rispondergli ora.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


In quel momento ero pazza. Completamente folle. Resa pazza dal dolore e dalla rabbia. 
Ma io non ucciderei mai un uomo e neanche se avessi potuto quella sera avrei ucciso Tenross.
Gli puntavo ancora la pistola alla fronte quando arrivo Sherlock. Entró da una porta alle spalle di Tenross. Quando ebbe per qualche secondo studiato la scena in silenzio, si lasciò sfuggire un sorriso divertito. Io invece gli restituii uno sguardo arrabbiato. Cosí fece esattamente quello che volevo. Nessuno disse una parola, solo i suoi passi rimbombavano nell'immensità del salone. Mi venne dietro e quasi circandandomi con le braccia mi tolse la pistola dalle mani. Tenross fece un sospiro di solievo, subito prima che Sherlock gli tirasse il calcio della pistola in testa con forza facendolo svenire.
-Perchè l'hai fatto?- gli chiesi.
-Perchè l'ho fatto io? Volevi ucciderlo.- 
-Non l'avrei mai fatto.-
-Forse no. Ma per farlo ti sarebbe servita una vera pistola. Non credevo che davvero non sapesse distinguere le pistole normali da quelle ad acqua. Comunque ho chimato gli scagnozi di mio fratello.-
-Credevo che non li volessi con te.-
-Cosa me ne farei io di uno come Tenross? Sarebbe terribilmente noioso tenerlo nascosto in casa.-
In quel momento Tenross si risveglió e cercò di scappare via. Nell'alzarsi in piedi però inciampo nella mia caviglia e anche se lui continuó a correre senza pensarci, la mia caviglia cedette e Sherlock mi prese al volo subito prima che cadessi. Il dolore era terribile, ma ricordo di aver pensato una cosa sola: non puó scappare, non di nuovo. Cosí mi lanciai su uno dei tavoli e presi un coltello da carne. Ero sempre stata brava a lanciare i coltelli e non mancavo mai un colpo cosí scagliai il coltello con tutta la mia forza. Fortunatamente non sbagliai mira e il coltello andò a conficarsi in lembo di giacca di Tenross. Non che questo l'abbia fermato, ma almeno lo ha rallentato quanto basta perchè arrivassero gli "scagliozzi" di Mycroft e lo portassero via. Stavo per sorridere quando la caviglia cedette di nuovo e caddi rovinosamente su Sherlock che peró sembrava pronto a prendermi di nuovo e mi appoggio su una sedia.
-Calma, calma. Sediediti e togliti i tacchi. Riesci a correre?-mi chiese. Feci come mi disse, ma la caviglia pulsava terribilmente e non petevo immaginare neanche di mettermi in piedi.
-Correre? Sei pazzo? Mi fa abbastanza male così- 
-Dai su- disse mentre mi prendeva il braccio e se lo metteva intorno alle spalle e mi metteva il suo altro attorno alla vita. Mi fece alzare in piedi e senza poggiare la caviglia il dolore era sopportabile. Studió la mia espressione per capire se mi facesse male e parti di passo veloce trascinandomi dietro di sé mentre arrancavo. Uscimmo da una porta secondaria e finimmo in un vialetto ghiaioso per poi andare su una strada asfaltata. Con una mano tenevo su il vestito e appoggiavo la mano su quella di lui mentre tenevo il peso tutto spostato sulla sua spalla. Senza che me ne accorgessi arrivammo al 221b di Backer Street e la morbida moquete fú un solievo dopo la dura strada. Lasciavo un'impronta dove poggiavo un piede a causa di un taglio che mi dovevo essere procurata correndo senza scarpe. Mi portó di sopra e mi fece sedere sul divano. Se prima ero distratta dal cercare di rimanere in piedi, ora il dolore si faceva piú forte e pulsante mentre l'altro piede continuava a sanguinare.
-Fà tanto male?-
-Si. Cazzo non mi ci dovevi far correre sopra. Perchè l'abbiamo fatto poi?- 
-Non volevo problemi. Forse ti servirebbe un medico.-
-Non volevi problemi? E comunque non ho intenzione di andare in ospedale.-
-E chi ha parlato di ospedale?- disse mentre armeggiava col cellulare.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


-----------Piccolo spazio dell'autrice.
Scusatemi tanto per il ritardo, ma ho avuto qualco problema a scrivere questo capitolo, non solo per gli impegni, ma anche perchè è un capitolo in cui la storia di fatto va poco avanti e si incentra molto sui pensieri di Ellie.
Volevo anche ringraziarvi perchè tra EFP e Wattpad avete letto questa storia ben 680 volte e lo so che on sono tante in confronto a quele di altre storie però significano molto per me.
Lasciate un commento o una recensione se volete mi fà piacere sapere le vostre opinioni.
----------Buona lettura


My shadow's the only one that walks beside me,
My shallow heart's the only thing that's beating,
Sometimes I wish someone out there will find me,
'Til then I walk alone
-Green Day, Boulevard of broken dreams



-Te l'ho fasciata per ora ma ti serviranno comunque il tutore e delle stampelle.-disse con garbo il dottor. Watson.
-Grazie.-
Mi aveva fasciato la caviglia con gentilezza e aveva disinfettato il graffi sul piede. John era il vecchio coinquilino di Sherlock, si era trasferito qualche mese fa per andare a vivere con la moglie.
Sebbene a quel tempo non mi interessassi molto di gossip o cronaca avevo sentito parlare di loro.
Sherlock era via ormai da vari minuti, era infatti andato nella macchina di John a prendere della roba.
-Ho trovato qualcosa di tuo in camera mia- dissi.
-Ah si? Cosa?-
-Un vecchio bastone da passeggio.-
Un sorriso comparve sulla faccia del dottore:- Si, era mio. Merito di Sherlock se non lo uso piú. Allora come ti trovi qui?-
-Bene, Sherlock è un po' strano e assilante alle volte, ma sto bene. Mi piace vivere in città prima ero in un paesino di mare.-
-Vivevi lì con i tuoi genitori?-
-Si, poi mi sono trasferita un paio di volte-
-Come mai?-
-I miei genitori morirono.-
-Ah... M-mi dispiace- disse impacciato.
-Si si.- ormai non ci facevo neanche più caso alla gente che si dispiaceva, per il semplice fatto che la metà delle volte non interessava niente a nessuno.
Rimanemmo alcuni minuti in silenzio prima che lui lo ruppe di nuovo.
-Sai Sherlock non mi aveva mai accennato che aveva una nuova coinquilina prima di stasera.-
-Per un po' non si era neanche accorto che io vivevo qui.-
Soffocò una risata:- Tipico di Sherlock. Si concentra tanto da non veder cosa ha intorno.-

*1 settimana dopo*

Rare notizie da Mycroft. Rare comunicazioni con Sherlock. Mi ero vista alcune volte con alcuni dei miei compagni di università, ma ormai ci eravamo allontati.
Ero di nuovo sola. Ogni volta che provavo a costruire un rapporto umano con qualcuno, esso si spezzava per un motivo o per un altro. Anche se era ovvio che il problema fossi io. Se no non se ne sarebbero andati tutti. Per un qualche motivo ero destinata a restare da sola.
Fissavo le luci che si rifrangevano sul Tamigi, mentre mi massaggiavo i muscoli delle braccia. Quelle poche volte che ero uscita da quando avevo le stampelle ero andata solo ai parchi vicino a casa. Oggi peró ero andata lontana, il più lontana possibile, finchè i muscoli delle braccia non avevano iniziato a bruciare fortemente dal dolore.Mi piaceva guardare l'acqua dei fiumi o dei laghi, mi rilassava. Mi ricordava la mia vita con i miei genitori, prima che tutto si incasinasse. Ora ero semplicemente seduta su una panchina e tra i mille visi che mi sfrecciavano di fianco ne riconobbi uno familiare.
-John!-
Lui si volto e venne a sedersi di fianco a me.
-Ellie, come stai? La caviglia?-
-La caviglia migliora anche se vorrei potermi muovere di più.-
-Di più? Sei lontanissima da Backer Street. Sei venuta qui a piedi?-
-Si, ma piuttosto lei come sta?-
-Bene. Ma ti riaccompagno a casa. Non devi sforzarti tanto.Non ce la puoi fare anche a tornare.-
Una parte di me avrebbe voluto rifiutare e tornare a casa a piedi per la semplice soddisfazione di avercela fatta da sola, ma sapevo che con tutta probabilità mi sarei solo spiaccicata sull'asfalto.
Controvoglia mi feci accompagnare a casa.
-Sai se Sherlock è in casa?- gli chiesi.
-Era alla Bart prima con Molly, sono venuti a prenderli dei tipi per portarlo da suo fratello.-
-Okay, grazie. Ciao-
-Ciao, hai bisogno di aiuto per scendere?-
-No faccio da sola.-
Basta farsi aiutare.
Scesi dalla macchina e chiusi lo sportello. L'edificio sembrava più cupo del solito e stranamente freddo.
Non era casa, non avevo mai trovato una casa.
Nell'atrio non c'è segno di vita e la casa è completamente vuota. Con fatica iniziai a salire le scale. Avevo quasi finito la prima rampa quando scivolai. Lasciai le stampelle ma non riuscii a bloccare la caduta con entrambe le mani quindi sbattei lo zigomo. Per qualche secondo non capii che cosa era successo e mi misi a sedere sul gradino mentre la faccia iniziava a fare male. E iniziai a piangere, per tutto quello che mi era capitato e perché niente andava mai come avevo pianificato. Mi ero trasferita a Londra per tornare ad avere una vita normale e invece avevo trovato solo di nuovo infelicità e disperazione.
Avete mai provato la solitudine? Voglio dire siete mai stati davvero soli? Avete sentito la tristezza salire? E la rabbia invadervi?
Presi una stampella e la lanciai giù con forza.
-Cazzo!!-
Mi odiavo. Odiavo i miei limiti e le mie debolezze. Non riuscivo a fare neanche una maledetta rampa di scale da sola. Per la frustrazione tirai un  pugno alla parete. Ero sconvolta, perchè passavo tutta la mia vita a nascondere le mie emozioni e arrivai al punto in cui esplosi. Esplosi e basta.
Rimani tanto a piangere su quelle scale.
Ma dovevo rialzarmi perchè prima o poi sarebbe arrivato qualcuno a casa e di certo non volevo che qualcuno mi ritrovasse così. Le stampelle erano finite in fondo alle scale senza possibilità che io potessi recuperale. Così mi tolsi il tutore, so che non avrei dovuto farlo, ma la fasciatura resse e anche se mi faceva ancora male era fantastico poter camminare di nuovo con i miei piedi. Mi appoggiai con tutto il peso sulla ringhiera e con una lentezza sorprendente arrivai al salotto e la porta d'ingresso si aprì. Ci fu un attimo di silenzio poi sentii pesanti passi che correvano su per le scale. Era Sherlock. Sperai per un attimo di avere un aspetto minimamente decente, poi mi ricordai che tanto a lui non sarebbe importato niente.
-Non potevi ancora togliere il tutore.- disse mentre mi prendeva in braccio. Non opposi resistenza:- Tardi.-
Con delicatezza mi appoggiò sul divano e mi fece del the caldo.
-Da dove arriva tutta questa gentilezza?- dissi con voce molto rocca.
- Sembri abbastanza sconvolta.-
-E quindi?-
-Hai buttato via le stampelle giù per le scale, ti sei tolta il tutore, hai lasciato un solco nell'intonaco tirandoci un pugno direi, hai una caviglia e un piede in via di guarigione, un livido un faccia e uno sulla mano e sull'avambraccio. Sei molto sconvolta.-
-Ero molto sconvolta. Ora se vuoi qualcosa chiedi, se no tornatene a fare qualsiasi cosa tu stessi facendo.-
-Volevo chiederti qualcosa ma prima avevo in mente di tranquillizzarti dato che quello che voglio chiederti potrebbe sembrare una pazzia.-
Qualcosa attirò la mia attenzione, non so bene cosa, forse anche solo la prospettiva di fare qualcosa di diverso.
-Amo le pazzie.-
 

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Capitolo 8
*** Extra ***


---------Piccola nota dell'autrice
Questa scena diciamo che è un "extra" scritto dal punto di vista di Sherlock, che va a collocarsi a metà del sesto capitolo prima che Sherlock torni a casa da Ellie.
Fatemi sapere se vi piace o se non vi piace in un commento. :)
---------Buona lettura

When you feell my heat
Look into my eyes
It's where my demons hide
It's where my demons hide
Don't get too close
It's dark inside
It's where my demons hide
It's where my demons hide
-Imagine Dragons, Demons

*Sherlock' POV*

Mio fratello mi aveva mandato a prendere dalla Bart, mentre facevo degli esami i suoi energumeni mi hanno portato nel suo ufficio. Odiavo quando lo faceva.
-Buongiorno fratello.- disse entrando.
-Fai in fretta Mycroft, ho da fare.-
-Si si,tu e i tuoi piccoli giochetti da detective. Ma si richiede ancora il tuo aiuto, fratello.-
-Fammi indovinare, vuoi che trovi l'hard-disk che apparteneva a Tenross?-
-Non trovare, Sherlock, ma ottenere, sappiamo già che la rete di Tenross la detiene, ma... solo una cosa, coinvolgi Ellie. Ha questo caso da ben prima di te ,quindi ne ha tutto il diritto.-
Pensai a lei: media statura, capelli neri,occhi blu notte. E i lineamenti sarebbero stati belli se non fossero sempre stati distorti dalla rabbia o dalla malinconia, anche quei rari sorrisi che faceva erano velati di tristezza.
-Parlami di lei.- dissi.
-Cosa vuoi che ti dica?-
-Beh, avete vissuto insieme qualcosa di lei saprai.-
-È stata come una sorella per me. Potrebbe esserla anche per te.-
-Non sognare troppo, Mycroft.-
-Ti farebbe bene avere qualcuno a cui parlare, e anche a lei. Da quando John se n'è andato sei sempre più scorbutico.-
-Ci penserò.-dissi uscendo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


------Piccola nota dell'autrice.
Allora ecco qui il nuovo capitolo, scusate se ci ho messo tanto. Stiamo arrivando alla fine di questa storia e se riesco a procedere secondo i miei piani dovrei riuscire a finirla entro Natale.Commentate, mi fa piacere sapere le vostre impressioni sia positive che negative.
------Buona lettura.

This feeling like standing on the edge of a cliff,wanting to fly, but terrified of falling.
-Kat Zang, Once we were. 


...Mesi dopo...
Avevamo contattato la rete di Tenross ed eravamo giunti a un patto: Tenross per l'hard-disk. Loro sceglievano il dove e il quando. Così ci ritrovammo in una catapecchia di legno, che per miracolo non ci cadeva addosso, in Scozia dove l'incontro sarebbe avvenuto ore dopo. Avevano detto anche un'altra cosa: un solo emissario. Sarebbe stato un incontro a due, e avevano scelto me.
 -Allora, ti ricordi cosa devi dire?- mi chiese Sherlock.
-Si.-risposi.
Sherlock e John stavano finendo di insallare una telecamera nell'angolo in alto. Più che una casa doveva essere un magazzino per degli utensili da lavoro, era formato da un'unica sala con un tavolo in un angolo.
-Ok, noi abbiamo finito,andiamo a mangiare?-
Il magazzino era in una foresta in mezzo agli alberie a un centinaio di metri una scogliera cadeva a strapiombo per dieci metri fino al mare. Guardai giù da essa e vidi il mare abbastanza calmo, ma anche solo la vicinanza al bordo faceva paura.
-Tutto bene? Vieni?- mi chiese John.
-Si, arrivo.-

Mi ero seduta a un tavolo di una fastfood locale, mentre Sherlock e John ordinavano da mangiare e sovrappensiero guardavo fuori dalla finestra, quando Sherlock si sedette davanti a me. 
-Non stavi ordinando?- gli chiesi.
-Direi che John può farcela da solo.-
-E io non posso farcela a stare seduta a un tavolo?- 
Guardai con un sorrisino divertito l'uomo e lui ricambiava. Negli ultimi mesi mi aveva aiutata, coinvolta nelle sue indagini ogni tanto e, anche se lui non centrava, ero più aperta con gli altri, ora avevo amici e anche un ragazzo.
-Sembra che tu stia per avere una crisi di nervi. Sei nervosa?- mi disse.
-Si.-
-Non preoccuparti. Ti terremo sempre sotto controllo e faremo in modo che non ti accada nulla.-
Fece passare il braccio sopra il tavolo che ci divideva e con la mano mi strinse il braccio.
-Tranquilla, calmati. Devi solo fidarti di me.-
-Io mi fido di te. Io mi sto fidando di te.-dissi, come risposta mi sorrise e io di rimando.
John arrivò portando con sè un vassoio pieno di cibo.
-Allora Ellie come ti trovi adesso?-mi chiese.
Prima che potessi dire parola Sherlock stava già parlando:-Se ti riferisci alla sua vita sociale allora è fiorente dovresti vedere a che ora torna certe notti, e ha pure trovato un ragazzo. Lui innamoratissimo, ma sfortunatamente per lui Ellie sta con lui solo perchè si sente accettata e quindi tra poco lo lascerà. è troppo noioso perfino per te, Ellie.-
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiusi non sapendo esattamente cosa dire.
-Non sto con lui solo perchè mi sento accettata!-dissi poi.
-Ciao, mi chiamo Rory e un giorno farò l'infermiere in un paesino di vecchietti in campagna. - disse facendo il verso al mio ragazzo.-è decisamente troppo noioso per te.-
John scoppiò in una risata vedendo la mia faccia capendo che Sherlock Holmes mi aveva lasciato di nuovo senza parole.

Ora ero di nuovo nel magazzino, da sola. Mi passai i palmi sudati sui pantaloni per asciugarli, nonostante mi fidassi in tutto e per tutto di Sherlock, ero fin troppo nervosa.Avevo acceso il mio portatile e lo avevo messo sul tavolo pronto.  La serratura scattò e entrò un uomo basso, calvo e tarchiato.
-Dov'è la chiave della serratura?-chiese.
-Come diavolo farei a sapere io?-lui mi grugni di rimando.
-Dov'è Tenross?- 
-Dov'è l'hard-disk?-
-Non giocherai a questo gioco con me, tesoro.-disse con una risata.
-E invece giocherai con me e queste sono le regole: là in fondo c'è una webcam che trasmette direttamente ai miei colleghi. Se mi dai l'hard-disk tutto filerà liscio e i miei collaboratori porteranno qui Tenross. Se mi farai del male o mi darai l'hard-disk sbagliato allora tu e Tenross finirete in una fossa con una pallottola in testa. Allora qual'è la tua mossa?-
Ci pensò qualche secondo mentre mi soppesava con lo sguardo, poi con riluttanza mi consegnò una busta, la presi e dentro ci trovai l'hard-disk che collegai al mio portatitle.Ero abbastanza brava con i computer e in più mi avevano insegnato come riconoscere alcuni file senza decriptarli completamente.Così mi misi subito al lavoro. 
-Abbiamo provato per anni a decriptare quei file, ragazzina, non sprecare il tuo tempo.- 
-Se vuoi non siete abbastanza intelligenti per decriptarli non è un mio problema.-
Oddio avevo iniziato a parlare come Sherlock. Alla fine i riconobbi i file, così feci meccanicamente quello che mi era stato detto di fare. Misi l'hard-disk in un sacchetto sigillato, e lo infilai nella tasca dei pantaloni, poi mi girai verso la telecamera e dissi:-L'hard-disk è quello giusto. Venite.- 
Ora dipendeva tutto da me, la recita era finita,  mi sentivo pronta, ma avevo paura di iniziare pensando a tutto ciò che sarebbe potuto andare storto. Ripensai a quello che Sherlock mi aveva detto.Devi solo fidarti di me. Dio mi fidavo di lui, ma morivo di paura. aveva detto che potevo prendermi anche tutto il tempo che volevo. Presi un respiro profondo e mi misi la mano in tasca e lì trovai la chiave del magazzino.
Corsi, fuori dalla porta e la chiusi a chiave dietro me mentre sentivo l'uomo imprecare. non l'avrei fermato, ma almeno rallentato si. Corsi verso la strada e arrivai quasi all'orlo della scogliera. E lì esitai, mi si paralizzarono le gambe e lacrime di paura mi riempiempirono gli occhi. Ma io sono stanca di piangere. Sento l'uomo che si avvicinava. In fretta mi tolsi la giacca e corsi verso lo strapiombo. è l'unica soluzione possibile. Corsi e saltai. E poi sentii gli spari.  

    

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


------Piccola nota dell'autrice.

Scusate, sono di nuovo in un enorme ritardo. Spero di riuscire ad aggiornare presto e poi magari vi dirò anche dei miei progetti futuri. However, questo è il capitolo, commentate con le vostre impressioni e spero vi piaccia

------Buona lettura

Remember all the sadness and frustration,
and let it go.

-Linking Park, Iridescent

Non ti aspetteresti che duri così tanto, la caduta. E in quel momento sembrava durare un'eternità. Un'eternità condensata in 2 secondi. Il mare si faceva sempre più grande avvicinandosi, e credo che il mio cuore abbia smesso di battere per tutta la durata della caduta. E poi sentii gli spari, non mi ricordo quanti erano, ma ne sentii molti. E un dolore travolgente alla spalla, ma prima che potessi capire o realizzare qualcosa ero in acqua. Il dolore era praticamente insostenibile e mi paralizzava tutto il braccio. Apri gli occhi e vidi che l'acqua intorno a me si stava tingendo di rosso e che lentamente stavo andando a fondo. E per un attimo pensai che potevo lasciarmi andare, ero stanca di lottare e avrei messo semplicemente la parola "Fine" a una vita travagliata e anche piuttosto corta. Ma qualcosa mi spinse a iniziare a nuotare, iniziai a sbattere i piedi e muovere il braccio non ferito, ormai mi facevano anche male i polmoni, in cerca di ossigeno che qui non avrebbero trovato. Qualcun'altro si tuffò vicino a me,mi mise il braccio intorno alla vita e mi trascino in superfice. Aprii la bocca per respirare profondamente e sentii il sapore dell'acqua salata e anche il gusto metallico del sangue. Quasi automaticamente spinsi via chi mi aveva salvato,ancora prima di guardarlo.
-Calma, sono solo io.- mi girai e vidi quei familiari occhi azzurro chiaro,quasi trasparenti, i capelli neri appiccicati alla fronte dall'acqua.
-Dove ti ha colpito?-mi chiese Sherlock
-Alla spalla sinistra.-
Mi riprese per la vita e io mi lasciai trascinare fino alla scaletta di una piccola imbarcazione.
-John aiutala a salire, attento alla spalla sinistra.-
In qualche modo riuscirono a farmi salire, anche se appena arrivata a bordo caddi per terra, ma mi tirarono su uno dei posti a sedere dove mi coprirono di coperte, Sherlock e John continuavano a parlare ma io non li riuscivo a sentire. Tra il dolore e il freddo non riuscivo neanche più a formulare un pensiero di senso compiuto.
-...rischio di ipotermia....perdita di sangue....effetto dell'adrenalina..- sussurrava John mentre guidava la barca.
 Il dolore era diventato insopportabile e credo di aver urlato perché Sherlock si girò e si inginocchio vicino a me premendo un panno sulla ferita.
-Resta con noi.- disse e continuò a ripetere come una cantilena.
E io avrei voluto, davvero avrei voluto restare, ma una parte di me era convinta che se mi fossi rifugiata  in un angolo della mia mente sarei stata al sicuro, e tutto il male, tutto il dolore sarebbe passato lasciandomi inlesa. Così, non mi ricordo né come o quando, mi lascia scivolare nell'incoscienza, perchè rimanere aggrappati alla realtà era ormai troppo difficile.


A svegliarmi fu il bip di un monitor, ci misi un po' per realizzare che era il bip che monitorava il mio battito cardiaco. Lentamente aprii gli occhi e i pensieri al posto di scorrere fluidi erano lenti, viscosi e faticavo a fare le connessioni anche più elementari.
Arrivò un'infermiera che mi disse che le mie condizioni erano stabili,il proiettile era stato estratto dalla spalla e ero quasi andata in ipotermia. Mi disse anche che erano le 20 quindi era finito l'orario delle visite e aveva dovuto mandare via i miei amici.
In un qualche modo ne ero felice perché così avrei avuto tutta la notte per pensare. I dottori però avevano diversi piani per me perchè rimasi tutta la notte a lottare contro il sonno farmacologico in un perenne stato di dormiveglia.
Il mattino dopo nessuno si presentò per le visite, ma nel pomeriggio arrivarono alcuni miei amici, ovviamente ero convinta che Sherlock non sarebbe venuto, di certo non ero in un posto alto in questo momento nella sua lista delle priorità. Forse proprio per questo rimasi molto sorpresa quando comparve sulla porta della camera dell'ospedale. Mi faceva male la gola a parlare ed era difficile concentrarmi quindi quando mi vennero a fare visita non parlavo troppo e lasciavo che gli altri parlassero al posto mio. E Sherlock fu forse quello che parlò più di tutti,veniva ogni giorno e ogni giorno mi raccontava una storia, una delle sue avventure. Il primo giorno mi disse di quando gli avevano sparato mentre investigava su Magnussen, i giorni dopo mi parlò dei mastini di baskerville, della caduta, del grande gioco, della guardia insanguinata e così via. Io lo ascoltavo in silenzio cercando di concentrarmi fino a che lui non finiva, mi salutava e se ne andava.



Una mattina mi svegliai e trovai sul comodino un vaso di rose blu con sopra un biglietto:
"Sai cosa farci. M. 77/12"
Non era la prima volta che vedevo un vaso come quello e ogni vola che ci volgevo lo sguardo era come tornare indietro nel tempo o come guardare in una vecchia foto.
Quando quel giorno Sherlock tornò mi sforzai di parlare perché avevo bisogno di sapere una singola cosa.
-Tenross?-
-È morto da tempo, prima che tu incontrassi il suo amico. Quando ha confessato tutto mio fratello gli ha fatto sparare.-
In tutti questi anni ero convinta che la vendetta mi avrebbe dato quantomeno la pace, ma la verità è che non sentii niente.

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


------Piccola nota dell'autrice.

Grazie Haruki Nekoko per la nuova copertina ❤️ e un grazie speciale anche a _candor  ❤️.
Eccoci qui al finale, sinceramente non ci posso credere che sia finita davvero, ma comunque sto già facendo progetti per prossime storie: 1(forse 2) storie originali, poi un cross-over dove voglio inserire di nuovo Sherlock e Ellie e forse un'altra fan-fiction.

Comunque fatemi sapere se il finale della fan-fiction vi è piaciuto in un commento che mi fa piacere leggerli e rispondervi.

P.S. alla fine del capitolo viene nominata una canzone che sarebbe la versione al piano di Lullaby dei Nickelback( https://www.youtube.com/watch?v=1Yq_fHkAF3g ).

------Buona lettura

Una parola conteneva tutto ciò che lo agitava interiormente,e chiariva la ragione per cui in seguito sarebbe tornato con insistenza su quel momento. Libertà. Nella vita e nel corpo.

-Ian McEwan, Espiazione.

Mi svegliai nel mio letto dopo un incubo, era sempre lo stesso, il sogno misto al ricordo di una bambina spaventata. L'orologio segnava le 7,30, di sicuro non sarei più riuscita a dormire, quindi mi alzai e mi vestii. Mi avevano dimesso dall'ospedale da una settimana ormai, ovviamente mi dovevo comunque imbottire di farmaci e antidolorifici,che oltre a darmi una sonnolenza perenne, mi stordivano.
E a come rimedio a esso i dottori mi dicevano di pensare e fare collegamenti ad alta voce.
Inoltre con i farmaci mi stancavo molto in fretta e anche soltanto a fare le scale o a camminare velocemente mi veniva il fiatone. Finito di cambiarmi rimasi qualche secondo a guardare quelle rose che avevo appoggiato sulla scrivania. Il blu intenso era come una calamita, come se non si potesse fare a meno di guardarli.
"Sai cosa farci."
-Tranquillo Mycroft, non me ne dimentico.- dissi uscendo. Ma erano ormai giorni che quelle parole mi rimbalzavano in testa. Si sapevo cosa farci, sapevo il motivo per cui erano blu o perchè erano quel tipo di fiori. E forse Mycroft sapeva meglio di me che avevo bisogno di un incoraggiamento a farlo, così mi fermai sull'uscio della porta, la mano ferma sulla maniglia. Odiavo gli Holmes alcune volte, specialmente quando hanno ragione . Prima di scendere presi il vaso con me e lo portai in cucina. Lo appoggiai con fatica e notai allora che Sherlock era seduto a fare colazione. Mi lasciai cadere sulla sedia senza fiato.
-Ti ho fatto il the, ho sentito che fa bene per gli incubi.- mi disse.
-Come facevi a sapere che ero sveglia? O che ho avuto gli incubi?-
-Semplicemente la tua camera è esattamente qui sopra, quindi ho sentito i tuoi passi. Per gli incubi solo semplici deduzioni, è molto presto per i tuoi standard sebbene tu abbia le occhiaie e evidentemente sonno quindi non vuoi o non riesci a dormire, gli antidolorifici ti dovrebbero indurre il sonno, perciò hai appena vissuto un'esperienza traumatica come un incubo.- disse semplicemente.
-Non ho le occhiaie e non ho una faccia assonnata sono gli antidolorifici a farmi sembrare così.- dissi accentando la tazza che mi stava offrendo.
-È evidente che non ti sei ancora vista allo specchio, comunque cosa hai sognato di così terrificante? E soprattutto cosa ci fanno questi dannati fiori sul tavolo?-
Sherlock odiava quei fiori, anche se cercava di non darlo a vedere o non lo aveva mai detto esplicitamente, ogni volta che li guardava sembrava che li volesse strappare.
-Cosa ti hanno fatto di male i fiori?-
-Niente è solo la stupida tradizione di regalarli ai malati. Se stai morendo i fiori non ti fanno sentire meglio, non ti guariscono miracolosamente quindi non ne vedo il punto. Allora il sogno?-chiese di nuovo.
-Tranquillo per i fiori li sto portando via.-dissi cercando di cambiare argomento.
-Dove?-
-Dove dovrebbero essere.-
Sbuffò:- Per una volta puoi parlare chiaramente?!-
-I fiori non sono per me, cioè si sono per me ma non dovrebbero essere qui.-
-Allora ti accompagno, così mi racconterai anche di questo sogno di cui non vuoi parlare.-
-Te lo racconterei comunque. Ti dirò tutto, te lo prometto, ma c'è un modo per non farti venire?-
-No.- disse vestendosi e prendendo i fiori per andare giù dalle scale.
-Almeno aspettami!- gli gridai dietro.
-Chiamo un taxi. Dove andiamo?-
-Charing Cross.-

Ero seduta sul sedile del treno ormai da alcuni minuti cercando di riprendere fiato:-Non c'era bisogno di correre, potevamo prendere quello dopo.- dissi a Sherlock, che aveva insistito a prendere questo treno sebbene fossimo riusciti a prenderlo al pelo.
Se ne uscì con una semplice alzata di spalle per poi dire:-Allora cosa facciamo prima? Fiori o chiavi?-
-Quali chiavi?-dissi corrugando la fronte in un'espressione confusa
Tiro fuori dalla tasca un mazzo di chiavi con un portachiavi a forma di stella.
-Dove le hai prese?- gli chiesi perchè riconoscevo quelle chiavi.
-Erano dentro il vaso il giorno che sono venuto a trovarti e che sono comparsi i fiori. Mi sono preso la libertà di prenderle e provare ad aprire alcune serrature, ma siccome non apre nessuna di queste mi sono fatto una teoria. La vuoi sentire?-
-Hai preso le chiavi e non mi hai detto niente?! È certo che prima o poi ti ucciderò.-
-La vuoi sentire questa teoria o no?-
-Si si,vai avanti.- gli dissi con poca convinzione,sapendo che tanto me la avrebbe detta lo stesso.-
-Sei diventata orfana di entrambi i genitori quando avevi più o meno 10 anni, solitamente i genitori con figli piccoli hanno una casa stabile, non in affitto. Sei originaria di Southsea che è esattamente dove stiamo andando.Mi hai detto di essere figlia unica quindi a meno che i tuoi genitori cambiato qualcosa, sei l'ereditiera di tutto, perciò credo che queste siano le chiavi di casa tua.-
-Eccellente deduzione Mr.Holmes.-
-Quindi prima le chiavi o i fiori?-
-Fiori.-

Ci eravamo seduti su una panchina in mezzo al parco.
-Non possiamo semplicemente andare?- mi chiese Sherlock.
-Mi hai fatto correre tutto il tempo, ora sono io che comando e ci fermiamo un attimo… venivo sempre qui da piccola.-
L’erba era ormai secca e in alcuni punti c’era la neve, alcuni bambini giocavano nel tiepido sole della mattinata e poco lontano si scorgeva la strada che portava alla scogliera e poi alla spiaggia.
Mi alzai quasi di scatto e imboccai la strada cercando di percorrerla il più velocemente possibile mentre Sherlock mi seguiva silenziosamente.
Arrivati in cima alla scogliera dissi:-Ho sempre voluto rivedere il mare.-
-Non so se ti ricordi,ma ci hai fatto un salto qualche settimana fa, ci hai fatto letteralmente un salto dentro.- disse mentre lo guardavo con aria torva.
-Si,sai mi ricordo. Ma quello che volevo dire è che volevo rivedere il mio mare.-
-Tecnicamente...-
-Ohhh sta zitto e non rovinarmi tutto, Holmes.-
Rimanemmo qualche minuti fermi a sentire le onde infrangersi sotto di noi.
-Sul biglietto dei fiori c'è scritto 77/12, cosa significa?- mi chiese.
-Hai sempre una teoria per tutto,no? Beh tientela per te perchè tra poco ti spiegherò tutto.-
Detto questo lo condussi in uno dei pochi posti in cui non ero mai stata in quella cittadina.

Appoggiai i fiori sul marmo della tomba e mi rizzai di nuovo in piedi. La foto raffigurava una famiglia felice intorno a un vaso di rose blu, sembravano felici, la bambina sorrideva largamente con gli occhi blu intenso messi in risalto dai capelli neri. La data di morte era il 23 dicembre, esattamente 9 anni fa.
-Eccoci quindi, la tomba degli Elienton.-
-La vedi quella bambina? Sono io, questa è anche la mia tomba.-
-Lo sospettavo.-mi disse poi aspettò in silenzio in attesa che continuassi.
-Io sono la figlia di Ben Elienton e di Eleanor Elienton,loro mi chiamarono Robin Elienton. I primi 10 anni furono perfetti, assolutamente bellissimi, poi il 21 dicembre di 9 anni fa partimmo per Londra, dovevamo stare lì solo qualche giorno. Una sera mentre eravamo fuori, un furgone nero si fermò vicino a noi e li presero. Loro erano armati, e non c’era niente che io potessi veramente fare, ma ancora adesso ho gli incubi e risento le urla quando sogno.è questo il sogno che ho fatto stanotte- Mi fermo un attimo e mi copro la faccia con le mani perchè se non mi prendo un attimo di pausa potrei crollare. Sento che Sherlock mi mette un braccio intorno alle spalle e mi viene quasi da ridere perchè sebbene stia provando a darmi conforto, non essendo abituato a farlo il movimento risulta macchinoso e impacciato. Feci semplicemente un respiro profondo, mi passai le mani tra i capelli e continuai: -Mi lasciarono li da sola seduta sul marciapiede a piangere. Mi ritrovò la signora Hudson, e mi portò a casa sua cercando di capire chi fossi o come trovare i miei, ma ero troppo spaventata per dire anche solo una parola. La mattina dopo arrivarono dei tipi del governo che mi dissero di scegliere un nuovo nome, che lo dovevo cambiare per sicurezza e che sarei stata portata in una casa famiglia. Così presi il nome di mia madre e diventai Eleanor Webb. All’inizio ero troppo spaventata e facevo ogni cosa che mi veniva detta, ma dopo che mi dissero che i miei genitori erano morti divenni intrattabile, non facevo altro che arrabbiarmi con tutti, ma mi ci vedi in una casa famiglia? Quando ebbi compiuto 16 anni mi diplomai in anticipo perchè avevo deciso che avrei trovato il bastardo che aveva ucciso i miei genitori, così andai in giro cercando notizie e tuo fratello mi trovò,cercò di farmi ragionare, ma non ci riuscì. Dopo qualche settimana che stavo da lui mi mandò ad addestrarmi a Leadworth, rimasi lì un anno, di certo non mi diedero la licenza di uccidere, ma almeno potevo cavarmela da sola. Riuscii a prendere Tenross nella primavera dei miei 18 anni e decisi che avevo chiuso non volevo il tipo di vita qual tipo di vita, ma semplicemente una vita normale.Scelsi di nuovo uno nuovo nome: Ellie Jackson, Ellie è sia l’abbreviazione di Eleanor che di Elienton.- Volsi un ultimo sguardo alla tomba e poi mi voltai per andare.
-Cosa successe poi?- mi chiese Sherlock.
Mi sfuggì una risatina:- Mi sono iscritta all’università e mi sono trasferita al 221b di Backer street.-


Sono trascorse alcune ore da quando abbiamo lasciato il cimitero e ora mi ritrovo davanti a casa mia con un grande nodo alla gola. è stato impossibile non ripensare agli ultimi mesi mentre ero qui davanti con Sherlock. Alzo lo sguardo da terra e guardo la casa, che ha visibilmente un aspetto abbandonato.
-Da quant’è che nessuno viene?- mi chiede Sherlock.
-Da 9 anni e due giorni. Non sono più tornata da quando sono partita con i miei.-
-Non dobbiamo entrare per forza.-
-No, voglio farlo. Puoi aspettare però 10 minuti a entrare?-
-Certo.-
Mi faccio avanti attraverso il vialetto e apro la porta ormai arrugginita. Nella casa c’è un forte odore di polvere che mi fa tossire un po’, ma è tutto esattamente come lo ricordavo. Dall’ingresso si può andare in salotto,in sala da pranzo o su per le scale. Mi metto a fare le scale e quando arrivo in cima entro nella camera dei miei genitori. Sul letto c’è una pila di vestiti e sul comò una fila di foto. Prendo un po’ di entrambi ripromettendomi di tornare a prendere altra roba. Passando per il corridoio vedo che sul davanzale della finestra di quella che era camera mia c'è ancora un vaso con dentro i resti di quello che una volta era un mazzo di rose blu, me le aveva regalate mia madre dicendo che avevano lo stesso colore dei miei occhi. Arrivo in salotto dove vicino a un pianoforte c’è ancora addobbato un albero di natale con sotto i regali. Ad un tratto mi inizia a girare la testa, il che mi costringe ad appoggiarmi allo stipite della porta.
-Tornerai a vivere qui?-mi chiede Sherlock, non mi ero neanche accorta che fosse entrato.
-Forse tra qualche anno.-dico mentre mi avvicino all’albero e infilo i regali in borsa.
-Hai mai raccontato a qualcuno tutta la storia?-
-No, ho avuto alcuni amici mentre giravo, ma tu sei il primo a cui racconto tutto. Avevo degli amici, ma sono tutti scomparsi.Poi c'è Mycroft che sa tutto per forza.-
-Cosa intendi per tutti scomparsi?-
-Non ho avuto più loro notizie, nè da Rose o da Amy o Melody… Sono tutti scomparsi.-
-Come ti devo chiamare quindi ora?-disse cambiando argomento.
-Chiamami Ellie.-
-Suoni per me, Ellie?- mi chiede, non so perchè lo faccia, forse perchè lui capisce che ho bisogno di calmarmi. Mi siedo al piano e mi metto a suonare la prima canzone che mi viene in mente: lenta, veloce e poi di nuovo lenta, ma sempre coinvolgente. E mentre suono mi calmo e la mia mente inizia a vagare.
Si, sono stata molte persone, ma tutte mi hanno portata a essere quella che sono adesso.
Mi chiamo Ellie Jackson e questa è la mia storia. Ma adesso è ora di voltare pagina e ricominciare da capo. Mi lascio tutto il dolore e il tormento alle spalle, perchè per me ora ha inizio un altro capitolo.

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