[the Mirror.]

di Fujiko_Matsui97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sunset ***
Capitolo 3: *** the Meeting. ***
Capitolo 4: *** M as Magnitude. ***
Capitolo 5: *** Carnival of Rust. ***
Capitolo 6: *** Broken glasses ***
Capitolo 7: *** Escape. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

 

 

[The Mirror.]

 

 

 

K. Jail, Los Angeles, February, 6 p.m.

 

 

L'uomo manifestò quello che, nascosto dal truce ghigno, doveva essere un sorriso soddisfatto.

Non conosceva i passi decisi che risuonavano alle sue spalle, e questo gli bastò per capire che doveva essere qualcuno che condivideva i suoi stessi scopi ed ossessioni; si sentì improvvisamente avvolto da una curiosità che gli attanagliava lo stomaco, come una morsa velenosa di serpente.

Riuscì a controllarsi dal girare il volto per incontrare quello del suo visitatore, le sorprese erano la sua droga.

Elle era stato ed ancora era la sua ossessione per quella ragione.

Alla Wammy's House si era manifestato migliore di lui, amato e venerato per quelle capacità che Quillsh Wammy non aveva mai potuto constatare in nessuno... e mai avrebbe potuto.

Lui era solo una misera copia di un esperimento mal riuscito, un rifiuto, e la pelle viva che gli occupava quasi l'intero torace non osava dissolversi, ricordandogli ancora una volta, beffarda, il sapore della sconfitta... e gli occhi atoni di Elle che osservavano i suoi, intrisi di lacrime e dolore mentre il suo corpo era in preda agli spasmi delle fiamme.

Forse quel visitatore anonimo era la sua soluzione di riscatto, forse una possibilità esisteva ancora per far sparire le bruciature, per far tornare vivida nei tratti del volto la sua ossessione, la fiamma che lo faceva sentire vivo.

-Io sono Kira.-

Beyond Birthday si rilassò dopo quella voce fredda proveniente da dietro le sue spalle, gli occhi sanguinei che si riaprivano spontaneamente per tuffarsi nel cielo invernale fuori la finestra a sbarre, macchiato di nero, un sorriso che si dipingeva di nuovo su quel volto scarno.

Davvero molto, molto divertente.

 

 

 

 

Otto anni dopo

 

 

 

Quando Elle aprì gli occhi alle prime luci del mattino, rimase enormemente stupito dal constatare che non vi era alcun corpo vicino a lui, nel letto disfatto.

Si sollevò senza l'ausilio delle mani e scivolò sul pavimento freddo con le piante dei piedi, grattandosi il fondoschiena in uno sbadiglio: che Light fosse uscito per delle commissioni? Altamente improbabile, nessun pazzo avrebbe aperto il proprio negozio a quell'ora del mattino, e poi era sempre stato Watari a pensare a tutto il necessario per quella convivenza che ormai andava avanti da circa sei anni.

Sorrise timido pensando alla conversione del bruno e alla preghiera che gli aveva rivolto per aiutarlo ad abbandonare quella vita da assassino, da affamato di potere e di ambizioni;

si era innamorato di lui, e ogni cosa perdeva sempre più importanza ogni qual volta che incrociava gli occhi troppo spalancati del detective. La confessione era stata la scelta giusta, e aveva solo contribuito a far aprire sempre di più il cervello di Elle alla consapevolezza che non si era mai fatto trascinare da nessuna emozione in nessun caso che aveva risolto, e con Light Yagami invece era diverso.

Il suo cuore non aveva mai preso a battere più forte, e mentre le sue dita stringevano quelle del pericoloso indiziato, ora sul suo viso, si stringeva di più alla sua figura, volendo essere il più possibile in contatto con quelle labbra sorridenti.

Si sentiva come se potesse finalmente ricominciare a respirare.

Non era stato semplice trovare una soluzione che non intaccasse troppo le regole legislative, ma Elle sentiva che quel ragazzo dai lineamenti perfetti era finalmente sincero e si stava affidando a lui con tutto se stesso. Non poteva non aiutarlo.

Così, unendo le loro menti, avevano convinto, aiutati anche dai mass media, che Kira non esisteva più; vi era solo un nuovo Kira disposto a dare il buon esempio e a punire chi ancora proclamava il culto delle sue azioni, per un mondo davvero giusto.

L'intero organo della polizia, a differenza dei cittadini, era a dir poco contrariato, ma aveva imparato col tempo ad accettarlo e, diciamolo, anche leggermente ad ammirarlo.

Non che vi fosse stata scelta, comunque: nessuno avrebbe mai messo in discussione le scelte e l'autorità di una personalità influente come Elle.

Quest'ultimo alzò un sopracciglio quando un potente crash rimbombò nei suoi timpani; si avviò verso la porta e, quando la aprì, depositò un dito fra le labbra di fronte alla scena di un Light semicurvo e coperto fino al mento di piatti colmi, che si muoveva come un equilibrista alle prime armi tentando di recuperare i cocci che giacevano scomposti sul pavimento:

-Ehm.- si rialzò in fretta imbarazzato, scorta la figura incuriosita del detective -Buongiorno.-

-Provo ad indovinare- il moro inclinò la testa di lato, sforzandosi di non sorridere: -Non eri uscito per delle commissioni.-

Light sbuffò, sentendo sulla pelle il sarcasmo dell'uomo: era sicuro che in realtà aveva capito tutto non appena l'aveva visto in quelle condizioni, ma decise di dargli corda;

-Avrei voluto svegliarti io per una volta, dato che ogni volta che mi alzo tu sei già seduto al computer a lavorare da ore.-

-E quindi...- gli sorrise, stupendolo: -...hai svuotato il frigo?-

-Ma io non ho...- interruppe il suo tono offeso, sciogliendosi alla vista meravigliosa di un Elle sorridente. Scese col volto fino a baciarlo con delicatezza, carezzandogli la guancia con la punta del naso, il cuore che scoppiava di gioia: -Volevo solo fare colazione con te, per una volta, ma per colpa di Watari e le sue pretese di mangiare abbondantemente al mattino si è rovinato tutto.-

Elle alzò gli occhi al cielo, tipico di Light dare sempre la colpa a qualcun altro; tuttavia, non sapeva perchè, non riusciva a non amarlo.

-Non preoccuparti- si sedette sul divano in quel suo modo scomposto di sempre, un piatto colmo di crostata sul grembo -Finchè c'è una torta nulla è mai rovinato.-

Il bruno rise divertito prima di sedersi elegantemente accanto a lui, ancora una volta indeciso su cosa iniziare a mangiare, il cornetto oppure il suo amato detective.

 

 

 

 

-Near, perchè non vieni a giocare fuori?- la figura bianca, china sul suo puzzle, non si voltò per vedere Linda che stava attraversando il corridoio con altri alunni:

-Sto bene così.- assicurò atono il ragazzino, al quale le meraviglie dell'aria aperta non facevano nessun effetto. Con un “Lascialo perdere, Linda” le figure si allontanarono sghignazzanti verso il portone principale, lasciandolo solo;

Near socchiuse gli occhi, l'odore antico della biblioteca e dei suoi testi antichi che si insinuava prepotente fra le narici, stordendolo, una tessera incastrata con delicatezza fra le altre. La finestra era socchiusa e il forte vociare gli giungeva alle orecchie in modo spiacevole; sbattè le palpebre quando una voce potente lo raggiunse: “Ti ho preso, Mello!”

Sentì la risata sarcastica di quest'ultimo, probabilmente stavano giocando a palla avvelenata dato il bel tempo; immaginò le sue mani che afferravano la palla, una cascata bionda di capelli che si muoveva rapida seguendo quell'azione, i raggi del sole che donavano senza volerlo dei riflessi particolari a quella chioma.

I tratti di Near si distesero, e quando udì la voce stizzita di Mello commentare un “Fottiti”, l'immagine del biondo che mostrava il dito medio all'alunno in questione prese forma nella sua mente.

Abbandonò quasi subito i pensieri: quello era il momento della giornata che amava di più, era totalmente e incondizionatamente solo. Gli alunni si riunivano in giardino, le cuoche andavano a sbrigare le commissioni per la cena e persino Roger si accomodava all'aria aperta per poter controllare i suoi ragazzi ed essere presente se qualcuno di questi si fosse fatto male.

Near amava quella silenziosa solitudine, ed era deciso ogni giorno a godersela appieno.

Tuttavia...

La tessera fra le dita gli rimase a mezz'aria, le palpebre che sbattevano piano: quel giorno poteva avvertire una sensazione di angoscia nell'aria, per niente rassicurante.

Non era solo.

Dei passi leggeri lo fecero voltare lentamente verso l'ingresso della stanza, fino a riconoscere una figura curva, adagiata sullo stipite, gli occhi solcati da profonde occhiate; sostenne quello sguardo che lo scrutava divertito mentre imponeva al suo cuore di non battere più dello stretto necessario: i ricordi di quando era un infante gli arrivarono precisi al cervello, che riusciva ancora a registrare la mano ossuta del detective che gli accarezzava affettuoso i capelli troppo bianchi... non aveva motivo di emozionarsi, perchè quell'uomo non era Elle, anche se di aspetto era identico.

Avrebbe riconosciuto quel volto distaccato ma gentile fra mille, e non aveva nulla a che fare con quel sorriso beffardo che gli ricordava tanto quello di Mello mentre lo picchiava, ma che gli procurava ancora più paura.

Paura perchè, a differenza del biondo con cui aveva sempre avuto lo stesso rapporto, senza bugie in quella violenza, quel tale minacciava di confondersi fra i suoi ricordi più felici.

Distolse lo sguardo da quella figura in silenzio, il capo di nuovo chino sul suo lavoro, e mentre lo percepiva avvicinarsi incastonò l'ultima tessera con forza.

 

 

 

 

Light scese col volto su quello di Elle fino ad incastrare perfettamente le labbra sulle sue, rabbrividendo al tocco delle dita gelate di quest'ultimo sulla sua schiena. Il detective mugolò di piacere quando la lingua di Light si depositò avida sul suo collo, e gli afferrò i capelli con forza mentre l'aria fuoriusciva furiosa dalle sue narici, l'eccitazione pulsante nei jeans.

Light sorrise soddisfatto quando l'amante gli aveva artigliato la chioma scura e, le dita rapide, gli sfilò la maglia da sopra la testa, cercando di separarsi dalla lingua morbida di Elle il meno possibile; gli afferrò il volto, suggendone piano la punta umida una volta terminato il bacio.

Era incredibile come tutta l'ambizione, la bramosia di comando e di potere si annullavano completamente, ogni volta, quando il dolce fremere del detective si tramutava in baci sconnessi, intrisi di passione e miele ingannatore perchè generatore di dipendenza, che al confronto lo zucchero si tingeva di amaro, e i fiori si vergognavano del loro profumo e appassivano... e Light scopriva che non c'era né ci sarebbe stato nulla di più fantastico: avere un posto nella vita di qualcuno dove sei imbattibile.

La situazione là sotto era oramai insostenibile, i boxer troppo stretti e del tutto fradici; sollevando piano il volto e rivolgendo ad Elle uno sguardo carico di lussuria dalle iridi socchiuse, Light Yagami depositò, facendosi forza con i gomiti sulla pelle del divano, una scia di piccoli baci per tutta la larghezza del torace, fino a leccarsi piano le labbra mentre scorreva con l'indice nell'apertura dei jeans del detective.

-Sei crudele.- gemette Elle con disperazione quando capì che il bruno non avrebbe fatto alcuna mossa, continuando a tormentarlo in quel modo.

-Per niente- commentò un Light spudoratamente sorridente -Non ero io che facevo lo spiritoso questa mattina, prendendoti in giro.-

-Io...- s'interruppe di botto, inarcando la schiena con voce roca quando le labbra di Light avevano afferrato la punta del suo membro -Non ti ho preso in giro, sei stato carino a portarmi la colazione, è che mi hai preso di sprovvista e...-

-Prego?- Light alzò di scatto la testa, l'espressione stupita -Allora non avevi capito le mie intenzioni!-

Elle scosse il capo, mesto: -Ho mentito. È che non riesco mai a decifrarti, sei sempre una sorpresa per me Light, e ci riesco sempre con tutti...- sorrise timido, recuperando un po' di respiro -...non è molto appagante, sai?-

Light sbattè le palpebre frastornato prima di mostrargli un sorriso di pura dolcezza e carezzare i capelli mori e disordinati di Elle, emozionato, salendo di nuovo col volto per baciarlo.

Il moro chiuse gli occhi, il cuore palpitante nel petto mentre avvolgeva le sue braccia attorno al collo del partner, il suo delizioso sapore di pesca sulla pelle;

-In ogni caso- la voce lo risvegliò dal battito del suo cuore: -la punizione resta, anzi peggiora, dato che mi hai mentito per non ammettere la tua inferiorità.-

Il detective lo guardò malissimo: -Io non sono...- quasi si strozzò con la sua stessa saliva, sentendo la lingua di Light che scendeva a carezzare la sua virilità a lungo trascurata;

-Oh, Dio...- gemette roco prima di spingere di più col bacino, tuffandosi di più in quella sensazione bollente e fantastica -Hai ragione, merito proprio una punizione esemplare.-

Light sorrise soddisfatto a quella rivelazione, iniziando a suggere con foga.

Qualche minuto dopo Elle venne fra le labbra di Light con un grido, aprendo poi le braccia per accogliere il corpo accaldato di quest'ultimo e stringerlo a sé; rimasero in silenzio ad osservare, sereni e ancora stupiti dopo tutto quel tempo, i tratti reciproci, fino a quando non recuperarono il ritmo respiratorio di sempre.

-Sei sempre così?-

-Così come?-

-Sadico.- commentò Elle, sforzandosi di non ridere, cosa che invece fece Light:

-Se non ti piaceva potevi anche fermarmi...-

Il detective gli diede ragione con lo sguardo, accoccolandosi fra le sue braccia;

-Mi aiuti anche oggi?-

-D'accordo.- Light si allentò il nodo della cravatta, cercando di ignorare la sua eccitazione che pulsava ancora vogliosa: -Vado prima a farmi una doccia, però.-

Si rintanò nella stanza comunicante ed Elle, una volta avviatosi al computer e seduto, di buonumore, accese lo schermo di fronte a lui. Era passato tanto tempo, ma Light era ancora perfezionista come quando l'aveva incontrato.

Si chiedeva se avesse mai conosciuto la paura, ma la risposta era arrivata, e nel migliore dei modi, quando gli aveva sussurrato in una sera estiva, timoroso anche se non l'avrebbe mai ammesso, che lo amava, che non lo avrebbe lasciato mai più solo.

La solitudine non era più la forza di Elle per restare a galla da quando Light era entrato nella sua vita.

Mosse il mouse per cliccare su una delle infinite cartelle dei casi, quando all'improvviso lo schermo diventò nero. Si mordicchiò un'unghia mentre scorreva il cursore per scorgere qualche movimento e poi reclinava la testa per vedere se per caso c'era qualche cavo che si era staccato dalla presa, ma così non era; ebbe appena il tempo di avvertire una pesante sensazione di angoscia quando un bip lo risvegliò potente dai suoi sensi.

Gli occhi bui tuffati in quel nero, gli bastò qualche secondo per dilatarli al massimo e cadere, boccheggiante, dalla sedia con un rumore sordo. Quando Light rientrò lo trovò con le mani aggrappate al marmo freddo, pallido in volto e che tentava di indietreggiare sempre di più.

Dopo avergli rivolto domande a vuoto che sembravano rimbombare incomprensibili nel cervello del detective, il bruno corse verso di lui gridando preoccupato, scuotendolo per le spalle, la voce rotta che chiedeva insistente cosa gli prendesse... il suo respiro gli si mozzò fino in gola quando vide tutto quel nero, la scritta rossa “Wanna play?” a caratteri eleganti e spigolosi, scie di sangue che lo sottostavano nella loro morbidezza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice

 

Ho questa storia in mente da circa un mese, e spero davvero di essere capace di scriverla al meglio, essendo per giunta la prima long Yaoi che scrivo. Non so se il rating cambierà nel corso della storia, vedremo come andranno le cose u.u

E adessooo... introduco velocemente la sezione PRR (no, non è una pernacchia, ma è la sigla di Piccole Risposte alle Recensioni, che posterò per rispondere ai commenti quando pubblicherò i capitoli successivi) aspetto pareri con ansia :3 besos!

 

 

 

 

 

-FM.

 

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Capitolo 2
*** Sunset ***


 

 

 

-L-Light...- la mente del bruno vacillò mentre il detective si afferrava, le dita livide, alla stoffa del suo accappatoio, il tono sottile come implorante un aiuto.

-Lawliet...- la voce gli uscì in un sospiro spezzato mentre lo sollevava da terra e delicatamente lo trasportava fino a farlo sedere sul morbido divano: -Che succede?-

-È tornato, lui... non se andrà fin quando non avrà quello che cerca.-

Light Yagami lo osservò frastornato, le mani fra le sue per infondergli la tranquillità di sempre:

-Di chi stiamo parlando, Elle?-

Il detective alzò piano lo sguardo inquieto, stabilizzandolo su quella figura dal tono comprensivo; fece per aprire bocca e rispondere, quando un'avviso da parte di Watari interruppe l'azione: -Elle, c'è una chiamata da parte di Roger della Wammy's. Dice che è urgente.-

-Trasferiscilo sulla linea 4.- comandò con voce atona, prima di fare segno a Light di aspettare e alzarsi in piedi, verso il microfono. Si sedette sulla sedia girevole nella solita posizione, l'icona elegante della lettera R comparve su ogni schermo della stanza: -Buongiorno, Roger.-

-Elle, è successa una cosa terribile.- rispose subito l'uomo, e il detective si carezzò il labbro col dito di fronte a quel tono turbato, riflettendo.

Roger era stato scelto come direttore dell'istituto proprio perchè non perdeva il sangue freddo. Mai.

O perlomeno, così era sempre stato fino a quel momento.

-Ti ascolto.- mormorò, la voce leggermente incerta mentre sentiva l'uomo prendere un grosso sospiro, temendo la reazione del detective: -Near è stato rapito.-

Light si alzò in piedi di scatto, indignato, mentre il cuore del detective prendeva a battere all'impazzata, un'orda di emozioni gli trapassavano il cervello da parte a parte, stordendolo: -Cosa?-

Si massaggiò le tempie, boccheggiante, un respiro strozzato che prendeva vita nel suo petto, e bruciava, dannatamente. Le probabilità che fosse lui la causa di tutto quello erano del...

-Io non so cosa dire Elle, una guardia sostiene di avere intravisto un uomo nei corridoi ma di non averlo fermato perchè gli sembrava identico a te, pensava fossi tu venuto a controllare la situazione e...-

...93%.

Il detective per poco non svenne di fronte a quella notizia che, però, almeno confermava e convergeva i suoi sospetti su quell'unica, psicopatica figura del suo passato: -Roger, grazie di avermi avvisato. Penso di sapere di chi parliamo, ti richiamerò dopo aver fatto qualche ricerca.-

-Grazie, Elle.-

attaccò, e il moro si avvicinò al caffè ormai freddo, lanciando compulsivamente zollette di zucchero all'interno del liquido: -Lawliet?-

Light giunse dietro di lui discretamente, posando il suo palmo su quella mano fredda e agitata, carezzando quella pelle piano col pollice. Il detective strinse le labbra, il capo chino:

-Si chiama Beyond Birthday, ed era un assassino seriale di Los Angeles. Uno dei miei primi ed intricati casi da quando ho iniziato a lavorare da solo.-

Dinanzi a quel nome, i peli di Light si rizzarono, le pupille dilatate: -È stato lui a rapire Near?-

-Non è tanto il rapimento a preoccuparmi, ma quello che verrà dopo. Beyond è un assassino senza scrupoli, sarebbe capace di qualsiasi azione pur di arrivare a me. Si è dato fuoco... pur di battermi.- sorrise amaro, perdendosi in quei ricordi che fino a qualche minuto prima sembravano irreali e lontani: -In realtà pochi sanno che la prima volta che avevo visto Beyond non è stato a Los Angeles tramite Naomi Misora, ma alla Wammy's House. Non ho vissuto lì per molto, ma quei pochi mesi sono bastati per farmi notare: ero il più intelligente e quindi oggetto di ammirazione e odio in egual parti. A quest'ultimo schieramento apparteneva anche lui; quando me ne sono andato non ho più avuto notizie né di lui né degli altri, so solo che un giorno è fuggito lasciando sul suo letto solo un barattolo di marmellata... vuoto.-

-Marmellata?-

-Si, è una sorta di fissazione per lui, così come per me lo sono i dolci. Quando a Los Angeles l'agente Misora mi ha riferito di un uomo dal mio stesso aspetto, ho subito compreso che non poteva essere altri che lui: era l'unico così ossessionato da me da aver potuto prendere la mia identità, e l'unico che riesce a far vacillare tutte le mie sicurezze. E adesso Near è...-

-Ryuzaki.- il detective s'interruppe davanti al tono mesto del suo partner, un dito fra le labbra mentre cercava di capire perchè lo avesse chiamato in quel modo legato al passato, alle indagini che usavano risolvere assieme a Matsuda, Aizawa e gli altri agenti dell'ormai ex quartiere generale.

-Si, Light?-

Il bruno si morse un labbro con forza, le mani ancora strette sulla sinistra del detective, mentre nel suo petto infuriava una battaglia non indifferente: era una faccenda legata a tanti, troppi anni prima e non c'era bisogno di riferirlo, gli suggeriva una vocina egoista dentro di lui, ma no, un'altra, più candida, più giusta, gli intimava che aveva promesso di cambiare, di dire tutto al suo Lawliet, anche se il timore bloccava ogni cellula del suo corpo. E poi, se poteva servire a salvare l'erede di Elle...

Sollevò il capo, raccogliendo tutto il fiato e il coraggio possibili, le iridi profonde che fulminavano quelle del moro di fronte a quella verità troppo grande, troppo distruttiva:

-Anni fa, quando ero ancora Kira e volevo ucciderti, ho chiesto aiuto a Beyond Birthday.-

Il cuore del detective sembrò cessare di battere per un istante, vacillò nel vuoto, giù nel buio, e lì si fermò, inghiottito dall tenebre:

-Tu cosa?-

 

 

 

 

 

-Avete dieci minuti per risolvere la funzione considerando l'argomento quale X. Prego, cominciate!-

Mello, a braccia conserte, osservava annoiato le lancette dell'orologio muoversi con lentezza disarmante, lo sguardo perso nel vuoto.

Il tempo era piovoso quel giorno, e nuvole scure aleggiavano sopra la scuola come avvoltoi in attesa di qualche vittima sacrificale; sospirò, aprendo il fascicolo davanti a lui, pronto a dare il massimo come sempre.

Si maledisse per quell'attimo di distrazione precedente: Near avrebbe potuto superarlo più facilmente avendo iniziato prima di lui e, quindi, avendo più tempo a disposizione!

Quel piccolo, maledetto... mostriciattolo..?

Mello sollevò un sopracciglio quando la realtà gli colpì i sensi come un fulmine a ciel sereno e iniziò a voltare il capo da una parte all'altra prima di sistemarsi di nuovo sulla sedia, composto e perplesso, osservando il suo migliore amico che, seduto una fila più avanti, giocava con la PSP nascosta sotto il banco, un piede che batteva ritmicamente contro il pavimento: -Matt?- sussurrò per richiamare la sua attenzione.

Quest'ultimo continuò indisturbato e Mello, dopo un altro paio di tentativi, sbuffò e, persa la pazienza, gli tirò un calcio sul fondoschiena che per poco non gli faceva scappare la console dalle mani: -Ma che cazzo!- espirò furiosamente dalle narici prima di voltarsi verso il biondo e sostituire l'espressione furiosa con una incuriosita.

-Sei diventato matto? Vuoi forse che la prof mi becchi?-

Mello ridacchiò, cinico: -Sbaglio o quel coso bianco oggi non è presente?-

Matt comprese subito a chi si riferisse, facendo spallucce con indifferenza -Se non lo vedi...-

-Secondo te perchè è assente?- incalzò, e Matt alzò gli occhi al cielo:

-Si, ho proprio dimenticato di dirti che c'è stato un tempo in cui sono stato incinto. Che cazzo ne so io, Mel, non sono mica sua madre!-

-Non puoi parlarmi di te col pancione quando ho fatto da poco colazione! Dio, Matt, che schifo...- il rosso represse una risata di fronte alla smorfia disgustata dell'amico: -Certo che però è strano, lui...-

-Mello!Matt!- la professoressa, ormai in piedi, indicava la porta con aria stizzita: -Dato che vi piace così tanto chiacchierare, potete farlo fuori di qui, grazie!-

Una volta superata la porta a vetri, il rosso tirò fuori dalla felpa la console, sedendosi con la schiena contro il muro mentre la riaccendeva: -Grazie al cielo...- mormorò sollevato, una mano tuffata nella tasca a cercare l'accendino.

Mello camminava avanti e indietro nel tratto di corridoio, mordicchiandosi un'unghia mentre tentava di pensare a cosa fosse successo a Near. Si fermò di botto osservando la punta rossa della sigaretta accesa fra le labbra dell'amico, ma rinunciò a ricordargli che era vietato fumare all'interno dell'istituto. Dopotutto, non lo avrebbe ascoltato.

Il ragazzo in questione ebbe appena il tempo di sentire una sorta di vento per il movimento fulmineo del biondo prima di alzare un sopracciglio quando non sentì più in bocca il sapore di tabacco: -Oh, ma cosa..?- trattenne il respiro quando si trovò il volto di Mello a pochi centimetri dal suo, le sue dita che reggevano la sigaretta accesa, lo sguardo luminoso:

-E se fosse malato?-

Matt ebbe una voglia indescrivibile di strozzarlo, lì con le sue mani, ma si limitò a strappargli la sua sigaretta dalle dita, persa la pazienza: -Ma malato sei tu, mi pare! Io davvero non ti capisco, sei sempre isterico per colpa sua e una volta tanto che non c'è tu ti arrovelli il cervello per capire che fine abbia fatto?!-

-Ma vaff... io non sono isterico!- borbottò offeso, prima di accovacciarsi maggiormente verso la sua figura: -E comunque è proprio questo il punto, è ovvio che se sta male tornerebbe alle lezioni fra un bel po' e sarebbe splendido, e inoltre...- ridacchiò, godendosi l'ammaliante prospettiva -...potrei fare in modo di allungare la permanenza dei suoi germi!-

Matt dopo l'affermazione trattenne una risata quando l'immagine di un Mello vestito da Crocerossina invase la sua mente; allungò un braccio verso di lui e l'abbracciò, tirandolo a sé, le dita premute sulla nuca inondata di capelli morbidi, il pollice che sfregava con dolcezza sulla sua pelle chiara:

-Ma tu devi sempre rompere le palle, eh, biondina?-

Mello rabbrividì di fronte al respiro del migliore amico sull'orecchio e, prima di esplodere in una risata, lo spinse via di getto:

-Chiamami un'altra volta al femminile e giuro che ti stacco i testicoli, Matt!-

 

 

 

 

 

 

 

Light, le lacrime che minacciavano di riempire i suoi occhi già lucidi, osservò la velocità con cui la mano di Elle si era ritratta dalle sue, e non la trattenne: -Misa era tenuta sotto controllo da te, e io non avevo gli occhi dello Shinigami. Pensavo che Beyond potesse sapere il tuo vero nome e...-

-Come hai potuto?!- Lawliet era scosso dagli spasmi, lo sguardo tornato quello freddo e distaccato di sempre, senza più alcun bagliore di felicità, alcun sorriso per avere incontrato Light, averlo amato... averlo salvato.

Era bastata una sola rivelazione a far crollare di getto tutta la fortezza della fiducia che avevano costruito assieme in tanti anni, ogni ricordo. Light, un dolore profondo che gli squarciava il petto, strinse convulsamente le dita attorno alla stoffa fine della camicia, all'altezza del cuore:

-Ero accecato dal potere, io...non immaginavo... non immaginavo questo.-

-Non lo immaginavi?- Elle calcò sull'ultima parola, beffardo, la voce incrinata mentre sentiva la rabbia crescere per schiacciare i sentimenti e rompere quella barriera di razionalità e lucidità che si era sempre imposto nella vita: -Hai chiesto al mio peggior nemico di farmi fuori, stretto un'alleanza con lui... e tutto quello che sei capace di dire è che non lo 'immaginavi'?-

Light abbassò la testa di fronte all'ennesimo tentativo fallito di stringere il suo detective a sé, i pugni stretti lungo i fianchi: -Mi dispiace.-

Elle lo osservò tremante, il respiro interrotto, superficiale, le iridi nere attraversate da lampi di rabbia sconnessa. Le dita decise sul portatile, qualche minuto di silenzio dopo: -Watari, avvisa Roger di prepararmi una stanza alla Wammy's. Vado a Londra.-

-D'accordo, Elle. Prenoto subito un jet privato.-

Era seduto sul divano, la testa fra le mani. Elle scorse il bagliore di una lacrima solcare la sua guancia rosea prima di lasciare la stanza, stupendosi del fatto che gli procurava ogni emozione possibile, esclusa la compassione:

-Addio, Light.-

 

 

 

 

 

Quando Near si svegliò, l'unica cosa che riuscì ad avvertire era il dolore.

Avvertiva la bocca arsa, le palpebre molli e gli arti che non osavano rispondere ai suoi comandi; era immerso nel silenzio, con l'eccezione di un fastidioso ronzio che gli invadeva la mente.

La prima cosa che vide fu una stanza vuota e dalle pareti metalliche, probabilmente un sotterraneo, che faceva sì che i suoni rimbombassero tutt'attorno; quello servì a tranquillizzarlo un minimo: evidentemente il suo percepire i rumori amplificati era solo un effetto legato all'ambiente in cui si trovava e non a qualche trauma.

Il problema però, pensò sconsolato, era che non appena tentava di ricordare come fosse finito lì il cranio iniziava a pulsare terribilmente, come se mille chiodi lo stessero trafiggendo da parte a parte, e presto capì perchè: tentando di muoverlo si accorse che c'era qualcosa di freddo e duro che rendeva lento il doppio ogni suo movimento. Sollevò un braccio, toccando quell'arnese con dita tremanti: era liscio come una cintura, ed era di ferro, spesso ma non spigoloso. Ma allora, se non aveva angoli che potessero ferire, come era possibile che gli procurasse tutto quel fastidio?

-Ben svegliato, Nate.-

Il ragazzo cercò di non mostrare il turbamento che aveva avvertito nell'udire il suo vero nome, e alzò gli occhi per tentare di incrociare lo sguardo legato a quella voce contraffatta, ma ciò non accadde: -Chi sei?-

Poteva quasi avvertire un sorriso divertito da parte dell'interlocutore quando ricominciò: -La mia identità non è la cosa più importante ora come ora, non credi?-

Il ragazzo, notato l'amplificatore in un angolo della stanza, tentò di ribattere a quella che sembrava quasi un'intimazione, ma una fitta più forte delle altre lo colpì alla testa, facendolo mugolare in modo a dir poco pietoso;

-Immagino tu voglia soddisfare parecchi interrogativi più urgenti.- obiettò la voce dinanzi a quel mugugnare, e Near udì un rumore strano dal piccolo altoparlante sul soffitto, come lo schioccare d'aria, come un barattolo nuovo che veniva aperto.

-Ovvero...- poteva avvertire il tono impastato, come se stesse masticando qualcosa. Il suo pensiero volò a Mello e alla cioccolata che si frantumava sempre, pronta a sottomettersi, sotto la presa dei suoi denti.

Ma quello non era affatto lo stesso suono...

-...non ti piacerebbe sapere cosa sono quelle splendide apparecchiature che hai sul corpo?-

Il ragazzo si sforzò di non sbarrare gli occhi: il tipo aveva deglutito tranquillo, e del suono deciso della masticazione neanche l'ombra. Era razionalmente impossibile che un pasto rigido fosse inghiottito senza neanche una frantumazione, e lui era stato attento ad ogni minimo particolare.

Che stesse solo... assaporando?

-Mi sembrava stupido incatenarti i polsi, non temo di certo i tuoi tocchi... Nate.-

Un brivido di paura lo colpì alla spina dorsale dinanzi al suo tono basso nonostante la voce contraffatta, ed alzò lo sguardo deciso a capire almeno la situazione scomoda in cui si trovava: -E poi, non è mia abitudine trattare male gli ospiti. Non sei tu il mio obiettivo, ma purtroppo la situazione non mi lasciava altra scelta.-

-Quale situazione?-

L'uomo, al centro della stanza buia, inserì soddisfatto un dito fra le labbra, gli occhi rossi fissi sullo schermo del computer, ignorando volutamente la domanda. Quell'albino era davvero uno spasso.

-Ora come ora desidero solo che tu stia buono ed aspetti delle direttive, in attesa di notizie più... interessanti.-

Near riflettè frenetico: se fosse balzato in piedi e avesse attaccato direttamente il rapitore, come avrebbe sicuramente fatto qualcuno di sua conoscenza, sarebbe stata una mossa insensata. Sentiva che non avrebbe ricevuto delle risposte ma si sarebbe solo mostrato come indomabile e avrebbe ricevuto maggiori controlli su di sè, inoltre un tentativo di fuga era impensabile, date le catene che gli avvolgevano le caviglie, collegandole al muro.

La priorità era capire con chi aveva a che fare, ma soprattutto perchè, in modo da poter iniziare a costruire il puzzle.

Per la prima volta si sentì spaesato, e l'immagine affettuosa di Elle prese forma nel suo cervello; per Nate fu come uno spronamento a tenere duro, ad usare la mente come sempre, proprio come avrebbe fatto il detective nella sua stessa situazione.

E poi, era sicuro che questi aveva già ricevuto la notizia e aveva iniziato le ricerche.

-Un'ultima cosa.- la voce calma interruppe il flusso inquieto dei suoi pensieri: -Non mi piace essere preso in giro. Una sola mossa sospetta, e il disco che ti avvolge la testa manderà delle scosse che ti immobilizzeranno. Tipo questa.-

Nate non fece in tempo a deglutire che un dolore forte come un tuono gli avvolse le membra, e un urlo agghiacciante prese forma nelle iridi accese dalla sofferenza; artigliò con le dita la camicia, il petto in fiamme mentre il suo torace scivolava a terra, una dolce, calda lacrima che prendeva possesso delle sue guance diafane.

Beyond lo osservò deliziato contorcersi dagli spasmi in quella danza sconnessa, e il suo cuore prese a pompare più sangue di fronte a quelle iridi buie, identiche a quelle di Elle, mentre una forma di eccitazione prendeva possesso del suo viso, tramutandolo in un sorriso, lo sguardo acceso mentre un dito avvolto dalla marmellata raggiungeva la bocca:

-A molto presto, Nate.-

Il ragazzo udì il bip della disconnessione suono e tentò di recuperare il respiro normale, la guancia destra sul freddo suolo, la mano ancora stretta attorno alla stoffa sottile; fece forza su sé stesso per impedire che altre lacrime fuoriuscissero dai suoi occhi, più per la rabbia che per il dolore.

Si sentiva impotente, Near, solo una stupida pedina fra le dita di quello psicopatico, pronta ad essere divorata sulla crudele scacchiera al minimo segnale di allarme... o di vittoria.

Si era mostrato il più intelligente, il degno successore di Elle... per poi ottenere quello? Un ruolo da prigioniero? Non l'avrebbe accettato.

Si rialzò lentamente, facendo forza sulle braccia, la schiena magra ora appoggiata al muro; avvolse la testa fra le braccia poggiate sulle ginocchia, un debole sorriso nascosto dalla posizione: poteva essere il protagonista, o quantomeno una pedina non facile da far crollare.

Doveva solo essere paziente... solo aspettare, e al minimo errore, alla minima mossa falsa, riflettere su una via di fuga.

 

 

Beyond posò il barattolo ormai vuoto sul pavimento sul quale era scomodamente accucciato, il monitor ancora puntato su Near, un sorriso emozionato dipinto sul volto:

-Perchè quel ragazzino... non capisco, è...è crudele.-

Si girò verso la voce, proveniente da un angolo della stanza immersa nel buio e, cercando di nascondere quanto fosse seccato, si sollevò da terra e camminò fino a raggiungere la figura.

-Non ti piace il mio piano..?- sussurrò passionale, e il profilo sobbalzò, tentando di ritrarsi alle sue dita che avevano carezzato un ciuffo chiaro dei suoi capelli, portandoselo alle labbra.

-Non è questo, è solo che non capisco cosa c'entri questo con l'uccidere Ryuzaki...-

Il volto dell'uomo si indurì e la ragazza, tremante, si addossò di più con la schiena al muro.

Ma fu solo un istante di terrore.

-Aah, Misa, Misa...- cantilenò fra i sospiri, il tono di voce nuovamente rassegnato e paziente: -Quante volte devo spiegartelo? Near è solo un incentivo per catturare l'attenzione di Ryuzaki ed indurlo più che mai ad indagare. È il suo erede, e il nostro caro detective non lascerebbe mai che si sciupasse quel suo bel faccino. Perchè me lo chiedi? Non dirmi che l'hai perdonato...-

Vi era una nota stonata nelle sue ultime parole, il tono leggermente minaccioso, che mise in allarme la ragazza, il capo ora chino mentre la voce si assottigliava, frustrata.

-No... Misa vuole che Ryuzaki muoia. Io e Light-kun eravamo felici, se non fosse stato per lui... anche se sapevo di essere per Light-kun solo qualcosa da utilizzare, io lo amavo e lo amo lo stesso anche ora.-

-Brava la mia Misa...- Beyond soffiò tutto il suo apprezzamento sul volto della ragazza, studiandone i lineamenti deturpati dalla rabbia -È per questo che hai i polsi incatenati, non voglio che tu, presa da un momento di follia, possa scappare. Ma vedo che per ora non c'è pericolo... vedrai, con il tuo aiuto troverò il quaderno della morte e grazie ai tuoi occhi...-

Fece una pausa e dilatò le iridi in piena estasi, mentre la mano correva lenta su una sua guancia morbida, assaporandone il profumo con estremo interesse:

-Grazie ai tuoi preziosissimi occhi, quando farai lo scambio con lo shinigami Elle ormai mi avrà in pugno, e avrà già trovato me e te. Basterà che tu lo veda in volto, e io scriverò il suo nome. Vedrai, morirà. Eccome, se morirà.-

Una risata bassa e roca uscì come un getto dalle sue labbra, la vendetta il motore che muoveva ogni suo muscolo, ogni suo ingranaggio cellulare.

Finalmente avrebbe avuto la sua vittoria... e il vedere un Elle sanguinante che implorava il suo aiuto costituiva la conclusione ideale, la più rosea ricompensa.

Inoltre, avrebbe preso due piccioni con una fava: nessuno si poteva permettere di utilizzarlo a suo piacimento, per poi mutare idea solo per degli sciocchi sentimenti.

Non aveva dimenticato il giorno di otto anni prima, quando Light Yagami era ancora nel pieno possesso dei suoi bramosi ideali e si era recato a trovarlo in prigione, assicurandogli che i loro obiettivi come Beyond e Kira erano gli stessi, che Elle sarebbe dovuto morire; gli aveva chiesto aiuto, alleanza, un lavoro di squadra per riuscire a scoprire il suo vero nome ed eliminarlo.

Da solo non avrebbe potuto farcela, dato che il suo cavallo di battaglia era sotto stretta sorveglianza e non era utilizzabile. E poi..?

Silenzio. Ancora prigionia, nessuna promessa mantenuta, dati fondamentali resi ancora più segreti, inaccessibili... le torture che aveva ricevuto senza alcuna spiegazione valida.

La paura che lui potesse toccare il prezioso detective aveva costituito l'incentivo per rendere Light ancora più crudele nei confronti di qualsiasi minaccia, ma purtroppo per lui Misa, abbandonata ingiustamente al suo destino, costituiva un'arma preziosissima, e per fortuna anche vulnerabile.

Anche se quando aveva avuto modo di convincerla lei aveva già rinunciato da tempo alla proprietà del quaderno, Beyond aveva di quest'ultimo abbastanza informazioni da riuscire a spiegarsi; ovviamente non aveva accennato al fatto che con lo scambio degli occhi la sua vita si sarebbe dimezzata, né le aveva rivelato che uno scambio era già stato richiesto da lei in passato.

In questo modo, Misa non aveva avuto alcuna esitazione a schierarsi dalla sua parte, e Beyond sapeva perfettamente che, prima o poi, con quella vita così ridotta, lei sarebbe morta, togliendo altre prove e altre seccature di torno.

D'altronde, era bastato nominarle Light, di cui ricordava ovviamente ogni cosa, per notare quel bagliore negli occhi azzurri spenti da tempo, per risvegliare in lei l'amore e la gelosia.

Una volta ucciso il suo peggior rivale, Beyond avrebbe trovato il modo di uccidere anche lui.

Sorrise fra sé e sé, lo sguardo fisso sulla sua aiutante.

Light Yagami si sarebbe pentito amaramente di avergli voltato le spalle.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice

 

Una sola domanda: perchè esiste la scuola? Ma soprattutto, una ancora più importante: perchè cavolo stavo col libro di filosofia in mano in piena crisi quando ancora non era iniziata?! D'':

[PRR]

 

Lux_SD: Ciau!^^ Bhe, diciamo che mi piace sperimentare vari generi u.ù, spiacente ma non

spoilero sulle coppie, na na! XD e comunque hai ragione, Light che prepara la colazione è

pucciosissimo, mi viene quasi voglia di ingaggiarlo privatamente!

 

Kleveland: Ma buonasera, Klev! Sono contenta che alla fine tu abbia deciso di seguirla, vado molto

fiera di un lettore... intellettuale come te! :P Spero tu continuerai a darmi pareri e anche

eventualmente critiche, sempre considerando i cordialissimi saluti, eh!

 

Un abbraccio stritolante,

 

 

 

 

FM.

 

 

 

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Capitolo 3
*** the Meeting. ***


 

 

-Lawliet!-

Scattò in piedi, Light, il cuore che martellava veloce nel petto mentre la paura si impossessava di lui e gli impediva di ragionare: se ne stava andando... stava fuggendo da lui, dal suo sorriso, dai suoi occhi, dal suo cuore.

-Lawliet!- chiamò più forte, correndo a perdifiato in quella dimora grande come una reggia, i corridoi che non gli erano mai sembrati così lunghi, le stanze che mai gli erano parse così uguali fra loro; scese le scale di corsa, il cuore in gola, quasi investendo Watari, che si voltò ad osservarlo, triste. Appena scorse la sua figura incappottata ora di grigio, una valigia fra le dita, lo afferrò di corpo, il viso premuto contro il suo collo. La valigia cadde a terra con un rumore sordo:

-Non andare... ti prego...- lo supplicò, il suo orgoglio andato a farsi benedire nel momento in cui il detective era uscito da quella stanza, dalla loro stanza.

Elle si era irrigidito di colpo per un istante, raggelato da quell'abbraccio disperato, ma la rabbia non osava sparire dal suo cervello mentre sgusciava con la testa fuori da quella salda presa, agitandosi infastidito:

-Lasciami, Light.-

Il bruno respirava a stento, il groppo in gola mentre per tutta risposta stringeva di più le braccia del detective fra le sue;

-Ho detto lasciami!- protestò furente il moro, e Light alzò lo sguardo verso di lui, fulminandolo con uno sguardo passivo, di pura tristezza e isteria. Elle spalancò gli occhi quando questi gli bloccò i polsi dimenanti, ficcandogli la lingua in gola.

Il colpo potente che frustò l'aria arrivò subito dopo, assieme ai battiti accelerati dei due; Light si toccò sconvolto la guancia offesa, lo sguardo immerso in quello disgustato del detective, i pugni stretti lungo i fianchi, le nocche di una mano rosse per il forte colpo.

-Sei pazzo...- sibilò, le mani che, tremanti, riprendevano in mano la valigia, uscendo in quella fredda aria autunnale: -Devi essere completamente impazzito!- urlò, un ultimo sguardo carico di sdegno, la porta sbattuta con forza dietro di sé.

Light rimase inerme al centro dell'ingresso, lo sguardo vitreo e perso nel vuoto, la paura che faceva spazio alla furia quando, i denti digrignati, sferrò un pugno al muro bianco. Si osservò le nocche scorticate, una goccia di sangue scorreva lungo il polso mentre un fracasso di eliche in movimento gli fermò il cuore e gli fece dilatare gli occhi dinanzi alla realtà;

-Lawliet!- si precipitò sulla porta, spalancandola, ma era troppo tardi; il jet era appena decollato e si apprestava a prendere quota.

L'uomo rimase ad osservarlo, totalmente impotente mentre il forte vento lo scopriva al gelido clima.

Non era finita. Non poteva. Doveva fermarlo, convincerlo: non avrebbe permesso ad uno stupido errore di portargli via la persona più importante della sua vita.

Rientrò, la sicurezza nel cuore, mentre con decisione si apprestava a salire le scale; la figura ingiacchettata di Watari lo fermò ai primi gradini, sovrastandola:

-Per favore, Watari, fammi passare.-

Il signore socchiuse gli occhi, rassegnato: -Non posso.-

Light ringhiò, spostandosi sulla destra per evitarlo, ma con un braccio rivolto verso l'esterno, il vecchio lo fermò ancora: -Signorino Yagami, so quello che è accaduto e, per questo, mi sento in dovere di riferirle che lei non mi piace affatto, e non penso che lei possa essere la persona giusta per Ryuzaki.-

Il bruno gli rivolse uno sguardo obliquo, prima di notare la determinazione dell'interlocutore: -Ma Ryuzaki la ama, quindi ritengo che qualcosa in lei la debba pur aver vista. Tuttavia, ora che se n'è andato, io credo che lei debba rispettare la sua scelta in modo da dargli serenità, e lasciare che gli eventi seguano il loro naturale corso.-

Seguirono dei secondi interminabili di silenzio, prima che Light si decidesse ad aprir bocca, sforzandosi di mantenere la calma: -Spiacente, Watari, ma mi rifiuto categoricamente di ascoltarti.-

Il vecchio sollevò perplesso un sopracciglio quando Light diminuì la distanza fra loro; poteva avvertire il suo respiro inquieto sulla pelle: -Non permetterò che quello che abbiamo costruito assieme con pazienza ed amore crolli, non per una stronzata come questa!-

-Ryuzaki rischia la vita!- alzò il tono di qualche ottava, mosso dal forte affetto che provava per quello che per lui sarebbe stato sempre come un figlio da proteggere con le unghie e con i denti, ottenendo solo un tono più duro da parte dell'uomo: -Lui mi ama!- affannato, osservò il silenzio teso di Watari, costringendosi ad abbassare la voce -E per me non c'è cosa più importante che salvarlo. Lo proteggerò, a qualsiasi costo, e non permetterò che il corso degli eventi decida della mia vita. Almeno, se fallisco potrò dire di averci provato.-

-Questo non è un gioco, Light Yagami, né tantomeno una scommessa.-

-Non sono io quello che sta giocando con la sua vita, pretendendo che lui rinunci a quello che prova davvero per me. Con permesso.-

Watari si meravigliò di come Light aveva sostenuto il suo sguardo senza la minima esitazione, e lo osservò atono spostarsi per passare e poi terminare di salire le scale, sfiorando involontariamente il suo profilo:

-E sia, Light...- sospirò fra sé e sé quando l'uomo era ormai troppo lontano, la calma recuperata parzialmente mentre si sfilava i suoi guanti da maggiordomo, riponendoli nella larga tasca -...fai pure di testa tua, ma se permetterai che succeda qualcosa a Ryuzaki, stai certo che non te lo perdonerò.-

 

 

 

Lawliet si strinse di più nella giacca di montone, il capo poggiato svogliatamente sul sedile mentre osservava dal finestrino opaco per la nebbia l'aereo prendere quota, lasciando dietro di sé solo ricordi che mai più avrebbero intaccato le sue responsabilità.

Aveva intravisto Light uscire furioso dalla loro dimora, aveva incontrato il suo sguardo per un istante, prima di allontanare in fretta il capo, il respiro irregolare; quando i suoi occhi bui si erano di nuovo permessi di scrutare l'esterno, l'uomo era già rientrato.

Il detective si strinse di più le ginocchia al petto mentre si prendeva la testa fra le mani, l'angoscia che si manifestava in copiose lacrime che subitò asciugò, imponendosi una certa dignità e controllo, allontanando ogni emozione.

Bloccò sul nascere un singhiozzo che minacciava di uscire dalle sue labbra: doveva solo tornare ad essere il Ryuzaki di sempre, l'autorità su cui tutti avevano sempre contato.

Non sarebbe stato poi così difficile.

-Signore...- si voltò per incontrare il volto sorridente dell'hostess, che altri non era che una body guard stipendiata per la sicurezza dei motori del detective: -...vuole che inizi con la sua sessione di torte?-

Distolse lo sguardo da lei mestamente, gli occhi di nuovo rivolti su quel panorama che ora aveva assunto una nota malinconica, come una pennellata di troppo su una tela perfetta:

-No... grazie. Non ho fame.-

 

 

 

 

Near strabuzzò gli occhi, la sera prima non riusciva a prendere sonno per tutte quelle novità ben poco positive, e di conseguenza era crollato, sfinito, molto tardi, rannicchiato in un angolo.

Corrugò le sopracciglia (anche se era in dormiveglia) per quello che riusciva ad avvertire nonostante le palpebre serrate: eppure il pavimento non sembrava così comodo... e poi si ricordava che quel sotterraneo fosse meno luminoso...

Aprì di scatto gli occhi meravigliato e se ne pentì amaramente, un mugolio infastidito che gli sfuggì dalle labbra per la luce solare che lo investì in pieno viso, quasi accecandolo. Quando riuscì a vederci chiaro, rimase a dir poco perplesso notando che era a bordo di un aereo come unico passeggero e, una volta scorte le cinture che lo avvolgevano completamente, tuffò subito il viso contro il finestrino per capire dove diamine fosse.

Come non detto, fece appena in tempo a vedere la cima di alcuni palazzi a dir poco anonimi, che una specie di serranda scese su ogni vetro, impedendogli di ricavare una qualsiasi informazione.

-Scusa!- trillò una voce femminile, e Near si voltò stralunato, trovando una testa bionda a un paio di file di distanza da lui:

-Ma lui mi ha obbligato a tenerti d'occhio e mi ha ordinato di non darti alcuna informazione.-

Si girò, mostrando un paio di iridi azzurre ridenti e un make up pressocchè gotico, e Near, intuito che doveva essere un tipo non particolarmente sveglio, decise di buttare lì un tentativo con nonchalance: -Riguardo cosa?-

La ragazza sembrò offendersi, mettendo su un broncio non indifferente: -Ehi, mi prendi in giro? Misa sarà anche non molto intelligente, ma non puoi sperare di farla franca con questi giochetti da principiante! Devo dire che non sei affatto un gentiluomo come Light-kun...- borbottò contrariata, e Near nascose con maestria un sorrisetto: bingo! Almeno aveva un nome su cui indagare.

-Perdonami, Misa.- mormorò ipocrita, la voce atona di sempre mentre malediceva il fatto di essere legato come un salame e di non poter tuffare la mano fra i suoi ciuffi bianchi -Pare proprio che Light-kun sia più cortese di me, ne sono estremamente avvilito.-

-Puoi dirlo forte!- la ragazza riprese a trillare, persa nei suoi pensieri evidentemente felici -Lui si che è speciale... il migliore per far sentire una ragazza desiderata! E quegli occhi così profondi..!- sussurrò, in piena estasi, un rossore diffuso sulle guance chiare. Near assottigliò lo sguardo, sempre più interessato, mentre cercava di capire cosa avesse la ragazza davanti a sé, cosa stesse facendo mentre chiacchierava con lui: -È il tuo ragazzo?-

-Oh, molto di più... lui è il mio futuro sposo! O almeno, non ancora...- ammiccò in direzione dell'albino, che subito si ricompose sul sedile -...ma vedrai, lo sarà presto!-

Near fece appena in tempo ad aprire la bocca per ribadire ancora e carpire più informazioni che il cellulare della tipa squillò in anonimo: -Oh, perdonami. Pronto? Ah... si, scusa, vengo subito. Come desideri!- chiuse l'apparecchio, e si voltò verso il ragazzo dopo aver ricomposto il pacchetto di ciò che aveva con sé: l'albino vi intravide delle posate sporche, ma col buio che vi era, risultava impossibile capire di cosa.

-Ora devo andare, ci sono delle telecamere a registrarti, e se hai bisogno di qualcosa...- indicò a mò di scusa con il volto i suoi polsi assicurati ai braccioli, che rendevano impossibile ogni movimento -Chiamami dal microfono incorporato al sedile, d'accordo?-

Una volta che Near si era voltato fino a scorgere l'apparecchio accanto alle sue dita, si congedò, sparendo dietro un'apertura a scorrimento automatico.

Si rilassò, stringendo appena le labbra, deluso per non essere riuscito a capire quale cibo fosse contenuto nella borsa: sembrava stupido insistere tanto su degli alimenti ma c'era qualcosa in una parte nascosta della sua mente che lo spingeva nella convinzione che sarebbe stato proprio quello a rivelargli la chiave di quella storia. Aveva la sensazione, in gran parte avvertita dal fatto che aveva udito quello psicopatico mangiare qualcosa, che forse il rapitore, proprio come Mello con la cioccolata, avrebbe potuto avere qualche strana ossessione rivelatrice.

 

 

 

 

Appena sentì la porta della sua stanza chiudersi, Mello aspettò qualche minuto prima di aprire cauto quella del bagno, lasciando fuoriuscire tutto il vapore che si era sollevato dalle piastrelle della doccia: una volta accertatosi che Matt se ne fosse davvero andato, ghignò soddisfatto, sfilandosi l'asciugamano dai fianchi e cercando in fretta e furia dei boxer puliti.

Era tutto il pomeriggio che aspettava che l'amico uscisse per mettere in atto il suo piano: andare in camera di Near, sicuramente malato poiché erano già due giorni che si assentava dal seguire le lezioni, e torturarlo un po', magari rompendogli qualche robottino oppure mettendogli del sapone liquido sul pavimento ai piedi del letto per farlo scivolare comicamente.

Rabbrividì d'estasi per l'aspettativa e, gettando alla rinfusa dei completi sulle lenzuola ancora disfatte, afferrò un paio di pantaloni e maglietta con lo scollo a V nera, a casaccio; gli sembrava di essersela già messa il giorno prima e sollevò il braccio per odorare e accertarsene: fortunatamente non sapeva eccessivamente di sudore, ma tanto di certo non gli importava di poter puzzare davanti a Near; sgusciò fuori dalla stanza, una scarpa ancora mezza slacciata mentre richiudeva la porta.

Iniziò a camminare per il corridoio: la luce filtrava dalle finestre in legno, qua e là su qualche parete, rivelando infinitesimali pulviscoli di polvere sul suo passaggio; ignorò i quadri impressionisti di Monet e Renoir posizionati ad effetto sui muri color paglia spenta: ne aveva già da tempo le balle piene, dato che la loro professoressa di Arte continuava a ripetere si e no ad ogni lezione che “Dovete amare l'impressionismo perchè, proprio come il nome di questa corrente, è questo il vostro scopo nella vita: poter impressionare l'umanità grazie alla vostra straordinaria intelligenza!, salvo poi ammiccare a Mello alla fine di ogni sua interrogazione, fiera di quel ragazzo che era lontano solo pochi millimetri di punteggio dall'essere il migliore dell'istituto. E il biondo le sorrideva angelico e, rientrato nella sua stanza, prendeva la cioccolata che aveva lasciato a sciogliere nel portasapone sul davanzale e la spargeva sul dipinto in questione, creando una nuova opera degna dei migliori artisti contemporanei, e poi l'appendeva sopra il suo letto: tanto l'interrogazione l'aveva finita e superata al meglio..!

Non è molto più figo così, anziché prima con quel tizio dal muso lungo?” aveva riflettuto steso con Matt sul letto, dopo essersi spanciati dalle risate come ogni volta dopo le lezioni.

Il rosso inclinò il capo curioso, tirando su col naso: “Io ci avrei messo anche i baffi” commentò, i suoi occhi che si soffermavano perplessi sulle due corna di cioccolata che adornavano il cranio calvo e lucido del tipo inquietante.

Non posso mica sprecare tutta questa cioccolata...” rimbeccò Mello quasi offeso mentre strappava un morso ad una tavoletta salva per poco dallo scioglimento, prima di iniziare di nuovo a ridere con l'amico di fronte al pensiero che avrebbero potuto lasciarlo come regalo anonimo fuori la porta della camera della prof e poi scappare via, prima di dare ragione al migliore amico sul fatto che, per quella strana ossessione che Mello aveva per quel dolce aromatico, l'avrebbero subito beccato.

Sorrise di fronte a quei ricordi, prima di notare un paio di teste che stavano per svoltare l'angolo e rifugiarsi come un fulmine in una classe vuota, imprecando quando i lacci sciolti l'avevano fatto inciampare, facendogli rischiare di andare a sbattere la testa contro il muro. Attese che le figure oltrepassassero il corridoio, alzando seccato gli occhi al cielo quando realizzò che erano solo due ragazzine che discutevano sui loro top idol del momento; una volta al sicuro, uscì di fretta, salendo le scale a due a due.

Ghignò, soddisfatto: c'era quasi, la camera di Near era vicina; sapeva bene dove fosse, dati i numerosi scherzi di cui era stato la mente geniale, aiutato sempre da qualche altro studente.

Dopotutto, l'albino non era ben accetto nemmeno dagli altri orfani.

Svoltò nel corridoio interessato, fremente di gioia: tre, due, uno...

Sollevò un sopracciglio, perplesso, bloccandosi nel bel mezzo del lungo pavimento quando vide un fascio di luce pomeridiana arrivare fino al muro opposto: perchè la porta della camera dell'idiota era socchiusa?

Riprese a camminare nuovamente quando gli arrivarono all'orecchio delle voci basse provenienti proprio da lì dentro, e posava piano i piedi a terra per non farsi scoprire.

Si fermò, poggiato al muro chiaro, la testa un po' sporta per vedere qualcosa:

-Grazie di avermi ospitato qui, Roger. In Giappone fare luce sulla faccenda sarebbe stato più difficile.-

Sbattè le palpebre curioso, non riuscendo a vedere altro se non la figura del vecchio direttore, a causa della porta che gli impediva una vista più accurata: quale faccenda?

-Non dirlo nemmeno, sai che qui è casa tua, puoi restare quanto vuoi.-

-Allora, hai fatto come ti ho chiesto?- Mello poteva sentire la voce dello sconosciuto estremamente bassa e roca, quasi cantilenante, e non riusciva a smettere di pensare che da qualche parte poteva già averla udita. Accantonò il pensiero a forza: doveva assolutamente capire cosa stava succedendo: chi era quello? E perchè era nella stanza di Near con Roger?

-Certo. Ho preparato tutte le tue attrezzature, le porteranno fra poco. Non dirò a nessuno che sei qui, ed è per questo che ho pensato che potresti lavorare qui, nella camera del ragazzino: così sarà molto più semplice controllare se ha avuto il tempo di lasciarci qualche indizio, e allo stesso tempo continuando a fare rumore nella sua stanza gli altri ragazzi non si insospettiranno dell'assenza di Near.-

-Grazie. Ottima deduzione comunque, meglio non far preoccupare nessuno.-

Mello arretrò, il cuore che martellava veloce nel petto per quell'ansia che aleggiava in quella stanza: cosa diamine stavano dicendo quei due? Su cosa dovevano essere tenuti all'oscuro, e perchè? Ma soprattutto... dove diamine era Near?! Che quel moscerino fosse stato davvero portato in un'altra sede a lavorare con Elle?

Osservò Roger che, l'aria stanca e triste, si sfilava l'occhialino per pulirlo con un fazzoletto di stoffa, la voce ridotta ad un sibilo: -Non posso credere che sia stato rapito...-

Il cuore di Mello si bloccò, le iridi dilatate, mentre per poco non cadeva dalla sorpresa, aggrappandosi al muro con le unghie: Near... rapito?! RAPITO?!

-Ti prometto che lo ritroveremo, Roger.-

Il sangue che pompava a fiotti nelle vene, strinse le labbra per trattenere qualsiasi reazione, un bagliore negli occhi cielo mentre, tentando di controllarsi, si allontanava dalla stanza, correndo via, fino alle scale. Le scese, correndo come un matto, quasi investendo un'alunna, a perdifiato, fino a quando non giunse alla sua stanza. Richiuse la porta con forza, la schiena poggiata contro il legno, la mano sul petto mentre recuperava il respiro che sembrava sfuggire al suo controllo.

Lo sguardo basso, aspettò che la situazione si calmasse prima che un sorriso si potesse dipingere sul suo volto, sotto la frangetta bionda che nascondeva lo sguardo; ridacchiò con il tono basso, poi sempre più forte. Si aggrappò al letto, lo stomaco che gli doleva per tutto quel ridere che avvolgeva la sua figura, quel suono che usciva direttamente dalla gola e sembrava rimbalzare sulle pareti per poi finirgli addosso, provocandogli ancora più gioia.

-Cazzo...- mormorò, ancora ridacchiando: -Matt?- si voltò da una parte all'altra della stanza, ma l'amico doveva essere ancora fuori -Matt?- chiamò più forte -Dove può essere finito quel maledetto... Matt!-

Non poteva aspettare, l'amico doveva saperlo subito! Uscì dalla stanza di nuovo, il cuore che gli galoppava forte nel petto mentre una felicità rara prendeva possesso delle sue membra, le ali ai piedi mentre cercava il rosso: Near era fuori dai giochi! Era sparito, così come era arrivato in quel giorno di settembre a rovinare la vita di Mello, con quella stupida mano grassoccia in quegli ancora più stupidi capelli troppo bianchi.

Quella macchia pura su tutto quel nero di Mello era stata eliminata... finalmente!

Aveva il fiatone, ma la gioia era più forte ed offuscava tutta la fatica, spingendolo a continuare nella sua folle corsa per l'istituto, arrivando nelle cucine, nel giardino, in altre stanze senza il permesso dei proprietari, facendo anche spaventare e urlare una povera studentessa che si stava cambiando d'abito... ma nulla. Matt era sparito! Dissolto... completamente!

Stava quasi per arrendersi quando delle risate femminili in lontananza catturarono la sua attenzione, e in quelle riconobbe, spiccata per la voce roca, quella del rosso; corse rapidamente, tendendo le orecchie e tentando di captare il luogo interessato da cui potevano provenire e, appena questo successe, scattò in avanti, spalancando la porta senza troppi complimenti: -Matt! Devi venire subito con me, devo dirti una cosa!-

Di fronte a lui non c'era nessuno, a parte il balcone dopo un corridoio e una stanza e il bagno semiaperto ma dopo qualche secondo il rosso, i pantaloni mantenuti a stento al suo posto e la fibbia slacciata, apparse davanti a lui con un chiaro sguardo omicida a lui rivolto, i capelli arruffati mentre si avvicinava alla porta e prendeva a sussurrare: -Mel, ma perchè diamine non bussi?! Ora non posso, ti raggiungo dopo, io...-

-Maaaatt! Ma chi cazzo è?- miagolò petulante una voce femminile dal fondo della stanza, e quando Mello spostò il capo dalla visuale di Matt notò delle lunghe gambe nude giocherellare con le lenzuola del letto, due paia rosa di slip inermi sul pavimento; alzò gli occhi al cielo seccato mentre il rosso si voltava verso l'interno della stanza: -Arrivo subito, un attimo solo!-

-No, no, Matt, tu non capisci: devi venire con me subito!-

-Ma Mello...- roteò stralunato gli occhi, disperato mentre cingeva le spalle dell'amico con le dita, i pantaloni ormai del tutto calati: -...ti scongiuro, sono due gemelle!-

Rimasero in silenzio qualche secondo, lo sguardo fisso l'uno sull'altro, e quando Matt scorse negli occhi del biondo un lampo divertito e vide un sorrisetto dipingersi sul suo volto, abbassò mestamente le mani dal suo corpo, sconfitto: -E va bene, hai vinto, contento?- si voltò, seccato e braccia conserte mentre Mello gli sussurrava un “Molto, grazie.”

-Ragazze, mi dispiace ma dobbiamo rimandare, è successa... ehm, una cosa grave.-

Degli urletti e delle imprecazioni si sollevarono dal letto, e Mello tentò di ignorare lo sguardo allucinato che Matt gli stava ancora rivolgendo: sicuramente lo stava maledicendo in qualche strano perverso pensiero... o già stava meditando una seria vendetta.

Ma dopotutto non importava: la questione di Near doveva saperla subito, era troppo fantastica!

-Immagino... del tipo che ti si è rotta la play station?!- commentò sarcastica una delle due bionde, chiudendo stizzita la borsetta, e Matt la osservò perplesso, le mani sollevate come per difendersi da quelle insinuazioni: -Ehi ehi, io ho detto che è successa una cosa grave, non da suicidio!-

Di fronte al suo tono così serio le due lo osservarono disgustate, in preda ai grugniti furibondi, prima di afferrare le loro ultime cose e dirigersi, ancheggianti e a mento alto, verso la porta, muovendo il volto solo per rivolgere uno sguardo truce a Mello, la causa di tutto, il quale non si era mai divertito tanto come in quel momento, con l'invidia di quelle oche addosso.

-Vi chiamo stasera ok?- sorrise speranzoso il rosso, beccandosi un dito medio da una gemella: -Non ti disturbare. Sei una testa di cazzo, Mail!-

-Lo so...- sibilò fra i denti il rosso, rivolgendo l'ennesima frecciata a Mello, che si limitò ad un sorriso angelico a trentadue denti: -Divertitevi, ragazze!- fece in tempo ad urlare, schernendole, mentre stavano chiudendo la porta con forza.

Era sicuro di aver sentito un 'ma vaffanculo' urlato in risposta, ma decise di non indagare oltre, seguendo Matt all'interno della stanza: ecco perchè non l'aveva trovato subito, doveva essere una di quelle stanze vuote perchè non ancora occupate da studenti! L'amico doveva aver rubato le chiavi dall'ufficio di Roger.

-Mello, mi auguro davvero per te che questa cosa sia importante...- si allacciò la cintura e cercò di mettere un po' d'ordine attorno a sé mentre frugava ovunque alla ricerca di una sigaretta, gli occhi iniettati di sangue: -...perchè ho una voglia incontrollabile di farti fuori in questo momento, e non so per quanto riuscirò a resistere.-

Il biondo alzò gli occhi al cielo a quelle minacce, tanto l'amico non gli avrebbe mai fatto del male. O almeno, nulla che lui non potesse risolvere con un sonoro destro in risposta.

-Matt...- provò a fermarlo, ma il rosso aveva iniziato a passeggiare nervosamente per la stanza, le mani che si agitavano, gesticolando:

-Insomma, cazzo, le hai viste! Bionde da sballo, e le avevo già cotte a puntino! Mi sarebbero bastate solo un paio di orette in più... ma che dico, un'ora sarebbe bastata e avanzata!-

Mello lo osservava perplesso, un sopracciglio sollevato. Sembrava un pazzo.

-Ehm...Matt?-

-Senza contare che era più di un mese che ci lavoravo sopra! Bigliettini, fiori, complimenti, hai idea di quanto mi costino? È estenuante, non sono fatto per queste merdate come i corteggiamenti, e non ho mai dovuto faticare con nessuna, ma queste... mi hanno fatto penare come un dannato! E chissà come ce l'avevo fatta...-

-Maaaatt...-

-...sei arrivato tu a rovinare tutto! Sei il mio migliore amico, dovresti farmi da spalla, cazzo, e non questi colpi bassi! Come quando ti ho aiutato a catturare tutti i topi in piena notte che avevi liberato nella mensa per evitarti una punizione, ricordi? E io sono in astinenza da quasi due mesi, non potevi trovarmi un po' più tardi? A questo punto mi sarebbe bastato anche un fottutissimo pompino, tutto tranne che niente, cazzo! Tu sei davvero..!-

-Matt!- Mello l'aveva bloccato per le spalle impedendogli di continuare il suo monologo, gli occhi fissi nei suoi, un sorriso estasiato sulle labbra mentre parlava prima che l'amico, lo sguardo interrogativo, potesse riprendere il discorso: -Near è stato rapito!-

 

 

 

 

Giunti a destinazione, due uomini coperti in viso dal casco erano entrati nel jet per prelevare Near e, coprendogli gli occhi con una benda ben salda, lo avevano trascinato con loro fermandogli le mani dietro la schiena; la mente dell'albino lavorava febbrile, stufo di tutti quei sotterfugi, mentre una sferzava d'aria fresca sulle guance lo avvisava che doveva essere all'esterno. Cercò di scoprire qualche informazione in più affidandosi ai cinque sensi ma, prima di poter fare qualsiasi cosa, mugolò di fastidio quando un ago affilato era penetrato nella carne del suo braccio, sfilacciando anche la stoffa bianca della camicia.

Tempo pochi secondi, e la sua mente vacillò, dei colori indefiniti prendevano lo spazio sotto le sue palpebre mentre cadeva nel sonno contro la sua volontà, ancora una volta.

 

 

 

 

 

Dopo quella dichiarazione, l'intera stanza venne avvolta da un torbido, inspiegabile silenzio per qualche secondo, forse un paio di minuti.

Matt osservava Mello negli occhi gioiosi, la bocca semiaperta in stato catatonico, immobile davanti a lui come una statua di cera; poi, lentamente, alzò un braccio e, con un gesto deciso, poggiò il palmo sulla fronte del biondo. Quest'ultimo alzò un sopracciglio, aspettandosi tutto tranne quella reazione, e lo studiò perplesso:

-Ma che cazzo fai?-

-Mello... sicuro di sentirti bene?-

-Ma...ma!- sbottò shoccato e indignato, allontanando con violenza la mano del rosso dalla sua pelle: -Non mi credi?!-

-Ehm, Mel...- l'amico si grattò la nuca, lo sguardo vago -Capisco che odi a morte Near, ma sarebbe meglio che tu rimanessi coi piedi per terra e non nei sogni, ok?-

-Ma che stronzo...- sibilò il biondo, le labbra serrate mentre lottava con tutto sé stesso per non prendere la televisione e spaccargliela in testa. Tanto con tutto quel rosso dei capelli il sangue non l'avrebbe notato nessuno!

-E dire che sono venuto qui apposta per dirtelo!-

-Questo l'ho notato...- borbottò Matt sarcastico, il ricordo di aver perso quelle bombe sexy che ancora bruciava nel suo basso ventre.

-Vaffanculo, Matt!-

-Ma che ti arrabbi a fare?! Mi dici come faccio a crederti, è impossibile! E a parte tutto, mi dici chi è il pazzo che vorrebbe rapire un moccioso orfano?-

Mello gli rivolse uno sguardo truce mentre la rabbia cercava di sbollire nelle sue vene, dopo che era arrivata galoppante nelle pulsioni del cervello. Riflettè con ipocrita calma: dopotutto non ci sarebbe voluto molto per convincere Matt che quello che aveva sentito era reale, e a dir poco perfetto... se solo si fosse sbrigato...

-Vieni con me!- lo afferrò per un braccio, trascinandolo fuori la porta, e poi nei corridoi, mentre il rosso imprecava ogni volta che inciampava: -Ma cosa..?-

-Ti porto ad accertarti di quello che sono riuscito a sentire. Così finalmente mi crederai!-

Arrivò fino alle scale, iniziando a salirle con furia: -E non credere di cavartela così- mosse l'indice fino alle labbra, intimandogli di fare silenzio una volta giunti quasi a destinazione: -Se ho ragione, mi devi almeno due tavolette di cioccolata!-

Il rosso osservò, boccheggiante, il suo fisico asciutto che con la maglia nera lunga fino ai fianchi sembrava delineare la via giusta per tuffarsi poi nei suoi glutei ancheggianti per la camminata; allontanatosi da lui per svoltare l'angolo, alzò le mani in segno di resa: -Ok... tanto è impossibile.-

Le mani nelle tasche dei jeans, lo seguì con lentezza fino ad una porta, ignorando deliberatamente tutti i gesti che gli rivolgeva, disperati e/o volgari, perchè muovesse il culo.

Mello doveva essersi fatto una canna, non c'era altra spiegazione che reggesse.

-È la camera di Near.- lo informò il biondo sottovoce, mentre Matt socchiudeva gli occhi per il sottile fascio di luce che, dall'interno della stanza, aveva colpito in pieno la sua fronte chiara.

Si appoggiò di più all'amico, tentando di sentire gli stralci di quella conversazione confusa;

-Quindi secondo te sarebbe questo... BB ad essere la causa di tutto?- aggrottò la fronte, notando dei capelli brizzolati posizionati ai lati di una testa calva e lucida al centro: che ci faceva Roger lì?

-Esatto. Avrei voluto informarti con calma da un ufficio stabile, ma mi sono accorto che in Giappone non avrei potuto combinare molto. La situazione è...complicata lì.-

-Hai perfettamente ragione. Scusa la mia sfacciataggine, ma vorrei sapere cosa hai in mente per recuperare Near...-

Matt strabuzzò gli occhi, indietreggiando in un grido strozzato, che Mello fu subito pronto a far tacere con una mano; quando lo liberò, il rosso indicò boccheggiante prima la stanza, poi lui:

-Tu...ma cosa...-

-Te l'avevo detto! Non è bellissimo?- il biondo si posizionò, fiero, a braccia conserte, mentre il rosso gettava le mani davanti a sé, cercando di trovare una logica in tutto quello, sempre sussurrando per non farsi sentire: -Ma... ma... è una follia!-

-Forse non lo è poi così tanto, se proviamo ad ascoltare con attenzione forse riusciamo a capire anche chi è il tipo con Roger... bho, a me sembra di aver già sentito la sua voce da qualche par...-

E poi successe. In un attimo Matt, per aprire un po' di più la porta, colpì per sbaglio quest'ultima col piede, tappandosi la bocca dal dolore ma era troppo tardi. Il tonfo sordo rimbombò ovunque nella stanza e Mello, imprecando di fronte ai suoi saltelli comici per afferrarsi il piede, non fece in tempo ad afferrarlo e scappare che la porta si aprì del tutto, rivelando loro i due uomini sulla soglia.

Roger osservò severo le due figure, una mezza accasciata a terra e l'altra che tentava scompostamente di alzarla, prima che le rughe intorno alla bocca rivelassero un ghigno indignato; Mello e Matt, colti in flagrante, sorrisero angelicamente, il sudore freddo sulla schiena, mentre i loro occhi curiosi guizzavano dal direttore all'altra figura, meno imponente e curva, che li osservava con curiosità infantile e con un dito fra le labbra.

Gli occhi grossi e sporgenti, neri e bui come la pece.

-Matt! Mello! Adesso basta, le volte scorse sono stato clemente, ma stavolta avete superato il limite! Siete ufficialmente..!-

-Va bene così, Roger. Non c'è bisogno di essere così severi, sono pur sempre adolescenti.- gli occhi di Mello, che aveva strizzato per la paura del sentire la parola 'espulsi', si riaprirono di botto di fronte a quell'intervento del tipo strano, che aveva fermato con gentilezza il direttore per un braccio, stupendolo e zittendolo all'istante; il biondo notò come l'uomo fissasse lui e Matt con crescente curiosità, ed in qualche modo, non sapeva come né perchè, la avvertiva non fastidiosa e pressante, ma leggera e tiepida come una carezza improvvisa.

-Ma... ma io non penso che...- balbettò Roger, preso alla sprovvista da quella reazione per il moro così inspiegabile; tuttavia, quest'ultimo sorrise rasserenatore: -Penso abbiano il diritto di sapere.- concluse, e il suo tono di voce non ammetteva nessuna obiezione.

-Ehm, scusate.- tossicchiò Matt, l'imbarazzo ormai sparito da un pezzo mentre affrontava i due di petto: -È tutto molto commovente: Near che viene portato via, Mello che potrebbe gioirne fino a crepare e bla, bla, bla...- ignorò deliberatamente la gomitata del biondo nella milza e il suo sussurrare inviperito il suo nome per farlo tacere per spostare con decisione il suo sguardo nelle palle di quegli occhi nerissimi -...ma tu chi sei?-

Erano passati solo una manciata di secondi, l'aria là dentro già invivibile per la tensione; il detective non si era mai sentito così, circondato e avvolto da così tanti sguardi, come se stesse in un tribunale, si, proprio lui, il Re della Giustizia, e dovesse essere processato senza avere la piena coscienza delle sue azioni.

C'era lo sguardo di Roger, ansioso e allo stesso tempo vacuo, perso in quella miriade di azioni che si erano susseguite rapidamente, in attesa di capire la sua prossima mossa; c'era Matt, un sopracciglio sollevato con aria di sfida, le dita tese involontariamente verso il bacino di Mello, che si era voltato dopo la gomitata cambiando espressione da una infastidita per la sparata dell'amico in una stupita, come se la curiosità avesse prevalso dell'80% sulla razionalità.

Proprio come gli sguardi di quel giorno alla Wammy's House, la neve che cadeva soffice e ricopriva i tetti... gli occhiali di Watari... il suo cuore dopo che Beyond lo aveva guardato.

Eppure...

Eppure quegli occhi erano diversi... erano limpidi, innocenti, infantili.

Volevano solo delle risposte, e non incutere timore.

E poi c'era il suo, di sguardo, che si inteneriva e accoglieva quella sfida, quel divertimento del mistero, mentre la sua mano destra si tendeva verso i due ragazzi: -Hai proprio ragione, Matt, sono stato scortese a non presentarmi subito. Io sono Elle.-

Un tuffo al cuore non può essere paragonato per velocità e scalpitazione ad un salto nel vuoto dal trampolino, né ad una piuma che vola alta nel cielo dopo che tu l'hai resa col tuo soffio così leggera.

Eppure Mello non riusciva a trovare altre associazioni così opposte fra loro che potessero rappresentare almeno in parte quello che aveva provato in quel momento; unendo i concetti, poteva senza dubbio confermare che si era sentito, per un istante, come una piuma che viene lanciata nel vuoto... nel suo caso, senza paracadute.

Il cuore che scalpitava forte più che mai dopo essersi fermato per un attimo, avvertiva la testa che gli girava leggermente, l'amaro fra le labbra come se avesse appena fatto una promessa che sapeva che non sarebbe riuscito a mantenere, ma la voglia di tentare è così meravigliosa, il viaggio così inebriante, che anche se stai precipitando non vorresti essere in nessun altro posto, e non puoi fare altro che volare.

Matt, frastornato e imbarazzato, non ci capiva un granchè, ma allungò lo stesso una mano indecisa che non arrivò mai a destinazione; Mello, aggrappato alla sua maglia, così emozionato da rischiare un infarto, aveva allungato inesorabilmente le sue dita fino a toccare quelle gelide di Elle e, invece di stringergliele, era arrivato fino al polso, tirandosi a lui con uno scatto.

Il rosso aveva osservato la schiena del biondo, ricurva sulla figura del detective, con gli occhi socchiusi, una patina del suo cuore in estasi senza capire perchè mentre sorrideva intenerito e lasciava che la mano tornasse al suo posto, lungo il fianco.

Era il momento del migliore amico, e Matt voleva rispettarlo fino in fondo.

-Non ci credo...- sussurrò strozzato Mello, le braccia attorno ad Elle tanto strette come se avesse paura che sarebbe fuggito ancora, abbandonandoli di nuovo invece che costruire primi ricordi assieme a loro, per parlare dallo schermo di un insulso computer.

Il detective, dopo un attimo di confusione per quell'abbraccio improvviso, aveva sorriso e, chinatosi perchè il biondo potesse stringerlo più facilmente, aveva accarezzato quei capelli biondi e lisci, emozionato anche lui. Era la prima volta che qualcuno al di fuori di Light lo abbracciava così, come se fosse lui la chiave di tutto, e non solo nell'ambito delle indagini.

-Piacere di conoscerti, Mello.-

 

 

 

 

 

Non capiva se fosse un giardino o una semplice siepe.

Non sapeva dove si trovasse, ma era tutto così infinito, così luminoso, il sole che gli feriva gli occhi gli impediva una visione completa della realtà, lo lasciava boccheggiante: odiava uscire, l'aria fresca, il canto degli uccellini, le nuvole rare in quel cielo così azzurro.

Perchè era tutto così strano? Sembrava quasi un sogno forzato, tormentato.

Near aprì un po' di più le palpebre per scorgere il celeste sovrastante: era disteso nell'erba umida, il vento che gli accarezzava i capelli mossi.

Poi, una nube.

-Ti odio, Near.-

Un'ombra nera che lo sovrastava, gli oscurava la vista, dei capelli lisci che gli scendevano sulle guance, violenti e inaspettati come una frustata, la gola candida che veniva stretta in una morsa; l'albino strinse gli occhi, pregando di svegliarsi, il dolore di un respiro mozzato prendeva forma nelle sue narici, nella gola in fiamme stretta dai polpastrelli rosei della figura sopra di lui, accovacciata.

-Guardami.-

Mi fai male... mi fai male... perchè?

-Guardami, ho detto!-

Avvertiva la pulsione cardiaca nelle vene scemare, perdere il ritmo, allentarsi come il suo attaccamento alla vita, come la sua speranza. Si aggrappò a quella visione, le labbra asciutte ed imploranti, gli occhi socchiusi che venivano violentati da quell'azzurro, troppo gelido per essere concentrato in un paio di iridi umane.

Mello sorrise, oscurato per metà volto dalla posizione in controluce, un ghigno sulla pelle diafana mentre il nero del nulla avvolgeva i sensi di Near:

-Ho vinto io, visto?-

 

C'era qualcuno... qualcuno che stava maneggiando le sue ciocche bianche.

Attirò l'aria dentro di sé, sollevando convulso il busto dopo quell'incubo, riacquistando la lucidità a fatica, la mente in panne, la realtà che iniziava a prendere forma sotto i suoi sensi, la benda ancora sugli occhi.

-Ben svegliato, Near. Mi dispiace che tu abbia fatto un incubo.- la voce proveniva da pochi millimetri di distanza da lui, tetra e non contraffatta; l'albino si toccò con dita tremanti le ciocche, tentando di riacquistare la sensazione avvertita prima del risveglio.

-Perchè mi toccavi i capelli?- era un'affermazione, più che una domanda, ma il tono era serio e Near cercava di mantenere a tutti i costi la calma, anche se la rabbia per quella situazione stava divenendo insostenibile.

Beyond Birthday si toccò curioso il labbro inferiore, meditando la sua mossa, inaspettata persino per lui stesso: -Sono molto soffici. E i tuoi occhi... sono uguali a quelli di lui.-

Doveva rivederli, odiarli, ricordarsi perchè stava facendo tutto questo: sobbalzando, Near avvertì il freddo metallo, liscio come fosse una lama, insinuarsi deciso sul suo zigomo, accanto alla palpebra, poi una rumore di qualcosa che veniva stracciato, e la benda era volata via, leggera.

L'albino, le pupille accese per lo shock, ritrovò il suo sguardo piantato in quello rosso sangue dell'interlocutore, il cuore palpitante mentre lentamente ricordava ogni cosa.

Alla Wammy's House qualche settimana prima, quella figura che era così uguale a quella di Elle, di cui aveva incontrato i capelli corvini e spettinati prima di perdere la memoria.

Era stato lui a portarlo via.

-Lui chi?-

Beyond Birthday sorrise, emozionato per quel contatto, per la presenza di quel ragazzino che andava sempre dritto al punto, che nonostante tutto non si faceva mettere i piedi in testa, che graffiava con le parole più che con le unghie.

-Che ne pensi di cenare con me, Near?-

 

 

 

 

-Penso che ormai abbiate compreso il punto della situazione: Near è stato rapito, e non c'è un attimo di tempo da perdere.-

Elle, seduto scompostamente sulla sedia girevole dell'ex stanza dell'albino, ingurgitava i cioccolatini di Mello senza troppi complimenti, mentre i due ragazzi lo osservavano straniti e interessati:

-Avrei voluto tenere degli alunni fuori da questa faccenda, ma a questo punto credo che ci sia una sola cosa da poter fare.- inglobò nella sua bocca il quadratino scuro, leccandosi le dita prima di voltarsi verso i due -Matt, Mello, che ne dite di darmi una mano con le indagin..?-

-Si! Si, si, si!- Mello sollevò entrambe le mani entusiasta prima ancora che potesse terminare la sua proposta, quel gesto infantile che si fa a scuola per catturare l'attenzione, gli occhi che brillavano tutti ansiosi. Certo, avrebbe dovuto lavorare per portare in salvo Near, ma chissenefrega? Sarebbe stato la spalla di Elle, e questo bastava e avanzava per convincerlo ad accantonare per qualche istante l'odio per quel mostriciattolo tutto bianco.

Il detective sorrise divertito, lo sguardo che si posava sul ragazzo dai capelli rossi, voltato in un'espressione perplessa verso l'amico: -E tu Matt? Vuoi collaborare con noi?-

Il biondo, deliziato da quel 'noi', sorrideva gonfiando il petto, sentendosi fiero e invincibile, come se lui ed il detective fossero una squadra di pirati pronti a fare a fettine qualunque nemico... era una fantasia stupida, si, ma comunque non troppo lontana dalla realtà dei fatti.

L'amico si voltò, chiamato in causa, ad osservare quella figura ricurva e trascurata, forse anche igienicamente: in che faccenda si stava ficcando?

Certo, quasi sicuramente quello era davvero chi diceva di essere, ovvero Elle, e il fatto che conoscesse Roger lo confermava.

Ma in fondo, chi era questo Elle per lui? Proprio nessuno, un personaggio noto per le sue imprese ed intelligenza e niente più.

Per lui, Mail Jeevas, il detective non aveva alcun valore affettivo né morale, pensò seccato: tutto quello che lui desiderava era stare un po' in pace a giocare ai videogames, e magari finire anche Space Invaders prima del termine della settimana.

Però...

I suoi occhi si spostarono, lenti, verso il profilo regolare di Mello che, al suo fianco, osservava Elle come fosse Dio in persona: davvero non desiderava null'altro che quello?

Un'avventura... reale, dove non esiste una seconda possibilità.

Perdente o vincitore.

Eroe e aiutante.

O, magari, entrambi eroi?

Scrollò piano le spalle, gli occhi verdi fissi in quelli bui dell'uomo: -Ok.-

Elle si alzò in piedi, soddisfatto mentre li superava per uscire: -Perfetto. Venite con me, vi mostro l'ufficio in cui lavoreremo.-

Mello si voltò entusiasta verso un Matt seccato: non c'era più possibilità per lui di cambiare idea.

Ma, incrociando gli occhi azzurri dell'amico, così felici, si rese conto che non aveva nessuna intenzione di farlo. Il biondo alzò un sopracciglio perplesso, notando l'aria strana dell'amico che, subito, sospirò afflitto: -Tutto bene?-

Passò qualche secondo di silenzio, poi una smorfia rassegnata di Matt che si passava le mani nei capelli in modo melodrammatico, la voce bassa e disperata:

-Cristo, Mel, erano due gemelle..!-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice

 

Ho appena comprato il volume 13 (Guida alla Lettura) di Death Note e sono super gasata! Voi l'avete? E se si, quale personaggio è il vostro preferito?

A voi la parola per questo capitolo! :)

 

Laura B: Ciao!^^ Non devi chiedermi scusa, ognuno è libero nel recensire cosa e quando vuole u.ù

Non posso spoilerare sulle coppie, ma spero che qualunque uscirà sarà apprezzata e, se

così non sarà, chiedo io scusa a te in anticipo!^^'' Grazie mille, spero di risentirti

comunque vada! :P

 

Kleveland: Abituati, abituati u.u Tu SEI intellettuale, caro Klev! Anche se non capisco perchè mi

smonti così Mello, sarà perchè sei invidioso della sua folta chioma bionda? (pubblicità

della Pantene con Jennifer Lopez su -on) Ammettilo! XD Comunque sono molto felice

che BB ti stia piacendo, nemmeno io lo conosco benissimo (il libro non rende del tutto

l'idea) ma, come si suol dire, ci provo. Grazie ancora!

 

Lux_SD: A chi lo dici, maledetta scuola -.-'' Non devi scusarti, sono sempre felice di sentirti L! E

no, non sono cattiva voglio solo farvi godere la storia! (no, non è vero, è anche perchè

sono cattiva. xD) Per i tuoi interrogativi, non rispondo qui per il semplice fatto che nel

prossimo capitolo saranno soddisfatti tutti, e cercherò di essere il più chiara possibile,

preparati! P.S.: Visto come sono buona? :P Grazie mille come sempre!

 

Un abbraccio stritolante a tutti voi,

 

 

 

 

 

 

-FM.

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** M as Magnitude. ***


 

 

 

 

Osservò i suoi calzini chiari strusciare sul pavimento scuro, riflettendo.

Come doveva comportarsi? Era la prima volta che avvertiva dentro di sé una tensione innegabile, e il non riuscire a mantenere il controllo sulla sua mente non gli piaceva affatto... eppure, succedeva spesso ultimamente.

Le sue iridi grigie si posarono riluttanti sulle pareti di quel corridoio, rivestite di quadri con insoliti soggetti: a parte il noto Davide con la testa di Golia di Caravaggio non riconosceva altre opere famose; vi era un uomo urlante in una stanza buia, una bestia moribonda e infine un clown con il profilo per metà oscurato.

Quest'ultimo gli provocò uno spiacevole brivido lungo la spina dorsale, in quanto gli aveva fatto ricordare l'incubo di quella mattina, il volto sempre illuminato di Mello che questa volta il sole non aveva osato baciare.

Attirato da un quadro che sembrava più nascosto di tutti, fece per avvicinarsi ad esso, quando una mano lo trasse lontano, fugace: -Uffa, ma perchè non hai messo lo smocking che ti ho lasciato? Avresti dovuto vestirti più elegante, è pur sempre una cena!- la voce delusa di quella Misa lo distolse dai suoi pensieri, facendogli salire ancora di più il nervoso.

Finalmente libero dalle manette ai polsi, tuffò le dita in mezzo alle agognate ciocche, freddo: -Non amo rendermi ridicolo davanti agli sconosciuti.-

La ragazza, crucciata, fece per rispondergli quando un forte fracasso di vetri infranti la fece sobbalzare; stava per correre a vedere ma, ricordandosi che sotto gli ordini di Beyond Near non doveva assolutamente rimanere da solo, afferrò il ragazzino per un braccio e lo trascinò via con sé.

L'albino strinse le labbra, infastidito per quel contatto, ma si costrinse a lasciare perdere quando la porta del soggiorno venne aperta senza troppi complimenti dalla ragazza, rivelando lo spettacolo.

Il sosia di Elle, in piedi e con un'espressione curiosa sul volto, osservava i due spettatori, il palmo della sua mano ricoperto di copiose gocce di sangue, uno dei vetri della finestra rotto.

Misa urlò davanti a tutto quel rosso, correndo a prendere della carta per asciugargli la ferita: -Mio Dio! Mio Dio!- biascicava tamponandogli il polso, assieme a mille altre parole che scorrevano come un fiume in piena dalle labbra... parole, però, che il ragazzino non riusciva ad udire:

-Mi dispiace...- mormorò, stupito da tutto quel caos, l'uomo -Ma non so togliere i fermi dalle finestre, fa caldo qui. Non volevo che all'arrivo del nostro ospite si fosse sentito odore di chiuso.-

Si voltò verso l'albino, gli occhi sanguinei stranamente calmi, e Near avvertì un brivido di paura farsi spazio nel suo cervello.

Pazzo... era innegabilmente pazzo!

-In ogni caso non ha più importanza.- lasciò lì Misa, andandosi ad accomodare scompostamente sulla sedia, le ginocchia al petto -Siediti, Near. Benvenuto.-

Quest'ultimo rimase con le labbra semichiuse per qualche istante, immobile, prima di avanzare con poca convinzione e sedersi al fianco dell'uomo, a capotavola. Avrebbe voluto prendere il posto più lontano possibile ma, evidentemente, quel folle aveva già pensato a tutto, in quanto non vi erano molte sedie. Dopo qualche secondo di silenzio teso, Beyond si voltò verso Misa senza alcuna accezione particolare nello sguardo.

Lei però parve comprendere, in quanto sorrise tirata e se ne andò.

Near avrebbe voluto trattenerla: gli stava sui nervi, ma era talmente disperato dalla presenza di quello psicopatico che qualsiasi altra persona o essere vivente e non sarebbe stato un sostituto più che accettabile.

Una volta soli, l'uomo sollevò il coperchio metallico dal suo piatto, la voce cadenzata: -Spero che ti piaccia la marmellata.-

L'albino sollevò un sopracciglio poco vistosamente e, prendendo coraggio, sollevò anch'esso la conca rovesciata, per accertarsi che quel tipo fosse serio: lo era.

Un barattolo di marmellata, palesemente alla ciliegia, troneggiava ancora nuovo davanti a lui.

-Marmellata... per cena...-

Sul serio?, sembrava voler dire lo sguardo dell'albino, e Beyond occhieggiò il suo volto pallido per un istante, mentre con studiata calma apriva il suo barattolo:

-È un'ottima fornitrice di zuccheri. Non ti piace, forse?-

-Non ho fame.- concluse Near sintetico dato che di marmellata a quell'ora proprio non ne aveva voglia, prima che un lamento da parte dello stomaco tradisse le sue effettive necessità, facendogli assottigliare le labbra con un certo imbarazzo.

Dopotutto, era dalla sera prima che non mangiava.

-Capisco...- Beyond nascose il suo divertimento tuffando un dito nella polpa morbida -Io comunque la lascerò davanti a te, nel caso dovessi cambiare ide...-

-Ascolta.- lo interruppe Near, le iridi chiare rivolte verso il suo viso, impaziente: -Perchè sono qui?-

 

 

 

 

 

Elle si sfiorò il labbro con la lingua, le pupille che sfidavano lo schermo di fronte a sé.

Era distrutto, ma dopotutto il ritmo di lavoro era pressocchè lo stesso che aveva avuto per gli inizi, non conclusi, del caso Kira: ogni tanto occhieggiava, senza farsi notare, i due ragazzi dietro di lui, del cui viso vedeva poco a causa del computer su cui stavano lavorando.

Inizialmente era un po' preoccupato per come avrebbero reagito allo stress, ma doveva ammettere che sceglierli non era affatto stata una cattiva idea: mentre lui si concentrava sulle possibili mosse di Beyond, i due alleggerivano il suo lavoro interpretando rispettivamente il secondo e il terzo dei migliori detective al mondo, Erald Coil e Deneuve.

In mezz'ora avevano già risolto brillantemente due casi.

Matt, accasciandosi sulla sedia ruotabile, sbadigliò, beccandosi un colpo nello stomaco dalla mano di Mello; subito si riprese, gli occhi cisposi, e il detective sorrise appena quando notò, sotto al tavolo, che la mano del biondo aveva raggiunto e stretto quella dell'amico, confortandolo in una tacita scusa.

-Trovato qualcosa, Elle?- Roger entrò cauto, una tazza fumante di the fra le mani, che porse al moro assieme ad una quantità indescrivibile di dolciumi:

-Si.- ammise lui, portando alle labbra una fragola senza troppi complimenti -Non è semplice capire gli spostamenti di Beyond, ma grazie a delle informazioni che ho estorto da un ex detenuto sono riuscito a scoprire che prima di tornare alla Wammy's House ha sostato in Giappone. Purtroppo, anche se è così non credo che...-

-...si trovi di nuovo lì.- intervenne Matt, e tutti gli occhi si puntarono su lui, facendogli assumere un colorito roseo per l'imbarazzo: -Voglio dire, se è stato possibile scoprire questo spostamento penso che lui lo sappia e abbia voluto far trapelare apposta l'informazione... se è così in gamba come dici non si sarà fatto sfuggire questo particolare.-

-Esatto, Matt.- il detective gettò un paio di zollette di zucchero nel liquido scuro, la mente che lavorava febbrile.

E se invece si fosse trovato davvero lì? Che Beyond avesse immaginato il litigio e l'addio fra lui e Light, e si fosse recato di nuovo nel Kanto sapendo che il bruno era da solo, per farlo preoccupare?

Se così fosse stato, avrebbe voluto dire che Elle non doveva rimanere a Londra per qualche motivo...

...per qualche... errore, forse?

-Forse lui si basa proprio sulla certezza che noi penseremmo che sia troppo scontato trovarlo in Giappone e quindi non andremmo mai lì. Oppure sta cercando di tenerti con queste distrazioni dei luoghi lontano da Los Angeles per qualche motivo... dopotutto tu stesso ci hai detto che è lì che l'hai conosciuto come criminale, no?- osò intervenire Mello, che non voleva che le sue teorie fossero oscurate da quelle di Matt.

-È possibile anche questo.- Elle si voltò verso i due, una gamba penzolante -Ma, qualunque sia la teoria giusta, non posso fare a meno di pensare che lui non voglia eliminare Near, ma solo catturare me.-

-Prenderti?- Mello balzò in piedi, stupito quanto Matt: -Intendi forse dire... che è un modo per attirare la tua attenzione?-

-La probabilità che sia davvero così è del 50%. Esattamente la metà che divide questa ipotesi da una seconda, ovvero quella che il suo senso di vendetta prevalga, e gli faccia eliminare Near in modo da non assicurare una mia figura sostitutiva al mondo.-

Elle non si domandò quale delle due ipotesi fosse più probabile: sapeva benissimo che Beyond poteva essere dotato in egual quantità di razionalità come di impulsività.

La domanda più importante era: se così davvero era, Beyond si trovava o no al corrente dell'esistenza di Mello? La questione non era più impossibile arrivati a questo punto.

-Mello.- chiamò deciso, e il ragazzo, dispiaciuto per la rivelazione precedente del detective riguardo alla certezza di Near come unico erede, si limitò a sollevare lo sguardo, ferito: -Qualunque cosa succeda, non devi assolutamente uscire allo scoperto. È possibile che Beyond non sia al corrente dell'esistenza di un secondo erede, motivo per cui dobbiamo restare uniti e indagare da qui. Ovviamente lo stesso vale per te, Matt.-

Il rosso annuì poco convinto, e l'amico, risollevato per il cambio di posizione del detective, osservò quest'ultimo, promettendo a sua volta fedeltà al piano.

 

 

 

 

 

Dinanzi a quella domanda, i movimenti di Beyond parvero rallentarsi per qualche istante, le iridi accese da un fuoco inaspettato.

Il dito pallido sfiorò l'apertura del barattolo, soffermandosi su quella poca ma dolcissima patina di marmellata che abbracciava il vetro; quando se lo portò alle labbra per leccarlo e stuzzicare il polpastrello, aveva già risposto: -Perchè sei davvero un giocattolo delizioso, erede di Elle.-

Near, senza pensarci, aggrottò la fronte con rabbia, trattenendo il respiro: Beyond si era avvicinato al suo volto e, studiando ogni millimetro di quella pelle diafana, stava percorrendo con l'indice quelle piccole e poco marcate rughe che dalla narice segnavano i lati della bocca, lasciando sul suo percorso dei piccoli cristalli di polpa alle ciliegie.

-Bene. Cosa ti ha fatto Elle?- di fronte allo sguardo interrogativo di Beyond, l'albino lo sfidò con lo sguardo: -Mi hai chiamato erede di Elle, quindi sei al corrente di molte situazioni. Inoltre l'hai detto quando io ti ho domandato perchè fossi qui: questo denota che la mia presenza è legata in qualche modo ad Elle. Di certo non sei dalla parte dalla giustizia, e vedendo la tua personalità distorta al 75 % sono qui per motivi strettamente personali... forse una vendetta? Senza dimenticare che come aspetto sei pressocchè identico a lui, nonostante io l'abbia incontrato solo una volta e molto tempo fa ho buona memoria. Ad ogni modo, senza dubbio lui è la causa dato che io non ti conosco, perciò... che hai contro Elle?-

Beyond Birthday finì di ascoltare quell'interessante monologo con un sorrisetto dipinto sulle labbra, che il ragazzo non potè scorgere fino in fondo data la strettissima vicinanza dei loro visi; con un ultimo e deciso passaggio dell'indice tratteggiò il percorso sul suo labbro inferiore, focalizzando lo sguardo sull'interno della bocca semichiusa, laddove spiccava un colorito più roseo.

Inutile continuare a nascondergli i suoi piani: col tempo li avrebbe intesi da sé, inoltre le probabilità che riuscisse a fuggire erano dell'1%.

-Sono Beyond Birthday, assassino seriale di Los Angeles da Elle arrestato anni fa e... le tue labbra sanno di ciliegia, Nate River.-

Quest'ultimo aspettò che continuasse, tuffandosi nervosamente una mano nelle ciocche bianche, ma per fortuna la sua attesa non si rivelò vana: -Elle è stato il primo che ha osato contrastarmi, e con l'aiuto di un'agente ha previsto la mia ultima mossa. La polizia aveva già archiviato il caso come irrisolto, ero stato attento ad ogni minimo dettaglio.- l'uomo si sollevò in piedi, uno sguardo di malinconia che andava a tuffarsi in un sorriso amaro -proprio all'ultimo... avevo l'occasione di superarlo, almeno una volta.-

L'albino osservò atono le sue dita sottili che scorrevano sulla maglia bianca, sfilandola.

Un guizzo di sorpresa attraversò le iridi sanguinee di Beyond: qualsiasi altro spettatore al di fuori di quel ragazzo avrebbe urlato agghiacciato dinanzi a quello spettacolo, ma non Near.

Egli si era limitato, nel suo piccolo, a tremare invisibile, e le sue iridi erano fisse su quel torace dove le ossa sporgenti decretavano legge, il marchio potente del fuoco ovunque sulla pelle scarnificata e dai muscoli vivi.

Beyond si riscosse solo quando il più piccolo distolse lo sguardo, colpito da quella brutale visione dove il rosso e il venoso della pelle faceva tutt'uno col colore profondo delle iridi:

-Quindi odi me al posto suo?-

-No.- ammise schietto l'assassino, i pugni stretti con amarezza lungo i fianchi nudi: -Anche se la tua vita per me non ha nessuna rilevanza. Tuttavia...-

Si rivestì, sperando che lo sguardo dell'albino si soffermasse nuovamente sulla sua figura, facendolo ritornare così alla dura realtà: -...tu mi ricordi lui più di chiunque altro. Se tu morissi, non solo perderei l'occasione di farlo giungere da me, ma si attutirebbe anche il mio desiderio di vendetta.-

Near sorrise sotto i baffi: voleva che Elle lo trovasse, ma senza dubbio voleva essere Beyond il potere accentrante dell'intera vicenda.

Ergo, lui non doveva assolutamente compiere alcuna mossa, o sarebbe stato ucciso senza pietà.

Era vero che aveva ammesso che la sua vita era in qualche modo preziosa, una merce di scambio, ma era altrettanto reale che Near stava giocando col fuoco, in un folle enigma che Beyond aveva progettato fino all'ultima pedina.

Un debole imprevisto e il cervello dell'assassino sarebbe andato in tilt e, così come non aveva esitato ad uccidere senza pietà quelle vittime, non si sarebbe fatto scrupoli ad eliminare anche lui.

Nonostante quel pericolo sempre imminente, tuttavia, Near non potè far altro che sentirsi leggermente più sollevato: perlomeno, stava iniziando a comprendere di più di quella vicenda.

 

 

 

 

Erano ormai passati altri cinque giorni alla Wammy's, e Mello iniziava a dare segni di insofferenza ogni qual volta che lui e Matt rientravano dal 'covo segreto per le indagini' per quel piano di Elle così poco incline al suo carattere.

Più di una volta l'amico l'aveva sorpreso, in piena notte, ad osservare il cielo nero dalla finestra, incapace di dormire; si era presupposto di non domandargli più nulla a riguardo da quando la prima volta gli aveva accarezzato preoccupato il collo liscio, e Mello si era voltato con uno sguardo infastidito, dandogli le spalle fra le lenzuola. Si aspettava quella reazione, e sperava che l'amico un giorno si sarebbe confidato con lui senza forzature, ma il biondo era così orgoglioso e volenteroso di risolvere i suoi problemi da solo che questo sarebbe stato completamente impossibile.

Difatti fu Matt a cedere, una sera che l'aveva visto particolarmente nervoso:

-Mel, so che ora mi manderai a fanculo, ma devo capire cos'hai, sei sempre su di giri in senso negativo e non dormi più la notte. Dai, dimmelo...-

-Non è niente, fatti i cazzi tuoi!-

Fece l'errore di occhieggiare il rosso, ed incontrare così il suo sguardo torvo, che in sé nascondeva però anche un senso di sarcasmo, come a dire “Ecco, lo vedi? Te l'ho detto che sei sempre incazzato...”. Sospirò, afferrando una tavoletta di cioccolata che iniziò a mordere convulsamente:

-Lo ammetto, forse mi aspettavo di meglio da questa vicenda. Insomma, Elle è il più grande detective del mondo, lo rispetto e lo ammiro, però... come si fa a risolvere un caso senza entrare personalmente in azione?-

Se lo aspettava. Matt si aspettava decisamente che fosse quello il motivo.

Mancanza di adrenalina: chi più dell'amico poteva dargli ragione? Dopotutto quella era la sua filosofia da giocatore di tutta una vita. Tuttavia, un senso di angoscia e di responsabilità lo portò a dissentire quelle priorità: aveva infatti compreso che quello non era un caso come tutti gli altri; avevano a che fare con un vero e proprio mostro di imprevedibilità del quale avevano si e no un paio di notizie certe e di cui non potevano calcolare alcuna mossa.

-Io invece credo che Elle a questo ci abbia già pensato... anche la difesa è importante, sai? Magari entrerà in azione quando avremo più vantaggi dalla nostra, e anche più informazioni.-

-Ma è troppo tardi!!- esclamò fuori di sé Mello, ora in piedi a camminare nervosamente per la stanza mentre l'amico lo osservava stupito da quella reazione.

Che questa vicenda fosse davvero così importante per lui?

-Matt.- si era bloccato di colpo al centro della stanza, le iridi cerulee attraversate da un lampo di gioia per quell'idea che la sua mente aveva appena partorito.

Le pupille fisse in quelle dell'amico, sorrise emozionato: -Scappiamo.-

 

 

 

 

 

Un paio di eleganti mocassini marroni scesero la pista in discesa, ultimi della fila.

L'uomo, al centro della piazza, osservò la folla farsi più pressante e rumorosa, e sollevò lo sguardo fino ad incontrare il maestoso edificio dell'hotel a cinque stelle in cui avrebbe soggiornato.

Con un leggero sospiro compì gli ultimi passi che lo separavano dalla hall, per poi rispondere tirato al sorriso che da dietro la reception gli venne rivolto: -Benvenuto, signore. Potrei cordialmente sapere se ha già effettuato una prenotazione?-

-Si.- il bruno strinse le dita maggiormente attorno alla manica della valigia, impaziente: -Sono Yagami Light, ho richiesto una suite qualche giorno fa.-

-Oh, certo! Buonasera, signor Yagami, spero abbia viaggiato bene... la sua camera è già pronta, la faccio subito accompagnare di sopra.-

Quest'ultimo diede la valigia al facchino, per poi osservare le porte dell'ascensore richiudersi calme, del tutto differenti dal suo stato d'animo: era stato lungo e difficoltoso trovare qualcuno di affidabile che potesse controllare la casa, dato che Watari, ormai contrario alla sua persona, sicuramente non lo avrebbe aiutato in alcun modo, così come era stato quasi impossibile installare un dispositivo di sicurezza al computer che gli trasmettesse sul cellulare tutte le notizie relative ai suoi interessi e ai casi che Lawliet stava affrontando.

Ora però era a Londra, deciso a chiarire tutto.

Fremette piano, il cuore a mille nel petto: solo un paio di giorni, e avrebbe potuto rivederlo.

 

 

 

-Cosa?-

Matt attese qualche secondo prima di ribattere all'amico, la voce flebile e strozzata.

-Ho detto scappiamo. Fuggiamo da questo posto, andiamo ad indagare per conto nostro!-

-Uoh uoh... aspetta un attimo Mel...- il rosso frenò i suoi viaggi mentali e il suo discorso, i palmi protesi verso di lui come per difendersi da quelle teorie assurde: -Cosa stai dicendo? Non possiamo... non possiamo andarcene! Ed Elle?!-

-È proprio per questo che voglio andarmene.- la voce dell'amico divenne più tetra sentendo che Matt stava facendo di tutto per contrastarlo: -Io ho capito cosa sta succedendo. Non è vero che Elle ci vuole tenere qui con lui per la nostra sicurezza: lui non si fida di noi e delle nostre capacità. Non crede che saremmo in grado di trovare Beyond e salvare Near da soli!-

-Oh, ma certo!- ribattè sarcastico l'altro, gli occhi rivolti verso il cielo, la rabbia che montava veloce: -Prima mi trascini in questa storia perchè sei tutto in modalità amore platonico verso Elle e adesso fai i capricci? Ma dì un po', ti ascolti quando dici queste scemenze?!-

Il biondo s'infuriò quelle insinuazioni: Matt da quando si erano conosciuti era sempre stato l'unico che poteva permettersi di prenderlo in giro o insultarlo, mentre qualsiasi altro studente tremava al suo passaggio.

Era stato proprio questo a farli confrontare, la faccia tosta del rosso, unico studente che osava ribellarsi all'atteggiamento di Mello quando non ne condivideva i desideri. E il bello era che, da quando erano diventati amici, avevano scoperto che i loro desideri erano pressocchè gli stessi. Almeno fino a quel momento.

Ne avevano passate tante, dai cazzotti alla bocca impastata di sangue, dalle vendette ai silenzi ostili, dalle notti insonni agli abbracci, alle carezze delicate quando ne sentivano il bisogno e nemmeno la luna poteva spiarli.

Non avevano gli stessi principi, né gli stessi interessi, eppure riuscivano a far combaciare le loro anime perfettamente e a tirare il meglio e il peggio l'uno dall'altro.

Matt necessitava di Mello come la sua console, Mello aveva bisogno di Matt come la cioccolata.

Da quando un giorno si erano sorrisi invece di schernirsi, si erano semplicemente... trovati, ma da quando gli eventi dell'ultimo mese erano precipitati così velocemente Mello aveva sempre più la sensazione che ci fosse qualcosa di non detto fra loro.

E adesso, in piedi davanti ai suoi occhi verdi, con gli occhi lucidi si ritrovava a desiderare ardentemente di non avergli mai permesso quella confidenza.

-Guarda che io non ti ho costretto a fare proprio nulla! Sei tu che hai accettato di collaborare con noi perchè mi devi sempre stare attaccato al culo, quindi non dire balle!-

Per la prima volta, la paura che l'amico parlasse sul serio riguardo ad una fuga si impadronì potente di Matt; tremò leggermente mentre avvertiva l'angoscia salire, tentando di tenere a bada la rabbia e l'impulsività che gli ordinavano di rispondergli per le rime.

Erano sempre stati insieme da quando ne aveva memoria, avevano affrontato assieme i momenti migliori e i peggiori.

Se Mello se ne fosse andato... lui cosa avrebbe fatto?

Avanzò piano verso di lui, sollevando le braccia per stringerlo forte a sé: il biondo sobbalzò per la sorpresa, mentre già meditava di staccarsi per la furia che batteva energicamente nella sua cassa toracica; ma il corpo di Matt offuscava tutto il resto, era così caldo e protettivo... che forse avrebbe anche potuto aspettare un altro po'.

-Ti ricordi quando conoscemmo Near?- sussurrò piano il rosso con un sorriso, mentre le sue dita erano strette alle spalle di Mello, il capo poggiato sulla sua spalla:

-Si.- sorrise a sua volta anche il biondo, nonostante il ricordo non fosse dei migliori, le palpebre chiuse mentre si godeva la morbidezza della pelle dell'amico -Giurai che avrei fatto di tutto per fargli cambiare orfanotrofio. E sappi che ancora non mi sono arreso.-

Matt rise piano, la sua voce roca e i loro respiri erano l'unico rumore che si avvertiva nella stanza buia: -Il mondo qui fuori è pericoloso, Mel.- posò le mani sulle sue braccia per staccarsi e guardarlo negli occhi, la serietà riacquisita in fretta -Non che io ne sappia granchè, ma non deve essere una figata pazzesca come nei miei giochi d'avventura per averci rinchiuso qui e non averci lasciato vivere in mezzo alla strada, non credi? Vuoi davvero buttare tutto quello che abbiamo all'aria per salvare qualcuno di cui non ti è mai importato nulla?-

Mello sembrò davvero riflettere su quelle parole, le iridi fisse in quelle verdi di fronte a sé, mentre scuoteva leggermente il capo: cercò di autoconvincersi che Matt avesse ragione, anche se le pulsazioni nelle sue membra erano ovunque, la sete di successo e di vendetta gli rendeva ancora la gola troppo arsa.

-Prometti che non fuggirai.- la voce autoritaria di Matt, leggermente incrinata per la preoccupazione, lo risvegliò dai suoi pensieri, facendogli alzare lo sguardo.

Tutto quel verde lo smarriva, facendogli perdere ogni altro bisogno personale che non fosse sfiorare l'amico, facendogli acquisire più ripensamenti di quanto ci sarebbero mai riusciti mille Elle messi assieme.

-Giuramelo.-

Mello ingoiò la sua stessa saliva, imponendosi di non distogliere lo sguardo da lui mentre prometteva.

Di fronte alle sue parole, Matt accolse sollevato il biondo fra le sue braccia: le loro promesse erano sempre state sacre e mai infrante, e sarebbe sempre stato così, finchè la loro amicizia sarebbe durata.

Ed entrambi non avevano alcun dubbio che essa non avrebbe mai avuto fine.

-Sono davvero un idiota...- sussurrò con un sorriso amaro il rosso, sperando che l'amico non udisse il suo cuore battere così forte: sicuramente non avrebbe gradito incasinare un'amicizia così duratura con degli 'sciocchi sentimenti'.

Matt era per lui il confidente, la spalla più forte su cui piangere e al cui fianco combattere.

Era un giuramento che si erano scambiati anni prima, e che lui rimpiangeva ogni volta che incrociava gli occhi ghiaccio di Mello o il suo ghigno beffardo.

E allora Matt sorrideva a sua volta e, mentre il suo cuore lo insultava in ogni lingua possibile, apriva la porta della sua camera ad altre ragazze... possibilmente che assomigliassero all'amico il più possibile.

-Scusa per averti insultato in quel modo, avevo solo paura che mi avresti lasciato solo per davvero.-

-Sei davvero un idiota, allora...- rispose sottovoce il biondo, sorridendo giocoso mentre lasciava scivolare le sue dita in quelle di Matt, scostandosi dal suo busto per tirarlo via con sé.

Il rosso lo osservava con le labbra leggermente dischiuse mentre si sfilava la maglia e il pantalone rigorosamente neri, i capelli scompigliati dalla stoffa. Deglutì di riflesso, il fiato corto quando i suoi occhi erano guizzati sui muscoli sottili del suo torace, colpiti dalla pallida luce lunare.

Mello sollevò un sopracciglio quando lo vide immobile: -Bhe, che ci fai lì impalato? Guarda che io ho freddo e tu devi riscaldarmi, eh!-

Matt rise piano, rimanendo in boxer poco dopo mentre si apprestava a raggiungere l'amico sotto le lenzuola: -Freddo in piena estate? Ma fottiti...-

Si ritrovò a sorridere senza motivo e, mentre stringeva il biondo a sé e ascoltava il suo respiro battere sulla pelle del collo, serrò forte le palpebre imponendosi di non pensare.

 

 

 

Near richiuse piano la porta della sua camera, o come meglio dire prigione.

Venti telecamere e trentatre cimici in soli diciotto metri quadrati di appartamento che lo tenevano costantemente d'occhio.

Si sedette sul freddo pavimento mentre rifletteva sulla cena di quella sera: aveva scoperto che Beyond era un evaso dalla prigione di Los Angeles, senza dubbio con un soprannome ben studiato, il primo ad affrontare Elle, che aveva una strana ossessione per la marmellata e...

...Near deglutì, forzando con le dita la testa del robot, quasi staccandola.

Chissà cosa stava facendo Mello in quel momento.

Le sue dita vagarono verso l'apertura della camicia, delicate, bloccandosi poi all'improvviso, un pensiero nella mente come un fulmine a ciel sereno.

Se avesse preso la foto del ragazzo che nascondeva da ormai tempo nella veste per osservarla, con tutte le telecamere che c'erano sarebbe stato sicuramente ripreso. Era stato ben attento a non nominare nessuno studente della Wammy's House: non poteva escludere che Beyond fosse a conoscenza dell'esistenza di Mello, in quanto era il secondo in successione per diventare il prossimo Elle.

Si chiedeva allora come mai, se davvero lo sapeva, non aveva rapito il biondo al posto suo, o magari entrambi: Mello era molto più pericoloso e incline all'azione di lui, anche se intellettualmente le capacità di Near erano maggiori.

Che Beyond li avesse voluti separare proprio perchè sapeva che da una loro collaborazione sarebbe stato messo con le spalle al muro?

Tuttavia, se c'era anche solo una possibilità su mille che lui non potesse conoscere il biondo, Near doveva fare di tutto per non metterlo in pericolo: sentiva che gli sarebbe dispiaciuto se gli fosse successo qualcosa, avrebbe perso l'unico suo degno rivale, colui che lo faceva sentire vivo.

E poi era sicuro che Mello non si sarebbe mai scomodato a fare alcuna mossa per salvarlo, a meno che questo non comportasse un salire di livello dinanzi agli occhi di Elle.

Cercò di riconcentrarsi sulla figura di Beyond, benchè in quel momento il biondo occupasse tutti i suoi pensieri: aveva anche detto di volere uccidere il detective perchè l'aveva lasciato bruciare davanti ai suoi occhi quando lui si era dato fuoco, sperando di batterlo sul tempo.

Si era offerto come ultima vittima degli omicidi seriali per attirare la sua attenzione, architettando un piano perfetto.

Solo non avevo tenuto in considerazione un piccolo, insignificante dettaglio...”

Quale dettaglio? Che errore aveva compiuto?

Esaminando le ipotesi, la probabilità che si trattasse di un indizio lasciato senza volerlo si riducevano al 2%: Elle non se ne sarebbe accorto all'ultimo, proprio mentre Beyond era in punto di morte, ma avrebbe dovuto capire e calcolare fin da prima quello che i luoghi dei delitti offrivano.

La seconda ipotesi era che Elle avesse potuto scoprire qualcosa sul suo conto che avesse potuto far trapelare le sue intenzioni di suicidio: anche qui le percentuali erano pressocchè basse, chi avrebbe potuto immaginare un gesto così estremo?

Però... se Beyond si trovava alla Wammy's House per rapirlo in quel giorno soleggiato, questo poteva significare due cose: o, come più probabile, aveva avuto modo di informarsi data la sua ossessione per Elle, oppure... aveva avuto personalmente a che fare con l'orfanotrofio.

Il suo cuore fece un tuffo nel petto, rumorosamente.

Se quest'ultima ipotesi fosse stata possibile, non solo Beyond avrebbe potuto conoscere Elle da molto prima di Los Angeles, avendo il detective frequentato per qualche tempo l'orfanotrofio, ma questo avrebbe anche voluto dire che...

La testa di plastica si staccò con forza dal busto, rotolando scomposta ai suoi piedi, gli occhi spenti del robot che ora lo fissavano senza aspettativa.

Near si ritrovò a tremare, sperando che Beyond non avesse già trovato il modo di intercettare Mello.

 

 

 

 

Quando Mello si svegliò, l'alba stava appena sorgendo, e un colorito roseo trapelava da dietro le persiane.

Si sentiva stanco, e non era solo perchè Matt russava come un trombone, ma perchè avvertiva il nervosismo ovunque sulla pelle: forse un po' d'aria fresca lo avrebbe aiutato ad acquisire lucidità e calma; adocchiato il pacchetto di sigarette dell'amico sul comodino, sorrise soddisfatto.

Poco dopo era in corridoio, a lanciare e a riafferrare l'accendino fra le mani: dopotutto Matt era sempre supercalmo dopo aver fumato quella roba, quindi probabilmente avrebbe avuto lo stesso effetto anche su di lui. E se così non fosse stato... avrebbe potuto sempre dare la colpa all'amico di quell'insuccesso e convincerlo a smettere di fumare.

Aperto il portone che dava sul giardino, sospirò, l'aria ancora fresca della notte gli entrò nei polmoni mentre si accovacciava su un muretto e armeggiava con quei cosi: dopo un paio di tentativi si accese la sigaretta e, tentando di imitare Matt, tentò di tenerla in bilico fra le labbra.

Si ritrovò ad imprecare pesantemente qualche secondo dopo, quando gli cadde nell'erba umida.

Rimboccandosi le maniche, ne accese una seconda, stavolta mantenendola decentemente e, riluttante di fronte a quella cenere arancione, inspirò piano.

Quando la sigaretta andò nell'erba una seconda volta, era stato lui a sputarcela con forza, continuando a sputacchiare disgustato: -Dio, ma che schifo..!!- commentò deluso, ancora chiedendosi come faceva a Matt a piacere quella roba.

Si pulì con il braccio le labbra insalivate che sapevano ancora di tabacco, quando un oggetto appena intravisto nell'erba alta attirò la sua attenzione.

Si bloccò improvvisamente, aggrottando la fronte: si voltò da una parte all'altra, accertandosi che fosse solo e, una volta saltato giù dal muretto, s'incamminò senza pensarci due volte: quasi non si fermò di fronte alla rete metallica e all'avviso che imponeva di non oltrepassare la proprietà.

Roger aveva sempre intimato agli alunni di non andare oltre quei cancelli della Wammy's perchè era un'area non correttamente disinfestata e a causa della poca cura dell'erba ci passeggiavano spesso e volentieri serpenti, ma a Mello non era poi importato mai un granchè.

Scavalcò la rete senza difficoltà e, dopo pochi passi, si accovacciò per vederci meglio.

Il cuore gli si fermò nel petto, le iridi spalancate mentre le sue dita, tremanti, raggiungevano il metallo nero.

Una pistola.

L'indice percorse incerto la lettera M, che troneggiava rossa sul manico.

Emme. Mello.

La sollevò da terra e, con un gesto deciso, tentò di caricarla.

Invano, non vi era alcun proiettile all'interno.

Questo gesto poteva essere collegato solo ad una persona, e non solo: lui voleva forse dire che i proiettili li avrebbe dovuti trovare? Forse superando con successo degli enigmi, dopotutto era pur sempre un assassino seriale.

-Merda...- sussurrò, il cuore a mille e, mentre tentava di riposarla sul terreno per scappare il più possibile da lì e da quella strana storia, un puntino rosso comparve a pochi millimetri dal suo corpo per poi guizzare via, probabilmente dietro la sua testa.

Mello, con gli occhi sbarrati, si sentì svenire: c'era un cecchino, forse Beyond Birthday, pronto a farlo fuori se non avesse accolto quella sfida. La luce senza dubbio era stata mostrata volontariamente per qualche attimo proprio per fargli capire quello.

C'era qualcuno non troppo distante da lui, e Mello se si fosse voltato a guardarlo sarebbe morto.

Certo, avrebbe probabilmente scoperto l'identità di Beyond, ma a cosa sarebbe servito, se poi sarebbe stato sparato subito dopo?

Si sollevò in piedi con cautela, non osando posare l'arma a terra e tenendola stretta fra le dita.

Ormai era certo.

Beyond Birthday gli stava tendendo una sfida, e lui non aveva altra scelta che accettarla.

Sorrise soddisfatto mentre si allontanava, tornando verso l'istituto: questo voleva dire che era ancora una minaccia, che non contava solo Near, che quel tale voleva un altro giocatore per divertirlo.

-E sia, B...- rientrò nel portone con un ghigno, chiudendolo piano mentre correva a prendere in camera i bagagli fondamentali, l'istinto che prendeva il sopravvento su tutto il resto, il piano di fuggire che gli rimbombava nelle tempie e nel petto: -Vedremo chi di noi due si sarà più divertito, alla fine.-

 

 

 

 

-Andato tutto come previsto, Mikami?-

L'uomo, in piedi alle spalle dell'edificio, attivò il microfono nascosto nel colletto della camicia, mentre riponeva il fucile al suo posto, nel borsone: -Si, B. Il ragazzo è appena rientrato: dopo aver visto il mirino proprio accanto a lui, non penso farà sciocchezze.-

-Lo penso anch'io.- Beyond sorrise nel buio, prima di spegnere la connessione audio: -Ottimo lavoro, Mikami. Puoi ritornare alla base.-

Rilassato e soddisfatto, si stiracchiò sulla poltrona rossa, un ghigno emozionato sulle labbra: finalmente le cose sarebbero diventate interessanti...

Quegli eredi erano sempre capaci di sorprenderlo, e lui aveva davvero una voglia matta di giocare.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice

 

Posso giocare anch'io? ...mi accontento di un normalissimo Cluedo però, sia chiaro!

Stavolta non inserisco le solite PRR perchè ho ricevuto una sola recensione a cui ho risposto privatamente... spero che questo capitolo me ne riservi di più, voglio essere speranzosa al riguardo!

Buon continuo di settimana,

 

 

 

 

-FM.

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Capitolo 5
*** Carnival of Rust. ***


 

 

 

I movimenti rallentati il doppio per l'ansia e il cuore che gli martellava forte nelle tempie, gettava le cose indispensabili nella sacca scura, l'unica che possedeva.

Doveva fare presto, non aveva molto tempo.

Una volta richiusa, si rivolse implorante verso il cielo plumbeo, sperando che nessuno fosse già sveglio a quell'ora; dovevano essere circa le cinque del mattino, per cui era molto improbabile.

Meglio però che si imponesse più silenzio possibile, tantopiù con Matt a pochi metri da lui che dormiva beato. Rivolgendogli un'occhiata, si accovacciò ai piedi del letto e, lentamente, ne estrasse una scatola di metallo, un po' ammaccata: tenendo d'occhio che il viso del rosso fosse sempre immerso nel sonno, tirò da dietro la schiena una piccola chiave e la infilò nel lucchetto decorato con una vistosa M segnata sopra, aprendo l'oggetto con un gesto deciso.

L'indice si posò veloce sugli adesivi buffi che ne ricoprivano la superficie, sulle foto impilate e attaccate un po' ovunque all'interno: Matt ricoperto di fango, Mello mentre schiacciava vittorioso con il piede una paperella di gomma di Near, abbracciati e mascherati per Carnevale mentre Roger li rincorreva per l'ennesimo attentato ad un evento scolastico; il tutto contornato da ritagli di giornale, accendini, foglie secche e un calzino stracciato di Mello, mescolati ad altri ricordi.

Quest'ultimo sorrise appena prima di ricomporsi, tuffando rapido la mano verso le banconote impilate in un angolo, mentre tentava di non sentirsi troppo in colpa: lì vi erano tutti i loro risparmi che mettevano da parte da anni per spenderle in piccole abitudini come un nuovo gioco e della cioccolata, o in folli piani come comprarsi un'auto fiammante e scorazzarvi insieme su strade proibite.

Infilò i soldi nella tasca interna della giacca, sporgendosi appena dai piedi del letto verso il volto di Matt: era così sereno... nulla a che vedere con il tormento e l'adrenalina che stavano consumando le sue vene in quel momento.

Le ciocche scombinate, le labbra pallide e screpolate per il troppo fumo, un piccolo neo sul lato sinistro del collo scoperto.

Gli occhi chiari di Mello si erano soffermati sui dettagli del suo viso, consapevoli che sarebbe stata l'ultima volta che li avrebbero potuti vedere.

Le probabilità di potersi rincontrare nemmeno sfioravano l'1%.

Si rialzò in fretta e agitato, avendo scorto nell'amico un leggero voltarsi fra le lenzuola.

Sostò appena sulla porta in un tacito sguardo: scivolò via, sperando che l'amico capisse che semplicemente non voleva coinvolgerlo in uno stupido pericolo, teneva troppo alla sua esistenza, non aveva importanza se questo avrebbe voluto dire non averlo vicino a lui. Null'altro che quello.

Fra poco la sua sveglia sarebbe suonata, e non voleva assolutamente recare altri problemi.

-Perdonami, Matt.-

Mentre la sua figura bionda scavalcava per sempre i cancelli della Wammy's per uscirne, qualche piano più sopra delle dita sottili erano adagiate al vetro della finestra, le tendine appena scostate per osservarla.

Con un sospiro, il capo adornato da biondi codini si mosse impercettibilmente e le dita rilasciarono la loro posa, permettendo alla stoffa ruvida di coprire quella visione alle sue iridi brune.

 

 

 

 

Teru Mikami, laureato con lode alla Meiji nel '98, avanzava sicuro fra la folla, la valigia stretta fra le mani.

La riunione era durata più del solito, i processi erano sempre lunghi e difficoltosi, con continui schieramenti e processi, ma la giustizia nel suo lavoro prevaleva sempre.

-Buonasera, signore.-

-Sono Mikami, camera 118. Volevo avvisarla che mancherò la cena all'hotel questa sera. Potete comunque lasciare il conto sulla mia carta.-

-D'accordo, signore.-

Entrò composto nell'ascensore, aggiustandosi delicato la cravatta: quando era stato avvicinato da B era stato riluttante. Si era chiesto se fosse davvero quella la giustizia, quello che Kira gli aveva insegnato; poi si era dato del matto, innervosendosi con sé stesso: ormai Kira non esisteva più, gli aveva mentito, aveva rinunciato come uno sporco codardo ai piani di pace nel mondo, lasciandolo con un pugno di mosche.

Eppure Teru era pronto... pendeva dalle sue labbra, avrebbe fatto qualunque cosa Kira gli avesse chiesto, sentiva che in lui vi era un'affinità particolare, un laccio rosso che legava i loro destini.

Non amore, no. Ammirazione, forse. Reciproco rispetto, collaborazione per un ideale.

Quando il detective Elle aveva informato i media della conversione di Kira, lui era lì, che beveva un caffè con i suoi colleghi. La plastica del bicchiere si era incrinata per la forte stretta delle dita.

Beyond Birthday, sette anni dopo, era stato forse il suo caso più difficile, benchè non vi avesse avuto personalmente a che fare: apatico dinanzi al lavoro di psicologi e medici, le infermiere sostenevano che i suoi regolari controlli erano una lotta continua, con sedativi sempre necessari.

Quando si era recato alla prigione di LA, aveva con sé solo una pila di fogli con le informazioni base e una pistola nella cintura, nel caso si fosse rivelato pericoloso: era rimasto enormemente stupito quando aveva incontrato un uomo che sembrava più giovane di quello che era, con profonde occhiaie e profonde iridi rosse, che da sole servivano ad illuminare la stanza di reclusione.

Lo aveva invitato riluttante a sedersi poiché quello era ricurvo e immobile a fissarlo, atono.

-Buonasera, il suo codice di reclusione è M00987, giusto?-

Non rispose, lo sguardo fisso sulla finestra di fronte a sé, trapassava la figura dell'uomo come se fosse solo in quella camera dalle pareti grigio spento. Mikami, attonito, sospirò:

-Vedo che non ha intenzione di collaborare... signor Birthday, la voglio informare che sono il magistrato Mikami e sono stato mandato qui per...-

-Lei è un magistrato?- i suoi occhi si erano illuminati per un istante, portandolo ad interromperlo in modo piuttosto maleducato: -Si... certo.- ammise l'altro, sistemandosi gli occhiali per darsi del contegno -Come stavo dicendo, io penso che...-

-Credo proprio di conoscerla già.- lo interruppe nuovamente lo strano tipo, e solo ora che gli rivolgeva un'occhiata Mikami si era accorto che aveva portato le ginocchia al petto, sistemandosi sulla sedia scarna in posizione fetale.

Conoscermi? Una voce riluttante si era fatta strada nel cervello dell'uomo in cravatta;

Non mi sembra di averlo mai visto in tutta la mia vita... a parte nella cronaca nera, ovvio.

-In realtà ci ho riflettuto non appena lei è entrato, ma non riuscivo a collegare il volto al ricordo. Ora che mi ha riferito che è un magistrato credo di aver riacquisito la memoria: ho avuto modo di seguire tutti i suoi interessanti interventi ai numerosi dibattiti...- appoggiò il volto su una mano, un sorriso magro si era dipinto sulla pelle diafana: -...su Kira.-

Teru Mikami sentì una forte scossa nel petto, le labbra serrate mentre le scartoffie gli sfuggivano dalle dita ora tremanti.

Erano passati anni... tanti anni, e ora cosa..?

-Uhm.- tossicchiò piano per recuperare la voce, mentre inarcava poco la schiena verso il basso per riafferrare i documenti, permettendo all'altro di continuare: -Da quanto ricordo, era un suo fervido sostenitore, dico bene?-

Sembrava divertito nel metterlo in difficoltà, e Mikami era convinto di avvertire rivoli di sudore freddo lungo la spina dorsale mentre un sorriso teso faceva la sua comparsa: -Bhe, non è un segreto, signor Birthday.-

-Ryuzaki. Mi chiami pure Ryuzaki.-

-Signor... Ryuzaki, io penso dovremmo concentrarsi sul suo, di caso, non crede? Ho qui delle segnalazioni che...-

-Io credo che invece la mia situazione sia meno divertente.- obiettò, e Mikami, le iridi fisse nelle sue, si chiese con chi diamine stava avendo a che fare per considerare la questione di Kira “divertente”.

-Gliel'ho chiesto perchè, se così fosse, mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensa della sua ritirata strategica.-

Teru Mikami si alzò in piedi con uno scatto, riponendo i fogli nella valigia in cuoio, la testa ridotta ad un ammasso di pulsazioni: -Credo sia meglio che vada, signor Ryuzaki. Ritornerò in un momento più fruttuoso.-

-Oh, è un vero peccato.- cantilenò l'altro, e il magistrato poteva avvertire il fuoco dei suoi occhi bruciargli le membra: -Sa, io non ho mai rispettato la decisione di Kira e l'appoggio di Elle, anche se li ho conosciuti personalmente.-

L'uomo rallentò i suoi movimenti, le sue parole che l'avevano colpito come una freccia in mezzo agli occhi: -Lei...sa chi..?-

-Kira è alleato di Elle, e da adesso lei è mio alleato. Potremo lavorare insieme per i nostri obiettivi, non crede?-

-Chi le ha detto che io sono suo alleato? Io lavoro per la giustizia, signor Birthday, e lei è un pluriomocida. Direi che abbiamo molto poco in comune.-

-Non credo di pensarla così.- l'uomo si carezzò il labbro con il pollice, rispondendo beffardo al sarcasmo di Mikami: -Almeno, non se il suo concetto di giustizia la porta a pensare che sia giusto che un oratore che ha incantato miliardi di persone con i suoi piani di pace si possa defilare come un coniglio senza conseguenze.-

L'uomo rimase in silenzio, abbassando lo sguardo mentre lasciava che le vecchie ferite si riaprissero in fondo al cuore. Era ancora un ragazzo, allora, ma i suoi ideali non erano mutati.

-Signor Mikami.- chiamò Beyond, e la sua voce era più dolce, meno beffarda: -Se anche lei è stato ferito da Kira, forse è ora che lei diventi davvero il paladino della giustizia che ha sempre sognato.-

Si tolse dalla posizione fetale, stringendogli la mano in un segno di congedo.

Mikami sbattè le palpebre, scosso: in mano gli aveva lasciato un trafiletto di carta:

-È il numero dell'interno della mia cella. Il mio patto è questo: un compromesso. Lei fa in modo di farmi uscire da qui grazie al suo ruolo nella giustizia e io collaborerò con lei per trovare Kira ed eliminarlo una volta per tutte.-

Si avvicinò alla porta, bussando per avvertire gli agenti che l'incontro era terminato; prima che venisse afferrato, sorrise spavaldo, e il magistrato si ritrovò, ancora intontito, a rabbrividire di fronte a quel ghigno così innaturale: -Spero a presto, signor Mikami.-

 

-Amane, apri.-

Mikami, abbandonati i ricordi di più di un anno prima, osservò le porte metalliche aprirsi automaticamente una volta mostrato il suo volto di fronte alla micro telecamera.

Avanzò sicuro nel corridoio, incontrando lo sguardo celeste della ragazza sorridente che lo aiutò a sfilarsi il cappotto: -Bentornato, Teru. B mi ha chiesto di prepararti un bagno, così io...-

-Grazie, ci andrò subito. Salgo prima un attimo a posare le mie cose.-

-Oh. Certo!- trillò la ragazza dopo un secondo di silenzio, prima di scostarsi per farlo passare e posare la stoffa pregiata sull'attaccapanni in bronzo.

L'uomo proseguì, salendo le scale cadenzato in modo che Beyond riconoscesse il suono della sua camminata anche da lontano; una volta nella stanza scura, illuminata solo da una piccola lampada sul tavolino, i suoi occhi guizzarono sullo scotch versato in un bicchiere, davanti al sofa.

Abbandonandosi sulla stoffa, raccolse il pregiato cristallo e ne scolò in un sorso il contenuto, gli occhi chiusi mentre non si meravigliava affatto dell'interruzione che venne nel mentre:

-Sarai stanco.-

-Non per quello che pensi tu.- sussurrò con un sorriso beffardo mentre una gamba magra della figura emergeva dall'oscurità, seduta di fronte al pianoforte, rivelando una risata bassa: -Vedrai che Mello ci darà molte più sorprese... oggi dovevi solo minacciarlo, niente di più.-

-Tsk, è solo un ragazzino. Non posso credere che dobbiamo farlo fuori per uccidere Elle.-

-Che tu ci creda o no...- la figura si alzò, e Mikami riuscì finalmente a vedere la luce artificiale specchiarsi in quelle iridi che ora sembravano quasi giallastre: -...lui e Near sono le uniche guardie del corpo che noi dobbiamo sconfiggere per giungere al detective.-

Mentre veniva scosso da un piacevole tremito per quel 'noi', lo osservò sedersi di fronte a lui con un dito fra le labbra, lo sguardo rivolto ai piccoli pulviscoli di polvere che aleggiavano sulla mobilia al suo fianco: -Quindi ora che si fa, B? Aspettiamo?-

-Non ci vorrà molto perchè Mello scopra il mio primo enigma. A quel punto, si recherà dove necessario, e io potrò tenerlo d'occhio.-

-La cosa importante ora è trovare il Quaderno.-

-Esatto. Le vite di Mello e Near sono irrilevanti, il rapimento è solo uno stratagemma per tenere le loro menti lontane dal Quaderno della Morte: una volta trovata una delle due copie ed eliminati i problemi, ti rivelerò il vero nome di Kira e tu potrai ucciderlo. Tanto per quell'ora quasi sicuramente l'avrai già visto in volto, così come io avrò scoperto il vero nome di Elle.-

-C'è una cosa però che non mi è chiara.- si versò altro scotch, osservando quel liquido un po' denso mentre rigirava il bicchiere fra le dita: -Lo scambio degli occhi si può fare solo se in possesso del quaderno. Come fai tu a non possederlo e avere gli occhi di uno shinigami?-

-Perchè io non ho fatto alcuno scambio.- osservò Beyond, secco: -I miei occhi sono un dono che ho dalla nascita, la mia vita non è dimezzata né ho mai incontrato uno shinigami. Tuttavia, senza un quaderno il mio dono non vale pressocchè nulla, per questo ne ho così bisogno.-

-E Misa Amane?- abbassò la voce per non essere udito, e l'altro sembrò apprezzarlo, muovendo piano i folti capelli scuri: -Ho la conferma, così come Elle, che lei è stata il secondo Kira, eppure non ricorda nulla di quello che le è successo a proposito del quaderno. Quando l'ho rintracciata era scossa e intimorita, ma non appena le ho nominato Kira, che lei ha amato senza pseudonimi, si è subito rassicurata; così le ho potuto spiegare tutto quello che le era successo riguardo il Death Note, ovviamente omettendo il fatto che la sua vita era già stata più volte dimezzata, e l'obiettivo che potevamo raggiungere se solo il mio piano fosse andato in porto.-

-Oh, ricordo: lei vuole uccidere come te Elle perchè così recuperebbe il suo uomo che si è innamorato di lui e tu sfrutterai questa sua gelosia. Quello che mi chiedo è: per cosa?-

-Semplice accorgimento, caro Mikami.- si sporse dal divano fino a recuperare un barattolo di marmellata, che aprì con un sorriso estasiato sulle labbra: -Ho bisogno di qualcuno che tenga d'occhio Near mentre noi siamo alla ricerca di uno dei Quaderni e ci premuniamo per non far trovare ai nostri rivali il secondo, e inoltre...- tuffò un indice nella morbida crema, osservando la morbida pasta scura in modo infantile una volta cacciato fuori: -...se io dovessi essere impossibilitato nel momento decisivo della partita, Misa con lo scambio degli occhi potrà leggere il vero nome di Elle e Kira per ucciderli al posto mio.-

Seguì una lunga pausa di silenzio, nel quale Mikami non fece altro che riflettere sulla questione: evidentemente Beyond non era così impulsivo per aver riflettuto su tutte quelle previsioni.

-Oh, dimenticavo...- Beyond si succhiò il pollice con aria pensosa, le iridi ora fisse in quelle scure del magistrato: -Come promesso, se il mio piano avrà successo riceverai la tua ricompensa: Kira morirà, al momento giusto ti dirò io il suo vero nome per scriverlo sul quaderno. Ma prova solo a estorcere informazioni al riguardo a Misa Amane, e io ti ucciderò.-

Gli sorrise divertito, godendosi la sua espressione cauta, mentre con la punta della lingua lambiva piano la pelle del polso, laddove una goccia di marmellata era depositata: -Sai bene che, a differenza di Kira, non mi serve necessariamente di un Quaderno della Morte per ammazzare.-

Teru Mikami strinse forte il bracciolo della poltrona con le unghie, inspirando l'aria chiusa del soggiorno mentre annuiva piano: non si chiese se quella fosse la verità, la risposta gli era, purtroppo, già nota da tempo.

 

 

 

 

Quando un sottile raggio di sole illuminò i piedi di Matt quella mattina, il primo pensiero del ragazzo fu sperare che la sveglia non suonasse a breve: era ancora avvolto dal tepore delle lenzuola nere e tutto ciò che voleva era restarne ancora a lungo accoccolato.

Tuttavia fu tutto inutile: imperioso, proprio mentre stava per scivolare nuovamente nel sonno, il bip prolungato e sconnesso interruppe la sua beatitudine con fare prepotente.

Matt sbuffò piano dalle narici, le palpebre appiccicose che si aprivano al mondo mentre il suo palmo già riemergeva da sotto le lenzuola e scattava verso l'affare, e un sonoro crash rimbombò nelle sue orecchie mentre si riaccoccolava sorridendo sornione.

Matt si godette quegli ultimi secondi di torpore: sapeva infatti che Mello, che già da tempo gli gridava che “Non è possibile che distruggi una sveglia al giorno, cazzo!” e “Sai bene che non posso permettermi di fare tardi a lezione, non quando quel nano bianco arriva sempre in anticipo!” dopo pochi millesimi di secondo sarebbe scattato da sopra al materasso tentando di strangolarlo senza troppi complimenti.

Passarono dieci, venti secondi... ma nulla accanto a sé sembrava muoversi, se non le ali degli uccellini depositati sui rami, che Matt riusciva sempre ad intravedere dalle tapparelle della finestra.

Aggrottò la fronte ad occhi chiusi, perplesso.

Trenta, quaranta... ma che diamine..?

Che avesse davvero avuto un'indigestione per la troppa cioccolata, come Matt aveva sempre previsto?

Girò la faccia schiacciata nel cuscino fino a posizionarsi di lato, aprendo cauto le palpebre: il posto accanto a sé era vuoto, le lenzuola piegate e in ordine.

-Mel..?- chiamò stanco, chiedendosi irritato dove potesse essere finito a quell'ora del mattino, ma nessuno rispose, la stanza ancora avvolta nella penombra: -Ohi Meeel..!- canzonò a voce più alta, ma niente da fare, quel cretino doveva essere sceso a fare colazione senza di lui.

-Che palle...- borbottò mentre si dimenava sul materasso in una serie di acrobazie per riuscire ad afferrare la maglietta senza alzarsi da lì e infilarsela alla meno peggio; alzatosi in piedi, si stiracchiò intorpidito e badigliò senza ritegno ma, non appena osò muovere un passo, urtò il piede contro qualcosa di freddo e duro, riversando il tutto in una serie di imprecazioni sotto forma di borbottii: si massaggiò cauto il piede e, occhieggiando furibondo la causa di tutto, il suo cuore perse un battito.

Si immobilizzò immediatamente e si piegò lentamente, le iridi fisse su quella scatola metallica dei ricordi suoi e del migliore amico: perchè il lucchetto era aperto?

-Mello..?- sussurrò, il cuore palpitante e la paura che gli invadeva ogni pensiero coerente.

Le dita vagarono tremanti fino all'apertura, che rivelò con uno scatto.

Quando quel suono potente gli rimbombò nei timpani lui non riuscì ad udirlo davvero, le iridi dilatate e le labbra dischiuse in puro shock mentre arretrava e osservava quella stupida scatola burlarlo con quel suo aspetto misero, e spento e grigio, che non aveva mai avuto alcun valore.

I suoi occhi si mossero, osservando quella marea di autoscatti volteggiare per qualche attimo attorno a lui come piume, prima di posarsi morte a terra.

Le banconote sparite, quello spazio non riempito nel baule e nel cuore di Matt.

Il fiato che da corto diveniva troppo frequente, avvertì rapidamente la furia prendere il posto della paura, il disprezzo che prendeva piega sul suo viso come un fulmine in un orizzonte soleggiato, disegnandogli violento un ghigno di frustrazione mentre correva verso l'armadio di Mello e lo spalancava; le grucce tintinnarono ma quello era vuoto, occupato solo in una misera parte dei vestiti del rosso.

La scrivania era lucida e inutilizzata.

Le sue scarpe non erano per terra.

Il bagno era limpido, solo una traccia di lui era rimasta, la cioccolata semisciolta vicino al lavandino.

Matt la afferrò e in un urlo rabbioso la lanciò contro la parete della doccia, spezzandola in due, dei grumi marroni che ora si afflosciavano su quelle mattonelle bianche.

-Figlio di puttana..!- le mani avvinghiate fra i capelli mentre le lacrime minacciavano di uscire allo scoperto, si fiondò in camera per accendersi una sigaretta, tremante.

Gli si spezzò fra le dita.

Perchè lo sapeva, cazzo, lo sapeva che mentiva! Quello stronzo... eppure per una volta aveva sperato, aveva sorriso, si era fidato... stupido, stupido Matt, testa di cazzo! Eppure lo sai che Mello mente sempre... sempre...

Strinse i denti, la folle corsa nel corridoio mentre si faceva spazio indelicatamente fra gli studenti ancora mezzi addormentati che andavano a fare lezione, fino a spalanzare la porta senza troppi complimenti: -Elle!-

Il moro era già sveglio probabilmente da un po', non sembrò nemmeno spaventato dall'interruzione, e spostò con una lentezza disarmante lo sguardo allucinato dallo schermo al ragazzo:

-Buongiorno, Matt.-

-Mello se n'è andato!- esclamò, i pugni stretti lungo i fianchi, e per poco non svenne quando il detective non accennò nemmeno a scattare in piedi allarmato, limitandosi a suggere piano la punta di una fragola: -Lo so.-

-Cos..? Mi prendi in giro?!- il rosso dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non scagliarglisi addosso e riempirlo di pugni, la confusione del ricordo dell'amico in quella fottuta testa: -Quando?! Dove?! Perchè??- ringhiò, era circondato da matti, porca puttana!

-L'ho saputo circa mezz'ora fa da Roger, mi ha detto che ha portato via la maggior parte della sua roba, quindi dovunque sia andato immagino voglia rimanerci. Evidentemente non ha resistito alla sua vena impulsiva e...-

-Mettiamoci subito al lavoro per recuperarlo!- lo interruppe prepotente Matt, ed Elle lo osservò per qualche secondo interdetto da quella determinazione, da quell'allarmismo che l'aveva reso capace di dargli degli ordini: -Mi dispiace, ma questo non è possibile.-

-Elle, niente da fare, ho controllato tutte le stanze, di lui neanche l'ombra!- Roger, un po' accaldato dalla fretta, irruppe nella stanza, sconsolato: -Cosa cazzo vuol dire che non è possibile?! Mi prendi per il culo? Andiamo!-

-Matt! Il linguaggio!- gridò furibondo Roger senza permettergli di terminare la frase, lasciando il rosso con una serie di imprecazioni a stento trattenute, mentre il detective, ancora stupito di quel lato segreto e infantile del ragazzo, mantenne senza problemi la calma:

-Ormai Mello è scappato, lo avevo avvertito di non esporsi ma lui non mi ha ascoltato, e forse sa quel che fa. Noi però non possiamo permetterci una mossa falsa ora, non possiamo assolutamente muoverci di qui, noi...-

-Elle.- sibilò piano Matt, lo sguardo fino a quel momento tenuto basso in un mero tentativo di placare il maremoto nel suo cuore, gli occhi rialzati solo quando udì la voce del detective rispondergli, cantilenante: -Si, Matt?-

-Io me ne vado.-

 

 

 

 

Mello era steso svogliatamente, le iridi cerulee fisse sul soffitto incrostato di sporcizia mentre addentava una barretta di cioccolato avidamente: l'odore in quella stanza immersa nella penombra era ancora più acre e disgustoso da quando anni fa se n'era andato, portato alla Wammy's House da Roger.

Si trattava di una costruzione abbandonata appena fuori città, immersa nel nulla, senza contatti telefonici: finestre minuscole illuminavano il materasso ricoperto di polvere sul quale il ragazzo era steso, immerso nel silenzio a parte qualche cigolio malinconico delle tapparelle cadenti che disturbava la quiete.

I suoi occhi scorsero imbarazzati su un ratto che fugace fuggiva nel buco del muro scrostato, che un tempo doveva essere bianco ma adesso sfoggiava uno spento colore grigiastro, fino al muro ricoperto di crepe marroni.

Storse il naso dinanzi alla puzza fastidiosa di piscio: eppure, era lì che viveva prima di essere trovato e scelto come studente della Wammy's House, era solo, dove altro avrebbe potuto stare?

Nonostante tutto era sopravvissuto degnamente grazie a piccoli furti che gli permettevano quantomeno di superare la giornata, e il suo volto angelico mentre imbrogliava di certo l'aveva aiutato non poco.

Non avrebbe mai potuto dimenticare lo sguardo affettuoso di Roger quel pomeriggio di primavera, e come aveva fatto sollevare a Mello un sopracciglio, sospettoso; se non fosse stato per il suo grande orgoglio e sicurezza di sé e delle sue capacità, il biondo si sarebbe senza dubbio sentito imbarazzato di fronte alle reciproche condizioni in cui si trovavano: l'uomo era elegantissimo e aveva le lenti d'occhiali che sembravano brillare sotto la pallida luce del sole, Mello era sporco di terra e coi vestiti logori dopo aver tentato un'escursione in una proprietà privata.

Quando l'uomo gli aveva nominato Elle e quanto gli sarebbe piaciuto avere come studente un ragazzo tanto intelligente come lui, Mello aveva dato modo a Roger di ammirare i suoi occhi spalancati in estasi, ancora più belli sotto il sole.

Non lasciandogli terminare nemmeno il discorso, aveva subito accettato, tentando di contenere un minimo la frenesia, senza successo.

Da quando il biondo aveva spalancato la bocca per la meraviglia di quell'edificio che sembrava la dimora di un imperatore, i giorni erano passati veloci e ricchi di novità: a Mello non risultava difficile fare amicizia grazie al suo carisma naturale, e quando si faceva dei nemici non erano mai questi ultimi a volerlo diventare, piuttosto pregavano di stargli simpatico, dato che il biondo non si limitava di certo alle parole quando doveva sconfiggere qualcuno.

Le sue cerchie non prevedevano suoi pari ma solo sottomessi in qualche modo, con le buone o con le cattive, psicologicamente o fisicamente; le ragazze erano solo delle stupide oche che lo seducevano in modo quasi pietoso, gli amici erano solo delle cornici superficiali che dovevano far risplendere il dipinto, ovvero lui, al meglio.

Erano senza valore per qualsiasi altro ruolo.

Era stato verso Natale di quello stesso anno che aveva conosciuto Matt, e l'occasione non era stata delle più eleganti.

 

Sto perdendo la pazienza e non penso ti convenga, Linda!”

Oscurando la visione della porta aperta e della luce in corridoio, Mello avanzava furibondo verso la figura della ragazzina, che adesso si avvicinava di più verso il muro, tremante e con la speranza vana di salvarsi con quel contatto freddo della parete: “S-smettila Mello! Lo sai che non posso... tu come ti sentiresti al mio posto?!”

Ma che cazzo di domanda è?” ridacchiò il compare Tom, il volto lentigginoso contratto in una risata cinica mentre il biondo sollevava le spalle: “La cosa non mi riguarda dato che non sono stato messo io in questa condizione... e adesso esci e levati dalle palle! Tra poco Tom ha appuntamento con la tua amichetta, e non ti consiglio di guardare a meno che tu non voglia imparare qualcosa...” sogghignò, ricevendo solo l'effetto di far impallidire la più piccola:

No, non lo permetterò! Non potete profanare così la mia stanza, e scommetto che Kate nemmeno sa nulla dell'appuntamento!”

Bhe, vorrà dire che avrà una bella sorpresa...” Tom sorrise obliquo, scambiando un'occhiata complice con Mello: “Tranquilla, Linda, farò in modo che si diverta come mai in vita sua.”

E giù a ridere, mentre il biondo penetrava con lo sguardo la ragazzina, ora rossa di vergogna e di indignazione: “Siete... siete dei maledetti porci! Uscite subito dalla stanza, prima che vada a chiamare Roger!”

Oh, ma senti un po' la secchiona...” sussurrò Mello mentre staccava un morso dalla sua tavoletta, gli occhi allucinati da quel discorso mentre si avvicinava di più alla figura di Linda: “E dimmi, come pensi di avvisare Roger, se ti stiamo bloccando la strada? Inoltre, come sai, ci serve la tua stanza perchè sul piano dei più piccoli lui non viene mai a controllare, siete così docili... smettila di fare la difficile, è solo per un'oretta... mi stai facendo solo perdere tempo, e la cosa mi infastidisce alquanto.”

Si ritrovò le sue labbra sottili a pochi centimetri, il rumore dei denti che aggredivano la tavoletta riecheggiava ovunque nel cervello pulsante di terrore, facendole sollevare istintivamente le braccia sopra il petto, tentando una misera difesa.

Deglutì di riflesso quando incrociò quelle iridi ora sottili e così accese di rabbia, cattive... come se stessero osservando il più disgustoso degli scarafaggi.

In alternativa, se proprio non vuoi uscire di qui potremo far divertire anche te, non è vero, Tom?”

Linda percepì ovattata quella voce unita all'assenso e alla successiva risata fastidiosa dell'altro, concentrata sulle labbra di lui appena sopra il suo mento che si contorcevano in un ghigno, parte della dentatura perfetta che si intravedevano dall'increspatura delle labbra; non si mosse, non perchè non volesse ma semplicemente perchè non ci riusciva.

Era paralizzata dalla paura, sentiva il proprio cuore battere come quello di un passerotto impaurito, la saliva prosciugata mentre il biondo sollevava una mano verso il suo corpo ancora ovviamente vergine, facendole serrare le palpebre così forte che le sembrava sanguinassero mentre pregava che un miracolo arrivasse.

Ehi, testa di cazzo!”

E il miracolo arrivò, sotto forma di pugno talmente potente che risuonò nell'aria, rimbalzando come una frusta sulla pelle immacolata di Mello che, voltandosi appena furibondo verso quell'insulto, non fece in tempo a soffermarsi sull'immagine che si ritrovò sbattuto a terra, la guancia che pulsava di dolore: “Ma che diamine..?!” stravaccato a terra con un'espressione di puro stupore e shock sul volto, la mano che si toccava la guancia offesa, ebbe modo di mettere a fuoco la figura davanti a lui, che adesso aveva afferrato Linda e l'aveva trascinata malamente dietro la sua schiena.

No, non lo conosceva per niente: occhi sicuramente chiari, non capiva di che colore data la luce fioca e artificiale della camera, indossava una ridicola maglietta a righe e dei jeans sdruciti, come un barbone: niente a che fare con Mello, che si vestiva sempre di nero perchè aveva compreso che nulla gli stava bene come quel colore.

Capelli lisci e scompigliati anche davanti agli occhi, rossi come fiamme.

E tu dovresti essere divertente? Hai annoiato persino me, che neanche ti stavo parlando!”

Mello lasciò subito perdere l'analisi di quel tipo per rivolgergli il volto contratto nella più furiosa delle smorfie, sollevandosi lento: “Prova a ripeterlo se hai il coraggio, stronzetto!”

Si era avvicinato alla sua figura minaccioso, tanto vicino che l'altro poteva avvertire il suo alito dolciastro sulla pelle. Osservando con una finta aria bonaria le sue iridi sanguinee di rabbia, distese un sorriso sghembo sul suo volto: “Oh-ooh... ho per caso offeso la puttanella? Dì un po', ma questi allegrissimi vestiti neri li hai comprati tu o te li hanno tirati appresso?”

Mello non ci vide più dalla rabbia, scagliandosi addosso al rosso e riempiendolo di pugni, mentre Linda urlava dalla paura e, le lacrime agli occhi, fuggiva dalla stanza a chiamare Roger.

È un peccato che il nero non ti piaccia, dato che sto per rendere il tuo occhio dello stesso colore!”

Il tipo ridacchiò sarcastico, sbattendolo contro il muro, le mani strette attorno alle sue braccia per bloccargli i movimenti: in fin dei conti sapeva rispondere, pensò, e ne fu molto colpito.

Sto tremando di paura, te l'assicuro! Dovresti vergognarti: mammina non ti ha insegnato che le ragazzine non si toccano?” Le labbra vicine alla sua guancia, un ginocchio gli colpì lo stomaco, facendolo tossicchiare appena mentre lo spingeva via e Mello di nuovo lo stendeva con un pugno:

E la tua a farti i cazzi tuoi?”

Con un calcio il biondo colpì la sua cassa toracica, e il rosso lo afferrò per la caviglia, tirandolo fino a terra, addosso a lui con un tonfo.

Figlio di puttana...” sentiva il suo disprezzo come un soffio sulla pelle, quelle iridi azzurre accese dalla bramosia di vendetta mentre l'altro stringeva con forza le dita attorno al suo collo.

Mello poteva vedere il ghigno disgustato del rosso, i suoi capelli ondeggiare, il sangue rappreso vicino alla bocca mentre lo fulminava con quelle iridi che ora riusciva a vedere chiaramente mentre il suo respiro diminuiva, erano verde smeraldo... ricoperte da pagliuzze luminose come oro.

MATT! MELLO! FERMATEVI SUBITO!” Roger con uno strattone li riportò alla realtà dei fatti, le loro tempie pulsanti mentre anche da lontani si osservavano con odio crescente.

Mello scrocchiò l'osso della nuca, massaggiandosi intorpidito la spalla, le sue pupille fisse su quell'idiota: Matt, uh? Che nome di merda, così banale!

Matt assunse un atteggiamento fiero dinanzi a quel viziatello dell'orfanotrofio che già gli stava sulle palle mentre portava il palmo della mano sinistra alle labbra per asciugare le tracce di sangue: Mello, eh? Che nome di merda, semplicemente ridicolo!

Tom se l'era data a gambe da un pezzo, ormai e Linda, i palmi uniti come in una tacita preghiera, osservava speranzosa la scena mordendosi un labbro convulsamente, prima di sobbalzare di paura quando il biondo la fulminò con lo sguardo per essere corsa a chiamare il direttore.

Ora voi mi dite quello che sta succedendo, immediatamente! E non osate credere che non ci saranno provvedimenti..!” gridò l'uomo, al limite dell'isteria, mentre il rosso sbuffava seccato:

Non devi chiederlo di certo a me, non sono io la mammoletta che molesta le ragazzine!”

Mello! È vero quello che dice?!” Roger si rivolse subito all'alunno, ignorando i ringhi poco amichevoli che stava rivolgendo a Matt;

Era solo un innocuo scherzo! Non ho interesse in... quella.” accennò appena alla sua figura con un dito e una smorfia indifferente: “E comunque questo non toglie che è stato lui a provocarmi quando nessuno l'aveva messo in mezzo!” continuò, a voce alta, mentre Matt lo imitava con una voce stridula e gesti vari delle mani.

Effettivamente per Mello la questione ora è abbastanza chiara, ma Matt si può sapere TU che ci facevi sul piano dei più piccoli?”

Ehm.” si bloccò subito il rosso, le meningi che venivano spremute con forza mentre i due lo studiavano alteri: non poteva certo dire loro che Linda era in debito con lui e che per questo faceva lei i suoi compiti da più di una settimana!

Ecco, io... per sbaglio ho preso il suo portapenne a lezione oggi, glielo volevo riportare!” concluse, un sorriso angelico dipinto sul volto mentre Roger, seppur poco convinto della cosa, non potè far altro che lasciar cadere l'argomento: “Molto bene, tornate subito nelle vostre stanze. Mello, sospensione per dieci giorni!”

COSA?” sbraitò il biondo fuori di sé mentre cercava di controllarsi dal picchiare di nuovo quella faccia di cazzo che, a pochi metri da lui, sghignazzava divertito e soddisfatto delle sue disgrazie:

Visto? Ecco quello che spetta a chi...”

Matt, sei sospeso anche tu per dieci giorni.”

CHEEE?!” il rosso boccheggiò, affrontato da quel vecchiaccio e dal biondo, del quale adesso era arrivato il turno di ridere a sua volta: “Ma... ma, non è giusto!!” obiettò sconvolto, prima che l'uomo li prendesse per un braccio, accompagnandoli poco gentilmente alla porta: “Decido io qui cosa è giusto o meno, signorini! E comunque mi dispiace dovertelo riferire in queste situazioni, Matt, ma il tuo test è andato piacevolmente bene. Il tuo livello è senza dubbio tra i più alti, motivo per cui quando tornerai a frequentare le lezioni sarai in classe con Mello. Buona serata.” sbattè loro la porta in faccia, lasciandoli attoniti e pieni di rancore.

Mello si voltò verso il rosso, fulminandolo con lo sguardo in una muta imprecazione: non solo il suo piano era fallito, ma avrebbe anche dovuto sopportare quello stronzo nella sua stessa classe! Che poi, una domanda gli sorgeva spontanea: come era possibile che un essere con un concentrato tale di demenza in corpo potesse essere tanto intelligente da avere quei risultati?!

Matt nemmeno si girò verso il biondo, e imprecando sottovoce raggiunse con la mano la tasca dei suoi jeans, estraendone un accendino: non solo era stato sospeso per aver difeso una ragazzina (certo, forse in modo un po' esagerato, ma che importa? Sempre meglio che niente!) ma adesso gli sarebbe anche toccato stare nella stessa classe di quella checca!

Mentre una mano andava a premere il tasto di accensione del suo gameboy l'altra accendeva la sigaretta, che ora bruciava un po' agli angoli delle labbra screpolate per le ferite che l'altro gli aveva provocato. Ignorandolo completamente, espirò una boccata di fumo mentre si avviava lontano da lui per tornare in stanza.

Mello lo osservò, indignato dalla sua indifferenza: le braccia conserte, non riuscì a trattenersi: “Guarda che non si fuma nell'istituto!”

Matt, sollevata appena una mano dove ora troneggiava vistoso il dito medio, lo ignorò svoltando l'angolo.

 

 

 

-Assolutamente no! È fuori questione: sei minorenne, non pensare che te lo permetterò!- Roger sbraitò, una nota di timore nella voce mentre Elle osservava atono la scena; Matt lo fulminò con lo sguardo, rispondendo a tono senza farsi problemi, anche se l'uomo era sempre stato l'unica sicurezza e stabilità sua e degli altri orfani, ma non gli importava.

Questo perchè, nonostante Roger, Elle e tutti gli altri adulti, Mello, pur essendo un ragazzo, era stato per lui la colonna più stabile, in barba a qualsiasi altra influenza.

-Sai bene che questo è un orfanotrofio e non puoi impedirmi di compiere le mie scelte, Roger! È la verità...- ammise senza particolare mestizia nella voce, lo sguardo che vagava verso la finestra della camera: -Noi siamo soli al mondo, e lo siamo sempre stati, con o senza il tuo affetto.-

Elle osò intervenire, notando con la coda dell'occhio che l'uomo, chiamato in causa, aveva abbassato lo sguardo con fare arrendevole: -È proprio così, Matt, noi non possiamo fare nulla per impedirti di andartene così come non ho potuto fare nulla per fermare Mello. Tuttavia, vorrei che tu ci riflettessi bene sopra, in modo da non pentirtene in futuro.-

Il ragazzo, con grande sorpresa del detective, lasciò che un sorriso sghembo si facesse strada sul suo viso pallido, il braccio alzato a pugno che adesso, afferrato con l'altra mano, metteva in mostra i muscoli giovanili come garanzia di una scelta ben meditata, stupendo il detective.

-Non sono mai stato così sicuro di qualcosa nella mia vita, Elle. Certo, non che ne abbia passate tante, ma...- borbottò contrariato, prima di tornare alla sicurezza di poco prima: -...anche se dovessi morire poco importa se questo vuol dire aver finalmente alzato il culo dal divano e spento i videogames per andare a riprenderti il tuo obiettivo, no?-

Con un ultimo sguardo a lui rivolto, il rosso uscì dalla stanza, la motivazione nelle vene, lasciando attoniti sia Roger che l'ospite.

Elle, un dito fra le labbra, aveva percepito il suo cuore battere più velocemente, la vita che aveva ripreso a scorrere in barba alla monotonia e al senso del dovere quando il ragazzo aveva espresso quell'idea: leggermente scosso, non potè fare a meno di pensare che avesse voluto rivolgergli una frecciatina con “muoversi per andare finalmente a riprenderti il tuo obiettivo”.

Elle aveva il vanto di essere un giusto mezzo fra staticità ed azione, il centro d'equilibrio perfetto fra Near e Mello, ma nonostante questo anche lui, essendo pur sempre umano, talvolta permetteva alla paura di prendere il sopravvento, paralizzandolo e rendendolo fin troppo cauto.

Mello era l'obiettivo di Matt, e nulla avrebbe fermato il ragazzo dal combattere con le unghie e con i denti per perseguirlo... ed Elle?

Qual era il suo vero fine, quale accendeva di più in lui la vita, la sensazione di adrenalina in corpo?

Light Yagami o Beyond Birthday?

L'amore o la giustizia?

Non lo sapeva, non più almeno. Tuttavia, mentre Roger si congedava da lui per ritirarsi nelle sue stanze, il detective pensò che magari non si sarebbe mosso dalla sua sede, ma questo non significava non aiutare chi sentiva il desiderio di aiutare, con o senza il permesso dell'interessato.

-Watari?- la linea fu subito attiva dal computer, un elegante W dipinta sullo schermo bianco: -Elle, tutto bene?-

-Meravigliosamente. Presto ti aggiornerò sulle novità ma adesso ho bisogno che tu mi metta in contatto con Halle Lidner.-

-Subito.- rispose pronto l'anziano, e dopo pochi attimi la sua schermata venne sostituita da una seconda con una H nera in primo piano: -Elle, è da molto che non ti sento. Come va il lavoro?-

La voce contraffata, resa più acuta dal fatto che si trattava di una donna, spinse il detective ad ignorare il principio di conversazione amichevole per giungere subito al dunque: -Lidner, ho bisogno che tu segua una persona con o senza il suo consenso: pensi di poterlo fare?-

-Non è di certo la prima volta.- ammiccò la giovane, sapeva che il detective sarebbe stato pratico e sintetico come sempre e la cosa, nonostante qualsiasi aspettativa, non le dispiaceva affatto.

-Sono in attività per catturare Beyond Birthday. Uno dei miei eredi è fuggito, e ho bisogno che tu lo trovi: poiché un altro studente della Wammy's, suo amico, è scappato a sua volta per trovarlo, vorrei che tu approfittassi della questione per tenere d'occhio quest'ultimo, Matt. Temo che Beyond possa intercettare anche lui, e inoltre potrebbe fare sciocchezze.-

-Ribelli questi studenti, mh?- commentò sarcastica Lidner, ed Elle proseguì, sorseggiando calmo dalla sua tazza di the oramai freddo: -Per capire chi è Matt ti basterà osservare chi sta per uscire dall'orfanotrofio con una delle mie telecamere di cui ti passerò il controllo. Per quanto riguarda uno dei miei eredi, il suo nome è Mello. Ti invierò fra qualche istante una sua foto di qualche anno fa sul cellulare, che si autodistruggerà dopo una trentina di secondi: non possiamo rischiare che, se Beyond ti dovesse catturare, veda anche il suo aspetto, sempre se non l'abbia già visto. Non so ancora come ci contatteremo, ti farò avere al più presto notizie al riguardo da Watari.-

-D'accordo, farò come dici. Alla prossima chiamata, Elle.-

Il contatto venne interrotto per mostrare alla donna le riprese esterne della Wammy's e Lidner, dalla scrivania del suo ufficio, attese pochi secondi prima che il display del suo cellulare si accendesse e rivelasse un nuovo messaggio in entrata.

Pigiando sinteticamente il tasto che ne avrebbe mostrato il contenuto, sorrise soddisfatta dinanzi alla figura di un ragazzo ancora nel pieno dell'adolescenza, un'espressione furba sul volto incorniciato da un caschetto biondo e un paio di iridi tanto luminose da catturare qualsiasi sguardo.

-Mello...- sussurrò lei come per memorizzare quel nome, mentre chiudeva il telefono e, aperta la finestra, lanciava con forza l'aggeggio lontano, che atterrò fra l'erba sottostante poco prima che si distruggesse; infilò la giacca scura mentre osservava le riprese dell'orfanotrofio, in attesa che quel Matt ne uscisse per chiedere una sostituta al lavoro e recarsi nelle zone interessate; la sua mente era fissa sul soggetto di quella foto, un sorriso dipinto sulle labbra carnose e messe in mostra dal rossetto: -Molto interessante...-

 

 

 

Matt si era alzato di pessimo umore quel mattino, sicuramente per la consapevolezza che avrebbe ripreso le lezioni a pochi metri di distanza da quella schifosa testa platinata.

Una volta giunto all'aula, si sforzò di sorridere amichevole ai presenti e si accomodò su uno dei pochi banchi vuoti: era stranamente in anticipo quel giorno, dato che non era riuscito a dormire tutta la notte al pensiero di rivedere quel tipo, e quando degli alunni gli si avvicinarono per presentarsi lui si mostrò cordiale e simpatico com'era, prendendo a chiacchierare con loro fino al suono della campanella.

Quando Mello entrò, puntualissimo come ogni mattina, strinse disgustato gli occhi, boccheggiante, alla visione del rosso tanto odiato seduto con nonchalance al suo posto; sforzandosi di non aggredirlo fisicamente, si avvicinò minaccioso, e finalmente quello lo notò: -Levati, questo è il mio banco!-

Matt alzò lo sguardo su di lui palesemente annoiato, facendolo ribollire di rabbia, prima di rigirarsi di nuovo verso l'insegnante che ormai si stava accomodando alla cattedra ed ignorarlo volutamente.

Mello sentì il suo cervello suggerirgli in modo poco cordiale di annegarlo nella vasca da bagno: -Ho detto spostati! Che, sei sordo oltre che stupido?!-

Matt, con grande sopresa del biondo, prese ad esaminare accuratamente il suo banco, e dopo qualche secondo si alzò in piedi, fronteggiandolo tranquillo: -Non mi sembra che ci sia scritto il tuo nome sopra... la cosa non mi stupisce dato che non penso tu abbia l'eccellente capacità di scrivere.-

-Brutto pezzo di..!- sussurrò stizzito Mello, prima di prendere quasi ad urlare: -Per tua informazione, sono il migliore in tutte le materie qui alla Wammy's! E, sempre per tua informazione, non sono così vandalo come te da scrivere sui banchi scolastici! E ora levati dalle palle, novellino!-

-Se proprio vuoi che me ne vada, spostami.- lo sfidò tranquillo il rosso, il silenzio pressante nell'aula, tutti gli occhi puntati su di loro ma, proprio mentre Mello aveva alzato il braccio per tirarlo via, l'insegnante li riprese con aria viscida: -Adesso basta, io sono entrata quindi si fa lezione, capito?! Mello non importa cambia banco, dopotutto si deve essere gentile con i nuovi alunni!- osservò, e il ragazzo rischiava che gli schizzassero gli occhi fuori dalle orbite quando aveva visto Matt ascoltare queste parole con un sorrisetto vittorioso sulle labbra:

-Si, Mello... sii gentile..!- lo schernì sottovoce, e il biondo, rosso di rabbia, si diresse verso il suo nuovo banco con la vendetta che gli premeva sulla gola, nelle iridi fiammeggianti la consapevolezza che per quell'umiliazione no, non gliel'avrebbe proprio fatta passare liscia!

Passarono giorni da quell'episodio, settimane, e Matt si era ormai dimenticato di quell'evento, lasciando che la vita scorresse senza particolari difficoltà attorno a lui: le giornate lì erano piacevoli, contornate da sempre diverse attività dopo le lezioni e alunni abbastanza affabili; anche quel Mello sembrava avere molti amici, anzi, non con poca sorpresa di Matt, qualcuno gli aveva rivelato che con la sua personalità sembrava prevalicare e sottomettere chiunque altro al suo passaggio, maggior parte di cui volenterosi di entrare nelle sue cerchie.

Quasi sicuramente Matt era il primo che osava comportarsi così con lui, e al biondino non doveva andare molto a genio.

Era passato parecchio tempo ormai, e i due continuavano ad ignorarsi palesemente e scambiarsi occhiatacce; una sera come le altre, Mello non riusciva a prendere sonno: quella stessa mattina Roger gli aveva confiscato la sua amata cioccolata dopo l'ennesima rissa, e non gliel'avrebbe ridata prima di un paio di giorni. Giaceva supino nel letto, le iridi inquiete fisse sulle travi del soffitto mentre rigirava i pollici abbandonati sul torace: sbuffò, una vena pulsante di agitazione campeggiava sulla sua tempia mentre il suo stomaco brontolava e tutto il suo corpo fremeva per quella mancata ossessione... se Roger davvero pensava che se ne sarebbe stato buono mentre lui divorava la sua amata cioccolata si sbagliava di grosso!

Scese dal letto, una cascata di capelli biondi ad accompagnare quel gesto brusco, mentre infilava le scarpe slacciate e usciva dalla stanza sua e di Tom senza fare rumore per non svegliarlo e avere altre seccature.

Tutto era buio, ma Mello ci era abituato: spesso era sgattaiolato in giardino senza farsi notare, per arrampicarsi sugli alberi e sgranocchiare dai grossi rami la sua tavoletta notturna, solo la luna che illuminava il suo piede nudo e penzolante. Adesso, però, mancava la materia prima di quei momenti.

Arrivato davanti all'ufficio di Roger, inarcò il labbro in un sorrisetto mentre si piegava per osservare la serratura: come immaginato, era chiusa a chiave; in un gesto rapido sfilò dalla tasca dei suoi pantaloni neri una lamina di metallo.

Era un gran bell'oggetto, con una data incisa sopra e il nome Thomas Brown: il suo amico Tom ne andava strafiero, lo teneva custodito come un tesoro e Mello era l'unico a cui aveva permesso di toccarlo, in quanto era l'unico ricordo che aveva dei suoi genitori.

Il biondo l'aveva preso di nascosto prima di uscire, sperava solo che non si sarebbe rotta a contatto con la serratura. Un po' una bastardata certo, ma la cioccolata era più importante.

Infilò nella fessura della porta il metallo liscio e lo fece scorrere verso il basso: un paio di secondi e di imprecazioni dopo la porta si era aperta con un deciso clack, permettendo a Mello di entrare senza troppe cerimonie, sbuffando piano per il metallo appena incrinato.

Sperava solo che Tom non se ne sarebbe accorto, ma in caso contrario, chissenefregava.

Avanzò cauto guardandosi attorno in quel buio: la scrivania del vecchio era ordinata e sgombra, i mobili dal colore caldo ora erano illuminati solo dalla luna che debolmente penetrava dalle serrande non del tutto abbassate. Iniziò a cercare per tutta la stanza, aprendo cassetti e sollevando cartacce e cuscini del divano, ma nulla: solo abbassandosi sotto la scrivania vide un mazzo di chiavi appeso ad un piolo, e tornando verso quei pochi cassetti che non erano stati ancora aperti, ne uscì stanco ma vittorioso, con i suoi trofei fra le mani e un sorriso felice per non essere stato beccato.

Forse.

-Insonnia, mh? Questo spiega il tuo essere così isterico.-

Mello si voltò di scatto verso quella voce roca e assonnata, scorgendo una figura ben detestabile che, l'aria divertita, era poggiata svogliatamente con il braccio sullo stipite della porta; non appena la riconobbe, una smorfia infastidita percorse i suoi lineamenti perfetti: -Persino qui arrivi a rompermi le palle? Questo spiega il tuo essere uno stalker.-

Matt ridacchiò piano, entrando nella stanza mentre si stiracchiava e si guardava intorno, il capo leggermente reclinato che permetteva ai ciuffi scomposti di ricadergli sulla fronte: -Ma come ti vanti... mi spiace ma sei fuori strada biondina, non sono mica qui per te...- senza alcun preavviso, afferrò le chiavi dalle dita di Mello, facendolo ritrarre infastidito e stupito per quel contatto.

Dopo aver frugato in qualche cassetto aperto dalle chiavi ritirò la testa di nuovo verso l'alto, brandendo soddisfatto un pacchetto di sigarette: -...ma per loro! Non sono bellissime?-

Si gettò sul divano in pelle, ponendo senza alcun riguardo le scarpe sudicie sui braccioli, il fuocherello dell'accendino che gli illuminava dalle labbra in giù.

-Bellissime, proprio come il loro proprietario..!- borbottò Mello sarcastico, ripresosi un po' dalla sorpresa per far spazio alla rabbia: -E comunque biondina ci sarà tua sorella. Ti ho già detto di non chiamarmi così, vuoi finire male? Facciamo così, sarò gentile: io ti pago una visita oculistica come si deve e tu finalmente capisci la differenza fra uomo e donna, che ne dici?-

Matt sorrise sornione a quel monologo, e una lunga boccata di fumo uscì dalle labbra semiaperte mentre percorreva con lo sguardo il fisico magro di Mello, i suoi occhi furibondi e il contrasto cromantico che essi creavano con il buio della stanza: -Tom cosa ne pensa?-

Mello cambiò espressione, completamente confuso: -Eh?-

-Ma sì, quel Tom che ti sta sempre attaccato al culo... cosa ne pensa che hai rovinato la sua targhetta?- il biondo, quasi colpevole, nascose dietro la schiena il pezzo di metallo, le labbra serrate con indignazione, osservando il rosso inspirare ad occhi chiusi dal filtro: -Inutile nasconderla, quasi tutto l'istituto sa di quella targa. Anche perchè, da quello che ho capito, non è facile trovare qualcuno che abbia dei ricordi sui suoi genitori, qui.-

Mello ebbe la tentazione di domandargli se lui ne aveva almeno uno, ma si ricompose subito quasi insultandosi da solo per quell'impulso assurdo.

-In ogni caso dubito ti faccia qualcosa.- commentò il rosso pacato, alzandosi dal divano per avvicinarsi alla finestra e gettarvi la sigaretta consumata: -Quel tipo, così come tanti altri, farebbe di tutto per avere la tua approvazione e amicizia. Il che è buffo...-

Si avvicinò al biondo, il viso a pochi centimetri dal suo mentre infilava le mani nelle tasche del pigiama: -...perchè nonostante questo non penso che tu abbia degli amici, Mello.-

Passarono dei secondi di silenzio scanditi solo dai respiri dei due, quando il biondo riuscì a riprendersi dallo stupore e dall'indignazione, piegando le labbra in un ghigno cattivo di fronte al sorriso divertito di Matt: -Di sicuro ne ho sempre più di te, sfigato.-

Tutto si aspettava, tranne quella reazione.

Qualunque previsione di smorfie indispettite, urla e insulti si dissolse all'istante quando si trovò davanti il sorriso bonario, quasi dolce, del rosso.

-Si... forse hai ragione.-

La sua risposta data sottovoce, con quel tono quasi impotente, gli accarezzò la pelle, provocandogli una spiacevole sensazione allo stomaco; senza più parole e solo le labbra semichiuse ad indicare la sua sorpresa nei confronti dell'agire di quel ragazzo, osservò quest'ultimo passargli a fianco, sfiorando il suo profilo involontariamente:

-Eppure a me piacerebbe averne, a te no?-

Quel sussurro lo colpì al cervello, mentre sbarrava gli occhi senza poterlo vedere realmente; il cuore iniziò a battergli un po' più forte dallo stupore e, voltandosi d'impulso, fece appena in tempo a guardare il sorriso sincero di Matt prima che questi sparisse con le sue sigarette, la porta richiusa alle sue spalle.

Il respiro strozzato, sentiva il volto un po' più caldo adesso mentre, completamente umiliato, stringeva i pugni lungo i fianchi.

Un perdente.

Ecco come si sentiva: in balia degli eventi, senza capire chi fosse quello, cosa volesse da lui e perchè la sua proposta gli era sembrata così improvvisamente invitante.

Perchè Mello l'aveva capito, quella di Matt con tutte le probabilità era una richiesta di diventare amici, e il biondo ne era completamente confuso: aveva fatto di tutto per essere detestabile ai suoi occhi per sorprenderlo e allontanarlo, avvisarlo... per fargli capire cosa c'era in realtà dietro quell'aspetto da angelo, e ora?

Quel dannato lo aveva sorpreso per primo, ancora una volta.

Mello non voleva amici veri, non ne era interessato data l'ammirazione che riceveva dai suoi seguaci e da chiunque in ogni caso, qualunque azione compisse, qualunque torto facesse; tuttavia, un amico è diverso.

L'amico ti spalleggia, ti lascia il comando perchè si fida di te e non perchè ti teme, ti insulta se fai lo stronzo, si confida con te e ti lascia confidare... ti abbraccia se hai freddo ed è l'unico che appartiene alla categoria dei tuoi pari.

Non era qualcosa di bello, avere qualcuno al tuo stesso livello da non poter più comandare.

Però... Matt non si piegava lo stesso a lui, a cosa sarebbe servito allora detestarlo di più del necessario?

Mello alzò lo sguardo debolmente, le labbra un po' tremanti adesso mentre la luna si prostrava davanti alle sue iridi cerulee.

Improvvisamente, a discapito di quella corazza di ghiaccio che si era eretto tanto tempo prima, non era più sicuro di non voler essere riscaldato da quell'abbraccio.

 

Mello sobbalzò quando, distratto in quei ricordi, aveva urtato col braccio la pistola, che era caduta con un rumore sordo a terra facendo scomparire la sfera dei suoi pensieri... riportandolo alla dura realtà di quel soffitto spento e rovinato che ora gli sembrava ovunque davanti agli occhi.

Con un sospiro impotente si voltò su un fianco sul materasso logoro, cercando con gli occhi l'arma, che giaceva smontata e nemmeno più tanto minacciosa; allungò le dita per afferrarne le parti, portandole davanti a sé.

Ma cosa diavolo..?

Sbattè perplesso le palpebre di fronte a quella visione: la guancetta si era aperta per il colpo di poco prima, ma quella che troneggiava davanti a lui sembrava... una scritta..?

-LA00987...- sussurrò involontariamente, leggendo, e non terminò la frase che si sollevò di scatto con un singulto, quasi facendo cadere di nuovo l'arma non carica.

LA?! Los Angeles? Cazzo, allora aveva ragione!

Assurdo: fino a due secondi prima non sapeva cosa avrebbe fatto e si stava già pentendo della sua fuga affrettata, e ora..!

Ridacchiò, le iridi attraversate da una strana e folle luce mentre, dopo aver carezzato la superficie incisa della pistola e averla rimontata a dovere, mirò di fronte a sé come ad un entità immaginaria, un occhio serrato per prendere meglio la mira; con un movimento secco di polso, l'arma gridò il suo potere in quel breve frastuono senza proiettili.

-Bum.- mormorò il biondo scandendo per bene ogni lettera, gli occhi spiritati.

Una persona normale, specialmente un ragazzo, avrebbe tentennato dalla paura di fronte a quell'avventura, ma Mello non era una persona normale e in quel momento avvertiva tutto fuorchè timore.

Era una bella sensazione quella, con l'adrenalina che gli scorreva nelle vene, con quel sentirsi così invincibili e, in un certo senso, protetti.

Il biondo sorrise, stringendo più che mai la pistola fra le dita: sapeva dove andare, e durante il viaggio si sarebbe di certo inventato qualcosa su come muoversi in quella città dai mille volti quale Los Angeles.

Di certo non sarebbe stato semplice, ma lui amava le sfide, e non voleva far altro che vincere contro Beyond e dimostrare ad Elle di cosa era capace.

Lui sapeva sempre come improvvisare.

Lui era pronto per partire.

Adesso, lo era davvero.

 

 

 

Matt, la frenesia nelle membra, preparava alla bell'e meglio una sacca da portare via con sé.

Se si fosse trattato di inseguire Mello, di certo non avrebbe perso tempo con quelle sottigliezze, ma dato che ormai il biondo era andato senza di lui, nulla gli toglieva di fare un po' di sane previsioni!

Lo odiava con tutta l'anima, e non si vergognava a pensare che avrebbe voluto trovarlo solo per dargli un sonoro destro in faccia, così come era accaduto quando si erano conosciuti.

La potenza di quei ricordi lo costrinse a rallentare i suoi movimenti a discapito della sua volontà per bearsi malinconico di quel passato che ora gli sembrava tanto, troppo lontano... eppure...

Riprese, di nuovo motivato, a riempire la sacca, immettendo con cautela la sua preziosa PSP: c'era qualcosa che non gli tornava, e non era solo la poco prevedibile fuga di Mello dopo la promessa che si erano fatti.

Era una nota ancora più stonata, ovvero: come era possibile che fosse fuggito all'improvviso? Forse era per giustificarlo, da stupido qual era, eppure non riusciva a capacitarsi che potesse essere qualcosa di così premeditato; inoltre, Mello era terribilmente schietto e impulsivo, quindi era altamente improbabile che gli avesse rivelato i suoi desideri di una fuga all'ultimo minuto... no, no, doveva essere legato ad un avvenimento recente.

Il ragazzo si sedette sul letto, accendendosi una sigaretta con le mani tremanti: forse sarebbe stato meglio non seguirlo? Trattenne fra le labbra quel veleno estremamente piacevole, godendosi il solletico che gli procurava sulla gola e come iniziava a bruciare e a raschiare le superfici del palato prima di decidersi finalmente ad espirare, in estasi.

Stare ad aspettare, aiutare Elle e continuare a fare finta di nulla?

Ma no, vaffanculo, 'fanculo tutto.

Restare lì era davvero da pappemolli, e poi lui aveva un'idiota con il QI altissimo da recuperare.

Osservò atono la finestra di fronte, le iridi verdi che sembravano accecare il sole: e poi, Mello sicuramente non aveva, come lui dopotutto, nessuna informazione o quasi su Beyond.

Beyond...

Matt scattò in piedi come un soldato, le labbra tremanti mentre la sigaretta, non colpevole di nulla, cadeva debole a terra: ma certo! Che coglione che era, come aveva fatto a non pensarci prima?!

Gli arti addormentati, si fiondò per quanto potè fuori dalla stanza, correndo a perdifiato: Beyond era un ex alunno della Wammy's House, eppure per Elle il collegamento non era stato immediato come per Matt dato che non era al corrente di quello scantinato, e probabilmente nemmeno a Mello, data la sua dannata impulsività.

Eppure il rosso se ne ricordava bene, ne avevano parlato con boriosità gli alunni più grandi e più colti, che desideravano, Dio, se desideravano che il loro nome e le loro imprese scolastiche fossero ricordate in quel posto!

La discussione era di molti anni fa, poco dopo l'arrivo di Matt all'orfanotrofio, e nemmeno ne avevano parlato con lui ma con un ragazzo seduto al suo stesso tavolo in mensa, uno sfigatello vittima di ingiustizie con le lenti spesse e il sudore imperlato sulla fronte; il rosso, che allora mangiava svogliato e con gli occhi fissi su Scrabby nel tentativo di finire il livello, aveva lasciato che il discorso, già portato avanti da loro con poco interesse, gli scivolasse addosso fino al dimenticatoio.

Tuttavia, adesso quelle informazioni gli erano tornate con l'immediatezza di un flashback, e se ne ricordava come fosse stato il giorno precedente.

Giunto alla rampa di scale, quasi saltò verso il suo obiettivo, e dopo pochi metri giunse all'agognato terrazzo. Aperta la pesante porta a vetri e investito dalla piacevole brezza, si dovette riprendere un secondo dallo sforzo, le mani puntellate sulle ginocchia mentre ansimava forte, sudato:

-Cazzo, mi sa proprio che devo smettere di fumare...- concluse fra sé e sé mentre si reggeva la milza dolorante, adducendo a quella pessima abitudine l'avere una resistenza da cinquantenne incallito alla sua giovane età.

Avanzando di qualche passo verso destra, la vide: era nascosta dal fatto che la pavimentazione era resa uguale per tutta l'area, ma Matt sapeva per certo che avrebbe riconosciuto la botola perchè, tempo prima, lui e Mello vi avevano incastrato una monetina con la speranza, fra le risate, di essere ricordati più di Near.

Con quella infilata verticalmente nella fessura si sarebbero accorti se qualcuno avesse tentato di entrarvi facendola così cadere (tantopiù che il biondo era ossessionato dall'idea che lo gnomo bianco avesse potuto porre qualche suo merito lì), ma se ne erano presto dimenticati con l'età.

Il rosso continuò a guardarsi intorno e, perplesso, si avvicinò maggiormente al muro, dove si ricordava che fosse l'entrata segreta: della monetina non vi era traccia, né lì né altrove.

Matt deglutì di riflesso mentre il cuore prendeva a martellargli furioso nel petto; camminava a tentoni, tentando di scalzare quelle mattonelle con le unghie fino a trovare quella giusta.

L'assenza della moneta poteva solo significare una cosa, considerando che Beyond era arrivato fino all'orfanotrofio pur di portare Near via con sé: che lui era entrato nella botola quel giorno!

Certo, la colpa sarebbe anche potuta essere di qualche altro studente, ma il terrazzo non era un luogo molto visitato e la cosa appariva a Matt assai poco probabile.

Riuscito finalmente, dopo aver anche perso un po' di sangue sotto le unghie, a scalzare la pietra giusta, non riuscì ad esultare quando sollevò il macigno rivelando, grazie alla luce mattutina, la fossa che andava dal buio più totale a delle pareti terrose con fili stopposi di erbacce che ne fuoriuscivano.

Sospirò piano, la paura ancora più presente nel suo cervello: era il momento di scoprire se Beyond era entrato lì dentro, e non solo.

Il vero scopo era avere più informazioni possibili su di lui, e Matt sapeva per certo che le avrebbe trovate, anche se si fosse trattato solo un piccolo indizio.

Un ragazzo così folle non passa di certo inosservato!

Inspirando teso e cercando di capire bene dove andava a mettere le mani poggiò il piede sulla ripida e breve scala, apprestandosi a scendere nonostante l'oscurità: ad ogni passo un nuovo timore riaffiorava nella mente, ad ogni appiglio delle dita su quello sporco terriccio un nuovo respiro inquieto prendeva forma dalle sue narici.

Giunto a destinazione, sbattè fra loro i palmi per scacciare la terra, osservando rapido quella cantina ed individuando l'interruttore: una squallida lampadina incassata nelle crepe della parete accese l'ambiente, composto da un'unica stanza abbastanza ampia, mura in intonaco scrostato che lasciavano vedere perfettamente fili scoperti della corrente e parquet in legno, graffiato in più punti.

Matt c'era stato molti anni prima con Mello ma non ricordava, nonostante il disordine, che la stanza fosse così piena di ritagli di giornale, fotografie esposte sulle pareti e scatoloni abbandonati casualmente in un angolo: sicuramente era perchè altri studenti e novità erano arrivati, riempiendo con altri ricordi l'ambiente.

Della monetina, in ogni caso, nessuna traccia.

Si avvicinò maggiormente e con cautela, facendo scorrere le sue iridi verdi su quegli oggetti: in molti ritagli appariva il nome di Watari, il protettore di Elle, fondatore dell'orfanotrofio, senza tuttavia mostrarne mai una foto: ovviamente le identità sua e del detective dovevano rimanere segrete, dato che non era poi così difficile risalire a quello scantinato e, soprattutto, entrarci.

Continuò, permettendo che gli passassero davanti agli occhi fotografie di tornei alla Wammy's, riconoscimenti intellettuali, dediche di alcuni alunni e ricordi personali come una federa, un libro di testo oppure un buffo peluche.

Sbuffò piano per la delusione mentre si apprestava a raggiungere gli scatoloni a terra, inginocchiandosi: appena ne aprì uno, uno spesso strato di polvere si sollevò dal cartone, facendolo starnutire sotto varie imprecazioni. Ficcata dentro una mano, gettò all'aria vecchi stracci, altre fotografie di eventi scolastici e quaderni scarabocchiati, fino a quando non esaurì il contenuto.

Quasi ringhiò, frustato: -Come cazzo è possibile?!- l'aria gli uscì in un soffio dalle labbra pallide, mentre il suo viso si deturpava in una smorfia rabbiosa: eppure qualcosa doveva pur esserci! Qualsiasi cosa... Beyond non poteva essere... un fantasma, una loro invenzione...

Gettò all'aria lo scatolone e fece per alzarsi in piedi e andarsene a fumare in pace, quando un rumore alquanto sordo gli fece inarcare un sopracciglio: perchè quel rumore se la scatola era stata svuotata?

Si voltò piano: lo scatolone giaceva rovesciato verso il basso, sconfitto.

Si avvicinò ancora, sollevandolo con dita tremanti: quasi si strozzò con la sua stessa saliva quando, alzato di poco lo strato cartaceo, vide una copertina spessa a sbiadita fare capolino.

Osservò curioso l'interno della scatola vuota, notando una lastra dello stesso materiale posta ormai obliquamente: la sfilò, e il fondo era ancora lì.

-Un doppio fondo...- sibilò Matt, quasi ridacchiando per la sopresa: -Geniale, porca puttana... se non l'avessi lanciata via nemmeno me ne sarei accorto..!-

Tornò subito con l'attenzione a quel fascicolo, e teso lo sfiorò con le dita, cacciando via un po' di polvere: -Annuario scolastico 1985...- lesse a voce bassa, alzando la copertina e rivelando dei fascicoli dall'elegante calligrafia, con sua grande sorpresa.

-...il nostro istituto è lieto di annunciare che lo studente numero 00987, Rue Ryuzaki, è stato convocato dalla CIA per entrare a far parte del corpo delle autorità.- mormorò, scorrendo sulle righe, alzando un sopracciglio: chi diamine era Rue Ryuzaki?

-...studente numero 00987 richiamato in Francia dal presidente per il caso sulla...-

-Numero 00987 riceve apprezzamenti per gli splendidi risultati conseguiti in seguito al test di fine anno...-

Ovunque! Quel tale era dappertutto, il suo nome, anzi per meglio dire codice, occupava almeno tre pagine in quell'annuario, interrotto solo a stento da qualche fotografia dell'istituto inserita quasi forzatamente.

Con la mente affollata dall'interrogativo di chi fosse questo Ryuzaki, Matt continuò a girare le pagine distrattamente, fino ad arrivare ad una che per poco gli mozzò il respiro.

Finalmente, eccole.

Iniziavano le foto che rappresentavano gli alunni di ogni classe.

Matt, da un po' ormai in quell'istituto, sapeva che gli studenti della Wammy's venivano divisi per classi non secondo età bensì secondo capacità e QI... questo infatti spiegava come mai Near, più piccolo di almeno due anni di lui e Mello, si trovasse nella loro stessa sezione.

Ora, appurato questo e sapendo da Elle che Beyond faceva lezione con lui, avrebbe solo dovuto trovare la loro foto di classe e studiarne i volti: come previsto, era esattamente l'ultima nella lista, dopo un'infinità di altre fotografie... evidentemente l'ordine in cui erano poste non era casuale come Matt all'inizio credeva, ma andavano in ordine crescente di intelligenza e abilità.

Con il cuore palpitante, studiò quella foto in bianco e nero, un po' macchiata dall'umido ma comunque visibile: era stata fatta nel cortile della scuola, e alcuni studenti erano seduti sulle panchine, altri a terra e molti in piedi, ma tutti o quasi sorridevano anche goffamente, i maglioncini ordinati in bella vista.

La foto era rilegata di bianco, e sottostante vi erano i nomi degli studenti senza riferimenti riguardo l'ordine o numerici.

Matt avrebbe dovuto aspettarselo, pensò mentre sfilava dalla plastica l'oggetto, la sicurezza anzitutto.

Un nodo gli si bloccò in gola quando, scorrendovi sopra con le dita e perdendosi in quegli innumerevoli volti e nomi, notò che una delle facce era stata cancellata con forza, quasi bucata.

Un rantolo gli uscì di getto dalle labbra mentre si fiondava più vicino per osservare quella stranezza: Beyond era giunto fino a lì, impossibile negarlo a quel punto!

La domanda era: era davvero suo quel volto eliminato, quella purezza improvvisa di un bianco sospetto, oppure di Elle?

Cercando maggiormente, lesse non con poca gioia il nome di Beyond Birthday fra gli altri e, sorpreso, trovò anche quello del famoso Rue Ryuzaki.

-Ma non è che...- sussurrò preso da un'idea improvvisa, andando a analizzare di nuovo quei volti: no, non c'erano dubbi anche se non vi erano altri colori a confermare, i capelli erano più corti e meno scompigliati, il viso più paffuto e meno lineare ma quello era sicuramente Elle da bambino!

-Il nome di Beyond Birthday c'è... a questo punto devo per forza pensare che Ryuzaki sia un altro modo per indicare Elle: con tutti quei riconoscimenti avuti è impossibile che sia qualcun altro!-

Dopotutto il nome di Elle era certamente in codice nell'ambito delle indagini, era pressocchè ovvio che si fosse chiamato in altri modi nella sua vita precedente.

E così, era quello di Beyond il volto eliminato, e Matt dovette ammettere sconsolato che di certo non poteva essere il suo vero nome!

Così, riflettè seccato mentre infilava nella maglietta la foto ed usciva da lì, si ritrovava al punto di partenza: di lui non conosceva né il volto effettivo (anche se Elle gli aveva detto che era praticamente identico a lui di aspetto) né il nome.

Però aveva altri nomi di altri studenti, e sicuramente quella poteva essere una pista vasta, si, ma necessaria da seguire e che sicuramente lo avrebbe portato a qualcosa, magari anche a ritrovare Mello.

Dopotutto, non aveva idea di quale pista aveva intuito il biondo.

Sorrise trionfante, la sacca stretta fra le mani mentre una debola pioggia ricopriva l'afa di Londra, nei piedi rapidi e precisi la consapevolezza che non si sarebbe fermato fino a quando non avesse trovato qualcosa di concreto.

A qualunque costo.

 

 

 

Elle, un palmo della mano appoggiato al vetro, osservava atono la figura di Matt attraversare i pesanti cancelli della Wammy's, mentre piccole gocce di pioggia si increspavano davanti ai suoi occhi bui.

Aveva abbandonato i timori molti anni prima, eppure quando si trattava di Beyond non smetteva mai di tremare come un bambino; adesso che Matt e Mello non erano più sotto il suo controllo, cosa avrebbero fatto? Di certo, non poteva dire di non essere rimasto enormemente stupito per le loro mosse, più che altro da parte di Mello, dal quale tutto si aspettava fuorchè che non avrebbe ascoltato le sue direttive, avendo notato come lo ammirasse.

Le probabilità che avessero di farcela... non sapeva a quanto ammontassero, forse erano poche, forse più di quanto immaginasse.

Per la prima volta si sentiva impotente, e non poteva fare altro che agire nel suo piccolo e aspettare.

Aspettare, si, non sapeva nemmeno lui cosa.

Ebbe appena il tempo di staccarsi con un breve sospiro dalla finestra, che un rumore sordo lo sorprese, facendolo voltare.

Il suo cuore smise di battere per una frazione di secondo, per poi ricominciare a mille battiti al secondo: completamente pietrificato, avvertiva una sensazione leggera dentro, e allo stesso tempo pesante come piombo mentre avvolgeva con le pupille quella figura apparsa con forza dalla porta spalancata.

-Light...- ebbe la forza di mormorare, la gola secca, mentre il bruno lo osservava a pochi metri da lui con quelle iridi dal caldo colore, il respiro affannato per la corsa e il lungo viaggio:

-...Elle.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice

 

PRR:

 

EmmaStarr: La tua recensione mi ha emozionata, non solo perchè ti sento per la prima

volta in questa mia storia (e per questo spero di risentirti anche da adesso in poi) ma

soprattutto perchè mi hai fatto i complimenti su una cosa che per me è una delle

priorità in questa storia: rendere IC i personaggi, e sono strafelice che almeno per ora

io ci stia riuscendo! *-*

 

Kleveland: Klev mai nessuno come te sa far piangere una ragazza! >.<'' Ma come, hai davvero

(davvero?) chiesto di inserire la mia storia fra le scelte? Sono rimasta boccheggiante

per mezz'ora! Non so se ascolteranno la richiesta (da quello che so è difficile, inoltre

ne ascoltano una solo se è lunga e dettagliata sul perchè e bla bla...) ma non ho parole

per descrivere la mia gratitudine! Non mi è mai capitato e mi sembra assurdo che

accada proprio con Death Note! Ti voglio bene :'')

 

RainXSmile: Grazie mille! Sono strafelice che ti stia appassionando e spero continuerai a leggere e

recensirmi :) Così come ad Emma (qui sopra) ti dico che l'IC è uno dei migliori

complimenti che mi si possa fare in questa storia! Spero continui a tenerti col fiato

sospeso!

 

Voglio farvi delle semi scuse per questo capitolo, che per me, anche se ci sono comunque delle cose che accadono, è un momento di transizione per sottolineare alcuni aspetti importanti! In ogni caso il titolo del capitolo è ispirato alla canzone dei Poets of the Fall, per indicare appunto per "carnevale di ruggine" dei momenti di gioia immobilizzati nel tempo, l'infanzia ormai lontana dei piccoli della Wammy's, Matt, Mello e Near.

Vi chiedo scusa anche perchè non so come sia uscito, ma spero bene e spero di ricevere sempre più recensioni perchè mi spingono a continuare e a pensare emozionandomi :)

Detto questo, buon inizio settimana a tutti e grazie del sostengo, spero di sentirvi numerosi!

Hasta la vista,

 

 

* [Non mi intendo di pistole, ma le parti per descrivere la scoperta di Mello le ho trovate a questo link: http://airgunz.altervista.org/CatalogoNazionale/Umarex_manuale_01.gif ]

 

 

 

 

 

-FM.

 

 

 

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Capitolo 6
*** Broken glasses ***


 

 

 

 

 

L'uomo spense finalmente le luci del suo ufficio, ascoltando il rumore picchiettante della pioggia sugli spessi vetri; il passo cadenzato e leggermente stanco, attraversò il lungo corridoio già buio da qualche ora prima di riuscire ad entrare nelle sue stanze, chiudendo cauto la porta.

Le dita tremanti afferrarono il cellulare, adagiato con noncuranza sulla scrivania poco tempo prima:

-Matt è uscito poche ore fa.- setenziò in un mormorio una volta avvicinatolo all'orecchio, e una voce cantilenante da dietro l'apparecchiatura lo fece deglutire: -Elle ne è informato?-

-Si... ha contattato un'agente, Halle Lidner, per seguirlo.-

-Meraviglioso. I tuoi studenti sono davvero uno spasso, sai?-

-B-Beyond...- sussurrò con la voce spezzata l'uomo, tentando di rallentare i battiti inquieti del suo cuore, invano: -Sto facendo tutto... tutto quello che mi hai detto. Mello e Matt sono fuori di qui, alla tua piena esposizione: adesso ti prego, lascia me e i miei studenti alla Wammy's in pace.-

Secondi interminabili di silenzio aleggiarono nell'atmosfera dopo quella preghiera, un rivolo di sudore freddo scivolò pietoso sulla fronte scavata del direttore mentre Beyond Birthday, avvolto nel buio del suo covo, permetteva ad un sorriso di occupare il suo volto scarno:

-Confido che continuerai a tenermi informato, Roger.-

La linea fu interrotta all'improvviso e l'uomo, immerso nella disperazione mentre faceva scivolare nella tasca il cellulare con un gesto morbido, si portò le mani al volto per reprimere un singhiozzo allucinato.

 

 

 

 

 

[Due anni dopo]

 

-Te lo ripeto un'ultima volta, hai mai visto quest'uomo?-

La voce profonda anche se giovane riecheggiava nel sottoscala, nessun passo ad indicarne la direzione: la benda scura venne sfilata con forza dagli occhi dell'uomo, i suoi capelli tirati con forza all'indietro mentre deglutiva terrorizzato, le labbra secche e un pallore mortuario sulla pelle:

-N-no, lo giuro..! Non so nemmeno di cosa diamine state parlando!-

-Brutte guardie del cazzo...- sussurrò sprezzante la figura davanti a lui riferendosi a chi gli aveva suggerito di catturarlo, il rumore insistente della carta stagnola che veniva scartata che impediva al prigioniero di ragionare, di fare qualsiasi altra cosa che non fosse guardare gli occhi del suo rapitore, così freddi e disprezzanti.

Un rumore secco intercorse fra le mani guantate di nero e i denti di colore opposto mentre la tinta bruna prendeva possesso della sua lingua: -Portatelo via. Non so cosa farmene, di uno come lui.-

Quando le fredde canne della pistola premettero su diversi lati della gola dell'uomo, un urlo soffocato uscì dalle sue labbra con veemenza, prima che fosse represso con furia.

La figura, coperta sulla lunghezza delle spalle da una scura pelliccia, uscì con un ghigno seccato sul volto:

-Mello.- lo richiamò Rodd Los, il capo esecutivo dell'organizzazione, una volta in cima alle scale: -Ammetto di non essermi pentito quando ho deciso due anni fa di lasciarti il comando di queste operazioni, ma si può sapere cosa ti prende? Lasciare a piede libero un ostaggio ti sembra una mossa degna della LSK?-

-Rifletti, Rodd.- commentò il ragazzo, scostandosi di poco col volto per osservare l'uomo di sottecchi; vide la sua sicurezza scemare non appena gli occhi cerulei avevano incontrato i suoi:

-È un volto noto nell'economia americana e potrebbe essere rischioso non liberarlo, cadremmo subito nel mirino dell'attenzione. Inoltre, potremo tenere d'occhio altri suoi movimenti sospetti, e non credo comunque che sia così stupido da andare a raccontare tutto quando ha rischiato seriamente di morire.-

-Meglio per te e per noi che tu abbia ragione, Mello.- strinse i pugni lungo i fianchi, le dita grassocce e ingioiellate in bella vista, frutto di anni passati a sguazzare nell'oro della criminalità.

Il ragazzo non rispose, uscendo dall'edificio.

I suoi abiti stonavano con il cielo spento eppure non ancora scuro mentre percorreva la strada con estrema calma eppure turbamento: la sua fronte sembrava ormai essersi abituata a non distendere la pelle, manifestando sempre e comunque un aspetto cinico e inquieto.

Ascoltò le macchine scorrere rumorosamente a pochi centimetri dal marciapiede, i suoi stivali che cantilenavano schiacciando il suolo senza pietà al suo passaggio.

Quell'uomo era stato una perdita di tempo, così come gli ultimi tre ostaggi, non potè fare a meno di pensare, furibondo.

Più andava avanti con le intercettazioni e con le piste, più avvertiva la pressante sensazione di starsi perdendo qualche passaggio, qualche appiglio.

Erano passati ormai due anni da quando aveva lasciato la Wammy's House e Londra per trasferirsi a Los Angeles, con l'unica pista del codice della pistola che B gli aveva volutamente lasciato; dapprima era invaso dall'entusiasmo per quella nuova sfida, mentre adesso si sentiva vuoto e consumato, logoro dall'interno, come se tutti i rimorsi che non aveva provato durante la fuga stessero riemergendo tutti assieme.

-Merda...- mormorò a denti stretti, captando senza volerlo l'attenzione di un passante: il primo nome che era riuscito a trovare grazie al codice era quello di un certo Sam Smith, residente a Los Angeles da circa dieci anni, professore universitario.

Lo aveva aspettato al termine di una lezione, e i suoi occhi chiari erano stati attraversati da un lampo di gioia quando aveva notato l'uomo impallidire, l'espressione chiarificatrice di colui che aspettava quella visita da un pezzo.

Quasi non l'aveva fatto fuori dalla frustrazione quando aveva scoperto che il suo terrore era dato dai debiti che aveva da qualche mese a quella parte con gli strozzini.

Il secondo si trovava appena fuori città, Jim Peck, pezzo grosso della malavita, un dente d'oro e una cicatrice che gli attraversava metà guancia.

Pensava che Mello fosse uno stupido ragazzino, una semplice spia della famosa LSK, lo aveva annunciato ridendo.

Riso che morì sulle sue labbra in un gemito strozzato quando aveva incontrato gli occhi bui e profondi della canna della pistola.

Nonostante tutto, non era riuscito a dargli alcun aiuto concreto: Beyond era un nome di cui tutti o quasi sapevano, ma su cui nessuno osava indagare.

Quando Mello era entrato nell'LSK, non pensava di dover aspettare tanto per estorcere qualche informazione: meglio indagare direttamente sul campo della criminalità di un esponente di questi, pensava.

Sbagliato.

Con la cattura del terzo uomo, Paul Carter, banchiere, a vuoto e liberato poco prima, aveva compreso che la politica o l'economia, così come la malavita, doveva c'entrare ben poco con i piani di Beyond.

Staccò furente un quadretto di cioccolata con i denti, chiedendosi dove avesse sbagliato.

 

 

 

 

-Ma chi ti ha dato la patente, screanzato!-

Ignorando deliberatamente l'insulto dell'anziana donna, le dita guantate di nero premettero sull'acceleratore, il volante girato senza attenzione.

Canticchiò senza particolari inflessioni nella voce, la vernice rossa della sua decapottabile in pandan con il semaforo rosso che aveva appena superato senza alcun riguardo;

-Ma porca puttana..!- sussurrò sconsolato, la fronte aggrottata quando vide il posto di blocco a poca distanza, i poliziotti fargli cenno di fermarsi.

Inspirando un'ultima boccata alla sigaretta, il ragazzo la staccò dalle labbra per lanciarla sull'asfalto, schiacciandola con lo stivale quando scese.

-Ti hanno insegnato che non si attraversa col rosso?-

-Vede, agente...- sorrise provocatorio il maggiorenne, osservando perplesso la pancia che si allargava sotto la divisa: non avrebbe fatto meglio ad andare un po' in palestra invece di scribacchiare multe?

-Il fatto è che con questi capelli... io vedo sempre rosso, mi capisce?- si indicò la scomposta frangia sulla fronte che copriva a sprazzi gli occhi coperti, articolando per bene ogni parola come se stesse trattando con un moccioso. Indignato, l'autorità fece una smorfia e, rosso come lui, si, ma di rabbia, stava per prendere seri provvedimenti contro quello sbruffone quando una voce alle sue spalle fermò ogni sua azione:

-Agente Wayne, agente Wayne... non badi a Matt, a lui piace molto scherzare..!- l'agente che lo spalleggiava apparse al fianco del collega, sorridendogli conciliatore, facendo solo sollevare un sopracciglio perplesso al rosso: -Ma io non stavo scher...-

-MATT!-

Heizo Goto, stempiato, sulla cinquantina, fissò il ragazzo appena difeso con un sorriso isterico, minacciandolo di ucciderlo con uno sguardo allucinato.

Da quando Matt si era stabilito in Giappone, nonostante negasse tutto, l'uomo si era affezionato a lui e, a modo suo e con molti insulti per i guai che quel delinquente gli faceva passare, lo vedeva un po' come suo figlio.

Con parecchi borbottii infastiditi il tale Wayne si fece da parte, lasciando che il collega si avvicinasse al quasi-multato e gli sequestrasse il pacchetto di sigarette, sussurrandogli stizzito nell'orecchio:

-Matt, questa è l'ultima volta che ti aiuto, sappilo..!-

-Tanto dici sempre così, Goto...- rispose lui con un ghigno soddisfatto, sfilando una sigaretta nascosta nella tasca per portarsela alle labbra: -Ora và, e prega che non ti incontri ancora a guidare così!-

Con un cenno amichevole del capo, il rosso fece dietrofront per raggiungere la Camaro rosso chiaro, salvo poi fermarsi di botto e tornare dai due in pochi centimetri, concentrandosi su quel tipo scorbutico:

-È stato un piacere, signor Wayne.-

L'uomo rimase leggermente attonito e, mentre titubante avvicinava la mano a quella tesa del ragazzo, si stupì nel ricevere un biglietto da visita;

-Questa è la palestra dove sono iscritto da un po', è un ambiente... tonificante. Le consiglio caldamente di passarci ogni tanto.-

Una volta salito sull'auto e messo in moto, ignorando le espressioni omicide e/o sconvolte, sorrise nello specchietto retrovisore mentre, da lontano, vedeva l'agente livido di rabbia cantargliene di tutti i colori.

 

Attraversata l'entrata del palazzo, si recò per le strette scale, l'odore di chiuso ovunque sulle pareti scrostate, il frignare di un neonato che interrompeva l'amaro silenzio non faceva altro che ricordare a Matt che in quell'appartamento ci sarebbe entrato lui da solo, si sarebbe stravaccato sul divano da solo così come da solo avrebbe consumato la cena del take away.

Il sorriso sempre bonario ormai era sparito da un pezzo sul suo volto per fare posto ad una malinconia che gli stritolava il cuore ogni giorno di più: pensava che sarebbe andato avanti, che... l'avrebbe dimenticato almeno un po', prima o poi.

-Ma tu non ti fai dimenticare, non è vero..?- sussurrò, più a sé stesso, con il sorriso tipico di chi accetta la propria sorte con le mani alzate, in resa.

Ed eccolo lì, il volto scazzato di Mello, appena più sotto il suo cervello, appena più a destra del cuore, proprio lì dove faceva più male, al centro del petto, al centro di tutto... ed ecco che il divano gli sembrava improvvisamente troppo scomodo, e le lattine di soda vuote che giacevano da settimane sul pavimento senza che venissero raccolte non facevano altro che aumentare in lui la nausea per quella vita di merda che conduceva da quando lui se n'era andato.

Avrebbe tanto voluto prendersi a pugni, giusto per sentirsi appagato da qualche sensazione e punito come meritava per le stronzate che faceva: quale pazzo scapperebbe da una casa e da una vita sicura per inseguire una persona che avrebbe avuto la speranza di rincontrare solo con l'1% di possibilità?

Bhe... lui, ad esempio.

Le possibilità che lui potesse catturare Beyond Birthday erano dell'1%.

Le possibilità di non morire erano dell'1%.

Le possibilità che Mello potesse corrispondere i suoi sentimenti erano dello 0,5%.

Quelle di ritrovarlo, dell'1%.

La verità era che quell'1%, che zero non era, era quello per cui lottava da anni.

La verità, la dura verità, era che se rischiava la pelle per quelle stronzate era perchè queste, stronzate non lo erano... perchè la vita senza Mello non era vita.

E Matt avrebbe dato tutto sé stesso, il suo sangue e il suo cuore e il suo coraggio per quella misera percentuale che lo spingeva a superare ogni nuova alba con un minimo barlume di ottimismo.

Il cuore che batteva forte nella cassa toracica per aver rivissuto quei ricordi, accese il computer sul tavolino dinanzi a sé, pronto e carico per rimettersi a lavoro: doveva farlo, doveva trovare Beyond per sé stesso, per Mello e per...

S'irrigidì in un istante sulla pelle del divano, pietrificato mentre smetteva di respirare per la sensibile percezione che aveva appena avvertito: e quello cos'era? Un... respiro?, a poca distanza da lui, proveniva da dietro le sue spalle!

Chi, quando e soprattutto perchè era entrato qualcuno in casa sua?!

Cercando di non dare troppo nell'occhio, si portò con nonchalance la mano al mento, carezzandosi la guancia pensieroso mentre con l'altra mano continuava a pigiare sulla tastiera... non avvertiva movimenti, ma sapeva che mancava poco, davvero poco...

Clack.

-Mani in alto, ragazzino.-

Matt sorrise a quella sfida, e in un pochi attimi era tutto finito.

Il corpo ruotato con veemenza verso destra, una mano era andata a colpire quella con la pistola, facendola cadere metri più avanti, mentre con l'altra si faceva scudo dal suo attacco di arti marziali, tipico degli agenti segreti; nel mentre di un calcio in pieno stomaco, Matt ne approfittò e strinse le gambe attorno ai glutei dell'assalitore, portandolo con sé nella sua caduta all'indietro sul sedile del divano. Avvertiva i respiri furibondi dell'altro mentre tentava di sollevare le caviglie e darsi la spinta da dietro per saltare in avanti, ma era tutto inutile: Matt si ancorò ai suoi polsi, e quando l'agente riuscì a scivolare, con un inarcamento di schiena all'indentro, a terra, non potè evitare di trovarselo seduto sopra al suo bacino, con in mano la sua arma che aveva tentato in modo fallaceo di recuperare in tempo.

Il tempo di realizzare la situazione, e avvertì il freddo della canna scura sulla sua fronte:

-Per essere una donna sei davvero in gamba...- commentò Matt a corto di fiato, una mano che stringeva con forza la pistola e l'altra che premeva sul pavimento gelato per reggersi in equilibrio.

Halle Lidner strinse le labbra scure per il rossetto con odio, avvertendo il graffio sulla guancia procurato qualche istante prima iniziare a bruciare.

Matt la studiò con attenzione per qualche istante, percorrendo con lo sguardo il viso regolare contornato da capelli biondi lunghi fino a dopo le spalle: non c'era nessun dubbio sul fatto che fosse un'agente, era vestita con troppa professionalità ed eleganza, l'aspetto sofisticato e curato in ogni minimo particolare; senza ombra di dubbio doveva avere molto successo nel lavoro.

Comprese quasi subito, non riuscendone a collegare l'identità, che non doveva averla mai vista, e di questo ne era più che sicuro: da quando se n'era andato dalla Wammy's aveva sviluppato un forte senso del pericolo, e una forte sensibilità verso ogni particolare.

Quindi, chi era quella donna, e perchè voleva farlo fuori?

-Allora...- riprese il rosso, non muovendosi di un millimetro; il busto era sollevato sopra il suo corpo steso, e la donna poteva avvertire il forte odore di nicotina: -...che ci fai in casa mia?-

L'agente sembrò cogliere la palla al balzo: -Non riesco a parlare se mi sei seduto sopra lo stomaco. Capisco che ti eccita l'dea di starmi sopra, ma potresti levarti? Inizi a pesarmi...-

Matt ridacchiò, scuotendo la testa divertito: -Ti stupiresti di quanto tu non mi attragga minimamente. Anche io sto abbastanza scomodo, quindi facciamo un patto: tu mi dici chi sei e cosa vuoi da me, e io mi alzo e non ti conficco un proiettile in testa.-

Halle roteò annoiata le iridi nocciola, realizzando che effettivamente non aveva scelta: e poi, Matt era magro si, ma le pesava davvero.

-Sono Halle Lidner, agente dell'FBI, e non sono tua nemica.-

-Buono a sapersi!- commentò allegro, abbassando l'arma: -Allora perchè mai stavi per attaccarmi alle spalle?- dinanzi al suo tono beffardo, la donna decise di approcciare in modo più diretto.

-La parola 'Mello' ti dice qualcosa?-

Nonostante il ragazzo ne avesse passate tante, e tutte insieme, nessuna esperienza positiva o negativa potè competere con la sensazione che lo assalì nel preciso istante in cui Lidner nominò l'amico perduto. Il cuore gli sembrò strappato a forza dal petto, e trasportato negli abissi del suo corpo da erbacce piene di spine e forse più giù, anche se poteva avvertirne ancora i battiti sovraccelerati.

Dimenticandosi anche di avere a che fare con una femmina, allungò le mani fino a reggerla per il colletto e unire le iridi ancora più smeraldo per la furia con quelle di lei, attraversate da un lampo di stupore:

-Cosa gli hai fatto?- sibilò fuori di sé, le vene pulsanti e le mani tremanti e talmente strette su di lei da sembrare livide; Halle non si scompose, dopo averlo osservato per qualche istante: -Matt, noi due abbiamo lo stesso obiettivo. È Elle in persona che mi ha chiesto di seguirti, per accertarmi che tu non finisca nei guai. Io non so dove Mello si trovi, come te dopotutto.-

Il rosso sembrò apparentemente darsi una calmata, rilasciando di getto la presa fino a sollevarsi in piedi, lo sguardo ancora diffidente. Halle si rialzò senza fatica subito dopo, fronteggiandolo a qualche centimetro di distanza: -Non volevo ucciderti, ma solo provocarti uno svenimento, in modo da poter leggere le informazioni sulle tue ricerche dal computer e riferirle ad Elle.-

Ficcò la mano nella tasca grigia della giacca, osservando per un attimo il flaconcino prima di lanciarglielo, facendoglielo afferrare con pronti riflessi: -Puoi tenertelo se vuoi, a me non serve più.-

Matt, una volta intuito che ci doveva essere cloroformio e non qualche altra sostanza sospetta, sollevò nuovamente lo sguardo su quella donna sconosciuta: -Come faccio a crederti? Se è vero quello che dici, perchè non mi avresti semplicemente cercato di avvicinare?-

Halle sorrise divertita, le braccia conserte di fronte a quel ragazzo più adulto che adolescente, ma che ancora sembrava un bambino per certi atteggiamenti: -Dubito fortemente che tu avresti accettato l'aiuto di qualcun altro, dico bene Matt?-

Effettivamente, non aveva tutti i torti: in quella faccenda, il rosso non desiderava terze persone che si immischiassero ma non per orgoglio come Mello, bensì semplicemente perchè era una vicenda pericolosa e non voleva assoultamente che qualcuno oltre a lui si ferisse, o peggio.

-D'accordo, ti credo.- stabilì dopo una lunga pausa di silenzio, anche se gli infastidiva enormemente l'essere controllato in ogni sua mossa da Elle. Il detective era davvero così preoccupato per la sua incolumità o c'era qualcosa di meno umano dietro tutto quello?

-Ne sono felice. Ora, mi piacerebbe sapere come stai agendo per trovare B, in modo da poterti aiutare.-

-Beyond è famoso per i messaggi che nasconde dietro gli omicidi: io mi sto tenendo informato sugli assassinii... particolari di questi ultimi anni.-

-E non fai nulla nel frattempo?- lo schernì quasi lei, facendolo sbuffare seccato: -Certo che no, sarò anche pigro e nerd, ma sono tutto tranne che stupido, sai?- si sedette sul divano, invitandola ad imitarlo mentre risvegliava lo schermo assopito del computer, aprendo una cartella che conteneva una foto zoomata e resa meno oscurata:

-All'orfanotrofio ho trovato questa: è una foto di fine anno della classe del 1985, ergo, quella di Elle. Lì si trova anche il volto di Beyond, tuttavia non è quello che mi interessa, dato che a quanto sappiamo ha lo stesso aspetto del detective; mi interessa cercare in Giappone tutti quelli che hanno avuto contatti con lui, ovvero questi altri alunni, ed estorcere loro qualche informazione.-

-Hai mai pensato che nel tuo istituto vengono assegnati nomi falsi per questioni di sicurezza?- infierì Halle, facendolo sorridere soddisfatto: -Certo che ci ho pensato, ma non è un problema- si allungò verso il lato posteriore del computer, premendo un tastino e aprendo una schermata scura:

-Ho hackerato il sistema di sicurezza dello Stato Giapponese, e avendo superato le password all'anagrafe ho accesso a tutti i suoi dati: posso scannerizzare i volti con la mia webcam ed avere risposte immediate quando più ne necessito.-

-Quindi quando il computer riconosce il volto subito ti localizza la parte della lista dei nomi interessata?- domandò Halle palesemente sorpresa, mentre Matt annuiva in risposta e le mostrava direttamente il funzionamento dell'impostazione.

-Davvero sorprendente...- Matt sorrise: -Grazie. Anche io ho le mie risorse, come vedi.-

Dinanzi alla frecciatina, passò avanti: -Tuttavia, penso che fra questi siano pochissimi gli ancora residenti in Giappone... sbaglio?-

-Purtroppo no.- sbuffò il rosso, indicando mano a mano con le dita guantate i volti che gli interessava vedere: -Ma, cara Lidner, non sono qui in Giappone per caso: mai sentito parlare di Naomi Misora?-

-L'ex agente FBI che ha risolto il caso del serial killer di Los Angeles?-

-Proprio lei. Si dice che sia l'unica ad essere entrata in contatto con Beyond direttamente, avendolo anche arrestato, e il mio scopo è trovarla e farle un po' di domande.-

-Ma scusa, se hai la pista di questa donna da seguire, perchè non vai subito al sodo e cerchi informazioni su di lei invece che sugli ex alunni della Wammy's?-

Matt spense il computer e scollegò i cavi, cercando un accendino nelle tasche strette: -Dimentichi un paio di cose, Lidner: il caso del serial killer di Los Angeles risale a più di otto anni fa, Naomi potrebbe essere ovunque ed è più probabile che ne sappiano qualcosa i suoi familiari che persone che hanno lavorato con lei in passato; ovviamente, non posso essere sicuro che anche essi si trovino in Giappone, ma è pur sempre una pista da cui iniziare. Inoltre, Naomi aveva stretti contatti con Elle, e così come li aveva con lui, potrebbe averli avuti anche con i suoi compagni di... classe. Tra geni ci si aiuta conoscendo la reciproca identità, suppongo.-

Effettivamente, il ragionamento di Matt non è che facesse acqua da tutte le parti, era abbastanza sensato... a tratti confuso, ma sensato, pensò l'agente mentre studiava concentrata le labbra del rosso ora illuminate dalla vicinanza della fiamma dell'accendino.

Una nuvola di fumo tossico pervase l'aria, conferendole un aspetto sovrannaturale, mentre la donna bionda abbassava di poco il capo, riflettendo su cosa riferire ad Elle.

Dopotutto, vi era tempo per comprendere.

 

 

 

 

 

 

Elle ricordava bene il giorno in cui Light era tornato all'improvviso, quella sensazione a metà tra confortante e spiacevole di fronte alla consapevolezza di un'aria satura di pensieri, cose da dire e da fare.

Aveva chiesto a Roger di portare loro del the, freddo e impassibile, mentre il bruno faceva del suo meglio per assumere lo stesso atteggiamento: il detective ne rimase molto sorpreso, si aspettava che avesse in mente qualche scenata di rabbia o delusione repressa, che volesse... baciarlo.

Il pensiero, nonostante si sforzasse di non reagire in quel modo, gli aveva fatto stringere un nodo in gola e battere forte il cuore, irrimediabilmente.

Eppure, quello non era accaduto: Light sembrava tornato quello di un tempo, professionale e senza alcuna voglia di protestare per il troppo lavoro; voleva semplicemente aiutarlo con le indagini, come già aveva fatto, anche se in modo pressocchè ipocrita, durante il caso Kira, all'ex Quartier Generale.

-Penso sia il caso che uniamo le nostre menti: al di là di un... noi, sai bene che con la nostra intelligenza riusciremmo a risolvere qualunque caso, assieme.-

Elle, scosso da un brivido dinanzi a quell'uso del plurale, mantenne la sua espressione altera, studiando negli occhi scuri il suo interlocutore.

Erano di nuovo come un tempo: sfidanti, nemici o amici?, amanti?, un pericolo o la salvezza?... questo si chiedeva il moro, raggelato di fronte all'evidente tensione che aleggiava nella stanza, che aveva persino fatto comprendere a Roger che era il caso di uscire silenziosamente e lasciarli soli.

-D'accordo...- proferì infine Elle, facendo dietrofront per andare a posizionarsi dinanzi al vetro della finestra, il suo posto preferito ultimamente per sprofondare in scomodi pensieri: -...ma ho delle condizioni.- smorzò subito il sollievo interiore che Light aveva accumulato in un leggero sospiro, facendolo incupire un minimo, spaventato.

Le mani nelle tasche dell'elegante giacca, si avvicinò all'ex amante, talmente vicino che il suo respiro sfiorava la nuca del detective, scosso da un eccitante brivido: -Sentiamo...-

Raccolto il coraggio e la sfacciataggine che Elle aveva sempre avuto e per qualche istante dimenticato per cause di forza maggiore, si voltò deciso, incontrando quel volto perfetto, dai lineamenti come scolpiti nel marmo, a pochi centimetri dal suo.

Nero che incontra il castano, l'oblio della notte che abbraccia la crudezza della terra.

-Sincerità...- annunciò a bassa voce, come una ninna nanna: -...e professionalità.-

Si godette un po' gongolante lo stupore mal celato di Light che, leggermente stupito specialmente da quell'ultimo punto da rispettare, decise che forse sarebbe rimasto a guardare la sua pelle diafana ancora un altro poco:

-D'accordo. Cominciamo?-

 

Erano passati due anni da quell'incontro, ed Elle si stupiva ogni giorno di più di come quei sentimenti che provava per l'ex assassino non accennassero minimamente a diminuire: seduti sul divano a maneggiare scartoffie delle ultime novità, l'uno nella solita stramba posizione e l'altro che schiacciava aristocraticamente il cuscino, le gambe accavallate.

-Immagino che Lidner abbia già incontrato Matt, dico bene?-

-Esatto.- rispose secco il moro, afferrando un biscotto dal prezioso vassoio: osservò Light ghignare soddisfatto, era molto cresciuto e maturato in quegli anni, come se già non lo fosse abbastanza prima, facendogli apprezzare le sue piccole mosse quotidiane come lavarsi il viso la mattina presto e adeguarsi ai suoi orari insani, che gli avevano procurato delle leggere occhiaie e iridi stanche.

Elle incamerava tutti questi sacrifici che il bruno faceva per lui, tantopiù che era molto vanitoso, e di certo la presenza di quelle imperfezioni sul viso lo doveva infastidire parecchio: tuttavia, ai suoi occhi quelli non erano difetti, anzi, lo rendevano più... umano, apprezzabile e sincero.

-Allora avevi ragione, sul fatto che Matt si trovasse in Giappone.-

-Saranno anche testardi e incoscienti, ma di certo non sono stupidi: le uniche tappe certe di Beyond Birthday erano quella e Los Angeles, e scommetto che Mello si trova lì. Il problema è Near, lo sai.-

-Lo so.- sintetizzò Light, appoggiando il volto su una mano, pensieroso: -Lawliet, hai più avuto contatti con Naomi Misora dopo il caso di Los Angeles? Potrebbe saperne qualcosa.-

-No, Light, lei è... morta, l'hai uccisa tu quando eri Kira. Evidentemente non ricordi dei dettagli del Quaderno come previsto e...- s'interruppe di botto con un singulto, gli occhi se possibile ancora più sbarrati e le dita tremanti.

-L-Lawliet..?- chiamò il bruno preoccupato da quella reazione improvvisa alle sue parole, prima che il detective con uno scatto gli afferrasse il polso, studiandolo allucinato:

-Il Quaderno... il Quaderno, ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima..!- mormorò con voce strozzata, scattando in piedi e lasciandolo lì, confuso, mentre iniziava a camminare per la stanza in modo inquieto, pensando febbrile.

-Aspetta un attimo.- si alzò Light, raggiungendolo con uno sguardo concentrato: -Credo mi sia sfuggito un passaggio: stai forse pensando che Beyond sia in cerca di un Death Note?-

-Pensaci bene: perchè Beyond, così abile nel contatto diretto, sta prendendo tutto questo tempo e non è ancora venuto a prendermi, se vuole uccidermi? Per non sporcarsi le mani?: no, è un assassino seriale, un atteggiamento simile sarebbe privo di senso.-

-Per divertirsi..?- sostenne Light con nonchalance, riuscendo a seguire perfettamente il suo ragionamento; fu estremamente colpito quando vide dipingersi un sorriso soddisfatto sul volto scarno di Elle: -Esatto. L'arma più potente al mondo nelle sue mani, lui che con la sua logica ed intelligenza non è riuscito a battermi e da solo mai ci riuscirà. Con quel Quaderno in suo potere sarei spacciato, finito... morto!-

Il bruno, che davvero non capiva cosa ci fosse da sorridere in quel modo, con lampi di eccitazione che trafiggevano le sue iridi nerissime, sembrava essersi dimenticato di trovarsi davanti al miglior detective del mondo, si, ma anche di fronte al più disumano ente della giustizia quando si trattava di casi che sfidassero le sue capacità.

Non proferì altro in quel momento, perso nella soddisfazione del moro, nel suo sguardo così maniacale, distante anni luce da lui.

Una fitta di gelosia si impossessò delle sue membra mentre, stringendo i pugni nascosti nelle tasche, ricercava febbrile con la mente altri indizi utili e determinanti, tutto pur di catturare quel folle ossessionato dal suo detective e assicurarlo alla giustizia prima che assicurasse, invece, un posto nel suo cuore.

 

 

 

 

A chilometri, città, stati di distanza, vi era un'altra figura che, cupa come un mostro della notte, studiava il cielo scuro dalla finestra.

La luna non gli era mai sembrata tanto beffarda come quella sera così taciturna, con le figure dei pochi alberi che, con rami e foglie, interrompevano a sprazzi la luminosità pallida: avvertiva l'animo inquieto, Beyond, pressante di vendetta.

Era consapevole che quel caso stava duranto tanto ma questo, anziché sconsolarlo, lo rendeva ancora più eccitato dinanzi al sapore di quella che sarebbe stata la vittoria finale: sapeva che Matt e Mello, separati per seguire le loro strade, erano confusi riguardo a indizi ed enigmi che tardavano ad arrivare... sapeva anche che Elle era cauto, troppo cauto, e con i propri soldatini sparsi in giro per il mondo a rendergli difficile il mantenere il sangue freddo.

-B! Ho novità!- esclamò Mikami, irrompendo nella stanza fino a poco prima immersa nel silenzio, correndo incontro al killer: -Sono riuscito a trovare il materiale che mi hai chiesto.-

Beyond prese lento fra le dita le scartoffie, con mani tremanti.

Aveva chiesto ormai da tempo a Mikami, magistrato, di indagare sui volti che con lui lavoravano o avevano lavorato, per trovare finalmente perlomeno uno dei due Quaderni.

E ora, dopo anni di ricerca, ecco i risultati tanto attesi: per tutto quel tempo si era stabilito in un paesino sperduto della Francia per essere lontano da qualsiasi indizio, ma adesso era arrivato il momento di uscire allo scoperto.

Un solo nome era sottolineato, una sola foto spiccava per gli eleganti tratti: Melinda Monroe.

Dopo la risoluzione del caso Kira, il Quaderno dell'assassino era stato affidato a lei, un giudice inflessibile e capace con ampie conoscenze nel settore economico e giuridico.

-E così ha lei il Death Note...- sorrise Beyond, gli occhi sanguinei attraversati da un brivido di eccitazione mentre alzava lo sguardo per incontrare quello del suo sottoposto: -Ottimo lavoro, Mikami. Finalmente abbiamo qualcosa di concreto fra le mani.-

Nelle sue ultime parole la voce si assottigliò, pericolosa e affilata, quando scorse, dietro la porta socchiusa, la figura ora in piena adolescenza di Near che incrociava il suo sguardo, spostandosi poi calmo e riflessivo per allontanarsi.

Beyond socchiuse le iridi ora sottili come quelle di un serprente, serio.

Elle incastrato in un ruolo di secondo piano che non aveva mai occupato prima d'ora.

Mello alle prese con quella razionalità che non aveva mai avuto prima d'ora.

Matt alle prese con quei sentimenti che mai aveva provato prima di allora.

E Near..?

Egli non era come gli altri, non manifestava la sua supremazia con una pistola dritta alla fronte né con tentativi di fuga, ma in modo così velato da sembrare fugace e casuale, eppure efficace il doppio.

Sarà per questo che dovrebbe essere l'erede di Elle?” si domandò Beyond Birthday, ancora stupendosi del turbinio di reazioni che quell'albino dal volto troppo pallido suscitava in lui, facendolo passare dalla frustrazione alla rabbia, dall'eccitazione allo stupore.

Sorrise mentre congedava Mikami con la scusa di essere stanco e si dirigeva fuori dal salone, contando nel buio i passi che lo separavano dalla stanza di Near.

Con cosa fosse alle prese lui, era il momento di scoprirlo.

La porta si aprì cigolando, rivelando il corpo steso del ragazzo sulle lenzuola scure, al buio.

Voleva far finta di dormire?

Dal canto suo, questi stringeva quasi convulsamente le dita attorno alla stoffa sottostante, sperando che, come le altri notti, Beyond se ne sarebbe andato via, avendo solo voluto controllarlo.

Ma Near sapeva di sbagliarsi: stava ascoltando la sua conversazione con Mikami e aveva sentito tutto, permettendo al battito cardiaco di accelerare, un po' per le notizie captate, un po' per il terrore che lo sguardo di Beyond aveva suscitato in lui.

Si, terrore: perchè, nonostante fossero passati ormai due anni da quando era costretto a quell'assurda situazione, non aveva mai iniziato a sopravvalutare Beyond Birthday e le sue mosse così impulsive a volte, e altre così ragionate.

Near non sapeva, proprio come l'altro nei suoi confronti, mai cosa aspettarsi da lui.

E anche quella notte, quando sentì all'improvviso, dopo che non aveva udito alcun rumore sospetto ed era già pronto a rilassare i muscoli infantili, qualcosa di umido e caldo sulla pelle del collo, era rimasto immobile, gli occhi sbarrati.

Avvertiva le dita fredde dell'altro sulla guancia bollente per poi ritrovarsele lungo la spalla, oltre la camicia:

-Cosa pensavi di fare?- cantilenò la voce bassa e monotona, mentre le labbra sottili sorridevano sul suo orecchio, facendo entrare in contatto il respiro con esso e provocandogli strani brividi lungo il corpo.

-Non so di cosa parli.- biascicò con voce un pizzico tremante, cosa che non sfuggì a Beyond, che sorrise eccitato nel buio: -Oh, davvero..?- lo beffò, e in attimo era stato girato con forza verso di lui, le iridi furibonde a stretto contatto con le sue, ancora sorprese.

Bianco che veniva straziato nel sangue.

Quando sentì quel corpo freddo penetrare nel suo stomaco senza grazia urlò, bruciava dannatamente, il rosso si allargava sul suo essere, lo ingolbava e divorava, facendo precipitare le sue certezze e il suo autocontrollo.

Beyond, la lama insanguinata fra le dita, osservò il corpo ferito di Near, che a tentoni aveva raggiunto il muro opposto, lasciando sulla sua via chiazze sempre più grosse del colore della sua amata marmellata di fragole.

Leccando via con sguardo allucinato lo sporco dal coltello si avvicinò, ricurvo, alla figura rattappita su sé stessa che tentava di reggersi inutilmente in piedi.

Le gambe gli cedettero quando Beyond lo accolse fra le sue braccia, inspirando con estasi i mugugni rabbiosi che l'altro riversava sul suo viso, la testa alzata con la solita fierezza e sfacciataggine che tanto imbestialiva e soprendeva il pluriomicida.

Nonostante tutto quello aveva ancora il coraggio di guardarlo così, come se contasse meno di uno scarafaggio, per lui?

Assomigliava ad Elle così tanto, così tanto...

Lo faceva diventare pazzo.

Percorse serafico il suo profilo con l'indice, accogliendo i respiri fra le sue labbra fino a quando non li sentì annullarsi con veemenza.

Near, pietrificato fra le sue braccia, il sangue che imbrattava il candido muro, si rese conto con amarezza di non aver realmente conosciuto cosa fosse la paura fino a quel momento;

il vero terrore era lì e allora, con il corpo palpitante dal dolore del torace squarciato, le labbra di Beyond che avvolgevano fameliche le sue, immobili dallo shock.

Avvertì il suo capo sbattere senza dolcezza sull'intonaco, le mani terribilmente fredde di Beyond fremere mentre si muovevano fra i suoi ricci candidi, sotto la pelle calda che mai aveva conosciuto le intemperie del mondo esterno, la fatica, il gelo di una sconfitta, sotto la camicia e...

La spinta che l'assassino aveva provato sul petto era bastata ad allontanarlo, spezzando la follia che già si stava impossessando del suo cervello, dolce e insidiosa allo stesso tempo, come le labbra giovani di Nate River.

Questi, l'autore della spinta, giaceva ora di lato di qualche centimetro, la mano destra che afferrava con vigore la camicia semisbottonata, il respiro inquieto e veloce, gli occhi che si aprivano e chiudevano leggiadri e furibondi.

Aveva osato toccare la sua parte più intima e nascosta, quella che mai Near mostrava, per la quale mai l'albino avrebbe pensato di preoccuparsi in un momento come quello, che colpiva la sua dignità e lo rendeva una nullità di fronte agli eventi che passavano, alla vita che scorreva. Aveva osato toccare il suo cuore.

La piccola foto, scivolata dalla tasca interna degli abiti dinanzi al suo sguardo impotente, fendette leggiadra l'aria, andandosi a depositare sconfitta sulle assi di legno del pavimento.

Beyond ghignò psicopatico a quella visione mentre, gli spasmi leggeri che scuotevano la sua cassa toracica già provata dalla magrezza, la prese delicatamente, come un tesoro.

-Sei davvero uno spasso...- mormorò a voce talmente bassa che a stento venne udito dall'altro, prima di soffocare una risatina, che crebbe fino a diventare una vera e propria risata divertita e tetra, una nota stonata in tutto quel buio e quella luce che era Near,

Lui sarebbe sempre stato l'invisibile, il secondo, l'ombra che non scorgi ma che non ti fa dormire perchè tu sai che è lì, pronta a ghermirti con le sue radici smorte non appena abbandoni la percezione dei sensi, e quella volta non sarebbe stata un'eccezione.

In un attimo i suoi occhi si ridimensionarono così come il suo ghigno, dissolto completamente in pochi secondi mentre ancora l'albino faticava a respirare e lo incoraggiava in una tacita sfida;

-Dunque è così, eh..?- la sua voce era un sussurro amaro eppure divertito, mentre osservava la figura davanti a sé ritratta, i capelli biondi ad incorniciare il viso cinico.

-E dimmi un po', Near...- in un istante se lo trovò addosso, il suo alito troppo dolce caldo sul collo mentre suggeva avido, un gemito strozzato in risposta e arti che ancora per poco reggevano: -...cosa vorresti esattamente da Mello?-

Sentiva il suo bacino troppo magro fare pressione contro il suo, pulsante, le dita come artigli che scardinavano il muro per reggersi, a pochi millimetri dalla sua testa:

-Vorresti che ti facesse suo, non è vero...- era più un'affermazione che una domanda, e rimase sospesa lì, nell'aria, mentre le guance di Near si imporporivano, il cuore batteva forte come quello di un uccellino spaurito.

-Vorresti toccarlo..?-

Sospirò con odio mentre il moro percorreva con le dita l'elastico dei pantaloni morbidi e poi della biancheria, contando i millimetri che lo separavano dal suo obiettivo.

I muscoli poco accennati di Mello, il suo sorriso tenace e i suoi occhi così nuvolosi e inquieti avevano ben poco a che fare con quello sguardo che senza pietà stava percuotendo il suo corpo adesso e con quelle labbra troppo pallide e troppo sottili per essere umane che nemmeno in parte somigliavano a quelle dolci di cioccolata che Near spesso si era soffermato a guardare di sfuggita, non sapendo che, forse, un giorno non gli sarebbe più bastato limitarsi a guardarle.

-Vorresti tanto baciarlo, non è così, Nate..?-

Era immobile adesso, le ciocche scomposte che gli coprivano lo sguardo mentre la mano era ferma sotto il suo ventre, avvertiva il terrore di Near pulsargli nello stomaco dolente, un po' del suo sangue così denso e innocente fra le dita.

Dopo un minuto che parve interminabile Beyond si scostò da lui e, senza guardarlo, gli diede le spalle per uscire dalla stanza.

Si fermò al centro, cadenzato, le dita che ancora stringevano la colpa di tutto quello.

-Non temere, Nate...- si voltò appena, un ghigno che attraversava eccitato le guance sciupate mentre in un rumore sordo e appena prolungato la foto veniva strappata in due, il cuore di Near che perdeva un battito, i sensi che si affievolivano...

-...Mello morirà più presto di quanto credi, e allora sì che potrò divertirmi.-

Quando fu uscito dalla stanza senza fretta, l'albino si accasciò sulle assi, sofferente: il sangue perso era inimaginabile, lo vedeva addosso, intorno, fra le dita tremanti... dita che allungò verso la foto squarciata senza pietà che tanto aveva custodito, con gelosia e inutilmente.

Prima di perdere i sensi, riuscì a scorgere quelle iridi azzurre studiarlo quasi beffarde, e una potente voce femminile sopra di lui che urlava alla vista e lo soccorreva.

Misa era bionda come lui e i suoi capelli gli solleticavano il viso, urlava di svegliarsi, che l'avrebbe aiutato a fuggire, forse..?

 

Sprofondò nell'oblio, il nero che prendeva possesso delle sue palpebre chiuse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice

 

Amaya12: Ehii!:D Che bello sei passata! (Il mio idolo delle risate che mi recensisce, oddio, oddio... *prende

guida su 'Come scrivere storie decenti' di Mondadori*) Tralasciando il fatto che ti odio

perchè a me la scuola ama farmi esaurire ^u^ andiamo avanti xD Gli attacchi di

fangirling vengono troppo spesso anche a me (spoiler nada de nada :P), facendo a volte

credere al mondo circostante che io sia una maniaca... cough*verissimo*cough-!

 

RainXSmile: Giuro che ogni volta che termino un capitolo mi sembra sempre di non aver scritto

niente e così mi dai solo sollievo! ^^'' Pensavo di dover descrivere il rapporto Matt e Mello,

in modo da non dover chiarificare nulla forzatamente nei prossimi capitoli, e sono felice che

sia stato apprezzato!

 

Kleveland: Di queste cose pratiche del sito non me ne intendo (come di computer, dopotutto XD) ma quello

che hai fatto è top per il mio cuoricino °u°! Come sempre sono strafelice che la storia continui a

piacerti, e sarei davvero curiosa di sapere (se non ti costa^^'') cosa ne pensi degli avvenimenti

che stanno accadendo, da oggi in poi!

 

 

 

 

Chiedo scusa se le risposte sono un po' più sintetiche delle altre volte, e anche per il ritmo diverso degli aggiornamenti! Queste settimane a scuola non mi lasciano tregua e non per quanto andranno avanti così D:

Parentesi: il titolo per me sta a significare quei cocci rotti che non siamo capaci di aggiustare, nonostante le nostre capacità fisiche e intellettuali! Per me un pezzo rotto di vetro è Beyond, estraneo alla realtà e violento ma che, come tanti, è impotente di fronte al tempo che scorre e persino uno come lui non può prevedere e controllare fino in fondo le azioni di chi lo circonda.

Avete altre interpretazioni che avete fatto vostre? Se si, riferitemele e ne sarò felice!**

Mi farebbe molto piacere, in ogni caso, sapere cosa ne pensate di come le situations si stanno evolvendo! :)

Un bacione stancuccio,

 

 

 

 

 

-FM.

 

 

 

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Capitolo 7
*** Escape. ***


 

 

 

 

 

-Oui, miel, ça va, je suis juste un peu en retard!- il veloce rumore dei tacchi sulle assi di legno

[si, tesoro, è tutto apposto, sono solo un pò in ritardo!]*

invadeva la villa, mischiandosi non sgradevolmente all'intenso profumo di gelsomino che l'elegante signora indossava ogni mattina.

La ragazza, seduta sullo sgabello basso in una posa pudica, miscelava i colori sulla tavolozza, cercando la sfumatura perfetta con la punta del pennello scuro, lentamente come stesse assaporando una poesia.

-Linda, cher, sarò di ritorno questa sera, tu per favore fa' quello che ti ho chiesto, ce est bien?-

-Certo, signora.- sorrise mite l'interlocutrice bionda, i capelli lasciati sciolti solo vicino alla nuca e che arrivavano fino alla schiena conferivano a quest'ultima, fasciata dal maglioncino bianco, un aspetto romantico.

Lilian Duster non aveva mai confessato a nessuno il suo vero nome: da quando era uscita da quell'orfanotrofio un anno prima aveva lasciato che la sua sfacciataggine uscisse raramente, lasciando che una forma leggera di prudenza prendesse il suo posto.

Osservò quasi in trance come il blu avvolgeva il viola, raggiungendo dopo poco l'indaco desiderato: doveva saper riprodurre il vestito della piccola Marie alla perfezione.

Il successo come pittrice era arrivato contemporaneamente all'impiego in casa dei Monroe: la donna era un giudice inflessibile e dalle rigide abitudini, come tutti gli esponenti della giustizia, dopotutto.

Tuttavia, si era subito affezionata a lei e, una volta captata la sua bravura con i bambini, aveva deciso di assumerla a tempo pieno anche per i piccoli servizi quotidiani, oltre che come ritrattista di famiglia.

Si, ritrattista: Linda pensava fosse una pratica ormai abbandonata dal tempo dei nobili napoleonici, tuttavia molti ricconi ancora allora si divertivano a far sentire i figli come dei principini, talvolta.

Se non avesse saputo che brava donna fosse la signora Melinda, avrebbe senza dubbio provato un pizzico di pena e forse anche disprezzo per lei, ma così non era.

A distanza di anni, poteva dire di non rimpiangere quasi nulla della Wammy's House grazie al tepore di quella casa e dei suoi abitanti, con quelle tre pesti e la donna divorziata e che si ostinava a parlare in francese nonostante stessero a Londra, solo per dimostrarsi fiera delle sue origini.

Quasi nulla... perchè in realtà c'era una sola cosa che rimpiangeva, nonostante tutto.

Una volta adocchiato lo chignon bruno della donna uscire dalla porta d'ingresso, sospirò, riprendendo a ritrarre: -Andres, se non stai fermo non riuscirò mai a finire il dipinto!- riprese il bimbo che tentava di stropicciare il vestito dell'urlante sorella, invano.

-Lilly, ehi, Lilly!-

-Quante volte ti devo dire che mi chiamo Linda? Lilly sembra il nome di un cane...- mugugnò la ragazza, i cui biondi codini da sopra gli occhi nocciola erano stati sciolti da un pezzo per fare posto a dei lunghi e mossi capelli sciolti sulla schiena, legati solo nella loro parte superiore in un piccolo chignon: -Linda, penso che Andres voglia la torta che ci hai promesso.- ghignò Marie, lasciandole un'espressione perplessa sul volto: -Oh, e quand'è che vi avrei promesso una torta?-

Dinanzi agli sguardi imploranti dei tre, sospirò nascondendo un sorrisetto: -E va bene, se fate i bravi e mi fate finire il dipinto prometto che stasera ve la porto... ma non ditelo a vostra madre: se viene a sapere che avete mangiato fuori pasto come minimo mi ammazza!-

Le sue ultime parole furono coperte da urletti gioiosi, che non riuscirono a farle nascondere una risatina allegra.

Aveva passato tutto il pomeriggio restante a mettere d'ordine il salone e a preparare la cena per i ragazzi, la mente concentrata sui suoi impegni fino a sera, guardò l'orologio: erano già le 22:00!

-Ragazzi, esco un attimo a prendere la torta, ve la sentite di restare qui?-

I tre, lobotomizzati davanti ai cartoni animati, a stento risposero e Linda, avvolta con una sciarpa la pelle freddolosa, si apprestò ad uscire raccomandando loro di non muoversi.

Uscì dal cancello spedita, le mani nelle tasche osservando perplessa la strada semideserta: doveva far presto prima che chiudessero anche gli ultimi negozi...

-Accidenti, troppo tardi!- sussurrò, il respiro condensato nel gelo, mentre notava abbattuta la sua pasticceria preferita chiusa. Ora le sarebbe toccato andare da Murphy's... bhe, avrebbe allungato un po', ma non era il caso di preoccuparsi.

Un po' affaticata dalla corsa finalmente arrivò, trovando il negozio aperto: pagò e ringraziò cordiale e uscì, il pacco di media grandezza stretto fra le mani.

-Chissà se il film è finito... spero non abbiano troppa fame, quelle pesti!- sorrise contenta, immaginando i loro occhi colmi di gioia dinanzi al dolce che avrebbe presentato una volta a casa.

Arrivata davanti alla villa, alzò perplessa il sopracciglio vedendo le luci esterne spente, l'abitazione immersa nel buio: -Forse Pottie ha ricominciato di nuovo ad abbaiare...- constatò, seccata da quel cane del vicinato fissato con le loro illuminazioni esterne, che ogni sera si piantava lì a seccarli, forse vedendoci qualche mostro riflesso sull'erba... chi può saperlo?

Si stupì del silenzio una volta raggiunta la porta d'ingresso, che aprì senza esitare.

La casa era immersa nel buio più totale, il vento gelido la trapassava da parte a parte, stordendola mentre con un rumore cigolante apriva la serratura di casa.

Linda vide la propria ombra proiettata stilizzata e poco nitida per la notte sull'ingresso, e un improvviso senso di sconcerto la avvolse.

I contatti spenti, la casa immersa nel silenzio obliquo della luna... Cosa diamine stava succedendo?

Sentiva il battito rimbombarle nelle orecchie mentre si sforzava di far passare la paura: senza dubbio i bambini erano già andati a letto per il suo ritardo, oppure forse un blackout..?

Non volle subito accendere la luce per evitare di svegliarli, se si fosse trovata davanti alla prima situazione: -Minnie? Marie, Andreas? Vi ho portato la torta!- annunciò allegra, ma la voce sottile per la paura tradiva il suo vero stato d'animo.

Dall'altra parte, nessun suono scosse l'aria, nemmeno un sospiro di fastidio per il sonno interrotto.

-Ragazzi..? Oh, andiamo, smettetela con questi stupidi scherzi, non attaccano, lo sapete!- Avvicinò le dita sull'interruttore ma, invece della fredda e dura plastica, interagì con un contatto molto più... umano.

Schizzò dalla paura lasciando cadere con un tonfo sordo la scatola, fiondandosi al centro della stanza, gli occhi sbarrati di fronte al contatto innaturale di quelle dita gelide: -CH-CHI C'È?!- urlò con la voce isterica, graffiata, mentre la pelle strideva a contatto col pavimento gelido.

Niente la beffò, nemmeno un'ombra.

-Vieni fuori, avanti! Oppure..!- mentre minacciava, con mani spasmodiche frugava nella borsa, tirando finalmente fuori quello che cercava.

La luce artificale e potente della torcia illuminò potente la stanza, e Linda pregò di morire seduta stante pur di non rivedere per un attimo ancora quella visione.

 

 

 

 

Quando Mello rientrò nel covo era ormai notte fonda, i passi che nemmeno in quel momento avvertivano il peso della stanchezza... o forse imploravano pietà ma il proprietario non li ascoltava, troppo preso dalla vendetta e dall'adrenalina di ogni giorno che combatteva furiosamente per un posto di prestigio nelle sue vene, sfiancando il corpo sottile ma robusto.

Richiusa la porta che dava sul sotterraneo, ignorò bellamente lo spettacolo che gli si prostrava davanti, con alcolici nei bicchieri pregiati e il divano a stampe animalier illuminato dall'aristocratica luce del lampadario in cristallo.

Cosciente di ogni sguardo si diresse senza una parola nelle sue stanze; le donne dei membri dell'LSK gli rivolsero un'occhiata ricca di bramosia prima di essere costrette a rivolgere l'attenzione ai loro partners, nuovamente.

Le chiacchiere e le risate continuarono sotto l'odore pungente del sigaro, e non si interruppero nemmeno quando Rodd Los scolò l'ultimo sorso di tequila battendo forte sul tavolo il bicchiere, alzandosi e allontanandosi dagli altri con aria seria.

 

 

Mello si strofinò forte le tempie con l'asciugamano, migliaia di goccioline che imperlavano la base del collo e una piccola parte dei pettorali che giaceva sotto la luce squallida del neon; dirigendosi ancora bagnato sulla testa nel salotto privato, si sedette pesantemente sul divano, accendendo il computer.

C'era qualcosa da quella mattina che non gli dava pace, che non gli faceva ammettere che avesse sbagliato tutto... ci doveva essere qualcosa, un qualsiasi collegamento: Beyond non poteva lasciare certi indizi per caso!

Con calma e sangue freddo, smontò l'arma fino a ridurla come la prima volta che aveva notato l'indizio: come sempre, la scritta rossa luccicava nella penombra della stanza.

-Cazzo...- sussurrò, gli occhi fiammeggianti nello sforzo di pensare;

Cosa farebbe Elle al mio posto?

LA00987...

Non poteva essere quel professore. Troppo stupido... troppo ubriacone per pensare qualcosa di decente in quella testa calva.

LA00987.

Forse era quel mafioso? Ma no, no, no! Era dell'ambiente, dannazione! Troppo esposto, troppo spaccone e troppo estroverso... troppo tutto.

LA00987!

Quel banchiere era impaurito, chi non lo sarebbe stato? Ma c'era qualcosa nei suoi occhi... consapevolezza? Di cosa: una morte certa o un segreto che poteva uscire allo scoperto?

Mello scattò in piedi, i fogli che teneva in grembo con le notizie degli indiziati scivolati a terra con un folle fruscio, lo sguardo allucinato: e se il codice non volesse significare necessariamente un indirizzo?

Banchiere, banchiere... soldi, o qualcosa di più nascosto?

Una cassaforte.

Quando il lampo inquieto si dissolse nelle iridi cerulee di Mello, il suo volto si distese in un ghigno bramoso.

Fanculo, Near.

Avrebbe scommesso la sua anima dannata che l'albino stesse ancora vivendo nel panico di quell'assassino senza ribellarsi, mentre lui si sentiva più vivo che mai, pronto a recuperarlo e a prendere il trono di Elle per sempre.

-Mello.-

Il tono non fu troppo solenne, eppure bastò a farlo voltare di scatto, facendogli reprimere il sorriso vittorioso quanto più che potè: sapeva che ormai stringeva nelle dita le redini dell'intera organizzazione, ma non era il caso che Los notasse troppo che non contava nulla più lì dentro da quando Mello era arrivato.

Era necessario, ora che aveva in mano la chiave della risoluzione del caso, che se ne stesse buono e si sentisse importante, in modo da evitare da parte sua qualsiasi seccatura:

-Ehi Rodd...- sorrise incurante, sfilandosi l'asciugamano da sotto la nuca, liberando una scarica di goccioline dalle ciocche bagnate: -...a che devo questa visita?-

-Mi sembravi seccato oggi, e anche quando sei tornato poco fa.- il boss muscoloso si allontanò dallo stipite della porta, richiudendola lentamente mentre osservava con desiderio il biondo muoversi per la stanza, le curve fasciate dalla pelle nera mentre afferrava una delle tante tavolette da sgranocchiare:

-Sicuro che vada tutto bene?-

Il biondo lo invitò a sedersi sul sofà nero, accomodandosi di fronte a lui sul grosso comò in mogano, le gambe rilassate che sfioravano il pavimento: -Quell'idiota.-

-Chi dei tanti?-

-John Miller.- borbottò con disprezzo il biondo, come se il solo nome di quel collaboratore lo disgustasse profondamente: -Non mi ha fornito abbastanza informazioni, ho dovuto scoprire altre notizie da solo.-

Quel tipo era uno degli ultimi, se non proprio l'ultimo, membri dell'LSK che ancora dubitavano di lui e gli mettevano i bastoni fra le ruote, tentando di tutto per metterlo in cattiva luce di fronte a Rodd. Non che ci riuscissero, ovviamente, data la loro scarsa intelligenza, ma la loro insistenza nell'essere noiosi dava a Mello parecchio fastidio, intralciando il suo lavoro.

-Capisco...- sussurrò il boss, accendendo un sigaro per distogliere l'attenzione dalle sue pulsazioni quasi del tutto evidenti. La punta rossa della cenere bruciata si riflettè nell'azzurro degli occhi del ragazzo.

-Lascialo perdere, sai che cerca di fare il possibile.- cercò di coinciliare e calmare la sete di sangue del biondo che, però, non demordeva.

-Se lo dici tu.- Mello tornò freddo di nuovo e, sceso dal mobile, si voltò per nascondere all'uomo un sorrisetto soddisfatto: non aveva vinto, ma sapeva che il potere l'avrebbe ottenuto dopo poco, bastava solo saper toccare le corde giuste e avere... pazienza, alle volte.

Si stupì di quell'insegnamento appreso da Near.

Iniziò ad armeggiare con i documenti sulla scrivania, riponendo questi e la pistola nei cassetti con studiata calma: non era il caso di appurarsi di quell'indagine davanti a Rodd, domani sarebbe uscito presto e avrebbe risolto tutto da solo.

Per quanto riguardava il capo dell'LSK, non potè fare a meno di espirare nervoso davanti alla reazione capricciosa del biondo, che aveva distolto lo sguardo da lui con freddezza, mettendo a dura prova il suo autocontrollo: aveva un debole per Mello, e anche grosso, ma cosa poteva fare per vederlo soddisfatto? Cacciare anche il più fidato dei suoi collaboratori, sebbene potesse essere un idiota?

Forse era ora che quel ragazzo capisse che non poteva avere tutto ciò che voleva quando lo voleva...

-Mello, ascolta.- lo richiamò con tono duro, forse era il caso che imparasse la lezione e che si decidesse ad essere più... razionale...

Boccheggiò quando Mello si era voltato, scorrendo le dita sulla lampo del corsetto per tirarla giù lentamente, trattenendo un sorriso vittorioso: come un feroce predatore aveva atteso, invogliato dall'odore del sangue e del premio tanto ardito, e la sua pazienza stava per essere ripagata, lasciandogli godere del sapore inebriante dell'appagamento più grande.

Il corpo di Rodd..?

Certo che no. Ma il sentirsi consegnare ciò che voleva ammettendo ancora una volta la sua supremazia, oh, quello sì!

-Cosa, Rodd? Dimmi, che poi vorrei riposare... sono un po' stanco.- ammise con finta innocenza, godendosi l'espressione lasciva del boss mentre lo spogliava con gli occhi, deglutendo rumorosamente. Quando sfilò lento e fatale anche i lacci che chiudevano la patta, non si aspettava che lo scatto sarebbe stato tanto imminente.

Rodd Los lo afferrò senza grazia fra le sue braccia, spingendogli la lingua in gola, facendolo a stento trattenere dal ridere eccitato mentre si spostava da lui, agile come un felino, sorbendosi lo sguardo ormai privo di ogni lucidità dell'uomo:

-Rodd, dai... a Miller potrebbero dare fastidio certe avances, non sai che ti ammira tanto?- lo berciò imbronciato mentre il boss ansimava forte, la sua virilità che pulsava disperata come ogni volta che si trovava a che fare con lui.

All'improvviso capì dove Mello volesse andare a parare.

Tuttavia, quel briciolo di intelligenza si dissolse all'istante per far spazio ad un'illusione più felice: l'aveva fatto per ottenere quello che voleva... o perchè voleva che Rodd fosse solo suo?

Grugnì esasperato, Mello agiva sempre in modo tanto sottile e subdolo che una risposta non l'avrebbe mai trovata.

Non aveva scelta, pensò quando il corpetto scivolò a terra in un fruscio e lui spingeva quest'ultimo sul divano sotto il suo pesante corpo, gemendo mentre questi gli leccava la giugulare: -Rodd..?- cantilenò Mello fingendo passione, e l'altro sospirò estasiato sulla sua pelle morbida: -Domani sarà eliminato.-

Mello ghignò soddisfatto, allacciando le gambe attorno ai suoi fianchi e iniziando a sbottonargli la chiusura dei pantaloni stretti sul suo sesso.

Aveva vinto. Ancora...

Sentiva la pelle liscia del biondo sotto le dita, il torace caldo a contatto con i suoi muscoli e quando lo sentì gemere roco non era certo per la passione che stava mettendo nell'appagarlo, contro ogni previsione del boss, bensì per l'eccitante conclusione del suo piano!

Era un'ipocrisia di respiri e pulsazioni, di mani che si toccavano fugaci e prive di sentimento.

Accecato dalla libidine, non realizzò l'improvviso pietrificamento di Mello quando, fra gli ansiti, Rodd aveva gettato sul tavolo accanto anche i boxer che, scivolando a terra, avevano trasportato con sé anche qualcos'altro.

Sentendo un fruscio strano, si era interrotto un attimo, mentre il sangue si gelava nelle vene del biondo: -Uh? Ma cos'è caduto, è un documento forse?-

Nel mentre dello sporgersi interessato Mello, allarmato, aveva allungato il braccio con un gesto che sembrasse casuale, spedendo la foto ora a terra e prima nascosta fra i documenti, sotto il sofà, rendendola irraggiungibile dalle sue manacce:

-Eh? Ah, si, solo dei contatti rivali... nulla di importante! Li recupererò dopo.- sorridette spensierato, allacciando le dita alle spalle del boss per tirarlo a sé e distrarlo da quell'inconveniente: -Dove eravamo rimasti..?- sussurrò sensualmente e, come si aspettava dopo una simile provocazione, avvertì, improvvisa, l'erezione dell'uomo che entrava decisa in lui, lasciandogli sfuggire un ansito di dolore che mascherò ad uno di piacere: -Mi fai impazzire quando fai così...- grugnì barbaro l'uomo, mordendo la pelle del collo mentre iniziava a spingere in lui senza invito, e Mello lo strinse a sé perchè non vedesse il suo volto che si adombrava, una morsa dolorosa che gli stritolava lo stomaco.

Poco più sotto i loro corpi, ancora un po' più giù rispetto alla pelle comoda del divano, sul lucido pavimento giaceva un pezzo regolare di carta.

In un sorriso che pareva illuminasse da solo quel buio, un ragazzino biondo stringeva per le spalle uno dalla rossa chioma, davanti al cancello dai tratti severi della Wammy's House.

 

 

 

 

 

 

 

Near.”

Un passo distratto e fu nel vuoto, una risata crudele che faceva sfondo alla sua caduta.

Perchè non mi aiuti?, si rialzò, sporco di fango fino alle ossa, la camicia improvvisamente pesante.

Perchè è divertente vederti in difficoltà.”

Un'altra risata, un'altra chioma bionda che veniva smossa dal vento tiepido; gli facevano male gli occhi, a vedere tutta quella luce.

Dove sono tutti? Perchè siamo soli?

Ma non sai proprio niente, tu.” borbottò l'altra figura che, seduta su un alto muretto, la osservò seccato, prima di ghignare e lasciarsi andare addosso a lui: “Elle ci aspetta dentro, e non pensarci nemmeno, ad arrivare prima di me!”

Quando la pesantezza dei piedi scalzi lo colpì con forza sul torace, non chiuse gli occhi una volta circondato dall'acqua del laghetto che entrava prepotente nelle narici.

Privo di ossigeno e di forze, nell'ultima vista scorse l'immagine confusa di dita delicate e sconosciute che lo afferravano, tentando di farlo risalire cordiali.

 

Quando inspirò a pieni polmoni e rumorosamente, era scattato a sedere sul letto, lo sguardo smarrito, boccheggiante.

I colori divenivano meno confusi, i profili maggiormente tracciati, uno squarcio che da luce estrema diveniva penombra della spoglia stanza... e le braccia di Misa che si erano gettate a ghermire le sue spalle.

-Sei vivo..!- la sua voce era poco più di un sibilo interrotto dai singhiozzi, con grande stupore di Near; il suo profumo delicato di shampoo gli invadeva le narici al posto dell'acqua:

-Dove sono?- rispose atono, avendo difficoltà nell'alzare la suddetta mano fino alle sue ciocche bianche, forse più per capire se fosse tutto a posto nel suo corpo.

La ragazza lo rilasciò di scatto intuendo il suo disagio, le mani a cacciare via le lacrime che le avevano arrossato gli occhi: -Scusami!- un sorriso si dipinse sul volto stanco e sciupato -Sei ancora in camera tua. Ho solo messo a posto... c'era una situazione poco gradevole.-

Improvvisamente, notando l'enorme strato di bende che ricopriva il suo torace, si ricordò dell'ultimo avvenimento di cui aveva memoria:

-Oh.- si limitò ad esporre, stringendo le labbra al ricordo di quella sensazione innaturale e fredda della lama che affondava sotto l'epidermide, il cuore che montava rabbia fino a quando non venne interrotto dal flusso dei suoi pensieri per cause di forza maggiore.

-Near, ascolta.- lo chiamò Misa in un flebile suono: -Voglio che tu sappia che non ho mai approvato questo rapimento...-

-Bhe, grazie.- commentò con freddo sarcasmo il ragazzo, infastidito: di certo il pentimento di Misa non stava a significare nulla per lui, tantomeno una soluzione.

-Dovresti scappare.- concluse lei in fretta, intuendo l'avviata poco piacevole della situazione, spiazzandolo.

Near rimase in silenzio, osservandola imperscrutabile.

I capelli biondi sembravano spenti e cadenti in ciocche scomposte attorno al collo sottile, le labbra colorate e rosse di salute ora erano secche e fin troppo chiare... i suoi occhi di un azzurro limpido erano contornati da pelle grigiastra e avevano perso il loro naturale bagliore.

L'albino tuffò, finalmente, le dita fra i ricci, il polso stanco per quel leggero sforzo:

-Cos'è, una trappola forse?-

Per la prima volta da quando si erano parlati, la ragazza sembrò immensamente ferita, oltre che sorpresa: -Cos..? No, certo che no!- si affrettò a difendersi, il volto imbronciato nella sua tipica espressione infantile. Si avvicinò di più al corpo seduto del ragazzo, sussurrando per non farsi sentire da esterni: -Ascolta, Misa adesso ha capito tante cose.- posò la testa abbandonata sulla sua spalla, il capo rivolto verso il basso -Pensavo che B mi aiutasse, che avremmo vinto insieme e recuperato Light-kun: ma adesso mi rendo conto che non vuole collaboratori, solo pedine da gettare via quando non serviranno più.-

Near era pietrificato per quel contatto poco gradito, lo distraeva dal filo del discorso, ma decise comunque di continuare a fissare ostile il muro davanti a sé e lasciarla finire:

-Misa ama Light-kun, ma non può permettere che un innocente muoia per un suo capriccio... ora mi capisci..?- concluse in un sibilo tremante, e l'altro ebbe l'impressione che stesse cercando di soffocare un singhiozzo.

Sollevò il capo improvvisamente, il sorriso di sempre che nascondeva gli occhi rossi di pianto:

-Sono sicura che hai già capito tutto: Beyond sta cercando il Death Note, e se lo recupera sarà la fine... quindi devi andare... Near, devi trovare Elle ed avvertirlo del pericolo che corre, mi hai capito?-

L'albino strinse le labbra agitato e affranto da quella notizia: si sentiva sconfitto ancora prima di iniziare, un'ombra piccola e impotente.

Fuggire in quel momento gli sembrava assurdo, inconcepibile!

Con la ferita profonda che gli doleva... bisognoso di cure e riposo... lui non era incline all'azione come Mello, assomigliava ad Elle più di quanto pensasse, come avrebbe potuto fare?

-Lo farò.- asserì dopo secondi interminabili di silenzio, trovando la forza di guardare Misa negli occhi, che subito saltò felice ad abbracciarlo: -Allora ti fidi di me, grazie..! Misa ti promette che non te ne pentirai.-

La sfiorò appena in un tacito ringraziamento, prima che la ragazza si discostasse e iniziasse a bagnare dei panni per pulire la ferita dal sangue rappreso: -Ascolta bene, so che potrei morire per questo, però... sento che è la cosa giusta! Non c'è una sola uscita in questo posto, sono sicura che passeggiando per la casa noterai un modo per fuggire, ma non posso dirti quale, o B mi ucciderà all'istante!-

-D'accordo.- la zittì l'albino per impedire che si mettesse in pericolo con le sue parole: -Ora vado un attimo a cambiarmi.- le rivolse un'occhiata in tralice perchè capisse che invece andava a girovagare, e lei sorrise con convinzione.

Una volta in corridoio, Near, un po' piegato in avanti per lo sforzo di rimanere dritto dopo l'accoltellamento, inziò a guardarsi intorno con nonchalance; fingendo di appoggiarsi per il dolore, sfiorava casualmente i quadri per capire se sotto nascondessero qualche sistema di sicurezza, le pareti per trovare dislivelli sospetti.

Quasi gioì per aver notato una piastrella scricchiolante sotto i piedi, ma dopo aver tentato di scalzarla capì che era tutto inutile.

Salito ormai al secondo piano, avvertiva l'angoscia salire: niente dava cenni di cedimento, niente era lasciato al caso, tutto lo confondeva...

 

Cos'è più importante in un investigatore?” la voce allegra di Sally riecheggiò nella sala in penombra, diretta verso la grande L che giaceva come sfondo luminoso del computer sul tavolo.

Tutti gli alunni della Wammy's erano riuniti con stupore attorno a quella scena, pendendo dalle labbra del detective.

Mello era appoggiato al muro sgranocchiando cioccolata e tentando di trattenere i fremiti di eccitazione mentre Matt controllava che tutti i cavi fossero al loro posto;

Near, lo sguardo basso, incastrava rilassato i tasselli del suo puzzle giornaliero.

Questa è una domanda lecita, Sally, ma permettimi di andare oltre il necessario.” la voce, nonostante fosse contraffatta, era così calma che pareva sorridesse, anche se nessuno di loro poteva vedere il suo aspetto:

Ti dirò, invece di cosa è giusto fare, dato che ognuno di noi può trovare il metodo investigativo che più lo caratterizza, qual è l'errore comune di ogni investigatore.”

Near si era interrotto un istante, il tassello a mezz'aria, in attesa.

Nessuno pressò per sapere quale fosse, sapevano che Elle l'avrebbe rivelato con i suoi tempi, giusti o meno che fossero.

Guardare sempre in basso quando si potrebbe puntare in alto.”

 

L'albino rimase immobile, gli occhi sgranati e il respiro lieve per non far rumore, i palmi lisci lungo il corpo.

Lentamente sollevò lo sguardo, quasi accecato dalla luce artificiale, e finalmente lo vide, una volta ristabilite le sue cornee; sorrise vittorioso.

 

 

 

 

 

 

 

I timpani erano feriti dallo scandire lento e irregolare delle gocce dense di sangue che dipingevano, come una tela perfetta, il marmo del pavimento, insidiandosi fin sotto terra.

Linda aveva la bocca aperta, i denti che stridevano dolorosamente fra loro, le lacrime che pressavano per uscire dai suoi occhi mentre il suo cervello pregava per scoppiare e riversarsi in una splendida pioggia nella notte, pur di non recepire ancora quelle immagini.

La torcia che giaceva ormai a terra dallo shock illuminava solo le caviglie voltate in una posa innaturale della donna, i tacchi rossi che fluidi sfioravano il suolo.

Le caviglie sembravano risplendere innocenti alla luce della luna, il busto ciondolante e dai vestiti strappati con forza, la chioma castana e mossa abbandonata verso il basso, mestamente, in balia del vento freddo.

Un paio di iridi color sangue svettavano sul viso di Linda, le pupille talmente dilatate da sembrare quasi inesistenti sul volto nella penombra, un ringhio quasi quieto nella sua follia che accompagnava le dita scarnificate a reggere come artigli di aquila la chioma della sua ex datrice di lavoro.

Ex, perchè quella donna era inequivocabilmente, spaventosamente e inspiegabilmente morta;

i fili elettrici, dal muro scardinati, che aveva avvolti ripetutamente attorno alla pelle eburnea del collo ne erano la prova.

Poi, una voce, sottile e tagliente, fendette l'aria e le tempie della pittrice come mille coltelli.

-Dov'è il Quaderno?-

Uscì dall'ombra, il colorito diafano e grigiastro che lasciava intravedere, all'altezza dell'inizio del busto, la pelle viva e ancora marcata avidamente dal fuoco.

Linda rimase paralizzata, soffocando nei singhiozzi quando riuscì a scorgere, dietro la sua figura che si avvicinava pericolosamente, il profilo del piccolo Andres, gli occhi dilatati e il viso contratto in un urlo ormai muto, la gola che premeva in bilico fra i ganci dorati dell'appendicappotti.

Arretrò spasmodicamente quando il fiato dell'uomo s'infranse sulla sua pelle, suscitando in lei brividi di terrore che credeva di non poter provare.

Gridò fra le lacrime quando, nel retrocedere col corpo arreso, aveva tastato il morbido stomaco di Marie, il fiocco azzurro fra i capelli che liberava, grondante sulla punta afflosciata, le gocce di sangue sul pavimento chiaro.

Plic, plac... plic.

Minnie, la maggiore, la distanziava di pochi centimetri, il braccio teso violentemente verso la sorellina, le lenti tonde degli occhiali rotte,gli occhi spenti e colmi di asciutte lacrime rivolti proprio verso Linda, in una sfocata implorazione.

-Allora..?- sibilò impaziente l'uomo dai capelli neri, e Linda poteva vedere bene, adesso, le labbra contratte in un ghigno furioso, il respiro stranamente gelido.

Ancora in quel momento, la ragazza stessa non seppe cosa la spinse a quell'azione: forse la paura era troppa persino per renderla paralizzata, forse i brividi e gli spasmi erano troppi per controllarli... forse era la visione brutale di quei corpicini innocenti martoriati.

Afferrò in uno scatto il vetro degli occhiali rotti, svettandolo sulla pelle troppo vicina dell'assassino;

egli retrocesse di poco in un impulso che non riuscì a giostrare, un ringhio rauco di dolore e Linda ne approfittò per scansarsi e scappare, la sua schiena correva convulsamente verso le scale, salendole con gambe malferme.

Si toccò dolorante sotto le ciglia, il sangue che iniziava a uscire dalla pelle delle occhiaie per quel graffio improvviso.

-Maledizione..!- soffiò fuori Beyond Birthday con disprezzo, il coltello stretto fra le dita livide mentre si malediva per quella reazione così... umana.

L'occhio destro si aprì, incurante del dolore sottostante, rivelando vividi capillari che si rincorrevano opachi nella retina, mentre si avvicinava con studiata lentezza alle scale, iniziando a salirle.

 

Linda si maledisse, per quelle lacrime che le socuravano la vista, impedendole oltre al terrore di compiere gesti precisi.

Sapeva che poteva morire, allora perchè non era uscita dalla maledettissima porta? Quell'uomo non aveva una pistola, sarebbe potuta salvarsi la pelle e basta!

È perchè lei sapeva, dannazione, sapeva di quel Quaderno della Morte.

E ricordava il viso intelligente di Near, pelle lattea che le suscitava ricordi non scomodi, l'erede di Elle e la sua indifferenza, gentile nonostante tutto, mentre in sala mensa lei lo tempestava di domande su cosa ne pensasse del caso Kira... domande a cui l'albino dava rispose secche e precise, se ne dava.

E ora era lì, nella camera da letto della signora Monroe, uccisa barbaramente, mentre singhiozzando pregava perchè la cassaforte si aprisse, pigiando sui numeri spasmodicamente mentre avvertiva i passi cadenzati dell'uomo salire le scale.

Pochi secondi, solo una manciata, e l'avrebbe raggiunta.

-Ti prego...- sussurrò disperata, un groppo in gola mentre non riusciva ad impedire che il buio le invadesse la mente, investendola di potenti ricordi e immagini che mai avrebbe voluto rivivere... non in quel momento.

Finalmente, dopo qualche esitazione la lucina della cassaforte divenne da rossa a verde, rivelandone con uno scatto il contenuto: Linda quasi baciò la tessera che ne prelevò, correndo alla finestra aperta e facendo scivolare una gamba fuori.

Rabbrividì alla vista dell'umida erba: solo un paio di piani... nulla di più, niente di peggiore di un coltello conficcato nella gola.

Non seppe come trovò il coraggio di saltare, ma lo fece, atterrando con gambe molli e instabili e, prendendo a correre goffa più che potè, sparì nel buio delle strade di Londra.

Beyond Birthday, ormai affacciato troppo tardi da quelle tende scostate e troppo candide, ghignò frustrato, stringendo maggiormente la lama mentre si allontanava da quella visione, il volto nuovamente abbracciato alle tenebre.

Dopo tutto il percorso compiuto... non avrebbe permesso a quella mocciosa di mandare a monte i suoi piani.

 

 

 

 

 

-Sarah, hai visto le carte del signor Halem? Devo firmarle per domani.-

Le dita abbronzate per le numerose lampade scorrevano fugaci sui fogli che impilavano la, nonostante tutto, ordinata scrivania in mogano, illuminata dalla luce artificiale della lampada da tavolo.

-No, signor Carter.- rispose la donna, sistemandosi gli occhiali sul naso sottile: -Ma vado subito a vedere in archivio.- si congedò, dopo che l'uomo l'ebbe ringraziata tacitamente con un sorriso.

Paul Carter si appoggiò sfinito con i gomiti al legno, prendendosi la testa fra le mani e massaggiandosela: era tutto il giorno che sgobbava su quei dannati documenti, senza nemmeno una minima pausa, e adesso ne perdeva anche uno?

Si chiese sconsolato chi gliel'avesse fatto fare, di laurearsi in economia.

Assaporò quei rari momenti di silenzio interrotti solo dal canto discreto degli spettacoli notturni di Los Angeles, quando qualcosa lo fece sobbalzare.

-Bella serata, non è vero?-

L'uomo sentì una morsa al cuore dinanzi a quella voce profonda e beffarda, scattando sulla sedia girevole: seduto sul davanzale della finestra, le sue gambe ciondolavano nel vuoto sottostante, le dita guantate a stringere una pistola.

Riusciva ad intravedere solo parte del profilo a causa della ragnatela di capelli biondi che giocavano sul suo viso, ma quello gli bastò e avanzò per capire subito di chi si trattasse:

-C-che ci fai qui..?- mormorò, impaurito, serrando convulsamente le dita attorno ai braccioli, come se potessero sfuggirgli dalle mani.

Il ragazzo si voltò lentamente verso di lui con sguardo quasi annoiato, piantando in mezzo alla fronte le sue iridi di ghiaccio bollente: sorrise obliquo nell'ombra mentre entrava del tutto e si avvicinava, sovrastandolo con la sua figura;

-Ho notato con dispiacere che hai mal di testa... forse questo ti potrebbe aiutare a far sparire il dolore.- la fredda canna della pistola premette decisa sulla sua fronte, lasciandolo boccheggiante.

Click.

Nessuna sicura. Tremó visibilmente.

-Attento, però: potrebbe avere effetti collaterali.- Mello ghignò beffardo davanti alla goccia di sudore freddo che aveva attraversato la tempia dell'uomo che, sconfitto, abbassò mesto il capo:

-Cosa vuoi..?-

Si godette, terrorizzato, l'espressione del ragazzo che, da sorridente, diveniva furibonda e lacerante, un ghigno di profondo disprezzo che gli deturpava gli angelici lineamenti:

-Quello che non mi hai detto l'altro giorno... la verità.-

L'uomo strinse le labbra di fronte a quell'ordine che non ammetteva repliche o scusanti, distogliendo lo sguardo da quello fiammeggiante del mafioso.

Era passato del tempo... troppo tempo, ma evidentemente quella fatalità del passato non era stata abbastanza, come condanna.

-D'accordo... ti dirò ogni cosa.-

 

 

 

 

 

Matt, la chioma rossa illuminata dalle prime luci dell'alba, osservò il foglietto un po' sgualcito fra le dita guantate di scuro, il cellulare in anonimo vicino all'orecchio mentre, apparentemente calmo, aspettava che gli squilli cadenzati smettessero.

Dopo alcuni tentativi a vuoto, quel nome americano gli era balzato sotto gli occhi: ormai esaurita la lista di nomi giapponesi che avevano frequentato la Wammy's nella classe di Elle, non rimaneva altro che esaminare i nomi restanti.

Ne aveva già testati quattro o forse cinque, ma nulla che realmente potesse valere come collegamento.

-Pronto?- finalmente, una voce femminile interruppe il flusso degli squilli.

Ci mise un paio di secondi a rispondere, rimasto accigliato da quella voce professionale e femminile: Paul Carter, citava il foglio, senza dubbio un uomo.

Segretaria?

-Buongiorno, sono Brown...Luke.-

Luke? Sul serio, che nome di merda. Ma era talmente concentrato su quello che avrebbe dovuto dirle che il nome, onestamente, non aveva importanza: -...mi chiedevo se potessi parlare con il signor Carter riguardo la mia assicurazione, ho davvero bisogno dell'aiuto... di un esperto.-

Lidner, seduta sul divano di fronte a lui con le braccia conserte, sollevò le sopracciglia, perplessa: quale idiota sarebbe cascato in una trappola così banale? E c'era anche l'atteggiamento ruffiano..!

Ma, evidentemente, la segretaria in questione non aveva molta esperienza nel campo, oppure semplicemente si era infatuata della voce roca e sexy di 'Luke', dato il sorrisone che Matt le rivolse per far tacere le sue insinuazioni.

-Mi dispiace signor Brown, ma il signor Carter non c'è al momento. È al lavoro.-

-Oh...- finse Matt, ostentando dispiacere e nonchalance: -Ma... è sicura? Sono passato alla sua banca poco fa, ma non era in servizio.-In realtà, gli era bastato semplicemente hackerare il sistema di sicurezza della banca per vedere che non si era recato a lavoro. Tanto, con l'anonimo la segretaria non avrebbe mai scoperto che Matt si trovava in Giappone.

Non voleva calcare troppo la mano e insospettirla, motivo per cui si limitò ad assumere un tono vagamente preoccupato e disinteressato: -Ha ragione, ma vede... il signor Carter è stato mandato in Giappone per fotografare una chiesa in ristrutturazione, la cattedrale di San Sebastiano.-

-Una chiesa?- Matt rimase enormemente stupito: ma non era forse un banchiere? Che diamine stava succedendo? Ignorò bellamente le occhiate preoccupate che Halle gli stava rivolgendo per essere scattato all'inpiedi, volgendo altrove lo sguardo.

-Si, spesso come secondo lavoro il signor Carter è ingaggiato come fotografo in occasione di alcune ricorrenze... ha questa passione fin da bambino ma, ormai, la vede quasi come un'altra fra le tante responsabilità!- la donna represse un sospiro esasperato, e Matt si sforzò di farle percepire una vaga seppur ipocrita risata:

-Lei è stata molto cortese, signorina. Richiamerò io fra qualche tempo, non si preoccupi di disturbare il signor Carter.-

-Oh, ma ne è sicuro? Posso farla richiamare e...-

Click.

Il ragazzo, fremente, ripose in tasca il telefonino dalla comunicazione interrotta e si infilò il giubbotto, perentorio.

-Matt, mi vuoi spiegare?- esclamò al limite dell'isteria l'agente, affrettandosi a infilare la giacca per non rimanere indietro: -Non c'è tempo adesso, fidati di me!-

-Va bene, ma...- la donna balbettò, perplessa dal suo atteggiamento, solitamente così calmo e bonario, e dalla sua improvvisa fretta di uscire, ma il sorriso carico che il ragazzo le rivolse la spiazzò completamente.

-La scheda di Carter mentiva! Potrebbe essere lui il nostro uomo... Ma adesso andiamo, ti spiegherò tutto in macchina!-

Halle rimase per qualche istante pietrificata dalla luce entusiasta che, come un bagliore, aveva rischiarato le iridi smeraldo di Matt, precedendo il suo fiondarsi per le scale del palazzo, rumorosamente.

L'agente corse nella speranza di raggiungerlo, chiudendosi la porta alle spalle mentre scendeva gli scalini a due a due, il cuore in gola.

Il microfono per Elle ormai disattivato nella tasca grigia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice

 

PRR:

Kleveland: Questa recensione in cui mi commenti gli eventi me gusta proprio! :P Ti ringrazio di seguire questa storia con interesse, e per il capitolo figo... evvai!

P.S.: ho visto che hai messo Starstruck fra le preferite... ma quanto posso essere felice? :'')

 

RainXSmile: Sto per piangere per tutti i complimenti immeritati che mi fai :'') Sei dolcissima Rain... posso chiamarti così? Mi ricorda un nome alla detective Conan! ...Ah no, quella era Ran^^''

Va bhe sto fusa, lascia perdere xD Mi piace come commenti gli avvenimenti, e sono ancora più felice del fatto che stia caratterizzando B come si deve... gli psicopatici sono sempre un mistero, non c'è nulla da fare! o.o

 

AlexSickness: Un giorno ti farò amare più Matt di BB, magari proprio con questa storia... sul serio u.u Che poi vorrei sapere, adesso è anche uscito un altro rivale: Ryuk! Mannaggiaaa, non c'è pace, non c'è pace! XD Spero di essere riuscita a scrivere un po' più su Mello, dato che mi hai detto che a causa del rossino lo stavo un po' trascurando! (MAW---> no, non Leo, ma: Mello All the Way xD)

[Sto male^^]

 

Amaya12: Si, Matt è un maniaco, pensavo lo sapessi! :'')

Maya, non c'è pace per il piccolo Near! Ti ha inquietato con BB, dici? Si, hai ragione, ma la mia parte Yaoi doveva essere soddisfatta in qualche modo ** (quella ufficiale arriverà... oh, eccome se arriverà... ah ah ah -pervert mode-) Dire che scrivo come un film è qualcosa di assurdo!! Grazie mille, sto spargendo petali di rosa everywhere... uhm, no... calendula. (??!!)

 

 

Questo capitolo è stato come due ore di palestra... mio Deo che fatica. o.o''

Non penso di avere altro da aggiungere, per il momento... A voi la parola!

 

 

 

 

 

 

 

 

-FM.

 

 

 

 

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