Operazione Famiglia.

di SwanFangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rock band. ***
Capitolo 2: *** Gelosia. ***
Capitolo 3: *** Halloween. ***
Capitolo 4: *** Vacanza. ***
Capitolo 5: *** Trasloco. ***
Capitolo 6: *** Armadio. ***
Capitolo 7: *** Il libro. ***
Capitolo 8: *** Le Salvatrici. ***
Capitolo 9: *** Nuovi mondi. ***
Capitolo 10: *** Smarrimento. ***
Capitolo 11: *** Salvare Dim. ***
Capitolo 12: *** Prigionieri. ***
Capitolo 13: *** C'era una volta... ***
Capitolo 14: *** La prima promessa. ***
Capitolo 15: *** La seconda promessa. ***
Capitolo 16: *** Mancanza. ***
Capitolo 17: *** Non preoccuparti. ***
Capitolo 18: *** Amare e appartenere. ***
Capitolo 19: *** Vero Amore. ***
Capitolo 20: *** Ufficializzare. ***
Capitolo 21: *** Scelte. ***
Capitolo 22: *** Paure. ***
Capitolo 23: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Rock band. ***


“Andiamo, Regina! Non fare i capricci!” urlò TinkerBell.

“Non verrò, è inutile che cerchi di convincermi!” si lamentò l’altra donna, sepolta tra le lenzuola del grande letto a due piazze.

“Porta fuori il tuo bellissimo sedere!” esclamò ancora la fata, togliendole le coperte di dosso.

“Magari stasera ci verrà qualcuno con te in questo letto enorme.”

“Tink, sei terribile.”

Detto questo, Regina si alzò e cominciò a prepararsi, anche se controvoglia.

Andava sempre così: la sua bionda e pazza amica voleva fare qualcosa che non le andava assolutamente a genio, eppure era costretta a parteciparvi. E non poteva mica dire di no, perché Trilli non accettava mai un ‘no’ come risposta. Le voleva bene, ma non voleva che andasse come quella volta che le aveva fatto conoscere un uomo, assicurandole che quello fosse l’amore della sua vita, per poi scoprire che era sposato ed aveva un bambino. Chissà in  che strana situazione stava per coinvolgerla stavolta.

“Woah, sei uno schianto! Farai strage di cuori stasera!” disse la ragazza, non appena la vide.

All’occhiata severa di Regina, che la guardava con un sopracciglio inarcato, TinkerBell si rese conto di ciò che aveva appena detto e balbettò, imbarazzata: “Devo smetterla di parlare per metafore.”

Le due uscirono dalla villa, dirigendosi verso una meta che solo una di loro conosceva.

“Ti prego, Tink! Dimmi dove andiamo!” la supplicò Regina alla fine, dopo aver tentato tutti i metodi di persuasione che conosceva… aveva anche pensato di provarci con lei per ottenere informazioni, ma si era detta che non era il caso.

La fata fu tentata di rivelarle tutto –non capitava tutti i giorni che Regina supplicasse qualcuno, ma poi ricordò della promessa che aveva fatto. Però erano quasi arrivate, si disse, così glielo rivelò. Tanto non poteva mica buttarsi dalla loro auto in corsa, no?

“Okay, okay… Stiamo andando al Rabbit Hole.” alzò le spalle. “E, indovina? Stasera suonerà una rock band!”

Trilli sembrava entusiasta, ma il sindaco fece una smorfia di disappunto. Non le erano mai piaciute le band. Figuriamoci quelle rock. E non aveva alcuna voglia di sentire qualche capellone strillare mentre gente osava chiamare ciò ‘musica’*.

Poi disse, sorpresa: “Ci sono rock band a Storybrooke?”

“I personaggi delle favole si stanno modernizzando!” rispose l’amica, continuando a guidare verso il locale.

Arrivarono, e Regina continuò a pregare l’amica perché tornassero a casa, ma TinkerBell non volle sentire ragioni.

Appena entrate un chiasso di giocatori d’azzardo che strillavano le colpì, ed un odore nauseante di alcol si presentò come primo benvenuto; ma tutto ciò era consueto in un locale come il Rabbit Hole. Degli uomini, che Regina non conosceva affatto e non voleva conoscere, la accolsero con fischi d’approvazione e saluti non poco scurrili. Sbuffò, e fu allora che la vide.

Stivali neri dal tacco fin troppo alto, pantaloni attillati in pelle che mettevano in risalto le sue curve morbide, giacca di pelle, capelli biondi attaccati con una bandana nera. Il trucco della ragazza era pesante, ma non troppo, ovviamente nero, come tutto il resto. Ma ciò che risaltava di più erano i suoi occhi verdi che risplendevano nel chiarore del locale, pieni di vitalità ed energia, come sempre.

Dopo lo shock iniziale, Regina mormorò: “Non mi dire che-“

Guardò dietro Emma e vide uno spettacolo di quelli che non sai se ridere o piangere.

Leroy, che si stava scolando una bottiglia di whiskey, era seduto di fronte ad una batteria più alta di lui; Charming stava armeggiando con un basso, probabilmente non sapendo che farci; Mary Margaret aveva una chitarra elettrica tra le braccia, che cullava come fosse un bambino.

Alla fine Regina non riuscì né a ridere che a piangere, perché si trovò le braccia di Henry attaccate alla vita.

“Mamma, sei venuta alla fine!” esclamò il ragazzo, contento.

“Sì, ed anche tu a quanto pare…” disse, abbastanza contrariata. “Aspetta qui, Henry, vado a parlare con tua madre.”

La mora si avviò, sicura di sé, verso il palco, ignorando le attenzioni che le venivano rivolte da altre persone di sesso maschile con cui non voleva assolutamente avere a che fare.

“E così è questa la sua band, signorina Swan? Mi aspettavo di più che Biancaneve, il principe Azzurro e uno dei sette nani.” disse, pungente.

Emma non perse il sorriso e si avvicinò di più a lei.

“Sei meravigliosa stasera.” commentò. “E comunque spaccheremo, tanto che alla fine verrai a congratularti.”

Regina, ridacchiando cominciò a canticchiare “I sogni son desideri chiusi dentro al cuor!”, facendo ridere anche Emma, che non si aspettava di vedere il Sindaco così disposto a scherzare con lei.

“Emma è sexy stasera, uh?” le chiese all’orecchio TinkerBell, quando si sedette accanto a lei e ad Henry.

Regina si voltò di scatto, guardandola come se fosse pazza, e disse cautamente: “Tink, c’è forse qualcosa che vuoi dirmi?”

Trilli la spinse giocosamente, per poi concentrarsi sulla band, che sembrava sul punto di cominciare.

Emma prese il microfono e disse al pubblico: “Salve, probabilmente molti di voi ci conoscono come ‘la famiglia reale’… ma stasera siamo una band, i Fairytales e vi faremo ascoltare Stray Heart .”

Regina rise al nome che avevano scelto e si accomodò meglio per godersi lo spettacolo, convinta che avrebbero fatto una pessima figura… questo prima che Emma cominciasse a cantare.

 
I lost my little baby with a stray heart
Went to another
Can you recover, baby
Oh, you’re the only one that I’m dreamin’ of
Your precious heart
Was torn apart by me and you

 
Emma aveva una splendida voce.

La sorprese il sottotesto che poteva (o non poteva) avere quella canzone, sembrava quasi che parlasse di loro in un certo senso. Ma ciò che la colpiva di più era il suo sguardo. All’inizio era come se lottasse per non guardare qualcosa, o meglio qualcuno, poi si arrese ed alzò gli occhi, guardandola proprio mentre diceva che il suo prezioso cuore era spezzato.

 
You’re not alone
Oh, oh, and now I’m where I belong
We’re not alone
Oh, oh, I’ll hold your heart and never let go

Regina sorrise.

Di solito era lei a stringere i cuori della gente, e non in maniera piacevole. Ma era vero, adesso finalmente Emma era nel luogo a cui apparteneva, con le persone con cui doveva veramente stare.

 
Everything that I want
I want from you
But I just can’t have you
Everything that I need
I need from you
But I just can’t have you

 
Sarebbe dovuta essere sorpresa dal fatto che i tre inaspettati musicisti non stessero sbagliando una nota, grazie alle lezioni di Emma; avrebbe dovuto prendere in giro in qualche modo quella band strampalata; ma l’unica cosa che stava facendo era fissare Emma Swan, e ciò non andava per niente bene.

Così pensò di alzarsi ed andare via, ma la bionda non era d’accordo, così scese dal palco e le andò incontro, con un tacito rimprovero nello sguardo, ma che nascondeva non molto bene il divertimento della ragazza nel fare ciò che stava facendo, cioè metterla in imbarazzo.

 
I’ve said it a thousand times
And now thousand one
We’ll never part
I’ll never stray again from you
This dog is destine
For a home to your heart
We’ll never part
I’ll never stray again from you

 
Quante cose avrebbe potuto dire: che con quella strofa aveva confermato il fatto che la stesse stalkerando, che il paragone con il cane non faceva una piega trattandosi di Emma Swan. Ma Emma stava cantando, avvicinandosi sempre di più a lei, che era, come dire, paralizzata.

Arretrava verso l’uscita, ma Emma era sempre pronta ad andarle incontro, impedendole di scappare via com’era solita fare.

 
You’re not alone
Oh, oh, and now I’m where I belong
We’re not alone
Oh, oh, I’ll hold your heart and never let go

 
Regina era imbarazzata da morire.

Tutti la guardavano, aspettandosi qualcosa di veramente cattivo, chiedendosi come mai il Sindaco non avesse ancora ucciso la bionda. Se lo chiedeva anche le visto che era veramente arrabbiata, non tanto da lasciare Henry senza una delle sue madri, ma arrabbiata.

Everything that I want
I want from you
But I just can’t have you
Everything that I need
I need from you
But I just can’t have you

 
Regina prese una decisione. Avrebbe zittito Emma, in un modo o nell’altro, perché quella donna la stava mettendo in imbarazzo davanti a tutti e perché le sue guance erano diventate rosse –lei non arrossiva mai.

Fu allora che Regina le sussurrò all’orecchio un flebile “ti amo”.

 
You’re not a-
 
Emma si zittì di colpo. Guardò la mora e, con la bocca spalancata, la trascinò fuori dal locale.
Leroy, Charming e Snow erano rimasti lì a suonare senza una cantante, domandandosi cosa diavolo fosse successo, come tutto il pubblico d’altronde.

TinkerBell prese per mano Henry e i due seguirono le due donne.

Emma era ferma, seduta su una panchina, e non aveva ancora richiuso le labbra. Regina andò da lei e, sbuffando, prese il viso di Emma tra le dita, chiudendole la bocca.

“Signorina Swan, non mi guardi in quel modo…” disse, sedendosi al suo fianco. “Non dicevo sul serio. Era solo per farla smettere di cantare!”

La bocca di Emma stavolta si trasformò in una smorfia.

“Ero così stonata?” chiese, mettendo il broncio.

“No.” ammise la mora. “Ma mi stava mettendo in ridicolo.”

“Volevo solo che ti divertissi… che ti sentissi accettata.” mormorò Emma, con tono dispiaciuto e di scuse.

Regina si sentì in colpa, il che non era affatto da lei… Ma Emma stava cercando di farla sentire a suo agio e lei si era arrabbiata con lei senza motivo. Per quanto i modi non fossero stati consoni, almeno lei ci aveva provato, a differenza dei molti altri abitanti di Storybrooke.

“Scusa, Emma.” disse Regina.

Emma proprio non se l’aspettava. In effetti erano le due parole più inaspettate che Regina potesse pronunciare.

Perché Regina non chiedeva mai scusa.

Perché Regina non la chiamava mai per nome.

Perché Regina non le dava mai del ‘tu’.

Perché Regina non le avrebbe mai chiesto scusa dandole del ‘tu’ e chiamandola ‘Emma’!

Lo sceriffo si voltò verso Regina e le sorrise, con quel sorriso rassicurante che rivolgeva a poche persone.

“Sei stata brava.” ammise Regina.

Le due risero insieme.

“Ma non credo che il rock sia il tuo genere.” aggiunse poi, scuotendo la testa con fare divertito.

“Può darsi, ma la mia band ha qualcosa che nessun’altra avrà mai.” affermò la Salvatrice, con un sorrisetto dipinto sul volto.

“Cioè?” chiese Regina, aggrottando le sopracciglia.

“Biancaneve che suona la chitarra elettrica, che altro?” rise Emma.

E le due scoppiarono a ridere. Insieme. Di nuovo. Mentre Henry e Trilli sorridevano, complici.

Il loro piano stava funzionando.

 



 
* E’ stato difficile per me scrivere questo, da rockettara xD Ma immagino che è una cosa che Regina direbbe.
Detto questo, eccomi di nuovo!
Finalmente scrivo una storia su uno dei telefilm migliori della storia. E' la prima che scrivo su Once Upon a Time, e la prima che scrivo sulle Swan Queen, quindi spero siate clementi!
Bene, se vi è piaciuto questo inizio fatemelo sapere, e se non vi è piaciuto ci tengo ancora di più che me lo facciate sapere.
Ho intenzione di portare questa fanfiction ad un livello successivo, cioè quello in cui avrà una storyline più impegnativa e più elaborata, con l'introduzione di qualche nuovo personaggio che, probabilmente, non abbiamo mai visto nel telefilm... e nemmeno nelle favole. Ma questo solo dopo qualche fluffuoso e simpatico capitolo che servirà esclusivamente a far capire come lentamente le nostre ragazze accetteranno i loro sentimenti e li esprimeranno per la prima volta. Il che ci porta ad un punto in cui vi dico che, ovviamente, loro staranno insieme. Certo, ci saranno difficoltà in futuro, ma questa coppia è praticamente estabilished.
Comunque, spero di avere vostri riscontri. Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Gelosia. ***


“Buongiorno, signor Sindaco.” disse Emma, accostando per salutarla.

“Buongiorno, sceriffo Swan. Come va la sua giornata?” sorrise Regina, cordialmente.

“Benissimo adesso.” ammiccò la bionda, facendole gli occhi dolci.

Io non faccio gli occhi dolci, pensò Emma, cercando di togliersi quello sguardo adorante, che era fin troppo evidente, dalla faccia.

“Scusate, ci sarei anche io.” disse Henry, ridendo sommessamente per il modo in cui le sue mamme si stavano guardando.

“Oh, ciao, ragazzino!” lo salutò la ragazza, scompigliandogli i capelli senza smettere di sorridere.

Henry scosse la testa, rassegnato, e salì sul maggiolino, seguito dalle madri, com’era di routine negli ultimi giorni.

“Sono ancora sorpresa dal fatto che accetti di viaggiare nella mia macchina.” disse Emma, mettendo in moto e parlando con la mora.

“Mi piace il pericolo.” rise Regina, melliflua.

Il ragazzino alzò gli occhi al cielo.

Da quando lui e TinkerBell avevano avuto quella grande idea di far avvicinare le due donne, Regina ed Emma erano diventate così buone e spensierate che a volte davano il voltastomaco quasi quanto i suoi nonni –parlava ovviamente di David e Mary Margaret, non certo di Cora o Tremotino, che erano tutt’altro che dolci. Regina aveva cominciato a fargli le coccole come quando era piccolo, ed Emma aveva preso la stessa abitudine, nonostante non sembrasse un tipo da coccole. Erano diventate le mamme perfette… magari anche troppo!

Arrivati da Granny’s, i tre si sedettero al solito tavolo, quello in cui facevano colazione tutti insieme da una settimana.

“Fatemi indovinare: due cioccolate calde con panna e cannella, un caffè nero bollente e tanti pancakes.” disse Ruby, sorridendo alla piccola famiglia che, da un po’, sembrava molto felice.

La ragazza si abbassò per salutare e gli occhi di Regina si posarono un attimo sulla sua scollatura. Fu un momento, ma Emma se ne accorse. Se ne accorse eccome. E, quando Ruby andò a preparare le loro ordinazioni, Regina guardò anche i suoi fianchi ondeggiare per qualche secondo. Poi si voltò e accarezzò i capelli di Henry con fare amorevole, mentre Emma sbuffava, tentando di reprimere la rabbia.

Regina aveva voglia di qualcuno che l’abbracciasse, che la baciasse, che la facesse sentire amata. Ma quel qualcuno non c’era e lei non poteva far altro che guardare. Guardare Ruby e i suoi vestiti succinti era l’opzione migliore perché, se avesse guardato Emma, avrebbe potuto rovinare il rapporto creatosi tra loro. E lei non voleva che ciò accadesse, stavano così bene ed avevano creato un equilibrio a dir poco perfetto. Non poteva fare un passo falso a quel punto.

I tre fecero colazione chiacchierando un po’, anche se sia Henry che Regina aveva notato che Emma fosse più silenziosa del solito. Anche mentre accompagnavano Henry a scuola non spiccicò una parola, e Regina era preoccupata.

Quando loro figlio le salutò entrambe entrando a scuola e chiedendosi perché a quell’età dovessero ancora accompagnarlo a scuola, Regina prese il viso di Emma tra le sue mani, proprio come aveva fatto quella sera, fregandosene del resto della gente che poteva vederle e fraintendere tutto.

“Cosa c’è, Emma?” chiese.

“E me lo chiedi pure?!” sbottò la bionda. “Ti sembra normale guardare, o meglio scoparti con gli occhi Ruby in quel modo?! Per di più di fronte ad Henry!”

Regina si morse il labbro, colpevole.

“M-mi dispiace, io… non so cosa mi sia preso.” cercò di giustificarsi il Sindaco.

“Lo so io cosa ti è preso.” disse Emma, arrabbiata.

“Emma, aspetta!” la chiamò Regina, mentre lei se ne andava senza nemmeno voltarsi per darle ascolto.

Regina ebbe veramente voglia di schiaffeggiarsi.

Aveva decisamente fatto un passo falso.


 
“Te lo giuro, Henry, tua madre sembrava infuriata! O meglio, gelosa/infuriata!” raccontò TinkerBell, seduta fuori dalla scuola con Henry.

Per fortuna Regina le aveva chiesto di andare a prendere suo figlio a scuola, così lei aveva potuto dirgli degli sviluppi tra le sue mamme.

“Hey! Di che parlate, ragazzi?” chiese Snow, sedendosi accanto a loro.

“Nonna, che fai qui?” domandò a sua volta Henry.

“Tua mamma mi ha detto di venirti a prendere.” rispose la donna.

“E l’altra mamma l’ha chiesto a me.” intervenne la fata.

Nuovamente Henry si chiese perché a tredici anni non potesse tornare a casa da solo… non gli sembrava di chiedere molto!

“Snow, ti andrebbe di partecipare ad una… operazione?” chiese poi TinkerBell.

“Che operazione?”

Henry e Trilli si rivolsero uno sguardo entusiasta, rispondendo all’unisono: “L’Operazione Famiglia!”


 
Emma stava sorseggiando la sua seconda cioccolata della giornata –ovviamente con la cannella, quando suonarono alla porta di casa sua che, per una volta, era deserta. Convinta che fossero Mary Margaret ed Henry, andò subito ad aprire.

“R-Regina…” balbettò, trovandosi il Sindaco davanti.

“Emma… Posso entrare?” chiese Regina.

La bionda si scostò, lasciandole via libera, mentre Regina entrava e si accomodava con fare elegante su una sedia. Emma si sedette al suo fianco. Le due donne si guardarono per qualche secondo, poi dissero contemporaneamente: “Scusa”.

“Per cosa ti stai scusando?” chiese Regina, perplessa.

“Per la scenata che ho fatto oggi.” rispose Emma.

“Avevi ragione. Sono stata del tutto priva di autocontrollo.”

“Non puoi sempre avere il controllo di tutto.” disse lo sceriffo, con un mezzo sorriso. “E poi non me la sono presa per via di Henry o perché sei stata del tutto priva di autocontrollo.”

Regina aggrottò le sopracciglia, mentre la bionda ammetteva: “Io… me la sono presa così tanto... perché ero gelosa.”

Prima che Regina potesse replicare o semplicemente baciarla senza alcun autocontrollo, appunto, Emma continuò: “Non che io sia innamorata di te o cos’altro, è solo che mi piace il fatto che siamo diventati come una famiglia e non voglio che tu trovi qualcun altro, perché ho paura di perderti. Sono stata egoista, scusami.”

Regina sorrise, prendendo le mani della bionda tra le proprie e accarezzandole lievemente.

“Non troverò nessun altro, Emma. Nessuno rimpiazzerà mai ciò che tu ed Henry siete per me. Siete voi la mia famiglia.” spiegò Regina, riuscendo finalmente a definire quel qualcosa che avevano cominciato ad essere fin da quando Emma era arrivata a Storybrooke.

Doveva ammettere che sperava tanto in una specie di dichiarazione da parte della ragazza, ma forse le sue erano solo speranze vane, ammise mentalmente. E poi stavano bene com’erano, non c’era bisogno di altro. Almeno sperava di convincere se stessa con quelle parole.

Così si limitò ad abbracciare Emma che, sorpresa, la strinse a sé a sua volta.

“Comunque, anche io ogni tanto ho buttato l’occhio sulla scollatura di Ruby.” confessò Emma. “D’altro canto, è impossibile non farlo, quella ragazza si veste come se fosse pronta a girare un film a luci rosse da un momento all’altro.”

Regina rise.

“Fammi assaggiare questa cioccolata. Vorrei sapere cos’ha di così speciale la cannella, dato che a te ed Henry piace tanto.”
 


“Quindi voi due volete che Regina, la Evil Queen, ed Emma, la Salvatrice, stiano insieme?” chiese Mary Margaret, confusa.

“No, nonna.” ritrattò Henry, facendole prima tirare un sospiro di sollievo e poi rimettendole di nuovo quella pulce nell’orecchio. “Noi vogliamo che Regina ed Emma, le mie mamme, stiano insieme.”

SnowWhite sorrise, nonostante la sua perplessità e soprattutto il fatto che quella situazione la inquietasse molto. La sua bambina e la sua matrignainsieme ?! Sì, da un po’ di tempo le due andavano d’amore e d’accordo, ma non voleva necessariamente dire che si amavano.

Magari lo stavano facendo solo per Henry.

Magari quella tregua era solo temporanea.

O magari erano davvero innamorate l’una dell’altra, ed Henry e TinkerBell se ne erano accorti prima di loro… e prima di lei! E pensare che lei era sempre stata un cane da tartufi quando si trattava di amore! Lo fiutava a chilometri di distanza! Possibile che non si fosse accorta di nulla?

“Forse non lo hai notato perché non eri pronta ad accettarlo.” disse saggiamente suo nipote, come leggendole nel pensiero.

“Come?” chiese Snow. “Perché non avrei dovuto?”

“Beh…” intervenne Trilli. “Regina è stata la tua spina nel fianco per molto tempo, avete un brutto passato alle spalle. Capisco che tu non abbia voluto accettare che tua figlia l’amasse."

Biancaneve sospirò.

Forse Trilli aveva ragione. E se quelle due si amavano veramente, lei avrebbe fatto di tutto purché il Vero Amore trionfasse per sua figlia proprio come era successo a lei. Non importava se il suddetto Vero Amore fosse l'ex Regina Cattiva: adesso non lo era più, quindi le avrebbe dato una seconda opportunità, come Emma aveva sempre fatto.

“Okay, vi aiuterò.” accettò Mary Margaret, dopo averci riflettuto su per un po’.

“Perfetto!” esclamò TinkerBell, alzandosi. “Chi vuole una cioccolata per festeggiare?”

“Però la prendiamo a casa. Ruby ha già combinato abbastanza casini senza saperlo, e poi oggi è proprio da censura.” scherzò Snow.

I tre complici camminarono verso il piccolo appartamento dove Henry, Emma, Mary Margaret e David convivevano, parlando della prossima mossa che avrebbero messo in atto per far ulteriormente incontrare le due donne ad un punto di svolta.

Quando entrarono, le trovarono sedute sul divano a guardare la televisione; o per meglio dire Emma dormiva tra le braccia di Regina, e Regina la guardava dormire, mentre la televisione trasmetteva fotogrammi a cui nessuno faceva caso.

Henry, Mary Margaret e TinkerBell sorrisero, felici.

“Ciao, Regina!” la salutarono all’unisono.

La mora salutò le due ed abbracciò Henry, sorridendo immediatamente alla vista del figlio.

“La mamma si è addormentata sulla tua spalla.” constatò Henry, furbo.

“Eh, già.” arrossì Regina.

Tesoro, vuoi una cioccolata?” le chiese Snow, mentre la preparava.

Regina rimase colpita da quel tesoro riferito proprio a lei e le rivolse un sorriso stupefatto.

“Io… no, ho bevuto quella di Emma prima.” rispose, dopo essersi riscossa per la contentezza che quel nomignolo da parte della donna di cui era stata la matrigna.

“Pensavo non ti piacesse con la cannella.” disse la fatina.

“Beh, Emma me l’ha fatta piacere.” replicò Regina, un po’ imbarazzata.

SnowWhite sorrise di consapevolezza.

Allora Henry e Tink avevano ragione. O almeno, questo era ciò che sembrava dalla parte di Regina. Il suo sguardo mentre diceva il nome della bionda era abbastanza eloquente, era proprio come il suo quando parlava di David. Sguardo pieno di amore e venerazione.

“Beh, credo proprio di dover andare adesso… Sapete, sono pur sempre il Sindaco e ho delle faccende da sbrigare. Henry, domani mattina passo a prendere te… ed Emma.” e sorrise ancora.

Perché per lei era inevitabile farlo quando parlava di Emma Swan.





Eccomi di nuovo!
Ho fatto abbastanza presto perché avevo già il capitolo pronto, e credo che varrà anche per qualche altro capitolo, dato che sono già scritti. Devo solo trovare il tempo di pubblicarli!
Bene, spero che anche questo vi sia piaciuto almeno un po', nonostante questo sia più un capitolo transitivo e fluffuoso, anche volto ad introdurre Mary Margaret (e chi se l'aspettava?) nell'Operazione Famiglia che, col tempo, si espanderà anche ad altri cittadini di Storybrooke!
Ringrazio tutti per il buon riscontro che ha avuto il primo capitolo, è molto importante per me che apprezziate ciò che scrivo solo per diletto.  
Beh, allora alla prossima, con un capitolo tutto dedicato ad Halloween (un po' in ritardo xD)!


 

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Capitolo 3
*** Halloween. ***


 “Io voglio vestirmi da Transformer !” esclamò Henry.

Regina storse la bocca.

"So che ho detto qualsiasi cosa, ma potresti scegliere qualcosa di più elegante, come un principe! Il mio principino.” disse la madre, baciandogli la tempia mentre lui faceva una smorfia.

“Ma i principi non fanno paura, mamma!” protestò Henry.

“Okay, okay. Ti ordinerò online un costume da Performer.”

Transformer.” la corresse il ragazzino.

“Sì, quello che è.” borbottò, come faceva sempre quando qualcuno la correggeva, e di solito si trattava sempre di Henry o Emma che la correggevano su cose prettamente riservate a quel mondo.

“Regiiina!” l’urlo di Emma risuonò nelle pareti di casa Mills.  

Il Sindaco, sbuffando e ridendo allo stesso tempo, si avviò verso la propria camera da letto. Arrivata dentro, spalancò gli occhi.

“Credo che abbiano sbagliato a mandarmi il vestito, perché questo non era ciò che avevo in mente.” disse Emma, con un tono misto tra l'allarmato e il divertito.

Emma aveva ordinato un vestito da strega. E, in effetti, quello somigliava vagamente ad un vestito da strega, ma le calze a rete ed i tacchi a spillo, per non parlare del top che non le copriva nemmeno lo stesso necessario, facevano pensare più a… a Ruby, sì. Però, per il modesto pensiero di Regina, Emma era molto più sexy di Ruby.

“Oh, ca-“ mormorò Regina, fermandosi prima di dire qualcosa di cui si sarebbe pentita.

Non riusciva a staccare gli occhi da quella figura così attraente.

“Credo lo dovrei rispedire indietro.” continuò la bionda.

“No!” esclamò d’impatto Regina, per poi rendersi conto di averlo detto ad alta voce. “C-cioè, non ordinarne un altro, posso prendertene uno io. C’è un amico della Foresta Incantata che fa il sarto, e lui può cucire qualsiasi cosa tu desideri.”

“Un sarto magico quindi.” disse Emma.

“Una specie…” rispose Regina.

“Forte!” esclamò la bionda, cominciando a togliersi il vestito.

La donna, imbarazzata e con le guance in fiamme, si voltò prima di poter vedere qualcosa che l’avrebbe portata al limite di sopportazione.

“Che ne dici di un vestito personalizzato? Cioè, tu sei la Salvatrice. Magari dovresti indossare un’armatura o qualcosa del genere.”

“Buona idea… Puoi voltarti.”

Regina allora, trovandosi Emma nei soliti abiti casual, sospirò, sollevata.

Anche se restava sempre bellissima, almeno non indossava più quei vestiti succinti che potevano stimolare ancora di più le sue fantasie su di lei che da settimane si erano fatte spazio nella sua mente.

“Okay, allora… vado a chiamarlo.” disse Regina, per di più per scappare da quella stanza.
 


Halloween: la festa dove i morti vivono e i vivi muoiono, per così dire.
Granny’s era stato addobbato a dovere, davanti ogni casa vi era almeno una zucca e tutti si erano vestiti per la festa… tranne Ruby perché, a suo parere, a lei bastava trasformarsi per avere il proprio costume di Halloween. Gli altri avevano tutti comprato i costumi da Fred, il sarto magico, che li aveva fatti davvero bellissimi e ricchi di particolari impressionantemente somiglianti.

Quando Regina uscì dal bagno sia Emma che Henry rimasero di stucco. La mora indossava un abito che richiamava molto lo stile della Regina Cattiva, pieno di fronzoli e con una scollatura che lasciava ben poco all’immaginazione, così come lo spacco che regalava la visione delle gambe della donna alla vista di chiunque.

“Sto per morire.” mormorò Emma, senza farsi sentire da Regina.

“Wow, mamma! Sei bellissima!” esclamò Henry, soddisfatto dell’effetto che aveva avuto sull’altra madre.

“Grazie, Henry, anche se con quel coso addosso non riesco nemmeno a vederti.” si lamentò Regina. “Non potevi prendere un costume dal sarto magico come hanno fatto tutti?”

“No, mamma, la magia ha sempre un prezzo.” recitò con saggezza il ragazzo.

Intanto Emma era rimasta lì a contemplare come il Sindaco sexy si fosse trasformato nella sexy Evil Queen.

“Ha visto qualcosa che le piace, Salvatrice?” la provocò Regina.

Oddio, pensò Emma. La… Regina ci stava provando con lei?

“Direi di no, Regina Cattiva.” rispose la bionda, con il petto gonfio d’orgoglio.

All’inizio Henry era convinto che stessero scherzando, ma poi Emma sguainò la spada, puntandola sulla giugulare della donna.

“Mamma, ma che fai?!”

“Non so chi tu sia, ragazzino, ma devi andartene. Tra poco la Regina Cattiva sarà solo un ricordo.” disse lo sceriffo, con tono grave.

Ma, non appena Emma alzò la spada per colpirla, Regina scomparve in una nube viola.

“Mamma!” urlò Henry, togliendosi il casco e prendendo per il braccio Emma.

Suonarono alla porta e il ragazzino, trascinando la bionda con sé per precauzione, andò ad aprire, trovando Ruby che sembrava a dir poco disperata.

“Sta succedendo un casino! Tutti pensano di essere i personaggi di cui indossano i costumi… e in effetti lo sono! E’ come se si fossero trasformati!” raccontò Ruby, scossa.

“Ruby-“ cercò di dire Henry, subito interrotto.

“Non capisci, Henry! E’ un guaio davvero grosso, e non so cosa possiamo fare perché, a quanto pare, io sono l'unica immune da questa... cosa !”

“Ruby, aspe-“ fece nuovamente lui, tentando di parlare.

“Credo che siano i costumi! Forse il sarto magico non era proprio l’opzione migliore!” disse ancora la ragazza-lupo.

“RUBY!”

“Che c’è?!” sbottò.

“Questa ragazza non mi sembra molto affidabile.” osservò la Salvatrice, guardandola in modo diffidente.

“Mia madre Regina è tornata la Regina Cattiva!” disse Henry, ignorando ciò che la bionda aveva detto. “E mia madre Emma è diventata la Salvatrice, e non in senso buono: vuole uccidere Regina!”

Ruby, scioccata, boccheggiò.

“Anche questo è un problema considerevole."
 


“Okay, abbiamo stabilito che sono i costumi a farli comportare come dei pazzi maniaci, quindi basterà toglierli e tutto tornerà normale.” rifletté Ruby. “Ma come facciamo?”

“Potremmo usare la magia. Anzi, Emma potrebbe usarla.” consigliò Henry.

“Magia? Tsk, io uso solo la forza del mio cuore per sconfiggere il male! Perché io sono la Salvatrice.” esclamò lei, convinta di sé.

Gli altri due si guardarono, sconvolti, per poi dire soltanto: “Okaaay…”

D’un tratto la stessa nube in cui Regina era sparita, ricomparì, e da quella spuntò la Evil Queen, così com’era scomparsa.

“Salvatrice dei miei stivali, non crederai mica di poter cercare di uccidermi e restarne illesa?” disse la donna, avvicinandosi alla bionda, che di nuovo sguainò la spada con atteggiamento fiero.

“No, non potete combattere! Voi vi amate!” protestò Henry.

“Ragazzino.” Henry sussultò a quel nomignolo da parte della madre. “La Regina Cattiva e la Salvatrice non potranno mai amarsi.”

Il ragazzo abbassò lo sguardo, triste. Allora Ruby, stufa, si tolse il cappuccio, dicendo: “A mali estremi, estremi rimedi.”

La ragazza si trasformò, con un obiettivo ben chiaro in mente. Aggredì Emma, senza farle male, e le sganciò l’armatura con i denti. Emma si guardò intorno, stranita.

“Che succede, Salvatrice? Il lupo ti ha mangiato la lingua?” ridacchiò la Regina.

“Regina!” la chiamò Emma, andandole incontro. “Sei bellissima!”

La Evil Queen inarcò un sopracciglio, confusa. “Ma che stai dicendo?! Tu… tu devi batterti con me, non farmi complimenti.”

Emma scosse la testa negativamente.

“Perché dovremmo batterci?” chiese.

Fu Henry a risponderle, dicendo: “Emma, lei crede di essere ancora la Regina Cattiva.” le spiegò.

Allora ad Emma tornò in mente ciò che era successo durante quell’arco di tempo e capì tutto quanto, allarmandosi all'istante e non sapendo che cosa fare per far tornare tutto alla normalità. Bella Salvatrice che era!

“E’ il vestito.” le disse ancora il ragazzino.

Emma allora seppe finalmente cosa fare. Era rischioso, specialmente per la sua sanità mentale, ma doveva farlo. Era suo dovere come Salvatrice purtroppo… o per fortuna, magari.

“Hey, Regina… Che ne dici di combattere in un luogo più consono e dove non ci sia nessuno a disturbarci, soprattutto?” chiese.
Regina, senza dir nulla, annuì, prendendole il polso e portando entrambe nel primo luogo isolato che trovò: l’ufficio dello sceriffo.

“Questo luogo ti sembra abbastanza intimo?” chiese la mora.

“Abbastanza.” disse Emma, ancora con il braccio bloccato dalla presa di Regina.

“Bene, allora… fammi vedere ciò che sai fare.” la sfidò la Evil Queen.

“Subito.” rispose la bionda.

In uno scatto repentino, Emma cercò di strapparle il vestito di dosso.

“Ma che diavolo stai facendo?!” urlò Regina.

“Sono la Salvatrice, quindi ti salvo.” disse Emma, per poi toglierle definitivamente l’abito di dosso.

Il risultato fu che Regina rimase solo in biancheria intima e si guardò intorno, scandalizzata. In particolare guardava le mani di Emma sui propri fianchi nudi, mani che bruciavano sulla pelle fredda. Non ci fu tempo per le spiegazioni, perché Snow e Charming, o meglio due vampiri assetati di sangue, entrarono nella stanza.

“Mi sa che qui abbiamo due amanti clandestine.” disse Mary Margaret, ridacchiando.

“Anche molto buone direi.” aggiunse David.

Regina ed Emma si guardarono, spaventate. Poi i due caddero per terra, tramortiti. Le due donne aggrottarono insieme le sopracciglia, più confuse di prima, quando Ruby entrò completamente dentro e le vide, strette l’una all’altra, con Regina mezza nuda. Ovviamente la Regina della malizia –stiamo parlando di Ruby-, fraintese.

“Oh! Henry, non entrare!” esclamò.” Mi dispiace, non pensavo di interrompere qualcosa.”

“No, Ruby!” urlò Emma, staccandosi dalla mora.

Intanto Regina fece comparire subito dei vestiti dal proprio armadio e cominciò a vestirsi di fretta.

“Non è come pensa lei, signorina Lucas.” disse, cercando di stare calma.

Red, ridendo sotto i baffi, rispose semplicemente: “State tranquille, non sono mica affari miei."

“Cosa gli hai fatto?” chiese Emma, sorvolando su quell'argomento e sperando che Ruby scordasse tutto prima o poi -il che non era per niente possibile.

“Li ho solo storditi. Ma si sveglieranno presto. Dobbiamo… ehm… spogliare tutti e mettergli addosso altri vestiti, dato che questi sono stregati.” spiegò Cappuccetto Rosso.

“Bene.” disse Regina.

Poi intervenne Emma: “Li lasceremo tutti in mutande!... Metaforicamente, intendevo. Oh, andiamo, non mi guardate così.”


 
Due giorni dopo, gli abitanti di Storybrooke erano ancora leggermente traumatizzati e confusi dall’accaduto. In particolare Emma e Regina, che aveva ricordato tutto, che non si parlavano dal momento in cui Regina era rimasta in biancheria intima davanti a lei, e Ruby, che cercava ancora di rimuovere quell’immagine dalla propria mente. Per fortuna che Snow e Charming non ricordavano nulla, o sarebbe stato ancora più imbarazzante.

Quel giorno Biancaneve andò ad abbracciare Henry che, fuori dalla scuola media che frequentava, stava malinconicamente leggendo un libro.

“Hey, Henry!” disse, allegra. “Novità per l’Operazione Famiglia ?” chiese.

“Credo che l’Operazione Famiglia chiuda qui.” rispose, triste. “Mia madre ha detto una cosa durante il sortilegio dei costumi: che lei e Regina sono la Salvatrice e la Regina Cattiva, e che per questo non potranno mai amarsi. Forse ha ragione lei.”

“No, no, Henry. Tua madre è una testona in qualsiasi sortilegio si trovi, e si sbagliava di grosso.” disse Mary Margaret, poggiando una mano sulla spalla del nipote.

“Ma forse-“

“Henry. Sei riuscito a convincermi che la mia matrigna e mia figlia sono innamorate. Dev’essere per forza così” rise lei.

Allora Henry ritrovò il buonumore e disse: “Beh, allora chiama TinkerBell. Abbiamo un sacco da fare!”




Ed anche questo capitolo si è concluso!
Ci tengo a ribadire che questi primi capitoli saranno un po' nonsense, ma tra non poco la situazione si scuoterà, catapultando le nostre eroine in una nuova avventura.
Bene, che ne pensate di questo capitolo? Vi ha soddisfatto abbastanza l'idea di Emma che spoglia Regina solo per rompere l'incantesimo, vero? xD A me sì! Sottolineo che ho preso l'idea dei costumi incantati da una puntata di Buffy (non ricordo quale) che ho adorato e a cui volevo rendere tributo, ma allo stesso tempo dalla quale mi sono distaccata un po' in alcuni punti.
Ringrazio tutti voi per il caloroso riscontro che mi state dimostrando, spero che continuiate ad apprezzare le mie opere intrise di follia! 
Alla prossima!


 

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Capitolo 4
*** Vacanza. ***


Per riunire la propria famiglia dopo quel momento imbarazzante tra le due donne, Henry propose un viaggio a New York, la città in cui una volta era stato con Emma, ma in cui Regina non aveva mai messo piede. C’erano state delle proteste da parte di Emma e Regina, che sostenevano fosse ancora pericoloso uscire da Storybrooke, ma Henry dichiarò che sarebbero partiti, ed era una decisione irrevocabile.

Ovviamente, nella persuasione delle madri, coinvolse anche TinkerBell e SnowWhite. E così alla fine le due accettarono di trascorrere qualche giorno nella Grande Mela, nome che piaceva molto a Regina.

“Hai preso tutto?” chiese quest’ultima, spaventata, anche se non voleva darlo a vedere.

“Sì, tranquilla. So che è il tuo primo viaggio e che non sei mai uscita da Storybrooke in questo mondo, ma non devi essere ansiosa. Andrà tutto bene.” la rassicurò Emma, sorridendole dopo ormai giorni che non riusciva a guardarla negli occhi.

Regina sorrise a sua volta, incantata dal movimento delle labbra della bionda mentre parlava. Poi si schiaffeggiò mentalmente. Non poteva prendersi una cotta per Emma Swan. Okay, forse era un po’ tardi per autoimporsi dei limiti, ma in teoria non era possibile che accadesse qualcosa. Era una situazione troppo incasinata. Per esempio, se ci pensava bene, lei era la… nonna acquisita di Emma.
Rabbrividì al solo pensiero.

“Mamma!” chiamò Henry.

“Sì?” risposero entrambe all’unisono.

“Non riesco a chiudere la mia valigia.” sbuffò egli.

Regina ed Emma andarono nella camera del ragazzino e, mentre Regina stava per ricorrere alla magia, Emma la frenò, prendendole il polso.

“No, Regina. Questa è una di quelle cose che si possono risolvere anche senza la magia.” disse. “Quando saremo a New York non avrai più i tuoi poteri, quindi è meglio che ti abitui.”

Poi, scostando il tredicenne, si sedette sulla valigia che si chiuse, come per magia. E Regina annuì, convenendo che ciò non era poi tanto difficile.


 
Arrivò il giorno della partenza.

SnowWhite li aveva riempiti di snack per il viaggio, così come Ruby, che li aveva astutamente presi in prestito dal locale della nonna. Prima che se ne andassero, le due donne dell’Operazione Famiglia dissero ad Henry di trovarsi degli amici in albergo, così che le sue mamme potessero restare da sole. Il che, secondo entrambe, era un buon piano, ma non tanto come l’altro che aveva avuto TinkerBell, cioè di farle dormire insieme. Infatti si erano occupati loro della prenotazione e le avevano sistemate in un unico letto matrimoniale. Loro, ovviamente, non lo sapevano.

I tre si misero in macchina, pronti a partire con molta emozione, specialmente per Regina che, tra l’altro, era l’unica ad essere a rischio di perdere la memoria. Infatti aveva portato con sé l’oggetto a cui, inspiegabilmente, teneva di più: una copertina simile a quella che aveva Emma da piccola, bianca con sopra ricamata una mela rossa. Forse era destino, aveva sempre pensato.

“Era tua?” le aveva chiesto Emma non appena l’aveva vista.

“No… Non riesco a ricordare di chi fosse, ma so di averla trovata nel mio palazzo esattamente un anno dopo la morte di Daniel. E la stringevo ogni giorno, chiedendomi a chi appartenesse. Alla fine è diventata un po’ mia.”

Emma aveva annuito, e non ne avevano più parlato. Henry conosceva già quella storia e quindi non fece domande, anche perché in quella copertina era stato avvolto anche lui quando era molto piccolo.

Avevano preso la macchina di Regina perché, per quanto il maggiolino giallo fosse simpatico e tutto il resto, la mora era ancora convinta che non fosse abbastanza sicuro. Ma Emma era così felice di quella piccola vacanza che non le importò molto del mezzo che avrebbero utilizzato.

“Allacciate le cinture!” ordinò Regina, per poi farlo lei stessa con la magia.

“Cos’avevamo detto, Regina?” la rimproverò Emma.

“Beh, era l’ultimo incantesimo per salutare la mia magia… Ciao amica mia, mi mancherai tremendamente!” disse drammaticamente, facendo finta di piangere.

“Ma smettila!” rise Emma, accompagnata da Henry.

Regina non scherzava spesso –e di solito, quando lo faceva, era per lo più sarcastica-, ma quando scherzava era veramente divertente e a volte Emma ed Henry si trovavano a ridere a crepapelle, come quella volta che Regina aveva improvvisato un rap su quanto facesse schifo la musica che ascoltava Henry.

“Okay, si parte!” annunciò il Sindaco.

Tutti e tre gridarono: “Arrivederci, Storybrooke!”


 
Dopo un viaggio fatto di turni di guida (ovviamente solo tra Emma e Regina), soste alle aree di servizio e tante patatine, la famiglia arrivò a New York.

La bocca di Regina pareva paralizzata in una ‘o’ di stupore, vedendo tutti quei grattacieli di passaggio.

“Non potremmo fermarci?” chiese, rallentando di fronte ad un chiosco di hot dog.

“No! Adesso andiamo in albergo e poi avremo tempo per mangiare di tutto!” disse Emma, categorica. “Ho bisogno di un letto, o un cuscino, o un sedile posteriore della macchina… insomma, qualcosa su cui dormire.”

Regina annuì e fece come aveva detto Emma.

L’hotel era grande, la hall era elegante e ricca di poltrone e divani su cui stavano sedute tante persone, persone normali, che vivevano una vita senza magia, senza cattivi da combattere, senza sortilegi.

Regina sospirò. Forse le sarebbe piaciuta una vita così. Solo lei, Henry… ed Emma. Una vita perfetta, con le persone che più amava. Sarebbe stato un sogno, o meglio… una favola.

“Stanza 108.” disse il concierge, consegnando loro la chiave e sorridendo, ospitale.

“Credi sia una coincidenza?” domandò la mora, alzando un sopracciglio.

“Non lo so e non voglio pensarci. Voglio solo godermi tutto questo con voi.” rispose Emma con serenità, baciandole una guancia e correndo a prendere le valigie, mentre Regina era rimasta lì, sorpresa, con una mano sulla guancia baciata poco prima dalla bionda.

“Mamma, andiamo!” la richiamò Henry.

La loro stanza era meglio di quanto si aspettassero. Era spaziosa, con un bel bagno completo di una doccia che non vedevano l’ora di utilizzare, con una piccola scrivania, due armadi e due letti, uno singolo ed uno matrimoniale. Quest’ultimo dettaglio suscitò subito imbarazzo nelle due donne.

“Mh, credo che dovrei andare a parlare con qualcuno, perché qui dev’esserci un errore.” notò Emma.

Henry, per evitare che ciò accadesse, disse l’unica cosa che le avrebbe convinte: “E se di notte avessi un incubo con Peter Pan che vuole il mio cuore? Sarei costretto a scegliere con chi dormire, e poi i letti singoli sono piccoli… invece così potrei dormire con tutte e due.”

Emma e Regina si rivolsero un’occhiata colma di vergogna, ed annuirono, non potendo fare altro.

Ovviamente Henry non voleva di certo andare a dormire con le sue mamme, aveva tredici anni ormai! Ma era per una buona causa, e quindi aveva sfoggiato le sue doti da attore/bugiardo. Era proprio un degno nipote di Rumplestiltskin.


 
“Io non capisco perché Henry debba uscire da solo.” ribatté Regina.

“Perché ha tredici anni, non sei. E poi possiamo fidarci di lui.” rispose la bionda.

“Ma non degli altri! E se lo rapissero?” fece la mora, spaventata.

“E’ solo andato in piscina, Regina! Devi rilassarti.” le consigliò Emma.

Allora le venne un’idea e spinse l’altra a sedersi sul letto, per poi mettersi in ginocchio sul materasso, proprio dietro di lei.

“C-che fai?” domandò Regina, nervosa.

“Ti aiuto a scioglierti.” soffiò nel suo orecchio lo sceriffo.

La mora stava per chiederle come, quando sentì le dita di Emma sulle proprie spalle. Sospirò lievemente, rilassandosi all’istante al tocco delle sue mani. Esse si muovevano con ritmicità, avvolgendo la sua pelle in un massaggio lento e dolce. Regina chiuse gli occhi, rovesciando la testa all’indietro fino a poggiarla sul petto di Emma.

“Eri davvero tesa.” constatò quest’ultima.

“Mh…” mugugnò Regina, persa nella pace dei sensi.

Emma sorrise a quella non-risposta. Cercò di resistere alla tentazione, ma la pelle di Regina era così morbida e vellutata che non ce la fece. Fermò il massaggio e poggiò le labbra sulla sua spalla, facendo sussultare la mora per la sorpresa di quel contatto. Allora la bionda si rese conto di ciò che aveva fatto, e cercò di tirarsi indietro, ma la mano di Regina sul suo collo la fermò.

I cuori di entrambe battevano all’impazzata. Sentivano che qualcosa stava irrimediabilmente per cambiare, che l’equilibrio che tanto si erano premurate di preservare stava per spezzarsi, così da liberarle da quella bolla da cui si erano rifiutate di uscire per così tanto tempo.

Regina si voltò, inginocchiandosi anche lei sul letto, e trovandosi a pochi centimetri da Emma. La quale, confusa ed emozionata (fin troppo) non si muoveva.

La mano che Regina aveva lasciato sulla nuca della bionda si mosse, come dotata di vita propria, spingendo il suo viso verso il proprio. I loro nasi ormai si toccavano, le loro dita libere si erano intrecciate, e le loro labbra si sfioravano.

“Baciami.” sussurrò Regina su di esse. “Baciami, ti prego.”

Emma spalancò gli occhi, stupita da quella preghiera, e dimenticò l’incertezza, poggiando con fermezza le labbra su quelle di Regina.

Le labbra della mora erano soffici e carnose, tutte da mordere, proprio come le aveva immaginate. Sì, perché lei le aveva immaginate… spesso.

Le baciò con delicatezza, ma con passione, accarezzandole con le proprie, mentre Regina stringeva le ciocche bionde dei suoi capelli, aggrappandosi a lei come se quel vento di passione potesse trascinarla via in qualche modo. Fu proprio lei ad approfondire quel bacio, leccando il labbro superiore di Emma, che catturò la sua lingua nella propria bocca, invitandola a giocare con la sua. La mora, presa dal desiderio, spinse Emma a stendersi sul letto, sovrastandola e spostando i propri baci verso la sua mascella contratta per il piacere che quella bocca le provocava.

“Regina…” sospirò, ammaliata.

I suoi occhi neri e famelici si rivolsero a lei, ancora più scuri del solito.

“Oh, Dio… Non guardarmi così.” disse ancora.

“Così come?” chiese Regina.

“Come se volessi divorarmi.”

“E’ proprio ciò che voglio fare.” rise Regina, baciandola di nuovo.

Allora sentirono la serratura della porta scattare ed anche loro scattarono come molle, sedendosi sul letto come se niente fosse. Henry entrò nella stanza, con il costume addosso ed i capelli bagnati.

“Hey, che fate?” chiese.

“Niente!” risposero le due all’unisono.

Il ragazzino aggrottò le sopracciglia, vedendo i capelli di entrambe più… movimentati del solito. Poi sorrise e disse solo: “Vado a farmi una doccia.”

Le due annuirono, sorridendo un po’ troppo forzatamente per i loro standard. Non appena la porta del bagno si chiuse, Regina ed Emma tirarono un sospiro di sollievo.

“Ci è mancato poco.”





Buonasera a tutti!
Non farò uno dei miei commenti lunghi, grazie al mio migliore amico che mi ha puntato una pistola alla testa perché non gli piace Emma e non gli piacciono le Swan Queen, è cattivo :C
Coooomunque, grazie a tutti per le recensioni e per chi segue questa storia con tanta passione! Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo (first kiss uuuuh :D) e vi avviso che il prossimo capitolo sarà un po' di passaggio, e il tema sarà il trasloco... Sapete tutti cosa ciò voglia dire!
Okay then, alla prossima!

 

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Capitolo 5
*** Trasloco. ***


La famiglia era tornata a casa, Storybrooke, da appena una settimana; e le due donne, dopo essersi consultate con Henry che aveva fatto pressioni su quel punto che ancora le teneva separate, avevano preso una decisione: avrebbero iniziato a vivere insieme, nella stessa casa. La convivenza, lo sapevano, non sarebbe stata facile, ma ce l’avrebbero fatta a tenere in piedi la loro strampalata famiglia. Per il loro unico figlio e per quel sentimento che, piano piano, stavano scoprendo avvolgesse i loro cuori.

Da quel famoso bacio nella camera d’albergo si erano godute la vacanza ed il ritorno nella loro cittadina, senza pensare a cosa stesse succedendo o alle conseguenze. Per una volta potevano permetterselo, potevano comportarsi come persone normali, come se tra loro non vi fosse una complicata parentela e come se non fossero la Salvatrice e la Regina Cattiva.

“Non ci credo che lo state facendo solo per me.” ripeté il ragazzino, convinto di essere nel giusto.

“Tesoro, noi vogliamo solo passare entrambe il nostro tempo con te. E visto che da genitori ‘separati’ non possiamo farlo, abbiamo deciso che Emma verrà a stare qui, così non sarai più sballottato da una casa all’altra ed avrai più stabilità nella tua vita.” spiegò per l’ennesima volta Regina, con pazienza –e con quell’aria da mamma che piaceva tanto ad Emma.

Ovviamente l’enorme villa Mills era stata la scelta più qualificata. A nessuno era nemmeno passato per la testa –giustamente- di andare a stare nell’appartamento dei Charming che, inspiegabilmente date le dimensioni, riusciva ad ospitare così tante persone tutte insieme. Emma sapeva che quella non era una soluzione proponibile, perché:
  1. Regina non avrebbe mai accettato di vivere con Biancaneve ed il Principe Azzurro, nemmeno sotto tortura;
  2. Regina non avrebbe mai accettato di vivere in quella casa decisamente troppo piccola per cinque, figuriamoci mentre i Charmings aspettavano un altro bambino…;
  3. Regina pensava che non fosse normale vivere con i propri genitori a trent’anni… ed aveva anche aggiunto che nemmeno nella Foresta Incantata erano così pazzi da farlo, specialmente con dei genitori come i Charmings.
E poi, se doveva essere sincera, non vedeva l’ora di passare tutto il giorno con il Sindaco… e con Henry, certo! Perché lo stavano evidentemente facendo soprattutto per lui!

“C’è qualcosa che non quadra.” continuò lui.

Le due lo guardarono con due sorrisi nervosi ed identici, aspettandosi forse che, da un momento all’altro, egli gridasse ‘state insieme!’.

“Bene, vado fuori.” scrollò le spalle invece Henry, fingendosi indifferente e lasciando le madri a spostare le (poche) cose di Emma nella sua nuova stanza.

Quando arrivò fuori, camminando tranquillamente, andò a sbattere contro due gambe snelle.

“Ruby!” esclamò. “Mi hai spaventato! Se cerchi Emma, è in casa.”

“Non cerco Emma.” tagliò corto Ruby. “Non crederai mica cavartela così? Tua nonna mi ha detto del tuo piano ed anche io voglio partecipare.”

Henry aggrottò le sopracciglia, mentre la ragazza sorrideva come una bambina.

“Davvero vuoi… vuoi che le mie mamme stiano insieme? Sai che tecnicamente dovrebbero essere una specie di nemiche mortali, vero?” disse Henry, mentre la cameriera lo fissava con sguardo attonito.

“I-io non… non parlavo di questo piano.” cercò di dire quest’ultima.

“Oh, cavolo…” mormorò il ragazzino. “Divertente, vero?”

Ma Ruby capì subito che non si trattava di uno scherzo, che non scherzava quando aveva spifferato il suo ‘piano’, che a quanto pare non era quello della festa per il trasloco di Emma.

“Henry, davvero vuoi che si mettano insieme?” chiese.

“Sì.” abbassò lo sguardo il tredicenne.

“Allora credo di poterti aiutare!” esclamò quella che un tempo era stata Cappuccetto Rosso, sorridendogli nuovamente.

“Davvero?!” domandò il ragazzo, sorpreso.

“Beh, effettivamente è un’idea perfetta. Tua madre Emma con Regina diventa più responsabile e tua madre Regina con Emma diventa meno stronza.” si lasciò sfuggire. “Ops, non dir loro che l’ho detto.”

Henry rise.

“Comunque ad Halloween le ho trovate in una situazione piuttosto… equivoca. Non chiedermi altro, ho già detto abbastanza. Ma non pensavo fosse una cosa seria!”

“Anche io le ho trovate in momenti strani. Tipo quando entro nella stanza e loro si allontanano o si zittiscono di scatto... Stanno nascondendo qualcosa.”

I due si erano seduti fuori, ed avevano cominciato a ragionare su tutti i momenti in cui era stato percepibile ciò che l’una provava per l’altra: Ruby raccontò ad Henry del quasi-bacio, avvenuto mentre lui era intrappolato sottoterra; Henry raccontò a Ruby di quando, in albergo, le aveva trovate con i capelli arruffati e le labbra arrossate.

“Ti aiuterò. Lo faremo tutti.” asserì Ruby.

“No, no! Non dir niente a nessuno. Se mia madre –qualsiasi delle due- lo venisse a sapere, mi ucciderebbe!” esclamò l’altro.

La rossa annuì, poco convincente, e poi se ne andò.

Henry sentiva che sarebbe di certo finito nei guai.
 



“Finito!” esclamarono le due donne all’unisono.

“Ho bisogno di una doccia.” disse Emma, accasciandosi sul divano, sfinita.

“Magari potremmo farla insieme…” sussurrò la mora al suo orecchio, con fare provocante.

Gli occhi di Emma si spalancarono.

“Sai che sarei potuta venire solo per ciò che hai detto e per come  l’hai detto?”

Regina rise, baciandola dolcemente per poi spingerla a stendersi, continuando ad accarezzare le sue labbra con le proprie, solo con più veemenza.

“Mh, Regina…” ansimò la bionda, mentre il Sindaco le lasciava un succhiotto sul collo. “Tutto ciò è davvero eccitante, ma ho due graaaandi problemi.”

Regina sbuffò, staccandosi da lei.

Certe volte Emma era peggio di lei in quelle cose.

“Quali sarebbero questi due graaaandi problemi dell’universo per cui io e te non dovremmo fare sesso?” chiese, schietta.

“Beh…” mugugnò Emma. “Il primo è che sarebbe la nostra prima volta. Il che è fantastico, ma mi piacerebbe che fosse romantico… Io voglio solo il meglio per te.”

Regina sorrise dolcemente.

“Sarà con te. Questo mi basta.” disse, accarezzando la sua guancia.

“Okay… Il secondo problema è che sono sudata e puzzo.” fece, ridendo.

Regina scoppiò a ridere a sua volta e le diede un bacio a stampo.

“Vai a farti una bella doccia allora. Io vado nel mio bagno a farla.”

“Tu hai un bagno personale?” chiese Emma, sbalordita.

“Sono il Sindaco, ricordi? E poi qui non siamo mica dai Charmings!” ridacchiò la mora, salendo le scale e togliendosi le scarpe.

“Poi parla per Henry.” borbottò Emma.



 
Quando le due donne entrarono da Granny’s, insieme ad Henry, si levò un applauso. Un enorme striscione rosso recitava ‘Congratulazioni, famiglia Swan Mills!’, alla vista di cui sia Henry che le sue madri spalancarono gli occhi. Le due si guardarono in imbarazzo, per poi scrollare le spalle e sorridere a tutti.

Magari era solo un modo di dire. Cioè, in fondo loro erano davvero una famiglia.

Così salutarono tutti con enfasi.

“Complimenti per il trasloco!” disse la vedova Lucas. “E, beh, anche per tutto il resto!”

Allora Emma e Regina cominciarono davvero a preoccuparsi che il loro segreto non fosse più un segreto.

“Oh, tranquille!” disse l’anziana donna, vedendo le loro espressioni. “Sono una vecchietta moderna io! Se non lo fossi, credete che lascerei andare in giro mia nipote in quel modo?”

Detto questo lei tornò dietro il bancone, e Charming e Snow entrarono in quel momento nel locale, sembravano turbati. Le guardarono velocemente e quello sguardo voleva dire solo una cosa: loro sapevano.

“Hey, mamma! Papà!” li salutò, chiamandoli apposta in quel modo per addolcirli.

“Emma…” cominciò Snow, con tono grave. “…E’ fantastico!"

Mary Margaret l’abbracciò, per poi sorridere, commossa, stringendo anche Regina.

“Sono così felice per voi!” esclamò, per poi dare una gomitata al Principe, che sembrò svegliarsi solo in quel momento.

“Oh, ehm… Beh, avreste potuto dircelo.” balbettò incoerentemente. “Ma anche io sono felice, se tu lo sei.”

Si rivolse alla figlia, accarezzandole una guancia e baciandole la fronte con la tenerezza e l’amore di un papà. Poi guardò Regina, con fare imbarazzato e, quando l’uomo si sporse per abbracciarla, la donna non resse più.

“Io ed Emma non stiamo insieme!” sbottò.

Tutti si fermarono un attimo, in silenzio. Sembrava quasi di poter sentire le cicale frinire, dato che tutti si erano zittiti, delusi da quella frase. Perché in fondo era vero, Regina ed Emma si rendevano migliori a vicenda stando insieme, e praticamente chiunque la pensava così a Storybrooke.

“Non so chi abbia messo in giro questa voce, ma non è vero. Io ed Emma non stiamo insieme.” ripeté.

“Regina-“ cercò di fermarla la bionda.

“No, Emma. Non mi va di mentire… l’ho fatto per tutta la vita praticamente, e adesso non ne ho motivo.” disse la ex Evil Queen. “Io vado a casa.



 
“Regina.” bisbigliò Emma, nel buio. “So che non stai dormendo. Stavi aspettando che riportassi Henry a casa.”

Regina si voltò, nella sua camicia da notte viola, i capelli scombinati –in un modo che Emma trovava assolutamente sexy-, e le coperte avvolte intorno al corpo.

“Mi dispiace, Emma. Grazie a te adesso tutti mi trattano meglio, mi hanno perdonata. Mi sembra incredibile, eppure è successo. Grazie a te.” si aprì la mora, con uno sguardo che sapeva di scuse.

Emma sorrise, sedendosi sul bordo del letto, accanto a Regina, che parlava guardandola negli occhi. E la bionda cominciò ad accarezzarle i capelli con fare confortante, concentrandosi sulle sue parole come faceva solo con loro figlio.

“E tua madre e tuo padre… Dopo tutto quello che ho fatto loro, mi vogliono perdonare solo per te. So che non merito tutto questo… non merito te. Per questo ho detto loro che non stiamo insieme.” spiegò.

Emma prese le sue mani tra le proprie.

“Regina, sappi che non ti permetterò mai più di dire che non stiamo insieme.” disse, seria. “Noi abbiamo un figlio insieme, viviamo insieme, e poi ci sono questi sentimenti che non riusciamo ancora a spiegare del tutto… ma ci sono. Eccome se ci sono. Quindi noi stiamo insieme, Regina Mills, che tu creda di meritarlo o no.”

Regina sorrise e la baciò, stringendo le mani che avevano avvolto le sue. Quando le loro labbra si furono separate, loro non si allontanarono; rimasero fronte contro fronte, naso contro naso, con due sorrisi gemelli sul volto.

“Ti… ti va di dormire qui per stanotte?” domandò il Sindaco, vergognandosi un po’ per quella richiesta.

“Ma come, oggi mi hai chiesto senza pudore di fare la doccia con te ed ora ti imbarazzi solo per la divisione di un letto?” disse la bionda, ammiccando.

“Non voglio dividere solo il letto con te…” rispose prontamente Regina, abbassando lo sguardo.

Lo sceriffo si tolse gli stivali e sollevò le coperte, stendendosi accanto alla mora per poi coprire entrambe. Baciò la compagna con passione e la sovrastò, poggiandosi con le mani sul materasso per non pesare troppo sul suo esile corpo.

“Emma, però c’è Henry nell’altra stanza…” sussurrò la mora, con i suoi fianchi tra le mani.

Emma mosse la mano in uno scatto verso la porta, che si chiuse senza far troppo rumore.

“Le tue lezioni hanno dato i loro frutti.” disse la bionda sulle labbra dell’altra.

Allora Regina sorrise e, con un gesto, insonorizzò la camera da letto, per poi toccarle il sedere senza più imbarazzo.

“Ha ancora molto da imparare, signorina Swan.” replicò Regina, tornando a baciarla con rinnovata foga.

Le due si mossero incontrollatamente sul letto, intrecciando le loro lingue e i loro corpi, spogliandosi a vicenda e restando l’una nuda a contatto col corpo senza veli dell’altra.

“Ne sei sicura?” chiese Emma, sapendo quanto l’esperienza di Regina con il sesso fosse poco romantica.

“Non potrei… esserlo di più.” sospirò il Sindaco, accarezzando i capelli di Emma, di quel colore così vivo e con quei boccoli tra i quali amava passare le dita.

"Allora preparati a farti sconvolgere, Regina Mills." sussurrò la ragazza, cominciando a leccare il suo corpo a partire dalla valle dei seni fino ad arrivare alla fonte del piacere di Regina.

Poi Emma entrò dentro di lei e le dimostrò tutto il proprio amore nel miglior modo che conosceva, donandole di certo la notte migliore della sua vita.

 





Hi guys!
Eccoci alla fine di questo capitolo, mi sarebbe piaciuto scrivere tutti i particolari di questa first time tra Emma e Regina ma, per il tenore della storia, ho pensato fosse più adeguato in questo modo. Magari un giorno farò una shot per mostrare ciò che è accaduto (e sarete tutti contenti di leggerla immagino xP)!
Ringrazio tutti quanti seguono e recensiscono questa storia, siete veramente magnifici! E spero di vedere altre vostre recensioni in questo e nel prossimo capitolo, il cui 'prompt', diciamo, sarà: armadio. Scommetto che alcuni di voi si chiederanno che problemi ho per fare un capitolo su un armadio, ma credo che capirete quando lo leggerete!
A presto, ragazzuoli <3




 

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Capitolo 6
*** Armadio. ***


“Ti sei sistemata bene.” osservò Ruby, compiaciuta nel vedere per la prima volta la incantevole villa del Sindaco.

“Già. Regina è stata gentile ad offrirmi una stanza.” rispose Emma, con un sorriso rivolto al pensiero della mora, mentre entravano nella sua camera

“Ma… pensandoci bene, non sembra che tu viva qui. Insomma, tu sei molto disordinata. Eppure qui è tutto pulito, niente fuori posto… e per di più il tuo odore si sente a malapena in questa stanza, mentre sento provenire un odore familiare dalla camera di Regina.”

Emma maledisse se stessa e lo spirito d’osservazione –nonché il super olfatto da lupo mannaro- dell’amica.

“Regina… mette a posto spesso.” inventò una scusa sul momento, cercando di ignorare il commento riguardante l’odore che lei e Regina producevano quando facevano l’amore.

Ruby sorrise, sapendo chiaramente cosa la bionda stesse cercando di nasconderle, e le rivolse uno sguardo che sapeva di vera amicizia, per poi sedersi con lei sulle lenzuola perfettamente stirate del suo letto. Le mise una mano sulla spalla, cercando di essere confortante abbastanza, e poi domandò: “Quando vi deciderete ad uscire dall’armadio*, Emma?”

“Ruby…” l’ammonì la Salvatrice, con uno sguardo severo per il tasto dolente che aveva toccato -infatti spesso lei e Regina ne avevano parlato in quel periodo, finendo ogni volta per litigare inevitabilmente.

“No, davvero, Emma. Siete patetiche.”
 



“Siete proprio patetiche.” disse TinkerBell.

“Tink…” l’ammonì l’ex Evil Queen, proprio come aveva fatto Emma con Ruby.

“Vi amate, state insieme e non lo dite a nessuno? Perché? Tutti sarebbero felici per voi!” 

“Tutti?” chiese retoricamente il Sindaco. “Non credo proprio.”

“Ma chi se ne frega?!” sbottò Trilli. “Lei ti rende felice?”

“Sì.” rispose immediatamente, senza esitazione alcuna.

“Allora dillo a tutti! Urlate al mondo quanto vi amate!” esclamò la bionda, con enfasi che le riusciva naturale, dato che stava parlando delle donne più innamorate che avesse mai visto.

E Regina sorrise, ammettendo che avesse ragione in fondo, per poi abbracciare l’amica, che aveva ritrovato da pochi mesi ma con la quale aveva costruito nuovamente un bellissimo e importante rapporto.

“Farò come dici, Tink.”
 



“Regina, devo parlarti.”

“Anche io, Emma.”

Le due si guardarono con nervosismo e si sedettero sul divano di casa Swan Mills, l’una di fronte all’altra. Emma prese la mano di Regina e la baciò per pochi secondi, cercando di trasmetterle tutto il suo amore.

“Posso cominciare io?” chiese.

Regina annuì, prendendo un respiro profondo prima di ascoltar qualsiasi cosa la ragazza che amava avesse da dirle. Intanto cercava di trovare le parole giuste per dirle quella cosa.

“Regina, io sono fortunata ad averti. Sì, sono molto fortunata, davvero. Ma…” iniziò la bionda, che sembrava sul punto di svenire. “…Non possiamo continuare così.”

Allora la mora sbiancò di colpo, quando capì –o meglio, credette di capire- cosa stesse per succedere, cosa Emma le volesse dire veramente. Cadde in ginocchio di fronte a lei in un gesto molto teatrale, afferrandole la giacca di pelle e, portando i loro visi a distanza di millimetri, respirò sulle sue labbra con disperazione.

“Emma, ti prego… So che le cose tra noi non sono perfette, che ci sono tanti problemi sulla nostra strada… Ma non lasciarmi.” la supplicò Regina, baciandole ripetutamente le labbra e stringendo compulsivamente il giubbotto rosso, il preferito della sua Emma.

“R-Regina, io non-“ tentò di spiegarsi quest’ultima, frenata dalle prepotenti labbra di Regina, che la baciò in modo ancor più profondo.

“Non puoi lasciarmi, Emma Swan!” esclamò, quasi sul punto di piangere.

“Non voglio lasciarti, Regina Mills.” disse Emma, calma. “Non era assolutamente questo ciò che volevo dirti.”

Regina sospirò di sollievo e tornò a sedersi compostamente come se niente fosse -come se non si fosse inginocchiata di fronte a lei poco prima-, poggiando la testa sulla spalla di Emma, che le accarezzò i capelli con fare dolce.

“Volevo dirti che mi piacerebbe se… ecco… se dicessimo a tutti di noi due.”

A quelle parole, Regina alzò lo sguardo verso gli occhi smeraldini di Emma, felice. E lei che pensava di doverle dire tutto quel discorso che si era preparata e di cui non ricordava nemmeno una parola… Per fortuna Emma l’aveva preceduta.

Ma, fraintendendo il suo silenzio, lo sceriffo riprese dicendo: “Scusa, forse tu non sei pronta per un passo del genere… Hai ragione, Regina. Aspetteremo.”

“Dovremmo finirla…” mormorò Regina, sapendo che la ragazza avrebbe frainteso anche questo, e cercò di non ridere per non rovinare quel momento per lei così divertente.

E infatti Emma sbiancò, come previsto, e stavolta fu lei ad inginocchiarsi davanti a Regina, che scoppiò in una risata prima che lei potesse parlarle e supplicarla, come lei stessa aveva fatto poco prima.

“Dovremmo finirla… di nasconderci dentro un armadio.” concluse Regina, utilizzando la stessa espressione che la ragazza-lupo aveva usato il giorno prima.

Emma si alzò di botto e l’abbracciò, baciandole la testa dolcemente.

“Dio, quanto ti amo, tu non ne hai idea.” disse, contenta.

Regina sorrise e la baciò, per poi realizzare a cosa aveva acconsentito, e dire con terrore: “Dio, questa volta tuo padre mi ucciderà sul serio.”
 



“Sul serio, Henry… Non è un tantino troppo fare una riunione?” gli chiese Snow.

“Non è mai troppo quando si tratta delle mie mamme.”

Le tre donne sospirarono, arrendendosi alla testardaggine del ragazzino –chissà da chi l’aveva ereditata. Intanto Charming si guardava intorno, spaesato, e il fatto che SnowWhite, TinkerBell e Red si fossero coalizzate con Henry lo spaventava alquanto.

“Che cosa ci faccio qui?” chiese innocentemente.

Mary Margaret si avvicinò lentamente e cominciò a parlare cercando di non far svenire il marito con quella notizia che, da molti, era considerata scioccante.

“Ecco, David… Noi quattro, anzi direi noi quattro e tante altre persone, crediamo che Emma e Regina si amino… So cosa stai pensando: Regina, a quella festa, aveva detto che loro non stanno assolutamente insieme. Ma sappiamo da fonti interne che, a quanto pare, ci ha mentito e loro stanno segretamente avendo una relazione piuttosto seria senza dircelo.”

Il principe annuì, e non sembrava per nulla sorpreso, tanto che le donne e il ragazzo si chiesero se avesse realmente capito cosa le avesse appena detto Snow o se fosse semplicemente sotto shock. Ma lui disse soltanto: “Non è mica una novità. E poi, da quella sera, ho cominciato a notare dei segnali da parte loro e adesso posso dire di essere assolutamente il fan n°1 della Swan Queen!”

I quattro lo guardarono per qualche secondo, in silenzio, come se fosse improvvisamente andato fuori di testa. Il silenzio, però, durò poco, il tempo di assimilare anche quella notizia.

“Swan Queen… Perché non ci ho pensato io?!” borbottò Henry, trovando che quel soprannome fosse perfetto per Emma e Regina.

“Quindi a te sta bene.” constatò Mary Margaret. “Allora puoi aiutarci con l’Operazione Famiglia !”

“Sarebbe?” chiese egli, con curiosità.

“Semplice: dobbiamo fare uscire le Swan Queen allo scoperto!” spiegò brevemente Henry.

“E come faremo?”

Ruby e TinkerBell si guardarono con aria furba, per poi esclamare insieme: “Con una bella incursione a sorpresa!”
 



“Buongiorno!” esclamarono le due ragazze, entrando in casa.

Regina ed Emma, ancora in tenuta da notte, aggrottarono le sopracciglia, confuse sul perché le loro amiche fossero lì a quell’orario.

“Sono le sei del mattino.” fece presente infatti Regina, contrariata.

“Abbiamo gli orologi, grazie.” sorrise sarcasticamente Ruby, facendo infuriare ancora di più la donna -il che, a quanto pare, era uno dei suoi passatempi preferiti.

TinkerBell scosse la testa con fare fintamente affranto, mormorando: “Oh, Ruby, forse abbiamo interrotto qualcosa…”

“Già, in effetti non sarebbe la prima volta…” ammiccò Cappuccetto Rosso.

Trilli fu l’unica a non cogliere il senso di quella frecciatina, così chiese: “Di che stai parlando?”

“Signorina Lucas.” “Ruby.” dissero in coro Regina ed Emma, allarmate.

Ma Ruby semplicemente ignorò le silenziose preghiere delle due donne, dipingendosi in volto un sorriso prettamente malizioso, prima di spiegare la situazione all'unica ignara dei fatti.

“Tink, ti ho mai raccontato di quando ho trovato il signor Sindaco e il nostro sceriffo avvinghiate l’una all’altra sulla nell’ufficio di Emma?” domandò, mentre la fata restava a bocca aperta. “Oh, e per lo più la signora Mills non era molto vestita…” disse ancora, ridacchiando malignamente.

“Detto così è veramente equivoco.” constatò Emma.

“Non è andata proprio così, la signorina Swan stava cercando di salvarmi da quel vestito stregato! Ha dovuto spogliarmi.” spiegò Regina, incrociando le braccia al petto.

“E alla signorina Swan è dispiaciuto molto, uh?” disse TinkerBell ridendo. “Complimenti, Emma, con questa ti sei guadagnata punti!”

Detto ciò, alzò la mano e batté il cinque ad Emma, che ridacchiò sotto i baffi per quella frase, che in effetti non era del tutto falsa. Anzi, a lei era piaciuto molto quel bel vedere ed i suoi occhi -così come i suoi slip- non ne avevano fatto segreto.

“Emma!” protestò Regina.

“Oh, andiamo, in effetti non è che in quel momento fossi propriamente addolorata per la tua semi-nudità.”

“Comunque, che volevate?” chiese Regina, che era arrossita e stava cercando in tutti i modi di nasconderlo.

“Volevamo dirvi che stasera cercheremo di fare un’altra festa. Sperando che Madame Mills non scappi e che nessuno si trasformi in vampiro.” le avvisò Ruby. “Se volete venire, e voi volete venire –in tutti i sensi-, è alle otto da mia nonna.”

Regina ed Emma si umettarono le labbra all’unisono, cercando di trattenersi dal dire che erano già venute abbondantemente quella notte e cercando di non ridere a quell’allusione del licantropo.

“Per cos’è questa festa?” chiese Regina.

“Niente in particolare.” dissero le due all’unisono, per poi andare via con due sorrisi identici che non promettevano niente di buono.

Quando rimasero sole, Emma prese Regina in braccio, ricavandone un urletto di sorpresa e sussurrò: “Abbiamo ancora un’ora prima che Henry si svegli. E una giornata prima di uscire dall’armadio."

“Vuoi farlo stasera?” chiese Regina, incerta.

“No, voglio farlo proprio adesso.” la provocò Emma, salendo le scale con la donna tra le braccia.

Regina, colto il doppio senso, le mordicchiò il lobo giocosamente e sorrise.

“Sei davvero terribile, mia cara.” scosse la testa, divertita.

Emma la poggiò con cura sul letto della camera della compagna, per poi baciarla ed accarezzarle i fianchi sensualmente. Regina la lasciò fare, mentre pensava alla serata che l’aspettava, a cosa avrebbero dovuto affrontare.

“Hey. Non pensarci.” le disse la bionda, baciandole la mascella per poi scendere giù, leccandole la gola.

“In effetti adesso non riesco più a pensare ad altro che non sia la tua lingua, Swan.” sussurrò, vogliosa.

“Ed è così che deve essere.”

No, Regina non ci pensò più. Pensò solo a lei ed Emma, strette l’una all’altra durante l’amplesso che le colpì, silenziose, ma ansimanti. Quando entrambe si furono riprese, la mora bisbigliò: “Stasera usciremo dall’armadio. Insieme.”

Ma, prese dalla tenerezza e dall'intimità del momento, nessuna delle due si accorse del libro intitolato Once Upon A Time, che stava magicamente brillando accanto a loro, proprio sopra il comodino di Regina.






Hey, rieccomi qui... 
Spero che anche questo capitolo (anche se un po' di passaggio, ma ci vogliono anche questi) vi sia piaciuto e vi invito caldamente a farmi sapere cosa vi è piaciuto ed ovviamente anche cosa non vi è piaciuto, come fate sempre e ciò mi rende davvero felice :)
Ringrazio appunto chi segue con passione e recensisce con molta simpatia e dolcezza questa storia, spero di continuare così!
Il prossimo capitolo sarà incentrato sul libro misterioso (che ci ha tanto rotto in queste stagioni di OUAT) e, ovviamente, sul coming out di Regina ed Emma -a proposito, per chi non lo sapesse (può capitare che qualcuno non sia così gayo come me), *in inglese, come out of the closet, letteralmente uscire dall'armadio, è un’espressione usata spesso per indicare l’uscire allo scoperto come omosessuale, da qui l’espressione comunemente usata, coming out.
Dopo questa lezioncina di storia della gayaggine (?), vi do l'appuntamento al prossimo aggiornamento, e ho fatto pure la rima! Okay, scusate xD A presto!

 

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Capitolo 7
*** Il libro. ***


“Regina… Secondo te come sto?” chiese, incerta, Emma.

La bionda in questione indossava un abito molto grazioso color panna, che le scendeva lungo il corpo sinuoso e fasciava perfettamente le sue curve poco accentuate, che Regina aveva imparato ad amare e venerare in quel poco tempo che avevano passato insieme come coppia.

“Sei bellissima come sempre, piccola.” disse Regina, con un tono dolce che solo Daniel, Henry ed Emma avevano avuto il privilegio di conoscere davvero.

Emma sorrise in modo raggiante. Ciò ricordò a Regina di quella volta in cui quello stesso sorriso era stato causato da un suo semplice ‘io non voglio ucciderti’. E allora fece un gesto rapido con la mano, che fece ritrovare Emma in un completo molto più pratico, ma comunque elegante e che le stava sempre divinamente.

“…Credo, però, che così vada meglio.” concluse la mora.

“Ma… perché?” domandò lo sceriffo, con tono perplesso.

“Perché in quell’abito non sei a tuo agio. Perché l’Emma Swan che adoro odia indossare i vestiti. Ed io non voglio che tu sforzi di essere qualcuno che non sei, che ti sforzi di essere la principessa che altri vogliono che tu sia. Per me, Emma, tu sei una principessa anche la mattina presto, con i capelli in disordine ed il pigiama con i cigni.” disse il Sindaco, accarezzando la sua guancia. “L’unica volta in cui potrei obbligarti ad indossare un vestito bianco sarà… beh, più in là.” concluse, arrossendo.

A quella frase, Emma le rivolse uno sguardo sorpreso, chiedendosi se avesse capito bene e se Regina davvero stesse parlando di ciò che pensava.

“Tu vuoi… Tu vuoi sposarmi?” le domandò, incredula.

“Magari, un giorno… Cioè, non dirmi che non ci hai pensato, perché mi sentirei la donna più stupida del pianeta.”

Quando Emma non rispose, l’ex Evil Queen si voltò, sospirando, e tornò a guardarsi allo specchio con fare indifferente. Ma Emma sapeva benissimo di averla ferita e delusa con il suo silenzio, con la sua perplessità nel pensare a loro due come una coppia definita.

“Regina, ti giuro che lo vorrei, davvero! Ma ho paura.” le confidò.

“Di cosa hai paura, Emma?” chiese con enfasi la compagna, apprensiva.

Non ci fu il tempo di rispondere, perché un tonfo le fece sussultare. Rivolsero lo sguardo verso la fonte del rumore: il grosso libro di favole che sembrava stare sul pavimento della camera da letto da sempre.

“Era sopra il comodino…” mormorò Regina, ricordando benissimo di averlo accuratamente poggiato lì l’ultima volta che l’aveva svogliatamente sfogliato per scoprire se vi fosse un Lieto Fine per lei.

Ovviamente la risposta era stata negativa. Il libro continuava a raccontare le avventure di Emma e Regina, di come avessero scoperto i loro ancora indefiniti sentimenti. Ma non parlava di Vero Amore, né di un futuro per loro. L’autore –chiunque egli fosse- si era fermato ad una frase quando l’aveva letto: ‘E mentre Regina scopriva di amare quella che avrebbe dovuto essere la sua avversaria, Emma avrebbe capito che qualcosa non andava. Qualcosa a cui sarebbe stato difficile riparare.’ . Beh, non sembravano proprio le premesse per un Happy Ending…

“E’ caduto, Regina… E’ semplicemente caduto.” disse la bionda, più che altro cercando di convincere se stessa che l’altra donna. “Su, andiamo.”
 



“Benvenuti!” li accolse Snow, con una mano sulla pancia accentuata dalla gravidanza, non appena vide la famiglia entrare nel locale.

Henry sorrise e Mary Margaret gli fece l’occhiolino, prima di salutare con un bacio sulla guancia sia la figlia che la matrigna. Henry le lasciò presto sole, andando a salutare dei compagni di scuola, e Regina si chiese se fosse ancora il caso di fare un annuncio ufficiale dopo il gelo che era caduto tra lei ed Emma per quello che era capitato pochi minuti prima.

“Allora, come va la convivenza?” chiese la donna ad entrambe, mentre altra gente le salutava distrattamente, anche se tutti si fermavano sempre a guardarle con un sorriso.

“Bene, noi… ci stiamo adattando.” rispose Emma, vedendo che la mora non aveva alcuna intenzione di parlare.

“Hey, Regina!” intervenne il Principe, poggiando una mano sulla spalla della donna con fare amichevole. “Ti posso parlare di una cosa? Sai, è che sto… cercando un lavoro, sì! E pensavo che tu potresti aiutarmi.”

Regina era veramente sicura che David le stesse mentendo, ma non ci fece caso pur di allontanarsi da Mary Margaret che la fissava con quel sorriso fin troppo inquietante. Così i due andarono fuori, e Charming le offrì una bottiglia di birra, che accettò volentieri. In fondo aveva proprio bisogno di bere qualcosa.

“Regina… Io sono stato lontano da mia figlia per molto tempo. La conosco appena, si può dire.” cominciò egli, scuotendo la testa con fare malinconico. “E tutto questo è colpa tua.”

Regina, con sguardo sorpreso ed affranto, fissò i propri occhi su quelli del padre di Emma.

Non credeva che ancora ce l’avessero con lei, ma avrebbe dovuto aspettarselo, in fondo aveva fatto qualcosa di imperdonabile e molto egoista, perfino per una come lei.

“…Ma è stata anche colpa nostra, che abbiamo deciso di abbandonarla, seppur per un buon fine: salvarla.” aggiunse poi egli, bevendo un sorso della propria birra.

“Mi dispiace, David… Io-“

“Non devi più scusarti, Regina. Non è questo quello che voglio.” disse, fermo, David. “Voglio solo che tu capisca una cosa: se Emma ti fa soffrire, desidero che tu me lo dica. Se ti fa del male, voglio che tu ti senta al sicuro nel parlarne con me.”

A quel punto l’ex sovrana fu ancora più confusa di quanto non lo fosse prima, gli occhi sbarrati per la perplessità.

“David, quante ne hai bevute di quelle?” chiese cautamente.

Charming, inaspettatamente, rise gioiosamente, dicendo: “Questa è solo la seconda…”

“Allora perché dici queste cose insensate?” domandò ancora Regina.

“Perché so che sei innamorata di mia figlia.”

Calò il silenzio più totale, rotto appena dal vago suono della musica dentro il locale di nonna Granny. I due si guardarono profondamente negli occhi, colmi di parole non dette e che non avevano bisogno di essere dette, perché entrambi capirono cosa l’altro stava provando a dire con lo sguardo.

“Quindi non credi che Emma ricambi.” concluse erroneamente il Sindaco.

“Io non capisco i sentimenti di Emma, appunto perché non la conosco bene come un padre dovrebbe. Ma capisco il modo in cui ti guarda e, credimi, in questi anni in cui l’ho conosciuta un po’, non l’ho mai vista tanto felice com’è adesso con te. Solo che ho paura che tu resti ferita nuovamente, perché sarebbe troppo per te, lo so.” spiegò Charming.

Quindi David si stava preoccupando per lei, pensò mentre finiva di bere e sorrideva flebilmente, donando un bacio sulla guancia dell’uomo, che non nascose la propria sorpresa per via di quel gesto.

“Grazie, David.” disse Regina, stimando sinceramente per una volta quell’uomo che, insieme a Snow, aveva dato vita ad Emma, e che non aveva mai compreso del tutto come in quel momento.

Prese le due bottiglie di vetro e le portò dentro, individuando subito le persone più importanti della sua vita: Henry, che stava chiacchierando allegramente con gli amici, ed Emma, che le sorrise mentre le andava incontro.

“Di che avete parlato tu e mio padre?” chiese quest’ultima quando le fu davanti.

“Lavoro.” rispose immediatamente Regina, senza pensarci. “Ho deciso che sarà il nuovo vice-sceriffo, e questo da domani stesso.”

“Regina, sarò molto felice di lavorare fianco a fianco con mio padre… Ma sai che capisco sempre quando menti.” le ricordò la bionda.

A quella frase Regina decise che dovevano assolutamente parlare di loro due, del loro rapporto. E non le importava che ci fossero altre cinquanta persone nel locale insieme a loro.

“Sì, è vero. Tu capisci sempre quando mento… Tu sai sempre quando e come parlarmi per farmi capire qualcosa. Tu riesci sempre a tirarmi su di morale quando soffro. Tu sei e sarai sempre la maggior esperta quando si tratta di me.” disse con calma la donna, accarezzandole dolcemente la guancia. “E’ tutto questo che ti spaventa?”

“Ciò che mi spaventa è che potrei rovinare tutto.” confessò Emma.

Forse Charming si sbagliava perché, secondo il parere di Regina, lui sembrava conoscere molto bene la figlia. Abbastanza da sapere che sarebbe entrata in crisi per la paura di ferirla, per lo meno.

“Non lo farai. Ne sono certa.”

Emma, senza capire come fosse successo, si ritrovò a baciare Regina. Si ritrovò le labbra più soffici che avesse mai toccato sulle proprie e decise istantaneamente di non chiedersi nulla, di continuare a baciare la propria donna non curandosi del resto del mondo; proprio come Regina, che aveva finalmente definito i propri sentimenti, come aveva predetto il misterioso autore del libro: Regina amava Emma.

Un grande applauso si levò nell’aria, incoraggiato particolarmente dalle persone che avevano fatto di tutto purché arrivassero a quel punto: Henry, TinkerBell, Mary Margaret, Ruby e Charming; ovvero i partecipanti all’Operazione Famiglia.

Quando le due separarono lentamente le loro labbra, non videro i sorrisi degli abitanti di Storybrooke. Videro l’una il sorriso dell’altra e, subito dopo, quello del loro Henry, che le stava acclamando con più enfasi degli altri.

“Finalmente!” esclamò, abbracciando di slancio le madri. “Ce ne avete messo di tempo!”

“Che vuoi dire, Henry?” chiese Regina, un po’ perplessa sul significato di quella frase.

“Henry lo sapeva. Anzi, credo che il ragazzino l’abbia capito anche prima di noi.” rispose per lui Emma, con un sorriso consapevole. “Scusa, avremmo dovuto prima dirlo a te.”

Regina annuì, sentendosi un po’ in colpa per non averne parlato prima con il figlio, che per loro veniva prima di chiunque altro al mondo. Forse perché quel bacio in pubblico non era previsto… Sì, doveva essere quello il motivo.

“Nah, non preoccupatevi. L’importante è che l’Operazione Famiglia abbia funzionato!” si lasciò sfuggire.

Operazione Famiglia ?!” fecero le donne in coro.

Tanti sguardi colpevoli si dipinsero sui volti dei concittadini, in particolare di alcuni che erano vicini al Sindaco ed allo sceriffo, e che avevano dato una mano ai loro amici e familiari nel loro scopo. Ma Regina ed Emma sorrisero, certe del fatto che non avrebbero potuto desiderare una famiglia migliore. Fu in quel momento di pura felicità che un urlo squarciò quel dolce silenzio.

“Aiuto! Mi insegue!” urlava una vocina nel bel mezzo della strada.

Tutti uscirono fuori, allarmati, in particolare i regnanti e le forze dell’ordine sia della Foresta Incantata che di Storybrooke. Erano pronti ad intervenire qualsiasi nemico si fosse presentato loro di fronte, ma non erano preparati ad un libro volante ed un bambino che urlava in preda al panico.

Regina ed Emma subito si strinsero la mano, per poi fermare insieme il libro con le mani libere. Sentirono la loro magia contrastarsi ed amalgamarsi per un attimo, anche se per un incantesimo abbastanza facile. Sembrava che il libro maledetto non avesse opposto resistenza.

Il bambino in questione, che ora si era fermato tra le braccia dei genitori con le lacrime agli occhi, era proprio Roland, il figlio di Robin Hood e Lady Marian. Ed il libro in questione, che riposava indisturbato sull’asfalto, era proprio Once Upon A Time, il libro che aveva dato inizio a tutto.

“Sapevo che c’era qualcosa che non andava in questo libro.” ammise Regina.

“Anche io.” affermò Emma.

Avevano semplicemente deciso di ignorare quello strano avvenimento avvenuto quella sera stessa in casa loro, pensando che quella sensazione di pericolo sarebbe presto svanita. E invece…

“Credo che dovremmo andare a casa e cercare di scoprire chi o cosa manovra questo libro, così finalmente ne scopriremo anche l’autore.” rifletté la mora, appoggiata dalla compagna.

“Bene, andiamo.” disse infatti. “Henry, tu resta con David e Mary Margaret, per precauzione.”

Il ragazzino annuì, nonostante avesse voglia di aiutare. Sapeva bene che non era un momento adatto per fare i capricci; in fondo le sue mamme cercavano solo di proteggerlo. Ma una domanda continuava a ronzargli per la testa, e non era l’unico a pensare a questo:

Chi avrebbe protetto Emma e Regina?






Hi guys :D
Ve lo aspettavate? E che cosa vi aspettate dai prossimi capitoli? Io credo che avremmo un po' più di... magia! In particolare nel prossimo le nostre eroine avranno una conversazione con l'autore del libro, che le porterà a fare qualcosa di inaspettato: catapultarsi in una nuova avventura!
Ringrazio tutti voi che continuate a seguire questa storia con assiduità e spero che continuiate, che mi facciate sapere cosa pensate di questo capitolo.
Alla prossima!

 

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Capitolo 8
*** Le Salvatrici. ***


“L’ultima volta ero arrivata a leggere fino a qui, ma sembra che siano state scritte altre pagine nel frattempo.” disse Regina, seduta sul proprio letto con il libro sulle gambe.

Intanto Emma faceva avanti e indietro per la stanza, con fare preoccupato, già da qualche minuto, e ciò non faceva altro che innervosire Regina, che era già piuttosto nervosa per conto suo, dato che avevano appurato che un nuovo pericolo stava bussando alle porte della loro (solo per poco) felice vita.

“Emma!” esclamò, stufa di quell’andirivieni.

La bionda si fermò in mezzo alla stanza, con lo sguardo basso, e batté velocemente lo stivale sul pavimento. Regina sapeva che la ragazza stava già pensando al peggio, perché forse il suo pessimismo aveva contagiato anche Emma. E, per una volta, era lei a doverla tirare su di morale.

“Amore.” mormorò poi, con tono più dolce.

Emma sussultò nel sentirsi chiamare in quel modo. Se prima era molto agitata, dopo quell’appellativo poteva praticamente sentire il proprio cuore battere all’impazzata. Ma Regina non sembrò farci caso e continuò a parlare con quella voce così soave: “So che abbiamo avuto poco tempo per riprenderci e che è presto per fronteggiare un altro nemico… Ma stavolta è diverso: siamo insieme adesso, siamo una famiglia, e nulla potrà cambiare questo.”

Finalmente lo sceriffo sorrise, ritrovando l’ottimismo e la speranza che nella sua famiglia non mancavano mai. Prese i fianchi della propria donna tra le mani e, senza preavviso, le cominciò a baciare il collo lentamente, con fare sensuale.

“E-Emma…” balbettò Regina, colta alla sprovvista da quello scatto di passione, cercando di fermarla prima che anche lei perdesse il controllo; intanto la Salvatrice continuava il suo percorso fino alle sue spalle scoperte dal vestito, mordicchiandole e poi baciandole teneramente. “Emma, davvero… Non mi sembra il momento.”

La Swan allora smise di baciarla, sempre con un sorriso splendente, e le accarezzò la guancia, sussurrando al suo orecchio: “Sono stata stupida, cocciuta ed ostinata… ma adesso ho capito.”

Il Sindaco aggrottò le sopracciglia, lasciandosi comunque baciare dolcemente le labbra, macchiando leggermente quelle di Emma con il proprio rossetto.

“Cos’hai capito, amore?” chiese, inconsapevolmente usando di nuovo quel soprannome -ci stava veramente prendendo gusto.

“Ho capito che ti sposerò. Ti sposerei anche adesso, Regina.” continuò a sussurrare Emma. “E questo perché io ti amo.”

La mora rabbrividì, sentendosi per davvero colma di gioia, come solo un ‘ti voglio bene’ di suo figlio poteva renderla. Ma quello era del tutto inaspettato, e molto più scioccante. Almeno per quella volta, quello shock era più che benevolo, e si trasformò presto in felicità, una felicità che solo Emma ed Henry potevano darle.

“Sei l’unico amore della mia vita e solo ora me ne rendo conto; adesso sono più che sicura di essere innamorata di te, Regina Mills. Mi renderesti veramente la persona più felice del mondo se ti lasciassi amare da una Salvatrice più idiota che mai; da uno sceriffo con un’ossessione per le giacche di pelle e… per te; dalla madre di tuo figlio; da questa donna che ama ogni singola cosa di te e che non vuole altro che passare il resto della sua vita con te.” concluse Emma, stringendo le sue mani tremanti e guardandola con gli occhi lucidi di qualcuno che ama nel profondo, con uno sguardo che intendeva un amore senza confini, il Vero Amore.
La bionda si trovò una piccola ma forte donna tra le braccia, le gambe allacciate intorno alla sua vita e le braccia attorno al suo collo. Due risate felici si levarono insieme, mentre Regina non riusciva a fare altro che piangere e continuare a ripetere frasi come: “Anch’io ti amo, ti amo da morire.” e stringerla compulsivamente, nonostante la paura di perderla fosse del tutto sparita e quindi il conseguente bisogno di tenerla fin troppo stretta a sé fosse sparito.

No, Regina non aveva più paura, perché ormai era sicura che Emma le appartenesse allo stesso modo in cui lei apparteneva alla sua Emma.
 


 
 
[…] “Ti amo anch’io, Emma! Ti amo da morire.” disse Regina, tra le braccia dell’amata.

E qualcuno potrebbe pensare che questo sia il loro lieto fine. Ma per due persone come la Regina Cattiva e la Salvatrice non esiste un lieto fine... Solo lieti momenti attraversati spesso da terribili momenti, ma sempre con il Vero Amore dalla loro parte.

Ora, se volete fermare davvero alcuni terribili momenti che prevedo arriveranno presto, venite a cercarmi, Emma e Regina.

 
Regina ed Emma non parlarono per qualche minuto dopo che ebbero letto l’ultima pagina del libro.

“Come diavolo facciamo a trovarlo?” domando poi Emma, perplessa. “E soprattutto, come diavolo faccio a resistere all’impulso di prenderlo a pugni?!”

“I-io non lo so.” rispose con incertezza l’altra donna, senza neanche riflettere.

Regina sentiva che c’era qualcosa che sfuggiva loro, dei pezzi di un puzzle che non avevano ancora completato. Qualcuno aveva quei pezzi, e loro presto o tardi lo avrebbero trovato per ricomporre l’immagine veritiera, così da capire cosa mancava loro. Ma come? Beh, questo lo comprese presto Regina.

In fondo quello era un libro magico, giusto?

“Dammi una penna, Emma.”

“Cosa? Ti vuoi mettere a scrivere poesie adesso? Perché, in caso non te ne fossi accorta, siamo di nuovo in pericolo.” le fece notare la ragazza, ironica.

“Dammi una fottuta penna!” esclamò Regina, con enfasi, per poi scusarsi: “Mi dispiace, è che mi è venuta un’idea in mente.”

Emma sorvolò sul nervosismo della donna, facendo ciò che le aveva chiesto. Regina prese la penna nera e cominciò a scrivere sulla pagina successiva, una pagina completamente bianca.

 
Regina: Chi sei?
 

Passò qualche secondo in cui Emma si chiese cosa stesse cercando di fare la compagna, perché avesse scritto quelle parole e se davvero si aspettasse una risposta dal libro che stava di fronte ai loro occhi. Risposta che, inaspettatamente, arrivò sul serio, seguita da un’altra frase della mora e così via, fino a quando non instaurarono un vero dialogo.
 
A: Non è importante. Ciò che volete veramente sapere è come trovarmi, non è così?
Regina: Sì, è vero.
A: Beh, è molto semplice. Cercate nell’unico posto in cui la magia regna sovrana…
Regina: Non vorrai veramente che andiamo nella Foresta Incantata? Non abbiamo neanche un modo per andarci, come ti aspetti che noi ti troviamo?

 
Nel momento in cui Regina scrisse ciò, un cappello identico a quello di Jefferson comparve sopra il letto, suscitando lo sconcerto delle due donne, scioccate da ciò che quella persona potesse fare. Doveva essere ancora più potente di quanto pensassero…

 
Regina: Questo cappello era stato distrutto.
A: Più o meno… Ma la forza del Vero Amore può tutto; è così che dicono, vero? E la vostra magia è più forte di qualsiasi altra. Ecco perché è stato facile aggiustarlo quando quella magia era dentro di esso, grazie al vostro bellissimo gesto di attivarlo insieme. Grazie mille per questo!
Regina: …Dove sei?
A: Sono nel tuo castello… A proposito, devo dire che hai un buon gusto per l’arredamento. Ma questa non è una sorpresa.
Regina: Arriveremo presto. E giuro che ti prenderò a pugni.
A: Vedremo…
 

Credevano che la conversazione fosse terminata a quel punto, poiché si erano dette tutto. E invece l’autore scrisse ancora.
 

 
A: Mi troverete solo seguendo le seguenti direttive:
1. Non voglio vedere con voi nessun altro, se solo sento un ‘ti troverò sempre’ nel bel mezzo della foresta… non mi farò trovare. E ricordate che io vi conosco, ma voi non conoscete me; quindi, se volessi nascondermi, ci riuscirei alla grande.
2. Non portate il libro con voi, lasciatelo ad Henry ed io, da brava ragazza quale sono, gli lascerò sapere cosa vi accade tramite esso (e questo lo dico per voi).
3. Regina, per favore, porta la copertina a cui sei inspiegabilmente tanto affezionata… Poi capirai perché.
Detto questo, a presto, Salvatrici.
 

Regina ed Emma non riuscivano più a spiccicare una parola. Erano troppo confuse per poter parlare di tutte quelle assurdità che l’autore aveva detto loro. Anzi, l’autrice, sarebbe meglio dire.

Per fortuna arrivò Henry, accompagnato da Snow e Charming, che le fecero riscuotere. Non li avevano nemmeno sentiti entrare, tanto erano focalizzate su quello scambio con la donna che scriveva le loro storie, che decideva ciò che accadeva loro e che le controllava come burattini, senza che loro potessero far nulla per evitarlo.

“State bene? Avete trovato quello che cercavate?” chiese loro Mary Margaret, con preoccupazione evidente.

“Sì… Almeno credo.” rispose Emma. “Dobbiamo partire subito.”

Il Principe notò quel cappello che egli stesso aveva visto distrutto dalla magia di Regina ed Emma e dal viaggio inter-dimensionale della figlia e della moglie, così domandò: “Quello è il cappello…?”

“E’ una lunga storia, sappiate solo che lei ci ha detto dove si trova e useremo questo per raggiungerla nella Foresta Incantata.” sintetizzò Regina.

“Veniamo con voi.” espresse Henry ciò che tutti e tre pensavano.

“Purtroppo no. O per fortuna, non lo so. Vuole solo noi due. E’ come ossessionata da noi due, in effetti.” spiegò la bionda, ripensando a tutto ciò che l’autrice avesse scritto su di loro.

“Dobbiamo prepararci, Emma. Ho la sensazione che non sarà un viaggio facile e che lei farà di tutto per metterci i bastoni tra le ruote, tanto per divertimento. Che persona crudele.” commentò sarcasticamente il Sindaco.

“Ragazzino.” Emma poggiò una mano sulla spalla del figlio, che era ormai quasi alla sua altezza. “Mi dispiace di doverti lasciare qui. Ma dobbiamo fare il nostro dovere… Quindi spero che farai il bravo con i nonni e che terrai sempre il libro con te. Lei ha promesso che scriverà lì cosa ci succede, ma non fidarti troppo, okay? Scusami, Henry.”

“Non preoccuparti, lo so… Tu sei la Salvatrice.” disse Henry, senza scomporsi, dato che ormai era abituato a sostenere la madre mentre salvava il mondo.

“No, non è più così.” rifletté lo sceriffo.

Lei e Regina si fissarono negli occhi il tempo di un battito di ciglia, ma tutti lo notarono, e notarono anche l’intensità di quello sguardo che poteva voler dire qualsiasi cosa. Poi Emma terminò, dicendo la stessa parola che l’autrice aveva detto loro e che poteva quasi ritenere un riassunto di tutti i cambiamenti avvenuti in quegli anni, soprattutto nella donna di cui era innamorata: “Noi siamo le Salvatrici.”






Ciao a tutti!
Rieccomi con questo capitolo piuttosto... beh, diciamo che ci sono tante novità! Finalmente le due si sono dichiarate, ma purtroppo non c'è mai un momento di stallo per le due Salvatrici (adoro dire così :D), quindi presto vedremo il loro viaggio verso la Foresta Incantata e tutte le peripezie che affronteranno per trovare l'autrice del libro... Eh, sì, è una donna. Qualche idea di chi possa essere? Vi anticipo che non è un personaggio di OUAT, quindi sparate qualsiasi folle ipotesi vi venga in mente! 
Grazie perché seguite assiduamente questa storia e spero anche di ricevere altre vostre recensioni, mi interessa davvero sapere tutto ciò che volete dirmi.
Al prossimo capitolo, in cui vedremo il viaggio tra i mondi delle nostre due eroine!

 

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Capitolo 9
*** Nuovi mondi. ***


Il cappello era immobile sul pavimento da ben dieci minuti, intanto Emma aveva salutato i genitori con un grande abbraccio, seguita da Regina, la quale aveva bisbigliato a Mary e David: “Farò comunque cosa per riportarvi vostra figlia.”

Avevano abbracciato anche TinkerBell e Ruby, che erano venute a dir loro “a presto” con gli occhi lucidi per la preoccupazione.

“Sicure che non possiamo venire con voi?” chiese la fatina.

“Già, un cane da guardia vi potrebbe servire.” aggiunse la ragazza-lupo, con un debole sorriso che mascherava male la tensione.

Ma loro furono costrette a rifiutare anche il loro aiuto, per colpa delle minacce della fantomatica autrice. E poi erano sollevate del non dover mettere a rischio anche le vite dei loro amici e parenti, le persone che più amavano.

Alla fine ci fu il saluto peggiore. Henry sembrava quasi sul punto di piangere, ma voleva restare forte per non influenzare il giudizio delle madri, che stavano solo facendo la cosa giusta: cercare di eliminare un ulteriore pericolo che gravava sulle loro teste. Così le strinse entrambe a sé, con il vivo desiderio di non lasciarle andare mai più.

“Tornate da me, okay?” disse il ragazzo, e loro annuirono con vigore, certe del fatto che ci avrebbero provato in tutti i modi, ma non altrettanto che sarebbero realmente tornate da quel rischioso viaggio tra i mondi.

Regina non sembrava voler lasciare il figlio, stringeva le sue guance e lo guardava negli occhi in una tacita conversazione, come se non avesse più dovuto vederlo. Emma le mise una mano sulla spalla, con sguardo apprensivo. Aveva paura che Regina avrebbe sofferto troppo senza Henry, anche più di lei, dato che l’aveva cresciuto e accudito; non era mai stata così tanto lontana da lui, a parte Neverland. E non voleva ripetere quell'esperienza.

“Andiamo, amore.” mormorò, baciandole la tempia.

Scompigliò i capelli del ragazzino che le aveva fatte incontrare e che le aveva davvero cambiato la vita. Gli sorrise e poi si voltò, trovando Regina inginocchiata di fronte al cappello magico, proprio come quella volta che l’avevano inspiegabilmente attivato insieme, con la loro magia. Magia che, al tempo, non avevano ancora riconosciuto come Vero Amore.

“Pronta?” chiese Emma.

Regina fece un cenno del capo e prese tra le mani il cappello, che iniziò a girare lentamente. Poi la bionda poggiò una mano sul suo braccio, ed il cappello vorticò sempre più rapidamente, sprigionando una nube viola. Le due donne vennero risucchiate nel portale, ed i loro cari rimasero fermi a fissare il punto in cui erano scomparse, chiedendosi se sarebbero mai riuscite a tornare da loro.



 
“Dove siamo?” chiese la ragazza, confusa.

“Vedi tutte quelle porte? Sono i diversi mondi, e noi dobbiamo cercare di capire quale sia la Foresta Incantata.” spiegò Regina, ricordando i viaggi che aveva fatto; solo che in quei viaggi con il cappello vi era sempre Jefferson con lei, era lui l’esperto… e lei non sapeva quale fosse il portale giusto.

“Quindi che facciamo? Ambarabàciccìcoccò?” fece Emma, con tono canzonatorio.

“Non so cosa sia questo Ambocirroccocco, ma credo che l’unica soluzione sia sceglierne una a caso.  E poi, se fosse la dimensione sbagliata, potremmo sempre tornare indietro.”

“Okay.” concordò la bionda, sorvolando sul fatto che lei stesse proponendo la stessa identica cosa, solo con parole diverse.

Scelsero di comune accordo la porta di fronte a loro, su cui era disegnato proprio un cappello che le aveva rincuorate in qualche modo, e, le mani unite in una stretta indivisibile, entrarono, chiudendo di scatto gli occhi per la troppa luca che le aveva colpite.

“Non ho mai esplorato per bene la Foresta Incantata, essendoci stata solo una volta, ma sono piuttosto sicura che questo non sia il posto che stiamo cercando.” constatò Emma, guardandosi attorno.

Il paesaggio che le circondava era fantastico ed anche bizzarro: prati verdi sconfinati, funghi enormi e, soprattutto, esseri discutibilmente umani che le guardavano con ostilità, ed in particolare sembravano non apprezzare molto la presenza di Regina.

“Dannati esseri delle Meraviglie.” borbottò Regina. “Andiamocene, Emma. Prima che ci prendano.”

Le due arretrarono velocemente e tornarono nel corridoio delle porte, mentre Regina imprecava: “Come diavolo hanno fatto a tornare qui? Non gli piaceva stare nella mia bellissima citta?”

“Regina.” la fermò lo sceriffo. “Entriamo in questa.”

La porta di cui parlava Emma era piuttosto anonima all’apparenza, e non sembrava indicare un luogo pericoloso, nonostante ci fosse una cosa strana: dei fiocchi di neve che scendevano a caso di fronte l’ingresso. Regina accettò comunque di entrarvi, fidandosi dell’istinto della fidanzata, ed aprì con cautela, entrando poi insieme ad Emma.

“Dannazione!” esclamò il Sindaco.

La Salvatrice si voltò e la vide per terra, probabilmente scivolata sulla neve che calpestavano i loro piedi. Scoppiò immediatamente a ridere, porgendole però una mano affinché si alzasse.

“Non voglio l’aiuto di qualcuno che mi prende in giro!” mise il broncio Regina, per poi alzarsi da sola con fare elegante e regale, come sempre.

“Oh, andiamo, non è mica colpa mia se sei caduta!”

Il regno di Arendelle, pensò intanto Regina. Allora era vero ciò che le aveva detto Rumplestiltskin: si era completamente ghiacciato per via dell’incontrollata magia della sovrana che, tra le altre cose, era proprio dietro di loro e le stava fissando con sguardo un po’ truce ed un po’ perplesso.

“Chi siete?” chiese alle due donne.

“Noi siamo Emma e Regina.” rispose la bionda. “E tu chi sei?”

“La Regina Elsa di Arendelle.” rispose Regina per lei, con fare ammaliato che cercava in qualche modo di mascherare e che Emma cercò in qualche modo di ignorare.

Il vestito azzurro con quei riflessi cristallini, i capelli biondi –anzi, quasi bianchi per la loro lucentezza-, gli occhi del colore del mare ghiacciato… Tutto ciò non mentiva, non poteva in alcun modo nascondere la sua identità e la sua bellezza.

“Voi dovete essere la famosa Regina di Misthaven.” constatò ella, con un po’ di timore per via della sua notorietà come Regina Cattiva.

“Non vogliamo farvi del male, stiamo cercando di andare nel mio regno.” le disse l’ex Evil Queen.

“Non saprei affatto come aiutarvi, Regina.” rispose Elsa, lo sguardo basso e dispiaciuto.

Emma stava subito per tornare indietro nel portale, ma Regina la fermò, sconcertata dal potenziale magico che poteva avvertire nella sovrana di quella landa desolata.

“Ha bisogno d’aiuto.” mormorò Regina.

“Non possiamo fare niente per lei adesso.” rispose Emma, anche se avrebbe voluto dare una mano a quella ragazza, nonostante la gelosia che le aveva scaturito dentro.

La mora annuì, comprendendo che, in quel momento, la priorità era andare nella Foresta Incantata e trovare quella donna che stava causando loro tutti quei problemi, più interiori che veri pericoli; ma loro sapevano bene che non era cauto lasciare a piede libero qualcuno che poteva controllare in quel modo i loro destini.

“Siate forte, Elsa. E non lasciate che il vostro lato oscuro vi domini.” si raccomandò Regina.

Elsa aggrottò le sopracciglia, ma poi fece un cenno ed annuì, mentre le due sconosciute entravano nuovamente nella porta invisibile, lasciandola sola e confusa.

Intanto Regina aveva imposto che sarebbe stata lei a scegliere la porta successiva, e ne trovò infatti una con dei rami dipinti sulla superficie in legno, ed un cigno che troneggiava sopra di essa.

“Perché non l’abbiamo notata prima?” domandò Regina, seccata, mentre afferrava la maniglia.

"Quindi è un po' come se fosse il mio Regno, dato che c'è un cigno lì... Mi sento stranamente importante.” disse Emma, allegra.

Regina scosse la testa, ridendo, ed entrò nel terzo portale, seguita dall’altra donna. Atterrarono su un terreno sporco e fangoso, sporcandosi inevitabilmente i vestiti.

“Dannazione!” imprecò Emma, notando quando il suo giubbotto di pelle si fosse rovinato.

Sentì Regina ridacchiare, borbottando: “Facessero tutti questa fine!”

Poi la donna le porse la mano, ma lei rispose: “Non voglio l’aiuto di qualcuno che mi prende in giro”, proprio come Regina aveva fatto poco prima.

“Oh, andiamo, non è colpa mia se la tua orrida giacca marrone si è sporcata.” la imitò la mora. “E poi ne hai almeno dieci più belle di questa, quindi…”

Le afferrò la mano di forza e la sollevò, portando inevitabilmente i loro visi vicini. E allora sorrisero, insieme, come facevano sempre quando erano consapevoli del bacio che ne seguiva. Infatti le loro labbra si toccarono in modo delicato, come se avessero paura di rompersi a vicenda con un solo bacio, tanta era la potenza del loro sentimento. E quando le loro bocche si separarono, i respiri affannati, tutto sembrò all’improvviso meno tetro, meno complicato. D’altronde, se esse riuscivano a rendersi migliori a vicenda, perché non avrebbero potuto anche rendere migliore ciò che le circondava?

“Adesso dove andiamo?” chiese Emma, accarezzandole il dorso della mano.

“Al mio castello, lei ha detto di essere lì.” rispose Regina. “Ma ho la sensazione che non sarà così facile arrivarci.”

“E quando mai...” si lamentò la Salvatrice, sbuffando.

“Prima di tutto direi che dobbiamo cambiarci, siamo tutte infangate… E poi ci mettiamo in cammino, anche se non saprei dire dove siamo esattamente.”

Detto questo, Regina incrociò le braccia al petto con aria pensierosa, mentre Emma alzò un sopracciglio, domandandosi cosa stesse facendo lì impalata.

“Il tuo amato pirata ti ha contagiato con la storia del sopracciglio?” fece l’ex Evil Queen, acida, per poi decidere di indossare uno degli abiti che vestiva nella Foresta Incantata, ovvero un vestito viola, lungo ed elegante.

Ciò ricordò ad Emma la festa mancata di Halloween e la loro lotta. In quel momento si sentì esattamente come allora, mossa da una forza violenta che la spinse a rivolgere uno sguardo rabbioso verso Regina.

“Che cosa stai insinuando?!”

“Che state tutto il tempo appiccicati, tanto che quell’uncino glielo farei salire su per il-“ cominciò a dire.

Regina! “ esclamò la bionda. “Come farei a stare tutto il tempo appiccicata a lui se sono sempre con te?!”

“Quando non sei con me, sei con lui.” replicò il Sindaco di Storybrooke.

Emma premette il corpo di Regina contro un albero, e questa la respinse con uno schiaffo che le lasciò il segno delle cinque dita sulla guancia. Solo allora la mora si riscosse e spalancò la bocca in un gesto di stupore per ciò che aveva fatto senza nemmeno volerlo. Ma che le stava succedendo?

“Oh mio Dio, Emma, mi dispiace tanto.” disse sottovoce.

“Anche a me dispiace, Regina.” si scusò anche lei, per poi abbracciarla e sussurrarle all’orecchio: “E’ la magia, vero?”

“Sì, qualcuno ha fatto un incantesimo qui. Dobbiamo andarcene prima che ci succeda di nuovo.” rispose Regina, guardandosi intorno. “Ma prima devi metterti qualcos’altro addosso.”

“Ci penso io.” disse lo sceriffo, e con un gesto della mano si fece comparire addosso un paio di pantaloni in pelle nera ed una giacca di stile simile a quello della Regina Cattiva, il tutto abbellito da stivali comodi, ma che risaltavano ai suoi piedi. “Che ne dici, sono stata brava?”

“Direi proprio di sì, amore.”

Emma sorrise in modo sgargiante e le diede un bacio sulla guancia, per poi cominciare a camminare verso una direzione casuale. Visto che non sapevano dove fossero, era l’unico modo possibile per andare da qualche parte… e poi non era sicuro stare ferme, perché sarebbe stato più semplice per quella strega –perché ormai era evidente che lo fosse- rintracciarla.

“Secondo te come fa?” chiese Emma dopo qualche minuto in cui avevano camminato in religioso silenzio.

“Come fa chi e a fare cosa?” domandò a sua volta la donna, che era persa nei suoi pensieri.

“L’autrice del libro… a controllare i nostri destini. E poi, sei sicura che lo faccia? Magari scrive soltanto.” ipotizzò la ragazza.

“E’ possibile, ma se è tanto potente da aver creato un libro magico su cui può scrivere tutto ciò che accadrà… beh, direi che è probabile anche che possa controllare le nostre vite. Ci gioca, e credo che si diverta molto nel farlo.” disse l’altra, riluttante nel pensare che lei stessa faceva la medesima cosa anni prima: usava le persone, per poi ucciderle quando non le servivano più.

“Non sei più quella persona.”

Era come se Emma le leggesse nel pensiero a volte, specialmente quando i cattivi pensieri prendevano possesso della sua mente e la imprigionavano nell’infinito tunnel dei rimorsi. E quei sensi di colpa, in momenti come quello, le facevano pensare che, forse, non meritava quel Lieto Fine che stava ricevendo in dono dalla vita.

Proprio mentre Regina pensava questo, una tempesta di nebbia colpì improvvisamente la radura in cui erano finite, offuscando loro la vista e separandole.

“Emma, dove sei!?” urlò la mora, riparandosi come meglio poteva dal vento che la spingeva indietro. “Emma, rispondi!”

Ma nessuna voce si udì nel chiasso di quegli alberi che si scuotevano, nel movimento pericolosamente ondulatorio delle frasche, nei fischi del vento che infastidivano le orecchie di Regina. Nessuna voce.

Emma non c’era più.










Rieccomi!
Bene, per prima cosa ringrazio chi mi ha lasciato dei commenti sul precedente capitolo, sia sotto forma di recensioni che come messaggi privati. E dico grazie anche a chi legge silenziosamente e chi la segue :)
Beh, su questo capitolo non ho molto da dire, mi è piaciuto scriverlo; ma quello successivo, a mio parere, è molto più profondo e ricco di eventi che forse non comprenderete bene all'inizio, comunque tutti i personaggi principali persi: Regina ed Emma sono perse nella Foresta Incantata, sia fisicamente che interiormente, mentre la loro famiglia attende il loro ritorno con ansia, perché si sa che -in particolare Henry- si sentono tutti smarriti senza Emma e Regina!
Detto ciò, al prossimo aggiornamento!

 

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Capitolo 10
*** Smarrimento. ***


“Regina! Regina, ti prego, fatti trovare…” gridava Emma da un po’ di tempo, invano dato che evidentemente nessuno la sentiva.

Regina era svanita nel nulla… anzi, nella nebbia. La cercava da infiniti minuti, vagando senza neanche vedere dove andasse, senza una meta che non fosse la sua donna.

“Regina!” urlò un’ultima volta, per poi accasciarsi per terra, sfinita da tutto quel camminare e dallo sconforto.

Si sentiva persa, e non solo perché realmente lo era e perché era circondata da una coltre di nebbia densa, ma in particolare perché Regina non era più con lei, il che la faceva essere più smarrita che mai, in quel luogo praticamente sconosciuto ed infinito.

Si strinse in se stessa, rannicchiandosi per terra e coprendosi con la giacca elegante che aveva scelto di indossare e che, per fortuna, teneva anche caldo. Non quanto l’abbraccio di Regina però.

“Ti scoraggi così presto? Questa non è la donna di cui mi sono innamorato!” disse ad un certo punto una voce molto familiare.

Emma si alzò di scatto, gli occhi fissi su quella figura che tante volte aveva sognato dopo la sua tragica morte.

“Neal…” sussurrò la bionda, abbracciando l’uomo che, seppur per pochi mesi della sua vita, era stato il suo uomo, e che era anche il padre di suo figlio.

“Emma, devi fare attenzione. La persona contro cui volete combattere è ferita, il suo cuore è nero e pieno di odio per quello che le è stato tolto.” l’avvertì Baelfire, criptico e confusionario, per poi mormorare: “Solo due possono passare…”

“D-di che parli, Neal?” chiese lo sceriffo, con perplessità evidente.

“Devi andare. Cerca Regina, salvala. E poi andate via da questo posto… Non è più la Foresta Incantata. Ormai è il suo Regno.” disse ancora Neal, per poi spingerla verso una direzione ove probabilmente Emma avrebbe dovuto proseguire.

Quando lei si voltò, l’uomo non era più lì: era stata solo un’allucinazione. Molto vivida, sì, ma probabilmente dettata da qualcosa di magico in quella nebbia, che le aveva fatto vedere ciò che non esisteva più; ciò che non poteva esistere più. Eppure Neal (nonostante non fosse realmente lui, ma solo una distorsione della realtà) le aveva risollevato il morale in qualche modo ed aveva risvegliato il suo coraggio assopitosi per qualche momento.

Avrebbe trovato Regina. L’avrebbe salvata, come aveva detto Neal. Ma non sarebbero andate via da quel posto fino a quando tutti non fossero stati al sicuro. E, in fondo, non era forse questo il dovere di una Salvatrice?
 



“Emma, puoi sentirmi?” urlava anche Regina a sua volta, ma ovviamente anche lei non riusciva a trovarla, perché ormai era chiaro che quella nebbia fosse stata creata apposta per separarle.

Regina però non si dava per vinta e continuava a cercare la compagna di vita e di avventure in ogni dove, la vista ancora appannata dalle nubi che la circondavano. Questo fino a quando non sbatté contro qualcosa… o meglio, qualcuno.

“Oh, scusa! Con tutta questa nebbia non ti avevo vista…” si scusò un ragazzo dal sorriso gentile.

Quel ragazzo dal sorriso gentile.

“Daniel…” sospirò Regina, gli occhi spalancati e la mente in fermento che produceva un milione di spiegazioni per le quali egli potesse essere lì, ma nemmeno una era plausibile. “Ma com’è possibile?!”

“Non chiederti questo adesso.” la tranquillizzò come sempre, poggiandole una mano sulla guancia con fare delicato. “Tu devi salvare Dim… Lei ha bisogno di te.”

Regina non riuscì nemmeno a parlare, così lasciò che quell’uomo che un tempo aveva amato con tutta sé stessa le dicesse tutto senza essere interrotto. E poi sembrava che avesse fretta di comunicarle ciò che sapeva.

“Vorrei avere più tempo per dirti che sono felice per te, che tu ed Emma siete una magnifica coppia e che non le sarò mai abbastanza grato per averti donato il Lieto Fine che meriti… Ma non posso, quindi ti dico solo di fare attenzione e di ricordare che solo due possono passare.”

Regina avrebbe mentito dicendo di non voler restare lì per molto altro tempo, con lui, ma Emma era la priorità e, anche volendo, Daniel era ormai scomparso così come era spuntato dal nulla, lasciandola con un mucchio di quesiti irrisolti e di dubbi che non avrebbe più potuto esporgli: quale incantesimo rendeva possibile vedere i morti? Chi era Dim? E che intendeva con solo due possono passare?

“Regina!” sentì in lontananza.

Le sue iridi si dilatarono al sentire la voce chiara di Emma chiamarla a gran voce. E subito la mora si mise a correre verso quella fonte di sicurezza senza la quale si era sentita sperduta per quel tempo che avevano passato separate… E quanto era stato, a proposito? Minuti, ore? Forse perfino giorni, passati a camminare senza sosta per ritrovarsi a vicenda. Ma alla fine ce l’avevano fatta.

La nebbia si andava levando dalla sua strada, lasciando che i suoi occhi cogliessero una bionda familiare camminare con l’atteggiamento insicuro di chi non sa dove andare, ma che deve andare da qualche parte.

“Emma!”

Non appena lo sceriffo sentì la voce della donna amata, si voltò ed anche lei scattò nella sua direzione, raggiungendola in poche falcate e prendendola tra le braccia, alzandola per qualche secondo da terra e stringendo i suoi fianchi come se fossero il suo unico punto d’appiglio in quel mondo.

“Credevo di averti persa…” bisbigliò al suo orecchio, lasciando che i suoi piedi toccassero nuovamente terra, ma senza lasciarla.

“E invece mi hai trovata.” rispose Regina con un sorriso.

“Ne dubitavi forse?” scherzò Emma, baciandole la fronte. “Io ti troverò sempre.”

Non appena Emma disse quelle parole, fu come se le due si fossero risvegliate di botto da un incubo, e si svegliarono in modo piuttosto violento e confuso.

“Emma…” “Regina…” dissero all’unisono.

“Che ci sta succedendo?” chiese, spaventata, la Salvatrice. “Ci stiamo trasformando nei miei genitori?”

“NOOOOOOO!” urlò Regina, in modo teatrale, portandosi una mano alla fronte con fare esasperato.

“Okay, dobbiamo cercare di capire perché diamine questa pazzoide sociopatica -o qualsiasi cosa sia- ci stia facendo questo, e soprattutto che cosa ci sta facendo.” tentò di stare calma Emma.

“Sta confondendo i nostri cuori ed i nostri sentimenti... tramite la magia. Ecco perché prima abbiamo litigato per quell’idiota di Uncino.” rispose il Sindaco, sicura di ciò che diceva perché anche lei avrebbe fatto sicuramente una cosa del genere decenni addietro.

Poi quella lucidità scomparì in un istante, e si ritrovò di nuovo colma di sentimenti buonisti ed ottimisti, il sorriso esageratamente espansivo sul volto e le sue parole che richiamavano quelle spesso dette da Charming e SnowWhite.

“Potremmo condividere un cuore solo e vivremmo comunque, perché il nostro amore è più potente di ogni altra cosa.” disse improvvisamente Regina, accarezzando la guancia della ragazza con il naso, in un gesto fin troppo tenero.

Emma non rispose, ma mise una mano intorno al collo dell’altra donna, sfiorandolo con le mani fredde. Tutto andò bene fino a quando non cominciò a stringere la presa tanto forte che alla mora mancò il respiro.

“E-Emma…” balbettò, la voce flebile. “Mi… mi stai facendo male.”

“E’ esattamente ciò che voglio, tesoro.” rispose Emma, con un sorriso malefico e soddisfatto che troneggiava sul suo volto, quasi soffocandola.

Detto questo, spinse la donna contro un albero, mordendole il collo e leccandola senza ritegno, mentre Regina tentava di ribellarsi, spingendo con le braccia sulle spalle forti della bionda. Ma Emma era molto prestante fisicamente ed i suoi movimenti non le fecero alcuna impressione, mentre serrava ancora di più le dita attorno al suo elegante collo. Regina sentiva già le forze abbandonarla e non riusciva più a vedere quasi nulla.

“E-Emma… Emma, t-ti prego, non f-farlo…” la supplicò Regina, e quella preghiera sembrò far scattare la figlia di Biancaneve, che arretrò di botto, fino a cadere per terra, nello sguardo il rimorso per qualcosa che lei non aveva nemmeno intenzione di fare, che non avrebbe mai fatto alla sua Regina.

“M-mi dispiace tanto.” mormorò, schifata da se stessa, vedendo i segni rossastri che aveva lasciato sulla pelle candida di Regina.

Anche Regina rinsavì, riacquistando la propria personalità, e si inginocchiò di fronte a lei, che aveva gli occhi fissi nel vuoto. Le accarezzò i capelli, tentando di farle capire che non ce l’aveva con lei, però Emma si scostò, dicendo semplicemente: “Avevo… io avevo detto che non avrei mai fatto come loro.”

“Loro chi, Emma?” domandò Regina, confusa.

Ma Emma non aveva alcuna intenzione di parlarne in quel momento, e quindi semplicemente si alzò, portandosi una mano tra i capelli in un gesto nervoso. La guardò –anche se non negli occhi- fino a quando anche lei non si fu alzata da terra, e allora ripresero a camminare in mezzo alla foresta, come avevano fatto precedentemente, solo che finalmente erano insieme e non vi era più quella nebbia. Ma stavolta vi era qualcosa di più potente delle nubi a dividerle: vi era proprio un muro tra di loro.
 


 
“No, no! Questo libro dice falsità!” esclamò Biancaneve, scuotendo la testa. “Emma non farebbe mai del male a nessuno, figuriamoci Regina!”

“Qui c’è scritto che stava per strangolarla…” ripeté per l’ennesima volta Henry, spaventato da ciò che –probabilmente- stava succedendo in quel luogo sperduto; e la cosa peggiore era che lui non poteva far nulla per far rinsavire le madri, nonostante egli per loro fosse sempre stato una specie di calmante contro ogni cosa.

“Magari l’autrice mente… magari non è successo niente del genere!” continuò Snow nella sua negazione, facendo avanti e indietro per la stanza; e quel gesto al marito ed al nipote ricordò tremendamente l’atteggiamento di Emma, il che fece nascere due smorfie identiche sui loro volti.

“Tesoro, non credo che ci stia mentendo. Sicuramente è lei che sta facendo questo, con la magia… ma Emma e Regina sono più forti, no? Questo l’abbiamo appurato negli anni.” disse Charming, cercando di consolare la moglie e di non mostrare quanto in realtà fosse preoccupato.

Perché alla fine quel suo presentimento che un giorno Emma avrebbe ferito Regina si era rivelato essere ciò che doveva succedere… Sperava solo che Emma non si sentisse in colpa fino all’auto-distruzione, perché David era consapevole che le uniche due persone che la figlia non si sarebbe mai perdonata di ferire erano Henry e Regina. E quest’ultima sarebbe potuta morire, se quella donna che stava facendo loro tutto ciò non avesse deciso di fermarsi, chissà per quale motivo. Forse voleva solo torturarle ancora un po’…

“Mi sento così impotente. Vorrei andare lì e fare qualcosa per proteggerle, ma non c’è modo!” imprecò David, sfogando alla fine il proprio nervosismo sul tavolo della cucina, sbattendoci una mano sopra.

“State calmi. Le mie mamme sono praticamente invincibili, nemmeno una persona così cattiva le potrebbe buttare giù.” affermò con sicurezza Henry, nonostante la preoccupazione avesse colto anche lui.

I tre si strinsero le mani a vicenda, cercando di darsi conforto l’uno con l’altro, per la mancanza di quelle due donne che per loro, in un modo o nell’altro, erano ormai praticamente indispensabili e senza le quali si sentivano persi.
 
 


Chi, Emma?” chiese Regina, stringendo in uno scatto involontario la copertina che aveva portato con sé (proprio come aveva richiesto lei).

Emma si voltò, stupita.

Non avevano più parlato da ore, ovvero da quando avevano avuto il coraggio di raccontarsi a vicenda gli incontri che avevano avuto con l’oltretomba. Avevano passato il tempo a camminare, facendo qualche sosta ogni tanto per mangiare e riposare, ed a riflettere sulle parole che i due uomini avevano detto loro.

“Di che parli?” domandò a sua volta Emma, con un po’ di confusione.

“Chi è che ti ha fatto del male, Emma?” chiarì la mora, avvicinandosi impercettibilmente a lei, che stava seduta per terra di fronte al fuoco che avevano acceso tramite la magia.

Anche lei si sedette, pronta ad ascoltare qualsiasi cosa Emma volesse, che fosse ciò un fiume di parole o un oceano di silenzi.

“Io…” mormorò la ragazza, insicura. “Come fai a sapere-“

“Lo sai che ti conosco meglio di chiunque altro, tesoro.” rispose Regina, senza nemmeno bisogno di ascoltare l’intera domanda che la bionda stava per porle. “E tu hai detto di non voler essere come loro… Quindi lo ripeto, Emma: chi è che ti ha fatto del male?”

Ci fu un breve istante in cui solo il crepitio del fuoco rimbombava nelle loro orecchie, ed in quell’istante quasi impercettibile Emma decise di fidarsi ciecamente della compagna, tanto da dire a lei del suo tortuoso passato, del quale non aveva mai parlato a nessuno… neanche a Neal.

“I miei genitori affidatari.” disse in un sospiro, come se si stesse veramente levando di dosso un peso che aveva portato addosso per oltre vent’anni. “Non accadeva sempre: ogni tanto quello che sarebbe dovuto essere mio padre beveva troppo e picchiava me e sua moglie… Poi lei, non potendo picchiare a sua volta un omaccione di un metro e ottanta, se la prendeva con me, dato che era più facile.”

Regina aveva la mascella serrata, tremava. Le sue mani si erano strette attorno alla terra, quasi come se lo stessero facendo attorno ai colli di quei due animali, quelle due bestie che avevano osato ferire la sua Emma, l’essere più buono e puro che esistesse in quel mondo e in ogni altro.

Ma l’ex Evil Queen non proferì parola, con la sensazione che ogni cosa che avrebbe potuto dire sarebbe sempre sembrata tremendamente sbagliata ed inopportuna, ed un semplice mi dispiace sarebbe stato banale e troppo poco per esprimere ciò che sentiva. Avrebbe di gran lunga preferito avvalersi del suo dolore, farlo suo e soffrire ancora, piuttosto che vedere la donna che amava così spaventata, così spezzata, così distrutta.

La sua mano si spinse istintivamente verso la spalla dell’amata, ma lei stessa la fermò prima che toccasse la sua pelle coperta dalla giacca. Forse Emma non voleva contatto fisico in quel momento, forse voleva solo stare da sola.

Fortunatamente non era così: infatti la Salvatrice si gettò letteralmente tra le braccia di Regina, piangendo come una bambina. Dopo anni in cui aveva tenuto tutto dentro sé, Regina era riuscita ad abbattere anche quell’ultimo muro che le separava, e che la teneva distante dal resto del mondo.

“Il cielo è caduto dentro ai tuoi occhi, non dovrebbe pioverci dentro.” disse dopo un po’ Regina, consapevole che quella frase così sdolcinata avrebbe fatto sorridere Emma.

“Non è che sei di nuovo posseduta dallo spirito di mia madre?” rise tra le lacrime lo sceriffo, asciugandosi con un gesto veloce le lacrime, ma fermata dall’altra Salvatrice –la sua Salvatrice-, che cancellò dal suo viso quelle tracce di dolore a suon di piccoli baci.

“Io ti amo, Emma.” disse lentamente Regina, come per farle assaporare con il giusto tempo quelle parole.

“Anche io ti amo, Gina.” sorrise dolcemente Emma, nonostante gli occhi gonfi e rossi dessero l'impressione che fosse veramente scossa per ciò che aveva dovuto raccontare.

“Gina?” fece il Sindaco, con un sopracciglio inarcato.

Emma non poté rispondere, perché le labbra impetuose di Regina la fermarono, mentre quest’ultima spegneva il fuoco con un gesto rapido della mano. Poi la donna la spinse delicatamente a stendersi per terra, accarezzando il suo fianco.

“Dovremmo riposare.” affermò dopo, staccandosi con le guance arrossate per il calore trasmessole da quel bacio.

“No.” rispose chiaramente Emma, per poi ribaltare le posizioni e tornare a baciare le sue labbra con rinnovata passione. “Ora più che mai ho bisogno di amarti, Regina.”

Ella la guardò negli occhi lucidi per qualche secondo, per poi decidere di non negarle quel piacere.

“Allora amami, piccola mia. Io non te lo impedirò mai.”







Ciao a tutti!
E' piuttosto tardi, e voi vi chiederete se non ho di meglio da fare (tipo dormire come la gente normale) ma vabbé... Ero impaziente di farvi leggere questo capitolo e quindi ho deciso di pubblicarlo nonostante l'orario.
Spero che vi sia piaciuto e che mi direte cosa ne avete pensato come ogni volta. E poi, come sempre, ringrazio tutti per il grande seguito e supporto che mi date leggendo, seguendo e soprattutto recensendo questa storia.
Il prossimo capitolo non sarà tutto incentrato su Emma e Regina, bensì vedremo anche la famosa autrice e qualcosa riguardo Storybrooke. Quindi tenetevi tutti pronti!
A presto!

 

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Capitolo 11
*** Salvare Dim. ***


“Quindi, dato che è già successo due volte, dobbiamo tenerci pronte. Fin quando si tratta di troppo amore e romanticherie varie, non c’è molto di cui preoccuparsi. Ma l’odio e la rabbia potrebbero anche portarci ad ucciderci a vicenda, come stava già per succedere.”

Quelle parole poco ottimiste aveva sinceramente detto Regina prima che si addormentassero, abbracciate e finalmente con due espressioni serene sul viso, nonostante entrambe avessero pianto molto: Emma parlando degli abusi che subiva dai propri genitori affidatari, Regina parlando di Cora che la controllava e la feriva tramite la magia. Era stato un grande passo avanti, e finalmente ognuna sapeva tutto dell’altra… o almeno così pensavano.

Una mano si poggiò sulla guancia di Regina, accarezzandone la pelle fredda con le dita. Ma quelle dita la sfioravano appena, così che non potesse svegliarsi. E poi lei non era nemmeno degna di toccarla, perché, se Regina si era redenta ed era molto cambiata in quegli anni grazie ad Henry ed Emma, lei invece non aveva mai avuto nessuno che fosse disposto ad aiutarla, a toglierle la cattiveria ed a riempire il vuoto del suo cuore oscuro; anche perché le uniche persone che potevano farlo, lei li aveva uccisi oppure spaventati a morte.

“Mi dispiace tanto per quello che sto facendo.” disse una voce roca, che la faceva sembrare più vecchia della sua effettiva età; c’era anche da dire che, però, lei era rimasta per ventotto anni bloccata nel tempo, come le altre persone dei tanti mondi, quindi in realtà lei avrebbe avuto molti più anni.

Il suo sguardo si posò su Emma, che dormiva placidamente tra le braccia della compagna, e poi tornò velocemente sul viso incantevole della mora.

“Noi staremo insieme. Devo solo portarti via da Emma e da Henry, e allora finalmente capirai, saprai la verità… In fondo, solo due possono passare. E tu deciderai chi.” continuò, con un sorriso che nascondeva la paura di non essere scelta.

Poi, com’era arrivata, sparì in una piccola nuvola viola, mentre Regina si svegliava di scatto, mettendosi a sedere con il fiatone. Anche Emma aprì gli occhi, intontita dal sonno, e chiese: “Che succede?” con la voce ancora assonnata.

“N-non lo so. Credo di aver avuto un incubo.” disse la donna, per poi tornare tra le braccia sicure della fidanzata.

“Ti va di raccontarmelo?” domandò la ragazza, accarezzando lentamente i suoi capelli, che stavano rapidamente crescendo.

Regina annuì, la testa riparata nell’incavo del suo collo, e subito dopo cominciò a dirle ciò che ricordava: “Ho visto… mia madre. Mi ha detto che le dispiace tanto; immagino parlasse di tutto ciò che mi ha fatto. Poi il suo viso ha iniziato a tremare, come se ce ne fosse un altro dietro e quello di Cora fosse solo una maschera. E lei diceva di volermi portare via da te e da Henry, affinché potessi stare con lei. Forse sto per morire…” ipotizzò con spavento Regina.

“Hey, no, ma che stai dicendo?” fece Emma, ormai svegliatasi del tutto. “Non stai per morire! Magari anche questo è un piano dell’autrice per spaventarti. E comunque piuttosto morirei io al tuo posto, lo sai.”

Regina sorrise, consapevole che non le avrebbe mai lasciato fare una cosa del genere. Eppure quell’atteggiamento di Emma la faceva sentire così al sicuro e così protetta che non se la sentì di rovinare lo spirito di sacrificio della sua Salvatrice, così non ribatté nulla e parlò semplicemente del resto del sogno: “E poi di nuovo quella frase: solo due possono passare. Che cosa vuol dire?”

Anche Neal e Daniel lo avevano detto, e le due erano rimaste a rifletterci su per ore, oltre a pensare al perché i due fossero apparsi, ma non avevano alcuna plausibile teoria. Il che non segnalava mai qualcosa di buono, perché voleva dire che qualcosa di importante sfuggiva loro.

“Non pensiamoci adesso. Intanto, Daniel ti ha detto che dobbiamo salvare Dim. Ed è quello che faremo, anche se non sappiamo affatto chi sia questo Dim.” disse Emma, introducendo altri dubbi nella mente già confusa e sotto shock di Regina.

“Questa Dim. Ricordo bene ciò che mi ha detto, e parlava di una donna. Magari l’autrice misteriosa la tiene prigioniera o qualcosa di simile.”

“O forse Dim è  l’autrice misteriosa.” concluse la bionda, ricevendo uno sguardo interdetto dalla propria donna. “Andiamo, potrebbe anche essere. Neal ha detto che si tratta di una persona ferita; forse ha solo bisogno del nostro aiuto.”

“Amore.” la fermò Regina, non volendo dare false speranze alla ragazza. “Non voglio deludere le tue aspettative. Ma non tutti i cattivi, per così dire, sono come me. Io, grazie alla mia famiglia, sono riuscita a placare la mia ira, a mettere voi al primo posto. Magari, però, con questa persona non sarà lo stesso.”

“Beh, io voglio ancora crederci. Voglio credere che ci sia sempre un tocco di bontà e di umanità anche nel cuore più oscuro.” affermò la Salvatrice, dimostrando quanto quest’appellativo le calzasse a pennello.

“Ed è per questo che mi sono innamorata di te.” sospirò la mora, sorridendo con commozione ed accarezzando i suoi lineamenti delicatamente.

Si sentiva fortunata ad avere lei, sempre pronta ad alimentare la sua speranza ed il suo ottimismo, sempre con qualcosa di buono da dire, perfino su qualcuno che aveva portato Regina a schiaffeggiarla e lei a quasi soffocarla. Perfino su qualcuno che continuava a dar loro il tormento senza un apparente motivo…

“Emma.” la chiamò poi Regina, alzandosi e cercando lì intorno per essere sicura di non sbagliarsi.

“Cosa cerchi?” chiese la bionda, mettendosi a sedere e realizzando che probabilmente, di quel passo, non avrebbero più chiuso occhio quella notte.

“La copertina… E’ sparita.”
 


 
“Ruby, siamo qui!” disse David, correndo verso di lei insieme alla moglie.

“Per fortuna siete arrivati! Quel furfante di Gold deve aver fatto un incantesimo su Henry, è l’unico che possa aver fatto una cosa così crudele!” sbottò la lupa, prendendo a calci il terreno e mostrando il ragazzino che, in quel momento, aveva più le sembianze di un… pupazzo.

“Oh, Dio! Trilli può fare qualcosa?” chiese l’uomo, preoccupato, prendendo tra le braccia ciò che era diventato suo nipote.

“Sì, è un incantesimo piuttosto facile da spezzare; è andata a prendere la polvere magica.” rispose Cappuccetto Rosso.

“Mi sembra così strano… Tremotino non farebbe mai una cosa così stupida. Sembra più uno scherzo. E’ come se fosse stato un bambino.” rifletté Snow, accarezzando Henry, che era impossibilitato a muoversi o parlare in alcun modo.

“Ma qui a Storybrooke non ci sono bambini con poteri magici!” ribatté il Principe, perplesso.

“Qui a Storybrooke no… Ma nella Foresta Incantata forse sì.” intervenne la fatina, che sparse un po’ di polvere fatata sul pupazzo.

Subito Henry tornò ad essere un ragazzino di tredici anni,  con il proprio corpo e la propria voce. E, soprattutto, tornò a muoversi normalmente, il che lo rincuorò molto. Subito Henry disse: “Dannazione!”

I due nonni lo rimproverarono con lo sguardo, e allora Henry indicò con l’indice la ragazza accanto a lui. Quindi gli sguardi di rimprovero passarono a Ruby.

“Hey, perché deve sempre essere colpa mia se impara degli imprechi? Anche le sue madri non sono molto fini quando si arrabbiano. E poi non ha detto mica una parolaccia!” si lamentò Ruby, mettendo il broncio, mentre Henry rideva.

“Sapete chi mi ha fatto questo?” chiese poi, piuttosto tranquillo per la situazione.

“No… Ma sicuramente c’è lo zampino di quell’autrice del cavolo!” esclamò Biancaneve, mentre tutti gli altri la guardavano con sorpresa. “Che c’è? Ogni tanto anche la Regina impreca!”

“Beh, comunque posso per certo dirvi che, chiunque l’abbia fatto, ha utilizzato la magia nera. Solo Gold può essere il responsabile, perché è l’unico che tratta quel tipo di magia.” disse TinkerBell.
Erano così confusi. Perché Tremotino avrebbe dovuto trasformare il proprio nipote in un pupazzo? Forse era in una specie di combutta con l’autrice? O forse c’era qualcosa di anche peggio sotto…
 
 


Stavano camminando ormai da giorni e, finalmente, erano arrivate a quello che un tempo era stato l’enorme castello della Regina Cattiva. Era rimasto quasi identico a com’era prima della maledizione, anche se il tempo aveva ingrigito ogni cosa… Non che prima fosse un trionfo di colori, ma riusciva a sembrare perfino più scuro e colmo di tristezza di quanto non fosse quando Regina dimorava lì’.

“Dev’essere una persona molto sola.” rifletté Regina, pensando a quanto lo fosse lei quando la magia ed il suo albero di mele erano la sua unica compagnia.

“Credi che sia stata lei a sceglierlo?” chiese Emma, guardando quasi con timore quel castello nero e sicuramente protetto da barriere magiche non facili da superare.

“La solitudine non si sceglie mai.” rispose la mora, lo sguardo basso e le lacrime che minacciavano di uscire dagli occhi pieni di malinconia.

Emma subito si portò al suo fianco, accarezzando il suo braccio e poggiando la testa sulla sua spalla, abbracciandola da dietro. Poggiò le labbra sulla sua guancia e sussurrò: “Non sei più sola. Adesso ci sono io accanto a te, e niente, niente potrà portarmi via da te, te lo prometto.”

Regina scoppiò a piangere e si voltò, nascondendo il viso nell’incavo del collo di Emma, il suo porto sicuro, l’unica spalla sulla quale poteva piangere. Emma la strinse forte, cercando di trasmetterle tutto il proprio supporto in quell’abbraccio disperato, tentando di stabilire un legame tra le loro sofferenze, come a farle sentire che lei poteva comprendere il suo dolore: anche lei era stata sola per la stra-maggioranza del tempo, durante la sua vita.

“Come fai ad amarmi, Emma? Come puoi dopo tutto ciò che ho fatto?” disse, esprimendo dopo tanto tempo quell’incertezza che l’assaliva fin da quando avevano cominciato a costruire un rapporto.

“Se c’è una cosa che i miei genitori mi hanno insegnato, Regina, è che il Vero Amore non ha un come, né un perché. Il Vero Amore è amore e basta. Anche se non volessi essere innamorata di te –e lo voglio, credimi-, ti amerei comunque, perché è qualcosa di cui non posso fare a meno. Tu sei la parte più importante di me, Regina, perché il nostro amore è riuscito a nascere e a crescere anche nello schifo più totale delle nostre vite… come una bellissima rosa che sboccia in mezzo al fango. Noi siamo quella rosa, Regina.”

L’ex Evil Queen sorrise tra le lacrime, e poggiò la fronte contro quella della Salvatrice, mentre ella chiudeva gli occhi, abbandonandosi a quella vicinanza. Poi Regina disse, asciugandosi il viso con fare coraggioso: “Adesso andiamo a sconfiggere il nemico, come farebbero due brave Salvatrici.”

Sorrisero entrambe e si presero per mano, superando la foresta ed avvicinandosi al maestoso covo dell’autrice di Once Upon a Time. Come previsto, vi erano dei confini magici, e sfortunatamente erano di natura complicata… Infatti il vincolo era di sangue, quindi solo un parente diretto di quella donna avrebbe potuto superare quella barriera.

“Beh, ma si può comunque aggirare questa regola, no? Basta avere abbastanza potere o cose simili, vero? Ti prego, dimmi che è così.” la supplicò la bionda, stufa di tutte quelle insidie.

“Era proprio lei a volerci vedere, ma allora perché mettere questa barriera magica che nessuna di noi due può penetrare?” rifletté Regina, con molta confusione in mente.

Ed aveva ragione, perché quella persona non era solita fare qualcosa senza un motivo –nonostante la maggior parte delle volte loro non lo comprendessero affatto quello specifico motivo. Doveva esserci qualcosa che ignoravano, qualcosa che non sapevano riguardo quella barriera… e soprattutto, riguardo quella donna.

“Proviamoci comunque, no? Tentare non costa nulla.” propose Emma.

“Sì, ma non credo che funzionerà. Sta’ indietro, ci provo io per prima.” l’avvisò il Sindaco, stendendo le braccia di fronte a sé; così arrivò a toccare i confini, e quelli, senza alcun apporto di magia da parte sua, si ruppero, lasciando loro via libera.

“Ce l’hai fatta!” esclamò la ragazza, arrivando al suo fianco. “Non è sembrato molto difficile.”

“Infatti…” mormorò Regina, sotto shock.

“Qualcosa non va?” chiese lo sceriffo, afferrando nuovamente la sua mano con preoccupazione.

“Cora.” realizzò la donna, a bassa voce. “E’ sempre stata lei: è una donna; è potente e conosce la magia in modo impressionante; ha preso la mia copertina, e solo lei oltre te ed Henry sapeva quanto significasse per me; inoltre i suoi metodi sono inconfondibili. Non capisco come abbia fatto a non accorgermene prima.”

“Regina, forse dimentichi un piccolo particolare: Cora è morta.” le fece presente Emma, sicura che la magia non riuscisse ad aggirare anche la morte.

“Deve averci preso in giro, dev’essere sopravvissuta in qualche modo. E’ l’unica spiegazione che sta in piedi, l’unica teoria pensabile che abbiamo fino ad ora.” disse Regina, scuotendo la testa. “Non riesco a crederci neanche io, ma… Questo incantesimo di protezione non si è rotto per la mia magia, bensì per il mio sangue. E l’unica mia parente prossima che potrebbe fare una cosa del genere è mia madre, che mi è anche venuta in sogno.”

Emma annuì.

Alla fine non è che ci fossero molte altre possibilità. Era tutto lì. Ma se si trattava di Cora, sarebbero riuscite a sconfiggerla, l’avevano fatto già una volta –o meglio, Mary Margaret l’aveva fatto- ed Emma avrebbe fatto qualunque cosa per proteggere la sua Regina dalla persona che più l’aveva ferita nella sua infelice vita. Lei avrebbe fatto di tutto, ma non era sicura che Regina avrebbe fatto altrettanto… anzi, probabilmente si sarebbe lasciata bloccare dai sentimenti contrastanti, ma veri, che provava verso la donna che l’aveva cresciuta, anche se brutalmente.

“Entriamo.” affermò Regina, cercando di apparire sicura di sé, nonostante non lo fosse per niente e si sentisse spaventata come una bambina. “Dobbiamo salvare Dim.”

“Sì, e la salveremo.” disse in risposta Emma. “Ma la mia priorità resti sempre tu, amore mio.”

Il sorriso di Regina, anche se debole per via di ciò che stava succedendo, le scaldò il cuore e le promise un futuro molto più felice di quello che si sarebbe aspettata… E, soprattutto, più felice di quello terribile che le aspettava.







Hi guys!
Rieccomi con questo capitolo che ci regala una nuova teoria: l'autrice potrebbe forse essere Cora Mills? Ditemi un po' che ne pensate ;)
Grazie a tutti per aver letto e recensito lo scorso capitolo, e grazie a chi segue incessantemente questa fanfiction... A voi voglio dare, come sempre, qualche indizio riguardo il prossimo capitolo: prigionia sarà il tema ricorrente, e FINALMENTE incontreremo Dim e l'autrice. Contenti?
Alla prossima!

 

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Capitolo 12
*** Prigionieri. ***


“Quindi è così? Tu sei in combutta con Cora?” chiese minacciosamente Snow all’uomo, che stava seduto con aria colpevole.

Avevano letto da poco ciò che Regina aveva supposto, chi Regina pensava che l’autrice fosse. E, in effetti, non vi erano altre ipotesi accettabili, quindi erano subito corsi da Rumplestiltskin per farsi dire ciò che sapeva.

“Era solo un piccolo incantesimo, lei sapeva che voi l’avreste aggiustato.” rispose il signor Gold, meccanicamente come se stesse recitando un copione.

“Ma allora perché farlo, se sapeva di non poter ottenere nulla?” gli domandò il Principe, esprimendo a parole ciò che tutti nella stanza degli interrogatori stavano pensando.

“Voleva solo farvi sapere che mi ha in pugno. E’ riuscita a trovare il mio pugnale, e adesso mi comanda. Può farmi fare ciò che vuole.”

A quella notizia, i due coniugi si guardarono con occhi spalancati di chi sapeva di essere in grossi guai. E in effetti era così: se Cora aveva Tremotino dalla sua parte –di nuovo- allora sarebbe stato molto difficile sconfiggerla. Anche se Emma e Regina fossero riuscite a prenderla, a Storybrooke ci sarebbe ancora stato Rumple ad eseguire i suoi ordini. Perché loro non sapevano che Cora aveva Tremotino, e non potevano saperlo in alcun modo, a meno che lei stessa non glielo dicesse –il che era davvero improbabile.

“Dobbiamo imprigionarlo con la magia. Magari non durerà molto, ma ci darà un po’ di tempo, e quindi di vantaggio.”

Charming annuì alla frase della moglie, ed uscì dalla stanza, trovandosi nell’ufficio dello sceriffo. Ruby, TinkerBell ed Henry lo stavano aspettando lì, in attesa di sapere cosa stesse succedendo.

“Tink, abbiamo bisogno che tu usi la magia per catturare Tremotino: lui lavora per Cora.” li informò David.

“Mio nonno…” mormorò debolmente Henry, scuotendo la testa, deluso. “Pensavo che fosse cambiato… soprattutto dopo la morte di Neal.”

“Hey, no, Henry.” lo fermò il nonno, poggiandogli una mano sulla spalla. “Lui non vuole fare questo, è solo che Cora ha il suo pugnale e quindi può comandarlo. Non può ribellarsi, ma io sono sicura che, se potesse, si schiererebbe con noi e ci aiuterebbe a sconfiggere la madre di Regina.”

“Ma mia madre è cambiata, magari lei ed Emma riusciranno a convincere anche lei. Magari andrà meglio dell’ultima volta.” disse il ragazzino, ritrovando il proprio caratteristico ottimismo.

Charming annuì, anche se non credeva che una cosa del genere potesse accadere sul serio, e rispose solo: “Speriamo.”
 


 
Regina ed Emma avevano già solcato le porte del castello, e stavano percorrendo la grande navata del corridoio principale, chiedendosi dove si trovasse Cora; e, proprio per questo, stavano all’erta per non farsi trovare impreparate. Regina aveva pronta una palla di fuoco sollevata sul suo palmo; Emma brandiva una spada e controllava l’area circostante mentre l’altra donna la guidava attraverso le tante vie del castello in cui aveva vissuto per più di un decennio.

“Cora! Fatti vedere!” decise di urlare alla fine Regina, senza nascondersi; tanto, prima o poi, si sarebbero dovute incontrare.

Ma, invece di una donna di mezza età con la fissa per la magia e la crudeltà gratuita, le due si trovarono di fronte una giovane donna che poteva avere sì e no qualche anno in più di Henry.

“Tu sei Dim.” dedusse Emma, avvicinandosi ed abbassando l’arma per non spaventarla: di certo vivere con quel mostro di Cora Mills era già terrorizzante, non vi era alcun bisogno di farle ulteriore paura.

“Già.” rispose solo la ragazza, la voce bassa, quasi adulta; così profonda come quella di una ragazzina non dovrebbe essere.

Regina sentì un tepore avvolgerle il cuore in una morsa che sarebbe stata quasi dolorosa se non fosse passata dopo qualche secondo. Ed era certa, per qualche strano motivo, che anche Dim l’avesse avvertito… come se i loro cuori fossero connessi in qualche modo. Infatti la ragazza chiuse gli occhi, mentre la mascella le tremava, e strinse i pugni per qualche momento. Poi sorrise dolcemente come se nulla fosse e disse: “Volete che vi porti da lei.”

Non era una domanda. Lei sapeva bene che tutto ciò che volevano Regina ed Emma era incontrare l’autrice del libro che aveva dato inizio a tutta quella follia, che aveva contribuito a far credere Henry, che aveva quindi convinto Emma a fermare il sortilegio.

Quindi Dim cominciò a camminare, senza nemmeno accertarsi che le due donne la seguissero. Ma loro lo stavano facendo, e anzi Emma si affrettò per parlare con lei, dicendole impacciatamente: “Ehm, guarda che noi siamo qui per salvarti, okay? Noi siamo i buoni.”

Dim rise alla sua goffaggine ed annuì: “Sì, lo so. Voi siete le Salvatrici.”

Regina non aveva più parlato da quando erano entrate dentro quel castello, e non solo perché esso aveva riportato alla sua mente ricordi poco piacevoli del suo tortuoso passato da Regina Cattiva. No, c’era qualcosa di strano in tutta quella situazione… Del tipo, perché Daniel voleva che salvassero Dim? Sembrava impossibile che si fossero conosciuti, data la sua età.

“Perché Daniel mi ha detto di salvarti?” chiese, dando vita ai suoi dubbi.

“Beh… Noi non ci siamo mai conosciuti, ma lui era... è sempre molto importante per me.” rispose cripticamente la ragazza.

Ora che la guardava bene, Regina vedeva qualcosa di familiare in lei: i suoi capelli lunghi e neri scendevano lungo le sue spalle in modo scomposto, ma sempre elegante; i suoi abiti erano piuttosto anonimi, fin troppo per il suo viso angelico; e poi c’erano i suoi occhi… erano di un verde così profondo che Regina pensò che qualcuno vi avesse incastonato degli smeraldi o che vi avesse gettato dentro dei prati verdi… come quelli di Emma. Come quelli di Daniel.

“Mi sa che dobbiamo fermarci qui. C’è un altro incantesimo di protezione.” disse Dim, davanti ad un grande portone decorato completamente di nero.

“Beh, posso rompere anche questo.” assicurò Regina, pensando si trattasse di uno analogo a quello che vi era precedentemente all’entrata.

“No… Per spezzare questo incantesimo c’è bisogno che ognuna delle persone davanti questa porta confessi un segreto.”

“Neverland.” dissero Emma e Regina insieme, ricordando quando Emma, col suo segreto, aveva salvato Neal da quella gabbia.

“Prima di… fare questa cosa, posso chiederti perché Cora ti tiene prigioniera?” chiese la bionda.

Dim rise di nuovo, quasi divertita da quella domanda: “Cosa vi fa pensare che Cora mi tenga prigioniera? Lei non c’entra nulla. L’unica cosa a tenermi prigioniera qui è che non ho altro posto dove andare.”

A Regina venne di nuovo in mente quella solitudine che anche lei aveva provato, e provò compassione per quella ragazza che, chissà per quali motivi, era sola al mondo, tanto sola da stare lì con la peggior persona che potesse esistere come compagnia.

“Anche io ero sola. Così sola che una volta ho… cercato di uccidermi.” ammise, ricordando quando si era lanciata dalla finestra di quello stesso castello e TinkerBell per fortuna l’aveva salvata.

A quelle parole dell’ex Evil Queen la porta fece uno scatto. Dim le rivolse uno sguardo addolorato, come se davvero le importasse di lei e le dispiacesse profondamente che lei fosse stata così sofferente da fare una cosa del genere.

Allora fu il turno di Emma, che conosceva già quella storia, nonostante Regina non l’avesse mai ammesso di sua spontanea volontà. E per questo era veramente fiera di lei.

“Anche io ero sola.” disse anche Emma. “Per molto tempo ho pensato che non avrei mai avuto una famiglia. Non ho abbandonato Henry solo per dargli un’opportunità migliore, ma soprattutto perché ero fermamente convinta che io non sarei mai potuta essere un’occasione di alcun genere.”

La porta fece un altro scatto. Allora gli sguardi delle due Salvatrici si rivolsero alla ragazza che, ora, guardava il pavimento come se esso potesse suggerirle cosa dire: “Il mio segreto è che avrei potuto non essere sola. Ma ho deciso di esserlo, perché a volte, Regina, la solitudine può essere una scelta… Ed io ho scelto la solitudine perché mia madre doveva avere il suo Lieto Fine. Così ho sacrificato il mio, sapendo che un giorno lei avrebbe avuto il suo… Mi sembrava uno scambio equo.”

La porta si aprì, mentre le tre si guardavano con complicità, condividendo silenziosamente qualcosa di forte e di inspiegabile.

Quando entrarono, però, non vi era nessuno nella camera che tanti anni orsono fu di Regina. Istintivamente si chiesero perché mettere un incantesimo per proteggere una camera in cui non vi era nessuno.

“E’ stato un bel momento.” disse Dim, ma le due non riuscivano più a vedere nemmeno lei.

Si guardarono intorno con attenzione, e la scorsero nella penombra, girata verso la finestra, quella dalla quale Regina aveva tentato il suicidio. Quando si voltò, indossava un abito della Regina Cattiva, i suoi capelli erano appuntati in un’acconciatura a Regina molto familiare –perché la usava lei- e sul suo viso vi era un sorriso sconcertante.

“Adesso però è ora di mettere le carte in tavola.” continuò la ragazza.

“Dov’è Cora?” chiese Regina, e per lei fu come vedere lo specchio di se stessa in quella giovane che tanto ricordava lei, se non fosse stato per quegli occhi così particolari che comunicavano la stessa tristezza dei suoi.

“Cora è morta, pensavo lo sapessi dato che l’ha uccisa la madre della tua Emma.” sorrise canzonatoria Dim.

“Quindi sei tu.” dedusse Emma, ricordando di averlo ipotizzato già in precedenza.

“Ma tutto questo non ha senso!” esclamò Regina, guardandola con disgusto nello scoprire che era stata quella ragazzina a farle tutto ciò che era capitato loro in quel periodo.

“Oh, invece ce l’ha. Solo che non potete coglierlo adesso, perché non avete tutte le informazioni.” la corresse la ragazza, avanzando verso di lei; e, quando le fu davanti, Regina si sentì per la prima volta dopo tanto tempo terrorizzata.

Perché quella Dim  era veramente simile a lei, nel suo periodo più buio. E sembrava che anche il suo cuore fosse spezzato come il suo in quegli anni. Chissà perché, si chiese Regina.

“Beh, allora dacci quelle informazioni. Per esempio, che legame avete tu e Regina da poter spezzare l’incantesimo di sangue?” domandò subito Emma.

“Come corri, Salvatrice… Direi che dovresti essere più gentile, dato che solo io posso liberarvi da qui.”

Emma e Regina si guardarono, confuse, prima di ritrovarsi incatenate al muro –a cui anche Regina aveva legato molta gente- senza possibilità di liberarsi.

“Le catene sono magiche, quindi non sperate di spezzarle in qualche modo e, invece, focalizzatevi su di me. Abbiamo tante cose da dirci.”
 


 
“Non riesco a vederlo ridotto in questo stato.” bisbigliò Belle, osservando Tremotino dimenarsi senza alcun risultato, bloccato dalle manette impregnate di polvere magica.

“Lo so. E’ per questo che dovresti andare via.” disse Ruby, accarezzando la spalla dell’amica. “Possono occuparsi loro di tuo marito.”

“Loro? Tu non resti qui?” domandò con curiosità quella che da poco era diventata la signora Gold.

“No, beh, stanotte c’è la luna piena, sai…” borbottò l’altra ragazza. “…Quindi credo che andrò nella foresta e resterò lì a dormire.”

“Posso venire con te?” le chiese Belle. “Non ti ho mai vista durante la trasformazione, e, dato che ora riesci a controllarti anche quando sei un lupo…”

Cappuccetto Rosso, sapendo che non avrebbe mai convinto una persona testarda come Belle, acconsentì. Non le avrebbe fatto male distrarsi, e lì c’erano Snow e Charming a controllare la situazione. I quali, a proposito, stavano leggendo il libro che, a quanto pare, si stava scrivendo da solo in quel momento, perché la ragazza che lo scriveva usualmente stava in quell’istante parlando con Regina ed Emma.

“E se lo stesse scrivendo adesso, ma fosse già successo?” chiese Biancaneve.

“Non lo so, Mary Margaret… Non lo so davvero.” rispose solo il Principe, per poi prendere la donna tra le braccia e posare un tenero bacio sulla sua fronte, cercando di calmare la paura che attanagliava la moglie, nonostante anche lui ne fosse totalmente assalito.

“Se dovesse succedere qualcosa ad Emma, io…”

David fermò quei pensieri, baciandola sulle labbra e dicendole: “Hey. Nostra figlia è forte, ed è la Salvatrice. Per di più Regina ci ha promesso che avrebbe fatto di tutto per riportarla indietro, ed io mi fido di lei.”

“Anche io.” borbottò lei. “Ma questa ragazza… chissà cos’ha passato per cedere al suo lato oscuro a questa tenera età.”

“Loro riusciranno a farla rinsavire. D’altronde, se Daniel ha detto loro di salvarla, ci sarà un motivo, no? E sono sicuro che questo motivo sia più che valido.” continuò Charming.

Un urlo disumano si levò dalle labbra di Rumple, che continuava a divincolarsi per essere liberato. Speravano solo che le manette magiche non cedessero, perché a quel punto sì che sarebbe stata la fine per loro.

Ignorando questi pensieri continuarono a leggere il libro che recitava: Ogni magia ha sempre un prezzo, e quella che Cora aveva abbattuto sulla propria figlia ne avrebbe portato uno molto alto.








E rieccomi!
Ditemi un po': vi ha sorpreso che fosse Dim l'autrice, o ve lo aspettavate? E perché pensate che abbia combinato tutto questo casino? Quale sarà il suo piano? Rispondete voi a queste domande ;)
Ringrazio chi legge, segue e soprattutto recensisce, e mi aspetto tante opinioni da parte vostra (più che altro, lo spero xD)! 
Nei prossimi due capitoli illustreremo la storia di questo nuovo personaggio con un passato molto tormentato, e nel prossimo vi sarà una rivelazione abbastanza scioccante!
See you soon!









 

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Capitolo 13
*** C'era una volta... ***


Emma sbuffò, dimenandosi e muovendo con forza le catene contro il muro, provocando uno strepitio alquanto fastidioso. Intanto diceva: “Non puoi tenerci qui per sempre! E smettila di ignorarmi, posa quello stupido libro e dammi ascolto!”

La ragazza alzò il volto, il sopracciglio alzato con menefreghismo.

“Questo non è uno stupido libro. Questo libro è speciale. Proprio come me.” rispose, e in quel momento una scena ripercorse la sua mente, trascinandola nei meandri della sua memoria che riguardavano la sua infanzia piena di odio e tristezza.
 

 
“Nonna, ti prego, non mi va di sforzarmi.” si lamentava una piccola bambina di sei anni dagli occhi smeraldini, sbattendo le lunghe ciglia per cercare di impietosirla; anche se sapeva che probabilmente non ci sarebbe mai riuscita.

“Non fare storie, Dim! Adesso concentrati e cerca di vedere, dopodiché dimmi tutto quello che ricordi della tua visione.” le ordinò con sguardo severo la donna. “E non chiamarmi più nonna.

Dim annuì tristemente e chiuse gli occhi, focalizzandosi solo sulle visioni del futuro, come le aveva insegnato la nonna.

Aveva quel dono fin da quando era nata: poteva vedere tutto. Passato, presente, e a volte anche il futuro, erano come le pagine di un libro, un libro che solo lei poteva leggere. Spesso aveva utilizzato quel potere per vedere la propria madre e il proprio padre nel passato, ma ormai non le era più concesso farlo, se non quando quella donna non la poteva vedere.

“Vedo una ragazza bionda… E’ bella ed è forte, lei è la Salvatrice.” recitò Dim.

“In che senso la Salvatrice?”

“Non lo so, è stata la mamma a dirlo.” rispose la bambina.

A quel punto ella ricevette un potente schiaffo sulla guancia tenera, che subito mutò il proprio colore latteo in rosso.

“Così come non puoi chiamare me nonna, non puoi chiamare lei mamma. Nessuno deve venire a sapere di chi sei figlia. Se succedesse… Non voglio nemmeno pensarci.”
 

Dim scosse la testa e continuò a scrivere ciò che stava succedendo –d’altronde l’aveva promesso a Regina che avrebbe fatto sapere ad Henry ciò che stava succedendo, nonostante fosse riluttante nel farlo.

“Avevi detto di volerci parlare… Beh, visto che non possiamo fare altro, parla.” disse la mora, più calma della compagna.

La ragazza alzò gli occhi verdi dalle pagine e sorrise debolmente, alzandosi a fronteggiare le due Salvatrici. Gli occhi neri di Regina mostravano disprezzo per ciò che aveva fatto loro: le aveva costrette a fare quel lungo viaggio, le aveva separate dalla loro famiglia per venire lì a salvarla, e poi non aveva fatto altro che farle soffrire, riportando alla luce i ricordi peggiori delle loro vite. Ma era proprio questo che voleva fare Dim.

“Io vi ho fatto vedere Neal e Daniel, e vi ho fatto venire a contatto con la violenza che avete subito negli anni della vostra vita. Ma se l’ho fatto, è perché ne avevate bisogno… Dovevate confrontarvi con quella parte del vostro passato, anziché scappare da esso. E sono molto fiera di voi per essere riuscite a fare i conti con il dolore.” disse loro. “Mi dispiace di avere usato dei metodi poco ortodossi.”

“Poco ortodossi?!” esclamò la bionda, strattonando le catene ancora una volta. “Avrei potuto uccidere la donna che amo!”

“Credi davvero che te l’avrei lasciato fare?! Anche io la amo!” rispose la ragazza, perdendo il controllo per la prima volta; e infatti, quando si rese conto di ciò che aveva detto ad alta voce, boccheggiò e chiuse gli occhi con forza.

“Cosa?” chiesero Regina ed Emma in coro.

Dim strinse i pugni e poi, con un gesto rapido del braccio, gettò per terra tutto ciò che vi era sulla scrivania: calamaio, inchiostro e la copia originale del libro, dove ella scriveva le storie che conosceva a causa dei poteri straordinari che lei non aveva richiesto, ma che le erano stati appioppati alla nascita. E non aveva potuto disfarsene, non ne aveva avuto il coraggio, perché non vedere più la propria madre sarebbe stato peggio che vederla solo tramite le visioni.

“Non… non sono ancora pronta, io- Tu non sei ancora-“ balbettò incoerentemente, portandosi una mano tra i capelli mossi e sospirando. “Dimenticate ciò che ho detto e vi dirò ciò che posso.”

Emma e Regina si scambiarono uno sguardo eloquente, consapevoli di dover approfittare di quel suo momento di debolezza –da qualsiasi cosa esso fosse stato scaturito. Regina fece la prima domanda, una domanda che nessuna delle altre due si aspettava da parte sua.

“Cosa ti è successo per diventare così?” disse, e l’ultima parola fu detta in un tal modo che a Dim ed Emma venne voglia di piangere, conoscendo il passato della donna a cui entrambe tenevano.

“Io… avevo una madre. Ed anche un padre. Ma qualcuno me li ha portati via, entrambi… Non li ho nemmeno mai conosciuti.” rispose Dim, anche se omise qualche dettaglio che al momento non avrebbe potuto spiegare correttamente. “Sono stata cresciuta nell’odio e nella paura. La donna che mi tenne con sé nei miei primi anni… Lei era spietata, senza cuore !”

Anche nella frase di Dim erano state enfatizzate le ultime parole. Perché al solo ricordo le veniva voglia di spaccare ogni cosa. E Regina la comprese, così le parlò a cuore aperto, come avevano fatto lei ed Emma prima di scoprire che lei fosse la persona che stava inspiegabilmente facendo del male alla loro famiglia: “Anche mia madre era una persona senza cuore, letteralmente, perché se lo era strappato via-“

“…Per non provare più alcun tipo di sentimenti.” concluse per lei la ragazzina, che ricevette uno sguardo interrogativo, e riprese: “Beh, c’è anche la sua storia nel libro.”

“Quindi, puoi davvero controllare i nostri destini?” chiese poi Emma.

“No.” rise Dim, come se solo l’idea la divertisse. “Nessuno può farlo. Io posso solo vedere… vedo molte cose, ho visto te prima ancora che tu nascessi.”

A quelle parole, Regina confermò quella tesi che si era già creata nella sua mente: quella ragazza non era nata dopo la maledizione, il che era stato piuttosto ovvio anche prima.

“Poi però c’è stato il sortilegio, e per ventotto anni non ho più visto nulla. Sono rimasta bloccata nel tempo, e poi tutto è tornato normale, come se fosse passato un secondo da quando avevo tredici anni. E invece…” si fermò, lasciando intendere a loro il seguito, dato che lo sapevano già.

“Quindi adesso hai… sedici anni?” chiese Regina, che sperava che sembrasse solo più piccola di ciò che era, e invece era quasi una bambina, proprio come lei quando tutto quel turbine fatto di magia, bugie, complotti e morte l’aveva colpita… aveva colpito lei e tutto ciò che le era caro: Daniel, suo padre, sua madre –nonostante tutto- ed il suo cuore, che prima era chiaro come l’alba e poi divenne scuro come la notte.

Dim annuì, aspettando che le ponessero un’altra domanda. E sapeva quale sarebbe stata.

“Che legame abbiamo io e te?” le domandò l’ex Evil Queen, con un po’ di timore. “Mia madre ha avuto un’altra figlia sperduta nel Paese delle Meraviglie?”

“No, credo che la strega verde fosse inquietante abbastanza.”

Alla battuta di Dim, loro malgrado, Emma e Regina sorrisero. Poi, però, tornarono a guardarla come avevano fatto in precedenza: con sospetto.

“Non abbiamo un legame poi così stretto.” asserì la moretta, il viso immobile in un’espressione rilassata, nonostante i suoi occhi dicessero il contrario.

Le due donne decisero di lasciar perdere: sembrava che la ragazza non volesse dirle proprio tutto in quel momento. E non potevano mica obbligarla, dato che erano legate e non riuscivano a liberarsi… ma magari potevano indurla a liberarle lei stessa. D’altronde la strega sembrava aver bisogno soltanto di qualcuno che le stesse accanto; magari avrebbero potuto aiutarla davvero, se lei le avesse lasciate fare.

“Tu hai qualcosa che mi appartiene.” disse all’improvviso Dim, rivolgendosi a Regina, che subito aggrottò le sopracciglia.

“Se parli della copertina…”

“Oh, no, quella l’ho già presa.” gliela mostrò fieramente, stringendola lievemente tra le dita come se fosse fatta d’oro. “Parlavo del mio cuore. Ce l’hai tu.”

Regina allora realizzò tutto. L’unica che sembrava ancora non capire in quella stanza era Emma, che lasciava vagare i propri occhi dalla propria donna alla ragazza in modo quasi frenetico. Finalmente il Sindaco espresse ciò che aveva pensato: “Tu non ce l’hai nel petto… come mia madre.”

“Già. E, a proposito di tua madre, è stata proprio lei a togliermelo. Ecco perché si trova nella tua ‘collezione’. E sicuramente adesso penserete che, se sono semplicemente priva del mio cuore, potete aiutarmi a ritrovare la bontà dentro di me e bla bla bla. Giusto?” le prese in giro Dim. “Ma come puoi ritrovare qualcosa che non hai mai avuto?”

“Sono sicura che-“ cominciò Emma.

“No. Io ho fatto delle cose orribili… e, al contrario di Regina, non me ne pento nemmeno, perché le cose orribili sono state le uniche cose che io abbia mai conosciuto. Non ho mai avuto delle cose belle: l’unica cosa che mi rendeva felice era vedere voi attraverso lo specchio delle mie visioni, ed ho egoisticamente pensato che, se siete riuscite a salvarvi a vicenda, avreste salvato anche me. Ma mi sbagliavo… i cattivi, i veri cattivi, non hanno mai un Lieto Fine.”

“Questo è ciò che scrivi nel tuo libro. Ma sei sicura che sia la verità? O meglio, sei sicura di essere realmente cattiva?” chiese Regina.

D’altronde anche lei aveva creduto di non poter avere un Lieto Fine fino a quando non aveva incontrato Emma e si era innamorata di lei… Serviva solo un po’ di speranza.

“Sì, lo sono.”

Regina allora si arrese, pensando che, se voleva proprio autocommiserarsi in quel modo, poteva benissimo farlo, a lei non importava. Ma Emma era molto distante da lasciar perdere.

“Ti ridaremo il tuo cuore. Lo troveremo e te lo rimetteremo nel petto, è una promessa. Però tu liberaci.” le disse, anche se era certa che la ragazza non le avrebbe lasciate andare così presto… ed invece si sbagliava.

Infatti Dim le sciolse dalle catene, usando la magia, e loro caddero per terra, i polsi indolenziti dalla stretta a cui erano stati sottoposti. Si strofinarono i suddetti con le dita, e poi rivolsero due identici sguardi perplessi alla giovane che ormai era a soli due passi da loro. Si mise in ginocchio e le guardò con quegli occhi elegantemente truccati di nero.

“Potete andare.” fece un cenno della mano con nonchalance.

“E tu?” chiese Regina, inspiegabilmente preoccupata per lei.

“Non devi preoccuparti per me… Non sei mica mia madre.” disse Dim, ma i suoi occhi non mentivano: stava provando una sofferenza immane nel pronunciare quelle parole, e sembrava pure che non fossero vere.

Di questo si accorse subito Emma, e allora affiancò la compagna che si era già alzata in piedi, pronta ad andare anche se con qualche riserva. Sottovoce la bionda bisbigliò: “Regina, per caso hai avuto una figlia e l’hai abbandonata o roba del genere? Perché questa tesi si fa sempre più convincente.”

Regina la guardò come se fosse pazza.

Ma certo che non aveva mai avuto una figlia! L’unico figlio che aveva era Henry, e non l’aveva nemmeno concepito lei stessa. Certo, quella ragazzina la rispecchiava molto e, se doveva essere sincera con se stessa, le somigliava in maniera impressionante, sia fisicamente che caratterialmente. Ma sembrava che lei e la ragazza fossero imparentate in qualche modo, quindi le sembrava normale.

“Chi sei tu veramente?” le chiese Regina, cercando di non dare a vedere quanto fosse spaventata dalla risposta che avrebbe ottenuto.

Dim prese un grande respiro profondo e poi sospirò. Fissando il pavimento, mormorò solo tre parole, che scossero le altre due peggio di una bufera di neve prodotta da Elsa: “Sono tua figlia.”
 

 
“Okay, adesso prendigli il cuore.” le ordinò Cora.

“No, io… Se la mia mamma mi vedesse-“

“Ti ho detto di non chiamarla così!” urlò la donna. “E poi lei fa queste cose ogni giorno… Tua madre strappa i cuori delle persone proprio come faccio io. Non vuoi somigliarle e renderla fiera di te?”

“Sì che lo voglio, ma-“ cercò di protestare la piccola Dim.

“Niente ma. Uccidilo.” disse.

Intanto il Cappellaio Matto, nonostante non avesse più provato alcun sentimento –la follia è un sentimento?- da quando aveva perso Grace, stava avendo molta paura. Quella donna era la più crudele che avesse mai conosciuto, perfino peggio di Regina, che l’aveva imprigionato lì.

Dim, disperata, gli strappò via il cuore, tenendolo tra le manine tremanti.

“Brava. Adesso stringilo forte e, quando hai finito, vieni a portarmi la polvere che ne resterà.”

Dim annuì, ma, non appena lei fu andata via, rimise il cuore al suo posto: nel petto di Jefferson.

“G-grazie.” disse egli, ancora sotto shock.

“Devi scappare. Nasconditi da qualche parte o lei ti troverà… e ucciderà entrambi.” lo avvertì la bambina, con sguardo basso.

Jefferson si dispiacque molto per quella piccola che gli ricordò tanto Grace, così si abbassò sulle ginocchia e prese il suo mento tra le dita, così che lo guardasse negli occhi.

“Io ti porterò via da lei. Ti libererò… lo prometto.”

 
“Credo che dovresti scrivere.” le consigliò un giorno il Cappellaio Matto.

“Come, scusa?” chiese Dim, che era stata distratta da uno dei meravigliosi cappelli –che, purtroppo, non erano magici- che il suo unico amico costruiva.

“Puoi tenerlo se ti va… Comunque dicevo che, visto che vedi tutte queste cose, dovresti scriverle, potrebbero esserti utili un giorno.” spiegò l’uomo alla bambina.

“Sì, credo che lo farò.”

Dim avrebbe voluto continuare a parlare, raccontargli dei propri sogni e delle proprie visioni di quella notte, ma non ce la fece. Era rimasta paralizzata da tre fagioli strambi che risiedevano in un sacchettino in pelle nera, abbandonato dentro un cilindro che era sepolto tra le altre centinaia di cappelli.

Li riconobbe. Sua no- Cora gliene aveva parlato, quelli erano dei veri fagioli magici. Come poteva Jefferson averne nella sua piccola casetta nascosta e non usarli?

“Ma… Jeff, tu sai cosa sono questi?” chiese la bambina di otto anni.

“Non distrarmi, forse ce la sto facendo.” disse lui, continuando a cucire quello stupido cappello, che sapeva non sarebbe mai stato tanto speciale da farlo tornare da Grace.

Dim provò molta compassione per lui ed un’unica lacrima scese lungo la sua gota. Mormorò: “Mi dispiace tanto.” e poi disse a voce più alta: “Jeff, io vado… Ci vediamo domani!”

Lui annuì, assorto nella sua opera. Ma si bloccò quando le labbra sottili della bimba si poggiarono sulla sua guancia, mentre lei gli bisbigliava: “Ti voglio bene.”

Poi però se ne andò, pensando che Cora avesse ragione… Stava proprio diventando come lei e sua madre Regina.








 
Buonasera a tutti!
Finalmente si è scoperta la verità su Dim, verità che molti di voi avevano già supposto nelle recensioni dello scorso capitolo -per le quali, tra l'altro, vi ringrazio infinitamente.
Volevo fare due appunti su questo capitolo: intanto riguardo il periodo che Dim passa nel Paese delle Meraviglie, vi voglio dire che ho trascurato il fatto del non invecchiare mai e cose varie, perché sarebbe stato controproducente per la storia, quindi diciamo che per i bambini il tempo non è bloccato (me lo sto inventando dal nulla) e quindi Dim è cresciuta seguendo il normale corso del tempo; poi, riguardo il suo nome: Dim è un nome che ho scelto appositamente per questo nuovo personaggio così complesso che, personalmente, adoro. Per spiegare da dove proenga quest'idea, basta cercarne il significato: oscuro, stupido, confuso. Quindi chi ha dato questo nome alla figlia di Regina (e ormai credo abbiate capito che sia stata Cora) l'ha fatto con rabbia, e probabilmente non le importava poi così tanto di lei, forse più dei suoi poteri. Ecco perché credo che questo nome le calzi a pennello... Magari un giorno, se troverà la forza di distaccarsi da quell'immagine di sé che la donna che la crebbe aveva costruito per lei, anche il suo nome potrebbe vergere in qualcosa di positivo.
Dopo queste prolisse considerazioni, vi do l'appuntamento al prossimo capitolo, in cui vedremo la reazione della famiglia reale alla notizia di Dim, e soprattutto continueremo il nostro piccolo viaggio nel passato di Dim. Si intitolerà la prima promessa, e vedremo se essa verrà mantenuta oppure no.
A presto!
 
 

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Capitolo 14
*** La prima promessa. ***


“Regina, si può sapere che ti prende?” chiese con rabbia Cora, avendo notato il comportamento scostante e sofferente della figlia negli ultimi giorni.

“Niente, madre.” disse, mentre le sarte le cucivano il vestito delle nozze addosso.

“Sei ingrassata.” constatò la donna, vedendo che lo stavano allargando.

A quel punto Regina cominciò a tremare dalla paura, perché lei sapeva che prima o poi Cora l’avrebbe scoperto. Proprio come aveva scoperto dell’uomo che amava, e che proprio sua madre aveva ucciso qualche mese fa.

“Uscite subito!” ringhiò Cora alle sarte, che non se lo fecero ripetere due volte e scapparono via dalla stanza all’istante. “Sei incinta?”

“I-io…”

“Sei incinta di quel lurido stalliere?!” urlò, spingendola contro il muro con la magia.

“M-madre, siate ragionevole… Ho un bambino in grembo.” balbettò Regina, facendosi piccola per lo spavento.

“Non per molto.” asserì Cora.

Subito prese uno dei suoi libri di magia e cominciò a consultarlo, sfogliando le pagine in modo veloce e nervoso. Regina era così spaventata da cosa potesse farle, specialmente perché anche questa volta non si trattava solo di lei, ma ferendo lei Cora avrebbe potuto fare del male anche al suo piccolo… al figlio che Daniel le aveva donato, forse per farle ricordare sempre che lui era ancora nel suo cuore.

“Trovato…” mormorò la donna. “Non ribellarti, o il bambino potrebbe anche morire. E noi non vogliamo questo, vero?”

Regina scosse la testa in segno di diniego, e poi si sentì attraversare da una scossa che le percorse tutto il corpo, concentrandosi poi sul suo grembo. Urlò. Poi vide qualcosa, un’anima che passava da lei a Cora, e solo allora capì cosa stesse facendo: si stava prendendo il suo bambino.

“No!” gridò, divincolandosi, ma non servì a nulla, perché era tutto finito. “Non… non potete portarmelo via, non potete!”

Cora sorrise e si avvicinò a lei, accarezzandole i capelli. Dopo disse, guardandola negli occhi: “Sto solo cercando di renderti felice. Ecco perché non ricorderai nulla di questo bambino.”

Fece un gesto di fronte al suo viso e tutto scomparì.
 

“Come è possibile che Regina abbia una figlia e non ce l’abbia detto?!” esclamò Snow, letteralmente scioccata da quella notizia.

Ma non quanto Henry, che continuava a fissare il libro con sguardo vacuo. E pensava a cosa potesse essere successo realmente, a come Regina avesse perso una figlia… o magari l’aveva abbandonata, come Cora aveva fatto con Zelena. Ma poi si disse che sua madre non avrebbe mai abbandonato un figlio; o almeno, con lui non l’avrebbe mai fatto.

“Henry, lo so che è uno shock scoprire di avere una sorella…” cominciò cautamente Charming.

“Quella non è mia sorella!” rispose acidamente il ragazzo. “E’ solo una cattiva persona, che ha fatto del male alle mie mamme, e che io odio con tutto il cuore!”

Dette queste parole, scappò via. James fece per seguirlo, ma la moglie lo fermò, bloccando il suo braccio nella propria stretta.

“Ha bisogno di stare da solo.” spiegò. “E noi abbiamo bisogno di capire come sia possibile tutto questo. Dobbiamo riflettere, e dobbiamo… beh, noi dobbiamo cercare di-“

“Non possiamo fare proprio nulla, Snow.” le disse con gentilezza l’uomo, accogliendola nel proprio abbraccio. “Adesso tocca a loro decidere di fare la cosa giusta. E la cosa giusta è fermare quella ragazza, prima che faccia di peggio.”
 


“Eccoti qua.” disse la donna, prendendo in braccio con fare riluttante la bimba appena data alla luce. “Ti ho dovuto tenere in grembo per mesi al posto di mia figlia, e ti ho dovuta partorire, capisci cosa voglia dire?... Ma certo che no. Beh, comunque sia, un giorno mi ripagherai.”

La bambina, con gli occhi ancora chiusi ed i pochi capelli scombinati sulla testolina piccola, emise un piccolo lamento, per poi mettersi a piangere.

“Oh Dio, adesso ti metti pure a frignare?! Le vere principesse non piangono, piccola cosa.”

Poi però si mise a cullarla, come aveva spesso fatto con Regina. La guardò, e non era poi così male. Forse non le sarebbe dispiaciuto poi tanto averla intorno… Ma solo se non avesse pianto e sofferto come stava facendo in quel momento, per la mancanza della vera madre.

Poggiò con delicatezza la mano sul petto del minuscolo essere che aveva tra le braccia. Sentì il suo cuore battere lievemente, e glielo prese. Lo teneva tra le mani, piccolo e lucente per la purezza e l’innocenza. Lo strinse un po’, tentata… ma non poteva fare una cosa del genere. Era sempre sua nipote ed era una bambina. Così lo tenne semplicemente in una mano, osservando come la bambina avesse smesso di piangere.

Un giorno, si disse, l’avrebbe ringraziata. Perché avere un cuore comportava provare amore, e provare amore comportava sofferenza.

“Andrà tutto bene. Lo so che siamo esiliate in uno stupido mondo colorato, ma riusciremo ad andarcene da qui, a tornare nella Foresta Incantata. Intanto tu diventerai la mia unica e migliore apprendista… Diventerai più potente di tua madre, e un giorno l’affronterai. Vedrai, sarà divertente.”
 

Regina scagliò la ragazza contro il muro opposto, la mascella contratta e gli occhi spalancati, fissi su di lei.

“Tu menti!” urlò, tremante.

“Lei ti ha rubato i ricordi, ma tu nel profondo sai di avermi avuto. Accarezzavi il tuo ventre, pensando a cosa avresti potuto fare per proteggermi, e hai tessuto quella copertina per me, nonostante non avessi la certezza che sarei veramente potuta essere tua figlia! Sapevi che lei non te l’avrebbe permesso!” disse Dim, con gli occhi lucidi. “E lei… lei mi ha dato questo nome orribile. Mi ha insegnato cose orribili. Mi ha fatto diventare una persona orribile.”

Allora tirò fuori una strana bolla viola, tanto piccola che stava racchiusa nel palmo della sua mano. Gliela porse, col braccio teso verso di lei. Ma Regina aveva paura; sapeva cosa fosse, ma non voleva prendere quei ricordi… Non voleva, perché sapeva che, se avesse ricordato di essere stata incinta di Daniel, tutto sarebbe stato diverso. Innanzitutto anziché odiare quella giovane donna tanto ostinata quanto malvagia, l’avrebbe amata per essere il frutto dell’amore che lei e Daniel avevano provato l’una per l’altro.

“Prendili. Non mi appartengono; sono tuoi, io non posso tenerli più... L’ho fatto per troppo tempo.”

Non appena le dita di Regina toccarono quella sostanza magica, tutto riaffiorò nella sua mente: ogni momento passato a chiedersi se davvero aspettasse un bambino, ogni giorno speso nel tentare di nascondere i sintomi della gravidanza, il momento in cui aveva cominciato a sperare che lei e il suo bambino potessero avere un Lieto Fine, e poi il momento in cui aveva capito che non ce ne sarebbe stato nessuno, quando Cora le aveva preso sua figlia.

“E’ per questo che, da quel momento, hai sempre desiderato un figlio. E’ per questo che avevi tanto bisogno di Henry. Perché non potevi avere me.” continuò Dim, una volta che lei ebbe ricordato tutto. “Ma adesso sono qui. E, anche se so di essere imperdonabile per ciò che ho fatto, spero ancora che io e te potremmo essere una famiglia un giorno.”

Regina crollò sulle proprie ginocchia, piangendo lacrime amare, che vennero prontamente spazzate via dalle dita delicate della figlia che aveva appena ritrovato. L’abbracciò, titubante, mentre Dim chiudeva gli occhi. Si stava perdendo nella sensazione di poter finalmente stringere la propria mamma, la donna che aveva cercato per tutta la vita.

Emma era immobile a fissarle, il viso tramutato in un’espressione di pura sorpresa. Si avvicinò lentamente, non volendo interrompere per alcun motivo quel momento tra madre e figlia, quella ricongiunzione di qualcosa che era stato rotto ingiustamente.

“Emma, lei… lei deve venire con noi.” balbettò Regina, alzandosi in piedi aiutata da Dim. “Lo so che ha fatto delle cose bruttissime, ma è mia figlia e- e non posso abbandonarla. Non di nuovo.”

La bionda annuì, comprensiva, ma poi un pensiero fulmineo le balenò in mente. Un pensiero che, probabilmente, non era passato per la testa di Regina solo perché era ancora sotto shock –e come biasimarla.

Solo due possono passare.” mormorò.

La compagna la guardò, stranita, per poi borbottare: “Ancora con quella frase, Emma? Che cosa-?”

“Solo due possono passare, Regina. Adesso ho capito.” disse Emma. “Il cappello… Se due persone entrano, due persone escono. Noi non… non potremo tornare tutte e tre a Storybrooke.”
 


“Hai fatto un buon lavoro, Dim.” si complimentò la donna, atterrata su una strada poco lontana dal castello della figlia. “Ma dobbiamo andar via di qui, credo che Regina non sarebbe tanto felice di vederci adesso. Sai, non è più la ragazzina innocente che conoscevo.”

Non sentendo risposta, Cora si voltò. Spalancò gli occhi, urlando: “Dim! Dim, torna subito qui! Non puoi scappare, non puoi scappare da me!”

Ma la bambina stava già correndo via, sfuggendo alla donna che l’aveva tenuta prigioniera per i primi anni della sua vita. Avrebbe trovato un posto dove nascondersi, e lei non sarebbe più stata un problema… o almeno questo è ciò che sperava. Sì, Cora aveva il suo cuore, ma non pensava che l’avrebbe usato contro di lei. Certo, anche questa era solo una speranza, si disse.

“Bah, chi se ne importa… Tanto quella stupida non è tanto stupida da correre da Regina. Fa così paura adesso.” rise da sola, avviandosi verso un posto più sicuro.

Intanto Dim si era rintanata in una piccola caverna, aveva messo i suoi ultimi due fagioli magici al sicuro e stava usando la magia. Sua nonna gliel’aveva insegnato, come rendere un oggetto più di ciò che sembrava. Così fece un incantesimo sul libro che aveva portato con sé e lo rese speciale. Poi cominciò a scrivere: “C’era una volta…”
 

“Emma ha ragione, Regina.” confermò. “…Ma la mia missione è compiuta: adesso sai tutto, adesso sai che esisto. Volevo solo questo.”

La ragazza, poi, si morse il labbro inferiore, come se fosse sul punto di dire altro ma ne avesse paura. Comunque si decise e corresse ciò che aveva detto: “Oddio, in realtà speravo che avresti scelto me alla famiglia che hai adesso, ma era un pensiero stupido. So quanto loro siano importanti per te. Quindi adesso dovete andare… Vi stanno aspettando.”

Regina, continuando a piangere come una bambina, si lasciò stringere dalle braccia confortanti –anche se non abbastanza- della bionda, che, all’improvviso, si distaccò da lei. Dopodiché disse, titubante: “Forse c’è una soluzione…”

Gli occhi della sua mora si illuminarono, mentre quelli di Dim si scurirono ancora di più.

“Non farlo, Emma. Non ne vale la pena.” l’avvertì, ma solo loro due si capirono.

“Lasciatemi qui.” disse comunque lo Sceriffo, senza ascoltare la figlia della compagna.

“Cosa?!” esclamò Regina, spingendo Emma indietro. “Sei pazza, Emma? Io non ti lascerei mai qui!”

“Ma lei è tua figlia, Regina.” pronunciò con difficoltà Emma, lo sguardo appannato dalle lacrime e il tono incerto. “Io so come ci senta a vivere senza qualcuno che ti voglia bene… senza qualcuno a cui importi di come ti senti, di come stai, della tua esistenza. Dim non ha avuto nessuno per tutta la vita. Lasciami fare questo gesto, lascia che io la salvi.”

La bruna cominciò ad arretrare lentamente senza nemmeno sapere dove si stesse dirigendo. Infatti Dim l’afferrò da dietro, stringendola tra le braccia forti –era perfino più alta di lei ed aveva delle spalle larghe, di qualcuno che poteva abbracciare tante persone insieme, ma che non aveva mai abbracciato qualcuno.

“Sei stata la prima persona che abbia mai abbracciato nella mia vita.” ammise infatti. “E sono contenta di averlo potuto fare. Ma adesso è tardi per noi… per voi però no.”

Regina boccheggiò, mentre il pianto e la sofferenza di quel momento la lasciavano priva anche della forza di parlare senza balbettare.

“Non posso… Io non posso!” urlò, portandosi le mani ai capelli con fare disperato. “Non posso lasciarti qui, non posso lasciare nessuna delle due qui! Non posso andarmene, ma non posso restare!”

La donna era in un conflitto interiore –persino peggiore di quello che per anni l’aveva tormentata, portandola a chiedersi se lei fosse solo la Regina Cattiva oppure potesse anche essere anche una buona persona- che la struggeva come mai. Cosa doveva fare?

“Ti prego, Regina, lasciami qui ed io troverò un modo per ritrovarti… Ma lei, lei potresti non rivederla mai più.” le assicurò Emma, con una sicurezza che solo suo padre aveva posseduto nell’amore per sua madre, e lei provava quella sicurezza riguardo i propri sentimenti proprio perché consapevole della purezza di essi.

“Ma, Emma… Tu mi hai fatto una promessa. Hai promesso che non mi avresti mai lasciata per alcun motivo al mondo. Non puoi rompere una promessa del genere, non puoi farlo!” protestò l’altra donna, scuotendo la testa velocemente.

Dim sbuffò, interrompendo quel tragico momento tra le due, e prese da un cassetto della scrivania, un libro. Era identico a quello che aveva Henry, solo che il titolo non era Once Upon a Time, bensì Danielle.

Regina ed Emma aggrottarono le sopracciglia, confuse.

“Avrei voluto che fosse questo il mio nome…” spiegò lei. “In questo libro c’è scritto praticamente tutto sulla mia infanzia. Leggetelo e ricordatevi di me in qualche modo. Ah, e cercate di non farmi apparire così tanto crudele con gli altri come sono realmente stata con voi, okay? Non vorrei che Snow mi odiasse di più di quanto già non faccia…” continuò, vaga, causando ulteriore perplessità in Emma e Regina.

Poi una porta simile a quella dalla quale erano entrate nella Foresta Incantata –tranne che per un globo disegnato su di essa-, comparì di fronte a loro. Dim la indicò, dicendo loro: “Questo è il portale per il vostro mondo. Portate con voi questo libro e questo libro…” e diede loro la copia originale di Once Upon a Time “… Che, tra l’altro, dovrete distruggere; e poi… vorrei che andassi nella tua cripta e prendessi lo scrigno che contiene il mio cuore. Tienilo con te, al sicuro, ma non ti consiglio di aprirlo, a meno che non voglia farti del male da sola.”

Parlava alla madre, e la guardava negli occhi con lo sguardo di chi non rivedrà mai più la persona a cui tiene di più. Ed era proprio questo ciò che stava accadendo.

“Mi dispiace, ma è meglio così.” disse, per poi abbracciare un’ultima volta la donna che, anche se per soli pochi mesi, l’aveva portata in grembo.

L’ultima cosa che Regina sentì, prima di venire spinta nel portale, fu un debole: “Ti voglio bene, mamma.”, poi ci fu il buio per qualche secondo.

Emma era lì, a guardare Dim piangere finalmente per la prima volta, e si stupì che riuscisse a provare dolore nonostante il suo cuore non fosse nel petto.

“Sei ancora in tempo. Puoi andare tu ed io resterò qui.” disse anche a lei.

Ma Dim scosse la testa in segno di diniego, e, inaspettatamente, abbracciò anche lei di slancio. Mormorò, tra le piccole lacrime: “Saremmo andate d’accordo io e te.”

Emma sorrise.

“Sicuramente, ragazzina.”

A quella parola pronunciata dalla bionda, il volto di Dim si illuminò per un attimo, prima di tornare alla precaria tristezza che risiedeva in esso da sempre. L’ultima cosa che sentì Emma prima di venire scagliata nella grande porta fu, invece: “Prenditi cura di lei, Emma.”

Ed Emma, mentre viaggiava tra i due mondi, annuì a sé stessa.

Ma certo che si sarebbe presa cura di Regina. L’avrebbe fatto. In fondo, lei l’aveva promesso.







Rieccomi con un altro capitolo sul passato di Dim... Fatemi sapere se vi è piaciuto e se avete capito finalmente perché Regina non ricorda di avere avuto la figlia di Daniel.
In particolare, proprio sulla vicenda di Cora che prende la bambina di Regina dal suo grembo, vorrei farvi notare che una cosa del genere è accaduta anche nel famosissimo telefilm Charmed (o Streghe, in italiano), ma giuro che non lo sapevo fino a quando non ho fatto leggere questo capitolo ad un mio amico e lui mi ha raccontato... Comunque sono contenta di non essere stata l'unica folle a pensare una cosa del genere xD
Ringrazio tutti perché leggete, seguite e recensite questa storia con affetto e mi dimostrate sempre di apprezzare ciò che scrivo.
Ci vediamo al prossimo aggiornamento, in cui si parlerà di una seconda promessa, che è già stata mantenuta. Bye!

 

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Capitolo 15
*** La seconda promessa. ***


Emma e Regina erano atterrate nello stesso luogo in cui erano entrate nel cappello. Emma prese quest’ultimo, rigirandoselo tra le mani, e poi mise un braccio attorno alle spalle di Regina, attirandola a sé mentre cominciava a camminare verso la casa dei propri genitori.

“Mi dispiace tanto, Regina. Vorrei… vorrei solo poter fare qualcosa, e potevo, avrei potuto se me l’avessi concesso!” disse con enfasi; ma non ottenne risposta alcuna dalle labbra serrate della donna che, al momento, stentava persino a riconoscere.

Il suo volto era impallidito, le sue labbra apparivano secche e prive di vita, i suoi occhi erano spenti e malinconici. E poi c’erano le sue mani, che si stavano torturando tra di loro, stringendosi e strofinandosi a vicenda in un gesto prettamente nervoso. Regina stava esplodendo.

“Amore…” la richiamò la bionda, cercando di farla rinsavire; anche stavolta senza risultato, perché Regina sembrava non sentirla nemmeno, persa in chissà quali pensieri certamente rivolti alla figlia che aveva ritrovato e poi perso nuovamente in così poco tempo. “Lo so che sei sotto shock. E so che credi di averla persa per sempre, ma sono certa che non sia così! Noi possiamo ritrovarla, Regina.”

Ancora avvolte nel silenzio di Regina e nei monologhi di Emma, arrivarono davanti l’appartamento dei Charmings in minuti che sembravano interminabili. Lo Sceriffo bussò. Passarono pochi secondi e venne ad aprire loro Henry, che subito fece un sorriso a cinquanta denti nel vederle lì, di nuovo con lui, sane e salve. L’abbraccio che ne seguì fu lungo quanto necessario, perché tutti e tre avevano bisogno di rivedersi, avevano bisogno di stare insieme come si addiceva ad una famiglia.

“State bene? Dim non ha più scritto nulla e ci siamo preoccupati così tanto!” esclamò Charming, avanzando verso di loro e stringendo entrambe tra le proprie grandi braccia paterne.

Alla fine arrivò Mary Margaret che, con le lacrime agli occhi, strinse prima la figlia e poi la nuora con affetto inconfutabile. Non disse nulla, solo rivolse alla matrigna uno sguardo colmo di comprensione e di affetto, che pensava necessitasse in quel momento così terribile per lei. E Snow sapeva cosa significasse dover perdere una figlia...

“Mamma.” disse Henry, guardandola anche lui, solo con uno sguardo diverso, con preoccupazione certo, ma anche con qualcos’altro di inspiegabile: rabbia.

Regina comunque non si fece domande sull’atteggiamento del figlio, perché in quell’istante non era capace di ragionare lucidamente. Corse velocemente verso il bagno, chiuse la porta, e vomitò, sperando che, oltre ai succhi gastrici, anche tutto lo schifo della sua vita potesse uscire da lei. Speranza vana, lo sapeva.

Una mano confortante si posò sulla sua spalla, e non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che era di Emma, perché la sua stretta amorevole era inconfondibile. Si pulì la bocca in un gesto noncurante e si tolse di dosso la mano dell’amata, andando al lavabo per sciacquarsi, come se con quell’acqua potesse lavare anche i propri peccati e i propri dolori.

“Amore…” le disse per la seconda volta Emma, stringendola da dietro e baciandole la tempia.

Quando Regina ebbe controllato che la porta fosse correttamente serrata, si lasciò andare ad un pianto disperato, ma per nulla liberatorio, sulla spalla di Emma, che la strinse senza volerla più lasciare.

“Farò di tutto per riportarla da te.”

“Non fare promesse che non puoi mantenere, Swan. Stavi già per romperne una.” rispose a tono Regina, improvvisamente fredda.

Si distaccò da lei ed uscì, colma di risentimento verso il mondo intero, perfino verso la donna che amava.
 


 
“Hai mantenuto la tua promessa, Regina. Ci hai riportato nostra figlia.”

Snow le strinse la mano, volendola confortare, ma Regina si tirò indietro, lo sguardo fisso sul pavimento della propria casa. Erano sedute l’una di fronte all’altra, mentre Emma, nella stanza del figlio, parlava ad Henry di ciò che era accaduto nella Foresta Incantata ed egli ascoltava, assorto. Intanto il ragazzino pensava a tutto quel casino che era successo, a cosa sarebbe successo adesso che Regina sapeva di avere un’altra figlia.

“Ma non sono riuscita a riportare la mia.” mormorò l’ex Evil Queen, afflitta da un tormento che nulla riusciva ad assopire.

“Troveremo un modo. Noi riusciamo sempre a ritrovarci a vicenda, è questo che rende la nostra famiglia speciale.” fece Biancaneve, ottimista.

Ma lei non fa parte di questa famiglia !” sbottò Regina, rianimandosi per la prima volta da quando erano tornate, causando un’espressione stupita nel volto di Mary Margaret. “Lei non ha mai avuto una famiglia. E’ stata sola per tutta la vita… e non come me, perché io, nel bene e nel male, ho sempre avuto qualcuno ad amarmi e coprirmi le spalle: Daniel, mio padre, Sidney, Henry, Emma, voi! Lei, invece…”

Snow arricciò le labbra, dispiaciuta, non sapendo che altro dire, perché tutto ciò che Regina stava dicendo era vero. Si ritrovò a comprendere, suo malgrado, le azioni di quella ragazzina che aveva cercato di fare del male alla propria figlia… ed anche a lei, nonostante non potesse sapere che si trattasse proprio di Dim...
 

 
“Dovreste berla.” disse una voce estranea, che fece sussultare SnowWhite dalla paura.

Quando vide che si trattava solo di una bambina, sospirò, riprendendosi dallo spavento. Ma le chiese comunque: “Hey, come hai fatto ad entrare?”

“Ho i miei metodi.” rispose cripticamente la piccola.

La mora aggrottò le sopracciglia.

“E che ci fai qui? Dove sono i tuoi genitori?” domandò velocemente la ragazza.

“Lasciate stare questo adesso. Sono venuta da lontano per dirvi di bere quella pozione.”

Snow si chiese immediatamente cosa quella bambina sapesse della sua pozione e perché volesse che lei la bevesse. Eppure non espose i suoi dilemmi, continuando ad ascoltare attentamente.

“L’amore fa male, specialmente quando non si può stare insieme alla persona che si ama di più…” disse, e sembrava davvero che lei sapesse di cosa stava parlando, perché abbassò lo sguardo con tristezza. “Anche io vorrei dimenticare, ma non ne ho il coraggio perché sono solo una bambina… Voi invece siete grande e forte, potete bere quella pozione e smettere di soffrire. Starete meglio!”

Gli occhi di Snow, a quelle parole, si volsero alla fialetta che teneva tra due dita.

In fondo quella bimba non aveva forse ragione? Se avesse bevuto la pozione, non avrebbe più ricordato James e non sarebbe più stata schiava del proprio amore per lui. Per questo la bevve, e quando anche l’ultima goccia penetrò le sue labbra, la bambina era svanita nel nulla, non prima di averle rivolto un ghigno che proprio non le si addiceva.
 

“Credi davvero di meritare un tormento simile?” chiese TinkerBell, accarezzando la spalla della migliore amica.

“Sì.” rispose sinceramente la donna, senza alcuna riserva. “Se il karma esistesse, agirebbe esattamente allo stesso modo. Per come io ho portato via una bambina innocente a SnowWhite, adesso io mi sono vista strappare via mia figlia… per la seconda volta.”

TinkerBell deglutì, e poi abbracciò la mora, non sapendo cos’altro fare per farla sentire meglio, per farle capire che nessuno –nemmeno lei- meritava di sopportare una pena di questo genere.

In un’altra stanza, Ruby stava allo stesso modo parlando ad Emma, stringendole la mano, mentre le diceva: “Non è colpa tua, Emma. Tu ci hai provato, ma non credi che perdere te avrebbe distrutto allo stesso modo Regina? L’unico modo per non soffrire sarebbe stato avere entrambe, e non è stato possibile. Smettila di colpevolizzarti.”

“Mi sento così impotente di fronte al suo dolore.” mormorò Emma, poggiando la testa sulla spalla di Cappuccetto Rosso.

“Lo so, tesoro, lo so…” rispose soltanto la ragazza-lupo, per poi aggiungere, senza un apparente motivo: “Mi sarebbe piaciuto conoscere questa ragazza.”
 

 
“Chi ha tessuto questo mantello era molto potente. Credetemi, non fallirà, e proteggerà vostra nipote, nonché chi le sta attorno.”

L’anziana nonna di Cappuccetto Rosso fissò con sguardo risoluto quella piccola che le stava porgendo un ramoscello d’ulivo, senza che lei non glielo avesse nemmeno chiesto. Era come un angelo mandato dal cielo.

“Che cosa vuoi in cambio del mantello?” chiese, sicura che ci fosse un prezzo abbastanza alto da pagare.

“Nulla. Voglio solo che vostra nipote non soffra inutilmente. Per questo ritengo che sarebbe meglio per lei se non sapesse di cosa è capace… ne morirebbe.” rispose lei.

Poi le porse il cappuccio rosso che le aveva offerto, e sorrise. La vedova ricambiò il sorriso e lo prese, mentre una ragazzina di pochi anni più grande di Dim usciva fuori a cercarla.

“Nonna!” la chiamò.

“Red, torna dentro, fuori fa freddo.” le disse la nonna.

“Chi è questa bambina?” chiese però lei, curiosa.

“Mi chiamo Danielle.” si presentò lei, contenta di poter usare quel nome, anche se solo per copertura. “Questo è un regalo per voi. Mi promettete che lo indosserete sempre?”

Red aggrottò le sopracciglia, chiedendosi perché dovesse farlo. Ma la nonna rispose per lei: “Certo che lo farà. Ogni notte.”

Dim sorrise di nuovo, ma stavolta quel sorriso era rivolto alla mora dagli occhi più grandi che avesse mai visto.

“Ci rincontreremo un giorno, Ruby.” disse, prima di scomparire in una nuvola viola.

Le due rimasero a fissare il punto in cui era svanita la bambina, e poi Red domandò improvvisamente: “Perché mi ha chiamato in quel modo, nonna?”

“Non lo so, Red. Non lo so.”

 
“Non so come ringraziare Regina, come ripagarla per averci riportato Emma, tenendo fede alla sua promessa nonostante tutto…” sbottò il Principe, che ci stava rimuginando su da quando le due erano tornate dalla Foresta Incantata.

“Beh, che vorresti fare?” gli domandò la moglie, accarezzandogli la guancia con la punta del naso.

“Ridarle sua figlia sarebbe un inizio.” rispose l’uomo, sospirando. “Ma come facciamo?”

Snow ci pensò su.

“Sai, ho la sensazione che sua figlia sia proprio colei a cui dobbiamo chiederlo.” disse, dopo un po’.

“Che intendi dire?” chiese Charming.

“Che ho la sensazione che sia stata Dim a scegliere di non venire qui, e credo che abbia qualche asso nella manica. In fondo sembra una tipa tosta, giusto? Sono sicura che abbia considerato l’idea di venire qui, e per farlo avrebbe avuto bisogno di uno strumento adatto. Forse aveva un altro cappello, o qualcosa del genere…” rifletté Biancaneve.

“Ma, Snow, prima lei aveva il cappello di Jefferson e non l’ha mai usato per venire qui. Cosa ti fa pensare che lo farebbe adesso?”

“Beh, prima lei non aveva ancora visto sua madre. Ma adesso sì, e sono sicura che le manca da impazzire.”
 



“Dannazione! Dannazione!” urlava Dim, smuovendo tutto ciò che le capitasse tra le mani.

Prendeva a pugni le mura tra le quali si era auto-imprigionata, dava calci alle sedie e gettava per terra ogni oggetto si trovasse sulla sua strada. Poi si lasciò cadere sulle ginocchia, sfinita, e desiderò ardentemente piangere, ma non ci riusciva… Non ci era mai riuscita in verità, per colpa di quel cuore che le mancava, che era troppo lontano dal suo petto.

“Mi manchi, mamma…” sussurrò all’aria, immaginando di poterla toccare un’altra volta, di poterla guardare negli occhi, di poterla abbracciare come aveva fatto nell’ultimo minuto in cui erano state insieme.

Avrebbe potuto in realtà… Ma abbandonò subito quel pensiero, dicendo a sé stessa che non era la cosa giusta da fare, non poteva.
Regina aveva la sua famiglia, e sarebbe stata bene, con il tempo il vuoto che provava sarebbe passata. E lei avrebbe sempre potuto vederla attraverso il proprio dono, nonostante non fosse lo stesso che essere faccia a faccia con lei, ecco perché avrebbe sempre ricordato quelle poche ore che aveva trascorso con lei –anche se non molto felicemente- come le più belle della propria vita.

Chiuse gli occhi, concentrandosi, e la vide. Lei stava piangendo disperatamente, abbracciando la fata che le era tanto amica, come se vi si fosse ancorata. I suoi occhi erano un pozzo di tristezza.

“Vorrei solo vederla ancora. Vorrei dirle quello che non ho potuto, che se ne avessi avuto l’occasione l’avrei tenuta con me, che le voglio bene nonostante tutto… Ma non posso, Tink, non posso, perché non la rivedrò mai più!” bisbigliava lei, come se non volesse che qualcun altro la sentisse, così debole e vulnerabile.

Dim sospirò. Aprì un cassetto della sua infinita scrivania e prese il pugnale. Lo portò vicino alla bocca e disse: “Oscuro Signore, io ti ordino di andare da Regina e darle questa.”

Aprì facilmente un piccolo spiraglio tra i due mondi e lasciò passare la mano, dando l’oggetto a Rumplestiltskin. Era sicura che le avrebbe obbedito, al momento lui era l’unica persona di cui poteva fidarsi… ma solo perché lo controllava lei stessa. Quindi, in pratica, non poteva fidarsi di nessuno… come era sempre stato e come sempre sarebbe stato.







Hello everybody!
Beh, questo era un capitolo un po' di passaggio che ci fa conoscere ancora di più il passato di Dim, che sembra connessa a due dei personaggi principali,in modi molto diversi, perché ha aiutato enormemente Cappuccetto Rosso, ma si è messa in mezzo tra Snow e il suo Principe. E poi questo capitolo mette molto in evidenza gli stati d'animo di Regina e Dim -di nuovo separate-, ma che fa intravedere anche quelli di Emma, Henry e i Charmings: Emma vorrebbe poter fare qualcosa per aiutare la donna che ama, Henry prova molto risentimento nei confronti della sorellastra, mentre David e MM stanno ideando un piano per riunire la famiglia al completo, finalmente.
Il prossimo capitolo proseguirà su questa linea, quindi si concentrerà molto su Regina che sente la mancanza di Dim, nonostante l'abbia conosciuta da poco. E poi... qualcuno prenderà una decisione riguardo il piano dei Charmings.
Grazie a tutti quanti, ci vediamo al prossimo aggiornamento ;)


 

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Capitolo 16
*** Mancanza. ***


“Regina.”

La donna si voltò, raggomitolata nel divano del salotto. Subito arretrò, spaventata.

“Sei diventata il fantasma di te stessa, mia cara. Ma guardati, sconfitta e afflitta.” canticchiò l’uomo, canzonatorio.

“Vattene via, Gold.” sputò fuori quelle parole con astio.

“Sei sicura di volere che io me ne vada? Perché ho qualcosa che potrebbe interessarti…” disse Rumple, con un sorriso furbo sul volto.

“Non mi interessa più di nulla ormai…” mormorò Regina, mostrandosi debole come mai aveva fatto con Tremotino.

Allora egli aggrottò le sopracciglia, sinceramente dispiaciuto per lo stato d’animo di quella donna che, nel bene e –soprattutto- nel male, aveva sempre considerato come una figlia. Si sedette accanto a lei e, con uno schiocco di dita, fece comparire tra le proprie mani una copertina molto familiare, di lana bianca e con una piccola mela rossa ricamata su di essa.

“D-dove l’hai presa?” chiese lei, strappandogliela dalle mani e portandosela al petto, chiudendo gli occhi.

“Me l’ha data tua figlia.” rispose, premendo le labbra le une sulle altre. “Come ben sai, lei ha il mio pugnale e può controllarmi. Così ha aperto un minuscolo varco tra i nostri mondi ed è riuscita a consegnarmi questa, voleva che l’avessi tu.”

“La mia piccola Dim…” bisbigliò Regina, versando qualche lacrima su quell’oggetto che lei stessa aveva ricamato per la figlia quarantacinque anni prima.

“C’è qualcosa dentro la copertina. E credo che dovresti leggerlo da sola.” l’informò Gold, per poi alzarsi ed uscire dalla porta principale; ma, prima di farlo, si voltò di nuovo e disse: “Darebbe la vita per rivederti ancora. E non me l’ha ordinato lei di dirtelo…”

Regina annuì, consapevole che fosse vero, anche se aveva ancora qualche dubbio sul fatto che Dim non l’odiasse per tutti quegli anni che aveva dovuto passare in completa solitudine.

Prese quella piccola pergamena, che era chiusa in un elegante e superfluo nastro di seta rossa. Da quel dettaglio così superficiale colse la somiglianza con se stessa e sorrise. Poi, però, quel sorriso scomparve: era stato solo un piccolo raggio di sole che precedeva la tempesta.
 

 
Cara madre,

so che probabilmente l’ultima cosa che vorrete adesso è parlare con me… Per il modo in cui ho trattato voi e la persona che vi sta accanto: senza alcun rispetto, senza alcuna dignità, né onore. Per non parlare di ciò che ho fatto ad Henry, il che è stato davvero infantile e stupido, ma se l’ho fatto è perché lo invidio. Lo invidio perché lui è stato tenuto tra le vostre braccia, lui è stato accudito ed amato da voi, mentre di me non ricordavate nemmeno di avermi avuta. E poi lui non è riuscito ad amarvi per una porzione molto importante della sua vita, nonostante voi faceste di tutto per stare con lui.

E’ vero, madre, ero arrabbiata. Sono stata accecata dall’odio per tutti questi anni, e volevo prendermi una rivincita. Ho anche pensato di uccidere i vostri cari, e di questo mi vergogno molto. Ma adesso so che non c’è motivo di fare del male ad Emma ed Henry, perché so che loro vi apprezzano e vi amano, ma soprattutto vi stanno accanto come io non potrò mai fare.

Ciò che realmente volevo dirvi è che mi dispiace tanto, e che spero questo oggetto che ci lega possa bastare per quei momenti in cui, forse, anche io mancherò a voi come accade a me ogni giorno, ogni minuto della mia vita. A me non bastava, e così ho deciso di lasciarlo a voi; d’altronde vi serve di più.

Possa il mio ricordo restare impresso nella vostra mente, ma non come uno di quelli che tormentano il sonno e che fanno piangere lacrime tristi; bensì come uno di quelli che riscaldano il cuore.

Spero che possiate perdonarmi per tutto ciò che ho combinato; a volte sono proprio un disastro –ma voi siete abituata a farci i conti, state per sposare un disastro vivente o no?

A presto, mia amata Regina

Dim

 
Regina chiuse la lettera, stringendola nella mano per aggrapparsi a quella realtà così minuscola. Non riusciva a staccare lo sguardo dalla firma molto elegante –ma anche altrettanto breve- della figlia: nessun cognome, che perfino un’orfana come Emma aveva avuto; nessun secondo nome –lei gliene avrebbe sicuramente dato uno; ma, soprattutto, nonostante lei avesse detto di desiderare essere Danielle, continuava a considerarsi solo Dim. Non era giusto.

“La tua copertina…” mormorò Emma, avvicinandosi a lei. “Come l’hai riavuta?”

“Gold me l’ha riportata… da parte di Danielle, insieme a questa lettera, che ti consiglio di non leggere.” rispose la mora, lo sguardo fisso su un punto indefinito della carta da parati.

Emma, vedendo quello sguardo perso, si allarmò ancora di più e chiamò subito Henry, mentre la compagna stava lì, immobile, senza muovere un muscolo. Lo Sceriffo disse al figlio: “Devi restare con tua madre per un po’, ragazzino.”

“Perché, tu dove vai?” chiese lui, curioso.

“Te lo dico dopo.” borbottò, di fretta.

Lasciò un lieve bacio sulla testa di Regina ed una rapida carezza alla guancia di Henry. Poi uscì, con il giubbotto rosso sulle spalle ed una grande determinazione nel volto, tanto che sembrava l’Emma Swan di tanto tempo prima.
 



“Voi due mi nascondete qualcosa, io lo sento!” esclamò nuovamente Emma, sbattendo i palmi delle mani sulla tavola.

A quel gesto, i Charmings sussultarono, quasi spaventati dallo scatto della figlia. Snow, in particolare, portò una mano al petto e disse, con tono innocente: “Emma, noi stavamo solo pensando-“

“Non le dire niente.” l’avvertì l’uomo, sicuro che, se le avessero detto del loro piano, Emma si sarebbe infuriata con loro o l’avrebbe voluto portare a termine lei stessa.

“Papà.” lo richiamò Emma, risvegliando in lui quel lato paterno che non poteva dire mai di no alla figlia. “Ti prego, dimmi che cosa sta succedendo.”

“Io…” mormorò il Principe, insicuro se rispondere o meno; ma, alla fine, fu convinto dallo sguardo di Snow, che gli comunicava di non mentire più. “Io e tua madre vogliamo andare nella Foresta Incantata per riportare Dim da Regina.”

Ci fu qualche attimo di silenzio. Poi Emma disse solo: “Ci vado io.” come aveva previsto Charming –diceva sempre di non conoscere tanto bene la figlia, eppure riusciva sempre a sapere cosa sarebbe accaduto, quando si trattava di lei.

“Emma-“ cercò di fermarla Mary Margaret.

“No, mamma. Tu sei incinta di otto mesi e mezzo, quindi non puoi partire; e papà deve stare con te… E poi sono sicura che riuscirò a gestire Dim da sola. Lei non è così male come sembra, è anche simpatica se si riesce a tenerle testa.” assicurò la ragazza.

I due coniugi sembravano avere qualcosa in contrario, ma Emma non volle sentire ragioni. Il giorno dopo sarebbe partita per la Foresta Incantata, e niente e nessuno glielo avrebbe impedito.
 



“Emma!” la chiamò Regina.

La bionda, sentendo finalmente la voce della fidanzata, si riscosse, sorridente: “Gina…”

Lei, a quel nomignolo che aveva sempre amato-odiato, sorrise. E, nonostante nei suoi occhi albergasse ancora quell’antica tristezza riaffiorata da pochi giorni, almeno sembrava che si stesse sforzando di stare meglio.

“Ti va di leggere il libro di Danielle insieme?” chiese la donna.

“Possiamo cominciarlo insieme, sì. Ma domani non potrò stare qui con te, ho degli affari urgenti da sbrigare… Sai, con mia madre che prende il tuo posto e mio padre che prende il mio, mi sa che la città andrà in rovina.” ridacchiò Emma, cercando di farla sorridere nuovamente.

E così fu. Poi Regina annuì e prese il libro, che si trovava sul comodino della loro camera –proprio come il primo libro che avevano trovato. Si accucciò tra le braccia dell’amata ed aprì la prima pagina.

“Puoi… leggerlo tu ad alta voce?” chiese timidamente Regina.

Emma la guardò, le sopracciglia aggrottate, e piegò il capo di lato, perplessa.

“Io?” domandò.

“Sì.” rispose subito il Sindaco. “Amo la tua voce, mi rilassa e mi dà una serenità infinita… Non dimenticare che è stata la tua voce a farmi iniziare ad amarti, Emma Swan.”

Emma sorrise, sospirando, mentre ricordava quella sera fredda in cui le aveva dedicato quella canzone. Chissà dove sarebbero state, se lei non avesse deciso di mettere in piedi quella ridicola rock band!

“Okay, Vostra Maestà. Leggerò per voi.” sussurrò al suo orecchio, per poi lasciarle un bacio sulla guancia.

Si schiarì la voce e, stringendo con una mano Regina e con l’altra il libro, cominciò a leggere: “C’era una volta un’incantevole fanciulla, di nome Regina...”

Mentre Emma leggeva, Regina si ritrovò a pensare a come sarebbe stata in quel momento se lei non ci fosse stata e sua figlia sì. Si sentì una persona orribile, perché quello che provava a quel pensiero era anche peggio di ciò che stava provando per la mancanza della figlia. Dim aveva ragione a pensare che nessuno l’avesse mai amata, perché lei non ne aveva mai avuto l’occasione, ed amarla solo perché non c’era più era veramente una cosa che la faceva sentire in colpa.

Lentamente cadde nel mondo dei sogni mentre ascoltava di ciò che era successo alla piccola, in particolare l’episodio dei fagioli magici. Sapendo che Dim ne avesse trovati tre, Emma si ritrovò a chiedersi dove fossero finiti gli altri due, visto che nel libro lei ne utilizzava soltanto uno… Magari ce li aveva ancora. E se fosse stato così, quella sarebbe stata la risoluzione a tutti quei problemi, perché finalmente Emma avrebbe potuto riportarla dalla madre, dalla donna che stava soffrendo così tanto per la sua mancanza.
 



“Papà, ho bisogno che tu vada a fare compagnia a Regina… Cerca di non farle capire nulla, okay?” gli chiese la bionda.

David, a malincuore, annuì, per poi porgerle il cappello.

“Emma, se lei non dovesse accettare, ti prego di tornare indietro. Regina non può perdere anche te.” l’avvertì Charming.

“Ti preoccupi molto di Regina, vero?” sorrise Emma, fiera di avere un padre che la sostenesse nella sua relazione, nonostante i trascorsi che avevano lui e Snow con l’ex Evil Queen.

L’uomo annuì, sincero, poggiando le labbra sulla fronte della figlia.

“Stai attenta.” le intimò dolcemente.

“Sempre.”

Detto questo, poggiò il cappello sul pavimento di casa Charming e lo fece girare, focalizzandosi sulla magia che sentiva sui polpastrelli delle dita. Riuscì, dopo qualche secondo, ad azionarlo da sola, per la prima volta senza l’aiuto di Regina. Sorrise e, guardando un’ultima volta il Principe, si tuffò nel portale viola, scomparendo dentro al cappello.
 



Regina prese tra le mani tremanti il mazzo di chiavi –quelle con il teschio, che mettevano paura a chiunque in quella città. Non riusciva nemmeno a mettere la chiave giusta nella toppa, dato che le sue mani non stavano ferme. Così David gliele sfilò lentamente dalle mani, poggiando le dita sulla spalla di Regina con fare protettivo, e ci pensò lui ad aprire la porta della cripta. La mora lo ringraziò con lo sguardo ed entrò, accarezzando con le dita la bara che si trovava all’entrata –quella del padre, Henry Mills. Subito Charming cominciò a spingerla verso il muro, liberando il passaggio segreto al piano di sotto. I due cominciarono a scendere le scale e si ritrovarono di fronte ad un muro di cuori, i cuori che sia Regina che Cora avevano raccolto nelle loro vite.

Regina deglutì, guardando tutti quei cassetti per capire quale fosse il cuore della figlia. Ma forse, pensò, non si trovava incastonato in quel muro, bensì negli altri scrigni che teneva in una delle altre stanze della cripta.

“Come fai a capire quale sia?” chiese il vice-sceriffo, curioso.

“I cuori hanno un’essenza, hanno una personalità, ed hanno un’anima. Basta saperle cogliere, concentrarsi… e il gioco è fatto.” rispose con naturalezza Regina, che di cuori ne sapeva abbastanza dopo tutto quel tempo passato a dilaniarne a migliaia. “Trovato!”

David la guardò, preoccupato, mentre lei prendeva uno dei tanti scrigni.

L’aveva trovato perché, guardandolo, aveva sentito una ninna nanna che lei cantava alla propria pancia quando Dim era ancora dentro di lei. Questa era l’essenza del cuore di Danielle: lei. Non c’era altro che interessasse alla ragazza che lei e soltanto lei, la sua mamma.

Una lacrima scivolò lungo la sua gota, fermandosi poi sulle labbra secche della ex sovrana, che tirò su col naso, cercando di non far notare quanto fosse scossa.

“Andiamo.” disse al Principe, prendendolo per mano.

Egli, sorpreso da quel gesto, intrecciò le dita con quelle della nuora, baciandole la fronte e dicendole: “Non vuoi aprirlo?”

“Non sono ancora pronta, David…” mormorò lei, ricordando ciò che Dim le aveva detto sul proprio cuore –ovvero che non doveva vederlo, a meno che non volesse uscirne distrutta.

“Okay.” rispose semplicemente lui, prendendo sottobraccio la matrigna della moglie e portandola fuori da quel luogo che era davvero capace di tirare fuori ogni debolezza dalla donna che sua figlia amava.

David e Regina si incamminarono, l’uno accanto all’altra, verso il locale di Granny, in cui li aspettava Mary Margaret per pranzare insieme.

“Adesso chiamo Emma e le dico di venire da Granny con noi.” disse dopo un po’ la donna, tirando fuori il cellulare dalla tasca del cappotto.

“No!” esclamò Charming, troppo rapidamente. “Cioè, lei sta lavorando su un caso particolarmente complicato, tanto che non ha voluto dirmi di che si trattasse. Quindi direi che non è una buona idea chiamarla, diventa irascibile quando lavora così intensamente.”

Regina aggrottò le sopracciglia, non ricordando nulla del genere. Anzi, Emma sembrava abbastanza felice del proprio lavoro e le piaceva farlo, perché avrebbe dovuto arrabbiarsi se la chiamava per passare un po’ di tempo con lei?

“Va bene…” rispose comunque lei, un po’ delusa.

Il Principe stava per parlarle, cercando di convincerla ancora di più che quella fosse la verità, ma lo squillare del proprio telefono lo fermò.

“Tesoro, ti ho detto che stiamo arrivan-“ disse, per poi bloccarsi all’improvviso, smettendo anche di camminare.

Regina cominciò a preoccuparsi, perché l’uomo si era fermato con lo sguardo vacuo e sembrava davvero sotto shock. Cominciò a chiedersi se fosse successo qualcosa ad Emma, e solo l’idea l’allertò e la spaventò molto.

“Che succede, David?” chiese, frettolosa, mentre a lui sfuggiva il telefono dalle dita.

Il cellulare cadde per terra, mentre Charming diceva, con tono scioccato: “Mio figlio sta per nascere.”







Buonasera e buona Vigilia a tutti!
Stranamente, per stavolta sono riuscita a conciliare l'aggiornamento di questa fanfiction e quello della raccolta di Natale che sto scrivendo -e, anzi, se volete, la trovate qui: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2957345
Beh, che dire, aria di novità: il piccolo Charming sta per nascere ed Emma è tornata nella Foresta Incantata a riprendere Dim. Riuscirà nell'impresa?
Ringrazio tutti per il sostegno che mi date leggendo, seguendo e recensendo questa fanfiction, e auguro un buon Natale a tutti voi che state leggendo adesso :)


 

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Capitolo 17
*** Non preoccuparti. ***


“Che cosa ci fai di nuovo qui?” chiese Dim con rabbia, facendo voltare la bionda di scatto.

“Dim!” esclamò lei, andandole incontro.

Stava per stringerla tra le braccia, contenta di rivederla, ma la ragazza la spinse contro la scrivania, usando la magia su di lei. Emma spalancò la bocca, interdetta, mentre si liberava dall'incantesimo con facilità.

“Ma che ti prende?!” disse quest’ultima, arrabbiata.

“Non saresti mai dovuta venire qui!” rispose la mora, altrettanto furiosa.

“E tu non avresti mai dovuto spezzare il cuore di tua madre in quel modo, quando avevi un’altra alternativa!” le rinfacciò Emma. “So che hai ancora i fagioli magici. Perché non ne hai usato uno per venire con noi?”

Dim abbassò lo sguardo sul pavimento, maledicendosi –metaforicamente- per aver inserito quel dettaglio nel libro. Poi guardò nuovamente la Salvatrice e sospirò, dicendole: “Perché pensavo che sareste stati meglio senza di me. Eppure mia madre sta soffrendo, e non riesco a capire perché!”

Emma riconobbe se stessa in Dim. Quando Henry era piombato a casa sua perché voleva stare con lei, si era chiesta la stessa cosa, ovvero perché qualcuno avrebbe voluto lei come madre. E Dim, allo stesso modo, si chiedeva perché qualcuno avrebbe voluto lei come figlia.

“Io lo so come ti senti. Per anni mi sono sentita così!” le parlò con il cuore in mano –sempre metaforicamente, eh. “Ma poi sono arrivati Henry e Regina, e poi i miei genitori, e poi ancora gli altri abitanti di Storybrooke. Quella città è magica, Dim. E non solo perché c’è realmente la magia, ma perché le persone che ci vivono sono piene d’amore e di coraggio e di bontà… Sono sicura che ti accoglieranno a braccia aperte; e lo faremo ancora di più io e la mia famiglia.”

“Vuoi davvero che venga con te?” mormorò la ragazzina.

Emma annuì e, d’un tratto, una spada le comparì in pugno.

“Se vuoi che io ti segua nel tuo mondo, dovrai guadagnartelo” spiegò Dim, con un sorriso sulle labbra e una spada altrettanto affilata nella mano sinistra.

“Quindi, se io ti batto, tu verrai con me senza riserve?” chiese Emma, cercando di prendere confidenza con la lama che la mora le aveva fatto comparire in mano.

“E’ una promessa.”
 



“Daviiiiiid!” urlò Snow, stringendo la mano del marito con così tanta forza da fargli davvero male.

“S-sì, sono qui, non preoccuparti!” cercò di rincuorarla il Principe.

“Non preoccuparti?! NON PREOCCUPARTI?!” sbottò Biancaneve. “Ho una pentola a pressione al posto dello stomaco, ho le contrazioni, mi sento morire, e tu mi dici non preoccuparti ?!”

In quel momento arrivò Regina, sempre più nervosa... Beh, non quanto Mary Margaret, questo è certo.

“Emma non risponde al telefono! Che diamine starà combinando?” si chiese, portandosi le mani tra i capelli.

“Sono sicuro che arriverà, mamma. Non preoccuparti” gli disse Henry, accarezzando la schiena della madre con fare confortante.

Charming e Snow si guardarono, allarmati, ma non dissero nulla, anche perché arrivò l’infermiera, che doveva portare la donna in sala operatoria. David si mise velocemente il camice blu che gli aveva dato, e allora Mary Margaret chiamò Regina dalla sua parte.

“Voglio… voglio che tu entri insieme a me” disse, tra i gemiti.

“Cosa?” domandò la mora, sicura di aver sentito male.

“Tu sei… sarai la madrina di questo bambino. Vieni con me e tienimi la mano mentre nasce” le chiese SnowWhite, mentre lei le sorrideva.

Anche Regina si mise addosso il camice. Lei e David, spalla contro spalla, seguirono quella donna che per loro era rispettivamente la suocera e la moglie. Intanto Henry rimase in sala d’attesa, a domandarsi dove diavolo fosse Emma mentre suo fratello –e quindi il proprio zio- stava per venire al mondo.
 



Emma affondò verso l’abile avversaria che, con uno scatto repentino, evitò il colpo e menò un fendente, mancando, però, il bersaglio. Le loro lame si scontrarono l’una contro l’altra, e sembrava quasi che sprizzassero scintille… proprio come i loro sguardi posseduti dalla brama di vincere.

“Sei forte, per essere una ragazzina” constatò Emma, dopo aver ricevuto un taglio non troppo profondo –ma abbastanza da lasciarle una piccola cicatrice- sulla guancia sinistra.

“E tu sei forte, per essere cresciuta in un mondo dove le spade sono superate” replicò Dim, sorridendole.

Si stavano divertendo. Nonostante tutto, nonostante stessero lottando per il loro futuro e per quello della persona che entrambe amavano.

Poi, però, Dim si fece guidare solo dalla mente –non poteva farsi guidare dal cuore, d’altronde- e fece per colpire la bionda dritta nello stomaco. Emma, prontamente, parò il colpo con la propria spada, rivolgendo uno sguardo allarmato alla moretta.

“Che c’è, Swan? Vuoi arrenderti?”

“Stavo pensando…” cominciò, ignorando la frecciatina. “…che la prima volta che ci siamo viste davi del tu ad entrambe. Nella lettera, invece hai dato del voi a tua madre. Però continui a dare del tu a me.”

“Sono stata un’incosciente e una stupida quella volta. Ma ho imparato dal mio errore, ecco perché non voglio venire con te” spiegò Dim, per poi aggiungere: “E ti do del tu perché… beh, me ne vergogno un po’, ma… conosco meglio te che mia madre.”

“Cosa?” chiese Emma. “Di che stai parlando?”

La ragazzina sospirò.

“Non stavamo forse combattendo?” sviò il discorso, rialzando la spada fino al proprio mento e puntandola verso di lei.

Emma si arrese alla testardaggine della bruna e si mise in guardia, per poi tentare un affondo, agilmente schivato da Dim. Emma si rese conto di quanto fosse abile come spadaccina e barò, colpendo il suo punto debole: “Sei proprio sicura di essere figlia di Regina? Perché lei non si arrenderebbe mai così facilmente per qualcuno che ama, lo so per esperienza. Tu non le somigli per niente!”

Allora Dim abbassò la spada, lo sguardo fisso sugli occhi cerulei della bionda. Deglutì, non riuscendo a muoversi, ed Emma la disarmò, puntandole la punta della lama alla giugulare.

“Ho vinto” ansimò, stanca. “Adesso devi venire con me.”

Dim rise malinconicamente e prese la mano della Salvatrice nella propria. In quel momento Emma non riuscì più a distinguere il sogno dalla realtà, e ciò che vide la lasciò senza fiato.
 

 
“Buongiorno, Regina Snow” sorrise dolcemente una invecchiata –ma sempre bellissima- Regina.

“Buongiorno a te, mia cara” la salutò a sua volta la sovrana, baciandole le guance. “Che fai qui a palazzo, così presto?”

“Mia figlia voleva parlare con la tua. Sai come sono le ragazze…” rise l’ex regina. “Credo che abbiano costruito un rapporto piuttosto solido.”

“Anche io… E dire che Emma, all’inizio, aveva paura di tua figlia! La trovava troppo tenebrosa.”

“Credo che adesso abbia capito che non lo è. D’altronde, è solo merito suo se non ho lanciato quel sortilegio che avrebbe rovinato la vita di tutti.” rifletté Regina.

In un’altra stanza del castello, due giovani ragazze con la gioia nel cuore stavano contemplando il ritratto che un pittore aveva recentemente fatto alla Principessa Emma.

“E’ bellissimo…” commentò Danielle, per poi aggiungere subito: “…ma non potrà mai eguagliare la vostra vera bellezza, mia cara.”

Un sorriso furbo si disegnò sul suo viso ed Emma rise, sporgendosi a baciare le labbra morbide della ragazza più grande. Subito la figlia di Regina portò una mano ad accarezzare i capelli biondi e mossi della sua futura sposa.

“Sapete che vi amo, vero?” chiese, incerta, Danielle.

“Ma certo che lo so. Siete il mio Vero Amore, anche la polvere fatata lo dice!” rispose ingenuamente una diciassettenne Emma, accarezzando la guancia della bruna.

“A me non importa di cosa dice la polvere fatata. Anche se dicesse che il mio Vero Amore è, non so, Cappuccetto Rosso, io amerei voi sempre.”

Emma, gli occhi pieni di felicità, si apprestò a baciare nuovamente la donna che, inaspettatamente, l’aveva fatta innamorare di lei senza alcun controllo. Controllo che, immediatamente, perse, trovandosi tra le lenzuola del grande letto reale insieme alla promessa sposa.

 
Emma spalancò gli occhi, boccheggiando e senza sapere cosa dire.

“L’hai- l’hai visto anche tu?” chiese infine.

“Tanto tempo fa per la prima volta” asserì la ragazza, stringendo i denti. “E questo è uno dei motivi per cui ti do del tu, nonché il motivo per cui non voglio venire con te.”

“Ma questo è… è un altro mondo, o un’altra realtà, o come diavolo lo vuoi chiamare! Io e te non siamo davvero l’una il Vero Amore dell’altra, Regina è il mio Vero Amore.”

“Sì, immagino che sia vero.” disse Dim, abbassando lo sguardo sul pavimento.

“Ma allora che ti importa se in un universo parallelo noi siamo innamorate? Vieni con me e trova il tuo Lieto Fine!” l’esortò Emma.

“Perché ti importa così tanto che io venga a Storybrooke?” chiese Dim, sperando che la risposta fosse abbastanza esaudiente.

“Perché rivoglio la mia Regina. E non credo che lei possa esserlo senza di te.” rispose con sincerità la figlia dei Charmings.

Dim annuì. Poi afferrò la mano di Emma e le disse, guardandola negli occhi: “Allora andiamo, Principessa.”
 



“Henry, tesoro, tua madre non è ancora arrivata?” domandò Regina, correndo verso il figlio.

“No, non risponde al cellulare e nessuno l’ha vista in giro” rispose Henry, scuotendo la testa.

“Dannazione, che le sarà successo?” si chiese la mora, tornando in sala operatoria, dove Snow stava dando alla luce il suo secondogenito. “Non c’è.”

Al sentire quelle parole, Biancaneve urlò: “E’ andata… nella Foresta Incantata! Vuole riportarti Dim… Mi dispiace di non avertelo detto!”

Poi l’ostetrica esclamò: “Un’ultima spinta! Così, signora Nolan, eccolo!” ed un pianto di neonato si diffuse in tutta la stanza.

Regina rivolse uno sguardo di rimprovero a Mary Margaret, ma poi Charming portò il bambino in braccio, avvolto e ancora un po’ sporco di sangue, pulendolo e guardandolo con amore. Quando Regina lo vide, sorrise dolcemente ed accarezzò i pochi capelli sulla sua testa, per poi sussurrargli: “Vado a prendere tua sorella. Non preoccuparti”. Rivolse un ultimo sguardo ai due ed uscì, togliendosi tutto quell’ambaradan di dosso e correndo lungo i corridoi, chiedendosi anche lei cosa stesse combinando la fidanzata.

Quando arrivò in sala d’aspetto, trovò Emma ed Henry stretti in un abbraccio. Subito andò verso la ragazza, che le sorrise, colpevole, e le stampò uno schiaffo sulla guancia. Solo dopo vide che era già ferita, e se ne pentì molto, ma era davvero arrabbiata.

“Stupida idiota! Come hai potuto fare una cosa del genere? Senza di me per giunta!” le urlò contro, battendo i pugni con debolezza contro il suo petto.

Emma, in tutta risposta, le strinse i polsi e l’abbracciò, baciando la sua testa e poi la sua tempia con amore. Accarezzò tutta la lunghezza della sua schiena, godendosi quel contatto che aspettava da ore.

“Non potevo più vederti in quello stato… Volevo solo che tu fossi felice” sussurrò, in tono di scuse.

Regina annuì.

"E questo?" chiese, sfiorando il taglio sul suo viso. "Come te lo sei fatto?"

"Duellando con tua figlia. Mi aveva detto che, se avessi vinto, sarebbe venuta con me a Storybrooke." le spiegò brevemente la ragazza. 

“Ma non ci sei riuscita” affermò il Sindaco, sicura che non ce l’avesse fatta.

“In realtà sì.”

Al sentire quella voce, subito Regina si voltò di scatto, abbandonando le braccia calde e forti di Emma. Alla vista di Dim, una lacrima solcò la sua guancia e un piccolo sorriso si accese sulle sue labbra. Si avvicinò lentamente, a piccoli passi, guardando la figlia con sguardo pieno di amore. Anche Dim cominciò a camminare verso di lei e, quando furono l’una davanti all’altra, si guardarono negli occhi, stringendosi istintivamente le mani a vicenda.

“Pensavo che non ti avrei più vista” singhiozzò Regina.

Improvvisamente, le braccia della ragazza furono attorno ai suoi fianchi, e la sua testa si nascose nell’incavo del suo collo, che cominciò a bagnarsi delle sue lacrime di gioia e di liberazione. Con una mano Dim accarezzò i suoi capelli, poggiando la testa sulla sua, e sentì il profumo di sua madre avvolgerla. Sorrise ad Emma con gratitudine e ricevette in risposta un cenno del capo.

“Adesso sono qui. Non ti lascerò mai più” promise Dim, baciando la sua fronte.

Emma si avvicinò al figlio che, silenzioso, stava assistendo alla scena.

“Sei geloso?” chiese, comprendendo il suo stato d’animo. “Anche io lo sono stata, quando ho scoperto che i miei genitori aspettavano un altro bambino. E’ normale, ma non devi odiarla. E’ tua sorella.”

Henry la guardò e sorrise, dicendo: “Quindi l’Operazione Famiglia è di nuovo in piedi.”

Emma rise e, abbracciando il ragazzino, si avvicinò alle due, avvolgendo anche loro nell’abbraccio. Tutto ciò in silenzio, stretti a quelle persone che, nel bene e nel male, rappresentavano la loro famiglia.

“Ah, Emma, tuo fratello è appena nato.” si ricordò di dirle Regina.

“Come?!” fece Emma, scioccata.

“Devo proprio spiegartelo?” chiese la mora, facendo una smorfia.

“Oh, Dio!” esclamò la bionda, e poi si mise a correre in modo folle, cercando la stanza dove avevano trasferito la madre, ovviamente non trovandola da nessuna parte.

Regina scosse la testa, divertita. Poi si voltò verso i propri figli e sorrise, dicendo a Dim: “Avevi proprio ragione. Sto per sposare un disastro vivente!”







Eccomi qui finalmente!
E, finalmente, anche Dim è qui (intendo a Storybrooke ovviamente!). So quanto fosse brutto per voi -ed anche per me, credetemi- leggere di Dim e Regina che si disperavano per la lontananza tra di loro e per essere state nuovamente separate, quindi ho deciso di dare un Lieto Fine anche alla loro storia :) Ma non finisce qui; come ha detto Henry, l'Operazione Famiglia è di nuovo in azione, solo che stavolta l'intento sarà di far sentire anche Dim in famiglia e di farla adattare al nuovo mondo che è praticamente sconosciuto per lei.
Ringrazio chi ancora legge, segue e recensisce questa long, spero che continuiate perché da ora ci sarà un po' più di fluff e slice of life, abbastanza leggero e divertente!
Adesso vi lascio, a presto!

 

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Capitolo 18
*** Amare e appartenere. ***


Granny stava sistemando le chiavi delle stanze del bed & breakfast, quando una voce la richiamò, facendole voltare il capo.

“Scusate, c’è una stanza libera?” chiese educatamente.

“Sì, certo che c’è!” si entusiasmò la donna, contenta come ogni volta che un forestiero arrivava in città –cosa, però, fin troppo rara nella cittadina incantata di Storybrooke. “Preferisce la vista sulla città o-“

“Qualsiasi, vi ringrazio” la troncò quella ragazza misteriosa, che sembrava avere un po’ di fretta.

Granny annuì e prese la chiave della camera 8, ma, prima che riuscisse a consegnarla a lei, come una furia il Sindaco della città entro nel locale ed esclamò: “Non si azzardi nemmeno a darle quella chiave”, per poi rivolgersi alla ragazzina: “Che cosa ti prende, tesoro? Non vuoi stare con me?”

L’anziana signora aggrottò le sopracciglia, confusa sulla natura di quella conversazione e della relazione tra il Sindaco Mills e la ragazza di fronte a lei.

“Certo che voglio stare con te! Ma tu hai una famiglia adesso, e sento che è meglio stare al mio posto. Non voglio andarmene, perché ti ho promesso di non lasciarti più… voglio solo un po’ di spazio, fino a quando non sarò pronta. Puoi darmi questo, Regina?” le chiese, avvicinandosi a lei fino a che i loro respiri non si fusero insieme.

“V-va bene… Io… ti lascerò il tuo spazio. Ma posso almeno venirti a trovare?” chiese, accarezzandole una guancia.

Anche se dicessi di no, tu verresti comunque. E poi, mi farà sempre piacere vederti” rispose la moretta, baciando la guancia di Regina per poi prendere la chiave e dirigersi verso la propria stanza.

Un breve minuto di silenzio seguì quella sua ultima frase, dopodiché Granny si decise a parlare: “Dovrebbe vergognarsi.”

Regina si voltò, le sopracciglia aggrottate in un’espressione perplessa.

“Tradire Emma in questo modo, è davvero spregevole, sa? E pensare che vi shippavo…” singhiozzò la donna, scuotendo la testa.

La mora aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì alcun suono. Poi scosse la testa anche lei e, sbigottita –ma anche un po’ divertita-, se ne andò, trattenendosi dal ridere in faccia all’anziana signora.
 



Un lieve bussare alla porta la fece sussultare, destandola del tutto dallo stato di dormiveglia in cui era caduta da qualche minuto. Si alzò svogliatamente e, certa che si trattasse della madre –ovvero l’unica persona che era passata a trovarla in quei due giorni trascorsi a Storybrooke-, urlò: “Aspetta un attimo, devo mettermi qualcosa addosso!”

In fondo non era mica colpa sua se le piaceva dormire seminuda! E poi non credeva che sua madre si sarebbe risentita per un minuto e mezzo di attesa.

Quando ebbe addosso il minimo indispensabile –ovvero una semplice camicia azzurra prestatale da Emma ed un paio di slip- aprì la porta, trovandosi davanti qualcuno che decisamente non era sua madre.

“Ruby” mormorò immediatamente, riconoscendo la mora.

Era molto cambiata dall’ultima volta che l’aveva vista, ma era stato semplice riconoscerla per via di quegli enormi occhi verdi. E, in più, lei l’aveva vista a volte nelle sue visioni. Anche con quei ciuffi rossi.

“Mi conosci?” chiese la ragazza.

“Sì, entra pure e scusa per la… ehm…” indicò i vestiti che indossava ed arrossì leggermente.

“Non preoccuparti” sorrise Cappuccetto Rosso, entrando e portando con sé un cestino pieno zeppo di mele.

“Tutta questa situazione è alquanto familiare” rise Dim e, ricevendo un’occhiata perplessa da Ruby, si affrettò a spiegare: “Mia madre ed Emma hanno avuto un incontro simile qualche anno fa.”

Ruby annuì e disse: “Te le manda lei.”

“Immaginavo” sorrise la ragazza. “Non è che ci siano molte persone qui a mandarmi delle cose. Mi conoscete ancora così poco che nessuno si fida realmente di me, tranne Emma e Regina.”

Detto ciò, afferrò un paio di jeans –sempre di Emma- e se li infilò in modo svogliato, dato che non era abituata a quei strani abiti. Ecco perché ebbe qualche problema con la zip.

“Vuoi una mano?” chiese Red.

“Ci siamo appena conosciute, non credi di correre troppo?” scherzò Dim, riuscendo finalmente a mettersi correttamente i jeans.

Ruby pensò che quella ragazza fosse veramente folle; però sembrava anche così arguta e simpatica, nonché molto loquace, ma non abbastanza da spaventarla. Sarebbe stato bello conoscerla meglio, pensò, perché era un personaggio molto interessante e lei voleva coglierne ogni sfaccettatura.

“Stai pensando a me?” le chiese la figlia di Regina, che, nel frattempo, si era avvicinata a lei.

“Eh- cosa?” balbettò la ragazza, che si era persa nei propri pensieri.

Dim rise, senza rispondere, e si infilò velocemente un paio di scarpe da ginnastica –c’è bisogno di dire che fossero di Emma?-, per poi dire a Ruby: “Ti va di fare due passi?”

Red, senza sapere cos’altro fare, annuì e basta. Così le due si ritrovarono per le strade di Storybrooke, a camminare l’una di fianco all’altra ed a parlare del più e del meno, come il passato di Dim e quello di Cappuccetto Rosso. Anche se quest’ultimo, ovviamente, era abbastanza conosciuto dalla ragazza che aveva scritto il libro. Dopo circa quindici minuti, arrivarono casualmente davanti casa Swan-Mills.

“Vogliono adottarmi” disse di botto Dim, con tono piatto.

“Come?” chiese Ruby, non sicura di aver capito bene.

“Emma e Regina. Vogliono adottarmi” ripeté la ragazza, con lo sguardo fisso sulla cassetta della posta. “Vogliono che diventi Danielle Swan Mills."

“E tu vuoi esserlo?” le domandò Ruby.

“Se voglio essere figlia di mia madre? Sì, certo. Ma figlia della donna che-“ si bloccò, senza continuare. “Io… non ho ancora deciso.”

“Pensaci bene, sai… Tu hai la fortuna di avere una madre. Non sprecarla” le consigliò Red, accarezzandole la spalla.

Poi le sorrise dolcemente e se ne andò, lasciandola lì fuori a fissare quella casa in cui avrebbe potuto abitare. Questo fino a quando non arrivò Henry.

“Che fai?” le chiese il ragazzino.

“Oh? Nulla” rispose frettolosamente lei. “E tu? Perché non sei dentro?”

“Adesso entro. Ma tu vieni con me.”

E Dim non poté dirgli di no. Così si trovò, per la prima volta, nella casa che sua madre divideva con la ragazza che in un altro mondo lei avrebbe amato e con il figlio che in un altro mondo loro non avrebbero avuto.

“Mia madre è di sopra” la informò Henry.

“Quale delle due?”

“Emma” rispose lui, indicando le scale.

Dim annuì e cominciò a salire. Arrivata al piano di sopra, si sentì un po’ spaesata, ma riuscì a trovare la camera di Emma e Regina, in cui la bionda si stava cambiando. Si diede mentalmente uno schiaffo e si voltò.

“Ehm… Emma” la chiamò, sempre dandole le spalle.

“Eh? Dim, che ci fai qui?” chiese lei, con tono allegro.

“Io… stavo passando di qui ed Henry mi ha invitato ad entrare” le rispose, deglutendo. “Ma in questa casa non chiudete le porte quando vi spogliate?”

Emma rise e le poggiò una mano sulla spalla, dicendo: “Puoi girarti, non ti mangio mica.”

“No, no, sto bene così” mormorò la mora, imbarazzata.

Allora Emma sbuffò ed afferrò le sue spalle, voltando il suo corpo verso il proprio. Per fortuna indossava una canottiera –o forse per sfortuna, perché le sue braccia erano veramente qualcosa di…

“Oh, cavolo” borbottò Dim, chiudendo gli occhi per un secondo. “Forse non è stata una buona idea venire qui.”

“Dim, qual è il problema?” le domandò Emma, sedendosi sul materasso e tirando a sedere anche lei.

“Il problema è che non posso diventare tua figlia! E’ diabolico!” sbottò Dim. “Insomma, in un’altra vita io avevo tredici anni più di te e ti amavo! Ti amavo veramente, e… ho paura che quei sentimenti ci siano anche in questa vita.”

“Per questo non ti sei ancora rimessa il cuore?” chiese Emma, senza scomporsi.

Dim annuì.

“Almeno, però, riusciresti a capire ciò che provi veramente.”

“Già, ma a quale prezzo?” chiese la ragazzina, ed Emma le diede ragione, annuendo. “Puoi convincere Regina ad… aspettare? Ho bisogno solo di un po’ di tempo.”

“Ti daremo tutto il tempo che vorrai. Ma non… non andare via, okay?” domandò Emma, incerta, accarezzandole in un modo estremamente intimo la mano.

“Non vado da nessuna parte, Emma.” assicurò Dim, per poi avvicinarsi al viso della ragazza; lasciò un bacio quasi all’angolo della bocca di Emma, e poi se ne andò, lasciandola immobile sul letto, ad assaporare il suo profumo rimasto nell’aria.
 



“E tu non gliel’hai detto?!” chiese Ruby a voce fin troppo alta.

“Shh.” le intimò la bionda. “Certo che no! Che dovrei fare? Andare da lei e dirle: Hey, amore, sai che tua figlia –che, tra l’altro, è minorenne- potrebbe essere innamorata di me?

“Magari non così, ma potresti spiegarle ciò che hai visto e ciò che ti ha raccontato Dim. E poi lei non è innamorata di te!” esitò un momento. “Non… non lo è, giusto?”

“Io… non lo so.” sospirò Emma. “Il modo in cui mi guarda… è come se fossi al centro dell’universo, come-“

“…Se ti facesse sentire la cosa più importante del mondo.” concluse Ruby per lei, malinconica.

“Già. Come hai fatto ad intuirlo?” domandò Emma, aggrottando le sopracciglia.

“Credo che questa cosa con Dim non accada solo a te. La conosco da un po' ormai ed in questi giorni abbiamo passato così tanto tempo insieme... Quando mi guarda, è come se il suo sguardo abbia il potere di farmi sentire speciale, di regalarmi la felicità più grande… Ma poi, in un attimo, riesce a strapparmela via.” le spiegò come si era sentita stando con lei per qualche giorno.

“Che vuoi dire, Ruby?” chiese ancora la Salvatrice, che, per la prima volta, non capiva la propria migliore amica.

“Niente, Ems. Solo… sta’ attenta. Perché, se le cose stanno come pensi tu, possiedi l’amore di due donne fantastiche, che sono anche madre e figlia. Un gesto o una parola di troppo, e potrebbe scoppiare tutto.”
 



“Perché devi essere così distante? Non credi di esserlo stata abbastanza in questi quarantaquattro anni passati lontana da me?”

“Lo sono stata abbastanza da te… ma non da Emma.” rispose prontamente Dim.

“Cosa c’è che non va con Emma? Pensavo andaste d’accordo, vi scambiate anche i vestiti!” esclamò la donna, confusa sulla natura della relazione tra la figlia e la fidanzata.

“Lei è okay. Ma non… non riesco a starle lontana!” ammise, portandosi una mano al petto, dove sarebbe dovuto essere il suo cuore.

“Che vuoi dire?” domandò Regina, con una smorfia di terrore dipinta sul viso per ciò che aveva immaginato.

“Io non… non sento niente” sussurrò senza preavviso Dim, accasciandosi per terra e prendendo a pugni il pavimento. “Non sento nulla! Non riesco a capire!”

Le parole della ragazzina sembrarono sconclusionate e senza senso agli occhi della madre, così scosse la testa e, preoccupata, la strinse tra le braccia, del tutto intenzionata a portarla via da quello squallido bed & breakfast in cui, apparentemente, stava impazzendo.

“Non preoccuparti, tesoro. Adesso la mamma ti porta a casa” bisbigliò al suo orecchio, accarezzando i suoi capelli ed aiutandola ad alzarsi.

E sapeva quanto fosse sbagliato, ma ebbe un attimo di gioia, perché finalmente si sentiva davvero voluta dalla propria figlia, necessaria. E sorrise, sicura che, qualsiasi cosa stesse attraversando la sua piccola, l’avrebbero superata. Insieme.
 



“Sta scottando, ed ha la febbre a 39 e mezzo. Mi sto realmente preoccupando, Emma” mormorò Regina, poggiando un’altra pezza bagnata sulla fronte sudata della sedicenne; e non poté fare a meno di pensare a quando la stessa identica cosa era accaduta a Graham, prima che lei lo uccidesse.

“Anche io, Regina” rispose sinceramente la bionda, accarezzando la guancia di Dim e stringendo i denti. “Non vorrei mai che le capitasse qualcosa di male.”

Regina aggrottò le sopracciglia e, voltandosi verso di lei, sussurrò: “La ami?”

“Cosa?” chiese Emma, ad occhi spalancati per la sorpresa causatale da quella domanda inaspettata –specialmente da parte di Regina.

“Ho visto come vi guardate. Non so cosa sia accaduto nella Foresta Incantata tra voi due, ma sono certa che non sia stato solo un duello con le spade.”

“R-Regina, io…” balbettò Emma, incerta. “Io amo te, te lo giuro. Ed appartengo a te.”

“…Ma?” l’incitò a continuare il Sindaco.

“…Ma, in un certo senso, io appartengo anche un po’ a lei. Lei risveglia in me ricordi che non ho nemmeno mai avuto. Ricordi della Foresta Incantata, della mia infanzia lì, di te e mia madre che tessete maglioni sedute di fronte al camino…” si fermò un attimo. “…Del mio matrimonio con lei.”

“Il tuo…?” sussurrò, sbigottita, Regina. “Tu hai sposato mia figlia?!”

“In un altro mondo, sì. E non so perché, ma quella vita è sempre qui, a tormentarci, a confondere la realtà che abbiamo adesso con quella. Ecco perché Dim crede di amarmi.” spiegò Emma, per poi dirle, con voce spezzata: “Credimi, amore, non c’è nessun altro che, in questo mondo o in qualsiasi altro, possa farmi provare ciò che provo con te. Io ti amo, e di ciò sono sicura più che mai.”

Regina annuì. Poi, accarezzando i capelli ricci della figlia, disse solamente: “Per adesso la mia priorità è che lei stia bene. Di questo parleremo dopo.”

“Okay, ma… Credo ci sia solo un modo per farla stare meglio.”

“E quale sarebbe, signorina Swan?” chiese Regina, fredda come il ghiaccio.

Quel tono distaccato, così differente da quello che Regina le rivolgeva di solito, la ferì. Questo era innegabile. Però Emma sapeva che, in quel momento, non poteva chiedere di più.

“Dove hai messo il suo cuore?” le domandò.

“Cosa vorresti farci con il cuore di mia figlia?” sbottò Regina, asciugando il sudore dal volto giovane della  ragazza addormentata.

“Voglio rimetterlo nel posto a cui appartiene.”







Buonasera!
Beh, sarò breve su questo capitolo: l'ho adorato (senza vantarmi, eh) perchè introduce qualcosa che accadrà nel prossimo capitolo, che mi piace ancora più di questo.
Immagino che alcuni di voi saranno perplessi sulla sessualità di Regina e di sua figlia, o forse no! Ma, comunque, voglio specificare che, nonostante sia improbabile una cosa del genere, dovete capire che il destino è stato stravolto quando Regina ha lanciato il sortilegio e che, senza di esso, Regina non si sarebbe mai innamorata di una donna, immagino. Invece mi sa che Dim apprezza proprio la compagnia femminile (e come biasimarla) xD
Detto questo, ringrazio anticipatamente chi leggerà ed apprezzerà questo capitolo e vi do l'appuntamento a... non so, tra qualche giorno? Il tema sarà Vero Amore e ci sarà un True Love Kiss... Tra chi pensate che sarà?
A presto e buon Capodanno, sperando che l'anno nuovo sia migliore (pff) xD

 

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Capitolo 19
*** Vero Amore. ***


“Starà bene?” chiese Henry, guardando la sorellastra muoversi nel sonno con fare disturbato.

“Lo spero, tesoro” disse Regina, abbracciando il figlio, che, prontamente, l’accolse tra le sue braccia.

In quel momento arrivò Emma, con lo scrigno tra le mani, le quali tremavano per il peso di quel cuore così colmo di dolore e di odio accumulato negli anni. Emma lo poggiò sul letto, accanto al corpo coperto di Dim, che adesso stava stringendo le dita attorno al cuscino con rabbia o con paura, non era ben comprensibile dall’espressione del suo volto.

Guardandola, Emma capì quanto avesse sbagliato nel dire quelle parole a Regina, che, sicuramente, le aveva fraintese. Perché c’era sì qualcosa di profondo tra lei e Dim, ma non tanto quanto l’amore che provava per Regina, sua madre. No, questo era certo.

Sospirò e, facendosi forza, aprì lo scrigno, rivelando qualcosa di sconcertante. Quando lo vide, ebbe un conato di vomito, ma riuscì a contenersi. Eppure Regina l’aveva notato e, nonostante fosse arrabbiata con lei, si avvicinò con preoccupazione, dicendole: “Hey, stai bene?”

“No” mormorò Emma, voltandosi per non guardare ancora.

Regina aggrottò le sopracciglia e, spaventata, guardò dentro lo scrigno. Un’espressione di puro dolore attraversò i suoi occhi, fissi sul cuore della figlia, che batteva quasi impercettibilmente. Allora anche Henry guardò e, confuso, disse: “E’… piccolo.”

“Troppo piccolo” aggiunse Emma. “Non basterà, vero?”

Regina scosse la testa. Accarezzò il volto della ragazza e pianse, mentre, con cautela, prendeva il minuscolo cuoricino –che sarebbe stato abbastanza solo per un neonato- e si preparava a metterlo dentro il suo petto, anche se sapeva quanto sarebbe stato inutile.

“Mia madre ha rovinato mia figlia, predestinandola ad una vita senza un cuore nel petto. Sapeva che, una volta divenuta grande, questo cuore da bambina non sarebbe servito più. Eppure l’ha fatto comunque” disse, tra i denti.

Emma l’abbracciò da dietro e lei la lasciò fare, bisognosa di un contatto con la persona che amava –anche se, ormai, non era sicura che anche lei provasse più lo stesso. Chiuse gli occhi e poi, riaprendoli, mise il cuore nel lato sinistro del suo petto. Per qualche secondo non accadde nulla, ma poi Dim aprì gli occhi e sussurrò soltanto: “...Rosso...” prima di svenire.

“Rosso?” si chiese Regina, con occhi ridotti a due fessure.
“Oh, merda” mormorò Emma dopo qualche secondo di riflessione su quell'unica parola, realizzando solo allora il tutto. “Devo…. devo andare!”

Regina ed Henry guardarono la porta dalla quale era uscita di corsa la bionda, dopo si guardarono a vicenda, confusi. Intanto Emma stava correndo disperatamente lungo le strade buie e quasi del tutto isolate di Storybrooke, raggiungendo il locale di Granny. Entrò furiosamente, sbattendo la porta, e, trovando Ruby al suo posto di lavoro, sospirò. Andò da lei, che stava servendo Whale, particolarmente interessato alla sua scollatura.

“La ami?” chiese improvvisamente, cogliendola di sorpresa.

Red si voltò verso di lei, un sopracciglio inarcato a dismisura, e domandò: “Come, scusa?”, mentre Whale lanciava un’occhiataccia allo sceriffo per aver distolto Ruby dal suo lavoro.

“Sei innamorata di Dim?” si spiegò, per poi aggiungere, senza farla parlare: “Ho capito solo adesso. Ieri parlavi di lei in un modo che… Avrei dovuto capire subito; sei la mia migliore amica, ed io ero troppo concentrata su quelle visioni e sui miei problemi con Dim per capire che tu stavi soffrendo.”

“Io… io la conosco da così poco, è impossibile che io la ami!” cercò di ribattere Ruby.

“Non lo è. I miei si sono innamorati così velocemente, lo sai. L’amore non ha tempi, Ruby.”

Cappuccetto Rosso abbassò lo sguardo, senza rispondere.

“Dim sta male. Ha bisogno di te. Ha bisogno di un cuore, ed il suo non è abbastanza forte, ma magari tu puoi aiutarla, con il tuo Amore per lei” le disse allora Emma, sicura che in quel modo avrebbe catturato la sua attenzione. “Ha chiamato te quando le abbiamo rimesso il cuore. Vuol dire che, finalmente, ha capito i suoi veri sentimenti; ha capito di essere innamorata di te, non di me!”

Ruby esitò ancora un secondo, con gli occhi spalancati verso l’amica. Poi si tolse velocemente il grembiule, lanciandolo alla nonna, che urlò: “Red, dove stai andando?!”

Lei si voltò solo per dirle: “A salvare il mio Vero Amore”, poi corse fuori insieme alla bionda, e si trasformò in un secondo, portando Emma sopra di sé e correndo verso villa Swan Mills, in cui Dim stava patendo le pene peggiori per ciò che aveva fatto.

“Fa male, mamma…” bisbigliò, stringendo la mano attorno alla propria carne, nel punto in cui doveva trovarsi il suo cuore.

“Lo so, piccola, mi dispiace così tanto…” la strinse a sé Regina, mentre lei tremava, febbricitante. “Emma sta per tornare, sono sicura che avrà un rimedio.”

“Emma…” sospirò Dim, sorridendo. “Vero Amore…”

Regina pianse una sola lacrima, sentendo quelle parole, e le disse: “E’ il tuo Vero Amore, sì…”, cercando di confortarla e  farla stare meglio, nonostante il suo cuore le stringesse nel pronunciare quelle parole.

“Il tuo Vero Amore…” la corresse la ragazza, spaesata. “Il mio sta arrivando.”

Regina fu ancora più confusa, e pensò che stesse solo delirando per la febbre alta. Ma, se quelle parole fossero state vere, sarebbe stata così felice…

“Amore!” urlò Emma, entrando di scatto ed abbracciandola forte. “Dobbiamo uscire. Ruby la salverà.”

“Cosa?!”

Emma non le rispose e portò lei ed Henry fuori, lasciando la ragazza-lupo da sola con la moretta. Henry corse a prendere il necessario per un incantesimo di conservazione, in caso Ruby non fosse riuscita a salvarla in alcun modo –ma loro non volevano nemmeno pensarci.

“Mi dispiace così tanto, Regina… Io ho avuto delle incertezze insensate” disse lo sceriffo, quando furono da sole. “Sei tu il mio Vero Amore, e lei… beh, lei è tua figlia, punto. Tutto il resto appartiene ad un’altra realtà che non ci riguarda. Ed anche Dim l’ha capito.”

“Ma tu hai detto-“ protestò Regina.

“…Un mucchio di stupidaggini” concluse per lei Emma, baciandola con trasporto e spingendola –senza alcuna violenza- contro il muro.

Le loro labbra si incontrarono, trasportandole in un vortice di passione e di amore che non attraversavano da tempo. Le mani di Emma si chiusero attorno ai fianchi della mora, che strinse le proprie intorno alla nuca della ragazza. Le loro lingue si scontrarono più e più volte, in una lotta senza vincitori. E ciò bastò per convincere Regina, che aprì lentamente gli occhi solo dopo qualche secondo che Emma si era staccata da lei.

“Oh, Emma…” sussurrò sulle labbra dell’amata. “Mi sei mancata così tanto.”

“Scusami” mormorò a sua volta Emma, non volendo spezzare quel bellissimo silenzio. “Sai, è da quando sono tornata dalla Foresta Incantata che voglio farti una domanda. Ma c’è stata tutta questa storia con Dim, e volevo essere sicura prima di chiederti una cosa simile.”

Regina piegò il capo da un lato, assumendo un’espressione un po’ confusa e, allo stesso tempo, molto curiosa.

“Regina, io… Sai che non sono brava con i sentimenti. Al contrario di ciò che pensi, sei sempre stata tu l’esperta di queste cose, ed io lo so bene, perché ti conosco meglio di quanto conosca me stessa” iniziò a dirle Emma, per poi fermarsi un attimo e riprendere: “Sai cos’ho pensato la prima volta che ti ho vista?”

“No, non me l’hai mai detto” rispose Regina, alzando le spalle.

Mi sa che resterò un bel po’ a Storybrooke, se è questo lo standard di bellezza” disse, quasi vantandosi del suo primo pensiero.

Regina subito rise in modo lieve ed aggrazziato, dando comunque un leggero spintone alla bionda, che, però, le prese la mano nella propria, poggiandole entrambe sul proprio cuore.

“… Poi, però, girando per Storybrooke, non riuscivo a trovare nessun uomo o nessuna donna che potesse eguagliare te. E non era solo il tuo essere bella, era l’interesse che mi provocavi. Sentivo che tu fossi più di quanto volessi apparire, e la cosa m’intrigava.” ammise Emma. “Non pensavo nemmeno che potesse piacermi una donna, eppure, con il tempo –e con le varie liti- mi sono accorta di avere un’enorme cotta per te. E quella cotta, con un altro po’ di tempo –ed altre liti- si è trasformata nell’amore più grande che io abbia mai provato.”

Regina stava restando senza fiato nell’ascoltare quel bellissimo discorso, del quale, però, non riusciva a capire il senso. Insomma, perché Emma le stava dicendo tutte quelle cose adesso?

“Dopo tutto quello che abbiamo affrontato, dopo tutte le prove che abbiamo dovuto superare, e dopo tutto il tempo che abbiamo sprecato cercando in tutti i modi di odiarci a vicenda –senza alcun risultato-, io so che non voglio più aspettare, Regina.” concluse, e poi prese qualcosa dalla tasca della giacca rossa: una scatolina. “Ce l’ho da un po’, ma non avevo il coraggio di chiedertelo.”

“Emma…” mormorò la bruna, sorpresa ed emozionata, tanto che le lacrime cominciarono a scendere lungo le sue gote arrossate.

“Adesso ce l’ho. Adesso ho il coraggio di chiederti…” disse, inginocchiandosi di fronte a lei. “…Vuoi, per me, smettere di essere il Sindaco Mills e diventare la signora Swan Mills?”

Dette queste parole, aprì la scatolina di velluto, mostrandole un anello per cui, di certo, aveva speso più del suo stipendio. Sorrise, mentre una lacrima solcò anche il suo viso, e disse ancora: “Vuoi sposarmi, Regina?”

Regina, resasi conto di aver indugiato troppo sugli occhi emozionati di Emma e sul meraviglioso anello, ma di non aver ancora risposto, disse immediatamente: “Io… Sarebbe fantastico e- ed io... io ti amo, Emma!”, saltandole addosso e facendola crollare sul pavimento.

Due risate ugualmente felici si levarono dalle due donne, abbracciate per terra, l’una sopra all’altra.

“Era un sì?” chiese Emma, accarezzando il volto di Regina come fosse fatto di marmo e non di carne, lo sguardo perso nelle sue iridi marroni.

“Assolutamente.” sussurrò al suo orecchio Regina.

Allora le loro labbra si scontrarono in un bacio più che urgente e più che amorevole. Intanto, l’anello fu messo al dito di Regina dalle mani tremanti di Emma, che non riusciva ancora a credere che avrebbe finalmente sposato quella donna. Questo fino a quando un bagliore tenue e lucente non le attraversò, per poi propagarsi nel resto della casa, facendole subito voltare verso la stanza attigua con sguardi identici e speranzosi.
 



“Dim!” esclamò la ragazza-lupo, accarezzando i capelli impregnati di sudore della sedicenne e chiedendosi come facesse a restare bellissima anche in quelle condizioni –forse aveva preso quest’aspetto dalla madre.

“Ruby, m-mi dispiace…” sussurrò la ragazza, cercando di alzarsi in qualche modo.

“Per cosa?” chiese la cameriera, facendola stendere nuovamente, così che non si sforzasse troppo.

“Pensavo che il mantello… che sarebbe stato abbastanza” mormorò, in tono di scuse. “Ma non sapevo che ciò di cui avevi più bisogno… era sapere la verità, ed avere q-qualcuno che ti amasse incondizionatamente. A-anche sapendo… quello che sei.”

“Di che stai parlando, Dim?” chiese Ruby, non sapendo realmente cosa stesse cercando di dirle.

“Non… non ti ricordi di me?” chiese Dim, ormai parlando a fatica.

Red assottigliò gli occhi, guardando il suo viso, come se esso potesse farle capire. E, quando le loro dita si sfiorarono, un'immagine si propagò in lei, riaffiorando dalla sua memoria.

“Tu… tu mi hai dato il mantello” concluse, realizzando chi lei fosse veramente. “Danielle, ma certo, tu sei Danielle!”

L’abbracciò di scatto, sorreggendo il suo capo con la mano per stringerla al proprio petto e sussurrarle: “Mi hai sempre protetta.”

“Ci ho provato” rise lievemente la figlia di Regina. “Ma ho paura che adesso dovrai cavartela senza di me. Questo cuore è troppo debole e non sono disposta a vivere ancora senza averlo.”

“No!” ribatté il licantropo. “Tu non morirai solo per un cuore, io non posso permetterlo. Se fosse necessario, ti darei anche il mio.”

“Allora… tu mi ami davvero?” chiese lei, accarezzandole il viso con le dita fredde. “Non me lo sono immaginato…”

“Oddio, è tutto così complicato e strano; ma sì, ti amo, Danielle.”

Dim, sorridendo con beatitudine, chiuse gli occhi, lasciandosi cadere sul materasso. E non riaprì gli occhi per i seguenti minuti, in cui Ruby la scuoteva e sussurrava il suo nome, le lacrime ad appannare la sua vista mentre cercava di svegliarla. Ma nulla. Lei rimaneva lì, senza vita, con quel piccolo sorriso sulle labbra. Su quelle labbra che non aveva mai nemmeno potuto baciare. Ed è ciò che fece, istintivamente, donandole il primo bacio della sua vita, ed anche il bacio del Vero Amore.

Un bagliore che rifletteva tutti i colori dell’arcobaleno si diffuse a partire dal loro bacio, e si espanse anche fuori dalla stanza. Ma Ruby non se ne accorse, troppo impegnata nel cercare di salvare la ragazza che, in passato, aveva salvato lei dal lupo dentro di lei.

Regina ed Emma, allora, entrarono nella stanza, strette l’una all’altra, e videro Ruby staccarsi dalle labbra ormai fredde della ragazza. Il suo sguardo fisso sul viso immobile di Dim, ormai rassegnata al fatto che se ne fosse andata. Pianse sul suo petto, stringendo il suo corpo senza vita.

“No!” esclamò Regina, perdendo il sorriso.

“Non può finire così” mormorò Emma, e subito spalancò gli occhi.

Dim aveva aperto i suoi di occhi, prendendo un grande respiro e guardandosi intorno con aria sperduta. Si toccò il petto, e sentì il proprio cuore battere. Guardò Ruby, che ancora piangeva sopra di lei, e non si era accorta che lei stava bene, che era viva.

“Mi hai salvata” mormorò allora, facendole alzare rapidamente il volto, bagnato dalle lacrime.

“Danielle…” sussurrò Cappuccetto Rosso, stringendola forte. “Sei viva!”

“Solo grazie a te.”

Anche Emma e Regina corsero verso di lei e l’abbracciarono, in particolare Regina, che sembrava non voler smettere di lasciare baci sul viso della figlia. In quel momento entrò Henry nella stanza e, vedendo quella scena, lasciò cadere le ampolle con gli ingredienti per terra e corse verso la sorellastra.

“Dani!” esclamò, stringendola in un grande abbraccio fraterno. “Scusa se non ti ho sopportata per un po’. Prometto che da oggi proverò a volerti bene.”

“Anche io, ragazzino” rispose Dim, sorridendogli. “Beh, dopo questa ho proprio bisogno di bere.”

Regina le rivolse uno sguardo severo, e lei disse: “Hey, tu non vorresti bere se fossi stata sul punto di morire? Mi merito un drink!”

Emma provò a trattenersi, ma, dopo qualche secondo, scoppiò a ridere. Henry rise con lei, seguito da Dim. Regina e Ruby si guardarono, complici, e cominciarono a ridere anche loro, felici che la persona che entrambe amavano con tutto il cuore –era il caso di dirlo- fosse viva e stesse bene. E adesso sarebbero stati una famiglia, tutti insieme.







Rieccomi qui, con questo bel Lieto Fine :)
All'inizio avevo anche pensato di concludere qui questa fanfiction -il che, lo ammetto, non sarebbe stato male-, ma credo che qualche altro capitolo ci voglia. Per parlare di questa nuova coppia che è sbocciata (appoggiata da molti di voi e, in primis, da me) e, ovviamente, ancora di Emma e Regina. Quindi credo che continuerò fino a quando non capirò che ho scritto tutto ciò che potevo. Ma, comunque, stavo già pensando ad una specie di spin-off su Dim o, quantomeno, sul mondo alternativo di cui ho già parlato. Che ne dite?
Adesso vi lascio con un ringraziamento speciale a tutti voi che mi risollevate sempre l'umore con il vostro seguito e con un'anticipazione sul prossimo capitolo: qualcuno canterà una canzone, ovvero Rude dei Magic!
See you soon!

 

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Capitolo 20
*** Ufficializzare. ***


“Scusami, Snow, per averti convinta a bere una fiala che ti ha fatto dimenticare il tuo Principe Azzurro e diventare una spaccaculi-” disse Dim, come se stesse ripetendo una filastrocca a memoria.

Danielle Dim Swan Mills, il linguaggio!” la rimproverò Regina.

“Scusa, mamma, ma è la verità! Quasi quasi sarebbe stata più simpatica in quel modo” si giustificò la ragazza. “Comunque, per farmi perdonare, voglio donarvi questo: è l’ultimo fagiolo magico che ho trovato, non ce ne sono più nella Foresta Incantata.”

“Beh, ad ogni modo, ti perdono e ti ringrazio molto per questo dono, Dim… ehm, Danielle” si corresse SnowWhite all’ultimo secondo.

“No, Dim va bene, non preoccuparti” sorrise la moretta, toccandosi la nuca con fare imbarazzato. “Ehm… Adesso possiamo andare da Granny?”

Regina valutò l’opzione per qualche secondo, poi Henry e Danielle si misero fianco a fianco, con due identici bronci, dicendo: “Per favooore, mamma!”. E allora lei fu costretta ad acconsentire, annuendo solamente. I due ragazzi subito scapparono, dicendo all’unisono: “Ciao, nonna!” “Ciao, MM!”

“MM?” chiese Snow.

“Credo sia un acronimo per Mary Margaret…” borbottò Regina. “Mia figlia si esprime in modo strano da quando frequenta questo mondo. Ed ha pure cominciato a fumare, dannazione!”

“Beh, credo che le passerà presto. E’ una ragazzina assennata, in fondo” disse Mary Margaret, tralasciando il molto in fondo che stava per aggiungere.

“Già. E’ quell’ in fondo che mi preoccupa” capì comunque Regina, cullando il nuovo arrivato in casa Charming e cercando un modo per dire a Snow che stava per sposare sua figlia.
 



“Ciao, Henry!” esclamò Ruby, per poi arrossire lievemente. “Ciao, Dani.”

“Hey” sorrise la riccia, le mani nelle tasche per non mostrare quanto fosse nervosa nel rivederla –dato che l’ultima volta lei le aveva donato il bacio del Vero Amore. “Visto? Ho comprato dei vestiti… dei vestiti di questo mondo, ci credi?”

Ruby sorrise a sua volta, osservando il nuovo look di Danielle: stivali neri, jeans attillati, canottiera nera e giacca di pelle nera.

“Ho l’impressione che tu abbia fatto un mix dello stile di Emma e di quello di Uncino” notò la cameriera, facendo accomodare i due ragazzi ad un tavolo.

“E’ la stessa cosa che ha detto mia madre e, credimi, non ne era molto felice” ridacchiò Dim.

“Cosa vi porto?” chiese loro Ruby, senza staccare gli occhi dalla ragazza.

“Io una cioccolata con la panna e la cannella… ma questo lo sai già.”

Ruby annuì alla frase di Henry, conoscendo molto bene i suoi gusti e conoscendo lui da molti anni. Poi voltò lo sguardo verso Dim, che era palesemente in difficoltà.

“Non lo so” ammise, per poi decidere semplicemente di imitare l’ordinazione della madre: “Credo che prenderò solo un caffè.”

Ruby annuì, sorridendole ed andando a preparare le loro bevande. I due fratelli rimasero soli e subito Henry chiese a Dim: “Cosa ne pensi del fatto che le nostre mamme si sposano?”

“E’… carino” rispose in modo incerto Danielle, non sapendo che parole usare. “Insomma, sono molto felice per loro.”

“E lo sai che adesso verrai ad abitare da noi, vero? La mamma non si sposerebbe senza essere sicura di averti ‘conquistata’, diciamo così. E credo che valga per entrambe” disse a sua volta Henry, alzando un sopracciglio.

“Beh, allora mi sa che dovrò abituarmi alla vita familiare.”

I due si sorrisero a vicenda, contenti di poter andare finalmente d’accordo. Anche se sapevano bene che i litigi ci sarebbero stati eccome, specialmente quando avrebbero vissuto insieme ventiquattro ore su ventiquattro.

“Andrai a scuola?” le chiese poi Henry.

“Scuola?” ripeté Dim, aggrottando le sopracciglia.

Non sapeva assolutamente di cosa stesse parlando, comprese subito il ragazzino.

“Oh, ehm… La scuola è un posto dove si va per imparare tante cose, come la matematica, la letteratura e tante altre cose che ti insegnano i professori” cercò di spiegarle il ragazzino.

“Ah” disse solo la strega. “Non credo che faccia per me… piuttosto penso che mi troverò un lavoro.”

Henry annuì, e in quel momento ritornò Ruby, che poggiò di fronte a loro le tazze. Nel posare quella di Dim, le lasciò un lieve bacio sulla guancia, per poi allontanarsi con un occhiolino nella sua direzione. Danielle rimase bloccata a fissare la ragazza per qualche secondo, poi si riscosse e soffiò sul proprio caffè.

“E’ vero che tu ed Emma eravate innamorate in un altro mondo?” le chiese il moro.

“Sì” rispose semplicemente. “Ma non credo ci sia il rischio che ci ricaschiamo! Sai com’è: differenza d’età, parentela molto confusa, lei sta per sposare mia madre…”

“Anche Ruby è più grande di te” le fece notare Henry.

“Oh, sta’ zitto” sbuffò Dim, alzando gli occhi al cielo e facendo ridere il fratellastro, che si divertiva a farla innervosire.

“Domani faccio il compleanno, sai?” continuò invece lui.

“Quattordici anni, eh?” chiese Danielle, sorridente. “Ti farò un regalo.”

Henry sorrise a sua volta e poi le chiese: “Quand’è il tuo compleanno?”

Ruby si avvicinò a loro, sedendosi accanto alla ragazza e dicendo: “Ho qualche minuto di pausa. Di che parlavate, ragazzi?”

“Compleanni.” rispose Henry. “Allora, Dani, quand’è il tuo?”

“Io… non lo so.”
 



Il cartellone con su scritto Buon compleanno, Henry!,  preparato e firmato dai suoi compagni di classe, era stato appeso all’ingresso del locale, i palloncini erano sparsi ovunque e c’era da bere e da mangiare in quantità. Ma, soprattutto, tutte le persone a cui Henry teneva –a parte suo padre, che comunque era sempre nei suoi pensieri- erano lì.

“E’ tutto bellissimo. Grazie, mamma… e grazie, mamma” disse ad Emma e Regina, sorridendo, per poi tornare a parlare e scherzare con i propri amici, in particolare con una ragazzina che continuava a girargli attorno con fare civettuolo.

“Io quella ragazza la smaterializzo” ringhiò sottovoce Regina.

“Oh, andiamo, Gina, è normale che, alla sua età, faccia delle conquiste. E poi possiamo festeggiare: almeno uno della nostra famiglia è etero, yay!” esclamò giocosamente Emma.

“Hey! Guarda che io sarei volentieri stata etero, se non fossi arrivata tu. Sei, come dire, la mia eccezione” alzò le spalle la mora, facendo un’espressione buffa.

“E sono felice di esserlo” sussurrò la bionda, baciandole la tempia ed annusando per qualche secondo i suoi capelli, che profumavano sempre di buono.

Regina sorrise e, facendole enigmaticamente l’occhiolino, salì sul piccolo palchetto che era stato montato per il karaoke –che TinkerBell  aveva rovinato, cantando in modo pessimo la canzone Magic- afferrando il microfono e dicendo: “Sappiate che non so cosa sto facendo, ma, qualunque cosa sia, la faccio solo per Emma, perché è proprio così che tu mi hai conquistato.”

Poi fece un segno alla fatina che, ridendo, avviò una base musicale. Allora Emma capì che stava per cantarle una canzone e sorrise in maniera spropositata. Non sapeva, però, che canzone stesse per cantare la mora e, soprattutto, non si aspettava che cominciasse a cantare guardando suo padre.
 

 
Saturday morning jumped out of bed and put on my best suit
Got in my car and raced like a jet, all the way to you
Knocked on your door with heart in my hand
To ask you a question
'Cause I know that you're an old fashioned man yeah yeah

 
Non appena Regina cantò con voce roca quelle ultime parole, Charming scoppiò a ridere, invitando la figlia a godersi lo spettacolo da vicino, insieme a lui. Emma annuì e si mise accanto il padre, mentre Regina continuava –steccando leggermente ogni tanto, ma Emma la trovava sempre magnifica e poi nessun altro sembrava accorgersi delle stonature. Questo perché lei era Regina Mills.

 
Can I have your daughter for the rest of my life? Say yes, say yes
'Cause I need to know
You say I'll never get your blessing till the day I die
Tough luck my friend but the answer is no!
 

Regina fece una smorfia contrariata che fece ridere tutti, dato che era raro vedere il signor Sindaco fare cose buffe come quella. E sapevano che il merito di ciò andava solo alla sua famiglia, che in quel momento era tutta la sua vita.

 
Why you gotta be so rude?
Don't you know I'm human too
Why you gotta be so rude
I'm gonna marry her anyway
Marry that girl
Marry her anyway
Marry that girl
Yeah no matter what you say
Marry that girl
And we'll be a family
 

Snow e Charming guardarono Emma con sguardo dolce, e lei arrossì, specialmente dopo quest’ultima frase, che le faceva venir voglia di urlare al mondo quanto amasse quella donna che, in quel momento, stava cantando per lei –ed i suoi genitori- usando Dim come corista. La quale, ovviamente, non ne era entusiasta, dato che, poi, disse l’ultima frase rivolgendosi alla madre: “Why you gotta be so rude? “, perché, sicuramente, Regina l’aveva, in qualche modo, obbligata ad aiutarla.

 
I hate to do this, you leave no choice
Can't live without her
Love me or hate me we will be girls
Standing at that alter
Or we will run away
To another land that you know
You know she's in love with me
She will go anywhere I go

 
Emma scosse la testa alla variazione fatta al testo, mentre Regina scendeva dal palco e la guardava negli occhi, sicura che quello che stava dicendo fosse vero. Sì, lei sapeva che Emma era innamorata di lei, e che l’avrebbe seguita in capo al mondo.

 
Can I have your daughter for the rest of my life? Say yes, say yes
'Cause I need to know
You say I'll never get your blessing till the day I die
Tough luck my friend cause the answer's still no!
 

La bionda, ricordando come la fidanzata avesse bloccato la sua prima performance mesi prima, sussurrandole ‘ti amo’ all’orecchio, si avvicinò a lei e fece lo stesso, facendola sorridere, ma non smettere di cantare come sperato.

 
Why you gotta be so rude?
Don't you know I'm human too
Why you gotta be so rude
I'm gonna marry her anyway
Marry that girl
Marry her anyway
Marry that girl
No matter what you say
Marry that girl
And we'll be a family
 

Allora Emma si avvicinò nuovamente e sussurrò, stavolta: “Sei stata davvero carina, ma credo che i miei saranno più contenti se la smetti di cantare.”

Regina, contrariata, abbassò il microfono e lo diede ad Emma, borbottando: “Credi di saper cantare solo tu in questa famiglia? Io avrei avuto una grande carriera come cantante.”

“Sì, avresti proprio sfondato... il palco forse!”
 



“Sono così contento che vi sposate!” esclamò Henry, abbracciando le mamme. “Oh, e sapete cosa mi ha regalato Dani? Una videocamera! Così faremo un sacco di filmini al vostro matrimonio!”

Regina, con le braccia incrociate al petto e la sua migliore espressione da mamma severa, chiese a Dim: “Ah, e dove avresti trovato i soldi per comprare una videocamera?”


Danielle, in risposta, borbottò: “Ehm… magia?”

Danielle Dim Swan Mills!” esclamò Regina, di nuovo.

“Ci sta prendendo proprio gusto, eh?” mormorò Dim ad Emma, che rise sommessamente, troppo divertita dai battibecchi tra madre e figlia. “E comunque, mamma, guarda che ho fatto progressi enormi! Sai che non faccio niente di cattivo da quando sono arrivata a Storybrooke? Cioè, sono ben tre settimane!”

“In realtà…” intervenne Ruby, non in servizio per quella sera e quindi vestita casual –che per lei significava mezza nuda. “…Lei è stata molto cattiva. Sa cos’ha fatto, Sindaco Mills?”

Regina scosse la testa, ma aveva il presentimento che non avrebbe voluto sentire ciò che la ragazza-lupo aveva da dire.

“Mi ha rubato il cuore!” rispose Red, fintamente indignata.

“Forza dell’abitudine. Per fortuna che non l’ha stritolato nelle sue enormi mani!” scosse la testa Emma.

“Hey, le mie mani non sono enormi!” protestò Dim, con fare offeso.

“Ma no, Emma… Non mi ha realmente strappato il cuore dal petto” cercò di spiegarle la cameriera. “Me l’ha solo, sai, rubato…”

Detto questo sorrise così dolcemente come non aveva mai fatto e, lasciando un bacio sulla tempia di Dim, si allontanò –non prima di averle fatto un occhiolino.

“Oh, merd-“ imprecò Dim, assorta, per poi essere interrotta dalla madre.

“Danielle-“

“…Dim Swan Mills!” conclusero per lei Emma ed Henry, battendosi il cinque per averla imitata alla perfezione ed in sincrono.

“Mamma, scommetto che anche tu imprecavi quando hai cominciato a stare con quella strafiga della tua fidanzata” disse Dim, per niente imbarazzata.

“Sì, certo, ma io sono un’adulta e posso farlo. E poi la mia fidanzata –anzi, promessa sposa- è molto più strafiga, come dici tu, della tua spogliarellista che, tra l’altro, io non approvo affatto.”

Henry ed Emma, allora, alzarono gli occhi al cielo e si appoggiarono l’uno all’altra.

“Dim non ha peli sulla lingua. Regina è un terremoto quando viene sfidata” disse poi la bionda, calcolando a mente quanto avrebbero litigato le due.

“Credo che dovremmo interromperle in qualche modo” rispose Henry, per poi avere una trovata geniale. “Hey, Dani, dei ragazzi stanno importunando Ruby!”

Immediatamente la mora si voltò verso il fratellastro, gli occhi ridotti a due fessure, dicendo tra i denti: “Cosa?! Dove?!”

“Ehm, fuori.”

Dim annuì e corse velocemente, aprendo la porta del Granny’s ed uscendo a cercare la ragazza, che, in realtà, era uscita solo per stare un po’ in tranquillità e godersi la vista della luna piena.

“Come mai non ti trasformi?” le chiese la più giovane, dopo aver chiarito il malinteso.

“Ormai so dominare un po’ il lupo. Ma se non mi trasformo entro dieci minuti, mi sa che impazzirò” sorrise Cappuccetto Rosso.

“Posso venire con te?” domandò Dim, per poi aggiungere: “A Belle l’hai lasciato fare.”

“Belle è una testona, ed è mia amica…” disse Ruby, non sapendo nemmeno lei perché avesse detto ciò, dato che non era questo il motivo per cui non voleva che Dim andasse con lei.

“Ed io non sono tua amica?” chiese Danielle, avvicinandosi, ormai sicura che non l’avrebbe respinta.

“No, tu… sei molto di più” arrossì violentemente Red.

“Sono felicissima ed onorata di questo, credimi…” bisbigliò Dani, accarezzando la guancia di Ruby, che subito si voltò verso la ragazza. “…Ma, prima di essere molto di più, voglio che tu ti fidi di me. Capisco che non sia facile, dopo ciò che ti ho detto riguardo il mio passato, ma… voglio credere che lo farai, che farai un atto di fede e mi darai tanta fiducia da lasciarti vedere nella tua parte più grandiosa e, allo stesso tempo, più vulnerabile.”

“Come fai ad essere sempre così maledettamente perfetta?” chiese Ruby, prima di baciare le sue labbra con un tocco delicato e lento.

“Credo sia una dote di famiglia” rise Dim, baciandola ancora. “Ah, e mi sa che dovremo lavorare sul tuo rapporto con mia madre, insomma, sei la mia ragazza e-“

“Cosa?” fece la più grande, interrompendo ciò che la riccia stava dicendo.

“Beh, dicevo che il tuo rapporto con Regina non è dei migliori, quindi-“

“No, no. Dopo” l’interruppe nuovamente Ruby, sorridendole e poggiando la fronte sulla sua, ormai le loro labbra a distanza di millimetri.

“Sei… la mia ragazza” ripeté per lei Danielle, sorridendo sulle sue labbra.

“Lo sono davvero?” chiese l’altra, speranzosa, prima di venire travolta da un altro bacio –più passionale stavolta- di Dim.

“Lo sei.”
 






Rieccomi, gente!
Capitolo un po' di passaggio ma abbastanza fluffuoso per le Red Writer... che spero vi piaceranno ancora di più adesso che stanno ufficialmente insieme! E poi, beh, Regina che canta al karaoke... Chi se lo aspettava? (Beh, io ovviamente perché l'ho scritto HAHAHA)
Grazie a tutti i gentili signori che leggono, seguono e recensiscono questa long che, d'ora in poi, si concentrerà molto sul matrimonio Swan Queen. A proposito, credo che il capitolo del matrimonio, appunto, sarà l'ultimo capitolo. E poi chissà... magari ci sarà un seguito :)
Nel prossimo capitolo assisteremo alle prove per i vestiti delle nozze di Regina ed Emma, e scopriremo chi saranno i loro testimoni. In più prevedo una bellissima nottata d'ammmmore per le Swan Queen <3
A prestooo!

 

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Capitolo 21
*** Scelte. ***


“Beccata!” esclamò Dim, entrando nella stanza. “So che hai guardato il sedere della mia ragazza.”

Regina, sorpresa da quell’entrata della ragazza e dalle parole che aveva detto, chiese: “Come, prego?”

“Emma mi ha raccontato di quando non stavate ancora insieme e tu hai fissato per ben trenta secondi il fantastico culo di Ruby, facendo ingelosire la tua bionda” ripeté Danielle, soddisfatta da quella scoperta.

“Intanto modera il linguaggio, ragazzina” disse la madre. “E poi era un periodo difficile-“

“Di astinenza, vuoi dire” ridacchiò Dani.

“Danielle Dim Swan Mills, esci subito di qui, prima che ti stenda con una sfera di fuoco!” sbraitò Regina, e sembrava piuttosto seria al riguardo.

“Okay, come non detto” mormorò Dim, facendo per uscire, ma poi si voltò e le sorrise, dicendole: “Comunque sei bellissima, mamma.”

La mora ricambiò il sorriso e, mentre la figlia usciva dal camerino, continuò a guardarsi allo specchio, ritenendo che quell’abito fosse adeguato ed elegante abbastanza per il suo matrimonio. L’unico problema era che ne aveva già provati dieci prima di questo, ma era solo un minuscolo dettaglio questo, no?
 



“Sono così contenta che tu mi abbia chiesto di farti da testimone” esclamò Ruby, battendo le mani per la felicità. “E tua madre come ha reagito quando gliel’hai chiesto?”

“Secondo te?” chiese Emma, mettendosi addosso il vestito bianco che la ragazza le aveva passato.

“E’ scoppiata a piangere e ti ha fatto un luuungo discorso su quanto ti voglia bene e su quanto le dispiaccia di non aver fatto parte della tua vita per i primi ventotto anni della tua vita?” presuppose la cameriera, contando la prevedibilità e la sensibilità di Mary Margaret.

“Esattamente” rispose la bionda, prima di esalare un sospiro. “Dannazione, questo vestito è scomodo.”

“E’ un abito da sposa, Ems. Non deve essere comodo” le spiegò pazientemente Red, entrando nel camerino per osservarla. “Oh, ma dai, non ti piace? Io credo che sia fantastico, è così… bianco.”

“Non dirmi che ci stai pensando anche tu, guarda che la mia figliastra ha appena sedici anni” scherzò Emma, venendo spinta dalla ragazza-lupo, divertita.

“In realtà, per quanto ne sappiamo, potrebbe anche averne già diciassette, perché lei è l’unica persona al mondo a non sapere quando sia il suo compleanno.”

A quell’informazione, Emma, che si stava sfilando il vestito, le rivolse uno sguardo malinconico. E la rossa sapeva che cosa volesse dire: Emma stava ricordando i tempi peggiori della sua vita, in cui a nessuno importava di quando fosse il suo compleanno, e stava soffrendo perché Dim era stata così sola da non avere nessuno che glielo ricordasse.

“Non importa, Ems. Prenderemo un giorno a caso e lo battezzeremo come il suo compleanno. Questo sabato per esempio… Sarebbe carino festeggiarlo, come abbiamo fatto con Henry” propose Ruby, subito infervorata dall’idea di rendere felice la propria ragazza.

“Credo che andrà bene” fu la risposta di Emma.

Mentre lo sceriffo provava un altro vestito –che sembrava starle meglio ed era anche abbastanza semplice da piacerle- Cappuccetto Rosso disse: “Ma se tu sei la matrigna della mia ragazza, è come se fossi mia suocera?”

“Ruby Cappuccetto Rosso Lucas, esci immediatamente da questo camerino” disse Emma, imitando il tono di voce e la postura della futura moglie, il che mise subito in fuga la ragazza. “Però Regina ha ragione, mettere qualche nome in più fa più paura…”



 
“Trilli, tu sei la mia migliore amica” disse Regina. “E quindi mi sembra giusto chiederti una cosa, una cosa molto importante e che chiederei solo a qualcuno a cui tengo.”

TinkerBell annuì, sorridente, e Regina continuò, domandandole: “Ti va di scappare con me in qualche città sconosciuta per sfuggire al mio imminente matrimonio?”

La fatina sbatté le palpebre, con evidente confusione, e disse solo: “Sei… sei completamente impazzita, Regina?”

“Uff, stavo solo scherzando” sorrise l’ex sovrana. “In realtà ciò che volevo chiederti era se vuoi essere la mia testimone, ma se non vuoi-“

“Oh, mio Dio, certo che voglio!” esclamò Trilli, lanciandosi su di lei senza lasciarla finire. “E’ fantastico, Regina, non potrei essere più contenta, e… Beh, grazie, grazie di cuore!”

“Sono io che devo ringraziarti” ribatté Regina. “Credi che non sappia che è solo per merito tuo e di Henry che tutta questa storia è cominciata? Siete stati voi i primi a credere nel nostro amore, anche quando né io né Emma lo capivamo. Chiederti di essere la mia testimone è il minimo che possa fare per sdebitarmi e per farti capire che… che ti voglio bene, ecco.”

Regina, imbarazzata, venne stretta ancora di più da una TinkerBell sovreccitata ed euforica, nonché in lacrime. La mora decise di mandare al diavolo il proprio orgoglio ed abbracciare l’amica, anche se non si lasciò andare troppo –in fondo era sempre Regina Mills.

“Adesso devo proprio andare, ma ci vediamo domani per sbrigare i preparativi, e tu dovrai aiutarmi!” esclamò il Sindaco, lasciando un lieve bacio sulla guancia della bionda ed uscendo dal locale, dirigendosi in casa dei Charmings.

Era un supplizio farlo, ma ci aveva pensato a lungo e le sembrava la decisione più giusta da fare, nonché la più ovvia, perché non aveva poi tanti amici da avere una scelta. A lei ed Emma sarebbe piaciuto avere anche Dim ed Henry, i loro figli, a far loro da testimoni, ma erano dei minorenni e, come tali, non potevano farlo; in compenso, Henry avrebbe portato loro le fedi e Danielle sarebbe stata la damigella d’onore. Così tutti sarebbero stati felici.

Bussò alla porta e, dopo pochi secondi di attesa, Mary Margaret le aprì con il piccolo Neal in braccio ed un sorriso esagerato sul volto.

“Ciao, Regina! Che ci fai qui?” chiese, cullando il bambino.

Regina, dando un bacio sulla fronte al bambino ed evitando drasticamente di salutare lei, rispose semplicemente: “Devo riscuotere il mio testimone.”

“Oh” fece Snow, sorpresa, per poi dire con fare dispiaciuto: “Mi dispiace, Regina, ma io sono già la testimone di Emma e, per quanto mi piacerebbe, non posso venir meno a questo impegno. Insomma, Emma è mia figlia e-“

“Smettila di sproloquiare, non parlavo di te” la troncò Regina, per poi rivolgere lo sguardo all’uomo che era appena sceso dalle scale dell’appartamento. “… Bensì di tuo marito.”

“Sparlavate di me?” chiese Charming, abbracciando la nuora.

Sbalordita, Biancaneve osservò Regina lasciarsi stringere dalle braccia forti del Principe, per poi schiarirsi la voce, a disagio. Guardò l’uomo negli occhi e, poggiando una mano sul suo braccio, disse: “In questi mesi mi sei stato… vicino, ecco. Diciamo che, se volessi essere sentimentale, ti definirei quasi un amico. Quindi, mi chiedevo se…”

“Non c’è nemmeno bisogno di chiederlo” rispose David, senza nemmeno lasciarle porre la domanda. “Ed anche per me tu sei un’amica, Regina. Forse la mia migliore amica.”

“Okay, non esageriamo adesso” replicò la bruna, facendo sorridere il vicesceriffo.

“Bene, fantastico. Grazie e… Mia figlia mi ha dato un messaggio per te.”

Snow, tirata in causa da Regina, che la stava guardando con aria perplessa, si risintonizzò sulla Terra, dopo lo scombussolamento che aveva avvertito nell’assistere a quella più o meno amichevole conversazione tra il marito e la matrigna.

“Ecco, non ho compreso di cosa parlasse, ma dice che ha vinto lei la scommessa” continuò la mora.

“Come?!” sbottò l’ex Principessa. “Tu hai guardato il culo di Ruby?!”

Regina, allibita, chiese invece: “Era su questo che avevate scommesso? Sul serio, Snow?”

“Beh, quando Emma ce l’ha detto, non riuscivo a crederci e così ho scommesso con Dim, sicura che avrei vinto. Ma cavolo, Regina, tu sei una pervertita.”

Allora il Sindaco di Storybrooke, con un sorriso malizioso e malefico, si avvicinò fin troppo a SnowWhite e sussurrò al suo orecchio una frase che solo lei sentì, per poi fare un cenno con la mano a Charming ed uscire dalla casa, lasciando una sbigottita Mary Margaret ed un confuso David.

“Prendi in braccio Neal, credo che potrei svenire” furono le ultime parole della donna, prima che gli desse lei stessa il bambino e si andasse a stendere sul letto, fissando il soffitto con sguardo vacuo. “Non riesco a credere che la mia bambina faccia cose del genere.”

Il marito, a sua volta, rispose con nonchalance: “Beh, non so cosa ti abbia detto Regina… Ma io ci credo. Una volta le ho trovate a baciarsi sulla scrivania dell’ufficio –e per fortuna erano vestite-, mentre Emma aveva legato i polsi di Regina con le manette d’ordinanza”. Poi, vedendo che la moglie aveva pressato le mani sulle proprie orecchie per non sentire, borbottò: “Eh dai, in fondo l’importante è che si amano.”
 



“Non ce la faccio più a provare vestiti. Credi che potrei venire al matrimonio in biancheria intima?” chiese Regina, proponendo per scherzo quell’idea assurda che non avrebbe mai assecondato, neanche sotto tortura.

“Di certo a me non dispiacerebbe” sussurrò Emma al suo orecchio, per poi salirle a cavalcioni e sorridere maliziosamente. “E allora sì che sarebbe un bel matrimonio.”

“Davvero vuoi fare sesso? Ora?” chiese la mora, allibita, intuendo le intenzioni della fidanzata. “Ma non sei stanca?”

“Non sono mai troppo stanca per il sesso. Specialmente per il sesso con te.”

A quella risposta, il Sindaco spinse Emma dall’altra parte del letto matrimoniale e rovesciò le posizioni, sovrastandola e dicendo giocosamente: “Scusa, stai dicendo che fai sesso con altra gente o che ti sei addormentata mentre facevi sesso con quella scimmia volante che stavi per sposare?”

“Oh, e dai, non ricordavo nemmeno chi fossi!” esclamò Emma, a sua difesa, facendo salire le proprie mani dalle sue cosce al suo sedere. “E di certo non avrei sposato quell’idiota, se avessi ricordato il tuo grande-“

“Emma!” esclamò Regina, ridendo, ma cercando di rimproverarla.

“Stavo per dire il tuo grande amore per me” disse la bionda, con tono innocente, per poi alzarsi a sedere, con ancora la donna seduta sul proprio bacino. “E comunque, la frase sarebbe stata vera anche se avessi detto il tuo grande e bellissimo culo.

Regina scosse la testa, per poi cominciare a baciare ripetutamente la guancia di Emma, fino ad arrivare alla sua mascella e poi al collo, percorrendolo in tutta la sua lunghezza con la lingua. Emma sospirò, beata, e sorrise, mentre la sua mano andava affondando tra i capelli della futura sposa, che si apprestava a spogliarla senza nemmeno guardare ciò che le toglieva di dosso.

“Sai che ti amo?” disse dal nulla, gemendo poi per il piccolo morso che Regina le aveva dato al capezzolo.

“Se non lo sapessi, non ti sposerei” rispose lei, sorridente, apprestandosi a baciare nuovamente le sue labbra, delle quali non avrebbe potuto fare a meno per nemmeno un secondo in più, dopo quella frase.

Il completo di Regina finì scompostamente sui vestiti di Emma, che riposavano sul pavimento, e le labbra della bionda si appropriarono del seno della donna, che venne percorso interamente dalla sua lingua, che poi si concentrò sui capezzoli turgidi per via del contatto. Li sfiorò, dedicò loro tocchi leggeri, preparandoli agli affondi dei suoi denti, che fecero sussultare Regina. Poi la bocca di Emma ne avvolse completamente uno, succhiandolo come se fosse la cosa più gustosa che esistesse; e lo era, per ciò che pensava Emma, perché il sapore della pelle di Regina non aveva uguali.

“Sai che mi ecciti quando cerchi di prendere il controllo della situazione?” chiese Regina, sorridendo con malizia. “Però mi dispiace, amore, sono sempre io a comandare.”

Detto ciò, spinse senza delicatezza lo sceriffo sul letto e si mise a muoversi sul suo bacino, mentre Emma sentiva il proprio cuore accelerare i suoi battiti. E poi, semplicemente, calmarsi, dopo che Regina le aveva donato il piacere più grande.

Le due donne rimasero l’una tra le braccia dell’altra per minuti interi, ad accarezzarsi i capelli a vicenda oppure a baciarsi di tanto in tanto. Erano abbracciate ormai da dieci minuti, in silenzio, quando Emma fece una domanda improvvisa, balbettando: “R-Regina, ecco… Non è che… Insomma, tu... VUOIAVEREDEIFIGLIDOPOILMATRIMONIO?”

“Come, scusa?” chiese la bruna, perplessa da tutto quel parlare speditamente e con confusione.

“Beh, io mi chiedevo se tu volessi avere dei figli dopo il matrimonio. Non ne abbiamo mai parlato e, visto che abbiamo già Henry e Dim… non sapevo cosa volessi fare tu” spiegò la ragazza, con più calma.

“Oh.”

Regina rimase a pensarci per qualche minuto, mentre la stretta di Emma si faceva più debole, ed anche la sua speranza che avrebbe detto di sì. E, in fondo, avrebbe dovuto aspettarsi un risultato del genere, dato che aveva appena ritrovato la figlia dopo sedici anni –quarantaquattro, se si contavano gli anni del sortilegio. Era comprensibile che non fosse pronta ad avere altri figli, con la costante paura che qualcuno voglia far loro del male.

“Io… non lo so, Emma. Sai, con tutta la storia di Danielle…” mormorò Regina, per poi baciarle la fronte. “Ma ci penserò su.”

Emma annuì, anche se, in cuor suo, sapeva che Regina avrebbe invece fatto di tutto per non pensare a quella conversazione e a quella possibilità. Lei la conosceva meglio di chiunque altro.

“Non fa niente…” disse. “In fondo non è poi così importante.”

Eppure, quando voltò le spalle alla donna, i suoi occhi erano pieni di lacrime.
 
 
 
 
 



Buonasera!
Ho la febbre e quindi, non avendo nulla da fare, ho deciso di mettere un po' di angst tra Emma e Regina perché sì. Ogni tanto ci sta...
Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo, nonostante sia un po' di passaggio. Il prossimo sarà incentrato su Emma e ciò che prova, in più avremo delle scene Red Writer (che immagino faranno piacere a tutti). 
Grazie mille a tutti e alla prossima!


 

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Capitolo 22
*** Paure. ***


Il giornale della città –il Daily Mirror – raffigurava due sorridenti ed imbarazzate Emma e Regina, rispettivamente lo Sceriffo e il Sindaco di Storybrooke, le quali si sarebbero sposate a breve. Intanto quasi tutti continuavano le loro vite di sempre, neanche commentando quell’articolo, dato che sapevano già che sarebbe successo… ma qualcuno l’aveva notato.

“Certo che qui a Storybrooke ci finisce chiunque sul giornale… Perfino la bibliotecaria del paese ed il proprietario di un negozio che si sposano possono finire in prima pagina!” commentò Danielle, facendo ridere Ruby, che stava leggendo con lei il giornale di quella mattina.

“Siamo fatti così” scrollò le spalle, per poi sedersi sul letto della stanza di Dim ed aggiungere: “Sai che, quando ti trasferirai a casa di tua madre, non avremo più così tanti momenti di privacy?”

“Sì, lo so” rispose la strega, mettendosi a sedere sul letto e poggiando il giornale sul comodino per dedicarle tutta la sua attenzione. “E quindi dovremmo goderci queste ultime occasioni…”

Le sue labbra si posarono su quelle rosee della fidanzata con dolcezza. Poi, però, la figlia di Regina portò la mano tra i capelli della ragazza-lupo e la bocca sul suo collo. E Ruby arrossì ai propri pensieri più impuri, ma la lasciò fare, concedendole di mordere e leccare la sua gola, facendola ansimare leggermente.

“O-okay, fermati” disse ad un certo punto, mentre Dim si staccava con sguardo stralunato. “Tu sei davvero… Dio, sei così sexy ed eccitante e brava. Ma, sai, sono di nuovo i giorni del lupo ed ho paura.”

“Di cosa?” sussurrò Danielle, le labbra ancora sulla sua pelle.

“Di farti del male.”

Dani rise e, baciandola di nuovo sulla bocca per qualche secondo, disse: “Io so che non mi faresti mai del male. Adesso sta’ zitta.”

La più giovane spinse Red sul letto, facendola stendere, e ricominciò a baciarla, mentre le sue mani scendevano lungo i fianchi della mora. I suoi denti afferrarono il labbro superiore di Ruby, che ringhiò, mettendosi a sedere e baciandola con tutta la passione che aveva trattenuto in quel periodo di tempo passato con la ragazza.

Ci aveva provato ad andarci piano con lei, ma era stata lei a provocarla ed il suo odore così forte e così suo non le permetteva di smetterla di desiderarla.

Quando le dita di Dim sfiorarono la sua coscia, fino ad arrivare sotto la sua minigonna, Ruby strinse le mani attorno alla testata del letto e, gemendo per il contatto che la ragazza le stava regalando, non riuscì a controllare la propria forza e ruppe il legno robusto con la sola forza delle dita.

“Oh, Dio” ansimò Danielle, vedendo ciò che Ruby aveva fatto, e, chissà perché, la cosa non la spaventava affatto, anzi l’eccitava. “Ho la sensazione che sarà l’esperienza più sconvolgente della mia vita.”

Ruby sorrise maliziosamente, ormai gli occhi gialli per il lupo che era stato risvegliato, e mormorò sulle sue labbra: “Non puoi nemmeno immaginare quanto.”


 
 
“Regina, aspettate!” esclamò Emma, correndo verso di lei ed afferrando il suo polso.

“Che cosa vuoi?!” urlò la mora, gli occhi affossati dalle lacrime. “Lasciami stare!”

“Se credete di essere l’unica a soffrire, vi sbagliate! Anche io sto male come mai sono stata nella mia vita” disse la Principessa, anche lei piangendo. “E l’unica cosa che vorrei è uccidere quello stupido ladro che ha ucciso la nostra Danielle.”

Lo sguardo di Regina si illuminò di qualcosa di cui aveva dimenticato il sapore: la vendetta.

“Allora andiamo a prenderci il suo cuore.”
 

Emma si svegliò di botto, sudata ed ansante per quel sogno così vivido. Poteva ancora sentire il dolore e la rabbia scorrerle nelle vene, e ricordava alla perfezione l’espressione addolorata e quasi apatica di Regina- no, della Regina Cattiva.

“Emma, tesoro, stai bene?” chiese quest’ultima, essendosi svegliata per lo scatto che aveva fatto Emma, mettendosi a sedere sul letto. “Hai avuto un incubo?”

“Non era un incubo… Era un ricordo.”

Le sopracciglia di Regina si aggrottarono in un’espressione di confusione. Comunque la donna ignorò le proprie domande e i propri dubbi, ed accarezzò il volto di Emma, portandola a poggiare la schiena sul materasso e continuando a sfiorare la sua guancia con le dita.

“Va tutto bene” le disse, baciandole la fronte, nel tentativo di rincuorarla.

E infatti Emma le sorrise e chiuse gli occhi, anche se era spaventata e non voleva addormentarsi per poi rivedere quelle immagini. Ma aveva anche paura di restare sveglia, perché sapeva che avrebbe ancora pensato a ciò che le aveva detto Regina, come faceva da quando avevano avuto quella conversazione. Si era fissata con le sue parole, e ci aveva provato a rassegnarsi all’idea che Regina non volesse avere dei figli con lei –anche se, tecnicamente, ne avevano già due, ma nessuno dei due era sempre stato figlio di entrambe-, ma non ci riusciva, perché lei desiderava così tanto espandere la famiglia con Regina. Non era un capriccio, era qualcosa che il suo cuore le sussurrava silenziosamente da quando lei e Regina avevano cominciato a stare insieme, e l’idea che mai avrebbe realizzato quel sogno… la uccideva.

“L’ha uccisa” mormorò, sotto shock.

“Chi, Emma? Chi hanno ucciso?” chiese il Sindaco, ancora circondandola con le braccia.

“Dim. E’ stato Robin a ucciderla” continuò la bionda, prendendosi la testa tra le mani. “E’ per questo che lei non poteva venirti a cercare! Si è costretta a stare lontana dalla propria madre per tutelare me e te, così che non soffrissimo e non diventassimo… cattive.”

“Emma, io non capisco.”

“Io sì finalmente” sospirò Emma. “Possiamo parlarne domani? Sono molto stanca.”

Regina annuì, anche se molto preoccupata per i deliri di Emma. Ma comunque, si disse, ne avrebbero discusso il giorno seguente. Peccato che il giorno dopo se ne dimenticò completamente.
 



“Auguri!” esclamarono all’unisono tutte le persone nella stanza, con allegria.

Dim rimase per un attimo pietrificata, poi si guardò intorno con fare spaesato, fino a quando non venne raggiunta da Regina ed Emma, che l’abbracciarono con affetto, mentre la mora le bisbigliava all’orecchio: “Ti devo sedici anni di compleanni.”

Danielle sorrise alla madre e le baciò la guancia, mormorando un “Grazie”, subito soffocato dall’abbraccio del fratellastro, che si alzò sulle punte per arrivare alla sua altezza e le disse: “Volevo davvero che anche tu avessi un giorno speciale, com'è stato per me.”

La ragazza non ebbe tempo di rispondergli, perché tutti vennero da lei –anche le persone che conosceva di meno- per farle gli auguri.

Si ritrovò a chiacchierare con Henry, Ruby e TinkerBell riguardo come avessero abilmente fatto mettere insieme Emma e Regina, le quali quella sera sembravano essere più distanti del solito.

“Dite che è per l’imminente matrimonio o ci sarà altro sotto?” chiese Trilli, preoccupata.

“Nah, andiamo, sono Emma e Regina! Da quando stanno insieme, non hanno mai avuto alcun problema, sono una coppia perfetta!” esclamò Ruby, sedendosi in braccio alla fidanzata.

“E’ appunto questo il motivo per cui dovremmo preoccuparci” commentò quest’ultima, scuotendo la testa. “Non hanno mai avuto problemi dopo aver chiarito tutte le loro divergenze, ma qualcosa mi dice che ce ne sono delle nuove irrisolte.”

“Credi abbiano litigato?” chiese Henry, conoscendo ormai il sesto senso della sorella.

“No. Ma, a giudicare dalla faccia da cucciolo bastonato di Emma, direi che Regina ha combinato qualcosa. E, a giudicare dall’espressione tranquilla di Regina, credo che non se ne sia nemmeno resa conto” sospirò Dim. “E, come al solito, dovrò risolvere tutto io. Scusatemi un attimo, vado a parlare con la mia ex moglie.”

A quelle parole, Ruby la fulminò con lo sguardo, ricevendo un sorrisetto strafottente e divertito in risposta.

“Emma, vieni con me un attimo? Voglio parlarti.”

La bionda annuì, senza scomporsi, e, lanciando un’occhiata a Regina che stava chiacchierando con suo padre David, uscì dalla stanza insieme alla ragazza. Le due si sedettero l’una di fronte all’altra nel bancone della cucina di casa Swan Mills, stranamente silenziose. Infine parlò Emma: “L’hai capito, non è vero? Tu capisci sempre quando qualcosa non va… specialmente quando si tratta di me e Regina.”

“Già. Non è stato difficile individuare il tuo broncio. Che cosa è successo?” chiese Dim, sinceramente interessata, stringendo la mano della donna sopra il tavolo.

“Sempre la solita storia: io mi illudo di essere sulla sua stessa lunghezza d’onda, quando in realtà pensiamo cose totalmente differenti” disse lo Sceriffo, per poi aggiungere: “Lei non vuole avere figli con me.”

“Ah” mormorò Dim, aggrottando le sopracciglia. “E la cosa ti fa stare molto male?”

“Io… avevo questa immagine di me e lei che formavamo una famiglia, insieme a te ed Henry... e poi l'avremmo resa una famiglia più numerosa" sospirò Emma. "Ero così entusiasta all’idea che, dopo il nostro matrimonio, questo sarebbe potuto succedere… E invece mi ero solo illusa, come sempre da quando sono al mondo.”


Danielle sospirò e, alzandosi in piedi, afferrò il volto di Emma e lo portò di fronte al suo, a distanza di millimetri –tanto che la bionda poteva sentire il respiro della ragazza sulle proprie labbra. Sussurrò: “Lei ti ama”, poggiando la fronte sulla sua.
 
“Io lo so. Ma a volte l’amore non è abbastanza, quando si desiderano cose diverse” rispose Emma, senza staccare lo sguardo dagli occhi verdi della moretta.

In quel momento entrò Regina ed, esitante, mormorò: “C-che cosa sta succedendo?”

“Stavamo solo parlando” mise in chiaro la figlia, allontanandosi da Emma. “E adesso dovrei proprio lasciarvi sole.”

Regina guardò la ragazza andare via, e poi rivolse il suo sguardo alla fidanzata, dicendo: “Eravate così vicine.”

“Sì, è vero. Stavamo avendo una discussione piuttosto… profonda” disse Emma, alzandosi ed andando incontro alla bruna.

Quando le fu davanti, la guardò negli occhi per qualche secondo, lo sguardo impenetrabile, e poi la sorpassò, cercando di andarsene. Fu fermata dalla mano di Regina stretta attorno al suo polso, e dalla sua voce che pronunciò lentamente poche parole: “C’è qualcosa che vuoi dirmi?”

“Sì, ma non credo che tu voglia sentirlo.”

Regina aggrottò le sopracciglia, pensando al peggio, e rimase a bocca aperta per qualche secondo. Poi scosse la testa per non pensarci, e disse: “Adesso che me l’hai detto, non possiamo non parlarne. Su, dimmi: qualche reminiscenza di un’altra vita?”

“Cosa?” domandò la bionda, confusa ed arrabbiata, scrollandosi di dosso la sua mano. “Se tu credi che io provi qualcosa simile all’amore per qualcuno che non sei tu… beh, allora forse questo matrimonio è una farsa!”

“Emma, calmati!” esclamò allora il Sindaco, afferrando nuovamente il polso della donna. “Cosa dovrei pensare se poco fa ti ho trovato a sfiorare le labbra di mia figlia?!”

“E’ una cosa abituale per noi, non lo facciamo perché ci amiamo o cos’altro. E’ solo che, per me e Dim, il contatto fisico è qualcosa di ineguagliabile. E, solo toccandoci, riusciamo a capirci a vicenda, come succede con te… Ma non c’è nient’altro, Regina. Non capisco come tu possa non fidarti di me dopo tutto questo tempo” disse Emma, portandosi una mano tra i capelli con nervosismo evidente.

“Io mi fido di te! Ma so che sei una persona imprevedibile, e so anche che, un giorno, potresti stancarti di stare con una persona che non ti merita!”

Emma rimase in silenzio, a guardare Regina come se le avesse appena detto che gli alieni avrebbero invaso la Terra entro pochi secondi.

Regina, resasi conto del fatto che stavano urlando, chiuse la porta della cucina, isolandole dal resto della casa; di certo non voleva che gli altri sapessero dei loro problemi, e non voleva nemmeno rovinare la prima festa di compleanno per Danielle.

“Tu credi di non meritarmi?” chiese Emma, scossa.

“Io so di non meritarti” la corresse l’ex Evil Queen, con tono malinconico ed un sospiro di rassegnazione.

“Regina…” sussurrò Emma, avvicinandosi alla donna e prendendo la sua mano, per poggiarla sul mio cuore. “Io ti amo. Ti amo così tanto che, se il mio cuore battesse alla stessa intensità del mio amore ogni volta che tu mi baci, sono sicura che romperebbe il mio petto ed uscirebbe solo per starti più vicino.”

“Questa è un’immagine piuttosto cruenta” disse dopo qualche secondo Regina, facendo ridere lo Sceriffo.

“E ti amo soprattutto quando ti liberi per qualche attimo del tuo dolore e ridi con me, scherzi con me, ti lasci amare da me e mi ami a tua volta. Io so che quel dolore sarà sempre dentro di te, e forse non ti lascerà mai, così come il senso di colpa che ti spinge a credere di non meritarmi. Ma chiunque ami così intensamente, merita di essere amato a sua volta” concluse la ragazza, poggiando delicatamente le labbra su quelle della mora.

Regina pianse una sola lacrima, prontamente spazzata via dal bacio di Emma, che la catturò nelle proprie labbra. Poi la bionda disse, sincera: “Ciò che mi fa stare male è che tu non vuoi avere dei figli con me.”

Allora Regina capì, e cercò di dire qualcosa, ma Emma la fermò immediatamente, continuando: “Adesso ho capito. Ho capito che amo più te che l’idea di diventare di nuovo madre. E, se tu non vuoi più figli, per me va bene. Farei qualunque cosa per te.”

La bruna sorrise e, poggiando la fronte sulla sua tempia, mormorò: “Grazie. Grazie di aver capito.”

Emma annuì e, mentre Regina usciva dalla stanza, sospirò, lasciandosi andare alla tristezza che ancora risiedeva nel suo cuore. La domanda era: per quanto ancora sarebbe riuscita a tenerla nascosta? Giorni, mesi, magari anni… o forse, si disse, non era la cosa giusta mentire alla donna che più l’amava al mondo? Certo che non lo era. Ma cosa avrebbe potuto fare altrimenti? Rischiare di perderla? Neanche questa era la decisione giusta. L'unica cosa che poteva fare era lasciarsi andare... alla paura.







Ciao a tutti :)
Non uccidetemi! *si copre la testa con le mani* So che mi starete odiando per questa Regina fuori dagli schemi e un po'... spaventata, ecco. Ma le difficoltà non possono mancare quando si tratta di loro due, e credo che un minimo di angst faccia bene. 
Mi intristisce dirvi che questo è il penultimo capitolo e che il prossimo sarà una specie di prologo della storia, in cui finalmente saprete se le nostre due donzelle (?) avranno il loro Lieto Fine o meno. Sarà un po' più corto del solito, ma credo che sia abbastanza esaustivo per concludere tutto questo.
Grazie a tutti voi e al prossimo -ultimo- aggiornamento <3


 

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Capitolo 23
*** Epilogo. ***


Emma correva da una parte all’altra della casa, nervosa. Con le mani tra i capelli, ancora in pigiama, aveva invaso la cucina di casa Charming per prepararsi la colazione –sprecata, perché alla fine non aveva avuto il coraggio di mangiare quell’obbrobrio che aveva cucinato. Comunque, i genitori avevano cercato in tutti i modi di rassicurarla, per poi rassegnarsi ed andare a vedere come stesse Regina, però si fecero subito sostituire da Ruby e Dim, arrivate presto per aiutare la sposa a prepararsi.

“Cos’è che ti preoccupa tanto?” chiese Danielle, avvicinandosi a lei ed assottigliando gli occhi, quasi a volerla leggere.

E riuscì davvero a vedere qualcosa, che le fece strabuzzare gli occhi e sorridere come poche volte aveva fatto. Ruby, cogliendo quell’espressione gioiosa, prese da parte la propria ragazza e chiese: “Cos’hai visto?”

“Qualcosa che potrebbe migliorare l’umore della nostra Principessa. Peccato che io non possa dirglielo, dato che riguarda il futuro” sbuffò la riccia. “Queste regole per veggenti sono proprio noiose.”

“Ma è una cosa bella, giusto?” continuò Ruby, ricevendo un cenno di assenso. “Allora dimmela! Ti prego, ti prego, ti prego!”

“Ragazze, siete qui per aiutarmi o per farvi i fatti vostri?” borbottò Emma, contrariata, prendendole entrambe per le orecchie e trascinandole con sé nella camera che era appartenuta a lei, quando abitava lì.

“Ahiiiii!” esclamarono entrambe, lasciandosi comunque portare in quella stanza, e Dim fece segno a Red che ne avrebbero parlato dopo, quando sarebbero state da sole.

Ruby annuì, chiedendosi cosa diamine avesse visto la ragazza.
 



“Secondo voi mi lascerà all’altare?” chiese Regina, mentre cercava di indossare il vestito estremamente lungo ed estremamente bianco.

“Non credo proprio, Regina. Adesso alza le braccia” disse TinkerBell, aiutata da Mary Margaret nel metterglielo addosso, e finalmente ci riuscirono, esclamando all’unisono: “Per tutte le fatine, sei bellissima!” “Sei stupenda, Regina.”

La mora arrossì, mormorando un “Grazie” imbarazzato, e subito dopo bussarono alla porta della camera da letto che solitamente divideva con Emma –tranne quella notte, come da tradizione. Regina aprì la porta, trovandosi due David e Henry sbalorditi, letteralmente a bocca aperta.

“Wow” mormorò il Principe. “Mi hai fatto dimenticare per un attimo di essere sposato e che tu stai per sposare mia figlia!”

Regina rise, spintonando leggermente David, e venendo subito abbracciata da Henry, che era già vestito di tutto punto e, stranamente, aveva anche deciso di cambiare taglio di capelli. Il ragazzino bisbigliò all’orecchio della madre: “Sei bellissima.”

“Grazie, piccolo mio” sorrise la mora. “Adesso che sono pronta, devo assolutamente vedere mia moglie!”

“Come, scusa?” chiese Snow, subito imitata dagli altri. “Non puoi vedere Emma, porta sfortuna!”

“Mi sono innamorata della figlia della mia nemica” le fece presente Regina. “Più sfortuna di questa…”

Detto questo, scese le scale, cercando di non inciampare, e venne sorpresa da Dim, che era appena entrata in casa di corsa. La ragazza, vedendo la madre in abito da nozze, le regalò uno dei suoi migliori sorrisi –apparentemente riservati per quel giorno speciale- e corse ad abbracciarla, facendola persino volteggiare un paio di volte.

“Bellissima e regale come sempre” commentò. “Sono sicura che avrete una vita fantastica insieme. Beh, in un certo senso sono avvantaggiata, perché l’ho già visto che l'avrete, ma-“

“Grazie, tesoro” la fermò Regina, baciandole la guancia ed osservando quanto fosse elegante nel suo vestito azzurro. “Anche tu sei meravigliosa.”

“Ovvio, ho preso da te” sorrise la ragazza, facendole l’occhiolino. “Adesso mi sento in dovere di non dirti che Emma è ancora a casa, con il suo vestito e la sua isteria.”

“Grazie davvero, Danielle. Ti voglio bene” le disse Regina, lasciandola senza fiato, nonostante glielo avesse detto molte volte.

La donna si apprestò ad uscire, ma, prima che potesse farlo, sentì Dim dirle: “E comunque che non ti passi più per la testa che io voglia rubarti la donna! Sai che non è così e che non lo farei mai.”

“Sì, lo so” rispose Regina, e poi chiuse la porta, affrettandosi per le strade di Storybrooke e beccandosi delle occhiate curiose dai passanti che, vedendo il Sindaco correre in strada con l’abito bianco, si fecero un mucchio di domande, come: sta forse scappando per non sposarsi?

Ma lei aveva ben altro in mente.

“Emma!” chiamò, entrando nella casa e, finalmente, smettendo di correre. “Emma, dove sei?”

“Sono qui” disse la sua voce, prima che lei scendesse le scale verso di lei.

Gli occhi di Regina percorsero tutta la figura della bionda, memorizzando ogni minimo dettaglio di quella stupenda visione. Emma la guardava come se fosse stata una Dea, ed il suo sguardo innamorato non si distoglieva da lei neanche un attimo. Rimasero lì a guardarsi per minuti interi, fin quando Regina non avanzò, andandole incontro, e le prese la mano, portandola sul proprio cuore, proprio come aveva fatto Emma qualche giorno prima.

“Io ti amo, Emma” disse, guardandola negli occhi.

“Anch’io ti amo, Regina” sussurrò lei, con le lacrime agli occhi. “Però non farmi alcun discorso strappalacrime, perché Ruby mi ha appena truccata e si arrabbierebbe molto se dovesse rifare tutto da capo!”

Regina sorrise dolcemente e, accarezzando la sua guancia, rispose: “Non voglio farti alcun discorso strappalacrime. Sono qui solo per dirti che… beh…”

“Cosa, Regina?”

“Se tu vuoi… Potremmo avere dei bambini. Uno, due, tre, quanti ne vuoi!” disse, guardandola con amore. “Mi dispiace di non aver capito e di aver pensato solo a me stessa ed alla mia stupida insicurezza, ma adesso so che voglio avere dei figli con te, più di qualunque altra cosa.”

“Davvero?” chiese Emma, ritrovando il sorriso.

“Davvero.”

Le due spose si abbracciarono, per poi rendersi conto dell'orario. Regina disse: “Devo andare adesso.”

“Ci rivedremo tra poco” rispose Emma.

“Già. Per diventare…”
 



“…Moglie e moglie!”

Dopo che la Fata Turchina –l’unica persona in quella città che potesse, in qualche modo, presenziare ad un matrimonio- ebbe detto queste parole, Emma e Regina si baciarono con dolcezza e passione allo stesso tempo. Il baciò fu così intenso e così profondo, che Henry e Dim dovettero separarle, ridendo.

“Siamo sposate, Regina” sussurrò Emma, mentre si facevano spazio lungo la folla che si era radunata attorno a loro per tirare petali di rosa.

“Non posso crederci” rispose Regina, baciandola ancora una volta ed esitando prima di entrare in macchina. “E non posso credere che avremo un mese di puro relax solo per noi, senza Storybrooke e senza cattivi da sconfiggere... E’ come un sogno.”

“No, amore. E’ la realtà” le disse la bionda, prendendola per mano.

Dim e Henry le salutarono con un abbraccio finale, in cui la sorella maggiore assicurò che si sarebbero presi cura l’uno dell’altro in quella settimana –aiutati, ovviamente, dai nonni di Henry e dagli altri tanti amici che avevano guadagnato nella piccola cittadina di Storybrooke.

Le due spose guardarono tutti gli invitati, soffermandosi sulle persone che erano state indispensabili affinché il loro amore trionfasse su tutto: Henry, TinkerBell, Snow, Ruby, David e Danielle in particolare. Sorrisero all’unisono ed entrarono nella limousine che le avrebbe portate all’aeroporto, dove avrebbero preso un aereo per Miami. E avrebbero avuto finalmente la pace che agognavano, anche se solo per poco.

“Ciao a tutti!” esclamò Emma, per entrambe, prima che chiudessero la portiera dell’auto e lei e Regina restassero sole… con lo champagne.

“Ubriachiamoci” propose la mora.

“Cosa? Vuoi iniziare la Luna di Miele ubriaca?” chiese la Salvatrice, divertita.

“Cosa c’è di male? Tanto non avremo figli attorno a cui badare… Il che sarà un bene solo per questo mese, dopo il quale correrò a Storybrooke e non li lascerò più andare.”

“Sai cosa ho sempre desiderato fare?” domandò Emma, con un sorrisetto furbo, prima di mettersi a cavalcioni sul bacino della moglie e sussurrare al suo orecchio: “Sesso in limousine.”

Regina chiuse gli occhi, sorridendo a quella sola idea, e baciò la bionda sulle labbra, rispondendo: “Buona fortuna.”

“Per cosa?”

“Beh, ne avrai bisogno se vuoi sfilare questo pomposo vestito bianco” ridacchiò la bruna, baciandola ancora. “Ah, e, a proposito, prima di fare… sesso in limousine, dobbiamo fare un incantesimo."

Emma alzò gli occhi al cielo, borbottando: “Già ti manca la tua cara magia?”

“Pensavo volessi avere un figlio con me.”

Lo Sceriffo alzò un sopracciglio, curiosa e sbigottita, chiedendo: “C’è un incantesimo per fare un bambino?!”

“C’è un incantesimo per cui servono molti ingredienti quasi introvabili –che io, ovviamente, ho portato con noi- ed un minuscolo sortilegio che può canalizzare il Vero Amore, fino a dare vita ad un essere creato dalla forza di esso” la corresse Regina, lasciando intendere che non sarebbe stato semplice.

“Quindi niente sesso in limousine?” mise il broncio Emma.

“Come credi che si scaturisca la forza del Vero Amore?” sussurrò Regina, mordendo il suo lobo.

“Questo sortilegio comincia a piacermi” rispose Emma, gli occhi già dilatati.

“Ti piacerà ancora di più quando avrò in grembo tuo figlio” disse Regina, sorridendo.

“Mio figlio?” domandò la bionda, inarcando nuovamente un sopracciglio, anche se rispose al sorriso con uno altrettanto gioioso.

Allora la bruna la baciò con dolcezza e rispose, sulle sue labbra: “Nostro figlio.”







Buonasera a tutti!
Credetemi, mi piange il cuore a dover pubblicare quest'ultimo capitolo, eppure siamo arrivati alla fine di questa storia che, credo e spero, ha appassionato me quanto voi. E per questo vi ringrazio molto, di cuore.
Penso di essere stata buona con le nostre protagoniste, dando loro quel Lieto Fine che tanto speravano di ottenere. Per quanto riguarda la gravidanza magica, credetemi, non era nei miei piani, però perlomeno l'ho resa un po' più complessa da operare, quindi non è sicuro che le nostre eroine riusciranno ad avere un bambino con la magia. E, in più, ancora non sappiamo i dettagli di questo sortilegio e cosa si potrebbe dover sacrificare per renderlo possibile. Se questo significa che ci sarà un seguito? Può darsi. Sì, mi piacerebbe scrivere un sequel, e ci penserò su. Ovviamente voi fatemi sapere cosa ne pensate e se piacerebbe anche a voi.
Intanto, un progetto che vorrei mandare avanti è quello dello spin-off riguardante Dim, Emma e Regina nel mondo alternativo che vedono solo Emma e Danielle. Non sarà incentrato solo sulla storia d'amore tra Emma e Dim, anzi, vedrete che quest'ultima sarà presente soltanto nella in una piccola parte della storia e, comunque, ad un certo punto la long cambierà ambientazione e quindi non si concentrerà più sulla Foresta Incantata e su questo universo alternativo... ma non voglio aggiungere altro!
Spero che continuerete a seguire le mie storie e vi ringrazio ancora per il supporto. A presto :')

 

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