Sorry, I'm not perfect

di Eli_99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Alla scoperta del Dolce Amoris ***
Capitolo 3: *** Io ho un sogno ***
Capitolo 4: *** Una gabbia di matti ***
Capitolo 5: *** Cercasi sfigata ***
Capitolo 6: *** Il tatuaggio di Isabell ***
Capitolo 7: *** RABBIA E INCOMPRENSIONI ***
Capitolo 8: *** 8. Incontri inaspettati ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



 

Isabel

 

Era una ragazza semplice,
di quelle che sognano dietro ai libri e alle poesie,
e se la vita poi è carogna non importa,
una ragione per sorridere la torvi comunque.
-Alessandro Baricco-



 

D a sempre sono giudicata come la ragazza che ride ma non sorride, ho il timore di esprimermi e dire ad alta voce ciò che penso; molto spesso evito gli sguardi altrui perché una persona guardandoti negli occhi può scoprire cosa nascondi dentro te stessa. Non sono mai all’altezza delle aspettative degli altri, sono più le volte che mi faccio da parte che quelle in cui combatto davvero per ciò in cui credo.

Negli anni mi sono sempre arresa, dentro di me non ho mai trovato la forza di reagire a tutti i soprusi, gli sbagli e le ingiustizie che subivo; molte volte mi chiedo come sarebbe stato non essere me. Magari avere degli amici, quelli che quando vengono a trovarti fanno davvero come se fossero a casa propria, quelli che non fanno altro che fotografarsi e riempire album e album con gli scatti dei momenti passati insieme; ed è triste sapere che l’amicizia come tutti gli altri sentimenti non faccia per me. C’è chi non è tagliato per cantare, scrivere o ballare e poi ci sono io, che non sono tagliata nemmeno per fare amicizia.

Non che si possa sapere quanto mi manchi qualcuno che non si annoi a passare del tempo con me, che nei freddi pomeriggi invernali sia disposto a guardare per la milionesima volta il mio film preferito sdraiati sul divano a bere cioccolata calda; una persona che mi accetti nonostante i miei mille difetti, tutte le mie stranezze che non si vergogni di me dei miei capelli disagiati e dei miei leggins strampalati; che sopporti il mio essere tremendamente lunatica e il mio malumore onnipresente, qualcuno che nonostante il mio carattere di merda mi voglia bene lo stesso. Ma ho paura tantissima paura di qualcosa che nemmeno io so, qualcosa che mi impedisce di fidarmi e affezionarmi creando muri e barriere intorno al mio cuore; così mi accontento di sottolineare le frasi più belle nei libri, dove posso essere chiunque io voglia, o scrivere sull’amore anche se l’amore non l’ho mai conosciuto; mi rifugio nei sogni addormentandomi con le lacrime agli occhi per sentirmi sicura.

Perché dentro ho un casino, un uragano, una tempesta di emozioni represse. Forse è perché sono strana. A chi piace ascoltare il rumore della pioggia che cade sul tetto guardando fuori dal finestrino, quando invece puo andare a ballare con gli amici, chi preferisce leggere un libro ad un’uscita in un giorno estivo. Ma questa sono io, la ragazza che non può uscire senza avere ai piedi le sue Vans colorate, che si ferma a fumare sul muretto prima di entrare a scuola perché se no è troppo nervosa; sono i miei diari tutti rovinati e pieni di frasi scritte ovunque a volte senza senso, io che scrivo messaggi kilometrici lettere infinite e strappalacrime per poi prendere quattro nei temi in italiano, sono la ragazza che la matematica non la capisce e non la capirà mai; quella con tanti sogni nel cassetto alcuni distrutti, con il cuore ridotto a brandelli ma che ha ancora quello zaino pieno di scritte in spalla pronta a ricominciare pronta ad andarsene lontano; lontano dal fumo e dalla droga, dalle delusioni, dai pianti nel cuore della notte, lontano dai tagli, le lamette e i lividi su tutto il corpo. Sono una ragazza distrutta, fatta a pezzi che con fatica si è rimessa in piedi pronta a voltare pagina senza dimenticare, pronta a ricominciare; perché la vita è appena incominciata.

Perché infondo sono solo un adolescente incompresa in un mondo crudele e questo i ragazzi del Dolce Amoris l’avrebbero scoperto tra poco.

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Capitolo 2
*** Alla scoperta del Dolce Amoris ***


Alla scoperta del Dolce Amoris


 
Lei è nel gruppo della classe A,
bloccata nel suo sogno ad occhi aperti
è stato così da quando aveva 18 anni
ma ultimamente il suo viso sembra star
calando lentamente,
sbricolandosi come pasticcini.
- Ed sheeran The team A -



 
Nonostante la sveglia distasse pochi centimetri dal letto, Isabel sembrava ignorare quel fastidioso allarme, che se fosse stato dotato di bocca avrebbe urlato “Svegliati dormigliona, non vorrai fare tardi il tuo primo giorno di scuola!!!”.
La ragazza parve destarsi dal mondo dei sogni, trascinando un braccio sul comodino fece cadere la sveglia, che smise di emettere suoni infernali, ma quando stava per rimettersi a dormire la porta venne spalancata da una testa di capelli rosa: “Isabel Rebekah Wood, alzati immediatamente. Non ti permetterò di tardare o saltare il tuo primo giorno di scuola! Preparati, la colazione è sul tavolo in cucina. Muoviti!” la donna con un rapido movimento del braccio sollevò le coperte che avvolgevano il corpo della sedicenne.
Isabel ringhiò, cosa che la zia interpretò come una resa. Anche se stancamente la vide trascinarsi fuori dal letto, esprimendo con la camminata tutto il suo fastidio.
“Se in questo momento ti vedesse Boris, è così che si comporta una pallavolista? Sai forse dovresti riprendere gli allenamenti sembri un vecchio bradipo!”.
La ragazza ancora nel mondo dei sogni entrò in bagno per uscirne pochi istanti dopo dirigersi verso l’armadio e spalancandone le ante, lasciando intendere alla donna che ormai poteva abbandonare la stanza. Reven però non aveva ancora finito.
“Amore al meno per il primo giorno promettimi che ti metterai qualcosa di carino, quando io andavo al liceo, bei tempi quelli, mi ricordo che era la prima impressione a contare” esclamò appoggiandosi alla scrivania dall’altro lato della stanza, perdendosi per un istante in ricordi lontani.
Isa si fermò ad osservare la trentenne. Per lei era facile parlare, da piccola le raccontava quanto lei e le sue amiche fossero amate da ogni singola persona che incontravano. Da sempre era una donna bellissima, elegante e sempre curata forse un po’ troppo ottimista e sognatrice. Lavorava come commessa in un negozio di abbigliamento ed era sempre perfetta, si prendeva cura di lei e la maggior parte delle volte spendeva più di quanto si potesse permettere in vestiti e profumi.
Erano molti i momenti in cui Isabel si sentiva l’adulta tra le due anche se avevano quasi sedici anni di differenza.
“Va bene, me ne vado ma non fare tardi!” l’avvertì la donna prima di scendere al piano inferiore.
Anche mettendoci tutta la sua buona volontà, la ragazza non avrebbe mai potuto scegliere qualcosa che la zia definisse anche solo lontanamente “accettabile”.
Il suo armadio era popolato da grandi felpe, magliette di vari concerti, leggings e jeans strappati; tutti irrimediabilmente neri e abilmente consumati dal tempo.
Ognuno di essi custodiva ricordi di momenti preziosi a cui Isabel non poteva ancora rinunciare.
Da una scatola prese una vecchia felpa con il logo di una vecchia rock band, di almeno tre taglie più grandi di lei.

Scese le scale lentamente aspettandosi uno dei commenti della zia che non tardò ad arrivare.
“Per quanto tempo intendi ancora nasconderti sotto tutti quegli abiti maschili?”
“Quando tu uscirai con qualcuno che si possa definire degno di te, che magari lavora pure con te oppure tu e zio Boris potreste riprovarci!” replicò tagliente la nipote.
Reven infatti non era conosciuta per la sua fortuna in amore, avendo alle spalle due matrimoni falliti aspettava ancora il vero amore, che avrebbe tranquillamente trovato in Caleb; anche se Boris non dispiaceva alla nipote, faceva stare bene la zia e poi era uno spasso ma l’anno prima avevano deciso che il matrimonio tra loro non poteva più funzionare; decidendo comunque di restare amici.
Ma qualche mese a questa parte un ragazzo che lavorava con Reven manifestava interesse nei confronti di sua zia, ma questa ignorava il ragazzo, come se non esistesse.
“Stiamo parlando di due cose completamente diverse, e poi adesso essere single mi fa stare bene mi fa sentire libera”.
“E a me fanno stare bene i suoi vestiti” concluse Isabel andando in cucina.
Non era stato facile, ma se sua zia era davvero la persona che la conosceva meglio, doveva capire che per adesso aveva solo bisogno di sentirsi accettata, convivere e accettare poco alla volta quel dolore che le dilaniava il petto e non la faceva dormire la notte. Era successo tutto troppo velocemente, sei mesi prima Isabel costretta dagli eventi e una pazza dai capelli verdi aveva accettato quella strana convivenza.
Solo adesso si rendeva conto quanto, l’animo allegro e ottimista della donna le facesse bene, così diverso dalla tensione che albergava a casa sua.

Si incamminò verso la nuova scuola con l’aiuto di una piantina datale qualche giorno prima dalla zia.
Una volta salita sull’autobus prese uno degli ultimi posti vicino al finestrino, alzando il volume delle cuffiette per leggere senza interruzioni ancora una volta “Harry Potter e i doni della morte”. Quella saga l’aveva da sempre catturata e poi era uno dei rari momenti in cui riusciva ad esternarsi dal resto del mondo. Così fece finta di non notare il modo in cui alcune ragazze la stessero deridendo per il suo abbigliamento, non notò l’occhiata schifata dei ragazzi verso il suo libro; semplicemente era indifferente a tutti loro.
“Auguri per il primo giorno, tranquilla io sono qui con te”.
La ragazza ripose il telefono in tasca mentre si apprestava a scendere dal mezzo di trasporto.
Appena davanti al cancello, piegò le labbra in un sorrisino beffardo “Dolce Amoris” parlo tra se “Che nome ridicolo”.
Mentre osservava, l’edifico venne urtata da qualcuno finendo inevitabilmente per terra; non fece in tempo a rialzarsi che riconobbe la voce delle due ragazze che l’avevano derisa sul pullman.
“Certo che ormai questo liceo si abbassa a prendere chiunque” una ragazza orientale dai lunghi capelli neri piastrati a regola d’arte, la stava deridendo con una compagna alta con un fisico ben proporzionato, i lunghi capelli castani raccolti in una coda slanciavano la figura rendendola ancora più magra e seducente.
“Ragazze ma insomma sono questi i modi di trattare la nuova arrivata?!?” a loro si stava avvicinando una biondina vestita di tutto punto che ad ogni suo passo lasciava dietro di se un aroma dolcastro che fece storcere il naso ad Isabel, con un sorriso affabile stampato in faccia.
“Perdona le mie amiche, io sono Ambra e tu sei?”
“Isabel”
“Bene Isabel sarà il caso che io ti spieghi alcune cose, qui sono la reginetta della scuola e secondo tu stamattina hai occupato i posti delle mie amiche, quindi mi sembra giusto che tu gli deva delle scuse”.
Guardò quel gruppo d’oche con tanto d’occhi per poi fare una smorfia infastidita superandole disgustata da quei comportamenti, si allontanò dal trio senza ascoltare le minacce che le urlava dietro Ambra.
Poco prima aveva notato una Lamborghini nera costeggiare il cancello della scuola; doveva sicuramente essere di quella ragazza il classico esempio di figlia di papà con la puzza sotto il naso.
Ancora immersa nei suoi pensieri non si accorse della persona davanti a lei finendo per andarle addosso.
“Dio mio scusami non ti avevo visto” intorno a loro si sparpagliarono alcuni fogli che la sua vittima teneva in mano.
“Non preoccuparti non è successo niente” la ragazza alzò gli occhi per vedere davanti a se l’angelica figura di un ragazzo: occhi ambrati e capelli color oro la fecero partire sul pianeta Isabel.
“Scusami” mormorò ancora coprendosi il viso.
“Non ci siamo mai visti prima ………. ma aspetta tu devi essere la nuova arrivata Isabel giusto?”
Rincuorata dal aver trovato una persona gentile scosse leggermente il capo, chiedendosi come quel ragazzo meraviglioso potesse conoscerla.
“Non mi sono presentato sono il segretario del liceo. Dopo questa brutta caduta mi sento in dovere di farti fare il giro della scuola”
“M-mi scusi……non credevo fosse il delegato, p-pensavo fosse uno student-”
“Ahahah non devi scusarti, anche io sono uno studente ho solo un anno in più di te dopotutto” replicò divertito il biondo “Piacere Nathaniel”
“Isabel”
“Ti ricordo che lo so già” la ribeccò con un sorriso divertito, facendola sentire ancora più imbranata di quello che già non era.

Nathaniel diede ad Isabel una mappa della scuola mentre le faceva vedere ogni aula dell’istituto, segnando a volte delle scorciatoie sulla cartina; nel mentre riepilogando le regole principali.
“Ahhhhhhhh come farò a ricordarmi tutto, questo edificio è enorme!!!” esplose disperata Isabel.
“Ahahah, non è così difficile una volta che ci fai l’abitudine, per il momento devi solo ricordarti di decidere un club a cui iscriverti e portarmi una fototessera per schedare il tuo dossier”
“Una foto?!? Guarda sono sicura al cento percento di averla già data quando mia zia a portato l’iscrizione” protestò la ragazza. Se lo ricordava: sua zia insisteva per farle fare una foto ma alla fine la nipote aveva allegato una suo foto da bambina doveva avere dieci/undici anni in quel periodo aveva appena passato la varicella e portava un orribile apparecchio, per l’occasione si era fatta fare anche due grandi trecce marroni; insomma era venuta malissimo. Ma con il tempo e tanta dura pazienza era migliorata notevolmente, l’apparecchio ora era solo un brutto ricordo e i capelli non erano più di quell’orribile castano.
Ormai la zia si era rassegnata al fatto che una foto così orribile fosse aggiunta al curricolo della sua nipote preferita.
La giornata era iniziata male e stava continuando nel peggiore dei modi, non aveva intenzione di farsi fotografare; nell’ultimo periodo anche il solo guardarsi allo specchio le risultava difficile, cercava di limitare al minimo i contatti tra lei e la sua immagine.
“Mi dispiace ma ho riesaminato più volte il tuo curriculum da cima a fondo e non ho trovato nessuna foto” spiegò pazientemente Nathaniel.
“Mi dispiace ma non ho intenzione di portarti una nuova foto” protestò Isabel.
“Però in quella foto non sei venuta molto bene” il biondo si coprì la faccia con le mani capendo ciò che aveva detto.
“Quindi la foto c’era! Ma perché mi hai detto di non averla trovata” chiese perplessa la biondina.
“Scusami!” assunse un’espressione dispiaciuta “Qualche giorno fa ho portato il tuo fascicolo a casa per esaminarlo meglio, era assolutamente perfetto ma quando l’ho ripreso in mano la foto era sparita, scomparsa. Ho guardato ovunque sotto il letto, l’armadio i comodini persino in bagno ma era scomparsa”
“Forse e dico forse potrei rifarla, anche se non avrei mai creduto che un tipo come te avesse il coraggio di farmi credere che fosse colpa mia” accennò ad un lieve sorriso divertita da tutta quella situazione.
“ti ho detto che mi dispiace. Non avrei mai voluto perderla” sbottò lievemente nervoso.
“Hei stai tranquillo stavo solo scherzando e poi mi hai fatto ridere, ormai non succede da molto tempo”
Nathaniel la fissò come se avesse le antenne, grattandosi il collo leggermente imbarazzato.
“Uhmmm……Grazie. Non sono in molti a dirmelo”
Si sorrisero continuando il giro turistico.

Nathaniel mi spiegò che avrei dovuto iscrivermi ad uno dei molteplici club della scuola, senza accorgermene eravamo davanti alla porta di un aula.
“Questa è la 4°C adesso io devo andare, anche io ho delle lezione da seguire” un po’ afflitta lo salutai entrando nella mia nuova classe.

“Lei deve essere la signorina Wood, la stavamo aspettando” una voce profonda e austera la fece gelare sul posto, davanti a lei un uomo alto e tarchiato stava seduto sulla cattedra scrutandola da cima a fondo.
“Buongiorno sono la nuova alunna Isabel Wood” si rivolse all’uomo con voce talmente bassa che dubitava di essere sentita.
“Ragazzi lei è Isabel sarà vostra compagna di classe fino alla fine dell’anno, bene signorina Wood si presenti” ed ecco la tanto attesa presentazione.
“Sono Isabel Wood ho 17 anni sono stata bocciata in seconda superiore e vengo dall’America” non sapendo cosa dire optò per qualcosa di semplice e coinciso.
Il professore non sembrò capire il suo disagio, perché la spronò a continuare il discorso.
“Visto che la signorina Wood a finito, avete qualche domanda da farle?” la ragazza iniziò a giocare con il piccolo piercing sul lato sinistro del labbro.
“Come mai sei stata bocciata?” le chiese una ragazza seduta in seconda fila con una lunga chioma rossiccia.
“Non ne voglio parlare” la ragazza si tirò giù la mano un po’ afflitta, forse per la risposta troppo scorbutica.
“Qualcun altro?”
“Perché ti sei trasferita qui?” la domanda venne posta da una ragazza dai capelli mori e gli occhi azzurri.
“Avevo voglia di conoscere posti nuovi” Isabel fece una smorfia nervosa, desiderosa di andare a sedersi.
L’uomo le indicò un banco vuoto in ultima fila vicino alla finestra, Isa prese posto nel mentre la lezione continuò; non prestò molta attenzione alla lezione intenta a scrutare i nuovi compagni.
verso la metà della lezione la porta dell’aula venne spalancata ne entrò un ragazzo alto, con un giubbotto in pelle e i capelli rosso sangue.
Da quando era entrato, tutta l’attenzione era stata calamitata su quel ragazzo dall’aspetto ribelle, ben presto Isabel capì il perché. Con tutta la probabilità quello doveva essere il possessore del banco di fianco al suo, o meglio del banco dove in quel momento era seduta.
Visto l’assenza del ragazzo Isa, aveva optato per il posto vicino alla finestra, ma ora ripensandoci e vedendo l’espressione contrariata del compagno non doveva essere stata una grande idea.
“Tu perché sei li?” poi indicandole il banco a fianco le ordinò “Spostati!”.
 
*Angolino Autrice*

Ciao a tutte, questi mesi sono stati fonte di riflessione e ho capito che la storia non poteva funzionare; così mi sono messa d'impegno e poco alla volta sto modificando tutti i capitoli.
In questa mia "grande impresa" devo ringraziare New Moon Black che sta sopportando tutti i miei scleri consigliandomi passo passo quali sono le scelte migliori da prendere; quindi grazie davvero non so come farei senza di te.
devo ringraziare anche Sammy_83 per avermi convinto a non mollare e revisionare la storia grazie davvero.
Detto questo spero continuerete a seguire la storia un bacione
Eli.

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Capitolo 3
*** Io ho un sogno ***


Io ho un sogno
 
 
I can almost see it
That dream I’m dreaming but
There’s a voice inside my head sayin,
You’ll never reach it,
Every step I’m taking,
Every move I make feels
Lost with no direction
My faith is shaking but I
Got to keep trying
Got to keep my head held high

 
Miley Cyrus – The Climb –
 
 
“Tu perche sei li?” poi indicandole il banco a fianco le ordinò “Spostati!”.
Provata dal disastroso andamento della giornata non aveva nessuna voglia di farsi mettere i piedi in testa da nessun’altro.
“Ma chi ti credi di essere? Questo banco non è di tua proprietà, non c’è mica scritto il tuo nome!” risposi con aria beffarda.
“Mi sa che ti serve un paio di occhiali. CASTIEL” spiegò il ragazzo passando un dito sotto la scritta.
“Non pensavo che ti servissero dei promemoria alla tua età. Brutto invecchiare” replicò aspettando una sua reazione. Non aveva nessuna intenzione di lasciar vincere un simile bifolco.
Castiel piegò la bocca in un ghigno beffardo, passandosi lentamente la lingua sulle labbra aveva trovato il suo nuovo passatempo; in quel momento a Isabel ricordava il topo che giocava con il gatto pregustandosi attimi di puro e sadico divertimento.
Intanto intorno a loro era calato il silenzio nessuno voleva perdersi quell’avvincente scambio di battute.
“Tu dovresti essere la nuova arrivata; certo che sai come attirare l’attenzione Blondie”
“Si può dire lo stesso di te Anna”.
Alcuni ragazzi dietro di loro scoppiarono a ridere, ma Castiel li freddò subito con un occhiataccia.
Solo adesso notava la felpa della sua nuova compagna di classe.
“E così ti piace la musica rock, Rolling Stones? Spero tu sappia chi sono?” la sbeffeggiò già pregustandosi la vittoria.
Isabel dentro di lei già gongolava per la faccia che avrebbe fatto tra pochi minuti.
“Certo. Io non passo il mio tempo libero a guardare serie TV per ragazzini”
“No. Tu lo passi a guardare cartoni per bambine di tre anni”.
Il ragazzo solo da quel semplice scambio di battute aveva intuito che quell’anno ci sarebbe stato da divertirsi.
Senza aggiungere altro prese posto vicino alla sua nuova compagna di banco lanciando lo zaino vicino ai piedi di Isabel.
“Per oggi puoi rimanere li ma da domani non voglio altre discussioni quel banco è mio!”
Il resto dell’ora passò tranquillamente, fatta eccezione per le continue frecciatine di Castiel verso la nuova arrivata che trovavano conforto in una muta irritazione.
Quando finalmente arrivò il cambio dell’ora il rosso senza aggiungere altro, si alzò uscendo dall’aula.
“Promessi Sposi è un libro di Alessandro Manzoni….poi cosa devo dire? Ah si la prima edizione è del ’27….ok poi viene rieditata tra il 1840 e il ’42…è ambientato tra il 1628 2 il 1630 in Lombardia e c’era il dominio francese…no no era quello spagnolo…Ah ci sono troppe date da ricordare non riuscirò mai a prendere una B”
Da parte a lei una ragazza dai lunghi capelli rossi raccolti in una treccia, continuava a ripetere quello che sembrava una lezione di letteratura, la biondina provò a interrompere quell’incessante ripetersi di frasi.
“Scusami”
La rossa non parve accorgersi della sua presenza, così Isabel provò a chiamarla un po’ più forte, Iris si girò verso la nuova arrivata aspettando impazientemente che continuasse a parlare.
“Non volevo disturbarti, ma ripetere così non ti servirà a niente”
“Scusami tanto ma tra meno di cinque minuti il signor Benson entrerà da quella porta e sicuramente mi chiamerà per interrogarmi sui Promessi Sposi e se non ti dispiace devo recuperare due D dei precedenti compiti in classe. Quindi anche se non è il miglior modo per memorizzare vorrei prendere almeno un C”.
Non comprendendo il motivo di quella risposta così aggressiva iniziò ad osservare le incisioni sul banco del suo compagno di classe, dando particolare attenzione a una melodia tracciata a matita.
“Scusami non volevo essere così aggressiva ma se non prendo almeno un B mia madre non mi farà uscire di casa per i prossimi tre mesi e non vorrei deludere il signor Benson prendendo il debito in italiano”
Isabel annuì intuendo il nervosismo e la tensione della compagna di classe, continuò a studiare lo spartito improvvisato creato dal compagno cercando di immaginarsi la melodia finale.
“Comunque se in futuro ti servisse aiuto, posso aiutarti in italiano, mi piace come materia e andavo abbastanza bene nella mia vecchia scuola”
Le sue parole vennero seguite da un sorriso di gratitudine da parte di Iris.
Intanto i ragazzi stavano tornando in aula, ormai nessuno sembrava prestare interesse alla nuova arrivata, tranne ovviamente il suo inusuale compagno di banco pronto a passare altre due ore di puro e sano divertimento.
“Buongiorno ragazzi”
Dalla porta entrò un ragazzo giovane, giacca e camicia occhi neri forse troppo; occhiali anch’essi neri su un naso troppo lungo. Una borsa piena di libri come entrò mi notò subito, iniziò a presentarsi ripetendo spesso che amava quello che studiava mentre si spostava continuamente un ciuffo di capelli neri che gli ricadeva sul viso; non riuscì a sentire il suo nome Castiel continuava a distrarmi.
“Credo che adesso sia il tuo turo di presentarti”
Con un cenno della mano la invitò ad affiancarlo al centro dell’aula mentre lui preparava il materiale per la lezione.
“Sono Isabel Wood e mi sono da poco trasferita dall’America”
Non sapeva più cosa dire le presentazioni non le erano mai piaciute , di solito la gente conosceva tutto di lei non faceva domande, iniziò a mordersi nervosa il labro inferiore mentre il suo sguardo vagava per la stanza.
“Dimmi Isabel cosa ti piacerebbe fare?”
 Alle sue parole rimase interdetta, nessuno le aveva mai chiesto cosa volesse fare; di certo non ne avrebbe parlato con uno sconosciuto.
“Sai un giorno quando avevo nove anni mio nonno mi raccontava un sacco di storie, quel giorno mi raccontò una storia in particolare. Di un uomo che per realizzare i suoi sogni girò il mondo, venendo deriso perla sua ferma convinzione che quello che cercasse esistesse realmente, quando tornò a casa ormai deluso e afflitto, scoprì che il suo sogno era proprio li davanti a lui, solo che prima si rifiutava di crederci”
Tutta la classe era rapita dalle parole di quello strano insegnante, tutti tranne uno che continuava a scarabocchiare il banco.
“Quel giorno mio nonno mi spiegò che siamo diversi dagli animali. Noi siamo liberi , e questo è il più grande dono che abbiamo mai ricevuto. Grazie a questa possiamo diventare qualcosa di diverso; perché i sogni sono il sangue della vita e anche se qualche volta ci costano le prese in giro e la derisione dagli altri. Non bisogna mai rinunciare a sognare! Rinunceresti a te stesso?
Guardò quello che da quel momento sarebbe diventato il “sognatore” per minuti interi, assimilando il sapore delle sue parole.
“Da quel momento in avanti capì che il mio posto era la letteratura, perché è da qui che nascono i sogni, e come vedi oggi sono qui nella speranza di riuscire a trasmettervi almeno un poco della mia passione”
Mentre parlava sorrideva incoraggiante scrutandola negli occhi, come alla ricerca di qualcosa di segreto che nemmeno lei conosceva.
“M-mi piace…..scrivere”
Non riusciva a smettere di guardarlo negli occhi ma allo stesso tempo si vergognava di quello che aveva appena ammesso davanti a tutta la classe; il sognatore le fece un sorriso dandole il permesso di tornare a sedere.
“Ma guardate un po’ chi ci onora della sua presenza”
Tutti si voltarono a guardare il banco di fianco al suo mentre il sognatore iniziava a girare per l’aula guardandoli uno ad uno negli occhi.
Castiel in risposta fece un veloce ghigno di sfida ritornando subito dopo a decorare quello che da domani sarebbe stato il suo banco.
“Visto che oggi ci siete tutti colgo l’occasione per assegnarvi il lavoro a coppie, prima di interrogare Iris – quest’ultima assunse un espressione sconsolata trovando conforto nella compagna di banco, una ragazza mulatta dai corti capelli neri – per evitare lamentele come l’ultima volta questa volta le coppie le farò io”
Dalla classe si alzò un borbottio di malcontento, zittito dal verso del gessetto che scriveva sulla lavagna «Sono nato il primo giorno di scuola, cresciuto e invecchiato in soli duecento giorni».
“Voglio che ognuno di voi per la fine di quest’anno scolastico racconti quello che a vissuto, come è cambiato; voglio che in questo testo mettiate i vostri sogni facendoli crescere giorno dopo giorno. Per questo compito la valutazione comprenderà due terzi del voto finale quindi voglio che vi impegniate a fondo ogni giorno per raccontare al meglio la vostra storia”
Non riusciva a capire il perché del lavoro a coppie, se dovevano scrivere un racconto per di più personale come avrebbero potuto farlo con un'altra persona.
“Vi metterò in coppie perché il vostro compagno dovrà aiutarvi a migliorarvi, leggerete ognuno il lavoro dell’altro così da imparare a conoscervi meglio; a fine anno mi porterete i vostri temi finiti. Adesso facciamo le coppie”
Intento a parlare beccò Castiel sistemare l’mp3 nell’astuccio.
“Castiel”
Il diretto interessato alzò il viso abbastanza annoiato.
“Visto che questa è la tua prima lezione del mese direi di cominciare da te, ho notato che negli scorsi anni hai avuto difficoltà a lavorare con i tuoi compagni di classe, vediamo come và con la nuova arrivata”.
“Cosa le fa credere che prenderò parte a questo ridicolo progetto? E poi perché non posso decidere con chi stare in coppia?”
Prima che l’insegnate potesse rispondere una voce squillante sostenne le parole del suo irritante e polemico vicino.
“Prof, Castiel ha ragione perché non possiamo scegliere noi con chi stare in coppia, infondo è un lavoro abbastanza personale e riservato”
“Ma quando parlo proprio non mi ascoltate – scosse la testa con un sorrisetto divertito stampato in volto – come ho già detto prima le coppie le sceglierò io onde evitare polemiche e adesso continuiamo”.
Ambra la smorfiosa di quella mattina, infastidita dalla decisione del prof strinse le labbra assumendo un espressione inviperita mentre stringeva le mani a pugno; alla fine l’oca urlante finì in coppia con un ragazzo vestito con abiti davvero particolari, la ragazza dai lunghi capelli rossi invece fece coppia con un ragazzo dai capelli castani e grandi occhi verdi, con un aria familiare ma sicuramente si stava sbagliando.
“Allora piccola Blondie, contenta da adesso dovremo passare molto tempo insieme…..ammettilo hai pregato il prof per far coppia con me”.
“Ma come, non vedi Anna non sto più nella pelle”.
Odiava quel ridicolo sorrisetto che spuntava ogni qual volta gli rivolgeva la parola; si quel ragazzo era un inusuale irritante polemico infantile pomodoro.
“Scusate se vi interrompo ma vorrei continuare la lezione; non vorrei mai mettere un richiamo a una studentessa così promettente il primo giorno di scuola Isabel”
La faccia della biondina assunse la stessa tonalità dei capelli del suo vicino di banco mentre pigolava un flebile “Mi scusi”.
La lezione passò con il sognatore che le illustrava quello che avrebbero fatto da adesso fino alla fine dell’anno.
Da come già aveva capito non era come gli altri professori nel programma aveva inserito parecchi cineforum con film a sorpresa, mentre il resto si prospettava ricco di lunghe ore passate a discutere sulle più famose opere letterarie; il paradiso per un topo di biblioteca come lei.
Prima della fine dell’ora il sognatore interrogò una demotivata Iris.
“Si quest’anno ci sarà proprio da divertirsi”
Isabel tenne gli occhi fissi sulla lavagna mentre il suo piede pestò accidentalmente quello di Castiel che trattenendo una colorita imprecazione la fissava con espressione divertita.

 
Da quando ho iniziato a riscrivere la storia è la prima volta che scrivo in uno spazio autrice a cui tra l'altro non ho nemmeno dato un nome...
Volevo ringraziare tutte quelle ragazze che con infinita pazienza continuano a seguire questa Storia ma sopratutto New Moon Black, ChichiEGoku e Sammy333 per sopportarmi tutte le volte che devo scrivere un nuovo capitolo.
Grazie davvero perchè senza di voi probabilmente questa storia non esisterebbe più; detto questo spero continuerete a seguire questa mia pazzia
Un bacio a tutte
Eli_99

 

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Capitolo 4
*** Una gabbia di matti ***




E' la vita che unita al dolore si ciba di te
e della tua strada sbagliata
e continui a pensare, placando il tormento, che bello se non fossi mai nata.
E non passa più.
E non cambia mai.
Cuore nello stomaco, testa senza eroi.
- Tiziano Ferro, Mai Nata  -


Al suono della campanella nessuno si mosse, Isabel non capiva il perché se come al solito non si era sbagliata adesso avrebbero dovuto avere un ora di matematica; contro ogni sua previsione il sognatore fece passare tra i banchi dei fogli bianchi con un'unica consegna.
«Chi sono io adesso»
“Ragazzi non spostatevi dai vostri posti, adesso voglio che vi concentriate solo su voi stessi; scrivetemi di voi stessi”
Nessuno sembrava sorpreso dalle parole di quello strano insegnante così anche se un po’ controvoglia Isabel iniziò a fissare il foglio pensando a quello che avrebbe potuto scrivere.
Non le era mai piaciuto aprirsi con gli sconosciuti quindi la consegna del tema non le dava il giusto entusiasmo e ispirazione, che di solito la invadeva quando prendeva in mano una penna.
Castiel le sbatte un foglio completamente bianco sotto gli occhi risvegliando la ragazza che lentamente stava entrando in quella parte di mondo solo sua; trucidò con un occhiata di puro odio il ragazzo prima di prestare la sua completa attenzione al foglio davanti a lei.
Senza farsi vedere prese dallo zaino il piccolo lettore mp3 impostandolo sulla riproduzione casuale.
“Sono una ragazza simpatica e solare” iniziò a scrivere.
Tutte stronzate.
“Ho tanti amici ed esco molto volentieri” continua.
Cancella tutto. Strappa il foglio.
Ricomincia.
Intanto il rosso continuava a guardare la biondina di fianco a lui, osservando come di minuto in minuto la ragazza iniziava ad apparire sempre più strana.
“Sono una ragazza strana, una ragazza che non viene mai scelta. Né per prima, né per seconda, né tanto meno per quindicesima. Io sono la non scelta.
Non sono bella, non sono magra, non sono simpatica, non sono dolce. Non sono adatta a questa società. Questo mondo in cui conta l’apparenza più che l’essere non mi piace.”
Mentre scriveva si concentrava sulle parole che poco alla volta le inondavano la mente allontanando tutti i problemi lasciando spazio alla fantasia.
“Sono un’adolescente che non sa cos’è il divertimento, o meglio da qualche tempo ne ha un concetto diverso rispetto agli altri. Per gli altri divertirsi consiste nell’uscire il sabato sera, andare in discoteca, ubriacarsi; per me è stare davanti al caminetto con un libro in mano e una cioccolata calda nell’altra.
Agli altri piace ballare, a me scrivere.
Agli altri piace l’estate, a me l’inverno.
Forse perché una come me l’inverno ce l’ha dentro.
Ho un uragano di pensieri in testa e un oceano di delusioni nel cuore.”
Fissava il foglio sorpresa, per la prima volta in vita sua anche se le costava ammetterlo stava riuscendo ad aprirsi ad un perfetto estraneo che non sapeva niente di lei.
“L’amore per me sono gli abbracci e i ‘ti voglio bene’ sussurrati.
Per gli altri sono i baci e i ‘ti amo’ detti a caso. Ormai le parole non valgono niente, i ‘mi manchi’ finiscono nel cesso.
Ora mi tocca parlare di quello che odio e amo, vero?
Odio quando cerco di scrivere ma il foglio rimane bianco.
Odio questo mondo. Odio le persone che stanno nella loro armatura di merda e giudicano, e parlano senza riflettere. Odio essere una delusione per tutti. Odio tutto e tutti, ma soprattutto odio me.
Io mi odio.
Amo la musica, è la mia migliore amica; amo comporre, leggere e scrivere.
Amo D’Avenia e Bariacco.
Amo vederlo felice, amo sentirmi libera. Amo amare liberamente.
Vorrei che anche solo per una volta scegliessero me anche se sono un disastro, perché so di non essere la ragazza perfetta quella che tutti vorrebbero; so di non essere attraente come le ragazze di oggi.
Io con i miei fianchi troppo larghi e le mie cosce che quando mi siedo raggiungono le dimensioni del continente europeo; i miei capelli banali e sempre disordinati e il mio sentirmi sempre la sfigata apatica che sta all’angolo della classe.
Vorrei qualcuno che amasse i miei pensieri, le mie mille idee; che scegliesse le risate con me e la mia parlantina, che stia con me ad ascoltare ogni mia cazzata che ho da dire.
Perché con lui mi viene voglia di parlare perché mi sa ascoltare.
Perché mi mancano quegli amici che quando vengono a casa tua fanno davvero come se fossero a casa loro, quelli che non fanno altro che fotografarsi e riempire album e album con gli scatti dei momenti passati insieme.
A cui i genitori vogliono bene, ed è triste notare che l’amicizia, come tutti gli altri sentimenti, non faccia per me. C’è chi non è tagliato per il disegno, chi non lo è per la recitazione o il canto, e poi ci sono io, che non sono tagliata nemmeno per l’amicizia, può capitare, no?
Nessuno può immaginare quanto mi manchi passare del tempo insieme a lui, i suoi abbracci spacca ossa quando urlo di voler restare sola; rivedere con lui per la milionesima volta il mio film preferito durante gli uggiosi e spenti pomeriggi autunnali.
Perché si anche se lo detestava ogni volta era disposto a guardarlo insieme sdraiati sul divano, io sopra di lui come quando eravamo piccoli mentre gli parlavo dei miei sogni e dei miei problemi.
Lui che ha sempre accettato con le mie contraddizioni e la mia monotonia, che sopporta il mio essere tremendamente lunatica;  che non si vergogna delle mie stranezze e dei miei difetti.
Mi ricordo che all’età di cinque anni ci chiedevano cosa volevamo fare da grandi, io risposi che volevo fare la principessa lui rimase in silenzio guardandomi.
A dieci anni ci rifecero la stessa domanda io questa volta risposi cantante; lui anche quella volta evitò la domanda guardandomi negli occhi.
A quindici anni ci chiesero una risposta seria; io sapevo cosa volevo fare, risposi a voce alta dicendo che il mio sogno era fare la scrittrice che un giorno avrei pubblicato un libro tutto mio.
Lui mi guardò negli occhi e mi disse che voleva vedermi felice, voleva farmi sorridere; non disse altro e mi abbracciò.
Sa ho sempre avuto un'unica certezza nella mia vita, non credo che lei possa capire come ci si sente a sapere che quell’unico punto fermo della tua vita è stato spazzato via.
Tutte le tue certezza crollano, come un castello di carta che dopo un soffio di vento si abbatte al suolo. Non importa quanto impegno, fatica e amore tu ci abbia messo nel costruirlo, questo crollerà davanti a te nell’arco di pochi secondi.
Tu ti senti perso, abbandonato perché tutto quello che sapevi fino a quel momento non esiste più; devi ricominciare da capo con solo le tue forze e tutti i fantasmi che la caduta del castello ha svegliato.
Bene la ragione del mio sorriso si è spenta solo pochi mesi fa, il mio castello di carta è stato demolito.
Ora sono una ragazza confusa, in collera con se stessa che cerca di scacciare tutti i fantasmi che la caduta del castello a svegliato; questa sono io un disastro ambulante. Da come credo, avrà capito che non sono la solita normale adolescente; e mi creda se le dico che descrivere il tutto - niente che ho dentro non è facile ma d'altronde io sono: Isabel Rebekah Wood la ragazza che in una notte a ricoperti tre isolati di carata igienica, quella che ha dato la sua festa dei sedici anni nel più grande parco a tema violando tutte le regole di quest’ultimo partendo dal scassinare la serratura.
Gli altri vedono Isabel la ragazza mito, quella popolare con una vita fantastica alle spalle; troppo perfetta perché qualcuno le possa parlare. Sono in pochi a trovare l’altra faccia della medaglia, la piccola fragile e insicura Rebekah, che senza la sua brutta copia non è nessuno”
 
Rialzò la testa dal foglio solo per la “delicata” gomitata al  fianco che il suo molesto vicino di banco le ha tirato, si accorge in ritardo che ha davanti il sognatore pronto a ritirarle il foglio; scrutando con particolare attenzione il fili che scendono dalle sue orecchie.
“Mi dispiace non volevo dare fastidio, ma la musica mi aiuta a riflettere e scrivere” sussurrò a disagio.
“Si Castiel hai trovato la tua degna compare, e non ti preoccupare Isabel solo la prossima volta abbassa un po’ il volume”
L’insegnante ritornò alla cattedra lasciandola sbalordita mentre le faceva un occhiolino.
“Ragazzi spero vivamente che già da oggi iniziate a lavorare al progetto assegnato e Iris per favore cerca di arrivare a una B giovedì”
La campanella segnò la fine delle lezioni, il sognatore uscì dall’aula lasciando i ragazzi ad accordarsi per lo svolgimento del tema; mentre una sconsolata Iris riponeva libri e quaderni nella borsa.
 “Senti io non avevo nessuna voglia di partecipare a questo progetto, quindi non aspettarti che mi presenti da te ogni santo giorno; se vuoi questo è il mio indirizzo”.
Castiel afferrò velocemente il braccio di Isabel scrivendoci qualcosa in fretta, per poi prendere lo zaino e uscire in fretta dall’aula. La ragazza si guardava ancora il braccio sconvolta da quella strana giornata; velocemente raccattò le sue cose per correre fuori dal edificio.
Il pullman sarebbe passato tra un quarto d’ora, aveva ancora tutto il tempo per ripensare a quello successo poco prima, quando un squadernino dalla copertina nera attirò la sua attenzione; era stato lasciato sul muretto poco distante dalla fermata magari qualcuno lo aveva dimenticato.
Solo per un secondo l’idea di lasciarlo li le sfiorò la mente ma la sua curiosità, ormai parte integrante della sua giovane esistenza, la sgridò per l’averlo anche solo pensato; senza farsi vedere prese il quadernino era un banale blocco prendi appunti nero con un nastro verde che lo teneva chiuso, nessuna indicazione che potesse suggerire chi fosse il possessore.
Intenzionata ad aprirlo fu interrotta dall’arrivo dell’autobus, mise il piccolo oggetto in borsa per poi, come quella mattina andarsi a sedere in una delle ultime file collegando il suo amato mp3; decise che per il momento il quaderno sarebbe rimasto nella sua borsa, non era sicuro aprirlo in pullman di sicuro l’avrebbe dimenticato finendo per perderlo.
Per tutta la durata del viaggio si chiese di chi fosse il quaderno, prestando poca attenzione a tutto ciò che la circondava; per poco non perse la sua fermata ritrovandosi a rischiare la vita per premere in tempo il pulsante.
Arrivata alla palazzina dovette salire tre rampe di scale visto che l’edificio risultava troppo vecchio per potersi permettere un ascensore; una volta aperta la porta del piccolo appartamento della zia lo trovò vuoto, solo un biglietto la informava che la donna sarebbe tornata per cena.
Senza pranzare si diresse in camera sua lanciandosi sul letto, sfinita da quello strano primo giorno; subito prese il quaderno nero pronta ad aprirlo.
“Sicuramente il proprietario non si arrabbierà, per sapere di chi è devo pur aprirlo”
Ma se il padrone del quaderno si fosse arrabbiato, magari era un diario segreto o personale; insomma se qualcuno avesse aperto il suo diario di sicuro la persona in questione avrebbe passato un pessimo quarto dora.
Un pensiero attraversò la sua mente, se davvero lo sconosciuto proprietario del quaderno teneva a quel piccolo oggetto non lo avrebbe mai lasciato incustodito; così senza più esitazioni tolse il laccetto verde che chiudeva il quadernino.

 
Lysandro Collins
 
Non dava altri riferimenti solo un nome scritto con calligrafia ordinata al centro della pagina.
Senza che se ne accorgesse le ore passarono e lei era sempre più presa dalla lettura dei pensieri di quel ragazzo, così intimi e profondi; alcuni erano scritti di fretta e gli angoli delle pagine un po’ stropicciati.
Ad ogni nuova parola si aggiungeva un immagine del ragazzo che andava a crearsi nella sua testa.
Lysandro persino il nome aveva quella patina di mistero che si celava dietro la figura del autore di quei testi così profondi e pieni di emozioni represse. Solo il rumore della porta che si apriva la ridestò dalla lettura di quel quadernino; in fretta nascose l’oggetto sotto il cuscino prima che la zia facesse irruzione nella sua stanza.
Non sapeva neanche lei perché l’avesse nascosto ma sentiva come un collegamento speciale con quel ragazzo che nessuno avrebbe dovuto conoscere.
“Allora tesoro com’è andato il primo giorno di scuola, qualche nuova conquista?” Reven entrò nella stanza come un uragano lanciandosi sul letto di fianco alla nipote.
“Zia NO. Nessuna conquista e poi perché ne parli come se portassi a casa un ragazzo diverso ogni giorno”.
La donna sbuffò con un broncio divertito incitando la nipote ad andare avanti.
“Uffa, va bene ti racconto ma non voglio sentire interruzioni! – ad un cenno del capo iniziò a raccontare – Allora da dove inizio? Questa mattina sul pullman tutti mi guardavano in modo strano come se non avessero mai visto una ragazza che legge, un branco di trogloditi. Appena scesa dal bus un’oca bionda insieme alle sue degne compari mi ha aggredito intimandomi di starmene al mio posto, perché citando parole sue “Sono la reginetta della scuola” ma dico io come può una tipa del genere avere anche solo il diritto di far prendere aria alla bocca.”
Raven non ce la fece più e scoppiò in una fragorosa risata mentre Isabel mandava fulmini e saette dagli occhi.
“Scusami, scusami tesoro ma i tuoi commenti sono una forza”
Infastidita dalla reazione della zia scosse la testa trucidandola con lo sguardo mentre si accingeva a raccontare il suo primo giorno in quella “scuola”.
“Lasciamo stare. Quando stavo per mettere piede nel liceo mi sono scontrata con il segretario delegato, un alunno di quinta che mi ha mostrato la scuola illustrandomi le mille regole; secondo me non ne ricorderò neanche una ma ho cercato di sembrare una ragazza intelligente e matura ascoltando in silenzio.”
Aveva volutamente evitato di citare l’episodio della foto se no Reven l’avrebbe costretta a fare una di quelle assurde foto per completare l’iscrizione.
“Ma adesso arriva la parte divertente dopo essermi presentata è entrato il mio compagno di banco. Un inusuale, polemico, irritante, infantile, pomodoro bifolco; sai non pensavo che sarei mai arrivata a detestare una persona in meno di un ora ma quel ragazzo fa miracoli” mentre parlava gesticolava decisa con le mani come se volesse imprimere ancora più forza nelle sue parole.
“Ma dimmi Isa come si chiama questo inusuale pomodoro bifolco?!?” la donna sembrò accorgersi solo dopo delle strane parole da lei ripetute; iniziò a ridacchiare sotto i baffi mentre la nipote si univa a lei in una risata liberatoria.
“Castiel, ma non voglio dargli troppa importanza. Al cambio dell’ora ho conosciuti il sognatore; è il prof di italiano un ragazzo strano avrà qualche anno più di noi ma sembra credere in quello che fa. Zia in tutti questi anni che vado a scuola non ho mai trovato un insegnante che amasse insegnare invece oggi si presenta lui e spiazza tutte le mie convinzioni sui professori”.
Parlando si erano sedute una davanti all’altra con le gambe incrociate sul letto, ogni tanto Isabel stringeva un cuscino mente la zia la ascoltava senza battere ciglio tranne per le risate ai buffi commenti della nipote.
“Direi che è un bene per te aver trovato una persona così, si insomma ai capito per quello che vuoi fare sarà un grande aiuto”
“Sai dopo essersi presentato mi ha chiesto se potevo fare lo stesso ma alla fine mi ha domandato cosa mi piacerebbe diventare e io gli ho detto la verità”
Nella stanza cadde il silenzio mentre le due donne ripensavano alle parole appena dette, ognuna persa nei propri pensieri quando Isabel continuò il racconto.
“Mi ha illustrato il programma e alla fine dell’ora ci ha chiesto di scrivere un tema su di noi – ancora silenzio – i..io gli ho parlato di lui, ho scritto di un mio ricordo con lui è stata la prima volta dopo mesi che ho avuto la forza di parlarne..beh scriverne. Quando alla fine a ritirato i lavori mi sono sentita meglio, era da tanto che non ridevo e oggi l’ho fatto ben due vo..” non riuscì a finire la frase perché fu imprigionata in un abbraccio spacca ossa.
“Tesoro, non sai quanto sono felice e orgogliosa di te, se vorrai parlarne anche con me sappi che io sono qua per qualsiasi cosa” anche se a fatica cercò di mascherare le lacrime ora doveva essere la donna forte e matura per la sua piccola Isabel.
“Sono felice di essere qua con te – con la manica della felpa si asciugò le lacrime già pronte a rigarle il viso – mi sono dimenticata di dirti che ci ha assegnato un lavoro da fare in coppia quindi dovrò andare a casa del bifolco per svolgerlo e anche se mi piange il cuore qualche volta lui dovrà venire qua. Spero che per te non sia un problema?”
Reven si accorse del tentativo di cambiare discorso, capendo che ancora non era pronta ad affrontare l’argomento; fece finta di niente concentrandosi sul tanto nominato “bifolco”.
“Nessun problema, si sa mai che questa è la volta buona per fare conquiste”.
Isabel spalancò gli occhi disgustata dalla scena di lei e il pomodoro fidanzati mentre con cuscino alla mano si avventava sulla povera Reven; dando il via a una battaglia di cuscini all’ultima risata.
Si quella non era una città ma una vera e propria gabbia di matti da legare.

 

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Capitolo 5
*** Cercasi sfigata ***



5. Crecasi sfigata
 


Il giorno successivo, quando Isabel si alzò, sentì la zia uscire di casa. Si preparò lentamente, arrivata in cucina scorse un post-it sul tavolo.
–Oggi sono dovuta andare prima a lavoro, la colazione è sul tavolo. Torno stasera tardi, tuo cugino ti aspetta ai cancelli per tornare a casa.
Baci Reven –.
Suo cugino, da quello che si ricordava Dakota era ancora in California e C le aveva detto che qualche giorno prima il cugino aveva vinto “nuovamente” una gara di surf; era impossibile che in meno di quarantotto ore fosse volato a Liverpool.
Confusa dimenticò la colazione correndo alla fermata del bus che arrivò pochi minuti dopo, a Isabel  sembrò di vivere un dejavu; come il giorno prima tutti la guardavano in modo poco amichevole deridendola per l’abbigliamento e il libro che poco prima aveva preso dalla borsa.
Non guardò negli occhi nessuno andandosi a sedere in ultima fila iniziando a rileggere il suo libro, dopo pochi minuti il bus accostò; immersa nella lettura Isabel non ci badò più di tanto, il liceo era ancora lontano e lei doveva scendere alla penultima fermata.
“Che libro è?”
Isabel sollevò gli occhi dal libro rimanendo sorpresa vedendo Iris seduta al suo fianco.
“J.K.Rowling, I Doni della Morte, l’hai mai letto?”
“Stai meglio” replicò Iris ignorando la domanda.
Non capì il senso della domanda anche perché si conoscevano solo da poche ore e non poteva aver notato così facilmente il suo cambio d’umore, anche se dopo la giornata di ieri si sentiva decisamente più leggera.
“Non credo, comunque grazie” accennò un sorriso Isabel chiudendo il libro.
“Prima non stavamo parlando di Harry Potter?”
“Piuttosto per Letteratura quando iniziamo le ripetizioni”
 
Arrivarono insieme in corridoio, come svoltarono l’angolo il vociare generale si spense pian piano.
“Perché hanno smesso di parlare?” domandò Isabel, sperando che la rossa avesse una risposta.
Quando avanzavano per i corridoi gli studenti smettevano di chiacchierare fermandosi a guardarle con malcelato interesse.
“Ci stanno osservando, mi stanno dando sui nervi” bisbigliò Isabel.
“Guarda che stanno fissando te” volle precisare Iris, guardando insistentemente per terra.
Sconcertata e nervosa Isabel affrettò il passo per arrivare il più velocemente possibile al suo armadietto, mentre un alquanto imbarazzate Iris cercava di correrle dietro.
“Isabel, mi vuoi aspett…”
Iris si fermò sul posto, erano arrivate all’armadietto di Isabel. Affissa all’anta c’era una stampa di una foto tessera ingrandita, la stessa che Isabel aveva consegnato per il curriculum. Sotto scritto a caratteri cubitali recitava:
“CHI TI CREDI DÌ ESSERE SFIGATA”  
 Isabel non impiegò molto a ricordare la gallina starnazzante della mattina precedente.
“Scusami ma perché è attaccata sul tuo armadietto?” chiese ingenuamente Iris.
“Sono io” grugnì avvampando dalla vergogna.
“Però se ti si osserva bene un po’ vi assomigliate”
Con un gesto della mano Isabel strappò la foto dall’anta appallottolandola subito dopo. I presenti distolsero lo sguardo, fingendo di andarsene in classe.
Iris non fece commenti, iniziò a far vagare lo sguardo sentendosi a disagio.
“È stata quella bastarda di una stupida oca starnazzante” iniziò a sbottare Isabel assumendo diverse tonalità di rosso.
“Ambra?” capì subito Iris “Ma perché avrebbe dovuto fare una cosa del genere infondo neanche vi conoscete. E poi scusami come ha fatto ad avere questa foto?”
“La maledetta l’ha rubata a Nathaniel quando ancora non mi conosceva e poi l’altra mattina l’ho ignorata quando ha iniziato a sparare un mucchio di cazzate” spiegò brevemente Isabel.
“È rimasta la solita bambina immatura. Cosa sperava di ottenere con questo dispetto?”
“La poverina si sentirà minacciata, voleva solo marcare il territorio ma questa volta a trovato pane per i suoi denti”
“Ahahahah e sentiamo di chi dovrei avere paura?”
Al suo di quella voce le due si voltarono trovandosi davanti Ambra, Lin e Charolotte. I sorrisetti trionfanti stampati suoi loro visi mandarono alle stelle la rabbia della loro vittima.
Vide il trio allontanarsi, dimenando i sederi in modo osceno.
“Stai tranquilla, non fare caso a loro. Non sei una sfigata sono loro delle bambine immature” provò a consolarla la rossa.
Isabel non ascoltò le parole di Iris, con uno scatto si portò dietro ad Ambra fermandola per un braccio.
“Hai ragione stupida oca, non dovresti avere paura di me infondo per te sono solo una stupida sfigata giusto? Peccato che non mi conosci, non sai chi sono io e cosa sono capace di fare; ti dico solo una cosa. Dopo questo stupido scherzetto idiota guardati le spalle perché sono una che non perdona molto facilmente ricordatelo”
Non le lasciò il tempo di ribattere, girò su se stessa mulinando i capelli sui visi del perfido trio tornando da Iris pronta per andare in classe.
 
“Vedo che in questa classe, il concetto di puntualità non è conosciuto” le rimproverò il prof di matematica appena varcarono la soglia.
“Per una volta chi i signori Rowe e Marsh sono in orario continuate voi la tradizione”
Dal fondo della classe partì un coro di proteste, Isabel si sorprese di vedere i due ragazzi in questione seppur seduti compostamente fare versi in segno di sdegno.
Castiel come promesso era già seduto nel banco da parte alla finestra.
In silenzio occupò il banco adiacente, tirando fuori il libro.
Quando aprì l’astuccio il compagno le passò una sua penna, che molto probabilmente aveva dimenticato il giorno prima.
“Però mi dico che vieni bene nelle foto”
Non si voltò nemmeno, l’unica cosa che fece fu alzare il dito medio concentrandosi sulla lezione appena iniziata.
 
All’ora di pranzo vide Iris avvicinarsi seguita da una ragazza dai tratti orientali.
“Ti va di pranzare con noi?” domandò appoggiandosi al banco di Isabel.
La biondina annuì prese il sacchetto del pranzo preparato la sera prima dalla zia con un espressione abbastanza scettica.
Segui le due ragazze arrivando in uno spiazzo a lei sconosciuto, abbastanza appartato poco distante dalla serra.
“Isabel lei è Priya frequenta con me il club di giardinaggio. Mentre Priya lei è Isabel, la nuova arrivata” Iris fece le presentazioni iniziando a mangiare il suo panino.
“È un piacere conoscere la ragazza che ha proposto delle ripetizioni a questa testa d’alghe” Priya tese la mano destra che subito Isabel strinse.
“Sono contenta di fare nuove conoscenze, sono arrivata da poco e per me è ancora tutto così nuovo” cercava di tenere un sorriso che risultasse più naturale possibile.
“Stai tranquilla io mi sono trasferita qui lo scorso anno e dopo due settimane ancora mi perdevo per andare in aula di scienze” scoppiarono tutte e tre a ridere, Pryia e Iris continuavano a raccontare aneddoti divertenti sul liceo mentre Isabel cercava di prestare più attenzione possibile.
“Dietro allo scherzo della foto c’è Ambra?” chiese Pryia confusa “ma perché dovrebbe fare una cosa del genere?”
Dopo essersi riprese dalle risate, mangiavano il loro pranzo.
“Non lo so, probabilmente voleva divertirsi con la nuova arrivata o più semplicemente voleva qualcuno da tormentare”
Fino a pochi mesi fa non credeva che potesse assomigliare ad una persona come Ambra. Nessuno soddisfatto della propria vita avrebbe mai gioito nel vedere una persona soffrire. Magari tipi come lei potevano essere giustificati dal loro passato, ma non Ambra che dalla vita aveva tutto: bellezza, ricchezza, popolarità e una famiglia integra. Aveva Nathaniel un fratello, un ragazzo così dolce che doveva per forza essere cresciuto nella stessa famiglia.
“Da qualche tempo sospetto che Ambra soffra di manie di protagonismo; insomma non è possibile che in una sola persona sia concentrato tutto quell’egocentrismo” la battuta di Iris scatenò subito la reazione delle sue interlocutrici: Isabel scoppiò a ridere mentre Prya tentava di spiegare a Iris che una cosa del genere non fosse umanamente possibile.
“Invece è solo gelosa di te Isa” Prya fece zittire le altre due.
“Non è possibile che sia gelosa di me, infondo sono arrivata solo da due giorni; e poi delle due è lei quella bella e piena di soldi”
“Non è per quello, se noti in soli due giorni hai già fatto amicizia con Iris, Castiel e Nathaniel” continuò piano Prya.
“Scusami ma non riesco seguirti e poi io e Castiel non siamo amici” brontolò Isabel.
“Però adesso che ci penso bene, Prya non ha tutti i torti insomma sono anni che conosco Ambra e l’ho vista frequentare solo Lyn e Charlotte”
“Infatti Iris, Ambra non ha amici ed è gelosa delle attenzioni che Castiel e Nathaniel rivolgono ad Isabel invece che a lei che ci prova da anni” il tono di voce non ammetteva repliche e mentre parlava la mora aveva iniziato a gesticolare velocemente.
“Anche se fosse come dici tu, io non ho nessuna colpa se loro mi parlano” Isabel si ricordò che quella non era la prima volta, in passato aveva già affrontato un discorso simile, soltanto che ora le parti si erano invertite; ora era lei la vittima.
 
Era ancora scossa per le parole di Prya, era arrivata solamente da due giorni e già aveva attirato l’attenzione di tutta la scuola; da quel momento in avanti avrebbe cercato di stare alla larga dalla biondina e dal suo rosso compare.
“Isabel, Isabel…Isa” qualcuno la prese per il braccio arrestando la sua camminata.
“Isabel è da cinque minuti che ti chiamo, devi seguirmi in aula delegati” Nathaniel per niente affannato dalla corsa appena fatta le si era parato davanti sorridendole in modo cordiale.
“Ok, scusami ma ero immersa nei miei pensieri; non volevo ignorarti”
“Non preoccuparti anche a me capita a volte”
Insieme si diressero verso l’aula mentre Nathaniel, cercava di scusarsi per l’episodio capitato la mattina stessa.
“Isabel, davvero mi dispiace non so cosa sia preso a mia sorella. Di solito non assume questi comportamenti, certo è un po’ impulsiva ma non ha mai creato problemi; ti chiedo di accettare le mie scuse anche a nome suo”
“Stai tranquillo Nath, posso chiamarti così? Nathaniel mi sembra troppo distaccato” le guance del ragazzo si tinsero leggermente di rosso mentre faceva un leggero cenno con il capo.
“Non mi devi porgere le tue scuse Nath anche perché non hai fatto proprio niente, piuttosto è Ambra quella che si deve scusare anche se suppongo non lo farà mai”  quella ragazza era troppo egoista e orgogliosa per poter anche solo pensare di chiederle scusa.
“Comunque mi dispiace, se solo a casa avessi fatto più attenzione questa mattina non ti saresti ritrovata in una situazione così imbarazzante”
Quel biondino era la dolcezza fatta a persona, quale persona non sarebbe arrossita davanti a tutta quella premura.
Isabel si sentì le guance in fiamme, istintivamente voltò il viso dall’altra parte iniziando a giocare con il bordo della felpa, cercando di mascherare il rossore.
“D-davvero non è successo niente, ma perché siamo qui?”
“Se intanto vuoi sederti io prendo i moduli, per prima cosa dobbiamo rifare la fototessera e poi devi scegliere un club a cui iscriverti” Nathaniel iniziò a cercare nei vari armadietti, tornando poi sorridente verso la ragazza.
Dietro le mani nascondeva qualcosa, che Isabel non riuscì ad identificare; gentilmente la fece sedere su uno sgabello davanti ad una parete completamente bianca.
Avvicinandosi le sistemò una ciocca di capelli che le era scivolata sul volto, portandola dietro l’orecchio.
“Quando ti ho parlato di rifare la foto non mi sembravi molto a tuo agio, così ho pensato che se te l’avessi fatta io magari la cosa sarebbe stata più piacevole – un leggero rossore si dipinse sulle sue guance mentre portava una mano dietro la testa – non perché faccio io la foto, ma insomma ci siamo solo noi due e non la vedrebbe nessun altro” ormai il volto del delegato era completamente in fiamme ma continuava a mantenere il contatto visivo.
Isabel rimase immobile sulla sedia, non riusciva a credere che il ragazzo davanti a lei si fosse interessato al suo stato d’animo; preoccupandosi del suo disagio, cercando di venirle in contro.
“Grazie, mi farebbe davvero piacere farmi fare la foto da te”
Nathaniel sorrise e di riflesso lo fece anche lei; era incredibile come quel ragazzo nel giro di due giorni l’avesse fatta già ridere così spesso.
Come la foto fu scattata tutti e due si diressero verso il tavolino posto al centro della spaziosa sala, tappezzata ovunque di fogli, volantini e qualche curriculum impilato qua e la.
“Prima ti stavo accennando alla scelta dei vari club; il liceo dispone di una varia lista di attività estra scolastiche ma arrivando ad anno già iniziato molti dei posti sono già stati esauriti. La preside ha imposto un solo obbligo, ogni alunno deve frequentare almeno due club uno di materia scolastica e l’altro di attività sportiva”.
Mentre spiegava il ragazzo assumeva un’aria seria e professionale, davanti a loro aveva posto la lista delle varie attività extra-curriculari e con una penna indicava quello che spiegava.
“In questo momento sono disponibili i club di letteratura/ scrittura, matematica e scienze; mentre per quanto riguarda l’attività sportiva ci sono il basket, l’hockey da prato e la pallavolo”
“Per le materie scolastiche opterei per il club di letteratura/scrittura anche perché io e le materie scientifiche non saremo mai compatibili, mentre per i club sportivi non potrei darti domani la risposta” anche se la scelta era evidente, voleva prendere in considerazione tutte le opzioni infondo non si sa mai la mattina seguente avrebbe potuto scoprire di essere una grande promessa dell’hockey su prato.
“Mi dispiace Isabel ma le iscrizioni sono in fase di chiusura e senza questo documento non posso spedire il tuo fascicolo alla preside, ormai chiede da giorni di poter vedere le schede della nuova iscritta al liceo” Nath sembrava dispiaciuto, dopo quello che aveva fatto per lei non poteva metterlo nei guai.
“Pallavolo”
 
Uscita dalla sala delegati, Nathaniel le aveva spiegato che doveva recarsi in palestra per presentarsi all’allenatore, da quello che aveva capito il Dolce Amoris prendeva con molta serietà sia le competizioni intellettuali che quelle sportive.
Passando per uno degli innumerevoli corridoi aveva  scorto uno spazio dedicato agli innumerevoli trofei vinti dal liceo nei vari ambiti negli anni passati; si chiese come sua zia avesse anche solo pensato di potersi permettere di farle frequentare una scuola così prestigiosa; sapendo dei loro problemi si sarebbe anche solo accontentata di una normale scuola pubblica.
Finalmente uscì in cortile dirigendosi verso la palestra, una grande struttura situata sul retro del liceo circondata dall’immenso parco che ospitava il club di giardinaggio viste le innumerevoli serre. Appoggiato allo stipite della porta d’ingresso un ragazzo alto, lievemente pallido; i capelli castano chiaro gli arrivavano a metà collottola, i particolari occhi d’orati vagavano per il cortile come alla ricerca di qualcuno fino a soffermarsi sulla goffa figura di Isabel che avanzava lentamente verso di lui.
“Finalmente ma quanto ci hai messo, tu devi essere Isabel giusto? Sai ti aspettavo qualcosa come tipo un’ora fa davanti al cancello”
Nel ragazzo non riconosceva la figura di qualcuno che conoscesse e poi come faceva a sapere come si chiamava e perché l’aspettava davanti ai cancelli.
“Ma guardati, quanto sei cresciuta; l’ultima volta che ci siamo visti eri una tappetta non mi arrivavi nemmeno alle spalle, anche adesso non è che la cosa sia cambiata ma mi mancavi piccola koala”.

 

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Capitolo 6
*** Il tatuaggio di Isabell ***


LEGGETE LO SPAZIO AUTRICE.

Anche se un po’ recalcitrante seguii Castiel e gli altri nella stanza; al centro della stanza c’era un lettino di pelle nera con lo schienale reclinabile, accanto a questo c’erano due macchinette per tatuaggi una per tracciare il disegno e l’altra con i vari colori per colorare, alle pareti erano appesi vari schizzi colorati e non di tatuaggi; tutti mi stavano guardando aspettando una mia qualsiasi reazione.
«Ho già capito cosa volete fare e ho solo due domande, la prima è: Dove dovete farmi il tatuaggio? Invece la seconda è ma seriamente siete sicuri che questo pomodoro non mi ucciderà?».
Dire che rimasero spiazzati dalle mie domande è dire poco, tutti mi guardavano con una faccia tra lo stupito e il divertito il primo a riprendersi fu Dake che rispose ha tutte le mie domane.
«Perché vuoi sapere dove Castiel ti farà il tatuaggio?».
«Non ti hanno insegnato che non si risponde a una domanda con un'altra domanda?» sentì tutti gli altri scoppiare a ridere Dake compreso.
«Ahahahah e brava piccoletta, il tatuaggio te lo puoi fare dove vuoi ma tu non hai ancora risposto alla mia domanda»
«Grazie e non chiamarmi mai più piccoletta, la risposta alla tua domanda è che ho già altri tatuaggi e quindi sarebbe un problema se ne dovevo avere due nello stesso posto» però avevo ancora una domanda da fare.
«Un’ultima cosa e poi vi lascio stare, potreste mostrarmi i vostri tatuaggi?» tutti annuirono e iniziarono ad alzarsi abbassarsi e nel caso di Lysandro e Castiel togliersi la maglietta.
Il primo che vidi fu quello di Violet aveva tatuata una piccola fata del fuoco all’interno del braccio destro era davvero carina e rispecchiava in pieno il suo carattere dolce e timido, il secondo che vidi fu quello di Rosa che aveva tatuato sulla scapola sinistra una bocca rosso fuoco con fra le labbra una sigaretta (un tatuaggio davvero molto azzeccato per lei), dopo Rosa fu il turno del tatuaggio di Lys sulla schiena aveva tatuato un paio di ali bianche e nere ma il tatuaggio che attirò di più la mia attenzione era quello sul bicipite destro una piuma infuocata rossa e nera, Kentin aveva disegnato sulle costole un paio di guantoni rosso fuoco (davvero molto belli), la tavola da surf di Dake fu quello più banale: era una tavola da surf rosso fuoco con disegnato sulla punta un fiore, Iris aveva disegnato appena poco più su del bacino un iris dei colori del fuoco che notai essere lo stesso fiore che Dake aveva nel suo tatuaggio.
«Scusate ma se voi due non stavate né ancora insieme come mai Dake hai tatuato lo stesso fiore di Iris nel tuo tatuaggio?» ero davvero curiosa.
«È stata un’aggiunta dopo che ci siamo messi insieme, una specie di dimostrazione del mio affetto per lei» vidi il volto di Iris addolcirsi guardandolo con amore.
Dopo questa piccola precisazione tornai a guardare i tatuaggi degli altri, Armin aveva il tatuaggio più tenero di tutti, un Pokemon del fuoco disegnato sulla spalla sinistra, Alexy il suo gemello aveva un tatuaggio simile a quello di Lysandro, solo che il suo erano un paio di piccole ali infuocate sul polso destro, Kim aveva tatuato sotto il seno, una nota musicale contornata dalle fiamme, l’ultimo che notai fu di Castiel non so perché si fosse tolto la maglietta visto che il suo tatuaggio era sul collo e rappresentava una grossa C contornata da quello che presumo fosse la sua chitarra di un brillante rosso fuoco.
«Violet hai finito lo schizzo del tatuaggio di Isabell?» se non me lo faceva notare Castiel io non mi ero neanche accorta che Violet aveva iniziato ha disegnare.
La ragazza dai capelli viola fece un cenno affermativo con la testa e Castiel fece uscire tutti.
«Scusa pomodoro ma che bisogno c’era di togliersi la maglia se il tuo tatuaggio è sul collo?». Lui si avvicinò al mio orecchio mentre io arrossì un pochino.
«Oh tesoro non vorrei mai che ti sentissi in imbarazzo» mentre parlava aveva afferrato con una mano i lembi della mia maglietta tirandola verso l’alto per poi sfilarmela del tutto.
«E adesso fai quello che ti dico non vorrei mai farti male» lo disse in tono divertito mentre con due dita disegnava dei disegni immaginari sulla mia pancia; io ero rigida come un pezzo di legno non mi fidavo ancora di lui e poi non lo avevo mai visto all’opera così espressi i miei timori.
«Ma tu sei sicuro di saper tatuare la gente vero?».
«Se ti può far sentire, più tranquilla ti dirò passo passo quello che ti farò ranocchia» prese l’elastico dei miei pantaloni e li abbassò un filo dando un baciando la mia pancia scoperta.
«Adesso inizierò il mio lavoro, tu cerca di stare calma se no potresti sentire più dolore del necessario» mi disse tutto guardandomi negli occhi cercando di trasmettermi sicurezza, a quello sguardo non potei fare altro che annuire preparandomi psicologicamente a quello che sarebbe successo tra poco.
«Un ultima cosa e poi iniziamo, il tatuaggio lo potrai vedere solo a opera conclusa, scusami per il dolore ma visto che non è la prima volta che ti fai un tatuaggio penso che tu sia già preparata».
Feci un cenno affermativo con la testa dopo di che cercai di rilassarmi il più possibile osservando quello che faceva Castiel; iniziò poggiando il disegno di Violet davanti a lui, per poi mettersi su i guanti e disinfettare una porzione di pelle appena sopra il bacino sul mio fianco sinistro. Seppi che stava per iniziare a tatuare quando una sua mano fredda ricoperta dal guanto si poggiò sul mio fianco, le seguenti ore le passai con lui che tatuava e a volte asciugava il mio fianco ormai ero abituata alla sensazione degli aghi sulla pelle quindi la sensazione era quella di un leggero solletichio. L’unica cosa che riuscì a capire del mio tatuaggio era il colore, rosso fuoco con qualche traccia di arancio e ovviamente nero.
Dopo quelle che sembrarono ore la testa di Castiel si sollevò dal mio fianco.
«Bene abbiamo finito, aspetta un secondo e non alzarti devo ancora metterti la crema, la dovrai spalmare sul tatuaggio per una settimana, mattina, sera e tutte le volte che ti lavi; la fasciatura te la rifarò io tutti i giorni per evitare che il tatuaggio si infetti» mentre mi spiegava iniziò a passare una crema fredda sul mio fianco che mi fece rabbrividire, dopo la crema avvolse il tatuaggio in una fasciatura trasparente e dandomi una mano mi aiutò ad alzarmi.
Camminai fino allo specchio per ammirare il nuovo disegno sul mio corpo; era una I contornata da tante stelle intrecciata con una C contornata dalle fiamme, ci misi poco a capire cosa significasse la C così mi girai incazzata nera verso l’autore di quel disegno.
«Cosa cazzo significa questo, chi ti ha dato il permesso di farlo?!?»
«Ma Cherie quello sta a significare la tua appartenenza a me e poi non puoi dare la colpa a me dato che il disegno lo ha fatto Violet» lo stronzo stava ridendo sotto i baffi godendo per questa sua vittoria.
Mi girai di scatto pronta ad uscire dalla porta per mangiare viva Violet ma non avevo calcolato il mobile che intralciava il mio cammino, sfortuna volle che a scontrarsi con il suddetto mobile fu il fianco dove il maniaco pervertito pittato di rosso aveva appena fatto il tatuaggio; urlai di dolore tenendomi il fianco con una mano appoggiandomi al muro.
«Maledizione ma è mai possibile che tu non riesca mai a combinarne una giusta?!?» mentre quel disgraziato mi stava sgridando io continuavo a imprecare sotto voce.
«Adesso sta ferma e smettila di scaldarti tanto!» mi prese in braccio ristendendomi sul lettino.
Delicatamente mi prese la mano spostandola dal fianco per poi togliere la fasciatura fatta neanche cinque minuti prima.
«È fondamentale che tu adesso stia ferma, ti farà un po’ male ma è necessario farlo» non capivo cosa stesse farneticando, solo quando sentì qualcosa di morbido appoggiarsi dolcemente sul mio fianco capì le sue intenzioni.
Inizia a urlare arpionando con una mano la sua maglietta e stringendola convulsamente fino a conficcare le unghie nel suo petto; vidi Castiel fare una smorfia ma continuò a disinfettare e sterilizzare la parte lesa del mio fianco. Ormai avevo le lacrime agli occhi il bruciore e la sensazione di fastidio erano insopportabili e quando ero quasi sicura di non farcela più quella tortura finì, contro ogni mi aspettativa vidi il volto di Castiel avvicinarsi sempre di più al mio fino a quando non rimasero due centimetri a separarci.
«Sei stata bravissima ranocchia» mi baciò ma un bacio diverso dai precedenti più dolce e caldo, durò poco il tempo di sentire la morbidezza delle sue labbra che allontanò il suo viso dal mio.
«Adesso ho rifatto la fasciatura, mettiti la maglia e poi reggiti a me ti porto a casa e per il futuro stai attenta a come ti muovi non vorrei ripetere un’esperienza del genere» il suo sguardo era serio e il suo tono di rimprovero, così tenendo lo sguardo basso presi la maglia rimettendomela.
Il ragazzo mi sollevò facilmente dal lettino e sempre tenendomi tra le sue braccia mi portò fino alla sua moto dove dopo avermi posizionata dietro il posto del guidatore mi allacciò il casco.
«Tieniti forte non vorrei mai che cadessi» il suo tono trasudava sarcasmo e ironia, vedevo che era arrabbiato con me ma non riuscivo a capire per cosa.
Dopo che si fu sistemato senza fiatare allaccia le braccia al suo busto stringendomi forte a lui; partì a forte velocità e dopo neanche una decina di minuti arrivammo a casa mia. Mi fece scendere dalla moto e portandomi ancora in braccio mi mise davanti alla porta.
«La prossima volta che ti azzardi ancora a uscire senza vestiti addosso prima sculaccio te e poi faccio fuori tutti quelli che hanno anche solo osato metterti gli occhi addosso, tu sei solo mia e devi mettertelo in testa capito?!?» aveva iniziato ad urlare sbattendo una mano sulla porta proprio a lato della mia testa.
«Sai cosa ti dico! Se non vuoi che esca senza vestiti la prossima volta tu e i tuoi amici evitate di farmi sentire parte del gruppo quando invece per voi sono solo una povera scema a cui far fare cosa tremendamente stupide per cui verrà presa in giro per i prossimi sei mesi!!!» anche se intimorita dal suo sguardo avevo iniziato ad urlare anche io.
«Ma che cazzo stai dicendo per noi sei sempre stata parte del gruppo» adesso mi prendeva anche in giro.
«Ah davvero io sarei sempre stata parte del gruppo, allora se come dici tu ero già parte del gruppo per quale oscuro motivo mi avete trattata come qualsiasi sconosciuta che venderebbe pure sua madre per entrare nel vostro gruppo?!?» adesso i ruoli s’erano invertiti ero io quella incazzata e lui quello mortificato.
«Beh per pura formalità, adesso è meglio se vai a dormire non devi sforzarti o il fianco ti farà ancora più male domani» ok ma chi si credeva di essere.
«Ahahahah fammi un favore evita di fare ste scene la prossima volta e domani farò la stessa lavata di capo agli altri e sarà meglio che abbiano una valida spiegazione per i vostro comportamento e adesso per favore sparisci» per quella giornata non volevo vedere più nessuno, volevo solo chiudermi in camera mia a dormire.
Castiel non disse nient’altro salì sulla sua moto partendo a tutta velocità per tornare a casa, mentre io dopo aver salito le scale senza non poca fatica mi misi il pigiama per poi sprofondare in un sonno profondo.

Ok non so come scusarmi sono stata imperdonabile è da più di un mese che non do segni vitali. Un po’ per il computer rotto, un po’ la scuola, la famiglia e le vacanze mi sono completamente dimenticata di aggiornare questa storia. Questo capitolo penso di averlo riscritto una quindicina di volte, non mi piaceva mai il risultato finale, anche questa nuova bozza non mi convince più di tanto ma mi sono detta se non lo pubblico adesso non lo pubblico mai più; non so se avete notato ma per farmi “perdonare” ho scritto una piccola one-shot su Castiel e Isabell che festeggiano il Natale.
Spero che questo capitolo vi piaccia e ho visto che nello scorso capitolo l’idea di farvi decidere alcuni particolari dei personaggi vi è piaciuta vi chiedo ancora una cosa:

QUALE SARA’ LA REAZIONE DI NATHANIEL ALL’ENTRATA NEL GRUPPO DI ISABELL?

COSA DIRA’ ISABELL HAI RAGAZZI PER IL TATUAGGIO MA SOPRATTUTTO PER IL MODO IN CUI L’HANNO TRATTATA?

Spero recensiate in tante un grazie speciale a chi ha messo la storia tra le seguite, preferite e ricordate anche a tutte le lettrici silenziose
BUON NATALE anche se in ritardo e in anticipo gli auguri per un felice anno nuovo, ci vediamo dopo capodanno.
Bacioni Eli_99

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Capitolo 7
*** RABBIA E INCOMPRENSIONI ***


OK POSSO ANDARE A NASCONDERMI IN UN ANGOLINO MENTRE VOI MI TIRATE SASSATE. NON SO CON QUALE CORAGGIO PUBBLICO QUESTO CAPITOLO DOPO QUASI QUATTRO MESI D’ASSENZA.
L’UNICA COSA CHE POSSO DIRE È CHE SONO UNA PESSIMA AUTRICE E CHE MI DISPIACE UN CASINO.
QUANDO HO INZIATO QUESTA STORIA MI ERO RIPROMESSA CHE L’AVREI PORTATA A TERMINE E COSÌ HO INTENZIONE DI FARE SPERO CHE QUALCUNO SIA ANCORA INTERESSATO A QUESTA FANFICTION E ALLA SUA STUPIDISSIMA AUTRICE.
VI PREGO DI LEGGERE LO SPAZIONI IN FONDO E CHE DIRE SE NON
BUONA LETTURA.

RABBIA E INCOMPRENSIONI

Il mattino dopo mi alzai con non poca fatica dal letto, il fianco mi doleva ancora per la botta e il tatuaggio fatto ieri; per prima cosa mi diedi un’occhiata allo specchio per rifare la fasciatura, buttai quella vecchia nel cestino e stando attenta inizia a spalmare l’unguento che mi aveva dato Castiel solo pensare a quel nome crebbe in me un moto di fastidio, così diedi uno strattone alla fasciatura andando in bagno.
Visto che mancavano solo dieci minuti iniziai a vestirmi, misi una maglia con maniche a tre quarti a righe bianche e nere con un jeans strappato sul ginocchio nero, hai piedi un paio di anfibi e senza fare colazioni presi la borsa pronta a correre verso scuola; con mia grande sorpresa fuori dalla porta c’era Castiel con la sua moto rossa.
«Non fare storie e sali, ieri ti ho detto che non devi fare sforzi quindi vieni che andiamo» nonostante quello che gli avevo detto ieri, era venuto a prendermi e anche se ero ancora arrabbiata con lui accettai di buon grado il passaggio.
«Va bene ma solo per questa volta, perché son in ritardo» volevo ben sottolineare che quella sarebbe stata l’unica eccezione.
Salì sulla moto e dopo neanche cinque minuti eravamo nel cortile della scuola, Castiel parcheggiò la moto intanto io dopo avergli ridato il casco stavo andando alla lezione di matematca ma ancora prima di poter fare un passo la mano di Castiel prese la mia e insieme entrammo al liceo; nonostante i miei tentativi di divincolarmi la stretta del ragazzo davanti a me era troppo forte. Entrati nel liceo, sentì gli occhi di tutti puntati su di noi e una voce che mi chiamava dal fondo del corridoio.
«Isabell, Isabell aspetta, fermati!!» riconobbi la voce di Nathaniel mi chiamava dal fondo del corridoio, Castiel non aveva intenzione di fermarsi così puntai i piedi fin quando il ragazzo biondo non ci raggiunse.
«Isabell ti prego dimmi che non è vero, tu non puoi essere entrata in quel club!» aveva un tono di voce grave e preoccupata; mentre parlava continuava a fissarmi negli occhi.
«Nath se ti dicessi di no mentirei, ma anche se sono entrata nel “club” come lo chiami tu non vuol dire che non possiamo continuare a vederci» non volevo perdere Nathaniel era uno dei primi ragazzi che mi aveva accolta al Dolce Amoris.
«Sai cosa ti dico Isabell Edward, io ti avevo avvertito ma tu hai voluto fare di testa tua, pensavo fossi una persona migliore invece sei come tutte le altre ragazze di quello stupido club, e visto che adesso stai con quelli “giusti” non cercarmi perché io non voglio avere a che fare con quelle come te» mentre parlava mi guardava con disprezzo e ogni parola era detta con rabbia, devo dire che mi ferì ma prima che potessi rispondere vidi la mano di Castiel che prima era intrecciata alla mia, colpire il volto di Nathaniel.
«Non provare mai più a parlare in questo modo a Isabell, è meglio se gli giri alla larga o questo sarà solo l’inizio di quello che ho intenzione di farti» il ragazzo steso a terra non ebbe modo di replicare perché Castiel mi prese e mi trascinò in classe.
Stemmo in silenzio per il breve tragitto che ci separava dall’aula, quando arrivammo in classe il professore stava già spiegando; non provò neanche a rimproverarci visto gli innumerevoli ritardi di Cass, così ci andammo a sedere ai nostri banchi. La lezione di matematica sembrava non passare mai, anche perché per me la matematica era come arabo.
Dopo aver provato una decina di volte a fare lo stesso esercizio buttai dentro lanciando penna e quaderno sul banco, non so quanto tempo passò (a me è sembrato un’eternità) ma il professore iniziò a girare tra i banchi per controllare gli esercizi svolti, ero già pronta a beccarmi l’ennesima sgridata quando Castiel con un gesto veloce prese il mio quaderno ricopiando gli esercizi svolti da lui. Non ebbi il tempo di dirgli qualsiasi cosa che il professore arrivò ai nostri banchi.
«Molto bene signor Castiel, visto che è così portato in questa materia aiuterà la signorina Edward così non ci sarà più bisogno di ricopiare gli esercizi due volte» alle parole del professore sbiancai iniziando a urlargli contro.
«Ahahahah se lei pensa che io mi faccia aiutare da questo pomodoro a proprio sbagliato strada e poi non ho nessun problema in matematica e anche se fosse risolverei per conto mio non ho bisogno ne del suo aiuto ne quello del ragazzo qui di fianco a me, sono stata abbastanza chiara!» probabilmente nessuna delle persone presenti in classe si sarebbe aspettata una reazione così impulsiva da parte mia, infatti avevano tutti dipinto in volto facce sconvolte; il primo a riprendersi fu il professore che dire che mi guardava male era poco.
«Forse signorina lei non ha capito chi comanda qui, se dico che si farà aiutare dal suo compagno di banco lei si farà aiutare da lui e non voglio più sentire una parola da parte sua se no la mando direttamente dalla preside, sono stato abbastanza chiaro!» adesso si stava anche prendendo gioco di me, non avevo più voglia di ascoltare nessuno così presi su cellulare, cuffiette e sigarette usci dalla classe per andare in giardino a rilassarmi.
Rimasi seduta sul muretto in cortile ad ascoltare musica e fumare fino quando una chioma rossa ostruì la mia visuale.
«Ma che cazzo ti è preso in classe, se non lo hai ancora capito sono io quello scontroso e ribelle del gruppo, e poi sono venuto per dirti che da adesso fino alla fine dell’anno almeno due volte a settimana ci troviamo a casa tua per fare matematica ranocchia» se pensa che sarebbe stato così facile si era sbagliato alla grande; mi tolsi le cuffie e facendo finta di non aver ascoltato gli risposi per le rime.
«Senti pomodoro troppo cresciuto, non ho voglia di perdere il mio tempo con un imbecille come te, quindi non ho bisogno del tuo aiuto le tue ripetizioni te le puoi anche tenere e poi adesso devo andare a trovare quel gruppo di deficienti che hai come amici per dargli la lavata di capo che si meritano».
Senza sentire la sua risposta mi alzai dal muretto e mi avviai alle scale antiincendio dietro la scuola dove di solito si riuniva il gruppo, sentivo i passi di Castiel dietro di me ma ero troppo arrabbiata per aspettarlo o anche solo parlargli ancora. Arrivai a destinazione e li trovai intenti in una discussione abbastanza importante ma non ci badai più di tanto, mi posizionai in mezzo a loro e inizia la mia lunga ramanzina.
«Ma eccovi qua grandissimi pezzi di deficienti, ma con chi cazzo credevate di aver a che fare, con un’ochetta da quattro soldi come Ambra bene perché se credevate questo avete sbagliato tutto. io non sono un oggetto da usare quando volete, potevate anche evitare di fare tutta quella sceneggiata da finti amici quali siete per poi farmi sentire come una cretina trattandomi come tutte quelle stupide bamboline che pur di entrare nel vostro club venderebbero anche le loro madri!!!» mi rendevo conto di sembrare una pazza isterica ma ero veramente arrabbiata «Rosalya da te non me lo sarei mai aspettata ma devi dire che sei veramente un’ottima attrice veramente molto brava – inizia a battere le mani per complimentarmi con lei – e che dire di voi magnifici tanto quanto lei, sapete mi prenderanno per il culo per i prossimi sei mesi grazie alle vostre fottutissime prove, ma se fosse solo per questo certo mi sarei incazzata come una bestia ma dopo qualche giorno mi sarebbe passata ma no voi avete dovuto buttare altra carne al fuoco, non è vero Violet ?!? Dimmi se mi sbaglio ma questo “bellissimo” tatuaggio chi l’ha pensato? Ma davvero credi che sia un’trofeo a cui mettere la targa di appartenenza sapete forse Nathaniel aveva ragione, proprio questa mattina l’ho incontrato e per colpa vostra non mi vuole più vedere e ancora una volta mi ha ricordato con che razza di persone ho voluto instaurare un rapporto. Ma vi dico una cosa da qui alla fine dei miei giorni anche se faccio parte di questo stupidissimo club statemi lontani perché io non voglio avere niente a che fare con persone così egoiste e superficiali a cui non importa niente degli altri come voi, avete capito bene? E un ultima cosa Castiel anche se ho tatuato sul mio fianco la tua iniziale tu per me non sei niente vali meno di zero e non provare mai più ad avvicinarti a me!!!».
Così come ero arrivata me ne andai lasciando Violet e Rosalya in lacrime i ragazzi con una faccia sconvolta e mortificata allo stesso tempo ma soprattutto Castiel con i pugni stretti lungo i fianchi e un’espressione indecifrabile in volto; per il resto della giornata non vidi nessuno di loro e anche se faticosa mente tornai a casa sfinita e visto che la rabbia ormai era svanita aveva lasciato il posto a una grande tristezza e delusione causata dal loro comportamento.
Per non pensare all’enorme delusione appena ricevuta ritirai fuori il mio vecchio quadernetto viola ritrovato solo qualche giorno prima, iniziai ancora una volta a sfogliarlo ripercorrendo gli anni passati al college americano con quella che ormai potevo considerare la mia –ex famiglia, alcune lacrime iniziarono a solcarmi le guance e presto il mio corpo iniziò a essere scosso da profondi singhiozzi così seduta sul pavimento con le braccia a circondarmi il corpo inizia un pianto sconsolato finche per tutta la casa si diffuse il suono del campanello.

Ho visto che nello scorso capitolo l’idea di farvi decidere alcuni particolari dei personaggi vi è piaciuta vi chiedo ancora una cosa:

1. CHI SARÀ ALLA PORTA SECONDO VOI E COSA VUOLE DA ISABELL?
2. I FANTASMI TORNERANNO A INFESTARE IL PRESENTE ANCORA UN VOLTA O LA NOSTRA PROTAGONISTA POTRÀ VIVERE UNA VITA “SERENA”?
3. COME PRENDERANNO I RAGAZZI LO SFOGO DI ISABELL?

Spero ci sia ancora qualcuno disposto a recensire questa storia bacioni e ancora mille scuse
Eli_99

 

 

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Capitolo 8
*** 8. Incontri inaspettati ***


8. Incontri Inaspettati

 
Ma che splendore che sei,
nella tua fragilità.
E ti ricordo che non siamo soli
a combattere questa realtà.
Marco Mengoni - Esseri Umani -


 
Anche se con fatica mi asciugai le lacrime, lentamente passai davanti allo specchio cercando di rendermi quanto meno presentabile, raccolsi velocemente i capelli in una treccia laterale, passai delicatamente un fazzolettino umido sugli occhi e mi misi gli occhiali; davanti alla porta mi schiarì la voce prendendo un respiro profondo per poi aprire.
Quando aprì la porta davanti a me si stagliò l’immagine di un ragazzo dai capelli biondo cenere corti sui lati e più lunghi sopra tirati indietro da un paio di Ray-Ban neri, qualche ciuffo ribelle ricadeva sugli occhi castani con alcune sfumature verdastre che solo a guardarli ti ci perdevi dentro. Il naso non molto pronunciato aveva una piccola gobbetta segno di una precedente rottura; le labbra non troppo carnose erano decorate da un piercing sull’angolo sinistro.
Mentre ancora ero incantata a fissarlo il ragazzo mi sorrise l’asciando intravedere denti bianchissimi e una piccola fossetta sulla guancia sinistra, la mascella squadrata gli da un aria sicura di se ma la mia attenzione viene calamitata da una sottile collanina in argento che scompare sotto la maglia bianca che mette in evidenza la carnagione abbronzata e il fisico muscoloso, slanciato del ragazzo; le spalle sono larghe e le gambe vengono messe in evidenza dai jeans stretti neri, tiene una mano nella tasca anteriore dei pantaloni mentre l’altra si può dire che fosse il doppio della mia, è di due teste più alto di me infatti per guardarlo negli occhi devo inclinare la testa verso l’alto.
Non riesco ancora a credere che qui davanti a me ci sia una delle persone più importanti della mia vita, ma quando sto per aprire bocca vengo “imprigionata” in un caldo abbraccio, quando appoggio la testa sulla sua spalla non riesco a trattenere i singhiozzi cadendo mio malgrado in un pianto, questa volta di gioia, incredulità e sorpresa.
«Cosa diavolo ci fai qua? Ti sembra il modo di presentarti, non mi hai chiamato?!? Perché da quando me ne sono andata non mi hai più scritto o chiamato? Sei un Cretino!!!! Oddio sono così felice»ogni tanto gli facevo qualche domanda sperando di ottenere le risposte però lui continuava a tenermi stretta a se.
«Ei, ei calma adesso ricomponiti che ho una sorpresa per te!» mentre mi diceva queste parole si staccò da me facendosi di lato; dietro di lui si trovavano diversi ragazzi che mai più avrei pensato di rivedere.
La prima ragazza che vidi aveva una cascata di boccoli verdi che le scendevano sulle spalle fin sotto il seno con una piccola frangia che copriva di poco gli occhi due gemme di un azzurro chiarissimo, quasi bianco che io trovavo mozzafiato anche se molte erano le persone intimorite da quello sguardo. Il naso era piccolo alla francese con qualche lentiggine qua e la sulle guancie, le labbra a cuore piccole e rosse erano in netto contrasto con la carnagione lattea; appena sotto il labbro inferiore si poteva intravedere un piccolo piercing argentato.
Non era molto alta di statura e le corporatura minuta le davano un aspetto infantile che subito veniva smorzato dalle forme provocanti del seno e dei fianchi messi in risalto da stretti jeans chiari e una maglietta nera con uno scollo a barchetta, hai piedi calzava delle scarpe da ginnastica nere rialzate per dare l’impressione di essere più alta; le unghie erano dipinte di un nero opaco che richiamava il colore dei mille braccialetti stretti intorno al piccolo polso.
Sul suo fianco si trovava la mano di un ragazzo di uno trentina di centimetri più alto di lei, i capelli erano tagliati corti e neri, in netto contrasto con gli occhi di un verde smeraldo con qualche sfumatura più chiara, il naso accentuato e in più punti spaccato lasciava intendere i trascorsi del ragazzo, le labbra chiare e carnose venivano messe in mostra da vari piercing hai lati di quest’ultime; al collo si intravedevano due collanine una sottile d’oro mentre l’altra più spessa argento, queste si infilavano nella maglia a maniche corte grigia che metteva in risalto le bracca muscolose e le spalle grosse, il fisico alto e slanciato era stato scolpito da anni di allenamenti e ora i risultati si vedevano messi in mostra dall’abbigliamento del ragazzo, pantaloni aderenti della tuta neri, una maglietta a mezze maniche grigia e delle Adidas bianche hai piedi.
Guardava la ragazza tra le sue braccia come se fosse la cosa più preziosa di questo mondo accarezzandole ogni tanto il fianco o i capelli.
Di fianco alla coppietta felice c’era un ragazzo anche lui molto alto dai capelli neri che ricadevano su due occhi molto particolari uno azzurro cielo mentre l’altro blu scuro quasi nero; aveva un piercing al sopracciglio e uno sul naso pronunciato; la bocca era distorta in un ghigno malizioso mentre il ragazzo si passava la lingua tra i denti in un gesto che mi fece venire la pelle d’oca notai un altro piercing sferico. Rispetto agli altri ragazzi aveva un fisico minuti ma al tempo stesso slanciato e modellato da anni di palestra, vestiva con pantaloni blu scuro abbastanza larghi, un maglia bianca con sopra una felpa grigia aperta con il cappuccio calato sulla testa da dove spuntavano i filo delle cuffiette nere mentre l’altra veniva torturata dalla mano del ragazzo che nervoso aveva iniziato a giocarci.
«Daniel, oddio non ci credo sei venuto persino tu?!?» mi staccai dalle braccia e saltai letteralmente addosso al corvino che vedendomi arrivare si spostò di lato per farmi un dispetto, ma all’ultimo quando pensavo di volare con il sedere all’aria ecco le sue braccia che mi accolgono in un grande abbraccio.
«Tsè …..guarda the cosa devo fare, il raccoglitore di palloni!» ed eccolo li il solito acido e vecchio Dan.
«Pianta li che tanto lo so che ti sono mancata più che a tutti gli altri».
«AHAHAHAHAH perché questo lo dici tu» ma guarda un po’ questo che maleducato io facevo la carina e lo abbracciavo e lui mi ripagava così.
«Ei!!!! Primo io non sono una palla e secondo che bella accoglienza io faccio la gentile e tu mi prendi per il culo?!?» lo guardai male cercando di liberarmi dalla sua presa.
«Hey baby, I missed you so much!».
«Life without you is so boring, color my days» ed ecco quei rari momenti di dolcezza solo nostri.
«The sweetness, I missed you too stupid of my heart».
«Only your» ecco anche se era un grandissimo rompicoglioni sapeva come farmi sciogliere con poche parole.
«Ei voi due la volete piantare, se non ve ne foste accorti ci siamo anche noi» Axel era dietro di me con le braccia incrociate al petto ed un espressione buffissima in volto.
«Certo gelosone abbiamo finito ma cosa siete venuti a fare qui?» stampai un bacio all’angolo della bocca a Daniel per poi avvicinarmi a Axel.
«Ebony e Kyle hanno voluto accompagnarmi ad ogni costo Daniel come ha saputo che saremmo venuti a casa tua si è aggregato senza dire niente mentre gli altri sono ancora nell’hotel in cui alloggiamo» al sentire le sue ultime parole i miei occhi si spalancarono.
«G-gli a-a-altri sono qui?!?» non riuscivo a crederci.
«Eh già quando abbiamo finalmente scoperto dove ti eri rifugiata sono voluti venire tutti così ci siamo organizzati ed eccoci qua!» erano venuti tutti quindi dovevano esserci anche loro due.
Quando Axel vide un lampo di speranza passare nei miei occhi scosse subito la testa assumendo n’espressione delusa anticipando la mia domanda.
«Mi dispiace a non sono voluti venire» sul viso mi spuntò un sorriso di rammarico, nel mio cuore già sospettavo una sua risposta negativa ma com’è che si dice la speranza è l’ultima a morire.
«Oh fa niente. L’importante è che voi adesso siate qua con me» feci un sorriso andandoli ad abbracciare.
«Ma per quanto resterete?» speravo rimanessero il più a lungo possibile non c’è l’avrei fatta a resistere altro tempo lontano da loro.
«Io e Kyle resteremo fino a Natale, gli altri non so che progetti anno».
«Invece io per tua immensa gioia passerò il resto dell’anno con te visto che mi sono iscritto al programma di scambi culturali».
«Io invece posso restare solo per qualche settimana massimo un mese in questo ultimo periodo sono molto preso da impegni lavorativi a cui non posso rinunciare».
Facendo il punto della situazione Ebony e Kyle sarebbero rimasti fino a Natale non era molto tempo ma almeno avrei potuto passare un po’ di tempo con la mia migliore amica; Axel invece da li a poco sarebbe dovuto ripartire e questa cosa mi fa già venire il magone perché adesso che finalmente l’ho qua vicino a me non può restare per colpa del nostro sogno a cui io ormai da molto tempo ho rinunciato; mentre l’unico che sarebbe rimasto con me era quel rompiscatole di Daniel al solo pensiero mi veniva l’orticaria.
Nonostante il magone per la notizia appena ricevuta cercai di sorridere pensando ai lati positivi e cosa avremmo potuto fare nei prossimi mesi.
«Visto che resterete per così poco direi di andare a farvi fare un giro della città e poi andare a trovare gli altri, per dirgli che potete venire a stare tutti da me».
«Bella considerazione che hai del mio “Starò qui per un INTERO anno”» ed eccolo che già iniziava a rompere.
«Ma pianta lì Da, adesso voglio portarvi a fare un giro turistico che poi tutti a casa che vi cucino la cena» alle mie ultime parole vidi tutti i presenti fare facce terrorizzate finche Axel parlò a nome di tutti.
«Ma guarda veramente Bel noi stasera avevamo pensato di andare a cena fuori per festeggiare» non se ne parlava quella sera avrei cucinato io.
«Non se ne parla neanche stasera vi voglio tutti a casa mia non ho voglia di uscire» questa volta ad esprimere il parere generale ci penso Eb.
«Ma guarda non disturbarti potremmo ordinare cinese o una pizza» gli altri 3 annuirono convinti scuotendo velocemente la testa in segno di assenso.
«No no sarete stanchi di mangiare cose già preparate, stasera venite da me e cucino io non si discute».
«Guarda in albergo c’è Kaleb che è un cuoco fantastico, non penso che si offenderà se stasera gli tocca cucinare, perché diciamo che tu non sia tutto questo gran portento ai fornelli meglio se ti dai al canto honey» quei bastardi non si fidavano delle mie abilità culinarie ma li avrei stupiti tutti.
«Vi ho detto che stasera cucino io e sarà così, abbiate un po’ di fiducia disgraziati» loro anche se poco convinti annuirono debolmente alle mie parole mentre io soddisfatta della mia piccola vittoria sorridevo contenta trascinandoli nella via principale della città.
 
Passammo il resto del pomeriggio in giro per la città con io che gli indicavo i locali dove potevano fare un eccellente colazione, pranzo o anche solo potevi bere un caffè degno di quel nome; con Ebony svaligia ogni possibile negozio comparando di tutto e di più per poi far portare le nostre borse dai tre poveri ragazzi che ci seguivano con facce afflitte e un pochino irritate.
Quando ci provammo i vari vestiti non mancarono i commenti sarcastici e a volte maliziosi di Daniel subito stroncati da me e dalle occhiatacce di Kyle molto geloso della fidanzata e della sua piccola “sorellina”, quel pomeriggio nessuno dei ragazzi che incontrammo osò alzare gli occhi dalla strada per paura dei tre bisonti che ci portavamo appresso, io e la mia Best non smettemmo di ridere nemmeno un minuto quando al Mc un poveretto per sbaglio era inciampato in una delle mille buste che ci portavamo appresso rovesciando le patatine in testa a Daniel che incazzato nero subito l’aveva alzato di 10 centimetri buoni da terra iniziando ad urlargli contro se sapeva quanto costasse la sua bellissima felpa, alla fine erano intervenuti Axel e Kyle per farlo calmare mentre il ragazzino con il terrore negli occhi chiedeva scusa scappando via alla velocità della luce.
Quel pomeriggio passammo anche dal parrucchiere per fare una tinta, li i ragazzi ci lasciarono sole con le nostre mille buste andando a fare cose testuali parole “da maschi”, così io e la mia amica ci rilassammo; le raccontai di tutto quello che mi era successo al Dolce Amoris l’incontro con Rosalya, l’irritante sorriso di Nathaniel, dell’odio del prof di matematica nei miei confronti, le parlai persino di Castiel dei suoi fastidiosi sbalzi di umore cosa mi aveva fatto il primo giorno che ci eravamo conosciuti; le raccontai del club e di come mi avevano trattata del tatuaggio nuovo promettendole che glielo avrei fatto vedere appena arrivate a casa.
Mentre io le raccontavo della mia nuova vita lei mi aggiornava su cosa fosse accaduto in America dopo la mia partenza, del cambiamento radicale delle due persone più importanti della mia vita, dello scandalo sui giornali, la furia di Mr. Gold per la mia improvvisa scomparsa di come i ragazzi stessero acquistando ancora più popolarità tra i giovani e non; dalle sue parole capì quante persone erano state male per quello che avevo fatto e la voglia di ripartire con loro era tanta ma dentro di me sapevo che restare qua era la cosa migliore, se fossi tornata indietro mi sarei fatta del male da sola e io ero stanca di soffrire di essere presa in giro dalle persone a me più care così ricaccia indietro le lacrime e guardai con aria malinconica il mio nuovo/vecchio colore di capelli, un passo indietro verso la vecchia Isabel o meglio dire verso Black la ragazza per tutti senza un cuore.
Dopo il parrucchiere andammo alla ricerca dei ragazzi per ridargli le nostre mille borse, quando li trovammo erano in un negozio di articoli sportivi a guardare le nuove scarpette da calcio appena uscite, che cosa ci trovino di bello lo sanno solo loro. Tutti ci fecero i complimenti per i capelli e tra battute idiote e commenti vari su di me da parte di Daniel andammo al supermercato per comprare gli ingredienti per preparare la mia più che ottima cena.
«Black ti ho già detto che non è un problema se ordiniamo cinese, guarda la casa è tua è come se avessi organizzato tutto tu» ancora cercavano di farmi cambiare idea.
«Che palle che siete se non lo avete ancora capito stasera cucino io e non fate storie piuttosto abbiate un po’ più di fede» ed ecco ancora quelle facce da cuccioli bastonati che con me non attaccavano.
«Bene adesso tu Axel vai a prendere pasta, spezie varie, conserva e vongole. Tu Kyle prendi la carne, l’insalata e la salsa barbecue. Mentre tu Daniel vai a cercare le varie cose da bere io e Ebony prendiamo quello per il dolce e adesso tutti a prendere quello che ci serve ci ritroviamo alla cassa sei per le cinque».
Tutti scattarono sull’attenti gridando un Si Signora, io scoppia a ridere mentre con la verdina (?) da parte a me andavo a cercare il necessario per preparare una bellissima e buonissima torta al cioccolato. Mentre cercavamo gli ingredienti giocammo tra gli scaffali quando ad un certo punto Ebony mi lasciò in compagnia di Dan andando a cercare il suo ragazzo. Assicuratici che nessuno commesso fosse nei paraggi io mi infilai nel carrello mentre Dan spingeva correndo tra le corsie lanciandomi tutto il necessario per una cena fantastica, tutti ci stavano guardando chi sorridendo altri criticando il nostro comportamento infantile quando ad u  tratto svoltando nella prossima corsia vidi una testa rossa e u  paio di occhi grigi guardarmi stupiti e arrabbiati; non ci feci molto caso continuando a godermi la compagnia dei miei più cari amici.
Arrivati a casa corremmo in cucina pronti a cucinare una magnifica cena, io facevo il dolce con Ebony mentre impartivo ordini ai tre ragazzi di casa che anche se un po’scettici eseguivano; quando stavamo per infornare il dolce Axel tirò una manciata di farina a me e Eb così iniziò una battaglia di cibo coi fiocchi, alla fine c’erano Eb e Kyle che si spalmavano di panna per poi baciarsi subito; Daniel che dopo essere stato riempito di miele aveva deciso di farci una doccia mentre io e Axel in salotto ci ricorrevamo con in mano il cioccolato. Mentre stavo scavalcando il divano sono inciampata e mentre cercavo di rimettermi in piedi il ragazzo mi arrivò alle spalle cospargendomi da capo a piedi di cioccolato.
«Tu…..Tu razza di emerito troglodita come hai osato versarmi quel cioccolato in testa?!? Inizia a correre perché se ti prendo no esistono ma o però che tengono tu sei finito!» alle mie parole lui scoppiò a ridere.
«Quanto mi sei mancata Black» anche se ero un po’ infastidita non potei non arrossire quando lui avvicinò il suo viso al mio, entrai nel panico non sapendo cosa fare ma quando le sue labbra toccarono le mie il campanello ci fece staccare io corsi alla porta per aprire mentre lui mi raggiungeva.
«Ma cos…..».
 
 
 
 
Ciao bellissime <3
In questo capitolo come vedete ho presentato nuovi personaggi; non so in quante di voi se lo aspettassero ma non credo che la nostra Isabel tornerà molto presto con i ragazzi del Dolce Amoris.
Colgo l’occasione per ringraziare delle ragazze davvero molto simpatiche e disponibili per avermi suggerito idee e aiutato:
Martymary22122000
Alis 234
_YuKiNa_
 
Detto questo vi faccio ancora solo una domanda secondo voi chi sarà alla porta ma soprattutto chi saranno i ragazzi che Isabel ospiterà a casa sua?
Bacioni
Eli_99

 

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