Dei e popoli dell'universo - Il cielo di Tomobiki

di Ryoda_Oropa
(/viewuser.php?uid=59696)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Salto nel buio ***
Capitolo 2: *** Oropa ***
Capitolo 3: *** Il tonno ***
Capitolo 4: *** Nei ricordi ***
Capitolo 5: *** Singolar tenzone ***
Capitolo 6: *** Pensieri e parole ***
Capitolo 7: *** La lunga strada verso casa ***



Capitolo 1
*** Salto nel buio ***


sa

 

 

 

 

 

 

 

SALTO NEL BUIO

"Ascoltami bene, Paolo", disse un ragazzo con i corti capelli scuri e la barba leggermente incolta ad un suo amico in sella ad una moto. "Quel tipo mi sembra uno che sa il fatto suo...", continuò guardando un altro ragazzo, anch'esso in sella ad una moto.

"Non preoccuparti, Dario!", lo tranquillizzò l'amico mentre teneva il casco fra le mani. "Non sarà certo un motociclista da quattro soldi con una moto modificata a farmi paura; su queste strade ciò che occorre è il coraggio".

"Ed io ne ho da vendere!", ribadì con estrema convinzione il misterioso centauro prima di allacciarsi con cura il casco; poi scalciò sulla pedalina di accensione della moto e dallo scaricò partì un ruggito metallico.

Paolo, a sua volta, serrò sotto al mento il laccio del casco, mise a folle ed accese la sua moto, una Enduro 50 conosciuta da tutti i ragazzi della zona come la moto modificata più veloce che esista.

Tutt'attorno vi era una piccola folla di giovani dall'aria festosa.

Come una nera e lucida serpe, la strada scendeva a valle in un susseguirsi di curve assai insidiose ed oltre il guard rail, ad attenderli in caso di sfortunato evento, metri e metri di vuoto.

Ragazzi e ragazze osservavano i contendenti con aria affascinata, i loro occhi erano eccitati dal brivido della sfida e dall'illegalità della contesa; di notte la strada era assai poco trafficata e la moda si era diffusa rapidamente fra i possessori di scooter e motocicli.

Ci si radunava in cima: il primo che arrivava giù aveva vinto e dopo un rapido susseguirsi di messaggi, le varie compagnie si riunivano per assistere allo spettacolo.

I ragazzi più grandi si portavano sul sellino le ragazze più belle, mentre a quelli più giovani toccavano gli amici a piedi oppure le ragazze meno appariscenti.

Paolo alzò lo sguardo al cielo nero tempestato da tanti puntini luminosi, prima di posarlo sul suo avversario e sulla sua moto: un mezzo dalle gomme larghe e così basso da sembrare appiccicato al suolo, mentre il rumore che emanava era indice di una corposa elaborazione.

"Tutto si giocherà sulle frenate", pensò Paolo. "Quella moto ha sicuramente un'accelerazione fulminea e tiene ottimamente la strada".

Dario diede un ultimo tiro alla sua lucky strike e si portò sulla riga bianca al centro della strada davanti ai due sfidanti ormai pronti e concentrati. Gettò a terra il mozzicone di sigaretta, sbuffò un fumo denso ed acre dalla bocca e alzò le braccia al cielo per richiamare l'attenzione su di sé; poi le abbassò di colpo e gridò: "VIA!".

Le due moto schizzarono lasciandosi dietro una nuvola di fumo bluastro finchè il rombo dei motori si fece più lontano dopo le prime curve.

Dario contò rapidamente fino a dieci e poi saltò sulla sua moto, caricando una bella ragazza e scese a valle per seguire l'andamento della corsa. Insieme a lui scesero i ragazzi più grandi, alcune ragazze si affrettarono a farsi accogliere sulle moto per scendere a loro volta... ma i due contendenti tenevano un ritmo indiavolato ed era impossibile cercare di raggiungerli.

 

Paolo, 17 anni, ragazzo sognatore e spensierato.

Centauro misterioso, età ignota, atteggiamento burino ma allegro.

 

Paolo si mangiava una curva dietro l'altra, scalava, staccava, piegava e riapriva, ma l'alto baricentro del suo mezzo era d'ostacolo nelle curve in piega; di conseguenza non riusciva a staccare il suo avversario dalla scia nonostante il vantaggio della perfetta conoscenza del tracciato. Ciò lo innervosiva non poco, portandolo spesso a commettere piccoli errori di traiettoria.

"Il cimitero dei fifty...", pensò Paolo preoccupato. "Quella è una curva tosta, parte larga per poi restringersi di colpo, costringendoti a rallentare bruscamente... ma sarà lì che lo staccherò!".

Il Centauro misterioso rimase incollato al portatarga del rivale lungo tutti i tornanti, avvicinandosi nelle staccate e perdendo metri sui brevi rettilinei, dove l'enduro a marce sfoderava un'accelerazione degna di una moto di maggiore cilindrata; tuttavia era tranquillo e sicuro di vincere. Il suo avversario evidenziava chiari segni di nervosismo e poi aveva visto il curvone largo stringersi di colpo; il suo avversario sarebbe stato costretto a rallentare a causa del battistrada stretto da enduro che offriva molta meno aderenza rispetto alle gomme larghe del suo scooter. Lì lo avrebbe superato tenendosi prima all'interno per poi fiondarsi all'esterno appena toccato il punto di corda della curva.

Ciò significava tagliare alla cieca la curva... una mossa rischiosa, ma l'unica possibile per aggiudicarsi la vittoria. E così fu: il Centauro misterioso infilò Paolo come aveva previsto, passando stretto e sparandosi largo.

Paolo, preso in contropiede, allargò la traiettoria mettendosi con entrambe le ruote sulla ghiaia sul bordo della strada.

Fu un attimo; un attimo fatto di dolore, scintille e un gran fracasso. Un attimo in cui asfalto e stelle si mescolarono e si scambiarono di posto per più di una volta. Un attimo lungo e freddo, di paura e delusione... un attimo interminabile... e poi, come panacea di ogni male e timore, il buio più totale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

word to html converter html help workshop This Web Page Created with PageBreeze Free Website Builder  chm editor perl editor ide

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Oropa ***


sa

 

 

 

 

 

OROPA

Tomobiki giaceva ancora addormentata nelle prime luci dell'alba; il cielo andava colorandosi prima di rosa e poi di azzurro, accompagnando il sorgere del sole di maggio.

Il ragazzo dei giornali lasciava di porta in porta il suo carico, mentre il lattaio sostituiva le bottiglie vuote abbandonate sull'uscio con altre piene.

A scuotere quella tranquillità fu uno stridio di acciaio sul suolo ed un forte botto, prima che i cinguettii degli uccellini tornassero a riempire il cielo limpido e sereno.

Paolo, supino al suolo e tutto dolorante, volle accertarsi di essere ancora tutto intero prima di aprire gli occhi; quindi mosse un ginocchio, poi l'altro, roteò un piede, poi il secondo e infine piegò le ginocchia. "Tutto in ordine!", si disse infine.

Alzò la testa e si accorse di avere ancora addosso il casco. Aprì gli occhi mentre giaceva fra i bidoni di acciaio dell'immondizia, sotto un traliccio della corrente; il vicolo era stretto fra due muri e lungo appena una ventina di metri, prima di immettersi nella strada principale.

Paolo si alzò e con suo sommo stupore, si accorse di non essere ferito e di non provare neppure il minimo rumore. Percorse barcollando pochi metri e fu assalito da una stranissima sensazione.

"Il mio avversario mi ha gabbato alla grande. Ho fatto un volo terrificante... dannata ghiaia! Le strade di montagna dovrebbero essere tenute meglio! Ma... dov'è la montagna?! La ghiaia?! I miei amici?! Insomma... dove sono finito?!?", pensò Paolo.

Guardandosi attorno si accorse di essere stato dislocato in un attimo da un posto all'altro, ma non sapeva assolutamente dove. Ciondolandosi per quei vicoli, quei muri, quelle case basse, Paolo fu asalito da un senso di déjà vu, convinto di aver già visto quei luoghi: il parco coi tubi di cemento, la sabbia e l'altalena, i grattacieli in lontananza... poi il suo sguardo venne attratto da una tarhetta metallica su una cassetta per le lettere con degli strani ideogrammi e sotto di essi, fra parentesi, una scritta.

(MOROBOSHI)

Paolo strabuzzò gli occhi, si diede due schiaffi sul viso e guardò meglio.

(MOROBOSHI)

"Ma questo è il cognome del protagonista maschile della serie animata di Lamù, ho letto anche il fumetto...", pensò Paolo incredulo. "Però può essere un cognome comune in Giappone... forse sono morto ed ora mi ritrovo in Giappone. Che bello! Ho sempre desiderato vederlo almeno una volta...".

La porta della casa a due piani che aveva di fronte si aprì di colpo ed un ragazzo dai capelli castani con indosso una divisa di colore blu scuro fece capolino urlando un saluto alle sue spalle.

Paolo lo fissò con la bocca spalancata e gli occhi strabuzzanti per la meraviglia.

Ataru si accorse che a pochi metri da lui un giovane immobile lo fissava con aria stravolta; non apparteneva alla sua cerchia di conoscenti e aveva i capelli a spazzola color paglia, gli occhi azzurri e i tipici lineamenti indoeuropei; inoltre indossava una tuta da cross e degli stivali in pelle.

"Tesoruccio, ho detto di aspettarmi!", disse una voce dolce da dentro l'uscio... ed infine apparve Lamù.

Paolo non riusciva a credere ai suoi occhi; Lamù svolazzava sopra le spalle di Ataru e anche lei aveva notato lo strano ragazzo che stava impetrito davanti al cancello.

Era leggermente diversa da come Paolo la ricordava: più femminile, occhi grandi e luminosi, bocca piccola e rosea, nasino un pò all'insù. I lunghi capelli fluenti erano di una strana tonalità di nero che riflettevano splendidi lampi azzurri o verdi quando venivano colpiti dalla luce del sole.

Il corpo, fasciato dalla morbida divisa alla marinara, lasciava intendere forme sode e ben svillupate... e non mancavano i cornini dorati e le orecchie a punta.

"Meraviglioso!", si lasciò sfuggire Paolo. "Questo è il sogno che aspettavo da tanto tempo".

"Tesoruccio, è un tuo amico?", domandò Lamù.

"Mai visto prima! Sembra un pazzo...", sbottò Ataru fingendosi seccato.

"Un bacio! Anche se è solo un sogno, voglio un bacio da te!", gridò Paolo scansando Ataru con una vigorosa gomitata e aggrappandosi a Lamù. Sentendosi stretta stretta fra le braccia di uno sconosciuto, la bella aliena si caricò di elettricità e la scaricò nel corpo dell'appiccicoso individuo.

Paolo sentì una tremenda botta strizzargli i muscoli del corpo; Lamù, Ataru e l'intera città sparirono all'istante per lasciare il posto ad un impenetrabile buio. Una seconda scarica elettrica lo fece nuovamente sobbalzare e nella sua mente esplosero immagini cupe ed indecifrabili... sagome umane lo attorniavano lampeggiando di blu e di rosso ad intermittenza regolare, urla storpiate e sommesse... e poi il buio.

Quando Paolo aprì gli occhi la luce trafisse la sua mente come una lancia; era sdraiato a terra con una garza umida sulla fronte e vicino a lui vi erano Lamù, Ataru e sua madre.

Ten svolazzava nella stanza lanciandogli occhiate carichi di interrogativi. "Ten... ti ho sempre visto come una piccola, adorabile peste!", pensò Paolo. "Spesso immaginavo di averti come fratellino... quante volte ti ho chiesto in prestito lo scooter a levitazione, da ragazzino...".

Poi Paolo posò gli occhi su Lamù. "Lamù-chan, immaginavo che la tua scossa fosse intensa... ma non fino a questo punto! Povero Ataru...", si disse il ragazzo.

Ataru fissò serio Lamù e le disse: "Guarda come lo hai ridotto! Sei sempre la solita...".

"Ma l'intensità era standard...", si giustificò la bella aliena.

Paolo balzò fuori dal futon con l'agilità di un felino. "Mi sento benissimo! Ci vuole ben altro per mettermi al tappeto!".

Ataru e gli altri rimasero allibiti vedendo quel ragazzo sprizzare energia da tutti i pori.

"Scusatemi, non mi sono ancora presentato!", disse Paolo in tono brillante rivolgendosi principalmente a Lamù. Avrebbe voluto proseguire, ma all'improvviso si bloccò.

"E ora che cosa mi invento?", pensò il ragazzo indeciso. "Mi chiamo Paolo, ma in Giappone l'uso della lettera L è solo verbale e le parole con il suo suono vengono scritte con la lettera R. Dovrei chiamarmi Paoro, ma è orribile... Oropa mi sembra più accettabile!".

"Mi chiamo Oropa", disse infine.

"Degno di uno stupido!", bisbigliò Ataru. "Qual cattivo vento vi porta qui, signor Oropa?".

"Non essere scortese!", lo rimproverò duramente la signora Moroboshi. "Signor Oropa, avrà un posto dove andare, non è vero?! Qui le bocche da sfamare sono già tante...".

"Ben detto!", esclamò Ataru. "Sarà meglio che torni a casa, signor Oropa. un paio di giorni di riposo e si sentirà meglio!".

"Perchè invece non mi fate visitare il vostro quartiere?", propose il misterioso giovane. "Vengo da un posto diverso e in tutta sincerità non so proprio come sia finito qui. Forse camminando mi verrà in mente qualcosa...".

"Ottima idea!", esclamò Lamù entusiasta. "Tesoruccio, è una bella giornata. Accompagniamo Oropa a fare quattro passi a approfittiamone per uscire io e te!".

"Incastrato!", sbottò Ataru.

 

Oropa si voltò ad osservare la dimora dei Moroboshi; ciò che stava accadendo gli sembrava impossibile, eppure reale... l'aria del mattino era calda, il sole picchiava forte e il ragazzo si meravigliava continuamente di poter osservare e toccare con mano ciò che aveva sempre ritenuto opera di fantasia. I tralicci dell'elettricità, le piante delle aiuole, le recinzioni delle case... tutto era così vero da fargli paura.

Ataru si lamentava per il caldo, Lamù volava al suo fianco... aveva ammirato quella scena tante volte.

All'improvviso Oropa si accorse di indossare un elegante yukata di cotone bianco con striature irregolari nere al posto della tuta da cross. Desiderava da sempre un simile indumento, ma non era mai riuscito a trovarlo... il Giappone era come un lontano pianeta, per un ragazzo italiano abituato ai paesini di monagna.

Oropa era al settimo cielo; non gli importava più come ci fosse arrivato nè il perchè. Importava soltanto esserci.

Lamù era bellissima: le sue movenze eleganti, la folta chioma accarezzata dal vento scopriva un viso dolcissimo e sensuale al tempo stesso, i cornini, i canini e le orecchie a punta contribuivano a rendere l'insieme unico ed irresistibile.

Oropa sentì di colpo un profumo denso e soave; lo attribuì alla bella aliena... soltanto una donna poteva emanare un'essenza così dolce e sensuale. "Strano... è come se per un attimo le mie narici si fossero immerse nei suoi capelli", pensò il giovane.

All'improvviso un rombo nel cielo spazzò via la pace del mattino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

word to html converter html help workshop This Web Page Created with PageBreeze Free Website Builder  chm editor perl editor ide

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il tonno ***


sa

 

 

 

 

 

IL TONNO

"Benten-chan!", gridò Ataru mentre lo strano oggetto fece un'ampia virata prima di scendere in picchiata verso i tre ragazzi.

Ataru non perse tempo e fu subito addosso alla ragazza extraterrestre; Lamù lo strattonava nel vano tentativo di riportare all'ordine l'amato mentre Benten lo ignorava completamente, salutando l'amica e scambiando con lei alcune battute.

Ad un tratto si accorsero che lo strano ragazzo conosciuto in mattinata era imbambolato; avanzava barcollando, con le mani protese in avanti e le ginocchia tremanti; aveva la bocca spalancata e gli occhi spiritati fissavano costantemente la nuova arrivata. Poi l'attenzione del ragazzo cadde sul veicolo di Benten e con voce tremolante Oropa le chiese lumi sul funzionamento del mezzo.

"Non è molto diversa dalle motociclette terrestri", affermò seccata l'amazzone aliena. "Accelerando si aumenta la spinta, frenando si decelera, girando il manubrio a destra o a sinistra si decide l'angolo di imbardata e trirando verso di sé il manubrio si azionano i flap per alzare o abbassare il muso. Bisogna prenderci la mano, ma è più facile di quanto si creda!".

Lamù spiegò all'amica che tale Oropa era apparso in mattinata ed ora cercavano di capire chi fosse, da dove venisse e come liberarsene.

Mentre Oropa passava in rassegna il veicolo, i tre giovani lo fissavano pieni di interrogativi... Lamù lo trovava strano ma simpatico, Ataru lo odiava e Benten era gelosa che uno sconosciuto posasse le sue luride mani sulla sua moto spaziale.

All'improvviso Oropa montò in sella, premette un pulsante e sgasò con la manopola del gas. Benten fece appena in tempo a balzare a bordo aggrappandosi con le braccia al collo del ragazzo prima che questi schizzasse via a velocità supersonica!

"FERMATI, DANNATO LADRO!", gridò la ragazza.

"Abbi fiducia in me!", rispose tranquillo Oropa.

"IN TE?! TI HO DETTO DI FERMARTI!!"

"HO SOGNATO PER ANNI DI GUIDARE LA TUA MOTO SPAZIALE CON TE AGGRAPPATA ADDOSSO! NON MI FERMERAI PROPRIO ORA!!".

Gli sguardi dei due si incrociarono per un lungo, tesissimo istante. Benten gli sorrise di gusto, cinse la sua vita liberando il collo e gridò al suo orecchio: "ALLORA FAMMI VOLARE!!".

Oropa non chiese di meglio e si infilò il casco senza mollare l'acceleratore; chiuse la visiera e puntò il velivolo in verticale verso il sole. "Voglio toccare il cielo!", pensò Oropa come un novello Icaro.

Arrivò sempre più in alto, poi lasciò acceleratore e manubrio, allargò le braccia e insieme cominciarono a precipitare giù, sempre più veloce. Oropa appoggiò le mani sulle braccia di Benten; la sua pelle era liscia e setosa e il ragazzo provò un piacere immenso.

Il veicolo precipitava giù a velocità incredibile... il quadro strumenti del mezzo era come impazzito, lampeggiava ed emetteva un suono acuto sempre più rapido e minaccioso.

"L'ALTIMETRO!", gridò Benten. "RECUPERA L'ASSETTO IMMEDIATAMENTE O CI SCHIANTEREMO!!".

"Non ancora!", pensò Oropa mentre continuava a stringere le braccia della ragazza.

"MOLLAMI SUBITO E RECUPERA!!", ordinò l'amica di Lamù.

"NON ANCORA!", insistette il ragazzo mentre il velivolo prese un moto a spirale molto vorticoso.

"TI PREGO, RECUPERAAA!", urlò infine Benten ormai spaventata a morte.

"Ci sono riuscito!", pensò estasiato Oropa. "HO FATTO VENIRE LA PELLE D'OCA A BENTEN!".

Il giovane afferrò e tirò a sè il manubrio, mandò a fondo l'acceleratore ed una fiammata azzurra scaturì dal reattore. La virata fu fulminea e il veicolo schizzò fra le strade e i tetti delle case ad una velocità tale che lo spostamento d'aria rovesciò bancarelle, sollevò tegole e creò turbini di foglie strappate agli alberi.

Oropa era al settimo cielo; quell'adrenalina e la pelle d'oca di Benten lo avrebbero accompagnato per tutta la vita. Benten tremava e lui sentì il suo corpo scosso da spasimi contro la sua schiena; rallentò fino a velocità di crociera e volteggiò fra gli alberi del parco con incedere elegante e sinuoso come una serpe.

Lamù aveva portato Ataru in cima ad un palazzo e da lì avevano assistito a tutta la scena.

"Quello è completamente pazzo!", affermò Ataru.

"Benten sarà morta di paura o... felicissima!", disse Lamù.

Oropa si voltò verso Benten e vedendo del colorito bluastro sul suo volto, domandò premurosamente: "Tutto a posto?".

"Tu sei un folle!", rispose la ragazza. "Non so come tu abbia fatto a compiere quella manovra... ero convinta che la moto fosse in stallo ed irrecuperabile... non dovrei dirtelo, ma hai avuto una fortuna sfacciata!".

"Invece la manovra è andata esattamente come avevo previsto", pensò Oropa sicuro di sé. "Non una sbandata o una correzione improvvisa... nel momento in cui ho accelerato e tirato il manubrio la moto si è drizzata. Magnifico!".

"Non ti facevo così fifona! Avevo calcolato tutto alla perfezione, mio capitano!", scherzò il ragazzo.

"Non sono mai stata il capitano di un pazzo!", protestò Benten visibilmente irritata.

"Cominci ora! Ascoltami, Benten-chan: mentre salivamo ho avvistato la scuola di Ataru e Lamù e adesso passerò rasente il mercato del pesce e quando ne vedi uno enorme... afferralo!".

"Qual'è il tuo piano?", domandò l'amica di Lamù incuriosita.

"Ho intenzione di darlo in pasto ad un pinguino maniaco", rispose lui voltandosi nuovamente verso di lei con un sorriso beffardo. I loro occhi si incrociarono di nuovo e la bella amazzone extraterrestre arrossì leggermente... non sapeva spiegarlo, ma quel ragazzo era molto diverso da tutte le persone che aveva incontrato finora. Non era più bello o più attraente degli altri, ma si comportava esattamente come se la conoscesse da molto tempo, con una confidenza tenera e gentile allo stesso tempo.

"Pesce!", gridò Oropa.

"Preso!" rispose lei.

 

Megane osservava le fronde degli alberi scosse da una leggera brezza; Lamù e Ataru non erano venuti a scuola e ciò gli dava pensiero. Faceva molto caldo ed il professor Onsen gli ordinò di aprire la finestra per favorire il ricircolo dell'aria.

Megane obbedì e accolse con un lento sospiro l'aria fresca che lo investì in pieno. Poi un puntino nero nel cielo catturò la sua attenzione... si avvicinava sempre più velocemente e man mano che si avvicinava Megane riconobbe nell'oggetto la moto spaziale di Benten... guidata da un tipo sconosciuto!

"NON ANCORA!", gridò Oropa.

"Quando devo lanciarlo grida GO!", affermò Benten.

"Va bene!", rispose il giovane.

 

Megane sgranò gli occhi quando si accorse che il velivolo puntava dritto verso di lui; cercò di allontanarsi dalla traiettoria, dalla finestra e dalla figura minacciosa di quel tonno rosso lungo oltre mezzo metro che Benten impugnava saldamente...

"GOO!".

Oropa virò all'ultimo istante e la massa d'aria spostata investì l'aula in pieno: fogli di carta svolazzavano ovunque e strilli di ragazze spaventate impedivano di capire cosa stesse succedendo.

Quando finalmente tornò un pò di calma Shutaro Mendo corse alla finestra, ma l'immagine di Megane riverso a terra con mezzo tonno che gli spuntava dalla bocca lo congelò sul posto.

"Solo un mostro può compiere un'azione del genere!", esclamò il rampollo della famiglia Mendo.

"B-Benten ha lanciato il pesce, ma ho visto chi guidava il mezzo e... non lo conosco!", ribattè Shinobu.

 

Lamù e Ataru videro la moto spaziale arrivare lentamente, ondeggiando come se fosse guidata da un ubriaco e sia Oropa che Benten non riuscivano a smettere di ridere.

Non appena il mezzo toccò il suolo l'amica di Lamù si lasciò cadere a terra ridendo e tenendosi la pancia con entrambe le mani completamente incapace di controllarsi. Anche Oropa cadde goffamente dalla sella e si spostò verso Benten muovendosi a gattoni come un bimbo ancora in fasce. "Allora... ne è valsa... la pena?", domandò il giovane fra una risata e l'altra.

Benten si limitò ad annuire con la testa prima di scoppiare nuovamente a ridere.

 

La campana di mezzogiorno risuonò mentre Sakurambo sorseggiava del tè verde in compagnia del preside del liceo e di Kotatsu-neko.

"Sento un vento nefasto...", disse l'anziano bonzo. "Quel ragazzo biondo che guidava la moto di Benten non appartiene al nostro mondo".

Il preside e Kotatsu-neko si limitarono ad annuire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

word to html converter html help workshop This Web Page Created with PageBreeze Free Website Builder  chm editor perl editor ide

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Nei ricordi ***


sa

 

 

 

 

 

NEI RICORDI

"Abbiamo soltanto dato da mangiare a un pinguino", esclamò Oropa di fronte agli sguardi investigatori di Ataru e Lamù; Benten si era allontanata con una scusa.

I tre ripresero quindi la visita guidata di Tomobiki. "Chi sarebbe il pinguino?", domandò all'improvviso Ataru.

Oropa lo guardò e poi disse: "Megane!".

"Come fai a conoscere Megane?", chiese il giovane Moroboshi con aria stupita.

"Io vi conosco da anni. Siete i protagonisti di un fumetto e di una serie animata che continuano ad incantarmi dopo tanto tempo...", rispose Oropa.

Lamù e Ataru si avvicinarono al ragazzo con aria quasi incredula, ma lui decise di continuare. "Ho visto ogni vostra avventura... l'arrivo di Lamù sulla Terra, la corsa, il reggiseno strappato, la prima volta in cui siete usciti e l'hai portata in piscina e poi... quel magico giorno di Natale in cui ti sei accorto della sua bellezza e le hai chiesto di camminare al tuo fianco".

Ataru indietreggiò di qualche passo e poi chiese con voce tremante:"Chi sei davvero tu? Da dove vieni?".

"Ho visto anche il vostro ultimo film, la storia della principessa Lupika... io vengo dall'Italia e non ho mai visitato il Giappone finora... sicuramente non QUESTO Giappone. Ho avuto un incidente con la moto durante una sfida e di colpo mi sono ritrovato vicino casa tua, Ataru", concluse Oropa.

Ataru lo fissò incredulo e anche Lamù era molto stupita; ad un tratto la ragazza scattò in avanti e prese un capello dalla testa di Oropa prima di dirigersi verso la sua navicella.

Ataru ed Oropa si fissarono per lunghissimi minuti; nessuno dei due era convinto di ciò che aveva di fronte ed entrambi avevano validi motivi per diffidare l'uno dell'altro.

Oropa si trovava in un mondo di fantasia creato dalla fervida mente di un'autrice di manga giapponese e Ataru aveva di fronte un ragazzo impegnato a comunicargli che tutto il suo mondo, la sua stessa vita erano opera della fantasia altrui.

"Io vado a caccia di ragazze!", esclamò il giovane Moroboshi poco convinto.

"Ataru... io non so cosa stia succedendo", disse Oropa. "Ma sono felicissimo di essere qui... mi sono emozionato tante volte vedendo le vostre avventure e ciò che più mi addolorava era il fatto che ero consapevole dell'inutilità delle mie emozioni. Non avrei mai potuto parlarvi di persona... riesci a capire cosa significhi per me essere qui? Questo è un sogno che si avvera!".

"Io vado a caccia di ragazze", ribadì Ataru. "Tu fai pure come vuoi!".

"ATARU... FATTI ABBRACCIARE, AMICO MIO!!", gridò Oropa con le lacrime agli occhi.

"NON MI TOCCARE!!", gridò Ataru cercando di dimenarsi dall'abbraccio dello strano ragazzo. "TU SEI PAZZO!!".

 

Lamù inserì i dati e il capello di Oropa nel supercomputer della sua astronave... ma non ebbe risultati.

Allora consultò l'immenso spazioserver che riunisce i dati di ogni essere vivente del cosmo... ma anche lì, nulla di fatto.

Oropa non apparteneva al loro stesso universo e la bella aliena si mise ad armeggiare con ferri e strumenti con l'intenzione di realizzare uno scanner portatile speciale che facesse luce sul misterioso ragazzo.

Benten se ne stava nella sua navicella immersa in pensieri dolci ai quali non era affatto abituata, quando la chiamata di Lamù giunse dal grande schermo nella sala di controllo.

"Benten, ho fatto delle ricerche su Oropa; ho inserito il suo DNA preso da un capello, ma non esiste nulla che lo riguardi in tutto l'universo", disse la principessa degli oni all'amica.

"Sto costruendo uno scanner speciale per ottenere delle informazioni su di lui, ma ho bisogno del tuo aiuto", continuò Lamù. "Non riesco a sintetizzare uno spettro di raggi in grado di sondarne lo spirito...".

"Lo spirito?!?", esclamò Benten.

"Dal momento che non appartiene al nostro universo ho bisogno di studiare la sua anima e il suo spirito", disse Lamù.

"E io che cosa c'entro in tutto questo?", le comandò l'amica.

"Sei stata attaccata a lui per molto tempo!", esclamò Lamù facendo arrossire la povera Benten.

"Sicuramente una traccia della sua anima è penetrata in te... me ne basta una traccia e forse potrò riuscire nel mio intento", concluse la bella oni prima di chiudere la chiamata.

"Altro che traccia...", pensò Benten.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

word to html converter html help workshop This Web Page Created with PageBreeze Free Website Builder  chm editor perl editor ide

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Singolar tenzone ***


sa

 

 

 

 

SINGOLAR TENZONE

Le due ragazze discesero insieme verso la casa dei Moroboshi a notte inoltrata. "Ataru e Oropa sono già in camera", spiegò la signora Moroboshi alle due aliene.

Non appena le due amiche entrarono nella stanza Ataru corse ad abbracciare Benten, che lo respinse con più foga del solito.

"Com'è andata la giornata, tesoruccio?", domandò Lamù.

"Non me ne parlare!", rispose seccato Ataru. "L'ho portato a visitare la scuola nel pomeriggio...".

"Dove ho sfidato Mendo a kendo", lo interruppe Oropa.

"E hai perso!", concluse il giovane Moroboshi.

Qualche ora prima, Shinobu aveva riconosciuto nell'amico di Ataru il pilota della moto spaziale colpevole dell'incursione mattutina e Mendo, da buon vice capoclasse, aveva imposto ad Oropa delle scuse ufficiali.

"Solo se mi sconfiggerai in un duello!", ribadì quest'ultimo con aria di sfida.

Mendo indossava l'armatura da kendo completa, la palestra era piena di studenti accorsi per assistere alla sfida... mentre Megane era ancora sotto i ferri nell'ambulatorio di Sakura per farsi rimuovere quel dannato tonno dalla bocca.

"NON ASPETTARTI ALCUNA PIETA', PLEBEO!", gridò il rampollo della famiglia Mendo puntando la sua spada di bambù contro l'avversario.

"Preparati a perdere, Mendo", rispose Oropa sicuro di sé. "Conosco una tecnica che nemmeno puoi immaginare: la tecnica delle tre spade!".

Fra lo stupore generale, lo sfidante prese una prima spada e se la portò fra i denti, poi ne impugnò una seconda con la sinistra ed infine una terza con la destra; ultimati i preparativi, Oropa si dispose in una contorta posizione di partenza.

L'arbitro diede il via e Oropa scattò verso il suo avversario immobile... ma il combattimento fu breve, dato che Mendo lo evitò abilmente e gli assestò un colpo sulla fronte che mandò l'avversario al tappeto.

Successivamente lo sconfitto fu condotto al cospetto di Megane, il quale a risposta delle scuse gli lanciò maledizioni e ingiurie.

"Ma domani mi rifarò!", concluse Oropa sorridendo.

Lamù gli scattò una foto con uno strano apparecchio ed aggiunse: "Quando la spettrofoto sarà sviluppata faremo chiarezza sulla tua provenienza, ma bisognerà aspettare la mattinata di domani. Dormirai qui stanotte?".

Veramente non ho sonno", ammise Oropa. "Credo che uscirò a fare due passi".

Detto questo uscì dalla stanza e lanciò un sorriso e uno sguardo a Benten. "Esco anch'io... così lasciamo nell'intimità coniugale marito e moglie!", affermò la bella virago extraterrestre riferendosi ad Ataru e Lamù.

Quando i due furono in strada, le luci della camera di Ataru si spensero ed Oropa e Benten camminarono fianco a fianco guardandosi negli occhi.

A rovinare l'atmosfera fu Sakurambo, che sbucò dal nulla e pretese un colloquio privato con il ragazzo; Benten avrebbe voluto scaricare addosso al monaco tonnellate di piombo rovente, ma Oropa la disse che non era necessario e che avrebbe concluso in breve.

I due si allontanarono da Benten e svoltato l'angolo l'anziano monaco guardò il ragazzo scuro di volto.

"Tu non fai parte di questo mondo, ma so cosa sei..." esordì Sakurambo.

"Non sei così stupido come ti facevano sembrare, vecchio", affermò Oropa. "Parla, allora!".

"Ho percepito subito il tuo spirito", continuò il monaco. "Esso è presente in ogni cosa che popola questo mondo, viva o inanimata che sia... è come se ogni cosa sia fatta PARTENDO dal tuo spirito".

"Tu sai cosa mi ha portato qui?", domandò infine il ragazzo.

"Prima di tutto, il desiderio", rispose Sakurambo. "Avresti avuto la possibilità di trasmetterti in altri mondi immaginari, ma tu hai VOLUTO venire in questo...".

"E poi?", lo incalzò Oropa.

"Scusami, ma SENTO che ora non posso dirti tutto... è il destino!", concluse il vecchio bonzo prima di scomparire sotto un grande cappello di paglia.

Benten era appostata appena dietro l'angolo che i due avevano svoltato ed aveva sentito tutto; Oropa la raggiunse e le regalò un dolce sorriso.

La dea della fortuna invece era cupa; con il respiro tremolante si avvicinò al ragazzo e cominciò a parlare fissandolo intensamente negli occhi. "Che cos'è questa felicità che provo quando sono accanto a te? E questa paura che mi assale quando sei lontano da me? Sakurambo ha detto molte cose strane... se tu non sei di questo mondo e neppure di questa dimensione... vuol dire che hai un posto dove poter tornare...".

"Devo proprio tornare?", pensò Oropa. "Queste parole che ho ascoltato... avrei voluto dirle io!".

Gli occhi di Benten si fecero lucidi ed una lacrima scivolò lungo la guancia fermandosi sulla bocca. Oropa la baciò, appoggiando le mani sulle spalle di lei.

Il sapore era quello di una lacrima vera e il ragazzo ne rimase colpito; prima di allora non aveva provato alcuna sensazione di gusto... e neppure alcuno stimolo: fame, sete, sonno, freddo o caldo. Il suo respiro era regolare, la mente lucida; sentiva il suo corpo agile e leggero... sentiva il corpo di Benten contro il suo mentre gli splendidi occhi scuri della ragazza penetravano in profondità nel suo animo. Oropa avrebbe voluto baciarla con passione, stringerla forte a sé e trovare un posticino appartato... ma anche la stessa Benten era strana. In tutti gli episodi della serie e nel fumetto non si era mai comportata in maniera così dolce... e femminile.

Alla fine la ragazza scappò via senza dire una parola lasciando Oropa solo nella notte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

word to html converter html help workshop This Web Page Created with PageBreeze Free Website Builder  chm editor perl editor ide

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Pensieri e parole ***


sa

 

 

 

 

PENSIERI E PAROLE

Il ragazzo pensò a Dario... se fosse lì con lui si sarebbero divertiti alla grande! Il suo nome sarebbe stato Ryoda e insieme avrebbero vagato per la Tomobiki che anche lui portava nei suoi pensieri. Sicuramente Ryoda avrebbe fatto ingelosire Ataru tampinando continuamente la bella Lamù e si sarebbe esibito in sella alla sua moto davanti al lungo viale del liceo Tomobiki sfoderando il suo repertorio di acrobazie fra l'ammirazione delle ragazze... e invece Oropa era solo.

Il ragazzo tornò a casa Moroboshi e attese l'alba; Lamù lo vide e si avvicinò a lui.

"Che pace!", esclamò la bella aliena.

"Il resto della giornata invece è sempre un putiferio, non è vero?!", commentò Oropa.

"Sì, ma è molto divertente", ammise la ragazza sorridendo dolcemente mentre il giovane incrociò i suoi occhi in quelli azzurri di lei.

"Sai, Lamù... quando ero bambino ero terrorizzato dal cielo notturno, le stelle mi incutevano un terrore atavico... credevo che da lì sarebbero arrivati dei mostri che avrebbero distrutto il mondo. Poi siete arrivati voi... e qualcosa è cambiato in me. Da allora ho sempre immaginato che su una di quelle lucine lontane una bella aliena dal dolce sorriso e dagli occhi magnetici stesse osservando me e la Terra intera; grazie a te e ai tuoi amici ora sorrido sempre al cielo stellato!", concluse Oropa sentendosi immediatamente più leggero dopo quella confessione.

Lamù sospirò ed abbassò la testa; le sue piccole corna brillavano alle prime luci dell'alba. "Hai detto delle cose meravigliose. Questo mi fa capire quanto siamo importanti per te... ti ringrazio".

"Per un uomo nulla è più importante dei sogni!", disse Oropa mentre le lacrime gli solcarono il viso; Lamù prese un fazzoletto e le asciugò. "Puoi tenerlo", disse la ragazza sorridendo di gioia mentre lo porgeva ad Oropa.

 

Oropa aspettava i suoi amici in strada in compagnia di Benten; i due chiacchieravano come amici di vecchia data parlando di motori, di Lamù ed Ataru e delle avventure che lui aveva visto... e che lei aveva vissuto.

I due uscirono di casa e si unirono alla dea della fortuna e si incamminarono tutti verso la scuola.

Lamù prese da parte Benten e lasciò che Ataru ed Oropa le precedessero.

" La spettrofoto è pronta però...".

" Cosa?", chiese la dea.

"La spettrofoto dovrebbe catturare lo spirito o l'anima di una persona... ma se la si usasse proprio su uno spirito? Dovremmo vedere il suo corpo...", riprese Lamù.

"Vuoi dire che Oropa è un fantasma?", domandò Benten allarmata. Le due aliene guardarono i ragazzi del tutto ignari del loro stato di agitazione.

"Te la mostro", disse Lamù. "Benten, qualsiasi cosa tu veda... cerca di stare calma! Te lo chiedo come amica!". La dea della fortuna era già molto agitata e quelle parole non fecero che aumentare la sua tensione emotiva. Lamù le diede la spettrofoto lentamente; Benten la afferrò con mano tremante... e quando vi posò gli occhi sopra si paralizzò di colpo trattenendo il respiro. Si portò la mano libera alla bocca per soffocare un grido e si inginocchiò a terra singhiozzando. Lamù riprese la foto e la incoraggiò con parole dolci, poi controllò che i due ragazzi non si fossero accorti di nulla ed aiutò l'amica a rialzarsi, rimettendosi in cammino.

Sakurambo aveva assistito di nascosto tutta la scena.

Lamù si sorprese della reazione esagerata della dea; la Benten che conosceva non avrebbe avuto un crollo così esagerato ed anche se la spettrofoto era abbastanza forte, quasi cruenta... c'era qualcosa di strano in lei; appariva fin troppo... debole.

Nel cortile della scuola Shutaro Mendo si parò davanti ad Oropa e lo aggredì: "CHE COSA CI FAI QUI? NON DEVI TURBARE LA QUIETE NELLA SCUOLA!".

"Voglio la rivincita", ribattè calmo Oropa.

"La lezione di ieri non ti è bastata, eh?!", lo schernì Mendo. "Così sia, allora!".

Onsen arrivò di corsa annunciando l'inizio delle lezioni, ma venne bloccato da Ataru e dai suoi compagni; tutti erano curiosi di assistere nuovamente alla sfida fra i due... e per farsi quattro risate ai danni di Oropa.

La palestra era nuovamente gremita, Mendo si calò l'armatura ed attese l'arrivo dell'avversario; qualcuno raccoglieva scommesse, le ragazze commentavano il fascino di Shutaro in armatura e Shinobu teneva in grembo la volpina Kitsune.

Al gruppetto composto da Benten, Lamù e Ryuunosuke si unirono Sakura e Sakurambo; il vecchio monaco si rivolse a Lamù sottovoce: "Vorrei che mi mostrassi la stessa foto che hai mostrato a Benten. Ho parlato con Sakura poco fa e siamo giunti ad una conclusione sensata, ma mi serve una prova". Lamù gli passò la spettrofoto e Sakurambo la osservò con attenzione. "Proprio come pensavo!", affermò il bonzo.

In quel momento Oropa fece il suo ingresso con Ataru che reggeva tre spade di bambù. Lo sfidante di Mendo indossava dei pantaloni neri, una fascia verde in vita, una maglietta bianca ed una bandana nera sulla testa.

"La contaminazione si sta espandendo....", commentò Sakurambo sudando freddo.

L'arbitro decretò l'inizio della tenzone, ma i due duellanti rimasero a fissarsi; Ataru prese posto accanto a Lamù.

"SE NON ATTACCHI TU, LO FARO' IO!", gridò Mendo scattando velocissimo in avanti. Oropa si contorse in una stana postura, con una spada per mano ed una in bocca e poi lanciò uno sguardo d'intesa ad Ataru.

Il giovane Moroboshi sollevò la gonna di Lamù... e lo sguardo del rampollo della famiglia Mendo venne rapito dalla pelle liscia delle gambe dell'aliena.

"TORNADO DI LAME!" gridò Oropa cominciando a roteare su se stesso sempre più velocemente prima di scaricare tutta la forza centrifuga accumulata sul distratto avversario. Una forte folata si liberò dal centro della palestra ed il ragazzo in armatura venne sollevato per diversi metri dal suolo, per poi ricadervi pesantemente.

"Questo è male", commentò Sakurambo. "Oropa comincia a comprendere come poter alterare le cose a suo piacimento. Se continua così presto ogni cosa verrà cambiata a suo volere e il nostro universo, così come lo conosciamo, rischia di essere stravolto fino ad assumere le connotazioni da lui desiderate!".

Oropa tornò nello spogliatoio senza proferire parola alcuna, si spogliò e ripose gli indumenti nello stesso armadietto dove li aveva rinvenuti; aprì poi un secondo armadietto e ne tolse un paio di jeans blu ed una maglietta nera, li indossò e si calò sulla testa un cappello da baseball bianco che trovò appeso alla porta. Sakurambo, sua nipote Sakura e Lamù entrarono nello spogliatoio.

"Dobbiamo parlare, non è così!", disse il ragazzo.

"Prima guarda questa!", esclamò Lamù afferrando la mano destra di Oropa e depositandovi la spettrofoto.

Oropa si vide sdraiato in un letto d'ospedale interamente coperto di bende; alcuni tubi gli entravano nelle narici e nella bocca e dall'unico braccio scoperto dalle bianche lenzuola riceveva, tramite una flebo, le sostanze nutrienti e quelle liquide.

"Sembro... tranquillo!", affermò il giovane con un filo di voce.

"Per forza!", concluse Sakura. "Sei in COMA!".

"Lo sapevo!", disse Oropa con un sorriso di scherno. "Non c'era una curva peggiore di quella per andare a sbattere... tutto questo è un sogno, vero?".

"No, affatto!", esclamò Sakurambo guardando il ragazzo negli occhi. "Hai detto che noi siamo frutto dell'immaginazione, vero? Se è così, l'immaginazione occupa all'interno del cervello un posto molto vicino a quello dei sogni; anzi, le due cose sono spesso in contatto. Per esempio, quando si sogna, è come se una piccola porticina si aprisse e lasciasse entrare lo spirito nel mondo dei sogni e quindi si può venire in contatto con le materializzazioni mentali dei propri desideri".

"Quindi siete voi ad essere dentro me, vero?", domandò Oropa.

"Noi e tutto il nostro universo!", intervenne Lamù con gli occhi lucidi. "L'ho capito quella notte in cui abbiamo parlato, l'ho capito dall'amore di cui le tue parole erano impregnate...".

"Siamo giunti alla conclusione che durante l'incidente, a causa del forte colpo subito, la tua intera anima si sia rifugiata qui per poter sopravvivere; altrimenti, a causa dei danni cerebrali... saresti morto!", concluse Sakurambo. "L'unico problema è che ora tu non vuoi più uscirne e rischi di rimanere intrappolato qui nell'impossibilità di ristabilire la piena funzionalità del tuo cervello.

"Un bel problema!", ribadì Sakura.

"Se io restassi qui fino alla fine dei mie giorni...", cominciò il ragazzo.

"Distruggeresti il nostro mondo!", disse Sakurambo. "Non riesci a capire? Quella strana tecnica di prima, Benten innamorata... sei tu a volerlo! Cosa succederà quando ti stancherai? Cosa succederà quando ciò che si trova qui non ti piacerà più? Lo cambierai fino a mescolarlo con altri mille mondi frutto della tua immaginazione".

Oropa abbassò la testa e si sedette su una panca con Lamù al suo fianco.

"C'è una possibilità!", intervenne Sakura. "Se il tuo cervello è ancora in grado di accogliere il tuo spirito in queste ore dovresti aver avuto stimoli come fame o sete...".

Passarono lunghi attimi di silenzio in cui Oropa si sentì smarrito come non mai.

"Un odore?", chiese la bella sacerdotessa shintoista.

A quelle parole gli occhi del ragazzo si illuminarono e disse:"Sì, un odore intenso di donna... credevo fosse di Lamù. Anche un sapore salato; l'ho sentito quando ho baciato Benten mentre piangeva!".

Ataru irruppe nella stanza urlando: "COME HAI OSATO BACIARE BENTEN?!? MALEDETTO!!".

Erano rimasti tutti allibiti... eppure erano più allegri perchè c'era ancora una speranza!

"Non è molto, ma se te la senti di rischiare...", aggiunse Sakura.

"Lo farò!", disse Oropa sicuro di sé prima di uscire. Si avvicinò a Benten e insieme camminarono fuori dalla palestra, nel grande piazzale antecedente tenendosi per mano. Tutti li seguirono, ormai tutti sapevano... nello spogliatoio era stato lasciato un microfono acceso e questo aveva diffuso, tramite gli altoparlanti, i loro discorsi in tutta la scuola.

La spaziomoto era parcheggiata lì e Oropa chiese a Benten di portarlo in alto... sapeva come andarsene.

La dea della fortuna tratteneva le lacrime a stento... tuttavia obbedì: accese il mezzo, aspettò che Oropa si accomodasse e si staccò dal suolo puntando in alto.

Il ragazzo passò in rassegna con lo sguardo i suoi amici, Lamù, Ataru e tutti gli altri... era felicissimo e triste al tempo stesso. Aveva fatto uno strano sogno delirante ed ora doveva lasciarlo; eppure, in cuor suo, provava una terribile

nostalgia, un magone insopportabile che gli stringeva la gola e gli impediva di respirare correttamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

word to html converter html help workshop This Web Page Created with PageBreeze Free Website Builder  chm editor perl editor ide

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La lunga strada verso casa ***


sa

 

 

 

 

 

 

 

LA LUNGA STRADA VERSO CASA

"Posso farlo, posso farlo... POSSO FARLO!", si ripetè il ragazzo.

Lacrime brillanti caddero al suolo. L'ascesa fu breve, Benten fermò il mezzo molto in alto tenendolo in levitazione, incapace gi voltarsi verso Oropa. Il ragazzo provava un forte odio e contemporaneamente un immenso amore per quella ragazza.

"Non mi dici addio?", domandò il giovane; la ragazze tacque.

"Ti chiedo scusa", disse Oropa; ma Benten continuò il suo silenzio.

"LO CAPISCI CHE IO NON SO COSA FARE?!?", gridò Oropa disperato. "NON SO NEPPURE SE RIUSCIRO’ A TORNARE NELLA REALTA'... NON SONO PIU' NIENTE, BENTEN!".

La dea della fortuna cominciò a singhiozzare molto forte e appoggiò la fronte al manubrio del suo mezzo.

Oropa era fuori di sè: il suo cuore batteva impazzito come al termine di una lunga corsa; il suo viso era bagnato di lacrime; si sentiva sudato e freddo, respirò profondamente per alcune volte. Infine voltò la ragazza verso di sè, la strinse al petto con tutta la volontà che aveva e la baciò profondamente con gli occhi chiusi madidi di lacrime.

La dea lo allontanò gridando: "TUTTO QUESTO SERVIRA' SOLO A FARMI SOFFRIRE ULTERIORMENTE!! SO BENISSIMO CHE QUESTO SI TRATTA DI UN ADDIO DEFINITIVO!!".

Oropa sorrise dolcemente e si lasciò cadere nel vuoto. "Benten... so solo che resterai per sempre nel mio cuore e che non ti dimenticherò mai... insieme a tutti gli altri!".

"E ora saluta Oropa e ritrova Paolo!", si disse il ragazzo incapace di aprire gli occhi. "Queste emozioni voglio viverle nel mio corpo... nel mio mondo!".

 

"L'operazione è riuscita perfettamente", disse il chirurgo. "Abbiamo eliminato l'ematoma cerebrale ed ora è sveglio, ma è molto confuso e debole; perciò fate piano e stategli lontano il più possibile. Ha avuto molta fortuna!".

Paolo mosse piano gli occhi e vide volti familiari intorno a sè, tutti evidentemente commossi.

"Sono t-tornato", pensò Paolo in preda ad atroci dolori. "Mi s-sento u-uno... schifo!".

 

Una settimana dopo Paolo portava evidenti le cicatrici dell’accaduto ed alcune ferite non si ancora erano rimarginate del tutto; Dario gli mostrava gli articoli di giornale che riguardavano l'accaduto. "Ne hanno scritte di tutti i colori!", esclamò l'amico furibondo. "Gare clandestine, scommesse, droga, prostituzione giovanile... quel bastardo che ti ha sfidato si è venduto bene ai giornalisti!".

"Dario... siete stati molto in pensiero per me, non è vero?!", domandò Paolo cercando di cambiare discorso.

"Paolo... è stato orribile!", esclamò Dario. "La tua stanza era un continuo via vai di gente... a proposito, ho visto spessissimo Lara in questi giorni; era nella tua stanza, giorno e notte". Lara era una ragazza della compagnia, con lunghi e morbidi capelli dei colori dell'autunno e grandi occhi castani.

"Sai... il primo giorno in cui eri in coma ha pianto sul tuo petto", concluse il giovane.

Tomobiki era lontana; a Paolo gli venne un colpo di magone e alcune lacrime sgorgarono dai suoi occhi. Infilò una mano in tasca e ne tolse un fazzoletto di cotone rosa con una L ricamata... come quello che gli aveva dato Lamù.

Incredulo, lo piegò con cura e lo ripose in tasca più felice e sollevato. Paolo e Dario erano seduti su una panchina a bordo strada e sul marciapiede dall'altro lato un gruppo di ragazze si avvicinava.

Paolo riconobbe subito Lara e la chiamò, ma lei voltò lo sguardo ed accelerò il passo. Il ragazzo la raggiunse correndo, ma essendo molto debole inciampò quando le fu vicino... fortunatamente lei si voltò in tempo per sorreggerlo e disse: "Cosa stai facendo?".

"Io..volevo solo...ringraziarti!", disse Paolo.

"Dovresti essere ancora in ospedale!", esclamò Lara. "Che ci fai qui fuori?".

"Sono scappato un attimo, volevo uscire...poi torno dentro, promesso!".

"Allora ti saluto!", replicò freddamente la ragazza.

"Aspetta, Lara!", disse il ragazzo fasciato. "Dario mi ha detto che sei stata al mio fianco durante il coma. Io... voglio parlare con te". Gli occhi di Lara erano gonfi di lacrime, ma annuì e si allontanarono camminando.

"Mi piaci da tanto, Paolo", esordì arrossendo la giovane. "Dopo averti visto in quello stato ho avuto tanta paura; eri come morto... e per cosa? Per una stupida gara in moto! Eri lì per terra in un lago di sangue, prima che arrivasse l'ambulanza ti ho tenuto la testa; non riuscivo a svegliarti, ti chiamavo e non mi sentivi, poi i dottori ti hanno rianimato col defribillatore; vomitavi sangue, ma hai aperto gli occhi per un istante... poi hanno detto che eri caduto in coma, e che quello ti avrebbe probabilmente salvato...". Lara singhiozzava asciugandosi le lacrime con la manica del maglioncino.

Istintivamente Paolo prese il fazzoletto che aveva in tasca e glielo porse, ma lei lo rifiutò. "Tienilo pure, l'ho usato un giorno perchè piangendoti addosso ti avevo bagnato le labbra, poi te l'ho messo in pugno... enon l'hai più mollato!", esclamò mostrando uno splendido sorriso luminoso!

"Dunque il fazzoletto era suo... come la lacrima...", pensò incredulo Paolo. D'istinto la abbracciò, affondando il suo volto in quei morbidi capelli respirando profondamente il suo profumo di donna.

"Allora eri tu...", mormorò il giovane.

"Cosa?", domandò Lara.

"Quando ero in coma ho sentito un dolce profumo ed era il tuo... ed era tua anche la lacrima salata!". Paolo era stupito, ma felice; la abbracciò ancora e la strinse al petto; aveva sempre trovato Lara bellissima, ma non aveva mai osato immaginare che anche lui le piacesse!

I due si salutarono con una promessa. "Stiamo insieme...io e te!".

 

Paolo era ormai tornato a casa sua, i genitori erano ancora molto arrabbiati, ma era comprensibile; aveva fatto una stupidaggine colossale ed era tempo di pagare il debito!

Il ragazzo si addormentò contento; stare con Lara lo riempiva di gioia e condividere un sentimento così grande era meraviglioso. Tutto ciò lo fece pensare a Benten e allo strano sogno che aveva fatto...

 

"Non è possibile! Cosa ci faccio ancora qui?", si chiese Paolo mentre camminava sotto il sole di maggio che illuminava l'intera Tomobiki.

"Stai sognando!", disse Lamù seduta sul ramo di un albero.

"E tu che ci fai qui?", domandò il giovane.

"Ho creato una macchina che ci permette di parlare con te durante i momenti in cui sogni immerso in un sonno sufficientemente pesante; poi ho anche ideato un sistema che ci permette di accedere ai tuoi ricordi della giornata e visionarli, scartando le informazioni inutili e memorizzando le vicende dal forte impatto emotivo... sempre durante il tuo sonno!", concluse la ragazza.

"Così ora guardate il mio cartone animato, eh?", scherzò Paolo.

"Esatto!", rispose la bella aliena, "Ha anche un successo strepitoso!".

"Da non credere...", pensò il giovane.

I due si fissarono sorridendosi per lunghi momenti, poi Paolo prese coraggio e chiese: "Come sta Benten?".

"Bene, è tornata quella di sempre".

"Mi fa piacere!".

"Anche a me!", ammise la simpatica aliena. "Vederla così sdolcinata era così... innaturale!".

"Lamù, io lo so perchè sono finito proprio nel vostro mondo", disse Paolo. "La prima volta in cui vi ho visto in tivù ed ho osservato le vostre storie... io ho sentito che erano cariche di una magia molto speciale".

"Lo so... ho sbirciato fra i tuoi ricordi... ed eri pazzo di me!".

"Ora quella magia... la voglio vivere!".

"Lo so. Lara è davvero una ragazza speciale!".

"Salutami tutti, specialmente Ataru e Benten...". Paolo si interruppe, si voltò e disse: "Vieni avanti!". Un ragazzo biondo in yukata bianco e nero sbucò da dietro un albero.

"Ciao, Oropa!", esclamò stupita Lamù.

"Scommetto che non vedevi l'ora... vai con lei!", ordinò Paolo.

Oropa sorrise felice e disse: "Non sapevo più dove andare... portami con te, Lamù!".

La bella extraterrestre posò gli occhi su Paolo, ma lui la rassicurò con uno sguardo benevolo: "L'ho creato io no? C'è spazio anche per lui... Benten ne sarà felice, non potevo far finire tutto così, ma prometto che non interverrò più!".

 

Un lampeggio verde intermittente svegliò dal sonno Paolo; il telefonino segnalava un nuovo messaggio. Era Lara, non riusciva a dormire.

Paolo non ci pensò due volte e nonostante l'ora tarda scese in strada, inforcò la bicicletta e raggiunse la casa dell'amata. Fischiò piano e la finestra del secondo piano si illuminò; la figura scura di Lara sbucò da dietro le tende.

"Cosa ci fai da queste parti?", domandò la ragazza. "Ti rendi conto di che ore sono?".

"Le quattro di notte", rispose Paolo. "Ma in fondo non riuscivi a dormire...".

"Se i miei ci vedono saranno guai!", esclamò Lara.

"Voglio solo dirti una cosa", disse Paolo. "Nel sogno che ho fatto quando ero in coma ho visitato un mondo strano, ma denso di magia. Questo mondo reale, invece, ne è privo perchè le persone che lo popolano sono aride nel cuore. Pensano solo ai soldi, alla notorietà e si dimenticano dei sogni!

Ma io ho imparato una cosa da quel sogno: anche questo mondo può essere denso di magia... basta solanto volerlo e abbandonarsi alla magia più grande che esista... l'amore! Lara... me ne sono accorto da poco, ma io credo di amarti... voglio amarti!".

 

"CHE TENERI!", fecero in coro gli abitanti di Tomobiki davanti al maxischermo installato da Lamù.

"Un ragazzo speciale...", disse Lamù.

"Che ha trovato una ragazza speciale!", rispose Ataru guardando la bella aliena negli occhi.

I due si fissarono con gli occhi languidi e tremolanti, ed entrambi pensarono: "Siamo davvero fortunati!".

FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

word to html converter html help workshop This Web Page Created with PageBreeze Free Website Builder  chm editor perl editor ide

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=292526