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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologo *** Capitolo 2: *** #1 Mi dispiace *** Capitolo 3: *** #2 Pensare al domani *** Capitolo 4: *** #3 Nukenin o Eore? *** Capitolo 5: *** #4 Nukenin o Eroe? Parte II *** Capitolo 6: *** #5 Ad ogni azione corrisponde un'azione pari e contraria *** Capitolo 7: *** #6 C'è ancora qualcosa che non mi è chiaro *** Capitolo 8: *** #7 Sensi di colpa *** Capitolo 9: *** #8 Sogni Infranti *** Capitolo 10: *** #9 Una tavola scheggiata *** Capitolo 11: *** #10 La donzella da salvare... *** Capitolo 12: *** #11 ... e l'Eroe. *** Capitolo 13: *** #12 Ci sto provando *** Capitolo 14: *** #13 Un piccolo passo *** Capitolo 15: *** #14 La "prova"... La "cura" *** Capitolo 16: *** #15 Solo per lei. Sempre per lei. *** Capitolo 17: *** #16 Home *** Capitolo 18: *** #17 Rehab *** Capitolo 19: *** #18 Poco più che amici, poco meno di una coppia *** Capitolo 20: *** #19 Jealousy turning Saints into the sea, *** Capitolo 21: *** #20 Dolce e amaro *** Capitolo 22: *** #21 Cosa sei disposto a fare per lei *** Capitolo 23: *** #22 GOOD THINGS TAKE TIME *** Capitolo 24: *** # 23 Coming out of my cage. And I've been doing just fine ***
Per molti versi la
troverete
assurda e bizzarra, ma trattandosi di me, non poteva essere
differente.
“ Mi chiamo
Sasuke
Uchiha. Odio un sacco di cose e non me ne piace nessuna in
particolare. Non voglio parlare dei miei sogni... ma ho un'ambizione!
Riportare agli antichi fasti il mio clan... e uccidere chi so io.
“
No, questa
è vecchia -
ma fa sempre il suo certo effetto.
Ho percorso in
lungo e in
largo il mondo, cercando di espiare le mie innumerevoli colpe che
comunque continuano insistentemente a perseguitarmi. Ho imparato
molto in questo viaggio, ho visto posti meravigliosi e conosciuto
persone che mi hanno insegnato di nuovo a vivere. Avevo bisogno di
tutto questo, dovevo vedere con i miei occhi, questi "nuovi"
occhi e capire cosa ancora non andasse in me e nel mondo che mi
circondava per essere quello che sono adesso...
“Sono
Sasuke Uchiha.
Continuo a odiare un sacco di cose - anzi forse sono aumentate - e
non me ne piace nessuna in particolare - tranne i pomodori, ma ormai
questo é risaputo. Sognavo di diventare il " nuovo vento"
di Konoha, ma quel baka del mio migliore amico mi ha soffiato via il
posto e un braccio. Ho ancora un'ambizione e questa volta non
contempla fratricidi...
...
Voglio
restaurare il mio Clan”
" Mr Brightside "
Angolo
Autrice
Eccomi
qui... torno allo Shippuden.:-)
Ho
sempre adorato scrivere in questo contesto e devo dire la
verità...
mi mancava.
Ma
ultimamente sul sasusaku tranne che per il capitolo 685, mancava il
materiale. Quindi ho atteso la fine del manga e , guarda un po',
avviene la canonizzazione. Non potete immaginare la mia gioia! Il mio
cervello deviato ha subito iniziato a elaborare le più
impossibili fan da scrivere. Questa dovrebbe colmare il vuoto,
speriamo non incolmabile, tra il capitolo 699 e 700. Spero di
riuscire a rispondere a quelle domande che noi sasusaku ci siamo
poste... del tipo : “ Ma Sakura rimane incinta con la sola
imposizione delle mani?”
Sakura li aveva
raggiunti con
un balzo felino e dopo aver constatato la gravità della
situazione aveva impastato il chakra e iniziato a porre rimedio a
quel disastro.
"Grazie
Sakura-chan!"
aveva esclamato Naruto con la sua solita gentilezza.
Non aveva degnato
nessuno dei
due di uno sguardo, presa dal panico da quella ferita, amputazione,
recisione, sanguinolenta. Erano due idioti! Come avevano fatto a
ridursi in quel modo? Era stato davvero necessario quel confronto?
Non li avrebbe mai
capiti,
ormai se n'era fatta una ragione e gli stava bene, se lo meritavano,
di non avere più un braccio.
“Sakura
io...”
Ed ecco l'idiota
supremo. Il
concentrato divino di cazzate epiche.
“ Sta zitto adesso...
ho
bisogno di concentrarmi!” e averlo a così poca
distanza da
lei, inerme e malandato, già non le era di aiuto, ascoltare
qualsiasi cosa avesse da dirle, sarebbe stato troppo.
Quindi, con un
inaspettato
moto d'orgoglio che non sapeva neanche da dove le fosse scaturito, lo
aveva prontamente zittito, mentre le lacrime si accumulavano ai
limiti delle palpebre e premevano per uscire.
Si sentiva stupida.
Stava
piangendo, di nuovo. Sasuke, in fondo, non aveva tutti i torti a
considerarla noiosa e insopportabile, dato che non faceva altro che
piangere in sua presenza.
E temeva, anzi no,
era
terrorizzata, all'idea che lui potesse dire ancora qualcosa di
stupido e costringerla quindi a incastonare perennemente il suo corpo
nella mano marmorea di Madara Uchiha con un pugno ben assestato-
infierire su uno storpio andava contro il giuramento di Ippocrate.
Lui l'aveva
guardata
combattere contro le lacrime con il suo unico occhio aperto e si era
improvvisamente sentito... una merda.
Il grande Sasuke
Uchiha si
sentiva di merda e non solo per le pessime condizioni fisiche in cui
verteva, ma per aver razionalizzato di aver fatto del male a tutti,
anche a lei- soprattutto a lei.
Non si era mai
chiesto
davvero perché con lei avesse calcato così tanto
la
mano, provando quasi un sadico gusto a rifiutarla e denigrarla.
Dopotutto non rappresentava un pericolo per la realizzazione del suo
sogno distorto, il suo nemico era Naruto, era lui l'ostacolo
maggiore. Eppure, quando Sakura aveva ripetuto per l'ennesima volta
di amarlo, accecato da una insana rabbia, aveva cercato di liberarsi
dal peso di quelle parole che avevano risvegliato in lui lontani
ricordi: l'amore di sua madre, il calore di una famiglia. Aveva
reagito a quella dolorosa sensazione in modo brutale, ritenendo
noioso e improbabile quel tentativo di fermarlo.
Come faceva quella
sciocca
ragazzina a pensare a questioni così frivole come l'amore,
quando lui aveva esternato chiaramente quali fossero le sue
intenzioni?
Come nel Paese del
Ferro,
probabilmente aveva pensato di fermarlo, raggirandolo con quei
patetici sentimentalismi, ma lui aveva un progetto, uno scopo e
nessuno lo avrebbe fermato.
Inoltre, come
faceva a
pensare a lui ancora in quel modo? Credeva di essere stato abbastanza
chiaro in merito. Dopo tutto quello che le aveva fatto, il modo in
cui l'aveva trattata, da dove proveniva quella sicurezza? Come faceva
ancora ad asserire di amarlo? Cosa ci trovava in lui? Non era certo
l'esempio lampante dell'uomo di cui ci si poteva facilmente
innamorare, ma lei, testarda, continuava a piangere e a dirgli che
tutto sarebbe andato per il meglio, che uniti ce l'avrebbero fatta a
essere felici.
Non ci aveva visto
più.
Doveva farla tacere, chiuderle quella bocca bugiarda e melensa ,
abbassare il sipario su quella scena già vista in
precedenza,
chiarire una volta per tutte che il suo amore non aveva speranze e
soprattutto evitare che li seguisse - averla tra i piedi era l'ultimo
dei suoi desideri.
Le aveva quindi
trafitto il
petto, il cuore. Le sue lacrime si erano cristallizzate negli occhi
sbarrati e dalle sue labbra era uscito solo un gemito di dolore,
prima di accasciarsi al suolo priva di sensi. In quel momento non
aveva provato alcun rimpianto per ciò che aveva fatto,
nessuna
pena o dispiacere. Riteneva che fosse la cosa giusta da fare
perché
qualunque fosse stato l'epilogo di quella battaglia che si apprestava
a combattere, lei avrebbe dovuto ritenerlo un capitolo chiuso.
Pertanto era
più che
plausibile che lei lo odiasse, che non volesse più guardarlo
in faccia. Aveva guardato con tristezza i suoi occhi pieni di
lacrime, le sue labbra strette e le mani tremanti che trasudavano
ancora tutto quell'amore che lei aveva riservato solo a lui, da
sempre e si era reso conto - finalmente - che quel capitolo non
fosse ancora chiuso, non del tutto, che forse...
Improvvisamente si
era
sentito perso, annichilito dalla consapevolezza che meritasse il suo
odio, sperando in cuor suo che lei riuscisse a perdonarlo. Questa
volta però avrebbe dovuto fare lui il primo passo, umiliarsi
di fronte a lei.
Nonostante il suo
perentorio
ordine di tacere, una parola, la più giusta, era uscita
dalle
sue labbra.
"Mi dispiace"
E il cuore di
Sakura aveva
perso un battito. In realtà li aveva persi tutti... si era
fermato e stentava a ripartire e le lacrime aveva iniziato a scendere
senza alcun freno.
Dopo lo shock,
aveva poi
preso coraggio. Per una volta lui si era spontaneamente posto in
difetto, aveva ammesso che tra le moltitudini di cazzate che aveva
fatto, probabilmente ce ne erano alcune che la riguardassero
personalmente. Ma non essendone totalmente sicura aveva cercato di
appurare a cosa si riferisse...
“Ti dispiace? Per
cosa?”
Non si aspettava
che lui
elencasse tutte le volte che si era comportato da stronzo - non
sarebbe bastata una giornata intera -, né che le dicesse
qualcosa di melenso - sarebbe stato troppo bello per essere vero - e
quindi non si stupì più di tanto quando lo
sentì
riassumere il tutto in sette parole.
“Per tutto quello
che ho
fatto finora”
Vago, troppo vago,
vaghissimo. Oscenamente vago.
Ovviamente i suoi
pensieri
non si erano concentrati sul nukenin che era diventato, sull'aver
tentato di uccidere il fratello del Raikage, aver ucciso suo
fratello, poi Danzo, aver avuto un ruolo fondamentale nel far
scoppiare la guerra e infine aver cercato di eliminare anche Naruto,
ma a una panchina, un kunai alla gola e alla sua mano dentro lo
sterno.
"Faresti meglio!"
aveva esclamato, ritenendosi fortunata per quel poco più di
niente che le aveva concesso, aggiungendo uno " Stupido!"
liberatorio.
Parole sentitissime
e
limitative rispetto agli insulti e gli improperi che si sarebbe
meritato.
Era da tempo
immemore che
desiderava insultarlo e pensò che, probabilmente, conciato
in
quel modo, non avrebbe rischiato di essere carbonizzata da un
amaterasu.
Si era sentita
più
leggera. Il groppone che si portava dietro da quattro anni,
finalmente aveva trovato sfogo.
Che pensava? Che si
sarebbe
messa a piangere e avrebbe sussurrato il suo nome?
Ci aveva pensato,
perché
a piangere aveva pianto, ma con quel poco di orgoglio che le era
rimasto aveva optato per l'insulto al posto di "Sasuke-kun, sei
stato troppo avventato, ti amo lo stesso anche se sei un po'
psicotico e senza un braccio. Non importa se hai tentato di uccidermi
- due volte di fila - , se mi hai insultato come l'ultima cacca
dell'universo e se mi hai rinchiuso in un jutsu in cui mi trapassavi
da parte a parte, proprio in direzione del mio cuore innamorato. Non
importa, basta che tu sia qui, sano - più o meno - e salvo."
Aveva pianto,
pianto come non
mai, per il sollievo e la rabbia. E loro avevano sorriso.
Anche Sasuke -
straordinariamente.
Non sapeva da
quanto tempo
non vedeva il suo sorriso. Certo non era di quelli a trentasei denti
di Naruto, era sghembo, di chi non sa più come si fa, e
lì
per lì, con gli occhi appannati dalle lacrime, gli
sembrò
quasi uno scherzo della sua immaginazione.
Sì, lui
aveva sorriso,
riconoscendo in quell'insulto, il suo perdono. Quella strana
attitudine che aveva Sakura di perdonarlo sempre. Certo non si
sarebbe mai aspettato dalla Sakura che ricordava un vero e proprio
insulto. Probabilmente, in passato, come estrema ratio avrebbe
aggiunto un “Kun” per non eccedere, ma in quel
momento lo ritenne
più che appropriato, quasi ironico.
Forse lei, come
Naruto, era
l'unica persona al mondo che lo aveva sempre compreso.
In quel momento non
aveva
pensato al dopo, si era goduto quell'attimo di pace che non provava
da tanto tempo. Nessun pensiero, nessun dolore, tranne quello fisico,
albergavano nel suo essere.
Su quelle mani di
marmo, il
Team 7 si era riunito e sembrava come se il tempo non fosse passato,
se niente fosse accaduto: Naruto sorrideva, lui ci provava e Sakura
piangeva. Un quadretto fin troppo familiare.
Kakashi era rimasto
in
disparte, sapeva che sarebbe stato di troppo, perché i suoi
ragazzi necessitavano di stare da soli. Ormai erano cresciuti, ma in
fondo, erano rimasti sempre gli stessi.
Naruto e Sasuke
avevano
ancora qualcosa da fare prima di ritornare a casa. Sciolsero lo
Tsukuyomi infinito di Madara, risvegliando tutti dal sonno eterno in
cui erano stati rinchiusi. La guerra era davvero finita.
Sasuke
accontentò
anche la richiesta di Naruto di liberare i cercoteri e nel contempo
ebbe modo di riflettere su tutto quello che era successo, sulla
solitudine e sul desiderio di rivalsa suo e di Naruto.
Si rese conto di
non essere
mai stato solo perché il suo amico, suo fratello, aveva
sempre
condiviso il dolore che provava. Aveva vissuto per troppo tempo nel
ricordo di quella vita che gli era stata portata via, non rendendosi
conto che stava perdendo l'occasione di viverne una diversa. Aveva
fatto suoi i dolori e le speranze dei suoi genitori, di suo fratello,
credendo che l'unica strada possibile fosse la vendetta.
Era solo e affamato
d'amore
in un mondo pieno d'odio e più sentiva i morsi della fame,
più
allontanava tutti coloro che lo avrebbero saputo saziare.
Naruto non lo aveva
mai
abbandonato e adesso riusciva finalmente a capire perché lo
ritenesse un fratello. Loro due erano uguali, accomunati dagli stessi
desideri, dalle stesse paure; uniti da un destino che li aveva messi
a dura prova prima di fargli comprendere la vera essenza
dell'amicizia e... dell'amore.
-§-
Ciò
che Sasuke Uchiha neanche lontanamente immaginava era che quelle
“scoperte” avrebbero avuto un costo.
Fu
costretto a pronunciare le due paroline magiche - “ Mi
dispiace”
- a tutti i ninja dell'Alleanza che appena vennero a conoscenza della
tenda in cui i due Eroi – o l'eroe e mezzo – erano
in
convalescenza, iniziarono una lenta ed estenuante processione.
Ovviamente,
la precedenza l'avevano avuta i Kage – quelli che Sasuke
avrebbe
voluto ammazzare nel sonno.
Tsunade
fu molto dura verso di lui, l' insulto di Sakura era stato un
complimento in confronto al turpiloquio della bionda che era partita
dall'idiota per finire al bastardo traditore, passando per
appellativi che non è il caso di riportare.
Ovviamente,
aveva concluso il discorso assicurando loro che avrebbero riavuto
l'arto mancante, facendo presente all'Uchiha che doveva ritenersi
fortunato di avere ancora la testa attaccata al collo.
Sasuke
aveva ovviamente risposto: “Mi dispiace”. E lo
aveva detto con un
tono talmente convinto che Tsunade poté ritenersi
soddisfatta.
Con
il Raikage non gli andò altrettanto bene... Era ancora
inviperito per il braccio mozzato nel Paese del Ferro e il tentato
omicidio di Killer Bee che, invece, aveva tagliato corto con
“Hey
fratello, il futuro è più bello, la guerra
è
finita e con essa la sfiga”. Sasuke aveva alzato un
sopracciglio e
chiesto mentalmente a Naruto, suo compagno di tenda, se avesse tutte
le rotelle al proprio posto. Il biondo gli aveva sorriso sornione,
come per dirgli : “Senti chi parla”.
Il
vocione del Raikage aveva tuonato per una bella mezzora, chiedendo
giustizia. Per lui era inaccettabile che Sasuke potesse essere
considerato un eroe dopo tutto quello che aveva fatto, trovando
appoggio anche nel Tsuchikage, terrorizzato all'idea che potesse
diventare il nuovo Madara Uchiha.
Mei,
la Mizukage, aveva invece fatto notare come il gene degli Uchiha se
combinato bene, potesse prolificare ninja potenti e gli altri
l'avevano guardata un po' sbigottiti, credendo che avesse delle mire
in tal senso. Sasuke stesso sbarrò gli occhi all'idea, anche
se tra i suoi tanti propositi c'era anche quello di ripristinare il
Clan, aveva bisogno di una madre, non di una nonna per i suoi figli.
Gaara,
fno a quel momento era rimasto in silenzio, scrutando i due ninja che
dopo mille peripezie e combattimenti, erano lì, uno di
fianco
all'altro. Aveva sempre saputo che in cuor suo Sasuke non fosse
cattivo, era stata la vita a renderlo così, proprio come era
capitato a lui. Nonostante con Naruto condividesse il fatto di essere
entrambi una forza portante, motivo per il quale erano stati
allontanati da tutti, si era sempre sentito molto vicino all'Uchiha.
Anche lui aveva provato l'ebbrezza di quell'oscurità indotta
dalla necessità di sopravvivere. Naruto era stato
fondamentale
nel difficile cammino che lo aveva portato a essere quello che era:
il Kazekage del Villaggio della Sabbia, un buon fratello e un uomo
più sereno. A lui doveva molto e sicuramente anche Sasuke
doveva pensarla in quel modo. Il suo atteggiamento non era
più
spavaldo, né presuntuoso. Ascoltava con lo sguardo basso. Di
tanto in tanto lo vedeva stringere tra le dita il lenzuolo e
trattenersi dal proferire chissà cosa.
Naruto
spesso interveniva in sua difesa, come aveva sempre fatto, ma
sembrava come se entrambi stessero nascondendo qualcosa.
“Esigo
che venga punito severamente!E' un traditore!” concluse
infine A.
“ Sì,
ma senza di lui non sarebbe stato possibile sciogliere lo Tsukuyomi e
durante la guerra ci ha aiutati”
I
kage si voltarono tutti verso Gaara.
“Cosa
proponi quindi?” chiese il Tsuchikage.
“Che
gli sia data la possibilità di ricominciare” gli
rispose
brevemente. Il concetto era molto chiaro: voleva che gli fossero
condonate le sue colpe e che gli lasciassero scegliere la via da
seguire.
“E
se dovesse decidere di attaccarci?” riprese il nanetto dal
naso
rosso, accarezzandosi i lunghi baffi bianchi.
“Lo
fermerò io” gli rispose Naruto con risolutezza.
Quella
frase rassicurò un po' tutti. In fondo lo aveva
già
fermato una volta.
Sakura
aveva atteso fuori dalla tenda che il “concilio dei Kage
secondo”
terminasse.
Da
quando Sasuke e Naruto avevano preso la residenza al campo medico,
oltre che per le medicazioni, non aveva avuto modo di stare con loro.
Stavano
guarendo con una velocità inaudita e presto sarebbero potuti
tornare a Konoha.
Da
un lato era sollevata all'idea di tornare a casa, dall'altro temeva
che per Sasuke non sarebbe stata una passeggiata. L'idea che lui
potesse decidere di andare via di nuovo era fin troppo realistica da
poter essere sottovalutata.
E
lei avrebbe pianto, di nuovo. E si sarebbe disperata, di nuovo. E lo
avrebbe lasciato andare, di nuovo.
Non
aveva minimamente preso in considerazione che lui potesse –
magari
– pensare di ricambiare i suoi sentimenti per una volta. Le
aveva
detto “mi dispiace per tutto quello che ho fatto
finora” , non
“sposami e aiutami a ripristinare il Clan”. In
realtà in
quei giorni avevano avuto così poco tempo per parlare e
tranne
qualche sguardo sfuggente e un paio di sorrisi(da parte di lei,
perché lui aveva di nuovo dimenticato come si facesse), non
c'era stato altro.
Non
che si aspettasse il chiarimento del secolo e poi con Naruto sempre
tra le balle, Sasuke non si sarebbe mai sbilanciato a dire
alcunché.
E
lei si arrovellava il cervello, si poneva i più disparati
quesiti, avrebbe voluto porgli tante domande e questa volta, lui,
avrebbe dovuto rispondere.
Era
stanca di vivere nell'incertezza. Doveva aspettarlo? O dimenticarlo
per sempre?
Cos'era
per lui? Una donna con cui avrebbe potuto mettere su famiglia?
Un'amica? O una sorella?
L'ultima
opzione la fece rabbrividire. A quel punto avrebbe preferito non
saperlo.
Tutto
però suggeriva qualcosa del genere: considerava Naruto come
un
fratello, quindi lei era la sorella e Kakashi il padre?
Avrebbe
preferito lanciarsi dal monte degli Hokage e spiaccicarsi al suolo al
posto di udire una tale assurdità.
Ino
le aveva detto di lasciarlo in pace per un po', che tanto “dove
pensi che vada?”. Le aveva suggerito di dargli
tempo di
riadattarsi alla vita normale, di non pressarlo, perché
Sasuke
Uchiha era un po' come “un leone in gabbia, un
grande micetto
peloso in cerca di coccole, ma tendenzialmente incline alla vita
selvaggia”. Questi paragoni di Ino, se da un lato
riuscivano a
farla sorridere, dall'altro la facevano incazzare ancora di
più,
perché lei avrebbe pagato qualunque cifra per coccolare il
bel
micione.
Tuttavia,
non aveva tutti i torti sul fatto di lasciarlo con il guinzaglio
lungo per un po', anche se il mormorare delle ninja nel campo medico
su “quanto fosse bello il nukenin”, le creava un
certo prurito
alla mano e prima o poi, lo sapeva, sarebbe scoppiata.
Finalmente
vide uscire i Kage e sgattaiolò dentro la tenda, prima che
qualcuno avesse la geniale idea di richiedere la sua presenza
altrove.
Naruto
aveva una faccia da funerale, Sasuke... la solita faccia.
Iniziarono
a balenarle per la testa le più improbabili opzioni: lo
avevano condannato a morte – lo avrebbe seguito - ; lo
avevano
esiliato - anche in quel caso lo avrebbe seguito - ; lo
imprigionavano a vita – sarebbe andata a trovarlo tutti i
giorni –
e il suo cervello continuò a lungo a elaborare apocalittici
scenari, fino a che Naruto non le spiegò il vero il vero
motivo del suo broncio.
“Kakashi
è il nuovo Hokage”
Sakura
non riuscì a trattenere una sonora risata, tirando un
profondo
sospiro di sollievo e pensando mentalmente “ E chi
se ne
frega!”.
“Il
dobe pensava che il suo braccio valesse la nomina” tagliente
come
al solito. Quanto lo adorava! Ed era felice di poter sentire di nuovo
la sua voce, non le importava di sapere se un giorno avrebbe deciso
di ricambiarla o meno, voleva solo sentire la sua voce ogni volta che
ne avesse avuto voglia.
“Sta
zitto Teme! E' tutta colpa tua!” inveì Naruto,
incrociando
le braccia e mettendo il broncio.
Era
così bello vederli bisticciare, ma Sakura aveva bisogno di
conoscere la decisione dei Kage circa una questione che le stava
tremendamente a cuore.
“E
per quanto riguarda te, Sasuke-kun?” chiese con la stessa
titubanza
di una dodicenne, arrossendo come un peperone e portandosi una mano
davanti alle labbra.
“Devono
ancora decidere”
Quella
volpe dispettosa di Naruto non gli aveva neanche dato il tempo di
rispondere. Se non fosse stato in una branda malconcio, ci avrebbe
pensato lei a pestarlo per bene.
“ Ma
noi abbiamo un asso nella manica, vero Sas'ke?”
continuò,
rivolgendogli un sorriso birichino.
Sasuke
annuì, diventando più serio di quanto
già non lo
fosse.
A
cosa si riferivano? Cosa avevano in mente? Perché era sempre
l'ultima a sapere le cose?
Avrebbe
voluto approfondire il discorso, ma quella doveva essere una breve
visita, aveva tantissime cose da fare e voleva assistere Tsunade
nella creazione dei due arti dalle cellule di Hashirama, quindi
lasciò correre.
Sicuramente
quei due sapevano cosa fare e non avrebbe dovuto aspettare tanto per
scoprirlo.
“Adesso
devo proprio andare” si congedò, sorridendo a
entrambi.
“Di
già! Ma Sakura-chan noi siamo feriti e tu sei il nostro
medico, non puoi trascurarci!”
“Tornerò
più tardi e poi se avete la forza per bisticciare
così
male non state”
“Uffa”
borbottò Naruto, gettandosi sulla branda.
Sasuke
alzò appena lo sguardo dal lenzuolo e per un attimo, un
brevissimo istante, i loro occhi s'incontrarono e a Sakura, quello
che ci vide dentro, non piacque per niente.
Scappò
letteralmente fuori dalla tenda e corse a testa bassa per il campo
medico fino a sbattere contro l'ultima persona che avrebbe voluto
vedere in quel momento: Ino Yamanaka.
La
bionda notò subito lo stato di paranoia cronica in cui stava
vertendo la psiche della sua amica e placcandola con il proprio
corpo, volle saggiare a che punto fosse la sua Uchiha-ossessione.
“Se
ne andrà” le urlò “Se ne
andrà” ripeté
come un'invasata.
“Fronte
spaziosa, datti una calmata!” la scosse così tanto
da
staccarle quasi la testa, mentre un affranto Shikamaru al suo fianco
proferiva codeste parole: “Ci risiamo!” con il tono
più
abulico di cui era capace.
“Sasuke,
lui, via, vuole, andare, io... muoio!”
Ino
ci mise qualche secondo a mettere in ordine le parole sconclusionate
dell'amica, scoprendo che avessero un senso compiuto, in fondo.
“Ma
smettila! Dove credi che vada? Te l'ho già detto Sakura, un
milione di volte almeno. Naruto non glielo
permetterà.”
Sakura
non faceva che ripetere la stessa cosa come un disco rotto e lei era
stufa di rassicurarla sul fatto che l'Uchiha, per loro sfortuna, non
avesse alcuna intenzione di andare da nessuna parte e lei... non
si sbagliava mai.
Ma
Ino non lo aveva guardato negli occhi, non aveva visto quell'ombra,
né captato quell'aura di depressione cosmica che lo
circondava.
E
lei... lei era disperata, perché quello che fino a quel
momento era stato un semplice dubbio, si era trasformato in certezza.
E se l'asso nella manica di cui parlava Naruto fosse stata una fuga
strategica?
“Io
l'ho visto!” le disse con tono esasperato e a quel punto Ino
pensò
seriamente di farla internare, magari proprio con Sasuke –
stava
perdendo colpi peggio di lui, forse la guerra aveva avuto delle serie
ripercussioni.
“Hai
la palla di cristallo? Sei diventata una veggente?” le
chiese,
cercando di mascherare la sua insofferenza, a differenza di Shikamaru
che non faceva altro che sbuffare e alzare gli occhi al cielo,
cercando di sopperire a quella gran rottura, fumando una sigaretta.
“Ino,
ti dico che lo so, che ne sono sicura!”
“Te
l'ha detto lui?” ovvia domanda, a quel punto.
“N-no”
ebbe paura di risponderle -. nella più rosea delle ipotesi
l'avrebbe gonfiata di botte.
“E
allora come diavolo fai a saperlooo?” tuonò come
un tenore,
facendo scintillare i suoi occhi viola.
Dopo
tutta quell'assurda conversazione, Sakura, in effetti, non era
più
tanto convinta di aver letto negli occhi di Sasuke la cosa giusta
–
Ino aveva anche questo potere.
Forse
si era condizionata da sola e aveva riconosciuto in quello sguardo
triste la sua più grande paura perché pensava a
quello
dalla mattina alla sera. Forse Sasuke era solo triste per altri
motivi che non c'entravano niente con l'abbandonare il Villaggio... e
lei... di nuovo.
“Io
adesso non ho tempo di ascoltare i tuoi vaneggiamenti. Dobbiamo
finire di organizzare i funerali.” tagliò corto la
bionda,
superandola.
Che
stupida che era stata, non aveva pensato a Ino, né a
Shikamaru, né a tutti quelli che avevano perso qualcuno
durante quella guerra, mentre lei aveva avuto la fortuna di...
ritrovare Sasuke.
“Ti
chiedo scusa Ino” sperò che bastasse.
“Non
importa, almeno le tue idiozie mi distraggono un po'. E comunque,
sono pronta a scommettere una cena, che l'Uchiha –
“ahimè”,
avrebbe voluto aggiungere, ma evitò - rimarrà tra
noi
e... a lungo”
Sakura
le sorrise. Sembrava fosse passata un'eternità da quando lei
e
Ino si contendevano il suo cuore, che non batteva né per
l'una, né per l'altra. Ma a loro non importava. Lui era il
massimo: il più bello, il più figo e con il tempo
avrebbero scoperto che era anche il più stronzo, ma lo
amavano
incondizionatamente.
Quando
il Raikage lo aveva condannato a morte, Ino aveva pianto, meno di lei
sicuramente, ma aveva pianto e quando era giunto sul campo di
battaglia se non fosse stato per Shikamaru e Choji, gli sarebbe
saltata al collo. Tuttavia, dopo essersi svegliata dallo Tsukuyomi,
il suo interesse si era concetrato su... qualcun altro, qualcuno di
insospettabile e che incredibilmente sembrava ricambiare le sue
attenzioni.
“Meglio
così!” aveva pensato “Una rivale in
meno”
Con
il cuore un po' più leggero, proseguì fino alla
tenda
di Tsunade che stava raccogliendo le sue cose per il ritorno a
Konoha.
“Tsunade-sama”
“Ah,
Sakura, sei tu?”
La
donna sembrava davvero provata per gli accadimenti della guerra, un
periodo di riposo le avrebbe sicuramente giovato, anche se per il
potere del Byakugou, le sue cellule si rigeneravano velocemente e la
sua bellezza rimaneva intatta.
Realizzò
che anche lei deteneva lo stesso potere e che quindi Sasuke l'avrebbe
sempre vista giovane e bella.
Perché
non riusciva a pensare a nient'altro che non fosse Sasuke?
“So
a cosa stai pensando” la colse di sorpresa e
arrossì.
“Davvero?”
Da
quando Tsunade riusciva a leggere nel pensiero? O era così
palese che pensasse a Sasuke ogni secondo?
“Il
fatto che io abbia deciso di abdicare, significa che non
potrò
più farti da maestra”
“Ah
era quello!!!” pensò, tirando un sospiro di
sollievo -
affrontare un argomento del genere con Tsunade sarebbe stato
estremamente imbarazzante.
“Ma
credo di non poterti insegnare più niente. Sei diventata una
sennin molto potente e sarai un'ottima sostituta”
Le
parole di Tsunade le riempirono il cuore di gioia. Quando quel giorno
di molti anni prima si era presentata al suo cospetto implorandola di
prenderla come sua allieva, non aveva previsto di diventare una
sennin forte quanto lei.
Tsunade
era stata un po' come una seconda madre, l'aveva resa più
sicura di sé e le aveva insegnato a essere un ninja medico
di
un certo livello.
Sul
campo di battaglia, combattendo al suo fianco si era sentita
finalmente soddisfatta di se stessa e ora, doverle dire addio,
sarebbe stato davvero duro.
“La
ringrazio Tsunade-sama” con lei non erano necessari inutili
salamelecchi e preferì quel breve ringraziamento a un lungo
discorso di commiato che lei avrebbe sicuramente interrotto sul
più
bello.
“Vorrei
solo assisterla per la rigenerazione degli arti di Sasuke e
Naruto”
“Scordatelo!Avrai
ben altro da fare una volta tornati a Konoha. Shizune ti
spiegherà
tutto una volta lì.” categorica, perentoria...
Tsunade.
“O-ok!”
che altro avrebbe potuto risponderle.
In
pratica tutti i suoi impegni improrogabili si erano ridotti a badare
a quei due, fino a che, qualcuno, probabilmente Kakashi non gli
avesse dato il via libera per ritornare al Villaggio.
In
fondo non aveva alcuna fretta di tornarci se non per rivedere i suoi
genitori, quindi si sarebbe goduta quei giorni con i suoi due
compagni di sempre, cercando di allontanare dalla mente i funesti
pensieri su Sasuke e perché no, ottenere anche quel
benedetto
chiarimento che tanto bramava.
Angolo
Autrice
Capitolo
introduttivo. Niente di speciale.
Ho
cercato di rendere un po' la possibile introspezione dei personaggi
nei momenti topici. Il resto è tutta una mia invenzione.
Mi
auguro che questo primo capitolo vi sia piaciuto. Mi sono resa conto,
scrivendolo, di quanto mi sia mancato lo shippuden, di quanto sia
divertente scrivere in quel contesto e in alcuni momenti ho avuto
delle serie difficoltà, dato che le altre storie che ho in
piedi sono tutte Au. Cercherò di aggiornare con una certa
cadenza, ma come sempre non so darvi un giorno preciso.
Cercherò
anche di rispondere alle vostre recensioni, mi sembra il minimo, dato
il supporto che mi date costantemente.
Vi
comunico che nella giornata di domani, dovrei pubblicare i nuovi
capitoli di Kitchen, Hen Party e Entelechia. Non so in quale ordine e
non so se ce la farò a pubblicarli tutti e tre... il tempo
è
tiranno.
Mi
auguro che il capitolo sia stato di vostro gusto... in tal caso, mi
piacerebbe conoscere la vostra opinione. Se invece vi ha fatto
schifo, ditemelo lo stesso, anzi, i consigli sono sempre ben accetti.
Tra l'altro sto valutando l'ipotesi di trattare anche le altre
coppie, vediamo un po'...
Per
comodità Sakura
pensò bene di trasferirsi nella tenda dei due convalescenti.
Il campo medico era
praticamente vuoto e dato che gli ultimi ospiti necessitavano della
sua costante presenza - o almeno si era convinta che fosse
così
- aveva preso il suo sacco a pelo e si era ritagliata un angolino,
dalla parte della branda di Sasuke.
Aveva scelto con
cura la sua
postazione: da lì, infatti, avrebbe potuto guardarlo senza
che
lui se ne accorgesse - e a lei piaceva tanto guardarlo.
Durante la guerra e
nelle
poche "indimenticabili" occasioni in cui si erano
incontrati, non aveva avuto modo di osservare con attenzione quanto
lui fosse cambiato. I lineamenti erano delicati come quando aveva
dodici anni, forse leggermente induriti solo all'altezza della
mascella. I capelli ricadevano ai lati degli occhi ermeticamente
chiusi - o almeno lo sperava, perché farsi cogliere sul
fatto
non sarebbe stato molto edificante - ; le unghie della mano destra
erano scheggiate in vari punti, mentre dall'altro lato, il moncherino
non sembrava poi così brutto fasciato. Il torace pallido si
abbassava e alzava ritmicamente, scandendo i suoi respiri profondi.
Era quasi certa che stesse dormendo e un ingestibile desiderio di
toccarlo iniziò a ronzarle in testa come una mosca
fastidiosa.
Non che in quei
giorni non ne
avesse avuta la possibilità, essendosi occupata lei delle
medicazioni, ma quello che provava in quel momento era la voglia di
accarezzarlo con dolcezza, senza una ragione ben precisa; scostare
appena i capelli dalla fronte e testare la morbidezza della sua pelle
per avere la certezza assoluta che lui fosse davvero lì, che
non fosse uno dei suoi sogni in cui il team 7 era finalmente riunito
e lui era ritornato a casa... da lei.
Sfruttando il
rumore
assordante proveniente dal letto del suo secondo paziente -
quello
biondo, quello che russava - abbassò la zip del
sacco a
pelo e sgusciò fuori.
In punta di piedi
si avvicinò
alla branda e quando fu proprio in corrispondenza del suo volto...
... decise di
ritornare
immediatamente indietro.
Tutto il coraggio,
una volta
trovatasi a pochi centimetri da lui, era improvvisamente scomparso.
Si girò, quindi, e si mosse per ritornare al suo giaciglio,
quando ebbe come la sensazione di essere osservata.
Non da Naruto, era
certo, a
meno che non riuscisse a russare anche da sveglio.
Spinse la coda
dell'occhio
fin dove era possibile - se avesse potuto, fin dietro la testa - e
quella che fino a poco prima era stata una semplice e inquietante
sensazione, si trasformò in certezza assoluta: era sveglio e
la stava guardando.
Non doveva neanche
essere un
bello spettacolo... a differenza dei fortunati che avevano avuto il
permesso di ritornare al villaggio, lei non aveva ancora potuto
godere del piacere di una doccia. I suoi capelli erano sporchi e
annodati e la sua tuta da jonin, sempre senza una manica, era da
buttare tra i rifiuti tossici. Quantomeno era riuscita a sistemare le
cicatrici provocate dall'acido, riducendole a piccoli aloni un po'
più chiari rispetto al colore della sua pelle.
"Che stai facendo?"
"Ero
stata colta dalla voglia di toccarti ma alla fine me la sono fatta
sotto"
"Le fasciature.
Dovevo
controllare le fasciature"
Sperò
che se la fosse
bevuta. Spiegargli il vero motivo sarebbe stato umiliante e anche se
aveva ormai accumulato una certa esperienza in quel campo, le
sembrò
assolutamente fuori luogo reiterare nuovamente quella traumatica
esperienza.
"Dovresti dormire"
Ottimo suggerimento
che lei
aveva intenzione di mettere in pratica immediatamente,
uscendo
da quella situazione imbarazzante.
Strinse i pugni e
con la
testa tra le spalle ritornò alla sua cuccia, la coda tra le
zampe e una gran rabbia dentro. Se la prese con il suo pessimo
istinto che le consigliava sempre le azioni più sbagliate e
cercò di seguire il "consiglio" di Sasuke, sperando
di non invocare il suo nome nel sonno come spesso le accadeva - di
figuracce ne aveva fatte abbastanza.
Sasuke richiuse gli
occhi.
Non poteva darle
torto:
dormire con quella mietitrebbia nelle orecchie non era una cosa
semplice. Tuttavia, anche nel più completo silenzio,
probabilmente non sarebbe riuscito comunque a chiudere occhio.
C'erano troppe
questioni
ancora da sistemare: i cinque kage non avevano ancora deciso cosa
fare di lui e non sapeva se sperare o meno nel loro perdono. Una
condanna a morte o una prigionia a vita, infatti, avrebbero risolto
il secondo quesito : cosa fare della sua vita.
Tornare al
villaggio?
Ricominciare come se niente fosse accaduto?
Sicuramente Naruto
e Sakura
ne sarebbero stati contenti, ma lui... lui sarebbe riuscito a
perdonarsi? E gli altri come l'avrebbero presa?
In un processo
pubblico dove
da una parte si fossero schierati coloro che lo ritenevano in fondo
un eroe e quelli che ancora lo consideravano un nukenin, quale
sarebbe stata la fazione più numerosa?
Sperava di evitarsi
quantomeno quell'umiliazione, che i Kage decidessero in camera
caritatis, senza coinvolgere la gente del Villaggio. Gli Uchiha erano
invisi a Konoha ancor prima di tutto quello che aveva fatto lui, una
punizione esemplare avrebbe ricevuto molti consensi.
In fondo non gli
importava,
si sentiva totalmente svuotato e in un certo qual senso aveva
già
ottenuto la sua libertà. Lo scontro con Naruto gli aveva
fatto
capire di poter contare sugli altri e che per quanto si pensa di
poter fare tutto da soli, l'uomo, quello vero, non può
essere
un'isola. Solo con la collaborazione e la condivisione delle gioie e
dei dolori della vita si può vivere un'esistenza completa.
Ma lui non era
ancora pronto
per il salto, non poteva cancellare anni di solitudine e reintegrarsi
al villaggio come per magia. Il suo carattere necessitava di
metabolizzare quella nuova possibilità e di capire se fosse
quella giusta per sé e per gli altri e tra questi ultimi,
c'era anche Sakura che continuava a fingere che tutto andasse bene,
che lo guardava durante la notte e che fuggiva il suo sguardo di
giorno.
Sapeva che quella
misera
parola non avrebbe risolto granché, che ci sarebbe voluto
più
di un "Perdonami" - per quanto sentito - per sistemare le
cose con lei. Si sentiva in debito nei suoi confronti
perché,
nonostante tutto, lei non aveva mai smesso di credere in lui. Si
vergognava per tutto ciò che le aveva fatto, ma il problema
più grande adesso era capire cosa fare con lei. I suoi occhi
tradivano ancora quel sentimento che gli aveva confessato, presto o
tardi quel discorso sarebbe uscito fuori di nuovo e lui avrebbe
dovuto darle una risposta... una risposta vera, non un criptico
"grazie". Doveva analizzare i sentimenti che provava per
lei e questo lo spaventava più di un processo,
più di
una condanna.
Non voleva
più farla
soffrire, non se lo meritava, questa volta la sua risposta sarebbe
dovuta essere definitiva. Se avesse deciso di rifiutarla ancora,
forse si sarebbe messa l'anima in pace e avrebbe ricominciato la sua
vita con qualcun altro.
"Qualcun
altro...
Ma chi?"
Naruto era sempre
stato
innamorato di lei e con lui fuori dai giochi avrebbe avuto campo
libero. Da quello che aveva capito, però, in quel periodo
che
era mancato da Konoha, Hinata Hyuga aveva mostrato interesse per la
testa quadra.
L'idea di Naruto
conteso da
due donne era una scena talmente ridicola che involontariamente
inarcò le labbra in un sorrisetto malefico.
Non lo
invidiava affatto.
Con ogni
probabilità
avrebbe scelto la bigamia per non far torto a nessuno.
Tuttavia, non aveva
notato
alcuno sguardo languido tra i suoi due compagni di team - e lui era
un grande osservatore - quindi la possibilità che Sakura
ripiegasse su di lui erano infinitesimali. Inoltre, iniziare una
nuova vita con Naruto non avrebbe cancellato quella passata: il
ricordo del team7 sarebbe stato sempre troppo vivo e con esso il suo
ricordo.
Passò
quindi al
candidato successivo: Sopracciglione.
Anche lui aveva
sempre avuto
un debole per Sakura, le aveva dichiarato più volte il suo
amore con una teatralità da far impallidire un drammaturgo.
No, non
poteva volerle
così male.
A quel punto
sarebbe stato
meglio per lei rimanere zitella.
Shikamaru sembrava
più
interessato alle donne della sabbia.
Il "sostituto",
quel tipo strano, era più ignorante di lui in ambito
sentimentale, Sakura sembrava essergli affezionata, ma come amico,
come "caso umano" forse, e anche in quel caso, essendo il
suo sostituto, non l'avrebbe aiutata a dimenticare.
Kiba Inuzuka e
Akamaru -
perché con quei due o prendi il pacchetto completo o non se
ne
fa niente.
Francamente non
sapeva se a
Sakura piacessero i cani. Kiba aveva un caratteraccio e con Sakura
non avrebbe avuto vita facile. Sarebbe stata una relazione un po'
troppo turbolenta. E poi era troppo rozzo per lei.
Socchiuse appena un
occhio e
la spiò. Era raggomitolata nel sacco a pelo, i capelli
dietro
l'orecchio e un'espressione serena in viso.
Troppo
rozzo.
Nonostante in
quegli anni
fosse cambiata, ogni volta che posava gli occhi su di lei rivedeva
quella ragazzina noiosa, quella che era suo dovere proteggere.
Durante la guerra
non si era
interessato molto della sua incolumità, spesso aveva
preferito
proteggere Naruto e non lei.
Ma era stato
necessario – o
almeno questa era stata la sua scusante – perché
senza
Naruto la guerra poteva considerarsi persa e lei e Kakashi
rappresentavano solo un peso e un pericolo. Avevano rischiato di
cadere sotto l'effetto dello Tsukuyomi - e in quel caso era stato lui
a proteggerli, perché erano vicini a Naruto
- , erano
stati a un pelo dal precipitare in un mare di lava - Naruto li aveva
presi al volo e lui lo aveva salvato a sua volta.
Si chiese se
davvero non gli
interessasse della loro incolumità o se si cullasse sul
fatto
che Naruto sarebbe sempre accorso in loro aiuto prima di lui. Un
retaggio di quello che era accaduto nella foresta della morte e
durante il combattimento con Gaara "oscuro" - non quella
specie di Gandhi che era diventato.
Sicuramente gli
stava più simpatico prima che iniziasse anche lui a
comportarsi da uomo saggio.
Evidentemente
Naruto oltre che cocciuto doveva essere anche contagioso.
Naruto si era
sempre lanciato nella mischia per difendere tutti, il ruolo del
salvatore gli era stato sempre congeniale, mentre lui...
Lui voleva
diventare forte, non pensava ad altro, anche se la vita in Team gli
aveva insegnato a prendersi cura dei suoi compagni, soprattutto di
Sakura che era l'elemento debole. Il suo ego aveva subito un grosso
smacco vedendo più volte Naruto salvare baracca e burattini
e
a quel punto aveva deciso di percorrere la strada più facile
per ottenere il potere. Orochimaru glielo stava servendo su un piatto
d'argento anche se a un caro prezzo che alla fine di tutto sperava di
non dover pagare – diventare il contenitore di
quell'essere era
una possibilità raccapricciante. Per fortuna al
momento di
pagare il conto, il sennin era troppo debole e lui molto, ma molto,
potente e dopo aver ottenuto un diploma lampo in serpentologia
l'aveva
sconfitto. Certo
rimaneva il segno maledetto, ma per un po', almeno fino a che non
avesse ucciso Itachi, avrebbe potuto tollerarlo e usarlo a suo
favore.
Il
team Taka non aveva mai avuto niente a che vedere con il Sette, ma
aveva bisogno di una squadra per poter affrontare l'Akatsuki e
arrivare a Itachi. Karin, a tratti, gli ricordava Sakura. Con
Suigetsu aveva lo stesso rapporto che la Kunoichi aveva con Naruto
e... anche la rossa, come lei, aveva dimostrato più volte di
tenere particolarmente a
lui – anche in modi alquanto imbarazzanti.
Si
era circondato di tre elementi che in stranezza se la battevano, ma
che in fondo servivano allo scopo. Con loro non aveva condiviso la
sua infanzia, non aveva un passato comune se non quello di far parte
del vivaio di Orochimaru e in quanto ad affezione non avevano mai
occupato un posto speciale nei suoi pensieri.
Ma se fossero
morti? Se Kakashi e Sakura fossero morti, come l'avrebbe presa?
Dati gli ultimi
avvenimenti, probabilmente male, ma in quel momento in cui la cosa
che gli premeva di più era sconfiggere Kaguya – e
diventare in seguito il principe dell'oscurità -
forse
non avrebbe provato nulla.
La situazione era
leggermente cambiata quando era stato lui, poi, a trovarsi in
difficoltà e Sakura e Obito lo avevano salvato.
Si era accasciata
su di lui, sfinita dallo sforzo, e i loro sguardi si erano
incrociati.
Nelle sue iridi
verdi, che strenuamente cercava di tenere aperte, aveva visto un
incredulo sollievo e... anche qualcos'altro. Qualcosa che per un
momento, un solo istante, lui aveva condiviso: era affetto, misto a
quella gratitudine che la maschera di necessaria indifferenza che
aveva deciso di indossare non gli consentiva di dimostrare a parole.
Non era stata fortuna, ma la determinazione di Sakura a consentirgli
di oltrepassare il portale. Il suo viso era imperlato di sudore,
pallido, e la pelle bruciata del suo braccio destro, scottava sotto
le sue dita.
Era talmente
palese che lei non avesse rischiato tanto solo per paura che senza il
suo apporto le sorti della guerra sarebbero inevitabilmente state a
favore del nemico.
Questo ragionamento
poteva
valere per Obito, ma non per lei.
Lei aveva
da sempre
tentato di salvarlo: da se stesso, dalla vendetta, dal
dolore. Ma
non le aveva mai dato la possibilità di farlo.
Era forse giunto il
momento?
Darle quella
possibilità,
poteva essere la chiave di volta che gli avrebbe consentito di vivere
finalmente quei giorni felici che lei gli aveva promesso anni prima?
Le sue sinapsi
stavano
scricchiolando sotto il peso di quei ragionamenti che riteneva fin
troppo necessari anche se assurdi, dato che a breve avrebbe dovuto
prendere una decisione - ammesso che ne avesse avuta la
possibilità.
In quegli anni non
aveva mai
pensato all'amore, in senso romantico. Non era affatto predisposto a
effusioni come camminare per strada mano nella mano, sbaciucchiarsi
in pubblico o partecipare a noiose cene con i suoceri – tutte
cose
che sicuramente dovevano piacere oltremodo a quella ragazza dai
capelli rosa.
Lei non aveva
minimamente
idea di qual fosse la sua idea di coppia e... neanche lui, dato che
non era utile per vincere battaglie o per soddisfare vendette.
Si trovò
quindi a
riflettere su questo aspetto.
Forse vivere tutta
la vita
con una donna, avere dei figli, formare una famiglia e sperare che
nessuno decida un giorno di trucidarla poteva essere più o
meno un'idea, ma troppo lontana dalla realizzazione immediata che
avrebbe voluto Sakura.
Inoltre, a lei
sarebbe
bastato? Ovvero, lei si sarebbe accontentata dei suoi modi bruschi,
della sua indolenza nel parlare e della totale assenza di
romanticismo?
Francamente, in una
situazione come quella, non riusciva a immaginarsi diversamente. Lui
non era tipo da fiori e cioccolatini, da paroline dolci sussurrate
all'orecchio, lui era... un Uchiha!
Suo padre non aveva
mai
mostrato alcun tipo di emozione nei confronti di sua madre, almeno
non davanti a lui e Itachi; la rispettava come madre dei suoi figli,
come donna dedita al Clan, ma per quel che ne ricordava, non aveva
mai assistito ad alcuna effusione tra i due che non fosse un pudico
bacio sulla guancia.
Suo padre
sì che era
un vero uomo, tutto d'un pezzo. Forse, se un giorno avesse avuto un
figlio maschio lo avrebbe allevato come suo padre aveva fatto con lui
e Itachi, rendendolo un ragazzo forte.
Gli avrebbe insegnato il caton e anche il chidori, gli avrebbe
vietato di utilizzare troppo lo sharingan e avrebbe distrutto la
stele prima che fosse in grado di leggerla e decidere di cavare gli
occhi a un suo eventuale secondogenito.
Si
sentiva stressato solo all'idea.
Quale
donna al mondo - oltre Sakura naturalmente - avrebbe potuto
accettare di portare un cognome scomodo come il suo?
Ma
soprattutto, per procreare bisognava essere in due (fonte: Suigetsu)
e per una nuova stirpe di Uchiha serviva una donna all'altezza
– e
Sakura era pur sempre un sennin e un ottimo ninja medico.
Gli
parve estremamente strano e inopportuno che il nome di Sakura
comparisse sovente nei ragionamenti che stava facendo.
Sicuramente
doveva essere stata la costante frequentazione in quei giorni o il
fatto di averla sotto gli occhi che dormiva sul suo giaciglio, a
creare i vari collegamenti – non che
lui avesse iniziato
il ragionamento chiedendosi cosa provasse per lei... quello era
già
passato in secondo piano rispetto all'idea di marciare su Konoha con
una schiera di piccoli Uchiha "maschi" e sottomettere le
figlie "femmine" del Dobe.
Era
davvero divertente pensare a un futuro così roseo... quanto
impossibile.
Il
problema di fondo risiedeva in quel marasma di rimpianti, rimorsi e
sensi di colpa che si portava dietro da troppo tempo.
Come
poteva pensare al futuro, quando il suo intero essere era ancora
proteso verso il passato?
La
domanda che doveva realmente porsi era "chi lui fosse" e
per il momento non poteva darsi una risposta perché sapeva
solo quello che sarebbe potuto essere: qualsiasi cosa avesse
voluto.
Non
era più obbligato a ricoprire alcun ruolo: non doveva
più
essere un vendicatore, un nukenin o il cattivone che manteneva la
pace con la forza – anche se la terza opzione continuava a
non
dispiacergli nonostante fosse stato costretto ad accantonarla causa
forza maggiore(non aveva più alcuna intenzione di sorbirsi
nell'arco della sua longeva vita un altro sermone da parte di
Naruto).
Fino
a che non fosse stato in grado di rispondere con coerenza a quella
domanda e non avesse espiato, almeno in parte, le sue colpe, sapeva
che non sarebbe riuscito a prendere alcuna decisione in merito ad
altre questioni, per così dire,
più frivole.
Il
modo attraverso il quale avrebbe portato a termine questa sua
personalissima missione non gli era ancora ben chiaro, ma ci avrebbe
riflettuto su.
Rimaneva
comunque il pericolo Sakura: questa volta, ne era certo, non avrebbe
sentito ragioni e di fronte a un suo ennesimo rifiuto, per quanto
motivato (da egoismo puro, che Sakura avrebbe sicuramente compreso),
probabilmente lo avrebbe spedito dall'altra parte del globo con un
cazzotto oppure avrebbe fatto Harakiri nella Piazza di Konoha,
davanti a tutti gli abitanti che lo avrebbero pertanto ridefinito un
mostro. In entrambi i casi l'epilogo non era affatto allettante.
Non
poteva contare sulla sua comprensione, con che diritto poi, visto che
ancora era in forse circa il perdono.
I
suoi gesti erano confusi e contraddittori, sintomo che si trovasse a
disagio in sua presenza.
Qualcosa
nella sua brillante mente gli suggerì che lei, molto
probabilmente, non lo avesse ancora perdonato e che le sue
aspettative per il futuro non prevedessero di
aspettare
ancora.
Avere
un confronto con lei adesso era impensabile. Era già tanto,
secondo i suoi metri di giudizio, che lei gli rivolgesse ancora la
parola.
Non
doveva continuare a illuderla a meno che non fosse del tutto convinto
di vedere anche lui un futuro con lei accanto.
Probabilmente
tutti quei ragionamenti non avrebbero portato a una risposta
nell'immediato, ma non poteva negare di avere un legame speciale con
lei, qualcosa che non era un sentimento fraterno come quello che
provava per Naruto, qualcosa di cui era totalmente ignaro e che fino
a quel momento non aveva mai sfiorato neanche l'anticamera del suo
cervello.
Non
era a suo agio, lo sentiva... e non aveva idea di come uscire da
quella situazione in maniera indolore, almeno per lei.
Forse
se lo avesse pestato a sangue e gli avesse amputato un braccio, le
cose sarebbero andate apposto da sole, senza bisogno di parole.
Quanto
odiava le parole e poi con lei non era mai riuscito a usare quelle
giuste. Con Naruto era diverso, era logorroico e a lui spettava solo
il compito di ascoltare e ascoltare e ascoltare e spesso dargli
ragione per sfinimento.
Ma
lei... lei avrebbe posto domande e preteso risposte.
C'erano
troppe cose in sospeso, tra cui reciproci tentati omicidi, un
"grazie" campato in aria, una serie di offese pronunciate
gratuitamente durante la guerra, una mano conficcata nel petto e un
"perdonami per tutto quello che ho fatto finora" che
meritava un approfondimento in virtù di quanto elencato
prima.
Al
solo pensiero l'idea di fuggire non era poi tanto orrenda come
opzione, dopotutto era abituato alla vita del nukenin, ma era
altrettanto inquietante la sicurezza che quei due avrebbero
ricominciato a rincorrerlo fino ai confini del mondo per riportarlo a
casa.
Se
poi ripensava agli eventuali suoi "sostituti" sentiva uno
strano formicolio alla mano sinistra – quella che
ormai
cinguettava solo nei suoi sogni. Da un certo punto di vista
era
come se lui fosse convinto di avere il sacrosanto diritto di averla
per sé, anche solo per poco e che comunque Sakura non si
sarebbe accontentata di nessun altro.
Sasuke
non poteva sapere quanto quel pensiero potesse essere vero e che
quegli stessi ragionamenti stessero movimentando anche la notte di
Sakura che, come un'anima in pena, si girava e rigirava nel sacco a
pelo, pensando al domani.
Angolo
Autrice
Buonasera!
In
ritardissimo, lo so,
sono imperdonabile. Mi sono un attimo bloccata a metà per
qualche giorno perché avevo iniziato il ragionamento di
Sasuke
e non riuscivo ad uscirne in nessun modo. Paranoia cosmica!
Comunque
alla fine spero
di essere stata abbastanza coerente. Questo è uno dei buchi
che desideravo colmare: che diavolo hanno fatto quei tre prima dei
funerali? Siccome non ci è stato dato modo di saperlo, ho
immaginato una notte di paranoie sul futuro, con una Sakura che
vorrebbe avvicinarsi a Sasuke ma teme di essere respinta ancora e un
Sasuke che non sa che fare della sua vita. Tutta la pallosissima
parte del ragionamento di Sasuke sarebbe in pratica il primo sentore
che poi porterà alla sua decisione di partire per il suo
viaggio di espiazione. Ma prima di arrivare a quel punto ci sono
altri buchetti sparsi da colmare.
Spero di
aggiornare il
prima possibile le altre fan, ma non vi prometto nulla, forse Kitchen
nel fine settimana.
Ringrazio
tutti coloro che
hanno inserito anche questa storia tra le seguite, le preferite, le
ricordate e chi ha recensito i precedenti capitoli. Vi invito a
esprimere le vostre considerazioni sulla storia e a darmi anche
qualche consiglio sulla trama ( io ce l'ho in mente, ma i consigli
potrebbero farmi considerare degli aspetti dei "buchi" che
potrei rischiare di tralasciare).
Il
nuovo Hokage, Kakashi Hatake, fresco fresco di nomina, guardava i
suoi colleghi cercando di intuire su chi di loro potesse contare.
Aveva sperato fino all'ultimo che Tsunade si occupasse di quella
ostica faccenda, Sasuke era stato un suo allievo ed essendo a
conoscenza di quello che aveva passato non poteva non parteggiare per
lui. Il Raikage e il Tsuchikage volevano la sua testa, era
così
palese, mentre Mei e Gaara sembravano più propensi a un
atteggiamento clemente. Su Gaara non aveva dubbi, era affezionato a
Naruto e conosceva bene il dolore della perdita e la rabbia che ne
poteva scaturire. Ma Mei? Perché la Mizukage sembrava
incline
a perdonare l'Uchiha? Non si erano forse scontrati nel Paese del
Ferro?
Probabilmente
aspettava che lui prendesse una posizione per poi far pesare la sua
decisione oppure era davvero decisa a perdonare Sasuke?
Conosceva
poco le persone sedute a quel tavolo e per quanto il suo carattere
fosse tendenzialmente volto alla diplomazia, quella questione gli
stava troppo a cuore per essere obbiettivo. Fino a quel momento non
aveva proferito parola, cercando di cogliere nell'accesa
conversazione tra i suoi nuovi colleghi un appiglio a cui aggrapparsi
per poter aiutare Sasuke. Non vi erano compromessi diplomatici,
né
scambi di prigionieri da poter sfruttare dato che nessuno di loro era
più un nemico ed era impensabile addurre come difesa per il
comportamento del suo allievo quella storia di cui era venuto a
conoscenza. I Kage avrebbero chiesto delle prove inconfutabili e per
quello che ne sapeva lui gli unici a conoscere i fatti di quella
vicenda erano morti o preferivano tacere per evitare conseguenze
poco piacevoli. La parola di un nukenin contro quella di due anziani
del villaggio, non avrebbe avuto alcuna credibilità.
"La
politica non fa per me" pensò, nascondendo dietro la
maschera un sorriso sghembo.
Lui
era sempre stato un uomo d'azione, eseguiva gli ordini, portava a
termine missioni, era abituato a sporcarsi le mani con la polvere del
campo di battaglia non con l'inchiostro di un pennino. Sarebbe stato
in grado di ricoprire quel ruolo? Come poteva pensare di governare un
intero Paese se non era in grado neanche di difendere un suo allievo,
?
Era
sempre stato particolarmente incline a comprendere la vera natura
delle persone, eppure in quella situazione stava trovando molteplici
difficoltà. Era seduto al tavolo dei grandi, ma si sentiva
piccolo. Era accaduto tutto troppo in fretta.
I
suoi colleghi, finanche Gaara, avevano un atteggiamento risoluto che
ben si addiceva al loro ruolo. Lui stava provando le stesse
sensazioni di quel primo giorno di accademia, in cui guardava tutti
con diffidenza. Non riusciva ad entrare nella parte, nella sua testa
era ancora un jonin, un mezzo, non riusciva a pensare da Hokage.
"Sai
che ho detto a Naruto di diventare Hokage? Ma lui potrà
essere
il Settimo Hokage perché il Sesto dovrai essere tu."
Obito
non aveva avuto, in fondo, tutti i torti. Quando aveva ascoltato
quelle parole, ne era rimasto piacevolmente stupito, ma non avrebbe
mai pensato che si sarebbero avverate.
"Naruto
non ha abbastanza esperienza, ha bisogno di una guida. Avrà
tempo per diventare Hokage e sarai tu a istruirlo come hai sempre
fatto" gli aveva detto Tsunade dopo avergli comunicato la sua
decisione.
Aveva
annuito come se avesse ricevuto un ordine e non una onorificenza. Era
orgoglioso di sé, chi non lo sarebbe stato, eppure provava
un
senso di inadeguatezza. Dopo che tanti avevano ambito a quel posto,
lui c'era arrivato, era suo, ma inspiegabilmente qualcosa in lui lo
rifiutava.
Chiunque
al suo posto avrebbe fatto i salti di gioia, ma non lui. La sua
innata capacità di analisi aveva già valutato i
pro e i
contro di quella nuova condizione: il mondo ninja non si sarebbe
ripreso in fretta da quanto era accaduto, c'era la faccenda di Sasuke
e un Villaggio da governare. All'attuale stato delle cose, di pro ce
ne erano davvero pochi.
Tsunade
gli stava passando una patata bollente che rischiava di esplodere da
un momento all'altro. Certo, al momento, erano tutti uniti, tutti
alleati, ma per quanto tempo sarebbe durata? Su di lui sarebbe
gravato il peso della pace, avrebbe dovuto mantenere salde le
alleanze e sapeva che il "caso" Uchiha avrebbe potuto
creare la prima crepa.
Non
poteva permettere che Sasuke venisse condannato. Non
voleva più abbandonare i suoi compagni e
ogni abitante di Konoha, adesso, poteva definirsi tale.
Durante
la notte i volti dei suoi compagni morti gli avevano fatto visita in
sogno. Li aveva rivisti a uno a uno, sorridenti, finalmente in pace.
Sembrava come se si stessero congratulando con lui e cercassero di
rassicurarlo. Si era svegliato di buon umore e si era presentato a
quella riunione – in ritardo – con un inattesa
fiducia in se
stesso.
Quella
stessa fiducia che adesso ricercava disperatamente mentre ascoltava
gli altri Kage parlare, esigere, ordinare perentoriamente. Lui
sarebbe mai stato in grado di farlo?
Era
stato un Anbu, poi un Maestro dell'Accademia, aveva gestito
situazioni delicate e allora perché ora riteneva quell'onore
di cui era stato insignito, un onere troppo pesante da portare?
I
Kage gli stavano spiattellando davanti agli occhi uno dei suoi
più
grossi fallimenti. Dopo Obito, dopo Rin, aveva perso anche Sasuke.
Non aveva mai perdonato a se stesso di non aver dato ascolto al suo
intuito e alle avvisaglie di quell'ammutinamento che diventava ogni
giorno più prevedibile. Avrebbe dovuto cercare di fermarlo,
aveva mentito a Sakura e a se stesso, fingendo che andasse tutto
bene, che quello scontro sul terrazzo dell'ospedale fosse una
semplice bravata di due ragazzini in competizione. Lui lo sapeva, lo
aveva sempre saputo. Aveva letto negli occhi del suo allievo
l'oscurità, ma aveva sperato che essa risiedesse solo
lì,
che non avesse intaccato anche la sua anima.
Sasuke
aveva riso di lui e non aveva potuto dargli torto.
"Come
leader del Team 7 sono state le mie mancanze ad aver causato la
disgregazione della squadra. Sakura, è stato un gesto
irresponsabile da parte mia dirti quelle parole per risollevarti il
morale, forse stavo solo cercando di convincere me stesso. Ti chiedo
scusa... sono stato un terribile insegnante per tutti voi."
Aveva
ammesso il suo errore, ma era ormai troppo tardi per porvi rimedio:
l'animo di Sasuke era stato irrimediabilmente corrotto. Non era
giusto che Sakura si prendesse carico delle sue colpe, anche se
comprendeva perfettamente le motivazioni che l'avevano spinta a quel
gesto estremo.
Il
problema, quindi, risiedeva nel fatto che lui era convinto di non
meritare di essere diventato Hokage e quella consapevolezza lo stava
facendo vacillare a tal punto che rischiava di non risultare utile
neanche in quel frangente in cui la sua parola avrebbe potuto davvero
fare la differenza.
"Hokage,
Sasuke Uchiha è stato un suo allievo, pertanto comprendiamo
quanto per lei possa essere difficile, ma come capo del Villaggio
della Foglia anche lei deve prendere una posizione"
La
Mizukage lo ridestò da quei pensieri.
Il
momento era giunto.
-§-
"
Sakura- chan, anch'io ho ancora delle ferite che mi fanno male!"
piagnucolò Naruto, cercando di attirare la sua attenzione.
"Ho
quasi finito, Naruto." gli rispose, riavvolgendo delicatamente
la fascia intorno al moncherino di Sasuke che stava guarendo molto
velocemente rispetto alle previsioni.
Era
il momento della giornata che preferiva e se avesse potuto non
avrebbe fatto altro che medicarlo e medicarlo e medicarlo ancora
perché era l'unico istante in cui era così vicina
da
poter sentire il suo profumo e sfiorare di sfuggita la sua pelle
diafana senza incorrere nel pericolo che lui potesse fraintendere i
suoi gesti.
Era
assurdo che dopo avergli dichiarato il suo amore più volte
avesse ancora paura di dimostrarglielo apertamente. Il fattore
bloccante probabilmente risiedeva nella paura di essere rifiutata e
questa volta in maniera definitiva e inequivocabile. La qual cosa
l'avrebbe condotta a una depressione cosmica che sarebbe poi
scaturita in una serie di tentati suicidi. Non che quell'evenienza
non l'avesse messa in conto, ma aveva sempre sperato che dopo aver
soddisfatto la sua vendetta e aver tentato di uccidere Naruto, Sasuke
potesse decidere di dedicarsi a qualcosa di meno macabro. E lei
sarebbe stata lì, in prima fila, pronta a fargli conoscere
le
gioie della vita – tutte
le gioie della vita.
Prima
di tutto gli avrebbe fatto capire cosa si era perso in quegli anni
–
questo per suo mero sfizio – e poi lo avrebbe preso per mano
e
condotto nel meraviglioso mondo dei sentimenti - quello in cui lei
viveva da tanto tempo, sola e disperata.
Se
solo lui le avesse dato una possibilità, lei l'avrebbe
sfruttata in toto.
Tuttavia
era pienamente cosciente di alcuni aspetti – ostacoli
– che
avrebbe dovuto affrontare.
La psiche di Sasuke aveva subito dei danni
irreparabili, pertanto riuscire a trovare un briciolo di
normalità in quella testa sarebbe stato come cercare un ago
in un pagliaio.
L'unica
donna della vita di Sasuke fino a quel momento era stata sua madre
– buon'anima – e reggere il
confronto sarebbe stato alquanto complicato. Inoltre di Mikoto "Buon'anima" Uchiha sapeva ben poco.
Avendo avuto come unica relazione affettiva quella
con sua madre, per l'appunto, doveva essere totalmente ignorante in
materia di... sì, proprio quello, o almeno lo sperava
– anche se quella Karin non gliela raccontava giusta. La
stessa cosa valeva anche per lei che tuttavia a furia di sognarlo aveva
una mezza idea di quello che doveva – voleva – fare.
Tra i suoi tanti propositi – e se li
ricordava davvero bene – c'era anche quello di ripristinare
il suo Clan e senza la materia prima risultava molto difficile da
mettere in pratica. Lei era sana e disponibile e superati i punti
1,2,3, non ci sarebbero dovuti essere problemi.
Lui. Era lui il problema più grande,
quello che rendeva insuperabili i punti 1,2,3 e quindi impossibile il
4. Lui non se ne sarebbe mai uscito con una frase del tipo "Sakura, ti
andrebbe di andare a prendere un gelato?" oppure "Diventa la madre dei
miei figli". Come diavolo si sarebbero potuti rapportare se lui
continuava a fare scena muta e guardare nel vuoto.
L'unica
cosa di cui aveva la certezza era che se la sarebbe dovuta sbrigare
da sola, ovvero che per l'ennesima volta si sarebbe dovuta umiliare.
Appena archiviata la faccenda del Nukenin, gli avrebbe parlato con il
cuore in mano – come sempre – sperando di trovarlo
ben disposto
al dialogo. In alternativa si sarebbe tolta la soddisfazione di
incastonarlo in qualche muro con un bel cazzotto e a quel punto
sarebbe stato costretto comunque ad ascoltarla.
Questi
ottimi propositi, tuttavia, si infrangevano contro quell'imbarazzo
che aveva ricominciato a provare in quel clima di
semi-serenità
che si era venuto a creare. Non voleva in nessun modo rovinare quel
momento anche se gli unici davvero felici sembravano lei e Naruto.
Dallo
sguardo di Sasuke traspariva ancora una profonda tristezza e lei
desiderava tanto fare qualcosa per alleviare le sue pene, ma non
aveva la più pallida idea di come fare, come approcciarsi a
quel ragazzo così diverso da come lo ricordava. Non che
fosse
mai stato un simpaticone, ma sembrava aver perso quell'orgoglio e
quella grinta che lo avevano sempre contraddistinto. Sembrava vuoto,
o meglio, svuotato.
Per
lui non sarebbe stato facile ricominciare: avrebbe dovuto ricostruire
la sua intera persona e trovare un senso alla sua vita. In questo lei
sapeva di non potergli essere utile.
"Stai
guarendo molto in fretta, Sasuke-kun" gli comunicò,
sforzandosi di sorridere nella maniera più spontanea
possibile.
"Bene"
le rispose, guardandola di sottecchi.
I
pensieri che quella notte gli avevano tolto il sogno continuavano a
perseguitarlo e riuscire a guardarla in faccia gli risultava
più
difficile del solito.
Tutta
quella gentilezza da pate sua non faceva altro che aumentare il suo
senso di inadeguatezza e cominciava a sentire l'urgenza di sapere
cosa davvero pensasse di lui, se quell'atteggiamento fosse dovuto
solo al sollievo che la guerra fosse finita o se lei fosse davvero
contenta del suo ritorno. Non riusciva a decifrarla e nel contempo
non riusciva neanche a capire cosa lo spingesse a fare simili
riflessioni. Sapeva solo che quel revival del Team7 che si stava
svolgendo in quella tenda, gli sembrava falso e forzato.
Il
pezzo di stoffa che fungeva da porta si aprì
inaspettatamente
facendo entrare la luce del sole.
"Buongiorno."
La
figura di Shikamaru Nara comparve sull'uscio, al suo seguito Kiba e
Hinata.
La
Hyuga si era accodata per sincerarsi delle condizioni di Naruto,
anche se sapeva che la visita di Shikamaru non sarebbe stata di
piacere.
"Come
stai Naruto-kun" mormorò dolcemente, avvicinandosi di
qualche passo alla branda.
"Hinata-chan!"
saltò in piedi "Sto bene grazie, anche se Sakura-chan mi
trascura un po'" sottolineò senza pensare alle
conseguenze che quella sua affermazione avrebbe causato.
Un
sonoro pugno si abbatté sulla sua testa.
"Ma
che diavolo dici Naruto!" urlò Sakura che non tollerava
di essere colta in fallo nel suo lavoro. I pazienti per lei erano
tutti uguali – o quasi.
"I
Kage vogliono parlare con voi" comunicò Shikamaru,
facendo cadere il silenzio nella tenda.
Sasuke
alzò appena lo sguardo verso di lui e Sakura
tentò di
intercettarlo per riuscire a capire quale fosse stata la sua
reazione. Nulla. Lo stesso sguardo vuoto e spento di poco prima.
Non
era quello il giusto atteggiamento per affrontare un processo e
Sakura cominciò a temere che lui non avesse alcuna
intenzione
di difendersi.
"Vi
aspettiamo fuori"
Rimasero
di nuovo da soli.
Naruto
sembrava molto preoccupato e questo non fece altro che aumentare
l'agitazione che stava divorando lo stomaco della Kunohici che era
alla ricerca di qualcosa da dire, una parola, una frase che potesse
in qualche modo dare uno scossone a Sasuke.
"Andrà
tutto bene" la rassicurò il compagno, posandole
gentilmente una mano sulla spalla.
Sakura
apprezzò molto il suo gesto, ma in cuor suo sapeva che con
Sasuke in quelle condizioni, l'epilogo non poteva che essere
negativo.
"Lasciaci
Naruto, per favore"
Non
sapeva da dove fosse scaturita quella determinazione, né
cosa
dirgli, ma aveva bisogno di stare con lui, da sola.
Sasuke
aveva subito alzato lo sguardo verso di lei, che in piedi al centro
della stanza, teneva gli occhi incollati al terreno.
Quando
fu certa che Naruto fosse uscito, si avvicinò alla sua
branda
con passi brevi e incerti, sentendo addosso il suo sguardo che man
mano che si avvicinava sembrava diventare più intenso.
"Non
puoi presentarti così davanti ai Kage" sussurrò,
a
poca distanza da lui " Chiederò a Shikamaru di farti
avere dei vestiti puliti" continuò, avvicinandosi ancora
un po', con cautela.
In
realtà non erano i vestiti a preoccuparla, ma sapeva che
Sasuke avrebbe colto la sfumatura.
"Non
mi dirai cosa provi in questo momento, vero?"
"Sakura"
"No,
fammi finire. Ognuno di noi ha fatto degli errori, non siamo
infallibili, ma abbiamo modo di rimediarvi. Non perdere questa
possibilità, non essere troppo duro con te stesso. Vedrai,
da
adesso in poi le cose andranno meglio." gli disse con dolcezza.
La stessa con la quale gli aveva poi scostato un ciuffo di capelli
dal viso, riuscendo a superare la paura che rifiutasse quel
contatto.
-§-
Varcare
i cancelli di Konoha, tutti e tre insieme, fu per Sakura un'emozione
incredibile. Naruto, in fondo, aveva mantenuto la promessa e anche se
la loro meta non sarebbe stata Ichiraku, ma il Palazzo dell'Hokage,
non riusciva a non essere ottimista.
Il
discorso che aveva fatto a Sasuke sperava avesse sortito i suoi
effetti. Shikamaru era riuscito a reperire dei vestiti per lui e
Naruto, mentre lei aveva ancora indosso i resti della sua divisa da
jonin, ma non le importava.
Camminarono
per le strade del Villaggio sotto lo sguardo attento degli abitanti
che scrutavano gli eroi e il nukenin con curiosità, in
religioso silenzio.
Sasuke
sembrava abbastanza tranquillo, il portamento fiero riusciva a celare
il suo smarrimento e il fastidio di quegli occhi puntati addosso.
Kakashi
era riuscito con una scusa ad uscire da quella sala riunioni che era
diventata, a suo dire, claustrofobica e gli era andato incontro.
"Vogliono
parlare con tutti e tre." gli comunicò, lasciandoli
alquanto perplessi.
"Non
ne vedo l'utilità" ribatté prontamente Sasuke.
"Penso
proprio che ce l'abbia, Sasuke"
Kakashi
aveva utilizzato un tono di voce che i tre ragazzi conoscevano bene.
Aveva qualcosa in mente e forse era stato proprio lui a consigliare
che anche Sakura e Naruto fossero presenti.
-§-
"Sasuke
Uchiha, i capi di accusa che pendono sulla tua persona sono molto
gravi" il Raikage prese subito la parola "Hai tradito il
tuo Villaggio, ti sei macchiato dell'omicidio di Danzo Shimura e di
aver cercato di catturare l'ottacoda, mio fratello. La condanna per
gli atti che hai compiuto sarebbe la morte, ma il tuo aiuto
è
stato fondamentale per l'esito della guerra. Nonostante io sia
dell'idea che tu debba marcire a vita in una prigione, alcuni dei
miei colleghi pensano che meriti clemenza. In seguito a questa
conversazione, prenderemo la nostra decisione."
Sasuke
aveva ascoltato in silenzio, guardando dritto negli occhi il Raikage
che gli stava elencando quelle che, a suo dire, erano state le sue
malefatte. Di alcune poteva anche essersi pentito, ma di aver ucciso
Danzo, no. Quell'uomo meritava di morire, gli sharingan che aveva
collezionato sul suo braccio destro meritavano di trovare pace e
così
anche Itachi.
"Ti
abbiamo evitato un processo pubblico, come da richiesta del tuo
Hokage e maestro, quindi puoi ritenerti fortunato: tutto quello che
verrà detto qui dentro non trapelerà
all'esterno."
continuò l'uomo con tono duro, controllato, sintomo che non
avesse alcuna intenzione di perdonarlo in alcun modo.
"Vi
ringrazio" rispose l'Uchiha, facendo un cenno di assenso con il
capo.
"Potete
accomodarvi, non sarà breve" gli consigliò
gentilmente la Mizukage, indicando loro tre sedie poste di fronte al
tavolo.
Sakura
alzò timidamente la mano che aveva iniziato a tremare appena
udite le parole del Raikage.
"Facciamo
noi le domande Haruno" la fermò immediatamente il
Tsuchikage arricciando il naso rosso "Anzi, potremmo iniziare da
te se i miei colleghi sono d'accordo"
"Cosa
c'entra lei in questa storia?" chiese Naruto, vedendo
l'agitazione dell'amica e traducendo in parole anche il pensiero di
Sasuke che come lui non riusciva a capire perché anche
Sakura
fosse stata chiamata ad assistere al processo.
"Uzumaki,
non hai il permesso di intervenire senza essere stato interpellato.
L'Haruno è una testimone, proprio come te"
sbraitò
il Raikage, indispettito dalla sua irriverenza.
"Che
diavolo sta succedendo???"
Tsunade
fece irruzione nella sala riunioni come una furia scatenata. Shizune
l'aveva avvertita che Sakura era stata convocata dai Kage per il
processo Uchiha e aveva trovato quella mossa molto scorretta. Sakura
era un'ottima Kunoichi, fedele a Konoha e al suo credo ninja, ma era
anche una donna innamorata. Metterla di fronte alla scelta di
proteggere Sasuke o mantenere la sua promessa di fedeltà al
Villaggio era un atto meschino.
"Ba-chan!"
urlò Naruto, felice di vederla. Anche Sakura si
sentì
più sollevata. Fino a quel momento Kakashi non aveva
proferito
parola e ciò che aveva appena detto il Raikage stava a
sottintendere che l'avrebbero sottoposta a un vero e proprio
interrogatorio e aveva già una vaga idea di dove sarebbero
andati a parare.
"Tsunade-sama,
non può stare qui, ormai lei non è più
l'Hokage!" tuonò il Tsuchikage con la sua vocina
stridula.
"Sta
zitto nanetto! La mia allieva ha questioni più importanti di
cui occuparsi che stare qui ad ascoltare queste idiozie"
ribatté
prontamente la bionda, infischiandosene di non avere più il
grado per rivolgersi così al suo ex collega.
"Tsunade-sama,
cercheremo di fare il prima possibile, così la sua allieva
potrà ritornare alle mansioni preposte" intervenne la
Mizukage con calma, cercando di calmare gli animi.
"Esigo
allora di assistere. Dopotutto in quel periodo ero l'Hokage del
Villaggio, quindi penso di aver anch'io una voce in capitolo"
propose con risolutezza. Se non poteva evitarle quell'esperienza,
almeno che le concedessero di essere presente.
"Penso
che sia una buona idea" convenne Gaara che fino a quel momento
non aveva fatto altro che tenere gli occhi chiusi e le braccia
incrociate davanti al petto.
"Testarda
di una Senju" borbottò il Tsuchikage.
Tsunade
lo prese come un assenso e, presa una sedia, si accomodò
poco
distante da Sakura, lanciandole di sottecchi uno sguardo di intesa
che riuscì a rassicurare un po' la ragazza.
"Sperando
di non essere più interrotti, possiamo cominciare"
sentenziò il Raikage, volgendo lo sguardo verso Sakura che
rabbrividì. " Purtroppo i rapporti inerenti a quella
missione non sono reperibili, quindi dovremo basarci sulle vostre
testimonianze"
Sakura
sbarrò gli occhi dallo stupore: ricordava perfettamente di
aver stilato lei il rapporto e averlo riposto poi nell'archivio.
Kakashi le lanciò un'occhiata molto eloquente: evidentemente
avevano avuto la premura di farli sparire.
"Sakura
Haruno"
Un
brivido le percorse la schiena.
"Kiba
Inuzuka ha testimoniato che senza alcun ordine da parte del vostro
Hokage, avete intrapreso una missione che aveva lo scopo di uccidere
Sasuke Uchiha, è vero questo?"
"Non
è corretto. " intervenne Tsunade "avevo dato io
l'ordine di cercare di fermare l'Uchiha anche a costo di ucciderlo"
"Tsunade-sama,
parli solo se interpellata per favore" la rimproverò la
Mizukage che aveva trovato quella storia raccontata dall'Inuzuka
davvero molto interessante."Haruno, aspettiamo una sua risposta"
"L'Hokage
n-ne era al corrente" mentì, confermando la bugia
raccontata da Tsunade. Il suo sesto senso, tuttavia, le
suggerì
che quello sarebbe stato solo l'inizio di una conversazione molto
poco piacevole, dato che Kiba doveva aver spifferato tutto.
"È
vero che per prima cosa avete raggiunto l'Uzumaki?"
Sakura
annuì, mentre il suo stomaco cominciava ad attorcigliarsi
all'idea di quello che Kiba potesse aver raccontato. Sasuke era
lì
alla sua sinistra e l'ultima cosa che voleva era quella di fargli
sapere ciò che era avvenuto durante quell'incontro con
Naruto
che, come lei, sembrava molto nervoso. Sperò che Kiba avesse
omesso almeno quella parte.
La
Mizukage le sorrise prima di ricominciare a parlare.
"Durante
la conversazione con l'Uzumaki hai dichiarato di esserti resa conto
di esserne innamorata, che non aveva senso provare affetto per un
fuggitivo e un traditore e che tutto ciò che l'Uchiha stava
facendo era commettere crimini e spezzarti il cuore."
Non
aveva omesso quella parte.
Angolo
Autrice
Salve!
Non
sono sparita, ho avuto solo un periodo un po' movimentato, tra
lavoro, casa e il resto.
Ho
dovuto spezzare il capitolo in due parti perché altrimenti
sarebbe uscito un papiro e dopo un tot di pagine, a mio parere,
l'attenzione precipita vorticosamente.
Ho
adorato l'inizio con i pensieri di Kakashi. Non avevo mai scritto di
lui in modo così approfondito, quindi è stata una
bell'esperimento e spero che sia riuscito – ma questo sarete
voi a
dirmelo.
La
seconda parte è sasusaku a gogò, ma è
solo la
punta dell'iceberg perché il bello deve ancora venire.
Purtroppo o perfotuna quando tratto i pensieri di Sakura non riesco a
non essere un pelino ironica, ma il mio intento è quello di
creare una storia che alterni momenti di drammaticità ad
attimi un po' più leggeri. Sto anche valutando l'ipotesi di
trasformare questa long in una serie, in quanto il progetto
è
molto ampio e rischierei di superare un numero spropositato di
capitoli. Si accettano consigli in merito. :-)
Vi
ringrazio tantissimo per le tante recensioni che questa storia sta
ricevendo, sono davvero contenta!! ^^ Cercherò doi
rispondere il prima possibile. Ringrazio anche i lettori
silenziosi(siete tantissimi!) e li esorto a non essere timidi: io
sono qui per voi, vi adoro tutti e sono vegetariana, quindi non
correte alcun pericolo.
Sakura
sarebbe voluta sprofondare e ricomparire dall'altra parte del globo.
Le lacrime le avevano offuscato la vista e premevano per uscire,
provava vergogna e non aveva il coraggio di voltarsi verso Sasuke.
Non aveva minimamente pensato che Kiba avesse riportato ai Kage anche
quell'episodio e ora si sentiva con le spalle al muro.
"Quello
che ci siamo detti io e Sakura-chan non ha niente a che fare con
questa storia" intervenne Naruto.
Lei
lo ringraziò mentalmente, perché al momento non
sarebbe
stata in grado di ribattere alcunché.
"Io
invece credo il contrario." affermò la Mizukage che stava
letteralmente sguazzando in quella storia così romantica
"L'Uzumaki le aveva fatto una promessa, vero Haruno?"
"Promettimelo
Naruto, promettimi che riporterai indietro Sasuke-kun."
Era
bloccata, incapace di dire o
fare niente, anche di respirare. Le mani le tremavano e teneva
strette le ginocchia in modo che anche le gambe non iniziassero a
muoversi in modo convulso. Lo sguardo basso, puntato sul pavimento
della sala riunioni, carico di lacrime che minacciavano di scorrere
sul suo viso da un momento all'altro. L'idea che Sasuke fosse venuto
a conoscenza, in quel modo, di quella storia che la rendeva ai suoi
occhi sicuramente più patetica di quanto già non
lo
fosse, era l'aspetto peggiore della faccenda. Cosa avrebbe pensato di
lei? Che i sentimenti per lui non fossero poi così veri come
lei aveva più volte sostenuto? Che lei lo ritenesse davvero
un
nukenin?
Si era
presentata al suo
cospetto con l'intenzione di ucciderlo e ne aveva avuta conferma
dalla Mizukage, cos'altro avrebbe potuto pensare?
"Haruno?"
la chiamò
la Mizukage, che era ancora in attesa di una risposta.
"Non penso
che tutto questo
sia necessario" cercò di obiettare Tsunade, vedendo la
sua allieva in procinto di crollare "non stiamo giudicando la
condotta di Sakura"
"Tsunade-sama"
un
sussurro, appena percettibile scaturì dalle labbra della
ragazza " risponderò alle loro domande" concluse
prima di alzare lo sguardo, carico di astio, verso i suoi
inquisitori.
Naruto
provò una profonda
pena per la sua compagna. Come lei, non aveva preso in considerazione
la possibilità che quel discorso venisse fuori. Lui lo aveva
rimosso nello stesso istante in cui l'aveva accusata di mentire a se
stessa. Certo, gli avrebbe fatto piacere se fosse stato vero, ma
conosceva troppo bene Sakura per credere davvero che il suo cuore
avesse smesso di sperare nel ritorno di Sasuke e avesse visto in lui
la persona da amare.
"Naruto mi
aveva promesso
che avrebbe riportato a casa Sasuke-kun e io non volevo che corresse
altri rischi, era troppo importante per il Villaggio" rispose
con decisione.
"Perché
pensava che
fosse compito suo uccidere l'Uchiha. Non era forse questo che lei e
gli altri suoi compagni avevate pianificato?"
Non
riusciva a capire che gusto
ci provasse la Mizukage a metterla in difficoltà. Dove
voleva
arrivare?
Volse
leggermente lo sguardo
verso Sasuke. Era impassibile. I suoi occhi non tradivano alcun tipo
di emozione e così il suo viso, imperturbabile. Sembrava non
stesse neanche ascoltando, che fosse da un'altra parte, che quella
storia non gli riguardasse affatto.
"Sì"
rispose
con un filo di voce, rivolta più a lui che ai suoi veri
interlocutori.
Lei era
intenzionata a
ucciderlo. Non voleva che lui e Naruto si scontrassero e che il
secondo dovesse portarne il peso, ma quando si era ritrovata
lì,
davanti a lui...
" Hai
tramortito i tuoi
compagni e sei andata ad affrontarlo da sola, ammirevole."
continuò la Mizukage che non sembrava ancora soddisfatta.
"Mei, credo
che stiamo
girando intorno al problema" la redarguì Gaara che era
stufo di quell'inutile sceneggiata che stava solo creando tensione.
"Ho quasi
finito, Kazekage.
Il punto è questo: quando hai raggiunto il luogo in cui
l'Uchiha aveva affrontato Danzo cosa è accaduto?"
Ecco dove
voleva arrivare.
“Sasuke-kun
ho deciso di seguirti! Volterò le spalle a Konoha.”
“Se
solo... se solo riuscissi a pugnalarlo, sarebbe tutto finito”
La luce
accecante di un chidori
e un kunai puntato alla gola. Due immagini ancora troppo nitide nella
sua memoria.
"Quando
sono arrivata
Sasuke Uchiha non era lì e neanche Danzo" mentì,
di nuovo, sicura che Kakashi e Naruto non l'avrebbero contraddetta.
"Sei sicura
di quello che
stai dicendo?" le chiese la Mizukage, assottigliando lo sguardo.
"Sì"
affermò
con decisione, guardandola dritta negli occhi.
"Karin
Uzumaki ha riferito
di essere stata salvata da una Kunohici dai capelli rosa" le
comunicò la donna, dopo aver sfogliato alcuni fascicoli.
"La ragazza
era priva di
sensi quando l'ho trovata. L'ho curata e condotta a Konoha."
doveva mantenere la calma e rispondere con coerenza, nonostante la
paura che Karin avesse potuto raccontare una versione diversa.
La Mizukage
guardò i suoi
colleghi e Sakura iniziò seriamente a temere che avessero
scoperto che stava raccontando solo delle menzogne.
"La
versione
coincide"dichiarò, con il sollievo di tutti "Pertanto,
Danzo Shimura potrebbe anche essere stato ucciso da qualcun altro"
Sakura
finalmente riuscì
a incurvare le labbra in un sorriso. Aveva mentito di fronte ai
cinque Kage, ma lo aveva fatto per una buona causa –
un'ottima
causa.
"Sono stato
io a uccidere
Danzo"
La stessa
ottima causa che aveva
proferito quelle parole con voce chiara.
"Allora
l'Haruno ha
mentito?" chiese il Raikage già visibilmente alterato.
Sakura e
Naruto si voltarono
verso Sasuke con occhi sbarrati. Lui che non era solito essere di
tante parole, proprio adesso aveva deciso di parlare? Non poteva
stare zitto?
"Non ho
mentito!" Non
andava bene, non andava bene per niente. L'affermazione di Sasuke non
solo dava la conferma che fosse un assassino, ma faceva passare anche
lei da bugiarda.
"Danzo
Shimura meritava di
morire" continuò l'Uchiha, incurante degli sforzi fatti
precedentemente dalla sua compagna di Team e da tutti gli altri per
creargli un alibi.
"E per
quale motivo?"
chiese il Tsuchikage che non aveva mai avuto grande stima per lo
Shimura.
"Ha ordito
un complotto ai
danni del Clan Uchiha. E' stato lui a ordinare il massacro, lui e i
consiglieri del Terzo" questa volta fu Naruto a intervenire.
Sakura
aveva intuito qualcosa
circa quella storia proprio nel Paese del Ferro, ma una volta tornati
a Konoha , l'imminente guerra non le aveva dato la
possibilità
di approfondire il discorso con Naruto, anche perché Kakashi
era stato molto chiaro in merito alla segretezza di quelle
informazioni che avevano ottenuto.
"Il Clan
Uchiha è
stato sterminato da Itachi Uchiha, Naruto! Cosa c'entra Danzo in
tutto questo?" La domanda del Tsuchikage era effettivamente
pertinente, cosa ne potevano sapere loro della politica interna di
Konoha? Non potevano essere a conoscenza dei complotti del capo della
Radice.
Naruto
raccontò loro la
storia di Itachi, di come avesse sventato la guerra civile
sterminando la sua stessa famiglia; di Danzo e dei consiglieri che si
erano opposti a una linea diplomatica con il Clan che minacciava un
colpo di stato e avevano, infine, optato per il totale annichilimento
dello stesso proprio per mano di un consanguineo.
"Se quello
che dici è
vero, perché non ha ucciso anche suo fratello? Era pur
sempre
un Uchiha."
"Perché
mi amava"
rispose Sasuke, spiazzando tutti, Sakura compresa, che
incominciò
a capire cosa avesse spinto davvero il ragazzo alla follia.
"Chi erano
gli altri due
consiglieri? Sono ancora vivi?" chiese immediatamente il
Tsuchikage, spinto dalla curiosità di appurare se le parole
di
quei ragazzi fossero vere.
"Homura
Mitokado e Koharu
Utatane. Sono vivi e vegeti" rispose Tsunade con gioia – la
Utatane non le era mai stata particolarmente simpatica.
"Convocateli
immediatamente!"
-§-
I due
consiglieri, scortati da
due anbu, fecero il loro ingresso nella sala.
Sasuke
appena ebbe la
possibilità di posare gli occhi su quei due vecchi, i cui
nomi
comparivano sulla sua lista nera intitolata
“Vendetta”, fu
tentato di saltargli addosso e porre fine alle loro inutili vite.
Meritavano di fare la stessa fine di Danzo, se non peggiore. Almeno
lui si era preso la responsabilità delle sue azioni e lo
aveva
affrontato a viso aperto, mentre quei due insetti che adesso si
nascondevano dietro i Kage, continuavano a mostrare quell'arroganza
che li aveva sempre contraddistinti.
Si
ricordava di loro.
Quando il
Terzo Hokage aveva
promesso che si sarebbe preso cura di lui, loro erano presenti e
avevano annuito, fingendo dispiacere per il povero orfano.
Falsi,
meschini, insetti.
Nessuna
punizione sarebbe stata
in grado di soddisfare il suo desiderio di giustizia per i suoi
genitori e per suo fratello. Avevano costretto Itachi a fingersi un
traditore, a sterminare il suo intero Clan e ora, erano davanti a lui
come se nulla fosse accaduto e lo guardavano con disgusto.
Gli unici
traditori in quella
stanza erano solo loro e Sasuke si persuase di mantenere la calma per
dimostrare che fosse così. I cinque Kage dovevano sapere chi
fossero quei due individui che per troppo tempo avevano tramato alle
spalle del Villaggio, ordendo complotti, ordinando stragi, spinti
dalla sete di potere e non dal desiderio di proteggere Konoha.
Avevano stretto un patto con il diavolo per continuare indisturbati a
governare, ma avevano sottovalutato la tenacia dell'Uchiha e
soprattutto che Danzo potesse aver confessato quanto accaduto.
“Perché,
Itachi?
Per
quale ragione ti sei
disturbato a salvare la vita a questo patetico moccioso?
Osservalo, guarda ciò
che è diventato: il tuo unico... il tuo solo...
fallimento.”
Sasuke
strinse i pugni e serrò
la mascella, ricordando l'immagine del braccio di Danzo ricoperto
dagli sharingan sottratti ai membri del suo Clan. Cercò
disperatamente un appiglio a cui aggrapparsi per mantenere la calma,
ma in quella sala, per lui, erano divenuti tutti di nuovo degli
estranei. Nessuno dei presenti avrebbe mai potuto capire quanto odio
avesse covato per quei due individui e di come si stesse facendo di
nuovo strada nel suo sangue.
Gli sarebbe
bastato attivare lo
sharingan per carbonizzarli o rinchiuderli in un'illusione; avrebbe
potuto mostrargli Itachi, come aveva fatto con Namura e provare
quello stesso piacere nel leggere nei loro occhi il terrore. Il
fantasma di suo fratello avrebbe avuto tutte la ragioni per
perseguitarli e lui, in questo, gli avrebbe potuto dare una mano se
solo Naruto non avesse risvegliato in lui il desiderio di
ricominciare e gettarsi alle spalle tutto quel dolore. Lui e Sakura
erano al suo fianco, Sakura aveva addirittura mentito per lui. Le
cose non erano andate come lei aveva raccontato, o meglio, aveva
omesso una parte che agli occhi dei Kage, tranne a quelli di Kakashi,
sarebbe stata la prova lampante che lui fosse davvero un nukenin. Lo
scontro con Naruto era stato visto come un acceso scambio di opinioni
tra due rivali, la causa non era stata spiegata nei minimi
particolari, ma aver tentato – premeditatamente –
di togliere la
vita a una sua compagna di squadra, sarebbe stato considerato un
gesto imperdonabile e avrebbe sancito la sua condanna. Le motivazioni
che avevano spinto Sakura a mentire non riusciva a comprenderle: dopo
tutto quello che le aveva fatto come poteva ancora proteggerlo? E
anche la versione di Karin non lo convinceva totalmente dato il
carattere vendicativo della ragazza. Ma se per il momento almeno
quella faccenda sembrava essere stata archiviata – o da
espletare
in un altro momento, da solo, con la sua compagna di Team –
adesso
era necessario dimostrare che quei due vigliacchi fossero colpevoli.
"Siete
stati convocati
perché nei vostri confronti sono state mosse delle pesanti
accuse" comunicò loro il Raikage.
"Quali?"
chiese
Homura.
"Tradimento"
"Ci avete
convocati mentre
il Villaggio sta organizzando i funerali per gli shinobi morti in
guerra per questa assurdità?" intervenne Koharu con
disappunto, lanciando uno sguardo a Tsunade che cercava di nascondere
la soddisfazione di vederla finalmente sul banco degli imputati.
La sennin
era infatti a
conoscenza da molto tempo degli imbrogli della Utatane, ma le
continue scorribande di Sasuke e la successiva guerra, non le avevano
consentito di appurare se quei due realmente c'entrassero qualcosa
con lo sterminio degli Uchiha. Non aveva mai provato simpatia per
quei due, soprattutto quando avevano definito Naruto un pericolo per
il Villaggio e la cosa era reciproca, visto che l'Utatane non perdeva
occasione per metterla in difficoltà o far prevalere la sua
autorità.
"Cercheremo
di fare in
fretta" le rispose la Mizukage che avrebbe tanto voluto
continuare a parlare di dichiarazioni di amore piuttosto che
interrogare due vecchietti che a prima vista sembravano del tutto
innoqui.
"Sarà
meglio"
ribatté immediatamente Koharu, incrociando le braccia.
Nessuno dei
due si era voltato
verso l'Uchiha, non lo avevano degnato neanche di un misero sguardo,
forse anche per istinto di autoconservazione, sapendo cosa avrebbe
potuto fargli anche solo con uno dei suoi occhi.
"Eravate a
conoscenza
dell'ordine dato a Itachi Uchiha di sterminare il suo Clan?"
chiese lo Tsuchikage.
"No"
rispose Koharu
con decisione "Itachi Uchiha ha sterminato il suo Clan per
diletto" aggiunse.
"Allora
perché non
ha ucciso anche a me?" ringhiò Sasuke, fregandosene
altamente che quella sua domanda potesse essere vista dai Kage come
un oltraggio.
"Noi
facciamo le domande;
Uchiha!" lo redarguì il Raikage.
"Non state
facendo le
domande giuste! Il Terzo Hokage era contrario a un atto di forza
contro il mio Clan, ma loro hanno scelto di sostenere Danzo che da
tempo aveva pianificato tutto. Il mio Clan veniva spiato da mesi e
Kakashi Hatake può confermarvelo. Io l'ho visto!"
"E come
avresti fatto?"
chiese il Tsuchikage.
"Questi
sono gli occhi di
Itachi" rispose Sasuke, spalancando le palpebre in modo che lo
sharingan e il rinnegan fossero ben visibili a tutti.
Nella sala
ci fu un momento di
silenzio in cui ognuno dei presenti poté ammirare da vicino
i
famosi occhi di Sasuke Uchiha, occhi assassini, colmi di odio e
rabbia.
Avrebbe
potuto spazzarli via con
un solo battito di ciglia, ma non lo fece. Richiuse gli occhi e
tentò
di calmare il suo cuore che aveva iniziato a battere a una
velocità
inaudita ripensando a quando aveva deciso di farsi impiantare gli
occhi di suo fratello per distruggere Konoha, per uccidere quell'uomo
e quella donna che non sembravano affatto intimoriti da lui e che
continuavano a guardarlo dall'alto in basso.
Tsunade
prese la parola per
spiegare ai presenti che era di uso comune tra gli Uchiha il
trapianto degli occhi e che, in passato, i membri del Clan si
uccidevano a vicenda pur di ottenere maggiore potere.
"Gli Uchiha
hanno sempre
avuto sete di sangue e di potere" sentenziò Homura con un
tono quasi di disgusto.
"A quanto
pare anche voi"
questa volta fu Naruto a intervenire.
"Come ti
permetti stolto
ragazzino" inveì il vecchio.
L'aria si
era fatta molto tesa,
i consiglieri non sembravano affatto disposti a una confessione e
Sasuke e Naruto si erano abbastanza scaldati da poter scatenare un
putiferio da un momento all'altro.
Sakura
aveva assistito in
silenzio, cercando di capirci qualcosa, dato che nessuno si era preso
la bega di spiegarle nulla. Gli occhi di Sasuke erano quelli di
Itachi... le sembrò quasi assurdo, ma plausibile, dato che
durante il loro breve e funesto incontro nel Paese del Ferro sembrava
che Sasuke stesse perdendo la vista.
Volse lo
sguardo verso di lui e
fissò i suoi occhi per un istante, spinta dalla
curiosità
di riconoscervi dentro qualcosa di diverso. Aveva incontrato una sola
volta Itachi ed era rimasta colpita proprio dalla somiglianza che
c'era tra i suoi occhi e quelli di Sasuke: due pozze nere profonde e
tristi, nelle quali si leggeva solo dolore. Itachi, come Sasuke,
aveva imparato a mascherarlo dietro una coltre di
impassibilità;
aveva assunto il ruolo del nukenin, imparando a recitarlo alla
perfezione, ma per Sasuke era stato diverso, lui non aveva recitato,
lo era stato davvero.
Provò
quasi ribrezzo per
aver solo pensato a una cosa del genere. Davvero lo considerava un
nukenin?
Non poteva
avere dubbi proprio
in quel momento.
Sembrò
quasi che Sasuke
si fosse accorto di quella sua improvvisa insicurezza, girandosi verso
di lei e guardandola per la prima volta da quando erano lì.
Lei non riuscì a reggere il suo sguardo intimorita dalla
possibilità che lui potesse davvero leggervi quell'orrendo
pensiero che aveva formulato poco prima. Se ne vergognava, ma in
un'analoga situazione lui forse avrebbe reagito nello stesso modo,
anche peggio. Dopotutto anche lui, prima di sapere la verità
su Itachi, aveva pensato che fosse solo un assassino, che avesse
sterminato il suo Clan solo per testare le sue capacità e
che
lo avesse lasciato in vita solo per un capriccio – almeno
questo
era quello che lei aveva saputo su quella storia. Il desiderio di
vendetta che aveva spinto Sasuke a seguire Orochimaru, poteva anche
condividerlo, ma tutto il resto no. Non riusciva a dimenticare che
lui avesse cercato di ucciderla, né che avesse deciso di
affrontare Naruto e men che meno ciò che le aveva mostrato
durante l'illusione in cui l'aveva rinchiusa. Si rese conto che non
fosse possibile per lei passare sopra a tutti quegli episodi solo
perché lui le aveva chiesto scusa. Per quanto il desiderio
di
perdonarlo, in virtù della felicità di averlo
ritrovato, fosse predominante, sarebbe riuscita davvero a far finta
che niente fosse successo? Sarebbe riuscita a gettare nel
dimenticatoio tutta la sofferenza che le aveva causato?
Non era
certo quello il luogo,
né il momento per porsi quel tipo di domande. Se i Kage
avessero percepito un minimo di incertezza in lei, lo avrebbero
sicuramente utilizzato a loro favore e non poteva permetterlo
perché
avrebbe potuto rispondersi solo ed esclusivamente dopo che tutta
quella storiaccia fosse finita, quando avrebbe avuto la
possibilità
di parlare con lui, lontani da occhi indiscreti. Voleva capire,
doveva capire, e questa volta lo avrebbe costretto
a parlare,
a spiegarle tutto, perché era stanca delle mezze
verità,
delle frasi senza senso e di sguardi che volevano dire tutto e
niente. Voleva chiarezza da ogni punto di vista. Si sentiva
così
terribilmente stupida per aver scoperto di Itachi solo in quel
frangente: Naruto non l'aveva ritenuta all'altezza di mantenere il
segreto? Possibile che anche lui non avesse fiducia in lei? Se solo
glielo avesse detto a tempo debito, lei non avrebbe...
"Penso che
sia meglio fare
una pausa" propose Kakashi, dato che l'aria nella sala stava
diventando pesante.
Concordarono
tutti. I tre
ragazzi e Tsunade uscirono dalla porta principale, ritrovandosi nel
corridoio. Per sicurezza, onde evitare che l'Uchiha potesse fare
qualche pazzia, i due consiglieri furono condotti in una stanza
adiacente, scortati dagli Anbu.
Sasuke si
appoggiò con le
spalle al muro, lo sguardo basso e furente. Si vedeva che fosse molto
provato, non era ancora in forma, anzi non si sarebbe dovuto muovere
dal letto e tutta quell'agitazione non gli aveva sicuramente giovato.
Anche Naruto non aveva una bella cera e Sakura si chiese se la scelta
dei Kage di tenere il processo proprio durante la loro convalescenza
non fosse stata studiata: conciati in quel modo, anche se avessero
sferrato un attacco, non sarebbe stato difficile arginarlo.
La ragazza
evitò di
avvicinarsi all'Uchiha, conoscendolo le avrebbe solo risposto male o
non risposto affatto, quindi si diresse verso Naruto che come lui si
stava risposando contro il muro, qualche metro più avanti.
"Perché
non mi hai
detto niente?" gli chiese senza tergiversare.
"Non potevo
dirtelo"
"E quindi
hai preferito
farmi umiliare in quel modo e spingermi a..." Sakura si accorse
di aver alzato il tono della voce e che Sasuke, pertanto, aveva
alzato la testa e li stava guardando "... tu sai cosa"
sibilò a denti stretti. Dopo il Paese del Ferro non avevano
avuto più modo di parlarne, era vero, ma quello che adesso
stava facendo infervorare Sakura era che Naruto non le avesse detto
niente al momento opportuno, quando gli stava confessando il suo
falso amore, prima di decidere di uccidere Sasuke. Quelle
informazioni avrebbero cambiato tutto e lei si sarebbe concentrata a
smascherare quei due malfattori e si sarebbe evitata una serie di
umiliazioni che adesso le bruciavano come tizzoni ardenti nello
stomaco. Senza contare che avrebbe potuto utilizzarle per far
ragionare Sasuke, senza alcun kunai al collo e nessun gracchiante
chidori da perdonare.
"Possiamo
parlarne dopo?"
le chiese Naruto, visibilmente stressato e allo stesso tempo
preoccupato per come si stavano mettendo le cose.
Non c'era
modo di dimostrare che
quello che lui e Sasuke sostenevano fosse vero e quei due loschi
vecchietti non avevano nessuna intenzione di confessare –
sarebbero
stati pazzi a farlo.
"Che pensi
di fare Sas'ke?"
gli chiese, mettendo quindi a tacere Sakura che si ripromise di
riaprire l'argomento in un altro momento.
Sasuke non
gli rispose. Anche
lui non aveva idea di come costringere quei due ad ammettere di
essere stati i mandatari dello sterminio. L'ipotesi di utilizzare lo
sharingan non era da prendere in considerazione: in quella stanza
conoscevano tutti il potere illusorio dei suoi occhi e quindi
avrebbero pensato di sicuro che avesse manipolato le immagini a suo
piacimento. Tuttavia...
"Ascoltatemi"
tuonò
improvvisamente Sasuke.
-§-
Rientrati
nella sala riunioni,
Tsunade prese immediatamente la parola.
"Se non
avete altre
domande, vorrei che l'Haruno tornasse ai suoi doveri"
comunicò,
lasciando Sakura basita per quella richiesta.
"Ma io..."
tentò
di opporsi. Voleva rimanere lì, al fianco di Sasuke.
Tsunade la
fulminò con lo
sguardo, per poi riportarlo sui cinque Kage, che dopo aver
confabulato per alcuni minuti, diedero il loro consenso.
"Andiamo
Sakura" la
invitò ad alzarsi, ma lei non voleva saperne.
"Ho
solo una possibilità
per dimostrare che quello che abbiamo detto è vero,
ma
ho bisogno che creiate un
diversivo"
"Se
non dovesse
funzionare ti decapiteranno sul serio questa volta"
"Correrò
il
rischio baka"
Come
previsto si era creato un
po' di caos in quanto i Kage cercavano di sollecitare Sakura a
ubbidire agli ordini e lei continuava a sbraitare che non aveva
alcuna intenzione di muoversi da lì. Naruto, a quel punto,
si
era alzato e si era diretto verso la ragazza con l'intento di farla
ragionare. Sasuke aveva sfruttato quell'attimo in cui l'amico era
transitato davanti a lui, nascondendolo alla vista dei Kage, per
attivare lo sharingan quel tanto che bastava per rinchiudere la
vecchia Koharu in un'illusione, disattivandolo subito dopo.
Un tonfo
sordo attirò
l'attenzione di tutti.
La vecchia
era stramazzata al
suolo con gli occhi spalancati, vitrei.
Un ghigno
comparve sul volto di
Sasuke, mentre Homura, atterrito, si abbassava su di lei, prendendola
tra le braccia.
"Che cosa
le è
successo?" chiese il Kazekage, pensando a un normale malore.
Quando la
donna iniziò ad
avere le convulsioni, fu chiaro a tutti ciò che era
accaduto,
soprattutto a Homura.
"E' stato
lui" urlò,
indicando Sasuke "Ha usato lo sharingan su di lei"
continuò, mentre i Kage si voltavano verso Sasuke che aveva
un' espressione più che soddisfatta dipinta sul volto.
"Ha avuto
quello che
meritava" gli rispose l'Uchiha, mostrando un ghigno sadico.
"Sasuke
Uchiha, hai
decretato la tua condanna a morte" La voce del Raikage fece
tremare i muri e anche le membra di Sakura che non aveva osato
opporsi a quell'idea assurda e che, pertanto, ora temeva per la vita
del compagno.
"Almeno
morirò
soddisfatto"
"Sciogli
subito
l'illusione, Sasuke" lo minacciò Kakashi che, all'oscuro
di tutto, iniziava a credere che questa volta fosse davvero
spacciato.
"Non ne ho
alcuna
intenzione Kakashi" gli rispose con freddezza tale che Sakura
rabbrividì udendo quel tono di voce che le ricordava quello
da
lui utilizzato proprio nel Paese del Ferro. Ricordava la sua risata
isterica e quella voce, così vuota e fredda da non sembrare
neanche la sua.
"Tu, lurido
verme"
inveì Homura "Abbiamo sbagliato a consentire a Itachi di
risparmiarti la vita. Sapevamo che un bastardo Uchiha ancora vivo
avrebbe portato solo sventure al Villaggio"
Non fece
neanche in tempo a
finire la frase che Koharu aveva sbattuto le palpebre.
Ormai era
troppo tardi per
ritrattare, aveva confessato, spinto dalla rabbia verso quel Clan che
aveva sempre ritenuto una minaccia per Konoha.
I Kage
rimasero a bocca aperta,
non aspettandosi affatto che le parole dei due ragazzi si rivelassero
vere.
" Homura
Mitokado e Koharu
Utatane, verrete scortati presso la prigione di Konoha in attesa del
nostro giudizio." dichiarò Kakashi, in tono solenne
"Portateli via" ordinò ai due ambu che sollevarono
di peso la donna e presero per un braccio l'uomo che continuava a
guardare con odio l'Uchiha.
Lo shock
per quello che era
accaduto, fece calare un silenzio di tomba sulla sala. Nessuno sapeva
più cosa credere e gli ultimi sviluppi avevano fornito delle
attenuanti al comportamento tenuto dall'Uchiha. Punirlo, a questo
punto, sarebbe stata l'ennesima ingiustizia nei confronti di un
ragazzo che aveva patito già troppa sofferenza.
"Potete
andare anche voi"
comunicò il Raikage, rompendo il silenzio. I tre ragazzi lo
guardarono sospettosi e increduli. "Abbiamo bisogno di un po' d
tempo per riflettere sul da farsi, quindi per il momento non vedo la
necessità di farvi rimanere. Uchiha, ti comunicheremo quanto
prima la nostra decisione" concluse, massaggiandosi le tempie
che sembravano scoppiargli.
I tre
ragazzi e Tsunade uscirono
quindi dalla sala e percorsero il lungo corridoio che portava al di
fuori del palazzo.
"Alla fine
ha funzionato!"
esclamò Naruto con un sorriso.
"Sì,
ha funzionato"
convenne Sasuke, molto soddisfatto anche se conscio del fatto che
quel poco di giustizia che aveva ottenuto non avrebbe mai potuto
riportargli indietro i suoi cari. Quest'ultimo pensiero lo fece
rabbuiare, cosa che non passò inosservata a Sakura che
poteva
solo immaginare quello che passasse per la testa dell'Uchiha.
"Andiamo a
mangiare da
Teuchi?" propose Naruto con entusiasmo.
"Con un
solo braccio sei
capace di mantenere la scodella?" gli chiese Sakura
ironicamente.
"Per
mangiare il ramen mi
serve solo la bocca Sakura-chan"
"Credo che
vi dovrete
accontentare del pranzo dell'ospedale perché voi due avete
ancora bisogno di cure." li interruppe Tsunade che camminava a
passo deciso davanti a loro.
"Ma
Ba-chan! Io voglio il
ramen! Diglielo anche tu Sakura-chan!" piagnucolò il
biondo, cercando di ingraziarsi la Kunoichi che aveva smesso di
ascoltarlo da un pezzo, troppo presa a guardare Sasuke.
"A
cosa stai pensando Sasuke-kun?
Angolo
Autrice
Buonasera!
Capitolo
lunghetto rispetto ai miei standard, ma dividerlo ancora mi sembrava
un'assurdità.
Il
processo è giunto al termine... ne siamo sicuri? Seguendo
quanto detto nel 699 da Kakashi, manca ancora una parte e non
preoccupatevi, ci sarà. I consiglieri hanno vuotato il
sacco... certo non in modo canonico, ma con il metodo Uchiha
–
infallibile direi.
Spero
che questa parte vi sia piaciuta perché se devo essere
sincera
non ero molto convinta di volerla inserire anche se è uno di
quei famosi buchi Kishimotiani che meritava un po' di spazio. La
riflessione che ho fatto è la seguente: dopo che
Sasuke ci
ha triturato gli zebedei con la faccenda di Itachi e della vendetta,
possibile che i due vecchiacci malefici e lo stesso Itachi non siano
stati neanche menzionati alla fine del manga? Da cui sono
sorte
le seguenti domande:
Itachi per l'opinione pubblica
è rimasto un nukenin?
Quei due vanno tranquillamente a farsi le
terme e a mangiare il ramen come se non avessero avuto alcuna colpa?
Quando
ho iniziato a scrivere questa fan, l'ho fatto con l'intento di darmi
delle risposte a ovvi quesiti nati dopo la fine del manga e spero che
queste mie supposizioni aggradino voi lettori. Per farla breve... sto
scrivendo il mio finale di Naruto... e il seguito - ovviamente. So
che alcuni capitoli potranno sembrare noiosi, ma non temete, ci
sarò
tanto sasusaku(lo scopo è quello) quindi per l'ennesima vi
chiedo di avere fiducia in me, di accompagnarmi in questo viaggio e
di sostenermi con i vostri consigli e i vostri commenti.
Capitolo 6 *** #5 Ad ogni azione corrisponde un'azione pari e contraria ***
#5
Ad ogni azione corrisponde una reazione pari e contraria.
(Terzo
Principio della dinamica)
Erano
passati tre giorni, tre lunghi giorni e nessuno si era fatto vivo.
Sicuramente tutto quel tempo per decidere cosa fare della vita di
Sasuke Uchiha doveva essere stato assolutamente necessario: era un
pericoloso nukenin, una mina vagante – un mezzo
psicopatico.
Come minimo meritava di marcire a vita nelle segrete di Konoha o di
essere lanciato con una corda al collo dal Monte degli Hokage o ,
nella migliore delle ipotesi, spedito a Kumo a fare da pungiball per
il Raikage. Sicuramente il destino di Sasuke Uchiha poteva
considerarsi segnato.
-
§ -
"Quindi
sei stato prosciolto da tutte le accuse"
Sasuke,
seduto finalmente su un vero letto, in una stanza singola
dell'ospedale di Konoha, alzò lo sguardo verso il suo sensei
che quella mattina, tre giorni dopo il processo - giusto il tempo che
la vecchia si riprendesse dal mangekyou - si era recato da lui per
dargli quella che, a suo dire, era una bella notizia. Appena entrato,
aveva poggiato le spalle al muro, incrociato le braccia e chiuso gli
occhi. Sasuke non aveva capito se quell'atteggiamento fosse stato
studiato per creare suspense o per farlo sentire in colpa, un
altro po'. Fatto sta che il neo Hokage era rimasto in quella
posizione, in silenzio, per alcuni minuti e Sasuke aveva concentrato
lo sguardo fuori dalla finestra non mostrando alcun tipo di emozione
- come sempre. In fondo non gli interessava se la
sua vita da
quel momento in poi sarebbe cambiata: se fosse stato rinchiuso a vita
in una prigione o addirittura giustiziato; ciò che gli
premeva
di sapere sopra ogni cosa era la decisione che i Kage avessero preso
in merito ai consiglieri.
Quando
Kakashi aveva iniziato a parlare, rifilandogli una concisa quanto
sentita ramanzina sulla fiducia, sul Team e su quanto fosse stato
imbecille - aveva anche lui qualche sassolino dal calzare da
togliersi - lui aveva continuato a tenere lo sguardo fisso verso la
finestra, ascoltando ogni singola parola anche se in apparenza
sembrava come se fosse in un mondo tutto suo. Kakashi
interpretò
- o meglio decise di interpretare - quell'atteggiamento come prova
che fosse pentito o che comunque il suo discorso avesse stimolato in
lui una profonda riflessione.
"I
consiglieri sono stati mandati in esilio." gli aveva comunicato,
sperando che almeno quella notizia provocasse una qualsivoglia
reazione. Sasuke aveva stretto appena il lenzuolo con la mano destra,
probabilmente deluso. Kakashi non si dilungò sui particolari
della diatriba da cui era scaturita quella decisione: la mancanza di
prove effettive e l'età avanzata dei due erano state le
attenuanti che avevano ridotto la pena da "condanna a morte per
alto tradimento" a "esilio". Veder rotolare le teste
di quei due cospiratori sarebbe stata una soddisfazione anche per
lui, dato che la loro pessima gestione della "situazione Uchiha"
aveva portato allo scioglimento del suo Team e a tutta la sofferenza
che ne era conseguita per ogni singolo membro.
"Il
luogo abbiamo deciso di tenerlo segreto, tante volte ti venisse la
brillante idea di farti giustizia da solo" tenne a precisare.
Sasuke
sperò di non venire mai a conoscenza di dove fossero i due
consiglieri perché anche se aveva capito che la vendetta non
portava mai a felici conseguenze, era perfettamente cosciente del
fatto che se per adesso potesse quasi affermare con sicurezza di
riuscire a tenerla a bada, non era certo che sarebbe stato
così
anche in futuro.
Ma
fu la conclusione del discorso, la decisione dei Kage, che lo scosse
da quel torpore autoindotto.
Non
aveva preso in considerazione l'ipotesi che potessero riservargli un
simile trattamento di favore. Addirittura "prosciolto da tutte
le accuse". A cosa doveva una simile clemenza?
"So
cosa ti stai chiedendo, Sasuke. Francamente anch'io non pensavo che
l'avresti passata liscia" confessò l'Hokage, sorridendo
sornione.
"Cosa
è successo?" chiese, quindi, l'Uchiha, incredulo e
frastornato.
"A
quanto pare qualcuno deve aver messo una buona parola, assicurando
che nel caso in cui dovessi nuovamente perdere la retta via,
riuscirebbe a fermarti"
Il
baka.
"
e qualcun'altro deve aver fatto da garante data la sua posizione."
Lui.
"per
non parlare di qualcun'altro che ha addirittura mentito per darti una
chance"
...
Sakura...
"Anche
lo stratagemma del mangekyou é stato una bella trovata, ma
penso che sulla decisione finale abbiano avuto un ruolo importante i
tuoi legami"
Legami...
Kakashi
non aveva scelto a caso quel termine.
"Vi
ringrazio e vi chiedo scusa per il fastidio che ho arrecato"
disse l'Uchiha, abbassando lo sguardo, sinceramente dispiaciuto,
mentre nella sua mente continuava a rimbombare quella parola alla
quale non riusciva ancora a dare una definizione.
"Avrai
modo di sdebitarti." ribatté l'Hatake staccandosi dal
muro e avvicinandosi al letto "Penso che sia prematuro chiederti
cosa hai intenzione di fare adesso. Per qualsiasi cosa sappi che puoi
rivolgerti a me." concluse, incurvando le labbra sotto la
maschera in un sorriso rassicurante.
"Lo
farò. Grazie." e abbozzò a sua volta un sorriso
incerto.
"Adesso
scusami, devo proprio andare. La Mizukage ha convocato Sakura e ha
chiesto che io sia presente" un colpo basso, molto basso.
Avrebbe potuto tranquillamente evitare di dirglielo, ma voleva
dimostrargli che ogni decisione giusta o sbagliata portava a delle
conseguenze e che, quindi, da quel momento in poi, il suo allievo
avrebbe dovuto imparare ad agire diversamente.
"Aspetta!"
Kakashi
ghignò sotto la maschera e lo accontentò.
"Cosa
c'è, Sasuke?" gli chiese con sadica curiosità,
voltando appena il capo sopra la spalla nella sua direzione.
"Perché
la Mizukage vuole parlare con lei?"
Gli
porse la domanda con urgenza, preoccupazione, sentendo lo stomaco
attorcigliarsi su se stesso.
"Davvero
non lo sai?" si stupì Kakashi, voltandosi di
quarantacinque gradi per scrutare meglio il ragazzo che aveva preso
di nuovo a stringere il lenzuolo con la mano destra. Era teso,
agitato: sapeva benissimo quale fosse il motivo per il quale la donna
aveva convocato Sakura, ma forse, in cuor suo, sperava di non essere
stato di nuovo la causa dei problemi della ragazza.
"Ha
mentito, Sasuke. La Mizukage ha fatto finta di niente quel giorno; il
motivo per cui l'ha fatto mi è oscuro e anche se il rapporto
di quella missione è misteriosamente scomparso, le versioni
di
Inuzuka e della Uzumaki non combaciavano con quella di Sakura."
gli spiegò con calma.
"Tsk!
Quella stupida" sibilò Sasuke con rabbia.
"Già"
convenne l'Hatake "É stata davvero una stupida a cercare
di farti sembrare migliore di quello che eri e non aggravare
ulteriormente la tua posizione" argomentò ironico,
riprendendo a camminare verso la porta con le mani in tasca.
"Che
cosa le può accadere?" chiese ancora l'Uchiha, colpito in
pieno dalle parole del sensei che evidentemente aveva poco gradito
l'epiteto utilizzato nei confronti di Sakura. In realtà
Sasuke
non voleva essere offensivo, anzi, ma come sempre si era espresso nel
peggiore dei modi. L'Hatake aveva finto di fraintendere le sue
parole: sapeva che la stupidità a cui si riferiva Sasuke
risiedesse nel fatto che si fosse esposta per dargli una mano.
"Penso
che al massimo la Mizukage possa chiedermi di degradarla." gli
rispose, impugnando la maniglia.
"Non
lo farai, vero?" domandò l'Uchiha, allarmato.
Kakashi
si strinse nelle spalle, varcando la soglia della porta.
"Gli
sbagli si pagano, Sasuke" concluse, lanciandogli un eloquente
sguardo prima di sparire nel corridoio, lasciando il ragazzo a
cuocere nel suo brodo di rimpianti e sensi di colpa.
"Dannazione!"
ringhiò, gettandosi a peso morto sul letto.
-
§ -
"É
permesso?"
"Prego,
Haruno. Accomodati pure. L'Hokage non è ancora arrivato, ma
penso che possiamo cominciare anche senza di lui" le disse la
Mizukage, seduta alla scrivania di Kakashi con le mani incrociate,
poggiate davanti a lei. Il viso era serio e Sakura iniziò a
temere il peggio.
Non
rimpiangeva nulla di quello che aveva fatto, né di aver
mentito, né di aver creato il diversivo per consentire a
Sasuke di utilizzare lo sharingan sull'Utatane e se la Mizukage e
Kakashi avessero deciso di punirla lo avrebbe accettato senza
fiatare.
"Perché
mi ha convocata Mizukage-sama?"
Meglio
arrivare subito al sodo.
"Hai
mentito" rispose la donna, fondendo il verde dei loro occhi.
"Sì,
è vero, è così" confessò,
mestamente.
La
Mizukage rimase un attimo spiazzata: non si aspettava una confessione
immediata. La guardò abbassare gli occhi e il capo, in
attesa
forse di una punizione.
"Non
preoccuparti" la rassicurò "lo sapevo. E ho molto
apprezzato che tu abbia subito ammesso la tua colpa."
Questa
volta fu Sakura a mostrarsi sorpresa: se la Mizukage era al corrente
del fatto che lei avesse mentito, perché non l'aveva
sbugiardata davanti a tutti?
"M-ma..."
"Ma
non ho detto nulla perché Tsunade-sama mi aveva messo al
corrente di alcune cose." e le sorrise con complicità.
Cosa
Tsunade-sama le avesse raccontato, Sakura preferì non
saperlo
perché era più che sicura che sarebbe stato per
lei un
argomento imbarazzante e umiliante da affrontare.
"Resta
comunque il fatto che hai mentito" si affrettò a
sottolineare Mei "anche se per una buona causa"
"Ha
perfettamente ragione Mizukage-sama e sono pronta a qualsiasi
punizione lei voglia infliggermi"
La
donna scoppiò a ridere sguaiatamente, portandosi una mano
davanti alle labbra.
"Ma
quale punizione? Non essere sciocca!"
Non
voleva punirla? Allora cosa voleva?
Sakura
iniziò ad avere un terrificante sospetto.
"Ti
ho convocata, Haruno, perché vorrei che mi raccontassi per
filo e per segno la tua turbolenta storia con l'Uchiha. Non si parla
di altro nel Villaggio, persino i tuoi compagni di Accademia mi hanno
raccontato dei retroscena molto interessanti. Io sono una patita di
storie d'amore travagliate. Vedi, anch'io vorrei trovare l'amore."
Sakura
non riusciva a credere alle sue orecchie: in pratica era lo zimbello,
anzi no, il fenomeno da baraccone del Villaggio, un'attrazione
autoctona. Inoltre, vedere gli occhi della Mizukage diventare
improvvisamente a cuoricino le aveva creato una profonda sensazione
di nausea.
Ma
non aveva faccende più importanti di cui occuparsi?
"Inuzuka..."
Cane
maledetto!
"Inuzuka,
mi ha accennato che ti sei innamorata dell'Uchiha quando eri molto
piccola..."
Sakura
sarebbe voluta sprofondare fino al centro della terra e poi
più
giù all'inferno, casomai, dove nessuno avrebbe potuto
più
trovarla.
Che
vergogna!
"Scusate
il ritardo!"
La
voce di Kakashi. Era salva! Il suo sensei non avrebbe mai
acconsentito a quell'assurditá.
"Oh,
Hokage!" esclamò Mei che sembrava in preda a una furente
crisi ormonale.
"Tutto
apposto, Sakura?" chiese alla sua allieva che nicchiò un
"Credo" non molto convinto.
"Oh,
sì, sì, Hokage, va tutto benissimo. Io e la sua
allieva
ci siamo capite alla perfezione" cinguettò la Mizukage
che non vedeva l'ora di toglierselo di torno.
"Allora,
se non avete bisogno di me, mi dedico a qualcos'altro"
Kakashi
non riuscì a interpretare lo sguardo terrorizzato di Sakura
che cercava di dirgli "No, ti prego, non lasciarmi con questa
pazza!" , pensando che fosse dovuto alla tensione accumulata in
quei giorni e a Sakura non rimase altro che vederlo andar via e
abbassare il capo in segno di resa incondizionata.
Non
aveva più scampo.
-
§ -
Alcune
ore e molte umiliazioni dopo, Sakura uscì dal palazzo
dell'Hokage totalmente svuotata, come dopo una seduta dallo
psicologo. Era stata costretta a ripercorrere nei minimi particolari
- perché la Mizukage era ben informata - tutta la sua
tragica
e turbolenta "non storia" con Sasuke Uchiha che non
solo aveva riaperto vecchie ferite, ma spalancato nuovi crateri una
volta che la donna, capita la situazione, aveva iniziato a darle dei
consigli e soprattutto dei giudizi assolutamente non richiesti.
Quindi
Sakura si sentiva, sì svuotata, ma anche di merda.
Aveva
bisogno di spaccare qualcosa: sentiva quel dolce formicolio nelle
mani che le consentiva di passare da zero a "devastazione"
in un millesimo di secondo.
Caso
volle che lungo il percorso che dal Palazzo dell'Hokage conduceva
all'ospedale, Sakura incontrò l'unica persona che avrebbe
fatto meglio a starle almeno a duecento chilometri di distanza
Il
pentito, lo spifferone...
"Kiba
Inuzuka!" tuonò, facendo girare tutti i presenti verso di
lei "Tu, cane pulcioso!"
-
§ -
Un
gran baccano proveniente dal corridoio fece sobbalzare Sasuke che
intento a scoprire i meandri della sua mente, si era addormentato.
Poco
dopo udì la porta aprirsi e vide Naruto entrare di
soppiatto.
"Ciao,
teme!" lo salutò, avvicinandosi al letto "Come ti
senti?"
"Bene,
tu?" rispose brevemente - i convenevoli non erano la parte che
preferiva dei discorsi e neanche le altre parti in verità.
"In
formissima" rispose Naruto, alzando appena il braccio sinistro,
diventando bordeaux in viso.
Il
solito buffone.
"Vedo"
constatò sarcastico l'Uchiha.
Un'altra
serie di rumori inconsulti li fece girare verso la porta della
stanza.
Sasuke
la indicò all'amico con un cenno della testa. Troppo
stancante
chiedere:" Cosa sta succedendo?"
"Ah!"
Naruto iniziò a grattarsi la testa "Sakura-chan ha
pestato a sangue Kiba. L'hanno ricoverato con tre costole rotte e un
trauma cranico. Poi è arrivata sua sorella Hana e adesso lei
e
Sakura-chan se le stanno dando di brutto. Mi sono rintanato nella tua
stanza perché Sakura-chan ha scaraventato uno dei cani di
Hana
contro la porta della mia, facendo un buco enooorme!" e
amplificò il concetto facendo roteare contemporaneamente
occhi
e testa e spalancando la bocca così tanto che Sasuke
riuscì
a vedergli le adenoidi.
Strinse
le labbra per soffocare una spontanea risata che stava quasi per
esplodere sia per il modo in cui Naruto aveva raccontato l'episodio,
facendo trasparire tutto il suo terrore verso Sakura, sia
perché
quel chiacchierone dell'Inuzuka aveva avuto quello che si meritava.
"Sakura-chan
a volte è... terrificante!" esclamò Naruto,
rabbrividendo.
"Ho
notato" convenne Sasuke, sinceramente divertito - solo dentro
di sé naturalmente.
Tuttavia,
si rabbuiò in fretta, collegando la "vendetta" di
Sakura a un certo incontro con la Mizukage.
"Che
ti prende, teme?" gli chiese il biondo, notando immediatamente
il cambiamento di espressione del viso dell'amico. Sembrava
preoccupato.
"Sai
niente dell'incontro con la Mizukage?"
"Ah,
sì. Kakashi-sensei mi ha accennato qualcosa"
Sasuke
rimase in attesa, pensando che ne sapesse più di lui.
"Quindi?"
fu costretto a incitarlo, dato che lui non accennava a voler parlare
e lo fissava con gli occhioni azzurri sgranati come sotto l'effetto
di un genjutsu.
"Quindi?"
ribatté Naruto che, per l'appunto, non stava seguendo
più
il discorso.
"Ha
detto che può essere degradata" e digrignò i
denti
per la rabbia.
"
Sakura-chan sapeva a cosa poteva andare incontro e lo ha fatto lo
stesso, ma figurati se Kakashi-sensei la fa punire!" tentò
di rassicurarlo.
"Non
è più Kakashi-sensei, ora è l'Hokage e
per
mantenere buoni rapporti con gli altri Paesi deve arrivare a
compromessi" gli fece presente.
"Puah!
Devi fidarti di più degli altri, stupido teme! É
vero
Kakashi-sensei ora è l'Hokage ma se la tua teoria fosse
giusta
a quest'ora la tua testa penzolerebbe dal naso di Hashirama Senju,
invece
sei qui davanti a me a sparare cazzate!" sbraitò
l'Uzumaki che al contrario di lui non sembrava affatto preoccupato.
Forse
Naruto aveva ragione. Forse era lui ad avere una visione distorta
delle cose, tuttavia non riusciva a farsi passare quel mal di stomaco
che gli era scoppiato quando Kakashi gli aveva comunicato
dell'incontro tra Sakura e la Mizukage. Francamente non riusciva a
capire bene neanche perché si preoccupasse per lei -
probabilmente durante lo scontro con Naruto doveva aver preso
parecchie botte in testa.
La
porta della stanza si aprì violentemente e comparve Sakura,
con il fiatone, gli occhi iniettati di sangue, la casacca rossa
strappata in più punti, il viso sporco e le parti esposte
del
corpo, in alcuni punti, mostravano delle escoriazioni; per non
parlare dei capelli che erano un vero disastro.
"Baka!"
tuonò "Che diavolo ci fai in piedi?"
Naruto
divenne viola in viso e cominciò a tremare.
"Scusa,
Sakura-chan, ma hai distrutto la porta della mia camera e poi da solo
io... io mi annoio!" piagnucolò - come un poppante,
osservò l'Uchiha.
"Fila
immediatamente a letto, prima che ti ci rispedisca a suon di
cazzotti!" lo minacciò la rosa, sventolandogli davanti
alla faccia il suo famigerato pugno con il quale solo pochi istanti
prima aveva steso Hana Inuzuka e i suoi tre cani.
"Ciao,
teme" mormorò il biondo, a testa bassa.
"Passo
dopo a controllare anche te!" si rivolse, infine, all'Uchiha,
minacciosamente.
Sasuke
raddrizzò la colonna vertebrale, non aspettandosi
minimamente
quel tono da lei. Forse Naruto ci era abituato, ma lui in tutto quel
tempo si era perso così tante cose - come Sakura che pestava
la gente - che rimettersi a pari non sarebbe stato facile.
-
§ -
Sasuke
attese tutto il pomeriggio, invano, che Sakura passasse per il
controllo di routine.
In
realtà non era passata un anima viva, neanche a controllare
che non fosse scappato di nuovo... neanche il dobe – ipiaceri dell'uomo libero. Non che avesse voglia di
vedere
nessuno, men che meno Sakura, ma era curioso di sapere com'era andato
il colloquio con la Mizukage, così, per puro spirito di
partecipazione e non perché la sua coscienza continuava a
ripetergli che se Sakura era stata degradata la colpa fosse solo sua.
No, quello era un problema del suo stomaco che imperterrito non
accennava a smettere di contorcersi.
Era
giunta la sera e finalmente qualcuno si era degnato di presentarsi al
suo cospetto: la Yamanaka.
Gli
aveva portato la cena ed era rimasta a fissarlo per un buon quarto
d'ora mentre lui con la perizia di un chirurgo divideva i pomodori
dal resto della sbobba ospedaliera. Si aspettava qualche convenevole
o non aveva nient'altro da fare? Si chiese Sasuke, che se possibile
detestava essere fissato anche più della Yamanaka stessa. Il
connubio delle due cose era un vero inno alla strage.
A
un certo punto, con suo sommo sollievo, l'aveva vista alzarsi dalla
sedia posta di fianco al letto e uscire dalla stanza, senza dire una
parola - evento storico trattandosi di lei.
Aveva
mangiato i pomodori e posato il piatto sul comodino: qualcuno sarebbe
passato a riprenderlo prima o poi.
Di
Sakura neanche l'ombra.
Pensò
che avrebbe potuto chiedere alla Yamanaka dove fosse finita, ma
preferiva di gran lunga rimanere nell'ignoranza che dare alla bionda
materiale per spettegolare.
Rimase
un po' a guardarsi in giro; tese l'orecchio per cercare di sentire
qualcosa al di là della porta - si ricordava che Sakura
fosse
molto rumorosa - ; si passò la mano destra tra i capelli
scoprendo di avere necessità di una doccia, una vera, non
l'acqua scrosciante di una cascata che per quanto tonificasse il
corpo e risvegliasse la mente rimaneva pur sempre gelida.
Prese
una decisione; scostò le coperte e scese dal letto. Dopo tre
giorni di riposo forzato si sentiva decisamente meglio: nessuna
vertigine, qualche doloretto sparso tollerabilissimo e soprattutto
riusciva ad alzare il braccio destro senza diventare bordeaux.
Capito
dobe?
Dovette
ammettere che le cure di Sakura e Tsunade avevano fatto miracoli.
Percorse
il corridoio semibuio seguendo l'unica fonte di luce più
intensa che proveniva da una stanza in fondo. Le altre, come la sua e
quella dove Naruto stava rumorosamente russando, erano illuminate da
lampade da notte.
Fece
capolino in quello che sembrava un ambulatorio dato che vi era un
lettino, un separé e una scrivania piena di scartoffie e
cartelle cliniche, dietro le quali spuntavano dei ciuffi rosa molto
famigliari.
Mosse
un piede per ritornarsene a letto - con tutto quel lavoro in
arretrato il controllino alle sue ferite in via di guarigione passava
nettamente in secondo piano - quando sentì lo stridere di
una
sedia sul pavimento e dei passi concitati.
Sgattaiolò
di corsa dentro la sua stanza e si rimise a letto, chiudendo anche
gli occhi, memore della ramanzina che la rosa aveva fatto a Naruto
quella mattina - non lo chiamavano genio a caso.
Qualche
secondo dopo, Sakura aveva aperto la porta , in punta di piedi, per
non svegliarlo, si era avvicinata al letto e aveva iniziato a passare
il chakra sul suo corpo, sostando nei punti dove ricordava ci fossero
le ferite più gravi.
Sasuke,
intanto, stava combattendo una guerra interiore per decidere se
continuare a far finta di essere in fase rem o aprire gli occhi e
chiederle quello che voleva sapere. Perché doveva essere
così
dannatamente difficile per lui comportarsi da persona normale?
Lei
poteva definirla una sua amica (?), come il dobe, allora
perché
non riusciva a trattarla allo stesso modo? Forse erano state le sue
ripetute dichiarazioni d'amore a creare quella barriera di costante
imbarazzo. Naaa! Non si era creato quel problema
quando le
aveva chiesto scusa e le aveva sorriso con lo sguardo languido - a
causa dell'emorragia, ovvio. Eppure si sentiva come bloccato
con
lei, non riusciva a creare un dialogo - senza ferirla
- o a
trattarla come un tempo - e meno male. Lei era
Sakura, per
tutti i Kami, la noiosa, insopportabile Sakura.
Doveva
essere sicuramente un problema di coscienza: lui era consapevole di
averla fatta soffrire ergo non poteva non essere gentile nei suoi
confronti, ma siccome aveva dimenticato cosa significasse la
gentilezza non sapeva proprio come prenderla. Era sempre stato un
genio nell'analizzare le situazioni e non poteva assolutamente
sbagliarsi.
Socchiuse
impercettibilmente l'occhio sinistro - sentiva Sakura da quel lato
del letto. Aveva il viso stanco e i capelli ancora arruffati dalla
rissa con i fratelli Inuzuka, ma teneva lo sguardo fisso su di lui,
sul suo corpo, seguendo la scia di chakra che lasciavano le sue mani.
Delicatamente, dopo aver terminato di guarire il tronco, aveva
scostato le coperte per passare alle gambe che non stavano messe poi
tanto male e Sasuke approfittò del momento per spalancare
entrambi gli occhi.
"Scusa,
Sasuke-kun, non era mia intenzione svegliarti. Purtroppo mi era
rimasto del lavoro in arretrato e sono potuta passare solo ora. Come
ti senti, va meglio?"
Parlava
sempre troppo.
"Mmh"
annuì - giusto per rimanere fedele al discorso di prima.
"Bene,
sono contenta! Kakashi mi ha detto che sei stato scagionato da tutte
le accuse. É una splendida notizia, non trovi?"
Sì,
parlava decisamente troppo - almeno in quello non era
cambiata.
"Mmh"
E
lui sempre meno - anche quello non era cambiato.
"Ho
quasi finito, così puoi tornare a dormire. Un altro paio di
giorni e poi potrete tornare... " Sakura stava per dire " a
casa" , ma si era morsa la lingua: Sasuke non aveva più
una casa. Il quartiere Uchiha era un ammasso di rovine e
l'appartamento che il terzo gli aveva assegnato era stato dato a un
altro ninja un anno dopo la sua fuga. Lei e Naruto si erano molto
arrabbiati con Tsunade-sama per quella decisione.
"Potrete
uscire da qui" si corresse, mordendosi il labbro inferiore per
l'imbarazzo. Dopo la seduta con la Mizukage, il combattimento con gli
Inuzuka e le cartelle cliniche, non riusciva più a essere
molto lucida. Inoltre, curare Naruto e Sasuke richiedeva una grande
quantità di chakra.
"Mmh"
Mr.
Loquacità era proprio in vena di chiacchiere a
quanto
pareva. Quel suo "non parlare" creava in Sakura un tale
stato di agitazione che persino il suo chakra aveva iniziato a
risentirne.
"Com'è
andata con la Mizukage?"
Le
aveva fatto una domanda? Bontà divina, quello sì
che
era un evento!
"B-bene"
balbettò, totalmente impreparata a quell'improbabile
evenienza, ripercorrendo le tappe di quel calvario che aveva dovuto
subire quella mattina.
"Ti
hanno punita?"
Detto
da Sasuke Uchiha, con la voce di Sasuke Uchiha, poteva anche sembrare
sexy e quasi, quasi, Sakura rimpianse di non avere ricevuto alcuna
punizione se non quella di essere stata costretta a raccontare la
loro "non storia" a una perfetta sconosciuta, patita del
drama e tendenzialmente ninfomane - ma questo si guardò bene
dal raccontarglielo.
"No,
mi hanno solo rifilato una bella ramanzina"
Bugiarda,
ancora, ma sempre a fin di bene - stavolta il suo
personale.
"Capisco."
Sakura
pensò che la loro conversazione fosse terminata e dopo aver
tirato nuovamente su le coperte, passò a togliere le fasce
dal
moncherino che aveva l'abitudine di lasciare sempre per ultimo.
A
differenza delle altre ferite alle quali applicava il chakra per
farle rimarginare, il moncherino esigeva un trattamento diverso volto
a mantenere il punto in cui il braccio era stato amputato mediamente
umido al fine di agevolare l'impianto che Tsunade-sama stava
preparando. Quindi, ciò che Sakura solitamente somministrava
era più un antidolorifico che un vero e proprio medicamento.
"Non
avresti dovuto"
Sasuke
aveva parlato, di nuovo, stando bene attento a
mantenere lo
sguardo puntato verso il muro e non verso di lei che gli era a pochi
centimetri.
Per
la seconda volta in quella assurda notte, Sasuke le aveva rivolto la
parola. Se non fosse stata al limite delle forze, sarebbe corsa da
Ino e l'avrebbe tenuta sveglia fino all'alba per raccontarglielo a
random.
"Era
necessario"
Non
capì come le fosse venuta in mente una risposta del genere e
men che meno capì la successiva reazione di Sasuke.
"Tu
sai quello che è accaduto quel giorno, su quel ponte!"
aveva ringhiato l'Uchiha, facendo scintillare l'occhio destro che ora
era piantato in quelli di Sakura. La stava rimproverando? O
semplicemente aveva voglia di rivangare quell'episodio che Sakura
aveva strenuamente tentato di gettare nel dimenticatoio insieme alla
panchina e al suo braccio conficcato nello sterno? Possibile che per
lui fosse cosi difficile dare un taglio con il passato?
Ai
suoi occhi doveva sembrare davvero una povera stupida visto che per
lui portare rancore o meditare vendetta per un torto subito erano
atteggiamenti più che normali. Lei non lo aveva perdonato,
certo che no, quelle immagini sarebbero rimaste
impresse nella
sua memoria per sempre perché è nell'indole umana
ricordare più facilmente ciò che ha provocato
sofferenza piuttosto che gioia, ma aveva deciso di guardare avanti,
di avere fiducia - per l'ennesima volta - nel futuro, che doveva per
forza essere migliore. Era impensabile spiegare a Sasuke quel
concetto perché era certa che non lo avrebbe compreso, non
adesso: l'onta del fallimento bruciava ancora dentro di lui. Per
quanto fosse stata felice di sentire la parola "scusa"
fuoriuscire dalle sue labbra e vedere un sorriso sincero sul suo
viso, Sakura sapeva che presto il subconscio di Sasuke si sarebbe
nuovamente affollato di pensieri negativi, di fantasmi e di sensi di
colpa e quella conversazione ne era la prova.
Non
era né il momento, né il luogo per il chiarimento
del
secolo. Avevano cercato di uccidersi a vicenda e allora? Lui e Naruto
si erano amputati un braccio, per tutti i Kami! Qual era la
differenza?
Sakura
era riuscita a coglierla, ma una parte di lei preferiva far finta di
niente. La consapevolezza di non essere mai stata importante come
Naruto per Sasuke, che non l'avesse mai considerata poco più
di una compagna di team, portava inevitabilmente a un'unica
devastante domanda: "Cosa rappresentava davvero lei per lui?"
; alla quale, ne era certa, non avrebbe ottenuto risposta e forse era
meglio così. Si era illusa così tante volte di
contare
qualcosa per lui e puntualmente le sue aspettative erano state
deluse. Sin dai tempi dell'accademia l'aveva considerata un
impiastro, una piagnucolona appiccicosa, alla quale interessavano
solo i capelli e i sentimentalismi; l'aveva accusata di essere una
persona insopportabile e insensibile quando si era permessa di
criticare Naruto, come se fosse stata una colpa quella di avere
ancora i genitori.
Quel
giorno, sul ponte nel Paese del Ferro, aveva creduto davvero di
riuscire a fermarlo. Aveva sperato, ingenuamente, che fingersi decisa
a tradire il Villaggio per seguirlo, sarebbe bastato per conquistare
la sua fiducia e mille volte si era chiesta come sarebbero andate le
cose se lui non avesse tentato di ucciderla. Sarebbe stata lei a
ucciderlo? L'idea iniziale era quella, ma si era subito resa conto,
appena lo aveva visto, che non fosse attuabile. Lo avrebbe seguito?
Molto più plausibile. Sì, lei lo avrebbe seguito
in
capo al mondo, avrebbe mollato tutto per lui e non per una stupida
infatuazione adolescenziale, ma perché lo amava, davvero,
e sapeva che dietro a tutta quell'oscurità, c'era ancora il
ragazzino imbronciato che passava il suo tempo sulla sponda del fiume
o ad allenarsi con gli shuriken. Riusciva a scorgerlo nonostante il
rivolo di sangue che scorreva dai suoi occhi assassini e anche dietro
quella insana risata con la quale aveva sbeffeggiato Kakashi. Ed era
proprio davanti ai suoi occhi, in quel momento, in attesa di una
risposta.
"Ognuno
di noi ha compiuto delle azioni giuste o sbagliate in base alle
proprie emozioni."
Fu
quella la sua risposta, a voce bassa, strozzata, con lo sguardo
rivolto al moncherino che era la prova inconfutabile di quanto detto,
consapevole che lui non l'avrebbe trovata soddisfacente.
"Un
po' troppo diplomatica, non credi?"
"Forse"
tagliò corto, ridestandosi da quel groviglio di pensieri e
sentimenti che riaffioravano ogni qual volta lui le era vicino
– e
anche quando non lo era, in verità.
Sasuke
non disse più una parola e lei ne fu quasi sollevata.
Avrebbero avuto modo di parlare di tutto, ma in un secondo momento,
quando le ferite non sarebbero più state così
fresche e
gli animi, ancora così
dannatamente inquieti.
Gli
fasciò il braccio e dopo aver raccolto le garze vecchie,
uscì
silenziosamente dalla stanza, lasciando Sasuke in un confuso stato
emotivo – più
del solito.
Appena
fu di nuovo nel corridoio semibuio, Sakura si portò una mano
al petto, il suo cuore sembrava in procinto di esplodere: non era
pronta, non lo era per niente.
.......
§ .......
Angolo
Autrice
Ringrazio
l'influenza per avermi consentito di aggiornare anche questa fan! :-)
Detto
tra noi, la adoro, sia perché è ambientata nel
post-shippuden e nonostante io ami molto scrivere anche le au questo
contesto rimane sempre il mio preferito, sia per i film mentali che
mi porta a fare. Ho un'idea molto chiara su come evolverà
questa storia, tuttavia sto riscontrando parecchie
difficoltà
perché colmare il buco temporale tra il 699 e il 700 non
è
affatto semplice. Si rischia di cadere nel fangirlaggio puro e non
è
questo il mio scopo. La difficoltà nasce dalla mia
volontà
di creare una storia verosimile che tuttavia realizzi i miei sogni da
fangirl. Potete essere solo voi a dirmi se sto procedendo sulla
strada giusta, in caso contrario vi prego di farmelo notare e di
darmi dei consigli. In un certo qual modo questa storia è
anche vostra.
:-)
Capitolo 7 *** #6 C'è ancora qualcosa che non mi è chiaro ***
#6
C'è ancora qualcosa che non mi è chiaro
"Forse
ha bisogno di sentirsi dire che l'hai perdonato!"
Ino
Yamanaka aveva avuto, da sempre, la capacità di dire le cose
giuste al momento sbagliato e quelle sbagliate al momento giusto.
Sakura
non era certa di quale delle due opzioni fosse più
appropriata
in quel momento: non aveva voglia di parlarne, non sapeva quale
sinapsi le si fosse incantata quando aveva deciso di raccontarle
l'accaduto ed era in procinto di asportare una scheggia di legno dal
petto di uno shinobi che si era accorto del corpo estraneo solo
quando era diventato parte integrante della sua epidermide.
"Possiamo
parlarne dopo?" – Mai, magari –
le propose, con la
speranza che nel contempo trovasse qualcos'altro di più
interessante che le facesse dimenticare quel discorso. Secondo il
primo – e unico – principio della sovrapposizione
Yamanaka, il
cervello della donna dalla quale aveva ereditato il nome resettava le
informazioni precedentemente incamerate al sopravvenire di altre di
uguale o superiore interesse. L'esperienza empirica che aveva
convalidato la teoria risaliva a qualche anno prima, quando Sakura si
era permessa di eccepire la scelta di un maglioncino, a suo dire, un
po' troppo succinto. Il "soggetto" non aveva preso bene la
critica – assolutamente costruttiva – e l'aveva
minacciata di
ridurla in poltiglia e darla in pasto al suo compagno di squadra.
Quello ciccione. Il suo brillante intuito e lo
spiccato
spirito di sopravvivenza l'avevano portata a guardarsi intorno e
indicare al "soggetto" una coppia di ninja che amoreggiava
per la strada. Ino si era immediatamente calmata, concentrando tutte
le sue energie nel capire: chi fossero, da quanto stavano insieme e
che probabilità di successo avesse la loro storia. Aveva
resettato l'informazione precedente.
Ma,
al momento, non c'era niente di più interessante in tutto il
sistema solare di Sasuke Uchiha, del processo di Sasuke Uchiha,
dell'assoluzione di Sasuke Uchiha e, per osmosi , della patetica
ragazza innamorata di lui da una vita. Una gran bella botta di c...
In
effetti non capitava tutti i giorni che un ninja diventasse un
nukenin, uccidesse il fratello eroe che
si fingeva un
nukenin, contribuisse a scatenare una guerra per
distruggere
il mondo ninja, lo salvasse, cercasse poi di distruggerlo da solo e,
infine, ritornasse a casa – neanche Orochimaru era riuscito
in una
tale impresa e di lui non si poteva certo dire che avesse tutte le
rotelle a posto.
Ogni
essere vivente, che aveva potuto assistere a questa – inevitabile?
– serie di eventi, non faceva altro che parlarne, parlarne e
riparlarne alla nausea. Il nome di Sasuke Uchiha, prima
tabù,
veniva mediamente pronunciato dalle cento alle trecento volte al
giorno; alcune volte veniva bisbigliato per paura che qualcuno
riportasse la tale frase o il tale commento al diretto interessato,
provocando una ricaduta irreversibile della sua ormai stabile
condizione mentale – perché veniva ritenuto
stabile, lui;
o almeno l'Hokage era riuscito a persuadere tutti che fosse
così.
Ma la vera attrazione, ciò che più teneva in
ansia,
soprattutto la compagine femminile, era la arcinota infatuazione
dell'Haruno e quale epilogo avrebbe avuto. Era stato addirittura
scoperto un giro di scommesse clandestine a cui si mormorava avesse
partecipato la stessa Tsunade-sama – a furia di
stare con le
serpi si impara a serpenteggiare – ma non era stato
dato di
sapere su cosa avesse puntato.
"Parlate
dell'Uchiha, vero?"
Per
l'appunto.
Il
paziente che teoricamente non avrebbe dovuto avere capacità
di
parola, aveva alzato la testa e guardava Sakura in trepidante attesa.
Probabilmente aveva scommesso.
"Ino,
perché il paziente parla?" le chiese, mentre il
sopracciglio destro iniziava a vibrarle come la lancetta di un
orologio semi scarico.
La
bionda scrollò le spalle: non era certo quel
paziente
il problema.
"Gli
ho fatto la locale, mica è un'operazione a cuore aperto."
Sakura
non poté fare altro che alzare gli occhi al cielo e
implorare
la buonanima di Inoichi Yamanaka di intercedere presso i Kami per far
mettere un po' di sale in zucca alla figlia.
Poi
respirò profondamente per riacquistare un minimo di
autocontrollo e prese a incidere con il bisturi di chakra il punto
che la stessa aveva cerchiato con un pennarello rosso, dove in teoria
doveva essere collocata la scheggia.
E
pregò ancora, mentre la pelle del paziente si apriva sotto
il
suo tocco; pregò che Ino avesse finito di intromettersi in
affari che non le riguardavano e la lasciasse terminare in pace.
"Sei
sicura di amarlo ancora? Perché questo è un
aspetto
importante, sai?"
Un
movimento inconsulto della mano di Sakura per poco non le fece
incidere il malcapitato da parte a parte, ma fortuna volle che ebbe
la prontezza di allontanarla riducendo il danno a un'incisione
irregolare somigliante vagamente a un fulmine.
Perchè?
Perché da piccola non aveva avuto la fortuna di diventare
amica di Hinata Hyuga, silenziosa e riservata, o di Ten Ten che si
accontentava di parlare di armi tutto il giorno?
"Ino!"
tuonò così forte che anche il paziente
sobbalzò
per poi svenire alla vista dell'incisione sanguinolenta "Io.
Sto. L.a.v.o.r.a.n.d.o." scandì, furente.
"Rispondimi
e prometto che ti lascio in pace". Aveva incrociato le dita
dietro la schiena ovviamente.
Il
motivo per il quale Ino era così interessata all'argomento
andava oltre la mera curiosità o l'apprensione da amica del
cuore. Ma questo Sakura non poteva saperlo.
La
ragazza non immaginava, infatti, che la bionda, la sera precedente,
avesse passato un buon quarto d'ora contemplando Sasuke che mangiava
lentamente i suoi pomodori, in attesa che lui le dicesse una
qualsiasi cosa, tipo "sei bellissima", e che proprio in
quel preciso istante entrasse Sai dalla porta e le confessasse il suo
amore sotto lo sguardo compiaciuto di suo padre che da lassù
sorrideva nel vederla contesa. Gli strascichi dello Tsukuyomi
potevano ledere profondamente alla sanità mentale delle
persone. Inoltre, Ino, aveva trovato in quella speranza un modo per
superare il suo lutto; ma questo, Sakura, lo avrebbe scoperto solo in
seguito. Per il momento era sicura che l'amica fosse interessata al
sostituto, al sosia mal riuscito e non a entrambi.
"Ino!"
La
voce di Shikamaru Nara irruppe nel corridoio come un coro di angeli
salvatori e Sakura non fu mai tanto contenta di vederlo.
"Tua
madre mi ha chiesto di cercarti. Ci sono ancora alcune cose da
sistemare per il funerale" le comunicò, aggiungendo, come
da copione, un sentito "Che seccatura!" prima di
trascinarla via.
Sakura
sospirò, finalmente rilassata, e riprese il suo lavoro. Era
consapevole che Ino presto o tardi sarebbe tornata alla carica,
l'avrebbe legata a una sedia con una lampada puntata sulla faccia e
l'avrebbe accuratamente interrogata a suon di cazzotti, ma per il
momento poteva considerarsi salva. Doveva solo pensare alle risposte
da darle.
-§-
Per Naruto
Uzumaki, la vita
ospedaliera era noiosa quasi quanto il giorno di chiusura settimanale
del chiosco di Teuchi. Non amava leggere, Sasuke non era in vena di
chiacchiere – quando mai lo era – e il pericolo di
venire
scoperto da Sakura a gironzolare per l'ospedale lo aveva convinto a
rimanere steso su quel letto onde evitare il prolungamento della
permanenza.
Se fosse
stato fuori, dopo una
bella passeggiata per il Villaggio, sarebbe andato a salutare
Kakashi-sensei e poi sarebbe andato a mangiare dell'ottimo ramen.
Caldo,
succulento ramen.
Erano
giorni che ci pensava.
Aveva provato a chiedere a Sakura di portargliene una porzione,
magari due, ma l'amica gli aveva risposto che doveva farsi bastare
quello che gli passava l'ospedale perché lei non aveva tempo
per fare anche il ragazzo delle consegne, aggiungendo che "la
sbobba", com'era solito chiamarla Sasuke, era di sicuro più
nutriente e sana.
Cazzate.
Non c'era niente di più
salutare al mondo del ramen. Era certo che una sola porzione sarebbe
bastata per farlo sentire un leone.
Carne, uovo
sodo, delizioso
brodo e spaghetti di soia. Al sol pensiero gli veniva l'acquolina in
bocca e gli si annebbiava la vista.
Gli
sembrava quasi di sentirne
l'odore e addirittura di vederne una confezione da asporto entrare
nella sua stanza e galleggiare nell'aria fino al suo letto.
"C-ciao,
Naruto- kun,
c-come ti senti?"
Una voce.
Da quando il ramen
parlava?
Un rivolo
di saliva cominciò
a scendergli dall'angolo della bocca.
"Ramen"
biascicò.
Pupille dilatate. "Ramen" ripetè ancora, allungando
una mano tremante verso il contenitore. "Raamen!"urlò,
infine, in preda a quella che credeva un'apparizione mistica.
Hinata
Hyuga, che per formulare
la frase precedente si era già violentata abbastanza,
pensò
bene di tendere il braccio verso di lui e porgere il contenitore al
suo unico grande e segreto amore – l'unico che non ne era a
conoscenza era l'Uzumaki in oggetto.
Naruto
sbranò nel giro di
pochi secondi il contenuto del cartoncino per poi leccarlo
accuratamente in ogni sua parte tanto da farlo sembrare nuovo.
Fu solo
allora che si accorse
delle due figure che lo guardavano l'una con occhi sgranati,
l'altro... non si sa... portava gli occhiali da sole, ma di sicuro la
scena non doveva averlo lasciato impassibile.
Una era
Hinata e l'altro...
mh... non riusciva proprio a ricordarsi il suo nome.
"Hinata-chan!"esclamò
"Che bella sorpresa! Ma quando siete arrivati? Ciao anche a
te..." e rimase in attesa di un qualche intervento divino.
"Shino" lo
aiutò
il ragazzo, sistemandosi gli occhiali sul naso.
"Ah! Shino!
Caspita, non ti
avevo riconosciuto" confessò ingenuamente Naruto,
grattandosi la testa.
Intorno
all'Aburame si creò
una spessa coltre di oscurità, metafora del suo sconforto.
"Perché?
Perché
nessuno mi considera!" si disse tra sé e sé.
Hinata, che
come sua compagna di
squadra era stata costretta nella sua vita a rivolgergli almeno due,
tre parole, lo aveva convinto ad accompagnarla a far visita a Naruto
dicendogli che sicuramente ne sarebbe stato felice. Shino per un
momento, un solo istante, aveva creduto di contare qualcosa per
qualcuno, di far parte del gruppo, ma lui... lui non aveva ricordato
neanche il suo nome.
Lo
sconforto emotivo lo colse in
pieno, costringendolo a rintanarsi in un angolo della stanza a
chiacchierare con gli unici esseri viventi che volenti o nolenti
facevano parte della sua vita: le sue mosche.
"Adesso che
ho mangiato il
ramen, molto meglio! Sai, Hinata-chan, è piovuto dal cielo.
Forse è stato l'eremita dei sei sentieri a mandarmela per
ringraziarmi" le raccontò, entusiasta.
Hinata
abbassò mestamente
la testa. Lo amava anche per le sue stranezze, per
l'ingenuità, che non era stupidità – se
ne era convinta – gli andava
bene così e non lo avrebbe cambiato con nessun altro al
mondo.
"Cosa
c'è,
Hinata-chan? Non mi credi?" le chiese, sbattendo le palpebre,
perplesso.
Hinata si
strinse nelle spalle
quasi fino a rimpicciolirsi mentre Shino, nel suo angolo buio,
scuoteva la testa con disapprovazione.
Come poteva
dirgli che in realtà
era stata lei a portarglielo? Sembrava così felice!
Optò
per una bugia a fin
di bene.
"Oh,
sì,
Naruto-kun!"
"Ma dimmi,
raccontami
quello che succede fuori da qui. " e iniziò a tempestarla
di domande alle quali Hinata aveva risposto a monosillabi, rossa come
un peperone, implorando a momenti l'aiuto di Shino che per protesta
si era chiuso in un irreversibile mutismo.
Quella
mezzora di chiacchiere fu
per Hinata più impegnativo dello scontro con Pain e giunto
il
momento dei saluti sentì di essere davvero provata, ma
soddisfatta e appena fuori dal campo visivo di Naruto svenne con il
sorriso stampato sulle labbra.
Naruto
rimase ancora un po' nel
suo letto fino a che la voglia di raccontare a Sasuke come il ramen
gli si fosse materializzato davanti agli occhi si trasformò
in
urgenza.
Sarebbe
morto d'invidia, ne era sicuro.
Fece
capolino nel corridoio per controllare che non ci fosse nessuno -
soprattutto Sakura.
"Bene"
mormorò compiaciuto. Non c'era nessuno.
Sgattaiolò
nella stanza di Sasuke che, non avendo visite – lui
non aveva
mai visite – avevala porta aperta. Il moro stava tranquillamente spaparanzato
con
il naso all'insù a "Non pensare a un benemerito
niente" scommise Naruto e mosse appena gli occhi dalla sua
parte quando lo vide entrare e chiudere la porta alle sue spalle con
un'inusuale delicatezza.
"Tu
non sai che cosa è successo!" esordì tutto
contento. Sasuke ipotizzò che il motivo di cotanta allegria
dipendesse o dalla prematura dipartita di Kakashi che avrebbe
consentito all'amico di diventare Hokage sempre se il Nara avesse
rifiutato o dal tanfo di ramen che aveva sentito transitare poco
prima. In ogni caso, qualunque fosse stata la causa, non gli tangeva.
"Ho
mangiato il ramen" confermò l'Uzumaki "Me lo ha
portato l'eremita in persona per ringraziarmi!"
Ok.
Aveva un po' ingrandito la cosa, ma Sasuke come poteva saperlo.
"Sul
serio?!" finse di crederci l'Uchiha, non schiodando gli occhi
dal soffitto che era decisamente più interessante di quella
conversazione.
"Ti
dico di sì, Teme! È comparso all'improvviso e mi
ha
detto - Te lo sei meritato!-"
Sasuke
roteò gli occhi: ne aveva di fantasia quel dobe.
"Mi
ha anche detto" aveva continuato, ormai andava a ruota libera "-
a Sasuke non l'ho portato perché è un
teme e che
dopo Kakashi sarò io l'Hokage -" concluse,
indicandosi con il pollice della mano esistente, gonfio come un
pavone e sorridente.
Certo,
gli aveva detto tutte queste cose, come no?
"Hai
finito?" lo fermò Sasuke, prima che gli raccontasse che
l'eremita gli aveva detto che si sarebbero dovuti amare come fratelli
e vivere insieme per tutta la vita. Non lo avrebbe retto.
"No,
non ancora" incalzò il biondo che ci aveva preso gusto.
A
quel punto Sasuke non ebbe altra scelta.
"Il
ramen te l'ha portato la Hyuga, baka che non sei altro! É
venuta a trovarti con Shino Aburame, no?"
Li
aveva visti passare davanti alla sua camera e in quel momento aveva
riconosciuto il tanfo e l'inconfondibile contenitore da asporto di
Teuchi. Come poteva scordare la disgustosa merendina che Naruto si
portava tutti i giorni in accademia.
"Ti
ricordi il suo nome?" gli chiese sconcertato con gli occhi fuori
dalle orbite, riferendosi a Shino.
"Tsk!
Purtroppo ricordo il nome di ogni singolo idiota di questo Villaggio"
"Caspita!"
constatò Naruto, piacevolmente sorpreso. Non se lo aspettava
proprio da lui. "Ma se me l'ha portato Hinata-chan, perché
non me l'ha detto? Non l'ho neanche ringraziata!" chiosò,
pigolante come un pulcino.
"E
io che ne so?" gli rispose Sasuke con totale indifferenza –
se la Hyuga aveva deciso di sfamarlo non era certo affar suo. "Adesso,
se hai finito di raccontare frottole puoi anche tornare da dove sei
venuto" lo invitò, con cortesia.
"Non
ho fretta. Sakura-chan non è nei paraggi, così
possiamo
passare un po' di tempo insieme, Sas'ke."
Che
meraviglia! Proprio quello che gli ci voleva: un lungo monologo di
Naruto.
"A
proposito" incalzò il biondo "Hai visto che avevo
ragione io: la Mizukage non l'ha punita"
Già.
Se avesse dato retta a lui si sarebbe evitato la spiacevole
conversazione della notte prima che aveva influito negativamente sul
suo umore – anche se rifiutava di ammetterlo.
Sakura
aveva glissato il discorso, aggirato l'ostacolo e lui si era trovato
di fronte a un muro di volontario mutismo che nel caso di Sakura
–
nota per essere una gran chiacchierona – aveva
dell'impensabile. Lo
aveva messo a tacere con una semplice parola che poteva significare
un milione di cose e tra tutte " Ti detesto" forse
era la più carina. Non gli aveva dato il la per un dialogo.
E
perché avrebbe dovuto? In fondo lei non gli doveva niente,
né
spiegazioni, né scuse. La verità su quel giorno
nel
Paese del Ferro l'aveva sentita dalle labbra della Mizukage e gli era
bastata. Lui aveva in compenso dei vaghi ricordi: era stremato dalla
battaglia con Danzo appena conclusa; gli occhi gli facevano male, ma
si sentiva forte come non mai e... soddisfatto. Sarebbe stato comodo,
adesso, dire che non era in lui, che non aveva davvero intenzione di
ucciderla, ma lo sapeva lui – e lo sapeva anche lei, ne era
certo
– che l'intervento di Kakashi era stato provvidenziale. A
conti
fatti all'epoca non gli sarebbe interessato più di tanto
doversi portare sulla coscienza anche Sakura: il suo obbiettivo
prevedeva di radere al suolo l'intero Villaggio e quindi anche lei
presto o tardi avrebbe sentito il fruscio della sua katana abbattersi
sul suo collo. Non ce l'aveva con lei personalmente, anzi, ricordava
ancora come avesse tentato di fermarlo la notte che aveva abbandonato
Konoha; quello che gli aveva detto. Ma lei, in quel momento
rappresentava Konoha, il suo nemico, il motivo per il quale era
rimasto solo al mondo. Se al posto suo ci fosse stato Shikamaru,
Kiba, Neji o chicchessia non avrebbe fatto differenza: andavano
eliminati. Tutti. Era capitata lei, poi Kakashi e
infine
Naruto. Non aveva provato pena per nessuno di loro, né
affetto, anzi si sentiva quasi perseguitato da quell'amore che ognuno
di loro, a suo modo, voleva dargli. Lo infastidiva e non riusciva a
concepirlo.
Ora
la faccenda era decisamente diversa: dopo la battaglia con Naruto, il
nocciolo del discorso lo aveva capito anche se c'erano
alcune cose che non gli erano chiare.
Questa volta
voleva essere sicuro di non sbagliare ancora e non ferirli
più,
ma non sapeva da dove cominciare.
"La
nostra Sakura-chan sa quello che fa" aggiunse Naruto, annuendo
con il capo.
Probabilmente
aveva ragione. Tuttavia Sasuke sentiva che il loro rapporto,
qualunque esso fosse stato in passato, non sarebbe mai più
ritornato come prima.
"Hai
pensato a dove andrai uscito di qui?" gli chiese ancora il
biondo che proprio non voleva saperne di starsi zitto. Stava
lì,
davanti al suo letto e ciarlava a non finire. Che strazio!
"Chiederò
a Kakashi" gli rispose lapidario. Ecco un'altra cosa a cui non
aveva ancora pensato.
"Puoi
venire da me, se vuoi"
Per
carità! Preferiva dormire su un ramo di un albero che
dividere
la casa con lui.
"Tsk"
Era un no categorico.
"Insomma"
piagnucolò l'altro " perché non vuoi venire a
stare da me, ci divertiremmo un sacco!"
Ma
Sasuke aveva interrotto le comunicazioni e si era rintanato di nuovo
nei suoi pensieri: così non andava bene per niente.
-
§ -
Sakura,
sentendo la voce di Naruto provenire dalla stanza di Sasuke, si
diresse in quella direzione trascinando i piedi. Aveva avuto una
giornata infernale, non meno di Sasuke che l'aveva passata con il
biondo che non aveva smesso un attimo di parlare recuperando in poche
ore i quattro anni in cui erano stati lontani.
Si
fermò un attimo sulla porta e rimase a guardarli con un
sorriso nostalgico: era da tanto tempo che sognava di rivedere un
simile quadretto. Tutte le preoccupazioni e i pensieri sembrarono
sparire improvvisamente: Sasuke era tornato, adesso le cose sarebbero
andate bene; non c'era niente di cui aver paura. Era quasi tentata di
non interromperli, di ripassare in un altro momento quando i suoi
occhi incontrarono quelli dell'Uchiha. Da quanto tempo la stesse
guardando non ne aveva idea. Anche Naruto aveva smesso di parlare e
notando lo sguardo dell'amico si era girato verso la porta.
"Sakura-chan!"
esclamò "posso spiegarti, ero passato dal teme solo un
attimo" si affrettò a giustificarsi.
"Non
è vero, stai mentendo, hai violentato le mie orecchie per
tutto il pomeriggio" ribatté subito Sasuke, che non
poteva ammettere di aver provato una certa gioia nel passare il
pomeriggio con l'amico. Si era perso tante cose in quei quattro anni
e Naruto gliene aveva raccontate una buona parte. Si era alquanto
alterato nel sapere che durante la ricerca del suo sostituto, l'amico
avesse chiesto in pratica a tutti i ninja di Konoha - per la serie
basta che respiri; come se lui fosse stato un elemento facilmente
sostituibile - ma aveva ringraziato il suo buon senso nel non
proporlo a Rock Lee. Sarebbe stata un'onta troppo pesante da
sopportare. Gli aveva raccontato di Sai, di quanto per certi versi
gli somigliasse, aggiungendo che" Sakura-chan, all'inizio, non
lo sopportava proprio". Forse proprio per queste somiglianze,
che lui non riusciva a scorgere in alcun modo, Sakura non sopportava
il ninja della radice. Era un'ipotesi e neanche tanto lontana dalla
verità: non voleva accettare Sai nella squadra
perché
significava implicitamente ammettere che lui non sarebbe più
tornato.
"Tranquillo,
Naruto!" disse la ragazza, gettandosi a peso morto sulla sedia
di fronte al letto di Sasuke "Sono talmente stanca che non ho la
forza neanche per picchiarti"
"Sei
arrivata al momento giusto. Stavo appunto raccontando a Sas'ke quando
Sai ti ha dato della permalosa e tu l'ha picchiato" evitando di
aggiungere che avesse usato lui come arma.
Sasuke
roteò gli occhi. Aveva sperato che l'arrivo di Sakura
ponesse
fine a quel tormento, ma per sua sfortuna non era stato
così.
"Ah,
sì, me lo ricordo" masticò lei, dopo un profondo
sbadiglio "Razza di idiota che non è altro"
biascicò
in modo confuso prima di chiudere gli occhi, giusto un attimo, per
riposarsi un pochino.
Di
lì a poco la sua testa si inclinò da un lato e il
suo
respiro si fece pesante.
"Sakura-chan?"
provò a chiamarla Naruto.
"Sta
zitto, Baka! Non ti sei accorto che sta dormendo?" gli
sussurrò
minacciosamente l'amico.
E
fu a quel punto che avvenne un miracolo: Sasuke, con qualche
difficoltà, aveva raccolto la coperta del suo letto e
l'aveva
porta a Naruto, indicandogli con un cenno del capo cosa farne per poi
voltarsi dall'altra parte.
Naruto
era rimasto un po' perplesso da quel gesto, inspiegabilmente
gentile e lo aveva guardato a lungo fino a che l'Uchiha non
ottenendo alcuna reazione da parte sua, aveva reiterato l'ordine in
maniera più esplicita, aggrottando la fronte.
Il
biondo aveva incurvato le labbra in un sorrisetto sghembo, fin troppo
malizioso per i gusti di Sasuke che per non svegliare Sakura,
lasciò
correre. Avrebbe segnato l'episodio sul suo libro nero, vendicandosi
in un secondo momento.
Con
altrettanta difficoltà – avere un braccio solo si
era
rivelato per i due alquanto scomodo – Naruto aveva adagiato
la
coperta sulla ragazza; le aveva sollevato le gambe, posandole sulla
sedia su cui era precedentemente seduto lui, sotto lo sguardo attento
dell'Uchiha che al minimo rumore lo ammoniva con lo sguardo e,
infine, si era diretto verso la porta. La chiacchierata era finita.
Una volta giunto sulla soglia, si era voltato per guardare da lontano
quella scena che sapeva di Team, di amicizia e di casa. In cuor suo,
tuttavia, era cosciente che volesse dire anche qualcos'altro;
qualcosa che andava nettamente a suo sfavore.
-§-
La
guardò. Totalmente indisturbato.
Non
vi era neanche il pericolo che qualcuno lo potesse scoprire dato che
Naruto aveva chiuso la porta – forse apposta.
Era
completamente abbandonata su quella sedia, con le labbra socchiuse da
cui di tanto in tanto fuoriusciva un sospiro e il viso rilassato,
sereno, come non lo vedeva da tanto tempo; una mano penzolava da un
lato, mentre l'altra era poggiata sul grembo – riusciva a
scorgerne
la forma sotto la coperta. Sembrava così indifesa,
così
innocente. Non capì bene come, ma gli tornarono alla mente
alcune immagini di lei da piccola che non pensava neanche di aver
registrato.
Ne
era passato di tempo.
Quanto
la detestava. La trovava assolutamente insopportabile con quella sua
vocina talmente acuta da essere sgradevole, le sue rappresentazioni
d'affetto non richieste e il suo atteggiamento da principessina.
Odiava la sua debolezza e l'insicurezza che la rendeva un facile
bersaglio – da
proteggere. Essere
finito in squadra con quei due impiastri era stato uno shock per lui:
doveva pensare a diventare forte per compiere la sua vendetta. Con il
tempo, però, si era affezionato a loro; erano diventati una
specie di famiglia. Il rapporto con Sakura era sempre stato
più
complicato: era femmina, compulsivamente ossessionata da lui e dalla
lacrima facile; lo riempiva di attenzioni, complimenti, non perdeva
occasione di far sentire Naruto nettamente inferiore a lui –
quest'ultima cosa non gli dava poi così fastidio.
Era
noiosa, piagnucolona
e insopportabile.
Ma
era stata lei a fermarlo quella volta, nella foresta della morte,
quando il segno maledetto aveva preso il sopravvento. Quando il
desiderio di vendetta si era fatto strada dentro di lui, accecandolo
per la prima volta – la prima di molte altre. L'inizio di
tutto.
Lei era stata la causa scatenante: aveva affrontato quei tre insetti
da sola per proteggere lui e Naruto privi di sensi e l'avevano
conciata davvero male.
Non
si era mai seriamente soffermato a pensare sul perché il
segno
maledetto fosse estemporaneamente regredito. Forse era stato lo
sguardo di Sakura? O le sue braccia che lo stringevano con forza
trasmettendogli quell'affetto sincero a cui lui era disabituato? Non
si era mai dato una risposta concreta, non ne aveva avuto il tempo:
gli eventi si erano susseguiti con una tale rapidità che
dalla
foresta della morte si erano ritrovati a dover affrontare gli scontri
diretti. E anche lì, Sakura si era preoccupata per lui,
quando
avrebbe fatto meglio a pensare a se stessa.
Cosa
la spingeva a volergli così bene? Cosa c'era in lui di
così
irresistibile? In tutta franchezza non riusciva a capirlo e aveva
apertamente esposto il suo dubbio dopo averla rinchiusa in quel -
pessimo e crudele - genjutsu. E nonostante questo lei era ancora
lì,
imperterrita, appena più orgogliosa e testarda forse. Non
cinguettava più ogni volta che lo vedeva, non lo riempiva di
complimenti - ed era anche comprensibile il perché - ma...
c'era, si prendeva cura di lui ed evitava disastrose
conversazioni. Inconcepibile.
Qual
era il suo segreto? Cosa si nascondeva dentro a quel cranio ricoperto
da capelli rosa?
Passò
tutta la notte a guardarla, quasi sperando di riuscire a estorcerle
quelle informazioni di cui aveva bisogno senza doverla affrontare per
forza a viso aperto. Dati gli ultimi episodi quell'opzione avrebbe
come minimo comportato la rottura di qualche osso perché se
mai lei avesse voluto dargliele - di Santa ragione - lui non si
sarebbe opposto. Avrebbe lasciato che si sfogasse su di lui senza
muovere un dito. Almeno questo glielo doveva.
-
§ -
Intanto,
qualche stanza più avanti , un inquieto Uzumaki, con due
occhiaie da far impallidire Itachi Uchiha edo mode,
stava
valutando cosa fare in merito a una questione che gli stava molto a
cuore.
......§......
Angolo
Autrice
Buonasera!
Se nel primo
capitolo avevate pensato che Ino Yamanaka avesse rinunciato a Sasuke,
beh, vi sbagliavate. Questo è un altro punto sul quale ho
avuto qualche dubbio perché non penso che la bionda da un
giorno all'altro abbia scoperto di essere attratta da Sai. Questa mia
scelta ovviamente mi ha condotta a valutare l'ipotesi di trattare
anche le altre coppie anche se in maniera marginale. Penso che
abbiate intuito dal piccolo spoiler a fine capitolo che nel prossimo
entreremo nella testa quadra dell'Uzumaki per il quale vale lo stesso
discorso della Yamanaka. Premesso che non sono,
ovviamente, una sostenitrice del Narusaku(con tutto il rispetto per
chi ha amato e ama tuttora questo crack), sono dell'idea che anche a
Naruto non sia passata estemporaneamente l'infatuazione,
innamoramento, chiamatelo come vi pare, nei confronti di Sakura. Per
quanto la Naruhina sia comunque una coppia che non mi dispiace, non
amo la favoletta che vuole Naruto innamorato della Hyuga sin
dall'inizio. Sappiamo bene le cose come sono andate e
proverò
a spiegare in maniera semi realistica come ci siamo arrivati. Questa
fan mi stimola moltissimo e spero di mantenere questo trend di un
aggiornamento a settimana. Mi sto organizzando per darvi delle date
certe, dei giorni precisi, ma devo valutare un po' di cose. Rimaniamo
comunque che l'appuntamento con Mr Brightside sia sempre di Domenica.
Ringrazio
come sempre tutti
coloro che stanno leggendo la storia e i miei adorati recensori.
Cercherò di rispondere il prima possibile alle rec dello
scorso capitolo, devo ancora preparare la cena :-(
Queste
erano state le domande che avevano reso la nottata di Naruto molto
movimentata.
La
scena a cui aveva assistito quella sera aveva riaperto una questione
che lo riguardava personalmente e che andava avanti sin dai tempi
dell'Accademia. Non aveva mai nascosto di provare interesse nei
confronti di Sakura anche se lei non aveva mai accennato di
ricambiare in alcun modo. Lo aveva sempre trattato male, malmenato,
pestato e insultato: era il suo modo di dimostragli affetto, anche se
del piffero. Rarissime volte – e solitamente quando lui era
in
pessime condizioni per aver evitato qualche apocalittico attacco,
vedi sotto la voce Pain – gli aveva
concesso un minimo di
dolcezza e comprensione. Al contrario di Hinata che, invece, era
sempre stata carina con lui – gli aveva portato anche il
ramen! Ma
Hinata in quel quadretto c'entrava ancora poco e dopo il paragone
inevitabile tra le due Kunoichi, Naruto si concentrò
nuovamente sul problema più grosso: il ritorno di Sasuke.
Era
felice, no... non felice... strafelice che lui
fosse tornato a
casa anche se avrebbe preferito avere ancora il braccio, ma il
rapporto che aveva creato con Sakura in quegli anni, con il suo
ritorno, che fine avrebbe fatto? Sakura avrebbe ricominciato a
ignorarlo come faceva un tempo? O le cose sarebbero rimaste uguali?
I
suoi sogni d'amore con la kunoichi dai capelli rosa erano naufragati
quel giorno in cui si era dichiarata, mentendo. Tuttavia, in
quell'occasione aveva avuto la conferma di quanto lei gli volesse
bene tanto da arrivare a fingersi innamorata di lui per non fargli
correre rischi. Sasuke aveva avuto sempre un posto speciale nel cuore
della ragazza e nonostante tutte le delusioni, le sofferenze che lui
le aveva causato, Sakura aveva continuato ad amarlo. Che speranze
poteva avere lui? Era fin troppo chiaro che non ve ne fossero e che
dovesse accettare la realtà dei fatti, ma quello che gli
premeva a quel punto era che lei non patisse alcuna sofferenza per
causa di quel testone orgoglioso e che se quello fosse stato il
destino che era stato scritto per loro, avrebbe contribuito a farlo
avverare anche a costo di staccargli l'altro braccio o addirittura la
testa. E la cosa più importante, su cui proprio non si
contemplavano compromessi, era che lui avrebbe potuto sempre, a ogni
occorrenza, usufruire della "saggezza" della sua leale ed
eterna... amica.
"A
chi voglio darla a bere?" sussurrò, rigirandosi per
l'ennesima volta in quel letto che quella notte sembrava essersi
rimpicciolito, diventando terribilmente scomodo. Sentiva il cuore
stretto in una morsa dolorosa. Da una parte c'era il suo migliore
amico – quello che aveva rincorso per tutte le terre ninja
–
dall'altro la ragazza che aveva sempre amato. Il tipico triangolo
amoroso in cui qualcuno inevitabilmente finisce col prenderla nei
denti. E lui si sentiva in quel momento il candidato perfetto per
ricoprire quel ruolo. Poteva sperare che Sasuke la rifiutasse per
l'ennesima volta e dopo averle offerto la sua spalla per piangere,
approfittare della situazione. Un po' da verme, ma il fine giustifica
i mezzi. Oppure c'era la remota possibilità che Sakura
avesse
cambiato idea e si fosse accorta che lui era decisamente meglio
dell'Uchiha. Ok, non aveva i capelli neri e gli occhi profondi,
né
quel fascino da bel tenebroso, né dei seri problemi mentali,
ma non era poi da buttar via. Ma tutte le sue teorie finivano per
cozzare contro qualcosa che probabilmente solo lui era riuscito a
comprendere. Un particolare, un misero particolare, che era scappato
a tutti gli altri. Perché come conosceva lui Sasuke, non lo
conosceva nessuno.
Era
stato un attimo, una frazione di secondo in cui l'amico aveva
esitato, a fargli capire che le parole che Sakura aveva pronunciato
avessero creato una piccola crepa nel suo cuore granitico. La
reazione successiva era stata più che prevedibile: non
essendoci panchine nei paraggi e data l'urgenza dello scontro si era
dovuto arrangiare con lo sharingan. Aveva trovato quell'escamotage
per tenerla fuori da quell'affare che riguardava solo loro due e
Sasuke non sapeva cosa fossero le mezze misure. Lei lo aveva colpito,
rinfrescandogli la memoria circa il fatto che ci fosse al mondo
qualcuno che lo amasse e Sasuke aveva subito pensato che dovesse
tramortirla in qualche modo per evitare che si mettesse in mezzo.
Paradossalmente era stato un gesto altruistico se non si tiene in
considerazione il modo. E per essere sicuro che nessuno si accorgesse
di quanto quelle parole avessero smosso l'umanità che aveva
represso dentro di sé, aveva sproloquiato qualcosa in merito
alla stupidità dell'amore, alla stupidità di
Sakura –
per non perdere l'abitudine – e al fatto che lui non fosse un
buon
partito. Quest'ultima affermazione non era poi tanto lontana dalla
verità. Il tutto recitato con un'enfasi tale da farci
cascare
anche Kakashi sensei con tutta la maschera. Che Sasuke fosse
refrattario ai legami era ormai cosa arcinota e scontata, ma che li
temesse così tanto era stata una insperata scoperta. La
missione che si era messo in testa di portare a termine, che
contemplava la sua uccisione, si basava per l'appunto sulla
rescissione dei legami che aveva. Involontariamente, Sasuke aveva
quindi ammesso, e anche in modo alquanto plateale, di essere legato a
Sakura. L'unica che sicuramente non ci era arrivata era proprio lei
che non aveva avuto neanche la possibilità di rifletterci
su.
Stesa. Tramortita. Ko.
Kakashi-sensei
ancora troppo provato dalla battaglia e dall'andirivieni della vista
– ora hai gli occhi, ora passa Madara e te li ruba, ora
Naruto te
li rimette a posto, ora Obito ti regala il suo sharingan per poi
riprenderselo prima del trapasso – era stato solo capace di
fargli
notare quanto fosse stato meschino a trattarla in quel modo, ma
l'uomo tutto d'un pezzo se ne era altamente fregato colto dalla
frenesia di perdere anche lui qualcosa, la vita forse... al massimo
un arto. Era stato molto difficile far cambiare idea a Sasuke, troppo
disilluso e incazzato per vedere le cose da un altro punto di vista
che non fosse il suo. Avevano da sempre avuto due modi diversi di
affrontare le avversità che la vita gli aveva riservato:
Sasuke preferiva vivere nell'ombra di se stesso, nel suo mondo in cui
l'unica cosa davvero importante era la sua vendetta, fregandosene di
quello che potevano pensare gli altri; per la serie: "Se il
mondo non mi vuole, sono problemi suoi"; lui, invece, cercava
l'approvazione, voleva essere accettato e cercava quindi di mettersi
in mostra nei modi più disparati. In realtà aveva
iniziato a sentirsi amato dagli altri quando aveva cominciato ad
amare se stesso, ad accettare quello che portava dentro di
sé.
Era la sua forza e non una maledizione. Con il tempo aveva poi
scoperto che Kurama fosse anche una bestiola simpatica che come lui
veniva odiata da tutti per principio. Non era mica colpa sua
se
aveva un debole per gli uomini con lo sharingan!
Alla
fine Sasuke aveva capito, non era certo che avesse capito proprio
tutto tutto, ma i concetti principali, quelli, di sicuro. Per quanto
fosse un genio, in alcuni ambiti era di una stupidità e una
testardaggine che dava sui nervi, ma era il suo migliore amico, un
fratello, ed era suo dovere tentare di farlo rinsavire anche a costo
della vita. Per fortuna era bastato un braccio.
L'idea
migliore era, quindi, aspettare gli eventi, anche se Naruto non era
noto per la sua pazienza, e vedere come andavano le cose tra Sasuke e
Sakura. Non era da lui arrendersi, ma nel profondo sapeva che le sue
chances fossero davvero poche.
-§-
Tiepidi
raggi di sole entrarono dalla finestra della camera, illuminando il
viso di Sakura. Li sentiva accarezzare la sua pelle, ma non aveva
voglia di svegliarsi: provava una sensazione di benessere, come se
quei raggi la avvolgessero in una calda coperta di luce e qualcuno
vegliasse sul suo sonno.
Qualcuno?
Ma chi? Dov'era? Perché era già mattina? Quando
si era
addormentata?
Provò
ad aprire gli occhi, ma la forte luce la costrinse a richiuderli
immediatamente. Non c'erano più dubbi: era mattina; si era
addormentata; ma dove?
Le
doleva anche la schiena, quindi aveva dormito in una posizione
scomoda e l'odore di disinfettante e riso bollito le suggeriva che
fosse ancora in ospedale anche se ad essi se ne aggiungeva un
altro... inconfondibile. Che si fosse addormentata
nella
stanza di...?
Naaa!
Non era possibile. Sicuramente il cervello le stava giocando qualche
scherzo e ora sentiva anche il suo odore ovunque. In ogni caso non
poteva continuare a dormire: c'erano un centinaio di cartelle
cliniche che aspettavano di essere archiviate.
"Cinque
minuti e ti alzi" si disse, assaporando quel momento di assoluto
piacere e scontento di quando si vorrebbe ricadere in un sonno
profondo, ma si è costretti a svegliarsi.
Da
quanto tempo non dormiva così bene? Tra gli incubi, le notti
insonni, le missioni e la guerra, riposare era diventato un optional.
Quindi erano quasi... quattro lunghi anni. Era
più che
normale che fosse esaurita e tendenzialmente violenta; era
già
tanto che non avesse compiuto una strage o distrutto lei stessa mezzo
villaggio.
"Su,
Sakura. É ora di alzarsi." si convinse, passati i cinque
minuti.
Socchiuse
gli occhi, cercando di abituarsi alla luce, ma le bastò
scorgere appena un occhio nero e profondo e uno caleidoscopico per
convincersi a chiudere i suoi di nuovo – magari per sempre.
Che
imbarazzo! Sperò solo di non aver russato durante la notte.
Qualche volta le succedeva, soprattutto quando era parecchio
stanca... Oh Kami! Sai che figura?
Cercò
di mantenere una parvenza di autocontrollo, ma un formicolio sinistro
alle gote le suggerì che probabilmente fosse già
troppo
tardi: era arrossita.
In
realtà sembrava una teiera in piena ebollizione pronta a
esplodere: non c'era un centimetro del suo viso che non avesse
assunto un colorito paonazzo.
Era
sveglia. Sasuke non aveva più dubbi.
Forse
sarebbe stato il caso di dirle "Buongiorno".
No,
non era il caso.
Avrebbe
aspettato che fosse lei a dire qualcosa: non poteva certo continuare
a fingere di dormire per tutto il giorno. Per quanto quella
situazione fosse imbarazzante aveva un non so che di divertente
–
incutere soggezione era sempre stato uno dei suoi passatempi
preferiti.
Sakura,
intanto, tentava invano di riavviare il cervello: doveva
assolutamente trovare il modo di uscire da quella situazione prima
che entrasse qualcuno "a caso" nella stanza e la rendesse
ancora più imbarazzante.
Prese
mentalmente la rincorsa per essere sicura di riuscire a pronunciare
quello che aveva pensato di dire tutto d'un fiato e sgattaiolare
fuori dalla stanza senza che la sua psiche rimanesse ulteriormente
segnata. Quando fu assolutamente certa di essere pronta,
aprì
lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre più volte come
disorientata – come se su quella sedia ci fosse
finita
casualmente.
"Sasuke-kun?"
sussurrò appena, per poi saltare in piedi in modo repentino,
facendo cadere la coperta per terra "Ma, ma cosa ci faccio qui?
Ho un sacco di cose da fare! Oh Kami! Ma quanto ho dormito? Devo
proprio sbrigarmi! L'ho già detto che ho un sacco di cose da
fare?" sproloquiò a casaccio, avviandosi verso la porta.
Sapeva quanto Sasuke odiasse il suo ciarlare ininterrotto, pertanto
era quasi certa che anche lui non vedesse l'ora che lei uscisse da
quella camera.
"Scusa,
scusami tanto se mi sono addormentata, dovevo essere veramente
stanca" continuò a blaterare, impugnando la maniglia.
Ormai
era fatta.
"Tu
hai questo vizio di chiedere scusa per tutto"
Forse
era stata troppo ottimista.
"Scusa
se non sono passata a visitarti prima, scusa se mi sono
addormentata." le disse, guardandola di sbieco, con un tono che
Sakura non riuscì a decifrare. Sembrava risentito, forse
appena canzonatorio, ma calmo, troppo calmo.
Strinse
la maniglia con tanta forza da farla scricchiolare e cercò
di
nascondere il tremolio involontario del suo corpo irrigidendosi come
una statua di sale.
"Cerco
solo di essere gentile" ribatté a voce bassa per poi
martoriarsi il labbro inferiore attendendo che lui controbattesse,
certa del fatto che se per tutto il resto dell'umanità
quella
spiegazione potesse sembrare abbastanza logica, per lui non lo
sarebbe stata.
"Ed
è quindi per gentilezza che eviti certi discorsi?" le
chiese, senza girarci intorno, come era nel suo stile.
Lei
odiava quelle sue domande a bruciapelo,che assomigliavano
più
ad affermazioni; quel modo indelicato di arrivare dritto al cuore del
problema che non dava modo di ragionare sulla risposta da dargli.
Anche da piccolo faceva così e lei puntualmente aveva come
la
sensazione di non essere più in grado di proferire parola.
La
mascella si serrava, la lingua le si bloccava, la faringe si
attorcigliava su se stessa e le labbra si sigillavano ermeticamente.
Ma non aveva più dodici anni! Sasuke non poteva e non doveva
più farle un effetto simile! La non chiacchierata di qualche
notte prima doveva averlo lasciato insoddisfatto, ma come al solito
aveva pensato solo a se stesso e non a quello che lei potesse provare
a riesumare quei ricordi. Era sempre e solo lui quello che soffriva,
che esigeva comprensione e spiegazioni che lei non voleva dargli,
almeno per ora.
Anche
lei desiderava avere un chiarimento definitivo, ma non ora, non
sapeva bene quando, ma NON ORA. Doveva prima fare ordine nella sua
testa e sperare che anche lui lo facesse e poi avrebbero potuto
parlare di tutto a mente lucida. Se avessero riletto adesso tutti
quei drammatici capitoli, probabilmente avrebbero bruciato il libro e
con esso una buona parte di Konoha perché lei non era
più
quella di un tempo. Per quanto provasse ancora un certo timore
reverenziale nei suoi confronti e gli portasse rispetto –
nonostante tutto – il rischio di rispondergli a tono, per una
volta, elencargli tutte le volte che l'aveva fatta soffrire in modo
brutale e plateale anche rendendosi patetica ai suoi occhi e di
spaccargli il muso era davvero molto, ma molto, elevato. E questo lo
avrebbe fatto sentire meglio, ne era sicura e paradossalmente, non
voleva che lui si sentisse meglio. Non che provasse gusto a
vederlo soffrire, non aveva tendenze sadiche, ma lei puntava alla
gallina e non all'uovo. Le aveva chiesto scusa e, per il momento, se
l'era fatto bastare per ricominciare almeno a rivolgergli la parola,
ma le risposte che lei desiderava non dovevano derivare dal suo senso
di colpa. Voleva onestà, non un contentino e Sasuke al
momento
non era in grado di dargliela.
"Non
so come comportarmi" ammise, abbassando la maniglia della porta
e uscendo finalmente da quella stanza. E Sasuke, nonostante avesse
intenzione di farla parlare, ne fu sollevato: effettivamente neanche
lui sapeva quale comportamento adottare. Se lei gli avesse risposto
in una maniera differente cosa avrebbe potuto dirle? Mi
dispiace?
Era stufo e forse anche chi gli stava intorno. Non aveva
argomentazioni valide per spiegare a Sakura ciò che lo aveva
spinto a trattarla in quel modo e anche adesso non riusciva a parlare
con lei in modo normale, come con Naruto ad esempio. Risultava sempre
brusco e indisponente: attaccava per non venire attaccato o forse
attaccava con la speranza di essere attaccato? Per
una volta
era lei a fuggire, a negarsi; non che lo trattasse con indifferenza,
ma era palese lo sforzo che lei facesse per stargli vicino e questo
gli creava disagio, imbarazzo. C'era un muro tra loro che con il
tempo era diventato troppo alto da scavalcare e duro da abbattere.
Solo se fossero stati entrambi convinti avrebbero potuto trovare un
modo per superare quell'ostacolo e ricostruire una qualsivoglia
specie di rapporto.
Sbuffò,
decisamente contrariato.
Il
senso di colpa era davvero fastidioso: lo portava a provare interesse
per i sentimenti delle persone che aveva fatto soffrire. Si
augurò
che, con il tempo, riuscisse ad affievolirsi, che non rimbombasse
più
con prepotenza nella sua testa ogni qual volta posasse gli occhi su
di lei, su Naruto e su Kakashi.
Il
suo pensiero andò a Itachi.
Suo
fratello aveva dovuto portarsi per anni il fardello di aver ucciso i
suoi stessi genitori: come era riuscito a convivere con
quell'opprimente sensazione? Forse le motivazioni di Itachi erano
state più nobili, mentre le sue... Cosa c'era di nobile nel
cercare di uccidere il proprio migliore amico? O nel
rinchiudere una ragazza che ha sempre sostenuto di amarti in una
terrificante illusione? O nel deridere il proprio maestro?
Voleva
giustizia, voleva dare un nuovo corso alla storia, ma avrebbe potuto
farlo in modo diverso, fidandosi delle persone che non lo avevano mai
realmente abbandonato al suo deprimente destino. Lo aveva capito
troppo tardi, nonostante suo fratello avesse cercato di avvertirlo:
Itachi sapeva come sarebbero andate le cose ed era stato il primo a
perdonarlo per tutto quello che avrebbe fatto in seguito al loro
ultimo incontro.
La
rabbia e lo sconforto erano ormai parte integrante del suo essere e a
niente sarebbe valso combattere quella guerra e salvare il mondo
ninja se dopo non ci fosse stato un nuovo ordine delle cose che
evitasse il ripetersi dei medesimi errori. Ne aveva avuta la certezza
guardando Hashirama e Madara durante il loro ultimo saluto. Nemici
giurati, eterni opposti, ma uniti da un intento: un sogno chiamato
pace. Entrambi non erano riusciti a realizzarlo, avevano fallito, e
altro sangue era stato versato nel corso del tempo. La pace era solo
un'utopia, ora ne era cosciente. Ci sarebbe sempre stato qualcuno
desideroso di vendetta o affamato di potere in grado di fare quello
che avevano fatto Madara, Danzo, i Consiglieri e infine lui, ma ci
sarebbero sempre state altre persone, come Naruto, capaci di
fermarlo. Doveva solo scegliere da che parte della barricata stare e
dopo quanto accaduto si sentiva amorfo, né carne
né
pesce, né buono né cattivo. Doveva ricostruire la
sua
persona, analizzare gli errori che aveva compiuto, dare delle
motivazioni reali ad essi; trovare nuovi obiettivi, nuovi stimoli e
capire chi fosse davvero. A quel punto, forse, anche parlare con
Sakura non sarebbe stato più tanto difficile.
-§-
"Dove ti
eri cacciata?"
Sakura
alzò lo sguardo
verso Ino che, appoggiata alla sua scrivania, a braccia conserte,
sembrava irritata.
"Io, ehm,
io..."
Adesso come
poteva spiegarle che
aveva dormito su una scomodissima sedia in camera di Sasuke e che al
suo risveglio avevano avuto uno scambio di opinioni non molto
piacevole senza rischiare un terzo grado?
"Lascia
stare, non mi
interessa." le disse l'amica, sbrigativa più del solito "
Tsunade-sama mi ha chiesto di cercarti: ha intenzione di dimettere
Sasuke e Naruto, ma vuole il tuo parere visto che sei stata l'ultima
a visitarli"
"Capisco.
Vado subito da
lei" si affrettò a risponderle – non poteva certo
perdere l'occasione di liberarsi di lei così facilmente
–
per poi riprendere il corridoio fino alle scale che portavano al
laboratorio dove Tsunade stava lavorando alle protesi.
Da un lato
era contenta che
Sasuke uscisse dall'ospedale – si sarebbero visti di meno e
le
occasioni per tirare nuovamente fuori quell'argomento sarebbero
diventate pari a zero – dall'altro era in ansia: cosa avrebbe
fatto
Sasuke una volta fuori? Bene o male, con Naruto sempre intorno, non
era stato mai solo più di un paio d'ore al giorno ed era
stato
costretto a relazionarsi con un altro essere vivente. Già lo
immaginava rinchiuso in un appartamento con la sola compagnia della
sua Katana e dei suoi sensi di colpa. Rabbrividì al pensiero.
"Tsunade-sama,
mi ha fatto
chiamare?"
La sennin
era intenta a
manipolare le cellule di Hashirama. Era molto indietro con il
processo e prima di sei, sette mesi il braccio non sarebbe stato
pronto.
"Sakura,
vieni avanti."
la invitò la donna, non distogliendo lo sguardo dal composto
sul quale stava lavorando "Volevo essere aggiornata sulle
condizioni di salute di Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha"
"Sono
entrambi migliorati,
Tsunade-sama" rispose brevemente la Kunoichi, muovendosi verso
di lei.
Avrebbe
tanto voluto assisterla
per imparare anche quella tecnica, ma l'ospedale traboccava di feriti
e come sua allieva e sottoposta era necessaria la sua presenza.
"Credi che
possano essere
dimessi?"
"Penso di
sì, a
patto che seguano le terapie e osservino un periodo di completo
riposo" le rispose, cercando di scorgere da sopra la sua spalla
cosa stesse facendo.
"Perfetto.
Manda qualcuno
ad avvertire l'Hokage, io termino qui e vi raggiungo"
"Come vuole
Tsunade-sama"
-§-
"Niente
allenamenti! Sono
stata chiara?"
"Non si
preoccupi
Tsunade-sama, chiunque dovesse percepire anche solo lontanamente una
leggera scia di chakra di questi due è obbligato a dirmelo"
la rassicurò Kakashi.
"Dovrete
continuare a
seguire le terapie e a questo penserà Sakura. Io, intanto,
cercherò di finire le vostre braccia nel più
breve
tempo possibile." concluse la sennin, lasciando la stanza.
"Avete
capito tutto?"
chiese l'Hokage.
I due
ragazzi annuirono anche se
controvoglia. A nessuno dei due andava a genio un periodo di riposo
forzato. Non erano nelle migliori condizioni, questo era vero, con un
braccio solo non erano in grado neanche di comporre i sigilli, ma di
starsene in panciolle proprio non era nella loro indole.
"Ricordatevi
di venire in
ospedale per le medicazioni." aggiunse Sakura, porgendogli dei
foglietti con su scritti gli orari.
"Ma
Sakura-chan non
potresti venire tu da noi?" obiettò Naruto.
"Non sono
mica la vostra
infermiera personale, razza di baka!" sbraitò di rimando
la ragazza, dandogli un cazzotto in testa. Medicazioni a domicilio?
Era forse impazzito?
"Ok, ok, ho
capito, non c'è
bisogno di essere violenti" piagnucolò il biondo,
massaggiandosi la parte lesa "A proposito" continuò
"Teme, tu dove andrai a stare?"
Seguì
un momento di
silenzio. Sasuke non aveva ancora avuto modo di parlare con Kakashi e
avrebbe mille volte preferito farlo in separata sede che con i suoi
due compagni di squadra presenti a causa della proposta indecente che
Naruto gli aveva fatto il giorno prima.
"Può
stare a casa
mia. Sempre che per te vada bene, Sasuke" propose l'Hokage.
Sasuke lo
guardò per un
secondo, indeciso sul da farsi. Kakashi , ovviamente, si era
trasferito negli alloggi del Palazzo e il suo appartamento, quindi,
era vuoto. Forse poteva essere una soluzione.
"Oppure
puoi venire a stare
da..."
"Andrà
benissimo"
rispose l'Uchiha prima che Naruto finisse la frase e qualcuno in
quella stanza potesse considerare valida quell'idea bislacca.
"E' solo
una sistemazione
temporanea. Appena sarà possibile, ti assegnerò
un
nuovo appartamento" concluse l'Hokage, sorridendo sotto la
maschera.
"Ti
ringrazio"
"Le chiavi
sono sotto lo
zerbino" lo avvertì, sparendo poi in una nuvola di fumo.
"Uffa,
saresti potuto
venire a stare da me!" borbottò Naruto.
Sasuke
ghignò: l'aveva
scampata. Casa di Kakashi per il momento era assolutamente perfetta,
quantomeno era sicuro che il sensei fosse una persona ordinata.
Andare a stare da Naruto era fuori discussione: gli avrebbe fatto
venire voglia di fuggire di nuovo dal Villaggio dopo poche ore di
convivenza. Aveva bisogno di stare un po' solo per riflettere
eistintivamente
il
suo sguardo si posò su Sakura.
.........§.........
Angolo
Autrice
Buona
domenica!
Sono
riuscita a terminare il
capitolo dopo non si sa quante riletture, correzioni e via dicendo. Non
volevo saltare il nostro appuntamento domenicale, quindi vi
chiedo perdono se non è proprio un gran capitolo. Non mi
convince tantissimo, ma credo che dipenda dal fatto che sono un po'
stanca e ho mal di testa. Se fa schifo ditemelo.:-)
Come
sempre vi ringrazio per
le splendide recensioni dello scorso capitolo alle quali ovviamente
risponderò in ritardo. * Fischi *
Cerco
di portarmi avanti con
il lavoro perché la settimana prossima sono oberata di
impegni
e vorrei riuscire a pubblicare anche un capitolo di Kitchen. * i
sogni sono desideri, di felicità... *
Sì,
mi ci vorrebbe la
fata turchina sul serio perché tra il lavoro e il resto non
riesco a trovare un buco di tempo per scrivere. Uffa!
Un
ringraziamento speciale
per questo capitolo va a Meryl Watase che mi ha consigliato casa di
Kakashi come dimora dell'Uchiha. Non avevo la più pallida
idea
di dove spedirlo!
L'appartamento
di Kakashi era situato a metà strada tra l'Accademia e il
Palazzo dell'Hokage. Sasuke si chiese come facesse ad arrivare
sistematicamente in ritardo pur abitando in una posizione
così
strategica.
Vi
abitavano altri jonin come Genma Shiranui e la palazzina non era
molto differente da quella in cui aveva abitato fino ai dodici anni,
prima che abbandonasse il Villaggio.
Al
piano inferiore vi erano delle botteghe, mentre al piano superiore,
al quale si accedeva da una scala esterna, cinque appartamenti.
Quello
di Kakashi era il terzo. Trovò la chiave sotto lo zerbino
–
come gli aveva detto – ed entrò.
Si
sfilò i calzari, lasciandoli nel piccolo disimpegno
all'ingresso e proseguì lungo un breve corridoio che
conduceva
a una luminosa stanza. Sulla destra vi era un divano a due posti e
una libreria, mentre sulla sinistra un cucinino e un tavolino da
pranzo. In fondo, due porte davano accesso al bagno, un po' piccolo,
ma funzionale e alla camera da letto che dava sul cortile, lontana
dai rumori della strada.
In
ogni stanza Kakashi si era premurato di lasciare un biglietto,
sintomo che avesse pensato da tempo a quella soluzione. Quello sul
frigorifero lo avvertiva di non essere stato in grado di provvedere
ai rifornimenti ma che nella dispensa, in alto a sinistra, avrebbe
trovato delle confezioni di cibo liofilizzato per le emergenze;
quello posto sul comodino della camera da letto recitava "Ci
sono dei vestiti puliti nel secondo tiretto dell'armadio" e un
altro in bagno gli indicava dove fossero gli asciugamani.
Aveva
pensato proprio a tutto.
Kakashi
gli aveva dato la possibilità di vivere da solo, avere la
sua
privacy, per dargli il tempo di riabituarsi a una vita normale. Lo
conosceva meglio di quanto pensasse. Probabilmente aveva considerato
che un'eventuale convivenza con Naruto o con chiunque altro non gli
avrebbe dato la possibilità di riflettere e capire cosa fare
in futuro.
Tuttavia
non si sentiva comunque a suo agio e sperò che quel
"complesso
dell'ospite" gli passasse con l'andar del tempo e che Kakashi
riuscisse ad assegnargli il prima possibile un suo appartamento.
A
patto che decidesse di rimanere.
L'idea
di andare di nuovo via dal Villaggio non l'aveva scartata, anzi, gli
ronzava in testa costantemente.
Il
suo sguardo cadde sulla foto posta su uno degli scaffali della
libreria. L'avevano scattata quattro anni prima durante un
allenamento del Team 7.
Come
l'avrebbero presa se avesse deciso di partire?
Immaginò
Naruto alle porte del Villaggio con una catena umana di Anbu a
bloccargli il passaggio.
Male,
l'avrebbero presa male.
Inoltre
affrontare un viaggio con un braccio solo nel mondo ninja dove,
sicuramente, c'era ancora qualcuno che potesse provare verso di lui
del rancore, era un rischio da non sottovalutare nonostante potesse
contare sullo sharingan e il rinnegan.
Per
il momento sarebbe rimasto a Konoha. Forse ritornare a vivere
normalmente lo avrebbe aiutato a superare tutto quello che era
successo; poteva contare su Naruto, su Kakashi e su... Sakura. La
ragazza che sorrideva felice in quella foto e che ora non parlava,
glissava diplomaticamente i discorsi scomodi e sorrideva molto di
meno.
Trovò
ironico che proprio di fianco a quella foto ce ne fosse un'altra,
raffigurante un altro Team, in cui era presente un altro Uchiha,
anch'egli ex nukenin pentito. Forse era vero che il loro Clan fosse
maledetto, marcio ed irrecuperabile.
Adesso
lui era davvero l'ultimo Uchiha e guardando quelle foto, si chiese se
non fosse il caso di chiuderla lì, di accantonare il
proposito
di ricostruire il suo Clan.
Fece
una lunga doccia, ne aveva un disperato bisogno. Sentì
l'acqua
calda scivolargli addosso donandogli una sensazione di benessere,
come se avesse portato via anche un po' di quella malinconia che lo
opprimeva. Nudo e gocciolante si portò davanti allo specchio
e
per la prima volta dalla fine della guerra ebbe modo di vedere come
si era ridotto. Il suo corpo era segnato da cicatrici rosate, alcune
delle quali non ancora del tutto rimarginate; il viso era stanco,
magro e profonde occhiaie circondavano i suoi occhi di due colori
diversi: il destro nero, spento, e il sinistro grigio, innaturale,
percorso da spirali concentriche.
Per
anni aveva rincorso un'abilità oculare che lo rendesse
più
forte; con gli occhi di Itachi era riuscito a sviluppare lo Sharingan
eterno, ma il rinnegan era tutta un'altra cosa: non lo aveva nel
sangue, non era suo, gli era stato donato e vederlo riflesso in
quello specchio quasi lo infastidì.
Si
spettinò i capelli bagnati e ne tirò un ciuffo
verso il
basso fino a coprire l'occhio. Dopo pochi secondi, tuttavia, il
ciuffo ritornò al suo posto, scoprendo nuovamente l'iride
grigia: i suoi capelli erano troppo corti e ribelli per lo scopo che
aveva in mente, forse avrebbe dovuto lasciarli crescere.
Contrariato,
riprese a guardare il suo riflesso, concentrando lo sguardo sul
moncherino.
Non
era mai stato un tipo vanitoso, ma dovette ammettere che fosse un
tantino antiestetico. Inoltre, il braccio sinistro era quello che
preferiva per tecniche come il chidori, quindi avrebbe dovuto cercare
di far confluire il chakra tutto nel braccio destro, almeno fino a
quando Tsunade non avesse terminato la ricostruzione.
A
quel punto si accorse che la fasciatura era totalmente zuppa: aveva
dimenticato di toglierla prima della doccia, ma la sensazione di
avere ancora il braccio che di tanto in tanto provava, lo aveva
tratto in inganno.
La
rimosse lentamente, rivelando la pelle lacera.
Visto
così, se possibile, era anche peggio.
Da
quanto aveva capito, le medicazioni di Sakura servivano come
antidolorifico e non a cicatrizzare la ferita e quindi il moncherino
sembrava un ammasso informe di carne sanguinolenta, terribile da
guardare anche per uno stomaco forte come il suo.
Come
si era ridotto in quello stato?
Il
suo corpo era la perfetta rappresentazione di come si sentisse
dentro: a pezzi.
"Hai
fatto proprio un bel lavoro" si complimentò ironicamente
con se stesso per poi indossare una delle tute da jonin di Kakashi,
nera come il suo umore.
Uscì
dal bagno e si diresse verso la cucina per prepararsi qualcosa da
mangiare quando sentì bussare alla porta.
A
occhio e croce poteva essere solo una persona.
"Ah,
sei tu"
"E
chi credevi che fossi?" gli chiese ironicamente Naruto, entrando
in casa.
"Che
ci fai qui?" il tono di Sasuke non era, per così dire,
accogliente. Aveva sperato che una volta fuori dall'ospedale potesse
avere un po' di pace.
"Kakashi
sensei ci ha invitati a cena e mi ha chiesto di riferirti il
messaggio" gli rispose, guardandosi intorno con curiosità:
non era mai entrato in casa del maestro ed era certo che da qualche
parte ci fossero indizi su cosa nascondesse sotto la maschera.
"Credo
che non verrò" si azzardò a dire Sasuke, conscio
che Naruto non si sarebbe mosso da casa sua fino a che non fosse
riuscito a fargli cambiare idea.
Ma
Naruto al momento sembrava preso da altro, si guardava intorno come
fosse alla ricerca di qualcosa. Sasuke alzò un sopracciglio,
stupito che l'amico non avesse iniziato una delle sue solite litanie
affettive e rimase in attesa di una sua mossa che non tardò
ad
arrivare.
"Dimmi
un po', Teme" cominciò col dire in tono serio – eccolo
che iniziava – "hai per caso scoperto cosa si cela
sotto
la maschera di Kakashi-sensei?"
Ecco
a cosa stava pensando! Il desiderio di conoscere il segreto di
Kakashi era riuscito persino ad evitargli il sermone. In effetti
anche lui ci aveva pensato, soprattutto quando, cercando i vestiti
nel cassetto era ingappato in una dozzina di maschere di stoffa che
probabilmente Kakashi aveva dimenticato lì, ma preso dai
suoi
pensieri non aveva collegato che, avendo la possibilità di
curiosare tra le sue cose, avrebbe potuto scoprire l'arcano.
"Non
sono un impiccione come te" sottolineò, mentre Naruto si
dirigeva verso la libreria dove erano poste le due foto, una delle
quali ritraeva anche suo padre.
Sorrise
amaramente ricordando il loro ultimo incontro e successivo addio. Era
stato fortunato a poter combattere al suo fianco e a rivederlo un
ultima volta e lo doveva solo a Sasuke.
"Ci
deve essere qualche indizio" mormorò tra i denti,
passando al vaglio l'intera libreria con lo sguardo fino a che una
piccola fessura in basso a destra non attirò la sua
attenzione.
"Qui
c'è qualcosa" fece notare a Sasuke che di rimando aveva
alzato gli occhi al cielo. Non ce la faceva proprio il Dobe a
farsi gli affari propri.
"É
una serratura" continuò, esaminandola accuratamente "ma
non c'è la chiave"
Sasuke
sperò che quel piccolo impedimento convincesse l'amico a
desistere, dimenticando per un momento che se lui poteva essere
paragonato a un mulo in quanto a testardaggine, Naruto era una
mandria di muli.
"Prendi
un coltello"
Una
mandria di muli.
Sasuke
non capì bene cosa lo spinse ad assecondarlo, forse il
ricordo
dei tempi andati, ma si ritrovò poco dopo con un coltello in
mano.
"Scansati"
ordinò all'amico – non gli andava di rischiare di
lasciare
tracce e la grazia di Naruto era fin troppo nota.
Delicatamente
cominciò a forzare lo sportello fino a far cedere la
serratura: il Dobe non si sbagliava, era davvero uno scomparto
segreto.
Trattennero
entrambi il fiato per l'emozione, convinti di essere a un passo dallo
scoprire foto compromettenti e rivelatorie.
Spalancarono
gli occhi e caddero entrambi all'indietro atterriti.
Quello
che videro dentro quella nicchia ricavata nella libreria era forse il
più grande tesoro dell'intero mondo ninja; probabilmente
doveva valere una fortuna e Kakashi doveva essere sicuramente l'unico
ad avere... l'intera serie dei "Libri della Pomiciata"
di Jiraya Sensei; tutti i volumi e le varie edizioni,
sottovuoto,
in una teca di vetro con annesso termometro. Altro che segreto di
Kakashi, davanti ai loro occhi vi erano delle vere e proprie
reliquie!
"S-secondo
t-te d-dovremmo..." balbettò Naruto, la cui gola si era
improvvisamente prosciugata.
"No,
non dovremmo" ribatté prontamente Sasuke, altrettanto
sconvolto, ma con ancora un minimo di buon senso, nonostante anche
lui provasse la curiosità di leggerne il contenuto adesso
che
erano in età per farlo. Per quante volte li avevano visti
tra
le mani di Kakashi quei libri dovevano contenere qualcosa di
inenarrabile, di stupefacente.
"Secondo
me..." Naruto provò a tentarlo nuovamente, ma Sasuke fu
irremovibile.
No,
no e no!
E
per essere sicuro che il concetto fosse chiaro, richiuse lo
sportello.
"Non
era proprio quello che stavamo cercando" constatò il
biondo, rimettendosi in piedi.
Proprio
no e francamente Sasuke avrebbe preferito non sapere di essere appena
diventato il custode di un'enciclopedia dell'erotismo.
Perché
Kakashi non li aveva portati con sé?
"Ci
vediamo al Palazzo dell'Hokage alle sette" concluse Naruto
dirigendosi verso la porta.
"Ti
ho detto che io non vengo" ribadì, certo che questa volta
il sermone non lo avrebbe evitato.
"Kakashi-sensei
vuole festeggiare con noi la sua nomina. Siamo il suo Team, non puoi
mancare." sciorinò Naruto con quel particolare tono di
voce che riusciva puntualmente a farlo sentire in colpa.
"Preferirei
evitare"
Perché
si ostinava in quel modo? Non l'aveva ancora capito che con Naruto
fosse una battaglia persa in partenza?
"E
noi che tu venga, quindi fai poche storie. Ci vediamo lì e
se
non dovessi presentarti verrò a prenderti con la forza"
lo avvertì Naruto, ghignando.
"E
come pensi di fare? Vorrei ricordarti che hai un braccio solo"
lo sfidò il moro, ricambiando il ghigno che sul suo viso,
tuttavia, appariva leggermente più malefico.
"Se
per questo anche tu, ma io ho Sakura-chan!" concluse Naruto,
sorridendogli furbescamente prima di andare via.
Lo
aveva fregato. Non che temesse Sakura, ma contro entrambi
non
avrebbe avuto molte possibilità.
"Tsk"
sibilò, sconfitto.
-§-
"Ancora
cinque minuti e poi lo trascino qui per i capelli" proclamò
Naruto, nervoso per il ritardo di Sasuke che poteva tranquillamente
voler dire che, nonostante le minacce, avesse infine deciso di non
presentarsi.
"Vedrai
che arriverà" lo rassicurò Kakashi mentre Sakura,
in silenzio, non sapeva proprio cosa pensare. Era conscia del fatto
che le cose non potessero tornare apposto in un attimo, ma per far
sì
che migliorassero, anche gradualmente, Sasuke avrebbe dovuto iniziare
a collaborare, cosa che era evidente che non avesse intenzione di
fare.
L'orologio
della sala da pranzo della residenza dell'Hokage rintoccò le
sette e mezza.
"Adesso
basta! Ora mi sente!" tuonò Naruto, alzandosi dalla sedia
e sbattendo la sua unica mano sul tavolo.
"Credo
che non ce ne sia bisogno" gli fece notare Kakashi, indicando la
porta d'ingresso dalla quale era appena entrato Sasuke.
"Scusate
il ritardo" esordì il ragazzo, vestito di nero, con la
manica sinistra della tuta che svolazzava mentre si accingeva a
raggiungere il tavolo.
Sakura
lo guardò di sottecchi, notando subito una macchia estesa
sulla manica e attribuendola a una fasciatura che probabilmente
andava cambiata.
"Adesso
che sei andato a vivere a casa di Kakashi-sensei hai iniziato anche
tu ad arrivare in ritardo?" ironizzò Naruto per
stemperare l'imbarazzo.
"Penso
che Sasuke abbia avuto i suoi buoni motivi" lo giustificò
Kakashi che aveva notato come Sakura l'alone di sangue sulla manica
sinistra "Sakura, nel bagno ci sono delle fasce" aggiunse,
lanciando uno sguardo d'intesa alla ragazza che immediatamente si
alzò per andarle a prendere.
Naruto
osservò la scena un po' perplesso fino a che anche lui non
si
accorse del "problema" che aveva causato il ritardo di
Sasuke.
"Vai
da Sakura" gli consigliò Kakashi senza entrare troppo in
particolari che avrebbero potuto metterlo più in imbarazzo
di
quanto già non fosse.
Sasuke
accettò il consiglio e senza fiatare si avviò
verso il
bagno, incontrando tuttavia Sakura nel corridoio che già
ritornava con alcune fasce in braccio.
Si
guardarono per un attimo. Sakura non aveva preso in considerazione la
possibilità che lui le andasse incontro e dopo aver
adocchiato un salottino dove avrebbe potuto medicarlo con
tranquillità, gli fece segno con la testa di seguirla.
"Togli
la maglia per favore e siediti lì" gli disse con
gentilezza, chiudendo la porta e indicandogli il divano posto sul
lato destro della stanza.
Sasuke
ubbidì e con qualche difficoltà riuscì
a
sfilarsi la maglia scura, rivelando il moncherino privo di
fasciatura.
"Non
avresti dovuto togliere la fascia" lo rimproverò Sakura
con tono dolce.
"Si
è bagnata" le spiegò brevemente senza entrare
troppo nei particolari: era stato già abbastanza
imbarazzante
averle mostrato di non riuscire quasi a sfilarsi la maglia da solo.
Sakura
provò una profonda tenerezza nei suoi confronti.
Appariva
debole e per una volta docile.
"Vedrai
che andrà meglio" Fu l'unica cosa sensata che le venne in
mente di dire per ovviare all'imbarazzo e, probabilmente,
ciò
che avrebbe voluto sentirsi dire anche lei.
Non
si riferiva solo al braccio, ovvio, quello prima o poi sarebbe
guarito, ma a tutto il resto. Il fatto che si fosse presentato al
pranzo di sua sponte era di per sé un buon segno, quantomeno
un inizio, un piccolo passo – o forse un ciclopico passo dato
il
soggetto – ma sarebbe servito ben altro per ricucire i
rapporti tra
loro.
Sasuke
aveva continuato a guardare un punto imprecisato davanti a
sé,
metabolizzando quanto detto dalla ragazza.
-
Andrà meglio – Certo, peggio di
così non poteva
andare di sicuro.
Era
a stento in grado di badare a se stesso. Si era presentato a quello
stupido pranzo più per non dover assistere all'ennesima
paternale di Naruto che per piacere, oltre ad avere l'esigenza di
farsi rifasciare il braccio – quest'ultima cosa, poi, lo
irritava
profondamente.
"Saresti
dovuto venire subito in ospedale"
Sì,
lo irritava davvero tanto aver bisogno degli altri e soprattutto
detestava che qualcuno glielo ricordasse.
"Ti
fa male?" gli chiese, avvolgendo con delicatezza la fascia, dopo
aver ripulito la ferita dal sangue raggrumato.
"Non
eccessivamente" le rispose più per cortesia che per
voglia.
Il
male che provava era di diversa natura, era dentro di lui e nessuna
medicazione avrebbe potuto curarlo per ora e la gentilezza, falsa
a suo dire, di Sakura non faceva altro che acutizzare.
Se
non riusciva neanche a parlare di quello che era successo, come
poteva essere gentile nei suoi confronti?
Fingeva,
come stava facendo lui in quel momento mostrando apparente
indifferenza quando il fatto che lei non avesse risposto alle sue
domande gli creava un tale disagio da non sopportare neanche di stare
nella stessa stanza con lei. Quella diplomatica inclinazione
nell'atteggiamento di Sakura lo innervosiva perché lui aveva
odiato da sempre le bugie; gli avevano rovinato la vita e non avrebbe
permesso che accadesse di nuovo.
"Ok,
adesso è apposto" dichiarò Sakura, dopo aver
terminato la fasciatura, avviandosi poi verso la porta.
"Grazie"
sussurrò atono, scegliendo forse la parola meno adatta in
assoluto. In quell'occasione uno dei suoi soliti versi
incomprensibili sarebbe stato sicuramente più adatto e
Sakura
lo avrebbe gradito maggiormente.
Sakura
si fermò e ragionò per un secondo su come
reagire.
"Prego"
si convinse a rispondergli. Non poteva continuare a provare un tuffo
al cuore ogni volta che Sasuke pronunciava quella parola
perché
con il tempo, forse, ci sarebbero state altre occasioni - o almeno lo
sperava. Sperava davvero che tutto tornasse com'era un tempo, o
magari meglio. Non osava ambire a chissà quale sogno
romantico, già riaverlo lì riusciva a farla
sentire
meglio, ma nutriva seri dubbi sul fatto che lui riuscisse a non
sentirsi "di troppo" o addirittura "non accetto"
e quello sarebbe stato lo scoglio più difficile da superare.
Tornarono
in sala da pranzo dove Kakashi e Naruto gli avevano aspettati per
cominciare a mangiare.
"Propongo
un brindisi in onore di Kakashi-sensei, il nuovo Hokage di Konoha!"
esclamò Naruto alzando in alto il bicchiere e Sakura fece lo
stesso. Sasuke lo sollevò appena fin sopra il mento. Non che
non volesse festeggiare o che non fosse contento; in realtà
la
cosa lo lasciava totalmente indifferente e poi non era mai stato un
tipo esuberante.
"E
io vorrei brindare a voi, al mio Team, che è riuscito a
salvare il mondo ninja" aggiunse Kakashi, alzando anch'egli il
bicchiere "E spero che voi due diventiate presto genin e poi
jonin" concluse incurvando le labbra sotto la maschera in un
sorriso canzonatorio.
"Uffa,
è vero!" piagnucolò Naruto, lasciandosi cadere a
peso morto sul tavolo "Sakura-chan è l'unica ad essere
diventata jonin"
Sasuke
non ci aveva fatto caso: la carriera ninja non rientrava da un po' di
tempo tra le sue ambizioni; forse avrebbe potuto farci un pensierino,
forse sarebbe potuto entrare negli Anbu come aveva fatto suo fratello
Itachi oppure insegnare all'Accademia. Storse il naso immaginando un
branco di marmocchi incapaci chiamarlo sensei: no, non faceva
al
caso suo . Negli Anbu probabilmente si sarebbe sentito
più
a suo agio. Spesso stavano via per mesi dal Villaggio e in alcuni
casi addirittura agivano da soli. Dopotutto il Team 7, ora che
Kakashi era diventato Hokage, si sarebbe sciolto – e
non per
colpa sua questa volta – e ognuno avrebbe preso una
sua strada.
Ma se lui e Naruto non avessero superato l'esame dei chunin,
avrebbero probabilmente rischiato di essere inseriti in altre squadre
e data la sua scarsa inclinazione alla socializzazione, sarebbe stato
un bel problema.
"Kakashi-sensei,
lei come Hokage potrebbe anche chiudere un occhio e nominarci jonin
senza tutta la trafila" propose Naruto "In fondo abbiamo
battuto i cattivi" gli ricordò, non dando peso al fatto
che proprio uno di quei "cattivi" fosse seduto allo stesso
tavolo perché per Naruto, Sasuke non era mai stato un vero
nemico; perlopiù un amico un po' confuso, con qualche
rotella
fuori posto e problemi infantili irrisolti – o risolti male.
Non lo
aveva mai considerato cattivo,
anche quando lo aveva insultato e attaccato perché sapeva
che
non era lui a parlare, ma la sua rabbia e avendo avuto modo di
conoscerla come e quanto lui, era sempre stato conscio del fatto di
poter essere l'unico sul quale lui avrebbe potuto sfogarla.
Tuttavia,
l'uscita infelice del biondo, non sfuggì a Sasuke che in
virtù
di quanto detto, si era sentito, ovviamente, chiamato in causa e
pertanto si era adombrato.
"Dipende
da come vi comporterete da adesso in poi" rispose Kakashi
diplomaticamente mentre il viso di Naruto si illuminava di speranza.
"Ma
non è giusto!" ribatté Sakura "Io ho dovuto
sudare per avere la promozione e a voi due la danno d'ufficio? La
vita è proprio ingiusta" constatò amaramente,
rubando però a tutti una risata, tranne a Sasuke che neanche
aveva ascoltato, troppo preso dai suoi pensieri.
"Ah!"
sospirò l'Uzumaki "se penso a quante ne abbiamo passate
non mi sembra vero di essere qui con voi"
Proprio
quello che Sasuke temeva di più in assoluto da quel pranzo,
un
bel revival. Era arcisicuro che Naruto ad un certo punto avrebbe
tirato fuori la "Team 7 Story", ma si era augurato che ciò
avvenisse tipo al dolce, quindi alla fine del pranzo e, invece,
quella stupida storia delle promozioni aveva innescato la macchina
del tempo e così si erano ritrovati a parlare – loro,
perché lui ascoltava e di tanto in tanto annuiva –
di
Villaggi della Neve e campanellini. Ascoltando l'entusiasmo con cui
Naruto stava raccontando, a modo suo,
le avventure che avevano condiviso, Sasuke, tuttavia, non
riuscì
a non provare una certa nostalgia e istintivamente si guardò
attorno, notando come ogni persona seduta a quel tavolo fosse
cambiata. Kakashi era diventato Hokage, nulla di più assurdo
visto che lui non aveva mai ambito a diventarlo ed era stupefacente
come quel ruolo, invece, gli calzasse alla perfezione. Naruto, era
Naruto, con i suoi pregi e i suoi difetti, ma anche lui sembrava
più
maturo, più uomo; aveva sempre quell'entusiasmo coinvolgente
di quando era piccolo e parlava troppo e come sempre a sproposito, ma
era indubbiamente diventato molto forte e il posto di Hokage, dopo
Kakashi, sarebbe spettato a lui.
Sakura.
Sakura
che ascoltava e rideva; che annuiva e fulminava con lo sguardo Naruto
ogni qual volta toccasse un argomento che potesse sembrare
inopportuno; che lo pestava costantemente, anche senza una ragione
valida. Sakura che aveva pianto quando li aveva trovati ancora in
vita e che gli aveva dato dell'idiota –
perché lo
era, un vero idiota.
Sakura che
sembrava un'altra persona, una donna consapevole delle sue
capacità,
non più una ragazzina insicura e paurosa. Sakura che
preferiva
non rispondere a domande scomode per non mostrarsi debole, per non
essere considerata una vittima quando avrebbe avuto ogni ragione per
farlo. Il senso di colpa che provava nei suoi confronti era
soffocante e ciò che lo faceva stare, se possibile, anche
peggio era che lei facesse finta di niente, come se il passato dal
momento in cui avevano varcato i cancelli di Konoha, fosse stato
spazzato via con un colpo di spugna. Lui non riusciva a crederlo; non
era possibile che lei avesse rimosso tutto e lo avesse perdonato con
una tale facilità; la riteneva troppo intelligente per
farlo.
A parti invertite, lui avrebbe come minimo meditato vendetta o
portato rancore in eterno e invece lei lo trattava con gentilezza,
gli chiedeva "Scusa" e gli rispondeva "Prego",
con imbarazzo certo, ma lo faceva e questo non produceva altro
effetto che farlo sentire ancora più indegno... ancora
più
un verme.
Forse
era proprio quello il suo modo di vendicarsi, ma lui sentiva crescere
sempre di più dentro di sé il bisogno di un
confronto:
voleva sentirselo dire in faccia quanto avesse fatto schifo.
Ognuno
di loro era cambiato in meglio e l'unico che al posto di evolversi
era degenerato in qualcosa che "cattivo", "nemico"
e "verme" potevano appena descrivere era lui.
Cosa
era lui?
"Ne,
Sas'ke?" Naruto attirò la sua attenzione.
"Cosa?"
gli chiese, ridestandosi dai suoi pensieri.
"Stupido
Teme, tu non stavi ascoltando!" sbraitò il biondo,
puntandogli contro l'indice della mano.
"Probabilmente
quello che stavi dicendo non mi interessava" ribatté
Sasuke, per nulla intimorito.
"Sei
sempre il solito pallone gonfiato"
"E
tu un Usurantonkachi"
Inconsapevolmente
Sasuke era caduto nella sua trappola: avevano iniziato a bisticciare
come due ragazzini a colpi di "Teme" e "Baka",
combattendo verbalmente per avere l'ultima parola.
Sakura
e Kakashi si lanciarono uno sguardo nostalgico per poi sospirare
all'unisono: quelle noiose diatribe erano mancate a entrambi.
Anche
Sasuke, involontariamente, aveva iniziato a incurvare di tanto in
tanto le labbra in quello che poteva sembrare, a uno sguardo attento,
un sorriso, mentre Naruto... a Naruto brillavano gli occhi per la
felicità: aveva ritrovato un amico, un fratello e ancora non
credeva che potesse essere vero.
Terminarono
così il pranzo e Sasuke, dopo il dolce e una serie di
battibecchi con Naruto – scaturiti persino dalla posizione
della
saliera sul tavolo – si sentì sfinito. Era da
tempo che non
sosteneva conversazioni così lunghe e accese e che non
passava
una giornata così... serena?
Sì,
era stata serena; proprio una bella giornata – e pensare che
lui
non voleva neanche andarci a quello stupido pranzo.
Si
alzarono dal tavolo e ringraziarono Kakashi per
l'ospitalità.
Lui li vide andare via con lo stesso sguardo di una mamma chioccia
che vede zampettare via i suoi pulcini: i suoi ragazzi erano
cresciuti, avrebbe dovuto farsene una ragione.
Giunti
in strada i tre si posizionarono in cerchio, l'uno di faccia
all'altro, rispettivamente nelle direzioni che avrebbero preso per
tornare a casa.
Seguì
un lungo momento di imbarazzo in cui nessuno dei tre riuscì
a
dire nulla: tornare alla normalità non era complicato, di
più,
soprattutto per chi non sapeva più cosa fosse.
Quel
tuffo nel passato aveva creato in Sasuke una strana smania, per un
momento aveva smesso di pensare a tutto quello che era accaduto e si
era goduto le piccole cose com'era giusto che fosse per un ragazzo di
diciassette anni. Non desiderava tornare a casa e ripiombare nella
più cupa solitudine; si sentiva bene, dopo tanto tempo e
quindi non aveva voglia che quella giornata così
sorprendente
finisse.
"Credo
che a questo punto me ne andrò a casa"
Fu
Sakura a rompere il silenzio, inaspettatamente. In passato avrebbe
fatto carte false per passare anche solo un minuto in più in
compagnia di Sasuke e invece adesso sentiva di doversi dileguare e in
fretta perché era certa che Sasuke non vedesse l'ora di
liberarsi di loro .
"Perché,
invece, non andiamo a fare una passeggiata?" propose Naruto che,
a differenza di Sasuke, detestava la solitudine e desiderava averli
tutti per sé ancora per un po'.
"Voi
due avete bisogno di riposarvi" obiettò Sakura, pensando
che Sasuke le desse manforte.
Straordinariamente,
invece, l'Uchiha prese a camminare e dopo aver fatto qualche passo
aveva girato il viso verso di loro da sopra la spalla sinistra e gli
aveva detto con un tono inconfutabilmente determinato: "Andiamo".
Gli
altri due si erano guardati per un attimo in faccia, perplessi e
stupiti, per poi raggiungerlo di corsa, sorridenti.
Qualcosa
stava cambiando.
-§-
Alcuni
quartieri del Villaggio
mostravano ancora i segni della guerra e anche quelli dell'attacco di
Pain. Naruto raccontò a Sasuke lo scontro epico con il ninja
della pioggia sin nei minimi particolari, ingrandendo ovviamente in
maniera esponenziale le sue gesta che di per sé erano state
già abbastanza eroiche. Sakura, con cipiglio, lo aveva
ripreso
più volte raccontando nuovamente i fatti secondo la versione
ufficiale, quella nota a tutti.
"Con
tutta la fantasia che ti ritrovi potresti prendere il posto di
Jiraya- sensei e scrivere una nuova collana di romanzi – Le
mille
frottole di Naruto Uzumaki - " esclamò Sakura, ad un
certo punto, esasperata dalla straordinaria quantità di
assurdità che aveva ascoltato fino a quel momento.
Gli altri
due, al solo sentir
nominare Jiraya, in virtù della scoperta che avevano fatto
quella stessa mattina, assunsero un aria colpevole e imbarazzata che
Sakura, per fortuna, non riuscì a cogliere.
Giunsero
nella zona commerciale
del Villaggio dove la vita aveva ricominciato a scorrere normalmente;
le botteghe avevano riaperto e nell'aria si respirava odore di ramen
e atri manicaretti proveniente dai ristoranti. Bambini felici
giocavano in strada, mentre le mamme erano intente a fare la spesa o
a chiacchierare tra loro. Sembrava tutto così normale che la
guerra poteva già considerarsi quasi un ricordo.
I tre ninja
si guardarono
intorno, assaporando quel clima di gioia e serenità
consapevoli di aver contribuito in prima persona a ristabilirlo. Era
sicuramente una bella soddisfazione e per la prima volta anche Sasuke
si sentì vagamente parte di qualcosa, un po' meno severo nei
confronti di sé stesso, appena soddisfatto di quello che i
suoi occhi stavano registrando.
Ma quella
sensazione durò
giusto un attimo perché immediatamente la sua coscienza
ricominciò a tormentarlo.
Se
Naruto non lo avesse fermato a quest'ora come sarebbe stata Konoha?
Come in
un'illusione procurata
dal suo stesso Mangekyou, rivide le stesse strade in cui quei bambini
giocavano felici, deserte e buie; un'aura di decadenza e terrore
insinuarsi nei vicoli, nei ristoranti, nelle botteghe vuote; un cielo
di cirri neri ad oscurare perennemente la luce del sole.
L'inferno.
Diventare
l'unico male del mondo, avrebbe sicuramente fatto male al mondo
stesso: tutti avrebbero iniziato a provare la sua stessa diffidenza
verso gli altri e la sua tirannia avrebbe soffocato la
libertà
di ogni singolo individuo. Lui voleva un mondo perfetto in cui
nessuno potesse soffrisse se non a causa sua, ma realizzò in
quel preciso istante che forse il suo sogno avrebbe potuto non
funzionare a dovere. Aveva passato quasi tutta la sua vita a
rincorrere la vendetta da non vedere nient'altro che odio, tanto da
convincersi che quest'ultimo fosse l'unico sentimento al mondo capace
di far ottenere davvero qualcosa. Era stato l'odio a fargli acquisire
un potere tale da poter affrontare a viso aperto suo fratello; era
stato sempre l'odio a consentirgli di uscire vincitore nello scontro
contro di lui e non era stato forse l'odio a fargli eliminare dalla
faccia della terra Danzo? L'odio equivaleva quindi a potere.
Quanto
si sbagliava.
Non c'era
odio in
quell'istantanea del Villaggio della Foglia e non c'era negli occhi
di Naruto e Sakura. Chissà se anche nel resto del mondo era
così o se quei pensieri scaturissero dal condizionamento
mentale dovuto al suo stato di nukenin pentito e dalla bella giornata
che aveva passato.
Gli sarebbe
piaciuto
constatarlo, vedere con i suoi occhi.
"Guardate
un po', ci sono
Ino, Shikamaru e Choji!" esclamò Sakura, superando lui e
Naruto per andare incontro agli amici.
"Fronte
spaziosa, hanno per
caso aperto le gabbie?" le chiese sarcasticamente la Yamanaka,
indicando l'Uchiha e Naruto.
"Cerca di
evitare le tue
battute, è stranamente di buon umore" le mormorò
Sakura a un orecchio, stando ben attenta a mettere la mano davanti
alla bocca tante volte Sasuke riuscisse a leggerle il labiale da
lontano, con l'ausilio dello sharingan.
"Ah
sì?!"
esclamò Ino, assottigliando gli occhi, con un tono che
presagiva qualcosa di molto nefasto all'orizzonte.
"Ciao
ragazzi!" urlò
Naruto con il suo immancabile sorriso stampato in faccia.
Sasuke fece
un lieve,
impercettibile, cenno con la testa con il suo altrettanto immancabile
broncio.
Era felice
di vederli tanto
quanto lo era stato l'intero esercito ninja alla vista del Kyubi.
"Ciao
Uchiha" lo
salutò stancamente Shikamaru che da stratega aveva ben
pensato
di fare il primo passo a differenza degli altri due che erano intenti
a pensare a qualcos'altro. Choji, infatti, aveva posticipato i saluti
a quando avesse terminato il pacchetto di patatine che stava
mangiando. Quanto gli erano mancate le patatine! Appena tornato a
Konoha aveva svaligiato la prima bottega aperta e non era uscito di
casa per due giorni interi fino a che ogni centimetro del pavimento
della sua camera non era stato occupato da una busta di patatine
rigorosamente vuota.
Ino,
invece, sembrava in
contemplazione dell'universo e Shikamaru, captando quali potessero
essere i pensieri dell'amica, non riuscì a trattenersi dallo
sbuffare e mormorando uno sconfortato "Che seccatura" si
era preparato mentalmente a uno dei suoi show.
"Sasuke-kun!"
sussurrò
la bionda, suadente, con gli occhi viola che avevano preso a brillare
come due ametiste.
-
Un effetto ottico,
sicuramente! - pensò Sakura. I suoi occhi malgrado
fossero
verdi come gli smeraldi, non luccicavano in quel modo così,
così... spettacolare.
"E' stato
un incontro
dettato dal destino" sciorinò la bionda, avvicinandosi a
lui, impavida "Questa mattina mi sono svegliata con una strana
sensazione, sapevo che sarebbe accaduto qualcosa di meraviglioso"
Shikamaru
si portò una
mano alla fronte e iniziò a scuotere la testa per la
disperazione.
"Ti trovo
bene, Sasuke-kun"
miagolò poi la gattina bionda, afferrandogli il braccio sano.
"Ma
è impazzita?"
urlarono Naruto e Sakura all'unisono, sbiancando.
Aveva osato
toccare Sasuke senza
aver presentato una richiesta scritta almeno tre giorni prima e senza
il suo permesso. Aveva intenzione di morire?
Anche
Sasuke rimase sconvolto
dall'audacia della ragazza e rifletté sul fatto che se non
fosse stato certo di avere perennemente il rinnegan pronto all'uso,
probabilmente avrebbe attivato lo sharingan per autodifesa. Ricordava
bene le volte in cui la Yamanaka gli si era gettata al collo senza
alcun riserbo e una cosa, di certo, non era cambiata affatto da
allora: lo infastidiva terribilmente.
Naruto e
Sakura iniziarono a
prepararsi al peggio perché videro intorno a Sasuke quella
caratteristica aura, foriera di un imminente e truculento omicidio.
Il caso
volle che Sai, di
ritorno da un allenamento, transitasse proprio in quel momento
dall'altra parte della strada. Ino iniziò a intravedere la
realizzazione del sogno fatto durante lo Tsukuyomi e quindi prese a
sbracciare e a urlare il nome del ninja della radice come un'ossessa
per attirare la sua attenzione.
Sai si
voltò verso di lei
e sfoggiando una delle sue paresi facciali, quella sorridente, si
avvicinò al gruppo.
"Adesso
siamo apposto"
mormorò Shikamaru, sempre più sconsolato.
"Avvicinati,
Sai" lo
invitò la bionda, indicandogli con un gesto della mano il
quadratino di terra sul quale voleva che si posizionasse.
Lui
ubbidì, ritrovandosi
proprio di fronte a Sasuke, con Ino in mezzo, tra i due.
Sasuke si
chiese quale potesse
essere la pena per l'omicidio della Yamanaka; se gli avrebbero dato
la pena di morte o una medaglia. Non solo lo aveva toccato contro la
sua volontà, ma gli aveva piazzato davanti il "sostituto",
nonchè uno degli uomini fidati di Danzo, nonché
il
povero illuso che aveva tentato di ucciderlo nel covo di Orochimaru.
La Yamanaka
ghignò: era
tutto perfetto.
Si
sistemò i capelli con
le mani e chiuse gli occhi in attesa di ciò che ormai
credeva
inevitabile.
Sasuke e
Sai si guardarono per
un attimo: l'uno lo squadrò dall'alto in basso sfoggiando
una
delle sue migliori occhiate intimidatorie, l'altro lo scrutò
con curiosità, come fosse stata una cavia da laboratorio, la
qual cosa fece imbestialire ancora di più il primo.
La Yamanaka
attese per un paio
di minuti mentre sul gruppo era sceso un silenzio glaciale.
Socchiuse
appena un occhio
constatando che i due erano rimasti impalati, l'uno di fronte
all'altro, senza proferire parola e pensò bene di dar loro
un
piccolo input.
"Non avete
niente da
dirmi?" gli chiese con aria innocente.
Sakura era
sconvolta. Non
riusciva a capire dove Ino volesse andare a parare e il
perché
di quella sceneggiata. Ipotizzò che fosse un altro dei suoi
modi per superare il lutto, ma se anche fosse stato così,
stava davvero esagerando e rischiando grosso.
"Sei molto
carina, Ino"
le rispose Sai, reiterando un complimento già fatto in
passato
– che poi lo pensasse sul serio o meno, non ci è
dato di
saperlo almeno per il momento.
"Questo lo
so, me l'hai già
detto!" ringhiò la bionda e volgendo lo sguardo verso
Shikamaru gli chiese "Perché non succede nulla?"
Il Nara
scosse per l'ennesima
volta la testa, indeciso se andare via e lasciare che l'Uchiha
facesse a brandelli il suo corpo o darle una mano in virtù
dei
tanti anni di amicizia che avevano alle spalle.
"Cosa
dovrebbe succedere di
preciso?" le chiese Sakura, che oramai aveva mangiato la foglia
e capito che alla base di tutto ci fosse lo stramaledettissimo
Tsukuyomi. Era sempre stata brava a fare due più
due.
"Niente che
ti interessi
fronte spaziosa" le zittì acidamente la Yamanaka,
concentrandosi poi su Sasuke che a suo dire poteva aver bisogno di
un'altra spintarella per dichiararle il suo amore.
"Sasuke-kun"
sussurrò
con voce suadente, portandosi un dito vicino alle labbra e
dondolandosi sui talloni "Quando ti hanno condannato a morte, io
ho pianto tanto per te"
L'intero
gruppo dei ninja, Choji
compreso, si spiaccicò una mano sulla fronte: se quello era
il
modo che Ino aveva escogitato per fare breccia nel cuore dell'Uchiha,
doveva davvero essere impazzita.
Sasuke
rimase impassibile, come
se al posto della frase inopportuna della Yamanaka il suo udito
avesse percepito il ronzare fastidioso di una mosca.
"Ino!!!"
tuonò
Sakura che ne aveva fin sopra i capelli " Ma che diavolo stai
dicendo?"
"Vi spiego
tutto io"
intervenne, quindi, Shikamaru anche se non ne aveva alcuna voglia, ma
Ino iniziava seriamente a rischiare di venire incenerita o peggio e
si sentì in dovere di fare qualcosa.
"Non
oserai!" lo
minacciò l'amica.
Shikamaru,
tuttavia, non si fece
intimorire e raccontò quello che Ino aveva visto durante lo
Tsukuyomi infinito a tutti i presenti, sottolineando più
volte
che avesse cercato di farle capire senza risultati che fosse solo una
proiezione dei loro desideri e non un sogno premonitore.
"Adesso si
spiega tutto"
commentò Sakura, lanciando uno sguardo furioso all'amica che
si era limitata a raccontarle solo una parte di quello che aveva
visto, comprendendo anche gli strani discorsi che la stessa aveva
fatto qualche giorno prima.
"Parli
proprio tu che hai
sognato quella... Sabaku Temari no!" la vendetta di
Ino
non tardò ad arrivare e i presenti videro per la prima volta
Shikamaru Nara arrossire.
"Sabaku no
Temari, casomai"
si affrettò a correggerla il ragazzo, osservando i visi dei
suoi amici paralizzati dallo stupore; persino l'Uchiha aveva arcuato
leggermente un sopracciglio.
"E comunque
non penso che a
loro interessi" aggiunse, prima di voltare a tutti le spalle per
nascondersi dai loro sguardi.
"Questa non
la sapevo"
confessò Choji, dopo essersi riempito la bocca di patatine
per
l'agitazione.
"Bene!"esclamò
Sakura, approfittando del momento di confusione "Allora noi
andiamo adesso, nh?" propose ai suoi due compagni, prendendo
prima Naruto per il braccio, ancora inebetito, e facendo poi lo
stesso con Sasuke, altrettanto scosso, trascinandoli via. Se
l'aveva toccato la Yamanaka, poteva farlo anche lei, no?
Sai
guardò la ragazza
bionda che sembrava sul punto di piangere e pensò che in
fondo
fosse davvero molto carina. Lo incuriosiva la sua estrosità
e
il suo modo di porsi nel confronti degli altri, persino con Sasuke
Uchiha aveva mostrato di non avere il minimo ritegno. Era
spregiudicata, sicuramente un po' matta, ma neanche lui in fondo era
tanto sano.
"A me tu
piaci" le
confessò, cercando persino di assumere un tono entusiasta.
Ino lo
squadrò e poi si
girò a guardare Sasuke che veniva trascinato via da Sakura.
"Ah! Lascia
perdere!"
sbraitò, andando via infuriata.
Cosa
era andato storto?
Nella sua
illusione Sasuke e Sai
si contendevano il suo cuore l'uno di fronte all'altro proprio come
li aveva fatti posizionare lei, allora perché erano rimasti
impalati come due stoccafissi a guardarsi nelle palle degli occhi?
Ci
rifletté a lungo, continuando a camminare per Konoha senza
una
meta, fino a che non trovò l'inghippo: Sasuke
nella sua illusione aveva tutte e due le braccia, mentre adesso solo
una!
Ecco cosa aveva mandato tutto in fumo!
"Maledetto
Uzumaki"
ringhiò tra i denti.
"Io te
l'avevo detto"
La voce di
Shikamaru la fece
trasalire: non era stata molto corretta nei suoi confronti
sbandierando la storia di Temari.
"Sasuke non
ha il braccio,
nella mia illusione ce l'aveva, è quello il problema" gli
comunicò la sua scoperta con ritrovato entusiasmo.
Shikamaru
sospirò.
"Sei
proprio
incorreggibile" le disse, mettendole una mano sulla spalla
"Proprio non vuoi capire, eh?"
Ino, in
realtà, aveva
capito perfettamente, ma quella storia, in quei giorni, era riuscita a
distogliere il suo pensiero dalla morte del padre e dai funerali
che si sarebbero tenuti la mattina successiva.
"Mi manca
tantissimo"
urlò, con le lacrime agli occhi, rifugiandosi tra le sue
braccia.
"Anche a
me, Ino. Anche a
me" le confessò, poggiando il mento sulla sua chioma
bionda.
......§......
Angolo
Autrice
Non
ci credo! Sono riuscita
ad aggiornare!
Sono
un disastro, lo so, ma
davvero non mi è stato possibile farlo prima.
Tengo
molto a questa fan e
ogni capitolo è studiato nei minimi particolari per non
lasciare nulla al caso, quindi la stesura non è mai semplice.
Spero
che vi sia piaciuto!
Chiedo
venia se non mi
dilungo troppo nelle note autrice ma ieri sera sono stata a cena
fuori con il mio compagno e ho "straviziato" . L'ultimo
neurone rimasto mi ha supplicato di non stressarlo esageratamente.
Ogni
tanto non guasta, ma
sono fuori allenamento e soprattutto non ho più vent'anni.
Ahimè! :-(
Ringrazio
come sempre tutti
coloro che seguono la storia, gli irriducibili recensori(Vi lovvo
tanto!) e anche chi la segue silenziosamente. Vi aspetto al prossimo
capitolo che spero di pubblicare domenica.
Vi
terrò informati.
Per
la cronaca, qualche
settimana fa avevo iniziato a revisionare le vecchie fan e,
ovviamente, per mancanza di tempo ho dovuto accantonare anche questo,
quindi se doveste vedere cose strane(tipo dei capitoli mancanti) non
preoccupatevi.
"Sakura-chan
mi stai facendo male!" piagnucolò Naruto, mentre Sakura,
dimentica totalmente dei due, camminava infuriata, trascinandoli come
due sacchi di patate.
"Sakura-chaan?"
cercò nuovamente di attirare la sua attenzione "Vuoi
fermarti?"
E
Sakura finalmente si fermò – per la
felicità anche di
Sasuke che trovava alquanto imbarazzante che la sua compagna di Team
lo trascinasse in quel modo davanti a tutta la popolazione di Konoha.
Aveva
le gote rosse e il respiro affannato, ma non per lo sforzo,
bensì
per la rabbia: Ino aveva rovinato quella giornata perfetta ed era
certa che Sasuke fosse di nuovo di cattivo umore.
"Sasuke-kun,
mi dispiace per il comportamento di Ino" si sentì in
dovere di dirgli, dato che non riusciva proprio a fare a meno di
preoccuparsi per lui.
"Tsk"
sibilò l'Uchiha, trovando assurdo che lei si scusasse anche
per l'amica "Me ne vado a casa" aggiunse, confermando il
dubbio di Sakura che il suo umore fosse davvero mutato.
"Ci
vediamo domani mattina!" gli ricordò Naruto.
Sasuke
fece finta di non sentirlo, non aveva alcuna intenzione di andare ai
funerali. La sua presenza forse non sarebbe stata neanche gradita
visto che aveva dato anche lui il suo contributo affinché il
conflitto avesse inizio e in un certo qual senso si sentiva un po'
responsabile del fatto che i suoi compagni dovessero piangere la
morte delle persone a loro care: Shikamaru e Ino avevano perso i loro
padri e il Clan Hyuga, Neji. Tutte persone che lui aveva avuto modo
di conoscere e che adesso non c'erano più, proprio come la
sua
famiglia. Tutte vittime della stupidità dell'uomo e della
sua
sete di potere.
Sasuke
continuava a rifiutare l'idea di dover vivere in un mondo
così
bieco e ingiusto, iniziava finalmente a comprendere cosa avesse
spinto Itachi a credere fermamente nella pace. Itachi probabilmente
non doveva essere stato molto contento delle sue azioni, ovunque lui
fosse. Gli aveva detto che il suo amore per lui non sarebbe mai
mutato, qualsiasi cosa avesse fatto, qualsiasi scelta avesse preso, e
forse sperava che il suo esempio potesse essere un insegnamento per
lui e non un ulteriore motivo per dichiarare guerra al mondo.
A
pensarci bene si era comportato davvero come uno psicopatico, ma in
quel momento, quelle idee, quell'utopia di governo che aveva
elaborato, gli erano sembrate talmente giuste da essere necessarie.
Nessuno
aveva capito cosa gli passasse per la testa nel momento in cui si era
presentato sul campo di battaglia, pronto a difendere il mondo ninja,
proclamando che sarebbe diventato il nuovo Hokage. Se fossero stati
leggermente più attenti e più perspicaci
avrebbero
capito che quel che intendeva lui non fosse un'assurdità,
come
molti di loro avevano pensato, e a quel punto la sua permanenza su
quel campo di battaglia non sarebbe stata così lunga. Non
era
sua intenzione chiedere il permesso di diventare Hokage, né
di
essere accettato come tale, lui lo sarebbe diventato e basta... e il
come, era un piccolo dettaglio. Solo Naruto, con molta
probabilità,
aveva percepito qualcosa, ma lo aveva lasciato fare, conscio del
fatto che senza di lui non sarebbe riuscito a sconfiggere Madara e
poi Kaguya e quello aveva la priorità su tutto. Naruto,
infatti, non si era tirato indietro dall'affrontarlo, anzi, aveva
accolto la sua sfida per mettere una volta per tutte la parola fine a
quella che si erano lanciati quattro anni prima.
Sakura
e Kakashi, invece, erano rimasti scioccati. Come dargli
torto.
E
Sakura aveva tentato di fermarlo, nell'unico modo che conosceva,
l'unico che inspiegabilmente, ogni volta, lo aveva fatto vacillare e
aveva bloccato le sue gambe.
"Secondo
me sbagli"
La
voce inattesa della ragazza lo fece fermare sul posto, di
nuovo.
"In
cosa?" Sbagliare per lui era diventata una routine.
"Domani...
credo che tu debba venire ai funerali" gli rispose, incerta,
stringendo i pugni per farsi forza e dirgli quello che pensava mentre
il suo stomaco si attorcigliava in una spirale di dolore soffocante.
"Io
credo di no" e non doveva essere certamente lui a spiegarle il
perché, poteva arrivarci tranquillamente da sola.
"Hai
paura di quello che potranno pensare le persone?" osò
domandargli, con un timore folle che quel quesito potesse segnare la
fine inequivocabile di quel "non rapporto" che avevano
sempre avuto.
"Perché,
cosa pensano di me le persone, Sakura?" sibilò,
abbozzando un ghigno sadico che lei non riuscì a scorgere
perché di spalle.
Tuttavia
dal suo tono, Sakura capì che fosse un trabocchetto, che lui
non volesse sapere cosa pensassero le persone, gli altri, ma
cosa
pensasse lei.
Il
cane si era morso di nuovo la coda e girava in tondo stordito.
Si
pentì quasi di aver abbandonato Naruto con una scusa per
inseguirlo e imporgli la sua visione dei fatti; non aveva considerato
il rischio che lui capovolgesse la situazione e la mettesse di nuovo
di fronte a quel necessario chiarimento che lei tanto rifuggiva.
Rimase
in silenzio, cercando le parole giuste da utilizzare ma, nella sua
mente, comparivano a random solo le immagini delle volte in cui era
stata lei, e solo lei, a soffrire per lui. Aveva
una vaga idea
di quello che pensavano gli altri di Sasuke, ma sapeva bene cosa
invece pensasse lei.
"Pensano
che sei stato un nukenin e che se sono costrette a piangere i propri
morti" o il proprio cuore "una buona parte della
responsabilità sia tua" gli rispose, con un tono talmente
fermo che Sasuke ne rimase stupito, non riuscendo tuttavia a scorgere
le nocche delle sue mani che spuntavano, rigide, dai pugni stretti,
né il labbro che aveva preso a mordersi subito dopo aver
proferito quelle parole, già pentita.
"Non
penso che saranno felici di vedermi" affermò, riprendendo
a camminare. Per lui la conversazione era finita, aveva ottenuto
quello che voleva.
"Non
è così!" si affrettò a dirgli la
ragazza,
alzando appena la voce, temendo che se avesse fatto anche solo un
altro passo non avrebbe avuto più modo di persuaderlo. Un
ennesimo dejavù.
Riprese
a respirare quando lo vide fermarsi, rimanendo però sempre
di
spalle. Sembrava uno strano scherzo del destino che lei si ritrovasse
sempre in quella posizione, che di lui riuscisse a guardare solo le
spalle, che le fosse negato il suo sguardo dal quale avrebbe potuto
forse comprendere ciò che davvero provasse nell'ascoltarla;
quelle espressioni naturali, involontarie, che rivelavano stupore,
odio, ansia e non quelle costruite sulla base di un atteggiamento che
lui si imponeva di avere.
"Tu..."
e fece uno sforzo immane per sembrare convincente "Tu non sei
più quella persona"
Sasuke
soffiò dal naso tutto il suo dissenso, producendo un suono
di
stizza.
"Come
fai a dirlo?" le domandò, stanco, sfinito fisicamente e
mentalmente dai tentativi di tutti quelli che gli stavano intorno di
farlo sentire meglio. Lui non voleva stare meglio, sentiva di
meritare ogni singolo spasmo dei suoi muscoli e gli incubi che lo
perseguitavano quelle poche volte che riusciva a dormire. La breve
illusione che davvero tutto fosse finito e che per lui ci fosse
un'altra possibilità si era infranta contro il muro di
ciò
che sembrava essere ovvio solo per lui: il passato non si
poteva
cancellare.
"Lo
so" Una risposta vaga, buttata lì senza molta
convinzione, che aveva sostituito all'ultimo minuto una più
corretta e più onesta:"Lo spero".
"Vai
a casa, Sakura" la liquidò, riprendendo a camminare di
nuovo con l'intenzione di non fermarsi più, qualsiasi cosa
lei
avesse potuto ancora dire.
Sakura
non se la sentì di aggiungere altro, consapevole di aver
già
osato troppo e di aver condizionato l'esito di quella discussione con
la sua ultima affermazione. L'idea che Sasuke potesse aver
interpretato male le sue parole, le creò un senso di
angoscia.
Desiderava proteggerlo anche dai suoi stessi pensieri,
perché
con il tempo, ne era certa, sarebbe riuscito a trasformare quella
speranza in una certezza; doveva sentirsi circondato da persone che
credevano in lui, che non gli facessero pesare costantemente tutto
quello che aveva fatto, ma nel suo caso risultava davvero molto
complicato fingere. Invidiava Naruto. Lui era riuscito davvero a
voltare pagina, a trattare di nuovo Sasuke con naturalezza, come se
niente fosse accaduto. Non avevano mai discusso dalla fine della
guerra, discusso in maniera seria, s'intende; nessuno dei due aveva
più tirato fuori l'argomento, malgrado la mancanza dei loro
arti ne fosse una prova lampante. Forse avrebbe dovuto fare anche lei
a cazzotti con Sasuke, forse si sarebbe sentita meglio, di certo non
poteva dargliela vinta in quel modo.
-§-
"Sakura"
sospirò
Sasuke, affranto, al limite della sopportazione.
Perché
doveva essere sempre così testarda?
Sakura
incassò il colpo,
ricorrendo a tutta la sua pazienza – e con Sasuke ce ne
voleva
davvero tanta – per non caricare il destro e aprire una
voragine
nell'appartamento di Kakashi-sensei.
Perché
doveva essere sempre così indisponente?
Prese un
bel respiro e chiuse
gli occhi cercando di ricordare il motivo per il quale non avesse
tirato dritto verso casa e avesse deciso di presentarsi al suo
cospetto senza nulla di risolutivo da dire.
Si chiese
se per caso, nel
tempo, avesse sviluppato una particolare patologia autolesionistica che
la portava a desiderare di venire insultata, denigrata e
rifiutata da lui.
Quella
parte irrazionale del suo
cervello, quella che aveva partorito l'idea di presentarsi a casa
sua e convincerlo – anche a suon di cazzotti
– a
presentarsi ai funerali, sembrava misteriosamente svanita nel nulla,
si era data alla macchia – intimorita, forse, dallo sguardo
glaciale che le stava rivolgendo Sasuke.
La
maledisse con tutta se stessa
per averla condotta a fare l'ennesima figura barbina, una di quelle
da aggiungere alla lista... la lunga lista.
Doveva
dire qualcosa, e
subito!
Sasuke a
breve le avrebbe
sicuramente chiuso la porta in faccia – a patto che non lo
avesse
già fatto visto che i suoi occhi erano chiusi e non
percepiva
nulla intorno a sé – e lei sarebbe rimasta a
contemplare il
legno di acero chiaro della porta per alcuni minuti prima di tornare
mestamente a casa con la coda tra le zampe e un groppone in gola.
"Hai
intenzione di rimanere
lì impalata ancora per molto?" Inaspettatamente fu Sasuke
a rompere il silenzio.
Sakura
socchiuse un occhio,
intravedendo la figura di Sasuke a una certa distanza da dove sostava
lei, impalata. (Certo, doveva sembrare davvero
stupida a occhi
chiusi, muta, e ferma sulla soglia di una casa in cui non era la
benvenuta. Una vera idiota.)
Deglutì
la bile prodotta
in quei minuti lunghissimi e si decise ad aprire gli occhi per
mettere a fuoco. Sasuke era fermo, di spalle, nel corridoio; il viso
appena girato verso di lei e lo sguardo rivolto al pavimento.
Niente
faceva intendere che lui
l'avesse invitata ad entrare e lei, pertanto, tentennò a
lungo, troppo a lungo, tanto da costringerlo a emettere un ulteriore
grugnito che la portò a capire che lui fosse in attesa che
lei
si togliesse gli stivali per farle strada in salotto.
Quando lo
sentì sbuffare,
di nuovo, e lo vide avviarsi lungo il corridoio a piedi scalzi con
quel suo passo leggero, impercettibile, si persuase a seguirlo.
Ogni fibra
del suo corpo iniziò
a tremare per l'ansia e l'imbarazzo rendendo macchinoso e complicato
anche la semplice pratica di sfilarsi gli stivali. Lo faceva tutti i
giorni, più volte al giorno, ma in quel momento le
sembrò
la cosa più difficile al mondo: la schiena rigida, non
accennava a volersi piegare e le ginocchia sembravano essere
diventate di acciaio.
Percepì
il pavimento
freddo sotto le piante dei piedi e, istintivamente, si mise sulle
punte. Come una ballerina ubriaca percorse il corridoio, titubante,
cercando conforto di tanto in tanto nella parete destra, nonostante
il breve percorso da compiere.
Lo
trovò seduto su un
piccolo divano a due posti, non in modo scomposto o rilassato
– non
sarebbe stato da Sasuke – ma con la schiena dritta, e la mano
destra poggiata sulla coscia. Sakura pensò che se
Sasuke
avesse avuto ancora il braccio sinistro, probabilmente lo avrebbe
incrociato con il destro, rendendo ancora più
limpido il
concetto che fosse decisamente contrariato.
Sasuke
pensò che se
avesse avuto ancora il braccio sinistro, sicuramente lo avrebbe
incrociato con il destro, perché non riusciva a
capacitarsi del fatto che l'avesse invitata a entrare e trovava
alquanto criptici questi slanci di generosità e tolleranza
nei
confronti di Sakura. In ogni caso, non vedeva l'ora che se ne
andasse.
"E' carino
qui" esordì
Sakura, guardandosi intorno per sfuggire allo sguardo di Sasuke che
sostava su di lei da quando aveva messo piede – o
punta –
in quella stanza.
Non si
aspettava che Sasuke si
comportasse da buon padrone di casa e le facesse fare un giro
turistico, ma neanche che lui non avesse la gentilezza di cogliere
quel suo tentativo di conversazione amichevole.
"Credevo di
essere stato
chiaro, Sakura. Se sei qui per convincermi a partecipare al funerale,
sei pregata di andartene" lapidario, glaciale, inamovibile.
Sakura
abbassò i talloni
e anche il capo, smontandosi metaforicamente del breve entusiasmo di
cui si era caricata quando Sasuke l'aveva, a modo suo, invitata a
entrare. Aveva creduto per un attimo che lui le avesse dato accesso
non solo alla sua casa, ma anche alla sua coscienza. Si sbagliava.
Allora,
perché le aveva permesso di entrare?
Concentrò
lo sguardo su
una delle travi di legno del pavimento: era scheggiata e non
combaciava con le altre. Come Sasuke.
Qualcuno
avrebbe potuto
ripararla – ripararlo – e anche
se lei non era un
falegname, avrebbe potuto provarci. Odiava le cose rotte anche se
spesso e volentieri era proprio lei la causa della rottura e si
chiese se anche con Sasuke non fosse stata lei a provocare quella
crepa che sembrava non volersi chiudere; se avesse sbagliato a non
rispondere alle sue domande; se fosse giunto il momento di giocare a
carte scoperte e vomitargli in faccia tutto il male che le aveva
fatto.
"Sì,
ho capito"
mormorò lei, sovrappensiero, mantenendo lo sguardo fisso
sulla
trave.
Senza
il pezzo mancante la colla non sarebbe servita a molto; bisognava
smussare gli angoli e aggiungere un pezzo nuovo, dello stesso colore
possibilmente.
Sasuke si
chiese a cosa stesse
pensando: sembrava assorta in chissà quale riflessione
oppure
era semplicemente troppo delusa per parlare.
Ma Sakura
non era delusa. Si era
talmente abituata a esserlo che l'amaro in bocca era diventato per
lei un gusto fin troppo banale. Erano altri i sapori che non provava
da tempo e che in quella giornata, così normale, era
riuscita
a ricordare.
Stava solo
perdendo tempo,
ancora. Ma c'era qualcosa, qualcosa che non riusciva
a
spiegarsi che costringeva i suoi talloni a rimanere dov'erano, a non
girarsi per condurla via e lasciare quella patetica immagine di
Sasuke dietro le sue spalle.
Era
così abituato ad
autoimporsi di essere una trave scheggiata che desiderava sul serio
rimanere tale? A lungo andare sarebbe marcito proprio come quel
legno e sarebbe stato impossibile per lei o per qualsiasi altro,
trovare un modo per aggiustarlo.
Era davvero
convinto che lei lo
abbandonasse? Che non provasse fino allo sfinimento, scheggia per
scheggia, a ricomporlo? Lei lo amava, lo aveva sempre amato, anche
quando non era riuscita a trovare dentro di sé alcuna
ragione
valida per farlo.
Un motivo
adesso lo aveva: un
dubbio. Perché Sasuke la conosceva troppo bene. Lui
sapeva. Ma come non era cambiata lei, non vi era stato
mutamento
in lui. Era ancora quel dodicenne incazzato che in una notte di luna
piena desiderava che qualcuno gli desse una ragione per non andare
via; era il ragazzo disilluso che credeva di poter cambiare il mondo
rendendosi immune dai sentimenti, tranciando ogni legame. Era quel
ragazzo che stava seduto davanti a lei, che puntava su di lei il suo
inespressivo rinnegan, distogliendo la sua attenzione dall'altro
occhio nella cui oscurità si celava un messaggio che adesso
sembrava così chiaro.
"Aiutami"
Fu lei a
dirlo, a sussurrarlo quasi come fosse stato un insulto. Sasuke
dischiuse le labbra, fino a quel momento serrate, e sgranò
gli
occhi, mal celando il suo turbamento.
Perché
gli stava
chiedendo aiuto? Come poteva lui esserle utile, quando riusciva a
stento a badare a se stesso?
"Non posso"
le
rispose, non riuscendo a guardare oltre il suo naso; non riuscendo a
comprendere che lei avesse solo tradotto in parole ciò che
aveva visto nei suoi occhi, quel bisogno che lui non poteva
accettare. Con quale diritto avrebbe potuto chiedere aiuto a lei, o a
Naruto, o a chicchessia? Avevano già fatto troppo e lui non
era stato in grado di fare altro che ferirli.
"Sarebbe
meglio dire che
non vuoi!" Sakura non si arrese, strinse i pugni e si
aggrappò
a quel dubbio con tutta se stessa, sperando che lui reagisse in
qualche modo, che lo rendesse certezza, ma Sasuke, professionista nel
dissimulare le sue emozioni, si schermì dietro un'apparente
indifferenza come se le parole della ragazza non avessero iniziato a
penetrare nella pelle del suo sterno come un dolce veleno. Sasuke
iniziò a sospettare che lei fosse riuscita in qualche modo a
leggergli l'anima.
No, non poteva essere
possibile.
Doveva
essere sicuramente una
delle sue solite manfrine sentimentali e quella parola doveva essere
uscita dalle sue labbra senza un motivo. Forse stava a significare "
Aiutami a non odiarti" o "Aiutami a dirti che mi fai schifo
per tutto quello che hai fatto".
Perché
aveva utilizzato
quella stramaledettissima parola?
Le sue
false certezze stavano
vacillando, di nuovo. Iniziò a sentirsi
inquieto, con
le spalle al muro, nudo davanti a quegli occhi verdi che lo
sbeffeggiavano, convinti di aver scoperto l'arcano, di aver toccato
il tasto giusto.
"Se vuoi
che le persone non
ricordino quello che sei stato, devi dare loro nuovi ricordi, dei
ricordi migliori. Se domani venissi ai funerali, dimostreresti la tua
volontà di ritornare ad essere un ninja di Konoha a tutti
gli
effetti" Contro ogni previsione, Sakura riprese a parlare sempre
più determinata.
Nuovi
ricordi...
Bastavano
per cancellare tutto?
Essere
di nuovo un ninja di Konoha...
Si
aspettavano questo da lui?
Ma
soprattutto... questo poteva bastare a lei?
Sakura
stava facendo un discorso
generalizzato, non stava parlando per sé, ma per gli altri,
ma
questi ultimi non erano lì davanti a lui a persuaderlo,
c'era
lei, e quel discorso iniziò a sembrare a Sasuke sempre meno
credibile. Girava intorno al vero problema, nascondendosi dietro
quello che probabilmente era il pensiero collettivo.
Troppo
facile, Sakura.
Era
riuscito anche lui a trovare
una falla e il suo sguardo che per un momento si era spento,
spaventato dal fatto di aver rivelato più di quanto avesse
dovuto, ritornò a sfidarla, spavaldo.
"Deve
partire da te, devi
essere tu a fare il primo passo" continuò Sakura, non
accorgendosi del cambiamento, troppo presa a trovare parole sensate e
convincenti da dire "Non chiuderti in te stesso, non perdere
questa occasione" Vomitò parole su parole; tutte cose che
pensava, indubbiamente, ma che Sasuke continuò a
interpretare
come un vile e ipocrita escamotage per non mettersi in gioco in prima
persona, per non dire quello che davvero desiderasse: dammi
un
motivo per perdonarti, una speranza a cui aggrapparmi... dammi un
motivo per non toglierti quella maschera da insensibile bastardo
dalla faccia a suon di pugni.
"Hai
finito?" le
chiese a bruciapelo.
Sakura
aggrottò la
fronte, incredula: le sue parole sembravano non aver avuto alcun
effetto su di lui.
"No!" gli
rispose,
sicura. Non aveva intenzione di arrendersi.
A Sasuke
non rimase altro che
borbottare qualcosa di incomprensibile e sorbirsi un altro delirio
verbale incentrato sui seguenti punti: non mollare – non
ho
alcuna intenzione di farlo – devi reagire
– lo ha detto
sul serio? – fallo per Kakashi-sensei e per Naruto
–
ipocrita.
Lui aveva
sempre odiato i
ricatti morali, inoltre un "fallo per me" forse
sarebbe stato un po' più credibile, un pelo più
convincente, per lo meno onesto. O forse no?
Ma se lei
glielo avesse chiesto,
lui che cosa le avrebbe risposto?
"Naruto e
Kakashi ti hanno
chiesto di venire a parlare con me?" indagò, non
riuscendo più a seguire il filo del discorso che soprattutto
nella sua mente stava diventando molto contorto.
"Assolutamente
no!"
negò a gran voce la ragazza, deragliando fuori dai binari,
laddove lui voleva condurla.
"Allora
perché sei
qui?" ringhiò l'Uchiha, stanco di tutto quel parlare a
vanvera.
Aveva
capovolto la situazione:
era riuscito a zittirla e a metterla a disagio in un colpo solo.
Sakura
capì di non avere
altra scelta.
Abbassò
il capo,
nascondendo preventivamente i suoi occhi che di lì a poco
sarebbero diventati lucidi – un riflesso incondizionato che
in
quella situazione si sarebbe rivelato molto sconveniente – e
rimase
in silenzio sapendo che lui avrebbe atteso una sua risposta prima di
dire qualcos'altro, cercando le parole adatte.
"Cuore
spezzato",
"Dolore", "Amarezza"... Ognuna di queste parole
sarebbe stata più che appropriata, ma avrebbe portato solo a
un'altra umiliazione. Non desiderava che lui la vedesse debole e
fragile anche se solo la sua presenza riusciva a renderla tale e non
desiderava che lui si muovesse a compassione per un qualsiasi tipo di
senso di colpa che potesse provare nei suoi confronti.
"Avrei
tante cose da dirti,
tante cose da chiederti" iniziò a parlare sottovoce, ma
nel silenzio innaturale di quel salotto sembrò quasi che
stesse urlando "ma è ancora troppo presto per me ... e
per te" aggiunse, fregandosene del fatto che avesse deciso per
entrambi.
"In ogni
caso, hai ragione:
non so perché io sia qui. Decidi tu." continuò,
senza dargli il tempo di dire nulla "Come hai sempre fatto"
concluse amaramente prima di voltargli le spalle e andare via.
Sasuke
sentì il fruscio
dei suoi stivali, il rumore della zip che veniva tirata su in fretta
e infine la porta di casa che si chiudeva delicatamente.
Rimase
seduto sul divano con lo
sguardo fisso sulla porzione di pavimento dove prima sostava lei.
C'era una trave scheggiata che andava riparata.
-§-
Sakura
teneva stretta la mano di
Ino che finalmente si era lasciata andare, aveva accettato il suo
lutto e guardava con gli occhi pieni di lacrime la lapide di suo
padre accanto a quella di Shikaku Nara. Naruto, invece, aveva
preferito stare vicino a Hinata, ricordando con lei Neji. Un fitta
coltre di nubi cineree sovrastava le centinaia di lapidi dei valorosi
shinobi di Konoha che si stendevano a perdita d'occhio fino al
confine della foresta.
Sakura si
guardò attorno
più volte in cerca di Sasuke, sperando che la sceneggiata
della sera precedente avesse sortito qualche effetto, ma di lui
neanche l'ombra.
Un'improvvisa
folata di vento
trascinò via dagli alberi della foresta delle foglie morte e
lei si voltò a guardarle danzare vorticosamente nell'aria.
Fu allora
che li sentì.
Sentì i suoi occhi addosso e lo vide... nascosto tra gli
alberi, avvolto in un mantello nero. Non era certa che stesse
guardando proprio lei e non sapeva se fossero state le sue parole a
convincerlo, ma lui era lì, anche se come al solito aveva
fatto di testa sua, ma era lì.
Guardò Naruto che
a sua volta si era girato verso di lei e lesse nei suoi occhi un
certo sollievo. Sasuke aveva fatto il primo passo.
Angolo
Autrice
In
ritardo di un paio d'ore, fate finta che sia ancora domenica.
Questo
capitolo è stato un parto trigemellare. I dialoghi di questa
fan mi mettono terribilmente in difficoltà, soprattutto
quando
a parlare è Sasuke, pertanto ho riscritto alcune parti anche
quattro, cinque volte. Il problema nasce dal fatto che Sasuke in
questo momento, a mio parere, è in un momento di
transizione:
non è ancora quello delle ultime pagine del 699, ma neanche
quello che abbiamo conosciuto in passato(e amato nonostante la sua
follia). Ho avuto molti dubbi in questa settimana, mi sono bloccata
più volte cercando di creare una versione di lui un po'
ibrida
e spero che il risultato sia decente. Ci tengo a ringraziare Ambra
Chan, Elettra, Voglia di Vivere e le altre amicizie "facebookiane" e le
irriducibili Manga e Meryl Watase che mi hanno supportato in
questo momento #noncistocapendopiùuncazzomode.
E
come sempre il mio
ringraziamento va a voi lettori e a voi recensori che mi coccolate
tantissimo e mi date degli input indispensabili per continuare questa
storia. Adesso vado a nanna perché domani si ricomincia a
lavorare, ho preferito postare il capitolo per una volta quasi in orario e rimandare le risposte
alle recensioni a domani. Non me ne vogliate.
Sasuke
ripose l'ennesimo libro sulla scaffalatura e sospirò
soddisfatto.
Aveva iniziato quel lavoro un mese prima, quando Kakashi aveva
chiesto a lui e Naruto di aiutare Iruka Umino a ripristinare
l'Accademia per consentire agli studenti di riprendere i corsi,
interrotti a causa della guerra. Nonostante fosse lampante anche a un
bambino di tre anni che il Sensei avesse avuto quella brillante idea
per tenerli occupati e lontani dai guai, Naruto aveva accolto la
proposta con il suo solito entusiasmo. Sasuke, inizialmente, aveva
sbuffato, roteato gli occhi e digrignato i denti: i servizi sociali
non facevano per lui e l'idea di dover stare a contatto con altre
persone lo innervosiva. Si era quindi offerto volontario per l'unico
impiego che contemplava ore e ore di solitudine e che nessuno
desiderava svolgere: riordinare la biblioteca.
L'onda
d'urto dell'attacco di Pain aveva fatto cadere, a mo' di domino, le
scaffalature di legno; i libri erano ammassati uno sopra l'altro e vi
era talmente tanta polvere che la prima cosa che Sasuke fece, appena
entrato, fu starnutire rumorosamente, pentendosi all'istante di aver
scelto quel compito. Con il tempo, tuttavia, aveva imparato ad
apprezzarlo. Dopo aver risistemato gli scaffali con l'aiuto del
Susanoo – che a differenza sua aveva ancora tutte e due le
braccia
– si era dedicato ai libri e ai rotoli, passando molto
più tempo a
leggerli che a catalogarli e ricollocarli. Ne sceglieva uno a caso
ogni giorno, non gli importava l'argomento, anche se preferiva
decisamente i rotoli sulle tecniche che quelli sulle biografie dei
ninja della foglia. Talvolta gli erano capitati anche libri romantici
che a suo parere non avevano ragione di esistere in una biblioteca di
un'Accademia dove dovevano venire forgiati potenti guerrieri. L'amore
era una debolezza, offuscava la mente e faceva compiere solo idiozie
e lui ne sapeva più di qualcosa in merito. Non riusciva ad
ammettere
neanche a se stesso che, in fondo, molto in fondo, provasse una
strana frenesia nel leggere di quegli amori tormentati, delle
peripezie che ninja valorosi affrontavano per difendere l'onore di
una donna o per salvarla dal cattivone di turno. Dopotutto l'amore
non era la vera forza degli Uchiha? Quella affermazione,
fatta da
Tobirama, lo aveva lasciato parecchio spiazzato. Lui non riusciva a
dare una definizione concreta all'amore, non lo capiva –
né si
sforzava di farlo, in realtà. L'unico amore che aveva
conosciuto
nella sua vita era stato quello per i suoi genitori e per suo
fratello. Incondizionato, spontaneo, profondo. Non riusciva, quindi, a
comprendere come due esseri umani non legati da un grado di
parentela, potessero innamorarsi.
Eppure
il suo subconscio non aveva potuto fare a meno di riconoscere Sakura
tra le righe di quelle pagine.
Un
pensiero che scacciava via, scuotendo ripetutamente la testa: lui
non era di sicuro l'eroe, ma rifiutava categoricamente di essere la
donzella da salvare – nonostante in un periodo alquanto buio
della
sua esistenza qualcuno, un paio di persone a caso, si fossero
incaponite a volerlo far sentire tale.
Continuava
a non capire il perché di quella ostinazione di Sakura nei
suoi
confronti.
"Per
quanto mi riguarda non ho la minima intenzione di ricambiarla
e
non capisco nemmeno cosa ci trovi in me."(1)
Come
in quei romanzi in cui spesso l'amore era cieco, forse anche lei
soffriva di qualche disturbo; probabilmente lo aveva idealizzato
talmente tanto da non riuscire a essere obbiettiva. Bontà
divina,
lui era un nukenin, aveva tentato di ucciderla. Era masochista forse?
"Hai
bisogno di un motivo solo per odiare?
Tutto
quello che Sakura voleva, era stare con te, voleva solo salvarti.
Questa
ragazza che tu hai cercato di uccidere
anche
ora piange lacrime colme di te,
perché
ti ama così tanto da spezzarle il cuore."(2)
O
semplicemente... Sakura era l'eroe.
Sì,
lei era l'eroe e lui... la donzella in pericolo.
Doveva
farsene una ragione.
Lei
poteva uccidere il drago, scalare la torre d'avorio e, infine,
salvarlo. Più o meno il classico epilogo. C'erano solo un
paio di
particolari che rendevano la storia un po' più complicata:
primo,
non c'era nessun drago e nessuna torre d'avorio, ma solo un ragazzo
con delle gravi turbe mentali e un'idea molto, ma molto vaga di cosa
volesse fare in futuro della sua vita – salvarlo da se stesso
era
quindi un'impresa da trilogia epica, da saga e non da romanzo di
quattrocento pagine; secondo, forse l'aspetto più
importante... lei
desiderava ancora salvarlo?
Da
quel giorno in cui si era presentata a casa sua con l'intenzione di
convincerlo a fare la cosa giusta, quell'argomento scomodo,
scottante, definito volgarmente "chiarimento", era stato
rimandato e poi rimandato e ancora rimandato – da
entrambi –
fino a che le cose,
almeno all'apparenza, erano ritornate pressoché normali. Il
Team 7
aveva ricominciato a frequentarsi assiduamente – forse
troppo. Ogni
sera avevano iniziato a vedersi per cena con una scusa diversa fino a
che non era diventata un'abitudine. S'incontravano per lo
più a casa
sua e di Naruto perché Sakura viveva ancora con i genitori,
oppure
si fermavano da Ichiraku dove, talvolta, li raggiungeva anche
Kakashi. Erano stati inghiottiti da una porta spazio temporale che li
aveva riportati a quando avevano dodici anni. Certo, all'epoca,
Naruto non le prendeva così di sovente da Sakura e lei non
era tanto
irascibile da incrinare un muro portante con un pugno a causa di una
battuta fuori luogo.
Si
era perso davvero tante cose in quegli anni, ma stava recuperando.
Aveva
scoperto, ad esempio, che a Sakura piacesse in maniera morbosa la
frutta con il ghiaccio tritato. Ne mangiava in quantità
industriali
e produceva con i denti un rumore abbastanza sgradevole per un udito
fine come il suo. A fine pasto era una vera tortura sentire quei
piccoli cristalli di acqua frantumarsi tra i denti della ragazza che,
incurante del suo palese disagio, si riempiva la bocca di prugne,
melone e stramaledettissimo ghiaccio con una faccia talmente
soddisfatta e beata da riuscire a fargli tremare non una, ma tutte e
due le sopracciglia. Lo innervosiva tanto quanto ascoltare il
risucchio di Naruto con gli spaghetti di soia del ramen. Un altro
motivo per cui amava i pomodori: non c'era pericolo di produrre alcun
rumore.
Aveva
scoperto, anche, che Sakura non fosse una gran cuoca. L'unica volta
che lui e Naruto le avevano concesso di cucinare, aveva quasi dato
fuoco alla cucina – quella del Dobe, fortunatamente.
Un'altra
scoperta, forse la più strabiliante, lo aveva lasciato un
po'
perplesso: Sakura veniva considerata da tutti. Incredibile!
Si
diceva di lei che fosse il migliore ninja medico di tutti i Villaggi,
la degna erede di Tsunade dattiunamossaafinireilmiobraccio sama e
addirittura aveva captato con i suoi ultrasuoni alcuni commenti di
certi shinobi sulla sua bellezza. Da nullità a migliore
ninja medico
era stato un bel salto di qualità, sorvolando, ovviamente,
sul fatto
che fosse anche una bella ragazza e che solo lui in tutto il globo
non se ne fosse accorto. Sia lei, che Naruto, avevano fatto molta
strada, erano cresciuti.
Lui
catalogava libri come un topo da biblioteca e leggeva tutto quello
che aveva a tiro per combattere la noia. Da ninja vendicatore, barra
aspirante tiranno, a casalinga disperata senza attitudine verso
l'aspirapolvere. Davvero un bel salto... ma nel vuoto. Fino a che
Tsunade non avesse terminato i suoi giochetti genetici, gli erano
precluse le missioni, anche quelle diplomatiche e quell'inerzia
forzata iniziava a stargli davvero stretta. Purtroppo la Sennin aveva
riscontrato parecchi problemi nel rigenerare gli arti con le cellule
di Hashirama Senju. Il procedimento era molto complicato e rischioso,
considerando che si trattava di cellule in vitreo di un tizio morto
cent'anni prima e, malgrado gli sforzi, prima di un anno, non sarebbe
stato possibile per lei consegnare loro le nuove braccia. Inutile
dire che per Sasuke, quello era stato un brutto colpo. Un anno, un
lungo, lunghissimo anno a sistemare libri. Ovviamente il cervello gli
si era incantato e il desiderio di vendetta nei confronti di
quell'usurantonkachi impiccione che non si era fatto ammazzare da
bravo bambino era diventato abbastanza ingestibile, ma aveva lasciato
che fosse Sakura a pestarlo ferocemente alla prima occasione utile,
evitando di sporcarsi le mani.
Rimaneva
però un quesito a cui dare una risposta: sul serio sarebbe
rimasto
un anno o forse più rinchiuso lì dentro? Come
minimo, di quel
passo, si sarebbe dato alla lettura anche di quei libri che aveva
nello scaffale segreto della libreria di casa di Kakashi e a quel
punto avrebbe potuto considerarsi alla frutta – quella che
masticava rumorosamente Sakura – cotto come un tagliolino in
una
ciotola di ramen – quello che Naruto succhiava voracemente;
in tre
parole: un uomo finito.
Se
poi aggiungeva anche i sensi di colpa mostruosi per tutto quello che
aveva combinato, non solo poteva considerarsi finito, ma anche
tendenzialmente depresso.
Arrivare
a diciassette anni dopo una strage, un maniaco, uno scontro
fratricida, Killer Bee, Madara, Kaguya e, infine, Naruto, e scoprire
di aver fatto una serie infinita di cazzate, ma soprattutto non aver
idea di cosa fare in futuro, era davvero inconcepibile oltre che
snervante.
"Teeemeee!"
Non
c'era fine al peggio.
Arrivare
a diciassette anni con i problemi appena esposti ed essere canzonato
da un Dobe, era forse la peggiore punizione che i Kami avrebbero mai
potuto riservargli.
"Che
vuoi, Naruto?" Ormai era quasi abituato alla sua molesta
presenza.
"Stasera
stiamo da me o da te?"
Che
domanda idiota. Naruto sapeva benissimo quanto odiasse il disordine
che regnava incontrastato in casa sua. Sasuke si era più
volte
chiesto il perché non prendesse una di quelle ragazzine che
dalla
fine della guerra avevano iniziato a sbavare per lui e non le
chiedesse di aiutarlo con le faccende di casa.
"Da
me" gli rispose, riavvolgendo il rotolo che gli aveva tenuto
compagnia durante quella lunga giornata.
"Allora
passiamo a prendere Sakura-chan e prendiamo da mangiare da Ichiraku,
ok?"
Tagliolini,
ramen, risucchio. Un associazione d'idee da attacco apoplettico
fulminante.
"Quello
che è, non ha importanza" aveva perso ogni speranza che
potesse
convincerlo a mangiare altro.
"Ci
fermiamo alla solita bancarella a comprare anche i pomodori e la
frutta per Sakura-chan. Hai messo a fare il ghiaccio, vero?" gli
chiese Naruto con un certa ansia.
L'ultima
volta Sakura aveva pestato il povero Dobe perché lo aveva
dimenticato e lo aveva spedito in ospedale a prendere un paio di
sacchi di quelli di scorta. Al solo pensiero rabbridiva ancora.
Le
sopracciglia di Sasuke iniziarono a tremare e la fronte gli si
corrugò talmente tanto da sembrare uno Shar Pei.
In
quel momento iniziò seriamente a pensare che forse un bel
viaggio di
espiazione potesse in qualche modo placare l'ira dei Kami e porre
fine a quel supplizio.
"Sì"
gli rispose brevemente. Come si era ridotto in quel modo?
"Lo
sai che Sakura-chan è molto suscettibile, non vorrei che se
la
prendesse con te questa volta" Naruto si finse preoccupato per
eventuali conseguenze dovute alla sua cattiva condotta.
"Non
penso" rispose distrattamente, salendo su un piccolo trespolo
per riporre anche quel rotolo insieme agli altri, non rendendosi
conto di aver appena fatto un'altra scoperta sconvolgente.
"Però
non è giusto!" piagnucolò Naruto "Sakura-chan non
si
arrabbia mai con te"
Sakura
non si arrabbia mai con me.
Come
aveva fatto a non pensarci?
Malmenava
Naruto anche per una semplice occhiata di troppo, ma a lui non diceva
mai nulla, neanche quando si comportava da villano o da sociopatico.
Non che morisse dalla voglia di farsi pestare da lei, ma era
abbastanza strano, dato il suo attuale carattere, che non sfogasse
mai la sua ira su di lui – facendogli scontare anche il resto
magari.
"Ci
vediamo dopo"
Sasuke
neanche si accorse che Naruto fosse andato via.
Il
seme del dubbio si era insinuato nelle sue sinapsi e non riusciva a
pensare ad altro che a verificare quanto supposto.
Non
avrebbe fatto la spesa con Naruto quel giorno, né avrebbe
atteso con
lui che Sakura terminasse il suo turno.
Indossò
il mantello che era solito portare per nascondere la menomazione e si
affrettò a tornare a casa.
Non
diede peso al senso di colpa che cresceva man mano che si avvicinava
all'appartamento di Kakashi – non riusciva ancora a
considerarlo
suo quel posto – convinto che il piano architettato dalla sua
mente
eccelsa fosse sì crudele, ma anche l'unico in grado di
smascherare
Sakura.
Che
poi cosa gliene importasse a lui se Sakura fingesse o meno non
riusciva proprio a capirlo, ma in quel momento sembrava una faccenda
urgente, importante.
Tutta
colpa della noia. Doveva essere quello il motivo. E
anche la
sua ossessione per le cospirazioni. Certo, anche quello.
Entrò
in casa e si diresse verso la cucina; aprì il piccolo
freezer,
traboccante di contenitori portaghiaccio che aveva preventivamente
riempito qualche giorno prima in modo che non mancasse. Aveva avuto
quella premura non perché provasse piacere nel fare qualcosa
di
carino nei confronti della ragazza, non sia mai detto, ma solo per
evitare scenate rumorose e danni materiali a un appartamento che non
era neanche il suo – ovvio, no?
A
malincuore, quindi, gettò nel lavandino ogni singolo cubetto
di
ghiaccio e, per sicurezza, qualora a qualcuno fosse venuta qualche
brillante idea, staccò la spina dell'elettrodomestico per
sbrinarlo.
Rimase ad osservare la patina bianca saldamente arroccata alle pareti
di plastica, liquefarsi, cedendo al calore dell'ambiente circostante,
complimentandosi con se stesso per le sue incommensurabili doti di
stratega.
Con
uno dei suoi migliori ghigni – da pazzo sadico per la
precisione –
prese un pomodoro dal frigorifero sottostante, anch'esso ormai
spento. Lo girò da un lato, poi dall'altro osservandolo con
un
affetto quasi paterno: ogni guerra comportava dei sacrifici e delle
vittime... e qualche pomodoro avariato.
Lo
addentò e un rivolo di succo rosso scese in modo alquanto
sinistro
dall'angolo della sua bocca.
*
"Teme,
perché diavolo non
mi hai aspettato!" lo rimproverò Naruto, appena entrato in
casa.
"Avevo
delle cose da fare"
– cose malefiche che Naruto non avrebbe approvato e
di cui lui
iniziava già a pentirsi. Davverodesiderava
che Sakura lo
pestasse?
"Confessa!"
esclamò
il biondo, riducendo i suoi grandi occhi a due fessure che
esprimevano sospetto. Sasuke si irrigidì: Naruto aveva per
caso
capito qualcosa?
"Avevi
paura di dover
pagare la cena, vero?" continuò l'amico, cancellando ogni
dubbio.
"Non dire
idiozie" gli
rispose, gettando un breve sguardo sulla sua vittima che stava
silenziosamente provvedendo a tirare fuori dalla
busta le cose
che era stata lei, questa volta, ad acquistare.
"Mangiamo"
fu l'unica
cosa che lei disse, accomodandosi al solito posto, di fronte a Sasuke
che, intanto, stava combattendo una delle sue drammatiche battaglie
interiori tra la parte diabolica del suo essere che non vedeva l'ora
che arrivasse il momento della frutta e quella umana che non era
più
molto sicura di voler arrivare in fondo.
Naruto come
sempre raccontò
loro la sua giornata, dal risveglio fino a quel momento, con dovizia
di particolari di cui avrebbero fatto volentieri a meno, soprattutto
perché erano a tavola. Sasuke si concentrò su
Sakura, tendendo le
orecchie e osservando le sue mosse: tra un boccone e l'altro,
lanciava occhiatacce a Naruto, lo riprendeva o gli tirava qualche
debole scappellotto. Di tanto in tanto, interveniva nella
conversazione, raccontando di qualche paziente, qualche patologia
strana che le era capitata o di Tsunade sama che dava i numeri nel
laboratorio.
Era circa
un'ora che era lì e
non gli aveva rivolto la parola. Il dubbio stava diventando talmente
reale che si stupì di aver avuto bisogno di una battuta di
Naruto
per accorgersene.
"Chi vuole
la frutta?"
chiese ingenuamente la ragazza, portandosi alle spalle dei due, verso
il frigorifero.
Il momento
era arrivato.
Un brivido
più che noto
percorse la schiena di Sasuke: adrenalina... sana, amata adrenalina.
Sembrava passata una vita da quando viveva solo di quella.
Sentì
il rumore ovattato
prodotto dalle resistenze di plastica del freezer che di
distanziavano l'una dall'altra e pensò quasi di poter andare
in
overdose; testa leggera, pupille dilatate, battito cardiaco fuori
dalla norma. Trattenne a stento un gemito all'idea della faccia di
Sakura davanti allo scomparto del ghiaccio vuoto e chiuse gli occhi,
preparandosi all'imminente reazione.
"Non
c'è il ghiaccio"
constatò Sakura, con un tono piatto come quello di chi sta
per
esplodere.
"Non
c'è il ghiaccio?"
esclamò Naruto atterrito "Ma come? Avevi detto che te ne eri
ricordato!" continuò sempre più preoccupato,
rivolgendo uno
sguardo carico di terrore al suo amico che, tranquillo come non mai,
sedeva alla sua destra.
"Possibile
che non ce la
fai a ricordarti niente, razza di Baka!" sbraitò Sakura,
lanciandosi verso Naruto che intanto si era coperto la testa con
l'unica mano che aveva per attutire almeno un po' il colpo.
"E' stata
colpa mia"
intervenne l'Uchiha e il pugno i Sakura si fermò a
pochissimi
centimetri dalla faccia di Naruto. Appena in tempo.
Entrambi lo
guardarono,
sbattendo ripetutamente le palpebre, sconvolti dal fatto che a)
avesse parlato; b) avesse salvato Naruto da un sicuro pestaggio.
"Sentito,
Sakura-chan?"
le chiese Naruto, sottovoce.
Sakura, in
posa plastica,
strinse ancora di più il pugno non avendo idea di come
comportarsi.
Scelse la
cosa più ovvia tra le
varie opzioni.
"Non
importa" sospirò,
riponendo le armi.
Sasuke non
si mosse di un
millimetro, spostò solo le pupille da un lato, verso di lei.
Non aveva
ancora finito.
"Come
mangerai la tua
frutta senza ghiaccio?" le chiese con un tono chiaramente di
sfida.
"Ho detto
che non importa."
Sakura ribadì il concetto, dirigendosi di nuovo verso la
cucina sul
cui pianale aveva appoggiato la frutta. Prese una prugna non molto
matura e tornò a sedersi al tavolo.
La
addentò voracemente,
conficcando i denti bianchi nella buccia acerba, producendo un suono
simile a quello di una frattura di un osso – quell'osso che
avrebbe
voluto rompere all'idiota seduto davanti a lei che non era in grado
neanche di mettere a congelare un po' di acqua del rubinetto.
Ma non era
il ghiaccio il
problema, lei lo sapeva. Sasuke aveva mangiato la foglia, aveva
percepito qualcosa e lei era stata troppo ingenua nel pensare che
quella sceneggiata potesse andare avanti senza intoppi. Si imponeva
di comportarsi in maniera naturale, ma proprio non ci riusciva.
Naruto aveva iniziato a organizzare i pranzi, le cene e le gite e lei
si era ritrovata a frequentare spesso Sasuke, a godere della sua
presenza, ma con quel tarlo costantemente nella testa che tentava di
scacciare ma che puntualmente tornava a tormentarla. Non poteva
comportarsi normalmente con lui perché non c'era niente di
normale
tra loro: non erano amici perché non avevano chiarito, non
erano
compagni perché il Team 7 non esisteva più se non
nei loro sogni e
non erano amanti – ok, quest'ultima era un'opzione
un po'
fantascientifica anche a chiarimento avvenuto.
"Vedi, la
mangio anche
così" gli disse, guardandolo dritto nelle palle degli occhi
–
per una volta aveva deciso di essere quantomeno coerente.
Sconfitto
su tutta la linea,
Sasuke pensò bene di non calcare troppo la mano nonostante
gli
fossero venuti in mente almeno centocinquanta modi diversi per
insultarla e ferirla – quello solitamente gli riusciva
parecchio
bene, era una dote naturale.
Si chiuse
nuovamente nel suo
mutismo, attendendo con ansia che Naruto ricominciasse a parlare
perché il rumore della buccia di quella prugna stava
diventando
davvero insopportabile, proprio come colei che la stava mangiando.
Naruto, che
aveva assistito in
silenzio a quel piccolo quanto significativo scambio di opinioni,
giunse a un'inaspettata conclusione: nonostante andasse contro i suoi
stessi interessi, quei due avevano bisogno di parlare... e alla
svelta.
*
Angolo
Autrice
Buonasera,
cari lettori!
Ho
saltato una settimana e vi
chiedo scusa, ma il tempo è tiranno. Fino a qualche giorno
fa la
storia era ferma a quelle due paginette di office che o pubblicato su
fb e solo oggi sono riuscita a terminarla.
Capitolo
"Sbrocco",
slice of life, di quelli per i quali mi picchierei da sola e che
solitamente sono forieri di apocalissi. Preparatevi al peggio!
Sasuke
è la donzella in
pericolo(Ok, ammazzatemi pure, me lo merito), quindi il
prossimo
capitolo sarà incentrato sull'eroe.
Ho
pensato che durante il
periodo che ha trascorso a Konoha, che da fonti quasi certe dovrebbe
essere circa un anno, Kakashi abbia cercato di tenerlo impegnato in
qualcosa e, data la menomazione e il periodo di pace, di certo non
poteva mandarlo in missione o metterlo a ricostruire il Villaggio.
Questo impiego da "bibliotecario" mi è sembrato il
più
plausibile perché non comporta necessariamente relazioni
sociali a
cui Sasuke, come sappiamo, è allergico.
Ho
dovuto dividere il
capitolo perché altrimenti sarebbe venuto troppo lungo e poi
perché
"teoricamente" il prossimo dovrebbe essere quello
del chiarimento.
Dico
"dovrebbe" per
un motivo preciso: ho paura che non mi vengano le parole e che quindi
sia costretta a tergiversare in attesa di un'epifania. In ogni caso
m'impegno a pubblicarlo tra una settima circa, salvo imprevisti.
Vi
ringrazio come sempre per
tutte le belle parole che mi riservate nelle vostre recensioni, sono
degli incentivi importantissimi. Ringrazio anche i 1844 utenti che
hanno fatto visita a questa fan; quando ho visto il contatore mi ha
preso un colpo – e una certa strizza – non pensavo
foste così
tanti. Grazie, grazie infinite a tutti.
Non
so voi, ma quando seguo una fan e si arriva al capitolo più
significativo, quello che ho atteso sin dall'inizio, mi prende una
sorta di smania incontrollabile. Purtroppo mi accade anche quando
scrivo, quindi da domenica scorsa, non ho fatto altro che pensare,
scrivere, cancellare e poi riscrivere quello che credo sia uno di
"quei" capitoli. Le mie note solitamente sono alla fine, ma
in questo caso era doveroso, a mio parere, fare un'eccezione per
avvisarvi che questo "parto trigemellare" è molto lungo
(venticinque pagine di World – penso di aver superato anche
il
record di Manga che adesso come minimo ne scriverà uno da
cinquanta pagine. Ti lovvo, lo sai. E probabilmente Meryl Watase ci
metterà
una settimana a recensirmi per analizzarlo sin nei minimi
particolari. Chapeau!), ma non me la sono sentita di dividerlo
perché
avrebbe perso tantissimo. Di cose da dire ce ne erano tante e spero
di non aver dimenticato nulla (nel caso ditemelo). Ovviamente questo
è il mio punto di vista, la mia versione dei fatti, e sono
partita
da una riflessione ben precisa: Sasuke quando vuole sa parlare. Lo
abbiamo visto discutere tranquillamente con Naruto, ancor prima con
Itachi, quindi penso che il luogo comune di Sasuke taciturno sia
bello che sfatato. Certo, non è un Naruto, non
sarà mai un
Naruto(in senso buono), non sarà mai un grande oratore e
come dice
Giropizza è tendenzialmente "stitico"(hihihihi!), ma
all'occorrenza lui PARLA, soprattutto quando ha di fronte qualcuno
con cui vale la pena di farlo.
Desidero
ringraziare le tre autrici sopracitate per aver sopportato le mie
insicurezze e le mie crisi di panico... spero di aver fatto un buon
lavoro.
Ringrazio
anche i recensori che come sempre mi spronano ad andare avanti e mi
danno consigli fondamentali per il prosieguo della storia. Grazie
infinite davvero! E ringrazio anche chi la legge e la inserisce tra
le preferite, le seguite e le ricordate. So che ci siete e questo
conta molto per me.
Data
la particolarità del capitolo spero di ricevere i vostri
pareri,
cari lettori, ne ho davvero bisogno per capire se la strada
è quella
giusta.
Domenica,
ovviamente, la pubblicazione del nuovo capitolo salta. Credo che dopo
questo una settimana di pausa sia strettamente necessaria.
Probabilmente in settimana dovrei riuscire ad aggiornare anche
Kitchen(incrocio le dita).
Vi
lascio, dunque, al capitolo. Spero vi piaccia.
#11
… e l'eroe
"Secondo
me dovresti parlarle" sbottò all'improvviso Naruto, rompendo
il silenzio che regnava incontrastato in quella casa da quando Sakura
era andata via.
"Mh?"
Sasuke, completamente assorto nella lettura di un rotolo, trafugato
dalla biblioteca, aveva ascoltato appena le sue parole.
"Sì,
insomma, al posto di buttare nel lavandino chili di ghiaccio non
pensi che sarebbe stato più facile parlare con lei?" si
spiegò
meglio il ragazzo.
Ecco
spiegato il motivo per il quale Naruto era rimasto anche dopo che
Sakura era andata via ed ecco il perché fino a quel momento
non
avesse fatto altro che fissarlo, seduto su una sedia della cucina,
come una statua di sale, stranamente in silenzio. Era riuscito a
capire quello che aveva fatto? Incredibile!
"Non
vuole parlare con me" lo informò, non comprendendo il motivo
per il quale gli avesse confessato una cosa del genere.
"Non
le si può dare torto visto che sei stato uno stronzo"
Questo
già lo sapeva.
"Cioè,
un vero e proprio stronzo. Sei stato davvero crudele con lei. Cazzo,
teme, l'hai rinchiusa in un genjutsu!"
E
non solo quello.
Forse
Naruto non era a conoscenza di quello che Sakura avesse visto durante
l'illusione in cui l'aveva rinchiusa perché altrimenti non
si
sarebbe limitato solo ad insultarlo.
"E
con questo? Era l'unica maniera per evitare che ci seguisse"
tentò un'arringa difensiva che quantomeno mettesse a tacere
Naruto,
visto che non c'era verso che potesse sortire effetti sulla sua
coscienza. Quello era l'unico modo per fermarla e, soprattutto,
zittirla. Perché più che altro quella era stata
una reazione – un
po' esagerata, probabilmente
– a quello che lei gli aveva detto. Era riuscita a toccare
una
corda che non suonava da tanto tempo, riportandogli alla mente quei
momenti in cui anche lui era stato capace di amare. Forse erano state
le sue parole o il tono disperato con cui le aveva pronunciate,
francamente in quel momento non era riuscito a capirlo, sapeva solo
che non voleva ascoltarla.
"Un
piccolo posto nel tuo cuore"
E
chi lo aveva più un cuore? Si era convinto di essere ormai
immune a
quei sentimentalismi, ma qualcosa si era rotto, qualcosa era riuscito
a intaccare quell'involucro di ghiaccio con cui si era bardato per
portare a compimento la sua missione.
"Forse
hai ragione" convenne Naruto, anche se continuava a non
approvare il modo.
Un
posto nel suo cuore.
Forse Sakura ne aveva davvero avuto uno ed ecco perché, per
un
attimo, aveva visto tutte le sue convinzioni sgretolarsi a causa di
quel tepore famigliare, quell'affetto incondizionato, quell'am...
Scosse
la testa, sentendo tornare su dallo stomaco ciò che aveva
provato
come un rigurgito acido.
Aveva
davvero tutto quel potere su di lui?
Forse
era giunto il momento di analizzare quello che rappresentava la
Kunoichi nella sua vita. Si sentiva così mentalmente stanco
da non
aver per nulla preso in considerazione di ragionare su quella
faccenda in modo serio – anche perché il
più delle volte, quando
decideva di scavare nei meandri della sua psiche, ne usciva
distrutto.
"Penso
che Sakura-chan meriti comunque delle spiegazioni. Non voglio che
soffra ancora." Naruto ritornò all'attacco e scelse una
parola
tra le tante fin troppo significativa: Sasuke aveva fatto soffrire
Sakura in passato e volente o nolente ci stava riuscendo anche adesso
e probabilmente lo avrebbe fatto anche in futuro. Quella era una
delle poche certezze che aveva, suo malgrado.
"Non
ho alcuna intenzione di far soffrire la tua
Sakura-chan" ribatté Sasuke con stizza, sottolineando
acidamente il "tua". Non era uno stupido, era perfettamente
a conoscenza di quello che Naruto provasse per Sakura e anche se
l'interessamento dell'amico circa quella questione sicuramente era
nato in maniera del tutto altruistica, il fatto che lui gli avesse
sbattuto in faccia, ancora, la sua totale incapacità
nell'avere un
rapporto normale con la ragazza, lo aveva fatto uscire fuori dai
gangheri.
"Se
fosse stata mia come dici, a quest'ora, non starei qui a perdere
tempo con te" gli rispose a tono l'amico, costringendolo ad
abbassare lo sguardo, non riuscendo a reggere il suo in cui non vi
era solo rabbia, ma anche gelosia, delusione e una tacita ammissione
di resa incondizionata: Sakura non sarebbe mai stata sua fino a che
ci fosse stato Sasuke.
"Non
dirmelo!" lo canzonò l'Uchiha, nascondendo il disagio dietro
un
ghigno "Non ti è ancora passata?"
"So
che per te può essere assurdo, ma non ho mai smesso di
sperare."
gli confessò l'amico amaramente.
Sasuke,
a quel punto, provò due sentimenti decisamente contrastanti
tra
loro: se da un certo punto di vista aveva provato pena per lui e si
era sentito in qualche modo colpevole anche di quello, dall'altro, un
moto di orgoglio, insano, lo aveva fatto gioire segretamente. Almeno
in quell'ambito poteva dire di aver vinto. Magra
consolazione.
"Solo
che lei non ha mai smesso di amare te"
Niente
che già non sapesse, ma sentirselo dire sulla faccia ebbe
come
l'effetto di un schiaffo dato a mano aperta, di quelli che lasciano
il segno.
Naruto
lasciò che metabolizzasse la sua ultima affermazione: i
sentimenti
di Sasuke erano sempre stati una specie di enigma difficilmente
risolvibile per gli altri, ma soprattutto per se stesso. Non era un
libro aperto come lui, non aveva la sua attitudine ad aprire il cuore
anche a perfetti sconosciuti spontaneamente. Ma Naruto era certo di
una cosa: Sasuke era sempre stato in grado di amare, solo che aveva
scordato come si facesse.
"Io,
non lo so" sussurrò il moro con una onestà tale
da rubare un
sorriso fraterno all'amico. Non stava mettendo in dubbio che Sakura
lo avesse sempre amato, ma se stesso. Non sapeva come comportarsi e
in quelle quattro parole si celava quella domanda che lui continuava
con ostinazione a non volersi porre.
"L'amore
non ha bisogno di una spiegazione logica. Lo senti e basta." gli
spiegò Naruto in un modo stranamente conciso e diretto,
senza lunghi
sermoni o paternali di rito. E a Sasuke la sua risposta
sembrò così
vera che pensò quasi, per un istante, che potesse non essere
un'impresa così ardua. Il vero problema risiedeva nel
"sentire"
qualsiasi cosa che non fosse lo sgomento che fedelmente lo
accompagnava dalla fine della guerra.
"
- Non lo so - , comunque, non è una gran risposta."
continuò
Naruto, capendo di aver imboccato la strada giusta "Se pensi di
non provare niente per lei devi dirglielo, non puoi continuare a
lasciarla in sospeso. Così potrà rifarsi una vita
e forse potrebbe
accorgersi anche di me" e sorrise imbarazzato, grattandosi la
testa.
Naruto
inconsciamente avrebbe voluto che potesse davvero essere
così, che
Sakura, delusa dal rifiuto di Sasuke, riuscisse a notarlo, a
considerarlo più di un amico, ma la realtà era
ben diversa perché
anche se quel testardo non lo aveva ancora capito o forse faceva solo
finta di non capire, Sakura era importante per lui. In che modo
rimaneva ancora un mistero. Probabilmente non l'amava con la stessa
intensità con cui lo faceva lei, non riusciva ad esternarlo
–
sicuramente non aveva la più pallida idea di come fare senza
rinunciare al suo dannatissimo orgoglio – ma Sakura ricopriva
un
ruolo nella sua vita e Naruto sperò in cuor suo che
riuscisse a
identificarlo. Andava a suo discapito, vero, tuttavia non riusciva a
immaginare la ragazza con nessun altro che non fosse o lui, o Sasuke
e quest'ultimo era in netto vantaggio – di
una decina di anni di amore incondizionato.
"Forse
non sono stato chiaro" ringhiò l'Uchiha, decisamente
incazzato
sia per la conversazione a suo dire fuori luogo, sia perché
odiava
sentirsi con le spalle al muro. Naruto, al momento, lo teneva
figurativamente per i preziosissimi gingilli Uchiha, quelli destinati
a restaurare il Clan, e lui detestava che lui riuscisse a capirlo
così a fondo. "Lei non vuole parlare con me di..." non
riuscì a pronunciare quella che considerava una sorta di
bestemmia e
optò per un generico "… questo", sottolineando il
suo
disappunto con un chiaro gesto di stizza della mano.
"Non
hai mai assecondato il volere di nessuno, non dirmi che hai deciso di
cominciare adesso? Ti fa comodo, è questa la
verità. Te la fai
addosso al pensiero di parlare con lei e questo non fa altro che
aumentare i miei sospetti"
Sospetti?
Quell'idiota cosa poteva saperne di quel marasma di sentimenti
contrastanti in cui sguazzava da circa... da sempre, in pratica.
Aveva voglia di ricominciare una vita diversa, ma non aveva ancora
trovato il modo per farlo e compreso quale tipo di vita facesse al
caso suo. Si sentiva in gabbia, in una campana di vetro, sereno e
inquieto allo stesso tempo. Aveva come la sensazione di dover fare
qualcosa per stare meglio, per trovare un equilibrio perché
al
momento oscillava come l'ago di una bilancia tra la
tranquillità
derivata dalla rivisitazione più o meno credibile dei suoi
dodici
anni e l'angoscia per quel futuro ancora incerto.
"Stai
esagerando" lo avvertì Sasuke, ormai sul punto di mettergli
l'unica mano a disposizione addosso.
"Ah
sì? E cosa vorresti fare? Picchiarmi forse? Ogni volta che
qualcuno
ti dice la verità reagisci in questo modo. Forse preferisci
vivere
di cazzate" Naruto sapeva prenderlo, non c'erano dubbi. Gli
teneva testa in ogni situazione, soprattutto verbalmente; riusciva a
trovare le parole adatte per ferirlo, per scuoterlo sin nel profondo.
"Adesso
basta con queste idiozie." tuonò Sasuke, sbarrando i suoi
occhi
in modo minaccioso "Io non provo niente per Sakura! Perché
dovrei ricambiare il suo stupido amore? Se avessi voluto lo avrei
fatto in passato, non credi? "
"Non
potevi"
Ma
Naruto aveva una risposta per tutto?
Sasuke cominciava davvero a non tollerare più né
lui, né quella
conversazione e per la proprietà transitiva anche Sakura.
Perché
non lo lasciavano in pace? Perché era così
importante per loro la
sua felicità? E poi, come facevano ad essere così
sicuri di sapere
come renderlo felice?
"Cosa
ci troverà in me, poi?" affermò Sasuke,
sospirando.
"Questo
è un mistero per molti. Io sono molto più bello,
più intelligente
e prestante" affermò Naruto, gonfiando il torace per
enfatizzare quanto detto "Ma, evidentemente, vede quello che
vedo io" aggiunse, tornando improvvisamente serio.
"E
cosa riuscirebbe a vedere un Baka come te?" gli chiese il moro,
accennando un ghigno tra il divertito e l'affranto.
"Uno
stupido Teme" gli rispose, sfoggiando il suo luminoso sorriso.
Più
chiaro di così!
"Sparisci!"
gli ordinò Sasuke. Era stufo delle sue chiacchiere, aveva
bisogno di
riflettere senza quel fastidioso grillo parlante nelle orecchie.
"Ci
parlerai?"
"Ho
detto sparisci!"
E
Naruto non aspettò che lo dicesse una terza volta,
sorridente e
soddisfatto di dileguò, ma appena fuori dall'appartamento di
Sasuke
le sue labbra presero a incurvarsi all'ingiù: era certo di
aver
fatto la cosa giusta, ma cazzo quanto faceva male.
*
Sasuke
quella notte non dormì. Non era poi così strano
visto che erano
anni che non dormiva più di quattro ore a notte,
svegliandosi
ripetutamente, ma quella notte, in particolare, sembrava che i suoi
occhi non ne volessero sapere di chiudersi. Era persino rimasto sul
divano, tanto andare a letto non avrebbe cambiato niente e aveva
continuato a leggere il rotolo, deciso a terminarlo. Tuttavia
più si
ostinava a leggerlo, più sembrava non riuscire a capire un
acca di
quello che c'era scritto sopra: le parole di Kakashi, quelle di
Sakura e, infine, di Naruto, continuavano a rimbombargli in testa.
Riavvolse
nervosamente il rotolo e lo lanciò sul pavimento. Si
portò il
braccio a coprire gli occhi, pensando di trarne qualche sollievo, ma
fu, se possibile anche peggio perché a occhi chiusi non solo
sentiva
le loro voci ma vedeva anche i loro volti, in particolare quello di
Sakura. Rivide le sue lacrime la notte che aveva lasciato il
Villaggio, quelle di quando aveva stupidamente tentato di ucciderlo,
il suo stupore quando era arrivato sul campo di battaglia e infine,
ancora lacrime, amare, sul suo viso addormentato.
Parlare.
Lui odiava parlare. Trovava assolutamente sopravvalutata la
comunicazione verbale. A fatti era molto più facile
dimostrare le
cose, ma con Sakura diventava difficile anche quello.
Cosa
avrebbe dovuto dirle?
Mi
dispiace?
Glielo
aveva già detto, ma a quanto pareva non era bastato. C'erano
davvero
troppe questioni irrisolte tra loro e nonostante in un determinato
momento avesse sentito il bisogno di chiarirle, ora provava un
terrore cieco all'idea di affrontarla perché avrebbe portato
a delle
conseguenze. Naruto aveva ragione: Sakura meritava di sapere. Peccato
che lui non riuscisse a capire cosa provasse per lei.
Si
tirò su a sedere sul divano e guardò la foto
sullo scaffale della
libreria. All'epoca era stato tutto più semplice, lui aveva
uno
scopo ben preciso e rifiutarla era stato necessario: lei lo aveva
minacciato di mettersi ad urlare e non poteva rischiare di venire
scoperto. Inoltre si era offerta di aiutarlo e il pericolo che lei
decidesse di seguirlo era fin troppo elevato. Lo
aveva fatto per lei.
Inspiegabilmente, però, si era sentito in dovere di
ringraziarla,
forse per aver tentato di fermarlo o semplicemente per l'affetto che
lei gli aveva dimostrato. Sapeva di poter contare su Sakura e Naruto,
ma quella era una faccenda che doveva risolvere da solo. Anche in
quell'occasione aveva sentito una strana stretta allo stomaco,
esattamente com'era accaduto la volta successiva, prima della
battaglia finale; nel Paese del Ferro era stato diverso –
giusto un
po' – non aveva provato assolutamente nulla rivedendola. La
prima
volta, nel covo di Orochimaru aveva sentito una strana emozione
dovuta sicuramente al fatto che non vedesse l'ora di dimostrare a
Naruto quanto fosse diventato forte e per il principio secondo il
quale dove c'era una noiosa presto o tardi compariva anche un Baka,
una strana frenesia lo aveva colto alla sprovvista, facendogli
pronunciare il suo nome con una certa enfasi volta ad attirare
l'attenzione su di lui.
"Sakura"
Ma
nel Paese del Ferro era stato diverso: era pieno di sé,
convinto di
aver raggiunto un livello tale di disumanità da riuscire ad
uccidere
chiunque si fosse interposto tra lui e la sua vendetta – la
seconda – e
lei si era presentata al suo cospetto come un agnellino impaurito con
quei suoi occhi verdi ancora colmi d'amore. Aveva tentato di fare la
dura, di dimostrargli che anche lei era diventata forte... voleva
ucciderlo.
Ecco,
appunto, come avrebbe fatto a spiegarle che in quell'occasione aveva
desiderato ardentemente di farla fuori?
A
mente fredda, un'altra domanda, forse anche più inquietante
della
precedente si fece spazio con prepotenza: perché aveva
desiderato di
ucciderla? Lei non era un pericolo.
Ok,
era lì con l'intenzione di ucciderlo, ma si era presentata
da sola e
con un misero kunai avvelenato che dopo tutti gli intrugli di
Orochimaru gli avrebbe solo fatto il solletico; ne aveva avuto di
fegato a non portarsi dietro un intero esercito ninja. L'arrivo di
Kakashi e poi quello di Naruto non gli erano sembrati programmati,
ergo la noiosa, debole, Sakura si era mossa autonomamente, di sua
sponte; voleva fermare il nemico, il nukenin, ucciderlo con le
proprie mani, proprio come aveva raccontato la Mizukage. Un cuore
spezzato poteva essere alquanto vendicativo tutto sommato, peccato
che non lo fosse abbastanza. Aveva sentito la sua titubanza e si era
nutrito della sua paura; gli era bastato pochissimo per capire che
lei stava mentendo, che non fosse lì per seguirlo, ma per
fermarlo e
aveva aspettato che fosse di spalle per colpirla.
A
pensarci bene era stato un coniglio e Kakashi non aveva sbagliato
più
di tanto ad affermare che fosse caduto in basso, ma il Sensei non
poteva sapere che il motivo per il quale lui non l'aveva attaccata
frontalmente risiedesse nella paura che aveva di lei, di quello che
rappresentava, di quel passato ancora troppo presente che lui doveva
dimenticare.
Sakura
rappresentava un legame.
Sasuke
poggiò in terra i piedi, cercando qualcosa di stabile che lo
sostenesse perché quel dannato divano sembrava come essersi
alzato,
metri e metri, da terra. Gli scoppiava la testa e anche il moncherino
aveva ricominciato a dolergli proprio nel momento in cui la parola
"legame" era apparsa nella sua mente a lettere cubitali.
Forse
non era riuscito a risolvere il rompicapo, ma ci era vicino.
*
Sakura
stava sistemando le ultime cartelle cliniche prima della pausa
pranzo. In quei giorni non c'era molto lavoro da fare in ospedale, il
peggio era decisamente passato e si era ritornati a vecchietti con la
sciatica e bambini con la gastroenterite. Niente più ninja
feriti,
né pazienti ingestibili. Calma piatta.
In
compenso aveva avuto modo di riorganizzare alcuni settori che a causa
della guerra erano stati un po' trascurati come il laboratorio di
ricerca e l'orto botanico. Tsunade le aveva affidato un compito
davvero importante e lei non aveva alcuna intenzione di deluderla,
ogni tanto, però, si ritrovava a pensare a Sasuke e il resto
andava
a farsi benedire. Si era più volte chiesta se il fatto che
lei si
fosse opposta a una specie di chiarimento potesse essere stato motivo
di risentimento da parte del ragazzo: lui aveva bisogno di essere
certo che lei lo avesse perdonato, ma lei non poteva accontentarlo
perché... no, non lo aveva perdonato, aveva semplicemente
accantonato la questione per un po' di tempo per dargli la
possibilità di riflettere.
Cazzate!
In
realtà moriva di paura, temeva che lui la respingesse ancora
e non
l'avrebbe sopportato. Certo, lui non si era comportato in maniera
esemplare nei suoi confronti, ma inconsapevolmente lei gli aveva
perdonato tutto perché averlo lì, a due passi da
lei, e non chissà
dove, riusciva a renderla un tantino più serena – non
felice, quello sarebbe stato troppo.
Chiuse
la cartella clinica del paziente ricoverato quella mattina e
uscì
dal suo ufficio, imboccando il corridoio che portava all'esterno; nel
cortile antistante l'ospedale, a quell'ora non c'era quasi nessuno e
quindi non ebbe difficoltà a riconoscere la figura che
sostava
appoggiata a un muro, a braccia conserte e con lo sguardo rivolto a
terra.
Il
cuore iniziò a batterle talmente forte che pensò
di poter
stramazzare al suolo da un momento all'altro.
Che
cosa ci faceva Sasuke lì?
Cominciò
a vagliare le più disparate ipotesi e presa dal panico,
decise di
proseguire facendo finta di non vederlo, prendendo la direzione
opposta – tanto
non poteva essere lì per lei, no?
"Sakura"
Oh
Kami! L'aveva vista. Per tanti anni era stata invisibile per lui e
proprio in quel momento aveva deciso di notare la sua presenza?
No,
senza Naruto non poteva farcela. Dove diavolo si era cacciato?
Perché
non era con Sasuke? Lui era lì per lei? Considerò
seriamente la
possibilità di essere stata rinchiusa di nuovo in un
genjutsu.
"S-Sasuke-kun!"
balbettò la ragazza, con un tono di voce talmente acuto da
poter far
esplodere una cristalleria intera. Non era nervosa, no, affatto.
"Seguimi"
le ordinò Sasuke, cominciando a camminare. Ovviamente non
aggiunse
altro perché già pronunciare quell'ordine con un
tono che non
sembrasse minaccioso era stata un'impresa non da poco e
sperò
ardentemente che Sakura almeno per il momento non gli chiedesse
nulla.
"Dove?"
Sasuke
si maledì mentalmente e maledì anche i Kami: non
gliene andava una
dritta. Possibile che Sakura non ce la facesse proprio ad eseguire un
semplice ordine senza parlare?
"Voglio
fare due passi" le comunicò senza molto entusiasmo
perché
dopotutto era lui che voleva fare due passi, non aveva considerato
che probabilmente Sakura potesse avere qualcos'altro da fare e un
"Facciamo due passi?" sarebbe stato più opportuno, meno
coercitivo.
"Con
me?" domandò la ragazza, indicandosi con un dito, mentre le
sue
palpebre non accennavano a smettere di battere tra loro, tanto lo
stupore.
"Vedi
qualcun altro?"
Complimenti,
Sakura! Davvero una gran domanda!
La
risposta acida di Sasuke era arrivata puntuale e inesorabile e Sakura
si persuase a non fare altre domande idiote se non dopo aver contato
almeno fino a centonovantanovemilanovecentonovantanove o giù
di lì.
Camminarono
a lungo, lui avanti, con la mano in tasca, e lei dietro di qualche
passo, con i pugni serrati per sopportare quel silenzio tombale,
interrotto solo dal rumore dei suoi passi – Sasuke come
sempre
sembrava levitare nell'aria.
Attraversarono
quello che un tempo era il Quartiere Uchiha. Sakura vide Sasuke
irrigidirsi in prossimità di quella che doveva essere stata
la sua
casa.
Dalla
notte della strage nessuno vi aveva messo più piede e quindi
riversava in uno stato di completo abbandono da circa diciassette
anni. Pain, poi, aveva fatto il resto, rendendolo ancora più
spettrale di quanto già non fosse. La ragazza non
riuscì a
comprendere il motivo per il quale Sasuke avesse deciso di passare
proprio di lì: la sua situazione psichica poteva dirsi
già
abbastanza precaria e rivisitare quei luoghi non poteva sicuramente
dargli alcun giovamento. Ebbe quasi l'impulso di raggiungerlo e
stringergli la mano, ma il rischio che lui la scansasse in malo modo
era troppo elevato per tentare.
Al
di sotto di una di quelle strutture fatiscenti, c'era il Tempio
Nakano, dove era custodita la stele degli Uchiha. Sasuke si era
ripromesso di tornarci prima o poi per prelevarla e nasconderla in un
posto più sicuro ove nessuno potesse trovarla: quello che vi
era
scritto era potenzialmente pericoloso, nonostante lui fosse ormai
l'unico in grado di leggerlo. Proseguì, lanciando di tanto
in tanto
un'occhiata a quel posto pieno di ricordi e dolore. Da quando era
tornato a Konoha non vi aveva messo piede, per scelta: temeva di
provare la stessa sensazione di vuoto che sentiva ogni qual volta, da
piccolo, vi entrava furtivamente e quel desiderio di rivederli,
tutti, anche solo per un istante. Gli mancava tremendamente la sua
famiglia: la dolcezza di sua madre, gli insegnamenti di suo padre e
Itachi, il suo fratellone, colui che aveva rinunciato a tutto pur di
proteggerlo. Realizzò, in quel momento, qualcosa di
inaspettato: lui
aveva ricevuto così tanto amore da tutti loro che al solo
pensiero
il suo cuore si riempiva fino a scoppiare e il suo stomaco di
svuotava di tutta quella sofferenza che lo attanagliava. Se
un
simile ricordo riusciva a fargli così bene, accettare
l'amore di
Sakura, avrebbe potuto guarirlo?
Le
lanciò una breve occhiata: si guardava intorno, preoccupata,
forse
per lui. Con ogni probabilità non riusciva a capire il
perché lui
avesse scelto di passare proprio per il suo vecchio Quartiere. Come
avrebbe potuto? Non era ben chiaro neanche a lui, ma le sue gambe si
erano mosse da sole, come se avessero deciso in precedenza il
tragitto, come se inconsciamente lui avesse voluto condividere tutto
il suo passato con lei.
Si
inoltrarono nella foresta e Sasuke percepì un sommesso
sospiro di
sollievo da parte della ragazza alle sue spalle. Non doveva essere
stato facile per lei, come non lo era stato per lui, ma se davvero il
desiderio di quella ragazza era di stargli vicino, doveva sapere a
cosa sarebbe andata incontro.
Arrivarono
a una radura al cui centro spuntava dal terreno un tronco di albero
tagliato. Anche quello era un posto speciale.
"Venivo
qui ad allenarmi con Itachi" Sasuke ruppe, finalmente, il
silenzio.
Sakura
si guardò attorno, notando sui tronchi degli alberi dei
bersagli
ormai sbiaditi e in alcuni casi penzolanti e pronti a cadere da un
momento all'altro.
"Mi
insegnava a lanciare i kunai" le raccontò a bassa voce, di
spalle "Cercavo di dimostrargli di essere bravo quanto lui e
puntualmente finivo col farmi male"
Fece
una lunga pausa, non riuscendo a comprendere appieno il motivo per il
quale avesse scelto proprio di portarla lì e raccontarle
cose di sé
che nessuno conosceva.
"Mia
madre mi medicava e mio padre mi ricordava quanto fossi inferiore a
mio fratello, ma non lo faceva con cattiveria... voleva solo
motivarmi a fare meglio"
Sakura
si portò il pugno ancora chiuso davanti al petto, ascoltando
quella
che era la prima vera confidenza che Sasuke le avesse mai fatto. La
forte emozione le aveva appannato la vista e le gambe le si erano
irrigidite come i tronchi di quegli alberi che li circondavano. Lo
ascoltò in silenzio, gioendo per il suono della sua voce che
per una
volta aveva assunto un tono diverso da quello freddo e distaccato a
cui era abituata.
"Quando
Itachi è morto ho creduto per un attimo che fosse tutto
finito."
ricordò Sasuke, mettendosi a sedere con aria stanca sul
tronco
dell'albero. "Nel Paese del Ferro io ero accecato dalla rabbia.
La verità su mio fratello e su quanto accaduto aveva
risvegliato il
mio desiderio di vendetta e Danzo..."
"Volevo
ucciderti" lo interruppe Sakura. Sasuke alzò d'istinto lo
sguardo, che fino a quel momento aveva tenuto verso il basso, su di
lei che, in piedi, poco distante da lui, lo guardava con quella
classica apprensione, tipica di lei.
"Se
ci fossi riuscita forse sarebbe stato meglio per tutti"
constatò
Sasuke, con un ghigno malinconico.
"Ti
sbagli! Se ci fossi riuscita a quest'ora probabilmente nessuno di noi
due sarebbe qui. Non potevo accettare che che ti giustiziassero"
gli spiegò, cercando di mantenere la calma, malgrado i
ricordi di
quei giorni di disperazione spingessero le sue lacrime fino all'orlo
delle palpebre "Pensavo che spettasse a me fermarti... almeno
quello" aggiunse con amarezza.
"Avrebbero
dovuto prima prendermi" Inaspettatamente Sasuke tentò di
sdrammatizzare quanto detto dalla ragazza: trovava assurdo che lei
potesse sentirsi in colpa per aver tentato in qualche modo di
fermarlo; se le cose erano andate come aveva raccontato la Mizukage
durante il processo, gli intenti di Sakura, a conti fatti, non
potevano essere considerati sbagliati o disdicevoli. Ma il vero
motivo per il quale Sasuke aveva scelto di interromperla, erano state
le sue ultime parole, quelle che aveva sussurrato con un filo di voce
e che sottolineavano ciò che era arcinoto, ma troppo
difficile da
affrontare: lei aveva sempre desiderato di più da lui.
Sakura,
presa alla sprovvista da quell'inatteso tentativo di Sasuke di
alleggerire la tensione, aveva incurvato le labbra in un sorriso
incerto. In realtà tutta quella conversazione le sembrava
assolutamente incredibile: aveva sempre immaginato quel momento in
maniera del tutto diversa – ammesso che fosse mai giunto,
dato che
aveva sempre nutrito seri dubbi a riguardo – ; credeva che
sarebbe
annegata in un fiume di lacrime e, invece, stava riuscendo
egregiamente a tenerle arroccate sulle sue palpebre; pensava che per
riuscire a tirargli fuori una decina di parole avrebbe avuto bisogno
delle tenaglie e non che lui spontaneamente iniziasse un discorso
così scomodo per entrambi. In pratica, stava andando meglio
di ogni
sua più rosea aspettativa, ma quella calma apparente quanto
sarebbe
durata? Sul serio avrebbero continuato a parlare come fossero stati
solo due semplici spettatori di quelle vicende?
"In
realtà volevo difendere anche Naruto. Lui mi aveva fatto una
promessa e temevo che per mantenerla, sarebbe arrivato a scontrarsi
con te, di nuovo."
Già,
Naruto. Lui e la sua fissazione di riportarlo a casa.
"A
quanto pare, però, non sono riuscita a evitarlo... come
sempre"
constatò la ragazza, abbassando lo sguardo. Non erano tanto
le sue
parole a colpire l'Uchiha, quanto quei sussurri, quei pensieri ad
alta voce che lasciava uscire dalle sue labbra strette come fossero
insulti, ma non rivolti a lui, bensì a se stessa. In quelle
parole
si riusciva a vedere chiaramente quanto lei fosse cresciuta,
maturata, arrivando ad essere una ragazza forte e determinata, molto
diversa da quella che lui ricordava. Forse l'unica cosa che non era
cambiata in quegli anni era proprio l'affetto nei suoi confronti che
l'aveva spinta a prendere decisioni difficili, radicali.
"Doveva
andare così." ammise l'Uchiha, volgendo lo sguardo per un
attimo verso il moncherino.
"Tuttavia"
Sakura fece qualche passo verso di lui, tenendo sempre il pugno
stretto sul petto, come per proteggersi perché presto o
tardi, ne
era certa, quella conversazione le avrebbe fatto male, un male cane
"Devo ringraziarti" gli confessò, costringendolo a
guardarla per quell'affermazione senza senso "E' solo grazie a
te che ho capito che se si vuole intensamente qualcosa, bisogna lottare
per ottenerla"
"E
l'hai ottenuta?" le chiese Sasuke, guardandola per un istante
negli occhi, temendo la sua risposta.
"Non
proprio, ma quantomeno sono soddisfatta di me stessa" gli
rispose, ammettendo implicitamente di non aver ottenuto, ancora,
quello che desiderava "Non mi sento più debole" aggiunse
con orgoglio abbassando il pugno: sì, lei non era
più debole ed era
giunta l'ora di dimostraglielo.
"Tsk!
Sei davvero noiosa"
Non
era proprio quella la risposta che Sakura si aspettava anche se c'era
qualcosa di diverso nel tono con cui Sasuke aveva pronunciato quelle
odiose parole: non c'era astio e sul suo viso vi era l'accenno di un
timido sorriso.
"Lo
sei sempre stata." Sasuke rincarò la dose, seguendo la scia
dei suoi ricordi in cui Sakura era costantemente presente.
Si
alzò dal tronco e fece qualche passo, allontanandosi di
qualche
metro da lei: non era ancora pronto a consentirle di avvicinarsi
troppo perché, in fondo, sapeva di non meritarlo.
"Vedi,
Sakura, non sempre si può ottenere quello che si desidera. A
volte
sarebbe meglio rinunciare."
"Se
pensi che io..." urlò la ragazza, decisa a fargli capire di
non
avere alcuna intenzione di smettere di amarlo, se quello era il senso
del suo discorso.
"Sto
solo dicendo" la interruppe bruscamente, alzando di poco il tono
della voce, quanto bastava per superare quello della ragazza "Sto
solo dicendo" ripeté, con calma "che è necessario
capire
bene cosa si desidera e soprattutto se sia giusto"
Sakura
dischiuse leggermente le labbra, confusa. Non riusciva a seguirlo.
"Paradossalmente
ho tentato di uccidere tutte le persone a cui tenevo... per
cosa
poi?" Questa volta fu lui ad esprimere un pensiero nascosto;
un pensiero che racchiudeva sinteticamente – come nel suo
stile –
la spiegazione di quanto detto in precedenza. Il suo desiderio di
dare un nuovo corso alla storia del Mondo Ninja lo aveva portato a
credere che distruggendo ogni tipo di legame sarebbe stato immune dal
dolore e che sarebbe riuscito a compiere la sua personalissima
missione senza alcun tipo di condizionamento.
La
fine di quei legami avrebbe segnato quella della sua umanità.
Tutte
le persone a cui teneva.
Ergo
anche lei faceva parte di quella cerchia, perché lui aveva
tentato
di ucciderla un paio di volte. Allora Sasuke teneva a lei? Questo non
era mai stato messo in dubbio, anche se in alcuni momenti Sakura
aveva pensato il contrario, ma sentirselo dire era tutta un'altra
cosa.
"Eri
confuso, pieno di rabbia" tentò di giustificarlo la ragazza.
"Sapevo
benissimo quello che stavo facendo" ringhiò Sasuke,
irrigidendo
le spalle "Avevo un obbiettivo e credevo che fosse giusto. Ero
consapevole di ogni mia azione"
"Quindi..."
Sakura non riuscì neanche a formulare la domanda che voleva
porgli:
la voce le era morta in gola e il pugno era ritornato davanti al suo
petto, pronto a parare il colpo.
"Ci
avresti seguiti, ti saresti messa in mezzo" le rispose, intuendo
cosa le stesse passando per la testa – erano lì
per quello
dopotutto."E poi... non volevo ascoltarti" ammise, contro
ogni previsione.
"Cosa...
cosa ne avresti fatto di me se le cose fossero andate diversamente?"
Era un quesito che si era posta molte volte e pensò che
fosse il
momento giusto per ottenere una risposta.
"Non
lo so. Non ci ho mai pensato"
Strano.
Quando mai pensava a lei. Probabilmente l'avrebbe tenuta rinchiusa in
un'illusione per tutta la vita.
"Beh,
comunque non è andata così, quindi cosa importa."
concluse
Sakura, cercando di cambiare discorso per evitare che le lacrime
cominciassero a sgorgare senza alcun freno.
Seguirono
alcuni minuti di assoluto silenzio, rotto solo dallo stormire delle
foglie e dal leggero fruscio dell'erba. L'estate ormai era giunta al
termine e nell'aria si respirava di già l'odore amaro
dell'autunno.
"Ho
bisogno di sapere una cosa e gradirei che tu fossi sincera"
Sasuke riprese a parlare, ma il suo tono sembrava essere cambiato di
nuovo: non era più calmo, ma inquieto, duro.
"D-dimmi"
balbettò Sakura, preparandosi psicologicamente al peggio.
"Mi
hai perdonato?" le chiese, scandendo bene le parole,
evidenziando quanto gli costasse proferirle.
"È
importante?" ribatté la ragazza, pronta a giocarsi il tutto
e
per tutto. Era stufa di aspettare qualcosa che non accennava ad
accadere. Quello scambio d'idea forse stava facendo sentire meglio
lui, ma non lei.
"Credo
di sì"
Sakura
chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, fino a sentire i
polmoni gonfi.
"Guardami!"
gli ordinò con tono fermo "Sono stufa di parlare con le tue
spalle, quindi, guardami"
Sasuke
drizzò la schiena, impreparato a quell'evenienza. Fino a
quel
momento Sakura era rimasta abbastanza passiva, come in passato, e
aveva creduto che la conversazione potesse continuare in quella
maniera – sicuramente per lui sarebbe stato più
semplice.
Mosse
lentamente un piede, poi l'altro e si voltò verso di lei.
Alzò lo
sguardo, puntando gli occhi sulla sua figura: i capelli rosa
ondeggiavano mossi dal vento e i suoi occhi brillavano di un coraggio
e una decisione che non avrebbe mai creduto possibile.
Erano
faccia a faccia.
Sasuke
trovò la situazione alquanto divertente anche se surreale:
da quando
Sakura si prendeva la libertà di dargli degli ordini?
"Così
va meglio" sospirò, cercando di mostrarsi più
forte di quanto
fosse "Ascoltami bene. Io ti ho perdonato nello stesso istante
in cui sei arrivato sul campo di battaglia e ti ho perdonato di nuovo
quando mi hai chiesto scusa. Ma non so se posso continuare a
perdonarti in eterno. La vera domanda è se tu sei pronto a
perdonarti." e lo disse tutto d'un fiato, temendo di bloccarsi
all'improvviso e non riuscire a mettere insieme le parole, perdere di
vista il nocciolo della questione, perché averlo
lì davanti, con
quello sguardo da cane bastonato, no, non aiutava affatto –
quasi,
quasi rimpianse che per una volta avesse rispettato il suo volere.
"Non
è un tuo problema." affermò Sasuke, seccato.
"Penso
proprio che lo sia, invece. Ti sembrerà assurdo, ma per me e
Naruto
è importante" ribatté prontamente la ragazza "Ti
vogliamo
bene... io..." e tentennò un attimo prima di terminare la
frase
perché si era ripromessa di non dirglielo, di non ripeterlo
ancora,
di non aprirgli di nuovo il suo cuore a meno che non fosse certa che
lui non avesse intenzione di maltrattarlo, o peggio, gettarlo via
come sempre "Ti amo".
A
differenza di tutte le altre volte che aveva sentito pronunciare da
lei quelle parole, questa volta Sasuke lasciò che il vento
le
portasse fino a lui; non le respinse, anzi, chiuse gli occhi e le
respirò a fondo, fino a inebriarsene. Era poi
così sbagliato
accettare il suo amore? Provò un'inspiegabile sollievo nel
constatare che almeno quello, nonostante tutto, non fosse mutato, ma
non riusciva a capire...
"Perché?"
le chiese, quindi, sperando che la sua risposta potesse in qualche
modo dissipare i suoi dubbi.
"Ci
sarebbero almeno un milione di motivi per non amarti, ma io non
riesco a vederne neanche uno." sussurrò Sakura, lasciando
vagare lo sguardo intorno a sé come se tutti quei motivi
fossero
davvero lì, invisibili ai suoi occhi "Ci ho provato, te lo
giuro, tante volte." gli confessò con amarezza "Ma..."
e sorrise, cogliendo di sorpresa prima se stessa e poi lui "proprio
non ne sono capace".
Un
sorriso sincero, puro... devastante.
Sakura
era l'eroe.
Forse
davvero lei era in grado di salvarlo, di rimettere apposto i pezzi
della sua anima frantumata, perché dietro quel sorriso si
celava
quella promessa che lei gli aveva fatto anni prima e che lui non le
aveva permesso di mantenere. L'aveva vista chiaramente ed era
semplicemente bellissima.
Poteva
essere felice?
Meritava
di esserlo?
Sakura
lo meritava.
Sasuke
sentì il suo stomaco contrarsi e le tempie pulsare come se
la sua
testa fosse sul punto di esplodere. Non poteva, non doveva,
approfittare di lei. Sarebbe stato troppo facile succhiare da lei
quella vita, quell'amore, per stare meglio, per ricominciare a
vivere. Lei gli avrebbe dato tutto, senza riserbo; non avrebbe
risparmiato un briciolo della sua energia pur di renderlo felice.
"Non
so se riuscirò mai a ricambiare quello che provi" le disse,
aprendo per una volta anche il suo di cuore, sempre con cautela,
sperando che lei riuscisse ad apprezzare quantomeno la sua
onestà.
Non voleva prenderla in giro, lo aveva fatto per troppo tempo.
"Questo
l'ho sempre saputo." ammise la ragazza, continuando a sorridere
forzatamente, stando ben attenta a tenere serrati gli occhi per non
far trapelare le lacrime. "Non posso costringere te ad amarmi
come tu non puoi costringere me a negare i miei sentimenti. Un bel
problema." concluse, cercando di sembrare ironica mentre la
voglia di piangere disperatamente le saliva dritta in gola e le
toglieva il respiro.
Non
voleva piangere davanti a lui; lo avrebbe fatto dopo, lungo il
tragitto fino all'ospedale e poi nel suo studio e ancora nella sua
camera da letto, ma non davanti a lui.
"Adesso
devo proprio andare, devo tornare in Ospedale" gli comunicò,
sfruttando quegli ultimi minuti di autonomia per una fuga strategica
"Sono stata contenta di aver parlato con te, Sasuke-kun."
Si
girò, con l'intenzione di fuggire il più
velocemente possibile da
quel bosco e da lui che anche quando cercava di non essere uno
stronzo, finiva con l'esserlo lo stesso. Ormai doveva essersene fatta
una ragione e, invece, ogni volta, ricadeva sempre negli stessi
errori. Stupida!
Fece
in tempo a fare appena un metro prima di ritrovarselo davanti e ormai
le prime lacrime erano già belle che scese.
"Ho
detto che non so se sarò mai capace di ricambiare i suoi
sentimenti"
le ripeté Sasuke, con tono fermo, e Sakura pensò
che fosse
impazzito di nuovo, che provasse un insano gusto a vederla soffrire.
Poi, accadde l'impensabile...
"Non
ho detto che non ci voglia almeno provare"
E
Sakura sentì le gambe diventarle molli e la testa ronzarle
come dopo
un'esplosione. Sasuke aveva pronunciato quelle parole con una tale
irruenza che a un primo – rincoglionito
– ascolto, Sakura
si chiese se avesse sentito bene o meno, se in realtà lui
avesse
detto qualcosa del tipo "Non ci sono speranze per te,
insopportabile noiosa" e che quindi fosse solo il frutto della
sua immaginazione. Ma quando, con la vista appannata, aveva
incontrato i suoi occhi e aveva scorto in essi quella che poteva
tranquillamente definirsi una "paura fottuta", comprese che
quel fastidio che aveva allo stomaco non fosse di peso dal pranzo che
aveva saltato, ma da uno sciame di farfalle che svolazzavano felici.
Il
suo corpo si mosse da solo, incurante di qualsiasi conseguenza. Lo
abbracciò – forse con troppa forza, ma era da
tanto che voleva
farlo – e Sasuke emise una specie gemito – di
dolore, ovviamente,
ma decise di non protestare perché in fondo quel contatto
inaspettato non gli stava arrecando, poi, tanto fastidio.
"Bentornato,
Sasuke-kun!" singhiozzò Sakura sul suo petto mentre lo
circondava con tutto quell'amore che aveva conservato solo per lui.
Sasuke,
non molto pratico in materia, rimase immobile per alcuni secondi,
incerto sul da farsi. In realtà era stupito di se stesso e
ancora
non era in grado di spiegarsi il perché avesse deciso di
darle una
possibilità – darsi una
possibilità. Forse era stata la
determinazione di Sakura, forse il desiderio di sentirsi amato
–
forse era impazzito del tutto – ma si
sentiva stranamente
sereno: probabilmente per una volta aveva fatto la scelta giusta
anche se non ne era ancora pienamente consapevole.
Fatto
sta che, timidamente, la sua mano si mosse, andandosi a posare sulla
schiena di Sakura, chiudendo così un immaginario cerchio
– da
sempre, simbolo di perfezione.
C'era
qualcosa in quella frase che non quadrava, e Sasuke, anche se non
poteva considerarsi un esperto in materia, era riuscito a cogliere in
essa una cosa abbastanza scioccante: aveva detto una cazzata
di
proporzioni apocalittiche.
Il
motivo? Ovviamente ignoto.
Non
erano state le lacrime di Sakura, quella sensazione di nausea
procurata dalla consapevolezza di essere riuscito a farla piangere
ancora una volta – no di certo; non era
stata quella stretta
al cuore che aveva sentito mentre lei gli ripeteva, ancora, di amarlo
– per carità; e non era stata
nemmeno la spiegazione, che
in quel momento era sembrata anche abbastanza logica, del
perché lei
lo amasse – ci voleva ben altro per farlo
capitolare. Si era
sentito quasi in dovere di darle una speranza perché, in
fondo,
provava un nostalgico affetto nei confronti di quella ragazza e non
desiderava farle del male. Inoltre, lei adesso rappresentava una
seconda certezza – la prima era Naruto, stava messo
bene insomma
– e in un periodo di totale confusione mentale, come quello
che
stava vivendo, aveva un valore davvero inestimabile.
Lei
lo amava.
Lei
lo amava.
Leiloamavaleiloamavaleiloamava...
e lui ci provava – magra ricompensa.
"L'amore
non ha bisogno di una spiegazione logica. Lo senti e basta."
La
faceva semplice il Dobe... troppo semplice. Certo, lui era in grado
di secernere amore da tutti i pori della sua pelle, era riuscito
persino a far diventare la Volpe a Nove Code un simpatico animaletto
da compagnia, quindi cosa ci poteva essere di difficile nel provare
amore per una persona che, in fondo, era così facile da
amare?
Perché
Sakura lo era davvero... facile da amare. Persino
quell'affare
verde monociglio dalla giovinezza prorompente era riuscito a
dichiararsi apertamente più volte. Ma lui no.
Era rimasto
perfettamente nel suo personaggio, non si era sbilanciato, non aveva
varcato quel limite oltre il quale avrebbe dovuto dare a se stesso
delle spiegazioni più profonde, indipendenti da
ciò che Sakura
aveva detto e fatto.
Ci
avrebbe provato, perché no? In fondo non aveva niente di
meglio da
fare in quel periodo. A parti invertite lui non sarebbe mai riuscito
ad accettare quel contentino, si sarebbe mandato
al diavolo
da solo, si sarebbe insultato come un cane. Perché
si trattava di
un contentino, vero?
La
sua coscienza era riuscita a elaborare un gelatino, uno zuccherino,
capace di far ingoiare l'amara pillola, evitando una serie
apocalittica di eventi: crisi esistenziale – sermone di
Naruto –
crisi esistenziale – scuse – ossa rotte –
sermone di Naruto –
fuga strategica da Konoha – inseguimento – sermone
di Naruto.
Doveva
essere stato un riflesso incondizionato, non poteva esserci altra
spiegazione. Aveva deciso di ignorare consapevolmente tutto il resto,
tutte quelle sensazioni che aveva provato quando lei lo aveva
strito..., ehm, abbracciato; il benessere emotivo suscitato da quelle
due paroline magiche che solo lei riusciva a pronunciare in quel
modo, con naturalezza, riuscendo a farle apparire così vere.
Evitava
di pensarci per non ammettere ciò che, in fondo, era ovvio,
palese,
i.ne.qui.vo.ca.bi.le.
La
verità è che non sapeva da dove cominciare, non
era pratico in
quell'ambito, nessuno si era mai premurato di insegnargli nulla e chi
avrebbe potuto farlo era morto. Forse era proprio quella sensazione
di inadeguatezza a innervosirlo: lui era sempre stato il primo in
tutto e ammettere un limite, di qualsiasi genere, risultava davvero
difficile per il suo orgoglio. Già aver ammesso di essere
stato
sconfitto da Naruto era stato un duro colpo. [Che poi, sconfitto...
che esagerazione! Analizzando attentamente la battaglia, dal
punto di vista prettamente tecnico era terminata in pareggio, Naruto
aveva vinto per Ko tecnico da overdose di buoni sentimenti. ]
Lui
non era un Rock Lee e neanche un Naruto, non era un Kiba e neanche
uno Shino – ma per favore! Lui era Sasuke
Uchiha, lui era un
uomo diverso dagli altri perché... perché....
Booh!
Cosa
lo rendeva davvero diverso dagli altri?
Senza
contare che, come sempre, non aveva capito un benemerito niente: era
ancora abbastanza inconcepibile per la sua mente eccelsa che Sakura
lo amasse indipendentemente dalle sue stranezze e dalla sua
anaffettività.
Probabilmente,
prima o poi, si sarebbe stancata di lui e a quel punto non sarebbe
stato neanche più costretto a provarci. Dopotutto le donne
era
volubili – questa era una delle poche cose che aveva capito.
Esempio lampante: Karin. L'aveva colpita a morte e lasciata in mano
nemica, eppure gli era bastato un semplice "scusa" per
farla andare in brodo di giuggiole. Non che le donne fossero stupide,
ma avevano questa inconcepibile tendenza autolesionistica che ben si
sposava con i suoi atteggiamenti – da stronzo.
Con Sakura
non era stato altrettanto semplice: lei era diventata orgogliosa,
volitiva e poi c'erano troppe faccende in arretrato, fraintendimenti,
tentati omicidi, "Grazie" buttati lì a caso. A
caso?
Quel
"ci proverò" cominciava davvero a non reggere più.
Si
tirò su dal letto, intuendo che il continuare a guardare il
soffitto
non potesse essergli di molto aiuto e decise di uscire a fare una
passeggiata. Il nuovo Hokage, aveva concesso a tutti un paio di
giorni di ferie a causa dell'arrivo delle delegazioni degli altri
Paesi che comportava un impiego massiccio degli Shinobi di Konoha per
la sicurezza e l'accoglienza. Per fortuna lui era stato esonerato da
quei compiti: sarebbe stato abbastanza ridicolo se gli avessero
affidato il Raikage, ad esempio, e poi era certo che nessuno di loro,
a parte Gaara e forse la Mizukage – per dubbie intenzioni
–, lo
avrebbe accettato di buon grado come scorta. L'Alleanza Ninja, contro
ogni previsione, sembrava funzionare: periodicamente i Kage si
incontravano per stabilire insieme il da farsi in merito a ogni tipo
di problematica; i Villaggi si scambiavano conoscenze in ambito
militare, medico e strategico, assicurando che ci fosse una certa
uguaglianza e che nessuno rimanesse indietro agli altri. Sasuke
spesso si chiedeva quanto – e soprattutto se –
sarebbe durato
quell'idillio: riuscire a mettere d'accordo tutti non doveva essere
una cosa facile, ma la Quarta Grande Guerra Ninja e la
possibilità
che l'intero mondo potesse essere spazzato via, erano stati
sicuramente fondamentali nel rendere tutti molto più
accomodanti.
In
sintesi: Sasuke non aveva niente da fare e mille pensieri per la
testa.
Le
strade di Konoha erano molto affollate e, di certo, un tizio con
indosso un mantello nero, vagamente somigliante a Sasuke Uchiha, non
passava inosservato. Dopotutto , anche se era stato un nukenin,
adesso era considerato da tutti – o quasi – un
eroe. Vero, si era
battuto con Naruto, ma le informazioni che erano trapelate dal
Palazzo dell'Hokage in merito a ciò, avevano fatto passare
quella
battaglia all'ultimo sangue come un acceso scambio di idee dovuto a
un'atavica rivalità – niente di nuovo per il mondo
degli Shinobi.
Nessuno sapeva quali fossero state le vere intenzioni dell'Uchiha e
Kakashi e Sakura avevano saggiamente deciso di non
renderle
pubbliche. Inoltre, menomazione e tutto, Sasuke rimaneva pur sempre
un bel ragazzo e le stesse ragazzine che a dodici anni gli sbavavano
dietro erano quelle fanciulle che adesso lo guardavano ammiccanti,
sussurrando apprezzamenti capaci di far arrossire anche una Ino
Yamanaka. Ovviamente Sasuke non dava loro peso: non riusciva a capire
come Sakura riuscisse ad amarlo, quindi era impensabile che riuscisse
a immaginare i motivi che spingessero quelle insulse femmine a
ritenerlo appetibile, ad arrossire in sua presenza e a lanciargli
sguardi che non lasciavano molto spazio all'immaginazione. La cosa
straordinaria, tuttavia, risiedeva nel fatto che anche Naruto adesso
riscuotesse un certo successo.
Si
era accorto della sua presenza per il vociare convulso di un gruppo
di ragazzine. Stava lì in mezzo a loro,
sorridente, e con una
mano si grattava la testa per l'imbarazzo.
Ecco
un'altra differenza tra loro due: lui avrebbe tirato avanti senza
neanche degnarle di uno sguardo, mentre Naruto, nonostante l'evidente
imbarazzo – non era abituato, il pivello
– lasciava che
quelle indemoniate abbattessero il muro del suono con i loro
insopportabili urletti di venerazione. Sasuke, tuttavia,
notò anche
qualcos'altro – aveva sempre avuto una grande
capacità di
osservazione, ma con il rinnegan, adesso, non gli sfuggiva davvero
nulla. Avvolta dall'oscurità di un vicolo, a pochi passi da
dove si
stava compiendo quell'atto empio e disgustoso, c'era l'onnipresente,
Hinata Hyuga. Ai tempi dell'Accademia, Hinata seguiva costantemente i
movimenti del Team 7, in particolare quelli di Naruto e con il tempo
era diventata così brava a nascondersi che anche Sasuke
aveva
iniziato ad avere difficoltà nel rintracciarla. Era di
sicuro un
ninja migliore di Naruto che, ovviamente, non si era mai accorto del
fatto che lo pedinasse. Sasuke ricordò anche che la Hyuga
avesse la
strana attitudine di svenire in presenza del Baka. Di sicuro quella
ragazza provava qualcosa per quell'Usurantoncachi che, come tale, non
riusciva a veder oltre il suo naso.
"Baka"
pensò Sasuke, ghignando divertito – come
se la sua situazione
fosse stata diversa. Il toro che diceva all'asino cornuto.
La
sua totale ignoranza circa gli avvenimenti intercorsi in quegli anni
in cui lui era mancato, non gli consentirono di asserire che Naruto
fosse un "Ciclopico Baka" con la giusta convinzione.
Sasuke non poteva essere a conoscenza del fatto che Hinata, in un
frangente abbastanza tragico, avesse dichiarato il suo amore a Naruto
e che proprio le circostanze, a dir poco apocalittiche, avessero
fatto passare in secondo piano la cosa. Sasuke, inoltre, non poteva
neanche sapere che, durante la guerra, i due si fossero supportati a
vicenda. Ergo, avevano anche loro qualcosa da chiarire.
Sasuke
ebbe un'inspiegabile moto di comprensione nei confronti della
ragazza. Lei non aveva il carattere di Sakura, capace di sbatterti in
faccia un cuore pulsante e traboccante d'amore con la stessa
facilità
con cui abbatteva foreste intere; Hinata era una persona delicata,
timida, riservata – francamente non riusciva a capire cosa ci
trovasse in un tipo chiassoso e molesto come Naruto. Forse davvero
non vi era una spiegazione razionale all'amore; forse non era
necessario avere dei motivi validi per donare la propria vita a
qualcuno perché, in fatto di motivazioni, se possibile,
Hinata stava
sicuramente messa peggio di Sakura. Eppure come lei stava
lì, come
sempre, con il pugno debolmente chiuso e tremante davanti alle labbra
e lo sguardo perso. Diciassette anni buttati dietro due
idioti.
Sasuke
si mosse verso di lei spinto forse dal suo animo che, malgrado tutto,
rimaneva tendenzialmente sadico o dai postumi della conversazione con
Sakura che gli aveva fatto compiere il primo passo nel meraviglioso
–
noioso – universo dei sentimenti. E poi,
se aveva davvero
intenzione di rimanere al Villaggio, avrebbe dovuto ricominciare a
creare dei rapporti sociali e la Hyuga faceva proprio al caso suo:
non rischiava sicuramente reazioni inconsulte da lei.
Troppo
presa nell'origliare le idiozie che quelle femmine scalmanate stavano
proferendo, Hinata non si accorse della presenza di Sasuke e lui ne
approfittò per fare una delle sue entrate ad effetto, quelle
da
infarto secco – quelle che lui adorava.
Provava un malsano
gusto nel vedere sul viso della vittima il più completo
terrore.
In fondo era un gran burlone.
"Hyuga."
la chiamò con il tono più serio e fermo che
riuscì ad assumere,
pregustando l'inevitabile salto che la ragazza avrebbe fatto per lo
spavento.
E
così fu. Hinata s'irrigidì talmente tanto che
Sasuke pensò che da
un momento all'altro potesse spezzarsi in due.
"S-Sasuke-kun?!"
balbettò la ragazza, rossa in viso.
"Cosa
fai qui?" le chiese con tono piatto, per nulla amichevole, come
se non gli importasse – e in effetti era così, ma
al momento gli
sembrò la cosa più opportuna da dire; inoltre era
talmente palese
ciò che la Hyuga stesse facendo che, lì per
lì, gli sembrò quasi
crudele porle quella domanda.
La
reazione di Hinata non tardò ad arrivare: il rossore che
fino a quel
momento aveva riguardato solo il viso si espanse fino alle orecchie.
Sasuke temette che da un momento all'altro potesse esplodere, o
peggio, svenire, e iniziò a pensare che avesse avuto davvero
una
pessima idea: spiegare alla popolazione di Konoha e, soprattutto, al
Baka, che lo svenimento di Hinata non avesse niente a che vedere con
lui e le sue doti oculari, sarebbe stata davvero molto complicato.
Hyashi Hyuga avrebbe chiesto sicuramente la sua testa su un vassoio
d'argento e il suo Clan sarebbe rimasto l'unico di Konoha a possedere
un'abilità oculare. Giammai!
Per
fortuna, Hinata, dopo un lungo – infinito – momento
di empasse,
sembrò riprendersi, ritornando al suo normale colorito.
"S-sono
con il mio Team. Facciamo da scorta alla Mizukage" gli rispose
con la sua vocina sottile e dolce, indicandogli Kiba e Shino che
erano appostati fuori da una bottega sul lato opposto della strada.
"Capisco"
annuì l'Uchiha che a quel punto aveva già finito
tutti gli
argomenti di conversazione e provava l'irrefrenabile desiderio di
evaporare.
Socializzare?
Che diavolo gli era saltato in mente?
Non
era mai stato un campione in quell'ambito e anche se aveva sostenuto
una conversazione quasi normale con Sakura, le speranze che lui
potesse diventarlo erano pressoché infinitesimali.
"Come
stai, Sasuke-kun?" Inaspettatamente la Hyuga ruppe
l'imbarazzante silenzio.
"Bene"
le rispose brevemente, ma la sua voce non troppo alta non
riuscì a
raggiungere le orecchie di Hinata, surclassata da altre urla
provenienti dalla strada principale.
Hinata
gli diede le spalle, affacciandosi appena dal vicolo per capire cosa
fosse successo per poi girarsi nuovamente verso di lui con
un'espressione affranta.
"Tsk"
sibilò, esprimendo due concetti importantissimi in sole tre
lettere:
uno, Naruto era un Baka e sicuramente non si era minimamente accorto
di lei; due, Hinata era troppo timida per riuscire a fronteggiare
quelle indemoniate e avvicinarsi al suddetto Baka. In pratica era una
storia che non aveva futuro.
Si
stupì quasi nell'aver pensato qualcosa di così
frivolo – Sakura,
forse, era riuscita a corromperlo con quei discorsi sull'amore e
adesso non poteva fare a meno di vederlo ovunque?!
"Lui
non sa che sono qui" sussurrò Hinata, guardando verso il
basso.
Non era una constatazione, ma una tacita richiesta volta a Sasuke di
non proferire parola su quanto lui avesse visto.
Preso
alla sprovvista da quella inaspettata affermazione della ragazza,
Sasuke annuì brevemente e la superò, salutandola
con un leggero
gesto della mano e uscendo nuovamente in strada. Si rese conto di non
essere assolutamente in grado di sostenere una conversazione, men che
meno su faccende amorose e non con la Hyuga che parlava poco quasi
quanto lui. Apprezzava sicuramente quel lato del carattere della
ragazza – in un quarto d'ora (il tempo che aveva passato con
lei
nel vicolo), Sakura lo avrebbe sommerso di parole fino a fargli
scoppiare la testa.
Paradossalmente,
c'era una sorta di parallelismo tra le due coppie. Coppie?
Lui
e Sakura non erano una coppia, non ancora, forse non lo sarebbero
stati mai... lui, in fondo aveva solo detto che ci avrebbe provato.
Allora perché quell'associazione di idee era stata
così immediata?
Naruto e Hinata, poi... le probabilità che riuscissero a
mettersi
insieme erano pari a quelle che aveva Madara di vincere la guerra.
Hinata
era innamorata di Naruto, ma non riusciva a farsi avanti. Naruto
aveva ancora una cotta per Sakura che per qualche assurdo motivo
amava lui... e lui... ci
provava.
Che
colossale idiozia!
Si
ritrovava al centro di un quadrangolo amoroso con un ruolo abbastanza
scomodo, ridicolo, perché era l'unico dei quattro che non
aveva mai
pensato a qualcosa del genere, o meglio, che quel qualcosa si
concretizzasse.
L'Inuzuka
appena lo vide digrignò i denti e Akamaru lo
imitò – non era mai
riuscito a capire chi fosse il cane e chi il padrone. Non avevano mai
avuto un rapporto idilliaco, l'Inuzuka era troppo pieno di
sé –
lui
no,
vero?Mr
" sono il migliore genin della Foglia"
– litigava spesso con Naruto – come
non comprenderlo
– e, a suo parere, era portatore sano di pulci e altre
malattie
come cimurro e gastroenterite. In realtà non lo aveva mai
considerato, come molti altri. Al suo fianco c'era Shino Aburame che,
per antonomasia, non veniva considerato da nessuno. In
pratica, due esseri inutili.
Kiba
doveva avercela ancora con lui per il pestaggio ricevuto da Sakura.
Beh,
se l'era meritato.
Si
fermò un attimo a pensare a quest'ultima affermazione: da
quando aveva iniziato a schierarsi dalla parte di Sakura?
Probabilmente
qualcosa dentro di lui stava mutando; forse stava prendendo molto
seriamente quella faccenda del "provarci" e aveva iniziato
a immedesimarsi nella parte. Non c'era da stupirsi: lui faceva tutto
seriamente – cazzate incluse, anzi, in quelle ci metteva
davvero
tutto se stesso. Sakura, in fondo, non aveva tutti i torti: non
poteva continuare ad essere così severo verso se stesso, per
essere
perdonato dagli altri – da lei – avrebbe dovuto
essere lui il
primo a perdonarsi. La sua vita fino a quel momento era stata
già
abbastanza schifosa e adesso che aveva la possibilità di
viverne una
nuova, rimediando agli errori del passato, si flippava il cervello
con milioni di paranoie, autoinfliggendosi come punizione il divieto
assoluto di poter essere in qualche modo felice. Si era convinto che
la felicità non facesse per lui, che non ci fosse modo al
mondo per
raggiungerla... che
non la meritasse.
Sakura era riuscita a fargli credere per un momento che, invece, non
fosse così ed era quello il motivo per il quale aveva deciso
di
"provare". Il che non riguardava solo la sfera
sentimentale, per così dire "amorosa" , ma anche tutto il
resto: l'amicizia, il senso di appartenenza, il significato di
Shinobi, di Villaggio... di Clan. La
normalità.
Il percorso che aveva deciso di intraprendere, facendo quella
promessa a Sakura – perché adesso era chiaro anche
a lui che si
trattasse di quello – , sarebbe stato lungo e doloroso... ma
cosa nella sua vita non lo era stato?
Il
problema risiedeva nel "come".
Considerando
le precedenti esperienze come minimo avrebbe dovuto lasciare il
Villaggio e trovare la sua strada senza l'aiuto di nessuno
perché
era fuori discussione che sobbarcasse Naruto e Sakura anche del peso
della sua redenzione. Loro
non avevano niente a che fare con i suoi peccati.
Si sentiva di per sé una specie di caso psicologico, un
emarginato e
accettare in toto il loro aiuto lo avrebbe fatto sentire anche
peggio. Doveva capire da solo quello che voleva essere, altrimenti,
come era già accaduto in passato, avrebbe rischiato di
recitare un
ruolo imposto dalle circostanze. Aveva detto che ci avrebbe
provato... beh, lo avrebbe fatto alla grande, come solo lui sapeva
fare. Anche perché Sakura e Naruto lo meritavano. Se tutte
le
vicissitudini che singolarmente avevano passato per arrivare poi a
ricongiungersi dovevano avere come conclusione che lui divenisse,
infine, per lei un compagno e per lui un fratello, allora non
desiderava fingere di esserlo solo per dare loro un illusione, un
contentino.
Il fatto che si sentisse in qualche modo in debito con loro non
doveva portarlo a scegliere la strada più breve,
più comoda.
Sarebbe stato facile fingere di ricambiare l'amore di Sakura, porre
fine ai suoi tormenti, prenderla tra le braccia e agire come un
normale diciassettenne con normali pulsioni sessuali. Ma lui non era
mai stato un bambino normale,
né un adolescente
normale...
e adesso che stava raggiungendo la maturità perché
mai non rispettare la tradizione?
In fondo, Naruto e Sakura erano sempre stati consapevoli di questa
sua caratteristica peculiare e gli avevano voluto bene lo stesso.
Gli
avevano voluto bene lo stesso.
Era
sempre stato così chiaro che si diede dello stupido da solo:
loro
due avevano visto il suo lato umano e la bestia, il meglio e il
peggio – soprattutto quest'ultimo – e non avevano
mai smesso di
cercarlo, di riportarlo sulla retta via... non avevano mai smesso di
amarlo. Inconsapevolmente aveva ricevuto così tanto amore da
loro
che forse in una vita intera non sarebbe mai riuscito a
compensarlo... ma
avrebbe tentato.
Un'inspiegabile
moto di ottimismo gli fece incurvare le labbra in un sorriso sincero.
Alzò lo sguardo verso il cielo. Era da tanto tempo che non
lo
faceva. L'ultima volta che si era soffermato a guardarlo era steso
sulla mano della statua di Madara Uchiha, in fin di vita, e aveva
pensato di non averne mai visto uno più sereno di quello.
L'azzurro
poi era stato sostituito dal verde, spento, degli occhi amareggiati
di Sakura e le nuvole erano tornate prepotentemente. Nuvole grigie,
cariche di dolore, di senso di colpa. I suoi occhi si erano persi tra
i fili rosa dei capelli di Sakura, cercando un po' di colore,
perché
quel cielo così cupo prometteva pioggia e lui, che era
fango,
rischiava di sciogliersi rimanendo solo una traccia sbiadita su un
cumulo di macerie.
"Scusa
per tutto quello che ho fatto finora"
Vide
scendere lungo le sue guance lacrime colme di sollievo che come sassi
si infransero contro le sue ossa, aprendo una voragine nel petto,
lì
dove qualcosa aveva ripreso a battere. Il verde tornò verde
e le
nuvole cominciarono a dissiparsi.
Sorrise,
guardandola asciugarsi goffamente le lacrime con il braccio per
nascondere quella debolezza. Era sempre stata piagnucolona... noiosa,
ma in quel preciso istante rappresentava la cosa più vicina
alla
definizione di casa da che ne avesse memoria.
Sì,
era a casa, tra le persone che gli volevano bene per quello che era
–
qualunque
cosa fosse.
Preso
dai suoi pensieri non si accorse di aver superato il centro del
Villaggio, ritrovandosi nei dintorni dell'Accademia, precisamente nel
campo di allenamento. Si guardò intorno constatando che
almeno quel
posto non fosse cambiato più di tanto: i bersagli di legno
per
imparare a lanciare i kunai erano solo un po' più sbiaditi
di quanto
ricordasse e gli alberi intorno erano più rigogliosi tanto
che non
riuscì a scorgere la figura appollaiata su uno dei rami che,
al
contrario, si era accorta della sua presenza. Si diresse verso un
albero e si mise a sedere stancamente a terra, poggiando la schiena
al tronco.
Gli
tornarono alla mente tantissimi ricordi: Naruto che lo sfidava
continuamente, le sue compagne di scuola urlanti, i maestri stupiti
dalla sua bravura. Quello era stato il momento più sereno
della sua
vita dopo la strage del suo Clan anche se quando tornava a casa, al
termine delle lezioni, il silenzio gli ricordava di essere solo.
"Che
ci fai da queste parti, Sasuke?"
La
voce proveniva dall'alto e benché quel tono stanco fosse
assolutamente inconfondibile, alzò lo sguardo verso le
fronde
dell'albero.
"Nara...
tu piuttosto, cosa fai qui? Non hai nessuna delegazione a cui fare da
scorta?" gli chiese Sasuke, aggrottando un po' la fronte,
infastidito dal sole che filtrava tra gli alberi..
Shikamaru
era steso su un ramo, con le braccia dietro la testa e gli occhi
chiusi.
"Lasciamo
perdere... mi hanno affidato quella seccatura di Suna" gli
rispose, scostando un braccio per consentire alla mano di frugare
nella tasca del gilet. Ne tirò fuori una sigaretta e la
portò alle
labbra, dandole poi fuoco.
"Vuoi
una sigaretta?" biascicò.
Sasuke
scosse la testa in segno di diniego.
"Da
quando fumi?" la domanda uscì dalle labbra dell'Uchiha
spontaneamente, malcelando la sua curiosità.
"Sono
cambiate molte cose, Sasuke. " sospirò il Nara, buttando
fuori
il fumo "Molte persone ci hanno lasciato" Shikamaru si
riferiva, ovviamente, ad Asuma e a suo padre. Sasuke aveva saputo di
Asuma per vie traverse, dopo la fine della guerra: aveva incontrato
Kurenai con la sua bambina e Naruto gli aveva spiegato che era la
figlia di Asuma, raccontandogli come fosse morto da eroe, combattendo
contro Hidan e Kakuzu. Naruto aveva contribuito a spazzare via
Kakuzu, ma Hidan era stato sconfitto da Shikamaru che aveva vendicato
così il suo maestro.
"Ma
la vita va avanti lo stesso" concluse Shikamaru, prendendo
un'altra boccata di fumo.
"Mh"
Sasuke non poté dargli torto. Bene o male in quella guerra,
o anche
prima, tutti avevano perso qualcuno, ma l'unico che continuava a
crogiolarsi nel dolore era lui. Aveva avuto giustizia per Itachi,
aveva capito che ci fosse qualcos'altro al mondo di importante oltre
la vendetta, ma non riusciva a uscire da quella gabbia che si era
costruito da solo, fatta di ricordi e rimpianti. Shikamaru aveva
perso suo padre e anche il suo maestro, eppure non vedeva il futuro
con negatività... la vita andava avanti, nonostante tutto.
Come
aveva fatto a giungere a una conclusione del genere?
Sasuke
rivolse lo sguardo al campo di allenamento, lasciando spazio ai
ricordi. Shikamaru era sempre stato intelligente ben oltre la norma,
non parlava mai a sproposito e non era chiassoso; ricordava anche che
fosse incredibilmente pigro e quello sembrava non essere cambiato
data l'accidia che mostrava nello stare disteso su quel ramo.
Razionalizzò
che in fondo non avesse avuto modo di conoscere nessuno dei suoi
compagni d'Accademia, non aveva assistito alla loro crescita
personale e come ninja; non aveva idea di quello che avessero passato
in quegli anni e pensò che probabilmente loro lo
considerassero al
pari di un estraneo.
"Per
colpa tua ho fallito una missione" gli raccontò Shikamaru,
spegnendo infine la sigaretta sul ramo dell'albero per poi mettersi a
sedere. Si riferiva alla missione di recupero, quando si era
scontrato con Tayuya "Ma se il mio culo è su questo albero
oggi, lo devo anche a te dopotutto" concluse con un ghigno,
calando giù dall'albero con un balzo.
Già,
era anche merito suo, ma Shikamaru non poteva sapere quello che era
accaduto in seguito.
"Penso
che Naruto e Sakura siano molto contenti del tuo ritorno"
affermò ancora il Nara, facendo alcuni passi con le mani in
tasca
"Almeno se la smetteranno di rompere" aggiunse
ironicamente, ripensando a tutte quelle volte che aveva visto Sakura
piangere per lui e Naruto proclamare che lo avrebbe riportato a casa.
"Forse"
ribatté Sasuke che iniziava a trovare quella conversazione
alquanto
piacevole. Shikamaru non era il tipo da discorsi faziosi, quello che
diceva era sempre ben ponderato e soprattutto aveva un incredibile
intuito che non gli consentì di prendere quel "Forse" come
una battuta ironica. Colse il suo vero significato perché si
era
chiesto tante volte quali fossero le attuali intenzioni di Sasuke,
quale sarebbe stato il suo ruolo nel Villaggio e se il Villaggio
fosse il suo posto – soprattutto.
"Cosa
pensi di fare adesso?" gli chiese senza mezzi termini "Non
che mi interessi, ma troverei abbastanza seccante inseguirti di
nuovo" chiosò sarcasticamente, di spalle, alzando il capo
verso
il cielo.
"Non
ho ancora le idee chiare" gli rispose sinceramente.
"Hai
tempo per pensarci" lo rincuorò Shikamaru che forse era
riuscito davvero a comprendere cosa gli passasse per la testa, la
pressione che sentiva nel dover per forza evolvere in qualcosa che
non nuocesse a nessuno, soprattutto ai suoi compagni di Team.
Lo
sguardo di Sasuke fu rapito dallo sberluccicare di qualcosa, sembrava
uno specchio, dall'alto di un edificio del centro del Villaggio.
"Adesso
devo proprio andare, i Subaku hanno terminato il loro incontro con
l'Hokage" gli comunicò il Nara, aggiungendo un sentito "che
noia!" . "Ci vediamo in giro, Sasuke" continuò,
facendogli un cenno di saluto con la mano "O almeno spero".
Lo
spero anch'io.
Nessuno,
al Villaggio, sembrava infastidito dal fatto che fosse tornato,
malgrado quello che aveva combinato in passato e questa cosa
significava davvero tanto. Nessun rancore. A causa della guerra erano
tutti così stanchi di odiare che desideravano solo riuscire
a
cancellare il passato.
Chiuse
gli occhi, poggiando la testa al tronco, godendosi la pace e la
tranquillità di quel luogo poco frequentato.
Rimase
a lungo all'ombra di quell'albero, avvolto nel suo mantello nero,
fino a che non percepì la presenza di qualcuno a pochi passi
da lui.
Aprì gli occhi e si guardò intorno, ma in un
primo momento non
riuscì a scorgere nessuno. Eppure aveva come la sensazione
che ci
fosse qualcuno che lo osservasse nell'ombra.
"Vieni
fuori, chiunque tu sia!" tuonò, con voce ferma e il
cespuglio
alla sua sinistra cominciò a muoversi.
"Ah,
sei tu." constatò, riconoscendo il "sostituto".
"Perdonami,
Sasuke, ma non avevo ancora avuto modo di ritrarti" gli
spiegò
Sai, con un sorriso tirato.
Sasuke
di per sé era un musone, ma quel sorriso forzato di Sai
riusciva a
fargli venire i brividi.
Sai
fece qualche passo verso di lui, con la temerarietà di chi
non tiene
molto alla sua pelle, e gli porse il suo album da disegno.
"Vedi...
ho ritratto Sakura e Naruto durante le nostre missioni"
Le
"nostre" missioni. Sasuke provò quasi fastidio nel
sentirglielo dire.
"Mi
mancavi tu come membro del Team 7, anche se un po' di tempo fa ti
ritrassi sulla base dei ricordi che avevo di te." continuò
il
ninja della Radice, indicandogli la bozza del disegno che aveva
riprodotto su delle porte in legno di una casa abbandonata e che
ritraeva i membri del Team, lui incluso, mano nella mano.
Sasuke
poggiò l'album sulle ginocchia e lo sfogliò senza
chiedergli alcun
permesso. Vi erano molti ritratti di Naruto e Sakura, qualcuno anche
di Kakashi e Yamato; alcuni paesaggi e scene di vita del Villaggio.
Fu costretto ad ammettere che quello strano tizio avesse davvero
molto talento perché i suoi disegni sembravano davvero
reali. In
ultimo vide la bozza del ritratto che aveva lui come soggetto, quella
su cui Sai stava lavorando prima di venire interrotto. C'era qualcosa
in quelle linee spezzate e quel chiaroscuro appena accennato che
rendevano bene l'idea di chi fosse in quel momento Sasuke Uchiha:
confusione.
Tutti,
in un modo o nell'altro, avevano capito come si sentisse, persino Sai
che aveva avuto modo di relazionarsi con lui solo poche volte.
Richiuse
l'album e si mosse per riconsegnarlo al legittimo proprietario che
non sembrò così ansioso di riaverlo, rimanendo
fermo, e sorridente,
davanti a lui.
"Puoi
tenerlo, se vuoi." gli propose il ragazzo "Penso che sia
un'azione gentile da parte mia lasciartelo per un po'. Me lo ridarai
in seguito" Parlava in modo strano, sorrideva in modo strano –
e poi dicevano di lui - , ma Sasuke dovette ammettere che
fosse
davvero un'azione gentile nei suoi confronti, considerando che la
prima volta che lui e Sai si erano incontrati, quest'ultimo aveva
ricevuto l'ordine di ucciderlo.
Sasuke
annuì, un po' perplesso: cosa avrebbe dovuto farsene di un
album da
disegno?
"In
questi casi penso che la parola più opportuna sia
bentornato"
gli disse Sai dopo un'attenta riflessione "Sakura, adesso,
potrà
diventare una vera donna" continuò, incurante del fatto che
le
sue parole potessero apparire inopportune tanto da riuscire a mettere
in imbarazzo l'Uchiha che a quel piccolo particolare non aveva ancora
pensato – a patto che Sai intendesse proprio quello.
"E
Naruto potrà mettere in pratica tutti quei discorsi
sull'amicizia e
la fratellanza che ha cercato di spiegare anche a me"
In
pratica... un incubo.
"Ho
letto su un libro che l'amore è in grado di guarire tutte le
ferite,
ma non sono riuscito ancora a capire come ci riesca. Ammetto di non
essere molto pratico in questo campo"
Siamo
in due.
"Forse
Naruto e Sakura lo sanno"
Loro
di sicuro.
"Pensi
sia opportuno che glielo chieda?"
Mettiti
in fila.
Sasuke
inarcò un sopracciglio: quella conversazione aveva un non so
che di
surreale... quel tizio era surreale, eppure non provava disagio in
sua presenza. Forse era fastidio, forse... gelosia. Sai
aveva
fatto parte del Team 7, aveva vissuto a stretto contatto con Naruto e
Sakura, gli era stato vicino – a suo modo – in
svariati momenti.
A pensarci bene, avrebbe dovuto ringraziarlo, e invece desiderava
tanto dirgli "Ok, ora evapora, sono tornato e mi riprendo il mio
posto."
"Fai
come credi" ribatté Sasuke, optando per un atteggiamento
diplomatico.
Si
alzò da terra e allungò il braccio per restituire
l'album a Sai che
per la seconda volta rifiutò di riprenderselo.
"Ho
piacere che lo tenga tu per un po'" gli ripeté il ninja
della
radice.
"Non
è necessario" Sasuke tentò di intimorirlo
associando alle
parole uno sguardo che in molti avrebbero definito estremamente
eloquente.
"Insisto"
Che
palle!
"Va
bene. Ti ringrazio" Sasuke, infine, capitolò, concludendo
che
non ci fosse altro modo per levarselo di torno.
Sai
gli sorrise compiaciuto e Sasuke pensò bene di filarsela
finché era
in tempo – tante volte al "sostituto" fosse venuta l'idea
malsana di intavolare una qualsivoglia conversazione.
Si
diresse, quindi, verso casa con l'album da disegno sotto il braccio.
Un'immagine abbastanza ridicola.
Transitando
nei pressi del centro scorse l'inconfondibile testa rosa della sua
compagna di squadra, o compagna e basta... compagna in prova. Ecco,
forse quella era la definizione più appropriata.
*
Note
dell'Autrice
Carissimissimissimi
lettori, come state? Io sono sull'orlo di una crisi di nervi
perché
sono riuscita a terminare questo capitolo che sostava nel mio pc,
incompleto, da circa due settimane. Non che mi mancasse la voglia di
scrivere, anzi, fremevo dalla voglia di farlo, ma il tempo a mia
disposizione è stato più risicato del solito. Un
po' per il
lavoro(ho lavorato anche questa mattina), la vita reale etc. , un po'
perché mi sono dedicata a tradurre la Sakura Hiden in
italiano come
alcuni di voi già sanno. (Anche lì sono rimasta
indietro e spero di
mettermi in paro con i capitoli tradotti in inglese il prima
possibile)
Qualora
voleste leggerla vi basta andare sul mio profilo Efp e cliccare sul
mappamondo posto sotto l'avatar, vi reindirizzerà alla mia
pagina
tumblr dove, tra le tante fanart sasusaku che rebloggo, troverete
anche i capitoli tradotti. Se doveste avere problemi contattatemi in
privato.
Che
dire di questo capitolo... di transizione, senza alcun dubbio, ma ho
pensato che fosse giusto far interagire Sasuke con altre persone.
Dopotutto, se quello che si dice è vero e lui è
rimasto a Konoha
per alcuni mesi, penso che abbia avuto modo di incontrare gli altri
personaggi e scambiarci due parole.
Il
prossimo capitolo *teneroso*
spero di riuscire a
pubblicarlo domenica prossima, tempo permettendo. Vi ringrazio
tantissimo per la pazienza e per le tante recensioni che avete
lasciato a questa storia. Non importa se faccio le quattro di mattina
e il giorno dopo ho le occhiaie Itachi-mode, non riesco a rinunciare
a questa mia passione e questo lo devo a voi lettori che mi seguite e
spronate sempre anche se ultimamente sono spesso latitante. :-)
Ah,
bei tempi, quando pubblicavo due, tre capitoli al giorno! Ma non mi
lamento perché il lavoro è davvero una cosa
importante.
Desidero
rassicurare anche coloro che seguono le altre fan che attualmente
sono in stand-by : le finirò, promesso.
Vado
a morire sul divano e rispondo alle vostre rec.
Sakura
si chiese cosa l'avesse spinta a confidare a Ino Yamanaka quanto
accaduto, quale assurda tendenza masochistica. Forse desiderava solo
vendicarsi per la scenetta imbarazzante e irritante occorsa qualche
giorno prima – iniziava già a pensare come un Uchiha
– oppure aveva solo bisogno di parlarne con qualcuno per avere
la certezza che fosse successo davvero. Certo, avrebbe potuto
scegliere di confidarsi con Hinata, persino con Ten Ten, e non con
quell'arpia travestita da migliore amica che appena ascoltato il suo
racconto aveva iniziato a sganasciarsi dalle risate.
Ino,
dal canto suo, aveva estorto la confessione con i suoi soliti modi
poco ortodossi dopo aver notato l'aria sognante e la strana aura di
buonumore che avvolgeva l'amica... strana,
davvero molto strana.
Da quando Sakura aveva dichiarato di essere innamorata di Sasuke in
tenerissima età, il suo umore era peggiorato con l'andar degli
anni rendendola una persona irritabile e tendenzialmente depressa, ma
quella mattina sembrava aver appena catturato il criminale più
quotato del Bingo Book e intascato una lauta ricompensa. Mai avrebbe
creduto che, in fondo, la realtà non fosse tanto diversa.
Sakura sorrideva, a tutti, al nulla, persino al vecchietto pervertito
della stanza numero tre, quello che allungava le mani, canticchiava
come un usignolo e ogni tanto si imbambolava, guardando nel vuoto con
sguardo sognante: le
stava nascondendo qualcosa.
"Sei
sicura di non aver sognato?" le chiese, dopo aver preso un
profondo respiro per riprendersi dalle risate. Aveva persino le
lacrime agli occhi l'Erinne.
"Guarda,
lascia perdere, fa finta che non ti abbia detto niente" le
rispose piccata Sakura, incrociando le braccia e girando il viso da
un lato.
"Scusa,
ma non credi anche tu che ci sia qualcosa di un tantino assurdo in
quello che mi hai raccontato?"
Ovvio
che fosse assurdo: stavano parlando di Sasuke Uchiha, per tutti i
Kami!
"Non
trovi anche tu, Chōji?"
Non
solo Ino la stava apertamente deridendo, ma addirittura chiedeva
manforte all'Akimichi, incontrato casualmente durante l'ora pranzo.
A
Chōji era stata
affidata la delegazione del Paese della Nebbia e dopo aver lasciato
il Raikage e i sue due accompagnatori al Palazzo dell'Hokage si era
diretto verso il centro del Villaggio per trovare un posto dove
mangiare. A quel punto aveva incontrato Ino e Sakura e avevano deciso
di pranzare insieme in un chiosco.
"Sono
felice per te, Sakura" esordì l'Akimichi, ingoiando le
tre fettine di carne che aveva masticato in un secondo scarso "Anche
io spero di trovare una persona che mi voglia bene con cui creare una
famiglia" concluse con un sorriso.
Ino
divenne viola dalla rabbia.
"Chōji!"
tuonò, sbattendo il pugno sulla tavola "Ma hai ascoltato
quello che ha detto questa fronte spaziosa?"
"Non
ci vedo nulla di strano" borbottò il ragazzo, afferrando
con le bacchette un altro paio di fettine dalla piastra posta al
centro del tavolo.
Sakura
lo ringraziò mentalmente, lanciando uno sguardo di sfida alla
Yamanaka, colpita nel vivo dal tradimento del compagno di squadra.
Come
la mettiamo adesso, Ino-Pig?
"Ripetimelo
ancora. Ripetimi le parole esatte."
Caspita,
era proprio di coccio.
Sakura
sospirò affranta. Aveva capito quale fosse il gioco di Ino:
farle ripetere fino allo sfinimento quello che lei e Sasuke si erano
detti, aspettando un errore, anche solo di pronuncia, per sparare a
zero.
"Non
importa" Inaspettatamente Ino sembrò non essere più
interessata "Sasuke si sta dirigendo proprio da questa parte"
informò l'amica della lieta novella con un luccichio sinistro
nelle iridi viola e Sakura iniziò a credere che davvero non ci
fosse fine al peggio. Nella migliore delle ipotesi Sasuke avrebbe
tirato dritto fingendo di non vederli; nella peggiore, Ino avrebbe
potuto metterla in un tale imbarazzo da costringerla a supplicare
Sasuke di rinchiuderla per sempre in un illusione.
"Non
si fermerà mai a parlare con noi" decise di mettere le
mani avanti, sperando che nella sfiga
potesse essere almeno un po' fortunata.
"Questo
è certo" convenne la Yamanaka "ma se quello che hai
detto è vero, come minimo dovrà salutarti e non
azzardarti a farlo tu per prima" la minacciò,
assottigliando gli occhi.
Vipera.
Sasuke
dopo aver visto la ragazza in compagnia del diavolo
biondo
e del ciccione,
non deluse le aspettative di Sakura, tirando dritto senza degnare
nessuno di uno sguardo. Non che avesse qualcosa contro Chōji
ma, dopo quanto accaduto la volta precedente, temeva che Ino se ne
venisse fuori con un altra delle sue stramberie.
Ino
scoppiò in una fragorosa risata e a Sakura venne una gran
voglia di piangere: adesso
sì che l'avrebbe fatta a pezzi.
"Ne
ero sicura! Hai sognato tutto!" la derise, sottovalutando però
l'incredibile udito dell'Uchiha che, malgrado fosse ormai di qualche
metro distante da loro, non si era perso neanche una sillaba.
"Tsk."
sibilò Sasuke, maledicendo se stesso, Ino Yamanaka, Chōji
Akimichi e anche Sakura Haruno – soprattutto
Sakura Haruno. Una
cosa era provarci in privato, ma rendere pubblica una specie di
relazione che non era una relazione, la rendeva più relazione
di quanto non fosse – contorto
ragionamento ma fondato su solide basi. Come
minimo Sakura doveva aver raccontato alla Yamanaka il loro strano
scambio di opinioni e adesso quest'ultima si aspettava una prova
tangibile che Sakura non avesse inventato o sognato tutto. Il
rapporto tra quelle due era qualcosa di incomprensibile: erano
amiche? Nemiche? O entrambe le cose? Concluse che non gli
interessasse capirlo, ma che fosse necessario che intervenisse in
qualche modo, spinto da un incomprensibile desiderio di essere
d'aiuto a Sakura che – abituata
a peggio
– di sicuro non aveva preso a male quel suo comportamento e che
stoicamente avrebbe sopportato l'amica pur di non metterlo in
situazioni imbarazzanti.
"Sakura"
E
fu il silenzio.
Sakura
scattò all'impiedi come appena colpita da un fulmine e Ino
sentì la risata morirle in gola.
"Bisogna
comprare qualcosa per la cena di questa sera" continuò
Sasuke con tono fermo, rimanendo di spalle. Aveva buttato lì
la prima cosa che gli era venuta in mente che non potesse in alcun
modo farlo sentire e/o apparire stupido perché tanto era
arcinoto che il Team 7 cenasse insieme tutte le sere. "Mi
accompagneresti." le chiese, senza punto interrogativo –
il
punto interrogativo sarebbe stato umiliante
– e senza alcun tipo di imbarazzo– l'appellativo
di Mr Indifferenza non lo aveva guadagnato così a caso e anche
se quella semplice domanda gli aveva causato un profondo scompenso
emotivo al livello della bocca dello stomaco, dove risiedeva il suo
orgoglio, era riuscito ad apparire, come sempre, controllato e
glaciale.
"C-certo"
balbettò Sakura, raggiungendolo immediatamente, un po'
sorpresa e un po' scioccata, ma terribilmente felice.
Ino
rimase a bocca aperta per cinque minuti buoni fino a che Chōji
con un "Forse è vero" l'aveva ridestata dallo
Tsukuyomi infinito in cui credeva di essere nuovamente caduta.
"Già,
forse è vero" ripeté la ragazza, sorridendo
sinceramente.
*
Sasuke
e Sakura camminarono fianco a fianco per un bel pezzo senza
rivolgersi parola. Sakura aveva scelto il silenzio come arma di
difesa perché dato il comportamento di Ino e l'epica genialità
di Sasuke, quest'ultimo doveva aver capito perfettamente da dove
fosse scaturita l'incontenibile ilarità della prima e,
conoscendolo, doveva aver trovato davvero inopportuno da parte sua
l'aver sbandierato gli affari suoi – loro.
Perché
più o meno erano "fatti loro" adesso. Sasuke,
di contro, non parlava perché non sentiva la necessità
di farlo; guardava avanti a sé e si chiedeva che diavolo gli
fosse venuto in mente a esporsi in quel modo per evitare a Sakura una
spiacevole conversazione con Ino visto che lei non aveva avuto il
buon gusto di tenere chiusa quella boccaccia, spifferando gli affari
suoi – loro.
No, suoi! Perché era lui che ci stava provando, non tutti e
due; Sakura non si stava rivelando molto collaborativa, affatto.
Doveva per forza confidarsi con qualcuno? Non poteva parlare con una
pianta o un fungo se proprio sentiva l'esigenza di sfogarsi? Lui
parlava con la sua Kusanagi di tanto in tanto e funzionava alla
perfezione.
"Penserà
sicuramente che io sia una ragazzina pettegola" si disse Sakura,
ricadendo in quel baratro oscuro di inappropriatezza da cui pensava
di essere finalmente uscita.
Sasuke
non lo pensava, perché in fondo qualcosina delle donne la
sapeva anche lui e anche se
lo infastidiva molto l'idea che trapelassero particolari sulla sua
vita privata, non riusciva a condannare Sakura in toto: lui era
confuso e, probabilmente, doveva esserlo anche lei. Forse se il suo
carattere fosse stato diverso anche lui si sarebbe confidato con
qualcuno, avrebbe chiesto qualche dritta, posto qualche quesito;
qualche giorno prima si era lasciato andare un po' con Naruto, ma
solo perché lui come sempre gli aveva strappato le parole con
le pinze, un caso isolato, dovuto alla cocciutaggine dell'amico e non
al suo desiderio di rapportarsi con qualcuno.
Giunsero
al chiosco dove di solito acquistavano la frutta e gli ortaggi e
Sakura non perse l'occasione per uscire da quella situazione
imbarazzante: iniziò a chiacchierare con la padrona del più
e del meno, indicandole intanto ciò di cui avevano bisogno.
Sasuke si era appoggiato con le spalle al muretto di fronte, con lo
sguardo rivolto verso terra, in attesa che lei finisse.
"Sasuke-kun?"
lo chiamò Sakura, attirando la sua attenzione su di lei e su
quello che stringeva tra le mani "Vuoi i pomodori?" gli
chiese, tastando alcuni di quegli ortaggi rossi posti in una cassetta
di legno all'ingresso della bottega.
La
guardò ed ebbe come l'impressione che non fosse reale.
Sembrava improvvisamente tutto così normale, naturale. Gli
aveva solo fatto una domanda banale, eppure quella gestualità,
quel leggero imbarazzo sulle sue guance e quella sensazione di casa,
di affetto che gli aveva comunicato, erano riusciti a fargli provare
una serenità di cui non aveva più memoria.
Annuì
brevemente, distogliendo subito lo sguardo dalla compagna
sul
cui viso si era aperto un luminoso sorriso – che,
considerando i trascorsi, era già una gran passo in avanti.
Terminati
gli acquisti, Sasuke si avvicinò a lei, mostrandole l'unica
mano che aveva a disposizione per aiutarla a trasportare i sacchetti.
"Ce
la faccio da sola, non preoccuparti" tentò di opporsi la
ragazza, che parlando abbastanza bene il Sasukese
aveva capito che non le stesse chiedendo l'elemosina con quella mano
aperta all'altezza del bacino.
"Non
essere stupida" la rimproverò, forse calcando un po'
troppo la mano – per
i miracoli ci sarebbe voluto del tempo.
Sakura
non poté fare altro che arrendersi al suo sguardo che non
ammetteva repliche e fu costretta
a passargli i sacchetti, sfiorando così, per un brevissimo
istante la sua mano. Non che in quei mesi non avesse avuto modo di
toccarlo, anzi, ma in quel particolare contesto sentì un
brivido percorrerle la schiena e si chiese se per caso anche lui
avesse provato lo stesso.
No.
Non aveva provato niente del genere. In realtà non se n'era
neanche accorto. Questo è il genere di cose a cui un uomo non
bada; piccoli, insignificanti, gesti che non riescono a tangere le
sinapsi testosteroniche, ma che al contrario nell'universo femminile
danno adito a una serie interminabile di film mentali.
"Comunque
volevo ringraziarti" Sakura si sentì un pelo più
sicura e pronta a rischiare, quantomeno per capire se lui avesse o
meno compreso da cosa l'avesse salvata.
"Non
gradisco che i miei affari vengano discussi pubblicamente" le
rispose caustico, riprendendo a camminare.
Sì,
aveva compreso perfettamente.
All'altezza
dell'Ospedale si divisero. Sakura, a differenza degli altri, non
aveva avuto la giornata libera e quindi doveva tornare al lavoro –
e dalla Yamanaka. Ma sicuramente con un altro spirito.
"Ci
vediamo stasera, Sasuke-kun" lo salutò, portando il
braccio destro dietro la schiena e accompagnando le sue parole con un
leggero movimento della mano sinistra, il tutto, ovviamente, con un
dolce sorriso.
Sasuke,
avendo le sporte della spesa nella mano destra, non riuscì a
fare altro che annuire per poi proseguire verso casa di Kakashi con
la consapevolezza che, fino alla fine del turno della ragazza, le sue
orecchie avrebbero costantemente fischiato.
Con
l'impressione di avere le ali ai piedi, Sakura corse nel suo ufficio
e vi si barricò dentro. Anche se non era stato programmato,
quello poteva essere considerato un primo appuntamento? Lei e Sasuke
avevano camminato fianco a fianco per le strade di Konoha, erano
andati a fare spesa insieme, avevano parlato – cinque
dialoghi in croce, ma meglio di niente – forse dal di fuori
potevano essere considerati... una coppietta?
Oh
Kami! Una coppietta!
Sakura
pensò di essere sul punto di svenire: testa vuota, orecchie
sibilanti, gote in fiamme, battito cardiaco accelerato. I sintomi
c'erano tutti. Si mise seduta sulla prima sedia a tiro e sospirò
profondamente. Non le accadeva mai di perdere i sensi; che ne avesse
memoria, era svenuta un paio di volte nella sua vita e le ricordava
davvero molto bene: la prima, quando aveva visto Sasuke trapassato da
cento kunai nell'illusione creata da Kakashi durante la prova dei
campanelli e la seconda quando avevano combattuto contro Gaara. Erano
sempre state situazioni negative e quindi non riusciva a spiegarsi
perché l'emozione le stesse giocando quello scherzo in un
momento in cui avrebbe dovuto saltare di gioia. Poi ricordò di
non aver toccato cibo a pranzo perché prima troppo impegnata a
discutere con Ino e poi a causa dell'inaspettata passeggiata con
Sasuke.
"Quindi
non hai sognato tutto."
La
voce di Ino la fece sobbalzare – era sicura di averla chiusa
a chiave quella dannata porta.
Ino
le sventolò davanti la faccia il passpartout dell'Ospedale e
Sakura non si stupì più di tanto per l'idea diabolica –
si trattava di Ino in fondo – , anzi doveva anche essere
grata al buon senso dell'amica per aver trovato un modo sicuramente
meno rumoroso e plateale al divellere la porta.
"Ma
cos'hai? Ti senti bene?" le chiese Ino, appoggiando il sedere ed
entrambe le mani alla scrivania.
"Grazie
a te non ho toccato cibo!" le rammentò, assottigliando lo
sguardo.
"A
me? Forse la causa ha due begli occhioni neri, i capelli come la
pece, un fisico statuario e un pessimo gusto in fatto di donne."
Ino le rispose a tono, sottolineando le ultime parole.
"Molto
divertente" Sakura arricciò il naso, chiedendosi per
quale motivo l'amica non potesse per una volta, almeno per una volta,
una piccolissima, stupida, volta, evitare di spiaccicare i suoi
sogni con dieci tonnellate e mezzo di sarcasmo.
"Cosa
sta succedendo, Sakura?" le domandò Ino, questa volta con
tono serio; il tono di quella buona amica che era sempre stata.
Sakura
prese un profondo respiro prima di risponderle. In pratica non era
accaduto ancora niente di particolarmente rilevante. Ok, lui le aveva
detto che avrebbe provato a ricambiare i suoi sentimenti, ma più
lei ci pensava, più ci rifletteva, meno riusciva a credere che
fosse una cosa possibile. Francamente non era riuscita a capire come
Sasuke avesse intenzione di procedere e quale sarebbe dovuto essere
il suo ruolo. Ma sopra ogni cosa le sfuggiva il motivo per il quale
lui avesse bisogno di provarci. Per come vedeva lei l'amore, non
c'era modo di costringere o convincere qualcuno a provarlo. Lei ne
era la prova lampante. Nonostante Naruto le fosse davvero molto caro
– e sicuramente più semplice da amare – lei non
era mai riuscita a provare niente di più che un sentimento
fraterno nei suoi confronti. Naruto probabilmente sarebbe riuscito a
renderla felice, le avrebbe dato tutto quello che una donna potesse
desiderare da una relazione amorosa, ma non era Sasuke. Non
riusciva a incendiare il suo cuore con uno sguardo, a bloccarle la
salivazione con un gesto. Provava un profondo senso di colpa nei
confronti di Naruto per questo motivo. Lui le era sempre stato
vicino, le aveva salvato la vita svariate volte – persino
quando Sasuke stesso aveva tentato di tagliarle la gola con il kunai
avvelenato – le aveva perdonato quella stupida messa in scena
nel Paese del Ferro e aveva dimostrato più di una volta di
volerle bene in modo speciale. Era riuscito persino a mantenere la
sua promessa, alla fine: aveva riportato a casa Sasuke. Come
l'avrebbe presa nel venire a sapere di lei e Sasuke, qualora si fosse
realmente quagliato qualcosa?
"Vedrai
che capirà. E poi ora è una star, ha talmente tante
ragazze attorno che ha solo l'imbarazzo della scelta" la
rassicurò Ino. Chi meglio di lei avrebbe potuto farlo: si
trovava nella medesima situazione di Naruto.
"Forse
hai ragione" sospirò Sakura "mi sto facendo tanti
problemi e in fondo non ho che un pugno di mosche tra le mani"
constatò con un po' di amarezza.
"Un
pugno di mosche? Cavolo, Sakura, ti ha detto che vuole provarci! Nel
contorto cervello di Sasuke Uchiha vale quanto un "ti amo
anch'io" o giù di lì" le disse la Yamanaka
con molta calma, pesando bene le parole per dare una scarica di sana
fiducia alla sua amica che sembrava aver perso l'entusiasmo di quella
mattina.
"Non
penso che abbia scelto quelle parole per orgoglio" Sakura
avrebbe preferito non contraddirla, ma nascondersi dietro un dito non
avrebbe portato sicuramente a nulla."Mi ha chiaramente
avvertita, dicendomi di non essere sicuro di riuscire a ricambiare i
miei sentimenti" Quella era stata la parte del discorso che le
era piaciuta meno e che l'aveva convinta ad andare via, chiudere una
volta per tutte quella storiaccia, voltare pagina. Poi lui...
"Credi
che possa non riuscirci?"
"Sinceramente?"
esclamò, rimettendosi in piedi e andando verso la finestra
"Non lo so" ammise, portandosi il pugno davanti al petto
per difendersi dalle sue stesse parole.
"Bah!!!
Ti fai troppe paranoie fronte spaziosa!" sbottò Ino,
muovendo la mano avanti e indietro come per scacciare la cazzata che
l'amica aveva appena detto "Penso che oltre Naruto, tu sia
l'unico essere vivente con cui Sasuke sia riuscito a instaurare una
specie di legame affettivo. Lui ti ha scelta e non solo perché
fai parte del suo Team. Sei in una specie di cerchia di eletti. Il
problema, quindi, non sei tu." concluse, avvicinandosi a lei e
poggiandole una mano sulla spalla.
"Che
intendi dire?" le domandò Sakura che nel groviglio di
pensieri che affollavano la sua mente non riusciva ad essere
abbastanza lucida – o forse solamente un po' ottimista –
da arrivarci da sola
"Sappiamo
tutti quello che Sasuke ha passato... è solo emotivamente
bloccato. Con il tempo le cose andranno meglio, vedrai."
"Hai
ragione, Ino, sono proprio una stupida. Al posto di godermi il
momento, mi sto facendo mille problemi." convenne Sakura,
sorridendole "Sì, le cose andranno meglio. Ci vuole solo
un po' di tempo" ripeté come se quelle parole potessero
davvero darle quella convinzione che le serviva. Avrebbe solo dovuto
comportarsi normalmente, senza forzarlo, lasciandogli spazio per
riflettere con serenità, accontentandosi di tutto il buono che
ne sarebbe potuto venire e accantonando in un angolino le cose
negative. Doveva solo fargli capire di essere al suo fianco, sempre e
comunque, senza aver fretta di ottenere da lui quello che desiderava.
"Scusa,
Ino" Sakura riprese a parlare con gli occhi lucidi: aveva
proprio bisogno di un parere su quella faccenda e realizzò
solo in quel momento che fosse stata proprio la sua acerrima nemica
in amore ad averglielo dato.
"Di
cosa?" le chiese l'amica, inarcando un sopracciglio.
"Sono
qui a parlarti di Sasuke, quando tu..."
"Io
cosa?" tuonò la Yamanaka, mettendola a tacere "Se ti
riferisci a quello che è accaduto qualche giorno fa" e
arrossì appena "Beh! Ero scossa per i funerali e avevo
bisogno di distrarmi." le confessò, mentendo un pochino,
ma a fin di bene.
"Quindi
tu non sei più innamorata di Sasuke-kun?!"
"Ma
no, tranquilla! E' troppo contorto per i miei gusti." le
rispose, scoppiando a ridere " Sono altri gli uomini che mi
interessano"
"Tipo?"
indagò Sakura con curiosità.
"Nessuno,
per il momento" Ino mentì di nuovo, ma a Sakura non
sfuggì il rossore sulle sue guance, chiaro segnale che Ino
avesse già in mente qualcuno – che, tra l'altro,
conosceva fin troppo bene. "Torniamo al lavoro" tagliò
corto la bionda, avviandosi verso la porta "Il vecchietto della
tre ti aspetta"
"Uhm!
Stavolta lo pesto se si azzarda a toccarmi!"
*
Sakura
entrò trafelata nell'appartamento di Kakashi. Aveva fatto
molto tardi e sicuramente quei due – uno
dei due di sicuro
– stavano morendo di fame.
"Scusate,
ma ho dovuto curare una frattura – assolutamente
– accidentale
a un povero vecchietto" esordì, trovandoli entrambi
seduti al divano come due mariti contrariati a causa del ritardo
della moglie – quella
situazione stava diventando un po' ambigua.
"Non
preoccuparti Sakura-chan, io e il Teme abbiamo fatto una bella
chiacchierata" la rassicurò Naruto con un gran sorriso.
Chiacchierata?
E di cosa?
Il
dubbio serpeggiò nella testa di Sakura fino alla corteccia
cerebrale che per dispetto le tolse la parola.
Forse...
Ma no, non poteva essere.
Un
profondo senso di angoscia la strangolò, facendole mancare il
fiato. L'idea che Naruto sapesse, la terrorizzava sopra ogni cosa
perché lui non avrebbe mai mostrato del risentimento o della
delusione; avrebbe finto, come probabilmente stava facendo in quel
momento e lei si sentiva morire all'idea di avergli fatto del male
– o che Sasuke lo avesse fatto al suo posto; che forse come
ipotesi poteva essere anche peggiore.
Di sicuro lei avrebbe avuto più tatto, più gentilezza
nel spiegargli come stavano le cose, mentre Sasuke... beh. Sasuke ci
stava lavorando, ma era ancora molto lontano dall'apparire almeno un
po' cortese, quantomeno sensibile.
La
scena le si figurò davanti agli occhi ed ebbe quasi paura di
svenire – di nuovo, perché in fondo non aveva ancora
toccato cibo.
"Teme,
vorrei chiedere a Sakura-chan di uscire con me"
"Sei
arrivato tardi Dobe!"
"Che
cosa vuoi dire?"
"Che
hai perso Usuratonkachi"
Riuscì
a vedere a rallentatore il cuore di Naruto che si frantumava in mille
pezzi, senza lasciarsi sfuggire, ovviamente, il ghigno di
soddisfazione di Sasuke che ne era derivato.
No.
Non doveva andare così!
Si
disperò, abbassando il capo e portandosi le mani nei capelli
con i palmi poggiati a premere contro le tempie che sembravano essere
sul punto di scoppiare.
Sasuke
e Naruto la osservarono perplessi, non riuscendo a capire cosa le
fosse preso: era stanca? Aveva l'emicrania? Si stava trasformando in
una bestia codata?
"Non
avresti dovuto farlo" mormorò Sakura... e Sasuke –
chissà
perché
– si sentì chiamato in causa. Inarcò un
sopracciglio, riflettendo sul fatto che Sakura, talvolta, sembrasse
anche più spostata di lui, sicuramente più
melodrammatica, e che fosse in qualche modo ossessionata dall'idea
che lui potesse fare del male a qualcuno, a lei in primis –
come
darle torto.
"Sakura-chan,
che ha fatto il Teme?" le chiese Naruto che, al contrario
dell'amico, non si era sentito minimamente chiamato in causa e che
già intravedeva all'orizzonte una bella scazzottata per far
pagare a Sasuke qualunque cosa lui avesse fatto. "Se ti
riferisci alla faccenda del ghiaccio, hai tutte le ragioni per essere
arrabbiata. Non avrebbe dovuto buttarlo" continuò
l'Uzumaki, incurante del soffio caldo del Katon alle sue spalle,
pronto ad esplodere in qualsiasi momento.
Il
sopracciglio di Sasuke cominciò involontariamente a tremare –
non
poteva farci assolutamente niente, Naruto riusciva a farlo andare
fuori dai gangheri
– tentò di fermarlo alzando gli occhi al cielo, dove
risiedevano quei Kami che continuavano a torturarlo per tutti i
peccati che aveva compiuto – doveva
trovare il modo di espiarli, e subito!
"Ghiaccio?"
Sakura si riprese come da un brutto sogno e guardò l'amico con
aria interrogativa.
Quindi
lui... quindi tu...
Sono
proprio una deficiente!
Come
aveva potuto pensare anche solo per un attimo che Sasuke avesse
raccontato tutto a Naruto? Sarebbe stato totalmente fuori dal
personaggio, fuori dal mondo, fuori dall'universo, dalla galassia,
dal sistema solare. Era stato il senso di colpa a scatenarle
quell'asfissiante attacco di "coda di paglia". Sapeva di
dover parlare con Naruto, di dovergli spiegare tutto con molta calma
– anche se non c'era ancora niente di ben definito – e
l'idea che l'avesse fatto Sasuke al posto suo, se da un lato l'aveva
terrorizzata – per
la modalità cruenta
– dall'altro l'aveva sollevata – perché
non sarebbe più spettato a lei.
Scoppiò
a ridere, giusto per continuare a fare qualcosa di profondamente
stupido. alla stregua di quanto fatto precedentemente, così
che potessero essere entrambi certi che fosse davvero a un passo
dalla follia – anche
in questo stava iniziando a comportarsi come un Uchiha
(paragone sempre al maschile non avendo avuto esempi femminili a cui
fare riferimento).
Sasuke
pensò che non sarebbe mai riuscito ad abituarsi ai repentini
sbalzi d'umore di Sakura, soprattutto perché erano più
immotivati ed estemporanei dei suoi.
"Io
ho fame!" piagnucolò Naruto, sventolando la manica destra
della casacca arancione.
Aveva
preso discretamente bene la faccenda di non aver più un
braccio, perché come le aveva detto qualche giorno prima,
durante la visita di routine, quel braccio gli era valso un fratello
e lo aveva detto con un tono talmente sincero e felice che Sakura non
aveva potuto fare altro che girarsi di spalle e asciugarsi gli occhi,
umidi di lacrime.
Quel
braccio le aveva riportato anche il suo solo e unico amore.
Quell'amore, che impettito come un fagiano ripieno, si stava
spostando con eleganza dal salottino alla cucina . Era
un bel fagiano però.
Cenarono,
come sempre, chiacchierando del più e del meno. Un paio di
volte Naruto aveva provato a chiederle cosa le fosse preso e Sasuke
tentò di carpire segnali – chiederglielo
sarebbe stato poco edificante anche se sicuramente più
semplice.
Sakura
aveva puntualmente glissato il discorso, adducendo come causa la
giornata alquanto stressante. E Sasuke si sentì chiamato
nuovamente in causa perché una parte di quella giornata
stressante l'aveva passata con lui, quindi... lui
era stressante? Beh,
certo, non si poteva dire che lui fosse il compagno della "compagna
in prova" perfetto, ma non riteneva di aver fatto nulla che
avesse potuto in qualche modo alterare ulteriormente l'equilibrio
mentale già precario di Sakura. Non l'aveva offesa, non le
aveva detto "noiosa, inutile, palla al piede, etc" , non
l'aveva tramortita, non aveva tentato di ucciderla, le aveva
addirittura offerto il suo aiuto per portare le sporte della spesa –
proprio come un gentiluomo – e soprattutto l'aveva salvata da
Ino Yamanaka. Solo per quest'ultima cosa, Sakura avrebbe dovuto
ringraziarlo almeno per venti, trenta anni; essere una moglie devota,
silenziosa – pagare
il mutuo, allevare da sola la figlia, fare finta di non ricordarsi
com'era fatto
– e venerarlo per il resto dei suoi giorni. E invece, si faceva
venire le crisi da stress.
"E'
davvero buono questo riso con le verdure." si complimentò
Naruto. Sakura sapeva cucinare solo quello e aveva utilizzato le
verdure comprate quella mattina per condire un po' di riso bianco
dato che i due principini non si erano scomodati a preparare nulla –
va bene che avevano un solo braccio, ma con quello sinistro di Naruto
e quello destro di Sasuke, alla fine riuscivano a comporre una
persona egregiamente autonoma o comunque capace di mettere a bollire
un po' di riso. Aveva cucinato con l'occhio vigile e indagatore di
Sasuke puntato su di lei, con una certa ansia da prestazione perché
desiderava tanto dimostrargli di essere una brava donna di casa,
oltre che il migliore ninja medico di tutti i Villaggi. In realtà
Sasuke era solo terrorizzato all'idea che potesse dare fuoco alla
cucina, che tra l'altro non era neanche la sua.
"A
me le verdure non piacciono, ma queste, Sakura-chan, sono veramente
speciali" rincarò la dose l'Uzumaki, provocando un moto
di disgusto a Sasuke: quelle verdure erano effettivamente buone, ma
non vi trovava proprio nulla di speciale. Naruto era il solito
adulatore.
"Grazie,
Naruto" cinguettò Sakura come un'allodola, arrossendo un
po' – e
giù un altro po' di disgusto insieme a tre chicchi di riso e
una carota bollita.
"Le
hai comprate nel solito negozio?" le chiese il biondo. Sasuke
iniziò quasi a sentirsi di troppo. Mangiava il suo riso in
silenzio, assistendo a una comune scena di routine famigliare. In
virtù del fatto che ci stesse provando, forse al posto di
Naruto ci sarebbe dovuto essere lui. Sakura avrebbe dovuto arrossire
per un suo complimento e avrebbe dovuto cinguettare "Grazie,
Sasuke-kun".
Non
ce la poteva fare.
Lui non era quel tipo di uomo, non lo sarebbe mai stato e a Sakura
quelle cose piacevano, era così evidente. Con quella serie di
complimenti smielati Naruto si era risparmiato come minimo tre,
quattro violenti pestaggi.
"Le
abbiamo comprate questo pomeriggio." intervenne Sasuke "Adesso
se pensi a mangiare al posto di dire idiozie" Sasuke stroncò
la conversazione, rivelando tuttavia un piccolissimo particolare che
non passò inosservato a Naruto: Sasuke e Sakura si erano visti
senza di lui. Non che non fosse mai accaduto, non era stato sempre
presente durante le medicazioni, ma al di fuori dell'Ospedale... no,
quello era davvero molto strano. Guardò Sakura e notò
come si fosse irrigidita, imbarazzata. Probabilmente Sasuke aveva
seguito il suo consiglio.
"Prendo
la frutta" Sakura si alzò dal tavolo e si diresse verso
il frigorifero.
Come
tutto ciò che Sasuke diceva, quelle parole non erano uscite
casualmente dalle sue labbra. Con cinque misere parole era riuscito a
ottenere il silenzio e mettere in chiaro le cose. Sakura pregò
che Naruto desistesse dal continuare la conversazione, almeno per il
momento. Sarebbe stato troppo imbarazzante parlare con lui al
cospetto di Sasuke che continuava, tranquillamente, a rimanere seduto
al suo posto come niente fosse.
"Il
ghiaccio non c'è" le comunicò l'Uchiha
all'improvviso, facendola sobbalzare.
Era
troppo! Non solo aveva avuto il tatto pari a quello di un pachiderma
, ma dopo aver buttato di proposito il ghiaccio – Naruto aveva
confessato al suo posto – non si era neanche premurato di
rimettere un po' d'acqua nel congelatore proprio adesso che aveva
bisogno di masticare del ghiaccio per allentare la tensione.
Sakura
abbassò il capo e strinse lo sportello del frigorifero tra le
mani con tanta forza da rischiare di piegarlo. Con un alone di furia
cieca, mista a stress, mista a qualsiasi cosa potesse aver suscitato
Sasuke negli ultimi dieci minuti, si avvicinò al tavolo.
Naruto istintivamente tentò di nascondersi sotto al tavolo,
mentre Sasuke rimase immobile, certo che la Kunoichi non avrebbe
osa...
"Baka!"
E
il pugno di Sakura si abbattè sull'ignaro, quanto impreparato
Sasuke, che in quanto Uchiha e possessore di un rinnegan nuovo di
pacca, avrebbe dovuto quantomeno scansare il colpo. Il problema fu...
che proprio non lo vide arrivare e quando la sua scatola cranica
scricchiolò, spiaccicandosi sul tavolo della cucina che a sua
volta aveva prodotto un sinistro rumore, era ormai troppo tardi per
ogni tipo di diavoleria oculare.
Lo
aveva colpito. Lo aveva colpito sul serio. Lo aveva trattato alla
stregua dell'Usuratonkachi.
Naruto,
scioccato, riemerse da sotto il tavolo. Guardò il viso di
Sasuke, divenuto parte integrante del tavolino di legno, e scoppiò
in una sonora risata, puntando il dito indice con fare decisamente
derisorio verso di lui.
Ok,
erano morti. Tutti e due!
Sasuke
si tirò su con la dignità che lo aveva sempre
contraddistinto. Si spettinò i capelli, facendo cadere i
chicchi di riso che vi si erano infiltrati per lo schianto contro la
scodella e si voltò lentamente prima verso Naruto a cui lanciò
uno sguardo carbonizzante e poi verso Sakura. La Kunoichi, tentò
di celare l'agitazione, dando fondo a tutta l'adrenalina prodotta da
quell'atto che adesso le sembrò assolutamente sconsiderato.
Ma
che cosa le era saltato in mente?
Si
preparò al peggio. Sarebbe morta dopo atroci sofferenze,
sollevando Sasuke anche dall'onere di provarci. Non avrebbe mai
saputo come sarebbe potuta andare a finire.
Sasuke
la guardò, annusò l'aria colma di terrore e di attesa;
il rinnegan percepì un leggero movimento alla sua destra: era
Naruto che si stava preparando a difendere Sakura.
Stolto!
Lei,
invece, era in piedi davanti a lui, immobile, in attesa
dell'esecuzione. Nostalgici
ricordi!
I
loro occhi s'incontrarono: quelli di Sakura spaventati, lucidi;
quelli di Sasuke glaciali, pronti a colpire in qualsiasi momento. La
tensione era al massimo. Sakura riusciva a contare i battiti del
proprio cuore come se lo avesse avuto tra le mani. Quello di Sasuke
batteva in modo talmente impercettibile che a momenti sembrava che
non ci fosse.
"Tsk"
sibilò l'Uchiha, abbozzando un sorriso sghembo.
Ecco
il primo passo verso la normalità.
***
Angolo
Autrice
Gentilissimi
lettori, buona notte!
Sono
in ritardo di un paio di giorni ma per una giustissima causa: ho
tradotto i capitoli della Sakura Hiden. Al momento sono in linea con
i capitoli tradotti in inglese e quindi ho pensato di terminare
questo capitolo. Come sempre li trovate sulla mia pagina tumblr.
Il
primo capitolo del Naruto Gaiden mi ha lasciato un po' perplessa(come
si è potuto notare dalla piccola parentesi che ho aperto e
chiuso nel corso della storia, scritta con un carattere piccolo,
piccolo) e ho avuto qualche difficoltà a scrivere questo
capitolo. Ho voluto creare varie scene perché come ho spiegato
in un altro angolo autrice vorrei riuscire a coinvolgere per una
volta quasi tutti i personaggi del Manga. Quando nel capitolo
precedente ho parlato di scena "tenerosa" intendevo quella
del negozio di frutta e l'ultima... quindi presumo che siate rimasti
delusi. Non è ancora tempo di effusioni anche se la fangirl
che è in me scalpita. Andremo molto per gradi e a tale
proposito in questo capitolo desideravo creare un clima di normalità
nel Team 7. Io non penso che Sakura dopo essere diventata la compagna
ufficiale di Sasuke non abbia continuato ad avere un timore reverenziale
nei suoi confronti. Ho sempre immaginato scene al limite del ridicolo
in cui lui cerca di placare l'ira di sua moglie, mantenendo comunque
la sua imperturbabilità e il suo atteggiamento da uomo tutto
d'un pezzo. La scena della cucina è nata da questo
ragionamento perché in fondo quello di cui ha bisogno Sasuke è
solo un po' di normalità. E' un po' come quando si è
piccoli e si gioca in gruppo, se ci si esclude, o si viene esclusi,
non si imparerà mai a giocare.
Vi
ringrazio tutti per le continue manifestazioni di affetto che avete
nei miei confronti, sia qui sul sito che sui social. Senza di voi
tutto questo non avrebbe senso.
Detto
questo vado a nanna che domani si lavora e poi perché tra la
maratona Sakura Hiden e il capitolo inizia a uscirmi il fumo dalle
orecchie, quindi qualsiasi cosa possa partorire adesso il mio
cervello sarebbe una cagata mostruosa :-)
Le
ferite del corpo si rimarginano più velocemente di quelle
dell'anima e Sasuke, in quei mesi, era ritornato perfettamente in
salute, riprendendo persino gli allenamenti. In particolare si era
dedicato a risolvere quel piccolo inconveniente derivato dalla
perdita dell'arto che non gli consentiva di utilizzare alcune di
quelle tecniche che non solo rientravano tra le sue preferite, ma che
solitamente risultavano molto efficaci, come il chidori o il katon.
L'impiego presso la biblioteca dell'Accademia era giunto a termine e,
Kakashi, in attesa di trovargli qualcos'altro da fare, gli aveva
lasciato il guinzaglio lungo con la speranza che non si ficcasse nei
guai. Così aveva preso l'abitudine di sparire per giornate
intere, addentrandosi nella foresta, ove rimaneva fino al calar del
sole. Si allenava a far confluire il chakra nella mano destra con la
quale tentava di comporre i sigilli. Spesso provava come la
sensazione di aver ancora l'altro braccio ed era davvero seccante
accorgersi del contrario. Certo, gli rimanevano ancora il rinnegan e
lo sharingan, ma non sarebbe più stato un ninja completo.
Seccante... sì, era davvero seccante.
Tsunade
stava lavorando sulle cellule di Hashirama da tanto tempo ormai e
nonostante Sakura lo avesse più volte rassicurato che presto
avrebbe riavuto il suo braccio, Sasuke aveva quasi perso le speranze
o, comunque, non poteva più attendere. Ovviamente non
aveva messo al corrente Sakura, men che meno Naruto, di ciò
che gli passasse per la testa. Era successo qualche giorno prima,
quando, camminando nella foresta aveva scorto un gruppo di Anbu
dirigersi verso il deserto di Suna. Aveva provato un ingestibile
desiderio di seguirli, di andare via da Konoha; aveva stretto il
pugno e digrignato i denti, sentendosi improvvisamente prigioniero,
di se stesso, di quel Villaggio che non riusciva ancora a definire
"casa". Nonostante gli abitanti di Konoha tentassero in
tutti i modi di celare la loro diffidenza nei suoi confronti, Sasuke
sapeva di non essere il benvenuto, che quella nomea di nukenin non si
sarebbe cancellata tanto facilmente. Gli unici a cui sembrava non
importare nulla erano Sakura e Naruto. Loro avevano ripreso a
comportarsi come se quei quattro anni non fossero mai passati, come
se il Team 7 non si fosse mai sciolto; erano così contenti di
riaverlo a Konoha, a "casa", da non rendersi conto di
quanto lui si sentisse fuori luogo, imbarazzato... inadeguato.
Kakashi, invece, lo aveva perfettamente capito – come sempre
– e aveva cercato di tenerlo occupato, aspettando gli eventi e
sperando che con il tempo Sasuke riuscisse ad apprezzare quella
seconda chance che gli era stata data. Tuttavia Kakashi non aveva
considerato un aspetto molto importante, un ostacolo, anzi...
l'ostacolo: Sasuke stesso. Mentre tutti, intorno a lui,
erano riusciti in qualche modo a perdonarlo, Sasuke non riusciva a
farlo. Si arzigogolava il cervello, pensando a come le cose sarebbero
potute andare in maniera diversa se solo lui fosse stato a conoscenza
prima della verità: Itachi non sarebbe morto, sarebbe stato
possibile evitare la guerra, lo scontro con Naruto, la perdita del
braccio, quel frustrante senso di colpa. Ogni volta che guardava
Naruto, o Sakura, non riusciva a non pensare a quanto dolore gli
avesse provocato e il fatto che loro lo avessero perdonato, riusciva,
se possibile, a farlo sentire ancora peggio.
Sakura
si prendeva cura di lui con una dedizione e una dolcezza che non
meritava affatto, mentre Naruto faceva in modo di non farlo sentire
mai solo, diventando talvolta anche invadente. Aveva riscoperto il
piacere di stare in loro compagnia, tentando di conoscerli di nuovo,
cambiati, maturati, cresciuti, diversi da quelli che erano a dodici
anni e aveva realizzato che forse, se si fosse fidato di loro, di
quelle parole che Sakura gli aveva urlato la notte che era andato via
dal Villaggio, le cose sarebbero potute andare diversamente. Era
colmo di rimorsi e rimpianti e il suo unico desiderio era quello di
diventare una persona migliore e loro avrebbero potuto aiutarlo in
questa nuova missione, ma fino a un certo punto. Le attenzioni di
Sakura e l'atteggiamento fraterno di Naruto non facevano altro che
farlo sentire inferiore perché incapace, al momento, di
soddisfare le loro aspettative. Stava provando ad essere un
compagno per Sakura e un amico per Naruto, ma non riusciva ad essere
nessuna delle due cose, non come avrebbe voluto. Loro non
meritavano di doversi accontentare di quel che era rimasto di lui,
non era giusto che dopo quanto avevano passato, fossero ancora
costretti a comprenderlo, a difenderlo... ad amarlo.
Quell'esigenza
di capire come potesse in qualche modo renderli felici lo aveva
portato ad una conclusione che loro non avrebbero sicuramente
approvato.
Sentì
il suo chakra confluire nella mano destra, compose i sigilli e il
dolce cinguettio del Chidori riecheggiò nella foresta. Incurvò
le labbra in un ghigno di soddisfazione e aprì gli occhi per
osservare le scariche elettriche che circondavano la sua mano.
"Alla
fine ce l'hai fatta"
Sasuke
si voltò appena, benché avesse già riconosciuto
la voce.
Il
cinguettio si affievolì e nella foresta ritornò il
silenzio.
"Già"
confermò l'Uchiha, chiedendosi da quanto fosse lì a
guardarlo, dato che non si era accorto della sua presenza.
"Non
ho mai avuto dubbi, sapevo che ce l'avresti fatta"
Quando
erano piccoli, era solita adularlo e, questo, non era cambiato, anche
se ora la sua voce era quella di una donna, il suo tono più
pacato e i complimenti molto più rari. Trovava fastidioso quel
suo continuo "Sasuke-kun, sei fantastico!", "Sasuke-kun,
sei il migliore!", invece adesso provava uno strano piacere, una
sorta di soddisfazione, nel sentirsi sostenuto da lei. Da quando
aveva deciso di "provarci", lei si era comportata in un
modo esemplare, convincendolo sempre più che forse non fosse
poi così sbagliato darle una possibilità; gli aveva
lasciato i suoi spazi, trattenendosi dall'essere invadente e
inopportuna, rendendogli ancora meno chiaro che cosa implicasse una
relazione amorosa. Erano passati due mesi nei quali il loro rapporto
era sicuramente migliorato, ma non al punto da potersi definire una
coppia. In realtà dopo quel giorno nella foresta, le volte che
si erano ritrovati da soli erano state rare: lei era sempre in
ospedale e lui nella foresta ad allenarsi; la sera a cena si vedevano
con Naruto, il più delle volte a casa di Sasuke, e lei al
termine del pasto si congedava in fretta con la scusa del lavoro.
Sasuke, inizialmente, non si era posto alcun quesito particolare in
merito, non trovando nulla di strano in quel comportamento, anzi,
apprezzando lo sforzo da parte di Sakura di non soffocarlo, poi era
accaduto qualcosa che aveva stuzzicato la proverbiale arguzia
dell'Uchiha.
Una
sera, dopo la nauseante insistenza da parte di Naruto, si erano
ritrovati a cena da Ichiraku. Sakura li aveva raggiunti con un po' di
ritardo e si era seduta di fianco a Naruto, malgrado lo sgabello alla
destra di Sasuke fosse libero. Non che Sasuke ci avesse fatto caso –
non subito almeno. Dopo cena avevano deciso di fare una
passeggiata e Sakura si era posizionata al centro, tra i due, come al
solito. Konoha era ritornata alla sua vita normale e le strade,
pertanto, erano abbastanza affollate, ma Naruto non ebbe difficoltà
a riconoscere il codino di Shikamaru.
Fu
abbastanza scioccante scoprire con chi fosse il Nara: Sabaku No
Temari – o come la chiamava Ino "Sabaku Temari No".
Sakura
e Naruto spalancarono talmente tanto la bocca da farle toccare terra,
mentre Sasuke, ovviamente, non diede alcun segno di importarsene un
fico secco. Shikamaru aveva ricevuto il compito da parte dell'Hokage
di curare i rapporti diplomatici con gli altri Paesi, quindi non era
poi così strano che frequentasse una sua collega. Quello che
risultava abbastanza sospetto era che non fosse previsto alcun arrivo
di delegazioni diplomatiche in quel periodo, ergo: "Che diavolo
ci faceva Sabaku no Temari a Konoha?"
Sakura
si pose quella domanda, chiedendosi altresì se Ino fosse al
corrente di quell'inaspettata visita; sogghignò al pensiero
che per una volta fosse a conoscenza di un gossip da raccontarle e
pregustò l'inevitabile reazione isterica dell'amica.
Quello
che era chiaro – anche a Sasuke – era che quei due
non la raccontassero giusta. Shikamaru si era acceso una sigaretta –
forse per darsi un tono – mentre Temari aveva iniziato a
dare delle spiegazioni non molto credibili sul perché si
trovasse a Konoha.
Sakura
e Naruto avevano fatto finta di crederci, Sasuke non si era neanche
dovuto prendere la bega di farlo dato che non gliene fregava
assolutamente niente del Nara e della sua ipotetica relazione con la
Sabaku.
I
due se l'erano svignata con una scusa idiota e Naruto e Sakura
avevano preso a bisbigliare come due vecchie comari, irritando
profondamente l'Uchiha che, tra le tante cose, detestava oltremodo i
pettegolezzi.
"Se
voi due avete finito io me ne andrei a casa" aveva dichiarato a
un certo punto, stufo marcio.
Sakura
si era messa immediatamente sugli attenti, sentendo ogni singola
parola di Sasuke battere contro la sua colonna vertebrale,
drizzandola all'istante; Naruto aveva sbattuto ripetutamente gli
occhi, non comprendendo cosa avesse potuto infastidire un animo
così quieto e tollerante come quello di Sasuke.
"Stavamo
solo dicendo..." tentò di difendersi l'Uzumaki.
"Lo
so di cosa stavate parlando" lo interruppe bruscamente Sasuke
"ed è una cosa sciocca" aggiunse con stizza.
"Ma
tu non capisci... Shikamaru e Temari..." tornò alla
carica Naruto per poi calmarsi improvvisamente "Nah, lascia
perdere, tanto non puoi capire..."
Naruto
non conosceva modo migliore per far imbestialire l'Uchiha, quel
"tanto tu non puoi capire" ebbe l'effetto di un rasengan in
pieno petto.
"Cosa,
non posso capire?" tuonò Sasuke, decisamente irritato –
non poteva esserci qualcosa che Naruto riusciva a comprendere e
lui no, era fuori discussione.
"Ma
non vedi..." Naruto lo costrinse a seguire il suo dito e a
guardarsi intorno "La guerra è finita, tutti hanno
ricominciato a vivere normalmente"
Gli
occhi di Sasuke si soffermarono a lungo su quella che Naruto chiamava
"normalità" e comprese cosa ci fosse di totalmente
anormale in lui e soprattutto in quella situazione. Le coppiette
andavano in giro mano nella mano – e non in tre -,
mangiavano il gelato dallo stesso cono – non il ramen –
o "fingevano di essere colleghi per passare del tempo
insieme".
Si
voltò verso Sakura e la vide abbassare mestamente lo sguardo.
Ok,
lui era un caso disperato, ma lei sul serio non ci aveva mai pensato?
Sasuke era perfettamente consapevole di non avere speranze di
diventare un compagno di quel genere, non avrebbe mai mangiato il
gelato dallo stesso cono di Sakura – a) perché odiava
il gelato , b) perché era assolutamente ridicola come idea –
forse avrebbe accettato di tenerle la mano – qualche volta
– ma quello che proprio non riusciva a concepire era che non si
fossero mai trovati da soli, tranne quella mattina che l'aveva
salvata dalla Yamanaka – ed era stata un'esperienza
tollerabile, per non dire piacevole. Lei non voleva stare da
sola con lui? Allora come pretendeva che lui decidesse di passare con
lei tutta la sua vita? Ci sarebbe sempre stato Naruto? Si era
pentita? Aveva cambiato idea? Non che avesse potuto darle torto, ma i
conti non gli tornavano comunque e voleva capire.
Improvvisamente
aveva avuto un'illuminazione, guardando attentamente la ragazza e il
suo amico: Sakura era sempre stata una persona sensibile e Naruto era
stato molto importante per lei in quegli anni...
Era
tutto talmente chiaro che si era dato dello stupido per non averlo
capito subito.
"Sakura-chan,
ti riaccompagno a casa" aveva proposto Naruto, poco dopo.
"No,
ti ringrazio, Naruto" gli aveva risposto la ragazza, alzando lo
sguardo e sfoggiando un sorriso forzato "Posso tornare a casa da
sola. Anzi si è fatto davvero tardi, domani devo essere in
Ospedale presto"
La
solita scusa.
"Ci
vediamo domani" si era affrettata a dire. Aveva lanciato uno
sguardo in direzione di Sasuke ed era scappata via. In quello sguardo
Sasuke aveva trovato la conferma ai suoi sospetti.
"Cosa
ci fai qui?" le chiese Sasuke, continuando a guardarsi la mano
dalla quale poco prima era scaturito il chidori.
"Avevo
voglia di vederti" gli rispose con una sincerità tale da
disarmare chiunque, ma non lui.
"Non
avevi nient'altro da fare?" Non lo aveva disarmato affatto,
tuttavia Sasuke si pentì un po' di essere stato così
sgarbato.
"No"
ribatté lei con calma – ormai aveva capito come
prenderlo: quando Sasuke veniva attaccato, attaccava a sua volta con
il doppio della potenza e le conseguenze non erano mai piacevoli –
e come previsto la sua risposta spiazzò l'Uchiha,
costringendolo a distogliere lo sguardo.
"Devo
allenarmi" le comunicò subito dopo, pensando che lei
decidesse di andarsene.
"Ok.
Io rimarrò qui a guardarti" Lo costrinse a voltarsi di
nuovo verso di lei, lo sguardo smarrito – non aveva preso i
considerazione quell'eventualità – "Non ti darò
fastidio, promesso" lo rassicurò Sakura, sorridendogli
dolcemente.
"Tsk"
L'allenamento
durò a lungo, fino al calar della sera. Dopo un paio di ore
aveva iniziato a piovere copiosamente e Sasuke più volte aveva
posato di nascosto lo sguardo su Sakura che imperterrita continuava a
rimanere sotto quell'albero che la proteggeva appena dalla pioggia.
Solo
quando la vide rabbrividire e incrociare le braccia davanti al petto
per tentare di riscaldarsi decise che fosse abbastanza.
"Andiamo"
le mormorò con gentilezza, abbozzando un sorrisetto sghembo.
Si
diressero, correndo, verso casa di Sasuke dove si aspettavano di
trovare Naruto, affamato e imbronciato, ma dell'Uzumaki non vi era
neanche l'ombra.
"Che
fine avrà fatto?" chiese Sakura, aggrottando la fronte.
"Non
lo so" sbuffò Sasuke – come minimo gli sarebbe
toccato di andarlo a cercare.
Sasuke
ritornò dal bagno con una t-shirt a maniche corte che mostrava
il moncherino, un asciugamano poggiato sulla spalla e un altro in
mano. Sakura, seduta sul divano, infreddolita e imbarazzata, arrossì
appena quando lui le porse l'asciugamano.
"Grazie"
sussurrò, passandolo prima sulle braccia, sul collo e poi sul
viso e sulle punte dei capelli.
"Ma
dove si sarà cacciato?" ribadì la ragazza,
riferendosi ancora a Naruto.
Sasuke
strinse il pugno, trovando assolutamente fuori luogo che lei si
preoccupasse tanto per l'amico; provò fastidio e non gli
piacque per niente.
"E'
davvero una testa quadra. Possibile che non ne combini una giusta?"
continuò a borbottare la ragazza, non accorgendosi di quanto
le sue parole stessero irritando l'Uchiha che cominciava sul serio a
non capirla – più del solito.
Non
era lui che amava? Cosa gliene importava di Naruto?
"Appena
arriva gliene dico quattro"
"Se
sei in pena per lui perché non vai a cercarlo?" sbottò
Sasuke con una tale irruenza da farla sobbalzare.
"E'
proprio quello che ho intenzione di fare" Sakura mandò al
diavolo il principio "non attaccare Sasuke" e gli rispose a
tono, alzandosi dal divano.
"Non
essere stupida, piove a dirotto. Si sarà riparato da qualche
parte o sarà rimasto a casa. Problemi suoi, in ogni caso"
ribatté lui con tono acido.
"Come
fai? Come fai ad essere così egoista?"
Sasuke
sbarrò gli occhi, colto completamente alla sprovvista dalla
risposta della ragazza.
"Naruto
è tuo amico... è mio amico. Ha fatto così tanto
per me e anche per te e adesso che siamo di nuovo tutti e tre
insieme, io..." continuò Sakura con le lacrime agli
occhi.
Di
che cosa stavano parlando?
"Allora,
è per questo..." Sakura alzò lo sguardo verso di
lui, ma Sasuke non fece in tempo a formulare la frase che la porta
d'ingresso si aprì, rivelando Naruto con indosso uno
sgargiante k-way arancione e due buste di plastica in mano.
"Quanto
piove 'tebayo!" esclamò il biondo " Menomale che ho
pensato io alla cena"
"E'
per questo che piove" constatò sarcasticamente Sasuke,
non sganciando lo sguardo da quello di Sakura che era immobile,
ancora scioccata dalla conversazione che Naruto aveva bruscamente
interrotto.
"Che
succede?" chiese L'Uzumaki, facendo saettare lo sguardo
perplesso sull'uno e sull'altro.
"Sakura
era preoccupata per te." gli spiegò Sasuke, dando le
spalle a entrambi e dirigendosi verso il cucinino.
"Sul
serio, Sakura-chan? Ma non devi preoccuparti per me, io sono il più
forte di Konoha, sarò il prossimo Hokage...bla, bla, bla..."
sproloquiò come sempre Naruto, ma Sakura non ascoltò
una parola, continuò ad osservare Sasuke, consapevole del
fatto che ormai avesse capito e che non ci fosse modo di tergiversare
oltre.
La
cena fu abbastanza breve e silenziosa, un po' perché avevano
mangiato ramen anche qualche giorno prima e tolto Naruto, gli altri
due avevano avuto non poche difficoltà a ingurgitarlo e un po'
perché, sempre tolto Naruto, nessun altro aveva proferito
parola.
Naruto
aveva captato una certa tensione tra Sasuke e Sakura e aveva cercato
di porvi rimedio, ma con scarsissimi risultati. Non era bastato
neanche il racconto della disavventura occorsa a Kakashi sensei e
alla sua divisa da Hokage che dopo mesi non era ancora pronta a
strappare loro un sorriso.
"Caspita,
piove ancora" constatò l'Uzumaki, guardando fuori dalla
finestra " Credo che stasera rimarremo a dormire qui da te,
Teme"
"Io
vado a casa. Domani ho molte cose da fare e devo alzarmi presto"
intervenne Sakura e Sasuke ghignò, aspettandosi quelle parole
da un momento all'altro.
"Ma
Sakura-chan, questo maledetto Teme non ha neanche un ombrello e il
mio mantello non è abbastanza impermeabile, ho persino le
mutande bagnate"
Sasuke
si portò una mano davanti alla faccia per l'affascinante
particolare che Naruto aveva avuto a cuore di raccontare,
assolutamente non necessario.
"Dai,
sarà come i vecchi tempi, quando andavamo in missione tutti e
tre insieme" tentò di convincerla Naruto. Sakura storse
il naso e ci pensò su un po'.
"Va
bene" sospirò "Ma cerca di non russare"
aggiunse, puntandogli un dito contro.
Come
non detto. Dopo neanche un'ora Naruto, spaparanzato sul divano, aveva
preso a russare come una mietitrebbia ingolfata.
Sasuke
e Sakura si lanciarono uno sguardo affranto prima che lui si
dirigesse verso la camera da letto.
"I-io
vado a casa, Sasuke-kun. Non ci sono abbastanza posti e non voglio
darti fastidio" gli disse, raggiungendolo.
"Non
mi dai alcun fastidio." le rispose, voltandosi verso di lei di
colpo, provocandole un tuffo al cuore." Non dormo molto. Puoi
usare il mio letto, se vuoi." aggiunse poi con tono calmo,
gentile.
"Io,
beh, io non..." Sakura non sapeva cosa fare. Poteva andarsene,
ma sarebbe stato scortese, oppure poteva rimanere e realizzare uno
dei suoi sogni di bambina: dormire nel letto di Sasuke-kun.
Optò
per la seconda, per non offendere Sasuke – sì, certo,
proprio per questo.
Si
sdraiò lentamente come se il letto fosse stato di cristallo e
rimase immobile per qualche secondo; respirò a fondo,
inebriandosi del profumo di Sasuke che era dappertutto –
avrebbe passato una bellissima notte, la migliore della sua vita –
non dando minimamente peso al fatto che l'Uchiha fosse ancora lì
in piedi sulla porta e stesse osservando la sua compagna di Team
stesa sul suo letto in posizione "mummia egiziana",
respirare come se da un momento all'altro qualcuno potesse togliere
tutta l'aria presente nella stanza. Gli venne quasi da ridere, ma si
trattenne dal farlo, dopotutto Sakura aveva un sorriso davvero
soddisfatto, perché rovinarle il momento.
"Buonanotte"
le disse, afferrando il pomello della porta per chiuderla.
"Sasuke-kun"
Sakura aprì gli occhi e si tirò su a sedere sul letto
"Mi chiedevo..." abbassò lo sguardo, stringendo le
lenzuola tra le mani "Hai detto che non dormi molto. Come mai?"
gli chiese con una nota di preoccupazione nella sua voce.
"Non
è un tuo problema, Sakura" le sussurrò con tutta
la gentilezza di cui era capace, perché non era sua intenzione
offenderla, né trattarla male, solo non desiderava renderla
partecipe dei suoi incubi e dei suoi problemi.
"Vorrei
aiutarti"
Ecco,
appunto. Sapeva che l'avrebbe detto.
Sakura
si spostò un po', lasciando dello spazio libero sul letto.
"Dopotutto
Naruto non ha torto. Abbiamo già dormito insieme tante volte"
mormorò la ragazza, abbassando il capo per nascondere il
rossore sulle sue guance.
Questo
era vero, ma avevano dodici anni e c'era il Maestro Kakashi con loro;
non erano nel suo appartamento, nel suo letto, con Naruto che russava
sul divano. Era sconveniente e pericoloso: data la situazione, se
Naruto si fosse svegliato, avrebbero dovuto dargli quelle spiegazioni
da cui Sakura stava fuggendo – visti gli ultimi sviluppi.
Nonostante
una parte di Sasuke bramasse calore, desiderasse un contatto fisico
con qualcuno che provasse per lui un affetto vero, profondo, come
quello che un tempo riceveva dalla sua famiglia, uscì dalla
camera, chiudendosi la porta alle spalle e rinunciando a
quell'occasione che avrebbe davvero potuto segnare una svolta. Forse
la vera "prova" risiedeva in quello, ma non trovava giusto
approfittare di lei, soprattutto adesso che iniziava a capire quale
dovesse essere la sua strada.
Fece
qualche passo in direzione del cucinino per prepararsi un thé,
ma un grugnito volpino gli provocò un brivido lungo la spina
dorsale – non ricordava quanto russasse Naruto. Se di solito
non dormiva più di qualche ora, quella notte sarebbe stata
sicuramente insonne.
Mise
a scaldare dell'acqua e, osservando le piccole bollicine salire in
superficie e il vapore scaldargli il viso, pensò a quanto
conforto avrebbe potuto trovare nello stendersi di fianco a Sakura,
sentire il respiro di qualcuno a pochi centimetri dal suo e il calore
di un corpo caldo, vivo.
"Dannazione"
imprecò sottovoce, togliendo il bollitore dal fuoco e
scaraventandolo nel lavandino.
Attraversò
nuovamente il salotto e un altro singulto di Naruto lo persuase a non
rimanere lì neanche un altro secondo. Aprì
delicatamente la porta della sua stanza e la richiuse, facendo
attenzione a non fare rumore, anche se era certo che Sakura non
stesse ancora dormendo. Infatti appena si mise a sedere sul letto,
con cautela, come se questo potesse in qualche modo respingerlo o
ingoiarlo completamente, udì il fruscio delle lenzuola alle
sue spalle. Rimase immobile, chiedendosi il perché avesse
deciso di mostrarsi così vulnerabile, perché il saperla
lì gli avesse scatenato quel bisogno estemporaneo, quel
desiderio che nasceva dal suo stomaco e non dalla sua testa, di
sentirla vicina, di non voler in alcun modo perdere quell'occasione
di ricevere amore. La mano calda di Sakura si posò sulla sua
spalla, provocandogli un brivido. La sentì premere appena
verso il basso, invitandolo chiaramente a stendersi. In un primo
momento oppose resistenza, ma l'impercettibile sensazione di
benessere che Sakura con un leggero tocco gli aveva procurato, lo
convinse a provare, a lasciarsi andare per una volta, darle la
possibilità di aiutarlo e vedere se ne fosse davvero in grado
– ne era sicuro, ed era per questo che la paura gli
attanagliava lo stomaco: temeva che poi non ne potesse più
fare a meno.
Si
mise disteso, su un lato, dandole le spalle e sperando che lei
rimanesse dov'era, che non si spingesse oltre quel confine
immaginario che separava le due parti di letto e che in qualche modo
lo teneva al sicuro da altre emozioni.
Udì
ancora una volta il fruscio delle lenzuola e un rumore costante e
martellante cominciò a spaccargli le orecchie. Era il suo
cuore, totalmente impazzito, ormai disabituato all'affetto, al
contatto fisico. Sentì le dita di Sakura afferrare il lembo
della sua maglietta. Le tremavano le mani e questo in qualche modo
riuscì a rassicurarlo: erano in due ad avere paura. Le sentì
indugiare sul suo fianco e tutti i muscoli del suo corpo si
irrigidirono involontariamente, in modo innaturale; un ultimo,
disperato, tentativo di opporsi, di farle capire di stargli alla
larga perché non vi era alcuna speranza che la sua cura
funzionasse. Ma lei non si arrese, lasciando scorrere la mano lungo
gli addominali fino al fianco opposto e, facendo leva su di esso,
fece combaciare i loro corpi, portando un braccio sopra la testa di
Sasuke e tenendo l'altro saldamente arpionato intorno al suo addome.
Calore.
Sasuke non sentì altro che calore. Si lasciò avvolgere
da esso, si lasciò avvolgere da lei, dalle sue braccia
esili, ma straordinariamente forti; lasciò che posasse i suoi
seni contro le sue spalle, che il suo respiro leggero gli
solleticasse la nuca e che le sue gambe sfiorassero le sue, in un
incastro perfetto che profumava di buono, sapeva di sano, di giusto.
I suoi muscoli, contratti e rigidi, persero ogni forza, ogni volontà,
abbandonandosi a quell'oblio di tenerezza infinita che stava
confortando il suo corpo, ma soprattutto la sua anima. Non si oppose
quando l'altra mano di Sakura si intrufolò tra i suoi capelli,
carezzandoli piano, con delicatezza, ricordandogli ancora una volta
sua madre e costringendolo a chiudere gli occhi per serrare al loro
interno quelle due maledette lacrime che gli avevano appannato la
vista.
"Dormi,
Sasuke-kun" gli sussurrò dolcemente all'orecchio.
Ti
proteggerò dai tuoi incubi, Sasuke-kun. Ci sono io con te,
Sasuke-kun. Non sei solo.
E
Sasuke si addormentò, senza neanche rendersene conto. Sakura
era riuscita a premere il pulsante off di quel meccanismo contorto
che era la sua mente, dandogli la possibilità, dopo tanto
tempo di riposare, trovare pace.
Angolo
Autrice
Ok,
sono in ritardo. Ok, devo ancora rispondere alle vostre
recensioni(lapidatemi!). Ok, ho sbroccato alla grande sul finale, ma
avevo bisogno di Sasusaku, quindi questa volta ha vinto la parte
fangirl. Non ho calcato troppo la mano perché per il momento
non è previsto alcuno sviluppo in tal senso. Ho creato un
momento intimo ma non c'è nulla di sessuale in quello che
Sakura e Sasuke fanno – almeno per adesso. E' qualcosa che
secondo me va oltre: è conforto, è empatia. Sakura che
per tutto il capitolo vediamo combattuta perché non sa come
dire a Naruto che le cose tra lei e Sasuke potrebbero avere un
evoluzione per non intaccare la ritrovata unione del Team 7, non ci
pensa due volte a offrire a Sasuke il suo aiuto, rischiando di venire
colti in flagrante da Naruto stesso. Ovviamente questa è solo
una pippa di Sakura perché l'Uzumaki ha già capito
perfettamente come stanno le cose. Sasuke è indispettito da
questa sua titubanza. Non è gelosia la sua, non arriva ad
essere geloso di Naruto, sarebbe stato fuori luogo(anche se mi
sarebbe piaciuto), ma è sospettoso, non comprende e sappiamo
che quando Sasuke Uchiha non comprende qualcosa fa le peggiori
cazzate.
Vorrei
rispondere pubblicamente a una domanda che mi ha fatto la mia
carissima Kry333 nella recensione di "Sesso: istruzioni per
l'uso". Questa sarà una fan molto lunga, ormai me ne sono
fatta una ragione, perché ho tante cose da dire, momenti da
raccontare, buchi da colmare e quindi non terminerà con la
partenza di Sasuke – statene certi. Cambio idea spesso su ciò
che ho intenzione di far avvenire, pre, durante e post partenza, ma
la one non ha niente a che vedere con la fan principale. Vedetela un
po' come le "Cronache di RockLee", ovvero un filler che non
si lega completamente alla storia. Tuttavia, come suddetto, non ho
ancora le idee chiare perché ad esempio il finale di questo
capitolo è nato senza alcuna premeditazione, è stato
abbastanza estemporaneo e spero che vi sia piaciuto. Non so ancora se
farò accadere qualcosa di veramente significativo tra Sasuke e
Sakura prima della partenza di Sasuke, sono molto confusa a riguardo
e mi piacerebbe sapere, a tale proposito, l'idea che vi siete fatti
voi, in modo da avere più punti di vista. Mi aiuterebbe
davvero tanto.
Capitolo 16 *** #15 Solo per lei. Sempre per lei. ***
#15
Solo per lei. Sempre per lei.
Naruto
abbassò lentamente la maniglia e aprì appena la porta,
quanto bastava per creare una fessura che gli consentisse di poter
sbirciare all'interno della stanza.
Riconoscendo
solo la sagoma di Sasuke, prese coraggio e si introdusse al suo
interno, in punta di piedi, per non rovinare l'effetto sorpresa.
Osservò
l'amico che placidamente dormiva su un fianco, non riuscendo a
ricordare l'ultima volta che lo avesse visto così docile e
indifeso – tranne nella Valle dell'Epilogo, ma erano sul punto
di morire dissanguati e quindi era più che plausibile che non
riuscisse a muoversi.
Si
avvicinò quatto, quatto al letto – 'tebayo, sembra
morto. Ma respira? – e
sorrise sadicamente. Poi sgranchì le spalle, schiarì la
voce con un colpetto di tosse e prese un profondo respiro.
"AAAAHHHH!"
urlò a pieni polmoni.
Sasuke
socchiuse appena l'occhio sinistro e il rinnegan non ci mise molto a
identificare il chakra di quel dito inquisitore puntato su di lui.
[
Quanto ho dormito? ]
Naruto
continuò a urlare senza sosta fino a che non riuscì a
smuovere Sasuke dalla posizione supina, costringendolo a mettersi
seduto.
"Smetti
di urlare, per favore?" ringhiò l'Uchiha per poi girarsi
verso il lato sinistro del letto... vuoto,
mi.ste.rio.sa.men.te vuoto.
"Hai
fatto dormire Sakura-chan per terra, non ti vergogni? Sei un
villano!" lo accusò Naruto, incrociando le braccia e
corrugando la fronte. Sapeva perfettamente che Sasuke e Sakura
avessero dormito insieme – aveva visto l'Uchiha entrare di
soppiatto nella stanza, fingendo di dormire – ma non aveva
alcuna intenzione di rendergli la vita facile: voleva una
confessione.
"Ma
che stai dicendo, idiota!" Sasuke si portò una mano alla
fronte, lanciando uno sguardo all'orologio sul comodino e cercando di
razionalizzare – e alla svelta – quanto accaduto la notte
precedente. Dov'era finita Sakura? E come aveva fatto a dormire così
a lungo?
Forse
Sakura aveva utilizzato qualche jutsu medico con effetto soporifero –
sì, doveva essere stato un jutsu, non vi era altra
spiegazione.
"Scusa,
Teme, ma se non ha dormito per terra e non ha dormito sul divano con
me, allora dove ha dormito Sakura-chan? Non dirmi che hai lasciato
che andasse via con quel temporale..." Naruto proseguì
imperterrito per la sua strada e quando vide le guance dell'Uchiha
tingersi leggermente di rosa, fece uno sforzo disumano a trattenere
quella risata che gli solleticava la laringe sin dalla notte
precedente. Quel rossore, seppur leggero e impercettibile, in
contrasto con la pelle diafana di Sasuke, appariva come un fuoco
acceso su una lastra di ghiaccio e quindi assolutamente,
inconfutabilmente,
evidente – e ridicolo.
L'Uchiha scostò lo sguardo e con esso il viso, in modo da
mascherare quell'improvviso calore che, ne era certo, doveva essersi
trasformato in un intollerabile
e imbarazzante
"colore" contro il quale avrebbe potuto fare ben poco.
"Non
dirmi che..." Naruto decise, con magnanimità, di dargli
una mano perché, conoscendolo, in quel momento doveva essere
sull'orlo di una crisi di nervi.
"Non
sei stato tu a dire che avevamo già dormito altre volte
insieme?" gli fece notare Sasuke, sforzandosi di apparire
assolutamente tranquillo, apatico come sempre, mentre nella sua mente
il ricordo della notte precedente stava distruggendo il risultato di
mesi e mesi di esami di coscienza e psicanalisi.
Il
sopracciglio destro di Naruto si impennò in maniera così
evidente da confondersi con i primi ciuffi di capelli della fronte e
le sue palpebre presero ad aprirsi e chiudersi in modo convulso.
Sasuke
annuì brevemente, sperando che quello potesse bastare a
mettere a tacere l'amico.
Si
sbagliava.
"Finalmente!"
esclamò Naruto, attirando su di sé lo sguardo incredulo
dell'Uchiha "Dai, racconta, vi siete abbracciati tutta la notte,
sussurrandovi paroline dolci?" gli chiese, portandosi la mano
sinistra sulla spalla opposta, mimando un abbraccio.
"Ma
che stai..?" Sasuke non riusciva a credere ai suoi occhi.
"Oh,
Sasuke-kun" sospirò Naruto, sbattendo le ciglia,
diventate straordinariamente lunghe "Sakura, io sono un Teme"
borbottò in seguito, mettendo in scena una parodia fin troppo
realistica del suo amico che intanto aveva stretto il pugno e tentava
di non far decollare il suo sopracciglio, pericolosamente vibrante
"Questo lo so, Sasuke-kun. Ho sempre pensato che con Naruto
sarei stata più felice, lui è più figo di te, ma
proprio non posso resist..."
"Dacci
un taglio!" tuonò Sasuke "Non è divertente!"
continuò, scendendo dal letto e dirigendosi verso il cucinino
di gran lena.
"Dai,
Teme, guarda che è una bella cosa"
"Che
cosa?" borbottò Sasuke intento a cercare qualcosa nella
dispensa – cosa, non era molto chiaro neanche a lui, ma aveva
bisogno di un diversivo: era confuso, imbarazzato, e non aveva
intenzione di continuare quella conversazione con Naruto che per anni
aveva professato di amare Sakura. Adesso riusciva a comprendere la
difficoltà che la ragazza aveva incontrato nel rivelargli come
stessero le cose.
"Sakura
ti ama da sempre e tu ami lei. Qual è il problema?" gli
rispose Naruto, poggiandosi allo stipite della porta.
[Io
amo chi?]
"Ti
sbagli." ribatté Sasuke, sbattendo lo sportello del
pensile un po' troppo violentemente perché le sue parole
potessero sembrare vere "E poi" aggiunse, prendendo un bel
respiro "Perché sembri contento? Non eri tu che..."
"Sono
contento per voi, non per me, mi sembra chiaro" Naruto non gli
diede il tempo di terminare la frase e abbassò lo sguardo,
mestamente "Ne abbiamo già parlato, ricordi?"
Già,
era stato Naruto a dargli la spinta necessaria per affrontare Sakura
ed era quindi colpa sua se adesso si trovava in quella situazione!
[Usuratonkachi!]
"E
ti basta? Davvero ti basta sapere che Sakura sia felice?" gli
chiese Sasuke, assottigliando lo sguardo, deciso, per una volta, a
sforzarsi di capire cosa passasse davvero per la testa di Naruto,
fino a che punto potesse spingersi il suo altruismo.
"Basta
che lo sia..." gli rispose, guardandolo dritto negli occhi con
determinazione "Felice, intendo" sottolineò,
comunicandogli implicitamente la sua intenzione di farlo a pezzi in
caso contrario.
Sasuke
non riuscì a reggere il suo sguardo perché
inconsapevolmente – o consapevolmente – sapeva di
non esserne in grado, almeno per ora, come l'amico avrebbe voluto –
come lei avrebbe voluto. La possibilità che
disattendesse alle loro aspettative era così alta che ebbe
quasi l'impulso di confessarlo apertamente a quel Baka che come
sempre aveva messo gli altri prima di lui. Era disarmante la
semplicità con la quale ci riuscisse, come accantonasse i suoi
desideri, addirittura il suo amore, negandosi quella felicità
che meritava più di chiunque altro – più di
lui, sicuramente; meritava di essere lui il compagno di Sakura
perché in fondo lo era sempre stato: le era stato vicino,
l'aveva supportata, aveva asciugato le sue lacrime e l'aveva vista
diventare quella che adesso era. Lui, al contrario, aveva pensato
sempre a se stesso, alla sua vendetta, al suo dolore e non aveva mai
dato spazio ad altro, a nessuno. Sakura quella notte era entrata in
punta di piedi nel suo mondo, aveva perforato la coltre di oscurità
che avvolgeva la sua anima, facendo entrare uno spiraglio di luce. Lo
aveva già fatto in passato e forse aveva sempre avuto quel
potere. Era terribilmente difficile da accettare, da ammettere, ma le
sue carezze, il suo corpo caldo erano stati una chiara e
inconfutabile presa di posizione – "Io ci sono",
"Io sono con te" – che in qualche modo l'aveva
rassicurato, lo aveva fatto sentire meno solo. Aveva dormito
profondamente come non gli succedeva da anni e non era stato un
jutsu, ma qualcosa di più potente che solo Sakura avrebbe mai
potuto dargli perché lei lo conosceva e anche se non riusciva
a capire come avesse fatto, lei gli era dentro, si era
ritagliata un posticinonel suo cuore e aveva aspettato con
pazienza e dedizione che lui fosse pronto ad accettarla; non le
importava niente di quello che lui avesse fatto, di quello che
avrebbe ancora potuto fare, di quanto la sua capacità di
infliggerle sofferenza fosse così spiccata... a lei importava
solo di lui.
Ma
lui era pronto ad accettarla completamente?
"Non
penso di essere la persona giusta" confessò a denti
stretti.
"Certo
che non lo sei" convenne sarcasticamente l'amico "ma puoi
provarci"
"Ci
sto provando"
Naruto
sorrise: era quella la confessione che voleva, anche se avrebbe
preferito un po' meno rabbia nel tono della voce di Sasuke.
"Beh,
qualche risultato sembra che tu l'abbia ottenuto, dopotutto"
Sasuke
non gli rispose, temendo di potergli rivelare quali fossero le sue
vere intenzioni, quella decisione sofferta , ma necessaria, che lo
avrebbe portato lontano da loro, da lei. Preferì
borbottare qualcosa di incomprensibile, appoggiando in malo modo una
padella sul fornello della cucina.
"Che
gentile, mi prepari la colazione?" gli chiese l'amico,
canzonandolo apertamente per l'evidente nervosismo che stava
mostrando nell'affrontare quella conversazione.
"Scordatelo"
tagliò corto l'Uchiha, prendendo dal frigorifero due uova.
"E
dai, Sas'ke, ho fame!" piagnucolò Naruto, massaggiandosi
lo stomaco che cominciò a produrre dei suoni disumani, come se
fosse stato vuoto da mesi.
Sasuke
sbuffò e prese dal frigo altre due uova.
"Ben
cotte, grazie"
Il
sopracciglio di Sasuke riprese a vibrare e la voglia di soffocare
l'amico con una di quelle uova divenne quasi ingestibile.
"Comunque"
Naruto riprese a parlare, dirigendosi verso il tavolino della cucina
"Non importa il come, ma il risultato. Anche quando abbiamo
affrontato Kaguya non sapevamo come batterla, ma alla fine ci siamo
riusciti" gli spiegò, pensando che quell'esempio potesse
riuscire a far comprendere anche a Sasuke che non vi fosse nulla al
mondo che loro tre non fossero in grado di affrontare.
"Sono
due cose differenti" sentenziò l'Uchiha, sovrappensiero,
cercando di concentrare la sua attenzione sulle uova che aveva rotto
nella padella per non ascoltare l'ennesimo farfugliamento –
ragionamento sensato – che il biondo gli stava
propinando: le loro capacità ninja non potevano essere
comparate a quelle umane. Sasuke conosceva la sua forza, le sue
potenzialità e i suoi limiti come ninja, ma dal lato umano non
aveva coscienza di sé; non sapeva quale potesse essere la sua
reale capacità di amare, quanto potesse essere semplice
lasciarsi andare come la notte precedente e dove sarebbe potuto
arrivare per dimostrare a se stesso – e soprattutto a loro –
di poter essere una persona nuova, migliore.
"Sei
veramente uno stupido Teme"
"Mangia
e stai zitto" gli intimò, mettendogli davanti le uova al
tegamino fumanti.
"Mmmh,
hanno un aspetto invitante, potrei venire a fare colazione tutte le
mattine da te"
Sasuke
rabbrividì al pensiero.
"Beh,
almeno non morirai di fame quando tu e Sakura-chan vi sposerete"
esclamò Naruto, attentando alla vita dell'amico che sentì
chiaramente l'albume inchiodarsi nel suo esofago e formare una massa
occludente. Gli ci vollero due colpi ben assestati allo sterno per
ricominciare a respirare.
"Adesso
basta" la voce dell'Uchiha, bassa e profonda, riuscì a
spegnere il sorriso di Naruto: il gioco era giunto al termine.
"Qual
è il problema, Sasuke?" anche l'Uzumaki cambiò
tono, era ora di fare sul serio. Aveva captato che ci fosse qualcosa
di strano, che Sasuke nascondesse qualcosa e tutto quel preambolo era
servito per portarlo allo sfinimento e fargli vuotare il sacco.
Sasuke
unì le bacchette e le posò trasversalmente sul piatto
con delicatezza. Tenne lo sguardo basso, cercando le parole giuste
per spiegare a Naruto cosa gli passasse per la testa. Ma non vi erano
parole giuste. Erano solo due e le pronunciò con calma,
scandendole chiaramente.
"Vado
via"
Naruto
chiuse gli occhi e respirò profondamente.
"Lo
sospettavo" ribatté con voce strozzata: inconsciamente
aveva sperato che non fosse quello il problema, che quello stupido
Uchiha non fosse davvero così stupido da decidere di
andare via di nuovo.
Sasuke
socchiuse appena le labbra, stupendosi della reazione dell'amico.
"Non
te lo permetterò, lo sai?" dichiarò, incurvando le
labbra in un ghigno "E neanche Sakura-chan te lo permetterà"
aggiunse, scrutando attentamente il ragazzo che continuava a
mantenere lo sguardo fisso sul piatto ancora pieno.
"Mh"
mugulò, preparandosi a dare una spiegazione logica a quanto
appena dichiarato: Naruto non gliel'avrebbe fatta passare liscia.
"Lei
ancora non lo sa, vero?" continuò l'Uzumaki, alzandosi da
tavola e dirigendosi verso la porta.
Quelle
parole ebbero la capacità di scalfire la corazza con cui
Sasuke si era bardato in attesa del fendente dell'amico; si aspettava
una reazione inconsulta, urla, grida, strepiti, qualche cazzotto
casomai, ma non che fosse talmente arguto da riuscire a centrare al
primo colpo l'unico punto debole di tutto quel ragionamento
apparentemente perfetto che lo aveva condotto a prendere quella
decisione.
Sasuke
si stupì di non riuscire a trovare la forza neanche di
scuotere la testa e rimase, pertanto, immobile.
"Devi
dirglielo... prima che lei..." Naruto strinse il pugno, pensando
a quanto avrebbe sofferto Sakura; non era giusto che si illudesse,
non lo meritava, ma lui non era in grado di fare niente per evitarlo
perché in fondo sapeva che fosse la cosa giusta per l'amico,
che era stata una scelta ponderata, per il suo bene – per il
loro bene – anche se non riusciva a condividerla. "Non
spetta a me farlo e questa volta non è un consiglio, Sasuke"
concluse, lasciandolo solo, seduto al tavolo della cucina, con lo
sguardo perso nel vuoto.
Solo
quando udì la porta d'ingresso chiudersi Sasuke riuscì
a ritornare in sé, sentendosi in qualche modo svuotato di
quell'enorme peso che da un po' si portava dentro, ma assolutamente
devastato dalla consapevolezza di aver ferito, ancora una volta,
Naruto e che a breve, sarebbe toccata la stessa sorte anche a Sakura.
Da
quel giorno Sasuke cominciò a pensare seriamente a quel
viaggio che lo avrebbe redento da tutti i suoi peccati o che
quantomeno avrebbe contribuito a farlo.
Si
ritrovava spesso a pensare a itinerari da seguire, posti da visitare,
ripercorrendo mentalmente la sua storia nei minimi particolari, da
quella notte in cui aveva lasciato il Villaggio, al periodo trascorso
con Orochimaru, la morte di Itachi, il Team Taka, la verità
sul suo Clan, la guerra, Kaguya, lo scontro con Naruto e il ritorno a
Konoha.
"Dannazione"
ringhiò, steso sul letto, al buio, mentre le immagini gli
passavano davanti agli occhi come un film in cui ad un certo punto la
pellicola si inceppava, riproponendo sempre la stessa scena. Erano
passate settimane, ma non era riuscito ancora a seguire il
"consiglio" di Naruto. Il Team Sette aveva continuato a
frequentarsi come da routine, ma l'atteggiamento dell'Uzumaki, per
quanto tentasse di dissimularlo, non era più quello di sempre:
lo aveva percepito lui ed era certo che anche a Sakura non fosse
passato inosservato. Inoltre, Naruto aveva preso ad escogitare ogni
sorta di piano per non lasciarlo mai da solo, soprattutto di notte,
per paura che se la filasse di soppiatto com'era nel suo stile. Casa
di Kakashi era diventata, quindi, una specie di accampamento
improvvisato e lui si era ritrovato a dover dividere, talvolta, il
suo letto con Sakura. Non accadeva spesso, in quanto la ragazza,
vivendo con i suoi genitori, al termine della cena era solita tornare
a casa, lasciandolo in compagnia di Naruto che, nonostante le sue
rimostranze, si era appropriato del suo divano. Le notti passate con
lei al suo fianco erano notti serene, senza incubi e persino il
russare di Naruto era più facile da tollerare; il calore del
suo corpo, le sue carezze dolci, riuscivano a dargli quella serenità
che, come un bel sogno, si dissolveva con il giungere dell'alba
quando sentiva il suo braccio scivolare delicatamente via e il freddo
riappropriarsi con prepotenza delle sue membra, ricordandogli di
quanto fosse effimero e ingiusto quel benessere che lei gli donava
senza avere nulla in cambio.
Ogni
qual volta si era presentata l'occasione, la sua coscienza era stata
costretta a combattere una feroce battaglia con il desiderio di
sentire il corpo della ragazza accanto al suo. Era qualcosa che non
aveva mai provato prima di quel momento, lo destabilizzava, lo faceva
sentire debole, eppure era così dolce cadere nella tentazione,
lasciarsi avvolgere dalle sue braccia e sentire le sue mani tra i
capelli. Cercava di resistere, tentava di appellarsi a tutto il suo
buon senso, al fatto che non fosse giusto prendersi gioco di lei, ma
era tutto inutile: quando i suoi occhi si posavano su quei piedini
scalzi che sulle punte si dirigevano verso la sua camera da letto, la
sua gola istantaneamente si seccava, e il suo corpo, come un automa,
seguiva le sue orme, apriva la porta che lei, ormai, lasciava
socchiusa di proposito e si stendeva al suo fianco, di spalle, in
totale abbandono. Non una parola, non una carezza da parte sua...
ricevere senza dare... per quanto ancora avrebbe potuto
elemosinare amore da lei? Quanto sarebbe potuto durare?
Si
sentiva così meschino nel percepire, ogni volta, quel lieve
tremolio d'insicurezza nella sua mano, il timore di venire rifiutata
ancora, e nel non riuscire a fare nulla per persuaderla del
contrario. Sarebbe bastato un piccolo gesto come intrecciare le dita
di quella mano gentile con quelle della sua, oppure ringraziarla fino
a far morire le parole in gola dalla stanchezza per tutto quello che
lei era in grado di dargli, ma tutto ciò l'avrebbe portata a
crearsi delle aspettative, delle illusioni che presto si sarebbero
infrante.
Si
nutriva del suo amore e della forza immensa che aveva dimostrato di
avere. Gli sarebbero stati indispensabili per affrontare quel cammino
così impervio che lo attendeva. Quei momenti sarebbero stati
una motivazione importante, vitale, per cambiare, tornare a Konoha
, afferrare quella dannata mano e non lasciarla mai più.
Ma
Sakura avrebbe aspettato?
Sakura
quella mattina si era svegliata con una strana sensazione, una specie
di buco allo stomaco. Aveva già provato una sensazione simile
in passato, ma niente faceva presagire che qualcosa del genere
potesse ancora accadere quindi aveva attribuito quel malessere
all'ennesima cena a base di ramen della sera prima.
Dopo
un paio di cucchiai di zuppa di miso che sua madre le aveva preparato
per colazione a aver smangiucchiato un paio di prugne, si era diretta
verso l'Ospedale.
Ino
l'aveva subito placcata all'ingresso, comunicandole che l'Hokage le
aveva dato una giornata di ferie per accompagnare i due "eroi"
– li aveva definiti proprio così, in modo ironico
ovviamente – a fare un salutare picnic appena fuori Konoha e
che i suddetti "eroi" – aveva ribadito più
volte il concetto – l'attendevano presso l'ingresso del
Villaggio.
Sakura
aveva alzato un sopracciglio e aveva sentito il suo stomaco
attorcigliarsi di nuovo.
"Maledetto
ramen!" aveva pensato,
massaggiandosi il ventre con la mano.
"Stai
bene?" le aveva chiesto Ino, un po' preoccupata.
"Tutto
ok, credo di non aver digerito"
Si
era diretta verso le porte del Villaggio chiedendosi per quale motivo
Kakashi-sensei avesse acconsentito a darle un giorno di ferie con
tutto il lavoro che c'era da fare all'Ospedale. Sicuramente Naruto
doveva averlo portato allo sfinimento – quando si ficcava
qualcosa in testa quel ragazzo era cocciuto più di un marmo.
Marmo...
bianco... panchina... Sasuke... Naruto.
L'associazione
di idee le aveva fatto venire un altro crampo allo stomaco che poi si
era acutizzato alla vista dei suoi due compagni, appoggiati proprio a
quella dannatissima panchina che, malgrado tutto, era sopravvissuta
alla guerra. Un dejavù abbastanza inquietante.
"Sorpresa!"
aveva esclamato Naruto, saltando in piedi.
Sasuke
come sempre non aveva mostrato alcun tipo di entusiasmo, tenendo la
mano ben salda nella tasca: ovviamente anche lui, come
Kakashi-sensei, doveva aver sopportato una lunga ed estenuante opera
di convincimento da parte di Naruto.
Sakura
istintivamente aveva sorriso al pensiero di quello che l'Uchiha
avesse dovuto patire e anche per il fatto che, dopotutto, fosse lì.
"Andiamo,
vorrei tornare presto"
"Teme,
sei il solito guastafeste! Facciamo finta che sia una di quelle
missioni che facevamo da piccoli? Dai, tu fai il nemico, Sas'ke..."
"Smettila
di dire idiozie, Naruto!"
"Sakura-chan,
diglielo anche tu. Non sarebbe divertente?"
Naruto
e Sasuke avevano preso a bisticciare come un tempo e Sakura aveva
iniziato a sentirsi meglio, allontanando dalla mente quello che a
tutti gli effetti avrebbe fatto meglio a considerare un cattivo
presagio.
Dopo
aver camminato per un'ora buona, il Team Sette decise di fermarsi su
di una collina all'ombra di una grande quercia in prossimità
di un lago, circondato da un canneto che data la stagione era
particolarmente verde e rigoglioso. Le alte piante dondolavano mosse
dal vento che già da
un po' era diventato meno freddo, sintomo che l'inverno era in
procinto di terminare.
Sakura
prese una coperta dalla sacca di Naruto e la sistemò per terra
in modo che si potessero sedere. Fece un profondo respiro,
riempiendosi i polmoni di quell'aria fresca e ricca di profumi. Era
da molto tempo che non usciva dal Villaggio, più o meno dalla
fine della Guerra e l'odore di disinfettante, tipico dell'Ospedale,
era ormai talmente arroccato nelle sue narici. Solo un altro profumo
era riuscito a cancellarlo: la pelle di Sasuke. Poteva sentirselo
addosso anche per ore, dopo una notte passata insieme.
Durante
quelle notti riusciva a sentirlo suo, anche se per poco, e non le
importava che lui rimanesse immobile, che non ricambiasse le sue
carezze; il fatto stesso che le consentisse di avvicinarsi, di
prendersi cura di lui, la rendeva felice. In realtà, anche se
tra loro le cose non era ancora chiare, né definite, poteva
tranquillamente affermare di non essere mai stata più felice
di così. Ogni volta che il buio di quella camera da letto
veniva squarciato dalla luce del salotto, il suo cuore smetteva di
battere. Tendeva l'orecchio, distinguendo ogni singolo passo, ogni
spostamento d'aria fino a che non sentiva il lato destro del letto
abbassarsi in modo impercettibile e il profumo di Sasuke diventare
più intenso, inebriante. Tastava l'oscurità fino ad
arrivare all'orlo della sua maglietta e da lì risaliva
delicatamente lungo il fianco. I suoi muscoli si irrigidivano e lei
attendeva pazientemente fino a che non li sentiva cedere sotto i
polpastrelli per poi proseguire fino a raggiungere il fianco opposto.
Con un unico e veloce movimento faceva aderire i loro corpi e così
poteva sentire il suo respiro sommesso, inconsistente, e il suo
cuore; quel cuore che lui tentava di nascondere anche a se stesso e
che lei desiderava liberare, guarire, proteggere. Infilava le dita
tra i suoi capelli, folti e morbidi, respirando appena in direzione
della sua nuca come se anche il più piccolo movimento potesse
rompere l'incantesimo. Riusciva ormai a percepire perfettamente il
momento esatto in cui il sonno s'impadroniva di lui; quel momento in
cui tutti i suoi muscoli sembravano perdere le forze e il tumultuoso
battito del suo cuore diventava un suono ovattato, lento, ma così
chiaro da trapassare la schiena e rimbombare sul suo seno. Erano
notti insonni, in cui Sakura rimaneva all'erta, pronta ad
accarezzarlo, tranquillizzarlo, ad ogni minimo sussulto, ma erano
loro – erano sue – e valevano più di
mille parole, di mille gesti.
"La
primavera arriverà presto quest'anno" sospirò,
raccogliendo le gambe vicino al petto e congiungendo le mani
all'altezza degli stinchi.
Lo
sguardo di Sasuke era proteso verso quell'orizzonte che non sembrava
più così lontano.
Lo
distolse per un attimo per osservare la sua compagna che, con il
vento tra i capelli e le guance rosate, appariva così simile a
quella bambina che era stata un tempo. Sorrise appena al pensiero di
quanto, in realtà, fosse cresciuta, di come il tempo fosse
passato: Sakura non era più una bambina, ma una donna; aveva
sofferto, aveva visto gli orrori della guerra, eppure riusciva ancora
ad essere così ingenua, pura, smaliziata, continuava ad avere
fiducia nel mondo, fiducia in lui, nel futuro.
Sasuke
si chiese quale assurda follia potesse spingerlo a rinunciare a tutto
quello; perché non potesse essere per una volta... facile.
La
sua vita era stata un'insieme di sventurate vicende che per la
stragrande maggioranza erano state proprio volute e determinate da
lui ed ora che aveva la possibilità di fare la cosa giusta era
riuscito a trovare l'ennesimo modo per renderla complessa, sofferta.
Espiare
le sue colpe era poi così importante?
Sakura
era importante. Naruto era importante.
Quel
viaggio sarebbe servito davvero a qualcosa? Una volta solo, sarebbe
riuscito ad andare avanti o si sarebbe perso per sempre?
Trovò
molto strano che quei dubbi fossero sopravvenuti proprio in quel
momento, su quella collina, in compagnia di Sakura, con Naruto
nascosto chissà dove. Li aveva lasciati soli di proposito, ne
era certo, e aveva organizzato quello stupido picnic per creargli
l'occasione di dire la verità a Sakura. Probabilmente si era
nascosto nel canneto, oppure si stava congelando sul fondo del
laghetto.
[Baka!]
Non
si era preparato un discorso, nonostante avesse subdorato
immediatamente le intenzioni di Naruto e ora trovava dannatamente
difficile rovinare quella pace, distruggere quel sorriso che Sakura
sfoggiava da un po' di tempo a questa parte.
Distolse
lo sguardo e lo ripuntò verso l'orizzonte, provando un
profondo sgomento.
"A
cosa pensi, Sasuke-kun?" gli chiese Sakura, come fosse stata in
grado di leggergli la mente.
Sasuke
s'irrigidì e dischiuse le labbra, producendo un suono afono.
"Sembri
preoccupato" continuò con voce dolce "Puoi
parlarmene, se vuoi. "
Sasuke
la guardò con la coda dell'occhio e si stupì nel non
notare alcun segno di nervosismo nell'atteggiamento della ragazza,
solo un leggero rossore sulle guance.
Sicuramente
in quei mesi il loro rapporto si era in minima parte evoluto e
Sakura, probabilmente. era riuscita a intravedere in quei suoi
atteggiamenti confusi e spesso contraddittori, delle certezze da cui
aveva tratto forza.
Naruto
non si sbagliava, ma i tempi non erano giusti... lui non era
giusto.
Quantomeno
era giunto alla conclusione di non poterlo negare a se stesso, ma di
non essere pronto per dimostrarlo apertamente. Si era persuaso che
avrebbe solo complicato ulteriormente le cose: voleva lasciare Sakura
libera di scegliere di aspettarlo, oppure di crearsi una nuova vita.
"Ho
deciso di andare via" disse, impostando la voce in modo che non
trasparisse alcuna incertezza – in fondo non era poi così
sicuro di quello che faceva.
Sakura
ingoiò il boccone amaro e chiuse gli occhi, dandosi della
stupida per non aver dato retta a uno dei primi insegnamenti di
Tsunade: "Ascolta sempre il tuo stomaco, non si sbaglia mai".
In realtà il termine utilizzato da Tsunade era stato
"budella", ma Sakura aveva modificato la frase, rendendola
un po' più raffinata. Tuttavia in quel momento si rese conto
di quanto "budella" fosse più appropriato perché
erano proprio quelle che le si erano attorcigliate, in una morsa
dolorosa, e le impedivano quasi di respirare.
"Mh,
lo immaginavo" si sforzò di rispondergli, serrando le
dita che teneva incrociate davanti alle gambe fino a sentirle
formicolare per non far tremare la voce.
Sasuke
non si voltò, si costrinse a rimanere impassibile, immaginando
chiaramente gli occhi di Sakura lucidi e il suo viso triste, tirato
in una smorfia fasulla, volta a mostrare forza.
Le
aveva già visto quella smorfia, quel sorriso falso e detestava
l'idea che li riservasse anche a lui: Sakura non doveva vergognarsi
di se stessa, non aveva motivo di mostrarsi diversa da quello che era
– lei era l'Eroe.
"E..."
Sakura fece una lunga pausa prima di riuscire a formulare la domanda
"Quando avresti intenzione di partire?"
"Presto"
rispose lui, brevemente.
Sakura
diede adito ad ogni tipo di chakra presente nel suo corpo per
riuscire a disincastrare le mani che sembravano avere bisogno l'una
dell'altra per non cadere in frantumi e tirarsi in piedi. Fece
qualche passo lungo il pendio, portandosi davanti a Sasuke,
costringendolo a guardarla, seppur rimanendo di spalle.
"Allora
è necessario che Tsunade si sbrighi a terminare il tuo
braccio, non vorrai partire senza, giusto?" esclamò,
fingendosi tranquilla e spensierata, mentre il suo cuore andava in
pezzi di nuovo e così quella speranza che il loro amore non
fosse poi così impossibile.
Fu
solo in quel momento che Sasuke la guardò e vide tutto il suo
amore; riuscì a percepirne l'intensità, la forza
incontrastata, e provò smarrimento e gioia, terrore e
coraggio. Un turbinio di emozioni che lo fecero vacillare, che lo
spinsero quasi a desiderare di ritrattare, lasciar perdere
quell'assurda idea dell'espiazione e rimanere lì con lei.
Come
quella volta, davanti a quella panchina, e poi ancora nel Paese del
Ferro e, infine, prima dello scontro con Naruto.
Le
sue reazioni erano di volta in volta diventate più cruente in
proporzione al senso di impotenza dato da quelle emozioni che lui
considerava appartenenti a un passato lontano, ormai distrutto.
Famiglia, casa, amore... Sakura rappresentava tutto questo.
Aveva bendato i suoi occhi per non vederla, aveva inseguito il rumore
assordante dell'odio per non ascoltarla; le aveva trafitto il petto,
trapassato il cuore, ma questo non aveva mai smesso di battere per
lui... solo per lui, sempre per lui. Lui che aveva fuggito la
mediocrità, ricercando il vero significato di Clan, Shinobi e
Villaggio; lui che aveva grandi sogni e aveva deciso di immolarsi per
la pace; lui che aveva desiderato di morire su quella mano di pietra
per espiare le sue colpe con il suo corpo; lui che nonostante tutto
continuava a brancolare nel buio.
Socchiuse
le labbra, deciso a dire qualcosa; qualcosa di bello per una volta,
una frase in cui Sakura si sarebbe potuta riconoscere, che avrebbe
potuto ricordare per non mandarlo al diavolo una volta per tutte e in
via definitiva.
"Dove
si sarà cacciata quella Testa Quadra?" sbraitò la
ragazza, cominciando a correre verso il canneto, non dandogli neanche
il tempo di comporre una frase decente.
Sasuke
la vide allontanarsi e il suo corpo si mosse da solo.
La
seguì all'interno del folto canneto, facendosi largo tra le
alte piante verdi alla ricerca dei suoi capelli rosa. Percepiva il
suo chakra ma non riusciva a vederla.
"Sakura!"
si decise a chiamarla, a gran voce – questa volta non più
tanto ferma.
Immobile,
in mezzo al canneto, aspettò in silenzio qualche minuto prima
di chiamarla ancora, tentando di percepire anche il minimo fruscio
tra quelle foglie lunghe.
"Sakura!"
"Sono
qui, Sasuke-kun"
Gli
comparve alle spalle, dimostrandosi il ninja esperto che era.
Sasuke
si voltò subito verso di lei e, sorprendendo sia lei che se
stesso, le afferrò con forza la spalla destra. Sakura spalancò
gli occhi e la bocca, colta totalmente alla sprovvista.
"Tornerò"
affermò con tono serio e deciso, straordinariamente
convincente.
"Lo
so" ribatté Sakura, con un sorriso triste "Ma
promettimelo lo stesso"
"Te
lo prometto"
Sakura
allungò la mano sinistra, posandola delicatamente sulla sua
guancia senza alcun timore.
"Ti
aspetterò"
Sasuke
chiuse gli occhi e inspirò profondamente il suo profumo,
sperando di riuscire a portarlo con sé e non dimenticarlo mai.
Una
volta riaperti gli occhi incontrò quelli di Sakura, colmi di
lacrime che non vedevano l'ora di scendere sul quel viso che ora
sorrideva di nuovo, forse anche più di prima. Ricambiò
il sorriso con uno di quei suoi classici ghigni sghembi per i quali
il più delle volte rischiava un dislocamento della mascella –
per quanto rari.
Si
guardarono a lungo, con una strana felicità nel cuore;
…
Solo
per lei, sempre per lei...
Un
bacio probabilmente avrebbe potuto rendere quel momento perfetto,
sigillare quella promessa che si erano scambiati reciprocamente.
L'idea sembrò balenare nella mente di entrambi e i loro corpi
cominciarono ad avvicinarsi come sotto l'influsso di un potente
magnete.
Il
momento che Sakura aspettava da sempre era finalmente giunto...
"Eccovi
qui!!! Vi ho trovati finalmente!!!"
… e,
con esso, Naruto Uzumaki e il suo proverbiale tempismo.
"Narutoooooo!"
L'urlo
disumano di Sakura riecheggiò in tutta la vallata, seguito a
ruota da lamenti e gemiti.
Sasuke,
ovviamente, si trovò a dare ragione a colei che a tutti gli
effetti era ormai la sua ragazza... perché quel bacio, lui,
era pronto a darglielo davvero.
Fine
Prima Parte
Note
dell'Autrice
Non
lo sentite il coro di Angeli???
Ancora
non posso crederci: ho aggiornato!
Questo
capitolo è stato molto complicato da scrivere perché
segna la fine della prima parte della storia. Tra impegni, perdita di
ispirazione e il tempo che è sempre poco, l'ho tirata un po'
per le lunghe. In compenso il capitolo è più lungo del
solito. :-)
Come
molti di voi avevano pronosticato non accade nulla di fisico tra
Sasuke e Sakura prima della partenza dell'Uchiha. La mia idea è
che loro due si siano avvicinati moltissimo nel periodo in cui Sasuke
è stato a Konoha, perché nel 699 tra loro c'era
tantissima complicità, ma soprattutto sembravano rilassati.
Credo altresì che Sakura e Naruto sapessero della decisione di
Sasuke. Sakura, infatti, prova a proporgli di portarla con sé,
ma non ne fa un dramma quando lui le risponde che "non ha niente
a che vedere con i suoi peccati"; e poi quando Sasuke incontra
Naruto gli dice: " Non credevo che saresti venuto". Ergo,
secondo me lo sapevano. :-)
Apro
una parentesi e la chiudo immediatamente: Naruto Gaiden.
Abbiate
fede! Sarada è figlia di Sakura. Io ho una mia teoria in
merito, ma non sto qui a tediarvi con le mie pippe mentali, ci sono
due motivi molto validi( e reali) che avvalorano la mia tesi: 1)
Naruto è uno shonen 2) Il SasuSaku vende. Non serve che io
dica altro.
*dopo
questa affermazione le rec rosse pioveranno come se non ci fosse un
domani e mi massacreranno su tutti i social, ma chissenefrega.
Sono una SasuSaku! Lo sono stata quando sembrava che non ci fossero
speranze, non smetterò di certo adesso! *
Ok...
dopo aver dato un po' di materiale agli haters, mi ritiro nuovamente
nella mia tana con la speranza di aggiornare domenica prossima.
Vorrei
ringraziare tutti coloro che nonostante questi aggiornamenti saltuari
stanno seguendo e recensendo la storia – abbiate pazienza, sto
facendo il possibile. Come sempre risponderò alle vostre
recensioni il prima possibile. A tale proposito mi piacerebbe
conoscere la vostra opinione su questo capitolo per sapere se l'idea
che mi sono fatta coincide con qualcuna delle vostre o meno. :-)
Approfitto
per ringraziare i 96 utenti che mi hanno inserita tra gli autori
preferiti – siete tantissimi!!! Non merito tanto, sono
un'autrice cattiva e ritardataria.
Vi
rammento che su tumblr sto continuando a tradurre la Sakura Hiden
anche se a passo di lumaca(al momento mi manca un capitolo e mezzo
per mettermi in pari con la traduzione inglese).
Penso
di aver detto tutto...
Vi
auguro un buongiorno (visto che sono le 03:30 e domani non mi sveglio
neanche con le cannonate) e vi abbraccio tutti.
''
Non aveva niente a che vedere con i suoi peccati ''
Sakura
continuava a rimuginare su quella frase precisamente da un anno,
trecentoquarantadue giorni, dodici ore e ventisette secondi(1)
, in pratica da quella mattina in cui Sasuke aveva
lasciato il Villaggio – di nuovo.
Non
aveva fatto in tempo a riabituarsi alla sua presenza che era stata
costretta a ricordare cosa si provasse in sua assenza.
''
Ci vediamo presto ''
'
Quanto presto? ' si chiese
Sakura, portando l'indice e il medio della mano sulla fronte, mimando
il gesto con il quale Sasuke l'aveva definitivamente salutata –
nonché zittita.
«
Fissando morbosamente quel braccio posticcio, Sasuke non si
materializzerà davanti ai tuoi occhi come per magia. »
La
voce di Ino, comparsa improvvisamente nella stanza, la fece
trasalire.
«
Molto divertente » ribatté lei, stizzita.
«
Dai, fronte spaziosa, almeno questa volta non sei stata costretta a
rincorrerlo per tutte le terre ninja. Ha detto che sarebbe tornato,
no? Che vi saresti rivisti presto. Io non ne farei una gran tragedia.
»
L'amica
tentò di rassicurarla, afferrando il braccio posticcio di
Sasuke e riponendolo nella teca in cui Sakura lo teneva gelosamente
conservato, certa che un giorno glielo avrebbe riattaccato. Ino
riteneva che fosse una cosa un po' da feticisti, ma si guardò
bene dal dirglielo.
«
Questo è vero, ma sono passati quasi due anni, Ino. Due anni,
capisci? » esclamò Sakura, gesticolando animatamente per
amplificare il concetto e approssimarlo a, quasi, circa, un'eternità.
«
Tornerà prima di quanto pensi. » affermò l'altra,
piegando le labbra in una smorfia compassionevole: non
era molto sicura di quello che aveva appena detto, anzi pensava
giusto l'opposto, ma sapeva che Sakura aveva bisogno di sentirselo
dire.
«
Si, lo so » le rispose, abbozzando una specie di sorriso. «
Sono patetica,vero? » aggiunse subito dopo, istigando in questo
modo la Yamanaka a infierire pesantemente su di lei – aveva
bisogno di certezze.
«
No. Anche peggio: sei innamorata e patetica »
«
Grazie, Ino-pig. » e questa volta Sakura sorrise
davvero.
«
Parlando d'altro, perché
francamente mi sono stufata di sentir parlare di Sasuke Uchiha, devo
darti una notizia sconvolgente »
«
Sai si è dichiarato? » le chiese, cogliendo l'occasione
per una più che meritata e consolante stoccata.
«
Naaa… ma manca poco. » minimizzò l'amica, che da
mesi tentava invano di educare sentimentalmente il ninja della Radice
e convincerlo che non ci fosse al mondo una donna più bella,
più intelligente, più capace, più materna, bla,
bla, bla… di lei. « Si tratta dei coniugi volpini »
sussurrò, con una mano davanti alle labbra.
«
Ci siamo solo noi qui, Ino. » le fece notare Sakura « E
poi non chiamarli così! »
«
Senti, io non so proprio come fa Hinata a condividere il suo letto
con una volpe. Quella sente tutto! Ti immagini che vergogna? »
argomentò Ino, spalancando gli occhi per rendere meglio l'idea
di quanto quell'aspetto della vita coniugale di Naruto e Hinata la
lasciasse attonita.
No,
Sakura non poteva immaginarlo, ma era certa che se Sasuke avesse
avuto in corpo un boa constrictor, in qualche modo lo avrebbe
tollerato, accettato, e con il tempo avrebbe imparato persino a
volergli bene.
«
Comunque » continuò Ino, riprendendo a sussurrare «
Si mormora, ma ancora la notizia non è certa, che Hinata sia
incinta »
«
Incinta? » strillò Sakura, portandosi subito dopo le
mani davanti alla bocca.
«
Shhh! Sei impazzita, per caso? » la rimproverò l'amica «
Non lo hanno detto ancora a nessuno. Io l'ho saputo da mia madre che
lo ha saputo dalla signora Akimichi che lo ha saputo dalla madre di
Shikamaru che lo ha saputo dalla vicina di casa di Hinata e Naruto. »
le spiegò.
Sakura
alzò un sopracciglio: in pratica lo sapevano tutti.
«
In effetti è un po' di tempo che non vedo Hinata, Naruto è
sempre impegnato con Kakashi-sensei e io sono chiusa ventiquattro ore
su ventiquattro in questo Clinica
» rifletté
l'Haruno ad alta voce.
«
Quando non sei impegnata a farti rapire dal sosia di Sasuke e ad
annientare un pericoloso cospiratore » le ricordò Ino.
Già…
Kido. La sua sete di potere lo aveva spinto a creare una copia
perfetta di Sasuke e rapirla , sperando che il vero Sasuke si facesse
vivo. Voleva incastrarlo e eliminarlo, ma per fortuna erano riusciti
a fermare i suoi loschi piani. Di Sasuke non si era vista neanche
l'ombra e Sakura si era chiesta più volte in quegli ultimi
giorni se questo fosse stato dipeso dal fatto che non avesse saputo
nulla di quello che stesse accadendo, o peggio, che non gli
importasse abbastanza di lei per correre in suo aiuto –
dopotutto durante l'attacco di Toneri Otsutsuki, l'Uchiha era tornato
per difenderlo.
«
Non sarebbe il caso di andare a trovare Hinata e scucirle qualche
informazione extra? » propose l'amica con entusiasmo:
sicuramente moriva dalla voglia di sapere ogni minimo particolare sul
come, sul quando e sul perché – e probabilmente anche
cosa ne pensasse Kurama in merito.
«
Ho un incontro con i bambini tra poco, casomai stasera dopo cena. »
le rispose Sakura, smontandola « Shikamaru? » le domandò
subito dopo, aggiudicandosi un'ulteriore stoccata.
«
In missione » borbottò la Yamanaka, evasiva.
«
A Suna? »
Sakura
nel tempo aveva imparato a conoscere i punti deboli dell'amica e a
colpire al momento opportuno per levarsela di torno.
«
Sì, a Suna. » sputò l'altra, con sdegno «
Fa parte dei suoi compiti mantenere saldi i rapporti con gli altri
Villaggi, no? » aggiunse, tentando di chiudere il discorso
prima che il nome della Sabaku venisse fuori.
«
Certo, è il suo compito » confermò l'altra «
E ultimamente sembra averlo preso mooolto sul
serio » insinuò, assottigliando maliziosamente lo
sguardo.
«
Non m'interessa un bel niente di quello che fa a Suna e soprattutto
con quella donna di Suna, se è a questo che alludi »
ribatté la Yamanaka « E poi adesso avrei di meglio da
fare, se permetti » si congedò, uscendo dalla stanza e
sbattendo la porta.
Sakura
non riuscì a trattenere una risata: Ino era davvero
incorreggibile.
Alzò
le braccia verso il cielo e stiracchiò un po' i muscoli ancora
indolenziti dall'ultima battaglia. Aveva una mezz'oretta libera prima
dell'incontro con i bambini della Clinica e aveva bisogno di riposare
un po' nonostante le tante carte che stazionavano sulla sua scrivania
aspettassero da giorni di essere perlomeno lette. Molti altri
Villaggi – in primis Sunagakure – avevano chiesto il suo
aiuto per la creazione di strutture analoghe alla sua Clinica e
questo stava a significare che l'impresa in cui lei e Ino si erano
imbarcate un anno prima stava finalmente avendo il successo sperato e
che avrebbero potuto aiutare tutti quei bambini che aveva subito dei
traumi dalla guerra o dalla perdita dei loro affetti.
Ricordava
ancora la mattina in cui lei e Ino si erano presentate al cospetto
dell'Hokage con molte idee, molto confuse. Il Sesto all'inizio non
aveva mascherato il suo scetticismo, ma aveva comunque acconsentito a
donare il seminterrato del nuovo Ospedale per dare inizio al
progetto. Con l'andar del tempo l'affluenza era aumentata in modo
esponenziale, tanto che erano state costrette a richiedere dei fondi
per la creazione di una vera a propria struttura, indipendente
dall'Ospedale. A quel punto era comparso Kido che, come
sovrintendente alla difesa, aveva convinto il Consiglio ad
aggiudicare i fondi alla squadra speciale Anbu forte di alcuni
incidenti occorsi in quel periodo, tra cui quello che aveva avuto
come vittima proprio il Daimyō del Villaggio della Foglia. Una
volta smascherato, i fondi erano stati ovviamente bloccati ed era
stata programmata una riunione straordinaria del Consiglio per
decidere che cosa farne. Inutile dire che Sakura sperasse che questa
volta il Consiglio decidesse in favore del suo progetto. L'attuale
sede della Clinica era un vecchio edificio ristrutturato dopo la
guerra dove giungevano bambini da ogni angolo del Mondo Ninja, molti
dei quali orfani e senza una casa. Almeno fino a quando gli altri
Villaggi non avessero avuto strutture adatte e personale
specializzato per occuparsi di quei bambini in loco, la sua Clinica
sarebbe rimasta l'unico punto di riferimento e quindi verteva in un
continuo stato di sovraffollamento.
La
riunione del Consiglio si sarebbe tenuta poco prima del Tanabata(2)
, mancavano un paio di settimane e lei aveva deciso di fare
tutto il possibile per convincere quei vecchiacci malefici della
necessità di quei fondi. Doveva farlo per i bambini, per Ino e
anche per se stessa.
Ovviamente
in qualche modo c'entrava anche Sasuke, la cui storia era stata la
vera fonte di ispirazione per la creazione di quella struttura.
Sakura si era infatti convinta che se Sasuke avesse avuto una
maggiore assistenza psichiatrica dopo la strage del suo Clan ,
probabilmente molte delle sue azioni sconsiderate si sarebbero potute
evitare. Aveva esposto questa tesi a Ino Yamanaka durante una serata
tra amiche e lei, ovviamente, era scoppiata in una fragorosa risata,
e perché non riusciva a immaginare Sasuke Uchiha steso sul
lettino di uno strizzacervelli, e perché non era in grado di
concepire come Sakura riuscisse a ficcarlo dappertutto, persino in un
contesto prettamente medico.
Dopo
averla fulminata con lo sguardo e averle spiegato la sua teoria nei
minimi particolari Sakura era riuscita a convincerla e a coinvolgerla
in quel progetto – o meglio, non che Sakura fosse partita con
l'intenzione di coinvolgerla, in pratica Ino si era coinvolta da
sola, sostenendo che non ce la potesse fare senza di lei.
Da
quella sera si erano impegnate a raccogliere dati, testimonianze e a
sottoporre alcuni dei bambini di Konoha a dei test psicoattitudinali,
tutto rigorosamente di nascosto, fino a quando non aveva bussato
alla loro porta un anziano del Villaggio con un ragazzino di circa
sette anni, dai capelli color ebano e gli occhi carbone. Il suo nome
era Hiro, ma questo lo avrebbero scoperto solo molti mesi dopo perché
quando l'anziano si era rivolto a loro, il bambino non era in grado
di spiccicare una sola parola. L'anziano aveva detto loro di averlo
trovato a frugare nell'immondizia e che l'assistente dell'Hokage
(tale Shikamaru Nara) gli aveva consigliato di affidarlo alla
Clinica.
Forse
era stata l'incredibile somiglianza o quello sguardo carico di odio e
di solitudine, ma d'istinto Sakura lo aveva preso con sé.
Ino
aveva sollevato dei dubbi non avendo ancora sperimentato alcun tipo
di cura e non potendo usufruire di una vera e propria struttura.
«
Non vorrai mica adottarlo? » le aveva urlato con occhi
sbarrati.
«
No, ma lui rappresenta la prova inconfutabile che la nostra Clinica è
necessaria, Ino » le aveva risposto, sorridendo dolcemente al
bambino che di rimando aveva aggrottato la fronte – che
nostalgica sensazione!
La
mattina successiva Hiro si era presentato con loro al cospetto del
Sesto, sia come prova che come strumento di persuasione.
Sakura
prese in mano un po' di quei fogli sparsi sulla scrivania e cominciò
a leggergli svogliatamente. La maggior parte erano inviti da parte
degli altri Villaggi a presenziare a conferenze e corsi, poi c'erano
i risultati dei colloqui individuali con gli ultimi bambini arrivati
e le relazioni su quelli che, invece, erano già lì da
un po'. Si portò le mani alle tempie non riuscendo proprio a
concentrarsi su niente e iniziò a massaggiarsele: nonostante
la clinica assorbisse la maggior parte del suo tempo insieme ai suoi
impegni in Ospedale, Sakura non riusciva in alcun modo a non pensare
a Sasuke.
«
Tornerà presto, ne sono sicura. » affermò ad alta
voce, con la speranza di mettere a tacere quella voce nella sua testa
che continuava a sostenere il contrario « La ''prossima volta''
è vicina» aggiunse, incrociando le dita delle mani e
portandole a sostenere la fronte, in una posizione che ridava più
a una preghiera che a un tentativo di auto-convincimento « Gli
dirò ''Okaeri, Sasuke-kun '' » continuò,
mentre la tenda alle sue spalle ondulava in modo impercettibile, come
smossa da una lieve corrente d'aria « Voglio che tu sappia…
»
«
Sono a casa, Sakura »
♦
Sakura
si alzò di scatto e la sedia cadde rovinosamente all'indietro.
Appoggiò i palmi delle mani sulla scrivania sentendo la
necessità di toccare qualcosa di concreto, materiale, che la
convincesse che quello non fosse un sogno.
Rimase
in quella posizione per alcuni, interminabili, istanti in cui il
desiderio di voltarsi era pari solo alla paura di farlo e scoprirsi
sola in quella stanza.
Ma
la nostalgica sensazione del suo sguardo puntato su di lei,
impossibile da dimenticare, era fin troppo reale; la sentiva scorrere
lungo la colonna vertebrale come un brivido caldo. Non poteva in
alcun modo sbagliarsi: lui era lì, alle sue spalle, era
tornato.
Chiuse
gli occhi e si voltò.
Quando
li riaprì, la sua vista era offuscata da tutte le lacrime che
i suoi occhi erano riusciti a produrre in quell'infinitesimale
frazione di secondo, e osservando l'immagine sfocata, distorta, di
quel ragazzo che tanto aveva sognato di rivedere, lasciò che
scendessero lungo le sue guance senza alcun freno.
Rimasero
così, occhi negli occhi, per un lasso di tempo che ai due
sembrò un'eternità.
«
Ciao »
Fu
Sasuke a rompere per primo il silenzio – stranamente. Era
terribilmente imbarazzato e non aveva preparato un vero e proprio
discorso. La decisione di ritornare al Villaggio era stata repentina,
avendo ricevuto in ritardo i dispacci inviati da Konoha circa gli
incidenti e il rapimento di Sakura. Aveva percorso chilometri e
chilometri senza sosta per giungere in tempo e salvarla, ma una volta
alle porte di Konoha si era reso conto di essere arrivato tardi e che
era già tutto finito: Sakura era salva e i nemici annientati.
Era
rimasto ad osservarla di nascosto, incerto sul da farsi e, alla fine,
si era voltato e aveva ripreso il suo cammino.
Ci
aveva riflettuto tanto durante quei due anni sulla possibilità
di tornare a Konoha. La
breve apparizione durante l'attacco di Toneri non aveva rappresentato
un ritorno, più che altro era stata una necessità:
Naruto era impegnato su altri fronti e non c'era nessuno a difesa del
Villaggio. Ma la possibilità di tornare, davvero, mettere
radici, era tutt'altra cosa. Tornare avrebbe significato restare
e lui non era
certo
di essere ancora pronto per questo – e forse non lo sarebbe mai
stato.
Aveva
ripercorso la strada al contrario, spingendosi ai confini della Terra
del Fuoco, camminando lentamente come colto da un'inspiegabile
stanchezza.
Si
era fermato a riposare all'ombra di un grande albero nel bel mezzo di
una foresta, più
per dare tregua ai suoi pensieri che per dare sollievo al suo corpo.
Aveva
posato la pesante borsa a tracolla e la sua attenzione era stata
catturata da un rotolo che sporgeva da un lato della stessa. Spinto
da una incontenibile e immotivata smania lo aveva impugnato e aperto
sulle ginocchia.
La
sua mano sinistra aveva indugiato a lungo su quel rotolo intonso
prima di imprimervi il primo segno di inchiostro; un tratto incerto,
specchio del conflitto emotivo che albergava dentro di lui, che
sembrava giunto, infine, a una sofferta risoluzione.
Aveva
visto le lettere susseguirsi, formare parole, poi frasi, interpretare
e ordinare il turbolento flusso di pensieri, di ricordi, di emozioni
che più volte, in passato, aveva messo a tacere in virtù
di quelle erronee convinzioni che lo avevano condotto alla sconfitta
e poi all'esilio volontario.
Le
aveva viste, nere e perfettamente allineate, colmare fino al limite
ogni spazio bianco di quel foglio, svuotando gradualmente la sua
anima. Un'insolita sensazione di leggerezza lo aveva avvolto come una
calda coperta e lo aveva spinto a chiudere gli occhi e a sorridere.
Si
era chiesto se potesse essere quella la ''pace'' che suo fratello
aveva tanto agognato, se stare bene con se stessi potesse bastare per
cambiare le sorti di un'esistenza ritenuta irrimediabilmente
compromessa, e se il senso di colpa, prima o poi, potesse davvero
scemare fino al punto di sparire.
La
risposta l'aveva avuta una volta riaperti gli occhi, trovandosi tra
le mani un foglio bianco e… una foglia.
Era
stata una corsa senza eguali, non un momento di riposo, una breve
sosta per riprendere fiato. Ma una volta giunto dinanzi ai cancelli
di Konoha il suo corpo era diventato di pietra, incapace di
proseguire, di muovere anche solo un muscolo – e non per la
stanchezza.
Il
desiderio di tornare al Villaggio si era improvvisamente trasformato
in rifiuto e la felicità, la pace, che aveva provato,
immaginando di varcarne i cancelli, in profondo terrore.
«
Identificarsi! »
La
voce della guardia lo aveva riportato alla realtà e si era
ritrovato a dover prendere una decisione: voltarsi ancora per non
tornare più, oppure…
«
Sono Sasuke Uchiha »
♦
«
Non dire niente, non una parola » singhiozzò Sakura,
perdendo così la possibilità di assistere a un evento
più unico che raro: un discorso di Sasuke Uchiha,
probabilmente di scuse, forse anche meglio.
Sasuke
la guardò un po' perplesso non riuscendo a capire se fosse
felice di vederlo oppure no – non si era posto il problema che
per lei sarebbe potuto essere uno shock vederlo comparire così,
all'improvviso, dopo due anni in cui non si era mai scomodato di
darle notizie.
Il
suo mantello si mosse in modo impercettibile e Sakura ebbe così
paura che se ne andasse di nuovo che il suo corpo si lanciò
letteralmente verso di lui e le sue braccia lo avvolsero con forza,
mentre il suo viso andava a nascondersi nelle pieghe di quel mantello
consunto.
Sasuke
sbarrò gli occhi, colto alla sprovvista. Sentiva le lacrime di
Sakura bagnargli il mantello, i suoi singhiozzi rimbombare nel suo
sterno e le sue braccia stringerlo forte – forse un po'
troppo forte.
«
Sakura » sussurrò, e la Kunoichi pensò che non
esistesse persona al mondo capace di pronunciare il suo nome in quel
modo « Mi stai stritolando» E la Kunoichi pensò
che non esistesse persona al mondo, a parte Sasuke Uchiha, capace di
rovinare con solo tre miserabili parole un momento così
intenso e struggente.
Era
tornato, era decisamente tornato.
«
Scu-scu-scusa » balbettò lei, allontanandosi con
dispiacere da lui.
Sasuke,
dopo aver percepito con chiarezza il momento in cui le sue ossa si
erano riposizionate nelle giuste allocazioni, la osservò
attentamente, avendo come la sensazione di avere davanti a lui una
persona apparentemente uguale, ma fondamentalmente diversa da come la
ricordava. Forse era colpa del nuovo taglio di capelli, o del suo
corpo più armonioso, o dei suoi lineamenti leggermente più
spigolosi, fatto sta che la osservò con curiosità, come
se non l'avesse mai vista prima. Possibile che in quei due anni fosse
cambiata così tanto? E lui? Anche lui era cambiato?
«
Sembri diverso » affermò Sakura, come se fosse riuscita
a leggergli nel pensiero « I capelli » aggiunse, incerta
« Sono più lunghi » concluse, sentendosi un po'
stupida nel sottolineare una cosa così evidente. Ma come le
era venuto in mente?
Si
complimentò con se stessa, dandosi ripetutamente dell'idiota,
per l'interessante argomento su cui aveva deciso di costruire la
conversazione: il nuovo taglio di capelli di Sasuke Uchiha. Se Ino
fosse mai venuta a conoscenza di quel particolare l'avrebbe presa a
cazzotti fino a farle perdere i sensi – e lei non avrebbe
potuto darle torto.
Sasuke
assottigliò lo sguardo e inarcò e labbra in uno
spontaneo ghigno che lei, per ovvi motivi, interpretò di
scherno. Era palese che Sasuke avesse lasciato crescere i suoi
capelli volontariamente per coprire il rinnegan, possibile che non ci
fosse arrivata subito?
«
Già » affermò lui, caustico. Non che avesse
voluto esserlo, ma quei due anni di solitudine di certo non avevano
giovato alle sue già scarse doti dialettiche.
«
Naruto sa che sei tornato? » Sakura decise che fosse il caso di
cambiare argomento, dato che era stata così abile da condurre
la precedente conversazione a un punto morto, non potendo prevedere
che sarebbe andata a toccare un tasto, per Sasuke, alquanto dolente.
No,
Naruto non lo sapeva. In realtà, a parte le due guardie alle
porte del Villaggio, nessuno sapeva del suo ritorno. Si rese conto
solo in quel momento che, una volta varcati i cancelli di Konoha, non
aveva pensato ad altro che a trovarla e grazie alla sua nuova abilità
oculare non ci aveva neanche messo molto. Non aveva pensato a Naruto,
né a porgere gli omaggi all'Hokage; aveva sentito l'urgenza di
farle sapere che era tornato perché inconsciamente temeva di
non venire riaccettato dal Villaggio – e anche da lei – e
riteneva che Sakura potesse essere l'unica capace di rassicurarlo.
Dopotutto non aveva idea di quello che poteva essere accaduto in
quegli anni, non aveva mai chiesto informazioni all'Hokage su come
andavano le cose a Konoha – e su di lei.
Quella
promessa che le aveva fatto il giorno della sua partenza a tratti
l'aveva sentita pesare sulle sue spalle come un macigno, e a tratti
gli aveva dato la forza di proseguire il suo percorso di espiazione
per poi tornare da lei come un uomo nuovo, diverso, capace di
ricambiare a pieno i suoi sentimenti.
«
No » le rispose, non badando alle conseguenze che quella sua
affermazione avrebbe potuto cagionare.
Sakura
arrossì e si portò una mano sul petto per percepire
chiaramente quella meravigliosa sensazione, il famoso ''tuffo al
cuore'' che solo Sasuke Uchiha riusciva a procurarle.
«
Capisco » esalò, come in punto di morte. Non poteva
essere vero, non poteva in alcun modo essere vero: lui non era
tornato per lei, sicuramente aveva trovato lungo il percorso la sua
Clinica – di cui non sapeva niente e che era giustappunto
dall'altra parte rispetto al Palazzo dell'Hokage – e aveva
pensato di togliersi il pensiero e rivolgerle un breve saluto. Sì,
doveva essere andata così. Non era il caso di crearsi delle
aspettative.
«
Credo che dovresti dirglielo » aggiunse, sorridendogli.
«
Sì, credo che dovrei » confermò lui « Ma
prima… »
Le
si avvicinò piano, quel tanto che bastava per creare una
connessione più intima fra i loro occhi fino a quel momento
troppo distanti per parlarsi davvero. Il cuore di Sakura si fermò
e così anche i polmoni e ogni altro organo del suo corpo nel
percepire il suo fiato così vicino, come quel pomeriggio nel
canneto quando quel baka impiccione li aveva bruscamente interrotti.
Immobile, come ipnotizzata, con gli occhi sgranati e le labbra
dischiuse, sembrava sul punto di collassare da un momento all'altro.
Che
fosse finalmente giunto il momento tanto atteso?
«
Cosa dovevi dirmi? » le chiese, distruggendo così ogni
sua speranza in pieno stile Uchiha.
La
povera Sakura, che non era ancora riuscita a razionalizzare che
Sasuke si fosse palesato improvvisamente davanti ai suoi occhi
increduli, men che meno era stata in grado di valutare la possibilità
che lui avesse ascoltato i pensieri che, ingenuamente, aveva
proferito ad alta voce.
«
Io, beh… » farfugliò, in apnea, riuscendo a
indietreggiare di qualche passo fino alo spigolo della scrivania.
Aveva dimenticato quanto Sasuke potesse essere sadico.
Cercò
istintivamente una via di fuga – ironico, non è vero?
- e i suoi occhi si posarono sul braccio posticcio.
«
Hai visto? Tsunade-sama alla fine lo ha terminato »
Sasuke
gli gettò una breve occhiata per poi ritornare a fissare lei:
era divertente vederla così nervosa.
«
Ora che sei tornato possiamo impiantartelo come abbiamo fatto con
Naruto. Anche se Tsunade-sama non c'è, so perfettamente cosa
fare » gli spiegò, rimanendo tuttavia confusa dalla sua
apatica reazione a una notizia che, in teoria, avrebbe dovuto
rallegrarlo.
«
Vedremo » chiosò Sasuke, brevemente: non aveva voglia di
affrontare adesso quell'argomento.
«
È un'operazione molto semplice e anche la convalescenza non è
molto lunga. Naruto è riuscito a utilizzarlo poche settimane
dopo l'impianto e non ha avuto alcun problema » incalzò
lei, pensando che alla base di quel ''vedremo'' ci potessero essere
dei dubbi sulla riuscita dell'intervento.
«
Ho detto che vedremo » tuonò lui, infastidito,
dirigendosi verso la finestra dalla quale era entrato.
«
Va bene » asserì lei, perplessa.
Sasuke
scostò la tenda e salì sulla balaustra della finestra,
pronto ad andare via e Sakura sentì l'esigenza di chiedergli:
« Dove stai andando? »
Temeva
che quella breve discussione lo avesse in qualche modo irritato, che
lei fosse stata troppo invadente e che, per questo, lui potesse
decidere di andare via di nuovo. Tutte quelle cose che si era
prefissata di dirgli si erano come volatilizzate a causa
dell'emozione e, alla fine, era stata brava solo a farlo contrariare.
Che stupida!
«
A porgere i miei omaggi all'Hokage e all'usuratonkachi » le
rispose, voltandosi appena verso di lei. « Ci vediamo presto »
aggiunse, prima di sparire nel nulla – di nuovo –
lasciando Sakura in balia di mille pensieri e una pessima, pessima,
sensazione.
«
Forse dopo tanto tempo che non vi vedevate non si aspettava che ti
mettessi a parlare di braccia posticce » ipotizzò Ino
Yamanaka, quella sera stessa, davanti a una zuppa di miso fumante.
Sakura,
nonostante avesse la testa da tutt'altra parte, nel pomeriggio aveva
rispettato i suoi impegni lavorativi e, come quasi ogni sera, aveva
raggiunto Ino al solito posto per cenare insieme. L'amica aveva
notato da subito qualcosa di diverso: di solito Sakura verteva in uno
stato di depressione cronica, cagionata dall'assenza dell'Uchiha, ma
quella sera sembrava davvero sul punto di gettarsi dalla cima più
alta del Monte degli Hokage e questo poteva significare solo due
cose, che Sasuke era tornato o che Sasuke era morto.
«
Lo so, Ino » borbottò Sakura « Ma sì,
insomma, è comparso così dal nulla, senza preavviso. Mi
ha lasciata senza parole. »
«
Che cosa ti aspettavi? È Sasuke Uchiha. Le entrate ad effetto
sono sempre state il suo forte » argomentò Ino, facendo
spallucce.
«
Non so nemmeno dove sia adesso. Potrebbe tranquillamente essersene
andato… » esclamò Sakura, disperata.
«
Oppure potrebbe essere tranquillamente a spasso con Naruto e
il Sesto » la zittì Ino prima che Sasuke Uchiha
origliasse, involontariamente, per la seconda volta nello stesso
giorno, un suo deprimente piagnisteo.
«
Ma... » tentò di obiettare Sakura, che apprezzava gli
sforzi che l'amica stava facendo per farla sentire meglio, ma trovava
quella sua affermazione alquanto azzardata, se non impossibile.
«
Voltati » le ordinò l'altra, riprendendo a mangiare,
senza troppa voglia, la sua zuppa ormai ghiacciata.
Sakura
eseguì l'ordine, scoprendo che quella di Ino non era stata una
semplice affermazione buttata lì tanto per consolarla: Sasuke,
Naruto e Kakashi-sensei erano a pochi passi da loro.
«
Ehi, c'è Sakura-chan! » urlò Naruto, sbracciando
animatamente – 'tanto per non dar nell'occhio' osservò
Sasuke, contrariato.
Sakura
mosse meccanicamente la mano per salutarli troppo impegnata a
trattenere le lacrime con tutti i muscoli a sua disposizione.
«
Hokage-sama, che onore averla tra noi! » esclamò Ino,
appena i tre furono abbastanza vicini al loro tavolo da udirla
chiaramente. « Okaeri, Sasuke-kun » aggiunse, lanciando
un nostalgico sguardo di sfida alla sua ex eterna rivale,
dimostrandole che non fosse poi così difficile mettere in fila
tre parole di senso compiuto dinanzi all'Uchiha.
Sakura
percepì chiaramente il Byakugou pulsare minaccioso, strinse i
pugni sotto il tavolo e si sforzò talmente tanto di sorridere
da far scricchiolare la mascella, fingendo che lo sguardo di Ino non
avesse sortito alcun effetto su di lei – avrebbero fatto i
conti in seguito.
«
Buonasera, Ino. Buonasera, Sakura » le salutò l'Hokage.
Sakura ebbe come l'impressione che il saluto di Kakashi avesse un non
so che di ammiccante. Forse era stato il tono della voce, o
quell'accenno di occhiolino che aveva intravisto sotto il cappello, o
la faccia da ebete… fatto sta che non gliela raccontava
giusta.
Sasuke
se la cavò con un « Ciao » generico, in modo da
non sforzarsi troppo.
Ino
alzò gli occhi al cielo: la paresi facciale di Sakura
suggeriva che non avesse alcuna intenzione di spiccicare parola
nell'immediato.
«
Dove siete stati? » chiese, quindi – le situazioni
imbarazzanti lei non le subiva, le creava.
«
Da Ichiraku, che domande! » rispose Naruto « Non c'è
niente di meglio del ramen per festeggiare il ritorno di un amico »
continuò, non facendo caso alla pentola a pressione in cui si
era gradualmente trasformata Sakura apprendendo di essere stata
esclusa dalla prima rimpatriata del Team 7.
«
Avreste potuto invitarmi » ringhiò la ragazza, a braccia
conserte.
«
Io ho provato a dirglielo, Sakura » intervenne Kakashi con
prontezza – non era stato nominato Hokage a caso. «
Ma sai come sono fatti questi due. Hanno iniziato a bisticciare e ci
siamo ritrovati davanti al chiosco del ramen senza neanche
accorgercene » le spiegò, dando adito a tutta la sua
proverbiale diplomazia.
«
È vero, Sakura-chan. » Naruto, andò in aiuto del
suo Maestro, temendo che da un momento all'altro Sakura sfogasse la
sua ira su qualcuno a caso – di solito lui.
Per
precauzione si spostò anche, nascondendosi dietro Sasuke,
quasi certo che Sakura non avrebbe mai e poi mai alzato un dito
contro di lui.
E
così fu. Sakura respirò profondamente, ritrovando la
calma e poi posò lo sguardo su Sasuke che continuava a
fissarla come quella mattina nel suo studio, come se fosse stata una
specie di animale raro o, peggio, un caso clinico.
«
Per questa volta vi perdono » annunciò la Kunoichi,
sorridendo ai tre traditori « Ma la prossima volta non sarò
così clemente »
Scoppiarono
tutti in una fragorosa risata, tranne Sasuke che si limitò a
incurvare le labbra in un sorrisetto sghembo, ma sincero.
«
Beh, si è fatto tardi, ragazzi » esordì Kakashi,
subito dopo « Sasuke, pensa a quello che ti ho detto e tu,
Naruto, torna a casa da tua moglie » aggiunse, ricevendo un
cenno di assenso dal primo e un sorriso, accompagnato da una
grattatina imbarazzata alla nuca, dal secondo.
Sakura
spostò subito lo sguardo su Sasuke che sembrava essersi come
irrigidito, udendo le parole del loro Maestro.
«
Kakashi-sensei ha ragione, è giunta l'ora che torni a casa da
Hinata-chan. » comunicò Naruto « Non l'ho neanche
avvisata che rimanevo fuori a cena » constatò,
grattandosi la guancia con l'indice della mano.
E
questa volta Sakura non poté esimersi.
«
Baka! » gli urlò, colpendolo alla testa « Tua
moglie è una Santa donna se riesce a sopportarti. Torna
immediatamente a casa e chiedile perdono! »
«
Mi hai fatto male, Sakura-chan! » piagnucolò, con un
gran bernoccolo sulla testa.
«
L'hai fatta grossa, Naruto. » intervenne Ino « Era da
molto tempo che Sakura non ti pestava. »
«
Beh, certe cose non cambiano mai, ne Sas'ke? » esclamò
Naruto, facendo l'occhiolino all'amico prima di darsela a gambe.
''
Certe cose non cambiano mai '' ripeté
Sasuke nella sua mente, incrociando lo sguardo ancora furente di
Sakura.
«
Uahahah! » Ino
sbadigliò rumorosamente – e spontaneamente,
soprattutto.
« Credo che anch'io andrò a casa. » comunicò
agli altri due che attirati dall'animalesco suono si erano voltati
verso di lei « Ci pensi tu ad accompagnare Sakura a casa, vero
Sasuke-kun? » gli chiese in fretta.
«
Ma... io so badare a me… » tentò di obiettare
Sakura.
«
Sì, ci penso io » la interruppe Sasuke, lasciandola con
la bocca aperta come quella di un pesce morto da giorni e con le
ultime parole che avrebbe voluto proferire congelate sulla punta
della lingua.
«
Allora grazie e buonanotte » si congedò Ino, scappando
via come un fulmine.
«
Andiamo? » le propose Sasuke poco dopo.
«
O-ok. » balbettò lei, un po' confusa, ma consapevole di
essere appena stata vittima di un complotto.
Camminarono
a lungo, in assoluto silenzio. Nessuno dei due sembrava avere il
coraggio di dire niente. O meglio, Sasuke come sempre non aveva
alcuna voglia di parlare benché avesse tante cose da dirle,
mentre Sakura tremava all'idea di aprire bocca per paura di sbagliare
tutto di nuovo – benché anche lei avesse almeno un
milione di cose da dirgli e un centinaio di domande da porgli.
Quei
due anni di lontananza sembravano aver distrutto quel pizzico di
complicità che si era creata tra loro prima delle partenza di
Sasuke ed entrambi avevano come l'impressione di essere regrediti.
Tuttavia
dopo una lunga e sofferta riflessione Sakura decise che fosse il caso
di comunicargli qualcosa di molto importante: « Abbiamo preso
la strada sbagliata »
Il
sopracciglio destro di Sasuke si impennò: 1) perché non
l'aveva detto prima; 2) cosa poteva saperne lui che aveva cambiato
casa; aveva il rinnegan, non una palla di cristallo incorporata.
«
Non abiti più lì? » le chiese, sorvolando con
magnanimità sulle questioni suddette.
«
No. Da un anno vivo da sola, nei pressi della Clinica » gli
rispose, con un pizzico di orgoglio « Sai, può capitare
che di notte ci possano essere delle urgenze e la casa dei miei
genitori era troppo distante »
«
Ma cosa fate di preciso in quella Clinica? » indagò
Sasuke, cogliendo l'occasione per approfondire un po' il discorso.
Sapeva che Sakura era ormai famosa in tutte le Terre Ninja per le sue
capacità in ambito medico, ma non riusciva a capire perché
non fosse rimasta a esercitare solo presso l'Ospedale e avesse deciso
di aprire una Clinica tutta sua.
«
Aiutiamo a livello psicologico bambini che hanno subito dei traumi. »
gli spiegò, sorridendo per quella domanda inattesa « Con
la guerra molti di loro sono rimasti orfani, altri hanno subito degli
shock molto forti, e noi diamo una casa, un rifugio sicuro, dove
hanno la possibilità di ricominciare da capo »
«
Ricominciare da capo, dici? » sussurrò Sasuke, smettendo
di camminare. Covava nel suo cuore quella speranza da così
tanto tempo che non credeva fosse possibile, non in quella vita, non
per lui.
Sakura
gli si parò davanti e lo guardò dritto negli occhi, in
modo che questi ultimi potessero riconoscere nei suoi quanto lei
fosse convinta delle parole
che stava per dirgli.
«
Tutti hanno diritto a una seconda possibilità, Sasuke-kun. »
Rimasero
a guardarsi per un interminabile attimo, parlando un muto linguaggio
che conoscevano soltanto loro, con il quale erano sempre riusciti a
capirsi anche quando le loro labbra si muovevano per produrre suoni
diversi, opposti, rispetto a quelli che erano i rispettivi pensieri.
Suoni dolorosi, offensivi, volti a spezzare quel legame che
sussisteva tra loro, da sempre. Gli occhi non avevano mai mentito,
neanche quando l'odio era diventato così forte da renderli
ciechi.
«
Spero tu abbia ragione » affermò lui, riprendendo il
cammino.
E
per la seconda volta, quel giorno, Sakura sentì premere sul
suo petto un pesante senso di angoscia: non era certa che quel
viaggio avesse giovato a Sasuke, al contrario sembrava che avesse
solo risvegliato in lui la paura.
♦
«
Ti ringrazio per avermi accompagnata, sei stato molto gentile »
Sasuke
si guardava intorno, incuriosito dal fatto che Sakura avesse deciso
di andare a vivere da sola. Il palazzo non era male, sembrava essere
stato ristrutturato da poco e anche il quartiere dava l'idea di
essere abbastanza tranquillo.
Sakura
era rimasta impalata sulla porta del suo appartamento, non sapendo
bene cosa fare visto che lui non dava segno di volersene andare. Non
che la cosa le dispiacesse, ma insomma, era un tantino imbarazzante –
una costante della giornata.
«
V-vuoi entrare? » si
decise a proporgli, con lo sguardo basso e le gote in fiamme.
«
Mh » mugolò Sasuke e Sakura si voltò per aprire
la porta interpretandolo come un sì.
Accese
la luce nel corridoio e si tolse i sandali all'ingresso, facendogli
strada all'interno del piccolo appartamento, mentre mentalmente
cercava di ricordare se avesse messo tutto in ordine prima di andare
al lavoro.
«
Non è molto grande, ma è vicino alla Clinica e poi,
insomma, per una persona sola va più che bene » si
affrettò a spiegargli, mentre accendeva le restanti luci della
casa.
Sasuke,
in vero, la trovò molto accogliente. Non era dispersiva, era
molto ordinata e funzionale, qua
e là si poteva notare il tocco inconfondibile di una donna: i
vasi di fiori , le tende colorate e il bagno che profumava di bagno
doccia al mughetto.
Il
profumo di Sakura. Gli era mancato.
«
Ti va un tè?
» Sakura tentò di controllare il crescente nervosismo
impegnandosi in qualcosa che non contemplasse lo stare nella stessa
stanza con Sasuke – paradossale
pensando alle volte in cui aveva sognato di averlo lì con lei.
«
No, grazie » le rispose, rimanendo impalato al centro del
salottino da dove riusciva ad avere una visuale completa della casa.
«
Allora… di cosa avete parlato questa sera. Intendo tu e
Kakashi-sensei? » gli domandò Sakura, nonostante sapesse
di poter andare incontro a un gentilissimo '' Non sono affari che ti
riguardano ''. Corse il rischio non riuscendo a sopportare l'idea di
essere all'oscuro di qualcosa che riguardasse Sasuke perché
ogni sua azione inevitabilmente si ripercuoteva sulla sua salute
mentale.
«
Mi ha consegnato di nuovo le chiavi del suo appartamento » le
spiegò, sorprendentemente senza farsi pregare « E mi ha
proposto di svolgere dei compiti per Konoha » aggiunse,
voltandosi verso di lei dopo aver terminato di ispezionare e
memorizzare ogni angolo dell'appartamento – il rinnegan non era
una palla di cristallo incorporata ma aveva i suoi vantaggi.
«
Per quanto ti fermerai? » incalzò Sakura – già
che c'era perché non tentare.
«
Non lo so » le confessò con sincerità. Era come
stralunato, spaesato, non era più abituato a vivere a contatto
con le persone quotidianamente e non era sicuro che non avrebbe più
provato il desiderio di stare da solo. Inoltre lui rappresentava un
pericolo per tutti coloro che gli erano vicini a causa del suo
rinnegan. C'era gente senza scrupoli che avrebbe fatto di tutto pur
di impadronirsene e lui non desiderava affatto che le persone a lui
care potessero correre dei rischi. Aveva già perso la maggior
parte delle persone a cui teneva di più al mondo, non poteva
permettere che accadesse ancora. Kakashi e Naruto avevano tentato di
rassicurarlo, mascherando la medesima preoccupazione dietro
quell'ottimismo che li aveva contraddistinti da sempre. Lo avevano
fatto per lui e anche per Sakura, che nonostante tutto aveva
continuato ad amarlo, adducendo prove alla teoria di Naruto secondo
la quale ''alcune cose non cambiavano mai''.
Ma
non era quello il luogo, né il momento per affrontare
quell'argomento: era felice di essere tornato, di aver rivisto Sakura
e, malgrado non fosse un esperto in relazioni, non aveva intenzione
di rovinare anche quell'attimo.
Sentì
la mano di Sakura posarsi, debole e tremante, sulla sua schiena e
ricordò il piacevole calore del suo corpo in quelle notti in
cui lei vegliava sui suoi sogni.
Si
voltò e, afferrandole il polso, la costrinse a posare la mano
sul suo petto, in corrispondenza del cuore che batteva impazzito per
poi sollevare la sua di mano, per accarezzarle il viso con il dorso,
delicatamente, come fosse il fragile petalo di un fiore, e farla poi
scomparire tra i suoi capelli morbidi e profumati.
«
Okaeri, Sasuke-kun » mormorò Sakura sul suo petto,
riuscendo finalmente a ricordare una delle tante cose che si era
ripromessa di dirgli.
«
Grazie »
♦
Note
Autrice
Gentilissimi
lettori,
so
che molti di voi aspettavano questo capitolo da parecchi mesi e devo
confessarvi di essere particolarmente emozionata.
Ho
ricevuto tantissimi messaggi sia su Efp, che su Wattpad, finanche su
Fb, in cui mi si chiedeva di continuarla, ma un po' per la scarsa
ispirazione, un po' per lo scarso tempo a mia disposizione, sono
stata costretta a rinviare questo capitolo mese dopo mese.
Ultimamente, complice anche un cambiamento degli orari di lavoro,
sono riuscita a concentrarmi e a imbastire una specie di bozza sulla
quale poi ho lavorato.
Ho
inserito qua e là dei riferimenti alla novel di Sakura e a
quella di Sasuke perché… perché sì, mi
piaceva l'idea e avevo bisogno di collegare alcune parti del capitolo
che mi convincevano poco.
Ho
deciso di iniziare la ''Seconda Parte'' con il ritorno di Sasuke
perché la testa mi diceva così, tuttavia nei prossimi
capitoli ho intenzione di inserire alcuni flashback del viaggio di
redenzione. Questo perché, altrimenti, la storia sarebbe stata
troppo lunga e francamente le fan con duecentocinquanta capitoli non
rientrano tra le mie preferite. I capitoli saranno un pochino più
lunghi – se dovessero diventare noiosi vi prego di avvertirmi –
e gli aggiornamenti sicuramente lenti – ma non ho alcuna
intenzione di abbandonare questa storia, quindi abbiate fede.
Vi
ringrazio tanto per la pazienza e soprattutto per il supporto che mi
avete sempre dato.
Attualmente
questa storia è la più seguita tra quelle che ho
scritto e questo mi riempie di gioia – e mi fa pensare che le
altre non siano un granché. LOL. :-) * crollo dell'autostima
in corso *
Ringrazio,
quindi, chi l'ha inserita nelle storie preferite, seguite, ricordate,
chi l'ha recensita e chiunque dovesse recensirla in futuro. Mi sento
in debito con voi di almeno una tonnellata di affetto e spero di
riuscire a ripagarlo migliorando la qualità delle mie storie.
Sapere che qualcuno legge e apprezza ciò che scrivo è
un enorme soddisfazione e uno sprone a cercare di fare sempre meglio.
Mi auguro di non deludervi.
A
presto.
Blueorchid31
Note:
(1)
Citazione tratta dal capitolo 4 '' Contare '' di '' Voce del Verbo
Amare ''. http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2641666
Scusate non ho resistito, ci stava troppo bene.Quel capitolo
rimane uno dei più divertenti che io abbia mai scritto. :-)
(2)
Tanabata: Festività giapponese che celebra il ricongiungimento
di Orihime e Hikoboshi, che rappresentano rispettivamente le stelle
Vega e Altair. Secondo la leggenda i due amanti, separati dalla Via
Lattea, potevano incontrarsi solo una volta l'anno nel settimo giorno
del settimo mese lunare del calendario lunisolare.
Si
festeggia il 7 di luglio. Questa mia scelta ha un senso, fidatevi.
Sakura
non riusciva proprio a ricordare quando fosse stata l'ultima volta
che aveva dormito così bene. I suoi sogni, infatti, venivano
costantemente infestati da cattivi presagi, frutto della sua
preoccupazione nei confronti di Sasuke.
Sorrise,
ancora un po' assonnata, e si accoccolò meglio nell'incavo
della sua spalla.
Non
si sa bene come, ma era riuscita a convincerlo a rimanere a dormire
da lei nonostante lui le avesse fatto notare, più volte, che
sarebbe stato sconveniente dato che ora viveva da sola – e non
si poteva di certo affermare che loro avessero una vera relazione.
Sasuke
aveva sempre avuto una certa difficoltà ad accettare l'ovvio.
Era
la palese rappresentazione di quello che solitamente chiamiamo '' un
testone ''. Non che non ci arrivasse alle cose, dopotutto era un
Uchiha e per diritto di nascita era un genio, più che altro si
rifiutava di capirle, soprattutto quando queste andavano a mirare il
suo già non troppo stabile equilibrio.
E
mentre le sue braccia continuavano a stringere Sakura, come avevano
fatto per tutta la notte, si era posto una fatidica domanda: E
adesso?
Si
era quasi pentito di aver accettato il suo invito, o meglio di aver
ceduto alla pragmatica tattica coercitiva di Sakura che aveva avuto
come argomenti principali: '' Mi sei mancato tanto '', '' Mi sono
sentita così sola '' e '' Ti prego resta con me questa notte
''.
Tre
coltellate dritte al petto che erano riuscite a risvegliare in lui
l'inestinguibile senso di colpa che provava nei suoi confronti.
«
Rimango fino a che non ti addormenti. »
Le
aveva concesso con benevolenza, perché sul serio credeva che
fosse alquanto sconveniente che lui rimanesse lì – più
per lui che per l'opinione pubblica.
Sasuke
non era, e non sarebbe mai stato, un tipo da zero a dieci. Poi,
conoscendo Sakura, il dieci non le sarebbe neanche bastato: ambiva
come minimo al cento, se non al mille, e quella richiesta ne era
stata una prova inconfutabile.
Aveva
ancora bisogno di metabolizzare il fatto di essere tornato a Konoha,
di averla rivista e non aveva ben chiaro quali sarebbero stati i suoi
progetti per il futuro da quel momento in poi. Per quanto ne sapeva
sarebbe potuto anche ripartire il giorno dopo senza troppe cerimonie
e spezzarle di nuovo il cuore.
Eppure,
quando lei gli si era accostata con dolcezza e, dopo aver afferrato
la sua mano, lo aveva condotto nella sua camera da letto tinta di
rosa, i suoi piedi si erano mossi da soli e, ubbidienti, l'avevano
seguita.
Quando
lei si era adagiata sul letto e gli aveva sorriso, lui era rimasto
per un po' in piedi a guardarla: illuminata solo dal chiarore della
luna – piena. Che persecuzione! – si era accorto
di quanto fosse diventata bella, matura, e si era convinto ancora di
più del fatto che, per nessuna ragione al mondo, sarebbe
dovuto rimanere a dormire lì con lei.
Dopotutto
erano passati tre anni, non erano più dei ragazzini; entrambi
avevano raggiunto la cosiddetta '' maturità sessuale '' di cui
lui conosceva a stento le basi. L'alibi che ai tempi del Team 7
avevano dormito insieme un'infinità di volte non reggeva più:
a dodici anni, certi pensieri, non lo sfioravano minimamente.
All'improvviso
una funesta riflessione gli balenò nella testa: sarebbe stato
poi così assurdo se Sakura avesse avuto, nel frattempo, una
storia con qualcun altro?
Era
una bella ragazza, un medico stimato, e sicuramente qualcuno doveva
aver fatto qualche pensierino sul suo conto.
Ovviamente,
a causa del suo spropositato orgoglio, non aveva osato chiederle
niente: sarebbe stato troppo umiliante. Ma, alla fine, proprio quel
pensiero funesto era riuscito a convincerlo a raggiungerla su quel
letto che, stanco com'era, appariva davvero molto invitante. Inoltre
aveva realizzato che in quel modo, secondo uno dei suoi contorti
ragionamenti, avrebbe potuto segnare di nuovo il territorio,
rivendicare la sua proprietà su quel letto e sulla donna che
vi era stesa sopra. Era stato un gesto infantile? Sì, lo era
stato. Ma da Sasuke.
Il
resto era stato abbastanza semplice: Sakura gli si era avvicinata con
la solita delicatezza, aveva afferrato il suo braccio – l'unico
a disposizione – e lo aveva fatto passare dietro il collo. Una
cosa nuova per Sasuke: abituato ad essere abbracciato lo metteva
abbastanza a disagio che lei lo avesse costretto – che
esagerazione! – a ricambiare il favore, così, su due
piedi, appena tornato. Da zero a cento, ecco.
Con
lo sguardo perso e un'espressione che definire da ebete sarebbe stato
un complimento, aveva assistito al compimento di una delle fantasie
adolescenziali di Sakura: dormire sulla sua spalla. La ragazza,
infatti, dopo essersi fatta strada sotto le lenzuola, avendo cura di
coprire anche lui, aveva trasformato, non si sa bene come, l'incavo
della sua spalla in un accogliente cuscino. Una posizione comoda per
lei, di certo non per lui che, tuttavia, essendo ancora molto turbato
da quella novità, non aveva avuto il coraggio di opporsi.
«
Raccontami un po' del tuo viaggio. Voglio sapere tutto. »
Ecco
un'altra cosa che Sasuke odiava fare: parlare. Soprattutto dopo un
viaggio estenuante e dopo essere stato costretto – ancora?
- ad abbracciarla contro il suo volere – ma sul serio?
La
posizione supina, con lei che lo abbracciava da dietro, come sempre,
non sarebbe stata più comoda, più congeniale?
Sicuramente non avrebbe avuto il suo respiro a così poca
distanza – per non dire le sue labbra.
Il
suo alito caldo gli solleticava piacevolmente il collo, facendolo
sentire come avvolto dalla sua essenza e la mano di Sakura, quella
libera, che poggiava sul suo petto, in direzione del cuore, sembrava
messa apposta lì come per controllare le sue reazioni. Da
zero a mille… avrebbe dovuto aspettarselo!
«
Dormi. » le aveva intimato, dandole un paio di buffetti sul
braccio: come avrebbe fatto un vecchio nonno o una mamma affettuosa.
Era proprio negato in certe cose.
Sakura
aveva chiuso gli occhi, ripromettendosi di riaprire il discorso in
un'altra occasione. Era davvero curiosa di sapere dove fosse stato in
quegli anni, quali fantastiche avventure avesse vissuto…
Avventure?
Non
aveva la più pallida idea di cosa avesse combinato in quel
periodo, per quanto ne sapeva poteva anche aver avuto altre storie e
lei non lo avrebbe mai saputo.
No,
non sarebbe stato da Sasuke. O almeno cercò di convincersene.
Aveva
aggiunto anche quella domanda alle tante che aveva intenzione di
porgli e poi aveva ubbidito, senza sforzarsi troppo , al suo ordine –
era distrutta e dalla giornata faticosa e dalle troppe emozioni a cui
non era più abituata.
«
Buongiorno a te. » masticò, prima di razionalizzare di
trovarsi ancora tra le sue braccia e che probabilmente il suo alito
potesse non essere dei migliori.
Non
le era mai capitato di risvegliarsi con Sasuke. Di solito lasciava la
sua stanza appena lui si addormentava per ritornare a casa dai suoi
genitori. Inutile dire che l'adrenalina le era salita a mille e che
avrebbe potuto tranquillamente mettersi a piangere da un momento
all'altro per il fatto che Sasuke avesse deciso, infine, di passare
tutta la notte con lei e non fosse andato via come le aveva detto.
Il
terrore di avere l'alito pesante, la costrinse a prendere una pesante
decisione: staccarsi immediatamente da lui e correre in bagno a
lavarsi i denti. Una delle sciocche fisime che hanno tutte le donne
le prime volte che dormono con un uomo… e dato che quell'uomo
era anche quello dei tuoi sogni, quello che aveva rincorso per tutta
la vita, per cui aveva sofferto le pene dell'inferno, trovava
assolutamente fuori luogo che lui associasse il loro primo risveglio
insieme al presumibile cattivo odore del suo alito.
Si
sollevò, quindi, con lentezza, dalla sua comoda spalla –
i movimenti bruschi con Sasuke potevano essere pericolosi – con
estremo sollievo dell'Uchiha che già orfano di un braccio,
aveva temuto, per tutta la notte che il dolce peso di Sakura potesse
decretare la perdita anche dell'altro. A quel punto sì che
sarebbe stato apposto.
Sasuke
si sgranchì subito la spalla, sbattendo in faccia alla ragazza
il disagio provato fino a quel momento.
«
Scusa. Non mi sono accorta di essere rimasta tutta la notte
appoggiata al tuo braccio. » si sentì di dirgli,
provando un enorme senso di colpa.
Il
termine '' appoggiata '' suonò alle orecchie di Sasuke
abbastanza limitativo: lei non si era solo appoggiata, la sua testa
dopo essersi addormentata era diventata pesante come quella di Chōji
durante la tecnica del gigantismo.
«
Non importa. » mormorò: non trovava giusto incolpare lei
di qualcosa che, con un pizzico di volontà in più,
avrebbe potuto evitare.
E
sarebbe stato ancora più difficile spiegarle quale fosse stato
il motivo che lo aveva portato a rimanere fino al mattino seguente,
disattendendo la promessa che si era fatto di lasciarla non appena si
fosse addormentata.
Cullato
dal respiro pesante e regolare di Sakura, aveva pensato che se avesse
chiuso gli occhi per un secondo non ci sarebbe stato poi nulla di
male – se lo meritava, dopotutto, un po' di riposo.
Era
certo che tanto, dopo un po', si sarebbe svegliato, non avendo mai
avuto un sonno molto pesante, e che quindi non potesse esserci alcun
rischio che rimanesse lì ancora a lungo.
Si
sbagliava.
Era
caduto in un sonno profondo, troppo sereno rispetto ai suoi canoni.
Il piacevole tepore del corpo di Sakura, avvinghiato al suo, aveva
avuto lo stesso effetto di un potente sonnifero, aveva sigillato i
suoi occhi, impedendogli di riaprirli.
Tuttavia,
adesso, guardando Sakura, inginocchiata sul letto, con gli occhi
ancora gonfi dal sonno, e quel tipico broncio da '' ho procurato
fastidio a Sasuke, come farò mai a farmi perdonare'' ,
ritenne che, in fondo – ma molto in fondo – quel
risveglio fosse stato uno dei migliori dei suoi ultimi tredici anni
di vita.
Incurvò
le labbra in una specie di sorriso: conoscendo Sakura, al momento, il
suo cervello doveva aver elaborato almeno un centinaio di ipotesi
tutte tendenzialmente apocalittiche ed era più che certo, dati
i precedenti, che non sarebbe riuscito a tranquillizzarla in alcun
modo. Appena sveglio, poi!
Fortunatamente,
quell'accenno di sorriso fu in grado di modificare all'istante
l'umore della ragazza che, come appena punta da una tarantola, si
alzò di scatto dal letto e si diresse, canticchiando, in
cucina.
Sasuke
rimase seduto sul letto, chiedendosi come facesse quella donna ad
avere tutta quell'energia già a prima mattina: era davvero
incredibile.
Posò
la testa contro la spalliera del letto e chiuse gli occhi per un
attimo, godendosi quella sensazione di casa, di famiglia, che non
provava più da tantissimo tempo.
Aveva
sempre saputo, dentro di sé, che Sakura e Naruto avrebbero
potuto ridargli tutto quello che gli era stato tolto. Aveva rinnegato
più volte il loro legame e aveva tentato addirittura di
distruggerlo, ritenendo che fosse assurdo che loro potessero amarlo
sul serio quando lui aveva fatto di tutto per non meritarlo e per
proteggerli da quella maledizione che lo aveva perseguitato dalla
notte della strage del suo Clan: tutte le persone a cui lui si
affezionava, finivano per soffrire, o peggio, morire.
Questo
ragionamento lo aveva portato spesso a valutare l'ipotesi di non fare
più ritorno a Konoha.
Durante
il suo viaggio, infatti, si era ritrovato di fronte a persone senza
scrupoli, intenzionate a entrare in possesso delle sue abilità
oculari, oltre a una serie di nemici che ritenevano di avere un conto
ancora aperto con lui. Aveva incontrato gente che aveva identificato
in lui la figura del rivoluzionario e che aveva sperato di sfruttarla
per ottenere libertà o potere. Il suo viaggio di espiazione
gli aveva fatto aprire davvero gli occhi sul mondo e tutto ciò
che era riuscito a vedere non gli era piaciuto per niente.
Non
tutto, sia chiaro.
Aveva
avuto la possibilità di conoscere persone dal grande cuore che
vivevano di poco, ma erano felici; persone che, malgrado i continui
soprusi, non avevano perso la speranza. Ma su una ipotetica cartina
geografica dove il bene era contraddistinto dal colore bianco e il
male dal nero, quest'ultimo risultava essere dilagante.
Konoha,
dopo la guerra, poteva considerarsi un'isola felice a confronto di
quello che vi era oltre i suoi confini. L'alleanza con gli altri
Villaggi aveva portato a un periodo di pace e prosperità, ma a
conti fatti, Sasuke si chiedeva quanto sarebbe potuto durare.
La
possibilità di mettere in pericolo, o addirittura perdere, le
persone che amava – perché le amava, su questo non aveva
più alcun dubbio – lo aveva convinto a rimanere lontano,
credendo che così avrebbe potuto proteggerle.
La
faccenda di Kido lo aveva preso totalmente alla sprovvista: aveva
agito d'istinto, senza pensare alle conseguenze. L'idea che Sakura
potesse essere nei guai – e per colpa sua, come sempre –
lo aveva fatto imbestialire a tal punto da non vedere l'ora di
mettere le mani su quei maledetti che avevano osato sfruttarla per i
loro loschi scopi. In questo era sempre stato bravo: la vendetta
l'aveva nel sangue, dopotutto.
Era
tornato, troppo tardi per intervenire, ma in tempo per essere sicuro
che Sakura stesse bene. Si era sentito sollevato, ma allo stesso
tempo, aveva meditato sul fatto che se lui fosse stato al Villaggio,
forse, Sakura non si sarebbe trovata in quella spiacevole situazione.
Kido se la sarebbe presa direttamente con lui e, a quel punto,
sarebbe stato più che facile annientarlo all'istante.
Si
portò una mano alla fronte, come per mettere pace nella sua
testa. Per quanto in quel momento fosse pervaso da una sensazione di
benessere, non riusciva in alcun modo a non pensare che, come Kido,
anche altri avrebbero potuto creare scompiglio nel Villaggio a causa
sua.
Certo,
rimanendo al Villaggio, avrebbe potuto affrontare i nemici su
territorio amico, con l'ausilio dei suoi compagni, non ritrovandosi a
combattere da solo come era accaduto durante quel viaggio, ma era
giusto mettere a repentaglio la pace del Villaggio per egoismo?
E
per egoismo Sasuke intendeva: creare una famiglia, restaurare il suo
Clan, e vivere il resto dei suoi giorni in pace. Un'utopia in
pratica, dato il soggetto.
«
La colazione è pronta, Sasuke-kun. »
Riaprì
gli occhi, udendo la voce della donna, e quello che vide bloccò
per un attimo il suo respiro: il viso di sua madre si era sovrapposto
a quello di Sakura.
Sicuramente
quell'allucinazione era il frutto del condizionamento psicologico
cagionato dai suoi pensieri, ma sembrava davvero così reale!
Richiuse
immediatamente le palpebre e poi le riaprì di nuovo,
riconoscendo Sakura sulla porta, un po' perplessa, sicuramente
agitata dal fatto che lui non le avesse ancora risposto.
Posò
i piedi sul pavimento, rimanendo seduto sul letto, e si portò
la mano tra i capelli.
«
Qualcosa non va, Sasuke-kun? » gli domandò Sakura,
avvicinandosi al letto e mettendosi in ginocchio davanti a lui.
«
Sei pallido. » aggiunse – evitando di dire '' più
del solito'' – mentre la sua mano andava a poggiarsi sulla sua
guancia – la notte passata insieme l'aveva persuasa di potersi
concedere qualche libertà in più.
Che
errore fatale!
«
Non toccarmi! » le intimò, scostando il viso.
Ed
ecco il ritorno in grande stile di Sasuke Uchiha!
Davvero
Sakura si era illusa che una notte passata insieme avrebbe potuto
segnare una svolta?
Si
chiuse nelle spalle e abbassò il capo, ferita e delusa.
Sasuke
avrebbe tanto voluto dirle qualcosa, conscio della sua reazione forse
un po' esagerata, ma era stato davvero traumatico per lui quanto
accaduto poco prima.
Gli
ritornarono alla mente le parole di Kakashi, poco prima dello scontro
con Naruto, quando Sakura era già priva di sensi: '' Lei
voleva solo starti vicino, voleva salvarti. ''
Anche
in quel momento Sakura stava cercando di farlo e fu inevitabile per
lui sentirsi di nuovo in colpa.
''
Questo per me appartiene al passato. '' aveva
risposto al suo Maestro, mentre nella sua mente si figurava con
chiarezza l'immagine della sua famiglia.
All'epoca
quelle parole erano state
il riflesso di una vita dedicata solo alla vendetta, in cui non c'era
spazio per i sentimenti. Sakura e Naruto avevano sempre rappresentato
per lui una debolezza ed era stato quello il motivo per il quale
aveva tentato in tutti i modi di allontanarli. Loro rappresentavano
quanto di più simile a una famiglia e risvegliavano in lui
sentimenti che non poteva permettersi di provare; sentimenti
che credeva ormai sopiti, schiacciati dal peso dell'onere che aveva
deciso di sopportare, da solo.
Ma
adesso?
Quel
discorso non aveva più alcuna valenza, qualcosa in lui era
cambiato e la vista di Sakura che si martoriava le mani per reprimere
il pianto stava avendo un effetto devastante sulla sua psiche, già
abbastanza turbata.
Doveva
andarsene, aveva bisogno di riflettere, prima di poterla ferire
ancora. Non lo desiderava affatto.
«
Io dovrei andare in Clinica »
Inaspettatamente
Sakura, con un filo di voce, lo liberò dall'impaccio. Che
fosse vero o meno, Sakura gli era andata incontro, di nuovo, in
qualche modo aveva capito che lui avesse bisogno di stare da solo.
La
vide alzarsi in piedi e uscire dalla stanza a testa bassa, con i
capelli che le coprivano il viso, non dandogli modo di vedere i suoi
occhi colmi di lacrime.
«
La colazione è sul tavolo. » gli comunicò,
facendo un enorme sforzo per
non attribuire al suo tono di voce alcuna particolare inflessione che
potesse indurlo a comprendere quanto lei ci fosse rimasta male «
Devo proprio andare, scusami.
» si congedò, scappando via come un fulmine.
Quando
Sasuke sentì la porta d'ingresso chiudersi realizzò
quanto fosse stato deficiente.
Troppo
tardi.
Iniziava
seriamente a pensare che provasse un mefistofelico gusto nel
combinare casini e poi farsi perdonare, non poteva esserci altra
spiegazione.
Se
la sua mente contorta e turbata non fosse stata ancora così
incasinata, quel risveglio sicuramente sarebbe potuto essere più
piacevole, sia per lui che per lei.
Il
suo viaggio, allora, non aveva sortito alcun effetto? Possibile che
non fosse riuscito a mettere ancora ordine nella sua testa?
'
Maledizione! ' esclamò
dentro di sé, stringendo la stoffa dei pantaloni.
Nonostante
i suoi sforzi per convincersi che fosse giusto andare avanti, seppur
a piccoli passi, finiva con il ritrovarsi sempre al punto di
partenza.
♦●♦
Sakura
giunse alla Clinica con ampio anticipo e si chiuse nel suo studio,
scoppiando in un pianto dirotto.
Era
delusa, affranta.
Perché
doveva essere sempre così difficile?
Aveva
sperato che il viaggio di Sasuke fosse riuscito in qualche modo a
rasserenarlo, che lo avesse aiutato a capire che ci potesse essere
ancora qualcosa di bello per lui in quel pazzo mondo che aveva fatto
di tutto per renderlo infelice.
Lei,
da sola, ci aveva provato un'infinità di volte, ma senza
grandi risultati.
Possibile
che avesse rimosso dalla sua memoria ciò che era accaduto
prima della sua partenza?
Ok,
non che fosse accaduto chissà cosa, ma quantomeno il loro
rapporto sembrava aver preso la giusta direzione… mentre
adesso aveva come la sensazione di essere di nuovo al punto di
partenza.
Perché?
Cosa era andato storto?
Forse
aveva corso troppo? Forse chiedergli di rimanere a dormire da lei era
stato prematuro?
Sasuke
lo aveva definito '' inopportuno ''…
Sentiva
la testa che le scoppiava e dalle lacrime, e dai pensieri.
Si
guardò allo specchio, il piccolo specchio posto sopra il
lavandino di servizio, e riconobbe nel suo riflesso la debole e
insicura Sakura che era stata un tempo.
Che
amarezza!
Si
sciacquò il viso, sperando di trarne beneficio, e dopo averlo
asciugato, provò di nuovo a specchiarsi, ma niente: Sasuke era
riuscito di nuovo a demolire tutte le sue convinzioni.
«
Buongiorno! » urlò Ino, aprendo la porta –
rigorosamente senza bussare e stranamente in orario – proprio
nel momento peggiore possibile.
Quella
mattina, curiosa di sapere cosa fosse accaduto tra Sakura e Sasuke,
Ino aveva impostato la sveglia più o meno alla stessa ora in
cui il gallo degli Akimichi iniziava a cantare.
Saltellando
come una scolaretta, si era recata in Clinica e subito una delle
infermiere l'aveva avvisata che la Dottoressa Haruno era già
arrivata.
Lì
per lì, Ino non aveva trovato la cosa sospetta: Sakura era
sempre in orario. Ma appena aperta la porta, ritrovandosi di fronte
alla versione dodicenne, distrutta, della Haruno, aveva subdorato
subito che il ritorno di Sasuke non fosse stato lieto come tutti si
aspettavano.
«
Cos'è successo? » le domandò, subito,
afferrandola per le spalle.
«
Niente. » tentò di rassicurarla l'amica, con scarsi
risultati.
«
Se quell'idiota di un Uchiha ne ha fatta un'altra delle sue, questa
volta lo strozzo con le mie stesse mani. » E Ino non
scherzava affatto. Era prontissima ad affrontarlo a viso aperto e
a vomitargli addosso tutto il suo risentimento per la sofferenza che
aveva causato alla sua migliore amica – e anche a lei,
prima che si accorgesse di avere ben altri gusti, anch'essi alquanto
particolari.
«
Non voglio che tu ti intrometta. Anzi, non voglio che questa faccenda
trapeli da queste quattro mura. Sono stata chiara, Ino? » la
minacciò Sakura, cambiando completamente atteggiamento.
No,
questa volta non avrebbe permesso a nessuno di interferire, né
a Ino, e men che meno a Naruto. Trovava che fosse veramente infantile
da parte sua consentire ai suoi amici di farsi portavoce delle sue
paranoie come se lei non fosse in grado di risolvere da sola i suoi
problemi.
Ino
annuì controvoglia. In vero non vedeva l'ora di mettere le
mani addosso a quell'insensibile caprone, ma la risolutezza che aveva
letto negli occhi di Sakura la convinse a desistere: le continue
interferenze in una storia, di per sé già molto
complicata, potevano produrre più effetti negativi che
positivi.
«
Mi spieghi almeno che cosa è successo? » incalzò
la Yamanaka, che quantomeno sperava che le consentisse di darle
qualche buon consiglio che sicuramente, poi, non avrebbe seguito.
«
Niente. » ribadì Sakura.
«
Beh. Niente non ti avrebbe ridotta a uno straccio. »
«
Ora non voglio parlarne » le spiegò, affrettandosi a
sistemare i capelli in una coda alta « Abbiamo molte cose da
fare questa mattina e Sasuke Uchiha può aspettare. »
Ino
abbassò le spalle e sbuffò, dandogliela vinta –
solo per il momento.
♦●♦
Appena
fuori dall'appartamento di Sakura, un tormentato Sasuke imboccò
subito la strada di casa, camminando a passo svelto per non correre
il rischio di incontrare qualcuno: al momento non era nelle
condizioni per sostenere una qualsivoglia conversazione con un
qualsivoglia avventore.
Dopo
essersi alzato dal letto, si era diretto in cucina: la tavola era
imbandita in modo minuzioso benché Sakura non avesse avuto
moltissimo tempo per prepararla. Il suo senso di colpa era cresciuto
a dismisura e così anche la consapevolezza di essersi
comportato come un vero idiota.
Aveva
riposto il cibo in frigorifero e ripulito il tavolo con una spugna –
tanti anni di solitudine quantomeno lo avevano reso una discreta
massaia – ritenendo che fosse educato da parte sua preoccuparsi
di non farle trovare tutto come lo aveva lasciato. Ed era stato anche
un modo, in fondo, per cancellare ogni traccia del suo passaggio in
quella casa, come se niente fosse accaduto, quasi certo che Sakura
avrebbe gradito: non sarebbe stato proprio il massimo per lei tornare
a casa e vedersi sbattere di nuovo in faccia quanto lui fosse stato
insensibile e stronzo.
Optò
per le strade meno affollate, valutando persino di saltare su qualche
tetto e proseguire per via aerea, oppure di utilizzare il Rinnegan e
teletrasportarsi direttamente dentro casa di Kakashi dove sarebbe
stato, a suo parere, salvo.
È
difficile spiegare la faccia che fece una volta giunto a destinazione
e il senso di oppressione e disperazione nel riconoscere Naruto
Uzumaki seduto sui gradini della prima rampa di scale che conduceva
al suo appartamento.
Si
rese subito conto che fosse troppo tardi per fare dietro front e
darsela a gambe: l'aveva già visto.
'
Che sfiga!'
«
Naruto, cosa ci fai qui? » gli chiese, iniziando a salire le
scale come se lui non fosse stato davvero lì, trasmettendogli
un chiaro messaggio che il biondo avrebbe sicuramente fatto finta di
non comprendere: '' Non rompermi le scatole.''
«
Ieri abbiamo avuto così poco tempo per parlare e siccome oggi
non ho niente da fare… »
'
Come sempre ' osservò
Sasuke.
«
… ho pensato che avremmo potuto fare una passeggiata. »
gli spiegò l'amico, che per l'appunto aveva fatto finta di non
cogliere il sottile messaggio subliminale.
«
Adesso non ne ho voglia. »
tagliò corto l'Uchiha « Forse più tardi. »
Non
sentendo Naruto esibirsi in una delle sue solite sfuriate, Sasuke
pensò che avesse raggiunto un grado di maturità tale da
capire quando doveva arrendersi.
«
Dove hai dormito stanotte? »
No,
Naruto non aveva neanche lontanamente raggiunto quel grado di
maturità, ma in compenso aveva imparato ad andare dritto al
punto del discorso senza perdersi in facezie.
Sasuke
sentì una fitta allo stomaco e fu costretto a fermarsi
sull'uscio.
«
Non sono affari che ti riguardano. » gli rispose, facendo uno
sforzo sovrumano per non mandarlo al diavolo una volta per tutte.
Naruto
sembrava possedere un radar, o qualche strana abilità, che gli
consentiva di captare i problemi di Sasuke anche a mille miglia di
distanza ed era una cosa veramente fastidiosa per l'Uchiha. Doveva
trattarsi di uno dei tanti regalini che il vecchio delle Sei Vie
aveva avuto premura di fargli perché era assolutamente
assurdo ipotizzare che tra lui e Naruto ci fosse un rapporto così
simbiotico da rendere l'Uzumaki addirittura telepatico.
Udì
i suoi passi concitati sulle scale e si arrese al suo triste destino,
realizzando che sarebbe stato totalmente inutile da parte sua
continuare a ostacolarlo, data la testardaggine del soggetto.
«
Dai, andiamo a fare due passi, Teme! »
«
Ah! » sospirò Sasuke, gettando la testa in avanti «
E va bene. » acconsentì, certo che se ne sarebbe
pentito.
Camminarono
fianco a fianco per le strade di Konoha.
Di
tanto in tanto qualcuno gli si avvicinava ringraziando Naruto per
aver salvato il Villaggio e guardando Sasuke con un po' di titubanza.
'
Ho salvato anch'io il Villaggio '
avrebbe voluto ricordare a quel mucchio di ingrati, ma non essendo
molto fiero di quello che era accaduto prima dello scioglimento dello
Tsukuyomi Infinito, aveva
preferito sorvolare sulla questione.
Raggiunsero
il vecchio campo di addestramento, di nuovo popolato di allegri
bambini intenti a imparare le arti ninja.
'
Il solito sentimentale. ' pensò
Sasuke, lanciando uno sguardo rassegnato in direzione del suo amico
che, al contrario, sorrideva trionfante.
«
Qui può andare bene. » gli comunicò Naruto,
indicandogli un tronco spezzato di un albero: una metafora abbastanza
appropriata per quella funesta mattina.
Sasuke
rimase in piedi: sedersi accanto a lui su quel tronco aveva tutta
l'aria di essere una specie di appuntamento tra due vecchi decrepiti
che, ormai al crepuscolo della loro esistenza, non hanno niente di
meglio da fare che andare a chiacchierare dei tempi andati in un
luogo nostalgico.
«
Sakura-chan deve essere stata contenta di rivederti. »
'
Credo che prima che io mi comportassi come un emerito idiota lo sia
stata. Adesso come adesso sarebbe già tanto se mai decidesse
di rivolgermi ancora la parola. ' rifletté
Sasuke.
«
Anch'io sono contento, sai? »
'
Non lo avrei mai detto! Sono tornato da appena trentasei ore e già
ti ho avuto tra le balle per ben due volte '
«
E tu… e tu sei contento
di essere tornato? » incalzò
l'Uzumaki che conosceva bene
i tempi di reazione di
Sasuke: lenti, molto lenti.
'
Bella domanda. '
«
Non è così semplice. » gli rispose, con
sincerità.
Naruto
si rabbuiò e cominciò a sospettare che Sasuke, come
sempre, gli stesse nascondendo qualcosa.
«
Quando mai le cose sono state semplici per te, Teme? Sei sempre stato
Mr. Complicato! »
Naruto
tentò di stemperare la tensione con una battuta tanto ironica
quanto vera.
'
Già, Mr. Complicato. Come se avessi scelto io di essere così.'
«
Sakura-chan ti ha per caso
pestato? Guarda che se è così puoi dirmelo, non devi
vergognartene. Se per tutte le volte che Sakura-chan mi ha malmenato
avessi dovuto vergognarmi a quest'ora mi sarei ritrovato come minimo
tre metri sotto terra. »
'
Magari lo avesse fatto! Probabilmente mi sarei sentito meno in
colpa.'
«
La smetti di dire idiozie? » sbottò Sasuke, irritato.
«
E tu la finisci di girare intorno al problema? » replicò
Naruto, stufo quanto lui se non più di lui di dovergli tirare
fuori le parole con le pinze
ogni benedetta
volta.
Possibile
che, con il tempo, Sasuke non fosse migliorato per niente?
«
Tu non puoi capire. »
Ecco,
la solita risposta '' ad minchiam '' di Sasuke, una specie di marchio
di fabbrica.
«
Come sempre, eh? Io non posso capire, io non posso capire…
beh, per quanto tu mi ritenga stupido, Sasuke, è abbastanza
chiaro che se c'è qualcuno qui che proprio non capisce niente,
quello sei proprio tu. » ringhiò Naruto, brandendo
minacciosamente il pugno del suo braccio posticcio.
Sasuke
ghignò, immaginando la scena alle sue spalle: quel Naruto
proprio non si arrendeva mai.
«
Non so a cosa tu ti riferisca. » mentì per vedere dove
l'amico volesse arrivare.
«
Lo sai bene. » affermò sicuro l'Uzumaki. « Perché
sei tornato, Teme? » gli domandò subito dopo a brucia
pelo. « E non raccontarmi una delle tue solite balle altrimenti
te le suono. » aggiunse, per chiarezza.
«
Sinceramente non so se sia stata una buona idea. »
Pessima
risposta, Sasuke.
Il
sospetto dell'Uzumaki si trasformò in certezza assoluta.
Quando Sasuke si era presentato, inaspettatamente, al cospetto
dell'Hokage aveva dapprima pensato che fosse tornato a causa della
faccenda di Sakura – che sarebbe stato un motivo più che
ottimo – ma guardandolo con attenzione aveva notato qualcosa di
diverso, e non si trattava del suo orribile poncho, o della bandana
consunta, o del taglio dei capelli; aveva visto qualcosa nei suoi
occhi – o meglio nell'unico occhio visibile – una luce
diversa che gli aveva fatto ben sperare che avesse infine deciso di
ritornare per rimanere.
Subito
dopo aver ascoltato la proposta di Kakashi, tuttavia, aveva osservato
in lui un ulteriore cambiamento che in qualche modo aveva confutato
la precedente tesi. Inutile dire che questo improvviso sbalzo
umorale aveva suscitato non pochi dubbi nell'Uzumaki circa la
permanenza a lungo termine di Sasuke al Villaggio e il suo pensiero
era andato subito a Sakura.
«
Abbiamo aspettato per tanto tempo che tu tornassi al Villaggio. »
gli fece presente « Io, Sakura-chan e Kakashi-sensei, non
vedevamo l'ora di rivederti, ma se non sei tornato per rimanere…
»
Sasuke
aguzzò le orecchie: cosa stava cercando di dirgli?
«
… allora è meglio che tu te ne vada subito. »
concluse Naruto, serio come non mai.
L'Uchiha
metabolizzò per qualche secondo quanto appena detto
dall'amico: gli suonava strano, molto strano. Naruto gli stava dando
la possibilità di scegliere senza imporgli la sua volontà.
Era davvero cresciuto quel baka impertinente!
«
Sei talmente contento di vedermi che non vedi l'ora di liberarti di
me. Hai paura che ti soffi il posto di Hokage? » lo sfidò,
apertamente, tentando di aggirare di nuovo l'ostacolo.
«
Non diventeresti Hokage neanche se venisse giù una pioggia di
ramen bollente dal cielo. »
Sasuke
ghignò ancora per poi voltarsi verso di lui: in fondo gli
erano mancati i loro battibecchi.
«
Non è questo il punto, Sasuke. »
Naruto
aveva aspettato che lui si girasse per poterlo guardare negli occhi
prima di concludere il suo discorso.
«
Abbiamo tutti sperato che questo viaggio potesse aiutarti a stare
meglio, ma a guardarti bene sembri messo peggio di prima, e non mi
riferisco solo al tuo abbigliamento. »
«
Cos'ha il mio abbigliamento? » gli domandò Sasuke, un
po' contrariato.
«
Ma dai! Ma ti sei visto? Sembri uno straccione. » affermò
Naruto, storcendo il naso.
«
Tsk! »
No,
Sasuke non concordava affatto: dovendo viaggiare, trovava
quell'abbigliamento non solo consono per non dare nell'occhio, ma
assolutamente funzionale.
«
Quello che voglio dirti... »
Naruto
tornò improvvisamente serio pronto a scoccare la stilettata
finale.
«
… È che se non sei sicuro di voler rimanere non trovo
giusto che tu illuda le persone che ti vogliono bene e che farebbero
di tutto pur di tenerti qui a Konoha. » concluse, incollando lo
sguardo al suo: erano due ninja di élite e non era necessario
che Sasuke gli rispondesse a parole perché la sua risposta
l'avrebbe letta proprio nei suoi occhi.
Rimasero
immobili a guardarsi per un tempo non ben preciso, mentre l'arietta
fresca della primavera faceva ondeggiare il poncho di Sasuke e le
frode degli alberi sopra la testa di Naruto.
«
Come pensavo. »
Naruto
balzò in piedi e si diresse verso Sasuke.
«
Ben tornato. » aggiunse, dandogli una violenta pacca sulla
spalla che costrinse l'impreparato Uchiha a sbilanciarsi in avanti,
rischiando di cadere a terra.
Ma
che diavolo stava farneticando? Come era arrivato a quella
conclusione?
«
Hey, aspetta! » gli urlò Sasuke, vedendolo andare via.
«
Devo andare a fare la spesa per Hinata-chan, ci vediamo dopo. »
lo salutò Naruto, alzando una mano verso il cielo.
«
Ah, dimenticavo… » gli disse, continuando a camminare «
Qualsiasi cazzata tu abbia fatto vedrai che Sakura-chan ti perdonerà.
»
A
quel punto Sasuke pensò che Naruto avesse davvero sviluppato
una sorta di telepatia che gli consentiva di entrare nel suo cervello
ed estrapolarne le informazioni di cui abbisognava.
In
pochi minuti era riuscito non solo a dissipare la moltitudine di
dubbi che gli avevano affollato la mente dal momento in cui aveva
messo piede a Konoha, ma anche a dargli una buona motivazione per
rimanere: Sakura.
Non
aveva intenzione di illuderla, non era tornato per questo.
Finalmente
aveva una visione più chiara di quello che avrebbe dovuto fare
e lo fece… immediatamente.
Si
fiondò nella stessa direzione presa da Naruto, e lo superò
a gran velocità non riuscendo pertanto a cogliere il '' Povero
Teme! '' da lui proferito e la successiva affermazione: ''Sakura
ti romperà tutte le ossa. ''
Giunse
alla Clinica di Sakura e, senza pensarci, spalancò la porta
d'ingresso, trovandosi in un piccolo atrio fatiscente.
Sarà
stato forse per il modo brusco, o per il fiatone, o per
l'abbigliamento che lo faceva sembrare un barbone pazzo, ma
l'infermiera che stava transitando in quel momento nell'atrio,
appena lo vide, spiccò un salto per la paura e i fogli che
aveva in mano caddero rovinosamente al suolo.
'
Bella figura di merda, Sasuke.' si
complimentò con se stesso e se avesse avuto entrambe le mani
si sarebbe fatto anche un applauso.
«
D-desidera qualcosa? » gli chiese un po' titubante – un
elettroshock ad esempio?
«
Sto cercando Sakura Haruno. » le rispose, dopo infiniti minuti
di silenzio imbarazzante in cui l'infermiera si era dedicata a
raccogliere i fogli caduti pur non perdendolo mai di vista: di pazzi
in giro ce ne erano tanti e quel ragazzo che aveva davanti sembrava
davvero sull'orlo di una crisi di nervi.
«
Oh! Haruno-sama al momento è impegnata. Può attenderla
nella sala d'attesa se vuole. » replicò la donna,
indicandogli con un dito una saletta ancora più angusta
dell'atrio « Chi devo annunciare? » gli chiese subito
dopo.
Era
così imbarazzante! Ma che cosa gli era venuto in testa di
fare!?
'
Dobe impiccione! '
Lo
maledisse con tutto se stesso per averlo istigato a compiere un gesto
così assurdo e immotivato.
Avrebbe
potuto tranquillamente aspettare Sakura davanti casa sua, o fuori
dalla Clinica. Perché era entrato?
Forse
era stato spinto dalla curiosità di capire che cosa facesse lì
dentro, da quando era venuto a conoscenza di quella Clinica non aveva
fatto altro che pensarci. Sì, doveva essere stato quello il
motivo.
''
La curiosità uccise il gatto ''... e
lui poteva asserire con certezza di avere appena messo un piede nella
fossa.
«
Un conoscente. » rispose di getto, pensando che, rimanendo sul
vago, avrebbe potuto salvare quel che rimaneva della sua dignità.
Un
conoscente???
E
con questa aveva davvero toccato il fondo: la ragazza portò
una mano alle labbra e sorrise divertita – qualcosa le diceva
che fosse qualcosa di più di un conoscente, anzi era quasi
certa che si trattasse di quell'Uchiha Sasuke di cui aveva sentito
tanto parlare dalla Dottoressa Yamanaka.
«
Va bene. » lo accontentò, inchinandosi leggermente per
salutarlo prima di sparire all'interno della struttura oltrepassando
la porta alle sue spalle.
Sasuke
a quel punto si ritrovò dinanzi all'ennesimo dilemma: girare i
tacchi e andarsene – e per andarsene intendeva chiedere asilo
politico a Orochimaru e sparire come minimo per venti, trenta anni –
oppure fare l'uomo e prendersi la responsabilità delle sue
stupide azioni.
L'orgoglio
Uchiha prese il sopravvento e senza indugiare oltre si diresse verso
il piccolo stanzino che quella donna aveva indicato come sala
d'aspetto e, sbuffando, si mise a sedere. D'istinto mosse il braccio
destro per incrociarlo con il sinistro per assumere una delle sue
amate pose plastiche che di solito riuscivano a farlo sentire più
sicuro di se stesso e si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo,
realizzando che non fosse possibile.
Così
iniziò l'attesa. Un'attesa troppo lunga per i suoi gusti;
un'attesa che non stava facendo altro che innervosirlo ancora di più.
Non
aveva ben chiaro cosa avrebbe detto a Sakura una volta che lei si
fosse degnata di palesarsi al suo cospetto – e dato che era
passata già mezzora aveva il sentore che non avesse tutta
questa fretta – avrebbe improvvisato qualcosa al momento –
già perché lui era un esperto dell'improvvisazione.
Come no?!
Il
Rinnegan captò qualcosa fuori dalla porta e sperò che
fosse Sakura.
D'istinto
si alzò in piedi per poi ricadere pesantemente sulla sedia
constatando che si trattasse solo di un piccolo marmocchio.
'
Non osare avvicinarti! ' lo ammonì mentalmente,
sfoggiando uno dei suoi sguardi più truci, ma il bambino, per
nulla impressionato, si andò a posizionare proprio davanti a
lui e cominciò a scrutarlo come fosse stato un extraterrestre
o un animale strano.
Il
bambino lo stava studiando con i suoi occhioni neri come la pece.
Anche i capelli avevano lo stesso colore e la carnagione del suo viso
era bianca come il latte.
A
dire il vero assomigliava un po' a lui da piccolo.
«
Tu come ti chiami? » gli chiese con una vocina sottile che
Sasuke ritenne in qualche modo anche piacevole forse per la
somiglianza appena notata.
«
Non sono affari tuoi. »
Chi
era il bambino tra i due?
«
Io mi chiamo Hiro. » replicò il bambino, come se non
avesse colto la sottile sfumatura nella sua risposta.
Sasuke
non si mosse di un millimetro: qualsiasi movimento avrebbe potuto
invogliare il nano malefico a continuare.
«
Anche tu sei un paziente della Dottoressa Haruno? » continuò
imperterrito Hiro che, nella sua ingenuità, non poteva
immaginare di avere di fronte quello che a tutti gli effetti poteva
essere l'equivalente dell'orco cattivo o del mostro dell'armadio.
A
quel punto Sasuke si arrese all'evidenza di non poter fermare quella
piccola peste in nessun modo e scosse leggermente il capo in segno di
diniego.
«
Haruno-sama è una persona buona, si prende cura di noi. »
Il
cuore di Sasuke si strinse in una morsa dolorosa. Quel bambino aveva
dannatamente ragione: Sakura era una persona buona, Sakura si
prendeva cura di tutti – soprattutto di lui anche se raramente
le permetteva di farlo.
«
Tu ce li hai i genitori? » gli chiese ancora Hiro.
Aveva
per caso intenzione di ucciderlo??? Oppure era stata Sakura a
inviarlo per vendicarsi?
«
Non dovresti fare questo tipo di domande a chi non conosci. »
gli rispose Sasuke, in evidente difficoltà.
«
I miei genitori sono morti. » affermò il bambino,
abbassando il capo « Mia madre e mio padre hanno combattuto
nella Quarta Grande Guerra Ninja. Erano in prima linea. »
Sasuke
osservò che per essere un monello di appena sette anni, aveva
un modo di parlare quasi da adulto – un altro punto in comune
con lui.
«
Purtroppo il nemico era troppo forte e loro non ce l'hanno fatta. »
concluse mestamente Hiro, mettendo una specie di broncio che riuscì
a intenerire il marmoreo cuore dell'Uchiha.
«
Ora i tuoi genitori sono in cielo e vegliano su di te da lassù.
» si sentì di dirgli, non sapendo neanche da dove gli
fossero venute le parole: non era mai stato bravo a consolare le
persone.
Il
bambino, di rimando, gli sorrise con dolcezza e Sasuke pensò
che forse, per una stramaledettissima volta, avrebbe potuto sentirsi
un pochino orgoglioso di se stesso.
«
Anche Haruno-sama lo dice sempre. » affermò Hiro con
entusiasmo. « Haruno-sama dice anche che dobbiamo ringraziare
Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha per averci salvati. Ma io… »
Inutile
dire che Sasuke si gonfiò come un pavone.
«
… io Sasuke Uchiha non so proprio chi sia. »
E
si sgonfiò come un palloncino.
'
Ce l'hai davanti agli occhi marmocchio impertinente e se adesso non
ti levi di torno io...'
«
Hiro! »
La
voce di Sakura fece trasalire entrambi.
«
Che cosa ci fai qui? » gli chiese, gettando uno sguardo anche
su Sasuke che pressappoco poneva la medesima domanda.
«
Forza, raggiungi gli altri a mensa. » gli ordinò con
gentilezza. « Fino alla fine mi farai impazzire piccola peste.
» E giù un altro sguardo in direzione di Sasuke.
«
Arrivederci. » si congedò il bambino con educazione
prima di scappare via per raggiungere gli altri.
Sasuke
decise di tenere lo sguardo basso per un po', forse per sempre, per
paura di incontrare gli occhi di Sakura, mentre Sakura scelse di
tenere i suoi fissi su di lui in attesa che lui si decidesse a
spiegarle quale meccanismo del suo cervello si fosse inceppato questa
volta tanto da spingerlo a presentarsi – senza invito –
nella sua Clinica come '' Un conoscente.''
«
Spero che Hiro non ti abbia arrecato fastidio. » esordì
lei con magnanimità: conoscendolo sarebbero potuti rimanere in
silenzio in quella sala d'aspetto per ore.
'
Sì, ma non importa. ' avrebbe
voluto risponderle Sasuke che, in fondo, non aveva trovato la
conversazione con quel bambino poi così molesta. Al contrario,
avendo avuto come l'impressione di rivedere se stesso, aveva provato
un'insolita sensazione di sollievo.
«
È un bambino sveglio. » replicò, invece,
incurvando le labbra in un ghigno.
«
Già. E pensare che quando lo abbiamo accolto non era in grado
neanche di parlare. » gli raccontò l'Haruno,
sistemandosi un ciuffo di capelli dietro le orecchie.
'
Sul serio?'
Sasuke
rimase davvero molto colpito e d'istinto alzò la testa,
rimanendo, se possibile, ancora più stupito da quello che
vide.
Sakura
aveva i capelli tirati in una codina alta e sbarazzina e aveva
indosso un camice bianco che le dava un'aria molto professionale. Non
l'aveva mai vista sul lavoro, sembrava, per così dire…
diversa.
C'era
un luccichio nei suoi occhi che non aveva mai visto, una forza e una
risolutezza che aveva potuto rimirare, di nascosto, solo durante la
guerra e a cui aveva deciso, all'epoca, di non dare peso.
«
Che cosa fai di preciso qui? » si decise a chiederle per
soddisfare la sua curiosità che dopo l'affermazione di Sakura
era aumentata in modo spropositato.
«
Vieni, ti faccio vedere. »
Sakura
lo invitò a seguirlo oltre la porta che dava accesso al resto
della piccola struttura.
«
Da questa parte c'è il dormitorio. » e gli indicò
una stanza un po' più grande della precedente con molti –
troppi – letti messi in fila da una parte e dall'altra.
« Accogliamo i bambini che sono rimasti orfani a causa della
guerra. » gli spiegò subito dopo per poi procedere
ancora lungo il corridoio.
«
Qui, invece, c'è la mensa. »
E
appena Sakura aprì la porta un rumore molesto di grida di
bambini per poco non perforò entrambi i timpani dell'Uchiha.
Riconobbe
subito tra quella marmaglia di marmocchi indemoniati il piccolo Hiro,
seduto in disparte, lontano da tutti, e provò un moto di
profonda comprensione nei suoi confronti.
«
Tuuu!!! »
'
Anche io sono contento di rivederti Yamanaka.'
Ino
aveva captato immediatamente la sua aura negativa e si era piazzata
davanti a lui con le mani sui fianchi e uno sguardo omicida.
«
Ci vediamo dopo, Ino! » la liquidò Sakura, chiudendo in
fretta la porta e Sasuke non poté fare altro che ringraziarla
mentalmente per avergli evitato una scenata in grande stile della
Yamanaka.
Proseguirono
ancora, arrivando alla fine di quel breve corridoio dove vi erano
ancora altre tre porte.
Sakura
gli spiegò che l'ultima, quella proprio in fondo al corridoio,
era lo stanzino delle infermiere.
«
Sono solo due, per il momento non possiamo permetterci altro. »
gli spiegò un po' affranta. I fondi per la sua Clinica non
erano stati ancora stanziati e potevano dire con certezza di essere
in stato di emergenza, ma di questo Sasuke se ne era già
accorto da solo.
«
Questa è la stanza dove facciamo gli incontri con i bambini. »
gli disse, aprendo la porta a destra. « È sempre in
disordine perché spesso passiamo interi pomeriggi a giocare. »
aggiunse, abbozzando un sorriso.
«
Giocate e basta? »
La
domanda gli venne fuori spontaneamente: come pensava Sakura di
aiutare dei bambini traumatizzati solo con dei semplici giochi,
oltretutto mezzi rotti?
«
No, no. »
Sakura
trattenne a stento una risata.
«
Soprattutto parliamo. Con i più piccoli è un po' più
difficile e quindi propendiamo per il gioco, ma ad esempio con un
bambino come Hiro il modo migliore per curare il suo trauma e
parlarne. »
Sasuke
si sentì uno stupido, ma nonostante questo non riusciva ancora
a capire come una chiacchierata potesse sortire effetti benefici su
una mente turbata da chissà quali esperienze negative.
Sakura
lo invitò con un gesto della mano a lasciare la stanza e lo
condusse in quella di fronte: il suo studio.
Sasuke
c'era già stato, proprio il giorno prima, ma preso da altro
non aveva avuto modo di dargli un'occhiata con attenzione. Anche lo
studio di Sakura, come il resto della struttura, era molto piccolo e
straripante di roba. La scrivania era talmente sovraccarica di fogli
da sembrare quasi incurvata e anche per terra erano riposti un numero
non ben definito di plichi e faldoni di documenti.
Tuttavia,
tutto sembrava avere un ordine ben preciso. Per quanto piccolo e
pieno di cose, quello studio, appariva comunque ordinato.
Sakura
si affrettò a spostare altre carte poggiate sulla sedia
davanti alla sua scrivania, riponendole a terra.
«
Mi dispiace per tutto questo caos, ma non abbiamo ancora ottenuto i
fondi necessari per ampliare la Clinica. » si scusò, un
po' imbarazzata. « Vuoi sederti? » gli chiese subito
dopo, premurandosi di chiudere la porta.
Era
nervosa, come non mai. Tuttavia, il fatto di essere nel suo Habitat
naturale, dove lei era qualcuno, dove contava qualcosa, le era
di grande aiuto quantomeno per mascherare il turbinio di emozioni
contrastanti che aveva iniziato a provare nel momento stesso in cui
l'infermiera si era precipitata da lei comunicandole la visita di un
''conoscente''.
Ino
aveva alzato un sopracciglio e l'aveva guardata con sospetto.
Sicuramente doveva essere sul punto di impazzire non avendo ancora
ricevuto da parte sua alcuna informazione in merito a quanto era
accaduto quella mattina e non si aspettava, di certo, un'improvvisata
da parte di un ''conoscente'' che, senza ombra di dubbio, puzzava di
Sasuke Uchiha: solo un cretino orgoglioso come lui si sarebbe potuto
presentare in quel modo.
Sakura,
lì per lì, aveva fatto finta di niente e aveva
continuato i suoi colloqui con i bambini, liquidando l'infermiera con
un « Adesso ho da fare. » che aveva stupito la Yamanaka a
tal punto da convincerla quasi che l'amica avesse deciso, una buona
volta, di puntare i piedi.
In
realtà in quell'oretta che era intercorsa tra l'annuncio fatto
dall'infermiera e il momento in cui Sakura si era decisa a riceverlo,
i ventricoli del suo cuore avevano preso il posto degli atri, e
viceversa, almeno una dozzina di volte, convincendola ulteriormente
del fatto che Sasuke Uchiha fosse incontrovertibilmente nocivo per la
salute.
Sasuke
annuì con un cenno del capo e si mise a sedere.
«
Chi eroga questi fondi? » le chiese, mostrandosi, contro ogni
previsione da parte di Sakura, molto interessato all'argomento.
«
Il Consiglio, ovviamente. »
'
È sempre colpa di quei burocrati da strapazzo. ' rifletté
Sasuke, provando quasi pentimento per non averne fatti fuori ''
alcuni '' - e due in particolare
– quando ne aveva avuto la possibilità.
«
Dopo la faccenda di Kido non hanno ancora preso una decisione. »
gli spiegò mentre si dirigeva verso un fornello da campeggio
posto su uno scaffale su cui mise poi a riscaldare un tetsubin per il
tè.
Sasuke
ritrattò la precedente affermazione sui consiglieri: come
sempre era stata sua la colpa.
«
E l'Hokage? » le
domandò, incredulo che Kakashi-sensei non avesse cercato di
aiutare la sua allieva preferita.
«
Ha le mani legate. » lo informò, abbassando mestamente
lo sguardo « Tra la ricostruzione del Villaggio e tutto il
resto, i fondi sono pochi e il Consiglio sostiene che ci siano altre
priorità in questo momento. »
Certo,
la tranquillità e il benessere del Villaggio venivano prima di
tutto, come sempre.
Sasuke
scosse la testa e chiuse gli occhi: era abbastanza avvilito dal fatto
che in quei tre anni nulla fosse ancora cambiato.
«
Comunque voglio essere ottimista. » esordì
improvvisamente Sakura a voce alta.
«
Mh? »
«
In ogni caso continuerò
a prendermi cura di questi bambini con o senza quei fondi. »
dichiarò, portando il pugno chiuso davanti al petto.
E
Sasuke non poté fare a meno di abbozzare un nostalgico
sorriso, constatando che anche Sakura non fosse cambiata più
di tanto: era rimasta l'eterna ottimista di sempre.
Sasuke
avrebbe tanto voluto chiederle come avrebbe fatto, ma soprattutto
avrebbe voluto comprendere cosa l'avesse spinta ad aprire quella
Clinica – nonostante avesse un certo sospetto – ma
tacque, limitandosi a guardarla mentre prendeva un paio di tazze e vi
versava dentro l'acqua bollente.
«
Ma dimmi, Sasuke-kun…
» riprese a parlare, porgendogli la tazza con il manico
integro, tenendo per sé quella rotta.
«
C-come mai questa visita? » gli chiese, un po' balbettante,
tradendo così il nervosismo che fin a quel momento aveva
tentato di celare.
Sasuke
si portò la tazza alle labbra e bevve un lungo sorso di quel
tè dal buon odore, scoprendo che anche il sapore non fosse
niente male.
«
Volevo parlarti. » ammise, finalmente, sentendosi un pochino
meglio senza quel groppone sullo stomaco.
Sakura
rimase con la tazza incollata alle labbra e lo scrutò da
dietro l'orlo di porcellana bianca: non si aspettava minimamente che
lui potesse essere così diretto. In vero credeva che
quell'assurda conversazione sul suo lavoro sarebbe durata
all'infinito.
Posò
la tazza sulla scrivania e si mise a sedere davanti a lui come
avrebbe fatto con uno dei suoi pazienti: dopotutto, non che ci fosse
chissà quale differenza.
Si
schiarì la voce per prendere tempo, non sapendo cosa dire e
temendo il peggio.
«
Se ti riferisci a questa mattina, Sasuke-kun, non devi preoccuparti
perché vedi io… »
«
Smettila. » la interruppe lui bruscamente.
Sakura
si chiuse nelle spalle e prese a fissare il contenuto della sua tazza
che aveva preso a girare vorticosamente proprio come la sua testa.
«
Smettila di trovate plausibili scusanti per tutto quello che faccio.
»
la
rimproverò, ma con un tono di voce calmo e rassicurante.
Insolito.
«
I-io… » balbettò Sakura, un po' spaesata dal suo
comportamento. Da quella mattina non aveva fatto altro che pensare
che non lo avrebbe rivisto mai più, che se ne sarebbe andato
di nuovo. Non aveva lontanamente ipotizzato la possibilità che
lui fosse tornato per restare e che, pertanto, in qualche modo la
promessa che le aveva fatto tre anni prima fosse ancora valida.
«
Vorrei solo riuscire a capirti davvero. » affermò,
quindi.
«
Ed è per questo che ti occupi di questi bambini? »
La
domanda di Sasuke la colpì in pieno, facendole sbarrare gli
occhi.
Rimase
in silenzio, cercando le parole giuste per spiegargli cosa l'avesse
davvero spinta a intraprendere quella strada. Sicuramente lui aveva
avuto un ruolo fondamentale, anzi essenziale, ma non credeva fosse
giusto renderglielo noto perché sarebbe stata solo la conferma
di quanto lui fosse importante per lei.
Non
voleva che pensasse che quella decisione fosse scaturita solo a causa
del suo passato perché lei amava profondamente quel lavoro,
amava quei bambini, e ammettere una cosa del genere sarebbe equivalso
a sminuire quello che stava facendo e anche se stessa.
«
Non posso negare che io non ci abbia pensato. » ammise a voce
bassa « Sicuramente quello che ti è accaduto in passato
» tentennò un po': toccare certi argomenti con Sasuke
non era mai stato semplice. « Mi ha aiutata a comprendere
quanto si potesse
soffrire a sentirsi soli, a non avere nessuno al mondo. »
Touchet!
Con
quella semplice frase Sakura era riuscita a stenderlo.
L'amore
che quella ragazza provava nei suoi confronti era davvero così
profondo, così viscerale, da averla spinta a tanto?
E
soprattutto, i suoi comportamenti potevano avevano avuto delle
ripercussioni così profonde su di lei?
''
Lascia perdere Naruto. Attacca sempre briga con te! Probabilmente
perché nessuno lo ha educato come si deve. È che non ha
i genitori e può fare tutti i capricci che vuole! Se io
facessi come lui, verrei sgridata dai miei genitori. Beato lui! Non
ha nessuno che gli dice cosa fare… ''
''
La solitudine è un dolore che non ha nulla a che vedere con
l'essere sgridati dai genitori. ''
''
Eh? Ma che ti prende all'improvviso?''
''
Sei insopportabile.'' (1)
«
L'idea di poter aiutare dei bambini a ricominciare una nuova vita,
una vita normale... »
Normale…
«
… dandogli una casa, una
specie di famiglia in cui sentirsi al sicuro… » continuò
lei e Sasuke trattenne per un attimo il respiro.
«
Sono stati questi i veri motivi che mi hanno spinto ad aprire questa
Clinica, Sasuke-kun. »
E
solo a quel punto Sakura decise di alzare lo sguardo e rivolgerlo
verso di lui, come per sincerarsi che il messaggio gli fosse arrivato
con chiarezza.
«
È molto nobile da parte tua. » replicò lui,
serio. E pensava davvero che lo fosse.
«
La nobiltà d'animo non c'entra niente. Qui si tratta di vite
spezzate, violentate… » gli spiegò, con enfasi,
alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso la finestra.
«
Prendi il caso di Hiro. » continuò, scostando appena la
tenda per guardare fuori i suoi piccoli amici che dopo pranzo
giocavano felici nel piccolo giardino di fianco alla struttura. «
Ha assistito alla morte dei suoi genitori. »
Sasuke
sbarrò gli occhi e sentì chiaramente un acuto dolore
propagarsi dal centro del suo petto.
«
Siamo riuscite a capirlo solo molto tempo dopo che ci era stato
affidato perché, come ti ho già detto, lui non parlava.
» gli raccontò, con una nota nostalgica nella voce.
«
È stato difficile convincerlo che non avesse nulla da temere
da noi, che nel mondo ci potessero essere persone che tenevano a lui,
che desideravano proteggerlo.» gli
disse, poi fece una breve pausa prima di ricominciare il suo
racconto.
Una
pausa che era servita a lei quanto a lui, che stava ascoltando in
assoluto silenzio, cercando con tutto se stesso di trovare
una falla nelle sue parole
che potesse non renderle più
alle sue orecchie, e al suo cuore, così vere.
«
Ci sono voluti quasi due anni, ma alla fine un bel giorno, si è
deciso a parlare. » concluse
la ragazza, e anche se era di spalle, Sasuke riuscì a
percepire il suo sorriso.
«
Perché? » sbottò l'Uchiha, che preso come da
un'incontenibile smania si ritrovò in piedi con la mano,
tremante, poggiata sulla scrivania di Sakura.
«
Credoche
si sia sentito di nuovo amato, che abbia capito di non essere più
solo. »
Ovvio!
Come
poteva essere stato ancora così cieco e così sordo?
Tutte
le riflessioni che aveva fatto durante il suo viaggio su Sakura, su
Naruto, sul legame che sussisteva tra loro, e che lo avevano portato,
infine, a comprendere che neanche lui fosse più solo, proprio
come quel bambino, e lo avevano convinto a tornare indietro, dopo
quanto accaduto quella mattina sembrava come essersi volatilizzate.
Aveva
avuto paura, di nuovo, e si era ritrovato al punto di partenza, senza
certezze.
Strinse
il pugno e lo nascose sotto il mantello.
«
E dopo che cosa è successo? » le chiese con
un filo di voce: doveva
saperlo.
«
Il processo di guarigione è
lungo e complesso. Bisogna armarsi di molta pazienza e non c'è
certezza che si giunga a una completa guarigione. Ma il fatto stesso
che Hiro abbia parlato, che ci abbia raccontato quello che gli era
successo e che si sia fidato di lui, vederlo migliorare di giorno in
giorno, è stato un vero e proprio successo.»
gli
rispose con calma, lasciando che ogni parola fluisse all'interno
della sua mente, non imprimendo grande emozione nelle sue parole per
non indurlo a pensare che si trattasse di un caso isolato e che lei
traesse forza da quello: Hiro era solo un caso tra molti, ma
sicuramente quello più adatto per spiegare il suo punto di
vista a Sasuke.
«
E poi sei arrivato tu. » continuò, inaspettatamente,
alzando di poco il tono della voce, cosa che fece supporre a Sasuke
che stesse sorridendo di nuovo.
Cosa
c'entrava lui adesso?
«
Hiro non aveva mai parlato con uno sconosciuto prima di oggi. »
gli rivelò, scoppiando poi in una delicata risata.
L'Uchiha,
a quel punto, non riuscì a trattenersi dall'avvicinarsi a lei.
Con piccoli e leggeri passi aveva coperto la distanza tra la
scrivania e la finestra e ora sostava alle sue spalle, con la mente
colma di sensazioni contrastanti, ma con un'inequivocabile sensazione
di benessere nell'anima.
Indugiò
un po' prima di muovere la sua mano che, incerta, andò
dapprima a sfiorare la spalla di Sakura, temendo di non essere degno
neanche di toccarla dopo tutto quello che le aveva fatto passare, per
poi poggiarvisi delicatamente, stringendo appena la sua pelle
morbida.
Sakura
non trasalì a causa dell'improvviso contatto fisico: aveva
percepito sin da subito Sasuke dietro di lei e in fondo ci sperava.
Volse
il viso in direzione della mano che sostava, adesso sicura, sulla sua
spalla e con la coda dell'occhio vide che Sasuke teneva le sue
palpebre ermeticamente chiuse. I lineamenti del suo viso, tuttavia,
erano rilassati e il suo respiro era profondo, sereno. Ebbe come
l'impressione che lui stesse traendo dalla sua spalla la sua forza,
che stesse avvenendo in lui quel cambiamento che lei tanto aveva
desiderato e che avesse, in ultimo, compreso.
«
Non sono più un
bambino, Sakura. » le sussurrò, dopo qualche minuto in
cui aveva preferito bearsi di quella bellissima sensazione di
benessere appena acquisita, incerto ancora sul da farsi, ma con
una nuova convinzione dentro di sé, qualcosa che scalpitava
nel suo stomaco.
«
Lo so. » replicò lei, sollevando un braccio e poggiando
la mano sulla sua « Sarà più dura... forse sarà
impossibile... ma non ho alcuna intenzione di arrendermi con te. »
Ma
su questo Sasuke non aveva mai avuto dubbi.
Avrebbe
dovuto ringraziarla, forse, come quella notte, ma era certo che
Sakura avesse già capito. Preferì, quindi, poggiare la
fronte sui suoi capelli che
profumavano di buono, di casa.
Sakura
lo stava salvando, un'altra volta, questo gli era ormai chiaro.
Doveva fidarsi di lei, non come medico, ma come donna; doveva
lasciarla entrare nel suo mondo, come aveva fatto quella volta nel
bosco, parecchi anni prima, quando si erano finalmente chiariti, e
doveva farla diventare parte di esso.
Forse
in tutto quel tempo aveva continuato a sottovalutare il suo amore e a
ritenere le sue spalle troppo deboli per sopportare il peso della sua
triste esistenza.
Si
sarebbe impegnato, con tutto se stesso, e le avrebbe dimostrato di
non aver gettato via il suo tempo, o le sue forze, o la sua pazienza,
o il suo amore.
Da
quel giorno non sarebbe più stato Mr.Complicato, ma qualcosa
di diverso.
Il
problema, come sempre, rimaneva il come, ma era certo che Sakura
avesse già un piano in mente.
Rimase,
quindi, a cullarsi ad occhi chiusi sulla sua nuca, deciso
a non far dissolvere quel miraggio, chiamato felicità, che per
la prima volta non sembrava più così irraggiungibile.
Note
Autrice
Qualcuno
di voi sta gufando che io non guarisca, ammettetelo!
Questi
giorni in cui sono stata un po' più che malaticcia –
moribonda forse è meglio – mi hanno dato modo di
riprendere quasi tutte le mie storie. Quando si dice: '' Non tutto il
male viene per nuocere.''
Forse
vi aspettavate un capitolo un po' diverso e non posso darvi torto
perché l'idea iniziale non era affatto questa. Avrei potuto
dare un accelerata alla narrazione saltando alcuni passaggi, ma non
me la sono sentita. Questo capitolo l'ho amato profondamente. In
particolare l'ultima parte e la sua lunghezza ne è la prova.
Bon!
Come sempre ringrazio tutti voi per il grande sostegno che mi date e
attendo con ansia di sapere cosa ne pensate.:-)
Capitolo 19 *** #18 Poco più che amici, poco meno di una coppia ***
#18
Poco più che amici, poco meno di una coppia.
Il
Sesto Hokage di Konoha sedeva alla sua scrivania con le mani
intrecciate davanti al viso e lo sguardo puntato su uno dei suoi ex
allievi, quello che lo aveva fatto penare di più e che lo
aveva portato a dubitare svariate volte delle sue capacità
come sensei.
Era
passata circa una settimana dal ritorno di Sasuke al Villaggio e,
nonostante Kakashi avesse ricevuto costanti aggiornamenti sul suo
processo di reintegro da parte di Naruto, era molto ansioso di
conoscere quali fossero i reali pensieri del ragazzo e soprattutto se
avesse preso una decisione in merito alla proposta che gli aveva
fatto.
«
Perché mi hai fatto convocare, Kakashi? » gli chiese il
ragazzo, in piedi davanti alla scrivania.
«
Dovresti rivolgerti al tuo Hokage con un po' più di rispetto,
lo sai? » gli fece notare Kakashi con un pizzico di ironia
nella voce e un mezzo sorriso nascosto dietro la maschera.
«
Hai ragione. Ti chiedo scusa. »
«
Mh. » mugolò l'Hokage, molto colpito dal suo
atteggiamento: Sasuke sembrava particolarmente rilassato, quasi
sereno.
«
Come stai? » gli chiese, quindi, per confermare la sua
supposizione.
«
Tsk! Mi hai convocato per questo? Naruto non ti tiene già
abbastanza informato sui miei movimenti? »
«
Oh! Sicuro. » confermò Kakashi, lasciandosi poi sfuggire
una risata: Naruto doveva averlo perseguitato in quei giorni. «
Tuttavia… » riprese, dopo aver schiarito la voce «
Mi farebbe piacere conoscere anche la tua versione dei fatti. »
«
In tal caso… » acconsentì Sasuke più per
sfatare eventuali sciocchezze raccontate dall'Uzumaki che per il
gusto di parlare con il suo ex sensei « Sto bene. »
affermò, sicuro, strappando un altro sorriso all'Hokage.
«
Hai pensato alla mia proposta? »
«
Non sono ancora riuscito a dissipare tutti i miei dubbi. »
«
Hai paura che la tua permanenza al Villaggio possa creare dei
problemi, vero? » insinuò Kakashi, già al
corrente dei timori dell'Uchiha. Timori che condivideva e che
avrebbero dovuto spingerlo , come Hokage, a decidere di tenerlo
lontano per il bene del Villaggio e non cercare di trattenerlo,
offrendogli addirittura un posto di lavoro stabile.
Sasuke
annuì con un leggero cenno del capo.
«
Non ti nascondo di aver pensato molte volte all'eventualità
che tu tornassi, nonostante i primi tempi avessi creduto che questo
giorno non sarebbe mai arrivato. » gli confessò, con una
nota di amarezza nella voce « Hai svolto un ottimo lavoro fino
ad ora, hai reperito delle informazioni importantissime e hai
collaborato con altri Paesi dell'Alleanza. In qualche modo sei
riuscito a riabilitare il tuo nome e quello del tuo Clan. È
giusto che tu possa tornare a condurre una vita normale. »
«
Ma… » Sasuke lo batté sul tempo: era consapevole
di ciò che aveva fatto in quegli anni, ma questo non aveva
niente a che vedere con i pericoli che il Villaggio avrebbe potuto
correre a causa sua.
«
Ma hai ragione nel credere che la tua presenza qui potrebbe essere
fonte di guai. Sei l'unico possessore del Rinnegan e, di certo, c'è
ancora qualcuno deciso a eliminarti. » affermò l'Hokage,
togliendosi il cappello e poggiandolo sulla scrivania in un gesto
carico di significato « La verità è che come
Hokage ti vorrei lontano da qui. » ammise, facendo poi una
lunga pausa in cui Sasuke poté percepire con chiarezza la
dicotomia che sussisteva in lui, il conflitto dovuto alle emozioni. «
Ma come Maestro vorrei che tu accettassi la mia proposta. »
concluse, incurvando le labbra sotto la maschera in un sorriso
rassicurante.
«
Un Hokage dovrebbe pensare prima al bene del suo Villaggio. »
replicò Sasuke, serio. Era felice che Kakashi provasse nei
suoi confronti ancora tutto quell'affetto, ma non era più il
suo sensei, era l'Hokage e come tale non poteva lasciarsi prendere
dai sentimentalismi e mettere a repentaglio la sicurezza del
Villaggio.
Kakashi
scoppiò a ridere e prese a grattarsi la nuca, imbarazzato.
«
Credo che tu abbia ragione. » convenne, trovando abbastanza
assurdo il fatto di essersi messo nella condizione di farsi
riprendere da un suo allievo.
«
C'è ancora molto da fare per evitare che quello che è
avvenuto in passato possa accadere di nuovo. » continuò
Sasuke « E io voglio fare la mia parte. » dichiarò,
infine, con decisione, stringendo il pugno sotto il mantello.
«
Mh! Capisco. »
«
Se dovessi fermarmi adesso potremmo ritrovarci a dover affrontare un
nemico ben più potente di Kaguya e non essere preparati. »
gli spiegò, con cognizione di causa. Durante il suo viaggio,
infatti, aveva seguito le tracce di Kaguya, spinto da un dubbio. Non
riusciva a comprendere per quale motivo, Kaguya, un essere di
infinito potere, potesse aver bisogno di un esercito. A cosa poteva
servirle se tutto il mondo era assoggettato al suo volere?
Aveva
raccolto prove, testimonianze, e alla fine si era convinto
dell'esistenza di un essere ancora più potente della
Otsutsuki. L'attacco di Toneri, poi, era stata la prova inconfutabile
che l'eredità della Dea Coniglio non fosse andata perduta e
che, come quel ragazzo, ci potessero essere altri discendenti, di
uguale se non superiore potenza.
«
Sono d'accordo con te, ma se tu accettassi la mia proposta potremmo
aiutarti, accelerare le indagini e potresti vivere qui al Villaggio.
» obiettò Kakashi, che in vero nel suo discorso non
aveva trovato alcuna falla, ma solo la certezza che Sasuke non
sarebbe rimasto a lungo al Villaggio.
«
La Squadra di Polizia di Konoha agisce entro i confini, Kakashi. È
un impegno che al momento non sento di poter prendere. Sono l'unico
in grado di seguire le tracce di Kaguya, grazie al Rinnegan, e penso
che si debba dare priorità a questo adesso. »
«
Non penso ci sia un modo per farti cambiare idea, vero? »
Kakashi
si arrese dinanzi alla risolutezza del suo allievo. Aveva pensato che
proponendogli di occuparsi della Squadra d Polizia di Konoha, proprio
come un tempo aveva fatto suo padre, avrebbe potuto in qualche modo
convincerlo a restare, ma evidentemente Sasuke aveva già ben
chiaro quale fosse il suo ruolo. Ciò che, tuttavia, ancora gli
sfuggiva era il motivo, quello reale, che stava spingendo il suo
allievo a scegliere spontaneamente una vita di solitudine, lontano
dai suoi affetti.
La
sua scelta non aveva più niente a che fare con l'espiazione
dei suoi peccati, di questo ne era certo, e di sicuro non era di peso
da un rinnovato patriottismo. Allora cos'era quella scintilla in
fondo ai suoi occhi?
♦●♦
«
E quindi si è trattato di un falso allarme? » urlò
Ino Yamanaka, infischiandosene altamente del fatto di essere in mezzo
alla strada e che la sua voce ''cristallina'' potesse attirare
l'attenzione dei passanti.
Hinata
annuì, paonazza.
«
Ino-pig, dacci un taglio, ci stanno guardando tutti. » ringhiò
Sakura all'amica.
«
Ma come può essere stato solo un falso allarme!!! »
incalzò ancora Ino « Hai fatto le analisi? E
l'ecografia? Aspetta, adesso passo la mia mano e vediamo se succede
qualc… »
«
No, Ino, no…» si oppose Hinata, cercando di evitare una
visita ginecologica davanti a mezzo Villaggio.
«
Ino, ti ha detto che è stato un falso allarme. Fattene una
ragione. » intervenne Sakura, tirando con forza la Hyuga verso
di sé per proteggerla dalla furia omicida dell'amica che per
quanto ne sapeva avrebbe anche potuto aprirle in due la pancia e
ficcarci dentro un'anguria pur di farla sembrare effettivamente
incinta.
«
Ma non è possibile! » esclamò la Yamanaka,
disperata.
«
Dai, Ino, ci riproveremo. » tentò di rassicurarla
Hinata, felice e allo stesso tempo terrorizzata dall'interessamento
mostrato dall'amica alla questione.
«
Sì? Quando? Stai ovulando? Dove diavolo è quel baka di
tuo marito quando serve… Naruto!!!! »
Hinata
e Sakura si scambiarono uno sguardo carico di sconforto: conoscendo
Ino non avrebbe trovato pace fino a che Naruto non fosse comparso.
«
Ma dove sarà? » continuava a chiedersi la Yamanaka,
guardandosi in giro con fare sospetto.
«
Non penso che tu possa trovarlo, Ino. Naruto-kun è in missione
a Suna. » la informò Hinata con gentilezza.
«
Cioè? Tu mi stai dicendo che tuo marito è a Suna quando
dovrebbe essere qui a concepire vostro figlio? » sbraitò
la Yamanaka con gli occhi iniettati di sangue.
Hinata,
atterrita, si rifugiò dietro le spalle di Sakura, mentre
quest'ultima cercava con tutta se stessa un motivo valido per non
atterrare l'amica e porre fine a quella follia.
«
Ino, adesso basta, stai esagerando! » la ammonì
l'Haruno, brandendo il pugno davanti al suo viso.
«
Sakura, tu non capisci. »
«
Cosa non capisco? »
«
Ragazze, calmatevi. » Hinata tentò di fermarle, ma
invano.
«
Tu non hai mai neanche dato un bacio, cosa puoi saperne di cosa
significa voler concepire un bambino, una nuova vita. »
argomentò la bionda Kunoichi con la sua solita delicatezza.
«
Parla l'esperta. Neanche tu hai mai baciato qualcuno. » replicò
l'Haruno, incrociando le braccia davanti al petto, certa di quello
che stava dicendo.
«
Beh, si da il caso che io e Sai ci siamo baciati. » dichiarò
la Yamanaka con nonchalance, tingendosi leggermente di rosa
all'altezza delle guance.
«
Sul serio??? » chiesero le altre due all'unisono, spalancando
bocca e occhi in un modo talmente innaturale da non poter non
apparire buffo.
«
Dovreste vedere le vostre facce… » le canzonò
Ino, piegandosi in due dal ridere « Comunque sì, sul
serio. » affermò poi, facendo ondeggiare la sua lunga
coda bionda in un gesto d'orgoglio.
«
E quando sarebbe successo? » indagò quindi l'Haruno,
assottigliando gli occhi: se Ino pensava che se la sarebbe bevuta
così facilmente si sbagliava di grosso.
«
L'altro ieri, ma non è questo il punto. » tergiversò
l'amica.
«
Non mi incanti. Adesso mi racconti tutto. »
«
Ma quello non è Sasuke-kun? » trillò la Yamanaka
« Magari posso chiedere a lui se vi siete mai baciati. »
aggiunse con un mefistofelico ghigno che fece rabbrividire Sakura e
per osmosi anche Hinata.
«
Sasuke!!! » lo chiamò a gran voce, agitando un braccio
per essere certa che lui la vedesse e così anche la restante
parte degli abitanti di Konoha che stavano transitando per quella
strada.
Sakura,
ancora di spalle, immaginò quale forma di scoramento avesse
provato Sasuke nel riconoscere la Yamanaka che sbracciava in mezzo
alla strada, quale sublime espressione di disgusto si fosse palesata
sul suo volto e quale devastante sensazione di imbarazzo lo avesse
pervaso con tutti quegli occhi puntati addosso.
Come
minimo tutti i progressi ottenuti in quei giorni erano andati a farsi
benedire.
«
Non oserai! » sibilò l'Haruno, minacciosa, all'orecchio
dell'amica.
«
Certo che no. Sarebbe troppo facile infierire. » replicò
l'altra e Hinata, finalmente, riprese a respirare, sollevata.
«
Poi mi spieghi questa faccenda di Sai. » sussurrò ancora
l'Haruno prima che l'Uchiha le raggiungesse.
«
Sasuke-kun! » cinguettò Ino come un'allodola «
Dove vai di bello? » gli chiese, sfoggiando un luminoso
sorriso.
Sasuke
rifletté per un secondo su cosa risponderle. Un '' Non sono
affari tuoi '' sarebbe potuto essere appropriato, ma per quanto la
Yamanaka gli desse sui nervi, non aveva intenzione di fare la parte
del villano data la presenza di Sakura e Hinata.
«
A casa. » rispose, caustico.
«
C-ciao, Sasuke-kun. » lo salutò timidamente la Hyuga che
da quando era tornato non aveva ancora avuto modo di incontrarlo.
«
Ciao, Hinata. »
Sakura,
ancora di spalle, non era certa di volersi girare: era ancora un po'
scossa dalla discussione con Ino e sentiva la tensione crescere ogni
minuto di più a causa dell'imprevedibilità dell'amica.
«
Sakura. » la chiamò Sasuke, atono.
La
ragazza drizzò la schiena e si girò lentamente, come un
automa.
«
Ah! Sasuke-kun, buongiorno. »
Sasuke
di tutta risposta alzò un sopracciglio: qualcosa gli diceva
che fosse accaduto qualcosa. Quelle tre non gliela raccontavano
giusta.
''
Sempre loquace. '' constatò la Yamanaka, convincendosi
ulteriormente del fatto che infierire su Sakura sarebbe stato come
scatenare la Volpe a Nove Code su l'intera equipe medica del
Villaggio della Foglia.
«
Noi stavamo parlando del futuro bambino di Hinata e Naruto.
» intervenne, quindi, ritenendo che la conversazione fosse
giunta a un punto morto e avesse bisogno di una spintarella.
Sasuke
aprì appena un po' di più le palpebre dell'unico occhio
visibile e volse lo sguardo verso la Hyuga che arrossì
all'istante.
''
Un bambino? ''
In
effetti Naruto e Hinata erano sposati da un po' ed era più che
ovvio che avessero intenzione di ingrandire la famiglia, tuttavia non
aveva mai preso seriamente in considerazione l'eventualità
che Naruto diventasse padre – e prima di lui. Non aveva
proclamato di voler restaurare il suo Clan?
«
Congratulazioni. »
In
quei casi si diceva così, no?
«
I-in effetti, Sasuke-kun… » la Hyuga tentennò un
po' per paura di qualche ripercussione da parte della Yamanaka «
Non sono ancora incinta. Ino, come sempre, esagera. »
«
Io non esagero affatto. » replicò la Yamanaka,
contrariata « Due persone che si amano e che vogliono
trascorrere tutta la loro vita insieme è normale che vogliano
un figlio. Vedrai che appena quel baka di tuo marito ritorna dalla
missione rimarrai incinta, Hinata. »
«
Non abbiamo fretta. » affermò la Hyuga, sempre più
in imbarazzo « Al momento giusto arriverà da solo »
concluse con dolcezza.
In
tutto questo Sakura si era chiusa in un silenzio semi-irreversibile.
Stava lì, ferma, con lo sguardo basso e una gran voglia di
sprofondare sotto terra. Le parole di Ino l'avevano colpita in pieno:
tutti intorno a lei stavano andando avanti, stavano costruendo
qualcosa. Lei aveva aspettato Sasuke credendo che prima o poi il loro
rapporto si sarebbe evoluto. Era tornato da appena una settimana,
questo era vero, ma a parte i soliti fraintendimenti e quella prima
notte passata insieme, non avevano avuto alcun tipo di contatto.
Erano
poco più che amici e poco meno di una coppia. In pratica non
erano né carne, né pesce, né zuppa, né
pan bagnato.
In
realtà non aveva neanche idea di cosa lui provasse davvero per
lei. Non avevano mai affrontato seriamente il discorso '' sentimenti
''.
Lei
non gli aveva mai chiesto niente e lui, men che meno, aveva mai
mostrato l'intenzione di chiarire quel fosse il suo ruolo nella sua
vita. Sapeva di essere importante, lo percepiva dai suoi
comportamenti, ma in che modo?
Per
lui era una sorta di boa in mezzo a un mare in tempesta? Era un
solido ramo sulla parete di un precipizio? Era un senso di colpa
inestinguibile? O semplicemente era la donna che amava?
Ovviamente
Sakura ritenne che l'ultima delle ipotesi non fosse da prendere
neanche in considerazione: troppo ottimistica.
La
possibilità che Sasuke si fosse avvicinato a lei per senso di
colpa o per necessità era molto, ma molto, più
plausibile, senza contare che lei aveva forzato alquanto la mano per
ottenere quel poco che lui poi le aveva concesso.
Tirando
le somme: era colpa sua.
Lei
gli aveva fatto credere che il loro rapporto andasse bene in quel
modo, che a lei importasse solo di potergli stare vicina, aiutarlo,
anche senza ricevere nulla in cambio.
Che
stupida!
In
tutto quel tempo si era talmente concentrata su di lui da dimenticare
quali fossero i suoi desideri, cosa lei volesse davvero.
''
Smettila! ''
Sasuke
aveva ragione dopotutto: non poteva continuare a far finta che tutto
andasse bene, che a volte i suoi comportamenti non la ferissero così
tanto da farle sanguinare il cuore e che quel poco le bastasse.
Doveva
smettere di preoccuparsi dei suoi umori, dei suoi problemi; doveva
concentrarsi per capire di che natura fosse il loro rapporto e dove
li avrebbe portati.
Non
desiderava che lui intraprendesse una relazione con lei solo per
pietà o per senso di colpa: non le sarebbe bastato e avrebbe
avuto costantemente il dubbio di averlo costretto a fare qualcosa che
non desiderava davvero. Né, tanto meno, voleva essere per lui
una scialuppa di salvataggio, o una boa, o un ramo, o qualsiasi altra
cosa che implicasse uno stato di necessità : ''
bisogno '' non era sinonimo di '' amore ''.
Lo
amava con tutta se stessa, su questo non vi era il minimo dubbio, ma
la prospettiva di una relazione fittizia, univoca, la terrorizzava
più della possibilità di non averla affatto. Non voleva
ritrovarsi dopo anni con il rimorso di non averci provato, ma neanche
con il rimpianto di aver costruito qualcosa di innaturale, forzato,
che avrebbe reso infelice tanto lei, quanto lui.
''
Due persone che si amano e che vogliono trascorrere tutta la loro
vita insieme è normale che vogliano un figlio. ''
Ino
aveva colto il nocciolo del problema. Non che Sakura pensasse già
ai figli, ma trovava abbastanza assurdo che dopo tutto quello che era
successo, lei e Sasuke non si fossero ancora scambiati neanche un
bacio. Ok, avevano dormito insieme, abbracciati, e probabilmente per
l'Uchiha quello era valso più di una volgare pomiciata, ma
sarebbe stato davvero così inopportuno un bacio?
Era
strano che proprio in quel momento avesse iniziato a pensarci quando
per tutto il tempo si era beata del suo ruolo di '' orsetto tenerone
'', ritenendolo necessario per il benessere di Sasuke. Non che non
facesse piacere anche lei dormire avvinghiata all'Uchiha, ma in quel
gesto, ormai le era chiaro, non vi era nessuna implicazione
sentimentale, piuttosto aveva uno scopo terapeutico: Sasuke riusciva
a dormire senza che gli incubi lo tormentassero e lei poteva stargli
vicino, come desiderava da sempre, senza aver paura di disturbare.
In
pratica: si accontentava.
«
Noi stavamo andando a pranzo, Sasuke-kun. Vuoi unirti a noi? »
gli propose la Yamanaka, sicura che a Sakura avrebbe fatto piacere.
L'Uchiha
a stento udì le sue parole troppo impegnato a scrutare la
Kunoichi dai capelli rosa che sembrava assorta in chissà quali
pensieri, provando il vago – molto vago – sospetto che
questi avessero qualcosa a che vedere con i '' bambini '', i ''
rapporti sentimentali '' e '' un impegno stabile e duraturo ''. Tre
cose che per lui erano arabo quanto la stele degli Uchiha letta con
lo Sharingan a due tomoe.
«
Hey! Mi stai ascoltando? » gracchiò Ino, alterata.
«
Mi dispiace, Ino, ma io devo tornare in Clinica. » intervenne
Sakura, con un filo di voce.
«
Eh? » esclamarono all'unisono la Yamanaka e la Hyuga: avevano
deciso di andare a pranzo insieme proprio perché quello era il
loro giorno libero, che cosa le aveva preso adesso?
«
Scusatemi tanto, ragazze. Ci vediamo dopo. »
Sakura
scappò via e Ino e Hinata rimasero impietrite, con le palpebre
sfarfallanti e un grande punto interrogativo stampato sulla fronte.
Stessa
cosa Sasuke, ma senza palpebre sfarfallanti e punto interrogativo
sulla fronte: il contegno prima di tutto.
«
I-io… » balbettò Ino, colta da un inevitabile
senso di colpa « Secondo te ho esagerato? » chiese alla
Hyuga che, senza indugio, abbassò il capo per confermarle il
suo sospetto.
«
Tsk. » sibilò Sasuke con sufficienza prima di riprendere
a camminare nella stessa direzione presa da Sakura.
«
Dove stai andando? » gli chiese la Yamanaka, non perché
volesse trattenerlo, ma per avere la certezza che lui avesse
intenzione di seguirla e, chissà, fare per una volta qualcosa
di sensato.
«
A casa, te l'ho già detto. » le rispose svogliatamente
l'Uchiha.
«
Ma… » tentò di ribattere Ino, prontamente
fermata dalla mano di Hinata, delicatamente posata sulla sua spalla.
«
Lascialo andare. Vedrai che si sistemerà tutto. » le
disse la Hyuga, tentando di rassicurarla « Sasuke e Sakura sono
diversi da noi, hanno un equilibrio tutto loro, ma sono certa che il
loro amore prima o poi verrà fuori con tutta la sua forza e a
quel punto saranno veramente felici. » le spiegò con una
convinzione tale che Ino non poté fare altro che crederle.
♦●♦
«
Non sarei mai venuto a pranzo con voi se era questo che ti
preoccupava. »
Sakura
drizzò la schiena e si bloccò sul posto, smettendo di
camminare.
«
Sei per caso impazzito? » urlò la ragazza « Non
puoi comparire così alle spalle delle persone! »
Sasuke
ghignò divertito: non era partito con l'intenzione di
spaventarla, ma a guardarla adesso, paonazza, non provava alcun
pentimento per averlo fatto.
«
E comunque non avrei avuto alcun problema se tu fossi rimasto a
pranzo con noi. » gli comunicò, arricciando il naso e
mettendo le mani sui fianchi. « Avresti fatto qualcosa di
normale per una volta. » aggiunse, con un tono stanco, quasi
esasperato, mentre i suoi occhi si incollavano al suolo.
Ecco,
lo aveva detto.
Adesso
Sasuke, ferito nell'orgoglio, non le avrebbe rivolto più la
parola.
Udì
il rumore dei suoi sandali prima di fianco poi dietro di lei –
come volevasi dimostrare – e non ebbe il coraggio di alzare lo
sguardo.
Stupida,
stupida, stupida!
«
Ho fame. »
Eh?
«
Ti andrebbe di farmi compagnia? »
Non
era possibile: non solo Sasuke le aveva rivolto ancora la parola, ma
addirittura l'aveva invitata a pranzo. Ok, non l'aveva invitata, le
aveva solo chiesto di fargli compagnia, ma che differenza c'era
dopotutto?
«
Allora? » incalzò l'Uchiha, irrequieto: aveva già
fatto più del dovuto rispetto ai suoi canoni.
«
V-va bene. » gli rispose Sakura, facendo uno sforzo sovrumano
per articolare due parole di senso compiuto pur non riuscendo ancora
a muoversi.
Sasuke
si sentì in qualche modo sollevato: la possibilità di
doverla prendere di peso non era contemplata – sarebbe stato
molto imbarazzante entrare in un ristorante con lei sulla spalla.
«
Hai intenzione di rimanere lì ancora per molto? »
«
N-no. » balbettò, girandosi su se stessa « Eccomi.
»
Camminarono
in silenzio, l'uno di fianco all'altra. Sasuke teneva lo sguardo
puntato davanti a sé, mentre Sakura faceva saettare il suo dal
suolo al ragazzo, ancora incredula e decisamente nervosa.
«
Qui può andare bene. » esordì l'Uchiha, giunti
davanti all'ingresso di un piccolo ristorante.
Sakura
annuì con un cenno del capo e lo seguì all'interno.
Il
ristorante era piccolo e molto affollato. Sakura ci era già
stata un paio di volte con Ino, Choji e Shikamaru, in quanto era
famoso per la carne e per le porzioni abbondanti.
Si
misero a sedere a un tavolo posto in fondo alla sala, uno dei pochi
liberi, e subito una cameriera si affrettò a elencargli i
piatti del giorno.
«
La carne qui è molto buona. » commentò Sakura per
essere di aiuto a Sasuke nella scelta: mancava dal Villaggio da molto
tempo forse quel posto neanche lo ricordava.
«
Lo so. » rispose lui senza molto entusiasmo.
Ordinarono
la carne, per l'appunto, e un'insalata di pomodori – tanto per
cambiare.
La
cameriera si allontanò con la loro ordinazione, lasciandoli
soli, in una situazione che aveva dell'incredibile: seduti uno di
fronte all'altra proprio come una coppia di fidanzatini.
La
differenza sostanziale, tuttavia, risiedeva nel fatto che loro due
non erano una coppia di fidanzatini, neanche lontanamente, e che
soprattutto non si erano mai trovati a stare insieme solo loro due in
un contesto diverso dall'appartamento dell'uno e dell'altro. Di
solito con loro c'era Naruto che, avendo il dono della parola,
riusciva ad animare i loro pranzi e le loro cene … di cosa
avrebbero dovuto parlare adesso? Ammesso che uno dei due avesse
deciso di spiccicare parola.
Era
una situazione veramente imbarazzante, oltre che surreale.
Sakura
prese a tamburellare nervosamente un dito sul tavolo di legno con il
mento poggiato sull'altra mano e il fegato sul punto di esplodere.
Sasuke,
al contrario, sembrava la rappresentazione umana della tranquillità
– almeno in apparenza.
La
necessità di dire qualcosa divenne impellente: non potevano
continuare a stare zitti.
«
Oggi fa particolarmente caldo, non trovi? » azzardò,
quindi, Sakura, con un sorriso leggermente forzato.
«
Mh. »
Complimenti,
Sakura, ottimo argomento di conversazione. Certo che fa caldo: è
Luglio!
«
C'è molta gente per essere martedì. » ci provò
ancora.
«
Mh. »
Niente.
Un muro – anzi un mulo.
«
Posso sapere di cosa avete parlato tu e l'Hokage? » gli
domandò, quindi, sperando che questa volta non le rispondesse
a monosillabi.
Sasuke
sospirò: in realtà aveva sperato che la tipica logorrea
di Sakura venisse fuori in tutta la sua potenza devastante, evitando
così a lui di proferire parola, ma non era stato così.
«
Niente di importante. Abbiamo parlato di lavoro. » le rispose,
sintetico.
«
Lavoro? » ripeté la ragazza, molto interessata
all'argomento. Era certa che Kakashi avesse proposto a Sasuke di
lavorare per il Villaggio, ma non era certa che la mansione fosse
all'interno dello stesso e doveva assolutamente scoprirlo.
«
Sì, lavoro. Ma ti ho già detto che non si tratta di
nulla di importante. » replicò lui, tentando di essere
gentile, benché la sua insistenza lo avesse un po'
infastidito. Non aveva voglia di parlare con lei di quella faccenda,
non trovava giusto coinvolgerla.
«
Qualche missione speciale? » incalzò ancora Sakura,
intenzionata a non mollare l'osso.
«
Ah! Sei davvero noio… »
«
Sakura? »
Una
voce maschile interruppe bruscamente Sasuke.
«
Sakura Haruno? »
I
due ragazzi si girarono nella direzione dalla quale proveniva la voce
rintracciando un ninja seduto un paio di tavoli lontano da loro.
Sakura
assottigliò gli occhi cercando di mettere a fuoco il ragazzo,
mentre questo si avvicinava al loro tavolo.
«
Sei proprio tu? » le chiese con entusiasmo.
Sasuke
fece saettare lo sguardo dall'uno all'altra, mascherando la sua
confusione dietro un espressione di assoluta indifferenza.
«
Sì, sono io… » confermò l'Haruno, un po'
perplessa.
«
Sono Morio, ti ricordi di me? Mi hai salvato la vita durante la
guerra. »
Sakura
lo guardò più attentamente e d'improvviso le sue gote
divennero dello stesso colore dei pomodori che nel contempo la
cameriera aveva lasciato sul tavolo. Piccolo particolare che non
sfuggì all'occhio sempre attento dell'Uchiha.
Morio
– Accampamento Medico – Lettera d'amore. Come poteva
dimenticarlo?
«
C-che ci fai qui? » balbettò la ragazza.
«
Faccio da scorta alla delegazione del Tsuchikage. »
''
Un ninja di Iwagakure, quindi.'' osservò
Sasuke, mentre infilzava un paio di pomodori e li portava
elegantemente alla bocca come se intorno a sé non ci fosse
stato nessuno,
come se Sakura non stesse parlando con un ragazzo e come se quel
ragazzo non fosse stato assolutamente fuori luogo in quel momento.
«
Caspita, sono davvero
contento di rivederti. » aggiunse, grattandosi la testa con
fare imbarazzato.
«
Sì, anch'io. »
E
il pomodoro appena inghiottito da Sasuke si fermò all'altezza
del pomo d'Adamo intenzionato a rimanere lì fino a che
l'Uchiha non fosse morto per asfissia.
Lungi
da Sasuke darsi un paio di colpetti al petto per mandarlo giù:
preferiva soffocare che dimostrare a Sakura – e soprattutto a
se stesso – di aver trovato abbastanza inopportuna
l'affermazione appena fatta dalla ragazza.
«
Ti trovo davvero bene…
» continuò il ragazzo, incurante del fatto che Sakura
fosse in compagnia – e probabilmente non immaginava di chi. «
Sembri… diversa. »
'
Sono passati tre anni se fosse rimasta uguale sarebbe stata un
alieno. ' osservò Sasuke
dentro di sé, continuando a combattere con quel pomodoro che
proprio non ne voleva sapere di scendere.
«
Anche tu sei cambiato un pochino. »
«Oh…
beh… sì, sai, l'allenamento… » replicò
il ragazzo, accarezzandosi un bicipite muscoloso.
«
Ah! Capisco. »
No,
Sakura non intendeva quello, più che altro voleva essere
gentile.
'
Finalmente! '
Dopo
l'ultima scioccante affermazione del ninja di Iwagakure il pomodoro
aveva deciso di disincastrarsi: ora
Sasuke, all'occorrenza, avrebbe potuto vomitare e qualcosa gli
suggeriva di esserci molto vicino. Per
sicurezza decise di non ingurgitare nient'altro e posare le bacchette
sul tavolo. Un gesto che non
passò inosservato al
ninja di Iwa che iniziò a sospettare di essere di troppo.
«
Mi dispiace, non avevo intenzione di interrompervi. » si scusò,
facendo un mezzo inchino.
«
No, figurati. » replicò Sakura, non notando lo sguardo
carico di odio che l'Uchiha le aveva riservato. Proprio adesso che
quel tizio aveva capito di doversene andare lei lo invitava a
rimanere?
«
Mi chiamo Morio, sono un jonin del Villaggio della Roccia. » si
presentò, quindi, a Sasuke, porgendogli la mano con
gentilezza.
Dopo
un lungo, interminabile, minuto
in cui Morio era rimasto immobile con il braccio teso verso Sasuke e
quest'ultimo non si era degnato neanche di rispondergli, Sakura si
persuase del fatto che l'Uchiha avrebbe continuato tranquillamente a
ignorarlo e rispose per lui.
«
Lui è Sasuke Uchiha… » disse l'Haruno « È
un mio ex compagno di squadra. » precisò non
riuscendo neanche a capire perché lo avesse fatto: a Morio,
dopotutto, era bastato udire il suo nome per capire chi fosse
ed era chiaro
dall'espressione stupita sul
suo volto.
«
Quel Sasuke Uchiha? » esclamò
il ninja di Iwagakure « Non sapevo che fosse un tuo compagno di
Team. Caspita, tu sei una leggenda… »
E
l'ego di Sasuke tornò a respirare dopo aver temporaneamente
smesso a causa dell'accostamento della parola '' ex '' a '' compagno
'' e la superflua precisazione fatta da Sakura. E nonostante i
complimenti del ninja di Iwagakure decise di continuare a ignorarlo,
con il totale biasimo da parte della ragazza che trovava il suo
comportamento abbastanza infantile per non dire irritante.
«
Oh… beh… io
rimarrò qui per
qualche giorno, mi farebbe piacere si… insomma… se…
ecco non ti ho chiesto com'è andata poi con il tuo… »
«
Penso che tu debba tornare dai tuoi compagni. » lo fermò
Sakura, con gli occhi fuori dalle orbite: non poteva permettergli in
alcun modo di continuare.
Sasuke
alzò un sopracciglio, la prima vera reazione da quando quel
tizio aveva interrotto il loro pranzo: come
mai Sakura aveva posto fine in modo così brusco a una così
piacevole conversazione?
«
Sì, credo che tu abbia ragione. » convenne Morio «
Allora ci si vede e…
Sasuke è stato davvero un onore per me conoscerti. »
aggiunse prima di ritornare al suo tavolo.
«
Ti si fredda la carne. » borbottò Sasuke, a quel punto.
«
Avresti potuto almeno salutarlo. Cercava solo di essere gentile. »
«
I pomodori sono un po' duri. » replicò lui, ignorandola
completamente.
«
Ah! Sei veramente impossibile. » sospirò la Kunoichi,
impugnando le bacchette per afferrare un pezzo della succulenta carne
che ancora fumava sulla piastra.
«
Non c'è nessuna legge che mi obbliga a parlare con le persone.
» le fece presente, serio, mentre riprendeva
anche lui in mano le bacchette per soddisfare il rinnovato appetito.
«
Si chiama cortesia, infatti. » replicò lei, acida.
Il
sopracciglio di Sasuke si impennò di nuovo: da quando Sakura
osava rivolgersi a lui in quel modo. Quel tono di voce poteva andare
bene per Naruto, per la Yamanaka, per lui... NO!
«
Ci stavi già pensando tu ad essere cortese. » osservò
ironico, avventandosi su un pezzo di carne con le bacchette.
«
Eh? » esclamò Sakura, colpita nel vivo: stava per caso
insinuando che lei avesse avuto un atteggiamento civettuolo?
«
Penso che il Rinnegan ti abbia offuscato la vista, Sasuke-kun, e
anche l'udito. » aggiunse, pescando un altro pezzo di carne
dalla piastra.
«
Non sottovalutare il potere del Rinnegan. Percepisco cose che non
puoi neanche immaginare. »
«
Ma davvero? Sai, anch'io ho sviluppato delle nuove abilità. »
lo provocò, decisa a non dargliela vinta.
«
Sai essere noiosa e
insopportabile contemporaneamente? Sai che novità. »
replicò lui, trovando quel botta e risposta stranamente
stimolante.
«
Riesco a riconoscere un baka quando lo vedo e ne ho uno davanti
proprio adesso. »
Sasuke
sbatté le palpebre, incredulo: sul serio gli aveva dato del
baka?
Erano
rimasti entrambi immobili, occhi negli occhi, con le bacchette
infilzate nello
stesso pezzo di carne. L'ultimo.
Sakura
fu colta da un fremito di paura: aveva dato del baka a Sasuke Uchiha.
Le possibilità che lui la incenerisse lì sul posto
erano davvero molto elevate.
Poi
avvenne il miracolo…
Un
tremolio, un impercettibile spasmo localizzato ai lati delle labbra,
un sorriso – un po' sghembo, come sempre – qualcosa di
simile a uno starnuto ma più baritonale e, infine… una
risata, prima sommessa, poi sempre più forte.
Sasuke
stava ridendo e non in modo diabolico… stava ridendo sul serio
e di gusto.
Anche
Sakura, dopo aver
razionalizzato che non
sarebbe morta in quel ristorante, cominciò a ridere fino
a farsi venire le lacrime agli occhi.
Che
cosa era accaduto?
Nessuno
dei due era in grado di spiegarselo, di sicuro quella era stata la
conversazione più lunga e costruttiva che avevano avuto da
sempre.
«
Mangialo tu. » le concesse Sasuke, dopo aver ripreso fiato,
indicandole con la bacchetta il pezzetto di carne che entrambi si
erano contesi.
«
No, tu. »
«
Insisto. »
«
Ok. »
Sakura
infilzò il pezzetto di carne e lo portò alle labbra. Lo
masticò lentamente, percependo un nuovo sapore e realizzando
che, forse, se qualcuno li avesse visti in quel momento li avrebbe
presi per una vera coppia.
♦●♦
Dopo
aver lasciato il ristorante e aver ignorato il ninja di Iwagakure per
l'ennesima volta, Sasuke pensò che fosse il caso di scortare
la ragazza fino a casa. Non perché lei non fosse in grado di
badare a se stessa, ma per il semplice gusto di farlo.
Il
battibecco avuto nel ristorante aveva creato una strana complicità
e stranamente non aveva
voglia di rimanere solo.
La
logorrea di Sakura, che fino a quel momento era rimasta quieta, si
era scatenata all'ennesima potenza: durante tutto il percorso non
aveva smesso per un secondo di parlare e lui, stranamente, aveva
trovato la cosa quasi piacevole.
Dovette
ammettere che la sua compagnia, dopotutto, non fosse poi così
malvagia – sicuramente era meno molesta di Naruto.
Avevano
parlato di un po' di tutto. O meglio, lei aveva parlato di un po' di
tutto, lui si era limitato ad ascoltarla, ad annuire e a bofonchiare
qualcosa di incomprensibile fino a che lei non aveva aperto il
capitolo '' guerra '' e a Sasuke era venuta la malsana idea di porle
una domanda che gli ronzava in testa da quando quel ragazzo si era
appropinquato al loro tavolo. Era curioso di sapere chi fosse, cosa
gli avesse fatto Sakura per rimanergli così impressa. Quello
che aveva capito era che lei gli avesse salvato la vita, ma il fatto
che Sakura avesse troncato di netto la conversazione lo aveva in
qualche modo insospettito.
Forse
non erano affari suoi, forse avrebbe potuto sorvolare, ma l'idea che
Sakura potesse nascondergli qualcosa lo
infastidiva oltremodo anche se non riusciva a comprenderne il motivo.
Probabilmente era qualcosa che aveva a che fare con il suo passato e
con Itachi.
«
Quel ninja di Iwagakure… »
«
Morio? »
Sasuke
annuì.
«
Quando è arrivato all'Accampamento Medico era in fin di vita.
Avevamo affrontato i primi Edo
Tensei
e una parte dell'esercito degli Zetsu Bianchi. » gli raccontò
Sakura, con lo sguardo rivolto verso il cielo. « Io e Shizune
eravamo state assegnate alla squadra medica per poter soccorrere i
numerosi feriti che arrivavano dal fronte. »
In
quel frangente Sasuke era con Itachi, stava affrontando Kabuto per
disattivare la tecnica dell'edo tensei e non aveva ancora preso una
decisione in merito a quello che avrebbe fatto. Era cosciente che a
Konoha imperversasse la battaglia, ma non aveva ancora ottenuto le
risposte di cui aveva bisogno per intervenire a favore del Villaggio.
Risposte che solo Itachi era stato poi in grado di dargli.
«
Gli ho salvato la vita, tutto
qui. In fondo è questo che fa un medico. » concluse
l'Haruno, girandosi su se stessa e cominciando a camminare
all'indietro per poter incrociare lo sguardo di Sasuke, consapevole
che quella sua spiegazione non gli sarebbe bastata.
«
Sicuramente deve esserti molto grato. » osservò
l'Uchiha.
«
Beh, in verità non mi
aspettavo che sarebbe stato così felice di vedermi. »
ammise Sakura, con una strana espressione in viso che Sasuke fece
fatica a interpretare.
Sasuke
si fermò e anche Sakura fece lo stesso.
«
Ti avverto. È una di quelle cose frivole che sicuramente non
ti interessano. » aggiunse, arrossendo
appena.
«
Tsk. »
«
Ecco, appunto, allora non ti racconto niente! » esclamò
la ragazza, facendogli poi una linguaccia prima di correre via.
«
Hey! Ma dove… »
Sasuke
ghignò e si lanciò al suo inseguimento.
Corsero
a lungo, saltando sui tetti di Konoha, mentre il cielo iniziava a
tingersi di rosso e l'aria si faceva più fresca con l'arrivo
della sera. Avevano passato un intero pomeriggio insieme senza
neanche accorgersene, come fosse stata una cosa naturale, giusta.
Giunti
ai confini del Villaggio, Sasuke ritenne che potesse bastare e,
accelerando di poco, riuscì a raggiungerla.
«
Fermati! » le ordinò, afferrando il suo polso.
«
Mi disse che era innamorato di me e mi scrisse anche una lettera. »
gli confessò, con un filo di voce, rimanendo di spalle. Si
sentiva molto in imbarazzo nel raccontare proprio
a Sasuke quella vicenda. Temeva di apparire ai suoi occhi una stupida
noiosa e che lui fraintendesse le sue parole come un modo per farlo
ingelosire. Non era questa la sua intenzione.
«
Temeva che non saremmo
sopravvissuti alla guerra. »
La
stretta sul suo polso si fece più intensa.
«
Ci rimase davvero molto male
quando gli confessai che il mio cuore apparteneva già a
qualcun altro. » aggiunse, girando il viso verso Sasuke che,
colto da un improvviso fremito, lasciò la presa.
A
quell'epoca per Sakura lui era ancora un nemico, eppure lei aveva
continuato ad amarlo, ad affermare con tenacia la sua appartenenza a
lui.
Meritava
davvero tutto questo?
Sakura
si voltò e riprese il suo racconto: « Mi disse che quel
ragazzo doveva essere davvero un grande se io ero innamorata di lui.
»
'
Un grande idiota, piuttosto. ' pensò
Sasuke – e in vero ci si sentiva parecchio.
«
Mi dispiace. » si sentì di dirle – ormai era
diventato una specie di disco rotto.
«
E di cosa? Te l'ho già detto Sasuke: io ho scelto di amarti,
tu non ne hai nessuna colpa. »
Sasuke
sentì le sue parole abbattersi su di lui come macigni. Come
avrebbe mai potuto ricambiare tutto quell'amore se non era ancora
neanche in grado
di capire cosa provava
davvero per lei?
Sentiva
per lei qualcosa di molto forte a cui non riusciva a dare ancora un
nome, un peso, una collocazione nella sua vita. Era
amore, o qualcosa di molto
simile, ma era talmente
impaurito all'idea che potesse esserlo da rinnegarne persino la
definizione.
Se
mai lo avesse ammesso sarebbe cambiato tutto e il suo futuro era
troppo incerto per coinvolgervi Sakura. Non sarebbe stato giusto
costringerla a vivere un rapporto a distanza, né farle
abbandonare il suo Villaggio, la sua Clinica, i suoi affetti. Non
voleva che rinunciasse più a nulla per causa sua.
Sakura
fece qualche passo verso di lui e posò una mano sul suo petto,
sentendo oltre la stoffa il suo cuore battere in un modo molto simile
al suo.
«
Ho bisogno di capire, Sasuke-kun. » mormorò Sakura con
dolcezza, alzando il capo così che i loro occhi potessero
specchiarsi gli uni negli altri e fugare ogni dubbio, ogni possibile
menzogna che, ne era certa,
Sasuke avrebbe proferito pur di dissuaderla dal perseverare.
«
Non c'è molto da capire. » replicò Sasuke,
afferrando con delicatezza il fianco destro della ragazza « È
tutto molto chiaro, ma c'è un prezzo ed è troppo alto.
» aggiunse, stringendo appena un po' di più la presa,
sentendo la sua pelle morbida sotto i polpastrelli.
«
Non m'interessa! Non ha alcuna importanza! » esclamò
lei, scuotendo il capo per enfatizzare il concetto.
«
Non sai di cosa stai parlando. »
Sasuke
si allontanò bruscamente da lei. Doveva tenerla a debita
distanza, non poteva in alcun modo permetterle di avvicinarsi ancora
a lui perché, ne era certo, non sarebbe riuscito a
controllarsi. Lei gli faceva un effetto strano, abbatteva tutte le
sue difese, lo faceva sentire debole, vulnerabile.
«
Allora spiegamelo! » urlò Sakura, cercando di tenere a
freno le lacrime: la stava rifiutando ancora, non poteva essere
possibile, non stava accadendo di nuovo.
«
Devo andare. »
Angolo
Autrice
Buonasera
carissimi lettori,
So
che molti di voi dopo il precedente capitolo si aspettavano qualcosa
di diverso e se devo essere sincera l'idea iniziale era totalmente
diversa. Amen. Spero che il capitolo vi sia piaciuto lo stesso.
Per
gli insulti e i lanci di petardi sapete dove trovarmi. :-)
Per
l'occasione ho riesumato un personaggio che merita una medaglia,
secondo il mio modesto parere: Morio. Per scoprire il nome del ninja
di Iwa che diede la lettera d'amore a Sakura avevo quasi deciso di
scrivere all'ufficio stampa di Kishimoto, poi con un po' d'impegno e
San Google ce l'ho fatta.( Era scritto in un databook)
Come
avrete sicuramente notato, in questa fan il rapporto tra Sasuke e
Sakura è simile all'elettrocardiogramma di un cardiopatico:
alti e bassi in continuazione. Dite la verità... per come
l'avevo messa sembrava la volta buona per un bacio… e invece
NO! Dovete soffrire! :-)
No,
scherzo… non potete immaginare la mia di angoscia nello
scrivere questi capitoli. Fremo come una fangirl di primo pelo e mi
sto trattenendo davvero tanto. Ma abbiate fede… ci siamo
quasi.
Ringrazio
davvero tanto chi sta recensendo questa storia, grazie per i vostri
consigli e il vostro supporto… insomma grazie di esistere e
basta.
Vorrei
ringraziare anche i 102 utenti che hanno inserito Mr tra le storie
seguite e anche gli 82 utenti che l'hanno inserita tra le preferite.
Siete tantissimi!!! :-)
Sono
numeri astronomici per quel che mi riguarda. Solo un'altra storia nel
tempo aveva raggiunto un simile traguardo : Le due parti di me. ( che
meriterebbe di essere un tantino rivista, nda.)
Grazie
infinite davvero!
Piccola
news: non penso che dovrete aspettare molto per il prossimo capitolo
perché sono particolarmente ispirata in questi giorni. Inoltre
a breve pubblicherò l'atto conclusivo – si spera –
di Road e il nuovo capitolo di Kitchen.
Capitolo 20 *** #19 Jealousy turning Saints into the sea, ***
#19
Jealousy turning Saints into the sea,
swimming
through sick lullabies,
choking
on your alibis.(1)
«
E così è finita?! »
«
Ino, non può finire qualcosa che non è mai iniziato. »
replicò Sakura, schizzando come una saetta da una parte
all'altra del piccolo studio.
«
Ma ti ha detto grazie, ti ha toccato la fronte… io non riesco
a spiegarmelo! » esclamò la Yamanaka, quasi più
disperata della diretta interessata.
'
Neanche io ' convenne Sakura, fingendo tuttavia di non aver
percepito il chiaro dolore inferto dall'elenco dettagliato delle
promesse non mantenute di Sasuke e dei suoi incomprensibili
ringraziamenti.
«
Cioè, pensavo che ormai fosse fatta! » sospirò
Ino, che da quando aveva fatto irruzione in quella stanza aveva
perpetuato a scuotere la testa tanto da indurre Sakura a temere che
da un momento all'altro potesse staccarsi dal collo e rotolare sul
pavimento.
'
Ti sbagliavi, e anch'io ' e
questa volta il dolore fu ancora più forte, dritto nello
stomaco, come una coltellata.
«
Fronte spaziosa, vuoi fermarti un secondo? Sembri una scheggia
impazzita! » protestò, poi, la Yamanaka.
«
Sto cercando dei documenti. Ho un appuntamento con l'Hokage, lo hai
dimenticato? »
«
Ti riferisci a questi? »
Ino
sventolò davanti alla sua faccia una cartellina con su scritto
'' Hokage '' a lettere cubitali che era stata per tutto il tempo in
bella vista sulla scrivania: Sakura stava messa peggio di quanto
pensasse.
«
Ah! Finalmente! » esclamò Sakura, sollevata « Ma
dove era finita? »
«
È sempre stata sotto i tuoi occhi. » le rispose Ino,
prima che lei gliela sottraesse dalle mani. « Pensi davvero che
un mucchio di dati possano aiutarci ad ottenere quei fondi? »
le chiese, subito dopo, in apprensione per le sorti della clinica e
per la salute mentale della sua amica: se davvero la non-storia con
Sasuke poteva dirsi finita, non ottenere quei fondi sarebbe stato il
colpo di grazia.
«
Non lo so. Ma tentare non nuoce. Mancano solo due giorni al Tanabata
e Kakashi-sensei ha promesso che farà tutto il possibile per
convincere il Consiglio. »
«
Speriamo! » sospirò la Yamanaka, abbassando le spalle
sconsolata.
«
Già. » si accodò Sakura, sospirando allo stesso
modo, mentre teneva stretta al petto la cartellina come per darsi
coraggio.
«
Haruno-sama? »
La
voce dell'infermiera, dall'altra parte della porta, interruppe la
conversazione.
«
Sì, avanti. »
La
donna entrò nella stanza e fece un breve inchino.
«
C'è un ragazzo all'ingresso che chiede di lei. » le
comunicò.
Sakura
e Ino si scambiarono uno sguardo carico di stupore e ansia.
''
Di nuovo? ''
Ino
si emozionò
così tanto all'idea di avere avuto ragione per l'ennesima
volta – perché sì, lei di storie d'amore ne
capiva – da avere quasi la tentazione di accompagnarla a
braccetto fino all'ingresso in modo che quell'idiota di un Uchiha si
sentisse talmente umiliato da pensarci due volte la prossima volta –
perché tanto ci sarebbe sempre stata una prossima
volta, era fisiologico.
Sakura,
come se avesse subdorato le intenzioni dell'amica, le lanciò
con lo sguardo un chiaro monito e s'incamminò verso l'ingresso
ripetendo dentro di sé come un mantra : '' Questa
volta lo pesto. ''
Inutile
dire che rimase abbastanza scioccata, per non dire delusa, nel
constatare che appena fuori dalla porta principale della Clinica non
ci fosse affatto Sasuke.
«
Sapevo che ti avrei trovato qui. » esordì Naruto,
appoggiato con le spalle al tronco di un albero a braccia incrociate
– perché lui, furbo, il braccio posticcio se l'era fatto
attaccare a differenza di qualcun altro che amava talmente tanto
crogiolarsi nella sua disperazione da rifiutare categoricamente anche
solo l'idea.
Quando
Sakura in quei giorni aveva aperto l'argomento, lui l'aveva
brutalmente richiuso, senza spiegarle nulla – come al solito,
insomma. Quel moncherino era per lui una specie di monito a non
commettere nuovamente gli stessi errori e l'idea di farsi impiantare
il braccio, nella sua mente contorta, sarebbe stato come ripudiare il
passato, cancellarlo, e lui, detto tra noi, non aveva alcuna
intenzione di farlo. Sì, amava crogiolarsi nella sua
disperazione, ci sguazzava come quei pescegatto che un tempo avevano
vissuto in quel laghetto.
Vivere
in quel modo gli risultava più semplice, ci era abituato
dopotutto.
«
Hai intenzione di rimetterla apposto? » gli domandò
l'Uzumaki.
Sasuke,
seduto all'ombra del grande albero posto al centro del giardino, di
rimando chiuse gli occhi e si beò del profumo di quella che un
tempo era stata la sua casa. Non aveva ancora deciso cosa farne.
Essendo l'unico erede del Clan Uchiha, tutto quello che si era
salvato dall'attacco di Pain era diventato suo. Kakashi, infatti,
quando il Consiglio aveva presentato mozione per la confisca dei
beni, si era opposto con decisione, sostenendo che spettasse a
Sasuke, come unico erede in vita, di decidere cosa farne e che, in
fondo, la ristrutturazione e la vendita di un quartiere disabitato da
anni e in cui era stata compiuta una strage non sarebbe stato di
molto aiuto per risanare le casse del Villaggio. Stranamente il
Consiglio aveva concordato, malgrado Koharu e Homura, ritornati
dall'esilio per palese insufficienza di prove, avessero insistito
oltremodo, forse terrorizzati all'idea che Sasuke potesse realmente
tornare al Villaggio e restaurare in qualche modo il suo Clan –
quei due vecchi erano oltremodo ossessionati dagli Uchiha, forse
ancor più di Danzo.
Kakashi
glielo aveva comunicato durante il loro ultimo incontro, chiedendogli
di prendere una decisione anche in merito a quello.
La
casa dei suoi genitori era stato l'edificio che aveva subito meno
danni, era pressoché integra e, quasi quasi, aveva provato una
sorta di dispiacere nel constatarlo: se fosse andata distrutta lui
non avrebbe battuto ciglio nel donare l'intero Quartiere al
Villaggio. Ma non era stato così, si era salvata, e con essa
tutti i ricordi che quelle mura avevano conservato in quegli anni.
Sforzandosi un po' era in grado di rivedere sua madre stendere i
panni sul filo teso in fondo al giardino, o Itachi seduto sul gradino
dell'engawa, o suo padre a braccia conserte nel dojo... o i loro
corpi trafitti e sanguinanti o gli occhi di suo fratello che
spiccavano nell'oscurità.
Probabilmente
la scelta più giusta sarebbe stata quella di liberarsene, una
volta per tutte, di quella casa, della triste storia del suo Clan e
di quei ricordi dolorosi, ma una parte di lui non riusciva a
distaccarsene, rimaneva saldamente ancorata a quel passato.
Naruto
si mosse verso di lui, andandosi a sedere al suo fianco: spalla a
spalla.
«
Di poche parole come al solito, eh? » osservò, ironico,
chiudendo anche lui gli occhi e godendosi il canto delle cicale,
nascoste tra le fronde del grande albero.
Rimasero
così, in silenzio, per un po', non sentendo l'esigenza di
aggiungere altro: dopotutto si erano sempre capiti con uno sguardo.
Non era stato difficile per Naruto captare l'aura oscura che
avvolgeva Sasuke, quel misto di paranoia e angoscia che lo aveva
sempre contraddistinto, un marchio di fabbrica di cui l'amico non era
ancora riuscito a liberarsi, proprio come non era riuscito a fare con
il suo passato, e che per assurdo lo rendeva agli occhi delle ragazze
assolutamente irresistibile. Vai a capire le donne!
«
Non penso che accetterò la proposta di Kakashi. »
Sasuke
ruppe il silenzio, pur sapendo che probabilmente Naruto si sarebbe
incazzato e avrebbe dato di matto, illudendosi che dopo avergli
confessato le sue intenzioni quel groppone che aveva all'altezza
dello stomaco sparisse miracolosamente.
Non
era stato così: la sua decisione non aveva nulla a che vedere
con quella fastidiosa sensazione, doveva essere qualcos'altro.
«
Non mi stupisce. Ho sempre pensato che fosse un'idea assurda. »
replicò l'Uzumaki. Sasuke, ancora a occhi chiusi, riuscì
a immaginare il sorriso di consapevolezza sul viso dell'amico e
rifletté sul fatto che probabilmente fosse diventato troppo
scontato persino per lui.
«
Kakashi-sensei voleva farti capire di essere il benvenuto. »
aggiunse, tentando di giustificare la stupidità della proposta
fatta dal Sesto: come aveva potuto mai pensare che Sasuke accettasse
di ricoprire il ruolo che un tempo era stato di suo padre?
Kakashi
aveva spiegato a Naruto che, lì su due piedi, era stata la
prima cosa che gli era venuta in mente per far capire a Sasuke che vi
fosse ancora posto per lui al Villaggio e, in fin dei conti, aveva
davvero la necessità di trovar qualcuno che si occupasse della
Squadra di Polizia di Konoha che, dopo lo sterminio del Clan Uchiha,
non era più stata ripristinata, dando sempre più potere
agli Anbu.
«
Questo lo avevo capito. » ci tenne a precisare Sasuke, evitando
di aggiungere: '' Non sono un baka come te ''.
«
Sei preoccupato per quello che può accadere, vero? »
incalzò l'Uzumaki, stiracchiandosi lungo il tronco dell'albero
allo stesso modo di un gatto – o di una volpe nel suo caso.
«
Abbiamo sconfitto Kaguya, ma sai anche tu che là fuori, da
qualche parte, c'è qualcosa di ancora più potente. »
gli rispose, aprendo gli occhi e muovendo le pupille in direzione
dell'amico.
«
Mh. » concordò Naruto « Ma questo non significa
che spetti a te scovarlo. » aggiunse e incrociò il suo
sguardo.
«
Sono l'unico in grado di farlo. »
«
Sì, ma non è detto che tu debba farlo da solo. »
obiettò l'Uzumaki che era cosciente del fatto che Sasuke,
possedendo il rinnegan, fosse l'unico in grado di seguire le tracce
di Kaguya, tuttavia non aveva mai condiviso che quell'onere gravasse
solo sulle spalle, costringendolo a stare lontano da lui, da Sakura,
da tutte le persone che gli volevano bene.
«
Tu devi stare qui. Devi proteggere il Villaggio. » gli ricordò
« E poi hai una famiglia, da quel che so stai anche progettando
di avere un figlio… » aggiunse e trattenne a stento un
sorriso nel vedere il viso dell'amico diventare improvvisamente
rosso.
«
Questo potrebbe essere anche il tuo posto, se solo tu non fossi così
cocciuto, Teme! »
«
Non voglio mettere in pericolo nessuno e sai bene anche tu che, prima
o poi, se io rimanessi qui potrebbe accadere. » ringhiò
l'Uchiha, seccato.
«
Tu non sei Itachi. »
E
l'affermazione di Naruto, se possibile, lo infastidì ancora di
più.
«
Capisco che ti senta responsabile dell'eredità che ti ha
lasciato, ma non sarai mai come lui. » continuò
l'Uzumaki, cosciente di aver toccato un tasto dolente, ma necessario
per far comprendere a Sasuke che stesse sbagliando – di nuovo.
« Per quanto continui a negarlo, l'idea di rimanere a Konoha
non ti dispiace affatto. E stai usando Itachi come alibi per
giustificare la tua ennesima fuga. » concluse, poi, incrociando
le mani dietro la nuca, soddisfatto.
«
Non devi fare la spesa per tua moglie? » gli chiese, l'Uchiha,
contrariato e intenzionato a cambiare argomento.
''
Alibi? Tsk! ''
«
No, oggi no. » replicò l'Uzumaki, divertito: Sasuke
voleva liberarsi di lui, ne era certo.
«
Nessuna missione? » incalzò l'altro, celando la sua
irrequietezza dietro una perfetta maschera di indifferenza.
«
No. Sono appena tornato da Sunagakure e prima che l'Hokage mi assegni
un'altra noiosissima missione diplomatica passeranno diversi giorni.
»
Sasuke
capì di essere in trappola e si portò una mano alla
fronte: poteva dirsi spacciato; conoscendo Naruto gli sarebbe rimasto
alle calcagna ventiquattro ore su ventiquattro.
«
Comunque… » Naruto
si alzò in piedi e fece qualche passo « È
bello sapere che ti preoccupi per il Villaggio. » dichiarò,
serio, volgendo appena il viso sopra la spalla « Ma non trovo
giusto che tu debba sacrificarti. »
Sasuke
aveva promesso a se stesso di seguire il credo ninja di suo fratello,
di proteggere il Villaggio della Foglia da ogni sorta di pericolo a
qualsiasi costo. Come Itachi aveva capito il vero significato delle
parole Shinobi, Villaggio e Clan ed era intenzionato ancora a
cambiare il mondo, ma non da protagonista, bensì rimanendo
nell'ombra. Un bel cambiamento per uno come lui che, da sempre, aveva
avuto una certa attitudine ad essere egocentrico e megalomane.
In
quel viaggio aveva fatto un bagno di umiltà, aveva capito i
suoi sbagli, e aveva scelto la sua strada e per quanto Naruto, da un
certo punto di vista, non avesse poi tanto sbagliato nell'affermare
che si trattasse di un alibi, rifiutava di vedere, tuttavia, la
realtà dei fatti spinto da un genuino affetto verso di lui e
dal suo inguaribile ottimismo.
«
Se qualcuno venisse a cercarti per ucciderti o per appropriarsi del
rinnegan, pensi davvero che io, Sakura-chan, e tutti gli altri,
rimarremmo con le mani in mano? »
Sasuke
tacque per evitare di confermargli che fosse proprio quella la sua
preoccupazione maggiore.
La
prima volta che aveva abbandonato il Villaggio, i suoi compagni
avevano corso molti rischi contro il quartetto del suono, e ancora,
quando Sakura e Naruto avevano fatto irruzione nel covo di Orochimaru
erano stati costretti ad affrontare il sennin in persona e Kabuto
prima che Sai riuscisse a infiltrarsi all'interno del nascondiglio;
tutti avevano già corso troppi pericoli a causa sua e non
desiderava affatto che questo accadesse ancora.
«
Dai, andiamo a mangiare. Offro io. » concluse l'Uzumaki,
porgendogli una mano per aiutarlo a rialzarsi.
●♦●
«
S-scusa. Credo di non aver capito. » balbettò Sakura,
sbattendo ripetutamente le palpebre degli occhi.
«
T-ti ho c-chiesto se vuoi uscire con me. » ripeté il
ragazzo, grattandosi la nuca per l'imbarazzo: non aveva previsto di
doverglielo chiedere più di una volta e la prima era già
stata abbastanza sofferta.
«
Oh. » e la bocca di Sakura dopo aver pronunciato
quell'esclamazione rimase spalancata a mo' di ovale per diversi
secondi: aveva capito bene, quindi.
«
Dopo che ci siamo visti, siccome non avevi risposto alla mia domanda,
mi sono informato un po' in giro. » le spiegò Morio «
Ah! Dimenticavo! » sbottò, subito dopo, rivelando un
mazzetto di fiori che fino a quel momento aveva tenuto nascosto
dietro la schiena.
Sakura
rimase impalata a guardarlo, incapace di muovere le mani per
afferrarlo. Alzò appena gli occhi verso il viso del ragazzo
che stava lì, in attesa, con il braccio proteso verso di lei,
imbarazzato e nervoso, e si sentì in colpa, proprio come quel
giorno nella tenda dell'accampamento medico.
«
Meglio di una lettera, non credi? » ironizzò il ragazzo
per stemperare la tensione, strappandole un timido sorriso.
●♦●
«
Il chiosco di Ichiraku non è dall'altra parte? » domandò
Sasuke a Naruto « Non pensavo che mangiassi anche altro. »
sbuffò ironico.
«
Infatti stiamo andando in Clinica da Sakura-chan. » dichiarò
l'Uzumaki.
Sasuke,
di rimando, aggrottò la fronte e girò il viso da un
lato, mantenendo lo sguardo basso.
Naruto
sbirciò la sua reazione con la coda dell'occhio e ghignò
divertito: Sasuke era sempre stato tendenzialmente paranoico e
depressoide ma quella mattina, il solo fatto che si fosse spinto fino
al Quartiere Uchiha aveva insinuato nella mente dell'amico il dubbio
che fosse di nuovo sull'orlo del baratro – cosa che di solito
avveniva dopo il compimento di qualche cazzata epica.
Data
la sua reazione, per l'Uzumaki non fu difficile associare mentalmente
la parola ''cazzata'' a ''Sakura'', conscio anche delle difficoltà
a livello relazionale che quei due avevano avuto da sempre. Di sicuro
doveva essere accaduto qualcosa, qualcosa di sgradevole, e
probabilmente sarebbe toccato a lui, come sempre, far rinsavire
l'amico.
Naruto
non riusciva proprio a capacitarsi del fatto che Sasuke fosse così
bravo a incasinarsi la vita: era palese che il teme tenesse a Sakura
e, dato che quest'ultima non aveva mai fatto segreto dei suoi
sentimenti per lui, era impensabile che ancora perdessero il loro
tempo tra fraintendimenti, ripensamenti, e…
«
Ma chi è quello? » esclamò Naruto, attirando
l'attenzione dell'Uchiha su un tizio con in mano un mazzo di fiori e
su Sakura che proprio in quel momento si era decisa ad afferrarli.
●♦●
«
Ti ringrazio. » mormorò Sakura, ignara che i suoi due ex
compagni di Team – e soprattutto uno dei suoi ex
compagni di Team, quello più incazzereccio e con una vocazione
innata per la vendetta – fossero alle sue spalle e stessero
assistendo alla scena.
«
La proprietaria del negozio di fiori mi ha detto che le peonie
sarebbero state di buon auspicio. » le spiegò Morio «
È stata lei a dirmi
che non eri ancora impegnata con nessuno. » le confessò
subito dopo e Sakura non si stupì più di tanto del
fatto che la signora Yamanaka avesse avuto una simile premura –
dopotutto Ino doveva aver preso da qualcuno.
«
Io non so cosa dire. » ammise Sakura e abbassò il capo
per nascondere l'inevitabile tristezza che aveva velato i suoi occhi.
No, non aveva proprio la più pallida idea di cosa
rispondergli: da un lato sarebbe stato giusto, normale, accettare il
suo invito; dall'altro continuava a vedere la sua vita solo ed
esclusivamente insieme a Sasuke.
Non
era la prima volta che riceveva una proposta del genere, ma era
accaduto nel periodo in cui Sasuke era lontano dal Villaggio e lei
viveva ancora nell'illusione che, una volta tornato, le cose tra loro
avrebbero preso una piega diversa, e quindi non le era stato
difficile rifiutare.
Sasuke
adesso era lì, ma il loro rapporto al posto di migliorare era,
se possibile, addirittura peggiorato: lui l'aveva rifiutata di nuovo
e lei non riusciva a capirne il motivo. In cosa aveva sbagliato
questa volta?
Forse
aveva forzato i tempi, forse lui ci aveva ripensato… non aveva
fatto altro che elaborare ipotesi su ipotesi senza arrivare a una
conclusione e francamente era stanca, stufa, non ne poteva più
di aspettarlo.
«
Ma credo che… » tentò di continuare, con un filo
di voce, decisa a dare una svolta decisiva a quella situazione, a
mandare al diavolo quell'insensibile e a dare una possibilità
a quel ragazzo che, ok, non era bello come Sasuke, non era potente
come Sasuke, non era lontanamente paragonabile a Sasuke in niente, ma
sembrava dolce, disponibile, in una parola… normale.
«
Sakura – chan? »
E
il suo tentativo morì clamorosamente appena la voce di Naruto
arrivò alle sue orecchie, troppo vicina per nutrire il minimo
dubbio di averla solo immaginata.
Sakura
si voltò lentamente e nel mentre pregò tutti i Kami che
quantomeno Naruto fosse da solo.
No,
non lo era affatto e il suo compagno, tra l'altro, aveva
un'espressione in viso più indecifrabile del solito: era
irritato? Felice? Sollevato? Arrabbiato? Deluso? Geloso?
Felice
e sollevato: probabile.
Irritato:
nulla di nuovo, Sasuke era perennemente irritato.
Arrabbiato,
deluso: qualche tacca sotto il probabile e sopra l'impossibile;
dopotutto lei aveva dichiarato più volte il suo amore
incondizionato e quella scena poteva suggerire un improvviso cambio
di rotta, motivatissimo, ma assolutamente incoerente.
Geloso:
Ma per favore! In una scala da uno a dieci dove il
dieci era il probabile – perché comunque con Sasuke una
certezza non c'era mai – e uno l'impossibile, l'eventualità
che lui fosse geloso si collocava a meno cento.
«
Chi. È. Questo? »
scandì Naruto, con un tono stranamente piatto, quasi
minaccioso.
«
Unamico » borbottò Sakura tutto d'un fiato, a
voce bassa, testa bassa, morale basso e autostima ancora più
bassa.
«
È un ninja di Iwa.
» intervenne inaspettatamente Sasuke, senza imprimere nel tono
di voce alcun tipo di inflessione che potesse aiutare a comprenderne
lo stato d'animo, per nulla sorpreso dello scarso spirito
d'osservazione dell'amico: sarebbe bastata un'occhiata al coprifronte
o al colore amaranto dei vestiti del ragazzo per identificarne la
provenienza.
«
Iwa, eh? » riflettè Naruto ad alta voce « Lo
Tsuchikage è davvero un simpatico nonnetto! » aggiunse
poi, incurante che quella sua affermazione potesse essere poco
gradita dal ninja di Iwa: se un tizio appena conosciuto avesse
definito Kakashi- sensei un '' tipo strambo '' lui come l'avrebbe
presa?
Morio,
infatti, si adombrò, animato dal senso di appartenenza al suo
Villaggio e dalla stima verso il '' simpatico vecchietto ''.
«
Comunque io sono Naruto. Naruto Uzumaki. »
L'atteggiamento
di Morio cambiò radicalmente.
«
Oh! È davvero un
immenso onore per me conoscerti. » esclamò entusiasta «
Sakura, non sapevo che anche lui fosse un tuo amico. »
aggiunse, stringendo con eccitazione la mano dell'Uzumaki –
cosa che aveva provato a fare anche con Sasuke, ma con scarsi
risultati.
Sakura
nicchiò e si chiuse ancora di più nelle spalle. Sasuke
si godette la scena, ghignando divertito: quel tizio era proprio uno
sfigato.
«
Così mi metti in imbarazzo! » replicò Naruto, con
falsa modestia.
«
Io sono Morio e come ha detto Sasuke-san sono un ninja di Iwagakure »
si presentò il ragazzo e Sasuke non potè non provare un
briciolo di soddisfazione nel constatare che almeno a livello formale
il ninja di Iwa gli avesse portato rispetto – che poi ci stesse
provando con Sakura… beh, quella era un'altra faccenda. «
Ho combattuto anch'io durante la guerra. » si affrettò
ad aggiungere quello con un pizzico di orgoglio.
«
Mi dispiace, ma io non ti ho visto. » dichiarò l'altro,
con placida ingenuità, smontandolo su tutta la linea.
Sasuke
si irrigidì per trattenere una spontanea risata e Sakura
arricciò il naso, affondando ancora un po' di più il
capo tra le scapole, quasi fino a farlo sparire.
«
Comunque Sakura non mi ha mai parlato di te. Da quando siete amici?
» infierì l'Uzumaki, impersonando il ruolo del fidanzato
geloso visto che qualcun altro – un teme a caso –
sembrava essere intenzionato a rimanere lì a fare scena muta
forse perché non aveva ancora ben compreso cosa stesse
accadendo poco prima del loro arrivo – non aveva esperienza
il pivello – o semplicemente perché era troppo
orgoglioso per ammettere che fosse infastidito quanto lui, se non più
di lui, dalla presenza di quel tizio – e poi era lui il
baka.
Il
teme in questione trovò la domanda molto pertinente,
considerando il fatto che fosse stato Naruto a pronunciarla, benché
già conoscesse la risposta essendo già a conoscenza
degli scabrosi trascorsi di quei due.
«
Dai tempi della guerra. » rispose Sakura, la cui testa era
improvvisamente riemersa dalle spalle, scossa dalla necessità
di porre fine a quella conversazione prima che sfociasse in qualcosa
che non sarebbe stata in grado di gestire – o almeno non
davanti a Sasuke. « Ma cosa ci fate qui? » chiese subito
dopo, sforzandosi di apparire il più naturale possibile.
«
Eravamo passati a prenderti perché volevamo pranzare insieme a
te » le spiegò Naruto, infischiandosene di aver parlato
al plurale: la decisione era stata presa da lui, ma Sasuke non si era
mica opposto. « Ma se sei occupata… » aggiunse con
una punta di malizia nella voce.
«
Io stavo andando via. » intervenne il ninja di Iwa, intuendo di
essere di troppo « Devo raggiungere i miei compagni. »
E
Sakura pensò che lassù, nell'empireo dei Kami, qualcuno
si fosse finalmente ricordato di lei.
«
L'ambasciatore dello Tsuchikage ha intenzione di rimanere fino al
Tanabata » continuò Morio, lasciando finalmente la mano
di Naruto per concentrare la sua attenzione di nuovo su Sakura «
Mi farebbe piacere che tu pensassi a quello che ti ho detto. »
concluse prima di scappare via.
Sakura
rimase a guardare per un po' il punto in cui il ragazzo era uscito
dal suo campo visivo, tentando nel contempo di vagliare tutte le
possibili risposte da dare alle inevitabili domande che Naruto le
avrebbe posto – solo Naruto, come sempre.
«
A cosa dovresti pensare con precisione? »
Per
l'appunto.
«
Nulla che ti riguardi. » gli rispose, voltando il viso da un
lato con stizza, decisa a mantenere un briciolo di dignità «
Andiamo da Ichiraku quindi? » domandò subito dopo e
senza attendere la risposta degli altri due s'incamminò in
direzione del chiosco.
Mangiarono
in silenzio sotto lo sguardo perplesso di Ayame e Teuchi che, a
memoria, non riuscivano a ricordare una volta in cui quei tre, o
almeno due di quei tre, erano stati così tranquilli. A dire il
vero sembravano quasi affranti.
«
Non mi hai ancora detto che cosa voleva quel ninja. » sbottò
improvvisamente Naruto una volta terminata la sua scodella di ramen.
«
Ti ripeto che non sono affari tuoi. » replicò Sakura,
con un tono di voce stanco, afflitto.
«
Dai, Sakura-chan! »
«
Lasciala in pace. » intervenne Sasuke che francamente ne aveva
le scatole piene di quella storia e dei tentativi di Naruto di
estorcere informazioni che, in vero, lui preferiva rimanessero
taciute.
Naruto
si voltò verso l'amico che con delicatezza stava riponendo le
sue bacchette sulla scodella deciso a controbattere, ma un '' Grazie,
Sasuke. '' appena sussurrato da Sakura lo fece desistere. Realizzò
che forse per questa volta il suo intervento non sarebbe stato di
molto aiuto e decise di farsi da parte.
«
Torno a casa da mia moglie. » li informò e dopo aver
lasciato i soldi sul bancone e aver salutato Ayame e Teuchi, sempre
più sconvolti, uscì dal chiosco.
Sasuke
e Sakura rimasero ancora un po' seduti al bancone in assoluto
silenzio.
«
Devo tornare in Clinica. » mormorò la ragazza, quasi con
timore.
Sasuke
si limitò ad annuire con il capo non sapendo proprio cosa
dirle: per coerenza avrebbe dovuto provare una sensazione di sollievo
nel vederla con un altro e non fastidio; non si era convinto,
dopotutto, che fosse meglio tenerla lontana da lui?
Tutti
quegli ineccepibili ragionamenti che lo avevano condotto a prendere
la decisione di mandare di nuovo in frantumi le sue aspettative
adesso non sembravano più così sensati.
Era
geloso – marcio – ma era troppo difficile da
ammettere, sconveniente. Ammetterlo avrebbe significato un cambio di
rotta radicale destinato a rendere vano il suo intento di
proteggerla.
Udì
lo stridere delle gambe dello sgabello sul pavimento di legno e si
voltò verso di lei che, con un repentino movimento, si era
mossa intanto verso l'uscita.
Aveva
salutato in fretta i proprietari ed era poi sparita dietro le tendine
color avorio.
Era
rimasto solo, davanti a una scodella di ramen vuota.
«
Desideri qualcos'altro, Sasuke-san? » gli domandò Ayame
con gentilezza.
Sasuke
alzò gli occhi e incontrò quelli della ragazza ed ebbe
come l'impressione di leggervi all'interno tenerezza e comprensione:
probabilmente Ayame, da donna, aveva intuito qualcosa, o forse aveva
capito tutto a differenza sua che ancora stava lì a
lambiccarsi il cervello.
Scosse
il capo e, dopo aver controllato che Naruto avesse lasciato
abbastanza soldi per pagare il pranzo, si alzò dallo sgabello.
Fece un cenno con la mano ai proprietari e uscì in strada,
ritrovandosi di fronte a un ennesimo bivio: il desiderio di parlare
con lei era pari solo al terrore di farlo per davvero.
Cosa
avrebbe dovuto dirle? Come avrebbe potuto iniziare il discorso? Con
che diritto poi?
Prese
la decisione, a suo dire, più sensata: tornò a casa.
Rimase
per tutta la restante parte del giorno sul letto, cercando di
distogliere la sua mente da quanto era accaduto. Aveva appuntato su
alcuni rotoli le informazioni che aveva reperito su Kaguya e aveva
preso a leggerli, senza riuscire, tuttavia, a concentrarsi più
di tanto. Dopo l'ennesimo calo di attenzione aveva scaraventato il
rotolo che teneva tra le mani lontano dal letto e aveva posato il
braccio sulla fronte che sembrava sul punto di voler scoppiare.
Si
alzò e si diresse in bagno, sperando che una doccia riuscisse
a farlo rilassare. Naruto non si era più visto e quasi sentiva
la sua mancanza: una delle sue stupide constatazioni
sull'ineluttabilità del fato forse sarebbe riuscita a farlo
sentire un po' meglio. Forse era davvero destino che lui e Sakura
finissero con lo stare insieme.
Era
tornato anche per questo, per mantenere la promessa che le aveva
fatto, ma a quel tempo non era ancora a conoscenza di quanto si
nascondesse dietro Kaguya, aveva solo un sospetto, mentre adesso
seppure le informazioni in suo possesso non fossero molte, aveva la
certezza che quel pericolo fosse reale.
Anche
se avesse ceduto alla tentazione di ricambiare i suoi sentimenti in
toto che futuro avrebbe potuto assicurarle? Nella migliore delle
ipotesi l'avrebbe trascinata in una relazione anomala, molto diversa
da quella che avevano Naruto e Hinata, che a lei sicuramente non
sarebbe bastata.
Più
continuava a pensarci, più l'idea di lasciarla andare sembrava
essere la più giusta.
Eppure
neanche l'acqua fresca della doccia era riuscita a lavare via
l'irrequietezza che aveva addosso, quel senso di fastidio che
continuava a tormentarlo dall'ora di pranzo.
Sentì
il campanello della porta suonare, ma non si affrettò ad
andare ad aprire, arcisicuro che si trattasse di Naruto. Si frizionò
i capelli con un asciugamano e con molta calma ritornò in
camera da letto per indossare dei vestiti puliti, più normali
rispetto alla sua tenuta da vagabondo che per quanto comoda non era
adatta per gironzolare all'interno del Villaggio senza attirare
l'attenzione di ogni passante.
Con
l'asciugamano ancorato al collo, si diresse verso la porta a passo
lento.
Socchiuse
leggermente le labbra, stupito nel ritovarsi di fronte proprio
l'unica persona che in quel momento non aveva alcun desiderio di
vedere – e per una volta non si trattava di Naruto.
«
Ciao, Sasuke-kun. » esordì Sakura in un soffio. «
Stavo quasi andando via, pensavo non fossi in casa. » aggiunse
mentre il suo sguardo veniva rapito da una impudente gocciolina
d'acqua che scivolava giù da un ciuffo di capelli di Sasuke e
percorreva la mascella, poi il collo, sparendo infine nell'orlo della
maglietta.
«
Cosa ci fai qui a quest'ora? » le domandò Sasuke,
afferrando con la mano destra l'asciugamo per tamponare la scia della
suddetta gocciolina d'acqua ed evitare che altre seguissero la
medesima strada, provocandogli ancora quel brivido sulla pelle.
«
Volevo parlare un po' con te. Posso entrare? »
Sasuke
la fissò per un lungo, interminabile, istante, indeciso su
cosa fare e alla fine abbassò il capo in un cenno di assenso,
facendosi da parte in modo che lei potesse entrare.
Le
fece strada, in assoluto silenzio, e una volta giunti nel piccolo
salottino le indicò con la mano il divano, invitandola a
sedersi.
«
Grazie, ma preferisco rimanere in piedi. » mormorò lei,
consapevole che, nervosa com'era, se si fosse seduta dopo neanche un
minuto si sarebbe ritrovata di nuovo in piedi.
Sasuke
le lanciò un altro sguardo enigmatico e si accomodò al
posto suo, creando una necessaria distanza da lei.
«
Io volevo spiegarti quello che è successo oggi. » eruppe
Sakura, con un tono di voce incerto e lo sguardo fisso sul pavimento.
«
Non è necessario. » replicò lui con freddezza.
«
Forse non lo è per te, ma per me sì. » obbiettò
la ragazza, stringendo i pugni.
Sasuke
aggrottò la fronte, indispettito dalla sua arroganza: lui non
le aveva chiesto nessuna spiegazione, non era neanche obbligato ad
ascoltarla, e giustappunto, non aveva alcuna intenzione di farlo, né
per amicizia, né per cortesia; preferiva non sapere, evitare
il discorso, far finta che non fosse accaduto nulla… possibile
che Sakura non riuscisse a capirlo?
«
Io non so più cosa fare. » continuò lei,
abbassando il tono della voce fino a farlo diventare impercettibile.
«
Non penso di essere la persona migliore a cui chiedere consigli per
risolvere i tuoi problemi. » affermò Sasuke, sarcastico.
«
Questo è vero. » convenne Sakura « Dopotutto sei
tu il mio problema. »
L'Uchiha
serrò la mascella e chiuse gli occhi nel tentativo di
metabolizzare quelle ultime parole: era cosciente di essere un
problema per lei, ma sentirselo dire era stato scioccante.
«
Ciò che è chiaro per te a me risulta impossibile da
comprendere. » riprese la ragazza, avvicinandosi un po' a lui «
Quindi, te lo chiederò per l'ultima volta, dopo prometto che
ti lascerò in pace… »
Lasciarlo
in pace… Davvero Sakura
credeva che per lui fosse un fastidio?
Ma
certo! Non era stato lui, dopotutto, a creare questa situazione con
le sue inconsistenti spiegazioni e il suo atteggiamento criptico?
Si
irrigidì, comprendendo che fosse
ormai giunto il momento di
fare la sua scelta. Avrebbe potuto mentire dicendole con risolutezza
di non provare nulla per lei: avrebbero sofferto entrambi, ma alla
fine lei se ne sarebbe fatta una ragione e avrebbe ricominciato la
sua vita con qualcun altro con il quale, quantomeno, avrebbe vissuto
una vita serena, al sicuro da ogni pericolo perché ci sarebbe
stato sempre lui a vegliare su di lei; oppure vuotare il sacco,
spiegarle il vero motivo per il quale aveva deciso di rinunciare a
lei e sperare che comprendesse.
«
Non penso sia necessario. »
Riaprì
gli occhi e li incatenò ai suoi che spalancati e lucidi,
sembravano supplicarlo di non deluderla ancora « Te l'ho già
detto: è tutto dannatamente chiaro, ma è sbagliato. »
sibilò a denti stretti, tentando di tenere a bada la rabbia.
«
Gli Uchiha sono gli unici a considerare amore e amicizia sopra ogni
cosa…
così
tanto da dover necessariamente sigillare questi sentimenti
dentro
se stessi.
Quando
un Uchiha viene a conoscenza dei propri sentimenti
è
come se l'oceano di scatenasse. » (2)
Sasuke,
durante il suo viaggio, aveva avuto modo di riflettere sulle parole
di Tobirama Senju e di comprenderle appieno: l'amicizia e l'amore
non lo avevano indebolito, al contrario lo avevano reso più
potente, completo. Qualcosa dentro di lui era mutato, quell'oceano di
sentimenti che aveva tentato di rifuggire da sempre si era scatenato
e riusciva a stento a controllarlo. Amava Sakura, considerava Naruto
un fratello e il Villaggio la sua casa, aveva di nuovo qualcosa da
proteggere e... da perdere.
«
Quando un Uchiha che ha conosciuto l'amore lo perde,
questi
sentimenti si trasformano in un odio incontrollabile,
che
lo consuma… » (2)
Era
già accaduto in passato e non poteva permettere che accadesse
ancora, soprattutto a causa sua. Itachi si era sacrificato per lui e
per il Villaggio e lui aveva intenzione di fare lo stesso per
proteggere le persone a cui teneva. Se qualcuno avesse torto loro
anche solo un capello per colpa sua, non sarebbe riuscito a darsi
pace, sarebbe impazzito ed era stata questa consapevolezza a portarlo
a decidere di vivere lontano dal Villaggio e da loro, convinto che in
questo modo sarebbe riuscito a proteggerli.
«
Cosa c'è di così sbagliato? » sbottò
Sakura, con esasperazione « È
forse sbagliato aprire il proprio cuore e lasciare che qualcun altro
se ne prenda cura, lo protegga? »
«
È proprio questo il
problema: io non so se sono in grado di proteggerti, vuoi capirlo? »
e questa volta la rabbia venne fuori e il pugno chiuso di Sasuke si
abbattè sul bracciolo del divano. « Non così
almeno, non come vorresti tu. » aggiunse in un sussurro
contrito.
Sul
piccolo salotto scese un pesante silenzio, rotto solo dal battito
concitato dei loro cuori, che pur essendo affannati, stanchi, per la
moltitudine di ostacoli che fino a quel momento avevano dovuto
affrontare, continuavano a battere nel loro petto, colmi d'amore e di
paura.
«
È questo che ti
affligge? Pensi davvero che io starei meglio senza di te? » gli
chiese Sakura, chiudendo gli occhi e prendendo a scuotere il capo con
un sorrisetto divertito « Baka! » esclamò subito
dopo, coprendo in fretta la distanza che li separava.
Si
inginocchiò tra le sue gambe e Sasuke d'istinto premette le
spalle contro lo schienale del divano, tentando di allontanarsi da
lei che, adesso, era vicina, troppo vicina, pericolosamente
vicina.
«
Hai visto tu stessa quello che può accadere. Come Kido, molti
altri potrebbero prenderti di mira per arrivare a me. » tentò
di spiegarle, per farla ragionare, per farle capire il suo punto di
vista e farla desistere da qualsiasi cosa le stesse passando per la
mente in quel momento mentre lo guardava con quegli occhi saturi di
dolcezza, comprensione e… di amore.
«
E io li affronterò… ma con te al mio fianco. »
Ecco,
lo sapeva che non avrebbe capito, che se ne sarebbe uscita con una
frase del genere. Perché non le aveva mentito, perché
non le aveva semplicemente detto che non l'amava? Avrebbe risolto il
problema alla base e non le avrebbe consentito di avvicinarsi così
tanto a lui da spingerlo a desiderare che ci potesse essere un fondo
di verità nelle sue parole, che davvero potessero farcela...
insieme.
«
Sei sempre la solita ottimista. » sbuffò, contrariato,
affondando ancora un po' nello schienale del divano perché lei
intanto si era alzata di qualche millimetro, si era avvicinata
ancora, e aveva appoggiato con sicurezza le mani sulle sue ginocchia,
procurandogli un brivido.
«
E tu il solito pessimista. » gli rispose lei a tono, sorridendo
divertita.
«
Non voglio che tu corra rischi a causa mia. » incalzò
Sasuke in un ultimo, disperato, tentativo.
Sakura
scoppiò a ridere, gettando la testa all'indietro e lui pensò
per un attimo che fosse impazzita: ma lo stava ascoltando? Si rendeva
conto di quanto gli stesse costando dire quelle cose?
«
Avresti dovuto pensarci molti anni fa. » lo canzonò lei,
continuando a ridacchiare « In passato ho rischiato svariate
volte di morire a causa tua e… un paio di volte anche per
mano tua.» puntualizzò, assottigliando lo sguardo
con fare ironico « Ho più paura di un futuro senza di te
che con te. » concluse, stringendo appena la presa sulle sue
ginocchia.
«
È totalmente
inutile che io insista, vero? »
Sasuke
abbassò le spalle e gettò in avanti alla testa, in un
chiaro segno di resa incondizionata dinanzi a cotanta testardaggine,
abbassando così la guardia e consentendo a Sakura di
rispondergli in un modo che non si sarebbe mai aspettato.
Sentì
improvvisamante le mani di lei premere con più forza sulle sue
ginocchia e quando fu in grado di razionalizzare ciò che stava
per accadere era ormai troppo tardi per fare qualcosa: le labbra di
Sakura si erano posate con delicatezza sulle sue.
Il
primo bacio.
●♦●
Angolo
Autrice
Salve
carissimi lettori.
Ci
ho messo un po' più del previsto per terminare questo
capitolo. Mi sono bloccata svariate volte sui dialoghi, soprattutto
gli ultimi. Come sempre Sasuke mi ha messa in difficoltà. - _
- ( Lo amo da morire, ma ogni volta che devo farlo parlare è
un travaglio!) Ho scritto e riscritto le sue parole svariate volte e
ancora adesso ho dei dubbi, ma Amen! Mi rimetto al vostro giudizio.
Siamo
arrivati, aggiungerei '' finalmente '', alla svolta tanto attesa.
Adesso arriva il bello! :-)
Il
titolo di questo capitolo(1) è tratto dal testo di Mr
Brightside dei The Killers che, fu d'ispirazione, a suo tempo, per la
storia. Durante i precedenti capitoli ho spesso catalogato Sasuke
come Mr. Complicato, Mr. Indifferenza, etc. il mio intento sarebbe
quello di spiegare come il nostro Uchiha si sia evoluto fino a
diventare Mr Brightside ( ovvero Mr. Ottimismo), ergo il percorso
sarà lungo e tortuoso.
Le
parti in corsivo verso la fine del capitolo (2) sono tratte dal 619
del Manga.
Spero
di avere modo di aggiornare presto e che il capitolo vi sia piaciuto.
Come
sempre vi ringrazio per le tante recensioni ( risponderò in
serata perché ho un'intera lavatrice da stendere e un mucchio
di panni che aspettano di essere stirati) e per il vostro affetto.
Sasuke
non riusciva a spiegarsi come fosse potuto accadere, quale
sconosciuto e potentissimo jutsu lo avesse fatto capitolare, tuttavia
era più che certo che ciò che stava accadendo sotto i
suoi occhi potesse essere definito solo in un modo: disgustoso.
E
lo disse: «È disgustoso.»
«Sì,
lo è» convenne Sakura, seduta al suo fianco, intenta a
capire dove iniziasse la lingua di Sai e dove finisse quella della
Yamanaka perché a guardarli così sembravano un
esperimento mal riuscito di Orochimaru.
«Ce
ne andiamo?» propose Sasuke, confidando nella capacità
di Sakura di cogliere le sottili sfumature e capire che il suo
livello di sopportazione avesse appena superato il limite oltre il
quale non sarebbe più stato consapevole delle proprie azioni.
«Non
pensi che dovremmo avvertirli?» obiettò lei.
Sasuke
non le rispose. Non a parole, per lo meno: le lanciò uno
sguardo molto eloquente; talmente eloquente da farla alzare
all'istante.
«Ciao,
Ino! Ciao, Sai!» trillò, sperando di attirare la loro
attenzione per non passare da maleducata – non come una certa
persona che stava già percorrendo la strada di casa, incurante
di averla lasciata lì - , ma non ricevette alcuna risposta.
Si
affrettò a raggiungere Sasuke, già arrivato alla fine
della strada, e d'istinto si gettò verso di lui, afferrando il
suo unico braccio per fermarlo. Sasuke s'irrigidì, ancora poco
avvezzo a quei gesti, soprattutto in pubblico.
«Stai
tranquillo, non c'è nessuno in giro. La tua reputazione è
al sicuro» dichiarò Sakura, leggendo nei suoi occhi un
chiaro grido di aiuto.
Sasuke
alzò un sopracciglio, indispettito e da quel contatto fisico
assolutamente non richiesto e, a suo dire, inutile, e dal tono quasi
canzonatorio usato dalla ragazza che da ''quella sera'' aveva
iniziato a essere sempre più sicura di se stessa, facendogli
quasi rimpiangere la buona, vecchia, noiosa, Sakura tutta rossori e
balbettii.
Ciò
nonostante poteva affermare con una certa sicurezza che ci fossero
alcune cose di quella nuova Sakura che non lo irritavano più
tanto: le sue labbra, per esempio – quelle volte che non le
muoveva per parlare. Calde, morbide, profumate, labbra; capaci di
adagiarsi sulle sue con delicatezza, come con irruenza, facendolo
cadere in un oblio di emozioni che, stranamente, aveva deciso di non
rinnegare.
Per
ovvi motivi aveva evitato di spiegare a Sakura cosa provasse –
sarebbe stato umiliante – e si era imposto di non prendere mai
l'iniziativa, attendendo passivamente che fosse lei a richiedere di
usufruire delle sue labbra, per non farle comprendere quanto gli
piacesse quel nuovo passatempo, quanto fosse diventato
indispensabile.
Quella
sera, quando lei lo aveva baciato per la prima volta – a
tradimento – qualcosa dentro di lui era esploso e il boato
era perdurato per alcuni minuti, rendendolo quasi sordo. Era stata
forse l'infinita attesa di quel momento a scatenare quella reazione,
oppure la rapidità con la quale era avvenuto, fatto sta che
era rimasto immobile, con gli occhi sbarrati e con le labbra di
Sakura incollate alle sue in un bacio casto, impacciato, ma
significativo.
Aveva
avvertito uno strano pizzicore agli occhi, non dovuto allo sharingan
o al rinnegan, bensì all'emozione. Le sue narici,
improvvisamente a contatto con la pelle di lei, erano diventate
sature del suo odore così dolce, avvolgente, che solo in
rarissime occasioni aveva avuto modo di sentire così da
vicino.
Nonostante
la temperatura estiva, quando lei si era allontanata, aveva
improvvisamente sentito freddo; un brivido lo aveva colto, sotto
pelle, ed era stato così intenso da fargli credere che non
sarebbe più riuscito a smettere di tremare.
Con
un groppo in gola aveva alzato lo sguardo, fino a quel momento
puntato sulle sue cosce e sulle mani di Sakura ancora saldamente
arpionate alle sue ginocchia, e aveva cercato i suoi occhi, bisognoso
di ricevere la conferma che non si fosse trattato di un sogno, o di
uno scherzo della sua mente, che fosse accaduto sul serio perché
era fin troppo assurdo che si fossero baciati e per di più che
fosse stata lei a baciarlo.
Aveva
trovato quella conferma stampata in rosso sulle sue guance e poi nei
suoi occhi, colmi di speranza e di imbarazzo, e si era sentito per un
attimo perso, razionalizzando che da quel momento in poi nulla
sarebbe stato come prima e che, in fondo, per lui poteva andare anche
bene così. Lo aveva desiderato, era tornato per questo, ma
aveva fatto di tutto affinché non accadesse, consapevole che
poi non sarebbe riuscito ad allontanarla ancora, a deluderla. A nulla
erano valsi i ragionevoli discorsi sui pericoli che lei avrebbe
potuto correre scegliendo di stare con lui, neanche la sua incostanza
era riuscita a farla demordere: lei aveva preso la sua decisione
molti anni prima, in una notte di luna piena.
Sarebbe
stato completamente inutile continuare a combattere contro qualcosa
che era sopravvissuto a un numero incommensurabile di difficoltà,
diventando sempre più forte, e in tutta franchezza Sasuke era
stanco di scappare, di auto-infliggersi brutali condanne per un bene
superiore, rinunciando a ciò che desiderava davvero.
Animato
da questa nuova consapevolezza aveva mandato al diavolo tutti i suoi
dubbi, tutte quelle apocalittiche visioni sul loro futuro, e aveva
mosso la mano, fino a quel momento arpionata al bracciolo del divano,
verso di lei. L'aveva fatta passare tra i capelli morbidi fino a
raggiungere la sua nuca, poi si era inarcato in avanti e
contemporaneamente l'aveva tirata a sé, mentre gli occhi di
Sakura si sgranavano per lo stupore. Aveva poggiato le labbra sulle
sue quasi con rabbia e le aveva dischiuse subito, seguendo l'istinto,
sentendo l'urgenza di assaggiare il suo sapore.
Sakura
aveva accolto la prepotente intrusione della sua lingua con dolcezza;
l'aveva accarezzata piano, languidamente, e ne aveva ridimensionato
l'irruenza, imponendole un ritmo più lento. Le sue mani
avevano lasciato le ginocchia per afferrare il suo viso, per sentire
la sua pelle fredda, liscia, finalmente sua, sotto i
polpastrelli, e lentamente lo aveva spinto all'indietro, portandolo a
poggiare di nuovo la schiena contro la spalliera del divano. Solo a
quel punto Sasuke aveva lasciato la sua nuca, facendo scendere la
mano sulla schiena. L'aveva stretta a sé con forza,
sollevandola da terra quanto bastava per averla quasi completamente
addosso e aveva lasciato che la mano di lei si artigliasse alla sua
spalla per reggersi e non interrompere il contatto tra le loro
labbra.
Aveva
visto i suoi occhi chiudersi e con un po' di titubanza l'aveva
imitata, lasciandosi andare, in modo definitivo, al turbinio di
emozioni e sensazioni che un qualsiasi ragazzo – uno normale –
avrebbe provato.
Niente
a che vedere con la pomiciata di Ino e Sai in quel ristorante. Sasuke
ancora stentava a crederci. Come non riusciva a spiegarsi come Sakura
fosse riuscita a convincerlo ad accompagnarla a quella stupida cena,
o meglio, una mezza idea ce l'aveva, ma non si capacitava del fatto
di aver ceduto.
Era
stata furba… molto furba. Si ripromise che in futuro avrebbe
prestato più attenzione e non si sarebbe fato incantare dai
suoi subdoli stratagemmi: era impensabile che cedesse alle richieste
di una donna per un semplice bacio.
Con
quel briciolo di orgoglio appena ritrovato si liberò della
presa di Sakura e ricominciò a camminare.
Sakura
si accigliò per un momento, ma dopo essersi ripetuta per
l'ennesima volta che ''non vi era alcuna ragione al mondo per
farsi inutili pippe mentali'', ritornò alla carica,
riagguantando di nuovo il braccio dell'Uchiha. Sasuke grugnì
infastidito e alzò gli occhi al cielo: possibile che quella
ragazza non ce la facesse proprio a non essere così
appiccicosa?
«Sei
il mio ragazzo» affermò Sakura, seria «E come
tale, esigo di poter andare in giro abbracciata a te quando ne ho
voglia» concluse, sforzandosi di sembrare minacciosa.
Il
suo ragazzo?Quando era stato sancito che lui fosse il suo ragazzo?
Sasuke
tentò di liberarsi di nuovo della sua presa, ma inutilmente:
più tentava di divincolarsi più Sakura stringeva le
mani intorno al suo braccio e cominciava sul serio a fargli male
anche se lui, stoicamente, non lo dava a vedere.
«Vuoi
lasciarmi?!» sbottò esasperato, pur cosciente che in
quel modo aveva probabilmente ipotecato in via definitiva la
possibilità che lei gli concedesse il bacio della buonanotte.
«Non
ci penso neanche» replicò lei, con l'aria di una che
piuttosto preferiva staccarglielo pur di non cedere.
Sasuke
sbarrò gli occhi, indeciso su quale delle sue due abilità
oculari utilizzare o se utilizzarle entrambe per sicurezza.
«Non
oserai?!» esclamò Sakura.
Le
palpebre dell'Uchiha si chiusero e le labbra si piegarono in un
ghigno quasi divertito: la faccia di Sakura era diventata paonazza
dalla rabbia e trovava quella sua ostinazione un po' fastidiosa, ma
divertente.
Con
un gesto veloce la tirò verso di sé, facendole perdere
l'equilibrio e costringendola a lasciare la presa per non cadere
rovinosamente di faccia a terra.
L'afferrò
dalla vita poco prima che toccasse il suolo e la lasciò
penzolante per qualche minuto, giusto il tempo per farla riprendere
dallo shock e darle modo di meditare sui suoi errori.
«Mi
lasci?» gli chiese lei, con gentilezza, sicura di sembrare una
specie di sacco di patate.
«Non
ci penso neanche» la rimbeccò lui, ripetendo le sue
stesse parole.
«Non
avrai intenzione di portarmi a casa così?» insinuò
lei, spaventata, perché sapeva che Sasuke ne sarebbe stato
tranquillamente in grado.
«Sei
meno fastidiosa» le confermò, riprendendo a camminare.
«Sasuke-kun,
fammi scendere subito o io...»
«O
tu? Sentiamo... cosa vorresti fare esattamente, Sakura?» la
sfidò apertamente, sadico come lo era stato un tempo.
«Fammi
scendere e basta. Non pensi che qualcuno potrebbe vederci e trovare
questa cosa un po' stramba?»
«Non
sono libero di trasportare la mia noiosa ragazza come più mi
aggrada?»
Sakura
si ammutolì improvvisamente: lo aveva detto sul serio? Non
noiosa, quell'altra cosa. Aveva detto la ''mia'' – omissis –
''ragazza''?
Istintivamente
si portò le mani alla bocca per trattenere uno spontaneo urlo
di incontenibile gioia mentre nella sua testa la sua vocina interiore
canticchiava allegramente: ''Sono la sua ragazza, sono la sua
ragazza…'', come una dodicenne decerebrata.
«Tutto
ok?» le chiese Sasuke, temendo che stesse per vomitare.
«Oh
sì! Va tutto benissimo, Sasuke-kun.» gli rispose e
Sasuke, pur non riuscendo a scorgere il suo viso sotto quella massa
di capelli rosa confetto, non ebbe alcun dubbio sul fatto che lei
stesse sorridendo e in qualche modo si sentì appagato.
Una
volta giunti davanti casa di Sakura, Sasuke la lasciò
finalmente andare. Sakura si sistemò alla bene e meglio i
capelli e la casacca e si avvicinò a lui con molta cautela,
temendo qualche reazione inconsulta – dopotutto l'aveva appena
trasportata fino a casa come un sacco di patate.
«Ci
vediamo domani, Sasuke-kun.» gli disse, iniziando a percepire
quella piacevole frenesia da bacio imminente tipica delle novelle
fidanzatine.
«Mh»
mugugnò lui, annuendo con il capo.
«Domani
mattina devo svegliarmi presto, ho un altro incontro con l'Hokage...»
Sasuke
non le diede modo di proferire altro: inarcò la schiena e la
baciò, prendendola così tanto alla sprovvista che le
sue labbra continuarono a muoversi sotto le sue, articolando le
parole senza emettere alcun suono.
Aveva
agito d'istinto, preso dal panico: era sicuro che Sakura avesse
frainteso, che avesse pensato di averlo deluso non avendogli chiesto
di entrare, quando in realtà a lui andava bene così
perché aveva bisogno di abituarsi a quella nuova condizione,
voleva andarci piano. Non che l'idea di dormire con lei lo
preoccupasse particolarmente – era già successo in
passato – anzi, sarebbe stato di giovamento per la sua
insonnia, ma sarebbe stato un passo troppo audace, sicuramente
sbagliato. Per come stava messo, e a suo dire ''molto male'', non si
sarebbe girato dall'altro lato, dandole le spalle come sempre, ma
avrebbe cercato le sue labbra per tutto il tempo fino a prosciugare
l'ultima goccia di saliva – era sempre stato un tipo da '' o
tutto, o niente ''.
«A
domani» le sussurrò sulle labbra con una voce talmente
roca che Sakura pensò che sarebbe anche potuta morire lì
sul posto di crepacuore.
Lasciò
a malincuore la sua maglietta, che per lo shock aveva afferrato con
forza e poi stretto per tutta la durata del bacio, e fece qualche
passo indietro ancora boccheggiante.
«B-buonanotte»
balbettò, confusa, mentre lui infilava la mano nella tasca dei
pantaloni e riprendeva il cammino verso la sua dimora.
♦●♦
«Potevi
almeno avvisare» borbottò Ino, la mattina seguente.
«Ci
ho provato, ma eri… » Sakura tentennò un po' alla
ricerca di una definizione che non scadesse nel volgare «molto
presa» decretò, infine.
«Già!»
esclamò l'altra, con aria sognante, sbattendo più volte
le sue chilometriche ciglia.
Sakura
decise di sorvolare, sperando così di evitare che a Ino
potesse venire la brillante idea di rivelarle particolari scabrosi
circa la sua relazione con Sai: la pomiciata della sera prima le era
bastata.
«Uffa!
Ma quanto dobbiamo aspettare » si lamentò Sakura,
guardando l'orologio appeso nel corridoio che conduceva all'ufficio
dell'Hokage dove lei e Ino erano in attesa da oltre mezz'ora.
«Hai
per caso un appuntamento con Sasuke?» insinuò la
Yamanaka che, al contrario di lei, non vedeva l'ora di venire a
conoscenza di ogni singolo particolare scabroso della sua storia con
l'Uchiha.
«No»
negò l'altra, sperando che se la bevesse.
Ino
si chiuse nelle spalle, sconfortata, e prese a giocherellare con un
piede per ammazzare l'attesa.
«Siamo
nervosette, eh?» la canzonò la Yamanaka «Cos'è
l'Uchiha non ti ha dato il bacio della buonanotte?» ipotizzò,
maliziosamente.
Sakura
ripensò alla sera prima, all'inaspettato bacio di Sasuke, e
avvampò.
«N-non
sono affari che ti riguardano»
«Invece
sì, fronte spaziosa. Dopo che per anni ho sopportato i tuoi
piagnistei credo fermamente che mi riguardino»
E
Sakura non poté darle torto.
«Comunque
sì, ci siamo baciati» si decise a risponderle «E
stento ancora a crederci» aggiunse, sottovoce.
«Adesso
manca solo una cosa, quindi» replicò la Yamanaka,
guardandola in un modo un po' troppo malizioso per i suoi gusti:
stava per dire qualcosa di osceno, se lo sentiva.
«Ino!»
sbraitò l'altra, diventando paonazza.
Non
che non ci avesse pensato, ma insomma, si erano da poco scambiati il
primo bacio e non si erano fatti alcuna promessa di amore eterno,
quindi le sembrava un po' prematuro pensare di … Oh Kami! Solo
all'idea si sentiva quasi venire meno.
«Quanti
anni hai, Sakura? Quanto ancora vuoi aspettare? Non penso che a
Sasuke-kun dispiacerebbe più di tanto, dopotutto è un
uomo. È vero, è un po' strano... - ci tenne a
precisare - ma è un uomo. Io e Sai siamo già ai
preliminari, se ti può interessare»
No,
non le interessava. L'immagine di Ino e Sai che…
Scosse
la testa per allontanare quel nauseabondo pensiero e prese a
riflettere sulla prima parte del discorso. In effetti ormai aveva
vent'anni e non aveva mai avuto alcuna esperienza in quel senso.
Naruto e Hinata stavano cercando di concepire un bambino, mentre lei
arrossiva ancora come una dodicenne solo per un bacio sulle labbra.
«Non
ne abbiamo ancora parlato, io… insomma… non so»
tartagliò confusa, realizzando che forse l'amica avesse
ragione, che a Sasuke non sarebbe dispiaciuto, e si sentì
improvvisamente un'idiota.
La
mano di Ino si spiaccicò sulla fronte in un facepalm di
disperazione.
«Non
c'è alcun bisogno di parlarne!» urlò l'amica,
attirando l'attenzione di un paio di Anbu che stavano transitando nel
corridoio «Conoscendovi, se decideste di parlare anche di
questo finiresti per andare in menopausa»
In
effetti, i tempi con Sasuke, erano sempre stati dannatamente lunghi.
«E
poi è una cosa naturale» concluse Ino, posando
delicatamente una mano sulla sua spalla per rassicurarla.
Già…
naturale.
Sakura
ripensò al giorno precedente, al modo in cui Sasuke si era
allontanato da lei, così, all'improvviso.
Aveva
passato tutta la mattinata a guardare l'orologio in attesa della
pausa pranzo. La sera prima era tornata a casa sprizzante di
felicità, ma al risveglio, la mattina seguente, era stata
colta da un attacco di panico: lei e Sasuke si erano baciati, ma
questo non significava che sarebbe accaduto ancora. In verità
dopo quel lungo e umido bacio, lui l'aveva gentilmente accompagnata
alla porta e le aveva toccato la fronte con l'indice e il medio della
mano. Non le aveva detto nulla se non una stentata ''Buonanotte''.
Scoccate
le dodici, dopo una mattinata in cui aveva faticato persino a
respirare tanta l'ansia che aveva addosso, si era quindi fiondata
fuori dalla Clinica decisa a trovarlo. Si era diretta, sicura, verso
il bosco al confine del Villaggio, dove Sasuke l'aveva portata tre
anni prima. Aveva attraversato di corsa il quartiere Uchiha, ancora
fatiscente, e costeggiato il lago, udendo solo il fruscio dell'erba
alta al suo passaggio.
Sasuke,
come previsto, si stava allenando in quel posto che gli era così
caro, fendeva l'aria con calci e pugni, con quell'eleganza che lo
aveva sempre contraddistinto. Piccole goccioline di sudore
imperlavano la sua fronte e la manica sinistra della maglietta blu a
maniche lunghe danzava leggera a ogni suo movimento.
Era
rimasta a guardarlo, rapita, sentendo i battiti del suo cuore
rimbombarle nelle orecchie, cacofonici rispetto al silenzio
innaturale che regnava in quella radura.
«Non
hai niente di meglio da fare che stare lì a spiarmi?» le
aveva detto, all'improvviso, facendola sussultare dallo spavento:
aveva creduto stupidamente che lui non si fosse accorto della sua
presenza.
«Volevo
vederti» aveva ammesso lei, con coraggio.
Sasuke
si era fermato e aveva leggermente girato il viso verso di lei,
esibendo una delle sue espressioni indecifrabili che Sakura aveva,
per ovvi motivi, interpretato negativamente, ipotizzando subito
apocalittici scenari in cui lui le diceva che ciò che era
accaduto la sera precedente non avrebbe avuto seguito e che, in vero,
era stato un grande errore.
Le
sue gambe, tuttavia, ignorando completamente quei funesti pensieri si
erano mosse d'istinto e l'avevano portata ad avvicinarsi a lui, con
cautela.
Aveva
poi allungato una mano, leggermente tremolante, e gli aveva scostato
un ciuffo di capelli dal viso. Sasuke era rimasto immobile, l'aveva
lasciata fare, e questo l'aveva rassicurata.
«Sakura»
Aveva
pronunciato il suo nome in quel modo speciale, con la sua voce
profonda e impostata e lei aveva chiuso gli occhi, beandosi di quel
suono meraviglioso, e si era avvicinata un altro po' a lui, poggiando
la mano sul suo petto sudato.
«Sakura»
aveva ripetuto Sasuke, ma questa volta a voce più bassa, quasi
roca, con l'intenzione forse di fermarla.
Lei
si era alzata sulle punte dei piedi e aveva sfiorato le sue labbra,
trovandole straordinariamente calde rispetto alla sera precedente.
Sasuke
si era irrigidito, ma non l'aveva respinta e questo l'aveva convinta
a osare e approfondire un po' di più quel bacio: aveva stretto
la sua maglietta e schiuso le labbra con la speranza che lui facesse
lo stesso.
Le
loro lingue si erano così incontrate di nuovo e avevano
iniziato ad accarezzarsi con una lentezza estenuante, mentre le
salive che si mischiavano tra loro producevano un suono quasi
impercettibile, ma rilassante, avvolgente.
Quando
aveva sentito il braccio di Sasuke cingerle la vita le sue paure si
erano dissipate del tutto e con audacia aveva portato l'altra mano
dietro la sua nuca, costringendolo ad abbassare il capo. Come era
accaduto la sera precedente, il ritmo del bacio era aumentato,
diventando sempre più famelico, e il braccio di Sasuke aveva
iniziato a stringerla con possessività, schiacciandola contro
il suo petto tanto da farle emettere un sommesso gemito. A quel
punto, Sasuke, improvvisamente l'aveva allontanata. Si era portato il
polso alle labbra, ancora umide della sua saliva, e l'aveva guardata
in un modo nuovo, strano, sembrava come intimorito e angosciato.
«Devo
riprendere gli allenamenti» le aveva detto, poco dopo, con un
tono di voce incerto, non da lui, e Sakura si era fatta da parte,
ancora un po' confusa da quello che era accaduto, non riuscendo a
spiegarsi cosa avesse fatto di male.
«Stasera
vado a cena con Ino e Sai» lo aveva informato «Mi farebbe
piacere se venissi anche tu» aveva buttato lì, senza
sperarci troppo.
Sasuke
aveva abbassato le spalle e scosso lentamente la testa.
«Ma
se non ti va non fa niente, io posso...» si era affrettata a
dirgli, temendo di averlo contrariato con quella sua richiesta forse
un po' troppo ardita.
«Va
bene» le aveva risposto, invece, in un soffio.
♦●♦
Dopo
un'interminabile riunione con Kakashi-sensei che l'aveva rinfrancata
sulla possibilità concreta di ottenere quei fondi, Sakura
ritornò a casa e lungo il tragitto continuò a pensare
incessantemente alle parole di Ino, riuscendo quasi a convincersi che
avesse ragione. Aveva avuto più volte la tentazione di
cambiare strada e dirigersi verso casa di Sasuke, ma si era imposta
di non essere soffocante, di lasciargli un po' i suoi spazi e che,
dopotutto, avevano una vita davanti per stare insieme e...
«Sasuke-kun»
sussurrò, con stupore, riconoscendo la sua inconfondibile
sagoma appoggiata di schiena contro il muro esterno della sua
abitazione.
Sasuke
alzò appena lo sguardo, percependo il rumore dei suoi passi
sull'asfalto, e si sentì terribilmente stupido realizzando di
non aver elaborato una risposta plausibile all'inevitabile domanda
che Sakura gli avrebbe posto.
«Cosa
ci fai qui?»
Ecco,
proprio quella domanda.
«Ci
deve essere per forza un motivo?» borbottò
sommessamente, brusco, giusto per mantenere un briciolo di dignità.
«N-no.
Affatto» replicò Sakura «In realtà avevo
avuto la stessa idea» gli confessò serenamente –
perché lei la faccenda dell'orgoglio l'aveva superata già
da un po' a differenza di qualcun altro che continuava ostinatamente
ad alzare barriere invisibili per proteggersi da qualcosa che ormai
era in grado di abbatterle tutte.
«Mh»
mugolò Sasuke, costringendo i suoi occhi a fissare la punta
dei piedi per mascherare l'imbarazzo.
Sakura
fu costretta a dare adito a tutta la sua forza di volontà per
non saltargli addosso e riempirlo di baci lì sul momento:
Sasuke Uchiha imbarazzato... poteva esserci niente di più
bello al mondo?
«Entriamo?»
si decise a dirgli perché conoscendolo sarebbero potuti
rimanere lì fuori in assoluto silenzio anche per tutta la
notte e lei era stanca e aveva voglia di baciarlo e magari di dormire
con lui.
Mise
la chiave nella toppa della porta e sentì il suo respiro caldo
sul collo, proprio come la notte in cui lui aveva lasciato il
Villaggio. Rabbrividì al ricordo e sentì quasi
l'urgenza di girarsi e afferrarlo prima che potesse scomparire di
nuovo. Oltrepassò la porta di casa con una rinnovata angoscia
nel cuore che scomparve solo dopo aver razionalizzato che il respiro
di Sasuke l'aveva seguita passo dopo passo nel genkan buio e si era
scostato dal suo collo solo per chiudere la porta alle loro spalle.
Rimase
ferma, al buio, davanti al gradino che separava il genkan dal
corridoio, sollevata nel saperlo lì, ma agitata al pensiero
che Ino potesse avere ragione e che Sasuke si fosse presentato
inaspettatamente a casa sua per passare la notte con lei.
Dopotutto, secondo la teoria di Ino, Sasuke era un uomo – ok,
non era solo una teoria di Ino, ma un dato di fatto – e come
tale aveva delle pulsioni – questo era ancora tutto da
dimostrare – ed erano entrambi maggiorenni e vaccinati –
totalmente inesperti, o almeno così sperava – non ci
sarebbe stato niente di male, no?
Allora
perché era così nervosa?
Si
mosse piano, tastando alla cieca il muro alla ricerca
dell'interruttore della luce che qualcuno doveva avere spostato
perché era lì, ne era certa, doveva essere lì –
per tutti i Kami -, eppure non c'era. Sentì la mano di Sasuke
poggiarsi con una delicatezza inaudita sul suo braccio e prese a
tremare, mentre il viso di lui sprofondava tra i suoi capelli.
«Hai
ancora paura di me» constatò amaramente Sasuke, in un
sussurro.
«No»
gli rispose lei, con un tono di voce incerto.
«Allora
perché stai tremando?»
Non
aveva paura di lui, ma con lui. Perla prima volta stavano
condividendo qualcosa, qualcosa di reale, non una delle mille
fantasie che in quegli anni le avevano dato la forza di cercarlo,
perdonarlo e, in ultimo, aspettarlo per quasi tre anni – o
meglio da sempre. Il pensiero, ingenuo, forse assurdo, che anche lui
stesse provando la medesima paura, riuscì
a rasserenarla un poco e a convincerla
a rispondergli.
«Stento
ancora a crederci che stia accadendo davvero»
«Sakura»
borbottò lui, prima di ritrovarsi le braccia di Sakura intorno
al collo e la sua bocca di nuovo così vicina.
«Ti
amo, Sasuke-kun. Ti amo con tutto il mio cuore. E sono così
felice che ho paura di tutto,
persino di me stessa» dichiarò lei,
sorridente, e a Sasuke sembrò
quasi di riuscire a percepire il sapore delle sue parole: dolce e
amaro allo stesso tempo; una dicotomia costante nella vita di Sasuke
che per un certo periodo della sua vita aveva assaporato solo il
secondo, dimenticando come fosse il primo, e
ora che stava riassaporando il primo, non riusciva comunque a
dimenticare il secondo, ponendolo
nella stessa situazione di Sakura.
Era
vero: si era creata una connessione
tra i loro cuori che li portava a percepire, comprendere e
condividere i loro sentimenti.
L'amore di Sakura
era il suo di amore, la paure
di Sakura erano le sue paure e per quanto tutto questo avesse
dell'incredibile – solo tre anni prima avrebbe dato del pazzo a
chiunque glielo avesse detto o pronosticato – era reale, era
bello, e riusciva a farlo
sentire parte, di nuovo, di qualcosa.
Sasuke
si avvicinò alle sue labbra come per sigillare quei bellissimi
pensieri dentro di sé, temendo che potessero scappare via, ma
la mano di Sakura, posata con gentilezza sulla sua bocca lo fermò.
«Non
ho ancora finito» lo avvisò,
mentre Sasuke con un veloce gesto del capo si liberava della sua mano
«Io non voglio che pensi che io abbia paura di te perché
non è così, io...»
E
Sasuke la rimise a tacere nell'unico modo che conosceva e che
straordinariamente sembrava essere sempre molto efficace, evitando
così di dirle che era noiosa e che non c'era alcun bisogno di
spiegargli come si sentisse perché lo aveva capito, non aveva
ancora idea di come avesse fatto, ma lo aveva capito.
Si
baciarono a lungo, lentamente, nell'oscurità del genkan.
Sakura tentò un paio di volte a riprendere il discorso nei
brevi momenti in cui la necessità di respirare li aveva
costretti a disgiungere le loro labbra, ma puntualmente Sasuke
l'aveva messa a tacere. Nell'enfasi del momento non si era neanche
accorta che dal centro del piccolo ingresso si erano spostati da un
lato e ora le sue spalle toccavano il muro e sul suo corpo gravava il
peso di quello di Sasuke. Le loro lingue avevano preso a muoversi più
velocemente, i respiri si erano fatti via via più corti e
l'aria intorno a loro sempre più calda, quasi insopportabile.
A
quel punto Sakura lo sentì.
Sentì
il desiderio di Sasuke sfiorarle l'interno delle cosce, leggermente
schiuse, e spalancò gli occhi, lusingata, imbarazzata e
terrorizzata, mentre nella sua testa riecheggiavano le parole
di Ino: ''È naturale, è naturale, è
naturale...''
Con
un movimento fluido Sasuke la sollevò di poco da terra,
sfruttando la parete alle sue spalle come appoggio e Sakura si
ritrovò a ricercare con urgenza un appiglio: fece leva sulle
spalle di Sasuke e attorcigliò una gamba intorno alla sua.
La
bocca di Sasuke abbandonò quella di lei, scendendo prima sul
mento, poi sul collo con un'andatura cadenzata e un tocco talmente
dolce da essere quasi impercettibile. L'erezione che adesso premeva
contro la sua femminilità con lo stesso ritmo dei suoi baci e
le provocava un piacere sconosciuto, ma così intenso da darle
la sensazione di non avere più un briciolo di forza, di
energia. Si aggrappò ai suoi capelli quando sentì i
suoi denti affondare con dolcezza nella sua carne e un gemito roco
sfuggì dalle sue labbra.
«Sa-suke-kun»
sussurrò, senza fiato.
E
a quel punto, Sasuke si fermò, di nuovo, come il giorno prima
nella foresta. Si staccò bruscamente da lei, sbatté le
spalle contro il muro opposto, frastornato, e rimase a testa bassa a
contemplare il parquet chiaro del genkan incapace di alzare lo
sguardo su di lei. Non riusciva a spiegarsi cosa gli stesse accadendo
– o meglio una mezza idea ce l'aveva pure, più che mezza
in verità: era lì nei suoi pantaloni e lo portava a
comportarsi come un misero pervertito. Faceva bene Sakura ad avere
paura di lui perché da quando si erano baciati aveva iniziato
ad avere pensieri molto poco casti ed era stato colto da una strana
frenesia che, a suo dire, lo stava facendo diventare scemo –
quasi al pari del Dobe.
«Sasuke-kun?»
lo chiamò Sakura, la cui attività cerebrale aveva
iniziato a dare segni di ripresa «Va tutto bene?» gli
chiese, subito dopo, avvicinandosi a lui con prudenza – sia mai
gli fosse partito qualche embolo.
«Stammi
lontana» le intimò Sasuke, pur sapendo che la sua
richiesta – la sua imposizione – non sarebbe stata
esaudita.
«Perché?»
Sasuke
non sapeva cosa risponderle, troppo imbarazzato e troppo poco padrone
di se stesso per riuscire a darle una spiegazione sensata che non
contemplasse una umiliante confessione.
«È
una cosa naturale, Sasuke-kun» azzardò Sakura, ripetendo
le parole di Ino e sperando che l'amica ci avesse visto davvero
giusto – in caso contrario l'avrebbe fatta a pezzi.
«Io...»
sussurrò l'Uchiha e tentennò alquanto prima di
continuare perché
c'era del vero nelle parole di Sakura, questo era innegabile,
dopotutto si amavano – lei glielo aveva ripetuto poco prima e
lui non gliel'aveva mai detto, ma questo importava poco adesso –
ma non riusciva a lasciarsi andare, bloccato da quella ancestrale
paura di perdersi, di cadere ancora vittima delle emozioni «Credo
che sia meglio che vada» decretò,
infine,
girandosi di tre quarti in direzione della porta, mantenendo
sempre lo sguardo basso.
Sakura
si lanciò letteralmente su di lui e lo strinse forte a sé,
ignorando il movimento brusco compiuto da ciò che rimaneva del
suo braccio sinistro, che da integro sarebbe riuscito di sicuro a
fermarla, allontanarla.
Abbracciò
anche la manica penzolante della maglietta insieme al suo corpo e
Sasuke sussultò appena sentendosi come stretto da una corda
invisibile, una corda che stringeva sempre di più tanto da
togliergli il respiro.
«Non
scappare» mormorò Sakura, con
il viso nascosto tra le pieghe della manica del
sul suo avambraccio mutilato «Non
scappare più. Non ora» continuò quasi implorante
«So di cosa hai paura. Anch'io, a mio modo, sono terrorizzata,
ma per una volta, una stramaledettissima volta, sento che tutto andrà
per il meglio»
«Con
te è sempre tutto così difficile» ammise Sasuke,
andando contro ogni più rosea previsione.
«Neanche
con te è una passeggiata, sai?» replicò lei,
sfregando il naso contro la sua spalla e Sasuke si lasciò
sfuggire un laconico sorriso «Andiamo dentro?» gli
propose, poi, con gentilezza «Ho una discreta fame»
aggiunse, allentando così la tensione.
«Non
hai mangiato?» le domandò Sasuke, sforzandosi di
comportarsi per una volta – una stramaledettissima
volta – come una persona
normale, senza però imprimere nessuna inflessione particolare
della voce che potesse far trasparire preoccupazione, o peggio
allarmismo.
Sakura
alzò lo sguardo verso di lui e gli sorrise dolcemente come per
ringraziarlo dell'enorme sforzo appena fatto.
«No.
Kakashi-sensei era parecchio impegnato oggi» prese a
raccontargli, facendogli strada all'interno dell'appartamento
«Abbiamo aspettato molto e francamente ero così agitata
che non sono riuscita a mandare giù niente da questa mattina»
«Com'è
andata?»
Sakura
si fermò per un attimo, sulla soglia della cucina, e spalancò
gli occhi per la sorpresa: la predente domanda di Sasuke poteva
essere interpretata come di circostanza, ma questa... si stava
interessando a qualcosa che la riguardava e se Sakura non avesse
avuto il timore di rovinare tutto sul più bello con un urlo di
felicità, avrebbe urlato, e forte, tanto forte da far
echeggiare la sua voce per tutta Konoha.
«Kakashi-sensei
sostiene che potremmo farcela questa volta» gli rispose,
sorridente come non mai, mentre si dirigeva verso il frigorifero
constatando, con amarezza, che non ci fosse al suo interno qualcosa
di realmente commestibile.
Lo
richiuse e si diresse verso gli scaffali nei quali riuscì a
reperire un paio di confezioni di ramen liofilizzato.
«Ramen?!»
esclamò Sasuke, arricciando il naso per il disgusto.
«Prima
Naruto si fermava spesso a mangiare da me» gli spiegò,
tentando di rassicurarlo del fatto che gli anni passati con Naruto
non l'avessero fatta diventare una ramen dipendente come l'amico.
«Prima
di cosa?» indagò l'Uchiha che già vedeva
all'orizzonte una sonora scazzottata con l'Usuratonkachi.
«Prima
che si sposasse. Lui e Hinata venivano spesso a cena da me per...»
ed esitò prima di concludere la frase: non rientrava tra le
sue prerogative far sentire Sasuke costantemente in colpa,
soprattutto adesso, ma quando veniva fuori il discorso ''passato''
era quasi inevitabile «non lasciarmi sola» concluse ,
accanendosi poi sul barattolo di latta del ramen che proprio non
voleva aprirsi.
La
mano di Sasuke si posò sulla sua e Sakura alzò lo
sguardo incontrando i suoi occhi, più caldi e rassicuranti del
solito.
«Lascia,
ci penso io»
Sakura
alzò un sopracciglio, perplessa: era fisicamente impossibile
che Sasuke con una sola mano riuscisse laddove l'erede di
Tsunade-sama aveva fallito.
«O-ok»
acconsentì, con qualche riserva.
Sasuke
prese dalla sua mano l'apriscatole e si mise in ginocchio per terra
ponendo il barattolo di ramen tra le cosce per tenerlo fermo. Incise
i due lati opposti del barattolo e poi cominciò ad aprirlo con
una facilità sorprendente.
«Ecco
qui» dichiarò l'Uchiha appena terminato il lavoro «Non
era poi tanto difficile» si premurò di aggiungere per
sottolineare la sua evidente superiorità.
«Ma
è stupefacente!» esclamò Sakura, davvero colpita
dal modo in cui Sasuke era riuscito nel tempo ad abituarsi alla sua
menomazione e a trovare
ingegnosi escamotage per affrontare la quotidianità.
Si
inginocchiò davanti a lui e gli prese il viso tra le mani,
prendendolo così tanto
alla sprovvista da ritrovarsi
di fronte a una visione più unica che rara di Sasuke Uchiha,
un po' ridicola a dire il vero, con quella ruga sulla fronte più
profonda e lo sguardo perso,
atterrito, ma indubbiamente adorabile.
«L'ho
sempre detto: sei un genio» aggiunse e lo baciò, con
ancora la scatola di ramen tra le cosce, perdendosi la successiva
espressione del suo viso, anche
più buffa della precedente.
Angolo
Autrice
Buon
pomeriggio a voi, carissimi lettori.
Sono
sparita per un bel po', lo so, ma tra gli impegni di lavoro e una
scarsissima ispirazione ho avuto diverse difficoltà a
terminare questo capitolo. In verità non avevo idea di come
far continuare la storia perché, pur avendo una mia scaletta
mentale, è la prima volta che mi ritrovo a dover costruire
passo dopo passo la relazione tra Sasuke e Sakura – benché
io sia arrivata a ben 32 fanfiction su questa coppia. Di
solito opto per scene molto passionali, poco riflessive: le mie lemon
sono quasi sempre scatenate da qualcosa che in questo caso non ho e
non voglio neanche avere. Ok, forse sto facendo uno dei soliti
discorsi contorti che capisco solo io, ma vorrei riuscire a
raccontare come sono arrivati in un modo più o meno
''verosimile'' alla loro prima volta. Ergo preparatevi alle mille e
più paturnie di Sasuke.
:-)
Chiedo
venia per le recensioni a cui non ho ancora risposto; come molti di
voi sapranno non lo faccio per cattiveria o perché non mi
interessa il vostro parere, al contrario lo aspetto sempre con molta
ansia, ma per semplice mancanza di tempo. Mi dispiace anche per
quelle storie che sto seguendo assiduamente ma che non riesco a
recensire – spero di recuperare quanto prima.
Ringrazio
chi ha inserito la storia tra le preferite, le seguite e le
ricordate, chi ha recensito i precedenti capitoli e chi recensirà
questo(prima o poi rispondo, giurin giurello).
Capitolo 22 *** #21 Cosa sei disposto a fare per lei ***
#21
Cosa sei disposto a fare per lei
Per
Sasuke il momento del risveglio era sempre stato abbastanza
problematico. Il semplice gesto di aprire gli occhi gli procurava un
senso di angoscia tale che spesso si ritrovava a tenerli chiusi,
benché sveglio, per procrastinare l'affermazione di una
incontrovertibile realtà chiamata solitudine che nel tempo era
riuscito ad apprezzare, ma che in fondo non aveva mai davvero
accettato. Da quando era tornato a Konoha, e ancora prima durante lo
scontro con Naruto, un desiderio recondito era ritornato con
prepotenza a ricordargli che non aveva mai realmente voluto essere
solo, che erano state le circostanze a condurlo a disconoscere i
legami che sussistevano tra lui e quella che a tutti gli effetti era
sempre stata la sua casa. Era stato scioccante sentire quel bisogno
ancestrale di calore, di famiglia, di amore, espandersi a macchia
d'olio dentro il suo cuore stanco e malconcio, ma per una volta aveva
deciso di non ostacolarlo, di non frenare la sua corsa, con la
speranza che potesse in qualche modo riuscire a cambiarlo –
almeno un po' – o quantomeno a liberarlo dall'opprimente
inquietudine che gravava sulle sue spalle come un bagaglio pesante,
di quelli che spezzano la schiena ma che malgrado tutto si è
costretti a trasportare.
E
ora si ritrovava steso su un letto non suo, con gli occhi
artificiosamente sigillati per il timore di aprirli e scoprirsi di
nuovo solo, questa volta senza di lei,
e sentiva lo stomaco stretto in una morsa all'idea che niente di
quello che era avvenuto in quei giorni fosse stato reale. Cosa
avrebbe fatto a quel punto? Che ne sarebbe stato di lui?
Dipendere
da qualcuno, lasciare che qualcuno ti ami e si prenda cura di te…
Amare
a tua volta…
Sembrava
impossibile, o almeno così credeva, eppure era stato così
semplice afferrare la mano che Sakura gli aveva teso, intrecciare le
dita con le sue e dormire abbracciati tutta la notte con il respiro
di lei, leggero, sul collo. Era stato naturale prestare orecchio ai
suoi sussurri, afferrarle la vita per avvicinarla a sé e
baciarle le labbra, poi il mento, il collo, e ogni centimetro
scoperto della sua pelle.
Al
contrario, era stato oltremodo arduo non assecondare l'istinto di
abbassare di poco la sua maglietta sotto la spalla e avere a
disposizione dell'altra pelle da assaggiare, consapevole del fatto
che poi non sarebbe riuscito a placare l'ingordigia e l'impudico
desiderio di sfilargliela del tutto.
Aveva
scoperto quanto un semplice sospiro potesse essere eloquente, quanto
un sommesso gemito riuscisse a emozionarlo e a farlo sentire nudo e
vulnerabile come non lo era mai stato.
Quello
che stava accadendo gli aveva dato modo di fare conoscenza con una
parte di sé che fino a quel momento aveva ignorato di
possedere, o che semplicemente aveva messo in un angolo rendendola
abulica e insignificante.
Si
era negato per troppo tempo la felicità derivante da una
carezza, dal contatto fisico, dal calore umano e adesso sentiva che
non sarebbe più riuscito a farne a meno.
Per
questo aveva paura, per questo teneva gli occhi chiusi, per questo
sperava che la voce di Sakura rompesse all'improvviso
quell'innaturale silenzio che regnava nella stanza confermandogli che
era lì, che non si era mossa di un millimetro, che non lo
aveva lasciato solo.
Che
stupido!, esclamò dentro
di sé con amarezza, non
riuscendo a riconoscersi
in quei pensieri. Da quando
aveva iniziato ad avere bisogno di qualcuno?
Sentì
un leggero fruscio di lenzuola alla sua sinistra e socchiuse appena
un occhio, intravedendo tra i
fili neri del ciuffo di capelli una macchia rosa inconfondibile.
Era
lì, e Sasuke si scoprì sollevato nel constatarlo tanto
da convincersi ad aprire completamente gli occhi e godersi
quell'insolito risveglio.
Si
girò lentamente da un lato prestando attenzione a non fare
movimenti troppo bruschi che avrebbero potuto svegliarla e la guardò,
per una volta completamente indisturbato.
Era
bella Sakura, e molto. Lo era sempre stata.
Aveva
sempre avuto un debole per lei anche se era stato talmente bravo a
dissimularlo da convincere anche se stesso che lei fosse una semplice
compagna di Team e nulla di più. Eppure ogni qual volta lei si
era trovata in pericolo non aveva mai esitato, al contrario aveva
rischiato più di una volta di mandare all'aria tutti i suoi
piani di vendetta pur di salvarla e a quel punto era stato costretto
a fare una scelta che all'epoca aveva ritenuto giusta per entrambi:
lei era diventata una debolezza, quindi un ostacolo e poi si era
convinto – chissà poi con che presunzione – che
sarebbe stata più felice senza di lui.
Era
abbastanza paradossale che dopo tutti quegli anni avesse comunque
continuato a pensarla in quel modo e avesse tentato ancora di tenerla
lontana, fallendo su tutta la linea perché lei era lì,
stesa al suo fianco, e sorrideva – anche nel sonno – e
aveva davvero l'aria di essere molto felice.
Provò
un inspiegabile moto di orgoglio realizzando di essere riuscito in
un'impresa che aveva sempre ritenuto impossibile e d'istinto allungò
la mano verso di lei e sfiorò con le dita le sue labbra, quel
sorriso, sentendo l'urgenza di appurare che fosse concreto, vero.
In
risposta Sakura aprì gli occhi e il sorriso sulle sue labbra
si fece più ampio.
«Buongiorno,
Sasuke-kun» mormorò, ancora assonnata, girandosi su un
fianco.
Sasuke
non le rispose, prese ad accarezzarle la guancia con il dorso della
mano, senza alcun imbarazzo, senza ritrosia, sentendosi
improvvisamente in diritto di poterlo fare, libero da tutte quelle
inutili elucubrazioni mentali che fino a quel momento lo avevano
frenato, e seguendo il movimento della mano che scendeva lentamente
fino all'orecchio avvicinò il viso a quello di Sakura
poggiando la fronte sulla sua.
«Mi
ci potrei abituare a svegliarmi con te tutte le mattine, lo sai?»
gli sussurrò Sakura sulla labbra, sorridendo ancora, mentre la
mano di Sasuke si intrufolava tra i suoi capelli e il suo respiro le
solleticava le guance.
«Puoi»
le rispose semplicemente, a voce bassa, e abbozzò poi un
ghigno nell'osservare gli occhi di lei diventare di colpo enormi e
liquidi per l'emozione.
Le
dita della mano di Sakura si artigliarono alla sua maglietta,
cercando un appiglio per avvicinarsi ancora un po' di più a
lui, annullare le distanze. Percepiva la necessità fisica di
avere il suo corpo più vicino, una strana frenesia che
scalpitava nel suo stomaco e che la portava a desiderare di toccarlo,
di sentire la sua pelle.
Era
naturale…
Ino
aveva dannatamente ragione, ma aveva dimenticato di dirle che oltre a
essere naturale, tendeva a essere alquanto ingestibile, oltre che
imbarazzante. Non che non avesse mai provato fino a quel momento
delle sensazioni simili, ma una cosa era svegliarsi nel suo letto, da
sola, tutt'altra era avere a portata di mano Sasuke Uchiha,
indubbiamente bellissimo anche a prima mattina, seppur spettinato e
con gli occhi gonfi, e stranamente ben disposto, quasi di buon umore
– cosa rara, molto rara.
In
poche piccole parole povere Sakura stava provando il desiderio di
assecondare quella famosa tempesta ormonale che causa forza maggiore
aveva ignorato, o comunque soppresso, per anni, la medesima che aveva
portato Sasuke la sera precedente, e ancor prima quel pomeriggio
nella foresta, ad allontanarla.
Fece
scorrere le dita lungo il fianco di Sasuke, sempre mantenendo gli
occhi incatenati ai suoi, fino a giungere all'orlo della maglietta;
la mano si intrufolò poi sotto di essa, sentendo la pelle di
lui, straordinariamente morbida e liscia, tremare appena per quel
contatto improvviso e vide nei suoi occhi un lampo di terrore, di
ansia.
«Sakura.»
Sasuke
tentò di dissuaderla dal continuare, sforzandosi di imprimere
nel tono della voce quella risolutezza, quella freddezza, che lo
aveva sempre reso temibile, malgrado la sua mente fosse già
annebbiata dai brividi che gli scorrevano sotto la pelle e dal
desiderio che si era risvegliato non appena aveva aperto gli occhi e
l'aveva trovata accanto a sé.
Era
così frustrante per lui sentirsi in balia di quelle sensazioni
e avere il terrore di assecondarle, soddisfarle, ed era così
inconsapevolmente crudele Sakura in quel momento che, per nulla
intimorita dal suo monito, continuava ad accarezzarlo dolcemente.
Sarebbe
stato del tutto inutile tentare di richiamarla ancora all'ordine, lo
leggeva nei suoi occhi.
La
osservò impotente avvicinarsi ancora e portare la gamba a
ridosso della sua, come per bloccargli i movimenti, impedirgli
un'eventuale fuga, e comprese di non avere più alcuna scelta
se non quella di lasciare che l'istinto prendesse il sopravvento e,
mentre le loro bocche si fondevano l'una con l'altra, la sua mano
scese sulla sua schiena, tirò a sé il suo esile corpo
percependo per la prima volta la morbidezza del suo seno, celato
dalla maglietta sottile, contro il suo petto. Non c'era nulla di
casto in quel bacio, in quel movimento frenetico delle loro lingue,
né in quelle brevi fitte di piacere, acerbo e sconosciuto, a
tratti quasi nauseante, che partivano dal basso ventre e rendevano la
pelle più sensibile, calda, gli odori più intensi, la
vista annebbiata, i respiri più corti e spingevano le loro
mani a essere curiose, ingorde. Fu un attimo e le labbra di Sasuke si
ritrovarono a percorrere il collo di Sakura mentre la mano si faceva
strada sotto la maglietta e vagava alla cieca sulla sua pelle
delicata e liscia.
Gote
rosse, gemiti sommessi, l'incertezza di non sapere bene cosa si stia
facendo, ma la necessità di continuare a farlo superando
l'imbarazzo, l'inesperienza, perché fa sentire bene, perché
è giusto, è naturale; la consapevolezza di aver
dato inizio a qualcosa di incontrollabile;la sensazione di
perdere pian piano coscienza di se stessi e diventare una cosa sola
con l'altro.
La
possibilità di fermarsi, a quel punto, non era contemplata:
avevano superato quella soglia che Sasuke si era ben guardato
dall'oltrepassare, ritenendo prematuro e azzardato spingersi oltre
malgrado i chiari segnali che il suo corpo gli aveva inviato da
quando aveva riscoperto l'ebbrezza del contatto umano.
La
sua mano, esplorata la schiena di lei, iniziò a percorrere il
ventre giungendo ben presto al seno. Esitò appena e baciò
Sakura sulle labbra con dolce trasporto prima di adagiare
delicatamente la mano su di esso, percependone la consistenza soda.
Si lasciò sfuggire dalle labbra un sommesso grugnito scoprendo
che le sue incerte carezze riuscivano a procurarle piacere. Lo
sentiva riversarsi nella sua bocca, sotto forma di timidi ansimi che
per pudicizia lei tentava di occultare, rimbombava sul palato, sui
denti, e scendeva lungo la gola fino allo stomaco, andando ad
alimentare quel crogiolo di emozioni che lo stavano spingendo a
rendersi così vulnerabile ai suoi occhi, soggiogato, nudo.
«Sasuke-kun»
esalò Sakura, prendendogli il viso tra le mani «Io
voglio...»
«Sakura-chan?
Sei in casa?»
Sasuke
e Sakura si guardarono per un attimo… increduli.
In
quanto a tempismo Naruto non era mai stato un campione, ma questa
volta aveva superato se stesso.
«Dovremmo
aprire» suggerì Sakura «Conoscendolo troverà
un modo per entrare. Sa che sono in casa» gli spiegò
Sakura a bassa voce.
«E
come fa a saperlo?»
«Oggi
è il giorno del Tanabata, non lavoro, ricordi?»
Già,
il Tanabata. Lo aveva completamente dimenticato.
«Sì,
ma cosa ci fa qui?» ringhiò ancora l'Uchiha sempre più
infastidito: di norma le interruzioni improvvise non gli erano mai
piaciute e in quella situazione, beh… l'idea che Naruto
potesse entrare – perché Sakura aveva ragione, avrebbe
trovato un modo – e trovarli in quel letto, in quella
posizione, accaldati ed eccitati – e lui di certo non sarebbe
riuscito a nasconderlo – gli fece rimpiangere il giorno in cui
aveva deciso di risparmiargli la vita durante il primo scontro nella
Valle dell'Epilogo.
«Probabilmente
vuole sapere se questa sera raggiungeremo lui e Hinata alla festa»
ipotizzò Sakura che in vero trovava quella situazione
abbastanza divertente.
«Sakura-chaaan!»
cantilenò ancora l'Uzumaki, premendo con insistenza sul
campanello della porta.
«Dannazione!»
sputò Sasuke, alzandosi in fretta dal letto, deciso a mettere
a tacere in modo definitivo e incontrovertibile quella testa quadra.
«Ehm...
Sasuke-kun?» obiettò Sakura, timidamente.
«Che
c'è?» abbaiò l'Uchiha, con la mano già
sulla maniglia della porta.
Sakura
non sapeva se fosse il caso o meno di farglielo presente,
probabilmente lui se ne era già accorto e non lo riteneva
importante, ma c'era qualcosa di diverso in lui che Naruto avrebbe
notato di certo.
Paonazza
e con lo sguardo rivolto altrove gli indicò con un dito il
cavallo dei suoi pantaloni.
«Dannazione!»
imprecò quindi, per l'ennesima volta, dopo aver abbassato lo
sguardo e aver notato la vistosa protuberanza. Questa volta lo
avrebbe ammazzato, ci sarebbe riuscito anche a costo di perdere
l'altro braccio, una gamba e un orecchio.
«Penso
che sia meglio che vada io ad aprire» propose Sakura, con
magnanimità, alzandosi dal letto.
Sasuke
non se la sentì di dire alcun ché, era stato già
abbastanza imbarazzante che lei gli avesse fatto notare quel piccolo
problemino tecnico – colpa sua, tra l'altro – aggiungere
qualsiasi cosa lo avrebbe fatto sprofondare nel più completo
annichilimento psicologico.
«Tu
stai qui » gli ordinò Sakura e, passandogli accanto, gli
rubò un ultimo bacio a fior di labbra che in qualche modo,
straordinariamente, riuscì un po' a calmarlo.
«Arrivo!»
la sentì esclamare poco dopo aver richiuso la porta e abbassò
nuovamente la testa, un po' affranto, chiedendosi quanto ci avrebbe
messo a tornare normale: aveva un Dobe da uccidere.
♦●♦
«Sakura-chan,
finalmente!» esordì Naruto non appena la ragazza gli
comparì davanti.
«Scusa,
stavo dormendo» replicò Sakura, stropicciandosi gli
occhi per sembrare più credibile.
«Oh,
sì… immagino» insinuò l'altro, cominciando
a sghignazzare.
«Perché
ridi?» gli chiese l'Haruno completamente ignara di ciò
che l'amico avesse riconosciuto sul suo collo… qualcosa di
rossastro, qualcosa che Sakura non sarebbe stata in grado di farsi da
sola.
Naruto
oltrepassò Sakura, si sfilò in fretta i sandali ed
entrò in casa.
«Teme,
lo so che sei qui, esci fuori!» urlò a pieni polmoni e
Sakura ebbe seriamente il timore che Sasuke potesse uscire dalla
camera da letto e imbrattare di sangue le pareti del suo
appartamento.
«Dai,
Teme, non costringermi a entrare in camera da letto. Non ho alcuna
intenzione di vederti nudo, ho appena mangiato» perpetuò
l'Uzumaki che al solo pensiero di averlo colto in flagrante non stava
più nella pelle: quanto avrebbe riso?!
Sakura,
raggiunto l'amico nel salottino, pregò che Sasuke avesse
mantenuto le buone abitudini e che fosse scappato dalla finestra: lo
avrebbe compreso e appoggiato.
Contro
ogni previsione la maniglia della porta della camera da letto si
abbassò lentamente e un Sasuke, vestito di tutto punto, con
uno sguardo più assassino del solito, si parò davanti
all'Uzumaki.
«Potrei
sapere perché stai urlando come un idiota?» gli chiese,
lanciando una veloce occhiata in direzione di Sakura che, come
l'Uzumaki, era rimasta a bocca aperta.
«Che
cosa ci fai tu qui?» replicò Naruto.
«Potrei
farti la stessa domanda.»
«L'ho
chiesto prima io.»
«Sì,
ma tu non hai risposto alla mia prima domanda.»
«Non
ricordo neanche che cosa mi hai chiesto.»
«Questo
non mi stupisce, sei un'idiota.»
«E
tu sei uno che fa i succhiotti»
Touchet!
Sasuke
sbiancò e Sakura lo seguì a ruota, portandosi d'istinto
una mano a coprirsi il collo – e lei era quella preoccupata per
la sua protuberanza, quando aveva sul collo un ematoma formato
Akimichi? Come avevano fatto a non accorgersene? Eppure aveva cercato
di essere delicato. Ecco un'altra cosa da ricordare: la pelle di
Sakura era troppo bianca e delicata, andava trattata con attenzione o
nel giro di qualche giorno avrebbe aggiunto anche pervertito
alla lunga lista di simpatici nomignoli che gli erano stati
affibbiati nel tempo.
«Non
so di cosa tu stia parlando» sbottò l'Uchiha, dopo
essersi ripreso dallo shock.
Negare.
Negare sempre.
«Devo
farti un disegno per caso?» ribatté Naruto che proprio
non ci stava a perdere l'occasione di umiliarlo: era troppo
divertente « In pratica è quando un uomo e una donna
fanno certe cose e l'uomo...»
«So
cos'è!» abbaiò Sasuke, interrompendolo: non aveva
alcuna intenzione di ascoltare la descrizione accurata che Naruto gli
avrebbe propinato, facendolo passare per uno sprovveduto; ok, lui e
Sakura, erano all'inizio mentre il Baka già progettava la
progenie, ma lui era un Uchiha e per diritto di nascita quelle cose
le sapeva fare e sicuramente meglio di lui – l'ecchimosi sul
collo di Sakura ne era la prova.
«Adesso
basta! Smettetela di comportarvi come due bambini» proruppe
Sakura, iraconda e indubbiamente minacciosa «Naruto, si può
sapere cosa ci fai qui? Non penso che tu sia venuto per controllare
le abilità di Sasuke. E tu...» e Sasuke alzò
d'istinto un sopracciglio per quel tono assolutamente poco garbato
che aveva utilizzato « non dargli corda, ti prego, sii
superiore» concluse l'Haruno che ne aveva le scatole piene di
dover sempre fare da paciere e ancor di più dei risvegli
bruschi e insoddisfacenti.
«Volevo
solo chiedervi se vi andava di venire con me e Hinata al Tanabata»
confessò, quindi, Naruto «Hinata-chan mi ha chiesto di
venire» si affrettò a giustificarsi, il bugiardo,
pensando che mettendo in mezzo Hinata, Sakura si sarebbe in
qualche modo impietosita.
In
verità quella mattina era andato dritto a casa di Sasuke e
solo dopo aver constato che l'amico non era in casa aveva ripiegato
sull'appartamento di Sakura, non sospettando affatto di trovarli
insieme. Che meravigliosa sorpresa! Ben oltre ogni sua più
rosea aspettativa – o in questo caso rossa con qualche tonalità
di blu, stampata come un tatuaggio sul collo della sua amica.
«Avresti
potuto dirlo subito» osservò Sasuke con sufficienza,
beccandosi un'occhiataccia di biasimo da Sakura.
«Ero
più interessato ad altro» replicò placidamente
l'Uzumaki, sorridendo sornione.
Me
ne sono accorto, aggiunse mentalmente l'altro per non sfidare
ulteriormente la sorte.
«Puoi
rassicurare Hinata che ci saremo» intervenne Sakura, rendendosi
subito conto di aver fatto i conti senza l'oste – e il suo oste
non era il tipo da feste, né il tipo a cui piaceva stare in
mezzo alla gente in generale « Vero, Sasuke-kun?» pensò
bene di aggiungere, quindi.
Sasuke
sembrò rifletterci per un attimo prima di abbassare il capo in
un cenno di assenso.
«
Adesso puoi anche andartene, Dobe» dichiarò poi,
sollevato.
«No,
adesso ve ne andate tutti e due perché devo fare una doccia e
devo farmi bella e non vi voglio tra i piedi» obiettò
Sakura, già in fibrillazione all'idea del primo Tanabata da
fidanzata di Sasuke Uchiha – Oh Kami! Non riusciva ancora a
crederci.
Doveva
fare una doccia e poi passare dai suoi genitori a recuperare il suo
kimono, ma a pensarci bene avrebbe potuto anche comprarne uno nuovo,
oppure scardinare la serratura della vecchia casa di Sasuke e rubare
quello di sua madre, o sperare che lui gli proponesse di indossarlo
senza compiere effrazioni, in ogni caso aveva un milione di cose da
fare e non poteva permettersi di avere quei due tra i piedi.
Sasuke
non sembrò apprezzare molto il suo gentile invito ad alzare i
tacchi, soprattutto perché questo implicava andar via con
Naruto e subire come minimo un interrogatorio su quanto l'amico aveva
visto – o immaginato – ma decise di assecondarla, temendo
che a breve potesse comparire dal nulla anche la Yamanaka versione
Fata Turchina.
«Andiamo,
Usuratonkachi.»
♦●♦
«E
così… tu e Sakura.»
Ecco,
lo sapeva che Naruto non avrebbe atteso tanto prima di riaprire il
discorso; in verità era stupito del fatto che fosse riuscito a
rimanere in silenzio fino alla fine della strada.
«Non
sono affari tuoi» tentò di tagliare corto, come al
solito.
Possibile
che in tutti quegli anni non avesse ancora capito che fosse
completamente inutile da parte sua tentare di mettere a tacere
Naruto?
«Dimmi
un po'… fin dove vi siete spinti?» continuò,
infatti, l'Uzumaki, dandogli di gomito con fare ammiccante.
Sasuke
girò il viso da un lato per nascondere l'evidente imbarazzo
per quella domanda assolutamente fuori luogo: sul serio Naruto
credeva che gli avrebbe raccontato i retroscena della sua vita
sessuale? Va bene che era quasi come un fratello – o almeno
così amava autodefinirsi – ma non era certo che sarebbe
riuscito a raccontare nulla neanche a Itachi, figurarsi a lui.
«È
fantastico, non è vero?» continuò Naruto, ormai
abituato alla proverbiale reticenza dell'amico « La prima volta
è stata un vero disastro, ero così nervoso e poi non
sapevo bene cosa dovevo fare» gli raccontò, anche se era
certo che a Sasuke importasse poco o niente.
E
invece, straordinariamente, Sasuke tese bene le orecchie, alquanto
interessato all'argomento perché anche se era un Uchiha e
quelle cose le sapeva fare per diritto di nascita, e bene,
sicuramente meglio di lui, riteneva che qualche informazione in più,
in quel caso, non guastasse affatto.
«Hinata
è stata davvero molto generosa nel concedermi un'altra
possibilità» aggiunse l'Uzumaki, grattandosi la testa
imbarazzato «Ma dalla seconda volta in poi è tutto più
semplice, sta tranquillo. Ma sicuramente lo saprai già»
Sasuke
si fermò di colpo e Naruto, che aveva continuato a camminare,
si girò verso di lui, perplesso.
«Non
lo so» confessò a bassa voce l'Uchiha, non riuscendo a
capire neanche lui perché avesse deciso di dirglielo.
«Hn!»
mugugnò Naruto « Cosa non sai?» gli chiese di
getto, collegando subito dopo a cosa si riferisse e aggiungendo un
''Non dirmi che...'' carico di sgomento con tanto di dito indice
puntato su di lui.
«Abbassa
immediatamente quel dito e fa finta che non ti abbia detto niente»
lo minacciò Sasuke, riprendendo a camminare.
«Ma
io pensavo...»
«Non
pensare, Dobe. È
meglio» replicò l'Uchiha, glaciale.
«Ma
Sakura? Sul collo di Sakura c'era un segno, io l'ho visto»
tentò di controbattere Naruto, incredulo.
Certo,
perché se tu non fossi arrivato probabilmente...
«E
tu eri in camera sua, non puoi negarlo» incalzò ancora
l'Uzumaki che proprio non riusciva a darsi pace.
«Abbiamo
dormito, tutto qui» dichiarò Sasuke, senza mostrare
troppo entusiasmo.
«Qual
è il problema?» chiese allora l'amico.
«Non
c'è nessun problema»
«Con
te c'è sempre un problema, Teme. Il più delle volte sei
proprio tu il problema, quindi non trattarmi da stupido e parla»
Sasuke
si fermò ancora e rimase un attimo in silenzio, cercando di
riordinare i pensieri perché dopo quello che era accaduto
quella mattina era ancora più confuso del solito.
«Non
so se sia giusto» affermò, infine, preparandosi
mentalmente a uno dei soliti infallibili ragionamenti di Naruto che
avrebbero smontato pezzo pezzo tutte le sue tesi.
«Questo
puoi saperlo solo tu, Sasuke»
Naruto
gli rispose così, semplicemente; nessun infallibile
ragionamento, nessun sermone no jutsu e Sasuke inarcò un
sopracciglio, impreparato a una simile evenienza.
«Non
posso dirti io cosa sia giusto o sbagliato soprattutto in questo
caso» aggiunse l'Uzumaki, alzando lo sguardo verso il cielo
azzurro «Posso solo dirti che è naturale e che non è
necessario farsi troppi problemi»
La
faceva facile lui.
«Basta
amarsi, amarsi davvero, come ci amiamo io e Hinata, per superare ogni
difficoltà» concluse poi, sorridente, e Sasuke incamerò
le sue parole, le rielaborò, rispecchiandosi in esse perché
lui amava davvero Sakura, la amava a tal punto dall'essere
terrorizzato dalla possibilità di deluderla ancora. Non
sarebbe rimasto ancora a lungo a Konoha e prendersi l'innocenza di
Sakura e poi abbandonarla non rientrava affatto nei suoi piani, si
sarebbe odiato e anche lei lo avrebbe odiato, e non voleva che questo
accadesse.
Superare
ogni difficoltà…
Tra
queste difficoltà rientrava anche il sopportare mesi, anni, di
assenza? Perché quello sarebbe stato il destino di Sakura se
lui fosse andato fino in fondo e non era giusto, non lo meritava. Lui
si sarebbe consolato al pensiero di trovarla al suo ritorno, avrebbe
sopportato la distanza per tenerla al sicuro, certo dei suoi
sentimenti , ma lei? A lei non sarebbe bastato questo, ne era certo.
Forse per un periodo avrebbe cercato con tutta se stessa di farselo
andare bene, ma ben presto sarebbero nate discussioni, lei avrebbe
preteso di seguirlo e lui non voleva che rinunciasse a tutto quello
che aveva costruito in quegli anni.
Per
quanto si sforzasse e per quanto la vicinanza di Sakura riuscisse ad
allontanare dalla sua testa questi pensieri, si ritrovava sempre allo
stesso punto, con le medesime incertezze e la consapevolezza che in
un modo o nell'altro quella storia fosse destinata a finire male.
«Ci
sono alcune difficoltà che neanche l'amore è in grado
di superare» affermò, quindi, convinto.
«Non
dovresti sottovalutarlo. Come non dovresti sottovalutare Sakura. Lei
ti ama ed è disposta a tutto per te. Ma tu, Sasuke…
cosa sei disposto a fare per lei?»
Di
certo Naruto non si era perso nei soliti discorsi prolissi, ma in
quelle poche parole era riuscito a riassumere il succo del problema:
cosa era disposto a fare per lei?
Naruto
gli stava forse consigliando di farsi da parte? Di dimostrarle il suo
amore rinunciando a lei?
Angolo
Autrice
Buonasera
cari lettori.
Il
capitolo non è molto lungo e ho penato parecchio per trovare
il titolo perché è effettivamente un capitolo di
transizione anche se all'inizio non sembra.
Non
ho resistito: il siparietto con il succhiotto era un mio headcanon e
avevo bisogno di un modo per far entrare in scena Naruto. L'aspetto
goliardico del rapporto Naruto/Sasuke l'ho sempre adorato e sono
fermamente convinta che dopo gli eventi del 699 (come si può
evincere anche dal Gaiden e successivamente nel film) il loro
rapporto sia migliorato molto, sia maturato, ma abbia comunque
mantenuto dei tratti adolescenziali.
Anche
in questo capitolo, ci sono alti e bassi, e vi lascio in sospeso
perché… perché sì.
*
lancio di ortaggi a random *
Vi
rassicuro, tuttavia, sul fatto che non dovrei metterci un'eternità
a scrivere il seguito.
Ringrazio
come sempre tutti coloro che stanno recensendo questa storia e chi la
sta leggendo. Vi sono veramente grata!
Sono stata assente per tantissimo tempo e chiedo venia per questo, ma la
vita reale mi ha allontanata da questa mia passione e, ahimè, nonostante la
voglia di scrivere fosse tanta le giornate erano sempre troppo corte. Non vi
prometto niente perché per scrivere questo capitolo ci ho messo tre, quattro
mesi, a tozzi e bocconi nei ritagli di tempo, ma spero di continuare questa
storia. Ringrazio tutti i lettori che in questi mesi ( anni? ) hanno continuato
a scrivermi in privato chiedendomi di non lasciarla sospesa: è grazie a voi se
oggi pubblico. Spero che il capitolo vi piaccia: sono un po’ arrugginita, ma
nel mio cuore il sasusaku batte ancora.
A presto (mi auguro).
# 22 GoodThings
Take Time
Adesso aveva un problema… un grosso problema.
Era da solo e impaurito. Nessuna Sakura, nessun Naruto che potessero aiutarlo. C’era solo quel tipo strano,
‘’il sostituto’’, all’angolo della strada che lo guardava con quell’aria
curiosa, un po’ sospetta, sicuramente fastidiosa altresì inopportuna e avrebbe
tanto voluto andargli a chiedere cosa avesse da guardare e incenerirlo per
sport.Ma Sai era amico di Sakura,
nonché di Naruto e loro non avrebbero approvato, in
più, in quanto a stranezze, lui non poteva dire di essere proprio Mr. Sano di mente. Quindi decise di
sfoderare uno dei suoi sorrisi sghembi con la speranza che questo potesse
bastare a quel… a quel coso per convincerlo a distogliere lo sguardo e volgerlo
altrove. Al contrario il viso dell’essere si era deformato in un inquietante
quanto forzata smorfia che ricordava vagamente una maschera anbu,
non una maschera bella, piuttosto una di quelle artigianali che si facevano da
bambini con i pennarelli, e le sue gambe
avevano preso a muoversi nella sua direzione. Sempre più atterrito Sasuke aveva iniziato a valutare l’ipotesi di
utilizzareIl rinnegan
per teletrasportarsi dall’altra parte del mondo,
anche in braccio a Orochimaru.
“Ciao, Sasuke.”
Troppo tardi…
“Ciao…” – come diavolo
si chiamava?
Corrugò la fronte, indispettito. Non riusciva proprio a
ricordarsi il nome di quello strano individuo. Gli venivano in mente epiteti
come ‘’strano individuo’’ per l’appunto o
‘’sostituto’’ o “brutto impiccione che non sei altro adesso ti fulmino con un chidori”, ma il nome no, proprio no.
Lasciò quindi quel “ciao” in sospeso.
“Devi comprare uno yukata per il tanabata?”
Il sangue nelle vene di Sasuke si
gelò all’istante: da quanto tempo quel tizio di cui continuava a non ricordare
il nome lo stava seguendo? Era ancora sotto osservazione? Perché Kakashi gli aveva messo alle costole anche lui? Il baka non
era abbastanza?
“Sei qui davanti da quasi mezzora, rischierai di non trovarne
neanche uno se non ti affretti” continuò Sai, invitandolo con una mano ad
entrare nel negozio.
Era già mezzora che era lì davanti? Forse il tizio non lo
aveva seguito, forse aveva trovato strano vederlo impalato come una mummia
davanti a un negozio a fare pari o dispari se entrare o meno. Quel briciolo di
coscienza che aveva riacquistato ultimamente lo aveva indotto a pensare a svariate
ipotesi, una tra tutte che non fosse il benvenuto a Konoha
dopo tutto quello che aveva combinato. Benchè la
maggior parte della storia fosse stata modificata per evitare che la
popolazione di Konoha potesse avere timore di lui,
svariati pettegolezzi si erano diffusi ugualmente, soprattutto dopo l’esilio
dei due consiglieri. Lo vedeva negli occhi delle persone che non era ben
accetto: alcuni lo guardavano quasi con compassione, altri con disprezzo, altri
ancora volgevano lo sguardo altrove quando lo incontravano. Poi c’era anche un
altro motivo, più doloroso, più intimo.
“Andiamo?” l’invitò Sai, distogliendolo dai suoi funesti
pensieri.
E preso sovrappensiero straordinariamente accettò il suo
invito, seguendolo all’interno del negozio.
La campanella posta sopra la porta suonò e da dietro il bancone una simpatica
vecchietta si affrettò ad andargli incontro.
“Buongiorno Signora” si affrettò a salutarla Sai, deformando
di nuovo il viso in quello strana smorfia che
vagamente ricordava un sorriso.
“Buongiorno” rispose la vecchietta, spostando subito lo
sguardo sull’altro acquirente, quello muto, quello che ancora era perso nei
suoi pensieri e che non aveva ancora realmente realizzato che dopo mezzora era
riuscito a entrare in quel negozio e… grazie a Sai oltretutto!
“Al tuo amico non hanno insegnato l’educazione?” continuò la
signora, inarcando il sottile sopracciglio grigio.
A quel punto Sai si permise di fare una cosa per la quale in
altre circostanze avrebbe rischiato seriamente la vita: diede una gomitata a Sasuke, il quale finalmente ritornò sul pianeta terra.
“B-buongiorno” balbettò, incerto se staccare il braccio che
lo aveva toccato senza permesso dal corpo di Sai o fingere di essere una
persona sana di mente.
“Uchiha, ne?” incalzò la signora,
incrociando le braccia e iniziando a scrutarlo con fare curioso.
Da cosa l’aveva capito?
Ce l’aveva scritto in faccia “sono l’ultimo sopravvissuto del clan Uchiha” ?
Sasuke annuì, quasi timoroso.
“Sta cercando uno yukata per il Tanabata.” Intervenne Sai, notando la situazione di stallo.
“Mh” mugulò
la vecchietta, portando una mano a sorreggere il mento e assottigliando gli
occhi.
“Uno yukata eh” continuò iniziando
a girare intorno a Sasuke che cominciava a sentirsi
un po’ nervoso… un po’ più del solito insomma.
“Immagino che tu lo voglia blu scuro”
“Si” affermò Sasuke con decisione.
“Bene… “ concluse la
vecchietta, sparendo nel retrobottega.
Sasuke lanciò uno sguardo interrogativo in
direzione di Sai che per tutta risposta continuò tranquillamente a sorridere
senza proferire parola.
Dopo un quarto d’ora buono, corredato da strani rumori che
provenivano dal retrobottega e dall’aberrante silenzio tra lui e Sai, l’anziana
signora fece ritorno con uno yukata blu scuro e gli
fece cenno con la mano di seguirlo oltre la tenda posta all’angolo destro del
negozio.
“Provalo” gli ordinò, richiudendo la tenda alle sue spalle.
Sasuke un po’ seccato all’idea di doversi
spogliare in quel posto, iniziò a maledirsi per aver accettato di andare a
quello stramaledettissimo Tanabata. Tuttavia lo fece.
Straordinariamente quello yukata
gli calzava a pennello, notò, allargando le braccia davanti allo specchio e
osservando con disappuntola stoffa del
braccio sinistro ricadere floscia all’altezza del gomito.
“Esci da lì, facci vedere’’ lo esortò la vecchietta.
Emettendo un gran sospiro, Sasuke
scostò la tenda e uscì dal camerino, alla mercè degli
occhi della signora anziana e dello strano individuo.
“E’ perfetto” sentenziò la signora “ Non è vero?” aggiunse
rivolgendosi a Sai.
Sai come pietrificato non aveva emesso alcun suono, non una
smorfia strana, aveva preso solo a guardarlo con un interesse che a Sasuke sembrò alquanto bislacco se non preoccupante che
ricordava molto quello di Orochimaru quando non
vedeva l’ora di entrare nel suo corpo.
Fu un sollievo quando i muscoli della faccia di Sai presero a
muoversi nuovamente deformando il suo volto nel solito sorriso innaturale che
coinvolgeva non solo le labbra ma anche le sopracciglia, gli occhi e le
orecchie.
“ Si, gli sta benissimo” affermò. E Sasuke
si sentì quasi un fenomeno da baraccone, un esperimento antropologico… un
cretino in sintesi.
“Manca lo stemma” osservò Sasuke,
come se fosse stato scontato che la vecchietta avesse lo stemma di un clan
annientato un decennio prima.
La vecchietta ritornò nel retrobottega e ripresero gli strani
rumori che si protrassero per una decina di minuti fino a che con uno stemma
degli uchiha nella mano destra e un ventaglio nella
sinistra non uscì nuovamente allo scoperto.
“Pensavo di non averli più… “ sospirò la vecchietta “ e
invece… ”
Posò il ventaglio sul bancone e prese da un cassetto ago e
filo per poi dirigersi verso Sasuke.
“Adesso resta immobile” gli intimò e Sasuke
obbedì mentre lei con sapienti e amorevoli gesti appuntava lo stemma sullo yukata.
Non più tardi di una mezzora lo yukata
era pronto e spiccava sulla schiena di Sasuke il
pesante stemma dell’ultimo Uchiha.
“Sei stato fortunato ragazzo” gli disse la signora “Ho
servito il tuo clan per anni. Solo per questo ho ancora il vostro stemma”
Ma Sasuke questo già lo sapeva. Non
era stato un caso che avesse scelto quel negozio. Ed era rimasto lì davanti
atterrito per tutto quel tempo ricordando quella volta che aveva accompagnato
sua mamma Mikoto a ritirare gli yukata
per il Tanabata.Gli occhi sorridenti di sua madre nel vedere lo splendido lavoro che
aveva fatto la Signora, le sue mani che accarezzavano i tessuti per saggiarne
la morbidezza, l’euforia nel riportarli a casa e farli vedere a suo padre Fugaku. Tutti questi ricordi lo spaccavano in due, facevano
ancora troppo male nonostante fosse passato tutto quel tempo.
Sasuke percepì il peso di quello stemma
sulla sua schiena, gli parve come se lo yukata si
fosse appesantito di svariati chili e sentì la necessità di toglierselo. E così
fece.
“Devi portarlo con onore” gli disse la vecchietta, piegando
amorevolmente lo yukata per confezionarlo “Non
importa quello che si dice in giro, ragazzo. Tutti noi abbiamo fatto degli
errori, ma possiamo rimediare, ne?” concluse con un gran sorriso.
Sasuke la ascoltò attentamente e si
meravigliò della sagacia della vecchietta che aveva colto pienamente nel segno.
Quel sorriso che aveva accentuato le tante rughe che solcavano il suo volto era
stato terapeutico, in qualche modo lo aveva rassicurato, tranquillizzato.
“Il ventaglio non penso che ti serva…” riprese la signora
iniziando a confezionare lo yukata in un foglio di
carta sottile, quasi trasparente “E’ un accessorio da donna” spiegò, mettendolo
da una parte.
“Potresti darlo a Sakura-chan!”
Eppur si muoveva!
Stupido impiccione!
Dopo circa un’ora di silenzio, gradito tra l’altro, il tizio
aprì bocca per dire un’emerita cavolata.
“Sakura-chan?” chiese la nonnina
alzando di nuovo il sopracciglio canuto.
“E’ la sua ragazza” rispose Sai “la mia compagna di Team”
La MIA compagna di team
casomai…
“Una futura Uchiha quindi” sentenziò
la signora quasi divertita da quel gossip inatteso.
“Sai, taci.”
Si era ricordato il suo nome. Nel momento del bisogno si
sviluppano grandi capacità, tipo ricordarsi il nome di uno di cui normalmente
si ignora persino l’esistenza.
“Conoscendo Sakura ne sarebbe felicissima”
“Io sarei felice di prendere il mio yukata
e andare a casa” chiosò Sasuke ripristinando quella
piacevole aura di gelo intorno a sé in cui sguazzava allegramente come un
pinguino nel mar glaciale artico.
“Ho quasi fatto, ragazzo” lo rassicurò la vecchietta
“Potresti prendermi lo spago per favore? E’ lassù in alto, sulla mensola.E’ troppo in alto per me”
Sasuke annuì, si portò dietro la signora,
dirigendosi verso la grande mensola sopra la porta che dava accesso al
retrobottega.
Con facilità raggiunse lo spago e una volta giratosi si accorse
con gioia che finalmente il suo yukata era stato
impacchettato, il che significava che quel tormento stava volgendo al termine.
La donna infiocchettò il pacchetto con lo spago e poi lo
porse a Sasuke che tirando un sospiro di sollievo
pagò quanto dovuto e fece capire apertamente a Sai che la sua ora di tolleranza
era ampiamente finita e che potevano andare ognuno per la sua strada.
“Grazie per la sua gentilezza”
Sasuke abbassò il capo in segno di rispetto
per la vecchia signora e questa fece lo stesso aggiungendo: “E’ stato un
piacere poter servire ancora una volta un Uchiha” e Sasuke non potè fare altro che
provare un pizzico di emozione mentre il campanello della porta suonava
nuovamente.
“Adesso dove vai di bello? “ chiese Sai.
Lontano da te , avrebbe voluto rispondergli, ma in
fondo fu costretto ad ammettere che gli era stato utile e che in fondo – molto
in fondo – quel Sai non era male – un po’ strano, ma non male.
“Vado a casa”
E Sai capì che il suo lavoro lì era ormai terminato e lo
lasciò andare dicendogli “Mi ha fatto piacere passare un po’ di tempo con te, Sasuke’’
“Ci vediamo…” lo
salutò l’Uchiha alzando il pacchetto in aria a mò di saluto barra trionfo perché effettivamente quello yukata era stato un’impresa.
-O-
Dall’altra parte di Konoha, nel
medesimo momento, Sakura, sull’orlo di una crisi di nervi, era intenta a scegliere
il suo yukata.
“Troppo rosa, troppo verde, troppo rosa e verde, troppo cupo,
troppo allegro… questo?”
Parlava da sola ovviamente… lo faceva spesso.
La camera da letto non aveva nulla da invidiare al campo di
battaglia della Grande Guerra. Oltre ai cinque yukata
che a turno aveva provato senza trovarne uno di suo gusto, svariati fermagli,
geta, obi uscivano da ogni anfratto.
Era disperata. Mancavano solo due ore e lei non aveva ancora
scelto cosa indossare.
Non voleva fare tardi: Sasuke non
lo avrebbe apprezzato.
Il campanello suonò improvvisamente e insistentemente e
Sakura trasalì perché c’erano solo due persone di sua conoscenza che suonavano
il campanello in quel modo barbaro: il primo aveva interrotto la sua quasi prima
volta quella stessa mattina e per ripresentarsi al suo cospetto doveva avere un
motivo davvero serio o lo avrebbe ucciso. Il secondo, anzi ‘’la seconda’’, se
possibile l’allarmava più del primo.
“Arrivo” sbraitò alterata, correndo verso la porta.
Quando la aprì il secondo, anzi ‘’seconda’’ la accolse
cinguettando: “Fronte spaziosa, era ora! E’ un’ora che aspetto qui fuori’’
Ino Yamanaka non aveva mai avuto una
gran percezione del tempo: per lei un minuto equivaleva a un’ora e un’ora a un
secondo.
“S-scusami, mi stavo vestendo”
Perché si stava
scusando? Era lei che era piombata a casa sua senza invito e si era attaccata
al campanello della porta come un postino insistente.
“Quindi hai intenzione di andare al Tanabata
con quella t-shirt?” osservò divertita la Yamanaka
alzando il sopracciglio destro.
Sakura guardò verso il basso e prese a stropicciare l’orlo
della t-shirt imbarazzata.
“Dai, ti aiuto io. Ero certa che fossi in crisi, per questo
sono qui” le disse, facendole l’occhiolino.
Sakura le fece cenno di entrare in casa, sorridendole con
riconoscenza: in fondo era felice che fosse lì.
Le fece strada fino alla campo di battag…
ehm… la camera da letto e Ino non potè non
strabuzzare gli occhi nel vedere il caos apocalittico in cui verteva quella
stanza.
“Oook” esclamò Ino, mettendosi le
mani sui fianchi un po’ scoraggiata: era sicura che l’amica fosse in
difficoltà, ma non fino a quel punto.
“Ti prego Ino aiutami!” la supplicò Sakura mettendo da parte
tutto il suo orgoglio per un bene superiore il cui nome iniziava per S e finiva
per E.
La Yamanaka si portò la mano a
sorreggere il mento, pensierosa…
“Questa è tutta la roba che hai?” le chiese, quindi.
“ Alcune cose non sapevo neanche di averle” ammise Sakura che
non aveva avuto una gran vita sociale negli ultimi cinque, dieci… diciamo da
sempre e soprattutto non aveva mai avuto
un fidanzato e come se non bastasse il suo fidanzato ( le faceva ancora un
certo effetto pensare che lo fosse sul serio e faticava ancora a dirlo
apertamente) era SasukeUchiha.
“Tono su tono non se ne parla, sembreresti un confetto”
E Sakura si affrettò a far sparire dalla sua vista lo yukata rosa.
“Anche quello” aggiunse, indicando quello total
green “ sembreresti uno stelo con una corolla di fiori rosa “
Spietata. Ma non aveva altra scelta.
“Quello celestino lì non sembra male, ma è un colore troppo
allegro messo vicino a Mr Tristezza”
Lui non è triste… è … è…
profondo.
Ma badò bene dal dirlo ad alta voce perché il tempo stringeva
e sentire una filippica sui prosciutti che aveva sugli occhi avrebbe rallentato
molto il lavoro.
Meno tre. Il cerchio iniziava a stringersi.
“Verde e rosa? Ma per carità! Chi è quel pazzo che ti ha
venduto uno yukata verde e rosa?”
L’ho comprato io, Shannaro!
“Quello bianco teniamolo per un’altra occasione, non credi?”
ironizzò Ino, facendola arrossire.
Eccolo.
L’ultimo.
Questa volta Ino preferì farsi strada tra gli oggetti sparsi
per terra per osservare da vicino l’ultima speranza.
“Provalo!”
La sua non fu una
richiesta, ma un ordine preciso, appena sussurrato, inquietante.
Sakura si sfilò la t-shirt e ubbidì.
Appena lo ebbe indosso, Ino iniziò a squadrarla da testa a
piedi.
“Q-questo non mi ha mai convinto, Ino” le confessò Sakura,
con il naso arricciato in una smorfia di disapprovazione.
“Sta zitta” le intimò. Fulminandola con gli occhi viola.
“O-ok” balbettò Sakura muovendo le mani davanti a sé come per
difendersi.
“Hai un obi rosa?” le chiese poi
“Ah, che domanda, certo che lo hai, è il trionfo del rosa qui dentro!” aggiunse
con palese disgusto.
“Eccolo!” esclamò vittoriosa, vedendolo spuntare da sotto il
letto.
Sakura cinse il suo yukata con l’obi rosa, che poi per essere precisi non era proprio rosa rosa, bensì rosa corallo, ma si guardò bene dal
sottolinearlo e fu costretta ad ammettere che fosse perfetto su quello yukata che lei non aveva mai amato molto perché, a suoi
dire, non aveva personalità.
I piccoli fiorellini rosa sullo sfondo blu si intonavano ai
suoi capelli, mentre l’obi creava uno stacco di
colore che, dopotutto, non era per niente male, notò congratulandosi con se
stessa per aver aperto la porta a Ino.
“Sei bellissima fronte spaziosa!!!” esclamò la Yamanaka “ Adesso mancano i capelli. Per tutti i Kami, sei veramente impegnativa come amica. Se poi penso
che stai facendo tutto questo per Mr. Vendetta, oh per carità, non mi ci far
neanche pensare. Solo tu potevi innamorarti…”
“Grazie Ino” le disse, sinceramente, fermando il suo monologo,
e l’abbracciò stretta perché nonostante tutti i suoi innumerevoli difetti le
era stata sempre vicina.
“Ti sembra il momento per gli abbracci?” le chiese Ino con
gli occhi lucidi di commozione “Forza! Mancano ancora i capelli e per quelli
davvero ci vorrà un miracolo”
-O-
Sasuke sostava con le spalle appoggiate al
muro, un po’ impacciato a dire il vero perché la mancanza dell’arto sinistro in
alcuni casi si faceva sentire: tipo quando necessitava di incrociare le braccia
per assumere la sua tipica posa severa e austera che gli era sempre stata così congeniale.
La manica sinistra dello yukata
svolazzava leggera, rendendolo se possibile ancora più nervoso. Inoltre Sakura,
Naruto e Hinata erano in
ritardo e lui era fermo lì, impalato, ad aspettarli evitando di incrociare gli
sguardi delle persone che lo osservavano incuriosite. Il desiderio di
tornarsene a casa iniziava a essere più forte dell’idea di deludere Sakura. Lei
lo avrebbe compreso, come sempre, ne era certo.
Fece un passo in avanti, staccandosi dal muro, e proprio in
quel momento udì una voce ben nota in un punto non ben definito in mezzo alla
folla.
“Sasuke-kun!”
Sasuke alzò lo sguardo e iniziò a cercare
la sua testolina rosa tra la folla. Appariva e scompariva in quel fiume di
gente, mischiandosi con i colori dei festoni, dei ventagli e degli yukata.
Ma dove sei? Ringhiò dentro di sé, con una gran
voglia di eliminare tutti quegli inutili ostacoli per lasciarle la strada
libera.
“Sasuke-kun! Sono qui!” la udì ancora,
riuscendo solo a scorgere la sua mano che cercava di svettare sulla testa di
tutte quelle persone.
Iniziò a sentire dentro di sé una strana eccitazione vedendo
di sfuggita i capelli rosa di Sakura fare capolino prima alle spalle di un uomo
anziano con la nipotina e poi dietro una donna con lo yukata
rosso, e poi ancora dietro dei bambini. Poi scorse i suoi occhi verdi, allarmati,
che cercavano di trovare un varco per arrivare a lui. Infine la vide nel suo yukata blu con i fiori rosa, i capelli tirati, e lo sguardo
felice e non potè far a meno di deglutire con forza
per ingoiare tutta quella trepidazione che aveva percepito e far spazio a una
nuova sensazione, più intensa, più piacevole, che era data dall’avere Sakura
davanti a sé, a pochi centimetri, ansimante e sorridente.
Bella.
Considerazione che ovviamente tenne per sé.
“Perdonami, Sasuke-kun, sono in
ritardo” si scusò Sakura, piegandosi in avanti per cercare di recuperare il
fiato.
“Non importa”
“Naruto e Hinata
ci aspettano al tempio” lo informò “Ho incontrato Naruto
poco fa che correva a casa di Hinata e mi ha detto
che ci saremmo visti direttamente lì”
Sasuke annuì. Poco gli importava di dove si
sarebbero visti, l’importante era che fosse arrivata lei.
Mise la mano destra nello yukata,
all’altezza del petto e tirò fuori il ventaglio che l’anziana signora del
negozio aveva messo di nascosto nella confezione. Dopo aver tirato giù tutti i Kami possibili maledicendo la donna per quel regalo non
richiesto, fino all’ultimo era stato indeciso se portarlo con sé o meno: non
poteva di certo pretendere che Sakura sfoggiasse a cuor leggero il simbolo
degli Uchiha in un Villaggio che non li aveva mai
veramente accettati. Poi qualcosa lo aveva spinto a prenderlo, una specie di
consapevolezza dell’incapacità di Sakura di deluderlo in alcun modo e la
certezza che sarebbe stata all’altezza anche in quella situazione.
“Non devi sentirti obbligata” le disse, porgendoglielo, senza
alcun particolare entusiasmo.
Sakura, immobile, davanti a lui, percepì sbigottita il
momento preciso in cui le sue gambe erano diventate così molli da non
sorreggerla e il suo cuore aveva preso a rimbombare all’impazzata nelle sue
orecchie, la vista si era offuscata e le
mani avevano cominciato a tremare. Un loop di
emozioni, ricordi e illusioni adolescenziali le aveva annebbiato la testa:
quante volte aveva sognato quel momento? Quante volte aveva immaginato di
vestire il simbolo degli Uchiha?
“Sakura?”
La voce di Sasuke la ridestò da quel
blackout emozionale. Il ventaglio era ancora lì, non lo aveva sognato, era così
concreto e vero da essere spaventoso.
Timidamente allungò la mano tremante verso quella di Sasuke e dopo aver afferrato il ventaglio lo portò in
fretta al petto, stringendolo come un tesoro inestimabile.
“N-ne s-sono onorata” balbettò con gli occhi liquidi di
felicità.
Sasuke si fermò un attimo a guardarla: così
delicata e amorevole, ma allo stesso tempo così forte. Per chiunque sarebbe
stato un problema portare quello stemma scomodo, ma non per lei, non per Sakura
che lo aveva stretto a sé come un regalo prezioso. E Sasuke
ebbe come l’impressione che il peso dello stemma che portava sulla sua schiena
fosse diventato più lieve.
Le sorrise. Non un sorriso vero - quelli Sasuke
non li sapeva ancora fare – il suo solito sorriso sghembo, ma con una nota di
compiacimento che prima di quel momento non si era mai vista.
“Andiamo?” la invitò e Sakura annuì velocemente con la testa.
Presero a camminare in direzione del tempio, fianco a fianco,
e a Sasuke sembrò quasi più semplice ignorare gli
sguardi curiosi della gente che non sapeva dove mettere gli occhi, se su di
lui, l’ultimo sopravvissuto degli Uchiha o su di lei,
che era con lui e portava il suo simbolo ancora stretto tra le braccia.
“Ah” sospirò Sasuke dopo un po’
“Guarda che non vola via” le fece notare non con lo scopo di deriderla bensì di
farla tornare con i piedi per terra perché aveva l’aria di essere su un altro
pianeta.
“Lo so, ma non voglio perderlo” gli rispose, stringendolo un
po’ di più.
“Se dovessi perderlo ne faremo fare un altro” la rassicurò,
compiaciuto.
“In effetti se continuo a tenerlo così non lo vede nessuno” riflettè Sakura ad alta voce e Sasuke
smise di camminare.
In quel breve frangente per la testa di Sasuke
passò la terribile ipotesi che lei lo avesse preso solo per farlo contento, ma
che avesse il timore di mostrarlo.
“Così penso che vada meglio” concluse Sakura, liberando il
ventaglio dalla ferrea presa delle sue braccia e portandolo davanti alla bocca come
da usanza.
Inutile dire che Sasuke tirò prima
un profondo e silenzioso sospiro di sollievo e poi si diede dello stupido – di
tanto in tanto un po’ di autocritica non guastava neanche per lui.
“Sasuke, Sakura!”
“Ecco Naruto e Hinata.”
disse lei, correndo verso di loro.
Sasuke rimase lì fermo ancora un po’ e la
guardò andare incontro ai loro amici ignara degli sguardi delle persone
incuriosite da quel ventaglio che lei portava con tanta fierezza e non potè fare altro che sentirsi immensamente fortunato.
-O-
“ Le hai già parlato, Teme? ” farfugliò Naruto,
masticando un dango.
“Ancora no”
Ormai la festa del Tanabata stava
volgendo al termine, i zen-washi erano tutti accesi e le persone cominciavano a
tornare a casa o a confluire negli izakaya per
mangiare.
“Quando hai intenzione di dirglielo?” incalzò Naruto prima di addentare l’ultimo gnocco di riso con
soddisfazione.
“Sembra così felice” osservò Sasuke
portando lo sguardo su Sakura che rideva e scherzava allegra con le sue amiche.
“Sei ancora in tempo per ripensarci” gli fece notare Naruto “Se non hai ancora deciso di dirglielo forse è perché
non vuoi farlo”
“Devo farlo, baka. Anche per lei. Ma non so se riuscirà a
comprenderlo”
“Sakura-chan capirà. Lei capisce
sempre tutto.” lo rassicurò Naruto, confidando nelle
capacità della sua amica.
Lo spero tanto.
“Sasuke-kun!” lo chiamò Sakura,
correndo verso di lui “ Guarda lì! “ gli disse indicando un filo rosa
intrecciato con un biglietto appeso sulla trave in legno del tempio “ Quello è
il nostro “
Senza troppi complimenti gli prese la mano facendolo
arrossire per un attimo e lo portò dinanzi al tanzaku
che aveva appeso.
Sasuke si piegò in avanti per vedere cosa
ci fosse scritto e percepì una chiara stretta al cuore nel leggere la preghiera
di Sakura.
Sotto lo stesso cielo
per sempre.
Ancora mano nella mano, Sasuke
strinse quella di lei con più forza e alla fine si decise.
“Sakura, devo parlarti”
“O-ok” balbettò lei, confusa. Sasuke
era diventato scuro in volto. Forse non aveva apprezzato la preghiera? Aveva
fatto qualcosa di sbagliato?
Camminarono in silenzio, ancora mano nella mano, fino a che i
rumori della festa furono lontani e indistinguibili. Si ritrovarono nel loro
vecchio campo di allenamento.
“Sasuke-kun, va tutto bene?”
Sakura si decise a parlare dopo quel lungo tragitto durante
il quale in silenzio non aveva fatto altro che lambiccarsi il cervello su che
cosa potesse essere accaduto e su cosa dovesse dirle Sasuke.
“Vorrei che tu ascoltassi senza interrompermi per favore” le
rispose Sasuke, rompendo il sigillo delle loro mani.
Sakura annuì timorosa, guardando le sue spalle che si
allontanavano da lei e non le fu difficile trovare un analogia con quanto
accaduto molti anni prima: il tono era quello, le spalle però non erano più
quelle di un ragazzo, ma di un uomo, un uomo temprato da mille battaglie e
altrettante sofferenze. Ma come in quell’occasione, quell’uomo aveva tutta
l’aria di uno che stava scappando e un brivido le percorse la pelle.
“Ho deciso di partire”
La terra iniziò a tremare sotto i piedi di Sakura, l’orlo del
baratro era tremendamente vicino, un solo passo e la caduta sarebbe stata
inevitabile.
“E’ da tempo che ci penso” continuò Sasuke,
tenendo lo sguardo fisso sull’erba bagnata.
“Aspetta” lo fermò Sakura, stringendo i pugni.
No, non accadrà di
nuovo.
“Questa volta devi guardarmi. Non accetto che tu mi dia le
spalle” gli disse, con un nodo in gola.
Sasuke si voltò verso di lei, ritenendo la
sua richiesta più che legittima. La guardò e si stupì nel notare che non
c’erano tracce di lacrime sul suo viso, anzi il suo sguardo era fermo e fiero,
i pugni chiusi, le spalle dritte. Sakura non era più quella di un tempo, era
una donna ormai, una donna consapevole del suo valore e sicura di sé. Provò
quasi un moto di invidia nei suoi confronti: lui non era più sicuro di niente,
soprattutto di se stesso. Ne aveva combinate troppe, era passato dalla luce
alle tenebre e dalle tenebre alla luce così tante volte che non sapeva più a
quali delle due apparteneva realmente. Era confuso su tutto, tranne su una cosa
che era chiara e cristallina come i due occhi verdi che lo stavano guardando
con tanta rabbia ma piena d’amore: Sakura non era in discussione. Sakura era
diventata il centro della sua vita, in lei c’era tutto quello per cui aveva
combattuto da sempre: l’amore, la famiglia, la casa. Ma non era giusto… non era
giusto che lei si accontentasse di un uomo che non sapeva più chi era. E glielo
disse:
“Non so più chi sono”
Sakura sbarrò gli occhi spiazzata dalla sua confessione. In
quel periodo a KonohaSasuke
aveva cercato di riprendere una vita normale, ma in cuor suo aveva sempre
sospettato che qualcosa dentro di lui fosse ancora rotto e che tutto il suo
amore non sarebbe bastato per aggiustarlo.
“Sei SasukeUchiha.
Sei un eroe. Hai salvato il Villaggio” gli rispose, con un tono dolce,
accondiscendente.
“Lo sono Sakura? Ne sei convinta?” ribattè
lui, cercando di mantenere la calma “Lo sono perché mi avete coperto, avete
raccontato una bella storia a cui tutti hanno creduto”
“Lo abbiamo fatto per te!” gli fece notare, conficcando le
unghie nei palmi delle mani, come se quel dolore avesse potuto in qualche modo distoglierla
da quello che stava provando nel cuore.
“Voi mi avete perdonato. Ma io non ho perdonato me stesso.”
Lo aveva ammesso: il problema era lui, era sempre stato lui,
solo e soltanto lui. Lui che aveva sempre assecondato i suoi desideri, lui con
le sue scelte istintive, lui con la sua incapacità di fidarsi degli altri.
Aveva passato una vita a rincorrere gli obbiettivi sbagliati e solo ora
iniziava a rendersene conto. Non meritava il perdono di Naruto,
l’amore di Sakura, non ancora per lo meno. Voleva fare qualcosa che realmente
lo riabilitasse, lo facesse sentire bene, lo rendesse un uomo nuovo, migliore
di quello che era stato. Era stato così cieco in tutti quegli anni e adesso
sentiva l’esigenza di guardare di nuovo il mondo al di fuori di Konoha con altri occhi, era certo che gli fossero sfuggite
tante cose. Inoltre c’era una parte di lui convintadi non poter essere utile lì al Villaggio,
che là fuori ci fosse ancora qualcosa che potesse mettere in pericolo le
persone a cui voleva bene e tra queste c’era anche quella strana ragazza e la
sua incommensurabile dedizione nei suoi confronti.
“Hai bisogno di redimerti? Fallo qui con noi, non rimanere di
nuovo solo.” lo esortò Sakura, con tono quasi implorante: l’idea che lui
potesse sentirsi di nuovo solo, se possibile, l’addolorava più dell’idea che
volesse andare via.
“Non posso”
Sasuke abbassò lo sguardo per sfuggire a
quello di lei, così puro, amorevole, anche in quel momento in cui in pratica le
stava dicendo che le sue sofferenze non erano ancora finite e che sarebbe stato
necessario altro tempo, e non sapeva bene quanto, prima che lei potesse
ottenere quello che desiderava.
“Temevo che lo avresti detto”
Sakura si morse il labbro inferiore per bloccare quella
lacrima che prepotentemente stava cercando di scendere dall’angolo degli occhi.
Non aveva intenzione di piangere, non questa volta.
“Shannaro!“ esclamò con
rassegnazione “Non ho modo di fermarti neanche questa volta, vero?”
Sasuke le si avvicinò lentamente e, una
volta davanti a lei, usò il suo unico braccio per fare la cosa più sensata: l’abbracciò
forte a sé, sentendosi infinitamente grato nei suoi confronti per tutta quella
immeritata comprensione.
Capitolo 24 *** # 23 Coming out of my cage. And I've been doing just fine ***
Bentrovati, carissimi lettori.
Io mi vergogno tantissimo a comparire e scomparire in questo modo, ma come ho spiegato altre volte (tante ormai) il mio tempo a disposizione per questa mia passione è veramente pochissimo quindi impiego un’eternità a finire i capitoli e non potete capire quanto fremo soprattutto da quando è uscito il manga di Sasuke e la serie (che non era molto fedele al manga, ma vabbè, accontentiamoci). Dopotutto noi Sasusaku siamo abituate a soffrire e quindi anche una minima soddisfazione per noi è un enorme risultato (Come per Sakura d’altronde). Sorvolando su anelli e scene romantiche che hanno sbloccato i miei condotti lacrimali, ho cercato di finire questo capitolo che stava lì da tempo immemore perché sì, perché era ora. Spero che vi piaccia. Non posso darvi date, né speranze, sul prossimo capitolo, ma posso dirvi che l’intenzione di portare a termine questa storia c’è, quindi vi chiedo umilmente un po’ di pazienza. Ringrazio tutti coloro che continuano a seguirla (avete la stessa perseveranza di Sakura) e chi ha iniziato a leggerla ora (apprezzo la temerarietà). Spero di non deludervi.
# 23 Coming out of my cage. And I've been doing just fine
“Perché non vai con lui?” masticò Ino Yamanaka insieme al suo dango.
Perché non me l’ha chiesto, mi sembra ovvio… ricordi? Io non ho niente a che fare con i suoi peccati – pensò Sakura, aggrottando la fronte.
“Ci sono troppe cose da fare qui, i bambini, la clinica” preferì risponderle, ancorandosi con tutta se stessa alla speranza che la Yamanaka ci credesse “ a proposito, penso che sia il caso che vada a parlare con l’Hokage, spero che il consiglio prenda una decisione a breve” continuò, dirigendosi tatticamente verso la porta per mettere in atto una fuga strategica.
“Non te l’ha chiesto, vero?”
E la maniglia della porta cadde, divelta dalla mano di Sakura che, rigida come una scopa, realizzò che no, la Yamanaka non le aveva creduto e in vero anche lei pensava che se Sasuke le avesse chiesto di andare con lui questa volta in fondo non ci sarebbe stato nulla di sbagliato. Aveva la clinica, aveva i bambini, stava lottando per quei fondi da… non ricordava neanche più da quanto tempo, ma se si fosse allontanata per un po’ cosa sarebbe accaduto di così grave? Quanto tempo ancora avrebbe dovuto aspettare prima di poter vivere un po’ la sua “non storia” con Sasuke e con un po’ di fortuna trasformarla in una storia vera, o simil vera – nel corso del tempo le sue aspettative si erano alquanto ridimensionate.
Ogni volta che la loro suddetta “non storia” cominciava a fare qualche passo verso una qualsivoglia normalità lui se ne andava lasciandola in sospeso, attaccata a un sottilissimo filo legato solo ed esclusivamente alla forza dei sentimenti di Sakura.
Per quanto tempo sarebbe mancato questa volta? Due, tre, cinque anni, o forse di più? Al sol pensiero le veniva la nausea. Erano davvero così forti i suoi sentimenti da consentirle di aspettare ancora, e ancora, e ancora?
Per quanto riguardava lui, nonostante fosse un bellissimo ragazzo, la sua scarsissima inclinazione alla socievolezza era da deterrente a chiunque decidesse di avvicinarlo, ma lei… lei sarebbe stata così forte da non cadere in tentazione con un Morio qualsiasi? Quando la nostalgia sarebbe stata troppo forte e il desiderio di vederlo, di sentire l’odore della sua pelle, sarebbero stati incontrollabili, cosa avrebbe fatto?
“No, non me lo ha chiesto” sussurrò mestamente Sakura, lasciando la stanza.
-o-
“Polizia Militare di Konoha”
Naruto Uzumaki aveva spalancato così tanto gli occhi che le orbite avevano rischiato di uscirgli fuori e penzolare sulla sua faccia come due campanelli.
L’Hokage aveva incrociato le mani davanti al viso e aveva sorriso sornione. Da quando il Clan Uchiha era stato sterminato, il corpo di polizia era stato smantellato e il compito di proteggere Konoha, sia internamente e che esternamente, era stato affidato ai jonin e agli anbu. Effettivamente non ci sarebbe stato alcun bisogno di ripristinare il Corpo di Polizia militare, ma secondo Kakashi era giunto il momento di dare un ruolo a Sasuke in modo che si sentisse di nuovo parte del Villaggio e non potendogli conferire né il ruolo di jonin, né quello di anbu, l’unica cosa che gli era venuta in mente – o meglio, per dovere di cronaca, l’idea era stata di Naruto – era stata quella di dare a Sasuke il posto che un tempo era stato di suo padre.
“Che cosa vuol dire, Kakashi?” Aveva chiesto l’Uchiha, facendo un tuffo nel passato. Era tornato precisamente a una mattina di primavera, a un bambino sulle spalle del fratello che proclamava a gran voce di voler seguire le orme di suo padre.
“Per prima cosa sarebbe opportuno che tu ti rivolgessi a me con un po’ più di rispetto. Dopotutto sono l’Hokage.”
Non riusciva a capire se Sasuke rifiutasse che lui fosse l’Hokage o semplicemente quel suo non riconoscere la sua autorità dipendesse dal fatto che gli ultimi ricordi che Sasuke aveva con lui, al di là del frangente della quarta guerra ninja, risalivano a quando era il suo maestro. All’epoca perlomeno lo chiamava sensei. L’appellativo lo aveva perso durante lo stage di Sasuke nel covo di Orochimaru e da lì non lo aveva più recuperato e aveva tollerato questa mancanza dell’Uchiha collegandola al suo stato mentale non molto stabile, ma ora dopo tutto quello che era successo sentiva di meritare il suo rispetto. Al di là dei fraintendimenti lui era sempre stato dalla sua parte, aveva sempre cercato di proteggerlo e difenderlo anche quando si era reso indifendibile agli occhi di tutti. Era arrivato il momento di rimettere a posto i ruoli.
“Tsk.” Era stata la risposta.
“In ogni caso…” aveva ripreso Kakashi, sorvolando per amore di pace “La mia idea è quella di ripristinare la Polizia Militare di Konoha come ti accennava Naruto nella sua lettera” ammettendo, ma in maniera celata, che l’idea in fondo, in fondo, non fosse stata proprio sua.
Era stata proprio quella lettera a stuzzicare in Sasuke il desiderio di far ritorno al Villaggio. Era su una spiaggia, dopo il combattimento nel Colosseo dove aveva sconfitto tutti i ninja in gara e dato loro la libertà e passeggiava pensando alla sua nuova meta quando il falco che utilizzava per le comunicazioni con il Villaggio della Foglia si era posato sul suo braccio. All’interno del piccolo cilindro aveva trovato due lettere: una di Kakashi e l’altra di Naruto.
Quella di Kakashi era una lettera breve che per sommi capi diceva che poteva fare ritorno al Villaggio – che le acque insomma si erano calmate e non rischiava alcun linciaggio di massa – e che aveva bisogno di parlargli di un certo incarico. Quella di Naruto, scritta con una grafia che aveva apostrofato, generosamente, come “orrenda” non lo invitava a ritornare al Villaggio - molto strano, visto che era stato ossessionato da quell’idea per circa tre quarti della sua vita – ma semplicemente gli faceva i complimenti per come aveva sistemato la faccenda del Clan Chinoike, citando testuali parole :“Come la polizia militare di Konoha”.
Ed eccoci al dunque: ripristinare il Corpo di Polizia militare di Konoha voleva dire rimanere a Konoha?
Se da un lato Sasuke poteva dirsi quasi entusiasta per la proposta di Kakashi che, a questo punto, nasceva da un’idea di Naruto che probabilmente aveva scritto quelle parole senza pensarci troppo su – baka – dall’altra parte, all’epoca, appena ritornato al Villaggio aveva le idee confuse su cosa davvero desiderasse - o si sentisse costretto a fare.
“Ti ringrazio, ma non posso accettare” – gli comunicò, quindi, la mattina seguente il Tanabata.
“Mi aspettavo una risposta diversa, Sasuke” affermò l’Hokage “In questi mesi ti sei prodigato affinché il Villaggio fosse al sicuro, hai evitato che i pericoli si avvicinassero alle nostre mura e hai acciuffato diversi criminali. La gente di Konoha non ti vede più come una minaccia e siamo tutti del parere che saresti un ottimo Capo della Polizia” aggiunse ma senza troppa enfasi perché aveva scorto nello sguardo di Sasuke un velo di paura.
“È proprio per questo che non posso accettare” confessò Sasuke “La più grande minaccia per il Villaggio sono io”
Kakashi e Naruto sbatterono ripetutamente le palpebre confusi da quell’affermazione che ricordava tanto “Voglio diventare Hokage”, oppure “Voglio caricarmi di tutto l’odio del mondo”, o ancora “Viaggio per redimermi”. Che fosse impazzito di nuovo? In tal caso il posto giusto per Sasuke non sarebbe stato il corpo di Polizia Militare di Konoha, ma la clinica psichiatrica di Sakura con ricovero immediato.
Forse furono gli sguardi interdetti dei suoi interlocutori o semplicemente il timore di venire rinchiuso con tanto di camicia di forza, di nuovo, ma Sasuke si persuase a spiegarsi meglio.
“Kido, le bombe umane, vi dicono niente?” tentò senza troppe speranze, ottenendo come risposta un ulteriore susseguirsi di palpebre sbattute a una velocità sempre più sostenuta mentre la vena sulla sua fronte cominciava a gonfiarsi minacciosamente.
“Rinnegan? Ultimo membro del Clan Uchiha? Sharingan ipnotico?” tentò ancora e questa volta sembrò funzionare.
“Temi che sia tu ad attirare i guai?”
Per tutti i Kami fortunatamente Kakashi aveva colto il succo del discorso al contrario dell’altro che aveva preso a grattarsi nervosamente la testa in un inutile tentativo di rianimare il suo pigro neurone.
Annuì quasi sollevato: non era mai stato di troppe parole e dover spiegare per filo e per segno quello che ai suoi occhi era di un ovvietà disarmante lo aveva messo abbastanza in agitazione. Fortunatamente Kakashi con quelle sei parole sconnesse gli aveva evitato ulteriori spiegazioni.
“Dovrei pensarla diversamente?” chiese con un filo di rassegnazione nella voce.
“Sas’ke, ma che cosa stai dicendo?” intervenne Naruto e come sempre colmo di buoni propositi e di ottimismo continuò: “Chiunque dovesse azzardarsi ad avvicinarsi al Villaggio non troverebbe solo me, ma anche te. Non avrebbe scampo. Abbiamo già affrontato questo discorso.”
“Naruto, un attacco al Villaggio metterebbe in pericolo la vita di molte persone prima di un nostro intervento” replicò l’Uchiha a denti stretti “Inoltre ti rendi conto che da quando è finita la guerra Konoha è stata attaccata solo da ninja che cercavano me?” concluse, stringendo il pugno.
“Mi duole ammettere che Sasuke ha ragione” affermò Kakashi che, in verità, la pensava esattamente come lui, ma l’idea di poter ridare una vita normale a Sasuke, l’amico a Naruto e l’amore a Sakura lo aveva indotto a sperare che con il tempo l’ultimo erede degli Uchiha potesse diventare una preda meno appetibile per i tanti nemici che erano dentro e fuori le mura di Konoha “Le tue abilità oculari e il tuo passato sono ancora un grande peso che devi portare sulle spalle. Forse è prematuro che tu rimanga al Villaggio.”
“Ma… Sesto Hokage!” provò a replicare Naruto.
“Voglio che accetti comunque la carica che ti ho dato. Dopotutto la Polizia Militare non è detto che debba operare per forza all’interno del Villaggio. Almeno se ti dovessi trovare in difficoltà avresti un titolo di Konoha da esibire.” concluse Kakashi dinanzi allo sguardo sconfitto di Naruto che per un momento ci aveva davvero sperato di riportare a casa Sasuke una volta per tutte.
Sasuke accettò di buon grado e comunicò all’Hokage la sua intenzione di partire il prima possibile aggiornandolo anche su un’altra faccenda che gli aveva creato non poca ansia. Infatti, al di là dei nemici che volevano impossessarsi delle sue doti oculari, durante il suo viaggio aveva rintracciato dei segnali inequivocabili riconducibili a Kaguya Otsutsuky.
“Vorrei indagare” comunicò ai presenti che non ebbero nulla in contrario di fronte a una minaccia così grave.
“Avrei anche un’altra richiesta” aggiunse.
-o-
“Adesso però potresti tornare più spesso al Villaggio”
Niente, Naruto era duro alla resa.
Sasuke scosse la testa, esasperato. Possibile che Naruto non comprendesse l’importanza del suo ruolo e soprattutto quanto fosse importante che lui rimanesse lontano da Konoha per il bene di tutti? Sakura era stata rapita per colpa sua, alcuni abitanti del Villaggio erano esplosi sempre per colpa sua e solo i Kami potevano sapere quali altri pericoli avrebbero corso tutti se lui fosse rimasto.
Era una mina vagante. Beh qualcosa con il tempo non era cambiata - magra consolazione.
“Naruto quando ci siamo scontrati nella Valle dell’Epilogo mi hai detto che avremmo creato insieme un nuovo mondo ninja” e fece un enorme sforzo a rivangare quel momento di assoluto fallimento personale.
Naruto annuì.
“Non possiamo creare nessun nuovo mondo se il vecchio ancora ci rincorre. Non possiamo cambiare le cose solo perché noi lo vogliamo.” continuò a spiegargli, sperando di rendere chiaro un concetto che a dire la verità non era molto ben chiaro neanche a lui ancora “Ci sono ancora molte cose irrisolte e nemici che spuntano da ogni parte. Il mio compito è quello di tenerli lontani da voi.”
E con quel voi, Naruto lo sapeva, intendeva anche quella testolina rosa che gli stava venendo incontro, diretta al Palazzo dell’Hokage da cui loro erano da poco usciti.
“Ok, Teme. Ho capito.”
Non servivano altre parole, era tutto chiaro, tuttavia Naruto trovava profondamente ingiusto che Sasuke si sentisse così responsabile della loro incolumità da scegliere di stare lontano da loro, dai suoi legami. Era vero: Sakura era stata rapita per indurlo a tornare al Villaggio in modo che Kido potesse impadronirsi del potere dei suoi occhi, il Clan Chinoike aveva rapito degli abitanti di Konoha e li aveva trasformati in bombe umane con la convinzione che Sasuke fosse al Villaggio, se poi si andavano ad aggiungere le informazioni sugli Otsutsuki che Sasuke aveva appena dato a lui e a Kakashi il quadro era completo e il ragionamento dell’amico, sorvolando sulla componente affettiva, era incontrovertibile.
Tuttavia era stufo di vedere i suoi due migliori amici soffrire, si sentiva schifosamente fortunato al loro confronto: lui poteva vivere tranquillamente al Villaggio, aveva sposato Hinata e aspettava un figlio da lei. La sua vita poteva dirsi perfetta, mentre quelle di Sasuke e di Sakura continuavano a essere piene di ostacoli.
“Sakura” sussurrò Sasuke, vedendola arrivare.
“Non metterci troppo a tornare questa volta, però almeno in parte sono contento” disse Naruto a mezza bocca prima di esclamare il classico “Sakura-chan!” alzando il braccio posticcio della signorina Tsunade, quello che, per la cronaca, l’altro tizio aveva deciso di non farsi riattaccare – chissà poi perché.
“Ciao Naruto” esclamò la ragazza non appena fu più vicina. “Sasuke-kun” sussurrò appena, distogliendo subito lo sguardo da lui per portarlo verso il terreno che sembrava molto più rassicurante in quel momento perché dentro di lei stava crescendo una rabbia furente per quel mancato invito che la sera prima aveva tollerato recitando come sempre la parte della donna forte, della donna che se vuole stare davvero con Sasuke Uchiha deve accettare le sue stranezze e i suoi desideri.
Shannaro!
Aveva anche lei dei desideri e uno di quelli era di partire con lui. Adesso il problema era: come dirglielo? Non capiva infatti se fosse furiosa più per il fatto che non le avesse chiesto di andare con lui – neanche questa volta – o perché era terrorizzata all’idea di dirgli che non gli avrebbe fatto mettere il naso fuori da Konoha se non con lei al seguito.
“Devo andare dall’Hokage. I fondi. La clinica.”
In fatto di parole sconnesse quei due se la battevano, pensò Naruto.
“Ci vediamo dopo” chiosò, riprendendo a camminare verso il Palazzo dell’Hokage senza alzare lo sguardo da terra.
E Sasuke si chiese cosa intendesse con quel vago “dopo”.
Era stata scostante, troppo scostante. Non che si aspettasse salti di gioia, no proprio, ma ormai si era convinto che almeno Sakura avesse capito i suoi intenti e li condividesse. Si sentì improvvisamente di nuovo incompreso – tanto per cambiare.
Forse avrebbe dovuto spiegare meglio a Sakura come stavano le cose come aveva fatto poc’anzi con Naruto. Se le aveva capite Naruto c’erano ampie possibilità che anche Sakura le comprendesse anche se in ostinazione non sapeva chi fosse peggio dei due.
Si portò una mano alla fronte, aveva come la sensazione che scottasse. Quando c’erano di mezzo i suoi affetti, i suoi legami, diventava tutto così difficile e le parole, le stramaledettissime parole, dal suo punto di vista erano così sopravvalutate. Lui aveva sempre preferito i fatti e il voler rimanere lontano dal Villaggio per proteggerli era un fatto. Cos’altro avrebbe dovuto fare o spiegare per fargli capire quanto tenesse a loro?
In ogni caso avrebbe cercato di spiegarglielo… “dopo”.
Ma “dopo” quando?
Attanagliato dal dubbio di quel “dopo”, Sasuke percorse un tratto di strada con Naruto lasciandolo sull’uscio di casa dove una sorridente Hinata Hyuga lo attendeva trepidante. Era riuscito con fatica a rifiutare l’invito di Naruto per cena e si era diretto pensieroso verso casa. Ancora faceva fatica a pensarci: Naruto si era sposato, aspettava addirittura un figlio, era riuscito a creare la sua nuova famiglia.
Quella parola, “famiglia”, ancora gli creava una voragine all’altezza del cuore, ma Sakura con la sua dedizione e il suo amore piano, piano, stava riuscendo a colmarla.
Lei e Naruto erano sempre stati quanto di più simile a una famiglia da che ne avesse memoria. Ma non erano più dei bambini, non erano più i tre genin del team 7, erano tre sennin ormai abbastanza grandi da poter mettere su una propria famiglia. Il legame originale non si sarebbe mai dissolto, ma altri legami, diversi, avrebbero potuto aggiungersi a quello come nel caso di Naruto e Hinata e del loro figlio o figlia.
Una nuova generazione di ninja di Konoha cresciuti con sani ideali non era poi una prospettiva così nefanda.
Di certo questo poteva essere un problema nel suo caso: rimanendo lontano dal Villaggio le possibilità di generare una prole erano pressoché inesistenti.
E a quel punto realizzò l’ineluttabilità del suo destino e lo stomaco gli si contorse in un doloroso spasmo.
Davvero sarebbe stato destinato a vagare per sempre?
Cosa ne sarebbe stato dei suoi legami? Quegli assurdi legami da cui era fuggito e che adesso invece iniziava a considerare indispensabili tanto da avere come unico scopo quello di proteggerli.
Sakura per quanto tempo avrebbe sopportato tutto questo? Non l’aveva già fatta soffrire abbastanza? Ma soprattutto quella promessa che aveva fatto da bambino: “Voglio riportare in vita il mio Clan” , quella che Haku per poco non aveva infranto in maniera irreversibile trasformandolo in un puntaspilli, l’aveva forse dimenticata?
Entrò in casa e fu colto come da un senso di nausea nel vederla così buia e vuota. Si diresse verso la camera da letto che troppo spesso aveva diviso con Sakura in quel periodo e vi si lasciò cadere sopra come un corpo morto. L’ultimo pensiero prima di addormentarsi lo portò ad allungare la mano verso la parte vuota del letto, percependola fredda come non lo era mai stata.
-o-
L’indomani Sasuke si svegliò con un animo strano. Tutto quello che era accaduto il giorno precedente lo aveva metabolizzato durante la notte con il susseguirsi di sogni così lucidi da sembrare reali. Aveva sognato sua madre, suo padre, il povero Itachi, la casa in cui era cresciuto da bambino e al risveglio aveva ancora in bocca il buon sapore della famiglia, del calore e quasi si rattristò al pensiero che fosse giunto il mattino.
Si mise a sedere sul letto e afferrò un lembo delle lenzuola bianche con la mano. Lo strinse con forza, percependo di nuovo la nauseante sensazione di essere scisso, diviso in due, come in passato. Una parte di lui saldamente attaccata a quelle lenzuola, alla vita al Villaggio, ai suoi affetti… eh sì, anche a Sakura, stanco di fuggire e curioso di provare anche solo un attimo di assoluta felicità. Una casa, una famiglia, un figlio con Sakura sarebbero stati poi così impossibili? Perché a lui queste cose dovevano essere negate?
L’altro lui, più razionale e più immeritevole - a suo dire - lo spingeva a pensare che non ci fossero soluzioni oltre quella di allontanarsi dal Villaggio, vivere una vita solitaria e triste, lontano da tutti - lontano da lei, per proteggerli – per proteggerla. Da quando lei aveva avuto la sfiga di provare dei sentimenti nei suoi confronti, lui non aveva fatto altro che causarle indicibili sofferenze e quello che più lo rendeva nervoso era il fatto che avrebbe sicuramente continuato a procuragliene stando lontano dal Villaggio per del tempo non ben definito, ritornando di tanto in tanto per ritrovarla con un nuovo taglio di capelli, casomai, nuove amicizie, nuovi progetti e forse, perché no, un altro uomo.
Era veramente disposto a dichiararsi sconfitto all’ineluttabilità di quel destino avverso?
Sakura aveva combattuto, non si era arresa neanche quando l’umanità dentro di lui sembrava ormai persa. Era sempre riuscita a riaccendere un fioco calore nel suo cuore, con una parola, uno sguardo, una struggente dichiarazione del suo amore, e lui, di contro, aveva reagito con una violenza sempre maggiore fino ad arrivare a traffigerle – seppur per finta – il cuore.
Se ne vergognava, ancora non riusciva a comprendere come lei fosse riuscita a perdonarlo e… ad amarlo. A conti fatti Sakura era l’unica donna che riusciva a vedere al suo fianco – e non solo per la sua masochistica inclinazione a perdonargli ogni cazzata.
Sarebbe stato davvero bello poter creare con lei una famiglia, crescere una dozzina di marmocchi corredati di potentissimi sharingan addestrati a prendere a calci nel sedere tutta la stirpe Uzumaki. Comprare una casa, tornarci all’imbrunire e trovare Sakura in cucina a preparare una delle sue improbabili ricette circondata da bambini e bambine con il simbolo degli Uchiha stampato sulle magliette.
Le sue labbra si incurvarono in un sincero sorriso vagando tra quei pensieri così lontani da tutto quello che era stata la sua vita fino a quel momento, fino a quando non si era convinto a consegnare a Sakura le chiavi della sua felicità e del suo futuro.
Da quando quella donna era diventata così importante per lui?
Sorrise ancora, gettandosi pesantemente all’indietro e ricadendo sul materasso morbido: in fondo lo era sempre stata – concluse.
-o-
In una pasticceria dall’altra parte di Konoha una irrequieta Sakura Haruno, davanti a una porzione di dango, invece, si stava ponendo ben altre domande e nella sua testa frullavano ben altri pensieri pur avendo come comune denominatore sempre Sasuke Uchiha. Se da un lato Mr Confusione era riuscito a fare un minimo di chiarezza nella sua testa, anche se non nei suoi intenti, lei che le idee le aveva avute sempre ben chiare anche se tendenzialmente autolesionistiche, stava cercando un modo, un escamotage geniale, per portare avanti i suoi intenti, anche quelli chiarissimi: partire con Sasuke, partire con Sasuke, partire con Sasuke (un unico intento moltiplicato per tre, dato il soggetto).
“Se dovessi andare via saresti in grado di prenderti cura dei bambini?” domandò a brucia pelo a Ino.
“Beh, tra il negozio di fiori e il ruolo di capo del Clan Yamanaka non saprei proprio, Sakura.” le rispose in tutta onestà la ragazza.
Sakura sospirò mestamente e si portò una mano alla fronte.
“Che disastro!” esclamò, disperata.
“Io non ne farei una tragedia. Dopotutto hai dei validissimi collaboratori. Il tuo team di ninja medici è tra i più stimati di tutte le terre ninja e poi c’è sempre la Signorina Tsunade. Non capisco la tua preoccupazione” replicò Ino, tentando di rassicurarla.
“Sì ma in questo arco di tempo mi sono occupata io quasi di tutto. E se dovesse succedere qualcosa? Se il Villaggio venisse attaccato?” incalzò Sakura.
“C sn smpr i flc mssgr” intervenne Choji a bocca piena.
“Che ha detto?” chiese Sakura, confusa.
“Che ci sono sempre i falchi messaggeri” tradusse Ino, più abituata dell’amica a sentir parlare il compagno di squadra con la bocca piena - praticamente sempre “ E ha ragione” continuò “ se dovesse accadere qualcosa Naruto avvertirebbe Sasuke e di conseguenza anche te.”
“Si, ma…” tentò di controbattere la ragazza fermata immediatamente dalla mano di Ino aperta davanti al suo viso.
“Fattela finita, fronte spaziosa. Il tuo unico problema è Sasuke. Non glielo hai ancora detto vero?”
Sakura abbassò il capo per la vergogna: in effetti stava cercando solo alibi, il vero problema stava nel fatto che non era ancora riuscita a comunicare a Sasuke la sua intenzione di andare con lui.
Si alzò all’improvviso dalla sedia e sbatté con forza le mani sul tavolo facendo saltare in aria la luculliana colazione dell’Akimichi e il tè alle rose di Ino.
“Adesso basta!” esclamò decisa “Vado a parlare con lui”
E detto ciò s’incamminò bellicosa verso l’uscita lasciando gli altri due attoniti e umidicci di cibo.
Iniziò a correre il più velocemente possibile per paura che quello slancio di coraggio potesse svanire e in un batter d’occhio si ritrovò davanti casa di Sasuke.
Nonostante il rossore sul viso e il fiatone si convinse a bussare subito e con straordinaria delicatezza - perché l’istinto di buttare giù la porta ed entrare senza permesso era forte, ma siccome era lì per ottenere qualcosa che credeva impossibile l’alternativa della delicatezza le sembrò più opportuna.
Solo quando sentì la maniglia muoversi dall’altra parte della porta ebbe un istante, un dannatissimo istante, di ripensamento, ma ormai era troppo tardi per girare i tacchi e darsela a gambe: Sasuke Uchiha in tutta la sua bellezza (perché era bello, veramente bello, a prima mattina poi - pensò Sakura diventando se possibile ancora più rossa) si era palesato davanti ai suoi occhi e sembrava… sembrava contento di vederla?
Da dove era nato quel sospetto?
Sasuke non aveva sorriso nel vederla, non le aveva detto un “Ciao” di slancio, né il suo unico occhio espressivo aveva preso a brillare nel vederla. Semplicemente il suo viso non le era sembrato rigido come sempre e quello, nell’enciclopedia dell’interpretazione dei segnali di Sasuke Uchiha stilata personalmente da lei, valeva a dire: “Non sono infastidito all’idea che tu sia qui”, il che era già una gran cosa.
Incoraggiata da quell’inaspettato evento, prese il coraggio a due mani e gli disse:“Sasuke-Kun, devo parlati.”
E quella mattina accadde qualcos’altro di assolutamente inaspettato: “Anche io” le rispose Sasuke, che in vero non poco tempo prima che lei bussasse alla porta si era chiesto dove fosse finita il giorno precedente quando lo aveva liquidato con quel “dopo” campato in aria che poi “dopo” non era stato.
Sakura trasalì all’idea di quello che Sasuke avesse da dirle: il solo fatto che lui volesse parlarle aveva dello straordinario perché tirargli fuori anche due parole di solito era un supplizio divino e poi, normalmente, tutte le volte che lui aveva sentito l’impellente desiderio di dirle qualcosa, quel qualcosa non era mai stato molto piacevole. Quindi era più che normale temere il peggio.
La fece entrare e poi le fece strada fino al salottino. Sakura lungo quel breve tragitto tentò di riorganizzare le idee e formulare una frase di senso compiuto che non contemplasse qualcosa di supplice, di melenso e/o di melodrammatico - una vera impresa visto che già sentiva le amare lacrime di delusione sgorgare dai suoi occhi, perché Sasuke le avrebbe detto di no, ne era certa, e non avrebbe avuto altra scelta che incassare il colpo e tornarsene a casa sconfitta.
Posò lo sguardo sul tavolo dove Sasuke aveva poggiato alcuni vestiti piegati, la sua katana e alcuni rotoli ovvero l’occorrente per la sua partenza imminente ed ebbe come la sensazione che l’orologio attaccato alla parete avesse iniziato a ticchettare più velocemente e più rumorosamente. Un rumore insopportabile che scandiva il poco tempo che le era rimasto.
“Sei in partenza?” Si affrettò a chiedergli.
“Sembra di sì” le confermò.
A Sakura passarono per la testa mille domande da porgli come “Dove andrai?”, “Quanto starai via?” , ma si trattenne dal proferire parola ricordandosi il vero motivo che l’aveva spinta a presentarsi al suo cospetto: tentare ancora perché dopotutto non aveva niente da perdere. Non le importava più del suo giudizio, del fatto che lui potesse pensare di lei che fosse noiosa o petulante o insistente. Quello che avevano vissuto in quel periodo in cui lui era ritornato al Villaggio era stato reale, profondo e lei non voleva più rinunciarvi.
“Posso venire con te?” Era quella l’unica domanda da fare ed era ferma in gola annodata alle sue tonsille.
“Sakura”
Il modo in cui Sasuke aveva pronunciato il suo nome le aveva procurato un brivido lungo la spina dorsale. Il tono che aveva utilizzato lo aveva udito solo in un’altra occasione: quando le aveva toccato la fronte e l’aveva ringraziata prima di partire. Erano quindi giunti a quel momento?
D’istinto fece un passo indietro presa dal panico.
Sasuke riconoscendo nel suo sguardo quell’angoscia che troppe volte le aveva causato si chiese se non stesse sbagliando di nuovo tutto con lei.
“Di cosa volevi parlarmi?” Le chiese, quindi, scegliendo la strada che in quel momento sembrava meno impervia da seguire rispetto all’analisi dei suoi pensieri che avevano ripreso a vorticare confusi nella sua mente.
“Tu andrai via e io rimarrò qui, da sola, di nuovo” sussurrò Sakura con un filo di voce, sbattendogli in faccia la triste realtà e Sasuke non potè non ritornare con la memoria a quella notte in cui aveva lasciato il Villaggio. Anche in quella occasione Sakura gli aveva detto che se fosse andato via per lei sarebbe stato come restare sola. A quel tempo non aveva dato troppo peso a quelle parole perché secondo il suo giudizio Sakura era solo una ragazzina invaghita, circondata dalla sua famiglia e dagli amici: cosa ne poteva sapere della solitudine? Eppure lei era stata chiara, anche all’epoca, aveva sottolineato che senza di lui non sarebbe stato lo stesso, che nonostante avesse attorno tante persone che le volevano bene la sua assenza avrebbe creato un vuoto incolmabile, ma a lui che non aveva più niente se non la vendetta erano sembrati vaneggiamenti.
Ora però le cose erano diverse perché anche lui provava la stessa sensazione: lasciare il Villaggio, lasciare Naruto e soprattutto lei equivaleva davvero a essere di nuovo solo.
Sasuke riempì i polmoni di aria con un profondo respiro e chiuse gli occhi: era giunto il momento.
“Bagaglio leggero, cammineremo molto”
Sakura alzò lo sguardo verso di lui e strinse il pugno davanti al petto.
“Stai dicendo che…”
-o-
“Se lei è d’accordo io non ho nulla in contrario” aveva risposto Kakashi anche se l’idea di avere il suo miglior ninja medico lontano dal Villaggio un po’ lo preoccupava. Di contro, il solo fatto che fosse arrivata da Sasuke e non da Sakura quella richiesta lo aveva stupito a tal punto che non ci aveva messo molto a convincersi che per il bene dei suoi due allievi sarebbe stata la decisione migliore da prendere.
Naruto si era irrigidito per un attimo, sorpreso quanto il Sesto Hokage della richiesta dell’amico: l’idea che Sasuke e Sakura partissero insieme per chissà quali avventure senza di lui non l’aveva mai presa seriamente in considerazione. Una parte di lui avrebbe voluto fortemente partire con loro, l’altra sapeva benissimo che non era né giusto, né tantomeno opportuno: giusto perché quei due avevano bisogno di stare insieme da soli evidentemente - che la richiesta fosse arrivata da Sasuke in persona faceva pensare questo… e molto altro - e opportuno perché lui aveva una famiglia a cui pensare, alla fine Hinata era rimasta incinta, era proprio all’inizio della gravidanza e non poteva di certo lasciarla da sola.
“Non penso che Sakura-chat avrà nulla in contrario” aveva detto, sfoggiando un sorriso discretamente forzato.
“Lo penso anche io” si era accodato Kakashi “ Ma fate in modo che non debba rimpiangere la mia decisione” aveva concluso.
Sasuke aveva annuito: malgrado non avesse ancora preso una decisione concreta, aveva sentito il bisogno di capire quali disagi avrebbe potuto procurare quella scelta al Villaggio e anche al suo amico prima di valutare seriamente l’ipotesi.
Adesso doveva solo capire se portarla con sé oppure no.
-o-
“Ho bisogno di sapere se può creare dei problemi”
“Problemi?” Sakura ancora incredula faceva fatica a mettere insieme i pensieri.
“Sakura” perentorio Sasuke la riportò in sè.
“No, non penso, non so…” rispose confusa.
Era andata lì da lui per quel motivo, per convincerlo a portarla con sé, ma lui l’aveva presa in contropiede, aveva come sempre capovolto la situazione e non era pronta mentalmente a una simile evenienza.
“Ho chiesto a Kakashi il permesso, quindi…” continuò Sasuke un po’ perplesso dalla reazione della ragazza. In vero aveva aspettative diverse: pensava che gli sarebbe saltata al collo dalla felicità e che ci avrebbe messo più di qualche minuto a scrollarsela di dosso. Invece davanti a lui aveva una Sakura confusa, insicura. Forse aveva fatto male i conti: forse lei non desiderava andare con lui o glielo avrebbe chiesto lei stessa come la volta precedente. In effetti gli aveva detto di andare, lo aveva lasciato libero di partire.
“Ero venuta per questo” gli confessò “Ero venuta per chiederti di portarmi con te questa volta” continuò, allargando le labbra in uno splendido sorriso “Io non pensavo…”
Non riusciva a credere a quanto stesse accadendo, era così felice da sentire le gambe molli e la testa per aria: aveva difficoltà a mettere insieme le parole, i pensieri, quel groviglio di splendide emozioni che stava provando in quel momento.
Sasuke si sentì stranamente sollevato: aveva sempre temuto il contrario, ovvero che Sakura gli chiedesse di portarla con lui, ma ora che si era finalmente deciso, un rifiuto non lo avrebbe gradito affatto, o piuttosto gli avrebbe fatto cadere tutta l’impalcatura di buoni propositi e pensieri ottimistici che lo aveva portato a prendere la decisione finale d’istinto quando l’aveva vista entrare dentro casa dopo giorni di analisi dei pro e dei contro e delle eventuali conseguenze.
Al diavolo!
Sakura si avvicinò a lui lentamente, a testa bassa, e con ancora il pugno stretto davanti al petto che aprì solo a pochi centimetri da lui per porre il palmo della mano sul suo petto. Sasuke rimase immobile, non comprendendo il motivo di quel gesto, ma quando Sakura alzò il capo mostrando i suoi occhi verdi colmi di lacrime - stranamente di felicità - capì che era un sì: sarebbero partiti insieme. Mai avrebbe pensato di arrivare a prendere una simile iniziativa, ma ora, guardandola accoccolata sul suo petto, con le lacrime che gli avevano ormai inzuppato la maglietta, la ritenne la migliore decisione della sua vita. Mosse il braccio e l’avvolse saldamente: nessuno avrebbe potuto mai dividerli, di questo ne era ormai certo.