Mr Brightside

di Blueorchid31
(/viewuser.php?uid=566549)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** #1 Mi dispiace ***
Capitolo 3: *** #2 Pensare al domani ***
Capitolo 4: *** #3 Nukenin o Eore? ***
Capitolo 5: *** #4 Nukenin o Eroe? Parte II ***
Capitolo 6: *** #5 Ad ogni azione corrisponde un'azione pari e contraria ***
Capitolo 7: *** #6 C'è ancora qualcosa che non mi è chiaro ***
Capitolo 8: *** #7 Sensi di colpa ***
Capitolo 9: *** #8 Sogni Infranti ***
Capitolo 10: *** #9 Una tavola scheggiata ***
Capitolo 11: *** #10 La donzella da salvare... ***
Capitolo 12: *** #11 ... e l'Eroe. ***
Capitolo 13: *** #12 Ci sto provando ***
Capitolo 14: *** #13 Un piccolo passo ***
Capitolo 15: *** #14 La "prova"... La "cura" ***
Capitolo 16: *** #15 Solo per lei. Sempre per lei. ***
Capitolo 17: *** #16 Home ***
Capitolo 18: *** #17 Rehab ***
Capitolo 19: *** #18 Poco più che amici, poco meno di una coppia ***
Capitolo 20: *** #19 Jealousy turning Saints into the sea, ***
Capitolo 21: *** #20 Dolce e amaro ***
Capitolo 22: *** #21 Cosa sei disposto a fare per lei ***
Capitolo 23: *** #22 GOOD THINGS TAKE TIME ***
Capitolo 24: *** # 23 Coming out of my cage. And I've been doing just fine ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Image and video hosting by TinyPic





Prologo











Questa è la mia storia.

Per molti versi la troverete assurda e bizzarra, ma trattandosi di me, non poteva essere differente.



Mi chiamo Sasuke Uchiha. Odio un sacco di cose e non me ne piace nessuna in particolare. Non voglio parlare dei miei sogni... ma ho un'ambizione! Riportare agli antichi fasti il mio clan... e uccidere chi so io.



No, questa è vecchia - ma fa sempre il suo certo effetto.

Ho percorso in lungo e in largo il mondo, cercando di espiare le mie innumerevoli colpe che comunque continuano insistentemente a perseguitarmi. Ho imparato molto in questo viaggio, ho visto posti meravigliosi e conosciuto persone che mi hanno insegnato di nuovo a vivere. Avevo bisogno di tutto questo, dovevo vedere con i miei occhi, questi "nuovi" occhi e capire cosa ancora non andasse in me e nel mondo che mi circondava per essere quello che sono adesso...



Sono Sasuke Uchiha. Continuo a odiare un sacco di cose - anzi forse sono aumentate - e non me ne piace nessuna in particolare - tranne i pomodori, ma ormai questo é risaputo. Sognavo di diventare il " nuovo vento" di Konoha, ma quel baka del mio migliore amico mi ha soffiato via il posto e un braccio. Ho ancora un'ambizione e questa volta non contempla fratricidi...



... Voglio restaurare il mio Clan







" Mr Brightside "





Angolo Autrice


Eccomi qui... torno allo Shippuden.:-)

Ho sempre adorato scrivere in questo contesto e devo dire la verità... mi mancava.

Ma ultimamente sul sasusaku tranne che per il capitolo 685, mancava il materiale. Quindi ho atteso la fine del manga e , guarda un po', avviene la canonizzazione. Non potete immaginare la mia gioia! Il mio cervello deviato ha subito iniziato a elaborare le più impossibili fan da scrivere. Questa dovrebbe colmare il vuoto, speriamo non incolmabile, tra il capitolo 699 e 700. Spero di riuscire a rispondere a quelle domande che noi sasusaku ci siamo poste... del tipo : “ Ma Sakura rimane incinta con la sola imposizione delle mani?”

Spero che vi piaccia.

Buona lettura.


Un bacione


Blueorchi31

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** #1 Mi dispiace ***


# 1 Mi dispiace

Come riaprire un capitolo chiuso”









Eccoli, alla fine sono venuti qui”



Sakura li aveva raggiunti con un balzo felino e dopo aver constatato la gravità della situazione aveva impastato il chakra e iniziato a porre rimedio a quel disastro.

"Grazie Sakura-chan!" aveva esclamato Naruto con la sua solita gentilezza.

Non aveva degnato nessuno dei due di uno sguardo, presa dal panico da quella ferita, amputazione, recisione, sanguinolenta. Erano due idioti! Come avevano fatto a ridursi in quel modo? Era stato davvero necessario quel confronto?

Non li avrebbe mai capiti, ormai se n'era fatta una ragione e gli stava bene, se lo meritavano, di non avere più un braccio.



Sakura io...”



Ed ecco l'idiota supremo. Il concentrato divino di cazzate epiche.

Sta zitto adesso... ho bisogno di concentrarmi!” e averlo a così poca distanza da lei, inerme e malandato, già non le era di aiuto, ascoltare qualsiasi cosa avesse da dirle, sarebbe stato troppo.

Quindi, con un inaspettato moto d'orgoglio che non sapeva neanche da dove le fosse scaturito, lo aveva prontamente zittito, mentre le lacrime si accumulavano ai limiti delle palpebre e premevano per uscire.

Si sentiva stupida. Stava piangendo, di nuovo. Sasuke, in fondo, non aveva tutti i torti a considerarla noiosa e insopportabile, dato che non faceva altro che piangere in sua presenza.

E temeva, anzi no, era terrorizzata, all'idea che lui potesse dire ancora qualcosa di stupido e costringerla quindi a incastonare perennemente il suo corpo nella mano marmorea di Madara Uchiha con un pugno ben assestato- infierire su uno storpio andava contro il giuramento di Ippocrate.

Lui l'aveva guardata combattere contro le lacrime con il suo unico occhio aperto e si era improvvisamente sentito... una merda.

Il grande Sasuke Uchiha si sentiva di merda e non solo per le pessime condizioni fisiche in cui verteva, ma per aver razionalizzato di aver fatto del male a tutti, anche a lei- soprattutto a lei.

Non si era mai chiesto davvero perché con lei avesse calcato così tanto la mano, provando quasi un sadico gusto a rifiutarla e denigrarla. Dopotutto non rappresentava un pericolo per la realizzazione del suo sogno distorto, il suo nemico era Naruto, era lui l'ostacolo maggiore. Eppure, quando Sakura aveva ripetuto per l'ennesima volta di amarlo, accecato da una insana rabbia, aveva cercato di liberarsi dal peso di quelle parole che avevano risvegliato in lui lontani ricordi: l'amore di sua madre, il calore di una famiglia. Aveva reagito a quella dolorosa sensazione in modo brutale, ritenendo noioso e improbabile quel tentativo di fermarlo.

Come faceva quella sciocca ragazzina a pensare a questioni così frivole come l'amore, quando lui aveva esternato chiaramente quali fossero le sue intenzioni?

Come nel Paese del Ferro, probabilmente aveva pensato di fermarlo, raggirandolo con quei patetici sentimentalismi, ma lui aveva un progetto, uno scopo e nessuno lo avrebbe fermato.

Inoltre, come faceva a pensare a lui ancora in quel modo? Credeva di essere stato abbastanza chiaro in merito. Dopo tutto quello che le aveva fatto, il modo in cui l'aveva trattata, da dove proveniva quella sicurezza? Come faceva ancora ad asserire di amarlo? Cosa ci trovava in lui? Non era certo l'esempio lampante dell'uomo di cui ci si poteva facilmente innamorare, ma lei, testarda, continuava a piangere e a dirgli che tutto sarebbe andato per il meglio, che uniti ce l'avrebbero fatta a essere felici.

Non ci aveva visto più. Doveva farla tacere, chiuderle quella bocca bugiarda e melensa , abbassare il sipario su quella scena già vista in precedenza, chiarire una volta per tutte che il suo amore non aveva speranze e soprattutto evitare che li seguisse - averla tra i piedi era l'ultimo dei suoi desideri.

Le aveva quindi trafitto il petto, il cuore. Le sue lacrime si erano cristallizzate negli occhi sbarrati e dalle sue labbra era uscito solo un gemito di dolore, prima di accasciarsi al suolo priva di sensi. In quel momento non aveva provato alcun rimpianto per ciò che aveva fatto, nessuna pena o dispiacere. Riteneva che fosse la cosa giusta da fare perché qualunque fosse stato l'epilogo di quella battaglia che si apprestava a combattere, lei avrebbe dovuto ritenerlo un capitolo chiuso.

Pertanto era più che plausibile che lei lo odiasse, che non volesse più guardarlo in faccia. Aveva guardato con tristezza i suoi occhi pieni di lacrime, le sue labbra strette e le mani tremanti che trasudavano ancora tutto quell'amore che lei aveva riservato solo a lui, da sempre e si era reso conto - finalmente - che quel capitolo non fosse ancora chiuso, non del tutto, che forse...

Improvvisamente si era sentito perso, annichilito dalla consapevolezza che meritasse il suo odio, sperando in cuor suo che lei riuscisse a perdonarlo. Questa volta però avrebbe dovuto fare lui il primo passo, umiliarsi di fronte a lei.

Nonostante il suo perentorio ordine di tacere, una parola, la più giusta, era uscita dalle sue labbra.

"Mi dispiace"

E il cuore di Sakura aveva perso un battito. In realtà li aveva persi tutti... si era fermato e stentava a ripartire e le lacrime aveva iniziato a scendere senza alcun freno.

Dopo lo shock, aveva poi preso coraggio. Per una volta lui si era spontaneamente posto in difetto, aveva ammesso che tra le moltitudini di cazzate che aveva fatto, probabilmente ce ne erano alcune che la riguardassero personalmente. Ma non essendone totalmente sicura aveva cercato di appurare a cosa si riferisse...

Ti dispiace? Per cosa?”

Non si aspettava che lui elencasse tutte le volte che si era comportato da stronzo - non sarebbe bastata una giornata intera -, né che le dicesse qualcosa di melenso - sarebbe stato troppo bello per essere vero - e quindi non si stupì più di tanto quando lo sentì riassumere il tutto in sette parole.

Per tutto quello che ho fatto finora”

Vago, troppo vago, vaghissimo. Oscenamente vago.

Ovviamente i suoi pensieri non si erano concentrati sul nukenin che era diventato, sull'aver tentato di uccidere il fratello del Raikage, aver ucciso suo fratello, poi Danzo, aver avuto un ruolo fondamentale nel far scoppiare la guerra e infine aver cercato di eliminare anche Naruto, ma a una panchina, un kunai alla gola e alla sua mano dentro lo sterno.

"Faresti meglio!" aveva esclamato, ritenendosi fortunata per quel poco più di niente che le aveva concesso, aggiungendo uno " Stupido!" liberatorio.

Parole sentitissime e limitative rispetto agli insulti e gli improperi che si sarebbe meritato.

Era da tempo immemore che desiderava insultarlo e pensò che, probabilmente, conciato in quel modo, non avrebbe rischiato di essere carbonizzata da un amaterasu.

Si era sentita più leggera. Il groppone che si portava dietro da quattro anni, finalmente aveva trovato sfogo.

Che pensava? Che si sarebbe messa a piangere e avrebbe sussurrato il suo nome?

Ci aveva pensato, perché a piangere aveva pianto, ma con quel poco di orgoglio che le era rimasto aveva optato per l'insulto al posto di "Sasuke-kun, sei stato troppo avventato, ti amo lo stesso anche se sei un po' psicotico e senza un braccio. Non importa se hai tentato di uccidermi - due volte di fila - , se mi hai insultato come l'ultima cacca dell'universo e se mi hai rinchiuso in un jutsu in cui mi trapassavi da parte a parte, proprio in direzione del mio cuore innamorato. Non importa, basta che tu sia qui, sano - più o meno - e salvo."

Aveva pianto, pianto come non mai, per il sollievo e la rabbia. E loro avevano sorriso.

Anche Sasuke - straordinariamente.

Non sapeva da quanto tempo non vedeva il suo sorriso. Certo non era di quelli a trentasei denti di Naruto, era sghembo, di chi non sa più come si fa, e lì per lì, con gli occhi appannati dalle lacrime, gli sembrò quasi uno scherzo della sua immaginazione.

Sì, lui aveva sorriso, riconoscendo in quell'insulto, il suo perdono. Quella strana attitudine che aveva Sakura di perdonarlo sempre. Certo non si sarebbe mai aspettato dalla Sakura che ricordava un vero e proprio insulto. Probabilmente, in passato, come estrema ratio avrebbe aggiunto un “Kun” per non eccedere, ma in quel momento lo ritenne più che appropriato, quasi ironico.

Forse lei, come Naruto, era l'unica persona al mondo che lo aveva sempre compreso.

In quel momento non aveva pensato al dopo, si era goduto quell'attimo di pace che non provava da tanto tempo. Nessun pensiero, nessun dolore, tranne quello fisico, albergavano nel suo essere.

Su quelle mani di marmo, il Team 7 si era riunito e sembrava come se il tempo non fosse passato, se niente fosse accaduto: Naruto sorrideva, lui ci provava e Sakura piangeva. Un quadretto fin troppo familiare.

Kakashi era rimasto in disparte, sapeva che sarebbe stato di troppo, perché i suoi ragazzi necessitavano di stare da soli. Ormai erano cresciuti, ma in fondo, erano rimasti sempre gli stessi.

Naruto e Sasuke avevano ancora qualcosa da fare prima di ritornare a casa. Sciolsero lo Tsukuyomi infinito di Madara, risvegliando tutti dal sonno eterno in cui erano stati rinchiusi. La guerra era davvero finita.

Sasuke accontentò anche la richiesta di Naruto di liberare i cercoteri e nel contempo ebbe modo di riflettere su tutto quello che era successo, sulla solitudine e sul desiderio di rivalsa suo e di Naruto.

Si rese conto di non essere mai stato solo perché il suo amico, suo fratello, aveva sempre condiviso il dolore che provava. Aveva vissuto per troppo tempo nel ricordo di quella vita che gli era stata portata via, non rendendosi conto che stava perdendo l'occasione di viverne una diversa. Aveva fatto suoi i dolori e le speranze dei suoi genitori, di suo fratello, credendo che l'unica strada possibile fosse la vendetta.

Era solo e affamato d'amore in un mondo pieno d'odio e più sentiva i morsi della fame, più allontanava tutti coloro che lo avrebbero saputo saziare.

Naruto non lo aveva mai abbandonato e adesso riusciva finalmente a capire perché lo ritenesse un fratello. Loro due erano uguali, accomunati dagli stessi desideri, dalle stesse paure; uniti da un destino che li aveva messi a dura prova prima di fargli comprendere la vera essenza dell'amicizia e... dell'amore.





-§-



Ciò che Sasuke Uchiha neanche lontanamente immaginava era che quelle “scoperte” avrebbero avuto un costo.

Fu costretto a pronunciare le due paroline magiche - “ Mi dispiace” - a tutti i ninja dell'Alleanza che appena vennero a conoscenza della tenda in cui i due Eroi – o l'eroe e mezzo – erano in convalescenza, iniziarono una lenta ed estenuante processione.

Ovviamente, la precedenza l'avevano avuta i Kage – quelli che Sasuke avrebbe voluto ammazzare nel sonno.

Tsunade fu molto dura verso di lui, l' insulto di Sakura era stato un complimento in confronto al turpiloquio della bionda che era partita dall'idiota per finire al bastardo traditore, passando per appellativi che non è il caso di riportare.

Ovviamente, aveva concluso il discorso assicurando loro che avrebbero riavuto l'arto mancante, facendo presente all'Uchiha che doveva ritenersi fortunato di avere ancora la testa attaccata al collo.

Sasuke aveva ovviamente risposto: “Mi dispiace”. E lo aveva detto con un tono talmente convinto che Tsunade poté ritenersi soddisfatta.

Con il Raikage non gli andò altrettanto bene... Era ancora inviperito per il braccio mozzato nel Paese del Ferro e il tentato omicidio di Killer Bee che, invece, aveva tagliato corto con “Hey fratello, il futuro è più bello, la guerra è finita e con essa la sfiga”. Sasuke aveva alzato un sopracciglio e chiesto mentalmente a Naruto, suo compagno di tenda, se avesse tutte le rotelle al proprio posto. Il biondo gli aveva sorriso sornione, come per dirgli : “Senti chi parla”.

Il vocione del Raikage aveva tuonato per una bella mezzora, chiedendo giustizia. Per lui era inaccettabile che Sasuke potesse essere considerato un eroe dopo tutto quello che aveva fatto, trovando appoggio anche nel Tsuchikage, terrorizzato all'idea che potesse diventare il nuovo Madara Uchiha.

Mei, la Mizukage, aveva invece fatto notare come il gene degli Uchiha se combinato bene, potesse prolificare ninja potenti e gli altri l'avevano guardata un po' sbigottiti, credendo che avesse delle mire in tal senso. Sasuke stesso sbarrò gli occhi all'idea, anche se tra i suoi tanti propositi c'era anche quello di ripristinare il Clan, aveva bisogno di una madre, non di una nonna per i suoi figli.

Gaara, fno a quel momento era rimasto in silenzio, scrutando i due ninja che dopo mille peripezie e combattimenti, erano lì, uno di fianco all'altro. Aveva sempre saputo che in cuor suo Sasuke non fosse cattivo, era stata la vita a renderlo così, proprio come era capitato a lui. Nonostante con Naruto condividesse il fatto di essere entrambi una forza portante, motivo per il quale erano stati allontanati da tutti, si era sempre sentito molto vicino all'Uchiha. Anche lui aveva provato l'ebbrezza di quell'oscurità indotta dalla necessità di sopravvivere. Naruto era stato fondamentale nel difficile cammino che lo aveva portato a essere quello che era: il Kazekage del Villaggio della Sabbia, un buon fratello e un uomo più sereno. A lui doveva molto e sicuramente anche Sasuke doveva pensarla in quel modo. Il suo atteggiamento non era più spavaldo, né presuntuoso. Ascoltava con lo sguardo basso. Di tanto in tanto lo vedeva stringere tra le dita il lenzuolo e trattenersi dal proferire chissà cosa.

Naruto spesso interveniva in sua difesa, come aveva sempre fatto, ma sembrava come se entrambi stessero nascondendo qualcosa.


Esigo che venga punito severamente!E' un traditore!” concluse infine A.


Sì, ma senza di lui non sarebbe stato possibile sciogliere lo Tsukuyomi e durante la guerra ci ha aiutati”


I kage si voltarono tutti verso Gaara.


Cosa proponi quindi?” chiese il Tsuchikage.

Che gli sia data la possibilità di ricominciare” gli rispose brevemente. Il concetto era molto chiaro: voleva che gli fossero condonate le sue colpe e che gli lasciassero scegliere la via da seguire.

E se dovesse decidere di attaccarci?” riprese il nanetto dal naso rosso, accarezzandosi i lunghi baffi bianchi.

Lo fermerò io” gli rispose Naruto con risolutezza.


Quella frase rassicurò un po' tutti. In fondo lo aveva già fermato una volta.


Sakura aveva atteso fuori dalla tenda che il “concilio dei Kage secondo” terminasse.

Da quando Sasuke e Naruto avevano preso la residenza al campo medico, oltre che per le medicazioni, non aveva avuto modo di stare con loro.

Stavano guarendo con una velocità inaudita e presto sarebbero potuti tornare a Konoha.

Da un lato era sollevata all'idea di tornare a casa, dall'altro temeva che per Sasuke non sarebbe stata una passeggiata. L'idea che lui potesse decidere di andare via di nuovo era fin troppo realistica da poter essere sottovalutata.

E lei avrebbe pianto, di nuovo. E si sarebbe disperata, di nuovo. E lo avrebbe lasciato andare, di nuovo.

Non aveva minimamente preso in considerazione che lui potesse – magari – pensare di ricambiare i suoi sentimenti per una volta. Le aveva detto “mi dispiace per tutto quello che ho fatto finora” , non “sposami e aiutami a ripristinare il Clan”. In realtà in quei giorni avevano avuto così poco tempo per parlare e tranne qualche sguardo sfuggente e un paio di sorrisi(da parte di lei, perché lui aveva di nuovo dimenticato come si facesse), non c'era stato altro.

Non che si aspettasse il chiarimento del secolo e poi con Naruto sempre tra le balle, Sasuke non si sarebbe mai sbilanciato a dire alcunché.

E lei si arrovellava il cervello, si poneva i più disparati quesiti, avrebbe voluto porgli tante domande e questa volta, lui, avrebbe dovuto rispondere.

Era stanca di vivere nell'incertezza. Doveva aspettarlo? O dimenticarlo per sempre?

Cos'era per lui? Una donna con cui avrebbe potuto mettere su famiglia? Un'amica? O una sorella?

L'ultima opzione la fece rabbrividire. A quel punto avrebbe preferito non saperlo.

Tutto però suggeriva qualcosa del genere: considerava Naruto come un fratello, quindi lei era la sorella e Kakashi il padre?

Avrebbe preferito lanciarsi dal monte degli Hokage e spiaccicarsi al suolo al posto di udire una tale assurdità.

Ino le aveva detto di lasciarlo in pace per un po', che tanto “dove pensi che vada?”. Le aveva suggerito di dargli tempo di riadattarsi alla vita normale, di non pressarlo, perché Sasuke Uchiha era un po' come “un leone in gabbia, un grande micetto peloso in cerca di coccole, ma tendenzialmente incline alla vita selvaggia”. Questi paragoni di Ino, se da un lato riuscivano a farla sorridere, dall'altro la facevano incazzare ancora di più, perché lei avrebbe pagato qualunque cifra per coccolare il bel micione.

Tuttavia, non aveva tutti i torti sul fatto di lasciarlo con il guinzaglio lungo per un po', anche se il mormorare delle ninja nel campo medico su “quanto fosse bello il nukenin”, le creava un certo prurito alla mano e prima o poi, lo sapeva, sarebbe scoppiata.


Finalmente vide uscire i Kage e sgattaiolò dentro la tenda, prima che qualcuno avesse la geniale idea di richiedere la sua presenza altrove.


Naruto aveva una faccia da funerale, Sasuke... la solita faccia.


Iniziarono a balenarle per la testa le più improbabili opzioni: lo avevano condannato a morte – lo avrebbe seguito - ; lo avevano esiliato - anche in quel caso lo avrebbe seguito - ; lo imprigionavano a vita – sarebbe andata a trovarlo tutti i giorni – e il suo cervello continuò a lungo a elaborare apocalittici scenari, fino a che Naruto non le spiegò il vero il vero motivo del suo broncio.


Kakashi è il nuovo Hokage”


Sakura non riuscì a trattenere una sonora risata, tirando un profondo sospiro di sollievo e pensando mentalmente “ E chi se ne frega!”.


Il dobe pensava che il suo braccio valesse la nomina” tagliente come al solito. Quanto lo adorava! Ed era felice di poter sentire di nuovo la sua voce, non le importava di sapere se un giorno avrebbe deciso di ricambiarla o meno, voleva solo sentire la sua voce ogni volta che ne avesse avuto voglia.


Sta zitto Teme! E' tutta colpa tua!” inveì Naruto, incrociando le braccia e mettendo il broncio.


Era così bello vederli bisticciare, ma Sakura aveva bisogno di conoscere la decisione dei Kage circa una questione che le stava tremendamente a cuore.


E per quanto riguarda te, Sasuke-kun?” chiese con la stessa titubanza di una dodicenne, arrossendo come un peperone e portandosi una mano davanti alle labbra.


Devono ancora decidere”


Quella volpe dispettosa di Naruto non gli aveva neanche dato il tempo di rispondere. Se non fosse stato in una branda malconcio, ci avrebbe pensato lei a pestarlo per bene.


Ma noi abbiamo un asso nella manica, vero Sas'ke?” continuò, rivolgendogli un sorriso birichino.


Sasuke annuì, diventando più serio di quanto già non lo fosse.

A cosa si riferivano? Cosa avevano in mente? Perché era sempre l'ultima a sapere le cose?

Avrebbe voluto approfondire il discorso, ma quella doveva essere una breve visita, aveva tantissime cose da fare e voleva assistere Tsunade nella creazione dei due arti dalle cellule di Hashirama, quindi lasciò correre.

Sicuramente quei due sapevano cosa fare e non avrebbe dovuto aspettare tanto per scoprirlo.


Adesso devo proprio andare” si congedò, sorridendo a entrambi.

Di già! Ma Sakura-chan noi siamo feriti e tu sei il nostro medico, non puoi trascurarci!”

Tornerò più tardi e poi se avete la forza per bisticciare così male non state”

Uffa” borbottò Naruto, gettandosi sulla branda.

Sasuke alzò appena lo sguardo dal lenzuolo e per un attimo, un brevissimo istante, i loro occhi s'incontrarono e a Sakura, quello che ci vide dentro, non piacque per niente.


Scappò letteralmente fuori dalla tenda e corse a testa bassa per il campo medico fino a sbattere contro l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento: Ino Yamanaka.

La bionda notò subito lo stato di paranoia cronica in cui stava vertendo la psiche della sua amica e placcandola con il proprio corpo, volle saggiare a che punto fosse la sua Uchiha-ossessione.

Se ne andrà” le urlò “Se ne andrà” ripeté come un'invasata.

Fronte spaziosa, datti una calmata!” la scosse così tanto da staccarle quasi la testa, mentre un affranto Shikamaru al suo fianco proferiva codeste parole: “Ci risiamo!” con il tono più abulico di cui era capace.

Sasuke, lui, via, vuole, andare, io... muoio!”

Ino ci mise qualche secondo a mettere in ordine le parole sconclusionate dell'amica, scoprendo che avessero un senso compiuto, in fondo.

Ma smettila! Dove credi che vada? Te l'ho già detto Sakura, un milione di volte almeno. Naruto non glielo permetterà.”

Sakura non faceva che ripetere la stessa cosa come un disco rotto e lei era stufa di rassicurarla sul fatto che l'Uchiha, per loro sfortuna, non avesse alcuna intenzione di andare da nessuna parte e lei... non si sbagliava mai.

Ma Ino non lo aveva guardato negli occhi, non aveva visto quell'ombra, né captato quell'aura di depressione cosmica che lo circondava.

E lei... lei era disperata, perché quello che fino a quel momento era stato un semplice dubbio, si era trasformato in certezza. E se l'asso nella manica di cui parlava Naruto fosse stata una fuga strategica?

Io l'ho visto!” le disse con tono esasperato e a quel punto Ino pensò seriamente di farla internare, magari proprio con Sasuke – stava perdendo colpi peggio di lui, forse la guerra aveva avuto delle serie ripercussioni.

Hai la palla di cristallo? Sei diventata una veggente?” le chiese, cercando di mascherare la sua insofferenza, a differenza di Shikamaru che non faceva altro che sbuffare e alzare gli occhi al cielo, cercando di sopperire a quella gran rottura, fumando una sigaretta.

Ino, ti dico che lo so, che ne sono sicura!”

Te l'ha detto lui?” ovvia domanda, a quel punto.

N-no” ebbe paura di risponderle -. nella più rosea delle ipotesi l'avrebbe gonfiata di botte.

E allora come diavolo fai a saperlooo?” tuonò come un tenore, facendo scintillare i suoi occhi viola.

Dopo tutta quell'assurda conversazione, Sakura, in effetti, non era più tanto convinta di aver letto negli occhi di Sasuke la cosa giusta – Ino aveva anche questo potere.

Forse si era condizionata da sola e aveva riconosciuto in quello sguardo triste la sua più grande paura perché pensava a quello dalla mattina alla sera. Forse Sasuke era solo triste per altri motivi che non c'entravano niente con l'abbandonare il Villaggio... e lei... di nuovo.

Io adesso non ho tempo di ascoltare i tuoi vaneggiamenti. Dobbiamo finire di organizzare i funerali.” tagliò corto la bionda, superandola.

Che stupida che era stata, non aveva pensato a Ino, né a Shikamaru, né a tutti quelli che avevano perso qualcuno durante quella guerra, mentre lei aveva avuto la fortuna di... ritrovare Sasuke.

Ti chiedo scusa Ino” sperò che bastasse.

Non importa, almeno le tue idiozie mi distraggono un po'. E comunque, sono pronta a scommettere una cena, che l'Uchiha – “ahimè”, avrebbe voluto aggiungere, ma evitò - rimarrà tra noi e... a lungo”

Sakura le sorrise. Sembrava fosse passata un'eternità da quando lei e Ino si contendevano il suo cuore, che non batteva né per l'una, né per l'altra. Ma a loro non importava. Lui era il massimo: il più bello, il più figo e con il tempo avrebbero scoperto che era anche il più stronzo, ma lo amavano incondizionatamente.

Quando il Raikage lo aveva condannato a morte, Ino aveva pianto, meno di lei sicuramente, ma aveva pianto e quando era giunto sul campo di battaglia se non fosse stato per Shikamaru e Choji, gli sarebbe saltata al collo. Tuttavia, dopo essersi svegliata dallo Tsukuyomi, il suo interesse si era concetrato su... qualcun altro, qualcuno di insospettabile e che incredibilmente sembrava ricambiare le sue attenzioni.

Meglio così!” aveva pensato “Una rivale in meno”


Con il cuore un po' più leggero, proseguì fino alla tenda di Tsunade che stava raccogliendo le sue cose per il ritorno a Konoha.

Tsunade-sama”

Ah, Sakura, sei tu?”

La donna sembrava davvero provata per gli accadimenti della guerra, un periodo di riposo le avrebbe sicuramente giovato, anche se per il potere del Byakugou, le sue cellule si rigeneravano velocemente e la sua bellezza rimaneva intatta.

Realizzò che anche lei deteneva lo stesso potere e che quindi Sasuke l'avrebbe sempre vista giovane e bella.

Perché non riusciva a pensare a nient'altro che non fosse Sasuke?


So a cosa stai pensando” la colse di sorpresa e arrossì.

Davvero?”

Da quando Tsunade riusciva a leggere nel pensiero? O era così palese che pensasse a Sasuke ogni secondo?

Il fatto che io abbia deciso di abdicare, significa che non potrò più farti da maestra”

Ah era quello!!!” pensò, tirando un sospiro di sollievo - affrontare un argomento del genere con Tsunade sarebbe stato estremamente imbarazzante.

Ma credo di non poterti insegnare più niente. Sei diventata una sennin molto potente e sarai un'ottima sostituta”

Le parole di Tsunade le riempirono il cuore di gioia. Quando quel giorno di molti anni prima si era presentata al suo cospetto implorandola di prenderla come sua allieva, non aveva previsto di diventare una sennin forte quanto lei.

Tsunade era stata un po' come una seconda madre, l'aveva resa più sicura di sé e le aveva insegnato a essere un ninja medico di un certo livello.

Sul campo di battaglia, combattendo al suo fianco si era sentita finalmente soddisfatta di se stessa e ora, doverle dire addio, sarebbe stato davvero duro.

La ringrazio Tsunade-sama” con lei non erano necessari inutili salamelecchi e preferì quel breve ringraziamento a un lungo discorso di commiato che lei avrebbe sicuramente interrotto sul più bello.

Vorrei solo assisterla per la rigenerazione degli arti di Sasuke e Naruto”

Scordatelo!Avrai ben altro da fare una volta tornati a Konoha. Shizune ti spiegherà tutto una volta lì.” categorica, perentoria... Tsunade.

O-ok!” che altro avrebbe potuto risponderle.


In pratica tutti i suoi impegni improrogabili si erano ridotti a badare a quei due, fino a che, qualcuno, probabilmente Kakashi non gli avesse dato il via libera per ritornare al Villaggio.

In fondo non aveva alcuna fretta di tornarci se non per rivedere i suoi genitori, quindi si sarebbe goduta quei giorni con i suoi due compagni di sempre, cercando di allontanare dalla mente i funesti pensieri su Sasuke e perché no, ottenere anche quel benedetto chiarimento che tanto bramava.




Angolo Autrice


Capitolo introduttivo. Niente di speciale.

Ho cercato di rendere un po' la possibile introspezione dei personaggi nei momenti topici. Il resto è tutta una mia invenzione.

Mi auguro che questo primo capitolo vi sia piaciuto. Mi sono resa conto, scrivendolo, di quanto mi sia mancato lo shippuden, di quanto sia divertente scrivere in quel contesto e in alcuni momenti ho avuto delle serie difficoltà, dato che le altre storie che ho in piedi sono tutte Au. Cercherò di aggiornare con una certa cadenza, ma come sempre non so darvi un giorno preciso. Cercherò anche di rispondere alle vostre recensioni, mi sembra il minimo, dato il supporto che mi date costantemente.

Vi comunico che nella giornata di domani, dovrei pubblicare i nuovi capitoli di Kitchen, Hen Party e Entelechia. Non so in quale ordine e non so se ce la farò a pubblicarli tutti e tre... il tempo è tiranno.

Mi auguro che il capitolo sia stato di vostro gusto... in tal caso, mi piacerebbe conoscere la vostra opinione. Se invece vi ha fatto schifo, ditemelo lo stesso, anzi, i consigli sono sempre ben accetti. Tra l'altro sto valutando l'ipotesi di trattare anche le altre coppie, vediamo un po'...


Un bacione


Blueorchid31









Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** #2 Pensare al domani ***


#2 Pensare al domani















Per comodità Sakura pensò bene di trasferirsi nella tenda dei due convalescenti.

Il campo medico era praticamente vuoto e dato che gli ultimi ospiti necessitavano della sua costante presenza - o almeno si era convinta che fosse così - aveva preso il suo sacco a pelo e si era ritagliata un angolino, dalla parte della branda di Sasuke.

Aveva scelto con cura la sua postazione: da lì, infatti, avrebbe potuto guardarlo senza che lui se ne accorgesse - e a lei piaceva tanto guardarlo.

Durante la guerra e nelle poche "indimenticabili" occasioni in cui si erano incontrati, non aveva avuto modo di osservare con attenzione quanto lui fosse cambiato. I lineamenti erano delicati come quando aveva dodici anni, forse leggermente induriti solo all'altezza della mascella. I capelli ricadevano ai lati degli occhi ermeticamente chiusi - o almeno lo sperava, perché farsi cogliere sul fatto non sarebbe stato molto edificante - ; le unghie della mano destra erano scheggiate in vari punti, mentre dall'altro lato, il moncherino non sembrava poi così brutto fasciato. Il torace pallido si abbassava e alzava ritmicamente, scandendo i suoi respiri profondi. Era quasi certa che stesse dormendo e un ingestibile desiderio di toccarlo iniziò a ronzarle in testa come una mosca fastidiosa.

Non che in quei giorni non ne avesse avuta la possibilità, essendosi occupata lei delle medicazioni, ma quello che provava in quel momento era la voglia di accarezzarlo con dolcezza, senza una ragione ben precisa; scostare appena i capelli dalla fronte e testare la morbidezza della sua pelle per avere la certezza assoluta che lui fosse davvero lì, che non fosse uno dei suoi sogni in cui il team 7 era finalmente riunito e lui era ritornato a casa... da lei.

Sfruttando il rumore assordante proveniente dal letto del suo secondo paziente - quello biondo, quello che russava - abbassò la zip del sacco a pelo e sgusciò fuori.

In punta di piedi si avvicinò alla branda e quando fu proprio in corrispondenza del suo volto...



... decise di ritornare immediatamente indietro.



Tutto il coraggio, una volta trovatasi a pochi centimetri da lui, era improvvisamente scomparso. Si girò, quindi, e si mosse per ritornare al suo giaciglio, quando ebbe come la sensazione di essere osservata.

Non da Naruto, era certo, a meno che non riuscisse a russare anche da sveglio.

Spinse la coda dell'occhio fin dove era possibile - se avesse potuto, fin dietro la testa - e quella che fino a poco prima era stata una semplice e inquietante sensazione, si trasformò in certezza assoluta: era sveglio e la stava guardando.

Non doveva neanche essere un bello spettacolo... a differenza dei fortunati che avevano avuto il permesso di ritornare al villaggio, lei non aveva ancora potuto godere del piacere di una doccia. I suoi capelli erano sporchi e annodati e la sua tuta da jonin, sempre senza una manica, era da buttare tra i rifiuti tossici. Quantomeno era riuscita a sistemare le cicatrici provocate dall'acido, riducendole a piccoli aloni un po' più chiari rispetto al colore della sua pelle.

"Che stai facendo?"



"Ero stata colta dalla voglia di toccarti ma alla fine me la sono fatta sotto"



"Le fasciature. Dovevo controllare le fasciature"

Sperò che se la fosse bevuta. Spiegargli il vero motivo sarebbe stato umiliante e anche se aveva ormai accumulato una certa esperienza in quel campo, le sembrò assolutamente fuori luogo reiterare nuovamente quella traumatica esperienza.

"Dovresti dormire"

Ottimo suggerimento che lei aveva intenzione di mettere in pratica immediatamente, uscendo da quella situazione imbarazzante.

Strinse i pugni e con la testa tra le spalle ritornò alla sua cuccia, la coda tra le zampe e una gran rabbia dentro. Se la prese con il suo pessimo istinto che le consigliava sempre le azioni più sbagliate e cercò di seguire il "consiglio" di Sasuke, sperando di non invocare il suo nome nel sonno come spesso le accadeva - di figuracce ne aveva fatte abbastanza.

Sasuke richiuse gli occhi.

Non poteva darle torto: dormire con quella mietitrebbia nelle orecchie non era una cosa semplice. Tuttavia, anche nel più completo silenzio, probabilmente non sarebbe riuscito comunque a chiudere occhio.

C'erano troppe questioni ancora da sistemare: i cinque kage non avevano ancora deciso cosa fare di lui e non sapeva se sperare o meno nel loro perdono. Una condanna a morte o una prigionia a vita, infatti, avrebbero risolto il secondo quesito : cosa fare della sua vita.

Tornare al villaggio? Ricominciare come se niente fosse accaduto?

Sicuramente Naruto e Sakura ne sarebbero stati contenti, ma lui... lui sarebbe riuscito a perdonarsi? E gli altri come l'avrebbero presa?

In un processo pubblico dove da una parte si fossero schierati coloro che lo ritenevano in fondo un eroe e quelli che ancora lo consideravano un nukenin, quale sarebbe stata la fazione più numerosa?

Sperava di evitarsi quantomeno quell'umiliazione, che i Kage decidessero in camera caritatis, senza coinvolgere la gente del Villaggio. Gli Uchiha erano invisi a Konoha ancor prima di tutto quello che aveva fatto lui, una punizione esemplare avrebbe ricevuto molti consensi.

In fondo non gli importava, si sentiva totalmente svuotato e in un certo qual senso aveva già ottenuto la sua libertà. Lo scontro con Naruto gli aveva fatto capire di poter contare sugli altri e che per quanto si pensa di poter fare tutto da soli, l'uomo, quello vero, non può essere un'isola. Solo con la collaborazione e la condivisione delle gioie e dei dolori della vita si può vivere un'esistenza completa.

Ma lui non era ancora pronto per il salto, non poteva cancellare anni di solitudine e reintegrarsi al villaggio come per magia. Il suo carattere necessitava di metabolizzare quella nuova possibilità e di capire se fosse quella giusta per sé e per gli altri e tra questi ultimi, c'era anche Sakura che continuava a fingere che tutto andasse bene, che lo guardava durante la notte e che fuggiva il suo sguardo di giorno.

Sapeva che quella misera parola non avrebbe risolto granché, che ci sarebbe voluto più di un "Perdonami" - per quanto sentito - per sistemare le cose con lei. Si sentiva in debito nei suoi confronti perché, nonostante tutto, lei non aveva mai smesso di credere in lui. Si vergognava per tutto ciò che le aveva fatto, ma il problema più grande adesso era capire cosa fare con lei. I suoi occhi tradivano ancora quel sentimento che gli aveva confessato, presto o tardi quel discorso sarebbe uscito fuori di nuovo e lui avrebbe dovuto darle una risposta... una risposta vera, non un criptico "grazie". Doveva analizzare i sentimenti che provava per lei e questo lo spaventava più di un processo, più di una condanna.

Non voleva più farla soffrire, non se lo meritava, questa volta la sua risposta sarebbe dovuta essere definitiva. Se avesse deciso di rifiutarla ancora, forse si sarebbe messa l'anima in pace e avrebbe ricominciato la sua vita con qualcun altro.



"Qualcun altro...

Ma chi?"



Naruto era sempre stato innamorato di lei e con lui fuori dai giochi avrebbe avuto campo libero. Da quello che aveva capito, però, in quel periodo che era mancato da Konoha, Hinata Hyuga aveva mostrato interesse per la testa quadra.

L'idea di Naruto conteso da due donne era una scena talmente ridicola che involontariamente inarcò le labbra in un sorrisetto malefico.

Non lo invidiava affatto.

Con ogni probabilità avrebbe scelto la bigamia per non far torto a nessuno.

Tuttavia, non aveva notato alcuno sguardo languido tra i suoi due compagni di team - e lui era un grande osservatore - quindi la possibilità che Sakura ripiegasse su di lui erano infinitesimali. Inoltre, iniziare una nuova vita con Naruto non avrebbe cancellato quella passata: il ricordo del team7 sarebbe stato sempre troppo vivo e con esso il suo ricordo.

Passò quindi al candidato successivo: Sopracciglione.

Anche lui aveva sempre avuto un debole per Sakura, le aveva dichiarato più volte il suo amore con una teatralità da far impallidire un drammaturgo.

No, non poteva volerle così male.

A quel punto sarebbe stato meglio per lei rimanere zitella.

Shikamaru sembrava più interessato alle donne della sabbia.

Il "sostituto", quel tipo strano, era più ignorante di lui in ambito sentimentale, Sakura sembrava essergli affezionata, ma come amico, come "caso umano" forse, e anche in quel caso, essendo il suo sostituto, non l'avrebbe aiutata a dimenticare.

Kiba Inuzuka e Akamaru - perché con quei due o prendi il pacchetto completo o non se ne fa niente.

Francamente non sapeva se a Sakura piacessero i cani. Kiba aveva un caratteraccio e con Sakura non avrebbe avuto vita facile. Sarebbe stata una relazione un po' troppo turbolenta. E poi era troppo rozzo per lei.

Socchiuse appena un occhio e la spiò. Era raggomitolata nel sacco a pelo, i capelli dietro l'orecchio e un'espressione serena in viso.

Troppo rozzo.

Nonostante in quegli anni fosse cambiata, ogni volta che posava gli occhi su di lei rivedeva quella ragazzina noiosa, quella che era suo dovere proteggere.

Durante la guerra non si era interessato molto della sua incolumità, spesso aveva preferito proteggere Naruto e non lei.

Ma era stato necessario – o almeno questa era stata la sua scusante – perché senza Naruto la guerra poteva considerarsi persa e lei e Kakashi rappresentavano solo un peso e un pericolo. Avevano rischiato di cadere sotto l'effetto dello Tsukuyomi - e in quel caso era stato lui a proteggerli, perché erano vicini a Naruto - , erano stati a un pelo dal precipitare in un mare di lava - Naruto li aveva presi al volo e lui lo aveva salvato a sua volta.

Si chiese se davvero non gli interessasse della loro incolumità o se si cullasse sul fatto che Naruto sarebbe sempre accorso in loro aiuto prima di lui. Un retaggio di quello che era accaduto nella foresta della morte e durante il combattimento con Gaara "oscuro" - non quella specie di Gandhi che era diventato.



Sicuramente gli stava più simpatico prima che iniziasse anche lui a comportarsi da uomo saggio.

Evidentemente Naruto oltre che cocciuto doveva essere anche contagioso.



Naruto si era sempre lanciato nella mischia per difendere tutti, il ruolo del salvatore gli era stato sempre congeniale, mentre lui...

Lui voleva diventare forte, non pensava ad altro, anche se la vita in Team gli aveva insegnato a prendersi cura dei suoi compagni, soprattutto di Sakura che era l'elemento debole. Il suo ego aveva subito un grosso smacco vedendo più volte Naruto salvare baracca e burattini e a quel punto aveva deciso di percorrere la strada più facile per ottenere il potere. Orochimaru glielo stava servendo su un piatto d'argento anche se a un caro prezzo che alla fine di tutto sperava di non dover pagare – diventare il contenitore di quell'essere era una possibilità raccapricciante. Per fortuna al momento di pagare il conto, il sennin era troppo debole e lui molto, ma molto, potente e dopo aver ottenuto un diploma lampo in serpentologia l'aveva sconfitto. Certo rimaneva il segno maledetto, ma per un po', almeno fino a che non avesse ucciso Itachi, avrebbe potuto tollerarlo e usarlo a suo favore.

Il team Taka non aveva mai avuto niente a che vedere con il Sette, ma aveva bisogno di una squadra per poter affrontare l'Akatsuki e arrivare a Itachi. Karin, a tratti, gli ricordava Sakura. Con Suigetsu aveva lo stesso rapporto che la Kunoichi aveva con Naruto e... anche la rossa, come lei, aveva dimostrato più volte di tenere particolarmente a lui – anche in modi alquanto imbarazzanti.

Si era circondato di tre elementi che in stranezza se la battevano, ma che in fondo servivano allo scopo. Con loro non aveva condiviso la sua infanzia, non aveva un passato comune se non quello di far parte del vivaio di Orochimaru e in quanto ad affezione non avevano mai occupato un posto speciale nei suoi pensieri.

Ma se fossero morti? Se Kakashi e Sakura fossero morti, come l'avrebbe presa?

Dati gli ultimi avvenimenti, probabilmente male, ma in quel momento in cui la cosa che gli premeva di più era sconfiggere Kaguya – e diventare in seguito il principe dell'oscurità - forse non avrebbe provato nulla.

La situazione era leggermente cambiata quando era stato lui, poi, a trovarsi in difficoltà e Sakura e Obito lo avevano salvato.

Si era accasciata su di lui, sfinita dallo sforzo, e i loro sguardi si erano incrociati.

Nelle sue iridi verdi, che strenuamente cercava di tenere aperte, aveva visto un incredulo sollievo e... anche qualcos'altro. Qualcosa che per un momento, un solo istante, lui aveva condiviso: era affetto, misto a quella gratitudine che la maschera di necessaria indifferenza che aveva deciso di indossare non gli consentiva di dimostrare a parole. Non era stata fortuna, ma la determinazione di Sakura a consentirgli di oltrepassare il portale. Il suo viso era imperlato di sudore, pallido, e la pelle bruciata del suo braccio destro, scottava sotto le sue dita.

Era talmente palese che lei non avesse rischiato tanto solo per paura che senza il suo apporto le sorti della guerra sarebbero inevitabilmente state a favore del nemico.

Questo ragionamento poteva valere per Obito, ma non per lei.

Lei aveva da sempre tentato di salvarlo: da se stesso, dalla vendetta, dal dolore. Ma non le aveva mai dato la possibilità di farlo.

Era forse giunto il momento?

Darle quella possibilità, poteva essere la chiave di volta che gli avrebbe consentito di vivere finalmente quei giorni felici che lei gli aveva promesso anni prima?

Le sue sinapsi stavano scricchiolando sotto il peso di quei ragionamenti che riteneva fin troppo necessari anche se assurdi, dato che a breve avrebbe dovuto prendere una decisione - ammesso che ne avesse avuta la possibilità.

In quegli anni non aveva mai pensato all'amore, in senso romantico. Non era affatto predisposto a effusioni come camminare per strada mano nella mano, sbaciucchiarsi in pubblico o partecipare a noiose cene con i suoceri – tutte cose che sicuramente dovevano piacere oltremodo a quella ragazza dai capelli rosa.

Lei non aveva minimamente idea di qual fosse la sua idea di coppia e... neanche lui, dato che non era utile per vincere battaglie o per soddisfare vendette.

Si trovò quindi a riflettere su questo aspetto.

Forse vivere tutta la vita con una donna, avere dei figli, formare una famiglia e sperare che nessuno decida un giorno di trucidarla poteva essere più o meno un'idea, ma troppo lontana dalla realizzazione immediata che avrebbe voluto Sakura.

Inoltre, a lei sarebbe bastato? Ovvero, lei si sarebbe accontentata dei suoi modi bruschi, della sua indolenza nel parlare e della totale assenza di romanticismo?

Francamente, in una situazione come quella, non riusciva a immaginarsi diversamente. Lui non era tipo da fiori e cioccolatini, da paroline dolci sussurrate all'orecchio, lui era... un Uchiha!

Suo padre non aveva mai mostrato alcun tipo di emozione nei confronti di sua madre, almeno non davanti a lui e Itachi; la rispettava come madre dei suoi figli, come donna dedita al Clan, ma per quel che ne ricordava, non aveva mai assistito ad alcuna effusione tra i due che non fosse un pudico bacio sulla guancia.

Suo padre sì che era un vero uomo, tutto d'un pezzo. Forse, se un giorno avesse avuto un figlio maschio lo avrebbe allevato come suo padre aveva fatto con lui e Itachi, rendendolo un ragazzo forte. Gli avrebbe insegnato il caton e anche il chidori, gli avrebbe vietato di utilizzare troppo lo sharingan e avrebbe distrutto la stele prima che fosse in grado di leggerla e decidere di cavare gli occhi a un suo eventuale secondogenito.

Si sentiva stressato solo all'idea.

Quale donna al mondo - oltre Sakura naturalmente - avrebbe potuto accettare di portare un cognome scomodo come il suo?

Ma soprattutto, per procreare bisognava essere in due (fonte: Suigetsu) e per una nuova stirpe di Uchiha serviva una donna all'altezza – e Sakura era pur sempre un sennin e un ottimo ninja medico.

Gli parve estremamente strano e inopportuno che il nome di Sakura comparisse sovente nei ragionamenti che stava facendo.

Sicuramente doveva essere stata la costante frequentazione in quei giorni o il fatto di averla sotto gli occhi che dormiva sul suo giaciglio, a creare i vari collegamenti – non che lui avesse iniziato il ragionamento chiedendosi cosa provasse per lei... quello era già passato in secondo piano rispetto all'idea di marciare su Konoha con una schiera di piccoli Uchiha "maschi" e sottomettere le figlie "femmine" del Dobe.

Era davvero divertente pensare a un futuro così roseo... quanto impossibile.

Il problema di fondo risiedeva in quel marasma di rimpianti, rimorsi e sensi di colpa che si portava dietro da troppo tempo.

Come poteva pensare al futuro, quando il suo intero essere era ancora proteso verso il passato?

La domanda che doveva realmente porsi era "chi lui fosse" e per il momento non poteva darsi una risposta perché sapeva solo quello che sarebbe potuto essere: qualsiasi cosa avesse voluto.

Non era più obbligato a ricoprire alcun ruolo: non doveva più essere un vendicatore, un nukenin o il cattivone che manteneva la pace con la forza – anche se la terza opzione continuava a non dispiacergli nonostante fosse stato costretto ad accantonarla causa forza maggiore(non aveva più alcuna intenzione di sorbirsi nell'arco della sua longeva vita un altro sermone da parte di Naruto).

Fino a che non fosse stato in grado di rispondere con coerenza a quella domanda e non avesse espiato, almeno in parte, le sue colpe, sapeva che non sarebbe riuscito a prendere alcuna decisione in merito ad altre questioni, per così dire, più frivole.

Il modo attraverso il quale avrebbe portato a termine questa sua personalissima missione non gli era ancora ben chiaro, ma ci avrebbe riflettuto su.

Rimaneva comunque il pericolo Sakura: questa volta, ne era certo, non avrebbe sentito ragioni e di fronte a un suo ennesimo rifiuto, per quanto motivato (da egoismo puro, che Sakura avrebbe sicuramente compreso), probabilmente lo avrebbe spedito dall'altra parte del globo con un cazzotto oppure avrebbe fatto Harakiri nella Piazza di Konoha, davanti a tutti gli abitanti che lo avrebbero pertanto ridefinito un mostro. In entrambi i casi l'epilogo non era affatto allettante.

Non poteva contare sulla sua comprensione, con che diritto poi, visto che ancora era in forse circa il perdono.

I suoi gesti erano confusi e contraddittori, sintomo che si trovasse a disagio in sua presenza.

Qualcosa nella sua brillante mente gli suggerì che lei, molto probabilmente, non lo avesse ancora perdonato e che le sue aspettative per il futuro non prevedessero di aspettare ancora.

Avere un confronto con lei adesso era impensabile. Era già tanto, secondo i suoi metri di giudizio, che lei gli rivolgesse ancora la parola.

Non doveva continuare a illuderla a meno che non fosse del tutto convinto di vedere anche lui un futuro con lei accanto.

Probabilmente tutti quei ragionamenti non avrebbero portato a una risposta nell'immediato, ma non poteva negare di avere un legame speciale con lei, qualcosa che non era un sentimento fraterno come quello che provava per Naruto, qualcosa di cui era totalmente ignaro e che fino a quel momento non aveva mai sfiorato neanche l'anticamera del suo cervello.

Non era a suo agio, lo sentiva... e non aveva idea di come uscire da quella situazione in maniera indolore, almeno per lei.

Forse se lo avesse pestato a sangue e gli avesse amputato un braccio, le cose sarebbero andate apposto da sole, senza bisogno di parole.

Quanto odiava le parole e poi con lei non era mai riuscito a usare quelle giuste. Con Naruto era diverso, era logorroico e a lui spettava solo il compito di ascoltare e ascoltare e ascoltare e spesso dargli ragione per sfinimento.

Ma lei... lei avrebbe posto domande e preteso risposte.

C'erano troppe cose in sospeso, tra cui reciproci tentati omicidi, un "grazie" campato in aria, una serie di offese pronunciate gratuitamente durante la guerra, una mano conficcata nel petto e un "perdonami per tutto quello che ho fatto finora" che meritava un approfondimento in virtù di quanto elencato prima.

Al solo pensiero l'idea di fuggire non era poi tanto orrenda come opzione, dopotutto era abituato alla vita del nukenin, ma era altrettanto inquietante la sicurezza che quei due avrebbero ricominciato a rincorrerlo fino ai confini del mondo per riportarlo a casa.

Se poi ripensava agli eventuali suoi "sostituti" sentiva uno strano formicolio alla mano sinistra – quella che ormai cinguettava solo nei suoi sogni. Da un certo punto di vista era come se lui fosse convinto di avere il sacrosanto diritto di averla per sé, anche solo per poco e che comunque Sakura non si sarebbe accontentata di nessun altro.

Sasuke non poteva sapere quanto quel pensiero potesse essere vero e che quegli stessi ragionamenti stessero movimentando anche la notte di Sakura che, come un'anima in pena, si girava e rigirava nel sacco a pelo, pensando al domani.













Angolo Autrice



Buonasera!

In ritardissimo, lo so, sono imperdonabile. Mi sono un attimo bloccata a metà per qualche giorno perché avevo iniziato il ragionamento di Sasuke e non riuscivo ad uscirne in nessun modo. Paranoia cosmica!

Comunque alla fine spero di essere stata abbastanza coerente. Questo è uno dei buchi che desideravo colmare: che diavolo hanno fatto quei tre prima dei funerali? Siccome non ci è stato dato modo di saperlo, ho immaginato una notte di paranoie sul futuro, con una Sakura che vorrebbe avvicinarsi a Sasuke ma teme di essere respinta ancora e un Sasuke che non sa che fare della sua vita. Tutta la pallosissima parte del ragionamento di Sasuke sarebbe in pratica il primo sentore che poi porterà alla sua decisione di partire per il suo viaggio di espiazione. Ma prima di arrivare a quel punto ci sono altri buchetti sparsi da colmare.

Spero di aggiornare il prima possibile le altre fan, ma non vi prometto nulla, forse Kitchen nel fine settimana.

Ringrazio tutti coloro che hanno inserito anche questa storia tra le seguite, le preferite, le ricordate e chi ha recensito i precedenti capitoli. Vi invito a esprimere le vostre considerazioni sulla storia e a darmi anche qualche consiglio sulla trama ( io ce l'ho in mente, ma i consigli potrebbero farmi considerare degli aspetti dei "buchi" che potrei rischiare di tralasciare).

Un bacione

Blueorchid31









































Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** #3 Nukenin o Eore? ***


#3 Nukenin o eroe?

Parte I







"Dobbiamo prendere una decisione"

Il nuovo Hokage, Kakashi Hatake, fresco fresco di nomina, guardava i suoi colleghi cercando di intuire su chi di loro potesse contare. Aveva sperato fino all'ultimo che Tsunade si occupasse di quella ostica faccenda, Sasuke era stato un suo allievo ed essendo a conoscenza di quello che aveva passato non poteva non parteggiare per lui. Il Raikage e il Tsuchikage volevano la sua testa, era così palese, mentre Mei e Gaara sembravano più propensi a un atteggiamento clemente. Su Gaara non aveva dubbi, era affezionato a Naruto e conosceva bene il dolore della perdita e la rabbia che ne poteva scaturire. Ma Mei? Perché la Mizukage sembrava incline a perdonare l'Uchiha? Non si erano forse scontrati nel Paese del Ferro?

Probabilmente aspettava che lui prendesse una posizione per poi far pesare la sua decisione oppure era davvero decisa a perdonare Sasuke?

Conosceva poco le persone sedute a quel tavolo e per quanto il suo carattere fosse tendenzialmente volto alla diplomazia, quella questione gli stava troppo a cuore per essere obbiettivo. Fino a quel momento non aveva proferito parola, cercando di cogliere nell'accesa conversazione tra i suoi nuovi colleghi un appiglio a cui aggrapparsi per poter aiutare Sasuke. Non vi erano compromessi diplomatici, né scambi di prigionieri da poter sfruttare dato che nessuno di loro era più un nemico ed era impensabile addurre come difesa per il comportamento del suo allievo quella storia di cui era venuto a conoscenza. I Kage avrebbero chiesto delle prove inconfutabili e per quello che ne sapeva lui gli unici a conoscere i fatti di quella vicenda erano morti o preferivano tacere per evitare conseguenze poco piacevoli. La parola di un nukenin contro quella di due anziani del villaggio, non avrebbe avuto alcuna credibilità.

"La politica non fa per me" pensò, nascondendo dietro la maschera un sorriso sghembo.

Lui era sempre stato un uomo d'azione, eseguiva gli ordini, portava a termine missioni, era abituato a sporcarsi le mani con la polvere del campo di battaglia non con l'inchiostro di un pennino. Sarebbe stato in grado di ricoprire quel ruolo? Come poteva pensare di governare un intero Paese se non era in grado neanche di difendere un suo allievo, ?

Era sempre stato particolarmente incline a comprendere la vera natura delle persone, eppure in quella situazione stava trovando molteplici difficoltà. Era seduto al tavolo dei grandi, ma si sentiva piccolo. Era accaduto tutto troppo in fretta.

I suoi colleghi, finanche Gaara, avevano un atteggiamento risoluto che ben si addiceva al loro ruolo. Lui stava provando le stesse sensazioni di quel primo giorno di accademia, in cui guardava tutti con diffidenza. Non riusciva ad entrare nella parte, nella sua testa era ancora un jonin, un mezzo, non riusciva a pensare da Hokage.

"Sai che ho detto a Naruto di diventare Hokage? Ma lui potrà essere il Settimo Hokage perché il Sesto dovrai essere tu."

Obito non aveva avuto, in fondo, tutti i torti. Quando aveva ascoltato quelle parole, ne era rimasto piacevolmente stupito, ma non avrebbe mai pensato che si sarebbero avverate.

"Naruto non ha abbastanza esperienza, ha bisogno di una guida. Avrà tempo per diventare Hokage e sarai tu a istruirlo come hai sempre fatto" gli aveva detto Tsunade dopo avergli comunicato la sua decisione.

Aveva annuito come se avesse ricevuto un ordine e non una onorificenza. Era orgoglioso di sé, chi non lo sarebbe stato, eppure provava un senso di inadeguatezza. Dopo che tanti avevano ambito a quel posto, lui c'era arrivato, era suo, ma inspiegabilmente qualcosa in lui lo rifiutava.

Chiunque al suo posto avrebbe fatto i salti di gioia, ma non lui. La sua innata capacità di analisi aveva già valutato i pro e i contro di quella nuova condizione: il mondo ninja non si sarebbe ripreso in fretta da quanto era accaduto, c'era la faccenda di Sasuke e un Villaggio da governare. All'attuale stato delle cose, di pro ce ne erano davvero pochi.

Tsunade gli stava passando una patata bollente che rischiava di esplodere da un momento all'altro. Certo, al momento, erano tutti uniti, tutti alleati, ma per quanto tempo sarebbe durata? Su di lui sarebbe gravato il peso della pace, avrebbe dovuto mantenere salde le alleanze e sapeva che il "caso" Uchiha avrebbe potuto creare la prima crepa.

Non poteva permettere che Sasuke venisse condannato. Non voleva più abbandonare i suoi compagni e ogni abitante di Konoha, adesso, poteva definirsi tale.

Durante la notte i volti dei suoi compagni morti gli avevano fatto visita in sogno. Li aveva rivisti a uno a uno, sorridenti, finalmente in pace. Sembrava come se si stessero congratulando con lui e cercassero di rassicurarlo. Si era svegliato di buon umore e si era presentato a quella riunione – in ritardo – con un inattesa fiducia in se stesso.

Quella stessa fiducia che adesso ricercava disperatamente mentre ascoltava gli altri Kage parlare, esigere, ordinare perentoriamente. Lui sarebbe mai stato in grado di farlo?

Era stato un Anbu, poi un Maestro dell'Accademia, aveva gestito situazioni delicate e allora perché ora riteneva quell'onore di cui era stato insignito, un onere troppo pesante da portare?

I Kage gli stavano spiattellando davanti agli occhi uno dei suoi più grossi fallimenti. Dopo Obito, dopo Rin, aveva perso anche Sasuke. Non aveva mai perdonato a se stesso di non aver dato ascolto al suo intuito e alle avvisaglie di quell'ammutinamento che diventava ogni giorno più prevedibile. Avrebbe dovuto cercare di fermarlo, aveva mentito a Sakura e a se stesso, fingendo che andasse tutto bene, che quello scontro sul terrazzo dell'ospedale fosse una semplice bravata di due ragazzini in competizione. Lui lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Aveva letto negli occhi del suo allievo l'oscurità, ma aveva sperato che essa risiedesse solo lì, che non avesse intaccato anche la sua anima.

Sasuke aveva riso di lui e non aveva potuto dargli torto.

"Come leader del Team 7 sono state le mie mancanze ad aver causato la disgregazione della squadra. Sakura, è stato un gesto irresponsabile da parte mia dirti quelle parole per risollevarti il morale, forse stavo solo cercando di convincere me stesso. Ti chiedo scusa... sono stato un terribile insegnante per tutti voi."



Aveva ammesso il suo errore, ma era ormai troppo tardi per porvi rimedio: l'animo di Sasuke era stato irrimediabilmente corrotto. Non era giusto che Sakura si prendesse carico delle sue colpe, anche se comprendeva perfettamente le motivazioni che l'avevano spinta a quel gesto estremo.

Il problema, quindi, risiedeva nel fatto che lui era convinto di non meritare di essere diventato Hokage e quella consapevolezza lo stava facendo vacillare a tal punto che rischiava di non risultare utile neanche in quel frangente in cui la sua parola avrebbe potuto davvero fare la differenza.

"Hokage, Sasuke Uchiha è stato un suo allievo, pertanto comprendiamo quanto per lei possa essere difficile, ma come capo del Villaggio della Foglia anche lei deve prendere una posizione"

La Mizukage lo ridestò da quei pensieri.

Il momento era giunto.



-§-



" Sakura- chan, anch'io ho ancora delle ferite che mi fanno male!" piagnucolò Naruto, cercando di attirare la sua attenzione.

"Ho quasi finito, Naruto." gli rispose, riavvolgendo delicatamente la fascia intorno al moncherino di Sasuke che stava guarendo molto velocemente rispetto alle previsioni.

Era il momento della giornata che preferiva e se avesse potuto non avrebbe fatto altro che medicarlo e medicarlo e medicarlo ancora perché era l'unico istante in cui era così vicina da poter sentire il suo profumo e sfiorare di sfuggita la sua pelle diafana senza incorrere nel pericolo che lui potesse fraintendere i suoi gesti.

Era assurdo che dopo avergli dichiarato il suo amore più volte avesse ancora paura di dimostrarglielo apertamente. Il fattore bloccante probabilmente risiedeva nella paura di essere rifiutata e questa volta in maniera definitiva e inequivocabile. La qual cosa l'avrebbe condotta a una depressione cosmica che sarebbe poi scaturita in una serie di tentati suicidi. Non che quell'evenienza non l'avesse messa in conto, ma aveva sempre sperato che dopo aver soddisfatto la sua vendetta e aver tentato di uccidere Naruto, Sasuke potesse decidere di dedicarsi a qualcosa di meno macabro. E lei sarebbe stata lì, in prima fila, pronta a fargli conoscere le gioie della vita – tutte le gioie della vita.

Prima di tutto gli avrebbe fatto capire cosa si era perso in quegli anni – questo per suo mero sfizio – e poi lo avrebbe preso per mano e condotto nel meraviglioso mondo dei sentimenti - quello in cui lei viveva da tanto tempo, sola e disperata.

Se solo lui le avesse dato una possibilità, lei l'avrebbe sfruttata in toto.

Tuttavia era pienamente cosciente di alcuni aspetti – ostacoli – che avrebbe dovuto affrontare.



  1. La psiche di Sasuke aveva subito dei danni irreparabili, pertanto riuscire a trovare un briciolo di normalità in quella testa sarebbe stato come cercare un ago in un pagliaio.

  2. L'unica donna della vita di Sasuke fino a quel momento era stata sua madre – buon'anima – e reggere il confronto sarebbe stato alquanto complicato. Inoltre di Mikoto "Buon'anima" Uchiha sapeva ben poco.

  3. Avendo avuto come unica relazione affettiva quella con sua madre, per l'appunto, doveva essere totalmente ignorante in materia di... sì, proprio quello, o almeno lo sperava – anche se quella Karin non gliela raccontava giusta. La stessa cosa valeva anche per lei che tuttavia a furia di sognarlo aveva una mezza idea di quello che doveva – voleva – fare.

  4. Tra i suoi tanti propositi – e se li ricordava davvero bene – c'era anche quello di ripristinare il suo Clan e senza la materia prima risultava molto difficile da mettere in pratica. Lei era sana e disponibile e superati i punti 1,2,3, non ci sarebbero dovuti essere problemi.

  5. Lui. Era lui il problema più grande, quello che rendeva insuperabili i punti 1,2,3 e quindi impossibile il 4. Lui non se ne sarebbe mai uscito con una frase del tipo "Sakura, ti andrebbe di andare a prendere un gelato?" oppure "Diventa la madre dei miei figli". Come diavolo si sarebbero potuti rapportare se lui continuava a fare scena muta e guardare nel vuoto.



L'unica cosa di cui aveva la certezza era che se la sarebbe dovuta sbrigare da sola, ovvero che per l'ennesima volta si sarebbe dovuta umiliare. Appena archiviata la faccenda del Nukenin, gli avrebbe parlato con il cuore in mano – come sempre – sperando di trovarlo ben disposto al dialogo. In alternativa si sarebbe tolta la soddisfazione di incastonarlo in qualche muro con un bel cazzotto e a quel punto sarebbe stato costretto comunque ad ascoltarla.

Questi ottimi propositi, tuttavia, si infrangevano contro quell'imbarazzo che aveva ricominciato a provare in quel clima di semi-serenità che si era venuto a creare. Non voleva in nessun modo rovinare quel momento anche se gli unici davvero felici sembravano lei e Naruto.

Dallo sguardo di Sasuke traspariva ancora una profonda tristezza e lei desiderava tanto fare qualcosa per alleviare le sue pene, ma non aveva la più pallida idea di come fare, come approcciarsi a quel ragazzo così diverso da come lo ricordava. Non che fosse mai stato un simpaticone, ma sembrava aver perso quell'orgoglio e quella grinta che lo avevano sempre contraddistinto. Sembrava vuoto, o meglio, svuotato.

Per lui non sarebbe stato facile ricominciare: avrebbe dovuto ricostruire la sua intera persona e trovare un senso alla sua vita. In questo lei sapeva di non potergli essere utile.

"Stai guarendo molto in fretta, Sasuke-kun" gli comunicò, sforzandosi di sorridere nella maniera più spontanea possibile.

"Bene" le rispose, guardandola di sottecchi.

I pensieri che quella notte gli avevano tolto il sogno continuavano a perseguitarlo e riuscire a guardarla in faccia gli risultava più difficile del solito.

Tutta quella gentilezza da pate sua non faceva altro che aumentare il suo senso di inadeguatezza e cominciava a sentire l'urgenza di sapere cosa davvero pensasse di lui, se quell'atteggiamento fosse dovuto solo al sollievo che la guerra fosse finita o se lei fosse davvero contenta del suo ritorno. Non riusciva a decifrarla e nel contempo non riusciva neanche a capire cosa lo spingesse a fare simili riflessioni. Sapeva solo che quel revival del Team7 che si stava svolgendo in quella tenda, gli sembrava falso e forzato.

Il pezzo di stoffa che fungeva da porta si aprì inaspettatamente facendo entrare la luce del sole.

"Buongiorno."

La figura di Shikamaru Nara comparve sull'uscio, al suo seguito Kiba e Hinata.

La Hyuga si era accodata per sincerarsi delle condizioni di Naruto, anche se sapeva che la visita di Shikamaru non sarebbe stata di piacere.

"Come stai Naruto-kun" mormorò dolcemente, avvicinandosi di qualche passo alla branda.

"Hinata-chan!" saltò in piedi "Sto bene grazie, anche se Sakura-chan mi trascura un po'" sottolineò senza pensare alle conseguenze che quella sua affermazione avrebbe causato.

Un sonoro pugno si abbatté sulla sua testa.

"Ma che diavolo dici Naruto!" urlò Sakura che non tollerava di essere colta in fallo nel suo lavoro. I pazienti per lei erano tutti uguali – o quasi.

"I Kage vogliono parlare con voi" comunicò Shikamaru, facendo cadere il silenzio nella tenda.

Sasuke alzò appena lo sguardo verso di lui e Sakura tentò di intercettarlo per riuscire a capire quale fosse stata la sua reazione. Nulla. Lo stesso sguardo vuoto e spento di poco prima.

Non era quello il giusto atteggiamento per affrontare un processo e Sakura cominciò a temere che lui non avesse alcuna intenzione di difendersi.

"Vi aspettiamo fuori"

Rimasero di nuovo da soli.

Naruto sembrava molto preoccupato e questo non fece altro che aumentare l'agitazione che stava divorando lo stomaco della Kunohici che era alla ricerca di qualcosa da dire, una parola, una frase che potesse in qualche modo dare uno scossone a Sasuke.

"Andrà tutto bene" la rassicurò il compagno, posandole gentilmente una mano sulla spalla.

Sakura apprezzò molto il suo gesto, ma in cuor suo sapeva che con Sasuke in quelle condizioni, l'epilogo non poteva che essere negativo.

"Lasciaci Naruto, per favore"

Non sapeva da dove fosse scaturita quella determinazione, né cosa dirgli, ma aveva bisogno di stare con lui, da sola.

Sasuke aveva subito alzato lo sguardo verso di lei, che in piedi al centro della stanza, teneva gli occhi incollati al terreno.

Quando fu certa che Naruto fosse uscito, si avvicinò alla sua branda con passi brevi e incerti, sentendo addosso il suo sguardo che man mano che si avvicinava sembrava diventare più intenso.

"Non puoi presentarti così davanti ai Kage" sussurrò, a poca distanza da lui " Chiederò a Shikamaru di farti avere dei vestiti puliti" continuò, avvicinandosi ancora un po', con cautela.

In realtà non erano i vestiti a preoccuparla, ma sapeva che Sasuke avrebbe colto la sfumatura.

"Non mi dirai cosa provi in questo momento, vero?"

"Sakura"

"No, fammi finire. Ognuno di noi ha fatto degli errori, non siamo infallibili, ma abbiamo modo di rimediarvi. Non perdere questa possibilità, non essere troppo duro con te stesso. Vedrai, da adesso in poi le cose andranno meglio." gli disse con dolcezza. La stessa con la quale gli aveva poi scostato un ciuffo di capelli dal viso, riuscendo a superare la paura che rifiutasse quel contatto.





-§-



Varcare i cancelli di Konoha, tutti e tre insieme, fu per Sakura un'emozione incredibile. Naruto, in fondo, aveva mantenuto la promessa e anche se la loro meta non sarebbe stata Ichiraku, ma il Palazzo dell'Hokage, non riusciva a non essere ottimista.

Il discorso che aveva fatto a Sasuke sperava avesse sortito i suoi effetti. Shikamaru era riuscito a reperire dei vestiti per lui e Naruto, mentre lei aveva ancora indosso i resti della sua divisa da jonin, ma non le importava.

Camminarono per le strade del Villaggio sotto lo sguardo attento degli abitanti che scrutavano gli eroi e il nukenin con curiosità, in religioso silenzio.

Sasuke sembrava abbastanza tranquillo, il portamento fiero riusciva a celare il suo smarrimento e il fastidio di quegli occhi puntati addosso.

Kakashi era riuscito con una scusa ad uscire da quella sala riunioni che era diventata, a suo dire, claustrofobica e gli era andato incontro.

"Vogliono parlare con tutti e tre." gli comunicò, lasciandoli alquanto perplessi.

"Non ne vedo l'utilità" ribatté prontamente Sasuke.

"Penso proprio che ce l'abbia, Sasuke"

Kakashi aveva utilizzato un tono di voce che i tre ragazzi conoscevano bene. Aveva qualcosa in mente e forse era stato proprio lui a consigliare che anche Sakura e Naruto fossero presenti.





-§-





"Sasuke Uchiha, i capi di accusa che pendono sulla tua persona sono molto gravi" il Raikage prese subito la parola "Hai tradito il tuo Villaggio, ti sei macchiato dell'omicidio di Danzo Shimura e di aver cercato di catturare l'ottacoda, mio fratello. La condanna per gli atti che hai compiuto sarebbe la morte, ma il tuo aiuto è stato fondamentale per l'esito della guerra. Nonostante io sia dell'idea che tu debba marcire a vita in una prigione, alcuni dei miei colleghi pensano che meriti clemenza. In seguito a questa conversazione, prenderemo la nostra decisione."

Sasuke aveva ascoltato in silenzio, guardando dritto negli occhi il Raikage che gli stava elencando quelle che, a suo dire, erano state le sue malefatte. Di alcune poteva anche essersi pentito, ma di aver ucciso Danzo, no. Quell'uomo meritava di morire, gli sharingan che aveva collezionato sul suo braccio destro meritavano di trovare pace e così anche Itachi.

"Ti abbiamo evitato un processo pubblico, come da richiesta del tuo Hokage e maestro, quindi puoi ritenerti fortunato: tutto quello che verrà detto qui dentro non trapelerà all'esterno." continuò l'uomo con tono duro, controllato, sintomo che non avesse alcuna intenzione di perdonarlo in alcun modo.

"Vi ringrazio" rispose l'Uchiha, facendo un cenno di assenso con il capo.

"Potete accomodarvi, non sarà breve" gli consigliò gentilmente la Mizukage, indicando loro tre sedie poste di fronte al tavolo.

Sakura alzò timidamente la mano che aveva iniziato a tremare appena udite le parole del Raikage.

"Facciamo noi le domande Haruno" la fermò immediatamente il Tsuchikage arricciando il naso rosso "Anzi, potremmo iniziare da te se i miei colleghi sono d'accordo"

"Cosa c'entra lei in questa storia?" chiese Naruto, vedendo l'agitazione dell'amica e traducendo in parole anche il pensiero di Sasuke che come lui non riusciva a capire perché anche Sakura fosse stata chiamata ad assistere al processo.

"Uzumaki, non hai il permesso di intervenire senza essere stato interpellato. L'Haruno è una testimone, proprio come te" sbraitò il Raikage, indispettito dalla sua irriverenza.

"Che diavolo sta succedendo???"

Tsunade fece irruzione nella sala riunioni come una furia scatenata. Shizune l'aveva avvertita che Sakura era stata convocata dai Kage per il processo Uchiha e aveva trovato quella mossa molto scorretta. Sakura era un'ottima Kunoichi, fedele a Konoha e al suo credo ninja, ma era anche una donna innamorata. Metterla di fronte alla scelta di proteggere Sasuke o mantenere la sua promessa di fedeltà al Villaggio era un atto meschino.

"Ba-chan!" urlò Naruto, felice di vederla. Anche Sakura si sentì più sollevata. Fino a quel momento Kakashi non aveva proferito parola e ciò che aveva appena detto il Raikage stava a sottintendere che l'avrebbero sottoposta a un vero e proprio interrogatorio e aveva già una vaga idea di dove sarebbero andati a parare.

"Tsunade-sama, non può stare qui, ormai lei non è più l'Hokage!" tuonò il Tsuchikage con la sua vocina stridula.

"Sta zitto nanetto! La mia allieva ha questioni più importanti di cui occuparsi che stare qui ad ascoltare queste idiozie" ribatté prontamente la bionda, infischiandosene di non avere più il grado per rivolgersi così al suo ex collega.

"Tsunade-sama, cercheremo di fare il prima possibile, così la sua allieva potrà ritornare alle mansioni preposte" intervenne la Mizukage con calma, cercando di calmare gli animi.

"Esigo allora di assistere. Dopotutto in quel periodo ero l'Hokage del Villaggio, quindi penso di aver anch'io una voce in capitolo" propose con risolutezza. Se non poteva evitarle quell'esperienza, almeno che le concedessero di essere presente.

"Penso che sia una buona idea" convenne Gaara che fino a quel momento non aveva fatto altro che tenere gli occhi chiusi e le braccia incrociate davanti al petto.

"Testarda di una Senju" borbottò il Tsuchikage.

Tsunade lo prese come un assenso e, presa una sedia, si accomodò poco distante da Sakura, lanciandole di sottecchi uno sguardo di intesa che riuscì a rassicurare un po' la ragazza.

"Sperando di non essere più interrotti, possiamo cominciare" sentenziò il Raikage, volgendo lo sguardo verso Sakura che rabbrividì. " Purtroppo i rapporti inerenti a quella missione non sono reperibili, quindi dovremo basarci sulle vostre testimonianze"

Sakura sbarrò gli occhi dallo stupore: ricordava perfettamente di aver stilato lei il rapporto e averlo riposto poi nell'archivio. Kakashi le lanciò un'occhiata molto eloquente: evidentemente avevano avuto la premura di farli sparire.

"Sakura Haruno"

Un brivido le percorse la schiena.

"Kiba Inuzuka ha testimoniato che senza alcun ordine da parte del vostro Hokage, avete intrapreso una missione che aveva lo scopo di uccidere Sasuke Uchiha, è vero questo?"

"Non è corretto. " intervenne Tsunade "avevo dato io l'ordine di cercare di fermare l'Uchiha anche a costo di ucciderlo"

"Tsunade-sama, parli solo se interpellata per favore" la rimproverò la Mizukage che aveva trovato quella storia raccontata dall'Inuzuka davvero molto interessante."Haruno, aspettiamo una sua risposta"

"L'Hokage n-ne era al corrente" mentì, confermando la bugia raccontata da Tsunade. Il suo sesto senso, tuttavia, le suggerì che quello sarebbe stato solo l'inizio di una conversazione molto poco piacevole, dato che Kiba doveva aver spifferato tutto.

"È vero che per prima cosa avete raggiunto l'Uzumaki?"

Sakura annuì, mentre il suo stomaco cominciava ad attorcigliarsi all'idea di quello che Kiba potesse aver raccontato. Sasuke era lì alla sua sinistra e l'ultima cosa che voleva era quella di fargli sapere ciò che era avvenuto durante quell'incontro con Naruto che, come lei, sembrava molto nervoso. Sperò che Kiba avesse omesso almeno quella parte.

La Mizukage le sorrise prima di ricominciare a parlare.

"Durante la conversazione con l'Uzumaki hai dichiarato di esserti resa conto di esserne innamorata, che non aveva senso provare affetto per un fuggitivo e un traditore e che tutto ciò che l'Uchiha stava facendo era commettere crimini e spezzarti il cuore."

Non aveva omesso quella parte.





Angolo Autrice



Salve!

Non sono sparita, ho avuto solo un periodo un po' movimentato, tra lavoro, casa e il resto.

Ho dovuto spezzare il capitolo in due parti perché altrimenti sarebbe uscito un papiro e dopo un tot di pagine, a mio parere, l'attenzione precipita vorticosamente.

Ho adorato l'inizio con i pensieri di Kakashi. Non avevo mai scritto di lui in modo così approfondito, quindi è stata una bell'esperimento e spero che sia riuscito – ma questo sarete voi a dirmelo.

La seconda parte è sasusaku a gogò, ma è solo la punta dell'iceberg perché il bello deve ancora venire. Purtroppo o perfotuna quando tratto i pensieri di Sakura non riesco a non essere un pelino ironica, ma il mio intento è quello di creare una storia che alterni momenti di drammaticità ad attimi un po' più leggeri. Sto anche valutando l'ipotesi di trasformare questa long in una serie, in quanto il progetto è molto ampio e rischierei di superare un numero spropositato di capitoli. Si accettano consigli in merito. :-)

Vi ringrazio tantissimo per le tante recensioni che questa storia sta ricevendo, sono davvero contenta!! ^^ Cercherò doi rispondere il prima possibile. Ringrazio anche i lettori silenziosi(siete tantissimi!) e li esorto a non essere timidi: io sono qui per voi, vi adoro tutti e sono vegetariana, quindi non correte alcun pericolo.

Un grande abbraccio.

Blueorchid31

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** #4 Nukenin o Eroe? Parte II ***


#4 Nukenin o Eroe?

Parte II




Sakura sarebbe voluta sprofondare e ricomparire dall'altra parte del globo. Le lacrime le avevano offuscato la vista e premevano per uscire, provava vergogna e non aveva il coraggio di voltarsi verso Sasuke. Non aveva minimamente pensato che Kiba avesse riportato ai Kage anche quell'episodio e ora si sentiva con le spalle al muro.

"Quello che ci siamo detti io e Sakura-chan non ha niente a che fare con questa storia" intervenne Naruto.

Lei lo ringraziò mentalmente, perché al momento non sarebbe stata in grado di ribattere alcunché.

"Io invece credo il contrario." affermò la Mizukage che stava letteralmente sguazzando in quella storia così romantica "L'Uzumaki le aveva fatto una promessa, vero Haruno?"


"Promettimelo Naruto, promettimi che riporterai indietro Sasuke-kun."


Era bloccata, incapace di dire o fare niente, anche di respirare. Le mani le tremavano e teneva strette le ginocchia in modo che anche le gambe non iniziassero a muoversi in modo convulso. Lo sguardo basso, puntato sul pavimento della sala riunioni, carico di lacrime che minacciavano di scorrere sul suo viso da un momento all'altro. L'idea che Sasuke fosse venuto a conoscenza, in quel modo, di quella storia che la rendeva ai suoi occhi sicuramente più patetica di quanto già non lo fosse, era l'aspetto peggiore della faccenda. Cosa avrebbe pensato di lei? Che i sentimenti per lui non fossero poi così veri come lei aveva più volte sostenuto? Che lei lo ritenesse davvero un nukenin?

Si era presentata al suo cospetto con l'intenzione di ucciderlo e ne aveva avuta conferma dalla Mizukage, cos'altro avrebbe potuto pensare?

"Haruno?" la chiamò la Mizukage, che era ancora in attesa di una risposta.

"Non penso che tutto questo sia necessario" cercò di obiettare Tsunade, vedendo la sua allieva in procinto di crollare "non stiamo giudicando la condotta di Sakura"

"Tsunade-sama" un sussurro, appena percettibile scaturì dalle labbra della ragazza " risponderò alle loro domande" concluse prima di alzare lo sguardo, carico di astio, verso i suoi inquisitori.

Naruto provò una profonda pena per la sua compagna. Come lei, non aveva preso in considerazione la possibilità che quel discorso venisse fuori. Lui lo aveva rimosso nello stesso istante in cui l'aveva accusata di mentire a se stessa. Certo, gli avrebbe fatto piacere se fosse stato vero, ma conosceva troppo bene Sakura per credere davvero che il suo cuore avesse smesso di sperare nel ritorno di Sasuke e avesse visto in lui la persona da amare.

"Naruto mi aveva promesso che avrebbe riportato a casa Sasuke-kun e io non volevo che corresse altri rischi, era troppo importante per il Villaggio" rispose con decisione.

"Perché pensava che fosse compito suo uccidere l'Uchiha. Non era forse questo che lei e gli altri suoi compagni avevate pianificato?"

Non riusciva a capire che gusto ci provasse la Mizukage a metterla in difficoltà. Dove voleva arrivare?

Volse leggermente lo sguardo verso Sasuke. Era impassibile. I suoi occhi non tradivano alcun tipo di emozione e così il suo viso, imperturbabile. Sembrava non stesse neanche ascoltando, che fosse da un'altra parte, che quella storia non gli riguardasse affatto.

"Sì" rispose con un filo di voce, rivolta più a lui che ai suoi veri interlocutori.

Lei era intenzionata a ucciderlo. Non voleva che lui e Naruto si scontrassero e che il secondo dovesse portarne il peso, ma quando si era ritrovata lì, davanti a lui...

" Hai tramortito i tuoi compagni e sei andata ad affrontarlo da sola, ammirevole." continuò la Mizukage che non sembrava ancora soddisfatta.

"Mei, credo che stiamo girando intorno al problema" la redarguì Gaara che era stufo di quell'inutile sceneggiata che stava solo creando tensione.

"Ho quasi finito, Kazekage. Il punto è questo: quando hai raggiunto il luogo in cui l'Uchiha aveva affrontato Danzo cosa è accaduto?"

Ecco dove voleva arrivare.


Sasuke-kun ho deciso di seguirti! Volterò le spalle a Konoha.”

Se solo... se solo riuscissi a pugnalarlo, sarebbe tutto finito”


La luce accecante di un chidori e un kunai puntato alla gola. Due immagini ancora troppo nitide nella sua memoria.

"Quando sono arrivata Sasuke Uchiha non era lì e neanche Danzo" mentì, di nuovo, sicura che Kakashi e Naruto non l'avrebbero contraddetta.

"Sei sicura di quello che stai dicendo?" le chiese la Mizukage, assottigliando lo sguardo.

"Sì" affermò con decisione, guardandola dritta negli occhi.

"Karin Uzumaki ha riferito di essere stata salvata da una Kunohici dai capelli rosa" le comunicò la donna, dopo aver sfogliato alcuni fascicoli.

"La ragazza era priva di sensi quando l'ho trovata. L'ho curata e condotta a Konoha." doveva mantenere la calma e rispondere con coerenza, nonostante la paura che Karin avesse potuto raccontare una versione diversa.

La Mizukage guardò i suoi colleghi e Sakura iniziò seriamente a temere che avessero scoperto che stava raccontando solo delle menzogne.

"La versione coincide"dichiarò, con il sollievo di tutti "Pertanto, Danzo Shimura potrebbe anche essere stato ucciso da qualcun altro"

Sakura finalmente riuscì a incurvare le labbra in un sorriso. Aveva mentito di fronte ai cinque Kage, ma lo aveva fatto per una buona causa – un'ottima causa.


"Sono stato io a uccidere Danzo"


La stessa ottima causa che aveva proferito quelle parole con voce chiara.


"Allora l'Haruno ha mentito?" chiese il Raikage già visibilmente alterato.

Sakura e Naruto si voltarono verso Sasuke con occhi sbarrati. Lui che non era solito essere di tante parole, proprio adesso aveva deciso di parlare? Non poteva stare zitto?

"Non ho mentito!" Non andava bene, non andava bene per niente. L'affermazione di Sasuke non solo dava la conferma che fosse un assassino, ma faceva passare anche lei da bugiarda.

"Danzo Shimura meritava di morire" continuò l'Uchiha, incurante degli sforzi fatti precedentemente dalla sua compagna di Team e da tutti gli altri per creargli un alibi.

"E per quale motivo?" chiese il Tsuchikage che non aveva mai avuto grande stima per lo Shimura.

"Ha ordito un complotto ai danni del Clan Uchiha. E' stato lui a ordinare il massacro, lui e i consiglieri del Terzo" questa volta fu Naruto a intervenire.

Sakura aveva intuito qualcosa circa quella storia proprio nel Paese del Ferro, ma una volta tornati a Konoha , l'imminente guerra non le aveva dato la possibilità di approfondire il discorso con Naruto, anche perché Kakashi era stato molto chiaro in merito alla segretezza di quelle informazioni che avevano ottenuto.

"Il Clan Uchiha è stato sterminato da Itachi Uchiha, Naruto! Cosa c'entra Danzo in tutto questo?" La domanda del Tsuchikage era effettivamente pertinente, cosa ne potevano sapere loro della politica interna di Konoha? Non potevano essere a conoscenza dei complotti del capo della Radice.

Naruto raccontò loro la storia di Itachi, di come avesse sventato la guerra civile sterminando la sua stessa famiglia; di Danzo e dei consiglieri che si erano opposti a una linea diplomatica con il Clan che minacciava un colpo di stato e avevano, infine, optato per il totale annichilimento dello stesso proprio per mano di un consanguineo.

"Se quello che dici è vero, perché non ha ucciso anche suo fratello? Era pur sempre un Uchiha."

"Perché mi amava" rispose Sasuke, spiazzando tutti, Sakura compresa, che incominciò a capire cosa avesse spinto davvero il ragazzo alla follia.

"Chi erano gli altri due consiglieri? Sono ancora vivi?" chiese immediatamente il Tsuchikage, spinto dalla curiosità di appurare se le parole di quei ragazzi fossero vere.

"Homura Mitokado e Koharu Utatane. Sono vivi e vegeti" rispose Tsunade con gioia – la Utatane non le era mai stata particolarmente simpatica.


"Convocateli immediatamente!"


-§-



I due consiglieri, scortati da due anbu, fecero il loro ingresso nella sala.

Sasuke appena ebbe la possibilità di posare gli occhi su quei due vecchi, i cui nomi comparivano sulla sua lista nera intitolata “Vendetta”, fu tentato di saltargli addosso e porre fine alle loro inutili vite. Meritavano di fare la stessa fine di Danzo, se non peggiore. Almeno lui si era preso la responsabilità delle sue azioni e lo aveva affrontato a viso aperto, mentre quei due insetti che adesso si nascondevano dietro i Kage, continuavano a mostrare quell'arroganza che li aveva sempre contraddistinti.

Si ricordava di loro.

Quando il Terzo Hokage aveva promesso che si sarebbe preso cura di lui, loro erano presenti e avevano annuito, fingendo dispiacere per il povero orfano.

Falsi, meschini, insetti.

Nessuna punizione sarebbe stata in grado di soddisfare il suo desiderio di giustizia per i suoi genitori e per suo fratello. Avevano costretto Itachi a fingersi un traditore, a sterminare il suo intero Clan e ora, erano davanti a lui come se nulla fosse accaduto e lo guardavano con disgusto.

Gli unici traditori in quella stanza erano solo loro e Sasuke si persuase di mantenere la calma per dimostrare che fosse così. I cinque Kage dovevano sapere chi fossero quei due individui che per troppo tempo avevano tramato alle spalle del Villaggio, ordendo complotti, ordinando stragi, spinti dalla sete di potere e non dal desiderio di proteggere Konoha. Avevano stretto un patto con il diavolo per continuare indisturbati a governare, ma avevano sottovalutato la tenacia dell'Uchiha e soprattutto che Danzo potesse aver confessato quanto accaduto.


Perché, Itachi?

Per quale ragione ti sei disturbato a salvare la vita a questo patetico moccioso?

Osservalo, guarda ciò che è diventato: il tuo unico... il tuo solo... fallimento.”


Sasuke strinse i pugni e serrò la mascella, ricordando l'immagine del braccio di Danzo ricoperto dagli sharingan sottratti ai membri del suo Clan. Cercò disperatamente un appiglio a cui aggrapparsi per mantenere la calma, ma in quella sala, per lui, erano divenuti tutti di nuovo degli estranei. Nessuno dei presenti avrebbe mai potuto capire quanto odio avesse covato per quei due individui e di come si stesse facendo di nuovo strada nel suo sangue.

Gli sarebbe bastato attivare lo sharingan per carbonizzarli o rinchiuderli in un'illusione; avrebbe potuto mostrargli Itachi, come aveva fatto con Namura e provare quello stesso piacere nel leggere nei loro occhi il terrore. Il fantasma di suo fratello avrebbe avuto tutte la ragioni per perseguitarli e lui, in questo, gli avrebbe potuto dare una mano se solo Naruto non avesse risvegliato in lui il desiderio di ricominciare e gettarsi alle spalle tutto quel dolore. Lui e Sakura erano al suo fianco, Sakura aveva addirittura mentito per lui. Le cose non erano andate come lei aveva raccontato, o meglio, aveva omesso una parte che agli occhi dei Kage, tranne a quelli di Kakashi, sarebbe stata la prova lampante che lui fosse davvero un nukenin. Lo scontro con Naruto era stato visto come un acceso scambio di opinioni tra due rivali, la causa non era stata spiegata nei minimi particolari, ma aver tentato – premeditatamente – di togliere la vita a una sua compagna di squadra, sarebbe stato considerato un gesto imperdonabile e avrebbe sancito la sua condanna. Le motivazioni che avevano spinto Sakura a mentire non riusciva a comprenderle: dopo tutto quello che le aveva fatto come poteva ancora proteggerlo? E anche la versione di Karin non lo convinceva totalmente dato il carattere vendicativo della ragazza. Ma se per il momento almeno quella faccenda sembrava essere stata archiviata – o da espletare in un altro momento, da solo, con la sua compagna di Team – adesso era necessario dimostrare che quei due vigliacchi fossero colpevoli.

"Siete stati convocati perché nei vostri confronti sono state mosse delle pesanti accuse" comunicò loro il Raikage.

"Quali?" chiese Homura.

"Tradimento"

"Ci avete convocati mentre il Villaggio sta organizzando i funerali per gli shinobi morti in guerra per questa assurdità?" intervenne Koharu con disappunto, lanciando uno sguardo a Tsunade che cercava di nascondere la soddisfazione di vederla finalmente sul banco degli imputati.

La sennin era infatti a conoscenza da molto tempo degli imbrogli della Utatane, ma le continue scorribande di Sasuke e la successiva guerra, non le avevano consentito di appurare se quei due realmente c'entrassero qualcosa con lo sterminio degli Uchiha. Non aveva mai provato simpatia per quei due, soprattutto quando avevano definito Naruto un pericolo per il Villaggio e la cosa era reciproca, visto che l'Utatane non perdeva occasione per metterla in difficoltà o far prevalere la sua autorità.


"Cercheremo di fare in fretta" le rispose la Mizukage che avrebbe tanto voluto continuare a parlare di dichiarazioni di amore piuttosto che interrogare due vecchietti che a prima vista sembravano del tutto innoqui.

"Sarà meglio" ribatté immediatamente Koharu, incrociando le braccia.

Nessuno dei due si era voltato verso l'Uchiha, non lo avevano degnato neanche di un misero sguardo, forse anche per istinto di autoconservazione, sapendo cosa avrebbe potuto fargli anche solo con uno dei suoi occhi.

"Eravate a conoscenza dell'ordine dato a Itachi Uchiha di sterminare il suo Clan?" chiese lo Tsuchikage.

"No" rispose Koharu con decisione "Itachi Uchiha ha sterminato il suo Clan per diletto" aggiunse.

"Allora perché non ha ucciso anche a me?" ringhiò Sasuke, fregandosene altamente che quella sua domanda potesse essere vista dai Kage come un oltraggio.

"Noi facciamo le domande; Uchiha!" lo redarguì il Raikage.

"Non state facendo le domande giuste! Il Terzo Hokage era contrario a un atto di forza contro il mio Clan, ma loro hanno scelto di sostenere Danzo che da tempo aveva pianificato tutto. Il mio Clan veniva spiato da mesi e Kakashi Hatake può confermarvelo. Io l'ho visto!"

"E come avresti fatto?" chiese il Tsuchikage.

"Questi sono gli occhi di Itachi" rispose Sasuke, spalancando le palpebre in modo che lo sharingan e il rinnegan fossero ben visibili a tutti.

Nella sala ci fu un momento di silenzio in cui ognuno dei presenti poté ammirare da vicino i famosi occhi di Sasuke Uchiha, occhi assassini, colmi di odio e rabbia.

Avrebbe potuto spazzarli via con un solo battito di ciglia, ma non lo fece. Richiuse gli occhi e tentò di calmare il suo cuore che aveva iniziato a battere a una velocità inaudita ripensando a quando aveva deciso di farsi impiantare gli occhi di suo fratello per distruggere Konoha, per uccidere quell'uomo e quella donna che non sembravano affatto intimoriti da lui e che continuavano a guardarlo dall'alto in basso.

Tsunade prese la parola per spiegare ai presenti che era di uso comune tra gli Uchiha il trapianto degli occhi e che, in passato, i membri del Clan si uccidevano a vicenda pur di ottenere maggiore potere.

"Gli Uchiha hanno sempre avuto sete di sangue e di potere" sentenziò Homura con un tono quasi di disgusto.

"A quanto pare anche voi" questa volta fu Naruto a intervenire.

"Come ti permetti stolto ragazzino" inveì il vecchio.

L'aria si era fatta molto tesa, i consiglieri non sembravano affatto disposti a una confessione e Sasuke e Naruto si erano abbastanza scaldati da poter scatenare un putiferio da un momento all'altro.

Sakura aveva assistito in silenzio, cercando di capirci qualcosa, dato che nessuno si era preso la bega di spiegarle nulla. Gli occhi di Sasuke erano quelli di Itachi... le sembrò quasi assurdo, ma plausibile, dato che durante il loro breve e funesto incontro nel Paese del Ferro sembrava che Sasuke stesse perdendo la vista.

Volse lo sguardo verso di lui e fissò i suoi occhi per un istante, spinta dalla curiosità di riconoscervi dentro qualcosa di diverso. Aveva incontrato una sola volta Itachi ed era rimasta colpita proprio dalla somiglianza che c'era tra i suoi occhi e quelli di Sasuke: due pozze nere profonde e tristi, nelle quali si leggeva solo dolore. Itachi, come Sasuke, aveva imparato a mascherarlo dietro una coltre di impassibilità; aveva assunto il ruolo del nukenin, imparando a recitarlo alla perfezione, ma per Sasuke era stato diverso, lui non aveva recitato, lo era stato davvero.

Provò quasi ribrezzo per aver solo pensato a una cosa del genere. Davvero lo considerava un nukenin?

Non poteva avere dubbi proprio in quel momento.

Sembrò quasi che Sasuke si fosse accorto di quella sua improvvisa insicurezza, girandosi verso di lei e guardandola per la prima volta da quando erano lì. Lei non riuscì a reggere il suo sguardo intimorita dalla possibilità che lui potesse davvero leggervi quell'orrendo pensiero che aveva formulato poco prima. Se ne vergognava, ma in un'analoga situazione lui forse avrebbe reagito nello stesso modo, anche peggio. Dopotutto anche lui, prima di sapere la verità su Itachi, aveva pensato che fosse solo un assassino, che avesse sterminato il suo Clan solo per testare le sue capacità e che lo avesse lasciato in vita solo per un capriccio – almeno questo era quello che lei aveva saputo su quella storia. Il desiderio di vendetta che aveva spinto Sasuke a seguire Orochimaru, poteva anche condividerlo, ma tutto il resto no. Non riusciva a dimenticare che lui avesse cercato di ucciderla, né che avesse deciso di affrontare Naruto e men che meno ciò che le aveva mostrato durante l'illusione in cui l'aveva rinchiusa. Si rese conto che non fosse possibile per lei passare sopra a tutti quegli episodi solo perché lui le aveva chiesto scusa. Per quanto il desiderio di perdonarlo, in virtù della felicità di averlo ritrovato, fosse predominante, sarebbe riuscita davvero a far finta che niente fosse successo? Sarebbe riuscita a gettare nel dimenticatoio tutta la sofferenza che le aveva causato?

Non era certo quello il luogo, né il momento per porsi quel tipo di domande. Se i Kage avessero percepito un minimo di incertezza in lei, lo avrebbero sicuramente utilizzato a loro favore e non poteva permetterlo perché avrebbe potuto rispondersi solo ed esclusivamente dopo che tutta quella storiaccia fosse finita, quando avrebbe avuto la possibilità di parlare con lui, lontani da occhi indiscreti. Voleva capire, doveva capire, e questa volta lo avrebbe costretto a parlare, a spiegarle tutto, perché era stanca delle mezze verità, delle frasi senza senso e di sguardi che volevano dire tutto e niente. Voleva chiarezza da ogni punto di vista. Si sentiva così terribilmente stupida per aver scoperto di Itachi solo in quel frangente: Naruto non l'aveva ritenuta all'altezza di mantenere il segreto? Possibile che anche lui non avesse fiducia in lei? Se solo glielo avesse detto a tempo debito, lei non avrebbe...


"Penso che sia meglio fare una pausa" propose Kakashi, dato che l'aria nella sala stava diventando pesante.

Concordarono tutti. I tre ragazzi e Tsunade uscirono dalla porta principale, ritrovandosi nel corridoio. Per sicurezza, onde evitare che l'Uchiha potesse fare qualche pazzia, i due consiglieri furono condotti in una stanza adiacente, scortati dagli Anbu.

Sasuke si appoggiò con le spalle al muro, lo sguardo basso e furente. Si vedeva che fosse molto provato, non era ancora in forma, anzi non si sarebbe dovuto muovere dal letto e tutta quell'agitazione non gli aveva sicuramente giovato. Anche Naruto non aveva una bella cera e Sakura si chiese se la scelta dei Kage di tenere il processo proprio durante la loro convalescenza non fosse stata studiata: conciati in quel modo, anche se avessero sferrato un attacco, non sarebbe stato difficile arginarlo.

La ragazza evitò di avvicinarsi all'Uchiha, conoscendolo le avrebbe solo risposto male o non risposto affatto, quindi si diresse verso Naruto che come lui si stava risposando contro il muro, qualche metro più avanti.

"Perché non mi hai detto niente?" gli chiese senza tergiversare.

"Non potevo dirtelo"

"E quindi hai preferito farmi umiliare in quel modo e spingermi a..." Sakura si accorse di aver alzato il tono della voce e che Sasuke, pertanto, aveva alzato la testa e li stava guardando "... tu sai cosa" sibilò a denti stretti. Dopo il Paese del Ferro non avevano avuto più modo di parlarne, era vero, ma quello che adesso stava facendo infervorare Sakura era che Naruto non le avesse detto niente al momento opportuno, quando gli stava confessando il suo falso amore, prima di decidere di uccidere Sasuke. Quelle informazioni avrebbero cambiato tutto e lei si sarebbe concentrata a smascherare quei due malfattori e si sarebbe evitata una serie di umiliazioni che adesso le bruciavano come tizzoni ardenti nello stomaco. Senza contare che avrebbe potuto utilizzarle per far ragionare Sasuke, senza alcun kunai al collo e nessun gracchiante chidori da perdonare.

"Possiamo parlarne dopo?" le chiese Naruto, visibilmente stressato e allo stesso tempo preoccupato per come si stavano mettendo le cose.

Non c'era modo di dimostrare che quello che lui e Sasuke sostenevano fosse vero e quei due loschi vecchietti non avevano nessuna intenzione di confessare – sarebbero stati pazzi a farlo.

"Che pensi di fare Sas'ke?" gli chiese, mettendo quindi a tacere Sakura che si ripromise di riaprire l'argomento in un altro momento.

Sasuke non gli rispose. Anche lui non aveva idea di come costringere quei due ad ammettere di essere stati i mandatari dello sterminio. L'ipotesi di utilizzare lo sharingan non era da prendere in considerazione: in quella stanza conoscevano tutti il potere illusorio dei suoi occhi e quindi avrebbero pensato di sicuro che avesse manipolato le immagini a suo piacimento. Tuttavia...

"Ascoltatemi" tuonò improvvisamente Sasuke.



-§-



Rientrati nella sala riunioni, Tsunade prese immediatamente la parola.

"Se non avete altre domande, vorrei che l'Haruno tornasse ai suoi doveri" comunicò, lasciando Sakura basita per quella richiesta.

"Ma io..." tentò di opporsi. Voleva rimanere lì, al fianco di Sasuke.

Tsunade la fulminò con lo sguardo, per poi riportarlo sui cinque Kage, che dopo aver confabulato per alcuni minuti, diedero il loro consenso.

"Andiamo Sakura" la invitò ad alzarsi, ma lei non voleva saperne.


"Ho solo una possibilità per dimostrare che quello che abbiamo detto è vero,

ma ho bisogno che creiate un diversivo"

"Se non dovesse funzionare ti decapiteranno sul serio questa volta"

"Correrò il rischio baka"


Come previsto si era creato un po' di caos in quanto i Kage cercavano di sollecitare Sakura a ubbidire agli ordini e lei continuava a sbraitare che non aveva alcuna intenzione di muoversi da lì. Naruto, a quel punto, si era alzato e si era diretto verso la ragazza con l'intento di farla ragionare. Sasuke aveva sfruttato quell'attimo in cui l'amico era transitato davanti a lui, nascondendolo alla vista dei Kage, per attivare lo sharingan quel tanto che bastava per rinchiudere la vecchia Koharu in un'illusione, disattivandolo subito dopo.

Un tonfo sordo attirò l'attenzione di tutti.

La vecchia era stramazzata al suolo con gli occhi spalancati, vitrei.

Un ghigno comparve sul volto di Sasuke, mentre Homura, atterrito, si abbassava su di lei, prendendola tra le braccia.

"Che cosa le è successo?" chiese il Kazekage, pensando a un normale malore.

Quando la donna iniziò ad avere le convulsioni, fu chiaro a tutti ciò che era accaduto, soprattutto a Homura.

"E' stato lui" urlò, indicando Sasuke "Ha usato lo sharingan su di lei" continuò, mentre i Kage si voltavano verso Sasuke che aveva un' espressione più che soddisfatta dipinta sul volto.

"Ha avuto quello che meritava" gli rispose l'Uchiha, mostrando un ghigno sadico.

"Sasuke Uchiha, hai decretato la tua condanna a morte" La voce del Raikage fece tremare i muri e anche le membra di Sakura che non aveva osato opporsi a quell'idea assurda e che, pertanto, ora temeva per la vita del compagno.

"Almeno morirò soddisfatto"

"Sciogli subito l'illusione, Sasuke" lo minacciò Kakashi che, all'oscuro di tutto, iniziava a credere che questa volta fosse davvero spacciato.

"Non ne ho alcuna intenzione Kakashi" gli rispose con freddezza tale che Sakura rabbrividì udendo quel tono di voce che le ricordava quello da lui utilizzato proprio nel Paese del Ferro. Ricordava la sua risata isterica e quella voce, così vuota e fredda da non sembrare neanche la sua.

"Tu, lurido verme" inveì Homura "Abbiamo sbagliato a consentire a Itachi di risparmiarti la vita. Sapevamo che un bastardo Uchiha ancora vivo avrebbe portato solo sventure al Villaggio"

Non fece neanche in tempo a finire la frase che Koharu aveva sbattuto le palpebre.

Ormai era troppo tardi per ritrattare, aveva confessato, spinto dalla rabbia verso quel Clan che aveva sempre ritenuto una minaccia per Konoha.

I Kage rimasero a bocca aperta, non aspettandosi affatto che le parole dei due ragazzi si rivelassero vere.

" Homura Mitokado e Koharu Utatane, verrete scortati presso la prigione di Konoha in attesa del nostro giudizio." dichiarò Kakashi, in tono solenne "Portateli via" ordinò ai due ambu che sollevarono di peso la donna e presero per un braccio l'uomo che continuava a guardare con odio l'Uchiha.

Lo shock per quello che era accaduto, fece calare un silenzio di tomba sulla sala. Nessuno sapeva più cosa credere e gli ultimi sviluppi avevano fornito delle attenuanti al comportamento tenuto dall'Uchiha. Punirlo, a questo punto, sarebbe stata l'ennesima ingiustizia nei confronti di un ragazzo che aveva patito già troppa sofferenza.

"Potete andare anche voi" comunicò il Raikage, rompendo il silenzio. I tre ragazzi lo guardarono sospettosi e increduli. "Abbiamo bisogno di un po' d tempo per riflettere sul da farsi, quindi per il momento non vedo la necessità di farvi rimanere. Uchiha, ti comunicheremo quanto prima la nostra decisione" concluse, massaggiandosi le tempie che sembravano scoppiargli.

I tre ragazzi e Tsunade uscirono quindi dalla sala e percorsero il lungo corridoio che portava al di fuori del palazzo.

"Alla fine ha funzionato!" esclamò Naruto con un sorriso.

"Sì, ha funzionato" convenne Sasuke, molto soddisfatto anche se conscio del fatto che quel poco di giustizia che aveva ottenuto non avrebbe mai potuto riportargli indietro i suoi cari. Quest'ultimo pensiero lo fece rabbuiare, cosa che non passò inosservata a Sakura che poteva solo immaginare quello che passasse per la testa dell'Uchiha.

"Andiamo a mangiare da Teuchi?" propose Naruto con entusiasmo.

"Con un solo braccio sei capace di mantenere la scodella?" gli chiese Sakura ironicamente.

"Per mangiare il ramen mi serve solo la bocca Sakura-chan"

"Credo che vi dovrete accontentare del pranzo dell'ospedale perché voi due avete ancora bisogno di cure." li interruppe Tsunade che camminava a passo deciso davanti a loro.

"Ma Ba-chan! Io voglio il ramen! Diglielo anche tu Sakura-chan!" piagnucolò il biondo, cercando di ingraziarsi la Kunoichi che aveva smesso di ascoltarlo da un pezzo, troppo presa a guardare Sasuke.


"A cosa stai pensando Sasuke-kun?





Angolo Autrice


Buonasera!

Capitolo lunghetto rispetto ai miei standard, ma dividerlo ancora mi sembrava un'assurdità.

Il processo è giunto al termine... ne siamo sicuri? Seguendo quanto detto nel 699 da Kakashi, manca ancora una parte e non preoccupatevi, ci sarà. I consiglieri hanno vuotato il sacco... certo non in modo canonico, ma con il metodo Uchiha – infallibile direi.

Spero che questa parte vi sia piaciuta perché se devo essere sincera non ero molto convinta di volerla inserire anche se è uno di quei famosi buchi Kishimotiani che meritava un po' di spazio. La riflessione che ho fatto è la seguente: dopo che Sasuke ci ha triturato gli zebedei con la faccenda di Itachi e della vendetta, possibile che i due vecchiacci malefici e lo stesso Itachi non siano stati neanche menzionati alla fine del manga? Da cui sono sorte le seguenti domande:

  1. Itachi per l'opinione pubblica è rimasto un nukenin?

  2. Quei due vanno tranquillamente a farsi le terme e a mangiare il ramen come se non avessero avuto alcuna colpa?

Quando ho iniziato a scrivere questa fan, l'ho fatto con l'intento di darmi delle risposte a ovvi quesiti nati dopo la fine del manga e spero che queste mie supposizioni aggradino voi lettori. Per farla breve... sto scrivendo il mio finale di Naruto... e il seguito - ovviamente. So che alcuni capitoli potranno sembrare noiosi, ma non temete, ci sarò tanto sasusaku(lo scopo è quello) quindi per l'ennesima vi chiedo di avere fiducia in me, di accompagnarmi in questo viaggio e di sostenermi con i vostri consigli e i vostri commenti.

Vi mando un bacione.


Blueorchid31

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** #5 Ad ogni azione corrisponde un'azione pari e contraria ***




#5 Ad ogni azione corrisponde una reazione pari e contraria.

(Terzo Principio della dinamica)







Erano passati tre giorni, tre lunghi giorni e nessuno si era fatto vivo. Sicuramente tutto quel tempo per decidere cosa fare della vita di Sasuke Uchiha doveva essere stato assolutamente necessario: era un pericoloso nukenin, una mina vagante – un mezzo psicopatico. Come minimo meritava di marcire a vita nelle segrete di Konoha o di essere lanciato con una corda al collo dal Monte degli Hokage o , nella migliore delle ipotesi, spedito a Kumo a fare da pungiball per il Raikage. Sicuramente il destino di Sasuke Uchiha poteva considerarsi segnato.



- § -



"Quindi sei stato prosciolto da tutte le accuse"

Sasuke, seduto finalmente su un vero letto, in una stanza singola dell'ospedale di Konoha, alzò lo sguardo verso il suo sensei che quella mattina, tre giorni dopo il processo - giusto il tempo che la vecchia si riprendesse dal mangekyou - si era recato da lui per dargli quella che, a suo dire, era una bella notizia. Appena entrato, aveva poggiato le spalle al muro, incrociato le braccia e chiuso gli occhi. Sasuke non aveva capito se quell'atteggiamento fosse stato studiato per creare suspense o per farlo sentire in colpa, un altro po'. Fatto sta che il neo Hokage era rimasto in quella posizione, in silenzio, per alcuni minuti e Sasuke aveva concentrato lo sguardo fuori dalla finestra non mostrando alcun tipo di emozione - come sempre. In fondo non gli interessava se la sua vita da quel momento in poi sarebbe cambiata: se fosse stato rinchiuso a vita in una prigione o addirittura giustiziato; ciò che gli premeva di sapere sopra ogni cosa era la decisione che i Kage avessero preso in merito ai consiglieri.

Quando Kakashi aveva iniziato a parlare, rifilandogli una concisa quanto sentita ramanzina sulla fiducia, sul Team e su quanto fosse stato imbecille - aveva anche lui qualche sassolino dal calzare da togliersi - lui aveva continuato a tenere lo sguardo fisso verso la finestra, ascoltando ogni singola parola anche se in apparenza sembrava come se fosse in un mondo tutto suo. Kakashi interpretò - o meglio decise di interpretare - quell'atteggiamento come prova che fosse pentito o che comunque il suo discorso avesse stimolato in lui una profonda riflessione.

"I consiglieri sono stati mandati in esilio." gli aveva comunicato, sperando che almeno quella notizia provocasse una qualsivoglia reazione. Sasuke aveva stretto appena il lenzuolo con la mano destra, probabilmente deluso. Kakashi non si dilungò sui particolari della diatriba da cui era scaturita quella decisione: la mancanza di prove effettive e l'età avanzata dei due erano state le attenuanti che avevano ridotto la pena da "condanna a morte per alto tradimento" a "esilio". Veder rotolare le teste di quei due cospiratori sarebbe stata una soddisfazione anche per lui, dato che la loro pessima gestione della "situazione Uchiha" aveva portato allo scioglimento del suo Team e a tutta la sofferenza che ne era conseguita per ogni singolo membro.

"Il luogo abbiamo deciso di tenerlo segreto, tante volte ti venisse la brillante idea di farti giustizia da solo" tenne a precisare.

Sasuke sperò di non venire mai a conoscenza di dove fossero i due consiglieri perché anche se aveva capito che la vendetta non portava mai a felici conseguenze, era perfettamente cosciente del fatto che se per adesso potesse quasi affermare con sicurezza di riuscire a tenerla a bada, non era certo che sarebbe stato così anche in futuro.

Ma fu la conclusione del discorso, la decisione dei Kage, che lo scosse da quel torpore autoindotto.

Non aveva preso in considerazione l'ipotesi che potessero riservargli un simile trattamento di favore. Addirittura "prosciolto da tutte le accuse". A cosa doveva una simile clemenza?

"So cosa ti stai chiedendo, Sasuke. Francamente anch'io non pensavo che l'avresti passata liscia" confessò l'Hokage, sorridendo sornione.

"Cosa è successo?" chiese, quindi, l'Uchiha, incredulo e frastornato.

"A quanto pare qualcuno deve aver messo una buona parola, assicurando che nel caso in cui dovessi nuovamente perdere la retta via, riuscirebbe a fermarti"

Il baka.

" e qualcun'altro deve aver fatto da garante data la sua posizione."

Lui.

"per non parlare di qualcun'altro che ha addirittura mentito per darti una chance"

... Sakura...

"Anche lo stratagemma del mangekyou é stato una bella trovata, ma penso che sulla decisione finale abbiano avuto un ruolo importante i tuoi legami"

Legami...

Kakashi non aveva scelto a caso quel termine.

"Vi ringrazio e vi chiedo scusa per il fastidio che ho arrecato" disse l'Uchiha, abbassando lo sguardo, sinceramente dispiaciuto, mentre nella sua mente continuava a rimbombare quella parola alla quale non riusciva ancora a dare una definizione.

"Avrai modo di sdebitarti." ribatté l'Hatake staccandosi dal muro e avvicinandosi al letto "Penso che sia prematuro chiederti cosa hai intenzione di fare adesso. Per qualsiasi cosa sappi che puoi rivolgerti a me." concluse, incurvando le labbra sotto la maschera in un sorriso rassicurante.

"Lo farò. Grazie." e abbozzò a sua volta un sorriso incerto.

"Adesso scusami, devo proprio andare. La Mizukage ha convocato Sakura e ha chiesto che io sia presente" un colpo basso, molto basso. Avrebbe potuto tranquillamente evitare di dirglielo, ma voleva dimostrargli che ogni decisione giusta o sbagliata portava a delle conseguenze e che, quindi, da quel momento in poi, il suo allievo avrebbe dovuto imparare ad agire diversamente.

"Aspetta!"

Kakashi ghignò sotto la maschera e lo accontentò.

"Cosa c'è, Sasuke?" gli chiese con sadica curiosità, voltando appena il capo sopra la spalla nella sua direzione.

"Perché la Mizukage vuole parlare con lei?"

Gli porse la domanda con urgenza, preoccupazione, sentendo lo stomaco attorcigliarsi su se stesso.

"Davvero non lo sai?" si stupì Kakashi, voltandosi di quarantacinque gradi per scrutare meglio il ragazzo che aveva preso di nuovo a stringere il lenzuolo con la mano destra. Era teso, agitato: sapeva benissimo quale fosse il motivo per il quale la donna aveva convocato Sakura, ma forse, in cuor suo, sperava di non essere stato di nuovo la causa dei problemi della ragazza.

"Ha mentito, Sasuke. La Mizukage ha fatto finta di niente quel giorno; il motivo per cui l'ha fatto mi è oscuro e anche se il rapporto di quella missione è misteriosamente scomparso, le versioni di Inuzuka e della Uzumaki non combaciavano con quella di Sakura." gli spiegò con calma.

"Tsk! Quella stupida" sibilò Sasuke con rabbia.

"Già" convenne l'Hatake "É stata davvero una stupida a cercare di farti sembrare migliore di quello che eri e non aggravare ulteriormente la tua posizione" argomentò ironico, riprendendo a camminare verso la porta con le mani in tasca.

"Che cosa le può accadere?" chiese ancora l'Uchiha, colpito in pieno dalle parole del sensei che evidentemente aveva poco gradito l'epiteto utilizzato nei confronti di Sakura. In realtà Sasuke non voleva essere offensivo, anzi, ma come sempre si era espresso nel peggiore dei modi. L'Hatake aveva finto di fraintendere le sue parole: sapeva che la stupidità a cui si riferiva Sasuke risiedesse nel fatto che si fosse esposta per dargli una mano.

"Penso che al massimo la Mizukage possa chiedermi di degradarla." gli rispose, impugnando la maniglia.

"Non lo farai, vero?" domandò l'Uchiha, allarmato.

Kakashi si strinse nelle spalle, varcando la soglia della porta.

"Gli sbagli si pagano, Sasuke" concluse, lanciandogli un eloquente sguardo prima di sparire nel corridoio, lasciando il ragazzo a cuocere nel suo brodo di rimpianti e sensi di colpa.

"Dannazione!" ringhiò, gettandosi a peso morto sul letto.



- § -



"É permesso?"

"Prego, Haruno. Accomodati pure. L'Hokage non è ancora arrivato, ma penso che possiamo cominciare anche senza di lui" le disse la Mizukage, seduta alla scrivania di Kakashi con le mani incrociate, poggiate davanti a lei. Il viso era serio e Sakura iniziò a temere il peggio.

Non rimpiangeva nulla di quello che aveva fatto, né di aver mentito, né di aver creato il diversivo per consentire a Sasuke di utilizzare lo sharingan sull'Utatane e se la Mizukage e Kakashi avessero deciso di punirla lo avrebbe accettato senza fiatare.

"Perché mi ha convocata Mizukage-sama?"

Meglio arrivare subito al sodo.

"Hai mentito" rispose la donna, fondendo il verde dei loro occhi.

"Sì, è vero, è così" confessò, mestamente.

La Mizukage rimase un attimo spiazzata: non si aspettava una confessione immediata. La guardò abbassare gli occhi e il capo, in attesa forse di una punizione.

"Non preoccuparti" la rassicurò "lo sapevo. E ho molto apprezzato che tu abbia subito ammesso la tua colpa."

Questa volta fu Sakura a mostrarsi sorpresa: se la Mizukage era al corrente del fatto che lei avesse mentito, perché non l'aveva sbugiardata davanti a tutti?

"M-ma..."

"Ma non ho detto nulla perché Tsunade-sama mi aveva messo al corrente di alcune cose." e le sorrise con complicità.

Cosa Tsunade-sama le avesse raccontato, Sakura preferì non saperlo perché era più che sicura che sarebbe stato per lei un argomento imbarazzante e umiliante da affrontare.

"Resta comunque il fatto che hai mentito" si affrettò a sottolineare Mei "anche se per una buona causa"

"Ha perfettamente ragione Mizukage-sama e sono pronta a qualsiasi punizione lei voglia infliggermi"

La donna scoppiò a ridere sguaiatamente, portandosi una mano davanti alle labbra.

"Ma quale punizione? Non essere sciocca!"

Non voleva punirla? Allora cosa voleva?

Sakura iniziò ad avere un terrificante sospetto.

"Ti ho convocata, Haruno, perché vorrei che mi raccontassi per filo e per segno la tua turbolenta storia con l'Uchiha. Non si parla di altro nel Villaggio, persino i tuoi compagni di Accademia mi hanno raccontato dei retroscena molto interessanti. Io sono una patita di storie d'amore travagliate. Vedi, anch'io vorrei trovare l'amore."

Sakura non riusciva a credere alle sue orecchie: in pratica era lo zimbello, anzi no, il fenomeno da baraccone del Villaggio, un'attrazione autoctona. Inoltre, vedere gli occhi della Mizukage diventare improvvisamente a cuoricino le aveva creato una profonda sensazione di nausea.

Ma non aveva faccende più importanti di cui occuparsi?

"Inuzuka..."

Cane maledetto!

"Inuzuka, mi ha accennato che ti sei innamorata dell'Uchiha quando eri molto piccola..."

Sakura sarebbe voluta sprofondare fino al centro della terra e poi più giù all'inferno, casomai, dove nessuno avrebbe potuto più trovarla.

Che vergogna!

"Scusate il ritardo!"

La voce di Kakashi. Era salva! Il suo sensei non avrebbe mai acconsentito a quell'assurditá.

"Oh, Hokage!" esclamò Mei che sembrava in preda a una furente crisi ormonale.

"Tutto apposto, Sakura?" chiese alla sua allieva che nicchiò un "Credo" non molto convinto.

"Oh, sì, sì, Hokage, va tutto benissimo. Io e la sua allieva ci siamo capite alla perfezione" cinguettò la Mizukage che non vedeva l'ora di toglierselo di torno.

"Allora, se non avete bisogno di me, mi dedico a qualcos'altro"

Kakashi non riuscì a interpretare lo sguardo terrorizzato di Sakura che cercava di dirgli "No, ti prego, non lasciarmi con questa pazza!" , pensando che fosse dovuto alla tensione accumulata in quei giorni e a Sakura non rimase altro che vederlo andar via e abbassare il capo in segno di resa incondizionata.

Non aveva più scampo.



- § -



Alcune ore e molte umiliazioni dopo, Sakura uscì dal palazzo dell'Hokage totalmente svuotata, come dopo una seduta dallo psicologo. Era stata costretta a ripercorrere nei minimi particolari - perché la Mizukage era ben informata - tutta la sua tragica e turbolenta "non storia" con Sasuke Uchiha che non solo aveva riaperto vecchie ferite, ma spalancato nuovi crateri una volta che la donna, capita la situazione, aveva iniziato a darle dei consigli e soprattutto dei giudizi assolutamente non richiesti.

Quindi Sakura si sentiva, sì svuotata, ma anche di merda.

Aveva bisogno di spaccare qualcosa: sentiva quel dolce formicolio nelle mani che le consentiva di passare da zero a "devastazione" in un millesimo di secondo.

Caso volle che lungo il percorso che dal Palazzo dell'Hokage conduceva all'ospedale, Sakura incontrò l'unica persona che avrebbe fatto meglio a starle almeno a duecento chilometri di distanza

Il pentito, lo spifferone...

"Kiba Inuzuka!" tuonò, facendo girare tutti i presenti verso di lei "Tu, cane pulcioso!"



- § -



Un gran baccano proveniente dal corridoio fece sobbalzare Sasuke che intento a scoprire i meandri della sua mente, si era addormentato.

Poco dopo udì la porta aprirsi e vide Naruto entrare di soppiatto.

"Ciao, teme!" lo salutò, avvicinandosi al letto "Come ti senti?"

"Bene, tu?" rispose brevemente - i convenevoli non erano la parte che preferiva dei discorsi e neanche le altre parti in verità.

"In formissima" rispose Naruto, alzando appena il braccio sinistro, diventando bordeaux in viso.

Il solito buffone.

"Vedo" constatò sarcastico l'Uchiha.

Un'altra serie di rumori inconsulti li fece girare verso la porta della stanza.

Sasuke la indicò all'amico con un cenno della testa. Troppo stancante chiedere:" Cosa sta succedendo?"

"Ah!" Naruto iniziò a grattarsi la testa "Sakura-chan ha pestato a sangue Kiba. L'hanno ricoverato con tre costole rotte e un trauma cranico. Poi è arrivata sua sorella Hana e adesso lei e Sakura-chan se le stanno dando di brutto. Mi sono rintanato nella tua stanza perché Sakura-chan ha scaraventato uno dei cani di Hana contro la porta della mia, facendo un buco enooorme!" e amplificò il concetto facendo roteare contemporaneamente occhi e testa e spalancando la bocca così tanto che Sasuke riuscì a vedergli le adenoidi.

Strinse le labbra per soffocare una spontanea risata che stava quasi per esplodere sia per il modo in cui Naruto aveva raccontato l'episodio, facendo trasparire tutto il suo terrore verso Sakura, sia perché quel chiacchierone dell'Inuzuka aveva avuto quello che si meritava.

"Sakura-chan a volte è... terrificante!" esclamò Naruto, rabbrividendo.

"Ho notato" convenne Sasuke, sinceramente divertito - solo dentro di sé naturalmente.

Tuttavia, si rabbuiò in fretta, collegando la "vendetta" di Sakura a un certo incontro con la Mizukage.

"Che ti prende, teme?" gli chiese il biondo, notando immediatamente il cambiamento di espressione del viso dell'amico. Sembrava preoccupato.

"Sai niente dell'incontro con la Mizukage?"

"Ah, sì. Kakashi-sensei mi ha accennato qualcosa"

Sasuke rimase in attesa, pensando che ne sapesse più di lui.

"Quindi?" fu costretto a incitarlo, dato che lui non accennava a voler parlare e lo fissava con gli occhioni azzurri sgranati come sotto l'effetto di un genjutsu.

"Quindi?" ribatté Naruto che, per l'appunto, non stava seguendo più il discorso.

"Ha detto che può essere degradata" e digrignò i denti per la rabbia.

" Sakura-chan sapeva a cosa poteva andare incontro e lo ha fatto lo stesso, ma figurati se Kakashi-sensei la fa punire!" tentò di rassicurarlo.

"Non è più Kakashi-sensei, ora è l'Hokage e per mantenere buoni rapporti con gli altri Paesi deve arrivare a compromessi" gli fece presente.

"Puah! Devi fidarti di più degli altri, stupido teme! É vero Kakashi-sensei ora è l'Hokage ma se la tua teoria fosse giusta a quest'ora la tua testa penzolerebbe dal naso di Hashirama Senju,

invece sei qui davanti a me a sparare cazzate!" sbraitò l'Uzumaki che al contrario di lui non sembrava affatto preoccupato.

Forse Naruto aveva ragione. Forse era lui ad avere una visione distorta delle cose, tuttavia non riusciva a farsi passare quel mal di stomaco che gli era scoppiato quando Kakashi gli aveva comunicato dell'incontro tra Sakura e la Mizukage. Francamente non riusciva a capire bene neanche perché si preoccupasse per lei - probabilmente durante lo scontro con Naruto doveva aver preso parecchie botte in testa.

La porta della stanza si aprì violentemente e comparve Sakura, con il fiatone, gli occhi iniettati di sangue, la casacca rossa strappata in più punti, il viso sporco e le parti esposte del corpo, in alcuni punti, mostravano delle escoriazioni; per non parlare dei capelli che erano un vero disastro.

"Baka!" tuonò "Che diavolo ci fai in piedi?"

Naruto divenne viola in viso e cominciò a tremare.

"Scusa, Sakura-chan, ma hai distrutto la porta della mia camera e poi da solo io... io mi annoio!" piagnucolò - come un poppante, osservò l'Uchiha.

"Fila immediatamente a letto, prima che ti ci rispedisca a suon di cazzotti!" lo minacciò la rosa, sventolandogli davanti alla faccia il suo famigerato pugno con il quale solo pochi istanti prima aveva steso Hana Inuzuka e i suoi tre cani.

"Ciao, teme" mormorò il biondo, a testa bassa.

"Passo dopo a controllare anche te!" si rivolse, infine, all'Uchiha, minacciosamente.

Sasuke raddrizzò la colonna vertebrale, non aspettandosi minimamente quel tono da lei. Forse Naruto ci era abituato, ma lui in tutto quel tempo si era perso così tante cose - come Sakura che pestava la gente - che rimettersi a pari non sarebbe stato facile.



- § -



Sasuke attese tutto il pomeriggio, invano, che Sakura passasse per il controllo di routine.

In realtà non era passata un anima viva, neanche a controllare che non fosse scappato di nuovo... neanche il dobe – i piaceri dell'uomo libero. Non che avesse voglia di vedere nessuno, men che meno Sakura, ma era curioso di sapere com'era andato il colloquio con la Mizukage, così, per puro spirito di partecipazione e non perché la sua coscienza continuava a ripetergli che se Sakura era stata degradata la colpa fosse solo sua. No, quello era un problema del suo stomaco che imperterrito non accennava a smettere di contorcersi.

Era giunta la sera e finalmente qualcuno si era degnato di presentarsi al suo cospetto: la Yamanaka.

Gli aveva portato la cena ed era rimasta a fissarlo per un buon quarto d'ora mentre lui con la perizia di un chirurgo divideva i pomodori dal resto della sbobba ospedaliera. Si aspettava qualche convenevole o non aveva nient'altro da fare? Si chiese Sasuke, che se possibile detestava essere fissato anche più della Yamanaka stessa. Il connubio delle due cose era un vero inno alla strage.

A un certo punto, con suo sommo sollievo, l'aveva vista alzarsi dalla sedia posta di fianco al letto e uscire dalla stanza, senza dire una parola - evento storico trattandosi di lei.

Aveva mangiato i pomodori e posato il piatto sul comodino: qualcuno sarebbe passato a riprenderlo prima o poi.

Di Sakura neanche l'ombra.

Pensò che avrebbe potuto chiedere alla Yamanaka dove fosse finita, ma preferiva di gran lunga rimanere nell'ignoranza che dare alla bionda materiale per spettegolare.

Rimase un po' a guardarsi in giro; tese l'orecchio per cercare di sentire qualcosa al di là della porta - si ricordava che Sakura fosse molto rumorosa - ; si passò la mano destra tra i capelli scoprendo di avere necessità di una doccia, una vera, non l'acqua scrosciante di una cascata che per quanto tonificasse il corpo e risvegliasse la mente rimaneva pur sempre gelida.

Prese una decisione; scostò le coperte e scese dal letto. Dopo tre giorni di riposo forzato si sentiva decisamente meglio: nessuna vertigine, qualche doloretto sparso tollerabilissimo e soprattutto riusciva ad alzare il braccio destro senza diventare bordeaux.

Capito dobe?

Dovette ammettere che le cure di Sakura e Tsunade avevano fatto miracoli.

Percorse il corridoio semibuio seguendo l'unica fonte di luce più intensa che proveniva da una stanza in fondo. Le altre, come la sua e quella dove Naruto stava rumorosamente russando, erano illuminate da lampade da notte.

Fece capolino in quello che sembrava un ambulatorio dato che vi era un lettino, un separé e una scrivania piena di scartoffie e cartelle cliniche, dietro le quali spuntavano dei ciuffi rosa molto famigliari.

Mosse un piede per ritornarsene a letto - con tutto quel lavoro in arretrato il controllino alle sue ferite in via di guarigione passava nettamente in secondo piano - quando sentì lo stridere di una sedia sul pavimento e dei passi concitati.

Sgattaiolò di corsa dentro la sua stanza e si rimise a letto, chiudendo anche gli occhi, memore della ramanzina che la rosa aveva fatto a Naruto quella mattina - non lo chiamavano genio a caso. Qualche secondo dopo, Sakura aveva aperto la porta , in punta di piedi, per non svegliarlo, si era avvicinata al letto e aveva iniziato a passare il chakra sul suo corpo, sostando nei punti dove ricordava ci fossero le ferite più gravi.

Sasuke, intanto, stava combattendo una guerra interiore per decidere se continuare a far finta di essere in fase rem o aprire gli occhi e chiederle quello che voleva sapere. Perché doveva essere così dannatamente difficile per lui comportarsi da persona normale?

Lei poteva definirla una sua amica (?), come il dobe, allora perché non riusciva a trattarla allo stesso modo? Forse erano state le sue ripetute dichiarazioni d'amore a creare quella barriera di costante imbarazzo. Naaa! Non si era creato quel problema quando le aveva chiesto scusa e le aveva sorriso con lo sguardo languido - a causa dell'emorragia, ovvio. Eppure si sentiva come bloccato con lei, non riusciva a creare un dialogo - senza ferirla - o a trattarla come un tempo - e meno male. Lei era Sakura, per tutti i Kami, la noiosa, insopportabile Sakura.

Doveva essere sicuramente un problema di coscienza: lui era consapevole di averla fatta soffrire ergo non poteva non essere gentile nei suoi confronti, ma siccome aveva dimenticato cosa significasse la gentilezza non sapeva proprio come prenderla. Era sempre stato un genio nell'analizzare le situazioni e non poteva assolutamente sbagliarsi.

Socchiuse impercettibilmente l'occhio sinistro - sentiva Sakura da quel lato del letto. Aveva il viso stanco e i capelli ancora arruffati dalla rissa con i fratelli Inuzuka, ma teneva lo sguardo fisso su di lui, sul suo corpo, seguendo la scia di chakra che lasciavano le sue mani. Delicatamente, dopo aver terminato di guarire il tronco, aveva scostato le coperte per passare alle gambe che non stavano messe poi tanto male e Sasuke approfittò del momento per spalancare entrambi gli occhi.

"Scusa, Sasuke-kun, non era mia intenzione svegliarti. Purtroppo mi era rimasto del lavoro in arretrato e sono potuta passare solo ora. Come ti senti, va meglio?"

Parlava sempre troppo.

"Mmh" annuì - giusto per rimanere fedele al discorso di prima.

"Bene, sono contenta! Kakashi mi ha detto che sei stato scagionato da tutte le accuse. É una splendida notizia, non trovi?"

Sì, parlava decisamente troppo - almeno in quello non era cambiata.

"Mmh"

E lui sempre meno - anche quello non era cambiato.

"Ho quasi finito, così puoi tornare a dormire. Un altro paio di giorni e poi potrete tornare... " Sakura stava per dire " a casa" , ma si era morsa la lingua: Sasuke non aveva più una casa. Il quartiere Uchiha era un ammasso di rovine e l'appartamento che il terzo gli aveva assegnato era stato dato a un altro ninja un anno dopo la sua fuga. Lei e Naruto si erano molto arrabbiati con Tsunade-sama per quella decisione.

"Potrete uscire da qui" si corresse, mordendosi il labbro inferiore per l'imbarazzo. Dopo la seduta con la Mizukage, il combattimento con gli Inuzuka e le cartelle cliniche, non riusciva più a essere molto lucida. Inoltre, curare Naruto e Sasuke richiedeva una grande quantità di chakra.

"Mmh"

Mr. Loquacità era proprio in vena di chiacchiere a quanto pareva. Quel suo "non parlare" creava in Sakura un tale stato di agitazione che persino il suo chakra aveva iniziato a risentirne.

"Com'è andata con la Mizukage?"

Le aveva fatto una domanda? Bontà divina, quello sì che era un evento!

"B-bene" balbettò, totalmente impreparata a quell'improbabile evenienza, ripercorrendo le tappe di quel calvario che aveva dovuto subire quella mattina.

"Ti hanno punita?"

Detto da Sasuke Uchiha, con la voce di Sasuke Uchiha, poteva anche sembrare sexy e quasi, quasi, Sakura rimpianse di non avere ricevuto alcuna punizione se non quella di essere stata costretta a raccontare la loro "non storia" a una perfetta sconosciuta, patita del drama e tendenzialmente ninfomane - ma questo si guardò bene dal raccontarglielo.

"No, mi hanno solo rifilato una bella ramanzina"

Bugiarda, ancora, ma sempre a fin di bene - stavolta il suo personale.

"Capisco."

Sakura pensò che la loro conversazione fosse terminata e dopo aver tirato nuovamente su le coperte, passò a togliere le fasce dal moncherino che aveva l'abitudine di lasciare sempre per ultimo.

A differenza delle altre ferite alle quali applicava il chakra per farle rimarginare, il moncherino esigeva un trattamento diverso volto a mantenere il punto in cui il braccio era stato amputato mediamente umido al fine di agevolare l'impianto che Tsunade-sama stava preparando. Quindi, ciò che Sakura solitamente somministrava era più un antidolorifico che un vero e proprio medicamento.

"Non avresti dovuto"

Sasuke aveva parlato, di nuovo, stando bene attento a mantenere lo sguardo puntato verso il muro e non verso di lei che gli era a pochi centimetri.

Per la seconda volta in quella assurda notte, Sasuke le aveva rivolto la parola. Se non fosse stata al limite delle forze, sarebbe corsa da Ino e l'avrebbe tenuta sveglia fino all'alba per raccontarglielo a random.

"Era necessario"

Non capì come le fosse venuta in mente una risposta del genere e men che meno capì la successiva reazione di Sasuke.

"Tu sai quello che è accaduto quel giorno, su quel ponte!" aveva ringhiato l'Uchiha, facendo scintillare l'occhio destro che ora era piantato in quelli di Sakura. La stava rimproverando? O semplicemente aveva voglia di rivangare quell'episodio che Sakura aveva strenuamente tentato di gettare nel dimenticatoio insieme alla panchina e al suo braccio conficcato nello sterno? Possibile che per lui fosse cosi difficile dare un taglio con il passato?

Ai suoi occhi doveva sembrare davvero una povera stupida visto che per lui portare rancore o meditare vendetta per un torto subito erano atteggiamenti più che normali. Lei non lo aveva perdonato, certo che no, quelle immagini sarebbero rimaste impresse nella sua memoria per sempre perché è nell'indole umana ricordare più facilmente ciò che ha provocato sofferenza piuttosto che gioia, ma aveva deciso di guardare avanti, di avere fiducia - per l'ennesima volta - nel futuro, che doveva per forza essere migliore. Era impensabile spiegare a Sasuke quel concetto perché era certa che non lo avrebbe compreso, non adesso: l'onta del fallimento bruciava ancora dentro di lui. Per quanto fosse stata felice di sentire la parola "scusa" fuoriuscire dalle sue labbra e vedere un sorriso sincero sul suo viso, Sakura sapeva che presto il subconscio di Sasuke si sarebbe nuovamente affollato di pensieri negativi, di fantasmi e di sensi di colpa e quella conversazione ne era la prova.

Non era né il momento, né il luogo per il chiarimento del secolo. Avevano cercato di uccidersi a vicenda e allora? Lui e Naruto si erano amputati un braccio, per tutti i Kami! Qual era la differenza?

Sakura era riuscita a coglierla, ma una parte di lei preferiva far finta di niente. La consapevolezza di non essere mai stata importante come Naruto per Sasuke, che non l'avesse mai considerata poco più di una compagna di team, portava inevitabilmente a un'unica devastante domanda: "Cosa rappresentava davvero lei per lui?" ; alla quale, ne era certa, non avrebbe ottenuto risposta e forse era meglio così. Si era illusa così tante volte di contare qualcosa per lui e puntualmente le sue aspettative erano state deluse. Sin dai tempi dell'accademia l'aveva considerata un impiastro, una piagnucolona appiccicosa, alla quale interessavano solo i capelli e i sentimentalismi; l'aveva accusata di essere una persona insopportabile e insensibile quando si era permessa di criticare Naruto, come se fosse stata una colpa quella di avere ancora i genitori.

Quel giorno, sul ponte nel Paese del Ferro, aveva creduto davvero di riuscire a fermarlo. Aveva sperato, ingenuamente, che fingersi decisa a tradire il Villaggio per seguirlo, sarebbe bastato per conquistare la sua fiducia e mille volte si era chiesta come sarebbero andate le cose se lui non avesse tentato di ucciderla. Sarebbe stata lei a ucciderlo? L'idea iniziale era quella, ma si era subito resa conto, appena lo aveva visto, che non fosse attuabile. Lo avrebbe seguito? Molto più plausibile. Sì, lei lo avrebbe seguito in capo al mondo, avrebbe mollato tutto per lui e non per una stupida infatuazione adolescenziale, ma perché lo amava, davvero, e sapeva che dietro a tutta quell'oscurità, c'era ancora il ragazzino imbronciato che passava il suo tempo sulla sponda del fiume o ad allenarsi con gli shuriken. Riusciva a scorgerlo nonostante il rivolo di sangue che scorreva dai suoi occhi assassini e anche dietro quella insana risata con la quale aveva sbeffeggiato Kakashi. Ed era proprio davanti ai suoi occhi, in quel momento, in attesa di una risposta.


"Ognuno di noi ha compiuto delle azioni giuste o sbagliate in base alle proprie emozioni."


Fu quella la sua risposta, a voce bassa, strozzata, con lo sguardo rivolto al moncherino che era la prova inconfutabile di quanto detto, consapevole che lui non l'avrebbe trovata soddisfacente.


"Un po' troppo diplomatica, non credi?"


"Forse" tagliò corto, ridestandosi da quel groviglio di pensieri e sentimenti che riaffioravano ogni qual volta lui le era vicino – e anche quando non lo era, in verità.

Sasuke non disse più una parola e lei ne fu quasi sollevata. Avrebbero avuto modo di parlare di tutto, ma in un secondo momento, quando le ferite non sarebbero più state così fresche e gli animi, ancora così dannatamente inquieti.

Gli fasciò il braccio e dopo aver raccolto le garze vecchie, uscì silenziosamente dalla stanza, lasciando Sasuke in un confuso stato emotivo – più del solito.

Appena fu di nuovo nel corridoio semibuio, Sakura si portò una mano al petto, il suo cuore sembrava in procinto di esplodere: non era pronta, non lo era per niente.




....... § .......



Angolo Autrice

Ringrazio l'influenza per avermi consentito di aggiornare anche questa fan! :-)

Detto tra noi, la adoro, sia perché è ambientata nel post-shippuden e nonostante io ami molto scrivere anche le au questo contesto rimane sempre il mio preferito, sia per i film mentali che mi porta a fare. Ho un'idea molto chiara su come evolverà questa storia, tuttavia sto riscontrando parecchie difficoltà perché colmare il buco temporale tra il 699 e il 700 non è affatto semplice. Si rischia di cadere nel fangirlaggio puro e non è questo il mio scopo. La difficoltà nasce dalla mia volontà di creare una storia verosimile che tuttavia realizzi i miei sogni da fangirl. Potete essere solo voi a dirmi se sto procedendo sulla strada giusta, in caso contrario vi prego di farmelo notare e di darmi dei consigli. In un certo qual modo questa storia è anche vostra. :-)

Un bacione



Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** #6 C'è ancora qualcosa che non mi è chiaro ***


#6 C'è ancora qualcosa che non mi è chiaro










"Forse ha bisogno di sentirsi dire che l'hai perdonato!"


Ino Yamanaka aveva avuto, da sempre, la capacità di dire le cose giuste al momento sbagliato e quelle sbagliate al momento giusto.

Sakura non era certa di quale delle due opzioni fosse più appropriata in quel momento: non aveva voglia di parlarne, non sapeva quale sinapsi le si fosse incantata quando aveva deciso di raccontarle l'accaduto ed era in procinto di asportare una scheggia di legno dal petto di uno shinobi che si era accorto del corpo estraneo solo quando era diventato parte integrante della sua epidermide.

"Possiamo parlarne dopo?" – Mai, magari – le propose, con la speranza che nel contempo trovasse qualcos'altro di più interessante che le facesse dimenticare quel discorso. Secondo il primo – e unico – principio della sovrapposizione Yamanaka, il cervello della donna dalla quale aveva ereditato il nome resettava le informazioni precedentemente incamerate al sopravvenire di altre di uguale o superiore interesse. L'esperienza empirica che aveva convalidato la teoria risaliva a qualche anno prima, quando Sakura si era permessa di eccepire la scelta di un maglioncino, a suo dire, un po' troppo succinto. Il "soggetto" non aveva preso bene la critica – assolutamente costruttiva – e l'aveva minacciata di ridurla in poltiglia e darla in pasto al suo compagno di squadra. Quello ciccione. Il suo brillante intuito e lo spiccato spirito di sopravvivenza l'avevano portata a guardarsi intorno e indicare al "soggetto" una coppia di ninja che amoreggiava per la strada. Ino si era immediatamente calmata, concentrando tutte le sue energie nel capire: chi fossero, da quanto stavano insieme e che probabilità di successo avesse la loro storia. Aveva resettato l'informazione precedente.

Ma, al momento, non c'era niente di più interessante in tutto il sistema solare di Sasuke Uchiha, del processo di Sasuke Uchiha, dell'assoluzione di Sasuke Uchiha e, per osmosi , della patetica ragazza innamorata di lui da una vita. Una gran bella botta di c...

In effetti non capitava tutti i giorni che un ninja diventasse un nukenin, uccidesse il fratello eroe che si fingeva un nukenin, contribuisse a scatenare una guerra per distruggere il mondo ninja, lo salvasse, cercasse poi di distruggerlo da solo e, infine, ritornasse a casa – neanche Orochimaru era riuscito in una tale impresa e di lui non si poteva certo dire che avesse tutte le rotelle a posto.

Ogni essere vivente, che aveva potuto assistere a questa – inevitabile? – serie di eventi, non faceva altro che parlarne, parlarne e riparlarne alla nausea. Il nome di Sasuke Uchiha, prima tabù, veniva mediamente pronunciato dalle cento alle trecento volte al giorno; alcune volte veniva bisbigliato per paura che qualcuno riportasse la tale frase o il tale commento al diretto interessato, provocando una ricaduta irreversibile della sua ormai stabile condizione mentale – perché veniva ritenuto stabile, lui; o almeno l'Hokage era riuscito a persuadere tutti che fosse così. Ma la vera attrazione, ciò che più teneva in ansia, soprattutto la compagine femminile, era la arcinota infatuazione dell'Haruno e quale epilogo avrebbe avuto. Era stato addirittura scoperto un giro di scommesse clandestine a cui si mormorava avesse partecipato la stessa Tsunade-sama – a furia di stare con le serpi si impara a serpenteggiare – ma non era stato dato di sapere su cosa avesse puntato.


"Parlate dell'Uchiha, vero?"


Per l'appunto.


Il paziente che teoricamente non avrebbe dovuto avere capacità di parola, aveva alzato la testa e guardava Sakura in trepidante attesa. Probabilmente aveva scommesso.


"Ino, perché il paziente parla?" le chiese, mentre il sopracciglio destro iniziava a vibrarle come la lancetta di un orologio semi scarico.

La bionda scrollò le spalle: non era certo quel paziente il problema.


"Gli ho fatto la locale, mica è un'operazione a cuore aperto."

Sakura non poté fare altro che alzare gli occhi al cielo e implorare la buonanima di Inoichi Yamanaka di intercedere presso i Kami per far mettere un po' di sale in zucca alla figlia.

Poi respirò profondamente per riacquistare un minimo di autocontrollo e prese a incidere con il bisturi di chakra il punto che la stessa aveva cerchiato con un pennarello rosso, dove in teoria doveva essere collocata la scheggia.

E pregò ancora, mentre la pelle del paziente si apriva sotto il suo tocco; pregò che Ino avesse finito di intromettersi in affari che non le riguardavano e la lasciasse terminare in pace.


"Sei sicura di amarlo ancora? Perché questo è un aspetto importante, sai?"

Un movimento inconsulto della mano di Sakura per poco non le fece incidere il malcapitato da parte a parte, ma fortuna volle che ebbe la prontezza di allontanarla riducendo il danno a un'incisione irregolare somigliante vagamente a un fulmine.


Perchè? Perché da piccola non aveva avuto la fortuna di diventare amica di Hinata Hyuga, silenziosa e riservata, o di Ten Ten che si accontentava di parlare di armi tutto il giorno?


"Ino!" tuonò così forte che anche il paziente sobbalzò per poi svenire alla vista dell'incisione sanguinolenta "Io. Sto. L.a.v.o.r.a.n.d.o." scandì, furente.


"Rispondimi e prometto che ti lascio in pace". Aveva incrociato le dita dietro la schiena ovviamente.

Il motivo per il quale Ino era così interessata all'argomento andava oltre la mera curiosità o l'apprensione da amica del cuore. Ma questo Sakura non poteva saperlo.

La ragazza non immaginava, infatti, che la bionda, la sera precedente, avesse passato un buon quarto d'ora contemplando Sasuke che mangiava lentamente i suoi pomodori, in attesa che lui le dicesse una qualsiasi cosa, tipo "sei bellissima", e che proprio in quel preciso istante entrasse Sai dalla porta e le confessasse il suo amore sotto lo sguardo compiaciuto di suo padre che da lassù sorrideva nel vederla contesa. Gli strascichi dello Tsukuyomi potevano ledere profondamente alla sanità mentale delle persone. Inoltre, Ino, aveva trovato in quella speranza un modo per superare il suo lutto; ma questo, Sakura, lo avrebbe scoperto solo in seguito. Per il momento era sicura che l'amica fosse interessata al sostituto, al sosia mal riuscito e non a entrambi.


"Ino!"

La voce di Shikamaru Nara irruppe nel corridoio come un coro di angeli salvatori e Sakura non fu mai tanto contenta di vederlo.

"Tua madre mi ha chiesto di cercarti. Ci sono ancora alcune cose da sistemare per il funerale" le comunicò, aggiungendo, come da copione, un sentito "Che seccatura!" prima di trascinarla via.


Sakura sospirò, finalmente rilassata, e riprese il suo lavoro. Era consapevole che Ino presto o tardi sarebbe tornata alla carica, l'avrebbe legata a una sedia con una lampada puntata sulla faccia e l'avrebbe accuratamente interrogata a suon di cazzotti, ma per il momento poteva considerarsi salva. Doveva solo pensare alle risposte da darle.


-§-


Per Naruto Uzumaki, la vita ospedaliera era noiosa quasi quanto il giorno di chiusura settimanale del chiosco di Teuchi. Non amava leggere, Sasuke non era in vena di chiacchiere – quando mai lo era – e il pericolo di venire scoperto da Sakura a gironzolare per l'ospedale lo aveva convinto a rimanere steso su quel letto onde evitare il prolungamento della permanenza.

Se fosse stato fuori, dopo una bella passeggiata per il Villaggio, sarebbe andato a salutare Kakashi-sensei e poi sarebbe andato a mangiare dell'ottimo ramen.

Caldo, succulento ramen.

Erano giorni che ci pensava. Aveva provato a chiedere a Sakura di portargliene una porzione, magari due, ma l'amica gli aveva risposto che doveva farsi bastare quello che gli passava l'ospedale perché lei non aveva tempo per fare anche il ragazzo delle consegne, aggiungendo che "la sbobba", com'era solito chiamarla Sasuke, era di sicuro più nutriente e sana.

Cazzate. Non c'era niente di più salutare al mondo del ramen. Era certo che una sola porzione sarebbe bastata per farlo sentire un leone.

Carne, uovo sodo, delizioso brodo e spaghetti di soia. Al sol pensiero gli veniva l'acquolina in bocca e gli si annebbiava la vista.

Gli sembrava quasi di sentirne l'odore e addirittura di vederne una confezione da asporto entrare nella sua stanza e galleggiare nell'aria fino al suo letto.

"C-ciao, Naruto- kun, c-come ti senti?"

Una voce. Da quando il ramen parlava?

Un rivolo di saliva cominciò a scendergli dall'angolo della bocca.

"Ramen" biascicò. Pupille dilatate. "Ramen" ripetè ancora, allungando una mano tremante verso il contenitore. "Raamen!"urlò, infine, in preda a quella che credeva un'apparizione mistica.

Hinata Hyuga, che per formulare la frase precedente si era già violentata abbastanza, pensò bene di tendere il braccio verso di lui e porgere il contenitore al suo unico grande e segreto amore – l'unico che non ne era a conoscenza era l'Uzumaki in oggetto.

Naruto sbranò nel giro di pochi secondi il contenuto del cartoncino per poi leccarlo accuratamente in ogni sua parte tanto da farlo sembrare nuovo.

Fu solo allora che si accorse delle due figure che lo guardavano l'una con occhi sgranati, l'altro... non si sa... portava gli occhiali da sole, ma di sicuro la scena non doveva averlo lasciato impassibile.

Una era Hinata e l'altro... mh... non riusciva proprio a ricordarsi il suo nome.

"Hinata-chan!"esclamò "Che bella sorpresa! Ma quando siete arrivati? Ciao anche a te..." e rimase in attesa di un qualche intervento divino.

"Shino" lo aiutò il ragazzo, sistemandosi gli occhiali sul naso.

"Ah! Shino! Caspita, non ti avevo riconosciuto" confessò ingenuamente Naruto, grattandosi la testa.

Intorno all'Aburame si creò una spessa coltre di oscurità, metafora del suo sconforto.

"Perché? Perché nessuno mi considera!" si disse tra sé e sé.

Hinata, che come sua compagna di squadra era stata costretta nella sua vita a rivolgergli almeno due, tre parole, lo aveva convinto ad accompagnarla a far visita a Naruto dicendogli che sicuramente ne sarebbe stato felice. Shino per un momento, un solo istante, aveva creduto di contare qualcosa per qualcuno, di far parte del gruppo, ma lui... lui non aveva ricordato neanche il suo nome.

Lo sconforto emotivo lo colse in pieno, costringendolo a rintanarsi in un angolo della stanza a chiacchierare con gli unici esseri viventi che volenti o nolenti facevano parte della sua vita: le sue mosche.

"C-come stai?" chiese timidamente Hinata all'Uzumaki.

"Adesso che ho mangiato il ramen, molto meglio! Sai, Hinata-chan, è piovuto dal cielo. Forse è stato l'eremita dei sei sentieri a mandarmela per ringraziarmi" le raccontò, entusiasta.

Hinata abbassò mestamente la testa. Lo amava anche per le sue stranezze, per l'ingenuità, che non era stupidità – se ne era convinta – gli andava bene così e non lo avrebbe cambiato con nessun altro al mondo.

"Cosa c'è, Hinata-chan? Non mi credi?" le chiese, sbattendo le palpebre, perplesso.

Hinata si strinse nelle spalle quasi fino a rimpicciolirsi mentre Shino, nel suo angolo buio, scuoteva la testa con disapprovazione.

Come poteva dirgli che in realtà era stata lei a portarglielo? Sembrava così felice!

Optò per una bugia a fin di bene.

"Oh, sì, Naruto-kun!"

"Ma dimmi, raccontami quello che succede fuori da qui. " e iniziò a tempestarla di domande alle quali Hinata aveva risposto a monosillabi, rossa come un peperone, implorando a momenti l'aiuto di Shino che per protesta si era chiuso in un irreversibile mutismo.

Quella mezzora di chiacchiere fu per Hinata più impegnativo dello scontro con Pain e giunto il momento dei saluti sentì di essere davvero provata, ma soddisfatta e appena fuori dal campo visivo di Naruto svenne con il sorriso stampato sulle labbra.

Naruto rimase ancora un po' nel suo letto fino a che la voglia di raccontare a Sasuke come il ramen gli si fosse materializzato davanti agli occhi si trasformò in urgenza.

Sarebbe morto d'invidia, ne era sicuro.

Fece capolino nel corridoio per controllare che non ci fosse nessuno - soprattutto Sakura.

"Bene" mormorò compiaciuto. Non c'era nessuno. Sgattaiolò nella stanza di Sasuke che, non avendo visite – lui non aveva mai visite – aveva la porta aperta. Il moro stava tranquillamente spaparanzato con il naso all'insù a "Non pensare a un benemerito niente" scommise Naruto e mosse appena gli occhi dalla sua parte quando lo vide entrare e chiudere la porta alle sue spalle con un'inusuale delicatezza.

"Tu non sai che cosa è successo!" esordì tutto contento. Sasuke ipotizzò che il motivo di cotanta allegria dipendesse o dalla prematura dipartita di Kakashi che avrebbe consentito all'amico di diventare Hokage sempre se il Nara avesse rifiutato o dal tanfo di ramen che aveva sentito transitare poco prima. In ogni caso, qualunque fosse stata la causa, non gli tangeva.

"Ho mangiato il ramen" confermò l'Uzumaki "Me lo ha portato l'eremita in persona per ringraziarmi!"

Ok. Aveva un po' ingrandito la cosa, ma Sasuke come poteva saperlo.

"Sul serio?!" finse di crederci l'Uchiha, non schiodando gli occhi dal soffitto che era decisamente più interessante di quella conversazione.

"Ti dico di sì, Teme! È comparso all'improvviso e mi ha detto - Te lo sei meritato!-"

Sasuke roteò gli occhi: ne aveva di fantasia quel dobe.

"Mi ha anche detto" aveva continuato, ormai andava a ruota libera "- a Sasuke non l'ho portato perché è un teme e che dopo Kakashi sarò io l'Hokage -" concluse, indicandosi con il pollice della mano esistente, gonfio come un pavone e sorridente.

Certo, gli aveva detto tutte queste cose, come no?

"Hai finito?" lo fermò Sasuke, prima che gli raccontasse che l'eremita gli aveva detto che si sarebbero dovuti amare come fratelli e vivere insieme per tutta la vita. Non lo avrebbe retto.

"No, non ancora" incalzò il biondo che ci aveva preso gusto.

A quel punto Sasuke non ebbe altra scelta.

"Il ramen te l'ha portato la Hyuga, baka che non sei altro! É venuta a trovarti con Shino Aburame, no?"

Li aveva visti passare davanti alla sua camera e in quel momento aveva riconosciuto il tanfo e l'inconfondibile contenitore da asporto di Teuchi. Come poteva scordare la disgustosa merendina che Naruto si portava tutti i giorni in accademia.

"Ti ricordi il suo nome?" gli chiese sconcertato con gli occhi fuori dalle orbite, riferendosi a Shino.

"Tsk! Purtroppo ricordo il nome di ogni singolo idiota di questo Villaggio"

"Caspita!" constatò Naruto, piacevolmente sorpreso. Non se lo aspettava proprio da lui. "Ma se me l'ha portato Hinata-chan, perché non me l'ha detto? Non l'ho neanche ringraziata!" chiosò, pigolante come un pulcino.

"E io che ne so?" gli rispose Sasuke con totale indifferenza – se la Hyuga aveva deciso di sfamarlo non era certo affar suo. "Adesso, se hai finito di raccontare frottole puoi anche tornare da dove sei venuto" lo invitò, con cortesia.

"Non ho fretta. Sakura-chan non è nei paraggi, così possiamo passare un po' di tempo insieme, Sas'ke."

Che meraviglia! Proprio quello che gli ci voleva: un lungo monologo di Naruto.

"A proposito" incalzò il biondo "Hai visto che avevo ragione io: la Mizukage non l'ha punita"

Già. Se avesse dato retta a lui si sarebbe evitato la spiacevole conversazione della notte prima che aveva influito negativamente sul suo umore – anche se rifiutava di ammetterlo.

Sakura aveva glissato il discorso, aggirato l'ostacolo e lui si era trovato di fronte a un muro di volontario mutismo che nel caso di Sakura – nota per essere una gran chiacchierona – aveva dell'impensabile. Lo aveva messo a tacere con una semplice parola che poteva significare un milione di cose e tra tutte " Ti detesto" forse era la più carina. Non gli aveva dato il la per un dialogo.

E perché avrebbe dovuto? In fondo lei non gli doveva niente, né spiegazioni, né scuse. La verità su quel giorno nel Paese del Ferro l'aveva sentita dalle labbra della Mizukage e gli era bastata. Lui aveva in compenso dei vaghi ricordi: era stremato dalla battaglia con Danzo appena conclusa; gli occhi gli facevano male, ma si sentiva forte come non mai e... soddisfatto. Sarebbe stato comodo, adesso, dire che non era in lui, che non aveva davvero intenzione di ucciderla, ma lo sapeva lui – e lo sapeva anche lei, ne era certo – che l'intervento di Kakashi era stato provvidenziale. A conti fatti all'epoca non gli sarebbe interessato più di tanto doversi portare sulla coscienza anche Sakura: il suo obbiettivo prevedeva di radere al suolo l'intero Villaggio e quindi anche lei presto o tardi avrebbe sentito il fruscio della sua katana abbattersi sul suo collo. Non ce l'aveva con lei personalmente, anzi, ricordava ancora come avesse tentato di fermarlo la notte che aveva abbandonato Konoha; quello che gli aveva detto. Ma lei, in quel momento rappresentava Konoha, il suo nemico, il motivo per il quale era rimasto solo al mondo. Se al posto suo ci fosse stato Shikamaru, Kiba, Neji o chicchessia non avrebbe fatto differenza: andavano eliminati. Tutti. Era capitata lei, poi Kakashi e infine Naruto. Non aveva provato pena per nessuno di loro, né affetto, anzi si sentiva quasi perseguitato da quell'amore che ognuno di loro, a suo modo, voleva dargli. Lo infastidiva e non riusciva a concepirlo.

Ora la faccenda era decisamente diversa: dopo la battaglia con Naruto, il nocciolo del discorso lo aveva capito anche se c'erano alcune cose che non gli erano chiare. Questa volta voleva essere sicuro di non sbagliare ancora e non ferirli più, ma non sapeva da dove cominciare.

"La nostra Sakura-chan sa quello che fa" aggiunse Naruto, annuendo con il capo.

Probabilmente aveva ragione. Tuttavia Sasuke sentiva che il loro rapporto, qualunque esso fosse stato in passato, non sarebbe mai più ritornato come prima.

"Hai pensato a dove andrai uscito di qui?" gli chiese ancora il biondo che proprio non voleva saperne di starsi zitto. Stava lì, davanti al suo letto e ciarlava a non finire. Che strazio!

"Chiederò a Kakashi" gli rispose lapidario. Ecco un'altra cosa a cui non aveva ancora pensato.

"Puoi venire da me, se vuoi"

Per carità! Preferiva dormire su un ramo di un albero che dividere la casa con lui.

"Tsk" Era un no categorico.

"Insomma" piagnucolò l'altro " perché non vuoi venire a stare da me, ci divertiremmo un sacco!"

Ma Sasuke aveva interrotto le comunicazioni e si era rintanato di nuovo nei suoi pensieri: così non andava bene per niente.



- § -



Sakura, sentendo la voce di Naruto provenire dalla stanza di Sasuke, si diresse in quella direzione trascinando i piedi. Aveva avuto una giornata infernale, non meno di Sasuke che l'aveva passata con il biondo che non aveva smesso un attimo di parlare recuperando in poche ore i quattro anni in cui erano stati lontani.

Si fermò un attimo sulla porta e rimase a guardarli con un sorriso nostalgico: era da tanto tempo che sognava di rivedere un simile quadretto. Tutte le preoccupazioni e i pensieri sembrarono sparire improvvisamente: Sasuke era tornato, adesso le cose sarebbero andate bene; non c'era niente di cui aver paura. Era quasi tentata di non interromperli, di ripassare in un altro momento quando i suoi occhi incontrarono quelli dell'Uchiha. Da quanto tempo la stesse guardando non ne aveva idea. Anche Naruto aveva smesso di parlare e notando lo sguardo dell'amico si era girato verso la porta.

"Sakura-chan!" esclamò "posso spiegarti, ero passato dal teme solo un attimo" si affrettò a giustificarsi.

"Non è vero, stai mentendo, hai violentato le mie orecchie per tutto il pomeriggio" ribatté subito Sasuke, che non poteva ammettere di aver provato una certa gioia nel passare il pomeriggio con l'amico. Si era perso tante cose in quei quattro anni e Naruto gliene aveva raccontate una buona parte. Si era alquanto alterato nel sapere che durante la ricerca del suo sostituto, l'amico avesse chiesto in pratica a tutti i ninja di Konoha - per la serie basta che respiri; come se lui fosse stato un elemento facilmente sostituibile - ma aveva ringraziato il suo buon senso nel non proporlo a Rock Lee. Sarebbe stata un'onta troppo pesante da sopportare. Gli aveva raccontato di Sai, di quanto per certi versi gli somigliasse, aggiungendo che" Sakura-chan, all'inizio, non lo sopportava proprio". Forse proprio per queste somiglianze, che lui non riusciva a scorgere in alcun modo, Sakura non sopportava il ninja della radice. Era un'ipotesi e neanche tanto lontana dalla verità: non voleva accettare Sai nella squadra perché significava implicitamente ammettere che lui non sarebbe più tornato.

"Tranquillo, Naruto!" disse la ragazza, gettandosi a peso morto sulla sedia di fronte al letto di Sasuke "Sono talmente stanca che non ho la forza neanche per picchiarti"

"Sei arrivata al momento giusto. Stavo appunto raccontando a Sas'ke quando Sai ti ha dato della permalosa e tu l'ha picchiato" evitando di aggiungere che avesse usato lui come arma.

Sasuke roteò gli occhi. Aveva sperato che l'arrivo di Sakura ponesse fine a quel tormento, ma per sua sfortuna non era stato così.

"Ah, sì, me lo ricordo" masticò lei, dopo un profondo sbadiglio "Razza di idiota che non è altro" biascicò in modo confuso prima di chiudere gli occhi, giusto un attimo, per riposarsi un pochino.

Di lì a poco la sua testa si inclinò da un lato e il suo respiro si fece pesante.

"Sakura-chan?" provò a chiamarla Naruto.

"Sta zitto, Baka! Non ti sei accorto che sta dormendo?" gli sussurrò minacciosamente l'amico.

E fu a quel punto che avvenne un miracolo: Sasuke, con qualche difficoltà, aveva raccolto la coperta del suo letto e l'aveva porta a Naruto, indicandogli con un cenno del capo cosa farne per poi voltarsi dall'altra parte.

Naruto era rimasto un po' perplesso da quel gesto, inspiegabilmente gentile e lo aveva guardato a lungo fino a che l'Uchiha non ottenendo alcuna reazione da parte sua, aveva reiterato l'ordine in maniera più esplicita, aggrottando la fronte.

Il biondo aveva incurvato le labbra in un sorrisetto sghembo, fin troppo malizioso per i gusti di Sasuke che per non svegliare Sakura, lasciò correre. Avrebbe segnato l'episodio sul suo libro nero, vendicandosi in un secondo momento.

Con altrettanta difficoltà – avere un braccio solo si era rivelato per i due alquanto scomodo – Naruto aveva adagiato la coperta sulla ragazza; le aveva sollevato le gambe, posandole sulla sedia su cui era precedentemente seduto lui, sotto lo sguardo attento dell'Uchiha che al minimo rumore lo ammoniva con lo sguardo e, infine, si era diretto verso la porta. La chiacchierata era finita. Una volta giunto sulla soglia, si era voltato per guardare da lontano quella scena che sapeva di Team, di amicizia e di casa. In cuor suo, tuttavia, era cosciente che volesse dire anche qualcos'altro; qualcosa che andava nettamente a suo sfavore.



-§-



La guardò. Totalmente indisturbato.

Non vi era neanche il pericolo che qualcuno lo potesse scoprire dato che Naruto aveva chiuso la porta – forse apposta.

Era completamente abbandonata su quella sedia, con le labbra socchiuse da cui di tanto in tanto fuoriusciva un sospiro e il viso rilassato, sereno, come non lo vedeva da tanto tempo; una mano penzolava da un lato, mentre l'altra era poggiata sul grembo – riusciva a scorgerne la forma sotto la coperta. Sembrava così indifesa, così innocente. Non capì bene come, ma gli tornarono alla mente alcune immagini di lei da piccola che non pensava neanche di aver registrato.

Ne era passato di tempo.

Quanto la detestava. La trovava assolutamente insopportabile con quella sua vocina talmente acuta da essere sgradevole, le sue rappresentazioni d'affetto non richieste e il suo atteggiamento da principessina. Odiava la sua debolezza e l'insicurezza che la rendeva un facile bersaglio – da proteggere. Essere finito in squadra con quei due impiastri era stato uno shock per lui: doveva pensare a diventare forte per compiere la sua vendetta. Con il tempo, però, si era affezionato a loro; erano diventati una specie di famiglia. Il rapporto con Sakura era sempre stato più complicato: era femmina, compulsivamente ossessionata da lui e dalla lacrima facile; lo riempiva di attenzioni, complimenti, non perdeva occasione di far sentire Naruto nettamente inferiore a lui – quest'ultima cosa non gli dava poi così fastidio.

Era noiosa, piagnucolona e insopportabile.

Ma era stata lei a fermarlo quella volta, nella foresta della morte, quando il segno maledetto aveva preso il sopravvento. Quando il desiderio di vendetta si era fatto strada dentro di lui, accecandolo per la prima volta – la prima di molte altre. L'inizio di tutto. Lei era stata la causa scatenante: aveva affrontato quei tre insetti da sola per proteggere lui e Naruto privi di sensi e l'avevano conciata davvero male.

Non si era mai seriamente soffermato a pensare sul perché il segno maledetto fosse estemporaneamente regredito. Forse era stato lo sguardo di Sakura? O le sue braccia che lo stringevano con forza trasmettendogli quell'affetto sincero a cui lui era disabituato? Non si era mai dato una risposta concreta, non ne aveva avuto il tempo: gli eventi si erano susseguiti con una tale rapidità che dalla foresta della morte si erano ritrovati a dover affrontare gli scontri diretti. E anche lì, Sakura si era preoccupata per lui, quando avrebbe fatto meglio a pensare a se stessa.

Cosa la spingeva a volergli così bene? Cosa c'era in lui di così irresistibile? In tutta franchezza non riusciva a capirlo e aveva apertamente esposto il suo dubbio dopo averla rinchiusa in quel - pessimo e crudele - genjutsu. E nonostante questo lei era ancora lì, imperterrita, appena più orgogliosa e testarda forse. Non cinguettava più ogni volta che lo vedeva, non lo riempiva di complimenti - ed era anche comprensibile il perché - ma... c'era, si prendeva cura di lui ed evitava disastrose conversazioni. Inconcepibile.

Qual era il suo segreto? Cosa si nascondeva dentro a quel cranio ricoperto da capelli rosa?

Passò tutta la notte a guardarla, quasi sperando di riuscire a estorcerle quelle informazioni di cui aveva bisogno senza doverla affrontare per forza a viso aperto. Dati gli ultimi episodi quell'opzione avrebbe come minimo comportato la rottura di qualche osso perché se mai lei avesse voluto dargliele - di Santa ragione - lui non si sarebbe opposto. Avrebbe lasciato che si sfogasse su di lui senza muovere un dito. Almeno questo glielo doveva.



- § -



Intanto, qualche stanza più avanti , un inquieto Uzumaki, con due occhiaie da far impallidire Itachi Uchiha edo mode, stava valutando cosa fare in merito a una questione che gli stava molto a cuore.





......§......

Angolo Autrice

Buonasera! Se nel primo capitolo avevate pensato che Ino Yamanaka avesse rinunciato a Sasuke, beh, vi sbagliavate. Questo è un altro punto sul quale ho avuto qualche dubbio perché non penso che la bionda da un giorno all'altro abbia scoperto di essere attratta da Sai. Questa mia scelta ovviamente mi ha condotta a valutare l'ipotesi di trattare anche le altre coppie anche se in maniera marginale. Penso che abbiate intuito dal piccolo spoiler a fine capitolo che nel prossimo entreremo nella testa quadra dell'Uzumaki per il quale vale lo stesso discorso della Yamanaka. Premesso che non sono, ovviamente, una sostenitrice del Narusaku(con tutto il rispetto per chi ha amato e ama tuttora questo crack), sono dell'idea che anche a Naruto non sia passata estemporaneamente l'infatuazione, innamoramento, chiamatelo come vi pare, nei confronti di Sakura. Per quanto la Naruhina sia comunque una coppia che non mi dispiace, non amo la favoletta che vuole Naruto innamorato della Hyuga sin dall'inizio. Sappiamo bene le cose come sono andate e proverò a spiegare in maniera semi realistica come ci siamo arrivati. Questa fan mi stimola moltissimo e spero di mantenere questo trend di un aggiornamento a settimana. Mi sto organizzando per darvi delle date certe, dei giorni precisi, ma devo valutare un po' di cose. Rimaniamo comunque che l'appuntamento con Mr Brightside sia sempre di Domenica.

Se ci fossero cambiamenti o aggiornamenti imprevisti li segnalerò sulla mia pagina Facebook. https://www.facebook.com/profile.php?id=100007006965469

Ringrazio come sempre tutti coloro che stanno leggendo la storia e i miei adorati recensori. Cercherò di rispondere il prima possibile alle rec dello scorso capitolo, devo ancora preparare la cena :-(

Un bacione..

Blueorchid31



Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** #7 Sensi di colpa ***


#7 Sensi di colpa









"Sakura ha sempre amato Sasuke"

"Ma Sasuke cosa prova per Sakura?"

"E io, in tutta questa storia, che ruolo ho?"

Queste erano state le domande che avevano reso la nottata di Naruto molto movimentata.

La scena a cui aveva assistito quella sera aveva riaperto una questione che lo riguardava personalmente e che andava avanti sin dai tempi dell'Accademia. Non aveva mai nascosto di provare interesse nei confronti di Sakura anche se lei non aveva mai accennato di ricambiare in alcun modo. Lo aveva sempre trattato male, malmenato, pestato e insultato: era il suo modo di dimostragli affetto, anche se del piffero. Rarissime volte – e solitamente quando lui era in pessime condizioni per aver evitato qualche apocalittico attacco, vedi sotto la voce Pain – gli aveva concesso un minimo di dolcezza e comprensione. Al contrario di Hinata che, invece, era sempre stata carina con lui – gli aveva portato anche il ramen! Ma Hinata in quel quadretto c'entrava ancora poco e dopo il paragone inevitabile tra le due Kunoichi, Naruto si concentrò nuovamente sul problema più grosso: il ritorno di Sasuke.

Era felice, no... non felice... strafelice che lui fosse tornato a casa anche se avrebbe preferito avere ancora il braccio, ma il rapporto che aveva creato con Sakura in quegli anni, con il suo ritorno, che fine avrebbe fatto? Sakura avrebbe ricominciato a ignorarlo come faceva un tempo? O le cose sarebbero rimaste uguali?

I suoi sogni d'amore con la kunoichi dai capelli rosa erano naufragati quel giorno in cui si era dichiarata, mentendo. Tuttavia, in quell'occasione aveva avuto la conferma di quanto lei gli volesse bene tanto da arrivare a fingersi innamorata di lui per non fargli correre rischi. Sasuke aveva avuto sempre un posto speciale nel cuore della ragazza e nonostante tutte le delusioni, le sofferenze che lui le aveva causato, Sakura aveva continuato ad amarlo. Che speranze poteva avere lui? Era fin troppo chiaro che non ve ne fossero e che dovesse accettare la realtà dei fatti, ma quello che gli premeva a quel punto era che lei non patisse alcuna sofferenza per causa di quel testone orgoglioso e che se quello fosse stato il destino che era stato scritto per loro, avrebbe contribuito a farlo avverare anche a costo di staccargli l'altro braccio o addirittura la testa. E la cosa più importante, su cui proprio non si contemplavano compromessi, era che lui avrebbe potuto sempre, a ogni occorrenza, usufruire della "saggezza" della sua leale ed eterna... amica.

"A chi voglio darla a bere?" sussurrò, rigirandosi per l'ennesima volta in quel letto che quella notte sembrava essersi rimpicciolito, diventando terribilmente scomodo. Sentiva il cuore stretto in una morsa dolorosa. Da una parte c'era il suo migliore amico – quello che aveva rincorso per tutte le terre ninja – dall'altro la ragazza che aveva sempre amato. Il tipico triangolo amoroso in cui qualcuno inevitabilmente finisce col prenderla nei denti. E lui si sentiva in quel momento il candidato perfetto per ricoprire quel ruolo. Poteva sperare che Sasuke la rifiutasse per l'ennesima volta e dopo averle offerto la sua spalla per piangere, approfittare della situazione. Un po' da verme, ma il fine giustifica i mezzi. Oppure c'era la remota possibilità che Sakura avesse cambiato idea e si fosse accorta che lui era decisamente meglio dell'Uchiha. Ok, non aveva i capelli neri e gli occhi profondi, né quel fascino da bel tenebroso, né dei seri problemi mentali, ma non era poi da buttar via. Ma tutte le sue teorie finivano per cozzare contro qualcosa che probabilmente solo lui era riuscito a comprendere. Un particolare, un misero particolare, che era scappato a tutti gli altri. Perché come conosceva lui Sasuke, non lo conosceva nessuno.

Era stato un attimo, una frazione di secondo in cui l'amico aveva esitato, a fargli capire che le parole che Sakura aveva pronunciato avessero creato una piccola crepa nel suo cuore granitico. La reazione successiva era stata più che prevedibile: non essendoci panchine nei paraggi e data l'urgenza dello scontro si era dovuto arrangiare con lo sharingan. Aveva trovato quell'escamotage per tenerla fuori da quell'affare che riguardava solo loro due e Sasuke non sapeva cosa fossero le mezze misure. Lei lo aveva colpito, rinfrescandogli la memoria circa il fatto che ci fosse al mondo qualcuno che lo amasse e Sasuke aveva subito pensato che dovesse tramortirla in qualche modo per evitare che si mettesse in mezzo. Paradossalmente era stato un gesto altruistico se non si tiene in considerazione il modo. E per essere sicuro che nessuno si accorgesse di quanto quelle parole avessero smosso l'umanità che aveva represso dentro di sé, aveva sproloquiato qualcosa in merito alla stupidità dell'amore, alla stupidità di Sakura – per non perdere l'abitudine – e al fatto che lui non fosse un buon partito. Quest'ultima affermazione non era poi tanto lontana dalla verità. Il tutto recitato con un'enfasi tale da farci cascare anche Kakashi sensei con tutta la maschera. Che Sasuke fosse refrattario ai legami era ormai cosa arcinota e scontata, ma che li temesse così tanto era stata una insperata scoperta. La missione che si era messo in testa di portare a termine, che contemplava la sua uccisione, si basava per l'appunto sulla rescissione dei legami che aveva. Involontariamente, Sasuke aveva quindi ammesso, e anche in modo alquanto plateale, di essere legato a Sakura. L'unica che sicuramente non ci era arrivata era proprio lei che non aveva avuto neanche la possibilità di rifletterci su. Stesa. Tramortita. Ko.

Kakashi-sensei ancora troppo provato dalla battaglia e dall'andirivieni della vista – ora hai gli occhi, ora passa Madara e te li ruba, ora Naruto te li rimette a posto, ora Obito ti regala il suo sharingan per poi riprenderselo prima del trapasso – era stato solo capace di fargli notare quanto fosse stato meschino a trattarla in quel modo, ma l'uomo tutto d'un pezzo se ne era altamente fregato colto dalla frenesia di perdere anche lui qualcosa, la vita forse... al massimo un arto. Era stato molto difficile far cambiare idea a Sasuke, troppo disilluso e incazzato per vedere le cose da un altro punto di vista che non fosse il suo. Avevano da sempre avuto due modi diversi di affrontare le avversità che la vita gli aveva riservato: Sasuke preferiva vivere nell'ombra di se stesso, nel suo mondo in cui l'unica cosa davvero importante era la sua vendetta, fregandosene di quello che potevano pensare gli altri; per la serie: "Se il mondo non mi vuole, sono problemi suoi"; lui, invece, cercava l'approvazione, voleva essere accettato e cercava quindi di mettersi in mostra nei modi più disparati. In realtà aveva iniziato a sentirsi amato dagli altri quando aveva cominciato ad amare se stesso, ad accettare quello che portava dentro di sé. Era la sua forza e non una maledizione. Con il tempo aveva poi scoperto che Kurama fosse anche una bestiola simpatica che come lui veniva odiata da tutti per principio. Non era mica colpa sua se aveva un debole per gli uomini con lo sharingan!

Alla fine Sasuke aveva capito, non era certo che avesse capito proprio tutto tutto, ma i concetti principali, quelli, di sicuro. Per quanto fosse un genio, in alcuni ambiti era di una stupidità e una testardaggine che dava sui nervi, ma era il suo migliore amico, un fratello, ed era suo dovere tentare di farlo rinsavire anche a costo della vita. Per fortuna era bastato un braccio.

L'idea migliore era, quindi, aspettare gli eventi, anche se Naruto non era noto per la sua pazienza, e vedere come andavano le cose tra Sasuke e Sakura. Non era da lui arrendersi, ma nel profondo sapeva che le sue chances fossero davvero poche.



-§-



Tiepidi raggi di sole entrarono dalla finestra della camera, illuminando il viso di Sakura. Li sentiva accarezzare la sua pelle, ma non aveva voglia di svegliarsi: provava una sensazione di benessere, come se quei raggi la avvolgessero in una calda coperta di luce e qualcuno vegliasse sul suo sonno.

Qualcuno? Ma chi? Dov'era? Perché era già mattina? Quando si era addormentata?

Provò ad aprire gli occhi, ma la forte luce la costrinse a richiuderli immediatamente. Non c'erano più dubbi: era mattina; si era addormentata; ma dove?

Le doleva anche la schiena, quindi aveva dormito in una posizione scomoda e l'odore di disinfettante e riso bollito le suggeriva che fosse ancora in ospedale anche se ad essi se ne aggiungeva un altro... inconfondibile. Che si fosse addormentata nella stanza di...?

Naaa! Non era possibile. Sicuramente il cervello le stava giocando qualche scherzo e ora sentiva anche il suo odore ovunque. In ogni caso non poteva continuare a dormire: c'erano un centinaio di cartelle cliniche che aspettavano di essere archiviate.

"Cinque minuti e ti alzi" si disse, assaporando quel momento di assoluto piacere e scontento di quando si vorrebbe ricadere in un sonno profondo, ma si è costretti a svegliarsi.

Da quanto tempo non dormiva così bene? Tra gli incubi, le notti insonni, le missioni e la guerra, riposare era diventato un optional. Quindi erano quasi... quattro lunghi anni. Era più che normale che fosse esaurita e tendenzialmente violenta; era già tanto che non avesse compiuto una strage o distrutto lei stessa mezzo villaggio.

"Su, Sakura. É ora di alzarsi." si convinse, passati i cinque minuti.

Socchiuse gli occhi, cercando di abituarsi alla luce, ma le bastò scorgere appena un occhio nero e profondo e uno caleidoscopico per convincersi a chiudere i suoi di nuovo – magari per sempre.

Che imbarazzo! Sperò solo di non aver russato durante la notte. Qualche volta le succedeva, soprattutto quando era parecchio stanca... Oh Kami! Sai che figura?

Cercò di mantenere una parvenza di autocontrollo, ma un formicolio sinistro alle gote le suggerì che probabilmente fosse già troppo tardi: era arrossita.

In realtà sembrava una teiera in piena ebollizione pronta a esplodere: non c'era un centimetro del suo viso che non avesse assunto un colorito paonazzo.

Era sveglia. Sasuke non aveva più dubbi.

Forse sarebbe stato il caso di dirle "Buongiorno".

No, non era il caso.

Avrebbe aspettato che fosse lei a dire qualcosa: non poteva certo continuare a fingere di dormire per tutto il giorno. Per quanto quella situazione fosse imbarazzante aveva un non so che di divertente – incutere soggezione era sempre stato uno dei suoi passatempi preferiti.

Sakura, intanto, tentava invano di riavviare il cervello: doveva assolutamente trovare il modo di uscire da quella situazione prima che entrasse qualcuno "a caso" nella stanza e la rendesse ancora più imbarazzante.

Prese mentalmente la rincorsa per essere sicura di riuscire a pronunciare quello che aveva pensato di dire tutto d'un fiato e sgattaiolare fuori dalla stanza senza che la sua psiche rimanesse ulteriormente segnata. Quando fu assolutamente certa di essere pronta, aprì lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre più volte come disorientata – come se su quella sedia ci fosse finita casualmente.

"Sasuke-kun?" sussurrò appena, per poi saltare in piedi in modo repentino, facendo cadere la coperta per terra "Ma, ma cosa ci faccio qui? Ho un sacco di cose da fare! Oh Kami! Ma quanto ho dormito? Devo proprio sbrigarmi! L'ho già detto che ho un sacco di cose da fare?" sproloquiò a casaccio, avviandosi verso la porta. Sapeva quanto Sasuke odiasse il suo ciarlare ininterrotto, pertanto era quasi certa che anche lui non vedesse l'ora che lei uscisse da quella camera.

"Scusa, scusami tanto se mi sono addormentata, dovevo essere veramente stanca" continuò a blaterare, impugnando la maniglia.

Ormai era fatta.

"Tu hai questo vizio di chiedere scusa per tutto"

Forse era stata troppo ottimista.

"Scusa se non sono passata a visitarti prima, scusa se mi sono addormentata." le disse, guardandola di sbieco, con un tono che Sakura non riuscì a decifrare. Sembrava risentito, forse appena canzonatorio, ma calmo, troppo calmo.

Strinse la maniglia con tanta forza da farla scricchiolare e cercò di nascondere il tremolio involontario del suo corpo irrigidendosi come una statua di sale.

"Cerco solo di essere gentile" ribatté a voce bassa per poi martoriarsi il labbro inferiore attendendo che lui controbattesse, certa del fatto che se per tutto il resto dell'umanità quella spiegazione potesse sembrare abbastanza logica, per lui non lo sarebbe stata.

"Ed è quindi per gentilezza che eviti certi discorsi?" le chiese, senza girarci intorno, come era nel suo stile.

Lei odiava quelle sue domande a bruciapelo,che assomigliavano più ad affermazioni; quel modo indelicato di arrivare dritto al cuore del problema che non dava modo di ragionare sulla risposta da dargli. Anche da piccolo faceva così e lei puntualmente aveva come la sensazione di non essere più in grado di proferire parola. La mascella si serrava, la lingua le si bloccava, la faringe si attorcigliava su se stessa e le labbra si sigillavano ermeticamente. Ma non aveva più dodici anni! Sasuke non poteva e non doveva più farle un effetto simile! La non chiacchierata di qualche notte prima doveva averlo lasciato insoddisfatto, ma come al solito aveva pensato solo a se stesso e non a quello che lei potesse provare a riesumare quei ricordi. Era sempre e solo lui quello che soffriva, che esigeva comprensione e spiegazioni che lei non voleva dargli, almeno per ora.

Anche lei desiderava avere un chiarimento definitivo, ma non ora, non sapeva bene quando, ma NON ORA. Doveva prima fare ordine nella sua testa e sperare che anche lui lo facesse e poi avrebbero potuto parlare di tutto a mente lucida. Se avessero riletto adesso tutti quei drammatici capitoli, probabilmente avrebbero bruciato il libro e con esso una buona parte di Konoha perché lei non era più quella di un tempo. Per quanto provasse ancora un certo timore reverenziale nei suoi confronti e gli portasse rispetto – nonostante tutto – il rischio di rispondergli a tono, per una volta, elencargli tutte le volte che l'aveva fatta soffrire in modo brutale e plateale anche rendendosi patetica ai suoi occhi e di spaccargli il muso era davvero molto, ma molto, elevato. E questo lo avrebbe fatto sentire meglio, ne era sicura e paradossalmente, non voleva che lui si sentisse meglio. Non che provasse gusto a vederlo soffrire, non aveva tendenze sadiche, ma lei puntava alla gallina e non all'uovo. Le aveva chiesto scusa e, per il momento, se l'era fatto bastare per ricominciare almeno a rivolgergli la parola, ma le risposte che lei desiderava non dovevano derivare dal suo senso di colpa. Voleva onestà, non un contentino e Sasuke al momento non era in grado di dargliela.

"Non so come comportarmi" ammise, abbassando la maniglia della porta e uscendo finalmente da quella stanza. E Sasuke, nonostante avesse intenzione di farla parlare, ne fu sollevato: effettivamente neanche lui sapeva quale comportamento adottare. Se lei gli avesse risposto in una maniera differente cosa avrebbe potuto dirle? Mi dispiace? Era stufo e forse anche chi gli stava intorno. Non aveva argomentazioni valide per spiegare a Sakura ciò che lo aveva spinto a trattarla in quel modo e anche adesso non riusciva a parlare con lei in modo normale, come con Naruto ad esempio. Risultava sempre brusco e indisponente: attaccava per non venire attaccato o forse attaccava con la speranza di essere attaccato? Per una volta era lei a fuggire, a negarsi; non che lo trattasse con indifferenza, ma era palese lo sforzo che lei facesse per stargli vicino e questo gli creava disagio, imbarazzo. C'era un muro tra loro che con il tempo era diventato troppo alto da scavalcare e duro da abbattere. Solo se fossero stati entrambi convinti avrebbero potuto trovare un modo per superare quell'ostacolo e ricostruire una qualsivoglia specie di rapporto.

Sbuffò, decisamente contrariato.

Il senso di colpa era davvero fastidioso: lo portava a provare interesse per i sentimenti delle persone che aveva fatto soffrire. Si augurò che, con il tempo, riuscisse ad affievolirsi, che non rimbombasse più con prepotenza nella sua testa ogni qual volta posasse gli occhi su di lei, su Naruto e su Kakashi.

Il suo pensiero andò a Itachi.

Suo fratello aveva dovuto portarsi per anni il fardello di aver ucciso i suoi stessi genitori: come era riuscito a convivere con quell'opprimente sensazione? Forse le motivazioni di Itachi erano state più nobili, mentre le sue... Cosa c'era di nobile nel cercare di uccidere il proprio migliore amico? O nel rinchiudere una ragazza che ha sempre sostenuto di amarti in una terrificante illusione? O nel deridere il proprio maestro?

Voleva giustizia, voleva dare un nuovo corso alla storia, ma avrebbe potuto farlo in modo diverso, fidandosi delle persone che non lo avevano mai realmente abbandonato al suo deprimente destino. Lo aveva capito troppo tardi, nonostante suo fratello avesse cercato di avvertirlo: Itachi sapeva come sarebbero andate le cose ed era stato il primo a perdonarlo per tutto quello che avrebbe fatto in seguito al loro ultimo incontro.

La rabbia e lo sconforto erano ormai parte integrante del suo essere e a niente sarebbe valso combattere quella guerra e salvare il mondo ninja se dopo non ci fosse stato un nuovo ordine delle cose che evitasse il ripetersi dei medesimi errori. Ne aveva avuta la certezza guardando Hashirama e Madara durante il loro ultimo saluto. Nemici giurati, eterni opposti, ma uniti da un intento: un sogno chiamato pace. Entrambi non erano riusciti a realizzarlo, avevano fallito, e altro sangue era stato versato nel corso del tempo. La pace era solo un'utopia, ora ne era cosciente. Ci sarebbe sempre stato qualcuno desideroso di vendetta o affamato di potere in grado di fare quello che avevano fatto Madara, Danzo, i Consiglieri e infine lui, ma ci sarebbero sempre state altre persone, come Naruto, capaci di fermarlo. Doveva solo scegliere da che parte della barricata stare e dopo quanto accaduto si sentiva amorfo, né carne né pesce, né buono né cattivo. Doveva ricostruire la sua persona, analizzare gli errori che aveva compiuto, dare delle motivazioni reali ad essi; trovare nuovi obiettivi, nuovi stimoli e capire chi fosse davvero. A quel punto, forse, anche parlare con Sakura non sarebbe stato più tanto difficile.


-§-


"Dove ti eri cacciata?"

Sakura alzò lo sguardo verso Ino che, appoggiata alla sua scrivania, a braccia conserte, sembrava irritata.

"Io, ehm, io..."

Adesso come poteva spiegarle che aveva dormito su una scomodissima sedia in camera di Sasuke e che al suo risveglio avevano avuto uno scambio di opinioni non molto piacevole senza rischiare un terzo grado?

"Lascia stare, non mi interessa." le disse l'amica, sbrigativa più del solito " Tsunade-sama mi ha chiesto di cercarti: ha intenzione di dimettere Sasuke e Naruto, ma vuole il tuo parere visto che sei stata l'ultima a visitarli"

"Capisco. Vado subito da lei" si affrettò a risponderle – non poteva certo perdere l'occasione di liberarsi di lei così facilmente – per poi riprendere il corridoio fino alle scale che portavano al laboratorio dove Tsunade stava lavorando alle protesi.

Da un lato era contenta che Sasuke uscisse dall'ospedale – si sarebbero visti di meno e le occasioni per tirare nuovamente fuori quell'argomento sarebbero diventate pari a zero – dall'altro era in ansia: cosa avrebbe fatto Sasuke una volta fuori? Bene o male, con Naruto sempre intorno, non era stato mai solo più di un paio d'ore al giorno ed era stato costretto a relazionarsi con un altro essere vivente. Già lo immaginava rinchiuso in un appartamento con la sola compagnia della sua Katana e dei suoi sensi di colpa. Rabbrividì al pensiero.

"Tsunade-sama, mi ha fatto chiamare?"

La sennin era intenta a manipolare le cellule di Hashirama. Era molto indietro con il processo e prima di sei, sette mesi il braccio non sarebbe stato pronto.

"Sakura, vieni avanti." la invitò la donna, non distogliendo lo sguardo dal composto sul quale stava lavorando "Volevo essere aggiornata sulle condizioni di salute di Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha"

"Sono entrambi migliorati, Tsunade-sama" rispose brevemente la Kunoichi, muovendosi verso di lei.

Avrebbe tanto voluto assisterla per imparare anche quella tecnica, ma l'ospedale traboccava di feriti e come sua allieva e sottoposta era necessaria la sua presenza.

"Credi che possano essere dimessi?"

"Penso di sì, a patto che seguano le terapie e osservino un periodo di completo riposo" le rispose, cercando di scorgere da sopra la sua spalla cosa stesse facendo.

"Perfetto. Manda qualcuno ad avvertire l'Hokage, io termino qui e vi raggiungo"

"Come vuole Tsunade-sama"


-§-


"Niente allenamenti! Sono stata chiara?"

"Non si preoccupi Tsunade-sama, chiunque dovesse percepire anche solo lontanamente una leggera scia di chakra di questi due è obbligato a dirmelo" la rassicurò Kakashi.

"Dovrete continuare a seguire le terapie e a questo penserà Sakura. Io, intanto, cercherò di finire le vostre braccia nel più breve tempo possibile." concluse la sennin, lasciando la stanza.

"Avete capito tutto?" chiese l'Hokage.

I due ragazzi annuirono anche se controvoglia. A nessuno dei due andava a genio un periodo di riposo forzato. Non erano nelle migliori condizioni, questo era vero, con un braccio solo non erano in grado neanche di comporre i sigilli, ma di starsene in panciolle proprio non era nella loro indole.

"Ricordatevi di venire in ospedale per le medicazioni." aggiunse Sakura, porgendogli dei foglietti con su scritti gli orari.

"Ma Sakura-chan non potresti venire tu da noi?" obiettò Naruto.

"Non sono mica la vostra infermiera personale, razza di baka!" sbraitò di rimando la ragazza, dandogli un cazzotto in testa. Medicazioni a domicilio? Era forse impazzito?

"Ok, ok, ho capito, non c'è bisogno di essere violenti" piagnucolò il biondo, massaggiandosi la parte lesa "A proposito" continuò "Teme, tu dove andrai a stare?"

Seguì un momento di silenzio. Sasuke non aveva ancora avuto modo di parlare con Kakashi e avrebbe mille volte preferito farlo in separata sede che con i suoi due compagni di squadra presenti a causa della proposta indecente che Naruto gli aveva fatto il giorno prima.

"Può stare a casa mia. Sempre che per te vada bene, Sasuke" propose l'Hokage.

Sasuke lo guardò per un secondo, indeciso sul da farsi. Kakashi , ovviamente, si era trasferito negli alloggi del Palazzo e il suo appartamento, quindi, era vuoto. Forse poteva essere una soluzione.

"Oppure puoi venire a stare da..."

"Andrà benissimo" rispose l'Uchiha prima che Naruto finisse la frase e qualcuno in quella stanza potesse considerare valida quell'idea bislacca.

"E' solo una sistemazione temporanea. Appena sarà possibile, ti assegnerò un nuovo appartamento" concluse l'Hokage, sorridendo sotto la maschera.

"Ti ringrazio"

"Le chiavi sono sotto lo zerbino" lo avvertì, sparendo poi in una nuvola di fumo.

"Uffa, saresti potuto venire a stare da me!" borbottò Naruto.

Sasuke ghignò: l'aveva scampata. Casa di Kakashi per il momento era assolutamente perfetta, quantomeno era sicuro che il sensei fosse una persona ordinata. Andare a stare da Naruto era fuori discussione: gli avrebbe fatto venire voglia di fuggire di nuovo dal Villaggio dopo poche ore di convivenza. Aveva bisogno di stare un po' solo per riflettere e istintivamente il suo sguardo si posò su Sakura.




.........§.........



Angolo Autrice


Buona domenica!

Sono riuscita a terminare il capitolo dopo non si sa quante riletture, correzioni e via dicendo. Non volevo saltare il nostro appuntamento domenicale, quindi vi chiedo perdono se non è proprio un gran capitolo. Non mi convince tantissimo, ma credo che dipenda dal fatto che sono un po' stanca e ho mal di testa. Se fa schifo ditemelo.:-)

Come sempre vi ringrazio per le splendide recensioni dello scorso capitolo alle quali ovviamente risponderò in ritardo. * Fischi *

Cerco di portarmi avanti con il lavoro perché la settimana prossima sono oberata di impegni e vorrei riuscire a pubblicare anche un capitolo di Kitchen. * i sogni sono desideri, di felicità... *

Sì, mi ci vorrebbe la fata turchina sul serio perché tra il lavoro e il resto non riesco a trovare un buco di tempo per scrivere. Uffa!

Un ringraziamento speciale per questo capitolo va a Meryl Watase che mi ha consigliato casa di Kakashi come dimora dell'Uchiha. Non avevo la più pallida idea di dove spedirlo!

A domenica prossima.

Un bacione








Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** #8 Sogni Infranti ***


#8 Sogni Infranti






L'appartamento di Kakashi era situato a metà strada tra l'Accademia e il Palazzo dell'Hokage. Sasuke si chiese come facesse ad arrivare sistematicamente in ritardo pur abitando in una posizione così strategica.

Vi abitavano altri jonin come Genma Shiranui e la palazzina non era molto differente da quella in cui aveva abitato fino ai dodici anni, prima che abbandonasse il Villaggio.

Al piano inferiore vi erano delle botteghe, mentre al piano superiore, al quale si accedeva da una scala esterna, cinque appartamenti.

Quello di Kakashi era il terzo. Trovò la chiave sotto lo zerbino – come gli aveva detto – ed entrò.

Si sfilò i calzari, lasciandoli nel piccolo disimpegno all'ingresso e proseguì lungo un breve corridoio che conduceva a una luminosa stanza. Sulla destra vi era un divano a due posti e una libreria, mentre sulla sinistra un cucinino e un tavolino da pranzo. In fondo, due porte davano accesso al bagno, un po' piccolo, ma funzionale e alla camera da letto che dava sul cortile, lontana dai rumori della strada.

In ogni stanza Kakashi si era premurato di lasciare un biglietto, sintomo che avesse pensato da tempo a quella soluzione. Quello sul frigorifero lo avvertiva di non essere stato in grado di provvedere ai rifornimenti ma che nella dispensa, in alto a sinistra, avrebbe trovato delle confezioni di cibo liofilizzato per le emergenze; quello posto sul comodino della camera da letto recitava "Ci sono dei vestiti puliti nel secondo tiretto dell'armadio" e un altro in bagno gli indicava dove fossero gli asciugamani.

Aveva pensato proprio a tutto.

Kakashi gli aveva dato la possibilità di vivere da solo, avere la sua privacy, per dargli il tempo di riabituarsi a una vita normale. Lo conosceva meglio di quanto pensasse. Probabilmente aveva considerato che un'eventuale convivenza con Naruto o con chiunque altro non gli avrebbe dato la possibilità di riflettere e capire cosa fare in futuro.

Tuttavia non si sentiva comunque a suo agio e sperò che quel "complesso dell'ospite" gli passasse con l'andar del tempo e che Kakashi riuscisse ad assegnargli il prima possibile un suo appartamento.

A patto che decidesse di rimanere.

L'idea di andare di nuovo via dal Villaggio non l'aveva scartata, anzi, gli ronzava in testa costantemente.

Il suo sguardo cadde sulla foto posta su uno degli scaffali della libreria. L'avevano scattata quattro anni prima durante un allenamento del Team 7.

Come l'avrebbero presa se avesse deciso di partire?

Immaginò Naruto alle porte del Villaggio con una catena umana di Anbu a bloccargli il passaggio.

Male, l'avrebbero presa male.

Inoltre affrontare un viaggio con un braccio solo nel mondo ninja dove, sicuramente, c'era ancora qualcuno che potesse provare verso di lui del rancore, era un rischio da non sottovalutare nonostante potesse contare sullo sharingan e il rinnegan.

Per il momento sarebbe rimasto a Konoha. Forse ritornare a vivere normalmente lo avrebbe aiutato a superare tutto quello che era successo; poteva contare su Naruto, su Kakashi e su... Sakura. La ragazza che sorrideva felice in quella foto e che ora non parlava, glissava diplomaticamente i discorsi scomodi e sorrideva molto di meno.

Trovò ironico che proprio di fianco a quella foto ce ne fosse un'altra, raffigurante un altro Team, in cui era presente un altro Uchiha, anch'egli ex nukenin pentito. Forse era vero che il loro Clan fosse maledetto, marcio ed irrecuperabile.

Adesso lui era davvero l'ultimo Uchiha e guardando quelle foto, si chiese se non fosse il caso di chiuderla lì, di accantonare il proposito di ricostruire il suo Clan.


Fece una lunga doccia, ne aveva un disperato bisogno. Sentì l'acqua calda scivolargli addosso donandogli una sensazione di benessere, come se avesse portato via anche un po' di quella malinconia che lo opprimeva. Nudo e gocciolante si portò davanti allo specchio e per la prima volta dalla fine della guerra ebbe modo di vedere come si era ridotto. Il suo corpo era segnato da cicatrici rosate, alcune delle quali non ancora del tutto rimarginate; il viso era stanco, magro e profonde occhiaie circondavano i suoi occhi di due colori diversi: il destro nero, spento, e il sinistro grigio, innaturale, percorso da spirali concentriche.

Per anni aveva rincorso un'abilità oculare che lo rendesse più forte; con gli occhi di Itachi era riuscito a sviluppare lo Sharingan eterno, ma il rinnegan era tutta un'altra cosa: non lo aveva nel sangue, non era suo, gli era stato donato e vederlo riflesso in quello specchio quasi lo infastidì.

Si spettinò i capelli bagnati e ne tirò un ciuffo verso il basso fino a coprire l'occhio. Dopo pochi secondi, tuttavia, il ciuffo ritornò al suo posto, scoprendo nuovamente l'iride grigia: i suoi capelli erano troppo corti e ribelli per lo scopo che aveva in mente, forse avrebbe dovuto lasciarli crescere.

Contrariato, riprese a guardare il suo riflesso, concentrando lo sguardo sul moncherino.

Non era mai stato un tipo vanitoso, ma dovette ammettere che fosse un tantino antiestetico. Inoltre, il braccio sinistro era quello che preferiva per tecniche come il chidori, quindi avrebbe dovuto cercare di far confluire il chakra tutto nel braccio destro, almeno fino a quando Tsunade non avesse terminato la ricostruzione.

A quel punto si accorse che la fasciatura era totalmente zuppa: aveva dimenticato di toglierla prima della doccia, ma la sensazione di avere ancora il braccio che di tanto in tanto provava, lo aveva tratto in inganno.

La rimosse lentamente, rivelando la pelle lacera.

Visto così, se possibile, era anche peggio.

Da quanto aveva capito, le medicazioni di Sakura servivano come antidolorifico e non a cicatrizzare la ferita e quindi il moncherino sembrava un ammasso informe di carne sanguinolenta, terribile da guardare anche per uno stomaco forte come il suo.

Come si era ridotto in quello stato?

Il suo corpo era la perfetta rappresentazione di come si sentisse dentro: a pezzi.

"Hai fatto proprio un bel lavoro" si complimentò ironicamente con se stesso per poi indossare una delle tute da jonin di Kakashi, nera come il suo umore.

Uscì dal bagno e si diresse verso la cucina per prepararsi qualcosa da mangiare quando sentì bussare alla porta.

A occhio e croce poteva essere solo una persona.


"Ah, sei tu"

"E chi credevi che fossi?" gli chiese ironicamente Naruto, entrando in casa.

"Che ci fai qui?" il tono di Sasuke non era, per così dire, accogliente. Aveva sperato che una volta fuori dall'ospedale potesse avere un po' di pace.

"Kakashi sensei ci ha invitati a cena e mi ha chiesto di riferirti il messaggio" gli rispose, guardandosi intorno con curiosità: non era mai entrato in casa del maestro ed era certo che da qualche parte ci fossero indizi su cosa nascondesse sotto la maschera.

"Credo che non verrò" si azzardò a dire Sasuke, conscio che Naruto non si sarebbe mosso da casa sua fino a che non fosse riuscito a fargli cambiare idea.

Ma Naruto al momento sembrava preso da altro, si guardava intorno come fosse alla ricerca di qualcosa. Sasuke alzò un sopracciglio, stupito che l'amico non avesse iniziato una delle sue solite litanie affettive e rimase in attesa di una sua mossa che non tardò ad arrivare.

"Dimmi un po', Teme" cominciò col dire in tono serio – eccolo che iniziava – "hai per caso scoperto cosa si cela sotto la maschera di Kakashi-sensei?"

Ecco a cosa stava pensando! Il desiderio di conoscere il segreto di Kakashi era riuscito persino ad evitargli il sermone. In effetti anche lui ci aveva pensato, soprattutto quando, cercando i vestiti nel cassetto era ingappato in una dozzina di maschere di stoffa che probabilmente Kakashi aveva dimenticato lì, ma preso dai suoi pensieri non aveva collegato che, avendo la possibilità di curiosare tra le sue cose, avrebbe potuto scoprire l'arcano.

"Non sono un impiccione come te" sottolineò, mentre Naruto si dirigeva verso la libreria dove erano poste le due foto, una delle quali ritraeva anche suo padre.

Sorrise amaramente ricordando il loro ultimo incontro e successivo addio. Era stato fortunato a poter combattere al suo fianco e a rivederlo un ultima volta e lo doveva solo a Sasuke.

"Ci deve essere qualche indizio" mormorò tra i denti, passando al vaglio l'intera libreria con lo sguardo fino a che una piccola fessura in basso a destra non attirò la sua attenzione.

"Qui c'è qualcosa" fece notare a Sasuke che di rimando aveva alzato gli occhi al cielo. Non ce la faceva proprio il Dobe a farsi gli affari propri.

"É una serratura" continuò, esaminandola accuratamente "ma non c'è la chiave"

Sasuke sperò che quel piccolo impedimento convincesse l'amico a desistere, dimenticando per un momento che se lui poteva essere paragonato a un mulo in quanto a testardaggine, Naruto era una mandria di muli.

"Prendi un coltello"

Una mandria di muli.

Sasuke non capì bene cosa lo spinse ad assecondarlo, forse il ricordo dei tempi andati, ma si ritrovò poco dopo con un coltello in mano.

"Scansati" ordinò all'amico – non gli andava di rischiare di lasciare tracce e la grazia di Naruto era fin troppo nota.

Delicatamente cominciò a forzare lo sportello fino a far cedere la serratura: il Dobe non si sbagliava, era davvero uno scomparto segreto.

Trattennero entrambi il fiato per l'emozione, convinti di essere a un passo dallo scoprire foto compromettenti e rivelatorie.

Spalancarono gli occhi e caddero entrambi all'indietro atterriti.

Quello che videro dentro quella nicchia ricavata nella libreria era forse il più grande tesoro dell'intero mondo ninja; probabilmente doveva valere una fortuna e Kakashi doveva essere sicuramente l'unico ad avere... l'intera serie dei "Libri della Pomiciata" di Jiraya Sensei; tutti i volumi e le varie edizioni, sottovuoto, in una teca di vetro con annesso termometro. Altro che segreto di Kakashi, davanti ai loro occhi vi erano delle vere e proprie reliquie!

"S-secondo t-te d-dovremmo..." balbettò Naruto, la cui gola si era improvvisamente prosciugata.

"No, non dovremmo" ribatté prontamente Sasuke, altrettanto sconvolto, ma con ancora un minimo di buon senso, nonostante anche lui provasse la curiosità di leggerne il contenuto adesso che erano in età per farlo. Per quante volte li avevano visti tra le mani di Kakashi quei libri dovevano contenere qualcosa di inenarrabile, di stupefacente.

"Secondo me..." Naruto provò a tentarlo nuovamente, ma Sasuke fu irremovibile.

No, no e no!

E per essere sicuro che il concetto fosse chiaro, richiuse lo sportello.

"Non era proprio quello che stavamo cercando" constatò il biondo, rimettendosi in piedi.

Proprio no e francamente Sasuke avrebbe preferito non sapere di essere appena diventato il custode di un'enciclopedia dell'erotismo.

Perché Kakashi non li aveva portati con sé?

"Ci vediamo al Palazzo dell'Hokage alle sette" concluse Naruto dirigendosi verso la porta.

"Ti ho detto che io non vengo" ribadì, certo che questa volta il sermone non lo avrebbe evitato.

"Kakashi-sensei vuole festeggiare con noi la sua nomina. Siamo il suo Team, non puoi mancare." sciorinò Naruto con quel particolare tono di voce che riusciva puntualmente a farlo sentire in colpa.

"Preferirei evitare"

Perché si ostinava in quel modo? Non l'aveva ancora capito che con Naruto fosse una battaglia persa in partenza?

"E noi che tu venga, quindi fai poche storie. Ci vediamo lì e se non dovessi presentarti verrò a prenderti con la forza" lo avvertì Naruto, ghignando.

"E come pensi di fare? Vorrei ricordarti che hai un braccio solo" lo sfidò il moro, ricambiando il ghigno che sul suo viso, tuttavia, appariva leggermente più malefico.

"Se per questo anche tu, ma io ho Sakura-chan!" concluse Naruto, sorridendogli furbescamente prima di andare via.

Lo aveva fregato. Non che temesse Sakura, ma contro entrambi non avrebbe avuto molte possibilità.

"Tsk" sibilò, sconfitto.



-§-



"Ancora cinque minuti e poi lo trascino qui per i capelli" proclamò Naruto, nervoso per il ritardo di Sasuke che poteva tranquillamente voler dire che, nonostante le minacce, avesse infine deciso di non presentarsi.

"Vedrai che arriverà" lo rassicurò Kakashi mentre Sakura, in silenzio, non sapeva proprio cosa pensare. Era conscia del fatto che le cose non potessero tornare apposto in un attimo, ma per far sì che migliorassero, anche gradualmente, Sasuke avrebbe dovuto iniziare a collaborare, cosa che era evidente che non avesse intenzione di fare.

L'orologio della sala da pranzo della residenza dell'Hokage rintoccò le sette e mezza.

"Adesso basta! Ora mi sente!" tuonò Naruto, alzandosi dalla sedia e sbattendo la sua unica mano sul tavolo.

"Credo che non ce ne sia bisogno" gli fece notare Kakashi, indicando la porta d'ingresso dalla quale era appena entrato Sasuke.

"Scusate il ritardo" esordì il ragazzo, vestito di nero, con la manica sinistra della tuta che svolazzava mentre si accingeva a raggiungere il tavolo.

Sakura lo guardò di sottecchi, notando subito una macchia estesa sulla manica e attribuendola a una fasciatura che probabilmente andava cambiata.

"Adesso che sei andato a vivere a casa di Kakashi-sensei hai iniziato anche tu ad arrivare in ritardo?" ironizzò Naruto per stemperare l'imbarazzo.

"Penso che Sasuke abbia avuto i suoi buoni motivi" lo giustificò Kakashi che aveva notato come Sakura l'alone di sangue sulla manica sinistra "Sakura, nel bagno ci sono delle fasce" aggiunse, lanciando uno sguardo d'intesa alla ragazza che immediatamente si alzò per andarle a prendere.

Naruto osservò la scena un po' perplesso fino a che anche lui non si accorse del "problema" che aveva causato il ritardo di Sasuke.

"Vai da Sakura" gli consigliò Kakashi senza entrare troppo in particolari che avrebbero potuto metterlo più in imbarazzo di quanto già non fosse.

Sasuke accettò il consiglio e senza fiatare si avviò verso il bagno, incontrando tuttavia Sakura nel corridoio che già ritornava con alcune fasce in braccio.

Si guardarono per un attimo. Sakura non aveva preso in considerazione la possibilità che lui le andasse incontro e dopo aver adocchiato un salottino dove avrebbe potuto medicarlo con tranquillità, gli fece segno con la testa di seguirla.

"Togli la maglia per favore e siediti lì" gli disse con gentilezza, chiudendo la porta e indicandogli il divano posto sul lato destro della stanza.

Sasuke ubbidì e con qualche difficoltà riuscì a sfilarsi la maglia scura, rivelando il moncherino privo di fasciatura.

"Non avresti dovuto togliere la fascia" lo rimproverò Sakura con tono dolce.

"Si è bagnata" le spiegò brevemente senza entrare troppo nei particolari: era stato già abbastanza imbarazzante averle mostrato di non riuscire quasi a sfilarsi la maglia da solo.

Sakura provò una profonda tenerezza nei suoi confronti.

Appariva debole e per una volta docile.

"Vedrai che andrà meglio" Fu l'unica cosa sensata che le venne in mente di dire per ovviare all'imbarazzo e, probabilmente, ciò che avrebbe voluto sentirsi dire anche lei.

Non si riferiva solo al braccio, ovvio, quello prima o poi sarebbe guarito, ma a tutto il resto. Il fatto che si fosse presentato al pranzo di sua sponte era di per sé un buon segno, quantomeno un inizio, un piccolo passo – o forse un ciclopico passo dato il soggetto – ma sarebbe servito ben altro per ricucire i rapporti tra loro.

Sasuke aveva continuato a guardare un punto imprecisato davanti a sé, metabolizzando quanto detto dalla ragazza.

- Andrà meglio – Certo, peggio di così non poteva andare di sicuro.

Era a stento in grado di badare a se stesso. Si era presentato a quello stupido pranzo più per non dover assistere all'ennesima paternale di Naruto che per piacere, oltre ad avere l'esigenza di farsi rifasciare il braccio – quest'ultima cosa, poi, lo irritava profondamente.

"Saresti dovuto venire subito in ospedale"

Sì, lo irritava davvero tanto aver bisogno degli altri e soprattutto detestava che qualcuno glielo ricordasse.

"Ti fa male?" gli chiese, avvolgendo con delicatezza la fascia, dopo aver ripulito la ferita dal sangue raggrumato.

"Non eccessivamente" le rispose più per cortesia che per voglia.

Il male che provava era di diversa natura, era dentro di lui e nessuna medicazione avrebbe potuto curarlo per ora e la gentilezza, falsa a suo dire, di Sakura non faceva altro che acutizzare.

Se non riusciva neanche a parlare di quello che era successo, come poteva essere gentile nei suoi confronti?

Fingeva, come stava facendo lui in quel momento mostrando apparente indifferenza quando il fatto che lei non avesse risposto alle sue domande gli creava un tale disagio da non sopportare neanche di stare nella stessa stanza con lei. Quella diplomatica inclinazione nell'atteggiamento di Sakura lo innervosiva perché lui aveva odiato da sempre le bugie; gli avevano rovinato la vita e non avrebbe permesso che accadesse di nuovo.

"Ok, adesso è apposto" dichiarò Sakura, dopo aver terminato la fasciatura, avviandosi poi verso la porta.

"Grazie" sussurrò atono, scegliendo forse la parola meno adatta in assoluto. In quell'occasione uno dei suoi soliti versi incomprensibili sarebbe stato sicuramente più adatto e Sakura lo avrebbe gradito maggiormente.

Sakura si fermò e ragionò per un secondo su come reagire.

"Prego" si convinse a rispondergli. Non poteva continuare a provare un tuffo al cuore ogni volta che Sasuke pronunciava quella parola perché con il tempo, forse, ci sarebbero state altre occasioni - o almeno lo sperava. Sperava davvero che tutto tornasse com'era un tempo, o magari meglio. Non osava ambire a chissà quale sogno romantico, già riaverlo lì riusciva a farla sentire meglio, ma nutriva seri dubbi sul fatto che lui riuscisse a non sentirsi "di troppo" o addirittura "non accetto" e quello sarebbe stato lo scoglio più difficile da superare.

Tornarono in sala da pranzo dove Kakashi e Naruto gli avevano aspettati per cominciare a mangiare.

"Propongo un brindisi in onore di Kakashi-sensei, il nuovo Hokage di Konoha!" esclamò Naruto alzando in alto il bicchiere e Sakura fece lo stesso. Sasuke lo sollevò appena fin sopra il mento. Non che non volesse festeggiare o che non fosse contento; in realtà la cosa lo lasciava totalmente indifferente e poi non era mai stato un tipo esuberante.


"E io vorrei brindare a voi, al mio Team, che è riuscito a salvare il mondo ninja" aggiunse Kakashi, alzando anch'egli il bicchiere "E spero che voi due diventiate presto genin e poi jonin" concluse incurvando le labbra sotto la maschera in un sorriso canzonatorio.

"Uffa, è vero!" piagnucolò Naruto, lasciandosi cadere a peso morto sul tavolo "Sakura-chan è l'unica ad essere diventata jonin"

Sasuke non ci aveva fatto caso: la carriera ninja non rientrava da un po' di tempo tra le sue ambizioni; forse avrebbe potuto farci un pensierino, forse sarebbe potuto entrare negli Anbu come aveva fatto suo fratello Itachi oppure insegnare all'Accademia. Storse il naso immaginando un branco di marmocchi incapaci chiamarlo sensei: no, non faceva al caso suo . Negli Anbu probabilmente si sarebbe sentito più a suo agio. Spesso stavano via per mesi dal Villaggio e in alcuni casi addirittura agivano da soli. Dopotutto il Team 7, ora che Kakashi era diventato Hokage, si sarebbe sciolto – e non per colpa sua questa volta – e ognuno avrebbe preso una sua strada. Ma se lui e Naruto non avessero superato l'esame dei chunin, avrebbero probabilmente rischiato di essere inseriti in altre squadre e data la sua scarsa inclinazione alla socializzazione, sarebbe stato un bel problema.

"Kakashi-sensei, lei come Hokage potrebbe anche chiudere un occhio e nominarci jonin senza tutta la trafila" propose Naruto "In fondo abbiamo battuto i cattivi" gli ricordò, non dando peso al fatto che proprio uno di quei "cattivi" fosse seduto allo stesso tavolo perché per Naruto, Sasuke non era mai stato un vero nemico; perlopiù un amico un po' confuso, con qualche rotella fuori posto e problemi infantili irrisolti – o risolti male. Non lo aveva mai considerato cattivo, anche quando lo aveva insultato e attaccato perché sapeva che non era lui a parlare, ma la sua rabbia e avendo avuto modo di conoscerla come e quanto lui, era sempre stato conscio del fatto di poter essere l'unico sul quale lui avrebbe potuto sfogarla.

Tuttavia, l'uscita infelice del biondo, non sfuggì a Sasuke che in virtù di quanto detto, si era sentito, ovviamente, chiamato in causa e pertanto si era adombrato.

"Dipende da come vi comporterete da adesso in poi" rispose Kakashi diplomaticamente mentre il viso di Naruto si illuminava di speranza.

"Ma non è giusto!" ribatté Sakura "Io ho dovuto sudare per avere la promozione e a voi due la danno d'ufficio? La vita è proprio ingiusta" constatò amaramente, rubando però a tutti una risata, tranne a Sasuke che neanche aveva ascoltato, troppo preso dai suoi pensieri.

"Ah!" sospirò l'Uzumaki "se penso a quante ne abbiamo passate non mi sembra vero di essere qui con voi"

Proprio quello che Sasuke temeva di più in assoluto da quel pranzo, un bel revival. Era arcisicuro che Naruto ad un certo punto avrebbe tirato fuori la "Team 7 Story", ma si era augurato che ciò avvenisse tipo al dolce, quindi alla fine del pranzo e, invece, quella stupida storia delle promozioni aveva innescato la macchina del tempo e così si erano ritrovati a parlare – loro, perché lui ascoltava e di tanto in tanto annuiva – di Villaggi della Neve e campanellini. Ascoltando l'entusiasmo con cui Naruto stava raccontando, a modo suo, le avventure che avevano condiviso, Sasuke, tuttavia, non riuscì a non provare una certa nostalgia e istintivamente si guardò attorno, notando come ogni persona seduta a quel tavolo fosse cambiata. Kakashi era diventato Hokage, nulla di più assurdo visto che lui non aveva mai ambito a diventarlo ed era stupefacente come quel ruolo, invece, gli calzasse alla perfezione. Naruto, era Naruto, con i suoi pregi e i suoi difetti, ma anche lui sembrava più maturo, più uomo; aveva sempre quell'entusiasmo coinvolgente di quando era piccolo e parlava troppo e come sempre a sproposito, ma era indubbiamente diventato molto forte e il posto di Hokage, dopo Kakashi, sarebbe spettato a lui.

Sakura.

Sakura che ascoltava e rideva; che annuiva e fulminava con lo sguardo Naruto ogni qual volta toccasse un argomento che potesse sembrare inopportuno; che lo pestava costantemente, anche senza una ragione valida. Sakura che aveva pianto quando li aveva trovati ancora in vita e che gli aveva dato dell'idiota – perché lo era, un vero idiota. Sakura che sembrava un'altra persona, una donna consapevole delle sue capacità, non più una ragazzina insicura e paurosa. Sakura che preferiva non rispondere a domande scomode per non mostrarsi debole, per non essere considerata una vittima quando avrebbe avuto ogni ragione per farlo. Il senso di colpa che provava nei suoi confronti era soffocante e ciò che lo faceva stare, se possibile, anche peggio era che lei facesse finta di niente, come se il passato dal momento in cui avevano varcato i cancelli di Konoha, fosse stato spazzato via con un colpo di spugna. Lui non riusciva a crederlo; non era possibile che lei avesse rimosso tutto e lo avesse perdonato con una tale facilità; la riteneva troppo intelligente per farlo. A parti invertite, lui avrebbe come minimo meditato vendetta o portato rancore in eterno e invece lei lo trattava con gentilezza, gli chiedeva "Scusa" e gli rispondeva "Prego", con imbarazzo certo, ma lo faceva e questo non produceva altro effetto che farlo sentire ancora più indegno... ancora più un verme.

Forse era proprio quello il suo modo di vendicarsi, ma lui sentiva crescere sempre di più dentro di sé il bisogno di un confronto: voleva sentirselo dire in faccia quanto avesse fatto schifo.

Ognuno di loro era cambiato in meglio e l'unico che al posto di evolversi era degenerato in qualcosa che "cattivo", "nemico" e "verme" potevano appena descrivere era lui.


Cosa era lui?


"Ne, Sas'ke?" Naruto attirò la sua attenzione.

"Cosa?" gli chiese, ridestandosi dai suoi pensieri.

"Stupido Teme, tu non stavi ascoltando!" sbraitò il biondo, puntandogli contro l'indice della mano.

"Probabilmente quello che stavi dicendo non mi interessava" ribatté Sasuke, per nulla intimorito.

"Sei sempre il solito pallone gonfiato"

"E tu un Usurantonkachi"

Inconsapevolmente Sasuke era caduto nella sua trappola: avevano iniziato a bisticciare come due ragazzini a colpi di "Teme" e "Baka", combattendo verbalmente per avere l'ultima parola.

Sakura e Kakashi si lanciarono uno sguardo nostalgico per poi sospirare all'unisono: quelle noiose diatribe erano mancate a entrambi.

Anche Sasuke, involontariamente, aveva iniziato a incurvare di tanto in tanto le labbra in quello che poteva sembrare, a uno sguardo attento, un sorriso, mentre Naruto... a Naruto brillavano gli occhi per la felicità: aveva ritrovato un amico, un fratello e ancora non credeva che potesse essere vero.

Terminarono così il pranzo e Sasuke, dopo il dolce e una serie di battibecchi con Naruto – scaturiti persino dalla posizione della saliera sul tavolo – si sentì sfinito. Era da tempo che non sosteneva conversazioni così lunghe e accese e che non passava una giornata così... serena?

Sì, era stata serena; proprio una bella giornata – e pensare che lui non voleva neanche andarci a quello stupido pranzo.

Si alzarono dal tavolo e ringraziarono Kakashi per l'ospitalità. Lui li vide andare via con lo stesso sguardo di una mamma chioccia che vede zampettare via i suoi pulcini: i suoi ragazzi erano cresciuti, avrebbe dovuto farsene una ragione.

Giunti in strada i tre si posizionarono in cerchio, l'uno di faccia all'altro, rispettivamente nelle direzioni che avrebbero preso per tornare a casa.

Seguì un lungo momento di imbarazzo in cui nessuno dei tre riuscì a dire nulla: tornare alla normalità non era complicato, di più, soprattutto per chi non sapeva più cosa fosse.

Quel tuffo nel passato aveva creato in Sasuke una strana smania, per un momento aveva smesso di pensare a tutto quello che era accaduto e si era goduto le piccole cose com'era giusto che fosse per un ragazzo di diciassette anni. Non desiderava tornare a casa e ripiombare nella più cupa solitudine; si sentiva bene, dopo tanto tempo e quindi non aveva voglia che quella giornata così sorprendente finisse.

"Credo che a questo punto me ne andrò a casa"

Fu Sakura a rompere il silenzio, inaspettatamente. In passato avrebbe fatto carte false per passare anche solo un minuto in più in compagnia di Sasuke e invece adesso sentiva di doversi dileguare e in fretta perché era certa che Sasuke non vedesse l'ora di liberarsi di loro .

"Perché, invece, non andiamo a fare una passeggiata?" propose Naruto che, a differenza di Sasuke, detestava la solitudine e desiderava averli tutti per sé ancora per un po'.

"Voi due avete bisogno di riposarvi" obiettò Sakura, pensando che Sasuke le desse manforte.

Straordinariamente, invece, l'Uchiha prese a camminare e dopo aver fatto qualche passo aveva girato il viso verso di loro da sopra la spalla sinistra e gli aveva detto con un tono inconfutabilmente determinato: "Andiamo".

Gli altri due si erano guardati per un attimo in faccia, perplessi e stupiti, per poi raggiungerlo di corsa, sorridenti.

Qualcosa stava cambiando.


-§-


Alcuni quartieri del Villaggio mostravano ancora i segni della guerra e anche quelli dell'attacco di Pain. Naruto raccontò a Sasuke lo scontro epico con il ninja della pioggia sin nei minimi particolari, ingrandendo ovviamente in maniera esponenziale le sue gesta che di per sé erano state già abbastanza eroiche. Sakura, con cipiglio, lo aveva ripreso più volte raccontando nuovamente i fatti secondo la versione ufficiale, quella nota a tutti.

"Con tutta la fantasia che ti ritrovi potresti prendere il posto di Jiraya- sensei e scrivere una nuova collana di romanzi – Le mille frottole di Naruto Uzumaki - " esclamò Sakura, ad un certo punto, esasperata dalla straordinaria quantità di assurdità che aveva ascoltato fino a quel momento.

Gli altri due, al solo sentir nominare Jiraya, in virtù della scoperta che avevano fatto quella stessa mattina, assunsero un aria colpevole e imbarazzata che Sakura, per fortuna, non riuscì a cogliere.

Giunsero nella zona commerciale del Villaggio dove la vita aveva ricominciato a scorrere normalmente; le botteghe avevano riaperto e nell'aria si respirava odore di ramen e atri manicaretti proveniente dai ristoranti. Bambini felici giocavano in strada, mentre le mamme erano intente a fare la spesa o a chiacchierare tra loro. Sembrava tutto così normale che la guerra poteva già considerarsi quasi un ricordo.

I tre ninja si guardarono intorno, assaporando quel clima di gioia e serenità consapevoli di aver contribuito in prima persona a ristabilirlo. Era sicuramente una bella soddisfazione e per la prima volta anche Sasuke si sentì vagamente parte di qualcosa, un po' meno severo nei confronti di sé stesso, appena soddisfatto di quello che i suoi occhi stavano registrando.

Ma quella sensazione durò giusto un attimo perché immediatamente la sua coscienza ricominciò a tormentarlo.

Se Naruto non lo avesse fermato a quest'ora come sarebbe stata Konoha?

Come in un'illusione procurata dal suo stesso Mangekyou, rivide le stesse strade in cui quei bambini giocavano felici, deserte e buie; un'aura di decadenza e terrore insinuarsi nei vicoli, nei ristoranti, nelle botteghe vuote; un cielo di cirri neri ad oscurare perennemente la luce del sole.

L'inferno.

Diventare l'unico male del mondo, avrebbe sicuramente fatto male al mondo stesso: tutti avrebbero iniziato a provare la sua stessa diffidenza verso gli altri e la sua tirannia avrebbe soffocato la libertà di ogni singolo individuo. Lui voleva un mondo perfetto in cui nessuno potesse soffrisse se non a causa sua, ma realizzò in quel preciso istante che forse il suo sogno avrebbe potuto non funzionare a dovere. Aveva passato quasi tutta la sua vita a rincorrere la vendetta da non vedere nient'altro che odio, tanto da convincersi che quest'ultimo fosse l'unico sentimento al mondo capace di far ottenere davvero qualcosa. Era stato l'odio a fargli acquisire un potere tale da poter affrontare a viso aperto suo fratello; era stato sempre l'odio a consentirgli di uscire vincitore nello scontro contro di lui e non era stato forse l'odio a fargli eliminare dalla faccia della terra Danzo? L'odio equivaleva quindi a potere.

Quanto si sbagliava.

Non c'era odio in quell'istantanea del Villaggio della Foglia e non c'era negli occhi di Naruto e Sakura. Chissà se anche nel resto del mondo era così o se quei pensieri scaturissero dal condizionamento mentale dovuto al suo stato di nukenin pentito e dalla bella giornata che aveva passato.

Gli sarebbe piaciuto constatarlo, vedere con i suoi occhi.

"Guardate un po', ci sono Ino, Shikamaru e Choji!" esclamò Sakura, superando lui e Naruto per andare incontro agli amici.

"Fronte spaziosa, hanno per caso aperto le gabbie?" le chiese sarcasticamente la Yamanaka, indicando l'Uchiha e Naruto.

"Cerca di evitare le tue battute, è stranamente di buon umore" le mormorò Sakura a un orecchio, stando ben attenta a mettere la mano davanti alla bocca tante volte Sasuke riuscisse a leggerle il labiale da lontano, con l'ausilio dello sharingan.

"Ah sì?!" esclamò Ino, assottigliando gli occhi, con un tono che presagiva qualcosa di molto nefasto all'orizzonte.

"Ciao ragazzi!" urlò Naruto con il suo immancabile sorriso stampato in faccia.

Sasuke fece un lieve, impercettibile, cenno con la testa con il suo altrettanto immancabile broncio.

Era felice di vederli tanto quanto lo era stato l'intero esercito ninja alla vista del Kyubi.

"Ciao Uchiha" lo salutò stancamente Shikamaru che da stratega aveva ben pensato di fare il primo passo a differenza degli altri due che erano intenti a pensare a qualcos'altro. Choji, infatti, aveva posticipato i saluti a quando avesse terminato il pacchetto di patatine che stava mangiando. Quanto gli erano mancate le patatine! Appena tornato a Konoha aveva svaligiato la prima bottega aperta e non era uscito di casa per due giorni interi fino a che ogni centimetro del pavimento della sua camera non era stato occupato da una busta di patatine rigorosamente vuota.

Ino, invece, sembrava in contemplazione dell'universo e Shikamaru, captando quali potessero essere i pensieri dell'amica, non riuscì a trattenersi dallo sbuffare e mormorando uno sconfortato "Che seccatura" si era preparato mentalmente a uno dei suoi show.

"Sasuke-kun!" sussurrò la bionda, suadente, con gli occhi viola che avevano preso a brillare come due ametiste.

- Un effetto ottico, sicuramente! - pensò Sakura. I suoi occhi malgrado fossero verdi come gli smeraldi, non luccicavano in quel modo così, così... spettacolare.

"E' stato un incontro dettato dal destino" sciorinò la bionda, avvicinandosi a lui, impavida "Questa mattina mi sono svegliata con una strana sensazione, sapevo che sarebbe accaduto qualcosa di meraviglioso"

Shikamaru si portò una mano alla fronte e iniziò a scuotere la testa per la disperazione.

"Ti trovo bene, Sasuke-kun" miagolò poi la gattina bionda, afferrandogli il braccio sano.

"Ma è impazzita?" urlarono Naruto e Sakura all'unisono, sbiancando.

Aveva osato toccare Sasuke senza aver presentato una richiesta scritta almeno tre giorni prima e senza il suo permesso. Aveva intenzione di morire?

Anche Sasuke rimase sconvolto dall'audacia della ragazza e rifletté sul fatto che se non fosse stato certo di avere perennemente il rinnegan pronto all'uso, probabilmente avrebbe attivato lo sharingan per autodifesa. Ricordava bene le volte in cui la Yamanaka gli si era gettata al collo senza alcun riserbo e una cosa, di certo, non era cambiata affatto da allora: lo infastidiva terribilmente.

Naruto e Sakura iniziarono a prepararsi al peggio perché videro intorno a Sasuke quella caratteristica aura, foriera di un imminente e truculento omicidio.

Il caso volle che Sai, di ritorno da un allenamento, transitasse proprio in quel momento dall'altra parte della strada. Ino iniziò a intravedere la realizzazione del sogno fatto durante lo Tsukuyomi e quindi prese a sbracciare e a urlare il nome del ninja della radice come un'ossessa per attirare la sua attenzione.

Sai si voltò verso di lei e sfoggiando una delle sue paresi facciali, quella sorridente, si avvicinò al gruppo.

"Adesso siamo apposto" mormorò Shikamaru, sempre più sconsolato.

"Avvicinati, Sai" lo invitò la bionda, indicandogli con un gesto della mano il quadratino di terra sul quale voleva che si posizionasse.

Lui ubbidì, ritrovandosi proprio di fronte a Sasuke, con Ino in mezzo, tra i due.

Sasuke si chiese quale potesse essere la pena per l'omicidio della Yamanaka; se gli avrebbero dato la pena di morte o una medaglia. Non solo lo aveva toccato contro la sua volontà, ma gli aveva piazzato davanti il "sostituto", nonchè uno degli uomini fidati di Danzo, nonché il povero illuso che aveva tentato di ucciderlo nel covo di Orochimaru.


La Yamanaka ghignò: era tutto perfetto.

Si sistemò i capelli con le mani e chiuse gli occhi in attesa di ciò che ormai credeva inevitabile.

Sasuke e Sai si guardarono per un attimo: l'uno lo squadrò dall'alto in basso sfoggiando una delle sue migliori occhiate intimidatorie, l'altro lo scrutò con curiosità, come fosse stata una cavia da laboratorio, la qual cosa fece imbestialire ancora di più il primo.

La Yamanaka attese per un paio di minuti mentre sul gruppo era sceso un silenzio glaciale.

Socchiuse appena un occhio constatando che i due erano rimasti impalati, l'uno di fronte all'altro, senza proferire parola e pensò bene di dar loro un piccolo input.

"Non avete niente da dirmi?" gli chiese con aria innocente.

Sakura era sconvolta. Non riusciva a capire dove Ino volesse andare a parare e il perché di quella sceneggiata. Ipotizzò che fosse un altro dei suoi modi per superare il lutto, ma se anche fosse stato così, stava davvero esagerando e rischiando grosso.

"Sei molto carina, Ino" le rispose Sai, reiterando un complimento già fatto in passato – che poi lo pensasse sul serio o meno, non ci è dato di saperlo almeno per il momento.

"Questo lo so, me l'hai già detto!" ringhiò la bionda e volgendo lo sguardo verso Shikamaru gli chiese "Perché non succede nulla?"

Il Nara scosse per l'ennesima volta la testa, indeciso se andare via e lasciare che l'Uchiha facesse a brandelli il suo corpo o darle una mano in virtù dei tanti anni di amicizia che avevano alle spalle.

"Cosa dovrebbe succedere di preciso?" le chiese Sakura, che oramai aveva mangiato la foglia e capito che alla base di tutto ci fosse lo stramaledettissimo Tsukuyomi. Era sempre stata brava a fare due più due.

"Niente che ti interessi fronte spaziosa" le zittì acidamente la Yamanaka, concentrandosi poi su Sasuke che a suo dire poteva aver bisogno di un'altra spintarella per dichiararle il suo amore.

"Sasuke-kun" sussurrò con voce suadente, portandosi un dito vicino alle labbra e dondolandosi sui talloni "Quando ti hanno condannato a morte, io ho pianto tanto per te"

L'intero gruppo dei ninja, Choji compreso, si spiaccicò una mano sulla fronte: se quello era il modo che Ino aveva escogitato per fare breccia nel cuore dell'Uchiha, doveva davvero essere impazzita.

Sasuke rimase impassibile, come se al posto della frase inopportuna della Yamanaka il suo udito avesse percepito il ronzare fastidioso di una mosca.

"Ino!!!" tuonò Sakura che ne aveva fin sopra i capelli " Ma che diavolo stai dicendo?"

"Vi spiego tutto io" intervenne, quindi, Shikamaru anche se non ne aveva alcuna voglia, ma Ino iniziava seriamente a rischiare di venire incenerita o peggio e si sentì in dovere di fare qualcosa.

"Non oserai!" lo minacciò l'amica.

Shikamaru, tuttavia, non si fece intimorire e raccontò quello che Ino aveva visto durante lo Tsukuyomi infinito a tutti i presenti, sottolineando più volte che avesse cercato di farle capire senza risultati che fosse solo una proiezione dei loro desideri e non un sogno premonitore.

"Adesso si spiega tutto" commentò Sakura, lanciando uno sguardo furioso all'amica che si era limitata a raccontarle solo una parte di quello che aveva visto, comprendendo anche gli strani discorsi che la stessa aveva fatto qualche giorno prima.

"Parli proprio tu che hai sognato quella... Sabaku Temari no!" la vendetta di Ino non tardò ad arrivare e i presenti videro per la prima volta Shikamaru Nara arrossire.

"Sabaku no Temari, casomai" si affrettò a correggerla il ragazzo, osservando i visi dei suoi amici paralizzati dallo stupore; persino l'Uchiha aveva arcuato leggermente un sopracciglio.

"E comunque non penso che a loro interessi" aggiunse, prima di voltare a tutti le spalle per nascondersi dai loro sguardi.

"Questa non la sapevo" confessò Choji, dopo essersi riempito la bocca di patatine per l'agitazione.

"Bene!"esclamò Sakura, approfittando del momento di confusione "Allora noi andiamo adesso, nh?" propose ai suoi due compagni, prendendo prima Naruto per il braccio, ancora inebetito, e facendo poi lo stesso con Sasuke, altrettanto scosso, trascinandoli via. Se l'aveva toccato la Yamanaka, poteva farlo anche lei, no?

Sai guardò la ragazza bionda che sembrava sul punto di piangere e pensò che in fondo fosse davvero molto carina. Lo incuriosiva la sua estrosità e il suo modo di porsi nel confronti degli altri, persino con Sasuke Uchiha aveva mostrato di non avere il minimo ritegno. Era spregiudicata, sicuramente un po' matta, ma neanche lui in fondo era tanto sano.

"A me tu piaci" le confessò, cercando persino di assumere un tono entusiasta.

Ino lo squadrò e poi si girò a guardare Sasuke che veniva trascinato via da Sakura.

"Ah! Lascia perdere!" sbraitò, andando via infuriata.

Cosa era andato storto?

Nella sua illusione Sasuke e Sai si contendevano il suo cuore l'uno di fronte all'altro proprio come li aveva fatti posizionare lei, allora perché erano rimasti impalati come due stoccafissi a guardarsi nelle palle degli occhi?

Ci rifletté a lungo, continuando a camminare per Konoha senza una meta, fino a che non trovò l'inghippo: Sasuke nella sua illusione aveva tutte e due le braccia, mentre adesso solo una! Ecco cosa aveva mandato tutto in fumo!

"Maledetto Uzumaki" ringhiò tra i denti.

"Io te l'avevo detto"

La voce di Shikamaru la fece trasalire: non era stata molto corretta nei suoi confronti sbandierando la storia di Temari.

"Sasuke non ha il braccio, nella mia illusione ce l'aveva, è quello il problema" gli comunicò la sua scoperta con ritrovato entusiasmo.

Shikamaru sospirò.

"Sei proprio incorreggibile" le disse, mettendole una mano sulla spalla "Proprio non vuoi capire, eh?"

Ino, in realtà, aveva capito perfettamente, ma quella storia, in quei giorni, era riuscita a distogliere il suo pensiero dalla morte del padre e dai funerali che si sarebbero tenuti la mattina successiva.

"Mi manca tantissimo" urlò, con le lacrime agli occhi, rifugiandosi tra le sue braccia.

"Anche a me, Ino. Anche a me" le confessò, poggiando il mento sulla sua chioma bionda.



......§......


Angolo Autrice

Non ci credo! Sono riuscita ad aggiornare!

Sono un disastro, lo so, ma davvero non mi è stato possibile farlo prima.

Tengo molto a questa fan e ogni capitolo è studiato nei minimi particolari per non lasciare nulla al caso, quindi la stesura non è mai semplice.

Spero che vi sia piaciuto!

Chiedo venia se non mi dilungo troppo nelle note autrice ma ieri sera sono stata a cena fuori con il mio compagno e ho "straviziato" . L'ultimo neurone rimasto mi ha supplicato di non stressarlo esageratamente.

Ogni tanto non guasta, ma sono fuori allenamento e soprattutto non ho più vent'anni. Ahimè! :-(

Ringrazio come sempre tutti coloro che seguono la storia, gli irriducibili recensori(Vi lovvo tanto!) e anche chi la segue silenziosamente. Vi aspetto al prossimo capitolo che spero di pubblicare domenica.

Vi terrò informati.

Per la cronaca, qualche settimana fa avevo iniziato a revisionare le vecchie fan e, ovviamente, per mancanza di tempo ho dovuto accantonare anche questo, quindi se doveste vedere cose strane(tipo dei capitoli mancanti) non preoccupatevi.

Un bacione












Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** #9 Una tavola scheggiata ***


#9 Una tavola scheggiata




"Sakura-chan mi stai facendo male!" piagnucolò Naruto, mentre Sakura, dimentica totalmente dei due, camminava infuriata, trascinandoli come due sacchi di patate.

"Sakura-chaan?" cercò nuovamente di attirare la sua attenzione "Vuoi fermarti?"

E Sakura finalmente si fermò – per la felicità anche di Sasuke che trovava alquanto imbarazzante che la sua compagna di Team lo trascinasse in quel modo davanti a tutta la popolazione di Konoha.

Aveva le gote rosse e il respiro affannato, ma non per lo sforzo, bensì per la rabbia: Ino aveva rovinato quella giornata perfetta ed era certa che Sasuke fosse di nuovo di cattivo umore.

"Sasuke-kun, mi dispiace per il comportamento di Ino" si sentì in dovere di dirgli, dato che non riusciva proprio a fare a meno di preoccuparsi per lui.

"Tsk" sibilò l'Uchiha, trovando assurdo che lei si scusasse anche per l'amica "Me ne vado a casa" aggiunse, confermando il dubbio di Sakura che il suo umore fosse davvero mutato.

"Ci vediamo domani mattina!" gli ricordò Naruto.

Sasuke fece finta di non sentirlo, non aveva alcuna intenzione di andare ai funerali. La sua presenza forse non sarebbe stata neanche gradita visto che aveva dato anche lui il suo contributo affinché il conflitto avesse inizio e in un certo qual senso si sentiva un po' responsabile del fatto che i suoi compagni dovessero piangere la morte delle persone a loro care: Shikamaru e Ino avevano perso i loro padri e il Clan Hyuga, Neji. Tutte persone che lui aveva avuto modo di conoscere e che adesso non c'erano più, proprio come la sua famiglia. Tutte vittime della stupidità dell'uomo e della sua sete di potere.

Sasuke continuava a rifiutare l'idea di dover vivere in un mondo così bieco e ingiusto, iniziava finalmente a comprendere cosa avesse spinto Itachi a credere fermamente nella pace. Itachi probabilmente non doveva essere stato molto contento delle sue azioni, ovunque lui fosse. Gli aveva detto che il suo amore per lui non sarebbe mai mutato, qualsiasi cosa avesse fatto, qualsiasi scelta avesse preso, e forse sperava che il suo esempio potesse essere un insegnamento per lui e non un ulteriore motivo per dichiarare guerra al mondo.

A pensarci bene si era comportato davvero come uno psicopatico, ma in quel momento, quelle idee, quell'utopia di governo che aveva elaborato, gli erano sembrate talmente giuste da essere necessarie.

Nessuno aveva capito cosa gli passasse per la testa nel momento in cui si era presentato sul campo di battaglia, pronto a difendere il mondo ninja, proclamando che sarebbe diventato il nuovo Hokage. Se fossero stati leggermente più attenti e più perspicaci avrebbero capito che quel che intendeva lui non fosse un'assurdità, come molti di loro avevano pensato, e a quel punto la sua permanenza su quel campo di battaglia non sarebbe stata così lunga. Non era sua intenzione chiedere il permesso di diventare Hokage, né di essere accettato come tale, lui lo sarebbe diventato e basta... e il come, era un piccolo dettaglio. Solo Naruto, con molta probabilità, aveva percepito qualcosa, ma lo aveva lasciato fare, conscio del fatto che senza di lui non sarebbe riuscito a sconfiggere Madara e poi Kaguya e quello aveva la priorità su tutto. Naruto, infatti, non si era tirato indietro dall'affrontarlo, anzi, aveva accolto la sua sfida per mettere una volta per tutte la parola fine a quella che si erano lanciati quattro anni prima.

Sakura e Kakashi, invece, erano rimasti scioccati. Come dargli torto.

E Sakura aveva tentato di fermarlo, nell'unico modo che conosceva, l'unico che inspiegabilmente, ogni volta, lo aveva fatto vacillare e aveva bloccato le sue gambe.

"Secondo me sbagli"

La voce inattesa della ragazza lo fece fermare sul posto, di nuovo.

"In cosa?" Sbagliare per lui era diventata una routine.

"Domani... credo che tu debba venire ai funerali" gli rispose, incerta, stringendo i pugni per farsi forza e dirgli quello che pensava mentre il suo stomaco si attorcigliava in una spirale di dolore soffocante.

"Io credo di no" e non doveva essere certamente lui a spiegarle il perché, poteva arrivarci tranquillamente da sola.

"Hai paura di quello che potranno pensare le persone?" osò domandargli, con un timore folle che quel quesito potesse segnare la fine inequivocabile di quel "non rapporto" che avevano sempre avuto.

"Perché, cosa pensano di me le persone, Sakura?" sibilò, abbozzando un ghigno sadico che lei non riuscì a scorgere perché di spalle.

Tuttavia dal suo tono, Sakura capì che fosse un trabocchetto, che lui non volesse sapere cosa pensassero le persone, gli altri, ma cosa pensasse lei.

Il cane si era morso di nuovo la coda e girava in tondo stordito.

Si pentì quasi di aver abbandonato Naruto con una scusa per inseguirlo e imporgli la sua visione dei fatti; non aveva considerato il rischio che lui capovolgesse la situazione e la mettesse di nuovo di fronte a quel necessario chiarimento che lei tanto rifuggiva.

Rimase in silenzio, cercando le parole giuste da utilizzare ma, nella sua mente, comparivano a random solo le immagini delle volte in cui era stata lei, e solo lei, a soffrire per lui. Aveva una vaga idea di quello che pensavano gli altri di Sasuke, ma sapeva bene cosa invece pensasse lei.

"Pensano che sei stato un nukenin e che se sono costrette a piangere i propri morti" o il proprio cuore "una buona parte della responsabilità sia tua" gli rispose, con un tono talmente fermo che Sasuke ne rimase stupito, non riuscendo tuttavia a scorgere le nocche delle sue mani che spuntavano, rigide, dai pugni stretti, né il labbro che aveva preso a mordersi subito dopo aver proferito quelle parole, già pentita.

"Non penso che saranno felici di vedermi" affermò, riprendendo a camminare. Per lui la conversazione era finita, aveva ottenuto quello che voleva.

"Non è così!" si affrettò a dirgli la ragazza, alzando appena la voce, temendo che se avesse fatto anche solo un altro passo non avrebbe avuto più modo di persuaderlo. Un ennesimo dejavù.

Riprese a respirare quando lo vide fermarsi, rimanendo però sempre di spalle. Sembrava uno strano scherzo del destino che lei si ritrovasse sempre in quella posizione, che di lui riuscisse a guardare solo le spalle, che le fosse negato il suo sguardo dal quale avrebbe potuto forse comprendere ciò che davvero provasse nell'ascoltarla; quelle espressioni naturali, involontarie, che rivelavano stupore, odio, ansia e non quelle costruite sulla base di un atteggiamento che lui si imponeva di avere.

"Tu..." e fece uno sforzo immane per sembrare convincente "Tu non sei più quella persona"

Sasuke soffiò dal naso tutto il suo dissenso, producendo un suono di stizza.

"Come fai a dirlo?" le domandò, stanco, sfinito fisicamente e mentalmente dai tentativi di tutti quelli che gli stavano intorno di farlo sentire meglio. Lui non voleva stare meglio, sentiva di meritare ogni singolo spasmo dei suoi muscoli e gli incubi che lo perseguitavano quelle poche volte che riusciva a dormire. La breve illusione che davvero tutto fosse finito e che per lui ci fosse un'altra possibilità si era infranta contro il muro di ciò che sembrava essere ovvio solo per lui: il passato non si poteva cancellare.

"Lo so" Una risposta vaga, buttata lì senza molta convinzione, che aveva sostituito all'ultimo minuto una più corretta e più onesta:"Lo spero".

"Vai a casa, Sakura" la liquidò, riprendendo a camminare di nuovo con l'intenzione di non fermarsi più, qualsiasi cosa lei avesse potuto ancora dire.

Sakura non se la sentì di aggiungere altro, consapevole di aver già osato troppo e di aver condizionato l'esito di quella discussione con la sua ultima affermazione. L'idea che Sasuke potesse aver interpretato male le sue parole, le creò un senso di angoscia. Desiderava proteggerlo anche dai suoi stessi pensieri, perché con il tempo, ne era certa, sarebbe riuscito a trasformare quella speranza in una certezza; doveva sentirsi circondato da persone che credevano in lui, che non gli facessero pesare costantemente tutto quello che aveva fatto, ma nel suo caso risultava davvero molto complicato fingere. Invidiava Naruto. Lui era riuscito davvero a voltare pagina, a trattare di nuovo Sasuke con naturalezza, come se niente fosse accaduto. Non avevano mai discusso dalla fine della guerra, discusso in maniera seria, s'intende; nessuno dei due aveva più tirato fuori l'argomento, malgrado la mancanza dei loro arti ne fosse una prova lampante. Forse avrebbe dovuto fare anche lei a cazzotti con Sasuke, forse si sarebbe sentita meglio, di certo non poteva dargliela vinta in quel modo.


-§-


"Sakura" sospirò Sasuke, affranto, al limite della sopportazione.

Perché doveva essere sempre così testarda?

Sakura incassò il colpo, ricorrendo a tutta la sua pazienza – e con Sasuke ce ne voleva davvero tanta – per non caricare il destro e aprire una voragine nell'appartamento di Kakashi-sensei.

Perché doveva essere sempre così indisponente?

Prese un bel respiro e chiuse gli occhi cercando di ricordare il motivo per il quale non avesse tirato dritto verso casa e avesse deciso di presentarsi al suo cospetto senza nulla di risolutivo da dire.

Si chiese se per caso, nel tempo, avesse sviluppato una particolare patologia autolesionistica che la portava a desiderare di venire insultata, denigrata e rifiutata da lui.

Quella parte irrazionale del suo cervello, quella che aveva partorito l'idea di presentarsi a casa sua e convincerlo – anche a suon di cazzotti – a presentarsi ai funerali, sembrava misteriosamente svanita nel nulla, si era data alla macchia – intimorita, forse, dallo sguardo glaciale che le stava rivolgendo Sasuke.

La maledisse con tutta se stessa per averla condotta a fare l'ennesima figura barbina, una di quelle da aggiungere alla lista... la lunga lista.

Doveva dire qualcosa, e subito!

Sasuke a breve le avrebbe sicuramente chiuso la porta in faccia – a patto che non lo avesse già fatto visto che i suoi occhi erano chiusi e non percepiva nulla intorno a sé – e lei sarebbe rimasta a contemplare il legno di acero chiaro della porta per alcuni minuti prima di tornare mestamente a casa con la coda tra le zampe e un groppone in gola.

"Hai intenzione di rimanere lì impalata ancora per molto?" Inaspettatamente fu Sasuke a rompere il silenzio.

Sakura socchiuse un occhio, intravedendo la figura di Sasuke a una certa distanza da dove sostava lei, impalata. (Certo, doveva sembrare davvero stupida a occhi chiusi, muta, e ferma sulla soglia di una casa in cui non era la benvenuta. Una vera idiota.)

Deglutì la bile prodotta in quei minuti lunghissimi e si decise ad aprire gli occhi per mettere a fuoco. Sasuke era fermo, di spalle, nel corridoio; il viso appena girato verso di lei e lo sguardo rivolto al pavimento.

Niente faceva intendere che lui l'avesse invitata ad entrare e lei, pertanto, tentennò a lungo, troppo a lungo, tanto da costringerlo a emettere un ulteriore grugnito che la portò a capire che lui fosse in attesa che lei si togliesse gli stivali per farle strada in salotto.

Quando lo sentì sbuffare, di nuovo, e lo vide avviarsi lungo il corridoio a piedi scalzi con quel suo passo leggero, impercettibile, si persuase a seguirlo.

Ogni fibra del suo corpo iniziò a tremare per l'ansia e l'imbarazzo rendendo macchinoso e complicato anche la semplice pratica di sfilarsi gli stivali. Lo faceva tutti i giorni, più volte al giorno, ma in quel momento le sembrò la cosa più difficile al mondo: la schiena rigida, non accennava a volersi piegare e le ginocchia sembravano essere diventate di acciaio.

Percepì il pavimento freddo sotto le piante dei piedi e, istintivamente, si mise sulle punte. Come una ballerina ubriaca percorse il corridoio, titubante, cercando conforto di tanto in tanto nella parete destra, nonostante il breve percorso da compiere.

Lo trovò seduto su un piccolo divano a due posti, non in modo scomposto o rilassato – non sarebbe stato da Sasuke – ma con la schiena dritta, e la mano destra poggiata sulla coscia. Sakura pensò che se Sasuke avesse avuto ancora il braccio sinistro, probabilmente lo avrebbe incrociato con il destro, rendendo ancora più limpido il concetto che fosse decisamente contrariato.

Sasuke pensò che se avesse avuto ancora il braccio sinistro, sicuramente lo avrebbe incrociato con il destro, perché non riusciva a capacitarsi del fatto che l'avesse invitata a entrare e trovava alquanto criptici questi slanci di generosità e tolleranza nei confronti di Sakura. In ogni caso, non vedeva l'ora che se ne andasse.

"E' carino qui" esordì Sakura, guardandosi intorno per sfuggire allo sguardo di Sasuke che sostava su di lei da quando aveva messo piede – o punta – in quella stanza.

Non si aspettava che Sasuke si comportasse da buon padrone di casa e le facesse fare un giro turistico, ma neanche che lui non avesse la gentilezza di cogliere quel suo tentativo di conversazione amichevole.

"Credevo di essere stato chiaro, Sakura. Se sei qui per convincermi a partecipare al funerale, sei pregata di andartene" lapidario, glaciale, inamovibile.

Sakura abbassò i talloni e anche il capo, smontandosi metaforicamente del breve entusiasmo di cui si era caricata quando Sasuke l'aveva, a modo suo, invitata a entrare. Aveva creduto per un attimo che lui le avesse dato accesso non solo alla sua casa, ma anche alla sua coscienza. Si sbagliava.

Allora, perché le aveva permesso di entrare?

Concentrò lo sguardo su una delle travi di legno del pavimento: era scheggiata e non combaciava con le altre. Come Sasuke.

Qualcuno avrebbe potuto ripararla – ripararlo – e anche se lei non era un falegname, avrebbe potuto provarci. Odiava le cose rotte anche se spesso e volentieri era proprio lei la causa della rottura e si chiese se anche con Sasuke non fosse stata lei a provocare quella crepa che sembrava non volersi chiudere; se avesse sbagliato a non rispondere alle sue domande; se fosse giunto il momento di giocare a carte scoperte e vomitargli in faccia tutto il male che le aveva fatto.

"Sì, ho capito" mormorò lei, sovrappensiero, mantenendo lo sguardo fisso sulla trave.

Senza il pezzo mancante la colla non sarebbe servita a molto; bisognava smussare gli angoli e aggiungere un pezzo nuovo, dello stesso colore possibilmente.

Sasuke si chiese a cosa stesse pensando: sembrava assorta in chissà quale riflessione oppure era semplicemente troppo delusa per parlare.

Ma Sakura non era delusa. Si era talmente abituata a esserlo che l'amaro in bocca era diventato per lei un gusto fin troppo banale. Erano altri i sapori che non provava da tempo e che in quella giornata, così normale, era riuscita a ricordare.

Stava solo perdendo tempo, ancora. Ma c'era qualcosa, qualcosa che non riusciva a spiegarsi che costringeva i suoi talloni a rimanere dov'erano, a non girarsi per condurla via e lasciare quella patetica immagine di Sasuke dietro le sue spalle.

Era così abituato ad autoimporsi di essere una trave scheggiata che desiderava sul serio rimanere tale? A lungo andare sarebbe marcito proprio come quel legno e sarebbe stato impossibile per lei o per qualsiasi altro, trovare un modo per aggiustarlo.

Era davvero convinto che lei lo abbandonasse? Che non provasse fino allo sfinimento, scheggia per scheggia, a ricomporlo? Lei lo amava, lo aveva sempre amato, anche quando non era riuscita a trovare dentro di sé alcuna ragione valida per farlo.

Un motivo adesso lo aveva: un dubbio. Perché Sasuke la conosceva troppo bene. Lui sapeva. Ma come non era cambiata lei, non vi era stato mutamento in lui. Era ancora quel dodicenne incazzato che in una notte di luna piena desiderava che qualcuno gli desse una ragione per non andare via; era il ragazzo disilluso che credeva di poter cambiare il mondo rendendosi immune dai sentimenti, tranciando ogni legame. Era quel ragazzo che stava seduto davanti a lei, che puntava su di lei il suo inespressivo rinnegan, distogliendo la sua attenzione dall'altro occhio nella cui oscurità si celava un messaggio che adesso sembrava così chiaro.


"Aiutami" Fu lei a dirlo, a sussurrarlo quasi come fosse stato un insulto. Sasuke dischiuse le labbra, fino a quel momento serrate, e sgranò gli occhi, mal celando il suo turbamento.

Perché gli stava chiedendo aiuto? Come poteva lui esserle utile, quando riusciva a stento a badare a se stesso?

"Non posso" le rispose, non riuscendo a guardare oltre il suo naso; non riuscendo a comprendere che lei avesse solo tradotto in parole ciò che aveva visto nei suoi occhi, quel bisogno che lui non poteva accettare. Con quale diritto avrebbe potuto chiedere aiuto a lei, o a Naruto, o a chicchessia? Avevano già fatto troppo e lui non era stato in grado di fare altro che ferirli.

"Sarebbe meglio dire che non vuoi!" Sakura non si arrese, strinse i pugni e si aggrappò a quel dubbio con tutta se stessa, sperando che lui reagisse in qualche modo, che lo rendesse certezza, ma Sasuke, professionista nel dissimulare le sue emozioni, si schermì dietro un'apparente indifferenza come se le parole della ragazza non avessero iniziato a penetrare nella pelle del suo sterno come un dolce veleno. Sasuke iniziò a sospettare che lei fosse riuscita in qualche modo a leggergli l'anima.

No, non poteva essere possibile.

Doveva essere sicuramente una delle sue solite manfrine sentimentali e quella parola doveva essere uscita dalle sue labbra senza un motivo. Forse stava a significare " Aiutami a non odiarti" o "Aiutami a dirti che mi fai schifo per tutto quello che hai fatto".

Perché aveva utilizzato quella stramaledettissima parola?

Le sue false certezze stavano vacillando, di nuovo. Iniziò a sentirsi inquieto, con le spalle al muro, nudo davanti a quegli occhi verdi che lo sbeffeggiavano, convinti di aver scoperto l'arcano, di aver toccato il tasto giusto.

Doveva farli smettere, doveva mandarla via, subito!

"Se vuoi che le persone non ricordino quello che sei stato, devi dare loro nuovi ricordi, dei ricordi migliori. Se domani venissi ai funerali, dimostreresti la tua volontà di ritornare ad essere un ninja di Konoha a tutti gli effetti" Contro ogni previsione, Sakura riprese a parlare sempre più determinata.

Nuovi ricordi...

Bastavano per cancellare tutto?

Essere di nuovo un ninja di Konoha...

Si aspettavano questo da lui?


Ma soprattutto... questo poteva bastare a lei?


Sakura stava facendo un discorso generalizzato, non stava parlando per sé, ma per gli altri, ma questi ultimi non erano lì davanti a lui a persuaderlo, c'era lei, e quel discorso iniziò a sembrare a Sasuke sempre meno credibile. Girava intorno al vero problema, nascondendosi dietro quello che probabilmente era il pensiero collettivo.

Troppo facile, Sakura.

Era riuscito anche lui a trovare una falla e il suo sguardo che per un momento si era spento, spaventato dal fatto di aver rivelato più di quanto avesse dovuto, ritornò a sfidarla, spavaldo.

"Deve partire da te, devi essere tu a fare il primo passo" continuò Sakura, non accorgendosi del cambiamento, troppo presa a trovare parole sensate e convincenti da dire "Non chiuderti in te stesso, non perdere questa occasione" Vomitò parole su parole; tutte cose che pensava, indubbiamente, ma che Sasuke continuò a interpretare come un vile e ipocrita escamotage per non mettersi in gioco in prima persona, per non dire quello che davvero desiderasse: dammi un motivo per perdonarti, una speranza a cui aggrapparmi... dammi un motivo per non toglierti quella maschera da insensibile bastardo dalla faccia a suon di pugni.


"Hai finito?" le chiese a bruciapelo.

Sakura aggrottò la fronte, incredula: le sue parole sembravano non aver avuto alcun effetto su di lui.

"No!" gli rispose, sicura. Non aveva intenzione di arrendersi.

A Sasuke non rimase altro che borbottare qualcosa di incomprensibile e sorbirsi un altro delirio verbale incentrato sui seguenti punti: non mollare – non ho alcuna intenzione di farlo – devi reagire – lo ha detto sul serio? – fallo per Kakashi-sensei e per Naruto – ipocrita.

Lui aveva sempre odiato i ricatti morali, inoltre un "fallo per me" forse sarebbe stato un po' più credibile, un pelo più convincente, per lo meno onesto. O forse no?

Ma se lei glielo avesse chiesto, lui che cosa le avrebbe risposto?

"Naruto e Kakashi ti hanno chiesto di venire a parlare con me?" indagò, non riuscendo più a seguire il filo del discorso che soprattutto nella sua mente stava diventando molto contorto.

"Assolutamente no!" negò a gran voce la ragazza, deragliando fuori dai binari, laddove lui voleva condurla.

"Allora perché sei qui?" ringhiò l'Uchiha, stanco di tutto quel parlare a vanvera.

Aveva capovolto la situazione: era riuscito a zittirla e a metterla a disagio in un colpo solo.

Sakura capì di non avere altra scelta.

Abbassò il capo, nascondendo preventivamente i suoi occhi che di lì a poco sarebbero diventati lucidi – un riflesso incondizionato che in quella situazione si sarebbe rivelato molto sconveniente – e rimase in silenzio sapendo che lui avrebbe atteso una sua risposta prima di dire qualcos'altro, cercando le parole adatte.

"Cuore spezzato", "Dolore", "Amarezza"... Ognuna di queste parole sarebbe stata più che appropriata, ma avrebbe portato solo a un'altra umiliazione. Non desiderava che lui la vedesse debole e fragile anche se solo la sua presenza riusciva a renderla tale e non desiderava che lui si muovesse a compassione per un qualsiasi tipo di senso di colpa che potesse provare nei suoi confronti.

"Avrei tante cose da dirti, tante cose da chiederti" iniziò a parlare sottovoce, ma nel silenzio innaturale di quel salotto sembrò quasi che stesse urlando "ma è ancora troppo presto per me ... e per te" aggiunse, fregandosene del fatto che avesse deciso per entrambi.

"In ogni caso, hai ragione: non so perché io sia qui. Decidi tu." continuò, senza dargli il tempo di dire nulla "Come hai sempre fatto" concluse amaramente prima di voltargli le spalle e andare via.

Sasuke sentì il fruscio dei suoi stivali, il rumore della zip che veniva tirata su in fretta e infine la porta di casa che si chiudeva delicatamente.

Rimase seduto sul divano con lo sguardo fisso sulla porzione di pavimento dove prima sostava lei. C'era una trave scheggiata che andava riparata.



-§-


Sakura teneva stretta la mano di Ino che finalmente si era lasciata andare, aveva accettato il suo lutto e guardava con gli occhi pieni di lacrime la lapide di suo padre accanto a quella di Shikaku Nara. Naruto, invece, aveva preferito stare vicino a Hinata, ricordando con lei Neji. Un fitta coltre di nubi cineree sovrastava le centinaia di lapidi dei valorosi shinobi di Konoha che si stendevano a perdita d'occhio fino al confine della foresta.

Sakura si guardò attorno più volte in cerca di Sasuke, sperando che la sceneggiata della sera precedente avesse sortito qualche effetto, ma di lui neanche l'ombra.

Un'improvvisa folata di vento trascinò via dagli alberi della foresta delle foglie morte e lei si voltò a guardarle danzare vorticosamente nell'aria.

Fu allora che li sentì. Sentì i suoi occhi addosso e lo vide... nascosto tra gli alberi, avvolto in un mantello nero. Non era certa che stesse guardando proprio lei e non sapeva se fossero state le sue parole a convincerlo, ma lui era lì, anche se come al solito aveva fatto di testa sua, ma era lì. Guardò Naruto che a sua volta si era girato verso di lei e lesse nei suoi occhi un certo sollievo. Sasuke aveva fatto il primo passo.



Angolo Autrice


In ritardo di un paio d'ore, fate finta che sia ancora domenica.

Questo capitolo è stato un parto trigemellare. I dialoghi di questa fan mi mettono terribilmente in difficoltà, soprattutto quando a parlare è Sasuke, pertanto ho riscritto alcune parti anche quattro, cinque volte. Il problema nasce dal fatto che Sasuke in questo momento, a mio parere, è in un momento di transizione: non è ancora quello delle ultime pagine del 699, ma neanche quello che abbiamo conosciuto in passato(e amato nonostante la sua follia). Ho avuto molti dubbi in questa settimana, mi sono bloccata più volte cercando di creare una versione di lui un po' ibrida e spero che il risultato sia decente. Ci tengo a ringraziare Ambra Chan, Elettra, Voglia di Vivere e le altre amicizie "facebookiane" e le irriducibili Manga e Meryl Watase che mi hanno supportato in questo momento #noncistocapendopiùuncazzomode.

E come sempre il mio ringraziamento va a voi lettori e a voi recensori che mi coccolate tantissimo e mi date degli input indispensabili per continuare questa storia. Adesso vado a nanna perché domani si ricomincia a lavorare, ho preferito postare il capitolo per una volta quasi in orario e rimandare le risposte alle recensioni a domani. Non me ne vogliate.

A domenica prossima.

Buona settimana a tutti.

Blueorchid31



































Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** #10 La donzella da salvare... ***



#10 La donzella da salvare...






Sasuke ripose l'ennesimo libro sulla scaffalatura e sospirò soddisfatto. Aveva iniziato quel lavoro un mese prima, quando Kakashi aveva chiesto a lui e Naruto di aiutare Iruka Umino a ripristinare l'Accademia per consentire agli studenti di riprendere i corsi, interrotti a causa della guerra. Nonostante fosse lampante anche a un bambino di tre anni che il Sensei avesse avuto quella brillante idea per tenerli occupati e lontani dai guai, Naruto aveva accolto la proposta con il suo solito entusiasmo. Sasuke, inizialmente, aveva sbuffato, roteato gli occhi e digrignato i denti: i servizi sociali non facevano per lui e l'idea di dover stare a contatto con altre persone lo innervosiva. Si era quindi offerto volontario per l'unico impiego che contemplava ore e ore di solitudine e che nessuno desiderava svolgere: riordinare la biblioteca.

L'onda d'urto dell'attacco di Pain aveva fatto cadere, a mo' di domino, le scaffalature di legno; i libri erano ammassati uno sopra l'altro e vi era talmente tanta polvere che la prima cosa che Sasuke fece, appena entrato, fu starnutire rumorosamente, pentendosi all'istante di aver scelto quel compito. Con il tempo, tuttavia, aveva imparato ad apprezzarlo. Dopo aver risistemato gli scaffali con l'aiuto del Susanoo – che a differenza sua aveva ancora tutte e due le braccia – si era dedicato ai libri e ai rotoli, passando molto più tempo a leggerli che a catalogarli e ricollocarli. Ne sceglieva uno a caso ogni giorno, non gli importava l'argomento, anche se preferiva decisamente i rotoli sulle tecniche che quelli sulle biografie dei ninja della foglia. Talvolta gli erano capitati anche libri romantici che a suo parere non avevano ragione di esistere in una biblioteca di un'Accademia dove dovevano venire forgiati potenti guerrieri. L'amore era una debolezza, offuscava la mente e faceva compiere solo idiozie e lui ne sapeva più di qualcosa in merito. Non riusciva ad ammettere neanche a se stesso che, in fondo, molto in fondo, provasse una strana frenesia nel leggere di quegli amori tormentati, delle peripezie che ninja valorosi affrontavano per difendere l'onore di una donna o per salvarla dal cattivone di turno. Dopotutto l'amore non era la vera forza degli Uchiha? Quella affermazione, fatta da Tobirama, lo aveva lasciato parecchio spiazzato. Lui non riusciva a dare una definizione concreta all'amore, non lo capiva – né si sforzava di farlo, in realtà. L'unico amore che aveva conosciuto nella sua vita era stato quello per i suoi genitori e per suo fratello. Incondizionato, spontaneo, profondo. Non riusciva, quindi, a comprendere come due esseri umani non legati da un grado di parentela, potessero innamorarsi.

Eppure il suo subconscio non aveva potuto fare a meno di riconoscere Sakura tra le righe di quelle pagine.

Un pensiero che scacciava via, scuotendo ripetutamente la testa: lui non era di sicuro l'eroe, ma rifiutava categoricamente di essere la donzella da salvare – nonostante in un periodo alquanto buio della sua esistenza qualcuno, un paio di persone a caso, si fossero incaponite a volerlo far sentire tale.

Continuava a non capire il perché di quella ostinazione di Sakura nei suoi confronti.


"Per quanto mi riguarda non ho la minima intenzione di ricambiarla

e non capisco nemmeno cosa ci trovi in me."(1)



Come in quei romanzi in cui spesso l'amore era cieco, forse anche lei soffriva di qualche disturbo; probabilmente lo aveva idealizzato talmente tanto da non riuscire a essere obbiettiva. Bontà divina, lui era un nukenin, aveva tentato di ucciderla. Era masochista forse?


"Hai bisogno di un motivo solo per odiare?

Tutto quello che Sakura voleva, era stare con te, voleva solo salvarti.

Questa ragazza che tu hai cercato di uccidere

anche ora piange lacrime colme di te,

perché ti ama così tanto da spezzarle il cuore."(2)



O semplicemente... Sakura era l'eroe.


Sì, lei era l'eroe e lui... la donzella in pericolo.


Doveva farsene una ragione.

Lei poteva uccidere il drago, scalare la torre d'avorio e, infine, salvarlo. Più o meno il classico epilogo. C'erano solo un paio di particolari che rendevano la storia un po' più complicata: primo, non c'era nessun drago e nessuna torre d'avorio, ma solo un ragazzo con delle gravi turbe mentali e un'idea molto, ma molto vaga di cosa volesse fare in futuro della sua vita – salvarlo da se stesso era quindi un'impresa da trilogia epica, da saga e non da romanzo di quattrocento pagine; secondo, forse l'aspetto più importante... lei desiderava ancora salvarlo?

Da quel giorno in cui si era presentata a casa sua con l'intenzione di convincerlo a fare la cosa giusta, quell'argomento scomodo, scottante, definito volgarmente "chiarimento", era stato rimandato e poi rimandato e ancora rimandato – da entrambi – fino a che le cose, almeno all'apparenza, erano ritornate pressoché normali. Il Team 7 aveva ricominciato a frequentarsi assiduamente – forse troppo. Ogni sera avevano iniziato a vedersi per cena con una scusa diversa fino a che non era diventata un'abitudine. S'incontravano per lo più a casa sua e di Naruto perché Sakura viveva ancora con i genitori, oppure si fermavano da Ichiraku dove, talvolta, li raggiungeva anche Kakashi. Erano stati inghiottiti da una porta spazio temporale che li aveva riportati a quando avevano dodici anni. Certo, all'epoca, Naruto non le prendeva così di sovente da Sakura e lei non era tanto irascibile da incrinare un muro portante con un pugno a causa di una battuta fuori luogo.

Si era perso davvero tante cose in quegli anni, ma stava recuperando.

Aveva scoperto, ad esempio, che a Sakura piacesse in maniera morbosa la frutta con il ghiaccio tritato. Ne mangiava in quantità industriali e produceva con i denti un rumore abbastanza sgradevole per un udito fine come il suo. A fine pasto era una vera tortura sentire quei piccoli cristalli di acqua frantumarsi tra i denti della ragazza che, incurante del suo palese disagio, si riempiva la bocca di prugne, melone e stramaledettissimo ghiaccio con una faccia talmente soddisfatta e beata da riuscire a fargli tremare non una, ma tutte e due le sopracciglia. Lo innervosiva tanto quanto ascoltare il risucchio di Naruto con gli spaghetti di soia del ramen. Un altro motivo per cui amava i pomodori: non c'era pericolo di produrre alcun rumore.

Aveva scoperto, anche, che Sakura non fosse una gran cuoca. L'unica volta che lui e Naruto le avevano concesso di cucinare, aveva quasi dato fuoco alla cucina – quella del Dobe, fortunatamente.

Un'altra scoperta, forse la più strabiliante, lo aveva lasciato un po' perplesso: Sakura veniva considerata da tutti. Incredibile! Si diceva di lei che fosse il migliore ninja medico di tutti i Villaggi, la degna erede di Tsunade dattiunamossaafinireilmiobraccio sama e addirittura aveva captato con i suoi ultrasuoni alcuni commenti di certi shinobi sulla sua bellezza. Da nullità a migliore ninja medico era stato un bel salto di qualità, sorvolando, ovviamente, sul fatto che fosse anche una bella ragazza e che solo lui in tutto il globo non se ne fosse accorto. Sia lei, che Naruto, avevano fatto molta strada, erano cresciuti.

Lui catalogava libri come un topo da biblioteca e leggeva tutto quello che aveva a tiro per combattere la noia. Da ninja vendicatore, barra aspirante tiranno, a casalinga disperata senza attitudine verso l'aspirapolvere. Davvero un bel salto... ma nel vuoto. Fino a che Tsunade non avesse terminato i suoi giochetti genetici, gli erano precluse le missioni, anche quelle diplomatiche e quell'inerzia forzata iniziava a stargli davvero stretta. Purtroppo la Sennin aveva riscontrato parecchi problemi nel rigenerare gli arti con le cellule di Hashirama Senju. Il procedimento era molto complicato e rischioso, considerando che si trattava di cellule in vitreo di un tizio morto cent'anni prima e, malgrado gli sforzi, prima di un anno, non sarebbe stato possibile per lei consegnare loro le nuove braccia. Inutile dire che per Sasuke, quello era stato un brutto colpo. Un anno, un lungo, lunghissimo anno a sistemare libri. Ovviamente il cervello gli si era incantato e il desiderio di vendetta nei confronti di quell'usurantonkachi impiccione che non si era fatto ammazzare da bravo bambino era diventato abbastanza ingestibile, ma aveva lasciato che fosse Sakura a pestarlo ferocemente alla prima occasione utile, evitando di sporcarsi le mani.

Rimaneva però un quesito a cui dare una risposta: sul serio sarebbe rimasto un anno o forse più rinchiuso lì dentro? Come minimo, di quel passo, si sarebbe dato alla lettura anche di quei libri che aveva nello scaffale segreto della libreria di casa di Kakashi e a quel punto avrebbe potuto considerarsi alla frutta – quella che masticava rumorosamente Sakura – cotto come un tagliolino in una ciotola di ramen – quello che Naruto succhiava voracemente; in tre parole: un uomo finito.

Se poi aggiungeva anche i sensi di colpa mostruosi per tutto quello che aveva combinato, non solo poteva considerarsi finito, ma anche tendenzialmente depresso.

Arrivare a diciassette anni dopo una strage, un maniaco, uno scontro fratricida, Killer Bee, Madara, Kaguya e, infine, Naruto, e scoprire di aver fatto una serie infinita di cazzate, ma soprattutto non aver idea di cosa fare in futuro, era davvero inconcepibile oltre che snervante.

"Teeemeee!"

Non c'era fine al peggio.

Arrivare a diciassette anni con i problemi appena esposti ed essere canzonato da un Dobe, era forse la peggiore punizione che i Kami avrebbero mai potuto riservargli.

"Che vuoi, Naruto?" Ormai era quasi abituato alla sua molesta presenza.

"Stasera stiamo da me o da te?"

Che domanda idiota. Naruto sapeva benissimo quanto odiasse il disordine che regnava incontrastato in casa sua. Sasuke si era più volte chiesto il perché non prendesse una di quelle ragazzine che dalla fine della guerra avevano iniziato a sbavare per lui e non le chiedesse di aiutarlo con le faccende di casa.

"Da me" gli rispose, riavvolgendo il rotolo che gli aveva tenuto compagnia durante quella lunga giornata.

"Allora passiamo a prendere Sakura-chan e prendiamo da mangiare da Ichiraku, ok?"

Tagliolini, ramen, risucchio. Un associazione d'idee da attacco apoplettico fulminante.

"Quello che è, non ha importanza" aveva perso ogni speranza che potesse convincerlo a mangiare altro.

"Ci fermiamo alla solita bancarella a comprare anche i pomodori e la frutta per Sakura-chan. Hai messo a fare il ghiaccio, vero?" gli chiese Naruto con un certa ansia.

L'ultima volta Sakura aveva pestato il povero Dobe perché lo aveva dimenticato e lo aveva spedito in ospedale a prendere un paio di sacchi di quelli di scorta. Al solo pensiero rabbridiva ancora.

Le sopracciglia di Sasuke iniziarono a tremare e la fronte gli si corrugò talmente tanto da sembrare uno Shar Pei.

In quel momento iniziò seriamente a pensare che forse un bel viaggio di espiazione potesse in qualche modo placare l'ira dei Kami e porre fine a quel supplizio.

"Sì" gli rispose brevemente. Come si era ridotto in quel modo?

"Lo sai che Sakura-chan è molto suscettibile, non vorrei che se la prendesse con te questa volta" Naruto si finse preoccupato per eventuali conseguenze dovute alla sua cattiva condotta.

"Non penso" rispose distrattamente, salendo su un piccolo trespolo per riporre anche quel rotolo insieme agli altri, non rendendosi conto di aver appena fatto un'altra scoperta sconvolgente.

"Però non è giusto!" piagnucolò Naruto "Sakura-chan non si arrabbia mai con te"

Sakura non si arrabbia mai con me.

Come aveva fatto a non pensarci?

Malmenava Naruto anche per una semplice occhiata di troppo, ma a lui non diceva mai nulla, neanche quando si comportava da villano o da sociopatico. Non che morisse dalla voglia di farsi pestare da lei, ma era abbastanza strano, dato il suo attuale carattere, che non sfogasse mai la sua ira su di lui – facendogli scontare anche il resto magari.

"Ci vediamo dopo"

Sasuke neanche si accorse che Naruto fosse andato via.

Il seme del dubbio si era insinuato nelle sue sinapsi e non riusciva a pensare ad altro che a verificare quanto supposto.

Non avrebbe fatto la spesa con Naruto quel giorno, né avrebbe atteso con lui che Sakura terminasse il suo turno.

Indossò il mantello che era solito portare per nascondere la menomazione e si affrettò a tornare a casa.

Non diede peso al senso di colpa che cresceva man mano che si avvicinava all'appartamento di Kakashi – non riusciva ancora a considerarlo suo quel posto – convinto che il piano architettato dalla sua mente eccelsa fosse sì crudele, ma anche l'unico in grado di smascherare Sakura.

Che poi cosa gliene importasse a lui se Sakura fingesse o meno non riusciva proprio a capirlo, ma in quel momento sembrava una faccenda urgente, importante.

Tutta colpa della noia. Doveva essere quello il motivo. E anche la sua ossessione per le cospirazioni. Certo, anche quello.

Entrò in casa e si diresse verso la cucina; aprì il piccolo freezer, traboccante di contenitori portaghiaccio che aveva preventivamente riempito qualche giorno prima in modo che non mancasse. Aveva avuto quella premura non perché provasse piacere nel fare qualcosa di carino nei confronti della ragazza, non sia mai detto, ma solo per evitare scenate rumorose e danni materiali a un appartamento che non era neanche il suo – ovvio, no?

A malincuore, quindi, gettò nel lavandino ogni singolo cubetto di ghiaccio e, per sicurezza, qualora a qualcuno fosse venuta qualche brillante idea, staccò la spina dell'elettrodomestico per sbrinarlo. Rimase ad osservare la patina bianca saldamente arroccata alle pareti di plastica, liquefarsi, cedendo al calore dell'ambiente circostante, complimentandosi con se stesso per le sue incommensurabili doti di stratega.

Con uno dei suoi migliori ghigni – da pazzo sadico per la precisione – prese un pomodoro dal frigorifero sottostante, anch'esso ormai spento. Lo girò da un lato, poi dall'altro osservandolo con un affetto quasi paterno: ogni guerra comportava dei sacrifici e delle vittime... e qualche pomodoro avariato.

Lo addentò e un rivolo di succo rosso scese in modo alquanto sinistro dall'angolo della sua bocca.



*


"Teme, perché diavolo non mi hai aspettato!" lo rimproverò Naruto, appena entrato in casa.

"Avevo delle cose da fare" – cose malefiche che Naruto non avrebbe approvato e di cui lui iniziava già a pentirsi. Davvero desiderava che Sakura lo pestasse?

"Confessa!" esclamò il biondo, riducendo i suoi grandi occhi a due fessure che esprimevano sospetto. Sasuke si irrigidì: Naruto aveva per caso capito qualcosa?

"Avevi paura di dover pagare la cena, vero?" continuò l'amico, cancellando ogni dubbio.

"Non dire idiozie" gli rispose, gettando un breve sguardo sulla sua vittima che stava silenziosamente provvedendo a tirare fuori dalla busta le cose che era stata lei, questa volta, ad acquistare.

"Mangiamo" fu l'unica cosa che lei disse, accomodandosi al solito posto, di fronte a Sasuke che, intanto, stava combattendo una delle sue drammatiche battaglie interiori tra la parte diabolica del suo essere che non vedeva l'ora che arrivasse il momento della frutta e quella umana che non era più molto sicura di voler arrivare in fondo.

Naruto come sempre raccontò loro la sua giornata, dal risveglio fino a quel momento, con dovizia di particolari di cui avrebbero fatto volentieri a meno, soprattutto perché erano a tavola. Sasuke si concentrò su Sakura, tendendo le orecchie e osservando le sue mosse: tra un boccone e l'altro, lanciava occhiatacce a Naruto, lo riprendeva o gli tirava qualche debole scappellotto. Di tanto in tanto, interveniva nella conversazione, raccontando di qualche paziente, qualche patologia strana che le era capitata o di Tsunade sama che dava i numeri nel laboratorio.

Era circa un'ora che era lì e non gli aveva rivolto la parola. Il dubbio stava diventando talmente reale che si stupì di aver avuto bisogno di una battuta di Naruto per accorgersene.

"Chi vuole la frutta?" chiese ingenuamente la ragazza, portandosi alle spalle dei due, verso il frigorifero.

Il momento era arrivato.

Un brivido più che noto percorse la schiena di Sasuke: adrenalina... sana, amata adrenalina. Sembrava passata una vita da quando viveva solo di quella.

Sentì il rumore ovattato prodotto dalle resistenze di plastica del freezer che di distanziavano l'una dall'altra e pensò quasi di poter andare in overdose; testa leggera, pupille dilatate, battito cardiaco fuori dalla norma. Trattenne a stento un gemito all'idea della faccia di Sakura davanti allo scomparto del ghiaccio vuoto e chiuse gli occhi, preparandosi all'imminente reazione.

"Non c'è il ghiaccio" constatò Sakura, con un tono piatto come quello di chi sta per esplodere.

"Non c'è il ghiaccio?" esclamò Naruto atterrito "Ma come? Avevi detto che te ne eri ricordato!" continuò sempre più preoccupato, rivolgendo uno sguardo carico di terrore al suo amico che, tranquillo come non mai, sedeva alla sua destra.

"Possibile che non ce la fai a ricordarti niente, razza di Baka!" sbraitò Sakura, lanciandosi verso Naruto che intanto si era coperto la testa con l'unica mano che aveva per attutire almeno un po' il colpo.

"E' stata colpa mia" intervenne l'Uchiha e il pugno i Sakura si fermò a pochissimi centimetri dalla faccia di Naruto. Appena in tempo.

Entrambi lo guardarono, sbattendo ripetutamente le palpebre, sconvolti dal fatto che a) avesse parlato; b) avesse salvato Naruto da un sicuro pestaggio.

"Sentito, Sakura-chan?" le chiese Naruto, sottovoce.

Sakura, in posa plastica, strinse ancora di più il pugno non avendo idea di come comportarsi.

Scelse la cosa più ovvia tra le varie opzioni.

"Non importa" sospirò, riponendo le armi.

Sasuke non si mosse di un millimetro, spostò solo le pupille da un lato, verso di lei.

Non aveva ancora finito.

"Come mangerai la tua frutta senza ghiaccio?" le chiese con un tono chiaramente di sfida.

"Ho detto che non importa." Sakura ribadì il concetto, dirigendosi di nuovo verso la cucina sul cui pianale aveva appoggiato la frutta. Prese una prugna non molto matura e tornò a sedersi al tavolo.

La addentò voracemente, conficcando i denti bianchi nella buccia acerba, producendo un suono simile a quello di una frattura di un osso – quell'osso che avrebbe voluto rompere all'idiota seduto davanti a lei che non era in grado neanche di mettere a congelare un po' di acqua del rubinetto.

Ma non era il ghiaccio il problema, lei lo sapeva. Sasuke aveva mangiato la foglia, aveva percepito qualcosa e lei era stata troppo ingenua nel pensare che quella sceneggiata potesse andare avanti senza intoppi. Si imponeva di comportarsi in maniera naturale, ma proprio non ci riusciva. Naruto aveva iniziato a organizzare i pranzi, le cene e le gite e lei si era ritrovata a frequentare spesso Sasuke, a godere della sua presenza, ma con quel tarlo costantemente nella testa che tentava di scacciare ma che puntualmente tornava a tormentarla. Non poteva comportarsi normalmente con lui perché non c'era niente di normale tra loro: non erano amici perché non avevano chiarito, non erano compagni perché il Team 7 non esisteva più se non nei loro sogni e non erano amanti – ok, quest'ultima era un'opzione un po' fantascientifica anche a chiarimento avvenuto.

"Vedi, la mangio anche così" gli disse, guardandolo dritto nelle palle degli occhi – per una volta aveva deciso di essere quantomeno coerente.

Sconfitto su tutta la linea, Sasuke pensò bene di non calcare troppo la mano nonostante gli fossero venuti in mente almeno centocinquanta modi diversi per insultarla e ferirla – quello solitamente gli riusciva parecchio bene, era una dote naturale.

Si chiuse nuovamente nel suo mutismo, attendendo con ansia che Naruto ricominciasse a parlare perché il rumore della buccia di quella prugna stava diventando davvero insopportabile, proprio come colei che la stava mangiando.

Naruto, che aveva assistito in silenzio a quel piccolo quanto significativo scambio di opinioni, giunse a un'inaspettata conclusione: nonostante andasse contro i suoi stessi interessi, quei due avevano bisogno di parlare... e alla svelta.




*

Angolo Autrice


Buonasera, cari lettori!

Ho saltato una settimana e vi chiedo scusa, ma il tempo è tiranno. Fino a qualche giorno fa la storia era ferma a quelle due paginette di office che o pubblicato su fb e solo oggi sono riuscita a terminarla.

Capitolo "Sbrocco", slice of life, di quelli per i quali mi picchierei da sola e che solitamente sono forieri di apocalissi. Preparatevi al peggio!

Sasuke è la donzella in pericolo(Ok, ammazzatemi pure, me lo merito), quindi il prossimo capitolo sarà incentrato sull'eroe.

Ho pensato che durante il periodo che ha trascorso a Konoha, che da fonti quasi certe dovrebbe essere circa un anno, Kakashi abbia cercato di tenerlo impegnato in qualcosa e, data la menomazione e il periodo di pace, di certo non poteva mandarlo in missione o metterlo a ricostruire il Villaggio. Questo impiego da "bibliotecario" mi è sembrato il più plausibile perché non comporta necessariamente relazioni sociali a cui Sasuke, come sappiamo, è allergico.

Ho dovuto dividere il capitolo perché altrimenti sarebbe venuto troppo lungo e poi perché "teoricamente" il prossimo dovrebbe essere quello del chiarimento.

Dico "dovrebbe" per un motivo preciso: ho paura che non mi vengano le parole e che quindi sia costretta a tergiversare in attesa di un'epifania. In ogni caso m'impegno a pubblicarlo tra una settima circa, salvo imprevisti.

Vi ringrazio come sempre per tutte le belle parole che mi riservate nelle vostre recensioni, sono degli incentivi importantissimi. Ringrazio anche i 1844 utenti che hanno fatto visita a questa fan; quando ho visto il contatore mi ha preso un colpo – e una certa strizza – non pensavo foste così tanti. Grazie, grazie infinite a tutti.

Al prossimo capitolo e Buon Week-End.

Un bacione















Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** #11 ... e l'Eroe. ***


Note Autrice


Buonasera cari Lettori.

Non so voi, ma quando seguo una fan e si arriva al capitolo più significativo, quello che ho atteso sin dall'inizio, mi prende una sorta di smania incontrollabile. Purtroppo mi accade anche quando scrivo, quindi da domenica scorsa, non ho fatto altro che pensare, scrivere, cancellare e poi riscrivere quello che credo sia uno di "quei" capitoli. Le mie note solitamente sono alla fine, ma in questo caso era doveroso, a mio parere, fare un'eccezione per avvisarvi che questo "parto trigemellare" è molto lungo (venticinque pagine di World – penso di aver superato anche il record di Manga che adesso come minimo ne scriverà uno da cinquanta pagine. Ti lovvo, lo sai. E probabilmente Meryl Watase ci metterà una settimana a recensirmi per analizzarlo sin nei minimi particolari. Chapeau!), ma non me la sono sentita di dividerlo perché avrebbe perso tantissimo. Di cose da dire ce ne erano tante e spero di non aver dimenticato nulla (nel caso ditemelo). Ovviamente questo è il mio punto di vista, la mia versione dei fatti, e sono partita da una riflessione ben precisa: Sasuke quando vuole sa parlare. Lo abbiamo visto discutere tranquillamente con Naruto, ancor prima con Itachi, quindi penso che il luogo comune di Sasuke taciturno sia bello che sfatato. Certo, non è un Naruto, non sarà mai un Naruto(in senso buono), non sarà mai un grande oratore e come dice Giropizza è tendenzialmente "stitico"(hihihihi!), ma all'occorrenza lui PARLA, soprattutto quando ha di fronte qualcuno con cui vale la pena di farlo.

Desidero ringraziare le tre autrici sopracitate per aver sopportato le mie insicurezze e le mie crisi di panico... spero di aver fatto un buon lavoro.

Ringrazio anche i recensori che come sempre mi spronano ad andare avanti e mi danno consigli fondamentali per il prosieguo della storia. Grazie infinite davvero! E ringrazio anche chi la legge e la inserisce tra le preferite, le seguite e le ricordate. So che ci siete e questo conta molto per me.

Data la particolarità del capitolo spero di ricevere i vostri pareri, cari lettori, ne ho davvero bisogno per capire se la strada è quella giusta.

Domenica, ovviamente, la pubblicazione del nuovo capitolo salta. Credo che dopo questo una settimana di pausa sia strettamente necessaria. Probabilmente in settimana dovrei riuscire ad aggiornare anche Kitchen(incrocio le dita).

Vi lascio, dunque, al capitolo. Spero vi piaccia.






#11 … e l'eroe





"Secondo me dovresti parlarle" sbottò all'improvviso Naruto, rompendo il silenzio che regnava incontrastato in quella casa da quando Sakura era andata via.

"Mh?" Sasuke, completamente assorto nella lettura di un rotolo, trafugato dalla biblioteca, aveva ascoltato appena le sue parole.

"Sì, insomma, al posto di buttare nel lavandino chili di ghiaccio non pensi che sarebbe stato più facile parlare con lei?" si spiegò meglio il ragazzo.

Ecco spiegato il motivo per il quale Naruto era rimasto anche dopo che Sakura era andata via ed ecco il perché fino a quel momento non avesse fatto altro che fissarlo, seduto su una sedia della cucina, come una statua di sale, stranamente in silenzio. Era riuscito a capire quello che aveva fatto? Incredibile!

"Non vuole parlare con me" lo informò, non comprendendo il motivo per il quale gli avesse confessato una cosa del genere.

"Non le si può dare torto visto che sei stato uno stronzo"

Questo già lo sapeva.

"Cioè, un vero e proprio stronzo. Sei stato davvero crudele con lei. Cazzo, teme, l'hai rinchiusa in un genjutsu!"

E non solo quello.

Forse Naruto non era a conoscenza di quello che Sakura avesse visto durante l'illusione in cui l'aveva rinchiusa perché altrimenti non si sarebbe limitato solo ad insultarlo.

"E con questo? Era l'unica maniera per evitare che ci seguisse" tentò un'arringa difensiva che quantomeno mettesse a tacere Naruto, visto che non c'era verso che potesse sortire effetti sulla sua coscienza. Quello era l'unico modo per fermarla e, soprattutto, zittirla. Perché più che altro quella era stata una reazione – un po' esagerata, probabilmente – a quello che lei gli aveva detto. Era riuscita a toccare una corda che non suonava da tanto tempo, riportandogli alla mente quei momenti in cui anche lui era stato capace di amare. Forse erano state le sue parole o il tono disperato con cui le aveva pronunciate, francamente in quel momento non era riuscito a capirlo, sapeva solo che non voleva ascoltarla.



"Un piccolo posto nel tuo cuore"



E chi lo aveva più un cuore? Si era convinto di essere ormai immune a quei sentimentalismi, ma qualcosa si era rotto, qualcosa era riuscito a intaccare quell'involucro di ghiaccio con cui si era bardato per portare a compimento la sua missione.

"Forse hai ragione" convenne Naruto, anche se continuava a non approvare il modo.

Un posto nel suo cuore. Forse Sakura ne aveva davvero avuto uno ed ecco perché, per un attimo, aveva visto tutte le sue convinzioni sgretolarsi a causa di quel tepore famigliare, quell'affetto incondizionato, quell'am...

Scosse la testa, sentendo tornare su dallo stomaco ciò che aveva provato come un rigurgito acido.

Aveva davvero tutto quel potere su di lui?

Forse era giunto il momento di analizzare quello che rappresentava la Kunoichi nella sua vita. Si sentiva così mentalmente stanco da non aver per nulla preso in considerazione di ragionare su quella faccenda in modo serio – anche perché il più delle volte, quando decideva di scavare nei meandri della sua psiche, ne usciva distrutto.

"Penso che Sakura-chan meriti comunque delle spiegazioni. Non voglio che soffra ancora." Naruto ritornò all'attacco e scelse una parola tra le tante fin troppo significativa: Sasuke aveva fatto soffrire Sakura in passato e volente o nolente ci stava riuscendo anche adesso e probabilmente lo avrebbe fatto anche in futuro. Quella era una delle poche certezze che aveva, suo malgrado.

"Non ho alcuna intenzione di far soffrire la tua Sakura-chan" ribatté Sasuke con stizza, sottolineando acidamente il "tua". Non era uno stupido, era perfettamente a conoscenza di quello che Naruto provasse per Sakura e anche se l'interessamento dell'amico circa quella questione sicuramente era nato in maniera del tutto altruistica, il fatto che lui gli avesse sbattuto in faccia, ancora, la sua totale incapacità nell'avere un rapporto normale con la ragazza, lo aveva fatto uscire fuori dai gangheri.

"Se fosse stata mia come dici, a quest'ora, non starei qui a perdere tempo con te" gli rispose a tono l'amico, costringendolo ad abbassare lo sguardo, non riuscendo a reggere il suo in cui non vi era solo rabbia, ma anche gelosia, delusione e una tacita ammissione di resa incondizionata: Sakura non sarebbe mai stata sua fino a che ci fosse stato Sasuke.

"Non dirmelo!" lo canzonò l'Uchiha, nascondendo il disagio dietro un ghigno "Non ti è ancora passata?"

"So che per te può essere assurdo, ma non ho mai smesso di sperare." gli confessò l'amico amaramente.

Sasuke, a quel punto, provò due sentimenti decisamente contrastanti tra loro: se da un certo punto di vista aveva provato pena per lui e si era sentito in qualche modo colpevole anche di quello, dall'altro, un moto di orgoglio, insano, lo aveva fatto gioire segretamente. Almeno in quell'ambito poteva dire di aver vinto. Magra consolazione.

"Solo che lei non ha mai smesso di amare te"

Niente che già non sapesse, ma sentirselo dire sulla faccia ebbe come l'effetto di un schiaffo dato a mano aperta, di quelli che lasciano il segno.

Naruto lasciò che metabolizzasse la sua ultima affermazione: i sentimenti di Sasuke erano sempre stati una specie di enigma difficilmente risolvibile per gli altri, ma soprattutto per se stesso. Non era un libro aperto come lui, non aveva la sua attitudine ad aprire il cuore anche a perfetti sconosciuti spontaneamente. Ma Naruto era certo di una cosa: Sasuke era sempre stato in grado di amare, solo che aveva scordato come si facesse.

"Io, non lo so" sussurrò il moro con una onestà tale da rubare un sorriso fraterno all'amico. Non stava mettendo in dubbio che Sakura lo avesse sempre amato, ma se stesso. Non sapeva come comportarsi e in quelle quattro parole si celava quella domanda che lui continuava con ostinazione a non volersi porre.

"L'amore non ha bisogno di una spiegazione logica. Lo senti e basta." gli spiegò Naruto in un modo stranamente conciso e diretto, senza lunghi sermoni o paternali di rito. E a Sasuke la sua risposta sembrò così vera che pensò quasi, per un istante, che potesse non essere un'impresa così ardua. Il vero problema risiedeva nel "sentire" qualsiasi cosa che non fosse lo sgomento che fedelmente lo accompagnava dalla fine della guerra.

" - Non lo so - , comunque, non è una gran risposta." continuò Naruto, capendo di aver imboccato la strada giusta "Se pensi di non provare niente per lei devi dirglielo, non puoi continuare a lasciarla in sospeso. Così potrà rifarsi una vita e forse potrebbe accorgersi anche di me" e sorrise imbarazzato, grattandosi la testa.

Naruto inconsciamente avrebbe voluto che potesse davvero essere così, che Sakura, delusa dal rifiuto di Sasuke, riuscisse a notarlo, a considerarlo più di un amico, ma la realtà era ben diversa perché anche se quel testardo non lo aveva ancora capito o forse faceva solo finta di non capire, Sakura era importante per lui. In che modo rimaneva ancora un mistero. Probabilmente non l'amava con la stessa intensità con cui lo faceva lei, non riusciva ad esternarlo – sicuramente non aveva la più pallida idea di come fare senza rinunciare al suo dannatissimo orgoglio – ma Sakura ricopriva un ruolo nella sua vita e Naruto sperò in cuor suo che riuscisse a identificarlo. Andava a suo discapito, vero, tuttavia non riusciva a immaginare la ragazza con nessun altro che non fosse o lui, o Sasuke e quest'ultimo era in netto vantaggio – di una decina di anni di amore incondizionato.

"Forse non sono stato chiaro" ringhiò l'Uchiha, decisamente incazzato sia per la conversazione a suo dire fuori luogo, sia perché odiava sentirsi con le spalle al muro. Naruto, al momento, lo teneva figurativamente per i preziosissimi gingilli Uchiha, quelli destinati a restaurare il Clan, e lui detestava che lui riuscisse a capirlo così a fondo. "Lei non vuole parlare con me di..." non riuscì a pronunciare quella che considerava una sorta di bestemmia e optò per un generico "… questo", sottolineando il suo disappunto con un chiaro gesto di stizza della mano.

"Non hai mai assecondato il volere di nessuno, non dirmi che hai deciso di cominciare adesso? Ti fa comodo, è questa la verità. Te la fai addosso al pensiero di parlare con lei e questo non fa altro che aumentare i miei sospetti"

Sospetti? Quell'idiota cosa poteva saperne di quel marasma di sentimenti contrastanti in cui sguazzava da circa... da sempre, in pratica. Aveva voglia di ricominciare una vita diversa, ma non aveva ancora trovato il modo per farlo e compreso quale tipo di vita facesse al caso suo. Si sentiva in gabbia, in una campana di vetro, sereno e inquieto allo stesso tempo. Aveva come la sensazione di dover fare qualcosa per stare meglio, per trovare un equilibrio perché al momento oscillava come l'ago di una bilancia tra la tranquillità derivata dalla rivisitazione più o meno credibile dei suoi dodici anni e l'angoscia per quel futuro ancora incerto.

"Stai esagerando" lo avvertì Sasuke, ormai sul punto di mettergli l'unica mano a disposizione addosso.

"Ah sì? E cosa vorresti fare? Picchiarmi forse? Ogni volta che qualcuno ti dice la verità reagisci in questo modo. Forse preferisci vivere di cazzate" Naruto sapeva prenderlo, non c'erano dubbi. Gli teneva testa in ogni situazione, soprattutto verbalmente; riusciva a trovare le parole adatte per ferirlo, per scuoterlo sin nel profondo.

"Adesso basta con queste idiozie." tuonò Sasuke, sbarrando i suoi occhi in modo minaccioso "Io non provo niente per Sakura! Perché dovrei ricambiare il suo stupido amore? Se avessi voluto lo avrei fatto in passato, non credi? "

"Non potevi"

Ma Naruto aveva una risposta per tutto? Sasuke cominciava davvero a non tollerare più né lui, né quella conversazione e per la proprietà transitiva anche Sakura.

Perché non lo lasciavano in pace? Perché era così importante per loro la sua felicità? E poi, come facevano ad essere così sicuri di sapere come renderlo felice?

"Cosa ci troverà in me, poi?" affermò Sasuke, sospirando.

"Questo è un mistero per molti. Io sono molto più bello, più intelligente e prestante" affermò Naruto, gonfiando il torace per enfatizzare quanto detto "Ma, evidentemente, vede quello che vedo io" aggiunse, tornando improvvisamente serio.

"E cosa riuscirebbe a vedere un Baka come te?" gli chiese il moro, accennando un ghigno tra il divertito e l'affranto.

"Uno stupido Teme" gli rispose, sfoggiando il suo luminoso sorriso.

Più chiaro di così!

"Sparisci!" gli ordinò Sasuke. Era stufo delle sue chiacchiere, aveva bisogno di riflettere senza quel fastidioso grillo parlante nelle orecchie.

"Ci parlerai?"

"Ho detto sparisci!"

E Naruto non aspettò che lo dicesse una terza volta, sorridente e soddisfatto di dileguò, ma appena fuori dall'appartamento di Sasuke le sue labbra presero a incurvarsi all'ingiù: era certo di aver fatto la cosa giusta, ma cazzo quanto faceva male.



*



Sasuke quella notte non dormì. Non era poi così strano visto che erano anni che non dormiva più di quattro ore a notte, svegliandosi ripetutamente, ma quella notte, in particolare, sembrava che i suoi occhi non ne volessero sapere di chiudersi. Era persino rimasto sul divano, tanto andare a letto non avrebbe cambiato niente e aveva continuato a leggere il rotolo, deciso a terminarlo. Tuttavia più si ostinava a leggerlo, più sembrava non riuscire a capire un acca di quello che c'era scritto sopra: le parole di Kakashi, quelle di Sakura e, infine, di Naruto, continuavano a rimbombargli in testa.

Riavvolse nervosamente il rotolo e lo lanciò sul pavimento. Si portò il braccio a coprire gli occhi, pensando di trarne qualche sollievo, ma fu, se possibile anche peggio perché a occhi chiusi non solo sentiva le loro voci ma vedeva anche i loro volti, in particolare quello di Sakura. Rivide le sue lacrime la notte che aveva lasciato il Villaggio, quelle di quando aveva stupidamente tentato di ucciderlo, il suo stupore quando era arrivato sul campo di battaglia e infine, ancora lacrime, amare, sul suo viso addormentato.

Parlare. Lui odiava parlare. Trovava assolutamente sopravvalutata la comunicazione verbale. A fatti era molto più facile dimostrare le cose, ma con Sakura diventava difficile anche quello.

Cosa avrebbe dovuto dirle?

Mi dispiace?

Glielo aveva già detto, ma a quanto pareva non era bastato. C'erano davvero troppe questioni irrisolte tra loro e nonostante in un determinato momento avesse sentito il bisogno di chiarirle, ora provava un terrore cieco all'idea di affrontarla perché avrebbe portato a delle conseguenze. Naruto aveva ragione: Sakura meritava di sapere. Peccato che lui non riuscisse a capire cosa provasse per lei.

Si tirò su a sedere sul divano e guardò la foto sullo scaffale della libreria. All'epoca era stato tutto più semplice, lui aveva uno scopo ben preciso e rifiutarla era stato necessario: lei lo aveva minacciato di mettersi ad urlare e non poteva rischiare di venire scoperto. Inoltre si era offerta di aiutarlo e il pericolo che lei decidesse di seguirlo era fin troppo elevato. Lo aveva fatto per lei. Inspiegabilmente, però, si era sentito in dovere di ringraziarla, forse per aver tentato di fermarlo o semplicemente per l'affetto che lei gli aveva dimostrato. Sapeva di poter contare su Sakura e Naruto, ma quella era una faccenda che doveva risolvere da solo. Anche in quell'occasione aveva sentito una strana stretta allo stomaco, esattamente com'era accaduto la volta successiva, prima della battaglia finale; nel Paese del Ferro era stato diverso – giusto un po' – non aveva provato assolutamente nulla rivedendola. La prima volta, nel covo di Orochimaru aveva sentito una strana emozione dovuta sicuramente al fatto che non vedesse l'ora di dimostrare a Naruto quanto fosse diventato forte e per il principio secondo il quale dove c'era una noiosa presto o tardi compariva anche un Baka, una strana frenesia lo aveva colto alla sprovvista, facendogli pronunciare il suo nome con una certa enfasi volta ad attirare l'attenzione su di lui.

"Sakura"



Ma nel Paese del Ferro era stato diverso: era pieno di sé, convinto di aver raggiunto un livello tale di disumanità da riuscire ad uccidere chiunque si fosse interposto tra lui e la sua vendetta – la seconda – e lei si era presentata al suo cospetto come un agnellino impaurito con quei suoi occhi verdi ancora colmi d'amore. Aveva tentato di fare la dura, di dimostrargli che anche lei era diventata forte... voleva ucciderlo.

Ecco, appunto, come avrebbe fatto a spiegarle che in quell'occasione aveva desiderato ardentemente di farla fuori?

A mente fredda, un'altra domanda, forse anche più inquietante della precedente si fece spazio con prepotenza: perché aveva desiderato di ucciderla? Lei non era un pericolo.

Ok, era lì con l'intenzione di ucciderlo, ma si era presentata da sola e con un misero kunai avvelenato che dopo tutti gli intrugli di Orochimaru gli avrebbe solo fatto il solletico; ne aveva avuto di fegato a non portarsi dietro un intero esercito ninja. L'arrivo di Kakashi e poi quello di Naruto non gli erano sembrati programmati, ergo la noiosa, debole, Sakura si era mossa autonomamente, di sua sponte; voleva fermare il nemico, il nukenin, ucciderlo con le proprie mani, proprio come aveva raccontato la Mizukage. Un cuore spezzato poteva essere alquanto vendicativo tutto sommato, peccato che non lo fosse abbastanza. Aveva sentito la sua titubanza e si era nutrito della sua paura; gli era bastato pochissimo per capire che lei stava mentendo, che non fosse lì per seguirlo, ma per fermarlo e aveva aspettato che fosse di spalle per colpirla.

A pensarci bene era stato un coniglio e Kakashi non aveva sbagliato più di tanto ad affermare che fosse caduto in basso, ma il Sensei non poteva sapere che il motivo per il quale lui non l'aveva attaccata frontalmente risiedesse nella paura che aveva di lei, di quello che rappresentava, di quel passato ancora troppo presente che lui doveva dimenticare.

Sakura rappresentava un legame.

Sasuke poggiò in terra i piedi, cercando qualcosa di stabile che lo sostenesse perché quel dannato divano sembrava come essersi alzato, metri e metri, da terra. Gli scoppiava la testa e anche il moncherino aveva ricominciato a dolergli proprio nel momento in cui la parola "legame" era apparsa nella sua mente a lettere cubitali.

Forse non era riuscito a risolvere il rompicapo, ma ci era vicino.



*



Sakura stava sistemando le ultime cartelle cliniche prima della pausa pranzo. In quei giorni non c'era molto lavoro da fare in ospedale, il peggio era decisamente passato e si era ritornati a vecchietti con la sciatica e bambini con la gastroenterite. Niente più ninja feriti, né pazienti ingestibili. Calma piatta.

In compenso aveva avuto modo di riorganizzare alcuni settori che a causa della guerra erano stati un po' trascurati come il laboratorio di ricerca e l'orto botanico. Tsunade le aveva affidato un compito davvero importante e lei non aveva alcuna intenzione di deluderla, ogni tanto, però, si ritrovava a pensare a Sasuke e il resto andava a farsi benedire. Si era più volte chiesta se il fatto che lei si fosse opposta a una specie di chiarimento potesse essere stato motivo di risentimento da parte del ragazzo: lui aveva bisogno di essere certo che lei lo avesse perdonato, ma lei non poteva accontentarlo perché... no, non lo aveva perdonato, aveva semplicemente accantonato la questione per un po' di tempo per dargli la possibilità di riflettere.

Cazzate! In realtà moriva di paura, temeva che lui la respingesse ancora e non l'avrebbe sopportato. Certo, lui non si era comportato in maniera esemplare nei suoi confronti, ma inconsapevolmente lei gli aveva perdonato tutto perché averlo lì, a due passi da lei, e non chissà dove, riusciva a renderla un tantino più serena – non felice, quello sarebbe stato troppo.

Chiuse la cartella clinica del paziente ricoverato quella mattina e uscì dal suo ufficio, imboccando il corridoio che portava all'esterno; nel cortile antistante l'ospedale, a quell'ora non c'era quasi nessuno e quindi non ebbe difficoltà a riconoscere la figura che sostava appoggiata a un muro, a braccia conserte e con lo sguardo rivolto a terra.

Il cuore iniziò a batterle talmente forte che pensò di poter stramazzare al suolo da un momento all'altro.

Che cosa ci faceva Sasuke lì?

Cominciò a vagliare le più disparate ipotesi e presa dal panico, decise di proseguire facendo finta di non vederlo, prendendo la direzione opposta – tanto non poteva essere lì per lei, no?

"Sakura"

Oh Kami! L'aveva vista. Per tanti anni era stata invisibile per lui e proprio in quel momento aveva deciso di notare la sua presenza?

No, senza Naruto non poteva farcela. Dove diavolo si era cacciato? Perché non era con Sasuke? Lui era lì per lei? Considerò seriamente la possibilità di essere stata rinchiusa di nuovo in un genjutsu.

"S-Sasuke-kun!" balbettò la ragazza, con un tono di voce talmente acuto da poter far esplodere una cristalleria intera. Non era nervosa, no, affatto.

"Seguimi" le ordinò Sasuke, cominciando a camminare. Ovviamente non aggiunse altro perché già pronunciare quell'ordine con un tono che non sembrasse minaccioso era stata un'impresa non da poco e sperò ardentemente che Sakura almeno per il momento non gli chiedesse nulla.

"Dove?"

Sasuke si maledì mentalmente e maledì anche i Kami: non gliene andava una dritta. Possibile che Sakura non ce la facesse proprio ad eseguire un semplice ordine senza parlare?

"Voglio fare due passi" le comunicò senza molto entusiasmo perché dopotutto era lui che voleva fare due passi, non aveva considerato che probabilmente Sakura potesse avere qualcos'altro da fare e un "Facciamo due passi?" sarebbe stato più opportuno, meno coercitivo.

"Con me?" domandò la ragazza, indicandosi con un dito, mentre le sue palpebre non accennavano a smettere di battere tra loro, tanto lo stupore.

"Vedi qualcun altro?"

Complimenti, Sakura! Davvero una gran domanda!

La risposta acida di Sasuke era arrivata puntuale e inesorabile e Sakura si persuase a non fare altre domande idiote se non dopo aver contato almeno fino a centonovantanovemilanovecentonovantanove o giù di lì.

Camminarono a lungo, lui avanti, con la mano in tasca, e lei dietro di qualche passo, con i pugni serrati per sopportare quel silenzio tombale, interrotto solo dal rumore dei suoi passi – Sasuke come sempre sembrava levitare nell'aria.

Attraversarono quello che un tempo era il Quartiere Uchiha. Sakura vide Sasuke irrigidirsi in prossimità di quella che doveva essere stata la sua casa.

Dalla notte della strage nessuno vi aveva messo più piede e quindi riversava in uno stato di completo abbandono da circa diciassette anni. Pain, poi, aveva fatto il resto, rendendolo ancora più spettrale di quanto già non fosse. La ragazza non riuscì a comprendere il motivo per il quale Sasuke avesse deciso di passare proprio di lì: la sua situazione psichica poteva dirsi già abbastanza precaria e rivisitare quei luoghi non poteva sicuramente dargli alcun giovamento. Ebbe quasi l'impulso di raggiungerlo e stringergli la mano, ma il rischio che lui la scansasse in malo modo era troppo elevato per tentare.

Al di sotto di una di quelle strutture fatiscenti, c'era il Tempio Nakano, dove era custodita la stele degli Uchiha. Sasuke si era ripromesso di tornarci prima o poi per prelevarla e nasconderla in un posto più sicuro ove nessuno potesse trovarla: quello che vi era scritto era potenzialmente pericoloso, nonostante lui fosse ormai l'unico in grado di leggerlo. Proseguì, lanciando di tanto in tanto un'occhiata a quel posto pieno di ricordi e dolore. Da quando era tornato a Konoha non vi aveva messo piede, per scelta: temeva di provare la stessa sensazione di vuoto che sentiva ogni qual volta, da piccolo, vi entrava furtivamente e quel desiderio di rivederli, tutti, anche solo per un istante. Gli mancava tremendamente la sua famiglia: la dolcezza di sua madre, gli insegnamenti di suo padre e Itachi, il suo fratellone, colui che aveva rinunciato a tutto pur di proteggerlo. Realizzò, in quel momento, qualcosa di inaspettato: lui aveva ricevuto così tanto amore da tutti loro che al solo pensiero il suo cuore si riempiva fino a scoppiare e il suo stomaco di svuotava di tutta quella sofferenza che lo attanagliava. Se un simile ricordo riusciva a fargli così bene, accettare l'amore di Sakura, avrebbe potuto guarirlo?

Le lanciò una breve occhiata: si guardava intorno, preoccupata, forse per lui. Con ogni probabilità non riusciva a capire il perché lui avesse scelto di passare proprio per il suo vecchio Quartiere. Come avrebbe potuto? Non era ben chiaro neanche a lui, ma le sue gambe si erano mosse da sole, come se avessero deciso in precedenza il tragitto, come se inconsciamente lui avesse voluto condividere tutto il suo passato con lei.

Si inoltrarono nella foresta e Sasuke percepì un sommesso sospiro di sollievo da parte della ragazza alle sue spalle. Non doveva essere stato facile per lei, come non lo era stato per lui, ma se davvero il desiderio di quella ragazza era di stargli vicino, doveva sapere a cosa sarebbe andata incontro.

Arrivarono a una radura al cui centro spuntava dal terreno un tronco di albero tagliato. Anche quello era un posto speciale.

"Venivo qui ad allenarmi con Itachi" Sasuke ruppe, finalmente, il silenzio.

Sakura si guardò attorno, notando sui tronchi degli alberi dei bersagli ormai sbiaditi e in alcuni casi penzolanti e pronti a cadere da un momento all'altro.

"Mi insegnava a lanciare i kunai" le raccontò a bassa voce, di spalle "Cercavo di dimostrargli di essere bravo quanto lui e puntualmente finivo col farmi male"

Fece una lunga pausa, non riuscendo a comprendere appieno il motivo per il quale avesse scelto proprio di portarla lì e raccontarle cose di sé che nessuno conosceva.

"Mia madre mi medicava e mio padre mi ricordava quanto fossi inferiore a mio fratello, ma non lo faceva con cattiveria... voleva solo motivarmi a fare meglio"

Sakura si portò il pugno ancora chiuso davanti al petto, ascoltando quella che era la prima vera confidenza che Sasuke le avesse mai fatto. La forte emozione le aveva appannato la vista e le gambe le si erano irrigidite come i tronchi di quegli alberi che li circondavano. Lo ascoltò in silenzio, gioendo per il suono della sua voce che per una volta aveva assunto un tono diverso da quello freddo e distaccato a cui era abituata.

"Quando Itachi è morto ho creduto per un attimo che fosse tutto finito." ricordò Sasuke, mettendosi a sedere con aria stanca sul tronco dell'albero. "Nel Paese del Ferro io ero accecato dalla rabbia. La verità su mio fratello e su quanto accaduto aveva risvegliato il mio desiderio di vendetta e Danzo..."

"Volevo ucciderti" lo interruppe Sakura. Sasuke alzò d'istinto lo sguardo, che fino a quel momento aveva tenuto verso il basso, su di lei che, in piedi, poco distante da lui, lo guardava con quella classica apprensione, tipica di lei.

"Se ci fossi riuscita forse sarebbe stato meglio per tutti" constatò Sasuke, con un ghigno malinconico.

"Ti sbagli! Se ci fossi riuscita a quest'ora probabilmente nessuno di noi due sarebbe qui. Non potevo accettare che che ti giustiziassero" gli spiegò, cercando di mantenere la calma, malgrado i ricordi di quei giorni di disperazione spingessero le sue lacrime fino all'orlo delle palpebre "Pensavo che spettasse a me fermarti... almeno quello" aggiunse con amarezza.

"Avrebbero dovuto prima prendermi" Inaspettatamente Sasuke tentò di sdrammatizzare quanto detto dalla ragazza: trovava assurdo che lei potesse sentirsi in colpa per aver tentato in qualche modo di fermarlo; se le cose erano andate come aveva raccontato la Mizukage durante il processo, gli intenti di Sakura, a conti fatti, non potevano essere considerati sbagliati o disdicevoli. Ma il vero motivo per il quale Sasuke aveva scelto di interromperla, erano state le sue ultime parole, quelle che aveva sussurrato con un filo di voce e che sottolineavano ciò che era arcinoto, ma troppo difficile da affrontare: lei aveva sempre desiderato di più da lui.

Sakura, presa alla sprovvista da quell'inatteso tentativo di Sasuke di alleggerire la tensione, aveva incurvato le labbra in un sorriso incerto. In realtà tutta quella conversazione le sembrava assolutamente incredibile: aveva sempre immaginato quel momento in maniera del tutto diversa – ammesso che fosse mai giunto, dato che aveva sempre nutrito seri dubbi a riguardo – ; credeva che sarebbe annegata in un fiume di lacrime e, invece, stava riuscendo egregiamente a tenerle arroccate sulle sue palpebre; pensava che per riuscire a tirargli fuori una decina di parole avrebbe avuto bisogno delle tenaglie e non che lui spontaneamente iniziasse un discorso così scomodo per entrambi. In pratica, stava andando meglio di ogni sua più rosea aspettativa, ma quella calma apparente quanto sarebbe durata? Sul serio avrebbero continuato a parlare come fossero stati solo due semplici spettatori di quelle vicende?

"In realtà volevo difendere anche Naruto. Lui mi aveva fatto una promessa e temevo che per mantenerla, sarebbe arrivato a scontrarsi con te, di nuovo."

Già, Naruto. Lui e la sua fissazione di riportarlo a casa.

"A quanto pare, però, non sono riuscita a evitarlo... come sempre" constatò la ragazza, abbassando lo sguardo. Non erano tanto le sue parole a colpire l'Uchiha, quanto quei sussurri, quei pensieri ad alta voce che lasciava uscire dalle sue labbra strette come fossero insulti, ma non rivolti a lui, bensì a se stessa. In quelle parole si riusciva a vedere chiaramente quanto lei fosse cresciuta, maturata, arrivando ad essere una ragazza forte e determinata, molto diversa da quella che lui ricordava. Forse l'unica cosa che non era cambiata in quegli anni era proprio l'affetto nei suoi confronti che l'aveva spinta a prendere decisioni difficili, radicali.

"Doveva andare così." ammise l'Uchiha, volgendo lo sguardo per un attimo verso il moncherino.

"Tuttavia" Sakura fece qualche passo verso di lui, tenendo sempre il pugno stretto sul petto, come per proteggersi perché presto o tardi, ne era certa, quella conversazione le avrebbe fatto male, un male cane "Devo ringraziarti" gli confessò, costringendolo a guardarla per quell'affermazione senza senso "E' solo grazie a te che ho capito che se si vuole intensamente qualcosa, bisogna lottare per ottenerla"

"E l'hai ottenuta?" le chiese Sasuke, guardandola per un istante negli occhi, temendo la sua risposta.

"Non proprio, ma quantomeno sono soddisfatta di me stessa" gli rispose, ammettendo implicitamente di non aver ottenuto, ancora, quello che desiderava "Non mi sento più debole" aggiunse con orgoglio abbassando il pugno: sì, lei non era più debole ed era giunta l'ora di dimostraglielo.

"Tsk! Sei davvero noiosa"

Non era proprio quella la risposta che Sakura si aspettava anche se c'era qualcosa di diverso nel tono con cui Sasuke aveva pronunciato quelle odiose parole: non c'era astio e sul suo viso vi era l'accenno di un timido sorriso.

"Lo sei sempre stata." Sasuke rincarò la dose, seguendo la scia dei suoi ricordi in cui Sakura era costantemente presente.

Si alzò dal tronco e fece qualche passo, allontanandosi di qualche metro da lei: non era ancora pronto a consentirle di avvicinarsi troppo perché, in fondo, sapeva di non meritarlo.

"Vedi, Sakura, non sempre si può ottenere quello che si desidera. A volte sarebbe meglio rinunciare."

"Se pensi che io..." urlò la ragazza, decisa a fargli capire di non avere alcuna intenzione di smettere di amarlo, se quello era il senso del suo discorso.

"Sto solo dicendo" la interruppe bruscamente, alzando di poco il tono della voce, quanto bastava per superare quello della ragazza "Sto solo dicendo" ripeté, con calma "che è necessario capire bene cosa si desidera e soprattutto se sia giusto"

Sakura dischiuse leggermente le labbra, confusa. Non riusciva a seguirlo.

"Paradossalmente ho tentato di uccidere tutte le persone a cui tenevo... per cosa poi?" Questa volta fu lui ad esprimere un pensiero nascosto; un pensiero che racchiudeva sinteticamente – come nel suo stile – la spiegazione di quanto detto in precedenza. Il suo desiderio di dare un nuovo corso alla storia del Mondo Ninja lo aveva portato a credere che distruggendo ogni tipo di legame sarebbe stato immune dal dolore e che sarebbe riuscito a compiere la sua personalissima missione senza alcun tipo di condizionamento.

La fine di quei legami avrebbe segnato quella della sua umanità.

Tutte le persone a cui teneva.

Ergo anche lei faceva parte di quella cerchia, perché lui aveva tentato di ucciderla un paio di volte. Allora Sasuke teneva a lei? Questo non era mai stato messo in dubbio, anche se in alcuni momenti Sakura aveva pensato il contrario, ma sentirselo dire era tutta un'altra cosa.

"Eri confuso, pieno di rabbia" tentò di giustificarlo la ragazza.

"Sapevo benissimo quello che stavo facendo" ringhiò Sasuke, irrigidendo le spalle "Avevo un obbiettivo e credevo che fosse giusto. Ero consapevole di ogni mia azione"

"Quindi..." Sakura non riuscì neanche a formulare la domanda che voleva porgli: la voce le era morta in gola e il pugno era ritornato davanti al suo petto, pronto a parare il colpo.

"Ci avresti seguiti, ti saresti messa in mezzo" le rispose, intuendo cosa le stesse passando per la testa – erano lì per quello dopotutto."E poi... non volevo ascoltarti" ammise, contro ogni previsione.

"Cosa... cosa ne avresti fatto di me se le cose fossero andate diversamente?" Era un quesito che si era posta molte volte e pensò che fosse il momento giusto per ottenere una risposta.

"Non lo so. Non ci ho mai pensato"

Strano. Quando mai pensava a lei. Probabilmente l'avrebbe tenuta rinchiusa in un'illusione per tutta la vita.

"Beh, comunque non è andata così, quindi cosa importa." concluse Sakura, cercando di cambiare discorso per evitare che le lacrime cominciassero a sgorgare senza alcun freno.

Seguirono alcuni minuti di assoluto silenzio, rotto solo dallo stormire delle foglie e dal leggero fruscio dell'erba. L'estate ormai era giunta al termine e nell'aria si respirava di già l'odore amaro dell'autunno.

"Ho bisogno di sapere una cosa e gradirei che tu fossi sincera" Sasuke riprese a parlare, ma il suo tono sembrava essere cambiato di nuovo: non era più calmo, ma inquieto, duro.

"D-dimmi" balbettò Sakura, preparandosi psicologicamente al peggio.

"Mi hai perdonato?" le chiese, scandendo bene le parole, evidenziando quanto gli costasse proferirle.

"È importante?" ribatté la ragazza, pronta a giocarsi il tutto e per tutto. Era stufa di aspettare qualcosa che non accennava ad accadere. Quello scambio d'idea forse stava facendo sentire meglio lui, ma non lei.

"Credo di sì"

Sakura chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, fino a sentire i polmoni gonfi.

"Guardami!" gli ordinò con tono fermo "Sono stufa di parlare con le tue spalle, quindi, guardami"

Sasuke drizzò la schiena, impreparato a quell'evenienza. Fino a quel momento Sakura era rimasta abbastanza passiva, come in passato, e aveva creduto che la conversazione potesse continuare in quella maniera – sicuramente per lui sarebbe stato più semplice.

Mosse lentamente un piede, poi l'altro e si voltò verso di lei. Alzò lo sguardo, puntando gli occhi sulla sua figura: i capelli rosa ondeggiavano mossi dal vento e i suoi occhi brillavano di un coraggio e una decisione che non avrebbe mai creduto possibile.

Erano faccia a faccia.

Sasuke trovò la situazione alquanto divertente anche se surreale: da quando Sakura si prendeva la libertà di dargli degli ordini?

"Così va meglio" sospirò, cercando di mostrarsi più forte di quanto fosse "Ascoltami bene. Io ti ho perdonato nello stesso istante in cui sei arrivato sul campo di battaglia e ti ho perdonato di nuovo quando mi hai chiesto scusa. Ma non so se posso continuare a perdonarti in eterno. La vera domanda è se tu sei pronto a perdonarti." e lo disse tutto d'un fiato, temendo di bloccarsi all'improvviso e non riuscire a mettere insieme le parole, perdere di vista il nocciolo della questione, perché averlo lì davanti, con quello sguardo da cane bastonato, no, non aiutava affatto – quasi, quasi rimpianse che per una volta avesse rispettato il suo volere.

"Non è un tuo problema." affermò Sasuke, seccato.

"Penso proprio che lo sia, invece. Ti sembrerà assurdo, ma per me e Naruto è importante" ribatté prontamente la ragazza "Ti vogliamo bene... io..." e tentennò un attimo prima di terminare la frase perché si era ripromessa di non dirglielo, di non ripeterlo ancora, di non aprirgli di nuovo il suo cuore a meno che non fosse certa che lui non avesse intenzione di maltrattarlo, o peggio, gettarlo via come sempre "Ti amo".

A differenza di tutte le altre volte che aveva sentito pronunciare da lei quelle parole, questa volta Sasuke lasciò che il vento le portasse fino a lui; non le respinse, anzi, chiuse gli occhi e le respirò a fondo, fino a inebriarsene. Era poi così sbagliato accettare il suo amore? Provò un'inspiegabile sollievo nel constatare che almeno quello, nonostante tutto, non fosse mutato, ma non riusciva a capire...

"Perché?" le chiese, quindi, sperando che la sua risposta potesse in qualche modo dissipare i suoi dubbi.

"Ci sarebbero almeno un milione di motivi per non amarti, ma io non riesco a vederne neanche uno." sussurrò Sakura, lasciando vagare lo sguardo intorno a sé come se tutti quei motivi fossero davvero lì, invisibili ai suoi occhi "Ci ho provato, te lo giuro, tante volte." gli confessò con amarezza "Ma..." e sorrise, cogliendo di sorpresa prima se stessa e poi lui "proprio non ne sono capace".

Un sorriso sincero, puro... devastante.

Sakura era l'eroe.

Forse davvero lei era in grado di salvarlo, di rimettere apposto i pezzi della sua anima frantumata, perché dietro quel sorriso si celava quella promessa che lei gli aveva fatto anni prima e che lui non le aveva permesso di mantenere. L'aveva vista chiaramente ed era semplicemente bellissima.

Poteva essere felice?

Meritava di esserlo?



Sakura lo meritava.

Sasuke sentì il suo stomaco contrarsi e le tempie pulsare come se la sua testa fosse sul punto di esplodere. Non poteva, non doveva, approfittare di lei. Sarebbe stato troppo facile succhiare da lei quella vita, quell'amore, per stare meglio, per ricominciare a vivere. Lei gli avrebbe dato tutto, senza riserbo; non avrebbe risparmiato un briciolo della sua energia pur di renderlo felice.

"Non so se riuscirò mai a ricambiare quello che provi" le disse, aprendo per una volta anche il suo di cuore, sempre con cautela, sperando che lei riuscisse ad apprezzare quantomeno la sua onestà. Non voleva prenderla in giro, lo aveva fatto per troppo tempo.

"Questo l'ho sempre saputo." ammise la ragazza, continuando a sorridere forzatamente, stando ben attenta a tenere serrati gli occhi per non far trapelare le lacrime. "Non posso costringere te ad amarmi come tu non puoi costringere me a negare i miei sentimenti. Un bel problema." concluse, cercando di sembrare ironica mentre la voglia di piangere disperatamente le saliva dritta in gola e le toglieva il respiro.

Non voleva piangere davanti a lui; lo avrebbe fatto dopo, lungo il tragitto fino all'ospedale e poi nel suo studio e ancora nella sua camera da letto, ma non davanti a lui.

"Adesso devo proprio andare, devo tornare in Ospedale" gli comunicò, sfruttando quegli ultimi minuti di autonomia per una fuga strategica "Sono stata contenta di aver parlato con te, Sasuke-kun."

Si girò, con l'intenzione di fuggire il più velocemente possibile da quel bosco e da lui che anche quando cercava di non essere uno stronzo, finiva con l'esserlo lo stesso. Ormai doveva essersene fatta una ragione e, invece, ogni volta, ricadeva sempre negli stessi errori. Stupida!

Fece in tempo a fare appena un metro prima di ritrovarselo davanti e ormai le prime lacrime erano già belle che scese.

"Ho detto che non so se sarò mai capace di ricambiare i suoi sentimenti" le ripeté Sasuke, con tono fermo, e Sakura pensò che fosse impazzito di nuovo, che provasse un insano gusto a vederla soffrire. Poi, accadde l'impensabile...

"Non ho detto che non ci voglia almeno provare"

E Sakura sentì le gambe diventarle molli e la testa ronzarle come dopo un'esplosione. Sasuke aveva pronunciato quelle parole con una tale irruenza che a un primo – rincoglionito – ascolto, Sakura si chiese se avesse sentito bene o meno, se in realtà lui avesse detto qualcosa del tipo "Non ci sono speranze per te, insopportabile noiosa" e che quindi fosse solo il frutto della sua immaginazione. Ma quando, con la vista appannata, aveva incontrato i suoi occhi e aveva scorto in essi quella che poteva tranquillamente definirsi una "paura fottuta", comprese che quel fastidio che aveva allo stomaco non fosse di peso dal pranzo che aveva saltato, ma da uno sciame di farfalle che svolazzavano felici.

Il suo corpo si mosse da solo, incurante di qualsiasi conseguenza. Lo abbracciò – forse con troppa forza, ma era da tanto che voleva farlo – e Sasuke emise una specie gemito – di dolore, ovviamente, ma decise di non protestare perché in fondo quel contatto inaspettato non gli stava arrecando, poi, tanto fastidio.

"Bentornato, Sasuke-kun!" singhiozzò Sakura sul suo petto mentre lo circondava con tutto quell'amore che aveva conservato solo per lui.

Sasuke, non molto pratico in materia, rimase immobile per alcuni secondi, incerto sul da farsi. In realtà era stupito di se stesso e ancora non era in grado di spiegarsi il perché avesse deciso di darle una possibilità – darsi una possibilità. Forse era stata la determinazione di Sakura, forse il desiderio di sentirsi amato – forse era impazzito del tutto – ma si sentiva stranamente sereno: probabilmente per una volta aveva fatto la scelta giusta anche se non ne era ancora pienamente consapevole.

Fatto sta che, timidamente, la sua mano si mosse, andandosi a posare sulla schiena di Sakura, chiudendo così un immaginario cerchio – da sempre, simbolo di perfezione.



*





















































Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** #12 Ci sto provando ***


#12 Ci sto provando.





Provare ad amarla...


C'era qualcosa in quella frase che non quadrava, e Sasuke, anche se non poteva considerarsi un esperto in materia, era riuscito a cogliere in essa una cosa abbastanza scioccante: aveva detto una cazzata di proporzioni apocalittiche.

Il motivo? Ovviamente ignoto.

Non erano state le lacrime di Sakura, quella sensazione di nausea procurata dalla consapevolezza di essere riuscito a farla piangere ancora una volta – no di certo; non era stata quella stretta al cuore che aveva sentito mentre lei gli ripeteva, ancora, di amarlo – per carità; e non era stata nemmeno la spiegazione, che in quel momento era sembrata anche abbastanza logica, del perché lei lo amasse – ci voleva ben altro per farlo capitolare. Si era sentito quasi in dovere di darle una speranza perché, in fondo, provava un nostalgico affetto nei confronti di quella ragazza e non desiderava farle del male. Inoltre, lei adesso rappresentava una seconda certezza – la prima era Naruto, stava messo bene insomma – e in un periodo di totale confusione mentale, come quello che stava vivendo, aveva un valore davvero inestimabile.

Lei lo amava.

Lei lo amava.

Leiloamavaleiloamavaleiloamava... e lui ci provava – magra ricompensa.



"L'amore non ha bisogno di una spiegazione logica. Lo senti e basta."



La faceva semplice il Dobe... troppo semplice. Certo, lui era in grado di secernere amore da tutti i pori della sua pelle, era riuscito persino a far diventare la Volpe a Nove Code un simpatico animaletto da compagnia, quindi cosa ci poteva essere di difficile nel provare amore per una persona che, in fondo, era così facile da amare?

Perché Sakura lo era davvero... facile da amare. Persino quell'affare verde monociglio dalla giovinezza prorompente era riuscito a dichiararsi apertamente più volte. Ma lui no. Era rimasto perfettamente nel suo personaggio, non si era sbilanciato, non aveva varcato quel limite oltre il quale avrebbe dovuto dare a se stesso delle spiegazioni più profonde, indipendenti da ciò che Sakura aveva detto e fatto.

Ci avrebbe provato, perché no? In fondo non aveva niente di meglio da fare in quel periodo. A parti invertite lui non sarebbe mai riuscito ad accettare quel contentino, si sarebbe mandato al diavolo da solo, si sarebbe insultato come un cane. Perché si trattava di un contentino, vero?

La sua coscienza era riuscita a elaborare un gelatino, uno zuccherino, capace di far ingoiare l'amara pillola, evitando una serie apocalittica di eventi: crisi esistenziale – sermone di Naruto – crisi esistenziale – scuse – ossa rotte – sermone di Naruto – fuga strategica da Konoha – inseguimento – sermone di Naruto.

Doveva essere stato un riflesso incondizionato, non poteva esserci altra spiegazione. Aveva deciso di ignorare consapevolmente tutto il resto, tutte quelle sensazioni che aveva provato quando lei lo aveva strito..., ehm, abbracciato; il benessere emotivo suscitato da quelle due paroline magiche che solo lei riusciva a pronunciare in quel modo, con naturalezza, riuscendo a farle apparire così vere. Evitava di pensarci per non ammettere ciò che, in fondo, era ovvio, palese, i.ne.qui.vo.ca.bi.le.

La verità è che non sapeva da dove cominciare, non era pratico in quell'ambito, nessuno si era mai premurato di insegnargli nulla e chi avrebbe potuto farlo era morto. Forse era proprio quella sensazione di inadeguatezza a innervosirlo: lui era sempre stato il primo in tutto e ammettere un limite, di qualsiasi genere, risultava davvero difficile per il suo orgoglio. Già aver ammesso di essere stato sconfitto da Naruto era stato un duro colpo. [Che poi, sconfitto... che esagerazione! Analizzando attentamente la battaglia, dal punto di vista prettamente tecnico era terminata in pareggio, Naruto aveva vinto per Ko tecnico da overdose di buoni sentimenti. ]

Lui non era un Rock Lee e neanche un Naruto, non era un Kiba e neanche uno Shino – ma per favore! Lui era Sasuke Uchiha, lui era un uomo diverso dagli altri perché... perché....

Booh!

Cosa lo rendeva davvero diverso dagli altri?

Senza contare che, come sempre, non aveva capito un benemerito niente: era ancora abbastanza inconcepibile per la sua mente eccelsa che Sakura lo amasse indipendentemente dalle sue stranezze e dalla sua anaffettività.

Probabilmente, prima o poi, si sarebbe stancata di lui e a quel punto non sarebbe stato neanche più costretto a provarci. Dopotutto le donne era volubili – questa era una delle poche cose che aveva capito. Esempio lampante: Karin. L'aveva colpita a morte e lasciata in mano nemica, eppure gli era bastato un semplice "scusa" per farla andare in brodo di giuggiole. Non che le donne fossero stupide, ma avevano questa inconcepibile tendenza autolesionistica che ben si sposava con i suoi atteggiamenti – da stronzo. Con Sakura non era stato altrettanto semplice: lei era diventata orgogliosa, volitiva e poi c'erano troppe faccende in arretrato, fraintendimenti, tentati omicidi, "Grazie" buttati lì a caso. A caso?

Quel "ci proverò" cominciava davvero a non reggere più.

Si tirò su dal letto, intuendo che il continuare a guardare il soffitto non potesse essergli di molto aiuto e decise di uscire a fare una passeggiata. Il nuovo Hokage, aveva concesso a tutti un paio di giorni di ferie a causa dell'arrivo delle delegazioni degli altri Paesi che comportava un impiego massiccio degli Shinobi di Konoha per la sicurezza e l'accoglienza. Per fortuna lui era stato esonerato da quei compiti: sarebbe stato abbastanza ridicolo se gli avessero affidato il Raikage, ad esempio, e poi era certo che nessuno di loro, a parte Gaara e forse la Mizukage – per dubbie intenzioni –, lo avrebbe accettato di buon grado come scorta. L'Alleanza Ninja, contro ogni previsione, sembrava funzionare: periodicamente i Kage si incontravano per stabilire insieme il da farsi in merito a ogni tipo di problematica; i Villaggi si scambiavano conoscenze in ambito militare, medico e strategico, assicurando che ci fosse una certa uguaglianza e che nessuno rimanesse indietro agli altri. Sasuke spesso si chiedeva quanto – e soprattutto se – sarebbe durato quell'idillio: riuscire a mettere d'accordo tutti non doveva essere una cosa facile, ma la Quarta Grande Guerra Ninja e la possibilità che l'intero mondo potesse essere spazzato via, erano stati sicuramente fondamentali nel rendere tutti molto più accomodanti.

In sintesi: Sasuke non aveva niente da fare e mille pensieri per la testa.

Le strade di Konoha erano molto affollate e, di certo, un tizio con indosso un mantello nero, vagamente somigliante a Sasuke Uchiha, non passava inosservato. Dopotutto , anche se era stato un nukenin, adesso era considerato da tutti – o quasi – un eroe. Vero, si era battuto con Naruto, ma le informazioni che erano trapelate dal Palazzo dell'Hokage in merito a ciò, avevano fatto passare quella battaglia all'ultimo sangue come un acceso scambio di idee dovuto a un'atavica rivalità – niente di nuovo per il mondo degli Shinobi. Nessuno sapeva quali fossero state le vere intenzioni dell'Uchiha e Kakashi e Sakura avevano saggiamente deciso di non renderle pubbliche. Inoltre, menomazione e tutto, Sasuke rimaneva pur sempre un bel ragazzo e le stesse ragazzine che a dodici anni gli sbavavano dietro erano quelle fanciulle che adesso lo guardavano ammiccanti, sussurrando apprezzamenti capaci di far arrossire anche una Ino Yamanaka. Ovviamente Sasuke non dava loro peso: non riusciva a capire come Sakura riuscisse ad amarlo, quindi era impensabile che riuscisse a immaginare i motivi che spingessero quelle insulse femmine a ritenerlo appetibile, ad arrossire in sua presenza e a lanciargli sguardi che non lasciavano molto spazio all'immaginazione. La cosa straordinaria, tuttavia, risiedeva nel fatto che anche Naruto adesso riscuotesse un certo successo.

Si era accorto della sua presenza per il vociare convulso di un gruppo di ragazzine. Stava lì in mezzo a loro, sorridente, e con una mano si grattava la testa per l'imbarazzo.

Ecco un'altra differenza tra loro due: lui avrebbe tirato avanti senza neanche degnarle di uno sguardo, mentre Naruto, nonostante l'evidente imbarazzo – non era abituato, il pivello – lasciava che quelle indemoniate abbattessero il muro del suono con i loro insopportabili urletti di venerazione. Sasuke, tuttavia, notò anche qualcos'altro – aveva sempre avuto una grande capacità di osservazione, ma con il rinnegan, adesso, non gli sfuggiva davvero nulla. Avvolta dall'oscurità di un vicolo, a pochi passi da dove si stava compiendo quell'atto empio e disgustoso, c'era l'onnipresente, Hinata Hyuga. Ai tempi dell'Accademia, Hinata seguiva costantemente i movimenti del Team 7, in particolare quelli di Naruto e con il tempo era diventata così brava a nascondersi che anche Sasuke aveva iniziato ad avere difficoltà nel rintracciarla. Era di sicuro un ninja migliore di Naruto che, ovviamente, non si era mai accorto del fatto che lo pedinasse. Sasuke ricordò anche che la Hyuga avesse la strana attitudine di svenire in presenza del Baka. Di sicuro quella ragazza provava qualcosa per quell'Usurantoncachi che, come tale, non riusciva a veder oltre il suo naso.

"Baka" pensò Sasuke, ghignando divertito – come se la sua situazione fosse stata diversa. Il toro che diceva all'asino cornuto.

La sua totale ignoranza circa gli avvenimenti intercorsi in quegli anni in cui lui era mancato, non gli consentirono di asserire che Naruto fosse un "Ciclopico Baka" con la giusta convinzione. Sasuke non poteva essere a conoscenza del fatto che Hinata, in un frangente abbastanza tragico, avesse dichiarato il suo amore a Naruto e che proprio le circostanze, a dir poco apocalittiche, avessero fatto passare in secondo piano la cosa. Sasuke, inoltre, non poteva neanche sapere che, durante la guerra, i due si fossero supportati a vicenda. Ergo, avevano anche loro qualcosa da chiarire.

Sasuke ebbe un'inspiegabile moto di comprensione nei confronti della ragazza. Lei non aveva il carattere di Sakura, capace di sbatterti in faccia un cuore pulsante e traboccante d'amore con la stessa facilità con cui abbatteva foreste intere; Hinata era una persona delicata, timida, riservata – francamente non riusciva a capire cosa ci trovasse in un tipo chiassoso e molesto come Naruto. Forse davvero non vi era una spiegazione razionale all'amore; forse non era necessario avere dei motivi validi per donare la propria vita a qualcuno perché, in fatto di motivazioni, se possibile, Hinata stava sicuramente messa peggio di Sakura. Eppure come lei stava lì, come sempre, con il pugno debolmente chiuso e tremante davanti alle labbra e lo sguardo perso. Diciassette anni buttati dietro due idioti.

Sasuke si mosse verso di lei spinto forse dal suo animo che, malgrado tutto, rimaneva tendenzialmente sadico o dai postumi della conversazione con Sakura che gli aveva fatto compiere il primo passo nel meraviglioso – noioso – universo dei sentimenti. E poi, se aveva davvero intenzione di rimanere al Villaggio, avrebbe dovuto ricominciare a creare dei rapporti sociali e la Hyuga faceva proprio al caso suo: non rischiava sicuramente reazioni inconsulte da lei.

Troppo presa nell'origliare le idiozie che quelle femmine scalmanate stavano proferendo, Hinata non si accorse della presenza di Sasuke e lui ne approfittò per fare una delle sue entrate ad effetto, quelle da infarto secco – quelle che lui adorava. Provava un malsano gusto nel vedere sul viso della vittima il più completo terrore. In fondo era un gran burlone.

"Hyuga." la chiamò con il tono più serio e fermo che riuscì ad assumere, pregustando l'inevitabile salto che la ragazza avrebbe fatto per lo spavento.

E così fu. Hinata s'irrigidì talmente tanto che Sasuke pensò che da un momento all'altro potesse spezzarsi in due.

"S-Sasuke-kun?!" balbettò la ragazza, rossa in viso.

"Cosa fai qui?" le chiese con tono piatto, per nulla amichevole, come se non gli importasse – e in effetti era così, ma al momento gli sembrò la cosa più opportuna da dire; inoltre era talmente palese ciò che la Hyuga stesse facendo che, lì per lì, gli sembrò quasi crudele porle quella domanda.

La reazione di Hinata non tardò ad arrivare: il rossore che fino a quel momento aveva riguardato solo il viso si espanse fino alle orecchie. Sasuke temette che da un momento all'altro potesse esplodere, o peggio, svenire, e iniziò a pensare che avesse avuto davvero una pessima idea: spiegare alla popolazione di Konoha e, soprattutto, al Baka, che lo svenimento di Hinata non avesse niente a che vedere con lui e le sue doti oculari, sarebbe stata davvero molto complicato. Hyashi Hyuga avrebbe chiesto sicuramente la sua testa su un vassoio d'argento e il suo Clan sarebbe rimasto l'unico di Konoha a possedere un'abilità oculare. Giammai!

Per fortuna, Hinata, dopo un lungo – infinito – momento di empasse, sembrò riprendersi, ritornando al suo normale colorito.

"S-sono con il mio Team. Facciamo da scorta alla Mizukage" gli rispose con la sua vocina sottile e dolce, indicandogli Kiba e Shino che erano appostati fuori da una bottega sul lato opposto della strada.

"Capisco" annuì l'Uchiha che a quel punto aveva già finito tutti gli argomenti di conversazione e provava l'irrefrenabile desiderio di evaporare.

Socializzare? Che diavolo gli era saltato in mente?

Non era mai stato un campione in quell'ambito e anche se aveva sostenuto una conversazione quasi normale con Sakura, le speranze che lui potesse diventarlo erano pressoché infinitesimali.

"Come stai, Sasuke-kun?" Inaspettatamente la Hyuga ruppe l'imbarazzante silenzio.

"Bene" le rispose brevemente, ma la sua voce non troppo alta non riuscì a raggiungere le orecchie di Hinata, surclassata da altre urla provenienti dalla strada principale.

Hinata gli diede le spalle, affacciandosi appena dal vicolo per capire cosa fosse successo per poi girarsi nuovamente verso di lui con un'espressione affranta.

"Tsk" sibilò, esprimendo due concetti importantissimi in sole tre lettere: uno, Naruto era un Baka e sicuramente non si era minimamente accorto di lei; due, Hinata era troppo timida per riuscire a fronteggiare quelle indemoniate e avvicinarsi al suddetto Baka. In pratica era una storia che non aveva futuro.

Si stupì quasi nell'aver pensato qualcosa di così frivolo – Sakura, forse, era riuscita a corromperlo con quei discorsi sull'amore e adesso non poteva fare a meno di vederlo ovunque?!

"Lui non sa che sono qui" sussurrò Hinata, guardando verso il basso. Non era una constatazione, ma una tacita richiesta volta a Sasuke di non proferire parola su quanto lui avesse visto.

Preso alla sprovvista da quella inaspettata affermazione della ragazza, Sasuke annuì brevemente e la superò, salutandola con un leggero gesto della mano e uscendo nuovamente in strada. Si rese conto di non essere assolutamente in grado di sostenere una conversazione, men che meno su faccende amorose e non con la Hyuga che parlava poco quasi quanto lui. Apprezzava sicuramente quel lato del carattere della ragazza – in un quarto d'ora (il tempo che aveva passato con lei nel vicolo), Sakura lo avrebbe sommerso di parole fino a fargli scoppiare la testa.

Paradossalmente, c'era una sorta di parallelismo tra le due coppie. Coppie?

Lui e Sakura non erano una coppia, non ancora, forse non lo sarebbero stati mai... lui, in fondo aveva solo detto che ci avrebbe provato. Allora perché quell'associazione di idee era stata così immediata? Naruto e Hinata, poi... le probabilità che riuscissero a mettersi insieme erano pari a quelle che aveva Madara di vincere la guerra.

Hinata era innamorata di Naruto, ma non riusciva a farsi avanti. Naruto aveva ancora una cotta per Sakura che per qualche assurdo motivo amava lui... e lui... ci provava.

Che colossale idiozia!

Si ritrovava al centro di un quadrangolo amoroso con un ruolo abbastanza scomodo, ridicolo, perché era l'unico dei quattro che non aveva mai pensato a qualcosa del genere, o meglio, che quel qualcosa si concretizzasse.

L'Inuzuka appena lo vide digrignò i denti e Akamaru lo imitò – non era mai riuscito a capire chi fosse il cane e chi il padrone. Non avevano mai avuto un rapporto idilliaco, l'Inuzuka era troppo pieno di sé – lui no, vero? Mr " sono il migliore genin della Foglia" – litigava spesso con Naruto – come non comprenderlo – e, a suo parere, era portatore sano di pulci e altre malattie come cimurro e gastroenterite. In realtà non lo aveva mai considerato, come molti altri. Al suo fianco c'era Shino Aburame che, per antonomasia, non veniva considerato da nessuno. In pratica, due esseri inutili.

Kiba doveva avercela ancora con lui per il pestaggio ricevuto da Sakura.

Beh, se l'era meritato.

Si fermò un attimo a pensare a quest'ultima affermazione: da quando aveva iniziato a schierarsi dalla parte di Sakura?

Probabilmente qualcosa dentro di lui stava mutando; forse stava prendendo molto seriamente quella faccenda del "provarci" e aveva iniziato a immedesimarsi nella parte. Non c'era da stupirsi: lui faceva tutto seriamente – cazzate incluse, anzi, in quelle ci metteva davvero tutto se stesso. Sakura, in fondo, non aveva tutti i torti: non poteva continuare ad essere così severo verso se stesso, per essere perdonato dagli altri – da lei – avrebbe dovuto essere lui il primo a perdonarsi. La sua vita fino a quel momento era stata già abbastanza schifosa e adesso che aveva la possibilità di viverne una nuova, rimediando agli errori del passato, si flippava il cervello con milioni di paranoie, autoinfliggendosi come punizione il divieto assoluto di poter essere in qualche modo felice. Si era convinto che la felicità non facesse per lui, che non ci fosse modo al mondo per raggiungerla... che non la meritasse. Sakura era riuscita a fargli credere per un momento che, invece, non fosse così ed era quello il motivo per il quale aveva deciso di "provare". Il che non riguardava solo la sfera sentimentale, per così dire "amorosa" , ma anche tutto il resto: l'amicizia, il senso di appartenenza, il significato di Shinobi, di Villaggio... di Clan. La normalità. Il percorso che aveva deciso di intraprendere, facendo quella promessa a Sakura – perché adesso era chiaro anche a lui che si trattasse di quello – , sarebbe stato lungo e doloroso... ma cosa nella sua vita non lo era stato?

Il problema risiedeva nel "come".

Considerando le precedenti esperienze come minimo avrebbe dovuto lasciare il Villaggio e trovare la sua strada senza l'aiuto di nessuno perché era fuori discussione che sobbarcasse Naruto e Sakura anche del peso della sua redenzione. Loro non avevano niente a che fare con i suoi peccati. Si sentiva di per sé una specie di caso psicologico, un emarginato e accettare in toto il loro aiuto lo avrebbe fatto sentire anche peggio. Doveva capire da solo quello che voleva essere, altrimenti, come era già accaduto in passato, avrebbe rischiato di recitare un ruolo imposto dalle circostanze. Aveva detto che ci avrebbe provato... beh, lo avrebbe fatto alla grande, come solo lui sapeva fare. Anche perché Sakura e Naruto lo meritavano. Se tutte le vicissitudini che singolarmente avevano passato per arrivare poi a ricongiungersi dovevano avere come conclusione che lui divenisse, infine, per lei un compagno e per lui un fratello, allora non desiderava fingere di esserlo solo per dare loro un illusione, un contentino. Il fatto che si sentisse in qualche modo in debito con loro non doveva portarlo a scegliere la strada più breve, più comoda. Sarebbe stato facile fingere di ricambiare l'amore di Sakura, porre fine ai suoi tormenti, prenderla tra le braccia e agire come un normale diciassettenne con normali pulsioni sessuali. Ma lui non era mai stato un bambino normale, né un adolescente normale... e adesso che stava raggiungendo la maturità perché mai non rispettare la tradizione? In fondo, Naruto e Sakura erano sempre stati consapevoli di questa sua caratteristica peculiare e gli avevano voluto bene lo stesso.

Gli avevano voluto bene lo stesso.

Era sempre stato così chiaro che si diede dello stupido da solo: loro due avevano visto il suo lato umano e la bestia, il meglio e il peggio – soprattutto quest'ultimo – e non avevano mai smesso di cercarlo, di riportarlo sulla retta via... non avevano mai smesso di amarlo. Inconsapevolmente aveva ricevuto così tanto amore da loro che forse in una vita intera non sarebbe mai riuscito a compensarlo... ma avrebbe tentato.

Un'inspiegabile moto di ottimismo gli fece incurvare le labbra in un sorriso sincero. Alzò lo sguardo verso il cielo. Era da tanto tempo che non lo faceva. L'ultima volta che si era soffermato a guardarlo era steso sulla mano della statua di Madara Uchiha, in fin di vita, e aveva pensato di non averne mai visto uno più sereno di quello. L'azzurro poi era stato sostituito dal verde, spento, degli occhi amareggiati di Sakura e le nuvole erano tornate prepotentemente. Nuvole grigie, cariche di dolore, di senso di colpa. I suoi occhi si erano persi tra i fili rosa dei capelli di Sakura, cercando un po' di colore, perché quel cielo così cupo prometteva pioggia e lui, che era fango, rischiava di sciogliersi rimanendo solo una traccia sbiadita su un cumulo di macerie.



"Scusa per tutto quello che ho fatto finora"



Vide scendere lungo le sue guance lacrime colme di sollievo che come sassi si infransero contro le sue ossa, aprendo una voragine nel petto, lì dove qualcosa aveva ripreso a battere. Il verde tornò verde e le nuvole cominciarono a dissiparsi.

Sorrise, guardandola asciugarsi goffamente le lacrime con il braccio per nascondere quella debolezza. Era sempre stata piagnucolona... noiosa, ma in quel preciso istante rappresentava la cosa più vicina alla definizione di casa da che ne avesse memoria.

Sì, era a casa, tra le persone che gli volevano bene per quello che era – qualunque cosa fosse.

Preso dai suoi pensieri non si accorse di aver superato il centro del Villaggio, ritrovandosi nei dintorni dell'Accademia, precisamente nel campo di allenamento. Si guardò intorno constatando che almeno quel posto non fosse cambiato più di tanto: i bersagli di legno per imparare a lanciare i kunai erano solo un po' più sbiaditi di quanto ricordasse e gli alberi intorno erano più rigogliosi tanto che non riuscì a scorgere la figura appollaiata su uno dei rami che, al contrario, si era accorta della sua presenza. Si diresse verso un albero e si mise a sedere stancamente a terra, poggiando la schiena al tronco.

Gli tornarono alla mente tantissimi ricordi: Naruto che lo sfidava continuamente, le sue compagne di scuola urlanti, i maestri stupiti dalla sua bravura. Quello era stato il momento più sereno della sua vita dopo la strage del suo Clan anche se quando tornava a casa, al termine delle lezioni, il silenzio gli ricordava di essere solo.

"Che ci fai da queste parti, Sasuke?"

La voce proveniva dall'alto e benché quel tono stanco fosse assolutamente inconfondibile, alzò lo sguardo verso le fronde dell'albero.

"Nara... tu piuttosto, cosa fai qui? Non hai nessuna delegazione a cui fare da scorta?" gli chiese Sasuke, aggrottando un po' la fronte, infastidito dal sole che filtrava tra gli alberi..

Shikamaru era steso su un ramo, con le braccia dietro la testa e gli occhi chiusi.

"Lasciamo perdere... mi hanno affidato quella seccatura di Suna" gli rispose, scostando un braccio per consentire alla mano di frugare nella tasca del gilet. Ne tirò fuori una sigaretta e la portò alle labbra, dandole poi fuoco.

"Vuoi una sigaretta?" biascicò.

Sasuke scosse la testa in segno di diniego.

"Da quando fumi?" la domanda uscì dalle labbra dell'Uchiha spontaneamente, malcelando la sua curiosità.

"Sono cambiate molte cose, Sasuke. " sospirò il Nara, buttando fuori il fumo "Molte persone ci hanno lasciato" Shikamaru si riferiva, ovviamente, ad Asuma e a suo padre. Sasuke aveva saputo di Asuma per vie traverse, dopo la fine della guerra: aveva incontrato Kurenai con la sua bambina e Naruto gli aveva spiegato che era la figlia di Asuma, raccontandogli come fosse morto da eroe, combattendo contro Hidan e Kakuzu. Naruto aveva contribuito a spazzare via Kakuzu, ma Hidan era stato sconfitto da Shikamaru che aveva vendicato così il suo maestro.

"Ma la vita va avanti lo stesso" concluse Shikamaru, prendendo un'altra boccata di fumo.

"Mh" Sasuke non poté dargli torto. Bene o male in quella guerra, o anche prima, tutti avevano perso qualcuno, ma l'unico che continuava a crogiolarsi nel dolore era lui. Aveva avuto giustizia per Itachi, aveva capito che ci fosse qualcos'altro al mondo di importante oltre la vendetta, ma non riusciva a uscire da quella gabbia che si era costruito da solo, fatta di ricordi e rimpianti. Shikamaru aveva perso suo padre e anche il suo maestro, eppure non vedeva il futuro con negatività... la vita andava avanti, nonostante tutto. Come aveva fatto a giungere a una conclusione del genere?

Sasuke rivolse lo sguardo al campo di allenamento, lasciando spazio ai ricordi. Shikamaru era sempre stato intelligente ben oltre la norma, non parlava mai a sproposito e non era chiassoso; ricordava anche che fosse incredibilmente pigro e quello sembrava non essere cambiato data l'accidia che mostrava nello stare disteso su quel ramo.

Razionalizzò che in fondo non avesse avuto modo di conoscere nessuno dei suoi compagni d'Accademia, non aveva assistito alla loro crescita personale e come ninja; non aveva idea di quello che avessero passato in quegli anni e pensò che probabilmente loro lo considerassero al pari di un estraneo.

"Per colpa tua ho fallito una missione" gli raccontò Shikamaru, spegnendo infine la sigaretta sul ramo dell'albero per poi mettersi a sedere. Si riferiva alla missione di recupero, quando si era scontrato con Tayuya "Ma se il mio culo è su questo albero oggi, lo devo anche a te dopotutto" concluse con un ghigno, calando giù dall'albero con un balzo.

Già, era anche merito suo, ma Shikamaru non poteva sapere quello che era accaduto in seguito.

"Penso che Naruto e Sakura siano molto contenti del tuo ritorno" affermò ancora il Nara, facendo alcuni passi con le mani in tasca "Almeno se la smetteranno di rompere" aggiunse ironicamente, ripensando a tutte quelle volte che aveva visto Sakura piangere per lui e Naruto proclamare che lo avrebbe riportato a casa.

"Forse" ribatté Sasuke che iniziava a trovare quella conversazione alquanto piacevole. Shikamaru non era il tipo da discorsi faziosi, quello che diceva era sempre ben ponderato e soprattutto aveva un incredibile intuito che non gli consentì di prendere quel "Forse" come una battuta ironica. Colse il suo vero significato perché si era chiesto tante volte quali fossero le attuali intenzioni di Sasuke, quale sarebbe stato il suo ruolo nel Villaggio e se il Villaggio fosse il suo posto – soprattutto.

"Cosa pensi di fare adesso?" gli chiese senza mezzi termini "Non che mi interessi, ma troverei abbastanza seccante inseguirti di nuovo" chiosò sarcasticamente, di spalle, alzando il capo verso il cielo.

"Non ho ancora le idee chiare" gli rispose sinceramente.

"Hai tempo per pensarci" lo rincuorò Shikamaru che forse era riuscito davvero a comprendere cosa gli passasse per la testa, la pressione che sentiva nel dover per forza evolvere in qualcosa che non nuocesse a nessuno, soprattutto ai suoi compagni di Team.

Lo sguardo di Sasuke fu rapito dallo sberluccicare di qualcosa, sembrava uno specchio, dall'alto di un edificio del centro del Villaggio.

"Adesso devo proprio andare, i Subaku hanno terminato il loro incontro con l'Hokage" gli comunicò il Nara, aggiungendo un sentito "che noia!" . "Ci vediamo in giro, Sasuke" continuò, facendogli un cenno di saluto con la mano "O almeno spero".

Lo spero anch'io.

Nessuno, al Villaggio, sembrava infastidito dal fatto che fosse tornato, malgrado quello che aveva combinato in passato e questa cosa significava davvero tanto. Nessun rancore. A causa della guerra erano tutti così stanchi di odiare che desideravano solo riuscire a cancellare il passato.

Chiuse gli occhi, poggiando la testa al tronco, godendosi la pace e la tranquillità di quel luogo poco frequentato.

Rimase a lungo all'ombra di quell'albero, avvolto nel suo mantello nero, fino a che non percepì la presenza di qualcuno a pochi passi da lui. Aprì gli occhi e si guardò intorno, ma in un primo momento non riuscì a scorgere nessuno. Eppure aveva come la sensazione che ci fosse qualcuno che lo osservasse nell'ombra.

"Vieni fuori, chiunque tu sia!" tuonò, con voce ferma e il cespuglio alla sua sinistra cominciò a muoversi.

"Ah, sei tu." constatò, riconoscendo il "sostituto".

"Perdonami, Sasuke, ma non avevo ancora avuto modo di ritrarti" gli spiegò Sai, con un sorriso tirato.

Sasuke di per sé era un musone, ma quel sorriso forzato di Sai riusciva a fargli venire i brividi.

Sai fece qualche passo verso di lui, con la temerarietà di chi non tiene molto alla sua pelle, e gli porse il suo album da disegno.

"Vedi... ho ritratto Sakura e Naruto durante le nostre missioni"

Le "nostre" missioni. Sasuke provò quasi fastidio nel sentirglielo dire.

"Mi mancavi tu come membro del Team 7, anche se un po' di tempo fa ti ritrassi sulla base dei ricordi che avevo di te." continuò il ninja della Radice, indicandogli la bozza del disegno che aveva riprodotto su delle porte in legno di una casa abbandonata e che ritraeva i membri del Team, lui incluso, mano nella mano.

Sasuke poggiò l'album sulle ginocchia e lo sfogliò senza chiedergli alcun permesso. Vi erano molti ritratti di Naruto e Sakura, qualcuno anche di Kakashi e Yamato; alcuni paesaggi e scene di vita del Villaggio. Fu costretto ad ammettere che quello strano tizio avesse davvero molto talento perché i suoi disegni sembravano davvero reali. In ultimo vide la bozza del ritratto che aveva lui come soggetto, quella su cui Sai stava lavorando prima di venire interrotto. C'era qualcosa in quelle linee spezzate e quel chiaroscuro appena accennato che rendevano bene l'idea di chi fosse in quel momento Sasuke Uchiha: confusione.

Tutti, in un modo o nell'altro, avevano capito come si sentisse, persino Sai che aveva avuto modo di relazionarsi con lui solo poche volte.

Richiuse l'album e si mosse per riconsegnarlo al legittimo proprietario che non sembrò così ansioso di riaverlo, rimanendo fermo, e sorridente, davanti a lui.

"Puoi tenerlo, se vuoi." gli propose il ragazzo "Penso che sia un'azione gentile da parte mia lasciartelo per un po'. Me lo ridarai in seguito" Parlava in modo strano, sorrideva in modo strano – e poi dicevano di lui - , ma Sasuke dovette ammettere che fosse davvero un'azione gentile nei suoi confronti, considerando che la prima volta che lui e Sai si erano incontrati, quest'ultimo aveva ricevuto l'ordine di ucciderlo.

Sasuke annuì, un po' perplesso: cosa avrebbe dovuto farsene di un album da disegno?

"In questi casi penso che la parola più opportuna sia bentornato" gli disse Sai dopo un'attenta riflessione "Sakura, adesso, potrà diventare una vera donna" continuò, incurante del fatto che le sue parole potessero apparire inopportune tanto da riuscire a mettere in imbarazzo l'Uchiha che a quel piccolo particolare non aveva ancora pensato – a patto che Sai intendesse proprio quello. "E Naruto potrà mettere in pratica tutti quei discorsi sull'amicizia e la fratellanza che ha cercato di spiegare anche a me"

In pratica... un incubo.

"Ho letto su un libro che l'amore è in grado di guarire tutte le ferite, ma non sono riuscito ancora a capire come ci riesca. Ammetto di non essere molto pratico in questo campo"

Siamo in due.

"Forse Naruto e Sakura lo sanno"

Loro di sicuro.

"Pensi sia opportuno che glielo chieda?"

Mettiti in fila.

Sasuke inarcò un sopracciglio: quella conversazione aveva un non so che di surreale... quel tizio era surreale, eppure non provava disagio in sua presenza. Forse era fastidio, forse... gelosia. Sai aveva fatto parte del Team 7, aveva vissuto a stretto contatto con Naruto e Sakura, gli era stato vicino – a suo modo – in svariati momenti. A pensarci bene, avrebbe dovuto ringraziarlo, e invece desiderava tanto dirgli "Ok, ora evapora, sono tornato e mi riprendo il mio posto."

"Fai come credi" ribatté Sasuke, optando per un atteggiamento diplomatico.

Si alzò da terra e allungò il braccio per restituire l'album a Sai che per la seconda volta rifiutò di riprenderselo.

"Ho piacere che lo tenga tu per un po'" gli ripeté il ninja della radice.

"Non è necessario" Sasuke tentò di intimorirlo associando alle parole uno sguardo che in molti avrebbero definito estremamente eloquente.

"Insisto"

Che palle!

"Va bene. Ti ringrazio" Sasuke, infine, capitolò, concludendo che non ci fosse altro modo per levarselo di torno.

Sai gli sorrise compiaciuto e Sasuke pensò bene di filarsela finché era in tempo – tante volte al "sostituto" fosse venuta l'idea malsana di intavolare una qualsivoglia conversazione.

Si diresse, quindi, verso casa con l'album da disegno sotto il braccio. Un'immagine abbastanza ridicola.

Transitando nei pressi del centro scorse l'inconfondibile testa rosa della sua compagna di squadra, o compagna e basta... compagna in prova. Ecco, forse quella era la definizione più appropriata.



*

Note dell'Autrice

Carissimissimissimi lettori, come state? Io sono sull'orlo di una crisi di nervi perché sono riuscita a terminare questo capitolo che sostava nel mio pc, incompleto, da circa due settimane. Non che mi mancasse la voglia di scrivere, anzi, fremevo dalla voglia di farlo, ma il tempo a mia disposizione è stato più risicato del solito. Un po' per il lavoro(ho lavorato anche questa mattina), la vita reale etc. , un po' perché mi sono dedicata a tradurre la Sakura Hiden in italiano come alcuni di voi già sanno. (Anche lì sono rimasta indietro e spero di mettermi in paro con i capitoli tradotti in inglese il prima possibile)

Qualora voleste leggerla vi basta andare sul mio profilo Efp e cliccare sul mappamondo posto sotto l'avatar, vi reindirizzerà alla mia pagina tumblr dove, tra le tante fanart sasusaku che rebloggo, troverete anche i capitoli tradotti. Se doveste avere problemi contattatemi in privato.

Che dire di questo capitolo... di transizione, senza alcun dubbio, ma ho pensato che fosse giusto far interagire Sasuke con altre persone. Dopotutto, se quello che si dice è vero e lui è rimasto a Konoha per alcuni mesi, penso che abbia avuto modo di incontrare gli altri personaggi e scambiarci due parole.

Il prossimo capitolo *teneroso* spero di riuscire a pubblicarlo domenica prossima, tempo permettendo. Vi ringrazio tantissimo per la pazienza e per le tante recensioni che avete lasciato a questa storia. Non importa se faccio le quattro di mattina e il giorno dopo ho le occhiaie Itachi-mode, non riesco a rinunciare a questa mia passione e questo lo devo a voi lettori che mi seguite e spronate sempre anche se ultimamente sono spesso latitante. :-)

Ah, bei tempi, quando pubblicavo due, tre capitoli al giorno! Ma non mi lamento perché il lavoro è davvero una cosa importante.

Desidero rassicurare anche coloro che seguono le altre fan che attualmente sono in stand-by : le finirò, promesso.

Vado a morire sul divano e rispondo alle vostre rec.

Buona domenica a tutti!





Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** #13 Un piccolo passo ***



# 13 Un piccolo passo









"Ahahahah! Stai mentendo!"

Sakura si chiese cosa l'avesse spinta a confidare a Ino Yamanaka quanto accaduto, quale assurda tendenza masochistica. Forse desiderava solo vendicarsi per la scenetta imbarazzante e irritante occorsa qualche giorno prima – iniziava già a pensare come un Uchiha – oppure aveva solo bisogno di parlarne con qualcuno per avere la certezza che fosse successo davvero. Certo, avrebbe potuto scegliere di confidarsi con Hinata, persino con Ten Ten, e non con quell'arpia travestita da migliore amica che appena ascoltato il suo racconto aveva iniziato a sganasciarsi dalle risate.

Ino, dal canto suo, aveva estorto la confessione con i suoi soliti modi poco ortodossi dopo aver notato l'aria sognante e la strana aura di buonumore che avvolgeva l'amica... strana, davvero molto strana. Da quando Sakura aveva dichiarato di essere innamorata di Sasuke in tenerissima età, il suo umore era peggiorato con l'andar degli anni rendendola una persona irritabile e tendenzialmente depressa, ma quella mattina sembrava aver appena catturato il criminale più quotato del Bingo Book e intascato una lauta ricompensa. Mai avrebbe creduto che, in fondo, la realtà non fosse tanto diversa. Sakura sorrideva, a tutti, al nulla, persino al vecchietto pervertito della stanza numero tre, quello che allungava le mani, canticchiava come un usignolo e ogni tanto si imbambolava, guardando nel vuoto con sguardo sognante: le stava nascondendo qualcosa.

"Sei sicura di non aver sognato?" le chiese, dopo aver preso un profondo respiro per riprendersi dalle risate. Aveva persino le lacrime agli occhi l'Erinne.

"Guarda, lascia perdere, fa finta che non ti abbia detto niente" le rispose piccata Sakura, incrociando le braccia e girando il viso da un lato.

"Scusa, ma non credi anche tu che ci sia qualcosa di un tantino assurdo in quello che mi hai raccontato?"

Ovvio che fosse assurdo: stavano parlando di Sasuke Uchiha, per tutti i Kami!

"Non trovi anche tu, Chōji?"

Non solo Ino la stava apertamente deridendo, ma addirittura chiedeva manforte all'Akimichi, incontrato casualmente durante l'ora pranzo.

A Chōji era stata affidata la delegazione del Paese della Nebbia e dopo aver lasciato il Raikage e i sue due accompagnatori al Palazzo dell'Hokage si era diretto verso il centro del Villaggio per trovare un posto dove mangiare. A quel punto aveva incontrato Ino e Sakura e avevano deciso di pranzare insieme in un chiosco.

"Sono felice per te, Sakura" esordì l'Akimichi, ingoiando le tre fettine di carne che aveva masticato in un secondo scarso "Anche io spero di trovare una persona che mi voglia bene con cui creare una famiglia" concluse con un sorriso.

Ino divenne viola dalla rabbia.

"Chōji!" tuonò, sbattendo il pugno sulla tavola "Ma hai ascoltato quello che ha detto questa fronte spaziosa?"

"Non ci vedo nulla di strano" borbottò il ragazzo, afferrando con le bacchette un altro paio di fettine dalla piastra posta al centro del tavolo.

Sakura lo ringraziò mentalmente, lanciando uno sguardo di sfida alla Yamanaka, colpita nel vivo dal tradimento del compagno di squadra.

Come la mettiamo adesso, Ino-Pig?

"Ripetimelo ancora. Ripetimi le parole esatte."

Caspita, era proprio di coccio.

Sakura sospirò affranta. Aveva capito quale fosse il gioco di Ino: farle ripetere fino allo sfinimento quello che lei e Sasuke si erano detti, aspettando un errore, anche solo di pronuncia, per sparare a zero.

"Non importa" Inaspettatamente Ino sembrò non essere più interessata "Sasuke si sta dirigendo proprio da questa parte" informò l'amica della lieta novella con un luccichio sinistro nelle iridi viola e Sakura iniziò a credere che davvero non ci fosse fine al peggio. Nella migliore delle ipotesi Sasuke avrebbe tirato dritto fingendo di non vederli; nella peggiore, Ino avrebbe potuto metterla in un tale imbarazzo da costringerla a supplicare Sasuke di rinchiuderla per sempre in un illusione.

"Non si fermerà mai a parlare con noi" decise di mettere le mani avanti, sperando che nella sfiga potesse essere almeno un po' fortunata.

"Questo è certo" convenne la Yamanaka "ma se quello che hai detto è vero, come minimo dovrà salutarti e non azzardarti a farlo tu per prima" la minacciò, assottigliando gli occhi.

Vipera.

Sasuke dopo aver visto la ragazza in compagnia del diavolo biondo e del ciccione, non deluse le aspettative di Sakura, tirando dritto senza degnare nessuno di uno sguardo. Non che avesse qualcosa contro Chōji ma, dopo quanto accaduto la volta precedente, temeva che Ino se ne venisse fuori con un altra delle sue stramberie.

Ino scoppiò in una fragorosa risata e a Sakura venne una gran voglia di piangere: adesso sì che l'avrebbe fatta a pezzi.

"Ne ero sicura! Hai sognato tutto!" la derise, sottovalutando però l'incredibile udito dell'Uchiha che, malgrado fosse ormai di qualche metro distante da loro, non si era perso neanche una sillaba.

"Tsk." sibilò Sasuke, maledicendo se stesso, Ino Yamanaka, Chōji Akimichi e anche Sakura Haruno – soprattutto Sakura Haruno. Una cosa era provarci in privato, ma rendere pubblica una specie di relazione che non era una relazione, la rendeva più relazione di quanto non fosse – contorto ragionamento ma fondato su solide basi. Come minimo Sakura doveva aver raccontato alla Yamanaka il loro strano scambio di opinioni e adesso quest'ultima si aspettava una prova tangibile che Sakura non avesse inventato o sognato tutto. Il rapporto tra quelle due era qualcosa di incomprensibile: erano amiche? Nemiche? O entrambe le cose? Concluse che non gli interessasse capirlo, ma che fosse necessario che intervenisse in qualche modo, spinto da un incomprensibile desiderio di essere d'aiuto a Sakura che – abituata a peggio – di sicuro non aveva preso a male quel suo comportamento e che stoicamente avrebbe sopportato l'amica pur di non metterlo in situazioni imbarazzanti.

"Sakura"

E fu il silenzio.

Sakura scattò all'impiedi come appena colpita da un fulmine e Ino sentì la risata morirle in gola.

"Bisogna comprare qualcosa per la cena di questa sera" continuò Sasuke con tono fermo, rimanendo di spalle. Aveva buttato lì la prima cosa che gli era venuta in mente che non potesse in alcun modo farlo sentire e/o apparire stupido perché tanto era arcinoto che il Team 7 cenasse insieme tutte le sere. "Mi accompagneresti." le chiese, senza punto interrogativo – il punto interrogativo sarebbe stato umiliante – e senza alcun tipo di imbarazzo– l'appellativo di Mr Indifferenza non lo aveva guadagnato così a caso e anche se quella semplice domanda gli aveva causato un profondo scompenso emotivo al livello della bocca dello stomaco, dove risiedeva il suo orgoglio, era riuscito ad apparire, come sempre, controllato e glaciale.

"C-certo" balbettò Sakura, raggiungendolo immediatamente, un po' sorpresa e un po' scioccata, ma terribilmente felice.

Ino rimase a bocca aperta per cinque minuti buoni fino a che Chōji con un "Forse è vero" l'aveva ridestata dallo Tsukuyomi infinito in cui credeva di essere nuovamente caduta.

"Già, forse è vero" ripeté la ragazza, sorridendo sinceramente.



*



Sasuke e Sakura camminarono fianco a fianco per un bel pezzo senza rivolgersi parola. Sakura aveva scelto il silenzio come arma di difesa perché dato il comportamento di Ino e l'epica genialità di Sasuke, quest'ultimo doveva aver capito perfettamente da dove fosse scaturita l'incontenibile ilarità della prima e, conoscendolo, doveva aver trovato davvero inopportuno da parte sua l'aver sbandierato gli affari suoi – loro. Perché più o meno erano "fatti loro" adesso. Sasuke, di contro, non parlava perché non sentiva la necessità di farlo; guardava avanti a sé e si chiedeva che diavolo gli fosse venuto in mente a esporsi in quel modo per evitare a Sakura una spiacevole conversazione con Ino visto che lei non aveva avuto il buon gusto di tenere chiusa quella boccaccia, spifferando gli affari suoi – loro. No, suoi! Perché era lui che ci stava provando, non tutti e due; Sakura non si stava rivelando molto collaborativa, affatto. Doveva per forza confidarsi con qualcuno? Non poteva parlare con una pianta o un fungo se proprio sentiva l'esigenza di sfogarsi? Lui parlava con la sua Kusanagi di tanto in tanto e funzionava alla perfezione.

"Penserà sicuramente che io sia una ragazzina pettegola" si disse Sakura, ricadendo in quel baratro oscuro di inappropriatezza da cui pensava di essere finalmente uscita.

Sasuke non lo pensava, perché in fondo qualcosina delle donne la sapeva anche lui e anche se lo infastidiva molto l'idea che trapelassero particolari sulla sua vita privata, non riusciva a condannare Sakura in toto: lui era confuso e, probabilmente, doveva esserlo anche lei. Forse se il suo carattere fosse stato diverso anche lui si sarebbe confidato con qualcuno, avrebbe chiesto qualche dritta, posto qualche quesito; qualche giorno prima si era lasciato andare un po' con Naruto, ma solo perché lui come sempre gli aveva strappato le parole con le pinze, un caso isolato, dovuto alla cocciutaggine dell'amico e non al suo desiderio di rapportarsi con qualcuno.

Giunsero al chiosco dove di solito acquistavano la frutta e gli ortaggi e Sakura non perse l'occasione per uscire da quella situazione imbarazzante: iniziò a chiacchierare con la padrona del più e del meno, indicandole intanto ciò di cui avevano bisogno. Sasuke si era appoggiato con le spalle al muretto di fronte, con lo sguardo rivolto verso terra, in attesa che lei finisse.

"Sasuke-kun?" lo chiamò Sakura, attirando la sua attenzione su di lei e su quello che stringeva tra le mani "Vuoi i pomodori?" gli chiese, tastando alcuni di quegli ortaggi rossi posti in una cassetta di legno all'ingresso della bottega.

La guardò ed ebbe come l'impressione che non fosse reale. Sembrava improvvisamente tutto così normale, naturale. Gli aveva solo fatto una domanda banale, eppure quella gestualità, quel leggero imbarazzo sulle sue guance e quella sensazione di casa, di affetto che gli aveva comunicato, erano riusciti a fargli provare una serenità di cui non aveva più memoria.

Annuì brevemente, distogliendo subito lo sguardo dalla compagna sul cui viso si era aperto un luminoso sorriso – che, considerando i trascorsi, era già una gran passo in avanti.

Terminati gli acquisti, Sasuke si avvicinò a lei, mostrandole l'unica mano che aveva a disposizione per aiutarla a trasportare i sacchetti.

"Ce la faccio da sola, non preoccuparti" tentò di opporsi la ragazza, che parlando abbastanza bene il Sasukese aveva capito che non le stesse chiedendo l'elemosina con quella mano aperta all'altezza del bacino.

"Non essere stupida" la rimproverò, forse calcando un po' troppo la mano – per i miracoli ci sarebbe voluto del tempo.

Sakura non poté fare altro che arrendersi al suo sguardo che non ammetteva repliche e fu costretta a passargli i sacchetti, sfiorando così, per un brevissimo istante la sua mano. Non che in quei mesi non avesse avuto modo di toccarlo, anzi, ma in quel particolare contesto sentì un brivido percorrerle la schiena e si chiese se per caso anche lui avesse provato lo stesso.

No. Non aveva provato niente del genere. In realtà non se n'era neanche accorto. Questo è il genere di cose a cui un uomo non bada; piccoli, insignificanti, gesti che non riescono a tangere le sinapsi testosteroniche, ma che al contrario nell'universo femminile danno adito a una serie interminabile di film mentali.

"Comunque volevo ringraziarti" Sakura si sentì un pelo più sicura e pronta a rischiare, quantomeno per capire se lui avesse o meno compreso da cosa l'avesse salvata.

"Non gradisco che i miei affari vengano discussi pubblicamente" le rispose caustico, riprendendo a camminare.

Sì, aveva compreso perfettamente.

All'altezza dell'Ospedale si divisero. Sakura, a differenza degli altri, non aveva avuto la giornata libera e quindi doveva tornare al lavoro – e dalla Yamanaka. Ma sicuramente con un altro spirito.

"Ci vediamo stasera, Sasuke-kun" lo salutò, portando il braccio destro dietro la schiena e accompagnando le sue parole con un leggero movimento della mano sinistra, il tutto, ovviamente, con un dolce sorriso.

Sasuke, avendo le sporte della spesa nella mano destra, non riuscì a fare altro che annuire per poi proseguire verso casa di Kakashi con la consapevolezza che, fino alla fine del turno della ragazza, le sue orecchie avrebbero costantemente fischiato.

Con l'impressione di avere le ali ai piedi, Sakura corse nel suo ufficio e vi si barricò dentro. Anche se non era stato programmato, quello poteva essere considerato un primo appuntamento? Lei e Sasuke avevano camminato fianco a fianco per le strade di Konoha, erano andati a fare spesa insieme, avevano parlato – cinque dialoghi in croce, ma meglio di niente – forse dal di fuori potevano essere considerati... una coppietta?

Oh Kami! Una coppietta!

Sakura pensò di essere sul punto di svenire: testa vuota, orecchie sibilanti, gote in fiamme, battito cardiaco accelerato. I sintomi c'erano tutti. Si mise seduta sulla prima sedia a tiro e sospirò profondamente. Non le accadeva mai di perdere i sensi; che ne avesse memoria, era svenuta un paio di volte nella sua vita e le ricordava davvero molto bene: la prima, quando aveva visto Sasuke trapassato da cento kunai nell'illusione creata da Kakashi durante la prova dei campanelli e la seconda quando avevano combattuto contro Gaara. Erano sempre state situazioni negative e quindi non riusciva a spiegarsi perché l'emozione le stesse giocando quello scherzo in un momento in cui avrebbe dovuto saltare di gioia. Poi ricordò di non aver toccato cibo a pranzo perché prima troppo impegnata a discutere con Ino e poi a causa dell'inaspettata passeggiata con Sasuke.

"Quindi non hai sognato tutto."

La voce di Ino la fece sobbalzare – era sicura di averla chiusa a chiave quella dannata porta.

Ino le sventolò davanti la faccia il passpartout dell'Ospedale e Sakura non si stupì più di tanto per l'idea diabolica – si trattava di Ino in fondo – , anzi doveva anche essere grata al buon senso dell'amica per aver trovato un modo sicuramente meno rumoroso e plateale al divellere la porta.

"Ma cos'hai? Ti senti bene?" le chiese Ino, appoggiando il sedere ed entrambe le mani alla scrivania.

"Grazie a te non ho toccato cibo!" le rammentò, assottigliando lo sguardo.

"A me? Forse la causa ha due begli occhioni neri, i capelli come la pece, un fisico statuario e un pessimo gusto in fatto di donne." Ino le rispose a tono, sottolineando le ultime parole.

"Molto divertente" Sakura arricciò il naso, chiedendosi per quale motivo l'amica non potesse per una volta, almeno per una volta, una piccolissima, stupida, volta, evitare di spiaccicare i suoi sogni con dieci tonnellate e mezzo di sarcasmo.

"Cosa sta succedendo, Sakura?" le domandò Ino, questa volta con tono serio; il tono di quella buona amica che era sempre stata.

Sakura prese un profondo respiro prima di risponderle. In pratica non era accaduto ancora niente di particolarmente rilevante. Ok, lui le aveva detto che avrebbe provato a ricambiare i suoi sentimenti, ma più lei ci pensava, più ci rifletteva, meno riusciva a credere che fosse una cosa possibile. Francamente non era riuscita a capire come Sasuke avesse intenzione di procedere e quale sarebbe dovuto essere il suo ruolo. Ma sopra ogni cosa le sfuggiva il motivo per il quale lui avesse bisogno di provarci. Per come vedeva lei l'amore, non c'era modo di costringere o convincere qualcuno a provarlo. Lei ne era la prova lampante. Nonostante Naruto le fosse davvero molto caro – e sicuramente più semplice da amare – lei non era mai riuscita a provare niente di più che un sentimento fraterno nei suoi confronti. Naruto probabilmente sarebbe riuscito a renderla felice, le avrebbe dato tutto quello che una donna potesse desiderare da una relazione amorosa, ma non era Sasuke. Non riusciva a incendiare il suo cuore con uno sguardo, a bloccarle la salivazione con un gesto. Provava un profondo senso di colpa nei confronti di Naruto per questo motivo. Lui le era sempre stato vicino, le aveva salvato la vita svariate volte – persino quando Sasuke stesso aveva tentato di tagliarle la gola con il kunai avvelenato – le aveva perdonato quella stupida messa in scena nel Paese del Ferro e aveva dimostrato più di una volta di volerle bene in modo speciale. Era riuscito persino a mantenere la sua promessa, alla fine: aveva riportato a casa Sasuke. Come l'avrebbe presa nel venire a sapere di lei e Sasuke, qualora si fosse realmente quagliato qualcosa?

"Vedrai che capirà. E poi ora è una star, ha talmente tante ragazze attorno che ha solo l'imbarazzo della scelta" la rassicurò Ino. Chi meglio di lei avrebbe potuto farlo: si trovava nella medesima situazione di Naruto.

"Forse hai ragione" sospirò Sakura "mi sto facendo tanti problemi e in fondo non ho che un pugno di mosche tra le mani" constatò con un po' di amarezza.

"Un pugno di mosche? Cavolo, Sakura, ti ha detto che vuole provarci! Nel contorto cervello di Sasuke Uchiha vale quanto un "ti amo anch'io" o giù di lì" le disse la Yamanaka con molta calma, pesando bene le parole per dare una scarica di sana fiducia alla sua amica che sembrava aver perso l'entusiasmo di quella mattina.

"Non penso che abbia scelto quelle parole per orgoglio" Sakura avrebbe preferito non contraddirla, ma nascondersi dietro un dito non avrebbe portato sicuramente a nulla."Mi ha chiaramente avvertita, dicendomi di non essere sicuro di riuscire a ricambiare i miei sentimenti" Quella era stata la parte del discorso che le era piaciuta meno e che l'aveva convinta ad andare via, chiudere una volta per tutte quella storiaccia, voltare pagina. Poi lui...

"Credi che possa non riuscirci?"

"Sinceramente?" esclamò, rimettendosi in piedi e andando verso la finestra "Non lo so" ammise, portandosi il pugno davanti al petto per difendersi dalle sue stesse parole.

"Bah!!! Ti fai troppe paranoie fronte spaziosa!" sbottò Ino, muovendo la mano avanti e indietro come per scacciare la cazzata che l'amica aveva appena detto "Penso che oltre Naruto, tu sia l'unico essere vivente con cui Sasuke sia riuscito a instaurare una specie di legame affettivo. Lui ti ha scelta e non solo perché fai parte del suo Team. Sei in una specie di cerchia di eletti. Il problema, quindi, non sei tu." concluse, avvicinandosi a lei e poggiandole una mano sulla spalla.

"Che intendi dire?" le domandò Sakura che nel groviglio di pensieri che affollavano la sua mente non riusciva ad essere abbastanza lucida – o forse solamente un po' ottimista – da arrivarci da sola

"Sappiamo tutti quello che Sasuke ha passato... è solo emotivamente bloccato. Con il tempo le cose andranno meglio, vedrai."

"Hai ragione, Ino, sono proprio una stupida. Al posto di godermi il momento, mi sto facendo mille problemi." convenne Sakura, sorridendole "Sì, le cose andranno meglio. Ci vuole solo un po' di tempo" ripeté come se quelle parole potessero davvero darle quella convinzione che le serviva. Avrebbe solo dovuto comportarsi normalmente, senza forzarlo, lasciandogli spazio per riflettere con serenità, accontentandosi di tutto il buono che ne sarebbe potuto venire e accantonando in un angolino le cose negative. Doveva solo fargli capire di essere al suo fianco, sempre e comunque, senza aver fretta di ottenere da lui quello che desiderava.

"Scusa, Ino" Sakura riprese a parlare con gli occhi lucidi: aveva proprio bisogno di un parere su quella faccenda e realizzò solo in quel momento che fosse stata proprio la sua acerrima nemica in amore ad averglielo dato.

"Di cosa?" le chiese l'amica, inarcando un sopracciglio.

"Sono qui a parlarti di Sasuke, quando tu..."

"Io cosa?" tuonò la Yamanaka, mettendola a tacere "Se ti riferisci a quello che è accaduto qualche giorno fa" e arrossì appena "Beh! Ero scossa per i funerali e avevo bisogno di distrarmi." le confessò, mentendo un pochino, ma a fin di bene.

"Quindi tu non sei più innamorata di Sasuke-kun?!"

"Ma no, tranquilla! E' troppo contorto per i miei gusti." le rispose, scoppiando a ridere " Sono altri gli uomini che mi interessano"

"Tipo?" indagò Sakura con curiosità.

"Nessuno, per il momento" Ino mentì di nuovo, ma a Sakura non sfuggì il rossore sulle sue guance, chiaro segnale che Ino avesse già in mente qualcuno – che, tra l'altro, conosceva fin troppo bene. "Torniamo al lavoro" tagliò corto la bionda, avviandosi verso la porta "Il vecchietto della tre ti aspetta"

"Uhm! Stavolta lo pesto se si azzarda a toccarmi!"



*



Sakura entrò trafelata nell'appartamento di Kakashi. Aveva fatto molto tardi e sicuramente quei due – uno dei due di sicuro – stavano morendo di fame.

"Scusate, ma ho dovuto curare una frattura – assolutamente – accidentale a un povero vecchietto" esordì, trovandoli entrambi seduti al divano come due mariti contrariati a causa del ritardo della moglie – quella situazione stava diventando un po' ambigua.

"Non preoccuparti Sakura-chan, io e il Teme abbiamo fatto una bella chiacchierata" la rassicurò Naruto con un gran sorriso.

Chiacchierata? E di cosa?

Il dubbio serpeggiò nella testa di Sakura fino alla corteccia cerebrale che per dispetto le tolse la parola.

Forse... Ma no, non poteva essere.

Un profondo senso di angoscia la strangolò, facendole mancare il fiato. L'idea che Naruto sapesse, la terrorizzava sopra ogni cosa perché lui non avrebbe mai mostrato del risentimento o della delusione; avrebbe finto, come probabilmente stava facendo in quel momento e lei si sentiva morire all'idea di avergli fatto del male – o che Sasuke lo avesse fatto al suo posto; che forse come ipotesi poteva essere anche peggiore. Di sicuro lei avrebbe avuto più tatto, più gentilezza nel spiegargli come stavano le cose, mentre Sasuke... beh. Sasuke ci stava lavorando, ma era ancora molto lontano dall'apparire almeno un po' cortese, quantomeno sensibile.

La scena le si figurò davanti agli occhi ed ebbe quasi paura di svenire – di nuovo, perché in fondo non aveva ancora toccato cibo.

"Teme, vorrei chiedere a Sakura-chan di uscire con me"

"Sei arrivato tardi Dobe!"

"Che cosa vuoi dire?"

"Che hai perso Usuratonkachi"

Riuscì a vedere a rallentatore il cuore di Naruto che si frantumava in mille pezzi, senza lasciarsi sfuggire, ovviamente, il ghigno di soddisfazione di Sasuke che ne era derivato.

No. Non doveva andare così!

Si disperò, abbassando il capo e portandosi le mani nei capelli con i palmi poggiati a premere contro le tempie che sembravano essere sul punto di scoppiare.

Sasuke e Naruto la osservarono perplessi, non riuscendo a capire cosa le fosse preso: era stanca? Aveva l'emicrania? Si stava trasformando in una bestia codata?

"Non avresti dovuto farlo" mormorò Sakura... e Sasuke – chissà perché – si sentì chiamato in causa. Inarcò un sopracciglio, riflettendo sul fatto che Sakura, talvolta, sembrasse anche più spostata di lui, sicuramente più melodrammatica, e che fosse in qualche modo ossessionata dall'idea che lui potesse fare del male a qualcuno, a lei in primis – come darle torto.

"Sakura-chan, che ha fatto il Teme?" le chiese Naruto che, al contrario dell'amico, non si era sentito minimamente chiamato in causa e che già intravedeva all'orizzonte una bella scazzottata per far pagare a Sasuke qualunque cosa lui avesse fatto. "Se ti riferisci alla faccenda del ghiaccio, hai tutte le ragioni per essere arrabbiata. Non avrebbe dovuto buttarlo" continuò l'Uzumaki, incurante del soffio caldo del Katon alle sue spalle, pronto ad esplodere in qualsiasi momento.

Il sopracciglio di Sasuke cominciò involontariamente a tremare – non poteva farci assolutamente niente, Naruto riusciva a farlo andare fuori dai gangheri – tentò di fermarlo alzando gli occhi al cielo, dove risiedevano quei Kami che continuavano a torturarlo per tutti i peccati che aveva compiuto – doveva trovare il modo di espiarli, e subito!

"Ghiaccio?" Sakura si riprese come da un brutto sogno e guardò l'amico con aria interrogativa.

Quindi lui... quindi tu...

Sono proprio una deficiente!

Come aveva potuto pensare anche solo per un attimo che Sasuke avesse raccontato tutto a Naruto? Sarebbe stato totalmente fuori dal personaggio, fuori dal mondo, fuori dall'universo, dalla galassia, dal sistema solare. Era stato il senso di colpa a scatenarle quell'asfissiante attacco di "coda di paglia". Sapeva di dover parlare con Naruto, di dovergli spiegare tutto con molta calma – anche se non c'era ancora niente di ben definito – e l'idea che l'avesse fatto Sasuke al posto suo, se da un lato l'aveva terrorizzata – per la modalità cruenta – dall'altro l'aveva sollevata – perché non sarebbe più spettato a lei.

Scoppiò a ridere, giusto per continuare a fare qualcosa di profondamente stupido. alla stregua di quanto fatto precedentemente, così che potessero essere entrambi certi che fosse davvero a un passo dalla follia – anche in questo stava iniziando a comportarsi come un Uchiha (paragone sempre al maschile non avendo avuto esempi femminili a cui fare riferimento).

Sasuke pensò che non sarebbe mai riuscito ad abituarsi ai repentini sbalzi d'umore di Sakura, soprattutto perché erano più immotivati ed estemporanei dei suoi.

"Io ho fame!" piagnucolò Naruto, sventolando la manica destra della casacca arancione.

Aveva preso discretamente bene la faccenda di non aver più un braccio, perché come le aveva detto qualche giorno prima, durante la visita di routine, quel braccio gli era valso un fratello e lo aveva detto con un tono talmente sincero e felice che Sakura non aveva potuto fare altro che girarsi di spalle e asciugarsi gli occhi, umidi di lacrime.

Quel braccio le aveva riportato anche il suo solo e unico amore. Quell'amore, che impettito come un fagiano ripieno, si stava spostando con eleganza dal salottino alla cucina . Era un bel fagiano però.

Cenarono, come sempre, chiacchierando del più e del meno. Un paio di volte Naruto aveva provato a chiederle cosa le fosse preso e Sasuke tentò di carpire segnali – chiederglielo sarebbe stato poco edificante anche se sicuramente più semplice.

Sakura aveva puntualmente glissato il discorso, adducendo come causa la giornata alquanto stressante. E Sasuke si sentì chiamato nuovamente in causa perché una parte di quella giornata stressante l'aveva passata con lui, quindi... lui era stressante? Beh, certo, non si poteva dire che lui fosse il compagno della "compagna in prova" perfetto, ma non riteneva di aver fatto nulla che avesse potuto in qualche modo alterare ulteriormente l'equilibrio mentale già precario di Sakura. Non l'aveva offesa, non le aveva detto "noiosa, inutile, palla al piede, etc" , non l'aveva tramortita, non aveva tentato di ucciderla, le aveva addirittura offerto il suo aiuto per portare le sporte della spesa – proprio come un gentiluomo – e soprattutto l'aveva salvata da Ino Yamanaka. Solo per quest'ultima cosa, Sakura avrebbe dovuto ringraziarlo almeno per venti, trenta anni; essere una moglie devota, silenziosa – pagare il mutuo, allevare da sola la figlia, fare finta di non ricordarsi com'era fatto – e venerarlo per il resto dei suoi giorni. E invece, si faceva venire le crisi da stress.

"E' davvero buono questo riso con le verdure." si complimentò Naruto. Sakura sapeva cucinare solo quello e aveva utilizzato le verdure comprate quella mattina per condire un po' di riso bianco dato che i due principini non si erano scomodati a preparare nulla – va bene che avevano un solo braccio, ma con quello sinistro di Naruto e quello destro di Sasuke, alla fine riuscivano a comporre una persona egregiamente autonoma o comunque capace di mettere a bollire un po' di riso. Aveva cucinato con l'occhio vigile e indagatore di Sasuke puntato su di lei, con una certa ansia da prestazione perché desiderava tanto dimostrargli di essere una brava donna di casa, oltre che il migliore ninja medico di tutti i Villaggi. In realtà Sasuke era solo terrorizzato all'idea che potesse dare fuoco alla cucina, che tra l'altro non era neanche la sua.

"A me le verdure non piacciono, ma queste, Sakura-chan, sono veramente speciali" rincarò la dose l'Uzumaki, provocando un moto di disgusto a Sasuke: quelle verdure erano effettivamente buone, ma non vi trovava proprio nulla di speciale. Naruto era il solito adulatore.

"Grazie, Naruto" cinguettò Sakura come un'allodola, arrossendo un po' – e giù un altro po' di disgusto insieme a tre chicchi di riso e una carota bollita.

"Le hai comprate nel solito negozio?" le chiese il biondo. Sasuke iniziò quasi a sentirsi di troppo. Mangiava il suo riso in silenzio, assistendo a una comune scena di routine famigliare. In virtù del fatto che ci stesse provando, forse al posto di Naruto ci sarebbe dovuto essere lui. Sakura avrebbe dovuto arrossire per un suo complimento e avrebbe dovuto cinguettare "Grazie, Sasuke-kun".

Non ce la poteva fare. Lui non era quel tipo di uomo, non lo sarebbe mai stato e a Sakura quelle cose piacevano, era così evidente. Con quella serie di complimenti smielati Naruto si era risparmiato come minimo tre, quattro violenti pestaggi.

"Le abbiamo comprate questo pomeriggio." intervenne Sasuke "Adesso se pensi a mangiare al posto di dire idiozie" Sasuke stroncò la conversazione, rivelando tuttavia un piccolissimo particolare che non passò inosservato a Naruto: Sasuke e Sakura si erano visti senza di lui. Non che non fosse mai accaduto, non era stato sempre presente durante le medicazioni, ma al di fuori dell'Ospedale... no, quello era davvero molto strano. Guardò Sakura e notò come si fosse irrigidita, imbarazzata. Probabilmente Sasuke aveva seguito il suo consiglio.

"Prendo la frutta" Sakura si alzò dal tavolo e si diresse verso il frigorifero.

Come tutto ciò che Sasuke diceva, quelle parole non erano uscite casualmente dalle sue labbra. Con cinque misere parole era riuscito a ottenere il silenzio e mettere in chiaro le cose. Sakura pregò che Naruto desistesse dal continuare la conversazione, almeno per il momento. Sarebbe stato troppo imbarazzante parlare con lui al cospetto di Sasuke che continuava, tranquillamente, a rimanere seduto al suo posto come niente fosse.

"Il ghiaccio non c'è" le comunicò l'Uchiha all'improvviso, facendola sobbalzare.

Era troppo! Non solo aveva avuto il tatto pari a quello di un pachiderma , ma dopo aver buttato di proposito il ghiaccio – Naruto aveva confessato al suo posto – non si era neanche premurato di rimettere un po' d'acqua nel congelatore proprio adesso che aveva bisogno di masticare del ghiaccio per allentare la tensione.

Sakura abbassò il capo e strinse lo sportello del frigorifero tra le mani con tanta forza da rischiare di piegarlo. Con un alone di furia cieca, mista a stress, mista a qualsiasi cosa potesse aver suscitato Sasuke negli ultimi dieci minuti, si avvicinò al tavolo. Naruto istintivamente tentò di nascondersi sotto al tavolo, mentre Sasuke rimase immobile, certo che la Kunoichi non avrebbe osa...

"Baka!"

E il pugno di Sakura si abbattè sull'ignaro, quanto impreparato Sasuke, che in quanto Uchiha e possessore di un rinnegan nuovo di pacca, avrebbe dovuto quantomeno scansare il colpo. Il problema fu... che proprio non lo vide arrivare e quando la sua scatola cranica scricchiolò, spiaccicandosi sul tavolo della cucina che a sua volta aveva prodotto un sinistro rumore, era ormai troppo tardi per ogni tipo di diavoleria oculare.

Lo aveva colpito. Lo aveva colpito sul serio. Lo aveva trattato alla stregua dell'Usuratonkachi.

Naruto, scioccato, riemerse da sotto il tavolo. Guardò il viso di Sasuke, divenuto parte integrante del tavolino di legno, e scoppiò in una sonora risata, puntando il dito indice con fare decisamente derisorio verso di lui.

Ok, erano morti. Tutti e due!

Sasuke si tirò su con la dignità che lo aveva sempre contraddistinto. Si spettinò i capelli, facendo cadere i chicchi di riso che vi si erano infiltrati per lo schianto contro la scodella e si voltò lentamente prima verso Naruto a cui lanciò uno sguardo carbonizzante e poi verso Sakura. La Kunoichi, tentò di celare l'agitazione, dando fondo a tutta l'adrenalina prodotta da quell'atto che adesso le sembrò assolutamente sconsiderato.

Ma che cosa le era saltato in mente?

Si preparò al peggio. Sarebbe morta dopo atroci sofferenze, sollevando Sasuke anche dall'onere di provarci. Non avrebbe mai saputo come sarebbe potuta andare a finire.

Sasuke la guardò, annusò l'aria colma di terrore e di attesa; il rinnegan percepì un leggero movimento alla sua destra: era Naruto che si stava preparando a difendere Sakura.

Stolto!

Lei, invece, era in piedi davanti a lui, immobile, in attesa dell'esecuzione. Nostalgici ricordi!

I loro occhi s'incontrarono: quelli di Sakura spaventati, lucidi; quelli di Sasuke glaciali, pronti a colpire in qualsiasi momento. La tensione era al massimo. Sakura riusciva a contare i battiti del proprio cuore come se lo avesse avuto tra le mani. Quello di Sasuke batteva in modo talmente impercettibile che a momenti sembrava che non ci fosse.

"Tsk" sibilò l'Uchiha, abbozzando un sorriso sghembo.

Ecco il primo passo verso la normalità.



***

Angolo Autrice

Gentilissimi lettori, buona notte!

Sono in ritardo di un paio di giorni ma per una giustissima causa: ho tradotto i capitoli della Sakura Hiden. Al momento sono in linea con i capitoli tradotti in inglese e quindi ho pensato di terminare questo capitolo. Come sempre li trovate sulla mia pagina tumblr.

Il primo capitolo del Naruto Gaiden mi ha lasciato un po' perplessa(come si è potuto notare dalla piccola parentesi che ho aperto e chiuso nel corso della storia, scritta con un carattere piccolo, piccolo) e ho avuto qualche difficoltà a scrivere questo capitolo. Ho voluto creare varie scene perché come ho spiegato in un altro angolo autrice vorrei riuscire a coinvolgere per una volta quasi tutti i personaggi del Manga. Quando nel capitolo precedente ho parlato di scena "tenerosa" intendevo quella del negozio di frutta e l'ultima... quindi presumo che siate rimasti delusi. Non è ancora tempo di effusioni anche se la fangirl che è in me scalpita. Andremo molto per gradi e a tale proposito in questo capitolo desideravo creare un clima di normalità nel Team 7. Io non penso che Sakura dopo essere diventata la compagna ufficiale di Sasuke non abbia continuato ad avere un timore reverenziale nei suoi confronti. Ho sempre immaginato scene al limite del ridicolo in cui lui cerca di placare l'ira di sua moglie, mantenendo comunque la sua imperturbabilità e il suo atteggiamento da uomo tutto d'un pezzo. La scena della cucina è nata da questo ragionamento perché in fondo quello di cui ha bisogno Sasuke è solo un po' di normalità. E' un po' come quando si è piccoli e si gioca in gruppo, se ci si esclude, o si viene esclusi, non si imparerà mai a giocare.

Vi ringrazio tutti per le continue manifestazioni di affetto che avete nei miei confronti, sia qui sul sito che sui social. Senza di voi tutto questo non avrebbe senso.

Detto questo vado a nanna che domani si lavora e poi perché tra la maratona Sakura Hiden e il capitolo inizia a uscirmi il fumo dalle orecchie, quindi qualsiasi cosa possa partorire adesso il mio cervello sarebbe una cagata mostruosa :-)

Vi aspetto presumibilmente domenica prossima.

Un bacione

Blueorchid31


























Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** #14 La "prova"... La "cura" ***


#14 La "prova".... La "cura"






Le ferite del corpo si rimarginano più velocemente di quelle dell'anima e Sasuke, in quei mesi, era ritornato perfettamente in salute, riprendendo persino gli allenamenti. In particolare si era dedicato a risolvere quel piccolo inconveniente derivato dalla perdita dell'arto che non gli consentiva di utilizzare alcune di quelle tecniche che non solo rientravano tra le sue preferite, ma che solitamente risultavano molto efficaci, come il chidori o il katon. L'impiego presso la biblioteca dell'Accademia era giunto a termine e, Kakashi, in attesa di trovargli qualcos'altro da fare, gli aveva lasciato il guinzaglio lungo con la speranza che non si ficcasse nei guai. Così aveva preso l'abitudine di sparire per giornate intere, addentrandosi nella foresta, ove rimaneva fino al calar del sole. Si allenava a far confluire il chakra nella mano destra con la quale tentava di comporre i sigilli. Spesso provava come la sensazione di aver ancora l'altro braccio ed era davvero seccante accorgersi del contrario. Certo, gli rimanevano ancora il rinnegan e lo sharingan, ma non sarebbe più stato un ninja completo. Seccante... sì, era davvero seccante.

Tsunade stava lavorando sulle cellule di Hashirama da tanto tempo ormai e nonostante Sakura lo avesse più volte rassicurato che presto avrebbe riavuto il suo braccio, Sasuke aveva quasi perso le speranze o, comunque, non poteva più attendere. Ovviamente non aveva messo al corrente Sakura, men che meno Naruto, di ciò che gli passasse per la testa. Era successo qualche giorno prima, quando, camminando nella foresta aveva scorto un gruppo di Anbu dirigersi verso il deserto di Suna. Aveva provato un ingestibile desiderio di seguirli, di andare via da Konoha; aveva stretto il pugno e digrignato i denti, sentendosi improvvisamente prigioniero, di se stesso, di quel Villaggio che non riusciva ancora a definire "casa". Nonostante gli abitanti di Konoha tentassero in tutti i modi di celare la loro diffidenza nei suoi confronti, Sasuke sapeva di non essere il benvenuto, che quella nomea di nukenin non si sarebbe cancellata tanto facilmente. Gli unici a cui sembrava non importare nulla erano Sakura e Naruto. Loro avevano ripreso a comportarsi come se quei quattro anni non fossero mai passati, come se il Team 7 non si fosse mai sciolto; erano così contenti di riaverlo a Konoha, a "casa", da non rendersi conto di quanto lui si sentisse fuori luogo, imbarazzato... inadeguato. Kakashi, invece, lo aveva perfettamente capito – come sempre – e aveva cercato di tenerlo occupato, aspettando gli eventi e sperando che con il tempo Sasuke riuscisse ad apprezzare quella seconda chance che gli era stata data. Tuttavia Kakashi non aveva considerato un aspetto molto importante, un ostacolo, anzi... l'ostacolo: Sasuke stesso. Mentre tutti, intorno a lui, erano riusciti in qualche modo a perdonarlo, Sasuke non riusciva a farlo. Si arzigogolava il cervello, pensando a come le cose sarebbero potute andare in maniera diversa se solo lui fosse stato a conoscenza prima della verità: Itachi non sarebbe morto, sarebbe stato possibile evitare la guerra, lo scontro con Naruto, la perdita del braccio, quel frustrante senso di colpa. Ogni volta che guardava Naruto, o Sakura, non riusciva a non pensare a quanto dolore gli avesse provocato e il fatto che loro lo avessero perdonato, riusciva, se possibile, a farlo sentire ancora peggio.

Sakura si prendeva cura di lui con una dedizione e una dolcezza che non meritava affatto, mentre Naruto faceva in modo di non farlo sentire mai solo, diventando talvolta anche invadente. Aveva riscoperto il piacere di stare in loro compagnia, tentando di conoscerli di nuovo, cambiati, maturati, cresciuti, diversi da quelli che erano a dodici anni e aveva realizzato che forse, se si fosse fidato di loro, di quelle parole che Sakura gli aveva urlato la notte che era andato via dal Villaggio, le cose sarebbero potute andare diversamente. Era colmo di rimorsi e rimpianti e il suo unico desiderio era quello di diventare una persona migliore e loro avrebbero potuto aiutarlo in questa nuova missione, ma fino a un certo punto. Le attenzioni di Sakura e l'atteggiamento fraterno di Naruto non facevano altro che farlo sentire inferiore perché incapace, al momento, di soddisfare le loro aspettative. Stava provando ad essere un compagno per Sakura e un amico per Naruto, ma non riusciva ad essere nessuna delle due cose, non come avrebbe voluto. Loro non meritavano di doversi accontentare di quel che era rimasto di lui, non era giusto che dopo quanto avevano passato, fossero ancora costretti a comprenderlo, a difenderlo... ad amarlo.

Quell'esigenza di capire come potesse in qualche modo renderli felici lo aveva portato ad una conclusione che loro non avrebbero sicuramente approvato.

Sentì il suo chakra confluire nella mano destra, compose i sigilli e il dolce cinguettio del Chidori riecheggiò nella foresta. Incurvò le labbra in un ghigno di soddisfazione e aprì gli occhi per osservare le scariche elettriche che circondavano la sua mano.

"Alla fine ce l'hai fatta"

Sasuke si voltò appena, benché avesse già riconosciuto la voce.

Il cinguettio si affievolì e nella foresta ritornò il silenzio.

"Già" confermò l'Uchiha, chiedendosi da quanto fosse lì a guardarlo, dato che non si era accorto della sua presenza.

"Non ho mai avuto dubbi, sapevo che ce l'avresti fatta"

Quando erano piccoli, era solita adularlo e, questo, non era cambiato, anche se ora la sua voce era quella di una donna, il suo tono più pacato e i complimenti molto più rari. Trovava fastidioso quel suo continuo "Sasuke-kun, sei fantastico!", "Sasuke-kun, sei il migliore!", invece adesso provava uno strano piacere, una sorta di soddisfazione, nel sentirsi sostenuto da lei. Da quando aveva deciso di "provarci", lei si era comportata in un modo esemplare, convincendolo sempre più che forse non fosse poi così sbagliato darle una possibilità; gli aveva lasciato i suoi spazi, trattenendosi dall'essere invadente e inopportuna, rendendogli ancora meno chiaro che cosa implicasse una relazione amorosa. Erano passati due mesi nei quali il loro rapporto era sicuramente migliorato, ma non al punto da potersi definire una coppia. In realtà dopo quel giorno nella foresta, le volte che si erano ritrovati da soli erano state rare: lei era sempre in ospedale e lui nella foresta ad allenarsi; la sera a cena si vedevano con Naruto, il più delle volte a casa di Sasuke, e lei al termine del pasto si congedava in fretta con la scusa del lavoro. Sasuke, inizialmente, non si era posto alcun quesito particolare in merito, non trovando nulla di strano in quel comportamento, anzi, apprezzando lo sforzo da parte di Sakura di non soffocarlo, poi era accaduto qualcosa che aveva stuzzicato la proverbiale arguzia dell'Uchiha.

Una sera, dopo la nauseante insistenza da parte di Naruto, si erano ritrovati a cena da Ichiraku. Sakura li aveva raggiunti con un po' di ritardo e si era seduta di fianco a Naruto, malgrado lo sgabello alla destra di Sasuke fosse libero. Non che Sasuke ci avesse fatto caso – non subito almeno. Dopo cena avevano deciso di fare una passeggiata e Sakura si era posizionata al centro, tra i due, come al solito. Konoha era ritornata alla sua vita normale e le strade, pertanto, erano abbastanza affollate, ma Naruto non ebbe difficoltà a riconoscere il codino di Shikamaru.

Fu abbastanza scioccante scoprire con chi fosse il Nara: Sabaku No Temari – o come la chiamava Ino "Sabaku Temari No".

Sakura e Naruto spalancarono talmente tanto la bocca da farle toccare terra, mentre Sasuke, ovviamente, non diede alcun segno di importarsene un fico secco. Shikamaru aveva ricevuto il compito da parte dell'Hokage di curare i rapporti diplomatici con gli altri Paesi, quindi non era poi così strano che frequentasse una sua collega. Quello che risultava abbastanza sospetto era che non fosse previsto alcun arrivo di delegazioni diplomatiche in quel periodo, ergo: "Che diavolo ci faceva Sabaku no Temari a Konoha?"

Sakura si pose quella domanda, chiedendosi altresì se Ino fosse al corrente di quell'inaspettata visita; sogghignò al pensiero che per una volta fosse a conoscenza di un gossip da raccontarle e pregustò l'inevitabile reazione isterica dell'amica.

Quello che era chiaro – anche a Sasuke – era che quei due non la raccontassero giusta. Shikamaru si era acceso una sigaretta – forse per darsi un tono – mentre Temari aveva iniziato a dare delle spiegazioni non molto credibili sul perché si trovasse a Konoha.

Sakura e Naruto avevano fatto finta di crederci, Sasuke non si era neanche dovuto prendere la bega di farlo dato che non gliene fregava assolutamente niente del Nara e della sua ipotetica relazione con la Sabaku.

I due se l'erano svignata con una scusa idiota e Naruto e Sakura avevano preso a bisbigliare come due vecchie comari, irritando profondamente l'Uchiha che, tra le tante cose, detestava oltremodo i pettegolezzi.

"Se voi due avete finito io me ne andrei a casa" aveva dichiarato a un certo punto, stufo marcio.

Sakura si era messa immediatamente sugli attenti, sentendo ogni singola parola di Sasuke battere contro la sua colonna vertebrale, drizzandola all'istante; Naruto aveva sbattuto ripetutamente gli occhi, non comprendendo cosa avesse potuto infastidire un animo così quieto e tollerante come quello di Sasuke.

"Stavamo solo dicendo..." tentò di difendersi l'Uzumaki.

"Lo so di cosa stavate parlando" lo interruppe bruscamente Sasuke "ed è una cosa sciocca" aggiunse con stizza.

"Ma tu non capisci... Shikamaru e Temari..." tornò alla carica Naruto per poi calmarsi improvvisamente "Nah, lascia perdere, tanto non puoi capire..."

Naruto non conosceva modo migliore per far imbestialire l'Uchiha, quel "tanto tu non puoi capire" ebbe l'effetto di un rasengan in pieno petto.

"Cosa, non posso capire?" tuonò Sasuke, decisamente irritato – non poteva esserci qualcosa che Naruto riusciva a comprendere e lui no, era fuori discussione.

"Ma non vedi..." Naruto lo costrinse a seguire il suo dito e a guardarsi intorno "La guerra è finita, tutti hanno ricominciato a vivere normalmente"

Gli occhi di Sasuke si soffermarono a lungo su quella che Naruto chiamava "normalità" e comprese cosa ci fosse di totalmente anormale in lui e soprattutto in quella situazione. Le coppiette andavano in giro mano nella mano – e non in tre -, mangiavano il gelato dallo stesso cono – non il ramen – o "fingevano di essere colleghi per passare del tempo insieme".

Si voltò verso Sakura e la vide abbassare mestamente lo sguardo.

Ok, lui era un caso disperato, ma lei sul serio non ci aveva mai pensato? Sasuke era perfettamente consapevole di non avere speranze di diventare un compagno di quel genere, non avrebbe mai mangiato il gelato dallo stesso cono di Sakura – a) perché odiava il gelato , b) perché era assolutamente ridicola come idea – forse avrebbe accettato di tenerle la mano – qualche volta – ma quello che proprio non riusciva a concepire era che non si fossero mai trovati da soli, tranne quella mattina che l'aveva salvata dalla Yamanaka – ed era stata un'esperienza tollerabile, per non dire piacevole. Lei non voleva stare da sola con lui? Allora come pretendeva che lui decidesse di passare con lei tutta la sua vita? Ci sarebbe sempre stato Naruto? Si era pentita? Aveva cambiato idea? Non che avesse potuto darle torto, ma i conti non gli tornavano comunque e voleva capire.

Improvvisamente aveva avuto un'illuminazione, guardando attentamente la ragazza e il suo amico: Sakura era sempre stata una persona sensibile e Naruto era stato molto importante per lei in quegli anni...

Era tutto talmente chiaro che si era dato dello stupido per non averlo capito subito.

"Sakura-chan, ti riaccompagno a casa" aveva proposto Naruto, poco dopo.

"No, ti ringrazio, Naruto" gli aveva risposto la ragazza, alzando lo sguardo e sfoggiando un sorriso forzato "Posso tornare a casa da sola. Anzi si è fatto davvero tardi, domani devo essere in Ospedale presto"

La solita scusa.

"Ci vediamo domani" si era affrettata a dire. Aveva lanciato uno sguardo in direzione di Sasuke ed era scappata via. In quello sguardo Sasuke aveva trovato la conferma ai suoi sospetti.


Image and video hosting by TinyPic

"Cosa ci fai qui?" le chiese Sasuke, continuando a guardarsi la mano dalla quale poco prima era scaturito il chidori.

"Avevo voglia di vederti" gli rispose con una sincerità tale da disarmare chiunque, ma non lui.

"Non avevi nient'altro da fare?" Non lo aveva disarmato affatto, tuttavia Sasuke si pentì un po' di essere stato così sgarbato.

"No" ribatté lei con calma – ormai aveva capito come prenderlo: quando Sasuke veniva attaccato, attaccava a sua volta con il doppio della potenza e le conseguenze non erano mai piacevoli – e come previsto la sua risposta spiazzò l'Uchiha, costringendolo a distogliere lo sguardo.

"Devo allenarmi" le comunicò subito dopo, pensando che lei decidesse di andarsene.

"Ok. Io rimarrò qui a guardarti" Lo costrinse a voltarsi di nuovo verso di lei, lo sguardo smarrito – non aveva preso i considerazione quell'eventualità – "Non ti darò fastidio, promesso" lo rassicurò Sakura, sorridendogli dolcemente.

"Tsk"



L'allenamento durò a lungo, fino al calar della sera. Dopo un paio di ore aveva iniziato a piovere copiosamente e Sasuke più volte aveva posato di nascosto lo sguardo su Sakura che imperterrita continuava a rimanere sotto quell'albero che la proteggeva appena dalla pioggia.

Solo quando la vide rabbrividire e incrociare le braccia davanti al petto per tentare di riscaldarsi decise che fosse abbastanza.

"Andiamo" le mormorò con gentilezza, abbozzando un sorrisetto sghembo.

Si diressero, correndo, verso casa di Sasuke dove si aspettavano di trovare Naruto, affamato e imbronciato, ma dell'Uzumaki non vi era neanche l'ombra.

"Che fine avrà fatto?" chiese Sakura, aggrottando la fronte.

"Non lo so" sbuffò Sasuke – come minimo gli sarebbe toccato di andarlo a cercare.

Sasuke ritornò dal bagno con una t-shirt a maniche corte che mostrava il moncherino, un asciugamano poggiato sulla spalla e un altro in mano. Sakura, seduta sul divano, infreddolita e imbarazzata, arrossì appena quando lui le porse l'asciugamano.

"Grazie" sussurrò, passandolo prima sulle braccia, sul collo e poi sul viso e sulle punte dei capelli.

"Ma dove si sarà cacciato?" ribadì la ragazza, riferendosi ancora a Naruto.

Sasuke strinse il pugno, trovando assolutamente fuori luogo che lei si preoccupasse tanto per l'amico; provò fastidio e non gli piacque per niente.

"E' davvero una testa quadra. Possibile che non ne combini una giusta?" continuò a borbottare la ragazza, non accorgendosi di quanto le sue parole stessero irritando l'Uchiha che cominciava sul serio a non capirla – più del solito.

Non era lui che amava? Cosa gliene importava di Naruto?

"Appena arriva gliene dico quattro"

"Se sei in pena per lui perché non vai a cercarlo?" sbottò Sasuke con una tale irruenza da farla sobbalzare.

"E' proprio quello che ho intenzione di fare" Sakura mandò al diavolo il principio "non attaccare Sasuke" e gli rispose a tono, alzandosi dal divano.

"Non essere stupida, piove a dirotto. Si sarà riparato da qualche parte o sarà rimasto a casa. Problemi suoi, in ogni caso" ribatté lui con tono acido.

"Come fai? Come fai ad essere così egoista?"

Sasuke sbarrò gli occhi, colto completamente alla sprovvista dalla risposta della ragazza.

"Naruto è tuo amico... è mio amico. Ha fatto così tanto per me e anche per te e adesso che siamo di nuovo tutti e tre insieme, io..." continuò Sakura con le lacrime agli occhi.

Di che cosa stavano parlando?

"Allora, è per questo..." Sakura alzò lo sguardo verso di lui, ma Sasuke non fece in tempo a formulare la frase che la porta d'ingresso si aprì, rivelando Naruto con indosso uno sgargiante k-way arancione e due buste di plastica in mano.

"Quanto piove 'tebayo!" esclamò il biondo " Menomale che ho pensato io alla cena"

"E' per questo che piove" constatò sarcasticamente Sasuke, non sganciando lo sguardo da quello di Sakura che era immobile, ancora scioccata dalla conversazione che Naruto aveva bruscamente interrotto.

"Che succede?" chiese L'Uzumaki, facendo saettare lo sguardo perplesso sull'uno e sull'altro.

"Sakura era preoccupata per te." gli spiegò Sasuke, dando le spalle a entrambi e dirigendosi verso il cucinino.

"Sul serio, Sakura-chan? Ma non devi preoccuparti per me, io sono il più forte di Konoha, sarò il prossimo Hokage...bla, bla, bla..." sproloquiò come sempre Naruto, ma Sakura non ascoltò una parola, continuò ad osservare Sasuke, consapevole del fatto che ormai avesse capito e che non ci fosse modo di tergiversare oltre.

La cena fu abbastanza breve e silenziosa, un po' perché avevano mangiato ramen anche qualche giorno prima e tolto Naruto, gli altri due avevano avuto non poche difficoltà a ingurgitarlo e un po' perché, sempre tolto Naruto, nessun altro aveva proferito parola.

Naruto aveva captato una certa tensione tra Sasuke e Sakura e aveva cercato di porvi rimedio, ma con scarsissimi risultati. Non era bastato neanche il racconto della disavventura occorsa a Kakashi sensei e alla sua divisa da Hokage che dopo mesi non era ancora pronta a strappare loro un sorriso.

"Caspita, piove ancora" constatò l'Uzumaki, guardando fuori dalla finestra " Credo che stasera rimarremo a dormire qui da te, Teme"

"Io vado a casa. Domani ho molte cose da fare e devo alzarmi presto" intervenne Sakura e Sasuke ghignò, aspettandosi quelle parole da un momento all'altro.

"Ma Sakura-chan, questo maledetto Teme non ha neanche un ombrello e il mio mantello non è abbastanza impermeabile, ho persino le mutande bagnate"

Sasuke si portò una mano davanti alla faccia per l'affascinante particolare che Naruto aveva avuto a cuore di raccontare, assolutamente non necessario.

"Dai, sarà come i vecchi tempi, quando andavamo in missione tutti e tre insieme" tentò di convincerla Naruto. Sakura storse il naso e ci pensò su un po'.

"Va bene" sospirò "Ma cerca di non russare" aggiunse, puntandogli un dito contro.

Come non detto. Dopo neanche un'ora Naruto, spaparanzato sul divano, aveva preso a russare come una mietitrebbia ingolfata.

Sasuke e Sakura si lanciarono uno sguardo affranto prima che lui si dirigesse verso la camera da letto.

"I-io vado a casa, Sasuke-kun. Non ci sono abbastanza posti e non voglio darti fastidio" gli disse, raggiungendolo.

"Non mi dai alcun fastidio." le rispose, voltandosi verso di lei di colpo, provocandole un tuffo al cuore." Non dormo molto. Puoi usare il mio letto, se vuoi." aggiunse poi con tono calmo, gentile.

"Io, beh, io non..." Sakura non sapeva cosa fare. Poteva andarsene, ma sarebbe stato scortese, oppure poteva rimanere e realizzare uno dei suoi sogni di bambina: dormire nel letto di Sasuke-kun.

Optò per la seconda, per non offendere Sasuke – sì, certo, proprio per questo.

Si sdraiò lentamente come se il letto fosse stato di cristallo e rimase immobile per qualche secondo; respirò a fondo, inebriandosi del profumo di Sasuke che era dappertutto – avrebbe passato una bellissima notte, la migliore della sua vita – non dando minimamente peso al fatto che l'Uchiha fosse ancora lì in piedi sulla porta e stesse osservando la sua compagna di Team stesa sul suo letto in posizione "mummia egiziana", respirare come se da un momento all'altro qualcuno potesse togliere tutta l'aria presente nella stanza. Gli venne quasi da ridere, ma si trattenne dal farlo, dopotutto Sakura aveva un sorriso davvero soddisfatto, perché rovinarle il momento.

"Buonanotte" le disse, afferrando il pomello della porta per chiuderla.

"Sasuke-kun" Sakura aprì gli occhi e si tirò su a sedere sul letto "Mi chiedevo..." abbassò lo sguardo, stringendo le lenzuola tra le mani "Hai detto che non dormi molto. Come mai?" gli chiese con una nota di preoccupazione nella sua voce.

"Non è un tuo problema, Sakura" le sussurrò con tutta la gentilezza di cui era capace, perché non era sua intenzione offenderla, né trattarla male, solo non desiderava renderla partecipe dei suoi incubi e dei suoi problemi.

"Vorrei aiutarti"

Ecco, appunto. Sapeva che l'avrebbe detto.

Sakura si spostò un po', lasciando dello spazio libero sul letto.

"Dopotutto Naruto non ha torto. Abbiamo già dormito insieme tante volte" mormorò la ragazza, abbassando il capo per nascondere il rossore sulle sue guance.

Questo era vero, ma avevano dodici anni e c'era il Maestro Kakashi con loro; non erano nel suo appartamento, nel suo letto, con Naruto che russava sul divano. Era sconveniente e pericoloso: data la situazione, se Naruto si fosse svegliato, avrebbero dovuto dargli quelle spiegazioni da cui Sakura stava fuggendo – visti gli ultimi sviluppi.

Nonostante una parte di Sasuke bramasse calore, desiderasse un contatto fisico con qualcuno che provasse per lui un affetto vero, profondo, come quello che un tempo riceveva dalla sua famiglia, uscì dalla camera, chiudendosi la porta alle spalle e rinunciando a quell'occasione che avrebbe davvero potuto segnare una svolta. Forse la vera "prova" risiedeva in quello, ma non trovava giusto approfittare di lei, soprattutto adesso che iniziava a capire quale dovesse essere la sua strada.

Fece qualche passo in direzione del cucinino per prepararsi un thé, ma un grugnito volpino gli provocò un brivido lungo la spina dorsale – non ricordava quanto russasse Naruto. Se di solito non dormiva più di qualche ora, quella notte sarebbe stata sicuramente insonne.

Mise a scaldare dell'acqua e, osservando le piccole bollicine salire in superficie e il vapore scaldargli il viso, pensò a quanto conforto avrebbe potuto trovare nello stendersi di fianco a Sakura, sentire il respiro di qualcuno a pochi centimetri dal suo e il calore di un corpo caldo, vivo.

"Dannazione" imprecò sottovoce, togliendo il bollitore dal fuoco e scaraventandolo nel lavandino.

Attraversò nuovamente il salotto e un altro singulto di Naruto lo persuase a non rimanere lì neanche un altro secondo. Aprì delicatamente la porta della sua stanza e la richiuse, facendo attenzione a non fare rumore, anche se era certo che Sakura non stesse ancora dormendo. Infatti appena si mise a sedere sul letto, con cautela, come se questo potesse in qualche modo respingerlo o ingoiarlo completamente, udì il fruscio delle lenzuola alle sue spalle. Rimase immobile, chiedendosi il perché avesse deciso di mostrarsi così vulnerabile, perché il saperla lì gli avesse scatenato quel bisogno estemporaneo, quel desiderio che nasceva dal suo stomaco e non dalla sua testa, di sentirla vicina, di non voler in alcun modo perdere quell'occasione di ricevere amore. La mano calda di Sakura si posò sulla sua spalla, provocandogli un brivido. La sentì premere appena verso il basso, invitandolo chiaramente a stendersi. In un primo momento oppose resistenza, ma l'impercettibile sensazione di benessere che Sakura con un leggero tocco gli aveva procurato, lo convinse a provare, a lasciarsi andare per una volta, darle la possibilità di aiutarlo e vedere se ne fosse davvero in grado – ne era sicuro, ed era per questo che la paura gli attanagliava lo stomaco: temeva che poi non ne potesse più fare a meno.

Si mise disteso, su un lato, dandole le spalle e sperando che lei rimanesse dov'era, che non si spingesse oltre quel confine immaginario che separava le due parti di letto e che in qualche modo lo teneva al sicuro da altre emozioni.

Udì ancora una volta il fruscio delle lenzuola e un rumore costante e martellante cominciò a spaccargli le orecchie. Era il suo cuore, totalmente impazzito, ormai disabituato all'affetto, al contatto fisico. Sentì le dita di Sakura afferrare il lembo della sua maglietta. Le tremavano le mani e questo in qualche modo riuscì a rassicurarlo: erano in due ad avere paura. Le sentì indugiare sul suo fianco e tutti i muscoli del suo corpo si irrigidirono involontariamente, in modo innaturale; un ultimo, disperato, tentativo di opporsi, di farle capire di stargli alla larga perché non vi era alcuna speranza che la sua cura funzionasse. Ma lei non si arrese, lasciando scorrere la mano lungo gli addominali fino al fianco opposto e, facendo leva su di esso, fece combaciare i loro corpi, portando un braccio sopra la testa di Sasuke e tenendo l'altro saldamente arpionato intorno al suo addome.

Calore. Sasuke non sentì altro che calore. Si lasciò avvolgere da esso, si lasciò avvolgere da lei, dalle sue braccia esili, ma straordinariamente forti; lasciò che posasse i suoi seni contro le sue spalle, che il suo respiro leggero gli solleticasse la nuca e che le sue gambe sfiorassero le sue, in un incastro perfetto che profumava di buono, sapeva di sano, di giusto. I suoi muscoli, contratti e rigidi, persero ogni forza, ogni volontà, abbandonandosi a quell'oblio di tenerezza infinita che stava confortando il suo corpo, ma soprattutto la sua anima. Non si oppose quando l'altra mano di Sakura si intrufolò tra i suoi capelli, carezzandoli piano, con delicatezza, ricordandogli ancora una volta sua madre e costringendolo a chiudere gli occhi per serrare al loro interno quelle due maledette lacrime che gli avevano appannato la vista.

"Dormi, Sasuke-kun" gli sussurrò dolcemente all'orecchio.

Ti proteggerò dai tuoi incubi, Sasuke-kun. Ci sono io con te, Sasuke-kun. Non sei solo.

E Sasuke si addormentò, senza neanche rendersene conto. Sakura era riuscita a premere il pulsante off di quel meccanismo contorto che era la sua mente, dandogli la possibilità, dopo tanto tempo di riposare, trovare pace.






Image and video hosting by TinyPic

Angolo Autrice

Ok, sono in ritardo. Ok, devo ancora rispondere alle vostre recensioni(lapidatemi!). Ok, ho sbroccato alla grande sul finale, ma avevo bisogno di Sasusaku, quindi questa volta ha vinto la parte fangirl. Non ho calcato troppo la mano perché per il momento non è previsto alcuno sviluppo in tal senso. Ho creato un momento intimo ma non c'è nulla di sessuale in quello che Sakura e Sasuke fanno – almeno per adesso. E' qualcosa che secondo me va oltre: è conforto, è empatia. Sakura che per tutto il capitolo vediamo combattuta perché non sa come dire a Naruto che le cose tra lei e Sasuke potrebbero avere un evoluzione per non intaccare la ritrovata unione del Team 7, non ci pensa due volte a offrire a Sasuke il suo aiuto, rischiando di venire colti in flagrante da Naruto stesso. Ovviamente questa è solo una pippa di Sakura perché l'Uzumaki ha già capito perfettamente come stanno le cose. Sasuke è indispettito da questa sua titubanza. Non è gelosia la sua, non arriva ad essere geloso di Naruto, sarebbe stato fuori luogo(anche se mi sarebbe piaciuto), ma è sospettoso, non comprende e sappiamo che quando Sasuke Uchiha non comprende qualcosa fa le peggiori cazzate.

Vorrei rispondere pubblicamente a una domanda che mi ha fatto la mia carissima Kry333 nella recensione di "Sesso: istruzioni per l'uso". Questa sarà una fan molto lunga, ormai me ne sono fatta una ragione, perché ho tante cose da dire, momenti da raccontare, buchi da colmare e quindi non terminerà con la partenza di Sasuke – statene certi. Cambio idea spesso su ciò che ho intenzione di far avvenire, pre, durante e post partenza, ma la one non ha niente a che vedere con la fan principale. Vedetela un po' come le "Cronache di RockLee", ovvero un filler che non si lega completamente alla storia. Tuttavia, come suddetto, non ho ancora le idee chiare perché ad esempio il finale di questo capitolo è nato senza alcuna premeditazione, è stato abbastanza estemporaneo e spero che vi sia piaciuto. Non so ancora se farò accadere qualcosa di veramente significativo tra Sasuke e Sakura prima della partenza di Sasuke, sono molto confusa a riguardo e mi piacerebbe sapere, a tale proposito, l'idea che vi siete fatti voi, in modo da avere più punti di vista. Mi aiuterebbe davvero tanto.

Un bacione e buonanotte.






















Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** #15 Solo per lei. Sempre per lei. ***


#15 Solo per lei. Sempre per lei.







Naruto abbassò lentamente la maniglia e aprì appena la porta, quanto bastava per creare una fessura che gli consentisse di poter sbirciare all'interno della stanza.

Riconoscendo solo la sagoma di Sasuke, prese coraggio e si introdusse al suo interno, in punta di piedi, per non rovinare l'effetto sorpresa.

Osservò l'amico che placidamente dormiva su un fianco, non riuscendo a ricordare l'ultima volta che lo avesse visto così docile e indifeso – tranne nella Valle dell'Epilogo, ma erano sul punto di morire dissanguati e quindi era più che plausibile che non riuscisse a muoversi.

Si avvicinò quatto, quatto al letto – 'tebayo, sembra morto. Ma respira? – e sorrise sadicamente. Poi sgranchì le spalle, schiarì la voce con un colpetto di tosse e prese un profondo respiro.

"AAAAHHHH!" urlò a pieni polmoni.

Sasuke socchiuse appena l'occhio sinistro e il rinnegan non ci mise molto a identificare il chakra di quel dito inquisitore puntato su di lui.

[ Quanto ho dormito? ]

Naruto continuò a urlare senza sosta fino a che non riuscì a smuovere Sasuke dalla posizione supina, costringendolo a mettersi seduto.

"Smetti di urlare, per favore?" ringhiò l'Uchiha per poi girarsi verso il lato sinistro del letto... vuoto, mi.ste.rio.sa.men.te vuoto.

"Hai fatto dormire Sakura-chan per terra, non ti vergogni? Sei un villano!" lo accusò Naruto, incrociando le braccia e corrugando la fronte. Sapeva perfettamente che Sasuke e Sakura avessero dormito insieme – aveva visto l'Uchiha entrare di soppiatto nella stanza, fingendo di dormire – ma non aveva alcuna intenzione di rendergli la vita facile: voleva una confessione.

"Ma che stai dicendo, idiota!" Sasuke si portò una mano alla fronte, lanciando uno sguardo all'orologio sul comodino e cercando di razionalizzare – e alla svelta – quanto accaduto la notte precedente. Dov'era finita Sakura? E come aveva fatto a dormire così a lungo?

Forse Sakura aveva utilizzato qualche jutsu medico con effetto soporifero – sì, doveva essere stato un jutsu, non vi era altra spiegazione.

"Scusa, Teme, ma se non ha dormito per terra e non ha dormito sul divano con me, allora dove ha dormito Sakura-chan? Non dirmi che hai lasciato che andasse via con quel temporale..." Naruto proseguì imperterrito per la sua strada e quando vide le guance dell'Uchiha tingersi leggermente di rosa, fece uno sforzo disumano a trattenere quella risata che gli solleticava la laringe sin dalla notte precedente. Quel rossore, seppur leggero e impercettibile, in contrasto con la pelle diafana di Sasuke, appariva come un fuoco acceso su una lastra di ghiaccio e quindi assolutamente, inconfutabilmente, evidente – e ridicolo. L'Uchiha scostò lo sguardo e con esso il viso, in modo da mascherare quell'improvviso calore che, ne era certo, doveva essersi trasformato in un intollerabile e imbarazzante "colore" contro il quale avrebbe potuto fare ben poco.

"Non dirmi che..." Naruto decise, con magnanimità, di dargli una mano perché, conoscendolo, in quel momento doveva essere sull'orlo di una crisi di nervi.

"Non sei stato tu a dire che avevamo già dormito altre volte insieme?" gli fece notare Sasuke, sforzandosi di apparire assolutamente tranquillo, apatico come sempre, mentre nella sua mente il ricordo della notte precedente stava distruggendo il risultato di mesi e mesi di esami di coscienza e psicanalisi.

Il sopracciglio destro di Naruto si impennò in maniera così evidente da confondersi con i primi ciuffi di capelli della fronte e le sue palpebre presero ad aprirsi e chiudersi in modo convulso.

"Avete dormito insieme?" urlò, con falso stupore, insistendo particolarmente sull'ultima parola.

Sasuke annuì brevemente, sperando che quello potesse bastare a mettere a tacere l'amico.

Si sbagliava.

"Finalmente!" esclamò Naruto, attirando su di sé lo sguardo incredulo dell'Uchiha "Dai, racconta, vi siete abbracciati tutta la notte, sussurrandovi paroline dolci?" gli chiese, portandosi la mano sinistra sulla spalla opposta, mimando un abbraccio.

"Ma che stai..?" Sasuke non riusciva a credere ai suoi occhi.

"Oh, Sasuke-kun" sospirò Naruto, sbattendo le ciglia, diventate straordinariamente lunghe "Sakura, io sono un Teme" borbottò in seguito, mettendo in scena una parodia fin troppo realistica del suo amico che intanto aveva stretto il pugno e tentava di non far decollare il suo sopracciglio, pericolosamente vibrante "Questo lo so, Sasuke-kun. Ho sempre pensato che con Naruto sarei stata più felice, lui è più figo di te, ma proprio non posso resist..."

"Dacci un taglio!" tuonò Sasuke "Non è divertente!" continuò, scendendo dal letto e dirigendosi verso il cucinino di gran lena.

"Dai, Teme, guarda che è una bella cosa"

"Che cosa?" borbottò Sasuke intento a cercare qualcosa nella dispensa – cosa, non era molto chiaro neanche a lui, ma aveva bisogno di un diversivo: era confuso, imbarazzato, e non aveva intenzione di continuare quella conversazione con Naruto che per anni aveva professato di amare Sakura. Adesso riusciva a comprendere la difficoltà che la ragazza aveva incontrato nel rivelargli come stessero le cose.

"Sakura ti ama da sempre e tu ami lei. Qual è il problema?" gli rispose Naruto, poggiandosi allo stipite della porta.

[Io amo chi?]

"Ti sbagli." ribatté Sasuke, sbattendo lo sportello del pensile un po' troppo violentemente perché le sue parole potessero sembrare vere "E poi" aggiunse, prendendo un bel respiro "Perché sembri contento? Non eri tu che..."

"Sono contento per voi, non per me, mi sembra chiaro" Naruto non gli diede il tempo di terminare la frase e abbassò lo sguardo, mestamente "Ne abbiamo già parlato, ricordi?"

Già, era stato Naruto a dargli la spinta necessaria per affrontare Sakura ed era quindi colpa sua se adesso si trovava in quella situazione!

[Usuratonkachi!]

"E ti basta? Davvero ti basta sapere che Sakura sia felice?" gli chiese Sasuke, assottigliando lo sguardo, deciso, per una volta, a sforzarsi di capire cosa passasse davvero per la testa di Naruto, fino a che punto potesse spingersi il suo altruismo.

"Basta che lo sia..." gli rispose, guardandolo dritto negli occhi con determinazione "Felice, intendo" sottolineò, comunicandogli implicitamente la sua intenzione di farlo a pezzi in caso contrario.

Sasuke non riuscì a reggere il suo sguardo perché inconsapevolmente – o consapevolmente – sapeva di non esserne in grado, almeno per ora, come l'amico avrebbe voluto – come lei avrebbe voluto. La possibilità che disattendesse alle loro aspettative era così alta che ebbe quasi l'impulso di confessarlo apertamente a quel Baka che come sempre aveva messo gli altri prima di lui. Era disarmante la semplicità con la quale ci riuscisse, come accantonasse i suoi desideri, addirittura il suo amore, negandosi quella felicità che meritava più di chiunque altro – più di lui, sicuramente; meritava di essere lui il compagno di Sakura perché in fondo lo era sempre stato: le era stato vicino, l'aveva supportata, aveva asciugato le sue lacrime e l'aveva vista diventare quella che adesso era. Lui, al contrario, aveva pensato sempre a se stesso, alla sua vendetta, al suo dolore e non aveva mai dato spazio ad altro, a nessuno. Sakura quella notte era entrata in punta di piedi nel suo mondo, aveva perforato la coltre di oscurità che avvolgeva la sua anima, facendo entrare uno spiraglio di luce. Lo aveva già fatto in passato e forse aveva sempre avuto quel potere. Era terribilmente difficile da accettare, da ammettere, ma le sue carezze, il suo corpo caldo erano stati una chiara e inconfutabile presa di posizione – "Io ci sono", "Io sono con te" – che in qualche modo l'aveva rassicurato, lo aveva fatto sentire meno solo. Aveva dormito profondamente come non gli succedeva da anni e non era stato un jutsu, ma qualcosa di più potente che solo Sakura avrebbe mai potuto dargli perché lei lo conosceva e anche se non riusciva a capire come avesse fatto, lei gli era dentro, si era ritagliata un posticino nel suo cuore e aveva aspettato con pazienza e dedizione che lui fosse pronto ad accettarla; non le importava niente di quello che lui avesse fatto, di quello che avrebbe ancora potuto fare, di quanto la sua capacità di infliggerle sofferenza fosse così spiccata... a lei importava solo di lui.

Ma lui era pronto ad accettarla completamente?

"Non penso di essere la persona giusta" confessò a denti stretti.

"Certo che non lo sei" convenne sarcasticamente l'amico "ma puoi provarci"

"Ci sto provando"

Naruto sorrise: era quella la confessione che voleva, anche se avrebbe preferito un po' meno rabbia nel tono della voce di Sasuke.

"Beh, qualche risultato sembra che tu l'abbia ottenuto, dopotutto"

Sasuke non gli rispose, temendo di potergli rivelare quali fossero le sue vere intenzioni, quella decisione sofferta , ma necessaria, che lo avrebbe portato lontano da loro, da lei. Preferì borbottare qualcosa di incomprensibile, appoggiando in malo modo una padella sul fornello della cucina.

"Che gentile, mi prepari la colazione?" gli chiese l'amico, canzonandolo apertamente per l'evidente nervosismo che stava mostrando nell'affrontare quella conversazione.

"Scordatelo" tagliò corto l'Uchiha, prendendo dal frigorifero due uova.

"E dai, Sas'ke, ho fame!" piagnucolò Naruto, massaggiandosi lo stomaco che cominciò a produrre dei suoni disumani, come se fosse stato vuoto da mesi.

Sasuke sbuffò e prese dal frigo altre due uova.

"Ben cotte, grazie"

Il sopracciglio di Sasuke riprese a vibrare e la voglia di soffocare l'amico con una di quelle uova divenne quasi ingestibile.

"Comunque" Naruto riprese a parlare, dirigendosi verso il tavolino della cucina "Non importa il come, ma il risultato. Anche quando abbiamo affrontato Kaguya non sapevamo come batterla, ma alla fine ci siamo riusciti" gli spiegò, pensando che quell'esempio potesse riuscire a far comprendere anche a Sasuke che non vi fosse nulla al mondo che loro tre non fossero in grado di affrontare.

"Sono due cose differenti" sentenziò l'Uchiha, sovrappensiero, cercando di concentrare la sua attenzione sulle uova che aveva rotto nella padella per non ascoltare l'ennesimo farfugliamento – ragionamento sensato – che il biondo gli stava propinando: le loro capacità ninja non potevano essere comparate a quelle umane. Sasuke conosceva la sua forza, le sue potenzialità e i suoi limiti come ninja, ma dal lato umano non aveva coscienza di sé; non sapeva quale potesse essere la sua reale capacità di amare, quanto potesse essere semplice lasciarsi andare come la notte precedente e dove sarebbe potuto arrivare per dimostrare a se stesso – e soprattutto a loro – di poter essere una persona nuova, migliore.

"Sei veramente uno stupido Teme"

"Mangia e stai zitto" gli intimò, mettendogli davanti le uova al tegamino fumanti.

"Mmmh, hanno un aspetto invitante, potrei venire a fare colazione tutte le mattine da te"

Sasuke rabbrividì al pensiero.

"Beh, almeno non morirai di fame quando tu e Sakura-chan vi sposerete" esclamò Naruto, attentando alla vita dell'amico che sentì chiaramente l'albume inchiodarsi nel suo esofago e formare una massa occludente. Gli ci vollero due colpi ben assestati allo sterno per ricominciare a respirare.

"Adesso basta" la voce dell'Uchiha, bassa e profonda, riuscì a spegnere il sorriso di Naruto: il gioco era giunto al termine.

"Qual è il problema, Sasuke?" anche l'Uzumaki cambiò tono, era ora di fare sul serio. Aveva captato che ci fosse qualcosa di strano, che Sasuke nascondesse qualcosa e tutto quel preambolo era servito per portarlo allo sfinimento e fargli vuotare il sacco.

Sasuke unì le bacchette e le posò trasversalmente sul piatto con delicatezza. Tenne lo sguardo basso, cercando le parole giuste per spiegare a Naruto cosa gli passasse per la testa. Ma non vi erano parole giuste. Erano solo due e le pronunciò con calma, scandendole chiaramente.

"Vado via"

Naruto chiuse gli occhi e respirò profondamente.

"Lo sospettavo" ribatté con voce strozzata: inconsciamente aveva sperato che non fosse quello il problema, che quello stupido Uchiha non fosse davvero così stupido da decidere di andare via di nuovo.

Sasuke socchiuse appena le labbra, stupendosi della reazione dell'amico.

"Non te lo permetterò, lo sai?" dichiarò, incurvando le labbra in un ghigno "E neanche Sakura-chan te lo permetterà" aggiunse, scrutando attentamente il ragazzo che continuava a mantenere lo sguardo fisso sul piatto ancora pieno.

"Mh" mugulò, preparandosi a dare una spiegazione logica a quanto appena dichiarato: Naruto non gliel'avrebbe fatta passare liscia.

"Lei ancora non lo sa, vero?" continuò l'Uzumaki, alzandosi da tavola e dirigendosi verso la porta.

Quelle parole ebbero la capacità di scalfire la corazza con cui Sasuke si era bardato in attesa del fendente dell'amico; si aspettava una reazione inconsulta, urla, grida, strepiti, qualche cazzotto casomai, ma non che fosse talmente arguto da riuscire a centrare al primo colpo l'unico punto debole di tutto quel ragionamento apparentemente perfetto che lo aveva condotto a prendere quella decisione.

Sasuke si stupì di non riuscire a trovare la forza neanche di scuotere la testa e rimase, pertanto, immobile.

"Devi dirglielo... prima che lei..." Naruto strinse il pugno, pensando a quanto avrebbe sofferto Sakura; non era giusto che si illudesse, non lo meritava, ma lui non era in grado di fare niente per evitarlo perché in fondo sapeva che fosse la cosa giusta per l'amico, che era stata una scelta ponderata, per il suo bene – per il loro bene – anche se non riusciva a condividerla. "Non spetta a me farlo e questa volta non è un consiglio, Sasuke" concluse, lasciandolo solo, seduto al tavolo della cucina, con lo sguardo perso nel vuoto.

Solo quando udì la porta d'ingresso chiudersi Sasuke riuscì a ritornare in sé, sentendosi in qualche modo svuotato di quell'enorme peso che da un po' si portava dentro, ma assolutamente devastato dalla consapevolezza di aver ferito, ancora una volta, Naruto e che a breve, sarebbe toccata la stessa sorte anche a Sakura.








Image and video hosting by TinyPic


Da quel giorno Sasuke cominciò a pensare seriamente a quel viaggio che lo avrebbe redento da tutti i suoi peccati o che quantomeno avrebbe contribuito a farlo.

Si ritrovava spesso a pensare a itinerari da seguire, posti da visitare, ripercorrendo mentalmente la sua storia nei minimi particolari, da quella notte in cui aveva lasciato il Villaggio, al periodo trascorso con Orochimaru, la morte di Itachi, il Team Taka, la verità sul suo Clan, la guerra, Kaguya, lo scontro con Naruto e il ritorno a Konoha.

"Dannazione" ringhiò, steso sul letto, al buio, mentre le immagini gli passavano davanti agli occhi come un film in cui ad un certo punto la pellicola si inceppava, riproponendo sempre la stessa scena. Erano passate settimane, ma non era riuscito ancora a seguire il "consiglio" di Naruto. Il Team Sette aveva continuato a frequentarsi come da routine, ma l'atteggiamento dell'Uzumaki, per quanto tentasse di dissimularlo, non era più quello di sempre: lo aveva percepito lui ed era certo che anche a Sakura non fosse passato inosservato. Inoltre, Naruto aveva preso ad escogitare ogni sorta di piano per non lasciarlo mai da solo, soprattutto di notte, per paura che se la filasse di soppiatto com'era nel suo stile. Casa di Kakashi era diventata, quindi, una specie di accampamento improvvisato e lui si era ritrovato a dover dividere, talvolta, il suo letto con Sakura. Non accadeva spesso, in quanto la ragazza, vivendo con i suoi genitori, al termine della cena era solita tornare a casa, lasciandolo in compagnia di Naruto che, nonostante le sue rimostranze, si era appropriato del suo divano. Le notti passate con lei al suo fianco erano notti serene, senza incubi e persino il russare di Naruto era più facile da tollerare; il calore del suo corpo, le sue carezze dolci, riuscivano a dargli quella serenità che, come un bel sogno, si dissolveva con il giungere dell'alba quando sentiva il suo braccio scivolare delicatamente via e il freddo riappropriarsi con prepotenza delle sue membra, ricordandogli di quanto fosse effimero e ingiusto quel benessere che lei gli donava senza avere nulla in cambio.

Ogni qual volta si era presentata l'occasione, la sua coscienza era stata costretta a combattere una feroce battaglia con il desiderio di sentire il corpo della ragazza accanto al suo. Era qualcosa che non aveva mai provato prima di quel momento, lo destabilizzava, lo faceva sentire debole, eppure era così dolce cadere nella tentazione, lasciarsi avvolgere dalle sue braccia e sentire le sue mani tra i capelli. Cercava di resistere, tentava di appellarsi a tutto il suo buon senso, al fatto che non fosse giusto prendersi gioco di lei, ma era tutto inutile: quando i suoi occhi si posavano su quei piedini scalzi che sulle punte si dirigevano verso la sua camera da letto, la sua gola istantaneamente si seccava, e il suo corpo, come un automa, seguiva le sue orme, apriva la porta che lei, ormai, lasciava socchiusa di proposito e si stendeva al suo fianco, di spalle, in totale abbandono. Non una parola, non una carezza da parte sua... ricevere senza dare... per quanto ancora avrebbe potuto elemosinare amore da lei? Quanto sarebbe potuto durare?

Si sentiva così meschino nel percepire, ogni volta, quel lieve tremolio d'insicurezza nella sua mano, il timore di venire rifiutata ancora, e nel non riuscire a fare nulla per persuaderla del contrario. Sarebbe bastato un piccolo gesto come intrecciare le dita di quella mano gentile con quelle della sua, oppure ringraziarla fino a far morire le parole in gola dalla stanchezza per tutto quello che lei era in grado di dargli, ma tutto ciò l'avrebbe portata a crearsi delle aspettative, delle illusioni che presto si sarebbero infrante.

Si nutriva del suo amore e della forza immensa che aveva dimostrato di avere. Gli sarebbero stati indispensabili per affrontare quel cammino così impervio che lo attendeva. Quei momenti sarebbero stati una motivazione importante, vitale, per cambiare, tornare a Konoha , afferrare quella dannata mano e non lasciarla mai più.

Ma Sakura avrebbe aspettato?


Image and video hosting by TinyPic




Sakura quella mattina si era svegliata con una strana sensazione, una specie di buco allo stomaco. Aveva già provato una sensazione simile in passato, ma niente faceva presagire che qualcosa del genere potesse ancora accadere quindi aveva attribuito quel malessere all'ennesima cena a base di ramen della sera prima.

Dopo un paio di cucchiai di zuppa di miso che sua madre le aveva preparato per colazione a aver smangiucchiato un paio di prugne, si era diretta verso l'Ospedale.

Ino l'aveva subito placcata all'ingresso, comunicandole che l'Hokage le aveva dato una giornata di ferie per accompagnare i due "eroi" – li aveva definiti proprio così, in modo ironico ovviamente – a fare un salutare picnic appena fuori Konoha e che i suddetti "eroi" – aveva ribadito più volte il concetto – l'attendevano presso l'ingresso del Villaggio.

Sakura aveva alzato un sopracciglio e aveva sentito il suo stomaco attorcigliarsi di nuovo.

"Maledetto ramen!" aveva pensato, massaggiandosi il ventre con la mano.

"Stai bene?" le aveva chiesto Ino, un po' preoccupata.

"Tutto ok, credo di non aver digerito"

Si era diretta verso le porte del Villaggio chiedendosi per quale motivo Kakashi-sensei avesse acconsentito a darle un giorno di ferie con tutto il lavoro che c'era da fare all'Ospedale. Sicuramente Naruto doveva averlo portato allo sfinimento – quando si ficcava qualcosa in testa quel ragazzo era cocciuto più di un marmo.

Marmo... bianco... panchina... Sasuke... Naruto.

L'associazione di idee le aveva fatto venire un altro crampo allo stomaco che poi si era acutizzato alla vista dei suoi due compagni, appoggiati proprio a quella dannatissima panchina che, malgrado tutto, era sopravvissuta alla guerra. Un dejavù abbastanza inquietante.

"Sorpresa!" aveva esclamato Naruto, saltando in piedi.

Sasuke come sempre non aveva mostrato alcun tipo di entusiasmo, tenendo la mano ben salda nella tasca: ovviamente anche lui, come Kakashi-sensei, doveva aver sopportato una lunga ed estenuante opera di convincimento da parte di Naruto.

Sakura istintivamente aveva sorriso al pensiero di quello che l'Uchiha avesse dovuto patire e anche per il fatto che, dopotutto, fosse lì.

"Andiamo, vorrei tornare presto"

"Teme, sei il solito guastafeste! Facciamo finta che sia una di quelle missioni che facevamo da piccoli? Dai, tu fai il nemico, Sas'ke..."

"Smettila di dire idiozie, Naruto!"

"Sakura-chan, diglielo anche tu. Non sarebbe divertente?"

Naruto e Sasuke avevano preso a bisticciare come un tempo e Sakura aveva iniziato a sentirsi meglio, allontanando dalla mente quello che a tutti gli effetti avrebbe fatto meglio a considerare un cattivo presagio.







Image and video hosting by TinyPic


Dopo aver camminato per un'ora buona, il Team Sette decise di fermarsi su di una collina all'ombra di una grande quercia in prossimità di un lago, circondato da un canneto che data la stagione era particolarmente verde e rigoglioso. Le alte piante dondolavano mosse dal vento che già da un po' era diventato meno freddo, sintomo che l'inverno era in procinto di terminare.

Sakura prese una coperta dalla sacca di Naruto e la sistemò per terra in modo che si potessero sedere. Fece un profondo respiro, riempiendosi i polmoni di quell'aria fresca e ricca di profumi. Era da molto tempo che non usciva dal Villaggio, più o meno dalla fine della Guerra e l'odore di disinfettante, tipico dell'Ospedale, era ormai talmente arroccato nelle sue narici. Solo un altro profumo era riuscito a cancellarlo: la pelle di Sasuke. Poteva sentirselo addosso anche per ore, dopo una notte passata insieme.

Durante quelle notti riusciva a sentirlo suo, anche se per poco, e non le importava che lui rimanesse immobile, che non ricambiasse le sue carezze; il fatto stesso che le consentisse di avvicinarsi, di prendersi cura di lui, la rendeva felice. In realtà, anche se tra loro le cose non era ancora chiare, né definite, poteva tranquillamente affermare di non essere mai stata più felice di così. Ogni volta che il buio di quella camera da letto veniva squarciato dalla luce del salotto, il suo cuore smetteva di battere. Tendeva l'orecchio, distinguendo ogni singolo passo, ogni spostamento d'aria fino a che non sentiva il lato destro del letto abbassarsi in modo impercettibile e il profumo di Sasuke diventare più intenso, inebriante. Tastava l'oscurità fino ad arrivare all'orlo della sua maglietta e da lì risaliva delicatamente lungo il fianco. I suoi muscoli si irrigidivano e lei attendeva pazientemente fino a che non li sentiva cedere sotto i polpastrelli per poi proseguire fino a raggiungere il fianco opposto. Con un unico e veloce movimento faceva aderire i loro corpi e così poteva sentire il suo respiro sommesso, inconsistente, e il suo cuore; quel cuore che lui tentava di nascondere anche a se stesso e che lei desiderava liberare, guarire, proteggere. Infilava le dita tra i suoi capelli, folti e morbidi, respirando appena in direzione della sua nuca come se anche il più piccolo movimento potesse rompere l'incantesimo. Riusciva ormai a percepire perfettamente il momento esatto in cui il sonno s'impadroniva di lui; quel momento in cui tutti i suoi muscoli sembravano perdere le forze e il tumultuoso battito del suo cuore diventava un suono ovattato, lento, ma così chiaro da trapassare la schiena e rimbombare sul suo seno. Erano notti insonni, in cui Sakura rimaneva all'erta, pronta ad accarezzarlo, tranquillizzarlo, ad ogni minimo sussulto, ma erano loroerano sue – e valevano più di mille parole, di mille gesti.

"La primavera arriverà presto quest'anno" sospirò, raccogliendo le gambe vicino al petto e congiungendo le mani all'altezza degli stinchi.

Lo sguardo di Sasuke era proteso verso quell'orizzonte che non sembrava più così lontano.

Lo distolse per un attimo per osservare la sua compagna che, con il vento tra i capelli e le guance rosate, appariva così simile a quella bambina che era stata un tempo. Sorrise appena al pensiero di quanto, in realtà, fosse cresciuta, di come il tempo fosse passato: Sakura non era più una bambina, ma una donna; aveva sofferto, aveva visto gli orrori della guerra, eppure riusciva ancora ad essere così ingenua, pura, smaliziata, continuava ad avere fiducia nel mondo, fiducia in lui, nel futuro.

Sasuke si chiese quale assurda follia potesse spingerlo a rinunciare a tutto quello; perché non potesse essere per una volta... facile.

La sua vita era stata un'insieme di sventurate vicende che per la stragrande maggioranza erano state proprio volute e determinate da lui ed ora che aveva la possibilità di fare la cosa giusta era riuscito a trovare l'ennesimo modo per renderla complessa, sofferta.

Espiare le sue colpe era poi così importante?

Sakura era importante. Naruto era importante.

Quel viaggio sarebbe servito davvero a qualcosa? Una volta solo, sarebbe riuscito ad andare avanti o si sarebbe perso per sempre?

Trovò molto strano che quei dubbi fossero sopravvenuti proprio in quel momento, su quella collina, in compagnia di Sakura, con Naruto nascosto chissà dove. Li aveva lasciati soli di proposito, ne era certo, e aveva organizzato quello stupido picnic per creargli l'occasione di dire la verità a Sakura. Probabilmente si era nascosto nel canneto, oppure si stava congelando sul fondo del laghetto.

[Baka!]

Non si era preparato un discorso, nonostante avesse subdorato immediatamente le intenzioni di Naruto e ora trovava dannatamente difficile rovinare quella pace, distruggere quel sorriso che Sakura sfoggiava da un po' di tempo a questa parte.

Distolse lo sguardo e lo ripuntò verso l'orizzonte, provando un profondo sgomento.

"A cosa pensi, Sasuke-kun?" gli chiese Sakura, come fosse stata in grado di leggergli la mente.

Sasuke s'irrigidì e dischiuse le labbra, producendo un suono afono.

"Sembri preoccupato" continuò con voce dolce "Puoi parlarmene, se vuoi. "

Sasuke la guardò con la coda dell'occhio e si stupì nel non notare alcun segno di nervosismo nell'atteggiamento della ragazza, solo un leggero rossore sulle guance.

Sicuramente in quei mesi il loro rapporto si era in minima parte evoluto e Sakura, probabilmente. era riuscita a intravedere in quei suoi atteggiamenti confusi e spesso contraddittori, delle certezze da cui aveva tratto forza.

Naruto non si sbagliava, ma i tempi non erano giusti... lui non era giusto.

Quantomeno era giunto alla conclusione di non poterlo negare a se stesso, ma di non essere pronto per dimostrarlo apertamente. Si era persuaso che avrebbe solo complicato ulteriormente le cose: voleva lasciare Sakura libera di scegliere di aspettarlo, oppure di crearsi una nuova vita.

"Ho deciso di andare via" disse, impostando la voce in modo che non trasparisse alcuna incertezza – in fondo non era poi così sicuro di quello che faceva.

Sakura ingoiò il boccone amaro e chiuse gli occhi, dandosi della stupida per non aver dato retta a uno dei primi insegnamenti di Tsunade: "Ascolta sempre il tuo stomaco, non si sbaglia mai". In realtà il termine utilizzato da Tsunade era stato "budella", ma Sakura aveva modificato la frase, rendendola un po' più raffinata. Tuttavia in quel momento si rese conto di quanto "budella" fosse più appropriato perché erano proprio quelle che le si erano attorcigliate, in una morsa dolorosa, e le impedivano quasi di respirare.

"Mh, lo immaginavo" si sforzò di rispondergli, serrando le dita che teneva incrociate davanti alle gambe fino a sentirle formicolare per non far tremare la voce.

Sasuke non si voltò, si costrinse a rimanere impassibile, immaginando chiaramente gli occhi di Sakura lucidi e il suo viso triste, tirato in una smorfia fasulla, volta a mostrare forza.

Le aveva già visto quella smorfia, quel sorriso falso e detestava l'idea che li riservasse anche a lui: Sakura non doveva vergognarsi di se stessa, non aveva motivo di mostrarsi diversa da quello che era – lei era l'Eroe.

"E..." Sakura fece una lunga pausa prima di riuscire a formulare la domanda "Quando avresti intenzione di partire?"

"Presto" rispose lui, brevemente.

Sakura diede adito ad ogni tipo di chakra presente nel suo corpo per riuscire a disincastrare le mani che sembravano avere bisogno l'una dell'altra per non cadere in frantumi e tirarsi in piedi. Fece qualche passo lungo il pendio, portandosi davanti a Sasuke, costringendolo a guardarla, seppur rimanendo di spalle.

"Allora è necessario che Tsunade si sbrighi a terminare il tuo braccio, non vorrai partire senza, giusto?" esclamò, fingendosi tranquilla e spensierata, mentre il suo cuore andava in pezzi di nuovo e così quella speranza che il loro amore non fosse poi così impossibile.

Fu solo in quel momento che Sasuke la guardò e vide tutto il suo amore; riuscì a percepirne l'intensità, la forza incontrastata, e provò smarrimento e gioia, terrore e coraggio. Un turbinio di emozioni che lo fecero vacillare, che lo spinsero quasi a desiderare di ritrattare, lasciar perdere quell'assurda idea dell'espiazione e rimanere lì con lei.

Come quella volta, davanti a quella panchina, e poi ancora nel Paese del Ferro e, infine, prima dello scontro con Naruto.

Le sue reazioni erano di volta in volta diventate più cruente in proporzione al senso di impotenza dato da quelle emozioni che lui considerava appartenenti a un passato lontano, ormai distrutto. Famiglia, casa, amore... Sakura rappresentava tutto questo. Aveva bendato i suoi occhi per non vederla, aveva inseguito il rumore assordante dell'odio per non ascoltarla; le aveva trafitto il petto, trapassato il cuore, ma questo non aveva mai smesso di battere per lui... solo per lui, sempre per lui. Lui che aveva fuggito la mediocrità, ricercando il vero significato di Clan, Shinobi e Villaggio; lui che aveva grandi sogni e aveva deciso di immolarsi per la pace; lui che aveva desiderato di morire su quella mano di pietra per espiare le sue colpe con il suo corpo; lui che nonostante tutto continuava a brancolare nel buio.


Socchiuse le labbra, deciso a dire qualcosa; qualcosa di bello per una volta, una frase in cui Sakura si sarebbe potuta riconoscere, che avrebbe potuto ricordare per non mandarlo al diavolo una volta per tutte e in via definitiva.

"Dove si sarà cacciata quella Testa Quadra?" sbraitò la ragazza, cominciando a correre verso il canneto, non dandogli neanche il tempo di comporre una frase decente.

Sasuke la vide allontanarsi e il suo corpo si mosse da solo.

La seguì all'interno del folto canneto, facendosi largo tra le alte piante verdi alla ricerca dei suoi capelli rosa. Percepiva il suo chakra ma non riusciva a vederla.

"Sakura!" si decise a chiamarla, a gran voce – questa volta non più tanto ferma.

Immobile, in mezzo al canneto, aspettò in silenzio qualche minuto prima di chiamarla ancora, tentando di percepire anche il minimo fruscio tra quelle foglie lunghe.

"Sakura!"

"Sono qui, Sasuke-kun"

Gli comparve alle spalle, dimostrandosi il ninja esperto che era.

Sasuke si voltò subito verso di lei e, sorprendendo sia lei che se stesso, le afferrò con forza la spalla destra. Sakura spalancò gli occhi e la bocca, colta totalmente alla sprovvista.

"Tornerò" affermò con tono serio e deciso, straordinariamente convincente.

"Lo so" ribatté Sakura, con un sorriso triste "Ma promettimelo lo stesso"

"Te lo prometto"

Sakura allungò la mano sinistra, posandola delicatamente sulla sua guancia senza alcun timore.

"Ti aspetterò"

Sasuke chiuse gli occhi e inspirò profondamente il suo profumo, sperando di riuscire a portarlo con sé e non dimenticarlo mai.

Una volta riaperti gli occhi incontrò quelli di Sakura, colmi di lacrime che non vedevano l'ora di scendere sul quel viso che ora sorrideva di nuovo, forse anche più di prima. Ricambiò il sorriso con uno di quei suoi classici ghigni sghembi per i quali il più delle volte rischiava un dislocamento della mascella – per quanto rari.

Si guardarono a lungo, con una strana felicità nel cuore;

Solo per lei, sempre per lei...


Un bacio probabilmente avrebbe potuto rendere quel momento perfetto, sigillare quella promessa che si erano scambiati reciprocamente. L'idea sembrò balenare nella mente di entrambi e i loro corpi cominciarono ad avvicinarsi come sotto l'influsso di un potente magnete.

Il momento che Sakura aspettava da sempre era finalmente giunto...


"Eccovi qui!!! Vi ho trovati finalmente!!!"


e, con esso, Naruto Uzumaki e il suo proverbiale tempismo.


"Narutoooooo!"


L'urlo disumano di Sakura riecheggiò in tutta la vallata, seguito a ruota da lamenti e gemiti.

Sasuke, ovviamente, si trovò a dare ragione a colei che a tutti gli effetti era ormai la sua ragazza... perché quel bacio, lui, era pronto a darglielo davvero.




Fine Prima Parte








Image and video hosting by TinyPic


Note dell'Autrice


Non lo sentite il coro di Angeli???

Ancora non posso crederci: ho aggiornato!

Questo capitolo è stato molto complicato da scrivere perché segna la fine della prima parte della storia. Tra impegni, perdita di ispirazione e il tempo che è sempre poco, l'ho tirata un po' per le lunghe. In compenso il capitolo è più lungo del solito. :-)

Come molti di voi avevano pronosticato non accade nulla di fisico tra Sasuke e Sakura prima della partenza dell'Uchiha. La mia idea è che loro due si siano avvicinati moltissimo nel periodo in cui Sasuke è stato a Konoha, perché nel 699 tra loro c'era tantissima complicità, ma soprattutto sembravano rilassati. Credo altresì che Sakura e Naruto sapessero della decisione di Sasuke. Sakura, infatti, prova a proporgli di portarla con sé, ma non ne fa un dramma quando lui le risponde che "non ha niente a che vedere con i suoi peccati"; e poi quando Sasuke incontra Naruto gli dice: " Non credevo che saresti venuto". Ergo, secondo me lo sapevano. :-)

Apro una parentesi e la chiudo immediatamente: Naruto Gaiden.

Abbiate fede! Sarada è figlia di Sakura. Io ho una mia teoria in merito, ma non sto qui a tediarvi con le mie pippe mentali, ci sono due motivi molto validi( e reali) che avvalorano la mia tesi: 1) Naruto è uno shonen 2) Il SasuSaku vende. Non serve che io dica altro.

*dopo questa affermazione le rec rosse pioveranno come se non ci fosse un domani e mi massacreranno su tutti i social, ma chissenefrega. Sono una SasuSaku! Lo sono stata quando sembrava che non ci fossero speranze, non smetterò di certo adesso! *

Ok... dopo aver dato un po' di materiale agli haters, mi ritiro nuovamente nella mia tana con la speranza di aggiornare domenica prossima.

Vorrei ringraziare tutti coloro che nonostante questi aggiornamenti saltuari stanno seguendo e recensendo la storia – abbiate pazienza, sto facendo il possibile. Come sempre risponderò alle vostre recensioni il prima possibile. A tale proposito mi piacerebbe conoscere la vostra opinione su questo capitolo per sapere se l'idea che mi sono fatta coincide con qualcuna delle vostre o meno. :-)

Approfitto per ringraziare i 96 utenti che mi hanno inserita tra gli autori preferiti – siete tantissimi!!! Non merito tanto, sono un'autrice cattiva e ritardataria.

Vi rammento che su tumblr sto continuando a tradurre la Sakura Hiden anche se a passo di lumaca(al momento mi manca un capitolo e mezzo per mettermi in pari con la traduzione inglese).

Penso di aver detto tutto...

Vi auguro un buongiorno (visto che sono le 03:30 e domani non mi sveglio neanche con le cannonate) e vi abbraccio tutti.

Un bacione













Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** #16 Home ***


Image and video hosting by TinyPic



- Seconda Parte -



#16 Home





'' Non aveva niente a che vedere con i suoi peccati ''


Sakura continuava a rimuginare su quella frase precisamente da un anno, trecentoquarantadue giorni, dodici ore e ventisette secondi(1) , in pratica da quella mattina in cui Sasuke aveva lasciato il Villaggio – di nuovo.

Non aveva fatto in tempo a riabituarsi alla sua presenza che era stata costretta a ricordare cosa si provasse in sua assenza.


'' Ci vediamo presto ''

' Quanto presto? ' si chiese Sakura, portando l'indice e il medio della mano sulla fronte, mimando il gesto con il quale Sasuke l'aveva definitivamente salutata – nonché zittita.

« Fissando morbosamente quel braccio posticcio, Sasuke non si materializzerà davanti ai tuoi occhi come per magia. »

La voce di Ino, comparsa improvvisamente nella stanza, la fece trasalire.

« Molto divertente » ribatté lei, stizzita.

« Dai, fronte spaziosa, almeno questa volta non sei stata costretta a rincorrerlo per tutte le terre ninja. Ha detto che sarebbe tornato, no? Che vi saresti rivisti presto. Io non ne farei una gran tragedia. »

L'amica tentò di rassicurarla, afferrando il braccio posticcio di Sasuke e riponendolo nella teca in cui Sakura lo teneva gelosamente conservato, certa che un giorno glielo avrebbe riattaccato. Ino riteneva che fosse una cosa un po' da feticisti, ma si guardò bene dal dirglielo.

« Questo è vero, ma sono passati quasi due anni, Ino. Due anni, capisci? » esclamò Sakura, gesticolando animatamente per amplificare il concetto e approssimarlo a, quasi, circa, un'eternità.

« Tornerà prima di quanto pensi. » affermò l'altra, piegando le labbra in una smorfia compassionevole: non era molto sicura di quello che aveva appena detto, anzi pensava giusto l'opposto, ma sapeva che Sakura aveva bisogno di sentirselo dire.

« Si, lo so » le rispose, abbozzando una specie di sorriso. « Sono patetica,vero? » aggiunse subito dopo, istigando in questo modo la Yamanaka a infierire pesantemente su di lei – aveva bisogno di certezze.

« No. Anche peggio: sei innamorata e patetica »

« Grazie, Ino-pig. » e questa volta Sakura sorrise davvero.

« Parlando d'altro, perché francamente mi sono stufata di sentir parlare di Sasuke Uchiha, devo darti una notizia sconvolgente »

« Sai si è dichiarato? » le chiese, cogliendo l'occasione per una più che meritata e consolante stoccata.

« Naaa… ma manca poco. » minimizzò l'amica, che da mesi tentava invano di educare sentimentalmente il ninja della Radice e convincerlo che non ci fosse al mondo una donna più bella, più intelligente, più capace, più materna, bla, bla, bla… di lei. « Si tratta dei coniugi volpini » sussurrò, con una mano davanti alle labbra.

« Ci siamo solo noi qui, Ino. » le fece notare Sakura « E poi non chiamarli così! »

« Senti, io non so proprio come fa Hinata a condividere il suo letto con una volpe. Quella sente tutto! Ti immagini che vergogna? » argomentò Ino, spalancando gli occhi per rendere meglio l'idea di quanto quell'aspetto della vita coniugale di Naruto e Hinata la lasciasse attonita.

No, Sakura non poteva immaginarlo, ma era certa che se Sasuke avesse avuto in corpo un boa constrictor, in qualche modo lo avrebbe tollerato, accettato, e con il tempo avrebbe imparato persino a volergli bene.

« Comunque » continuò Ino, riprendendo a sussurrare « Si mormora, ma ancora la notizia non è certa, che Hinata sia incinta »

« Incinta? » strillò Sakura, portandosi subito dopo le mani davanti alla bocca.

« Shhh! Sei impazzita, per caso? » la rimproverò l'amica « Non lo hanno detto ancora a nessuno. Io l'ho saputo da mia madre che lo ha saputo dalla signora Akimichi che lo ha saputo dalla madre di Shikamaru che lo ha saputo dalla vicina di casa di Hinata e Naruto. » le spiegò.

Sakura alzò un sopracciglio: in pratica lo sapevano tutti.

« In effetti è un po' di tempo che non vedo Hinata, Naruto è sempre impegnato con Kakashi-sensei e io sono chiusa ventiquattro ore su ventiquattro in questo Clinica » rifletté l'Haruno ad alta voce.

« Quando non sei impegnata a farti rapire dal sosia di Sasuke e ad annientare un pericoloso cospiratore » le ricordò Ino.

Già… Kido. La sua sete di potere lo aveva spinto a creare una copia perfetta di Sasuke e rapirla , sperando che il vero Sasuke si facesse vivo. Voleva incastrarlo e eliminarlo, ma per fortuna erano riusciti a fermare i suoi loschi piani. Di Sasuke non si era vista neanche l'ombra e Sakura si era chiesta più volte in quegli ultimi giorni se questo fosse stato dipeso dal fatto che non avesse saputo nulla di quello che stesse accadendo, o peggio, che non gli importasse abbastanza di lei per correre in suo aiuto – dopotutto durante l'attacco di Toneri Otsutsuki, l'Uchiha era tornato per difenderlo.

« Non sarebbe il caso di andare a trovare Hinata e scucirle qualche informazione extra? » propose l'amica con entusiasmo: sicuramente moriva dalla voglia di sapere ogni minimo particolare sul come, sul quando e sul perché – e probabilmente anche cosa ne pensasse Kurama in merito.

« Ho un incontro con i bambini tra poco, casomai stasera dopo cena. » le rispose Sakura, smontandola « Shikamaru? » le domandò subito dopo, aggiudicandosi un'ulteriore stoccata.

« In missione » borbottò la Yamanaka, evasiva.

« A Suna? »

Sakura nel tempo aveva imparato a conoscere i punti deboli dell'amica e a colpire al momento opportuno per levarsela di torno.

« Sì, a Suna. » sputò l'altra, con sdegno « Fa parte dei suoi compiti mantenere saldi i rapporti con gli altri Villaggi, no? » aggiunse, tentando di chiudere il discorso prima che il nome della Sabaku venisse fuori.

« Certo, è il suo compito » confermò l'altra « E ultimamente sembra averlo preso mooolto sul serio » insinuò, assottigliando maliziosamente lo sguardo.

« Non m'interessa un bel niente di quello che fa a Suna e soprattutto con quella donna di Suna, se è a questo che alludi » ribatté la Yamanaka « E poi adesso avrei di meglio da fare, se permetti » si congedò, uscendo dalla stanza e sbattendo la porta.

Sakura non riuscì a trattenere una risata: Ino era davvero incorreggibile.

Alzò le braccia verso il cielo e stiracchiò un po' i muscoli ancora indolenziti dall'ultima battaglia. Aveva una mezz'oretta libera prima dell'incontro con i bambini della Clinica e aveva bisogno di riposare un po' nonostante le tante carte che stazionavano sulla sua scrivania aspettassero da giorni di essere perlomeno lette. Molti altri Villaggi – in primis Sunagakure – avevano chiesto il suo aiuto per la creazione di strutture analoghe alla sua Clinica e questo stava a significare che l'impresa in cui lei e Ino si erano imbarcate un anno prima stava finalmente avendo il successo sperato e che avrebbero potuto aiutare tutti quei bambini che aveva subito dei traumi dalla guerra o dalla perdita dei loro affetti.

Ricordava ancora la mattina in cui lei e Ino si erano presentate al cospetto dell'Hokage con molte idee, molto confuse. Il Sesto all'inizio non aveva mascherato il suo scetticismo, ma aveva comunque acconsentito a donare il seminterrato del nuovo Ospedale per dare inizio al progetto. Con l'andar del tempo l'affluenza era aumentata in modo esponenziale, tanto che erano state costrette a richiedere dei fondi per la creazione di una vera a propria struttura, indipendente dall'Ospedale. A quel punto era comparso Kido che, come sovrintendente alla difesa, aveva convinto il Consiglio ad aggiudicare i fondi alla squadra speciale Anbu forte di alcuni incidenti occorsi in quel periodo, tra cui quello che aveva avuto come vittima proprio il Daimyō del Villaggio della Foglia. Una volta smascherato, i fondi erano stati ovviamente bloccati ed era stata programmata una riunione straordinaria del Consiglio per decidere che cosa farne. Inutile dire che Sakura sperasse che questa volta il Consiglio decidesse in favore del suo progetto. L'attuale sede della Clinica era un vecchio edificio ristrutturato dopo la guerra dove giungevano bambini da ogni angolo del Mondo Ninja, molti dei quali orfani e senza una casa. Almeno fino a quando gli altri Villaggi non avessero avuto strutture adatte e personale specializzato per occuparsi di quei bambini in loco, la sua Clinica sarebbe rimasta l'unico punto di riferimento e quindi verteva in un continuo stato di sovraffollamento.

La riunione del Consiglio si sarebbe tenuta poco prima del Tanabata(2) , mancavano un paio di settimane e lei aveva deciso di fare tutto il possibile per convincere quei vecchiacci malefici della necessità di quei fondi. Doveva farlo per i bambini, per Ino e anche per se stessa.

Ovviamente in qualche modo c'entrava anche Sasuke, la cui storia era stata la vera fonte di ispirazione per la creazione di quella struttura. Sakura si era infatti convinta che se Sasuke avesse avuto una maggiore assistenza psichiatrica dopo la strage del suo Clan , probabilmente molte delle sue azioni sconsiderate si sarebbero potute evitare. Aveva esposto questa tesi a Ino Yamanaka durante una serata tra amiche e lei, ovviamente, era scoppiata in una fragorosa risata, e perché non riusciva a immaginare Sasuke Uchiha steso sul lettino di uno strizzacervelli, e perché non era in grado di concepire come Sakura riuscisse a ficcarlo dappertutto, persino in un contesto prettamente medico.

Dopo averla fulminata con lo sguardo e averle spiegato la sua teoria nei minimi particolari Sakura era riuscita a convincerla e a coinvolgerla in quel progetto – o meglio, non che Sakura fosse partita con l'intenzione di coinvolgerla, in pratica Ino si era coinvolta da sola, sostenendo che non ce la potesse fare senza di lei.

Da quella sera si erano impegnate a raccogliere dati, testimonianze e a sottoporre alcuni dei bambini di Konoha a dei test psicoattitudinali, tutto rigorosamente di nascosto, fino a quando non aveva bussato alla loro porta un anziano del Villaggio con un ragazzino di circa sette anni, dai capelli color ebano e gli occhi carbone. Il suo nome era Hiro, ma questo lo avrebbero scoperto solo molti mesi dopo perché quando l'anziano si era rivolto a loro, il bambino non era in grado di spiccicare una sola parola. L'anziano aveva detto loro di averlo trovato a frugare nell'immondizia e che l'assistente dell'Hokage (tale Shikamaru Nara) gli aveva consigliato di affidarlo alla Clinica.

Forse era stata l'incredibile somiglianza o quello sguardo carico di odio e di solitudine, ma d'istinto Sakura lo aveva preso con sé.

Ino aveva sollevato dei dubbi non avendo ancora sperimentato alcun tipo di cura e non potendo usufruire di una vera e propria struttura.

« Non vorrai mica adottarlo? » le aveva urlato con occhi sbarrati.

« No, ma lui rappresenta la prova inconfutabile che la nostra Clinica è necessaria, Ino » le aveva risposto, sorridendo dolcemente al bambino che di rimando aveva aggrottato la fronte – che nostalgica sensazione!

La mattina successiva Hiro si era presentato con loro al cospetto del Sesto, sia come prova che come strumento di persuasione.


Sakura prese in mano un po' di quei fogli sparsi sulla scrivania e cominciò a leggergli svogliatamente. La maggior parte erano inviti da parte degli altri Villaggi a presenziare a conferenze e corsi, poi c'erano i risultati dei colloqui individuali con gli ultimi bambini arrivati e le relazioni su quelli che, invece, erano già lì da un po'. Si portò le mani alle tempie non riuscendo proprio a concentrarsi su niente e iniziò a massaggiarsele: nonostante la clinica assorbisse la maggior parte del suo tempo insieme ai suoi impegni in Ospedale, Sakura non riusciva in alcun modo a non pensare a Sasuke.

« Tornerà presto, ne sono sicura. » affermò ad alta voce, con la speranza di mettere a tacere quella voce nella sua testa che continuava a sostenere il contrario « La ''prossima volta'' è vicina» aggiunse, incrociando le dita delle mani e portandole a sostenere la fronte, in una posizione che ridava più a una preghiera che a un tentativo di auto-convincimento « Gli dirò ''Okaeri, Sasuke-kun '' » continuò, mentre la tenda alle sue spalle ondulava in modo impercettibile, come smossa da una lieve corrente d'aria « Voglio che tu sappia… »


« Sono a casa, Sakura »





Sakura si alzò di scatto e la sedia cadde rovinosamente all'indietro. Appoggiò i palmi delle mani sulla scrivania sentendo la necessità di toccare qualcosa di concreto, materiale, che la convincesse che quello non fosse un sogno.

Rimase in quella posizione per alcuni, interminabili, istanti in cui il desiderio di voltarsi era pari solo alla paura di farlo e scoprirsi sola in quella stanza.

Ma la nostalgica sensazione del suo sguardo puntato su di lei, impossibile da dimenticare, era fin troppo reale; la sentiva scorrere lungo la colonna vertebrale come un brivido caldo. Non poteva in alcun modo sbagliarsi: lui era lì, alle sue spalle, era tornato.

Chiuse gli occhi e si voltò.

Quando li riaprì, la sua vista era offuscata da tutte le lacrime che i suoi occhi erano riusciti a produrre in quell'infinitesimale frazione di secondo, e osservando l'immagine sfocata, distorta, di quel ragazzo che tanto aveva sognato di rivedere, lasciò che scendessero lungo le sue guance senza alcun freno.

Rimasero così, occhi negli occhi, per un lasso di tempo che ai due sembrò un'eternità.

« Ciao »

Fu Sasuke a rompere per primo il silenzio – stranamente. Era terribilmente imbarazzato e non aveva preparato un vero e proprio discorso. La decisione di ritornare al Villaggio era stata repentina, avendo ricevuto in ritardo i dispacci inviati da Konoha circa gli incidenti e il rapimento di Sakura. Aveva percorso chilometri e chilometri senza sosta per giungere in tempo e salvarla, ma una volta alle porte di Konoha si era reso conto di essere arrivato tardi e che era già tutto finito: Sakura era salva e i nemici annientati.

Era rimasto ad osservarla di nascosto, incerto sul da farsi e, alla fine, si era voltato e aveva ripreso il suo cammino.

Ci aveva riflettuto tanto durante quei due anni sulla possibilità di tornare a Konoha. La breve apparizione durante l'attacco di Toneri non aveva rappresentato un ritorno, più che altro era stata una necessità: Naruto era impegnato su altri fronti e non c'era nessuno a difesa del Villaggio. Ma la possibilità di tornare, davvero, mettere radici, era tutt'altra cosa. Tornare avrebbe significato restare e lui non era certo di essere ancora pronto per questo – e forse non lo sarebbe mai stato.

Aveva ripercorso la strada al contrario, spingendosi ai confini della Terra del Fuoco, camminando lentamente come colto da un'inspiegabile stanchezza.

Si era fermato a riposare all'ombra di un grande albero nel bel mezzo di una foresta, più per dare tregua ai suoi pensieri che per dare sollievo al suo corpo.

Aveva posato la pesante borsa a tracolla e la sua attenzione era stata catturata da un rotolo che sporgeva da un lato della stessa. Spinto da una incontenibile e immotivata smania lo aveva impugnato e aperto sulle ginocchia.

La sua mano sinistra aveva indugiato a lungo su quel rotolo intonso prima di imprimervi il primo segno di inchiostro; un tratto incerto, specchio del conflitto emotivo che albergava dentro di lui, che sembrava giunto, infine, a una sofferta risoluzione.

Aveva visto le lettere susseguirsi, formare parole, poi frasi, interpretare e ordinare il turbolento flusso di pensieri, di ricordi, di emozioni che più volte, in passato, aveva messo a tacere in virtù di quelle erronee convinzioni che lo avevano condotto alla sconfitta e poi all'esilio volontario.

Le aveva viste, nere e perfettamente allineate, colmare fino al limite ogni spazio bianco di quel foglio, svuotando gradualmente la sua anima. Un'insolita sensazione di leggerezza lo aveva avvolto come una calda coperta e lo aveva spinto a chiudere gli occhi e a sorridere.

Si era chiesto se potesse essere quella la ''pace'' che suo fratello aveva tanto agognato, se stare bene con se stessi potesse bastare per cambiare le sorti di un'esistenza ritenuta irrimediabilmente compromessa, e se il senso di colpa, prima o poi, potesse davvero scemare fino al punto di sparire.

La risposta l'aveva avuta una volta riaperti gli occhi, trovandosi tra le mani un foglio bianco e… una foglia.

Era stata una corsa senza eguali, non un momento di riposo, una breve sosta per riprendere fiato. Ma una volta giunto dinanzi ai cancelli di Konoha il suo corpo era diventato di pietra, incapace di proseguire, di muovere anche solo un muscolo – e non per la stanchezza.

Il desiderio di tornare al Villaggio si era improvvisamente trasformato in rifiuto e la felicità, la pace, che aveva provato, immaginando di varcarne i cancelli, in profondo terrore.

« Identificarsi! »

La voce della guardia lo aveva riportato alla realtà e si era ritrovato a dover prendere una decisione: voltarsi ancora per non tornare più, oppure…

« Sono Sasuke Uchiha »





« Non dire niente, non una parola » singhiozzò Sakura, perdendo così la possibilità di assistere a un evento più unico che raro: un discorso di Sasuke Uchiha, probabilmente di scuse, forse anche meglio.

Sasuke la guardò un po' perplesso non riuscendo a capire se fosse felice di vederlo oppure no – non si era posto il problema che per lei sarebbe potuto essere uno shock vederlo comparire così, all'improvviso, dopo due anni in cui non si era mai scomodato di darle notizie.

Il suo mantello si mosse in modo impercettibile e Sakura ebbe così paura che se ne andasse di nuovo che il suo corpo si lanciò letteralmente verso di lui e le sue braccia lo avvolsero con forza, mentre il suo viso andava a nascondersi nelle pieghe di quel mantello consunto.

Sasuke sbarrò gli occhi, colto alla sprovvista. Sentiva le lacrime di Sakura bagnargli il mantello, i suoi singhiozzi rimbombare nel suo sterno e le sue braccia stringerlo forte – forse un po' troppo forte.

« Sakura » sussurrò, e la Kunoichi pensò che non esistesse persona al mondo capace di pronunciare il suo nome in quel modo « Mi stai stritolando» E la Kunoichi pensò che non esistesse persona al mondo, a parte Sasuke Uchiha, capace di rovinare con solo tre miserabili parole un momento così intenso e struggente.

Era tornato, era decisamente tornato.

« Scu-scu-scusa » balbettò lei, allontanandosi con dispiacere da lui.

Sasuke, dopo aver percepito con chiarezza il momento in cui le sue ossa si erano riposizionate nelle giuste allocazioni, la osservò attentamente, avendo come la sensazione di avere davanti a lui una persona apparentemente uguale, ma fondamentalmente diversa da come la ricordava. Forse era colpa del nuovo taglio di capelli, o del suo corpo più armonioso, o dei suoi lineamenti leggermente più spigolosi, fatto sta che la osservò con curiosità, come se non l'avesse mai vista prima. Possibile che in quei due anni fosse cambiata così tanto? E lui? Anche lui era cambiato?

« Sembri diverso » affermò Sakura, come se fosse riuscita a leggergli nel pensiero « I capelli » aggiunse, incerta « Sono più lunghi » concluse, sentendosi un po' stupida nel sottolineare una cosa così evidente. Ma come le era venuto in mente?

Si complimentò con se stessa, dandosi ripetutamente dell'idiota, per l'interessante argomento su cui aveva deciso di costruire la conversazione: il nuovo taglio di capelli di Sasuke Uchiha. Se Ino fosse mai venuta a conoscenza di quel particolare l'avrebbe presa a cazzotti fino a farle perdere i sensi – e lei non avrebbe potuto darle torto.

Sasuke assottigliò lo sguardo e inarcò e labbra in uno spontaneo ghigno che lei, per ovvi motivi, interpretò di scherno. Era palese che Sasuke avesse lasciato crescere i suoi capelli volontariamente per coprire il rinnegan, possibile che non ci fosse arrivata subito?

« Già » affermò lui, caustico. Non che avesse voluto esserlo, ma quei due anni di solitudine di certo non avevano giovato alle sue già scarse doti dialettiche.

« Naruto sa che sei tornato? » Sakura decise che fosse il caso di cambiare argomento, dato che era stata così abile da condurre la precedente conversazione a un punto morto, non potendo prevedere che sarebbe andata a toccare un tasto, per Sasuke, alquanto dolente.

No, Naruto non lo sapeva. In realtà, a parte le due guardie alle porte del Villaggio, nessuno sapeva del suo ritorno. Si rese conto solo in quel momento che, una volta varcati i cancelli di Konoha, non aveva pensato ad altro che a trovarla e grazie alla sua nuova abilità oculare non ci aveva neanche messo molto. Non aveva pensato a Naruto, né a porgere gli omaggi all'Hokage; aveva sentito l'urgenza di farle sapere che era tornato perché inconsciamente temeva di non venire riaccettato dal Villaggio – e anche da lei – e riteneva che Sakura potesse essere l'unica capace di rassicurarlo. Dopotutto non aveva idea di quello che poteva essere accaduto in quegli anni, non aveva mai chiesto informazioni all'Hokage su come andavano le cose a Konoha – e su di lei.

Quella promessa che le aveva fatto il giorno della sua partenza a tratti l'aveva sentita pesare sulle sue spalle come un macigno, e a tratti gli aveva dato la forza di proseguire il suo percorso di espiazione per poi tornare da lei come un uomo nuovo, diverso, capace di ricambiare a pieno i suoi sentimenti.

« No » le rispose, non badando alle conseguenze che quella sua affermazione avrebbe potuto cagionare.

Sakura arrossì e si portò una mano sul petto per percepire chiaramente quella meravigliosa sensazione, il famoso ''tuffo al cuore'' che solo Sasuke Uchiha riusciva a procurarle.

« Capisco » esalò, come in punto di morte. Non poteva essere vero, non poteva in alcun modo essere vero: lui non era tornato per lei, sicuramente aveva trovato lungo il percorso la sua Clinica – di cui non sapeva niente e che era giustappunto dall'altra parte rispetto al Palazzo dell'Hokage – e aveva pensato di togliersi il pensiero e rivolgerle un breve saluto. Sì, doveva essere andata così. Non era il caso di crearsi delle aspettative.

« Credo che dovresti dirglielo » aggiunse, sorridendogli.

« Sì, credo che dovrei » confermò lui « Ma prima… »

Le si avvicinò piano, quel tanto che bastava per creare una connessione più intima fra i loro occhi fino a quel momento troppo distanti per parlarsi davvero. Il cuore di Sakura si fermò e così anche i polmoni e ogni altro organo del suo corpo nel percepire il suo fiato così vicino, come quel pomeriggio nel canneto quando quel baka impiccione li aveva bruscamente interrotti. Immobile, come ipnotizzata, con gli occhi sgranati e le labbra dischiuse, sembrava sul punto di collassare da un momento all'altro.

Che fosse finalmente giunto il momento tanto atteso?

« Cosa dovevi dirmi? » le chiese, distruggendo così ogni sua speranza in pieno stile Uchiha.

La povera Sakura, che non era ancora riuscita a razionalizzare che Sasuke si fosse palesato improvvisamente davanti ai suoi occhi increduli, men che meno era stata in grado di valutare la possibilità che lui avesse ascoltato i pensieri che, ingenuamente, aveva proferito ad alta voce.

« Io, beh… » farfugliò, in apnea, riuscendo a indietreggiare di qualche passo fino alo spigolo della scrivania. Aveva dimenticato quanto Sasuke potesse essere sadico.

Cercò istintivamente una via di fuga – ironico, non è vero? - e i suoi occhi si posarono sul braccio posticcio.

« Hai visto? Tsunade-sama alla fine lo ha terminato »

Sasuke gli gettò una breve occhiata per poi ritornare a fissare lei: era divertente vederla così nervosa.

« Ora che sei tornato possiamo impiantartelo come abbiamo fatto con Naruto. Anche se Tsunade-sama non c'è, so perfettamente cosa fare » gli spiegò, rimanendo tuttavia confusa dalla sua apatica reazione a una notizia che, in teoria, avrebbe dovuto rallegrarlo.

« Vedremo » chiosò Sasuke, brevemente: non aveva voglia di affrontare adesso quell'argomento.

« È un'operazione molto semplice e anche la convalescenza non è molto lunga. Naruto è riuscito a utilizzarlo poche settimane dopo l'impianto e non ha avuto alcun problema » incalzò lei, pensando che alla base di quel ''vedremo'' ci potessero essere dei dubbi sulla riuscita dell'intervento.

« Ho detto che vedremo » tuonò lui, infastidito, dirigendosi verso la finestra dalla quale era entrato.

« Va bene » asserì lei, perplessa.

Sasuke scostò la tenda e salì sulla balaustra della finestra, pronto ad andare via e Sakura sentì l'esigenza di chiedergli: « Dove stai andando? »

Temeva che quella breve discussione lo avesse in qualche modo irritato, che lei fosse stata troppo invadente e che, per questo, lui potesse decidere di andare via di nuovo. Tutte quelle cose che si era prefissata di dirgli si erano come volatilizzate a causa dell'emozione e, alla fine, era stata brava solo a farlo contrariare. Che stupida!

« A porgere i miei omaggi all'Hokage e all'usuratonkachi » le rispose, voltandosi appena verso di lei. « Ci vediamo presto » aggiunse, prima di sparire nel nulla – di nuovo – lasciando Sakura in balia di mille pensieri e una pessima, pessima, sensazione.


« Forse dopo tanto tempo che non vi vedevate non si aspettava che ti mettessi a parlare di braccia posticce » ipotizzò Ino Yamanaka, quella sera stessa, davanti a una zuppa di miso fumante.

Sakura, nonostante avesse la testa da tutt'altra parte, nel pomeriggio aveva rispettato i suoi impegni lavorativi e, come quasi ogni sera, aveva raggiunto Ino al solito posto per cenare insieme. L'amica aveva notato da subito qualcosa di diverso: di solito Sakura verteva in uno stato di depressione cronica, cagionata dall'assenza dell'Uchiha, ma quella sera sembrava davvero sul punto di gettarsi dalla cima più alta del Monte degli Hokage e questo poteva significare solo due cose, che Sasuke era tornato o che Sasuke era morto.

« Lo so, Ino » borbottò Sakura « Ma sì, insomma, è comparso così dal nulla, senza preavviso. Mi ha lasciata senza parole. »

« Che cosa ti aspettavi? È Sasuke Uchiha. Le entrate ad effetto sono sempre state il suo forte » argomentò Ino, facendo spallucce.

« Non so nemmeno dove sia adesso. Potrebbe tranquillamente essersene andato… » esclamò Sakura, disperata.

« Oppure potrebbe essere tranquillamente a spasso con Naruto e il Sesto » la zittì Ino prima che Sasuke Uchiha origliasse, involontariamente, per la seconda volta nello stesso giorno, un suo deprimente piagnisteo.

« Ma... » tentò di obiettare Sakura, che apprezzava gli sforzi che l'amica stava facendo per farla sentire meglio, ma trovava quella sua affermazione alquanto azzardata, se non impossibile.

« Voltati » le ordinò l'altra, riprendendo a mangiare, senza troppa voglia, la sua zuppa ormai ghiacciata.

Sakura eseguì l'ordine, scoprendo che quella di Ino non era stata una semplice affermazione buttata lì tanto per consolarla: Sasuke, Naruto e Kakashi-sensei erano a pochi passi da loro.

« Ehi, c'è Sakura-chan! » urlò Naruto, sbracciando animatamente – 'tanto per non dar nell'occhio' osservò Sasuke, contrariato.

Sakura mosse meccanicamente la mano per salutarli troppo impegnata a trattenere le lacrime con tutti i muscoli a sua disposizione.

« Hokage-sama, che onore averla tra noi! » esclamò Ino, appena i tre furono abbastanza vicini al loro tavolo da udirla chiaramente. « Okaeri, Sasuke-kun » aggiunse, lanciando un nostalgico sguardo di sfida alla sua ex eterna rivale, dimostrandole che non fosse poi così difficile mettere in fila tre parole di senso compiuto dinanzi all'Uchiha.

Sakura percepì chiaramente il Byakugou pulsare minaccioso, strinse i pugni sotto il tavolo e si sforzò talmente tanto di sorridere da far scricchiolare la mascella, fingendo che lo sguardo di Ino non avesse sortito alcun effetto su di lei – avrebbero fatto i conti in seguito.

« Buonasera, Ino. Buonasera, Sakura » le salutò l'Hokage. Sakura ebbe come l'impressione che il saluto di Kakashi avesse un non so che di ammiccante. Forse era stato il tono della voce, o quell'accenno di occhiolino che aveva intravisto sotto il cappello, o la faccia da ebete… fatto sta che non gliela raccontava giusta.

Sasuke se la cavò con un « Ciao » generico, in modo da non sforzarsi troppo.

Ino alzò gli occhi al cielo: la paresi facciale di Sakura suggeriva che non avesse alcuna intenzione di spiccicare parola nell'immediato.

« Dove siete stati? » chiese, quindi – le situazioni imbarazzanti lei non le subiva, le creava.

« Da Ichiraku, che domande! » rispose Naruto « Non c'è niente di meglio del ramen per festeggiare il ritorno di un amico » continuò, non facendo caso alla pentola a pressione in cui si era gradualmente trasformata Sakura apprendendo di essere stata esclusa dalla prima rimpatriata del Team 7.

« Avreste potuto invitarmi » ringhiò la ragazza, a braccia conserte.

« Io ho provato a dirglielo, Sakura » intervenne Kakashi con prontezza – non era stato nominato Hokage a caso. « Ma sai come sono fatti questi due. Hanno iniziato a bisticciare e ci siamo ritrovati davanti al chiosco del ramen senza neanche accorgercene » le spiegò, dando adito a tutta la sua proverbiale diplomazia.

« È vero, Sakura-chan. » Naruto, andò in aiuto del suo Maestro, temendo che da un momento all'altro Sakura sfogasse la sua ira su qualcuno a caso – di solito lui.

Per precauzione si spostò anche, nascondendosi dietro Sasuke, quasi certo che Sakura non avrebbe mai e poi mai alzato un dito contro di lui.

E così fu. Sakura respirò profondamente, ritrovando la calma e poi posò lo sguardo su Sasuke che continuava a fissarla come quella mattina nel suo studio, come se fosse stata una specie di animale raro o, peggio, un caso clinico.

« Per questa volta vi perdono » annunciò la Kunoichi, sorridendo ai tre traditori « Ma la prossima volta non sarò così clemente »

Scoppiarono tutti in una fragorosa risata, tranne Sasuke che si limitò a incurvare le labbra in un sorrisetto sghembo, ma sincero.

« Beh, si è fatto tardi, ragazzi » esordì Kakashi, subito dopo « Sasuke, pensa a quello che ti ho detto e tu, Naruto, torna a casa da tua moglie » aggiunse, ricevendo un cenno di assenso dal primo e un sorriso, accompagnato da una grattatina imbarazzata alla nuca, dal secondo.

Sakura spostò subito lo sguardo su Sasuke che sembrava essersi come irrigidito, udendo le parole del loro Maestro.

« Kakashi-sensei ha ragione, è giunta l'ora che torni a casa da Hinata-chan. » comunicò Naruto « Non l'ho neanche avvisata che rimanevo fuori a cena » constatò, grattandosi la guancia con l'indice della mano.

E questa volta Sakura non poté esimersi.

« Baka! » gli urlò, colpendolo alla testa « Tua moglie è una Santa donna se riesce a sopportarti. Torna immediatamente a casa e chiedile perdono! »

« Mi hai fatto male, Sakura-chan! » piagnucolò, con un gran bernoccolo sulla testa.

« L'hai fatta grossa, Naruto. » intervenne Ino « Era da molto tempo che Sakura non ti pestava. »

« Beh, certe cose non cambiano mai, ne Sas'ke? » esclamò Naruto, facendo l'occhiolino all'amico prima di darsela a gambe.

'' Certe cose non cambiano mai '' ripeté Sasuke nella sua mente, incrociando lo sguardo ancora furente di Sakura.

« Uahahah! » Ino sbadigliò rumorosamente – e spontaneamente, soprattutto. « Credo che anch'io andrò a casa. » comunicò agli altri due che attirati dall'animalesco suono si erano voltati verso di lei « Ci pensi tu ad accompagnare Sakura a casa, vero Sasuke-kun? » gli chiese in fretta.

« Ma... io so badare a me… » tentò di obiettare Sakura.

« Sì, ci penso io » la interruppe Sasuke, lasciandola con la bocca aperta come quella di un pesce morto da giorni e con le ultime parole che avrebbe voluto proferire congelate sulla punta della lingua.

« Allora grazie e buonanotte » si congedò Ino, scappando via come un fulmine.

« Andiamo? » le propose Sasuke poco dopo.

« O-ok. » balbettò lei, un po' confusa, ma consapevole di essere appena stata vittima di un complotto.




Camminarono a lungo, in assoluto silenzio. Nessuno dei due sembrava avere il coraggio di dire niente. O meglio, Sasuke come sempre non aveva alcuna voglia di parlare benché avesse tante cose da dirle, mentre Sakura tremava all'idea di aprire bocca per paura di sbagliare tutto di nuovo – benché anche lei avesse almeno un milione di cose da dirgli e un centinaio di domande da porgli.

Quei due anni di lontananza sembravano aver distrutto quel pizzico di complicità che si era creata tra loro prima delle partenza di Sasuke ed entrambi avevano come l'impressione di essere regrediti.

Tuttavia dopo una lunga e sofferta riflessione Sakura decise che fosse il caso di comunicargli qualcosa di molto importante: « Abbiamo preso la strada sbagliata »

Il sopracciglio destro di Sasuke si impennò: 1) perché non l'aveva detto prima; 2) cosa poteva saperne lui che aveva cambiato casa; aveva il rinnegan, non una palla di cristallo incorporata.

« Non abiti più lì? » le chiese, sorvolando con magnanimità sulle questioni suddette.

« No. Da un anno vivo da sola, nei pressi della Clinica » gli rispose, con un pizzico di orgoglio « Sai, può capitare che di notte ci possano essere delle urgenze e la casa dei miei genitori era troppo distante »

« Ma cosa fate di preciso in quella Clinica? » indagò Sasuke, cogliendo l'occasione per approfondire un po' il discorso. Sapeva che Sakura era ormai famosa in tutte le Terre Ninja per le sue capacità in ambito medico, ma non riusciva a capire perché non fosse rimasta a esercitare solo presso l'Ospedale e avesse deciso di aprire una Clinica tutta sua.

« Aiutiamo a livello psicologico bambini che hanno subito dei traumi. » gli spiegò, sorridendo per quella domanda inattesa « Con la guerra molti di loro sono rimasti orfani, altri hanno subito degli shock molto forti, e noi diamo una casa, un rifugio sicuro, dove hanno la possibilità di ricominciare da capo »

« Ricominciare da capo, dici? » sussurrò Sasuke, smettendo di camminare. Covava nel suo cuore quella speranza da così tanto tempo che non credeva fosse possibile, non in quella vita, non per lui.

Sakura gli si parò davanti e lo guardò dritto negli occhi, in modo che questi ultimi potessero riconoscere nei suoi quanto lei fosse convinta delle parole che stava per dirgli.

« Tutti hanno diritto a una seconda possibilità, Sasuke-kun. »

Rimasero a guardarsi per un interminabile attimo, parlando un muto linguaggio che conoscevano soltanto loro, con il quale erano sempre riusciti a capirsi anche quando le loro labbra si muovevano per produrre suoni diversi, opposti, rispetto a quelli che erano i rispettivi pensieri. Suoni dolorosi, offensivi, volti a spezzare quel legame che sussisteva tra loro, da sempre. Gli occhi non avevano mai mentito, neanche quando l'odio era diventato così forte da renderli ciechi.

« Spero tu abbia ragione » affermò lui, riprendendo il cammino.

E per la seconda volta, quel giorno, Sakura sentì premere sul suo petto un pesante senso di angoscia: non era certa che quel viaggio avesse giovato a Sasuke, al contrario sembrava che avesse solo risvegliato in lui la paura.





« Ti ringrazio per avermi accompagnata, sei stato molto gentile »

Sasuke si guardava intorno, incuriosito dal fatto che Sakura avesse deciso di andare a vivere da sola. Il palazzo non era male, sembrava essere stato ristrutturato da poco e anche il quartiere dava l'idea di essere abbastanza tranquillo.

Sakura era rimasta impalata sulla porta del suo appartamento, non sapendo bene cosa fare visto che lui non dava segno di volersene andare. Non che la cosa le dispiacesse, ma insomma, era un tantino imbarazzante – una costante della giornata.

« V-vuoi entrare? » si decise a proporgli, con lo sguardo basso e le gote in fiamme.

« Mh » mugolò Sasuke e Sakura si voltò per aprire la porta interpretandolo come un sì.

Accese la luce nel corridoio e si tolse i sandali all'ingresso, facendogli strada all'interno del piccolo appartamento, mentre mentalmente cercava di ricordare se avesse messo tutto in ordine prima di andare al lavoro.

« Non è molto grande, ma è vicino alla Clinica e poi, insomma, per una persona sola va più che bene » si affrettò a spiegargli, mentre accendeva le restanti luci della casa.

Sasuke, in vero, la trovò molto accogliente. Non era dispersiva, era molto ordinata e funzionale, qua e là si poteva notare il tocco inconfondibile di una donna: i vasi di fiori , le tende colorate e il bagno che profumava di bagno doccia al mughetto.

Il profumo di Sakura. Gli era mancato.

« Ti va un tè? » Sakura tentò di controllare il crescente nervosismo impegnandosi in qualcosa che non contemplasse lo stare nella stessa stanza con Sasuke – paradossale pensando alle volte in cui aveva sognato di averlo lì con lei.

« No, grazie » le rispose, rimanendo impalato al centro del salottino da dove riusciva ad avere una visuale completa della casa.

« Allora… di cosa avete parlato questa sera. Intendo tu e Kakashi-sensei? » gli domandò Sakura, nonostante sapesse di poter andare incontro a un gentilissimo '' Non sono affari che ti riguardano ''. Corse il rischio non riuscendo a sopportare l'idea di essere all'oscuro di qualcosa che riguardasse Sasuke perché ogni sua azione inevitabilmente si ripercuoteva sulla sua salute mentale.

« Mi ha consegnato di nuovo le chiavi del suo appartamento » le spiegò, sorprendentemente senza farsi pregare « E mi ha proposto di svolgere dei compiti per Konoha » aggiunse, voltandosi verso di lei dopo aver terminato di ispezionare e memorizzare ogni angolo dell'appartamento – il rinnegan non era una palla di cristallo incorporata ma aveva i suoi vantaggi.

« Per quanto ti fermerai? » incalzò Sakura – già che c'era perché non tentare.

« Non lo so » le confessò con sincerità. Era come stralunato, spaesato, non era più abituato a vivere a contatto con le persone quotidianamente e non era sicuro che non avrebbe più provato il desiderio di stare da solo. Inoltre lui rappresentava un pericolo per tutti coloro che gli erano vicini a causa del suo rinnegan. C'era gente senza scrupoli che avrebbe fatto di tutto pur di impadronirsene e lui non desiderava affatto che le persone a lui care potessero correre dei rischi. Aveva già perso la maggior parte delle persone a cui teneva di più al mondo, non poteva permettere che accadesse ancora. Kakashi e Naruto avevano tentato di rassicurarlo, mascherando la medesima preoccupazione dietro quell'ottimismo che li aveva contraddistinti da sempre. Lo avevano fatto per lui e anche per Sakura, che nonostante tutto aveva continuato ad amarlo, adducendo prove alla teoria di Naruto secondo la quale ''alcune cose non cambiavano mai''.

Ma non era quello il luogo, né il momento per affrontare quell'argomento: era felice di essere tornato, di aver rivisto Sakura e, malgrado non fosse un esperto in relazioni, non aveva intenzione di rovinare anche quell'attimo.

Sentì la mano di Sakura posarsi, debole e tremante, sulla sua schiena e ricordò il piacevole calore del suo corpo in quelle notti in cui lei vegliava sui suoi sogni.

Si voltò e, afferrandole il polso, la costrinse a posare la mano sul suo petto, in corrispondenza del cuore che batteva impazzito per poi sollevare la sua di mano, per accarezzarle il viso con il dorso, delicatamente, come fosse il fragile petalo di un fiore, e farla poi scomparire tra i suoi capelli morbidi e profumati.

« Okaeri, Sasuke-kun » mormorò Sakura sul suo petto, riuscendo finalmente a ricordare una delle tante cose che si era ripromessa di dirgli.



« Grazie »





Note Autrice



Gentilissimi lettori,

so che molti di voi aspettavano questo capitolo da parecchi mesi e devo confessarvi di essere particolarmente emozionata.

Ho ricevuto tantissimi messaggi sia su Efp, che su Wattpad, finanche su Fb, in cui mi si chiedeva di continuarla, ma un po' per la scarsa ispirazione, un po' per lo scarso tempo a mia disposizione, sono stata costretta a rinviare questo capitolo mese dopo mese. Ultimamente, complice anche un cambiamento degli orari di lavoro, sono riuscita a concentrarmi e a imbastire una specie di bozza sulla quale poi ho lavorato.

Ho inserito qua e là dei riferimenti alla novel di Sakura e a quella di Sasuke perché… perché sì, mi piaceva l'idea e avevo bisogno di collegare alcune parti del capitolo che mi convincevano poco.

Ho deciso di iniziare la ''Seconda Parte'' con il ritorno di Sasuke perché la testa mi diceva così, tuttavia nei prossimi capitoli ho intenzione di inserire alcuni flashback del viaggio di redenzione. Questo perché, altrimenti, la storia sarebbe stata troppo lunga e francamente le fan con duecentocinquanta capitoli non rientrano tra le mie preferite. I capitoli saranno un pochino più lunghi – se dovessero diventare noiosi vi prego di avvertirmi – e gli aggiornamenti sicuramente lenti – ma non ho alcuna intenzione di abbandonare questa storia, quindi abbiate fede.

Vi ringrazio tanto per la pazienza e soprattutto per il supporto che mi avete sempre dato.

Attualmente questa storia è la più seguita tra quelle che ho scritto e questo mi riempie di gioia – e mi fa pensare che le altre non siano un granché. LOL. :-) * crollo dell'autostima in corso *

Ringrazio, quindi, chi l'ha inserita nelle storie preferite, seguite, ricordate, chi l'ha recensita e chiunque dovesse recensirla in futuro. Mi sento in debito con voi di almeno una tonnellata di affetto e spero di riuscire a ripagarlo migliorando la qualità delle mie storie. Sapere che qualcuno legge e apprezza ciò che scrivo è un enorme soddisfazione e uno sprone a cercare di fare sempre meglio. Mi auguro di non deludervi.

A presto.


Blueorchid31



Note:

(1) Citazione tratta dal capitolo 4 '' Contare '' di '' Voce del Verbo Amare ''. http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2641666 Scusate non ho resistito, ci stava troppo bene. Quel capitolo rimane uno dei più divertenti che io abbia mai scritto. :-)

(2) Tanabata: Festività giapponese che celebra il ricongiungimento di Orihime e Hikoboshi, che rappresentano rispettivamente le stelle Vega e Altair. Secondo la leggenda i due amanti, separati dalla Via Lattea, potevano incontrarsi solo una volta l'anno nel settimo giorno del settimo mese lunare del calendario lunisolare.

Si festeggia il 7 di luglio. Questa mia scelta ha un senso, fidatevi.

















Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** #17 Rehab ***



Image and video hosting by TinyPic



#17 Rehab





« Buongiorno. »

Sakura non riusciva proprio a ricordare quando fosse stata l'ultima volta che aveva dormito così bene. I suoi sogni, infatti, venivano costantemente infestati da cattivi presagi, frutto della sua preoccupazione nei confronti di Sasuke.

Sorrise, ancora un po' assonnata, e si accoccolò meglio nell'incavo della sua spalla.

Non si sa bene come, ma era riuscita a convincerlo a rimanere a dormire da lei nonostante lui le avesse fatto notare, più volte, che sarebbe stato sconveniente dato che ora viveva da sola – e non si poteva di certo affermare che loro avessero una vera relazione.

Sasuke aveva sempre avuto una certa difficoltà ad accettare l'ovvio.

Era la palese rappresentazione di quello che solitamente chiamiamo '' un testone ''. Non che non ci arrivasse alle cose, dopotutto era un Uchiha e per diritto di nascita era un genio, più che altro si rifiutava di capirle, soprattutto quando queste andavano a mirare il suo già non troppo stabile equilibrio.

E mentre le sue braccia continuavano a stringere Sakura, come avevano fatto per tutta la notte, si era posto una fatidica domanda: E adesso?

Si era quasi pentito di aver accettato il suo invito, o meglio di aver ceduto alla pragmatica tattica coercitiva di Sakura che aveva avuto come argomenti principali: '' Mi sei mancato tanto '', '' Mi sono sentita così sola '' e '' Ti prego resta con me questa notte ''.

Tre coltellate dritte al petto che erano riuscite a risvegliare in lui l'inestinguibile senso di colpa che provava nei suoi confronti.

« Rimango fino a che non ti addormenti. »

Le aveva concesso con benevolenza, perché sul serio credeva che fosse alquanto sconveniente che lui rimanesse lì – più per lui che per l'opinione pubblica.

Sasuke non era, e non sarebbe mai stato, un tipo da zero a dieci. Poi, conoscendo Sakura, il dieci non le sarebbe neanche bastato: ambiva come minimo al cento, se non al mille, e quella richiesta ne era stata una prova inconfutabile.

Aveva ancora bisogno di metabolizzare il fatto di essere tornato a Konoha, di averla rivista e non aveva ben chiaro quali sarebbero stati i suoi progetti per il futuro da quel momento in poi. Per quanto ne sapeva sarebbe potuto anche ripartire il giorno dopo senza troppe cerimonie e spezzarle di nuovo il cuore.

Eppure, quando lei gli si era accostata con dolcezza e, dopo aver afferrato la sua mano, lo aveva condotto nella sua camera da letto tinta di rosa, i suoi piedi si erano mossi da soli e, ubbidienti, l'avevano seguita.

Quando lei si era adagiata sul letto e gli aveva sorriso, lui era rimasto per un po' in piedi a guardarla: illuminata solo dal chiarore della luna – piena. Che persecuzione! – si era accorto di quanto fosse diventata bella, matura, e si era convinto ancora di più del fatto che, per nessuna ragione al mondo, sarebbe dovuto rimanere a dormire lì con lei.

Dopotutto erano passati tre anni, non erano più dei ragazzini; entrambi avevano raggiunto la cosiddetta '' maturità sessuale '' di cui lui conosceva a stento le basi. L'alibi che ai tempi del Team 7 avevano dormito insieme un'infinità di volte non reggeva più: a dodici anni, certi pensieri, non lo sfioravano minimamente.

All'improvviso una funesta riflessione gli balenò nella testa: sarebbe stato poi così assurdo se Sakura avesse avuto, nel frattempo, una storia con qualcun altro?

Era una bella ragazza, un medico stimato, e sicuramente qualcuno doveva aver fatto qualche pensierino sul suo conto.

Ovviamente, a causa del suo spropositato orgoglio, non aveva osato chiederle niente: sarebbe stato troppo umiliante. Ma, alla fine, proprio quel pensiero funesto era riuscito a convincerlo a raggiungerla su quel letto che, stanco com'era, appariva davvero molto invitante. Inoltre aveva realizzato che in quel modo, secondo uno dei suoi contorti ragionamenti, avrebbe potuto segnare di nuovo il territorio, rivendicare la sua proprietà su quel letto e sulla donna che vi era stesa sopra. Era stato un gesto infantile? Sì, lo era stato. Ma da Sasuke.

Il resto era stato abbastanza semplice: Sakura gli si era avvicinata con la solita delicatezza, aveva afferrato il suo braccio – l'unico a disposizione – e lo aveva fatto passare dietro il collo. Una cosa nuova per Sasuke: abituato ad essere abbracciato lo metteva abbastanza a disagio che lei lo avesse costretto – che esagerazione! – a ricambiare il favore, così, su due piedi, appena tornato. Da zero a cento, ecco.

Con lo sguardo perso e un'espressione che definire da ebete sarebbe stato un complimento, aveva assistito al compimento di una delle fantasie adolescenziali di Sakura: dormire sulla sua spalla. La ragazza, infatti, dopo essersi fatta strada sotto le lenzuola, avendo cura di coprire anche lui, aveva trasformato, non si sa bene come, l'incavo della sua spalla in un accogliente cuscino. Una posizione comoda per lei, di certo non per lui che, tuttavia, essendo ancora molto turbato da quella novità, non aveva avuto il coraggio di opporsi.

« Raccontami un po' del tuo viaggio. Voglio sapere tutto. »

Ecco un'altra cosa che Sasuke odiava fare: parlare. Soprattutto dopo un viaggio estenuante e dopo essere stato costretto – ancora? - ad abbracciarla contro il suo volere – ma sul serio?

La posizione supina, con lei che lo abbracciava da dietro, come sempre, non sarebbe stata più comoda, più congeniale? Sicuramente non avrebbe avuto il suo respiro a così poca distanza – per non dire le sue labbra.

Il suo alito caldo gli solleticava piacevolmente il collo, facendolo sentire come avvolto dalla sua essenza e la mano di Sakura, quella libera, che poggiava sul suo petto, in direzione del cuore, sembrava messa apposta lì come per controllare le sue reazioni. Da zero a mille… avrebbe dovuto aspettarselo!

« Dormi. » le aveva intimato, dandole un paio di buffetti sul braccio: come avrebbe fatto un vecchio nonno o una mamma affettuosa. Era proprio negato in certe cose.

Sakura aveva chiuso gli occhi, ripromettendosi di riaprire il discorso in un'altra occasione. Era davvero curiosa di sapere dove fosse stato in quegli anni, quali fantastiche avventure avesse vissuto…


Avventure?


Non aveva la più pallida idea di cosa avesse combinato in quel periodo, per quanto ne sapeva poteva anche aver avuto altre storie e lei non lo avrebbe mai saputo.

No, non sarebbe stato da Sasuke. O almeno cercò di convincersene.

Aveva aggiunto anche quella domanda alle tante che aveva intenzione di porgli e poi aveva ubbidito, senza sforzarsi troppo , al suo ordine – era distrutta e dalla giornata faticosa e dalle troppe emozioni a cui non era più abituata.


« Buongiorno a te. » masticò, prima di razionalizzare di trovarsi ancora tra le sue braccia e che probabilmente il suo alito potesse non essere dei migliori.

Non le era mai capitato di risvegliarsi con Sasuke. Di solito lasciava la sua stanza appena lui si addormentava per ritornare a casa dai suoi genitori. Inutile dire che l'adrenalina le era salita a mille e che avrebbe potuto tranquillamente mettersi a piangere da un momento all'altro per il fatto che Sasuke avesse deciso, infine, di passare tutta la notte con lei e non fosse andato via come le aveva detto.

Il terrore di avere l'alito pesante, la costrinse a prendere una pesante decisione: staccarsi immediatamente da lui e correre in bagno a lavarsi i denti. Una delle sciocche fisime che hanno tutte le donne le prime volte che dormono con un uomo… e dato che quell'uomo era anche quello dei tuoi sogni, quello che aveva rincorso per tutta la vita, per cui aveva sofferto le pene dell'inferno, trovava assolutamente fuori luogo che lui associasse il loro primo risveglio insieme al presumibile cattivo odore del suo alito.

Si sollevò, quindi, con lentezza, dalla sua comoda spalla – i movimenti bruschi con Sasuke potevano essere pericolosi – con estremo sollievo dell'Uchiha che già orfano di un braccio, aveva temuto, per tutta la notte che il dolce peso di Sakura potesse decretare la perdita anche dell'altro. A quel punto sì che sarebbe stato apposto.

Sasuke si sgranchì subito la spalla, sbattendo in faccia alla ragazza il disagio provato fino a quel momento.

« Scusa. Non mi sono accorta di essere rimasta tutta la notte appoggiata al tuo braccio. » si sentì di dirgli, provando un enorme senso di colpa.

Il termine '' appoggiata '' suonò alle orecchie di Sasuke abbastanza limitativo: lei non si era solo appoggiata, la sua testa dopo essersi addormentata era diventata pesante come quella di Chōji durante la tecnica del gigantismo.

« Non importa. » mormorò: non trovava giusto incolpare lei di qualcosa che, con un pizzico di volontà in più, avrebbe potuto evitare.

E sarebbe stato ancora più difficile spiegarle quale fosse stato il motivo che lo aveva portato a rimanere fino al mattino seguente, disattendendo la promessa che si era fatto di lasciarla non appena si fosse addormentata.

Cullato dal respiro pesante e regolare di Sakura, aveva pensato che se avesse chiuso gli occhi per un secondo non ci sarebbe stato poi nulla di male – se lo meritava, dopotutto, un po' di riposo.

Era certo che tanto, dopo un po', si sarebbe svegliato, non avendo mai avuto un sonno molto pesante, e che quindi non potesse esserci alcun rischio che rimanesse lì ancora a lungo.

Si sbagliava.

Era caduto in un sonno profondo, troppo sereno rispetto ai suoi canoni. Il piacevole tepore del corpo di Sakura, avvinghiato al suo, aveva avuto lo stesso effetto di un potente sonnifero, aveva sigillato i suoi occhi, impedendogli di riaprirli.

Tuttavia, adesso, guardando Sakura, inginocchiata sul letto, con gli occhi ancora gonfi dal sonno, e quel tipico broncio da '' ho procurato fastidio a Sasuke, come farò mai a farmi perdonare'' , ritenne che, in fondo – ma molto in fondo – quel risveglio fosse stato uno dei migliori dei suoi ultimi tredici anni di vita.

Incurvò le labbra in una specie di sorriso: conoscendo Sakura, al momento, il suo cervello doveva aver elaborato almeno un centinaio di ipotesi tutte tendenzialmente apocalittiche ed era più che certo, dati i precedenti, che non sarebbe riuscito a tranquillizzarla in alcun modo. Appena sveglio, poi!

Fortunatamente, quell'accenno di sorriso fu in grado di modificare all'istante l'umore della ragazza che, come appena punta da una tarantola, si alzò di scatto dal letto e si diresse, canticchiando, in cucina.

Sasuke rimase seduto sul letto, chiedendosi come facesse quella donna ad avere tutta quell'energia già a prima mattina: era davvero incredibile.

Posò la testa contro la spalliera del letto e chiuse gli occhi per un attimo, godendosi quella sensazione di casa, di famiglia, che non provava più da tantissimo tempo.

Aveva sempre saputo, dentro di sé, che Sakura e Naruto avrebbero potuto ridargli tutto quello che gli era stato tolto. Aveva rinnegato più volte il loro legame e aveva tentato addirittura di distruggerlo, ritenendo che fosse assurdo che loro potessero amarlo sul serio quando lui aveva fatto di tutto per non meritarlo e per proteggerli da quella maledizione che lo aveva perseguitato dalla notte della strage del suo Clan: tutte le persone a cui lui si affezionava, finivano per soffrire, o peggio, morire.

Questo ragionamento lo aveva portato spesso a valutare l'ipotesi di non fare più ritorno a Konoha.

Durante il suo viaggio, infatti, si era ritrovato di fronte a persone senza scrupoli, intenzionate a entrare in possesso delle sue abilità oculari, oltre a una serie di nemici che ritenevano di avere un conto ancora aperto con lui. Aveva incontrato gente che aveva identificato in lui la figura del rivoluzionario e che aveva sperato di sfruttarla per ottenere libertà o potere. Il suo viaggio di espiazione gli aveva fatto aprire davvero gli occhi sul mondo e tutto ciò che era riuscito a vedere non gli era piaciuto per niente.

Non tutto, sia chiaro.

Aveva avuto la possibilità di conoscere persone dal grande cuore che vivevano di poco, ma erano felici; persone che, malgrado i continui soprusi, non avevano perso la speranza. Ma su una ipotetica cartina geografica dove il bene era contraddistinto dal colore bianco e il male dal nero, quest'ultimo risultava essere dilagante.

Konoha, dopo la guerra, poteva considerarsi un'isola felice a confronto di quello che vi era oltre i suoi confini. L'alleanza con gli altri Villaggi aveva portato a un periodo di pace e prosperità, ma a conti fatti, Sasuke si chiedeva quanto sarebbe potuto durare.

La possibilità di mettere in pericolo, o addirittura perdere, le persone che amava – perché le amava, su questo non aveva più alcun dubbio – lo aveva convinto a rimanere lontano, credendo che così avrebbe potuto proteggerle.

La faccenda di Kido lo aveva preso totalmente alla sprovvista: aveva agito d'istinto, senza pensare alle conseguenze. L'idea che Sakura potesse essere nei guai – e per colpa sua, come sempre – lo aveva fatto imbestialire a tal punto da non vedere l'ora di mettere le mani su quei maledetti che avevano osato sfruttarla per i loro loschi scopi. In questo era sempre stato bravo: la vendetta l'aveva nel sangue, dopotutto.

Era tornato, troppo tardi per intervenire, ma in tempo per essere sicuro che Sakura stesse bene. Si era sentito sollevato, ma allo stesso tempo, aveva meditato sul fatto che se lui fosse stato al Villaggio, forse, Sakura non si sarebbe trovata in quella spiacevole situazione. Kido se la sarebbe presa direttamente con lui e, a quel punto, sarebbe stato più che facile annientarlo all'istante.

Si portò una mano alla fronte, come per mettere pace nella sua testa. Per quanto in quel momento fosse pervaso da una sensazione di benessere, non riusciva in alcun modo a non pensare che, come Kido, anche altri avrebbero potuto creare scompiglio nel Villaggio a causa sua.

Certo, rimanendo al Villaggio, avrebbe potuto affrontare i nemici su territorio amico, con l'ausilio dei suoi compagni, non ritrovandosi a combattere da solo come era accaduto durante quel viaggio, ma era giusto mettere a repentaglio la pace del Villaggio per egoismo?

E per egoismo Sasuke intendeva: creare una famiglia, restaurare il suo Clan, e vivere il resto dei suoi giorni in pace. Un'utopia in pratica, dato il soggetto.

« La colazione è pronta, Sasuke-kun. »

Riaprì gli occhi, udendo la voce della donna, e quello che vide bloccò per un attimo il suo respiro: il viso di sua madre si era sovrapposto a quello di Sakura.

Sicuramente quell'allucinazione era il frutto del condizionamento psicologico cagionato dai suoi pensieri, ma sembrava davvero così reale!

Richiuse immediatamente le palpebre e poi le riaprì di nuovo, riconoscendo Sakura sulla porta, un po' perplessa, sicuramente agitata dal fatto che lui non le avesse ancora risposto.

Posò i piedi sul pavimento, rimanendo seduto sul letto, e si portò la mano tra i capelli.

« Qualcosa non va, Sasuke-kun? » gli domandò Sakura, avvicinandosi al letto e mettendosi in ginocchio davanti a lui.

« Sei pallido. » aggiunse – evitando di dire '' più del solito'' – mentre la sua mano andava a poggiarsi sulla sua guancia – la notte passata insieme l'aveva persuasa di potersi concedere qualche libertà in più.

Che errore fatale!

« Non toccarmi! » le intimò, scostando il viso.

Ed ecco il ritorno in grande stile di Sasuke Uchiha!

Davvero Sakura si era illusa che una notte passata insieme avrebbe potuto segnare una svolta?

Si chiuse nelle spalle e abbassò il capo, ferita e delusa.

Sasuke avrebbe tanto voluto dirle qualcosa, conscio della sua reazione forse un po' esagerata, ma era stato davvero traumatico per lui quanto accaduto poco prima.

Gli ritornarono alla mente le parole di Kakashi, poco prima dello scontro con Naruto, quando Sakura era già priva di sensi: '' Lei voleva solo starti vicino, voleva salvarti. ''

Anche in quel momento Sakura stava cercando di farlo e fu inevitabile per lui sentirsi di nuovo in colpa.

'' Questo per me appartiene al passato. '' aveva risposto al suo Maestro, mentre nella sua mente si figurava con chiarezza l'immagine della sua famiglia.

All'epoca quelle parole erano state il riflesso di una vita dedicata solo alla vendetta, in cui non c'era spazio per i sentimenti. Sakura e Naruto avevano sempre rappresentato per lui una debolezza ed era stato quello il motivo per il quale aveva tentato in tutti i modi di allontanarli. Loro rappresentavano quanto di più simile a una famiglia e risvegliavano in lui sentimenti che non poteva permettersi di provare; sentimenti che credeva ormai sopiti, schiacciati dal peso dell'onere che aveva deciso di sopportare, da solo.

Ma adesso?

Quel discorso non aveva più alcuna valenza, qualcosa in lui era cambiato e la vista di Sakura che si martoriava le mani per reprimere il pianto stava avendo un effetto devastante sulla sua psiche, già abbastanza turbata.

Doveva andarsene, aveva bisogno di riflettere, prima di poterla ferire ancora. Non lo desiderava affatto.

« Io dovrei andare in Clinica »

Inaspettatamente Sakura, con un filo di voce, lo liberò dall'impaccio. Che fosse vero o meno, Sakura gli era andata incontro, di nuovo, in qualche modo aveva capito che lui avesse bisogno di stare da solo.

La vide alzarsi in piedi e uscire dalla stanza a testa bassa, con i capelli che le coprivano il viso, non dandogli modo di vedere i suoi occhi colmi di lacrime.

« La colazione è sul tavolo. » gli comunicò, facendo un enorme sforzo per non attribuire al suo tono di voce alcuna particolare inflessione che potesse indurlo a comprendere quanto lei ci fosse rimasta male « Devo proprio andare, scusami. » si congedò, scappando via come un fulmine.

Quando Sasuke sentì la porta d'ingresso chiudersi realizzò quanto fosse stato deficiente.

Troppo tardi.

Iniziava seriamente a pensare che provasse un mefistofelico gusto nel combinare casini e poi farsi perdonare, non poteva esserci altra spiegazione.

Se la sua mente contorta e turbata non fosse stata ancora così incasinata, quel risveglio sicuramente sarebbe potuto essere più piacevole, sia per lui che per lei.

Il suo viaggio, allora, non aveva sortito alcun effetto? Possibile che non fosse riuscito a mettere ancora ordine nella sua testa?

' Maledizione! ' esclamò dentro di sé, stringendo la stoffa dei pantaloni.

Nonostante i suoi sforzi per convincersi che fosse giusto andare avanti, seppur a piccoli passi, finiva con il ritrovarsi sempre al punto di partenza.



♦●♦



Sakura giunse alla Clinica con ampio anticipo e si chiuse nel suo studio, scoppiando in un pianto dirotto.

Era delusa, affranta.

Perché doveva essere sempre così difficile?

Aveva sperato che il viaggio di Sasuke fosse riuscito in qualche modo a rasserenarlo, che lo avesse aiutato a capire che ci potesse essere ancora qualcosa di bello per lui in quel pazzo mondo che aveva fatto di tutto per renderlo infelice.

Lei, da sola, ci aveva provato un'infinità di volte, ma senza grandi risultati.

Possibile che avesse rimosso dalla sua memoria ciò che era accaduto prima della sua partenza?

Ok, non che fosse accaduto chissà cosa, ma quantomeno il loro rapporto sembrava aver preso la giusta direzione… mentre adesso aveva come la sensazione di essere di nuovo al punto di partenza.

Perché? Cosa era andato storto?

Forse aveva corso troppo? Forse chiedergli di rimanere a dormire da lei era stato prematuro?

Sasuke lo aveva definito '' inopportuno ''…

Sentiva la testa che le scoppiava e dalle lacrime, e dai pensieri.

Si guardò allo specchio, il piccolo specchio posto sopra il lavandino di servizio, e riconobbe nel suo riflesso la debole e insicura Sakura che era stata un tempo.

Che amarezza!

Si sciacquò il viso, sperando di trarne beneficio, e dopo averlo asciugato, provò di nuovo a specchiarsi, ma niente: Sasuke era riuscito di nuovo a demolire tutte le sue convinzioni.


« Buongiorno! » urlò Ino, aprendo la porta – rigorosamente senza bussare e stranamente in orario – proprio nel momento peggiore possibile.

Quella mattina, curiosa di sapere cosa fosse accaduto tra Sakura e Sasuke, Ino aveva impostato la sveglia più o meno alla stessa ora in cui il gallo degli Akimichi iniziava a cantare.

Saltellando come una scolaretta, si era recata in Clinica e subito una delle infermiere l'aveva avvisata che la Dottoressa Haruno era già arrivata.

Lì per lì, Ino non aveva trovato la cosa sospetta: Sakura era sempre in orario. Ma appena aperta la porta, ritrovandosi di fronte alla versione dodicenne, distrutta, della Haruno, aveva subdorato subito che il ritorno di Sasuke non fosse stato lieto come tutti si aspettavano.

« Cos'è successo? » le domandò, subito, afferrandola per le spalle.

« Niente. » tentò di rassicurarla l'amica, con scarsi risultati.

« Se quell'idiota di un Uchiha ne ha fatta un'altra delle sue, questa volta lo strozzo con le mie stesse mani. » E Ino non scherzava affatto. Era prontissima ad affrontarlo a viso aperto e a vomitargli addosso tutto il suo risentimento per la sofferenza che aveva causato alla sua migliore amica – e anche a lei, prima che si accorgesse di avere ben altri gusti, anch'essi alquanto particolari.

« Non voglio che tu ti intrometta. Anzi, non voglio che questa faccenda trapeli da queste quattro mura. Sono stata chiara, Ino? » la minacciò Sakura, cambiando completamente atteggiamento.

No, questa volta non avrebbe permesso a nessuno di interferire, né a Ino, e men che meno a Naruto. Trovava che fosse veramente infantile da parte sua consentire ai suoi amici di farsi portavoce delle sue paranoie come se lei non fosse in grado di risolvere da sola i suoi problemi.

Ino annuì controvoglia. In vero non vedeva l'ora di mettere le mani addosso a quell'insensibile caprone, ma la risolutezza che aveva letto negli occhi di Sakura la convinse a desistere: le continue interferenze in una storia, di per sé già molto complicata, potevano produrre più effetti negativi che positivi.

« Mi spieghi almeno che cosa è successo? » incalzò la Yamanaka, che quantomeno sperava che le consentisse di darle qualche buon consiglio che sicuramente, poi, non avrebbe seguito.

« Niente. » ribadì Sakura.

« Beh. Niente non ti avrebbe ridotta a uno straccio. »

« Ora non voglio parlarne » le spiegò, affrettandosi a sistemare i capelli in una coda alta « Abbiamo molte cose da fare questa mattina e Sasuke Uchiha può aspettare. »

Ino abbassò le spalle e sbuffò, dandogliela vinta – solo per il momento.



♦●♦



Appena fuori dall'appartamento di Sakura, un tormentato Sasuke imboccò subito la strada di casa, camminando a passo svelto per non correre il rischio di incontrare qualcuno: al momento non era nelle condizioni per sostenere una qualsivoglia conversazione con un qualsivoglia avventore.

Dopo essersi alzato dal letto, si era diretto in cucina: la tavola era imbandita in modo minuzioso benché Sakura non avesse avuto moltissimo tempo per prepararla. Il suo senso di colpa era cresciuto a dismisura e così anche la consapevolezza di essersi comportato come un vero idiota.

Aveva riposto il cibo in frigorifero e ripulito il tavolo con una spugna – tanti anni di solitudine quantomeno lo avevano reso una discreta massaia – ritenendo che fosse educato da parte sua preoccuparsi di non farle trovare tutto come lo aveva lasciato. Ed era stato anche un modo, in fondo, per cancellare ogni traccia del suo passaggio in quella casa, come se niente fosse accaduto, quasi certo che Sakura avrebbe gradito: non sarebbe stato proprio il massimo per lei tornare a casa e vedersi sbattere di nuovo in faccia quanto lui fosse stato insensibile e stronzo.

Optò per le strade meno affollate, valutando persino di saltare su qualche tetto e proseguire per via aerea, oppure di utilizzare il Rinnegan e teletrasportarsi direttamente dentro casa di Kakashi dove sarebbe stato, a suo parere, salvo.

È difficile spiegare la faccia che fece una volta giunto a destinazione e il senso di oppressione e disperazione nel riconoscere Naruto Uzumaki seduto sui gradini della prima rampa di scale che conduceva al suo appartamento.

Si rese subito conto che fosse troppo tardi per fare dietro front e darsela a gambe: l'aveva già visto.

' Che sfiga!'

« Naruto, cosa ci fai qui? » gli chiese, iniziando a salire le scale come se lui non fosse stato davvero lì, trasmettendogli un chiaro messaggio che il biondo avrebbe sicuramente fatto finta di non comprendere: '' Non rompermi le scatole.''

« Ieri abbiamo avuto così poco tempo per parlare e siccome oggi non ho niente da fare… »

' Come sempre ' osservò Sasuke.

« … ho pensato che avremmo potuto fare una passeggiata. » gli spiegò l'amico, che per l'appunto aveva fatto finta di non cogliere il sottile messaggio subliminale.

« Adesso non ne ho voglia. » tagliò corto l'Uchiha « Forse più tardi. »

Non sentendo Naruto esibirsi in una delle sue solite sfuriate, Sasuke pensò che avesse raggiunto un grado di maturità tale da capire quando doveva arrendersi.

« Dove hai dormito stanotte? »

No, Naruto non aveva neanche lontanamente raggiunto quel grado di maturità, ma in compenso aveva imparato ad andare dritto al punto del discorso senza perdersi in facezie.

Sasuke sentì una fitta allo stomaco e fu costretto a fermarsi sull'uscio.

« Non sono affari che ti riguardano. » gli rispose, facendo uno sforzo sovrumano per non mandarlo al diavolo una volta per tutte.

Naruto sembrava possedere un radar, o qualche strana abilità, che gli consentiva di captare i problemi di Sasuke anche a mille miglia di distanza ed era una cosa veramente fastidiosa per l'Uchiha. Doveva trattarsi di uno dei tanti regalini che il vecchio delle Sei Vie aveva avuto premura di fargli perché era assolutamente assurdo ipotizzare che tra lui e Naruto ci fosse un rapporto così simbiotico da rendere l'Uzumaki addirittura telepatico.

Udì i suoi passi concitati sulle scale e si arrese al suo triste destino, realizzando che sarebbe stato totalmente inutile da parte sua continuare a ostacolarlo, data la testardaggine del soggetto.

« Dai, andiamo a fare due passi, Teme! »

« Ah! » sospirò Sasuke, gettando la testa in avanti « E va bene. » acconsentì, certo che se ne sarebbe pentito.


Camminarono fianco a fianco per le strade di Konoha.

Di tanto in tanto qualcuno gli si avvicinava ringraziando Naruto per aver salvato il Villaggio e guardando Sasuke con un po' di titubanza.

' Ho salvato anch'io il Villaggio ' avrebbe voluto ricordare a quel mucchio di ingrati, ma non essendo molto fiero di quello che era accaduto prima dello scioglimento dello Tsukuyomi Infinito, aveva preferito sorvolare sulla questione.

Raggiunsero il vecchio campo di addestramento, di nuovo popolato di allegri bambini intenti a imparare le arti ninja.

' Il solito sentimentale. ' pensò Sasuke, lanciando uno sguardo rassegnato in direzione del suo amico che, al contrario, sorrideva trionfante.

« Qui può andare bene. » gli comunicò Naruto, indicandogli un tronco spezzato di un albero: una metafora abbastanza appropriata per quella funesta mattina.

Sasuke rimase in piedi: sedersi accanto a lui su quel tronco aveva tutta l'aria di essere una specie di appuntamento tra due vecchi decrepiti che, ormai al crepuscolo della loro esistenza, non hanno niente di meglio da fare che andare a chiacchierare dei tempi andati in un luogo nostalgico.

« Sakura-chan deve essere stata contenta di rivederti. »

' Credo che prima che io mi comportassi come un emerito idiota lo sia stata. Adesso come adesso sarebbe già tanto se mai decidesse di rivolgermi ancora la parola. ' rifletté Sasuke.

« Anch'io sono contento, sai? »

' Non lo avrei mai detto! Sono tornato da appena trentasei ore e già ti ho avuto tra le balle per ben due volte '

« E tu… e tu sei contento di essere tornato? » incalzò l'Uzumaki che conosceva bene i tempi di reazione di Sasuke: lenti, molto lenti.

' Bella domanda. '

« Non è così semplice. » gli rispose, con sincerità.

Naruto si rabbuiò e cominciò a sospettare che Sasuke, come sempre, gli stesse nascondendo qualcosa.

« Quando mai le cose sono state semplici per te, Teme? Sei sempre stato Mr. Complicato! »

Naruto tentò di stemperare la tensione con una battuta tanto ironica quanto vera.

' Già, Mr. Complicato. Come se avessi scelto io di essere così.'

« Sakura-chan ti ha per caso pestato? Guarda che se è così puoi dirmelo, non devi vergognartene. Se per tutte le volte che Sakura-chan mi ha malmenato avessi dovuto vergognarmi a quest'ora mi sarei ritrovato come minimo tre metri sotto terra. »

' Magari lo avesse fatto! Probabilmente mi sarei sentito meno in colpa.'

« La smetti di dire idiozie? » sbottò Sasuke, irritato.

« E tu la finisci di girare intorno al problema? » replicò Naruto, stufo quanto lui se non più di lui di dovergli tirare fuori le parole con le pinze ogni benedetta volta.

Possibile che, con il tempo, Sasuke non fosse migliorato per niente?

« Tu non puoi capire. »

Ecco, la solita risposta '' ad minchiam '' di Sasuke, una specie di marchio di fabbrica.

« Come sempre, eh? Io non posso capire, io non posso capire… beh, per quanto tu mi ritenga stupido, Sasuke, è abbastanza chiaro che se c'è qualcuno qui che proprio non capisce niente, quello sei proprio tu. » ringhiò Naruto, brandendo minacciosamente il pugno del suo braccio posticcio.

Sasuke ghignò, immaginando la scena alle sue spalle: quel Naruto proprio non si arrendeva mai.

« Non so a cosa tu ti riferisca. » mentì per vedere dove l'amico volesse arrivare.

« Lo sai bene. » affermò sicuro l'Uzumaki. « Perché sei tornato, Teme? » gli domandò subito dopo a brucia pelo. « E non raccontarmi una delle tue solite balle altrimenti te le suono. » aggiunse, per chiarezza.

« Sinceramente non so se sia stata una buona idea. »

Pessima risposta, Sasuke.

Il sospetto dell'Uzumaki si trasformò in certezza assoluta. Quando Sasuke si era presentato, inaspettatamente, al cospetto dell'Hokage aveva dapprima pensato che fosse tornato a causa della faccenda di Sakura – che sarebbe stato un motivo più che ottimo – ma guardandolo con attenzione aveva notato qualcosa di diverso, e non si trattava del suo orribile poncho, o della bandana consunta, o del taglio dei capelli; aveva visto qualcosa nei suoi occhi – o meglio nell'unico occhio visibile – una luce diversa che gli aveva fatto ben sperare che avesse infine deciso di ritornare per rimanere.

Subito dopo aver ascoltato la proposta di Kakashi, tuttavia, aveva osservato in lui un ulteriore cambiamento che in qualche modo aveva confutato la precedente tesi. Inutile dire che questo improvviso sbalzo umorale aveva suscitato non pochi dubbi nell'Uzumaki circa la permanenza a lungo termine di Sasuke al Villaggio e il suo pensiero era andato subito a Sakura.

« Abbiamo aspettato per tanto tempo che tu tornassi al Villaggio. » gli fece presente « Io, Sakura-chan e Kakashi-sensei, non vedevamo l'ora di rivederti, ma se non sei tornato per rimanere… »

Sasuke aguzzò le orecchie: cosa stava cercando di dirgli?

« … allora è meglio che tu te ne vada subito. » concluse Naruto, serio come non mai.

L'Uchiha metabolizzò per qualche secondo quanto appena detto dall'amico: gli suonava strano, molto strano. Naruto gli stava dando la possibilità di scegliere senza imporgli la sua volontà. Era davvero cresciuto quel baka impertinente!

« Sei talmente contento di vedermi che non vedi l'ora di liberarti di me. Hai paura che ti soffi il posto di Hokage? » lo sfidò, apertamente, tentando di aggirare di nuovo l'ostacolo.

« Non diventeresti Hokage neanche se venisse giù una pioggia di ramen bollente dal cielo. »

Sasuke ghignò ancora per poi voltarsi verso di lui: in fondo gli erano mancati i loro battibecchi.

« Non è questo il punto, Sasuke. »

Naruto aveva aspettato che lui si girasse per poterlo guardare negli occhi prima di concludere il suo discorso.

« Abbiamo tutti sperato che questo viaggio potesse aiutarti a stare meglio, ma a guardarti bene sembri messo peggio di prima, e non mi riferisco solo al tuo abbigliamento. »

« Cos'ha il mio abbigliamento? » gli domandò Sasuke, un po' contrariato.

« Ma dai! Ma ti sei visto? Sembri uno straccione. » affermò Naruto, storcendo il naso.

« Tsk! »

No, Sasuke non concordava affatto: dovendo viaggiare, trovava quell'abbigliamento non solo consono per non dare nell'occhio, ma assolutamente funzionale.

« Quello che voglio dirti... »

Naruto tornò improvvisamente serio pronto a scoccare la stilettata finale.

« … È che se non sei sicuro di voler rimanere non trovo giusto che tu illuda le persone che ti vogliono bene e che farebbero di tutto pur di tenerti qui a Konoha. » concluse, incollando lo sguardo al suo: erano due ninja di élite e non era necessario che Sasuke gli rispondesse a parole perché la sua risposta l'avrebbe letta proprio nei suoi occhi.

Rimasero immobili a guardarsi per un tempo non ben preciso, mentre l'arietta fresca della primavera faceva ondeggiare il poncho di Sasuke e le frode degli alberi sopra la testa di Naruto.

« Come pensavo. »

Naruto balzò in piedi e si diresse verso Sasuke.

« Ben tornato. » aggiunse, dandogli una violenta pacca sulla spalla che costrinse l'impreparato Uchiha a sbilanciarsi in avanti, rischiando di cadere a terra.

Ma che diavolo stava farneticando? Come era arrivato a quella conclusione?

« Hey, aspetta! » gli urlò Sasuke, vedendolo andare via.

« Devo andare a fare la spesa per Hinata-chan, ci vediamo dopo. » lo salutò Naruto, alzando una mano verso il cielo.

« Ah, dimenticavo… » gli disse, continuando a camminare « Qualsiasi cazzata tu abbia fatto vedrai che Sakura-chan ti perdonerà. »

A quel punto Sasuke pensò che Naruto avesse davvero sviluppato una sorta di telepatia che gli consentiva di entrare nel suo cervello ed estrapolarne le informazioni di cui abbisognava.

In pochi minuti era riuscito non solo a dissipare la moltitudine di dubbi che gli avevano affollato la mente dal momento in cui aveva messo piede a Konoha, ma anche a dargli una buona motivazione per rimanere: Sakura.

Non aveva intenzione di illuderla, non era tornato per questo.

Finalmente aveva una visione più chiara di quello che avrebbe dovuto fare e lo fece… immediatamente.


Si fiondò nella stessa direzione presa da Naruto, e lo superò a gran velocità non riuscendo pertanto a cogliere il '' Povero Teme! '' da lui proferito e la successiva affermazione: ''Sakura ti romperà tutte le ossa. ''

Giunse alla Clinica di Sakura e, senza pensarci, spalancò la porta d'ingresso, trovandosi in un piccolo atrio fatiscente.

Sarà stato forse per il modo brusco, o per il fiatone, o per l'abbigliamento che lo faceva sembrare un barbone pazzo, ma l'infermiera che stava transitando in quel momento nell'atrio, appena lo vide, spiccò un salto per la paura e i fogli che aveva in mano caddero rovinosamente al suolo.

' Bella figura di merda, Sasuke.' si complimentò con se stesso e se avesse avuto entrambe le mani si sarebbe fatto anche un applauso.

« D-desidera qualcosa? » gli chiese un po' titubante – un elettroshock ad esempio?

« Sto cercando Sakura Haruno. » le rispose, dopo infiniti minuti di silenzio imbarazzante in cui l'infermiera si era dedicata a raccogliere i fogli caduti pur non perdendolo mai di vista: di pazzi in giro ce ne erano tanti e quel ragazzo che aveva davanti sembrava davvero sull'orlo di una crisi di nervi.

« Oh! Haruno-sama al momento è impegnata. Può attenderla nella sala d'attesa se vuole. » replicò la donna, indicandogli con un dito una saletta ancora più angusta dell'atrio « Chi devo annunciare? » gli chiese subito dopo.

Era così imbarazzante! Ma che cosa gli era venuto in testa di fare!?

' Dobe impiccione! '

Lo maledisse con tutto se stesso per averlo istigato a compiere un gesto così assurdo e immotivato.

Avrebbe potuto tranquillamente aspettare Sakura davanti casa sua, o fuori dalla Clinica. Perché era entrato?

Forse era stato spinto dalla curiosità di capire che cosa facesse lì dentro, da quando era venuto a conoscenza di quella Clinica non aveva fatto altro che pensarci. Sì, doveva essere stato quello il motivo.

'' La curiosità uccise il gatto ''... e lui poteva asserire con certezza di avere appena messo un piede nella fossa.

« Un conoscente. » rispose di getto, pensando che, rimanendo sul vago, avrebbe potuto salvare quel che rimaneva della sua dignità.

Un conoscente???

E con questa aveva davvero toccato il fondo: la ragazza portò una mano alle labbra e sorrise divertita – qualcosa le diceva che fosse qualcosa di più di un conoscente, anzi era quasi certa che si trattasse di quell'Uchiha Sasuke di cui aveva sentito tanto parlare dalla Dottoressa Yamanaka.

« Va bene. » lo accontentò, inchinandosi leggermente per salutarlo prima di sparire all'interno della struttura oltrepassando la porta alle sue spalle.

Sasuke a quel punto si ritrovò dinanzi all'ennesimo dilemma: girare i tacchi e andarsene – e per andarsene intendeva chiedere asilo politico a Orochimaru e sparire come minimo per venti, trenta anni – oppure fare l'uomo e prendersi la responsabilità delle sue stupide azioni.

L'orgoglio Uchiha prese il sopravvento e senza indugiare oltre si diresse verso il piccolo stanzino che quella donna aveva indicato come sala d'aspetto e, sbuffando, si mise a sedere. D'istinto mosse il braccio destro per incrociarlo con il sinistro per assumere una delle sue amate pose plastiche che di solito riuscivano a farlo sentire più sicuro di se stesso e si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo, realizzando che non fosse possibile.

Così iniziò l'attesa. Un'attesa troppo lunga per i suoi gusti; un'attesa che non stava facendo altro che innervosirlo ancora di più.

Non aveva ben chiaro cosa avrebbe detto a Sakura una volta che lei si fosse degnata di palesarsi al suo cospetto – e dato che era passata già mezzora aveva il sentore che non avesse tutta questa fretta – avrebbe improvvisato qualcosa al momento – già perché lui era un esperto dell'improvvisazione. Come no?!

Il Rinnegan captò qualcosa fuori dalla porta e sperò che fosse Sakura.

D'istinto si alzò in piedi per poi ricadere pesantemente sulla sedia constatando che si trattasse solo di un piccolo marmocchio.

' Non osare avvicinarti! ' lo ammonì mentalmente, sfoggiando uno dei suoi sguardi più truci, ma il bambino, per nulla impressionato, si andò a posizionare proprio davanti a lui e cominciò a scrutarlo come fosse stato un extraterrestre o un animale strano.

Il bambino lo stava studiando con i suoi occhioni neri come la pece. Anche i capelli avevano lo stesso colore e la carnagione del suo viso era bianca come il latte.

A dire il vero assomigliava un po' a lui da piccolo.

« Tu come ti chiami? » gli chiese con una vocina sottile che Sasuke ritenne in qualche modo anche piacevole forse per la somiglianza appena notata.

« Non sono affari tuoi. »

Chi era il bambino tra i due?

« Io mi chiamo Hiro. » replicò il bambino, come se non avesse colto la sottile sfumatura nella sua risposta.

Sasuke non si mosse di un millimetro: qualsiasi movimento avrebbe potuto invogliare il nano malefico a continuare.

« Anche tu sei un paziente della Dottoressa Haruno? » continuò imperterrito Hiro che, nella sua ingenuità, non poteva immaginare di avere di fronte quello che a tutti gli effetti poteva essere l'equivalente dell'orco cattivo o del mostro dell'armadio.

A quel punto Sasuke si arrese all'evidenza di non poter fermare quella piccola peste in nessun modo e scosse leggermente il capo in segno di diniego.

« Haruno-sama è una persona buona, si prende cura di noi. »

Il cuore di Sasuke si strinse in una morsa dolorosa. Quel bambino aveva dannatamente ragione: Sakura era una persona buona, Sakura si prendeva cura di tutti – soprattutto di lui anche se raramente le permetteva di farlo.

« Tu ce li hai i genitori? » gli chiese ancora Hiro.

Aveva per caso intenzione di ucciderlo??? Oppure era stata Sakura a inviarlo per vendicarsi?

« Non dovresti fare questo tipo di domande a chi non conosci. » gli rispose Sasuke, in evidente difficoltà.

« I miei genitori sono morti. » affermò il bambino, abbassando il capo « Mia madre e mio padre hanno combattuto nella Quarta Grande Guerra Ninja. Erano in prima linea. »

Sasuke osservò che per essere un monello di appena sette anni, aveva un modo di parlare quasi da adulto – un altro punto in comune con lui.

« Purtroppo il nemico era troppo forte e loro non ce l'hanno fatta. » concluse mestamente Hiro, mettendo una specie di broncio che riuscì a intenerire il marmoreo cuore dell'Uchiha.

« Ora i tuoi genitori sono in cielo e vegliano su di te da lassù. » si sentì di dirgli, non sapendo neanche da dove gli fossero venute le parole: non era mai stato bravo a consolare le persone.

Il bambino, di rimando, gli sorrise con dolcezza e Sasuke pensò che forse, per una stramaledettissima volta, avrebbe potuto sentirsi un pochino orgoglioso di se stesso.

« Anche Haruno-sama lo dice sempre. » affermò Hiro con entusiasmo. « Haruno-sama dice anche che dobbiamo ringraziare Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha per averci salvati. Ma io… »

Inutile dire che Sasuke si gonfiò come un pavone.

« … io Sasuke Uchiha non so proprio chi sia. »

E si sgonfiò come un palloncino.

' Ce l'hai davanti agli occhi marmocchio impertinente e se adesso non ti levi di torno io...'

« Hiro! »

La voce di Sakura fece trasalire entrambi.

« Che cosa ci fai qui? » gli chiese, gettando uno sguardo anche su Sasuke che pressappoco poneva la medesima domanda.

« Forza, raggiungi gli altri a mensa. » gli ordinò con gentilezza. « Fino alla fine mi farai impazzire piccola peste. » E giù un altro sguardo in direzione di Sasuke.

« Arrivederci. » si congedò il bambino con educazione prima di scappare via per raggiungere gli altri.

Sasuke decise di tenere lo sguardo basso per un po', forse per sempre, per paura di incontrare gli occhi di Sakura, mentre Sakura scelse di tenere i suoi fissi su di lui in attesa che lui si decidesse a spiegarle quale meccanismo del suo cervello si fosse inceppato questa volta tanto da spingerlo a presentarsi – senza invito – nella sua Clinica come '' Un conoscente.''

« Spero che Hiro non ti abbia arrecato fastidio. » esordì lei con magnanimità: conoscendolo sarebbero potuti rimanere in silenzio in quella sala d'aspetto per ore.

' Sì, ma non importa. ' avrebbe voluto risponderle Sasuke che, in fondo, non aveva trovato la conversazione con quel bambino poi così molesta. Al contrario, avendo avuto come l'impressione di rivedere se stesso, aveva provato un'insolita sensazione di sollievo.

« È un bambino sveglio. » replicò, invece, incurvando le labbra in un ghigno.

« Già. E pensare che quando lo abbiamo accolto non era in grado neanche di parlare. » gli raccontò l'Haruno, sistemandosi un ciuffo di capelli dietro le orecchie.

' Sul serio?'

Sasuke rimase davvero molto colpito e d'istinto alzò la testa, rimanendo, se possibile, ancora più stupito da quello che vide.

Sakura aveva i capelli tirati in una codina alta e sbarazzina e aveva indosso un camice bianco che le dava un'aria molto professionale. Non l'aveva mai vista sul lavoro, sembrava, per così dire… diversa.

C'era un luccichio nei suoi occhi che non aveva mai visto, una forza e una risolutezza che aveva potuto rimirare, di nascosto, solo durante la guerra e a cui aveva deciso, all'epoca, di non dare peso.

« Che cosa fai di preciso qui? » si decise a chiederle per soddisfare la sua curiosità che dopo l'affermazione di Sakura era aumentata in modo spropositato.

« Vieni, ti faccio vedere. »

Sakura lo invitò a seguirlo oltre la porta che dava accesso al resto della piccola struttura.

« Da questa parte c'è il dormitorio. » e gli indicò una stanza un po' più grande della precedente con molti – troppi – letti messi in fila da una parte e dall'altra. « Accogliamo i bambini che sono rimasti orfani a causa della guerra. » gli spiegò subito dopo per poi procedere ancora lungo il corridoio.

« Qui, invece, c'è la mensa. »

E appena Sakura aprì la porta un rumore molesto di grida di bambini per poco non perforò entrambi i timpani dell'Uchiha.

Riconobbe subito tra quella marmaglia di marmocchi indemoniati il piccolo Hiro, seduto in disparte, lontano da tutti, e provò un moto di profonda comprensione nei suoi confronti.

« Tuuu!!! »

' Anche io sono contento di rivederti Yamanaka.'

Ino aveva captato immediatamente la sua aura negativa e si era piazzata davanti a lui con le mani sui fianchi e uno sguardo omicida.

« Ci vediamo dopo, Ino! » la liquidò Sakura, chiudendo in fretta la porta e Sasuke non poté fare altro che ringraziarla mentalmente per avergli evitato una scenata in grande stile della Yamanaka.

Proseguirono ancora, arrivando alla fine di quel breve corridoio dove vi erano ancora altre tre porte.

Sakura gli spiegò che l'ultima, quella proprio in fondo al corridoio, era lo stanzino delle infermiere.

« Sono solo due, per il momento non possiamo permetterci altro. » gli spiegò un po' affranta. I fondi per la sua Clinica non erano stati ancora stanziati e potevano dire con certezza di essere in stato di emergenza, ma di questo Sasuke se ne era già accorto da solo.

« Questa è la stanza dove facciamo gli incontri con i bambini. » gli disse, aprendo la porta a destra. « È sempre in disordine perché spesso passiamo interi pomeriggi a giocare. » aggiunse, abbozzando un sorriso.

« Giocate e basta? »

La domanda gli venne fuori spontaneamente: come pensava Sakura di aiutare dei bambini traumatizzati solo con dei semplici giochi, oltretutto mezzi rotti?

« No, no. »

Sakura trattenne a stento una risata.

« Soprattutto parliamo. Con i più piccoli è un po' più difficile e quindi propendiamo per il gioco, ma ad esempio con un bambino come Hiro il modo migliore per curare il suo trauma e parlarne. »

Sasuke si sentì uno stupido, ma nonostante questo non riusciva ancora a capire come una chiacchierata potesse sortire effetti benefici su una mente turbata da chissà quali esperienze negative.

Sakura lo invitò con un gesto della mano a lasciare la stanza e lo condusse in quella di fronte: il suo studio.

Sasuke c'era già stato, proprio il giorno prima, ma preso da altro non aveva avuto modo di dargli un'occhiata con attenzione. Anche lo studio di Sakura, come il resto della struttura, era molto piccolo e straripante di roba. La scrivania era talmente sovraccarica di fogli da sembrare quasi incurvata e anche per terra erano riposti un numero non ben definito di plichi e faldoni di documenti.

Tuttavia, tutto sembrava avere un ordine ben preciso. Per quanto piccolo e pieno di cose, quello studio, appariva comunque ordinato.

Sakura si affrettò a spostare altre carte poggiate sulla sedia davanti alla sua scrivania, riponendole a terra.

« Mi dispiace per tutto questo caos, ma non abbiamo ancora ottenuto i fondi necessari per ampliare la Clinica. » si scusò, un po' imbarazzata. « Vuoi sederti? » gli chiese subito dopo, premurandosi di chiudere la porta.

Era nervosa, come non mai. Tuttavia, il fatto di essere nel suo Habitat naturale, dove lei era qualcuno, dove contava qualcosa, le era di grande aiuto quantomeno per mascherare il turbinio di emozioni contrastanti che aveva iniziato a provare nel momento stesso in cui l'infermiera si era precipitata da lei comunicandole la visita di un ''conoscente''.

Ino aveva alzato un sopracciglio e l'aveva guardata con sospetto. Sicuramente doveva essere sul punto di impazzire non avendo ancora ricevuto da parte sua alcuna informazione in merito a quanto era accaduto quella mattina e non si aspettava, di certo, un'improvvisata da parte di un ''conoscente'' che, senza ombra di dubbio, puzzava di Sasuke Uchiha: solo un cretino orgoglioso come lui si sarebbe potuto presentare in quel modo.

Sakura, lì per lì, aveva fatto finta di niente e aveva continuato i suoi colloqui con i bambini, liquidando l'infermiera con un « Adesso ho da fare. » che aveva stupito la Yamanaka a tal punto da convincerla quasi che l'amica avesse deciso, una buona volta, di puntare i piedi.

In realtà in quell'oretta che era intercorsa tra l'annuncio fatto dall'infermiera e il momento in cui Sakura si era decisa a riceverlo, i ventricoli del suo cuore avevano preso il posto degli atri, e viceversa, almeno una dozzina di volte, convincendola ulteriormente del fatto che Sasuke Uchiha fosse incontrovertibilmente nocivo per la salute.


Sasuke annuì con un cenno del capo e si mise a sedere.

« Chi eroga questi fondi? » le chiese, mostrandosi, contro ogni previsione da parte di Sakura, molto interessato all'argomento.

« Il Consiglio, ovviamente. »

' È sempre colpa di quei burocrati da strapazzo. ' rifletté Sasuke, provando quasi pentimento per non averne fatti fuori '' alcuni '' - e due in particolare – quando ne aveva avuto la possibilità.

« Dopo la faccenda di Kido non hanno ancora preso una decisione. » gli spiegò mentre si dirigeva verso un fornello da campeggio posto su uno scaffale su cui mise poi a riscaldare un tetsubin per il tè.

Sasuke ritrattò la precedente affermazione sui consiglieri: come sempre era stata sua la colpa.

« E l'Hokage? » le domandò, incredulo che Kakashi-sensei non avesse cercato di aiutare la sua allieva preferita.

« Ha le mani legate. » lo informò, abbassando mestamente lo sguardo « Tra la ricostruzione del Villaggio e tutto il resto, i fondi sono pochi e il Consiglio sostiene che ci siano altre priorità in questo momento. »

Certo, la tranquillità e il benessere del Villaggio venivano prima di tutto, come sempre.

Sasuke scosse la testa e chiuse gli occhi: era abbastanza avvilito dal fatto che in quei tre anni nulla fosse ancora cambiato.

« Comunque voglio essere ottimista. » esordì improvvisamente Sakura a voce alta.

« Mh? »

« In ogni caso continuerò a prendermi cura di questi bambini con o senza quei fondi. » dichiarò, portando il pugno chiuso davanti al petto.

E Sasuke non poté fare a meno di abbozzare un nostalgico sorriso, constatando che anche Sakura non fosse cambiata più di tanto: era rimasta l'eterna ottimista di sempre.

Sasuke avrebbe tanto voluto chiederle come avrebbe fatto, ma soprattutto avrebbe voluto comprendere cosa l'avesse spinta ad aprire quella Clinica – nonostante avesse un certo sospetto – ma tacque, limitandosi a guardarla mentre prendeva un paio di tazze e vi versava dentro l'acqua bollente.

« Ma dimmi, Sasuke-kun… » riprese a parlare, porgendogli la tazza con il manico integro, tenendo per sé quella rotta.

« C-come mai questa visita? » gli chiese, un po' balbettante, tradendo così il nervosismo che fin a quel momento aveva tentato di celare.

Sasuke si portò la tazza alle labbra e bevve un lungo sorso di quel tè dal buon odore, scoprendo che anche il sapore non fosse niente male.

« Volevo parlarti. » ammise, finalmente, sentendosi un pochino meglio senza quel groppone sullo stomaco.

Sakura rimase con la tazza incollata alle labbra e lo scrutò da dietro l'orlo di porcellana bianca: non si aspettava minimamente che lui potesse essere così diretto. In vero credeva che quell'assurda conversazione sul suo lavoro sarebbe durata all'infinito.

Posò la tazza sulla scrivania e si mise a sedere davanti a lui come avrebbe fatto con uno dei suoi pazienti: dopotutto, non che ci fosse chissà quale differenza.

Si schiarì la voce per prendere tempo, non sapendo cosa dire e temendo il peggio.

« Se ti riferisci a questa mattina, Sasuke-kun, non devi preoccuparti perché vedi io… »

« Smettila. » la interruppe lui bruscamente.

Sakura si chiuse nelle spalle e prese a fissare il contenuto della sua tazza che aveva preso a girare vorticosamente proprio come la sua testa.

« Smettila di trovate plausibili scusanti per tutto quello che faccio. »

la rimproverò, ma con un tono di voce calmo e rassicurante. Insolito.

« I-io… » balbettò Sakura, un po' spaesata dal suo comportamento. Da quella mattina non aveva fatto altro che pensare che non lo avrebbe rivisto mai più, che se ne sarebbe andato di nuovo. Non aveva lontanamente ipotizzato la possibilità che lui fosse tornato per restare e che, pertanto, in qualche modo la promessa che le aveva fatto tre anni prima fosse ancora valida.

« Vorrei solo riuscire a capirti davvero. » affermò, quindi.

« Ed è per questo che ti occupi di questi bambini? »

La domanda di Sasuke la colpì in pieno, facendole sbarrare gli occhi.

Rimase in silenzio, cercando le parole giuste per spiegargli cosa l'avesse davvero spinta a intraprendere quella strada. Sicuramente lui aveva avuto un ruolo fondamentale, anzi essenziale, ma non credeva fosse giusto renderglielo noto perché sarebbe stata solo la conferma di quanto lui fosse importante per lei.

Non voleva che pensasse che quella decisione fosse scaturita solo a causa del suo passato perché lei amava profondamente quel lavoro, amava quei bambini, e ammettere una cosa del genere sarebbe equivalso a sminuire quello che stava facendo e anche se stessa.

« Non posso negare che io non ci abbia pensato. » ammise a voce bassa « Sicuramente quello che ti è accaduto in passato » tentennò un po': toccare certi argomenti con Sasuke non era mai stato semplice. « Mi ha aiutata a comprendere quanto si potesse soffrire a sentirsi soli, a non avere nessuno al mondo. »

Touchet!

Con quella semplice frase Sakura era riuscita a stenderlo.

L'amore che quella ragazza provava nei suoi confronti era davvero così profondo, così viscerale, da averla spinta a tanto?

E soprattutto, i suoi comportamenti potevano avevano avuto delle ripercussioni così profonde su di lei?



'' Lascia perdere Naruto. Attacca sempre briga con te! Probabilmente perché nessuno lo ha educato come si deve. È che non ha i genitori e può fare tutti i capricci che vuole! Se io facessi come lui, verrei sgridata dai miei genitori. Beato lui! Non ha nessuno che gli dice cosa fare… ''

'' La solitudine è un dolore che non ha nulla a che vedere con l'essere sgridati dai genitori. ''

'' Eh? Ma che ti prende all'improvviso?''

'' Sei insopportabile.'' (1)


« L'idea di poter aiutare dei bambini a ricominciare una nuova vita, una vita normale... »

Normale…

« … dandogli una casa, una specie di famiglia in cui sentirsi al sicuro… » continuò lei e Sasuke trattenne per un attimo il respiro.

« Sono stati questi i veri motivi che mi hanno spinto ad aprire questa Clinica, Sasuke-kun. »

E solo a quel punto Sakura decise di alzare lo sguardo e rivolgerlo verso di lui, come per sincerarsi che il messaggio gli fosse arrivato con chiarezza.

« È molto nobile da parte tua. » replicò lui, serio. E pensava davvero che lo fosse.

« La nobiltà d'animo non c'entra niente. Qui si tratta di vite spezzate, violentate… » gli spiegò, con enfasi, alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso la finestra.

« Prendi il caso di Hiro. » continuò, scostando appena la tenda per guardare fuori i suoi piccoli amici che dopo pranzo giocavano felici nel piccolo giardino di fianco alla struttura. « Ha assistito alla morte dei suoi genitori. »

Sasuke sbarrò gli occhi e sentì chiaramente un acuto dolore propagarsi dal centro del suo petto.

« Siamo riuscite a capirlo solo molto tempo dopo che ci era stato affidato perché, come ti ho già detto, lui non parlava. » gli raccontò, con una nota nostalgica nella voce.

« È stato difficile convincerlo che non avesse nulla da temere da noi, che nel mondo ci potessero essere persone che tenevano a lui, che desideravano proteggerlo.» gli disse, poi fece una breve pausa prima di ricominciare il suo racconto.

Una pausa che era servita a lei quanto a lui, che stava ascoltando in assoluto silenzio, cercando con tutto se stesso di trovare una falla nelle sue parole che potesse non renderle più alle sue orecchie, e al suo cuore, così vere.

« Ci sono voluti quasi due anni, ma alla fine un bel giorno, si è deciso a parlare. » concluse la ragazza, e anche se era di spalle, Sasuke riuscì a percepire il suo sorriso.

« Perché? » sbottò l'Uchiha, che preso come da un'incontenibile smania si ritrovò in piedi con la mano, tremante, poggiata sulla scrivania di Sakura.

« Credo che si sia sentito di nuovo amato, che abbia capito di non essere più solo. »

Ovvio!

Come poteva essere stato ancora così cieco e così sordo?

Tutte le riflessioni che aveva fatto durante il suo viaggio su Sakura, su Naruto, sul legame che sussisteva tra loro, e che lo avevano portato, infine, a comprendere che neanche lui fosse più solo, proprio come quel bambino, e lo avevano convinto a tornare indietro, dopo quanto accaduto quella mattina sembrava come essersi volatilizzate.

Aveva avuto paura, di nuovo, e si era ritrovato al punto di partenza, senza certezze.

Strinse il pugno e lo nascose sotto il mantello.

« E dopo che cosa è successo? » le chiese con un filo di voce: doveva saperlo.

« Il processo di guarigione è lungo e complesso. Bisogna armarsi di molta pazienza e non c'è certezza che si giunga a una completa guarigione. Ma il fatto stesso che Hiro abbia parlato, che ci abbia raccontato quello che gli era successo e che si sia fidato di lui, vederlo migliorare di giorno in giorno, è stato un vero e proprio successo.»

gli rispose con calma, lasciando che ogni parola fluisse all'interno della sua mente, non imprimendo grande emozione nelle sue parole per non indurlo a pensare che si trattasse di un caso isolato e che lei traesse forza da quello: Hiro era solo un caso tra molti, ma sicuramente quello più adatto per spiegare il suo punto di vista a Sasuke.

« E poi sei arrivato tu. » continuò, inaspettatamente, alzando di poco il tono della voce, cosa che fece supporre a Sasuke che stesse sorridendo di nuovo.

Cosa c'entrava lui adesso?

« Hiro non aveva mai parlato con uno sconosciuto prima di oggi. » gli rivelò, scoppiando poi in una delicata risata.

L'Uchiha, a quel punto, non riuscì a trattenersi dall'avvicinarsi a lei. Con piccoli e leggeri passi aveva coperto la distanza tra la scrivania e la finestra e ora sostava alle sue spalle, con la mente colma di sensazioni contrastanti, ma con un'inequivocabile sensazione di benessere nell'anima.

Indugiò un po' prima di muovere la sua mano che, incerta, andò dapprima a sfiorare la spalla di Sakura, temendo di non essere degno neanche di toccarla dopo tutto quello che le aveva fatto passare, per poi poggiarvisi delicatamente, stringendo appena la sua pelle morbida.

Sakura non trasalì a causa dell'improvviso contatto fisico: aveva percepito sin da subito Sasuke dietro di lei e in fondo ci sperava.

Volse il viso in direzione della mano che sostava, adesso sicura, sulla sua spalla e con la coda dell'occhio vide che Sasuke teneva le sue palpebre ermeticamente chiuse. I lineamenti del suo viso, tuttavia, erano rilassati e il suo respiro era profondo, sereno. Ebbe come l'impressione che lui stesse traendo dalla sua spalla la sua forza, che stesse avvenendo in lui quel cambiamento che lei tanto aveva desiderato e che avesse, in ultimo, compreso.

« Non sono più un bambino, Sakura. » le sussurrò, dopo qualche minuto in cui aveva preferito bearsi di quella bellissima sensazione di benessere appena acquisita, incerto ancora sul da farsi, ma con una nuova convinzione dentro di sé, qualcosa che scalpitava nel suo stomaco.

« Lo so. » replicò lei, sollevando un braccio e poggiando la mano sulla sua « Sarà più dura... forse sarà impossibile... ma non ho alcuna intenzione di arrendermi con te. »

Ma su questo Sasuke non aveva mai avuto dubbi.

Avrebbe dovuto ringraziarla, forse, come quella notte, ma era certo che Sakura avesse già capito. Preferì, quindi, poggiare la fronte sui suoi capelli che profumavano di buono, di casa.

Sakura lo stava salvando, un'altra volta, questo gli era ormai chiaro. Doveva fidarsi di lei, non come medico, ma come donna; doveva lasciarla entrare nel suo mondo, come aveva fatto quella volta nel bosco, parecchi anni prima, quando si erano finalmente chiariti, e doveva farla diventare parte di esso.

Forse in tutto quel tempo aveva continuato a sottovalutare il suo amore e a ritenere le sue spalle troppo deboli per sopportare il peso della sua triste esistenza.

Si sarebbe impegnato, con tutto se stesso, e le avrebbe dimostrato di non aver gettato via il suo tempo, o le sue forze, o la sua pazienza, o il suo amore.

Da quel giorno non sarebbe più stato Mr.Complicato, ma qualcosa di diverso.

Il problema, come sempre, rimaneva il come, ma era certo che Sakura avesse già un piano in mente.

Rimase, quindi, a cullarsi ad occhi chiusi sulla sua nuca, deciso a non far dissolvere quel miraggio, chiamato felicità, che per la prima volta non sembrava più così irraggiungibile.







Note Autrice


Qualcuno di voi sta gufando che io non guarisca, ammettetelo!

Questi giorni in cui sono stata un po' più che malaticcia – moribonda forse è meglio – mi hanno dato modo di riprendere quasi tutte le mie storie. Quando si dice: '' Non tutto il male viene per nuocere.''

Forse vi aspettavate un capitolo un po' diverso e non posso darvi torto perché l'idea iniziale non era affatto questa. Avrei potuto dare un accelerata alla narrazione saltando alcuni passaggi, ma non me la sono sentita. Questo capitolo l'ho amato profondamente. In particolare l'ultima parte e la sua lunghezza ne è la prova.

Bon! Come sempre ringrazio tutti voi per il grande sostegno che mi date e attendo con ansia di sapere cosa ne pensate.:-)

Un bacione


Blueorchid31











































































Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** #18 Poco più che amici, poco meno di una coppia ***


Image and video hosting by TinyPic


#18 Poco più che amici, poco meno di una coppia.









Il Sesto Hokage di Konoha sedeva alla sua scrivania con le mani intrecciate davanti al viso e lo sguardo puntato su uno dei suoi ex allievi, quello che lo aveva fatto penare di più e che lo aveva portato a dubitare svariate volte delle sue capacità come sensei.

Era passata circa una settimana dal ritorno di Sasuke al Villaggio e, nonostante Kakashi avesse ricevuto costanti aggiornamenti sul suo processo di reintegro da parte di Naruto, era molto ansioso di conoscere quali fossero i reali pensieri del ragazzo e soprattutto se avesse preso una decisione in merito alla proposta che gli aveva fatto.

« Perché mi hai fatto convocare, Kakashi? » gli chiese il ragazzo, in piedi davanti alla scrivania.

« Dovresti rivolgerti al tuo Hokage con un po' più di rispetto, lo sai? » gli fece notare Kakashi con un pizzico di ironia nella voce e un mezzo sorriso nascosto dietro la maschera.

« Hai ragione. Ti chiedo scusa. »

« Mh. » mugolò l'Hokage, molto colpito dal suo atteggiamento: Sasuke sembrava particolarmente rilassato, quasi sereno.

« Come stai? » gli chiese, quindi, per confermare la sua supposizione.

« Tsk! Mi hai convocato per questo? Naruto non ti tiene già abbastanza informato sui miei movimenti? »

« Oh! Sicuro. » confermò Kakashi, lasciandosi poi sfuggire una risata: Naruto doveva averlo perseguitato in quei giorni. « Tuttavia… » riprese, dopo aver schiarito la voce « Mi farebbe piacere conoscere anche la tua versione dei fatti. »

« In tal caso… » acconsentì Sasuke più per sfatare eventuali sciocchezze raccontate dall'Uzumaki che per il gusto di parlare con il suo ex sensei « Sto bene. » affermò, sicuro, strappando un altro sorriso all'Hokage.

« Hai pensato alla mia proposta? »

« Non sono ancora riuscito a dissipare tutti i miei dubbi. »

« Hai paura che la tua permanenza al Villaggio possa creare dei problemi, vero? » insinuò Kakashi, già al corrente dei timori dell'Uchiha. Timori che condivideva e che avrebbero dovuto spingerlo , come Hokage, a decidere di tenerlo lontano per il bene del Villaggio e non cercare di trattenerlo, offrendogli addirittura un posto di lavoro stabile.

Sasuke annuì con un leggero cenno del capo.

« Non ti nascondo di aver pensato molte volte all'eventualità che tu tornassi, nonostante i primi tempi avessi creduto che questo giorno non sarebbe mai arrivato. » gli confessò, con una nota di amarezza nella voce « Hai svolto un ottimo lavoro fino ad ora, hai reperito delle informazioni importantissime e hai collaborato con altri Paesi dell'Alleanza. In qualche modo sei riuscito a riabilitare il tuo nome e quello del tuo Clan. È giusto che tu possa tornare a condurre una vita normale. »

« Ma… » Sasuke lo batté sul tempo: era consapevole di ciò che aveva fatto in quegli anni, ma questo non aveva niente a che vedere con i pericoli che il Villaggio avrebbe potuto correre a causa sua.

« Ma hai ragione nel credere che la tua presenza qui potrebbe essere fonte di guai. Sei l'unico possessore del Rinnegan e, di certo, c'è ancora qualcuno deciso a eliminarti. » affermò l'Hokage, togliendosi il cappello e poggiandolo sulla scrivania in un gesto carico di significato « La verità è che come Hokage ti vorrei lontano da qui. » ammise, facendo poi una lunga pausa in cui Sasuke poté percepire con chiarezza la dicotomia che sussisteva in lui, il conflitto dovuto alle emozioni. « Ma come Maestro vorrei che tu accettassi la mia proposta. » concluse, incurvando le labbra sotto la maschera in un sorriso rassicurante.

« Un Hokage dovrebbe pensare prima al bene del suo Villaggio. » replicò Sasuke, serio. Era felice che Kakashi provasse nei suoi confronti ancora tutto quell'affetto, ma non era più il suo sensei, era l'Hokage e come tale non poteva lasciarsi prendere dai sentimentalismi e mettere a repentaglio la sicurezza del Villaggio.

Kakashi scoppiò a ridere e prese a grattarsi la nuca, imbarazzato.

« Credo che tu abbia ragione. » convenne, trovando abbastanza assurdo il fatto di essersi messo nella condizione di farsi riprendere da un suo allievo.

« C'è ancora molto da fare per evitare che quello che è avvenuto in passato possa accadere di nuovo. » continuò Sasuke « E io voglio fare la mia parte. » dichiarò, infine, con decisione, stringendo il pugno sotto il mantello.

« Mh! Capisco. »

« Se dovessi fermarmi adesso potremmo ritrovarci a dover affrontare un nemico ben più potente di Kaguya e non essere preparati. » gli spiegò, con cognizione di causa. Durante il suo viaggio, infatti, aveva seguito le tracce di Kaguya, spinto da un dubbio. Non riusciva a comprendere per quale motivo, Kaguya, un essere di infinito potere, potesse aver bisogno di un esercito. A cosa poteva servirle se tutto il mondo era assoggettato al suo volere?

Aveva raccolto prove, testimonianze, e alla fine si era convinto dell'esistenza di un essere ancora più potente della Otsutsuki. L'attacco di Toneri, poi, era stata la prova inconfutabile che l'eredità della Dea Coniglio non fosse andata perduta e che, come quel ragazzo, ci potessero essere altri discendenti, di uguale se non superiore potenza.

« Sono d'accordo con te, ma se tu accettassi la mia proposta potremmo aiutarti, accelerare le indagini e potresti vivere qui al Villaggio. » obiettò Kakashi, che in vero nel suo discorso non aveva trovato alcuna falla, ma solo la certezza che Sasuke non sarebbe rimasto a lungo al Villaggio.

« La Squadra di Polizia di Konoha agisce entro i confini, Kakashi. È un impegno che al momento non sento di poter prendere. Sono l'unico in grado di seguire le tracce di Kaguya, grazie al Rinnegan, e penso che si debba dare priorità a questo adesso. »

« Non penso ci sia un modo per farti cambiare idea, vero? »

Kakashi si arrese dinanzi alla risolutezza del suo allievo. Aveva pensato che proponendogli di occuparsi della Squadra d Polizia di Konoha, proprio come un tempo aveva fatto suo padre, avrebbe potuto in qualche modo convincerlo a restare, ma evidentemente Sasuke aveva già ben chiaro quale fosse il suo ruolo. Ciò che, tuttavia, ancora gli sfuggiva era il motivo, quello reale, che stava spingendo il suo allievo a scegliere spontaneamente una vita di solitudine, lontano dai suoi affetti.

La sua scelta non aveva più niente a che fare con l'espiazione dei suoi peccati, di questo ne era certo, e di sicuro non era di peso da un rinnovato patriottismo. Allora cos'era quella scintilla in fondo ai suoi occhi?




♦●♦




« E quindi si è trattato di un falso allarme? » urlò Ino Yamanaka, infischiandosene altamente del fatto di essere in mezzo alla strada e che la sua voce ''cristallina'' potesse attirare l'attenzione dei passanti.

Hinata annuì, paonazza.

« Ino-pig, dacci un taglio, ci stanno guardando tutti. » ringhiò Sakura all'amica.

« Ma come può essere stato solo un falso allarme!!! » incalzò ancora Ino « Hai fatto le analisi? E l'ecografia? Aspetta, adesso passo la mia mano e vediamo se succede qualc… »

« No, Ino, no…» si oppose Hinata, cercando di evitare una visita ginecologica davanti a mezzo Villaggio.

« Ino, ti ha detto che è stato un falso allarme. Fattene una ragione. » intervenne Sakura, tirando con forza la Hyuga verso di sé per proteggerla dalla furia omicida dell'amica che per quanto ne sapeva avrebbe anche potuto aprirle in due la pancia e ficcarci dentro un'anguria pur di farla sembrare effettivamente incinta.

« Ma non è possibile! » esclamò la Yamanaka, disperata.

« Dai, Ino, ci riproveremo. » tentò di rassicurarla Hinata, felice e allo stesso tempo terrorizzata dall'interessamento mostrato dall'amica alla questione.

« Sì? Quando? Stai ovulando? Dove diavolo è quel baka di tuo marito quando serve… Naruto!!!! »

Hinata e Sakura si scambiarono uno sguardo carico di sconforto: conoscendo Ino non avrebbe trovato pace fino a che Naruto non fosse comparso.

« Ma dove sarà? » continuava a chiedersi la Yamanaka, guardandosi in giro con fare sospetto.

« Non penso che tu possa trovarlo, Ino. Naruto-kun è in missione a Suna. » la informò Hinata con gentilezza.

« Cioè? Tu mi stai dicendo che tuo marito è a Suna quando dovrebbe essere qui a concepire vostro figlio? » sbraitò la Yamanaka con gli occhi iniettati di sangue.

Hinata, atterrita, si rifugiò dietro le spalle di Sakura, mentre quest'ultima cercava con tutta se stessa un motivo valido per non atterrare l'amica e porre fine a quella follia.

« Ino, adesso basta, stai esagerando! » la ammonì l'Haruno, brandendo il pugno davanti al suo viso.

« Sakura, tu non capisci. »

« Cosa non capisco? »

« Ragazze, calmatevi. » Hinata tentò di fermarle, ma invano.

« Tu non hai mai neanche dato un bacio, cosa puoi saperne di cosa significa voler concepire un bambino, una nuova vita. » argomentò la bionda Kunoichi con la sua solita delicatezza.

« Parla l'esperta. Neanche tu hai mai baciato qualcuno. » replicò l'Haruno, incrociando le braccia davanti al petto, certa di quello che stava dicendo.

« Beh, si da il caso che io e Sai ci siamo baciati. » dichiarò la Yamanaka con nonchalance, tingendosi leggermente di rosa all'altezza delle guance.

« Sul serio??? » chiesero le altre due all'unisono, spalancando bocca e occhi in un modo talmente innaturale da non poter non apparire buffo.

« Dovreste vedere le vostre facce… » le canzonò Ino, piegandosi in due dal ridere « Comunque sì, sul serio. » affermò poi, facendo ondeggiare la sua lunga coda bionda in un gesto d'orgoglio.

« E quando sarebbe successo? » indagò quindi l'Haruno, assottigliando gli occhi: se Ino pensava che se la sarebbe bevuta così facilmente si sbagliava di grosso.

« L'altro ieri, ma non è questo il punto. » tergiversò l'amica.

« Non mi incanti. Adesso mi racconti tutto. »

« Ma quello non è Sasuke-kun? » trillò la Yamanaka « Magari posso chiedere a lui se vi siete mai baciati. » aggiunse con un mefistofelico ghigno che fece rabbrividire Sakura e per osmosi anche Hinata.

« Sasuke!!! » lo chiamò a gran voce, agitando un braccio per essere certa che lui la vedesse e così anche la restante parte degli abitanti di Konoha che stavano transitando per quella strada.

Sakura, ancora di spalle, immaginò quale forma di scoramento avesse provato Sasuke nel riconoscere la Yamanaka che sbracciava in mezzo alla strada, quale sublime espressione di disgusto si fosse palesata sul suo volto e quale devastante sensazione di imbarazzo lo avesse pervaso con tutti quegli occhi puntati addosso.

Come minimo tutti i progressi ottenuti in quei giorni erano andati a farsi benedire.

« Non oserai! » sibilò l'Haruno, minacciosa, all'orecchio dell'amica.

« Certo che no. Sarebbe troppo facile infierire. » replicò l'altra e Hinata, finalmente, riprese a respirare, sollevata.

« Poi mi spieghi questa faccenda di Sai. » sussurrò ancora l'Haruno prima che l'Uchiha le raggiungesse.

« Sasuke-kun! » cinguettò Ino come un'allodola « Dove vai di bello? » gli chiese, sfoggiando un luminoso sorriso.

Sasuke rifletté per un secondo su cosa risponderle. Un '' Non sono affari tuoi '' sarebbe potuto essere appropriato, ma per quanto la Yamanaka gli desse sui nervi, non aveva intenzione di fare la parte del villano data la presenza di Sakura e Hinata.

« A casa. » rispose, caustico.

« C-ciao, Sasuke-kun. » lo salutò timidamente la Hyuga che da quando era tornato non aveva ancora avuto modo di incontrarlo.

« Ciao, Hinata. »

Sakura, ancora di spalle, non era certa di volersi girare: era ancora un po' scossa dalla discussione con Ino e sentiva la tensione crescere ogni minuto di più a causa dell'imprevedibilità dell'amica.

« Sakura. » la chiamò Sasuke, atono.

La ragazza drizzò la schiena e si girò lentamente, come un automa.

« Ah! Sasuke-kun, buongiorno. »

Sasuke di tutta risposta alzò un sopracciglio: qualcosa gli diceva che fosse accaduto qualcosa. Quelle tre non gliela raccontavano giusta.

« T-tutto bene? » balbettò Sakura, in evidente imbarazzo « Com'è andata dall'Hokage? »

« Il solito. »

'' Sempre loquace. '' constatò la Yamanaka, convincendosi ulteriormente del fatto che infierire su Sakura sarebbe stato come scatenare la Volpe a Nove Code su l'intera equipe medica del Villaggio della Foglia.

« Noi stavamo parlando del futuro bambino di Hinata e Naruto. » intervenne, quindi, ritenendo che la conversazione fosse giunta a un punto morto e avesse bisogno di una spintarella.

Sasuke aprì appena un po' di più le palpebre dell'unico occhio visibile e volse lo sguardo verso la Hyuga che arrossì all'istante.

'' Un bambino? ''

In effetti Naruto e Hinata erano sposati da un po' ed era più che ovvio che avessero intenzione di ingrandire la famiglia, tuttavia non aveva mai preso seriamente in considerazione l'eventualità che Naruto diventasse padre – e prima di lui. Non aveva proclamato di voler restaurare il suo Clan?

« Congratulazioni. »

In quei casi si diceva così, no?

« I-in effetti, Sasuke-kun… » la Hyuga tentennò un po' per paura di qualche ripercussione da parte della Yamanaka « Non sono ancora incinta. Ino, come sempre, esagera. »

« Io non esagero affatto. » replicò la Yamanaka, contrariata « Due persone che si amano e che vogliono trascorrere tutta la loro vita insieme è normale che vogliano un figlio. Vedrai che appena quel baka di tuo marito ritorna dalla missione rimarrai incinta, Hinata. »

« Non abbiamo fretta. » affermò la Hyuga, sempre più in imbarazzo « Al momento giusto arriverà da solo » concluse con dolcezza.

In tutto questo Sakura si era chiusa in un silenzio semi-irreversibile. Stava lì, ferma, con lo sguardo basso e una gran voglia di sprofondare sotto terra. Le parole di Ino l'avevano colpita in pieno: tutti intorno a lei stavano andando avanti, stavano costruendo qualcosa. Lei aveva aspettato Sasuke credendo che prima o poi il loro rapporto si sarebbe evoluto. Era tornato da appena una settimana, questo era vero, ma a parte i soliti fraintendimenti e quella prima notte passata insieme, non avevano avuto alcun tipo di contatto.

Erano poco più che amici e poco meno di una coppia. In pratica non erano né carne, né pesce, né zuppa, né pan bagnato.

In realtà non aveva neanche idea di cosa lui provasse davvero per lei. Non avevano mai affrontato seriamente il discorso '' sentimenti ''.

Lei non gli aveva mai chiesto niente e lui, men che meno, aveva mai mostrato l'intenzione di chiarire quel fosse il suo ruolo nella sua vita. Sapeva di essere importante, lo percepiva dai suoi comportamenti, ma in che modo?

Per lui era una sorta di boa in mezzo a un mare in tempesta? Era un solido ramo sulla parete di un precipizio? Era un senso di colpa inestinguibile? O semplicemente era la donna che amava?

Ovviamente Sakura ritenne che l'ultima delle ipotesi non fosse da prendere neanche in considerazione: troppo ottimistica.

La possibilità che Sasuke si fosse avvicinato a lei per senso di colpa o per necessità era molto, ma molto, più plausibile, senza contare che lei aveva forzato alquanto la mano per ottenere quel poco che lui poi le aveva concesso.

Tirando le somme: era colpa sua.

Lei gli aveva fatto credere che il loro rapporto andasse bene in quel modo, che a lei importasse solo di potergli stare vicina, aiutarlo, anche senza ricevere nulla in cambio.

Che stupida!

In tutto quel tempo si era talmente concentrata su di lui da dimenticare quali fossero i suoi desideri, cosa lei volesse davvero.

'' Smettila! ''

Sasuke aveva ragione dopotutto: non poteva continuare a far finta che tutto andasse bene, che a volte i suoi comportamenti non la ferissero così tanto da farle sanguinare il cuore e che quel poco le bastasse.

Doveva smettere di preoccuparsi dei suoi umori, dei suoi problemi; doveva concentrarsi per capire di che natura fosse il loro rapporto e dove li avrebbe portati.

Non desiderava che lui intraprendesse una relazione con lei solo per pietà o per senso di colpa: non le sarebbe bastato e avrebbe avuto costantemente il dubbio di averlo costretto a fare qualcosa che non desiderava davvero. Né, tanto meno, voleva essere per lui una scialuppa di salvataggio, o una boa, o un ramo, o qualsiasi altra cosa che implicasse uno stato di necessità : '' bisogno '' non era sinonimo di '' amore ''.

Lo amava con tutta se stessa, su questo non vi era il minimo dubbio, ma la prospettiva di una relazione fittizia, univoca, la terrorizzava più della possibilità di non averla affatto. Non voleva ritrovarsi dopo anni con il rimorso di non averci provato, ma neanche con il rimpianto di aver costruito qualcosa di innaturale, forzato, che avrebbe reso infelice tanto lei, quanto lui.

'' Due persone che si amano e che vogliono trascorrere tutta la loro vita insieme è normale che vogliano un figlio. ''

Ino aveva colto il nocciolo del problema. Non che Sakura pensasse già ai figli, ma trovava abbastanza assurdo che dopo tutto quello che era successo, lei e Sasuke non si fossero ancora scambiati neanche un bacio. Ok, avevano dormito insieme, abbracciati, e probabilmente per l'Uchiha quello era valso più di una volgare pomiciata, ma sarebbe stato davvero così inopportuno un bacio?

Era strano che proprio in quel momento avesse iniziato a pensarci quando per tutto il tempo si era beata del suo ruolo di '' orsetto tenerone '', ritenendolo necessario per il benessere di Sasuke. Non che non facesse piacere anche lei dormire avvinghiata all'Uchiha, ma in quel gesto, ormai le era chiaro, non vi era nessuna implicazione sentimentale, piuttosto aveva uno scopo terapeutico: Sasuke riusciva a dormire senza che gli incubi lo tormentassero e lei poteva stargli vicino, come desiderava da sempre, senza aver paura di disturbare.

In pratica: si accontentava.

« Noi stavamo andando a pranzo, Sasuke-kun. Vuoi unirti a noi? » gli propose la Yamanaka, sicura che a Sakura avrebbe fatto piacere.

L'Uchiha a stento udì le sue parole troppo impegnato a scrutare la Kunoichi dai capelli rosa che sembrava assorta in chissà quali pensieri, provando il vago – molto vago – sospetto che questi avessero qualcosa a che vedere con i '' bambini '', i '' rapporti sentimentali '' e '' un impegno stabile e duraturo ''. Tre cose che per lui erano arabo quanto la stele degli Uchiha letta con lo Sharingan a due tomoe.

« Hey! Mi stai ascoltando? » gracchiò Ino, alterata.

« Mi dispiace, Ino, ma io devo tornare in Clinica. » intervenne Sakura, con un filo di voce.

« Eh? » esclamarono all'unisono la Yamanaka e la Hyuga: avevano deciso di andare a pranzo insieme proprio perché quello era il loro giorno libero, che cosa le aveva preso adesso?

« Scusatemi tanto, ragazze. Ci vediamo dopo. »

Sakura scappò via e Ino e Hinata rimasero impietrite, con le palpebre sfarfallanti e un grande punto interrogativo stampato sulla fronte.

Stessa cosa Sasuke, ma senza palpebre sfarfallanti e punto interrogativo sulla fronte: il contegno prima di tutto.

« I-io… » balbettò Ino, colta da un inevitabile senso di colpa « Secondo te ho esagerato? » chiese alla Hyuga che, senza indugio, abbassò il capo per confermarle il suo sospetto.

« Tsk. » sibilò Sasuke con sufficienza prima di riprendere a camminare nella stessa direzione presa da Sakura.

« Dove stai andando? » gli chiese la Yamanaka, non perché volesse trattenerlo, ma per avere la certezza che lui avesse intenzione di seguirla e, chissà, fare per una volta qualcosa di sensato.

« A casa, te l'ho già detto. » le rispose svogliatamente l'Uchiha.

« Ma… » tentò di ribattere Ino, prontamente fermata dalla mano di Hinata, delicatamente posata sulla sua spalla.

« Lascialo andare. Vedrai che si sistemerà tutto. » le disse la Hyuga, tentando di rassicurarla « Sasuke e Sakura sono diversi da noi, hanno un equilibrio tutto loro, ma sono certa che il loro amore prima o poi verrà fuori con tutta la sua forza e a quel punto saranno veramente felici. » le spiegò con una convinzione tale che Ino non poté fare altro che crederle.



♦●♦




« Non sarei mai venuto a pranzo con voi se era questo che ti preoccupava. »

Sakura drizzò la schiena e si bloccò sul posto, smettendo di camminare.

« Sei per caso impazzito? » urlò la ragazza « Non puoi comparire così alle spalle delle persone! »

Sasuke ghignò divertito: non era partito con l'intenzione di spaventarla, ma a guardarla adesso, paonazza, non provava alcun pentimento per averlo fatto.

« E comunque non avrei avuto alcun problema se tu fossi rimasto a pranzo con noi. » gli comunicò, arricciando il naso e mettendo le mani sui fianchi. « Avresti fatto qualcosa di normale per una volta. » aggiunse, con un tono stanco, quasi esasperato, mentre i suoi occhi si incollavano al suolo.

Ecco, lo aveva detto.

Adesso Sasuke, ferito nell'orgoglio, non le avrebbe rivolto più la parola.

Udì il rumore dei suoi sandali prima di fianco poi dietro di lei – come volevasi dimostrare – e non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo.

Stupida, stupida, stupida!

« Ho fame. »

Eh?

« Ti andrebbe di farmi compagnia? »

Non era possibile: non solo Sasuke le aveva rivolto ancora la parola, ma addirittura l'aveva invitata a pranzo. Ok, non l'aveva invitata, le aveva solo chiesto di fargli compagnia, ma che differenza c'era dopotutto?

« Allora? » incalzò l'Uchiha, irrequieto: aveva già fatto più del dovuto rispetto ai suoi canoni.

« V-va bene. » gli rispose Sakura, facendo uno sforzo sovrumano per articolare due parole di senso compiuto pur non riuscendo ancora a muoversi.

Sasuke si sentì in qualche modo sollevato: la possibilità di doverla prendere di peso non era contemplata – sarebbe stato molto imbarazzante entrare in un ristorante con lei sulla spalla.

« Hai intenzione di rimanere lì ancora per molto? »

« N-no. » balbettò, girandosi su se stessa « Eccomi. »

Camminarono in silenzio, l'uno di fianco all'altra. Sasuke teneva lo sguardo puntato davanti a sé, mentre Sakura faceva saettare il suo dal suolo al ragazzo, ancora incredula e decisamente nervosa.

« Qui può andare bene. » esordì l'Uchiha, giunti davanti all'ingresso di un piccolo ristorante.

Sakura annuì con un cenno del capo e lo seguì all'interno.

Il ristorante era piccolo e molto affollato. Sakura ci era già stata un paio di volte con Ino, Choji e Shikamaru, in quanto era famoso per la carne e per le porzioni abbondanti.

Si misero a sedere a un tavolo posto in fondo alla sala, uno dei pochi liberi, e subito una cameriera si affrettò a elencargli i piatti del giorno.

« La carne qui è molto buona. » commentò Sakura per essere di aiuto a Sasuke nella scelta: mancava dal Villaggio da molto tempo forse quel posto neanche lo ricordava.

« Lo so. » rispose lui senza molto entusiasmo.

Ordinarono la carne, per l'appunto, e un'insalata di pomodori – tanto per cambiare.

La cameriera si allontanò con la loro ordinazione, lasciandoli soli, in una situazione che aveva dell'incredibile: seduti uno di fronte all'altra proprio come una coppia di fidanzatini.

La differenza sostanziale, tuttavia, risiedeva nel fatto che loro due non erano una coppia di fidanzatini, neanche lontanamente, e che soprattutto non si erano mai trovati a stare insieme solo loro due in un contesto diverso dall'appartamento dell'uno e dell'altro. Di solito con loro c'era Naruto che, avendo il dono della parola, riusciva ad animare i loro pranzi e le loro cene … di cosa avrebbero dovuto parlare adesso? Ammesso che uno dei due avesse deciso di spiccicare parola.

Era una situazione veramente imbarazzante, oltre che surreale.

Sakura prese a tamburellare nervosamente un dito sul tavolo di legno con il mento poggiato sull'altra mano e il fegato sul punto di esplodere.

Sasuke, al contrario, sembrava la rappresentazione umana della tranquillità – almeno in apparenza.

La necessità di dire qualcosa divenne impellente: non potevano continuare a stare zitti.

« Oggi fa particolarmente caldo, non trovi? » azzardò, quindi, Sakura, con un sorriso leggermente forzato.

« Mh. »

Complimenti, Sakura, ottimo argomento di conversazione. Certo che fa caldo: è Luglio!

« C'è molta gente per essere martedì. » ci provò ancora.

« Mh. »

Niente. Un muro – anzi un mulo.

« Posso sapere di cosa avete parlato tu e l'Hokage? » gli domandò, quindi, sperando che questa volta non le rispondesse a monosillabi.

Sasuke sospirò: in realtà aveva sperato che la tipica logorrea di Sakura venisse fuori in tutta la sua potenza devastante, evitando così a lui di proferire parola, ma non era stato così.

« Niente di importante. Abbiamo parlato di lavoro. » le rispose, sintetico.

« Lavoro? » ripeté la ragazza, molto interessata all'argomento. Era certa che Kakashi avesse proposto a Sasuke di lavorare per il Villaggio, ma non era certa che la mansione fosse all'interno dello stesso e doveva assolutamente scoprirlo.

« Sì, lavoro. Ma ti ho già detto che non si tratta di nulla di importante. » replicò lui, tentando di essere gentile, benché la sua insistenza lo avesse un po' infastidito. Non aveva voglia di parlare con lei di quella faccenda, non trovava giusto coinvolgerla.

« Qualche missione speciale? » incalzò ancora Sakura, intenzionata a non mollare l'osso.

« Ah! Sei davvero noio… »

« Sakura? »

Una voce maschile interruppe bruscamente Sasuke.

« Sakura Haruno? »

I due ragazzi si girarono nella direzione dalla quale proveniva la voce rintracciando un ninja seduto un paio di tavoli lontano da loro.

Sakura assottigliò gli occhi cercando di mettere a fuoco il ragazzo, mentre questo si avvicinava al loro tavolo.

« Sei proprio tu? » le chiese con entusiasmo.

Sasuke fece saettare lo sguardo dall'uno all'altra, mascherando la sua confusione dietro un espressione di assoluta indifferenza.

« Sì, sono io… » confermò l'Haruno, un po' perplessa.

« Sono Morio, ti ricordi di me? Mi hai salvato la vita durante la guerra. »

Sakura lo guardò più attentamente e d'improvviso le sue gote divennero dello stesso colore dei pomodori che nel contempo la cameriera aveva lasciato sul tavolo. Piccolo particolare che non sfuggì all'occhio sempre attento dell'Uchiha.

Morio – Accampamento Medico – Lettera d'amore. Come poteva dimenticarlo?

« C-che ci fai qui? » balbettò la ragazza.

« Faccio da scorta alla delegazione del Tsuchikage. »

'' Un ninja di Iwagakure, quindi.'' osservò Sasuke, mentre infilzava un paio di pomodori e li portava elegantemente alla bocca come se intorno a sé non ci fosse stato nessuno, come se Sakura non stesse parlando con un ragazzo e come se quel ragazzo non fosse stato assolutamente fuori luogo in quel momento.

« Caspita, sono davvero contento di rivederti. » aggiunse, grattandosi la testa con fare imbarazzato.

« Sì, anch'io. »

E il pomodoro appena inghiottito da Sasuke si fermò all'altezza del pomo d'Adamo intenzionato a rimanere lì fino a che l'Uchiha non fosse morto per asfissia.

Lungi da Sasuke darsi un paio di colpetti al petto per mandarlo giù: preferiva soffocare che dimostrare a Sakura – e soprattutto a se stesso – di aver trovato abbastanza inopportuna l'affermazione appena fatta dalla ragazza.

« Ti trovo davvero bene… » continuò il ragazzo, incurante del fatto che Sakura fosse in compagnia – e probabilmente non immaginava di chi. « Sembri… diversa. »

' Sono passati tre anni se fosse rimasta uguale sarebbe stata un alieno. ' osservò Sasuke dentro di sé, continuando a combattere con quel pomodoro che proprio non ne voleva sapere di scendere.

« Anche tu sei cambiato un pochino. »

«Oh… beh… sì, sai, l'allenamento… » replicò il ragazzo, accarezzandosi un bicipite muscoloso.

« Ah! Capisco. »

No, Sakura non intendeva quello, più che altro voleva essere gentile.

' Finalmente! '

Dopo l'ultima scioccante affermazione del ninja di Iwagakure il pomodoro aveva deciso di disincastrarsi: ora Sasuke, all'occorrenza, avrebbe potuto vomitare e qualcosa gli suggeriva di esserci molto vicino. Per sicurezza decise di non ingurgitare nient'altro e posare le bacchette sul tavolo. Un gesto che non passò inosservato al ninja di Iwa che iniziò a sospettare di essere di troppo.

« Mi dispiace, non avevo intenzione di interrompervi. » si scusò, facendo un mezzo inchino.

« No, figurati. » replicò Sakura, non notando lo sguardo carico di odio che l'Uchiha le aveva riservato. Proprio adesso che quel tizio aveva capito di doversene andare lei lo invitava a rimanere?

« Mi chiamo Morio, sono un jonin del Villaggio della Roccia. » si presentò, quindi, a Sasuke, porgendogli la mano con gentilezza.

Dopo un lungo, interminabile, minuto in cui Morio era rimasto immobile con il braccio teso verso Sasuke e quest'ultimo non si era degnato neanche di rispondergli, Sakura si persuase del fatto che l'Uchiha avrebbe continuato tranquillamente a ignorarlo e rispose per lui.

« Lui è Sasuke Uchiha… » disse l'Haruno « È un mio ex compagno di squadra. » precisò non riuscendo neanche a capire perché lo avesse fatto: a Morio, dopotutto, era bastato udire il suo nome per capire chi fosse ed era chiaro dall'espressione stupita sul suo volto.

« Quel Sasuke Uchiha? » esclamò il ninja di Iwagakure « Non sapevo che fosse un tuo compagno di Team. Caspita, tu sei una leggenda… »

E l'ego di Sasuke tornò a respirare dopo aver temporaneamente smesso a causa dell'accostamento della parola '' ex '' a '' compagno '' e la superflua precisazione fatta da Sakura. E nonostante i complimenti del ninja di Iwagakure decise di continuare a ignorarlo, con il totale biasimo da parte della ragazza che trovava il suo comportamento abbastanza infantile per non dire irritante.

« Oh… beh… io rimarrò qui per qualche giorno, mi farebbe piacere si… insomma… se… ecco non ti ho chiesto com'è andata poi con il tuo… »

« Penso che tu debba tornare dai tuoi compagni. » lo fermò Sakura, con gli occhi fuori dalle orbite: non poteva permettergli in alcun modo di continuare.

Sasuke alzò un sopracciglio, la prima vera reazione da quando quel tizio aveva interrotto il loro pranzo: come mai Sakura aveva posto fine in modo così brusco a una così piacevole conversazione?

« Sì, credo che tu abbia ragione. » convenne Morio « Allora ci si vede e… Sasuke è stato davvero un onore per me conoscerti. » aggiunse prima di ritornare al suo tavolo.

« Ti si fredda la carne. » borbottò Sasuke, a quel punto.

« Avresti potuto almeno salutarlo. Cercava solo di essere gentile. »

« I pomodori sono un po' duri. » replicò lui, ignorandola completamente.

« Ah! Sei veramente impossibile. » sospirò la Kunoichi, impugnando le bacchette per afferrare un pezzo della succulenta carne che ancora fumava sulla piastra.

« Non c'è nessuna legge che mi obbliga a parlare con le persone. » le fece presente, serio, mentre riprendeva anche lui in mano le bacchette per soddisfare il rinnovato appetito.

« Si chiama cortesia, infatti. » replicò lei, acida.

Il sopracciglio di Sasuke si impennò di nuovo: da quando Sakura osava rivolgersi a lui in quel modo. Quel tono di voce poteva andare bene per Naruto, per la Yamanaka, per lui... NO!

« Ci stavi già pensando tu ad essere cortese. » osservò ironico, avventandosi su un pezzo di carne con le bacchette.

« Eh? » esclamò Sakura, colpita nel vivo: stava per caso insinuando che lei avesse avuto un atteggiamento civettuolo?

« Penso che il Rinnegan ti abbia offuscato la vista, Sasuke-kun, e anche l'udito. » aggiunse, pescando un altro pezzo di carne dalla piastra.

« Non sottovalutare il potere del Rinnegan. Percepisco cose che non puoi neanche immaginare. »

« Ma davvero? Sai, anch'io ho sviluppato delle nuove abilità. » lo provocò, decisa a non dargliela vinta.

« Sai essere noiosa e insopportabile contemporaneamente? Sai che novità. » replicò lui, trovando quel botta e risposta stranamente stimolante.

« Riesco a riconoscere un baka quando lo vedo e ne ho uno davanti proprio adesso. »

Sasuke sbatté le palpebre, incredulo: sul serio gli aveva dato del baka?

Erano rimasti entrambi immobili, occhi negli occhi, con le bacchette infilzate nello stesso pezzo di carne. L'ultimo.

Sakura fu colta da un fremito di paura: aveva dato del baka a Sasuke Uchiha. Le possibilità che lui la incenerisse lì sul posto erano davvero molto elevate.

Poi avvenne il miracolo…

Un tremolio, un impercettibile spasmo localizzato ai lati delle labbra, un sorriso – un po' sghembo, come sempre – qualcosa di simile a uno starnuto ma più baritonale e, infine… una risata, prima sommessa, poi sempre più forte.

Sasuke stava ridendo e non in modo diabolico… stava ridendo sul serio e di gusto.

Anche Sakura, dopo aver razionalizzato che non sarebbe morta in quel ristorante, cominciò a ridere fino a farsi venire le lacrime agli occhi.

Che cosa era accaduto?

Nessuno dei due era in grado di spiegarselo, di sicuro quella era stata la conversazione più lunga e costruttiva che avevano avuto da sempre.

« Mangialo tu. » le concesse Sasuke, dopo aver ripreso fiato, indicandole con la bacchetta il pezzetto di carne che entrambi si erano contesi.

« No, tu. »

« Insisto. »

« Ok. »

Sakura infilzò il pezzetto di carne e lo portò alle labbra. Lo masticò lentamente, percependo un nuovo sapore e realizzando che, forse, se qualcuno li avesse visti in quel momento li avrebbe presi per una vera coppia.



♦●♦




Dopo aver lasciato il ristorante e aver ignorato il ninja di Iwagakure per l'ennesima volta, Sasuke pensò che fosse il caso di scortare la ragazza fino a casa. Non perché lei non fosse in grado di badare a se stessa, ma per il semplice gusto di farlo.

Il battibecco avuto nel ristorante aveva creato una strana complicità e stranamente non aveva voglia di rimanere solo.

La logorrea di Sakura, che fino a quel momento era rimasta quieta, si era scatenata all'ennesima potenza: durante tutto il percorso non aveva smesso per un secondo di parlare e lui, stranamente, aveva trovato la cosa quasi piacevole.

Dovette ammettere che la sua compagnia, dopotutto, non fosse poi così malvagia – sicuramente era meno molesta di Naruto.

Avevano parlato di un po' di tutto. O meglio, lei aveva parlato di un po' di tutto, lui si era limitato ad ascoltarla, ad annuire e a bofonchiare qualcosa di incomprensibile fino a che lei non aveva aperto il capitolo '' guerra '' e a Sasuke era venuta la malsana idea di porle una domanda che gli ronzava in testa da quando quel ragazzo si era appropinquato al loro tavolo. Era curioso di sapere chi fosse, cosa gli avesse fatto Sakura per rimanergli così impressa. Quello che aveva capito era che lei gli avesse salvato la vita, ma il fatto che Sakura avesse troncato di netto la conversazione lo aveva in qualche modo insospettito.

Forse non erano affari suoi, forse avrebbe potuto sorvolare, ma l'idea che Sakura potesse nascondergli qualcosa lo infastidiva oltremodo anche se non riusciva a comprenderne il motivo. Probabilmente era qualcosa che aveva a che fare con il suo passato e con Itachi.

« Quel ninja di Iwagakure… »

« Morio? »

Sasuke annuì.

« Quando è arrivato all'Accampamento Medico era in fin di vita. Avevamo affrontato i primi Edo Tensei e una parte dell'esercito degli Zetsu Bianchi. » gli raccontò Sakura, con lo sguardo rivolto verso il cielo. « Io e Shizune eravamo state assegnate alla squadra medica per poter soccorrere i numerosi feriti che arrivavano dal fronte. »

In quel frangente Sasuke era con Itachi, stava affrontando Kabuto per disattivare la tecnica dell'edo tensei e non aveva ancora preso una decisione in merito a quello che avrebbe fatto. Era cosciente che a Konoha imperversasse la battaglia, ma non aveva ancora ottenuto le risposte di cui aveva bisogno per intervenire a favore del Villaggio. Risposte che solo Itachi era stato poi in grado di dargli.

« Gli ho salvato la vita, tutto qui. In fondo è questo che fa un medico. » concluse l'Haruno, girandosi su se stessa e cominciando a camminare all'indietro per poter incrociare lo sguardo di Sasuke, consapevole che quella sua spiegazione non gli sarebbe bastata.

« Sicuramente deve esserti molto grato. » osservò l'Uchiha.

« Beh, in verità non mi aspettavo che sarebbe stato così felice di vedermi. » ammise Sakura, con una strana espressione in viso che Sasuke fece fatica a interpretare.

Sasuke si fermò e anche Sakura fece lo stesso.

« Ti avverto. È una di quelle cose frivole che sicuramente non ti interessano. » aggiunse, arrossendo appena.

« Tsk. »

« Ecco, appunto, allora non ti racconto niente! » esclamò la ragazza, facendogli poi una linguaccia prima di correre via.

« Hey! Ma dove… »

Sasuke ghignò e si lanciò al suo inseguimento.

Corsero a lungo, saltando sui tetti di Konoha, mentre il cielo iniziava a tingersi di rosso e l'aria si faceva più fresca con l'arrivo della sera. Avevano passato un intero pomeriggio insieme senza neanche accorgersene, come fosse stata una cosa naturale, giusta.

Giunti ai confini del Villaggio, Sasuke ritenne che potesse bastare e, accelerando di poco, riuscì a raggiungerla.

« Fermati! » le ordinò, afferrando il suo polso.

« Mi disse che era innamorato di me e mi scrisse anche una lettera. » gli confessò, con un filo di voce, rimanendo di spalle. Si sentiva molto in imbarazzo nel raccontare proprio a Sasuke quella vicenda. Temeva di apparire ai suoi occhi una stupida noiosa e che lui fraintendesse le sue parole come un modo per farlo ingelosire. Non era questa la sua intenzione.

« Temeva che non saremmo sopravvissuti alla guerra. »

La stretta sul suo polso si fece più intensa.

« Ci rimase davvero molto male quando gli confessai che il mio cuore apparteneva già a qualcun altro. » aggiunse, girando il viso verso Sasuke che, colto da un improvviso fremito, lasciò la presa.

A quell'epoca per Sakura lui era ancora un nemico, eppure lei aveva continuato ad amarlo, ad affermare con tenacia la sua appartenenza a lui.

Meritava davvero tutto questo?

Sakura si voltò e riprese il suo racconto: « Mi disse che quel ragazzo doveva essere davvero un grande se io ero innamorata di lui. »

' Un grande idiota, piuttosto. ' pensò Sasuke – e in vero ci si sentiva parecchio.

« Mi dispiace. » si sentì di dirle – ormai era diventato una specie di disco rotto.

« E di cosa? Te l'ho già detto Sasuke: io ho scelto di amarti, tu non ne hai nessuna colpa. »

Sasuke sentì le sue parole abbattersi su di lui come macigni. Come avrebbe mai potuto ricambiare tutto quell'amore se non era ancora neanche in grado di capire cosa provava davvero per lei?

Sentiva per lei qualcosa di molto forte a cui non riusciva a dare ancora un nome, un peso, una collocazione nella sua vita. Era amore, o qualcosa di molto simile, ma era talmente impaurito all'idea che potesse esserlo da rinnegarne persino la definizione.

Se mai lo avesse ammesso sarebbe cambiato tutto e il suo futuro era troppo incerto per coinvolgervi Sakura. Non sarebbe stato giusto costringerla a vivere un rapporto a distanza, né farle abbandonare il suo Villaggio, la sua Clinica, i suoi affetti. Non voleva che rinunciasse più a nulla per causa sua.

Sakura fece qualche passo verso di lui e posò una mano sul suo petto, sentendo oltre la stoffa il suo cuore battere in un modo molto simile al suo.

« Ho bisogno di capire, Sasuke-kun. » mormorò Sakura con dolcezza, alzando il capo così che i loro occhi potessero specchiarsi gli uni negli altri e fugare ogni dubbio, ogni possibile menzogna che, ne era certa, Sasuke avrebbe proferito pur di dissuaderla dal perseverare.

« Non c'è molto da capire. » replicò Sasuke, afferrando con delicatezza il fianco destro della ragazza « È tutto molto chiaro, ma c'è un prezzo ed è troppo alto. » aggiunse, stringendo appena un po' di più la presa, sentendo la sua pelle morbida sotto i polpastrelli.

« Non m'interessa! Non ha alcuna importanza! » esclamò lei, scuotendo il capo per enfatizzare il concetto.

« Non sai di cosa stai parlando. »

Sasuke si allontanò bruscamente da lei. Doveva tenerla a debita distanza, non poteva in alcun modo permetterle di avvicinarsi ancora a lui perché, ne era certo, non sarebbe riuscito a controllarsi. Lei gli faceva un effetto strano, abbatteva tutte le sue difese, lo faceva sentire debole, vulnerabile.

« Allora spiegamelo! » urlò Sakura, cercando di tenere a freno le lacrime: la stava rifiutando ancora, non poteva essere possibile, non stava accadendo di nuovo.

« Devo andare. »








Angolo Autrice


Buonasera carissimi lettori,

So che molti di voi dopo il precedente capitolo si aspettavano qualcosa di diverso e se devo essere sincera l'idea iniziale era totalmente diversa. Amen. Spero che il capitolo vi sia piaciuto lo stesso.

Per gli insulti e i lanci di petardi sapete dove trovarmi. :-)

Per l'occasione ho riesumato un personaggio che merita una medaglia, secondo il mio modesto parere: Morio. Per scoprire il nome del ninja di Iwa che diede la lettera d'amore a Sakura avevo quasi deciso di scrivere all'ufficio stampa di Kishimoto, poi con un po' d'impegno e San Google ce l'ho fatta.( Era scritto in un databook)

Come avrete sicuramente notato, in questa fan il rapporto tra Sasuke e Sakura è simile all'elettrocardiogramma di un cardiopatico: alti e bassi in continuazione. Dite la verità... per come l'avevo messa sembrava la volta buona per un bacio… e invece NO! Dovete soffrire! :-)

No, scherzo… non potete immaginare la mia di angoscia nello scrivere questi capitoli. Fremo come una fangirl di primo pelo e mi sto trattenendo davvero tanto. Ma abbiate fede… ci siamo quasi.

Ringrazio davvero tanto chi sta recensendo questa storia, grazie per i vostri consigli e il vostro supporto… insomma grazie di esistere e basta.

Vorrei ringraziare anche i 102 utenti che hanno inserito Mr tra le storie seguite e anche gli 82 utenti che l'hanno inserita tra le preferite. Siete tantissimi!!! :-)

Sono numeri astronomici per quel che mi riguarda. Solo un'altra storia nel tempo aveva raggiunto un simile traguardo : Le due parti di me. ( che meriterebbe di essere un tantino rivista, nda.)

Grazie infinite davvero!

Piccola news: non penso che dovrete aspettare molto per il prossimo capitolo perché sono particolarmente ispirata in questi giorni. Inoltre a breve pubblicherò l'atto conclusivo – si spera – di Road e il nuovo capitolo di Kitchen.

Un bacione

Blueorchid31


























Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** #19 Jealousy turning Saints into the sea, ***



Image and video hosting by TinyPic

#19 Jealousy turning Saints into the sea,

swimming through sick lullabies,

choking on your alibis.(1)







« E così è finita?! »

« Ino, non può finire qualcosa che non è mai iniziato. » replicò Sakura, schizzando come una saetta da una parte all'altra del piccolo studio.

« Ma ti ha detto grazie, ti ha toccato la fronte… io non riesco a spiegarmelo! » esclamò la Yamanaka, quasi più disperata della diretta interessata.

' Neanche io ' convenne Sakura, fingendo tuttavia di non aver percepito il chiaro dolore inferto dall'elenco dettagliato delle promesse non mantenute di Sasuke e dei suoi incomprensibili ringraziamenti.

« Cioè, pensavo che ormai fosse fatta! » sospirò Ino, che da quando aveva fatto irruzione in quella stanza aveva perpetuato a scuotere la testa tanto da indurre Sakura a temere che da un momento all'altro potesse staccarsi dal collo e rotolare sul pavimento.

' Ti sbagliavi, e anch'io ' e questa volta il dolore fu ancora più forte, dritto nello stomaco, come una coltellata.

« Fronte spaziosa, vuoi fermarti un secondo? Sembri una scheggia impazzita! » protestò, poi, la Yamanaka.

« Sto cercando dei documenti. Ho un appuntamento con l'Hokage, lo hai dimenticato? »

« Ti riferisci a questi? »

Ino sventolò davanti alla sua faccia una cartellina con su scritto '' Hokage '' a lettere cubitali che era stata per tutto il tempo in bella vista sulla scrivania: Sakura stava messa peggio di quanto pensasse.

« Ah! Finalmente! » esclamò Sakura, sollevata « Ma dove era finita? »

« È sempre stata sotto i tuoi occhi. » le rispose Ino, prima che lei gliela sottraesse dalle mani. « Pensi davvero che un mucchio di dati possano aiutarci ad ottenere quei fondi? » le chiese, subito dopo, in apprensione per le sorti della clinica e per la salute mentale della sua amica: se davvero la non-storia con Sasuke poteva dirsi finita, non ottenere quei fondi sarebbe stato il colpo di grazia.

« Non lo so. Ma tentare non nuoce. Mancano solo due giorni al Tanabata e Kakashi-sensei ha promesso che farà tutto il possibile per convincere il Consiglio. »

« Speriamo! » sospirò la Yamanaka, abbassando le spalle sconsolata.

« Già. » si accodò Sakura, sospirando allo stesso modo, mentre teneva stretta al petto la cartellina come per darsi coraggio.

« Haruno-sama? »

La voce dell'infermiera, dall'altra parte della porta, interruppe la conversazione.

« Sì, avanti. »

La donna entrò nella stanza e fece un breve inchino.

« C'è un ragazzo all'ingresso che chiede di lei. » le comunicò.

Sakura e Ino si scambiarono uno sguardo carico di stupore e ansia.

'' Di nuovo? ''

Ino si emozionò così tanto all'idea di avere avuto ragione per l'ennesima volta – perché sì, lei di storie d'amore ne capiva – da avere quasi la tentazione di accompagnarla a braccetto fino all'ingresso in modo che quell'idiota di un Uchiha si sentisse talmente umiliato da pensarci due volte la prossima volta – perché tanto ci sarebbe sempre stata una prossima volta, era fisiologico.

Sakura, come se avesse subdorato le intenzioni dell'amica, le lanciò con lo sguardo un chiaro monito e s'incamminò verso l'ingresso ripetendo dentro di sé come un mantra : '' Questa volta lo pesto. ''

Inutile dire che rimase abbastanza scioccata, per non dire delusa, nel constatare che appena fuori dalla porta principale della Clinica non ci fosse affatto Sasuke.




« Sapevo che ti avrei trovato qui. » esordì Naruto, appoggiato con le spalle al tronco di un albero a braccia incrociate – perché lui, furbo, il braccio posticcio se l'era fatto attaccare a differenza di qualcun altro che amava talmente tanto crogiolarsi nella sua disperazione da rifiutare categoricamente anche solo l'idea.

Quando Sakura in quei giorni aveva aperto l'argomento, lui l'aveva brutalmente richiuso, senza spiegarle nulla – come al solito, insomma. Quel moncherino era per lui una specie di monito a non commettere nuovamente gli stessi errori e l'idea di farsi impiantare il braccio, nella sua mente contorta, sarebbe stato come ripudiare il passato, cancellarlo, e lui, detto tra noi, non aveva alcuna intenzione di farlo. Sì, amava crogiolarsi nella sua disperazione, ci sguazzava come quei pescegatto che un tempo avevano vissuto in quel laghetto.

Vivere in quel modo gli risultava più semplice, ci era abituato dopotutto.

« Hai intenzione di rimetterla apposto? » gli domandò l'Uzumaki.

Sasuke, seduto all'ombra del grande albero posto al centro del giardino, di rimando chiuse gli occhi e si beò del profumo di quella che un tempo era stata la sua casa. Non aveva ancora deciso cosa farne. Essendo l'unico erede del Clan Uchiha, tutto quello che si era salvato dall'attacco di Pain era diventato suo. Kakashi, infatti, quando il Consiglio aveva presentato mozione per la confisca dei beni, si era opposto con decisione, sostenendo che spettasse a Sasuke, come unico erede in vita, di decidere cosa farne e che, in fondo, la ristrutturazione e la vendita di un quartiere disabitato da anni e in cui era stata compiuta una strage non sarebbe stato di molto aiuto per risanare le casse del Villaggio. Stranamente il Consiglio aveva concordato, malgrado Koharu e Homura, ritornati dall'esilio per palese insufficienza di prove, avessero insistito oltremodo, forse terrorizzati all'idea che Sasuke potesse realmente tornare al Villaggio e restaurare in qualche modo il suo Clan – quei due vecchi erano oltremodo ossessionati dagli Uchiha, forse ancor più di Danzo.

Kakashi glielo aveva comunicato durante il loro ultimo incontro, chiedendogli di prendere una decisione anche in merito a quello.

La casa dei suoi genitori era stato l'edificio che aveva subito meno danni, era pressoché integra e, quasi quasi, aveva provato una sorta di dispiacere nel constatarlo: se fosse andata distrutta lui non avrebbe battuto ciglio nel donare l'intero Quartiere al Villaggio. Ma non era stato così, si era salvata, e con essa tutti i ricordi che quelle mura avevano conservato in quegli anni. Sforzandosi un po' era in grado di rivedere sua madre stendere i panni sul filo teso in fondo al giardino, o Itachi seduto sul gradino dell'engawa, o suo padre a braccia conserte nel dojo... o i loro corpi trafitti e sanguinanti o gli occhi di suo fratello che spiccavano nell'oscurità.

Probabilmente la scelta più giusta sarebbe stata quella di liberarsene, una volta per tutte, di quella casa, della triste storia del suo Clan e di quei ricordi dolorosi, ma una parte di lui non riusciva a distaccarsene, rimaneva saldamente ancorata a quel passato.

Naruto si mosse verso di lui, andandosi a sedere al suo fianco: spalla a spalla.

« Di poche parole come al solito, eh? » osservò, ironico, chiudendo anche lui gli occhi e godendosi il canto delle cicale, nascoste tra le fronde del grande albero.

Rimasero così, in silenzio, per un po', non sentendo l'esigenza di aggiungere altro: dopotutto si erano sempre capiti con uno sguardo. Non era stato difficile per Naruto captare l'aura oscura che avvolgeva Sasuke, quel misto di paranoia e angoscia che lo aveva sempre contraddistinto, un marchio di fabbrica di cui l'amico non era ancora riuscito a liberarsi, proprio come non era riuscito a fare con il suo passato, e che per assurdo lo rendeva agli occhi delle ragazze assolutamente irresistibile. Vai a capire le donne!

« Non penso che accetterò la proposta di Kakashi. »

Sasuke ruppe il silenzio, pur sapendo che probabilmente Naruto si sarebbe incazzato e avrebbe dato di matto, illudendosi che dopo avergli confessato le sue intenzioni quel groppone che aveva all'altezza dello stomaco sparisse miracolosamente.

Non era stato così: la sua decisione non aveva nulla a che vedere con quella fastidiosa sensazione, doveva essere qualcos'altro.

« Non mi stupisce. Ho sempre pensato che fosse un'idea assurda. » replicò l'Uzumaki. Sasuke, ancora a occhi chiusi, riuscì a immaginare il sorriso di consapevolezza sul viso dell'amico e rifletté sul fatto che probabilmente fosse diventato troppo scontato persino per lui.

« Kakashi-sensei voleva farti capire di essere il benvenuto. » aggiunse, tentando di giustificare la stupidità della proposta fatta dal Sesto: come aveva potuto mai pensare che Sasuke accettasse di ricoprire il ruolo che un tempo era stato di suo padre?

Kakashi aveva spiegato a Naruto che, lì su due piedi, era stata la prima cosa che gli era venuta in mente per far capire a Sasuke che vi fosse ancora posto per lui al Villaggio e, in fin dei conti, aveva davvero la necessità di trovar qualcuno che si occupasse della Squadra di Polizia di Konoha che, dopo lo sterminio del Clan Uchiha, non era più stata ripristinata, dando sempre più potere agli Anbu.

« Questo lo avevo capito. » ci tenne a precisare Sasuke, evitando di aggiungere: '' Non sono un baka come te ''.

« Sei preoccupato per quello che può accadere, vero? » incalzò l'Uzumaki, stiracchiandosi lungo il tronco dell'albero allo stesso modo di un gatto – o di una volpe nel suo caso.

« Abbiamo sconfitto Kaguya, ma sai anche tu che là fuori, da qualche parte, c'è qualcosa di ancora più potente. » gli rispose, aprendo gli occhi e muovendo le pupille in direzione dell'amico.

« Mh. » concordò Naruto « Ma questo non significa che spetti a te scovarlo. » aggiunse e incrociò il suo sguardo.

« Sono l'unico in grado di farlo. »

« Sì, ma non è detto che tu debba farlo da solo. » obiettò l'Uzumaki che era cosciente del fatto che Sasuke, possedendo il rinnegan, fosse l'unico in grado di seguire le tracce di Kaguya, tuttavia non aveva mai condiviso che quell'onere gravasse solo sulle spalle, costringendolo a stare lontano da lui, da Sakura, da tutte le persone che gli volevano bene.

« Tu devi stare qui. Devi proteggere il Villaggio. » gli ricordò « E poi hai una famiglia, da quel che so stai anche progettando di avere un figlio… » aggiunse e trattenne a stento un sorriso nel vedere il viso dell'amico diventare improvvisamente rosso.

« Questo potrebbe essere anche il tuo posto, se solo tu non fossi così cocciuto, Teme! »

« Non voglio mettere in pericolo nessuno e sai bene anche tu che, prima o poi, se io rimanessi qui potrebbe accadere. » ringhiò l'Uchiha, seccato.

« Tu non sei Itachi. »

E l'affermazione di Naruto, se possibile, lo infastidì ancora di più.

« Capisco che ti senta responsabile dell'eredità che ti ha lasciato, ma non sarai mai come lui. » continuò l'Uzumaki, cosciente di aver toccato un tasto dolente, ma necessario per far comprendere a Sasuke che stesse sbagliando – di nuovo. « Per quanto continui a negarlo, l'idea di rimanere a Konoha non ti dispiace affatto. E stai usando Itachi come alibi per giustificare la tua ennesima fuga. » concluse, poi, incrociando le mani dietro la nuca, soddisfatto.

« Non devi fare la spesa per tua moglie? » gli chiese, l'Uchiha, contrariato e intenzionato a cambiare argomento.

'' Alibi? Tsk! ''

« No, oggi no. » replicò l'Uzumaki, divertito: Sasuke voleva liberarsi di lui, ne era certo.

« Nessuna missione? » incalzò l'altro, celando la sua irrequietezza dietro una perfetta maschera di indifferenza.

« No. Sono appena tornato da Sunagakure e prima che l'Hokage mi assegni un'altra noiosissima missione diplomatica passeranno diversi giorni. »

Sasuke capì di essere in trappola e si portò una mano alla fronte: poteva dirsi spacciato; conoscendo Naruto gli sarebbe rimasto alle calcagna ventiquattro ore su ventiquattro.

« Comunque… » Naruto si alzò in piedi e fece qualche passo « È bello sapere che ti preoccupi per il Villaggio. » dichiarò, serio, volgendo appena il viso sopra la spalla « Ma non trovo giusto che tu debba sacrificarti. »

Sasuke aveva promesso a se stesso di seguire il credo ninja di suo fratello, di proteggere il Villaggio della Foglia da ogni sorta di pericolo a qualsiasi costo. Come Itachi aveva capito il vero significato delle parole Shinobi, Villaggio e Clan ed era intenzionato ancora a cambiare il mondo, ma non da protagonista, bensì rimanendo nell'ombra. Un bel cambiamento per uno come lui che, da sempre, aveva avuto una certa attitudine ad essere egocentrico e megalomane.

In quel viaggio aveva fatto un bagno di umiltà, aveva capito i suoi sbagli, e aveva scelto la sua strada e per quanto Naruto, da un certo punto di vista, non avesse poi tanto sbagliato nell'affermare che si trattasse di un alibi, rifiutava di vedere, tuttavia, la realtà dei fatti spinto da un genuino affetto verso di lui e dal suo inguaribile ottimismo.

« Se qualcuno venisse a cercarti per ucciderti o per appropriarsi del rinnegan, pensi davvero che io, Sakura-chan, e tutti gli altri, rimarremmo con le mani in mano? »

Sasuke tacque per evitare di confermargli che fosse proprio quella la sua preoccupazione maggiore.

La prima volta che aveva abbandonato il Villaggio, i suoi compagni avevano corso molti rischi contro il quartetto del suono, e ancora, quando Sakura e Naruto avevano fatto irruzione nel covo di Orochimaru erano stati costretti ad affrontare il sennin in persona e Kabuto prima che Sai riuscisse a infiltrarsi all'interno del nascondiglio; tutti avevano già corso troppi pericoli a causa sua e non desiderava affatto che questo accadesse ancora.

« Dai, andiamo a mangiare. Offro io. » concluse l'Uzumaki, porgendogli una mano per aiutarlo a rialzarsi.



●♦●



« S-scusa. Credo di non aver capito. » balbettò Sakura, sbattendo ripetutamente le palpebre degli occhi.

« T-ti ho c-chiesto se vuoi uscire con me. » ripeté il ragazzo, grattandosi la nuca per l'imbarazzo: non aveva previsto di doverglielo chiedere più di una volta e la prima era già stata abbastanza sofferta.

« Oh. » e la bocca di Sakura dopo aver pronunciato quell'esclamazione rimase spalancata a mo' di ovale per diversi secondi: aveva capito bene, quindi.

« Dopo che ci siamo visti, siccome non avevi risposto alla mia domanda, mi sono informato un po' in giro. » le spiegò Morio « Ah! Dimenticavo! » sbottò, subito dopo, rivelando un mazzetto di fiori che fino a quel momento aveva tenuto nascosto dietro la schiena.

Sakura rimase impalata a guardarlo, incapace di muovere le mani per afferrarlo. Alzò appena gli occhi verso il viso del ragazzo che stava lì, in attesa, con il braccio proteso verso di lei, imbarazzato e nervoso, e si sentì in colpa, proprio come quel giorno nella tenda dell'accampamento medico.

« Meglio di una lettera, non credi? » ironizzò il ragazzo per stemperare la tensione, strappandole un timido sorriso.



●♦●



« Il chiosco di Ichiraku non è dall'altra parte? » domandò Sasuke a Naruto « Non pensavo che mangiassi anche altro. » sbuffò ironico.

« Infatti stiamo andando in Clinica da Sakura-chan. » dichiarò l'Uzumaki.

Sasuke, di rimando, aggrottò la fronte e girò il viso da un lato, mantenendo lo sguardo basso.

Naruto sbirciò la sua reazione con la coda dell'occhio e ghignò divertito: Sasuke era sempre stato tendenzialmente paranoico e depressoide ma quella mattina, il solo fatto che si fosse spinto fino al Quartiere Uchiha aveva insinuato nella mente dell'amico il dubbio che fosse di nuovo sull'orlo del baratro – cosa che di solito avveniva dopo il compimento di qualche cazzata epica.

Data la sua reazione, per l'Uzumaki non fu difficile associare mentalmente la parola ''cazzata'' a ''Sakura'', conscio anche delle difficoltà a livello relazionale che quei due avevano avuto da sempre. Di sicuro doveva essere accaduto qualcosa, qualcosa di sgradevole, e probabilmente sarebbe toccato a lui, come sempre, far rinsavire l'amico.

Naruto non riusciva proprio a capacitarsi del fatto che Sasuke fosse così bravo a incasinarsi la vita: era palese che il teme tenesse a Sakura e, dato che quest'ultima non aveva mai fatto segreto dei suoi sentimenti per lui, era impensabile che ancora perdessero il loro tempo tra fraintendimenti, ripensamenti, e…

« Ma chi è quello? » esclamò Naruto, attirando l'attenzione dell'Uchiha su un tizio con in mano un mazzo di fiori e su Sakura che proprio in quel momento si era decisa ad afferrarli.



●♦●




« Ti ringrazio. » mormorò Sakura, ignara che i suoi due ex compagni di Team – e soprattutto uno dei suoi ex compagni di Team, quello più incazzereccio e con una vocazione innata per la vendetta – fossero alle sue spalle e stessero assistendo alla scena.

« La proprietaria del negozio di fiori mi ha detto che le peonie sarebbero state di buon auspicio. » le spiegò Morio « È stata lei a dirmi che non eri ancora impegnata con nessuno. » le confessò subito dopo e Sakura non si stupì più di tanto del fatto che la signora Yamanaka avesse avuto una simile premura – dopotutto Ino doveva aver preso da qualcuno.

« Io non so cosa dire. » ammise Sakura e abbassò il capo per nascondere l'inevitabile tristezza che aveva velato i suoi occhi. No, non aveva proprio la più pallida idea di cosa rispondergli: da un lato sarebbe stato giusto, normale, accettare il suo invito; dall'altro continuava a vedere la sua vita solo ed esclusivamente insieme a Sasuke.

Non era la prima volta che riceveva una proposta del genere, ma era accaduto nel periodo in cui Sasuke era lontano dal Villaggio e lei viveva ancora nell'illusione che, una volta tornato, le cose tra loro avrebbero preso una piega diversa, e quindi non le era stato difficile rifiutare.

Sasuke adesso era lì, ma il loro rapporto al posto di migliorare era, se possibile, addirittura peggiorato: lui l'aveva rifiutata di nuovo e lei non riusciva a capirne il motivo. In cosa aveva sbagliato questa volta?

Forse aveva forzato i tempi, forse lui ci aveva ripensato… non aveva fatto altro che elaborare ipotesi su ipotesi senza arrivare a una conclusione e francamente era stanca, stufa, non ne poteva più di aspettarlo.

« Ma credo che… » tentò di continuare, con un filo di voce, decisa a dare una svolta decisiva a quella situazione, a mandare al diavolo quell'insensibile e a dare una possibilità a quel ragazzo che, ok, non era bello come Sasuke, non era potente come Sasuke, non era lontanamente paragonabile a Sasuke in niente, ma sembrava dolce, disponibile, in una parola… normale.

« Sakura – chan? »

E il suo tentativo morì clamorosamente appena la voce di Naruto arrivò alle sue orecchie, troppo vicina per nutrire il minimo dubbio di averla solo immaginata.

Sakura si voltò lentamente e nel mentre pregò tutti i Kami che quantomeno Naruto fosse da solo.

No, non lo era affatto e il suo compagno, tra l'altro, aveva un'espressione in viso più indecifrabile del solito: era irritato? Felice? Sollevato? Arrabbiato? Deluso? Geloso?

Felice e sollevato: probabile.

Irritato: nulla di nuovo, Sasuke era perennemente irritato.

Arrabbiato, deluso: qualche tacca sotto il probabile e sopra l'impossibile; dopotutto lei aveva dichiarato più volte il suo amore incondizionato e quella scena poteva suggerire un improvviso cambio di rotta, motivatissimo, ma assolutamente incoerente.

Geloso: Ma per favore! In una scala da uno a dieci dove il dieci era il probabile – perché comunque con Sasuke una certezza non c'era mai – e uno l'impossibile, l'eventualità che lui fosse geloso si collocava a meno cento.

« Chi. È. Questo? » scandì Naruto, con un tono stranamente piatto, quasi minaccioso.

« Unamico » borbottò Sakura tutto d'un fiato, a voce bassa, testa bassa, morale basso e autostima ancora più bassa.

« È un ninja di Iwa. » intervenne inaspettatamente Sasuke, senza imprimere nel tono di voce alcun tipo di inflessione che potesse aiutare a comprenderne lo stato d'animo, per nulla sorpreso dello scarso spirito d'osservazione dell'amico: sarebbe bastata un'occhiata al coprifronte o al colore amaranto dei vestiti del ragazzo per identificarne la provenienza.

« Iwa, eh? » riflettè Naruto ad alta voce « Lo Tsuchikage è davvero un simpatico nonnetto! » aggiunse poi, incurante che quella sua affermazione potesse essere poco gradita dal ninja di Iwa: se un tizio appena conosciuto avesse definito Kakashi- sensei un '' tipo strambo '' lui come l'avrebbe presa?

Morio, infatti, si adombrò, animato dal senso di appartenenza al suo Villaggio e dalla stima verso il '' simpatico vecchietto ''.

« Comunque io sono Naruto. Naruto Uzumaki. »

L'atteggiamento di Morio cambiò radicalmente.

« Oh! È davvero un immenso onore per me conoscerti. » esclamò entusiasta « Sakura, non sapevo che anche lui fosse un tuo amico. » aggiunse, stringendo con eccitazione la mano dell'Uzumaki – cosa che aveva provato a fare anche con Sasuke, ma con scarsi risultati.

Sakura nicchiò e si chiuse ancora di più nelle spalle. Sasuke si godette la scena, ghignando divertito: quel tizio era proprio uno sfigato.

« Così mi metti in imbarazzo! » replicò Naruto, con falsa modestia.

« Io sono Morio e come ha detto Sasuke-san sono un ninja di Iwagakure » si presentò il ragazzo e Sasuke non potè non provare un briciolo di soddisfazione nel constatare che almeno a livello formale il ninja di Iwa gli avesse portato rispetto – che poi ci stesse provando con Sakura… beh, quella era un'altra faccenda. « Ho combattuto anch'io durante la guerra. » si affrettò ad aggiungere quello con un pizzico di orgoglio.

« Mi dispiace, ma io non ti ho visto. » dichiarò l'altro, con placida ingenuità, smontandolo su tutta la linea.

Sasuke si irrigidì per trattenere una spontanea risata e Sakura arricciò il naso, affondando ancora un po' di più il capo tra le scapole, quasi fino a farlo sparire.

« Comunque Sakura non mi ha mai parlato di te. Da quando siete amici? » infierì l'Uzumaki, impersonando il ruolo del fidanzato geloso visto che qualcun altro – un teme a caso – sembrava essere intenzionato a rimanere lì a fare scena muta forse perché non aveva ancora ben compreso cosa stesse accadendo poco prima del loro arrivo – non aveva esperienza il pivello – o semplicemente perché era troppo orgoglioso per ammettere che fosse infastidito quanto lui, se non più di lui, dalla presenza di quel tizio – e poi era lui il baka.

Il teme in questione trovò la domanda molto pertinente, considerando il fatto che fosse stato Naruto a pronunciarla, benché già conoscesse la risposta essendo già a conoscenza degli scabrosi trascorsi di quei due.

« Dai tempi della guerra. » rispose Sakura, la cui testa era improvvisamente riemersa dalle spalle, scossa dalla necessità di porre fine a quella conversazione prima che sfociasse in qualcosa che non sarebbe stata in grado di gestire – o almeno non davanti a Sasuke. « Ma cosa ci fate qui? » chiese subito dopo, sforzandosi di apparire il più naturale possibile.

« Eravamo passati a prenderti perché volevamo pranzare insieme a te » le spiegò Naruto, infischiandosene di aver parlato al plurale: la decisione era stata presa da lui, ma Sasuke non si era mica opposto. « Ma se sei occupata… » aggiunse con una punta di malizia nella voce.

« Io stavo andando via. » intervenne il ninja di Iwa, intuendo di essere di troppo « Devo raggiungere i miei compagni. »

E Sakura pensò che lassù, nell'empireo dei Kami, qualcuno si fosse finalmente ricordato di lei.

« L'ambasciatore dello Tsuchikage ha intenzione di rimanere fino al Tanabata » continuò Morio, lasciando finalmente la mano di Naruto per concentrare la sua attenzione di nuovo su Sakura « Mi farebbe piacere che tu pensassi a quello che ti ho detto. » concluse prima di scappare via.

Sakura rimase a guardare per un po' il punto in cui il ragazzo era uscito dal suo campo visivo, tentando nel contempo di vagliare tutte le possibili risposte da dare alle inevitabili domande che Naruto le avrebbe posto – solo Naruto, come sempre.

« A cosa dovresti pensare con precisione? »

Per l'appunto.

« Nulla che ti riguardi. » gli rispose, voltando il viso da un lato con stizza, decisa a mantenere un briciolo di dignità « Andiamo da Ichiraku quindi? » domandò subito dopo e senza attendere la risposta degli altri due s'incamminò in direzione del chiosco.


Mangiarono in silenzio sotto lo sguardo perplesso di Ayame e Teuchi che, a memoria, non riuscivano a ricordare una volta in cui quei tre, o almeno due di quei tre, erano stati così tranquilli. A dire il vero sembravano quasi affranti.

« Non mi hai ancora detto che cosa voleva quel ninja. » sbottò improvvisamente Naruto una volta terminata la sua scodella di ramen.

« Ti ripeto che non sono affari tuoi. » replicò Sakura, con un tono di voce stanco, afflitto.

« Dai, Sakura-chan! »

« Lasciala in pace. » intervenne Sasuke che francamente ne aveva le scatole piene di quella storia e dei tentativi di Naruto di estorcere informazioni che, in vero, lui preferiva rimanessero taciute.

Naruto si voltò verso l'amico che con delicatezza stava riponendo le sue bacchette sulla scodella deciso a controbattere, ma un '' Grazie, Sasuke. '' appena sussurrato da Sakura lo fece desistere. Realizzò che forse per questa volta il suo intervento non sarebbe stato di molto aiuto e decise di farsi da parte.

« Torno a casa da mia moglie. » li informò e dopo aver lasciato i soldi sul bancone e aver salutato Ayame e Teuchi, sempre più sconvolti, uscì dal chiosco.

Sasuke e Sakura rimasero ancora un po' seduti al bancone in assoluto silenzio.

« Devo tornare in Clinica. » mormorò la ragazza, quasi con timore.

Sasuke si limitò ad annuire con il capo non sapendo proprio cosa dirle: per coerenza avrebbe dovuto provare una sensazione di sollievo nel vederla con un altro e non fastidio; non si era convinto, dopotutto, che fosse meglio tenerla lontana da lui?

Tutti quegli ineccepibili ragionamenti che lo avevano condotto a prendere la decisione di mandare di nuovo in frantumi le sue aspettative adesso non sembravano più così sensati.

Era geloso – marcio – ma era troppo difficile da ammettere, sconveniente. Ammetterlo avrebbe significato un cambio di rotta radicale destinato a rendere vano il suo intento di proteggerla.

Udì lo stridere delle gambe dello sgabello sul pavimento di legno e si voltò verso di lei che, con un repentino movimento, si era mossa intanto verso l'uscita.

Aveva salutato in fretta i proprietari ed era poi sparita dietro le tendine color avorio.

Era rimasto solo, davanti a una scodella di ramen vuota.

« Desideri qualcos'altro, Sasuke-san? » gli domandò Ayame con gentilezza.

Sasuke alzò gli occhi e incontrò quelli della ragazza ed ebbe come l'impressione di leggervi all'interno tenerezza e comprensione: probabilmente Ayame, da donna, aveva intuito qualcosa, o forse aveva capito tutto a differenza sua che ancora stava lì a lambiccarsi il cervello.

Scosse il capo e, dopo aver controllato che Naruto avesse lasciato abbastanza soldi per pagare il pranzo, si alzò dallo sgabello. Fece un cenno con la mano ai proprietari e uscì in strada, ritrovandosi di fronte a un ennesimo bivio: il desiderio di parlare con lei era pari solo al terrore di farlo per davvero.

Cosa avrebbe dovuto dirle? Come avrebbe potuto iniziare il discorso? Con che diritto poi?

Prese la decisione, a suo dire, più sensata: tornò a casa.




Rimase per tutta la restante parte del giorno sul letto, cercando di distogliere la sua mente da quanto era accaduto. Aveva appuntato su alcuni rotoli le informazioni che aveva reperito su Kaguya e aveva preso a leggerli, senza riuscire, tuttavia, a concentrarsi più di tanto. Dopo l'ennesimo calo di attenzione aveva scaraventato il rotolo che teneva tra le mani lontano dal letto e aveva posato il braccio sulla fronte che sembrava sul punto di voler scoppiare.

Si alzò e si diresse in bagno, sperando che una doccia riuscisse a farlo rilassare. Naruto non si era più visto e quasi sentiva la sua mancanza: una delle sue stupide constatazioni sull'ineluttabilità del fato forse sarebbe riuscita a farlo sentire un po' meglio. Forse era davvero destino che lui e Sakura finissero con lo stare insieme.

Era tornato anche per questo, per mantenere la promessa che le aveva fatto, ma a quel tempo non era ancora a conoscenza di quanto si nascondesse dietro Kaguya, aveva solo un sospetto, mentre adesso seppure le informazioni in suo possesso non fossero molte, aveva la certezza che quel pericolo fosse reale.

Anche se avesse ceduto alla tentazione di ricambiare i suoi sentimenti in toto che futuro avrebbe potuto assicurarle? Nella migliore delle ipotesi l'avrebbe trascinata in una relazione anomala, molto diversa da quella che avevano Naruto e Hinata, che a lei sicuramente non sarebbe bastata.

Più continuava a pensarci, più l'idea di lasciarla andare sembrava essere la più giusta.

Eppure neanche l'acqua fresca della doccia era riuscita a lavare via l'irrequietezza che aveva addosso, quel senso di fastidio che continuava a tormentarlo dall'ora di pranzo.

Sentì il campanello della porta suonare, ma non si affrettò ad andare ad aprire, arcisicuro che si trattasse di Naruto. Si frizionò i capelli con un asciugamano e con molta calma ritornò in camera da letto per indossare dei vestiti puliti, più normali rispetto alla sua tenuta da vagabondo che per quanto comoda non era adatta per gironzolare all'interno del Villaggio senza attirare l'attenzione di ogni passante.

Con l'asciugamano ancorato al collo, si diresse verso la porta a passo lento.

Socchiuse leggermente le labbra, stupito nel ritovarsi di fronte proprio l'unica persona che in quel momento non aveva alcun desiderio di vedere – e per una volta non si trattava di Naruto.

« Ciao, Sasuke-kun. » esordì Sakura in un soffio. « Stavo quasi andando via, pensavo non fossi in casa. » aggiunse mentre il suo sguardo veniva rapito da una impudente gocciolina d'acqua che scivolava giù da un ciuffo di capelli di Sasuke e percorreva la mascella, poi il collo, sparendo infine nell'orlo della maglietta.

« Cosa ci fai qui a quest'ora? » le domandò Sasuke, afferrando con la mano destra l'asciugamo per tamponare la scia della suddetta gocciolina d'acqua ed evitare che altre seguissero la medesima strada, provocandogli ancora quel brivido sulla pelle.

« Volevo parlare un po' con te. Posso entrare? »

Sasuke la fissò per un lungo, interminabile, istante, indeciso su cosa fare e alla fine abbassò il capo in un cenno di assenso, facendosi da parte in modo che lei potesse entrare.

Le fece strada, in assoluto silenzio, e una volta giunti nel piccolo salottino le indicò con la mano il divano, invitandola a sedersi.

« Grazie, ma preferisco rimanere in piedi. » mormorò lei, consapevole che, nervosa com'era, se si fosse seduta dopo neanche un minuto si sarebbe ritrovata di nuovo in piedi.

Sasuke le lanciò un altro sguardo enigmatico e si accomodò al posto suo, creando una necessaria distanza da lei.

« Io volevo spiegarti quello che è successo oggi. » eruppe Sakura, con un tono di voce incerto e lo sguardo fisso sul pavimento.

« Non è necessario. » replicò lui con freddezza.

« Forse non lo è per te, ma per me sì. » obbiettò la ragazza, stringendo i pugni.

Sasuke aggrottò la fronte, indispettito dalla sua arroganza: lui non le aveva chiesto nessuna spiegazione, non era neanche obbligato ad ascoltarla, e giustappunto, non aveva alcuna intenzione di farlo, né per amicizia, né per cortesia; preferiva non sapere, evitare il discorso, far finta che non fosse accaduto nulla… possibile che Sakura non riuscisse a capirlo?

« Io non so più cosa fare. » continuò lei, abbassando il tono della voce fino a farlo diventare impercettibile.

« Non penso di essere la persona migliore a cui chiedere consigli per risolvere i tuoi problemi. » affermò Sasuke, sarcastico.

« Questo è vero. » convenne Sakura « Dopotutto sei tu il mio problema. »

L'Uchiha serrò la mascella e chiuse gli occhi nel tentativo di metabolizzare quelle ultime parole: era cosciente di essere un problema per lei, ma sentirselo dire era stato scioccante.

« Ciò che è chiaro per te a me risulta impossibile da comprendere. » riprese la ragazza, avvicinandosi un po' a lui « Quindi, te lo chiederò per l'ultima volta, dopo prometto che ti lascerò in pace… »

Lasciarlo in pace… Davvero Sakura credeva che per lui fosse un fastidio?

Ma certo! Non era stato lui, dopotutto, a creare questa situazione con le sue inconsistenti spiegazioni e il suo atteggiamento criptico?

Si irrigidì, comprendendo che fosse ormai giunto il momento di fare la sua scelta. Avrebbe potuto mentire dicendole con risolutezza di non provare nulla per lei: avrebbero sofferto entrambi, ma alla fine lei se ne sarebbe fatta una ragione e avrebbe ricominciato la sua vita con qualcun altro con il quale, quantomeno, avrebbe vissuto una vita serena, al sicuro da ogni pericolo perché ci sarebbe stato sempre lui a vegliare su di lei; oppure vuotare il sacco, spiegarle il vero motivo per il quale aveva deciso di rinunciare a lei e sperare che comprendesse.

« Non penso sia necessario. »

Riaprì gli occhi e li incatenò ai suoi che spalancati e lucidi, sembravano supplicarlo di non deluderla ancora « Te l'ho già detto: è tutto dannatamente chiaro, ma è sbagliato. » sibilò a denti stretti, tentando di tenere a bada la rabbia.



« Gli Uchiha sono gli unici a considerare amore e amicizia sopra ogni cosa…

così tanto da dover necessariamente sigillare questi sentimenti

dentro se stessi.

Quando un Uchiha viene a conoscenza dei propri sentimenti

è come se l'oceano di scatenasse. » (2)



Sasuke, durante il suo viaggio, aveva avuto modo di riflettere sulle parole di Tobirama Senju e di comprenderle appieno: l'amicizia e l'amore non lo avevano indebolito, al contrario lo avevano reso più potente, completo. Qualcosa dentro di lui era mutato, quell'oceano di sentimenti che aveva tentato di rifuggire da sempre si era scatenato e riusciva a stento a controllarlo. Amava Sakura, considerava Naruto un fratello e il Villaggio la sua casa, aveva di nuovo qualcosa da proteggere e... da perdere.



« Quando un Uchiha che ha conosciuto l'amore lo perde,

questi sentimenti si trasformano in un odio incontrollabile,

che lo consuma… » (2)



Era già accaduto in passato e non poteva permettere che accadesse ancora, soprattutto a causa sua. Itachi si era sacrificato per lui e per il Villaggio e lui aveva intenzione di fare lo stesso per proteggere le persone a cui teneva. Se qualcuno avesse torto loro anche solo un capello per colpa sua, non sarebbe riuscito a darsi pace, sarebbe impazzito ed era stata questa consapevolezza a portarlo a decidere di vivere lontano dal Villaggio e da loro, convinto che in questo modo sarebbe riuscito a proteggerli.


« Cosa c'è di così sbagliato? » sbottò Sakura, con esasperazione « È forse sbagliato aprire il proprio cuore e lasciare che qualcun altro se ne prenda cura, lo protegga? »

« È proprio questo il problema: io non so se sono in grado di proteggerti, vuoi capirlo? » e questa volta la rabbia venne fuori e il pugno chiuso di Sasuke si abbattè sul bracciolo del divano. « Non così almeno, non come vorresti tu. » aggiunse in un sussurro contrito.

Sul piccolo salotto scese un pesante silenzio, rotto solo dal battito concitato dei loro cuori, che pur essendo affannati, stanchi, per la moltitudine di ostacoli che fino a quel momento avevano dovuto affrontare, continuavano a battere nel loro petto, colmi d'amore e di paura.

« È questo che ti affligge? Pensi davvero che io starei meglio senza di te? » gli chiese Sakura, chiudendo gli occhi e prendendo a scuotere il capo con un sorrisetto divertito « Baka! » esclamò subito dopo, coprendo in fretta la distanza che li separava.

Si inginocchiò tra le sue gambe e Sasuke d'istinto premette le spalle contro lo schienale del divano, tentando di allontanarsi da lei che, adesso, era vicina, troppo vicina, pericolosamente vicina.

« Hai visto tu stessa quello che può accadere. Come Kido, molti altri potrebbero prenderti di mira per arrivare a me. » tentò di spiegarle, per farla ragionare, per farle capire il suo punto di vista e farla desistere da qualsiasi cosa le stesse passando per la mente in quel momento mentre lo guardava con quegli occhi saturi di dolcezza, comprensione e… di amore.

« E io li affronterò… ma con te al mio fianco. »

Ecco, lo sapeva che non avrebbe capito, che se ne sarebbe uscita con una frase del genere. Perché non le aveva mentito, perché non le aveva semplicemente detto che non l'amava? Avrebbe risolto il problema alla base e non le avrebbe consentito di avvicinarsi così tanto a lui da spingerlo a desiderare che ci potesse essere un fondo di verità nelle sue parole, che davvero potessero farcela... insieme.

« Sei sempre la solita ottimista. » sbuffò, contrariato, affondando ancora un po' nello schienale del divano perché lei intanto si era alzata di qualche millimetro, si era avvicinata ancora, e aveva appoggiato con sicurezza le mani sulle sue ginocchia, procurandogli un brivido.

« E tu il solito pessimista. » gli rispose lei a tono, sorridendo divertita.

« Non voglio che tu corra rischi a causa mia. » incalzò Sasuke in un ultimo, disperato, tentativo.

Sakura scoppiò a ridere, gettando la testa all'indietro e lui pensò per un attimo che fosse impazzita: ma lo stava ascoltando? Si rendeva conto di quanto gli stesse costando dire quelle cose?

« Avresti dovuto pensarci molti anni fa. » lo canzonò lei, continuando a ridacchiare « In passato ho rischiato svariate volte di morire a causa tua e… un paio di volte anche per mano tua.» puntualizzò, assottigliando lo sguardo con fare ironico « Ho più paura di un futuro senza di te che con te. » concluse, stringendo appena la presa sulle sue ginocchia.

« È totalmente inutile che io insista, vero? »

Sasuke abbassò le spalle e gettò in avanti alla testa, in un chiaro segno di resa incondizionata dinanzi a cotanta testardaggine, abbassando così la guardia e consentendo a Sakura di rispondergli in un modo che non si sarebbe mai aspettato.

Sentì improvvisamante le mani di lei premere con più forza sulle sue ginocchia e quando fu in grado di razionalizzare ciò che stava per accadere era ormai troppo tardi per fare qualcosa: le labbra di Sakura si erano posate con delicatezza sulle sue.

Il primo bacio.


●♦●




Angolo Autrice


Salve carissimi lettori.

Ci ho messo un po' più del previsto per terminare questo capitolo. Mi sono bloccata svariate volte sui dialoghi, soprattutto gli ultimi. Come sempre Sasuke mi ha messa in difficoltà. - _ - ( Lo amo da morire, ma ogni volta che devo farlo parlare è un travaglio!) Ho scritto e riscritto le sue parole svariate volte e ancora adesso ho dei dubbi, ma Amen! Mi rimetto al vostro giudizio.

Siamo arrivati, aggiungerei '' finalmente '', alla svolta tanto attesa. Adesso arriva il bello! :-)

Il titolo di questo capitolo(1) è tratto dal testo di Mr Brightside dei The Killers che, fu d'ispirazione, a suo tempo, per la storia. Durante i precedenti capitoli ho spesso catalogato Sasuke come Mr. Complicato, Mr. Indifferenza, etc. il mio intento sarebbe quello di spiegare come il nostro Uchiha si sia evoluto fino a diventare Mr Brightside ( ovvero Mr. Ottimismo), ergo il percorso sarà lungo e tortuoso.

Le parti in corsivo verso la fine del capitolo (2) sono tratte dal 619 del Manga.

Spero di avere modo di aggiornare presto e che il capitolo vi sia piaciuto.

Come sempre vi ringrazio per le tante recensioni ( risponderò in serata perché ho un'intera lavatrice da stendere e un mucchio di panni che aspettano di essere stirati) e per il vostro affetto.

Un bacione


Blueorchid31



























Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** #20 Dolce e amaro ***



Image and video hosting by TinyPic

#20 Dolce e amaro






Sasuke non riusciva a spiegarsi come fosse potuto accadere, quale sconosciuto e potentissimo jutsu lo avesse fatto capitolare, tuttavia era più che certo che ciò che stava accadendo sotto i suoi occhi potesse essere definito solo in un modo: disgustoso.

E lo disse: «È disgustoso.»

«Sì, lo è» convenne Sakura, seduta al suo fianco, intenta a capire dove iniziasse la lingua di Sai e dove finisse quella della Yamanaka perché a guardarli così sembravano un esperimento mal riuscito di Orochimaru.

«Ce ne andiamo?» propose Sasuke, confidando nella capacità di Sakura di cogliere le sottili sfumature e capire che il suo livello di sopportazione avesse appena superato il limite oltre il quale non sarebbe più stato consapevole delle proprie azioni.

«Non pensi che dovremmo avvertirli?» obiettò lei.

Sasuke non le rispose. Non a parole, per lo meno: le lanciò uno sguardo molto eloquente; talmente eloquente da farla alzare all'istante.

«Ciao, Ino! Ciao, Sai!» trillò, sperando di attirare la loro attenzione per non passare da maleducata – non come una certa persona che stava già percorrendo la strada di casa, incurante di averla lasciata lì - , ma non ricevette alcuna risposta.

Si affrettò a raggiungere Sasuke, già arrivato alla fine della strada, e d'istinto si gettò verso di lui, afferrando il suo unico braccio per fermarlo. Sasuke s'irrigidì, ancora poco avvezzo a quei gesti, soprattutto in pubblico.

«Stai tranquillo, non c'è nessuno in giro. La tua reputazione è al sicuro» dichiarò Sakura, leggendo nei suoi occhi un chiaro grido di aiuto.

Sasuke alzò un sopracciglio, indispettito e da quel contatto fisico assolutamente non richiesto e, a suo dire, inutile, e dal tono quasi canzonatorio usato dalla ragazza che da ''quella sera'' aveva iniziato a essere sempre più sicura di se stessa, facendogli quasi rimpiangere la buona, vecchia, noiosa, Sakura tutta rossori e balbettii.

Ciò nonostante poteva affermare con una certa sicurezza che ci fossero alcune cose di quella nuova Sakura che non lo irritavano più tanto: le sue labbra, per esempio – quelle volte che non le muoveva per parlare. Calde, morbide, profumate, labbra; capaci di adagiarsi sulle sue con delicatezza, come con irruenza, facendolo cadere in un oblio di emozioni che, stranamente, aveva deciso di non rinnegare.

Per ovvi motivi aveva evitato di spiegare a Sakura cosa provasse – sarebbe stato umiliante – e si era imposto di non prendere mai l'iniziativa, attendendo passivamente che fosse lei a richiedere di usufruire delle sue labbra, per non farle comprendere quanto gli piacesse quel nuovo passatempo, quanto fosse diventato indispensabile.

Quella sera, quando lei lo aveva baciato per la prima volta – a tradimento – qualcosa dentro di lui era esploso e il boato era perdurato per alcuni minuti, rendendolo quasi sordo. Era stata forse l'infinita attesa di quel momento a scatenare quella reazione, oppure la rapidità con la quale era avvenuto, fatto sta che era rimasto immobile, con gli occhi sbarrati e con le labbra di Sakura incollate alle sue in un bacio casto, impacciato, ma significativo.

Aveva avvertito uno strano pizzicore agli occhi, non dovuto allo sharingan o al rinnegan, bensì all'emozione. Le sue narici, improvvisamente a contatto con la pelle di lei, erano diventate sature del suo odore così dolce, avvolgente, che solo in rarissime occasioni aveva avuto modo di sentire così da vicino.

Nonostante la temperatura estiva, quando lei si era allontanata, aveva improvvisamente sentito freddo; un brivido lo aveva colto, sotto pelle, ed era stato così intenso da fargli credere che non sarebbe più riuscito a smettere di tremare.

Con un groppo in gola aveva alzato lo sguardo, fino a quel momento puntato sulle sue cosce e sulle mani di Sakura ancora saldamente arpionate alle sue ginocchia, e aveva cercato i suoi occhi, bisognoso di ricevere la conferma che non si fosse trattato di un sogno, o di uno scherzo della sua mente, che fosse accaduto sul serio perché era fin troppo assurdo che si fossero baciati e per di più che fosse stata lei a baciarlo.

Aveva trovato quella conferma stampata in rosso sulle sue guance e poi nei suoi occhi, colmi di speranza e di imbarazzo, e si era sentito per un attimo perso, razionalizzando che da quel momento in poi nulla sarebbe stato come prima e che, in fondo, per lui poteva andare anche bene così. Lo aveva desiderato, era tornato per questo, ma aveva fatto di tutto affinché non accadesse, consapevole che poi non sarebbe riuscito ad allontanarla ancora, a deluderla. A nulla erano valsi i ragionevoli discorsi sui pericoli che lei avrebbe potuto correre scegliendo di stare con lui, neanche la sua incostanza era riuscita a farla demordere: lei aveva preso la sua decisione molti anni prima, in una notte di luna piena.

Sarebbe stato completamente inutile continuare a combattere contro qualcosa che era sopravvissuto a un numero incommensurabile di difficoltà, diventando sempre più forte, e in tutta franchezza Sasuke era stanco di scappare, di auto-infliggersi brutali condanne per un bene superiore, rinunciando a ciò che desiderava davvero.

Animato da questa nuova consapevolezza aveva mandato al diavolo tutti i suoi dubbi, tutte quelle apocalittiche visioni sul loro futuro, e aveva mosso la mano, fino a quel momento arpionata al bracciolo del divano, verso di lei. L'aveva fatta passare tra i capelli morbidi fino a raggiungere la sua nuca, poi si era inarcato in avanti e contemporaneamente l'aveva tirata a sé, mentre gli occhi di Sakura si sgranavano per lo stupore. Aveva poggiato le labbra sulle sue quasi con rabbia e le aveva dischiuse subito, seguendo l'istinto, sentendo l'urgenza di assaggiare il suo sapore.

Sakura aveva accolto la prepotente intrusione della sua lingua con dolcezza; l'aveva accarezzata piano, languidamente, e ne aveva ridimensionato l'irruenza, imponendole un ritmo più lento. Le sue mani avevano lasciato le ginocchia per afferrare il suo viso, per sentire la sua pelle fredda, liscia, finalmente sua, sotto i polpastrelli, e lentamente lo aveva spinto all'indietro, portandolo a poggiare di nuovo la schiena contro la spalliera del divano. Solo a quel punto Sasuke aveva lasciato la sua nuca, facendo scendere la mano sulla schiena. L'aveva stretta a sé con forza, sollevandola da terra quanto bastava per averla quasi completamente addosso e aveva lasciato che la mano di lei si artigliasse alla sua spalla per reggersi e non interrompere il contatto tra le loro labbra.

Aveva visto i suoi occhi chiudersi e con un po' di titubanza l'aveva imitata, lasciandosi andare, in modo definitivo, al turbinio di emozioni e sensazioni che un qualsiasi ragazzo – uno normale – avrebbe provato.



Niente a che vedere con la pomiciata di Ino e Sai in quel ristorante. Sasuke ancora stentava a crederci. Come non riusciva a spiegarsi come Sakura fosse riuscita a convincerlo ad accompagnarla a quella stupida cena, o meglio, una mezza idea ce l'aveva, ma non si capacitava del fatto di aver ceduto.

Era stata furba… molto furba. Si ripromise che in futuro avrebbe prestato più attenzione e non si sarebbe fato incantare dai suoi subdoli stratagemmi: era impensabile che cedesse alle richieste di una donna per un semplice bacio.

Con quel briciolo di orgoglio appena ritrovato si liberò della presa di Sakura e ricominciò a camminare.

Sakura si accigliò per un momento, ma dopo essersi ripetuta per l'ennesima volta che ''non vi era alcuna ragione al mondo per farsi inutili pippe mentali'', ritornò alla carica, riagguantando di nuovo il braccio dell'Uchiha. Sasuke grugnì infastidito e alzò gli occhi al cielo: possibile che quella ragazza non ce la facesse proprio a non essere così appiccicosa?

«Sei il mio ragazzo» affermò Sakura, seria «E come tale, esigo di poter andare in giro abbracciata a te quando ne ho voglia» concluse, sforzandosi di sembrare minacciosa.

Il suo ragazzo?Quando era stato sancito che lui fosse il suo ragazzo?

Sasuke tentò di liberarsi di nuovo della sua presa, ma inutilmente: più tentava di divincolarsi più Sakura stringeva le mani intorno al suo braccio e cominciava sul serio a fargli male anche se lui, stoicamente, non lo dava a vedere.

«Vuoi lasciarmi?!» sbottò esasperato, pur cosciente che in quel modo aveva probabilmente ipotecato in via definitiva la possibilità che lei gli concedesse il bacio della buonanotte.

«Non ci penso neanche» replicò lei, con l'aria di una che piuttosto preferiva staccarglielo pur di non cedere.

Sasuke sbarrò gli occhi, indeciso su quale delle sue due abilità oculari utilizzare o se utilizzarle entrambe per sicurezza.

«Non oserai?!» esclamò Sakura.

Le palpebre dell'Uchiha si chiusero e le labbra si piegarono in un ghigno quasi divertito: la faccia di Sakura era diventata paonazza dalla rabbia e trovava quella sua ostinazione un po' fastidiosa, ma divertente.

Con un gesto veloce la tirò verso di sé, facendole perdere l'equilibrio e costringendola a lasciare la presa per non cadere rovinosamente di faccia a terra.

L'afferrò dalla vita poco prima che toccasse il suolo e la lasciò penzolante per qualche minuto, giusto il tempo per farla riprendere dallo shock e darle modo di meditare sui suoi errori.

«Mi lasci?» gli chiese lei, con gentilezza, sicura di sembrare una specie di sacco di patate.

«Non ci penso neanche» la rimbeccò lui, ripetendo le sue stesse parole.

«Non avrai intenzione di portarmi a casa così?» insinuò lei, spaventata, perché sapeva che Sasuke ne sarebbe stato tranquillamente in grado.

«Sei meno fastidiosa» le confermò, riprendendo a camminare.

«Sasuke-kun, fammi scendere subito o io...»

«O tu? Sentiamo... cosa vorresti fare esattamente, Sakura?» la sfidò apertamente, sadico come lo era stato un tempo.

«Fammi scendere e basta. Non pensi che qualcuno potrebbe vederci e trovare questa cosa un po' stramba?»

«Non sono libero di trasportare la mia noiosa ragazza come più mi aggrada?»

Sakura si ammutolì improvvisamente: lo aveva detto sul serio? Non noiosa, quell'altra cosa. Aveva detto la ''mia'' – omissis – ''ragazza''?

Istintivamente si portò le mani alla bocca per trattenere uno spontaneo urlo di incontenibile gioia mentre nella sua testa la sua vocina interiore canticchiava allegramente: ''Sono la sua ragazza, sono la sua ragazza…'', come una dodicenne decerebrata.

«Tutto ok?» le chiese Sasuke, temendo che stesse per vomitare.

«Oh sì! Va tutto benissimo, Sasuke-kun.» gli rispose e Sasuke, pur non riuscendo a scorgere il suo viso sotto quella massa di capelli rosa confetto, non ebbe alcun dubbio sul fatto che lei stesse sorridendo e in qualche modo si sentì appagato.


Una volta giunti davanti casa di Sakura, Sasuke la lasciò finalmente andare. Sakura si sistemò alla bene e meglio i capelli e la casacca e si avvicinò a lui con molta cautela, temendo qualche reazione inconsulta – dopotutto l'aveva appena trasportata fino a casa come un sacco di patate.

«Ci vediamo domani, Sasuke-kun.» gli disse, iniziando a percepire quella piacevole frenesia da bacio imminente tipica delle novelle fidanzatine.

«Mh» mugugnò lui, annuendo con il capo.

«Domani mattina devo svegliarmi presto, ho un altro incontro con l'Hokage...»

Sasuke non le diede modo di proferire altro: inarcò la schiena e la baciò, prendendola così tanto alla sprovvista che le sue labbra continuarono a muoversi sotto le sue, articolando le parole senza emettere alcun suono.

Aveva agito d'istinto, preso dal panico: era sicuro che Sakura avesse frainteso, che avesse pensato di averlo deluso non avendogli chiesto di entrare, quando in realtà a lui andava bene così perché aveva bisogno di abituarsi a quella nuova condizione, voleva andarci piano. Non che l'idea di dormire con lei lo preoccupasse particolarmente – era già successo in passato – anzi, sarebbe stato di giovamento per la sua insonnia, ma sarebbe stato un passo troppo audace, sicuramente sbagliato. Per come stava messo, e a suo dire ''molto male'', non si sarebbe girato dall'altro lato, dandole le spalle come sempre, ma avrebbe cercato le sue labbra per tutto il tempo fino a prosciugare l'ultima goccia di saliva – era sempre stato un tipo da '' o tutto, o niente ''.

«A domani» le sussurrò sulle labbra con una voce talmente roca che Sakura pensò che sarebbe anche potuta morire lì sul posto di crepacuore.

Lasciò a malincuore la sua maglietta, che per lo shock aveva afferrato con forza e poi stretto per tutta la durata del bacio, e fece qualche passo indietro ancora boccheggiante.

«B-buonanotte» balbettò, confusa, mentre lui infilava la mano nella tasca dei pantaloni e riprendeva il cammino verso la sua dimora.



♦●♦




«Potevi almeno avvisare» borbottò Ino, la mattina seguente.

«Ci ho provato, ma eri… » Sakura tentennò un po' alla ricerca di una definizione che non scadesse nel volgare «molto presa» decretò, infine.

«Già!» esclamò l'altra, con aria sognante, sbattendo più volte le sue chilometriche ciglia.

Sakura decise di sorvolare, sperando così di evitare che a Ino potesse venire la brillante idea di rivelarle particolari scabrosi circa la sua relazione con Sai: la pomiciata della sera prima le era bastata.

«Uffa! Ma quanto dobbiamo aspettare » si lamentò Sakura, guardando l'orologio appeso nel corridoio che conduceva all'ufficio dell'Hokage dove lei e Ino erano in attesa da oltre mezz'ora.

«Hai per caso un appuntamento con Sasuke?» insinuò la Yamanaka che, al contrario di lei, non vedeva l'ora di venire a conoscenza di ogni singolo particolare scabroso della sua storia con l'Uchiha.

«No» negò l'altra, sperando che se la bevesse.

Ino si chiuse nelle spalle, sconfortata, e prese a giocherellare con un piede per ammazzare l'attesa.

«La smetti!?» l'ammonì Sakura, visibilmente alterata.

«Siamo nervosette, eh?» la canzonò la Yamanaka «Cos'è l'Uchiha non ti ha dato il bacio della buonanotte?» ipotizzò, maliziosamente.

Sakura ripensò alla sera prima, all'inaspettato bacio di Sasuke, e avvampò.

«N-non sono affari che ti riguardano»

«Invece sì, fronte spaziosa. Dopo che per anni ho sopportato i tuoi piagnistei credo fermamente che mi riguardino»

E Sakura non poté darle torto.

«Comunque sì, ci siamo baciati» si decise a risponderle «E stento ancora a crederci» aggiunse, sottovoce.

«Adesso manca solo una cosa, quindi» replicò la Yamanaka, guardandola in un modo un po' troppo malizioso per i suoi gusti: stava per dire qualcosa di osceno, se lo sentiva.

«Ino!» sbraitò l'altra, diventando paonazza.

Non che non ci avesse pensato, ma insomma, si erano da poco scambiati il primo bacio e non si erano fatti alcuna promessa di amore eterno, quindi le sembrava un po' prematuro pensare di … Oh Kami! Solo all'idea si sentiva quasi venire meno.

«Quanti anni hai, Sakura? Quanto ancora vuoi aspettare? Non penso che a Sasuke-kun dispiacerebbe più di tanto, dopotutto è un uomo. È vero, è un po' strano... - ci tenne a precisare - ma è un uomo. Io e Sai siamo già ai preliminari, se ti può interessare»

No, non le interessava. L'immagine di Ino e Sai che…

Scosse la testa per allontanare quel nauseabondo pensiero e prese a riflettere sulla prima parte del discorso. In effetti ormai aveva vent'anni e non aveva mai avuto alcuna esperienza in quel senso. Naruto e Hinata stavano cercando di concepire un bambino, mentre lei arrossiva ancora come una dodicenne solo per un bacio sulle labbra.

«Non ne abbiamo ancora parlato, io… insomma… non so» tartagliò confusa, realizzando che forse l'amica avesse ragione, che a Sasuke non sarebbe dispiaciuto, e si sentì improvvisamente un'idiota.

La mano di Ino si spiaccicò sulla fronte in un facepalm di disperazione.

«Non c'è alcun bisogno di parlarne!» urlò l'amica, attirando l'attenzione di un paio di Anbu che stavano transitando nel corridoio «Conoscendovi, se decideste di parlare anche di questo finiresti per andare in menopausa»

In effetti, i tempi con Sasuke, erano sempre stati dannatamente lunghi.

«E poi è una cosa naturale» concluse Ino, posando delicatamente una mano sulla sua spalla per rassicurarla.

Già… naturale.

Sakura ripensò al giorno precedente, al modo in cui Sasuke si era allontanato da lei, così, all'improvviso.

Aveva passato tutta la mattinata a guardare l'orologio in attesa della pausa pranzo. La sera prima era tornata a casa sprizzante di felicità, ma al risveglio, la mattina seguente, era stata colta da un attacco di panico: lei e Sasuke si erano baciati, ma questo non significava che sarebbe accaduto ancora. In verità dopo quel lungo e umido bacio, lui l'aveva gentilmente accompagnata alla porta e le aveva toccato la fronte con l'indice e il medio della mano. Non le aveva detto nulla se non una stentata ''Buonanotte''.

Scoccate le dodici, dopo una mattinata in cui aveva faticato persino a respirare tanta l'ansia che aveva addosso, si era quindi fiondata fuori dalla Clinica decisa a trovarlo. Si era diretta, sicura, verso il bosco al confine del Villaggio, dove Sasuke l'aveva portata tre anni prima. Aveva attraversato di corsa il quartiere Uchiha, ancora fatiscente, e costeggiato il lago, udendo solo il fruscio dell'erba alta al suo passaggio.

Sasuke, come previsto, si stava allenando in quel posto che gli era così caro, fendeva l'aria con calci e pugni, con quell'eleganza che lo aveva sempre contraddistinto. Piccole goccioline di sudore imperlavano la sua fronte e la manica sinistra della maglietta blu a maniche lunghe danzava leggera a ogni suo movimento.

Era rimasta a guardarlo, rapita, sentendo i battiti del suo cuore rimbombarle nelle orecchie, cacofonici rispetto al silenzio innaturale che regnava in quella radura.

«Non hai niente di meglio da fare che stare lì a spiarmi?» le aveva detto, all'improvviso, facendola sussultare dallo spavento: aveva creduto stupidamente che lui non si fosse accorto della sua presenza.

«Volevo vederti» aveva ammesso lei, con coraggio.

Sasuke si era fermato e aveva leggermente girato il viso verso di lei, esibendo una delle sue espressioni indecifrabili che Sakura aveva, per ovvi motivi, interpretato negativamente, ipotizzando subito apocalittici scenari in cui lui le diceva che ciò che era accaduto la sera precedente non avrebbe avuto seguito e che, in vero, era stato un grande errore.

Le sue gambe, tuttavia, ignorando completamente quei funesti pensieri si erano mosse d'istinto e l'avevano portata ad avvicinarsi a lui, con cautela.

Aveva poi allungato una mano, leggermente tremolante, e gli aveva scostato un ciuffo di capelli dal viso. Sasuke era rimasto immobile, l'aveva lasciata fare, e questo l'aveva rassicurata.

«Sakura»

Aveva pronunciato il suo nome in quel modo speciale, con la sua voce profonda e impostata e lei aveva chiuso gli occhi, beandosi di quel suono meraviglioso, e si era avvicinata un altro po' a lui, poggiando la mano sul suo petto sudato.

«Sakura» aveva ripetuto Sasuke, ma questa volta a voce più bassa, quasi roca, con l'intenzione forse di fermarla.

Lei si era alzata sulle punte dei piedi e aveva sfiorato le sue labbra, trovandole straordinariamente calde rispetto alla sera precedente.

Sasuke si era irrigidito, ma non l'aveva respinta e questo l'aveva convinta a osare e approfondire un po' di più quel bacio: aveva stretto la sua maglietta e schiuso le labbra con la speranza che lui facesse lo stesso.

Le loro lingue si erano così incontrate di nuovo e avevano iniziato ad accarezzarsi con una lentezza estenuante, mentre le salive che si mischiavano tra loro producevano un suono quasi impercettibile, ma rilassante, avvolgente.

Quando aveva sentito il braccio di Sasuke cingerle la vita le sue paure si erano dissipate del tutto e con audacia aveva portato l'altra mano dietro la sua nuca, costringendolo ad abbassare il capo. Come era accaduto la sera precedente, il ritmo del bacio era aumentato, diventando sempre più famelico, e il braccio di Sasuke aveva iniziato a stringerla con possessività, schiacciandola contro il suo petto tanto da farle emettere un sommesso gemito. A quel punto, Sasuke, improvvisamente l'aveva allontanata. Si era portato il polso alle labbra, ancora umide della sua saliva, e l'aveva guardata in un modo nuovo, strano, sembrava come intimorito e angosciato.

«Devo riprendere gli allenamenti» le aveva detto, poco dopo, con un tono di voce incerto, non da lui, e Sakura si era fatta da parte, ancora un po' confusa da quello che era accaduto, non riuscendo a spiegarsi cosa avesse fatto di male.

«Stasera vado a cena con Ino e Sai» lo aveva informato «Mi farebbe piacere se venissi anche tu» aveva buttato lì, senza sperarci troppo.

Sasuke aveva abbassato le spalle e scosso lentamente la testa.

«Ma se non ti va non fa niente, io posso...» si era affrettata a dirgli, temendo di averlo contrariato con quella sua richiesta forse un po' troppo ardita.

«Va bene» le aveva risposto, invece, in un soffio.



♦●♦


Dopo un'interminabile riunione con Kakashi-sensei che l'aveva rinfrancata sulla possibilità concreta di ottenere quei fondi, Sakura ritornò a casa e lungo il tragitto continuò a pensare incessantemente alle parole di Ino, riuscendo quasi a convincersi che avesse ragione. Aveva avuto più volte la tentazione di cambiare strada e dirigersi verso casa di Sasuke, ma si era imposta di non essere soffocante, di lasciargli un po' i suoi spazi e che, dopotutto, avevano una vita davanti per stare insieme e...

«Sasuke-kun» sussurrò, con stupore, riconoscendo la sua inconfondibile sagoma appoggiata di schiena contro il muro esterno della sua abitazione.

Sasuke alzò appena lo sguardo, percependo il rumore dei suoi passi sull'asfalto, e si sentì terribilmente stupido realizzando di non aver elaborato una risposta plausibile all'inevitabile domanda che Sakura gli avrebbe posto.

«Cosa ci fai qui?»

Ecco, proprio quella domanda.

«Ci deve essere per forza un motivo?» borbottò sommessamente, brusco, giusto per mantenere un briciolo di dignità.

«N-no. Affatto» replicò Sakura «In realtà avevo avuto la stessa idea» gli confessò serenamente – perché lei la faccenda dell'orgoglio l'aveva superata già da un po' a differenza di qualcun altro che continuava ostinatamente ad alzare barriere invisibili per proteggersi da qualcosa che ormai era in grado di abbatterle tutte.

«Mh» mugolò Sasuke, costringendo i suoi occhi a fissare la punta dei piedi per mascherare l'imbarazzo.

Sakura fu costretta a dare adito a tutta la sua forza di volontà per non saltargli addosso e riempirlo di baci lì sul momento: Sasuke Uchiha imbarazzato... poteva esserci niente di più bello al mondo?

«Entriamo?» si decise a dirgli perché conoscendolo sarebbero potuti rimanere lì fuori in assoluto silenzio anche per tutta la notte e lei era stanca e aveva voglia di baciarlo e magari di dormire con lui.

Mise la chiave nella toppa della porta e sentì il suo respiro caldo sul collo, proprio come la notte in cui lui aveva lasciato il Villaggio. Rabbrividì al ricordo e sentì quasi l'urgenza di girarsi e afferrarlo prima che potesse scomparire di nuovo. Oltrepassò la porta di casa con una rinnovata angoscia nel cuore che scomparve solo dopo aver razionalizzato che il respiro di Sasuke l'aveva seguita passo dopo passo nel genkan buio e si era scostato dal suo collo solo per chiudere la porta alle loro spalle.

Rimase ferma, al buio, davanti al gradino che separava il genkan dal corridoio, sollevata nel saperlo lì, ma agitata al pensiero che Ino potesse avere ragione e che Sasuke si fosse presentato inaspettatamente a casa sua per passare la notte con lei. Dopotutto, secondo la teoria di Ino, Sasuke era un uomo – ok, non era solo una teoria di Ino, ma un dato di fatto – e come tale aveva delle pulsioni – questo era ancora tutto da dimostrare – ed erano entrambi maggiorenni e vaccinati – totalmente inesperti, o almeno così sperava – non ci sarebbe stato niente di male, no?

Allora perché era così nervosa?

Si mosse piano, tastando alla cieca il muro alla ricerca dell'interruttore della luce che qualcuno doveva avere spostato perché era lì, ne era certa, doveva essere lì – per tutti i Kami -, eppure non c'era. Sentì la mano di Sasuke poggiarsi con una delicatezza inaudita sul suo braccio e prese a tremare, mentre il viso di lui sprofondava tra i suoi capelli.

«Hai ancora paura di me» constatò amaramente Sasuke, in un sussurro.

«No» gli rispose lei, con un tono di voce incerto.

«Allora perché stai tremando?»

Non aveva paura di lui, ma con lui. Per la prima volta stavano condividendo qualcosa, qualcosa di reale, non una delle mille fantasie che in quegli anni le avevano dato la forza di cercarlo, perdonarlo e, in ultimo, aspettarlo per quasi tre anni – o meglio da sempre. Il pensiero, ingenuo, forse assurdo, che anche lui stesse provando la medesima paura, riuscì a rasserenarla un poco e a convincerla a rispondergli.

«Stento ancora a crederci che stia accadendo davvero»

«Sakura» borbottò lui, prima di ritrovarsi le braccia di Sakura intorno al collo e la sua bocca di nuovo così vicina.

«Ti amo, Sasuke-kun. Ti amo con tutto il mio cuore. E sono così felice che ho paura di tutto, persino di me stessa» dichiarò lei, sorridente, e a Sasuke sembrò quasi di riuscire a percepire il sapore delle sue parole: dolce e amaro allo stesso tempo; una dicotomia costante nella vita di Sasuke che per un certo periodo della sua vita aveva assaporato solo il secondo, dimenticando come fosse il primo, e ora che stava riassaporando il primo, non riusciva comunque a dimenticare il secondo, ponendolo nella stessa situazione di Sakura.

Era vero: si era creata una connessione tra i loro cuori che li portava a percepire, comprendere e condividere i loro sentimenti. L'amore di Sakura era il suo di amore, la paure di Sakura erano le sue paure e per quanto tutto questo avesse dell'incredibile – solo tre anni prima avrebbe dato del pazzo a chiunque glielo avesse detto o pronosticato – era reale, era bello, e riusciva a farlo sentire parte, di nuovo, di qualcosa.

Sasuke si avvicinò alle sue labbra come per sigillare quei bellissimi pensieri dentro di sé, temendo che potessero scappare via, ma la mano di Sakura, posata con gentilezza sulla sua bocca lo fermò.

«Non ho ancora finito» lo avvisò, mentre Sasuke con un veloce gesto del capo si liberava della sua mano «Io non voglio che pensi che io abbia paura di te perché non è così, io...»

E Sasuke la rimise a tacere nell'unico modo che conosceva e che straordinariamente sembrava essere sempre molto efficace, evitando così di dirle che era noiosa e che non c'era alcun bisogno di spiegargli come si sentisse perché lo aveva capito, non aveva ancora idea di come avesse fatto, ma lo aveva capito.

Si baciarono a lungo, lentamente, nell'oscurità del genkan. Sakura tentò un paio di volte a riprendere il discorso nei brevi momenti in cui la necessità di respirare li aveva costretti a disgiungere le loro labbra, ma puntualmente Sasuke l'aveva messa a tacere. Nell'enfasi del momento non si era neanche accorta che dal centro del piccolo ingresso si erano spostati da un lato e ora le sue spalle toccavano il muro e sul suo corpo gravava il peso di quello di Sasuke. Le loro lingue avevano preso a muoversi più velocemente, i respiri si erano fatti via via più corti e l'aria intorno a loro sempre più calda, quasi insopportabile.

A quel punto Sakura lo sentì.

Sentì il desiderio di Sasuke sfiorarle l'interno delle cosce, leggermente schiuse, e spalancò gli occhi, lusingata, imbarazzata e terrorizzata, mentre nella sua testa riecheggiavano le parole di Ino: ''È naturale, è naturale, è naturale...''

Con un movimento fluido Sasuke la sollevò di poco da terra, sfruttando la parete alle sue spalle come appoggio e Sakura si ritrovò a ricercare con urgenza un appiglio: fece leva sulle spalle di Sasuke e attorcigliò una gamba intorno alla sua.

La bocca di Sasuke abbandonò quella di lei, scendendo prima sul mento, poi sul collo con un'andatura cadenzata e un tocco talmente dolce da essere quasi impercettibile. L'erezione che adesso premeva contro la sua femminilità con lo stesso ritmo dei suoi baci e le provocava un piacere sconosciuto, ma così intenso da darle la sensazione di non avere più un briciolo di forza, di energia. Si aggrappò ai suoi capelli quando sentì i suoi denti affondare con dolcezza nella sua carne e un gemito roco sfuggì dalle sue labbra.

«Sa-suke-kun» sussurrò, senza fiato.

E a quel punto, Sasuke si fermò, di nuovo, come il giorno prima nella foresta. Si staccò bruscamente da lei, sbatté le spalle contro il muro opposto, frastornato, e rimase a testa bassa a contemplare il parquet chiaro del genkan incapace di alzare lo sguardo su di lei. Non riusciva a spiegarsi cosa gli stesse accadendo – o meglio una mezza idea ce l'aveva pure, più che mezza in verità: era lì nei suoi pantaloni e lo portava a comportarsi come un misero pervertito. Faceva bene Sakura ad avere paura di lui perché da quando si erano baciati aveva iniziato ad avere pensieri molto poco casti ed era stato colto da una strana frenesia che, a suo dire, lo stava facendo diventare scemo – quasi al pari del Dobe.

«Sasuke-kun?» lo chiamò Sakura, la cui attività cerebrale aveva iniziato a dare segni di ripresa «Va tutto bene?» gli chiese, subito dopo, avvicinandosi a lui con prudenza – sia mai gli fosse partito qualche embolo.

«Stammi lontana» le intimò Sasuke, pur sapendo che la sua richiesta – la sua imposizione – non sarebbe stata esaudita.

«Perché?»

Sasuke non sapeva cosa risponderle, troppo imbarazzato e troppo poco padrone di se stesso per riuscire a darle una spiegazione sensata che non contemplasse una umiliante confessione.

«È una cosa naturale, Sasuke-kun» azzardò Sakura, ripetendo le parole di Ino e sperando che l'amica ci avesse visto davvero giusto – in caso contrario l'avrebbe fatta a pezzi.

«Io...» sussurrò l'Uchiha e tentennò alquanto prima di continuare perché c'era del vero nelle parole di Sakura, questo era innegabile, dopotutto si amavano – lei glielo aveva ripetuto poco prima e lui non gliel'aveva mai detto, ma questo importava poco adesso – ma non riusciva a lasciarsi andare, bloccato da quella ancestrale paura di perdersi, di cadere ancora vittima delle emozioni «Credo che sia meglio che vada» decretò, infine, girandosi di tre quarti in direzione della porta, mantenendo sempre lo sguardo basso.

Sakura si lanciò letteralmente su di lui e lo strinse forte a sé, ignorando il movimento brusco compiuto da ciò che rimaneva del suo braccio sinistro, che da integro sarebbe riuscito di sicuro a fermarla, allontanarla.

Abbracciò anche la manica penzolante della maglietta insieme al suo corpo e Sasuke sussultò appena sentendosi come stretto da una corda invisibile, una corda che stringeva sempre di più tanto da togliergli il respiro.

«Non scappare» mormorò Sakura, con il viso nascosto tra le pieghe della manica del sul suo avambraccio mutilato «Non scappare più. Non ora» continuò quasi implorante «So di cosa hai paura. Anch'io, a mio modo, sono terrorizzata, ma per una volta, una stramaledettissima volta, sento che tutto andrà per il meglio»

«Con te è sempre tutto così difficile» ammise Sasuke, andando contro ogni più rosea previsione.

«Neanche con te è una passeggiata, sai?» replicò lei, sfregando il naso contro la sua spalla e Sasuke si lasciò sfuggire un laconico sorriso «Andiamo dentro?» gli propose, poi, con gentilezza «Ho una discreta fame» aggiunse, allentando così la tensione.

«Non hai mangiato?» le domandò Sasuke, sforzandosi di comportarsi per una volta – una stramaledettissima volta – come una persona normale, senza però imprimere nessuna inflessione particolare della voce che potesse far trasparire preoccupazione, o peggio allarmismo.

Sakura alzò lo sguardo verso di lui e gli sorrise dolcemente come per ringraziarlo dell'enorme sforzo appena fatto.

«No. Kakashi-sensei era parecchio impegnato oggi» prese a raccontargli, facendogli strada all'interno dell'appartamento «Abbiamo aspettato molto e francamente ero così agitata che non sono riuscita a mandare giù niente da questa mattina»

«Com'è andata?»

Sakura si fermò per un attimo, sulla soglia della cucina, e spalancò gli occhi per la sorpresa: la predente domanda di Sasuke poteva essere interpretata come di circostanza, ma questa... si stava interessando a qualcosa che la riguardava e se Sakura non avesse avuto il timore di rovinare tutto sul più bello con un urlo di felicità, avrebbe urlato, e forte, tanto forte da far echeggiare la sua voce per tutta Konoha.

«Kakashi-sensei sostiene che potremmo farcela questa volta» gli rispose, sorridente come non mai, mentre si dirigeva verso il frigorifero constatando, con amarezza, che non ci fosse al suo interno qualcosa di realmente commestibile.

Lo richiuse e si diresse verso gli scaffali nei quali riuscì a reperire un paio di confezioni di ramen liofilizzato.

«Ramen?!» esclamò Sasuke, arricciando il naso per il disgusto.

«Prima Naruto si fermava spesso a mangiare da me» gli spiegò, tentando di rassicurarlo del fatto che gli anni passati con Naruto non l'avessero fatta diventare una ramen dipendente come l'amico.

«Prima di cosa?» indagò l'Uchiha che già vedeva all'orizzonte una sonora scazzottata con l'Usuratonkachi.

«Prima che si sposasse. Lui e Hinata venivano spesso a cena da me per...» ed esitò prima di concludere la frase: non rientrava tra le sue prerogative far sentire Sasuke costantemente in colpa, soprattutto adesso, ma quando veniva fuori il discorso ''passato'' era quasi inevitabile «non lasciarmi sola» concluse , accanendosi poi sul barattolo di latta del ramen che proprio non voleva aprirsi.

La mano di Sasuke si posò sulla sua e Sakura alzò lo sguardo incontrando i suoi occhi, più caldi e rassicuranti del solito.

«Lascia, ci penso io»

Sakura alzò un sopracciglio, perplessa: era fisicamente impossibile che Sasuke con una sola mano riuscisse laddove l'erede di Tsunade-sama aveva fallito.

«O-ok» acconsentì, con qualche riserva.

Sasuke prese dalla sua mano l'apriscatole e si mise in ginocchio per terra ponendo il barattolo di ramen tra le cosce per tenerlo fermo. Incise i due lati opposti del barattolo e poi cominciò ad aprirlo con una facilità sorprendente.

«Ecco qui» dichiarò l'Uchiha appena terminato il lavoro «Non era poi tanto difficile» si premurò di aggiungere per sottolineare la sua evidente superiorità.

«Ma è stupefacente!» esclamò Sakura, davvero colpita dal modo in cui Sasuke era riuscito nel tempo ad abituarsi alla sua menomazione e a trovare ingegnosi escamotage per affrontare la quotidianità.

Si inginocchiò davanti a lui e gli prese il viso tra le mani, prendendolo così tanto alla sprovvista da ritrovarsi di fronte a una visione più unica che rara di Sasuke Uchiha, un po' ridicola a dire il vero, con quella ruga sulla fronte più profonda e lo sguardo perso, atterrito, ma indubbiamente adorabile.

«L'ho sempre detto: sei un genio» aggiunse e lo baciò, con ancora la scatola di ramen tra le cosce, perdendosi la successiva espressione del suo viso, anche più buffa della precedente.







Angolo Autrice


Buon pomeriggio a voi, carissimi lettori.

Sono sparita per un bel po', lo so, ma tra gli impegni di lavoro e una scarsissima ispirazione ho avuto diverse difficoltà a terminare questo capitolo. In verità non avevo idea di come far continuare la storia perché, pur avendo una mia scaletta mentale, è la prima volta che mi ritrovo a dover costruire passo dopo passo la relazione tra Sasuke e Sakura – benché io sia arrivata a ben 32 fanfiction su questa coppia. Di solito opto per scene molto passionali, poco riflessive: le mie lemon sono quasi sempre scatenate da qualcosa che in questo caso non ho e non voglio neanche avere. Ok, forse sto facendo uno dei soliti discorsi contorti che capisco solo io, ma vorrei riuscire a raccontare come sono arrivati in un modo più o meno ''verosimile'' alla loro prima volta. Ergo preparatevi alle mille e più paturnie di Sasuke. :-)

Chiedo venia per le recensioni a cui non ho ancora risposto; come molti di voi sapranno non lo faccio per cattiveria o perché non mi interessa il vostro parere, al contrario lo aspetto sempre con molta ansia, ma per semplice mancanza di tempo. Mi dispiace anche per quelle storie che sto seguendo assiduamente ma che non riesco a recensire – spero di recuperare quanto prima.

Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate, chi ha recensito i precedenti capitoli e chi recensirà questo(prima o poi rispondo, giurin giurello).

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** #21 Cosa sei disposto a fare per lei ***



Image and video hosting by TinyPic

#21 Cosa sei disposto a fare per lei










Per Sasuke il momento del risveglio era sempre stato abbastanza problematico. Il semplice gesto di aprire gli occhi gli procurava un senso di angoscia tale che spesso si ritrovava a tenerli chiusi, benché sveglio, per procrastinare l'affermazione di una incontrovertibile realtà chiamata solitudine che nel tempo era riuscito ad apprezzare, ma che in fondo non aveva mai davvero accettato. Da quando era tornato a Konoha, e ancora prima durante lo scontro con Naruto, un desiderio recondito era ritornato con prepotenza a ricordargli che non aveva mai realmente voluto essere solo, che erano state le circostanze a condurlo a disconoscere i legami che sussistevano tra lui e quella che a tutti gli effetti era sempre stata la sua casa. Era stato scioccante sentire quel bisogno ancestrale di calore, di famiglia, di amore, espandersi a macchia d'olio dentro il suo cuore stanco e malconcio, ma per una volta aveva deciso di non ostacolarlo, di non frenare la sua corsa, con la speranza che potesse in qualche modo riuscire a cambiarlo – almeno un po' – o quantomeno a liberarlo dall'opprimente inquietudine che gravava sulle sue spalle come un bagaglio pesante, di quelli che spezzano la schiena ma che malgrado tutto si è costretti a trasportare.

E ora si ritrovava steso su un letto non suo, con gli occhi artificiosamente sigillati per il timore di aprirli e scoprirsi di nuovo solo, questa volta senza di lei, e sentiva lo stomaco stretto in una morsa all'idea che niente di quello che era avvenuto in quei giorni fosse stato reale. Cosa avrebbe fatto a quel punto? Che ne sarebbe stato di lui?

Dipendere da qualcuno, lasciare che qualcuno ti ami e si prenda cura di te…

Amare a tua volta…

Sembrava impossibile, o almeno così credeva, eppure era stato così semplice afferrare la mano che Sakura gli aveva teso, intrecciare le dita con le sue e dormire abbracciati tutta la notte con il respiro di lei, leggero, sul collo. Era stato naturale prestare orecchio ai suoi sussurri, afferrarle la vita per avvicinarla a sé e baciarle le labbra, poi il mento, il collo, e ogni centimetro scoperto della sua pelle.

Al contrario, era stato oltremodo arduo non assecondare l'istinto di abbassare di poco la sua maglietta sotto la spalla e avere a disposizione dell'altra pelle da assaggiare, consapevole del fatto che poi non sarebbe riuscito a placare l'ingordigia e l'impudico desiderio di sfilargliela del tutto.

Aveva scoperto quanto un semplice sospiro potesse essere eloquente, quanto un sommesso gemito riuscisse a emozionarlo e a farlo sentire nudo e vulnerabile come non lo era mai stato.

Quello che stava accadendo gli aveva dato modo di fare conoscenza con una parte di sé che fino a quel momento aveva ignorato di possedere, o che semplicemente aveva messo in un angolo rendendola abulica e insignificante.

Si era negato per troppo tempo la felicità derivante da una carezza, dal contatto fisico, dal calore umano e adesso sentiva che non sarebbe più riuscito a farne a meno.

Per questo aveva paura, per questo teneva gli occhi chiusi, per questo sperava che la voce di Sakura rompesse all'improvviso quell'innaturale silenzio che regnava nella stanza confermandogli che era lì, che non si era mossa di un millimetro, che non lo aveva lasciato solo.

Che stupido!, esclamò dentro di sé con amarezza, non riuscendo a riconoscersi in quei pensieri. Da quando aveva iniziato ad avere bisogno di qualcuno?

Sentì un leggero fruscio di lenzuola alla sua sinistra e socchiuse appena un occhio, intravedendo tra i fili neri del ciuffo di capelli una macchia rosa inconfondibile.

Era lì, e Sasuke si scoprì sollevato nel constatarlo tanto da convincersi ad aprire completamente gli occhi e godersi quell'insolito risveglio.

Si girò lentamente da un lato prestando attenzione a non fare movimenti troppo bruschi che avrebbero potuto svegliarla e la guardò, per una volta completamente indisturbato.

Era bella Sakura, e molto. Lo era sempre stata.

Aveva sempre avuto un debole per lei anche se era stato talmente bravo a dissimularlo da convincere anche se stesso che lei fosse una semplice compagna di Team e nulla di più. Eppure ogni qual volta lei si era trovata in pericolo non aveva mai esitato, al contrario aveva rischiato più di una volta di mandare all'aria tutti i suoi piani di vendetta pur di salvarla e a quel punto era stato costretto a fare una scelta che all'epoca aveva ritenuto giusta per entrambi: lei era diventata una debolezza, quindi un ostacolo e poi si era convinto – chissà poi con che presunzione – che sarebbe stata più felice senza di lui.

Era abbastanza paradossale che dopo tutti quegli anni avesse comunque continuato a pensarla in quel modo e avesse tentato ancora di tenerla lontana, fallendo su tutta la linea perché lei era lì, stesa al suo fianco, e sorrideva – anche nel sonno – e aveva davvero l'aria di essere molto felice.

Provò un inspiegabile moto di orgoglio realizzando di essere riuscito in un'impresa che aveva sempre ritenuto impossibile e d'istinto allungò la mano verso di lei e sfiorò con le dita le sue labbra, quel sorriso, sentendo l'urgenza di appurare che fosse concreto, vero.

In risposta Sakura aprì gli occhi e il sorriso sulle sue labbra si fece più ampio.

«Buongiorno, Sasuke-kun» mormorò, ancora assonnata, girandosi su un fianco.

Sasuke non le rispose, prese ad accarezzarle la guancia con il dorso della mano, senza alcun imbarazzo, senza ritrosia, sentendosi improvvisamente in diritto di poterlo fare, libero da tutte quelle inutili elucubrazioni mentali che fino a quel momento lo avevano frenato, e seguendo il movimento della mano che scendeva lentamente fino all'orecchio avvicinò il viso a quello di Sakura poggiando la fronte sulla sua.

«Mi ci potrei abituare a svegliarmi con te tutte le mattine, lo sai?» gli sussurrò Sakura sulla labbra, sorridendo ancora, mentre la mano di Sasuke si intrufolava tra i suoi capelli e il suo respiro le solleticava le guance.

«Puoi» le rispose semplicemente, a voce bassa, e abbozzò poi un ghigno nell'osservare gli occhi di lei diventare di colpo enormi e liquidi per l'emozione.

Le dita della mano di Sakura si artigliarono alla sua maglietta, cercando un appiglio per avvicinarsi ancora un po' di più a lui, annullare le distanze. Percepiva la necessità fisica di avere il suo corpo più vicino, una strana frenesia che scalpitava nel suo stomaco e che la portava a desiderare di toccarlo, di sentire la sua pelle.

Era naturale…

Ino aveva dannatamente ragione, ma aveva dimenticato di dirle che oltre a essere naturale, tendeva a essere alquanto ingestibile, oltre che imbarazzante. Non che non avesse mai provato fino a quel momento delle sensazioni simili, ma una cosa era svegliarsi nel suo letto, da sola, tutt'altra era avere a portata di mano Sasuke Uchiha, indubbiamente bellissimo anche a prima mattina, seppur spettinato e con gli occhi gonfi, e stranamente ben disposto, quasi di buon umore – cosa rara, molto rara.

In poche piccole parole povere Sakura stava provando il desiderio di assecondare quella famosa tempesta ormonale che causa forza maggiore aveva ignorato, o comunque soppresso, per anni, la medesima che aveva portato Sasuke la sera precedente, e ancor prima quel pomeriggio nella foresta, ad allontanarla.

Fece scorrere le dita lungo il fianco di Sasuke, sempre mantenendo gli occhi incatenati ai suoi, fino a giungere all'orlo della maglietta; la mano si intrufolò poi sotto di essa, sentendo la pelle di lui, straordinariamente morbida e liscia, tremare appena per quel contatto improvviso e vide nei suoi occhi un lampo di terrore, di ansia.

«Sakura.»

Sasuke tentò di dissuaderla dal continuare, sforzandosi di imprimere nel tono della voce quella risolutezza, quella freddezza, che lo aveva sempre reso temibile, malgrado la sua mente fosse già annebbiata dai brividi che gli scorrevano sotto la pelle e dal desiderio che si era risvegliato non appena aveva aperto gli occhi e l'aveva trovata accanto a sé.

Era così frustrante per lui sentirsi in balia di quelle sensazioni e avere il terrore di assecondarle, soddisfarle, ed era così inconsapevolmente crudele Sakura in quel momento che, per nulla intimorita dal suo monito, continuava ad accarezzarlo dolcemente.

Sarebbe stato del tutto inutile tentare di richiamarla ancora all'ordine, lo leggeva nei suoi occhi.

La osservò impotente avvicinarsi ancora e portare la gamba a ridosso della sua, come per bloccargli i movimenti, impedirgli un'eventuale fuga, e comprese di non avere più alcuna scelta se non quella di lasciare che l'istinto prendesse il sopravvento e, mentre le loro bocche si fondevano l'una con l'altra, la sua mano scese sulla sua schiena, tirò a sé il suo esile corpo percependo per la prima volta la morbidezza del suo seno, celato dalla maglietta sottile, contro il suo petto. Non c'era nulla di casto in quel bacio, in quel movimento frenetico delle loro lingue, né in quelle brevi fitte di piacere, acerbo e sconosciuto, a tratti quasi nauseante, che partivano dal basso ventre e rendevano la pelle più sensibile, calda, gli odori più intensi, la vista annebbiata, i respiri più corti e spingevano le loro mani a essere curiose, ingorde. Fu un attimo e le labbra di Sasuke si ritrovarono a percorrere il collo di Sakura mentre la mano si faceva strada sotto la maglietta e vagava alla cieca sulla sua pelle delicata e liscia.

Gote rosse, gemiti sommessi, l'incertezza di non sapere bene cosa si stia facendo, ma la necessità di continuare a farlo superando l'imbarazzo, l'inesperienza, perché fa sentire bene, perché è giusto, è naturale; la consapevolezza di aver dato inizio a qualcosa di incontrollabile; la sensazione di perdere pian piano coscienza di se stessi e diventare una cosa sola con l'altro.

La possibilità di fermarsi, a quel punto, non era contemplata: avevano superato quella soglia che Sasuke si era ben guardato dall'oltrepassare, ritenendo prematuro e azzardato spingersi oltre malgrado i chiari segnali che il suo corpo gli aveva inviato da quando aveva riscoperto l'ebbrezza del contatto umano.

La sua mano, esplorata la schiena di lei, iniziò a percorrere il ventre giungendo ben presto al seno. Esitò appena e baciò Sakura sulle labbra con dolce trasporto prima di adagiare delicatamente la mano su di esso, percependone la consistenza soda. Si lasciò sfuggire dalle labbra un sommesso grugnito scoprendo che le sue incerte carezze riuscivano a procurarle piacere. Lo sentiva riversarsi nella sua bocca, sotto forma di timidi ansimi che per pudicizia lei tentava di occultare, rimbombava sul palato, sui denti, e scendeva lungo la gola fino allo stomaco, andando ad alimentare quel crogiolo di emozioni che lo stavano spingendo a rendersi così vulnerabile ai suoi occhi, soggiogato, nudo.

«Sasuke-kun» esalò Sakura, prendendogli il viso tra le mani «Io voglio...»


«Sakura-chan? Sei in casa?»


Sasuke e Sakura si guardarono per un attimo… increduli.

In quanto a tempismo Naruto non era mai stato un campione, ma questa volta aveva superato se stesso.

«Dannato Dobe!» grugnì Sasuke, decisamente contrariato.

«Dovremmo aprire» suggerì Sakura «Conoscendolo troverà un modo per entrare. Sa che sono in casa» gli spiegò Sakura a bassa voce.

«E come fa a saperlo?»

«Oggi è il giorno del Tanabata, non lavoro, ricordi?»

Già, il Tanabata. Lo aveva completamente dimenticato.

«Sì, ma cosa ci fa qui?» ringhiò ancora l'Uchiha sempre più infastidito: di norma le interruzioni improvvise non gli erano mai piaciute e in quella situazione, beh… l'idea che Naruto potesse entrare – perché Sakura aveva ragione, avrebbe trovato un modo – e trovarli in quel letto, in quella posizione, accaldati ed eccitati – e lui di certo non sarebbe riuscito a nasconderlo – gli fece rimpiangere il giorno in cui aveva deciso di risparmiargli la vita durante il primo scontro nella Valle dell'Epilogo.

«Probabilmente vuole sapere se questa sera raggiungeremo lui e Hinata alla festa» ipotizzò Sakura che in vero trovava quella situazione abbastanza divertente.

«Sakura-chaaan!» cantilenò ancora l'Uzumaki, premendo con insistenza sul campanello della porta.

«Dannazione!» sputò Sasuke, alzandosi in fretta dal letto, deciso a mettere a tacere in modo definitivo e incontrovertibile quella testa quadra.

«Ehm... Sasuke-kun?» obiettò Sakura, timidamente.

«Che c'è?» abbaiò l'Uchiha, con la mano già sulla maniglia della porta.

Sakura non sapeva se fosse il caso o meno di farglielo presente, probabilmente lui se ne era già accorto e non lo riteneva importante, ma c'era qualcosa di diverso in lui che Naruto avrebbe notato di certo.

Paonazza e con lo sguardo rivolto altrove gli indicò con un dito il cavallo dei suoi pantaloni.

«Dannazione!» imprecò quindi, per l'ennesima volta, dopo aver abbassato lo sguardo e aver notato la vistosa protuberanza. Questa volta lo avrebbe ammazzato, ci sarebbe riuscito anche a costo di perdere l'altro braccio, una gamba e un orecchio.

«Penso che sia meglio che vada io ad aprire» propose Sakura, con magnanimità, alzandosi dal letto.

Sasuke non se la sentì di dire alcun ché, era stato già abbastanza imbarazzante che lei gli avesse fatto notare quel piccolo problemino tecnico – colpa sua, tra l'altro – aggiungere qualsiasi cosa lo avrebbe fatto sprofondare nel più completo annichilimento psicologico.

«Tu stai qui » gli ordinò Sakura e, passandogli accanto, gli rubò un ultimo bacio a fior di labbra che in qualche modo, straordinariamente, riuscì un po' a calmarlo.

«Arrivo!» la sentì esclamare poco dopo aver richiuso la porta e abbassò nuovamente la testa, un po' affranto, chiedendosi quanto ci avrebbe messo a tornare normale: aveva un Dobe da uccidere.



♦●♦



«Sakura-chan, finalmente!» esordì Naruto non appena la ragazza gli comparì davanti.

«Scusa, stavo dormendo» replicò Sakura, stropicciandosi gli occhi per sembrare più credibile.

«Oh, sì… immagino» insinuò l'altro, cominciando a sghignazzare.

«Perché ridi?» gli chiese l'Haruno completamente ignara di ciò che l'amico avesse riconosciuto sul suo collo… qualcosa di rossastro, qualcosa che Sakura non sarebbe stata in grado di farsi da sola.

Naruto oltrepassò Sakura, si sfilò in fretta i sandali ed entrò in casa.

«Teme, lo so che sei qui, esci fuori!» urlò a pieni polmoni e Sakura ebbe seriamente il timore che Sasuke potesse uscire dalla camera da letto e imbrattare di sangue le pareti del suo appartamento.

«Dai, Teme, non costringermi a entrare in camera da letto. Non ho alcuna intenzione di vederti nudo, ho appena mangiato» perpetuò l'Uzumaki che al solo pensiero di averlo colto in flagrante non stava più nella pelle: quanto avrebbe riso?!

Sakura, raggiunto l'amico nel salottino, pregò che Sasuke avesse mantenuto le buone abitudini e che fosse scappato dalla finestra: lo avrebbe compreso e appoggiato.

Contro ogni previsione la maniglia della porta della camera da letto si abbassò lentamente e un Sasuke, vestito di tutto punto, con uno sguardo più assassino del solito, si parò davanti all'Uzumaki.

«Potrei sapere perché stai urlando come un idiota?» gli chiese, lanciando una veloce occhiata in direzione di Sakura che, come l'Uzumaki, era rimasta a bocca aperta.

«Che cosa ci fai tu qui?» replicò Naruto.

«Potrei farti la stessa domanda.»

«L'ho chiesto prima io.»

«Sì, ma tu non hai risposto alla mia prima domanda.»

«Non ricordo neanche che cosa mi hai chiesto.»

«Questo non mi stupisce, sei un'idiota.»

«E tu sei uno che fa i succhiotti»

Touchet!

Sasuke sbiancò e Sakura lo seguì a ruota, portandosi d'istinto una mano a coprirsi il collo – e lei era quella preoccupata per la sua protuberanza, quando aveva sul collo un ematoma formato Akimichi? Come avevano fatto a non accorgersene? Eppure aveva cercato di essere delicato. Ecco un'altra cosa da ricordare: la pelle di Sakura era troppo bianca e delicata, andava trattata con attenzione o nel giro di qualche giorno avrebbe aggiunto anche pervertito alla lunga lista di simpatici nomignoli che gli erano stati affibbiati nel tempo.

«Non so di cosa tu stia parlando» sbottò l'Uchiha, dopo essersi ripreso dallo shock.

Negare. Negare sempre.

«Devo farti un disegno per caso?» ribatté Naruto che proprio non ci stava a perdere l'occasione di umiliarlo: era troppo divertente « In pratica è quando un uomo e una donna fanno certe cose e l'uomo...»

«So cos'è!» abbaiò Sasuke, interrompendolo: non aveva alcuna intenzione di ascoltare la descrizione accurata che Naruto gli avrebbe propinato, facendolo passare per uno sprovveduto; ok, lui e Sakura, erano all'inizio mentre il Baka già progettava la progenie, ma lui era un Uchiha e per diritto di nascita quelle cose le sapeva fare e sicuramente meglio di lui – l'ecchimosi sul collo di Sakura ne era la prova.

«Adesso basta! Smettetela di comportarvi come due bambini» proruppe Sakura, iraconda e indubbiamente minacciosa «Naruto, si può sapere cosa ci fai qui? Non penso che tu sia venuto per controllare le abilità di Sasuke. E tu...» e Sasuke alzò d'istinto un sopracciglio per quel tono assolutamente poco garbato che aveva utilizzato « non dargli corda, ti prego, sii superiore» concluse l'Haruno che ne aveva le scatole piene di dover sempre fare da paciere e ancor di più dei risvegli bruschi e insoddisfacenti.

«Volevo solo chiedervi se vi andava di venire con me e Hinata al Tanabata» confessò, quindi, Naruto «Hinata-chan mi ha chiesto di venire» si affrettò a giustificarsi, il bugiardo, pensando che mettendo in mezzo Hinata, Sakura si sarebbe in qualche modo impietosita.

In verità quella mattina era andato dritto a casa di Sasuke e solo dopo aver constato che l'amico non era in casa aveva ripiegato sull'appartamento di Sakura, non sospettando affatto di trovarli insieme. Che meravigliosa sorpresa! Ben oltre ogni sua più rosea aspettativa – o in questo caso rossa con qualche tonalità di blu, stampata come un tatuaggio sul collo della sua amica.

«Avresti potuto dirlo subito» osservò Sasuke con sufficienza, beccandosi un'occhiataccia di biasimo da Sakura.

«Ero più interessato ad altro» replicò placidamente l'Uzumaki, sorridendo sornione.

Me ne sono accorto, aggiunse mentalmente l'altro per non sfidare ulteriormente la sorte.

«Puoi rassicurare Hinata che ci saremo» intervenne Sakura, rendendosi subito conto di aver fatto i conti senza l'oste – e il suo oste non era il tipo da feste, né il tipo a cui piaceva stare in mezzo alla gente in generale « Vero, Sasuke-kun?» pensò bene di aggiungere, quindi.

Sasuke sembrò rifletterci per un attimo prima di abbassare il capo in un cenno di assenso.

« Adesso puoi anche andartene, Dobe» dichiarò poi, sollevato.

«No, adesso ve ne andate tutti e due perché devo fare una doccia e devo farmi bella e non vi voglio tra i piedi» obiettò Sakura, già in fibrillazione all'idea del primo Tanabata da fidanzata di Sasuke Uchiha – Oh Kami! Non riusciva ancora a crederci.

Doveva fare una doccia e poi passare dai suoi genitori a recuperare il suo kimono, ma a pensarci bene avrebbe potuto anche comprarne uno nuovo, oppure scardinare la serratura della vecchia casa di Sasuke e rubare quello di sua madre, o sperare che lui gli proponesse di indossarlo senza compiere effrazioni, in ogni caso aveva un milione di cose da fare e non poteva permettersi di avere quei due tra i piedi.

Sasuke non sembrò apprezzare molto il suo gentile invito ad alzare i tacchi, soprattutto perché questo implicava andar via con Naruto e subire come minimo un interrogatorio su quanto l'amico aveva visto – o immaginato – ma decise di assecondarla, temendo che a breve potesse comparire dal nulla anche la Yamanaka versione Fata Turchina.

«Andiamo, Usuratonkachi.»



♦●♦




«E così… tu e Sakura.»

Ecco, lo sapeva che Naruto non avrebbe atteso tanto prima di riaprire il discorso; in verità era stupito del fatto che fosse riuscito a rimanere in silenzio fino alla fine della strada.

«Non sono affari tuoi» tentò di tagliare corto, come al solito.

Possibile che in tutti quegli anni non avesse ancora capito che fosse completamente inutile da parte sua tentare di mettere a tacere Naruto?

«Dimmi un po'… fin dove vi siete spinti?» continuò, infatti, l'Uzumaki, dandogli di gomito con fare ammiccante.

Sasuke girò il viso da un lato per nascondere l'evidente imbarazzo per quella domanda assolutamente fuori luogo: sul serio Naruto credeva che gli avrebbe raccontato i retroscena della sua vita sessuale? Va bene che era quasi come un fratello – o almeno così amava autodefinirsi – ma non era certo che sarebbe riuscito a raccontare nulla neanche a Itachi, figurarsi a lui.

«È fantastico, non è vero?» continuò Naruto, ormai abituato alla proverbiale reticenza dell'amico « La prima volta è stata un vero disastro, ero così nervoso e poi non sapevo bene cosa dovevo fare» gli raccontò, anche se era certo che a Sasuke importasse poco o niente.

E invece, straordinariamente, Sasuke tese bene le orecchie, alquanto interessato all'argomento perché anche se era un Uchiha e quelle cose le sapeva fare per diritto di nascita, e bene, sicuramente meglio di lui, riteneva che qualche informazione in più, in quel caso, non guastasse affatto.

«Hinata è stata davvero molto generosa nel concedermi un'altra possibilità» aggiunse l'Uzumaki, grattandosi la testa imbarazzato «Ma dalla seconda volta in poi è tutto più semplice, sta tranquillo. Ma sicuramente lo saprai già»

Sasuke si fermò di colpo e Naruto, che aveva continuato a camminare, si girò verso di lui, perplesso.

«Non lo so» confessò a bassa voce l'Uchiha, non riuscendo a capire neanche lui perché avesse deciso di dirglielo.

«Hn!» mugugnò Naruto « Cosa non sai?» gli chiese di getto, collegando subito dopo a cosa si riferisse e aggiungendo un ''Non dirmi che...'' carico di sgomento con tanto di dito indice puntato su di lui.

«Abbassa immediatamente quel dito e fa finta che non ti abbia detto niente» lo minacciò Sasuke, riprendendo a camminare.

«Ma io pensavo...»

«Non pensare, Dobe. È meglio» replicò l'Uchiha, glaciale.

«Ma Sakura? Sul collo di Sakura c'era un segno, io l'ho visto» tentò di controbattere Naruto, incredulo.

Certo, perché se tu non fossi arrivato probabilmente...

«E tu eri in camera sua, non puoi negarlo» incalzò ancora l'Uzumaki che proprio non riusciva a darsi pace.

«Abbiamo dormito, tutto qui» dichiarò Sasuke, senza mostrare troppo entusiasmo.

«Qual è il problema?» chiese allora l'amico.

«Non c'è nessun problema»

«Con te c'è sempre un problema, Teme. Il più delle volte sei proprio tu il problema, quindi non trattarmi da stupido e parla»

Sasuke si fermò ancora e rimase un attimo in silenzio, cercando di riordinare i pensieri perché dopo quello che era accaduto quella mattina era ancora più confuso del solito.

«Non so se sia giusto» affermò, infine, preparandosi mentalmente a uno dei soliti infallibili ragionamenti di Naruto che avrebbero smontato pezzo pezzo tutte le sue tesi.

«Questo puoi saperlo solo tu, Sasuke»

Naruto gli rispose così, semplicemente; nessun infallibile ragionamento, nessun sermone no jutsu e Sasuke inarcò un sopracciglio, impreparato a una simile evenienza.

«Non posso dirti io cosa sia giusto o sbagliato soprattutto in questo caso» aggiunse l'Uzumaki, alzando lo sguardo verso il cielo azzurro «Posso solo dirti che è naturale e che non è necessario farsi troppi problemi»

La faceva facile lui.

«Basta amarsi, amarsi davvero, come ci amiamo io e Hinata, per superare ogni difficoltà» concluse poi, sorridente, e Sasuke incamerò le sue parole, le rielaborò, rispecchiandosi in esse perché lui amava davvero Sakura, la amava a tal punto dall'essere terrorizzato dalla possibilità di deluderla ancora. Non sarebbe rimasto ancora a lungo a Konoha e prendersi l'innocenza di Sakura e poi abbandonarla non rientrava affatto nei suoi piani, si sarebbe odiato e anche lei lo avrebbe odiato, e non voleva che questo accadesse.

Superare ogni difficoltà…

Tra queste difficoltà rientrava anche il sopportare mesi, anni, di assenza? Perché quello sarebbe stato il destino di Sakura se lui fosse andato fino in fondo e non era giusto, non lo meritava. Lui si sarebbe consolato al pensiero di trovarla al suo ritorno, avrebbe sopportato la distanza per tenerla al sicuro, certo dei suoi sentimenti , ma lei? A lei non sarebbe bastato questo, ne era certo. Forse per un periodo avrebbe cercato con tutta se stessa di farselo andare bene, ma ben presto sarebbero nate discussioni, lei avrebbe preteso di seguirlo e lui non voleva che rinunciasse a tutto quello che aveva costruito in quegli anni.

Per quanto si sforzasse e per quanto la vicinanza di Sakura riuscisse ad allontanare dalla sua testa questi pensieri, si ritrovava sempre allo stesso punto, con le medesime incertezze e la consapevolezza che in un modo o nell'altro quella storia fosse destinata a finire male.

«Ci sono alcune difficoltà che neanche l'amore è in grado di superare» affermò, quindi, convinto.

«Non dovresti sottovalutarlo. Come non dovresti sottovalutare Sakura. Lei ti ama ed è disposta a tutto per te. Ma tu, Sasuke… cosa sei disposto a fare per lei?»

Di certo Naruto non si era perso nei soliti discorsi prolissi, ma in quelle poche parole era riuscito a riassumere il succo del problema: cosa era disposto a fare per lei?

Naruto gli stava forse consigliando di farsi da parte? Di dimostrarle il suo amore rinunciando a lei?






Angolo Autrice


Buonasera cari lettori.

Il capitolo non è molto lungo e ho penato parecchio per trovare il titolo perché è effettivamente un capitolo di transizione anche se all'inizio non sembra.

Non ho resistito: il siparietto con il succhiotto era un mio headcanon e avevo bisogno di un modo per far entrare in scena Naruto. L'aspetto goliardico del rapporto Naruto/Sasuke l'ho sempre adorato e sono fermamente convinta che dopo gli eventi del 699 (come si può evincere anche dal Gaiden e successivamente nel film) il loro rapporto sia migliorato molto, sia maturato, ma abbia comunque mantenuto dei tratti adolescenziali.

Anche in questo capitolo, ci sono alti e bassi, e vi lascio in sospeso perché… perché sì.

* lancio di ortaggi a random *

Vi rassicuro, tuttavia, sul fatto che non dovrei metterci un'eternità a scrivere il seguito.

Ringrazio come sempre tutti coloro che stanno recensendo questa storia e chi la sta leggendo. Vi sono veramente grata!

A presto




















Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** #22 GOOD THINGS TAKE TIME ***


Buonasera.

Sono stata assente per tantissimo tempo e chiedo venia per questo, ma la vita reale mi ha allontanata da questa mia passione e, ahimè, nonostante la voglia di scrivere fosse tanta le giornate erano sempre troppo corte. Non vi prometto niente perché per scrivere questo capitolo ci ho messo tre, quattro mesi, a tozzi e bocconi nei ritagli di tempo, ma spero di continuare questa storia. Ringrazio tutti i lettori che in questi mesi ( anni? ) hanno continuato a scrivermi in privato chiedendomi di non lasciarla sospesa: è grazie a voi se oggi pubblico. Spero che il capitolo vi piaccia: sono un po’ arrugginita, ma nel mio cuore il sasusaku batte ancora.

A presto (mi auguro).

 

# 22 Good Things Take Time

 

Adesso aveva un problema… un grosso problema.

Era da solo e impaurito. Nessuna Sakura, nessun Naruto che potessero aiutarlo. C’era solo quel tipo strano, ‘’il sostituto’’, all’angolo della strada che lo guardava con quell’aria curiosa, un po’ sospetta, sicuramente fastidiosa altresì inopportuna e avrebbe tanto voluto andargli a chiedere cosa avesse da guardare e incenerirlo per sport.  Ma Sai era amico di Sakura, nonché di Naruto e loro non avrebbero approvato, in più, in quanto a stranezze, lui non poteva dire di essere proprio Mr. Sano di mente. Quindi decise di sfoderare uno dei suoi sorrisi sghembi con la speranza che questo potesse bastare a quel… a quel coso per convincerlo a distogliere lo sguardo e volgerlo altrove. Al contrario il viso dell’essere si era deformato in un inquietante quanto forzata smorfia che ricordava vagamente una maschera anbu, non una maschera bella, piuttosto una di quelle artigianali che si facevano da bambini con i pennarelli,  e le sue gambe avevano preso a muoversi nella sua direzione. Sempre più atterrito Sasuke aveva iniziato a valutare l’ipotesi di utilizzare  Il rinnegan per teletrasportarsi dall’altra parte del mondo, anche in braccio a Orochimaru.

“Ciao, Sasuke.”

Troppo tardi…

“Ciao…” – come diavolo si chiamava?

Corrugò la fronte, indispettito. Non riusciva proprio a ricordarsi il nome di quello strano individuo. Gli venivano in mente epiteti come ‘’strano individuo’’ per l’appunto o ‘’sostituto’’ o “brutto impiccione che non sei altro adesso ti fulmino con un chidori”, ma il nome no, proprio no.

Lasciò quindi quel “ciao” in sospeso.

“Devi comprare uno yukata per il tanabata?”

Il sangue nelle vene di Sasuke si gelò all’istante: da quanto tempo quel tizio di cui continuava a non ricordare il nome lo stava seguendo? Era ancora sotto osservazione? Perché Kakashi gli aveva messo alle costole anche lui? Il baka non era abbastanza?

“Sei qui davanti da quasi mezzora, rischierai di non trovarne neanche uno se non ti affretti” continuò Sai, invitandolo con una mano ad entrare nel negozio.

Era già mezzora che era lì davanti? Forse il tizio non lo aveva seguito, forse aveva trovato strano vederlo impalato come una mummia davanti a un negozio a fare pari o dispari se entrare o meno. Quel briciolo di coscienza che aveva riacquistato ultimamente lo aveva indotto a pensare a svariate ipotesi, una tra tutte che non fosse il benvenuto a Konoha dopo tutto quello che aveva combinato. Benchè la maggior parte della storia fosse stata modificata per evitare che la popolazione di Konoha potesse avere timore di lui, svariati pettegolezzi si erano diffusi ugualmente, soprattutto dopo l’esilio dei due consiglieri. Lo vedeva negli occhi delle persone che non era ben accetto: alcuni lo guardavano quasi con compassione, altri con disprezzo, altri ancora volgevano lo sguardo altrove quando lo incontravano. Poi c’era anche un altro motivo, più doloroso, più intimo.

“Andiamo?” l’invitò Sai, distogliendolo dai suoi funesti pensieri.

E preso sovrappensiero straordinariamente accettò il suo invito, seguendolo all’interno del negozio.

La campanella posta sopra la porta  suonò e da dietro il bancone una simpatica vecchietta si affrettò ad andargli incontro.

“Buongiorno Signora” si affrettò a salutarla Sai, deformando di nuovo il viso in quello strana smorfia che vagamente ricordava un sorriso.

“Buongiorno” rispose la vecchietta, spostando subito lo sguardo sull’altro acquirente, quello muto, quello che ancora era perso nei suoi pensieri e che non aveva ancora realmente realizzato che dopo mezzora era riuscito a entrare in quel negozio e… grazie a Sai oltretutto!

“Al tuo amico non hanno insegnato l’educazione?” continuò la signora, inarcando il sottile sopracciglio grigio.

A quel punto Sai si permise di fare una cosa per la quale in altre circostanze avrebbe rischiato seriamente la vita: diede una gomitata a Sasuke, il quale finalmente ritornò sul pianeta terra.

“B-buongiorno” balbettò, incerto se staccare il braccio che lo aveva toccato senza permesso dal corpo di Sai o fingere di essere una persona sana di mente.

Uchiha, ne?” incalzò la signora, incrociando le braccia e iniziando a scrutarlo con fare curioso.

Da cosa l’aveva capito? Ce l’aveva scritto in faccia “sono l’ultimo sopravvissuto del clan Uchiha” ?

Sasuke annuì, quasi timoroso.

“Sta cercando uno yukata per il Tanabata.” Intervenne Sai, notando la situazione di stallo.

Mhmugulò la vecchietta, portando una mano a sorreggere il mento e assottigliando gli occhi.

“Uno yukata eh” continuò iniziando a girare intorno a Sasuke che cominciava a sentirsi un po’ nervoso… un po’ più del solito insomma.

“Immagino che tu lo voglia blu scuro”

“Si” affermò Sasuke con decisione.

 “Bene… “ concluse la vecchietta, sparendo nel retrobottega.

Sasuke lanciò uno sguardo interrogativo in direzione di Sai che per tutta risposta continuò tranquillamente a sorridere senza proferire parola.

Dopo un quarto d’ora buono, corredato da strani rumori che provenivano dal retrobottega e dall’aberrante silenzio tra lui e Sai, l’anziana signora fece ritorno con uno yukata blu scuro e gli fece cenno con la mano di seguirlo oltre la tenda posta all’angolo destro del negozio.

“Provalo” gli ordinò, richiudendo la tenda alle sue spalle.

Sasuke un po’ seccato all’idea di doversi spogliare in quel posto, iniziò a maledirsi per aver accettato di andare a quello stramaledettissimo Tanabata. Tuttavia lo fece.

Straordinariamente quello yukata gli calzava a pennello, notò, allargando le braccia davanti allo specchio e osservando con disappunto  la stoffa del braccio sinistro ricadere floscia all’altezza del gomito.

“Esci da lì, facci vedere’’ lo esortò la vecchietta.

Emettendo un gran sospiro, Sasuke scostò la tenda e uscì dal camerino, alla mercè degli occhi della signora anziana e dello strano individuo.

“E’ perfetto” sentenziò la signora “ Non è vero?” aggiunse rivolgendosi a Sai.

Sai come pietrificato non aveva emesso alcun suono, non una smorfia strana, aveva preso solo a guardarlo con un interesse che a Sasuke sembrò alquanto bislacco se non preoccupante che ricordava molto quello di Orochimaru quando non vedeva l’ora di entrare nel suo corpo.

Fu un sollievo quando i muscoli della faccia di Sai presero a muoversi nuovamente deformando il suo volto nel solito sorriso innaturale che coinvolgeva non solo le labbra ma anche le sopracciglia, gli occhi e le orecchie.

“ Si, gli sta benissimo” affermò. E Sasuke si sentì quasi un fenomeno da baraccone, un esperimento antropologico… un cretino in sintesi.

“Manca lo stemma” osservò Sasuke, come se fosse stato scontato che la vecchietta avesse lo stemma di un clan annientato un decennio prima.

La vecchietta ritornò nel retrobottega e ripresero gli strani rumori che si protrassero per una decina di minuti fino a che con uno stemma degli uchiha nella mano destra e un ventaglio nella sinistra non uscì nuovamente allo scoperto.

“Pensavo di non averli più… “ sospirò la vecchietta “ e invece… ”

Posò il ventaglio sul bancone e prese da un cassetto ago e filo per poi dirigersi verso Sasuke.

“Adesso resta immobile” gli intimò e Sasuke obbedì mentre lei con sapienti e amorevoli gesti appuntava lo stemma sullo yukata.

Non più tardi di una mezzora lo yukata era pronto e spiccava sulla schiena di Sasuke il pesante stemma dell’ultimo Uchiha.

“Sei stato fortunato ragazzo” gli disse la signora “Ho servito il tuo clan per anni. Solo per questo ho ancora il vostro stemma”

Ma Sasuke questo già lo sapeva. Non era stato un caso che avesse scelto quel negozio. Ed era rimasto lì davanti atterrito per tutto quel tempo ricordando quella volta che aveva accompagnato sua mamma Mikoto a ritirare gli yukata per il Tanabata.  Gli occhi sorridenti di sua madre nel vedere lo splendido lavoro che aveva fatto la Signora, le sue mani che accarezzavano i tessuti per saggiarne la morbidezza, l’euforia nel riportarli a casa e farli vedere a suo padre Fugaku. Tutti questi ricordi lo spaccavano in due, facevano ancora troppo male nonostante fosse passato tutto quel tempo.

Sasuke percepì il peso di quello stemma sulla sua schiena, gli parve come se lo yukata si fosse appesantito di svariati chili e sentì la necessità di toglierselo. E così fece.

“Devi portarlo con onore” gli disse la vecchietta, piegando amorevolmente lo yukata per confezionarlo “Non importa quello che si dice in giro, ragazzo. Tutti noi abbiamo fatto degli errori, ma possiamo rimediare, ne?” concluse con un gran sorriso.

Sasuke la ascoltò attentamente e si meravigliò della sagacia della vecchietta che aveva colto pienamente nel segno. Quel sorriso che aveva accentuato le tante rughe che solcavano il suo volto era stato terapeutico, in qualche modo lo aveva rassicurato, tranquillizzato.

“Il ventaglio non penso che ti serva…” riprese la signora iniziando a confezionare lo yukata in un foglio di carta sottile, quasi trasparente “E’ un accessorio da donna” spiegò, mettendolo da una parte.

“Potresti darlo a Sakura-chan!”

Eppur si muoveva! Stupido impiccione!

Dopo circa un’ora di silenzio, gradito tra l’altro, il tizio aprì bocca per dire un’emerita cavolata.

“Sakura-chan?” chiese la nonnina alzando di nuovo il sopracciglio canuto.

“E’ la sua ragazza” rispose Sai “la mia compagna di Team”

La MIA compagna di team casomai…

“Una futura Uchiha quindi” sentenziò la signora quasi divertita da quel gossip inatteso.

“Sai, taci.”

Si era ricordato il suo nome. Nel momento del bisogno si sviluppano grandi capacità, tipo ricordarsi il nome di uno di cui normalmente si ignora persino l’esistenza.

“Conoscendo Sakura ne sarebbe felicissima”

“Io sarei felice di prendere il mio yukata e andare a casa” chiosò Sasuke ripristinando quella piacevole aura di gelo intorno a sé in cui sguazzava allegramente come un pinguino nel mar glaciale artico.

“Ho quasi fatto, ragazzo” lo rassicurò la vecchietta “Potresti prendermi lo spago per favore? E’ lassù in alto, sulla mensola.  E’ troppo in alto per me”

Sasuke annuì, si portò dietro la signora, dirigendosi verso la grande mensola sopra la porta che dava accesso al retrobottega.

Con facilità raggiunse lo spago e una volta giratosi si accorse con gioia che finalmente il suo yukata era stato impacchettato, il che significava che quel tormento stava volgendo al termine.

La donna infiocchettò il pacchetto con lo spago e poi lo porse a Sasuke che tirando un sospiro di sollievo pagò quanto dovuto e fece capire apertamente a Sai che la sua ora di tolleranza era ampiamente finita e che potevano andare ognuno per la sua strada.

“Grazie per la sua gentilezza”

Sasuke abbassò il capo in segno di rispetto per la vecchia signora e questa fece lo stesso aggiungendo: “E’ stato un piacere poter servire ancora una volta un Uchiha” e Sasuke non potè fare altro che provare un pizzico di emozione mentre il campanello della porta suonava nuovamente.

“Adesso dove vai di bello? “ chiese Sai.

Lontano da te , avrebbe voluto rispondergli, ma in fondo fu costretto ad ammettere che gli era stato utile e che in fondo – molto in fondo – quel Sai non era male – un po’ strano, ma non male.

“Vado a casa”

E Sai capì che il suo lavoro lì era ormai terminato e lo lasciò andare dicendogli “Mi ha fatto piacere passare un po’ di tempo con te, Sasuke’’

 “Ci vediamo…” lo salutò l’Uchiha alzando il pacchetto in aria a di saluto barra trionfo perché effettivamente quello yukata era stato un’impresa.

-O-

Dall’altra parte di Konoha, nel medesimo momento, Sakura, sull’orlo di una crisi di nervi, era intenta a scegliere il suo yukata.

“Troppo rosa, troppo verde, troppo rosa e verde, troppo cupo, troppo allegro… questo?”

Parlava da sola ovviamente… lo faceva spesso.

La camera da letto non aveva nulla da invidiare al campo di battaglia della Grande Guerra. Oltre ai cinque yukata che a turno aveva provato senza trovarne uno di suo gusto, svariati fermagli, geta, obi uscivano da ogni anfratto.

Era disperata. Mancavano solo due ore e lei non aveva ancora scelto cosa indossare.

Non voleva fare tardi: Sasuke non lo avrebbe apprezzato.

Il campanello suonò improvvisamente e insistentemente e Sakura trasalì perché c’erano solo due persone di sua conoscenza che suonavano il campanello in quel modo barbaro: il primo aveva interrotto la sua quasi prima volta quella stessa mattina e per ripresentarsi al suo cospetto doveva avere un motivo davvero serio o lo avrebbe ucciso. Il secondo, anzi ‘’la seconda’’, se possibile l’allarmava più del primo.

“Arrivo” sbraitò alterata, correndo verso la porta.

Quando la aprì il secondo, anzi ‘’seconda’’ la accolse cinguettando: “Fronte spaziosa, era ora! E’ un’ora che aspetto qui fuori’’

Ino Yamanaka non aveva mai avuto una gran percezione del tempo: per lei un minuto equivaleva a un’ora e un’ora a un secondo.

“S-scusami, mi stavo vestendo”

Perché si stava scusando? Era lei che era piombata a casa sua senza invito e si era attaccata al campanello della porta come un postino insistente.

“Quindi hai intenzione di andare al Tanabata con quella t-shirt?” osservò divertita la Yamanaka alzando il sopracciglio destro.

Sakura guardò verso il basso e prese a stropicciare l’orlo della t-shirt imbarazzata.

“Dai, ti aiuto io. Ero certa che fossi in crisi, per questo sono qui” le disse, facendole l’occhiolino.

Sakura le fece cenno di entrare in casa, sorridendole con riconoscenza: in fondo era felice che fosse lì.

Le fece strada fino alla campo di battag… ehm… la camera da letto e Ino non potè non strabuzzare gli occhi nel vedere il caos apocalittico in cui verteva quella stanza.

Oook” esclamò Ino, mettendosi le mani sui fianchi un po’ scoraggiata: era sicura che l’amica fosse in difficoltà, ma non fino a quel punto.

“Ti prego Ino aiutami!” la supplicò Sakura mettendo da parte tutto il suo orgoglio per un bene superiore il cui nome iniziava per S e finiva per E.

La Yamanaka si portò la mano a sorreggere il mento, pensierosa…

“Questa è tutta la roba che hai?” le chiese, quindi.

“ Alcune cose non sapevo neanche di averle” ammise Sakura che non aveva avuto una gran vita sociale negli ultimi cinque, dieci… diciamo da sempre  e soprattutto non aveva mai avuto un fidanzato e come se non bastasse il suo fidanzato ( le faceva ancora un certo effetto pensare che lo fosse sul serio e faticava ancora a dirlo apertamente) era Sasuke Uchiha.

“Tono su tono non se ne parla, sembreresti un confetto”

E Sakura si affrettò a far sparire dalla sua vista lo yukata rosa.

“Anche quello” aggiunse, indicando quello total green “ sembreresti uno stelo con una corolla di fiori rosa “

Spietata. Ma non aveva altra scelta.

“Quello celestino lì non sembra male, ma è un colore troppo allegro messo vicino a Mr Tristezza”

Lui non è triste… è … è… profondo.

Ma badò bene dal dirlo ad alta voce perché il tempo stringeva e sentire una filippica sui prosciutti che aveva sugli occhi avrebbe rallentato molto il lavoro.

Meno tre. Il cerchio iniziava a stringersi.

“Verde e rosa? Ma per carità! Chi è quel pazzo che ti ha venduto uno yukata verde e rosa?”

L’ho comprato io, Shannaro!

“Quello bianco teniamolo per un’altra occasione, non credi?” ironizzò Ino, facendola arrossire.

Eccolo.

L’ultimo.

Questa volta Ino preferì farsi strada tra gli oggetti sparsi per terra per osservare da vicino l’ultima speranza.

“Provalo!”

 La sua non fu una richiesta, ma un ordine preciso, appena sussurrato, inquietante.

Sakura si sfilò la t-shirt e ubbidì.

Appena lo ebbe indosso, Ino iniziò a squadrarla da testa a piedi.

“Q-questo non mi ha mai convinto, Ino” le confessò Sakura, con il naso arricciato in una smorfia di disapprovazione.

“Sta zitta” le intimò. Fulminandola con gli occhi viola.

“O-ok” balbettò Sakura muovendo le mani davanti a sé come per difendersi.

“Hai un obi rosa?” le chiese poi “Ah, che domanda, certo che lo hai, è il trionfo del rosa qui dentro!” aggiunse con palese disgusto.

“Eccolo!” esclamò vittoriosa, vedendolo spuntare da sotto il letto.

Sakura cinse il suo yukata con l’obi rosa, che poi per essere precisi non era proprio rosa rosa, bensì rosa corallo, ma si guardò bene dal sottolinearlo e fu costretta ad ammettere che fosse perfetto su quello yukata che lei non aveva mai amato molto perché, a suoi dire, non aveva personalità.

I piccoli fiorellini rosa sullo sfondo blu si intonavano ai suoi capelli, mentre l’obi creava uno stacco di colore che, dopotutto, non era per niente male, notò congratulandosi con se stessa per aver aperto la porta a Ino.

“Sei bellissima fronte spaziosa!!!” esclamò la Yamanaka “ Adesso mancano i capelli. Per tutti i Kami, sei veramente impegnativa come amica. Se poi penso che stai facendo tutto questo per Mr. Vendetta, oh per carità, non mi ci far neanche pensare. Solo tu potevi innamorarti…”

“Grazie Ino” le disse, sinceramente, fermando il suo monologo, e l’abbracciò stretta perché nonostante tutti i suoi innumerevoli difetti le era stata sempre vicina.

“Ti sembra il momento per gli abbracci?” le chiese Ino con gli occhi lucidi di commozione “Forza! Mancano ancora i capelli e per quelli davvero ci vorrà un miracolo”

                              

 

-O-

 

Sasuke sostava con le spalle appoggiate al muro, un po’ impacciato a dire il vero perché la mancanza dell’arto sinistro in alcuni casi si faceva sentire: tipo quando necessitava di incrociare le braccia per assumere la sua tipica posa severa e austera che gli era sempre stata così congeniale.

La manica sinistra dello yukata svolazzava leggera, rendendolo se possibile ancora più nervoso. Inoltre Sakura, Naruto e Hinata erano in ritardo e lui era fermo lì, impalato, ad aspettarli evitando di incrociare gli sguardi delle persone che lo osservavano incuriosite. Il desiderio di tornarsene a casa iniziava a essere più forte dell’idea di deludere Sakura. Lei lo avrebbe compreso, come sempre, ne era certo.

Fece un passo in avanti, staccandosi dal muro, e proprio in quel momento udì una voce ben nota in un punto non ben definito in mezzo alla folla.

Sasuke-kun!”

Sasuke alzò lo sguardo e iniziò a cercare la sua testolina rosa tra la folla. Appariva e scompariva in quel fiume di gente, mischiandosi con i colori dei festoni, dei ventagli e degli yukata.

Ma dove sei? Ringhiò dentro di sé, con una gran voglia di eliminare tutti quegli inutili ostacoli per lasciarle la strada libera.

Sasuke-kun! Sono qui!” la udì ancora, riuscendo solo a scorgere la sua mano che cercava di svettare sulla testa di tutte quelle persone.

Iniziò a sentire dentro di sé una strana eccitazione vedendo di sfuggita i capelli rosa di Sakura fare capolino prima alle spalle di un uomo anziano con la nipotina e poi dietro una donna con lo yukata rosso, e poi ancora dietro dei bambini. Poi scorse i suoi occhi verdi, allarmati, che cercavano di trovare un varco per arrivare a lui. Infine la vide nel suo yukata blu con i fiori rosa, i capelli tirati, e lo sguardo felice e non potè far a meno di deglutire con forza per ingoiare tutta quella trepidazione che aveva percepito e far spazio a una nuova sensazione, più intensa, più piacevole, che era data dall’avere Sakura davanti a sé, a pochi centimetri, ansimante e sorridente.

Bella.

Considerazione che ovviamente tenne per sé.

“Perdonami, Sasuke-kun, sono in ritardo” si scusò Sakura, piegandosi in avanti per cercare di recuperare il fiato.

“Non importa”

Naruto e Hinata ci aspettano al tempio” lo informò “Ho incontrato Naruto poco fa che correva a casa di Hinata e mi ha detto che ci saremmo visti direttamente lì”

Sasuke annuì. Poco gli importava di dove si sarebbero visti, l’importante era che fosse arrivata lei.

Mise la mano destra nello yukata, all’altezza del petto e tirò fuori il ventaglio che l’anziana signora del negozio aveva messo di nascosto nella confezione. Dopo aver tirato giù tutti i Kami possibili maledicendo la donna per quel regalo non richiesto, fino all’ultimo era stato indeciso se portarlo con sé o meno: non poteva di certo pretendere che Sakura sfoggiasse a cuor leggero il simbolo degli Uchiha in un Villaggio che non li aveva mai veramente accettati. Poi qualcosa lo aveva spinto a prenderlo, una specie di consapevolezza dell’incapacità di Sakura di deluderlo in alcun modo e la certezza che sarebbe stata all’altezza anche in quella situazione.

“Non devi sentirti obbligata” le disse, porgendoglielo, senza alcun particolare entusiasmo.

Sakura, immobile, davanti a lui, percepì sbigottita il momento preciso in cui le sue gambe erano diventate così molli da non sorreggerla e il suo cuore aveva preso a rimbombare all’impazzata nelle sue orecchie, la  vista si era offuscata e le mani avevano cominciato a tremare. Un loop di emozioni, ricordi e illusioni adolescenziali le aveva annebbiato la testa: quante volte aveva sognato quel momento? Quante volte aveva immaginato di vestire il simbolo degli Uchiha?

“Sakura?”

La voce di Sasuke la ridestò da quel blackout emozionale. Il ventaglio era ancora lì, non lo aveva sognato, era così concreto e vero da essere spaventoso.

Timidamente allungò la mano tremante verso quella di Sasuke e dopo aver afferrato il ventaglio lo portò in fretta al petto, stringendolo come un tesoro inestimabile.

“N-ne s-sono onorata” balbettò con gli occhi liquidi di felicità.

Sasuke si fermò un attimo a guardarla: così delicata e amorevole, ma allo stesso tempo così forte. Per chiunque sarebbe stato un problema portare quello stemma scomodo, ma non per lei, non per Sakura che lo aveva stretto a sé come un regalo prezioso. E Sasuke ebbe come l’impressione che il peso dello stemma che portava sulla sua schiena fosse diventato più lieve.

Le sorrise. Non un sorriso vero - quelli Sasuke non li sapeva ancora fare – il suo solito sorriso sghembo, ma con una nota di compiacimento che prima di quel momento non si era mai vista.

“Andiamo?” la invitò e Sakura annuì velocemente con la testa.

Presero a camminare in direzione del tempio, fianco a fianco, e a Sasuke sembrò quasi più semplice ignorare gli sguardi curiosi della gente che non sapeva dove mettere gli occhi, se su di lui, l’ultimo sopravvissuto degli Uchiha o su di lei, che era con lui e portava il suo simbolo ancora stretto tra le braccia.

“Ah” sospirò Sasuke dopo un po’ “Guarda che non vola via” le fece notare non con lo scopo di deriderla bensì di farla tornare con i piedi per terra perché aveva l’aria di essere su un altro pianeta.

“Lo so, ma non voglio perderlo” gli rispose, stringendolo un po’ di più.

“Se dovessi perderlo ne faremo fare un altro” la rassicurò, compiaciuto.

“In effetti se continuo a tenerlo così non lo vede nessuno” riflettè Sakura ad alta voce e Sasuke smise di camminare.

In quel breve frangente per la testa di Sasuke passò la terribile ipotesi che lei lo avesse preso solo per farlo contento, ma che avesse il timore di mostrarlo.

“Così penso che vada meglio” concluse Sakura, liberando il ventaglio dalla ferrea presa delle sue braccia e portandolo davanti alla bocca come da usanza.

Inutile dire che Sasuke tirò prima un profondo e silenzioso sospiro di sollievo e poi si diede dello stupido – di tanto in tanto un po’ di autocritica non guastava neanche per lui.

Sasuke, Sakura!”

“Ecco Naruto e Hinata.” disse lei, correndo verso di loro.

Sasuke rimase lì fermo ancora un po’ e la guardò andare incontro ai loro amici ignara degli sguardi delle persone incuriosite da quel ventaglio che lei portava con tanta fierezza e non potè fare altro che sentirsi immensamente fortunato.

-O-

 

“ Le hai già parlato, Teme? ”  farfugliò Naruto, masticando un dango.

“Ancora no” 

Ormai la festa del Tanabata stava volgendo al termine, i zen-washi erano tutti accesi e le persone cominciavano a tornare a casa o a confluire negli izakaya per mangiare.

“Quando hai intenzione di dirglielo?” incalzò Naruto prima di addentare l’ultimo gnocco di riso con soddisfazione.

“Sembra così felice” osservò Sasuke portando lo sguardo su Sakura che rideva e scherzava allegra con le sue amiche.

“Sei ancora in tempo per ripensarci” gli fece notare Naruto “Se non hai ancora deciso di dirglielo forse è perché non vuoi farlo”

“Devo farlo, baka. Anche per lei. Ma non so se riuscirà a comprenderlo”

“Sakura-chan capirà. Lei capisce sempre tutto.” lo rassicurò Naruto, confidando nelle capacità della sua amica.

Lo spero tanto.

Sasuke-kun!” lo chiamò Sakura, correndo verso di lui “ Guarda lì! “ gli disse indicando un filo rosa intrecciato con un biglietto appeso sulla trave in legno del tempio “ Quello è il nostro “

Senza troppi complimenti gli prese la mano facendolo arrossire per un attimo e lo portò dinanzi al tanzaku che aveva appeso.

Sasuke si piegò in avanti per vedere cosa ci fosse scritto e percepì una chiara stretta al cuore nel leggere la preghiera di Sakura.

Sotto lo stesso cielo per sempre.

Ancora mano nella mano, Sasuke strinse quella di lei con più forza e alla fine si decise.

“Sakura, devo parlarti”

“O-ok” balbettò lei, confusa. Sasuke era diventato scuro in volto. Forse non aveva apprezzato la preghiera? Aveva fatto qualcosa di sbagliato?

Camminarono in silenzio, ancora mano nella mano, fino a che i rumori della festa furono lontani e indistinguibili. Si ritrovarono nel loro vecchio campo di allenamento.

Sasuke-kun, va tutto bene?”

Sakura si decise a parlare dopo quel lungo tragitto durante il quale in silenzio non aveva fatto altro che lambiccarsi il cervello su che cosa potesse essere accaduto e su cosa dovesse dirle Sasuke.

“Vorrei che tu ascoltassi senza interrompermi per favore” le rispose Sasuke, rompendo il sigillo delle loro mani.

Sakura annuì timorosa, guardando le sue spalle che si allontanavano da lei e non le fu difficile trovare un analogia con quanto accaduto molti anni prima: il tono era quello, le spalle però non erano più quelle di un ragazzo, ma di un uomo, un uomo temprato da mille battaglie e altrettante sofferenze. Ma come in quell’occasione, quell’uomo aveva tutta l’aria di uno che stava scappando e un brivido le percorse la pelle.

“Ho deciso di partire”

La terra iniziò a tremare sotto i piedi di Sakura, l’orlo del baratro era tremendamente vicino, un solo passo e la caduta sarebbe stata inevitabile.

“E’ da tempo che ci penso” continuò Sasuke, tenendo lo sguardo fisso sull’erba bagnata.

“Aspetta” lo fermò Sakura, stringendo i pugni.

No, non accadrà di nuovo.

“Questa volta devi guardarmi. Non accetto che tu mi dia le spalle” gli disse, con un nodo in gola.

Sasuke si voltò verso di lei, ritenendo la sua richiesta più che legittima. La guardò e si stupì nel notare che non c’erano tracce di lacrime sul suo viso, anzi il suo sguardo era fermo e fiero, i pugni chiusi, le spalle dritte. Sakura non era più quella di un tempo, era una donna ormai, una donna consapevole del suo valore e sicura di sé. Provò quasi un moto di invidia nei suoi confronti: lui non era più sicuro di niente, soprattutto di se stesso. Ne aveva combinate troppe, era passato dalla luce alle tenebre e dalle tenebre alla luce così tante volte che non sapeva più a quali delle due apparteneva realmente. Era confuso su tutto, tranne su una cosa che era chiara e cristallina come i due occhi verdi che lo stavano guardando con tanta rabbia ma piena d’amore: Sakura non era in discussione. Sakura era diventata il centro della sua vita, in lei c’era tutto quello per cui aveva combattuto da sempre: l’amore, la famiglia, la casa. Ma non era giusto… non era giusto che lei si accontentasse di un uomo che non sapeva più chi era. E glielo disse:

“Non so più chi sono”

Sakura sbarrò gli occhi spiazzata dalla sua confessione. In quel periodo a Konoha Sasuke aveva cercato di riprendere una vita normale, ma in cuor suo aveva sempre sospettato che qualcosa dentro di lui fosse ancora rotto e che tutto il suo amore non sarebbe bastato per aggiustarlo.

“Sei Sasuke Uchiha. Sei un eroe. Hai salvato il Villaggio” gli rispose, con un tono dolce, accondiscendente.

“Lo sono Sakura? Ne sei convinta?” ribattè lui, cercando di mantenere la calma “Lo sono perché mi avete coperto, avete raccontato una bella storia a cui tutti hanno creduto”

“Lo abbiamo fatto per te!” gli fece notare, conficcando le unghie nei palmi delle mani, come se quel dolore avesse potuto in qualche modo distoglierla da quello che stava provando nel cuore.  

“Voi mi avete perdonato. Ma io non ho perdonato me stesso.”

Lo aveva ammesso: il problema era lui, era sempre stato lui, solo e soltanto lui. Lui che aveva sempre assecondato i suoi desideri, lui con le sue scelte istintive, lui con la sua incapacità di fidarsi degli altri. Aveva passato una vita a rincorrere gli obbiettivi sbagliati e solo ora iniziava a rendersene conto. Non meritava il perdono di Naruto, l’amore di Sakura, non ancora per lo meno. Voleva fare qualcosa che realmente lo riabilitasse, lo facesse sentire bene, lo rendesse un uomo nuovo, migliore di quello che era stato. Era stato così cieco in tutti quegli anni e adesso sentiva l’esigenza di guardare di nuovo il mondo al di fuori di Konoha con altri occhi, era certo che gli fossero sfuggite tante cose. Inoltre c’era una parte di lui convinta  di non poter essere utile lì al Villaggio, che là fuori ci fosse ancora qualcosa che potesse mettere in pericolo le persone a cui voleva bene e tra queste c’era anche quella strana ragazza e la sua incommensurabile dedizione nei suoi confronti.

“Hai bisogno di redimerti? Fallo qui con noi, non rimanere di nuovo solo.” lo esortò Sakura, con tono quasi implorante: l’idea che lui potesse sentirsi di nuovo solo, se possibile, l’addolorava più dell’idea che volesse andare via.

“Non posso”

Sasuke abbassò lo sguardo per sfuggire a quello di lei, così puro, amorevole, anche in quel momento in cui in pratica le stava dicendo che le sue sofferenze non erano ancora finite e che sarebbe stato necessario altro tempo, e non sapeva bene quanto, prima che lei potesse ottenere quello che desiderava.

“Temevo che lo avresti detto”

Sakura si morse il labbro inferiore per bloccare quella lacrima che prepotentemente stava cercando di scendere dall’angolo degli occhi. Non aveva intenzione di piangere, non questa volta.

Shannaro!“ esclamò con rassegnazione “Non ho modo di fermarti neanche questa volta, vero?”

Sasuke le si avvicinò lentamente e, una volta davanti a lei, usò il suo unico braccio per fare la cosa più sensata: l’abbracciò forte a sé, sentendosi infinitamente grato nei suoi confronti per tutta quella immeritata comprensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** # 23 Coming out of my cage. And I've been doing just fine ***


Bentrovati, carissimi lettori.

Io mi vergogno tantissimo a comparire e scomparire in questo modo, ma come ho spiegato altre volte (tante ormai) il mio tempo a disposizione per questa mia passione è veramente pochissimo quindi impiego un’eternità a finire i capitoli e non potete capire quanto fremo soprattutto da quando è uscito il manga di Sasuke e la serie (che non era molto fedele al manga, ma vabbè, accontentiamoci). Dopotutto noi Sasusaku siamo abituate a soffrire e quindi anche una minima soddisfazione per noi è un enorme risultato (Come per Sakura d’altronde). Sorvolando su anelli e scene romantiche che hanno sbloccato i miei condotti lacrimali, ho cercato di finire questo capitolo che stava lì da tempo immemore perché sì, perché era ora. Spero che vi piaccia. Non posso darvi date, né speranze, sul prossimo capitolo, ma posso dirvi che l’intenzione di portare a termine questa storia c’è, quindi vi chiedo umilmente un po’ di pazienza. Ringrazio tutti coloro che continuano a seguirla (avete la stessa perseveranza di Sakura) e chi ha iniziato a leggerla ora (apprezzo la temerarietà). Spero di non deludervi. 

 

# 23 Coming out of my cage. And I've been doing just fine

 

 

“Perché non vai con lui?” masticò Ino Yamanaka insieme al suo dango. 

Perché non me l’ha chiesto, mi sembra ovvio… ricordi? Io non ho niente a che fare con i suoi peccati – pensò Sakura, aggrottando la fronte.

“Ci sono troppe cose da fare qui, i bambini, la clinica” preferì risponderle, ancorandosi con tutta se stessa alla speranza che la Yamanaka ci credesse “ a proposito, penso che sia il caso che vada a parlare con l’Hokage, spero che il consiglio prenda una decisione a breve” continuò, dirigendosi tatticamente verso la porta per mettere in atto una fuga strategica. 

“Non te l’ha chiesto, vero?” 

E la maniglia della porta cadde, divelta dalla mano di Sakura che, rigida come una scopa, realizzò che no, la Yamanaka non le aveva creduto e in vero anche lei pensava che se Sasuke le avesse chiesto di andare con lui questa volta in fondo non ci sarebbe stato nulla di sbagliato. Aveva la clinica, aveva i bambini, stava lottando per quei fondi da… non ricordava neanche più da quanto tempo, ma se si fosse allontanata per un po’ cosa sarebbe accaduto di così grave? Quanto tempo ancora avrebbe dovuto aspettare prima di poter vivere un po’ la sua “non storia” con Sasuke e con un po’ di fortuna trasformarla in una storia vera, o simil vera – nel corso del tempo le sue aspettative si erano alquanto ridimensionate. 

Ogni volta che la loro suddetta “non storia” cominciava a  fare qualche passo verso una qualsivoglia normalità lui se ne andava lasciandola in sospeso, attaccata a un sottilissimo filo legato solo ed esclusivamente alla forza dei sentimenti di Sakura. 

Per quanto tempo sarebbe mancato questa volta? Due, tre, cinque anni, o forse di più? Al sol pensiero le veniva la nausea. Erano davvero così forti i suoi sentimenti da consentirle di aspettare ancora, e ancora, e ancora? 

Per quanto riguardava lui, nonostante fosse un bellissimo ragazzo, la sua scarsissima inclinazione alla socievolezza era da deterrente a chiunque decidesse di avvicinarlo, ma lei… lei sarebbe stata così forte da non cadere in tentazione con un Morio qualsiasi? Quando la nostalgia sarebbe stata troppo forte e il desiderio di vederlo, di sentire l’odore della sua pelle, sarebbero stati incontrollabili, cosa avrebbe fatto? 

“No, non me lo ha chiesto” sussurrò mestamente Sakura, lasciando la stanza. 

 

-o-

 

“Polizia Militare di Konoha”

Naruto Uzumaki aveva spalancato così tanto gli occhi che le orbite avevano rischiato di uscirgli fuori e penzolare sulla sua faccia come due campanelli.

L’Hokage aveva incrociato le mani davanti al viso e aveva sorriso sornione. Da quando il Clan Uchiha era stato sterminato, il corpo di polizia era stato smantellato e il compito di proteggere Konoha, sia internamente e che esternamente, era stato affidato ai jonin e agli anbu. Effettivamente non ci sarebbe stato alcun bisogno di ripristinare il Corpo di Polizia militare, ma secondo Kakashi era giunto il momento di dare un ruolo a Sasuke in modo che si sentisse di nuovo parte del Villaggio e non potendogli conferire né il ruolo di jonin, né quello di anbu, l’unica cosa che gli era venuta in mente – o meglio, per dovere di cronaca, l’idea era stata di Naruto – era stata quella di dare a Sasuke il posto che un tempo era stato di suo padre.  

“Che cosa vuol dire, Kakashi?” Aveva chiesto l’Uchiha, facendo un tuffo nel passato. Era tornato precisamente a una mattina di primavera, a un bambino sulle spalle del fratello che proclamava a gran voce di voler seguire le orme di suo padre. 

“Per prima cosa sarebbe opportuno che tu ti rivolgessi a me con un po’ più di rispetto. Dopotutto sono l’Hokage.” 

Non riusciva a capire se Sasuke rifiutasse che lui fosse l’Hokage o semplicemente quel suo non riconoscere la sua autorità dipendesse dal fatto che gli ultimi ricordi che Sasuke aveva con lui, al di là del frangente della quarta guerra ninja, risalivano a quando era il suo maestro. All’epoca perlomeno lo chiamava sensei. L’appellativo lo aveva perso durante lo stage di Sasuke nel covo di Orochimaru e da lì non lo aveva più recuperato e aveva tollerato questa mancanza dell’Uchiha collegandola al suo stato mentale non molto stabile, ma ora dopo tutto quello che era successo sentiva di meritare il suo rispetto. Al di là dei fraintendimenti lui era sempre stato dalla sua parte, aveva sempre cercato di proteggerlo e difenderlo anche quando si era reso indifendibile agli occhi di tutti. Era arrivato il momento di rimettere a posto i ruoli. 

“Tsk.” Era stata la risposta. 

“In ogni caso…” aveva ripreso Kakashi, sorvolando per amore di pace “La mia idea è quella di ripristinare la Polizia Militare di Konoha come ti accennava Naruto nella sua lettera” ammettendo, ma in maniera celata, che l’idea in fondo, in fondo, non fosse stata proprio sua. 

Era stata proprio quella lettera a stuzzicare in Sasuke il desiderio di far ritorno al Villaggio. Era su una spiaggia, dopo il combattimento nel Colosseo dove aveva sconfitto tutti i ninja in gara e dato loro la libertà e passeggiava pensando alla sua nuova meta quando il falco che utilizzava per le comunicazioni con il Villaggio della Foglia si era posato sul suo braccio. All’interno del piccolo cilindro aveva trovato due lettere: una di Kakashi e l’altra di Naruto.

Quella di Kakashi era una lettera breve che per sommi capi diceva che poteva fare ritorno al Villaggio – che le acque insomma si erano calmate e non rischiava alcun linciaggio di massa – e che aveva bisogno di parlargli di un certo incarico. Quella di Naruto, scritta con una grafia che aveva apostrofato, generosamente, come “orrenda” non lo invitava a ritornare al Villaggio  - molto strano, visto che era stato ossessionato da quell’idea per circa tre quarti della sua vita – ma semplicemente gli faceva i complimenti per come aveva sistemato la faccenda del Clan Chinoike, citando testuali parole :“Come la polizia militare di Konoha”.

Ed eccoci al dunque: ripristinare il Corpo di Polizia militare di Konoha voleva dire rimanere a Konoha?

Se da un lato Sasuke poteva dirsi quasi entusiasta per la proposta di Kakashi che, a questo punto, nasceva da un’idea di Naruto che probabilmente aveva scritto quelle parole senza pensarci troppo su – baka – dall’altra parte, all’epoca, appena ritornato al Villaggio aveva le idee confuse su cosa davvero desiderasse - o si sentisse costretto a fare.

“Ti ringrazio, ma non posso accettare” – gli comunicò, quindi, la mattina seguente il Tanabata. 

“Mi aspettavo una risposta diversa, Sasuke” affermò l’Hokage “In questi mesi ti sei prodigato affinché il Villaggio fosse al sicuro, hai evitato che i pericoli si avvicinassero alle nostre mura e hai acciuffato diversi criminali. La gente di Konoha non ti vede più come una minaccia e siamo tutti del parere che saresti un ottimo Capo della Polizia” aggiunse ma senza troppa enfasi perché aveva scorto nello sguardo di Sasuke un velo di paura. 

“È proprio per questo che non posso accettare” confessò Sasuke “La più grande minaccia per il Villaggio sono io”

Kakashi e Naruto sbatterono ripetutamente le palpebre confusi da quell’affermazione che ricordava tanto “Voglio diventare Hokage”, oppure “Voglio caricarmi di tutto l’odio del mondo”, o ancora “Viaggio per redimermi”. Che fosse impazzito di nuovo? In tal caso il posto giusto per Sasuke non sarebbe stato il corpo di Polizia Militare di Konoha,  ma la clinica psichiatrica di Sakura con ricovero immediato.

Forse furono gli sguardi interdetti dei suoi interlocutori o semplicemente il timore di venire rinchiuso con tanto di camicia di forza, di nuovo, ma Sasuke si persuase a spiegarsi meglio.

“Kido, le bombe umane, vi dicono niente?” tentò senza troppe speranze, ottenendo come risposta un ulteriore susseguirsi di palpebre sbattute a una velocità sempre più sostenuta mentre la vena sulla sua fronte cominciava a gonfiarsi minacciosamente.

“Rinnegan? Ultimo membro del Clan Uchiha? Sharingan ipnotico?” tentò ancora e questa volta sembrò funzionare. 

“Temi che sia tu ad attirare i guai?” 

Per tutti i Kami fortunatamente Kakashi aveva colto il succo del discorso al contrario dell’altro che aveva preso a grattarsi nervosamente la testa in un inutile tentativo di rianimare il suo pigro neurone. 

Annuì quasi sollevato: non era mai stato di troppe parole e dover spiegare per filo e per segno quello che ai suoi occhi era di un ovvietà disarmante lo aveva messo abbastanza in agitazione. Fortunatamente Kakashi con quelle sei parole sconnesse gli aveva evitato ulteriori spiegazioni. 

“Dovrei pensarla diversamente?” chiese con un filo di rassegnazione nella voce.

“Sas’ke, ma che cosa stai dicendo?” intervenne Naruto e come sempre colmo di buoni propositi e di ottimismo continuò: “Chiunque dovesse azzardarsi ad avvicinarsi al Villaggio non troverebbe solo me, ma anche te. Non avrebbe scampo. Abbiamo già affrontato questo discorso.”

“Naruto, un attacco al Villaggio metterebbe in pericolo la vita di molte persone prima di un nostro intervento” replicò l’Uchiha a denti stretti “Inoltre ti rendi conto che da quando è finita la guerra Konoha è stata attaccata solo da ninja che cercavano me?” concluse, stringendo il pugno. 

“Mi duole ammettere che Sasuke ha ragione” affermò Kakashi che, in verità, la pensava esattamente come lui, ma l’idea di poter ridare una vita normale a Sasuke, l’amico a Naruto e l’amore a Sakura lo aveva indotto a sperare che con il tempo l’ultimo erede degli Uchiha potesse diventare una preda meno appetibile per i tanti nemici che erano dentro e fuori le mura di Konoha “Le tue abilità oculari e il tuo passato sono ancora un grande peso che devi portare sulle spalle. Forse è prematuro che tu rimanga al Villaggio.” 

“Ma… Sesto Hokage!” provò a replicare Naruto. 

“Voglio che accetti comunque la carica che ti ho dato. Dopotutto la Polizia Militare non è detto che debba operare per forza all’interno del Villaggio. Almeno se ti dovessi trovare in difficoltà avresti un titolo di Konoha da esibire.” concluse Kakashi dinanzi allo sguardo sconfitto di Naruto che per un momento ci aveva davvero sperato di riportare a casa Sasuke una volta per tutte. 

Sasuke accettò di buon grado e comunicò all’Hokage la sua intenzione di partire il prima possibile aggiornandolo anche su un’altra faccenda che gli aveva creato non poca ansia. Infatti, al di là dei nemici che volevano impossessarsi delle sue doti oculari, durante il suo viaggio aveva rintracciato dei segnali inequivocabili riconducibili a Kaguya Otsutsuky. 

“Vorrei indagare” comunicò ai presenti che non ebbero nulla in contrario di fronte a una minaccia così grave.

“Avrei anche un’altra richiesta” aggiunse.

-o-

 

“Adesso però potresti tornare più spesso al Villaggio” 

Niente, Naruto era duro alla resa.

Sasuke scosse la testa, esasperato. Possibile che Naruto non comprendesse l’importanza del suo ruolo e soprattutto quanto fosse importante che lui rimanesse lontano da Konoha per il bene di tutti? Sakura era stata rapita per colpa sua, alcuni abitanti del Villaggio erano esplosi sempre per colpa sua e solo i Kami potevano sapere quali altri pericoli avrebbero corso tutti se lui fosse rimasto. 

Era una mina vagante. Beh qualcosa con il tempo non era cambiata - magra consolazione. 

“Naruto quando ci siamo scontrati nella Valle dell’Epilogo mi hai detto che avremmo creato insieme un nuovo mondo ninja” e fece un enorme sforzo a rivangare quel momento di assoluto fallimento personale. 

Naruto annuì.

“Non possiamo creare nessun nuovo mondo se il vecchio ancora ci rincorre. Non possiamo cambiare le cose solo perché noi lo vogliamo.” continuò a spiegargli, sperando di rendere chiaro un concetto che a dire la verità non era molto ben chiaro neanche a lui ancora “Ci sono ancora molte cose irrisolte e nemici che spuntano da ogni parte. Il mio compito è quello di tenerli lontani da voi.” 

E con quel voi, Naruto lo sapeva, intendeva anche quella testolina rosa che gli stava venendo incontro, diretta al Palazzo dell’Hokage da cui loro erano da poco usciti. 

“Ok, Teme. Ho capito.”

Non servivano altre parole, era tutto chiaro, tuttavia Naruto trovava profondamente ingiusto che Sasuke si sentisse così responsabile della loro incolumità da scegliere di stare lontano da loro, dai suoi legami. Era vero: Sakura era stata rapita per indurlo a tornare al Villaggio in modo che Kido potesse impadronirsi del potere dei suoi occhi, il Clan Chinoike aveva rapito degli abitanti di Konoha e li aveva trasformati in bombe umane con la convinzione che Sasuke fosse al Villaggio, se poi si andavano ad aggiungere le informazioni sugli Otsutsuki che Sasuke aveva appena dato a lui e a Kakashi il quadro era completo e il ragionamento dell’amico, sorvolando sulla componente affettiva, era incontrovertibile. 

Tuttavia era stufo di vedere i suoi due migliori amici soffrire, si sentiva schifosamente fortunato al loro confronto: lui poteva vivere tranquillamente al Villaggio, aveva sposato Hinata e aspettava un figlio da lei. La sua vita poteva dirsi perfetta, mentre quelle di Sasuke e di Sakura continuavano a essere piene di ostacoli. 

“Sakura” sussurrò Sasuke, vedendola arrivare. 

“Non metterci troppo a tornare questa volta, però almeno in parte sono contento” disse Naruto a mezza bocca prima di esclamare il classico “Sakura-chan!” alzando il braccio posticcio della signorina Tsunade, quello che, per la cronaca, l’altro tizio aveva deciso di non farsi riattaccare – chissà poi perché.

“Ciao Naruto” esclamò la ragazza non appena fu più vicina. “Sasuke-kun” sussurrò appena, distogliendo subito lo sguardo da lui per portarlo verso il terreno che sembrava molto più rassicurante in quel momento perché dentro di lei stava crescendo una rabbia furente per quel mancato invito che la sera prima aveva tollerato recitando come sempre la parte della donna forte, della donna che se vuole stare davvero con Sasuke Uchiha deve accettare le sue stranezze e i suoi desideri. 

Shannaro! 

Aveva anche lei dei desideri e uno di quelli era di partire con lui. Adesso il problema era: come dirglielo? Non capiva infatti se fosse furiosa più per il fatto che non le avesse chiesto di andare con lui – neanche questa volta – o perché era terrorizzata all’idea di dirgli che non gli avrebbe fatto mettere il naso fuori da Konoha se non con lei al seguito. 

“Devo andare dall’Hokage. I fondi. La clinica.” 

In fatto di parole sconnesse quei due se la battevano, pensò Naruto. 

“Ci vediamo dopo” chiosò, riprendendo a camminare verso il Palazzo dell’Hokage senza alzare lo sguardo da terra. 

E Sasuke si chiese cosa intendesse con quel vago “dopo”. 

Era stata scostante, troppo scostante. Non che si aspettasse salti di gioia, no proprio, ma ormai si era convinto che almeno Sakura avesse capito i suoi intenti e li condividesse. Si sentì improvvisamente di nuovo incompreso – tanto per cambiare. 

Forse avrebbe dovuto spiegare meglio a Sakura come stavano le cose come aveva fatto poc’anzi con Naruto. Se le aveva capite Naruto c’erano ampie possibilità che anche Sakura le comprendesse anche se in ostinazione non sapeva chi fosse peggio dei due. 

Si portò una mano alla fronte, aveva come la sensazione che scottasse. Quando c’erano di mezzo i suoi affetti, i suoi legami, diventava tutto così difficile e le parole, le stramaledettissime parole, dal suo punto di vista erano così sopravvalutate. Lui aveva sempre preferito i fatti e il voler rimanere lontano dal Villaggio per proteggerli era un fatto. Cos’altro avrebbe dovuto fare o spiegare per fargli capire quanto tenesse a loro? 

In ogni caso avrebbe cercato di spiegarglielo… “dopo”. 

Ma “dopo” quando?

 

Attanagliato dal dubbio di quel “dopo”, Sasuke percorse un tratto di strada con Naruto lasciandolo sull’uscio di  casa dove una sorridente Hinata Hyuga lo attendeva trepidante. Era riuscito con fatica a rifiutare l’invito di Naruto per cena e si era diretto pensieroso verso casa. Ancora faceva fatica a pensarci: Naruto si era sposato, aspettava addirittura un figlio, era riuscito a creare la sua nuova famiglia. 

Quella parola, “famiglia”, ancora gli creava una voragine all’altezza del cuore, ma Sakura con la sua dedizione e il suo amore piano, piano, stava riuscendo a colmarla. 

Lei e Naruto erano sempre stati quanto di più simile a una famiglia da che ne avesse memoria. Ma non erano più dei bambini, non erano più i tre genin del team 7, erano tre sennin ormai abbastanza grandi da poter mettere su una propria famiglia. Il legame originale non si sarebbe mai dissolto, ma altri legami, diversi, avrebbero potuto aggiungersi a quello come nel caso di Naruto e Hinata e del loro figlio o figlia. 

Una nuova generazione di ninja di Konoha cresciuti con sani ideali non era poi una prospettiva così nefanda. 

Di certo questo poteva essere un problema nel suo caso: rimanendo lontano dal Villaggio le possibilità di generare una prole erano pressoché inesistenti. 

E a quel punto realizzò l’ineluttabilità del suo destino e lo stomaco gli si contorse in un doloroso spasmo. 

Davvero sarebbe stato destinato a vagare per sempre?

Cosa ne sarebbe stato dei suoi legami? Quegli assurdi legami da cui era fuggito e che adesso invece iniziava a considerare indispensabili tanto da avere come unico scopo quello di proteggerli.

Sakura per quanto tempo avrebbe sopportato tutto questo? Non l’aveva già fatta soffrire abbastanza? Ma soprattutto quella promessa che aveva fatto da bambino: “Voglio riportare in vita il mio Clan” , quella che Haku per poco non aveva infranto in maniera irreversibile trasformandolo in un puntaspilli, l’aveva forse dimenticata? 

Entrò in casa e fu colto come da un senso di nausea nel vederla così buia e vuota. Si diresse verso la camera da letto che troppo spesso aveva diviso con Sakura in quel periodo e vi si lasciò cadere sopra come un corpo morto. L’ultimo pensiero prima di addormentarsi lo portò ad allungare la mano verso la parte vuota del letto, percependola fredda come non lo era mai stata. 

 

-o-

 

L’indomani Sasuke si svegliò con un animo strano. Tutto quello che era accaduto il giorno precedente lo aveva metabolizzato durante la notte con il susseguirsi di sogni così lucidi da sembrare reali. Aveva sognato sua madre, suo padre, il povero Itachi, la casa in cui era cresciuto da bambino e al risveglio aveva ancora in bocca il buon sapore della famiglia, del calore e quasi si rattristò al pensiero che fosse giunto il mattino. 

Si mise a sedere sul letto e afferrò un lembo delle lenzuola bianche con la mano. Lo strinse con forza, percependo di nuovo la nauseante sensazione di essere scisso, diviso in due, come in passato. Una parte di lui saldamente attaccata a quelle lenzuola, alla vita al Villaggio, ai suoi affetti… eh sì, anche a Sakura, stanco di fuggire e curioso di provare anche solo un attimo di assoluta felicità. Una casa, una famiglia, un figlio con Sakura sarebbero stati poi così impossibili? Perché a lui queste cose dovevano essere negate? 

L’altro lui, più razionale e più immeritevole - a suo dire - lo spingeva a pensare che non ci fossero soluzioni oltre quella di allontanarsi dal Villaggio, vivere una vita solitaria e triste, lontano da tutti - lontano da lei, per proteggerli – per proteggerla. Da quando lei aveva avuto la sfiga di provare dei sentimenti nei suoi confronti, lui non aveva fatto altro che causarle indicibili sofferenze e quello che più lo rendeva nervoso era il fatto che avrebbe sicuramente continuato a procuragliene stando lontano dal Villaggio per del tempo non ben definito, ritornando di tanto in tanto per ritrovarla con un nuovo taglio di capelli, casomai, nuove amicizie, nuovi progetti e forse, perché no, un altro uomo. 

Era veramente disposto a dichiararsi sconfitto all’ineluttabilità di quel destino avverso? 

Sakura aveva combattuto, non si era arresa neanche quando l’umanità dentro di lui sembrava ormai persa. Era sempre riuscita a riaccendere un fioco calore nel suo cuore, con una parola, uno sguardo, una struggente dichiarazione del suo amore, e lui, di contro, aveva reagito con una violenza sempre maggiore fino ad arrivare a traffigerle – seppur per finta – il cuore. 

Se ne vergognava, ancora non riusciva a comprendere come lei fosse riuscita a perdonarlo e… ad amarlo. A conti fatti Sakura era l’unica donna che riusciva a vedere al suo fianco – e non solo per la sua masochistica inclinazione a perdonargli ogni cazzata.

Sarebbe stato davvero bello poter creare con lei una famiglia, crescere una dozzina di marmocchi corredati di potentissimi sharingan addestrati a prendere a calci nel sedere tutta la stirpe Uzumaki. Comprare una casa, tornarci all’imbrunire e trovare Sakura in cucina a preparare una delle sue improbabili ricette circondata da bambini e bambine con il simbolo degli Uchiha stampato sulle magliette. 

Le sue labbra si incurvarono in un sincero sorriso vagando tra quei pensieri così lontani da tutto quello che era stata la sua vita fino a quel momento, fino a quando non si era convinto a consegnare a Sakura le chiavi della sua felicità e del suo futuro.

Da quando quella donna era diventata così importante per lui?

Sorrise ancora, gettandosi pesantemente all’indietro e ricadendo sul materasso morbido: in fondo lo era sempre stata – concluse.

-o-

In una pasticceria dall’altra parte di Konoha una irrequieta Sakura Haruno, davanti a una porzione di dango, invece, si stava ponendo ben altre domande e nella sua testa frullavano ben altri pensieri pur avendo come comune denominatore sempre Sasuke Uchiha. Se da un lato Mr Confusione era riuscito a fare un minimo di chiarezza nella sua testa, anche se non nei suoi intenti, lei che le idee le aveva avute sempre ben chiare anche se tendenzialmente autolesionistiche, stava cercando un modo, un escamotage geniale, per portare avanti i suoi intenti, anche quelli chiarissimi: partire con Sasuke, partire con Sasuke, partire con Sasuke (un unico intento moltiplicato per tre, dato il soggetto).

“Se dovessi andare via saresti in grado di prenderti cura dei bambini?” domandò a brucia pelo a Ino. 

“Beh, tra il negozio di fiori e il ruolo di capo del Clan Yamanaka non saprei proprio, Sakura.” le rispose in tutta onestà la ragazza.

Sakura sospirò mestamente e si portò una mano alla fronte. 

“Che disastro!” esclamò, disperata. 

“Io non ne farei una tragedia. Dopotutto hai dei validissimi collaboratori. Il tuo team di ninja medici è tra i più stimati di tutte le terre ninja e poi c’è sempre la Signorina Tsunade. Non capisco la tua preoccupazione” replicò Ino, tentando di rassicurarla. 

“Sì ma in questo arco di tempo mi sono occupata io quasi di tutto. E se dovesse succedere qualcosa? Se il Villaggio venisse attaccato?” incalzò Sakura.

“C sn smpr i flc mssgr” intervenne Choji a bocca piena.

“Che ha detto?” chiese Sakura, confusa.

“Che ci sono sempre i falchi messaggeri” tradusse Ino, più abituata dell’amica a sentir parlare il compagno di squadra con la bocca piena - praticamente sempre “ E ha ragione” continuò “ se dovesse accadere qualcosa Naruto avvertirebbe Sasuke e di conseguenza anche te.” 

“Si, ma…” tentò di controbattere la ragazza fermata immediatamente dalla mano di Ino aperta davanti al suo viso.

“Fattela finita, fronte spaziosa. Il tuo unico problema è Sasuke. Non glielo hai ancora detto vero?”

Sakura abbassò il capo per la vergogna: in effetti stava cercando solo alibi, il vero problema stava nel fatto che non era ancora riuscita a comunicare a Sasuke la sua intenzione di andare con lui. 

Si alzò all’improvviso dalla sedia e sbatté con forza le mani sul tavolo facendo saltare in aria la luculliana colazione dell’Akimichi e il tè alle rose di Ino. 

“Adesso basta!” esclamò decisa “Vado a parlare con lui”

E detto ciò s’incamminò bellicosa verso l’uscita lasciando gli altri due attoniti e umidicci di cibo. 

Iniziò a correre il più velocemente possibile per paura che quello slancio di coraggio potesse svanire e in un batter d’occhio si ritrovò davanti casa di Sasuke.

Nonostante il rossore sul viso e il fiatone si convinse a bussare subito e con  straordinaria delicatezza - perché l’istinto di buttare giù la porta ed entrare senza permesso era forte, ma siccome era lì per ottenere qualcosa che credeva impossibile l’alternativa della delicatezza le sembrò più opportuna. 

Solo quando sentì la maniglia muoversi dall’altra parte della porta ebbe un istante, un dannatissimo istante, di ripensamento, ma ormai era troppo tardi per girare i tacchi e darsela a gambe: Sasuke Uchiha in tutta la sua bellezza (perché era bello, veramente bello, a prima mattina poi - pensò Sakura diventando se possibile ancora più rossa) si era palesato davanti ai suoi occhi e sembrava… sembrava contento di vederla?

Da dove era nato quel sospetto?

Sasuke non aveva sorriso nel vederla, non le aveva detto un “Ciao” di slancio, né il suo unico occhio espressivo aveva preso a brillare nel vederla. Semplicemente il suo viso non le era sembrato rigido come sempre e quello, nell’enciclopedia dell’interpretazione dei segnali di Sasuke Uchiha stilata personalmente da lei, valeva a dire: “Non sono infastidito all’idea che tu sia qui”, il che era già una gran cosa. 

Incoraggiata da quell’inaspettato evento, prese il coraggio a due mani e gli disse:“Sasuke-Kun, devo parlati.”

E quella mattina accadde qualcos’altro di assolutamente inaspettato: “Anche io” le rispose Sasuke, che in vero non poco tempo prima che lei bussasse alla porta si era chiesto dove fosse finita il giorno precedente quando lo aveva liquidato con quel “dopo” campato in aria che poi “dopo” non era stato. 

Sakura trasalì all’idea di quello che Sasuke avesse da dirle: il solo fatto che lui volesse parlarle aveva dello straordinario perché  tirargli fuori anche due parole di solito era un supplizio divino e poi, normalmente, tutte le volte che lui aveva sentito l’impellente desiderio di dirle qualcosa, quel qualcosa non era mai stato molto piacevole. Quindi era più che normale temere il peggio. 

La fece entrare e poi le fece strada fino al salottino. Sakura lungo quel breve tragitto tentò di riorganizzare le idee e formulare una frase di senso compiuto che non contemplasse qualcosa di supplice, di melenso e/o di melodrammatico - una vera impresa visto che già sentiva le amare lacrime di delusione sgorgare dai suoi occhi, perché Sasuke le avrebbe detto di no, ne era certa, e  non avrebbe avuto altra scelta che incassare il colpo e tornarsene a casa sconfitta. 

Posò lo sguardo sul tavolo dove Sasuke aveva poggiato alcuni vestiti piegati, la sua katana e alcuni rotoli ovvero l’occorrente per la sua partenza imminente ed ebbe come la sensazione che l’orologio attaccato alla parete avesse iniziato a ticchettare più velocemente e più rumorosamente. Un rumore insopportabile che scandiva il poco tempo che le era rimasto. 

“Sei in partenza?” Si affrettò a chiedergli. 

“Sembra di sì” le confermò. 

A Sakura passarono per la testa mille domande da porgli come “Dove andrai?”, “Quanto starai via?” , ma si trattenne dal proferire parola ricordandosi il vero motivo che l’aveva spinta a presentarsi al suo cospetto: tentare ancora perché dopotutto non aveva niente da perdere. Non le importava più del suo giudizio, del fatto che lui potesse pensare di lei che fosse noiosa o petulante o insistente. Quello che avevano vissuto in quel periodo in cui lui era ritornato al Villaggio era stato reale, profondo e lei non voleva più rinunciarvi. 

“Posso venire con te?” Era quella l’unica domanda da fare ed era ferma in gola annodata alle sue tonsille. 

“Sakura” 

Il modo in cui Sasuke aveva pronunciato il suo nome le aveva procurato un brivido lungo la spina dorsale. Il tono che aveva utilizzato lo aveva udito solo in un’altra occasione: quando le aveva toccato la fronte e l’aveva ringraziata prima di partire. Erano quindi giunti a quel momento? 

D’istinto fece un passo indietro presa dal panico.

Sasuke riconoscendo nel suo sguardo quell’angoscia che troppe volte le aveva causato si chiese se non stesse sbagliando di nuovo tutto con lei. 

“Di cosa volevi parlarmi?” Le chiese, quindi, scegliendo la strada che in quel momento sembrava meno impervia da seguire rispetto all’analisi dei suoi pensieri che avevano ripreso a vorticare confusi nella sua mente.  

“Tu andrai via e io rimarrò qui, da sola, di nuovo” sussurrò Sakura con un filo di voce, sbattendogli in faccia la triste realtà e Sasuke non potè non ritornare con la memoria a quella notte in cui aveva lasciato il Villaggio. Anche in quella occasione Sakura gli aveva detto che se fosse andato via per lei sarebbe stato come restare sola. A quel tempo non aveva dato troppo peso a quelle parole perché secondo il suo giudizio Sakura era solo una ragazzina invaghita, circondata dalla sua famiglia e dagli amici: cosa ne poteva sapere della solitudine? Eppure lei era stata chiara, anche all’epoca, aveva sottolineato che senza di lui non sarebbe stato lo stesso, che nonostante avesse attorno tante persone che le volevano bene la sua assenza avrebbe creato un vuoto incolmabile, ma a lui che non aveva più niente se non la vendetta erano sembrati vaneggiamenti. 

Ora però le cose erano diverse perché anche lui provava la stessa sensazione: lasciare il Villaggio, lasciare Naruto e soprattutto lei equivaleva davvero a essere di nuovo solo. 

Sasuke riempì i polmoni di aria con un profondo respiro e chiuse gli occhi: era giunto il momento. 

“Bagaglio leggero, cammineremo molto” 

Sakura alzò lo sguardo verso di lui e strinse il pugno davanti al petto.

“Stai dicendo che…”

 

-o-

 

“Se lei è d’accordo io non ho nulla in contrario” aveva risposto Kakashi anche se l’idea di avere il suo miglior ninja medico lontano dal Villaggio un po’ lo preoccupava. Di contro, il solo fatto che fosse arrivata da Sasuke e non da Sakura quella richiesta lo aveva stupito a tal punto che non ci aveva messo molto a convincersi che per il bene dei suoi due allievi sarebbe stata la decisione migliore da prendere. 

Naruto si era irrigidito per un attimo, sorpreso quanto il Sesto Hokage della richiesta dell’amico: l’idea che Sasuke e Sakura partissero insieme per chissà quali avventure senza di lui non l’aveva mai presa seriamente in considerazione. Una parte di lui avrebbe voluto fortemente partire con loro, l’altra sapeva benissimo che non era né giusto, né tantomeno opportuno: giusto perché quei due avevano bisogno di stare insieme da soli evidentemente - che la richiesta fosse arrivata da Sasuke in persona faceva pensare questo… e molto altro - e opportuno perché lui aveva una famiglia a cui pensare, alla fine Hinata era rimasta incinta, era proprio all’inizio della gravidanza e non poteva di certo lasciarla da sola. 

“Non penso che Sakura-chat avrà nulla in contrario” aveva detto, sfoggiando un sorriso discretamente forzato.

“Lo penso anche io” si era accodato Kakashi “ Ma fate in modo che non debba rimpiangere la mia decisione” aveva concluso.

Sasuke aveva annuito: malgrado non avesse ancora preso una decisione concreta, aveva sentito il bisogno di capire quali disagi avrebbe potuto procurare quella scelta al Villaggio e anche al suo amico prima di valutare seriamente l’ipotesi. 

Adesso doveva solo capire se portarla con sé oppure no. 

 

-o-

 

“Ho bisogno di sapere se può creare dei problemi”

“Problemi?” Sakura ancora incredula faceva fatica a mettere insieme i pensieri. 

“Sakura” perentorio Sasuke la riportò in sè.

“No, non penso, non so…” rispose confusa. 

Era andata lì da lui per quel motivo, per convincerlo a portarla con sé, ma lui l’aveva presa in contropiede, aveva come sempre capovolto la situazione e non era pronta mentalmente a una simile evenienza. 

“Ho chiesto a Kakashi il permesso, quindi…” continuò Sasuke un po’ perplesso dalla reazione della ragazza. In vero aveva aspettative diverse: pensava che gli sarebbe saltata al collo dalla felicità e che ci avrebbe messo più di qualche minuto a scrollarsela di dosso. Invece davanti a lui aveva una Sakura confusa, insicura. Forse aveva fatto male i conti: forse lei non desiderava andare con lui o glielo avrebbe chiesto lei stessa come la volta precedente. In effetti gli aveva detto di andare, lo aveva lasciato libero di partire. 

“Ero venuta per questo” gli confessò “Ero venuta per chiederti di portarmi con te questa volta” continuò, allargando le labbra in uno splendido sorriso “Io non pensavo…”

Non riusciva a credere a quanto stesse accadendo, era così felice da sentire le gambe molli e la testa per aria: aveva difficoltà a mettere insieme le parole, i pensieri, quel groviglio di splendide emozioni che stava provando in quel momento. 

Sasuke si sentì stranamente sollevato: aveva sempre temuto il contrario, ovvero che Sakura gli chiedesse di portarla con lui, ma ora che si era finalmente deciso, un rifiuto non lo avrebbe gradito affatto, o piuttosto gli avrebbe fatto cadere tutta l’impalcatura di buoni propositi e pensieri ottimistici che lo aveva portato a prendere la decisione finale d’istinto quando l’aveva vista entrare dentro casa dopo giorni di analisi dei pro e dei contro e delle eventuali conseguenze. 

Al diavolo!

Sakura si avvicinò a lui lentamente, a testa bassa, e con ancora il pugno stretto davanti al petto che aprì solo a pochi centimetri da lui per porre il palmo della mano sul suo petto. Sasuke rimase immobile, non comprendendo il motivo di quel gesto, ma quando Sakura alzò il capo mostrando i suoi occhi verdi colmi di lacrime - stranamente di felicità - capì che era un sì: sarebbero partiti insieme. Mai avrebbe pensato di arrivare a prendere una simile iniziativa, ma ora, guardandola accoccolata sul suo petto, con le lacrime che gli avevano ormai inzuppato la maglietta, la ritenne la migliore decisione della sua vita. Mosse il braccio e l’avvolse saldamente: nessuno avrebbe potuto mai dividerli, di questo ne era ormai certo. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2907216