Non lasciarti sfuggire l'amore vero

di littlebebe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

Finalmente la sua vita era cambiata, cambiata in meglio. Stava bene, come non lo era mai stato, e lui era più che sicuro che non si sarebbe mai tirato indietro dalla sua felicità ormai raggiunta. Chiunque sarebbe stato felice al suo posto, in quella situazione, in quella pace così romantica, o forse no, perché forse solo lui era destinato a quella tranquillità, a quella passione. Forse solo lui era destinato a lei, a lei e a quella bambina che teneva stretta tra le sue braccia, guardandola con tutto l’amore che poteva, come se aveva risparmiato per un lungo tempo tutto l’amore che aveva dentro e solo in quel momento lo stesse tirando fuori.

Lui le osservava, entrambe si sorridevano guardandosi in faccia. Quel fagottino che si rassicurava tra le braccia della madre aveva un sorriso divertito, ingenuo, e due fossette che lo rendevano ancora più speciale. La madre, che la cullava al suo petto, aveva il sorriso baciato da una lacrima, gli occhi lucidi la rendevano ancora più bella del solito. L’emozione che provava lei nel guardare sua figlia era però la metà di quella che provava lui nel guardarle entrambe, nello stesso momento, sedute lì, sul bracciolo del divano, illuminate dalla luce del fuoco nel camino. Quell’odore di camino, di bruciato, lo faceva sentire a casa, completamente a casa.

Non si sarebbe mai stancato di guardare e studiare ogni minimo particolare di quella scena davanti a lui, il profilo di lei, le manine piccole e soffici della bambina che cercavano nell’aria il viso della sua mamma. Quella piccolina di appena due mesi gli ricordava molto sua madre; le sue labbra, erano identiche alle sue, il colore dei suoi capelli, identico al suo, la carnagione della pelle, identica alla sua, questi erano dei piccoli motivi per amare immensamente quel fagottino vestito di rosa. Ma l’avrebbe amata comunque, l’avrebbe amata in ogni modo. L’amava perché lei era speciale. Era speciale come sua madre, l’amava come amava sua madre.

Si sarebbe voluto avvicinare a loro, baciarle entrambe, una con un piccolo e dolce bacio sul naso, l’altra con un lungo e passionale bacio sulle labbra. Eppure non lo fece, quel grande amore che vedeva tra le due lo fermò, come se in quel momento sarebbe stato di troppo se fosse andato da loro, anche se era al corrente che non sarebbe mai stato di troppo. Come poteva? Loro erano sua figlia e la sua compagna.

Doveva ammettere di essere geloso in alcuni casi, di chiunque si fosse avvicinato alle sue donne, e questa gelosia lo rendeva molto protettivo e dolce nei loro confronti, ma assolutamente non possessivo e esagerato. Lui avrebbe sempre fatto ciò che rende loro due le donne più felici del mondo, e non le avrebbe mai lasciate sole.

Ora che la sua vita era così piena di amore, che era così.. completa, gli sembrava di essere in un sogno. Come potevano essere reali una bambina così adorabile e una donna così.. perfetta? Bella, forte, sexy, buona, dolce. Nessuno aveva mai cercato e trovato queste qualità in lei, nessuno tranne lui. La cosa gli dispiaceva, lei ha sofferto e solo il pensiero di tutto quel male che ha ricevuto lo faceva morire dentro. Avrebbe voluto salvarla, salvarla da tutte le ingiustizie subite, ma non ha potuto. Lui ancora non era con lei. Ma per fortuna, col tempo, ognuno è riuscito a scoprire le meravigliosa persona che lei è e di questo ne era più che fiero.

Mentre era ancora lì a guardarle, si stava rendendo conto che tutto ciò non era affatto un sogno, che ciò che vedeva era il suo lieto fine, la sua felicità, la sua casa.

Aveva paura, paura che qualcuno avrebbe potuto portargliele via, ma lui le avrebbe salvate e protette sempre, in qualsiasi situazione. Si sarebbe sempre preso cura della sua principessa e della sua Regina.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Regina era ancora frustata da ciò che era successo il giorno prima. Era stesa sul suo letto appoggiata su un fianco con la testa sul suo soffice cuscino. Non riusciva a togliersi quei pensieri dalla testa, era angosciata e ancora intimorita. Non riusciva a trattenere qualche lacrima, quelle gocce dovevano per forza bagnarle il viso. I suoi pensieri si contrastavano: “Daniel non può amarmi come lui dice, se mi avesse amato veramente non avrebbe mai fatto ciò. Ma sicuramente sarà stato solo un momento in cui non era lui del tutto, si sa che qui a Storybrooke la magia è imprevedibile. Dovrei proteggerlo forse, se qualcuno sta cercando di fargli del male? Se qualcuno sta cercando di farci del male? Ci sarà lo zampino del signor Gold, come al solito? E se Daniel invece fosse davvero una persona cattiva?”
Non sapeva più che pensare, nella sua testa prevaleva la confusione.
Da quando Daniel era tornato da lei, da quando era vivo, di nuovo, le sembrava di essere tornata a 29 anni fa, quando il tempo ancora non si era fermato, quando ancora lei abitava al castello e quando loro due erano a un passo dal matrimonio, ma poi sua madre, la persona che avrebbe dovuto essere più fiera e felice di chiunque altro per sua figlia, lo ha ucciso.
Ora ci stava pensando. Pensava a questi sei mesi passati insieme da quando l’amore della sua vita era tornato grazie al dottor Whale. Lei non si era mai resa conto, o meglio, non dava troppo peso a degli strani atteggiamenti che lui aveva a volte, anche verso il figlio adottivo di lei, Henry. Lei lo amava e lo accettava così come era e comunque non ha mai cercato di fare del male a Henry, anche se ogni tanto sembrava rispondergli male e con uno sguardo di chi ti sta per uccidere. Ma Regina sapeva che ovviamente non lo avrebbe mai fatto, lo sapeva, fino a quando il giorno prima non era successo ciò che era successo.
*Daniel e Henry la stavano aspettando al molo per il loro giro. Avrebbero preso una barca per galleggiare un’oretta in mezzo al mare, tranquilli e rilassati a chiacchierare, come una vera famiglia. Nel frattempo Regina era da Granny’s a chiedere in prestito un cestino a Ruby e farsi preparare dei panini.
Quando entrò, tutti si voltarono verso di lei, come sempre, qualcuno con sguardo impaurito, qualcuno con sguardo arrabbiato, qualcuno con sguardo indifferente. Ma Ruby la accolse con un mega sorriso. Lei era una delle poche che la considerava una brava persona, e le due ormai erano diventate amiche. Cosa di cui non era assolutamente d’accordo Granny. Lei aveva paura per sua nipote, lei non cancellava dalla sua testa ciò che Regina era stata capace di fare in passato, e inoltre, lei credeva che le persone non cambiano mai, se una persona è cattiva, rimane cattiva, se una persona è buona, rimane buona, non può essere entrambe le cose. Quando sua nonna fece questo discorso a Ruby, la domanda le sorse spontanea: “Allora cosa pensi che io sia? Buona o cattiva?”. Quella domanda lasciò senza parole Granny, perché ovviamente sapeva che Ruby aveva ragione.
Dopo aver ringraziato la sua amica sia per i panini e il cestino, sia per lo sconto che le aveva fatto, si incamminò verso il molo, felice, perché quando c’era anche Henry con loro, era più felice del solito. Passare del tempo con le uniche persone che amava, la facevano sorridere sempre, anche in quel momento mentre camminava per la città. E non le importava di ciò che pensava la gente di lei, non le è mai importato, lei era serena con se stessa e con gli amori della sua vita, questo era l’importante.
Arrivata al molo, le si tolse quel bel sorriso che aveva stampato in viso. Vide una scena che non avrebbe mai voluto vedere, che non avrebbe mai pensato di vedere.
-Henry!- urlò preoccupata correndo verso i due ragazzi, dopo che il cestino le scivolò dalla mano senza che se ne accorse.
Daniel stava tentando di soffocare Henry. Lo tratteneva appoggiato al muro stringendogli con violenza un braccio, e con l’altra mano circondava il collo del ragazzino infilzandogli anche le unghie. Henry cercava di parlare, di urlare, ma non ci riusciva. Appena vide sua madre emise suoni strani con la gola come per chiederle aiuto. Regina non riuscì a raggiungerli del tutto, perché mentre si avvicinava di corsa, Daniel lasciò all’istante Henry che svenne subito a terra, e afferrò con forza i fianchi della donna spingendola, come aveva fatto con suo figlio, contro il muro. Aveva uno sguardo tremendo, perfido, ma sorrideva. Un sorriso inquietante.
Le morse il collo stringendo fortissimo i denti, poi iniziò a baciarglielo, poi la morse ancora. Alternava baci e morsi. Intanto lei piangeva e urlava il nome di suo figlio, ma nessuno si avvicinava, nessuno cercava di salvare lei e Henry. Provava a staccare l’uomo da davanti a lei, ma lui le bloccò le braccia, continuando a morderla con passione, con violenza. Dopo di che le lasciò un braccio, liberando di conseguenza anche il suo, e poggiò la mano sul lato del suo ginocchio, iniziando a salire sulla sua gamba nuda, all’interno della gonna nera che portava quel giorno. La mano si muoveva lenta, era ghiacciata e a lei quel tocco freddo la innervosiva. La innervosiva ciò che lui stava facendo. Mentre quella mano stava quasi per raggiungere il suo sedere, la baciò, un bacio aggressivo e doloroso, piacevole per lui, non per lei.
Che cosa stava succedendo? Con chi aveva avuto a che fare tutto questo tempo?
Ma qualcuno, prima che lui peggiorò la sua violenza, la salvò, o meglio, qualcosa.
Una freccia improvvisa sfiorò di mezzo centimetro il viso di lei andando a colpire il muro. Regina si spaventò molto e chiuse involontariamente gli occhi stringendoli a più non posso. Quando li riaprì lentamente e vide la freccia a terra sentì il suo respiro alleggerirsi. Daniel subito dopo la lasciò libera e il suo sguardo era perso nel vuoto, girò la testa nella direzione da cui era stata lanciata la freccia ma non vide nessuno, eppure qualcuno doveva averla lanciata per forza. Così, preso dallo spavento che qualcuno lo avesse visto fare ciò che aveva fatto, scappò via di corsa, guardandosi dietro alle sue spalle sperando che nessuno lo inseguisse.
Ma cosa gli era preso? Perché far del male alla donna che amava e a suo figlio?
Regina si inginocchiò su di Henry cercando di svegliarlo. Vedeva sfocato per quante lacrime le stavano uscendo e il suo pianto iniziava a farla singhiozzare. Aveva un groppo in gola. Sentiva la sua testa girare, ma continuava a smuovere Henry e a urlare il suo nome per svegliarlo. Quando lui riaprì gli occhi cominciò a tossire, ma i due trovarono la forza per perdersi in un abbraccio forte, contenti di rivedersi, e contenti di stare bene nonostante quello che era accaduto.
-Mamma, ti ha fatto qualcosa? Che cosa è successo?-
-Nulla, tesoro. E’ tutto apposto,okay? L’importante è che tu stia bene. Come ti senti?-
-Io bene, ma non capisco. Non gli ho fatto nulla, perché ce l’ha con me?-
-Tu non centri, amore. Mi dispiace davvero tanto.- Regina iniziò a piangere di nuovo, sentendosi in colpa per il figlio. Pensava al male che aveva provato e sentiva un grande senso di dispiacere nei suoi confronti. Avrebbe voluto essere lei al suo posto, avrebbe voluto che lui non fosse lì con loro e che il male che aveva fatto a Henry lo avesse subito lei, oltre quello che già Daniel le aveva fatto.
-Dove è andato ora?-
-Non lo so. Me ne occuperò io. Che ne dici se adesso ce ne andiamo a casa a mangiare i panini che ho comprato prima?-
-Mamma, credo di no. I panini sono spiaccicati lì per terra.- rise Henry.
-Uh, beh, te ne preparo uno più buono a casa, con salame e maionese, come piace a te.-
-Affare fatto!-*
Regina si mise a sedere sul letto e si infilò le pantofole per scendere al piano di sotto. Daniel era in cucina a preparare la cena, quella sera toccava a lui. Henry non era a casa con loro, quella sera aveva chiesto a Emma se poteva lasciarlo a dormire da lei.
-Ben svegliata! Ti sei riposata abbastanza?- il suo fidanzato le sorrise con quel sorriso dolce che aveva sempre rivolto a lei. Solamente a lei.
-Veramente no, non sono riuscita a dormire.-
-E cosa hai fatto tutto questo tempo?-
-Pensavo..-
-A cosa?-
-A te. A noi.-
-A quanto stiamo bene insieme? Io anche, ci penso in ogni momento.-
Si avvicinò a lei per darle un bacio in fronte subito dopo aver pronunciato la frase. Ma Regina rispose come se quello che lui aveva detto non lo avesse manco sentito.
-Tu mi hai mai mentito, Daniel?-
-Sì. Una volta sì. Ti ricordi quando ti dissi che mi sarei dovuto allontanare per un po’ dalla stalla per andare a raccogliere la paglia per i cavalli? A te sembrava strano perché di solito me la portavano lì la paglia, e infatti ero andato a procurarmi l’anello che ti regalai chiedendoti di sposarmi. A proposito, quella proposta e la tua risposta positiva, anche dopo 29 anni, sono ancora valide, giusto?-
Ancora una volta fece finta di non sentire.
-E riguardo a ieri? Sei sicuro di non avermi mentito quando ieri sera ti ho raccontato di quello che avevi fatto?-
-Regina, non so più come dirtelo. Io non ricordo nulla, se me lo ricordassi te lo direi.-
Daniel rideva. Rideva come se non gli importasse realmente di quello che lei le stava dicendo. A questo punto, lei alterò la voce.
-Daniel, ma mi ascolti quando parlo? Ti sto dicendo da ieri che hai tentato di uccidere mio figlio e mi hai violentata! Eri tu quello! Come ti è venuto in mente ieri sera di dirmi di aver confuso un’altra persona per te? E se anche fosse? Quello che ti ho raccontato è accaduto realmente, che fossi tu o no. Ma ti assicuro che eri tu e ci hai fatto del male, a me e a mio figlio.-
Detto questo, non gli lasciò neanche il tempo di rispondere. Si avvicinò alla porta di entrata dove aveva appoggiato le sue scarpe col tacco e uscì sbattendo la porta.
Erano le nove meno un quarto e fuori era buio. L’aria era fredda ma per fortuna portò con se anche il suo cappottino che si infilò subito.
Continuava a pensare a i fatti accaduti il giorno prima, per il semplice fatto che non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere. Avrebbe potuto usare la magia in quel momento, liberarsi di Daniel che la tratteneva attaccata al muro con un piccolo incantesimo per buttarlo a terra. Ma non lo ha fatto. Aveva promesso a Henry di non usare più la magia e non avrebbe voluto fare del male a Daniel, nonostante quello che stava facendo, non voleva ribellarsi a lui. E riuscì a resistere sperando che lui avrebbe trovato una spiegazione a ciò e che l’avrebbe lasciata senza farle del male. Ma lui non l’avrebbe lasciata se non fosse stato per.. una freccia?
Le ritornò in mente quella freccia che l’aveva spaventata a morte. Eppure lei era una donna forte, nulla la spaventava, era sempre stata superiore a tutto e a tutti. Ma in quel momento era fragile. E quella freccia la salvò, quella freccia che in un secondo pensò che l’avrebbe uccisa, ma il secondo dopo pensò che era stata lanciata per proteggerla. Ma chi aveva lanciato quella freccia?

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Seduto all’angolo più lontano dalla porta d’entrata, Robin aspettava il suo amico Will Scarlet, con una tazzina di caffè bollente ordinata subito dopo aver finito il suo panino gigante con dentro petto di pollo, insalata, pomodori e una cosa chiamata ‘maionese’. “Che razza di cibo è questo?” pensò subito dopo aver ascoltato Ruby che lo informava di tutti i tipi di panini che potevano preparare per una cena piena e soddisfacente. “Prendo quest’ultimo che mi hai detto. Non so cosa sia la maionese, ma questa sera ho talmente fame che potrei mangiarmi anche il pelo di un lupo.”
A quella frase la cameriera spalancò gli occhi come impaurita, e rimase a fissare l’uomo per circa due secondi, ma subito dopo, per non far notare la sua espressione intimorita, fece spuntare sul suo volto un dolce sorriso che stava a significare ‘certo, te lo porto subito’.
A quanto pare il panino e la maionese, che aveva scoperto essere una salsa, erano alquanto buoni, aveva divorato la sua cena in meno di un minuto e in maniera non disgustosa, ma nemmeno molto elegante, ma non se ne preoccupava, quella sera non avrebbe dovuto dare il buon esempio a suo figlio, Roland, dato che era all’accampamento nella foresta insieme al resto della squadra di Robin. Suo padre aveva bisogno di riflettere e stare un po’ da solo. Ovviamente avrebbe accettato la compagnia di suo figlio, ma quest’ultimo era molto stanco e decise di non muoversi insieme a lui ma di addormentarsi presto con una grossa figura accanto che gli leggeva una favola. Agli occhi di Roland l’uomo era molto grande, avendo lui una corporatura abbastanza robusta e essendo il bimbo molto piccolo fisicamente. Quell’uomo era uno degli amici più fidati di suo padre, Little John.
Robin aveva gli occhi fissi sul suo caffè, in attesa che si raffreddasse un po’ per berne un altro sorso, ma la sua mente viaggiava fra le strade dei suoi mille pensieri che lo preoccupavano. Aveva avvisato Will di raggiungerlo al Granny’s non appena avessero finito di cenare all’accampamento, ma lui come al solito, era in ritardo.
A un certo punto, finalmente, sentì la porta del locale aprirsi e spostò lo sguardo immediatamente in quella direzione sperando che il suo amico fosse arrivato per potergli parlare e farsi dare dei consigli, ma non era lui. Eppure Robin continuava a guardare verso la porta con l’espressione per niente sconsolata per non aver visto entrare di lì una persona che non aspettava. Anzi, il suo sguardo sembrava avergli fatto dimenticare tutte le preoccupazioni e il nervoso causato dalla fastidiosa e lunga attesa di Will.
La donna appena entrata si sedette all’angolo opposto al suo e vide che la cameriera con cui aveva parlato prima le si avvicinò. La osservava ancora, insistentemente, senza farsi vedere. Non avrebbe voluto che lei lo guardasse. Vedeva che aveva gli occhi rossi e gonfi. Aveva appena pianto e tutto quello che lui voleva fare in quel momento era alzarsi e sedersi di fronte a lei chiedendo gentilmente alla signorina dalle belle labbra rosate, di lasciarli un secondo soli. Ma non poteva farlo, non voleva presentarsi a lei in quel modo, sembrando un pazzo sconosciuto che la voleva consolare. Eppure non era proprio uno sconosciuto, o meglio, lei non era una sconosciuta per lui.
La porta si riaprì una seconda volta e per fortuna, questa volta era Will Scarlet che si avvicinò a lui con passo affrettato e chiedendo scusa all’istante. “Sono inciampato nella foresta mentre venivo e sono dovuto tornare all’accampamento per mettermi un cerotto alla caviglia.”
Robin non gli disse nulla ma dopo un po’ gli sorrise pensando a quanto a volte era stupido il suo amico, ma proprio per questo gli voleva bene e non avrebbe mai potuto fare a meno del suo migliore amico, che lo aiutava in tutto inoltre, come in questo caso.
-Allora, finalmente abbiamo l’occasione di parlare da soli e puoi raccontarmi come sta andando la tua ricerca o se hai già trovato quello che cerchi.-
-L’ho trovato eccome, caro Will.-
Robin sfilò un foglio dalla sua sacca e lo posizionò davanti all’amico guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno vedeva quello che aveva nelle mani.
-Guarda bene il profilo di lei in questa pagina, e poi girati verso l’ultimo tavolo all’angolo, senza farti notare.- sospirò il ladro.
Will fece ciò che gli aveva detto l’altro e si girò piano osservando attentamente la donna seduta a quel tavolo: una donna di classe e molto bella ai suoi occhi, e sicuramente il tipo di persona che potrebbe piacere a Robin.
-Ehy amico, è proprio lei, complimenti! Come hai fatto a trovarla?-
-Non l’ho trovata io, è stato un caso. Ero in libreria pochi giorni fa per cercare a quale libro appartenesse questa pagina e per capire come fosse possibile che ci sono io raffigurato a baciare una donna che non ho mai visto, mai incontrato. Così, guardando tra i scaffali, mancavano circa due o tre libri, e attraverso quei buchi ho visto dall’altra parte, e c’era lei, seduta davanti a un tavolo a sfogliare le pagine di un libro, pagine proprio identiche a questa.-
Si bloccò un secondo per riprendere fiato.
-Sembra quasi un segno del destino.- Gli sorrise il suo amico.
-E probabilmente lo era, perché a un certo punto le è squillato il cellulare, e doveva essere una cosa urgente a quanto pare, perché si alzò di corsa lasciando il libro su quel tavolo.-
-E questo che significa?-
-Come che significa? Ti ho detto che questa pagina è uguale a quelle del libro che sfogliava lei quel giorno. Quel libro in realtà è il suo, non appartiene alla biblioteca, perché quando se ne è andata, Belle, la bibliotecaria, ha preso il libro ed è uscita fuori urlando il nome di quella donna per ridarglielo, ma era troppo tardi. Così mi sono avvicinato a Belle, e le ho chiesto se poteva farmelo vedere, e lei me lo ha consentito.-
-Okay, sono un po’ confuso, ma ora, arriva al sodo.-
-Mi sono seduto a guardare il libro, ci sono una serie di storie raccontate che si intersecano tutte tra loro, ma non mancava nessuna pagina, nessuna ventitreesima pagina, ma sulla numero 23 c’era questa stessa donna che correva via da un posto a me molto familiare, era un locale che frequentavo tempo fa. E inoltre, ho scoperto chi è lei e la sua identità. Quel libro mi è stato di grande aiuto, per questo ti dico che probabilmente è un segno del destino.-
-E chi è lei? Biancaneve? Ha i capelli neri come la classica Biancaneve delle favole.-
-No, non Biancaneve, ma la sua matrigna.-
Will rimase a bocca aperta e sgranò gli occhi preoccupato.
-Che cosa?? La regina cattiva? Amico, sei impazzito? Qui ci sei tu che baci la regina cattiva e ti ingegni anche per cercarla ora? Io ti consiglio di lasciar perdere, in che guaio ti stai cacciando?-
-No, non posso lasciar perdere, ormai ci sono, e devo scoprire di più. E non è cattiva, Will, guardala. Hai mai visto una regina cattiva con gli occhi rossi dal pianto?-
-Potrebbe avere un problema alla vista e la sua amica la sta consolando perché probabilmente dovrà mettere gli occhiali.-
Robin fece finta di non sentire la stupida battuta.
-Ecco, ‘la sua amica’, allora come spieghi il fatto che la regina ha un’amica?-
-Ma lei ha rovinato la vita di tutta questa gente, Robin, compresi noi.-
-Sì, forse, ma le persone cambiano, e ho letto la sua storia. Lei non era cattiva, credimi. Ciò che ha fatto lo ha fatto solo per vendetta, e credo che ora stia cercando di rimediare ai suoi sbagli. Io andrò fino in fondo a questa storia.-
Robin appoggiò la schiena alla poltroncina su cui era seduto, sicuro di ciò che aveva appena detto, sorseggiando l’ultimo goccio di caffè. Il suo amico si arrese, non lo avrebbe mai convinto, ne era consapevole.
Robin e Will si alzarono dal tavolo e uscirono dal Granny’s. La ‘regina cattiva’ era già andata via da un po’ dopo aver mangiato anche lei un panino. Robin sapeva, o meglio, intuiva il motivo per cui quella sera lei non era a casa sua a cenare, e anche il motivo per cui aveva pianto. Si ricordò della scena a cui aveva assistito il giorno prima, la scena che non aveva raccontato a Will.
Era dal giorno che l’aveva vista in biblioteca che non poteva fare a meno di seguirla almeno una volta al giorno, senza esagerare troppo, per non far diventare stalking quello che stava facendo, o forse lo era già diventato. Ma infondo, come anche il ladro, lo faceva a fin di bene.
Il giorno prima infatti, l’aveva seguita ancora una volta e in più, l’aveva in un certo senso salvata, con un semplice tiro di freccia. Era l’unica cosa che poteva fare in quel momento, non aveva voluto intervenire direttamente, ma in qualche modo doveva farlo. La stava vedendo soffrire e non voleva assolutamente vederla così. Il suo istinto gli disse di proteggerla, e lui lo fece. Se non lo avesse fatto, avrebbe avuto per sempre il senso di colpa.
Will salutò l’amico che aveva bisogno di ancora un po’ di tempo per riflettere e stare da solo e tornò nella foresta.
Robin si sedette su una panchina e appoggiò la testa all’indietro. Gli piacevano le stelle. Lo aiutavano spesso a pensare e a trovare le giuste soluzioni.
‘Regina’, ripeteva in continuazione quel nome nella sua mente, aveva scoperto che si chiamava così grazie a Belle, quando la sentì chiamarla fuori dalla libreria per riconsegnarle il libro.
Non sapeva se mettere Regina al corrente di quella situazione, di quella pagina comparsa nella sua sacca improvvisamente, per magia? Lui era sicuro di non averla mai vista da nessuna parte e di non averla mai avuta dentro la sacca che portava sempre con se.
Lui voleva parlarle, ma come avrebbe reagito lei? Non voleva spaventarla, non voleva rovinarle la vita. E se invece gliel’avesse migliorata?
Ma lei era fidanzata, e lo amava, lo ha letto nei suoi occhi quando lui le stava facendo del male e quando quella sera era entrata da Granny’s. Lo amava, eccome.
Robin per la prima volta, quella sera, si chiese per quale motivo aveva bisogno di andare così a fondo in quella storia, ma non trovava risposte precise. Voleva farlo e basta. Si sentiva legato a lei.
E se quella pagina fosse davvero un segno del destino? Ha sentito molte volte parlare del lieto fine, ma lui non ci credeva, da quando sua moglie era morta, aveva smesso di crederci. Ma poteva ricominciare a farlo. Vedeva del buono in quella donna, e secondo lui, lei era la persona più lontana da quella che deve essere considerata ‘la regina cattiva’.
L’aveva vista sorridere, mentre andava verso il molo il giorno prima, prima che accadesse ciò che era accaduto, e non riusciva a togliersi quel sorriso dalla testa. Ci pensava in continuazione. Pensava a tutto ciò che riguardasse lei, e quella occasione non voleva perderla, ci doveva provare, doveva credere nel destino, soprattutto nel destino nascosto dentro quell’immagine. Nessuno glielo avrebbe impedito, nemmeno il suo migliore amico. Per una volta, non gli avrebbe dato ascolto. Doveva solo trovare il modo per entrare nella sua vita. Magari il destino aveva programmato anche quello.
“Io so chi sei tu.”
Robin alzò di scatto la testa, spaventato per aver sentito improvvisamente un voce. Una ragazza dallo strano aspetto gli si era posizionata davanti.
Come faceva a conoscerlo se lui non aveva la minima idea di chi fosse e non l’aveva mai vista prima? Se non quando era a mangiare e lei era seduta al tavolo di fianco al suo. La guardò con occhi perplessi senza pronunciare alcuna parola.
“Ho riconosciuto il tuo tatuaggio.”

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Robin era ancora confuso e non aveva nulla da esprimere, aspettava solamente che la biondina dagli occhi chiari gli desse spiegazioni. Non pensava che lei lo conoscesse davvero, aveva l’aria da ragazzina furbetta e probabilmente lo stava prendendo in giro. Ma stranamente ancora non si era mosso da quella panchina e attendeva una risposta alla sua espressione interrogativa. Perché non doverla ascoltare?
-Senti, so che ti potrà sembrare strano, ma il tuo tatuaggio non mi è indifferente.-
-Che vorresti dire? Che io e te abbiamo avuto una relazione e tu non mi hai ancora dimenticato? Beh, mi dispiace, ma io sì.- detto questo, si alzò dalla panchina e ritornò su i suoi passi. Probabilmente era stanco e non aveva più voglia di sentirsi raccontare delle stupidaggini da quella ragazza. Sicuramente aveva sbagliato persona, chissà quanti hanno un leone disegnato sul braccio. Ma lei lo raggiunse svelta, afferrandogli con forza il braccio facendolo voltare di scatto.
-Non si tratta di me, caro. Ma di lei.-
Robin aggrottò la fronte mostrandosi incuriosito e stupito. Aveva sicuramente capito di chi stesse parlando.
-Ti stavo aspettando da tempo. Tu devi salvarla. E’ una cosa che solo tu puoi fare, è il tuo destino. Io ci ho provato molte volte, ma…-
-Ma..?-
-Non ci sono riuscita. La madre superiora, la fata Turchina intendo, ha fatto un incantesimo su di me. Si tratta di un incantesimo di invisibilità. Risulto visibile agli occhi di chiunque, come un cittadino normalissimo di Storybrooke, tranne che agli occhi di Regina, lei non può vedermi.-
-Aspetta biondina, non capisco cosa centri io con questa situazione, ma mi interessa. Sediamoci e spiegami meglio.-
-Sai perché è comparsa magicamente quella figura nella tua sacca? Te l’ho già detto. Quello è il tuo destino, il vostro.
Tempo fa diventai amica di Regina. Lei era triste, sconsolata, infelice della sua stessa vita con il Re. Aveva perso il suo Daniel, e così decisi di aiutarla, anche se andava contro le regole delle fate.-
-Ah, quindi tu saresti una fata? Fammi indovinare, Trilly?-
-Esattamente. Io, Trilly, ho messo a rischio la mia magia per lei. La condussi con la polvere magica verso il bar, quel bar raffigurato sulla pagina, e quella sera lì dentro, c’eri proprio tu. La portai precisamente lì, perché è dove avrebbe conosciuto la sua felicità. Le dissi che era possibile amare una seconda volta, ogni cosa ha una seconda chance. Guardammo attraverso la finestra e ti indicai. Tu eri voltato, ma il tuo tatuaggio si notava bene, mentre facevi un brindisi. Così me ne andai, convinta che lei entrasse là dentro e da quel momento in poi avreste potute vivere per sempre felici e contenti. Ma in realtà lei non mi diede ascolto, e scappò.-
-Questa storia è assolutamente incredibile. E perché ora lei non può vederti? Cioè, per quale motivo sei stata colpita da questo incantesimo?-
-Perché una volta tornata nel regno delle fate, Turchina, scoperto il mio inganno, mi tolse le ali. Pensavo che almeno ne fosse valsa la pena, avevo fatto del bene, avevo reso felici, non una, ma bensì due persone e la cosa mi rendeva soddisfatta. Ma invece poi scoprii che il tutto era stato inutile. E così, una volta venuta qui dall’Isola che non c’è, la madre superiora percepiva ancora molto odio da parte mia nei confronti di Regina, e lei è convinta che io sia una persona troppo, esageratamente istintiva, e ha paura che io possa commettere gesti gravi contro di lei, mettendola in pericolo. Il fatto che sono invisibile ai suoi occhi, mi spinge anche a non commettere alcuna azione verso di lei, fa parte dell’incantesimo.-
-Perché allora tu vuoi salvarla se provi rabbia per lei?-
-Perché in realtà non la provo. Io voglio solamente proteggerla, ma mi è impossibile, a causa sempre dell’incantesimo che Turchina non vuole togliermi, non si fida di me. Capisco perché Regina non è entrata in quel locale, aveva solamente molta paura, paura di amare di nuovo e che quel tipo di amore le fosse portato via una seconda volta.
Tu devi proteggerla e salvarla da Daniel, in qualche modo devi riuscirci. Lui non è più lo stesso di una volta, sicuramente il Dottor Whale ha sbagliato cuore per farlo rivivere, e Regina è in grave pericolo.-
-Come posso fare?-
-Come hai fatto fino ad ora. Ma ti do un consiglio: non rivelarle per ora che sei l’uomo con il leone tatuato, lo capirà col tempo. Se no potrebbe allontanarsi e non lasciarsi salvare da te.-
 
******
-Regina!-
Riconosceva quella voce, una voce che aveva spesso in mezzo ai piedi. Si voltò per vedere cosa voleva la signorina Swan.
-Non essere scocciata per una volta. Possiamo parlare?-
-Sì, certo. E non darmi della scocciata perenne, Swan.-
-La colpa non è mia, Regina.- le sorrise e Regina ricambiò storcendo la testa, come per dire ‘che simpatica, Emma.’
-Va bene se ci facciamo un giro vicino al fiume, nella foresta?-
-Va benissimo. Di cosa vuoi parlarmi?-
-Di Henry. So quello che è successo l’altro giorno. Si è spaventato molto.-
-Ti prego, non venirmi a fare la predica. Non avrei mai voluto che accadesse, e se lo avessi saputo non avrei..-
-Regina, tranquilla! Non ti sto incolpando, per fortuna non è successo nulla. Ma potrebbe risuccedere, e quindi io preferirei…-
Regina aveva già intuito cosa volesse dirle Emma, e non poteva darle torto.
-Lo so. Capisco.-
-Mi dispiace, Regina.-
-E’ giusto che lui non passi questo periodo con me. Devo cercare di capire la situazione il più presto possibile, e lui deve stare lontano da Daniel.-
-Ma tu puoi venire a trovarci quando vuoi, ovviamente. Sei sempre sua madre. E io ti aiuterò. Non ti lascerò affrontare questa cosa da sola. Ti potrebbe accadere qualcosa di brutto e non permetterò che Henry ti perda. Sei la sua eroina, e ti vuole bene.-
-Grazie, Emma. Ma non ce n’è…-
Un rumore le fece sobbalzare e rimasero a fissarsi occhi negli occhi, preoccupate. Era un suono strano, proveniente dall’acqua del fiume, ed era continuo. Come acqua che bolle in pentola, solo che molto più forte.
Si avvicinarono con cautela alle acque. Emma reggeva il braccio di Regina, tenendola un passo dietro di lei. Tenendosi a distanza di circa un metro, si affacciarono entrambe per cercare di vedere attraverso il fiume e vedevano delle grosse bolle, allargarsi sempre di più. Un qualcosa iniziava a risalire dall’acqua, doveva essere una specie di mostro. Quando fu risalito del tutto, fecero in tempo a studiarlo per bene, senza avere paura. Aveva sembianze umane ed era completamente verde. Era una ragazza, ma si vedeva solamente il suo petto. Non sapevano se avesse delle gambe o una coda, o nulla. La parte bianca dell’occhio, non era bianca, ma gialla, e le sue pupille nere e profonde, riuscivano a incantare Emma e Regina, senza farle muovere e senza farle scappare. I suoi denti erano abbastanza inquietanti: piccolissimi, ma ognuno separato dall’altro da uno spazio di circa mezzo centimetro.
-Non riuscite a sfuggirmi, eh?! Nessuno può riuscirci. Poverine, eheheheh.-
Le due donne ancora non staccavano gli occhi da quelli del mostro. Emma aveva sempre la mano posata sul braccio di Regina. Riuscivano solo a mostrare la loro faccia preoccupata con aria di sfida.
-Venite avanti, prego. Non vi farò alcun male.-
Entrambe avanzarono verso di lei, immobilizzate da quella creatura.
-No, anzi! Tu, no.- disse indicando Emma. Dopo di che, scagliò una scia verde verso di lei, che la fece cadere a terra e realizzare bene ciò che stava accadendo.
Voleva solamente Regina. Voleva fare del male solo a lei. Emma era salva.
Si alzò da terra e vide che a un lato c’era un uomo, Daniel, che guardava la scena della sua compagna che stava per essere uccisa da una creatura malvagia, e rideva, era divertito e con le braccia conserte al petto. Emma capì che era stato lui a far sì che il mostro si impossessasse in un certo senso di Regina.
Regina ormai toccava l’acqua, camminando sui sassi del fiume, avvicinandosi sempre di più. Emma le urlava di fermarsi, ma non funzionava. Doveva trovare un modo per distrarre Erozia, così si chiamava, l’aveva sentito pronunciare in quel momento da Daniel che con il suo sorrisino diceva: ‘brava Erozia, continua così.’
Prese dei sassi e li lanciò con tutta la sua forza verso di lei, ma non le facevano alcun effetto. Era in difficoltà e non sapeva cosa fare, ma a un tratto sentì una voce dietro di lei.
-Aizore, aizore, aizore!-
Era Mary Margaret, e vicino a lei c’erano anche David e Henry.
Erozia si voltò di scatto verso la mora dai capelli corti che le disse: -Mi dispiace Erozia, non solo Daniel conosce il tuo segreto, e tu lo sai bene.-
Il mostro si ritirò lentamente sotto le acque, Regina si riprese e ritornò in lei, consapevolizzando ciò che stava facendo, e tentando di non scivolare con i tacchi su quei sassi bagnati, ritornò sulla terra.
Emma chiedeva incuriosita a sua madre: -Che diavolo le hai detto?- ma Mary Margaret le rispose che le avrebbe spiegato tutto dopo.
Daniel era bloccato da David, che gli teneva le braccia incrociate dietro la schiena, e nel frattempo urlava il nome della sua fidanzata.
-Regina, scappa! Non riuscirò a trattenerlo per molto.-
Regina si guardò intorno cercando di capire cosa pensassero gli altri.
-Va, a lui ci pensiamo noi.- la incoraggiò Mary Margaret.
-Non posso lasciarvi qui, potrebbe farvi del male.-
-Mamma…- intervenne Henry. -Tu sei a rischio molto più di noi, devi scappare.-
-Sì sta liberando, non riesco a tenerlo più! Corri, Regina, corri!-
Ma lei disse un’ultima cosa prima di lasciarli lì:
-Emma, porta via Henry da qui, ti prego. Daniel ha istinti omicidi anche verso di lui, lo sai.-
Regina iniziò a correre il più velocemente possibile, ma Daniel dopo un po’ riuscì a liberarsi dalla presa forzata di David, e nonostante i Charming provarono a raggiungerlo, lui era irraggiungibile. Ma per fortuna, nonostante cinque o sei cadute a terra, Regina era ancora molto distante da lui. Non aveva più fiato e sentiva la gola secca e gelata, aveva assolutamente bisogno di acqua. Nel frattempo i suoi pensieri erano fissi su Daniel. Aveva avuto di nuovo quel comportamento. Non sarebbe più dovuta stare con lui, non poteva rischiare di andare avanti in questo modo, sfuggendo da lui tutte le volte che azzardava a farle del male. La voleva uccidere, addirittura. Non lo riconosceva più e sicuramente c’era qualcosa che non andava. Perché lui non era così nel periodo prima di morire, anzi.
Mentre proseguiva all’interno della foresta, non aveva una meta precisa, ma continuava a correre senza fermarsi.
Siccome un’altra caduta interruppe il suo percorso, decise di togliersi alla svelta le scarpe col tacco.
La paura invase la sua anima. Aveva paura per suo figlio, soprattutto, e aveva paura di non riuscire a trovare riparo da qualche parte, e che Daniel potesse raggiungerla ovunque si trovasse.
A un certo punto intravide una piccola casetta di legno in lontananza, e si diresse verso di essa, sperando di riuscire ad entrare. Provare ne valeva la pena. Ma subito dopo sentì i passi di Daniel che la raggiunsero improvvisamente e così fu costretta a correre ancora più rapidamente, nonostante aveva le gambe e la milza a pezzi.
Una figura che lei non fece in tempo a vedere, comparve da dietro un albero, afferrandole la mano. Fuggiva insieme a lei. Non sapeva di chi si trattasse, la sua vista era ormai completamente sfocata e le girava la testa. Ma sentiva che poteva fidarsi, chiunque fosse, la stava salvando. Sicura di ciò, si lasciò completamente andare a quella stretta di mano, che lei ricambiò per poter stare al suo stesso passo. Erano quasi arrivati alla casetta in legno, e sentivano i passi di Daniel sempre più lontani da loro.
Una volta raggiunta, la figura sconosciuta aprì con un calcio feroce la porta e si fiondò dentro, trascinando Regina dietro di sé. La richiuse con un gancio gigante che avrebbe impedito l’entrata di chiunque avesse provato a oltrepassare quella porta.
Regina, trovato un basso divanetto con la stoffa rovinata, ci si buttò sopra, poggiando i gomiti sulle ginocchia e affondando la testa nelle mani. Respirava faticosamente e iniziò a strofinarsi gli occhi per cercare di riprendere la sua vista normale.
Una volta calmata, alzò lo sguardo. Un uomo era in piedi vicino al divano che la osservava. I loro occhi si incrociarono e lei si sentiva già in debito con lui per ciò che aveva fatto per lei.
-Va tutto bene?- disse l’uomo, sedendosi accanto a Regina.
Senza distaccare lo sguardo da lui, lei gli rispose: -Sì! Grazie.-
 
*****
Intanto, in casa dei Charming, Mary Margaret e David raggiunsero Emma e Henry che erano già arrivati prima, quando Regina chiese a Emma di portare via il figlio.
Henry e sua madre si alzarono di scatto dalle sedie su cui erano seduti, preoccupati di sapere come erano andate a finire le cose.
David li rassicurò: -Regina mi ha appena mandato un messaggio, mi ha detto che è riuscita a scamparlo, ma non so dov’è. Ci darà presto notizie.-
Madre e figlio si tranquillizzarono, emettendo un sospiro di sollievo.
-Mamma, potresti spiegarmi come hai fatto a cacciare via quel mostro verde?-
-Tempo fa, quando ancora ero una forestiera, mi sono ritrovata anche io ad affrontare Erozia. E’ un mostro dei fiumi, che si invoca pronunciando tre volte il suo nome, mentre invece per mandarla via, basta ripetere sempre il suo nome tre volte, ma al contrario.
Quando incantò me, era stata chiamata da uno dei cavalieri della Regina Cattiva, tra l’altro scoprii che lo fece a insaputa della Regina, quindi non centrava nulla lei in quel momento, stranamente. Ma poi venne a salvarmi Cappuccetto Rosso, che aveva fiutato l’odore di Erozia, e lei conosceva questa leggenda di come invocarla e di come mandarla via. E prima infatti, è stata proprio Ruby e riferirci che percepiva che era ricomparsa questa creatura nella foresta incantata, e noi in panicati, abbiamo preso Henry a scuola, per paura che la cosa richiedesse del tempo e dopo nessuno potesse andarlo a prendere, e siamo corsi subito da voi.-
-Grandioso!- esclamò Emma, prima di fare un brindisi tutti e quattro con un bicchiere di coca cola.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 
Robin aveva già previsto come sarebbe andata tutta la faccenda. Mentre si aggirava per la foresta, luogo di cui ormai conosceva ogni angolo a memoria, insieme a suo figlio Roland, grazie a quest’ultimo, aveva intravisto Daniel. Il figlioletto lo avvertì con ingenuità, domandandogli: “papà, quell’uomo parla da solo?”. Robin mise sul suo volto un’espressione interrogativa e dopo di che, sorse in lontananza la stessa scena che stava osservando il piccolo, fino a quando mise bene a fuoco chi fosse quell’uomo e anche cosa stesse facendo. Non stava di certo parlando da solo, ma evocava un mostro dal fiume. A quale scopo? Si chiese il ladro. Così intuì che ancora una volta, si stava manifestando il lato oscuro del carattere di Daniel. Accompagnò di corsa Roland all’accampamento , raccomandandosi col resto della sua truppa di prestargli attenzione e di rassicurarlo, per poi tornare a spiare Daniel e quella strana e brutta creatura verde da dietro un albero. Ascoltò con orecchie tese verso il punto che gli interessava e capì quale fosse il piano di quei due, o meglio, il piano era solamente di lui, il mostro avrebbe solo contribuito.
Aveva calcolato che Regina sarebbe riuscita a fuggire, a meno che non aveva intenzione di utilizzare la magia, ma ne dubitava. Lui sapeva che sarebbe riuscita a scappare, semplicemente perché, per quanto poco la conoscesse, aveva fiducia nelle sue capacità, capacità di una donna in gamba e in grado di non essere mai sconfitta, da nessuno. E Robin sarebbe riuscito a tenerla al riparo, anche se non aveva auto il tempo di organizzarsi per passare del tempo in una casetta di legno abbandonata. Ma quando aprì con facilità la porta per vedere se fosse possibile rifugiarcisi dentro, vide che c’era abbastanza roba utilizzabile per passare il tempo e sopravvivere.
Robin, con la sua mentalità intelligente, era riuscito nel suo intento, come al solito, e ora entrambi erano al riparo, lei al sicuro da chiunque. In pace, loro due da soli, e lui stava più che bene. In quel momento non desiderava altro. Osservava Regina che si era addormentata sul piccolo divano ricoperto da una vecchia stoffa strappata. Era crollata in un sonno profondo (non come quello di Snow, ovviamente) subito dopo essersi scambiati quelle parole, una domanda e una semplice risposta, che per lui però, valeva tanto. Riteneva molto importante essere ringraziato da lei, sapere che ciò che aveva fatto, lei lo aveva preso positivamente.
Regina iniziava a muoversi nel sonno, cercando una posizione comoda, abituata ovviamente al grande letto della sua casa. Tentava di allungare le gambe spingendo i tacchi contro le cosce di Robin e inoltre stringeva le braccia al petto, probabilmente perché l’aria si era raffreddata, iniziava a sentirlo anche lui, ma era abituato. Robin abbozzò un sorriso non riuscendo a staccare gli occhi da quel viso rilassato, da quelle palpebre ricoperte da un leggerissimo ombretto rosa, e da quel rossetto ormai sbiadito. Si alzò per non darle ancora fastidio, lasciando libere le sue gambe, che lei appoggiò poi sul bracciolo a causa del poco spazio che aveva, e ancora continuava a riposare tranquilla. Robin capì che il suo sonno non era leggero, non in quel momento almeno, così, senza alcuna paura di poterla svegliare, delicatamente le sfilò prima una scarpa, poi l’altra, e infine, poggiò la coperta di Lana posata sul tavolino basso davanti al divano, sul suo corpo fragile e stanco. Lei non si mosse più di un millimetro, era al sicuro, protetta. Questo era diventato lo scopo di Robin, e come inizio, andava più che bene.
C’era un caminetto, e accanto a esso era nascosta della legna sotto dei fogli di giornale. Non ci pensò due volte, trovò il modo di accendere il fuoco, e lo accese tentando di fare il meno rumore possibile. Ogni tanto si girava a guardare cosa stesse facendo la donna, ma lei era impassibile. Non si muoveva, rimaneva sempre nella stessa posizione, e lui non se ne preoccupava, anzi, lei faceva dei respiri profondi, il che significava che stava bene.
A un tratto Robin iniziò a sentire dei strani battiti provenire da sotto la porta, era innegabile che la cosa lo spaventasse. Sicuramente una presenza era lì fuori, e sperava che nessuno sarebbe riuscito ad entrare, qualunque persona sia. I battiti venivano dal basso, qualcosa sbatteva sulla parte inferiore della porta. Indeciso sul da farsi, se aprire o meno per vedere cosa o chi ci fosse di fuori, decise di sbirciare dai piccoli buchi della porta di legno. Quando capì che la figura che era seduta davanti la porta fosse Daniel, si convinse a non togliere il gancio forte e resistente per impedire ogni tipo di pericolo. Malediva quell’uomo che ancora non gli dava tregua, ne a Regina, ma nemmeno a lui. Voleva solo passare del tempo con lei, per conoscerla meglio, e di certo la sua compagnia era molto meglio di quella di Daniel, almeno in quel periodo in cui lui aveva dei comportamenti maligni. Regina ancora non sembrava rendersi ben conto della gravità dei problemi che avrebbe potuto causare il suo fidanzato.
Robin lo guardò mentre era girato di spalle, aveva un lungo bastone tra le mani, oggetto con cui probabilmente stava sbattendo sulla porta provocando quei battiti che aveva sentito poco prima. Ma cosa stava aspettando? Che Regina uscisse da quella porta? Perché sicuramente li aveva visti entrare e era consapevole che lei fosse lì dentro con un altro uomo. Ma poi Daniel di scatto si rialzò in piedi facendo sobbalzare per un momento Robin che mise distanza tra lui e la porta istintivamente. Ricominciò a sentire i stessi battiti di prima che piano piano andavano ad aumentare la velocità e anche la forza del rumore. Era in preda al panico perché non sapeva come fermarlo, ma si tranquillizzava pensando che nessuno sarebbe uscito da quella casetta, a meno che non fossero sicuri che l’uomo di fuori non si fosse allontanato.
Guardò Regina, era sicuro che con tutto quel baccano, questa volta si sarebbe svegliata, e di fatti, cominciò a strofinarsi leggermente le palpebre cercando di non rovinarsi più di tanto il trucco e dopo di che aprì gli occhi. Quando realizzò bene dove fosse e con chi fosse, sobbalzò in piedi avvicinandosi a Robin che era immobilizzato davanti la porta e sul volto aveva posato un’espressione alquanto seria, di cui Regina si iniziò a preoccupare molto.
-Che sta succedendo lì fuori?- domandò a lui cercando anche lei di mantenere la stessa distanza di Robin dalla porta.
-Regina, è lui, Daniel.-
A quella risposta, nonostante la preoccupazione di ciò che stesse facendo il suo compagno,  il pensiero di Regina immediatamente andò a finire su come facesse quell’uomo a sapere di Daniel, il suo nome. Ma poi non ci fece più molto caso.
-Devo uscire e andare a parlare con lui.- lei non riuscì nemmeno a fare un passo che lui la bloccò tenendola per il polso.
-No, aspetta!- disse quasi urlando Robin.
-Potrei calmarlo, e poi ce ne possiamo tornare a casa. Lasciami andare.- rispose Regina con aria fredda, come se si fosse innervosita per la presa di lui, ma subito dopo sciolse la sua rabbia guardandolo dritto negli occhi come per implorarlo di farla andare fuori. Lui mollò la presa ma lei ancora non si voltò per andare, rimasero a guardarsi, occhi negli occhi, un azzurro colore del cielo limpido contro un marrone scuro e profondo, che in quel momento emanavano a lui una dolcezza incredibile, gli ricordavano la cioccolata fondente(?). A distogliere per prima lo sguardo fu Regina, che si avvicinò lentamente alla porta di legno, come se un po’ di paura infondo la avesse, ma nello stesso istante Daniel smise di battere. Anche Regina si bloccò e puntò ancora una volta gli occhi contro quelli di Robin non sapendo proprio bene cosa fare, insicura se uscire o no. Il fatto che avesse smesso di sbattere contro la porta le fece pensare che fosse in un certo senso scappato. Senza dirsi nulla, entrambi si avvicinarono alle piccole fessure della porta per assicurarsi che Daniel avesse smesso una volta per tutte di creare tutta quella confusione fastidiosa, e si accorsero che lui in effetti non era più lì.
Robin e Regina comunque continuavano a guardare per esserne certi e senza nemmeno rendersene conto si ritrovarono molto vicini, ambedue avevano intenzione di guardare dallo stesso buco, ma mentre il loro corpi facevano sempre più pressione l’uno sull’altro, lei si allontanò prima che si diedero una capocciata. Così Robin realizzò quanto fossero vicini un secondo prima e sentì l’odore di cui lei aveva lasciato la scia allontanandosi. Vivendo nella foresta non era abituato a quegli odori così.. buoni, così profumati. E pensò che probabilmente quello era il profumo più buono che avesse mai odorato.
Robin prese iniziativa per parlare e sussurrò il suo nome: -Regina..-
Lei era incerta se fidarsi o no, non aveva mai incontrato quell’uomo prima d’ora, però le dava l’impressione di essere solo un buon uomo protettivo nei confronti di una donna in difficoltà, e non era stato un incapace nel proteggerla, anzi, l’aveva portata in un luogo sicuro, aveva lasciato che riposasse in pace senza nemmeno svegliarla e si era rassicurato che lei non uscisse con la presenza di Daniel fuori nella foresta.
-Tu.. tu chi sei?- gli domandò incuriosita.
-Mi chiamo Robin, Robin di Locksley.- rispose lui porgendole la mano, che lei strinse con molto piacere.
-Purtroppo la tua reputazione non ti precede, ma qualcosa mi dice che non sei cattivo. Ma c’è un piccolo particolare. Tu sei un ladro, o sbaglio?- chiese lei con un sorriso, serrando gli occhi e inarcando leggermente la testa.
-Beh, diciamo che ognuno ha i suoi difetti, Mi Lady.- disse lui contraccambiando il sorriso ironico.
Regina gli si avvicinò, forse troppo vicino da aumentare il battito del cuore di Robin. Cosa aveva quella donna di particolare per farlo sentire così? Non gli era mai successo prima, o forse sì, ma molti anni indietro, quando era sposato con la donna che aveva messo al mondo suo figlio. Ma quella passione dentro di lui che si era creata stando insieme a Regina, gli era nuova. Non credeva di averla mai provata prima d’ora. Come poteva definire questa cosa? Questa situazione? Non lo sapeva nemmeno lui.
-Grazie per l’ospitalità, ma è meglio che io ora vada.-
-Regina, non ti conviene. Lui potrebbe essere ancora nei paraggi.-
-Sarò in grado di affrontarlo. Non posso continuare a fuggire, devo capire cosa sta succedendo.-
-Aspetta..- ancora una volta lui la fermò, prendendole una seconda volta il polso. Non poteva lasciarla andare via, era pericoloso per lei se fosse uscita di lì. –lui sa che ora tu sei qui dentro con uno sconosciuto. Ci ha visti entrare insieme. La sua ira potrebbe essere anche peggio di prima.- fece una pausa. -Dovrai passare la notte qui.-
Lei si lasciò sfuggire un sospiro e abbassò lo sguardo a terra pensando a cosa fare, se dare ascolto al ladro o rischiare di essere mangiata da chissà quale altro mostro. Così riposò gli occhi stanchi su di lui, assumendo in volto un’espressione seria.
-Fidati di me.- le sussurrò Robin.
Alla fine Regina cedette e i due passarono del tempo a chiacchierare sul divano dei vari argomenti principali della loro vita, i loro figli, il loro lavoro, anche se quello di lui non era proprio considerato tale, le loro abitudini e i loro cibi preferiti, e lui le confessò che quella non era la sua casa, visto che lei così l’aveva considerata, quando lo aveva ringraziato per “l’ospitalità”. Anche se in breve tempo, si stava istaurando un rapporto alquanto amichevole, il che era strano, visto che lei era solita a mettersi a distanza dalle persone che le stavano tra i piedi. Regina si accorse anche di una bottiglia di vino rosso posata sopra al camino, con accanto dei bicchieri di plastica ancora incartati. Non era il massimo bere vino dentro dei bicchieri così poco.. da atmosfera di camino acceso e candele profumate che davano una leggera luce alla stanza, ma potevano accontentarsi, infondo non avevano bisogno di una serata perfetta, anche se avevano parlato per circa tre quarti d’ora, erano comunque due sconosciuti, ancora.
A un certo punto Regina, guardandosi intorno, si azzardò a dire: -Non c’è molto da fare qui, credi che riusciremo a passare il tempo? Non sono il tipo che si annoia.-
Lui non negò di essere un po’ rimasto male a quelle sue parole, ma scherzandoci su le rispose, aggrottando la fronte: -E’ così che ringrazi le persone che ti aiutano? Dicendogli che sono noiose?-
Lei fece finta di non ascoltarlo, ridendo sotto i baffi e abbassando lo sguardo. Lui la guardava sorridere, ormai del rossetto che aveva sulle labbra non era rimasto più nulla, anche l’ombretto era praticamente sparito, le era rimasto solo un pizzico di matita e di rimmel sugli occhi, e lui in questo modo, così semplice e pura, la trovava ancora più bella del solito.
Regina rialzò lo sguardo, cercando di mostrarsi il meno divertita possibile e puntò il dito verso un angolo della stanza: -Lì c’è uno stereo e anche una presa, chissà se dentro ci sia qualche cd..-
Lui si girò verso il punto da lei indicato per poi domandarle: -Raramente mi è capitato di ascoltare musica, e mi piace. Hai avuto una buona idea, vado a vedere.-
Si avvicinò allo stereo e con mani che sembravano esperte, aprì la parte in cui vanno messi i cd e ne trovò uno dentro, intanto lei gli disse: -Non credo tu sia in grado di farlo funzionare.-
-Tu non lo credi. Sta a vedere!-
Indovinò quale fosse il pulsante di accensione ma purtroppo lo stereo non partiva, nel frattempo lei lo osservava e si fece scappare un sorriso divertito. Lui continuava a spingerlo più volte, emettendo dei sospiri di nervoso e accomodandosi a gambe incrociate davanti all’oggetto elettronico. Elettronico, appunto.
-Hai dimenticato di attaccare la spina.- disse Regina con aria da superiore.
-Stavi per caso insinuando che non me ne fossi accorto?- e si girò verso di lei che gli fece una faccia come per dargli ragione ma allo stesso tempo ironica.
Partì una canzone accompagnata da una musica lenta, che lei riconobbe.
-Enrique Iglesias. ‘Hero’ è il titolo. Deve esserci stato qualcuno qui recentemente, la canzone non è poi così vecchia.- dichiarò bevendo un altro sorso di vino.
Lui, orgoglioso di esser riuscito ad accendere la musica, si alzò andando incontro a lei.
-Due anni fa, qualcuno ha alloggiato per poco tempo qui dentro. Non so dirti bene chi fosse, non lo ricordo nemmeno, ma lo so perché giro molto da queste parti.-
Poi, in piedi davanti a lei, le porse la sua mano mentre il cantante aveva già iniziato con le prime parole della canzone: “Would you dance, if I asked you to dance?”. Non c’era bisogno che pronunciasse alcuna parola, ci pensò già Enrique Iglesias.
-Stai chiedendo a me di ballare?- chiese lei stupita soffermandosi molto sul complemento di termine.
-Lo so, che al contrario di me, la tua di reputazione ti precede e devo ammettere che ero anche indeciso se scegliere te o quella volpe.- aggiunse lui con fare spiritoso, riferendosi al pupazzo che era poggiato sullo schienale del divano.
Regina gli sorrise, sembrava che in quel momento non poteva farne a meno. Poggio il bicchiere di vino sul tavolino, e delicatamente posò la sua mano su quella di lui e la strinse per farsi alzare da una leggera spinta. Robin la portò in fretta verso di lui stringendola a se e cingendole i fianchi con un braccio. Intrecciò le dita con quelle di lei, gli venne spontaneo farlo e lo fece senza quasi rendersene conto, e lei sembrava esserne d’accordo. Poi portò le loro mani incrociate al petto di lui.
Non c’era più alcuna distanza, sembravano essere un solo corpo. La musica accompagnava i loro piccoli movimenti. Era un ballo rilassante in cui tutte le loro ansie e le loro paure sembravano essersi sciolte nell’aria. Non importava tutto il resto in quel momento, solo loro due e basta. L’unica cosa che sembrava lontana per entrambi, erano le labbra dell’altro. Erano consapevoli che non avrebbero potuto avvicinarle più di tanto, anche se non li avrebbe visti nessuno. Ma in tutti e due prevaleva la ragione. Non che il sentimento non fosse presente, a quanto pare aveva invaso anche l’anima di Regina, oltre che quella di Robin. Ma dovevano fermare le loro voglie e i loro desideri, si trattava di una sola serata infondo, e chissà, col tempo le cose sarebbero potute cambiare, così si rifiutarono di commettere errori a cui sarebbe stato difficile rimediare.
E se non fosse stato un errore? Questa domanda se l’erano posta entrambi durante il loro ballo. Regina era stupita di se stessa e dei pensieri che faceva, non si riconosceva in quel momento. Ma si era lasciata andare lo stesso tra le braccia di lui, e presa dall’aria così silenziosa invasa solamente dal suono della canzone, presa da quel modo in cui lui la stringeva come nessuno aveva mai fatto, nemmeno Daniel, e presa da quel movimento del pollice di Robin sulla sua mano che le faceva venire un groppo alla gola e sentire l’emozione che si era creata nella sua anima, lasciò andare la sua testa appoggiandola alla spalla di lui, come se si conoscessero da sempre, come se non avesse bisogno di niente in quell’istante, se non di stare insieme a un uomo che conosceva a malapena.
-Se vuoi che ci fermiamo, dimmelo.- sussurrò Robin all’orecchio di lei poggiandoci leggermente le labbra provocandole dei brividi sulla pelle.
-Nessuno te lo ha chiesto.- gli rispose con un filo di voce.
 
 
 
 
 
Personalmente, non mi piace molto questo capitolo, mi sembra tutto molto affrettato, ma non so, non ne sono sicura, quindi vorrei sapere voi cosa ne pensate :)

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