Love or Die

di Reika_Stephan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** 2. Prime incomprensioni ***
Capitolo 3: *** 3. Scintille ***
Capitolo 4: *** 4. Confessioni ***
Capitolo 5: *** 5. Bacio inaspettato ***
Capitolo 6: *** 6. Sapore amaro ***
Capitolo 7: *** 7. Stratagemma ***



Capitolo 1
*** 1. Un nuovo inizio ***


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Note autore:
Salve a tutti!
Questa storia è stata scritta da me e dalla mia migliore amica. Ci tenevo molto a postarla:
a differenza delle mie abituali storie, Love or Die è lunga,  è ricca di particolari e situazioni:
un vero e proprio racconto dettagliato della vita della sedicenne Reika Walter, dopo l'incontro con Stephan
Lordale
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1. Un nuovo inizio

 
 
 
Come ogni mattina, correvo per le scale perchè ero in ritardo.
Accidenti a quella stupida sveglia che non suona mai!
Non avevo neanche tempo per fare colazione, quindi mi precipitai fuori dal cancello di casa e, come se non bastasse, trovai a sbarrarmi la strada due camion enormi.
Oh, certo! Oggi arrivano i nuovi vicini!
Accantonai la curiosità per il ritorno a casa e, non avendo tempo da perdere, ricominciai a correre aggirando quei fastidiosi camion.
Ovviamente, dati i miei standard, un ulteriore intoppo non poteva mancare:
stavo svoltando l'angolo della strada e andai a sbattere contro qualcuno.
I libri, che nella fretta non avevo infilato nella cartella, mi caddero a terra.
Per la miseria! pensai, oggi non me ne va una giusta!
Mi chinai a raccoglierli e lo sconosciuto, con cui mi ero appena scontrata, fece lo stesso. Afferrai un libro mentre lui allungava la mano, e ci toccammo involontariamente. Così alzai lo sguardo.
Era un ragazzo che non avevo mai visto, eppure pareva avere la mia età o poco più. Era biondo, aveva gli occhi scuri - quasi neri - ed era molto, molto carino.
'Ehm... scusa, non ti ho visto.'
'Non importa, ecco i libri.'
'Grazie.'
Ci rialzammo. Era abbastanza alto e aveva un fisico niente male.
Mi resi conto che fissarlo a quel modo non era educato e abbassai lo sguardo imbarazzata, e solo successivamente, mi tornò in mente che ero incredibilmente in ritardo.
Lo superai correndo: 'Scusa, adesso devo andare!'
Arrivai a scuola giusto in tempo per la campanella, entrai in classe esausta e mi misi a sedere, accanto alla mia migliore amica, Diana.
'Ce l'hai fatta per un pelo!'
'Già'
Il professore  mi aveva avvisata: un altro ritardo e finivo in presidenza.
Eppure il professore entrò almeno dieci minuti dopo, se non più tardi.
‘Buon giorno, ragazzi!’
‘Buon giorno, professore!’,  rispondemmo in coro.
‘Oggi per prima cosa, vorrei presentarvi un nuovo alunno,’  un ragazzo entrò in classe ‘ si chiama Stephan Lordale,  è giunto qui a Beath Valley da New York!’
‘Buon giorno a tutti.’
Davanti alla mia classe, nella sua nuova e perfetta divisa scolastica, se ne stava sorridente il ragazzo biondo con cui mi ero scontrata quella mattina.
‘Molto bene, vi lascio fare un pò di conoscenza. Siediti lì, è l’unico posto libero’.
Imbarazzata a morte, mi resi conto che si sarebbe seduto esattamente accanto a me. Alla mia sinistra.
‘E’ proprio carino!’  affermò Diana, soddisfatta.
‘Eccome!’ concordai.
Erano, ormai, quasi tutti assiepati attorno al suo banco. Mi sarebbe piaciuto avvicinarmi e dire con nonchalance ‘ Ciao. Sì, sono quella che ti ha investito stamattina. A tal proposito, scusa ancora!’.
Invece me ne stavo seduta come una codarda, troppo imbarazzata per farlo.
‘Ciao! Sbaglio o sei la ragazza dello scontro di questa mattina?’
Mi voltai sorpresa: era venuto lui.
‘C-ciao! Si, sono io. Mi dispiace per lo scontro, ero in ritardo ...’
‘Non preoccuparti! Molto piacere, come avrai capito, io sono Stephan. Tu sei?’
‘Reika. Reika Walter, piacere’
Lui mi fissò in modo strano e mi sorrise.
‘Ragazzi, tutti a posto! Cominciamo la lezione!’
Passai il resto del tempo a sbirciare verso di lui, finchè la campanella non annunciò l’intervallo.
Feci per alzarmi.
‘Scusa, Reika ...’
Mi voltai. ‘ ... Stephan, dimmi!’
‘Ecco, protresti farmi fare il giro della scuola? Il professore mi ha consigliato di farmi accompagnare da qualcuno di voi, durante l’intervallo’.
Rimasi imbambolata per qualche secondo. ‘ S-sì, certo! Andiamo!’
 
Girammo l’intero istituto a partire dalla nostra classe, all’infermeria, fino alla palestra. Così, ritenni che Stephan oltre che carino, fosse anche simpatico e gentile. Anche se, a dirla tutta, non ero sicura del suo carattere: a volte mi fissava in modo strano o rideva mentre gli spiegavo - in modo normalissimo.. anche se un pò impacciato -  a cosa servisse questa o quell’altra aula.
 
‘Eccoci al punto di partenza, hai visto tutto!’
‘Grazie per avermi accompagnato!’
‘Figurati, è stato un piacere.’
Ci sedemmo ai nostri posti. Diana mi fissava, piena di curiosità.
‘Allora? Raccontami tutto!’
‘ Cosa dovrei raccontarti? Abbiamo solo fatto il giro della scuola!’
Lei mise il broncio, delusa dalla scarsità di dettagli del mio racconto: ‘Sì, ma ha chiesto a te di accompagnarlo!’
‘E allora? Forse si sentiva più in confidenza, non lo so..’
‘Non dire sciocchezza, ha parlato con traquillità con tutti questa mattina. Eppure ...’
‘Oh, ma per favore!’
Di certo mi avrebbe fatto piacere credere che quel ragazzo, mi trovasse in qualche modo interessante ma era alquanto improbabile ed era inutile farsi film mentali.
‘Bene, pensala come vuoi...’ continuò lei, con l’espressione di chi la sa lunga: ‘ ma se tu hai ragione, allora perchè ti sta fissando?’
Rimasi interdetta e bloccai l’istinto di voltarmi a controllare: ‘ Deve essersi accorto che parliamo di lui, quindi ora basta!’ Tagliai corto.
Cinque minuti dopo la campanella suonò, e raccolsi le mie cose.
‘Che peccato,’ disse Diana, fissando la porta, ‘è già andato via!’
‘Forse andava di fretta, l’ho visto parlare al cellulare...’
‘Sì, con sua madre. Ho sentito per caso, mentre rispondeva’.
Alzai un sopracciglio: ‘Hai origliato, vero?’
‘Come? No! Cosa dici ...’
‘Certo, certo’ risposi scettica.
‘Beh, io vado! A domani’.
‘A domani!’
Tornai di mala voglia a casa, perchè in realtà mi sarebbe piaciuto sapere altro sul nuovo arrivato - anche se non intendevo dirlo a Diana, era già abbastanza imbarazzante sopportare le sue improbabili supposizioni -.
Spalancai la porta e urlai, come di consueto: ‘Sono tornata!!!’
Mia madre mi corse incontro: ‘Reika! Non urlare!’
Avvenimento insolito: le mie urla non l’avevano mai infastidita. Di solito anche lei, in risposta, urlava qualcosa come ‘Ben tornata!!’ oppure ‘Vieni a darmi un mano!!’.
‘Perchè?  Che succede?’
‘I nuovi vicini! Sono qui, sono venuti a presentarsi! E tu devi essere educata, vieni a salutarli muoviti!’
L’idea non mi entusiasmava affatto. ‘D’accordo’, entrai in salotto.
‘Ecco, lei è mia figlia. Reika’.
‘Buon pomeriggio! E’ un piacere conoscervi’ dissi un pò a disagio.
Sul divano vidi una donna elegante dall’aria simpatica e accanto a lei sedeva un uomo altrettanto elegante, ma più serio.
‘ E’ un piacere anche per noi! Io sono Ermione, lui è mio marito Alexander’, lui mi sorrise con un cenno del capo, la moglie continuò: ‘Tu e mio figlio non vi siete ancora conosciuti? Lui è Stephan.’
Mi voltai di scatto, verso la poltrona dall’altra parte della stanza. E lì, c’era seduto Stephan, che entrando non avevo per niente notato.
Stephan è il mio vicino di casa! Ecco perchè era qui davanti stamattina, come ho fatto a non capirlo!
‘Stephan!’ esclamai sorpresa.
Tutti mi fissavano. Mi diedi un contegno imbarazzata: 'Ecco...  andiamo in classe insieme, ci conosciamo già.’
Mia madre mi prese le spalle da dietro: ‘Oh, bene! Visto che vi conoscete già, Reika, perchè non lo porti a fare un giro?’
‘Ce-certo!’
Mia madre e lei sue idee. Accidenti.
‘Oh, ma che idea deliziosa!’ esclamò Ermione.
‘Perchè no?’ disse Stephan alzandosi. Aveva sempre un’aria tranquilla e soddisfatta, come se non avesse alcun problema per la testa.
 
‘Allora Reika, dove si va?’
Beath Valley era una piccola valle assolata: ci conoscevamo tutti, le case erano tutte simili- con giardini piccoli ma curati gelosamente - ,intervallate da qualche villa - come quella enorme in cui viveva lui ora -. La valle si affacciava sul mare: io lo consideravo un piccolo paradiso terrestre.  Le voci sulla famiglia che mi si era stabilita di fianco, dicevano che l’uomo che aveva comprato la villa più grande della valle era ricco, e a capo di una grossa azienda e che si stabiliva qui per qualche anno, per affari da concludere da queste parti.
‘Non so.. Che ne dici della spiaggia? Per arrivarci dobbiamo fare un bel giro, quindi vedrai molto!’
‘Ci sto, bell’idea!’
‘Mi piace molto adare in spiaggia, specie a quest’ora! Inoltre ho scoperto un posto con una vista pazzesca! Vedrai!’
 
Quando arrivammo, lo scortai verso gli scogli finchè non giungemmo al posto di cui parlavo: uno scoglio molto alto, difficile da individuare ma facile da scalare. Si affacciava sul mare che infrangeva le onde ai suoi piedi, tirava un leggero venticello, il cielo era un misto di arancione e violetto, il sole calava.
‘E’ splendido!’
‘Che ti dicevo? E’ il posto perfetto!’
Ci sedemmo lì e chiacchierammo per un bel pò: di lui, delle sue vecchie amicizie, della sua vita a New York, poi di me.
‘Quindi, abiti qui da quando sei nata?’
‘Sì, da sempre.’
‘Anche la tua amica?’
‘Chi?’
‘La ragazza con cui hai parlato per tutta la lezione da quando siamo tornati in classe, con il banco accanto al tuo.’
‘Diana, vuoi dire. Sì, anche lei. Siamo cresciute insieme, è la mia migliore amica.’
‘Beh siete affiatate di certo, non avete smesso un attimo di parlare!’ disse ridendo lui.
Lo guardai male: ‘Avevamo delle cose da dirci.’
‘L’ho notato!’ continuò a prendermi in giro.
Cominciava a darmi sui nervi.
‘Ho anche notato che un ragazzo ti fissava con insistenza in classe. E quando mi hai mostrato la scuola, si è innervosito. Mi guardava quasi con odio’ cocluse, sempre ridendo.
‘Quale ragazzo?’
‘Gabriele Fridon. Ha il banco dietro al tuo.’
‘Ah, Gabriele! Ma no, è solo un amico! Un pò protettivo forse, ci conosciamo dall’asilo.’
‘Questa l’ho già sentita!’
Mi voltai, spazientita: ‘ E’ solo un amico, ti dico!’
‘Da parte tua, forse.’
Gabriele? Interessato a me? Ma per favore!
‘Non ci credo.’
‘Come vuoi.’
Cosa ne voleva sapere lui? Era arrivato da un giorno e pretendeva di saperne più di me su Gabriele che conoscevo da una vita?
‘E tu allora? Hai fatto scalpore, a dir poco, con le ragazze oggi!’
‘Forse, ma non m’interessa!’
‘Nemmeno una? Ce ne sono talmente tante! Hai solo l’imbarazzo della scelta!’
Il che era vero, ragazze che se lo mangiavano con gli occhi ce n’erano a bizzeffe oggi! Me compresa, ma era bello quanto insopportabile.
‘Beh, tu mi sei simpatica’ rise lui, ‘ anche se trovo che a volte hai un pò la testa fra le nuvole!’
‘Non credo affatto che sia così,’ risposi offesa ‘ sono una persona molto attenta!’
‘Dipende,’ rispose lui ostentando una faccia da saputello ‘ ti ho studiata, sai. Sei attenta a dettagli e particolari quando una cosa ti interessa davvero, il che implica la tua distrazione da tutto il resto. Per esempio ora sei particolamente attenta a quello che sto dicendo, ti interessa sapere cosa penso dunque. In classe invece, la lezione non l’hai seguita per niente: o trovi la matematica noiosa o quello di cui ti parlava Diana era così interessante, da farti dimenticare il resto.’
Ebbene sì, era un ottimo osservatore. Non per questo mi sarei presa la briga di dirglielo.
‘Si è fatto tardi, dobbiamo tornare!’ dissi alzandomi.
‘Hai ragione’ concordò lui, alzandosi e fissando il sole ormai sparito oltre l’orizzonte.
 
 ‘Oh bene, cominciavo a preoccuparmi!’  disse mia madre, quando rientrammo in salotto.
‘Oh, signora Walter! Saranno stati in giro a divertirsi!’, Ermione mi rivolse un enorme sorriso: ‘Comunque, ora dobbiamo rientrare a casa. Spero che voi due siate diventati amici.’
Amici? Non mi pareva proprio. Non aveva fatto altro che prendermi in giro no?
‘ Certo che sì, Reika è molto simpatica.’
Mi stupii. Forse, anzi sicuramente, lo diceva solo per gentilezza. Perchè altrimenti criticare una persona che trovi simpatica?
‘Arrivederci signora Walter’ disse Alexander.
‘Sì, arrivederci signor-’ mia madre interruppe Ermione ‘Oh, può chiamarmi Sara!’
‘Grazie, Sara. E dammi pure del tu! Credo ci troveremo bene qui!’
Mia madre e quella di Stephan sembravano quasi amiche di vecchia data. Convenevoli a parte, andavano veramente daccordo.
Stephan si rivolse a me: ‘Allora a domani, Reika.’
Mi sorrise. ‘A domani...’ risposi perplessa.
 
Appena uscirono di casa, corsi di sopra, in camera mia. Imposi a me stessa di non pensare a lui, di non chiedermi cosa veramente pensava di me o cosa veramente io pensavo di lui e mi misi a dormire.

 

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Capitolo 2
*** 2. Prime incomprensioni ***


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Note autore:
Ed eccoci con il secondo capitolo!
Spero che vi piacerà, e che in molti seguiranno questa storia: il meglio deve ancora venire!
Qualche recensione magari?
Mi accontento anche di poco! E ben vengano consigli e critiche!
Detto questo, buona lettura!

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2. Prime incomprensioni


Il mattino dopo, quando mi svegliai, mi sorpresi nello scoprire che ero ampiamente in anticipo.
Mi preparai con calma e corsi di sotto: ‘Buon giorno, mamma!’
‘Reika?’ rispose lei affacciandosi dalla cucina, come se avesse visto un miracolo, ‘sei già in piedi? Mi sorprendi!’
Risi condividendo a pieno la sua sorpresa: ‘Beh, volevo fare colazione. Per una volta!’
 
Quando uscii dal cancello di casa, vidi Stephan fare lo stesso dalla sua villa.  Ora che ci pensavo, Stephan doveva essere incredibilmente ricco: quella villa era stata disabitata per anni!
‘Reika.’ Mi salutò, chiudendo il cancello.
‘Buon giorno, Stephan.’
‘Andiamo a scuola insieme?’ mi chiese, con un sorriso da mozzare il fiato.
‘Certo!’
‘Oggi non sei in ritardo, vedo’ osservò quando ci avviammo.
‘E tu come fai a sapere, che sono sempre in ritardo?’ chiesi perplessa.
Lui rise. ‘Non lo sapevo. Sapevo che lo eri ieri, però.’
‘Giusto, ti sono finita addosso...’
‘Infatti’ annuì tranquillo: ‘Quindi di solito sei una ritardataria?’
Oh, bene! Adesso mi lasciavo anche sfuggire informazioni imbarazzanti!
‘Diciamo di sì...’ dissi con indifferenza, sperando che non ricominciasse a fare ironia su di me.
 
Per fortuna il tragitto fu breve. Spalancai la porta dell’aula e urlai: ‘Buon giorno!!!’
Lui fu più pacato, entrò con calma e sorrise: ‘Buon giorno.’
Alzai gli occhi al cielo, alla risposta delle ragazze sognanti e presi posto. Ma per la prima volta, mi accorsi del comportamento di Gabriele: sembrava nervoso. Quando lo salutai mi rispose con un brusco cenno del capo, quasi risentito e si volse guardando Stephan in cagnesco.

Forse allora, anche se mi dispiaceva ammetterlo, Stephan aveva ragione.                                                     
Come diavolo avevo fatto, a non accorgermene prima? Lo conoscevo da una vita e c’era voluto uno sconosciuto di New York per farmelo capire? Non riuscivo a crederci.

‘Signorina Walter, mi ascolta?’
Diana mi diede una gomitata, il professore mi stava chiamando da un bel pò.
‘... Oh, mi scusi... cosa?...’
‘Risponda alla domanda, per favore.’
Domanda? Quale domanda?
‘Radice quadrata di ventitrè’, sentii sussurrare.
‘Ecco, è la radice quadrata di ventitrè?’
Il professore mi guardò, severo: ‘Corretto.’

Tirai un sospiro di sollievo e mi voltai a ringraziare Stephan - era stato lui a suggerirmi la risposta -.
‘Non c’è di che. A quanto pare anche oggi hai la testa da un’altra parte.’
Mi fece l’occhiolino e io, mio malgrado, sorrisi.
‘Professore? Posso uscire, per favore? Non mi sento bene..’
Gabriele, in piedi dietro di me, fissava il pavimento con sdegno.
‘Certo, và in infermeria’ disse il professore, prima di voltarsi e continuare la lezione.
Gabriele si avviò e disse qualcosa a Stephan prima di uscire. Il che era strano, non gli aveva mai rivolto altro che sguardi truci.
Qualche minuto dopo, Stephan chiese di andare in bagno.

Fu solo a quel punto, che cominciai a credere davvero che Gabriele nutrisse per me qualcosa di più che semplice amicizia e che il suo non era essere prottettivo. Gabriele era geloso. Ed era stato forse lui, a chiedere a Stephan di uscire? Era questo che gli aveva sussurrato?

Balzai in piedi: ‘ Professore! Io devo assolutamente andare in bagno! E’ molto urgente!’
Il professore mi guardò allibito, e constatata la mia fretta, mi lasciò uscire.
Appena uscii non vidi nessuno, ma subito dopo sentii delle voci da dietro l’angolo del corridoio. Erano loro.
Mi nascosi dietro la porta del bagno delle ragazze e origliai:
‘...perchè dobbiamo mettere in chiaro alcune cose.’
‘Dimmi pure’ rispose la voce di Stephan in tutta tranquillità.
‘Sei nuovo di qui e capisco che tu stia cercando di ambientarti..’ cominciò Gabriele, ‘ma devi sapere che Reika interessa a me da un pò di tempo e non voglio che tu le ronzi intorno. Lasciala in pace, chiaro?’
Seguì un breve silenzio, poi: ‘Mi dispiace, ma non posso farlo. Ora, se questo è tutto, torno in classe.’
‘Cos-.. aspetta ma..’
Sentii Stephan rientrare e qualche attimo dopo, anche Gabriele. Io feci lo stesso, ancora confusa da quello che avevo sentito.
Stephan, quando mi vide rientrare mi guardò per un attimo, poi tornò al professore. Gabriele invece, si fissava i piedi imbronciato. Non sembrava essersi accorto della mia assenza.

Ripensai alla loro conversazione: omai era chiaro, Gabriele era interessato a me. Era geloso di Stephan e gli aveva chiesto di non ronzarmi intorno. E Stephan... aveva detto che non poteva non farlo. Perchè aveva detto così? Non capivo, lo aveva detto solo per non dare soddisfazione a Gabriele? Perchè voleva fare quello che gli andava di fare e non gli sembrava giusto prendere ordini da qualcuno? O c’era altro...?

‘Signorina Walter, insomma!’
Il professore, di nuovo. ‘Oh... mi scusi...’
‘Oggi ha la testa fra le nuvole?’
Oh, già me lo sentivo, quel sapientone del mio vicino di casa che rideva di me compiaciuto!
‘No, per niente!’ risposi con foga, innervosita da quel pensiero.
‘Siamo impertinenti oggi? Bene, allora mi dica la definizione di...’
La campanella suonò in quel momento, per mia grandissima fortuna e il professore non concluse la domanda.

‘Fortuna spacciata!’ esclamò Diana, ‘Reika, mi spieghi che ti succede? Mi sembri perplessa, oggi non mi hai neanche rivolto la parola!’
‘Ma no!’ dissi scuotendo la mano, ‘ero solo annoiata dalla lezione, tutto qui!’
‘Non dirmi, che credi davvero di convincermi con questa scusa?’
La lezione successiva era iniziata e rimandai il discorso fino a fine giornata. Non che non volessi dirglielo, ma avevo la netta sensazione che quello che avrebbe detto lei su questa faccenda, mi avrebbe solo confuso ancora di più. Comunque, arrivò il momento di tornare a casa.

‘Allora, Reika?’, riprese lei, che non si era affatto persa d’animo.
‘Cosa... e va bene, te lo dico. Allor-’
‘Reika? Andiamo a casa insieme?’ mi interruppe Stephan.
‘Oh, certo! Diana, senti, ti racconto domani, va bene?’
‘Dovremo fare una bella chiacchierata’, annuì lei.
‘Certo, ciao!’
 
Io e Stephan uscimmo di scuola. ‘Il tuo amico è un bel pò geloso, per essere solo un amico!’
Rimasi interdetta un attimo dalla sua schiettezza, poi feci la finta tonta: ‘Che? Perchè?’
‘Diciamo che preferibbe che ti stessi alla larga.’
‘Ma tu, a quanto vedo, non lo ascolterai, giusto?’
‘No, infatti.’
‘Perchè?’ chiesi di getto, curiosa.
Lui si strinse nelle spalle: ‘Non posso starlo a sentire.’
Nuovamente perplessa da quell’affermazione, non potei fare a meno di continuare: ‘Perchè non puoi?’
Lui si voltò a guardarmi, sorridendo: ‘Perchè? Dovrei?’
Sbattei le palpebre: ‘N-no. Cioè, non lo so. Come vuoi tu...’
Lui annuì: ‘Bene, quindi non lo farò.’
Mi squillò il cellulare e presi a trafficare nella mia cartella: ‘Scusa un attimo... Pronto?’
‘Reika?’
‘Diana, che succede?’
‘Senti, stasera pensavo di uscire dato che il mio Luca, è finalmente tornato dalle vacanze con la famiglia! Vieni anche tu? Puoi chiedere anche a Stephan, ti abita accanto no?’

Non fui sorpresa da quella richiesta: Diana aveva mostrato molta simpatia nei confronti di Stephan e lui stesso a scuola, se ne stava spesso con noi. Diana voleva sicuramente che Stephan facesse amicizia con Luca ed è inutile che spieghi a cos’altro aspirasse, facendolo uscire con me.

‘Sì, è qui glielo chiedo subito!’, mi rivolsi a lui, che mi guardava incuriosito: ‘Diana ci ha invitato a uscire. Ci sarà anche Luca. Sai, il suo ragazzo che ancora non hai conosciuto.’
Stephan annuì, probabilmente ricordando il lungo blaterare di Diana su di lui: ‘Certo, a che ora?’
‘Per che ora?’, ripetei a Diana.
‘Ci incontriamo al solito parco, alle sette di stasera. Va bene?’
‘A stasera, allora!’, riagganciai. ‘Al parco, alle sette!’
‘Bene. E dato che non ho alcuna idea di quale parco tu stia parlando, nè di dove si trovi, ti aspetterò al cancello di casa’, e si fermò proprio lì, visto che eravamo arrivati: ‘Cinque minuti prima delle sette, va bene?’
Risi: ‘ Hai ragione e sì, dovrebbero bastare!’
‘A dopo, allora!’
‘A dopo!’
Rientrai in casa correndo e, dopo aver urlato un saluto, mi precipitai nella mia stanza per scegliere cosa mettere quella sera.
Avevo appena aperto l’armadio, quando in cellulare squillò di nuovo.
‘Pronto?’
‘Sono sempre io, sei sola?’
‘Sì, perchè che succede?’
‘Non succede niente. Pretendo solo di sapere che succede a te!’
Ovviamente era troppo, chiedere a Diana di aspettare fino a domani: ‘ E va bene, ti racconto...’
Le dissi in ogni dettaglio, tutto quello che era accaduto: lo scontro e primo incontro con Stephan, la scoperta che fosse il mio vicino di casa, la chiacchierata in spiaggia e la coversazione tra lui e Gabriele.
Oooh!’, fu il suo commento finale.
‘Che ti prende?’
Tu gli piaci!’ disse, sempre con quel tono sognante.
‘Ma smettila! Anche se ha detto così, mi prende sempre in giro e pensa che io sia una di tonta, continuamente distratta ... con la testa fra le nuvole!’ risposi ancora risentita, da quella sua affermazione.
‘Sveglia, Reika! Non ha mica detto che gli da fastidio questo tuo comportamento!’
‘Ah, non lo so... E poi lo dici come se avesse ragione! Io non son-’
‘Te lo dico io,’ continuò lei, ignorando la mia indignazione ‘l’hai colpito appena ti ha vista!’
Alzai gli occhi al cielo: ‘Senti, ne riparliamo! Ora riaggancio!’
‘Va bene, ci vediamo tra poco!’
Non mi andava per niente, di ascoltare le sue congetture. E, ad essere sincera, non tanto perchè mi fossero sgradite. Affatto. La verità era che non volevo illudermi:  la sue storielle erano troppo rose e fiori. Ma lei era così, era il suo modo di dimostrarmi che per me voleva il meglio.

Alla fine scelsi un abitino semplice ed adatto al caldo che faceva fuori: bianco a bretelle. Aggiunsi una cintura nera stretta in vita e le mie semplici e comode ballerine nere.
Scesi di sotto e guardai l'orologio: erano già le sette! Ah, la solita ritardataria!
Corsi verso la porta di casa, ma mia madre mi chiamò. Ci mancava solo lei!
‘Reika? Dove stai andando?’
‘Esco con degli amici!’
‘Quali amici?’
Mi misi le mani sui fianchi, spazientita: ‘Diana, Luca e Stephan! E ora, devo proprio scappare, sono già in ritardo!’
‘Tipico!’ osservò lei, scuotendo il capo, ‘Vai, muoviti e fà attenzione!’
‘Ciao!’, la salutai uscendo in tutta fretta.
Quando mi precipitai fuori dal cancello, lui era lì che mi aspettava.
Se ne stava elegantemente poggiato al cancello, e sorrideva sotto i baffi. Cosa che mi diede non poco sui nervi.
'Scusa il ritardo' dissi con diffidenza. Anche se, ora che lo guardavo meglio, era anche più bello del solito: jeans, camicia nera, scarpe nere.
Oh, è fastidiosamente mozzafiato.
‘Non importa’, mi studiò da capo a piedi, poi sorrise: ‘Sei molto carina, stasera.’
‘Oh,’ dissi imbarazza, scostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ‘grazie. Andiamo?’
 
Arrivammo con cinque minuti di ritardo, eppure Diana e Luca non c'erano.
Era piuttosto strano; Diana era precisa e puntigliosa, odiava arrivare in ritardo.
‘Strano,’ osservai ad alta voce ‘non ci sono ancora.’
‘Già. Forse stai contagiando anche Diana.’
Ha-ha ’, dissi lanciandogli un occhiataccia mentre lui se la rideva, ingnorando il mio fastidio, ‘impossibile, Diana non arriverebbe mai in ritardo. Dev'esserci stato un'imprevisto, ora la chiamo.’
Composi il numero a memoria.
‘Pronto?’
 ‘Diana? Perchè non siete ancora qui? Che succede?’
‘Stavo proprio per chiamarti! La nonna di Luca non sta bene, lui deve occuparsene. Credo che andrò con lui. Mi dispiace, dobbiamo rimandare!’
‘Oh, va bene. Sarà per un'altra volta!’
 
‘Cosa ha detto?’
‘Che la nonna di Luca non sta bene e quindi non verranno. A questo punto che facciamo? Torniamo a casa, no?’
Cominciai a camminare, ma Stephan mi fermò per un braccio.
‘Dove stai andando? Visto che siamo qui, tanto vale farsi un giretto, no?’
‘Oh, d'accordo. Dove vuoi andare?’
‘Mangiamo qualcosa?’
Annuii, ‘c'è un ristorante qui all'angolo!’
 
Mangiammo tranquilli e chiacchierammo ancora una volta di lui e dei suoi spostamenti:
a quanto pare da qualche anno, Stephan aveva cambiato scuola spesso. Ma a New York aveva la sua vita e i suoi amici, che a quanto pare gli avevano promesso una visita da queste parti, prima o poi.
Mi chiesi che tipi fossero, di sicuro erano ricchi quanto lui.
 
A fine serata, lui decise di andare in spiaggia. E tornammo nel mio posto preferito, per ammirarlo anche di notte.
Fu lui, questa volta, a riempirmi di domande. Non che ci fosse molto da raccontare, insomma niente viaggi super-costosi, niente ville stratosferiche in ogni città conosciuta.
Seppe che mio padre era fuori per lavoro, ma che sarebbe tornato a breve, che ero stata io a presentare Diana e Luca, che Gabriele e Diana si odiavano ai tempi dell'asilo e che si contendevano la mia amicizia, e altre storie del genere.
Mentre parlavo, guardavamo le stelle riflesse sul mare: ‘E' davvero bello qui. Pensa se Gabriele ci vedesse!’
Scossi il capo, ancora un pò incredula. Dopo che ebbi ripercorso i vecchi tempi, mi era un pò più difficile figurarmi un Gabriele innamorato di me.
‘Ci eravamo un pò allontanati negli ultimi tempi. Sai, passo molto più tempo con Luca che con lui, ormai. Certo, ci salutiamo. Se ci troviamo in giro ci facciamo un giretto assieme a lui e i suoi amici. Ma era sempre lo stesso, per me. Il solito amico di vecchia data, di cui hai conosciuto ogni fase di crescita e che non riusciresti mai a guardare diversamente. E invece! Ah, non dovrebbe essere così geloso...’
Stephan scostò lo sguardo dal cielo per guardarmi: ‘Non dovrebbe, perchè?’
Mi strinsi nelle spalle: ‘Non ho mai cambiato atteggiamento verso di lui, non gli ho dato modo di sperare. Credo che lui sia consapevole del fatto, che non lo vedrò mai diversamente. Dovrebbe pensare ad altro, ecco.’
‘Forse lo sa, ma è piuttosto ostinato. A me ha detto chiaramente che non dovrei neanche parlarti.’
‘Già,’ mi voltai a guardarlo anch'io  ‘ma tu non puoi farlo, giusto?’
‘Giusto.’
‘Non capisco. Perchè non puoi? Mi conosci da poco, dovresti essere in grado di lasciarmi perdere facilmente.’
Rise: ‘Non saprei, forse sarebbe meglio dire che non voglio. Sei interessante, da quando ti ho vista mi è venuta voglia di conoscerti. Perchè dovrei lasciar perdere? Per fare un favore a Gabriele?’
Continuai a guardarlo sorpresa: ci avevo pensato certo, ma non mi aspettavo lo dicesse in modo così diretto. Nè mi aspettavo che saperlo, mi colpisse a tal modo.
Divertito dalla mia espressione, scoppiò a ridere e si alzò: ‘Dovremmo andare, si è fatto tardi!’
 
Eravamo ormai, quasi a due passi da casa mia ma ero ancora troppo imbarazzata per alzare lo sguardo. Insomma, aveva detto che in qualche modo gli piacevo?
‘A domani allora!’ disse lui, e si chinò a baciarmi la guancia. Arrossii e mentre si allontanava, sentii il suo profumo.
‘A domani.’
Fu a quel punto, voltandoci, che ci accorgemmo di Gabriele, fermo davanti casa mia.
Si avvicinò a Stephan e lo spinse contro il cancello. Non lo avevo mai visto così. Stephan lo allontanò con uno strattone.
Afferrai Gabriele per un braccio: ‘Ma che ti prende?!’
‘Reika, io ...’
‘Ascolta, ti conosco da una vita e ti voglio bene, ma non ti giustifico. Mi dispiace, ma non è un tuo problema con chi esco o con chi parlo. Lo sai anche tu che non ti porta a niente, sai in che modo tengo a te. Smetti di comportarti così.’
Lui mi guardava affranto: ‘Ero venuto a parlarti, ti stavo aspettando e io...’ abbassò lo sguardo, poi guardò Stephan: ‘Mi dispiace...’, se ne andò subito.
‘Scusalo, lui non è così.’
‘Lo so, non preoccuparti. E' tempo di rientrare, a domani!’
Anch'io rientrai e cominciai a salire le scale per chiudermi in camera. Mi sentivo alquanto stanca e non vedevo l’ora di dormire.
 
Il mattino dopo avevo la febbre alta.
Mandai un messaggio a Diana. E decisi di chiamare a casa di Stephan, perchè non mi aspettasse.
‘Casa Lordale, chi parla?’
‘ Ehm, sono Reika Walter. Posso parlare con Stephan Lordale?’
‘Glielo passo subito.’
Avevano una schiera di domestici alle loro dipendenze? Mi chiesi distrattamente, poi sedetti, la febbre mi stordiva.
‘Pronto?’
‘Stephan, sono Reika. Ecco, ho la febbre alta, non verrò a scuola. Volevo evitare che mi aspettassi a vuoto...’
‘Oh, grazie dell’avviso. Ci vediamo più tardi.’
‘Più tardi?’
‘Certo, verrò a trovarti! A dopo, devo andare.’

Tornai a letto e ci rimasi per tutto il giorno. Mia madre aveva avvisato la sua assenza a lavoro, per quanto io le avessi detto che potevo cavarmela da sola. Apprensiva com’era, non l’avrei convinta neanche se fossi riuscita almeno ad alzarmi dal letto.
Più tardi, sentii il campanello suonare e nascosi il viso sotto le coperte.
Oh, era venuto sul serio! E mi avrebbe trovato in questo stato pietoso!
Bussarono: ‘Reika, siamo noi!’
Diana, Luca e Stephan entrarono nella mia stanza.
Feci capolino dalle coperte: ‘... ciao.’
‘Allora come stai?’

Diana e Luca, sapevano benissimo che quando ero ammalata, diventavo pressoché intrattabile: non prestavo attenzione a niente, volevo dormire di continuo, mi intestardivo se qualcuno voleva darmi una mano e il giorno dopo ero allegra e pimpante, come se niente fosse successo - il che era anche merito di mia madre, che mi preparava un qualcosa simile a brodino, disgustoso quanto miracoloso -. Stephan era stato sicuramente informato: mi guardava divertito, attento alle mie reazioni.

‘Mpf ... meglio, grazie.’
Rimasero lì per un pò, a sopportarmi, poi Luca si alzò: ‘Senti, noi dobbiamo proprio tornare da mia nonna! Sbrigati a guarire!’
‘Vedrai che domani sarà di nuovo in piedi!’ aggiuse Diana, che si era alzata co lui.
‘Sì ’ annuii, alzando la coperta fino al naso.
Rimaneva solo Stephan, che continuava a studiarmi curioso: ‘Forse ieri non saremmo dovuti andare in spiaggia, hai preso freddo.’
Sbuffai,  portando la coperta al mento: ‘Guarirò presto.’
‘Hai una faccia, non riesci nemmeno ad alzarti vero?’
Scossi la testa: ‘Capogiri da paura,’ dissi ‘ ma ci sono abituata’ aggiunsi con ritegno.
La porta si spalancò all’improvviso, mia madre entrò blaterando :
‘Reika, come stai? Mi hanno chiamato dal lavoro! Ah! Mi avevano assicurato che non avevano bisogno di me, oggi. “Non preoccuparti,” dicevano  “pensiamo a tutto noi!” e poi che mi combinano? Il locale pieno e loro non ce la fanno da soli! Come se io fossi Superman! Che massa di incompetenti!’ continuò a brontolare per la stanza, gesticolando. Alla fine, si decise a fermarsi: ‘Devo andare a metterli in riga, tornerò il più presto possibile. Ce la fai, da sola?’
Sbuffai indignata: ‘Certo che ce la faccio! Non ho bisogno di n-’
‘Non si preoccupi signora, rimarrò io con lei.’
‘Oh, grazie Stephan! Sei un tesoro! E chiamami Sara!’, si avviò verso la porta, poi si voltò: ‘Tienila d’occhio, è testarda da far paura.’
Uscì dalla stanza. Guardai Stephan, con l’intezione di assicurargli che potevo cavarmela benissimo da sola ma sentimmo urlare dall’entrata: ‘Il brodino è pronto in cucina!’ e poi la porta chiudersi.
Passarono dieci minuti, poi mi misi a sedere. La testa mi girava: ‘Vado in cucina a prenderlo.’
‘No, vado io! Sta giù!’ disse lui alzandosi.
Lo ignorai e scesi dal letto: ‘Ce la faccio!’ mi intestardii.
Lui mi prese per le spalle: ‘Due minuti fa mi hai detto dei capogiri, non crederai che ti permetta di scendere e scale!’
‘Sto benis-’
Non riuscii a concludere la frase, la testa mi girava così tanto da darmi il voltastomaco e un’attimo dopo, la vista mi si oscurò.
 
Quando rimpresi conoscenza, capii che ero sotto le coperte e che qualcuno mi aveva sistemato un panno bagnato sulla fronte. Sentii poi, un respiro sul viso: aprii gli occhi lentamente e li richiusi subito.
Stephan mi stava baciando. Durò un attimo.
Ancora un pò stordita, riuscii solo a pensare: Perchè?
Mi tolse lo straccio dalla fronte, mi mossi e azzardai ad aprire gli occhi.
‘Finalmente! Mi stavo preoccupando!’ mi sorrise lui.
Borbottai e mi rialzai la coperta fino al naso, sulla difensiva: ‘Che è successo?’ chiesi assottigiando gli occhi.
‘Sei svenuta, ti avevo detto di non alzarti!’
‘Mmh...’
‘Tua madre è appena tornata, sta portando il brodino.’
Sentii salire le scale e mia madre entrò insieme al suo intruglio miracoloso.
‘Ah, sei sveglia! Ecco, finiscilo tutto!’ disse porgendomelo.
Lo adocchiai disgustata e afferrai il cucchiaio. ‘Grazie’ bofonchiai.

‘Stephan la cena sarà pronta tra poco. Mangi con noi?’
Stephan si voltò a guardarmi, mia madre sorrise: ‘Te la porto qui, se vuoi.’
‘Mi piacerebbe, grazie’ annuì in fine.

Non prestai particolarmente attenzione alla conversazione tra Stephan e mia madre. Ero troppo impegnata a rimuginare su quel bacio e sul come, cosa e perchè me lo aveva dato. Lo fissavo truce - benchè non fossi arrabbiata per niente, anzi erano ben altri i sentimenti che mi aveva suscitato -, bevendo la brodaglia magica.
‘Stai bene?’ mi chiese lui, quando fummo soli.
Annuii distrattamente e gli chiesi com’era andata a scuola, per cambiare discorso. 
Mi assicurò che era stata un noia mortale, come al solito e che però, in compenso, aveva stretto amicizia con Luca che, dal modo un cui ne parlava, doveva essergli piaciuto parecchio.
Mia madre gli portò la cena, e alzò gli occhi al cielo constatando che io non avevo ancora finito il suo prodigioso filtro, dal sapore nauseante, e scese di sotto.
A quel punto Stephan mi guardò, con aria colpevole: ‘Mi sento un pò in colpa.’
‘Perchè?’ dissi pensando che si fosse pentito di quel gesto.
‘Ho fatto una cosa nel modo e nel momento sbagliato’ sospirò lui, passandosi una mano nei capelli.
‘Che cosa? Che momento?’ chiesi aggrottando le sopracciglia, mettendo da parte la ciotola ormai vuota.
‘Ecco, quando sei svenuta...’
‘Sì?' lo incoraggiai a continuare, 'm
i hai lasciato cadere come un sacco di patate e non mi hai soccorso?’ dissi sdrammatizzando.
‘No!’ disse scoppiando a ridere: ‘Il problema è che ho preso l’iniziativa, senza aspettare il momento opportuno.’
‘Cos’è? Un indovinello?’ risposi abbracciando il cuscino.
Rise di nuovo: ‘Se così fosse, ti avrei dato fin troppi indizi. Ne parliamo domani, devo tornare a casa!’
‘Non potresti dirmelo e basta?’
Mi fece l’occhiolino: ‘Solo quando non sarai così brontolona e intrattabile!’
Uscì salutandomi e sbuffai indignata.
Che diavolo avrei dovuto fare? Sapevo benissimo di cosa parlava!
Decisi che avrei chiesto consiglio a Diana e, sotterrandomi sotto le coperte, mi misi a dormire con mille pensieri per la testa.

 

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Capitolo 3
*** 3. Scintille ***


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Note autore:
Ed ecco il terzo capitolo!
Scusate il ritardo, ma sono stata al mare ed è stata un’impresa scrivere tutto in brevi ritagli di tempo!
Spero vi piaccia, che in tanti continuino a seguire la storia e che qualcuno lasci una piccola recensione :)
Buona lettura!

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3. Scintille

 
La mattina dopo, come Diana aveva profetizzato e come il brodino di mia madre aveva reso possibile, stavo benissimo e mi alzai tutta pimpante dal letto, anche vistosamente in anticipo - da quando Stephan era arrivato, stavo attenta a non fare tardi -.
‘Buon giorno, Stephan!’ dissi a lui, che stavo uscendo dal cancello.
‘Reika, buon giorno!’, disse lui sorpreso : ‘Stai meglio a quanto vedo!’
‘Sì, infatti! Sono in perfetta forma!’ esclamai felice, trotterellando per la strada mentre lui mi stava dietro.
‘Ora dovresti fare attenzione a non prendere più freddo, però!’ disse lui studiandomi divertito.
‘Sì, mamma!’ lo canzonai aumentando l’andatura baldanzosa, poi mi voltai ‘Muoviti!’
Scoppiò a ridere e mi raggiunse. Poi cambiò espressione e mi fissò per un pò: ‘Ritornando al discorso di ieri ... sei per caso, giunta ad una conclusione?’
Mi tornò in mente il bacio e lo sorpassai con finta non curanza, per nascondere il rossore sulle mie guance. ‘Ecco, speravo me lo dicessi tu.’
‘Vale a dire, che non ne hai la più pallida idea e che stai morendo di curiosità?’
Oh, non hai idea di quanto ti sbagli!
‘Più o meno!’ risposi entrando a scuola mentre lui mi rivolgeva uno sguardo perplesso.
Corsi verso la nostra aula e spalancai la porta: ‘Buon giorno a tutti!!!’ urlai.
‘'Giorno’ disse invece lui, tranquillo mentre la ragazza del primo banco lo fissava e gli rispondeva balbettando.
‘Stephan! Oh, Reika sapevo che saresti guarita!’
Luca mi sorrise poi si rivolse nuovamente a Stephan mentre si dirigevano al banco di lui. Erano davvero diventati amici come pensavo. Luca era intelligente, introverso e dolce. Chiunque con un minimo di buon senso, l’avrebbe adorato - ovviamente, nella giusta misura, se non volevi che Diana ti trucidasse -.
Corsi verso quest’ultima senza perdere altro tempo, dovevo parlargli con urgenza.
‘Buon giorno, Diana!’
‘Reika, finalmente stai b-... che succede?’
‘Devo parlarti!’ dissi, per nulla sorpresa della sua intuizione.
‘Dimmi!’ disse lei, all’improvviso eccitatissima.
Il professore di inglese entrò ed iniziò la lezione, così io mi sedetti e continuai bisbigliando: ‘Si tratta di Stephan!’
‘Questo lo avevo già capito, continua!’
‘Ieri, dopo che tu e Luca siete andati via, volevo scendere in cucina, mi sono alzata e sono svenuta...’
Diana non fece una piega, ne si dimostrò preoccupata, sapeva che non era quello il punto. ‘Quando ho ripreso i sensi... Stephan mi stava baciando.’
‘COSA?!’
Il professore si voltò verso di noi e ci lanciò uno sguardo di rimprovero: ‘Mi scusi!’ disse Diana, con poca convinzione e il professore si voltò verso la lavagna nuovamente.
‘Sei scema? Non urlare!’ dissi nervosa, sbirciando a sinistra, verso Stephan, che seguiva la lezione per fortuna.
‘Si si, lo so! Scusa!’ disse lei, che invece sbirciò verso destra, dove Luca che era seduto accanto lei, prendeva appunti come se niente fosse. ‘E tu che hai fatto?’
‘Ho richiuso gli occhi, ho finto di non essermi ancora ripresa e lui ha d-’
Diana mi diede una sberla sulla fronte con un sonoro schiocco che, per fortuna, non fu udito dal professore grazie allo starnuto di Michelle, la bionda tonta al primo banco, che aveva salutato Stephan balbettando.
‘Ahi!’ dissi trattenendo la voce ‘Che ho fatto!?’
‘Perchè hai finto? Sei tu la scema!’
‘Lui mi ha baciata, ma credeva che fossi svenuta non sveglia! E poi non sapevo come comportarmi!’
Diana sospirò: ‘E va bene, poi che è successo?’
‘Mi ha confessato di aver fatto una cosa, nel modo e nel momento sbagliato. Ma non mi ha detto cosa. Stamattina mi ha chiesto se avevo capito ma non abbiamo concluso il discorso, perchè siamo arrivati a scuola e io volevo prima parlare con te.’
‘E allora? Che aspetti a parlargli? Devi sapere perchè lo ha fatto! Anche se,’ aggiunse sorridendo compiaciuta: ‘io una mezza idea ce l’avrei!’
‘Ti pare facile!’, dissi ignorando il suo ultimo commento.
‘Ragazze quando avrete finito, fatemelo sapere!’ disse il professore, mettendo le mani sui fianchi e fissandoci.
Diana lo fissò con aria di sfida: ‘Abbiamo finito. Prego continui pure a spiegare!’
La solita sfacciata. Diana era un genio in inglese e il professore scosse il capo, rassegnato al caratteraccio della sua alunna più capace: ‘Continuiamo la lezione e voi due state attente!’
‘Ne parliamo all’intervallo, va bene?’ le sussurrai in fretta. Diana annuì, insoddisfatta.
La lezione finì in fretta comunque e Diana si fiondò su di me immediatamente.
‘Reika!’ disse, con un’espressione furba, che non prometteva niente di buono.
‘Che c’è?’ chiesi sospettosa.
‘Vieni con me!’
‘Dove?!’
Cominciò a spingermi : ‘Stephan! Reika deve parlarti, quindi credo di poterti rubare Luca per un pò’ disse lasciando lì me e prendendo per mano Luca, che si era alzato per parlare con Stephan.
‘Ah sì?’ disse Stephan guardandomi curioso.
‘E-ecco...’ balbettai, ‘ sì ma, non qui! C’è troppa gente!’
Sorrisi poi guardai Diana, che se la svignava: ‘Ah! Diana!’ mi avvicinai al suo orecchio, senza smettere di sorridere: ‘Questa me la paghi.’
‘Reika? Vieni? Un posto per parlare c’è.’ Guardai Stephan sorpresa: ero convinta di aver rimandato di un pò il discorso.
‘Dove?’
 
Mi portò sulla terrazza della scuola. Gliel’avevo mostrata il suo primo giorno e da allora ci andava sempre, quando aveva un pò di tempo durante la giornata.
‘Allora?’
Sospirai rassegnata ad un’imbarazzante conversazione, mi misi seduta a terra e parlai guardando le nuvole: ‘Beh, la cosa mi imbarazza un pò.’
Si sedette anche lui ma rivolto verso di me, e mi guardò confuso: ‘Non capisco.’
‘Il discorso di questa mattina... insomma, so di cosa parlavi.’
Lui mi guardò scettico: ‘Hai capito quello che ho fatto?’
‘N-no.’
A quel punto Stephan incrociò le braccia e aggrottò le sopracciglia: ‘Continuo a non capire, allora.’
Raccolsi le ginocchia sotto il mento e fissai il pavimento nervosamente: ‘Mi ero già ripresa, quando mi hai baciata Stephan.’
Lui sbattè le palpebre mentre sbirciavo verso di lui: ‘Eri sveglia?’
‘Sì. Non sapevo che cosa fare, così ho chiuso gli occhi e ho fatto finta di niente’ dissi scrollando le spalle.
‘Ascolta,’ disse lui, dopo un pò: ‘non avrei dovuto farlo. Non così. Mi dispiace se ti ha infastidita.’
Lo guardai e mi sembrò nervoso: non dispiaciuto, era come se temesse la mia reazione.
‘No infatti, non avresti dovuto’ dissi, sorvolando sul fatto che non mi aveva infastidita per niente. ‘Ma non importa, ormai è fatta.’
Si rilassò e sorrise. Si avvicinò per dirmi qualcosa, ma sentimmo una voce dire: ‘Non sento niente!’ e un’altra: ‘Accidenti la porta è aperta, non spingere!’ e due persone caddero, mentre la porta di spalancava sbattendo.
Io e Stephan, dopo uno sguardo di intesa, ci alzammo e andammo verso di loro.
‘Ciao, ragazzi’, dissi ironica.
‘Che ci fate lì a terra?’ aggiunse Stephan, divertito.
‘Scusate,’ disse Luca mortificato.
‘Oh, stavo morendo di curiosità! Certo, anche voi, potevate parlare un pò più forte!’, Diana non era pentita per niente e si alzò con dignità, nonostante la situazione.
‘Non credo saprai mai quello che ci siamo detti, visto quello che combini!’ dissi soddisfatta.
Luca, ormai in piedi, stava cercando di informarci che Diana lo aveva praticamente trascinato via, senza spiegazioni e io non faticavo affatto a crederlo.
‘E dai, Reika!’ esclamò Diana, senza negare la versione dei fatti di Luca: ‘Non puoi lasciarmi così sulle spine!’
Sì, che posso!’ dissi io, con ritrovato buon’umore e scendendo le scale canticchiando.
Non godetti di quel momento di gloria  a pieno però, dato che quando rientrammo in classe il professore di chimica, era già arrivato ed era furibondo per non averci trovato lì. Ci mise in punizione: dovevamo restare a scuola fino a tardi, per fare le pulizie. E dovamo cominciare subito.
Ci procurammo secchi, scope, spugne e altra roba dallo sgabuzzino dei bidelli e decidemmo di iniziare dalla Sala Professori, momentaneamente vuota.
‘Per colpa vostra sono qui a pulire, invece di starmene in classe a poltrire! E’ ingiusto!’ disse Diana imbronciata, strofinando il tavolo.
‘Se tu e Luca non foste venuti ad origliare, ora non stareste qui!’ puntualizzai io.
‘Ero curiosa! Non potevo evitarlo, è contro la mia natura! E, ovviamente, ho portato Luca con me’ disse lei, come se niente fosse.
‘Dovresti dosare la tua curiosità, forse avresti saputo qualcosa se non fossi stata così impaziente!’ dissi ridendo e lanciandole la spugna addosso.
‘Oh, questa me la paghi!’ disse lei lanciandomi la sua.
In pochi minuti ci ritrovammo  - tutti e quattro, Stephan e Luca non erano stati risparmiati e si erano uniti a noi quasi subito – bagnati fradici. C’erano spugne e stracci su gli armadi e sul pavimento, la sala era quasi allagata dai secchi rovesciati, sapone ovunque.
‘Dobbiamo assolutamente asciugare tutto!’ esclamò Luca, il primo che aveva riacquistato un pò di buonsenso.
‘Hai ragione! E abbiamo solo mezz’ora, prima che la lezione finisca e che i professori vengano qui!’ aggiunsi allarmata.
‘Missione impossibile!’ concluse Diana, con una mano tra i capelli bagnati.
‘Difficile, non impossibile’ disse Stephan convinto, avviandosi verso lo sguabuzzino delle scope.
Sorrisi e lo seguii, con Diana e Luca al seguito.
Rimediammo altri stracci asciutti e prendemmo in prestito, quattro delle divise dei bidelli, conservate nello stesso posto. Mentre Diana correva sulla terrazza, a mettere le nostre divise scolastiche ad asciugare, noi tre iniziammo a sgobbare, senza mai guardare l’orologio.
Alla fine, con ben cinque minuti di anticipo, la sala professori era pulita come uno specchio. Tutto era andato per il meglio - a parte il fatto che scivolai come un’idiota e investii una volta Diana e l’altra Stephan -.
‘Finalmente!’, urlò Diana. ‘Missione compiuta!’
‘Anche se ne dubito, può darsi che i vestiti si siano asciugati, col sole che c’è fuori. Andiamo a controllare?’ chiese Luca
Diana annuì, ‘torniamo subito!’
Stephan si appoggiò al tavolo e buttò lo straccio nel secchio accanto a lui. Lo guardai: ‘E’ fatta!’
Lui sorrise: ‘Menomale!’
‘Su, mettiamo le sedie a posto!’ corsi verso lui e, imprecando mentalmente per la mia maldestria, scivolai  - per la terza volta - e lo investii nuovamente.
Lui scoppiò a ridere e mi prese i fianchi, io mi appoggiai al suo petto con le mani, scostandomi un pò da lui.
‘M-mi dispiace...’  balbettai imbarazzata.
Lui scosse la testa sorridendo, ma non mi lasciò andare. Lo guardai confusa e mi persi nei suoi occhi scuri.
I miei battiti accellerarono quando lo vidi chinarsi su di me. Mi alzai sulle punte, ci baciammo.
‘Sono ancora umidi, dovremo aspettare ancora un pò!’ urlò Diana dal corridoio, al che noi ci separammo in fretta.
Mettemmo a posto le sedie e quando i professori arrivarono, tutto era in ordine. Il professore di Chimica ci chiamò in disparte: ‘Avete fatto un buon lavoro, qui’ disse studiando il nostro abbigliamento, senza però commentare: ‘potete tornare a casa, adesso. Ma che non si ripeta che andiate a bighellonare per la scuola durante le lezioni!’
Lo ringraziammo e uscimmo di fretta dall’aula. Aspettammo sulla terrazza, che le divise si asciugassero, poi ci cambiammo nello sgabuzzino a turno.
Entusiasta di poter tornare a casa subito, presi a correre verso l’uscita.
‘Attenta a non cadere, di nuovo!’ mi canzonò Diana, divertita.
Arrossii, pensando all’ultima caduta ma non mi voltai, ne rallentai: ‘Il pavimento è asciutto, qui!’
 
Arrivò il momento, ovviamente, di dividersi, per raggiungere le rispettive abitazioni e io e Stephan proseguimmo da soli.
Continuai a correre e saltellare per il tragitto, con l’intezione di arrivare a casa il più in fretta possibile. E comunque, non riuscivo a tenere a bada l’entusiasmo al pensiero di quello che era successo, anche se mi chiedevo cosa significasse.
‘Come mai così di fretta, oggi? Sbaglio o sei di buon’umore?’ osservò lui, sorridendo.
Scrollai le spalle ridendo. Oggi sì, che era un giorno da ricordare! Mi bloccai all’improvviso, a quel pensiero.
‘Oggi torna mio padre!’
‘Oh, adesso capisco! Beh che aspetti, corri avanti no? Ormai siamo arrivati!’
‘Ci vediamo domani!’ gli urlai sorridendo, mentre correvo a casa.
Papà lavorava spesso lontano e questa volta era stato via quasi sei mesi. Dire che avevo voglia di rivederlo era riduttivo. Avevo cerchiato la data sul calendario nella mia stanza, avevo contato i giorni e mi vergognai per essermi lasciata distrarre in questi ultimi giorni. Ma l’importante era che ora fosse a casa.
Spalancai la porta: ‘Sono a casa!!!’
‘Reika!’
‘Papà, finalmente!’
Corsi ad abbracciarlo e lui indietreggiò quando lo investii.
‘Allora, come va?’ rise.
‘Benissimo! Soprattutto ora che sei tornato!’
Ci sedemmo in salotto e parlammo per oltre due ore, finchè qualcuno suonò al campanello interrompendo quel momento.
‘Vado io!’ dissi alzandomi.
Aprii la porta e mi trovai davanti Stephan. ‘Stephan! Che succede?’
Mi studiò per bene: avevo ancora la divisa scolastica, avevo urlato come una scema, ancora euforica dall’arrivo di mio padre e non riuscivo a smettere di sorridere.
Mi sorrise: ‘Ti trovo davvero contenta, tuo padre è già arrivato vero?’
‘Sì, è qui!’ annuii io entusiasta.
‘Allora non ti ruberò molto tempo, vedi oggi ho dimenticato a scuola gli appunti per il test di domani.’
‘Chi è, Reika?’ chiese mio padre uscendo dal salotto e squadrando Stephan dalla testa ai piedi.
‘Lui è Stephan, un mio compagno di classe. Domani abbiamo un test, sai’ dissi scuotendo la mano: ‘cose di scuola!’
‘Ah’ disse, continuando a squadrare Stephan, scettico: ‘Ma non bastava una telefonata?’
Sbattei le palpebre e gli lanciai un’occhiataccia per la sua scortesia: ‘Beh, Stephan oltre che un compagno di classe, è anche il nostro vicino di casa. Per discutere del test, gli sarà sembrato meglio fare un salto qui direttamente.’
Stephan annuì: ‘Non volevo disturbare.’
‘Oh, non preoccuparti! Comunque, molto piacere Stephan. Sono Michael, il padre di Reika.’
Si strinsero la mano: ‘Piacere mio.’
‘Seguimi, Stephan. Prendo i miei appunti.’
Mi recai in salotto, con lui al seguito e recuperai la borsa che avevo buttato sul pavimento.
Discutemmo per un pò, mentre lui si appuntava due o tre cose. Per lo più, fu lui a chiarire a me dei concetti che non avevo afferrato. Alla fine, si alzò e mi ringraziò e io lo accompagnai alla porta.
‘Allora a domani. Salutami tua madre!’ annuii arrossendo al suo sorriso, e lui si rivolse a mio padre che stava scendendo le scale: ‘Arrivederci, signor Walter!’
‘Arrivederci, Stephan!’
Chiusi la porta. ‘Chi è, il tuo fidanzato?’
‘C-che?! No! Papà!’
‘Era solo una domanda, è stato molto gentile con te e ho pensat-’
‘Hai pensato male!’ esclamai, ormai rossa dalla testa ai piedi.
‘E va bene, non ti arrabbiare!’ disse lui ridendo.
‘Vado in camera mia!’ dissi salendo le scale, sbattendo i piedi.
Non arrivai nemmeno alla porta della mia stanza, che mia madre mi urlò di raggiungerla in cucina. Alzai gli occhi al cielo e tornai indietro.
Mi bloccai prima di entrare in cucina, i miei chiacchieravano. Fin qui tutto bene, finchè non sentii mio padre dire: ‘Allora chi è, il suo ragazzo?’
Rimasi interdetta. Oh, quanto è testardo!
‘Non lo so, non credo!’ continuò mia madre, e sospirai sollevata facendo un passo avanti. ‘Ma di certo le piace!’
Mi bloccai di nuovo. MA CHE DIAVOLO STA DICENDO!?
Non che non fosse vero, ma era una cosa privata!
‘Oh, perchè non mi avete avvertito che era qui? E’ un così caro ragazzo, mi è così simpatico!’
‘In effetti è molto educato, ma non mi piace questa storia che ha adocchiato mia figlia!’
Mia madre rise: ‘ Tua figlia, non è più una bambina! E poi è un bravo ragazzo, lo hai detto anche tu no?’
A quel punto entrai in cucina e li interruppi: ‘Mamma, mi hai chiamata?’ dissi guardandoli sdegnosa.
‘Oh, non preoccuparti! Ora c’è tuo padre ad aiutarmi, vai pure!’
Sbuffai e me ne andai, ancora irritata. Che discorsi, mi tocca sentire!
Entrai in camera e mi buttai sul letto, decisa a riposarmi un pò. Ma non avevo chiuso gli occhi da neanche cinque minuti che un improvviso bussare mi fece sobbalzare. Sentii mia madre sbraitare qualcosa del tipo ‘Muoviti! Non c’è tempo!’ e qualche tonfo qua e là.
Uscii dalla mia stanza, ancora intontita e mi affacciai in quella dei miei: mia madre stava praticamente svuotando l’armadio, buttando abiti qua e là, in cerca di qualcosa.
‘Ma che sta succedendo?’ chiesi confusa.
Mia madre si voltò verso di me, con aria isterica: ‘Tesoro!’ corse verso di me.
Cominciai a credere che fosse impazzita.
‘Vai a prepararti, muoviti! Fatti bella, metti un abito carino! Sbrigati! Siamo stati invitati a casa dei Lordale!’
‘Che? A casa si Stephan?’
‘Sì! Ermione mi ha chiamata, ha saputo da Stephan che tuo padre è arrivato e ci ha invitati tutti a cena a casa loro! Oh, muoviti cerca qualcosa di decente! Sai quanto sono ricchi vero? Cammina!’
‘Va bene, va bene! Calma!’
Mia madre prese a spingermi, ‘devi sbrigarti, non c’è tempo da perdere!’ mi infilò nella mia stanza e richiuse la porta dientro di me. E, come se non l’avesse già ripetuto una decina di volte, mi urlò di fare in fretta.
Aprii l’armadio, alla ricerca di qualcosa di adatto. Di certo non era il caso di presentarsi in jeans e maglietta. Ma nemmeno era una serata di gala, quindi optai per qualcosa di semplice ma che mi parve appropriato: un vestito blu scuro, appena sopra al ginocchio, scarpe alte nere.
‘Stai benissimo!’ mi disse mio padre quando uscii.
‘Grazie, anche tu non sei niente male tutto in tiro!’ sorrisi io.
Aveva una camicia bianca, giacca nera sbottonata e pantaloni neri. Aveva ordinato i capelli e nel complesso era semplica ma elegante.
Mia madre ci guardava, lì impalata sulla porta nel suo bel vestito: la adoravo in quel vestito ecru, con una giacca un pò più scura a coprirle le spalle.
‘Andiamo?’ chiesi perplessa.
‘Come siete crudeli!’ disse lei indignata, ‘per me neanche un complimento?’
Io e mio padre alzammo gli occhi al cielo in sincrono e commentammo ‘Sei splendida!’ io, e ‘Stai d’incanto’ lui.
Arrivammo al cancello di casa Lordale e suonammo il campanello. Venne ad aprirci un tizio basso, con capelli e baffi brizzolati, dall’aria simpatica.
‘Prego, signori.’
Lo dicevo io, che avevano anche il maggiordomo! E che altro?
Entrammo e la villa era davvero bella ed ospitale. Stephan ci venne incontro: ‘Salve, sono felice che siate venuti.’
Il tizio ci condusse in salotto e Stephan mi affiancò: ‘Stai davvero bene, stasera!’
‘Grazie’,  gli sorrisi.
Ermione saltò sù e venne verso di noi: ‘Buona sera! Sara, come stai? Accomodatevi pure!’
‘Grazie, Ermione!’
Come avevo già constatato in precedenza, mia madre ed Ermione erano davvero sulla stessa lunghezza d’onda.
‘Finalmente conosciamo il signor Walter. Molto piacere, sono Alexander Lordale!’
‘Michael Walter, piacere mio!’ disse mio padre stringendogli la mano.
Chiacchierarono per un pò, mentre io e Stephan sorseggiavamo un drink, senza commentare. Poi ci informarono che la cena era pronta e ci mettemmo a tavola.
Avevano anche la cameriera.
Nel bel mezzo della cena, dopo diverse chiacchiere poco importanti, Ermione mi guardò e sorrise: ‘Allora Reika, come va a scuola?’
‘Bene, grazie’ dissi sorridendole a mia volta.
‘E con Stephan? Mi sembrate molto in sintonia, no?’, non mi lasciò neanche il tempo per rispondere che risprese:  ‘Prima è passato un suo amico, Luca: è rimasto qui un’oretta, ma Stephan non gli ha chiesto gli appunti per il test di domani, ha preferito venire da te.’
Stavo per strozzarmi. Lasciai la forchetta nel piatto e bevvi un pò d’acqua, per non darlo a vedere.
‘A dire il vero,’ disse Stephan, ostentando indifferenza ‘Luca ha fatto un salto e ci siamo persi in chiacchiere. Mi sono accorto solo dopo, di aver dimenticato gli appunti e non ho potuto chiederglieli.’
‘Certo, o non hai voluto chiederglieli?’
Non rispose, si limitò a lanciarle un occhiata significativa. Così, per mio grandissimo disagio, mia madre prese parte alla conversazione.
‘Oh, non lo imbarazzi! Comunque sia andata, Reika è sempre molto felice di vederlo!’
Arrossii e diedi un calcio a mia madre sotto il tavolo. Papà non aveva aperto bocca, Alexander ci studiava in altrettanto silenzio. Quanto avrei voluto che mia madre se ne stesse zitta!
‘ Ragazzi, non fate i timidi! Non c’è niente di male, anzi’ disse Ermione scuotendo il capo: ‘Noi siamo felici di vedervi così...’ esitò un momento, per trovare la parola giusta.
‘Uniti’ concluse la mia amabile madre.
Guardai mia madre in cagnesco, intimandole con lo sguardo di non aprire più bocca.  Mio padre tossì e bevve. Mi tranquillizzai quando il suo colorito tornò alla normalità. Il padre di Stephan, guardava suo figlio, curioso di vedere la sua reazione, così feci lo stesso e lo vidi rimproverare tacitamente sua madre, come avevo fatto e io e poi, rompendo quell’imbarazzante silenzio, commentò: ‘Beh, direi che è ora del dessert.’
La cameriera corse in cucina: probabilmente, fu una liberazione per lei, dato che stava letteralmente morendo dalle risate. Dal suo cantuccio, aveva assisto perfettamente al calcio ben assestato che avevo rifilato a mia madre.

Finalmente, giungemmo all’agognata fine della serata.
Gustavo, il maggiordomo, si offrì di accompagnarci alla porta ma Stephan gli disse che ci avrebbe pensato lui e alzò gli occhi al cielo, quando sua madre e la mia si scambiarono uno sguardo malizioso dicendo: ‘Se proprio vuoi!’
Adesso parlano anche in sincrono?
Comunque sia, la questione non finì lì: mia madre trascinò praticamente mio padre fuori dalla porta dicendo: ‘Noi andiamo avanti!’ per lasciare da soli, me e Stephan. A nulla servirono i borbottii di mio padre.
‘Ci hanno messo un bel pò a disagio stasera eh?’ disse Stephan fermo sulla porta, quando ormai i miei dovevano aver già varcato il cancello di casa.
‘Già, mi dispiace che mia madre sia stata cos-’
‘Lascia stare,’ mi interruppe lui sorridendo rassegnato ‘mia madre non è stata da meno!’
Ridemmo: ‘Credo che adranno molto daccordo!’ commentai.
‘Oh, sì! L’ho notato anch’io!’ concordò lui, con lo stesso tono divertito.
‘Beh, dovrei andare ora’ dissi dondolandomi sui talloni.
‘Sì, dovresti’ disse lui, e si avvicinò cingendomi il viso con le mani: ‘ A domani’ disse, mentre io mi alzavo sulle punte, nonostante i tacchi. Sfiorai le sue labbra ma al suono della voce di Ermione ci separammo.
‘A domani’ dissi anch’io e mi avviai verso casa, sperando che ci sarebbe stata occasione di recuperare quel bacio mancato.
Quando entrai in casa, tirai un sospiro di sollievo nel constatare che i miei genitori, o meglio, mia madre non si fosse messa a spiare.
Ma afferai al volo, data la sua aria imbronciata, che mio padre l’aveva costretta a rientrare.
Le passai di fianco senza prestarle la più minima attenzione e presi a salire le scale dicendo: ‘Buona notte, papà.’
Una volta in camera, mi tolsi le scarpe lasciandole sul pavimento e mi sfilai l’abitino che sistemai a caso nell’armadio. Sfinita, mi infilai il mio adorato pigiama e mi addormentai in un attimo.

 
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AVVISO:

i capitoli pronti, che sono una quindicina, non sono sul mio attuale computer e non posso postarli subito come vorrei, ma la storia è lunga e piena di risvolti e riprenderò a postare il prima possibile! Spero che l'attesa non vi scocci troppo, io ce la metto tutta e cercherò di scriverli al più presto!
Baci,
Reika_Stephan.

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Capitolo 4
*** 4. Confessioni ***


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Note autore:
Prima di tutto scusate il ritardo ma, come specificato nell’AVVISO a fine capitolo precedente, ho avuto qualche problema con il recupero dei capitoli da un vecchio computer. Inoltre adesso ho la scuola, quindi sarò un pò più incasinata.
Il quarto capitolo è davvero l’inizio di tutto, quindi spero sinceramente che vi piaccia!
Buona lettura!

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4. Confessioni


La mattina dopo mi svegliai un pò più tardi del solito e dopo aver indossato la divisa dovetti uscire subito di casa, saltando la colazione che ormai facevo tutte le mattine.
Stephan era appena uscito e mi salutò, con uno dei suoi sorrisi.
 
Quando quella mattina giungemmo a scuola, la classe era silenziosa e il professore aspettava impaziente che tutti gli alunni arrivassero.
‘Buon giorno, ragazzi’, disse in fine ‘oggi vi darò una notizia che sicuramente vi piacerà: la scuola sta organizzando una gita scolastica. Andrete in campeggio, vi divertirete con gare sportive e cose del genere. Vi informerò dei dettagli quando ne saprò di più, il viaggio è previsto per questo fine settimana.’
A quel punto, si diffuse in classe un allegro chiacchiericcio.
‘Ah, non vedo l’ora! Sento che sarà stratosferico!’ commentò Diana, saltellando sulla sedia: novità di quel tipo, la mettevano sempre di buon umore.
‘Anche a me piace l’idea, non vedo l’ora che finisca la settimana!’ dissi contagiata dal suo entusiasmo.
‘Beh, non manca molto. E’ giovedì!’ continuò lei ridendo. Poi si bloccò: ‘Comunque,’ disse cambiando totalmente tono e minacciandomi con una penna: ‘Luca mi ha detto che ieri sei stata da Stephan, quando avevi intenzione di dirmelo?!’
‘E Luca come..’
‘Glielo ha detto Stephan, chiaro! Pretendo di sapere i dettagli, come è andata??’, l’arrabbiatura le era passata presto, aveva lasciato posto alla curiosità.
Aprii bocca per replicare ma Stephan e Luca si avvicinarono: ‘Di che parlate?’ disse Luca tranquillo.
Per fortuna non si accorsero di Diana che borbottava contrariata: ‘Forse avremmo parlato di qualcosa, se non ci aveste interrotte!’
Le tirai una gomitata, ‘della gita, ovviamente!’ risposi a Luca.
 
La mattina della partenza arrivò in fretta, i giorni erano trascorsi velocemente e non avevo ancora avuto il tempo di fare un resoconto dettagliato degli avvenimenti con Stephan a Diana. Quando mi svegliai, mi alzai in fretta e non avevo per niente sonno. Mi preparai, presi il mini-bagaglio, salutai i miei ed uscii.
‘Buon giorno, sarà meglio sbrigarsi o partiranno senza di noi!’ disse Stephan, che mi aspettava come sempre.
Cominciammo a correre, ma io rimasi indietro. Così Stephan, dopo avermi dato della sfaticata, mi afferrò la mano e mi trascinò dietro di lui.
Arrivammo in tempo e salimmo sull’autobus. Il viaggio durò più o meno due ore.
Quando giungemmo al campeggio, il professore prese a darci istruzioni:
‘Montate queste tende: siete 14 maschi e 13 femmine, ogni tenda è per 6 persone al massimo. Dividetevi a vostro piacere ma, ovviamente, ragazzi separati dalle ragazze. Se vi becco, sono guai!’
Non avevo mai trovato il campeggio affascinante o divertente, al contrario.
Ma dovetti ricredermi: forse non era il mio genere, ma insieme ai miei amici fu strabiliante. Anche montare una tenda diventava esilarante: diedi loro modo di divertirsi un mondo, data la mia assoluta goffagine e incapacità. Quando ne ebbi abbastanza di mettermi in ridicolo, rinunciai e cedetti il mio posto a Luca e quattro e quattr’otto la tenda era già montata.
Il primo giorno non avevamo un itinerario e passammo la giornata a bighellonare nei dintorni, a fare niente, a divertirci tra noi. Lo ritenni un ottimo inizio.
Quella sera facemmo un barbecue. O meglio, fecero: io me ne stetti bene alla larga, avevo fame e non volevo combinare un qualche disastro dei miei.  Alla fine, finalmente a detta del professore, ci decidemmo ad andare a dormire anche se di dormire, non se n’era proprio parlato.
Infatti, un’oretta dopo, quando il professore si era deciso a sprofondare nel sonno, i ragazzi fecero irruzione nelle nostre tende, come avevamo concordato. Eravamo decisi a goderci fino alla fine quella prima giornata tutti insieme.
‘Avete controllato che quel vecchio brontolone dorma sul serio?’ disse Diana stritolando Luca in un’abbraccio, di cui lui non si lamentò affatto, quando lui e Stephan vennero verso di noi.
‘Non preoccuparti, rispose Stephan. Russava alla grande e poi c’è Philibert che fa da sentinella.’
Il povero Philibert, era un ragazzo cervellone ma con poca grinta. Era ingenuo, adorava rendersi utile e devo ammettere che tutti ne approfittavamo un pò.
Diana e Luca presero a passeggiare per la tenda e a parlare, fitto fitto, chissà di cosa. Così Stephan venne a distendersi accanto a me, fissavamo il soffitto.
‘E’ da un pò che ci pensò,’ interloquì dopo un pò di silenzio imbarazzato ‘sarebbe proprio ora di parlare di quello che è successo il giorno della punizione, nella sala professori. E di quello che stava per succedere davanti casa mia, dopo la cena, non credi?’.
‘Di-direi, ecco-’ balbettai, a corto di fiato. Sospirai: ‘Direi di sì.’
Cercai di mantenere la calma, malgrado l’imbarazzo. E cercai di imporre al mio cuore di rallentare, senza esito ovviamente.
Lo sentii ridere e mi voltai a guardarlo: lui mi studiava con attenzione.
‘Che hai da ridere?’ dissi fingendomi offesa.
‘E che siamo uno più nervoso ed esitante dell’altro, è buffo.’
‘Tu non sembri affatto nervoso!’ obbiettai io, ridendo.
Lui fece per rispondere ma Diana ci interruppe:
‘Stephan! Che diavolo ci fai ancora qui? In tutto quel pandemonio non mi ero accorta che fossi completamente imbambolato! ’ sbraitò.
La guardammo sorpresi, mettendo a fuoco il resto della tenda, all’improvviso troppo vuota e silenziosa.
‘Devi nasconderti! Il professore si è svegliato e avrà visto i ragazzi darsela a gambe!’
‘Per la miseria, potevi avvertirci!’ dissi nervosa, ‘E tu infilati sotto le coperte, non ti vedrà la luce è poca!’ continuai irritata.
Stephan si affrettò a seguire il mio consiglio, mentre Diana si metteva a dormire ancora borbottando: ‘Philibert entra urlando come una femminuccia e loro neanche se ne accorgono!’
Per fortuna, non ero particolarmente vicina all’entrata e Diana mi coprì dalla torcia del professore che ispezionò per bene la tenda.
‘I giovani d’oggi!’ borbottò in fine, ‘resterò qui davanti, i ragazzi non torneranno a farvi visita!’ annunciò acido.
‘Dannato vecchiaccio!’ si imbronciò Diana, poi guardò verso di noi ‘e tu, infiltrato, dovrai aspettare che si addormenti se vuoi svignartela prima che faccia giorno. Ma non mi sembra che quel pelatone ne abbia alcuna voglia al momento!’
Stephan borbottò qualcosa di incomprensibile e riemerse dalle coperte: ‘Grazie dell’incoraggiamento!’ sbuffò, mentre io cercavo di mantenermi a debita distanza, di nascondere il rossore alle guance e di non morire di tachicardia nello stesso momento.
 
Io e Diana controllammo di tanto in tanto, ma tutte le volte il professore aveva gli occhi spalancati e un’aria tutt’altro che amichevole. Alla fine, fummo noi ad addormentarci!
 
Sbadigliai e cercai di voltarmi dall’altra parte, disturbata dalla luce del sole, ma il groviglio di comperte mi impediva qualsiasi movimento. Mi stropicciai gli occhi e misi a fuoco: quasi mi venne un infarto, Stephan dormiva a due centimetri di distanza.
Mi diedi una calmata e mi alzai: ‘Stephan?’ bisbigliai scuotendolo un pò.
Lui si mosse, poi mi guardò: ‘Ah... mi sono addormentato.’
‘Anch’io. Ma ora esci di qui, a momenti il professore verrà a chiamarci!’
Lui annuì alzandosi, io mi avviai all’entrata: ‘Do una sbirciatina!’
Il professore era ancora lì, appostato all’antrata su un vecchio sgabello. Ma dormiva come un sasso.
‘Oh perfetto, è qui davanti ma dorme!’, dissi piano.
Stephan mi passò di fianco e si chinò a sussurrarmi all’orecchio: ‘E’ stato bello dormire con te, Reika.’
Dopo di che, mi rubò un bacio a stampo e se ne andò.
 
Quel giorno era dedicato allo sport: corsi staffette, persi due partire di mini-volley e ne vinsi una, giocai a tennis e molto altro.
Dopo pranzo, dovemmo affrontare “la grande gara finale”, come il professore amava chiamarla:
a sorteggio ci saremmo divisi in coppie composte da un ragazzo e una ragazza, avrebbero consegnato una mappa, che tracciava il percorso da seguire nel bosco, ad ogni coppia. La prima coppia che avrebbe raggiunto il traguardo avrebbe vinto.
Vinto cosa, non lo so.
Il professore a questo non aveva pensato: 'L’importante è metterci il cuore!', non faceva che ripetere.
Probabilmente i vincitori non avrebbero ricevuto nient’altro che suoi complimenti.
‘Vediamo un pò le coppie!’ cominciò il professore entusiasta: ‘le ragazze, una alla volta, verranno ad estrarre il nome del proprio compagno!’

Alla fine rimanemmo in tre: io, Michelle e Wendy. Diana era ancora contrariata di non aver pescato Luca e lanciava continue occhiate furibonde alla ragazza che era in coppia con lui.
Michelle, che mi precedeva, pescò il nome di Gabriele. Tirai un sospiro di sollievo: dopo quello che era successo, stare da sola con lui mi avrebbe creato non poco imbarazzo.
‘Tocca a Walter Reika!’ mi chiamò il professore.
Ora i ragazzi erano rimasti in tre, uno di loro avrebbe affrontato la gara da solo: Charlie, Philibert e Stephan. Guardai per un attimo dietro di me: l’ultima ragazza rimasta, Wendy, era taciturna e non socializzava molto. Dunque, se avesse pescato Stephan non me la sarei presa molto.
Se invece per miracolo, lo avessi pescato io ...
‘Allora, ne sono rimasti tre!’ disse il professore afferrando i tre i bigliettini e mettendomeli sotto al naso: ‘quale scegli?’
‘Quello... quello al centro!’ buttai lì.
‘Hai scelto il signor... Stephan Lordale.’
Sorrisi ed andai da lui: ‘Che fortuna!’
‘Già!’
Il professore mi consegnò la mappa e mi indicò il percoso che noi due dovevamo prendere, ogni coppia  avrebbe seguito un sentiero diverso.
Non riuscii ne a sentire, ne a vedere chi avesse pescato Wendy ma non potei fare a meno di pensare che, data la sua sfortuna, il povero Philibert avrebbe intrapreso la prova tutto solo.
A meno che, sfoggiando ancora una volta il suo illimitato altruismo, non si fosse addirittura offerto di gareggiare in solitaria.
Sentii la trombetta del professore annunciare l’inizio della gara e mi incamminai con il mio compagno, studiando per bene la mappa, che avevo deciso di tenere io.
Non era affatto difficile e se esitavo, Stephan mi dava una mano senza difficoltà.
 
‘Siamo a metà strada credo. Dov’è che andiamo adesso? Destra o sinistra?’ mi chiese lui, voltandosi a guardarmi.
Io continuai a camminare, guardando la mappa.
‘Credo, sinistr-Aah!’
Oh, non è da me non cadere almeno una volta al giorno o perlomeno, non fare una figuraccia!
‘Reika! Stai bene?’
‘Sì!’ risposi prontamente, con l’intenzione di mettermi in piedi. Ma ricaddi seduta: ‘La caviglia mi fa un male cane!’ ammisi dopo.
‘Devi essertela slogata, servirebbe del ghiaccio ...’ si guardò intorno.
Credeva forse che il ghiaccio nascesse sugli alberi?
‘Ehm, Reika ... dov’è la mappa?’
Sbarrai gli occhi: ‘Ce l’avevo qui! Deve essermi caduta, per la miseria!’
Stephan prese a cercarla e la trovò quasi subito, infagata quanto i miei pantaloni.
‘Non ci serve più a niente!’ annunciò.
‘Perchè?’ dissi conoscendo già la risposta.
‘E’ illegibile!’ sospirò.
‘E adesso?’ chiesi sentendomi in colpa.
‘E adesso,’ disse lui chinandosi di fronte a me: ‘adiamo a sinistra, come stavi dicendo e speriamo bene! Salta sù!’ continuò dandomi le spalle.
‘Non ho bisogn-’
‘Muoviti, non pesi per niente! Chi credi ti abbia messo a letto quel giorno a casa tua, quando sei svenuta?’
‘E va bene!’ dissi arrossendo.
 
Camminammo per un bel tratto di strada, poi imposi a Stephan di riposarsi un pò. In fondo, senza mappa non avevamo chance di vincere la gara, dunque non valeva la pena di mettersi a correre.
‘Come va la caviglia?’ disse lui mettendosi a sedere accanto a me.
‘Mmh ... sembra vada meglio.’
‘Beh,’ disse lui ‘dato che siamo qui, colgo l’occasione per parlarti.’
‘Parlarmi?’ dissi, ripensando imbarazzata al discorso rimasto in sospeso in tenda.
Lui annuì :‘ Ormai avrai capito, che mi piaci vero?’ chiese con nonchalance.
Io arrossii allibita. ‘Beh, certo ci avevo pensato..’ dissi guardandomi le mani.
Lui rise:
‘Reika, tu mi piaci molto. Mi hai colpito subito, dalla prima volta che ti ho vista. Non so spiegarti perchè, è stato tutto un insieme di emozioni che mi ha spinto a volerti conoscere meglio. Quando Gabriele mi chiese di allontanarmi da te, dissi che non potevo perchè avevo provato qualcosa quando ti avevo incontrata. Era la prima volta che ti vedevo, ma mi chiesi chi fossi, dove stessi correndo, se avessi avuto l'occasione di rivederti. Quando ti vidi nella mia stessa classe e quando poi scoprii che eri la mia vicina di casa, non potei fare altro che cogliere l’occasione e seguire l’istinto: volevo conoscerti davvero, volevo capirti. E ora so che mi piaci. Tanto.’
Sorrisi imbarazzata: ‘ A scuola, era già capitato che arrivassero nuovi ragazzi e l’evento non mi aveva mai incuriosita più di tanto. Con te è stato diverso, non riuscivo a spiegarmi perchè pensavo continuamente al tuo arrivo. In realtà, lo sapevo il perchè ma sembrava così affrettato e improbabile che mi piacessi, quando ti conoscevo solo da un paio di giorni! E non volevo illudermi, per poi scoprire che non ti interessavo affatto in quel senso. E poi invece, quel bacio in camera mia, quello nell’aula insegnanti, la sera a casa tua: il tuo arrivo mi ha sconvolto la vita, Stephan. Mi sono ritrovata ad essere impaziente di svegliarmi per andare a scuola, solo per vederti. Il che è dire tutto.’
‘Hai ragione, questo dice proprio tutto. Dato la sfaticata e ritardataria incallita che eri!’ disse scoppiando a ridere.
‘Sei davvero insopportabile a volte!’ dissi incrociando le braccia.
‘Reika?’ mi chiamò, smettendo di ridere all’improvviso.
‘Eh?’ dissi voltandomi. Al che lui, invece di dire qualcosa come mi aspettavo, si chinò a baciarmi.
‘Allora,’ disse alzandosi poi tranquillo ‘sarebbe ora di rimettersi in marcia!’
 
Quando arrivammo a fine percorso, scoprimmo che il professore si era imposto di stare ad aspettarci senza preoccuparsi troppo. Questo finchè non vide arrivare Philibert  - che per la cronaca, era solo davvero! -.
Che Philibert fosse arrivato prima di noi, era impensabile. Lui era lemme lemme e si stancava subito.
Il professore aveva fatto in precedenza le sue previsioni e queste, vedevano Philibert di gran lunga come l’ultimo classificato, con inoltre un assicurato notevole ritardo rispetto agli altri.
Dunque, da quando Philibert aveva fatto il suo ritorno - con già largo ritardo -  prima che io e Stephan arrivassimo, il professore aveva cominciato a camminare avanti e indietro prevedendo qualche catastrofe.
Poi ci venne quasi ad abbracciare quando ci vide sani e salvi: ‘Mi avete fatto quasi venire un infarto!’
Lanciò un urlo quando vide la mia caviglia e mi aiutò a raggiungere la sua tenda: lì mi diede una borsa del ghiaccio e mi ordinò di tenerla sulla caviglia per almeno venti minuti e di ripetere l’operazione ogni tre ore. Inoltre mi impose di riposare e di non sforzare la caviglia.
Alla fine mi lasciò lì, senza prendersi la briga di mandare qualcuno a farmi compagnia.
Ovviamente, con quel qualcuno, io mi riferivo a Stephan.

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Capitolo 5
*** 5. Bacio inaspettato ***


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Note autore:
Chiedo venia per l’assurdo ed imperdonabile ritardo! La mia unica e debole giustificazione è che non sono più in vacanza ormai (ç________ç) e non ho tutto il tempo e la concentrazione che avevo prima! PERDONATEMI.
Sto cercando di organizzare meglio i miei impegni e ho appunto deciso di pubblicare un capitolo alla settimana, il che vuole dire che il sesto capitolo verrà postato esattamente sabato 22 Novembre!
Detto questo, vi lascio alla storia.

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5. Bacio inaspettato.

 
Dopo quella che mi era parsa un’eternità in totale solitudine, finalmente il pelatone si era degnato di autorizzare qualcuno a farmi compagnia, grazie a Diana.

Solo pochi minuti prima l’avevo sentita sbraitare fuori dalla mia tenda:
‘Professore, lei non può negarmi di andare a fare due chiacchiere con lei! Che diamine, non ha mica un virus infettivo, si starà annoiando a morte!E non le sto chiedendo di far entrare tutta la classe! Solo due o tre di noi ogni tanto! E non mi guardi in quel modo, sono la sua migliore amica ho il diritto di preoccuparmi! Che poi qual è l’utilità di tenerla chiusa lì? Non potrebbe sedersi qui fuori con noi? Non muore mica se sta un pò all’aria aperta e il ghiaccio può tenerlo anche qui, o sbaglio? ’
Alla fine il professore, mortificato aveva fatto l’annuncio:
‘La signorina Reika Walter non deve sforzare la sua caviglia per un pò. Per ora è nella mia tenda, chiunque voglia andare a farle compagnia può farlo, ma non entrate in troppi.’
Ero quindi riuscita a farmi due risate con molti dei miei compagni. Almeno finchè Diana non obbligò tutti a lasciare me e Stephan da soli – era chiaro che aveva intuito più di quanto sapesse –. Alla fine anche lui se ne andò, per andare a chiedere - o supplicare/minacciare, a seconda dei casi - al professore il permesso di uscire di lì: faceva un caldo pazzesco.
‘Questo e altro per la mia ragazza!’ aveva esclamato ridendo.
Rettifico, si soffocava lì dentro. Presi a sventolarmi con la mano. La sua ragazza.
 
Poco dopo, mentre ancora aspettavo il verdetto da Stephan, Gabriele fece capolino dall’entrata. ‘Posso?’ chiese.
Annuii, perplessa. Lui si sedette accanto a me, arruffandomi i capelli – abitudine che aveva sin dai tempi delle elementari – : ‘Allora come stai?’
‘Caviglia slogata a parte, una meraviglia!’ dissi sorridendo sincera, guardandolo di sottecchi.
‘Beh, dovresti saperlo ormai: Reika Walter che non combina un guaio un giorno sì e l’altro pure, non è Reika Walter.’
Ridemmo di gusto e per un pò mi persi nella nostalgia delle nostre vecchie chiacchierate. Poi sentii la voce di Stephan fuori dalla tenda: ‘Si non si preoccupi, la aiuto io ad uscire..’
Gabriele con un’espressione indurita si voltò a guardarmi. Gli rivolsi uno sguardo interrogativo e lui mi afferrò il volto e mi baciò. Lo spintonai subito via ma Stephan ci aveva visti: mi guardò per un attimo, poi uscì di nuovo senza dire nulla.
Mi alzai in piedi.
‘Dove vai? La caviglia! Non de-’
‘Sta zitto! Sei solo un ... idiota!’
Uscii dalla tenda a passo veloce, ignorando le fitte alla caviglia e afferrai un braccio di Stephan per fermarlo: 'E' stato lui a baciare me, mi ha colto di sorpresa. L'ho allontanato subito, lo hai visto anche tu' dissi in fretta, mortificata.
Lui non si voltò a guardarmi ma annuì. Gli lasciai il braccio e si allontanò.
Imprecai a mezza voce quando una fitta allucinante alla caviglia mi impose di tornare in tenda, mi voltai e avanzai con stizza rivolgendo uno gelido sguardo a Gabriele che stava impalato lì davanti:
Gabriele mi piaceva, in un certo senso, lo conoscevo da così tanto e avevo sperato, per un attimo, di riallacciare i rapporti. Quella chiacchierata mi aveva riempito di calore e nostalgia ma lui, aveva rovinato tutto.
Mi chiusi la tenda alle spalle e, abbandonandomi sul pavimento, presi a guardarmi intorno febbrilmente in cerca della borsa col ghiaccio per alleviarmi il dolore.
Dopo neanche un attimo però, sentii un gran trambusto fuori e feci capolino dalla tenda, senza alzarmi:
Diversi miei compagni di classe vociferavano di una rissa imminente fissando l'altro lato del campo, altri avanzavano verso lo stesso punto con l'intenzione di calmare le acque.
Guardai dall'altra parte del falò al centro del campo:
'Togliti dai piedi' disse Stephan a denti stretti rivolto a Gabriele, fermo a due passi da lui.
'Mi ha respinto,' sibilò Gabriele senza spostarsi 'bravo, ce l'hai fatta.'
Stephan avanzò e lo afferrò per il colletto della camicia: 'Non toccarla un'altra volta, chiaro?' lo lasciò andare e prese a camminare verso la mia tenda.
Mi ritrassi e lo lasciai entrare, ma non osai mettermi in piedi: la caviglia mi faceva malissimo.
'Stai bene?' disse lui studiando la mia espressione.
'Non molto' ammisi, abbracciando la mia gamba destra e dondolandomi avanti e indietro, ancora in cerca di quella maledetta borsa del ghiaccio con lo sguardo.
'Devi prendere qualcosa ... un antidolorifico' disse affacciandosi fuori dalla tenda: 'professore!' urlò poi.
Quando il vecchio pelato entrò nella tenda con espressione apprensiva, dopo aver studiato la caviglia, prese a frugare nella cassetta del pronto soccorso in cerca dell'antidolorifico consigliato da Stephan.
 
'Mi dispiace' dissi dopo un pò, guardando Stephan di sottecchi.
Mi sentivo molto meglio, io e Stephan ce ne stavamo seduti a gambe incrociate in fondo alla tenda, il professore era andato via da poco.
Lui annuì sbuffando : 'Non è colpa tua. Fridon ha azzardato troppo.'
Poi, con mia sorpresa, scoppiò a ridere.
'Che ti prende?' chiesi curiosa.
'Diana!' rispose lui riprendendo fiato, 'L'ho intravista prima! Insomma, ci ha visti quando siamo tornati e poi ha sentito me e Gabriele, ma non sa niente! Non sa di noi due! Starà fremendo di curiosità!'
Io spalancai gli occhi e lui rise di nuovo.
'Non c'è niente da ridere!' dissi io che invece mi trattenevo con un mezzo sorriso ebete: 'Ti rendi conto che potrebbe assalirmi da un momento all'altro?! E io che volevo uscire a prendere un boccata d'aria!'
Lui continuò a ridere spudoratamente e si bloccò solo quando sentì proprio la voce della mia imminente assalitrice lì fuori.
'Eccola che arriva' sospirai, guardandolo rassegnata.
'Corro a darle il benvenuto!' esclamò malizioso alzandosi e io gli lanciai dietro la scatola degli antidolorifici, che lui ignorò a bella posta, aprendo la tenda.
'Oh, siete voi!' disse fingendosi sorpreso, 'Reika ora sta bene.'
'Voglio entrare, fammi spazio!' disse Diana infilandosi nella tenda senza tante cerimonie.
Luca la seguì.
Li salutai con un sorriso tirato.
'Come va?' chiese Luca, 'Perchè non esci un pò? Qui dentro si soffoca.'
'Stavo proprio per farlo!' dissi in fretta e feci per alzarmi.
'Ferma lì, ti do una mano!' disse Stephan avviandosi verso di me.
'Un momento!' urlò Diana battendo un piede a terra, 'Devo parlare con lei! Voi due, fuori di qui!'
Non potei fare a meno di scoppiare a ridere a quella scena: lei che spingeva Luca fuori dalla tenda e che trascinava per un braccio anche Stephan, il tutto borbottando chissà cosa.
‘Vi ho visti’ cominciò chiudendo la tenda, ‘tu e Stephan. E’ successo qualcosa che ancora non so. Per non parlare della scenata tra lui e Ga-’
‘Zitta e siediti, sei rimasta un pò indietro!’ le dissi sbuffando. Lei mi corse accanto e annuì:
‘Proprio così! So solo che ti piace e che tu piaci a lui. E so che Gabriele è geloso, solo questo!’
‘Beh,’ dissi serena, guardandomi i piedi: ‘ti ricordi il giorno della punizione?’
 
Le raccontai ogni cosa, ignorando le sue espressioni esagerate e i suoi sorrisetti compiaciuti.
‘Te lo dicevo io!’ esclamò in fine: ‘Te lo avevo detto o no, che era cotto di te? Ah, dovresti ascoltarmi più spesso!...’
Non ascoltai altro delle sue filippiche da guru dell'amore e mandai un messaggio di S.O.S. a Stephan, che arrivò pochi minuti dopo, con espressione beffarda.
'Allora, può finalmente uscire di qui o l'interrogatorio non è ancora finito?' chiese Stephan ridendo e tirandomi su.
'Tra un pò si cena, siamo tutti insieme mancate solo voi!' continuò Luca
Diana si alzò soddisfatta e afferrò la mano di Luca: 'Noi andiamo avanti, dai tu una mano alla tua ragazza ad uscire vero?' fece l'occhiolino a Stephan e uscirono.
 
Fu una bella serata.
Restammo svegli fino all'alba attorno al fuoco, a blaterare piacevolmente di cose senza importanza: il clima era gradevole, i grilli facevano da sottofondo, il cielo era terso e il professore non obiettò a quella notte in bianco.
Quando il sole sorse raccogliemmo tutte le nostre cose, caricammo l'autobus e finalmente ci mettemmo in viaggio, durante il quale la maggior parte di noi recuperò le ore di sonno perse.

 

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Capitolo 6
*** 6. Sapore amaro ***


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Note autore:
Ed eccoci con il sesto capitolo!
Sono puntuale questa volta!
L'unica cosa che mi preme dire per quanto riguarda questo capitolo è: non allarmatevi, ANDRA' TUTTO BENE! E non aggiungo altro.
Detto questo, mi dileguo.
Buona lettura!

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6. Sapore amaro

I giorni si susseguivano velocemente, la mia vita aveva assunto una piega nuova con l'arrivo di Stephan : era un continuo sorprendersi. Col passare del tempo il nostro legame era andato via via a farsi sempre più importante, cominciavo a figurarmi un futuro in cui lui era assolutamente presente.
Non avevo propriamente detto ai miei genitori che io e Stephan stavamo insieme: certo lo vedevo ogni giorno, ma uscivo anche con Diana e Luca. Sicuramente lo sospettavano ma per il momento non mi importava nè di smentire, nè di confermare.  
Inizialmente io e Stephan avevamo badato più a sensazioni e istinti, ora eravamo presi a scoprirci davvero, in tutte le sfumature. Avevamo dei progetti: voleva farmi conoscere i suoi amici di New York, volevamo farci una vacanza insieme a Diana e Luca appena la scuola fosse finita. Avevamo ancora un ultimo anno scolastico da affrontare ma stavamo cominciando a limare i dettagli per il nostro futuro: inseguire i nostri sogni, continuare gli studi, decidere quale carriera intraprendere eccetera.
Insomma ero innamorata del mio vicino di casa e stavo cominciando ad essere davvero soddisfatta della mia vita.

Ora, erano passati ben quattro mesi dal fine settimana in campeggio e dopo un'estenuante mattinata a scuola, tra test di qualsiasi sorta e una rinvigorente sosta al bar più vicino, avevo finalmente varcato la soglia di casa, ancora sorseggiando dalla cannuccia il frullato che Stephan mi aveva offerto.
Mio padre era rientrato dai suoi abituali spostamenti di lavoro solo ieri, dunque sbirciai in salotto consapevole di trovarlo lì:
'Pà!' sbottai facendolo sobbalzare mentre scrutava la mensola su cui avevamo sistemato i nostri dvd, stracolma: 'Non puoi guardare un film senza di me!'

Mio padre spostò il peso da un piede all'altro: 'In realtà stavo cercando un film per questa sera. Tua madre vuole organizzare una serata popcorn, per rilassarsi un po'. E visto che stasera esci con i tuoi amici...'
Scoppiai a ridere: 'Il reparto film noiosi, che piacciono a lei, è quello più in basso!' dissi facendogli l'occhiolino. Lui alzò gli occhi al cielo esasperato e scosse la testa ridendo.
Urlai un saluto a mia madre e mi chiusi in camera per studiare.
 
Ero seduta a gambe incrociate sul letto, con il libro in mano, le cuffie nelle orecchie e la musica a pieno volume, dunque, non sentii il mio cellulare squillare.
Mia madre spalancò la porta e solo allora mi tolsi le cuffie.
'C'è Stephan di sotto, ti sta cercando!'
Alzai un sopracciglio: ci saremmo visti di lì a poco, cosa c'era di così importante?
Gettai distrattamente il libro sul letto e scesi le scale di corsa.
 
Lo vidi fermo all'entrata, aveva un'espressione strana.
'Tutto bene?' gli chiesi.
Lui mi fece cenno di uscire ed io chiusi la porta alle mie spalle.
'Allora?' lo spronai studiandolo.
Lui sbuffò e si appoggiò al muro con aria agitata.
Cominciavo a preoccuparmi. E anche a innervosirmi.
'Che ti prende?' chiesi ostentando calma, mordendomi le unghie.
'Mio padre...' cominciò lui, ' ha-deve... deve tornare a New York, per l'azienda, il lavoro.'
Annuii per farlo continuare, impaziente di capirci qualcosa.
'Reika,' disse avvicinandosi 'dice che deve aggiustare le cose a New York, che si tratterrà lì almeno per un anno. E quindi vuole che andiamo con lui. Io e mia madre. Per un anno.'
 
'Come?' riuscii a dire, spalancando la bocca 'Andartene? Un anno?'.
Lui mi chiuse in un abbraccio: 'Ho chiesto a mio padre di restare, io e magari Gustavo. Gliel'ho ripetuto e ripetuto ma non ne ha voluto sapere. E' stato irremovibile, non ho scelta.'
Mi staccai malamente da lui, asciugandomi convulsamente gli occhi, senza permettere neanche a una lacrima di venire giù.
'Non voglio che te ne vai.'
'Lo so' concluse lui. Poi si avviò alla sua villa.
 
Lo guardai andare via e mi venne una voglia matta di inveire e gridargli contro.
Entrai in casa con sdegno e corsi di sopra.
Ero arrabbiata, non poteva andarsene. 
Non riuscivo a pensare ad altro, ne a vederla diversamente: non poteva andarsene.
Di sicuro poteva convincere suo padre, poteva restare qui. Poteva provarci.
 
E' stato irremovibile, non ho scelta.
 
Sentii mia madre chiedermi di scendere ma mi chiusi in bagno, aprii l'acqua nella doccia e cominciai a spogliarmi.
 
Forse sua madre gli avrebbe dato man forte e lo avrebbe convinto. Poteva provarci.
 
Gliel'ho ripetuto e ripetuto ma non ne ha voluto sapere.
 
Un anno però, era tanto tempo.
Non può andarsene, ripetei covulsamente tra me e me, non può e non deve.
Mi lasciai andare al calore della doccia e mi schiarii la mente:
Stephan era costretto a partire anche se voleva restare. Ci aveva provato.
 
Uscii dalla doccia, indossai l'accappatoio e afferrai l'asciugacapelli.
Dieci minuti dopo ero a casa sua, Gustavo mi aveva aperto.
 
'Quando partite?' chiesi a Stephan, che era entrato in salotto in quel momento.
'Domani' rispose lui un pò sorpreso di vedermi lì.
Sbattei le palpebre.
Domani. Neanche il tempo di farmi abituare all'idea.
'Me lo ha detto due giorni fa' continuò lui, 'credevo di avere buone possibilità di convincerlo a farmi restare...'
Annuii e alzai lo sguardo:
'Potrai venire a trovarci, di tanto in tanto?'
Lui annuì con forza: 'Appena potrò. E ti contatterò tutti i giorni.'
'Ti aspetterò' promisi allora.
Lo baciai in fretta e furia e lo abbracciai stretto: 'Torna a trovarmi.'
'Promesso.'

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N.B.: Il prossimo capitolo uscirà, ovviamente, tra una settimana: sabato 29 Novembre.

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Capitolo 7
*** 7. Stratagemma ***


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Note autore:
Wow! Puntuale, di nuovo!
Spero apprezziate l'impegno! E spero che qualche personcina che legge la storia in silenzio, si decida ad espormi il suo parere!
Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia fra preferiti/seguiti/da ricordare.
Buona lettura!

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7. Stratagemma

 
Sentii il cellulare vibrare e scavai con la mano nello zainetto che mi ero portata dietro.
Tirai la mano fuori quando afferrai qualcosa di solido, ma si trattava del portafoglio. Sbuffai e sbirciai all'interno individuando subito l'oggetto interessato: tre chiamate perse di mia madre.
Lo infilai nuovamente nello zainetto con stizza e ripresi a camminare.
Erano le tre - e non del pomeriggio - e stavo già camminando verso casa, - con estrema lentezza - anche se non avevo nessuna voglia di rientrare.
Stare a casa con i mei genitori mi rendeva nervosa, mi sembrava di soffocare.
Odiavo dovermi subire i loro sguardi di sospetto o peggio, di preoccupazione. Così, preferivo stare fuori casa - anche se significava far fronte poi a ramanzine sull'ora improponibile e sull'indecente atteggiamento di strafottenza che tiravo fuori in quelle situazioni -. 
Ultimamente non sopportavo neanche la compagnia di Luca e Diana che, purtroppo, conoscevano, molto più dei miei genitori, il ruolo di un certo Newyorkese nella mia vita e non facevano altro che cercare di confortarmi e di farmi forza. Cosa di cui, non avevo assoluto bisogno. 
Stavo bene.
Si, erano passati tre mesi da quando lui se n'era andato e non aveva ancora trovato il tempo di tornare per vedermi, per via della scuola - doveva impegnarsi molto, dati i continui cambiamenti - e i suoi non ammettevano distrazioni.
Ma ricevevo da lui un sacco di e-mail e di sms ed anche sporadiche chiamate.
Il fatto che quei due si ostinassero a ricordarmi, ogni cinque minuti, che negli ultimi tempi ero leggermente di cattivo umore, mi dava oltremodo sui nervi.
Mi mancava e tanto. E allora?
Non mi andava di pensarci più di quanto non facessi già ma loro si mettevano in testa di compatirmi e di elargire consigli e massime di vita, sbattendomi praticamente in faccia quanto ci stavo uno schifo ogni santissimo minuto! Che pretendevano?
Li evitavo per lo più. Non ero mai in casa e cercavo di non farmi beccare in giro.
Di solito andavo nei locali affollati, ballavo e mi trattenevo a chiacchierare con conoscenti che almeno non mi guardavano come una povera disgraziata.
Una volta mi ero imbattuta in Gabriele e avevo passato la serata con lui e altri amici.
Almeno finché non aveva tirato fuori l'argomento Stephan-non-c'è con un mezzo sorriso compiaciuto, che non avevo potuto fare a meno di notare e che mi aveva rivoltato lo stomaco quanto lo facevano gli sguardi di compassione di Diana.
Pescai le chiavi di casa dallo zainetto e le infilai nella toppa. Cercai di fare piano e quando fui dentro e non mi sentii sbraitare addosso, seppi che mi ero evitata l'ennesima ramanzina. Sbirciai in salotto e vidi mia madre addormentata sulla spalla di papà, altrettanto assopito e la tv accesa.
Lasciai lo zainetto sul pavimento, - così se si fossero svegliati, si sarebbero almeno accorti del mio ritorno - corsi di sopra e mi affrettai a infilarmi nel letto.
Una decina di minuti più tardi, sentii i passi decisi di mia madre sul pianerottolo e la porta della mia camera spalancarsi. Feci finta di dormire, respirando piano e pochi secondi dopo la porta si richiuse: avevo rimandato le sue escandescenze di qualche ora.
 
Era domenica mattina e, come previsto, fui svegliata con un grande scossone e quando finalmente misi a fuoco la mia stanza, mi sentii chiaramente trafitta dallo sguardo infuriato di mia madre.
'Allora?' esclamò sprezzante, 'hai intenzione di darmi una valida spiegazione, almeno?'
'Per cosa?' borbottai, abbandonandomi sul cuscino.
'Per cosa?!' urlò allora lei, tirandomi via le coperte. 'L'ultima volta che ti ho chiamata saranno state le tre e un quarto!'
Mi alzai e pescai a caso nell'armadio, mentre mia madre riprendeva fiato, per poi ricominciare:
'Va benissimo che tu vada a divertirti con Diana e Luca e non so chi altro, nessuno te lo vieta. E va bene che ogni tanto tu faccia tardi. Ma, santo cielo, ogni tanto, non tutti i giorni! Hai la scuola e non puoi presentarti come uno zombie ambulante!'
Infilai la maglietta sopra i jeans e mi affrettai ad uscire dalla mia stanza. Mia madre mi seguì: 'E soprattutto, gradirei che rispondessi almeno alle mie chiamate, quando decidi di passare la nottata fuori!'
Continuò così fino in cucina e quando mio padre ci raggiunse, ci si mise anche lui.
Alla fine sbottai in malo modo e prendemmo a litigare, finché non mi alzai e uscii di casa sbattendo la porta.
Nella fretta ero riuscita a recuperare lo zainetto, ancora sul pavimento, prima di uscire: almeno non sarei dovuta tornare a casa per pranzo, avrei mangiato fuori.
Continuai a camminare svelta senza una meta precisa, poi un'idea mi bloccò lì sul posto.
Mi guardai intorno per orientarmi e feci dietrofront affrettando il passo.
 
Dieci minuti dopo ero davanti a casa di Diana e suonavo il campanello.
'Chi è?' mi chiese una voce che poi, riconobbi come quella della madre di Diana.
'Sono Reika, può chiedere a Diana di uscire per favore?'
'Certo, te la chiamo subito!'
 
'Reika?', Diana mi corse incontro , fuori dal cancello. 'Stai bene?'
'Ciao,' dissi in fretta 'sto bene'.
'Luca sta venendo qui, se ti va possia-'
'No, non c'è tempo!' la interruppi, poi sentii quest'ultimo che ci chiamava.
'Ah, è già qui!' continuò lei.
Lui ci raggiunse subito e ci salutò, sorridendo.
'Bella giornata, eh? Come la sfruttiamo?' chiese senza tanti preamboli.
'Non so,' disse Diana 'credo che Reika abbia qualcosa da dirci a riguardo.'   
Luca mi guardò perplesso.
'In effetti, ho intenzione di sfruttare questa giornata con un bel viaggio.'
Diana sbattè le palpebre, Luca spalancò gli occhi: 'Vuoi andare da lui?'
'Esatto. Ho l'ultima paghetta quasi intatta, mi basterà per un biglietto spero. Ma mi serve qualche vestito da portare. Non voglio tornare a casa: ho litigato con i miei e se rientro adesso, non mi lasceranno più uscire.
Per questo volevo qualcosa di tuo, Diana. Starò via qualche giorno, non molto.'
Luca mi studiò: 'Sei convinta?'
'Si' annuii ferma.
'Allora vengo con te,' disse sospirando.
Lo guardai sorpresa. Luca era mio amico dal primo anno di liceo e aveva sempre avuto un atteggiamento quasi protettivo nei miei confronti. Poi aveva conosciuto Diana e forse era un pò cambiato ma mi fece sorridere il fatto che in fondo, era sempre lo stesso. E poi, il suo rapporto con Stephan, era diventato molto forte.
'Manca anche a te, eh?' lo stuzzicai, ridendo.
Lui si strinse nelle spalle.
'Ehi, vengo anch'io! E' pur sempre New York! E poi manca anche a me. Devo solo prendere due cosette' cominciò Diana, facendo avanti e indietro: 'Dico a mia madre che ti portiamo da qualche parte, perchè hai bisogno di staccare la spina. La farò sembrare una situazione drammatica e farò tutto molto in fretta, così non avrà neanche il tempo di replicare. E se i tuoi genitori ti cercheranno, sapranno che stai bene.'
Si fermò e ci guardò: 'Si,' annuì 'entro ed esco in un attimo!'
Corse in casa e si chiuse la porta alle spalle.
Scoppiai a ridere e pensai che davvero, non meritavano il modo in cui li avevo trattati.
Guardai Luca : 'Mi dispiace pe-'
'Lascia stare,' mi interruppe lui 'essere amici vuol dire anche sopportare la tua testa dura.'
 
Circa cinque minuti dopo Diana uscì e mi lanciò una borsa enorme, stracolma. Poi rientrò e mise su una faccia ultra-apprensiva. Non sentii cosa disse a sua madre ma, in men che non si dica, tornò da noi correndo e ci incitò a muoverci.
Passammo per casa di Luca per recuperare altre due cose e poi chiamammo un taxi per farci portare all'aeroporto.
Comprammo tre biglietti del primo volo per New York e aspettammo.
 
Sull'aereo, Diana e Luca si sedettero vicini mentre io finii accanto ad un vecchietto strambo e logorroico. Poco male comunque, dato che mi feci, dopo tanto tempo, una bella dormita che mi risparmiò la tortura.
 
Diana mi svegliò prima dell'atterraggio.
Lasciammo l'aeroporto con un taxi e fu solo a quel punto che mi posi la domanda di dove raggiungere Stephan.
'Allora, dove vi porto?' chiese il tassista, che aveva una folta barba e l'aria annoiata.
Guardai Luca e Diana speranzosa, ma entrambi mi fissavano confusi.
'E-ecco... conosce per caso la famiglia Lordale?' chiesi scettica.
'Certo, avete un appuntamento di lavoro? La sede dell'azienda è-'
'No, la loro abitazione..' dissi sorpresa e confusa. Erano così importanti?
'Oh, certo.. l’abitazione di Alexander Lordale? Del proprietario dell’intera azienda? ' disse tassista, guardandoci sorpreso.
Che c'era di strano?
‘Beh, si’ annuii.
Il tassista mise in moto e non disse più nulla.
Dopo una ventina di minuti eravamo fermi davanti ad un’abitazione indescrivibile.
Diana non potè fare a meno di commentare: ‘Favoloso è dire poco! Ma che diavolo di famiglia è questa?! Non c’è che dire, ti sei proprio trovata un buon partito!’
Alzai gli occhi al cielo e proprio in quel momento un uomo vestito di tutto punto uscì dal cancello e si fermò quando ci vide impalati lì davanti.
‘Cosa fate qui?’ chiese il tizio, con fare inquisitorio.
‘Ecco, cercavo St- il signor Stephan Lordale’ risposi imbarazzata.
‘Non è in casa al momento. Siete attesi?’ chiese meccanicamente.
‘Attesi? No... ma io conosco questa famiglia e sono sicura che mi lascerebbero entrare se-’
L’uomo quasi scoppiò a ridere: ‘Non credo. Se avete un appuntamento o-’
Lo interruppi anch’io, trattenendo il nervosismo che quel tizio mi ispirava con i suoi risolini: ‘Se magari potesse annunciare che Reika Walter ha bisogno di parlare con Stephan Lordale, le sarei molto grata.’
Mi guardò scettico e, mantenendo il sorriso di superiorità, annuì tornando dentro.
Preferivo Gustavo, di gran lunga.

Quando ormai mi ero stancata di starmene in piedi, il tizio tornò, il sorrisetto era sparito.
‘I signori Lordale mi pregano di porgerle le loro più sentite scuse, in quanto sono davvero troppo impegnati per riceverla. Vogliono inoltre informarla che il signor Stephan è altrettanto impegnato in questo periodo e che quindi sarebbe meglio rinviare la sua visita al momento. Le mandano i più cordiali saluti.’
Quell’idiota l’aveva avuta vinta, eppure aveva cambiato atteggiamento. Probabilmente di solito, persone come noi, venivano semplicemente mandate via. Così, nascosi la delusione e sorrisi al tizio, con fare compiaciuto: ‘ La rigrazio delle informazioni, è stato molto gentile.’
L’uomo arricciò le labbra e mi fece un cenno col capo, prima di fermare un taxi e andarsene.

A quel punto, presi a camminare tranquilla e Luca mi studiò, venendomi dietro insieme a Diana:
‘Non ti arrenderai così facilmente?’ chiese perplesso.
‘Per chi mi hai presa?’ dissi sorridendo con fare saputo: ‘Quel tipo prima, ha detto che Stephan non c’era. Se è vero, dovrà tornarci prima o poi, no?’
Diana scoppiò a ridere: ‘Quindi aspettiamo!’
‘Esatto, aspettiamo.’

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N.B.: Mi prenderò una pausa "natalizia"! Il prossimo capitolo, dunque, sarà postato dopo le vacanze di Natale!

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