La mia vita perfetta.

di Petit_fantome
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


LA MIA VITA PERFETTA

 
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Prologo.

 
 
 
E’ proprio vero che spesso l’apparenza inganna.
Ci sono persone che sembrano tanto dolci e invece hanno il veleno al posto dal sangue; ci sono quelle che fanno le dure solo per proteggere il proprio cuore, troppo sensibile, da un’altra delusione; ci sono poi quelle persone che le vedi sorridere sempre, in ogni circostanza, ma dentro hanno tanto di quel dolore che nessuno potrebbe immaginare. L’apparenza non è tutto.
 
Non mi ricordo dove le ho lette tutte queste frasi ma riassumono perfettamente la mia vita.
Io sono sempre stato un gran bel ragazzo.
Una bella casa, una famiglia, buoni studi, buon conto in banca, un gemello, un cane, un gatto, un topo, le pulci. Del cane e del gatto ovviamente.
 
Tutto questo fino a qualche anno fa era la mia perfezione.
Vivevo nella perfezione.
Poi però la mia bellissima Ferrari venne distrutta da un camion come la mia colonna vertebrale.
Ergo, ora ho una Porsche grigio metallizzato favolosa. Cambio e corsa manuale. Due ruote grandissime lucide, due piccole e il mio sedere sempre incollato al sedile.
Molto versatile, la porto anche in bagno.
Si, sono paralitico.
Oltre all’uso delle gambe e il nuovo “mezzo di trasporto”, ho perso anche quello che chiamavo gemello e la famiglia.
Cose che capitano anche ai migliori.
Loro fanno la loro vita, io la mia.
Tutti molto felici insomma.
Ho cambiato casa.
Ora vivo in un bel appartamento moderno, sui toni del bianco e del nero, in centro.
Molto carino si.
Con me abita anche il cane.
Di preciso non è mio ma un giorno è entrato e non ne vuole sapere di uscire da qui.
Spero vivamente che le sue pulci siano rimaste fuori.
Ecco.
Si insomma, a parte la seccatura della sedia a rotelle, vivo comunque nella perfezione no?.





Grazie ad Aurora per il banner e grazie a tutti.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo Uno

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“È sbagliato pensare che l'amore  sia frutto di una lunga conoscenza e di un tenace corteggiamento. L'amore è la sorgente dell'affinità spirituale e se tale affinità non nasce all'istante, non potrà svilupparsi nel corso degli anni e neanche delle generazioni.”
Khalil Gibran
 
 
 
 
 
 
 
 
Mi trovo seduto al tavolo di un bar.
Dista qualche isolato dal mio appartamento, il caffè è accettabile e nessuno dei proprietari e dipendenti si permette di essere invadente.
Punto molto a favore del locale.
Sorseggio tranquillo la mia bevanda ancora fumante mentre guardo distratto fuori dall’enorme vetrata che ho di fronte.
Mi piace vedere il cambio di stagione.
Notare come piano piano le foglie degli alberi assumono sfumature rossastre e giallastre, come il cielo diventa sempre più grigio e terso.
Mi sono sempre chiesto come, anche se cupo, il cielo abbia un fascino particolare.
Certo, prima di questo mio modo di vivere, di sicuro non me ne stavo qui a “perdere tempo” guardando il cielo.
Prima passavo da una festa all’altra, da una cerimonia qui ad una lì, qualche breve e poco stressante intermezzo lavorativo (si deve pur campare) e per finire, ovviamente, ore di aperitivo da qualche parte del mondo.
Agenda piena insomma.
Ora il massimo del mio delirio di divertimento è qualche messaggio in chat con una ragazza di cui non so né l’aspetto né il nome. So solo che è molto appassionata di libri e che legge molto.
Tutti qui.
Che grande vita sociale che ho.
Per fortuna mia.
Il cane socializza con il cane del mio dirimpettaio (cane mezzo fatto visto che l’”artista”, come si fa chiamare, ha bisogno del suo “incenso speciale” per creare. Insomma un dirimpettaio normale era troppo banale).
Ergo, libri, libri, libri, caffè, insalata (già pronta, sennò digiuno) e chat con la ragazza.
Dal su nickname non è possibile capire il sesso di chi scrive ma ormai ho affinato i sensi e ho dedotto che è una ragazza. Sulla trentina, status sociale nella media, colta ed educata.
Ecco, gli elementi essenziali.
Il resto sono solo dettagli inutili.
L’ho conosciuta per la prima volta qualche mese dopo l’incidente.
Però, ora che ci penso sono passati già sette anni.
Il tempo vola quando ci si diverte.
Ero stato dimesso da pochi giorni dall’ospedale.
Avevo anche appena traslocato e finalmente la mia routine mi faceva meno schifo, sistemando alcune cose mi tornò in mano il libro che mi aveva tenuto compagnia durante la degenza.
Era il primo della collana di un noto autore di thriller.
Lo avevo trovato molto interessante e così decisi di recuperare anche gli altri.
Tanto, che altro ho da fare in queste condizioni?.
Ma dato che non ero ancora molto pratico della mia nuova vita e… sì ok, erano anche anni che non leggevo un libro, non avevo la minima idea di come fare a comprarli.
Ricordo che, qualche minuto dopo che scrissi nel blog ufficiale quella semplice domanda “Come e dove posso comprarli?”, lei rispose subito mandandomi il link di un sito di acquisti online.
Mi sembrò strano.
Voglio dire, lei poteva anche rispondere “Muovi il culo e vai in libreria.”, invece sembrò quasi capire il mio problema.
Si insomma un caso, ma non so, ancora adesso mi stupisco di ciò ogni volta che ci penso.
In più, come dicevo prima, è molto intelligente e sensibile.
Lascia sempre ottimi commenti e recensioni.
Una sera abbiamo fatto quasi le tre di mattina parlando di un libro.
Mi piace parlare con lei. Sa rimanere al suo posto.
Cosa che, per esempio, mia madre non sa fare dato che è la sesta chiamata che ignoro e lei che fa? Continua a chiamarmi.
Va bene facciamo un’opera buona anche oggi.
Sblocco lo schermo e rispondo alla chiamata.
“Dimmi.”
“Finalmente, ma dove sei? Al telefono di casa è inutile cercarti e al cellulare non rispondi.”
La sento vagamente preoccupata, tagliamo i convenevoli, ho voglia di tornare a casa.
“Dimmi su.”
Eccola che inizia a parlarmi delle figlie delle sue amiche.
Evvai.
Che poi, prima di arrivare al punto della questione parte dal Big Bang. Che noia!
Mentre mentalmente mi sto impiccando sulle dolci note della voce di mia madre, mi accorgo di una ragazza, poco lontana da me, seduta su una delle sedie del bancone.
Sta chiedendo al proprietario se conosce qualcuno a cui potrebbe servire aiuto in casa.
Ha un aspetto molto sobrio ed essenziale.
Abiti casual non firmati, puliti e ben stirati. Capelli biondi, sciolti che le ricadono sulle spalle, puliti e ben curati. Trucco molto leggero e minimo. Le scarpe comode hanno la suola un po’ sporca di fango, segno che ha camminato molto. Dalla borsa a tracolla sbucano vari fogli, probabilmente curriculum e un libro.
E’ al contrario quindi non riesco a capire né il titolo né l’autore, ma è piuttosto spesso. Quindi riassumendo: è in cerca di lavoro, è pulita, ordinata, rigorosa, da come parla sembra aggraziata e seria, ma soprattutto, non presenta sintomi fisici di abuso di alcool, droghe o fumo.
E’ perfetta.
Ritorno un attimo alle parole di mia madre mentre estraggo il portafoglio dalla tasca e lascio sul tavolo i soldi.
“Quindi secondo me, anche se non è un genio, potresti uscirci insieme, magari vi piacete e tu non devi nemmeno spendere soldi per una che ti faccia le pulizie…”
“Senti, io l’altra volta ho detto che non mi serve una che conosce e parla otto lingue, che lavora nella Casa Bianca e che riesce a cambiare la rotazione della Terra. Ma è anche ovvio che non voglio una demerita cretina che gira per casa mia. Metti che casualmente si materializza in mezzo al salone un palo della luce sospeso in aria e io ci sbatto contro la testa e magicamente voglio parlarci, vorrei seriamente evitare di parlare di trucco, smalti e scarpe. Ergo: anche no, grazie. E poi di sicuro una così non è nemmeno in grado di fare un the senza bruciare la casa. Comunque scusa, ora ho da fare. Ciao a presto.”
Chiudo la chiamata e mi sposto con un po’ di difficoltà vicino alla ragazza. E’ assorta nei suoi pensieri, sta fissando la tazza di the con sguardo sconsolato.
Le appoggio la mano sull’avambraccio. Non voglio che si spaventi. Per fortuna si gira senza cacciare nessun urlo isterico.
Ha un sorriso cordiale.
E’ davvero gentile ed educata, ha abbassato lo sgabello per poter essere alla mia stessa altezza. Sarà sul metro e settanta, snella e profuma di pulito.
“Scusa il disturbo, per caso ho ascoltato la conversazione che hai avuto con il titolare. Come puoi notare e capire la Porche qui, non mi permette di curare molto la mia casa e di svolgere i lavori domestici. Per te sarebbe un problema lavorare per me? Le tue mansioni sarebbero le solite: pulire, lavare gli indumenti, stirare, fare la spesa, tenere in ordine… Ecco. Poi se qualcosa non ti va bene o altro, possiamo metterci d’accordo.”
Mentre parlo lei mi ascolta i silenzio, annuisce a certe mie parole.
Mi fermo per lasciarla parlare e anche perché non sono più abituato a parlare, quindi non so nemmeno come comportarmi.
Ah, come si cambia nella vita.
“Per me andrebbe bene, diciamo che bisogna vedere se come lavoro io le può andare bene.”
Nemmeno mi ero accorto di averle dato del “tu”; magari mi ha preso per un arrogante. Però ha accettato, no?
“Sì, be, potremmo fare qualche giorno di prova. Io abito a due isolati da qui. Per lei è comoda come zona?”
“Ehm, per la verità, sto cercando una sistemazione. Per vari motivi ho dovuto lasciare il posto in cui risiedevo prima per cui ora non so ancora dirle dove abito.” Abbassa lo sguardo imbarazzata.
Direi che ha anche un po’ di paura, teme che ci ripensi dopo questo dettaglio.
Ok, mi è venuta un’idea. E’ una pazzia.
Lo so, è abbastanza folle, ma ho bisogno di vestiti puliti e ordine in casa. Non posso continuare a comprarne di nuovi. Ho il guardaroba pieno ormai. Per non parlare della lavanderia.
“Se per lei va bene, potrebbe trasferirsi da me. Ho una stanza per gli ospiti con annesso bagno. Così mi potrebbe anche preparare i pasti. La sera sarà libera di uscire quando e per quanto vuole. La domenica uguale. La mia offerta è questa.”
Prendo un tovagliolo e scrivo la cifra mensile che le propongo.
Glielo passo e lei lo guarda sgranando leggermente gli occhi.
“E’ sicuro che per lei non è un disturbo?”
“No, ho estremo bisogno di qualcuno in casa che mi aiuti. Piacere, sono Bill Kaulitz.”
“Piacere mio, Sapphira Hall.” Mi stringe la mano delicatamente.
Sì, credo di aver fatto la scelta giusta.
Almeno spero.
“Ok, allora, le chiavi della Porche sono le due maniglie qui dietro; le va di guidare?”
Sorride dolcemente annuendo, paga velocemente e si sistema il cappellino in testa.
Carino, la rende molto bambina.
Mi spinge fuori dal bar.
A metà del tragitto dal bar a casa mia, mi comunica che ha depositato le sue cose in un garage a qualche metro di distanza.
“Le dispiace se mi fermo ora a prendere almeno i vestiti?”
“Nessun problema, come può immaginare non ho appuntamenti o impegni.”
Entriamo in questo edificio anonimo e dopo vari corridoi e porte, Sapphira si ferma davanti il portone numero 77.
Noto che è un garage molto usato, solo poche porte sono aperte.
La ragazza estrae la chiave e dopo un paio di giri la serratura scatta.
Apre il grande portone e dentro di esso scorgo varie borse, valigie e sacchi neri pieni.
Prende solo quest’ultimi e sospira amareggiata.
Rimane a guardare per qualche minuto il resto della sua roba.
La mia curiosità mi sta facendo fremere, ma di sicuro non posso farle il terzo grado.
Perché no?
Dopotutto sto accogliendo in casa una perfetta sconosciuta.
Sto per aprire bocca quando noto il suo sguardo triste.
Direi che il cambio di domicilio non sia stato una sua scelta.
Chiude il portone dopo avere posato i sacchi vicino a me.
Mentre lei chiude a chiave sbircio dentro uno di questi.
Vestiti, puliti ma messi dentro alla rinfusa.
Mi sa che ho pensato giusto.
Mi spinge verso l’uscita mentre tiene i sacchi appesi dietro alla carrozzina.
Le ho chiesto se la posso aiutare ma, con un filo di voce, mi ha risposto che non serve.
Sta trattenendo le lacrime.
“Dammi pure del “tu”, grazie.”
Spero almeno di averla fatta sorridere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi qui con il primo capitolo.
Allora, devo ammettere che ho poche idee e anche confuse.
La sola cosa che è certa è che non ho intenzione di fare un poema epico lungo millemila pagine; ergo credo che in meno di dieci capitoli la storia sarà finita.
Sto scrivendo mano a mano che le idee mi giungono, quindi non so quando pubblicherò di nuovo.
 
Ringrazio Aurora per il banner e perché mi controlla la storia e il resto.
Grazie mille anche a chi ha letto e commentato il prologo, soprattutto Paola che è sempre pronta a sostenermi e ad un’ altra persona che spero sia felice di ciò che faccio e scrivo.
Spero di ricevere almeno qualche commento e/o critica.
 
Alla prossima e baci dal fantasmino. 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo Due
 
 
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Un cane può trovare, perfino nel più inutile di noi, qualcosa in cui credere.
E.V.Lucas
 
 
 





E’ quasi passata una settimana da quando Sapphira ha iniziato a vivere con me.
Siamo realistici, mi fa da badante.
Appena ha messo piede in appartamento il cane è impazzito. Letteralmente. Ha passato ore ad annusarla e a starle dietro come una pulce.
Figuriamoci poi il ruffiano, appena ha visto che gli dava corda si è steso a terra con le zampe in aria.
Che cane!
Ma tornando a Lei, è da cinque giorni che stira e fa il bucato.
Ero messo male, glielo avevo detto.
E si, avevo ragione.
Abbiamo acquistato un armadio nuovo per poter sistemare tutti i vestiti nuovi puliti.
Appena si è presentata la necessità le ho dato i soldi e l’ho pregata di andare, ma nulla.
Sono dovuto andare con lei.
“Ti prego Bill, vieni anche tu. Sono i tuoi soldi, io non mi fido ad andare senza di te. Poi magari sbaglio armadio o quello che prendo non ti piace.”
“Sapphira, va bene un qualsiasi armadio di media misura.”
“Ma che ti costa venire con me? Dai dai su andiamo. Prendo il cappotto, il berretto e arrivo.”
Alla fine mi sono arreso e sono andato.
Ho odiato profondamente quei tre idioti di commessi.
“Signorina se vuole veniamo a montarlo noi…” e intanto guardavano me come se fossi un bambino in fasce. O peggio, come fossi una nullità.
Lo so che sono paralitico, che sono un disturbo, un problema ma… Lo so montare un fottuto armadio!
Cioè… Lei lo sa montare e lo ha montato.
Io ho guardato.
Anche se Lei a fine dell’opera mi ha guardato e mi ha ringraziato delle istruzioni.
Già, sono stato talmente utile a leggere quel cavolo di libretto di “distruzioni” che Lei dopo due pagine lette aveva già finito.
Morale: Le faccio pena.
Non trovo altre soluzioni.
Sempre gentilissima, disponibilissima, puntualissima, carinissima, dolcissima… troppi -issima per non pensare male.
Ma, dopotutto, sta lavorando davvero molto e non esce mai.
Se mi lamentassi sembrerei un mostro.
Già, non esce mai. Ma mai.
Due giorni dopo il nostro incontro ha portato qui anche le famose valigie.
Non ho resistito, appena ho viso quei borsoni sono partito a razzo con le domande.
Speravo di farla confessare senza chiederglielo direttamente e invece no.
“Sembrano pesanti quelle valigie…”
“Eh si, in effetti sono belle piene.”
“Già, l’ho notato, vuoi un aiuto?”.
“Oh no, tranquillo, tanto sono cose facili e veloci da sistemare.”
“Ah si?”.
“Si.”
“E, scusa la curiosità, cosa c’è lì dentro?”
“Ehm... I miei libri.”
“Li hai rubati?”.
“Ma certo che no!”.
“Scusa la domanda, ma quando mi hai risposto hai fatto una faccia imbarazzata e sei diventata bianca come il maglione che indossi.”
“No, è che… Be ti sembrerà assurdo che una persona riponga con tanta cura dei libri mentre lascia in sacchi neri i vestiti.”
“Ammetto che è un po’ insolito, ma da questo deduco che tu sia un’ amante della lettura e dei libri, ergo dimostri di avere un minimo di sale in zucca e di non essere esattamente “come tutti gli altri”. Tutto qui.”
La mia risposta deve esserle piaciuta molto dato che ha sorriso serena.
Anche se la mia curiosità non era per nulla soddisfatta, mi sono seduto sul mio posto in divano come tutti i pomeriggi (si è una faticaccia ma ormai ho imparato e mi piace stare seduto sul divano!) e ho aspettato che il cane si appollaiasse sui miei piedi.
Me li tiene sempre caldissimi. Meglio di una stufa.
Anche ora mi trovo sul mio bel divano.
Abbiamo appena finito di cenare e mi ha chiesto se può guardare la tv.
Le piace tanto una serie tv.
Ovviamente, non posso negarglielo. E’ la prima volta che passa la sera senza pulire o stirare o cercare di cambiare la rotazione della Terra.
Finalmente chiede di riposarsi pure Lei.
E’ quasi un evento, anche se, ha appena sistemato il tavola, lavato le stoviglie e preparato i popcorn.
Uhm… Sono passati secoli dall’ultima volta che li ho mangiati.
Sgranocchiamo in silenzio alcuni popcorn mentre guardiamo distratti la pubblicità che precede l’inizio della puntata.
“Spero di non essere invadente ma, come mai non hai dato un nome al cane?”
Mi guarda sorridendo appena.
“Be, lui non è mio, è entrato abusivamente nel mio appartamento e deve pure ringraziare che non gli chiedo l’affitto.”
Ride dolcemente.
“Dai Bill, dico davvero, ormai è chiaramente il Tuo cane.”
“Sapphira ogni cane è dipendente dall’uomo, non ti ricordi come ti è stato dietro il primo giorno che sei arrivata?” scrollo le spalle guardando il sacco di pulci.
“Si vero, però è vero anche che da quando sono qui sono io a nutrirlo riempiendoli la ciotola del cibo e dell’acqua; però ora è sui tuoi piedi come ogni sera. Ti vuole molto bene Bill e ti riconosce come suo padrone.” Sorride grattando la testa del cane.
Rimango a pensarci qualche istante.
“E che nome dovrei dargli?”
“Quello che vuoi Bill, a lui sicuramente piacerà” sorride teneramente.
Uhm, capiamoci, prima di finire in questa meravigliosissima situazione, la mia vita era fatta solo ed esclusivamente per me. Per il mio divertimento, per i miei interessi, per l’alcool, per le feste… Alias, non mi sono mai e poi mai preso cura di qualcuno o anche solo vagamente interessato a qualcuno.
“Ehm, tu che nome sceglieresti? Sai è il primo cane che ho per cui non sono molto pratico.”
La vedo guardarmi confusa e perplessa.
“Che ti turba?”
“D-davvero è il tuo primo cane? Come è possibile? E’ sempre pulito e profumato… Insomma si vede che viene tenuto con cura e maestria.”
Scrollo le spalle guardando distratto la tv. “Si, ogni settimana arriva un commesso del negozio per cani qui vicino e lo porta in negozio a sistemare. Io non gli permetto di stare  qui sporco o pieno di peli.”
“Bill, ma tu lo hai mai toccato?”
Ma come diavolo ha fatto a capirlo???
“No, perché dovrei?”
Lo prende mettendolo poi sulle mie gambe. “Perché è bello! Senti, accarezzalo su.”
Mi porta la mano sulla sua testa.
Deve starmi davvero simpatica questa ragazza perché non avrei mai permesso a nessuno un contatto così familiare. Ma ripeto, le devo tanto per cui cerco di trattenermi.
Accarezzo con calma la testa del cane.
Uhm è morbido e paffuto.
“Pumba…”
Sussurro mentre a Lei esplode un sorriso tenero sulle labbra.
“Ottima scelta Bill.”
Mi mette assai a disagio tutta questa dolcezza/ tenerezza/ qualsiasi cosa sia.
Quindi scelgo la carte del “deviamo il discorso”.
“Di che tratta la serie tv?”
Guardo la tv che trasmette la sigla iniziale mentre Lei mi fa un mini riassunto della trama.
Sembra carina come cosa.
 
 
 





























































Ecco il secondo capitolo.
Ripeto, sto scrivendo mano a mano che le idee mi giungono e sono sempre più impegnata per questioni personali, quindi non so quando pubblicherò di nuovo.
 
Ringrazio chi ha letto e commentato e a chi soprattutto sceglierà di avere pazienza.
Spero di ricevere almeno qualche commento e/o critica.
 
Alla prossima e baci dal fantasmino.
 

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