Cinque Sensi

di barbara_f
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** cap. 1 VISTA ***
Capitolo 3: *** cap 2 Tatto ***
Capitolo 4: *** cap. 3 UDITO ***
Capitolo 5: *** cap. 4 OLFATTO ***
Capitolo 6: *** cap. 5 GUSTO ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




Ciao a tutti!!!
sono tornata con una nuova storia, molto diversa dalle precedenti, meno dura, meno violenta ma altrettanto dolorosa e coinvolgente. i capitoli sono pochi e brevi ma, spero, abbastanza intensi da attirare la vortra attenzione.
una sola voce narrante, quella di Edward, vi accompagnerà in questo viaggio attraverso i CINQUE SENSI.
a presto Barbara.



Prologo


Osservare in controluce lo splendore dell’acciaio mi provocava sempre un brivido di piacere, adoravo sfiorare quella superficie liscia e algida.
I polpastrelli, accarezzavano quel piano freddo come si accarezza il volto di un vecchio amico, con confidenza e rispetto.
Respirai lentamente mentre un brivido mi corse lungo la spina dorsale.
Insegnare non era mai stata la mia massima aspirazione ma oggi li, in quel particolare luogo, in quella stanza, in quella strana piccola scuola, tutto mi sembrava diverso, quasi magico...oggi, forse, ero felice.
Come se fossi stato chiamato a svolgere un compito che mi era sconosciuto, mi avvicinai alla finestra passandomi una mano tra i capelli, la luce dall’esterno era così intensa, l’atmosfera così limpida...
Poi, improvvisa, una voce, inaspettata, inattesa, nota, mi sorprese alle spalle.
 
Non mi voltai.
 
Non volevo incontrare i suoi occhi, guardare il suo volto; non volevo perdermi tra i mille riflessi dei suoi capelli... non più.
Ero scappato dalla vita, fuggito da un sentimento troppo forte, troppo distruttivo... un sentimento talmente catalizzante, talmente assoluto da annientare il cuore e l’anima.
Rimasi a fissare il paesaggio che, filtrato dalla finestra, si distendeva davanti ai miei occhi.
Sapevo che se non mi fossi voltato, quella voce, la sua voce, che ogni notte popolava i miei sogni, sarebbe scomparsa lasciandomi solo, disperato, distrutto...
Una lacrima scivolò lenta sulla mia guancia...
Respirai profondamente, cercando di scacciare l’ansia crescente che mi tormentava ad ogni ricordo, quella sofferenza intensa che, anche a distanza di alcuni anni, ancora mi lacerava il cuore.
Il mio sguardo si perse tra il verde brillante e profondo del bosco che circondava il luogo in cui lavoravo e che ora mi era divenuto tanto caro.
Ero capitato per caso in quella piccola città circondata da fitta vegetazione e dolci colline; e quella città, con i suoi colori, i profumi e i sapori che la permeavano, con mani invisibili mi aveva attratto a se conquistandomi totalmente.
Ancora una volta il mio nome, pronunciato con dolcezza e struggimento risuonò alle mie orecchie... Quella voce che non mi abbandonava mai, ora era alle mie spalle, più reale del vero, più concreta di un sogno.
 
Non dovevo voltarmi, me ne sarei pentito...
 
“Edward!” mi chiamò, e una nota d’intenso dolore risuonò nell’aria ormai densa e impregnata di lei...
 
Allora mi voltai.
 
Ero solo, ancora una volta, assolutamente, incontrovertibilmente solo.
Era una giornata come tante, eppure una strana magia permeava l’aria... lo sentivo sulla pelle, lo percepivo sulla schiena.
 
Mi sarei dovuto sentire elettrizzato?
Avrei dovuto godere dell’atmosfera rilassata e felice che precedeva l’inizio della giornata?
Cosa avrei dovuto provare?
Cosa avrei dovuto fare?
Come avrei potuto convivere con i miei fantasmi senza nulla che riuscisse a distrarmi?
 
Mi guardai attorno, cercando di trovare una spiegazione logica a quell’insolita tensione, ma non c’era nulla, niente di diverso attorno a me: tutto era al posto giusto, come ogni giorno, come sempre...
Carezzai ancora la lastra d’acciaio e un leggero sorriso fiorì sulle mie labbra...
Era il luogo in cui preferivo stare e questa, era la mia ora preferita: quella della quiete prima della tempesta.
Fra poco la stanza sarebbe stata ricolma di voci, di suoni, di odori... fra poco, come animata da una magia nota, tutto avrebbe preso vita.
“Il mondo intero è un palcoscenico, e gli uomini e le donne, tutti, non sono che attori” diceva Shakespeare, e allora... che lo spettacolo abbia inizio!!!

 

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Capitolo 2
*** cap. 1 VISTA ***


Cap. 1
 
Vista

 



 
La guardavo da lontano, quella figura minuta e bellissima, la guardavo ma non osavo avvicinarla.
Era troppo eterea per poter esistere realmente, troppo splendente per essere una creatura terrena...
Le sue spalle, piccole come quelle di un uccellino, erano rivolte verso di me e i suoi capelli scuri  e lucenti, spendevano di miriadi di riflessi dal mogano al castagna , dal cioccolato al caffè, ondeggiando alla leggera brezza primaverile.
Bella e aggraziata come una ninfa di bosco, quella ragazza mi aveva rapito il cuore senza dire neppure una parola.
Una voce di bimbo risuonò nell’aria attirando la sua attenzione: si voltò.
Per un istante i nostri occhi s’incontrarono, per un istante  mi persi in quelle iridi color gianduia, per un istante pensai di aver trovato il mio personale angolo di paradiso...
****
Chiusi gli occhi cercando di regolarizzare il battito del mio cuore mentre il ricordo del mio amore conquistato e perso si disperdeva rinchiudendosi in angoli oscuri del mio cuore.
“Buonasera !” la voce di Alice mi riportò definitivamente alla realtà.
Improvvisamente realizzai dove mi trovassi e cosa stessi facendo in quel luogo; improvvisamente realizzai di essere ancora e inevitabilmente solo. 
“Buonasera a te! Sei la prima ad arrivare.”  Mi sedetti sullo sgabello in attesa degli altri allievi.
Alice mi sorrise, aperta e solare come sempre, poi, quando i miei occhi indugiarono per un istante in più sulla sua figura, arrossì e si affrettò ad afferrare il suo camice.
Era carina quella sera, aveva messo una maglietta piuttosto scollata che contribuiva a mettere in  evidenza le sue forme non proprio prosperose.
Voleva fare colpo su Jasper, il ragazzo silenzioso e timido che sedeva sempre dall’altro lato della stanza.
Si piacevano, era evidente a tutti ormai, ma lui non aveva il coraggio di avvicinarla... erano tanto troppo diversi eppure... affini, come il pecorino stagionato e il miele: avrebbe potuto funzionare.
A me era successo.
“Mi scusi Edward, non sarei dovuta entrare senza... l’igiene innanzitutto!” sorrise ancora imbarazzata.
“Ok Alice, per il momento ti perdono!” sorrisi per smorzare la tensione e l’imbarazzo.
All’improvviso un’idea prese forma in un angolo recondito della mia mente...
“Stasera lavorerete in coppia, è molto importante osservare l’altro e imparare da lui, è molto importante guardarsi a vicenda per non intralciarsi, insomma, in cucina è fondamentale il gioco di squadra...” sentii qualche sbuffo di disapprovazione ma non me ne curai.
Voltai le spalle ai miei allievi e, con un sorriso sulle labbra, pronunciai i nomi delle coppie.
Alice sorrise più apertamente prendendo posto accanto a un Jasper rosso di imbarazzo.
Oggi mi sentivo generoso e aperto alla gioia, oggi il mio pensiero era per lei, per il mio amore, per i suoi occhi caldi e quieti, per la curva morbida delle sue labbra, per il suo corpo flessuoso come un giunco.
Mi guardai le mani, tremavano,  proprio come il mio cuore.
Era passato un anno da quando Isabella non era più con me e non c’era giorno in cui non la pensassi…
 
****
La vista …
I ricordi si affievoliranno con il tempo, il cuore farà meno male, lo speravo, lo temevo.
La vista …
 
Non ricorderò più il colore dei suoi occhi?
 
Quell’intenso e caldo color gianduia.
Non ricorderò più lo splendore della sua pelle in quel meraviglioso giorno di primavera?
Lacrime di dolore premettero agli angoli dei miei occhi, le ricacciai indietro.
Lei non avrebbe approvato.
 
****
“La vista è il primo senso che entra in gioco nella preparazione di un piatto” dissi cercando di riacquistare una parvenza di normalità.
“È il biglietto da visita, è come pregustare con gli occhi ciò che si assaggerà con la bocca, con il palato, con la lingua”.
Un brivido pervase il mio corpo al ricordo della sua lingua che lentamente umettava le sue labbra secche … era stanca quel giorno la mia Isabella, troppo stanca, ed io volevo farla felice, regalarle un piccolo angolo di paradiso, un boccone degno di essere ammirato, bello e gustoso, fresco.
 
“Oggi rivisiteremo un classico della cucina italiana …”
La mia voce era decisa e sicura ma dentro mi sentivo morire.
“La caprese!”
I miei studenti sembravano delusi. Pazzi, non si rendevano conto di quanto fosse complesso trovare il giusto equilibrio tra colori, profumi e gusto.
“Silenzio!”  tuonai.
Non ammettevo nessuna insubordinazione, non quando ero ai fornelli, non quando il mio cuore era così agitato al pensiero di lei e dei suoi occhi che si illuminavano alla vista di quel tripudio di colori in mono porzione.
“Allora... immaginate i tre colori alla base di questo piatto: verde bianco e rosso;  la bandiera italiana certo ma, al contempo, tre colori  che, accostati assieme, comunicano agli occhi una sensazione di freschezza...” li guardai, ora erano attenti e meravigliati.
“Comunicazione visiva, capite? Realizzare un buon piatto, non significa soltanto accostare in maniera corretta i vari componenti creando un insieme armonico per il palato... creare un buon piatto significa anche saperlo presentare... rendere equilibrata la composizione in modo che, nessun elemento ne resti penalizzato."
Distribuii gli ingredienti sul tavolo facendo segno ai miei allievi di prenderli.
“Tre colori dunque, tre sapori diversissimi, tre consistenze... Cercate il vostro personale equilibrio, create la vostra personale ricetta, stupitemi”.
Venti mani si misero al lavoro...
Alice si avvicinò a Jasper e, sorridendogli, cominciò ad affettare i pomodori.
Mi piaceva questo quadretto, mi ricordava i miei momenti più felici, quando ero con lei, quando, nell’intimità familiare, creavamo piatti dal gusto insolito al solo scopo di coccolarci, di dimostrare la reciproca attenzione.
Continuai a guardare i miei ragazzi intenti alla preparazione del piatto.
Alice cinguettava felice, Jasper era arrossito ma un lieve sorriso aleggiava sul suo volto.
“Acc....” esclamò Emmett dopo essersi tagliato affettando le zucchine.
“Edward...” mi implorò con lo sguardo mentre Rose, la sua compagna di lavoro, si allontanò sbiancando alla vista del sangue.
“Non volevo...non volevo rovinarti la creazione e, soprattutto non avevo nessuna intenzione di farmi male!” rispose a tono
“Lo sapevo! Non dovevo accettare di lavorare con te, sei sempre il solito!” frignò la ragazza, sempre impeccabile persino ai fornelli.
“Dai... Rose....scusa!” sorrise furbescamente mentre Rosalie, dopo essersi assicurata che non ci fosse più traccia di sangue visibile si riavvicinò a lui.
“...è che ne sento l’odore!” cercò di giustificarsi
“... e mi disgusta!” continuò con un sorriso imbarazzato.
Emmett sorrideva sornione, qualcosa aveva colpito l’algida Rosalie, una sua collega di lavoro, e l’aveva portato a confidargli una sua debolezza...
C’è chimica tra loro, pensai, prima di stasera finiranno a letto insieme!
 
 
 
 
Caprese monoporzione


Tre colori per tre creme da sovapporre

Verde.
Per crema alle zucchine e basilico
10 gr di Basilico,4 gr di colla di pesce,olio di oliva e sale quanto basta, 200 gr di zucchine pulite

Rosso
Per crema di pomodoro
10 gr di basilico fresco,5 gr di colla di pesce,olio e sale quanto basta, 300 gr di pomodori ciliegia

Bianco
 
burrata stracciatella, pinoli quanto basta.

procedimento:

 

  • Pulire le zucchine, togliere loro le punte e tagliatele a metà, prelevare la parte bianca con i semini  e tagliare il resto a tocchetti, per un peso complessivo di circa 200 gr di zucchina pulita e tagliata.

  • Fare scaldare due cucchiai di olio in una padella antiaderente e far saltare le zucchine per qualche minuto, fino a farle intenerire; stando attenti a non disfarle.

  • Trasferitele nel boccale del frullatore e aggiungere la metà del basilico e un cucchiaio di acqua, frullare il tutto molto bene in modo da ottenere un composto omogeneo;

  • pesare il composto ottenuto, dovrebbe essere  circa 180 gr.

Preparare anche la gelatina di pomodori:

  • pulire i ciliegini e tagliandoli a metà;

  •  scaldare altri due cucchiai di olio in un tegame per farvi cuocere i pomodorini con il resto del basilico per circa 20 minuti;

  •  prelevarli dal tegame e passarli al passaverdura;

  • pesare la passata ottenuta, dovrebbe essere circa 180-200 gr ,(dipende anche dalla maturazione dei pomodori, più sono polposi più densa sarà la salsa).

  • Mettere in ammollo la colla di pesce dividendola in due ciotole di acqua fredda, in una se ne metteranno 5 gr (per il pomodoro) e nell'altra i 4 gr (per la crema di zucchine).

  • Eventualmente filtrare la passata di pomodoro per togliere possibili semini rimasti .

  • Far  intiepidire nuovamente in due pentolini separati sia la passata di pomodoro che la crema di zucchine e poi aggiungere le due quantità di colla di pesce facendole sciogliere bene.

  • Versare direttamente la crema di pomodoro nei 4 bicchierini prescelti  e porre in frigo a rassodare.

  • Trasferire anche la crema di zucchine in una ciotola, coprite con della pellicola e mettere in frigo anche questa a rassodare.

  • Una volta che la gelatina di pomodori sarà ben soda, dividete anche la stracciatella nei 4 bicchierini, dopo averla lavorata leggermente con una forchetta in modo da romperne le fibre;

  • Versare il composto di zucchine e basilico in una sacca da pasticceria munita di bocchetta stellata di 1 cm e decorare con questa la stracciatella .

  • Far  tostare una manciata di pinoli per qualche istante in una padella antiaderente senza altri grassi e poi disporli a piacere nei bicchierini come guarnizione.

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Capitolo 3
*** cap 2 Tatto ***


Cap. 2
 
Tatto
 
La sua pelle aveva una grana talmente sottile sotto le mie dita...
Era la prima volta che sfioravo il suo volto, la prima volta che permettevo a me stesso di saziarmi della sua bellezza non solo con gli occhi ma con il tatto.

Le strinsi la mano, era fredda, la primavera era appena iniziata e lei aveva dimenticato i guanti; ringraziai il cielo e mi guardai attorno sorridendo.
Tutto stava sbocciando.
Anche il mio amore per lei.

****
“Edward!” la voce di mia madre mi ridestò, lasciai immediatamente la cornice con la sua foto, come scottato, non volevo commenti, non volevo essere compatito…
“Edward ti prego… devi lasciarla andare…” aveva visto, aveva capito…
“Ti stai distruggendo tesoro.. devi lasciarla andare, devi tornare a vivere …”
Non capiva, nessuno capiva… io semplicemente non potevo, non potevo lasciarla andare, se l’avessi fatto non mi sarebbe restato nulla…
 
Se avessi permesso ai ricordi di abbandonarmi cosa sarebbe restato di noi, del nostro amore, della morbidezza della sua pelle sotto le mie dita?
L’avrei ricordata ancora?
 
Chiusi gli occhi e con le dita sfiorai la sua foto, ne ripercorsi i tratti, mi soffermai sulle sue guance rosee, mi beai del suo sorriso...per un istante mi illusi di sentire ancora il calore della sua pelle...
Volevo illudermi, dovevo illudermi, se non l’avessi fatto non sarei sopravvissuto alla durezza della realtà.
“Non posso mamma, semplicemente non posso!” risposi pacato e sicuro.
Avevo preso la mia decisione da tempo ormai…
Le voltai le spalle, sapendo che soffriva per me ed uscii da casa; era quasi il tramonto, l’ora che preferivo, il momento di massimo fulgore del sole prima di cedere il passo all’imminente notte.
Passeggiai lentamente nel tepore di un pomeriggio di fine estate, avevo bisogno di stare solo, di pensare a me, alla mia vita, al mio futuro senza di lei…
Mi sedetti esausto sulla panchina del nostro primo appuntamento, quella stessa panchina dove, per la prima volta, le mie mani avevano sfiorato le sue, dove, per la prima volta le nostre labbra si erano toccate…
Chiusi gli occhi, poggiandomi una mano sulla guancia, quella stessa guancia che lei aveva carezzato asciugando l’unica lacrima che mi aveva concesso di versare…
No, mia madre non poteva chiedermi di lasciarla andare, nessuno poteva chiedermi di lasciarla andare, nemmeno Isabella.

“Edward…” una voce nota mi fece sussultare, Alice.
Mi voltai.
“Sta bene?” mi chiese con un’ombra di preoccupazione negli occhi.
Mi riscossi, dovevo avere un aspetto orribile, non dormivo più bene da mesi ormai, solo quando ero al lavoro e solo per poche ore, mi concedevo di dimenticare tutto: dolore, preoccupazioni, sofferenza.... solo per poche ore il mio lavoro diventava la cura dei miei affanni.
“S…si” balbettai mentre la ragazza si accomodò al mio fianco.
“Volevo ringraziarla Edward, per l’altra sera…” sorrise con tutto il corpo; quella ragazza era un raggio di sole sceso per caso ad illuminare un angolo di mondo…
“Per cosa Alice? Io non ho fatto nulla…”
Lei sorrise furbetta, aveva capito il mio gioco, e, prima che potessi rendermi conto di ciò che stava succedendo, si avvicinò a me e di slancio baciò la mia guancia.
“Jasper mi ha finalmente invitato a cena!” disse prima di scappare via con un gran sorriso stampato sul volto.
“Sono felice per voi!” sussurrai tra me e me vedendola allontanarsi… 
“Ci vediamo stasera a lezione” risposi sorridendo all’amore che vedevo sbocciare in lei.
Spero che tu sia felice Alice pensai alzandomi e dirigendomi verso casa.
Fra poco il buio sarebbe sceso di nuovo a riempire la mia vita e le mie notti insonni...
 
****
“E’ andata via la luce!” la voce di Isabella sembrava così spaventata, non riuscivo ad immaginare come una donna di venticinque anni potesse aver ancora paura del buio...
“...E allora?” risposi con l’ombra di un sorriso nella voce.
“Ho paura, non sto scherzando... ho paura dei temporali, ho paura dei black out, ho paura di...” sentivo il suo respiro farsi più agitato... e forse non era solo il buio a spaventarla...
L’avevo invitata a casa mia... avrei cucinato per lei... era la prima volta che accettava di stare da sola con me.
“Ti faccio il couscous alle verdure!” le avevo detto, “se ti va, puoi aiutarmi a sminuzzare gli ortaggi!”
“non hai una candela in questa casa?” la voce di Bella era sempre più agitata e questa situazione stuzzicava la mia fantasia.
Mi avvicinai a lei sfiorandole il braccio nudo, sobbalzò poi rabbrividì sotto il mio tocco.
“Non ti spaventare Bella, sono solo io!” le sussurrai all’orecchio lasciandole un piccolo bacio nell’incavo del collo.
La sentii sospirare quando le mie mani la cercarono nel buio sfiorando i contorni del suo viso, delle sue labbra, del suo collo...
La sentii appoggiarsi a me, cercandomi, ricambiando quelle  carezze che, al buio erano più facili da fare, che nell’oscurità sembravano più intense e più pregne di significato...
“Cerco una candela...” dissi con il respiro accelerato dall’eccitazione.
Mi fermò.
“Godiamoci il buio e il silenzio e questa notte di tempesta dove tutto sembra più forte e più intenso...” disse prendendomi una mano tra le sue.
“Godiamo della nostra vicinanza e del calore delle dita che si intrecciano...” e allacciò la sua mano alla mia.
“...e delle labbra che si incontrano...” e mi baciò così, nel buio della notte, nel silenzio di una città bloccata...
Avrei dato qualunque cosa perché il tempo si fermasse cristallizzando la perfezione di quell’istante.
 
****
Il mio quartiere si stava illuminando e brulicava di persone in cerca di refrigerio dalla calura estiva ma io non avevo voglia di unirmi a loro... volevo tornare a casa e prepararmi un cous cous alle verdure nell’illusione che il tempo seguisse a ritroso il suo percorso fino a riportarmi a quell’istante di infinita perfezione.
Spensi la luce e chiusi gli occhi nella speranza di sentire ancora quel tocco gentile sulla mia guancia ma ero solo, nessuno ad aspettare il mio ritorno, nessuna candela ad illuminare il mio buio.

 
Couscous alle verdure
un tripudio ci colori e sapori


Per il couscous

 
  • 270 ml circa di  acqua, due noci di burro, 250 gr  di couscous, due cucchiai  di olio extravergine di oliva.
Per le verdure
 
  • Uno spicchio di aglio, qualche foglia di prezzemolo,una carota media, una cipolla media, una melanzana media, cinque cucchiai di olio extravergine di oliva,un peperoncino fresco,otto pomodori ciliegino, due zucchine piccole, sale q.b.
Preparazione
 
  • Lavare, asciugare e tagliare a tocchetti piuttosto piccoli la melanzana che verrà salata e posta in un colapasta per almeno 20 minuti a perdere la propria acqua.
  • Iniziare a preparare il couscous mettendo l’acqua in una pentola larga e capiente, portarla ad ebollizione, poi versarvi un cucchiaino di sale, aggiungere il couscous a pioggi), due cucchiai di olio, mescolate e poi spegnere il fuoco.
  • Livellare bene il couscous con un cucchiaio e lasciar riposare 2 minuti in modo che la semola assorba l’acqua.
  • Trascorso il tempo necessario, aggiungere due noci di burro,
  • far cuocere dolcemente per altri 2 minuti, poi spegnere il fuoco e, servendosi di una forchetta, sgranare bene il couscous che verrà temporaneamente lasciato da parte.
  • Lavare e tagliate a cubetti la zucchina, la carota e i pomodorini.
  • Sbucciare l’aglio, tagliare a pezzettini il peperoncino e porli a rosolare in una padella capiente assieme a 5 cucchiai di olio e al cipollotto tritato.
  • Aggiungere quindi le carote, le zucchine e le melanzane sgocciolate.
  • Far stufare le verdure a fuoco dolce per altri 5 minuti fino a che saranno leggermente cotte, ma non sfatte, poi salare e spegnete il fuoco.
  • Appena le verdure saranno intiepidite, unire i pomodorini  e versare tutto in un contenitore insieme ad il couscous con qualche foglia di basilico spezzettato.
  • Servire il couscous alle verdure guarnendolo con delle foglie di basilico.

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Capitolo 4
*** cap. 3 UDITO ***


Cap. 3
 
Udito
 
Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno più lungo per aspettare
io dico che c'era un tempo sognato
che bisognava sognare.

Ivano Fossati
 
Quanti ricordi può scatenare una canzone?
Quanti sogni, desideri, speranze possono essere contenuti in alcune semplici note?
 
Chiusi gli occhi mentre la sua voce, lentamente, colmava ogni angolo della mia mente.
Mi piaceva abbandonarmi ai ricordi, mi rasserenava sapere che bastavano alcune semplici note per far apparire immagini nitide alla mia mente….
Proprio in quell’ora, buia e silenziosa, il suono della sua voce tornava a farmi compagnia rassicurandomi, cullandomi con dolcezza fino a quando, ormai sfinito, mi lasciavo sopraffare dal sonno.
A volte mi sembrava di sentirla canticchiare gioiosamente, altre volte invece, avevo l’impressione che mi chiamasse implorandomi di raggiungerla…
Ma nei miei sogni la sua voce era sempre dolce e calda, senza la nota di sofferenza che l’aveva caratterizzata nell’ultimo periodo.
Nei miei sogni, tutto era rimasto inalterato, come la prima volta che, con un sorriso, mi aveva rivolto la parola.
Allungai la mano illudendomi caparbiamente di poterla toccare ancora una volta, di riuscire a carezzare il profilo del suo corpo e perdermi ascoltando il suono del suo respiro o del suo cuore che batteva all’unisono col mio.
Le mie dita sfiorarono soltanto la tiepida aria della sera.
Ero solo… solo con i miei fantasmi.
Lei non era più al mio fianco, da troppo tempo ormai.
“Buona notte amore mio!” dissi piano.
“Ovunque tu sia!”
****
L’annuale festa a casa dei Newton era uno degli eventi mondani più importanti della città, chiunque avrebbe fatto carte false pur di poter rimediare un invito e io… ero uno dei pochi fortunati partecipanti.
Mike, uno dei miei più cari amici, mi invitava ogni anno ma io declinavo sempre… odiavo mettermi in smoking, fare sorrisi falsi o fingermi interessato a conversazioni frivole e modaiole o peggio, a trovarmi impegnato in conversazioni sulla qualità del catering.
Quest’anno però non avevo potuto rifiutarmi… il mio amico si sposava e io ero il suo testimone.
Jessica, la futura sposa, mi prese per un braccio trascinandomi verso il tavolo del buffet… sembrava agitata e molto, molto nervosa…
“Devi darmi il tuo parere…”
No, un parere sul catering... come volevasi dimostrare...

“Questa tempura non mi sembra affatto croccante! Dev’essere croccante, vero Edward?…” alzai mentalmente gli occhi al cielo e presi  in mano un gamberetto pastellato… Jessica aveva ragione, il catering aveva fatto un pessimo lavoro quest’anno, la tempura era molliccia e fredda… qualcuno a fine serata avrebbe pagato con la perdita del posto per un così cattivo servizio.
Non volevo creare problemi al malcapitato cuoco ma la mia onestà intellettuale mi impediva di mentirle.
 “Jessica veramente…”  il mio sguardo era dispiaciuto ma lei mi aveva già voltato le spalle, ora il suo interesse era attirato da una ragazza di cui scorgevo solo la bella schiena color del latte e i capelli raccolti in un morbido chignon, qualcuna che mi sembrava stranamente conosciuta, anche se non avrei saputo dire chi fosse.
“Isabella!!!” gridò facendola sussultare.
La ragazza si voltò ed io mi persi in due enormi laghi color cioccolato... era lei, la bellissima ninfa del parco…
Rimasi senza fiato quando sentii Jessica pronunciare quelle parole.
“Isabella ti voglio presentare un amico di Mike, nonché suo testimone … non è bellissimo?!!” disse ridendo e trascinando la ragazza per un braccio.
“Vedrai, ti piacerà! Se non mi fossi innamorata di Mike io....” pausa e poi un sorriso imbarazzato.
“No, per me non sarebbe mai andato bene ma per te...” lasciò la frase in sospeso rendendosi conto, solo in quel momento, di parlare a voce troppo alta.
Sorrisi sornione facendo arrossire una Jessica ormai al colmo dell’imbarazzo.
“Isabella, lui è Edward... Edward questa è Isabella, una delle mie più care amiche nonché mia testimone di nozze....” sfoderò un sorriso un po’ tirato mentre il mio si allargava ad illuminare lo sguardo.
“Ciao Isabella, è un vero piacere conoscerti, Mike mi aveva parlato della bellissima testimone di Jessica ma... beh, la sua descrizione non ti rende onore” le avevo detto sfoderando il mio sorriso migliore e ostentando una sicurezza che non avevo.
Lei alzò il viso verso di me, lo sguardo lucente e le gote arrossate come dopo una corsa nel prato.
“Ciao Edward, Jessica non mi aveva detto che oltre ad essere bello eri anche galante”.
Colpito e affondato.
“Come avrai capito mi chiamo Isabella ma, ti prego, chiamami Bella, è più corto, più immediato, più fresco!” rispose sorridendomi.
La sua voce, melodiosa calda, accarezzò dolcemente il mio cuore, era più bella di quanto pensassi.
Me ne innamorai perdutamente.
****
Era l’alba, mi rigirai nel letto, ormai sveglio da troppo tempo.
Non riuscivo più a dormire bene, ero troppo abituato alla presenza di Bella al mio fianco, al suono del suo respiro, alle parole tenere ed inconsapevoli che sussurrava nella notte; per riposare senza di lei.
Eppure erano passati già alcuni anni da quando era andata via da me.
Mi sedetti sul bordo del letto mentre un fulgido rosso sole riempiva di luce dorata la mia stanza e la mia vita da troppo tempo cupa e triste.
Un nuovo giorno stava iniziando, un nuovo giorno senza di lei, un nuovo giorno colmo di silenzi e solitudine, un nuovo giorno in cui simulare una serenità che non proverò più, in cui immergermi nel mio lavoro con tutto me stesso per non pensare a lei, al suo sorriso, al suono melodioso della sua voce...
Una melodia che mi aveva colpito dritto al cuore anche il giorno in cui se ne era andata; anche allora la sua voce non aveva perso il suo fascino.
****
“Dove stai andando amore?” dissi sorpreso vedendola preparare le valigie.
Silenzio, un lungo e denso silenzio prima che pronunciasse delle parole che mai e poi mai avrei voluto sentire.
“Non posso più restare con te Edward io”... io non ti amo, forse non ti ho mai veramente amato!”
Non potevo credere che l’avesse detto, non potevo; non poteva essere stata una così brava attrice da fingere per più di due anni.
Caddi a sedere su una poltrona, completamente inebetito.
“Io... io non ti credo!” riuscii a dire mentre, impietrito, la osservavo prendere le sue cose e gettarle alla rinfusa nella valigia.
“Isabella, ti prego... se ho fatto qualcosa, qualunque cosa che ti ha offeso...” la mia voce era tremante di dolore e di panico; non avevo mai provato una sensazione tanto intensa in tutta la mia vita.
“Parliamone, ti prego... non puoi comunicarmi questa notizia e aspettarti che io l’accetti senza nemmeno tentare di capire...” si voltò verso di me, gli occhi lucidi di pianto a stento trattenuto.
“Edward io... io sto con un’altra persona...”
****
Scossi la testa al ricordo di quella assurda conversazione, a distanza di anni non riuscivo ancora a credere alla veridicità delle sue parole; Bella non era una persona volubile o frivola,  ma una donna forte e razionale non si sarebbe mai comportata in modo così insolito ed istintivo eppure... eppure non era tornata più da me, aveva fatto perdere le sue tracce, dissolta come neve al sole.
 
...E poi, quando avrebbe incontrato questa presunta persona?
Quando, se vivevamo pressoché in simbiosi?
 
No, non potevo, non dovevo più pensarci, la sola idea di lei con un’altra persona mi faceva impazzire.
 
Come poteva il nostro amore essere stato così fragile da non superare le insidie del tempo o la fascinazione di un nuovo amore?
 
Diedi un pugno sul nostro letto lottando contro la voglia di sbattere la testa contro il muro o di imbottirmi di alcool fino a non ricordarmi più il mio nome.
Stupido, stupido, stupido.
Basta farsi del male, basta soffrire per qualcuna che ti ha lasciata senza batter ciglio.
Eppure....

No, basta!
 
Come potevo ancora essere così legato al ricordo di una donna che non faceva più parte della mia vita?
Come potevo essere ancora così schiavo dei sentimenti che mi legavano a lei?
 
Mi alzai faticosamente, stremato dal troppo dolore e dalle tante notti insonni.
Dovevo uscire di qui da questa casa che mi opprimeva con l’intensità dell’invisibile presenza  di Bella.
Avevo bisogno di scaricare la tensione accumulata, avevo bisogno di correre; ma per quanto fuggissi lontano,lei era sempre con me, così ancorata al mio cuore che non sarei riuscito a strapparla via senza uccidere anche una parte della mia anima.

****
Stasera a lezione avrei insegnato come si cucina una vera tempura e il ricordo della prima volta che avevo udito la sua voce mi avrebbe accarezzato dolcemente il cuore.
 
Tempura
Carote 1
Zucchine 2
Funghi champignons 4
Gamberi code di gambero 12
 
Per la pastella:
Acqua gassata ghiacciata 200 ml
Farina 00 100 gr
Uova 1 tuorlo
 
Per friggere
Olio di semi
 
Preparazione
- Lavare bene le zucchine, eliminare le estremità, tagliatele a metà per il lungo così da ottenere delle listarelle utilizzando solo la parte verde della zucchina.
- Pelare la carota, tagliatela a metà e poi a fettine per il lungo, poi ancora a metà per ottenere dei bastoncini un po’ appiattiti
- Pulire gli champignons e tagliateli a fettine spesse circa 3 mm, cercando di mantenerne la forma.
-Privare i gamberi della testa, delle zampette e dei carapaci, lasciando però l’estemità con la coda. Eliminare con uno stuzzicadenti il filetto nero e asciugarli bene.
-Preparare la pastella in un contenitore di metallo immerso in una ciotola più grande contenente del ghiaccio (in questo modo la pastella si manterrà sempre ben fredda). Sbattere bene il tuorlo e incorporare l’acqua gassata gelata, setacciare infine la farina.
-Mescolare non troppo a lungo (non importa se si formano dei piccoli grumi di farina); l’impasto non deve risultare colloso.
-Scaldare dell’olio di semi in un wok e portarlo a 180°C di temperatura.
-Immergere le verdure e i gamberi nella pastella con l’aiuto di una pinza e friggere dorando bene ogni lato (la pastella fritta non deve eccessivamente scurirsi).
-Quando le verdure saranno ben croccanti toglierle dall’olio e porle su carta assorbente da cucina per eliminare l’olio in eccesso.
-Servire la tempura ben calda accompagnandola con la salsina apposita o con la salsa di soia.

 

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Capitolo 5
*** cap. 4 OLFATTO ***


Cap. 4 Olfatto
 
“Si dice che l’olfatto sia il più ancestrale dei sensi, quello che maggiormente ci avvicina alla nostra parte animale, quello più sviluppato, quando gli altri risultano ancora appannati, quello che ci permette, anche a distanza di anni, di ricordare...
Vi è mai capitato di ricordare un particolare evento o una particolare persona solo annusando un profumo?”
Questa domanda colse di sorpresa i miei allievi, probabilmente tutti loro avevano sperimentato questa esperienza ma nessuno vi aveva fatto davvero caso. A questa mancanza dovevo assolutamente porre rimedio.
Li guardavo, c’era davanti a me un’umanità varia: differenti per età, sesso, inclinazioni, preferenze e gusti, i miei allievi erano però tutti accomunati dalla medesima passione, quella per la cucina.
Fissavo i loro occhi e le loro espressioni, un misto tra curiosità e timore, e un mezzo sorriso aleggiò agli angoli della mia bocca.
Erano così simili a me, così curiosi e pronti ad imparare, così attenti e speranzosi... proprio come ero io, com’ero prima che Bella mi abbandonasse, prima che tutto il mio mondo crollasse.
****
Lei era andata via chiudendosi la porta alle spalle, se chiudevo gli occhi potevo ancora sentire nell’aria il suo profumo fresco e fiorito, un misto di fresie e lillà.
Era andata via all’improvviso e senza lasciarmi alcuna spiegazione a parte quel “sto con un’altra persona”. Era andata via lasciandomi totalmente sconvolto e incapace di comprendere le reali ragioni che stavano dietro alla sua fuga.  non potevo credere che si potesse fingere così bene un amore che, evidentemente non esisteva, non per lei almeno.
Da quel giorno, quel maledetto giorno di fine maggio, la mia vita era totalmente cambiata; mi ero lasciato vivere, trasportandomi sulle spalle tutto il dolore che sentivo dentro, tutta l’amarezza che provavo per un atteggiamento ingiusto che non sentivo di meritare.
Ero distrutto, lo sapevo, ma la residua stilla di orgoglio che ancora albergava in me mi impediva di riconoscerlo. Mi muovevo nello spazio come fossi anestetizzato, cercando di impedire a tutti i costi al dolore di riaffiorare ma riuscendo soltanto ad apparire apatico e incapace di provare qualunque cosa.
Avevo costruito un’armatura talmente spessa attorno al mio cuore spezzato da renderlo impermeabile  anche a ogni altro sentimento.
Nessun sentimento doveva più uscire allo scoperto, nulla doveva più ferirmi in maniera così grave.
 
Freddo come il ghiaccio.
 
Nessuna passione, nessun desiderio, solo indifferenza a tutto.
Da allora avevo smesso di cucinare per amore e con amore, limitandomi a farlo solo per guadagnare abbastanza denaro per condurre la vita al quale ero abituato e i miei piatti ne avevano risentito.
Non c’era nulla di sbagliato nelle preparazioni solo mancavano di... passione, di amore.
Il giorno in cui ne avevo avuto consapevolezza mi ero licenziato dal ristorante dove ero capo chef.  Non volevo deludere i miei clienti; non lo meritavano; non meritavano di provare il mio stesso dolore, non meritavano di mangiarlo assieme ai miei piatti.
L’amore per la cucina però, come un amante fedele, mi era restato accanto silenzioso, paziente, in attesa... in attesa che qualcosa o qualcuno facesse nuovamente scoccare la scintilla, quella magica scintilla capace di riaccendere il fuoco che covava sotto la cenere...
Era accaduto all’improvviso, la passione si era riaccesa in me senza nemmeno che me ne accorgessi ed in maniera totalmente inaspettata, ed era stato proprio il lavoro di insegnante a riaccendere nuovamente i miei sensi.
Vedere di fronte a me i volti speranzosi e curiosi di persone che pendevano dalle mie labbra e desideravano imparare quanto più possibile era stato un balsamo per il mio cuore ferito e per la fiducia in me stesso e nelle mie capacità; da allora la loro passione era divenuta anche la mia.
Mi ero concesso nuovamente di sorridere, di togliere le bende dal mio cuore ferito, di cominciare a sentir crescere in me il desiderio di tornare a vivere.
 
****
“...Bene, dopo questa spiegazione teorica facciamo un po’ di pratica.”
Sorrisi tra me e me.
“Formate delle coppie, le stesse dell’altra volta. Rosalie e Emmett, Jasper e Alice, James e Victoria, Aaron e Marcus, Billy e Jane, Renee e Caius...”
Vidi alcuni di loro sorridere apertamente per la scelta mentre altri rimanere indifferenti o, addirittura essere infastiditi; ero proprio curioso di capire in quale coppia, nonostante le evidenti differenze, ci fosse più sintonia.
Alice mi guardò con un sorriso radioso, la sua personale missione era conquistare il timidissimo Jasper e ogni occasione per stargli vicino le era molto gradita, Rose invece non era altrettanto felice, o almeno così voleva far credere, di stare accanto al corpulento Emmett, ma si capiva lontano un chilometro che tra i due la scintilla della passione poteva scoppiare al primo soffio di vento...
“Professore ma io...” Jane non voleva lavorare con Billy, e come darle torto, lui era un tale musone...
purtroppo non c’erano molte scelte visto che Aaron e Marcus e James e Victoria erano coppie anche nella vita reale.
“Non accetto nessuna forma di protesta per gli accoppiamenti... so quello che faccio!”
Se Jane avesse potuto mi avrebbe incenerito, anche lei era interessata a Jasper ed era in lotta con Alice da quando era iniziato il corso.
Sorrisi mentalmente e continuai.
Questa sera se ne sarebbero viste delle belle.
“Bene, voglio fare un gioco con voi, un gioco molto istruttivo...”
****
“Isabella, vorrei fare un gioco con te... un gioco molto sensuale...” quelle parole tornarono a invadermi la mente in maniera inaspettata e dolorosa mentre il volto sorridente di Isabella ondeggiava davanti ai miei occhi facendomi quasi perdere lucidità.
****
“Dicevo... questo gioco vi priverà temporaneamente di tutti gli altri sensi insegnandovi ad usare il solo olfatto...” le coppie si voltarono a guardarmi sorprese ed incuriosite.
“...Sotto al vostro piano di lavoro troverete una benda. La legherete attorno agli occhi alternandovi con il vostro compagno, che, nel frattempo vi farà annusare dei cibi e annoterà sulla tabella quelli che avrete indovinato. Vediamo chi di voi ha buon fiuto ...” chiusi con una battuta mentre le immagini di un’Isabella seminuda e bendata mentre io compivo con lei gli stessi gesti descrivendole le qualità afrodisiache dei vari alimenti, continuavano ad invadermi la mente.
****
“Senti la dolcezza e il calore della cannella... senti la sua nota piccante e morbida al tempo stesso?”
Isabella deglutì mentre le passai la stecca di cannella sotto il naso per poi scendere ad accarezzarle le labbra morbide e piene sfiorandole appena la pelle.
“Attenta, non ispirare troppo profondamente, il cumino ha i semi piccoli, ti potrebbero finire nel naso...” risi sentendola starnutire, non ero stato abbastanza veloce...
Era bellissimo vederla così goffa e indifesa, sentirla ridere serena, guardare la sua pelle farsi ipersensibile e rabbrividire... Isabella era meravigliosa sempre; sensuale e ingenua e inconsapevole di tutti i sentimenti che scatenava in me, proprio come quando si mordeva il labbro inferiore mentre la mia voce le sussurrava rocamente all’orecchio....
Era bellissimo pensare che presto, molto presto, avremmo fatto l’amore per la prima volta....
****
Non avrei dovuto proporre questa prova ai miei allievi, non se tutto questo avrebbe provocato conseguenze tanto dolorose alla mia psiche e al mio cuore.
“...Edward mi scusi...” la voce di Alice mi riportò alla realtà.
“Dove possiamo trovare i cibi da far annusare ai nostri compagni?”
Mi ricomposi recuperando il mio autocontrollo.
“Ci sono dei cestini in dispensa, uno per ogni coppia, andate a prenderli e deponeteli sul piano di lavoro...”
****
Questa sera sarei tornato a casa un po’ più stanco, un po’ più triste, lei non era più con me da troppo tempo ormai e mi mancava, mi mancava terribilmente.
Questa sera sarei tornato a casa e avrei cercato tra le cose di lei che ancora conservavo, con la segreta speranza che un giorno sarebbe tornata; avrei cercato qualcosa che avesse ancora il suo profumo...
 
Questa sera sarei tornato a casa e avrei cucinato qualcosa, qualcosa di molto speziato.
Stasera sarei tornato a casa e avrei mangiato da solo, chiudendo gli occhi ad ogni boccone, e ad ogni boccone avrei pensato a lei, alla sua risata e all’odore fresco della sua pelle.
 

 
Tajine di agnello con prugne e mandorle
Ingredienti per il brodo
Acqua 1,5 l, Carote 2, Cipolle 1, Sedano 1 costa, Coriandolo fresco 1 mazzetto, Sale q.b.

Per la tajine
_Iniziare a preparare il brodo vegetale: riempire una pentola capiente d’acqua, salare e portare a ebollizione, sbucciare le carote con un pela-verdure e tagliarle a pezzi
_Pelare la costa di sedano e tagliarla a pezzi
_Sbucciare una cipolla e tagliarla in quarti.
_Sciacquare il  mazzetto di coriandolo fresco e tritatelo ( in alternativa si può usare anche del coriandolo secco)
_Versare le verdure a pezzi e il coriandolo fresco tritato nell’acqua bollente e lasciar cuocere a fuoco basso per almeno 20-30 minuti
_Spremere le arance e versare il succo ottenuto sulle prugne per la tajine di agnello.
_Fare marinare le prugne per circa 1 ora, in modo che si reidratino.
_Tagliare la carne di agnello: posizionare la coscia di agnello su un tagliere e eliminare le parti grasse aiutandosi con un coltello affilato, dividere a metà la coscia e scavare la carne attorno all’osso fino ad estrarlo completamente.
_ Ridurre la carne a cubetti regolari di circa 2 cm cosicchè la cottura risulti più uniforme.
_Sbucciare una cipolla e tritarla assieme ai due spicchi d’aglio sbucciati
_Prendere la tajine e porla sul fuoco, versare un filo d’olio e far imbiondire il trito di cipolla e aglio.
_ Dopo 2 minuti aggiungere la polpa di agnello a cubetti e  farla rosolare, mescolando con un cucchiaio.
_ Unire una stecca di cannella, lo zafferano, la curcuma e infine grattugiare lo zenzero fresco.
_Mescolare bene e lasciare soffriggere il tutto per 5 minuti con il coperchio della tajine.
_Salare e pepare a piacere e versare due mestoli di brodo che intanto sarà pronto, fino a ricoprire completamente la carne speziata
_ Coprire la tajine con il suo coperchio a cilindro e lasciar cuocere per circa un’ora a fuoco bassissimo.
_Per il couscous: tostare il mix di spezie secche in una padella antiaderente  e fare tostare a fuoco vivace per circa 2 minuti, giusto il tempo affinchè le spezie sprigionino gli aromi.
_ Lasciare raffreddare il mix di spezie, trasferirlo in un mixer e triturare il tutto.
_Preparare il trito di spezie fresche.
_Imburrare una pentola larga dai bordi alti e versare il couscous precotto, allargandolo in modo che non si sovrapponga troppo.
_Aggiungere gradualmente circa 300 ml di brodo, mescolando con una forchetta, coprite e lasciare riposare per 10 minuti, il tempo che si gonfi.
_Aggiungere 20 gr di burro e sgranare il couscous con i rebbi di una forchetta.
_Versare il mix di spezie macinate, il prezzemolo e la menta tritati,  
_Grattugiare la scorza di un limone e mescolare bene per amalgamare il tutto.
_Lasciar riposare il couscous coperto, fino a quando la tajine non sarà pronta per essere servita.
_Scolare le prugne dal succo di arancia con un colino e unirle all’agnello.
_Unire il miele millefiori e lasciar cuocere per altri 20 minuti.
_ Porre le mandorle intere pelate su un tagliere e affettarle a filetti farle tostare a fuoco moderato
_Aggiungere le mandorle al composto di agnello, prugne e spezie,e mescolare per amalgamare il tutto.
_Servire immediatamente la tajine di agnello con prugne e mandorle accompagnandola con il couscous aromatico.

 

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Capitolo 6
*** cap. 5 GUSTO ***


Cap. 5 Gusto
 
Una tiepida serata d’estate portava alle mie narici l’odore di gelsomino e di fiori d’arancio.
Steso nella penombra solitaria della mia camera da letto lasciavo che i pensieri fluissero liberi nella mia mente, lasciavo che i ricordi tornassero a lei, al suo sorriso dolce, alla sua pelle morbida e fresca, alle sue guance rosee a suoi capelli lucidi dalla consistenza serica, alla sua bocca....
Non avrei voluto, né avrei dovuto permettere ai ricordi di invadermi; i ricordi erano dolorosi e tristi, i ricordi servivano solo ad acuire maggiormente il peso della sua assenza.
Ma stasera... stasera ero troppo stanco per mantenere sotto controllo la mia mente, ero troppo stanco per impedirmi di pensare a lei.
E allora chiusi gli occhi lasciandomi cullare dai dolci profumi estivi che lievi filtravano nel mio cuore.
****
Non ricordavo di aver mai visto qualcosa più bello e di più invitante di Isabella, la prima volta che facemmo l’amore.
Il sapore della sua pelle era dolce sotto la mia lingua che, esitante, ne esplorava ogni centimetro per la prima volta.
Morbido come velluto, liscio come una mousse al cioccolato, speziato e piccante come la cannella, il suo corpo si presentava ora a me in tutto il suo fulgore mentre, esitante, lo liberavo dall’intralcio dei vestiti.
Ero spaventato dalla portata del mio desiderio per lei, spaventato da un sentimento talmente forte da sembrare quasi irreale, talmente totalizzante da essere in grado di distruggere il mio cuore e la mia anima qualora non fosse stato ricambiato con uguale intensità.
Avevo paura si, paura, quando dopo cena i nostri abbracci si erano fatti più intensi, i nostri baci più profondi e intimi, quando le nostre mani avevano preso ad esplorare reciprocamente i nostri corpi.
 
Se lei non avesse provato le mie stesse sensazioni?
Se non le fossi piaciuto  come lei piaceva a me?
 
Un adolescente, ecco cos’ero diventato, un adolescente insicuro e timoroso; non più Edward Cullen chef di un ristorante pluristellato, non più l’uomo forte e deciso in grado di dirigere con pochi gesti una squadra di venti persone.
No, di fonte ad Isabella ero semplicemente un uomo e lei, con un solo sguardo, era in grado di mettere a nudo la mia anima e il mio cuore lasciandomi indifeso e fragile.
 
Il mio corpo e il mio cuore tremavano di fronte all’eventualità di un suo rifiuto ma lei, Isabella, la splendida creatura che ora danzava con me al ritmo dei nostri cuori innamorati, voleva proprio me, mi desiderava proprio come io desideravo lei...
Era tutto incredibilmente vero, lei era con me e si beava della mia presenza e della tenerezza nei miei gesti e nelle mie parole...
 
****
Mi alzai dal letto eccitato, l’avevo sognata ancora, e ancora per qualche istante la mia mente si era illusa; illusa che i due anni appena trascorsi fossero solo un brutto, terribile sogno e la realtà fosse un’altra.
Per un istante ancora sperai che realtà e sogno avessero invertito le loro strade...
L’illusione durò solo un istante, ero ancora solo e la parte di letto accanto a me era vuota e fredda: lei non c’era più.
Guardai fuori dalla finestra, era l’alba, l’alba di una radiosa domenica mattina, ma io, ormai da molto tempo, non riuscivo più a gioire a pieno di questi miracoli che la natura a volte regala, mi limitavo a sopravvivere, sopravvivere all’assenza di lei...
Faticosamente, con un peso sul cuore che non riuscivo a scrollare via, mi trascinai verso la cucina, sul tavolo i resti di una sacher torte che non mi ero sentito di lasciare agli inservienti della scuola di cucina; perché la sacher torte mi ricordava lei, la mia Isabella al culmine del piacere.
Dolce, calda, sensuale e profumata, la mia donna era un boccone prelibato che avevo sempre voglia di mangiare e di cui non mi sarei stancato mai.
Mi sedetti a tavola con una tazza fumante di caffè fissando resti del dolce ormai in briciole, “come la mia vita” pensai; bevetti un sorso assaporandone il gusto amaro e, fissando il vuoto davanti a me, sentii forte in fondo al cuore, un dolore intenso, come non ne sentivo più da tempo...
 
Forse era stata la realizzazione di questo dolce la sera precedente a farmi pensare a lei un momento di più; forse ricordare i momenti in cui la mangiavamo insieme dopo l’amore ridendo e spargendo le briciole sulle lenzuola; forse la tensione sessuale che sentivo tra le coppie che si erano formate a lezione; ma stanotte l’avevo sognata, e il sogno era stato incredibilmente reale, un ricordo più che un sogno vero e proprio... lei che con lo sguardo triste e assente mi diceva addio.
 
E ora, in questa splendida mattina di fine estate, mi sentivo più solo che mai.
****
Decisi di uscire per andare al parco, il mio appartamento mi andava stretto oggi, mi sentivo soffocare dai ricordi e dal dolore, avevo bisogno di respirare, di sentire l’aria e il sole sul mio viso, di rigenerarmi al fresco del bosco di betulle che circondava la cittadina in cui mi ero rifugiato.
Mi stesi sotto un albero e chiusi gli occhi.
Il suono delle foglie mosse dalla tiepida brezza che ora lambiva il mio viso riportavano alla mia mente un altro suono, quello della sua voce triste....
“Non posso più restare con te Edward io”... io non ti amo, forse non ti ho mai veramente amato!”
Non riuscivo a crederci che lo pensasse davvero, i suoi occhi erano tristi mentre mi diceva “Edward io... io sto con un’altra persona...”.
****
“Edward!” una voce mi distrasse dai miei pensieri
“Alice, che ci fai...” mi bloccai notando che mi fissava con una strana espressione negli occhi.
“Perché è così triste?” disse asciugandomi dal viso una lacrima che non sapevo di aver versato.
“Sa, ora che ci penso, io non l’ho mai vista davvero sorridere Edward!” disse spiazzandomi
“Lei ci insegna la passione e l’amore per il lavoro, ci spinge a lavorare assieme, a fare squadra, ci comunica la gioia di fare qualcosa che ci piace però lei...” fece una pausa piegando la testa di lato e fissandomi con i suoi occhi così profondi e intensi “lei non sembra provare la stessa gioia, non più.”
Rimasi un istante in silenzio cercando di assorbire il colpo che le sue parole mi avevano inflitto.
“Lei non è più felice da tempo...”continuò.
Abbassai gli occhi sottraendomi al suo sguardo indagatore.
Alice aveva ragione, mi aveva capito più di tutti quelli che dicevano di conoscermi.
No, non ero felice, e come avrei potuto...
La mia allieva si sedette al mio fianco continuando a fissarmi negli occhi.
“Sa, avevo avuto questo sospetto già da tempo ma ieri sera, mentre ci spiegava come realizzare la Sacher, ne ho avuto la conferma...” mi sorrise arrossendo, quasi intimidita da quello che stava per rivelarmi.
“I suoi occhi erano lucidi e tristi... se non ci fossimo stati noi, e se lei avesse avuto meno controllo di se forse avrebbe pianto, o gridato, forse...”
“Si lo avrei fatto” dissi prima di riuscire ad impedirmelo.
“Il suo amore le manca molto, non è vero?”
“Si”, confermai non riuscendo più a frenare le parole.
“... e il menù che ci ha fatto preparare in queste settimane è un omaggio al vostro amore...”
“Si, lo è, anche se me ne rendo conto solo in questo momento...” dissi sorpreso.
Avevo preparato un ciclo di lezioni per i miei studenti, è vero, ma in realtà avevo ripercorso la nostra storia d’amore cucinando i piatti che più me la facevano sentire vicina.
“Lei è ancora innamorato come il primo giorno, queste cose si percepiscono sa...” distolse finalmente lo sguardo dal mio fissandolo insistentemente sui fili d’erba che si muovevano alla lieve brezza mattutina.
“...e il suo amore si è esteso anche a noi allievi... noi l’abbiamo percepito e, come lei, ci siamo innamorati dei nostri compagni, del suo lavoro...” arrossì evitando ancora una volta i miei occhi.
Probabilmente lei e Jasper si erano messi insieme; la guardai e sorrisi, per la prima volta dopo tanto tempo, sorrisi davvero.
Tornai a casa con il cuore più leggero e un sorriso che, lieve, aleggiava ancora agli angoli della mia bocca.
“Grazie Edward, grazie per averci insegnato cosa significa vivere un grande amore...” disse ormai rossa come un peperone ma con gli occhi che sprizzavano gioia.
“Mi sono resa conto di non aver mai davvero amato prima d’ora e me ne sono resa conto grazie a lei, guardando attraverso i suoi occhi, respirando l’amore che mette in tutto quello che fa”. Si era alzata in piedi, la nostra conversazione stava per finire.
Ora, se può, cerchi di essere un po’ felice anche lei perché sa, è davvero bello vederla sorridere!”
Arrossì di nuovo e mi diede un bacio sulla guancia.
“Chi l’ha lasciata è stato davvero stupido!” sentenziò e con un sorriso che andava da un orecchio all’altro mi salutò.
 
Ma era stata davvero lei la stupida oppure ero io quello che si era stupidamente illuso che la nostra storia fosse qualcosa di epico e indistruttibile?
 
La realtà era che non riuscivo ad accettare che lei fosse come tutte le altre donne, non riuscivo a credere che mi avesse mentito così spudoratamente, non potevo pensare che il suo corpo mi avesse mentito, il suo corpo che si donava al mio con gioia e passione fino a poco tempo prima...
Eppure era andata via, non l’avevo più vista, neppure per caso, non l’avevo più cercata, non mi aveva più cercato...
Scomparsa, dileguata, come nebbia fredda che si disperde al primo sole di primavera.
 
****
Al mio ritorno trovai il tavolo invaso dalle formiche, avevano divorato le briciole della torta che vi avevo incautamente lasciato, avevano divorato ciò che restava dell’omaggio a lei, a noi...
Le spazzai via gettando ciò che restava nella spazzatura; “un gesto catartico” pensai mentre il sorriso si allargava sempre di più sul mio viso.
 
L’alba di domani avrebbe trovato un uomo diverso, un uomo disposto a lasciarsi il passato alle spalle e ad andare finalmente avanti.


 
Sachertorte:
Ingredienti:
per la farcitura
per la copertura
_ sciogliere il cioccolato fondente a bagnomaria o nel microonde e lasciarlo raffreddare finchè arriva ad una temperatura di circa 32°;è importante che il cioccolato non sia troppo caldo altrimenti scioglierà il burro nell’impasto.
_Dividere i tuorli dagli albumi,
_porre nella ciotola di una planetaria munita di frusta il burro a pezzetti a temperatura ambiente, i 110 gr di zucchero semolato e il miele e azionare la macchina fino ad ottenere un composto spumoso.
_ unire a filo il cioccolato a 32° e i tuorli uno alla volta.
_montare gli albumi con un pizzico di sale, quando saranno bianchi, incorporare i restanti 150 gr di zucchero poco alla volta, fino a montare gli albumi a lucido.
_Aggiungere l’albume all’impasto e mescolare delicatamente con una spatola o la frusta dal basso verso l’alto per non smontare le uova.
_Aggiungere la farina setacciata mescolare sempre delicatamente.
_Imburrare e foderare con carta da forno una tortiera di 24 cm e versare all’interno l’impasto, livellarlo con una spatola
_ Cuocere la torta in forno preriscaldato statico a 180° per 50/60 minuti (se ventilato a 160° per 40/50 minuti).
A cottura ultimata sfornare la torta e farla raffreddare su una gratella poi dividerla in 3 dischi, setacciare la confettura in modo che sia liscia e senza grumi e farcire la torta.
_Spennellare anche tutta la superficie esterna con la confettura, lasciarla asciugare per almeno un’ora a temperatura ambiente.
_ in un pentolino la panna fresca liquida e il glucosio, mescolare per scioglierlo fino a quando il composto sfiorerà il bollore,
_spegnete il fuoco e versare il composto sul cioccolato fondente tritato.
_Mescolare fino ad ottenere una crema senza grumi e lasciar raffreddare la salsa che dovrà raggiungere i 32°.
Quando la salsa sarà fredda ricoprire la torta ricoprire interamente
_Per finire realizzare la scritta Sacher versando la glassa avanzata in un conetto di c
arta da forno o una sac-à-poche con una apertura molto stretta.


Questo è l'ultimo capitolo prima dell'epilogo di questa storia un po' diversa da quella che siete abituati a leggere. Spero che fino ad ora vi sia piaciuta, un saluto e...ci vediamo all'epilogo
B.

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Capitolo 7
*** Epilogo ***


Epilogo
 
Erano passati alcuni mesi dalla chiacchierata con Alice, mesi in cui mi ero sforzato di mettere in pratica i miei propositi e di ricominciare a vivere. Isabella era sempre con me ma il ricordo di lei e del nostro amore non mi tormentava più come prima, non l’avevo più sognata, la sua immagine non straziava più le mie notti, non mi chiedevo più dove e con chi fosse né tantomeno se fosse felice.
Lei faceva parte del mio passato e io dovevo vivere il presente.
Questa sera sarei uscito con un’amica speciale, che forse, fra qualche tempo, sarebbe potuta diventare qualcosa di più importante; non un amore epico ma un appiglio saldo e sicuro, qualcuna di cui potersi fidare ...qualcuna da amare.
 
Si, amare.
 
Avevo bisogno di tornare ad amare, desideravo ardentemente essere amato, sentire sulle mie labbra il sapore di un bacio, la dolcezza di una carezza, la passione dentro un abbraccio.
 Avevo passato così tanto tempo ad amare un ricordo che davvero temevo di non riuscire più a provare un tale sentimento e invece... invece era successo, forse stavo riuscendo ad innamorarmi di nuovo.
 
Cercai nell’armadio qualcosa da mettere per la cena di questa sera, qualcosa di elegante ma non troppo impegnativo; mi tuffai con la testa tra la pila di abiti, camice, maglioni che non indossavo più da tempo finché non trovai quello che cercavo: la mia bella giacca dal taglio sportivo perfetta da abbinare ai nuovi jeans che avevo comprato la settimana prima.
L’indossai percependo subito la familiare morbidezza della stoffa e un profumo, l’inconfondibile profumo di lei.
 
Un’ondata di dolore mi percorse ma non durò molto, riuscivo a controllarlo, a conviverci.
 
Mi infilai ancora nell’armadio deciso ad ignorare il mio sesto senso che mi consigliava di uscire da quella stanza subito.
Fu allora che la vidi... un altro brivido percorse il mio corpo, cercai di non farci caso, non potevo e non dovevo ricadere ancora nella spirale di dolore che mi aveva avvolto fino a qualche mese prima.
Eppure... eppure non riuscivo a staccare gli occhi da quella giacca che pensavo di aver buttato insieme a tutto quello che mi ricordava lei.
Mi avvicinai quasi in trans e ne accarezzai la stoffa, ricordavo perfettamente l’ultima volta che avevo indossato quel capo, la sera in cui, per l’ultima volta avevamo cenato insieme.
La tolsi dalla gruccia e la strinsi a me illudendomi di sentire ancora il profumo della mia Isabella e fu allora che mi accorsi del bigliettino che era ancora nella sua tasca.
La scrittura di Isabella, un numero di telefono e un nome: Jacob.
L’uomo per cui mi aveva lasciato.
Fui tentato di strappare il bigliettino poi la curiosità e il rancore accumulati negli due ultimi anni esplosero portandomi a comporre il numero del mio rivale, dell’uomo che mi aveva portato via l’unica donna che avessi mai  davvero amato.
Attesi trepidante mentre uno squillo si susseguiva ad un altro e poi a un altro ancora, infine la voce metallica della segreteria telefonica risuonò nelle mie orecchie.
“Studio professionale del dottor Black, per fissare un appuntamento digitate 1, per il ritiro referti....” riagganciai.
Un dottore... Jacob Black.
Cercai il suo nome su internet, ma era un’impresa quasi impossibile, c’erano dozzine di Jacob Black.
Scorsi la lista mentre tutti i volti dei Jacob Black, versione digitale, mi ridevano in faccia.
Non mi volevo arrendere, dovevo trovare quell’uomo, a tutti i costi.
La mia perseveranza fu premiata. Eccolo li, numero di telefono e nome corrispondevano: Dottor Jacob Black, cardiochirurgo.
 
Ero teso quella mattina, avevo fissato un appuntamento per quel pomeriggio, presto, molto presto avrei conosciuto l’uomo che mi aveva portato via l’amore della mia vita.
Quando uscii di casa ero battagliero, incazzato, pronto ad insultare e colpire.
Seppure sapessi che non avrei più potuto più stringere Isabella tra le mie braccia almeno le avrei rotte a colui che ora la stringeva a se.
 
Il quartiere dove si trovava lo studio professionale era uno dei più rispettabili, un luogo in cui solo persone facoltose, potevano permettersi di comprare un immobile.
Non potevo credre che Isabella mi avesse lasciato per i soldi. No, non era possibile, la conoscevo abbastanza bene da sapere che lei non era quel genere di donna.
 
La sala d’aspetto era lucida, pulita, quasi asettica, poi la porta si aprì ed io entrai in una stanza dai colori tenui e rilassanti.
Una scrivania di mogano scuro si imponeva sullo sfondo color crema mentre un lettino da visite occupava l’altro lato della stanza.
Dietro la scrivania un uomo di mezz’età dalla pelle ambrata mi accolse con un sorriso rassicurante.
Era bello? Non saprei dirlo; ma sicuramente era affascinante e sicuro di se.
“Si accomodi signor Cullen...” disse indicandomi una delle poltrone di fonte a lui.
“Mi descriva i suoi sintomi..” continuò, fissandomi con un’espressione strana negli occhi.
“Ho il cuore spezzato!” risposi di getto.
L’espressione del dottor Black mutò diventando un misto di compassione e dolore.
“Non credo di essere il giusto tipo di dottore...”
“Si, se è per colpa sua che il mio cuore è ridotto in pezzi!”
“Continuo a non capire...” ora mi guardava come se fossi pazzo; probabilmente aveva ragione.
“Isabella Swan, questo nome le dice nulla?” il suo sguardo ora si fece attento.
“Cullen... Edward Cullen... ecco perchè il suo nome mi era così familiare...” Distolse lo sguardo per cercare qualcosa in uno dei cassetti. Quando riemerse aveva in mano una busta di carta e un’espressione addolorata.
“Questo è per lei... Isabella me l’ha lasciata, sa, nel caso fosse venuto a cercarmi...” mi tese la busta e io l’afferrai quardando l’uomo di fonte a me con un’aria dubbiosa.
Isabela gli aveva lasciato una busta... allora non stava con lui...
“Cosa contiene?” chiesi, mentre la flebile speranza che l’uomo di fronte a me non stesse con lei, cominciò a formarsi nella mia mente.
“Non lo so, non ho mai letto il contenuto, Isabella me l’ha soltanto affidata. La busta  indirizzata a lei”. Poi alzò lo sguardo su di me e io vi scorsi sincerità e dolore.
“Edward, per quello che conta... io posso solo dirle che Isabella non l’ha tradita con me, se è quello che pensa e, per quello che ne so, non l’ha tradita con nessuno”.
La rivelazione mi colpì come un pugno...
“Ma allora...” mi alzai dalla poltrona improvvisamente stanco.“Allora... dov’è...”
Il Dottor Black si alzò a sua volta tendendomi la mano, chiaro segno che il nostro tempo era finito.
“Non spetta a me dirlo, forse il contenuto della busta può esserle d’aiuto. Arrivederci Edward, spero che trovi ciò che sta cercando”.
 
La busta conteneva la chiave di una cassetta postale, una password per accedere ad un sito internet e una mappa insieme con l’indicazione di cosa usare per prima.
La cassetta postale conteneva una busta con sopra l’indicazione di leggerla solo dopo aver raggiunto il luogo indicato dalla mappa. 
Una lettera pensai,  guardando la bella grafia di Isabella...
Toccai le lettere sentendo i solchi della biro sulla carta e pensai a lei intenta a scriverla.
Non mi aveva tradita, aveva detto il dottore, e allora... allora perche, perchè era fuggita via da me?
La risposta l’ebbi nel momento in cui raggiunsi il luogo indicato dalla mappa.
Il cimitero comunale.
 
Sentii un brivido corrermi lungo la schiena e mi accasciai accanto al cancello ormai distrutto dalle emozioni che mi travolgevano come un fiume in piena.
Ormai avevo capito.
Lei non mi aveva tradita, lei non mi aveva mai tradita... LEI. ERA. MORTA.
 
Sentii le lacrime rigarmi le guance quando mi trovai di fronte a una lapide di marmo bianco con una scritta in caratteri aggraziati: “Quì riposa Isabella Marie Swan. Ha riempito di grazia tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerla” e poi una data, quella della sua morte, qualche settimana dopo il nostro ultimo incontro.
Con dita tremanti aprii la lettera mentre le lacrime mi offiscavano la vista.
Tre parole campeggiavano grandi e con la grafia leggermente tremante.
 
“Ti Amo Edward.”
“Ti amo, ti amo, ti amo.... oltre la morte, oltre il destino che ci ha diviso sappi che io ti amo!”
 
Richiusi la lettera con le lacrime ancora a rigarmi le guance, un misto di rabbia e disperazione nel cuore e una domanda: PERCHE’.
 
Perchè aveva voluto allontanarmi da se, perchè aveva affrontato tutto quel dolore da sola, perchè aveva preferito farsi odiare piùttosto che farsi piangere...
La risposta era ovvia, per amore; un amore grande, un amore che io non credevo possibile.
“Ti amo anch’io Isabella, ti ho sempre amata, nonostante tutto non ho mai smesso di amarti” poi mi chinai e baciai la lapide sotto cui riposava il mio grande amore e, con le spalle appesantite da un nuovo definitivo dolore, mi allontanai.
 
Quella stessa sera telefonai alla mia amica annullando l’appuntamento per la cena.
“Ti spiegherò!” le dissi ma, in cuor mio sapevo che la nostra magia era scomparsa, cancellata, sepolta sotto tre metri di terra.
Accesi il computer per affrontare l’ultimo, decisivo passo, nel percorso tracciato per me da Isabella.
Sulla busta c’era l’indirizzo di un sito e una password, le digitai e, improvvisamente, come per magia la vidi. Gli occhi si riempirono nuovamente di lacrime mentre istantanee della mia vita con lei cominciavano a scorrermi davanti.
 
Quando le aveva scattate tutte quelle foto?
 
Guardai le immagini come rapito da una strana magia. Dio se era bella, anche se, negli ultimi giorni insieme, appariva pallida e stanca.
 
Perchè non l’avevo mai notato?
Come avevo potuto essere così cieco?
 
Singhiozzai facendo cadere calde lacrime sulle mie nocche. Era tardi, ormai non potevo fare più nulla per lei...
Continuai a fissare lo schermo come inebetito fino a quando l’immagine della mia caprese rivisitata mi fece trasalire... c’erano i miei piatti sul monitor, tutti i piatti che avevo cucinato per lei e con lei; tutti quelli che avevo riproposto ai miei allievi come fosse un silenzioso tributo al mio amore; tutti erano li, a formare una scritta: VAI AVANTI.
poi il nero annunciò la fine del video.
 
Andare avanti, l’ultimo pensiero di Isabella per me, l’ultimo suo gesto di amore.
 
Spensi il computer e presi il cellulare tra le mani..
Dall’altro capo la voce assonnata della donna che lentamente, con delicatezza stava lenendo le ferite del mio cuore...
“Ciao” dissi “vorrei raccontarti una storia...”
 
 
 
FINE

Siamo alla fine di questa storia, spero che vi sia piaciuta, un abbraccio grande a tutti coloro che l'hanno letta e recensita e anche a coloro che l'hanno soltanto letta.


Spero di risentirci presto con una nuova storia.
B


 

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