A Christmas Carol

di stelladineve
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Famiglia Weasley ***
Capitolo 2: *** Lily Evans ***
Capitolo 3: *** Sirius e Regulus Black ***
Capitolo 4: *** Andromeda, Bellatrix e Narcissa Black ***
Capitolo 6: *** Hermione Granger ***
Capitolo 7: *** Harry Potter ***
Capitolo 8: *** Albus Silente ***
Capitolo 8: *** Severus Piton ***
Capitolo 9: *** Rubeus Hagrid ***
Capitolo 10: *** Remus Lupin ***
Capitolo 11: *** Minerva McGranitt ***
Capitolo 12: *** Alice e Frank Paciock ***
Capitolo 13: *** Dorcas Meadowes ***
Capitolo 14: *** James Potter ***
Capitolo 15: *** Ron Weasley ***
Capitolo 16: *** Draco Malfoy ***
Capitolo 17: *** Marlene McKinnon ***
Capitolo 18: *** Lily e James ***



Capitolo 1
*** Famiglia Weasley ***


- Fred! George! Andatevene subito in camera vostra! Stavolta avete esagerato, non è per niente educato dire alla zia Muriel che assomiglia ad un topo spelacchiato! Per punizione, a letto senza cena, e domani non si addobba l'Albero, così Babbo Natale non passa!-
Con un sospiro, Molly continuò a preparare la cena; adorava i suoi figli, anche se erano fin troppo vivaci, ma se continuava a far finta di niente davanti ai loro scherzi allora non sarebbe mai riuscita a far sì che loro le obbedissero, e questa volta avevano proprio esagerato. Zia Muriel era uscita sbattendo la porta e promettendo che in quella casa non sarebbe tornata mai più; anche se a Molly non era particolarmente simpatica, le dispiaceva, perchè era sempre preferibile mantenere buoni rapporti con tutti, soprattuttto nel periodo di Natale. 
Stava finendo di apparecchiare quando nell'ingresso si smaterializzò Arthur, con Bill e Charlie sottobraccio; sorridendo, Molly andò loro incontro, per poi iniziare a servire la cena. Ma ovviamente, Bill notò subito l'assenza dei gemelli. - Hanno fatto arrabbiare moltisssssimo la mamma,- spiegò Percy, dall'alto dei suoi 6 anni, felice di poter essere al centro dell'attenzione.- Hanno detto alla zia Muriel che somiglia ad un topo spelacchiato, così lei se n'è andata e la mamma ha urlato che non faremo l'albero per punizione e che stasera non mangeranno. Sono stati cattivissssssimi.-
- Ma Molly,- intervenne Arthur- non sei stata un po' troppo severa? Alla fine sono solo bambini, stavano solo scherzan... No no, hai fatto bene, Molly cara, hai fatto benissimo. - aggiunse precipitosamente, vedendo la moglie diventare rossa in volto, segnale che preannunciava una sfuriata.
- Sì, ho fatto bene, e per una volta tu non darai loro ragione, altrimenti questi bambini non li educheremo mai!- rispose lei, sbattendogli il piatto davanti e tornando in cucina.

Più tardi, mentre Molly riordinava la cucina, senza farsi vedere Charlie si intrufolò nella stanza dei gemelli, portando loro due arance e due pezzi di focaccia, che aveva rubato da tavola; li trovò tristissimi, non li aveva mai visti così avviliti, e sapeva che li rendeva così la prospettiva di non addobbare l'Albero tutti insieme, perchè era un momento che tutti aspettavano con gioia, un momento che li faceva sentire più uniti che mai. Così, non riuscendo a togliersi i visi tristi dei gemelli dalla mente, Charlie andò a bussare alla stanza di Bill, ed insieme decisero che, quando i genitori sarebbero andati a dormire, loro avrebbero aspettato un po' e poi sarebbero andati in soffitta a prendere l'Albero, per poi montarlo e farlo trovare accanto alle decorazioni la mattina dopo, pronto ad essere addobbato.
Dopo essersi messi d'accordo, andarono ognuno nella propria stanza, e più tardi Molly passò per dare ad ognuno di loro il bacio della buonanotte; stanca com'era, non si stupì di trovarli già sotto le coperte con i pigiamini indossati, senza fare storie, come al solito, perchè magari volevano rimanere a giocare ancora un po'.

Quando furono certi di non sentire più nessun rumore, Bill sgattaiolò nella stanza di Charlie e insieme andarono a spiare i genitori, per essere sicuri che fossero veramente addormentati; dopo averli visti abbracciati sotto le lenzuola, immersi in un sonno ristoratore, salirono le scale che portavano alla soffitta, cercando di non farle cigolare. Da qui, però, cominciarono i problemi; la scatola che conteneva l'Albero era enorme, e anche se loro erano due forzuti bambini di 10 e 9 anni, non riuscivano a sollevarla, la potevano solo trascinare. Allora decisero di iniziare a portare giù le scatole delle decorazioni, che erano più leggere.
Le avevano portate quasi tutte nel salone, quando, scendendo con l'ultima scatola in mano, Bill non vide un gradino e scivolò, senza farsi male, ma facendo un gran rumore; in men che non si dica, comparvero Molly ed Arthur, con le bacchette sguainate, i visi stravolti ma svegli, cercando di capire da dove proveniva il rumore e se per caso si trattava di ladri. 
Il "ladro" venne individuato nel giro di poco, era seduto sulle scale e cercava di radunare in fretta gli addobbi caduti dalla scatola, e accanto a lui c'era Charlie, che scuoteva la testa sconsolato, e che all'arrivo dei genitori disse:- Ecco, vedi?? Ci hai fatti scoprire! Adesso, per colpa tua, si arrabbieranno anche con noi, e non festeggeremo mai più Natale!-
E Bill, con i lacrimoni che minacciavano di scendere, gli rispose:- Ma non l'ho fatto apposta, non avevo visto un gradino...-
Sentendo questo dialogo, con uno svolazzo di bacchetta Molly rimise tutto a posto, poi, sedendosi accanto ai bambini, sulle scale, chiese loro: - Mi spiegate cosa stavate facendo?-
- Dato che tu non volevi fare l'Albero, abbiamo deciso di fare una sorpresa per i gemelli, che stasera erano tanto tristi...- spiegò Charlie.
- E così abbiamo portato giù quasi tutte le decorazioni...- continuò Bill.
- Solo che lui non ha visto un gradino...-
- Ed è finito tutto per aria!!- scoppiò a piangere Bill.
Dopo essersi scambiato un'occhiata con Molly, Arthur lo prese in braccio e, consolandolo, gli disse di non preoccuparsi:- Lasciate fare a me e a mamma, e andate a dormire tranquilli...-

Al mattino dopo, al risveglio, tutti i bambini scesero nel salone, e trovarono l'Albero già montato con gli addobbi a fianco, pronto ad essere decorato; i gemelli e perfino Percy erano al settimo cielo, e si chiedevano l'un l'altro chi poteva averlo mai preparato, e come mai la mamma era così tranquilla, e aveva addirittura preparato i loro biscotti preferiti.
"Saranno state le fate a farci questa sorpresa!", disse convinto George, nell'innocenza dei suoi 6 anni; ma Bill e Charlie si scambiarono un sorriso malizioso, perchè avevano notato che il papà aveva degli aghi finti di pino sul maglione, e la mamma un filo d'ro impigliato nel fermaglio dei capelli. I loro genitori erano meglio delle fate, di questo erano certi.

Tanti anni dopo, seduta vicino al caminetto con un nipotino in bracccio, Molly ripensava a quel Natale e una lacrima le scendeva dal volto; era circondata dalla sua famiglia, ma all'appello ne mancava uno, e la sua assenza le dava un dolore inimmaginabile. Ripensò a quell'unica volta in cui si era arrabbiata davvero con i gemelli, e a quanto si era sentita in colpa dopo; si sentiva in colpa pure adesso, nonostante fosse passato tanto tempo, ma era convinta che Fred, in qualsiasi posto fosse, l'avesse perdonata e non le serbasse rancore.















































































































 

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Capitolo 2
*** Lily Evans ***


  • MAI!! Lily, io non ti parlerò mai più! Guarda, la mia bambola era così bella e tu me l’hai rotta, sei cattiva!-
  • Tunia, non volevo, volevo solo pettinarla, mi è sfuggita dalle mani!-
  • Tu tocchi sempre le mie cose, perché sono più belle delle tue, ed è per questo che me le rompi!-
  • Non è vero! Sono le mie cose ad essere più belle delle tue!!-
  • Sei una bugiarda!-
Era iniziato così il pomeriggio della Vigilia di Natale; lo zio di Lily e Petunia era arrivato con un regalo ciascuno, una bambola per Petunia e un libro per Lily, e quando Lily, finito di leggere il libro, aveva preso in mano la bambola, questa le era caduta e si era spezzato il braccio. Così le due bambine si erano messe a litigare,  e le loro voci erano arrivate fino in cucina, dove la madre stava sfornando il dolce per la sera.
Sperando di riuscire a calmarle, si era avviata nel salone, dove le aveva trovate entrambe in lacrime, una con la povera bambola rotta in braccio, e l’altra rannicchiata sul tappeto vicino al suo libro.
  • Mamma, mamma! Lily è cattiva, mi ha rotto la bambola!-
  • Ma mamma, non l’ho fatto apposta, mi è scivolata!-
  • E invece si che l’hai fatto apposta, e adesso guarda cosa faccio!!-
E in men che non si dica, Petunia prese il libro di Lily e strappò delle pagine: a quel punto Lily le si scaraventò addosso dandole uno schiaffo, a cui Petunia rispose con un morso sul braccio della sorella, e avrebbero continuato a picchiarsi se solo non fosse intervenuta la madre a dividerle.
  • Bambine, adesso basta, è Natale, in teoria in questo periodo si è tutti più buoni; non mi sembra proprio il caso di litigare, poi stasera vengono i nonni e gli zii, volete mica che vi trovino tutte scompigliate? Su, Tunia, vieni con me, facciamo i biscotti alla cannella; e tu, Lily, hai voglia di andare con papà a fare una passeggiata? Non fa tanto freddo, e sai che a lui piace stare in tua compagnia…-
Così, dopo aver momentaneamente rasserenato le due litiganti, la madre iniziò a fare i biscotti con Petunia e Lily corse dal padre, che l’aspettava vicino alla porta e le promise che sì, sarebbero andati a bere una cioccolata calda e che avrebbero preso pure qualche cioccolatino, ma che era il loro segreto, perché se lo scopriva la mamma allora li avrebbe rimproverati!
 
Arrivata ormai la sera, Lily aspettava gli ospiti seduta sul divano, già pronta per la cena; aveva il suo vestito preferito addosso, un fiocco tra i capelli e un’espressione serena, e ripensava a quanto era stato bello passare il pomeriggio con il suo papà. Solo il caminetto acceso e le lucine dell’Albero di Natale illuminavano la stanza, e lei si ritrovò a desiderare che pure Tunia potesse star seduta accanto a lei in quel momento, a godersi quella pace. Ma Tunia era ancora arrabbiata con lei, lo sapeva; pensierosa, scese dal divano e si chinò a prendere la bambola rotta, che era stata abbandonata sul tappeto quel pomeriggio. La fissò e desiderò fortemente di essere in grado di riuscire a ripararla con la colla, per fare una sorpresa alla sorella; ma, mentre la fissava, all’improvviso la bambola emanò una luce bianca, e quando questa sparì il braccio rotto era tornato a posto!
Lily non riusciva a capacitarsene; era felice, perché questo voleva dire che Tunia l’avrebbe perdonata, ma non capiva da dove poteva provenire quella luce! Ma, in quel momento, Petunia entrò nella stanza sbattendo la porta, e guardò la sorella con espressione inorridita:- Ti ho vista fare quella luce bianca! Sei un mostro, solo i mostri fanno queste cose! E io non voglio una sorella mostro!-
  • Ma Tunia, è comparsa da sola!-
  • Non è vero, l’hai fatta tu! Sei un mostro, e io adesso lo dirò a tutti, mamma e papà si vergogneranno di te!-
Con queste parole, uscì dalla stanza, buttando per terra la bambola riparata.
Ma Lily, per la prima volta, non la rincorse, provando a farsi perdonare. Si sedette di nuovo sul divano, e una luce bianca comparve un’altra volta, mentre provava a rimettere a posto il libro strappato; vedendo che anche questo era tornato ad essere come nuovo, sorrise, e disse ad alta voce: -Io non sono un mostro, io sono speciale. E mamma e papà saranno orgogliosi di me.-
 
 
Anni dopo, il mattino della Vigilia di Natale, Lily bussò alla porta di casa della sorella.
Vide un movimento da dietro le tendine, ma nessuno venne ad aprirle.
Allora sospirò, e lasciò un cestino sui gradini; dentro c’era una bambola identica a quella che le aveva portate al litigio tanti anni prima, un sacchetto di cioccolatini e un biglietto, su cui si poteva leggere: “Ti voglio bene e te ne ho sempre voluto. Spero che un giorno avrai voglia di rivedermi.”
Mentre girava le spalle alla porta, però, sentì una finestra aprirsi, e la voce di un uomo dire:- Petunia, chi è quella signora che ti somiglia? E’ forse tua sorella?-, e la voce di una donna rispondere:- Io non ho sorelle, Vernon. Chiudi la finestra, per favore, entra aria fredda.-

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Capitolo 3
*** Sirius e Regulus Black ***


  • Sirius! Ma dove vai??-
Il  fratello più grande sobbalzò spaventato, e si  girò verso il più piccolo, che, con i piedini nudi sul pavimento di marmo, tremava per il freddo.
  • Vai a metterti un maglione, Reg, perché se ti prendi un raffreddore nostra madre poi capisce che sei uscito, e ti mette in punizione!-
  • Io vado a mettermi il maglione solo se mi dici dove stai andando!-
  • Shhhh, abbassa la voce. Voglio solo andare a vedere se Babbo Natale viene sul serio…-
  • Posso venire anche io?-
  • Sì, ma fai piano!-
Così, senza far rumore, i due fratelli scesero le scale che portavano al salone; quella stanza austera e scura non era mai piaciuta a nessuno dei due, ma per la prima volta sembrava quasi bella, quasi confortevole, perché l’immenso Albero di Natale illuminava tutto con una luce dorata. Ovviamente, era stato addobbato dagli elfi, e solo perché il giorno dopo avrebbero avuto a pranzo alcuni parenti, ed era necessario fare bella figura. Walburga Black riteneva una tradizione inutile quella di addobbare l’abete con i figli, la trovava una “cosa da babbani”. Ma gli elfi avevano fatto un buon lavoro, e l’Albero era bellissimo.
I due fratelli presero posto sul divano, e iniziarono ad aspettare l’arrivo di Babbo Natale; si stavano per addormentare, quando una polvere argentata iniziò a scendere dal camino, e dopo di questa, con un gran rumore, cadde anche un uomo vestito di rosso e con un sacco sulla spalla.
  • Sirius! E’ lui! E’ BABBO NATALE!!-
  • Reg, ti ho detto di abbassare la voce. Già questo qui ha fatto un rumore assurdo, speriamo che nessuno si sia svegliato…-
Intanto, l’uomo caduto dal camino si stava alzando faticosamente, e, senza farsi vedere dai due fratelli, tirava fuori alcuni pacchetti infiocchettati; porgendoli prima a Sirius, poi a Regulus, disse.- State tranquilli, questa è la notte di Natale, e anche se io faccio rumore non sveglio nessuno. E’ una notte magica.. Però, adesso, dovete farmi un favore.
  • Quale favore dobbiamo farti?-
  • Dovete promettermi che aprirete tutti questi regali domani mattina, tranne quel pacco lì, quello rotondo, che tieni in mano tu, Regulus. Quello dovete aprirlo adesso.-
I bambini ubbidirono all’istante, e dopo pochi secondi, dalla carta stropicciata comparve una boule de neige; ma non era una qualunque, perché sotto la neve che cadeva fitta, c’erano Sirius e Regulus che sorridevano, tenendosi per mano.
  • Ohhh! Che bella!-
  • Sono contento che vi piaccia; rappresenta voi due, e l’affetto che vi lega e vi legherà sempre. Mi promettete che, qualsiasi cosa succeda, vi ricorderete di questa palla di vetro e di quanto siete stati felici insieme?-
  • Sì, Babbo Natale. Te lo promettiamo.-
Tenendosi per mano, i due fratelli videro Babbo Natale infilarsi nel camino e arrampicarsi su. Felici di aver assistito a quella magia, tornarono nella loro camera.
  • Sirius, ti piace il regalo che ci ha fatto Babbo Natale?-
  • Sì, Reg, mi piace tantissimo.-
  • Anche a me. Staremo insieme per sempre, vero, Sirius?-
  • Sì, staremo insieme per sempre. Te lo prometto.-
Uniti da questa promessa, si addormentarono abbracciati, uno accanto all’altro. Nessuno di due si accorse che, a cavallo di una scopa, fuori dalla finestra li guardava lo zio Alphard, con addosso ancora il vestito da Babbo Natale; quella sera, guardando i suoi nipoti giocare insieme, li aveva visti molto uniti, ma, dato che era un uomo intelligente, aveva capito che quell’unione non sarebbe durata ancora tanto. L’anno dopo Sirius sarebbe andato ad Hogwarts e, Alphard ne era sicuro, non sarebbe stato smistato a Serpeverde, e sarebbe stato escluso da tutta la famiglia. Così aveva deciso di regalare ai due fratelli un’ultima notte magica che tutti e due si sarebbero ricordati per sempre.
 
Anni dopo, un ragazzo con il braccio sinistro sanguinante cercava di non pensare al dolore buttando per terra qualsiasi oggetto gli capitasse davanti. Ad un certo punto, la sua mano raccolse una boule de neige, e il suo cuore si riempì di un dolore che non era neanche paragonabile a quello che provava al braccio. Si ricordava ogni cosa, ogni promessa che si erano scambiati durante quella notte lui e Sirius.
Ma con una smorfia, scaraventò la boule per terra, e vedendo che si erano rotte proprio le mani unite delle due statuine, mormorò sarcastico:- Insieme per sempre? Te la farò pagare, Sirius.-

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Capitolo 4
*** Andromeda, Bellatrix e Narcissa Black ***


Mentre dava disposizioni per la cena che si sarebbe tenuta quella sera nel grande salone del Manor, la signora Black sentiva provenire dal giardino le voci allegre delle figlie, che giocavano con la neve; sporgendosi appena dalla finestra, le osservò mentre stavano costruendo uno sbilenco pupazzo di neve, e si soffermò un instante a guardarle. Erano così belle, così diverse l’una dall’altra, e ogni volta che le aveva davanti sentiva verso di loro un affetto smisurato, che però, con il tempo, aveva imparato a nascondere; le era stata impartita un’educazione che la voleva fredda e contegnosa, esattamente com’era sempre stata sua madre con lei, e nello stesso modo si rapportava con le sue figlie.
Ma era pur sempre una madre, e quando vide Narcissa scivolare su un tratto di neve ghiacciata, non poté fare a meno di uscire in giardino per vedere se era il caso di medicarla o no; ma la sua bambina aveva approfittato della caduta per sdraiarsi completamente a terra e fare un angelo nella neve, muovendo braccia e gambe. Solo quando vide che la madre si stava avvicinando, saltò in piedi e con voce tremante le disse:- Madre, chiedo il vostro perdono, stavo solo giocando!-, e nel giro di poco venne raggiunta dalle altre due, pronte a difenderla se la madre si fosse arrabbiata.
  • Sì, madre, voleva solo giocare, ve lo giuro!- annuì Andromeda.
  • E adesso vi prometto che andiamo subito ad asciugarci, così nostro padre ci troverà perfette per la cena!- intervenne Bellatrix.
  • Bambine, state tranquille.- rispose la signora, usando un tono di voce inaspettatamente dolce.- Potete giocare ancora un po’. Anzi, vi propongo una cosa, perché non insegnate anche a me a fare un angelo nella neve?-
Le bambine si guardarono l’una con l’altra, esterrefatte. La prima a riprendersi fu Bellatrix, che disse, cercando di dissimulare lo stupore:- Madre, ma vi sporcherete i vestiti..-
  • Non ti preoccupare di questo, Bella. Dai, insegnatemi, su!-
E così, prima timidamente, poi coinvolgendo sempre di più la madre nei loro giochi, si stesero tutte e quattro, una vicina all’altra, e fecero quattro perfetti angeli sulla neve; dopo, finirono di costruire il pupazzo, e alla fine, fu proprio la madre a dar loro l’idea di giocare a palle di neve. Passarono così uno splendido pomeriggio, e avrebbero continuato a giocare se solo non fosse comparso un elfo a dire alla signora che la cena era quasi pronta; così tutte insieme salirono nelle loro stanze, e quando il signor Black tornò, le trovò perfettamente vestite e pettinate accanto al camino del salotto riservato alla famiglia, assorte nell’ascolto di un libro che la madre stava leggendo ad alta voce.
  • Mia cara? Bambine? Dato che i nostri ospiti arriveranno tra poco, ho intenzione di darvi i miei regali adesso.- e così dicendo, distribuì ad ognuna un pacchetto.- Con il vostro permesso, vado a cambiarmi.-, e si materializzò nella sua stanza.
Curiose, la madre e le bambine aprirono i regali, e, all’interno dei pacchetti, trovarono ognuna una catenina che aveva come ciondolo un piccolo angioletto di cristallo; senza pensare a che coincidenze ci potessero essere tra il regalo e il pomeriggio appena trascorso, le bambine si infilarono subito la catenina, ammirandone la bellezza. Ma la madre, che aveva osservato il regalo un po’ più a lungo di loro, si era accorta che tutti gli angioletti erano diversi l’uno dall’altro, e avevano esattamente le stesse forme di quelli creati da loro sulla neve; adesso che ci pensava, quel pomeriggio aveva notato un movimento delle tende dello studio di suo marito, ma non ci aveva fatto troppo caso, pensando che fossero soltanto gli elfi che sistemavano magari delle cose in disordine. Invece, con tutta probabilità, suo marito era tornato prima dal lavoro, le aveva viste e aveva deciso di non dire niente; non l’avrebbe ringraziato esplicitamente, appunto perché lui detestava i comportamenti affettuosi, ma avrebbe trovato un modo per fargli capire la sua gratitudine.
Al piano di sopra, mentre si infilava lo smoking, il Signor Black sorrise; sì, era tornato prima da lavoro e le aveva viste giocare tutte insieme. Sapeva di essere un padre troppo severo, ma quella scena l’aveva intenerito e aveva deciso di regalare a sua moglie e alle bambine qualcosa che avrebbe immortalato quel momento di pura felicità per sempre.
 
Mentre si preparava per smaterializzarsi a casa di Ted e fuggire una volta per tutte da quella famiglia in cui non avrebbe mai voluto crescere, Andromeda si voltò verso l’enorme Manor che si stagliava scuro e austero contro la neve soffice che cadeva dal cielo. Con un gesto affrettato, si sciolse la catenina che portava al collo e la appese ad  un ramo del suo albero preferito. Guardandola oscillare e brillare, si chiese se aveva fatto una scelta giusta a togliersela; poi ripensò alle parole cattive che i genitori avevano detto nei confronti di Ted, ripensò alle torture subite, ripensò alle minacce rivolte in continuazione a lei e a Ted.
Allora si girò di scatto e si smaterializzò, lasciando l’angelo di cristallo ondeggiare nel vuoto.

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Capitolo 6
*** Hermione Granger ***


  • Aggiungi ancora un po’ di zucchero, tesoro, poi sbatti bene tutto con la forchetta altrimenti si formano i grumi.- disse la signora Granger, seguendo con sguardo attento i movimenti della figlia, e facendo finta di niente quando la forchetta si mise a girare da sola.
  • Poi devo aggiungere le gocce di cioccolato, vero mamma?-
  • Brava, tesoro. E poi, le mele tagliate a pezzetti.- La torta stava venendo molto bene; ormai, i signori Granger non si stupivano più di ciò che loro figlia era in grado di fare; bastava che pensasse, appunto, di prendere la forchetta per sbattere le uova, che la forchetta si alzava in volo e planava accanto a lei.
  • Mamma, ho fatto quello che mi hai detto, mi passi la farina?- e in men che non si dica la farina arrivò accanto a lei.
  • E’ già arrivata da sola, tesoro.-
  • Mamma, ma perché sono così strana?-
  • Tu non sei strana, Hermione.- rispose una voce maschile, anticipando la madre. Tutte e due si voltarono verso la porta della cucina, e sorrisero in direzione del signor Granger.- Ciao, mie splendide donne.- e depose un bacio sulla guancia di ognuna.- Cosa stavamo dicendo? Ah già, giusto. Tesoro, tu non sei strana, sei speciale, e adesso ti racconterò perché. Metti la torta in forno e raggiungetemi nel salotto.-
Hermione fece come suo padre le aveva detto, e prese posto sulla sua poltroncina, accanto al camino e all’Albero di Natale; questo si accese subito, illuminando la stanza di una luce soffusa.
 
  • Ti ricordi che tante volte ci hai chiesto come mai non ti avevamo dato un fratellino o una sorellina?-
  • Sì, mi ricordo.-
  • Devi sapere che anche noi avremmo voluto avere tanti figli oltre a te, e avere una grande famiglia. Ma dei dottori, prima che arrivassi tu, avevano detto alla mamma che non poteva avere figli. A volte capita, sai, che o le donne o gli uomini non possono avere figli. Avevamo anche pensato di adottare un bambino...-
  • Ma poi io ho passato un periodo di grande tristezza, che si chiama “depressione”.- aggiunse la madre.-  Non lavoravo più, mangiavo solo perché papà me lo chiedeva, stavo sempre zitta, in casa non facevo niente.  Ma poi una notte, precisamente la notte di Natale…-
  • Mentre ci mettevamo il pigiama per andare a dormire…-
  • Una piccola luce comparve sulla mia pancia, e quando questa svanì, lasciò una specie di cerchio di una tonalità molto più chiara rispetto al colore della mia pelle.-
  • E all’interno di questo cerchio, c’era un frugoletto che si muoveva!-
  • Eri tu, tesoro. Eri minuscola, ma c’eri già. Papà mi portò subito al pronto soccorso e mi fecero un’ecografia, ma io ero sicura di non sbagliarmi, avevo una creatura dentro me ed era una cosa bellissima!!-
  • Capisci perché ti diciamo che sei speciale?-
  • Sei speciale perché sei arrivata in un momento di grande tristezza e ci hai riempiti di gioia, sei speciale perché sei arrivata con una luce, come se volessi spezzare il buio che ci aveva avvolti.-
  • E’ per questo che ti abbiamo chiamata così, perché il tuo nome significa “messaggera”. Tu per noi sei stata una messaggera di speranza, e ci hai portati a vivere una vita stupenda.-
  • Adesso ho capito.- affermò Hermione, alzandosi in piedi. Corse ad abbracciare i suoi genitori, e li strinse forte a sé dicendo:- Siete la mamma e il papà migliori del mondo.-
Sette anni dopo, seduta fuori dalla tenda, Hermione ripensò a quel bellissimo Natale che aveva passato con i suoi genitori quando era ancora una bambina; non aveva più ripensato al significato del suo nome, ma adesso le ritornò in mente.  Provando a far sì che la speranza che aveva dato ai suoi genitori 17 anni prima diventasse la sua forza, si concentrò e riuscì a creare una specie di bolla temporale. Accanto a sé, vedeva i suoi genitori, seduti sul divano di una sala da pranzo ben arredata, ad ascoltare una musica natalizia; erano vestiti con calzoncini e maglietta, perché in Australia era estate, avevano gli occhi chiusi, ma ogni tanto li aprivano per sorridersi e farsi qualche carezza.
Davanti a quella scena, una lacrima scese sul viso di Hermione, e le fece perdere la concentrazione necessaria per mantenere la bolla temporale; mentre questa svaniva, Hermione si mise a piangere e sperò, sperò con tutte le sue forze di riuscire a passare il Natale dell’anno in arrivo con le persone che amava di più al mondo, i suoi genitori.

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Capitolo 7
*** Harry Potter ***


Sdraiato sul suo lettino, Harry guardava il soffitto della sua minuscola stanzetta sotto al sottoscala, e ripensava alla serata appena trascorsa. Zio Vernon e zia Petunia avevano invitato a cena degli amici, e a lui era stato ordinato di non uscire dalla sta stanza per nessun motivo al mondo; facendo piano piano, però, era riuscito a non farsi scoprire mentre andava in bagno, e aveva sbirciato ciò che stavano facendo gli adulti. La sala degli zii era riccamente addobbata, e anche se zia Petunia non aveva buon gusto, dava comunque una sensazione di calore e di famiglia; a capotavola, sedeva zio Vernon, vestito con il suo completo migliore, e un’aria fin troppo ossequiosa, mentre versava da bere alla signora accanto a lui. All’altro capo della tavola sedeva la zia Marge, che sembrava già abbastanza brilla, dal modo in cui parlava e rideva sguaiatamente; accanto a lei era appollaiato Dudley, troppo occupato a riempirsi di cibo per poter dire qualcosa di sensato. In piedi, mentre porgeva il piatto da portata ad un signore, c’era zia Petunia, vestita di pizzi e merletti, con un fiocco in testa; il suo sorriso non riusciva però a nascondere l’apprensione che le dava la presenza del cane di Marge, che in quel momento stava rosicchiando allegramente il velluto della poltrona preferita di Vernon.
Con questa scena impressa  in mente, Harry, una volta tornato in camera, provò a scambiare i volti degli zii e dei loro ospiti con quelli dei suoi genitori, che aveva visto in una foto che zia Petunia teneva nascosta in  un libro. Ecco, se adesso chiudeva gli occhi, riusciva a vedere sua madre, bellissima, con i capelli rossi sciolti sulle spalle, che scherzava e rideva con i suoi ospiti, regalando ad ognuno un cappello da Babbo Natale, ed indossandolo pure lei stessa; riusciva a vedere suo padre, lo vedeva ballare con la mamma al suono di “JingleBells”, lo vedeva farla piroettare tra gli amici che tenevano il tempo battendo le mani. Vedeva sua madre servire ogni genere di pietanza squisita, senza quel sorriso finto che caratterizzava zia Petunia, ma con un’allegria che riusciva a contagiare anche le persone più tristi; vedeva suo papà rompere per sbaglio un bicchiere di vetro, e la mamma rimproverarlo scherzando, dicendogli che era sempre il solito maldestro. Vedeva casa sua, non perfettamente ordinata come quella degli zii, ma molto più calorosa; le persone che venivano a trovarli si sentivano subito benvenuti, perché di sicuro mamma e papà sapevano mettere tutti a loro agio, non come la zia Petunia, che se qualcuno arrivava senza essere atteso lo trattava con una freddezza fin troppo evidente. 
E poi, vedeva proprio se stesso scendere timidamente le scale, pervaso dalla sua solita paura di essere di troppo, vedeva suo padre andargli incontro sorridendo e prenderlo sulle spalle, e portarlo nel salotto dove tutti lo stavano aspettando; vedeva sua madre venire a fargli una carezza e dirgli qualcosa di buffo. Vedeva sorrisi, allegria, confusione, mani che stappavano bottiglie di spumante, pacchetti colorati posti sotto l’Albero; sentiva le risate, le voci che a volte intonavano carole di Natale, il campanello che squillava in continuazione, persone che si aggiungevano alla festa, sapendo che in casa Potter erano i benvenuti, perché più si era, migliore sarebbe stato il Natale.  E alla fine, intravedeva una macchina fotografica passare di mano in mano, e sentiva il flash di innumerevoli fotografie che avrebbero ricordato quella splendida serata per anni e anni; e poi, si sentiva la voce di qualcuno esclamare:- Famiglia Potter, in posa!-, e nel giro di poco lui, mamma e papà erano immortalati sorridenti in una foto, che li raffigurava abbracciati stretti, tutti e tre, uniti da un legame che non si sarebbe mai sciolto.
Con quest’ultima immagine, il piccolo Harry si addormentò, ma prima di chiudere gli occhi, mormorò a se stesso:- So che un giorno, se sarò buono, riuscirò ad essere felice anche io, e mamma e papà saranno orgogliosi di me.-
 
 
La casa esplodeva quasi di luci, voci felici, profumi e risate; fuori nevicava, e tutto, ma proprio ogni cosa, sembrava che fosse una prospettiva perfetta per passare una serata della Vigilia splendida. Ginny accoglieva gli ospiti con un sorriso luminoso, i ragazzi avevano apparecchiato la tavola in modo molto elegante, e Molly, dalla cucina, urlava saluti a tutti, scusandosi di non poter accoglierli di persona, ma se si muoveva dalla cucina la cena si rovinava, e questo non poteva assolutamente accadere. Arthur aveva invitato la piccola Lily a ballare un valzer con lui, e la faceva volteggiare, mentre James, vestito di tutto punto, dava il suo regalo a Dominique, davanti agli occhi maliziosi degli altri cugini.
E poi, fu un attimo.
  • Famiglia Potter, in posa!-
E mentre si metteva in posa con sua moglie ed i suoi figli, ad Harry venne di nuovo in mente il sogno ad occhi aperti che aveva fatto quando aveva solo 5 anni; si guardò intorno, e un momento prima del flash, fece un sorriso enorme. Attorno a lui non c’erano i suoi genitori, ma c’era lo stesso la sua famiglia, le persone a lui più care, le persone a cui doveva molto.
Stringendo a sé moglie e figli, chiuse gli occhi per un istante, e in quel momento ebbe la sicurezza che i suoi genitori lo stavano guardando ed erano orgogliosi di lui.

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Capitolo 8
*** Albus Silente ***


La sera di quel 25 arrivò fin troppo presto; era stata una giornata piena, vissuta minuto per minuto, e Aberforth e Ariana non si erano ancora stancati di giocare con i doni appena ricevuti. Perfino Albus si era degnato di essere presente al pranzo di Natale, per poi rifugiarsi di nuovo in camera sua a studiare; mentre Ariana soffriva per il comportamento scostante di suo fratello, Aberforth si era ormai rassegnato, e non lo ammirava neanche più, lo considerava quasi un estraneo. Albus si era distaccato ormai troppo dalla famiglia, perché, anche se non lo dimostrava chiaramente, provava vergogna per ognuno di loro; i suoi genitori non erano persone ricche e famose e li avevano cresciuti in modo dignitoso, ma non erano una famiglia importante, non avevano un cognome conosciuto. Aberforth era rozzo come un contadino, troppo occupato ad osservare gli animali e a portare avanti le sue idee strambe per poter essere minimamente paragonabile a lui; e Ariana… Ariana era semplicemente una delusione. Mentre sia  lui che Aberforth avevano compiuto la loro prima magia attorno ai 4 anni, lei ne aveva ormai 6 ed era una bambina normale, senza caratteristiche che avrebbero fatto di lei una strega; era peggio ancora di una babbana, anche se i suoi genitori non volevano ammetterlo, lui era convinto che fosse una Magonò. Era lui, Albus, il migliore della famiglia, era lui che avrebbe dato ai suoi genitori e  ai suoi fratelli onore e prestigio.
Per questo passava giornate intere rinchiuso nella sua stanza, a studiare e a scrivere appunti su enormi quaderni; era alla ricerca di qualcosa che l’avrebbe reso il migliore mago di tutti i tempi.
Mentre lui era in camera sua, la madre entrò chiedendogli se, per favore, poteva partecipare anche alla cena di Natale.
  • Mamma, lo vedi, sto studiando, non posso perdere tempo in sciocchezze.-
  • La cena di Natale non è una sciocchezza. Alla fine delle vacanze ripartirai e non ti vedremo fino a giugno, e sia io che papà abbiamo piacere di averti con noi fino a quando rimarrai a casa.-
  • Mamma, per favore non insistere. Già adesso sto perdendo del tempo prezioso, e non riesco a concentrarmi bene perché quei due urlano talmente tanto da disturbarmi.-
  • Sono i tuoi fratelli, e almeno oggi avresti potuto stare con loro! Ariana non ha fatto altro che chiedere di te, è dal primo di dicembre che conta i giorni che la separano dal tuo arrivo, e quando ti ha visto a King’s Cross era così felice… e tu non l’hai neanche salutata!-
  • Non voglio il saluto di una Magonò.-
A quelle parole la signora Silente rimase un momento zitta, poi si riprese e, guardando il figlio dritto negli occhi, disse:- Tua sorella non è una Magonò, ma anche se lo fosse, non sarà nascosta, non la escluderemo e continueremo a volerle bene per sempre. Non so quando hai iniziato ad essere così razzista, tuo padre ed io non ti abbiamo educato in questo modo, ma se è questo quello che pensi su tua sorella allora le prossime vacanze puoi passarle da un’altra parte, qui non sei più il benvenuto.-
Detto questo, la signora Silente si girò ed uscì, sbattendosi la porta alle spalle; davanti al figlio era rimasta seria e contegnosa, ma adesso, da sola, si sedette sul primo gradino delle scale e scoppiò a piangere. Venne però raggiunta dal marito, che la abbracciò, e dopo qualche minuto riuscì a calmarla.
  • Mia cara, ho sentito tutto.-
  • Come mai non sei intervenuto?-
  • Perché io non ho mai avuto un buon rapporto con Albus, ci siamo sempre scontrati; ho pensato che se intervenivo avrei solo peggiorato la situazione, e ho preferito evitare.-
  • Ma cos’abbiamo sbagliato? Come mai è diventato così?-
  • Non siamo ricchi, è questo il nostro guaio. Non siamo una famiglia famosa.-
  • Ma siamo sempre stati sinceri, e onesti….-
  • Ad Albus questo non basta, è nell’età in cui va contro alle persone a cui vuole più bene. Gli passerà presto, ne sono sicuro, in fondo ha solo 12 anni… ma adesso vieni, cara. Abbiamo altri due figli di cui occuparci, e qui accanto a te c’è un uomo che ha bisogno di essere coccolato e viziato, e che non vede l’ora di assaggiare il tuo arrosto!-
Con queste parole riuscì a far ridere la moglie, così scesero in sala da pranzo e trovarono Aberforth e Ariana già a tavola, che avevano apparecchiato proprio loro per fare una sorpresa ai genitori; al signor Silente non sfuggì che il posto di Albus non era stato imbandito, ma fece finta di niente. Probabilmente i due bambini avevano sentito la discussione e avevano agito di conseguenza.
Stavano terminando la cena, e Aberforth si era appena alzato per andare a prendere il dolce in cucina, quando Albus fece la sua comparsa in sala da pranzo; i suoi occhi notarono subito che il suo posto non era stato neanche apparecchiato, ma Ariana, vedendo dove andava a posarsi lo sguardo di suo fratello, fece comparire dal nulla piatto, bicchiere, posate e tovagliolo. In quel momento si sentì un gran fragore di piatti rotti; Aberforth, uscendo dalla cucina con il dolce in mano, aveva visto la scena e dallo stupore aveva lasciato cadere il piatto per terra. Ma nessuno riuscì a riprendersi dallo stupore precedente, perché Ariana, visto quello che aveva combinato il fratello, agì istintivamente, riparando il piatto e rendendo il dolce come nuovo, guardandolo poi alzarsi in volo e posarsi delicatamente sulla tavola.
Nel giro di pochi secondi, venne sommersa dagli abbracci dei suoi genitori e di Aberforth, poi, una volta placata la confusione generale, tutti si voltarono verso Albus, che era rimasto paralizzato vicino alla porta della sala da pranzo. Lentamente, parve riprendersi; guardando Ariana negli occhi, si inginocchiò e aprì le braccia. Lei esplose in una risata gioiosa, e corse verso il fratello, lasciandosi abbracciare e stringere forte.
Quella sera, i tre fratelli si addormentarono uno accanto all’altra sul divano, dopo una serata passata, stranamente, a parlare e a ridere tranquillamente; guardandoli dormire, i genitori si sorrisero, e la signora Silente disse al marito:- Sai caro, forse mi sono sbagliata. Forse, per Albus, c’è ancora speranza.-
 
In una stanza buia, un vecchio dalla barba lunga guardava la sua famiglia in uno specchio; Ariana aveva 6 anni,  e gli rivolgeva un sorriso luminoso, esattamente come quello che gli aveva rivolto la sera di Natale di tanti anni prima. La madre e il padre lo salutavano, e Aberforth ammiccava verso di lui.
  • No, mamma, ti sei sbagliata. Per me non c’è speranza, da quando ho perso tutti voi.- mormorò il vecchio, asciugandosi una lacrima.

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Capitolo 8
*** Severus Piton ***


  • Severus, vieni, addobbiamo l’Albero, facciamo una sorpresa a papà!-
  • Ma se poi si arrabbia?.
  • Ma no, figurati, anche lui da piccolo lo addobbava con i suoi genitori.-
  • Va bene, allora vengo.
E così, madre e figlio iniziarono ad avvolgere le lucine e a tirare fuori tutte le altre decorazioni; intanto, chiacchieravano.
  • Mamma, parlami di Hogwarts..-
  • Vuoi che ti racconti della scuola di magia più bella del mondo?- domandò Eileen, che quel giorno sembrava più serena del solito.- Bene. E’ un enorme castello, circondato da immensi prati e con un lago vicino… Ed indovina chi vive nel lago?-
  • Mamma, non sono più un bambino, io lo so che in un lago vivono i pesci!-
  • Hai ragione, in un lago vivono i pesci, ma non solo. In quel lago vive pure una Piovra gigante. E quando gli studenti del primo anno attraversano il lago sulle barche per andare a scuola, se per caso cadono in acqua la Piovra li afferra e li rimette nella barca.-
  • E’ una piovra brava, quindi.-
  • Sì, si può dire che sia brava.-
  • E poi?-
  • Poi, nel castello, c’è la Sala Grande, dove si mangia tutti insieme, poi ci sono i quattro dormitori, di cui ti ho già parlato, e poi ci sono le diverse aule dove si tengono le lezioni.-
  • Secondo te, io in che dormitorio finirò?-
  • Mah, tu sei molto intelligente, potresti finire in Corvonero.-
  • Ma a me piacerebbe essere smistato in Serpeverde, come te.-
  • Severus, ma tu ed io non siamo uguali.-
  • Poi vedremo, allora. Qual era la tua materia preferita?-
  • La mia era Erbologia, e seguivamo le lezioni nelle serre.-
  • Ma non ti piaceva giocare a Quidditch?-
  • Io amavo giocare a Quidditch. Quando salirai su una scopa te ne renderai conto, Severus. Volare dà un senso di libertà, ti sembra di riuscire ad essere padrone del mondo; e poi il Quidditch è uno sport fantastico, ed io da giovane ero molto competitiva, e mi impegnavo al massimo per vincere.-
  • E poi perché non hai continuato?-
  • Perché mi sono sposata e poi sei arrivato tu. Non potevo giocare a Quidditch con una famiglia a cui badare…-
Madre e figlio rimasero un momento in silenzio; mentre chiacchieravano, avevano addobbato l’Albero, che adesso era molto bello e sfarzoso. Una ghirlanda rossa e dorata era appesa alla porta d’ingresso, e anche attorno al camino c’erano delle decorazioni.
  • Mamma, ma papà sarà contento se io andrò ad Hogwarts?-
  • STATE DI NUOVO PARLANDO DI QUELLA SCUOLA DI PAZZI?- Severus ed Eileen sobbalzarono, mentre Tobias entrava a grandi passi nel salotto.- Eileen, ti avevo detto che non ne volevo più sentir parlare! Già tu sei pazza, non ti permetterò di rovinare anche tuo figlio!-
  • Ma papà, io voglio andare ad Hogwarts..- mormorò Severus, tentando di difendere la madre dall’ira del padre.
  • AH Sì?? TU VUOI ANDARE IN QUEL MANICOMIO? BENE ALLORA, VAI, MA DA QUESTO MOMENTO NON SEI PIU’ MIO FIGLIO!- e così dicendo, prese l’Alberello di Natale e lo gettò nel fuoco del camino, sogghignando nel vedere le facce della moglie e del figlio paralizzate dalla paura. Poi, si voltò e uscì di casa, sbattendo la porta dietro di sé.
 
Un ragazzo di 14 anni addobbava un piccolo albero di Natale, ma non lo stava decorando alla perfezione, perché i suoi occhi erano troppo occupati a guardare ciò che faceva la ragazza accanto lui; attorno a loro giacevano degli scatoloni aperti, gentilmente forniti dalla Stanza delle Necessità.
  • Severus, abbiamo quasi finito! Ma a cosa stai pensando? Hai ammucchiato tutte le palline vicine, devi distribuirle un po’ meglio…-
  • Non stavo pensando a niente, Lily. Mi era solo venuto in mente che questa è la seconda volta che addobbo un Albero di Natale..-
  • Ma come, solo la seconda?-
  • Sì.-
  • E perché?-
  • Perché l’unica volta che mamma ed io abbiamo riempito la casa di addobbi e decorato l’Albero, mio padre si è arrabbiato e l’ha bruciato nel camino…-
  • Oh, Sev, mi dispiace tanto. Perché si era arrabbiato?-
  • Perché gli ho detto che volevo venire a studiare qui, ad Hogwarts..-
Lily era a conoscenza di ciò che il padre di Severus pensava della scuola dei maghi, ma nonostante questo le vennero le lacrime agli occhi e corse ad abbracciare il suo amico, cercando quasi di rimediare, con il suo affetto, a tutte le cattiverie che Severus aveva dovuto sopportare da suo padre.
Severus rimase colpito da questo gesto, ma mentre la stringeva a sé, pensò che suo padre poteva comportarsi come preferiva e trattarlo male, ma se Lily rimaneva al suo fianco, allora sarebbe riuscito ad avere anche lui un motivo per essere felice.

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Capitolo 9
*** Rubeus Hagrid ***


 
Un enorme fracasso scosse la casa.
  • Papà? Papà? Stai bene?? Ma dove sei??- un bambino di più o meno 8 anni, ma grosso e alto come uno di 12, corse nell’ingresso, da dove era giunto quel rumore. Un grande abete era per terra, con alcuni rami spezzati ed il vaso completamente rotto.- Papà, ma non ti trovo!-.. Poi, un lamento, attirò la sua attenzione. Proveniva da sotto l’albero.
  • Papà, eccoti, aspetta che ti tiro fuori!- e con una mano sola, il bambino alzò l’abete, liberando l’ometto che era imprigionato lì sotto.- Ma cosa ci facevi lì, papà?-
  • Rubeus, non è che io mi diverto ad andare sotto a degli alberi che pesano così tanto, eh! L’ho fatto levitare, poi ho perso per un momento la concentrazione e mi è caduto addosso!-
  • Oh, povero papà. Dai, vieni, che ti curo io!- e prendendolo in braccio, Rubeus si avviò verso il bagno, dove tenevano la scorta di medicinali. Lo poggiò su un armadietto, e cominciò a cercare bende e disinfettanti, facendo ovviamente cadere la maggior parte delle cose.
  • Rubeus, lascia stare, faccio io! Altrimenti fai cadere tutto… su su, non guardarmi così, so che non lo fai apposta, ma devi solo cercare di non essere tanto maldestro.-
  • Ma io ci provo, papà, sono le cose che cadono!-
  • Ahh, sono le cose che cadono? Beh, tu prova a fare attenzione, se le cose continueranno a cadere allora sarà colpa loro. E adesso mettimi giù, ora sto bene. Andiamo addobbare l’Albero?-
  • Subito, papà!- e così dicendo, Rubeus rimise giù il padre, per poi correre fuori dal bagno, facendo però attenzione a non far cadere niente.
Quando il padre entrò nel salotto, Rubeus aveva già portato l’abete, e con una magia involontaria aveva riparato il vaso rotto.
  • Papà, dove sono le decorazioni?-
  • In queste scatole, ma prima dobbiamo mettere le lucine, le metti tu?-
  • Sì, lo faccio subito.-
E così, pian piano riempirono l’Albero di decorazioni.
  • Papà, è bellissimo!-
  • Hai ragione, Rubeus, siamo stati proprio bravi. Ma manca una cosa, il puntale! Io non ci arrivo, lo metti tu?-
  • No, papà, lo mettiamo insieme, aspetta che ti prendo in braccio!-
Così prese suo padre in braccio, ed insieme posizionarono il puntale; adesso sì che l’Albero era completo!
  • Papà.. ma se la mamma fosse con noi, avrebbe decorato anche lei l’Albero?-
  • Non lo so, Rubeus, penso di sì…-
  • Ma perché se n’è andata? Forse non mi voleva bene?-
  • Ma non dire così, te l’ho spiegato tante volte! Mamma voleva bene a tutti e due, solo che ha preferito tornare nel paese delle sue origini..-
  • Secondo te, tornerà?-
  • Questo non lo so.. Ma credo di sì, un giorno tornerà e saremo di nuovo noi tre, come tanti anni fa.-
  • E staremo insieme per sempre?-
  • Sì. Staremo insieme per sempre.-
  • Me lo prometti?-
  • Te lo prometto.-
 
Seduto in riva al Lago Nero, un Rubeus di 12 anni cercava di ignorare i canti natalizi provenienti dal castello; singhiozzava, e teneva in mano una lettera stropicciata. Quella lettera gli aveva portato cattive notizie, l’aveva avvisato che suo papà era morto proprio quella notte. A Rubeus non sembrava vero, proprio una settimana prima suo padre gli aveva scritto che lo aspettava per le vacanze natalizie, che non vedeva l’ora di vederlo e che avrebbero addobbato l’Albero insieme. E adesso, invece, se n’era andato, e Rubeus era solo al mondo.
  • Papà, mi avevi promesso che saremmo stati insieme per sempre, e adesso invece tu non ci sei più, non so dove sia mamma, e io sono da solo,sono da solo!-
Ma una mano gli si posò sulla spalla; cercando di frenare i singhiozzi, Rubeus si voltò e vide che, accanto a lui, c’era il professor Silente.
  • Non sei solo, Rubeus. Ho promesso al tuo papà che ti avrei aiutato, in caso di necessità, e intendo mantenere la mia promessa. Vieni con me, dai, e non piangere più…-
 
 
  • Scusatemi, non riesco ad imitare il modo di parlare un po’ sgrammaticato di Hagrid!

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Capitolo 10
*** Remus Lupin ***


  • Remus, amore, è ora di alzarsi.. ti ho preparato le tue ciambelle preferite!-
  • No, mamma, oggi voglio stare a letto.-
  • Ma dai, amore, papà oggi non lavora, possiamo stare tutti insieme!-
  • No. Io sono un mostro, e non voglio che un mostro stia con voi.
La signora Lupin rimase in silenzio; guardò il figlio, coperto fino al naso dalle lenzuola, che le rivolgeva ostinatamente le spalle, scosse la testa, si chinò per dargli un bacio ed uscì dalla stanza.
  • Mia cara, Remus non viene?-
  • No…- e la signora Lupin si mise a piangere.
  • Cos’è capitato? Perché piangi?-
  • Ha detto che non vuole stare con noi perché è un mostro, e noi non meritiamo di avere un figlio mostro.-
  • Ma gliel’abbiamo spiegato, anche se avrà queste trasformazioni per noi sarà sempre il nostro bambino!-
  • Ma per lui è ancora troppo presto, è successo da troppo poco.. deve metabolizzare che sarà per sempre un Lupo Mannaro, non è una cosa così semplice da capire!-
  • Stai tranquilla. Adesso siediti lì, vicino al camino, così sei al caldo.. no, non sparecchiare il tavolo, lascia lì la colazione; ti aiuteremo poi dopo, Remus e io, così per una giornata non dovrai affaticarti. Vado su io da lui, e vedrai, riuscirò a convincerlo a scendere..-
E così, il signor Lupin salì le scale, e, dopo aver bussato, entrò nella stanza del figlio.
  • Remus, voglio raccontarti una storia. Posso stare un po’ qui con te?-
  • Va bene…-
  • C’è una grande scuola di magia e stregoneria, non lontano da noi, e si chiama Hogwarts; questo lo sai, mi hai chiesto di parlartene tante volte, ma io ho sempre evitato di raccontarti proprio tutto, perché non era mai il momento giusto.-
  • E cosa mi devi dire?-
  • Ti devo dire che in quella scuola non ci sono andati solo maghi buoni, ma anche maghi e streghe molto, molto cattivi.. e tra questi, è andato pure la persona che ti ha inferito quel morso, Fenrir Greyback. Lo so, lo so che non vuoi che te ne parli, ma penso di doverti dare qualche spiegazione; devi sapere che Fenrir non è nato così, è stato morso anche lui, ma lui, a differenza di te, è stato emarginato da tutti. I suoi genitori non l’hanno più voluto, gli amici non gli sono mai stati vicini, è rimasto da solo; così, durante gli anni ad Hogwarts, si è unito a delle cattive compagnie…  Come sai, io sono Auror, mi occupo di sconfiggere i maghi cattivi..-
  • E quindi, Fenrir è un mago cattivo!-
  • Fenrir è molto peggio. Se non sono controllati, i Lupi Mannari, durante la trasformazione feriscono delle persone, ma sono guidate dall’istinto.. Fenrir, invece, non morde le persone guidato dall’istinto, lo fa proprio con intenzione; morde uomini, donne, bambini, solo per il gusto di farlo, ed è questo che fa di lui una persona malvagia…-
  • E tu una volta hai provato a sconfiggerlo, vero?-
  • Sì, Remus, ci ho provato, ma lui non mi ha mai perdonato di averlo sfidato. E’ per questo che ha preso di mira te, e io mi sentirò in colpa per sempre.-
  • Ma no, papà, perché devi sentirti in colpa?- il piccolo Remus scese dal letto, e corse verso il padre.
  • Perché se l’avessi sconfitto, quella volta, magari non ti avrebbe fatto del male…- gli rispose il papà, mettendogli una vestaglia sulle spalle.
  • Ma papà, non è colpa tua! Se è veramente così cattivo, poteva prendere di mira anche altri bambini, e questi magari sarebbero stati isolati da tutti, come è capitato a lui! Io invece sono fortunato.. perché tu e mamma siete tanto carini con me.-
  • Noi ti vogliamo bene, Remus, è per questo che abbiamo accettato tutto questo… e per te ho pure una bella notizia!-
  • Dimmi..-
  • Quando avrai 11 anni, potrai andare ad Hogwarts. Ne ho parlato con il professor Silente, e mi ha detto che non ci sono problemi; allestirà per te una casa dove potrai andare quando ti trasformerai, sarai curato e riverito come un principe, e quando ci sarà la luna piena, potrai dire che torni a casa per un paio di giorni.-
  • Non potrò parlare con nessuno del mio problema?-
  • Quando ti sarai trovato dei veri amici, potrai parlarne con loro, e sono sicuro che non si allontaneranno mai da te, esattamente come non abbiamo fatto mamma ed io, e come non hanno fatto i nonni e gli zii che verranno stasera.-
  • Mi fa quasi pena Fenrir, che è stato isolato da tutti.-
  • Vedi? Questa è una prova di quanto sei bravo e buono; a pochissime persone farebbe pena un individuo del genere. Adesso che ne dici, andiamo da mamma?-
  • Corriamo da lei!-
La signora Lupin, occupata ad ordinare il salotto, venne travolta da un vortice che la riempì di abbracci e baci che la lasciarono scompigliata, e da una voce che le urlò “ti voglio bene, mamma!!”. Quando capì che quel vortice era suo figlio, sorrise, e con gli occhi cercò anche suo marito, che stava scendendo le scale con calma; il sorriso che le rivolse la tranquillizzò, e capì anche lei che Remus, nonostante ciò che gli era successo, stava finalmente tornando ad essere sereno.
 
Un bel quindicenne scese dal treno, seguito da tre amici; tutti insieme, andarono a salutare i coniugi Lupin, che li stavano aspettando.
  • Mamma, papà! Che bello rivedervi! Volevo presentarvi i miei amici!-
  • Ragazzi, che piacere conoscervi…-
  • Li ho invitati a passare Capodanno da noi..- continuò il ragazzo.- E venite qui, devo dirvi una cosa…- e seguito dagli amici, Remus portò in un angolo i suoi genitori.- Lo so, papà, che a Capodanno c’è la luna piena. Ma loro sono a conoscenza del mio problema..-
  • Il tuo piccolo problema peloso, vorrai dire, Moony!- intervenne sorridendo un ragazzo con dei capelli neri che andavano in tutte le direzioni.
  • Sì, il suo piccolo problema peloso, tra di noi lo chiamiamo così, signori Lupin.- aggiunse un ragazzetto basso.-
  • Abbiamo deciso che passeremo Capodanno insieme, così anche voi sarete un po’ più sollevati..- affermò il terzo ragazzo, con fare galante.- Sempre se ci volete, ovviamente!-
Non aveva neanche terminato il discorso, che si ritrovò con le braccia della signora Lupin attorno al collo, e lei che singhiozzava disperatamente, senza riuscire a fermarsi. Stupito, senza saper bene come fare, Sirius si guardò attorno, ed incrociò lo sguardo del signor Lupin, che cercava di darsi un contegno, nonostante fosse anche lui commosso.
  • Grazie, grazie, siete proprio dei bravi ragazzi!- appena la signora Lupin si riprese, andò ad abbracciare pure gli altri due.- Ci tenevo così tanto che il mio bambino trovasse degli amici. Ma venite a casa nostra subito, subito!-
E visto che la signora era così euforica e felice che neanche suo marito riusciva a calmarla, i quattro ragazzi si guardarono e si sorrisero. Certo, avrebbero passato pure il Natale a casa di Remus, e ad avvertire le loro famiglie, ci avrebbero pensato poi. 

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Capitolo 11
*** Minerva McGranitt ***


Una giovane diciassettenne si accasciò sul primo gradino che portava a casa sua, e rimase immobile; ogni suo gesto, ogni sua espressione faceva capire che era stata appena colpita da un grosso dolore, ma nessuna lacrima solcava il suo volto, che era trasfigurato dalla rabbia. Accompagnata dalle sue due più care amiche, era tornata a casa quella mattina, per trascorrervi le vacanze di Natale; ma aveva trovato la porta divelta e le finestre rotte, la casa immersa nel caos più totale, e, per finire, i corpi martoriati dei suoi genitori nella loro stanza da letto. Minerva sapeva che i suoi avevano tanti nemici; pur di sposare suo padre, sua madre era andata contro alla sua famiglia, che l’aveva già promessa ad un lontano cugino. Ma, dopo aver preso questa decisione, i suoi genitori avevano dovuto spostarsi in continuazione, di casa in casa, pur di far perdere le loro tracce, perché la famiglia della madre era composta da maghi potentissimi, che si sarebbero vendicati non appena ne avrebbero avuto la possibilità. E infatti, appena i suoi genitori avevano abbassato un po’ la guardia, avevano colpito.

  • Signorina!- Minerva si girò, stanca, verso un funzionario del Ministro della Magia.- Mi scusi se la disturbo, ma se la sentirebbe di identificare altri due corpi?-
  • Ma come, altri due corpi?-
  • Sì, di due signori anziani..-
Minerva si alzò, e seguì il funzionario nel giardino sul retro; adagiati sull’erba, c’erano appunto i corpi senza vita di due signori, un uomo ed una donna; alla ragazza bastò uno sguardo per capire di chi si trattava.
  • Sono i genitori di mia madre. Che possano bruciare all’inferno.-
  • Oh..- il funzionario era senza parole, esattamente come il resto della squadra degli Auror.- Abbiamo pure trovato un ricordo, se vuole lo può vedere…-
  • No. Grazie. E’ stato già fin troppo doloroso vedere i miei genitori ridotti così. Guardatelo voi, avete il mio permesso, e se c’è qualcosa che devo sapere, venite a riferirmelo.-
Detto questo, Minerva si girò e rientrò in casa; dopo aver controllato minuziosamente ogni angolo, la squadra degli Auror aveva rimesso tutto in ordine, per dare un minimo di dignità alla dimora. Minerva aveva parlato con le amiche, e quella sera si sarebbe trasferita a casa di una di loro; i parenti dalla parte del padre erano morti tutti, quelli rimasti dalla parte della madre non erano neanche stati presi in considerazione. Ma adesso, Minerva voleva solo stare tranquilla, ripensare ai suoi genitori e piangerli a modo suo. Si sedette sul divano; con la coda dell’occhio vide degli scatoloni posti ordinatamente di fronte alla libreria. Non si alzò a vedere cosa contenevano, sapeva che all’interno vi erano l’Albero e tutti gli addobbi, che i genitori avevano portato su dalla cantina in attesa che lei arrivasse, per decorare la casa tutti insieme, proprio come facevano da quando lei era una bambina; semplicemente, si allungò verso il tavolino e prese un grosso album di fotografie posto lì sopra.
Minerva sapeva che, ogni tanto, la sera, mamma e papà si sedevano sul divano e si immergevano nei ricordi contenuti in quell’album; aprendolo, infatti, si trovò di fronte ad una foto di lei appena nata, in braccio alla mamma, che sorrideva e guardava l’obiettivo. Poi, il suo primo compleanno; nella foto si vedeva una mano che reggeva una bacchetta accendere le candeline, e suo padre che rideva accanto a lei, dato che si era imbiancata il nasino di panna. Nelle fotografie dopo, erano in una casa diversa, con un enorme giardino; avevano mancato per un soffio un attacco da parte dei nonni materni, ed erano andati a rifugiarsi in una villa in un paesino della Scozia. La casa scozzese era quella che Minerva aveva amato di più; lì, la mamma le aveva comprato un gatto, e papà le aveva regalato un cagnolino, e lei passava il suo tempo giocando e correndo con i suoi animali. In quel periodo, sua madre non lavorava; i suoi genitori avevano pensato che era meglio che Minerva non frequentasse la scuola, per evitare in qualsiasi modo di essere rintracciati, e quindi era sua madre che le insegnava le materie base. E al pomeriggio, quando suo padre tornava a casa, lei correva da lui, ansiosa di raccontargli tutto quello che aveva imparato.
Minerva sorrise, vedendo tante foto che la ritraevano accanto a suo padre, mentre chiacchieravano, parlando del più e del meno, e altrettante foto con sua madre, mentre studiavano insieme, o raccoglievano mazzi di fiori da disporre in casa, scegliendo accuratamente quelli preferiti da tutti e tre. E poi, pagina dopo pagina, iniziarono comparire foto che ritraevano i suoi genitori, in ogni momento della giornata. Era quando Minerva aveva scoperto la macchina fotografica, e aveva iniziato a fotografare qualsiasi cosa, dai suoi genitori, ai suoi animali, al giardino innevato; e quindi si vedeva suo papà immerso nella lettura del giornale, sua madre che inseguiva il cane, perché aveva sporcato il portico appena pulito, suo papà che le faceva segno di stare in silenzio, un sorriso malandrino sul volto, che si avvicinava silenziosamente a sua madre, per poi farla spaventare facendole il solletico, mentre lei cucinava tranquilla dandogli le spalle. Si vedeva sua madre abbracciare suo padre, in un momento in cui credevano di non essere visti, e suo padre che la prendeva in braccio per farle mettere il puntale sull’Albero, tra mille risate.
E poi, una nuova fuga, una nuova casa, questa volta in Cornovaglia; era proprio in quella casa che dava sul mare che Minerva aveva compiuto la sua prima magia, e anche quel momento era stato raffigurato da una foto. Il suo gatto, ormai cresciuto, aveva urtato un tavolino, e aveva fatto cadere e rompere in mille pezzi uno dei vasi che sua madre preferiva; così, per evitare che questa se ne accorgesse e si arrabbiasse, Minerva aveva provato a rimettere insieme i cocci, e il vaso si era immediatamente riparato. La foto raffigurava prima il vaso rotto, poi lei con un’espressione stupita disegnata sul volto, e il vaso di nuovo integro; ma Minerva si ricordava bene che suo padre aveva urlato di gioia, e l’aveva portata in braccio nel salone, dove sua madre stava ricamando, e le aveva dato la notizia a gran voce.
E poi, Hogwarts, l’ansia perenne negli occhi di Minerva alla notizia di un nuovo attacco sventato, i genitori andati a vivere in un appartamento della Londra babbana, l’arrivo a casa per le vacanze e la tranquillità nel vedere che va tutto bene, e foto, foto che la ritraggono bambina, ragazzina e poi donna, sempre con mamma e papà vicino.
E poi il nulla. Una lettera, il giorno prima del suo arrivo, “Non vediamo l’ora di rivederti e di mostrarti quanto siamo orgogliosi di te”, e poi l’arrivare a casa  e non trovare più niente, né il sorriso della mamma, né gli abbracci frettolosi del papà. Niente.
  • Signorina, abbiamo visionato il ricordo.- una voce interruppe i suoi pensieri. Minerva si voltò e vide la squadra degli Auror.
  • Bene, c’è qualcosa di importante?-
  • Solo.. riteniamo che lei debba sapere che quattro maledizioni mortali si sono scontrate, ed è per questo che sono morti tutti.-
A queste parole, Minerva sorrise, e pensò:- Nonostante tutto, siete riusciti a vendicarvi. E io sono orgogliosa di esser vostra figlia.-
 
 
Una Minerva McGranitt molto agitata entrò nello studio del Preside.
  • Albus, perché mi hai convocata?-
  • Minerva, stai tranquilla, ti prego. Sei stata anche questa notte, la notte di Natale, a sorvegliare il piccolo Potter, vero?-
  • Io.. sì, Albus, gli sono stata accanto. Perché già una volta non ho potuto proteggere i miei genitori, e adesso, se dovesse capitare qualcosa anche a lui per una mancata sorveglianza, non me lo potrei mai perdonare.-

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Capitolo 12
*** Alice e Frank Paciock ***


  • Alice?-
  • Oh, tesoro, sei tornato! Neville si è appena svegliato..-
  • Bene, allora corro a salutarlo.-
  • Dimmi solo com’è andata la ronda, stanotte.-
  • Eh.. è stata una notte tranquilla, stranamente non c’era nessuno in giro.-
  • E Marlene come sta? Le hai detto di venire a cena da noi, stasera?-
  • Marlene mi è sembrata un po’ preoccupata. Mi ha raccontato che ieri è passata dai Potter, che il bambino cresce e sta bene, ma che James è sempre più nervoso; Silente gli ha impedito di uscire per motivi di sicurezza, ma almeno la sera di Natale saremo tutti insieme!.. comunque sì, cara, Marlene e Remus verranno a cena da noi, stasera. Passeremo l’AntiVigilia insieme.-
  • Che bella notizia! Allora inizio a preparare..-
  • Io vado da Neville, è tranquillo?-
  • Sì, si è svegliato solo ora, è nel salotto, l’ho lasciato un momento mentre guardava le lucine dell’Albero..-
E così Frank andò a salutare il suo bambino. Rimase a guardarlo mentre ammirava le lucine che si accendevano e spegnevano ad intermittenza; era così bello, somigliava tutto ad Alice, solo gli occhi erano i suoi, o meglio, di sua madre. Dopo avergli dato un bacio, si sedette sulla poltroncina accanto a lui, e si guardò attorno: il salotto risplendeva, e dato che erano solo le 8 del mattino, per Frank era abbastanza chiaro che Alice non si era alzata all’alba, ma era stata in piedi tutta la notte, troppo in ansia per dormire.
Non erano tempi facili, i Mangiamorte erano sempre in agguato, e ogni giorno c’erano notizie di vittime; Voldemort sapeva cosa stava facendo, sapeva di avere degli avversari forti, ma non li temeva. A cadere erano sempre membri dell’Ordine della Fenice, solo una settimana Frank e Sirius erano riusciti a salvare Dorcas e Mary; fossero arrivati un momento dopo, le avrebbero trovate morte entrambe, perché Bellatrix e Rodolphus Lestrange non risparmiavano nessuno. Frank non aveva mai visto Sirius così; dopo che i due Mangiamorte si erano smaterializzati, richiamati dal loro padrone, aveva stretto a sé Dorcas in un abbraccio soffocante, ed era scoppiato a piangere, promettendole che l’avrebbe rinchiusa in casa fino al termine della Guerra. Tornato a casa, Frank aveva raccontato quella scena ad Alice; era rimasto più sconvolto dal comportamento di Sirius che dal rischio che avevano corso tutti, e questo la moglie l’aveva notato, e gli aveva detto che la guerra logorava tutti, anche una persona forte come Sirius.
  • Mi sembrava la classica persona che non sarebbe mai crollata..- le aveva risposto lui, annichilito.
  • Tutti, prima o poi, crolliamo. L’importante è riuscire a rialzarsi, e dimostrare a tutti che noi combattiamo per una giusta causa, e che siamo convinti di quello che facciamo.-
Ripensando a quelle parole, Frank sorrise, e, chinandosi verso Neville, gli disse:- Che tu possa essere sempre forte come la tua mamma, e che tu possa essere un punto di riferimento per i tuoi amici, o per tua moglie, quando e se ti sposerai.-
  • Mettiamo in chiaro una cosa, Frank!- lo riprese una voce scherzosa. Lui, voltandosi, vide Alice, con un mattarello in mano e le mani imbiancate di farina.- Io voglio dei nipotini, ma non solo da Neville, anche da tutti gli altri figli che avremo! Dovrò pur insegnare alle mie nipotine come fare la pasta fresca, no?-
  • Ecco, vedi Neville?- commentò Frank, sorridendo però a sua moglie.- La mamma ti ha già organizzato la vita!-
  • Neville, che non ti venga in mente di farci rimanere senza nipotini!-
E i due ragazzi scoppiarono a ridere. Era bello tutto questo, pensò Frank. Era bello avere Alice vicino e riuscire a ridere anche in giorni brutti come quelli. Era bello perché in questo modo si davano forza a vicenda, e davano forza anche agli altri, a tutte le persone che venivano a trovarli. Era bello guardarsi attorno e vedere la loro casetta, tutta addobbata per il Natale, vedere il lavoro a maglia di Alice dimenticato sul bracciolo della sua poltrona preferita, sentire il costante profumo di cannella e zenzero proveniente dalla cucina. Era bello arrivare a casa e andare da Neville, e capire che stavano lottando per potergli garantire un mondo migliore; era bello notare ogni suo piccolo progresso, e tenere un diario che prima o poi gli avrebbero fatto leggere. Era bello vedere che il rapporto tra Alice e Augusta Paciock andava sempre migliorando, nonostante la freddezza che sua madre aveva ostentato all’inizio; ma Frank la capiva, non era facile, per lei, che aveva già perso suo marito, vedere il figlio andare a vivere da un’altra parte, nonostante avesse appena 18 anni. Ma Augusta l’aveva accettato, e adorava il nipotino, che la riempiva di sorrisi ogni volta che andava a trovarli. Era bello anche preparare la cena per degli amici bisognosi di conforto che sarebbero arrivati quella sera, e cercare di impedire ad Alice di preparare un pasto con dieci portate, perché per lei “Remus e Marlene erano sempre troppo magri”; era bello vestire Neville con un completino scozzese, così adatto al Natale, e farlo divertire mentre cercava di acchiappare le bolle di sapone che Alice faceva comparire dalla sua bacchetta.
  • Siamo proprio fortunati.- disse Frank a sua moglie, mentre, ancora sulla porta, salutavano Marlene e Remus che, ben rimpinzati e più felici di quando erano arrivati, percorrevano il vialetto che li avrebbe portati al cancello, da cui avrebbero potuto smaterializzarsi.
Alice si guardò intorno: vide la sua casetta, il bel giardino coperto di neve, gli amici che andavano via sazi (cosa molto importante) e contenti, il suo bel marito e il suo figlioletto che si era addormentato in braccio a lui.
  • Non potrei essere più d’accordo con te.- gli rispose, abbracciandolo.
 
 
  • Mamma? Papà? Sono tornato a trovarvi..- un bel giovane entrò in una camera d’ospedale. Due signori gli vennero incontro, sorridendogli, ma senza parlare.
  • Buongiorno, signori Paciock.- sorrise una ragazza bionda al suo fianco.
  • Siamo venuti ad augurarvi un buon Natale.. e poi- continuò Neville- volevamo dirvi una cosa…-
  • Sì, volevamo dirvi che aspettiamo un bambino!- disse gioiosamente Hannah, prendendo le mani di Alice.
  • Spero che questo vi renda felici come rende felici noi…- mormorò Neville, un po’ impacciato.- La nonna mi ha sempre detto che volevate avere dei nipotini!-
A quelle parole, Alice e Frank si scambiarono un sorriso, poi risposero, ad una voce: - Siamo molto felici.-
Dopo un momento di silenzio, due lacrimoni scesero dagli occhi di Neville che abbracciò i suoi genitori, stringendoli forte; anche Hannah era commossa. I suoceri parlavano  molto raramente, e solo quando qualche avvenimento li sconvolgeva dal profondo; guardando le espressioni di Frank e Alice, capì che finalmente, dopo tante sofferenze, anche loro erano finalmente felici.

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Capitolo 13
*** Dorcas Meadowes ***


Dorcas si guardava attorno con profondo stupore, non era mai stata in un posto così bello! Era andata a trascorrere delle vacanze natalizie, un po’ anticipate, nel paese natale della madre, in provincia di Foggia; lei non era mai stata in Italia, erano stati sempre i nonni materni ad andare a trovarla a Londra, e se adesso aveva quella meraviglia sotto agli occhi era tutto merito di quella caduta dalle scale, avvenuta una settimana prima, che le aveva “regalato” una frattura scomposta al braccio sinistro e una piccola commozione cerebrale, ed un mese di riposo obbligatorio. Così, dato che a casa i suoi genitori rientravano dal lavoro solo all’ora di cena, e non potevano prendere un intero mese di permesso dal lavoro, l’avevano accompagnata dai nonni, con la promessa di raggiungerla una settimana dopo per poter trascorrere Natale insieme.
Dorcas era una bambina che si adattava molto bene ai cambiamenti, ed era particolarmente felice di essere in quel posto bellissimo; i nonni avevano un’enorme villa costruita proprio in cima ad una collina, da cui si vedevano chilometri e chilometri di campi coltivati e uliveti. Molti di questi erano proprietà del nonno, esattamente come un vero e proprio parco attorno alla casa, pieno di ogni genere di albero da frutto; il nonno aveva anche quattro grossi cani, e all’interno della villa la nonna aveva due gatti. Sempre in giardino, il nonno aveva posto un’altalena, uno scivolo e una sabbiera, e aveva costruito perfino una casa su un albero; era l’ambiente perfetto per ogni bambino, il mondo che Dorcas aveva sempre sognato. Certo, anche casa sua, a Londra, era bellissima, e quando mamma e papà tornavano dal lavoro trascorrevano tutto il tempo giocando con lei, quindi lei non si annoiava mai, ma la casa dei nonni era il Paradiso!
I nonni, inoltre, avevano accolto entusiasti la nipote, felici di stare con lei per un po’ di tempo; anche se non più giovani, erano molto attivi, e le loro giornate erano piene. Avevano accettato con facilità la presenza di una strega in famiglia (la madre di Dorcas), quindi le piccole magie involontarie che compiva la nipote non erano viste come qualcosa di anormale, ma accolte con gioia.
La mattina del 13 dicembre, Dorcas venne svegliata dal nonno, che le portò addirittura la colazione a letto.
  • Buongiorno, principessina. Hai dormito bene?-
  • Sì, nonno, e tu?-
  • Anche io. Ascolta, fai colazione, io intanto ti confido un segreto!-
  • Dimmi..-
  • Oggi è il 13 dicembre, è santa Lucia.-
  • Ma quindi è l’onomastico della nonna!-
  • Esatto.. ma è anche il suo compleanno, quindi io avevo pensato a una cosa..-
  • Le vuoi fare una sorpresa?-
  • Ehi, ma che fai, mi leggi nel pensiero? Sì, le voglio fare una sorpresa, e adesso ti spiegherò come. Oggi la nonna sta via tutto il giorno, perché ha un banco di beneficenza al mercato di un paese qui vicino…-
  • Quindi oggi ci siamo solo io e te!-
  • Sì, siamo solo io e te. Io ho pensato che potremmo fare noi due la cena per la nonna, e invitare anche i tuoi fratelli di tua madre e i tuoi cugini, cosa ne dici?-
  • Sì! Che bello, che bello! Ma la cuoca non si offenderà?-
  • Ma figurati, sarà solo contenta di avere un giorno di pausa..-
  • Ma dovremo rimettere in ordine le stanze!-
  • Ma no, sono già tutte a posto e pulite, lo sai che tua nonna ci tiene a queste cose, stai tranquilla.-
  • Però mi rifaccio io il letto!- disse Dorcas, alzandosi.
  • Non è il caso, tesoro. Si è già rifatto da solo.- e nonno e nipote si scambiarono un sorriso.
Così, iniziarono ad affaccendarsi insieme; prepararono la tavola del salone, e con l’aiuto delle magie involontarie di Dorcas ci misero pochissimo. La tovaglia natalizia si dispose sul tavolo da sola, così come i calici di cristallo e i candelieri; dato che il nonno non poteva fare magie, Dorcas lo aiutò a disporre piatti, tovaglioli e posate, e, mentre stavano per terminare, senza che se lo sapessero spiegare, una pioggia di stelline dorate volò sulla tavola, rendendo tutto più magico.
  • Senza di te, tesoro mio, questa tavola sarebbe stata banale, uguale a tutte le altre! E invece guarda qui, l’hai resa veramente speciale.- si congratulò il nonno.
  • L’ho resa speciale perché l’ho apparecchiata insieme a te, nonno.- rispose lei, sorridendogli.- Ma adesso, cosa dobbiamo fare?-
  • Adesso dobbiamo decidere che piatti cucinare. Tu non lo sai, ma a me piace molto cucinare ,e ti dirò che me la cavo anche piuttosto bene..-
  • Anche a me piace! Aiuto sempre la mamma!.. dimmi, nonno, quali sono i piatti preferiti di nonna?-
  • Per cucinare i piatti preferiti di nonna dobbiamo andare a fare la spesa, quindi vieni, ti aiuto a mettere il cappottino e gli stivaletti.-
  • Li ho già addosso, nonno.-
  • Ah già, giusto. Vieni allora, andiamo!-
E così, nonno e nipote salirono in macchina e andarono al mercato del paese, dove acquistarono burro, latte, verdura e frutta di tutti i tipi, poi passarono dal salumiere, ed infine dal panettiere. Tornati a casa, Dorcas, vedendo che le buste della spesa erano un po’ troppo pesanti per il nonno, le fece alzare e volare di fronte a loro, così che il nonno non si affaticasse.
Si misero quindi all’opera; anche se poteva usare solo un braccio, Dorcas tagliava le verdure e preparava i condimenti, mentre il nonno si occupava della carne, e poi prepararono la torta. La crema al limone iniziò a prepararsi da sola, così come la meringa, davanti agli occhi sorpresi di tutti e due; poi, misero tutto in caldo, e si divertirono a preparare gli aperitivi. Il nonno intagliava la frutta  per decorare i bicchieri, lei invece preparava i salatini e il pinzimonio di verdure, e apparecchiarono il tavolino accanto al caminetto con il secchiello del ghiaccio e tutto l’occorrente.
Finito questo, era ormai sera, così il nonno e Dorcas salirono a cambiarsi.
  • Volevo ringraziarti tanto, tesoro. Senza di te non ce l’avrei mai fatta.-
  • E io invece sono sicura di sì, ma anche io ringrazio te, che sei stato così gentile con me. Pensa che non mi sono neanche stancata!-
  • E’ stata mamma che mi ha suggerito di farmi aiutare da te.. sono passate ormai due settimane dalla tua brutta caduta, e mi ha detto che potevo contare sul tuo aiuto, ma non sai quante raccomandazioni mi ha fatto! “Papà non farla stancare, se vedi che vuole riposarsi falla stendere, se dice che ha mal di testa chiamami subito…”, come se io non sapessi occuparmi di te!-
  • Eh, la mamma è fatta così. Nonno, quanto tempo abbiamo prima di cena?-
  • Tra un’ora arriveranno gli zii, e dopo poco anche la nonna. Quindi hai tempo di rinfrescarti, di cambiarti e di vestirti. Maria ti aiuterà se hai bisogno…-
Con l’aiuto di Maria, Dorcas fu pronta in un attimo; i lucenti capelli scuri erano intrecciati con dei nastri, il vestitino di velluto azzurro le stava alla perfezione, e la cameriera le aveva anche fatto provare un bagnoschiuma agli agrumi che le era piaciuto tantissimo. Aspettando l’arrivo del resto della famiglia, una volta pronta Dorcas scese nel salottino attiguo alla sala da pranzo e si sedette su una poltroncina; si era portata un libro da leggere, ma non lo aprì neanche, troppo occupata a ripensare ai bei momenti vissuti durante la giornata. Era felice, e anche se il braccio le doleva un po’ non era importante, perchè, ne era sicura, quelle vacanze le sarebbero rimaste impresse in mente per tanto, tanto tempo, e intendeva continuare a godersele, senza lasciar vuoto neanche un minuto.
Poi, le sembrò che capitasse tutto insieme; l’arrivo degli zii e dei cugini, il nascondersi insieme al nonno nel salone, lo smaterializzarsi accanto a loro di mamma e papà arrivati apposta da Londra per il compleanno della nonna, l’arrivo della nonna, la sua voce dire “Ma come mai è tutto buio?”, e mamma e papà che accendevano le luci con le bacchette, tutti che urlavano a gran voce “Tanti auguri, nonna!”, e tante stelline dorate cadute dal soffitto su di loro, merito di Dorcas.
 
 
  • Quindi, alla fine la festa a sorpresa è riuscita bene?- le domandò Sirius, dopo aver ascoltato tutto il racconto.-
  • E’ riuscita benissimo, e spero che mi ricorderò per sempre le espressioni dei miei nonni e della mia famiglia. Eravamo tutti felici, ma felici veramente, come non siamo mai stati. Da quella volta, ho sempre chiesto ai miei che mi portassero dai nonni appena c’era una vacanza. Non vedevo l’ora di tornare nella mia Puglia e ritornare a provare tutte le sensazioni che avevo provato quella volta.-
  • Ma adesso è quasi Natale, Dorcas. Pensi che andrai lì, di nuovo?-
  • Vorrei, ma da quando i miei genitori sono stati uccisi le cose sono cambiate, non provo più quello che provavo prima…- rispose Dorcas, asciugandosi una lacrima.
  • Ma i tuoi nonni ce l’hanno con te, perché tu eri qui e non hai potuto fare niente per loro?- domandò Sirius, stringendola a sé.
  • No no, ma figurati, anzi, sono perennemente preoccupati per me. E io per loro, per fortuna Silente mi ha garantito che ha messo delle protezioni attorno a casa loro e ci sono sempre due Auror. Solo che non è più lo stesso ambiente, e io ho paura di dire o fare qualcosa di irrimediabile, anche solo una magia involontaria di fronte a loro, e che in questo modo si ricordino di mia madre, e che soffrano per questo…-
  • Ma, secondo me non è così. Secondo me, loro sono contenti di ospitarti, esattamente come dieci anni fa; non hanno più tua madre, ma tu ci sei ancora, e sei la loro forza, sei la persona con cui possono ricordare tua madre, con cui possono piangere e ridere ricordando episodi di quando tua madre era piccola, o di quando si è sposata, o di quando è andata ad Hogwarts.. Capisci?-
  • Forse hai ragione…-
  • Allora preparati, bellezza. Le lezioni domani finiscono, quindi vai a chiedere a Silente se può avvisare i tuoi nonni che domani sera saremo da loro; e poi, corri a preparare le valigie.-
  • Come sarebbe a dire, domani sera “saremo”da loro? Vuoi venire anche tu?-
  • Eh certo, vuoi per caso lasciarmi qui da solo?-
  • Ma James non si offenderà? Non dovevi passare le vacanze da lui?-
  • James ha Lily, bellezza, e io sono molto curioso di conoscere i tuoi nonni e il tuo paese. Quindi alzati e vai, prima che io inizi a pensare che non mi vuoi portare con te perché magari hai un ragazzo italiano che ti aspetta!-
 

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Capitolo 14
*** James Potter ***


  • Ehi, James, che ci fai sveglio a quest’ora della notte?- un sussurrò fece sobbalzare il bambino.
  • Papà, mi hai spaventato! Ma niente, stavo andando in bagno…-
  • James, non dire bugie..- lo riprese il padre, sorridendo.
  • Papà , ma non sto dicendo bugie! Stavo veramente andando in bagno!-
  • Certo, peccato che il bagno sia dalla parte opposta, e che tu stia per scendere le scale.-
  • Ah.. il bagno si è spostato, non lo sapevi?-
  • Non sapevo che il bagno si spostasse, ma non importa. Che ne dici, vieni con me, ci prendiamo una tazza di tè con dei biscotti?-
  • Certo, papà!- e James gli rivolse un sorriso enorme.
Charlus lo guardò correre giù dalle scale, e sorrise; sapeva che James aveva fame, perché quella sera ne aveva combinata una delle sue, e Dorea l’aveva messo in punizione. Di solito, facendole gli occhi dolci, James riusciva a farsi perdonare, ma stavolta la madre era stata irremovibile, e Charlus sapeva il perché; volando per il salone con la sua scopa giocattolo, cosa che ovviamente gli era vietata, James era andato a sbattere contro un vaso a cui la madre teneva molto, e l’aveva ridotto in mille pezzi. Dorea non si era arrabbiata per la rottura del vaso, perché sapeva che con un “Reparo” sarebbe tornato integro, ma per il fatto che James le aveva disubbidito, e non aveva voluto assolutamente chiederle scusa; diceva che era la scopa ad essere finita sotto di lui, che il vaso era caduto da solo, che la mamma era cattiva a pensare che lui era disubbidiente. Peccato che allo sguardo di Dorea non erano sfuggite né le ginocchiere, né i guantoni che James indossava sempre quando aveva intenzione di volare; così, avendone avuto abbastanza di tutte quelle bugie, l’aveva spedito in camera sua, e il bambino, di fronte allo sguardo esasperato e arrabbiato della madre, se n’era andato senza fiatare.
Ma adesso si era svegliato perché aveva fame, e aveva pensato di scendere per mangiare qualcosa, ora che i suoi genitori erano andati a dormire, senza ricordarsi che il padre soffriva d’insonnia, e che quindi era ancora sveglio quando lui aveva deciso di scendere in cucina.
Entrando in cucina, Charlus vide suo figlio con le mani già nella scatola dei biscotti, affamatissimo.
  • James, ti faccio un panino?-
  • Oh, papà, grazie, ho proprio fame!-
Così, davanti ad un enorme sandwich contenente prosciutto e formaggio, Charlus iniziò a parlargli.
  • Stasera hai combinato proprio un bel guaio, lo sai, vero?-
  • Sì, papà, ma avevo paura che la mamma si arrabbiasse se dicevo la verità..-
  • Questa è una cosa che devi imparare. Mamma ed io non ti abbiamo educato a dire bugie, e anche se hai paura di essere sgridato, la verità la devi dire sempre. Mamma non si sarebbe arrabbiata così tanto se tu fossi stato sincero…-
  • Si è arrabbiata perché ho rotto il vaso, però.-
  • No, James, lo sai benissimo. Anche se mamma ci tiene a quel vaso, con la magia si può riparare in un attimo. Si è arrabbiata anche perché tu hai disubbidito.-
  • Ma a me piace così tanto volare, papà!-
  • Anche a me piace, ma se mamma dice una cosa, è quella. Facciamo un patto..-
  • Prima di fare il patto mi fai un altro panino?-
  • Va bene, ma devi mangiare con calma, altrimenti poi ti viene mal di stomaco e domani non puoi partecipare alla cena della Vigilia…-
  • Ma vengono gli zii vecchi? Allora forse è meglio se mi prendo il mal di stomaco!-
  • James!! Comunque sì, vengono gli zii vecchi ma ci sono anche i tuoi cugini, quindi ti divertirai.-
  • Speriamo. Ma non dovevamo fare un patto?-
  • Giusto. Allora, ti prometto che quando fuori ci sarà un po’ più di caldo voleremo insieme e ti insegnerò ogni regola del gioco del Quidditch, così, quando andrai ad Hogwarts, sarai avvantaggiato. Ti comprerò delle ginocchiere e dei guantoni nuovi, perché quelli che usi adesso sono tutti rovinati, e più avanti, quando sarai più grande, ti regalerò anche una bella scopa.-
  • Grande, papà! Grandissimo!-
  • Però…-
  • Però cosa?-
  • Però mi devi promettere che non disubbidirai più a mamma e che non volerai più in casa, e che soprattutto non dirai più bugie. Te la senti di promettermi questo?-
  • Sì, papà, adesso sono grande!-
  • Perfetto, allora ci siamo capiti.-
  • Papà, ma dimmi ancora una cosa… Come faccio a farmi perdonare da mamma?-
  • Io un’idea ce l’avrei… Ti va se le prepariamo il suo dolce preferito?-
  • Il tronchetto di Natale?-
  • Giusto. Mi aiuti?-
  • Dov’è l’occorrente, papà?-
La mattina dopo, James venne svegliato da un bacio che sapeva di cioccolato, e dalla voce della mamma che gli sussurrò che il tronchetto era veramente buonissimo, e che, anche se lui era un po’ troppo vivace, lei gli voleva lo stesso tanto bene.
 
  • Mamma, papà! Sono arrivato!-
Due signori di una certa età arrivarono di corsa nell’ingresso.
  • Scusa, tesoro, ma ci eravamo dimenticati che papà aveva gli esami del sangue, stamattina, e quindi non siamo riusciti a venire a prenderti!... Ma.. è lui il tuo amico Sirius?-
  • Sì, è lui.- disse James, presentando il ragazzo accanto a lui.- Sirius, questi sono i miei genitori. Sono bravissimi, da loro poteva nascere solo un portento come me.-
  • Sirius, non ascoltarlo. E’ il solito sbruffone. Noi siamo stati molto pazienti con lui…-
  • E lo saranno anche con te, amico, a patto che non ti metti a volare nel salone con la scopa! Altrimenti dovrai imparare a cucinare il tronchetto di Natale..-
E, davanti all'espressione un po' smarrita di Sirius, la famiglia Potter scoppiò a ridere.

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Capitolo 15
*** Ron Weasley ***


  • Mamma, secondo te Babbo Natale potrà portarmi un trenino nuovo?-
  • Non lo so, tesoro. Ma non vorresti qualcosa di più semplice?-
  • Ma mamma, tutti gli altri bambini chiedono mille regali, io ne chiedo solo uno..-
  • Va bene, allora scrivi la letterina, vedremo se esaudirà il tuo desiderio..-
Così Ron corse nella sua camera per scrivere la sua letterina. Molly sospirò, i trenini erano cari, e loro non avevano tanti soldi; la famiglia era grande, e con il solo lavoro di Arthur bisognava fare dei sacrifici. Per ogni piccola cosa si risparmiava, infatti quel giorno Ron indossava un vecchio maglione di Bill e dei pantaloni di velluto di Charlie, un po’ sformati sulle ginocchia; non si compravano nuovi mantelli, ma si riadattavano quelli vecchi, e i libri di scuola erano stati comprati solo per Bill, e poi passati da fratello in fratello. E adesso Ron voleva un trenino nuovo, e lei non sapeva come fare, perché i soldi dello stipendio di Arthur servivano per altre cose, più urgenti e indispensabili. Era triste che lei non riuscisse a dare ai suoi figli tutto quello che loro desideravano, a volte si sentiva una madre fallita; vedeva i volti di Bill e Charlie, quando a volte paragonavano la loro vita a quelle di persone molto più ricche. Li vedeva desiderare ciò che questi possedevano, una casa più bella, una macchina grande, tanti bei vestiti e giochi, magari qualche animale domestico… ma loro, che erano i più grandi, cercavano i tutti i modi di non farle capire quanto avrebbero desiderato una vita diversa, ma non volevano farla soffrire, volevano vederla solo sorridere. Forse, forse avrebbe dovuto mettersi a lavorare anche lei, e non solo Arthur, ma chi avrebbe badato ai bambini? Chi si sarebbe occupato della casa? Molly si prese il volto tra le mani, disperata.
  • Mamma? Ma sei triste perché a Babbo Natale ho chiesto in regalo un trenino?- Ron era comparso in cucina, senza che lei se lo aspettasse.
  • Ma no, tesoro, figurati..-
  • Ma anche Babbo Natale è povero?-
  • Questo non lo so. Secondo te?-
  • Secondo me lui guarda la famiglia in cui vive un bambino e poi decide che regalo fargli. Noi siamo una famiglia bellissima, quindi, se sarò buono, magari io riceverò un regalo bellissimo..-
  • Forse sì, tesoro. Forse hai ragione tu.-
  • Quando tu eri piccola passava Babbo Natale?-
  • Beh, certo che passava. I tuoi zii ed io lo aspettavamo con ansia..-
  • Ma l’avete mai visto?-
  • No, certo che no. Lui non si fa vedere dai bambini.-
  • Ma ai grandi porta un regalo?-
  • No, lo porta solo ai bambini.-
  • Oh, mamma, che peccato! Quindi tu e papà rimarrete senza regalo!-
  • Non ti preoccupare, tesoro. Per noi non è un problema, l’importante è che voi stiate tutti bene e per noi è già un bel regalo.-
  • Ma quindi tu sei felice?-
All’ultima domanda del bambino, Molly non rispose. Si sedette sulla poltrona, e vide vari momenti della sua vita scorrerle davanti. I suoi fratelli, i suoi genitori. Hogwarts. L’incontro con Arthur, il fidanzamento, il matrimonio. La guerra. La morte dei suoi fratelli. I suoi bambini che iniziano a nascere in un periodo dove le persone muoiono soltanto. La povertà, la fine della guerra, ma tutte le perdite subite. La voglia di piangere e la paura di non farcela sempre perenni.
Alzò lo sguardo per rispondere a Ron, ma il bambino non c’era, probabilmente era salito in camera sua, quando aveva visto che la mamma non gli rispondeva. Al suo posto era comparso Arthur, che la guardava un po’ preoccupato, ma con un gran sorriso sul volto.
  • Cara, cosa succede?-
  • Ma niente, tesoro, riflettevo. Dimmi, cos’è che ti rende così contento?-
  • Mi hanno aumentato lo stipendio, Molly!!- la abbracciò per la vita e la face volteggiare attorno a sé.- Potremo comprare dei regali bellissimi per i bambini, e un vero tacchino da mangiare a Natale, e tu potrai tornare a sorridere!-
Quella fu veramente una bella serata prenatalizia; Molly sorrideva in continuazione, Arthur scherzava e i bambini li guardavano ammirati, chiedendosi cosa mai poteva essere successo di speciale da rendere i bambini così felici.
Più tardi, al momento di andare a dormire, un fruscio sotto al cuscino spinse Molly a guardare cosa c’era sotto, e trovò un disegno, colorato con mano infantile, che recava la firma di Ron. Due lacrimoni le scesero dagli occhi, nel vedere raffigurati tutti loro che si stringevano la mano,  con davanti i loro doni natalizi, e sopra di loro, appoggiati su una nuvola, Fabian e Gideon, riconoscibili facilmente dai capelli rossi e dal fatto che erano identici tra di loro, e che avevano delle ali da angelo. In un angolo, Ron aveva scritto “Cara mamma bella. Ti ho diseniato cuesto perché almeno sei felice. Gli zii ci guardano dal celo e pensano che sei proprio brava. Ti volio bene. Ron.”
 
 
Anni dopo, mentre Ron cercava gli addobbi natalizi con Hermione, sul fondo di uno scatolone trovarono quel disegno, un po’ stropicciato e sbiadito, ma ancora abbastanza nitido. Dopo aver ascoltato da dove proveniva quel disegno, Hermione strinse a sé Ron, e sussurrando gli disse:- Con questo hai reso felice tua madre in un momento in cui era molto triste. Lo vedi, quindi, che per lei sei importante anche tu, e non solo gli altri? Smettila di considerarti uno che non vale niente solo perché non sei ricco o perché non sei bravo a scuola come i tuoi fratelli. Forse  nella vita non avrai successo, ma alla fine, cosa importa? Qui un successo l’hai già avuto, hai fatto sorridere tua madre quando era disperata, e non è una cosa da tutti.-

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Capitolo 16
*** Draco Malfoy ***


A Draco Malfoy non piacevano tante cose. Non gli piaceva il latte, la pioggia, i gatti e neanche la confusione, ma soprattutto non gli piaceva vedere la sua mamma piangere. Era stato mandato via dal salotto mentre la mamma gli stava leggendo una storia; avevano passato un pomeriggio bellissimo, avevano decorato l’Albero e preso il tè con i biscottini alla cannella, ma ad un certo punto era arrivato suo padre, e gli aveva intimato di uscire.
Draco aveva paura di suo papà; quando gli sedeva vicino a tavola era così concentrato a non far niente di sbagliato che, ovviamente, le sue mani iniziavano a tremare e rovesciava qualcosa, e davanti all’acqua versata o allo zucchero rovesciato, gli occhi del padre lo fissavano glaciali ,e questo era peggio di qualsiasi rimprovero. Davanti al padre, Draco non poteva abbracciare la mamma, non poteva dimostrare il suo affetto verso di lei, se magari si era fatto male giocando non poteva farsi consolare, doveva dimostrarsi freddo e contegnoso, e non era sempre facile, per un bambino di soli 5 anni.
  • Perché papà non mi vuole bene?- aveva chiesto più volte alla mamma.
  • Draco, papà ti vuole bene, ma non lo sa dimostrare..- gli aveva risposto lei.
Ma adesso Draco ne era sicuro, il papà era una persona cattiva. Dalla porta chiusa del salotto si erano sentite voci alterate, il papà urlava e la mamma ad un certo punto si era messa a piangere; poi, ad un certo punto, il papà aveva urlato più forte, e Draco aveva sentito qualcosa infrangersi contro la porta. Poi l’aveva visto uscire senza far caso a lui, e andarsene sbattendo la porta; allora era corso dalla mamma, e l’aveva trovata accasciata in poltrona, con una pallina rotta in mano e le lacrime che le uscivano incontrollabili dagli occhi.
  • Mamma, mamma, cosa succede? Ci sono qui io, mamma!-
Narcissa era sempre stata una donna forte, ed una brava madre; aveva sposato Lucius perché era innamoratissima di lui; sapeva che non era un uomo onesto e sincero, ma di solito faceva finta di niente, perché lui proteggeva sia lei che Draco. Ma stavolta non aveva potuto far finta di niente, perché Lucius, con parole chiare e dirette, le aveva spiegato che voleva fare di loro figlio un Mangiamorte; l’Oscuro Signore un giorno sarebbe tornato, affermava, e dato che loro Malfoy erano riusciti ad evitare Azkaban per un soffio, affermando che erano sotto l’effetto della maledizione Imperius, non sarebbe stato tanto contento di rivederli, perché l’avevano quasi rinnegato. Quindi, aveva pensato Lucius, se gli avesse offerto loro figlio, magari la sua punizione non sarebbe stata così terribile. Però non aveva tenuto conto della reazione di Narcissa, che si era opposta con tutta se stessa, dandogli del vigliacco e dicendogli che non gli avrebbe permesso di mandare al macello il loro unico figlio; era da pazzi pensare una cosa del genere, gli aveva detto, e lui non era degno di essere padre di un bambino così adorabile. A quelle parole, la collera aveva invaso Lucius, che, sapendo dare un dolore alla moglie, aveva staccato una pallina dall’Albero e l’aveva lanciata contro la porta, rompendola in mille pezzi. Quella pallina era un ricordo dell’infanzia di Narcissa, l’avevano dipinta lei e le sue sorelle quando ancora andavano d’accordo e si volevano bene; c’erano tre bambine che si tenevano per mano, sotto a dei fiocchi di neve.
Davanti alle lacrime della moglie, Lucius si sentì una persona ignobile; uscì dal salotto e se ne andò, facendo finta di non vedere Draco, accucciato sull’ultimo gradino delle scale.
  • Non è niente, amore, adesso mi passa.-
  • Ma mamma, la pallina si è rotta!-
  • Non ti preoccupare, adesso chiamiamo Tinkle e le chiediamo la colla per aggiustarla.-
Ma, mentre Narcissa andava verso il corridoio per chiamare l’elfa, Draco prese in mano i cocci della pallina e desiderò fortemente di riuscire ad aggiustarla, e dal niente si sprigionò un’intensa luce bianca, che restituì ai suoi occhi meravigliati la pallina come nuova.
  • Mamma, guarda cos’è successo!-
  • Aspetta, Draco, sto cercando Tinkle..-
  • Ma no, mamma, la colla non serve più!-
  • Ma come, amore, la pallina è a pezzi.. no, ma aspetta, ma bravo, tesoro, hai fatto la tua prima magia!-
  • La mia prima magia?-
  • Sì, adesso sei un mago anche tu, come mamma e papà!-
E Narcissa lo abbracciò impetuosamente, riempiendolo di baci; quella sera, fece cucinare dagli elfi tutte le pietanze preferite del suo bambino, e, dopo cena, si mise a giocare con lui, nella sua cameretta, mentre gli raccontava di Hogwarts. Addobbarono anche lì un piccolo Albero di Natale, su richiesta di Draco, che gli mise tutti i tipi di decorazioni che gli vennero in mente, mentre Narcissa lo guardava con occhi adoranti.
Più tardi, si addormentarono stretti uno accanto all’altro sul lettone di Narcissa, e Lucius, al suo ritorno, li trovò così; avevano entrambi un’espressione serena, e, guardandoli, Lucius capì che non voleva dare a sua moglie e a suo figlio un destino di sofferenza, ma che ormai era impossibile evitarlo. Mentre una lacrima gli rigava il volto, rimboccò loro le coperte, poi uscì dalla stanza senza fare rumore.
 
 
Narcissa, seduta sul divano accanto a Lucius, guardava sorridendo il figlio, la nuora e il nipote addobbare l’Albero davanti a loro; il piccolo Scorpius, traballando sulle gambette malferme, portava le decorazioni al padre, che le posizionava sull’abete, insieme alla madre.
  • Chissà se c’è ancora la pallina che avevi dipinto con le tue sorelle, mamma.- disse Draco, sorridendo alla madre.
  • Mah, probabilmente sì..- rispose lei, ricambiando il sorriso.
  • Com’è decorata questa pallina? Così la cerco..- domandò Astoria, scostandosi i lunghi capelli dal viso.
  • Lo sfondo è blu e ci sono tre bambine che si tengono per mano, sotto a dei fiocchi di neve.- le spiegò Narcissa.
  • Scorpius, vieni con me, guardiamo nello scatolone, cerchiamo la pallina! Ma.. cos’è stato sto lampo di luce? Cos’hai in mano?..-
  • Astoria, Scorpius ha fatto la sua prima magia! Ma bravissimo, bravissimo, nipotino mio!- e Lucius, commosso, lo prese in braccio e lo strinse forte a sé.
Di fronte a quel marito così diverso dagli anni prima, che non aveva mai dimostrato il suo affetto neanche a sua moglie, Narcissa si sentì colmare il cuore di gioia; abbracciando il suo nipotino, davanti agli occhi felici di Draco e commossi di Astoria, capì che, anche se c’era stato un momento in cui aveva creduto che tutto fosse perduto, adesso poteva avere di nuovo la sicurezza che ogni cosa sarebbe andata per il meglio.

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Capitolo 17
*** Marlene McKinnon ***


Marlene si guardò attorno, un po’ spaesata. I suoi fratelli, che di solito erano due ragazzi vivaci, sempre in movimento, adesso erano  seduti sul divano, con lo sguardo perso nel vuoto, senza parlare. Aveva sentito la mamma singhiozzare, e il papà andare da lei, e poi dirle qualche parola per confortarla un po’. Le cugine che dovevano andare da lei quel pomeriggio non si erano fatte vedere, e pensare che lei era stata così brava, aveva messo in ordine la sua camera e chiesto a Jane, la signora che veniva tutti i giorni per i lavori domestici, di prepararle un po’ di tè con qualche biscotto al cioccolato. Si era messa il vestito da casa bello, di velluto color crema, che riscuoteva sempre tanti complimenti; e poi, mentre si accomodava sulla sua poltroncina, papà era entrato in casa coperto di neve, ma con un’aria talmente sconvolta che non aveva perso neanche tempo ad asciugarsi prima di percorrere il corridoio, diretto verso la sala da pranzo, dove avrebbe trovato la mamma. Marlene, un po’ indispettita, gli era corsa dietro per rimproverarlo, dato che aveva bagnato dappertutto, e lei voleva che invece fosse tutto perfetto; ma i suoi fratelli erano usciti dalla sala da pranzo prima che lei riuscisse ad entrare, e le avevano detto che era meglio lasciare che la mamma e il papà parlassero un momento da soli.
  • Ma perché? Cos’è successo?-
  • Papà te lo dirà più tardi..-
  • Ma no, John, io voglio saperlo adesso, perché più tardi arrivano Alice e Rose, e quindi dovrò stare con loro..-
  • Mi sa che Alice e Rose oggi non verranno, Marlene..-
  • Ma come no? Avevo preparato tutto, David, mi sono messa pure il vestito bello..-
  • Infatti sei bellissima. Ma adesso stai calma un momento, siediti sul divano con noi.-
E così, Marlene, un po’ dispiaciuta, si era seduta sul divano in mezzo ai suoi fratelloni, che l’abbracciarono simultaneamente.
  • E’ già passato tanto tempo, però, e io ho fame!- disse Marlene, ad un certo punto.
  • John, c’è qualcosa da mangiare?-
  • Sì, David, vado a prendere i biscotti. Intanto chiamo anche mamma e papà..-
  • Va bene, noi ti aspettiamo.-
Dopo qualche minuto, John ricomparve con il tè e i biscotti, e dietro di lui entrarono anche i genitori.
  • Papà, papà, perché Alice e Rose non sono venute a giocare con me, questo pomeriggio? La zia Mary non ha dato loro il permesso?-
  • Marlene,- disse il padre, prendendola in braccio.- devo dirti una cosa molto triste. La zia Mary è diventata un angelo ed è volata in cielo.-
  • Oh, papà, ma perché? Aveva detto che mi avrebbe insegnato a ricamare..-
  • Quando sarai più grande ti spiegheremo il perché.- intervenne la mamma, facendole una carezza.- Adesso, però, dobbiamo aiutare tutti insieme Alice e Rose, e anche lo zio Louis, perché sono rimasti da soli.-
  • Ma anche noi non abbiamo più la zia e siamo rimasti soli..-
  • Certo, ma loro hanno bisogno di aiuto più di quanto ne abbiamo bisogno noi. Mi capisci, tesoro?-
  • Sì, mamma. Ma se poi volano in cielo anche John e David? Se poi volate in cielo anche tu e papà, io come faccio? Resto da sola anche io, e come faccio da sola?-
  • Marlene, adesso non pensare a queste cose brutte. Cerchiamo di goderci questi momenti che passiamo insieme, promesso?-
  • Sì, papà. E io ti prometto che vi proteggerò sempre, così almeno non volate in cielo.-
 
In casa era tutto per aria, ogni mobile era stato divelto e i lampadari buttati a terra, perfino il muro della cucina stava per crollare. Marlene sapeva di essere alla fine, non sarebbe riuscita a resistere ancora; John e David erano morti a causa delle torture inflitte dai fratelli Lestrange, la mamma e il papà erano stati aggrediti dai Carrow. Rimaneva solo lei: con lo sguardo fisso negli occhi del suo assassino, Marlene sentì le parole dell’Anatema che uccide, e un momento prima che questo la colpisse, il suo pensiero volò ai suoi famigliari.
  • Ho mancato alla mia promessa,- pensò.- Non sono riuscita a proteggervi.- 

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Capitolo 18
*** Lily e James ***


Era il loro primo Natale come coppia, ed era tutto nuovo; non erano sdolcinati, anzi, se qualcuno che non li conosceva li avesse incontrati per strada, non avrebbe detto che stavano insieme. Erano molto distaccati, soprattutto se erano in compagnia; stavano da due parti opposte del tavolo, a volte non si rivolgevano neanche la parola, e se alcuni pensavano che il loro rapporto fosse praticamente inesistente, le persone che li conoscevano meglio notavano ogni piccolo gesto che si scambiavano. Un’occhiata, un sorriso, una parola scherzosa, e da tutto ciò si notava quanto erano uniti uno all’altra.
Loro due si comportavano così anche perché per loro, e soprattutto per Lily, era tutto nuovo; era però bello abituarsi alla presenza di James, agli improvvisi abbracci da dietro, al suo sguardo indagatore, al suo sorriso sempre pronto, alla sua dolcezza mai eccessiva. E la sera, quando si trovavano solo più loro due da soli nella Sala Comune, si raccontavano ogni piccolo avvenimento della giornata appena trascorsa, anche episodi banali, che, pur vivendo nello stesso posto, l’altro magari non aveva vissuto.
Ma quella sera era diversa dal solito, perché c’era stata la luna piena, e Lily era rimasta sveglia ad aspettare James e gli altri, insieme a Marlene e Dorcas.  Appena sentirono il ritratto della Signora Grassa spostarsi, si alzarono in piedi e corsero verso i Malandrini, che arrivavano sporchi e pieni di tagli.
  • Ragazzi, dov’è Remus?- domandò Marlene.
  • E’ in infermeria, e faresti meglio ad andare pure tu.- le rispose Peter, sfinito.- Stanotte è stato più agitato delle altre volte, è per questo che siamo ridotti così male, e lui ci ha visti e si sente in colpa..-
  • Ragazze, ma dovevate andare a dormire..- sbadigliò Sirius, guardando Marlene uscire di corsa dal buco del ritratto.
  • Certo, Felpato.- ribattè Dorcas, indignata.- E chi ti avrebbe disinfettato?-
  • Dai, dolcezza, prendi due bende e vieni su con me, così dormiamo un po’, e per fortuna che domani, anzi, tra poche ore  è sabato. Non mi reggo neanche in piedi.-
  • Lily, per favore, disinfetta Peter, così se ne va a letto pure lui..- intervenne James, sdraiato su uno dei divani.
  • Ramoso, ma tu non sali?- domandò Sirius, mentre andava verso il loro dormitorio con Dorcas.
  • Più tardi, Felpato, più tardi..-
Così, disinfettato pure Peter, Lily poté dedicarsi al suo malandrino preferito; mentre gli passava il cotone imbevuto di acqua ossigenata e lo bendava, James sonnecchiava, distrutto da quella lunga notte. Ma quando Lily fece il gesto di chinarsi a dargli un bacio per poi andare via, la trasse a sé con un gesto impetuoso e le sussurrò:- Qui tra poco sarà pieno di gente, saliamo in camera mia?-
  • James, ma ci sono Sirius e Dorcas, non voglio disturbare nessuno..-
  • Hai visto che aria stanca avevano tutti e due? Staranno dormendo della grossa.. Dai, non farti pregare, stanotte sono veramente distrutto!-
E così salirono in camera di James, facendo piano per non disturbare nessuno; dopo aver sigillato le tende attorno al baldacchino, James si sdraiò accanto a Lily e coprì entrambi con il pesante piumone, stringendola forte a sé.
  • Come mai stasera Remus era così agitato?- domandò lei, sussurrando.
  • Non ne sono sicuro, ma credo che fosse così perché prima che si trasformasse stavamo facendo uno dei nostri rari discorsi seri.. Stavamo parlando della Guerra che ci aspetterà quando termineremo quest’anno di scuola, e che abbiamo tutti paura di perdere qualcuno che amiamo.. E subito io non l’ho notato, ma Remus si è agitato per questa cosa, e quando si è trasformato aveva ancora in testa questo pensiero, e per la prima volta si è rivoltato contro di noi, anche se ci siamo trasformati contemporaneamente a lui..-
  • Ma James, dovevate fare attenzione! E’ stato molto pericoloso..-
  • Sì, lo so, ma in quel momento noi volevamo solo che si calmasse, e che non si facesse male da solo, è per questo che siamo rimasti lì..-
  • Non ti dico che hai sbagliato, James.. cerca di capire!-
  • Cosa devo capire, Lily? Preferisco che Remus faccia del male a noi invece che si ferisca da solo!- e, un po’ innervosito, si staccò da lei.
  • Non è questo, James, è solo che io ho paura di perderti, perché.. oh,James, perché credo di amarti!..-
A queste parole seguì un momento di silenzio. Lily non aveva mai espresso in questo modo i suoi sentimenti, era sempre stata molto riservata. E James era, per la prima volta, rimasto senza parole. Coperta quasi interamente dalle lenzuola, Lily non osava alzare la testa per guardarlo negli occhi, timorosa di ciò che vi avrebbe letto.
Ma dopo un tempo che le sembrò infinito, sentì due braccia avvolgerla e sollevarla; James la fece rannicchiare su di sé, facendola appoggiare al suo corpo, con la testa proprio sul suo cuore. La cullò per un tempo interminabile, mentre ogni tanto le posava un bacio su una tempia e le carezzava il volto.
  • Mi hai preceduto ancora una volta, Evans.-
  • E’ una novità, Potter?-
  • Ma guarda questa piccola insolente… certo che è una novità, devo per caso ricordarti che il primo passo verso di te l’ho fatto io?-
  • Mi hai perseguitata per anni, James, non hai fatto il primo passo!-
  • Sì sì, se io non mi fossi comportato così tu non ti saresti neanche accorta di me!-
  • Figurati, prima o poi mi sarei guardata attorno pure io e ti avrei notato..-
  • Lily, è da un anno che sono cambiato, e sono diventato più serio.. ma tu non l’hai mai notato, hai iniziato a guardarmi diversamente solo due mesi fa…-
  • E cosa ti ha fatto cambiare, sentiamo un po’!-
  • Il fatto che anche io mi sono reso conto di amarti.-
 
Lily accoglieva con un sorriso tutte le persone che si presentavano a casa loro quella mattina di Natale, con un cappello rosso in testa e la voce squillante, e James la guardava ammirato; appena finita la scuola, si erano trasferiti in una casetta tutta loro, e la vita era perfetta, nonostante la Guerra. Il culmine della loro felicità era esploso proprio quella mattina, quando Lily gli aveva detto di essere incinta, e da quel momento lui non riusciva a toglierle gli occhi da dosso. Era splendida, tutta vestita di rosso, rendeva felici le persone che arrivavano, e la casa profumava di tutti i cibi squisiti che avevano preparato insieme il giorno prima.
  • Signora Potter, puoi venire un momento?-
  • Amore, cosa c’è? Sono tutti di là che ci aspettano.-
  • Niente. Volevo solo dirti che sei bellissima e che ti amo.-
  • …-
  • Ehi! Ehi! Qui c’è qualcuno che fa lo sdolcinato di nascosto!- la voce di Sirius interruppe il loro bacio, per poi correre via, inseguito da Lily, rossa in viso per l’imbarazzo, che gli agitava dietro un mattarello.
Vedendo quella scena, James sorrise. Erano proprio loro, la sua felicità.

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