Il segreto tra noi

di 9CRIS3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** L'INCONTRO ***
Capitolo 3: *** E - MAIL ***
Capitolo 4: *** L'OSSERVATORE ***
Capitolo 5: *** ANCORA TU ***
Capitolo 6: *** TI HO SCOPERTA, MELLY ***
Capitolo 7: *** CONVERSAZIONI ***
Capitolo 8: *** SCOMMESSA ***
Capitolo 9: *** IL GIORNO DEI PAPA' ***
Capitolo 10: *** "BELLEZZA, INCANTO E NOSTALGIA" ***
Capitolo 11: *** SPESA E ALLEATE ***
Capitolo 12: *** DISPERATO BISOGNO DI UN'AMICA ***
Capitolo 13: *** SORPRESE ***
Capitolo 14: *** L'APPUNTAMENTO - PARTE I ***
Capitolo 15: *** L'APPUNTAMENTO - PARTE II ***
Capitolo 16: *** MATRIMONIO COMBINATO? NO, GRAZIE ***
Capitolo 17: *** DOBBIAMO PARLARE ***
Capitolo 18: *** LA COMPLETA E CRUDA VERITA' ***
Capitolo 19: *** DOTTORESSA BRUTTA E ANTIPATICA ***
Capitolo 20: *** COINCIDENZE ***
Capitolo 21: *** DIMMI TUTTO DI TE E CHIEDI POCO DI ME ***
Capitolo 22: *** DARSI PER VINTO ***
Capitolo 23: *** NON SEI UNA CATTIVA PERSONA SE TI RIFAI UNA VITA ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


La paura a volte ci impedisce di vedere oltre quello che la realtà ci mette di fronte.
Non è difficile liberarsi dei freni inibitori, di tutti i "se" e i "ma"; basta volerlo effettivamente.
Solo.. Solo bisogna ricordarsi di vivere, perchè anche se noi smettiamo di vivere, la vita corre avanti, incurante di chi si lascia dietro, incurante delle sbucciature sulle ginocchia che ci ha provocato facendoci cadere. Perchè la vita è così, un treno in corsa che si ferma solo quando decide lui, e a volte deraglia e ci porta via senza un perchè, lasciando tutti a bocca aperta e le lacrime sugli occhi; altre volte invece, arriva a destinazione, provocando a tutti un sorriso di soddisfazione.
Non sapremo mai su che tipo di treno saremo fino a quando vivremo con la paura di scoprirlo.
Scostate le tendine e cominciate a guardare fuori, e, se non vi piace, andate dal macchinista e obbligatelo a cambiare rotta. Siete voi il capotreno. 

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Capitolo 2
*** L'INCONTRO ***


Sfogliava lentamente le pagine di un giornale, come per paura di sciupare la carta scura sottile, intrisa di parole che non stava effettivamente leggendo.
Le piaceva sentire quel tipo di consistenza sotto le dita; se chiudeva gli occhi, e si lasciava andare per un momento, poteva fingere di trovarsi in una biblioteca antica, colma di libri di ogni genere stipati dietro imponenti ed eleganti vetrine. Una sorta di tempio del libro, di quelli in cui si esige il massimo rispetto e il silenzio più assoluto.
Amanda aprì gli occhi. Non era dove avrebbe voluto essere, ma ormai il dado era tratto e tanto valeva continuare a giocare.
Prese un respiro profondo e lasciò perdere il giornale. Tirò fuori una penna, un piccolo quaderno nero rilegato in pelle e un registratore.
Il nuovo lavoro le piaceva fino ad un certo punto.  Non era certamente quello che lei aveva sempre pensato di fare quando era bambina. Voleva girare il mondo, essere la manager per una grande azienda e magari incutere un po' di terrore nei suoi sottoposti; ora invece, si trovava a fare domande di routine per palloni gonfiati e a scrivere articoli a cui quasi nessuno avrebbe dato credito.
Era dispiaciuta, delusa, per la piega che la sua vita aveva preso, ma non poteva certo biasimare il Karma o il Destino per questo. In buona parte se l'era cercata anche lei.
La porta si aprì ed Amanda accantonò immediatamente i suoi pensieri per concentrarsi sul suo prossimo intervistato.
Si aspettava un uomo vecchio, calvo, con una pancia evidente, con poco rispetto per lei e per il suo lavoro e una fretta smaniosa di correre ovunque dovesse andare.
< Buongiorno > salutò Amanda, sorpresa di avere davanti a sé  una donna. Era alta, bionda, fisico ben delineato e un faccia particolare.
Gli occhi erano troppo piccoli e la bocca decisamente troppo grande. Il naso, invece, era assolutamente perfetto. Di quelli come avrebbe sempre avuto avercelo anche Amanda. 
< Mi aspettavo di incontrare Mr Rogers > spiegò Amanda con un sorriso.
< Evan non è potuto venire. E' molto impegnato > le spiegò la donna. Ad Amanda non passò inosservato il tono confidenziale con cui parlava di Rogers.
< Nessun problema. Dovrò rimandare l'intervista, però > fece un sorriso educato, cercando di farsi amica la donna, che ancora non aveva capito che ruolo avesse in quella faccenda.
< Evan dice che per il momento non rilascia interviste a nessuno > le rispose annoiata la bionda.
Cosa?! Quel tipo le aveva fatto sudare sette camicie per avere l'appuntamento a cui, poi, non si era nemmeno presentato e ora le veniva detto che non solo aveva fatto trenta chilometri per nulla, ma che non ci sarebbe stata nessuna intervista.
Cercò di reprimere uno sbuffo di impazienza mentre immagazzinava la notizia. Prese l'astuccio dove teneva i biglietti da visita e ne porse uno alla bionda.
Questa guardò il cartoncino che aveva fra le mani e lo studiò, prima di posare lo sguardo su Amanda.
Lei sapeva che non erano un gran che; c'era scritto il suo nome in un carattere abbastanza grande e con un colore che le piaceva abbastanza:  tortora, e poi sotto la sua professione e i vari contatti. Semplice e veloce, in modo che le persone non potessero sbagliarsi.
Non c'era nulla di pomposo, festoso o pacchiano. Quel bigliettino rispecchiava la personalità di Amanda tanto quando il comportamento di Roger definisse appieno la sua: maleducato e irrispettoso.
Avesse almeno telefonato per avvisare!
< Bene allora > Amanda rimise le sue cose nella borsa da lavoro e poi si rivolse ancora alla donna. < Il mio biglietto ce lo avete. Quando Mr Roger vorrà fissare l'intervista, sapete come trovarmi. Buona giornata > uscì veloce dall'edificio, contenta di aver guadagnato una giornata libera.
Al giornale avrebbe raccontato che aveva aspettato ore prima di ricevere la notizia che Roger non si sarebbe presentato.
Con un sorriso stampato sul volto, si mise in macchina, diretta all'asilo. Connor sarebbe stato felice di rivederla. Dopo tutto, l'altro giorno l'aveva rimproverata di non passare abbastanza tempo con lui e così Amanda, anche se l'aveva vestito per l'asilo proprio poche ore prima, decise che sarebbe andata a prenderlo e l'avrebbe portato al cinema, poi a mangiare da Mc Donald ed infine al parco per giocare a pallone.
 
Durante il tragitto in auto non poté fare a meno di pensare che forse aveva sbagliato a dire alla bionda che se volevano fare l'intervista avrebbero dovuto chiamarla loro. Magari era il caso che si facesse sentire lei, che li tampinasse, fino a quando, esasperati, non si sarebbero fatti convincere a rilasciare quella benedetta intervista.
Aveva sempre visto i suoi colleghi fare così ed ottenere molti elogi da parte del capo, ma Amanda non era quel genere di persona: lei non correva dietro a nessuno. Era fermamente convinta che le cose si ottenessero perchè meritate e quanto più si spingevano le persone a fare qualcosa che non volevano fare, tanto più si perdeva la fiducia che esse riponevano in noi.
Sapeva bene che per fare la giornalista doveva avere una bella faccia tosta e fregarsene delle opinioni degli altri o della reputazione che poteva farsi comportandosi da sfacciata. Avrebbe dovuto esasperare le persone fino a quando non le avessero dato quello che lei voleva e portare a casa la pagnotta, ma per Amanda quello non era un modo giusto di comportarsi.
Ecco perchè non aveva inseguito il suo sogno di Top Manager ed ecco perchè era una giornalista mediocre, che scriveva buoni articoli, ma in cui non metteva mai del suo. Era tutto basato su pettegolezzi, sul voler entrare necessariamente nella vita delle persone senza ritegno, e magari stravolgendo la vita degli altri.
Sbuffò. Magari dopo qualche giorno avrebbe chiamato di nuovo l'agente di Roger e avrebbe chiesto quella benedetta intervista.
Di che si occupava poi quel Roger lei ancora non lo sapeva. Michael , il suo capo, le aveva detto che avrebbe dovuto intervistarlo e lei, senza chiedere né come né perchè, aveva acconsentito, chiamando il suo agente e programmando la data dell'incontro.
Si ripromise che quando sarebbe tornata in ufficio avrebbe fatto qualche ricerca su quell'uomo, ma al momento, visto che era arrivata davanti all'asilo, lasciò in un angolo i pensieri del lavoro.
 
< Salve, Amanda > la salutò la maestra d'asilo.
< Salve > Amanda ricambiò il sorriso, ma poi con lo sguardo andò  in cerca di Connor.
< Qualcosa non va? > le chiese la donna.
< No, no. Tutto a posto. Sono venuta a prendere Connor con un po' di anticipo > Amanda sorrise
< Oh, ok. > la maestra sembrò sorpresa, ma non si prolungò molto a chiedere spiegazioni, in fondo era la madre del bambino.
Un massa di capelli ricci e scuri le corse incontro, abbracciandole le gambe. < Ciao, cucciolo > Amanda arruffò ancora di più i suoi capelli.
< La mamma ti ha fatto una sorpresa. Sei felice, Connor? > gli disse la maestra
< Si! > esclamò il bambino.
< Bene > la maestra li salutò e poi si congedò, lasciandoli da soli.
Amanda si inginocchiò di fronte al figlio e iniziò a mettergli la giacchetta di jeans.
Connor continuava ad agitare due soldatini che aveva in mano e quando Amanda tentò di infilare una manica del giacchino il bimbo si fermò e la guardò apertamente in volto. < Dove andiamo, mamma ? >
< Al cinema > gli sorrise lei
< E poi? >
< Poi? Poi andiamo a casa a mettere a posto la baraonda che hai lasciato > lo prese in giro Amanda.
Connor fece una faccia triste, che provocò un risolino da parte di Amanda.
Sorridendo prese per la mano il figlio e lo condusse fuori, dove l'avrebbe fatto sedere nel suo seggiolino.
< Che film andiamo a vedere? > Connor smise il broncio e fissò speranzoso la madre.
< Monster University > rispose Amanda, lanciandogli uno sguardo dallo specchietto retrovisore.
Vide il faccino di Connor aprirsi in un'espressione felice e tanto servì ad Amanda per annientare completamente la frustrazione dell'intervista che non c'era stata.
 
< E' stato mitico! > esclamò estasiato Connor.
Amanda si sporse sul tavolo e con un fazzolettino di carta gli pulì l'angolo della bocca sporco di maionese.
Non era una di quelle mamme sconsiderate che riempiva di schifezze il figlio per tenerselo buono, ma non era nemmeno una di quelle fissate con l'alimentazione. Credeva in un giusto equilibrio: ci teneva che Connor mangiasse le verdure e la frutta, ma ogni tanto lo portava da McDonald e almeno tutte le settimane gli faceva mangiare una bella quantità di gelato, per cui lei stessa andava matta.
Connor stava ancora mangiando il suo Happy Meal mentre Amanda finiva la sua coca. Fissò il figlio parlare animatamente del film, gli occhi color cioccolato illuminati dalla classica eccitazione dei bambini, i ricci che rimanevano immobili, oscillando solo quando Connor faceva un movimento più fulmineo del solito o se scuoteva animatamente la testa. Amanda pensò che forse portarlo dal parrucchiere non sarebbe stata una cattiva idea.
Allungò una mano e gliela passò tra i capelli, cercando di ravviarli un po'.
< Mamma, mi fai male > protestò Connor
< Scusa > Amanda ritirò la mano e gli sorrise dolcemente.
Raccolse i contenitori di cartone da cui avevano mangiato, su un unico vassoio e poi si diresse verso il cestino più vicino, senza mai perdere di vista il figlio, che aveva ripreso a giocare con i soldatini.
Amanda lo spronò a seguirla, afferrando la sua mano e conducendolo fuori.
Si era ripromessa di portarlo al parco a giocare, e voleva assecondare il suo desiderio di far felice il figlio. Connor dal canto suo pareva mesto e Amanda sapeva che stava ancora ripensando al fatto che ora dovessero tornare a casa.
< Che ti passa per la testa, amore? >
< Mi aiuti a mettere a posto i giochi? > si riferiva chiaramente a quello che lei gli aveva detto.
Amanda fece un risolino e non rispose alla sua domanda, sapendo che alla fine sarebbe stata lei a sistemare tutto a casa.
Parcheggiò davanti ad  uno spiazzo e vide con piacere che non c'erano altre macchine, ma solo una moto. Una di quelle di corsa e non si interrogò a troppo a proposito: poteva trattarsi di un paio di ragazzi che erano li per starsene da soli.
Ad Amanda non piacevano i posti affollati o la confusione dei centri pieni di persone; lei preferiva di gran lunga un parco aperto, con poche persone e la risata di Connor a riempire l'aria primaverile.
< Cosa ci facciamo qui? > Connor attirò la sua attenzione.
< Facciamo due tiri? > propose Amanda
< Siiii > eruppe il piccolino.
Fu contagiata dalla sua risata pura sentì anche le sue labbra aprirsi in un sorriso involontario. Aprì il bagagliaio dell'auto dove teneva sempre un pallone ed un cambio per Connor.
Prese anche un telo che avrebbe steso per terra e poi si avviò verso il campetto da calcio.
Stese il telo in un angolo e lasciò cadere la borsa e il cambio per Connor, poi raggiunse il piccolino.
Gli si avvicinò e gli tolse la giacca di jeans, da buona madre premurosa.
< Ok, allora.. > Amanda si tolse la giacca e la lanciò, assieme a quella di Connor, sul telo. < Io sto in porta e tu tiri? >
< Va bene > Connor prese il pallone e cominciò a palleggiare, facendo rimbalzare la palla dal collo del piede al suo ginocchio.
Amanda rimase a fissarlo, stupita. Aveva solo cinque anni, come era possibile che fosse capace di fare quel tipo di palleggio per così tante volte consecutive?
Connor assomigliava incredibilmente al padre. Carnagione olivastra, occhi color cioccolato, così intensi per un bambino che a volte lei stessa si sorprendeva quando la guardava fisso per più di qualche secondo.
Il suo spirito libero, la voglia di ridere sempre e quella faccia furba che avrebbe riconosciuto fra mille.
Luca, il padre di Connor e nonché il fidanzato, fin da tempi storici di Amanda, ormai non c'era più. Sicuramente non per sua scelta, ma questo non cambiava il fatto che lei si era trovata incinta a vent'anni, senza nessuno al suo fianco e con un bambino da crescere che non aveva e non avrebbe mai conosciuto il padre. 
< Mamma! > Connor richiamò la sua attenzione. < Sei pronta? >
< Sono nata pronta > Amanda fece un sorriso beffardo; aveva imitato in tutto e per tutto Luca, quando lei gli faceva la stessa domanda e lo aveva fatto involontariamente. Questo era uno di quegli atteggiamenti e risposte che quando senti o vedi ripetere per tante volte consecutive, assimili e fai diventare tuoi.
Si mise in porta, si tirò su i jeans sulle cosce e poi si piegò appena, battendo una volta le mani. Si complimentò mentalmente per aver indossato un paio di jeans neri comodi, e allo stesso tempo eleganti, con delle semplici ballerine ed una camicia celeste.
Quell'abbigliamento, oltre ad essere il più consigliabile per il lavoro, ora si dimostrava anche perfetto per portare il bimbo al parco e fargli fare qualche tiro.
Connor mise la palla davanti a se, indietreggiò e poi tirò. Il pallone fece una curva ad una velocità che Amanda non si aspettava, non da un bambino così piccolo.
Vide arrivare il pallone un secondo troppo tardi e realizzò che Connor aveva fatto goal quando lo sentì pronunciarsi in un grido di vittoria.
< Fossi in te non esulterei tanto! Siamo appena all'inizio > Amanda gli puntò un dito contro.
Connor riposizionò la palla davanti a sé e la guardò con un sorriso luminoso che coinvolgeva i suoi occhi scuri.
Prese la rincorsa e poi calciò ancora in pallone. Amanda questa volta era più concentrata sulla palla. La vide arrivare e si fece più avanti per andarle incontro per pararla. Si sporse quel tanto che serviva e cercò di afferrarla. Riuscì a toccarla solo con la punta delle dita, ma questo non servì ad evitare che finisse in porta.
< Evvai! > urlò Connor.
Amanda scosse la testa divertita dal divertimento del figlio.
< La prossima sarà mia > lo avvertì.
< Va bene > rispose il bambino, facendole un altro sorriso disarmante.
Amanda questa volta si concentrò sul serio, incredula del fatto che un bimbetto di cinque anni la stesse fregando in quel modo assurdo.
Connor calciò e lei si tuffò a pesce per prendere la palla, quello che ottenne fu un rimbalzo sul palo e poi il centro in porta.
< Non è possibile! > strabuzzò gli occhi quando vide la palla impigliata nella rete dietro di sé.
Afferrò il pallone e lo portò al centro del campo. < Ho cambiato idea. Facciamo un po' di corpo a corpo > gli disse.
Connor accettò volentieri la nuova proposta e senza nemmeno aspettare che la madre si sistemasse, cominciò a muovere il pallone in direzione della porta.
< Hei! Non vale! > Amanda lo rincorse e cercò di rubargli il pallone più volte, prima che lui riuscisse a fare un nuovo goal.
< Sei proprio una schiappa > la prese in giro Connor.
< Una schiappa? > Amanda alzò un sopracciglio. < Inizia a correre, ragazzino > si mosse nella sua direzione e Connor abbandonò immediatamente la palla, correndo a perdifiato verso la parte opposta del campo.
Amanda fu subito dietro di lui; gli lasciò credere per un po' che era più veloce e quando capì che Connor stava abbassando la guardia lo afferrò per i fianchi e lo strinse a sé, tempestando le sue guancie di baci rumorosi.
Connor si dibatteva, chiedendo di essere lasciato in pace, continuando a ridere.
Amanda lo lasciò solo quando si sentì effettivamente sazia di tutti quei baci. Fissò ancora il suo piccolo cespuglio scuro oscillare appena mentre correva verso la palla. < Dai, mamma! Giochiamo > la richiamò
< Signor si, signore! > si alzò in piedi e correndo raggiunse ancora il bambino.
Continuarono a giocare, a rubarsi la palla a vicenda, a cadere e poi rialzarsi, sperando di non aver fatto troppi danni, a prendersi in giro, a ridere a crepapelle, inondando la giornata tranquilla e silenziosa con le loro urla.
Quelli erano i pomeriggio che Amanda preferiva di più al mondo; nulla era paragonabile al sorriso di Connor, al fatto che fosse felice sul serio o che si stesse divertendo, nemmeno la soddisfazione di veder comparire il suo nome in prima pagina sul giornale per cui scriveva.
Rubò il pallone al figlio e, incredula per esserci riuscita, corse veloce verso la porta e poi tirò. Amanda alzò le braccia al cielo e girò un paio di volte su sé stessa, lanciando urletti di vittoria e facendo una telecronaca piuttosto lusinghiera su di sé, provocando la risata forte e chiara di suo figlio.
Se qualcuno li avesse guardati in quel momento non avrebbe saputo distinguere tra l'adulto e il bambino, ma ad Amanda poco importava. Fin tanto che Connor manteneva quel sorriso, a lei, del resto del mondo, non importava.
Si accasciò per terra e fu raggiunta poco dopo da suo figlio.
< Ce l'hai fatta finalmente! > disse, sedendosi vicino a lei e fissandola con quegli occhi penetranti.
< Dovevo solo scaldarmi > Amanda infilò ancora la mani tra i suoi capelli, lasciandogli una dolce carezza.
Connor sorrise. < Quando posso tornare alla scuola calcio? > le domandò e ad Amanda si spaccò il cuore.
Voleva, desiderava ardentemente, che Connor potesse fare quello che più gli piaceva, ma la scuola costava veramente troppo perchè lei potesse permettersela.
Il lavoro come giornalista le fruttava uno stipendio che serviva principalmente per pagare l'affitto, le bollette e l'asilo di Connor. Per arrotondare Amanda lavorava anche come cameriera in un bar dietro casa al sabato e alla domenica.
Era però costretta a portarsi dietro il figlio e a lasciarlo nello spogliatoio con mille raccomandazioni di non farsi male e di stare attento a tutto.
Pensò che forse, se si fosse impegnata, avrebbe potuto risparmiare ancora un po' su qualcosa. Magari avrebbe potuto vendere l'auto e spostarsi in autobus. In fondo il giornale non era tanto lontano da casa e l'abbonamento dell'autobus sarebbe costato sicuramente meno della benzina e dell'assicurazione che era costretta a pagare per continuare a tenersi l'auto.
< Se tutto va bene, l'anno prossimo ti iscrivo di nuovo > disse al figlio.
< Mitico! > Connor si gettò tra le sue braccia e la strinse forte.
Amanda affondò il naso tra i suoi capelli e respirò forte l'odore del figlio. Quel corpicino stretto forte tra le sue braccia le trasmetteva una forza che lei nemmeno sapeva di avere.
Quando si riprese da quell'attimo di tenerezza, Amanda si rese conto che Connor era tutto sudato.
< Andiamo, piccolo. > lo lasciò andare e si alzò in piedi. < Torniamo a casa > lo informò.
< Così presto? > brontolò Connor
< Si. La mamma è stanca > Amanda fece un sorriso di preghiera e Connor sbuffò, ma poi si alzò in piedi e l'aiutò a portare le giacche e il telo verso la macchina.
< Mamma, vero che mi aiuti a sistemare  i giochi ? > Connor la pregò quando erano quasi arrivati all'auto.
Amanda vide che la moto era ancora parcheggiata li e appoggiata ad essa c'era un ragazzo con una sigaretta in mano.
< Va bene > acconsentì Amanda.
<  E poi mangiamo il gelato? > chiese speranzoso.
< Ti ho portato al McDonald prima. Abbiamo trasgredito già troppo > Amanda lo guardò negli occhi, come a pregarlo di non fare i capricci davanti a quel tipo.
Si sorprese lei stessa di quella muta supplica. Era uno sconosciuto. Cosa le importava di quello che poteva pensare dei capricci del figlio?
< Dai, mamma! Ne mangio poco > insistette Connor
< Vedremo > Amanda aprì la macchina e fece salire Connor.
< Cosa dobbiamo vedere? Voglio solo un po' di stracciatella. Per favore! >
< Oh, Connor, non fare così > Amanda lo fissò, cercando di assumere un'espressione severa, ma Connor la stava fissando con gli occhi che avevano assunto una posa triste e la bocca in un delizioso broncio.
La stessa espressione che faceva Luca quando voleva ottenere qualcosa.
< Solo se ordini la tua camera da sola > Amanda aveva intenzione di cedere, non di crollare.
< D'accordo >
< Bene > sorrise al figlio e poi sistemò le cose nel bagagliaio. Lo chiuse con uno scatto secco e girò attorno all'auto per andare a sedersi al posto di guida e tornare verso casa.
< Scusi? > si sentì chiamare.
Amanda voltò la testa e capì che il ragazzo in modo stava parlando a lei. < Si? >
< Vi ho visti giocare prima > indicò con la testa il campo < E volevo dirle che suo figlio è davvero bravo >
Amanda rimase sorpresa da quella frase, non capendo dove volesse andare a parare quel ragazzo.
Lui alzò gli occhiali da sole che mascheravano una buona parte del suo volto e lei rimase piacevolmente sorpresa.
< E' già iscritto ad una scuola calcio? > chiese lui.
Amanda non riuscì a mettere i pensieri uno dietro l'altro in modo ordinato. La persona davanti a lei era bella. Molto bella.
I capelli castano chiaro, tendenti al biondo, rilucevano sotto il sole e Amanda dovette reprimere la voglia di passarci le dita dentro.
Si forzò di fissare i suoi occhi, ma quello fu un altro errore. Erano verdi bottiglia, e lei era sicura di non aver mai visto niente di simile; a sorprenderla fu però lo sguardo sbarazzino e strafottente che le rivolgeva. Come era possibile che le stesse chiedendo di suoi figlio, che si stesse interessando a lui e che avesse negli occhi uno sguardo simile?
E le sue labbra. Piene e a cuore. Semplicemente perfette, da baciare, mordere..
Amanda spostò lo sguardo dal ragazzo sconosciuto alla sua moto per darsi il tempo di riprendersi.
Era da troppo tempo che non si sentiva così interessata ad un ragazzo ed era sicura che quello non era certo il tipo per cui perdere la testa.
< Signora? > la chiamò, attirando la sua attenzione.
Fu costretta a spostare lo sguardo ancora su di lui, ma si forzò di non farsi prendere dal panico: era solo un tipo, uno strano tipo, che le chiedeva cose che non lo riguardavano su Connor. Bastava rimetterlo al posto suo e mandarlo al diavolo.
< No, al momento non è iscritto ad una scuola calcio. Perchè me lo chiede? > riuscì a dire.
Lo sconosciuto fece un mezzo sorriso e lei si prese il tempo per dare una rapida occhiata al suo abbigliamento. Maglia bianca, jeans sbiadito e giubbotto da motociclista. < Sono un osservatore, diciamo così >
Dall'interno dell'auto, Connor parve risvegliarsi dal suo gioco e abbandonò per un momento i soldatini. < Posso scendere, mamma? > chiese, sporgendosi tra i sedili.
< No, Connor, stiamo andando via >
Connor sbuffò, ma tornò al suo posto. Amanda lo guardò per un momento, per assicurarsi che non facesse di testa sua, ma il figlio era seduto sul seggiolino con le braccia conserte ed un'espressione accigliata in volto.
Poteva rimanere arrabbiato per tutto il tempo che voleva: lei non l'avrebbe fatto avvicinare a quel tizio.
< Le consiglio di iscriverlo presto, signora. Suo figlio è molto bravo > le disse il ragazzo.
Le lo fissò stranita. Quel tipo era stato a fissarli per tutto il tempo che loro avevano giocato? Era un comportamento normale? Doveva forse passare per la polizia e avvisare che c'era questo tipo strano?
Lui si accorse dell'occhiata con lei gli rivolse e si difese alzando le mani e retrocedendo di qualche passo.
< Vi ho sentiti ridere e mi sono avvicinato e così vi ho visti giocare > si giustificò.
Amanda parve placarsi un poco per quella spiegazione e rilassò le spalle, ma non smise di fissarlo stranita.
< Ci pensi > disse lui
< A cosa? > chiese lei, che si era persa  dentro quegli occhi verde scuro. Le pareva esattamente il tipo di persona da cui doveva stare lontana.
< Alla scuola calcio >
< Ha detto che mi iscrive l'anno prossimo > s'intromise Connor.
< Perfetto allora > lo sconosciuto sorrise e tornò in sella alla sua moto. Si infilò il casco e sparì dalla sua visuale in sella alla moto nera.
Amanda rimase per un momento ferma, tra l'abitacolo della macchina e la portiera ancora aperta. Si ridestò quando si sentì chiamare da Connor.
Mise in moto svelta e uscì dal parcheggio.
Che diavolo voleva quel tizio? Ma soprattutto chi era? 

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Capitolo 3
*** E - MAIL ***


Il suo ufficio, o forse era meglio definirlo come lo spazio comune che condivideva con tutti i suoi colleghi, le piaceva solo di tanto in tanto.
Aveva un certo non so che, che la portava a ripensare ai tempi in cui ancora andava a scuola, e di quel periodo Amanda non aveva tutti ricordi idilliaci; o forse sarebbe stato meglio dire che ce li aveva, ma solo con una sola persona, che ormai non c'era più.
Si trattava di un openspace con cinque scrivanie  messe a ferro di cavallo, in modo che tutti potessero vedersi, grandi finestroni sul lato destro della stanza e dietro l'angolo una piccola cucina dotata di una macchina per il caffè eccezionale.
Amanda entrò dalla porta principale e alzò la mano in segno di saluto rivolto al suo capo e poi si recò nello stanzone, sapendo  che tutti gli altri colleghi erano già presenti.
Lei era l'unica ad avere il permesso di arrivare mezz'ora più tardi in ufficio per via di Connor. L'asilo apriva alle nove e un quarto della mattina e lei avrebbe dovuto iniziare alle nove. Non poteva permettersi di pagare la baby sitter anche tutte le mattine e così, con felice consenso del suo capo, arrivava mezz'ora dopo al lavoro e veniva pagata per mezz'ora di meno.
Posò la borsa sotto la scrivania ed accese il computer, il tutto in gesti meccanici.
Inserì la sua password, la più banale che potesse scegliere: ConnorRanieri, nome e cognome del figlio, e poi si diresse verso il cucinino da cui provenivano le voci dei suoi colleghi.
< Buongiorno > salutò quando entrò.
< Hei, Mandy. Come va? > Amelia la salutò calorosamente, porgendole una tazza di caffè fumante.
< Grazie > Amanda alzò la tazza riconoscente < Tutto bene. Voi come state? >
Jessica fece un risolino e sventolò la sua mano sinistra sotto il naso di Amanda, che notò un particolare che il giorno prima non c'era: un anello di fidanzamento degno di essere chiamato tale. Il diamante era decisamente il primo protagonista di quella scena.
Amanda fece una smorfia compiaciuta e poi posò due baci sulle guancie di Jessica. < Complimenti > le disse con un sorriso sincero.
Il suo pollice toccò immediatamente l'anellino in argento, una semplice fascia rotonda, che troneggiava sull'anulare destro di Amanda, ed i suoi pensieri volarono a Luca.
< Oh bé, visto che siamo in un momento di confidenze.. > Josh si schiarì la voce, attirando l'attenzione di tutti su di sé. < Il mese prossimo mi trasferiscono alla sezione sportiva > disse felice.
< E' fantastico, Josh! > strillò Amelia, saltandogli al collo.
Amanda aveva sempre immaginato che tra i due ci fosse del tenero, ma non credeva che di averci effettivamente azzeccato. Pensò per un momento alla fidanzata di Josh, ma poi si rimproverò di farsi i fatti suoi, e di non intromettersi.
< Quindi rimarrai l'unico maschietto qui, Adam > Jessica si posò la mano sinistra sul fianco mentre si rivolgeva all'altro uomo del gruppo.
Amanda capì che quella di Jessica era una mossa studiata per far cadere lo sguardo sulla mano, e quindi inevitabilmente sull'anello; come se la bionda necessitasse che l'attenzione di tutti fosse concentrata sui particolari del suo matrimonio.
Amanda però non era il tipo di ragazza da fare domande così particolari e ancora una volta si meravigliò di come fosse possibile che proprio lei lavorasse come giornalista, e per di più per la sezione di gossip. Certo era che si trattava di un giornale di seconda mano, comprato quasi dalla metà di un terzo dei classici lettori di gossip, ma era pur sempre qualcosa che non rientrava nelle sue corde.
Tornò a concentrarsi sulla conversazione che si svolgeva davanti a lei.
< ..male come sembra > Amanda sentì solo l'ultima parte di quello che stava dicendo Adam.
< Oh, si! Immagino debba essere fantastico continuare a scrivere per il resto della vita di ricchi viziati che saltano da una parte all'altra > lo canzonò Josh.
< Hei, sto cercando altro. Cosa credi?> Adam si risentì della battuta pungente del collega.
< Sono tempi duri > Amelia parlò come se la sapesse lunga.
Amanda si voltò verso di lei e quando constatò che aveva parlato per dire qualcosa, giusto per usare una frase di circostanza, si innervosì un poco.
Amelia non aveva nessun tipo di problema economico: era figlia di un ricco rivenditore di petrolio e da quando aveva capito Amanda, quel lavoro le serviva solo per tenere a bada il padre mentre lei continuava la sua scalata alla ricerca dell'uomo perfetto da sposare; magari uno con un certo conto in banca.
Si chiese come aveva classificato Josh e sperò per lui che non si trattasse di un altro giocattolo da usare fino a quando non avesse trovato di meglio sulla piazza.
Amanda cercò di fare un sorriso rassicurante ad Adam, mentre nella sua testa continuava a ripetersi di smetterla con quei giudizi affrettati verso i suoi colleghi.
Ripensandoci però, non si trattava di nulla di affrettato. Amanda lavorava con quelle quattro persone da tre anni, e grazie alle sue doti di ottima osservatrice, o almeno questo è quello che tutti continuavano a ripeterle - dai genitori, ai professori e di tanto in tanto anche il suo capo - aveva capito perfettamente che tipo di persona erano i suoi colleghi e volendo avrebbe potuto scrivere qualche pagina su ognuno di loro.
Non erano cattive persone, questo no. Solo che ognuno era perso nelle sue idee e credeva che fosse giusto il proprio modo di vivere.
Amelia era in cerca del marito perfetto che le permettesse di non fare nulla per il resto della vita e nel frattempo abusava del patrimonio del padre, utilizzando lo stipendio del giornale per pagarsi l'affitto del super attico che aveva preso in affitto in centro città. La ricerca del marito da accalappiare non la fermava però dal saltare da un letto all'altro, anche se lei chiamava questa sua attività come: trovare nuove cose su cui scrivere.
Jessica aveva finalmente fatto in modo che James le mettesse al dito l'anello che lei tanto voleva, e questo dopo anni di relazione e un colossale spauracchio di una possibile sua gravidanza. Jess era una di quelle persone che amavano vantarsi del proprio fidanzato e ad un certo punto della vita necessitavano che il "fidanzato" diventasse qualcosa di più, o nessuno avrebbe più prestato attenzione alle loro chiacchiere.
A parere di Amanda, Jessica semplicemente aveva bisogno della figura che James avrebbe rappresentato o altrimenti la madre e la sua cerchia di amiche avrebbero storto il naso se lei le avesse fatte aspettare ancora.
Josh.. Josh era la versione maschile di Amelia. Motivo per cui Amanda credeva che quei due andassero tanto d'accordo. Chissà, magari una volta che entrambi avessero trovato un ricco consorte avrebbero potuto continuato a vedersi, magari a diventare amanti.
Adam invece pareva essere quello con un barlume in più di responsabilità. Lavorava al giornale perchè gli servivano i soldi e quello era un lavoro piuttosto stabile e con uno stipendio assicurato; una volta, però, Adam le aveva raccontato che il suo sogno era quello di diventare un reporter di cronaca nera. Due universi decisamente paralleli quello per cui voleva lavorare e quello per cui lavorava.
Quindi ora Adam diceva che stava cercando.. Che avesse fatto qualche domanda presso qualche altro giornale?
Amanda si ripromise di fargli qualche domanda quando sarebbero rimasti soli, nel pomeriggio.
Erano un quartetto piuttosto strano, ma tutto sommato ad Amanda piacevano, di tanto in tanto e quando la sua mente era abbastanza libera dai soliti pensieri che non la lasciavano mai libera. Le pareva quasi di lasciarsi andare e di potersi immergere per qualche attimo nella vita agiata e frivole che loro tenevano.
Già, perchè per quando Adam cercasse altro e puntasse ad un diverso stile di vita, era pur sempre figlio di una famose scrittrice di gialli - la nota Melinda Lopez - che non faceva mancare nulla al "suo piccolino", e più di una volta Adam aveva approfittato della situazione.
A lei piaceva potersi sentire, anche solo per pochi attimi, parte di quella vita spensierata; quella in cui l'unica cosa che conta veramente è preoccuparsi di che colore mettere lo smalto per fare in modo che non cozzi con il resto del vestiario, o di che colore comprare una nuova camicia.
Le piaceva sentirli raccontare delle loro notti brave, di come si fossero ubriacati, di qualche fosse l'ultimo posto alla moda in cui erano stati, il ristorante migliore. Ad Amanda sembrava quasi di essere stata lì con loro, di aver riso con loro, di aver indossato tacchi altissimi e vestiti super aderenti e di essere uscita per fare baldoria assieme a quei pazzi sconsiderati.
Ma la realtà tornava a svegliarla sempre troppo presto, quando uno di loro le chiedeva di Connor e lei, con un sorriso sincero, vero e dettato dall'amore vero, raccontava di quanto il suo piccolo uomo fosse semplicemente fantastico.
< E dove staresti cercando? > Josh alzò un sopracciglio, fissando sorpreso il collega.
< Per un giornale vero > rispose mestamente Adam. Quindi Amanda aveva visto giusto.
< Non potresti semplicemente chiedere a tua madre? > Jessica parlò in modo quasi automatico, credendo che fosse assolutamente normale fare quel tipo di domanda.
Adam fece una smorfia di disappunto. < Non mi va di metterla in mezzo >
< Ma se è per una giusta causa? > provò Amelia.
< Andiamo, pensate che umiliazione! > Adam scacciò i loro commenti con un gesto stizzito della mano.
< Fallo ragionare tu Mandy! > Josh guardò Amanda con un sorriso furbo.
< Io? > Amanda strabuzzò li occhi. Come avrebbe potuto far ragionare lei Adam?
< Lascia perdere Mandy. > Adam le fece un sorriso rassicurante e le strinse una spalla, prima di sorpassarla e dirigersi verso la sua scrivania.
Amanda bevve l'ultimo sorso del suo caffè e poi si diresse anche lei verso la sua scrivania, assieme a tutti gli altri.
L'atmosfera divenne in un momento più vivida: i telefoni squillavano vivacemente e tutti erano impegnati in conversazioni più o meno minacciose, cercando di ottenere varie interviste. Ad Amanda venne in mente quella che il giorno prima era saltata per via di quel pallone gonfiato di Rogers. A quel punto le vene in mente che voleva avere più notizie su di lui.
Aprì il motore di ricerca e cominciò a scrivere il suo nome, quando il suo telefono squillò.
< Amanda Allen > rispose senza nemmeno guardare se il numero fosse interno o esterno alla redazione.
Amanda riconobbe immediatamente la risatina del suo capo, prima ancora che lui aprisse la bocca per annunciarsi. < Mandy, sono Mike >
< Oh, scusa. Non ho guardato da dove provenisse la chiamata > si giustificò
< Nessun problema. Senti, volevo sapere dell'intervista di ieri >
< Si.. ehm.. > Amanda cercò di pensare in fretta. Non poteva certo dirgli che aveva "sprecato" tutto il pomeriggio al parco a giocare con Connor piuttosto che tornare in ufficio e sbrigare la corrispondenza della posta del cuore che le aveva affidato Mike. Anche se lei avrebbe voluto mettere i puntini sulle i e far capire al suo capo che passare del tempo con il figlio, per lei, non significava sprecare tempo.
Tergiversò ancora un po' fino a quando non trovò la cosa giusta da dire che avrebbe tenuto buono Mike. < Mi hanno fatta aspettare un po', ma tutto sommato non è andata male > in fondo era vero: l'avevano fatta aspettare un po', un bel po', su un divanetto  e poi la bionda le aveva detto che non si sarebbe fatta l'intervista,  ma non era andata male perchè poi era stata con Connor.
< Oh, meno male. Sai, dicono che quel Rogers sia uno piuttosto montato. Credo che sia perchè la sua fama da calciatore lo anticipa >
Calciatore? Amanda pensava di dover intervistare un altro imprenditore tronfio e pieno di sé, non aveva per nulla capito che si trattasse di uno sportivo. Se possibile, la notizia che le aveva dato Mike non era per nulla incoraggiante: il fatto che ora lei avrebbe dovuto per forza di cose mandare una mail al suo agente per avere notizie su quando si sarebbe potuta fare quella benedetta intervista, non avrebbe fatto altro che ingigantire la presunzione di quel tipo.
Amanda sbuffò. < Oh, no. Sono stati tutti molto cortesi > mentì. Soprattutto la bionda, avrebbe voluto aggiungere.
< Bene. Appena è pronta l'intervista vorrei leggerla. >
< Probabilmente ci vorrà qualche altro incontro > Amanda mise le mani avanti, per prendere tempo.
< Si, si. Prenditi tutto il tempo che vuoi. Sai > iniziò con tono fiero < Siamo gli unici a cui Rogers ha concesso un' intervista >
Se voleva tenersi il posto, per Amanda sarebbe stato necessario contattare l'agente di Evan Rogers e fissare immediatamente l'incontro.
 
 
Aveva cercato per tutta la mattinata l'indirizzo mail dell'agente di Roger, pur avendo a disposizione il numero di telefono.
Per come la vedeva lei, scrivere una mail le avrebbe concesso di pensare bene a cosa scrivere e di rileggere tutte le volete che voleva il contenuto, per poi decidere se inviare o meno.
Cercò sia nell'agenda cartacea che in quella dei contatti che aveva salvato sul computer. Setacciò ogni angolo della sua scrivania, catturando l'attenzione dei suoi colleghi.
< Che combini, Mandy? > le chiese Amelia, comparendo accanto a lei, che se ne stava accovacciata a scavare nei cassetti che fine avesse fatto fare a quel maledetto bigliettino che le aveva dato Mike.
< Cerco il biglietto da visita dell'agente di Rogers > spiegò con il fiato grosso per la posizione scomoda.
< Basta chiedere, tesoro. Te lo do io > Amelia si allontanò ed Amanda scattò in piedi, seguendola.
< Come fai ad avere il suo biglietto da visita? >  le chiese, sistemandosi la maglietta sui fianchi.
Amelia scrollò le spalle < Ci uscivo qualche mese fa >
< Oh > Amanda afferrò il biglietto da visita che le veniva porto dalla collega e fece un sorriso di ringraziamento.
Tornò alla sua scrivania ed aprì la casella delle mail.
 
Salve Oliver,
sono Amanda Allen, ci siamo sentiti per l'intervista di Mr Rogers che purtroppo non si è svolta. Mi chiedevo quando
 
No, troppo informale. Si erano sentiti solo due volte ed entrambe le volte per telefono ed Amanda aveva avuto come il sentore che Tuckson fosse preso da altro.
 
Salve Mr Tuckson,
sono Amanda Allen da !SCOOP!.
Come immagino che lei sappia, l'intervista di ieri con Mr Rogers purtroppo non si è tenuta.
Le scrivo per avere informazioni su quando si sarebbe potuto rimandare l'impegno
 
No, ora era decisamente troppo formale.
Amanda cancellò ancora quello che aveva scritto e pensò che avrebbe dovuto scrivere qualcosa che avrebbe dovuto attirare l'attenzione dell'agente di Rogers. Doveva fargli credere che se non avessero più voluto concedere l'intervista ci avrebbero perso parecchio. Insomma, scrivere qualcosa che catturasse l'attenzione, qualcosa come le prima righe introduttive di una articolo per cui tutti si complimentavano con lei.
Prese un respiro profondo e cominciò ad elaborare nella sua testa. Doveva ricordarsi che stava scrivendo ad un uomo che lavorava per un calciatore, quindi non troppi formalismi, ma nemmeno troppo pochi.
Una lampadina si accese nella mente di Amanda.
 
Salve Mr Tuckson,
sono Amanda Allen, si ricorda di me?
Le scrivo per avere notizie a proposito dell'incontro.
A presto,
Amanda
 
Sapeva benissimo che non aveva dato praticamente nessuna informazione su di sé e di essere stata piuttosto vaga e che con la parola incontro Oliver Tuckson avrebbe potuto pensare di tutto, ma le serviva che lui fosse incuriosito da quell'e - mail, in modo che le rispondesse e anche con una certa velocità.
Sapeva bene che se avesse scritto per quale rivista lavorasse, e il motivo per cui scriveva, probabilmente lui non l' avrebbe degnata nemmeno di un cenno, soprattutto se la bionda aveva raccontato della sua scarsa professionalità del giorno prima.
Cosa le era saltato in mente a dire a quella donna che avrebbero dovuta chiamarla loro? Sapeva bene che quello era il lascia passare per far cadere nel dimenticatoio un intervista.
A volte Amanda rimpiangeva il fatto di non essere tanto sfacciata come Amelia, Jessica, Josh e Adam, in alcuni casi. Di non avere quel temperamento che le consentiva di prendersi quello che voleva con una certa fretta e frenesia.
Lei era troppo rispettosa dei desideri altrui, di quello che gli altri avrebbero potuto pensare di un comportamento tanto spigliato e poco coscienzioso.
Però ora era soddisfatta di quello che aveva fatto e constatò con un sorriso sulle labbra che quella assolutamente non era la solita Amanda.
Aveva inviato ad un uomo una mail ingannatrice per ottenere un intervista che aveva capito essere decisamente importante il suo capo, e lei voleva assolutamente che Mike non avesse nulla da dire su di lei; non lo faceva perchè era una ruffiana ma perchè aveva bisogno di quell'entrata, soprattutto ora che stava pensando di venere l'auto per permettere a Connor di andare alla scuola calcio.
In fondo il piccolo l'anno successivo avrebbe avuto sei anni e sarebbe andato alle elementari, che erano decisamente più vicine a casa e così avrebbe potuto accompagnarlo a piedi e poi da lì prendere la metro fino al giornale.
Era una cosa fattibile, dopo tutto.
Il bip di una nuova mail la distrasse dal corso dei suoi pensieri.
 
Salve Amanda,
mi potrebbe ricordare il motivo dell'incontro?
 
Amanda fu piacevolmente sorpresa dal fatto che Oliver Tuckson le avesse risposte con una tale celerità, anche se trovò strano che non fosse firmato.
Tirò un sospiro di sollievo e pensò a cosa rispondere alla mail.
Amelia si materializzò di nuovo alle sue spalle e lesse cosa Oliver le avesse scritto.
< Olly è piuttosto facile da stanare. > le disse, con lo sguardo incollato sullo schermo. < Devi illuderlo un pochino > le fece l'occhiolino.
< Cosa? No.. Io non intendo.. > Amanda cercò di formulare una frase che avesse abbastanza senso ma non ci riuscì.
< Non ti preoccupare, capisco che possa averti affascinata. L'ha fatto anche con me > Si strinse nelle spalle e poi si allontanò diretta versa la fotocopiatrice.
Amanda la seguì per parlarle con un minimo di privacy.
< Non volevo fare colpo su di lui > le disse
Amelia fece un risolino e continuò a trafficare con la fotocopiatrice. < Non devi giustificarti con me, Mandy, Olly è davvero un gran bell'uomo e saresti una sciocca a non provarci >
< Io.. non.. > Amanda sbuffò frustrata. Voleva far capire ad Amelia che aveva solo bisogno di catturare l'attenzione di Tuckson perchè fissasse l'intervista e facesse in modo che il suo cliente si presentasse, per darle modo di dare a Mike quello che lui aveva chiesto, ma si trattenne, non sapendo fino a che punto poteva fidarsi di Amelia.
Per tutti quegli anni lei non aveva mai peccato in nulla nel suo lavoro e non voleva che Amelia potesse pensare male di quello che aveva fatto o che potesse approfittarne per metterle i bastoni tra le ruote.
< Avanti, Mandy! > Amelia ridacchiò ancora. < Avresti almeno potuto chiamarlo. >
< Non è come credi >
< Ah no? >
< No >
< E com'è allora? >
Forse, pensò Amanda, era meglio se le facesse credere di essere interessata a Tuckson nel senso fisico della situazione e non lavorativo. Avrebbe sopportato il chiacchiericcio di Amelia per un po' di tempo e poi sarebbe andata oltre.
< Vedi? Non mi rispondi neppure > le fece notare Amelia.
Amanda parlò di getto, presa alla sprovvista dal fatto che la collega volesse insistere sul fatto che ad Amanda potesse interessare Oliver Tuckson. < Mi serve per fissare l'intervista con Rogers >
Non appena pronunciò quella frase si morse la lingua.
< Ma non l'avevi fatta ieri? > Amelia aggrottò le sopracciglia.
< Si, certo > annuì vigorosamente e si impose di pensare in fretta. < Ma, sai, dobbiamo rivederci > disse poi, cercando di placare i battiti accelerati del suo cuore.
< Chi, tu e Oliver o tu e Rogers? > Amelia ammiccò maliziosa. < Non sapevo ti piacessero quei tipi di ragazzi, magari qualche sera esci con me e te ne presento qualcuno di meglio >
Amanda avvampò. Non aveva idea cosa intendesse lei per "quei tipi di ragazzi", ma ora che sapeva che Evan Rogers era un calciatore, poteva intuire facilmente che si trattasse del tipo di ragazzi da cui tutti si innamorano, ma di cui tutti si mettono in guardia l'una con l'altra. In una sola parola: guai. Amanda non aveva proprio il tempo per poter pensare a uomini come loro.
Amanda non aveva né il tempo, né la voglia, per pensare agli uomini in generale; non dopo l'ultimo disastroso appuntamento con un contabile occhialuto che per tutta la serata non aveva fatto altro che parlare dell'importanza dei numeri nella vita, di come tutto, dal semplice alzarsi dal letto a fare un pensiero più ardito del solito, potesse essere tradotto in numeri.
Era in momenti come quelli che Amanda avrebbe voluto avere a disposizione la bella faccia di Luca: per tirargli un sonoro schiaffo ed incolparlo di averla abbandonata in una giungla, o meglio in una gabbia di matti.
E ora Amelia le diceva che voleva presentarle qualcuno dei suoi amici? Meglio di Rogers e Tuckson? Si sentiva decisamente spaventata da quella proposta.
< Lo sai Melly che ho Connor > cercò di denigrare la sua proposta in modo elegante.
< Oh, c'è sempre la baby sitter > Amelia fece un gesto con la mano e schiacciò un pulsante sulla fotocopiatrice.
< Be', in ogni caso, non ho intenzione di rivedere Tuckson per i motivi che credi tu > disse Amanda, riacquistando un briciolo della sua sicurezza.
< Per qualsiasi motivo tu voglia vederlo, dolcezza, non è con me con cui devi giustificarti. Anzi, se hai bisogno di qualche consiglio, io sono qui >
Amanda si morse l'interno della guancia per evitare di risponderle male. < Vado in pausa pranzo > disse.
Afferrò la borsa e uscì dalla stanza, per andare a mangiare sui gradini della biblioteca che c'era di fronte alla redazione a mangiare il panino che si era preparata quella mattina a casa e a leggere qualche altro capitolo del libro che aveva preso in prestito la settimana prima.
Magari in questo modo si sarebbe distratta da Melly e le sue stupide convinzioni che lei volesse veramente uscire con Tuckson. Ci aveva parlato sporadicamente e solo per telefono; non sapeva nemmeno che aspetto avesse!
 
Rimasta in ufficio, Amelia, finì di fare le sue fotocopie e proprio mentre stava tornando alla sua scrivania per uscire ed andare a mangiare un boccone con la nuova fiamma, vide lo schermo del computer di Amanda ancora illuminato.
Si avvicinò, incurante della privacy della collega: se non avesse voluto che qualcuno ficcasse il naso nei suoi affari, avrebbe potuto spegnerlo.
Sullo sfondo c'era una foto che ritraeva lei, un neonato, che immaginò fosse Connor e un ragazzo dai capelli scuri.
Amelia non badò più di tanto alla terza figura nella foto; ignorò completamente il fatto che quel ragazzo sorridente, con in braccio il piccolo Connor e  lo sguardo fisso su Amanda, potesse essere il padre del bambino; ignorò il fatto che mai prima di quel momento aveva mai visto la foto dello sfondo del computer della sua collega. Il suo scopo era quello di aprire la posto e dare una piccola spinta a questa cosa con Oliver, anche se Amanda stessa le aveva detto che non era come lei pensava.
Certo, non è mai come si pensa. Amelia fece un risolino mentre scriveva. Rilesse prima di inviare e poi soddisfatta cliccò sul destino di Amanda.
Richiuse la finestra e poi si affrettò ad uscire, prima che gli altri le facessero domande a proposito del fatto che stesse trafficando con il computer della dolce bionda ingenua di Amanda.
Uscì dall'edificio ed indossò gli occhiali da sole. Si avvicinò al marciapiede ed agitò una mano per richiamare un taxi. Proprio mentre stava per salirci, individuò Amanda dal lato opposto, con un libro in mano.
"Mi ringrazierai" pensò. "Quando Oliver ti regalerà la migliore notte della tua vita, correrai dritta da me e mi supplicherai di intromettermi altre cento volte nella tua vita".
Con un sorriso soddisfatto corse incontro ai suoi impegni. 

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Capitolo 4
*** L'OSSERVATORE ***


Il pomeriggio precedente non aveva avuto tempo di controllare la posta, visto che aveva parecchi arretrati con la posta del cuore. Così Amanda non si era più preoccupata di dare una risposta ad Oliver Tuckson.
Semplicemente aveva lasciato perdere, convinta che avrebbe potuto fargli sapere più avanti di quale incontro parlasse, in modo da lasciarlo sulle spine per aumentare la sua curiosità ed ottenere quindi una risposta ancora più veloce di quella che era seguita alla sua mail. E poi, in questo modo, Amanda aveva più tempo per pensare a come rispondere.
In quel momento però, non stava affatto pensando alla mail di Mr Tuckson o alle domande da rivolgere ad Evan Rogers per l'intervista.
No. Amanda si stava preoccupando perchè Connor si lamentava di un tremendo mal di pancia e lei doveva andare a lavorare al caffè.
Passò una mano tra i capelli scuri del piccolo e trattenendoli indietro poggiò la sua guancia sulla fronte del figlio. < Accidenti > mormorò, sbuffando. Scottava troppo per i suoi gusti.
Si alzò in piedi e corse in bagno a cercare il termometro, mentre, con il telefono tra la spalla e l'orecchio, intimava a  Cassy di rispondere.
< Pronto? > la voce assonnata della baby sitter la fece quasi esplodere di gioia.
< Ciao, Cassy, sono Amanda > disse trafelata, mentre ancora cercava il termometro nel cassetto delle medicine.
< Ciao > sbadigliò l'altra.
Trovò finalmente il termometro e lo tirò fuori, esultando di gioia. < Senti, lo so che devo chiamarti con un certo preavviso, ma è un'emergenza > si incamminò verso la stanza di Connor e gli infilò il termometro in bocca, sotto la lingua.
< Mmm? > fece la ragazza dall'altro lato.
< Ho bisogno che tu venga qui per Connor. Devo andare a lavoro e lui sta poco bene. > parlò con tono di supplica.
< Ma che ore sono? > chiese l'altra, con la voce impastata.
< Le sei > Amanda chiuse gli occhi ed incrociò le dita, sperando con tutta sé stessa che Cassy non la mandasse al diavolo per averla svegliata così presto.
< Cazzo, ho dormito per solo tre ore! > sbuffò la ragazza.
< Ti prego, Cassy. > Amanda sospirò, aspettandosi già una risposta negativa. Cominciò a pensare a che scusa usare con Jasmine e Elionor, le titolari del bar.
<  Okay, okay. Tra mezz'ora sono lì > Cassy attaccò senza nemmeno aspettare il ringraziamento di Amanda; in fondo, quei soldi le facevano comodo.
 
Connor aveva il broncio, mentre fissava la madre indossare dei pantaloncini e una maglietta. Voleva che lei rimanesse con lui a coccolarlo e che non andasse a lavoro.
Amanda gli baciò di nuovo la fronte incandescente e gli promise che sarebbe tornata presto.
< Mamma, rimani con me? > tentò ancora Connor.
Amanda lo fissò con gli occhi lucidi. Avrebbe voluto dire di sì, avrebbe voluto mandare al diavolo quel secondo lavoro ed approfittare di quella scusa per stare a casa e riposarsi, oltre che passare del tempo con il piccolino; ma non poteva. Le tornò in mente della scuola calcio di Connor, delle bollette da pagare, della spesa da fare.
< Ti prometto che torno presto > sorrise, per non far capire al piccolo quanto anche lei fosse in disappunto.
Sentirono il campanello della porta risuonare all'interno dell'appartamento ed Amanda volò ad aprire il portone a Cassy.
< Non sei felice che venga Cassandra? > domandò al figlio.
Connor annuì mogiamente, rivolgendo uno sguardo carico di sofferenza alla madre, prima di tornare a fissare la televisione.
< Avanti, Con. Fa un bel sorriso o Cassy potrebbe pensare che ce l'hai con lei > Amanda cercò di smuoverlo da quello stato, non sopportando di vederlo così triste.
Connor sbuffò e Amanda si sentì terribilmente in colpa.
Aprì la porta per accogliere una Cassandra decisamente poco cordiale e ancora profondamente assonnata.
La diciottenne superò Amanda ed andò a buttarsi sul divano accanto a Connor. < Hei, Conny bello! Mi hai fatta svegliare all'alba > gli disse.
Amanda afferrò una giacca leggera e se l'appoggiò al braccio, mentre con lo sguardo continuava a cercare le chiavi della macchina.
< Scusa > farfugliò il bambino.
< Amico, lo sai che il venerdì sera esco sempre con Brad. Cosa ti è saltato in mente a stare male oggi? Ti stai trasformando in un fidanzato geloso? > scherzò Cassy. Ma non fece nessun effetto su Connor che la guardò stralunato.
< Io volevo che restasse la mamma > piagnucolò.
Amanda sentì di nuovo il suo cuore essere stretto in una morsa d'acciaio. Si avvicinò al figlio e lo abbracciò stretto.
< Amore, la mamma deve andare a lavoro. Ma ti prometto che torno presto e che domani farò il possibile per stare più tempo con te. Okay? > si allontanò dall'abbraccio e fissò i suoi occhi per leggervi dentro un miglioramento d'umore.
< Va bene > mormorò.
Amanda non era per nulla convinta, ma lo sguardo le cadde sull'orologio al suo polso e vide che era tardi e che se non fosse uscita immediatamente da casa sarebbe arrivata tardi a lavoro.
Lasciò un bacio sulla tempia di Connor e si lanciò in una serie di raccomandazioni con Cassy, prima si correre giù per le scale e mettere in moto la macchina.
Arrivò cinque minuti prima delle sette, notando con piacere che il locale era ancora chiuso e che non si vedeva nessun possibile cliente in giro.
Infilò la chiave nella serrature e girò fino a quando non sentì il click. Spinse la pensate porta e la spalancò.
Accese tutte le luci e si affrettò ad entrare nello spogliatoio per infilare il grembiule e lasciare la borsa.
Il lavoro al caffè era in realtà il primo lavoro che aveva trovato una volta abbandonati gli studi, poco dopo la nascita di Connor.
Era andata avanti quanto più possibile con l'università, cercando di dare un bel numero di esami, in modo da portarsi avanti e poter dedicare del tempo al neonato; solo che non aveva tenuto in considerazione che un bambino, oltre che curato, deve essere mantenuto e il lavoro di Luca non era sufficiente per poter mantenerli tutti e tre e allo stesso tempo pagare le bollette e l'affitto.
Amanda aveva fatto la scelta che riteneva più giusta: aveva abbandonato la scuola e si era immersa nel lavoro, anche se quel particolare le aveva procurato una litigata furiosa con il fidanzato. Lui voleva che lei continuasse a studiare, che si creasse un futuro migliore, e lei invece non voleva che lui sgobbasse talmente tanto da non avere neppure il tempo di guardare Connor in faccia quando tornava a casa. Detestava vederlo sempre così stanco, irascibile e nervoso.
Aveva trovato il caffè quasi per sbaglio, una mattina che era con il figlio. Aveva bisogno di un posto in cui potergli cambiare il pannolino e il bar era l'unico nelle vicinanze, così era entrata ed aveva chiesto del bagno. Amanda però aveva subito notato che il posto era super affollato e che le due ragazze non riuscivano a stare dietro in modo corretto a tutti i clienti e così, di slancio, aveva chiesto se avessero bisogno di una cameriera extra.
Afferrò una spugna e diede una passata ai tavoli, per poi sistemare i menù e i contenitori con lo zucchero su ogni tavolino.
Accese lo stereo e lasciò che gli speaker mattutini cominciassero a parlare e a riempire il locale ancora vuoto.
Preparò il primo caffè della giornata e lo bevve lei, non curante del gusto strano che aveva: a lei piaceva così.
Poi infornò una decina di brioches e tirò fuori dalla dispensa nel retro e dal frigo nella cucina tutti i dolci della casa, sistemandoli minuziosamente nella vetrina dei dolci davanti a cui si fermavano in parecchi.
< Ciao Mandy > la salutò Jim, il cuoco.
< Hei Jim > Amanda ricambiò il saluto e poi tornò ad occuparsi della sala, iniziando a dare una pulita per terra.
< Buongiorno > salutò qualcuno.
Amanda non si girò, era impegnata a spazzare via una piccola palla di polvere che si era formata sotto una panca. < Salve. Si accomodi pure, arrivo tra un attimo > disse però con voce cordiale.
Trascinò tutto lo sporco che aveva racimolato fino alla cucina, dove avrebbe potuto raccoglierlo con gesti semplici e non dettati dal bon ton, per poi gettare tutto nella pattumiera.
< Ancora con la fissa che davanti ai clienti non si fanno certe cose? > Jim le sorrise e Amanda scrollò le spalle.
< Le abitudini sono dure a morire > Jasmine, una delle proprietarie, salutò Jim con un bacio sulla guancia, prima di rivolgere un sorriso ad Amanda.
< Buongiorno, piccola > la salutò Jim.
Jas e Jim stavano assieme da sempre, per quanto ricordava Amanda. Già quando lei aveva iniziato a lavorare lì quei due facevano coppia fissa.
Amanda corse di nuovo indietro nella sala per lasciare un po' di privacy ai due ragazzi.
< Eccomi qui > sorrise al cliente, seduto su uno sgabello e con i gomiti appoggiati al bancone.
< Cosa le porto? > chiese Amanda, mantenendo il sorriso.
< Un caffè e una fetta di quella torta > disse l'uomo, indicando una torta alle fragole.
Amanda si destreggiò dietro al bancone con gesti sicuri e quasi meccanici, con la bravura di chi faceva quel lavoro da sempre ed andando quindi a colpo sicuro.
Sistemò una fetta triangolare di torta su un piattino rosso e poi ci spolverò sopra un po' di zucchero a velo; posò una forchetta al lato della torta e la porse al cliente. Subito dopo prese una tazza dello stesso colore del piatto e la riempì di caffè.
Gli fece un sorriso affabile e poi uscì dal bancone per dare una sistemata anche ai tavoli che erano fuori.
Lanciò un'occhiata all'uomo seduto al bancone e pensò che fosse davvero un tipo strano: seppure era in un posto chiuso aveva il cappello calato sulla fronte e gli occhiali da vista ancora addosso.
Ad Amanda scappò un risolino, pensando che di gente strana ne aveva vista, ma forse quel tipo li batteva tutti, considerando che indossava anche una pesante felpa  nonostante le temperature fossero alte; pareva quasi che volesse nascondersi, o meglio confondersi.
Non ci fece poi più di tanto caso  e finì di sistemare, cercando di darsi una mossa fin tanto che era tutto così calmo in modo da poter inviare un messaggio a Cassy e sapere se con Connor era tutto a posto.
< Ciao, Mandy! > la salutò Elionor, l'altra proprietaria del posto e sorella di Jasmine.
< Ciao, Elly > Amanda le sorrise e poi si fermò un attimo, vedendo che Elionor teneva in precario equilibrio due scatole porta dolci. < Ti aiuto > si offrì, afferrando una scatola.
La portò fino al bancone, dove lo sconosciuto ancora sorseggiava il suo caffè.
< Sono passata in pasticceria da Andy e aveva queste torte per noi. > le spiegò Elionor.
< Sembrano buone > disse Amanda guardandole per metterle nella vetrina assieme agli altri dolci.
< Lo sono. > rispose Elly con tono colpevole. < Lo so che avevo detto che avrei evitato i dolci per un po' ma ad Andy serviva il mio parere > si giustificò.
Amanda fece una risata genuina < Non lo dirò a nessuno >. Poi si chinò e tirò fuori dal forno le brioches e le sistemò in un cestino di vimini proprio sopra la vetrina.
< Mia sorella è arrivata? > chiese Elly
< Si, è in cucina > le rispose Amanda, togliendo il piatto vuoto dello sconosciuto e posandolo nel lavandino.
Elly si diresse dalla sorella, lasciando di nuovo Amanda da sola con quell'uomo misterioso.
< Posso avere anche una fetta di quella torta? > l'uomo indicò una delle tue torte che Elly aveva appena portato.
< Quale? > chiese Amanda
< Quella al cioccolato > disse sicuro.
< Subito > Amanda fece un altro sorriso, una specie di deformazione professionale che le sorelle Mitchell le avevano inculcato nella testa. "Niente si vende meglio di un bel sorriso", le avevano detto una volta ed Amanda aveva fatto di quella frase il suo mantra personale.
< Lavora da molto qui? > le chiese l'uomo, mentre Amanda sistemava la sua torta in un piatto pulito.
< Si, cinque anni > gli rispose mentre spruzzava altro zucchero a velo sulla torta.
< Ma non l'ho mai vista prima d'oggi >
Amanda si fermò e lo studiò per un momento. Non poteva dire se l'avesse già visto prima o meno, perchè l'uomo aveva il visto quasi completamente coperto. < Nemmeno io mi ricordo di lei > gli porse il piatto e poi si voltò verso il lavandino per lavare l'altra stoviglia utilizzata dallo stesso cliente.
< E' una settimana che ho scoperto questo posto e la vedo per la prima volta oggi > riprese l'uomo.
< Svelato il mistero allora: ormai lavoro qui solo durante i fine settimana > Amanda si voltò per rivolgergli un altro sorriso cordiale.
Le sembrava quasi, ogni volta che metteva piede in quel posto, di tornare ad essere la ventenne che cercava un bagno discretamente pulito per cambiare il figlio. Una ragazza giovane e quasi senza pensieri che cercava di rendersi utile.
< Capisco > rispose l'uomo.
Amanda sciacquò la vaschetta ed asciugò il piatto, prima di tornarlo a riporlo al suo posto, nella fila dei piatti rossi. Amava il nuovo servizio che le ragazze avevano acquistato e si ripropose di risparmiare qualcosina in più per riuscire a comprarselo anche lei.
Si voltò di nuovo e trovò gli occhiali da sola dell'uomo appoggiati sul tavolo. La curiosità la vinse ed alzò lo sguardo fino ad incrociare i suoi occhi.
Erano di un intenso verde bottiglia e lo sguardo era sbarazzino, quasi menefreghista. La testa di Amanda si accese come una lampadina. Era il tizio che le aveva detto di iscrivere Connor alla scuola calcio.
Anche lui ricambiò il suo sguardo, ma rimase impassibile quando Amanda spalancò gli occhi.
< Mi ha riconosciuto? > chiese quasi infastidito lui.
Amanda annuì  e poi tolse il piatto ormai vuoto dal bancone. < Poteva dirmi che era lei > lo fissò ancora, indecisa se ammirare quegli occhi così particolari o la sua bocca piena e all'apparenza morbida.
< Cosa avrei dovuto dire, precisamente? > lui alzò un sopracciglio, alludendo alla sua identità.
Amanda lo fissò per un momento e poi storse la bocca, in una smorfia di imbarazzo e divertimento. < In effetti presentarsi dicendo "sono il tizio che le ha fatto domande su suo figlio e il calcio" le avrebbe fatto ottenere un trattamento diverso >
L'uomo aggrottò per un momento le sopracciglia. Non era questo che lui intendeva e non capiva nemmeno a cosa si stesse riferendo la biondina che aveva davanti.
Lui credeva di essere stato scoperto, che lei avesse capito chi lui fosse veramente, visto che si era tolto gli occhiali; invece la ragazza davanti a sé parlava di un bambino, suo figlio, e il calcio? Non ricordava per nulla delle domande a cui si riferiva.
La fissò meglio, cercando di sforzarsi e ricordare dove accidenti l'aveva vista.
Aveva i capelli lunghi di un lucente biondo grano, gli occhi azzurri tendenti al verde, la bocca carnosa. Tutto sommato erano lineamenti dolci e delicati, quelli della ragazza che aveva di fronte ma a lui proprio non veniva in mente dove l'avesse vista. Bevve un altro sorso di caffè, imprecando contro quel mal di testa lancinante dovuto alle poche ore di sonno di quella notte e fece un sorriso d'assenso alla sua interlocutrice, facendole credere che ricordava perfettamente di lei.
Amanda trovò piuttosto strano il comportamento di quell'uomo. Sembrava su un pianeta lontano, a fare chissà cosa e i suoi occhi persero per un momento la loro luce maliziosa per diventare annacquati e stanchi.
Amanda decise di non farci caso e di rimettersi al lavoro. Aveva notato che erano entrati altri clienti e le parve giusto dedicarsi anche a loro, piuttosto che rimanere davanti a quel tipo, di cui non sapeva nemmeno il nome, e continuare una conversazione non molto interessante.
In realtà pensò che sarebbe potuta diventarlo, se lei non fosse stata così tanto fuori allenamento se si fosse ricordata ancora come si facesse a flirtare.
Sussultò impercettibilmente quando si rese conto del tipo di pensiero che aveva fatto.
Era la seconda volta ce vedeva quell'uomo ed era la seconda volta che le venivano in mente certe cose. Era sul serio fuori dal giro da troppo tempo, se le bastava un bel faccino per perdere il nume della ragione. Forse aveva ragione Melly: doveva uscire con lei qualche volta.
Scacciò via anche quel pensiero, decisa a concentrarsi sul lavoro e a non lasciarsi prendere la mano da tutte quelle stupidaggini.
 
Riuscì a ricavarsi un paio di minuti solo a metà mattinata e ne approfittò per telefonare a Connor.
< Hei, Cassy. Come va? > chiese Amanda alla baby sitter.
< Diciamo bene. Gli ho fatto un po' di tè caldo e sto cercando la ricetta per preparare il brodo di pollo. Dice che gli fa ancora male la pancia ma non ha più la febbre >
Amanda fece un sospiro di sollievo. Era sabato: se la febbre continuava ad essere così stabile, entro lunedì Connor sarebbe stato a posto e lei non avrebbe avuto bisogno dell'aiuto di Cassy.
< Meno male. E' sveglio? Me lo passi? >
Cassy passò il telefono a Connor che aveva decisamente una voce meno roca e più rilassata, per la gioia dei nervi di Amanda.
< Allora? Come stai? > gli chiese meno preoccupata.
< Meglio. Cassy mi ha fatto giocare ai videogiochi e in cambio io ho preso le medicine che hai lasciato tu > confessò.
Amanda non se la sentì di rimproverarlo, lasciò semplicemente correre; in fondo era ammalato.  < Va bene, ma non esagerare > disse solo.
< Si. Mamma? >
< Dimmi, amore >
< Oggi pomeriggio posso andare a giocare a calcio al parco? >
< Hai la febbre, Connor > disse esasperata Amanda. Connor era decisamente troppo dipendente da quello sport.
< Ma Cassy ha detto che non ce l'ho più > protestò lui.
Amanda alzò gli occhi al cielo. < Non hai più male alla pancia? >
< Un po' > ammise lui.
< Connor.. > Amanda sbuffò frustrata. Come faceva a spiegare al figlio che lei aveva bisogno che lui guarisse perchè non voleva essere preoccupata per la sua salute e perchè non poteva permettersi di pagare Cassy anche durante la settimana? Non poteva, semplice. Un bambino di cinque anni non avrebbe capito quel ragionamento.
< Fino a quando il dottore non mi dirà che non sei completamente guarito, non andrai da nessuna parte > tentò, sperando di fermare il figlio.
< E quando viene il dottore? > disse arrabbiato lui.
< Domani sera > perfetto, pensò Amanda. Ora aveva la scusa giusta per tenerlo in casa per il week end e per farlo uscire invece il lunedì per portarlo all'asilo.
< Uffa > eruppe Connor.
< Tesoro, devo andare > disse Amanda, notando che la sala era tornata a riempirsi e che Jas e Elly faticavano a gestire tutto.
< Ciao mamma >
< Ciao, piccolo > chiuse la comunicazione e si infilò il telefono in tasca.
Iniziò s sparecchiare il tavoli vuoti e a portare i piatti al bancone dove un'affaccendata Elly si dava da fare per caricare e scaricare la lavastoviglie e per stare dietro ai clienti seduti al banco.
Amanda si avvicinò ad un tavolo e prese le ordinazioni per poi avvicinarsi ancora al bancone e lasciare la comanda ad Elionor mentre lei continuava a girare per la sala raccogliendo le varie ordinazioni e sparecchiando i tavoli.
< Mandy, mi dai il cambio? > le chiese Elly ad un tratto.
< Certo > Amanda fu in un attimo al suo posto ed iniziò ad asciugare i bicchieri prima di leggere le ultime comande che lei stessa aveva portato e che necessitavano di essere preparate.
Si mise all'opera e iniziò a disporre le varie tazze e piatti nei vassoi.
< Mandy, eh? >
Amanda alzò lo sguardo e notò che lo sconosciuto era ancora lì, seduto nello stesso posto in cui l'aveva lasciato qualche ora prima.
< Si. > tornò ad occuparsi del suo lavoro.
< Sta per Amanda? > chiese lui.
< Esattamente > Amanda rispose mentre versava il caffè in due tazze, per poi porgere il vassoio a Jasmine, urlandole il numero del tavolo.
Si sentiva stranamente attratta da quell'uomo, anche se non capiva cosa volesse lui effettivamente volesse.
< E' un bel nome > lui le sorrise e Amanda si perse a fissare ancora di più le sue labbra.
Okay, doveva smetterla o quel tipo l'avrebbe scambiata per una depravata.
Alzò lo sguardo fino ad incontrare di nuovo quegli occhi verde bottiglia e lo ringraziò.
< Io sono James > lui le porse la mano.
< Piacere, James > si asciugò le mani sul grembiule prima di porgere la sua mano destra verso l'uomo e poi stringergliela.
< Allora? Iscriverai davvero tuo figlio alla scuola calcio? >
Amanda non si lasciò sfuggire il fatto che lui si fosse rivolte a lei con il "tu" e non fece capire a lui che lo aveva notato perchè era decisamente più curiosa di sapere cosa importasse a lui se lei avesse iscritto a meno Connor a calcio.
< Come mai ti interessa tanto? > gli chiese, passando anche lei al tono informale.
< Sono un.. osservatore, ecco > gli occhi di lui si staccarono dai suoi e osservarono un punto non definito alle spalle di Amanda, prima di tornare a posarsi su di lei ancora.
< Capisco > rispose lei, iniziando a preparare il secondo ordine.
< Non hai risposta alla mia domanda > le fece notare lui.
Amanda alzò per un attimo lo sguardo, ma questa volta non sorrise, anche se sapeva bene che lui era un cliente del caffè. Tutte quelle domande su Connor la infastidivano e per di più lei doveva ancora mettere in chiaro che quella era la sua vita privata e che lui non poteva semplicemente arrivare ed indagare, facendo domande senza nemmeno essersi presentato a dovere. Ma tutto questo Amanda non lo disse. Rimase zitta mentre preparava i caffè e tagliava le fette di torta o sistemava un cornetto su un piattino.
 
James continuava a fissarla. Si era ricordato chi fosse quella biondina e gli era tornato in mente anche il bambino che aveva visto con lei qualche giorno prima. Il ragazzo era davvero bravo, doveva riconoscerlo, ed era un talento sprecato se ancora non l'avessero iscritto ad una scuola calcio come si deve.
Avrebbe potuto raccomandarne una di buona lui stesso e magari fare in modo che Amanda lasciasse il suo nome perchè ricevesse un trattamento di favore, solo che... Solo che per fare questo, avrebbe dovuto dirle il suo vero nome e non nascondersi dietro quella bugia.
Cosa diamine gli era saltato in mente? Poteva tranquillamente starsene zitto e continuare a farle domande senza nemmeno presentarsi. Lei nemmeno gliel'aveva chiesto il nome. Era stato lui che testardamente se ne era uscito con uno a caso. Perchè poi? Cosa importava darle un nome?
Tornò a fissarla. Ora si era raccolta i lunghi capelli in una coda alta, che oscillava morbida ad ogni suo movimento, sfiorandole la schiena e le spalle ad ogni movimento.
Indossava un paio di pantaloncini di jeans che le fasciavano il sedere in un modo delizioso, lasciando scoperte le sue snelle gambe.
Ecco perchè aveva sentito il bisogno di dare un nome, seppur fasullo, a quella ragazza: era interessato a lei.
In cosa diavolo si era appena cacciato?
Non contento, le parlò ancora, cercando di riportare la sua attenzione su di sé.
< E' davvero bravo > disse
< Chi? > gli occhi di Amanda lo guardarono incuriositi
< Tuo figlio. A calcio > si spiegò lui.
< Oh, Connor > lei fece un sorriso rilassato, dovuto al fatto che stessero parlando di qualcosa che per lei era piacevole.
Rimase a fissare il suo sorriso, quasi in contemplazione di quel viso così bello.
< Dovresti davvero iscriverlo > insistette.
< Si, lo farò > promise lei.
< Bene. Io vado > scese dallo sgabello e lasciò sul tavolo una banconota decisamente più alta rispetto al conto che avrebbe dovuto pagare.
< James, il resto! > lo chiamò lei.
< Considerala  la mia mancia > le sorrise, di nuovo quella luce maliziosa negli occhi. Inforcò gli occhiali e poi uscì dal locale.
Amanda era stupita, quasi sorpresa di quel gesto.
Che quell'uomo fosse strano, ormai era chiaro. Arrivava dal nulla e le diceva di iscrivere Connor ad una scuola calcio, confessando che li aveva guardati giocare, poi se lo trovava sul posto di lavoro ed aveva ripreso con lo stesso argomento.  Le aveva detto di essere un osservatore, e per quanto poco lei se ne intendeva di calcio, sapeva bene cosa significasse.
Luca gliel'aveva spiegato una volta che le aveva chiesto di andarlo a vedere ad una sua partita. Amanda si era sentita estremamente fiera del fatto che sarebbe dovuto rimanere sugli spalti a fare il tifo per lui e dargli la forza necessaria per dare il meglio di sé e convincere un osservatore ad investire su di lui.
Solo che poi, Luca, aveva dovuto rinunciare ai suoi sogni, esattamente come aveva fatto Amanda, per un qualcosa che era decisamente più grande di loro.
Certo, sapeva anche che un osservatore di solito lascia un biglietto da visita o un numero di telefono o fissa un appuntamento; almeno questo è quello che era successo con Luca. Gli avevano lasciato un biglietto da visita e in seguito avevano fissato un appuntamento.
James, lo strano uomo dagli occhi verdi, le aveva solo detto di iscrivere il figlio ad una scuola calcio.
Amanda rimase un po' confusa da quello strano comportamento, ma in fondo le cose potevano essere cambiate dall'ultima volta che lei aveva avuto a che fare direttamente con quel mondo, no? 

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Capitolo 5
*** ANCORA TU ***


Chiuse la porta di casa dietro di sé, cercando di fare il meno rumore possibile, sapendo che a quell'ora solitamente Connor dormiva.
Trovò Cassy con un libro in mano e gli occhi pieni di lacrime.
Lasciò cadere le chiavi dentro uno svuota tasche sulla mensola del corridoio e poi entro in cucina per prendersi un bicchiere d'acqua e sedersi per riposare un po' le gambe.
Amanda aprì la bocca per chiedere come stesse Connor, ma Cassy alzò una mano zittendola. < Mi mancano due pagine per finire il libro > le spiegò.
Amanda fece un sorriso stanco e lasciò vagare lo sguardo per la casa, vedendo giocattoli sparsi ovunque.
Pensò di alzarsi in piedi e cominciare a sistemare tutto, ma il pensiero di togliersi le scarpe, farsi una doccia e poi buttarsi a letto per due ore di sano sonno ebbero la meglio su di lei. Scalciò le scarpe comode che indossava sempre quando doveva andare al caffè e sfilò anche i calzini, gettandoli del cesto della biancheria sporca. Ripose poi le scarpe a loro posto e tornò in cucina da Cassy, intimandole di darsi una mossa, perchè lei aveva veramente bisogno di chiudere per un po' gli occhi.
Trovò la ragazza con gli occhi lucidi e i denti affondati nelle labbra. < Ho finito > sussurrò poi
Amanda prese la sua borsa e ne tirò fuori il portafoglio, lasciando la paga di quella giornata a Cassandra. < Puoi tornare anche domani? >
< Certo > disse lei, asciugandosi le lacrime.
< Lavoro solo mezza giornata, quindi per pranzo sono a casa >
< Pe-perfetto > balbettò Cassy asciugandosi le lacrime.
Amanda la guardò incuriosita. < Che libro hai letto ? >
< Oh, è meraviglioso > tirò su con il naso e porse il libro ad Amanda.
< Ps: I love you > lesse Amanda. Alzò lo sguardo per guardare Cassy. < Non ci avevano anche fatto un film? >
Cassandra annuì vigorosamente. < Si, ma questo è decisamente meglio >
Amanda le porse il libro, decisa più che mai a farsi una bella doccia e poi gettarsi a letto.
< No, tieni. Te lo presto. > Cassy appoggiò la tracolla della borsa sulla sua spalle e poi salutò. < Ci vediamo domani > e poi si chiuse la porta alle spalle.
Amanda fissò per qualche istante la copertina del libro, sfiorandola con le dita. Era tentata di cominciare a leggere subito il libro, incuriosita da cosa potesse portare una ragazza sull'orlo di un pianto così inconsolabile come quello di Cassy.
Poggiò il piede sulla gamba destra, volendo leggere la trama, ma quando sentì quanto stanche fossero le sue gambe, se ne infischiò del libro strappa lacrime, della casa sotto sopra, della doccia. si avviò verso la sua camera da letto, decisa a gettarsi sul letto immediatamente.
Non aveva preventivato però che Connor potesse aver avuto la sua stessa idea. Lo trovò sdraiato a pancia in su, con le braccia sotto la testa e le labbra arricciate che dormiva. Quella vista la fece sorridere di gioia, mentre sentiva il suo cuore aumentare i battiti e una profonda scossa d'amore riscaldarle il petto.
Andò dall'altro lato del letto e si sdraiò accanto al figlio per poi prenderlo tra le braccia e tenerlo vicino a sé in un morbido abbraccio e respirando il profumo dolce dei suoi capelli.
 
 
Amanda si sentì toccare da un dito.
Borbottò di essere lasciata in pace, ma il dito non la smetteva di affondare nel suo fianco, nell'incavo del suo braccio ed infine nella sua guancia.
Aprì un occhio e cercò la mano che l'aveva strappata dal sonno. Connor era di fianco a lei, in ginocchio e con addosso ancora il pigiama.
< Ho fame > dichiarò, con lo sguardo serio.
Amanda si sporse per guardare la sveglia sul comodino e vide che erano le nove e mezza di sera. Dio, aveva dormito quattro ore di seguito e Connor con lei. Si chiese come avrebbe fatto a farlo addormentare quella sera.
Si alzò in piedi e si addentrò in cucina, pensando a qualcosa da preparare, seguita fedelmente la figlio.
< Cassy oggi ha preparato un brodo che faceva schifo > le disse.
Amanda alzò gli occhi al cielo. < Il linguaggio, Connor > lo rimproverò, per poi infilare la testa nel frigo per impedirgli di vedere il sorriso divertito che aveva sulle labbra.
Ispezionò minuziosamente il frigorifero, ma non trovò nulla che potesse realmente essere considerato commestibile. Richiuse la porta e afferrò il cellulare per chiamare la pizzeria da asporto.
Mentre ordinava al telefono le pizze, osservò Connor seduto per terra mentre faceva combattere due mostri.
< Con, siediti sul tappeto > gli ordinò, mentre aspettava che la ragazza all'altro capo del telefono le facesse il conto.
Connor obbedì e Amanda fu grata di non dover spiegare il perchè lo voleva sul tappeto e non a diretto contatto con il pavimento freddo.
Iniziò a preparare la tavola ed accese la televisione, cercando un film da vedere, magari qualcosa di divertente che avrebbe potuto guardare anche Connor, in modo da non sovreccitarsi troppo e finire con il farle passare la notte in bianco.
Forse avrei dovuto scongelare una pezzo di petto di pollo e dargli quello da mangiare invece che la pizza, pensò. Ma in fondo la pizza non faceva poi così male, no? Non gli stava dando da mangiare cioccolata.
Fissò I capelli scuri di Connor spuntare da dietro la penisola del divano e decise che per quella sera poteva mangiare una pizza, ma che per tutta la settimana seguente si sarebbe impegnata perchè non mangiasse più tutte quelle schifezze.
A volte rimpiangeva i giorni in cui a Connor bastava un biberon di latte e la sua vita era un pochino più semplice da gestire, almeno a livello culinario; rimpiangeva quei momenti anche perchè ad aiutarla c'era Luca.
Si sedette a tavola, con lo sguardo perso sullo schermo della televisione, non guardo effettivamente il programma che veniva trasmesso. Pensava a quando fosse bello il sorriso di lui, a quanto fosse bravo a farla sorridere e quanto poco ci impiegasse a capire che era triste o arrabbiata o persa nel suo mondo.
 
 < Okay, Amy > gli occhi a mandorla di Luca la fissavano intensamente. < Sputa il rospo >
Amanda aveva lo sguardo stralunato, si torturava il labbro superiore lasciandolo sotto le grinfie dei suoi incisivi e fissava  la luna.  Si voltò a guardarlo e abbozzò un sorriso. < Non ho nulla >
< Uh - Uh, certo > Luca alzò un sopracciglio, non credendole affatto. < E io sono la regina Elisabetta > ironizzò.
Amanda questa volta sorrise sul serio. < Vostra maestà >
< Devi fare una giusta riverenza, signorina > Luca assunse uno sguardo borioso.
Amanda si alzò in piedi e piegò le ginocchia, in modo da fare un inchino degno dell'epoca Tudors. Luca ridacchiò vedendola impegnarsi tanto per una semplice scherzo. Affettò la sua mano esile e la strattonò finché non le cadde addosso; se la sistemò in braccio, in modo che i loro visi fossero l'uno vicino all'altro, il bacino di lei a pochi centimetri dal suo e le gambe di Amanda attorno ai suoi fianchi.
< Allora, Miss Allen, mi dice cosa le frulla nella sua bella testolina bionda? >
Amanda sorrise e circondò con le sue braccia il collo di Luca. < Nulla, mio prode cavaliere >
< Amy > la rimproverò Luca.
< Luca > lo rimbeccò lei.
Il ragazzo sbuffò. Spostò la frangetta di Amanda e poi le accarezzò dolcemente una guancia. < Non hai smesso un attimo di torturarti le dita, stai fissando la luna come se fosse capace di darti le risposte che cerchi e sei stata in silenzio per tutto il viaggio in auto. Tu non stai mai in silenzio in macchina, Amy. A volte devo alzare la musica al massimo per non sentirti parlare >
< Non pensavo ti desse fastidio >
Luca si sporse e sfiorò dolcemente le labbra di Amanda con le sue. < Non mi da fastidio. Lo faccio per farti innervosire. > confessò.
Amanda gli pizzicò un fianco.
< Ahi! > Luca sussultò ed invece di respingerla l'attirò ancora più vicino a sé. < Mi piaci aggressiva, Amy > una luce maliziosa passò nei suoi occhi.
< Grazie per avermelo detto. Sfrutterò questa affermazione a mio vantaggio > Amanda stette al gioco.
< Avanti, ora dimmi cosa c'è che non va > la spronò lui.
< Nulla di che > scrollò le spalle.
< Ma è sempre qualcosa >
Amanda annuì, ma non disse nulla.
< Sai che mi puoi dire tutto, vero? > tentò Luca
< Si, lo so > Amanda poggiò la testa sulla spalla di lui e Luca ne approfittò per accarezzarle la schiena.
< Non vuoi  proprio dirmi cosa c'è che non va? > nel suo tono di voce Amanda poté percepire un accenno di preoccupazione ed odiava il fatto che fosse lei a farlo stare così.
< Ho rivisto mia madre > sussurrò, quasi sperando che Luca non la sentisse.
Le braccia di lui si strinsero più forte attorno al corpo di Amanda. < Dove? > le chiese.
< Fuori città, oggi pomeriggio. Ero con Sarah e stavamo cercando dei vestiti per la sua vacanza > spiegò Amanda.
< Lei ti ha vista? >
Amanda scosse la testa < No >
< Bene > il tono di Luca era ora serio, duro.
Amanda fece un sospiro profondo. < Era assieme ad un uomo ed un bambino piccolo > disse poi.
Luca le posò un bacio sul collo. < Mi dispiace così tanto, Amy > sussurrò poi.
< Non fa nulla > cercò di essere forte, di scacciare la malinconia.
< Direi che importa se ti fa stare così male > lui le sistemò ancora la frangetta.
Amanda gli diede un veloce bacio a fior di labbra. < Ho te per stare meglio >
Luca rispose con un sorriso timido e poi riavvicinò le loro bocche, per prendersi il primo vero bacio di quella serata. Si creò un varco tra le labbra di Amanda per far incontrare le lingue, per assaporarla meglio.
Si staccarono solo per riprendere fiato, e s'appoggiarono ognuno alla fronte dell'altro.
< A volte preferirei non aver mai saputo chi lei fosse > confessò Amanda.
< Ti saresti fatta un alto ideale di lei >
< Ma non la odierei così tanto >
Luca fece un sospiro spezzato, cercando di calmarsi, di rimanere seduto lì con lei, a cercare di farla calmare, a cercare di farle capire che lui sarebbe stato lì con lei fino alla fine dei loro giorni. Dovette farsi forza con tutto l'auto controllo di cui era dotato per evitare di scattare in piedi, salire in macchina e raggiungere sua madre e urlarle contro tutto il dolore che stava arrecando ad Amy.
< Tu non la odi, Amy. > cercò di calmare il suo respiro e di vedere le cose da un punto di vista esterno. < Le vuoi bene, ecco perchè ci resti così male >
Amanda rimase in silenzio, con la testa contro la spalla di Luca, cercando di dare un senso alle parole che lui aveva appena pronunciato.
Luca capì che ci stava rimuginando sopra e non voleva che lei si riempisse la testa di tutti quei pensieri negativi. Era la loro ultima sera prima che lui partisse per un ritiro con la squadra di calcio.
< Allora > iniziò, dirottando l'attenzione di Amy su di sé. < Starò via per una settimana >
< Lo so > lo sguardo di Amanda si incupì ancora un po'.
< Hei, Amy, non fare quella faccia > le baciò le labbra ancora. < Lo sai che Luca junior non riesce a dare il meglio di sé se non ci sei tu > scherzò.
Amanda scosse la testa esasperata e gli diede un buffetto dietro la testa. < Luca junior e Luca senior faranno meglio a stare attenti a come si comportano stasera e per il resto dei loro giorni o Miss Amanda chiude per sciopero > lo minacciò, con un sorriso sulle labbra.
< Lo sciopero no, Amy! > lo sguardo di Luca era terrorizzato. < L'ultima volta è stato tremendo >
< Ma se è durato due giorni! >
< I due giorni più brutti della mia vita > disse lui solennemente.
< Esagerato >
< Innamorato > la corresse.
Amanda sentì il cuore perdere un battito e poi iniziare a pompare freneticamente. < Di chi esattamente? Di Miss Amanda o di me ? > chiese, cercando di non dare a vedere quanto la sua affermazione l'avesse spedita in due secondi in paradiso. Amanda amava sentirlo dire certe cose, ma si rifugiava dietro battutine o frasi senza senso quando toccava a lei, per smorzare la tensione. Lei non era capace di esternare così tanto i suoi sentimenti.
Luca la spinse indietro sull'erba stendendosi su di lei e facendosi forza sulle braccia per non schiacciarla con il suo peso. Con una mano le accarezzava i capelli mentre con l'altra seguiva i contorni delle sue labbra.
< Direi che sono totalmente, completamente, follemente innamorato di Amanda Allen > disse, con gli occhi che brillavano. < Quella biondina con gli occhi grandi, dal colore così strano. Si direbbe che siano azzurri, ma al sole si vede qualche sfumatura di verde. Dovresti vederli, sono così belli che a volte perdo l'uso della parola e mi sembra di essere in un universo parallelo; e la sua capacità di farmici perdere dentro ogni volta mi destabilizza, come se anche lei volesse il nostro momento speciale, quello in cui basta uno sguardo per essere uniti, io e lei da soli. > si abbassò per lasciarle un bacio sulla tempia. < E poi ha questa lingua lunga, sbarazzina, che dice tutto quello che le passa per la testa, senza mai pensarci troppo e quando se ne esce con qualcosa che non avrebbe dovuto dire poi diventa tutta rossa, come se avesse fatto la gaffe peggiore della sua vita. E' così spontanea, vera, genuina che mi chiedo se sia possibile, morderla, assaggiarla >
Amanda lo lasciava parlare, completamente rapita dalle sue parole, totalmente innamorata.
< E poi.. > Luca tentennò, vicino alle sue labbra.
< Poi? > chiese Amanda, sporgendosi più vicino a lui per farsi baciare.
< Poi basta. > Luca si alzò bruscamente e si rimise seduto. < Credo che se mi vedesse adesso, qui con te, mi staccherebbe la testa > un sorriso increspò le sue labbra e fece di tutto per nasconderlo.
Amanda era ancora stordita dalle sue parole, dalla sua vicinanza così inebriate, ed era più che determinata a volerne ancora.
Si rialzò e si buttò ancora addosso a lui, costringendolo a sdraiarsi sotto di lui. < Ora che non c'è non può vederti > lo baciò.
Un bacio di quelli come piacevano a loro: di quelli che ti lasciano spiazzato, senza fiato, ma con la convinzione che sia la cosa più giusta da fare, come se non ci fosse nessun altro posto in cui stare se non l'uno nelle braccia dell'altro.
Amanda si staccò dalle sue labbra e fissò i suoi occhi color cioccolato. < Ti amo > sussurrò.
< Ti amo anche io, Amy > Rotolò su di lei e riprese a baciarla.
 
Quel ricordo l'aveva trascinata in un posto e in un momento lontano rispetto a quello in cui si trovava Amanda e fu per questo che non sentì il citofono suonare.
< Mamma! > urlò Connor.
Amanda lo fissò preoccupata, credendo che si sentisse poco bene di nuovo.
< Il campanello! > le disse, continuando ad urlare, mentre il rumore metallico in sottofondo si faceva sempre più insistente.
Amanda si precipitò di corsa e scese per prendere le pizze.
 
Lei e Connor stavano guardando Cars e il piccolo pareva quasi affascinato da tutte quelle macchine e di quello che facevano.
< Qual è la tua preferita, Con? > gli chiese, curiosa.
< Saetta è il mio preferito > Connor non staccò gli occhi dallo schermo.
Amanda gli passò la mano tra i capelli e poi decise di mettere a posto il salotto, colmo di giocattoli sparsi ovunque.
Sistemava tutto nelle varie ceste, sapendo quanto fosse ossessionato Connor che ogni gioco dovesse stare con i suoi simili. A volte la precisione quasi maniacale di suo figlio la destabilizzava.
Lei non era assolutamente così; non si poteva dire che fosse un tipo disordinato o che le piacesse vivere nel caos, ma, ecco, non era nemmeno tanto ordinata da pretendere che i soldatini fossero nella scatola con tutti gli altri soldatini e che le macchine fossero nello stesso contenitore delle altre macchine.
Nemmeno Luca era un tale maniaco dell'ordine, anzi! Nei primi tempi della loro convivenza Amanda aveva dovuto dirgli più volte di mettere in ordine le sue cose, sparpagliate per il piccolo appartamento.
< E' finito > la informò Connor, afferrandole un polso.
< Vuoi vedere il secondo? > gli chiese lei, raddrizzando la schiena e stirando i muscoli un po' indolenziti per il troppo dormire.
< Si > Connor annuì.
< Okay, ma poi vai a dormire >
< Mamma! > protestò.
< Con, domani devo andare a lavoro > gli disse.
< No, dai! Resta con me > piagnucolò lui.
< Domani torno prima > gli sorrise, cercando di convincerlo a stare buono.
< Presto come oggi? >
< No, prima. Mangiamo assieme > gli promise.
< Al McDonalds? > i suoi occhi si accesero di nuovo.
< No, ci siamo stati l'altro giorno e stasera hai mangiato la pizza >
< E non possiamo andarci anche domani? >
Amanda scosse la testa. < Ti ricordi il mal di pancia che avevi? >
< Si >
< Non vuoi che ti venga ancora, vero? > raccolse una macchina rossa e la mise nella sua scatola.
< No >
< Bene > Amanda rimise a posto le scatole dei giochi  e poi spense la luce della camera di Connor. < Allora niente McDonalds per un po' >
< Ma mamma! > protestò lui, sbuffando.
< Hei, domani ti preparo la pasta al forno, quella che ti piace tanto > cercò di fargli cambiare umore, corrompendolo con il suo piatto preferito.
< Io vorrei delle patatine fritte > disse lui, cocciuto.
< E la tua pancia? >
< Poi mi dai le medicine >
Andiamo bene, pensò Amanda. < Con, domani la mamma prepara la pasta la forno e magari tra due settimane andiamo da McDonalds > propose.
< Due settimane? >
Amanda sapeva che Connor non aveva ancor ben presente il senso del tempo e questa cosa poteva tornarle utile. < Si. E magari domani sentiamo che dice pure il dottore >
Connor sbuffò e tornò nel salone. Lei lo seguì pazientemente ed infilò il secondo dvd di quel cartone, sapendo che avrebbe guadagnato un po' di tempo per ripulire un po' la casa.
Iniziò cambiando le lenzuola ai letti, quello suo e di Connor, pur sapendo che cambiare le lenzuola al letto di suo figlio era quasi superfluo, considerando che passava la maggior parte delle notti con lei.
Amanda sapeva che doveva mettere un confine tra lei e il bambino ed abituarlo a stare da solo nella sua stanza e non solo per qualche notte al mese, ma per tutte le notti di tutta la sua vita, esclusa qualche rara occasione; almeno questo era quello che aveva letto in un libro di psicologia infantile. Ma come faceva ad obbligarlo a stare da solo in una camera buia, quando lei era a pochi passi da lui? Le si spezzava quasi il cuore.
Avrebbe pensato a questo problema quando magari Connor avrebbe avuto quindici o sedici anni ed avrebbe sicuramente cominciato a rubarle grande parte dello spazio del letto con la sua corporatura.
Aveva già una vaga idea del fatto che Connor sarebbe cresciuto robusto e ben piazzato, un po' perchè glielo aveva detto la pediatra e un po' perchè ricordava il corpo di Luca come se lo avesse visto per l'ultima volta qualche giorno prima, e Connor era molto somigliante al padre.
Le spalle larghe, i pettorali ben definiti, le gambe toniche e forti.
Amanda scosse la testa. Pensare così tanto a lui le faceva solo male e non le permetteva di andare avanti con la sua vita.
Prese l'aspirapolvere e iniziò dalla sua camera fino ad arrivare al salotto. Connor non si accorse nemmeno che lei stava facendo confusione e che non riusciva a sentire cosa dicevano i personaggi: era completamente assorto dalle figure che si proiettavano sullo schermo.
Amanda decise poi che ora di svuotare anche la lavastoviglie e riempirla con i piatti sporchi di quel giorno ammassati nel lavello.
Finì di mettere a posto l'appartamento esattamente quando anche Connor finì di guardare il film.
Era accaldata ed indossava ancora gli abiti che aveva quando era andata a lavoro. Era ora di farsi la doccia e si chiese se non fosse il caso che ne facesse una anche Connor, visto che aveva la febbre ed aveva potuto sudare. Magari una cosa veloce per evitare che prendesse l'umidità o il freddo dello stacco tra l'acqua calda e l'aria che c'era in casa.
Decise che Avrebbe prima lavato e asciugato il figlio, per poi rimboccargli le coperte e poi si sarebbe presa il suo tempo per una doccia interminabile.
 
La mattina dopo, aprì gli occhi prima ancora che la sveglia suonasse.
Aveva il libro che le aveva prestato Cassy appoggiato sulla pancia e si sentiva tremendamente infreddolita. Voltò la testa verso il balcone, scoprendo che lo aveva lasciato spalancato per il caldo che sentiva, ma in quel momento, alle prime luci del mattino, l'aria era decisamente più frizzante.
Amanda posò il libro sul comodino e scese per chiudere la porta finestra.
Connor dormiva beato, raggomitolato attorno al suo peluche e con le labbra arricciate - la classica posa che aveva quando dormiva. Ad Amanda sfuggì un risolino e si chinò per dargli il bacio del buongiorno. Il piccolo fece dei versi strani e poi si rigirò, continuando a dormire.
Amanda iniziò a prepararsi per il lavoro, cercando di fare meno confusione possibile per non svegliare Connor: non le andava di ripetere la stessa scena del mattino prima.
Cassy arrivò puntuale ed Amanda sospirò di sollievo quando vide che Connor non si era scomposto nemmeno quando la baby - sitter era entrata sbattendo la porta.
< Connor sta ancora dormendo > l'avvisò, cercando la sua borsa.
< Perfetto, così posso iniziare un altro libro > Cassy aveva un luccichio felice negli occhi.
< Leggi molto, eh? >  trovò la borsa e se la sistemò in spalla.
< Abbastanza. Hai iniziato quello che ti ho prestato ieri? > chiese Cassy curiosa.
< Si >
< Dove sei arrivata? >
Amanda ebbe un sussulto. La sera prima aveva chiuso di scatto il libro dopo appena poche pagine.
Quel romanzo le ricordava troppo la perdita di Luca, e ricordare quella perdita non le faceva bene. Si era appoggiata il libro sulla pancia ed aveva cominciato a ricordare cosa facevano quando era ora di tornare di andare a letto lei e Luca; erano una coppia differente rispetto a Holly e Gerry: loro non litigavano per chi dovesse spegnere la luce o per i piedi freddi l'uno dell'altro.
Quando Amanda s'infilava a letto, Luca per due settimane al mese non c'era: una settimana aveva il turno di sera e quell'altra aveva la notte, e durante le altre due settimane lui era sempre il primo ad andare a coricarsi, così Amanda andava a letto trovando un ragazzo grande e grosso che occupava un bel po' del letto, lasciandole sì e no un angolino di materasso su cui potersi sdraiare.
La cosa che però Amanda amava, era che non appena Luca la sentiva sdraiarsi accanto a lui, le cingeva la vita e la stringeva forte al suo petto; lo faceva anche se avevano litigato. Lui la abbracciava sempre, di notte. Sembrava quasi che volesse dirle che la amava anche se avevano litigato per una stupidaggine o se si erano urlati contro come due pazzi furiosi; perchè si, a volte urlavano talmente tanto forte che Amanda temeva che le sue corde vocali potessero lacerarsi per lo sforzo.
Era arrivata proprio alla scena dove Holly e Gerry avevano quell'assurdo battibecco su chi dovesse spegnere la luce della camera, con Gerry che scherzava su come se la sarebbe cavata lei quando lui non ci sarebbe più stato, quasi come se ne avesse il sentore.
Luca invece, non aveva mai detto una cosa del genere; lui era profondamente convinto che non se sarebbe mai andato, il che faceva ancora più male ad Amanda.
< Sono solo all'inizio > rispose a Cassy, abbozzando un sorriso.
< Ti piace? > le chiese l'altra.
Amanda non rispose alla domanda. Non era sicura che quel libro le piacesse, ma già dalla prime righe si era sentita completamente dipendente dalla storia, perchè le sembrava di rivivere quello che lei e Luca avevano, solo che attraverso persone diverse e con dinamiche differenti. D'altro canto ne era anche profondamente spaventata; provava quel timore per il libro perchè aveva quasi paura di arrivare al termine e leggere di un lieto fine che lei sapeva non avrebbe mai avuto.
< Devo andare > disse a Cassy. < Torno per pranzo, ma devo passare a fare la spesa > avvisò.
< Perfetto >
Amanda controllò di avere tutto e si recò al caffè, cercando di togliersi quel benedetto libro dalla testa e di concentrarsi sulla guida, la strada e su quello che avrebbe dovuto affrontare di lì a poco.
Solitamente alla domenica mattina il locale non era molto affollato, ma a volte capitava che gruppi di ragazzi, che rientravano da nottate interminabili, si fermassero proprio lì.
Parcheggiò poco lontano dall'entrata e come il giorno prima iniziò il rituale di apertura: aprire la porta, accendere lo stereo, infilare il grembiule, dare una passata ai tavoli e spazzare per terra.
Dalle casse partì una canzone recente che piaceva ad Amanda ed iniziò a canticchiarla, mentre con la scopa raccoglieva la sporcizia del giorno prima.
< Oh oh oh oh I can’t remember to forget you..Oh oh oh oh I keep forgetting I should let you go.. But when you look at me, the only memory, is us kissing in the moonlight.... Oh oh oh ohI can’t remember to forget you.. Oh Can’t remember to forget you >
Amanda ancheggiò impercettibilmente mentre continuava a seguire il ritmo della canzone e contemporaneamente a spazzare.
Dio, si era persa un sacco di musica nell'ultimo periodo. Si ripromise di non restare più indietro così tanto con le ultime novità del momento.
< Oh, be', grazie > disse una voce profonda alle sue spalle, riferendosi chiaramente alle parole della canzone.
Amanda sussultò impercettibilmente e si raddrizzò subito, spaventata dall'improvvisa interruzione del suo momento. Si voltò per scoprire chi avesse parlato e si trovò davanti due occhi verde bottiglia e un sorriso sbarazzino.
< James! > esclamò, portandosi una mano sul cuore che aveva preso a battere forte. < Mi hai spaventata >
< Non era mia intenzione. > il sorriso di lui restò sulle sue labbra. < Scusa >
Amanda annuì, per fargli capire che non c'era problema. < Siediti pure dove preferisci. In un attimo sono da te > ritornò in sé stessa e sorrise cordialmente, ricordando il mantra di Jas ed Elly.
< Grazie > rispose lui, tornando al occupare lo stesso posto al bancone, su cui si era seduto anche il giorno prima. Amanda capì al volo che ormai quello era il suo posto.
Trascinò quello che aveva raccolto con la scopa fino in cucina e poi lo raccolse con la paletta.
< Sempre la stessa solfa, eh? > disse Jim, scuotendo la testa e prendendola in giro.
< Ciao anche a te, Jim > Gli sorrise lei, incurante del fatto che lui trovasse ridicolo il suo modo di comportarsi con i clienti.
Si raccolse velocemente i capelli in una coda alta e poi uscì per andare a servire James.
 
 
Era rimasto piacevolmente sorpreso di sapere che lei aveva ricordato il suo nome. Anche se non era sul serio il suo nome. Poco importava; Amanda si era ricordato di lui.
Era entrato con un umore nero: aveva appena concluso una notte piuttosto vuota e senza senso, riuscendo a portarsi ad appartarsi con una rossa piuttosto carina che però si era addormentata tra le sue braccia proprio mentre lui era affondato dentro di lei.
Si era interrogato sul da farsi: continuare e fare finta che lei fosse ancora sveglia e ricettiva o mollarla in quello squallido bagno e trovarne un'altra ben disposta e possibilmente cosciente?
Fu il suo corpo a decidere per lui. Il coinquilino dei piani bassi lo abbandonò e il suo cervello lo portò a fare i suoi soliti pensieri negativi.
Svegliò la rossa ubriaca e aspettò che si rivestisse per poi portarla fuori dal bagno e riconsegnarla alla sua amica, ancora più sbronza.
Sapeva di aver fatto la scelta giusta, ma la cosa lo aveva fatto incazzare.
Era entrato nel Caffè senza nemmeno pensare che avrebbe potuto ritrovarci la bella bionda del giorno prima, quella per cui aveva tolto gli occhiali con il rischio di essere riconosciuto, ma poi eccola che ancheggiava sinuosamente e in un modo così sexy, che il suo amico pareva quasi essersi risvegliato dopo la batosta di poche ore prima.
Aveva sentito Amanda canticchiare una canzone ed aveva annunciato la sua presenza facendo la parte del play boy e lei.. Lei si era girata ed aveva pronunciato il suo nome finto, procurandogli un fremito di piacere maggiore anche al pensiero di poter mordere quelle labbra all'apparenza così morbide.
Amanda arrivò dietro il bancone con i capelli raccolti in una coda disordinata, che lasciava scoperto il collo candido.
< Cosa ti porto? > chiese.
Te, avrebbe voluto rispondere James, ma si trattenne. < Un caffè e una fetta di torta ai frutti di bosco > le sorrise e lei ricambiò, distendendo le labbra perfette.
James fu scosso da un altro fremito e si ordinò di mantenere la calma e la compostezza. Non gli era mai capitato di agitarsi tanto per un sorriso o per un semplice ancheggiare di una ragazza.
Sensazioni di questo tipo le provava solo quando era vicino all'orgasmo; sensazione che per quella notte non aveva provato. Sbuffò contrariato di come erano andate le cose e per distrarsi, tornò a posare lo sguardo su Amanda, che si muoveva con leggerezza dietro il bancone.
James sentì il bisogno di porre fine al silenzio e farla parlare un po' di sé.
< Allora.. Amanda > accarezzò piano il suo nome e vide Amanda alzare lo sguardo su di lui, incuriosita, prima di continuare a preparare la sua ordinazione. < Quanti anni hai? >
 
Amanda fissò James, pensando che almeno questa volta non aveva chiesto di Connor.
< Venticinque > rispose posandogli davanti il caffè e la torta.
< Uh, una bambina > James fece un ampio sorriso, scrutandola bene in faccia ed Amanda arrossì leggermente.
Una bambina, si ripeté mentalmente. Se sapesse quanto lontano è dalla realtà, probabilmente si rimangerebbe quello che ha detto.
Si impose di calmarsi e di non essere così puntigliosa e acida. James l'aveva vista con Connor e le aveva detto di iscriverlo ad una scuola calcio; lui sapeva del figlio di lei.
Allora perchè sta parlando così con me? Si domandò Amanda.
< Già > si impose di rispondere, per evitare che la conversazione cadesse nel vuoto.
James sorseggiò un sorso di caffè. < Sai, ora sarebbe il tuo turno di chiedermi quanto vecchio sono >
Amanda increspò appena le labbra, sentendo nascere un sorriso spontaneo e reprimendolo. < Sentiamo: quanto sei vecchio? >
< Ventisette > lui ammiccò.
< Un pensionato > lo canzonò Amanda, per poi aggrottare le sopracciglia. Che si fosse spinta troppo in là? Che avesse esagerato?
James dal canto suo se ne uscì con una sonora risata che riportò la tranquillità sul volto di Amanda e persino un accenno di sorriso.
< Sono solo due anni più dei tuoi > si giustificò.
Amanda si strinse nelle spalle. < Sei stato tu ad iniziare con la storia del vecchio > gli ricordò.
< Uno a zero per la bella Amanda > Alzò la tazza di caffè come a voler imitare un brindisi ed Amanda sentì le sue guancie colorarsi di nuovo.
Si dileguò fra i tavoli, felice di vedere altri clienti pronti per ordinare.
Le parve quasi, però, che il tempo che si era fermata al tavolo per prendere le comande e scambiare qualche battuta di circostanza non fosse sufficiente a rimanere a debita distanza da James. Infatti ora era costretta a tornare dietro al bancone e preparare le bibite, e sapeva bene - anzi, le era quasi impossibile da dimenticare - che dall'altro lato c'era seduto lui.
Prese un respiro profondo e decise di passare prima dalla cucina, a lasciare l'ordine dei pancake e del bacon a Jim, come a tenere per ancora un altro po' le distanze tra lei e James.
Ma l'ora X arrivò e Amanda fu costretta a tornare al suo posto per preparare il cappuccino, il succo di frutta e il tè freddo.
Iniziò ad armeggiare con le tazze, preparandole allineate su un vassoio e poi si voltò verso la macchina del caffè per fare la schiuma del cappuccino.
< Ti piace questo lavoro, vero? > le chiese James.
< Non mi lamento > rispose Amanda, restando di spalle e muovendo il bricco del latte.
< Quindi non ti piace? > ipotizzò James, cercando di capire.
< Non ho detto questo > Amanda si portò sulla difensiva, sperando che né Jas né Elly passassero in quel momento, visto il tema della discussione.
< Sai, non riesco ad inquadrarti > ammise James.
Amanda voltò solo il busto verso di lui, fissandolo incuriosita. < Ed è una cosa buona o cattiva? >
< Sta nel mezzo, credo > scrollò le spalle.
< Mi sembri confuso, James >  Amanda poggiò la prima tazza piena di cappuccino sul vassoio e poi si affretto a riempire la seconda con il succo di frutta ed infine a lasciare la lattina di tè alla pesca e l'ultima tazza vuota.
Si allontanò per portare le bibite e poi tornò con il vassoio sotto braccio.
< Di solito sono un buon osservatore > lui riprese la conversazione.
< Me lo hai già detto un paio di volte. Credo di aver afferrato che tu sei un osservatore, sai? > le disse lei, scherzando.
James rimase piacevolmente sorpreso dal suo tono canzonatorio. Non si aspettava quella reazione da lei; aveva quasi programmato che si rintanasse in un silenzio ostinato come era successo il giorno prima e stava già pensando a cosa dire per riportarla a parlare.
< Oh, quindi mi ascolto quando parlo > scherzò lui.
Amanda fece una breve risata. < Il più delle volte cerco di ignorarti, ma sei seduto qui davanti e sarebbe scortese non rispondere > arricciò le labbra, utilizzando come scusa il suo lavoro, anche se nel profondo sapeva che non era affatto per questo che continuava la conversazione con quel ragazzo dai profondi occhi verdi. Lui la incuriosiva.
< Felice di sapere che il tuo lavoro ti obbliga a parlare con me > James ammiccò ed Amanda scosse la testa, divertita.
Jim fece suonare il campanello ed Amanda capì che l'ordinazione dei tre ragazzi era pronta. Si defilò a prendere i piatti e li portò a loro, non più tanto felice di non poter continuare la conversazione con James.
In un attimo tornò dietro al banco e vide che James aveva finito la consumazione. Amanda prese il piatto e la tazza e li mise nella lavastoviglie.
< Sai che non mi hai risposto, vero? > le chiese James.
Amanda lo fissò confusa < A cosa non avrei risposto, esattamente > ripensando anche alla faccenda della scuola calcio di Connor.
< Questo lavoro ti piace o no? >
< Ha i suoi lati e positivi e negativi > Amanda cercò di liquidare così la faccenda.
< Come ogni cosa nella vita > d'improvviso lo sguardo di James si fece più serio.
Amanda fu colpita dalla profondità della sua frase. Aveva dato per scontato che fosse un Don Giovanni senza rimedio, uno a cui piace scherzare e abbindolare, uno senza scrupoli. Ma quella frase l'aveva spiazzata, lasciandola incuriosita dallo sguardo che era seguito.
< Esatto > disse, trovandosi in realtà d'accordo con lui.
Ci fu un attimo di silenzio e James credette di aver rovinato l'atmosfera che si era creata tra di loro, ma poi Amanda fece scivolare un bicchiere, rompendolo.
Lui ridacchiò. < Credo che questo sia uno dei lati negativi, eh? >
Amanda si affrettò a raccogliere i cocci che erano per terra per poi buttarli nella pattumiera. < Diciamo che questo è solo il più insignificante degli aspetti negativi >
< E gli altri quali sarebbero? > chiese incuriosito James.
Amanda si morse il labbro, insicura di volerne parlare proprio sul posto di lavoro. < Io.. io non credo che questo sia il posto adatto.. > con lo sguardo cercò Jas o Elly.
< Oh > James capì al volo. < Scusa, non volevo metterti in difficoltà >
< Nessun problema > rispose prontamente lei.
< Be', questa cosa mi da la possibilità di rivederti e magari approfondire la discussione > James la guardò negli occhi aspettandosi una risposta.
Amanda rimase per un momento senza fiato. E adesso cosa avrebbe dovuto fare?
Il primo istinto fu quello di ricordargli che lei aveva un figlio di cinque anni; di solito funzionava quando qualcuno le chiedeva di uscire e a lei non andava poi più di tanto. Ma James sapeva di Connor, si ricordò. E a lei non dispiaceva poi più di tanto uscire con lui.
Cercò qualcosa di vago da dire, qualcosa che non fosse né un si e neppure un no; qualcosa che lo lasciasse in sospeso, magari che lo facesse tornare di nuovo al Caffè, perchè tutto sommato ad Amanda aveva fatto piacere quella chiacchierata con lui, anche se era stata a tratti strani e del tutto inconcludente. A lei era piaciuta lo stesso.
Fissò le iridi verde bottiglia di James e pensò ad un buon motivo per dirgli di no e ad un buon motivo per dirgli di sì.
Il primo era che non poteva. Lui le pareva diverso rispetto ai tre appuntamenti che aveva avuto in precedenza con altri uomini e poi tutte le volte precedenti Amanda era stata costretta a presentarsi perchè erano amici di Jess e non poteva permettersi di far fare certe figuracce all'amica, ma c'era andata con l'intento di mangiare in un buon ristorante e poi tornare a casa; niente di più. Ora invece, con James, aveva come la percezione che le cose fossero diverse, che con lui non sarebbe stata una cena in un buon ristorante e poi tanti saluti e questo perchè lei stessa non voleva che si fermasse lì, il che la portava al secondo motivo: lei voleva uscire con lui.
Erano anni che un desiderio così non le passava per la testa. L'unica persona con cui voleva avere un appuntamento, l'unica persona con cui voleva approfondire i discorsi, era Luca.
Ma Luca non c'è, si ricordò. Luca non c'è da cinque lunghissimi anni.
 
Lo sguardo di James restò su di lei, immobile. Aspettava una risposta, anche solo un cenno per sapere se doveva mettersi l'anima in pace e cercare magari una bionda che potesse somigliarle per sfogarsi o se cercare di fare del suo meglio per poter scoprire cosa ci fosse sotto la spessa corazza dietro cui Amanda si nascondeva.
Vide nei suoi occhi la confusione e fu quasi tentato di lasciar perdere, di dirle che non gli doveva una risposta subito - anche se per la sua sanità mentale avrebbe preferito sapere immediatamente che intenzioni avesse lei.
Voleva metterla a suo agio, farle sapere che non c'era nessun tipo di pressione da parte sua.
Nella sua testa si fece largo la consapevolezza che forse avrebbe dovuto lasciar perdere tutta quella faccenda, visto che era tutta basata su una bugia, ma poi Amanda mosse la testa e a James parve quasi di esserselo immaginato.
Fece oscillare la sua testa dall'alto verso il basso, in segno di assenso e James dimenticò immediatamente ogni intenzione di abbandonare l'idea di approfondire l'argomento "Amanda".
Sorrise di un sorriso timido. Lasciò una banconota sul bancone ed uscì.
Tutto sommato, anche se la serata era andata piuttosto da schifo, la giornata pareva cominciata nel migliore dei modi. 

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Capitolo 6
*** TI HO SCOPERTA, MELLY ***


< Sono a casa! > esclamò Amanda chiudendo la porta del suo appartamento con un calcio e facendo l'ultimo sforzo per portare le borse con il cibo in cucina.
Sentiva le voci di  Connor e Cassy provenire dalla cameretta del bimbo e poteva capire dai versetti di Cassy e dagli urletti di Connor che stavano giocando alle spie.
Quella era diventata un'altra delle passioni di Connor, tanto che Amanda si chiedeva se fossero tutte finite prima o poi e se valesse davvero la pena per lei di prodigarsi tanto per il calcio; tanto da vendere la macchina.  Le vennero però in mente gli occhi lucidi del figlio, il suo sorriso ampio e felice, la determinazione che vedeva sul suo volto non appena vedeva un pallone.. Quelle erano le stesse espressioni che aveva Luca quando indossava la divisa della squadra e scendeva in campo. Non vedeva niente altro. Non vedeva nemmeno più Amanda.
Aprì il frigorifero ed iniziò a sistemare le verdure e la carne.
< Ciao, mamma > la voce allegra di Connor era contagiosa.
< Ciao, piccolo. Come ti senti? > gli chiese lei, posandosi un bacio sulla testa.
< Bene >
Amanda notò che non aveva più il pigiama e che la sua faccia era imbrattata di colori. Rise, vedendolo conciato in quel modo, chiedendosi se sarebbe riuscita a renderlo presentabile entro la mattina dopo, quando lo avrebbe portato a scuola.
Fece scivolare una mano sulla sua fronte per accertarsi che non avesse più la febbre ed un sospiro di sollievo le sfuggì dalle labbra quando notò che non scottava.
Amanda finì di sistemare la spesa e poi prese l'occorrente per fare la pasta al forno che il giorno prima aveva promesso a Connor la sera prima.
< Ho messo a posto il disastro che avevamo combinato di là > la informò Cassy.
< Grazie > le sorrise Amanda.
Cassandra iniziò a raccogliere le sue cose e prima di sistemarsi la borsa in spalla le disse: < Mi pare che Connor stia decisamente meglio >
< Meno male > Amanda fece un sospiro di sollievo. Era felice che lei non fosse stata l'unica ad accorgersene. Poi però le tornò in mente della farsa del dottore e sapeva che suo figlio non era uno di quei bambini che dimenticano in fretta.
Si lanciò un'occhiata attorno ma vide che Connor non era nelle vicinanze. < Devo chiederti un favore >
< Spara > Cassy spostò la borsa sull'altra spalla.
< Ho detto a Connor che stasera avremmo dovuto aspettare la decisione del medico per sapere se poteva uscire o meno.. > iniziò.
< A che ora devo telefonare? > Cassy capì al volo cosa Amanda avrebbe voluto chiederle.
< Diciamo sulle otto? >
< Alle otto. Perfetto. > le sorrise.
< Mi salvi, Cassy > le disse riconoscente.
< Oh, fa nulla! > Cassandra liquidò la faccenda con un gesto della mano. < E poi conoscendolo probabilmente se non chiamerà o si farà vedere nessun dottore, il signorino si impunterebbe e non andrebbe a scuola domani mattina > fece poi una breve risata.
Amanda rimase colpita da come Cassy conoscesse bene Connor, di come sapesse per certo quale sarebbe  stata la sua reazione.
Un sorriso spontaneo le comparve sulle labbra; era felice che nella vita di Connor ci fosse qualcun altro oltre a lei.
Subito dopo però, si rabbuiò. Forse non avrebbe dovuto essere così estasiata dall'idea che Connor avesse passato così tanto tempo con qualcuno che ora lo conosceva bene quanto lei. Era lei quella che doveva conoscere tutte quelle cose. Lei e solo lei.
< Allora io vado > il tono di Cassy era molto più titubante, ora.
Amanda si pentì del suo cambiamento di umore improvviso di cui sicuramente Cassy se ne era accorta. < Certo, vai pure > le sorrise, cercando di riportare la situazione a prima che lei si rabbuiasse.
Cercò di darsi una calmata e si rimproverò mentalmente. Era da quando James aveva lasciato il Caffè che lei non faceva altro che pensare di avergli detto di sì, e che lui era riuscito a farla uscire, anche solo per una frazione di secondi, dal suo porto sicuro: il suo guscio.
Non poteva permettersi di farlo avvicinare così tanto da farle annientare le sue difese. Questo l'avrebbe destabilizzata, l'avrebbe fatta vacillare e farla diventare totalmente dipendente  quando lei aveva dannatamente bisogno dei suoi spazi.   
Basta pensare a lui, si ordinò. In fondo non le aveva chiesto del tutto di uscire; se ne era uscito dicendo che avrebbe voluto approfondire l'argomento, ma non aveva dichiarato come, dove o perchè. Amanda fece un sospiro di sollievo rendendosi conto anche che non l'avrebbe rivisto fino al sabato successivo. In realtà non sapeva nemmeno se lui ci sarebbe stato e anche se le aveva detto che ormai andava al Caffè tutti i giorni, non significava che ci sarebbe stato anche sabato; magari si era spaventato per il tempo interminabile che lei si era presa per annuire alla sua richiesta.
"Ok, basta pensare anche a lui", s'impose. Doveva cucinare per Connor che cominciava a lamentarsi della pancia che brontolava.
Prima di cucinare Amanda decise che ci voleva decisamente un po' di musica. Accese lo stereo e si sintonizzò su una stazione  che le piaceva abbastanza, la stessa che ascoltava anche al Caffè.
La musica partì  e lei si apprestò a riempire una pentola d'acqua e metterla a bollire. Si muoveva per la cucina e canticchiava il motivetto ritmato della canzone mentre prendeva la carne macinata per fare le polpette e prendendo la salsa da far cuocere accanto all'acqua per la pasta.
Cucinare  non era proprio il suo forte, ma aveva imparato a fare due o tre piatti che le riuscivano sempre abbastanza bene e quelli era più che felice di prepararli, soprattutto ora che Connor era abbastanza grande da apprezzarli; la faceva sentire in qualche modo utile il fatto che il figlio le dicesse che per quello che era il suo piatto preferito  lui andava matto.
Non poteva certo dire di avere avuto una madre affettuosa che le aveva insegnato a fare da mangiare né tantomeno un padre chef pluristellato che le aveva insegnato i segreti del mestiere. Semplicemente, per questioni di stomaco che brontolava e scarse capacità culinarie della cuoca dell'istituto, Amanda aveva dovuto imparare. 
Tutto sommato doveva aggiungere che quella circostanza l'aveva portata a migliorare la sue mosse in cucina e quando poi si era trasferita all'università aveva avuto modo di esercitarsi parecchio in cucina, soprattutto perchè la sua coinquilina non sapeva nemmeno friggere un uovo.
I pensieri di Amanda tornarono alla ragazza con cui per due anni aveva condiviso l'appartamento; chissà che cosa faceva ora. Magari si era laureata e ora aveva il posto di lavoro che aveva sempre desiderato. Probabilmente aveva un bel ragazzo, con un ottimo lavoro, che provvedeva a soddisfare tutti i suoi desideri.
Amanda ricordò ancora quando Gigì, la  coinquilina, conobbe Luca per la prima volta. Fu un totale disastro. Lui era entrato in cucina con solo i pantaloni della tuta addosso, in cerca di caffè e Gigì, da poco rientrata in casa da una delle sue solite nottate, voleva bersi il suo bel bicchiere d'acqua per evitare di svegliarsi con un mal di testa da post sbronza.
I due di erano scontrati e Luca le aveva rovesciato addosso al vestito bianco e nuovo il Caffè. Inutile dire che la ragazza andò su tutte le furie, che urlò talmente tanto forte da svegliare Amanda e da far preoccupare la vicina di casa, che andò a bussare alla loro porta per chiedere se fosse tutto a posto.
Amanda rise, ricordandosi quell'episodio e di come Luca se ne fosse uscito lasciandole una somma schifosamente alta, in modo che lei potesse ricomprarsi il vestito da lui rovinato ed almeno altri tre.
Da quando aveva cominciato a giocare a calcio e da quando aveva cominciato a percepire uno stipendio abbastanza alto, per lui i soldi non erano più un problema. Amanda aveva imparato quella lezione a sue spese: aveva scoperto, dopo sei mesi che viveva con Gigì, che era lui  a pagare la sua parte di affitto e che faceva in modo che i soldi che lei versava regolarmente ogni mese, venissero depositati di nuovo nel suo conto.
Amanda si era infuriata talmente tanto da non parlargli per una settimana intera; non voleva assolutamente che lui si preoccupasse per lei, era più che capace di provvedere a sé stessa e lui doveva concentrarsi sulle sue priorità e non sul fatto che lei sarebbe potuta rimanere senza soldi. Ma Luca Rinaldi era più cocciuto di un mulo. Non c'era verso di fargli cambiare idea se lui aveva deciso che quella era la decisione giusta.
Sulle labbra le si presentò un sorriso amaro.
Dallo stereo partì una canzone che ad Amanda piaceva parecchio ed iniziò a canticchiarla.
 
 
Regrets collect like old friends 
Here to relive your darkest moments 
I can see no way, I can see no way 
And all of the ghouls come out to play 

And every demon wants his pound of flesh 
But I like to keep some things to myself 
I like to keep my issues strong 
It's always darkest before the dawn 

And I've been a fool and I've been blind 
I can never leave the past behind 
I can see no way, I can see no way 
I'm always dragging that horse around 

And our love is pastured such a mournful sound 
Tonight I'm gonna bury that horse in the ground 
So I like to keep my issues strong 
But it's always darkest before the dawn 

Shake it out, shake it out, shake it out, shake it out, ooh woaaah 
Shake it out, shake it out, shake it out, shake it out, ooh woaaaah 

And it's hard to dance with a devil on your back 
So shake him off, oh woah 

And I am done with my graceless heart 
So tonight I'm gonna cut it out and then restart 
Cause I like to keep my issues strong 
It's always darkest before the dawn 


Shake it out, shake it out, shake it out, shake it out, ooh woaaah 
Shake it out, shake it out, shake it out, shake it out, ooh woaaah 

And it's hard to dance with a devil on your back 
So shake him off, oh woah 

And given half the chance would I take any of it back 
It's a final mess but it's left me so empty 
It's always darkest before the dawn 

Oh woah, oh woah... 

And I'm damned if I do and I'm damned if I don't 
So here's to drinks in the dark at the end of my road 
And I'm ready to suffer and I'm ready to hope 
It's a shot in the dark and right at my throat 
Cause looking for heaven, for the devil in me 
Looking for heaven, for the devil in me 
Well what the hell I'm gonna let it happen to me 

Shake it out, shake it out, shake it out, shake it out, ooh woaaah 
Shake it out, shake it out, shake it out, shake it out, ooh woaaah 

And it's hard to dance with a devil on your back 
So shake him off, oh woah 

Shake it out, shake it out, shake it out, shake it out, ooh woaaah 
Shake it out, shake it out, shake it out, shake it outwoaaah 

And it's hard to dance with a devil on your back 
So shake him off, oh woah
 
 
Rimpianti collezionati come vecchi amici
Sono qui per rivelare i momenti più bui
Non riesco a vedere nessuna via d'uscita, non vedo nessuna via d'uscita
E tutti i demoni escono a giocare
 
Ogni demone vuole riscuotere il suo debito
Ma a me piace tenere qualcosa per me
Mi piace stare in disparte con i miei problemi e non mostrarli
E' sempre più buio prima dell'alba
 
E sono stata una pazza, sono stata cieca
Non riesco mai a lasciarmi il passato alle spalle
Non riesco a vedere nessuna via d'uscita, non riesco a vedere nessuna via d'uscita
Trascino sempre questo peso morto in giro
 
Il nostro amore risuona come un suono lugubre
 Ma stanotte seppellirò quel peso morto
Mi piace stare in disparte con i miei problemi e non mostrarli
Ma l'ora più buia è sempre quella prima dell'alba
 
 
Scuoti, scuoti, scuoti, scuoti, oh - woah,
scuoti, scuoti, scuoti, scuoti, oh -woah,
E' difficile ballare con il diavolo sulle spalle,
Quindi scrollatelo di dosso
 
Sono stanca del mio cuore senza grazia,
Quindi stanotte ci darò un taglio e poi inizierò da capo
Perchè mi piace stare in disparte con i miei problemi e non parlarne,
Ma l'ora più buia è sempre quella prima dell'alba
 
Scuoti, scuoti, scuoti, scuoti, oh -woah
SCuoti, scuoti, scuoti, scuoti, oh- woah
E' difficile ballare con il diavolo sulle spalle,
Quindi scrollatelo di dossi
 
Ed ' vero, è difficile ballare con il diavolo sulle spalle,
E se mi fosse data un'occasione rifarei tutto come prima,
è stata una storia carina, ma mi ha lasciata vuota, incompleta, disfatta
L'ora più buia è sempre prima dell'alba
 
E sarò dannata se lo faccio, e lo sarò se non lo faccio
Ed eccolo il demone alla fine della strada, pronto a nutrirsi dell'oscurità
E sono pronta a soffrire, sono pronta a sperare
E' un colpo al buio, dritto alla mia gola
Perchè cercando il paradiso ho trovato il diavolo in me,
Cercando il paradiso ho trovato il diavolo in me,
E che diavolo gli sto permettendo di farmi?
 
Scuoti, scuoti, scuoti, scuoti, oh -woah
Scuoti, scuoti, scuoti, scuoti, oh -woah
Perchè è difficile ballare con il diavolo sulle tue spalle
Quindi scuotitelo di dosso


"Proprio la canzone appropriata" , pensò Amanda. Doveva scuotersi di dosso i pensieri del passato e lasciare che il presente fosse più vivido nella sua vita.
Si concentrò sulla cucina e cercò di non fare nessun tipo di danno e di dare a Connor il piatto per cui andava tanto matto.
< Mamma? > la chiamò lui.
< Si? > Amanda si voltò a guardarlo.
< Posso stare qui? Di là mi annoio a stare da solo >
Amanda si abbassò e gli diede un bacio sulla guancia e poi lo abbracciò stretto, presa dal bene forte che nutriva per quel piccoletto.  < Certo che puoi >
Connor si sedette sulla sedia e cominciò a torturare le polpette che Amanda aveva preparato e sistemato su un piatto. < Cosa fai? > le chiese.
< Cucino. Ti avevo promesso la pasta al forno, ti ricordi? >
< Vero > Connor sorrise e prese in mano una polpetta e la studiò bene.
Amanda gettò una rapida occhiata al sugo al pomodoro che aveva messo a scaldare e dentro cui avrebbe dovuto buttare le polpette, prima di tornare a concentrare la sua attenzione sul figlio e controllare che non ingoiasse le polpette ancora crude.
< Hanno un colore strano > disse lui, tenendone una tra il pollice e l'indice.
< Solo perchè le hai sempre viste già cotte >
< Non sono cotte ? > Sgranò gli occhi e guardò Amanda per un breve momento prima di tornare a concentrarsi sulla pallina che aveva in mano.
< No > rispose la madre, gettando la pasta nell'acqua che ormai stava bollendo.
< Ma questi sono animali? > chiese poi vedendo la carne macinata dentro la sua vaschetta.
Effettivamente avevano la forma di lunghi vermi. Amanda pensò se fosse o meno il caso di dire al figlio che una volta lo erano, ma che poi c'era stato chi li aveva uccisi e ora loro avrebbero mangiato quegli animali.
Guardò il volto di Connor, intento a studiare da vicino la carne cruda. No, decisamente non era il caso di dire che stavano per mangiare animali morti per la loro sopravvivenza.
< Allora, cosa avete fatto tu e Cassy oggi? > gli chiese, per distrarlo dalla carne.
< Abbiamo giocato alle spie > si allontanò dalla carne e parlò con entusiasmo. < Sai, come quel cartone che abbiamo visto l'altro giorno >
< Diabolick? >
< Si > annuì vigorosamente.
< E avete catturato i cattivi? >
< Certo! > Connor parve quasi indignato dal fatto che la madre gli avesse chiesto quella cosa.
Amanda rise e poi gli lasciò un bacio sui capelli mentre gli passava accanto per andare ad accendere il forno.
Calò le polpette nel sugo e diede una mescolata alla pasta, assaggiando l'acqua per sentire se era salata a sufficienza.
< Mamma? > Connor richiamò la sua attenzione.
< Dimmi tutto >
< Perchè io non ho un fratello o una sorella? > il suo tono di voce era innocente, ingenuo.
Amanda si bloccò con il mestolo di legno ancora in mano. Si voltò verso di lui e vide che la stava guardando con curiosità. < Diciamo che la mamma è stata molto impegnata con te per poter pensare ad un fratellino o una sorellina > cercò di tenere la sua voce sotto controllo, per evitare di scoppiare davanti a lui.
< Sam dice che lui vuole bene a suo fratello ma che non sopporta la sorella > le disse.
< E come mai? > indagò Amanda.
< Dice che lei vuole sempre fare giochi da femmina >
Amanda sorrise, il pericolo era scampato. < Be', ma lei è una femmina >
< Ma ci sono delle femmine che giocano a calcio con me, sai? >
< Ah si? >
< Si >
< E sono carine? >
< Non lo so > Connor scrollò le spalle. < Ma non giocano male >
< E sono tue amiche? >
< Qualcuna si >
< Solo qualcuna? >
< Si >
Amanda si stava godendo troppo quella conversazione per smettere di punzecchiare il bambino. < E come mai? Le altre giocano peggio? >
< No, ma loro non fanno altro che correrci dietro per darci baci e a me non piacciono i baci > spiegò Connor.
Lei rise, questa volte incapace di fermarsi per evitare di ferire i sentimenti del figlio. < Però dalla mamma te li fai dare i baci >
Connor aspettò un attimo prima di rispondere, come se volesse pensare alla cosa giusta da dire. < Ma tu sei diversa, mamma >
Amanda si sentì il cuore leggero per un momento; come se quella frase gliel'avesse appena detta l'uomo più affascinante della terra, ed in effetti per lei Connor era il piccolo uomo più bello e affascinante del mondo. Probabilmente se da lì ad una decina d'anni avesse ripetuto la stessa frase ad una ragazza, questa sarebbe caduta ai suoi piedi in un nano secondo. < Davvero? > gli chiese lei.
Connor annuì vigorosamente.
< Significa che resterai per sempre con la mamma? Solo io e te? >
< Certo > il suo sguardo serio e la solennità con cui parlò fecero sorridere Amanda. Gli portò una mano tra i capelli e glieli scompigliò.
< Quando crescerai comincerai a dirmi che non posso più darti i baci > disse lei, con un tono triste.
< No, non è vero! > sbottò lui.
< Si, invece > Amanda si chinò per dargli un bacio sulla guancia, approfittando della situazione per prendere quanti più baci e coccole lui fosse disposto a darle in quel momento. < Incontrerai una bella ragazza e lei sarà l'unica a cui vorrai dare tanti baci > 
Pensò che forse avrebbe potuto voler dare qualche bacio ad un ragazzo, ma non era ancora il caso di farlo presente ad un bambino di cinque anni, magari durante l'adolescenza.
Connor la guardò stranito. < Non capisco cosa stai dicendo > le disse con franchezza.
< Meglio così > Amanda tornò ad occuparsi della cucina ed assaggio un maccherone per vedere se era abbastanza cotto. "Ancora qualche minuto", si disse; subito dopo girò il sugo con le polpette.
< Mamma? >
Sembrava quasi che Connor quel giorno si fosse impegnato per iniziare ogni loro conversazione in quel modo.
< Dimmi >
< Ma poi me lo fai un fratello? Così posso giocare con lui a calcio > domandò ingenuamente.
Amanda sentì le guancia colorarsi di rosso. Con chi avrebbe dovuto farglielo un fratello, se l'unica persona con cui aveva avuto progetti sul suo futuro non c'era più?
< Vedremo > rispose, chiudendo la comunicazione e facendo parlare di Connor di tutt'altro.
 
 
Lei e Cassy la sera prima erano riuscite a fregare Connor e Amanda era riuscita a portarlo all'asilo senza che lui facesse poi tante storie.
Entrò in ufficio alle nove e mezza spaccate ed andò ad accendere il suo computer prima di recarsi nella cucina e riempirsi la tazza di caffè.
< Ciao, Mandy > cinguettò Amelia.
< Ciao, Melly. Ciao a tutti > salutò e poi prese la sua tazza e la riempì di quel liquido scuro miracoloso.
< Come è andato il fine settimana? > chiese, pronta ad immergersi nelle vite movimentate dei suoi colleghi e a fingere per qualche manciata di secondi che anche lei aveva indossato tacchi alti e vestiti corti per andare a ballare.
Fu Adam a rispondere per primo. < Da schifo > dichiarò.
< Come mai? > Amanda era curiosa.
< Mia madre e le sue manie di protagonismo > disse solo. Amanda non se la sentì di chiedere altro. Riecco la sua discrezione riaffiorare e prendere il sopravvento.
Lei non era il tipo di persona che spinge gli altri a parlare quando in realtà non ne hanno voglia. Amanda credeva che se a qualcuno andasse di parlare della propria vita, andando più nello specifico, raccontando tutti i dettagli - anche quelli più scabrosi - dovesse farlo di propria volontà e non grazie a domande insistenti.
Ma Jess, Amelia e Josh non erano della stessa ipotesi. < Ha monopolizzato l'attenzione per tutta la sera? >
< Già > rispose secco Adam.
< Non dovevi andare alla serata di beneficienza dove ci sarebbero stati tutti quei giornalisti importanti? > indagò Jess.
< Esatto >
< E tua madre non ha fatto altro che parlare del suo lavoro? > Josh.
Adam annuì.
Amanda trovava snervante tutte quelle domande, soprattutto tenendo conto che Adam rispondeva con una sola parola per volta. Non si rendevano conto che non aveva voglia di parlarne?
< Sei silenziosa oggi, Mandy > disse Adam, spostando l'attenzione da lui a lei.
Josh fece una breve risata. < Lei è sempre silenziosa >
< Oh, con me parla > disse Melly con tono cospiratorio e Amanda arrossì, capendo che si riferiva alle mail di Tuckson.
< Uh, sei arrossita tesoro > e fece notare Jess.
< Io.. Devo.. Devo lavorare all'intervista > se ne uscì Amanda.
Fece dietro front e si diresse verso la sua scrivania. Aprendo come prima cosa la mail.
Ce ne erano parecchie di pubblicità, domande di sponsorizzazioni, qualcuna che proveniva dal blog della posta del cuore a cui avrebbe risposto più tardi e poi, in fondo ne vide una che proveniva da Olive Tuckson.
Amanda rimase stupida e confusa di vedere una mail in entrata. Che lui le avesse scritto ancora chiedendole del suo silenzio? D'altronde lei era letteralmente scomparsa dopo che lui le aveva chiesto di ricordarle a che proposito si sarebbero dovuti incontrare di nuovo.
Incuriosita aprì quella mail.
Era arrivata il venerdì precedente all'una e diceva:
 
Cara Amanda,
di solito non dimentico tanto presto una signora, ma temo di essere veramente molto impegnato ultimamente; tanto che non riesco ad associare il suo bel nome ad un volto.
Che ne dici di aiutarmi a ricordare?
Oliver
 
Amanda rimase sconvolta da quella mail. Quel tipo stava decisamente filtrando con lei!
Dio, in che casino si era cacciata? Doveva scrivere la mail con un tono assolutamente professionale ed evitare di accennare ad "incontri" e parlare direttamente dell'intervista di modo che lui non potesse sbagliarsi sul perchè lei lo stesse cercando.
E adesso come se ne usciva? Non poteva fare mancia indietro e cominciare a parlare professionalmente o la situazione si sarebbe raffreddata e poteva dire addio all'intervista e al suo lavoro, considerando che Mike aveva fatto capire che quella era l'intervista del secolo per loro, visto che quel dannato Rogers non ne concedeva a nessuno.
D'altra parte non poteva nemmeno rispondere con lo stesso tono con cui le aveva scritto Tuckson o lui avrebbe pensato che Amanda voleva ben altro che un'intervista.
Si rimproverò di aver cominciato quella storia delle mail. Avrebbe dovuto telefonare a basta, magari facendo come facevano Josh, Adam, Jess e Melly: stalkerizzando l'agente perchè concedesse infine, esasperato, l'intervista e assicurarsi che questa volta Evan Rogers si presentasse e che non mandasse la bionda a fare da ambasciatrice.
Pensò ad un modo carino con cui rispondere; carino, certo, ma anche professionale e che non facesse intendere che lei avesse altre intenzioni oltre a quella lavorativa.
Sbuffò. Oliver Tuckson era un uomo e come tale, non appena vengono dette certe parole, comincia a viaggiare di fantasia; fantasie che lei capì che lui si era già fatto, visto la mail che le era arrivata. Ora doveva pensare a come smorzare quelle maledette ipotesi che lui poteva essersi fatto e fargli capire che c'era stato un malinteso.
Pensò che per decidere esattamente come rispondere forse era il caso di andare a rileggere tutte le mail che si erano scambiati fino a quel momento, in modo da avere i pensieri  più chiari.
Amanda si aspettava in tutto tre e - mail: la prima che le aveva scritto lei, la risposta di lui ed infine l'ultima mail di Tuckson che l'aveva lasciata sconvolta.
Quello che non si aspettava era di vedere, nel mezzo tra le due mail di Oliver, una sua risposta. Era più che sicura non aver mail risposto quel giorno all'agente di Rogers. Amanda ricordava perfettamente che aveva deciso di prendersi un po' di tempo per pensare a cosa rispondere e invece ora vedeva chiaramente che c'era un'altra sua mail.
Che si fosse dimenticata di avergliela inviata? In fondo tra Connor con la febbre, i turni al Caffè e quel James che le aveva estorto un sì ad altre loro possibili conversazioni e forse nemmeno al caffè, Amanda era stata piuttosto impegnata negli ultimi due giorni.
Lesse la mail, cercando di ricordare.
 
Caro Oliver,
ma come, ti sei già dimenticato di me? ;)
Amanda
 
No, quella decisamente non era stata lei.
Lei non filtrava per mail, lei non dava del "tu" a persone che non conosceva e che non aveva nemmeno mai visto e soprattutto lei non metteva faccine che ammiccavano.
La mail però era stata inviata e dal suo computer. Alzò la testa e guardò i  suoi colleghi; uno di loro le aveva giocato lo scherzetto e Amanda aveva una vaga idea di sapere chi fosse stato.
< Melly! > tuonò < Devo parlarti >  Si alzò in piedi e fece cenno di seguirla fino in cucina.
Amelia capì al volo che Amanda aveva letto la mail che lei aveva inviato ad Oliver e si alzò, con un sorriso furbo sulle labbra, per seguirla.
Amanda chiuse la porta della cucina e cercò di tenere un tono di voce calma, sapendo quanto potessero essere impiccioni i suoi colleghi.
< Che diavolo hai combinato? > le chiese, controllando la sua rabbia.
Amelia pareva eccitata dalla situazione.
"Be', almeno non lo sta negando" pensò Amanda. < Certo che ho letto. Ti ha dato di volta il cervello? >
< Avanti, ti ho solo dato una spintarella > Amelia scrollò le spalle.
< Una spintarella? > Amanda era incredula di quello che aveva appena detto Amelia. < Tuckson ci sta praticamente provando con me > il suo tono di voce si alzò ed Amelia alzò gli occhi al cielo.
< Te l'avevo detto che ad Olly ci voleva un qualcosina per darsi da fare >
< Io non ho bisogno che Olly si dia da fare! Ho bisogno che mi fissi un altro incontro con Rogers >
< Be', ora puoi chiedergli entrambi le cose > liquidò il tutto con un gesto della mano. < Cosa ti ha risposto? >
Amanda sospirò frustrata. Possibile che Amelia non capisse che nel mondo del lavoro non ci si potesse comportare come se si fosse al liceo, quando si inviano bigliettini maliziosi ai ragazzi carini?
Era vera che il loro non si potesse poi definire un vero e proprio mondo del lavoro, visto che per lei e Amelia tutto ruotava attorno al gossip e che per Tuckson invece era tutto un concentrata di interviste, presenze e partite di calcio; ma era pur sempre lavoro e quando si lavora non si posso fare certe cose.
Amanda si arresa alla cecità della collega. < Di aiutarlo a ricordare > riassunse.
< Oh, buon segno. > rispose Amelia pensierosa. < Ora rispondigli con qualcosa di carino >
< Non ci penso proprio. Ti rendi conto almeno di quello che hai fatto? >
< Ti ho aiutato a perdere la tua timidezza e ora Olly si aspetta una risposta >
No, non capiva.
< Amelia.. Non puoi fare così! E come hai fatto ad indovinare la password del mio computer? >
< Non l'avevi spento >
< Cosa? No, è impossibile.. > iniziò ma poi si ricordò che era fuggita dall'ufficio dopo quell'assurda conversazione che aveva avuto con lei.  "Merda", pensò.
< In ogni caso, non avresti dovuto farlo > le disse.
< Andiamo, Mandy! Lasciati andare! > la spronò Amelia.
< Non si tratta di questo. Io mi lascio andare > Amanda ripensò a James e al fatto che lei gli avesse detto di sì. < Ma non lo puoi fare tu per me e non con qualcuno che non conosco >
< Oh, credimi. Vorresti conoscerlo > disse maliziosamente l'altra.
< Amelia! > disse esasperata Amanda.
< Cosa? > Amelia pareva non capire quale fosse il problema di Amanda.
Amanda decise che era inutile insistere con lei. < Sai che ti dico? Me la vedo io. >
< Brava >  Amelia le puntò l'indice contro < E poi mi racconti come va a finire tra voi due >
< Non andrà a finire in nessun modo. Chiederò a Tuckson un'altra benedetta intervista e fine della storia > sbottò. < E la prossima volta che ti viene voglia di intrometterti conta fino a duemila > la guardò con aria di rimprovero e poi uscì dalla cucina, cercando di mascherare quando fosse arrabbiata.
Si sedette alla sua scrivania e scrisse a Tuckson, cercando di chiarire la situazione.
 
Oliver,
sono desolata ma deve esserci stato un malinteso.
Avevo chiesto il piacere ad una mia collega di rispondere alla sua mail, ma lei ha frainteso la situazione.
Immagino quanto la situazione possa essere imbarazzante, e le assicuro che lo è anche per me.
Le avevo chiesto l'incontro per l'intervista a Mr Rogers, visto che l'ultima non è andata a buon fine.
Spero lei possa darmi presto notizie.
Amanda Allen.
 
Amanda cliccò su "Invia" e sperò che Tuckson non ne facesse una questione di stato che ci passasse sopra.
Era pronta ad aspettare anche secoli prima che lui rispondesse, visto che avrebbe potuto benissimo sentirsi presto in giro.
Amanda si lanciò in una serie di insulti mentali verso sé stessa, che non aveva alzato la stupida cornetta e non aveva spento il computer, e verso Melly, che era stata incapace di farsi gli affari suoi.
Nonostante sapeva che Tuckson non le avrebbe risposto immediatamente, lei rimase lo stesso con lo sguardo incollato al monitor e con le dita che tamburellavano nervosamente sul tappetino del mouse.
Poi, come se lo sguardo di Amanda fosse diventato troppo da sostenere, nella casella delle mail in arrivo comparve un puntino rosso.
Qualcuno le aveva scritto. Amanda ci cliccò sopra e sgranò gli occhi quando lesse il nome dell'agente

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Capitolo 7
*** CONVERSAZIONI ***


Cara Amanda,
Direi che queste amiche intraprendenti sono piuttosto divertenti.
Deve essere un ufficio movimentato, il tuo.
Oliver


Amanda lesse sconcertata la risposta alla sua mail.
Aveva dato per scontato che Tuckson, letta la sua mail, facesse marcia indietro e rispondesse in modo formale e strettamente professionale; invece ecco la sorpresa. Quel tipo aveva mantenuto lo stesso tono scherzoso, come se non le avesse creduto.
Tamburellò con le dita sulla scrivania e rilesse ancora quelle poche righe. E ora che diavolo avrebbe dovuto rispondere?
Sbuffò, cercando di pensare, spremendo le sue meningi e pensando attentamente a che risposta dare a quel tizio. La decisione migliore era certamente quella di ripetergli che c'era stato un malinteso e che quella mail lui non avrebbe mai dovuto riceverla.
Dio, se avesse potuto avere la testa di Amelia su un vassoio d'argento sarebbe stata la ragazza più felice del mondo.
Guardò ancora lo schermo, riflettendo sul da farsi.
< Mandy! > una voce richiamò la sua attenzione.
Amanda alzò di scatto la testa verso chi l'aveva chiamata. < Ciao, Mike > abbozzò un sorriso.
< Come va l'intervista? >.
Eccolo il momento della resa dei conti. < Sto giusto parlando con il suo agente per accordarci su un altro incontro. Sai, per approfondire alcune cose > Amanda tenne lo sguardo basso, impaurita di essere scoperta da Mike.
< Fantastico > il suo capo fece un gran sorriso. < Sono curioso: com'è questo Evan Rogers? >
Amanda deglutì. "Pensa in fretta", si ordinò. < Oh, sai.. Come tutti gli altri calciatori.. > fece un sorriso tirato.
< Arrogante, presuntuoso e con la puzza sotto il naso? >
< Sì, sì. Tutte quelle cose lì > un altro sorriso.
Mike batté una volta le mani. < Bene. Conto di leggere presto questo lavoro > si fermò un momento a guardarla prima di continuare. < Potrebbe essere la tua grande svolta > detto quello, si girò e tornò nel suo ufficio.
Amanda rimase con la sedia girata verso destra, il suo fianco sinistro che sfiorava il bordo della scrivania e lo sguardo perso fuori dalla finestra.
Cosa significava che ci sarebbe potuta essere una svolta, la sua svolta?
Ma che diavolo era successo alla popolazione del mondo durante quel fine settimana?

La pausa pranzo era finita da molto; Amanda aveva mangiato un panino al volo e uno yogurt alla fragola, poi era andata a fare una passeggiata per le vie della città per guardare quali erano le ultime novità di moda e il tutto con in testa il pensiero di cosa rispondere a Tuckson.
Si era persino figurata una serie di botta e risposta in cui alla fine trionfava sempre lei, e la cosa la stordiva di non poco.
Se avesse telefonato a Tuckson e fosse riuscita a parlare con un tono di voce seria, magari l'agente si sarebbe convinto che era vero quello che lei gli aveva detto, o forse era meglio dire scritto. 
Era di nuovo seduta alla sua scrivania, con il biglietto da visita di Tuckson sotto il naso e fissava sia il numero di telefono che la mail.
Sbuffando pensò che forse, era meglio chiamare che scrivere ancora, no?
"Al diavolo! L'intervista può aspettare! Devo andare avanti con il mio lavoro. "
Avviò la pagina del motore di ricerca ed iniziò a guardare le persone più in voga del momento su cui fare qualche commento acido su vestiti poco appropriati o nuovi accompagnatori.
Amanda non aveva mai capito la strana abitudine che la gente aveva nel comprare e leggere la rivista per cui le stessa scriveva. Pensare queste cose la faceva sentire un po' come l'ingrata che sputa nel piatto in cui mangia, ma seriamente, quello era un giornaletto da quattro soldi per vecchie signore annoiate e casalinghe disperate; non c'era veramente nulla che potesse risultare interessante o quando meno appassionante da leggere.
Non che leggere un giornale di cronaca nera fosse appassionante, ma quanto meno era qualcosa di utile: un mezzo per tenersi informai sulla vita quotidiana del resto del mondo e anche un ottimo modo per tenere il cervello in allenamento leggendo.
"Okay, anche leggere queste porcherie tiene il cervello allenato. In fondo, alcuni articoli, se scritti bene,  non sono male".
Amanda sbuffò pensando quella stupida mail di Tuckson la stava facendo rincretinire e fare pensieri sconnessi e poco sensati. Viveva in democrazia e questo significava che le persone erano libere di leggere quello che volevano e quando volevano, senza dover tenere conto a lei o senza che lei si sentisse talmente tanto superiore da poter giudicare le scelte personali degli altri.
Fece scorrere la freccetta del mouse verso in basso, in modo da vedere ancora altre notizie e quando scovò la foto di un'attrice ancora non molto famosa con un abito della collezione dell'anno prima, decise di salvare la foto e scrivere qualche riga su di lei.
Passò le due ore successive a scrivere di quell'articolo improvvisato, ma non riusciva a distogliere il pensiero da cosa avrebbe dovuto risponde a Tuckson.
< Tanto vale rispondergli, visto che non riesci a concentrarti! > borbottò.
Dunque.. ufficio movimentato, colleghe intraprendenti.
 
Caro Oliver,
effettivamente non ci si annoia mai qui.
Ma sul serio quella mail è stata un imprevisto; le mie intenzioni erano di chiedere un incontro per fissare l'intervista con Mr Rogers.
Amanda Allen
 
Si, andava bene. Cliccò su invia con un sorriso soddisfatto sulle labbra. Non era stata scortese, ma aveva ribadito il concetto per cui ancora gli stava rispondendo.
Se quell'intervista non fosse stata così importante per Mike si sarebbe arresa già da tempo e avrebbe aspettato che Tuckson stesso o la bionda con la faccia strana o chi per Rogers, si facessero sentire, considerando che - come le aveva detto il suo capo - il calciatore aveva deciso di rilasciare l'intervista solo a loro.
Il bip di un nuovo messaggio in arrivo non tardò ad arrivare.
 
 Amanda,
ma non avevamo già fissato un'intervista la settimana scorsa?
Oliver
 
Amanda notò che ora aveva anche omesso il "cara" e che persisteva a non firmarsi completamente. Che dovesse seguire l'esempio?
No. Decisamente no.
 
Caro Oliver,
certo ed infatti venerdì mi sono recata nel luogo stabilito, ma una signora mi ha avvisato del fatto che Rogers purtroppo non farà interviste per un po'.
Amanda Allen
 
Rispose con la verità pensando che non ci fosse nulla di meglio.
Era giusto che Tuckson sapesse che non si era presentato Rogers ma bensì la bionda e si trattenne dal dire che in realtà si aspettava che Tuckson stesso fosse lì; in fondo tutte le volte che aveva intervistato qualche personaggio famoso, dagli sportivi agli artisti e gli attori, aveva sempre conosciuto anche l'immancabile agente.
Di nuovo il bip.
 
Amanda,
non ero a conoscenza di questa cosa.
Venerdì non mi trovavo in città.
Oliver


Amanda stava cominciando a spazientirsi. Le importava veramente molto poco su dove fosse lui, cosa avesse fatto e perchè. Cominciava a darle fastidio il fatto che quell'uomo, che lei non aveva mai visto, si rivolgesse a lei come se si trattasse di qualcuno con cui aveva confidenza.
Poi però si ricordò che lei stessa lo stava trattando quasi con lo stesso trattamento: gli stava dando del "tu", gli scriveva "caro Oliver", cercava di mantenere un tono leggero, quasi scherzoso.
C'era bisogno di mettere un freno a tutto questo. Lei necessitava che Tuckson tornasse con i piedi per terra e che le desse un nuovo appuntamento.
 
Mr Tuckson,
spiacente che lei non sia riuscito a tenere tutto sotto controllo.
Posso chiederle come rimaniamo per il prossimo incontro?
Grazie,
Amanda Allen
 
Inviò la mail senza nemmeno pensarci  o rileggerla. Le andava bene così, senza tanto pensarci. Poi però la consapevolezza di quello che aveva scritto e di come lo aveva fatto la colpì veloce come un fulmine.
Era stata decisamente scortese con una persona che era il suo passaggio con l'intervista con Evan Rogers, il calciatore che aveva concesso l'intervista solo ed esclusivamente al suo giornale, un intervista per cui Mike pareva abbastanza entusiasta e per cui le aveva detto che da quel lavoro sarebbe potuta esserci una svolta positiva per Amanda.
Dio, dove diavolo era la sua razionalità e la sua coscienza quando ne aveva bisogno?
Luca aveva ragione: a volte parlava senza pensare ed era decisamente troppo impulsiva.
Prese un respiro profondo e cercò di analizzare la situazione con più calma, partendo a ritroso.
Mike le aveva detto che quell'intervista le avrebbe potuto dare una svolta. Che si riferisse ad una svolta all'interno del giornale? Di certo non poteva parlare della sua vita privata, e poi ora che Josh andava via.. Magari le avrebbe dato da seguire anche il lavoro del collega e questo significava che avrebbe potuto ottenere un aumento e quindi dire addio al fatto di dover vendere la macchina, non risparmiare eccessivamente su qualunque cosa e iscrivere Connor alla scuola calcio con il cuore più leggero e meno preoccupazioni sui conti da far quadrare.
E tutto questo poteva farlo se faceva quella benedetta intervista con Rogers.
Doveva decisamente scusarsi con Tuckson e doveva farlo subito.
 
Oliver,
ti chiedo scusa per il tono della mia mail precedente.
Allora, questo incontro?
Amanda
 
 
Amanda passò i successivi cinque minuti con lo sguardo fisso sul monitor del computer, in trepidante attesa di una risposta di Tuckson. Risposta che però non arrivò.
Decise che avrebbe inviato a Mike il breve articolo sull'attrice che aveva scritto e poi avrebbe dato una controllata al blog della posta del cuore, prima di rileggere le mail che aveva lasciato in sospeso. Magari tra qualcuna di quelle avrebbe trovato un invito ad un evento a cui partecipare e di cui scrivere sul giornale.
Avrebbe potuto trovare qualunque cosa e in fondo non le dispiaceva nemmeno poi molto, se questo significava non pensare alla faccenda di Tuckson per un intero pomeriggio o per tutto il tempo che lui ci avrebbe impiegato a risponderle.
Aprì le mail e ne trovò solo qualcuna a proposito di eventi benefici assolutamente poco interessanti per lei, ma che avrebbero potuto portare qualche profitto per il giornale.
Si appuntò i nomi degli eventi, quando sarebbero stati e dove. Amanda decise di controllare bene i suoi impegni e di decidere poi a quale andare, magari tenendo conto delle disponibilità di Cassy.
Aprì velocemente il blog della posta del cuore ed iniziò a dare un'occhiata prima a tutti i messaggi nuovi in entrata.
Quella parte del suo lavoro la divertiva più di tutto il resto. Non che provasse gusto ad essere contatta da milioni di ragazzine disperate che non sapevano come fare per dire "ti amo" al proprio ragazzo o come fare per capire se lui è quello giusto o meno; certo che no! Ad Amanda non piaceva vedere la gente disperarsi o angosciarsi. Le piaceva quel blog perchè la faceva sentire importante e d'aiuto, come se avesse un posto nel mondo molto importante e per più persone, non solo per il piccolo Connor.
Aprì il primo messaggio, che proveniva da una ragazza di soli sedici anni che era arrabbiata con il fidazato perchè lui ancora non aveva voluto uscire con lei da soli.
Amanda scosse la testa, divertita. Avrebbe dato il suo braccio destro pur di poter dire che i suoi problemi erano solo quelli.
Rispose in fretta alla ragazzina di organizzare una sorta di appuntamento sorpresa per lui e fargli capire che non era poi così male passare il tempo assieme senza tutta la banda di amici.
Lesse un altro messaggio, e quello la lasciò decisamente spiazzata. La ragazza in questione si lamentava del fatto che lui avesse preso decisamente male la sua gravidanza inaspettata.
I pensieri di Amanda la portarono velocemente al momento in cui lei aveva tenuto in mano il test di gravidanza, aspettando che desse il suo responso.
 
Lo fissava, guardandolo intensamente, e pregando che la sua fosse solo una paura infondata e che il test che aveva appena fatto si fosse sbagliato a comunicarle che era incinta. In fondo non sempre i test dicono la verità.
Fece un respiro profondo e cercò di calmarsi. Se il secondo test sarebbe stato negativo, Amanda sarebbe andata di corsa da un medico e si sarebbe fatta visitare. Se invece fosse stato positivo... al momento non le andava di pensarci.
< Amy? >
Luca! Cosa diavolo ci faceva a casa sua? Non aveva gli allenamenti? Amanda si paralizzò, con lo stick in mano. Non avrebbe potuto aprire: lui si sarebbe accorto che qualcosa non andava e lei non voleva che lui si preoccupasse.
Sentì un colpo alla porta del bagno e sussultò. < Amy? > la chiamò ancora. < Gigì mi ha detto che sei lì dentro. Mi apri? >
Ora era inevitabile fare finta di non esserci. < Un secondo > gli rispose, con la voce roca.
< Andiamo, muoviti! > sussurrò al test che aveva in mano.
< Cosa succede? Mi sto innervosendo! > ed Amanda capiva che non stava mentendo, sentendo solo la sua voce farsi sempre più bassa e quasi minacciosa.
Luca era così, quando si innervosiva o si arrabbiava. Lui urlava poco e sempre e solo quando era Amanda a cominciare ad urlargli contro e a tirarla avanti per un po'. Lui era quel tipo di ragazzo che manteneva una calma glaciale quando era di pessimo umore, uno di quelli da cui ci si tiene abbastanza lontani, se si nota lo strano luccichio che gli sfiorava gli occhi quando parlava in quel modo.
< Un attimo > ripeté Amanda. Ormai mancava poco meno di un minuto e poi avrebbe saputo cosa fare, più o meno.
< Amy, sei stata poco bene per tutto il mese e ora ti chiudi in bagno e non vuoi farmi entrare e Gigì dice che sei lì dentro da stamattina.. > sbuffò, infastidito. < Che cazzo sta succedendo? >
Era la stessa cosa che voleva sapere lei. Cosa stava succedendo? Era vero? Fissò di nuovo lo stick, che indicava che era incinta.
Amanda appoggiò la schiena contro la porta e poi si fece scivolare per terra, fino ad arrivare a sedersi.
Se due test su due indicavano che lei era incinta non poteva rinnegare oltre la verità.
Gli strani capogiri che le prendevano, le nausee improvvise quando sentiva l'odore del caffè, la stanchezza perpetua che aveva, quegli accenni di febbre.
E ora come l'avrebbe detto a lui? Come avrebbe fatto con l'università?
< Amy? > la voce cominciava a diventare troppo bassa per i gusti di Amanda.
< Luca.. io.. > si fermò. Le mancò per un momento la voce. Come avrebbe fatto a dirgli che era incinta?
< Cosa succede? >
< Sono.. sono.. >
< La apri o no questa dannata porta? > la interruppe lui.
Amanda prese un respiro profondo e cercò di ignorare il fatto che stesse tremando. < Devo dirti una cosa prima > e voleva farlo senza doverlo guardare in faccia. Preferiva sapere di essere al sicuro dietro una porta chiusa a chiave e di poter evitare la sua reazione, piuttosto che fronteggiarlo.
Non che Luca fosse mai stato un tipo violento, ma come lo spieghi ad un ragazzo di ventidue anni, che da poco è riuscito a farsi spazio nei suoi sogni, che la sua vita potrebbe cambiare radicalmente?
Amanda si maledisse mentalmente; che fine aveva fatto la ragazza che non aveva paura di niente e nessuno e diceva subito le cose come stavano? "Forza e coraggio", si spronò.
< Sono incinta > confessò.
< Cosa? >  Luca era incredulo.
< Sono incinta > ripeté.
< Ma tu.. io.. ho sempre messo il preservativo > era shoccato.
< Lo so >
< Come è possibile? >
Amanda rimase in silenzio. Che domande le faceva? Com'è possibile? Doveva fargli il disegnino?
< Amy, esci di lì per favore > chiese lui.
Amanda aprì titubante la porta e per poco Luca non si fiondò a stringerla per tenerla al sicuro. Era pallida e tremava tutta. Era spaventata.
Rimase immobile ad osservarla.
Lei si fermò sull'uscio della porta, non sapendo esattamente che fare.
< Quindi sei veramente.. incinta? > la voce gli si spezzò sull'ultima parola.
< Si > sussurrò Amanda.
< Hai fatto il test? >
< Due > chiarì Amanda.
< E adesso? > Luca non aveva la più pallida idea di cosa fare.
< Adesso cosa? >
< Che si fa? >
< Di cosa stai parlando? > Amanda non capiva.
< Come facciamo con.. con.. con il bambino? >
Oh. Amanda capì. Capì immediatamente a cosa lui si stesse riferendo.
< Non ci penso nemmeno > eruppe. Il tremolio che l'aveva accompagnata per tutta la mattina in bagno sparì ed Amanda sentì una scarica si sicurezza e forza infondersi per tutto il suo corpo.
< Non pensi a cosa? > Luca la guardò allibito.
< Io non ho intenzione di abortire > mise in chiaro fin da subito. < Né tanto meno ho intenzione di portarlo in grembo per nove mesi per poi darlo in adozione. Non credo proprio di volere che mio figlio venga abbandonato così come è successo a me. Tu non puoi capire cosa si prova e io non voglio che lui debba provare le stesse cose. > 
< Amy, io.. >
< Tu potrai anche non essere pronto > lo interruppe < E non te ne faccio una colpa. Ma se credi che io assecondi le tue scelte, be' allora non mi conosci affatto! Il che è deludente, Luca! Dopo tutti questi anni>
< Amy.. > provò di nuovo il ragazzo, questa volta quasi incredulo di sentirla dire quelle cose.
< No, niente "Amy". > lo fissò dura. < Io non lo abbandono. Sta a te la scelta: rimanere con noi, o andare avanti con la tua vita. Ma se te ne vai, non pensare di poter andare indietro > lo fissò dura, attendendo che lui girasse i tacchi e sparisse per sempre dalla sua vita.
Come si permetteva anche solo per un momento di proporle una cosa simile?
< Amanda! > disse lui indignano. Incredulo delle sue parole. < Non mi hai nemmeno dato il tempo per pensare e mi stai già lasciando senza nemmeno ascoltare quello che ho da dirti > il suo tono di voce era calmo e basso.
< Sentiamo, cosa avresti da dire? >
Luca si mise a braccia conserte e si appoggiò con la spalla al muro. < Ti rendi conto che mi hai urlato contro senza motivo? >
< Senza motivo? A volte sei un cretino, Luca! > lo oltrepassò ed andò in camera sua per prendere la sua borsa. Non voleva restare un minuto di più in quella casa, se c'era lui.
Luca la seguì senza proferire parola, osservandola attentamente.
Indossava i pantaloni della tuta, quella per cui lui andava matto, quella che le metta in risalto perfettamente la curva del sedere, ed una maglietta nera aderente.
Lo sguardo le scivolò sull'addome e provò a immaginarlo gonfio, con un piccolo Luca dentro. Sorrise a quel pensiero.
< Che diavolo hai da ridere? La trovi una cosa divertente? > lei lo risvegliò dalle sue fantasie.
< Non mi piace quando non mi fai parlare, Amy >
< Non ti farò mai parlare fin tanto che quello che avrai da dire saranno solo cose stupide > Amanda si sistemò la borsa sulla spalla e lo fissò truce.
< Cosa stupide? Cosa avrei detto di stupido? > Luca alzò un sopracciglio.
< Tu vorresti farmi abortire! > scattò lei
< Non ho mai detto questo >
< Oh, si invece! " e ora che facciamo?" > Amanda lo imitò malamente.
< Esatto, Amanda! Ora come facciamo? Dove vivremo? E con la tua università? Potrò ancora fare le trasferte? >
Amanda si fermò mentre cercava di infilarsi il cappotto. < Che? >
< Se tu la smettessi di anticipare sempre quello che io ho da dirti e di farmi parlare, magari ora non mi avresti lasciato >
< Oh > 
< Già, "oh" >
< Quindi tu non vuoi.. >
< No, non voglio che tu abortisca. Sono solo sorpreso, tutto qui >
< Ma tu vuoi..? >
< Sì, Amy. Sì >
Amanda fece un sorriso timido fissando i suoi occhi color cioccolato. Istintivamente si portò una mano sulla pancia e Luca fece un passo verso di lei, posando la  mano sulla sua.
< Direi che dovremmo andare da un dottore > le posò un bacio sulla fronte.
< Dovremmo >
 
Amanda ripose alla ragazza che essere spaventati era normale e che doveva dare il tempo a lui di abituarsi all'idea.. oppure no.
Anche lei era spaventata, talmente tanto da credere che Luca avrebbe voluto lasciarla.
Passò al messaggio successivo. Un'altra ragazza con problemi di uscita di coppia con il suo lui. Questa volta il ragazzo era troppo insistente.
Amanda continuò così per tutto il pomeriggio, dimenticandosi poi completamente di Oliver Tuckson e dell'intervista che avrebbe dovuto fare ad Evan Rogers.
 
< Mi serve un consiglio > aveva esordito Cassy quando Amanda aveva risposto al telefono.
Lei e Connor avevano da poco finito di cenare e il bambino stava giocando pacificamente nella sua cameretta.
< Se posso, dimmi tutto >
< Tu rispondi alla posta del cuore, no? Quindi se io approfittassi di questa situazione per una volta, non ti offenderesti, vero? >
Amanda ridacchiò. Da dove proveniva tutta quell'insicurezza di Cassy? < No, non mi offenderei. >
< Bene. Allora.. > Cassy tentennò.
< Coraggio, Cassy. Sputa il rospo >
< C'è questo ragazzo che mi piace molto.. Ma io.. io non so come dirglielo >
< Vi conoscete? >
< Si, frequentiamo gli stessi corsi e a volte siamo seduti vicini. Siamo usciti per un caffè un paio di volte > fece il reso conto della situazione.
< Mmm.. Lui è impegnato? >
< No, non che io sappia >
< E allora invitalo ad uscire >
Ci fu un attimo di silenzio, tanto che Amanda pensò che la linea fosse caduta.
< Che? > proruppe Cassy.
< Avanti, Cassy! I tempi in cui era l'uomo a corteggiare la donna sono finiti. > le ricordò.
< Lo so, ma.. >
< Niente ma. Potrebbe essere solo un caffè, ma se glielo dici con il tono giusto, magari.. > lasciò intendere.
Amanda si sentì quasi subito un'ipocrita a dare quel genere di consigli alla ragazza quando lei stessa aveva fatto un'enorme fatica per dire di sì a James.
Scacciò immediatamente dalla testa quel pensiero. Cassandra era una ragazzina e come tale aveva bisogno di vivere.
Lei non doveva pensare a possibili rifiuti, alle persone che avrebbero potuta ferirla o rifiutarla, una volta scoperta la verità sul suo passato e sul suo presente. Cassandra era una splendida ragazza di diciotto anni che meritava di provare ad avere una storia con un ragazzo che le piaceva.
< Quindi dovrei invitarlo per un caffè? > Riprese Cassy.
< Potresti provare, perchè no? >
< E come glielo chiedo? >
< Ciao, ti andrebbe di andare a prendere un caffè assieme uno di questi giorni? > disse Amanda.
< Ma James potrebbe pensare che si tratta uno dei nostri soliti caffè > si lamentò la ragazza.
James. Aveva detto James, non c'erano dubbi. Amanda sentì il cuore battere un pochino più forte di quanto dovesse e le guancie diventare più calde del normale.
Come poteva un solo nome provocarle una simile reazione?
"Non è solo il nome", pensò, "è anche tutto il resto". Davanti agli occhi vide chiaramente la figura slanciata di James, con quegli occhi verde bottiglia così intensi e sfacciati, quel sorriso sbarazzino sulle labbra, la posa da duro, quasi da ragazzaccio.
Ricordava ancora la sigaretta che aveva tenuto fra le dita la prima volta che l'aveva visto e ora si chiedeva perchè non poteva essere lei quella tanto fortunata da essere tra le sue mani.
< Mandy, ci sei? > Cassandra la riportò con i piedi per terra.
< Sì, sì, scusa > si schiarì la voce. < Allora, si chiama James eh? >
< Già, James > disse l'altra con voce sognante.
< E com'è? >
< Oh, è così bello > Amanda non aveva più dubbi: la baby sitter era completamente andata.
< Cassy, aspetta un attimo > la bloccò quando le tornò in mente un particolare < Ma tu non era fidanzata? >
< Io e quel cretino non abbiamo più niente da dirci > disse in tono duro.
< Vi siete lasciati? >
< L'ho lasciato io > specificò.
< Come mai? >
< E' un cretino > disse ancora lei.
< Okay, okay > Amanda chiuse il discorso prima che Cassandra potesse esplodere. < Questo vuol dire che puoi invitare fuori James >
< Ma se poi faccio la figura della disperata >
< Allora sarò più che ben contenta di ascoltare di nuovo il tuo problemi di cuore > scherzò.
< Non sei affatto divertente > ma Amanda riusciva a percepire un sorriso nelle sue parole.
< Non hai nulla da perdere e se proprio lui dovesse reagire male te ne puoi sempre uscire dicendo che era un caffè e non un invito a nozze > Amanda le creò anche la perfetta via di fuga.
< Mmm, ok > Cassandra sospirò. < Dio, sono così agitata >
< Vedrai che andrà tutto bene >
< Lo spero >
< Vedrai > disse ancora. < Oh, Cassy! > si ricordò poi di doverle chiedere una cosa. < Ora sei tu che devi fare un favore a me. >
< Spara >
< Giovedì prossimo devo andare ad un evento di beneficienza per lavoro, potresti venire tu a badare a Connor? >
< Certo > disse lei allegramente.
< Sicura? Non ti scombino i piani con James? > Amanda ridacchiò.
< Hei, devo ancora invitarlo fuori per il caffè e nel caso potrei sempre decidere di portarlo a casa tua >
Amanda rimase un momento interdetta e Cassandra capì al volo che l'aveva presa sul serio. < Sto scherzando, Mandy! > la rassicurò. < Non farei mai una cosa del genere con Connor nelle vicinanze >
< Giusto >
< Bene, ora vado >
< A presto >
< Ciao >
La telefonata finì e Amanda tornò a pensare al bel volto di James, il suo James.
Si fermò in mezzo al corridoio. Aveva davvero appena pensato che James era suo? Merda.
Merda. Merda. Merda. 

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Capitolo 8
*** SCOMMESSA ***


Amanda aveva deliberatamente deciso di non pensare a nulla per quella giornata che non fosse il suo lavoro.
Si ordinò di evitare i pensieri che riguardavano Luca, perchè tornare al loro passato, felice e burrascoso assieme, la intristiva e non le permetteva di comportarsi in modo lucido e di pensare a quello che aveva da fare.
Un altro pensiero da evitare assolutamente era James, non il suo James ma semplicemente James. Non perchè non fosse contenta di pensare a lui, anzi, si sarebbe persa più che volentieri nelle intensità verdi dei suoi occhi, ma Amanda aveva bisogno del suo guscio, del suo porto sicuro e nessuno - a meno che non fosse lei a desiderarlo - poteva entrare dentro quella bolla.
Si lasciò cadere sulla sedia e si avvicinò alla scrivania per poi accendere il computer e cercare di iniziare a lavorare e di non lasciare nulla in sospeso almeno per quel giorno.
Josh, Jess, Adam e Melly erano già tutti dietro le loro scrivanie, ed Amanda pensò che era decisamente strano, visto che non iniziavano mai prima delle dieci, ma quella era la settimana della moda e quindi ognuno era impegnato alla ricerca degli ultimi gossip sulle celebrità più disparate.
Amanda pensò che per un momento avrebbe potuto pensare di prendere qualche biglietto per una o due sfilate e andare alla ricerca dello scoop perfetto, ma poi le tornò in mente che aveva già deciso che sarebbe andata alla serata di beneficienza e per di più, secondo Mike, lei sarebbe dovuta essere impegnata con l'intervista di Rogers, quindi sarebbe stato strano se  fosse corsa fuori dall'ufficio per lavorare a qualcosa di diversi da quello che avrebbe potuto portarla alla "svolta", come le aveva detto lui.
Il che la riportava al fatto che assolutamente non aveva nessun tipo di materiale su cui scrivere, al momento.
Be', avrebbe potuto fare una ricerca, magari in internet, e scrivere le prime righe del calciatore con le informazioni che trovava, così se Mike avesse fatto qualche altra domanda, lei avrebbe potuto fargli leggere le prime righe del lavoro.
Aprì la pagina del motore di ricerca ed iniziò a digitare il nome del calciatore, ma il telefono iniziò a suonare, facendola sussultare.
Controllò il numero, prima di rispondere e fare un'altra figuraccia con Mike, ma era sconosciuto.
< Amanda Allen > rispose professionalmente, prendendo una penna e avvicinando il suo blocco degli appunti.
< Salve, Amanda > la salutò una voce calda dall'altra parte.
Amanda fece una veloce revisione di tutte le persone, o forse era meglio dire uomini, che conosceva con una voce così.
Nessuno.
< Chi parla? > chiese confusa.
La persona all'altro lato si schiarì la voce prima di proseguire. < Sono Oliver Tuckson >
Ad Amanda mancò il fiato. La stava decisamente chiamando per dirle che era stata una gran maleducata il giorno precedente e che le toglieva l'intervista.
Prevedeva già il grande disastro che quella cosa avrebbe comportato: Mike si sarebbe infuriato, non ci sarebbe stata nessuna svolta - qualunque cosa Mike intendesse quando gliene parlò - e anzi lei sarebbe stata licenziata con molte probabilità. Connor non sarebbe potuto andare alla scuola calcio e a quel punto Amanda avrebbe dovuto vendere la macchina per necessità e non per volontà.
< Amanda? Sei ancora lì? >
Amanda si risvegliò dal suo scenario disastroso e riportò la sua attenzione su Tuckson, che tra l'altro le parve avesse quasi avesse una voce familiare.
< Sì, sono qui. Come posso aiutarti, Oliver? > cercò di assumere un tono di voce cortese e di evitare di farsi prendere dai suoi pensieri cupi.
< Be', in realtà pensavo che potremmo vederci per decidere finalmente quando fissare l'incontro con Evan >  esordì.
Amanda fece un grande sorriso. Aveva ancora il lavoro assicurato, non era necessario vendere la  macchina e Connor sarebbe potuto andare alla scuola calcio.
< Oh, bene > cercò di trattenere la contentezza che provava. < Quando preferisci? >
< Magari tra un'ora? >
Amanda sgranò gli occhi, sorpresa. Poteva quella giornata andare meglio di così? < Va bene > acconsentì.
< Che ne dici di vederci in un posto un po' più fuori della città? Non ricordo esattamente il nome, ma posso inviarle l'indirizzo >
< Perfetto > posò la penna.
 < Dovresti trovare già la mia mail nella posta > la informò lui.
Amanda andò a controllare ed effettivamente era lì. Aprì il messaggio e lesse velocemente l'indirizzo, scoprendo che si trattava del Caffè di Jas e Elly. Evitò di dire a Tuckson che conosceva decisamente bene il posto, era pur sempre un affare lavorativo totalmente diverso dal bar e non poteva lasciare che le due cose si mischiassero.
< Letta. Ci vediamo lì tra un'ora >
Si salutarono ed Amanda cominciò a ringraziare mentalmente tutte le divinità che conosceva, rendendosi conto che era la prima volta che le cose diventavano così semplici per lei, senza interventi esterni.
Il Caffè distava mezz'ora dal giornale, se non c'era traffico, ed Amanda pensò che era meglio sbrigarsi e magari arrivare prima di Tuckson, in modo da essere lei quella che lo avrebbe aspettato e non viceversa.
Afferrò il registratore, il blocco per gli appunti ed un paio di penne. Mise tutto nella sua borsa e poi si avviò verso l'ufficio di Mike per avvisarlo che non sarebbe stata in ufficio probabilmente per il resto della mattinata.
< Sto uscendo, Mike > infilò la testa dentro il suo ufficio.
< Dove vai così di corsa? > le chiese lui, notando che lei si stava già allontanando.
< Vado ad incontrare Oliver Tuckson > Amanda tornò indietro.
< L'agente di Rogers >
< Esatto, lui >
< Vai e portami una bella intervista > le sorrise fiducioso.
< E' quello che intendo fare > rispose Amanda, con lo stesso sorriso di Mike sulle labbra.
 
Arrivò al Caffè con venti minuti di anticipo rispetto all'appuntamento che avrebbe dovuto avere con Tuckson.
Entrò e andò in cerca di una delle due proprietarie.
< Mandy! > esclamò Jasmine da dietro il bancone. < Cosa ci fai qui, tesoro? >
< Ho un incontro con una persona per un'intervista > le spiegò.
< Oh, pensavo che ti fossi decisa a lasciare quello schifo di posto per tornare da noi > le fece poi l'occhiolino.
< Mmm forse > scherzò Amanda.
< Siamo di buon umore, eh? >
< Un po' > sorrise. < Posso sedermi fuori? >
< Che domande, certo! >
Amanda uscì e si precipitò al suo tavolo preferito, trovandolo vuoto. Era il più lontano da tutti e si trovava sotto un gazebo di legno. Era quello dove solitamente si rifugiava le coppiette quando volevano un po' di intimità in più e Amanda pensò che fosse l'ideale per parlare di lavoro, visto che li avrebbe tenuti lontani da occhi indiscreti.
Tirò fuori il suo fidato registratore, il blocco e la penna e, da brava studentessa diligente che era stata, scrisse la data e il nome della persona con cui avrebbe dovuto avere l'incontro.
A volte rimpiangeva il fatto di aver dovuto lasciare l'università e aver dovuto mettere un punto alla sua possibile carriera ancora non bene definita, ma poi si ricordava della meraviglia di bambino che la aspettava tutti i pomeriggi alle sei all'asilo e si impediva di lasciarsi prendere dallo sconforto. Forse non aveva avuto la grande vita che si aspettava, ma sicuramente non poteva lamentarsi più di tanto su quello che aveva in quel momento. Solo che a volte si chiedeva come sarebbe stato essere una donna in carriera con un ruolo importante e qualcuno che attendesse i suoi ordini.
< Ti ho portato una fetta del tuo dolce preferito e una tazza di latte di soia alla vaniglia > le disse Jasmine.
< Grazie, Jas > le sorrise riconoscente.
< E' un'intervista importante? > le chiese la donna, posando sul tavolo la torta al cioccolato e la tazza.
< Un po' > ammise Amanda.
< Di che si tratta? > s'informò l'altra.
< Oh un calciatore > Amanda preferì restare sul vago. In fondo c'era quel detto che diceva "non dire gatto se non ce l'hai nel sacco".
< Ok, ti lascio > Jas capì l'antifona e si dileguò dentro.
Amanda si portò la tazza alle labbra ed iniziò a sorseggiare un po' del latte alla vaniglia per poi addentare la torta al cioccolato.
Si lasciò sfuggire un verso di apprezzamento, mentre masticava, sentendo il cuore di cioccolato liquido esplodere nella sua bocca.
Quella combinazione gliel'aveva fatta conoscere Luca quando ancora non stavano assieme, durante il loro primo appuntamento. Amanda ricordava perfettamente lo sguardo attento con cui l'aveva fissata lui quando gli aveva proposto proprio la sua stessa ordinazione.
"Avevamo detto di non pensare a lui" si ricordò, e decisa di evitare quel tipo di argomento prese il suo telefono e iniziò a fare un giro per le varie riviste on line che leggeva.
< Ciao > la salutò qualcuno.
Amanda alzò gli occhi fino ad incontrare la persona che aveva davanti. Con un cappello in testa e gli occhiali da sole a nascondere lo sguardo magnetico, James se ne stava con le mani poggiate sullo schienale di una sedia del tavolo di Amanda.
< Ciao > rispose lei, chiedendosi perchè si ostinasse ad indossare anche una sciarpa quando fuori non faceva per nulla freddo.
< Cosa ci fai seduta qui? >
Amanda alzò un sopracciglio, non capendo cosa volesse dire. Non poteva stare seduta lì?
< Ti vedo sempre dietro il bancone > lui si strinse nelle spalle.
< Oggi non lavoro, non qui > gli spiegò.
< E dove lavori oggi? > le domandò curioso.
< Da !Scoop! > rispose automaticamente, chiedendosi poi perchè con James avesse questo spontaneo vizio di parlare senza mettere dei freni o tenere le cose per sé.
James sgranò gli occhi < Scoop il giornale? >
< Esatto >
< E sei qui perchè.. >
< Aspetto qualcuno per programmare un'intervista > chiarì.
James scostò la sedia e si sedette, senza essere stato invitato.
< Sto aspettando qualcuno > gli ripeté Amanda.
< Ti ho sentita prima quando lo hai detto > le fece quel sorriso menefreghista per cui lei aveva perso qualche ora per pensarci.
Amanda represse un sorriso spontaneo che le stava nascendo sulle labbra e lo fissò con disapprovazione.
< Prometto che me ne vado quando arriva questo qualcuno > James alzò le mani.
< Va bene > disse lei esasperata.
Lui si tolse gli occhiali da sole e li appoggiò sul tavolo. < E' buona quella torta? > le chiese poi.
< Spettacolare > gli rispose Amanda, addentandone un altro pezzo.
< Posso assaggiare? >
< Mmm - mmm > si portò un dito all'angolo della bocca per raccogliere una briciola. < Appena vedo Jasmine te ne ordino una fetta >
James la fissò divertito e Amanda non capì se era perchè avesse detto qualcosa di divertente o perchè fosse sporca.
Si portò una mano davanti alla bocca, terrorizzata di avere i denti macchiati di cioccolato. < Sono sporca, vero? >
< Assolutamente no > scoppiò definitivamente a ridere ed Amanda si sentì umiliata.
< Cosa c'è da ridere? > gli chiese spazientita.
< Niente, niente. Vado ad ordinarmi una fetta di dolce > si alzò e la lasciò al tavolo.
 
Le aveva chiesto di assaggiare la torta solo come pretesto. Lui voleva che lei lo imboccasse o meglio ancora che si sporgesse per baciarlo e fargli assaggiare il sapore direttamente dalle sue labbra, ma quando lei se ne uscì con quella frase, James capì definitivamente che Amanda non era quel tipo di ragazza.
Ne era un po' dispiaciuto inizialmente, ma poi aveva deciso di raccogliere la sfida.
E poi.. poi c'era stato quel particolare che l'aveva decisamente spiazzato. Lei era Amanda Allen e lavorava da !Scoop!.
Chiese alla ragazza che stava dietro il bancone quale sarebbe stata la sua ordinazione e poi aspettò finché non gli consegnò il tutto e lo portò al tavolo dove Amanda aveva ripreso a guardare convulsamente il cellulare.
< Qualcosa non va? > le chiese.
< La persona che sto aspettando è in ritardo >
< Hai provato a chiamare? >
< No >
< Perchè non lo fai? >
< Non ho il numero > ammise sconfitta, ricordando che aveva lasciato il biglietto di Tuckson sulla scrivania.
< Devi vederti con qualcuno ma non hai il suo numero? > James alzò un sopracciglio.
< Già >
< Sei sicura di lavorare per un giornale? >
< Spiritoso > lei socchiuse gli occhi.
< A che ora avreste dovuto vedervi? > le chiese.
< Dieci minuti fa > disse Amanda, dopo aver controllato di nuovo il suo cellulare, da cui spuntava la foto di un bambino con i capelli ricci scuri che sorrideva e James riconobbe il bambino con cui l'aveva vista la prima volta.
< Be' allora è ancora perdonabile come ritardo >
Amanda lo guardò innervosita. < Non mi piacciono i ritardatari >
< Ci avrei scommesso > mandò giù il primo pezzo di torta. < Deliziosa > dichiarò.
Lei non parve capire il suo commento. < Che vuol dire che ci avresti scommesso? >
< Che mi sembri un tipo piuttosto precisino >
Lei lo guardò alzando un sopracciglio. < Mi conosci troppo poco per poter potere avere un'idea su di me >
< Un punto per te > dovette riconoscere lui. < Ma stai controllando il cellulare ogni due minuti e ti guardi attorno con ansia, questo fa di te una precisina >
< Oh, andiamo! > Amanda alzò gli occhi al cielo. < Questo non fa di me una precisina. Le precisine sono quelle che tengono tutto in un ordine maniacale, che non sporcano nulla nemmeno quando fanno la doccia >
< Tu sporchi quando fai la doccia? > le chiese lui maliziosamente.
Amanda arrossì ma poi scosse la testa.
< Questo fa di te una precisina > dichiarò lui.
< Tu sporchi quando fai la doccia? > volle sapere lei.
< Combino un casino > ammise lui.
< Questo fa di te una persona poco educata > Amanda addentò un altro pezzo di torta.
< Poco educato, io? > James alzò un sopracciglio.
< Si > Amanda finì la torta e poi si concentrò sul suo latte di soia alla vaniglia.
< Ci vai pensante con le parole, Mandy > disse lui, ma il suo tono continuava ad essere scherzoso.
< Lo conferma il fatto che ti sei seduto qui senza nemmeno aspettare che io te lo dicessi > gli fece notare.
< Se vuoi che io me ne vada... > James fece per alzarsi e allontanarsi ma Amanda lo trattenne.
< Resta.. > faticò a tenere lo sguardo fisso nei suoi pozzi verdi. < E poi mi stai tenendo compagnia > ammise.
James tornò al suo posto con un sorriso da vincitore sulle labbra.
 
Qualche ora più tardi Amanda era ancora seduta al tavolo con James e stavano chiacchierando.
< Non puoi dire sul serio! > esclamò Amanda.
< Oh, invece sono serio >
< Ti sei buttato sul serio? >
< Quando mi ricapitava di fare un salto da cinque metri per fare il bagno in uno dei mari più belli del mondo? >
< Ok, ma erano cinque metri > disse allibita Amanda.
< Era una cosa che non capiterà mai più > disse di nuovo lui.
< Sono veramente scioccata >
< Lo vedo > le sorrise. < E questo ci riporta al discorso della precisina. Tu non hai mai fatto nulla di spericolato? >
Amanda sorrise enigmaticamente.
< Ecco, come credevo. >
< Non ho detto nulla >
< Appunto >
< Stai dando di nuovo giudizi affrettati >
< Stupiscimi allora > la mise alla prova.
Amanda pensò se dirgli effettivamente quello che aveva fatto o meno. Poi decise che era arrivato il momento di far scomparire quel sorriso menefreghista dalle sue labbra. < Una volta ho fatto una gara in moto, senza mai averla guidata prima, per vincere un paio di scarpe >confessò.
< Tu su una moto? > alzò un sopracciglio scettico.
< Cosa c'è di strano? >
< Nulla.. Mi chiedevo.. > la fissò intensamente, increspando le labbra in un sorriso trattenuto. < La sala giochi era affollata? > e poi scoppiò a ridere.
Amanda si appoggiò allo schienale della sedia. < Non sei divertente >
< Oh, sì che lo è >
< Per niente >
James sghignazzò ancora un po' sotto lo sguardo contrariato di Amanda. < Okay, facciamo un altra scommessa > propose.
< Una scommessa? > domandò incuriosita.
< Io ho una moto ed è proprio lì > le indicò una moto nera parcheggiata poco distante da loro.
< E quindi? >
James tirò fuori le chiavi  gliele porse. < Mettila in moto e fammi vedere che sei capace di guidarla >
< Mi stai volontariamente consegnando le chiavi della tua moto >
< Però, sei perspicacie > disse lui sarcastico.
< Sai che potrei partire e non tornare mai più e tu potresti non rivedere mai più la tua moto? >
< Lo trovo un po' improbabile > James si sporse verso di lei sul tavolo. < So che ti chiami Amanda Allen, che lavori da !SCOOP! durante la settimana e qui nei fine settimana e che hai un figlio che si chiama Connor > lui sorriso beffardo.
< Tutte queste informazioni potrebbero essere fasulle >
< Potrebbero. In ogni caso io salirò con te su quella moto, per cui ovunque tu voglia andare  io sarò con te > fissò i suoi occhi in quelli verd'azzurri di Amanda e studiò nel dettaglio la sua reazione. Il lieve rossore che le colorò le guancie, gli occhi che diventavano più lucidi, i denti che affondavano sul labbro inferiore.
< Andiamo? > le chiese.
< E che scommessa sarebbe se non definisci i premi? > Amanda riacquistò le sue facoltà mentali.
< Se vinci tu ti lascerò prepararti per l'intervista alla persona misteriosa, che tra l'altro deve ancora farsi vedere > iniziò lui.
< E se vinci tu? > Amanda alzò un sopracciglio scettica. Quella scommessa non sembrava poi così vantaggiosa per lui.
< Allora uscirai con me una di queste sere > esordì lui.
"Ho sperato troppo in fretta", pensò lei, ma poi il pensiero di lei e James da soli, di sera, a parlare, ridere e scherzare come avevano fatto esattamente fino a quel momento, si insinuò nella sua testa e non riuscì a fare niente altro che allungare il braccio e porgere la mano a James.
< Affare fatto > disse, mentre lui le stringeva la mano, suggellando il loro patto.
James la portò fino alla moto, alzò la sella e fece posare ad Amanda la sua borsa dentro il piccolo spazio.
Amanda fece un respiro profondo e salì davanti, infilò la chiave e accese la moto.
Cercò di ricordare quali erano le nozioni base per far guidare la moto, cercò di fare mente locale rispetto a dove fossero le marce, il freno e l'acceleratore.
< Il casco > disse James, infilandogliene uno in testa.
Salì dietro di lei e le poggiò le mani sui fianchi, circondandola con le sue gambe.
Amanda deglutì più volte, felice di avere il casco e che lui fosse dietro di lei: in questo modo non poteva vedere la reazione che le scatenava sentire il suo petto contro la sua schiena e le sue mani calde a grandi a stretto contatto con il suo corpo.
Prese un respiro profondo e spinse in avanti la moto con il suo peso per togliere il cavalletto.
James decise che un piccolo aiuto glielo poteva dare e così le diede una mano a spingere la moto e farla uscire dal parcheggio, prima di posare i piedi sulle pedaline e lasciare che fosse lei a fare tutto.
Non poteva negare che le aveva proposto di guidare la sua moto principalmente per starle così vicino, per poter avere una scusa per toccarla, per respirare il suo profumo, per stringerla, per strusciarsi su di lei.
Dio, si sentiva quasi un maniaco, ma era da quando l'aveva rivista - dopo quella volta al parco - che non faceva che pensare a quanto sarebbe stato bello averla tutta per sé, per un'ora, un giorno, anche solo per pochi minuti. Voleva imparare come mai a volte il suo sorriso si oscurava e i suoi occhi parevano immersi nei ricordi lontani, del perchè un momento prima era così spontanea e sorridente e quello dopo insicura e reticente.
Voleva imparare Amanda come se avesse dovuto studiare una cartina geografica. Voleva sapere tutto di lei, dal suo colore preferito al dolce che preferiva, cosa faceva quando non lavorava, voleva sapere di Connor perchè aveva visto una luce diversa nello sguardo di lei quando lui le aveva fatto alcune domande sul bambino.
Si concentrò su quello che stava facendo Amanda, sperando quasi che sbagliasse per prendersi quell'appuntamento, solo loro due.
Amanda, dal canto suo, stava sudando freddo. Le mani di lui la distraevano e lei aveva guidavo la moto una sola volta e più di sette anni prima. Dire che ricordava poco era un eufemismo: non ricordava assolutamente nulla e aveva deciso di affidarsi di nuovo all'istinto, sperando di avere la meglio solo per dimostrare a James che anche lei aveva fatto qualche pazzia da ragazzina e che era perfettamente capace di farne ancora, solo che... Solo che avrebbe anche voluto perdere per potersi godere l'appuntamento con lui.
Lui e lei da soli.
Prese un bel respiro e partì.
Era tesa come una corda di violino e il suo cervello si divertiva a proiettarle i peggiori scenari che lei potesse immaginare. Già si vedeva acciambellata attorno ad un albero e Connor costretto ad un istituto, mentre i genitori e gli amici di James piangevano e si disperavano.
"Calma. Calma e sangue freddo. Ce l'hai fatta una volta e lo puoi rifare anche la seconda".
Accelerò un altro po' e guardo per due minuti interi a destra e a sinistra quando arrivarono al primo incrocio, prima di decidersi ad immettersi in strada.
Decise di ignorare le macchine che suonavano spazientite i loro clacson, poco importava se la stavano insultando con i peggiori termini che conoscessero o se pensavano che lei fosse un'incapace - cosa che in realtà, in quel momento, era davvero.
Guardò il conta chilometri e notò che stavano andando a solo trenta chilometri orari. Decise di osare un po' portando la moto a cinquanta chilometri orari.
Continuò per un po' su quel rettilineo, prendendo sempre più confidenza con la moto, con il corpo di James schiacciato contro il suo e con il fatto di non essere al sicuro dentro l'abitacolo della sua macchina, e la sicurezza che andava acquistando, James la sentiva tutta sulla moto che accelerava e sul suo corpo che si rilassava sotto le sue mani.
Amanda svoltò a destra e poi subito a sinistra per rimettersi in strada e tornare al bar, ma non aveva preso in considerazione che quell' incrocio aveva una salita. Una salita decisamente ripida.
Amanda andò in panico non appena vide che la moto era troppo inclinata e che spingeva per andare verso il basso piuttosto che continuare ad andare avanti mentre lei accelerava.
Commise un errore: accelerò al massimo ma rimanendo con la stessa marcia. La moto si spense e lei ne perse il controllo.
James se ne accorse e prontamente afferrò il manubrio della moto per tenerla ferma. Frenò, in modo da non finire fuori strada e quando riuscì a raddrizzare del tutto la moto e a portarla fuori strada, lontano dal pericolo, fece scendere Amanda.
Lei si tolse il casco e lo fissò con sguardo terrorizzato.
< Stai bene? > le chiese
Amanda annuì soltanto. Sentiva il suo cuore battere furiosamente nel petto e nelle orecchio un ronzio fastidioso.
< Hei > James le posò una mano sulla spalla. < Va tutto bene. Capita ai novellini > fece un sorriso rassicurante ed Amanda lasciò andare il fiato.
< Mi sono spaventata > ammise.
< Ho notato > James fece di nuovo quel sorriso menefreghista. < Andiamo, torniamo al bar e guido io >
Salì in sella alla moto e questa volta toccò al Amanda far aderire le sue cosce a quelle di James e circondare la sua vita in un abbraccio.
James parcheggiò davanti al bar e la guardò scendere, dispiaciuto di non avere più le sua braccia esili a circondarlo. Si era decisamente rilassato, sentendola così vicina.
Scese a sua volta dalla moto e si assicurò che Amanda si sedesse allo stesso tavolo che avevano occupato fino a poco prima.
< Be', è stato interessante > esordì.
Amanda lo fissò con gli occhi sbarrati e fece una smorfia con la bocca.
< Sei ancora scossa? >
< Puoi ben dirlo >
< Avanti, Amanda! Niente sangue, niente danno > lui scrollò le spalle.
< Il sangue ci sarebbe potuto essere, se tu non fossi intervenuto >
< Quindi è stata una fortuna che io fossi lì > concluse lui.
< Decisamente > lei annuì vigorosamente.
James si aprì in un ampio sorriso e Amanda, per risposta, scosse piano la testa.
< Comunque devo farti i miei complimenti > le disse lui. Afferrò una bustina di zucchero ed iniziò a scuoterla.
< Per cosa? > Amanda inclinò la testa di lato e lo fissò. Pensò che il suo viso era davvero bello, di quelli che non se ne vedono così spesso in giro. Ma sarebbe stato anche meglio se lui si fosse deciso a togliersi quel cappello.
< Sei abbastanza capace di guidare una moto >
< Quindi ho vinto la scommessa? >
< Stai scherzando, vero? > James alzò un sopracciglio.
< Ma sei hai appena detto che sono capace di guidare la moto! >
< Abbastanza capace. E comunque ci terrei a ricordare il nostro piccolo inconveniente >
Ad Amanda non sfuggì la parola "nostro" e ne fu segretamente felice. < Quindi? Ho perso? >
< Direi che c'è un pareggio > James si mise a braccia conserte e poi le posò sul tavolino.
< Quindi la scommessa non vale più > azzardò Amanda.
< No. > avrebbe voluto proseguire, dire quello che aveva in mente, ma Amanda lo anticipò.
< Non mi dirai che hai vinto tu? Sono comunque riuscita a guidarla come si deve >
< Se mi lasciassi parl.. > provò di nuovo.
< Sarebbe ingiusto pretendere di aver vinto > gli fece notare.
< Io non pretendo di.. >
< E poi non guido una moto da quando avevo diciotto anni >
James allungò una mano fino a tapparle la bocca, convinto che fosse l'unico modo per farla tacere. In realtà avrebbe voluto zittirla con un bacio, ma poi decise che era troppo presto e probabilmente lei avrebbe dato di matto. La mano per il momento andava bene.
< Stai zitta due secondi? > le chiese, sorridendo.
Amanda arrossì, rendendosi conto di aver di nuovo voluto anticipare per forza quello che lui avrebbe voluto dirle, convinta di saperlo già. Era lo stesso vizio che tante volte aveva fatto innervosire Luca, mentre tante volte lui la metteva a tacere con un bacio e pensò che magari James avrebbe potuto...
Si impose di non pensare a James che zittiva le "crisi di parole", come le chiamava Luca, nel suo stesso modo. Non sarebbe stato giusto.
< Visto che sei stata abbastanza in grado di guidare la mia moto, ma che poi hai combinato un piccolo disastro > James prese fiato. < La scommessa darà i suoi frutti a metà > finì.
Non diede possibilità ad Amanda di rispondere, ma voleva vedere tutto il viso e l'espressione che assumeva; tolse il palmo della mano, ma rimase con l'indice premuto sulle sue labbra.
Amanda lo guardava senza capire cosa volesse dire. James si fece forza e continuò.
< Io ora me ne vado e ti lascio preparare per il tuo incontro e in cambio tu, una di queste sere, esci con me >
Amanda lo fissò incredula. L'indice di lui era ancora appoggiato sulla sua bocca  e lei poteva sentire l'eccitazione crescerle dentro mentre sentiva la gioia irradiarsi in tutta sé stessa.
Sentiva quel dito su tutto il suo corpo e non solo sulle labbra.
La morbidezza di quel contatto le annebbiava la mente ed Amanda non percepiva null'altro che la sua carezza appena annunciata e i suoi occhi verde bottiglia posati su di lei con trepidante attesa.
Non voleva parlare; si rifiutava di farlo, perchè pronunciare una frase, o anche un semplice sì, avrebbe comportato il fatto che le sue labbra si sarebbero dovute muovere e costringere quindi James a spostare il suo dito da dove era ed Amanda si rifiutava anche solo di pensare che non ci sarebbe stato più contatto tra di loro.
Decise allora che annuire sarebbe stata una solida decisione di ripiego e le fu impossibile non pensare che ogni volta che James proponeva qualcosa di futuro per loro due, lei riusciva solo ad annuire. Probabilmente lui avrebbe cominciato a pensare che era una strana.
James annuì vittoriosi del cenno che Amanda aveva fatto con il capo e fece scivolare il suo sguardo sul dito che ancora aveva poggiato sulla sua bocca.
Non si rese conto di cosa stava facendo fino a quando non vide il suo indice tracciare i contorni di quella bocca perfetta, che lui desiderava tanto baciare.
Fece scorrere il dito per tutto il contorno della labbra e poi, fissando gli occhi della ragazza indietreggiò, fino ad alzarsi in piedi.
< Allora vado > annunciò.
Amanda si impose di ritrovare la sua voce e di parlare, prima di fare la figura della stupida. < Certo > mormorò con voce roca.
James accennò un sorriso. < Ciao, Amanda >
< Ciao > disse lei, completamente ipnotizzata dai suoi occhi verdi.
 
Una volta finito il lavoro, Amanda si precipitò all'asilo per andare a prendere Connor e poi tornare a casa.
Aveva provato a chiamare Tuckson una volta tornata in ufficio, ma lui non aveva mai risposto e così Amanda, decisamente contrariata per il comportamento di quell'uomo, gli scrisse una mail dove gli chiedeva, in tono amichevole ma leggermente scocciato - l'esatto contrario di quello che avrebbe voluto usare - che diavolo di fine avesse fatto.
Inutile dire che non ricevette risposta quel pomeriggio e così era finita con il raccogliere informazioni su tre celebrità diverse su cui scrivere qualche articolo nei giorni a venire, mentre si preparava a racimolare dettagli sull'evento di beneficienza a cui avrebbe partecipato quel giovedì.
Doveva però ammettere che non aveva mai smesso di pensare a James.
James che aveva tenuto le sua mani sui suoi fianchi mentre lei cercava di ricordarsi come guidare la moto.
James che teneva il suo petto a stretto contatto con la sua schiena.
James che aveva le cosce vicine a quelle di Amanda.
James con il bacino premuto contro il fondo schiena di lei.
James che aveva promesso di far stare la scommessa nel mezzo.
James che le aveva toccato la bocca con quel modo così dolce e intimo e sensuale.
James che le aveva rubato un altro sì, con la promessa di uscire assieme.
Amanda si ridestò, ricordandosi però che non le aveva nemmeno detto un giorno preciso o un luogo; non aveva fatto nessun accenno al fatto che la cosa potesse accadere davvero. Le aveva solo detto che prima o poi sarebbero usciti assieme.
Sì, ma quando? Dove? Per quanto tempo? E Connor?
Connor. Ora doveva pensare a Connor, che la stava aspettando con lo zainetto sulle spalle e il giacchetto di jeans in mano.
< Ciao, mamma > la salutò non appena la vide camminare verso di lui.
< Ciao, Con. Come è andata oggi? > gli lasciò un bacio tra i capelli e prese il suo zainetto.
Connor si lanciò nella descrizione dettagliata di tutto quello che aveva fatto durante la giornata, di quello che aveva mangiato, quello che aveva disegnato e perfino con quanti bambini aveva parlato.
Amanda lo ascoltò pazientemente mentre si dirigevano verso la macchina e poi mentre gli allacciava la cintura di sicurezza.
Per tutto il resto della serata dimenticò completamente Oliver Tuckson e la sua grandissima maleducazione nel non rispondere. Dimenticò che l'aveva lasciata per tre ore seduta in un bar ad aspettarlo, senza nemmeno chiamarla per avvisare del ritardo.
Dimenticò le strane sensazioni che James le aveva suscitato. Dimenticò che aveva fatto una proposta vaga, non definendo quando e se veramente si sarebbero incontrati loro da soli, per un appuntamento. Dimenticò i suoi occhi verdi e quel sorriso strafottente che aveva sulle labbra.
Amanda dimenticò il resto del mondo e si concentrò su di Connor, l'unico esemplare maschio della sua vita che non l'avrebbe mai lasciata sola.  

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Capitolo 9
*** IL GIORNO DEI PAPA' ***


< Perchè? >
< Perchè lo devo fare per lavoro > spiegò per la terza volta Amanda.
< Ma perchè? >
< Perchè questo è il mio lavoro >
< E perchè? >
< Perchè ci paghiamo le bollette! > sbottò.
< Cosa sono le bollette? > domandò Connor con un cipiglio pensieroso.
"Appunto", pensò Amanda. Lo guardò esasperata, cercando di non mettersi ad urlare contro suo figlio. Era solo un bambino e non poteva capire tutto. < Non ho tempo per spiegartelo adesso > gli disse.
Pescò dall'armadio una camicia bianca ed un paio di pantaloni beige.
< Tu non hai mai tempo > la voce del bambino era petulante ed Amanda capì che era in vena di fare i capricci e di farla sentire decisamente in colpa.
Si voltò a guardarlo. < Non fare così, Connor > fissò i suoi occhi cioccolata e sperò ardentemente che lui non proseguisse oltre con quel discorso.
< Devi sempre lavorare! > mise il broncio.
Amanda aveva voglia di urlare che se aveva il piatto in tavola tutti i giorni, che se stava mettendo da parte i soldi per iscriverlo a quella benedetta scuola calcio, se gli aveva comprato quel gioco che a lui tanto piaceva era perchè lei sempre impegnata a lavorare; ma si trattenne.
Si morse l'interno della guancia e cominciò a vestirsi, cantando mentalmente "Human nature", la sua canzone preferita.
Mise minuziosamente in ordine la sua camera e poi quella di Connor. Lavò le tazze e le asciugò, e poi lavò anche il bagno e il tutto mentre Connor ancora frignava.
< Vestiti, Connor > gli disse mentre lei cercava le sue scarpe.
< No > s'impuntò lui. < Non ci voglio andare a scuola > continuò a fissarla indispettito.
< Connor > lo ammonì Amanda.
< Ho detto di no >
Amanda si infilò anche l'altra scarpa e poi attese pazientemente il figlio. Connor rimaneva dall'altra parte della stanza, con le braccia conserte e a fissarla con astio.
< Possiamo rimanere così tutto il giorno per me, sai? > gli disse Amanda.
Connor mantenne il suo silenzio stampa.
Amanda lo studiò bene. Indossava solo le mutande di spider-man che gli aveva comprato lei qualche settimana prima, per cui ebbe modo di notare che il fisico di suo figlio - seppure fosse solo un bambino -  sembrava quello di un nuotatore: le spalle un po' più larghe rispetto al bacino e le gambe lunghe e quasi.. affusolate.
I ricci gli cadevano disordinati davanti agli occhi ed Amanda pensò che doveva portarlo ancora dalla parrucchiera a farglieli spuntare un po'. Il suo sguardo era arrabbiato, le sopracciglia aggrottate e la bocca arricciata in un buffo broncio.
Assomigliava così tanto a suo padre che a volte per Amanda era difficile guardarlo senza provare una terribile nostalgia.
< Connor, per favore, vèstiti > lo pregò.
< No > strinse più forte le braccia al petto.
< Cosa ti prende stamattina? > chiese lei.
< Voglio rimanere a casa >
< Non puoi >
< Voglio rimanere a casa! > urlò lui.
Amanda sospirò < Perchè? >
< Perchè tu non stai mai con me >
< Andiamo Connor, non è affatto vero! > esclamò Amanda.
< Sì invece! >
< Ti sei già dimenticato quando siamo andati al cinema e poi al parco? > davanti al suo silenzio, Amanda continuò. < Ti sei dimenticato di quando abbiamo guardato il film insieme? E quando siamo andati a comprare le cose per il calcio? E quando ti ho regalato quel giochino che volevi? >
< Voglio stare a casa oggi > piagnucolò.
< Connor.. > Amanda si trovava a metà tra la tenerezza che provava per il suo bambino e l'esasperazione di fare presto o avrebbe fatto tardi a lavoro.
< No! > strillò ancora lui e poi scappò in camera lui.
Amanda si alzò in piedi e lo raggiunse con l'intento di vestirlo lei stessa se lui non avesse voluto farlo di sua spontanea volontà; ne aveva abbastanza di quella sceneggiata.
Entrò nella camera e quello che vide la fece infuriare definitivamente: Connor stava rovesciando sul pavimento tutti i suoi giochi, le coperte del letto erano ribaltate per terra  e così anche il cuscino.
< Connor! > urlò allora lei. < Adesso basta. > intimò quando vide che il bambino non ne voleva sapere di fermarsi.
Amanda lo vide afferrare anche gli oggetti che erano sistemati sulla scrivania inutilizzata. Connor afferrò un quaderno e lo tirò per terra e poi fece fare la stessa fine ai suoi pennarelli e pastelli.
Rimase un'unica cosa sulla scrivania e Amanda sentì il suo cuore prendere a battere furiosamente quando vide la manina del figlio afferrare la cornice e scagliarla contro l'armadio.
< Io lo odio! > urlò, diventando tutto rosso. < E odio anche te! >
La donna si sentì improvvisamente impotente e senza forze. Guardò le lacrime scendere con prepotenza sulle guancie di Connor e la rabbia che aveva sentito montarle dentro quando aveva visto la camera in quelle condizioni, dopo che lei aveva perso tempo per sistemarla appena una decina di minuti prima, era sparita. Completamente annientata da quel < Io lo odio >.
Non c'era bisogno di chiedere chi odiasse, Amanda lo aveva capito subito e il fatto che avesse scagliato la loro foto in aria le aveva dato la conferma.
< Connor > provò a chiamarlo, ma la sua voce era strozzata e ne uscì un lamento confuso. Avrebbe voluto avvicinarsi a lui, abbracciarlo forte e riempirlo di baci.
Invece tutto quello che riuscì a fare fu afferrare i contenitori dei giocattoli e rimettere a posto almeno quelli, mentre le lacrime bagnavano anche le sue guancie.
Quando alzò lo sguardo si aspettava di vedere Connor avvicinarsi a lei e rimettere tutto in disordine, invece si sorprese a vedere che suo figlio si era vestito e ora si stava occupando delle scarpe.
Amanda lo guardò, aspettando che finisse. Lui alzò lo sguardo su di lei e la guardò impaziente.
Il suo faccino ora non era più rosso e sulle guancie non c'era più traccia delle lacrime che aveva pianto; solo se lo si guardava con attenzione negli occhi si poteva vedere che erano più lucidi del normale. Quella era una cosa che Amanda aveva sempre invidiato sia a lui che a Luca. Quando piangeva lei, le si gonfiava il viso e restava in condizioni a dir poco pietose per almeno un paio d'ore.
< Ti - ti.. porto.. a scuola > singhiozzò, ancora incapace di darsi un contegno. Nella sua mente risuonava ancora quel 'lo odio'.
Connor annuì una sola volta e poi insieme si avviarono verso la scuola materna.
 
Amanda parcheggiò poco lontano dall'ingresso, ma quella mattina fare anche solo cinque metri a piedi con Connor le risultava difficoltoso.
Aveva quasi paura che lui potesse sbottare  di nuovo e che lei non fosse capace di frenarlo, così come non ci era riuscita a casa.
Si ricontrollò allo specchietto retrovisore e quando capì che alla sua faccia serviva ancora tempo per riprendersi,  decise di infilare gli occhiali da sole e di tenerli anche una volta che fosse entrata nell'asilo.
Scese dall'auto ed andò ad aprire la porta a Connor, che si era già slacciato le cinture di sicurezza. Gli tenne la porta aperta e gli prese la mano, stringendola forte nella sua.
< Hei, Connor! Ti stavamo aspettando > disse una maestra ed Amanda fu costretta a lasciargli la mano per permettergli di raggiungere i suoi amici.
< Salve > salutò poi Amanda, che ricambiò con un sorriso tirato.
< Sa > la maestra guardò Amanda con curiosità, probabilmente per il fatto che indossava gli occhiali da sole al chiuso. < Non pensavamo che oggi lei avrebbe portato Connor >
Amanda la guardò stranita. Perchè non avrebbe dovuto portarlo? < Come mai? >
< Connor non le ha detto niente? > le chiese la donna, con gli occhi leggermente spalancati.
< Cosa avrebbe dovuto dirmi? > Amanda iniziava a spazientirsi.
La maestra fece un sorriso amaro prima di spiegarsi. < Oggi ogni bambino doveva portare il suo papà e.. be', Connor.. >
Amanda sentì una voragine aprirsi nel suo petto. < Oh >
< Già > le fece eco la maestra.
Il suo primo pensiero fu quello di entrare nella stanza dove sapeva che i bambini si riunivano per fare la canzone del buongiorno prima di iniziare con le attività e portare via Connor, che ormai doveva aver visto tutti i bambini con i loro papà. La seconda cosa che le venne in mente, fu quella di andare al cimitero, munita di pala, e riesumare il cadavere di Luca per poi prenderlo a schiaffi.
Quello che fece, invece, fu fare un respiro profondo e chiedere all'insegnante se poteva rimanere lei, anche se ovviamente non era il padre di Connor.
< Credo sia meglio > la donna le fece cenno di seguirla ed Amanda non se lo fece ripetere due volte.
Connor era seduto su una seggiola e fissava gli altri bambini che si vantavano dei loro papà. Il piccolo teneva il gomito poggiato sul ginocchio e si reggeva il mento con il palmo della mano, osservando tutti con un'attenzione quasi maniacale.
Amanda sentiva di nuovo quello strano peso sul cuore e si prese un attimo per calmare l'impulso di scoppiare a piangere di nuovo.
Si avvicinò a Connor e poi si inginocchiò davanti a lui, che la guardò allargando gli occhi, sorpreso di vederla ancora lì.
< Ti dispiace se rimango qui con te? > gli chiese lei dolcemente, alzando finalmente gli occhiali per farsi guardare negli occhi dal figlio e poco le importava se il suo volto fosse ancora gonfio dal pianto.
< Va bene > disse lui, con un vocina stridula e Amanda capì che era di nuovo prossimo alla lacrime.
Gli posò un bacio sulla testa ed inviò un messaggio a Mike, avvisandolo che quella mattina non sarebbe stata in ufficio e che sarebbe arrivata dopo pranzo.
Amanda guardò sconfitta l'intera sala piena di uomini che conversavano tra di loro e fissavano quasi spazientiti i loro figli quando questi si aggrappavano ai loro pantaloni per richiamare un briciolo d'attenzione.
"Luca non era così", pensò. Ed era vero. Luca non era affatto così; quando Connor non gli si avvicinava era lui che andava dal figlio a cercare attenzione e quasi ci rimaneva male quando lui lo scacciava, più concentrato su un gioco che sul padre.
Quante volte Amanda gli aveva detto che era solo piccolo e che crescendo avrebbe sicuramente richiesto di più la sua presenza? Ora vedeva chiaramente che Connor aveva bisogno del suo papà lì con sé.
"Visto, Luca? Lui vorrebbe la tua attenzione".
 
Per tutta la mattina i bambini giocarono in squadra con i loro papà ed Amanda con Connor erano l'unica coppia diversa, ma solo quando vide spuntare un sorriso felice sul viso del figlio anche lei smise di preoccuparsi della loro diversità.
Avevano vinto due partite su dieci, ma contando che i bambini erano una cinquantina in tutto e che loro erano gli unici ad aver vinto per due volte consecutiva, Amanda si sentiva decisamente fiera del suo piccolo ometto.
Solo che quello era il momento che la preoccupava di più; A turno i bambini stavano dicendo cosa facevano i loro papà e cosa gli piaceva di più di loro. Amanda sentiva di nuovo quel peso sul cuore, solo che ora ce n'era un altro sullo stomaco.
Non sapeva se Connor ricordava Luca: era troppo piccolo quando se n'era andato per sempre.
Cercò di calmare l'agitazione; avrebbe sempre potuto parlare di lei e togliere tutti dall'impiccio.
< Connor? > lo chiamò la maestra, facendogli capire che toccava a lui.
Connor si alzò in piedi, proprio come aveva fatto ogni altro bambino, e fissò timoroso i suoi compagni.
Amanda gli afferrò una mano e la strinse tra la sua, a fargli capire che lei c'era. Connor ricambiò la stretta e poi parlò, sorprendendo tutti.
< Il mio papà si chiamava Luca > stesse un momento in silenzio e tutta la sala fece come lui. I papà lo guardavano con compassione - cosa che irritò di non poco Amanda - e i bambini fissavano lei con curiosità.
< Era un calciatore, ma poi ha smesso per aiutare la mamma > Amanda lo guardava stupita.
< Mi ricordo di lui quando ballava con la mamma all'improvviso e poi faceva ballare anche me. > la voce gli tremò ed Amanda si morse forte il labbro inferiore per impedirsi di piangere.
< Quello che mi piace di più è che mi raccontava la storia della buona notte dicendo che io il calciatore famoso e lui il mio manager e che la mamma avrebbe fatto la ragazza pom - pom > disse con un sorriso ampio e poi si sedette di nuovo.
Amanda non credeva alle sue orecchie. Connor aveva poco più di un anno quando successe, come faceva a ricordare quei particolari? Come era possibile? E per di più era tutto vero!
Fissò incredula il figlio che ora era decisamente più rilassato e a suo agio e non credeva possibile che lui avesse potuto conservare certi ricordi: era troppo piccolo.
Connor, sentendosi osservato, si voltò e la guardò chiedendole silenziosamente dove fosse il problema.
Amanda non parlò, non gli fece la domanda che gli stava bruciando il gola, ma si limitò a posare le sue labbra sulla guancia del figlio.
 
Rientrò in ufficio con la mente in subbuglio e non capendo assolutamente nulla di quello che stava accadendo.
Cercò di concentrarsi sui classici compiti che doveva svolgere, sul fatto che avesse anche da prepararsi per l'evento di beneficienza di quella sera, ma le fu davvero molto faticoso, soprattutto quando aprendo le mail ne trovò una di Oliver Tuckson.
 
Amanda,
mi scuso per la mia maleducazione di lunedì, ma è successo un piacevole imprevisto e non ho potuto dire di no.
Spero lei possa perdonarmi, prima o poi.
So che abbiamo un incontro in sospeso e sarei  felice di riprogrammare l'appuntamento.
Oliver
 
Tre giorni! Ci aveva messo tre lunghissimi giorni prima di risponderle per scusarsi! Quel tipo era il prototipo più avanzata della maleducazione.
Era stato lui a chiamarla e a proporle di incontrarsi al Caffè ed era stato lui a darle buca, costringendola ad aspettarlo per quattro ore; anche se era il caso di dire che l'aveva aspettato solo per due e mezza, visto che un po' di quel tempo l'aveva impegnato con James.
Fatto stava che lei l'aveva contattato subito una volta rientrata in ufficio, per chiedergli spiegazioni e quel bastardo le rispondeva dopo tre giorni! Tre giorni durante i quali lei aveva inventato le scuse più disparate per tenere lontano da sé Mike e le sue insistenti domande sull'intervista.
Sapeva che doveva approfittare di quel momento, rispondere immediatamente a Tuckson e chiedergli addirittura l'indirizzo del suo ufficio, fiondarsi lì da lui e non girare sui tacchi fino a quando lui non le avesse fissato una data per l'intervista. Sapeva che a volte l'attacco è la miglior difesa, soprattutto se doveva difendere il suo posto di lavoro, ma quel tipo si era preso gioco di lei e così decise che lo avrebbe fatto aspettare anche lei tre giorni.
Controllò la posta del cuore e rispose ad alcune mail, aiutò Melly a stampare gli inviti della festa del giornale che si teneva tutti gli anni e poi controllò la lista degli invitati di quella sera, giusto per farsi un'idea su chi avrebbe abbordato per primo per fare qualche domanda indiscreta, senza spacciarsi per la giornalista che era o nessuno avrebbe più chiacchierato volentieri con lei.
Alle cinque e mezza uscì frettolosamente dall'ufficio e passò a recuperare Connor all'asilo prima di fiondarsi a casa e iniziare a prepararsi per la serata.
Connor era più tranquillo di quella mattina quando avevano lasciato il loro appartamento. La rabbia aveva abbandonato il suo faccino e ora sulle labbra gli aleggiava un sorriso tranquillo e sincero ed Amanda fece un sospiro di sollievo quando si rese conto che s'era calmato.
Entrarono a casa loro ed Amanda gettò la borsa sul divano per poi fiondarsi in camera sua e spalancare le porte dell'armadio per scegliere cosa indossare.
Intravide un abito nero, lungo. Lo tirò fuori e lo studiò per bene, prima di decidere che poteva andare.
Andò a farsi la doccia, dicendo a Connor di avvisarla se avesse sentito suonare alla porta.
Si chiuse in bagno e cercò di iniziare il suo rituale per rilassarsi. Aprì per prima cosa l'acqua, in modo che il rumore dello scrosciare di questa potesse aiutarla a rilassarsi.
Dopo la sfuriata di Connor di quella mattina, l'ultima cosa che voleva era lasciare il suo bambino in balia di Cassy. Desiderava accontentarlo e rimanere con lui, a mangiare gelato e guardare Cars per l'ennesima volta. Ma non poteva.
Quella mattina si era già presa mezza giornata per poterlo supportare dopo che aveva saputo che era la giornata dei papà e ora non poteva saltare l'evento: aveva bisogno di qualche scoop su cui montare un articolo e mandarlo in pubblicazione; una sorta di contentino per Mike, in modo che non la licenziasse e rimanesse buono fino a quando lei non fosse riuscita finalmente a scrivere quella benedetta intervista.
Massaggiò con cura la cute, infondendosi brividi lungo tutto il corpo, in modo da potersi rilassare sul serio.
Uscì dal getto d'acqua solo quando si vide le dita raggrinzite. Avvolse l'accappatoio attorno al suo corpo e poi si fiondò ad asciugarsi i capelli prima di vestirsi.
Quella era un'abitudine che non aveva mai perso: prima i capelli asciutti e poi tutto il resto. Era una cosa che aveva cominciato a fare i primi anni che era arrivato nell'istituto perchè aveva paura che se fosse rimasta con i capelli bagnati avrebbe potuto ammalarsi e temeva che se si fosse presa una bronchite nessuno l'avrebbe curata, quindi lei era la prima a curare sé stessa.
Fece in modo che stessero lisci e che le ricadessero sui seni.
Entrò in camera ed indosso un paio di mutandine pulite e decise che non era proprio il caso di mettere il reggiseno, visto che il vestito avevo un scollo rotondo sulla parte alta della schiena.
Abbassò la zip laterale dell'abito nero e ci scivolò dentro. Richiuse la zip velocemente e poi si posizionò davanti allo specchio per studiarsi meglio.
Era lungo, tanto da coprirle i piedi, ed aderente. Si svasava appena sui piedi, in modo da renderle meno difficoltoso il camminare.
Si girò per vedere che effetto aveva sul retro e vide che tutto sommato non erano male neppure le rouches che circondavano morbide la scollatura.
Amanda si truccò con attenzione, stendendo un velo di fondotinta solo per dare un po' più di lucidità al suo viso e poi applicò un leggero strato di fard.
Disegnò una linea sottile sugli occhi con l'eye-liner e  poi decise di azzardare un po' con un rossetto rosso.
Sì, tutto sommato poteva andare.
Il campanello suonò ed Amanda corse ad aprire, cercando di fare quanto più veloce possibile, tenendo conto la lunghezza dell'abito.
Cassy teneva un cartone di pizza di mano ed Amanda scattò indietro per evitare di essere sporcata.
< Stai una favola, Mandy! > le fece i complimenti la ragazza.
< Grazie > Amanda chiuse la porta e poi osservò Cassy che andava in cerca di Connor per farlo mangiare.
< Non mangiare troppo, Con > lo ammonì lei, ripensando il mal i pancia che gli era venuto qualche giorno prima.
< Va bene > disse lui, fissando in estasi la pizza.
Amanda tornò in camera sua, in cerca di un paio di scarpe da indossare.
< Tacchi. Ci vogliono i tacchi > la voce di Cassy la fece sussultare.
< Non sarà troppo? > disse lei, guardandosi ancora allo specchio.
< Vuoi scherzare? Sei bellissima stasera  e ci vogliono i tacchi > Cassandra si sporse e tirò fuori un paio di sandali neri con il tacco a spillo.
< Mi faranno male i piedi con quelli >
< Per stasera dovrai soffrire > Cassandra le porse i tacchi.
Amanda li afferrò e si sedette sul letto per poterli indossare. Si rialzò solo quando fu sicura di avere i piedi ben saldi dentro quelle trappole di dodici centimetri.
Provò a fare un paio di passi per assicurarsi che non le fossero d'intralcio e quando si sentì abbastanza sicura tornò in camera per preparare la pochette argentata che aveva scelto.
< Okay, sono pronta > annunciò, quando riapparve in cucina.
< Vai e divertiti > Cassy le sorrise sognante. < E torna con un bel rampollo ricco che abbia un amico anche per me > aggiunse maliziosa.
Amanda scosse la testa, ignorando la sua ultima frase. Si avvicinò a Connor che la fissava con un'espressione mesta in volto.
< Con, tutto bene? > si inginocchiò, e gli riavviò i capelli con la mano.
< Si > mormorò lui, evitando il suo sguardo.
< Hei > Amanda gli mise un dito sotto il mento. < Mi guardi? > gli chiese.
Gli occhi di Connor, così uguali a quelli di Luca, si fermarono su di lei ed Amanda non riuscì a mane a meno di posare un bacino sullo spazio tra le due sopracciglia aggrottate.
< Lo sai che se potessi resterei qui con te > gli disse.
Connor annuì piano.
< Ma devo andare > avrebbe voluto aggiungere che le era andata anche troppo bene quella mattina e non poteva sfidare la sorte per la seconda volta. < Ma ti prometto che torno presto per raccontarti la storia della buona notte. > Gli diede un bacio sulla guancia.
< Quale? > chiese il bambino, ritrovando un pizzico del suo buon umore.
< Quella di te che sei un famoso calciatore, di papà che fa il manager ed io la ragazza pom - pom > gli disse, ricordandosi che quella che era la cosa che il figlio ricordava e preferiva del padre.
Connor le regalò un sorriso timido e lei gli posò un altro bacio sulla guancia, sporcandolo di rosso.
< Ci vediamo più tardi > gli sorrise e si rialzò.
Cassy la guardò interrogativa ed Amanda le fece cenno di seguirla alla porta.
< Oggi era la giornata del papà all'asilo e Connor non mi aveva detto nulla. Era nervoso stamattina e si è messo a urlare e tirare oggetti. > le spiegò.
< Oh > Cassy fece una smorfia di comprensione ed Amanda le fu grata per non aver mostrato nessuna compassione.
< Se inizia a comportarsi in modo strano, tu chiamami e io torno subito >
< Certo > Cassy annuì con forza.
< Bene. Allora.. vado > si lisciò il vestito.
< Stai davvero bene >
< Non torno tardi > la informò, ignorando il suo complimento: il suo pensiero era ancora su Connor.
< Non avere fretta di tornare a casa. Ci sono io con lui. > la rassicurò.
< Dovrei rimanere io forse > si morse un labbro e sentiva i rimorsi già nascerle dentro e ancora doveva andarsene.
< Amanda, vai e goditi la serata >
< Ma è per lavoro. Forse se chiamo Melly lei potrà sostituirmi... >
< Quando ti ricapita un'altra sera in cui sono libera e tu puoi andare ad un evento così? >
< Non lo so > ammise.
< Ecco, appunto. Vai e non tornare fino a quando non avrai fatto innamorare un bel po' di uomini > Cassy le posò le mani sulle braccia e la fece voltare prima di sospingerla leggermente in avanti.
La stava praticamente obbligandola ad andarsene.
< Va bene. Vado > Amanda iniziò a scendere un gradino e poi si voltò a guardare ancora Cassy. Fece per aprire la bocca, ma Cassandra fu più veloce di lei e tornò nell'appartamento sbattendo la porta.
Amanda sbuffò, ma poi prese a scendere la scale e ad avvicinarsi alla sua auto e dirigersi verso quella stupida serata di beneficienza che quei ricconi avevano deciso di tenere proprio il giorno che suo figlio di appena cinque anni aveva deciso di farsi venire una crisi di nervi.
 
Amanda entrò nella hall dell'albergo dove si sarebbe tenuto il ricevimento. Andò alla reception e diede il suo nome e cognome alla donna che trovò dall'altro lato del bancone.
Questa le indicò il salone dove sarebbe dovuto andare e le disse che poco lontano c'era anche il guardaroba.
Ma Amanda, dalla fretta di uscire di casa non aveva portato null'altro che la sua borsetta, per cui non fu affatto necessario passare prima dal guarda roba.
La stanza era tutta addobbata per l'occasione: palloncini bianchi e rossi con il nome dell'associazione di beneficienza.
Le donne erano strizzate in abiti aderenti di qualche taglia in meno rispetto alla loro e gli uomini invece parlottavano tra loro, indossando firmati completi da sera.
Amanda decise che avrebbe raggiunto il suo tavolo ed avrebbe cercato di capire dove fossero le persone a cui era interessata quella sera, in modo che avrebbe potuto condurre le sue indagini e raccogliere le informazioni necessarie per scrivere un articolo di una pagina o forse due che avrebbe fatto tacere per un po' Mike.
Una graziosa hostess le indicò il tavolo a cui era stata assegnata ed Amanda notò con piacere che si trattava di uno non troppo centrale da cui avrebbe potuto far vagare lo sguardo per cercare le persone su cui volevo scrivere.
La band iniziò a suonare The way you look tonight, ed Amanda si ritrovò a canticchiare mentre prendeva posto e lasciava che i suoi occhi vagassero per la stanza.
Alcune coppie erano già impegnate a ballare, a tenersi strette, mentre la musica continuava soave. Altre si tenevano a debita distanza ma si fissava con una luce magnetica negli occhi, mentre si sorridevano a vicenda.
Amanda si trovò a pensare che anche lei avrebbe voluto qualcuno con cui ballare quella sera, proprio come aveva ballato quella sera al ballo.
< Posso sedermi, cara? > le chiese un uomo.
Amanda alzò lo sguardo e stava per mandare al diavolo chiunque avesse anche solo osato posare lo sguardo su di lei più del necessario, ma si trattenne quando vide che era un uomo anziano. Un uomo anziano anche piuttosto importante.
< Prego > sorrise.
< La mia era pura formalità, sa? > le disse il vecchio, accomodandosi al posto accanto al suo. < Questo è il mio posto > le fece l'occhiolino.
Amanda l'aveva riconosciuto, era Jackson Rogers, il proprietario di una catena di alberghi di lusso.
< Allora deve essere la mia serata fortunata > civettò lei. Jackson Rogers era una delle persone con cui voleva parlare e magari scrivere un'intervista, ma non pensava di essere così fortunata da trovarselo di fianco.
< Sul serio cara? >
< Può darsi > fece lei sorridendo.
Rogers ricambiò il sorriso. < Io sono vecchio ormai, ed è normale che abbia bisogno di sedermi, ma mi chiedo cosa ci faccia una ragazza giovane come lei già ancorata al tavolo >
< Non sono un tipo da feste > Amanda si strinse nelle spalle, pensando che avrebbe preferito rimanere a casa con indosso una tuta e Connor tra le braccia.
< Siamo tutti tipi da feste. Dipende solo capire qual è la nostra festa ideale > ammiccò l'uomo ed Amanda si ritrovò a ridere divertita, per nulla offesa dalla battuta dell'uomo, chiaramente a sfondo sessuale.
< Jackson, stai importunando una bambina. Te ne sei reso conto ? >
< Forse > l'uomo le fece l'occhiolino.
< Non dargli retta, cara. Tende a straparlare. >
< Lo terrò a mente > Amanda le sorrise tranquilla.
< Sono Virginia Rogers > la donna le tese la mano e Amanda si avvicinò per stringergliela, capendo che si trattasse della moglie di Rogers.
< Amanda Allen > si presentò.
< Un gran bel nome > si complimentò la donna.
< Grazie > Amanda sorrise.
< Cosa ti porta qui, tesoro? > le chiese l'uomo.
< Lavoro > Amanda decise di essere sincera, non le andava di fregare quei due signori così.
Virginia Rogers la guardò con curiosità. < Che lavoro fai?  >
< La giornalista > Amanda lo disse quasi sussurrandolo, perchè non voleva che sapessero per quale giornale stesse lavorando: lei era la prima a vergognarsene.
< Uh, una reporter? > fece il vecchio attratto dall'ipotesi.
Amanda storse la bocca < Temo di no >
< E che tipo di giornalista saresti? >  le chiese curiosa la moglie di Rogers.
< Lavoro per !SCOOP! > dovette ammettere.
Virginia scoppiò a ridere < Lo dici come se avessi appena commesso un omicidio, cara >
Amanda si morse il labbro per evitare di ridere con lei, timorosa che ci potesse essere qualcuno che lei conosceva e potesse riferire tutto ai grandi capi.
< Presumo che il tuo lavoro non ti piaccia > Jackson la guardava fisso.
Amanda si strinse nelle spalle. La mimica facciale o i movimenti del corpo, seppure esprimessero l'assenso per quello che stavano dicendo i due signori, erano sempre meglio che le parole pronunciate ad alta voce.
< Jack, basta farla parlare di lavoro: si vede che è a disagio. > lo ammonì la moglie ed Amanda le fu grata.
La serata andò avanti tranquillamente ed Amanda non provò nemmeno a fare qualche domanda di troppo o personale ai suoi compagni di tavola. Si limitò a conversare ed ascoltare silenziosamente quello che dicevano ed interveniva solo quando pensava che fosse il caso.
A metà sera però capì che non poteva più perdere tempo ad ascoltare le loro chiacchiere: era necessario cominciare a fare qualche giro per trovare qualcuno da far cantare come un canarino e incastrarlo poi il mattino dopo.
Passeggiava a bordo pista, con il suo bicchiere di vino in mano e cercava di ignorare i fastidiosi dolorini che cominciava a sentire ai piedi.
Vide Samuel O'Donnel dall'altro lato della sala, un magnate delle telecomunicazioni, e decise di avvicinarsi e cominciare ad ascoltare il discorso - piuttosto animato - che stava avendo con una donna per poi rivolgergli qualche domanda.
Quando fu abbastanza vicina, si mise di lato, con lo sguardo sulla pista e sulle persone che ballavano mentre le sue orecchie erano tese verso i due amanti.
Amanda capì al volo che quella doveva essere una conversazione piuttosto intima, perchè sentì lei accentuare su alcune metafore nemmeno molto ben riuscite.
Improvvisamente Amanda non sentì più nulla e si girò in cerca dei due piccioncini. Li vide dirigersi verso una porta laterale.
Gli diede dieci secondi di vantaggio e poi si incamminò verso la stessa direzione, sperando solo di non trovarli a fare sesso o sarebbe stata piuttosto imbarazzante per lei.
Aprì la porta dietro cui li aveva visti sparire e fu grata di vedere che si apriva un corridoio e non una stanza peccaminosa adibita al sesso.
Non vedeva più i due amanti, ma sentiva delle voci attutite provenire da alcune porte. Appiattì l'orecchio dietro alcune porte per scoprire dove fossero finiti, ma da ogni porta sentiva solo frasi sconnesse e anche difficili da capire.
Amanda sbuffò. Fece l'ultimo tentativo con una porta più in disparte rispetto alle altre ed attese di sentire qualcosa.
< Amanda! > si sentì chiamare e sussultò.
Si voltò con cautela, sperando di non trovare Jackson e Virginia Rogers pronti per fissarla con rimprovero, ma la persona che trovò era proprio l'ultima che credeva di poter incontrare.
 
James l'aveva vista mentre usciva dalla porta di una camera. Aveva seguito il percorso segreto che faceva tutte le volte ed era arrivato al corridoio laterale che dava proprio nel salone solito dove si svolgeva quella stupida serata di beneficienza.
Aveva aperto la porta e si era guardato a destra e a sinistra ed eccola lì, appoggiata ad una porta con un aderente abito nero che le faceva risaltare la curva del sedere e quella del seno e la faceva sembrare così esile ed indifesa.
James sentì il desiderio di avvicinarsi e stringerla tra le braccia e baciarla mentre la teneva schiacciata tra il muro e il suo corpo.
Moriva dalla voglia di sentire la tenerezza della sua pelle sotto le sue dita. Moriva dalla voglia di sentirla parlare ancora, con quella voce così seducente e quelle labbra che si univano e si separavano mentre i suoi occhi lo scrutavano con attenzione.
< James > disse lei, sussultando e guardandolo sorpresa. < Che ci fai qui? > gli chiese.
< Potrei farti la stessa domanda > le fece notare lui. < Ma diciamo che oggi è la giornata di mio padre > le confessò.
Amanda non fece caso al tono criptico della sua voce né al suo sguardo carico di risentimento subito dopo averle detto quella frase.
Tutto quello a cui pensava Amanda era che forse quel giorno era davvero la giornata dei papà.
Un sorriso amaro le spuntò sulle labbra e si trovò combattuta tra la voglia di abbracciare James e farsi consolare per quello che era successo quella mattina con Connor e la sua giornata del papà, e tornare a casa da Connor e coccolare lui che era scosso per gli avvenimenti della giornata.  

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Capitolo 10
*** "BELLEZZA, INCANTO E NOSTALGIA" ***


Amanda si era lasciata guidare verso un'altra porta ancora. Questa però si era aperta in un salotto decisamente piccolo. Era tutto bianco e beige e Amanda fu quasi delusa di non vedere gli interni in pesante stoffa rossa.
Non sapeva dirsi perchè, ma immaginava quel posto come uno di quelli in cui avvengono peccaminosi incontri sessuali.
James si lasciò cadere su un divano e allungò le gambe.
Amanda non si lasciò fare l'invito ed andò a sedersi anche lei, su un poltrona poco distante da dove si trovava James e scalciò via quelle scarpe infernali.
James la guardava attentamente e non poté fare a meno di pensare che fosse dolorosamente bella quella sera. I lunghi capelli biondi che le incorniciavano il volto, gli occhi verd'azzurri, messi in risalto dal trucco e la bocca dipinta di rosso sembrava un caldo invito a poggiare finalmente la sua su quelle protuberanze così invitanti.
Amanda notò che quella sera James non aveva lo sguardo sbarazzino e menefreghista di sempre.
< Allora, chi stavi spiando? > le chiese lui.
Amanda spostò immediatamente lo sguardo. < Nessuno >
< Su, prometto di non dirlo a nessuno > James si posò una mano sul cuore.
Amanda assottigliò lo sguardo e lo fissò attentamente. Poteva fidarsi di lui?
< Puoi fidarti di me > la rassicurò lui, come se avesse saputo leggerle la mente.
< Samuel O'Donnel stava per fornirmi lo scoop del secolo > decise poi di parlare. < Era insieme ad una biondina che sarebbe potuta benissimo essere sua figlia e stavano avendo una discussione piuttosto.. intima >
James la guardò e scoppiò a ridere ed Amanda lo fissò trucemente. < Perchè ridi? >
< Quella è sua figlia > le disse.
< Ma.. ma.. lui.. > Amanda era più che sicura che non si fosse mai parlato dei figli di O'Donnel, considerando che lui era omosessuale! Quello si era una notizia con i fiocchi!
Afferrò di nuovo i sandali e se li infilò. < Devo trovarli! Questa è una bomba! > esclamò, eccitata.
< Troppo tardi, temo > James scrollò le spalle.
< Che? > Amanda era confusa, non capiva.
< Lui è entrato dalla stessa porta da cui sono uscito io e ha seguito le mie indicazioni fino all'uscita > le spiegò.
< Non ti seguo > Amanda ora era decisamente confusa. Che strada conosceva lui? E come poteva una stanza d'albergo portare all'uscita?
< Meglio così > James fece un sorriso enigmatico.
Amanda si alzò in piedi e si sistemò il vestito sui fianchi. < Devo comunque andare. Escludendo i Rogers e O'Donnel mi resta solo Alicia Moore da trovare e fare l'intervista > gli spiegò.
< Esclusi i Rogers? > James la fissò incuriosito.
< Sì >
< Perchè li escludi? Non sono un bel bocconcino? > disse lui aspro.
< Sì che lo sono, ma sono stati così gentili prima durante la cena che sarebbe stata una cattiveria tirargli fuori qualche pettegolezzo per tenermi il lavoro >
< Tenerti il lavoro? > ora fu il turno di James sembrare confuso dalle sue parole.
Amanda sbuffò. < E' una storia lunga > e lei doveva trovare la Moore per metterla sotto torchio e questa volta non avrebbe permesso che anche lei scappasse.
< Ho tempo > James la fissava intensamente, tanto che Amanda si sentì terribilmente in imbarazzo.
< Io no. Devo trovare Alicia Moore >  spostò lo sguardo da lui alla porta.
< Non è venuta > la informò James.
Amanda fece scattare la testa verso di lui. < E tu che ne sai? >
 < Siamo amici > scrollò le spalle.
< Tu sei amico di Alicia Moore? > alzò un sopracciglio incredula.
< Certo > lui sembrò quasi risentito dal suo tono.
< Sul serio? >
< Sì > James si mise a braccia conserte. Il fatto che lei dubitasse di lui non gli piaceva. Non poteva certo dire che si trattasse di un'amicizia di lunga data, di quelle in cui ci si conosce bene. Era più un'amicizia di letto, ma questo non era il caso di dirlo a lei.
< Ok, ti credo. Ma devo andare lo stesso >
< Perchè? >
< Devo trovare qualcuno a cui estrarre qualche frase che posso usare per scrivere un pezzo >
< Una frase per un intero articolo?  > James scosse la testa. < Dio, cosa siete in grado di inventarvi voi giornalisti > sentenziò altezzoso.
< Hei, devo farlo per tenermi il lavo.. >
< Il lavoro, si l'hai già detto >
Amanda rimase un attimo interdetta. < Oh, ma allora mi ascolti quando parlo > usò la stessa frase che le aveva rivolto lui quel primo giorno al bar.
James fece un sorriso sghembo ed Amanda sentì il sangue affluirle sulle guance e il cuore battere un po' più veloce. Poteva un sorriso infiammarla tanto?
< Ogni tanto devo > disse in tono leggero lui.
Amanda sentì lo stomaco contorcersi e rimase piacevolmente sorpresa da quello scambio di battute, frasi che loro si erano già detti, e fece sembrare quel momento come una cosa intima tra loro due. Come se si conoscessero da tempo e si ripetessero sempre quelle due frasi lì.
< Avanti, fammi compagnia > James batté con la mano il vuoto accanto a sé sul divano ed Amanda dovette pensarci per alcuni secondi.
< Se vengo a sedermi perdo l'opportunità di trovare anche una sola persona che potrebbe tirarmi fuori da questo impiccio >
< Ti dirò quello che vuoi su O'Donnell > propose James, serio.
< Ma non è tuo amico? > se gli aveva indicato la via per la fuga, qualcosa doveva pur esserci fra quei due.
Lui scosse la testa. < No di certo >
< E perchè vorresti farlo?  > chiese lei sospettosa.
James sospirò, quasi esasperato. < Sei l'unico volto amico che ho trovato qui >
< E perchè sei venuto qui, allora? >
< Fai un sacco di domande, lo sai Amanda? >
Sentì di nuovo quello strano nodo allo stomaco nel momento in cui lui pronunciò il suo nome e a lasciarla senza parole fu il fatto che sentì anche una fitta al basso ventre.
Che diavolo le stava succedendo?
< Allora, mi fai compagnia? > chiese lui facendo scorrere il suo sguardo sul corpo di Amanda, apprezzando il modo in cui quel vestito la fasciava.
Quando vide che ancora tentennava decise di farle la domanda che lo stava perseguitando da un po' di tempo. < C'è per caso un accompagnatore geloso lì fuori ad aspettarti? >
< No > rispose precipitosamente lei.
< A casa? > indagò ancora lui.
Amanda corse con il pensiero a Connor. Lui la stava aspettando, ma si poteva dire che fosse geloso? < Forse >  sorrise al solo pensiero del figlio.
James rimane un momento interdetto, ma non volevo arrendersi. < Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. E poi non credo che lui si dispiacerebbe se tu ti fermassi a chiacchierare con un amico > le fece un sorriso tentatore e alla fine Amanda cedette ed andò a sedersi vicino a lui.
< Un amico? > gli chiese quando si  sedette.
Era così vicina che poteva sentire il calore di lui irradiarsi su tutto il suo corpo.
Fece un respiro profondo ma servì solo a farla inebriare del suo odore. Espirò immediatamente e cercò di calmare i battiti del cuore.
< Mi stai dicendo che non siamo amici? > la sfidò lui, con il sopracciglio alzato.
< No, non dico questo.. Solo.. > Amanda tacque. "Solo che ci conosciamo appena e io vorrei baciarti, non esserti amica", questo è quello che avrebbe voluto dirgli, ma preferì tacere. Molto probabilmente lui le avrebbe riso dietro.
< Solo?  >
< Su, dimmi della figlia di O'Donnel > cambiò discorso per alleggerire la situazione.
James si morse il labbro e Amanda spostò subito lo sguardo. Sarebbe voluta essere lei quella che mordeva quel labbro.
Si sentì in colpa per i suoi pensieri; pensieri che non aveva più avuto da quando.. da quando se ne era andato lui.
< L'ha avuta quando aveva diciotto anni. Ora la ragazza ha vent'anni e ha scoperto che lui è suo padre. > scrollò le spalle.
< Tutti qui? >
< Sei tu la giornalista, lavoraci su >
< Andiamo! So che sai qualcos'altro! >
< Non eri tu quella ce voleva scrivere un articolo con una sola frase? > la guardò a lungo, incatenandola con i suoi occhi verde bottiglia.
< Ma se hai qualche particolare in più potresti condividerlo >
< In cambio cosa ottengo? >
Amanda rimase interdetta della sua richiesta. < La mia compagnia  > azzardò.
James rise < E ti sembra una giusta ricompensa? > Ancora una volta era stata ingenua, proprio come quella volta con la torta.
< Sei tu che hai detto che sono l'unico volto amico qui >
< Giusto > inclinò la testa di lato. < Sono piacevolmente sorpreso, Amanda. Mi ascolti davvero >
Di nuovo, il suo nome pronunciato da lui la fece tremare. Amanda cercò di non darlo a vedere e rispose. < Sei per caso abituato ad uscire con persone che non ti ascoltano? >
< Più o meno > rispose enigmatico.
< Devi sentirti molto incompreso > disse con semplicità.
James cambiò espressione, infastidito dal fatto che lei fosse a volte così diretta e che capisse al volo alcune cose di lui. < Stai sviando il discorso > riportò l'attenzione su di lui.
< Hei, non ti devo nulla. Anzi, forse sei tu che dovresti qualcosa a me > Amanda incrociò le braccia al petto.
< Cosa? >
< Mi hai sentita bene >
< E sentiamo, cosa avrei fatto per essere io quello in obbligo? >
< Hai fatto scappare O'Donnel e la figlia >
< Non sapevo che tu fossi alla ricerca di uno scoop >
< E secondo te cosa ci fa una giornalista ad origliare dietro le porte? >
< Magari sei un poliziotto sotto copertura e mi stai imbrogliando > suppose lui.
< Io un poliziotto? Ma mi hai vista bene? > Restando con le braccia ancorate al petto Amanda si voltò a guardare il suo volto perfetto.
James le studiò il viso per qualche minuto e di nuovo Amanda si sentì arrossire. < Sì, ti ho vista >
Il suo tono era basso e carico di qualcosa che Amanda non riusciva ad identificare, ma sentì ancora quella strana fitta al basso ventre e dovette reprimere la voglia di sospirare rumorosamente mordendosi il labbro.
James si avvicinò pericolosamente al suo viso ed Amanda rimase pietrificata. < E devo dire che mi piace molto quello che vedo > sussurrò per poi tornare nel suo angolo e lasciare il tempo ad Amanda per riprendersi.
Come avrebbe dovuto interpretare quella frase? Perchè si è ritirato così in fretta? Perchè non è rimasto lì ancora un po' per farmi annusare meglio il suo odore così.. così buono, così da uomo? Perchè non mi ha baciata?
James riportò la discussione su qualcosa di neutro. < Come mai ti serve un'intervista a tutti i costi? >
Amanda sospirò. < E' una sorta di contentino per il mio capo >
< Che intendi dire? >
< Sono stata incaricata di intervistare un personaggio famoso, ma sua signoria non s'è presentato il giorno dell'intervista e così ora sto aspettando che il suo agente si decida a fissarmi un altro incontro. Ma a quanto pare stanno tutti confabulando contro di me! > gli spiegò.
< Confabulano contro di te? > James alzò le sopracciglia e strinse le labbra in una linea dritta per evitare di scoppiare a ridere.
< Sì >
< E posso chiedere come mai? >
"No" avrebbe voluto rispondergli, visto che si stava divertendo tanto. < L'agente, lunedì mi ha chiamata e mi ha chiesto di incontrarci per metterci d'accordo, ecco perchè ero al Caffè quando ci siamo incontranti. >
< E poi? >
< E poi non si è presentato! Ho aspettato per tutta la mattina e quando si è fatto sentire per scusarsi? Oggi! Incredibile >
James stava annuendo lentamente, come per farle capire che la comprendeva; ma Amanda capiva che la stava prendendo in giro.
< Tu credi che non ci sia nulla di scandaloso, vero? >
< Già > lui arricciò le labbra.
< Non mi sorprende >
< Come io non sono sorpreso dalle tue manie di perfezione >
< Ancora con questa storia? >
< Sì. > James fece un ampio sorrise ed Amanda spostò lo sguardo per evitare di lasciarsi abbagliare da quegli occhi così sfacciati.
< Io non sono come credi tu >
< E come sei, Amanda? > la sua voce decisamente molto vicina e Amanda sentì una scia di brividi correrle lungo la schiena.
< Io non sono una perfettina >
James le sistemò i capelli dietro l'orecchio ed Amanda rabbrividì visibilmente sotto il suo tocco. Lui sorrise, compiaciuto di sapere che era lui a farle quell'effetto. < Quindi se ora ti baciassi tu non andresti in panico perchè il rossetto potrebbe sbavarsi? >
< No, perchè non sono una perfettina > rispose fra i denti. Quello che in realtà voleva dirgli era che si sarebbe agitata perchè era tanto tempo che non dava un bacio a nessuno e desiderava talmente tanto baciare lui che aveva paura di fare la cosa sbagliata.
< Posso fare una prova? > le stava chiedendo il permesso.
Amanda rimase sconvolta e scioccata dalla sua richiesta.
James non attese la sua risposta. Era stufo di aspettare minuti interi prima che lei si decidesse a fare solo un misero cenno con la testa.
Infilò una mano dietro la sua testa, facendo scivolare i capelli di lei tra le sue dita, e poi avvicinò il suo volto a quello di lei.
Strofinò il suo naso contro quello di Amanda e si sporse per morderle lievemente le labbra e solo dopo averla sentita trattenere il fiato, in trepidante attesa, decise che era arrivato il momento di approfondire il bacio.
James si creò un varo tra le sue labbra e agguantò la lingua di Amanda, iniziando a stuzzicarla.
Lei rispose immediatamente al bacio e James sentì un fremito quando lei lo afferrò per la cravatta per avvicinarlo, mentre con l'altra mano gli circondò il viso.
James le posò la mano libera sul fianco e la strinse a sé con forza e quando sentì lei gemere sotto il suo tocco s'infiammò ancora di più.
Aveva un profumo particolare, di quelli che quando senti per strada ti lasciano spaesato e cominci a far vagare lo sguardo per capire da dove provenga, di quelli che ti fanno sorridere e ricordare le mandorle tostate delle bancarelle delle fiere, di quelli che non smetteresti mai di annusare, di perderti dentro e James era più che sicuro di non essere mai stato attratto prima da un odore come in quel momento lo era da quello di Amanda.
La sua mano sul suo fianco morbido e fasciato da quell'inutile stoffa nera, le sue dita che le accarezzavano quei fili d'oro, le labbra di lei sulle sue, che si lasciava guidare, completamente cieca e disponibile per lui, le sue braccia attorno al suo collo e le sue dita che tiravano lievemente i capelli di James.
Poteva un momento essere più perfetto di come era tra quei due? Sì, poteva.
James fece risalire la sua mano dal fianco fino a sotto l'ascella e poi fece lo stesso con l'altra, fino ad afferrarla con decisione e farla sedere sul suo grembo.
Socchiuse gli occhi, godendosi la visuale di Amanda seduta su di lui, con i capelli lunghi che le ricadeva come una cascata di raggi di sole ai  lati della testa e quello sguardo perso e illuminato dall'eccitazione che aveva colpito anche lei.
< Sei bellissima > le sussurrò e un istante dopo si morse la lingua.
Lui non aveva mai fatto complimenti del genere. Lui prendeva senza chiedere, un po' come aveva fatto non aspettando il consenso di Amanda alla sua richiesta di baciarla. Faceva quello che riteneva fosse più giusto con le donne, e loro solitamente non se ne lamentavano, anzi.. Il più delle volte richiedevano il bis.
Ma Amanda.. Amanda si sarebbe potuta alzare e lasciarlo lì, da solo, a smaltire gli spiriti bollenti che si stava agitando dentro di sé e probabilmente sarebbe sparita per sempre dalla circolazione, lasciandolo con la voglia di lei nella testa - e fra i pantaloni - e solo un vago ricordo del suo meraviglioso sapore di mandorle tostate sulle labbra.
Non era questo che voleva James; lui voleva che lei e la sua strabiliante ingenuità rimanessero ancora con lui, in quella stanza a baciarsi ancora, ancora e ancora. All'infinito, fino a quando non avrebbero avuto entrambi i crampi alle labbra.
Ma Amanda si riscosse presto da quella situazione.
'Sei bellissima'.
Non lo aveva fatto sul serio. Non aveva lasciato che lui la baciasse, non aveva ricambiato quel bacio così.. così.. Così bello, così eccitante, così sbagliato.
Sgranò gli occhi, guardando la posizione in cui erano e ricordava solo vagamente le mani di James che percorrevano il suo corpo fino a sollevarla e sistemarla in grembo a lui. Quello che ricordava bene era il modo in cui le loro labbra si erano incollate alla perfezione, senza esitazioni e senza tanti pensieri. Era successo, punto.
Ed era successo in un modo così.. così bello che ad Amanda tremavano ancora le gambe.
"Alzati da lì" si intimò.
Se baciarsi era stato così facile, non osava immaginare cosa sarebbe successo se fosse rimasta in quella posizione ancora per lungo, soprattutto guardando lo sguardo di James.
Doveva smetterla di guardarla con tutto quel desiderio perchè Amanda in quel momento non era capace di controllare sé stessa e i suoi occhi verdi erano diventati improvvisamente più scuri, quasi come il colore delle foglie nella notte.
Scatto in piedi e sistemò il vestito sulle anche. Afferrò la sua borsa e poi si voltò per guardare James, che era rimasto immobile sul divano, confuso dalla reazione di lei.
< Io.. devo.. dovrei.. > Amanda sbuffò. Dove diavolo era la sua importantissima capacità di dire quello che pensava, o quello che voleva che gli altri pensassero che lei stesse pensando, quando serviva?
James batté le ciglia, confuso dalla reazione di lei e dallo sbuffo stizzito che aveva fatto.
Rimase a fissarla, come una falena attratta dalla luce, incapace di pronunciare qualunque cosa. Avrebbe voluto dirle di tornare a sedersi, di riprendere da dove si erano interrotti, di restare con lui per tutta la notte, per tutta la vita. Ma poi si ricordò che con lei non sarebbe mai funzionate quelle parole ingannevolmente dolci per ottenere quello che voleva e quello che  - ne era più che sicuro - voleva anche lei.
< Hai un bel po' del mio rossetto in faccia e non oso immaginare come sia combinata io > Amanda ritrovò l'audacia che da tempo aveva perso e ringraziò mentalmente la scarica di adrenalina che aveva ripreso a scorrerle nelle vene. < Quindi direi di aver dimostrato di non essere poi una perfettina >
Questo era quello che lei voleva che lui sapesse, ma in realtà nella sua testa si stava togliendo ancora i sandali, aveva gettato la borsa per terra ed era salita di nuovo in grembo a James e avrebbe ripreso da dove si erano interrotti. E non gliene importava nulla se di lui sapeva poco niente, se non sapeva che profumo usava, se non sapeva quale fosse il suo cognome, se non sapeva come mai si stesse nascondendo lì dentro con lei. Voleva essere circondata dalle braccia forti di James, ma allo stesso tempo il suo cuore urlava furioso un altro nome: Luca.
< No. Direi che non sei proprio per niente una perfettina > le rispose lui, ripensando a come la sua lingua aveva risposto a quella di James, di come le sue mani avevano stretto i suoi capelli tra le dita, tirandoli possessivamente.
 Amanda si accorse che la voce di James era roca e bassa.
Seducente, troppo seducente.
Lui si alzò in piedi con un movimento flessuoso ed Amanda non riuscì a spostare lo sguardo e si ritrovò a studiarlo attentamente.
Indossava uno smoking nero, con i pantaloni che fasciavano alla perfezione le sue gambe, che Amanda poté solo immaginare altrettanto perfette, la giacca avvitata che faceva risaltare le sue spalle larghe ed il fisico asciutto e atletico. La camicia bianca e candida, con il primo bottone slacciato che lasciava intravvedere un po' di più della sua pelle. Niente cravatta e niente papillon, cosa che lo rendeva ancora più sexy.
Rabbrividì, ripensando alla sua bocca che l' aveva torturata così dolcemente e alle sua mani tra i suoi capelli e sui suoi fianchi.
< Devo andare > si voltò e cominciò a camminare verso la porta.
James si sentiva confuso e nella sua testa si accumulavano le innumerevoli cose da dire, tutte quelle che lui voleva dirle sul serio e tutte quelle che sapeva che le donne si sarebbero volute sentire dire.
Non sapeva bene cosa le avrebbe detto, ma lasciarla andare via così gli sembrava quasi squallido quindi decise di seguirla e afferrargli un polso ed attendere che lei si voltasse a guardarlo; anche se il suo istinto quasi gli intimava di tirarla verso di sé e baciarla ancora.
Gli occhi di Amanda si spalancarono per la sorpresa e quando si voltò per fronteggiarlo la prima cosa che guardò fu la mano di lui stretta attorno al suo polso.
< Come torni a casa? > si trovò a chiederle lui.
Amanda rimase ancora più sorpresa. < Sono in macchina > rispose, alzando lo sguardo fino al suo volto.
< Hai bevuto, prima? >
Capì immediatamente dove sarebbe voluto andare a parare lui, ma lei aveva già deciso che aveva cose più importanti da fare che tornare a casa, per il momento, e non voleva assolutamente che lui gli stesse fra i piedi. < No > mentì, visto che aveva bevuto qualche bicchiere di vino.
James avrebbe voluto protestare e dire che aveva percepito un leggero sapore di vino quando l'aveva baciata, ma poi a quel punto avrebbero dovuto affrontare una volta e per tutte la conversazione e aveva visto lo sguardo di Amanda cambiare, quando si era accorda della sua mano che le stringeva il polso.
Avrebbe voluto dirle che l'avrebbe accompagnata lui a casa, che gli dispiaceva per quel bacio e che non gli dispiaceva affatto.
< Dovrei.. dovrei andare > Amanda guardò ancora il polso che lui le stringeva.
James allargò le dita immediatamente, lasciandola andare, come se si fosse scottato. Strinse le labbra in una linea dura e poi uscì per prima da quella stanza, non capendo cosa fosse successo di così brutto da farla diventare improvvisamente così fredda.
Amanda si concesse alcuni secondi prima di seguirlo fuori, prima di stamparsi in faccia un'espressione tranquilla, per passare inosservata davanti a tutti, per permettersi di crollare solo quando sarebbe stata nel suo posto.
 
Parcheggiò l'auto di fronte all'ingresso e scese per andare in cerca delle chiavi di riserva che sapeva che il custode lasciava sotto una pietra appena dietro il primo muretto di pietra che non era difficile da scavalcare.
Amanda si alzò il vestito, troppo lungo per saltare e non sporcarlo o stracciarlo, e fece il salto che le permise di andare a recuperare le chiavi del cancello più grande che l'aspettava una ventina di metri più avanti.
Aveva sempre odiato profondamente quel luogo, perchè sapeva che ogni volta che c'era qualcuno pronto a guardarla con curiosità o pena o compassione, come a volerle far capire che il dolore che provavano era qualcosa in comune, ma non era affatto così.
Il dolore che aveva provato, e provava ancora, Amanda non era paragonabile con il dolore di nessun altro perchè nessun altro aveva avuto quello che lei e Luca avevano condiviso per sette anni assieme.
Non era così sciocca od egoista da pensare che le altre persone non soffrissero o che se la passassero meglio rispetto a lei, ma non voleva sentirsi dire da nessuno "ti capisco", "anche per me è stato difficile" e non perchè fosse una persona poco disposta alle relazioni sociali o ai discorsi di supporto o al farsi consolare.
No. Semplicemente la gente capiva il proprio dolore personale, sapeva quanto fosse stato difficile per sé stessi, ma non aveva la più pallida idea di come fosse la cosa per Amanda, come lei non aveva idea di come per gli altri fosse affrontare la vita una volta che si perdeva qualcuno a cui si teneva.
Camminò in silenzio, guardando dove metteva i piedi per evitare di inciampare sui tacchi alti e godendosi il venticello che le soffiava sulle spalle e le scompigliava i capelli.
Sperava quasi che quel vento potesse cancellarle il sapore di lui dalle labbra e il suo odore da dosso; le sembrava poco rispettoso ora che stava andando da lui.
Individuò il suo posto e si fermò per prendere un respiro profondo.
Rimpianse di non avere con sé una bottiglietta d'acqua per potersi almeno sciacquare la bocca e la faccia, per cancellare almeno in superficie le tracce di quello che aveva fatto.
Si fece coraggio e prese a camminare verso la sua tomba.
Quando arrivò lì davanti si fermò per studiare attentamente la sua foto.
Un sorriso felice, i capelli castani arruffati che gli ricadevano sulla fronte - proprio come quelli di Connor -  e gli occhi a mandorla che fissavano l'obbiettivo sorridenti, felici e pieni d'amore.
< Come sei bello, amore mio > sussurrò, avvicinandosi e sedendosi sul marmo bianco.
Si sporse e depositò un bacio alla fotografia racchiusa dietro un ovale di vetro. Accarezzo piano con le dita il suo nome scritto in rilievo.
 
Luca Ranieri
07/08/1987 - 10/10/2010.
Il sorriso è l'unica curva capace di raddrizzare ogni cosa
 
Quella era la frase che Amanda aveva voluto che gli scrivessero. Niente "padre amato" o "figlio adorato".
Dovevano sapere che quelle era la frase in cui lui credeva più di ogni altra cosa al mondo, al punto che se l'era fatta tatuare addosso, sul fianco.
< Connor sta bene, adesso. > iniziò Amanda. < Ma stamattina era veramente fuori di sé. Ha avuto una vera e propria crisi di nervi, avresti dovuto vederlo. Ha fatto proprio come facevi tu quanto arrivavi al limite: è diventato tutto rosso in faccia e mi ha urlato contro fino a tirare gli occhi per la stanza >
Amanda si abbracciò le ginocchia. < Ha tirato anche la vostra foto e ha detto di odiarti.. e di odiare me > sospirò.
< Onestamente pensavo che prima di sentirgli dire che mi odiava potessi aspettare fino ai quindici anni, ma evidentemente ha preferito anticipare le cose. E si,mi aspettavo anche di avere te per poter gestire quel 'ti odio'.
< Quando ho capito cosa diavolo gli era preso, sinceramente anche io avrei voluto venire qui a urlare quanto ti odio, sai? Solo che sarebbe una bugia bella e buona. >
Amanda fece una risata. < Te la ricordi la prima volta che ti ho detto di odiarti? > una lacrima silenziosa sfuggì al suo controllo e lei s'affrettò ad asciugarla, prima di scoppiare in un pianto inconsolabile.
< Avevo quattordici anni e tu sedici > sorrise < Ci conoscevano già da un anno e tu non facevi altro che prendermi in giro perchè era magrissima e un giorno mi hai sfidata a mangiare tutti quei dolci  che ho finito per vomitare e tu, invece di tenermi i capelli o aiutarmi in qualche modo mi hai obbligata a salire sulla bilancia, dichiarando soddisfatto che eri riuscito a farmi ingrassare di due chili.
< Ti ho veramente odiato in quel momento e tu mi hai sorpreso di nuovo: mi hai baciata. Certo un bacio a stampo e veloce come un battito di ciglia, ma era il mio primo bacio e tu te lo sei rubato.
< E poi dopo un mese è arrivato il primo vero bacio. > Amanda poggiò un braccio sul ginocchio e poi adagiò la sua guancia sopra, con la faccia girata verso la foto di Luca.
< E' stato tremendamente orrendo. Non sapevo che fare e tu te ne sei uscito dicendo che ti era sembrato di baciare un pollo e lì ti ho detto per la seconda volta che ti odiavo.
< Solo che non ti ho mai odiato davvero. Ero innamorata di te come qualunque altra ragazza nell'istituto e non mi pareva possibile che tu potessi veramente baciare me e poi te ne uscivi con quei commenti su di me che mi facevano solo infuriare. Questo fino a quando Samantha non mi spiegò come fare per baciare e allora ti ho preso e ti ho baciato come mi aveva insegnato lei e poi ti ho lasciato lì, in mezzo al corridoio, e me ne sono andata. > ridacchiò.
< Non siamo mai stati normali, vero? Dio, quanto mi piaceva il nostro essere così diversi >
Rimase per un momento ad ascoltare il rumore del vento fra gli alberi e per un attimo le parve di sentire l'odore di Luca vicino a lei. Chiuse forte gli occhi e immaginò di sentire di nuovo il calore delle sue mani sulle sue spalle e la sua bocca posarsi morbida fra i suoi capelli.
< Mi sono fatta baciare da un altro, stasera > dirlo ad alta voce l'aiutò a realizzare che l'aveva fatto davvero.
Riaprì gli occhi e per un momento le parve che nella foto, Luca, avesse cambiato espressione: da sorridente e felice a contrariato e arrabbiato.
< Lo conosco da un po' e ne sono attratta > ammise. In fondo con Luca aveva sempre potuto parlare di tutto e voleva che lui sapesse, che lui le desse un segno di esserci, che lui facesse scoppiare un temporale improvviso e facesse in modo che un fulmine la colpisse in modo da farle perdere i sensi e di poterla affrontare faccia a faccia, durante quei cinque minuti di limbo che le avrebbe concesso.
Invece, ad ascoltarla c'era solo il vuoto e il silenzio di un cimitero di notte.
< L'ho incontrato stasera alla cena di beneficienza e abbiamo parlato un po' e poi lui mi ha baciata e io.. io ho ricambiato.
< E' nato tutto perchè lui continuava a dire che io sono una perfettina e io ho ribattuto che non lo sono affatto e se ne è uscito con una stupida sfida, dicendo che se non era una perfettina non mi sarei scomposta se mi avesse rovinato il rossetto baciandomi e io ho risposto che non l'avrei fatto, pensando che si sarebbe mai spinto a baciarmi sul serio. Invece eccomi qui.
< Mi aveva sfidata anche lunedì, non credendo che avevo già guidato una moto. La tua moto, per delle stupide scarpe. Te lo ricordi? Certo che te lo ricordi! Sei andato in giro scalzo per il resto del giorno e io ho indossato le tue scarpe, di quattro numeri più grandi. > Amanda scosse la testa, ancora divertita.
< Mi ha baciato, Luca. Un bacio di quelli passionali, che sono tutto istinto e poco cervello. E mi è piaciuto, così tanto che non facevo altro che desiderare che non  smettesse mai e io.. io mi sono dimenticata di te e di Connor per un secondo. > il suo tono di voce divenne colpevole.
< Non aveva niente a che fare con i baci che mi davi tu, questo era completamente diverso. Ma non saprei dire se in meglio o in peggio e la cosa mi fa stare così male che credo che mi laverò la bocca con la candeggina non appena arriverò a casa > disse tutto d'un fiato.
< Vorrei ancora averti qui con me. Così non mi dovrei preoccupare di cosa significhi per me un bacio, perchè lo saprei perfettamente, visto che saresti tu a darmeli. >
Fu impossibile a quel punto fermare le lacrime. Amanda le lasciò libere di scendere e non fece nemmeno uno sforzo per asciugarsele.
< A volte mi sveglio in piena notte perchè mi sembra di averti sentito parlare vicino a me o perchè credo di aver sentito le tue labbra sulle mie.
< L'altra sera mi sono fermata ad annusare una tua felpa, e mi sembrava di tornare a respirare ancora. Mi stavo quasi dimenticando il tuo profumo, il tuo odore, il tuo sapore. L'unica cosa che non riesco e non voglio cancellare è il suono della tua voce e quello della tua risata e ho il sospetto che crescendo Connor ce l'avrà proprio come te. >
Singhiozzò e si nascose la faccia tra le mani per quello che aveva pensato ma non aveva avuto il coraggio di dire ad alta voce. Come avrebbe fatto ad affrontare Connor se gli somigliava così tanto?
< Avresti dovuto esserci oggi alla giornata dei papà. Lui era così fiero di ricordarsi della storia della buona notte che gli raccontavi > Amanda sorrise tra le lacrime. < Si è ricordato anche di quando ci facevi ballare assieme.
< Dovresti vederlo giocare a calcio, Luca. Mi ricorda così tanto te; diventa tutto serio in volto e si concentra così tanto.. E poi fa quella cosa che facevi anche tu con il piede..
< Gli manchi. E manchi anche a me. > Tirò su con il naso e poi decise di alzarsi in piedi.
< Devo andare a raccontargli la tua storia della buona notte. Gliel'ho promesso > sorrise debolmente alla sua foto.
< Promettimi che stanotte andrai nei suoi sogni e lo abbraccerai stretto. > si asciugò il visto con le mani e poi si inchinò per raccogliere la borsa.
Prima di rialzarsi del tutto di nuovo, si avvicinò di nuovo alla sua foto e la baciò piano e dolcemente.
< Vieni ad abbracciare anche me, amore mio >
 

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Capitolo 11
*** SPESA E ALLEATE ***


Amanda si svegliò con un terribile mal di testa.
Aveva dormito poco e male e il fatto di essere uscita senza giacca nella notte primaverile, con soli dodici gradi, e senza una giacca, ora si faceva sentire nella sua povera gola.
Aveva la voce rauca e sembrava si fosse sottoposta ad un intervento chirurgico per diventare uomo.
Persino Connor la guardò divertito dopo averla sentita parlare quella mattina.
Amanda decise che non si sarebbe lasciata abbattere da quel particolare; doveva tirarsi su e correre in ufficio per scrivere la storia su O'Donnel e dare il contentino a Mike, informandolo magari che stava lavorando sulla storia di Rogers.
Sentendosi poi più disposta a perdonare la maleducazione di Tuckson, e decisa a non fare la stupida orgogliosa e di tenersi stretto il suo lavoro, decise che avrebbe risposto alla mail di Oliver.
Entrò in bagno e si guardò allo specchio, per capire quali fossero i segni della sera prima che si ripercuotevano sul suo viso, oltre che sulla sua salute.
I capelli sembravano una matassa ingestibile, tutti aggrovigliati e annodati, le sue labbra erano screpolate, il naso rosso e gli occhi troppo lucidi.
Fece una smorfia di disapprovazione e mugugnò il suo orrore per la persona che si trovava davanti. Se veramente quella era l'aspetto con cui si era svegliata quella mattina, tanto valeva rimanere a casa, darsi per malata e scrivere da lì l'articolo su Samuel O'Donnel; di certo Mike non avrebbe protestato, e poi gli avrebbe inviato tutto per mail.
Si guardò allo specchio ancora una volta, cercando di rimanere calma e comportarsi da adulta responsabile quale era, di prepararsi, fare in modo che Connor si vestisse e lavasse e poi iniziare un'altra giornata di lavoro.
Si era finalmente convinta, prendendo la spazzola e decidendo di dare un senso a quella massa indistinta di capelli, quando l'immagine di lei e James avvinghiati su quel divano, con la bocca di lui che lambiva la sua, le sue mani sui suoi fianchi e quel "Sei bellissima", le fecero cambiare immediatamente idea sul lavoro.
E tanti cari saluti all'adulta responsabile, al tenere buono Mike e alla risposta per Tuckson.
Amanda saggiò l'opportunità di non svegliare Connor e di farlo rimanere a casa con lei, ma poi pensò che non era effettivamente quello che voleva.
Amava suo figlio da morire, più della sua stessa vita, ma quel giorno, aveva bisogno di rimanere a casa e rimuginare su quello che aveva combinato e capire come comportarsi, anche se in realtà niente e nessuno le assicurava che avrebbe potuto rivedere James.
La domanda però che le frullava nella testa era: lei avrebbe voluto rivederlo?
Fissò ancora il suo riflesso e con un sospiro sconsolato fu costretta ad ammettere la realtà dei fatti. Amanda moriva dalla voglia di vederlo.
Entrò in punta di piedi nella cameretta del bambino e si sedette sul suo letto, gli accarezzò dolcemente i capelli. Connor era sveglio, e fissava fuori dalla finestra, dove una pioggerella primaverile aveva appena iniziato il suo corso.
< Non vuoi andare a scuola nemmeno stamattina? > gli chiese, scostandogli un ciuffo ribelle dalla faccia.
Connor si girò sorridendo < Hai una voce strana oggi, mamma > la guardò curioso.
Amanda ricambiò il sorriso. < Mi fa un po' male la gola > ammise, nascondendogli però il fatto che la sua gola stesse andando a fuoco e che non si trattasse di un male leggero.
Connor si stiracchiò tra le coperte e poi si sistemò meglio il lenzuolo addosso, sbuffando.
< Che succede, Con? > gli chiese Amanda, temendo che potesse scoppiare un altra lite come quella della mattina precedente.
< Stasera posso andare a dormire da Josh? > le chiese.
Amanda era un po' restia ad acconsentire. Mandarlo a dormire fuori significava non averlo con sé nemmeno quella sera e lei andava sempre un po' in paranoia quando non poteva vedere Connor per tutta la giornata.
Sarebbe stato bene? Avrebbe mangiato senza fare tante storie? Avrebbe fatto i capricci? E se per caso avesse fatto un incubo?
Gli accarezzo di nuovo i capelli e cercò di darsi una calmata. Josh era venuto tante volte a dormire a casa loro e le era parso che i genitori del ragazzo non fossero poi così male, anzi. La mamma era a dir poco simpatica e il papà le era sembrato un tipo a posto. Ma non era nelle classiche famiglie perfette che succedevano le cose più disparate?
< Posso, mamma? > le chiese lui, con gli occhi che luccicavano per la speranza che lei dicesse di sì.
"Smettila. E' un bambino  e come tutti i bambini vuole stare con i suoi amici. Non gli succederà nulla, chiamerai la mamma di Josh per accertarsi che vada tutto bene e così starai più tranquilla", cercò di calmarsi e di fare in modo che Connor potesse godersi al meglio la sua infanzia.
< Va bene > disse a malincuore.
< Grande! > esclamò felice il bimbo e poi sgusciò fuori dal letto per cominciare a prepararsi.
Amanda cercò di non dargli a vedere che ci fosse rimasta male per la foga di scappare la suo abbraccio e della fretta che aveva il bambino di andare a scuola per avvisare il suo amico. Si recò in cucina e cominciò a preparare la colazione, mentre con il telefono tra orecchio e spalla chiamava l'ufficio per lasciare un messaggio e segreteria ed avvisare che non sarebbe andata a lavoro perchè era ammalata.
Sperava seriamente che la scusa potesse reggere e l'aiutò a non andare nel panico, ed essere quindi scoperta, il fatto che la sua voce era un qualcosa di improponibile.
Accompagnò puntuale Connor a scuola e lo salutò con un bacio sonoro sulla guancia, ricacciando indietro le lacrime per l'abbandono che sentiva dentro.
Individuò la madre di Josh e la salutò con un gesto della mano, facendole capire di aspettare qualche secondo.
Cominciò a lavorare furiosamente con il cervello, mentre cercava in tutti i modi di ricordarsi il suo nome.
< Ciao > la salutò quando le fu abbastanza vicina.
< Amanda! > esclamò la donna. < E' tanto che non ti si vede > le sorrise cordiale.
Amanda la guardò incuriosita. Era andata all'asilo anche il giorno precedente e accompagnava sempre Connor e lo andava a prendere in perfetto orario, cosa significava che era tanto che non la si vedeva? Forse era lei che non si faceva vedere.
Si morse l'interno della guancia, cercando di scacciare tutti quei pensieri assurdi. Quella mattina si era proprio svegliata con il piede sbagliato.
Finse un sorriso e ripagò la donna con la stessa moneta. < Già, anche io non ti vedevo da un po' >
< Allora, lascerai venire Connor da noi stasera? > le chiese l'altra, cominciando a camminare e dirigendosi verso la macchina.
< Sì, certo. > Amanda la seguì. < Gli ho lasciato un cambio nello zainetto e anche il pigiama. Se dovessero esserci problemi.. >
Hanna la fermò - Amanda era riuscita a ricordarsi il suo nome - con un gesto della mano. < Ho in programma di tenerli abbastanza impegnati. Non ci sarà bisogno che tu venga a recuperarlo, stai tranquilla >
Le credette sulla parola: aveva l'impressione che quella donna fosse una sorta di forza della natura con il figlio. < Ok, allora > fece un piccolissimo sospiro, che di certo non poteva essere classificato come di sollievo. Era ancora in pensiero per Connor.
< Sei preoccupata, non è vero? > chiese l'altra con un sorriso sibillino sulle labbra. < Non devi, per stasera non gli faremo nulla > sghignazzò.
Amanda sgranò gli occhi, sinceramente sorpresa dalle parole dell'altra.
< Sto scherzando! > esclamò l'altra. < Ma la tua faccia è sul serio qualcosa di unico. >
< Oh > fu l'unica cosa che riuscì a dire Amanda.
< E' la prima volta che lo lasci dormire fuori? >
< Sì > ammise, con un sospiro più evidente questa volta.
Hanna ridacchiò. < Abituati: quando crescerà non ci saranno Santi per tenerlo in casa >
Purtroppo ne era a conoscenza, ma voleva almeno tenerlo con sé quanto più poteva.
Arrivarono davanti alle auto e Amanda sapeva che avrebbe dovuto dire qualcosa, ringraziarla, dire che avrebbe ricambiato il favore, che avrebbe portato i bambini al parco un giorno di questi, ma ancora una volta fu Hanna ad anticiparla.
< Ti va se una volta di queste andiamo a berci un caffè? > propose, con un sorriso sincero sulle labbra.
Amanda si sorprese di quella richiesta: di solito le altre mamma la guardavano dall'alto in basso, facendola sentire inadatta o comunque fuori luogo, credendo addirittura che l'unica ragione di vita di Amanda fosse rubare loro i mariti. Le aveva sentite parlare il primo anno di asilo di Connor durante la festa finale, e c'era rimasta così male che s'era isolata e non aveva rivolto la parola più a nessuno, nemmeno a quelli che andava di propria volontà da lei, passando per la maleducata di turno.
Fissò Hanna negli occhi e trovò strano che quella donna le stesse chiedendo proprio quello che lei avrebbe voluto fin dall'inizio: una mamma con cui scambiare qualche chiacchiera sui figli, anche per capire come fare.
< Mi farebbe molto piacere > le disse, ricambiando il sorriso.
< Bene allora! Il mio numero ce l'hai, sentiamoci >
< Certo > Amanda sorrise.
Si salutarono e poi ognuna per la sua strada.
 
**
James fece vagare lo sguardo per il suo appartamento, trovandolo improvvisamente vuoto, inutile e squallido.
Si voltò nel letto, quasi convinto di trovare la ragazza di turno mollemente abbandonata tra le sue lenzuola, ma poi si ricordò che quella sera non aveva combinato proprio nulla; proprio come la sera prima, e quella prima e quella prima ancora.
Sbuffò irritato. Esattamente era passata una settimana da quando non combinava più nulla con nessuna donna, o quasi - non aveva certo dimenticato quel bacio.
L'ultima volta che aveva tentato un approccio più diretto era stato con quella tipa del locale, quella che s'era addormentata sul più bello.
Sapeva benissimo che non era colpa sua, ma dopo quella volta non era più riuscito a farsene andare bene una. Erano tutte o troppo bionde, o troppo more, con gli occhi troppo chiari o troppo scuri o troppo anonimi, erano troppo frivole, con una risata troppo squillante che gli perforava i timpani.
Non erano niente di quello che lui si aspettava.
Cosa diavolo gli stesse prendendo lui proprio non lo sapeva.
Si alzò dal letto ed andò a prepararsi un caffè nella cucina immacolata e completamente in acciaio. Una stanza del genere avrebbe fatto invidia ad uno chef, lo sapeva bene, visto che ne aveva fatta installare proprio una professionale.
Lo aveva fatto per fare colpo sulle donne che si portava a casa in realtà, così come ogni altro pezzo di arredamento che possedeva.
Era tutto assolutamente premeditato: la cucina piena di accessori, in cui sapeva che ogni donna si sarebbe persa a contemplare gli innumerevoli elettrodomestici, il soggiorno con tre divani in pelle bianca e un tavolino perfetto per gli aperitivi, la grande Jacuzzi che aveva in bagno, perfetta per ospitare cinque persone - ne aveva fatte entrare anche sette in realtà -  e come colpo finale la camera da letto.
Quella era veramente il pezzo forte: una vetrata a lato dove si poteva ammirare la vista della città, un letto enorme, cosparso di cuscini e perfettamente rifatto con lenzuola di seta e un'altrettanto grande cabina armadio.
Le donne che si era portato a casa erano rimaste decisamente a bocca aperta, rimirando tutto quel ben di Dio e facendo versi quasi improponibili ogni volta che lui apriva la porta di qualche stanza. Ma nessuna di quelle ragazze - seppure i gridolini estasiati lo avevano fatto sorridere soddisfatto - era riuscita ad attirare la sua attenzione tanto da riportarle una seconda volta nel suo nido, preferiva di gran lunga rincontrarle a casa loro o magari in macchina o in qualche bagno o in qualche stanza d'albergo.
Bevve il suo caffè, sfogliando il giornale che aveva comprato il giorno prima. A dire la verità ne aveva comprati due; il primo era un qualunque giornale di cronaca e il secondo era un giornale scandalistico con tanto di posta del cuore alla fine nelle ultime pagine.
James decise che avrebbe letto dopo la cronaca, che tanto poi alla fine era sempre la stessa: gente che moriva, gente che uccideva, gente che combinava casini fiscali, politici corrotti e strane notizie sul meteo. Afferrò immediatamente il giornaletto e andò alla svelta alla ricerca del suo nome nell'indice.
Amanda Allen, con due articoli a pagina venti e trentatre e poi la posta del cuore.
Fece girare veloci le pagine del giornale fino ad arrivare a pagina venti e poi trentatre. Lesse gli articoli tutti d'un fiato.
Aveva uno stile tutto suo, quasi ironico e leggermente autocritico. Quasi come se volesse scusarsi con le persone di cui scriveva. I suoi commenti non erano mai troppo personali e nemmeno troppo offensivi e trovò strano che una giornalista di quel tipo non scrivesse mai battutine con un doppio senso a sfondo sensuale.
Era quasi.. rispettosa delle persone su cui invece doveva sparare un sacco di infamie per potersi tenere il lavoro. Forse era per questo che doveva dare un contentino al suo capo, e non per quella stupida intervista che ancora non aveva fatto e con molte probabilità non avrebbe mai fatto.
Andò a leggere la posta del cuore e trovò decisamente ridicole le domande delle ragazzine che le scrivevano ma le sue riposte.. ancora una volta lo sorpresero. Erano pacate, quasi si trattenesse di dire esattamente quello che voleva dire in realtà ma in ogni caso dava consigli che a lui parevano.. sensati.
Capì però che dietro le sue parole, seppure di carta, c'era molto altro. Gli sembrava quasi che l'Amanda che aveva scritto quegli articoli e quelle risposte e quella che lui aveva l'opportunità di vedere dal vivo non avessero assolutamente nulla in comune.
Chi delle due era quella vera?
Non ne aveva  idea, ma era più che intenzionato a trovare una risposta a quella domanda.
**
 
Amanda si sedette sul divano solo dopo aver riordinato tutta la casa e di aver dato una bella pulita, approfittando di quella giornata da sola a casa e senza il lavoro di mezzo di ristabilire un po' d'ordine almeno nel suo appartamento.
Stese le gambe sulla penisola e si adagiò meglio tra i cuscini.
Cercò di rifare il punto della situazione.
Era andata alla festa, aveva visto O'Donnel appartarsi con una tizia, l'aveva seguito, aveva incontrato James, si erano appartati, avevano parlato un po', lui l'aveva baciata, lei aveva risposto al bacio, lei se ne era andata di corsa.
Tutto sommato non era andata poi così male.
"No, era decisamente un disastro!" urlò mentalmente.
Ok, le era piaciuto il bacio, più di quanto si sarebbe aspettata. Gli era piaciuto come le labbra di lui risultassero praticamente perfette per le sue, gli era piaciuto come l'aveva accarezzata, aveva adorato il suo sguardo quando si erano staccati appena e il suo modo di pronunciare il suo nome.. Se ancora ci ripensava si sentiva lo stomaco attorcigliarsi tutto.
E poi non c'era stato solo quello, Amanda lo sapeva bene. Era tutto un susseguirsi di cose che l'avevano portata a desiderare che lui non la smettesse mai di baciarla, come ad esempio il giro in modo.
Il sentirlo ancora così vicino, prima dietro e poi davanti a lei, con il torace premuto contro la sua schiena e le cosce che aderivano a quelle di Amanda..
Un brivido le percorse la spina dorsale e lei si alzò di scatto, sedendosi dritta sul divano, in modo da dare la colpa al fatto che si fosse rilassata troppo e quelle erano le conseguenze e di certo non il corpo di James contro il suo.
Un altro brivido la scosse tutta ed Amanda decise di dare la colpa al suo atroce mal di gola e che potesse aver lasciato qualche finestra aperta e che ci fosse della corrente in casa.
Si alzò dal divano e cominciò a controllare ogni finestra e balcone, richiudendo tutto quello che trovava aperto e mettendosi addosso una felpa per evitare di rabbrividire ancora.
Aprì il frigorifero, alla ricerca di qualcosa di sfizioso da mangiare ma quando vide che era praticamente vuoto, sbuffò di stizza.
Era andata neppure una settimana prima a fare la spesa, non era possibile che fosse di nuovo vuoto!
Prese però la notizia con un certo sollievo, pensando che così non avrebbe pensato a niente altro se non quello che avrebbe dovuto comprare e si maledisse per la sua stupida idea di rimanere a casa a rimuginare su quello stupido bacio! Quanti se ne scambiavano i ragazzini? Non poteva fare lo stesso lei?
Aveva dato un bacio ad un ragazzo e le era piaciuto, fine della storia.
Certo, un bacio e un contatto che l'avevano portato in un universo talmente tanto lontano da farle dimenticare di Connor.
Come diavolo ci fosse riuscita ancora non lo sapeva, lei che non era mai riuscita a togliersi dalla mente suo figlio, nemmeno quando era con Luca. E il riconoscere quella cosa non fece altro che aumentare il senso di nausea che provava per sé stessa.
Non si preoccupò nemmeno di controllarsi allo specchio per vedere se avesse ancora un aspetto presentabile; uscì di casa in tuta, i capelli raccolti e gli occhiali da vista.
Saggiò per un attimo l'opportunità di andare a piedi ma quando vide la pioggia battere furiosa sui tettucci delle auto, decise che forse era meglio prendere la macchina.
Ad Amanda era sempre piaciuto guidare, forse un po' perchè glielo aveva insegnato Luca e quindi era come se ricollegasse quell'attività a lui e un po' perchè quando lo faceva aveva tutte le scuse del mondo per distrarsi, dicendo invece che si stava concentrando sulla guida e sulla strada e più nessuno avrebbe potuto dirle nulla.
Non che quando si estraniasse mentre era al volante lei perdesse completamente la concezione del tempo e dello spazio, stava certamente attenta a quello che faceva e tutto il resto del mondo, soprattutto se con lei c'era Connor, ma in quei momenti era libera di pensare a quello che meglio credeva e nessuno le avrebbe chiesto spiegazioni per uno sguardo più duro o uno sofferente.
Parcheggiò il più vicino possibile all'entrata, ricordandosi che non aveva portato con se nemmeno un ombrello.
Fece una corsa fino all'ingresso e lì poi prese un carrello e si addentrò nel supermercato.
Amanda si aspettava di vederlo affollato di gente, o quanto meno delle classiche casalinghe che facevano la spesa giornaliera, ma era quasi deserto, se non fosse stato per lei e altre due o tre persone. Probabilmente perchè le casalinghe facevano la spesa come tanto tempo fa: la carne dal macellaio, la frutta e la verdura dal fruttivendolo, il pane in panificio e così via.
Anche ad Amanda sarebbe piaciuto fare così le spese per lei e Connor, almeno in quel modo avrebbe avuto un controllo più diretto e accertato su quello che avrebbe acquistato, ma il tempo per fare quel tipo di spesa non ce l'aveva e ringraziò chi di dovere per aver invento un posto in cui avrebbe potuto comprare tutto in una volta sola.
Decise che avrebbe comprato prima quello che le sarebbe servito effettivamente e quindi pasta, carne, verdure e frutta varia, carta igienica, fazzolettini, piatti e bicchieri in plastica e così via.
Riempì quasi tutto il carrello, confrontando i vari prezzi della merce e scegliendo quella con il prezzo più basso e di una qualità accettabile.
Si ritrovò nella corsia dei dolci e sentì il suo stomaco brontolare. Sapeva che non doveva, un po' per le sue finanze e un po' perchè non era iscritta in palestra e non aveva tempo per andare a correre e quindi smaltire tutte le calorie che avrebbe voluto mandare giù, ma per una volta cercò d fregarsene altamente di tutti i freni che la bloccavano di fare quello che voleva.
Afferrò una scatola di cioccolatini al latte, un pacco di biscotti al cioccolato, delle merendine alla vaniglia, una vaschetta di gelato al pistacchio e un'altra ai frutti di bosco.
Era decisamente soddisfatta dei suoi acquisti e poi avrebbe potuto approfittarne per fare una bella scorpacciata proprio quella sera che Connor non ci sarebbe stata.
Sarebbe stata sola e libera di fare quello che avrebbe preferito, magari anche un po' di sesso.
Amanda si bloccò nella corsia con un altro pacco di merendine in mano.
"E con chi diavolo dovrei fare sesso?"
Era scioccata al suo stesso pensiero, ma quante volte aveva sentito fare quello stesso discorso a milioni di persone? Quante volte aveva sentito al bar qualche clienti confidarle che visto che i figli non ci sarebbero stati, loro ne avrebbero approfittato per darci dentro con le mogli?
Appunto, loro avevano mogli e mariti con cui darsi da fare, mentre invece Amanda aveva solo il vago ricordo di un fidanzato morto troppo giovane, che l'aveva lasciata proprio sul più bello della loro vita assieme.
Bene allora, se non avrebbe potuto fare sesso, si sarebbe ubriacata con dell'ottimo vino rosso.
Gettò le merendine nel carrello e si  apprestò a dirigersi verso la corsia del vini, con molte difficoltà, visto tutta la roba che aveva comprato.
Era decisa a comprare il vino più costoso che trovava e non quello più scadente. Visto che aveva una serata tutta per lei e che non avrebbe dovuto preoccuparsi di Connor fino al mattino dopo, poteva permettersi di bere fino a dimenticarsi il suo nome. Poteva permetterselo eccome!
Si aggirò tra gli scaffali, notando appena la figura di un uomo con un cappuccio tirato su che leggeva le etichette di vari vini.
Amanda teneva le mani sul manico del carrello ed intanto continuava a cercare con lo sguardo il vino che cercava.
Si ricordava che una volta Luca aveva portato a casa una bottiglia di un vino italiano, toscano per la precisione, e a lei era piaciuto talmente tanto che si era bevuta mezza bottiglia da sola e lui aveva seguito il suo esempio, al punto che aveva riso tanto per tutta la serata lei e lui da soli, e poi erano finiti in camera da letto e a quel punto avevano fatto proprio quello che Amanda non avrebbe potuto fare quella sera e probabilmente per il resto della sua vita.
Avanzò ancora e solo allora si accorse che il vino che cercava si trovava negli scaffali dove l'uomo si era fermato a leggere praticamente ogni etichetta.
Amanda si fermò a pochi passi da lui e per ingannare l'attesa aveva tirato fuori il suo cellulare ed aveva controllato se per caso le fosse arrivato qualche messaggio.
Nulla, il vuoto.
Vedendo che l'uomo ancora non si decideva, decise che sarebbe andata a farsi un altro giro nella corsia lì affianco, magari per novantanove centesimi avrebbe trovato qualcosa di carino.
Adocchiò un paio di cuscini che sarebbero stati perfetti sul divano e così avrebbe potuto finalmente buttare via quelli più vecchi e decise di aggiungerli alla sua spesa.
Ricontrollò l'ora e notò che erano passati ormai cinque minuti da quando aveva lasciato l'uomo a fissare il vino. Poteva bastare come tempo e tornò nella corsia che ancora doveva saccheggiare.
Percorsa la corsia delle cianfrusaglie a ritroso e rientrò nel punto più lontano in quella del vini, ma notò che l'uomo non si era ancora schiodato da dove l'aveva lasciato.
Un moto di stizza la scosse. Lei aveva bisogno del suo vino e lo voleva alla svelta per tornare a casa e cominciare con un bicchiere, giusto per riprendere confidenza con quel gusto e poi lasciarsi il resto della bottiglia per la sera, quando non avrebbe dovuto dare conto a nessuno.
Aspetto ancora che l'uomo decidesse cosa comprare e intanto lo vedeva prendere e posare varie bottiglie, leggendo i nomi e chissà quale altra informazione.
Non poté fare a meno di notare che aveva delle belle mani, di quelle curate con dita eleganti ed affusolate. Dita che lei avrebbe volentieri tagliato se non si dava una mossa a scegliere.
All'ennesima bottiglia studiata e poi rimessa al suo posto, Amanda sbottò.
< Scusi, se non le dispiace io so già cosa prendere > disse seccata.
Senza nemmeno guardare l'uomo che si era voltato a guardarla, lo sorpasso e afferrò due bottiglie di Chianti. Le mise velocemente nel carrello e poi decise che poteva degnare di uno sguardo l'uomo per scusarsi della sua irruenza e di andarsene da lì dentro.
Quando però alzò la testa, la prima cosa che vide furono due occhi verde bottiglia che la fissavano incuriositi e delle labbra piene che si increspavano, cercando di trattenere un sorriso.
< Ciao, Amanda > la salutò James.
Amanda era decisamente senza parole. Era fuggita dal suo appartamento per distrarsi e ora eccolo lì, in carne ed ossa, pronto a distruggere ogni suo tentativo di distrarsi e non pensare a lui.
< Che ci fai qui? > gli chiese lui, piegando la testa di lato.
L'umore di Amanda non era dei migliori e il fatto che lui le stesse facendo una domanda del genere, in un supermercato con il carrello di lei tanto pieno da renderle difficile il riuscire a manovrarlo, la fecero sbottare.
< E secondo te cosa ci posso mai fare in un supermercato? > chiese acida. Avrebbe voluto che la sua voce fosse sempre la solita, in modo da riuscire a sembrare altezzosa e sprezzante, ma il fatto che fosse rauca e graffiante non l'aiutò a rimettere James al suo posto.
< Notte brava? > le chiese con un luccichio negli occhi e un fremito alle labbra.
Amanda si conficcò le unghie nei palmi delle mani per evitare di scattare in avanti e baciarlo ancora.
< Una specie > rispose, incapace di distogliere gli occhi dai suoi.
James parve infastidito dalla sua risposta e avrebbe voluto farle il terzo grado e chiederle dove fosse stata, con chi e perchè, ma soprattutto se era per questo che era scappata da lui. Invece si ritrovò a sorriderle.
< Ottima scelta per il vino > le disse.
< Grazie > cercò di sembrare fredda, ma con quella voce sapeva che non poteva contare sul suo tono.
< Farai una festa? > le chiese, sempre indicando il vino.
< Sì > Amanda tenne alta la testa, sfidando il suo sguardo.
< Con sole due bottiglie di vino? > chiese curioso lui, con ancora il cappuccio in testa,
< Potrebbe essere una festa privata > gli fece notare.
James strinse gli occhi in due fessure, sempre più determinato a sapere da chi fosse scappata la sera prima e con chi avrebbe trascorso quella serata. < Bé allora buona festa > sbottò acido, sorpassandola solo dopo aver afferrato una bottiglia di vino.
< Grazie mille > trillò lei con un sorriso falso che lui non vide.
Amanda faticò a riportare il carrello verso le casse e solo quando ci arrivò vide che James stava infilando la bottiglia in un sacchetto e stava uscendo proprio in quel momento dalle porte del supermercato.
Scrollò le spalle, pensando che almeno in questo modo se l'era tolto di dosso facilmente e che anche se l'avesse incontrato di nuovo al Caffè lui avrebbe tenuto le distanze.
Finì di infilare gli acquisti nelle borse e poi sistemò tutto nel carrello, notando che non pioveva più a dirotto ma che c'era solo una pioggerella fine, che non l'avrebbe fatta inzuppare.
Uscì ed alzò gli occhi al cielo, solo per assicurarsi di non essersi immaginato tutto, ma così non fu e con un sorriso soddisfatto sulle labbra si avvicinò alla sua macchina e cominciò e caricare il bagagliaio.
< Direi che la persona a cui è indirizzato quel sorriso è molto fortunata >
Amanda riconobbe immediatamente quella voce e le scocciò ammettere che le era così familiare perchè il timbro basso e seducente di James ormai le era entrato nella testa.
< Già, lo è > rispose a tono.
James non si trattenne oltre. < E' da lui che sei scappata ieri sera ? >
Amanda si bloccò con un sacchetto in mano e lo fissò incuriosita < E anche se fosse? >
< Non si risponde mai ad una domanda con un'altra domanda > la punzecchiò.
< E questo chi l'ha deciso? >
< Io > scrollò le spalle.
< E a me dovrebbe interessare perchè.. > Amanda lasciò la domanda in sospeso, lasciando che fosse lui a continuare e a spiegarsi.
James scrollò le spalle ancora, non dandole nessuna risposta.
Amanda continuò a sistemare la spesa nel bagagliaio e lui andò avanti a fumare la sua sigaretta.
< Potrebbe essere considerato un comportamento da stalker, il tuo > gli fece notare.
< Non mi pare di averti sentita urlare al maniaco > rispose lui di rimando.
Amanda incassò il colpo e spostò lo sguardo sulla spesa. < Si può sapere che vuoi? > gli chiese, trovando finalmente il coraggio di fargli LA domanda.
< Sapere come mai ieri sera sei scappata > James decise di rispondere con altrettante sincerità alla sua domanda.
Amanda trattene il respiro. Era finito il momento del battibecco e ora erano nel terreno della verità e lei non aveva nessuna voglia di mettersi a nudo.
Evitò di guardarlo e finì di riempire il bagagliaio con i suoi acquisti.
< Allora? > la spronò lui.
Amanda continuò a non fissarlo, chiuse il portellone con uno scatto secco e poi andò a posare il carrello.
James rimase appoggiato alla sua auto, aspettando che lei ritornasse sui suoi passi.
< Dovrei andarmene > gli disse lei, quando capì che molto probabilmente non l'avrebbe lasciata andare tanto facilmente.
< Ti ho chiesto una cosa molto semplice >
"Centro" fece Amanda, capendo che da lì non si sarebbe spostato.
< Non dirmi che ieri sera non ti è piaciuto perchè saresti una bugiarda > continuò.
< Non si tratta di questo > Amanda fu costretta a guardarlo in volto.
< E di che si tratta allora? > James si avvicinò di più a lei, fino a sentire ancora il suo profumo così dolce da fargli girare la testa.
Amanda rimase pietrificata. La prima cosa che le venne in mente fu quella di azzerare le distanze tra loro due e avventarsi sulle sue labbra per risentire ancora il suo sapore, per vedere se la morbidezza delle sue labbra era rimasta la stessa e per capire se anche lui lo voleva tanto quanto lei. Ma si bloccò.
< Io ho un figlio > tentò, sperando che quello bastasse a placare gli istinti di James.
< Lo so > le fece notare lui.
Amanda capì che di quel passo non sarebbe andata da nessuna parte, doveva mettere di più in gioco.
< E sono impegnata > disse piano, quasi sperando che lui non sentisse.
James si gelò sul posto. Il fatto che lei avesse un figlio per lui non era un segreto, aveva visto il ragazzino e sapeva che era pure bravo a calcio. Non era e non sarebbe mai stato un problema per lui, ma il fatto che lei fosse impegnata.. Sì, quello era un problema.
Ma a farlo infuriare non fu il fatto che lei si era lasciata comunque baciare la sera prima, che aveva fatto in modo di stargli così vicina in moto, di acconsentire ad incontrarsi altre volte all'infuori del Caffè. No, quello che lo faceva arrabbiare era che lui la sera prima le aveva chiesto se lei aveva qualcuno da cui tornare e lei se ne era uscita con un "No" e poi un "Forse" e James aveva collegato quel forse al figlio e di certo non ad un coglione qualunque che le scaldava il letto la notte e la lasciava uscire, vestita com'era la sera precedente, da sola.
Amanda approfittò della sua reazione per girargli attorno ed entrare in auto. Mise in moto alla svelta ed uscì dal parcheggio lasciandolo ancora in piedi esattamente dove era.
 
 
 
< Ciao, Hanna, sono Amanda > disse al telefono quando la madre di Josh rispose.
< Ciao, Mandy > disse l'altra serafica. < Posso chiamarti così vero? >
Ad Amanda andava bene qualunque tipo di soprannome, purché non fosse Amy.  < Certo > rassicurò l'altra.
< Immagino tu stia chiamando per sentire Connor > l'anticipò l'altra.
Amanda sorrise, notando quanto fosse diventata prevedibile. < Sì, immagini giusto. Come sta? >
< Sta bene. Lui e Josh hanno giocato, si sono travestiti da Batman e Robin e hanno salvato l'intero vicinato. Dovresti essere orgogliosa del tuo supereroe > ridacchiò l'altra.
< Oh, lo sono, fidati > anche Amanda rise. < Si sta comportando bene? >
< Meravigliosamente. Anzi, avevo quasi una mezza idea di chiederti di fare a cambio con Josh, così me lo fai venire su come Connor > scherzò Hanna.
< Mmm, no. Mi basta Connor > 
< Peccato > Hanna rise ancora. < Te lo passo > l'avvisò.
Pochi secondi dopo Connor le stava parlando dall'altro lato. < Ciao, mamma > aveva un tono allegro e felice.
< Ciao, piccolo. Come va? >
< Bene. Hai ancora la voce strana > le fece notare.
< Lo so > sospirò Amanda.
< Non mi vieni a prendere, vero? > chiese frettolosamente lui.
< Vorresti che venissi a prenderti? > chiese Amanda, preoccupata che lui volesse tornare a casa. Stava già andando in cerca delle sue scarpe.
< No. Io e Josh ci stiamo divertendo > la bloccò lui.
Amanda tornò sul divano e si aprì un'altra merendina. < Okay, allora. Non fate arrabbiare Hanna > si raccomandò.
< Promesso >
< Con, domani mattina viene a prenderti Cassy e poi ti porta al bar > avvisò il figlio.
< Va bene > capì dal suo tono che aveva fretta di tornare dall'amico.
Amanda lo tolse dall'impiccio. < Passami Hanna >
< Ciao, mamma >
< Ciao, piccolo > ma Amanda si ritrovò a salutare in quel modo Hanna.
< Mi sa che ti ha già scaricata > le fece notare l'altra.
< Vorrei chiamare il telefono rosa e denunciare di essere stata abbandonata > scherzò Amanda.
Hanna rise. < Esci a divertiti stasera che puoi, no? >
< Mmm > rispose Amanda, mandando giù l'ultimo morso di merendina. < Certo, come no > si trovò a dire.
< Non hai nemmeno uno spasimante disposto a scorrazzarti fuori? Non ci credo > le disse la donna.
Amanda corse subito con il pensiero a James, ma non aveva il suo numero di telefono e poi dopo quello che gli aveva detto quel pomeriggio dubitava che lui volesse avere ancora qualcosa a che fare con lei.
< No, non c'è nessuno >
< Nemmeno un'amica? > chiese allibita l'altra.
< E'.. è complicato > cercò di uscirsene Amanda.
Hanna rimase in silenzio per un momento. < Ti sei appena guadagnata un'alleata, Mandy >.
< Non so cosa vuol dire, ma non suona poi così male avere un'alleata >constatò Amanda.
< Suona benissimo, hai ragione >
Amanda ridacchiò ancora, notando quanto fosse facile avere a che fare con Hanna.
< Domani mattina verrà la baby sitter a riprendere Connor > informò la donna.
< Come mai? > chiese curiosa Hanna.
< Devo andare a lavorare al Caffè. >
< Fai due lavori? > chiese sorpresa.
< Sì. > Amanda sospirò, cacciandosi in bocca un altra merendina.
< Che posto è? >
< E' il Berry's. Sai dov'è? > s'informò, già pronta a darle tutte le indicazioni.
< Ma certo! > esclamò Hanna. < Io e Sam ci passiamo davanti tutte le mattine e diciamo sempre che prima o poi dovremmo fermarci! >
< Ecco, il posto è quello >
< Facciamo così: domani mattina te lo porto io Connor! Vengo con i bambini a fare colazione > propose.
Amanda esitò un attimo. < Sei sicura? Non c'è problema, ho già informato Cassy >
< E' una buona scusa per venire a provare il Caffè > le fece notare Hanna.
< Okay, allora non insisto. Grazie, Hanna >
< Di nulla, Mandy >
Chiusero la comunicazione, ed Amanda, con il pensiero più tranquillo e il cuore più leggero stappò la prima bottiglia di Chianti.
Fece un brindisi con sé stessa e poi affogò tutta la frustrazione di quella giornata e della sera precedente nel vino rosso e nel gelato. 

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Capitolo 12
*** DISPERATO BISOGNO DI UN'AMICA ***


Amanda si era svegliata con un mal di testa lancinante, dovuto a tutto il vino che aveva bevuto praticamente a stomaco vuoto, considerando che le merendine le aveva fatte fuori praticamente un'ora prima di cominciare a bere e poi quello non era da considerasi cibo vero.
Si era preparata lo stesso e ora stava aprendo il bar con i soliti gesti meccanici. Era decisamente troppo presto per accendere lo stereo, ma quando vide i primi clienti entrare non poté farne a meno.
Avrebbe quasi voluto farli alzare e intimarli di andarsi a cercare un altro posto dove perdere il loro tempo, ma farlo le sarebbe costato il lavoro, e ultimamente Amanda stava rischiando un po' troppo sotto quel punto di vista.
Con un sorriso forzato si avvicinò ai clienti e scrisse sul blocchetto degli appunti tutto quello che avevano ordinato.
Si apprestò dietro al bancone e cominciò a preparare i cappuccini e le fette di torta calde, mentre dallo stereo usciva la musica dolce e leggera di Michael Bublè, per cui Amanda aveva un certo debole.
La canzone era Me and Mrs Jones e parlava di una relazione segreta tra il protagonista maschile e questa Mrs Jones, una donna impegnata.
Per poco non le cadde il vassoio di mano quando vide entrare James, con i soliti occhiali da sole e il cappuccio di una felpa grigia tirato in testa.
Amanda depositò al tavolo quello che i ragazzi avevano ordinato e poi tornò al bancone, sapendo che non poteva evitarlo, almeno non come cliente.
Si avvicinò a lui, proprio mentre Michael cantava "we meet every day at the same Cafè" - ci incontriamo ogni giorno allo stesso Caffè -  ed mai come in quel momento Amanda pensò che una canzone potesse essere tanto realistica.
Sbuffando si avvicinò a lui, fissandolo con un cipiglio duro. < Cosa posso portarti? >
"Te", avrebbe voluto rispondergli James. Si tolse gli occhiali da sole e la fissò attentamente. Aveva le labbra imbronciate, gli occhi non erano dolci come se li ricordava i suoi zigomi sembravano quasi induriti.
Capiva perfettamente che era la sua presenza a farle quell'effetto e non poté non sentirsene lusingato, e ovviamente anche un pochino innervosito. Mai prima di quel momento aveva dato segno di essere innervosita da lui o dalla sua presenza, ma evidentemente ora la realtà che quel qualcuno che stava con lei le era piombata addosso ed Amanda non poteva farne a meno e lui neppure.
Cercò di evitare di fare battutine stupide, ci teneva comunque a vederla sorridere.
< Un caffè nero e una fetta di torta alle mele > ordinò, non staccando mai i suoi occhi da quelli della ragazza.
Amanda si muoveva a rilento quella mattina. La testa continuava a pulsare nonostante avesse preso due pastiglie per combattere il mal di testa.
Cercò di concentrarsi sui suoi gesti controllando di non fare nessun tipo di casino come rompere un set di piatti o bicchieri.
Riuscì a preparare quello che James le aveva chiesto senza rompere nulla e senza crollare per il male tremendo che serviva.
Si fece un appunto mentale, imponendosi di non bere mai più così tanto se il mattino dopo doveva andare a lavoro.
< Stai poco bene? > le chiese James, quando lei gli mise davanti l'ordinazione.
< Sto benone > mentì. Tutto pur di non farsi vedere debole da lui.
< Sul serio? >
< Sì > disse seccamente.
< Va bene > rispose lui, continuando a mangiare.
Amanda lo lasciò dietro il bancone e con uno straccio in mano uscì fuori per cominciare a dare una sistemata ai tavoli, prima che la gente cominciasse ad affluire e non ce ne fosse più tempo.
Sapeva che quella mattina Jess e Elly erano entrambe fuori e che lei sarebbe stata l'unica al bar e la cosa la metteva un pochino in agitazione.
Solitamente tra le nove e le undici il bar si riempiva talmente tanto che nemmeno in tre riuscivano a tenere a bada i clienti e sapere che quella mattina sarebbe stata da sola, con quel terribile mal di testa, la rendeva incredibilmente ansiosa.
Finì di ripulire i tavoli e poi tornò dentro, controllando l'ora. Le otto e un quarto e la gente stava già cominciando a pullulare dentro; per stare fuori faceva ancora un po' troppo freddino, visto l'orario.
Amanda stava preparando aspettando che i caffè uscissero dalla macchinetta mentre lei tagliava delle fette di torta.
< Hai intenzione di evitarmi per tutta la mattinata? > le chiese lui di punto in bianco.
Amanda alzò di scatto la testa, fissandolo. < Sto lavorando >
< Anche le altre volte lavoravi > le fece notare.
< Sono impegnata > disse Amanda.
< Sì, me lo hai detto anche ieri, ma non ti ho chiesto di sposarmi > disse lui secco.
Amanda trattenne a stento una risata. < Adesso. Adesso sono impegnata > gli disse alzando il piatto con la torta fino a raggiungere l'altezza dei suoi occhi.
James evitò il suo sguardo per un po' ed Amanda ne approfittò per continuare con il suo lavoro, correndo da un tavolo all'altro con un sorriso di circostanza sul volto e cercando di non far irritare nessuno.
 
**
James la osservava, cercando di non farsi beccare.
La coda bionda oscillava ad ogni passo di Amanda e lui non poté fare a meno di notare come quegli shorts le fasciassero a pennello il sedere e lasciassero poco spazio all'immaginazione per le sue gambe, di come quella maglia nera di qualche taglia più grande di quella della ragazza fosse tenuta stretta dal grembiule e di come le mettesse in risalto la vita stretta.
Aveva gli occhi stanchi però, e ad evidenziare questa cosa erano le occhiaie scure che aveva sotto gli occhi.
Cosa aveva fatto il giorno prima, dopo che l'aveva vista al supermercato, da stancarla tanto?
Si ricordò che Amanda gli aveva detto qualcosa a proposito di una festa privata e gli tornarono in mente le due bottiglie di vino rosso.
James posò bruscamente la tazza sul tavolo per evitare di non frantumarla lanciandola contro la parete che aveva di fronte.
Amanda gli passò davanti svelta senza nemmeno degnarlo di un'occhiata. Afferrò due biorches e le mise in un piattino e poi ripartì veloce verso un tavolo di ragazzi che, secondo James, l'avevano guardata per un attimo di troppo senza che lei se ne accorgesse, tanto presa era dal lavoro.
Sbuffò, quando si rese conto dei suoi pensieri. Stava fulminando con lo sguardo due ragazzini perchè avevano guardato un po' troppo Amanda, quando anche lui stava facendo la stessa cosa con lei e probabilmente anche lui si sarebbe beccato un'occhiata inceneritrice dal suo amichetto, se avesse visto con quanta cura si perdeva ad ammirarla.
Esatto, perchè lui non la guardava, la ammirava.
Vede di nuovo la sua coda bionda passargli davanti per riempire una tazza di latte freddo per poi sparire di nuovo.
Lo stava bellamente ignorando, e lui se l'era meritato.
L'aveva praticamente assalita, baciandola senza lasciarle una via di fuga. Ma lei aveva ricambiato il bacio, così come non aveva protestato quando lui le aveva posato l'indice sulle labbra e così come era salita sulla sua moto, lasciando che lui la circondasse con il suo corpo.
Non aveva mai dato il minimo segnale di non gradire la sua vicinanza o la sua compagnia; aveva addirittura acconsentito ad una sorta di appuntamento, certo ci aveva messo un po' più di tempo rispetto al normale per accettare, ma l'aveva pur sempre fatto. Aveva mosso la sua testolina bionda dall'alto verso il basso, annuendo febbrilmente. Aveva detto sì, e questo non poteva negarlo.
Ma che l'avesse fatto per educazione? In fondo era pur sempre un cliente del bar, no?
Sbuffò, vedendola passare di nuovo davanti a lui. Era accaldata e il suo sguardo era perso, come se stesse pensando a qualcosa di profondo, tanto da non accorgersi dello sguardo fisso e intenso di James.
James gettò uno sguardo alle sue spalle e vide il locale pullulare di persone, alcune addirittura aspettavano in piedi che si liberasse qualche tavolo.
James agì d'impulso. Si alzò in piedi e cominciò a sparecchiare i tavoli dove le persone avevano finito di mangiare, tenendo impilati in un perfetto equilibrio i piatti e le tazze sotto lo sguardo incuriosito di Amanda.
< Cosa stai facendo? > gli chiese, togliendogli le stoviglie di mano e portandole dietro il bancone.
James la seguì e afferrò una spugna per poter pulire i tavoli che sparecchiava. < Ti aiuto >
< Non mi serve il tuo aiuto > disse lei togliendogli lo straccio di mano.
James lo riprese e sfiorò accidentalmente le dita di Amanda. Si sentì percuotere da mille brividi, ma decise di lasciar perdere quell'assurda sensazione. < Il locale è pieno di gente, stai correndo da una parte all'altra senza mai fermarti. Magari non so come preparare un cappuccino, ma sono più che capace di portare le consumazioni al tavolo > disse tutto d'un fiato.
Amanda lo guardò per qualche secondo, decidendo sul da farsi. Una mano le sarebbe servita sicuramente, era inutile negarlo.
James si sentì osservare minuziosamente e sentì un lieve calore sulle guance, e cominciò a vergognarsi. Stava tornando ad essere uno stupido tredicenne in preda agli ormoni.
Cercò di darsi un contegno, ma la situazione crollò di nuovo quando la ragazza gli sorrise apertamente, spingendolo fuori dal bancone.
< Io preparo, tu prendi gli ordini e servi ai tavoli >
< Affare fatto > James ricambiò il sorriso e cominciò a destreggiarsi tra i tavoli.
**
 
Alle dieci e mezza Hanna entrò nel Caffè seguita da Josh e Connor.
James li vide e riconobbe immediatamente il bambino dai capelli scuri che aveva un sorriso molto simile a quello di Amanda.
Andò incontro al trio e li fece accomodare ad un tavolo ad angolo e prese le loro ordinazioni e poi come gli aveva ordinato Amanda, tornò al bancone per comunicargliele.
La situazione si stava già calmando. Ora, più che clienti da accontentare e servire, c'erano tavoli da sparecchiare, pulire e lavastoviglie da caricare e svuotare.
James era sudato, ma continuò a tenere su il cappuccio della sua felpa e stare per quanto più possibile con il volto chino ed evitare lo sguardo dei clienti, in modo che non lo riconoscessero. Ma a volte era inevitabile far incontrare gli occhi o accennare un sorriso, anche se lui non lavorava lì.
Era stanco e gli facevano male le gambe, seppure erano solo due ore che camminava avanti e indietro e di sicuro doveva esserci abituato, pensò.. Insomma lui non camminava per due continue, ma quello che faceva non ci andava poi così lontano.
Sparecchiò un altro tavolo e posò il vassoio carico di piatti e bicchieri da lavare, mentre Amanda gli porgeva quello pieno di cose da mangiare da portare al tavolo del figlio.
James si ricordò di non averle ancora detto del suo arrivo. < Credo sia tuo figlio > gli indicò con l'indice Connor che rideva e scherzava con un bambino biondo.
Amanda seguì il suo dito fino a trovare Connor e Josh che parlavano animatamente e Hanna che la fissava incuriosita.
Non appena vide che Amanda stava guardando nella sua direzione, Hanna la salutò con la mano e con un sorriso.
< Si, è lui > il tono con cui parlò Amanda fece voltare James verso di lei.
Era un tono dolce e il sorriso sulle sue labbra gli fece venire voglia di andare dietro il bancone e baciarla di nuovo per poi vederle fare quel sorriso solo per lui. 
Era una sorriso spontaneo, involontario, dolce, pieno di affetto e totalmente incondizionato.
Sospirò, pensando che mai nessuno lo aveva guardato nel modo in cui ora Amanda stava guardando Connor e si chiese se mai nessuno lo avrebbe fatto.
< Vuoi andare tu a portargli la colazione? > le chiese.
Amanda posò i suoi occhi sul volto di James; le era quasi sembrato di sentirlo parlare con un tono sconsolato. Fissò i suoi occhi verde bottiglia per un istante prima di riscuotersi.
< No, vai pure tu. Io finisco qui e li raggiungo > si voltò e riprese a fare quello che stava facendo prima.
James afferrò saldamente il vassoio e percorse la strada con una strana agitazione addosso.
< Eccoci > disse tenendo con un palmo il tutto, mentre con l'altra mano distribuiva le varie consumazioni.
< Allora, cioccolata calda per la bella signorina, succo di frutta per questi giovanotti e torta per tutti > sorrise affabile.
Hanna fece un risolino al "bella signorina" < Grazie > gli sorrise, cercando di non prolungarsi oltre. Aveva visto il modo in cui lo guardava Amanda e poi lei era felicemente sposata.
James tornò indietro non dopo aver guardo bene Connor per cercare una somiglianza più profonda con Amanda, ma fino ad ora aveva scorto solo il sorriso.
Si sentiva quasi intimorito da quel bambino, ma si vide bene di non farlo sapere alla madre.
Amanda stava asciugando dei bicchieri e li stava rimettendo a posto quando vide James sedersi stancamente sullo sgabello che aveva occupato fino a poco prima.
Non era il caso di tenergli il muso anche il quel momento. L'aveva aiutata in un momento decisamente molto tragico, lavorativamente parlando s'intende.
Lo guardò con un sorriso comprensivo in volto. < Già stanco? > chiese.
James aveva abbandonato la testa sul bancone e si stava massaggiando la solo le spalle. Alzò la testa di scatto. < Che vuol dire quel "già"? >
< Non avevi detto che non si risponde mai ad una domanda con un'altra domanda? > gli fece il verso lei.
< Io dico tante cose > lui sorrise malizioso ed Amanda scosse la testa. < Comunque, sì, sono stanco >
< Oh, povero piccolo > lo prese in giro lei.
< Hei bimba, non si sfottono i più vecchi > le puntò l'indice contro.
Amanda si lasciò andare ad una risata divertita. < Le chiedo scusa, signore. Non era mia intenzione >
< Scuse accettate > James stava ancora fissando il suo viso rilassato e divertito.
Amanda decise di riprendere a parlare, prima che quel momento diventasse troppo per entrambi. < Non avevi mai fatto questo lavoro prima? > gli chiese.
< No > James scosse la testa. < E ora capisco cosa intendi quando dicevi che ha i suoi aspetti negativi >
Amanda alzò le spalle. < Ci sono anche aspetti positivi > gli ricordò, tornando con la mente a quella loro prima vera conversazione.
< Tipo? > le chiese curioso.
Amanda prese una fetta di torta al cioccolato e gliela mise davanti. < Questa te la offro io per ringraziarti > gli sorrise riconoscente.
< Questo sarebbe l'aspetto positivo? >
< Assaggia quella torta e poi ne riparliamo >
< Ma non è la stessa dell'altra volta? >
< Vuoi scherzare? Questa è la regina delle torte al cioccolato > lo mise in guardia lei.
< Ah, si? > alzò un sopracciglio curioso.
< Assaggiala, James > gli disse lei.
James si perse ad ascoltare come il suo nome, seppure considerarlo suo era una sorta di presa in giro personale, pronunciato dalle labbra di Amanda suonasse così bene.
Senza dire niente altro si portò un pezzo di torta alle labbra e mandò giù il boccone.
Assaporò il sapore denso del cioccolato sulla lingua e la compostezza morbida e soffice della torta, sentendo poi esplodere sulla lingua un fiotto di cioccolato liquido caldo.
< Mmm > si ritrovò a fare, chiudendo per un attimo gli occhi. < Divina > riaprì le palpebre e trovò Amanda con lo sguardo fisso su di lui e le guance più rosse di prima.
Lei si diede della stupida, cretina, incosciente e pazza mentalmente. Non poteva, non doveva sentirsi andare a fuoco solo perchè lui aveva chiuso gli occhi ed aveva fatto un verso di apprezzamento con una faccia decisamente compiaciuta. Ma era esattamente quello che le era successo: gola secca, occhi lucidi e un caldo improvviso e la voglia che quel Mmm fosse dovuto ad un bacio piuttosto foco di Amanda e non ad una torta al cioccolato decisamente buona.
Si schiarì la voce e cercò di darsi un contegno. < Te l'avevo detto che è buona >
Decise no voler aspettare la replica di James, ma si diresse verso Hanna, Josh e Connor che chiacchieravano tra di loro.
Si lasciò cadere sul divanetto accanto ad Hanna, mentre l'altra la guardava con curiosità mista divertimento.
< Quindi quando ieri sera ti ho chiesto se avevi qualcuno disposto a portarti fuori mi hai mentito > esordì Hanna.
Amanda la ignorò, non voleva parlare di certi argomenti con una persona che conosceva decisamente da molto poco e soprattutto non voleva farlo con Connor lì davanti.
< Grazie per averlo portato qui > disse indicando con il mento Connor.
Si avvicinò poi al figlio, gli scompigliò i capelli e si chinò per baciarlo sulla guancia.
< Mamma! > protestò lui, allontanandosi da Amanda che lo guardò divertita.
< Non te la prendere, Mandy > Hanna le batté una mano sulla spalla, cercando di darle conforto scherzosamente.
< Mi ha spezzato il cuore > Amanda si portò entrambe le mani al petto e fissò Connor, fingendosi sul punto di scoppiare a piangere.
Il figlio la guardò scocciato e poi si avvicinò per un abbraccio frettoloso prima di trascinare Josh verso il posto dove di solito rimaneva quando Amanda doveva lavorare al Caffé.
Era un tavolo che di solito rimaneva inoccupato visto che era decisamente troppo vicino ai bagno e molto piccolo, ma in quel modo Amanda poteva tenerlo d'occhio da punto del bar in cui si trovasse.
Si voltò verso Hanna con lentezza: la testa le faceva ancora male. < Si è comportato bene? > le chiese.
< Sì, divinamente. Devi svelarmi qual è il tuo segreto, così posso ammaestrare anche Josh > scherzò l'altra.
< Sul serio? > Amanda era incredula e avrebbe voluto quasi raccontarle della sfuriata di Connor di due giorni prima, per farle capire che in realtà non era sempre così impeccabile.
< Sul serio > Hanna annuì convinta.
< Bé, sono felice che non abbia fatto i capricci > sorrise e poi tornò a guardare Connor e Josh che parlottavano tra di loro.
Mentre ritornava ad Hanna con lo sguardo, vide James ancora seduto al bancone e con gli occhi rivolti verso loro due. Amanda si sentì arrossire di nuovo e tossicchiò per mascherare il suo imbarazzo.
< Che mi dici di quel tipo? > le chiese Hanna. Amanda per poco non si strozzò con la sua stessa saliva ma dovette ammettere che le piaceva la schiettezza di Hanna.
< Non  c'è proprio nulla da dire > alzò le spalle.
< Sicura? >
Amanda annuì vigorosamente.
< Sai, da come ti sta fissando direi che qualcosa da raccontare c'è. > ridacchiò. < Se avessi saputo che i baristi sono tutti così carini avrei evitato di perdere tempo a fare la commessa e avrei cominciato a lavorare per bar anche io >
< Non è.. lui non lavora qui > Amanda decise di concentrare tutta la sua attenzione su Hanna per sfuggire allo sguardo di James. 
< Che vuoi dire? E' stato lui a servirci la colazione > le fece notare.
< Lui.. Oh, è una lunga storia >
< Sei fortunata, ragazza: oggi è il mio giorno libero e ho tutto il tempo di questo mondo > le fece l'occhiolino.
Amanda la fissò per un attimo. Hanna era un concentrato biondo platino, proprio come i capelli di Josh, occhi scuri ammiccanti e un sorriso dolce. Decise che forse poteva fidarsi di questa nuova alleata, come lei stessa si era definita.
< E' arrivato nel momento boom delle giornata e si offerto di aiutarmi > le disse.
< E come mai l'avrebbe fatto? Lo conosci? >
< Diciamo di sì >
Hanna aggrottò le sopracciglia. < Che significa diciamo? >
Amanda sbuffò. < E' un cliente >
< Abituale? >
< Sì >
< Ma? >
< Non c'è nessun "ma" >
Hanna scosse la testa sorridendo. < Amanda, Amanda. Ho una figlia di dodici anni che passa da una cotta all'altra, credi sul serio che non mi accorga che tu non voglia dirmi qualcosa? Per non parlare del fatto che quel tipo continua a fissarti >
< Co-continua a fissarmi? > chiese Amanda incredula, non volendo per nulla voltare lo sguardo per accertarsi se fosse vero oppure no.
Hanno si voltò verso il bancone. < Non ti toglie gli occhi di dosso nemmeno per sbattere le ciglia > l'assicurò.
 < Non guardarlo > sibilò Amanda.
Hanna ridacchio, coprendosi la bocca con una mano ed in un colpo ad Amanda parve di essere tornata ai suoi quattordici anni, quando cercava in tutti i modi per capire se Luca la stesse fissando oppure no.
< Mi dici cosa c'è in ballo fra voi due? >
Amanda sospirò e decise che le avrebbe raccontato tutto. Le piaceva Hanna e il suo modo di fare l'aveva positivamente colpita, quindi perchè non fidarsi?
< L'ho visto per la prima volta quando ho portato Connor al parco un paio di settimane fa e lui se n'è uscito dicendomi di iscriverlo ad una scuola calcio perchè è bravo. Poi l'ho ritrovato qui al Caffè e allora abbiamo iniziato a chiacchierare e ho scoperto che è un cliente abituale da un po' di tempo >
< E poi? Su, dimmi > la spronò Hanna.
< Poi un giorno sono venuta qui perchè dovevo incontrare un agente per il giornale e lui mi ha fatto compagnia e c'è stata una stupida scommessa e poi.. >
< Che scommessa? > chiese curiosa Hanna.
Amanda arrossì ricordandosi di quanto lei e James erano stati vicini. < Oh, nulla di che! >
< Invece mi sa che è molto >
Amanda scosse la testa, diventando di nuovo rossa.
< Bé, racconta! > la esortò Hanna.
Amanda sbuffò, ma poi si decise a parlare. < Se avessi vinto io, lui mi avrebbe lasciata preparare per l'intervista che dovevo fare. E se avesse vinto lui.. > lasciò la frase in sospeso.
< Se avesse vinto lui? >
< Sarei dovuta uscire con lui >
Hanna trattenne il fiato. < Hai capito il tipo! E come è finita la scommessa? >
< Metà e metà. Quindi lui mi ha lasciata davvero prepararmi per l'intervista, dicendomi che saremmo dovuti comunque uscire >
Hanna fece una smorfia di approvazione. < Mi piace come ragiona. > girò la testa per guardarlo ancora. < Allora, siete usciti poi? >
< No > Amanda girò la testa per vedere se fosse ancora lì e notò che non si era spostato di un millimetro.
< E perchè? >
< Ci siamo visti giovedì sera ad una serata di beneficienza e ci siamo baciati e subito dopo io sono scappata > confessò.
< Bacia così male? > Hanna sembrava delusa.
< No, per niente > fu costretta ad ammettere Amanda.
La donna aggrottò le sopracciglia. < Non ti seguo. Hai detto che il bacio ti è piaciuto, lui ti aveva anche già chiesto di uscire, quindi è chiaramente interessato, però tu sei scappata? >
< Esatto >
< E perchè? >
< Perchè.. > Amanda cercò una risposta sensata da dare ad Hanna e a sé stessa, in modo da chiarire una volta e per tutte quella situazione, ma la verità era che nemmeno lei sapeva perchè era scappata quando tutto quello che voleva era baciarlo ancora, ancora e ancora.
< Bè, Connor.. > tentò.
Hanna la liquidò con un gesto della mano. < Non pensarci nemmeno a rifilarmi questa scusa > la zittì.
< Ma.. >
< Niente ma > la guardò severamente. < Non mi hai detto che lui ha già visto Connor? >
< Sì >
< E non mi hai detto che ti ha addirittura consigliato di iscriverlo a calcio? >
< Sì >
< E poi ti ha chiesto di uscire.. >
Amanda la interruppe < Era una scommessa > le ricordò.
< Nessuno ti chiede di uscire per scommessa, Mandy > le fece notare Hanna. < Comunque, ti ha chiesto di uscire e ti ha baciata nonostante sapesse di Connor. Direi che per lui tuo figlio non è un problema e non vedo perchè dovrebbe esserlo per te >
< Non mi va di far illudere inutilmente Connor > si strinse nelle spalle.
Amanda non era tanto sciocca da credere che Hanna non sapesse nulla del fatto che il padre di Connor fosse morto. Tutti in quella scuola lo sapevano e poi sicuramente il marito, che era presente alla giornata dei papà, le aveva raccontato che Connor si era presentato con lei e aveva parlato del padre al passato. Era veramente inutile fingere una realtà che non c'era: le avrebbe fatto solo del male.
< Non deve uscirci Connor con lui, ma tu. Non glielo devi presentare subito, devi prima capire se ti puoi fidare >
< Appunto > Amanda era d'accordo con lei sulla fiducia.
< Ma se non ci provi non saprai mai se puoi fidarti > le fece notare Hanna.
Amanda si bloccò un attimo a quelle parole. Doveva fidarsi.  Doveva fidarsi di un uomo, ancora una volta la sua fiducia, i suoi sentimenti nelle mani di qualcun altro.
Si ricordò che la prima volta le cose non erano poi andate così bene e nessuno le assicurava che quella volta sarebbero andate meglio, quindi perchè rischiare? Perchè mettere in discussione il suo equilibrio per un bel paio di occhi?
< E' un po' più complicato di così > disse.
< E cosa ci sarebbe di complicato? >
< Ieri l'ho incontrato al supermercato.. > iniziò. < E lui voleva parlare di quello che era successo e io.. io gli detto di essere impegnata con qualcun altro > abbassò la testa per evitare di guardare Hanna negli occhi.
< Non posso crederci! > sbottò la donna.
Amanda si strinse nelle spalle.
< L'hai fatto sul serio? >
< Sì >
< Oh Dio! > esclamò, guardandola esterrefatta.
Amanda appoggiò il gomito sul tavolo e poi si tenne il mente con il palmo della mano. < Sono un caso disperato > ammise.
< Ok, calma > Hanna fece un respiro profondo. < Lui però stamattina è venuto qui >
< Viene tutte le mattine. E' un cliente abituale >
< E ti ha dato una mano > Hanna finse di non sentirla e continuò con la sua analisi. < Quindi è intenzionato a non lasciar perdere > gli occhi le brillarono per un attimo.
< E quindi?  >
< Quindi tu hai decisamente di un amica! > scosse la testa guardandola.
Amanda le sorrise mestamente. < E' così evidente? >
< Gridi "cercasi amica" lontano un miglio. Per fortuna hai trovato me >
< Modestia a parte > Amanda sorrise.
Hanna fece un gesto con la mano, decisa a voler liquidare la faccenda. < Quel tizio ti piace? > le chiese andando dritta al punto.
Amanda si voltò a guardare James, che adesso aveva messo di nuovo gli occhiali da sole e stava parlando con una ragazza che gli sorrideva ammiccante e batteva le ciglia ritmicamente.
Vedeva James non ricambiare il sorriso di lei e voltarsi a controllare cosa stesse facendo Amanda. Quando i loro sguardo si trovarono, Amanda si trovò a sorridere timidamente e James si bloccò mentre stava dicendo chissà cosa a quella ragazza.
Lei restò incantata a fissare il suo volto ormai così familiare e a cercare di renderlo ancora di più. I suoi occhi, le sue sopracciglia, la fronte, il naso, le labbra, gli zigomi.
Amanda sorrise ancora e poi si voltò verso Hanna. < Sì > disse semplicemente e subito dopo sentì gli occhi riempirsi di lacrime, in colpa per quello che aveva appena detto e per la persona che si trovava qualche metro sotto terra fisicamente e chissà quanto lontano spiritualmente.
Hanna afferrò al volo cosa stava per succedere e le passò velocemente un fazzoletto di carta e le sorrise dolcemente.
< Hai decisamente bisogno di un'amica >
Amanda appallottolò il fazzoletto tra le mani e si morse l'interno guancia per evitare di crollare e piangere sul posto di lavoro.
Cercò con lo sguardo Connor e quando si accertò che il figlio stava più che bene, tornò con lo sguardo su Hanna. < Penso che tu abbia ragione >
Poi si alzò in piedi. < Devo andare. La mia pausa è finita > sospirò.
Hanna la seguì e raccolse le sue cose. < Sappi che sono molto intenzionata ad aiutarti in questa battaglia. In fondo siamo alleate, no?  > le fece l'occhiolino.
< Sì, siamo alleate > Amanda le sorrise.
Raggiunsero assieme Connor e Josh e poi si salutarono. Amanda restò a fissare Josh e Hanna uscire dalla porta del bar con un sorriso felice sulle labbra.
Per la prima volta in vita sua poteva dire di aver trovato un'amica, seppure avessero incominciato a parlare da un giorno solo.
 
 
James se ne era andato, salutando Amanda con un "a domani" e un sorriso caldo.
Amanda si era ritrovato ad annuire soltanto, mentre nella sua testa si stava svolgendo la terza guerra mondiale.
Alla fine del turno rimise tutto a posto ed informò Jim che lei se ne stava andando.
Connor non fece nemmeno un commento sul fatto che dovessero andare via. Di solito la pregava di rimanere lì ancora un altro po', ma evidentemente il fatto che non ci fossero né Elly e né Jas gli aveva fatto cambiare idea.
Amanda aprì la porta di casa sua ed automaticamente sospirò, sentendo il familiare odore della sua tana. Lasciò cadere le chiavi nello svuota tasche ed gettò la borsa sul divano.
Aprì il frigo, decidendo cosa cucinare per cena per Connor, quando la zazzera di capelli scuri del figlio spuntò alle sue spalle.
< Mamma ? >
< Dimmi, Con > si voltò a guardarlo con una confezione di petti di pollo in mano.
< Posso farti una domanda? > le chiede, guardo verso il basso.
< Certo >
< Tu e papà vi volevate bene come i genitori di Josh ? > parlò piano, talmente tanto che Amanda pensò quasi di essersi immaginata la domanda, ma poi gli occhi cioccolata di Connor si alzarono fino ad incontrare i suoi.
Amanda posò i petti di pollo sul tavolo e prese Connor tra le braccia, stringendolo forte al suo petto. Spostò una sedia e si sedette, tenendo ancora il figlio in braccio.
< Cosa hai visto a casa di Josh? > gli chiese, osservandolo.
Connor si accoccolò sul suo petto, posandogli la testa sulla clavicola e iniziando a giocare con i suoi capelli. < Il papà di Josh abbracciava sempre la mamma e le dava dei baci sulla guancia e sulla bocca e poi la guardava sempre e quando lei diceva qualcosa lui la faceva subito > riassunse.
Amanda prese un respiro profondo, cercando le parole giuste da dire a Connor, ma si rese conto che non c'erano parole veramente adatte ad una domanda del genere se non la verità.
< Sì, io e il tuo papà ci volevamo tanto bene >
< Come i genitori di Josh? > volle sapere lui.
< No > disse Amanda < Di più, molto di più > e a quel punto le fu impossibile fermare i ricordi.
 
Amanda fissava l'orologio da ormai più di mezz'ora. Era intenzionata a perdonargli  la mezz'ora precedente di ritardo, perchè sapeva che quando si allenava non riusciva mai ad arrivare puntuale da lei, ma ormai era quasi passata un'ora e lei lo aveva chiamato almeno dieci volte e lui non aveva risposto nemmeno ad una telefonata o ad un singolo messaggio che lei gli aveva inviato.
Sapeva che era inutile preoccuparsi, che lui sarebbe arrivato, prima o poi e che se fosse successo qualcosa di brutto l'avrebbero chiamata. L'allenatore e i suoi compagni di squadra avevano il suo numero di cellulare e Amanda era più che sicura che le avrebbero telefonato nel caso fosse successo qualcosa.
Sbuffò, fissando di nuovo l'orologio. Un'ora e cinque minuti di ritardo.
Era veramente pazzesco! Lei se ne stava seduta sul divano, vestita di tutto punto con un paio di scarpe che le facevano un male cane ai piedi e lui non dava segni di vita.
Dove diavolo di era cacciato?
Afferrò il suo telefono e pensò quasi di chiamare la polizia per denunciarne la scomparsa ed ogni ospedale nelle vicinanze per chiedere se ci fosse un certo Luca Ranieri ricoverato.
Prima di lasciarsi prendere da quelle assurde convinzioni, digitò il suo numero di cellulare ed attese che squillasse libero.
A lasciarla sorpresa non fu il fatto che lui non le rispose, non lo aveva fatto nemmeno le dieci volte precedenti, ma fu il sentire la sua suoneria proprio fuori la porta di casa sua.
Amanda scattò in piedi ed aprì la porta con una rabbia che non le apparteneva. Voleva urlargli contro tutto il suo disappunto ma poi lo guardò in faccia e rimase in silenzio.
Si spostò e lo fece passare. Luca raggiunse in silenzio il divano e si sedette facendo attenzione a non farsi più male di quello che già sentiva.
< Che cosa è successo? > la voce di Amanda era un sussurro appena udibile, terribilmente spaventata dalle condizioni in cui era tornato a casa Luca.
< Niente. Non preoccuparti, Amy. > le fece una carezza alla mano. < Ora mi faccio una doccia e usciamo > le promise.
Amanda rimase a fissare il suo volto tumefatto e provò un senso di rabbia per chiunque lo avesse conciato in quel modo.
< Chi ti ha ridotto così? > gli chiese, questa volta più decisa. Fissò l'occhio gonfio e ormai quasi violaceo. Le labbra avevano una taglio profondo proprio al centro e un rivolo di sangue gli colava sul mento.
Le nocche delle sue mani erano screpolate e arrossate, segno che anche lui aveva tirato qualche cazzotto e la sua maglia era strappata e proprio in quel punto Amanda poté notare un livido che si andava a formare sul fianco, poco più in alto del suo tatuaggio.
< Che hai combinato? > gli chiese ancora.
< Sono caduto in campo e un compagno mi ha calpestato > lui tentò un sorriso, ma dovette smettere subito perchè il dolore era troppo forte.
Amanda non si lasciò convincere e gli intimò di non muoversi di lì mentre lei andava a prendere il disinfettante, il cotone e i cerotti.
Torno da lui e mise un po' di disinfettante sul cotone per poi passarglielo sul taglio al sopracciglio e sulle labbra.
Luca si lamentò e cercò di allontanarsi per il bruciore che aveva sentiva.
< Ti prego, cerca di stare fermo > gli aveva chiesto.
< Mi brucia, Amy >
< Lo so >
Luca cercò di obbedirgli ed Amanda continuò nel suo intento, cercando di medicarlo come meglio poteva, cercando di non farsi impressionare dall'occhio spaventosamente gonfio.
Prese una fetta di carne e cruda e gliela fece adagiare proprio sull'occhio e gli chiese ancora cosa gli fosse capitato.
< Nulla > rispose lui.
< Luca > disse lei, esasperata. < Ti prego >
< Ti amo, Amanda. Lo sai? >
Amanda scosse la testa. < Mi dici cosa è successo? >
< Nulla di cui tu debba preoccuparti >
< Sono già preoccupata > gli disse lei.
< E allora non esserlo. Un paio di giorni e torno meglio di prima >
< Dimmi chi ti ha ridotto così! > lo supplicò lei.
Luca fece una bassa risata. < E poi cosa faresti? Andresti a picchiare chiunque sia stato per difendermi? >
< Lo sai che lo farei > lo mise in guardia lei.
< Sì, lo so e per questo non ti dico chi è stato >
Amanda sbuffò. < Credo che dovremmo andare in ospedale per farti controllare l'occhio e a far controllare gli altri lividi >
< Da qui non mi muovo. Non ce la faccio > ammise.
< Così mi spaventi >
< Amy, non devi avere paura. Sono solo dolorante >
< Ma sei conciato peggio di uno straccio! >
Lui rise. < Tu invece sei bellissima, lo sai? >
Amanda sentì un tuffo al cuore, ma lo ignorò prontamente. Lui non stava per nulla bene. < Luca, per favore. >
< Domani, ci andiamo domani all'ospedale > le disse.
< Me lo prometti? >
< Prometto. Ora vieni qui > allargò le braccia ed Amanda andò a rifugiarsi nel suo abbraccio, affondando il naso nel suo collo ed espirando il suo profumo.
< Odio chiunque ti abbia conciato così > gli disse.
< Lo odiavi già prima > rispose Luca e subito dopo s'irrigidì.
Amanda scattò su. < Che vuoi dire che lo odiavo già prima? Di chi stai parlando? >
< Di nessuno. Torna qui > lui le allungò una mano, ma Amanda lo ignorò.
< Di chi stai parlando? > lo fissò duramente.
< Amanda.. >
< Di chi cazzo stai parlando? > urlò.
Luca rimase alcuni minuti in silenzio, ma poi decise di parlare. Non avrebbe avuto nessun senso mantenere il silenzio con lei quando faceva così. Rischiava solo di farsi fare un altro occhio nero, visto che quella sera non era nelle condizioni più adatte per difendersi dagli scatti di rabbia di Amanda.
< Tuo padre > sussurrò.
Amanda sbiancò e si sentì improvvisamente più debole e temette che le gambe cedessero, facendole fare una rovinosa caduta. Si appoggiò al mobile più vicino e cercò di mantenersi in equilibrio.
Luca la raggiunse dopo qualche secondo - muoversi gli costava fatica - e le mise un braccio attorno alla vita.
< Perchè? > sussurrò Amanda.
Luca le posò un bacio sulla testa, con fare rassicurante. < Non devi preoccuparti di nulla, Amy >
< Perchè? > gli chiese ancora lei.
< Voleva sapere dove fossi > le disse alla fine Luca. < Voleva venire a riprenderti e portarti in quello schifo > la sua voce era aspra e furente di rabbia.
Amanda si lasciò sfuggire un gemito di rabbia. < Cosa.. Come? >
Luca le afferrò il mente e la costrinse a guardarla in faccia. < Fino a quando ci sono io con te, non ti succederà mai niente > le disse, sicuro delle sue parole.
< Ma lui.. tu.. è stato lui a farti del male? > trovò la voce per parlare e chiedergli delle sue condizioni.
Luca non rispose direttamente e continuò a rassicurarla. < Nessuno ti sfiorerà nemmeno con lo sguardo, Amy. Con me sarai sempre al sicuro > le promise.
Amanda si lasciò abbracciare e cullare fino a quando non sentì Luca avere un piccolo cedimento e allora fu il suo turno di sorreggerlo.
Lo condusse fino alla sua stanza da letto e si sdraiò accanto a lui sul letto, abbracciandolo  e tenendolo stretto a sé.
Respirava il suo profumo familiare, vedeva i suoi capelli scuri ricadergli in modo disordinato sulla fronte  e le sue labbra semi aperte mentre respirava e si sentiva al sicuro, proprio come le aveva promesso lui.
"Nessuno ti sfiorerà nemmeno con lo sguardo, Amy. Con me sarai sempre al sicuro".
Amanda voleva crederci perchè a parlare era stato lui.
"Nessuno ti sfiorerà nemmeno con lo sguardo, Amy. Con me sarai sempre al sicuro".
Amanda voleva crederci perchè l'intensità degli occhi di Luca in quel momento erano talmente tanto profondo che lei sentì una fitta al cuore.
"Nessuno ti sfiorerà nemmeno con lo sguardo, Amy. Con me sarai sempre al sicuro".
Amanda voleva crederci perchè al mondo aveva solo lui. E le bastava solo lui.
 
Avevano avuto anche loro gli abbracci, gli sguardi complici, le carezze di cui parlava Connor. Ne avevano avuti tanti eppure ad Amanda ora sembrava che non fossero abbastanza. Se avesse potuto avrebbe fatto in modo che Luca potesse guardarla come solo lui sapeva fare, che l'accarezzasse ancora, che la baciasse continuamente, fino a quando non sarebbero stati costretti a staccarsi per riprendere fiato.
Anche quello era amore e lo sapeva.
Ma Amanda non poteva negare di essersi sentita veramente amata quando lui l'aveva difesa da suo padre, fregandosene delle conseguenze e di quello che sarebbe potuto succedere.
Lei si era sentita amata quando Luca le aveva assicurato che con lui sarebbe stata sempre al sicuro.
 

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Capitolo 13
*** SORPRESE ***


Stava passando la spugna per la terza volta su tutti i tavoli, tanto che l'idea di poterli rovinare con tutta quell'acqua e detersivo e di doverli poi ripagare, le passò per la testa.
Fece dietro front fino al bancone, dove rimise al proprio posto gli utensili per le pulizie.
C'era il sole e la temperatura aveva cominciato ad alzarsi e al bar non c'era quasi nessuno; Amanda immaginò che le persone avessero approfittato della bella giornata per andare a farsi un giro al mare e le dispiaceva sapere che lei sarebbe stata bloccata lì dentro per tutto il giorno, costringendo Connor a stare con lei.
Il bimbo si era portato un album da disegno, svariate macchinine e dei soldatini. Amanda lo aveva fatto sedere al solito tavolo e gli aveva dato da mangiare una fetta di torta, per tenerlo buono almeno per un po' di tempo.
Si appoggiò al bancone, osservando la sala praticamente vuota e sospirando rumorosamente.
Sapeva benissimo a cosa era dovuta tutta quella agitazione che si sentiva dentro, ma non voleva ammetterlo con sé stessa. O meglio, lo aveva già fatto, ma continuare a pensarlo non l'avrebbe certo aiutata a migliorare la situazione.
Continuò ad osservare Connor che con il mento appoggiato sul tavolo e seduto solo sul bordo della sedia faceva combattere agguerritamente due soldatini.
Amanda decise di prendersi una pausa, visto che il locale non pullulava di gente.
Si sedette accanto a Connor e gli scompigliò la testa. < Ma non ti stanchi di farli combattere sempre? > gli chiese incuriosita.
< Mamma, è una cosa importante! > Connor sgranò gli occhi e la fissò allibito.
< Cosa è importante? >
< Stanno combattendo per la conquistare un paese! > sbuffò lui.
< Oh, scusa > Amanda si strinse nelle spalle.
Connor riprese la sua battaglia ed ignorò la madre, che però aveva troppa energia repressa e non riusciva a stare ferma o buona o silenziosa.
< Sai > lo richiamò Amanda. < Non mi hai detto cosa avete fatto tu e Josh >
< Abbiamo giocato > Connor alzò la testa e la fissò stranito.
< A cosa? > chiese lei, curiosa, cominciando a giocare con la forchetta e il piatto di Connor.
< Ai supereroi > Amanda lo sapeva, gliel'aveva detto Hanna.
< E che supereroe eri ? > gli chiese.
< Batman > gli occhi di Connor si illuminarono per un momento.
Amanda si lasciò contagiare dal suo entusiasmo. < Ti piacerebbe travestirti da Batman per Halloween? >
< Ma l'ho già fatto l'anno scorso! > le ricordò Connor.
< Mmm > Amanda iniziò a pensare al costume di Connor. Ma poi ricordò che ad Halloween mancavano ancora sei mesi. < Potresti fare lo scienziato pazzo! > esclamò.
< Che noia! >
Amanda lo ignorò < E io sarei la tua assistente > i suoi occhi erano accessi di eccitazione, talmente tanta che non fece caso allo sguardo stranito del figlio.
Connor alzò le spalle, facendole capire che al momento non gli interessava molto.
< Posso fare il calciatore? > le chiese poi, sedendosi meglio sulla sedia.
Amanda ci pensò seriamente per un attimo. < Farà freddo > esordì poi, ricordando la divisa dei giocatori.
< Ti prego! > iniziò Connor ed Amanda, vedendo andare in fumo il suo desiderio di fare le scienziato pazzo e l'assistente si alzò in piedi per dirigersi al bancone.
Si era quasi aspettata che Connor riprendesse a giocare con i suoi soldatini o che facesse un disegno o tirasse fuori le macchinine, invece l'aveva seguita ed ora si stava arrampicando sullo sgabello per potersi sedere.
< Mamma, per favore! > giunse le mani e la supplicò ancora.
< Cos'ha che non va lo scienziato? > gli disse lei, iniziando a tirare fuori i bicchieri puliti dalla lavastoviglie.
< E' da vecchi! > le disse lui.
Amanda si fermò con due piatti in mano. Vecchi. Suo figlio aveva appena detto che lei era vecchia.
Mise il broncio e continuò a sistemare le stoviglie.
Lei non era vecchia, a venticinque anni nessuno è vecchio! Aveva ancora tutta la vita davanti.
< Allora, posso fare il calciatore? > le chiese lui ancora.
< Ci devo pensare > se ne uscì Amanda.
< Mamma! > sbottò il figlio, battendo le mani sul bancone.
< Che c'è? > chiese lei, fermando le mani di Connor con le sue.
< Quando mi dici così tu non mi fai fare più niente > mise un broncio dello stesso tipo di Amanda.
< Piccolo, manca ancora tanto ad Halloween > gli ricordò lei.
< Si, ma se poi non abbiamo il costume? >
< Fare lo scienziato pazzo non richiede gradi sforzi per il costume > disse Amanda.
< Io voglio fare il calciatore! > sbottò Connor ed Amanda sbuffò.
Esattamente in quel momento, entrò James.
Aveva visto solo l'ultima scena, quella in cui lei gli diceva dello scienziato e il bambino urlava di voler giocare a calcio. Sorrise davanti a quella scena, ricordandosi che anche lui e suo fratello da bambini aveva avuto un battibecco simile con la loro madre; solo che lei li voleva vedere come avvocati o giudici o notai e non certo come scienziati.. e per di più pazzo. Ma aveva imparato, in quel poco tempo che Amanda non era una persona convenzionale come tutte le altre.
Si accomodò al solito posto al bancone, notando che il bambino bruno era proprio accanto a lui e finché ci sarebbe rimasto, Amanda non poteva ignorarlo.
In quel momento avrebbe voluto prendere quel bambino e stringerlo forte per il semplice fatto che gli permetteva di stare un po' di tempo vicino a lei; avrebbe voluto farlo anche se lei probabilmente lo avrebbe reputato un pazzo.
Si sedette sullo sgabello e sorrise cordiale ad Amanda, notando che le sue guancie diventavano sempre più rosse.
Amanda lo fissò per qualche momento, prima di trovare il coraggio di chiedergli cosa volesse ordinare.
< Una fetta di quella torta di ieri ed un caffè, grazie > disse lui, tenendo su gli occhiali da sole e il cappuccio della felpa che indossava.
Per Amanda restava un vero e proprio mistero quel suo abbigliamento così imbottito. Eppure lo aveva visto alla sera della festa di beneficienza e lui aveva il volto completamente scoperto ed era fasciato in un completo perfetto, che rendeva lui altrettanto perfetto.
Scosse la testa, cercando di riordinare i suoi pensieri e preparare quello che lui le aveva chiesto. Ma come faceva a rimanere calma, ora che la fonte della sua agitazione si trovava a meno di due metri da lei?
Prese un bel respiro e cercò di calmarsi, ricordandosi le parole di Hanna.
Quel tipo sembrava interessato a lei. Lei era single. Potevano avere una conversazione normale e civile  e scoprire magari che avrebbero potuto divertirsi assieme.
Sì, avrebbero potuto fare tutte quelle cose se lei si fosse decisa a dirgli la verità e quindi ammettere che non stava con nessuno.
"Certo, e poi farei la figura dell'idiota che s'inventa il fidanzato e tanti cari saluti al bel James". Sbuffò.
Mannaggia a lei e al suo agire d'impulso.
Mise davanti a James tutto quello che aveva ordinato e poi finì di svuotare la lavastoviglie ancora aperta.
< Mamma? > Connor la richiamò all'ordine ed Amanda si voltò verso di lui, sbirciando con la coda dell'occhio James che ora stava facendo scorrere lo sguardo da lei al bambino, palesemente incuriosito.
< Connor? > gli fece il verso.
< Allora posso fare il calciatore? > le chiese lui, con gli occhi sbarrati e le labbra in un broncio delizioso. Le stava facendo il faccino adorante per poter ricevere un sì.
< E io che faccio? > chiese, sistemando i bicchieri.
James aveva uno sguardo interrogativo. Che cosa significava " e io che faccio? ". Avrebbe dovuto continuare a fare quello che aveva sempre fatto e quindi la barista/giornalista e lasciare che il figlio seguisse la sua strada.  Alla fine, anche sua madre si era arresa e lo aveva lasciato libero di fare quello che meglio credeva per il suo futuro.
< Puoi sempre fare la ragazza pom - pom > la prese in giro il bambino.
Amanda gli lanciò un'occhiataccia. < Sul serio, Con, non sei proprio per nulla divertente >
< Ma papà diceva sempre.. > iniziò il bambino e James vide Amanda sussultare e sgranare gli occhi per la sorpresa, prima di interrompere il figlio.
< Papà diceva un sacco di cose e io non mi metterò una minigonna ad ottobre > lo bloccò lei.
"Peccato" pensò James e poi quasi si strozzò per il pensiero che aveva appena fatto.
Amanda si voltò verso di lui e lo vide tossire convulsamente e battersi una mano sul ginocchio. Riempì un bicchiere d'acqua e glielo posò davanti.
James bevve a piccoli sorsi e poi si rilassò di nuovo sullo sgabello. < Grazie > disse con voce roca ed Amanda pensò che il quel momento la voce di James era molto simile alla sua.
Si era imbottita per due giorni di antidolorifici e medicinali strani per il dolore alla gola, ma nessuno era riuscito a farle andare via quella voce così rauca da farla sembrare un trans. Ebbene sì, era ora di ammettere a cosa la facesse sembrare quel nuovo timbro.
Si chiese fugacemente se sarebbe mai ritornata normale.
< Mamma, io voglio fare il calciatore > l'avviso Connor, con un tono serio.
Amanda si voltò verso di lui e lo guardò seriamente, poi sbuffò e gli scompigliò i capelli. < Ci devo pensare >
< Ma quando tu dici che ci devi pensare poi è sempre no > disse ancora Connor.
< Ti prometto che questa volta ci penso davvero > si mise una mano sul cuore per giurare.
< Va bene > Il bambino scese dallo sgabello e lasciò soli Amanda e James per poi ritornare a giocare con i suoi soldatini.
Solo allora James si tolse gli occhiali, lasciando però il cappuccio su.
"Strano" pensò Amanda, ma decise di non fare domande su quel suo comportamento. Tra i due, quella più strana era lei, si ricordò, visto che si era inventata di essere impegnata in una relazione.
< Come stai? > le chiese James.
Amanda si voltò a guardarlo, incuriosita dalla sua domanda. Piegò leggermente la testa di lato in cerca di una spiegazione per la sua semplice curiosità.
< Che c'è? > chiese James, sentendosi sotto esame.
< Niente, niente > Amanda però non riuscì a spostare lo sguardo e continuò a fissare i suoi occhi verdi.
< Allora, non me lo vuoi dire come stai? >
< Sto bene > Amanda si strinse nelle spalle.
< Mi riferivo alla tua gola > si fece più specifico James.
< Sta bene anche lei > Amanda fece un sorriso e si avviò a sparecchiare un tavolo lasciato vuoto da poco.
James aveva deciso che non avrebbe demorso. Era seriamente interessato a quella ragazza e se lei non lo fosse stato di lui non avrebbe ricambiato il bacio e si sarebbe tirato indietro subito, invece di lasciarlo fare e sedersi in grembo a lui.
Peggio per quel coglione che l'aveva lasciata uscire da sola.
Quando Amanda tornò, James ripartì alla carica. < Tuo figlio è davvero simpatico >
< Ha i suoi momenti di gloria > Amanda sorrise, lanciando un'occhiata a Connor.
< Vi assomigliate, anche se di poco >
< Già > quell'argomento per lei non era qualcosa di così semplice. Connor era la copia spiaccicata del padre e lei lo sapeva e vederlo tutti i giorni non l'aiutava a cercare di affrontare con il sorriso una nuova giornata e ora il fatto che anche un'altra persona se ne fosse accorta, serviva solo per lanciare nuove ombre.
James la vide rattristarsi un po' e decise che non era il caso di chiederle se il bambino assomigliava al padre o chissà a chi. < Avete lo stesso sorriso > tentò ed Amanda gliene regalò proprio uno di quelli che a lui piacevano tanto: genuino, spontaneo e sincero.
< E così.. vuole fare il calciatore? >
Amanda decise di darsi una scossa. Quel poveretto stava cercando in tutti i modi di intavolare una conversazione con lei e l'unica cosa che sembrava capace di fare lei era rispondere a monosillabi o uscirsene con frasi inespressive.
Se voleva cercare di smuovere qualcosa doveva darsi una bella mossa o James c'avrebbe messo un attimo a trovare più piacevole la compagnia di qualcun'altra, come la ragazza con cui l'aveva visto parlare il giorno prima.
< E' la sua grande passione, anche se a volte credo che sia solo momentanea > si trovò a dire.
< Che intendi? > James era incuriosito dalla sua uscita.
< E' pur sempre un bambino di cinque anni. Domani la sua nuova passione potrebbero essere le ragazze > si strinse nelle spalle.
< E sarebbe un male ? > James alzò le sopracciglia divertito da quell'uscita di Amanda.
Lei ci mise un secondo di troppo a capire la sua allusione ed arrossì. < Ma certo che no! > esclamò. < Non stavo dicendo che.. Io non intendevo.. Aaah.. >
James rise, ed Amanda si trovò ad ammirare come il labbro superiore si assottigliasse appena quando si lasciava andare ad una risata vera o come i suoi occhi si socchiudessero, lasciando spazio a delle rughette d'espressione. 
Chinò il capo, imbarazzata.
< Ho capito cosa intendevi > disse James quando si riprese dalla sua risata. < Ti stavo solo prendendo in giro > si strinse nelle spalle e bevve l'ultimo sorso di caffè.
Amanda lo fissò, scuotendo il capo. < Non sei affatto gentile > gli disse.
< Gentile potrebbe essere il mio secondo nome > rispose prontamente James.
< Non direi proprio >
< Ah, no? >
< No >
< Andiamo, Mandy! > James batté una mano sul bancone. < Ho un'idea > s'illuminò poi.
< E sarebbe? >
< Posso mostrarti quanto sono in realtà gentile, ma solo se accetterai >
< Accettare cosa? > Amanda aggrottò le sopracciglia.
< Noi abbiamo un appuntamento in sospeso > le ricordò, ma Amanda si era fermata al "noi" e a come suonasse bene sulle suo labbra.
Noi. Io e te. Amanda e James.
< E quindi ? > chiese, quasi monocorde, mentre dentro di sé stava esplodendo dalla felicità e avrebbe voluto saltellare come una dodicenne impazzita.
< Quindi, se accetterai di uscire con me venerdì sera potrò mostrarti quanto sono capace di essere gentile >
Amanda sorrise. < Tutto questo trambusto per farmi vedere che sei gentile? >
James annuì.
< Non sarà un po' troppo? >
< Non è mai troppo, con te > sussurrò e Amanda sentì il suo cuore cominciare a battere più forte.
Fissò i suoi occhi verde bottiglia e decise che gli doveva più di un semplice cenno con la testa o un flebile sì.
< Ci sto >
< Fantastico > le sorrise James.
< Ma vengo con la mia auto >
< E tanti cari saluti all'essere gentile > borbottò lui.
 
Amanda si distese sul suo divano, con in mano il libro che le aveva prestato Cassy.
Connor dormiva già da un pezzo ed Amanda pensò che visto che non aveva sonno poteva approfittarne per leggere un pochino, erano secoli che non leggeva qualcosa.
Ricordava bene il punto in cui era arrivata, aveva richiuso il libro con uno scatto secco quella sera, ma in quel momento il leggere come Holly era riuscita a sopravvivere alla morte del marito e cosa nello specifico avesse fatto per andare avanti le pareva da prendere quasi come un suggerimento per lasciarsi definitivamente alle spalle il passato, pur portandone il ricordo con sé, e cominciare a vivere una nuova vita.
Le sembrava egoistico, ecco.
Ma un libro, in fondo, che male poteva farle?
Sfogliò le pagine fino ad arrivare al punto in cui si era innervosita tanto da chiuderlo di scatto e addormentarsi con altri mille pensieri in testa.
Era il momento in cui Holly riceve la prima lettera di Gerry. Amanda lesse le righe che il marito le aveva scritto e sentì una morsa spaventosa attanagliarle lo stomaco. Possibile che il destino fosse talmente tanto pianificatore da farle leggere quelle parole proprio quando lei stava vagliando la possibilità di lasciarsi andare alla vita?
Rilesse una seconda volta le parole di Gerry e rimase col fiato sospeso. Avrebbe voluto anche lei un regalo simile da Luca dopo la sua morte, così magari ora Amanda non avrebbe dovuto preoccuparsi di fare la cosa giusta o la cosa sbagliata. Semplicemente starebbe vivendo a pieno.
Scosse la testa, confusa dai suoi stessi pensieri. Chi voleva prendere in giro? Lettera o non lettera sarebbe stata nello stesso punto in cui si trovava in quel momento, forse con qualche dubbio in più sulla sofferenza che la consapevolezza che il suo grande amore le dava il consenso di rifarsi una vita senza di lui, di "crearsi nuovi ricordi".
Rilesse ancora quelle parole.
 
Carissima Holly,
non so dove sarai né quando esattamente leggerai queste parole.
Spero soltanto che la mia lettera ti trovi serena e in buona salute.
Non molto tempo fa mi hai sussurrato all’orecchio che non ce la fai ad andare
avanti da sola. Invece puoi farcela, Holly. Sei forte e coraggiosa, e supererai tutto
questo. Abbiamo avuto dei momenti bellissimi, e tu hai reso la mia vita... Tu sei stata
la mia vita. Non ho rimpianti.
Ma io sono solo un capitolo della tua: ce ne saranno molti altri. Aggrappati pure
ai nostri magnifici ricordi, ma non aver paura di creartene di nuovi.
Grazie per avermi fatto l’onore di essere mia moglie. Ti sarò eternamente
riconoscente, per tutto.
Ogni volta che avrai bisogno di me, sappi che ti sono vicino.
Ti amerò per sempre.
Tuo marito e il tuo migliore amico.
Gerry
 
P.S. Ti avevo promesso una lista, quindi eccola. Dovrai aprire ogni busta alla data
indicata, e dovrai fare tutto quello che c’è scritto dentro, io ti curo, ricordatelo,
perciò lo verrò a sapere...
 
Ecco perchè la volta precedente aveva chiuso il libro e non lo aveva riaperto fino a quel momento.
Quel libro, seppure un insieme di fogli su cui albergavano a tempo indeterminato parole d'inchiostro, era peggio dell'occhio perspicacie di una madre innamorata dei proprio figli: sapeva leggerle troppo dentro ed Amanda, per il momento, voleva che quella madre rimanesse nel suo angolino ad osservare silenziosa le scelte della figlia.
Non era ancora pronta per questo.
 
 
Quel lunedì mattina Amanda si decise a rispondere a Tuckson; la storiella della donna arrabbiata e ferita nel suo orgoglio professionale era meglio accantonarla se voleva effettivamente fare quella benedetta intervista a Evan Rogers e se voleva che Mike si spiegasse meglio a proposito di quella frase enigmatica con cui se ne era uscito.
Una volta entrata in ufficio trovò i ragazzi già seduti alle loro scrivanie, chi con il telefono attaccato all'orecchio, chi con lo sguardo incollato al computer e chi scriveva velocemente, quasi per paura di dimenticare le parole che scorrevano nella testa.
< Ciao > salutò Amanda per poi sistemarsi alla sua postazione.
Amelia la salutò per prima, sfoggiando un sorriso malizioso e scuotendo la sua chioma perfettamente acconciata. Anche solo il minimo movimento la rendeva perfettamente armoniosa e sensuale, mentre Amanda, quella mattina, si sentiva peggio di uno zombie resuscitato dopo trent'anni di ibernazione.
Inutile dire che la notte precedente non aveva chiuso occhio; i pensieri continuavano a tornare su libro che le aveva prestato Cassy e il desiderio di ritornarglielo si faceva sempre più vivido e pressante dentro di lei, ma non avrebbe rivisto la ragazza per un po' di tempo e quindi sapeva che quell'oggetto avrebbe continuato a rimanere in casa sua, richiamandola come una sirena con un marinaio.
Amanda aveva provato in tutti i modi di resistergli, perchè sapeva che quelle pagine, per quanto ben scritte e assolutamente scorrevoli e - per qualcuno con una situazione diversa dalla sua - piacevoli, la riportavano troppo con i pensieri alla sua vita con Luca, a quello che avevano avuto e a quello che aveva perso di punto in bianco.
La differenza stava nel fatto che ad Holly veniva regalata una possibilità decisamente molto originale per andare avanti, mentre a lei un figlio da crescere, due lavori e un cretino di nome Oliver Tuckson che stava seriamente mettendo a dura prova i nervi di Amanda.
Aprì direttamente la mail di Oliver e la rilesse, cercando di pensare ad un modo carino per rispondergli e per fargli capire che ancora una volta lei era disponibile a qualunque cosa lui decidesse, sempre che ci fosse qualcosa che lui decidesse e portasse a termine.
Pensò per un attimo di chiamarlo al telefono.. Solo che poi non sarebbe stato possibile mantenere l'autocontrollo se lui avesse detto qualcosa di..
Amanda sbuffò. Cosa avrebbe dovuto dire di tanto grave per farla andare fuori di testa? Non ne aveva la minima idea.
 
Oliver,
ho ricevuto la tua mail di giovedì, ma purtroppo sono stata impegnata con il lavoro e non ho avuto modo di risponderti.
Gli imprevisti capitano, a volte.
Attendo tue notizie a proposito dell'appuntamento.
Amanda
 
Diede un'altra occhiata alle righe che aveva scritto prima di inviarle. Tutto sommato non erano male: chiare concise e impossibili da fraintendere.
Non si era mostrata troppo in disappunto né troppo disponibile, aveva risposto con un mix equilibrato, da donna matura e ora aveva rimesso tutto nelle mani di Tuckson, proprio per scoprire la sua prossima mossa.
 
La giornata passò lentamente, quasi come se non dovesse mai finire e fu rallegrata solo dall'offerta di Adam di pranzare assieme il giorno dopo. Amanda capì al volo dal suo sguardo che aveva bisogno di qualcuno con cui parlare ed era più che felice di assecondare il desiderio del suo collega e del suo.. amico? Perchè poteva definirsi tale Adam, no?
Era stato uno dei primi ad avvicinarla quando era arrivata da !SCOOP! ed Amanda aveva creduto per un attimo che lo facesse per secondi fini, poi però Adam le aveva fatto capire che non doveva per forza esserci un rapporto prestabilito tra uomo e donna e non era detto che l'uomo, in quanto tale, approcciasse con le donne solo per portarsele a letto o per costruire una vita sentimentale assieme.
Amanda si era sentita quasi ridicola quando lui se ne era uscito con quel discorso. Avrebbe voluto scavarsi una buca e sparire dalla sua vista. Le sue guancie si erano colorate di un rosso accesso e non era riuscita a sostenere lo sguardo di Adam fino alla fine della serata.
L'imbarazzo di averlo incolpato di volerci provare con lei era talmente tanto che lo evitò per una settimana in ufficio. Tutto questo fino a quando Adam non decise di toglierla da quella posizione scomoda in cui si era ficcata da sola e farle capire chiaramente che non c'era bisogno di farsi questi scrupoli o di vergognarsi tanto: lei aveva inteso male e lui le aveva spiegato la situazione. Fine.
Tra i due si era creata una buona complicità e la ragazza per il più delle volte si trovava bene con lui; almeno fin quando non se ne usciva con il solito ego smisurato da figlio di persona famosa che ha sempre avuto tutto e che ora deve sudare per ottenere quello che vuole e che la cosa gli brucia. Adam non era sempre così: la maggior parte delle volte somigliava più ad Amanda che a Melly, Josh e Jess, solo che poi anche lui aveva i suoi attimi di cedimenti e Amanda aveva capito che poteva esserci un amicizia e nemmeno molto stretta.
Stava raccogliendo le sue cose per inserirle nella borsa e poi andare a prendere Connor a scuola quando sentì il bip delle mail suonare. Incuriosita, si fermò altri cinque minuti per poterla leggere e notò, con un sorriso soddisfatto sulle labbra, che si trattava di Tuckson.
 
Amanda,
mi piace la tua filosofia di vita. Mi sembra molto rilassata.
Purtroppo sono molto impegnato ed incontrarci non sarà possibile a breve; E' un problema?
Oliver
 
Filosofia di vita rilassata? Almeno era riuscita a fargli credere quello che voleva tramite le sue parole, e di certo quello era un buon segno, visto che faceva la giornalista scandalistica e la suo vita lavorativa ruotava attorno al fatto di dover far credere alle persone le cose che scriveva.
Incontrarci sarà impossibile. Sì, questo è decisamente un problema.
Come faceva a temporeggiare anche con Mike? Avrebbe dovuto dirglielo, magari accennare ad una mezza verità se proprio non le riusciva la completa e totale sincerità con lui.
Tuckson le stava seriamente giocando un brutto tiro, ma lei non poteva incolparlo del tutto. Era stata Amanda ad approfittare del fatto che Rogers non si fosse presentato per trascorrere un pomeriggio con Connor e poi ad inventare la bugia per coprire il suo comportamento con Mike.
Ma sapeva benissimo che se avesse detto al suo capo che era stata lontano dall'ufficio durante l'orario di lavoro per fare qualcosa che non c'entrava assolutamente nulla per i motivi per cui le pagavano lo stipendio, probabilmente si sarebbe sorbita una bella lavata di capo - nella migliore delle ipotesi -  se non peggio, come il fatto di non ricevere quel piccolo avanzamento di carriera con tanto di aumento di stipendio o il licenziamento - nella peggiore delle ipotesi - visto che Mike le aveva detto esplicitamente quanto importante fosse quell'intervista.
Avrebbe detto a Mike una mezza verità e avrebbe risposto ad Oliver con un'altra mezza verità, cercando di tenere buono il primo e di ottenere qualcosina dal secondo.
 
Oliver,
un pochino lo è. Non c'è proprio nessun modo per cercare di anticipare i tempi?
Amanda
 
Erano già le cinque e mezzo e lei avrebbe dovuto essere all'asilo di Connor in quel preciso momento. Afferrò alla svelta le sue cose e informò le insegnanti di suo figlio che stava arrivando. Con un po' di ritardo, ma sarebbe arrivata.
 
 
Martedì mattina.
Amanda si lasciò cadere alla sua scrivania ed accese il computer in trepidante attesa di leggere la risposta d
i Tuckson.
Quel giorno indossava i suoi occhiali da vista al posto delle solite lenti a contatto.
Era riuscita a prendere sonno solo alle cinque di mattina e i suoi occhi erano troppo gonfi e poco collaborativi per poterci litigare per indossare quelle patine miracolose.
Aveva raccolto i capelli in una coda alta, lasciando il suo ciuffo libero di vagare per la sua fronte e subito dopo aveva messo gli occhiali rettangolari alla moda; perchè almeno in quello non voleva essere impreparata.
Se ne era fregata di vestirsi all'ultimo grido e reclamando una comodità che solo il pigiama e il suo letto erano in grado di darle, indossò un paio di jeans morbidi, una maglietta bianca con dei fiori blu e acqua marina disegnati e un cardigan dello stesso blu. Mise un paio di All Star e uscì di casa per iniziare una nuova giornata.
Il motivo per cui era rimasta sveglia fino a tardi era quel maledetto libro.
Era un richiamo troppo forte ed Amanda era curiosa di sapere come continuava e cosa faceva Holly una volta finita di leggere la prima lettera.
Aveva fissato il libro per un tempo che le parve infinito. Lei seduta sul divano e il libro posato sul mobile della televisione.
Lo aveva studiato bene. La copertina era blu e sfumava verso il basso dove compariva una nuvola bianca, dall'aspetto soffice; il alto c'era il nome dell'autrice: Cecilia Ahern, e al centro il nome del libro.. P.S. I love you con delle buste da lettere. Le lettere di Gerry ad Holly.
Amanda lo aveva guardato per un'ora e mezza, ignorando completamente la televisione e il programma su cui si era sintonizzata. Ancora una volta si era lasciata abbindolare dalla bellezza di quella copertina lucida e dalle calde promesse che sembrava custodire.
Eppure lei ci aveva impiegato novanta minuti prima di decidersi di alzarsi dalla posa rigida che aveva assunto aprirlo e cominciare a leggere, sempre se di lettura si poteva parlare. Non era stata una cosa continua e appassionante, no. Si fermava ogni dieci righe e tornava con i ricordi a Luca, immergendosi nel buio silenzioso della sua camera.
L'unica scena che aveva letto senza mai interrompersi era quella della cena in famiglia. L'aveva letta e riletta, immaginando tutti i personaggi e facendoli muovere nel suo piccolo salottino, dandogli un volto ed una voce ed immaginando come sarebbe stato se anche lei avesse potuto vantare una famiglia così numerosa.
Un sorriso amaro le era comparso sulle labbra, al pensiero che la sua unica famiglia per un bel po' di tempo era stata un'istitutrice per nulla cordiale e dai modi burberi, che non vedeva l'ora di liberarsi di Amanda e delle sue risposte piccate. Solo l'ultimo giorno l'aveva sorpresa con una proficua mancia, una lettera, una augurio per la sua futura vita ed un abbraccio incoraggiante; non c'erano state lacrime, quelle no, ma la signorina Reut era stata la figura più vicina ad una madre che Amanda potesse immaginare e di questo le sarebbe stata sempre eternamente grata.
Dopo la fredda e burbera tedesca, Amanda aveva avuto Luca come unica famiglia. E li aveva potuto constatare la differenza tra i due: era passata dalle parole affettate e frettolose della prima, a quelle dolci e morbide del secondo; dagli sguardi duri e a volte minacciosi per qualunque marachella lei avesse potuto combinare, alla risata calda e colma d'amore di Luca.
E poi anche lui l'aveva lasciata e ora c'era Connor, così uguale eppure con una nota diversa rispetto al padre.
Amanda aveva quasi l'impressione che nella sua vita ci fosse spazio per una persona alla volta a cui dedicare il suo tempo e il suo amore e le sembrava che le cose potessero andare bene così. Non c'erano state altre persone a cui lei avrebbe voluto dedicare il suo tempo, e nessuna persona aveva lasciato intendere di voler entrare nella sua vita, fino a quel momento.
Il computer ci mise un po' più del previsto a caricarsi ed accendersi completamente e lei ne approfittò per andare a parlare con Mike. Diede due colpi con le nocche alla porta del suo capo ed attese che lui le desse il permesso di entrare.
< Avanti, avanti >
Amanda si lasciò scivolare dentro la stanza e poi richiuse la porta alle sue spalle. Avanzò incerta fino a Mike e non si sedette fino a quando non fu il suo capo ad indicarle una poltroncina nera con una mano.
< Come stai, Mandy? > le chiese gioviale lui.
< Tutto bene, grazie > cercò di sorridere lei.
< E l' intervista? > gli occhi di Mike era accesi di vero interesse.
Amanda deglutì, cercando di ricordarsi che si era ripromessa di dirgli almeno una mezza verità. < Sono qui proprio per l'intervista > disse, mantenendo a stento il contatto con i suoi occhi castani.
< Dimmi tutto > Mike assunse un tono professionale ed Amanda sentì il suo cuore prendere a battere più forte e i palmi delle mani sudare. Era troppo agitata e di quel passo avrebbe sicuramente combinato un casino.
< Non è ancora pronta e non so dirti per quando lo sarà > disse tutto d'un fiato, con la vana speranza che Mike non l'avesse sentita.
L'uomo la guardò per un secondo, non capendo del tutto il discorso della ragazza. < Che intendi dire? Non aveva intervistato Rogers? >
Amanda si sistemò meglio gli occhiali e cercò di tranquillizzarsi e dire quello che si era prefissata di dire. < Sì, certo. Ma, ecco, vedi,  ho bisogno di molto altro materiale. >
< E allora fissa un altro incontro > propose Mike, come se quella fosse la cosa più naturale del mondo.
< Sono già in contatto con il suo agente a tal proposito > ed era vero.
Mike sembrava ancora più confuso. < Bene >  si prese un momento e poi continuò ancora. < Ma cosa mi volevi chiedere esattamente? >
Amanda si tranquillizzò visibilmente. < Nulla di preciso > gli sorrise con più sincerità ora che il suo cuore stava prendendo a battere ad un ritmo accettabile e che il pericolo di essere licenziata fu scampato. < Volevo solo dirti che ci vorrà più tempo del previsto >
Mike fece un gesto con la mano per farle capire di non preoccuparsi. < Rogers concede solo a noi l'intervista. Puoi prenderti tutto il tempo che vuoi, purché rientri nei limiti della decenza > le fece l'occhiolino ed Amanda non sapeva bene come classificare in quel senso la decenza e i suoi limiti.
Un anno poteva essere reputato decente? Perchè di quel passo sicuramente avrebbero dovuto aspettare tanto.
Si congedò e raggiunse la sua scrivania e il suo computer che ormai era decisamente pronto per il lavoro.
Nelle mail trovò la risposta di Tuckson. Sorrise fiduciosa, forse l'anno sarebbe potuto essere sostituito da sei mesi di attesa.
 
Amanda,
purtroppo no.
Ma visto che è stata inventata la tecnologia, direi di approfittarne.
Che ne pensi?
Oliver
 
Amanda rimase perplessa dalla risposta di Tuckson. Cosa significava precisamente?
 
Oliver,
a cosa ti riferisci nello specifico?
Amanda
 
La sua risposta non si fece attendere.
 
Amanda,
possiamo discutere per mail di tutte le questioni che so dovremmo affrontare di persona o telefonicamente.
Se per te va bene potremmo sopperire al problema in questo modo e altrimenti ti chiedo la pazienza di aspettare qualche tempo.
Oliver
 
Oliver,
quanto tempo esattamente?
Amanda
 
Amanda,
qualche mese, purtroppo.
Oliver.
 
Qualche mese. No, Amanda non aveva qualche mese, per nulla.
 
Oliver,
accetto la proposta di usare la posta.
Amanda
 
Amanda attese una risposta di Tuckson che però non arrivò.
Decise che essere rimasta cinque minuti a fissare il monitor erano anche troppi. Era ora di cominciare a fare qualcosa, come controllare la posta del cuore o scrivere l'articolo di Samuel O'Donnel.
Optò per la seconda opzione ed aprì una pagina nuova di word e lasciò che le parole cominciassero a scorrerle tra le dita, riempiendo di ghirigori neri il foglio elettronico. Cercò qualche foto del magnate della tecnologia e della ragazza, ma trovò solo scatti sfuggenti e si maledì per aver lasciato che James quella sera la distraesse al punto da farsi scappare l'opportunità di scattare lei stessa una foto, magari con il suo cellulare. Si accontentò di quello che trovò su internet e poi inviò il materiale in stampa.
Alzò lo sguardo all'orologio sul muro e notò che era già mezzo giorno; dall'altro lato della stanza Adam stava radunando le sue cose: era ora di andare a pranzo.
Amanda seguì il suo esempio e poi lo raggiunse agli ascensori.
Decisero di andare in un bar un po' fuori dal centro e poco frequentato ma che faceva degli ottimi toast.
Si sedettero ad un tavolino fuori, sotto un grazioso ombrellone bianco e circondato di girasoli.
< Che mi dici di bello? > le chiese Adam.
Amanda sorseggiò la sua coca e poi si strinse nelle spalle. < Solite cose > gli sorrise. < E tu? >
< Credo di essermi innamorato > le sorrise, con lo sguardo perso.
Amanda gli fece un ampio sorriso. < Sul serio? Sono così felice! Come si chiama? >
< È troppo presto per parlarne > fu il turno di Adam di stringersi nelle spalle.
< Su, dai! Raccontami qualcosa > Amanda si agitò sulla sedia, felice di sapere una notizia simile.
Adam sbuffò. < E va bene. > scosse piano la testa. < Si chiama Pierre >
< Uh, francese >
< Sì. Ha quarant'anni e fa il giornalista free lance >
< E come vi siete conosciuti? >
< Ad una delle feste di mia madre >
< Vi state frequentando? >
< Sì >
Amanda aggrottò le sopracciglia. < Perchè lo dici con un tono così triste? >
< È cominciato tutto come una storia di sesso e credo che lui non voglia di più > le spiegò.
< Da quanto va avanti? >
< Qualche mese >
< E fate solo quello? > chiese Amanda, colpita da un attimo di pudore.
< No > Adam scosse la testa. < Andiamo al cinema, al teatro, per musei, al ristorante, alla presentazione di libri.. >
< A me sembrano tutti appuntamenti > gli fece notare lei.
< Allora non sono l'unico a pensarlo > disse rasserenato.
Amanda piegò la testa di lato e lo guardò. < Lui dice che non lo sono?  >
< Gli piace definirli "incontri causali " >
< Eh? > Amanda non capiva.
Adam si appoggiò alla sedia e fece un sospiro. Si vedeva lontano un miglio che era contrariato. < Dice che gli piace passare del tempo con me, ma che ci stiamo solo divertendo assieme >
< E a te non va bene perchè ne sei innamorato > Amanda concluse per lui.
L'uomo annuì. < Esatto >
Adam bevve un altro sorso di coca cola mentre attendeva l'arrivo dei toast. < Dovresti parlargliene >
Adam sbarrò gli occhi e la fissò allibita. < E se mi dice che per lui non è lo stesso? >
< Preferisci rimanere con il dubbio e non sapere mai come sarebbe potuto essere? >
< Ma potrei continuare questa cosa con lui >
< Nascondendo i tuoi sentimenti > le fece presente lei.
Adam sbuffò e i due interruppero la conversazione quando arrivarono i loro toast.
Amanda ne addentò un pezzo e constatò che era decisamente buono. Dovette ammettere a che Adam conosceva il fatto suo in fatto di locali.
< Ti piace? > chiese lui
< Buonissimo > gli sorrise.
< Meno male >
Per quell'ora, Amanda dimenticò tutto quello che le stava succedendo in quel periodo, dimenticò di avere solo due ore scarse  di sonno addosso e dimenticò lo spauracchio di quella mattina nel dover parlare con Mike. Dimenticò che con Adam poteva spingersi fino ad un certo punto perchè non era il tipo di persona a cui si sarebbe aperta totalmente, ma non era nemmeno così poco affidabile o poco sensibile da impedirle di aprirsi del tutto. Semplicemente, Amanda preferiva rimanere sul vago quando si trattava di sé e invece diventava una dispensatrice di consigli e un'ottima consigliera quando si trattava degli altri.
Quello era un difetto che Luca le aveva sempre rimproverato.
Si fecero portare altri due caffè e mentre iniziavano a sorseggiarsi, Amanda si sentì posare una mano su una spalla.
< Ciao > le disse una voce bassa e roca.
Storse il naso quando capì di chi si trattava; e ad infastidirla non era il fatto che James si trovasse lì ma che lei non avesse avuto bisogno di voltarsi per guardare chi fosse e che la stretta della sua mano non l'avesse spaventata ma rilassata.
Si voltò per educazione e fece finta di non aver capito di chi si trattasse. < Oh, ciao James >  gli sorrise.
< Anche tu da queste parti? > gli chiese, con un sorriso cordiale.
< Abito poco lontano > ricambiò il sorriso e poi fece scivolare lo sguardo su Adam, aspettandosi chiaramente che lei glielo presentasse e temendo che si trattasse proprio della persona con cui era impegnata.
< Capisco > disse Amanda, fermandosi sul volto di James.
Indossava un cappellino blu scuro e i soliti occhiali da sole, ma la sua bocca era ben visibile ed Amanda si trovò a deglutire un paio di volte e a fissargliela incessantemente.
Notò che James increspava le labbra, come per trattenere un sorriso e poi lo vide voltare la testa e scrutare Adam. Si risvegliò dal suo torpore e fece le dovuto presentazioni.
< James lui è Adam, Adam lui è James > disse impacciata.
 < Piacere > James allungò una mano che Adam strinse al volo.
< Piacere mio > gli sorrise affabile. < Ti va di sederti con noi? > chiese poi.
Amanda incrociò le dita e sperò che James rifiutò ma quando lo sentì dire: < Grazie > e prendere posto alla sua destra e alla sinistra di Adam, sentì il suo cuore prendere a battere furiosamente.
< Avete già mangiato? > chiese James.
Vedendo che Amanda non rispondeva, Adam decise di intervenire. < Sì. Fanno dei toast fantastici qui, dovresti provarli >
< Grazie del consiglio > James rispose educatamente, ma Amanda vedeva chiaramente che lo fissava e avrebbe voluto vedere il suo sguardo coperto dalle lenti per poter capire a cosa stesse pensando.
< Vado un attimo in bagno > si scusò Adam.
Amanda non rispose e non annuì neppure. Lasciò andare il suo collega e restò con lo sguardo fisso su James.
< Stai bene con gli occhiali > esordì James.
< Grazie >
< Vedo che la tua gola va meglio > le sorrise, notando che la sua voce stesse tornado alla normalità.
< Per fortuna > Amanda deglutì e per spezzare quel momento imbarazzante afferrò la tazzina e buttò giù in un unico sorso il caffè caldo.
Non ne capiva il motivo, ma ogni volta che lo vedeva si imbarazzava da morire. Il cuore le batteva più forte, la gola le si seccava e le mani cominciavano a sudarle. Tutto questo anche se si erano baciati, anche se si conoscevano da un po' di tempo e anche se lui le avesse chiesto di uscire e il loro appuntamento fosse programmato proprio per quel venerdì.
< Non mi aspettavo di vederti fino a venerdì > le disse sincero lui.
< E invece eccomi qui > si strofinò le mani sui jeans.
James voleva sapere chi fosse quel tipo con cui era in quel bar. < È il tuo fidanzato? > chiese a bruciapelo.
< Chi? > domandò Amanda, sorpresa.
< Il tipo che è seduto qui con te >
< No >
< E chi è? > chiese incuriosito.
< Un collega > rispose sincera.
< E vi conoscete bene? >
< Come mai tutte queste domande? > chiese di colpo Amanda, recuperando la sua lingua lunga d'un tempo.
< Curiosità > James si strinse nelle spalle.
< La curiosità uccise il gatto >
< Il gatto si era spinto troppo > gli rispose lui di rimando.
< Quindi stai dicendo che se l'era meritato? >
< Sto dicendo che non farei mai domande di cui non vorrei conoscere la risposta >
Amanda si fermò un attimo. Dove diavolo stavano arrivando con quel botta e risposta? < E a cosa vorresti risposta? >
< E tu vorresti davvero sentirti fare la domanda? >
< Sì >
< Posso baciarti? > chiese subito dopo il sì, per non darle tempo di riflettere.
E altrettanto veloce fu la risposta di Amanda. < Sì >
Fu un attimo e le labbra di James si posarono su quelle di Amanda, un attimo e le loro lingue si rincontrarono, un attimo e quell'esplosione di sapori e profumi li avvolse tutti e due, trascinandoli in un luogo che solo loro conoscevano.
Amanda si lasciò andare completamente, circondando il viso di James con le sue mani, mentre lui le aveva sciolto la coda e aveva infilato una mano tra i suoi capelli e con l'altra le teneva fermo il mento, continuando ad esplorare la sua bocca.
Si staccarono solo il tempo per prendere fiato e poi ricominciarono a baciarsi, sfiorando i loro nasi e mordendosi delicatamente le labbra.
James fu il primo a mettere fino al loro contatto, rimanendo pur sempre vicino ad Amanda, con la fronte appoggiata a quella della ragazza.
< Sai di mandorle tostate e caffè > fu la prima cosa che le disse.
Amanda si trovò a sorridere con timore, aspettando il momento che l'avrebbe fatta tornare con i piedi per terra e le avrebbe scaraventato addosso tutto quello che aveva fatto, aspettandosi di vedere la faccia di Luca con un' espressione di disappunto, aspettandosi di vedere il broncio di Connor. Ma non accadde nulla di tutto ciò.
Il suo sorriso si allargò e sfilò delicatamente gli occhiali di James per guardare i suoi occhi verde bottiglia e si perse un momento nella profondità delle sue iridi.
< Ci vediamo venerdì, vero? > le chiese lui.
< Sì >
James prese il telefono di Amanda appoggiato sul tavolino e compose il suo numero per poi farsi uno squillo. < Ora io ho il tuo numero e tu il mio. Non hai scuse per non farti sentire >
< Vale lo stesso anche per te > le fece eco lei.
James si sporse ancora una volta verso di lei e le baciò di nuovo le labbra alle mandorle e caffè. < Ti chiamo > le disse e poi si dileguò, silenziosamente come si era avvicinato.
Amanda rimane ferma sulla sedia, respirando a pieni polmoni l'aria che la circondava per captare ancora il profumo di James, anche se lui non c'era più. Chiuse gli occhi, impaurita di non provare nemmeno un briciolo di senso di colpa per quello che aveva fatto, che avevano fatto.
< Devi dirmi nulla? > Adam si sedette di nuovo al suo posto e la guardò malizioso.
< Assolutamente no >  rispose sicura.
Lui si strinse nelle spalle. < Quindi quel bacio incendiario che vi siete dati era normale routine? >
< No >
< Chi è? E perchè non me ne hai parlato? >
Amanda lo fissò per un momento, indecisa se parlare o meno. Gli occhi azzurri le sembravano sinceri e sapeva che Adam non era il tipo che spiattellava in giro i segreti, ma lei ancora non  aveva propria intenzione di parlarne con lui e poi aveva già la sua alleata. 

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Capitolo 14
*** L'APPUNTAMENTO - PARTE I ***


Cosa si deve fare esattamente quando si ha un appuntamento?
Amanda rimase a fissare la sua immagine riflessa nello specchio quel giovedì sera, cercando di fare mente locale e ripetere le solite cose che era solita fare quando ne aveva uno.
I suoi capelli erano raccolti in una treccia ormai quasi disfatta, la tenuta da casa - consistente in un paio di pantaloncini della tuta logori ed una canotta - la facevano sembrare più grassa di quello che in realtà era ed Amanda iniziò a pensare che forse non era poi falsa come cosa, se anche il suo specchio le metteva davanti l'evidenza della rotondità dei suoi fianchi.
Si rabbuiò immediatamente e diede la colpa a tutte le schifezze che aveva voluto mangiare per sopperire la confusione che aveva in testa dopo il bacio con James, il primo loro bacio.
Sgranò gli occhi, cercando di tranquillizzarsi e di non farsi prendere dal panico per cercare di programmare nei minimi dettagli il loro primo appuntamento.
Tornò a studiarsi. In quel momento doveva pensare a mettere in pratica un miracolo per il suo aspetto ed era il caso di iniziare subito se voleva arrivare presentabile la sera seguente.
La prima cosa da fare era sicuramente la ceretta. Si controllò bene le gambe, le ascelle e poi l'inguine.
L'inguine? Perchè diavolo controllava l'inguine? James non sarebbe arrivato alla base quella sera, assolutamente no.
Certo, ma prevenire era meglio che curare e poi lei da quanto tempo era che non si faceva una ceretta lì?
Troppo tempo.
Sbuffò, consapevole del suo scarso amor proprio.
Bene, avrebbe fatto la ceretta. Poi? Che altro? Magari sarebbe andata dal parrucchiere? Prese una ciocca di capelli e li guardò, girandoli tra pollice ed indice.
Aveva certamente bisogno di una spuntatina alle punte e di una bella maschera ristrutturante, di quelle come le facevano le altre ragazze che aveva conosciuto all'università, ma non le sembrava il caso di spendere fior fiori di soldi da un parrucchiere. Sarebbe potuta uscire e comprare una buona maschera al suo supermercato di fiducia.
Bene, maschera e niente taglio. Poi?
Un vestito, magari.
No, James era stato chiaro nel messaggio di quella mattina. L'avrebbe portata al cinema a vedere un film comico e a lei andava bene così: niente sentimentalismi e niente drammi e niente inseguimenti e sparatorie. Un terreno neutrale per entrambi, che avrebbe permesso ad Amanda di capire anche il tipo d'umorismo di lui.
< Mamma, ho fame! > la informò Connor dalla cucina.
< Un secondo! > rispose lei, con il suo stesso tono di voce imperioso, per placare il figlio.
 Connor! E a lui cosa avrebbe raccontato? "Tesoro, la mamma esce a divertirsi con un amico e lascia te a casa con la baby -  sitter".
Amanda si sentì invadere dai sensi di colpa. Forse era il caso di chiamare James e disdire tutto. Sì, era proprio il caso.
Si girò, allontanandosi dallo specchio e andando in cerca del suo cellulare, che iniziò a squillare proprio in quel momento.
Amanda lesse il nome di Hanna sullo schermo e rispose subito. < Ciao, Hanna >
< Ciao, Mandy > esordì l'altra con un tono allegro, come sempre d'altronde. < Come te la passi? >
< Bene > disse sospirando. Entrò in cucina e iniziò ad apparecchiare, trovando Connor con la bocca piena e in mano un panino.
Doveva iniziare a mettere il pane nello scaffale più in alto o Connor avrebbe continuato a sfamarsi da solo in quel modo.
< E tu? > le chiese dopo aver preso la confezione dei petti di pollo ed aver messo la padella antiaderente su fuoco.
< Benone > disse l'altra.
< Devi dirmi niente? > Amanda aveva capito che Hanna l'aveva chiamata per dirle qualcosa nello specifico.
< Sono incinta! > esplose.
Incinta? Di nuovo? < Auguri, Hanna! > si riprese e fece le congratulazioni alla sua nuova amica.
< È di solo quattro settimane, troppo presto anche solo per pensarci, ma ormai che lo so.. >
< Bé, è comunque una grande notizia >
< Vero! Oh, come sono felice! > rise l'altra.
< Posso sentire > Amanda si lasciò trasportare da quell'attimo di felicità, accantonando il pensiero di disdire il suo appuntamento. < Come l'ha presa Fred? E i ragazzi? >
< Fred bene, stavamo cercando di avere un altro pargoletto > le spiega. < I ragazzi.. Emily se n'è uscita dicendo che facciamo schifo e che alla nostra età dovremmo smetterla di fare certe cose >
Amanda rise di gusto, ascoltando quello che le stava raccontando Hanna.
< E Josh mi ha chiesto se è una femmina >
< Immagino che non ne voglia un'altra in giro per casa > Amanda ricordò quello che Connor le aveva detto a proposito di sorelline e fratellini.
< No, infatti. Mi ha avvisato che lui sarà felice solo se è un fratellino > sospirò Hanna.
< Lo dice adesso, ma ne sarà felice anche se sarà una sorellina > cercò di rassicurarla Amanda.
< Oh, gli conviene! > dal suo tono di voce, Amanda capì che Hanna non era per nulla preoccupata per la reazione del figlio di fronte ad un possibile rifiuto per il nuovo arrivato.
< Povero Josh > si trovò a dire.
< Povera Hanna avresti voluto dire, vero? >
< Certo, certo > Amanda girò i petti di pollo e cercò gli spinaci da scongelare e cuocere.
Li mise nel microonde ed impostò la funzione, prima di gettare una rapida occhiata a Connor che stava finendo il suo panino con lo sguardo incollato alla televisione.
< Allora, quali sono le tue novità ? >
Amanda deglutì, cercando di chiedersi come facesse Hanna a sapere che lei avesse una novità da raccontarle se non si vedevano e sentivano da quella volta al bar? E non si conoscevano nemmeno così tanto bene..
< Come.. ? > la domanda rimase in sospeso, ma Hanna capì lo stesso.
< Oh, Mandy! Quel tipo di guardava come se avesse voluto morderti! > le spiegò. < Su, racconta! >
Prima di lasciarsi andare al racconto di cosa era successo, Amanda guardò Connor e si assicurò che non stesse prestando attenzione a lei e alla sua telefonata.
Raccontò ad Hanna che si erano visti anche la domenica al Caffè e poi si erano incontrati martedì a pranzo per puro caso e che lui le aveva chiesto definitivamente un appuntamento per il giorno dopo, appuntamento che lei voleva mandare all'aria.
< COSA?! > sbraitò Hanna dall'altro lato.
< Non ti agitare Hanna, ora sei incinta > cercò di calmarla.
< Me ne frego! Con Emily ero incazzata un giorno sì e l'atro anche eppure è venuto fuori piuttosto bene. Irascibile, dispettosa e acida, ma è comunque una brava ragazza >
Amanda trattenne a stento le risate. < Okay, come vuoi >
< Perchè vorresti annullare l' appuntamento con James? > le chiese, cercando di non urlarle contro.
< Bé, Connor.. > tentò di spiegare Amanda.
< Ancora con questa storia? >
< Mi sento in colpa verso di lui > le disse Amanda.
< Non dovresti >
< Ma, ecco, lui.. >
< Mandy? >
< Sì? > Amanda sospirò, arrendendosi ad Hanna.
< Puoi portare Connor qui, da noi, ed andare al tuo favoloso appuntamento e nessuno ti giudicherà male perchè non stai andando a fare la ballerina di lap dance e non lo stai abbandonando. Ti stai solo prendendo un po' di tempo per te stessa, come è giusto che sia. Cristo Santo, sei giovane ragazza mia! > sospirò rumorosamente.
Amanda ascoltò in silenzio la sua arringa e la lasciò finire.
< Amanda, ci sei? > la chiamò Hanna.
< Sì, sono qui. >
< Bene. Mi hai sentita? >
< Sì >
< E la tua risposta è.. ? >
< Ho già chiamato la baby sitter per domani sera e mi dispiace ritelefonarle per dirle di non venire più > le disse.
Hanna evitò di farle presente che avrebbe voluto chiamarla proprio per dirle di non andare perchè in un attimo di follia e cedimento aveva deciso di non andare all'appuntamento con James. Era meglio non rischiare di metterle sotto il naso la verità o avrebbe vacillato ancora.
< Così mi piaci > le disse.
< Ma sarà un disastro d'appuntamento > disse sconsolata Amanda.
< E perchè mai? >
< Non ho un vero appuntamento da.. > fece un rapido calcolo mentale < Da nove anni >
< Così tanto? > lo stupore nella voce di Hanna era evidente. < Ma quanti anni hai? > le chiese poi, rendendosi conto di avere solo una vaga idea dell'età di Amanda.
< Venticinque > rispose l'altra.
< E il tuo ultimo appuntamento l'hai avuto a sedici anni? > Hanna aveva parlato con una vocina stridula, decisamente esterrefatta dalla confessione di Amanda.
Questa girò ancora una volta i petti di pollo e andò a togliere gli spinaci per metterli in un'altra padella ed insaporirli con sale e olio.
Quando vide cha Amanda non le rispondeva, Hanna la richiamò. < Amanda? >
< Sì >
< Sì ci sei o sì l'ultimo appuntamento è stato davvero a sedici anni? >
< Entrambe le cose >
< Sono.. spiazzata > ammise l'altra.
Amanda, per tutta risposta sospirò.
Hanna ci mise un attimo a capire come mai Mandy non avesse mai più avuto nessun altro appuntamento e si sentì una sciocca ad aver insistito tanto con le sue domande e ad aver insistito a farla parlare.
Che razza di amica era? Una pazza insistente!
< Oh, Dio, Mandy! Scusami, io.. Mi è completamente uscito di testa che tu sei.. che non hai.. che Connor.. > non sapeva come dirle con tatto che lei era una vedova.
Amanda capì il suo imbarazzo ed accorse per togliere l'amica dall'impiccio. < Non ti preoccupare, non ne abbiamo mai parlato e tu non potevi saperlo >
< Bé, in realtà sì lo sapevo.. È che me ne sono completamente dimenticata >
< Hanna, sul serio. Non è un problema > in fondo lei stessa se ne era dimenticata quando aveva le labbra di James incollate alle sue e le sue mani a percorrerle il corpo.
Hanna decise che non era il caso di insistere oltre su quel frangente e con un < Okay > chiuse quel tipo di discorso, per poi fiondarsi di nuovo sull'appuntamento con James.
< Allora, che indosserai? > le chiese, con ancora una punta di imbarazzo nella voce.
< Non saprei.. Ma mi porterà al cinema >
< Umh.. luogo buio ed appartato.. > commentò Hanna ed Amanda rimase con il mestolo a mezz'aria, rimanendo scioccata da quella verità che le aveva appena messo davanti. Lei non ci aveva pensato affatto.
Hanna capì al volo il motivo del silenzio di Amanda e decise di rimediare. < Rilassati, Mandy! Non è un invito a casa sua. Il cinema è un luogo piuttosto comune come primo appuntamento, sai? >
No, Amanda non sapeva. Il suo primo, e ultimo primo, appuntamento si era svolto nel cortile dell'istituto, visto che lei era minorenne e che Luca non poteva portarla in nessun altro posto che non fosse quel dannatissimo cortile.
 
Amanda era seduta su una panchina al sole, a bearsi di quegli ultimi raggi caldi di fine estate.
Era un giorno diverso per lei, un giorno che però tutti in quello schifo di posto avevano fatto di tutto per rendere infernale.
Chi le diceva che con quel  vestito sembrava una Barbie, chi le aveva detto che le ragazze come lei non veniva a prendersele nessuno e chi invece aveva fatto apprezzamenti anche troppo pesanti.
Amanda aveva cercato di fare orecchie da mercante: dentro da una parte e fuori dall'altra.
Quello era il giorno del suo compleanno, del suo sedicesimo compleanno, e Luca le aveva promesso che sarebbe andato a trovarla e si erano dati appuntamenti lì, proprio su quella panchina che a lei tanto piaceva perchè era quella più illuminata dal sole.
Inclinò maggiormente la testa indietro e chiuse gli occhi, assaporando il caldo del raggi sul suo viso, sulle spalle e sul capelli.
Luca era sceso dall'autobus e stava camminando verso l'istituto; aveva un'andatura veloce e sicura. Superò l'entrata salutando con un cenno il custode e poi puntò dritto verso il cortile, che entrambi odiavano, con una punta di nervosismo.
Le aveva dato appuntamento proprio lì e proprio durante il giorno del suo compleanno perchè voleva fare quello che più piaceva a lei: starle vicino durante il suo giorno preferito all'anno e rimanere al sole.
Amanda non era una di quelle persone che muore per il suo compleanno solo per poter ricevere i regali, anche perchè nessuno le aveva mai fatto un presente durante tutti quegli anni. No, a lei piaceva perchè ogni anno era sempre più vicina alla sua agognata libertà e a poter dire addio a tutta quella gente che lavorava lì dentro per potersi costruire una vita lontano da tutto e tutti.
Una vita in cui lui probabilmente non avrebbe più fatto parte, una volta che lei sarebbe partita per l'università e la cosa lo rendeva.. incazzato. Lo faceva incazzare a morte sapere che una cosina piccola e delicata e buona e altruista e gentile e pazza, sarcastica, con la risposta pronta, impulsiva e dannatamente bella, potesse sfuggirgli dalle mani.
Ma cosa aveva lui da offrirle? A diciotto anni ancora rincorreva uno stupido sogno da ragazzino.
Smise immediatamente con i suoi pensieri non appena la vide seduta sulla sua panchina preferita, quella più esposta al sole, con un vestito blu e il viso alzato verso l'alto, a bearsi del calore del sole.
Sorridendo le si avvicinò.
< Buongiorno, signorina > si accomodò accanto a lei e le sorrise, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
< Salve a lei, signore > Amanda gli sorrise e Luca poté vedere i suoi occhi verd'azzurri accendersi di quella felicità pura che solo raramente le aveva visto ostentare.
Si avvicinò maggiormente e le posò un bacio sulla guancia < Auguri, Amy >
< Grazie > il sorriso di lei si allargò e gli appoggiò la testa sulla spalla.
< Come stai? > le chiese.
< Bene > mentì Amanda. Ma cosa avrebbe dovuto dirgli veramente? Mi manchi e sono totalmente innamorata di te? Non poteva, avrebbe fatto la figura della sciocca ragazzina e lui era più grande di due anni, che a quell'età sembravano un abisso.
< Amy.. perchè mi dici le bugie? > Luca aveva un sorrisetto furbo sulle labbra, di quelli che Amanda amava, mentre odiava il suo capire sempre di che umore era o quale fosse il problema o se gli stesse mentendo o meno.
< Sto davvero bene.. ora che ci sei tu > gli sorrise.
Luca non controbatté più, perchè aveva capito che era sincera e decise che arrivato il momento per darle il suo regalo.
< Ti ho preso questo > le disse, facendole scivolare in mano un sacchettino di velluto blu.
Amanda era sorpresa del suo regalo e sciolse il nodo di quel pacchetto con il cuore in gola. Tirò fuori una scatolina quadrata e si prese qualche secondo prima di aprirla.
Di solito, quando un uomo si presenta da una donna con una scatola di quel calibro in mano, c'è di mezzo un diamante e una proposta di matrimonio. Di solito.
Ma lui non era un uomo -  non ancora -  e lei non era una donna, ma una semplice adolescente. Aprì il pacchetto con un certo imbarazzo per aver pensato ad una cosa simile.  Si trovò davanti una medaglietta rotonda in argento con incise sopra una L ed una A intrecciate, e scritte in un corsivo elegante, di quelli che ricordano scritti antichi.
Amanda lo afferrò in mano e lo girò, curiosa di sapere se dietro ci fosse scritto qualcosa e quasi le venne da piangere quando lesse la sua frase: il sorriso è l'unica curva capace di raddrizzare tutto. In più c'era un aggiunta: sorridi sempre, Amy.
Commossa per quel regalo inaspettato e per il suo primo vero regalo in sedici anni di vita, Amanda sentì una lacrima scivolarle sulla guancia.
< Non ti piace? > le chiese allarmato Luca, sperando di non aver fatto un buco nell'acqua con quel ciondolo.
Amanda scosse la testa. < È stupendo, grazie > gli getto le braccia al collo e lo strinse forte a sé.
Rimasero in quella posizione forse solo per qualche secondo o forse per minuti o ore, fatto sta che Amanda non avrebbe mai voluto staccarsi, soprattutto quando sentì le braccia di Luca stringerla in vita e trascinarla più vicino a lui ed affondare il naso nei suoi capelli.
< Ti aiuto a metterla > le disse poi, spostandola più lontana dal suo corpo e facendola voltare di spalle. Agganciò la collana al suo collo e poi le sfiorò il punto in cui questa si posava, provocando brividi che corsero lungo tutta la schiena di Amanda.
La ragazza si voltò e lo fissò negli occhi color cioccolato. < È il primo regalo che ricevo > gli disse.
< Lo so > gli sorrise lui. < Ti sta bene >
< Grazie > Amanda arrossì.
< Ma sono un po' arrabbiato con te > la informò.
Amanda spalancò gli occhi per la sorpresa. < E perchè? >
< L'anno scorso ti ho portato un mazzetto di margherite e non ho ricevuto questo ringraziamento caloroso > le ricordò.
Amanda tornò con la mente all'anno precedente e lo guardò storto. < L'anno scorso mi hai portato due margherite, non c'era nessun mazzetto e me le hai praticamente lanciate addosso quando ti hanno chiamato per giocare ad una partita di calcio >
< Era pur sempre un pensiero >
< Poco gentile e anche abbastanza cafone >
< Mi hanno sempre detto che alle donne bisogna portare fiori >
< Lascia perdere quello che ti dicono gli altri, Luca. Non sei capace di cogliere il significato dei consigli che la gente ti dà > lo punzecchiò lei.
Luca scosse la testa. < Mi stai dando dello scemo? >
< Stai facendo tutto tu > Amanda si strinse nelle spalle e gli rivolse uno sguardo malizioso.
Quei battibecchi erano mancati sia a lei che a lui. Si sorrisero e poi Luca le mise un braccio attorno alle spalle.
< Ci facciamo un giro? > le propose.
< E cosa c'è di nuovo da vedere? > chiese lei, sconfortata dal fatto di dover rimanere sempre nello stesso posto.
< Non hai mai fatto un giro con me qui, non puoi saperlo >
< Sì che l'ho fatto! >
< Amy.. > Luca si alzò in piedi e le porse la mano. < Alzati e basta >
Amanda non se lo fece ripetere due volte. Afferrò la sua mani e la strinse nella sua e poi lo seguì in giro per quel cortile spento e privo dell'erba verde che ci sarebbe dovuta essere o di un vero e proprio vialetto di sassi o di qualunque cosa per farlo sembrare quanto meno accettabile ed accogliente.
Era tutto asettico e ordinariamente triste.
Luca iniziò a farle da guida turistica. < Alla vostra destra potete osservare una siepe decisamente mistica. Qui sono accadute le cose più assurde, dalla pipì di Mr Smooth al vomito del sottoscritto, e nonostante tutto la povera vecchia cara siepe continua a sopravvivere a fiorire più verde ogni anno > inutile dire che la siepe era solo ammasso di rami secchi e appuntiti, contro cui una volta Amanda era scivolata e s'era sbucciata un ginocchio.
< Dritti davanti a voi la piscina più grande del mondo > Luca indicò con il mento un tombino aperto da cui tutti i ragazzi si tenevano alla larga per paura di finirci dentro.
Amanda ridacchiò e lo lasciò continuare. < Gira voce che i più grandi  attori vengano qui a rinfrescarsi nelle calde giornate estive > disse abbassando il tono di voce.
< Oh, ecco chi era quel tipo strano di ieri > Amanda stette al gioco e Luca annuì convinto della sua tesi.
< Certo, Amy. Era un attore molto famoso! Ha chiesto a me indicazioni e io gli ho detto di venire qui. >
< Begli amici che hai. Non s'è nemmeno presentato > lo rimproverò lei.
< È un tipo riservato > Luca si strinse nelle spalle e poi scoppiarono a ridere tutti e due.
Un ciuffo di capelli coprì il volto di Amanda e Luca si fece avanti per spostarglielo e finì con l'accarezzarle la guancia morbida con il dorso della mano.
Amanda rimase immobile, smise immediatamente di ridere, impaurita di mettere fino a quel contatto con una parola sbagliata o un battito di ciglia.
Si beò del contatto della pelle calda di lui contro la sua e avrebbe voluto che quel momento non finisse mai.
Luca chiuse gli occhi per un momento, cercando di tornare al normale ed impedirsi di pensare al fatto che avrebbe voluto azzerare le distanze tra loro due e baciarla.
Quando li riaprì si sorprese di trovare Amanda con la bocca socchiusa, il respiro accelerato e le guancie di una tonalità più rosea. Per un riflesso incondizionato si sporse in avanti, per sentire il suo odore ed Amanda fece altrettanto.
I loro nasi si scontrarono e Luca deglutì, pregustandosi il momento in cui avrebbe finalmente assaporato le sue labbra.
Amanda appoggiò le sue mani sui bicipiti di lui e li strinse per non perdere l'equilibrio, mentre Luca fece scivolare le sue mani alla base della sua schiena, attirandola più vicina. Osservò per un secondo le sue labbra e subito dopo la baciò.
Si diedero il loro secondo bacio nel cortile che nessuno dei due sopportava, tra la siepe mistica e l'enorme piscina e lontani dalla panchina che Amanda amava.
Ma nonostante questo nessuno dei due si lamentò, troppo preso dall'esplorarsi, questa volta con una voglia diversa rispetto a quella della prima volta, quando Luca l'aveva paragonata ad un pollo.
In quel momento Luca sentiva i seni di lei premergli contro il torace, sotto le sue mani la schiena perfetta di Amanda, e appena più sotto il suo sedere così tentatore.
Aveva tra le braccia la ragazza che gli aveva fatto girare la testa dal primo momento che l'aveva vista nell'istituto e questa volta si stava godendo il momento appieno, lasciandosi andare e ignorando tutte le sue stupide paure.
Amanda non stava capendo niente. Sentiva il suo cuore battere ferocemente nel petto e avrebbe voluto continuare a sentire le labbra di Luca sulle sue per tutta la vita, la lingua di lui che accarezzava la sua con esasperante lentezza e sensualità, quella che Amanda non sapeva nemmeno bene come definire ancora.
Si staccò solo per riprendere fiato, ma un secondo dopo fu lei a baciarlo, reclamando di nuovo la sua attenzione completa.
Fu solo quando si staccarono che si accorsero di essere stati osservati per tutto quel tempo. La signorina Reut era a braccia conserte sul portico dell'istituto.
< Abbiamo dato spettacolo > sussurrò Luca ad Amanda.
< Come? > fece lei terrorizzato dall'idea di essere presa in giro per il resto della sua permanenza in quel manicomio.
< La signorina Reut ci stava guardando > le spiegò, impedendole di girarsi.
< Oh merda! >
Luca fece una bassa risata. < Pensavo che uno dei vantaggi in questo posto fosse il non dover avere il fiato dei genitori sul collo, ma la Reut è un peso considerevole >
< Mi striglierà a dovere >
Luca si strinse nelle spalle. < Bé, ne è valsa la pensa, no? > indagò, quasi a volerle chiedere se a lei era piaciuto tanto quanto a lui.
Amanda lo fissò negli occhi. Avrebbe voluto urlarle che l'amava a squarcia gola, ma non poteva. Non ancora.  < Direi di sì > si ritrovò a dire, con le guancie che le andavano in fiamme.
Luca si rilassò e continuò a tenerla stretta nel suo abbraccio. < È stato un perfetto bacio da primo appuntamento >
< Primo appuntamento? > Amanda alzò il viso verso di lui.
Lui annuì ed Amanda sorrise.
Se quello era il suo primo appuntamento, era decisamente quello più bello della storia e poco importava che la signora Reut fosse ancora lì a guardare.
Si alzò in punta di piedi e decise di prendersi anche il terzo bacio di quel suo primo vero appuntamento, cancellando tutti i suoi dubbi e cancellando quelli di Luca.  
 
< Amy? Ci seri? > Hanna la richiamò alla realtà.
< Sì, sono qui >  si risvegliò da quei ricordi.
< Dicevo che potrai vestiti semplice > le disse Hanna.
< Semplice come? > chiese Amanda.
< Jeans, camicietta, un giacchetto in caso faccia fresco la sera e ballerine >
< Non sarà un po' troppo poco? > in realtà ad Amanda andava molto a genio quel tipo di abbigliamento ma no voleva sbagliare.
< Sarai perfetta così > la rassicurò Hanna ed Amanda decise di accettare il consiglio.
Si salutarono con la promessa che Amanda le inviasse una foto dell'abbinamento che avrebbe fatto e con la promessa che non avrebbe annullato il suo appuntamento.
Amanda controllò che la cena fosse mangiabile prima di presentare il piatto a Connor e quando ne fu assolutamente certa, lo chiamò a tavola.
 
Quella notte era più agitata del solito e più di una volta le venne voglia di alzarsi ed andare a prendere quel libro che aveva abbandonato sul tavolo, quello che la stava turbando come poche cose al mondo.
Aveva una voglia matta di sapere di sapere cosa succedeva dopo il compleanno di Holly, quello per cui Gerry l'aveva mandata a comprarsi un nuovo abito.
Si rigirò ancora nel letto, cercando di prendere sonno e ricordandosi che il giorno dopo per lei sarebbe stato comunque una giornata lavorativa e in più avrebbe dovuto sopportare lo stress che avrebbe preceduto l'appuntamento con James, appuntamento da cui non sapeva che aspettarsi.
Sbuffò, capendo che il sonno non ne voleva sapere di cullarla e portarla con sé verso il suo dolce oblio.
Si alzò, decisa di prendere il libro e leggere solo qualche pagina, sapendo perfettamente di non essere in grado di non riuscire a reggerne di più.
Era quasi arrivata a destinazione quando sentì la vocina assonnata di Connor chiamarla. Lasciò perdere il libro e si diresse verso la camera da letto, dove aveva abbandonato le sue coperte e il figlio.
Quando la vide entrare Connor tese le mani verso di lei per farsi abbracciare. < Ho fatto un brutto sogno > le disse.
Amanda si rimise a letto e lo strinse di più a sé. < Cosa hai sognato? >
< Che te ne andavi e io rimanevo solo e che tutti mi prendevano in giro > le spiegò lui ed Amanda lo sentì tremare contro il suo corpo. Istintivamente lo strinse più forte al suo corpo, e non riuscì ad evitare di percorrere mentalmente la sua infanzia.
< Mi canti una canzone, mamma? > gli chiese lui.
Amanda non se lo fece ripetere due volte ed iniziò a canticchiare la canzone che gli cantava sempre Luca per farlo addormentare. < You are my sunshine, my only sunshine, my make me happy when skies are gray. You'll never know dear how much I love you. Please, don't take my sunshine away.. >
Cantò tutta la canzone fino a quando Connor non si addormentò di nuovo tra le sue braccia e il libro e la sua masochista voglia di leggerlo furono momentaneamente accantonate, ma Amanda non poté fare a meno di chiedersi se quell'appuntamento con James fosse davvero la cosa giusta da fare.



La sveglia suonò ed Amanda si alzò di scatto, come se avesse avvertito una strana presenza ai piedi del letto.
Si portò una mano al petto, impaurita e poi spense quell'aggeggio infernale, pronta per ricominciare con una nuova giornata.
Scalciò le coperte e scese dal letto. Si concesse una breve doccia e lasciò perdere i capelli: aveva deciso che li avrebbe lavati più tardi, quando si sarebbe preparata per l'appuntamento con James.
Preparò la colazione a Connor e poi andò a svegliarlo.
Sembrava una giornata normale, una come tante altre, eppure Amanda non riusciva a spiegarsi il perchè di quel sorriso sulle labbra che non riusciva a far andare via, neppure le avessero detto che aveva appena vinto alla lotteria!
Una volta in ufficio decise di dedicarsi alla posta del cuore, che aveva ignorato ormai per troppo tempo e così rispose ad un paio di domande ridicole di adolescenti innamorate e si complimentò con sé stessa per non essere mai stata quel tipo di ragazza.
Aprì la casella delle mail e trovò la risposta di Tuckson che campeggiava in cima a tutte le altre.
 
Amanda,
fai pure le domande di base, allora.
Oliver
 
Quindi Tuckson parlava sul serio quando le aveva scritto che avrebbero potuto svolgere le mansioni principali del loro incontro tramite mail.
Bene.
Amanda si concentrò e pensò a quali cose aveva deciso di chiedere al manager di Rogers. Bé, prima cosa quando la prossima intervista? Avendo capito cosa scrivere, iniziò a digitare la sua risposta.
 
Oliver,
innanzitutto vorrei chiederti quando sarà possibile poter fissare una nuova intervista con Evan Rogers, visto che la scorsa volta purtroppo non è andata a buon fine.
Poi volevo chiederti, oltre alle varie liberatorie se ci sono documenti di riservatezza che Mr Rogers o tu vorreste avere per ulteriori precauzioni.
Amanda
 
Aspettò qualche minuti, quasi sicura che Tuckson le avrebbe risposto subito, ma quando capì che così non sarebbe stato, iniziò a scorrere il resto delle sue mail e a rispondere a chi valeva veramente la pensa di rispondere ed andando avanti con il suo lavoro.
Stava quasi per scrivere Google il nome di Rogers in modo da farsi un'idea su chi fosse quando sentì il bip che l'avvisava dell'arrivo di una nuova mail.
 
Amanda,
no, niente altre documenti rispetto ai soliti.
Evan è partito per un ritiro.. Cose da calciatori e non sarà di ritorno prima di due mesi.
Oliver
 
Amanda si bloccò davanti allo schermo del computer.
Due mesi? Aveva davvero letto due mesi? Lei non ce li aveva due mesi!
Scrisse di getto la risposta.
 
Oliver,
inutile dirti che sono rimasta piuttosto sconvolta da questa tua notizia.
Due mesi sono tanti, anzi quasi un'eternità e io ho dei tempi da rispettare.
Amanda.
 
Era vero che Mike le aveva detto di prendersi tutto il tempo di cui aveva bisogno, purché si rimanesse nei limiti della decenza, ma due mesi solo per aspettare di fare l'intervista.. Erano troppi!
Doveva rimediare quanto prima a quella situazione.
 
Amanda,
me ne rendo perfettamente conto e ancora non mi capacito di come sia potuto accadere che non si sia svolta quando era stata prefissata in precedenza.
Capisco il tuo disagio e la tua preoccupazione per le scadenze, cercherò di farmi venire qualche idea.
Oliver
 
Forse lei e Tuckson sarebbero anche potuto andare d'accordo, se lui si mostrava davvero così disponibile nei suoi confronti.
**
 
James era stupito da sé stesso.
Da quanto in qua proponeva il cinema come primo appuntamento? Da quando in qua proponeva il cinema come appuntamento?
Di solito portava le ragazze a cena in lussuosi ristoranti, poi le portava in qualche club d'alta moda o a qualche festa in piscina o sullo yacht di qualcuno, giusto per assicurarsi di aver fatto colpo,  e poi direttamente in una suite in qualche albergo a cinque stelle o a casa sua, ma la seconda opzione toccava solo alle più fortunate, a quelle che lui credeva che sarebbero potute andare bene.
E invece se ne era uscito proponendole il cinema e non le aveva nemmeno detto di non cenare. Perchè poi?
Ah giusto! Era talmente tanto spaventato e agitato per quel benedetto appuntamento che non sapeva nemmeno lui se era il caso di fare i solito progetti. L'avrebbe portata al cinema a vedere un film neutrale per entrambi e se poi le cose sarebbero andate bene avrebbero potuto anche scegliere di cenare assieme.
Niente completo elegante per lui e niente tacchi e vestitino per la bella Amanda.
James si stava decisamente pentendo della sua decisione idiota, ma ancora una volta si ricordò che quella era Amanda e non una persona qualunque e lui aveva avuto la sensazione di capire che con lei, tutte le moine dell'uomo con le possibilità economiche e conoscenze importanti, non funzionassero per nulla.
Prese un respiro profondo e cercò di calmare l'agitazione che sentiva scalpitare dentro di sé.
Mai, mai in tutta la sua vita si era sentito così su di giri per un semplice film assieme ad una ragazza.
Certo, solo che quella ragazza non era come..  "Tutte le altre! Sì, va bene! " si ritrovò a pensare con stizza.
Lo sapeva bene cosa aveva di diverso dalle altre: un figlio! Un ragazzino che sarebbe diventato un ostacolo prima o poi e lei avrebbe sicuramente messo prima il figlio e poi lui.
Che razza di pensieri gli saltavano in mente? Perchè diavolo lei sarebbe dovuto arrivare a quella conclusione? James voleva solo portarla fuori, divertirsi assieme e.. sì, se fosse stato possibile arrivare in prima base.
Magari non ci sarebbe riuscito al primo appuntamento, ma contava di riuscirci tra il quarto e il quinto.
Amanda aveva deciso che sarebbe andata con la sua macchina al cinema e a James non restava che adeguarsi a quella sua decisione, anche se questo sconvolgeva maggiormente i suoi piani.
S'era mai vista una donna insistere di non volere che l'uomo con cui avrebbe dovuto passare la serata passasse a prenderla e poi la riaccompagnasse a casa?
Che venisse da un lontano paese dove queste erano le usanze?
Scosse la testa. Semplicemente doveva farla più lunga di quello che sarebbe stato per fargli bere la stronzata della donna indipendente e libera.
James sbuffò ancora una volta, incredulo dei suoi pensieri e dei suoi comportamenti.
Quando era solo, eccolo che partiva con la manfrina dell'uomo che usa le donne solo per portarsele a letto e quando invece i fluenti capelli biondi e gli occhi verd'azzurri di Amanda si perdeva e l'unico pensiero coerente che riuscisse a formulare era che era decisamente bella, anche troppo forse.
Si appoggiò alla sua moto e si portò alle labbra una sigaretta per poi accenderla.
Quel vizio non faceva bene ai suoi polmoni e al suo intero organismo, ne era perfettamente a conoscenza, ma non gliene fregava poi molto.
Aspirò il fumo e lo trattenne per un attimo prima di rilasciarlo e scrutare il parcheggio, in attesa della bella Amanda.
Era da martedì che aveva il suo numero di cellulare ed era da martedì sera che James non faceva altro che inviarle messaggi, come se fosse un adolescente in piena crisi ormonale.
Di telefonarle non se parlava neppure: si vergognava troppo e in più doveva ammettere che Amanda aveva una voce che lo destabilizzava ogni volta e rischiava di fare la figura del cretino se l'avesse sentita al telefono. Quindi gli sms, per quanto fossero da bambini, erano anche l'unica alternativa che gli resta; anche se dovette ammettere che gli piaceva inviarglieli e ancora di più gli piaceva ricevere le risposte di Amanda.
Gettò la sigaretta per terra e la calpestò con il piede e si decise ad avviarsi verso l'entrata, aspettandola davanti all'ingresso, dove lei non avrebbe potuto non vederlo.
Aveva appena finito di salire i gradini, quando si sentì chiamare.
< Hei, James > era Amanda.
Si voltò verso di lei e le sorrise. Era bellissima anche quella sera, con un paio di jeans aderenti a fasciarle le gambe e una camicia azzurrina che le faceva risaltare il colore degli occhi. < Ciao, Amanda >
Aspettò che si avvicinasse e poi le baciò una guancia, cercando di non indugiare troppo sulla sua pelle e di non avventarsi subito sulle sue labbra, alla disperata ricerca del suo delizioso sapore di mandorle.
< Entriamo? > le chiese poi, indicandole con un cenno della testa il cinema.
< Certo > Amanda si sistemò una ciocca dei capelli dietro l'orecchio e a James parve di vederla arrossire, ma lei lo precedette entrando nel cinema, concedendogli così la piena visuale sul suo lato B.
"Un signor lato B", si ritrovò a pensare e di nuovo dovette imporsi di rimanere calmo e comportarsi da persona civile e responsabile ed evitare di saltarle addosso. 

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Capitolo 15
*** L'APPUNTAMENTO - PARTE II ***


< Ti vanno i pop corn? > chiese James.
Amanda sorrise. < Solo se li mangi con me >
< Andata > James si lasciò convincere.
Si avvicinò al bancone e comprò il secchiello grande. Uno solo da dividere in due.
Quando realizzò quello che aveva fatto, il sangue gli si gelò nelle vene e poi accadde la cosa che pensavo non potesse mai succedere, non con lui. Amanda porse una banconota alla ragazza dietro la cassa e poi gli sorrise.
James fu rallentano nei suoi riflessi solo perchè aveva visto il sorriso di Amanda, quello che a lui tanto piaceva, quello genuino e spontaneo.
< No, no, no > disse, ma ormai era troppo tardi: Amanda stava già prendendo il resto dalle mani della ragazza.
< Qualcosa non va? > gli chiese Amanda, mentre si allontanavano per recarsi nella sala.
< Hai pagato i pop corn >
< Sì > rispose con semplicità Amanda ed iniziando a mangiarne qualcuno.
< Voglio rimborsarteli > disse James, l'espressione atterrita.
Amanda rise. < Sul serio? >
< Sono serissimo > disse lui, fissandola attentamente negli occhi.
Amanda si fermò un attimo e James la sorpassò per poi bloccarsi ed aspettare che lui la raggiungesse.
< James.. > Amanda cercava le parole giuste.
< Amanda? > la chiamò lui, quando vide che Amanda non si decideva a parlare.
< L'ho fatto volentieri.. e poi tu hai pagato i biglietti del cinema > si strinse nelle spalle.
Le parve quasi di sentirlo dire "mai successo, incredibile", ma James la guardò rabbuiato per poi stringersi nelle spalle. Nel suo cervello si susseguivano già le immagini del dopo cinema, in cui le impediva - anche prepotentemente -  di pagare qualunque cosa.
Il film che avevano scelto non era male, dopo tutto. James dovette persino ricredersi sull'atmosfera del cinema.
Quel buio gli aveva permesso di studiare di tanto in tanto il profilo di Amanda, che se ne stava con un sorriso sulle labbra e gli occhi puntanti sul grande schermo.
Il secchiello di pop corn che condividevano in due stava sulle ginocchia di James, che nutriva una personale soddisfazione ogni volta che vedeva la mano della ragazza allungarsi per acciuffarne qualcuno. Gli dava quasi la sensazione che lei volesse toccare lui, che volesse entrare in contatto con lui, accarezzarlo e fargli provare gli stessi brividi che aveva sentito la sera in cui si erano baciati.
Si beò di quelle fantasie fino a quando il film finì ed Amanda si voltò verso di lui, scoprendolo a guardarla.
Allargò un poco gli occhi. < Sono sporca? > si portò le dita alle labbra ed iniziò a spazzare via delle briciole immaginarie.
James approfittò al volo della situazione. < Sì > le disse, scrutandole la bocca; gongolando di poterlo fare liberamente, questa volta aveva la scusa giusta.
Si avvicinò e posando le dita sotto il suo mento, con il pollice le accarezzò il labbro inferiore, indugiandoci appena sopra.
Amanda sentì il cuore cominciarle a pompare freneticamente, la gola le si seccò subito e sentì le mani iniziare a sudare.
Quella era la maledetta reazione che James le provocava ogni volta che le si avvicinava in quel modo.
Cercò di calmarsi e di non fare la figura della cretina davanti a lui. Dovette resistere con tutta sé stesa, perchè quello che voleva in quel momento era sporgersi verso di lui e posare le labbra sulle sue e sentire se il suo sapore fosse buono come lo ricordava.
 Fu James a ristabilire l'ordine. < Hai già cenato? >
Amanda scosse la testa in segno negativo. < No >
Lui fece un bel sorriso ed Amanda si perse ad ammirare come le sue labbra si distendessero perfettamente. < Andiamo, allora. Conosco un posto che potrebbe piacerti >
Amanda si alzò e recuperò la borsa e la giacca. Aveva fatto bene ad ascoltare il consiglio di Hanna a proposito di cosa indossare; anche James era piuttosto sportivo quella sera.
In realtà, tutte le volte che l'aveva visto - ad eccezione della sera della cena di beneficienza -, James aveva sempre avuto un abbigliamento piuttosto informale. Sembrava quasi che il suo armadio fosse popolato da innumerevoli jeans e magliette.
Ma quella sera.. Quella sera quei jeans scuri scoloriti e il maglioncino leggero di filo grigio lo rendevano ancora più bello di quanto Amanda ricordasse.
Distolse velocemente lo sguardo per evitare di essere beccata da lui mentre lo fissava. Si schiarì la voce e cercò di tornare alla normalità prima che fosse necessario chiamare i pompieri per estinguere il fuoco che le ardeva sulle guancie.
< Dove hai detto che andiamo? > gli chiese, mentre insieme uscivano dal cinema.
James fece un sorrisetto. < Non l'ho detto >
< E non me lo vuoi dire? >
< Mi piace abbastanza l'effetto sorpresa >
Amanda storse il naso. < A me non piacciono le sorprese >
James fece una bassa risata. < Non chiedermi perchè, ma non ne sono affatto sorpreso >
Amanda si bloccò, riflettendo sulle sue parole. Perchè non era sorpreso? In fondo non la conosceva abbastanza da sapere cosa poteva piacerle oppure no, e non erano neppure arrivati a quel livello di confidenza in cui lui poteva immaginare cosa le sarebbe piaciuto o no mangiare, senza rimanere male se poi a lei la sua scelta non piaceva più di tanto.
"Ok, Mandy. Respira e calmati", cercò di calmarsi da sola.
I suoi pensieri stavano andando a ruota libera e il suo umore stava peggiorando e voleva quasi salutare James per poi andare a casa e giocare con Connor prima di addormentarsi.
< Andiamo con la mia moto? > propose James.
Amanda fissò il veicolo proprio accanto a cui lui si era fermato ed era quasi tentata di accettare, ma poi le tornò in mente di quella volta in cui era salita con lui sulla stessa moto. Le cosce di lui vicino alle sue e il suo petto premuto contro la sua schiena.
< Ho la macchina proprio lì > disse indicandola.
< Non ti piacciono più le moto? > James alzò un sopracciglio.
Amanda rispose velocemente < Certo che mi piacciono >
< E allora dov'è il problema? >
"Già, dov'è il problema? ". Sbuffò e poi afferrò il casco che lui le stava porgendo e salì dietro di lui, stringendosi come meglio poteva, senza però sembrare una piovra.
Posò le mani sui fianchi di James ed avvicinò il suo bacino al sedere del ragazzo per poter rimanere più ancorata alla moto ed evitare di cadere alla prima curva, ma quel contatto la distraeva e la scuoteva dentro.
James riappoggiò i piedi per terra, fermandosi un attimo per togliere le mani di Amanda dai suoi fianchi e farsi circondare dalle sue braccia.
< Tieniti forte, Mandy > le disse, accarezzandole per un attimo le braccia prima di afferrare di nuovo il manubrio della moto e riportare i piedi al loro posto.
Sfrecciò veloce come il vento per le strade silenziose della notte, superando le auto sia a destra che a sinistra, fregandosene dei limiti di velocità o dei vari divieti stradali e dei cartelli che troneggiavano ai lati della strada.
Frenò bruscamente davanti ad una piccola pizzeria, facendo sbattere Amanda contro la sua schiena.
Lei scese velocemente e con una certa furia si tolse il casco e lo strinse con una forza tale che per un attimo temette di sgretolarlo.
< Che diavolo ti è saltato in mente? > urlò, con l'adrenalina che ancora le circolava nelle vene.
< Cosa c'è? > chiese lui stupito dalla sua reazione.
< Come cosa c'è? Stavi andando a centottanta all'ora! >
< E quindi? >
< Ti è andato di volta il cervello, James? > Amanda non riusciva ad abbassare il tono di voce, né riusciva a smettere di tremare.
< No >
< Io direi di sì. Passi la velocità, anche se era decisamente troppa, passino i sorpassi, e solo quelli fatti dal lato giusto della strada! Ma passare con il rosso, sorpassare a destra, ignorare il cartello che metteva in bella mostra il senso unico in quella strada buia, le curve fatte ad un centimetro dal ciglio della strada sono troppo! Ma sei pazzo?! >
James ascoltò la sua sfuriata con una sigaretta accesa tra le dita, mentre di tanto in tanto aspirava.
Vederla agitarsi tanto, mentre gli elencava tutte le effrazioni che aveva appena fatto, lo faceva sentire.. considerato. Gli stava facendo la ramanzina sul suo modo di guida e lui non riusciva a non esserne compiaciuto.
Certo, un po' deluso lo era, visto che, prima di quella sera, quando faceva cose di quel tipo la prima reazione delle ragazze che faceva salire sulla moto era di saltargli al collo e baciarlo senza pudore; ma ora vedere Amanda gesticolare furiosamente e camminare avanti e indietro mentre il suo corpo veniva scosso da tremiti di paura, l'unica cosa a cui riusciva a pensare a quanto fosse bella in quel momento.
Gettò la sigaretta lontano da lui e le si avvicinò per poi circondarla con le sue braccia e stringerla in un abbraccio.
< Che diavolo stai facendo? > gli chiese lei, rimanendo rigida e con le braccia lungo il suo corpo.
< Una volta ho letto da qualche parte che il miglior modo per calmare una persona spaventata è quello di abbracciarla. >
< Mi stai solo facendo incazzare di più > ammise Amanda; subito dopo sussultò: la sua lingua senza peli e la cattiva abitudine di dire quello che effettivamente pensava stava ritornando.
< Ci vogliono circa venti secondi > James sorvolò sul suo commento colorito e continuò a tenerla stretta.
< In questi venti secondi la mia rabbia aumenterà sempre di più >
< Cerca di rimanere in silenzio e goditi il momento, Amanda > la rimproverò lui.
Un brivido percorse la schiena di Amanda non appena sentì il suo nome essere accarezzato dalla bocca di James. Ogni volta che lui pronunciava il suo nome intero, lei si sentiva mancare la terra da sotto i piedi e mille deliziosi brividi le risalivano la schiena fino ad arrivare alla sua nuca.
Si lasciò andare tra le sue braccia e con sorpresa di entrambi, circondò la vita di James con le sue braccia, avvicinandosi ancora più al suo corpo.
< Venti > mormorò James poco dopo. Si scostò dal suo corpo e la guardò negli occhi. < Ti sei calmata?  >
< Sì >
< Bene > Lui sciolse l'abbraccio e poi afferrò la sua mano.
Amanda temette per un momento di avere le mani sudate e cercò di divincolarsi da quel contatto.
< Devo dirti anche quali sono i benefici delle strette di mano? > la stuzzicò James, stringendo le sue dita e impedendole di scappare.
< Quindi tutto questo lo stai facendo per evitare che io ricominci ad urlarti contro? > volle sapere lei.
< Anche > increspò le labbra in un sorrisetto e tutto quello che avrebbe voluto fare Amanda era avvicinarsi e baciarlo, finalmente.
Entrarono nella pizzeria ed Amanda lasciò che fosse lui ad occuparsi della richiesta del tavolo. Non si sorprese neppure quando lui chiese un tavolo appartato e fece l'occhiolino alla cameriera che sembrava conoscerlo moto bene.
Amanda si chiese di sfuggita dove avesse lasciato il suo inseparabile cappellino e gli occhiali da sole.
 < Vi lascio i menu, ragazzi > la cameriera di poco prima comparve al loro tavolo e mise davanti ad Amanda e James due listini.
< Grazie > disse James, facendole un sorrisone ed Amanda si trovò a scuotere piano la testa, per poi nascondere il viso dietro quelle pagine di cartoncino colorato.
< Piaciuta la sorpresa? > James la obbligò a far spuntare fuori almeno una parte del suo viso e a dargli una risposta.
< Ci hai azzeccato, sì >
< Ne sono felice > ora il sorrisone era tutto per lei ed Amanda accantonò l'idea di farsi riaccompagnare a casa, o meglio di chiamare un taxi e farsi portare al cinema dove l'attendeva la sua auto.
Riportò gli occhi sul menu e finse di ignorare James, mentre in realtà controllava ogni suo minimo gesto. Le labbra arricciate e gli occhi concentrati mentre scorreva le righe che aveva davanti, le mani strette attorno al listino, con le nocche bene in evidenza, la gamba che continuava a tremare sotto il tavolo e i capelli che gli ricadevano costantemente sulla fronte.
< Ho deciso > disse poi, per spezzare il silenzio che cominciava a diventare troppo opprimente per lei.
James alzò gli occhi e la guardò. < Cosa prendi? >
< Una funghi e prosciutto >
< Mi aspettavo prendessi una margherita >
< È già la seconda volta che tenti di indovinare quello che farò > gli fece notare.
< E la prima volta ho fatto centro > le ricordò.
< Questo non vuol dire che lo farai sempre > Amanda si strinse nelle spalle.
< Sei nervosa? > piegò la testa di lato e non mollò per un attimo il contatto con i suoi occhi.
< Dovrei? >
< Non lo so, dovresti? >
Amanda sbuffò e spostò altrove lo sguardo.
Non capiva perchè con lui fosse così; al cinema gli era sembrato che stesse andando tutto bene, ed era sinceramente felice di non aver disdetto quell'appuntamento, ma le era bastato salire dietro di lui sulla moto e scambiarci appena due parole che non vedeva l'ora di tornarsene a casa e mettersi a dormire.
< Ok, messaggio ricevuto > se ne uscì James.
Amanda lo guardò interrogativa, non capendo di cosa stesse parlando e temendo per un momento che lui stesse parlando con qualcuno al telefono, magari con un auricolare. Guardò velocemente le sue orecchie e no, niente auricolare.
< Che intendi? > gli chiese.
< Scusa se ho esagerato in moto > se ne uscì lui, incatenando Amanda ai suoi occhi verde bottiglia.
Lei rimase interdetta: aveva creduto che lui non si sarebbe mai pronunciato sul suo selvaggio modo di correre con la moto e se mai avesse avuto la faccia tosta di introdurre l'argomento, avrebbe scommesso di tutto che si sarebbe vantato come un pavone.
< Non me l'aspettavo, ma, comunque, scuse accettate > disse sinceramente.
< Non te l'aspettavi? >
< No > Amanda strinse le labbra e scosse la testa.
< Perchè? > indagò lui.
< Bé.. Credevo.. Credevo che se mai ne avessimo parlato tu.. tu ti saresti pavoneggiato > ammise.
Fece una bassa risata < Bella considerazione che hai di me >
Amanda si strinse nelle spalle.
James la guardò ancora per qualche secondo prima di decidere di giocare la stessa carta della sincerità che lei aveva messo in tavola. < Ammetto di averlo fatto per impressionarti >
< Mi dispiace dirti che non ci sei riuscito. Non in modo positivo almeno >
< Me ne sono accorto > James sorrise, e ricordò l'attacco di isterismo che le era preso una volta scesa dalla moto.
< Puoi darmi torto? >
Ci pensò per un momento. < Purtroppo no >
< Facciamo finta che non sia successo nulla > tentò.
< Ci sto > le sorrise. < Allora, piaciuto il film?  >
< Era carino, sì >
< Qualcosa mi dice che quello non era il genere di film che ti piace guardare di solito >
< E questa è la terza volta che cerchi di indovinare qualcosa su di me >
< Ci sono riuscito? >
< Sì > dovette dire lei.
< Bene > James era soddisfatto di sé stesso. < Allora, quali film ti piacciono? >
< Mi piacciono tutti i generi in realtà, ma stravedo per i film d'azione >
Lui sgranò gli occhi. < Sul serio? >
< Mi sa che sono stata io a sorprendere te, adesso > Amanda ridacchiò.
< Un po' >
< Ti aspettavi sentirmi dire che non vedo altro che non siano grandi storie d'amore? >
< Bé.. sì >
Amanda gli fece il verso: < Bella considerazione che hai di me >
Entrambi risero di quella battuta e si fissarono negli occhi. Il verde bottiglia nel particolare azzurro tendente al verde di Amanda, che ora sembrava più acceso che mai.
< Mea culpa > James si portò una mano sul petto.
< Mi piacciono anche quelli, se proprio devo essere sincera >
James la indicò con l'indice. < Non ci ero andato tanto lontano, allora >
< Non proprio lontanissimo, ecco >
< E così.. I film d'azione, eh? >
< Già. E a te quali piacciono? >
< Vuoi saperlo davvero? > le fece l'occhiolino ed Amanda si sentì avvampare immediatamente.
Se stava davvero alludendo ai film a luci rosse per soli adulti se ne sarebbe andata subito. Avrebbe chiamato un taxi e si sarebbe fatta accompagnare direttamente a casa e sarebbe passata a prendere la macchina il giorno dopo, magari con Hanna.
< Ti prego, dimmi che non si tratta di quel genere di film >
James scoppiò a ridere fragorosamente. < La tua considerazione che tu hai di me è decisamente peggiore di quella che io ho di te >
Amanda avrebbe voluto approfondire l'argomento, ma vennero interrotti dalla cameriera e furono costretti ad interrompere momentaneamente la conversazione.
 
James sorseggiò un altro sorso della sua birra analcolica ,assolutamente disgustosa, e guardava Amanda gesticolare mentre gli stava parlando del suo lavoro e di come era capitata dal bar alla redazione, costretta a diminuire le ore che dedicava al Caffè.
Gli piaceva il modo in cui le sue labbra si muovevano quando diceva qualcosa che involontariamente la faceva ridere, gli piaceva vedere le dita affusolate andare da tutte le parti mentre lei si lasciava avvincere dal discorso, il fatto che i suoi capelli poi le scivolassero sempre davanti al viso e che lei fosse costretta a passarci le dita dentro per riavviarli poi, gli facevano desiderare di essere lui quello a scostarle i capelli.
Aveva capito che il primi momenti di impaccio erano dovuti al nervosismo di lei e si chiese se fosse dovuto al fatto che ci fosse quel fantomatico "qualcuno" nella sua vita.
Qualcuno che però non si era minimamente smosso per non farla uscire quella sera. Possibile che questo tizio fosse tanto cieco?
< .. e quindi Jas e Elly sono state più che disponibili a lasciarmi solo i fine settimana > concluse Amanda.
< In pratica non hai mai un giorno di riposo  > se ne uscì James.
Amanda si strinse nelle spalle, voleva liquidare la questione. Aveva già detto anche troppo su sé stessa, mentre lei di James non sapeva nemmeno il suo cognome.
< Posso chiederti qualcosa su di te? > chiese curiosa.
James si agitò un poco sulla sedia. E adesso cosa le avrebbe detto? Fece dei respiri profondi e cercò di calmarsi.
Fino a quel momento era stato piuttosto bravo a raccontare bugie, poteva farcela anche con lei.
< Certo > tentò un sorriso e poi bevve un altro sorso di birra.
< Qual è il tuo cognome? >
Colpito e affondato e lei non aveva neppure idea che stessero giocando ad una sorta di battaglia navale. < Evans > disse di getto.
< James Evans > Amanda lo ripeté un paio di volte. < Suona bene >
< Grazie > fece impacciato lui.
< È bello il tuo lavoro? > gli chiese poi.
James sgranò gli occhi. < Il mio lavoro? > Cristo, che avesse capito?
< Sì. Fare l'osservatore è bello? > specificò poi.
James fece un sospiro. L'osservatore, certo! Le aveva detto di essere un osservatore quando aveva parlato con lei di suo figlio e della sua bravura con il calcio. < Non è poi così male >
James decise che con le domande personali dovevano smetterla e che doveva prendere di nuovo la situazione in mano. < Hai più portato Connor in una scuola calcio? >
< No, non ancora > Amanda arretrò sulla sedia e James si rese conto solo in quel momento di quanto si erano avvicinati.
< Come mai? >
< Non ho avuto tempo > lei gli rivolse un sorriso forzato e James capì che anche lei non voleva parlare di quell'argomento.
< E Connor? > le chiese poi di colpo, ricordandosi del figlio di lei.
< Connor cosa? >
< Dov'è? >
< Con la baby - sitter a casa >
< Ah > disse. E il tizio?
James si alzò in piedi e le propose di andare a prendersi un gelato.
Amanda lo guardò diffidente. < Mi prometti che non correrai come un pazzo furioso? >
James ridacchiò. < Prometto >
< E che rispetterai i cartelli stradali ? >
< Prometto >
Amanda si alzò in piedi. < Andiamo >
 
James non volle sentire nulla a proposito del conto da pagare in pizzeria, né tanto meno dei pochi soldi che aveva speso per i gelati e quando Amanda cercò di protestare lui le disse che doveva ancora perdonarla per la storia dei pop corn.
Amanda scoppiò a ridere e volle sperare che lui non parlasse sul serio, anche se quello era decisamente un gesto da galantuomo.
"Sì, un galantuomo che ti ha lasciato credere che i suoi film preferiti sono quelli destinati ad un pubblico di soli adulti".
Cercò di ignorare la sua coscienza e portò alle labbra un altro cucchiaio di gelato.
Erano seduti su una panchina al centro in un parco completamente deserto. Lei e lui soli a chiacchierare.
Era una sensazione piacevole, ed Amanda si rese conto che con un poco di impegno ci si sarebbe potuta abituare senza nessun tipo di problema.
< Cominciamo con le domande imbarazzanti? > proruppe James.
Amanda fece una smorfia di disapprovazione. < Dobbiamo proprio? >
< Sono curioso > si giustificò lui.
< Sentiamo, cosa vorresti sapere? > Amanda finì il suo gelato e tenne in mano la coppetta.
< Il tuo primo bacio? > le domandò a bruciapelo.
< Avevo quattordici anni e l'ho dato a..> Luca. L'aveva dato a Luca.
< A chi? > s'incuriosì James.
< Ad un ragazzo >
< Peccato, avrei quasi giurato che si trattasse di una ragazza > rise lui.
Amanda fece un accenno di risata. Quel gioco non era proprio adatto a quella serata.
< E la tua prima volta? > le chiese Luca.
Amanda capovolse i ruoli. < Non tocca a me fare una domanda? >
< Spara >
< Con quante donne sei stato? > volle sapere lei. Era una curiosità morbosa, se ne rendeva conto.
James arrossì, sicuro che quella non era una cosa da spifferare al primo appuntamento. < Prossima domanda? >
< Se la eviti le situazioni sono due: o non hai mai avuto una donna o ce ne sono parecchie. Qual è la verità? >
Involontariamente Amanda l'aveva provocato e lui non poteva farsi ferire così nell'orgoglio, per cui rispose: < La seconda.. >
< Oh >
< Ma non sono poi così tante > cercò di placare la situazione.
< Non devi giustificarti con me > Amanda si fece vedere sicura e per nulla sorpresa dalla notizia, quando in realtà si stava chiedendo se lei non fosse solo un numeretto da aggiungere alla lista.
< Allora, la tua prima volta? > ritentò James.
< Avevo diciassette anni > gli disse. < La tua? >
< Sedici >
< Precoce! >
< Tu hai dato il tuo primo bacio a quattordici > le fece notare lui.
< Ma non ho mai detto che era con o senza lingua > gli ricordò Amanda.
James liquidò la questione con un gesto della mano. < La prima volta che ti sei ubriacata? >
< Diciotto anni. La tua? >
< Diciannove, e il giorno dopo sono stato da schifo > fece una faccia tirata al ricordo.
< Io pure > Amanda ridacchiò al ricordo di quella serata. < Il primo "ti amo"? >
< Detto o ricevuto? >
< Sei presuntuoso > gli disse.
< Un po' > ammise lui.
< Allora? >
< Il primo l'ho detto alla mia maestra di matematica delle elementari. Ero veramente innamorato di lei. Era bellissima e profumava di buono >
Amanda scoppiò a ridere.
< Cosa ridi? Mi ha spezzato il cuore quando mi ha presentato a suo marito >
< Potevi combattere per il tuo amore > lo prese in giro lei.
< Il bambino che c'è in me si sta offendendo >
< Scusa > disse lei ancora persa tra le risate. < Avanti, il primo ricevuto? >
< Betty Stewart della terza B. Stupida oca chiacchierona >
< Non ti piaceva? >
< Nemmeno un po' >
< Povera Betty Stewart > Amanda si morse un labbro per evitare di scoppiare a ridere ancora.
< Il tuoi "ti amo"? >
< Dato e ricevuto dalla stessa persona > disse sbrigativa.
James notò che ogni volta che si doveva parlare di lei diventava fredda e distaccata, quasi come se non amasse fare quel genere di conversazione.
< Il bacio migliore della tua vita? >
Amanda restò spiazzata dalla sua domanda. Se le avessero chiesto la stessa cosa qualche settimana prima, avrebbe risposto senza ombra di dubbio che era stato quello di Luca, quando era nato Connor. Ma ora.. ora c'era qualcun altro con cui fare i conti, qualcun altro che aveva baciato e lei non aveva ancora riflettuto su quale dei due le fosse piaciuto di più e non perchè temesse che quelli di James potessero essere meglio di quelli di Luca, ma semplicemente perchè erano diversi.
< Non ci ho mai pensato > se ne uscì.
< Come no?! > James era incredulo e forse un po'.. risentito?
< No. E il tuo? >
< Quello della sera della cena di beneficienza >
< Oh > Amanda capì che stava parlando del loro bacio.
< Sai, nel caso possa esserti d'aiuto potrei aiutarti a ricordare com'era > James si avvicinò a lei, con le intenzioni decisamente chiare.
< Vorresti darti tanta pena per un bacio? > Amanda stette al gioco.
< Mi piace tenere alta la mia reputazione > James fece strofinare i loro nasi e respirò profondamente il profumo dolce di Amanda.
< E chi ti dice che sarai capace di renderlo il migliore in assoluto? >
< Fammi provare e poi ne riparliamo > la tentò lui.
Amanda si lasciò trasportare dal momento e si avvicinò ancora di più a James, lasciando solo pochi centimetri di distanza tra le loro labbra e James non si lasciò ripetere due volte l'invito.
Sfiorò lentamente le sue labbra e poi approfondì il contatto, assaporando il suo labbro inferiore con la lingua e mordicchiandoglielo leggermente.
James stava per crearsi un varco nella sua bocca e lasciare la sua lingua libera di giocare con quella di Amanda, quando uno squillo di cellulare interruppe il loro momento.
Amando trattene un'imprecazione fra i denti e prese il suo telefono.
Quando lesse il nome si agitò < Cassy? >
< Ciao, disturbo? > disse l'altra.
< No. Tutto bene? Connor sta male? > Amanda si stava agitando.
< No, no. Va tutto bene. Ti chiamavo perchè è quasi l'una e domani dovrei andare a lavoro presto alla mattina, ricordi? >
Amanda riprese a respirare normalmente e l'agitazione lasciò immediatamente il suo corpo. < Certo, scusami. Arrivo subito >
Si voltò verso James e gli sorrise colpevolmente. < Mi dispiace, ma.. >
< Dobbiamo andare > concluse per lei.
Amanda annuì soltanto e si alzò per dirigersi verso la moto, seguita a ruota da James.
Lui le porse il casco e lei se lo infilò per poi salire in sella dietro di lui. Questa volta non si fece pregare ed abbracciò James, sperando che lui si ricordasse della promessa e che non guidasse più come un pazzo.
James cercò di non pensare alle mani di Amanda sul suo busto, alle sue gambe così vicine alle sue, al suo bacino che gli premeva contro. Cercava di rimanere concentrato e attento alla guida per evitare di spaventarla ulteriormente con la sua propensione alla velocità, che in realtà lo rilassavano come poche cose al mondo.
Arrivarono al parcheggio del cinema e fermò la moto accanto all'auto di Amanda.
La ragazza scese e si levò il casco che passò a James e poi si diede una sistemata veloce ai capelli.
James spense la moto e rimase in sella, attendendo che lei trovasse le chiavi e si mettesse in macchina.
Si sentiva stranamente teso in quel momento e non ne capiva il perchè. Fino a poco prima della telefonata stavano andando bene!
Avevano chiacchierato, si erano conosciuti meglio.. eppure ora sembrava che Amanda avesse fretta di fuggire lontano da lui e James non sapeva come fare per trattenerla ancora un altro po'.
Amanda trovò le chiavi e le fece oscillare davanti ai suoi occhi. < Eccole >
< Bene. Guida piano > si raccomandò lui.
Amanda ridacchiò. < Un consiglio come questo da uno che corre come una furia.. Stento a crederci >
James fece un sorriso sghembo e nel momento esatto in cui lei gli volto le spalle per aprire l'auto e gettarci dentro la borsa, lui scese dalla moto e la raggiunse. Le afferrò il polso e la fece girare verso di lui.
< Ho passato una bella serata > iniziò.
< Anche io > Amanda aveva la voce improvvisamente roca.
James la sospinse verso la macchina e poi premette il bacino su quello della ragazza. < Però non mi hai dato più l'opportunità di farti cambiare idea sul bacio > le ricordò.
< Vuoi farlo adesso? > un secondo dopo averle pronunciate Amanda si pentì di quelle parole, che avevano un lampante doppio senso.
Ma la situazione era già abbastanza sovraccarica di suo e James decise che non era il caso di fare qualche stupida battutina per metterla in imbarazzo. Era un uomo con una missione in quel momento. < Sì > disse soltanto e un attimo dopo le sue labbra si avventarono fameliche su quelle di Amanda, e al diavolo il tizio che l'aveva lasciata libera di uscire con lui quella sera! Avrebbe potuto tenersela più stretta, lui l'avrebbe fatto sicuramente.
 
Fece girare le chiavi nella toppa del suo appartamento e poi richiuse la porta alle spalle piano, evitando di fare rumore per non far svegliare Connor.
< Ciao > sussurrò quando vide Cassy seduta sul divano con un libro in mano. < Ma leggi sempre? >
< Avevo paura di svegliare Connor se avessi acceso la televisione > si giustificò la ragazza.
< Capito > Amanda si tolse le scarpe e posò la borsa sul divano, andando alla ricerca del portafoglio per pagare Cassy.
< Come è andata? > le chiese l'altra.
< Direi bene > Amanda sorrise.
< Direi più che bene dal tuo sorriso > le fece l'occhiolino.
< Già > Amanda aveva uno sguardo sognante che a Cassy non sfuggì.
< Ne riparliamo un'altra volta magari, ora devo scappare. È tardissimo >
< Certo, e scusami ancora. Ho completamente perso la cognizione del tempo > si scusò ancora e poi porse il giusto compenso a Cassandra.
< Fa nulla. > la ragazza iniziò a raccogliere le sue cose e poi indicò con il mento il libro che le aveva prestato.
< Cosa te ne pare? > le chiese.
< Lo digerisco solo a piccole dosi > rispose Amanda.
< Troppi ricordi? >
< Già >
< Se non ti va di leggerlo, posso sempre riprendermelo >
< No, voglio farlo > rispose determinata. Voleva sapere come avrebbe fatto Holly a superare il suo lutto.
< Sei sempre così testarda, Amy > disse e per un solo secondo ad Amanda parve di sentire le stesse parole ma con la voce di Luca.
Si bloccò e fissò Cassandra negli occhi, come per accertarsi che ci fosse solo lei nella stanza, che fosse stata proprio lei a parlare.
Forse era colpa della lunga giornata che aveva avuto, forse era colpa della serata per nulla semplice da affrontare che aveva passato, ma le era parso davvero di sentire la voce di Luca e, cosa ancora più strana, per un attimo le parve che gli occhi di Cassy assumessero un caldo color cioccolato.
Scosse la testa e cercò di tornare con i piedi per terra. Le serviva una buona sessione di sonno ristoratore.
< Grazie ancora per essere venuta, Cassy > le sorrise e poi l'accompagnò sulla porta. 


N.d.A. 
Ciao a tutte/i 
So che di solito sono molto più veloce con gli aggiornamenti e scusatemi se vi ho fatto aspettare più del previso, ma portare avanti due storie contemporaneamente mi fa rallentare un pochino, e in più ci si mettono di mezzo gli esami... 
Comunque, eccomi qui con un nuovo capitolo di Amanda e James e spero che anche questo vi piaccia! 
Qui Amanda si lascia un po' andare e io direi anche un FINALMENTE!!! Sono curiosa di leggere i vostri commenti, sempre se vi va di lasciarli!! 
Grazie a tutte quelle che hanno messo la storia tra le preferite, tra quelle da seguire e ricordare! 
Ci sentiamo presto, spero! 
Baci, 
Cris

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Capitolo 16
*** MATRIMONIO COMBINATO? NO, GRAZIE ***


< Un cappuccino con molto caffè e poco latte, in tazza grande e calda. Si ricordi che il latte deve essere tiepido. Poi, mi porti una fetta di crostata alle mele. Deve essere a forma di triangolo equilatero dal diametro di.. >
Amanda fissava con gli occhi sbarrati quel cliente un tantino troppo esigente. Una fetta di torta a forma di triangolo equilatero e con un diametro ben preciso? E come diavolo avrebbe fatto a calcolare il diametro del triangolo? Lei odiava la geometria e di certo non avrebbe iniziato a farsela piacere proprio in quel momento perchè un cliente aveva strane manie nell'ordinare.
Continuò ad appuntare sul blocchetto tutte le assurdità che quell'uomo le stava elencando, mentre stava attenta a dove fosse Connor e cosa stesse facendo.
< Mi porti un piattino a parte, vuoto e pulito >
Amanda cercò di assumere un tono tranquillo e cortese. < Basta così? >
L'uomo la fissò per un momento con uno sguardo truce, come se volesse incenerirla e poi la liquidò con un gesto della mano.
Amanda prese il vassoio con la torta ed entrò in cucina, chiedendo aiuto ad Elly e Jas.
< Come diavolo si taglia una fetta di torta a forma di triangolo equilatero con diametro di 10 non-so-che? > chiese tutto d'un fiato.
Elly scoppiò a ridere. < Tutto ok, Mandy? >
< Non proprio. Mi serve sul serio aiuto per la torta > la guardò supplichevole.
< Deve essere il vecchio Jo, El > le disse Jas. 
Elly storse la bocca e tranquillizzò Amanda, dicendole che si sarebbe occupata personalmente della torta, e la mandò a preparare il cappuccino.
Amanda si fermò davanti alla macchina del caffè. Prese un respiro profondo e fece mente locale su come doveva essere quel benedetto cappuccino.
Molto caffè e con poco latte, che doveva essere tiepido. Da versare in tazza grande e calda.
Si mise immediatamente all'opera, cercando di stare attenta a quello che faceva per evitare di prendersi una strigliata da Mr Triangolo Equilatero, ma con la testa non era al locale. E come avrebbe potuto?
I pensieri continuavano a tornare a quel bacio incandescente sulla panchina che lei e James si erano dati e subito dopo a quello che lui le aveva dato quando si erano salutati.
Inutile dire che Amanda si aspettava di vederlo entrare da un momento all'altro con il suo cappellino e gli occhi da sole che celavano quegli occhi verde bottiglia che l'avevano incatenata per tutta la serata.
Sperava di sentire il suo profumo di nuovo vicino e desiderava vedere la sua bocca distendersi in uno dei sorrisi più rilassati di sempre.
Cercò di scacciare quei pensieri, ma non le fu per niente facile,  tanto che era quasi riuscita a rovesciare quel cappuccino dalle assurde pretese addosso al cliente più stronzo di tutti i tempi.
 
 
James aveva deciso che non sarebbe andato al Caffè.
Per nulla al mondo avrebbe fatto la figura del disperato che vedeva la stessa donna per due volte di fila e dopo nemmeno venti ore di distanza tra un incontro e l'altro. Diavolo, non ci aveva nemmeno fatto sesso!
Se avesse continuato di questo punto, le avrebbe fatto credere chissà cosa e invece lui voleva..
Voleva cosa?
Sbuffando si rigirò nel letto e richiuse gli occhi, cercando di prendere sonno.
Rimane per tre minuti buoni immobile, focalizzandosi sul pensiero di prendere sonno e riposarsi ancora, visto che non aveva nulla da fare quel giorno, ma Morfeo non ne voleva sapere di fargli visita.
James si rigirò  a pancia in su, con gli occhi fissi sul soffitto e contando tute le pecorelle del gregge del pastore che era il vicino di casa della nonna che abitava in campagna.
Ma le pecorelle, anche se sembrava molte, non erano bastate a farlo addormentare.
Passò allora a fare la conta di tutte le donne con cui era andato a letto, decidendo di partire dalla sua prima volta.
Monica Albert: belle tette, ma i capelli sembravano una balla di fieno.
Eloise Stanford: gambe lunghe, culo alto, seno della giusta misura.. tutto bene fino a qui, se non fosse stato per la sua dentatura da cavallo.
Lisa McCarty: non troppo alta, ma tutto sommato un bel fisico. Bella anche di faccia e capelli profumati. Con Lisa, James aveva alzato i suoi standard e poteva dire che dopo di lei, aveva avuto solo donne dall'aspetto notevole.
Jessica Stanley: bionda e occhi azzurri. Tette rifatte, ma talmente belle che ci era passato sopra.
Joanna Monroe: una rossa tutto fuoco.
Michelle Monroe: la sorella di Joanna. Diciamo che James era curioso di scoprire chi delle due sorelle fosse più scatenata a letto.
Elizabeth Bennett: lei doveva ammettere di essersela scopata solo per il chiaro riferimento ad Orgoglio e Pregiudizio. Non che la ragazza fosse brutta, ma era.. insignificante. O almeno lo era stata fino a quando non aveva aperto le gambe.
Adele Smith: il migliore sesso orale della sua vita.
Kate Sanders: per Kate non c'erano davvero parole. Quella ragazza era stata perfetta sotto tutti i punti di vista possibili ed immaginabili, ed era per questo che tra di loro era andata avanti per sei mesi. Non si trattava di vero amore, né tanto meno di affetto o tutte quelle stronzate sentimentali. Kate era semplicemente la migliore che si potesse trovare sulla piazza per potersela spassare tra le lenzuola, e tra di loro era durata fino a quando lei aveva deciso di fidanzarsi e fare le cose con una certa serietà con il suo futuro marito.
Brenda Stevenson: la femminista convinta. Ricordava ancora la sua vagina non depilata e doveva ammettere che all'epoca la cosa lo aveva eccitato talmente tanto che quasi se ne vergognava.
Caroline Ramonez: quel suo accento ispanico che la rendeva così sexy, James si era dovuto trattenere dal proporle di fare sesso subito, nel bagno di quel locale o magari nella sua auto.
Soledad Lopez...
Il suo cellulare squillò, strappandolo dalla conta delle donne con cui si era intrattenuto intimamente.
< Pronto? > la sua voce era ancora roca dal sonno.
< Finalmente ti degni di rispondere, figlio scapestrato > lo riprese sua madre.
< Buongiorno anche a te >
< Ti chiamo da giorni e mi risponde sempre la tua stupida segreteria. In che guaio ti sei cacciato questa volta? >
< In nessuno >
Sentì un fruscio d'aria provenire dall'altro capo del tavolo. Capì al volo che sua madre stava per ribattere qualcosa, ma era stata sorpresa dalla sua risposta ed aveva richiuso la bocca.
< Sul serio? >
< Sì, mamma > alzò gli occhi al cielo. Com'era possibile che quella donna lo facesse sentire sempre come l'adolescente colto in fallo?
< Bene. Era ora che tu diventassi un uomo, anche se ti ci vorrebbe una donna accanto per poter completare la trasformazione >
< Mamma.. >
< A questo proposito, la figlia di Mary McCall, Claire, è single sai? È una bella ragazza, si è appena laureata in letteratura e vuole fare l'insegnante > lo informò.
James fece un rapido controllo mentale e si rese conto che non era mai stato a letto con un'insegnante e che quella era assolutamente una fantasia che avrebbe dovuto mettere in pratica prima di morire.
< Sei ancora in linea? > sua madre lo riportò sulla terra.
< Sì > sbuffò.
< Allora? Quando vieni a pranzo da me? Potrei farti conoscere Claire >
< È proprio necessario, mamma? >
< Hai intenzione di farmi diventare nonna, prima o poi?  > ribatté lei.
< E questo cosa c'entra? >
< Come posso diventare nonna se non hai una fidanzata? >
< Andiamo, mamma! Sono troppo giovane per fare il padre >
< Giovanotto, io e tuo padre alla tua età... >
James staccò il cervello e lasciò che sua madre iniziasse a parlare da sola, raccontando cosa lei e suo marito erano stati capaci di ottenere e con quali sacrifici e con quante aspettative e amore, mentre lui era niente più che un guscio d'uomo con avventure promiscue e poco raccomandabili. C'era da chiedersi come fosse anche solo lontanamente possibile che lui fosse il figlio legittimo della coppia perfetta.
< Okay, okay, mamma > la interruppe. < Quando sarebbe questo pranzo? >
< Domani >
< Domani? > quindi era tutto già organizzato. Odiava quando sua madre faceva così. Non poteva prima chiedere quando lui aveva le giornate libere, in modo da non dovergli scombinare tutti i piani?
< Non posso > le disse.
< La tua agenda dice che non hai nulla da fare >
< Tu come fai a sapere della mia agenda? > scattò a sedere e decise di andare a controllare dove avesse lasciato quel taccuino.
< Tesoro, oggi è tutto online e io ho la password della tua mail > le disse lei con un tono esperto.
James si fece un appunto mentale: cambiare tutte le sue password e non scrivere mai più i suoi appuntamenti sul palmare. < Questa è violazione della privacy >
< Sei mio figlio >
< Non c'etra nulla. Potrei avere delle cose di cui nessuno dovrebbe sapere, te compresa >
< Allora faresti meglio a non scriverle da nessuna parte > ribatté lei.
James fece un respiro profondo. Era veramente troppo presto per avere una conversazione con sua madre e il suo cervello non ancora pronto a dare risposte pungenti come quelle che gli stava dando la donna all'altro capo del telefono. < Va bene, mamma. Dimmi a che ora devo essere a questo dannato pranzo e ci sarò > si arrese.
< All'una, qui da noi. Non tardare > disse vittoriosa.
Era vero, si era ripromesso di non andare al Caffè quella mattina per evitare di vedere Amanda, ma voleva andarci il giorno seguente. Giusto per vedere la reazione della ragazza quando sarebbe entrato, per capire se i suoi occhi verd'azzurri si sarebbero accesi come era successo la sera precedente, per vedere se gli avrebbe rivolto ancora uno dei suoi sorrisi radiosi.
Inutile prendersi in giro: James aveva fatto un patto con sé stesso. Non sarebbe corso da lei la mattina dopo il loro appuntamento, ma la domenica sarebbe andato da lei e le avrebbe proposto di rivedersi ancora. Magari questa volta una cena e una passeggiata o quello che più piaceva ad Amanda, purché lei accettasse di passare un'altra serata insieme.
Adesso invece doveva rinunciare ad andare da lei l'indomani: sua madre abitava a quattro ore di distanza e se voleva arrivare per l'una doveva partire alle nove di mattina, e poi doveva fare benzina, caricare la macchina, controllare le gomme..
Entrò nella doccia e lasciò che l'acqua iniziasse a scorrergli sulle spalle per poi scivolare lungo tutto il resto del suo corpo. Avrebbe fatto un discorso a sua madre non appena fossero rimasti da soli, di questo era sicuro.
 
James parcheggiò l'auto nel vialetto  e rimase dentro l'abitacolo, con l'aria condizionata che ancora andava, ad osservare la casa.
Era un immobile a due piani, piuttosto grande e con i mattoni rossi in bella vista. Un roseto costeggiava la parte laterale dell'abitazione ed il giardino era perfettamente curato. Era in quei dettagli che si poteva notare la maniacale attenzione per i dettagli di sua madre.
Spense il motore e scese dall'auto. Recuperò il suo borsone e si diresse verso l'ingresso.
Salire quei gradini che lo separavano dall'irruenza di Cicy, sua madre, gli costarono una fatica immensa. Non perchè non fosse felice di rivedere la donna, ma perchè entrare in quella casa significava non vedere suo padre e suo fratello.
Si prese ancora un momento prima di entrare, usando le sua chiavi, e decise di lasciare i ricordi dolori fuori dalla sua testa, almeno per quella giornata.
Avrebbe fatto felice sua madre, si sarebbe comportato da gentiluomo con Claire e se magari le cose si sarebbero svolte a suo favore ci avrebbe potuto guadagnare una sveltina nella sua vecchia camera. Il giorno dopo sarebbe ripartito per casa sua e avrebbe ripreso il suo tran - tran.
Avrebbe persino potuto promettere a sua madre che l'avrebbe chiamata più spesso, se questo serviva a tenerla ben distante dalla sua vita sentimentale, ma per il momento doveva affrontare quel pranzo.
La porta si spalancò e una donna dai folti capelli neri, raccolti in uno chignon  basso, con qualche ciocca che era sfuggita alla stretta a incorniciarle il viso, e due grandi occhi verdi bottiglia lo esortò ad entrare in casa.
< Non sta bene rimanere lì impalato sulla porta > lo rimproverò.
< Ciao, mamma > si chinò per baciarle una guancia morbida.
< Che figura avremmo fatto se Claire e i suoi genitori sarebbero arrivati? > continuò lei.
< Sì, sto bene e ti trovo in splendida forma >
Lei lo fissò per un momento, decidendo se fosse o meno il caso di rimbeccare il figlio a proposito del suo sarcasmo, ma quando vide che la stava fissando con un sorriso a stento trattenuto, decise che no era il caso di continuare su quella linea.
< Avanti, su. Dimmi come stai > gli fece cenno di seguirla in cucina e di iniziare a parlare.
James posò il borsone su una sedia del tavolo della stanza e poi guardò sua madre destreggiarsi tra i fornelli.
< In quanti saremo, esattamente? > le chiese
< Io, tu, Bob, Mary e suo marito e Claire. In sei, caro >
< E Bob dov'è? >
< L'ho mandato a comprare il vino >
Bob era il compagno di sua madre.
James non le faceva una colpa perchè lei aveva deciso di rifarsi una vita. Non lo avrebbe mai fatto, considerando che lui c'era e sapeva quanto sua madre fosse stata male in quel periodo, quanto avesse sofferto, quanto aveva pianto quando credeva che lui non la sentisse.
Era contento che lei ora fosse felice, ma lui non riusciva a trattarlo come avrebbe voluto Cicy. A stento gli faceva più di qualche domanda e se Bob cercava di avere una conversazione con lui, James la faceva cadere in pesanti silenzi o risposte poco gentili.
Non era un uomo cattivo e lui non aveva praticamente nulla contro Bob, ma non riusciva a comportarsi diversamente.
< Capito >
Cicy si voltò verso il figlio e lo fissò negli occhi. < Questa volta non ci saremo solo noi e i nostri ospiti non sono persone della famiglia, pronte a perdonarti ogni battutaccia >
< Quindi? > James aveva capito dove la mamma voleva andare a parare e farglielo dire gli procurava una certa soddisfazione da adolescente scapestrato.
< Comportati bene con Bob > gli puntò contro il mestolo di legno.
James alzò le mani in segno di difesa. < Ci proverò >
Cicy tornò a prestare la sua attenzione alle pentole e gli chiese come mai si fosse portato il borsone.
< Pensavo di approfittarne per dormire qui stanotte e partire domani mattina > le spiegò.
Le si illuminarono gli occhi. < Un'idea magnifica! Se me lo avessi detto avrei fatto in modo che Claire ti portasse un po' in giro >
James rimase scioccato da quella sua uscita. Possibile che volesse così disperatamente un nuora? Era arrivato il momento di farle il discorso.
< Mamma, senti.. >
Fu interrotto da Bob che entrava sbattendo la porta di casa e urlava a gran voce: < Sono tornato >
< In cucina, Bob! > gli rispose lei.
Lui fece il suo ingresso sventolando due bottiglie di vino rosso e un sorriso affabile sulle labbra.
Quell'uomo non aveva niente che non andava, solo che in quel momento James lo stava odiando profondamente. Doveva mettere dei paletti ai desideri di sua madre e non poteva farlo se lei aveva dalla sua parte un alleato come Bob.
< Ciao, Bob >  tentò di sorridergli, ma quello che riuscì a fare fu un ghigno molto spiacevole da vedere.
< Come va, ragazzo? >
< Bene > niente "grazie", niente "e tu?". Niente di niente.
Cicy gli lanciò un'occhiata ammonitrice e James alzò gli occhi al cielo.
Il campanello suonò e James capito che era arrivato il momento di entrare in scena. Prese un respiro profondo e cercò di ricordarsi che quella tortura sarebbe finita presto.
Seguì sua madre e Bob fino all'ingresso e quando la famigliola felice fece il suo ingresso per poco James non scoppiò a ridere.
Sembravano una di quelle ridicole famiglie di cui tutti ridono quando se ne riporta lo stereotipo nei film comici. Mr McCall indossava una camicia a maniche corte bianca che non impediva di vedere l'orribile canottiera della salute, pantaloni neri troppo grandi per lui e degli occhialetti rotondi che stonavano sul suo faccione.
Mrs Mary McCall e sua figlia Claire, invece, sembrava avessero indossato il vestito buono della domenica che di solito si usa per andare in chiesa.  La giovane McCall tra i capelli aveva addirittura dei nastrini azzurri, abbinati con il colore dei fiorellini stampati sul suo abito a ruota, molto anni cinquanta.
James si chiese se per caso non fosse uno scherzo e se da un momento all'altro sarebbero saltate fuori le telecamere per avvisarlo di essere su Candid Camera.
No, niente operatori, solo sorrisi da ottomila watt e spirito da puritani.
< Cecilia, grazie per averci invitati > squittì Mary McCall.
Bob strinse la mano a Mr McCall e James decise di rimanere in disparte fino a quando non l'avrebbero presentato.
Ebbe modo di notare in questo modo che Claire non era una brutta ragazza. Forse un po' troppo bassa per i suoi standard, con gli occhi troppo piccoli e ravvicinati tra di loro, ma nel complesso, se l'avesse incontrata in un bar e se lei avesse indossato qualsiasi altra cosa invece di quell'assurdo abito, probabilmente avrebbe cercato di avvicinarla. Ma in quel momento, nell'immagine complessiva che stava avendo di quella famiglia stile Mulino Bianco di sessant'anni prima, l'unica cosa a cui riusciva a pensare, erano le ore che mancavano perchè potesse tornare a casa sua.
< Claire, cara, lui è mio figlio > esordì sua madre, e poi come se si trattasse di una cosa di vita di morte, impose a tutti di prendere posto a tavola, mentre lei finiva di preparare le ultime cose.
 
< Allora, com'è la città? > gli chiese McCall, che scoprì si chiamasse Steve.
< Grande > rispose ironicamente James e sentì Claire ridacchiare. Quindi nonostante la facciata da santarellina la ragazza sapeva cogliere le sfumature ironiche di una battuta.
< Sì, vero? Dico sempre a Mary che un giorno dovremmo andare a visitarla ma non mi dà mai retta >
< Non ce n'è il tempo, caro > rispose la moglie.
< Ora che Claire non studia più abbiamo molto meno di che occuparci >
< Oh, sai, tesoro > Cicy si rivolse al figlio. < Claire è laureata in letteratura >
< Ma davvero? > James posò i suoi occhi sulla ragazza e la vide arrossire.
I capelli scuri rimanevano perfettamente arricciati e acconciati con quei ridicoli nastrini, mentre i suoi occhi scuri continuavano a guizzare da una parte all'altra pur di non incontrare quelli di James.
Dio, che fosse ancora una verginella? E sua madre voleva farlo accasare con una timidona del genere?
< Sì > rispose piano Claire.
< E lavori già? >
< No > scosse la testa
Aveva intenzione di rispondere per sempre a monosillabi? James la scrutò meglio in viso e questa volta Claire non abbasso lo sguardo, ma arrossì violentemente, diventando quasi viola.
< Vorrebbe provare a fare qualche giro in città e lasciare il suo curriculum > Mary andò in soccorso della figlia.
< Ottima idea > James annuì, pensando in realtà che se anche nel lavoro avesse bisogno dell'aiuto di sua madre  sarebbe stata un'impresa per quella ragazzina riuscire a fare qualcosa autonomamente nella vita.
< Visto che abiti in centro potresti aiutarla, non credi? > Cicy si rivolse al figlio.
James la fucilò con lo sguardo ma si trovò obbligato a rispondere: < Certo > e a fingere un sorriso di circostanza.
E poi iniziarono tutta una serie di domande personali e imbarazzanti.
< Sei fidanzato? > gli domandò Mary.
James avrebbe voluto dire di sì solo per togliersi dall'impiccio, ma poi avrebbe dovuto sorbirsi ore e ore di interrogatorio da parte di sua madre e dell'immensa figuraccia che le avrebbe fatto dare. < No > sorrise affabile.
In fondo lui e Amanda non stavano assieme. Non avevano nemmeno fatto sesso!
< Non c'è nessuna donna speciale nella tua vita? >
James sorrise furbamente. < Certo che c'è >
Cicy fece scattare la testa verso di lui. < Chi è? >
< Se ti dicessi che sei tu, mi crederesti? > le domandò.
< Ovviamente no >
< Allora continuerò a mantenere il mio segreto > le sorrise ancora. Rispondere in quel modo lo stava divertendo da matti.
< Vivi da solo >
< No, ho dei coinquilini: ragni e qualche scarafaggio di tanto in tanto > mentì.
< Dovresti chiamare la disinfestazione > se ne uscì Bob.
< Mi fanno compagnia > rispose acidamente.
Sentì qualcosa colpirgli lo stinco e ci mise un attimo a capire che quel calcio provenisse da sua madre.
Okay, aveva promesso che si sarebbe comportato da gentiluomo e che avrebbe lasciato in pace Bob, lo ammetteva, ma era troppo divertente vedere le facce prima ammaliate e poi sbigottite di Steve e Mary McCAll.
< Allora, si guadagna ancora bene nel tuo settore? > gli chiese Steve.
Quella, James lo capì al volo, era una domanda decisamente diversa. "Saresti capace di mantenere dignitosamente mia figlia?".
Si innervosì per quella domanda così personale e sua madre parve capirlo, così che cercò di riparare la situazione. < Tesoro, mi vai a prendere la salsa tonnata che ho lasciato sul bancone ? >
James accettò immediatamente. < Sì > Si alzò da tavola velocemente ed entrò in cucina.
Avrebbe preso sicuramente la salsa tonnata a sua madre ma prima aveva bisogno di una sigaretta.
Uscì sul portico che dava sul retro della casa e si sedette su uno dei gradi in legno. Accese la sigaretta ed aspirò piano.
Quella situazione lo stava innervosendo a dismisura. Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo, quando erano i genitori ad organizzare i matrimoni dei figli, che loro fossero innamorati della persona che veniva proposta o meno.
Peccato che fossero nel ventunesimo secolo e che lui fosse un uomo adulto di ventisette anni, capace di decidere se desiderasse sposarsi o continuare a cambiare donna tutte le sere.
Aspirò di nuovo e gli venne da chiedersi cosa stesse facendo in quel momento Amanda e quanto avrebbe riso lei se avesse saputo della terribile pensata di sua madre.
Sarebbe stata più d'accordo con lo stile di sua madre o con il suo?
James decise che c'era un solo modo per scoprirlo: afferrò il telefono e la chiamò.
Il telefono squillò sei volte prima che Amanda si decidesse a rispondere.
< Ciao > disse, con un tono di voce sorpresa.
James si sentì percorrere da uno strano brivido e cancellò tutti i suoi pensieri, persino quello di sconvolgere la piccola e innocente Claire con una sveltina nella sua camera da ragazzino.
< Ciao > James aspirò ancora e poi gettò la sigaretta per terra. < Allora, ho una domanda >
< Ah sì ? > Amanda ora sembrava un po' delusa, ma James continuò a parlare.
< Sì. Sei più d'accordo con i matrimoni combinati o con lo spassarsela senza tanti pensieri? >
< Cosa intendi con "spassarsela senza tanti pensieri"? >
< Come posso dirlo elegantemente? > James chiese più a sé stesso che a lei. < Andare di fiore in fiore? > tentò.
Amanda ridacchiò. < Ok, ci sono >
< Allora? >
< È una domanda strana > gli disse.
< Lo so, ma tu rispondi >
Amanda ci pensò un attimo. < Credo di non essere d'accordo né con l'una e nemmeno con l'altra > disse poi.
James rimase spiazzato da quella sua risposta. < E cosa credi, allora? >
< Credo che ci si possa divertire parecchio anche con una sola persona, senza bisogno di andare di fiore in fiore e lasciando fuori i propri genitori >
James sorrise. Amanda l'aveva sorpreso ancora una volta.
< Quindi non c'è bisogno né di farsi incastrare da delle mamme parecchio intraprendenti, né tanto meno scoparsi l'intero globo. Ho capito bene? > le chiese.
< Esatto >
James poté percepire il suo sorriso. < Sì, credo che questa risposta mi piaccia >
< Posso farla io una domanda, ora? >
< Tecnicamente credo che tu l'abbia già fatta >
Amanda rise e James le accordò il permesso.
< Perchè hai sentito il bisogno di chiamarmi per farmi questa domanda? >
James fissò l'altalena arrugginita su cui lui e suo fratello erano soliti giocare quando erano bambini e per un momento avrebbe voluto dirle tutta la verità, ponendo fine alle omissioni che aveva con Amanda. Poi si rese conto che se l'avrebbe fatto, quella conversazione piacevole non ci sarebbe mai stata.
< Non indovineresti mai in cosa sono stato incastrato >
< Mettimi alla prova > lo sfidò lei.
< Mia madre crede che io abbia bisogno di una moglie > tentò.
Amanda non capì subito a cosa si stesse riferendo. < E quindi? >
< Quindi sono nella casa in cui ho vissuto da bambino, ad un pranzo con la famigliola felice e una ragazza che con ogni buona probabilità è ancora vergine e mia madre vuole accollarmela >
Amanda scoppiò a ridere. < Scusa, quanti anni hai detto di avere? >
< Non c'è nulla da ridere > borbottò lui.
< No, no. Hai ragione > ma lei proprio non riusciva a controllare le sua risate.
James si lasciò coinvolgere dal suo buon umore e rise anche lui a sua volta.
Quando la smisero di fare battute su ogni tipo su quel pranzo, James non riuscì a vincere la sua curiosità e le chiese quello che gli stava frullando per la testa.
< Non sei gelosa? >
Amanda rimase spiazzata. < Di cosa? >
< Insomma, qui stanno cercando di ammogliarmi e io e te.. sì, insomma noi.. >
< Siamo usciti insieme? > Amanda gli andò incontro. Le pareva quasi strano vederlo così spaesato, di solito lui sembrava sempre così sicuro di sé.
< Sì. E ci siamo baciati > le ricordò.
< Lo so >
< Quindi.. Non sei gelosa? > chiese ancora.
< Diciamo che il fatto che tu mi abbia chiamata, proprio mentre sei a questo pranzo mi aiuta a non esserlo > disse sinceramente.
James era colpito dalla sua ammissione. Dove era la ragazza ritrosa che aveva avuto modo di vedere durante quei giorni? Probabilmente stava scomparendo. O magari era scomparsa due sere prima, quando erano usciti assieme e lei era stata esattamente l'opposto di quello che James aveva immaginato.
< In ogni caso non ci sarebbe motivo per essere gelosi >
< Bene > disse Amanda, ma a James parve fosse distratta.
< Devo andare. Scusa, ma sono a lavoro > gli disse poi.
< Va bene > James sospirò.
< Ci sentiamo >
< Amanda? > la richiamò lui.
< Sì? >
< Ti va di vederci ancora? Magari venerdì? >
Amanda rimase per un momento in silenzio. < Va bene >
< Passo a prenderti io e non accetto scuse. > James chiuse la comunicazione prima che lei potesse sognarsi di rifiutare il suo invito o accampare un'altra assurda pretesa di muoversi con la sua auto.
In fondo aveva ragione: si poteva trovare una mezza via tra i matrimoni combinati e il cambiare donna ogni notte. Doveva solo scoprire se Amanda era pronta a fare il salto nel vuoto con lui, perchè James aveva deciso che per lei, e con lei, valeva la pena tentare. 





NDA
Ciao a tutte! 
Lo so che vi ho fatto aspettare parecchio ma sono stata super incasinata con gli esami, ora sono finiti e oggi mi sono dedicata alla scrittura di questo capitolo che spero vi piacerà!! 
Aspetto le vostre recensioni!;) 
Bacio, 
C

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Capitolo 17
*** DOBBIAMO PARLARE ***


Amanda non riusciva a fare a meno di pensare alla telefonata che aveva ricevuto da James.
Doveva concentrarsi sulla lotta che Connor l'aveva obbligata ad inscenare, visto che si stava annoiando e voleva a tutti i costi qualcuno con cui passare un po' di tempo prima di andare a letto, ma con la testa Amanda continuava a tornare a quella conversazione.
Era piuttosto soddisfatta delle risposte che aveva dato a James e doveva ammettere che era vero: lei non era gelosa. Doveva anche ammettere a sé stessa che si era immaginata la ragazza con cui la madre di James lo aveva obbligato a pranzare come una sorta di scherzo della natura: dentoni da castoro, brufoli rossi e grossi sparsi su tutto il volto, sopracciglia folte e non curate, baffetto accentuato, occhi piccoli e un paio di occhiali da segretaria degli anni trenta a completare il tutto.
Si rendeva conto di essere abbastanza crudele, considerando la sua fantasia, ma insomma, che genere di ragazza di faceva ancora programmare gli appuntamenti di questi tempi?
< Mamma! Ti ho battuta di nuovo! > Connor le lanciò un'occhiataccia e le indicò la difesa di soldatini totalmente spazzata via.
< Sei davvero forte > lei gli scompigliò i capelli e poi iniziò a risistemare i soldati di plastica.
< Sei tu che mi fai vincere a posta! > piagnucolò lui, ferito dal comportamento della madre.
Amanda lo guardò con indulgenza. Non lo stava facendo vincere, lei proprio non stava giocando.
Connor sbuffò  mentre raccoglieva il suo esercito.
< Prometto che adesso mi impegno > Amanda si posò una mano sul cuore.
< La mamma di Josh non gioca mai ai soldati con lui > disse d'un tratto il bambino.
< Ah, no? > Amanda si chiese dove volesse andare a parare quella volta sua figlio.
< No. Ma suo papà sì. Lui è un tipo fico >
La donna tenne lo sguardo basso mentre continuava a sistemare  il campo di battaglia.
Era da quando c'era stato il giorno dei papà all'asilo che Connor non nominava il padre, ed Amanda sapeva bene che la tregua che le aveva concesso era durata decisamente molto, se si guardavano i precedenti.
Sapeva che prima o poi il bambino sarebbe saltato fuori con quell'argomento, soprattutto ora che stava trascorrendo molto tempo con Josh e la sua famiglia, ma cosa avrebbe dovuto fare? Evitare tutte le domande di Connor, o peggio ancora, smetterla di farlo andare a casa di Hanna?
Rimase in silenzio ed aspettò che fosse lui a parlare ancora.
< Oggi abbiamo giocato a basket insieme. Josh non è tanto bravo, ma  però sa giocare bene.. >
 < Non si dice "ma però", Con. O dici ma, o dici però > lo bloccò Amanda.
Lui aggrottò le sopracciglia, non capendo perchè la madre lo avesse rimproverato così e poi riprese da dove era stato bloccato. < Josh è più bravo a football e io sono bravo a calcio, invece. >
< Come mai avete giocato a basket, allora? >
Gli occhi a mandorla di Connor la fissarono scocciati. < Perchè il suo papà ha giocato con noi e lui è bravissimo a quel gioco > le disse con tono annoiato, come se la madre non avesse prestato attenzione alle sue parole fino a quel momento.
< Capito > disse sbrigativa Amanda.
Connor la guardò per un attimo prima di abbassare lo sguardo e afferrare un soldatino verde scuro.
< Mamma? >
< Dimmi, Con >
< Tu sei brava in qualche sport? >
Amanda si sentì percorrere dallo sconforto. Lei non era in brava nessuno sport, ma avrebbe potuto benissimo fare la telecronaca di una qualsiasi partita di calcio, visto tutte le volte che aveva sentito Luca parlare di passaggi, palleggi, cross, assist e chi più ne ha più ne metta. < No > rispose dopo un attimo.
Quando parlò, il tono di Connor era incerto. < Okay >  disse, ed Amanda capì che avrebbe voluto chiederle altro.
< Cosa volevi domandarmi, amore? >
Il bambino tenne la testa bassa, nascondendo gli occhi alla madre e dandole modo di poter vedere solo la massa riccia e scura dei suoi capelli.
Amanda prese un respiro profondo e poi decise che non doveva mettersi alla pari di suo figlio, che fra i due era lei l'adulta e che era giusto dirgli quello che voleva sapere, anche se non aveva fatto nessuna domanda.
< Il tuo papà era molto bravo a calcio, proprio come te > la sua voce era incrinata e dovette combattere contro sé stessa per evitare di scoppiare a piangere.
Connor alzò di scatto la testa e la guardò dritto negli occhi. < Davvero? >
< Sì >
< Bravo quanto? > l'eccitazione nella sua voce era quasi palpabile.
Amanda sorrise.  < Era il migliore. Aveva appena iniziato a giocare con il Socc >
Quando sentì pronunciare quella squadra di calcio, Connor si alzò in piedi repentinamente e corse a prendere il suo album di figurine delle migliori squadre del paese.
Tornò con le guance che si stavano arrossando per l'eccitazione e gli occhi accesi d'interesse. Aprì una pagina e la mise sotto il naso della madre. < L'anno scorso hanno vinto lo scudetto > le disse tutto agitato.
< Qual è papà? >
Ad Amanda si strinse il cuore e non fu più capace di trattenere oltre una lacrima, che scivolò lungo la sua guancia.
Prese l'album dalle mani di Connor e lo chiuse, per poi appoggiarlo per terra e afferrare le mani di Connor tra le sue.
< Con, ti ricordi cosa ti ho detto una volta a proposito di papà ? >
Il volto del bambino si rabbuiò. Annuì e i suoi occhi divennero più lucidi.
Amanda doveva farglielo dire, per rendersi conto anche lei che fosse effettivamente così. < Cosa ti ho detto? >
< Che papà adesso è in cielo, assieme a tanti altri papà e bambini e mamme e nonne e nonni >
< Esatto >
Il labbro inferiore di Connor tremò. < Ma magari ti ha detto una bugia per andare a giocare a calcio, così tu non lo rimproveravi perchè non era mai qui > tentò.
< Vorrei tanto che fosse così > mormorò Amanda.
Connor trattenne il fiato. < Non è giusto > urlò poi, quando Amanda cercò di abbracciarlo.
Sgusciò via dalle braccia della madre e corse nella sua stanza. Amanda sentì la porta sbattere e poi una serie di oggetti che venivano scagliati ovunque.
Si chiese distrattamente se Connor avesse fatto fare la stessa fine anche alla fotografia che lo ritraeva con Luca.
S'alzò lentamente e facendosi coraggio aprì la porta della camera del bambino.
Connor non stava piangendo, né tantomeno urlando. Stava semplicemente afferrando tutto quello che gli capitava sotto mano per scagliarlo contro i muri della sua cameretta e contro l'armadio.
< Connor > lo chiamò per la prima volta.
Un camion dei pompieri venne scagliato contro la finestra, che vibrò spaventosamente.
< Connor! >
Questa volta furono una manciata di mosti colorati ad essere sballottolati da un estremo all'altro della stanza.
< Connor. Connor! > urlò Amanda.
Lui si voltò verso di lei; era rosso in viso ed aveva il fiatone. < Non voglio che il Socc abbia vinto il campionato senza il mio papà >
Amanda dovette chiudere gli occhi ed appoggiarsi alla maniglia della porta per potersi fare forza.
< Mi hai sentito, mamma? Dobbiamo andarlo a prendere. Adesso. > afferrò il suo giacchino in jeans e se lo infilò alla svelta. < Andiamo a prendere papà e poi insieme andiamo alla Socc >
< Togli la giacca, Connor. Non possiamo andare a prendere papà > il suo tono di voce era troppo basso e per un momento pensò che suo figlio non l'avesse sentita.
< Muoviti, mamma > Connor si avviò verso la porta di ingresso ed Amanda gli corse dietro.
Il bambino uscì fuori di casa, lasciandosi Amanda dietro. Lei non poté fare altro che afferrare il mazzo di chiavi e sbattere la porta per poi rimanere a fianco del bambino.
< Dove andiamo, Connor? > gli parlò piano, come se avesse uno strano esemplare di animale non ancora riconosciuto.
< A prendere papà, ma io non so la strada. Tu la sai? >
Amanda pensò un momento a cosa avrebbe dovuto dire per convincerlo a rimanere in casa, per evitare di fare scenate, per evitare che lui scoppiasse ulteriormente e per di più in mezzo alla strada.
Da brava madre avrebbe dovuto abbracciarlo stretto e consolarlo, dicendogli che anche se erano solo loro due contro il mondo ce l'avrebbero fatta lo stesso, e magari avrebbero fatto anche di meglio. Invece rimase con gli occhi incollati sullo sguardo color cioccolato di suo figlio e decise che non era giusto ingannarlo in quel mondo, anche se aveva solo cinque anni.
Connor doveva rendersi conto di quello che era successo nella sua vita, del perchè lui fosse tanto diverso rispetto a tutti gli altri bambini.
Prese coscienza di stringere tra le mani il mazzo di chiavi a cui erano appese anche quelle della macchina e afferrando la mano di Connor, decise che sarebbero andati nell'unico posto in cui lui si sarebbe potuto rendere conto di cosa stava succedendo.
 
Come al solito, Amanda si era recata in quel posto quando la luce del sole non c'era e doveva accontentarsi dei raggi della luna e del contributo artificiale delle lampadine dei lampioni.  
Non era però la mancanza di visibilità che la rendeva così nervosa, quanto piuttosto il fatto che fosse lì con Connor. Il bambino ci era stato una sola volta, durante il funerale ed aveva pianto così tanto che Amanda si era ripromessa che non lo avrebbe mai più portato con sé sulla tomba del padre.
Si mise Connor in spalla e gli disse di tenersi stretto mentre lei scavalcava il primo muretto. Subito dopo estrasse fuori le chiavi che il custode teneva nascoste sotto una pietra e si incamminò verso il secondo cancello per poterlo aprire.
Quello era un perfetto scenario da film horror e detestava il fatto di dover sottoporre il suo bambino ad una tale vista e proprio di sera, quando ormai il buio era già calato. Quella però era una cosa che andava fatta e Connor non pareva affatto impaurito. Era arrabbiato - molto arrabbiato - ma non spaventato.
Amanda lo condusse fino alla lapide di Luca.
Istintivamente si chinò per baciare la fotografia racchiusa nell'ovale plastificato ed accarezzò le parole che aveva fatto apporre.
< Cos'è questo posto? > le chiese Connor.
< Questo è un cimitero > disse Amanda.
< E che cos'è? >
< È il posto in cui vengono tutte le persone che come papà vanno in cielo >
< Ma io non vedo nessuno in giro > Connor parlò ingenuamente e Amanda sentì le sue labbra incurvarsi in un sorriso triste.
< Lo so >
< E allora dove sono tutte queste persone? >
< Non ci sono più >
Connor parve disorientato. < Sono andate da un altra parte? >
Amanda si chiese se non fosse stato il caso di fargli sapere una notizia simile tramite uno specialista. Magari una psicologa infantile, o qualcuno che lavorava in quel campo. Di certo avrebbero avuto più tatto di lei.
Si sedette sul piano di marmo della tomba di Luca e batté con la mano accanto a sé, indicando a Connor cosa fare. Il bambino seguì le sue istruzioni e si sistemò accanto alla madre.
< Connor, papà è andato in cielo >
< Me lo hai già detto > lui sbuffò.
Amanda cercò di spiegarsi meglio. < In cielo c'è il paradiso, e quando vai in paradiso poi non puoi più tornare indietro >
Il bambino era decisamente confuso. < E allora perchè hai detto che papà è qui? >
< In un certo senso papà è sia qui che in paradiso >
< Ma non può essere qui e lì > disse indicando il cielo.
< Ma quando vai in paradiso questa è una cosa che puoi fare >
In qualunque altro momento, Amanda avrebbe riso dell'espressione sconcertata e confuso di Connor. Quella sera però avrebbe solo voluto piangere.
< Connor, papà è morto > disse brutalmente.
Il bambino spalancò gli occhi. < Per sempre? >
Amanda annuì soltanto e poi si trovò a dover consolare un bambino distrutto dal dolore, che non capiva perchè il suo papà fosse in due posti contemporaneamente.
 
< Sta arrivando un treno carico carico di.. > Amanda fermò il cucchiaio colmo di pastina al formaggio filante davanti alla bocca di Connor, aspettando che lui la aprisse per poterlo imboccare.
Il bambino fecce una serie di capricci, spostando la testa a destra e a sinistra, stringendo forte le labbra e per Amanda fu impossibile farlo mangiare.
L'unico che riusciva a fargli andare giù i pasti era Luca e a volte quello era un problema, soprattutto quando Luca aveva una partita proprio durante l'orario in cui Connor avrebbe dovuto cenare o pranzare.
Il bambino si intestardiva talmente tanto che era capace di rimanere per ore con le labbra strette, in modo da non essere colto di sorpresa dalla madre che poteva infilargli il cucchiaio in bocca in ogni momento buono, costringendolo a mangiare.
Quella sera Luca sarebbe dovuto tornare a casa prima della cena di Connor ed Amanda aveva fatto una sorta di urletto di gioia, tanto che il suo fidanzato si era quasi offeso.
< Dimmi la verità, Amy. Mi sposerai solo perchè sono l'unico capace di dare da mangiare a tuo figlio > le disse con un sorriso sulle labbra e scuotendo leggermente la testa.
< Punto primo, è anche tuo figlio. > Amanda iniziò a contare sulle dita mentre lo guardava con indulgenza. < < Secondo, ti sposo perchè sei famoso >
< Quasi > la corresse lui
< Quasi famoso >
< E terzo? > indagò Luca.
< Terzo? >
< Non c'è due senza tre > Luca si strinse nelle spalle.
< Il quarto vien da sé > Amanda fece un gran sorriso.
< Avanti, Miss. Mi dica il terzo nobile motivo per cui mi sposerà >
< Perchè sei l'unico capace di dare da mangiare a nostro figlio > gli fece un grande sorriso e poi finirono per fare l'amore.
Ma anche se Luca sarebbe dovuto tornare un'ora prima, di lui non c'era nemmeno l'ombra a casa e Connor aveva ricominciato con il giochino delle labbra strette.
Amanda sbuffò e appoggiò il piatto con la pasta al formaggino sul tavolo. Prese Connor e lo depositò per terra, lasciandolo libero di camminare. Avrebbe mangiato quando sarebbe tornato Luca.
Sentì il suo cellulare squillare e si diresse verso il suono, convinta che si trattasse del suo futuro marito.
Di solito la avvisava prima quando sapeva che avrebbe tardato, ma era possibile che l'allenatore l'avesse trattenuto e lui non avesse avuto il tempo nemmeno per scriverle un messaggio.
Amanda non era il tipo di donna che si allarmava per questo genere di cose, non si insospettiva e non diventava gelosa e Luca aveva sempre detto apertamente di amarla il doppio per quel particolare.
Vide sul display proprio il suo nome e sorrise. < Ti conviene dire che stai tornando a casa perchè Connor non ne vuole sapere di mangiare > disse.
< Parlo con Amanda Allen? > chiese una voce sconosciuta.
Amanda scosse la testa. Era sempre il solito! Lui e la sua voglia di scherzare. < Sì, sono io. Può dire al mio fidanzato che lo stiamo aspettando? >
L'uomo rimase qualche attimo in silenzio. < Temo di non poterlo fare, signora >
< Come, scusi? > Amanda non riusciva a capire cosa intendesse dire.
L'uomo, che poi scoprì essere un agente della polizia, le disse: < C'è stato un incidente, signora >
Le pareti iniziarono a girare velocemente ed Amanda si rese conto solo parzialmente di aver urlato un < No > tanto forte che Connor aveva iniziato a piangere spaventato.
 
 
Amanda infilò il pigiama ad un Connor profondamente addormentato e decisa che quella sera lui avrebbe dormito con lei, sarebbero stato stretti abbracciati assieme e l'indomani mattina non lo avrebbe mandato a scuola.
Decise che avrebbe chiamato uno psicologo e lo avrebbe mandato a fare qualche seduta, in modo che potessero aiutarlo a gestire meglio quella situazione. Avrebbe fatto in modo da non fargli mancare nulla.
Lei sarebbe stata sia la madre che il padre di Connor e se ce ne fosse stato bisogno si sarebbe travestita da uomo, magari in divisa da calcio, per poter alimentare le fantasie del piccolo sul padre che non avrebbe mai potuto conoscere.
Scosse la testa, rendendosi conto di quanto fosse stupida quella idea; sarebbe solo servita a far stare peggio il bambino. Cosa avrebbe pensato?  Che sua madre era una pazza e che ci godeva a farlo stare peggio, psicologicamente parlando.
Ok, non avrebbe fatto nulla di avventato o sciocco. Si sarebbe comportata come aveva fatto fino a quel momento, se non meglio.
La mattina dopo Cassandra arrivò puntuale nonostante lo scarso preavviso che lei le aveva dato.
< Buongiorno > la salutò Amanda.
< Ciao, raggio di sole > disse allegra, lanciando la borsa sul divano.
Amanda sentì come una pugnalata al petto. Raggio di sole. "Ciao, raggio di sole". Era sempre così che Luca le dava il buon giorno.
Prese un respiro profondo e decise di concentrarsi su tutto tranne che su di lui.
< Connor sta ancora dormendo. Per oggi voglio fare uno strappo alla regola e farlo dormire quanto più possibile > le disse.
< Sta poco bene? > s'informò Cassandra.
< Più o meno. È possibile che si svegli molto triste e che faccia domande strane. Cerca di assecondarlo e se qualcosa non va, chiamami >
Cassy aggrottò le sopracciglia. < Domande strane? >
Amanda sospirò. < A proposito del padre >
Cassy continuava a non capire. < Non sapeva già che lui è morto? >
< Aveva bisogno di capirlo meglio >
< È ancora così piccolo.. > Cassandra scosse la testa.
Amanda era d'accordo con lei. < Ha avuto una serata difficile ieri. >
< Lo coccolerò e lo vizierò > le fece un sorrisetto.
Amanda annuì. Sarebbe voluta rimanere lei con suo figlio, ma il lavoro, ancora una volta la chiamava.
Uscì di casa e mise in moto la sua auto.
Per tutto il tragitto pensò a come muoversi per poter dare un supporto extra a Connor.
Certo, lo psicologo era una scelta saggia e ovvia, ma era sicura che avere una famiglia come quella di Josh come punto di riferimento poteva essere una cosa buona per lui. Avrebbe potuto riconoscere nel padre del suo amico una giusta figura di riferimento.
E se invece avesse cominciato a pensare che loro erano strani e Josh e la sua famiglia erano quelli normali? Se avesse pensato che a lui mancava qualcosa? In effetti era proprio così..
Amanda non sapeva come districarsi in quella situazione, sapeva solo che fino a quel momento non aveva mai pensato così nel dettaglio ad una cosa del genere. Non aveva mai provato a mettersi nei panni di Connor e forse questo faceva di lei una pessima madre, ma sperava di dover fare considerazioni simili quando lui sarebbe stato più grande e non ora che non sapeva neppure leggere e scrivere.
Ma ognuno ha i suoi tempi, e il fatto che lui fosse figlio di Amanda Allen e Luca Ranieri la diceva lunghi sui tempi di maturazione del bambino.
Amanda sapeva esattamente cosa fare: chiamare uno psicologo e assicurare stabilità emotiva al figlio, il che significava chiudere definitivamente con James.
A quel pensiero si sentì completamente in subbuglio. Il suo stomaco sembrava annodato e le lacrime erano pronte ad uscire e solcare le sue guancie.
Fece un respiro profondo e cercò di calmarsi. Era stupita dal fatto che il solo pensieri di mettere la parola fine alla sua.. a tutto quello che c'era tra lei e James la scuotesse così tanto.
Cristo, si era trattato solo di un paio di bacetti, una cena e un film assieme. Niente di più! Nemmeno il più sfigato degli adolescenti era così indietro sul piano sentimentale, eppure lei si stava struggendo come una donnetta da romanzo rosa perchè si vedeva costretta a non poter più vedere e sentire il suo eroe romantico.
Solo che qui la questione era seria: ne andava del futuro di Connor e lei non aveva intenzione di crescere un possibile teppista o serial killer. Per il bene di suo figlio gli avrebbe assicurato una vita migliore e stabile.
Parcheggiò l'auto nel solito parcheggio custodito e poi iniziò a camminare verso l'ufficio, sentendo già un gran male ai piedi, dovuto a quelle scomodissime scarpe con il tacco alto.
Continuando a camminare, abbassò lo sguardo per controllare che fosse tutto a posto.
Non si rese conto di cosa era successo finché non si trovò con il sedere per terra, la borsa poco distante da lei e con tutto il contenuto sparso sul marciapiede.
Imprecò vigorosamente ed iniziò a raccogliere i suoi effetti, prima che qualcuno potesse adocchiare gli assorbenti.
< Mi dispiace rincontrarci così, Mandy > disse una voce.
La sua voce. Il suo profumo.
Amanda alzò lo sguardo e si trovò davanti proprio James. Pensò che quello fosse un segno del destino e ora lei avrebbe dovuto dirgli che non potevano più sentirsi e vedersi e che il loro appuntamento di venerdì era cancellato.
< Ho bisogno di parlarti > gli disse, rialzandosi.
Sebbene anche le intenzioni di James fossero proprio come quelle di Amanda, sentirsi dire quella frase gli procurò una morsa d'ansia allo stomaco.
< Anche io vorrei parlarti > le sorrise mestamente, e quando vide che Amanda non ricambiava il suo sorriso capì che forse la morsa d'ansia che stava provando non era del tutto ingiustificata.
< Conosci un posto tranquillo? >
James ci pensò un attimo. Per quello che lui aveva bisogno di dirle, volevo un posto isolato in cui nessun altro avrebbe potuto sentire le sue urla indignate e giustamente arrabbiate.
Avrebbe dovuto spiegarle la situazione per bene e con calma, e portarla in un terreno per lui familiare lo avrebbe aiutato a non sentirsi totalmente smarrito e senza poter controllare la situazione.
Conosceva proprio il posto adatto in cui entrambi avrebbero potuto dire quello che voleva dirsi.
< Sì, vieni > le disse. 


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NDA
ciao a tutte, 
allora intanto ci tengo a dirvi ch questo è una sorta di capitolo di passaggio per quello che viene dopo, quindi anche per questo motivo è più corto rispetto agli altri. 
Nonostante questo, spero possa piacervi e sono curiosa, come sempre, di leggere le vostre recensioni! 
Penso che avrete notato che i tempi di pubblicazione si stanno allungando un pochino... Voglio scusarmi fin da subito se non mi sarà più possibile pubblicare un capitolo ogni giorno o magari ogni due giorni, ma ho FINALMENTE iniziato il terzo anno di università e se tutto va bene questo dovrebbe essere l'ultimo, quindi dovrò faticare il doppio sui libri. Ciò significa che il tempo che ho a disposizione per scrivere si è molto più che dimezzato. 
In ogni caso non ho intenzione di abbandonare niente -  né questa, né l'altra storia in corso -  e porterò tutto a termine; è solo possibile che i capitoli vengano caricati con più distanza l'uno dall'altro! 
Ringrazio tutte per il supporto, per aver messo la storia tra le preferite, tra le seguite, tra quelle da ricordare ecc!! 
A presto, 
Cris

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Capitolo 18
*** LA COMPLETA E CRUDA VERITA' ***


Amanda lo seguì senza dire più una parola.
Nella sua testa si stava formando il discorso giusto da fargli, perchè non sarebbe stato giusto vomitargli addosso un rifiuto secco.
Si domandò se di rifiuto di potesse effettivamente parlare, tra loro due. In fondo lui non aveva provato a portarsela a letto e ricevuto una risposta negativa. Certo, si erano baciati, c'era stata qualche toccatina - sempre attraverso i vestiti -, ma nulla di più. Si erano comportati esattamente come due adolescenti alle prime armi.
Quindi no, decisamente lei non lo stava rifiutando. E allora come poteva definire quello che gli avrebbe detto di lì a poco?
"Scusa, James, ma non possiamo stare assieme". E allora lui avrebbe potuto benissimo risponderle che non lo erano mai stati.
"Non possiamo stare assieme", lui avrebbe potuto giocarsi la carta dell'essere amici e lei non avrebbe trovato nessuna scusa educata per dirgli che per la sua stabilità emotiva, che era componente fondamentale di quella di Connor, non poteva avere nessun contatto con lui.
Perchè? Perchè il solo stargli vicino, sentire la sua voce, assaporare il suo sapore sulle labbra, la trasformava nella vecchia Amanda, quella che era quando c'era ancora Luca, e non andava bene per lei e non andava bene per suo figlio.
Quell'uomo scombussolava troppe cose senza nemmeno rendersene conto e lei non poteva permettersi il lusso di dargli un potere così grande: lui avrebbe potuto distruggerla con un sorriso, o peggio ancora con un addio, e poi cosa ne sarebbe stato di Amanda?
Scosse la testa risoluta, mentre seguiva James che le faceva strada tra le vie della città.
 
James non sapeva se portarla veramente a casa sua, nel suo nido, lì dove non era mai entrata nessuna donna che potesse essere degna di essere definita tale.
Le sue conquiste le portava nell'attico che aveva acquistato grazie a quei soldi guadagnati ingiustamente e di cui non si vantava poi così tanto fiero, ma erano pur sempre dei guadagni entrati nel suo conto corrente e visto che erano stati depositati, e che continuavano ad essere girati nel suo conto ogni mese, tanto valeva fare qualche investimento qui e lì.
All'incrocio ebbe un momento di ripensamento, chiedendosi se la sua fosse una scelta giusta, se non stesse correndo un rischio troppo grande.
Sentì Amanda sospirare e si rese conto che lei era effettivamente lì con lui, che non si stava immaginando tutto, come già gli era capitato di fare in quei due giorni che non avevano avuto modo di vedersi e che era giusto che lei sapesse la verità su di lui, tutta la verità e senza esclusione di colpi.
Girò a destra, decidendo di portarla verso la sua vera casa, e cioè il monolocale che aveva affittato non appena aveva deciso di andare via da casa e cominciare una nuova vita per conto suo.
Gli era costato un sacco di fatiche. Aveva lavorato duro e la sua ricompensa era quella di sapere di riuscirsi a regalare un tetto sulla testa e acqua calda assicurata tutti i mesi con le sue forze.
Ripensò al sorriso fiero di sua madre quando lo aveva visto firmare il primo assegno e il sorriso sprezzante di suo fratello, che invece viveva negli alberghi più lussuosi del mondo, a seconda di dove lo portasse il suo lavoro nei vari periodi della sua vita.
James lo aveva invidiato profondamente, all'inizio, ma ora che capiva che razza di vita faceva - e per giunta per sua scelta - avrebbe voluto quasi tornare indietro e fargli qualche telefonata in più alla sera per farsi raccontare la sua giornata, per condividere con lui le piccole cose della sua vita e farsi dire come se la passava il mondo dei pieni alti.
Ma indietro non si può mai tornare e quindi ora doveva accontentarsi di avere quella vita, che sua non era poi tanto, e chiedere alla deliziosa bionda che lo seguiva, fidandosi ciecamente, di entrare a fare parte del manicomio personale che era diventato il suo mondo.
Si sentiva tremare al pensiero di dover chiedere una cosa del genere ad una donna. Lui, proprio lui che non aveva mai chiesto altro ad una ragazza se non quella di inginocchiarsi e fare un servizietto senza pari e loro, puntualmente avevano obbedito, o quasi.
Ora invece voleva, anzi doveva, chiedere ad Amanda di ascoltarlo, capirlo e decidere di stare con lui.
Si, esatto: doveva. James era stato quanto? Giorni senza vederla per poi incontrarla solo duranti le mattine dei fine settimana in quel caffè fuori mano e non appena aveva vissuto il primo week-end senza scorgerla dietro il bancone del bar o a camminare spedita tra i tavoli con un vassoio carico di vivande o con il suo blocchetto alla mano e la coda alta che oscillava sinuosa, si era sentito come se una parte di sé non fosse rimasta bloccata da qualche parte.
Che razza di strana sensazione era quella? E come diavolo facevano gli innamorati a conviverci ogni fottuto giorno?
Cristo, lui non ci aveva nemmeno scopato!
Arrivò davanti al portone da poco riverniciato di rosso scuro. Era stato lui stesso a chiedere al proprietario del palazzo di farlo mettere a posto così che potesse assumere quanto meno un'aria decente, e Mr Groove non se l'era fatto ripetere due volte, soprattutto quando aveva capito che avrebbe pagato tutto James.
Tirò fuori le chiavi e le fece strada verso il suo appartamento.
Il cuore batteva sempre più forte e non aveva idea da che parte cominciare, anche se immaginava che partire dicendo la verità sarebbe stata la cosa migliore da fare.
Però.. Dio, si chiese, perchè diavolo deve sempre esserci un però?
Però c'era il fatto che lui non era stato il solo ad esprimere il chiaro desiderio di volerle parlare. Anche Amanda aveva qualcosa da dirgli e a questo punto, nell'intimità di casa sua, James si chiese se finalmente non era arrivato il momento di darci dentro sul serio.
Già si immaginava quel suo corpo delizioso incastrato sotto al suo, i suoi gemiti solo per le sue orecchie e per quello che la bocca, la lingua, le dita di lui le avrebbero fatto. Ma quando la sentì avanzare incerta dietro di lui, capì che stava correndo troppo con la fantasia.
Amanda Allen non era e non sarebbe stata mai quel genere di ragazza; per quella cosina lì lui avrebbe dovuto faticare, e non poco.  
< Entra pure > le disse, facendosi da parte per lasciarla entrare per prima nel monolocale.
Chiusa la porta dietro di sé e seguì lo sguardo di Amanda soffermarsi su ogni particolare di quel posto.
Di fronte all'ingresso c'erano delle grandi porte finestre che conducevano ad un terrazzino piuttosto piccolo e sua madre aveva fatto appendere, per proteggere la privacy del ragazzo, delle tendere che arrivavano fino a terra di un strano grigio: né troppo scuro e nemmeno molto chiaro; nonostante la donna gli avesse detto innumerevoli volte il nome di quel colore, James ancora non riusciva  a memorizzarlo.
Il letto era sulla parete destra, mentre di fronte c'era un angolo cottura e un piccolo tavolino, utile per ospitare poco più di due persone. Un divanetto rosso se ne stava nell'angolo tra i finestroni e il letto, mentre invece al lato opposto si apriva la porta per il bagno.
Tutto sommato l'ambiente era ordinato, grazie alla signora delle pulizie che passava ogni due giorni, e non aveva quel tocco tipicamente maschile che ti aspetteresti di trovare in ogni casa di un ragazzo single.
Amanda non si aspettava assolutamente di vedere quello che le si parò davanti.
Si aspettava di vedere una bicicletta in casa, messa da qualche parte solo per bellezza e senza alcuna utilità; o magari una moto. Non ricordava dove o quando ma aveva visto - o forse letto? - che c'era quest'assurda moda di portarsi dentro casa i mezzi di trasporto e non poteva sapere prima di quel momento se James fosse uno di quei tizi o meno. Ma no, niente moto o bici o stramberie.
Niente vestiti gettati alla rinfusa per la casa o mutande e calzini sporchi abbandonati ai piedi del letto.
James era decisamente un tipo ordinato e pulito e questa, oltre ad essere una giusta abitudine igienica personale, sarebbe anche stata un punto a suo favore quando avrebbe trovato la ragazza giusta.
Sussultò quando quel pensiero le sfrecciò per la testa.
Quante altre ragazze avevano avuto l'onore di entrare in quel monolocale? Quante come lei avevano avuto lo stesso pensiero? E quanto lo avrebbero avuto dopo di lei?
Scosse la testa, scacciando via quei pensieri stupidi. Non era il caso di lasciarsi andare a quegli isterismi; aveva chiesto un posto tranquillo in cui parlare e James l'aveva accontentata, portandola dove avrebbero potuto parlare e dove lei avrebbe potuto dirgli senza farsi tante remore che purtroppo qualunque cosa fosse la loro non poteva continuare, in nessun modo.
< Ti va qualcosa da bere? > le chiese James, spostando il peso prima su una gamba e poi sull'altra.
Amanda avrebbe voluto ridere la sua insicurezza, ma sarebbe stato poco delicato. < No, grazie. >
A quell'ora lei sarebbe dovuta già essere in ufficio.
< Allora.. > iniziò James, rimando in piedi al centro delle stanza, di fronte ad Amanda.
< Devo dirti alcune cose di me.. >
< Non possiamo più continuare.. >
Parlarono insieme e si bloccarono assieme.
Se fossero stati entrambi i protagonisti di un film di serie b a questo punto, sarebbero scoppiati a ridere e probabilmente James avrebbe fatto il cavaliere, concedendole l'onore di iniziare a parlare per prima.
Ma loro non erano così. James decise di approfittare del silenzio di lei per iniziare il suo discorso ed Amanda, ignara di tutto, stava raccogliendo le sue idee per dire quello che aveva da dire nel modo più semplice possibile.
< Senti, Amanda, io non sono stato del tutto onesto con te > iniziò lui.
Amanda gli puntò addosso i suoi occhi verd'azzurri, che ora però erano piuttosto vacui. Lo guardava, ma non lo vedeva. Lo sentiva, ma non lo ascoltava.
< Non voglio saperlo, non più > lo bloccò.
< Eh?! > James aggrottò le sopracciglia, non capendo cosa intendesse.
Amanda chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. < Senti, è stata una bella parentesi ma non avremo mai un futuro assieme >
James sgranò gli occhi. Neppure quando era un adolescente allupato qualcuno gli aveva mai detto una cosa del genere e credeva di essere stato abbastanza fortunato in tutta la sua vita da non doversi mai sentir dire una cosa simile, ma a quanto pareva il modo di dire "mai dire mai" è un aforisma più che veritiero.
La ragazza capì il suo stupore e decise che era giusto spiegarsi. < Non c'entri niente tu, ma.. >
< Queste sono le solite stronzate che si dicono per aiutare il coglione che viene scaricato a superare meglio la cosa > sbottò James.
Ancora non aveva sentito una singola spiegazione, ma era già esploso. Certo che doveva esplodere! Chi non l'avrebbe fatto? Cazzo, che situazione di merda.
Amanda lo fissò truce. < Credi di potermi concedere il diritto di parola? >
< No > le rispose fra i denti.
< No? >
< Esatto, no >
< Bene, allora > Amanda afferrò la borsa che aveva appoggiato sul tavolo e se la mise in spalla. < Mi dispiace non aver realizzato prima che questa.. cosa poteva anche fare a meno di nascere, ma ormai è troppo tardi. > aprì la porta dell'appartamento e fece il primo passo verso le scale.
< Stammi bene > disse soltanto e poi si chiuse la porta alle spalle.
Avrebbe dovuto essere sollevata, quasi felice del fatto che non aveva dovuto accampare nessun tipo di scusa, che non era stata costretta a cercare di convincerlo del perchè quella fosse la scelta più giusta per entrambi.
Era stato molto più veloce e indolore di quanto lei si fosse aspettata. E allora perchè diavolo si sentiva così vuota e allo stesso tempo pesante? Perchè sulle labbra non aveva un sorriso soddisfatto ma un'espressione da funerale? Perchè non era nervosa di aver fatto tardi a lavoro sostanzialmente per nulla, mentre invece si avrebbe voluto non andarci mai più in quello stupido ufficio con i suoi stupidi dipendenti e uno stupido capo che non aveva nemmeno capito che lei lo stava prendendo per il culo?
Non lo sapeva. Anche se forse era meglio dire che non voleva darsi la vera risposta, perchè le avrebbe fatto mettere in discussione troppe cose.
 
< Sono tornata! > urlò quando quel pomeriggio aprì la porta di casa dopo essere tornata da lavoro.
Non le rispose nessuno, ma sentì distintamente le voci di Connor e Cassandra che parlavano a proposito di qualcosa ed incitavano qualcun altro.
Si tolse le scarpe e si avviò verso la camera del figlio. Sia lui che Cassy erano seduti sul letto del bambino e stavano guardando una partita registrata, commentando ogni singola mossa di quel giocatori.
Entrambi erano immersi nel momento e quindi troppo impegnai per accorgersi che avevano un pubblico ed Amanda non poté fare a meno di sorridere, notando come fosse bello vedere il suo piccolo ometto completamente rilassato e concentrato su qualcosa che gli stava così tanto a cuore, con il ricordo per la crisi della sera precedente lontana anni luce dall'espressione serena del suo faccino.
In quel momento quasi si pentì di aver chiamato lo psicologo quel pomeriggio, ma poi si auto convinse che quella era stata la scelta giusta.
Cassy era decisamente molto esperta di calcio e Connor andava matto per quel particolare. Insieme sembravano quasi sue bambini della stessa età piuttosto che lei la baby -  sitter e lui l'infante.
< Oh, andiamo! Ma che diavolo combini! > urlò la ragazza, indicando il televisore.
Connor sbuffò sonoramente. < Se fosse andato un po' più avanti sulla fascia >
< Ma se l'allenatore non gli fa capire quello che devono fare! > gli disse stizzita lei.
< Quando sarò famoso non ci sarà bisogno che qualcuno mi urli qualcosa. Io saprò già che fare > Connor tenne lo sguardo sulla televisione.
Cassandra si voltò a guardarlo. Fece un sorriso tenero e poi gli rispose: < Lo spero proprio, ragazzino. Non ti ho passato tutti i miei fantastici geni per vederli sprecati >
Amanda non capì il senso di quell'ultima frase, ma era più che sicura che si trattasse di una di quelle frasi a proposito di qualche scherzo tra di loro, e che non era il caso di mettersi a cercare il significato profondo di quella frase.
Picchiettò tre volte sullo stipite della porta della camera di Connor. 
< Ciao > disse con un sorriso dolce sulle labbra.
Connor si voltò appena a guardarla, totalmente concentrato su quello che stava guardando. < Ciao, mamma > le disse.
Amanda si avvicinò e gli posò un delicato bacio sulla testa, pensando a quale fosse il suo effettivo umore di quel momento.
Si sedette alla destra di Connor, lasciandolo in mezzo tra lei e Cassandra. < Allora ragazzi, come è andata oggi? >
< Bene. Abbiamo visto un sacco di calcio > disse e poi scansò la testa quando Amanda cercò di accarezzargli i capelli.
Cassandra ridacchiò. < È andata bene, Mandy > le disse rassicurante.
Amanda indugiò un momento con lo sguardo su Cassandra. Aveva qualcosa di strano rispetto al solito. Forse erano quegli occhi castani che in quel momento le parvero più luminosi e accesi del solito o forse era solo lei che ultimamente si concentrava troppo sui dettagli.
< Che idiota! > urlò Connor di punto in bianco.
< Con! > lo rimproverò Cassandra ed Amanda non poté fare a meno di guardarla di nuovo.
Dio mio! Stava veramente lavorando troppo e trascurando suo figlio come solo una madre snaturata avrebbe fatto se la sua baby - sitter si sentiva in dovere di rimproverarlo con lei presente.
< Connor, cosa ti dico sempre a proposito del linguaggio? >
< Di moderarlo. Ma non so cosa vuol dire > Connor alzò le spalle e Cassy dovette portarsi una mano alle labbra per evitare di scoppiare a riderle in faccia. Esattamente come avrebbe fatto un padre qualsiasi, esattamente come aveva fatto Luca un paio di volte, quando Connor aveva da poco imparato a camminare.
< Che devi dire delle parole più belle > gli disse Amanda, accarezzandogli i capelli e questa volta Connor non si spostò.
< Ma mamma! Quell'idiota ha sbagliato un rigore! >
< Connor > lo riproverò.
< Quello scemo? > provò il bambino.
Amanda gli lanciò un'occhiata eloquente.
< Prova con quel "coniglietto rabbioso" >  s'intromise Cassy.
Amanda e Connor fecero girare di scatto la testa verso Cassandra e la guardarono con uno sguardo stupefatto.
Il primo a rompere quel silenzio carico d domande, di ricordi, di dolore, fu Connor.
< Anche tu conosci la storia del coniglietto rabbioso? > domandò ingenuamente.
Cassandra si alzò in piedi. < Si è fatto tardi. Dovrei andare. >
Amanda la seguì fino al salotto senza dire una parola.
Pensò che probabilmente anche lei aveva bisogno dell'aiuto di uno psicologo, visto quando il suo cervello fosse messo a dura prova dai suoi continui pensieri e desideri e strani scenari che le stavano affollando la mente in quei giorni e che il fatto che Cassandra avesse nominato la storia del Coniglietto Furioso fosse solo una coincidenza.
< Si è comportato bene, oggi? > chiese, riferendosi a Connor.
< Sì, certo >
< non ha fatto nessuna scenata? >
< No. È stato piuttosto tranquillo. > le sorrise.
Amanda sospirò, sollevata. < Per fortuna > chiuse un attimo gli occhi, assimilando la buona notizia.
< Qualcosa non va ? >
< Non saprei dirlo >
< Ti va di parlarne? > Cassandra si sistemò la borsa in spalla senza mai smettere di guardarla.
Amanda fece un respiro profondo. < Credo che Connor stia metabolizzando ora il fatto che suo padre è morto > disse piano, spaventata che Connor potesse sentirla.
< Cosa te lo fa credere? >
< L'altra sera voleva che lo andassimo a prendere. Era distrutto dall'idea che Luca potesse essere da qualche parte e non sapesse come fare per tornare da noi > Amanda si mise a braccia conserte, più per cercare un senso di protezione che per creare le distanze tra lei e Cassandra.
La ragazza si morse un labbro e la guardò dispiaciuta. < Immagino che questa situazione debba essere diffile da sopportare da sola >
< Già > ma non aggiunse che era lei a voler essere rimasta da sola.
< Se hai bisogno di qualcosa, se domani non vuoi mandare Connor a scuola.. >
< Grazie, ma domani ci va eccome a scuola > fece un ampio sorriso, cercando di ricacciare indietro tutte le cose che non era il caso che Cassandra sapesse.
< Va bene. > la ragazza ricambiò il sorriso.
Si salutarono così ed Amanda iniziò a girare per il suo appartamento, mettendo a posto tutto quello che c'era da sistemare ed iniziando a pensare a cosa preparare per cena, mentre cercava di staccare dal televisore Connor.
suo figlio però non ne voleva sapere e aveva deciso che oltre a quella partita avrebbe dovuto vedere anche tutte le altre fino ad arrivare alla finale della competizione.
Amanda si chiese come fosse possibile che non gli venisse il vomito a guardare sempre le stesse partite, a sentire sempre la stessa telecronaca e a vedere sempre gli stessi omini vestiti con quelle magliette colorate spargere sudore su quel campo verde.
Magari avrebbe potuto chiedere una spiegazione ad una mente maschile. Già, ma chi?
L'unico che le era venuto in mente era James, ma lei e James aveva chiuso per sempre e l'avevano fatto proprio quella mattina ed era stato lui stessa a non volere nessun tipo di spiegazione, a non darle nemmeno il tempo di spiegare come mai aveva deciso di non volerlo vedere mai più.
Le era bastato dire quella semplice frase e James si era trasformato in una statua di ghiaccio, senza sentimenti e senza quella passionalità che lei aveva sempre creduto fosse parte di lui più di quanto desse a vedere.
Si chiedeva che fisse avesse fatto il ragazzo impulsivo che le aveva telefonato durante il pranzo a casa della madre, quando avevano cercato di accasarlo con quella ragazza di cui lei non riusciva proprio ad essere gelosa, neppure in quel momento che l'aveva liberato per sempre dalla sua presenza.
Non era così presuntuosa da credere che James avrebbe potuta rincorrerla per strada e chiederle di rimanere con lui per sempre o magari di sposarlo pur non sapendo nulla di lei e viceversa, ma si aspettava che lui insistesse per ottenere una spiegazione.
E se fosse troppo presto?, pensò. E se lui inizierà a farlo quando avrà avuto modo di metabolizzare la questione?
Decise non pensarci, visto che in ogni caso lei non gli avrebbe dato corda. Ormai aveva preso la sua decisione e non c'era nessuna possibilità di tornare indietro e cambiare le cose.
Aprì il frigorifero e ci infilò la testa dentro, cercando qualcosa da preparare da mangiare, quando sentì il telefono squillare nella sua borsa.
Era Hanna che la cercava.
< Ciao > rispose quando riuscì a trovarlo.
< Ciao! > disse allegra l'atra.
< Allora? Come stai? > ovviamente Amanda si riferiva alla gravidanza dell'amica.
< Bene, procede tutto bene > il tono di Hanna era gioviale ed Amanda si domandò se le capitasse mai di essere triste o arrabbiata.
< Sono felice. > tirò fuori dal freezer due porzioni di lasagne. < Josh ha cambiato idea a proposito del fratellino o sorellina? >
< Non vuole nemmeno sentirne parlare > le disse, mascherando a stento una risata.
< E come mai non ne sei turbata? >
< Lo psicologo mi ha detto che è normale. Devo dargli tempo per fargli assimilare la notizia >
< Mi pare giusto > disse, quando in realtà avrebbe voluto chiederle come mai si fosse rivolta ad uno psicologo e si domandò se avrebbe dovuto dirle che di lì a poco anche Connor avrebbe cominciato ad andare da uno specialista.
< Che mi dici di te e del bel moro misterioso? >
< Il moro misterioso? > Amanda non capiva di chi stesse parlando.
< Sì, dai, hai capito. Tu e quel tizio del bar >
Ora aveva decisamente capito. < Io e lui cosa? >
< Insomma raccontami qualcosa! Vi siete sentiti dopo l'appuntamento?  >
< Sì > disse sbrigativa.
< E? >
< E niente >
< Amanda, Amanda, Amanda >
< Hanna, Hanna, Hanna > le fece il verso.
< Avanti, sputa il rospo > le disse autoritaria.
< Non c'è molto da dire > cercò di essere evasiva.
< E allora comincia dire quello che devi > Hanna sbuffò. < Coraggio, Amanda, non farti pregare >
Amanda prese un profondo respiro, sapendo già che Hanna con ogni buona probabilità le avrebbe fatto una ramanzina sull'importanza di non trascurare sé stessi e le proprie emozioni e tutto quello a cui lei aveva voluto dire di no.
Decise però di raccontarle tutto senza trattenere nulla. Le disse della scenata che aveva fatto Connor, della decisione di portarlo da un medico, della conclusione a cui era arrivata per quella sorta di storia che aveva avuto con James e la sua reazione quando gliel'aveva comunicata.
Le disse dei suoi dubbi a proposito della reazione di lui e di quello che lei aspettava che lui facesse.
Mai come in quel momento Amanda pensò che aveva effettivamente trovato qualcuno con cui sfogarsi e raccontare tutto senza paura di essere giudicata o senza paura di sentirsi ridere dietro.
< Hai fatto bene > le disse l'amica.
< Come, scusa? > Amanda non credeva alle sue orecchie.
< Ti ho dato ragione, Amanda > le confermò l'altra.
< E perchè? >
< Si tratta di tuo figlio e siete stati tu e lui da soli per...? >
< Quattro anni > rispose sicura.
< Per quattro anni tu non hai avuto nessun altro che quel bambino e lui non ha avuto nessun altro che te. Siete ognuno il punto di riferimento dell'altro e nel momento in cui il tuo bambino è stato male tu hai deciso di stargli accanto, proprio come farebbe ogni buona madre. >
Esatto, quello era lo stesso ragionamento che aveva fatto Amanda.
< E poi bisogna tenere conto che gli hai appena detto che suo padre non tornerà mai più e iniziare una relazione con un uomo adesso potrebbe confonderlo >
< Lo destabilizzerebbe più di quanto non sia già >
Hanna sospirò. < Però non mi sorprende il modo in cui l'abbia presa James >
< Ti prego, aiutami a capire perchè >
<  Ti dirò la completa e cruda verità: vi conoscete davvero da molto poco tempo e la vostra relazione non era poi così avviata da poterci rimanere tanto male da perdere il sonno e non siete nemmeno andati oltre ai baci, quindi alla fine dei conti, eravate una sorta di coppia di adolescenti ultraventenni che sono usciti un paio di volte. Fine dei giochi >
Amanda rimase un momento in silenzio. In realtà quella era la stessa cosa che aveva pensato anche lei.
Dio, non avevano nemmeno fatto sesso!
Magari lei ci era rimasta male per il semplice fatto che dopo quattro anni si stava di nuovo avvicinando a qualcuno del sesso opposto, creando un rapporto che con l'amicizia non aveva nulla a che vedere. Non avrebbe mai scoperto cosa si prova a rimettersi in discussione, perlomeno non in quel periodo e non con James; ma ora che aveva visto che ne era perfettamente capace, una volta che Connor avrebbe affrontato appieno la morte di Luca, capendo che il suo papà non ci sarebbe mai più stato, avrebbe potuto pensare di ricrearsi una vita o trovare una figura maschile come riferimento per suo figlio.
Sì, avrebbe potuto fare tutto questo. C'era solo un particolare che non rientrava in nessuna sfumatura di quando stava mentalmente progettando: lei non aveva nessuna voglia di mettersi in gioco, né in un prossimo futuro né con qualche idiota patentato pronto ad infilarsi nelle sue mutandine.
Con James era capitato. Amanda non si era nemmeno resa conto di essersi messa in discussione se non quando si era ritrovata con le sue labbra unite a quelle del ragazzo e fino a quando non aveva capito che quella gli sembrava la cosa più naturale del mondo.
Talmente tanto naturale da farle dimenticare il sapore dei baci di Luca, talmente tanto da farle dimenticare tutti i problemi che aveva.
< Quindi devono farmene una ragione ed andare avanti >
< Esatto. Per fortuna non te ne sei innamorata > le disse Hanna.
Amanda rimase zitta.
Se ne era forse innamorata?

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Capitolo 19
*** DOTTORESSA BRUTTA E ANTIPATICA ***


C'era odore di bruciato.
Amanda sbuffò e si rigirò nel letto.
Connor non aveva dormito per tutta la notte e lei era stata dietro al figlio senza chiudere occhio. Gli aveva massaggiato la pancia ed aveva cercato di aiutarlo con le sue coliche, ma non c'era stato verso di vederlo stare meglio fino a quando il bambino non era riuscito a fare i suoi bisogni. E solo a quel punto, alle cinque di mattina, Amanda era riuscita ad andare a letto.
Luca era fuori per un ritiro e sarebbe rientrato in tarda mattinata, ma ora la ragazza percepiva chiaramente odore di bruciato.
Aprì un occhio, per accertarsi di trovarsi a casa sua e quando vide il corpicino di Connor steso accanto a sé nel letto suo e di Luca, un sorriso involontario le si dipinse in volto e la frustrazione momentanea per quello che l'aveva svegliata sparì.
Amanda scese dal letto e si affrettò ad accendere il baby monitor solo dopo aver circondato Connor di cuscini per evitare che si facesse male nel caso in cui si fosse rigirato nel sonno.
Camminò, seguendo la scia del cattivo odore e, quando si trovò in cucina, quasi scoppiò a ridere davanti a ciò che vide.
< Oh, ti sei svegliata > disse amareggiato Luca. 
Amanda cercò di schiarirsi la voce, ma non riuscì a cancellare il tono graffiante che le uscì. < Cosa stai facendo? > gli domandò.
Il ragazzo indossava una tuta morbida ed era anche a lui a piedi scalzi. Amanda fece scivolare il suo sguardo su e giù per il corpo del suo fidanzato e si morse un labbro, pensando a quanto le fosse mancato in quella settimana che non era stato a casa.
< Volevo portarti la colazione a letto > le rispose.
Luca si avvicinò a lei; in una mano teneva un mestolo di plastica e nell'altra un cucchiaio sporco di chissà cosa. Avvicinò i loro visi e poi si chinò per sfiorare le sue labbra con quelle della giovane e affascinante ragazza che aveva davanti.
Profumava di buono, pensò. Aveva lo stesso odore che sentiva su  Connor da appena sveglio, e Luca scoprì di andare pazzo per quel particolare profumo.
E poi era bellissima. I lunghi capelli biondi arruffati, lo sguardo ancora annebbiato per il sonno, le labbra imbronciate e con addosso solo una sua vecchia maglia.
Mmm, cosa si era perso per tutti quei giorni...
< Come è andato il ritiro? > gli chiese Amanda abbracciandolo.
Luca affondò il naso nei suoi capelli. < Bene. Qui come è andata? >
< Così così. Connor ha le coliche > gli spiegò.
Luca sospirò. < È per questo che stavate ancora dormendo? >
Ad Amanda non sfuggì quell' "ancora". < Che ore sono? > afferrò il braccio sinistro di Luca dove troneggiava l'orologio che lei gli aveva regalato il Natale precedente.
< Mezzo giorno! > urlò quasi. < Luca, mi dovevi svegliare > lo rimproverò, alzando gli occhi fino ad incontrare gli abissi di cioccolato del suo ragazzo.
< Dormivate così pacificamente che non me la sono sentita > lui si strinse nelle spalle.
Amanda sciolse l'abbraccio e gli lanciò uno sguardo poco amichevole. < Connor deve mangiare > si allontanò per andare a recuperare il bambino.
Entrò in camera da letto e subito si avvicinò al suo piccolino che ancora dormiva. Gattonò fino a raggiungere il centro del letto dove Connor era disteso e prese ad accarezzargli la testa riccioluta, chiamandolo piano ed incitandolo ad uscire dal sonno.
Gli lasciò una scia di baci sulla guancia e poi respirò forte il suo odore.
< Ma -ma > gracchiò Connor.
Aveva soli undici mesi, ed aveva finalmente aveva imparato a dire mamma e papà seppur a modo suo.
< Buongiorno > Amanda gli sorrise e poi lo prese in braccio. < Lo sai che hai dormito proprio tanto? > gli baciò un'altra volta le guancie e poi lo portò in cucina.
< Guarda chi è tornato, Con > disse entrando in cucina.
Luca si voltò verso la porta su cui si era fermata Amanda e gli occhi gli si illuminarono immediatamente, riempiendosi di gioia e amore.
La ragazza sentì la testa girarle per tutte quelle emozioni che sentiva che Luca stava provando. Era esattamente quello che lei avrebbe sempre immaginato per sé stessa da parte dei suoi genitori e quello che aveva giurato che a suo figlio non sarebbe mai mancato e sapere che effettivamente il suo bambino aveva un padre che lo amava  la gonfiava d'orgoglio.
< Buongiorno, campione > Luca lo afferrò e lo strinse forte a sé.
< Pa-pa > le manine di Connor corsero nei capelli di Luca e li tirarono, tanto che il ragazzo fece una smorfia di dolore.
< Non devi fare male a papà, Connor > lo ammonì Amanda.
< Non ti sono mancato? Devo andare via di nuovo? > Luca parlò con Connor mettendo il broncio. < Lo sai che a me invece sei mancato tanto? >
Sentir parlare così tanto Luca affascinò Connor, tanto che gli portò le manine sulle labbra e gliele pizzicò.
Luca gli baciò le dita e poi ripassò il figlio ad Amanda per finire la sua opera culinaria.
< Allora, ho preparato la colazione sia per te che per Connor. >
< Mmm > Amanda si sporse per controllare cosa avesse preparato per il bambino, ricordandosi che Connor aveva le coliche e non poteva mangiare le solite cose.
Luca intercettò il suo sguardo e la precedette. < Stai tranquilla. Per lui ho appena finito di preparare le mele cotte. Non ricordo dove, ma ho letto che fanno fare la pupù. >
Amanda sorrise. < E per me? >
< Per te e per me ci sono muffin, frittelle e pancake. > disse poggiandosi uno strofinaccio in spalla e porgendole il piatto già riempito di tutte le delizie che aveva cucinato.
Amanda si leccò le labbra pregustando tutta quella bontà che Luca le aveva preparato. Addentò il primo boccone e chiuse gli occhi, estasiata da tutto quel ben di Dio.
< Li hai fatti tu? > domandò, portandosi una mano alla bocca e sistemando contemporaneamente Connor che si stava dimenando nella posizione scomoda in cui lei lo teneva.
Luca prese il figlio e lo fece sedere nel seggiolone, mettendogli il piattino con le mele cotte e un cucchiaino da bambino in plastica morbida.
< Sì > le rispose, dopo aver convinto Connor a mangiare il primo boccone.
Dio, se era difficile farlo mangiare. Luca si chiese distrattamente come avesse fatto Amanda durante tutta quella settimana e se non fosse per questo che il bambino aveva le coliche.
< Sono buoni > disse meravigliata la ragazza, addentando un altro pezzo di muffin.
Luca sorrise orgoglioso e infilò un'altro cucchiaio di mele cotte nella bocca di Connor. < Ne ho bruciati una dozzina prima di riuscire a farli venire quanto meno decenti > le confidò.
Amanda ridacchiò. < Ecco cos'era quell'odore >
< Già, colpa mia >
Finì di mangiare il muffin e si gettò sui pancake. < Okay, se anche le frittelle sono buone come lo sono stati i muffin e i pancake, giuro che firmo un patto in cui mi impegno a rimanere con te per il resto della vita e magari anche a sposarti, in cambio di colazioni simili >
Luca rimase con la forchetta a mezz'aria ed Amanda pensò di aver detto qualcosa di sbagliato.
Rimasero a guardarsi negli occhi, entrambi in silenzio.  A rendere la situazione meno pesante ci stava pensando Connor con i suoi urletti di gioia e i continui schiamazzi o le parole lasciate a metà che ancora non riusciva a pronunciare.
Luca non riusciva a credere a quello che Amanda gli aveva appena detto e a quanto fosse stato stupido a non realizzare prima che forse sarebbe dovuto essere lui quello che tirava fuori l'ARGOMENTO. 
Lei aveva parlato inconsciamente, spinta dalla beatitudine che poteva portare una buona mangiata e lui solo in quel momento si era reso conto del profondo desiderio che aveva di passare il resto dei suoi giorni insieme ad Amanda.
< Sposiamoci > le disse poi. Occhi marroni negli occhi verd'azzurri di lei.
La terra che incontrava il cielo. La terra che fingeva di avere tutte le capacità di potersi elevare, fino a raggiungere il benessere del paradiso.
Amanda sgranò gli occhi e rimase immobile. La forchetta a mezz'aria e un'espressione allibita negli occhi. < Co-cosa? >
< Sposami > ripeté Luca.
< E questa da dove salta fuori? >
Luca inarcò un sopracciglio. < Devo dedurre che non vuoi sposarmi? >
Amanda rispose precipitosamente, cercando di rassicurarlo. < No, certo che no.. Io.. >
< Tu? >
La ragazza rimase in silenzio. Come poteva dirgli che se ne era uscita dicendo che l'avrebbe sposato solo perchè stava mangiando i migliori pancake della sua vita? Sarebbe suonato come immaturo, egoistico e assolutamente privo d'amore.
Invece lei amava Luca, lo amava talmente tanto che le faceva male anche solo pensarci. Solo che.. matrimonio?
< Hai appena detto che rimarresti con me per sempre e saresti persino disposta a sposarmi. Bene, allora facciamolo >
< Per la colazione! > le uscì. Si morse il labbro e chiuse gli occhi, rendendosi conto di aver esagerato.
Luca si voltò e riprese a far mangiare Connor. Amanda vide chiaramente il cuore del suo ragazzo distruggersi in tanti piccoli pezzi e il suo fece la stessa fine non appena lui le proibì di vedere ancora i suoi occhi.
< Luca > lo chiamò.
Venne ignorata.
< Luca > tentò di nuovo.
Silenzio.
< Luca > questa volta gli afferrò la spalla.
< Cosa c'è? > chiese lui, sgarbatamente.
Dio, come poteva essere tanto fragile l'ego di un uomo.
< Non ho detto che non voglio sposarti. Mi hai semplicemente colta di sorpresa. >
< Ma non hai nemmeno detto di sì >
< Dovevo metabolizzare >
Luca alzò un sopracciglio, scettico. < E hai metabolizzato in cinque secondi? >
Amanda gli rivolse uno sguardo altezzoso. < Sì >
< E quindi?  >
< Quindi sì. Ti sposo > le labbra erano increspate, incapaci di trattenere un sorriso.
Per la seconda volta Luca rimase muto e incredulo. < Sul serio? >
< Sul serio >
< E non me lo potevi dire subito? > lasciò il cucchiaino nel piatto di Connor e tornò a rivolgere la sua completa attenzione ad Amanda.
< Mi hai colta di sorpresa. Un momento parlavamo di muffin bruciati e quello dopo mi hai chiesto di sposarti. E poi non ti sei nemmeno messo in ginocchio e ancora non vedo nessun anello > gli fece presente lei.
< Lo andremo a comprare oggi >
Amanda rise < Non dovresti sceglierlo tu per me? >
< Lo sceglieremo insieme. Io, tu e Connor >
Lei si protese verso di lui e lo baciò teneramente. Connor scoppiò a ridere e al suono della sua risata pura e genuina anche Amanda e Luca lo seguirono.
< Pa-pa-pa > disse Connor.  I genitori lo guardarono con orgoglio.
< Sarai mia moglie > sussurrò Luca nel suo orecchio e poi le baciò delicatamente il collo.
Amanda rabbrividì. Sarebbe stata sua in tutti i sensi. Il suo corpo e la sua anima gli appartenevano già, ma ora avrebbe potuto gridare all'universo che lei apparteneva a Luca Ranieri anche legalmente.
La vita le sorrideva.
 
Quello che non sapeva era che nel giro di qualche mese, la vita stessa si sarebbe ripresa tutto quello che le aveva regalato fino a quel momento, ed Amanda non si sarebbe mai sposata.
Non con Luca.
 
James non riusciva a fare a meno di pensare che non aveva nemmeno avuto il tempo di dirle che tutto quello che sapeva su di lui era in gran parte una menzogna.
Non ne aveva avuto l'occasione.
Okay, non era propriamente così. Amanda aveva cercato di dargli delle spiegazioni, ma lui aveva deciso che non ne voleva sapere proprio nulla. L'aveva praticamente costretta ad andarsene da casa sua e si era precluso la possibilità di darle un qualunque tipo di spiegazione.
Cosa diavolo era successo per farle cambiare idea dall'oggi al domani a proposito di loro due, lui non l'avrebbe mai saputo; aveva qualche idea però e molto probabilmente c'entrava quel qualcuno con cui lei era impegnata.
Idiota. Era stato uno sciocco a non tenere conto di questo misterioso qualcuno di cui non sapeva nulla. Era stato un cretino ad insistere ad uscire con una donna che era impegnata, un deficiente per non essersela portata a letto per togliersi lo sfizio, un rimbecillito per averla baciata così profondamente ed intensamente da essere rimasto con il desiderio di lei cucito addosso.
Si alzò dal letto e decise che era ora di trovare qualcosa da fare per tenere occupata la sua mente.
Tanto per cominciare era giusto che si facesse vedere al lavoro, era giusto vedere come stavano andando gli affari e magari tenere a stecchetto i suoi collaboratori affinché tenessero sotto controllo l'intera situazione.
Dopo essersi lavato, indossò una camicia azzurra ed un paio di jeans chiari. Mise le sue scarpe preferite e poi una spruzzata di profumo. La sua immagine riflessa nello specchio lo informava che era decisamente pronto per andare.
Aveva ottenuto l'effetto che voleva: né troppo trasandato e nemmeno troppo ordinato. Un connubio che aveva imparato mandava fuori di testa un certo tipo di donna: quella indecisa. Quella per cui bastano alcune paroline semplici semplici e l'essere in grado di prendere le decisioni quando lei sembra non essere capace di scegliere neppure le giuste mutandine da indossare.
A James piaceva esercitare quel tipo di controllo soprattutto quando si trovava in camera da letto; in questo modo si sentiva protetto, come rinchiuso in una bolla di sapone che non sarebbe mai potuta scoppiare fin tanto che era lui a tenere le redini della situazione.
Amanda era stata una bella parentesi, ma faceva vacillare troppo il suo equilibrio. James l'avrebbe dimenticata in fretta, si promise.
Uscì dal suo lussuoso attico e tenne premuto il tasto del seminterrato, da lì sarebbe poi andato a lavoro con la sua ultima bambina.
La nuova Lamborghini giallo canarino l'attendeva.   
 
La mattinata procedeva a rilento, e ora Amanda credeva quasi di poter vedere i minuti strisciare piano, rincorrersi, riprendersi, lasciarsi e poi ricominciare la loro lenta e tortuosa danza.
Si chiese quando sarebbe riuscita a passare una giornata di lavoro diversa e meno monotona.
Quando la sua vita avrebbe preso una piega entusiasmante, quando Connor sarebbe riuscito a superare la morte di suo padre e quando anche a lei sarebbe capitata una svolta. A livello privato e amoroso.
Dio, se si sentiva come se fosse rinchiusa in una bolla e quello spazio le andava stretto.
Alle cinque e mezzo spaccate raccolse la sua borsa e il giacchetto e si diresse verso l'uscita dell'ufficio. Quel mercoledì avrebbe dovuto portare Connor dalla psicologa e sapeva bene che sarebbe stato un altro incontro difficile.
Entrò svelta nell'ascensore e cominciò a pensare a che scusa inventarsi per convincerlo a non fare nessuna scenata una volta che avrebbe riconosciuto il palazzo della dottoressa Coges. Già, perchè oltre al dover gestire un bambino di cinque anni che aveva bisogno di aiuto medico, Amanda doveva gestire un bambino di cinque anni con bisogno di aiuto specialistico che nutriva un'antipatia incondizionata per la sua psicologa.
Si chiese se potesse andarle peggio di così. Aveva cercato in tutti i modi di mettere in buona luce la psicologa, ma Connor era arrivato a chiamarla "la signora brutta e stupida" e lei proprio non sapeva come fargli cambiare idea.
Nemmeno con l'aiuto di Hanna, che aveva costretto Josh a dire che la dottoressa era bella e simpatica, era riuscita a smuovere suo figlio.
Le porte dell'ascensore si stavano per chiudere, quando qualcuno infilò una ventiquattr'ore per bloccarle e farle riaprire.
< Oh, ciao, Amanda > il sorriso affabile di Mike fece capolino da dietro le porte, e il suo capo si affrettò ad entrare. < Come stai ? >
< Tutto bene, grazie > Amanda gli rivolse un sorriso di cortesia. < Tu? > si ricordò all'ultimo le regole del buon costume, troppo impegnata a pensare a che scusa inventarsi con Connor.
Magari poteva promettergli una giornata di sole schifezze.
No, la dottoressa le aveva detto che non si doveva scendere ai ricatti con i bambini. Di qualunque tipo essi fossero; "Il bambino ha bisogno di capire perchè sta facendo una determinata cosa quando preferirebbe essere impegnato in altro", le aveva detto.
Certo, dottoressa brutta e antipatica! Prova tu a tenerlo a bada un bambino che ha la testardaggine di un mulo!, pensò Amanda.
Mike la riportò alla realtà. < Come procede con l'intervista di Rogers? >
Merda.
Merda, merda, merda.
Tripla merda, quadrupla, quintupla.
< Procede veramente molto a rilento. Il suo agente non mi risponde più ormai > Amanda ribaltò la colpa su Tuckson, quando invece era stata lei a non aver nemmeno ritelefonato o comunque a non aver insistito.
Da che mondo e mondo sono sempre i giornalisti ad essere considerati come le spine nei fianchi per la loro insistenza e lei era una giornalista di gossip, quindi era considerata come la peggio feccia delle società; se non telefonava lei a Tuckson, lui di certo non sarebbe andato in cerca di Amanda Allen della !SCOOP!.
< Vuoi che provi a fare qualche telefonata? >
 Assolutamente no. < Grazie, Mike, ma credo di potermela cavare da sola > gli fece un altro sorriso, cercando di convincerlo a non intervenire.
Cristo Santo! Come aveva fatto a dimenticarsi dell'intervista che avrebbe potuto cambiare la sorte del suo lavoro? Desiderava tanto una svolta, un cambiamento radicale per la sua vita e poi che faceva? Si dimenticava dell'unica cosa che, se fatta bene, avrebbe potuto aiutarla ad ottenere uno stipendio più alto e un avanzamento di carriera.
Complimenti, Amanda.
< Conto di leggere qualche anticipazione al più presto, allora > le disse Mike.
Amanda si sentì impallidire. < Certo >
Finalmente le porte dell'ascensore si aprirono e lei camminò velocemente nel seminterraneo per raggiungere la sua auto e mettere quanta più distanza possibile tra lei e il suo capo, prima che lui potesse farle qualsiasi altra domanda a proposito dell'intervista.
Chiuse la portiera della sua auto sbattendola e inserendo la sicura; nel giro di mezzo minuto, era fuori dall'edificio e si stava dirigendo verso l'asilo di Connor, controllando costantemente lo specchietto retrovisore per vedere se qualcuno la stesse seguendo.
 
La dottoressa Coges li accolse con un sorriso caloroso, ma su Connor non fece nessun effetto.
< Ciao, Connor. Come stai? >
< Bene > rispose atono.
< Molto bene. Come è andato il tuo fine settimana? >
Connor non la guardò nemmeno in faccia. < Bene >
La psicologa fece segno ad Amanda di accomodarsi su una sedia in sala d'aspetto mentre lei e Connor si chiusero dentro lo studio della dottoressa per fare cose che poi Connor non le riferiva mai, se non per citare cose poco carine sull'aspetto fisico non propriamente invidiabile della dottoressa.
Si accomodò sulla poltroncina e prese automaticamente in mano un giornale, leggendo distrattamente qualche articolo e prendendo spunto per qualche suo successivo lavoro.
Okay, era politicamente scorretto, ma Amanda non era proprio un asso in quello che faceva. Il giornalismo non era il suo campo.
No, certo che no. Lei era decisamente molto più brava con i libri. Precisamente con quelli della letteratura classica.
Avrebbe potuto citare Shakespeare o le sorelle Brönte come se si trattasse di dettare l'elenco dei giorni della settimana o dei mesi dell'anno. Aveva persino iniziato a studiare gestione dei beni culturali con specializzazione letteraria all'università e già si vedeva come direttrice di una qualche importante biblioteca di chissà dove, ad ordinare vecchi tomi impolverati o a partecipare a qualche asta per  potersi accaparrare qualche manufatto prezioso, o meglio ancora trovare qualche libro di cui pochi o nessuno fossero a conoscenza.
Anche solo il pensare a quello che avrebbe potuto ottenere se avesse continuato a studiare, le faceva apparire un sorriso nostalgico sulle labbra.
Ora aveva decisamente molto meno tempo per la letteratura, ma non rimpiangeva più di tanto il fatto di aver dovuto abbandonare i suoi famosi amici di carta per concentrarsi sulla piccola peste di carne che in quel momento si trovava chiuso in una stanza a fare qualche disegno sulla sua famiglia, da cui la dottoressa avrebbe poi capito di cosa avesse bisogno.
Amanda si pentì del fatto di non essersi accorta prima che Connor necessitasse di questo tipo di aiuto, ma lei era più che convinta che fosse ancora troppo piccolo per affrontare un argomento di quel tipo. Invece la dottoressa Coges le aveva detto che Connor aveva bisogno di parlare di Luca e di sapere che un tempo anche lui aveva avuto un padre, ma che ora quel papà non c'era più. 
La ragazza realizzò quindi che era per quel motivo che Connor aveva creduto che Luca non fosse a casa, ma si trovasse chissà dove, in attesa che lui e la madre andassero a prenderlo, e portarlo al cimitero l'aveva scioccato.
E così, da quando avevano fatto la prima visita, Amanda cercava in tutti i modi di portare l'argomento su di Luca o di paragonare i gesti di Luca a quelli del figlio. In poche parole doveva comportarsi come se l'argomento padre non fosse mai stato un tabù, doveva fare in modo che per Connor, quell'uomo con cui aveva condiviso solo un anno della sua vita, fosse una presenza costante, seppure in un modo totalmente diverso da quello che potevano vantare i suoi amichetti dell'asilo.
Girò pagina, in cerca di un articolo più interessante, magari a proposito di attualità o di politica. Era un sacco che non si interessava a quel genere di argomenti e di certo non poteva dare la colpa al poco tempo a sua disposizione. Anche quando aveva abbastanza tempo da poter dedicare a letture istruttive, preferiva passare qualche momento a giocare con suo figlio o a portarsi avanti con la pulizia della casa.
Ormai era chiaro anche a lei.. Stava facendo di tutto per evitare di pensare a James.
Era inutile girarci intorno e fingere che lui non l'avesse cercata per avere una spiegazione o il fatto che lui non l'avesse rincorsa per la strada quando lei gli aveva dato il ben servito, non l'avesse nemmeno sfiorata. Amanda si domandava se l'alchimia che lei aveva percepito tra loro due fosse solo frutto della sua immaginazione o se anche lui se ne fosse reso conto. Quel brivido di elettricità che provava ogni qualvolta che lui la sfiorava, quella sensazione di caldo e freddo che le scuoteva il corpo, le mani improvvisamente sudate, la gola secca..
Odiava doverlo ammettere, ma quelle reazioni che lei continuava a provare ogni volta che vedeva James - le scocciava doverlo fare presente a sé stessa, ma le capitava anche quando ci pensava intensamente - non le aveva provate nemmeno con Luca.
Immaginava che ci fosse questa differenza perchè quando aveva iniziato ad uscire con Luca, erano entrambi dei ragazzini, per non dire bambini. Entrambi alla prima esperienza e tra di loro c'era molto poco di misterioso: Amanda conosceva Luca e Luca conosceva Amanda come se si trattasse delle loro tasche.
Ovviamente aveva tutti i sintomi dell'amore: cuore che palpitava, guance che si coloravano di rosso per un complimento, tremore quando la mano di lui iniziava a perlustrare parti del suo corpo che prima di quel momento mai nessuno aveva toccato, ma mancava il mistero.
Con James invece era diverso. Amanda credeva di sapere a cosa sarebbe andata incontro se si fosse concessa a lui, e aveva un'idea precisa di come si sarebbe potuta sviluppare una possibile storia d'amore. Si poteva dire che era "preparata" ad un'eventuale relazione.
Quello a cui non era preparata era il suo passato. Per lei quello era il mistero.
Sapere che la persona con cui ti stai vedendo ha avuto una vita prima di te, ha conosciuto persone, ha amato qualcuno, ha qualche segreto... Può portarti a pensare e Amanda non sapeva come gestire quel genere di cose, ma sapeva che quell'aspetto di James la intrigava parecchio.
Girò ancora una volta le pagine ed iniziò a leggere qualche riga della di un'intervista di un articolo di un giornalista che conosceva per fama, rimanendo affascinata dalla fluenza delle parole che usava.
Fu proprio mentre era immersa nella lettura che sentì un nome a lei decisamente molto noto.
Alzò lo sguardo, per cercare di scorgere la figura maschile, sperando di poter approcciarsi e chiedere qualche spiegazione, ma di Oliver Tuckson non c'era nemmeno l'ombra. Amanda vide solo una porta richiudersi alle sue spalle e sarebbe stato estremamente maleducato da parte sua andare a bussare e chiedere di parlare un momento con Mr Tuckson.
Avrebbe significato violare la sua privacy, ed erano in uno studio di psicologi.. se tanto le dava tanto, Amanda realizzò che fare quello che il suo istinto le diceva di fare l'avrebbe condotta ad una perfetta figuraccia.
La curiosità però la vinse; non si sarebbe spinta tanto oltre da dare la caccia a Tuckson, ma qualche domandina ingenua alla segretaria avrebbe comunque potuta farla.
Si avvicinò al bancone a si schiarì la gola per attirare l'attenzione della ragazza. < Salve > le sorrise.
< Miss Allen, posso fare qualcosa per lei? >
Amanda tentò uno dei suoi sorrisi migliori. < Non ho potuto fare a meno di sentirla. Quell'uomo che è appena entrato in quella porta > la indicò con un cenno della testa. < Era Mr Tuckson? >
La segretaria si morse un labbro e strinse le mani attorno al bordo della scrivania. < Perchè me lo chiede? >
Amanda pensò che quello fosse uno strano modo di comportarsi, ma dopo tutto lei stava facendo domande su di un probabile paziente; quella strana tra le due era lei.
< Semplice curiosità. Ho sentito pronunciare il suo nome e mi sono accorta troppo tardi che in realtà io conosco Oliver. Sarebbe un peccato sapere che lui mi ha vista e io non ho potuto cogliere l'occasione per salutarlo > parlò in tono confidenziale, come se lei conoscesse molto bene Tuckson, quando in realtà non si erano nemmeno mai visti di persona.
< Si.. emh.. > la ragazza prese tempo. < Quello.. quello.. era un ami.. Sì, era Mr Tuckson. Ma finirà dopo che Connor avrà terminato la sua sessione con la dottoressa Coges >
Amanda aggrottò le sopracciglia. Si trattava di Tuckson o no? Perchè se era lui,magari poteva contare sul colpo di fortuna e metterlo finalmente alle strette pere avere la sua benedetta intervista.
< Capisco > rispose semplicemente. < Grazie > fece un altro sorriso e poi tornò a sedersi.
Pregò che Tuckson non ne avesse ancora per molto e che lei riuscisse a fare la sua benedetta intervista.
 
Un quarto d'ora dopo, Connor emerse con il broncio sulle labbra e i capelli più arruffati del solito.
< Eccoti > lo salutò Amanda.
< Andiamo? Cassy mi ha promesso che passa a portarmi dei film > si infilò svelto il giacchino in jeans e poi afferrò la manica della maglia della madre per obbligarla ad alzarsi.
< Stai buono, Con. Devo scambiare due parole con la dottoressa > Amanda gli accarezzò la testa.
< Le parli un'altra volta > s'impuntò il figlio.
< Ci metto cinque minuti, Connor. Siediti un attimo >
Connor la guardò furioso. < Sono stato seduto per tutto il tempo. Voglio andare a casa >
La dottoressa Coges guardava la scena con interesse ed Amanda si sentì sotto esame, cosa che la faceva sentire maledettamente inadeguata.
< Piccolo, lo so che stai aspettando Cassy, ma la mamma ha bisogno di parlare con la dottoressa. Ci metto poco > disse, guardandolo con lo sguardo supplichevole.
< No. >
< Miss Allen? > la chiamò la dottoressa.
Amanda cercò di modulare la frustrazione che sentiva crescerle dentro e guardò la dottoressa con tutta la calma di cui era capace. < Sì? >
< Le andrebbe di passare domani? Magari potrebbe scambiare due parole con calma io e lei da sole > lanciò un'occhiata fugace al bambino che continuava a fissare la mamma.
< Va - va bene > acconsentì Amanda, presa in contro piede.
Non era come lei stava immaginando, vero?
La dottoressa Coges si avvicinò alla segretaria e fissò un incontro con Amanda per le otto del mattino seguente.
Fantastico! Un vero e proprio appuntamento con una strizza cervelli.
Forse Connor aveva ragione: quella dottoressa era proprio antipatica.
Sorrise prima di uscire e poi afferrò la mano del figlio che era più che felice di seguirla fuori dall'edificio, pronto per accogliere a braccia aperte Cassy, che lo stava già aspettando sotto il palazzo dove Amanda e Connor abitavano.
 
Cassandra aspirò l'ultimo tiro della sigaretta nel momento esatto in cui Amanda entrò nel vialetto con la sua auto mezza scassata.
Scosse leggermente la testa, chiedendosi che fine avesse fatto l'utilitaria che aveva prima.  
Sapeva che aveva accompagnato Connor all'incontro con la psicologa ed era curiosa di sapere come fosse andata. Si sentiva in ansia, quasi come se quella situazione fosse colpa sua, come se lei non fosse stata in grado di cogliere i segnali che sicuramente Connor aveva lasciato.
< Ciao, Cassy! > la salutò allegramente Connor ed Amanda lo fissò perplessa.
< Ciao, Con. Come stai? > Cassandra si abbassò alla sua altezza e spalancò le braccia, in attesa che il bambino la abbracciasse.
< Bene. > Connor si strinse a lei per una manciata di secondi e poi le chiese di film che gli aveva promesso.
Cassandra glieli porse e poi gli scompigliò i capelli, sentendosi il cuore più leggero quando vide il sorriso del bambino.
< Sali su a vederli con lui? > le chiese Amanda.
Cassy scosse la testa.
< Hai da fare con il tuo bel James? > Amanda ammiccò.
Cassy scosse ancora la testa. < Io e James siamo.. in crisi > le disse.
< Oh > Amanda girò la testa e spostò lo sguardo.
Anche lei e il suo James erano in crisi. No, non era corretto; punto primo James non era il suo James e secondo non erano in crisi: avevano chiuso definitivamente.
< Tutto bene, Amy? > le domandò.
Amanda non sapeva spiegare il perchè, ma le pareva che la ragazza fosse poco dispiaciuta per la sua crisi e molto interessata invece alla sua reazione.
Connor la strappò dalle sue riflessioni. < Andiamo mamma? Voglio vederli subito. >
< Devi prima mangiare > lo ammonì lei.
< Posso mangiare e guardarli insieme >
Amanda sospirò, non aveva proprio nessuna voglia di discutere ancora con suo figlio.
< Dai, Con. Fà come ti dice la mamma > gli ordinò Cassandra, con il sorriso sulle labbra.
Connor si strinse nelle spalle e si diresse verso il portone, aspettando che Amanda lo raggiungesse.
< Grazie > disse la madre. < A volte ascolta più te che me. >
Gli occhi scuri di cassandra si illuminarono di orgoglio, dando vita ad una morbida sfumatura color cioccolato. Ancora una volta Amanda rimase colpita dal suo colore di occhi.
< Devo andare. > disse Cassandra poi, spostando lo sguardo dal suo.
< Certo > Amanda le sorrise.
< Ci vediamo, Amy > e poi si allontanò.
Solo quando stava per inserire le chiavi nella toppa di casa Amanda si rese conto di come Cassandra l'aveva chiamata e per ben due volte.
Tutto bene, Amy?
Ci vediamo Amy.
Nessuno, e proprio nessuno, doveva e poteva chiamarla così. Riportava a galla ricordi troppo belli e dannatamente dolori a cui Amanda non era pronta. Ma nonostante questo, non era riuscita a rendersi conto di come la sua baby sitter si era rivolta a lei fino a quando non era arrivata a casa.
Quel soprannome, pronunciato da Cassandra, l'aveva fatta sentire bene e protetta come non le succedeva da molto tempo, proprio come si sentiva quando era tutt'altra persona a chiamarla in quel modo.
La persona per cui sia lei che Connor si trovavano ad andare dalla dottoressa "brutta e antipatica". 



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RAGAZZE, SCUSATEMI TANTISSIMO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
lo so, sono stata imperdonabile! due settimane e due giorni di assenza! Proprio io che sono solita pubblicare un capitolo al giorno!!!! 
Spero che non siate tanto arrabbiate con me da non seguire più la storia! D: 
Sono veramente molto impegnata con l'università, tanto che a stento ho il tempo per pettinarmi i capelli al mattino! 
Spero che questo capitolo possa essere almeno abbastanza buono da sopperire al fatto che sono stata via così tanto tempo! 
Prometto di non farlo mai più!!! 
Baci, a presto! 

P. s. Per quelle che stanno seguendo anche l'altra mia storia in corso, aggiornerò a breve anche quella! 
Cris

 

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Capitolo 20
*** COINCIDENZE ***


Stare seduta con quella sedia le metteva ansia.
Solo in quel momento si rese conto di quanto fossero scomode le poltroncine delle sale d'aspetto degli psicologi e di quanto fossero futili le riviste che venivano lasciate sul tavolino da caffè, che molto probabilmente non aveva mai visto una singola tazza per tutto il tempo in cui era e sarebbe rimasto in quello studio.
Sbuffò, si sistemò meglio sulla poltrona e quasi inconsciamente iniziò ad agitare una gamba, proprio come faceva quando all'istituto le succedeva qualcosa e veniva spedita dalla direttrice.
In quei casi però,  nella maggior parte delle volte, c'era Luca.
La notizia che Amanda si trovava in guai seri gli arrivava alla velocità della luce, in un modo che lei ancora non riusciva a spiegarsi, e in un batter d'occhio, lui si trovava assieme a lei, pronto ad aiutarla.
Adesso Amanda avrebbe dovuto avere una di quelle conversazioni scomode, pesanti e, ne era più che certa, che sarebbero andate a rivangare parti del suo passato che lei sperava rimanessero lì dove si trovavano.
Certo, c'era anche una buona probabilità che la dottoressa Coges le parlasse solo ed esclusivamente di Connor, magari dandole qualche altro consiglio utile su come comportarsi con lui, o magari voleva raccontarle cosa era successo nel loro ultimo incontro, ed Amanda sperò ardentemente che il figlio non avesse detto nulla di inopportuno e che non si fosse spinto troppo in là con la sua lingua lunga.
< Miss Allen? > si sentì chiamare.
Alzò lo sguardo; la segretaria le stava rivolgendo un sorriso di circostanza. < Adesso può entrare > le indicò con il mento la porta della dottoressa Coges.
Amanda prese un respiro profondo e si disse che poteva farcela. Era una donna adulta e stava andando a fare quattro chiacchiere amichevoli con un'altra donna adulta. Niente drammi.
Si blocco proprio prima di entrare nell'ufficio della Coges. Il naso a due palmi dalla porta, il braccio sollevato e il pugno chiuso, pronto a battere per annunciare la sua presenza.
Dio, quanto le sarebbe piaciuto girare i tacchi e andare a lavoro.
Avrebbe potuto prendere in mano la situazione di Tuckson, impuntarsi fino a quando non avrebbe ottenuto quella benedetta intervista con Rogers e scrivere poi l'articolo, presentarlo a Mike ed ottenere il tanto atteso aumento di stipendio.
< Può entrare, Miss Allen. L'ho già annunciata alla dottoressa > la voce della segretaria la riportò alla realtà.
Amanda prese un respiro profondo e poi si girò a guardare di nuovo la ragazza seduta dietro al bancone.
< Certo > fece un respiro profondo e si decise ad entrare.
La dottoressa Coges era seduto dietro la sua scrivania elegante in metallo. Appoggiati sul naso aveva un paio di occhiali con la montatura in sottile metallo argentato. I capelli corti e scuri era pettinati ordinatamente.
Gli occhi intelligenti corsero subito nella sua direzione e le labbra sottili si arcuarono in un sorriso di benvenuto.
Certo, poteva non rappresentare il massimo dell'affettività umana, ma non era poi così antipatica come la definiva Connor.
< Benvenuta, Miss Allen. La stavo giusto aspettando. > chiuse il portatile e le fece segno di entrare.
< Buongiorno > disse Amanda, la gola improvvisamente secca.
< Come sta, oggi? >
< Bene grazie > non aggiunse il "come sta lei? " di cortesia; era ansiosa di arrivare al punto, di sapere come mai la Coges aveva richiesto un incontro con lei.
< Immagino che si stia chiedendo il perchè le ho chiesto di incontrarci oggi e senza Connor >
< Mi è passato per la mente, sì >
La dottoressa fece una breve risata. < Ora capisco da chi ha preso il senso dell'umorismo Connor >
Amanda rimase sorpresa da quel commento. Le era parso di capire che a suo figlio la dottoressa non andassero poi tanto d'accordo, o che perlomeno Connor non fosse un suo grande fan.
"Dio, ti prego, fa che non le abbia detto nulla di inopportuno", pregò.
< Già > disse soltanto.
Eloise Coges guardò per un lungo momento Amanda.  Stava cercando le parole esatte da dire, perchè lei per prima sapeva quanto potessero pesare alcuni vocaboli per certi soggetti in determinati momenti. Voleva tirare fuori l'argomento senza far arrabbiare o innervosire Amanda.
< So che lei è qui principalmente per Connor e devo ammettere che, anche se abbiamo fatto solo due sedute, il bambino pare aver accettato molto bene i nostri incontri >
< Bene > era quello che Amanda si aspettava, considerando quanto le costavano quelle cure, ma a detta di Connor, Amanda non poteva dire che il figlio era proprio così entusiasta della situazione.
La dottoressa sospirò. < Non la sto per portare sul patibolo, Amanda. Come mai è così nervosa? >
< Non sono nervosa > si mise sulla difensiva.
La Coges annuì. < Allora andrò dritta al punto. >
< Bene >
< Perchè Connor possa effettivamente venire fuori da questa situazione, deve uscirne anche lei > disse in un fiato.
Amanda sgranò gli occhi. < Cosa? >
< Credo che mi abbia sentito >  la dottoressa si sistemò gli occhiali sul naso, senza mai staccare gli occhi da Amanda.
La ragazza stava sinceramente rimpiangendo il non essere andata a lavoro, di aver rifiutato, il giorno prima, la proposta della dottoressa ad incontrarsi quella mattina. Lo sapeva! Lei lo sapeva che sarebbe andata a finire in questo modo, che avrebbe cercato di portare a galla proprio QUEL discorso.
< Cosa dovrebbe significare? >
< Ha mai parlato con qualcuno della sua perdita? >
Amanda rispose d'impulso. < Certo! > sbottò. Okay, probabilmente non aveva fiotti di amici che si davano il turno per tenerle compagnia, forse non andava ad una quantità innumerevole di feste e magari non usciva mai da sola senza Connor, ma  aveva Hanna, aveva le ragazze del bar, più o meno,  e.. basta.
< E con chi, se posso chiedere? >
Con chi aveva parlato della morte di Luca? Aprì la bocca per dare una risposta al vetriolo, ma la richiuse immediatamente, quando si rese conto che aveva parlato sinceramente di quell'argomento solo con la direttrice dell'istituto che sia lei che Luca avevano frequentato e solo perchè si erano trovate a discutere di come impiegare una parte dei soldi che il suo fidanzato aveva deciso di destinare ai bambini meno fortunati.
Aveva accennato qualcosa con Hanna, ma aveva preferito mantenere tutto su un piano molto vago. Inoltre Hanna sapeva, ma non insisteva, cosa per cui Amanda era sinceramente grata.
Elly e Jas, invece, erano tutto un altro discorso. Loro sapevano quasi tutto. Avevano conosciuto Luca, lo avevano visto più volte, ci avevano parlato insieme e a volte le avevano dato qualche consiglio su come comportarsi con lui, ecco perchè Amanda cercava il più possibile di passare quanto meno tempo a stretto contatto con loro.
< Con.. con alcune persone > si ritrovò a dire.
< Per esempio?  >
Amanda spostò lo sguardo. < Con qualche amica > se amica si poteva definire la direttrice.
< E qualcuno di a  lei più vicino? Come, per esempio, un parente? >
Amanda sbiancò e sentì la terra sotto i suoi piedi sparire improvvisamente.
Parenti, ovvero persone con cui si ha un rapporto di parentela. Consanguinei, gente della stessa casata, persone che condividono un cognome e un amore che non chiede, ma riesce a dare molto più di quello che si potrebbe anche solo immaginare.
Amanda fece una rapida ricerca nella sua mente, in cerca di qualcuno che corrispondesse a quella descrizione.
Sì, c'era ed era Connor. Ma non avrebbe mai potuto parlare con un bambino di poco più di un anno di come si sentiva lei per la perdita permanente del suo amore.
< Non ho parenti > disse gelida.
La dottoressa Coges batté le palpebre un paio di volte. < Mi dispiace, non avevo idea che lei fosse un'orfana >
Amanda si morse un labbro. < Non lo sono, non proprio >
La dottoressa piegò la testa di lato e fissò attentamente il volto di Amanda. Capì immediatamente che quello non era un argomento che le piaceva affrontare: le labbra erano arricciate in una smorfia di disappunto, gli occhi erano ora gelidi e non riuscivano a stare fermi.
< Le va di parlarne? >
< Non vedo come questo possa essere d'aiuto per Connor >
< È d'aiuto per lei, e tutto quello che fa bene a lei fa bene a suo figlio >
< Mio figlio ha solo bisogno di realizzare che suo padre non tornerà mai più a casa >
< E ha anche bisogno di sapere che sua madre ha accettato questa cosa >
Amanda fece una risata isterica.
< Trova che sia divertente? > La dottoressa raccolse le braccia al petto.
< Lei è sposata, dottoressa? >
Ci fu un attimo di silenzio, spesso tanto da poterlo tagliere con un coltello. < No >
< Ha un compagno? >
< Sì > la dottoressa annuì una sola volta.
< E lo ama? >
La dottoressa inarcò le sopracciglia< Credevo di essere io la psicologa. >
< Mi risponda, la prego. Lo ama? >
< Sì > rispose dopo un attimo di esitazione.
< Come reagirebbe se un giorno dovesse tornare a casa e scoprire che non lo rivedrà mai più? Che gli spazi che avete condiviso saranno vuoti? Che non sentirà mai più il suo profumo sulle lenzuola? Che ci saranno momenti in cui crederà di aver sentito la sua voce, quando in realtà è solo il suo cervello che le gioca brutti scherzi? Come reagirà quando si renderà conto che ha davanti un bambino che gli assomiglia così tanto che la prima tentazione sarà quella di chiamarlo Luca e non Connor? > Amanda finì di parlare, rendendosi conto solo all'ultimo di avere il fiatone.
Fece un respiro profondo, cercando di calmarsi. < Non accetterò mai la cosa, dottoressa >
Eloise Coges si passò una mano nei capelli. < Lei ha veramente molta rabbia dentro. >
Amanda non replicò.
< Vorrei farle una proposta >
Amanda continuò a rimanere in silenzio.
< Le ho chiesto di incontrarci oggi perchè credo che anche lei possa aver bisogno di qualcuno con cui sfogarsi, qualcuno con cui non aver nessun freno inibitorio. Vorrei che lei avesse più momenti come quello che mi ha appena spiattellato in faccia. >
La ragazza storse il naso e decise di rispondere con sincerità. < Non posso permettermelo. >
< Miss Allen.. questa è qualcosa che non faccio usualmente, ma si può dire che ho preso a cuore la situazione sua e di Connor. >
Amanda la fissò incuriosita. < Non capisco dove lei voglia arrivare >
< Farò le terapie a lei a Connor, ma lei continuerà a pagare solo per quelle di Connor > strinse le labbra in una linea sottile.
< Oh >
< Non voglio una risposta immediata, capisco che è qualcosa che non si aspettava. > alzò le spalle. < Ci pensi su >
 
 
< Tu hai fatto cosa?! >
Non era la reazione che James si aspettava.
< Ho detto che l'ho appena lasciata in un bar e le ho chiamato un taxi > ripeté James.
< Amico, tu sei fuori di testa. > dichiarò l'altro.
< Oliver, non mi serve un tuo parere. Ti sto dicendo cosa ho appena fatto e lo sto facendo per fare in modo che tu possa limitare i danni! >
Oliver sospirò e si trattenne dall'imprecare profondamente. < Bene. Fantastico. >. Tacque per un momento, cercando di non dare di matto. < Dove sei adesso? >
< Per strada > rispose telegrafico James.
< Dove sei diretto? >
< Non lo so >
< Domani c'è la riunione con i pubblicitari >
< Me lo ricordo >
< Cosa pensi di rispondere se la pollastrella parla? >
< Non parlerà > disse sicuro.
< Come fai ad esserne certo ? >
< Ho detto che non me la sono scopato, non che l'ho lasciata insoddisfatta >
Oliver rise di gusto. < Eccolo, il mio ragazzo. Credevo fossi sparito, invece ti piace ancora far godere le troiette >
< Cristo, Oliver! Gira tutto intorno al sesso per te? >  ora James era disgustato.
Oliver grugnì. < Ci hai fatto roba o no?  >
< No. >
< E cosa intendi con il non averla lasciata insoddisfatta? Ti prego dimmi che non c'entra niente la droga. Ho veramente già troppo lavoro da fare per gestire i tuoi affari di famiglia e il fatto che tu e tuo fratello.. >
James lo interruppe. < Non ho intenzione di parlare delle mie dinamiche familiari >
Oliver iniziava a preoccuparsi. < Allora dimmi cosa cazzo hai fatto >
< Le ho lasciato dei soldi >
Trattenne il fiato. < Quanti soldi? >
< Abbastanza >
< E perchè cazzo le avresti lasciato abbastanza soldi? >
< Per zittirla, per accontentarla, per compiacerla.. Per togliermela di torno >
< Sul serio, amico, non ti capisco. >
< Non c'è niente da capire. Credevo di avere voglia di trombare e invece quando me la sono ritrovata mezza nuda davanti ho solo pensato che avevo voglia di uscire da quella stanza >
Ci fu un momento di silenzio. < Fammi capire bene. Avevi una tizia disponibile, alla tua mercé, e hai deciso che non volevi più stare in quella stanza?  >
< Sì >
< Non è che per caso ti sei accorto di avere qualche sorta di... tendenza? >
James alzò gli occhi al cielo. < Se anche fosse, tu saresti al sicuro: sei troppo grasso >
< Bada a come parli, ragazzino. > rispose minaccioso Oliver. < Piuttosto, vedi di non tornare tardi. Domani mi serve che tu sia sveglio e ricettivo. Tutti devono credere che tu sia.. >
James lo interruppe di nuovo. < Sì, lo so. Tutti devono credere alla favoletta che gli raccontiamo > disse in tono sprezzante.
< La situazione fa comodo anche a te > puntualizzò Oliver.
< Quello che ci guadagna di più sei tu. > il tono sprezzante di James non accennava a sparire.
< Non credo che questo sia il momento della giornata più adatto per discutere di questa situazione. Non dopo che non ti si è rizzato di fronte ad una donna nuda >
< Mezza nuda > lo corresse James.
< N - u - d - a > Oliver scandì bene la parola.
< Ci vediamo domani > disse James esasperato.
< Ti voglio puntuale >
< Non mancherò > James chiuse la conversazione con un gesto secco e poi gettò il telefono sul sedile del passeggero.
Schiacciò di più il piede sull'acceleratore e subito dopo ingranò la quinta marcia, stringendo forte il volante fra le mani.
L'odore di pelle nuova gli riempiva le narici e la forza di gravità che si scatenava in seguito all'eccessiva velocità a cui stava spingendo la Lamborghini gialla, lo schiacciava contro il sedile, procurandogli un vuoto allo stomaco.
Non era pentito di aver risposto con un due di picche alla brunetta che aveva lasciato in quella camera d'albergo. Il suo corpo, sebbene ben proporzionato, mancava di qualcosa..
Gli era  sembrata quasi volgare con quelle curve così provocanti e il suo sguardo costantemente annebbiato, tanto che James non avrebbe saputo dire se era eccitata o semplicemente ubriaca.
I suoi capelli avevano un odore che non gli era piaciuto per niente e la sua pelle era ruvida al tatto.
Non era una brutta ragazza, solo che quella sera non si era sentito dell'umore adatto per potersela portare a letto.
"Già, perchè non ha i capelli biondi e fluidi, vero?",  si trovò a pensare.
Il piede destro schiacciò ancora di più sull'acceleratore e sentì la macchina implorare perchè ingranasse la sesta.
Le strade erano deserte e la totale mancanza di altri automobilisti gli consentiva di sfiorare i trecento chilometri orari con una naturalezza che gli mise i brividi.
Pensò a quanto questo particolare avrebbe potuto far eccitare una qualsiasi donna, una di quelle facili, una di quelle il cui unico scopo era farsi scopare e poi dimenticare.
Si rendeva perfettamente conto che quello era un pensiero maschilista, misogino e anche decisamente cattivo, ma pensandoci per un attimo che razza di donna si fa portare in un luogo che non conosce da un uomo che ha conosciuto solo pochi minuti prima per fare Dio solo sa cosa?
James amava le donne, i loro profumi, i loro occhi civettuoli, i loro modi così sensuali e le labbra morbide fatte a posta da baciare.
Occhi azzurri tendenti al verde, viso pieno con la pelle morbida, ornato da guancie sempre costantemente rosee e quelle labbra così rosse da sembrare ciliege..
< Merda! > imprecò, battendo la mano sul volante dell'auto.
Pochi minuti dopo si trovò a parcheggiare fuori alla discoteca che più andava di moda nell'ultimo periodo.
Perchè avesse deciso di andare lì, James non avrebbe potuto dirlo con precisione.
Aveva già deciso che sarebbe tornato a casa, nella sua vera casa. Si sarebbe addormentato e si sarebbe svegliato riposato e fresco per affrontare la giornata di inferno che lo attendeva il giorno dopo.
Invece ora stava lasciando le chiavi della macchina ad un ragazzo di poco più basso di lui, che stava letteralmente sbavando sulla sua Lamborghini.
Già che c'era, James poteva farsi un giro nel locale e cercare di sollevare la sua serata, visto come era iniziata. Avrebbe magari potuto trovare la "troietta" - come le chiamava Oliver -, da potersi portare a letto e finalmente provare a sé stesso e a chiunque altro che non era interessato a qualcuno in particolare, stava solo passando un periodo strano della sua vita.
Le luci erano scure e cupe, la musica alta rimbombava e rendeva impossibile una qualsiasi tipo di conversazione.
Donne. Tutto quello che cercava quella sera era una donna, perchè il commento sulla sua sessualità, fattogli da Oliver, lo aveva profondamente infastidito.
James non era gay. Non lo era mai stato e mai lo sarebbe stato.
E allora cosa c'era che non andava nella brunetta che aveva lasciato nella stanza d'albergo con una manciata di banconote sul comodino? L'aveva trattata come si fa con le puttane, solo che non aveva approfittato dei "servizi" che una donna di quel tipo poteva offrire.
Quindi ora si trovava in quel locale, con la musica alta che rimbombava per tutta la stanza, alla ricerca di una preda da stanare e da scoparsi. Magari dentro la Lamborghini, giusto per inaugurarla.
 
 
Amanda non aveva fatto altro che pensare a quello che gli aveva detto la Coges per tutta la giornata.
A lavoro era stata distratta, scostante e assente.
Non aveva scritto a Tuckson per ottenere l'intervista ed era stata quanto più lontana possibile da Mike e dalle sue continue domande - più che giustificabili - sullo stato del suo lavoro.
La sua testa era troppo impegnata a pensare a quello che le aveva detto la dottoressa. Doveva iniziare a fare terapia, o era forse il caso di continuare con la sua vita, dividendosi tra due lavori e suo figlio?
Di cosa avrebbe dovuto parlare esattamente con quella donna?
E così la sua giornata era andata avanti con uno sbadiglio dopo l'altro.
All'ora di cena ricevette una telefonata di Hanna.
< Ho bisogno di uscire e ubriacarmi! > sbottò la donna.
< Sei incinta > le ricordò Amanda.
< Credi che non lo sappia? >
< E allora perchè mi dici che vuoi andare a bere? >
< Ti prego, Mandy. Non farmi spiegare tutto parola per parola. Ho bisogno di una serata fuori da casa mia e ho bisogno che tu venga con me. >
Amanda andò in cerca di una scusa da poter usare, per evitare di contribuire all'umore nero dell'amica. < Io.. sai, Connor oggi non.. >
< Non provarci nemmeno, Amanda > disse imperiosamente Hanna. < La serata serve anche a te. >
< A me? >
< Sì, a te. Da quanto tempo è che non esci ? >
"Dal primo e ultimo appuntamento con James", avrebbe voluto rispondere Amanda, ma poi Hanna ne avrebbe approfittato per rimarcare sul discorso che le servivano delle distrazioni e bla bla bla.
< Da poco, in realtà > le disse.
< Balle > ribatté Hanna.
< Hanna, sul serio, stasera proprio non è.. >
< Oh, invece lo è eccome. Passo a prenderti dopo cena. Connor può rimanere a casa con mio marito e i suoi figli. >
< Tuo marito e i suoi figli? >
< Esattamente >
Amanda dovette reprimere una risata < Qualcuno qui è molto arrabbiata >
< Non immagini nemmeno quanto >
Sentì un rumore secco in sottofondo e Amanda capì che Hanna doveva aver sbattuto l'anta di qualche mobile.
< Passo a prenderti alle nove e mezza, vestiti carina >
Amanda non disse nulla a proposito dell'ultimo commento, sapeva che avrebbe fatto solo peggio.
Chiuse la comunicazione e finì di preparare la cena per Connor e per lei, scrisse subito un messaggio a Cassy, pregando che la ragazza non avesse nulla da fare e che potesse rimanere a casa con il piccolo visto che  non voleva approfittare della proposta di Hanna, considerando che uscivano proprio perchè lei aveva litigato con il marito.
Fortunatamente per lei, Cassy non aveva nessun impegno e di conseguenza Amanda non poteva proprio più tirare buca alla sua amica.
Si fece forza e fissò il suo armadio, in cerca di qualcosa di carino.
Vide una gonna lunga, in cotone e color crema. La prese subito dalla gruccia, prima di poter cambiare idea e ci abbinò una canotta leggera bianca.
Raccolse i capelli in una coda alta e si truccò alla bell'e meglio.
Il risultato finale era abbastanza soddisfacente, e guardandosi allo specchio, Amanda si concesse anche un sorriso e si meravigliò di notare quanto il suo aspetto migliorasse con il semplice incurvarsi delle labbra.
Represse il sorriso quasi subito, però, quando con l'angolo dell'occhio scorse la fotografia di Luca che teneva nascosto dentro un portagioie.
Spuntava fuori solo un angolo, ma era proprio quello che raffigurava uno dei suoi bellissimi occhi. Un occhio che la guardava, che osservava ogni sua singola mossa.
Ritornò a fissare per un momento la sua immagine nello specchio e si chiese se non fosse sbagliato uscire e lasciare suo figlio a casa da solo con una ragazza che alla fine dei conti era solo un'estranea.
Sentì il campanello suonare e sospirando si guardò allo specchio un'ultima volta prima di decidere di andare ad aprire la porta.
< Ciao, Cassy. Grazie per essere venuta anche se ti ho avvisata all'ultimo momento > Amanda parlò mentre tornava di nuovo nella sua camera, alla ricerca delle scarpe e della borsa da indossare.
< Nessun problema. > Cassandra l'aveva seguita. < Dov'è Connor? >
< In camera sua. Sta guardando per la quinta volta una delle partite che gli hai portato tu > Amanda aveva entrambe le mani poggiate sulle ante dell'armadio e fissava verso il basso, dove teneva le scarpe.
< Metti le zeppe >
< Dici? > ne prese in mano una e la guardò meglio da vicino.
< Dico, dico >
< Mmm >
< Non ti piacciono? >
< No.. Sì.. cioè.. Ah, Dio! È complicato > Amanda sbuffò.
< Sono delle belle scarpe > disse Cassandra, prendendo dalle mani di Amanda la scarpa.
< Già >
< Dove le hai comprate? Ti spiace se me le compro anche io? >
Amanda si morse un labbro e prese anche l'altra scarpa. < Me le hanno regalate un sacco di tempo fa >
< Che peccato  >
< Già >
< E non sapresti in quale negozio? >
Sì, certo che lo sapeva. Quelle scarpe erano costate un occhio della testa ed Amanda ricordava ancora quanto si era arrabbiata quando Luca si era presentato con quella scatola.
< Dolce e Gabbana >
< Che?! > Cassandra spalancò gli occhi.
Amanda ne calzò una e tese la mano per chiedere ad Amanda di passarle l'altra scarpa.
< E sentiamo, chi è che ti avrebbe regalato delle scarpe di Dolce e Gabbana ? > Amanda ammiccò maliziosa.
Amanda rimase in piedi sulle sue scarpe e cercò di vedere se erano comode e se sarebbe stata in grado di camminarci per il resto della serata. Sì, erano ancora dannatamente comode, ma forse era dovuto al fato che praticamente immacolate, visto che le aveva messe sì e no un paio di volte.
Afferrò una pochette nera che si intonava perfettamente alle scarpe e la riempì con le chiavi, telefono e qualche banconota.
< Non me lo vuoi proprio dire? >
Amanda sospirò. < Luca >
< Ah > Cassy spostò per un attimo gli occhi, e quando ritornò a guardarla, Amanda notò una strana luce nei suoi occhi, come se la ragazza si fosse ricordata solo in quel momento di qualcosa di decisamente molto importante e il suo sguardo divenne improvvisamente più caldo.
< Sono molto belle > le disse, con il tono di voce più caldo e un sorriso vagamente familiare sulle labbra.
< Grazie >
< Con chi esci? >
< Con Hanna, la mamma di Josh. Ti ricordi? È un amico di Connor >
< Sì, siamo andati qualche volta al parco > Cassy annuì piano. < È un bravo bambino >
< Mmm - mmm >
Amanda si guardò un'ultima volta allo specchio ed indossò un giubottino leggero in pelle nera. < Allora io vado >  disse guardando Cassy.
< Va bene >
Amanda annuì e andò in camera a salutare Connor.
Inutile dire che il bambino la degnò a stento di qualche sguardo, impegnato com'era a seguire ogni singolo movimento dei calciatori sullo schermo.
Amanda si chiedeva come fosse possibile che non si scocciasse di guardare sempre la stessa partita, con le stesse immagini che si ripetevano per infinite volte, gli stessi goal, le stesse ammonizioni e gli stessi commenti.
Forse quella sua fissazione per il calcio non era poi del tutto temporanea, il che la riportava a pensare che avrebbe veramente dovuto iscriverlo alla scuola calcio. Gliel'aveva promesso e sapeva che le ogni promessa è debito, soprattutto quelle fatte ai bambini, e poi nessuno dovrebbe vedersi portare via un sogno perchè costa troppo.
Amanda voleva che suo figlio crescesse sapendo che lei aveva fatto di tutto per spingerlo a realizzare quello che più gli stava a cuore, che sua madre ci sarebbe stata per lui e l'avrebbe assecondato in tutto quello che lui avrebbe desiderato fare.
 
< Bene, vedo che mi hai ascoltato > le disse Hanna non appena Amanda chiuse lo sportello dell'auto.
< Ciao anche a te > rispose Amanda.
< Per prima cosa andremo al Tamara's. Voglio una di quelle mega fette di torta al cioccolato. >
< VA bene > la assecondò Amanda.
< Poi voglio andare a ballare >
Amanda strabuzzò gli occhi. < Che? >
< Voglio andare a ballare >
Non poteva credere alle sue orecchie. < Sei incinta >
< E tu sei noiosa >
< Noiosa? >
< Noiosa >
< Qualcuno potrebbe venirti addosso, potresti cadere, potrebbero darti una gomitata.. Non è un posto sicuro per una donna incinta > cercò di farle presente.
< Sono incinta di quattro mesi, la mia pancia non si vede nemmeno e il posto in cui intendo andare è un posto per certi tipi di persone.. come posso dire? Elegante, ecco >
< E con questo che vorresti dire? >
< Che non ci entrano cani e porci >
< E noi come facciamo a sperare che ci facciano entrare? >
< Per prima cosa, noi non siamo cani e porci. Secondo, ho dei pass >
Amanda era sempre più allibita. < Pass. Per entrare in quel posto ci vogliono dei pass?  >
< Ti ho detto che è un posto per gente elegante >
< E anche ricca, aggiungerei >
Hanna si strinse nelle spalle. < Il mio capo mi ha passato i pass, e dato che mio marito pare essere più interessato alle partite di basket che a passare una serata diversa con sua moglie, stasera ci andremo io e te >
< O-okay > Amanda non sapeva davvero che dire.
< E, potrebbe essere una buona serata per te per trovare qualcuno di carino >
Alzò un sopracciglio e si voltò per guardare meglio la sua amica. < Stiamo uscendo perchè tu hai bisogno di una serata fuori, o stiamo uscendo perchè credi che io abbia bisogno di compagnia? >
< Stiamo uscendo perchè io ho molta voglia di bere e invece mi devo limitare ad una fottuta torta al cioccolato e magari un bicchiere di latte! > Hanna sbuffò. < E se tu trovassi qualcuno con cui sballarti stasera, il mondo continuerebbe a girare, tuo figlio a volerti bene e, credimi, la tua passera toglierebbe le ragnatele e riprenderebbe a fare parte del club della mamme single >
Amanda si morse l'interno guancia e contò fino a dieci.
Ricordò a sé stessa che la donna accanto a lei era una donna incita, che era sua amica e che stavano uscendo perchè aveva bisogno di passare qualche ora fuori casa. Eliminò dalla sua mente le risposte acide che avrebbe voluto darle e cominciò a pensare a tutti i possibili modi in cui avrebbe potuto chiedere a Tuckson un incontro, senza dargli possibilità di rifiutare.
 
La musica a palla era assordante e Amanda si domandò come mai si era lasciata convincere da Hanna ad andare in quel benedetto club.
Sì, giusto: si era sentita dire in poche parole che doveva godersi di più la vita.
Sospirò per l'ennesima volta e si sistemò meglio sullo sgabello, senza mai perdere di vista la sua amica che stava ballando su un cubo, dando spettacolo per una decina di uomini che la guardavano come lupi affamati.
Amanda scosse la testa, pensando che non era nemmeno ubriaca e che se il marito l'avesse vista, molto probabilmente si sarebbe infuriato e le avrebbe urlato contro per un bel po'.
La ragazza valutò la possibilità di chiederle di scendere dal cubo, ricordandole la sua condizione e facendole presente che se fosse caduta dal cubo avrebbe potuto farsi molto male e avrebbe potuto mettere in pericolo la vita del suo piccolino, ma rimase ferma dove si trovava, continuando ad osservare Hanna da lontano.
La sua amica aveva bisogno di qualche attimo di follia, di sentirsi libera e giovane di nuovo, di sentirsi senza freno  e leggera, come se i tempi in cui usciva a fare festa tutte le sere non fossero ancora finiti, come se non avesse ancora una famiglia a casa che stava aspettando che lei ritornasse.
Amanda capiva quella sensazione, solo che le sue serate libere avevano un prezzo, ed era quello della baby sitter. Nessun marito, disponibile o arrabbiato, che rimaneva a casa con Connor. Nessun uomo pronto ad accoglierla tra le sue braccia non appena avesse varcato la soglia.
E a dirla tutta, ad Amanda non dispiacevano più di tanto le sue monotone e solitarie serate trascorse sul divano a guardare cartoni animati.
Sorseggiò il suo drink e poi lo posò di nuovo sul bancone del bar.
< Ciao > si sentì dire da qualcuno.
Girò la testa verso la voce, e si trovò un ragazzo di poco più grande di lei a pochi centimetri di distanza dal suo volto.
< Ciao > l'educazione ebbe la meglio su di sé.
< Ti va di ballare? > il ragazzo le indicò la pista con un cenno della testa.
Amanda lanciò uno sguardo ad Hanna. < No, grazie >
< Andiamo, solo un ballo > il ragazzo le accarezzò una guancia ed Amanda dovette reprimere l'impulso di spaccargli le dita con cui l'aveva toccata. Spostò la testa all'indietro, facendo capire al tizio che le sue attenzioni non erano gradite.
< Sei proprio sicura? > insistette.
Amanda si giocò l'unica carte che sperava funzionasse. < Sono qui con qualcuno > 
Il ragazzo fece un sorriso dispiaciuto. < Mi dispiace, dolcezza. Non volevo invadere il territorio di qualcun altro > le disse e poi sparì.
Come se lei fosse una proprietà privata! O come se fosse un albero contro cui un cane avesse fatto pipì, marcando il proprio territorio.
Come era possibile che gli uomini potessero ancora dire delle frasi di quel tipo?
Finì tutto il suo drink e tornò a guardare Hanna.
Le palpebre le stavano diventando sempre più pensanti ed Amanda si ricordò che il giorno dopo avrebbe dovuto presentarsi a lavoro e che quindi aveva bisogno di riposo, di farsi le sue solite otto ore di sonno.
Sapeva già dall'inizio che se avesse detto ad Hanna una qualunque scusa, lei si sarebbe intestardita per rimanere in quel posto per tutta la notte, proprio per farle dispetto. Magari doveva semplicemente dirle che era esausta e che voleva andare a casa a dormire, e chi se ne fregava se sarebbe risultata come una vecchia zitella.
Si disse che avrebbe aspettato altri dieci minuti, al massimo un quarto d'ora e poi se ne sarebbe andata, con o senza Hanna.
< Bene, bene, bene. >
Per la seconda volta, una voce le si avvicinò troppo.
Questa volta Amanda poté sentire l'odore del dopo barba dell'uomo che l'aveva avvicinata e qualche traccia di scotch nel suo alito. Girò il viso e spalancò la bocca quando si rese conto di chi si trattava.
< Non ti facevo tipo da club privati > le disse James.
Amanda era ancora incapace di parlare.
< Infatti mi chiedo come tu abbia fatto ad entrare >
La ragazza riprese velocemente coscienza di sé stessa. < Potrei chiedere la stessa cosa a te >
James la guardò enigmatico. < Ci sono molte cose di me che non sai >
< Proprio come tu non ne sai molte di me > gli rispose a tono.
< Due sconosciuti che si rincontrano > disse ironico James.
< Già >
Rimasero in silenzio, entrambi a fissarsi profondamente negli occhi.
James sentiva uno strano tumulto dentro di sé, come se improvvisamente di fosse risvegliato da un sonno profondo, come se in quel momento avesse ritrovato il suo posto nel mondo.
Serrò forte la mascella e si diede mentalmente del cretino, elencando i peggiori epiteti per descriversi. Fino a qualche ora prima pensava alle donne come a dei semplici oggetti e adesso si sentiva innalzato verso il paradiso solo perchè poteva vedere la perfezione del viso di Amanda, perchè poteva sentire il suo profumo delicato e il calore della sua pelle a poco distanza dai palmi delle sue mani.
Ancora ricordava il sapore dei suoi baci e si chiese come avrebbe reagito lei se si fosse avvicinato tanto da poterle sfiorare un'altra volta le labbra con le sue.
< Oh, eccoti qui! > sentì dire.
James fece un passo indietro e fissò la persona che aveva parlato.
< Andiamo? > chiese la donna, rivolgendosi ad Amanda.
< Sì > la ragazza afferrò la sua borsa e il giacchino e lanciò un'ultima occhiata a James.
Amanda ed Hanna stavamo camminando verso l'uscita, ed Amanda si rese conto che l'umore dell'amica era decisamente migliorato, mentre il suo era peggiorato ogni minuto di quella serata.
Si avvicinarono alle casse e porsero le loro piccole schede e tirarono fuori i portafogli per pagare quello che avevano consumato.
< Le signore sono mie ospiti > disse una voce profonda alle loro spalle e Amanda non ebbe bisogno di girarsi per scoprire di chi fosse quella voce.
Hanna invece si voltò. < Oh, beh grazie > le sorrise civettuola.
< Bene. > disse Amanda. < Andiamo? > disse, afferrando un braccio di Hanna per catturare la sua attenzione.
Hanna annuì, capendo che l'amica non era dell'umore per fare quattro chiacchiere con il tipo carino che aveva visto qualche settimana prima al bar, quello che l'aveva aiutata con le colazioni e con cui era uscita.
Salutarono James con un sorriso. Quello di Hanna riconoscente e quello di Amanda tirato e finto.
Ormai erano quasi arrivate all'auto di Hanna, mancavano solo pochi passi, ma James era più che determinato a farsi dare determinate risposte.
L'uomo afferrò il braccio di Amanda e la costrinse a girarsi con una leggera spinta.
< Vorrei parlarti > le disse.
< Non abbiamo nulla da dirci > gli disse lei dura.
Hanna lanciò un'occhiata di rimprovero all'amica, che la ignorò bellamente.
< Solo qualche minuto >
< Devo tornare a casa >
< Allora domani > propose lui, maledicendosi mentalmente. Da quando supplicare qualcuno era diventato parte del suo agire?
< Lavoro >
Hanna decise di intervenire. Per tutta la serata era stata una pessima amica e di certo non si era dimenticata delle risposte che aveva dato ad Amanda. Era stata indelicata e anche un pochino maleducata, quindi ora doveva rimediare.
< Bé, io devo andare e devo andare subito. Non posso fare nessuna deviazione per portarti a casa, Mandy, quindi credo che dovresti chiedere a questo giovanotto se può farti un passaggio a casa. Mandami un messaggio quando torni a casa per farmi sapere se sei viva, e tu > disse indicando James. < Conosco la tua faccia e potrei fornire un ottimo identikit alla polizia. Inoltre, sono cintura nera di karate, quindi se mai dovesse capitarle qualcosa ti verrei a prendere e rimpiangeresti il giorno in cui tua madre ha pensato di metterti al mondo. > gli lanciò un'occhiata severa.
James sgranò gli occhi. Nessun donna, forse solo sua madre, gli aveva parlato in quel modo.
Hanna rivolse un sorriso carico d'affetto ad Amanda. < Non c'è bisogno di ringraziare. Ci sentiamo, Mandy >
Detto questo, sparì a bordo della sua auto, lasciando Amanda e James con le loro questioni irrisolte.  
 


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questo capitolo ha delle conversazioni decisamente poco implicite e ci sono parole anche abbastanza forti, quindi se vi hanno infastidite vi chiedo scusa fin da ora!! 
Spero di leggere tante vostre recensioni ;) 
Bacio, 
Cris

 

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Capitolo 21
*** DIMMI TUTTO DI TE E CHIEDI POCO DI ME ***


Rimasero tutti e due in piedi, ad osservare la berlina nera di Hanna allontanarsi ad una velocità sostenuta.
Amanda pensò che avrebbe potuto chiamare un taxi per farsi venire a prendere, o avrebbe potuto chiamare Cassy e chiederle di andarla a prendere. Ma allora la baby - sitter avrebbe dovuto portarsi anche Connor, e con molte buone probabilità il bambino stava già dormendo da un bel po'.
L'opzione più logica sarebbe stata quella del taxi, quindi tirò fuori il suo cellulare ed iniziò a scorrere la rubrica per cercare il numero della società.
James intuì al volo quali erano le sue intenzioni, e le tolse di mano il telefono per poi metterselo nella tasca posteriore dei pantaloni.
La ragazza gli rivolse un'occhiata severa. < Veramente molto maturo > lo apostrofò.
< Esattamente come te >
Amanda si passò una mano per i capelli, spettinandoli. Non si curò però di risistemarli o di evitare di continuare a torturare le lunghe ciocche bionde e James la trovò ancora più bella, ancora più irresistibile.
Si sentiva attratto da lei come se fosse il polo opposto di una calamita; non riusciva a spiegarsi il perchè, ma ogni volta che i suoi occhi si posavano sulla figura longilinea della ragazza, ogni volta che riusciva a percepire il calore del suo corpo, ogni volta che sentiva il suo profumo, si sentiva accendere dentro. Come se il suo essere potesse essere descritto attraverso la metafora più assurda di tutta: quello di essere una fiammella che diventa incendio o che viene spenta definitivamente.
Il problema più grande stava nel fatto che James si sentiva sempre più vicino all'estinguersi, mentre Amanda era in grado di farlo vibrare, di dargli l'impressione che l'incendio in lui potesse accrescere da un momento all'altro. Quella sensazione lo faceva sentire così vivo, così libero, che ora lui.. Lui aveva una maledetta voglia di baciarla ancora.
Amanda lo stava fissando in modo truce. < Ridammi il telefono >
< Vieni a prendertelo > la provocò.
Amanda fece un respiro profondo. Non era il caso di perdere le staffe, soprattutto con lui che in quel momento se ne sarebbe potuto andare con il suo telefono, lasciandola da sola in un parcheggio di un club  e per di più in piena notte.
Inspirò ed espirò, cercando di mantenere la calma e di elaborare una frase coerente e che suonasse almeno un po' gentile. < Ridammi il telefono, per piacere > Certo, non era proprio il massimo della genialità, ma quanto meno aveva chiesto per piacere.
James fece un sorriso sghembo e per un momento Amanda pensò che la terra sotto i suoi piedi si fosse aperta per inghiottirla. Chiuse gli occhi per evitare di guardare come la semplice incurvatura della labbra gli illuminasse gli occhi, come le sue labbra piene sembrassero meravigliosamente rilassate.
< Ti dispiacerebbe dirmi qual è il tuo problema? > gli chiese, continuando a tenere gli occhi chiusi.
< Perchè non lo dici tu a me qual è il tuo problema? >
Aprì gli occhi e lo fissò intensamente. < Non è un gioco > lo rimproverò.
< Non sapevo che stessimo giocando >
Presa dall'esasperazione, si passò ancora le mani tra i capelli. < Okay, James. Hai vinto. Dimmi cosa volevi dirmi > si strinse le braccia al corpo ed aspettò che lui parlasse, pensando intanto a come avrebbe potuto fare per avvicinarsi al punto tale da estrargli il telefono dalla tasca dei pantaloni senza che lui potesse accorgersene.
Fu il turno di James, ora, di fare qualche respiro profondo, non appena la sentì pronunciare il suo nome, anche se quello non era propriamente il suo. E riecco che l'incendio iniziava ad accrescere sotto lo sguardo vigile di Amanda.
Cosa avrebbe dovuto dirle? La completa verità su chi lui fosse? Chiederle il perchè aveva messo un punto improvviso a.. a qualunque cosa loro due fossero o sarebbero potuti diventare?
Dio, nemmeno fossero stati insieme chissà quanti anni! Nemmeno fosse stato sedotto ed abbandonato!
E all'improvviso James si ricordò di un particolare che lo aveva tenuto sveglio parecchie notti a pensare e che lo aveva portato ad una conclusione, che necessitava però di essere chiarita dalle labbra piene di Amanda.
< Come sta il tuo "qualcuno"? > un sorriso sfrontato sulle labbra e la speranza che lei gli desse la risposta che lui si aspettava.
Amanda batté le palpebre un paio di volte. < Il mio.. Il mio qualcuno? > sembrava confusa.
< Sì, esatto >
< Cosa intendi? >
< Non sei stata tu che mi hai detto di essere impegnata con qualcuno? >
Amanda trattenne il fiato e spostò lo sguardo alla sua destra, fissando l'ingresso del club. Si morse il labbro inferiore e corse alla ricerca di una scusa che potesse reggere.
< Allora? > la sollecitò James.
< Sì > sospirò.
< Sì cosa? >
< Sì, ti ho detto di essere impegnata con qualcuno >
James annuì piano. < Mi chiedo come mai questo qualcuno sia così disponibile a farti uscire da sola così spesso >
Amanda si sentì messa alla strette. < Non è un tipo geloso >
< Io lo sarei > James rispose di getto ed Amanda sentì il suo basso ventre contrarsi a quelle parole.
La ragazza rimase senza fiato, sentì il cuore cominciare a batterle più forte nel petto e i palmi delle mani iniziarono a sudarle. La stessa solita reazione che le prendeva ogni volta che era troppo vicina a James, e stava sinceramente iniziando a preoccuparsi per il suo corpo traditore.
Cercò in tutti i modi di calmare il proprio cuore impazzito, pensando alle cose più disparate ed immaginando gli scenari più ridicoli che il suo cervello riuscisse a partorire, ma non poteva cancellare il fatto che James le era vicino. Pericolosamente vicino. Talmente tanto che lei sentiva il profumo della sua colonia e il fiato caldo sul suo viso.
< Amanda > James fece un passo verso di lei. < Non c'è nessuno, vero? >
Amanda sbuffò e poi lo fissò negli occhi con un tale intensità che avrebbe voluto poter incenerirlo con uno sguardo.
Quell'uomo le entrava troppo dentro, troppo sotto la pelle e lei perdeva completamente il suo controllo.
< Non sono affari tuoi >
< Io credo proprio che non ci sia nessuno. Credo che tu me l'abbia detto quella sera per tenermi alla larga da te, ma poi le cose non sono andate come speravi. >
< E come sarebbero andate? >
James si avvicinò ancora, fino a sfiorare le mani di Amanda con le sue, provocando un brivido per entrambi. < Siamo usciti insieme e tu sei stata bene. Talmente tanto bene che mi hai baciato, disperatamente >
< Sei stato tu a baciare me > gli ricordò lei.
< E tu hai risposto al bacio >
Amanda si morse la lingua.
< Ti è piaciuto, e tanto. Ammettilo, Amanda >  
< Non c'è niente da ammettere >
< Io credo di sì >
Non capiva dove voleva arrivare. < Cosa vuoi sentirti dire, James? Che sei un bravo baciatore? O che ti confessi che non ricevevo un bacio così da molto, molto tempo?   >
< Magari che è stato il bacio migliore della tua vita > disse lui con aria arrogante.
Amanda scosse la testa, e fece un passo indietro. Questo era chiederle troppo.
Non poteva fare questo a sé stessa, non poteva farlo a Luca, non poteva farlo a James. Perchè lui non si accorgeva di quanto lei fosse incasinata, di quanto fosse impossibile per lei, al momento, costruire qualcosa di nuovo con lui? Perchè non si accorgeva di quanto fosse ancora profondamente innamorata di Luca? Perchè non la lasciava stare e basta? Perchè lei si sentiva così vulnerabile con lui? Così tanto esposta?
< Devo proprio andare. La baby - sitter può rimanere fino ad una certa ora > gli disse.
< Amanda, per favore > la esortò lui.
< Per favore cosa? Cosa, James? Arriva dritto al punto e dimmi quello che devi, senza tanto giri di parole. Senza farmi ammettere cose idiote come se fossimo alle elementari, come se a vincere è quello che cede per ultimo >
James rimase al suo posto, le mani in tasca e un'espressione seria che aveva preso il posto del ghigno soddisfatto che aveva avuto per tutto il tempo precedente. < Voglio sapere come mai sei sparita all'improvviso >
Amanda non si aspettava che lui la smettesse con tutti i suoi giochini e arrivasse dritto al punto. Si era preparata a non ricevere nessuna risposta, o sentirsi dire ancora una volta qualche frase ad effetto che non voleva nemmeno sapere chi gliel'avesse detta o dove l'avesse letta. Si era aspettata che lui facesse bella mostra delle sue doti di seduttore, ed invece l'aveva sorpresa chiedendole come mai lei aveva messo un punto a qualunque cosa avessero condiviso.
E ora cosa avrebbe dovuto rispondere?
Aprì la bocca un paio un volte, in cerca delle parole giuste da dire, ma la verità era che lei non sapeva bene che risposta dargli.
La realtà dei fatti era che aveva deciso di non vederlo più per quello che era successo con Connor, perchè suo figlio in quel periodo della sua vita necessitava della sua completa attenzione ed Amanda non poteva permettersi di dedicargli meno cure di quante erano necessarie per un suo capriccio di donna.
Non le importava assolutamente nulla del fatto che erano cinque anni che non aveva un rapporto che andava oltre l'amicizia  con un uomo, che era da quando era morto Luca che lei non si metteva in gioco come donna o che non faceva sesso da quando aveva perso l'unica persona con cui avesse mai avuto un rapporto così intimo.  Non erano queste le cose che la preoccupavano al momento; era sopravvissuta fino ad ora senza nulla di tutto questo e poteva continuare a farlo probabilmente per il resto della sua vita.
Adesso doveva preoccuparsi per Connor, e James rappresentava una fonte di distrazione troppo grande.
Fece l'ennesimo respiro e chiuse gli occhi, stringendoli forte, cercando il coraggio per dire quello che doveva.
< Connor sta avendo dei problemi al momento, e io devo rimanergli accanto >  gli spiegò.
James parve non capire. < Che generi di problemi? >
< Problemi per via di suo padre. >
< E non può occuparsene direttamente il tuo ex? >
Amanda si morse l'interno guancie per evitare di scoppiare a piangere o di prenderlo a pugni; in fondo lui non sapeva nulla della vita di Amanda ed un commento del genere era più che giustificabile, ma il tono in cui lo aveva detto l'aveva fatta innervosire. James aveva parlato come se Luca fosse uno stronzo insensibile che lascia la compagna e il figlio al proprio destino, fregandosene di tutti i casini in cui possono trovarsi.
< È morto > disse seccamente.
James tacque per un lunghissimo momento ed Amanda pensò che adesso l'avrebbe lasciata in pace, che il pensiero di dover avere a che fare con una madre single, e per lo più vedova, fosse un peso troppo grande per lui da sopportare, ma ancora una volta James la sorprese.
Amanda si ritrovò tra le sue braccia, con la testa premuta sul suo petto e il naso a stretto contatto con la camicia che profumava di bucato e di lui. Le braccia di James le circondavano il corpo e la sua bocca le stava posando un bacio delicato in cima alla testa.
L'unica cosa che Amanda riuscì a pensare durante quell'abbraccio era quanto la sensazione di essere al posto giusto nel momento giusto la stesse destabilizzando, ma non fece nulla per mettere fine a quel contatto.
Si strinse ancora di più al corpo di James e lasciò che il calore di lui la avvolgesse e le scaldasse anche le ossa, lasciò che lui per pochi attimi potesse prendersi cura di lei, consolandola e facendola sentire meno sola. Ma tutto per un momento, si promise Amanda, poi sarebbe tornata nelle sue piene facoltà mentali e avrebbe ripreso la situazione in mano, impedendo a James di rientrare così violentemente nella sua vita.
Cercò di non pensare al suo corpo sodo a stretto contatto con il suo, alle sue braccia forti che la sorreggevano senza nessuno sforzo, dei loro bacini che si sfioravano e il martellare ritmico del suo cuore che pareva impazzito.
Lui la stava abbracciando perchè lei gli aveva appena confessato che il padre di suo figlio era morto e lei invece stava pensando che essere stretta da James le piaceva molto.
Scosse la testa e sciolse la stretta, seppure a malincuore.
< Mi dispiace > disse lui.
Amanda non sapeva bene per cosa. Per essere stato uno stronzo fino a poco prima? Per aver fatto un commento indelicato su Luca? < Non importa > si ritrovò a dire. Prima se ne sarebbe andata, meglio sarebbe stato. < Ora posso riavere il mio telefono? >
James era ancora titubante a ridarglielo, sapendo perfettamente che Amanda ne avrebbe approfittato per chiamare un taxi. < Ti accompagno io a casa > le disse.
< Vorrei comunque avere il mio telefono >
< Sono quando saremo arrivati >
La ragazza decise di non insistere ancora. Ora che aveva dato una sorta di spiegazione a James, sapeva che lui non avrebbe fatto nessun' altra mossa nei suoi confronti e che questo suo essere così gentile era solo una qualcosa dovuto al senso del dovere.
< Seguimi > le disse, facendo un cenno del capo e conducendola verso una Lamborghini gialla.
Amanda scosse la testa. Prima la moto, poi la macchina sportiva.. Aveva capito benissimo che tipo di uomo fosse ed era sempre più convinta che la sua fosse una decisione giusta, sia per Connor che per lei.
James le aprì la portiera e lei salì a bordo, giustificando il suo gesto come un riflesso incondizionato di chi è sempre abituato a fare il galantuomo per assicurarsi una certa cosina.
Quello di cui non aveva nemmeno idea, era che tutti i gesti per cui James stava parecchio attento, come l'abbraccio o l'aprirle la portiera o offrirle un passaggio a casa, erano qualcosa che non faceva con nessun'altra donna.
Solitamente seguiva uno schema ben preciso: andava in qualche discoteca, pub, club o bar, rimorchiava la ragazza più bella della sala e poi se la trascinava in bagno o in macchina o nel prima albergo che trovava per la strada e se la scopava. Fine della storia. Al massimo poteva lasciarle i soldi del taxi per tornare indietro, ma di certo non prometteva loro l'inizio di una grande storia d'amore, non si proponeva di riaccompagnarle a casa né tanto meno le abbracciava. E queste erano tutte cose che James riusciva a spiegarsi: quelle ragazze erano solo l'avventura di una sera, niente di più e niente di meno.
Invece Amanda risvegliava una parte di lui che non sapeva nemmeno di avere. Bastava pensare al perchè si fosse intestardito tanto nel voler avere una risposta sul perchè lei avesse voluto chiudere con lui così improvvisamente.
E ora che sapeva qualche era il motivo, cosa avrebbe fatto?
< Qual è l'indirizzo? >  le chiese ed Amanda glielo diede senza nessun problema, sapendo che tanto non avrebbe più rivisto né lui, né i suoi particolari mezzi di trasporto.
< Quanto tempo fa  è successo? > le chiese poi di punto in bianco.
< Circa cinque anni fa > rispose lei, capendo di cosa stesse parlando senza bisogno di chiedere di specificare.
< Connor non l'ha mai conosciuto? >
< Sì, ma era troppo piccolo. Non aveva ancora un anno quando è successo >
< Come è successo? >
Amanda non capiva come mai stesse facendo tutte quelle domande e come mai lei era così disponibile a dargli quelle risposte, come se non ci fosse nulle di più naturale al mondo.
"Perchè tanto non lo rivedrò più", si rispose mentalmente.
< Un incidente stradale >
James strinse convulsamente il volante della sua auto e fissò avanti a sé.
< Quanti anni avevi? >
 < Mi  sembra di essere sottoposta ad un interrogatorio > gli fece notare lei.
< Scusa. Non sei obbligata a rispondere. >
< Lo so >
< Ma stai rispondendo lo stesso >
< Non dovrei? >
< Dipende >
< Da? >
< Da quanto veramente vuoi condividere >
Amanda sospirò. < Tenerlo nascosto non modificherà le cose >
< Già > James frenò ad un semaforo e si voltò poi a guardare Amanda.
Il suo profilo era teso, come se si aspettasse che qualcosa potesse succedere prima o poi, i capelli erano scompigliati, le labbra piene ed invitanti. Era bella, di quella bellezza classica che fece sentire James ancora più in difetto per il suo desiderio di volerla baciare.
Amanda si voltò a guardarlo e notando l'intensità nei suoi occhi sentì il suo stomaco contorcersi. < Cosa c'è? > gli chiese, con la voce strozzata.
James scosse la testa e tornò a fissare il semaforo. Qualunque commento sarebbe risultato fuori luogo in quel momento, ma si ripromise di dirle quanto era bella in un futuro prossimo.
< Vi conoscevate da tanto? > le chiese poi.
< Sì >
< E Connor è stato voluto?  >
< No >
< Le mie domande ti infastidiscono? >
< Devo ancora decidere >
James arricciò le labbra, ma trattenne una risata. < Se non vuoi rispondere non sei obbligata >
< Questo me lo hai già detto >
< Voglio solo che tu lo ricordi >
< Certo >
< Sono molto curioso >
< Lo avevo capito >
< È una strana conversazione >
< Non potrei essere più d'accordo >
James morse forte il suo labbro superiore e poi ricominciò con le domande. < Come vi siete conosciuti? >
< Nell'istituto dove entrambi eravamo >
Lui aggrottò la fronte. < Istituto? > le chiese.
< Sì >
< Nel senso che eravate due orfani? >
< Nel senso di collegio. Un collegio strano però > Amanda sospirò, al pensiero del posto dove aveva passato tutta la sua infanzia e adolescenza le si accapponò la pelle.
< Cosa intendi? >
< Luca.. > Amanda fece una pausa subito dopo aver pronunciato il suo nome. Riprese fiato e poi continuò a parlare. < Luca e io lo abbiamo sempre definito come il posto per i bambini non voluti. Era un posto poco accogliente, ecco. Non era un orfanotrofio vero e proprio, ma ci assomigliava molto >
< Cioè i tuoi genitori ti hanno spedita lì?  >
< Sì >
< Perchè? >
Amanda scosse la testa, quello non era un argomento che le andava di condividere. < Non mi va di parlarne >
James annuì. < Insomma vi siete conosciuti in questo posto >
< Sì >
< E poi? >
Amanda capì l'antifona e decise di dirgli quello che voleva sentirsi dire. < Ci siamo innamorati, siamo diventati maggiorenni, siamo usciti dall'istituto, sono rimasta incinta e poi siamo andati a vivere assieme >
< Quando è successo, voi..? >
La ragazza non aveva idea di cosa James avrebbe voluto chiederle ma parlò di nuovo, spiegandogli la situazione telegraficamente. < Quando è successo, Connor aveva quasi un anno e io  e Luca avevamo deciso di sposarci >
< Mi dispiace >
Ora sapeva a cosa si riferiva. < Anche a me >
James rimase un attimo in silenzio. < Anche io ho perso mio fratello e mio padre in un incidente stradale >
< Non sapevo che tu avessi un fratello. >
Lui si strinse nelle spalle. < Sappiamo veramente molto poco l'uno dell'altro >
Amanda fu colpita da quanto vera fosse quella frase. Cosa sapeva lei effettivamente di quell'uomo? Praticamente nulla, e allora perchè si sentiva così attratta da qualcuno che conosceva a malapena e che di lei invece era venuto a conoscenza di dettagli di cui neppure Hanna aveva vagamente idea? Perchè lei si era aperta così tanto con lui, mentre lui per lei rimaneva un mistero?
Ancora una volta, era lei ad essersi messa in gioco troppo con qualcun altro e questo qualcuno stava ricambiando voltandole le spalle. Poteva dargli torto? Chi sarebbe stato l'uomo che avrebbe deciso di rimanerle accanto in un momento simile? Chi avrebbe deciso di competere con l'ombra di qualcuno che la ragazza aveva praticamente innalzato ad idolo?
Molto probabilmente nessuno, quindi non aveva nessun motivo per sentirsi tanto sorpresa dalla reazione di James. Lei avrebbe reagito allo stesso modo, se i ruoli fossero stati invertiti.
< A cosa pensi? > le chiese poi James.
< A tutto e a niente > rispose enigmatica Amanda. Non voleva fargli capire quanto il pensiero di non vederlo più la tormentasse.
< È molta a cui pensare >
< Forse sì, forse no >
James non riuscì a trattenere più una breve risata. < Sei la donna più misteriosa che io abbia mai conosciuto >
< Lo stesso vale per te. Di te so solo il tuo cognome e tu invece conosci tutto il mio passato >
< Non direi proprio tutto. >
< Sono sicuramente più informazioni rispetto ad un cognome >
< sai che faccio l'osservatore > mentì.
< James Evans l'osservatore > ripeté lei.
< Non ti piace? > chiese lui, continuando a tenere gli occhi sulla strada, come se temesse che Amanda potesse indovinare che le aveva appena mentito solo guardandolo.
< Conta qualcosa a questo punto? >
< Cosa vuol dire? > James era confuso.
< Sappiamo tutti e due che una volta che mi avrai riaccompagnata a casa, non ti farai mai più vedere. Quindi, che il tuo nome mi piaccia o meno, conta veramente qualcosa per te? >
James era sempre più stupito. < Chi ti ha detto che non ci vedremo mai più? >
< Andiamo, James! Saresti un pazzo a voler insistere con una come me e poi ti ho appena detto che non posso perchè sto avendo dei problemi con Connor >
Lui scosse la testa e la guardò fugacemente, prima di tornare a concentrare la sua attenzione sulla strada. < Non ti chiedendo di passare il resto della tua vita con me > mise in chiaro.
< E allora cosa mi stai chiedendo? >
James si strinse nelle spalle. < Magari qualche corsa spericolata con la moto >
Amanda rispose repentinamente: < Non se ne parla >
James sorrise. < Sul serio, Amanda. Non ti chiedo di.. non sono nemmeno io cosa.. > sbuffò, incapace di fare una frase che potesse essere capita. < Solo.. non sparire >
Amanda lo fissò esterrefatta. < Tu non hai idea di cosa vuol dire dover avere a che fare con me, o con Connor >
< Lascia che lo scopra, allora >
La ragazza era sempre più incredula. < Sul serio? >
< Sul serio >
< Ma.. >
< Ma? >
< Cioè, io.. > Amanda si appoggiò al sedile. Ora era lei che aveva bisogno di prendersi un attimo per pensare bene a cosa dire.
Amanda non riusciva a capire bene cosa diavolo stava succedendo nella sua testa. Un momento prima era rassegnata al fatto di non vedere mai più lui e i suoi modi da seduttore accompagnato da macchine sportive e moto da corsa, e quello dopo lui le chiedeva di non sparire. La cosa più strana tra tutte però, era che Amanda si sentiva stranamente disposta a continuare a vederlo, sentirlo, uscirci anche insieme.
E tanti cari saluti al fatto che Connor potesse aver bisogno di lei. Tanti saluti al fatto che sarebbe potuto essere una madre pessima che ha messo davanti il suo bene e poi quello del figlio.
Dio, in cosa si stava trasformando?
< Non posso >
< Che vuol dire che non puoi? >
< Esattamente quello che le parole significano. >
James si fermò accanto ad un condominio giallo ed Amanda appoggiò la mano sulla maniglia per poter scendere. < Mi daresti il mio telefono? >
James la fissò per un attimo, decidendo sul da farsi: lasciarla andare a insistere fino ad ottenere una risposta affermativa e convincerla ad uscire con lui?
Se si fosse trattato di qualsiasi altra donna, si sarebbe avvicinato e le avrebbe ficcato la lingua in gola; avrebbe allungato le mani fino a raggiungere il punto centrale del suo interesse e poi l'avrebbe convinta ad uscire con lui. Ma ricordò a sé stesso che non era mai uscito con nessuna, prima di Amanda; o meglio lo aveva fatto e solo per raggiungere un certo obiettivo finale.
Non sapeva spiegarsi se tutto questo accanimento per lei fosse dovuto al fatto che ancora non erano arrivati al lato fisico e che, con molte buone probabilità, ci sarebbero arrivati con molta calma, ma non era questo il punto. No. La questione stava nel fatto che James voleva sentire il suo fuoco ardere, voleva sentirsi vivo, voleva sentire quella familiare sensazione di aria nei polmoni che a quanto pareva riusciva solo a percepire quando era  con lei.
James sapeva che si fosse comportato immaturamente, prendendo il telefono o rifiutandosi di ridarglielo, con una come Amanda avrebbe avuto poche chance, mentre lui voleva averne ben più di una. Era disposto a giocarsi qualunque carta, pur di riuscire a trascorrere un po' di tempo assieme a lei.
Prese il telefono e glielo restituì, accompagnandolo con un sorriso furbo sulle labbra.
< Perchè stai sorridendo?  >
< Sono una persona solare > le mentì. Sapeva già cosa avrebbe fatto l'indomani, sapendo perfettamente che lei non se lo sarebbe mai aspettato.
Amanda lo guardò in modo sospettoso, ma poi scosse la testa rassegnandosi a quanto aveva deciso.
< Bé, grazie per il passaggio e scusami.. per.. per come sono andate le cose >
< Certo > James continuava a sorridere ed Amanda si chiese per caso non fosse ubriaco.
Scese dall'auto e si diresse verso l'ingresso del suo palazzo, aprì il portone e poi si infilò nell'atrio.
Stava per richiudere la pesante porta dietro di sé, quando si sentì afferrare per un braccio e sbattere contro il muro più vicino.
In un attimo le labbra di James catturarono le sue e la inchiodarono in un bacio da togliere il fiato.
Amanda ebbe poco tempo per capire cosa stava succedendo e quando si rese conto che era alla ricerca disperata di un contatto simile tra di loro, quando cominciò a rispondere al bacio, James si staccò e le sorrise, mostrando di nuovo il suo lato arrogante.
Un ultimò sfioramento di labbra ed era fuori dall'androne del condominio, lasciando Amanda senza fiato e le sue parti intime che stavano strette nei pantaloni.
 

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Capitolo 22
*** DARSI PER VINTO ***


Amanda si svegliò ancora intontita dall'avvenimento della sera prima.
Rimase a letto con lo sguardo rivolto al soffitto, pensando a come si sarebbe dovuta comportare.
Quel bacio le era piaciuto, anche troppo, e questo non faceva altro che complicare le cose.
Pensò che forse avrebbe dovuto far dipingere il soffitto di blu cobalto; non ricordava con precisione dove o quando, ma aveva letto che quel colore rilassava e poi sarebbe stato perfetto per uno sfondo alle sue riflessioni.
Soffocò una risata quando si rese conto di cosa il suo cervello avesse appena elaborato. C'era il problema James e poi c'era da affrontare la delicata situazione di Connor, e lei si metteva a pensare di che colore avrebbe dovuto ridipingere il soffitto della sua camera da letto.
Decise di alzarsi e di iniziare a dare un senso a quella giornata, possibilmente riuscire ad arrivare a fine giornata con una soluzione per la situazione che si era venuta a creare.
Scostò le coperte e si alzò in piedi rapidamente, spogliandosi e dirigendosi verso la doccia pensando che in realtà non si era creata proprio nessuna situazione.
Certo, James l'aveva baciata la sera prima e con un effetto decisamente a sorpresa, ma poi era sparito  senza dire nulla a proposito. Magari era solo un bacio di addio.
Già, ma addio a cosa? In fondo non avevano iniziato nessuna relazione, si era trattato solo di qualche bacio e un'uscita assieme.
Le ragazze della sua età facevano continuamente questo genere di cose, quindi non era il caso di allarmarsi tanto per due o tre bacetti.
Amanda insaponò bene il suo corpo, riflettendo sul fatto che lei non fosse affatto come tutte le altre ragazze;  aveva un figlio che stava elaborando solo in quel momento la morte del padre, e questo figlio lo aveva avuto da un fidanzato defunto, che se ne era andato sul più bello, lasciandola in balia della vita.
Si infilò l'accappatoio e,  quando lanciò un'occhiata all'orologio sopra la porta del bagno, iniziò ad asciugarsi frettolosamente, intuendo che se non si fosse data una mossa avrebbe fatto tardi a lavoro.
Preparò la colazione per lei e per Connor e poi rifece il suo letto. Cinque minuti dopo era vestita ed entrava in camera del figlio.
< Con > lo chiamò dolcemente, accarezzandogli i capelli.
Era arrivato decisamente il momento di portarlo a tagliarli.
< Connor > questa volta posò un bacio delicato sulla guancia ancora paffuta del suo bambino. Amanda immersa il naso nel collo per respirare forte il suo odore. La faceva impazzire il profumo dei bambini, e non riusciva a spiegarsi come fosse possibile che quello di Connor fosse rimasto tale e quale a quando era ancora in fasce.
Un mormorio indistinto le fece capire che Connor si stava risvegliando.
< Coraggio, è ora di alzarsi >
Connor si lamentò ancora un po' e poi allungò una mano fino a toccare il collo della madre. < Mamma? >
< Sì, amore? > Amanda gli afferrò la manina e se la portò alle labbra per lasciargli un bacio sul dorso.
< Non mi ricordo come è finita la partita di ieri sera >
Amanda scosse la testa e rise piano. Quella era una vera e propria ossessione per lui. Si alzò ed aprì la finestra per far cambiare aria e per permettere ai raggi del sole di illuminare l'ambiente buio.
Connor nascose la testa sotto il cuscino e si rannicchiò sotto le coperte.
< Su, Con o faremo tardi > gli disse Amanda, iniziando a radunare i suoi vestiti.
Il bimbo però non ne voleva sapere di stare ad ascoltare la madre. < Okay, ragazzino. Facciamo un patto: se tu ti alzi ed inizi a vestirti da solo, proprio come un vero ometto, io potrei chiedere alla mamma di Josh se lo fa dormire da noi questa sera > propose Amanda.
Sapeva benissimo che non doveva fare in questo modo, la dottoressa l'aveva avvisata. Nessun compromesso che fosse una sorta di ricatto indiretto o Dio sapeva solo che sorta di diavoleria psicologica assolutamente da evitare con i bambini, ma lei aveva bisogno che suo figlio si alzasse alla svelta e che iniziasse a rendersi più attivo di mattina.
Non appena sentì il nome dell'amico, Connor alzò la testa e guardò incuriosito la madre, ed una volta che lei ebbe finito la frase, schizzò fuori dal letto e in due mosse rapide era fuori dal suo pigiama.
 
< Hai preso lo zainetto? > gli chiese Amanda per la seconda volta.
< Sì >
< E ci hai messo dentro l'asciugamano pulito? >
< Sì > ora Connor iniziava ad avere un tono lamentoso.
Amanda alzò gli occhi al cielo. < Okay, okay. Andiamo > Aprì la porta e aspettò che uscisse per primo.
< Chiederai davvero alla mamma di Josh se può stare da noi stasera? >
< Sì, lo farò > Amanda gli aprì anche il portone.
< Mitico! > disse entusiasmato il bambino.
La ragazza scosse la testa divertita e poi gli sistemò meglio lo zainetto sulle spalle. < Devi promettermi che però farete i bravi e non litigherete. >
Connor le lanciò un'occhiata risentita. < Io e Josh non litighiamo mai >
Amanda alzò un sopracciglio, scettica. < Ah, davvero? >
< Sì > continuò convinto il bambino.
< Allora quando vi siete presi a pugni lo avete fatto perchè era un gioco? >
< Mamma! > disse indignato lui. < Mi aveva rubato la fidanzata! >
Amanda si morse un labbro per evitare di scoppiare a ridere e nel frattempo tirò fuori le chiavi della macchina dalla borsa. < Come, come, come? Credevo di essere io la tua fidanzata? >
Connor la guardò con la coda dell'occhio e fece una faccia talmente tanto tenera che il cuore di Amanda scoppiò per un momento di gioia e amore verso quel cucciolo di uomo. < Sì, lo sei. Ma solo quando siamo io e te >
Trattenendo le risate, gli scompigliò i capelli e lo condusse vicino all'auto.
Quello che non aveva per niente immaginato fu ciò che vide, proprio vicino alla sua macchina.
Era convinta che quella parentesi della sua vita si fosse conclusa la sera prima, che non avrebbe mai più dovuto affrontare lui e i suoi occhi dannatamente belli.
Invece James era lì, proprio davanti a lei, in sella alla sua moto e con addosso la giacca di pelle e i soliti occhiali da sole.
Dio, se era sexy!
Tenendo ancora per mano Connor, si avvicinò a lui guardandolo con diffidenza.
< Buongiorno > disse James, salutando entrambi e spostando gli occhiali da sole sulla testa.
Amanda fu colta di sorpresa di come quello sguardo verde bottiglia l'avesse fatta vibrare al punto che le mani iniziarono a sudarle, tanto che temette che la mano di Connor sarebbe potuta scivolare via dalla sua senza che nessuno dei due mollasse la presa.
< Ciao > disse il bambino. < Chi sei? >
James guardò verso il basso e gli rivolse un sorriso complice, poi si inginocchiò per stare alla sua altezza e gli tese la mano. < Sono James >
Quella era proprio una cosa che la dottoressa le aveva detto più volte di fare. Abbassarsi in quel modo serviva per mettersi sullo stesso piano dei bambini e non farli sentire meno importanti di quanto in realtà fossero. E James lo stava facendo anche se Amanda non gliene aveva fatto parola.
< Io sono Connor > gli rispose, stringendogli la mano.
< Piacere, Connor >
< Piacere > il bambino gli rivolse un gran sorriso e Amanda capì che gli era andato a genio, cosa che la rese inspiegabilmente felice.
Soffocò quella sensazione per rivolgere a James la domanda che le frullava nella testa da quando lo aveva visto in sella alla sua moto, parcheggiata davanti alla sua auto. < Cosa ci fai qui? >
James alzò lo sguardo verso l'alto, fino ad incontrare gli occhi di Amanda. < Passavo di qui > si rialzò in piedi per fronteggiarla.
Amanda si mise a braccia conserte. < Sul serio, cosa ci fai qui? >
< Sono venuto a darti il buongiorno > le rispose con un sorriso sghembo.
Amanda strine in pugni, aggrappandosi alla sua maglietta per evitare che le sue mani vagassero libere sul per il voto di James e che le sue dita gli sfiorassero quelle labbra così perfette.
< Bene. Ora che lo hai fatto.. Buongiorno >
Prese di nuovo la mano di Connor ed aprì l'auto, facendo poi salire il bambino. < Allaccia la cintura, Con > si raccomandò.
< Amanda, andiamo! > James si appoggiò allo portiera del guidatore, bloccandole la strada.
< Sono seria, James. Credevo di essere stata chiara ieri sera >
James si strinse nelle spalle, come a volersi scusare. < Non sono un tipo che si dà per vinto facilmente >
< Ma ieri te l'ho detto esplicitamente che tra di noi non c'è più nulla >
< Se proprio vogliamo essere onesti, non c'è mai.. > James si accorse dello sguardo che Amanda gli stava lanciando e decise che forse non era il caso di continuare la sua frase.
< Senti, Amanda.. >
< Perchè ti è così difficile stare a sentire quello che ti dico? >
James prese un respiro profondo. < Perchè voglio continuare a vederti >
Amanda strinse forte gli occhi, cercando di appigliarsi all'unico motivo per cui credeva fosse giusto respingerlo. E il motivo era seduto proprio sui sedili posteriori dell'auto. < Non posso >
< Mi pare di andare a genio a tuo figlio >
Amanda guardò rapidamente in direzione di Connor per assicurarsi che non li stesse ascoltando, e invece il bambino li fissava curioso.
< Non mi pare il caso di parlarne qui > sibilò.
< Dimmi dove e quando > le disse lui sicuro.
< Non mi pare proprio il caso di parlarne. Ti ho già detto ieri che.. >
< Dimmi qualcosa di nuovo, Mandy >
< Non chiamarmi Mandy >
< Come preferisci, Amy >
A sentire quel nomignolo il cuore perse un battito. < Non dirlo mai più > gli disse, trattenendo a stento il dolore e la rabbia.
< Cosa? > James era confuso dalla sua reazione.
< Amy.. Non dirlo mai più > ripeté.
Lui rimase colpito dal suo tono e annuì, il suo instancabile attaccò fu però smorzato da quella reazione e James temeva che non sarebbe stato facile replicare ancora.
Il fatto era che Amanda non poteva semplicemente lasciare che lui si appropriasse di quel nome. Gli avrebbe concesso il fatto di occupare i suoi pensieri da appena sveglia, che il suo corpo reagisse a lui con una familiarità che la spaventava e la eccitava allo stesso tempo, che il solo vederlo le provocasse delle sensazioni strane e belle e.. strane. Ma non poteva accettare che la chiamasse Amy.
Non poteva farlo a Luca.
< Spostati, per favore > gli disse.
< Amanda, io.. senti mi dispiace. > tentò James.
< Non fa nulla. Per piacere, spostati >
< Lasciami due minuti per convincerti che.. > fu interrotto nuovamente da lei.
< Non ho bisogno che tu mi spieghi nulla. Non può funzionare >
< Non ci abbiamo nemmeno mai provato! > le fece notare James.
< Meglio così. Una sofferenza in meno >  
< Amanda.. >
< James > lo disse in un tono esasperato e James capì che la sua occasione era andata. Puf. Sparita. 
Si spostò e la guardò salire sulla macchina, mettere in moto e scomparire al primo incrocio.
Tanti cari saluti al suo brillante piano di riconquistarla.
Come diavolo era possibile che con lei nulla andasse come previsto?
 
Dire che quella fu una giornata lavorativa semplice e nella norma, sarebbe stato come dire che Einstein era un ignorante in matematica. Forse però era il caso di cambiare soggetto, visto che il fisico fu bocciato in matematica.
Amanda sbuffò, pensando che per la seconda volta in quel giorno la sua mente stava vagando a ruota libera, portandola da un estremo all'altro, senza nemmeno darle l'opportunità di concentrarsi su un pensiero alla volta.
Se era così che si sentivano tutte le ragazze con pene amorose, tanto valeva lasciar perdere per sempre.
E riecco un altro pensiero assolutamente inutile. Pene amorose? E Questa da dove le usciva?
Cercò di non pensare a cosa non fosse andato per il verso giusto in ufficio, ma le cose continuavano a vorticarle nella mente, andando a cozzare con il suo cervello sovraccarico.
Punto primo, di Tuckson nemmeno l'ombra; secondo, Mike cominciava a stare sempre di più con il fiato sul collo per quella maledetta intervista; terzo, ora Amelia non faceva altro che lanciarle occhiate maliziose e a chiederle come mai fosse di umore tanto funesto e se non c'entrasse una notte in bianco a fare "cose da pazzi". Amanda si chiese distrattamente se fosse vero che qualcuno che stava sveglio tutta la notte per fare le capriole tra le lenzuola si svegliasse di umore nero, perchè nel caso sarebbe stato un bel problema e anche piuttosto spiacevole da affrontare poi con il partner.
Si disse che forse era il caso di rimanere concentrata sulla guida invece di pensare continuamente alla pessima giornata in ufficio e alla visita mattutina di James.
Perchè, perchè non era capace di lasciarla perdere? E perchè diavolo lei si sentiva così felice del fatto che lui fosse tornato da lei nonostante il chiaro invito della sera precedente a non farlo?
Sbuffò, pensando che ora con molte buone probabilità lui non si sarebbe davvero mai più presentato e Amanda avrebbe potuto dire finalmente che lui l'aveva ascoltata e aveva fatto come lei desiderava.
Ma lei desiderava davvero di essere lasciata in pace da lui?
Parcheggiò davanti all'asilo e vide Hanna sventolare un braccio per farsi notare.
< Hei, Hanna > la salutò, cercando di fare un sorriso.
< Allora, come è andata? > gli occhi di Hanna scintillavano.
Amanda sentì le grida di gioia dei bambini che uscivano dalla scuola e decise di approfittare di quel momento per distrarre l'amica. < Stanno uscendo. Hai portato il cambio per Josh? >
< Sì, certo > Hanna alzò una borsa e gliela mostrò.
Amanda annuì e poi tornò a fissare il gruppo di bambini per cercare di individuare Connor.
< Proprio non vuoi dirmi cosa è successo ieri sera? >
Amanda si voltò verso di lei e fissò il suo volto amico, cercando di leggerci come mai Hanna le aveva ispirato tanta fiducia da permetterle di diventare così intime. Probabilmente era per merito di quegli occhi vispi e sempre limpidi, il volto disteso e sereno..
< Mamma! > strillò Connor correndole incontro.
Amanda si inchinò. < Ciao, peste > gli baciò una guancia e poi prese il suo zainetto.
< Ciao Josh > disse poi rivolta all'altro bambino che stava lasciando alla madre uno zaino per prendere l'altro.
< Okay allora, giovanotto. Comportati bene > Hanna scompigliò i capelli al figlio e poi rivolse un sorriso ad Amanda, accompagnando quel trio verso la macchina dell'amica.
< Allora vengo domani mattina al bar per riprendermelo? >
< Va bene. Sono già d'accordo con Cassy che li porterà per le nove, così possono dormire un po' di più >
Hanna annuì. < Allora ci vediamo domani >
< Certo >
< Ciao, ragazzi > disse Hanna, salutando i bambini, per poi allontanarsi. Si voltò e urlò: < Oh, e Amanda? >
La ragazza alzò lo sguardo. < Sì? >
< Non credere che non mi sia accorta di nulla. Ne parliamo domani >  le rivolse un sorriso furbo e poi tornò sui suoi passi.
Amanda scosse la testa, aggiungendo alla lista dei pregi di Hanna anche il fatto che sapeva sempre quando e come cogliere nel segno.
Salì in macchina e mise in moto, ascoltando il ciarlare allegro dei due bambini, di come si prendevano in giro e poi chiacchieravano spensierati di cose talmente tanto leggere che anche Amanda si sentì più piccola della sua età.
Lanciava qualche sguardo curioso a Connor dallo specchietto retrovisore e si stupiva di quanto assomigliava al padre e quanto poco invece avesse preso da lei. Forse solo il naso, o magari la forma della bocca, ma per il resto Connor Ranieri era tale e quale a suo padre.
Pensò che Luca ne sarebbe stato immensamente fiero.
 
< Ha detto papà! > esclamò Luca.
< Cosa? > Amanda corse in camera da letto, incredula.
< Ha detto papà! > le ripeté il ragazzo, stringendo forte il bambino
< Non è possibile, non ha nemmeno dodici mesi >la ragazza era allibita.
< Il mio piccolo genio > Luca gli scoccò un bacio sulla guancia profumata e paffuta e poi lo guardò con gli occhi che sgorgavano felicità.
< Con, tesoro, ti va di dire "mamma"? >
Luca la guardò storto. < Questo cose non si fanno a comando, Amy >
< Fino a prova contraria è possibile che lui non abbia nemmeno detto papà e che tu te lo sia immaginato >
< Sei gelosa > Luca sdraiò il bambino sul letto e poi gli fece il solletico alla pancia.
< Non che non sono gelosa > Amanda si sporse per pulire un po' di bava sul mento del bambino che le rivolse un gran sorriso.
< Oh, si che lo sei > Luca allungò una mano e le scostò un ciuffo ribelle dal volto. < Mi dispiace, Miss Allen, ma mio figlio ha appena detto la sua prima parola e ha chiamato me >
< Ooooh, quindi ora è tuo figlio? > Amanda sghignazzò.
< Certo > rispose con naturalezza Luca.
< Bene, Mr Ranieri, ricordatene quando farà uno dei suoi bisognini speciali > Amanda si alzò dal letto per tornare in cucina, con un sorriso da vincitore sulle labbra.
< Amanda! > si sentì chiamare. < Amy! >
La ragazza si mise a fischiettare allegra per la cucina mentre iniziava a preparare la cena. Aprì il frigo e lo ispezionò per bene, decidendo cosa ingegnare per quella sera.
< Andiamo, Amy! Non puoi essere seria >
< Oh si che lo sono >
Luca rivolse un'occhiata scioccata a Connor e lo supplicò con lo sguardo. Amanda scoppiò a ridere e tornò a concentrare la sua attenzione al frigorifero.
< La tua mamma è spietata > disse Luca a Connor.
E fu proprio in quel momento che il bambino decise di lasciare a bocca aperta i genitori.
< Ma -ma -ma > disse e poi batté forte le mani sul volto di Luca, scoppiando a ridere.
Amanda si paralizzò. Il cuore iniziò a batterle forte e un'improvvisa calore la percorse tutta, facendola sentire come se improvvisamente tutti i suoi desideri si fossero esauditi.
Si voltò a guardare suo figlio e il suo fidanzato. < Ha appena detto..  >
Luca annuì, la fierezza nei suoi occhi era inequivocabile.
La ragazza si avvicinò. < Con, lo vuoi ripetere? Vuoi far sentire alla mamma come dici "mamma?  Eh? Su! Mamma. Mam - ma >
Connor scoppiò a ridere ancora e poi strillò un: < Ma -ma -ma! >
Amanda lo afferrò dalle braccia di Luca ed iniziò a strapazzarlo di baci. < Sì, amore. Mamma! Mamma! Mamma >
Luca scuoteva la testa e fissava divertito la scena. < Che ne dici di venirmi in soccorso, ometto? >
< Non se ne parla. Ora lui deve dire tante volte mamma, vero? >
Luca si fece più vicino e batté il piccolo palmo della mano del figlio e ripeté "papà" un paio di volte.
< Non lo vuole dire, non lo vuole dire > lo canzonò Amanda.
< Papà > ripeté ancora Luca.
< Ma -ma -ma! >
Amanda si morse un labbro per evitare di ridere in faccia a Luca.
< Va bene, Con. Ma sappi che quando avrai bisogno del tuo papà per chiedergli consigli sulle ragazze, bé, dovrai arrangiarti > finse di mettere il broncio.
< Pà -pà -pà > lo accontentò il bambino.
< Il mio piccolo genio! >
 
Amanda parcheggiò la macchina nel posto riservato per lei ed uscì prima dei bambini. Afferrò i loro zaini e urlò loro di andare più piano, preoccupata per la loro folle corsa.
< Sono arrivato prima io! > esclamò Josh.
< Te lo sogni! Non hai visto dove era il mio piede quando tu hai messo la mano qui? >
Amanda si accorse solo in quel momento che dall'altro lato del marciapiede c'era un uomo su una moto, che osservava tutta la scena con un sorriso divertito stampato sul volto.
"Non è possibile", pensò.
Guardò meglio in quella direzione e proprio in quel momento l'uomo alzò la mano per salutarla.
Cosa non gli era stato chiaro del fatto che lei non voleva più rivederlo?

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Capitolo 23
*** NON SEI UNA CATTIVA PERSONA SE TI RIFAI UNA VITA ***


NON SEI UNA CATTIVA PERSONA SE TI RIFAI UNA VITA


Amanda continuò a camminare, non curandosi del fatto che James fosse tornato lì.
Si impose di evitare di pensare al fatto che lui sapesse addirittura a che ora sarebbe tornata a casa, e sebbene il pensiero che forse era rimasto lì da quella mattina le passò per la mente, decise che quello non era un suo problema.
Se James non aveva di meglio da fare, poteva tranquillamente restarsene fermo in un parcheggio riservato agli abitanti del quartiere. In fondo non faceva del male a nessuno, almeno fino a quando qualche padre di famiglia non avesse deciso di chiamare la polizia e farlo sgomberare da dove si trovava.
Ma questo non interessava proprio per nulla Amanda. No, certo che no.
< Mamma, c'è di nuovo quel signore di stamattina > le disse Connor, indicandolo.
< Guarda avanti quando cammini, Connor > lo rimproverò lei, posando una mano sulla spalla del figlio e sospingendolo in avanti, facendogli di capire che doveva continuare a camminare.
< Non lo vai a salutare, mamma? >
Amanda sapeva che doveva tenere i nervi saldi. Non era colpa di Connor se James si era intestardito così tanto. < L'ho già salutato stamattina >
Connor continuò ad insistere, facendo una strana espressione con la bocca. < Ma lui è ancora qui >
< Chi è? > s'intromise Josh.
< Un signore. Credo che sia un amico della mamma > gli spiegò Connor, stringendosi nelle spalle.
< Ha una bella moto >
< Proprio come quella che avrò io da grande >
Amanda seguiva lo scambio di battute tra i due bambini, restandone quasi allibita. Si diede un pizzicotto sul braccio, giusto per assicurarsi di essere sveglia e quello strano quarto d'ora si stesse svolgendo davvero.
< Tu non avrai proprio nessuna moto > disse, rivolgendo un'occhiata a Connor.
Quando capì che i due bambini non si sarebbero mossi di un millimetro da dove si trovavano, troppo affascinati a guardare la lucente motocicletta nera di James, che in quel momento li  stava salutando agitando una mano e con un sorriso seducente sulle labbra, afferrò le loro mani e cominciò a camminare a passo spedito, trascinandoseli dietro.
Chiuse le porta di casa ed emise un sospiro di sollievo. "Lontano dagli occhi, lontano dal cuore". Chiunque aveva detto per la prima volta quella frase era semplicemente un genio.
Non poterlo vedere le dava quasi l'impressione che lui non fosse effettivamente lì dove si era sistemato.
Si chiese cosa diavolo gli passasse per la testa e cosa ci fosse di tanto difficile da capire nel fatto che lei aveva deciso di non avere una relazione, scappatella, un' amicizia con benefici, o qualunque dannata cosa lui desiderasse da lei. Amanda non voleva proprio mai più vedere la sua faccia, perchè..
Già, perchè?
Sbuffò e cominciò a preparare la cena, pensando che non aveva bisogno di giustificarsi e trovare mille spiegazioni per una cosa che non era giusta fare. Punto e stop. James doveva farsene una ragione, anche se Amanda capiva bene che probabilmente non erano molte le donne che gli avevano detto di no nel corso della sua vita.
Come se quello dovesse farla piegare a dire di sì solo per soddisfare un suo capriccio!
Richiuse il cassetto delle pentole troppo violentemente, provocando un rumore secco che la fece sussultare.
Si appoggiò al ripiano della cucina, aggrappandovisi con entrambe le mani e facendo un respiro profondo.
Sapeva bene perchè era tanto agitata dal fatto che lui si fosse presentato due volte sotto casa sua quel giorno, ma ammetterlo le costava uno sforzo enorme. Dirsi la verità, significava affrontare la realtà, ed Amanda credeva che non ci fosse cosa peggiore, per lei, in quel momento.
 
James vedeva chiaramente la luce accesa dell'appartamento di Amanda, e per un momento si chiedeva se quella sua strategia non fosse un enorme, gigantesco e controproducente, buco nell'acqua.
Per lo meno era riuscito a conoscere il figlio per cui lei si dava tanta bene. Lo aveva già visto un paio di volte.
La prima quando li aveva visti giocare assieme a calcio, quel pomeriggio al parco. Amanda gli era sembrava così spensierata, così felice, così.. giovane. E Connor non aveva smesso un attimo di sorridere, neppure quando la madre era riuscita a fare qualche goal.
La seconda volta lo aveva visto al bar, e anche quella volta aveva pensato che il bambino, pure se stava discutendo con la madre, aveva un sorriso veramente dolce.
Non sapeva esprimersi ancora con decisione su di lui, ma era sicuro di una cosa: non era così incasinato come Amanda gli aveva detto che fosse.
Con quella matassa di riccioli scuri, gli occhi color cioccolato e un sorriso vispo, il ragazzino aveva conquistato tutta la sua simpatia, soprattutto dal momento che era stato l'unico - fra lui e sua madre - a rivolgergli un sorriso cordiale. E James aveva sentito anche la conversazione che avevano avuto poco prima di entrare in casa; lo aveva definito un amico di sua madre e aveva detto che aveva una bella moto..
Sì, decisamente Connor sarebbe potuto essere un ottimo punto a suo favore.
L'unica nota stonata era il fatto che Amanda non sarebbe stata facile da conquistare tanto quanto suo figlio.
James rimase con lo sguardo incollato alla finestra illuminata dell'appartamento che sapeva essere quello di Amanda. Quella mattina l'aveva vista aprire le imposte, con ancora il suo pigiama indosso e i capelli arruffati. Non era mai stata tanto sexy e moriva dalla voglia di sussurrarglielo all'orecchio. Moriva dalla voglia di vederla più da vicino in quello stato confusionario, non vedeva l'ora di potersi perdere dentro di lei proprio alle prime luci del mattino e respirare il suo odore da appena sveglia, mentre lei sarebbe stata sotto di lui.
Si sistemò meglio sulla moto, cercando di evitare di andare troppo su di giri e di non farsi false illusioni. Sapeva che se si fosse impegnato, sarebbe riuscito ad ottenere Amanda, ma era meglio non correre troppo con la fantasia, visto che nulla era dato per scontato con quella ragazza.
Sentì una vibrazione nella tasca dei suoi pantaloni e tirò fuori il suo telefono per decidere se era il caso di rispondere o meno.
Sul display illuminato c'era scritta la parola MAMMA e si poteva distinguere anche il volto della donna.
< Ciao, mamma > disse, continuando a tenere lo sguardo puntato sulla finestra, sperando che Amanda prima o poi decidesse di uscire.
< Finalmente! > esclamò sua madre. < Sono giorni che cerco di contattarti >
James rivolse gli occhi al cielo. < E ora mi hai trovato >
< Non fare il sarcastico con me, giovanotto. Non funziona > lo rimproverò.
Prima di rispondere, inspirò ed espirò lentamente. < Come stai, Cicy? > la chiamò con il suo nome per irritarla un pochino.
Sua madre rispose con una domanda alla sua domanda. < Come mai mi stai evitando? >
< Non ti sto evitando > James notò che ogni volta che iniziava una conversazione con sua madre, quelle erano le parole che si rivolgevano continuamente.
< Io direi di sì >
Avrebbe potuto decidere. Poteva continuare a giocare a questo gioco di botta e risposta dispettoso e vedere chi l'avrebbe avuta vinta, oppure avrebbe potuto arrivare al sodo della discussione per poi tornare a concentrare la sua completa attenzione all'appartamento di Amanda.
Scelse la seconda opzione. < Mi dispiace averti dato quest'impressione. Cosa succede? >
< Mary McCall mi ha riferito che sua figlia vorrebbe fare una capatina in città per lasciare qualche curriculum qui e lì, giusto per vedere se riesce a trovare un buon posto come insegnante >
< Buon per lei > James non capiva cosa c'entrava lui in tutto ciò.
< Resterai in città, vero? Non hai in programma nessuna trasferta, mi pare >
< Sì, mamma >
Lei fece un versetto compiaciuto. < Bene, allora! Perfetto! >
James voleva sapere cosa era così perfetto da provocare una risata tanto serafica da parte di sua madre. < Cosa significa? >
< La potrai ospitare a casa tua >
< Cosa? No, no. Assolutamente > disse deciso.
< Perchè no, tesoro? Mi era parso di capire che ti fosse simpatica >Cicy parve cadere dalle nuvole.
"Simpatica come un palo dove non batte il sole", era quello che James avrebbe voluto risponderle. Si morse l'interno guancia e lasciò che la sua risposta colorita andasse a sbattere contro i suoi denti e poi se ne tornasse da dove era venuta, senza scandalizzare o irritare sua madre.
 Non era tanto per la virginale Claire, con i suoi nastrini e i suoi vestiti da puritana, quanto per la sua famiglia. I McCall erano dei cacciatori di doti fatti e finiti, inutile girarci intorno, e quando avevano colto l'occasione di presentare ufficialmente la loro unica figlia a James, avevano visto in lui l'agiatezza e un futuro roseo - almeno dal punto di vista economico -  per la loro perla.
James odiava quel tipo di situazioni.
< Diciamo che non c'è feeling, tra di noi > in fondo non era proprio del tutto una bugia.
< Oh > disse sua madre, delusa da quella risposta.
< Mi dispiace, Cicy. Credo proprio che Claire dovrà farsi la sua capatina in solitudine >
< Potresti quanto meno aiutarla ad orientarsi > ritentò.
< Sono impegnato >
< Non sai nemmeno quando dovrà venire! E poi mi hai appena detto che non devi andare in trasferta > ora Cicy era indignata.
< Come va con Bob? > le chiese James.
< Non sviare il discorso, giovanotto >
Forse il fatto che lui e il suo patrigno.. lo si poteva considerare tale? In ogni caso, i rapporti tra lui e Bob non erano migliorati dall'ultima volta che si erano visti e la sua domanda a proposito del compagno della madre, non aveva distratto Cicy. Proprio per niente.
< Il fatto che io non vada in trasferta, non significa che non abbia altre cose da fare >
< Ad esempio? >
< Devo occuparmi di alcuni affari > rimase sul vago, per evitare che lei potesse intromettersi nel suo lavoro.
Cicy non demorse. < Che generi di affari? >
James rispose in modo duro e freddo. < Non c'è bisogno di affrontare questa conversazione, mamma >
La donna trattenne il fiato e sentì le lacrime pizzicarle gli occhi. Sapeva che suo figlio si era addossato ogni responsabilità da quel giorno, ma lei voleva in ogni caso cercare di sollevare un po' del peso che si era caricato sulle spalle, aiutarlo, rendersi partecipe. Qualunque cosa, pur di non rimanere più nell'angolo in cui l'aveva confinata, ma James sapeva essere testardo tanto quanto suo padre e ciò la faceva sentire terribilmente ancora più in colpa.
La donna respirò rumorosamente nel telefono e cercò di formulare una frase di senso compiuto per evitare di far sentire al figlio quando quella frase l'avesse colpita, ma James l'anticipò. < Mi dispiace. Non volevo essere così brusco >
Cecilia sospirò. < Lo so >
< Posso dare a Claire il numero di Emma e chiedere a lei di aiutarla > disse poi, cercando di fare Ammenda.  
< Sarebbe carino da parte tua >
James annuì, dandosi poi dello scemo: sua madre non poteva vederlo.
Proprio mentre stava per aggiungere qualcos'altro, la porta finestra che dava sul piccolo balcone della casa di Amanda si aprì.
La ragazza si era cambiata ed ora indossava dei pantaloncini neri e un top bianco. I lunghi capelli biondi erano raccolti in una coda alta che le arrivava fino alle scapole e James immaginò di poter passare di nuovo le mani tra quelle lunghe ciocche, ricordandosi di quanto erano morbidi e profumati.
Proprio in quel momento Amanda si voltò verso di lui, quasi come se si sentisse osservata e si bloccò con in mano un vasetto di qualcosa, e guardava dritto verso di lui.
< Devo andare, mamma > chiuse la comunicazione senza aspettare la risposta di Cicy e poi tornò a concentrarsi interamente sulla figura snella della bionda mozzafiato che era ancora ferma immobile a fissarlo.
James si passò la lingua sul labbro superiore, tornando con la mente a quando si erano baciati la sera prima, alla sensazione del corpo di Amanda sotto il suo, delle labbra morbide che avevano ceduto immediatamente appena lo avevano riconosciuto, del suo profumo inebriante e di come le sue dita si fossero attorcigliate tra i suoi capelli.
Amanda aveva risposto a quel bacio e James aveva tutte le intenzioni di sentirla perdere di nuovo il controllo sotto di sé, magari senza nessun vestito addosso.
Decise che ora che lei aveva avuto la conferma che lui era rimasto per un bel po' ad aspettare anche solo che lei desse una sbirciata fuori, era arrivato il momento di andare via.
Infilò il casco e poi accese la moto. In meno di trenta secondi era sparito dalla visuale della ragazza.
L'unico posto da cui non poteva fuggire era il suo cuore bastardo, che aveva cominciato a battere decisamente troppo forte, e dalla sua mente che continuava a riproporgli l'immagine di Amanda con indosso quei pantaloncini succinti che rivelavano gran parte delle sue lunghe gambe e la canotta aderente, che faceva risaltare i suoi seni alti.
L'unica parola che gli venne in mente per potersi descrivere era decisamente calzate: fottuto.
Era decisamente fottuto.
 
 
< Ferma tutto > Hanna alzò una mano per bloccare Amanda e la guardò con gli occhi sgranati. < Lui ti ha riaccompagnata a casa dopo che ti ha preso il telefono per evitare che tu chiamassi qualcuno per farti venire a prendere >
< Sì >
< Poi ti ha detto che vuole continuare a vederti e tu gli hai detto che preferiresti di no per via di Connor >
< Esatto >
< Allora lui ti ha lasciato credere che avrebbe fatto come tu gli chiedevi. Arrivate a casa tua, lui ti afferra e ti bacia e poi se ne va >
< Lasciandomi lì impalata > precisò Amanda.
Hanna fece un gesto con la mano, facendole capire che non le interessava più di tanto quella parte. < E ieri mattina te lo sei trovato sotto casa?  >
< E anche ieri mattina > specificò Amanda.
< Ah > fu l'unico commento di Hanna.
Amanda afferrò una spugnetta e diede una seconda passata al bancone, raccogliendo le briciole lasciate da qualche cliente. < Ah? >
Hanna si guardò attorno per guardare dove fossero i bambini. < Mi sto eccitando per te > le disse poi, sottovoce.
< Hanna! > Amanda rivolse un'occhiata a Connor e Josh per assicurarsi che le loro orecchie fossero fuori portata della bocca di Hanna.
< Dagli un paio di anni e ne sapranno più di noi >
Amanda si morse un labbro, pensando che in realtà anche una tredicenne ne avrebbe saputo qualcosa in più rispetto a lei. Ma non era giusto trascinare Hanna nella tristezza della sua vita sentimentale, soprattutto perchè sapeva cosa le avrebbe risposto l'amica.
< Allora.. > Hanna la riportò al presente.
< Sì ? >
< Stamattina era sotto casa tua? >
Amanda scosse la testa. < No > però.. < Di solito il sabato e la domenica lo vedo sempre qui.. > si portò il pollice alle labbra e cominciò a torturare una pellicina.
< Uh - uh > fece maliziosamente l'altra. < Quindi tra poco lo vedremo entrare da quella porta >
< Tu dici? >
Hanna si strinse nelle spalle. < Perché darsi tanta pena di rimanere appostato sotto casa tua, altrimenti? >
< Magari sperava che io lo facessi salire su per fare.. > Amanda tornò a guardare i bambini < sesso > concluse.
Hanna scoppiò a ridere. < Cielo, Amanda! Lo hai detto come se fosse stata la parola più brutta di questo mondo >
La ragazza sgranò gli occhi. < Non è vero! >
< Oh, te lo posso assicurare >  Hanna si fece aria con una mano.
< Bé, è stato involontario > disse e poi si distrasse il tempo necessario per fare il conto a una ragazza dai capelli rossi.
Hanna aspettò che la cliente si allontanasse prima di riprendere il discorso. < Comunque, sono dell'idea che dovresti dargli un'opportunità >
Amanda riafferrò lo straccio e, sentendosi in dovere di dover ripulire il bancone, la strofinò sulla superficie con una diligenza quasi maniacale. Evitò di proposito di rispondere a quello che le aveva appena detto Hanna.
< Mi hai sentita? >
< Forte e chiaro > la rassicurò, strofinando un punto più e più volte.
< E la tua risposta è.. ? >
Amanda ripose la spugnetta nel lavandino ed iniziò a preparare due cappuccini, ordinatigli da Elly.
< Allora? > la incalzò Hanna, quando capì che l'amica non le avrebbe risposto di sua spontanea volontà.
< Allora non lo so >
< Non lo sai? > Hanna sembrava confusa.
< No >
< E cosa c'è da sapere? >
< Tutto! > esclamò Amanda, iniziando a preparare la schiuma.
Hanna aggrottò le sopracciglia. < Non ti seguo >
Amanda sistemò le due tazze in un vassoio e poi, senza nemmeno degnare di uno sguardo l'amica, si diresse verso il tavolo a cui andavano serviti.
< Ecco qui i vostri cappuccini > rivolse ai due ragazzi un sorriso affabile e poi ritornò verso il bancone, facendo un deviazione verso i bambini.
Connor e Josh stavano giocando con  dei mostri dei lego, ed entrambi giuravano all'altro che il proprio guerriero era quello più forte.
< Tutto okay, ragazzi? > baciò la testa di Connor e sorrise a Josh.
< Sì! > dissero in coro.
< Mamma, > Connor si aggrappò alla sua maglietta e la tirò fino a quando Amanda non si voltò per guardarlo. < dobbiamo assolutamente comprare il nuovo mostro >
Amanda inarcò un sopracciglio. < Dobbiamo? >
Connor annuì. < Mm - Mm. Vedi, mamma, ha un sacco di roba in più rispetto a questo qui > le agitò sotto il naso il suo gioco. < E poi così posso essere per davvero più forte di Josh >
< Potresti iniziare a metterlo nella lista dei desideri per Natale > gli disse Amanda.
< Mamma! Manca un sacco a Natale >
< E allora per il tuo compleanno >
< Mancano tre mesi al mio compleanno! > Connor era sempre più scioccato.
Ad Amanda si strinse il cuore. Pensava di riuscire a cavarsela in questo modo, di riuscire a placarlo in questo modo, di eccitarlo all'idea del compleanno che sarebbe arrivato di lì a poco o magari del Natale, ma Connor era un bambino e come tutti i bambini voleva le cose, e le voleva subito.
Con le lacrime che le pizzicavano gli occhi, tornò dietro al bancone ed iniziò a svuotare la lavastoviglie, riponendo le tazze e i bicchieri al loro posto.
Hanna ripartì alla carica. < Proprio non mi vuoi dare nessuna risposta? >
Amanda sbuffò. < Non c'è nessuna risposta da dare. >
Hanna la guardò per un attimo. < Lui ti piace? >
La schiettezza di quella domanda colpì Amanda. Era il classico tipo di quesito a cui puoi rispondere o sì o no, senza dover aggiungere altro, ma il punto era che lei ne aveva di altro da aggiungere.
< Per favore, per favore, dammi una risposta e non tergiversare > Hanno le puntò un dito contro.
Amanda sospirò. Era inutile tentare di nascondere la verità, e poi ammettere la cosa non avrebbe fatto male a nessuno. Si sarebbe tolta quel peso dallo stomaco e poi avrebbe potuto voltare pagina.
< Sì. Sì, mi piace > ammise, le guance erano in fiamme e si sentiva come se fosse tornata un'adolescente in piena crisi ormonale.
Hanna sorrise vittoriosa e le rivolse un sorriso malizioso. < Quindi.. tu piaci a lui, lui piace a te. Siete già usciti una volta ed è andato tutto bene.. >
Amanda la interruppe. < Non proprio, corre come un pazzo su quella moto >
Amanda le rifilò un'occhiata eloquente. < Dettaglio eccitante >
< Vallo a dire a tutti quelli che hanno perso qualcuno per l'alta velocità > si mise a braccia conserte e fissò con aria di sfida l'amica.
Hanna rimase a studiarla per qualche momento. La postura era rigida, le spalle tese e lo sguardo fiero. Quella ragazza aveva bisogno di rilassarsi.
< Okay, Mandy. Tu hai veramente bisogno di uscire con un uomo >
Amanda strabuzzò gli occhi. < Non direi proprio >
< Oh, invece sì >
< Hanna.. >
< No, ora ascoltami. > Hanna alzò una mano per bloccarla. < Mi hai già rifilato la storiella di Connor, che ha bisogno di tutta la tua completa attenzione e che non puoi permetterti nessun tipo di distrazione, ma sinceramente credo che sia solo una grande stronzata >
Amanda era incredula. Dio, quanto tempo era che qualcuno non si rivolgeva a lei in quel modo? Quanto tempo era che un altro adulto non le sbatteva la verità dei fatti sotto gli occhi?
Troppo tempo, e sapeva con precisione anche chi era stata l'ultima persona a comportarsi così verso di lei.
< Dico sul serio, Amanda. Avere un figlio non significa privarsi di qualunque cosa. Connor ha la tua completa attenzione in qualunque momento, anche se tu dovessi decidere di uscire con James, cosa che io ti consiglio caldamente >
< Lui.. ecco, lui è un.. >
< Un cosa? Non lo conosci così bene per poter esprimere un giudizio che non sia affrontato su di lui >
Amanda inclinò la testa di lato. < Tu invece lo conosci talmente bene da poter parlare in suo favore? >
Hanna scosse la testa. < No, ma tutti meritano un'occasione > si strinse nelle spalle. < E rifarti una vita non fa di te una persona cattiva >
Quella frase fu come un fulmine a ciel sereno.
Rifarsi una vita non avrebbe fatto di lei una persona cattiva. Ovviamente no, e poi quante persone che avevano subito un lutto come il suo erano poi riuscite a rifarsi una vita? A sposarsi e avere dei figli? Molte, anzi forse quasi tutte, esclusa qualche eccezione.
Solo che..
C'era sempre un ma, nella vita di Amanda. C'era stato quando aveva varcato per la prima volta la soglia dell'istituto e le aveva detto che i suoi genitori le volevano bene, ma non potevano più tenerla con loro. Nemmeno un briciolo di spiegazione, ma in fondo ad Amanda non serviva nemmeno una bugia ben architettata per sapere per quale motivo sua madre avesse deciso di spedirla in quel posto squallido, e a dirla tutta, alla fine dei conti, le aveva fatto il regalo più grande della sua vita: era lì che aveva incontrato Luca.
Aveva ricevuto un "ma" anche quando era morto Luca. < Ci dispiace molto, signorina, ma, sono cose che capitano >.
No, queste non sono cose che devono capitare, non ad un ragazzo così giovane. Non ad una ragazza che ha trovato in lui la sua anima gemella e non ad un bambino che non avrà mai più l'opportunità di conoscere suo padre. Queste cose non devono capitare a nessuno.
E ora aveva di nuovo un "ma".  
L'intera situazione era troppo complicata e Amanda si rendeva perfettamente conto che non doveva badare solo a sé stessa, ma anche ad un bambino di cinque anni, che avrebbe potuto affezionarsi a quell'uomo e avrebbe potuto perderlo - nel caso le cose fossero andate male -, esattamente come aveva perso suo padre.
Voleva davvero sottoporre Connor a quello strazio per la seconda volta? Non era già abbastanza il fatto che stava elaborando solo in quel momento la morte di Luca?
Scosse la testa e tornò a concentrarsi sul suo lavoro.
Quando l'amica se ne andò, Amanda la salutò con un cenno della testa, e per il resto della giornata si immerse in sorrisi falsi e un tono modulato della voce, così da non deludere nessuno.
Camminava tra i tavoli per portare le ordinazioni e per raccogliere tazzine e piatti sporchi, preparava i caffè e batteva gli scontrini. Si comportava da brava barista e cameriera, scambiando qualche battuta con i soliti clienti abituali e rassicurando Elly e Jas sul fatto che non era per nulla stanca e poteva lavorare ancora un altro paio di ore e che anche Connor stava più che bene.
Magari con quello straordinario avrebbe potuto comprargli il giocattolo che le aveva chiesto poco prima.
Continuò a lavorare fino alle tre del pomeriggio, quando arrivò l'altra ragazza per darle il cambio. Con un sospiro di sollievo, Amanda si tolse il grembiule e lo ripose al suo solito posto; recuperò la borsa e poi uscì per prendere Connor e tornare a casa.
Si sarebbe fatta un bel bagno caldo e rilassante e avrebbe letto un altro po' del libro che le aveva prestato Cassy e che lei aveva indegnamente abbandonato sul comodino del suo letto.
In macchina, Connor la pregò di mettere il cd che gli piaceva tanto e Amanda lo accontentò, grata del fatto che suo figlio non disdegnasse i suoi gusti musicali.
Era la classica giornata lavorativa del fine settimana e non c'era nessun James in agguato.
Era esattamente quello che Amanda voleva per la sua vita. O forse no.
 
Solo alle nove di sera, dopo aver messo Connor a letto, la ragazza riuscì a ricavare un po' di tempo per sé stessa e fece esattamente quello che si era ripromessa di fare.
Riempì la vasca di acqua calda e poi versò una dose generosa di bagno schiuma alla vaniglia, in modo che si formasse molta schiuma.
Il libro era già accanto a lei, e tutto quello che doveva fare era spogliarsi ed aspettare che la vasca si riempisse.
Quando si immerse, sentì i suoi muscoli abbandonarsi al lieve dondolio dell'acqua e rilassarsi fu la cosa più naturale da fare.
Afferrò P.S. I love you  e riprese a leggere da dove aveva lasciato, ovvero dalla prima leggera che Gerry inviava ad Holly.
Non si era sentita pronta ed aveva immediatamente chiuso tutto perchè in fondo era più facile fuggire al fatto che persino un'eroina di carta stava vivendo durante un periodo schifoso come il suo un momento di pace e gioia pura.
Si chiese distrattamente se Luca le avesse fatto delle sorprese simili, se avesse saputo che di lì a poco sarebbe dovuto passare a miglior vita. Amanda sapeva che non era per nulla un uomo da lettere o cose romantiche, ma qualcosa si sarebbe inventato. Come aveva fatto quella volta per il loro ultimo San Valentino assieme.
Amanda aveva scoperto di essere incinta da poco, e sebbene entrambi stessero cercando un equilibrio per poter gestire quella situazione assieme, Luca aveva deciso che per quella non sarebbero stati Amanda e Luca i futuri genitori del mirtillo che lei aveva in pancia. No, assolutamente. Sarebbero stati Luca e Amanda, due pazzi innamorati.
L'aveva portata al parco dove aveva organizzato un pic-nic con i fiocchi e proprio mentre si stavano imboccando a vicenda, assaporando il gusto dolce delle fragole, con indosso i loro giubbotti per ripararsi dal pungente freddo di febbraio, quattro uomini con degli assurdi completi erano apparsi per fare una serenata mariachi.
Amanda era scoppiata a ridere e Luca l'aveva seguita a ruota. Sebbene fosse qualcosa di assolutamente ridicolo, quella era la cosa più bella che lui avrebbe potuto fare per San Valentino.
Al diavolo le solite smancerie, i regali costosi e le grandi dichiarazioni d'amore. Luca l'aveva portata in un parco in un giorno d'inverno per fare un pic-nic che prevedeva panini al prosciutto e formaggio e una lattina di tè ciascuno; il pezzo forte erano, appunto, le fragole, coltivate chissà in quale serra e chissà in quali condizioni. E poi, dal nulla, erano apparsi questi quattro uomini con indosso delle camicie bianche inamidate, stretti pantaloni neri e dei cappelli da fare invidia ad una vamp.
Decisamente lei e Luca non erano mai stati la classica coppia tradizionalista.
Tornò a concentrarsi sul libro e si divertì un mondo a leggere della famiglia di Holly, di come si stuzzicassero a vicenda, del fatto che seppure provenissero tutti dallo stesso seme, non andavano sempre poi così d'accorso.
Avrebbe voluto anche lei una famiglia di quel tipo, ma forse era chiedere troppo al suo destino.
Sua madre non era mai stata quel tipo di donna affettuosa che ti ispira fiducia e a cui avresti voluto raccontare i tuoi problemi e i tuoi segreti, ma quanto meno era una donna leale, una che le cose non te le mandava a dire. Amanda aveva sempre apprezzato quel lato del suo carattere e Luca le faceva notare spesso che anche lei lo aveva ereditato.
Il vero problema nella famiglia di Amanda, era suo padre.
Scosse la testa. Pensare a questo non l'avrebbe portata da nessuna parte e rischiava di far svanire l'effetto miracolo dell'acqua calda e del profumo celestiale del bagno schiuma.
Andò avanti con il libro, fino a leggere che Gerry aveva sfidato Holly ad andare al karaoke e pareva che qualche episodio strano fosse successo in quel posto.
Gli occhi di Amanda si fecero più pensanti e arrivò fino al punto del compleanno di Holly, dopodiché si costrinse ad uscire dalla vasca, complimentandosi con sé stessa per essere riuscita a leggere una ventina di pagine senza scoppiare a piangere o arrabbiarsi profondamente con la protagonista perchè non sembrava poi così distrutta dal lutto.
Si infilò sotto le coperte e chiuse gli occhi, immaginando che, come tutte le sere ci avrebbe messo un'eternità ad addormentarsi, ma non fu così. Il sonno la prese con un facilità sconvolgente, ma le lasciò l'amaro in bocca.
L'ultima frase che le rimbalzò in mente prima di addormentarsi fu quella che le aveva detto Hanna quella mattina al bar.
Non sei una persona cattiva se ti rifai una vita.
 
James sarebbe stato fedele alla promessa che si era fatto: corteggiare Amanda, ma da lontano.
Niente intromissioni nella sua vita privata. Se ne sarebbe rimasto lì, seduto sulla suo moto, sotto casa sua ad aspettare che lei uscisse di casa per andare a lavoro. Lo avrebbe visto, si sarebbe infuriata, avrebbe pensato a lui e quando sarebbe tornata a casa lo avrebbe trovato ancora lì, ad aspettarla e così avrebbe fatto per tutto il tempo necessario che Amanda avrebbe impiegato per avvicinarsi a lui ed inveirgli contro. Perchè era certo che quella sarebbe stata la precisa reazione della ragazza, e lui non aspettava altro.
L'avrebbe fatta parlare per un po', poi si sarebbe avvicinato cautamente a lei, le avrebbe infilato una mano tra i capelli e..
Proprio in quel momento, il portone del condominio si aprì e un Connor allegro si precipitò fuori per raggiungere per primo il vecchio catorcio che Amanda chiamava macchina.
< Piano, Con > gli gridò lei.
< Ho vinto! Ho vinto, mamma! > il bambino fece un altro giro attorno alla macchina e agitò un pugno in alto, in segno di vittoria.
James fece un gran sorriso e poi scosse la testa in fretta. Gli erano sempre piaciuti i bambini, non poteva nasconderlo, ma quel bambino.. Gli stava talmente tanto simpatico che avrebbe potuto rotolarsi nel fango e James l'avrebbe considerato il bambino più divertente del mondo.
< Mamma > la chiamò ancora. Amanda stava rovistando nella borsa in cerca delle chiavi della macchina e gli rispose senza alzare lo sguardo. < Hei, mamma! > tuonò Connor.
James si chiese cosa dovesse dirle di così importante da dover urlare.
< Non urlare, Connor > lo rimproverò lei, guardandolo finalmente.
Connor allungò un braccio nella direzione di James e con l'indice lo indicò. < C'è di nuovo quel signore con la moto >
La prima reazione di Amanda fu quella di abbassargli il braccio e fargli una ramanzina sul fatto che non si indicano le persone, ma quando voltò la testa verso il punto che le indicava suo figlio, la sua espressione divenne dieci volte più scura.
Scosse piano la testa e poi fece salire il bambino in macchina e si chinò per allacciargli la cintura.
Capì che Connor le aveva detto qualcosa perchè lei rispose con un < No > categorico e stizzito, ma non aveva idea di cosa il bambino le avesse chiesto.
James si morse il labbro per impedirsi di ridere. Forse poteva anche non aver sentito cosa il bambino avesse detto alla madre per farla reagire in quel modo, ma poteva scommetterci la moto che era qualcosa che lo riguardava in prima persona.
Amanda chiuse la portiera dell'auto e poi girò intorno all'auto per salire al posto del conducente. Mise in moto e fece retromarcia in fretta.
Quando la macchina gli passò accanto James le rivolse un sorriso seducente e si accorse di come le labbra della ragazza tremarono. Continuò a guardare la macchina allontanarsi e quando i suoi occhi incontrarono quelli di Amanda nello specchietto retrovisore, lui alzò una mano e la agitò in segno di saluto.
Amanda Allen avrebbe potuto fare la sostenuta per tutto il tempo che voleva, ma la verità era che ce l'aveva già in pugno.
 

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