I'll try to fix you

di Saysomething97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lima Bean ***
Capitolo 2: *** Fear ***
Capitolo 3: *** Bodyguard ***
Capitolo 4: *** Prince Charming ***
Capitolo 5: *** A Step Into The Past ***
Capitolo 6: *** Shower ***
Capitolo 7: *** Drawings ***
Capitolo 8: *** First Kiss ***
Capitolo 9: *** Fix You ***
Capitolo 10: *** It doesn't matter ***
Capitolo 11: *** I ruined everything ***



Capitolo 1
*** Lima Bean ***


Non resistevo più, la mia vita faceva schifo e nessuno sembrava accorgersene. Le nuove direzioni erano troppo occupate nei loro triangoli amorosi e nelle battaglie per gli assoli, mio padre combatteva contro la malattia, Finn faceva avanti e indietro tra Rachel e Quinn. Ero solo.  

Karofsky continuava a minacciarmi ed importunarmi, ormai era evidente la sua omosessualità, almeno ai miei occhi. Non so esattamente perché ce l’avesse tanto con me, ero come lui! Gli unici due omosessuali al Mckinley e sicuramente per proteggersi dagli altri faceva finta di essere omofobo.

Ogni giorno la stessa storia, facevo corse dall’uscita di scuola fino alla mia macchina per sentirmi sicuro e sperare che in quel tragitto lo scimpanzé e la sua banda non mi fermassero per picchiarmi.

Per fortuna ero brava nel trucco e con un pizzico di fondotinta e correttore riuscivo a coprire qualsiasi segno le corpulenti mani di Karofsky mi procuravano durante le ore scolastiche. Molte volte per rilassarmi dopo le svariate corse che facevo a scuola per scampare al pestaggio, dopo scuola andavo al Lima Bean.

Lì loro non venivano mai, forse lo trovavano troppo un locale da gay.

Lì riuscivo a trovare tranquillità, non avevo i miei problemi e non avevo i problemi della mia famiglia ad infliggermi stress. Potevo stare tranquillamente lì a sorseggiare caffè ed a leggere riviste di modo od a fare i compiti. Mio padre non si preoccupava se stavo un bel po’ di ore fuori, credeva che andassi a corsi extrapomeridiani a scuola o che andassi a fare shopping con Mercedes. A proposito di lei, lei era l’unica  preoccuparsi un po’, non capiva cosa mi succedeva. Mi faceva semplicemente domande del tipo “come ti è andata la giornata?”, “ti vedo pallido è successo qualcosa?” ed io ogni volta rispondevo con “tutto bene” o “non è successo niente”.

Non potevo metterla in mezzo ai miei casini, conoscevo Mercedes, avrebbe agito da sola e la situazione si sarebbe messa male. Non potevo far del male alla mia migliore amica. Alcune volte pensavo di parlarne con i ragazzi del glee, magari loro avrebbero potuto parlare con Karofsky e risolvere la situazione o magari affievolirla. Ma ogni volta ci ripensavo, rimuginavo troppo sulle cose e andava sempre a finire che rimanevo da solo nei miei problemi.

Quel giorno finito il corso di chimica, la mia giornata scolastica era ufficialmente terminata. Come facevo abitualmente feci la mia corsa per arrivare alla macchina ma mentre correvo sentii una mano afferrarmi dal bordo della maglietta e tirarmi indietro fino a farmi cadere.  In quella caduta mi feci male al gomito che sentii incominciare a formicolare.

Quando alzai lo sguardo la scena che mi si mise davanti agli occhi non era niente di nuovo. Karofsky insieme ad Azimio Adams erano davanti a me sogghignado e dandosi
pacche sulla schiena come segno di “ben fatto!” li odiavo, dannazione se li odiavo, se avessi potuto li avrei entrambi infilati nell’acido. Stavo cercando di rialzarmi quando Azimio mi diede un altro colpo e mi rimise a terra. Caddi sullo stesso gomito di prima ed allora parlai:

“Cosa volete oggi? Mi volete colpire perché sono più bravo di voi anche nel football? Quant’è che non vincete senza di me in squadra?” detto questo il viso di Karofsky diventò rosso dalla rabbia.

“Non dovevi dirlo, finocchio” bofonchiò e mi scagliò un pugno dritto sopra lo zigomo sinistro.

Rimasi stupido, mi aveva sempre colpito ma questa volta era stato più forte. Non riuscivo a respirare per il dolore e per lo shock. Per fortuna se ne andarono subito dopo, non prima di darmi un ultimo calcio sulle costole, questo fu opera di Azimio.

Ero rimasto lì disteso per una decina di minuti, avevo provato ad alzarmi ma le gambe non mi reggevano. Dopo aver preso un po’ di forza ritentai, il risultato ci fu. E con calma mi avviai verso la mia macchina, le lacrime cominciavano a farsi sentire calde ed amare scendendo sullo zigomo ormai diventato violaceo e gonfio. Entrato in macchina mi osservai allo specchietto, ecco ora chi glielo spiegava a mio padre questo? Non si poteva di certo coprire con del fondotinta.

Mi sistemai i capelli, era la cosa più futile da fare in quel momento ma non avevo idea di cosa fare realmente.

Stavo pensando di andare al Lima Bean come di programma, ma avrei avuto gli occhi di tutti addosso. E in quel momento era l’ultima cosa che volevo.
Di tornare a casa non se ne parlava, ero troppo sconvolto e continuavo a piangere. Alla fine accesi solamente il motore della mia auto ed uscii dal parcheggio senza una destinazione. Fino a quando arrivai in un piccolo parco non tanto lontano dal Bean, decisi di fermarmi lì per cercare di calmarmi e magari coprire quel po’ che potevo.

All’entrata del parco c’era una piccola panchina malconcia con qualche pezzetto di muschio che le cresceva sopra, decisi di sedermi in quel luogo e cominciare la mia trasformazione. Il correttore ed il fondotinta fecero poco o niente, come immaginavo, ormai ero sconfitto. Stavo già pensando ad una scusa da dire a mio padre, Carole e Finn. Magari avrei potuto dirgli di avrei preso una porta in faccia a scuola, scusa poco credibile ma fu l’unica che mi venne in mente.

Ricominciai a piangere, perché? Perché doveva succedere tutto a me? Mi odiavo per non essere abbastanza forte e coraggioso per affrontare tutto quel casino in cui mi ero messo solamente perché non ero nei loro standards.

Kurt Hummel, il Kurt Hummel fiero di se stesso che camminava a testa alta per i corridoi del Mckinley era ormai polvere, ogni giorno che passava ad essere attaccato da quel gruppo di scimmie solamente per la sua sessualità, lo rendeva più debole e con l’autostima sotto i piedi.

Il Kurt Hummel di qualche mese prima lo avrebbe preso a pugni se lo avesse visto adesso, anche il Kurt di ora lo avrebbe fatto.
“Loser Like Me” gli risuonava in testa, quella canzone lo aiutava sempre: quando Sue Sylvester cercava di distruggere il glee club, ogni volta che perdeva a qualche competizione e quando succedevano episodi come questi.

Ma in quel momento neanche quella canzone riusciva ad aiutarlo, neanche il pensiero che quel branco di animali in futuro avrebbe lavorato per lui.

In quel momento aveva solamente bisogno di qualcuno che lo salvasse dai propri demoni.

Ma Kurt non sapeva che in quel momento quella persona non stava molto lontano da lui, infatti si trovava nel Lima Bean a sorseggiare caffè ed a studiare.
Con un fazzoletto che apparteneva a sua padre e che profumava ancora di lei si asciugò le lacrime e decise di andare al Lima Bean, l’unico posto tranquillo in quel momento e non gli interessava se tutto lo avessero fissato.

Fece la fila con gli occhi addosso di un gruppo di ragazzi e prese il suo cappuccino con un pizzico di cannella.

Si fece strada tra diversi gruppi di ragazzi e si mese seduto al suo solito tavolo vicino alla finestra. I suoi occhi erano ancora rossi e gonfi stessa cosa per il livido enorme sopra la guancia.

Si stava mangiando le unghie e aveva la testa appoggiata su una mano quando un ragazzo alto si mise seduto al posto davanti al suo.

“Ehi ragazzino, come mai così giù?”

Alzai gli occhi a quella voce, e mi ritrovai davanti una ragazzo con due occhi verdi enormi che mi osservavano un ciuffo castano sbarazzino ed un sorriso stampato in faccia. Portava la divisa della Dalton, conoscevo quella scuola. Avrei voluto frequentarla anch’io ma la tassa di quella scuola era decisamente troppo alta per la mia famiglia.

“Non sono cose che ti riguardano” gli risposi, ero già sconvolto di mio non mi ci voleva anche un estraneo ficcanaso che peggiorasse la situazione.

“Calmati tesoro, mi sembravi giù e volevo aiutarti. Sai ti ho notato, quasi tutti i giorni sei qui, esattamente come me, e non ti ho mai visto così. E diciamo che quel livido la dice lunga sulla tua giornata”

Avrei dovuto ridirgli che non erano affari suoi ma invece risposi con:

“Semplicemente una giornata no, non preoccuparti”

Il ragazzo sorrise e mi rispose:

“Okay, comunque sono Sebastian Smythe e sai dovresti metterci qualcosa su quel livido o continuerà a gonfiarsi”

“Cosa sei ora la mia infermiera?”

“Se per te va bene” mi rispose Sebastian facendomi l’occhiolino.

Mi prese per un braccio e mi fece uscire dal locale.

“Comunque non mi hai detto come ti chiami”

“Kurt, Kurt Hummel” risposi.

Non sapevo per quale motivo lo stessi seguendo ma tanto ormai la situazione non poteva peggiorare.
 
 
*Salve popolo di efp! Sono tornata con una nuova ff oggi avevo l’ispirazione e mi sono semplicemente messa a scrivere ed ecco il piccolo scarabocchio che ne è uscito. Spero vi piaccia, era da tanto che volevo scrivere una Kurtbastian quindi eccola qui. Sto anche lavorando alla mia altra storia sebtana, se vi va passate a leggerla, quindi gli aggiornamenti non so come si evolveranno visto che sono un po’ impegnata in questo periodo. Non vi dico niente riguardo la storia nei prossimi capitoli scoprirete tutto. Detto questo vi saluto ed aspetto commenti sia negativi che positivi ovviamente. Un bacio ed alla prossima! Dì*

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Capitolo 2
*** Fear ***


Lo seguii fino al parcheggio del Lima Bean, durante tutto il tragitto mi tenne per il polso, aveva per caso paura che scappassi? Dopo aver superato diverse file di macchine arrivammo vicino ad un’auto blu.

Sebastian tirò fuori dalla tasca dei pantaloni grigi della divisa un mazzo di chiavi. Aprì il portabagagli della macchina e da lì tirò fuori una cassetta del pronto soccorso.

“Come mai hai una cassetta del pronto soccorso?” chiesi.

“Mia madre è un’infermiera e sai com’è è fissata con il fatto della sicurezza eccetera. Me l’ha infilata nel portabagagli il giorno che mi diedero l’auto per il compleanno, ogni tanto controlla se c’è ancora. E poi cosa c’è di male?” disse, mentre cercava non so cosa in quella cassetta.

“No niente, è solo che non tutti i teenager americani hanno una cassetta del pronto soccorso nella proprio auto”

“Dovresti esserne felice che ne abbia una in macchina, ecco trovato il ghiaccio” mi si avvicinò una bustina di ghiaccio secco che poco prima aveva rotto per farlo raffreddare. Con molto delicatezza mi posò il ghiaccio sullo zigomo gonfio e potei sentire un sollievo momentaneo.

Presi il ghiaccio per sorreggerlo da solo sopra il mio viso e lui si girò ricominciando a cercare nella cassetta.

“Hai un labbro rotto dovresti disinfettarlo”

“Non ti preoccupare è cosa da niente, mi è già successo. Ci penserò a casa”

Sebastian si girò ed i suoi occhi verdi mi penetrarono come se cercassero di capire cosa mi fosse successo.

Si appoggiò al cofano della maccina e schiarendosi la voce mi chiese:

“Hai voglia di dirmi come ti sei procurato quel livido? O sei un tipo tosto che va in giro a pestare la gente oppure il contrario”

Non mi sentivo in vena di raccontare quello che mi stava succedendo ad uno sconosciuto quindi gli dissi la prima scusa che mi venne in mente.

“Oggi a scuola prima di uscire ho preso una porta in pieno viso. La ragazza che mi ha preso si è scusata e poi sono venuto qui, niente di che”

Il ragazzo abbassò la testa e accennò un “no” con il capo.

“Sei un pessimo bugiardo Kurt, anche non conoscendoti capisco che stai mentendo, seriamente una porta? Una porta ti avrebbe fatto quel livido violaceo che ti si sta allargando sul viso anche facendoti gonfiare un occhio? Poi una porta aperta da una ragazza, con tutto l’amore del mondo non penso possa essere così forzuta da farti venire quello. E poi come me lo spieghi il labbro?"

Perfetto copertura andata.

“Senti, okay non è stata una porta a causarmi questo. Ma sinceramente non mi va di dirlo ad uno sconosciuto come me lo sono causato”

Ecco perfetto stavo per ricominciare a piangere, quanto puoi essere debole Hummel? Piangere così semplicemente pensando a quello che ti è accaduto. Non avevo il coraggio di alzare gli occhi per vedere la reazione di quel mio salvatore senza superpoteri.

Sentii una mano accarezzarmi i capelli, fu un gesto nervoso e teso. Probabilmente non erano cose che faceva spesso. Le lacrime continuavano a scendere ed io mi ritrovavo lì in piedi in un parcheggio del locale più scrauso dell’America con del ghiaccio sulla guancia e con uno sconosciuto piuttosto bello che mi accarezzava la testa.

Dopo un po’ Sebastian cominciò a parlare:

“Ascoltami, ho capito che non vuoi dirmelo ma penso che sarebbe meglio per sfogarti, il pianto aiuta ma parlare con un amico lo fa di più”

Alzai lo sguardo e lo trovai a sorridermi.

“Ah adesso siamo amici? Ci siamo parlati per la prima volta meno di mezz’ora fa”

“Lo so, ma a quanto mi sembra ti ho aiutato più di qualsiasi altro amico che ora non vedo qui a consolarti”

Era vero, nessuno dei miei amici era con me. Ma non era di certo colpa loro. Ero io che non volevo metterli nei casini per colpa mia. Puck era già finito al riformatorio, un’altra bravata e ci avrebbe passato la vita. Finn era il leader del Glee Club e il quarterback della squadra della scuola, non poteva fargli rovinare la sua reputazione da bravo ragazzo. Non poteva rovinare la vita dei loro amici, erano tutti piuttosto irascibili, avrebbero combinato sicuramente qualche casino e addio buoni propositi per il college. Non poteva permetterlo.

Finito questo momentaneo attimo di silenzio lo guardai negli occhi e capii che potevo fidarmi di lui, non so per quale motivo. Non lo conoscevo. L’uniche volte che lo vedevo era in quel bar ed ogni volta era con un ragazzo diverso con il quale flirtava apertamente. Si okay era una specie di Santana versione femminile, ma questo non lo rendeva cattivo, giusto? E poi era sicuramente gay, quindi poteva certamente capire la sua situazione.

“Non incolpare i miei amici per questo, loro non c’entrano niente. Sono io che non ho voluti metterli in mezzo in questa storia. Comunque il livido me lo ha procurato un ragazzo, Karofsky, lui frequenta la mia stessa scuola. Fa parte della squadra di football quindi ti lascio immaginare come possa essere fisicamente. Dal giorno che ho fatto coming out non fa altro che attaccarmi fisicamente per il fatto che sono gay, all’inizio erano solo insulti in mezzo al corridoio, niente di insopportabile. Ma poi sono cominciati gli spintoni contro gli armadietti e poi…” non riuscii a finire la frase, avevo la gola secca, ormai gli avevo detto tutto cosa mi costava continuare. Interruppe il mio pensiero una mano che mi tocco il braccio. Guardai Sebastian in viso ed aveva uno sguardo preoccupato. Ma mi sorrise per invitarmi a continuare.

“Dopo le svariate spinte nei corridoi, cominciai a cercare di evitarlo, sia a lui e sia al suo gruppo di amici. Quindi ogni volta al suono della campanella correvo per sbrigarmi a raggiungere la classe dell’ora dopo o la mia macchina. Alcune volte mi raggiungevano e cominciavano a picchiarmi, la violenza giorno dopo giorno si fa sempre più forte e malvagia ed i lividi aumentano. La rabbia negli occhi di Karofsky aumenta e non capisco perché. Sto cercando di nascondere questi fatti a mio padre ma il livido di oggi la vedo dura a nasconderlo. Questo è tutto” tutto il tempo che parlai lo feci con gli occhi chini.

“Hai paura?”

“Scusa?” chiesi, non lo stavo ascoltando. Stavo solamente pensando a come avrei fatto il giorno stesso e il giorno dopo a nascondere quel livido.

“Ho chiesto, hai paura? Hai paura di questo tizio?”

Cercavo di non pensare al fatto “paura” perché ne avevo, ne avevo molta.

Lo guardai negli occhi e dissi: “Si ho paura, ho paura di quello che mi possa accadere se durante una furia d’ira ci vada troppo pesante e che mi faccia danni permanenti, ho paura che la rabbia che prova nei miei confronti si trasformi in qualcosa di molto più e che la situazione sia davvero irreparabile”

“Hai paura che possa ucciderti?” chiese lui stupito.

“Perché non dovrebbe? Alla fine per lui sono solamente la feccia della società. Quindi togliendomi di mezzo tutti i suoi problemi finirebbero”

Sebastian aveva un’espressione tra il cupo e l’incredulo.

“Non penso che potrebbe andare così in fondo, la giornata di oggi ti ha traumatizzato e stai semplicemente pensando alla cosa peggiore che possa succedere. Comunque sono del parere che dovresti dirlo a qualcuno”

“L’ho fatto, l’ho detto a te”

Sebastian abbassò il viso, come se avesse un senso di colpa e cominciò a massaggiarsi il collo.

“Senti, io sono contento che tu ti sia confidato con me. Ma questa situazione è troppo grande per entrambi, io non so come aiutarti”

“Non ti preoccupare, non te l’ho detto perché volevo che mi aiutassi. Era solo uno sfogo ricordi?”

“Beh si, ma…”

“Davvero non preoccuparti, mi sento già meglio. Si è fatto tardi è ora che torni a casa”

Allungai la mano per stringerla con quella di Sebastian.

“È stato un piacere conoscerti” dissi sorridendo.

Sebastian ricambiò la stretta.

“Anche per me”

Mi allontanai ed arrivai alla macchina, prima di entrare diedi un’ultima occhiata a quel ragazzo affascinante.

Stava prendendo il telefono per fare una chiamata, salii in macchina e me ne andai.


P.O.V Sebastian

Chiamai Hunter non potevo andare avanti dopo quello che mi aveva detto.

Dopo svariati squilli mi rispose.

“Ehi Smythe, come va con la tua nuova preda? Vi ho visti uscire dal Lima”

“Senti la scommessa la annullo, cambiamo ragazzo. Non me la sento di andare avanti con lui”

“Perché? Cosa ti succede Seb? È da quando mi sono trasferito che facciamo queste scommesse. Non puoi rifiutarti dopo aver cominciato, ci divertiamo così noi. E poi non avevi bisogno dei soldi per tua madre? Sai come funziona, tu corteggi ragazzi, loro si innamorano di te poi gli spezzi il cuore ed io mi diverto a vederli soffrire. Vai e conquistalo so che ce la fai”

Detto questo mi attaccò in faccia. Stupide scommesse, Hunter più lo conoscevo e più mi sembrava una persona malata, che gusto c’è a pagare persone per spezzare il cuore ad altre persone? Si divertiva con poco, ma io almeno avevo i miei soldi. Forse lo faceva perché non riusciva a conquistare ragazzi per il fatto del suo imbarazzo nell’essere gay, e gli scarti che gli lasciavo erano così malridotti che correvano tra le sue braccia. Okay andrò avanti, ma non spezzerò il cuore a Kurt, ci sono già tante altre cose che lo stanno facendo.

E di certo non lo lascerò ad Hunter.



*Ciao a tutti! Ed eccomi qui con il secondo capitolo di questa ff, allora sto notando che Sebastian è un po’ OOC but who cares? Mi piace che sia carino con Kurt ed ora che si è scoperto che c’era il doppio fine è più da lui. Allora che dire Hunter sarà un personaggio che vedremo nei prossimi capitoli e che svilupperò di più. In Glee mi sembra di ricordare che non fosse gay, ma qui lo è. Tralasciando i chiarimenti vorrei ringraziare tutte le persone che hanno messo questa storia nelle seguite/ricordate/preferite. Ed anche le persone che hanno recensito. Ragazzi io elemosino recensioni sappiatelo, accetto commenti negativi e positivi, domande, opinioni e chi più ne ha più ne metta. Detto questo vi saputo e ci vediamo al prossimo capitolo. Baci. Dì*

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Capitolo 3
*** Bodyguard ***


Appena arrivai a casa, la trovai vuota. Erano le sei del pomeriggio, minuto più, minuto meno. Papà doveva ancora rientrare dall’officina, quindi avevo un po’ di tempo per me.

Andai in camera e mi fermai davanti allo specchio per esaminare i danni che quel gorilla di Karofsky mi aveva procurato. Lo zigomo era gonfio anche se ci avevo applicato del ghiaccio, o meglio Sebastian lo aveva fatto.

Tendeva ad essere viola e giallo verso i bordi, era decisamente disgustoso ed aveva decisamente rovinato la simmetria del mio volto. Decisi di farmi una doccia per calmarmi e per pensare a qualche scusa da dare a mio padre, avevo constatato che quella riguardo la porta non avrebbe retto.

Mi misi sotto il getto d’acqua caldo e per un momento sembrava che tutti i miei problemi fossero spariti, come se l’acqua se li portasse via con sé. Rimasi in quello stato di trance per una quindicina di minuti fino a quando decisi di uscire. Mi vestii con vestiti comodi: un pantalone della tuta ed una t-shirt decisamente non della mia taglia.

Non era un look da Kurt Hummel ma ultimamente il vecchio Kurt sembrava scomparire sempre di più. Con le mani cercai di sistemare i capelli, anche se il risultato non fu dei migliori ed andai a prendere il cellulare per sentire a che ora sarebbe rientrato mio padre. Il cellulare fece un paio di squilli fino a quando non sentii la voce della persona che amavo di più al mondo.

“Pronto, officina Hummel. Le serve aiuto?”

“Papà sono io, Kurt”

“Ehi figliolo! Cosa c’è che non va?”

“No niente, volevo semplicemente sapere quando rientrerai” mentii spudoratamente, almeno nella prima parte.

“Non lo so Kurt, ti stavo per chiamare proprio per dirti che molto probabilmente farò tardi. Abbiamo avuto un cliente molto importante e dobbiamo finire la sua macchina entro domani. E un lavoro molto lungo”

“Okay, quindi penso che mangerò da solo stasera…”

“Si ragazzo, mi dispiace molto. Mi farò perdonare”

“Non ti preoccupare papà, sopravvivrò. Poi stai fuori per lavoro, mica ti stai divertendo, anche se mi piacerebbe che lo facessi”

“Beh a proposito di questo, oggi la mamma di quel tuo compagno di scuola, com’è che si chiama? Finn? Beh comunque Carole ,quella donna che mi hai presentato all’incontro con i genitori. Oggi è venuta in officina ed io ho preso l’occasione al balzo e le ho chiesto di uscire. Ed indovina un po’? Ha accettato!”

Mio padre era entusiasta e felice, ed io non potevo che esserlo per lui. Anche se gli avevo presentato la mamma di Finn solo per avvicinarmi a quest’ultimo. Cosa che trovo terribilmente stupida ora che è passato un po’ di tempo.

“Fantastico papà! Scusa ma ora ti devo lasciare devo andare a studiare e cominciare a preparare la cena per stasera. E poi anche tu hai molto lavoro da fare, ci vediamo più tardi se non mi sono addormentato”

“Okay figliolo, a dopo”

“Ciao papà”

Finì così la mia conversazione con mio padre, ero davvero molto contento e orgoglioso di lui per aver invitato Carole ad uscire. dopo la morte della mamma non ha più avuto esperienze con l’altro sesso, e neanche le voleva avere. Era un grande passo per lui ed ero sicuro che si doveva sentire molto nervoso, e questa cosa mi divertiva.

Cenai, feci quei pochi compiti che avevo per il giorno dopo e mi misi sul divano a vedere la televisione.

Canale dopo canale trovai solamente qualche telenovela spagnola, che non capivo come abbiano fatto ad avere successo. Talent show, che di talentuoso i partecipanti avevano solamente l’orribile gusto in fatto di vestiti, e qualche vecchio film strappalacrime. Decisi che non era la giornata giusta per vedere un film del genere, quindi andai a dormire, mi coricai nel letto con il pensiero che era meglio non aspettare mio padre sveglio, così almeno quella sera non avrebbe notato il livido.

Appena chiusi gli occhi per cercare di addormentarmi due enormi occhi verdi mi vennero in mente. Capii subito a chi appartenevano quei fantastici occhi. A Sebastian, era assurdo pensare a lui visto che era stato semplicemente gentile a darmi del ghiaccio, ma non riuscivo a farne a meno.

Il pensiero del suo tocco sulla mia testa mentre cercava invano di consolarmi mi faceva venire uno strano calore nel petto. Era stato un gesto dolce e molto delicato, c’era tensione nel suo tocco come se pensasse che fosse qualcosa da non fare ma che alla fine era la cosa giusta da fare in quel momento.

Quella sera mi addormentai con il pensiero degli occhi di Sebastian nei miei, e non ci fu risveglio più dolce di quello del giorno dopo.

Ero stranamente di buon umore molto probabilmente il pensiero di Sebastian mi aveva aiutato, ma non dovevo pensarci visto che quasi sicuramente non ci saremmo più rivolti la parola.

Riesaminai il livido e notai con mio grande stupore e felicità che quella parte del viso non era più gonfia e che il livido si era decisamente rimpicciolito dalla sera prima.

Poteva essere facilmente coperto con un po’ di trucco.

Mi misi seduto davanti lo specchio e con il fondotinta e la cipria che di solito usavo per gli spettacoli del Glee club cominciai a coprirlo. Aggiungendo vari strati di quei prodotti il livido poteva sembrare davvero che me lo fossi procurato con una porta in faccia. Soddisfatto del mio lavoro scesi in cucina, dove trovai mio padre preparare pancakes con i mirtilli, i miei preferiti!

“Buongiorno papà!” dissi mentre respirai a pieni polmoni quel profumo così familiare e buono.

“Buongiorno Kurt, te l’avevi detto che mi sarei fatto perdonare quin-“ la sua frase si interruppe quando si voltò e vide il mio viso.

Io ero tranquillo, avevo una buona scusa.

Passai gran parte della mattinata prima di scuola a cercare di convincere mio padre che quel livido non era niente di che, non era molto convinto ma mi lasciò andare solamente perché stavo per fare tardi a scuola.

La giornata passò tranquillamente, qualcosa di davvero inusuale. Capii cosa stava succedendo solamente quando Santana mi disse che Karofsky stava male.

Adesso capivo lui non c’era quindi la sua banda non mi dava il tormento, ho passato il resto della giornata a sperare che la sua malattia durasse molto.

Dopo scuola decisi di andare al Lima Bean, questa volta non per rifugiarmi ma semplicemente speravo di rincontrare Sebastian.

Quando entrai nel locale, lo vidi seduto ad un tavolo e davanti a lui c’era un ragazzo con la stessa divisa della Dalton, era abbastanza alto, aveva occhi verdi ed un ciuffo castano chiaro.

Pensai subito che fosse una delle sue nuove conquiste, passai accanto al loro tavolo e feci un cenno a Sebastian, tanto per dire . Passando accanto al loro tavolo notai che l’altro ragazzo mi stava fissando in modo strano con un sorriso che incuteva terrore, davvero metteva ansia.

Notai che Sebastian aveva una sguardo corrucciato mentre lo guardava, sprizzava rabbia da tutti i pori, non riuscivo davvero a capire cosa stesse succedendo.

Mi misi al mio solito tavolo, cercando di non pensare alla scena che mi si era appena mostrata davanti, e mentre sfogliavo il libro di letteratura inglese. Sentii qualcuno sedersi davanti a me.

“Ehi Kurt! Vedo che il livido sta nettamente meglio” disse Sebastian con un sorriso.

Cavolo quel sorriso avrebbe potuto curare il cancro.

Smettila Kurt!

“Già grazie al trucco, non è davvero così”

“Oh, capisco. Quindi oggi com’è andata a scuola?”

“Tutto bene, Karofsky sta male, quindi non è venuto a scuola”

“Quindi anche quel tizio si ammala, beh meglio per te. Comunque ho pensato che potrei farti da bodyguard”

“Bodyguard?” 

“Si, bodyguard. Quando esci da scuola potrei venire a prenderti, ovviamente tu poi andrai con la tua macchina. Ma almeno ci sarò io e magari quei tizi non ti daranno fastidio”

Era la cosa più dolce che qualcuno avesse mai fatto per me ma anche la più stupida.

“Lo sai che Dave è tipo il doppio di te? Per non parlare del fatto che ha degli scagnozzi che stanno sempre con lui”

“Mica devo picchiarlo, sarò solo una figura. Per fargli capire che tu non sei da solo e poi non mi sottovalutare”

Mi tese una mano e con un sorriso mi disse “Abbiamo un accordo?”

Non sapevo cosa fare mi sono sempre detto che non volevo mettere le persone in pericolo per i miei problemi ed ora invece lo avrei fatto molto volentieri per avere Sebastian vicino.

“Si abbiamo un accordo”

Sei un egoista Kurt.
 


*Ciao a tutti! Eccomi qua, lo so che vi sono mancata, ecco il nuovo capitolo, come sempre spero vi piaccia. Ringrazio a tutti, chi ha messo la storia tra preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito ed anche a voi lettori muti, lo so che ci siete! In questo capitolo Sebastian si è visto poco ma nei prossimi avremo più interazioni tra i due ed anche più Hunter. Detto questo vi saluto ed alla prossima! Dì*

 

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Capitolo 4
*** Prince Charming ***


P.O.V. Kurt
Uscii da scuola e mi trovai Sebastian ad aspettarmi all’uscita, era appoggiato al muto con un piede alzato che sfiorava il muro e con una mano si stava sistemando il ciuffo che si era spettinato a causa del vento che quella giornata di ottobre aveva portato.

Ormai da una settimana dopo scuola mi ritrovavo questa scena davanti agli occhi. Dopo il nostro patto Sebastian non era mai mancato a venirmi a prendere e proprio come tutti i giorni lui era lì, bellissimo ed affascinante come sempre. La divisa della Dalton gli stava da dio, ma quando quelle poche volte, come oggi, si metteva abiti casual era ancora più bello. Indossava un semplice paio di jeans blu scuro, un paio di converse bianche ed una camicia a maniche lunghe blu. Non era niente di eccezionale come outfit, ma valorizzava la sua figura in una maniera divina. I jeans fasciavano la gamba in modo che si potesse vedere quanto erano fine e lunghe, la camicia era perfettamente adagiata sulla schiena che ad ogni minimo movimento si potevano vedere delle piccole righine formarsi nella parte del petto.

Non era normale che io notavo tutti questi dettagli in Sebastian, ormai avevo constatato che avevo preso una cotta bella e buona. Ma sinceramente non volevo farglielo sapere visto che molto probabilmente a lui faccio solamente pena ed è per questo che mi aiuta. E poi magari questa mia cotta era solamente dovuta al fatto che nessun ragazzo si fosse mai avvicinato così tanto a me. Tutti si tenevano a debita distanza per paura che potessi “contagiarli” e farli diventare gay come me o per paura che io li molestassi. Neanche andassi in giro a molestare le persone. E per non parlare del fatto che non conoscevo nessuno come me, mi sono sempre sentito come un pesce fuor d’acqua ed ora con Sebastian non era più così.

Mi incamminai verso di lui, avevo sempre paura che quella banda di gorilla potesse attaccarmi anche con la presenza di Sebastian, o ancora peggio che potessero attaccare lui. Quindi ogni giorno mi sbrigavo a fare quel piccolo tragitto. Stranamente in nessuno di quei giorni si sono fatti vedere. Era stata una settimana piuttosto tranquilla ed ovviamente Sebastian pensava che questo fosse dovuto alla sua partecipazione.

“Ciao” dissi, mentre lui stava giocherellando con le chiavi della sua auto.

Vedendomi fece una grande sorriso che mi tolse il fiato per un nanosecondo.

“Ciao bellezza, com’è andata oggi a scuola?”

Odiavo quando mi chiamava bellezza non so se lo usava con tono dispregiativo o no, ma per me era senz’altro dispregiativo.

“Niente di che, tutto bene. Una solita noiosa giornata al Mckinley, e non chiamarmi bellezza mi da fastidio”

Sentendo quell’ultima frase Sebastian si girò stupito.

“Non ti piace? Non sei la prima persona che chiamo così, tutti gli altri non si sono lamentati”

“Con altri intendi le svariate storie che hai con dei ragazzi che sono una scopata e via?”

Ero sarcastico, ma mi interessava davvero la risposta di Sebastian.

“Beh diciamo di si, non sono un tipo da relazioni serie. Non fanno per me, le trovo stupide e senza senso”

“Io invece trovo stupido e senza senso il tuo commento”

“Oh non venirmi a dire che sei uno di quei tipi che aspetta il principe azzurro su un cavallo bianco!?”

Fece unna specie di faccia schifata guardandomi.

Quei maledetti occhi verdi. Smettila Kurt ti sta praticamente insultano, non pensare ai suoi occhi.

“Perché no? Sognare non costa nulla, e poi sono sicuro che là fuori c’è il mio principe azzurro pronto ad aspettarmi”

“Convinto tu”

Detto questo stava aprendo la macchina quando mi disse:

“Oggi non posso venire con te al Bean, devo incontrare un amico. Ti dispiace?”

“No no vai, è già tanto che mi vieni a prendere a scuola” sorrisi.

“Perfetto allora ci vediamo domani, sbrigati ad entrare in macchina” lo sentii accelerare e se ne andò lasciando una scia di fumo dietro si sé. Quella macchina aveva decisamente bisogno di una sistemata.

Lo guardavo andare via e nel mentre pensavo che molto probabilmente stava andando ad uno dei suoi appuntamenti. Mi sentivo un po’ triste, ma tanto lo sapevo che

Sebastian non sarebbe mai stato mio e che quella magia creatasi questa settimana sarebbe svanita tra poco lasciando dietro di sé solamente rimpianti ed un cuore infranto.

Con aria depressa mi avviai verso la mia macchina, non vedevo l’ora che quella giornata terminasse.


P.O.V. Sebastian

Mi era dispiaciuto lasciare Kurt da solo ma dovevo incontrare assolutamente Hunter, durante tutto il tragitto verso casa di Hunter pensai alla storia del principe azzurro.

Non potevi crederci che Kurt creda davvero in queste storie, ormai è constatato che il principe azzurro non esiste ed un po’ mi dispiaceva per lui, la vita gli avrebbe sicuramente spezzato il cuore riguardo questo argomento.

Tenevo a Kurt ed ogni giorno che passavo con lui mi rendeva sempre più felice. Continuavo le mie varie uscite con ragazzi appena incontrati, un po’ perché mi divertivo un po’ perché avevo il mio patto con Hunter.  E poi io sono sempre stato uno spirito libero, di certo non smetterò di esserlo solamente perché negli ultimi giorni ho un paio di occhi azzurri come il cielo che mi tormentano la testa.

E poi anche se volessi io non sono il tipo di Kurt, non potrei mai essere il suo principe azzurro.

Arrivai a casa di Hunter con questo pensiero in testa.

Suonai il campanello e mi venne ad aprire il maggiordomo di casa Clarington, chiesi di poter vedere Hunter e mi accompagnò nella sua camera.

Neanche il tempo di bussare che un ragazzo in lacrime uscì da quella stanza, ora che ci pensavo era lo stesso che avevo sedotto una settimana prima e che poi avevo mollato proprio per farlo finire con Hunter.

Questo ragazzo biondo del quale non ricordo neanche il nome si voltò a guardarmi e con una smorfia di disprezzo se ne andò scendendo le scale.

“Cosa hai fatto a quel povero ragazzo?” chiesi mentre varcavo la porta.

“Oh niente di che la solita storia, vengono correndo da me dopo che tu gli hai spezzato il cuore e poi faccio la stessa cosa io solamente per divertirmi”

Per ragazzo mi faceva seriamente paura, si divertiva con la tristezza della altre persone, era una cosa che mi disgustava, ma mi servivano i suoi soldi.

Avevamo cominciato quel patto l’anno prima, quando Hunter si era trasferito alla Dalton. Notando quanti ragazzi riuscivo a portarmi a letto mi ha “ingaggiato” per aiutarlo.

Noi le chiamavamo scommesse, ma non lo erano affatto, Hunter sceglieva un ragazzo che gli piaceva e li cominciava il mio lavoro. La prima volta che mi propose questa cosa ero riluttante perché io corteggiavo i ragazzi solamente per divertimento personale, per quale motivo dovevo farlo per far divertire qualcun altro? Ma quando cominciai a necessitare di una grande somma di denaro che qualsiasi lavoro avessi trovato alla mia età non mi avrebbe potuto dare, decisi di accettare.

“Quindi, dove sono i miei soldi?”

“Tieni” mi lanciò una busta con il mio “stipendio”.

“Allora come va con quel ragazzino che abbiamo incontrato al Lima Bean mentre piangeva?”

Argomento Kurt, odiavo parlare di Kurt davanti a lui. Non se lo meritava e non se lo sarebbe meritato mai.

“Non è un ragazzino, e poi niente. Non gli piaccio, quindi non so come farlo arrivare da te. Mi dispiace”

“Sei un bugiardo, ho visto come lo guardi e come lui guarda te. Diciamo che non vuoi condividerlo con il tuo migliore amico”

Migliore amico? Pft, ma per piacere.

“Non è questo, semplicemente lui non è interessato”

Mi si avvicino e cominciò a parlarmi all’orecchio:

“Fai come vuoi, lo so che mi stai mentendo. E se proprio non vuoi prestarmelo vorrà dire che me lo prenderò da solo. Sai ha davvero un culo da urlo”

Sentii le tempie pulsare dalla rabbia, Kurt con lui? Non sarebbe successo mai, ed io non lo avrei permesso. E poi come si permetteva di fare commenti sul mio Kurt!? Si mio perché fino a quando sarò io a proteggerlo è mio.

“Se ne sei sicuro buona fortuna, a quanto pare io non ti servo più qui” dissi andandomene, non potevo restare un minuto di più in quella casa. Altrimenti avrei preso a pugni Hunter.
 
 
*Ciao a tutti! Si sono viva, scusate ma a quanto avrete capito non sono una persona puntuale con gli aggiornamenti e quindi se volete continuare a leggere le mie storie purtroppo dovete prendermi così. Mi odio per questo, e come ogni volta mi scuso per quelle persone che stanno seguendo la storia. Pensate che quella sebtana non l’aggiorno da marzo, mi staranno dicendo miriadi di parolacce. Comunque cominciamo i ringraziamenti: a chi recensisce ed a chi mette questa ff tra le preferite/ricordate/seguite, state diventando in tanti, e questo mi rende felicissima. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e come promesso più Hunter! Penso di farlo diventare un personaggio piuttosto viscido non penso vi piacerà. Detto questo vi saluto ed aspetto recensioni! Alla prossima! Dì*
 

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Capitolo 5
*** A Step Into The Past ***


P.O.V Sebastian

Dopo quella lunga giornata era ormai giunta l’ora di rientrare a casa, prima di girare per salire le scale trovai la signora Stewart seduta dietro la sua piccola scrivania piena di scartoffie. Era una specie di guardiana del palazzo ed era la persona che retribuiva le tasse. Alzò lo sguardo dagli occhiali da lettura e mi fece un grande sorriso:

“Ehilà ragazzino, come sta tua madre?” conoscevo quella signora da poco più di un anno ma era subito diventata molto confidenziale nei miei confronti e si era sempre preoccupata della salute di mia madre.

“Tutto bene Beth, oggi non sono potuto andare a trovarla ma ho sentito le infermiere  per telefono e mi hanno assicurato che la situazione è stabile e che mia madre è tranquilla.”

“Sono contenta, un giorno di questi penso che andrò a trovarla”

Le feci un segno di consenso e cortesia e cominciai a salire le scale, ero troppo stanco per continuare quella conversazione.

Frugai nella borsa in cerca delle chiavi e dopo svariato tempo a cercare le trovai, aprii la porta con calma ed entrai.

Quell’appartamento era lontanamente somigliante agli ambienti in cui ero abituato a vivere.

Era minuscolo, si potevano vedere ai lati del muro delle stanze delle macchie di muffa che aumentavano appena pioveva. Entrando la prima stanza che trovavi era quella dove è situato il mio letto matrimoniale ed accanto a quest’ultimo un piccolo comodino con sopra una lampada ed un armadio. Alla destra di questi oggetti c’era una piccola cucina. Infine sulla sinistra un’altra stanza dove era situato il bagno, dotato di una doccia mal funzionante.

Non era il massimo come abitazione ma ormai mi ero abituato a viverci.  Era un anno che abitavo lì da quando fui costretto a rinchiudere mia madre in una clinica per malati di Alzheimer.

Mia madre e mio padre si conobbero al college dove entrambi frequentavano il corso di letteratura inglese.

Mio padre un ragazzo ricco di origine inglese, invece mia madre una semplice ragazza francese che era entrata in quel college grazie ad una borsa di studio.

Non so esattamente in che modo la loro storia fosse iniziata o come i due si fossero innamorati l’uno dell’altra, ma una cosa la sapevo, si amavano follemente.

Ebbero solo me come figlio e tutto filava liscio considerando che vivevamo in una delle svariate ville della famiglia Smythe, mia madre non era mai andata a genio alla famiglia di mio padre, ma per non far allontanare il figlio i miei nonni cercarono di accettarla. A dire la verità neanche io gli andavo a genio molto probabilmente a causa di mia madre, mi trattavano diversamente dagli altri nipoti, ma a me non importava avevo sempre accanto a me i miei genitori.

Io ero il solito ragazzo viziato che non pensava ad altro che a divertirsi a cui i problemi della vita non passavano neanche per la mente. Fino a quando non scoprimmo che mia madre stava cominciando a soffrire di Alzheimer  naturalmente la notizia ci sconvolse ma mio padre riuscì  a tenerla sotto osservazione portando infermieri e medici nella nostra casa. La situazione non era grave al massimo lei si scordava di averci detto qualcosa o di aver fatto qualcosa, i primi sintomi della malattia.

Fino a quando una sera io e mia madre scoprimmo che mio padre era morto a causa di un incidente stradale a cui era stato coinvolto mentre tornava da una visita ai miei nonni.

Inutile dire che questo evento ha peggiorato la condizione fisica e psichica di mia madre ed ovviamente i miei nonni non hanno voluto a loro carico un adolescente ed una malata che andava sempre peggiorando, quindi insieme ci siamo trasferiti in quest’appartamento.

Dopo qualche mese decisi di far entrare mia madre in una clinica adatta al suo caso, la situazione era invivibile ed io non riuscivo a starle dietro tra la scuola e tutto.

Frequentavo la Dalton, per fortuna mio padre aveva già provveduto a tutte le spese per studiare in quel posto, altrimenti avrei dovuto lasciare anche quella scuola.

Lì conobbi Hunter e da lì cominciarono le nostre scommesse che mi fruttavano un ottimo guadagno per me e mia madre.

Ma ora che ero deciso a lasciarmi alle spalle tutta questa storia dovevo decisamente trovare un lavoro.

Decisi di andarmi a fare una doccia per scaricare la tensione, ripensare a fatti passati mi alterava sempre.

Sotto il getto di acqua calda cominciai a pensare a Kurt a come anche dopo tutto quello che passa pensa davvero nell’esistenza del principe azzurro ed a come è così speranzoso riguardo il futuro.

Mi sarebbe piaciuto essere di più come lui, io sono sempre stato il tipo di ragazzo da una botta e via sicuro che l’amore è solamente una stupida storia da film o da cartone Disney.

Sempre stato pessimista riguardo il futuro, e vedere quel ragazzo così sorridente, che nonostante tutto continua ad andare avanti mi fa stare bene e mi fa venire voglia di proteggerlo.

Questi miei pensieri si interruppero quando sentii bussare alla porta. Mi misi di fretta un asciugamano intorno alla vita e mi avviai verso la porta.
I tonfi si facevano sempre più forti.

“Ehi con calma!” sbraitai mentre aprivo la porta.

Davanti a me trovai Kurt con il viso paonazzo di lacrime ed uno sguardo vuoto.

In un battito di ciglia me lo ritrovai attaccato al busto, era successo tutto così velocemente che ero perplesso solo dopo pochi secondi ricambia l’abbraccio quando sentii gli svariati singhiozzi di Kurt.

Non sapevo cosa fosse successo ma l’unica cosa che riuscii a fare fu quella di accarezzargli la schiena, fu un gesto spontaneo.

Poi con la mano libera chiusi la porta.
 
*Salve popolo di efp *si ripara con una pentola* scusate per l’enorme ritardo, davvero sono dispiaciuta.  Ormai vi sarete anche stufati di sentirmi sempre dire le stesse cose quindi vado al dunque. Questo capitolo non serve molto per lo scorrere della storia ma mi sentivo di farvi conoscere un po’ di più la storia di Sebastian perciò ecco qui. È anche più corto degli altri, vi richiedo scusa. Quindi niente spero vi sia piaciuto, ringrazio tutte le persone che continuano a seguire questa storia ed a recensirla. E spero che continuate anche in futuro, vi auguro buone vacanze ed alla prossima! Dì*

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Capitolo 6
*** Shower ***


P.O.V. Sebastian

Avevo Kurt completamente accovacciato a me ed i singhiozzi continuavano a farsi sempre più forti, non sono mai stato una persona capace di consolare quindi in quel momento ero in crisi. Non sapevo proprio cosa fare, ero preoccupato per lui, non sapevo cosa era successo ma non me la sentivo di cominciare a fare domande volevo prima farlo calmare.

Decisi di accarezzargli la schiena lentamente, ma la situazione non migliorava.

Kurt continuava a piangere, potevo sentire chiaramente le sue lacrime scendere sul il mio petto, lui non migliorava e neanche la mia situazione sotto l’asciugamano.

Quel ragazzino era completamente attaccato al mio corpo e non ne rimasi indifferente.

Cercai di rimuovere quei pensieri e cominciai ad accarezzare i capelli del biondo.

“Ehi Kurt, calmati ora ci sono io”

Mentre dissi questo continuai a coccolarlo.

“Dai vieni ci mettiamo seduti sul letto”

Detto questo Kurt alzò lo sguardo, ed io rimasi colpito da quanto distrutti sembravano quegli occhi in quella sera gelida, erano gonfi e rossi e sembravano cercare aiuto.

Mi annuì e senza staccarci l’uno dall’altro ci avvicinammo al letto, lo feci sedere e feci la stessa cosa io.

In quel momento si staccò da me e continuò a piangere guardandosi le mani.

“Vuoi dirmi cosa è successo?”

Alzò lo sguardo ed arrossì: “Preferirei farlo quando ti sei vestito”

“Ooh” guardai lui e poi guardai in basso, per un attimo mi ero scordato di avere solo un asciugamano addosso.

“Si scusa, mi vesto e torno subito. Fai come fossi a casa tua”

Andai di corsa in bagno ma prima presi un paio di boxer, una semplice maglietta a mezze maniche ed un pantalone della tuta.

Mi vestii in fretta e quando tornai in camera trovai Kurt nella stessa posizione di prima.

“Emh allora eccomi qui, se vuoi parlarne” dissi sorridendogli.

Mi ricambiò il sorriso e cominciò a parlare con lo sguardo sempre rivolto per terra.

“Oggi quando te ne sei andato, mi stavo dirigendo verso la macchina quando uno degli amici di Karofsky, non mi ricordo neanche il nome, mi ha attaccato e mi ha portato dietro scuola…”

Cominciò a tremare lo si poteva notare dalle spalle quindi decisi di mettermi più vicino per fargli capire che io ero lì per lui e cominciai a passargli la mano sulla schiena per cercare di calmarlo e rilassarlo,

“Lì mi buttò a terra e salì sopra di me, tirò fuori un coltellino dalla tasca della giacca e continuava a ripetermi che se mi avesse tolto di torno Karofsky non avrebbe avuto più problemi e stessa cosa la sua banda”

A sentire il racconto di quegli avvenimenti potevo sentirmi la rabbia bruciare nel petto, come ha potuto quel tizio minacciare così Kurt? Lo consideravano realmente un problema? Solamente per la sua omosessualità?

La voce di Kurt interruppe i miei pensieri, stava continuando a raccontare.

“Ero terrorizzato continuava a passarmi il coltello sul viso ed a dire cose senza senso, mi ha anche tagliato un po’ il collo”

Alzò la mano e si indicò la parte destra del collo, non me n’ero accorto ma sotto la sottile sciarpa c’era un taglio non molto profondo ma che non sembrava in ottime condizione e che a causa del sangue aveva sporcato gran parte della sciarpa.

Come avevo fatto a non accorgermene?

“Kurt aspetta prima di continuare a raccontarmi dobbiamo disinfettare quel taglio”

Annuì e lo condussi nel bagno, dove presi del disinfettante, lui cerco di prendermi il pezzetto di ovatta impregnato di quel liquido ma lo respinsi dicendogli che ci avrei pensato io.

“Altre cose che ti ha dato tua madre?” mi chiese.

“Mia madre?”

“Si non mi avevi detto che faceva l’infermiera e che era fissata con la sicurezza, per questo hai una valigetta del pronto soccorso in auto?”

Ah era vero gli avevo mentito, che ce l’aveva messa mia madre era vero ma lei di certo non era un’infermiera. Non so per quale motivo ma prima di andare in clinica mi supplicò di tenere quella valigetta in macchina, in qualche modo si ricordava che mi voleva bene e che ha sempre cercato di proteggermi anche se non si ricordava che io fossi il figlio. E vedere quella valigetta in macchina ogni volta mi faceva sentire amato, una sensazione che non provavo da tanto.

“Ah si, comunque no non lo ha messo lei qui. Non mi hai finito di raccontare com’è andata”

“Niente poi è venuto Karofsky e dopo aver capito cosa stava succedendo cacciò il suo amico e se ne andò anche lui lasciandomi lì” finì la frase tirando su con il naso.

Si era calmato sicuramente raccontare tutto l’ha aiutato, io invece non ero stato per niente d’aiuto ma non sapevo davvero cosa fare.

“Ehi ragazzino se vuoi puoi farti una doccia oppure vuoi mangiare qualcosa?”

“Penso che andrò a farmi una doccia”

“Perfetto, se aspetti un attimo ti vado a prendere degli asciugami e dei vestiti puliti i tuoi sono sporchi di fango”

“Grazie Bas” lo sentii sussurrare.

“E di che” gli risposi sorridendo.

“Davvero grazie mi hai ascoltato ed ora mi stai prestando i tuoi vestiti e…”

Non lo feci finire di parlare:
“Davvero non è niente, anzi non sono una brava persona a consolare e sono felice che tu stia meglio. E penso che se ripeti grazie di nuovo potrei prenderti a pugni”

Kurt rise. Dio la sua risata era la cosa più bella del mondo.

SEBASTIAN NO!

Aveva una risata normalissima.
 
P.O.V KURT

Ero davvero grato a Sebastian  per avermi accolto ed ascoltato.

Avevo passato molto tempo con lui ed avevo capito che non era quel genere di persona che ti tratta bene o ti fa complimenti solo per essere gentile. Era una persona sfacciata e molte volte stronza, ma quando voleva sapeva essere sincero e dolce o almeno questo è quello che aveva mostrato a me. Mi aveva aiutato moltissimo, più di qualsiasi altra persona che conosco e che frequento.

Però non mi sentivo per niente a mio agio a lavarmi nel suo bagno, sapendo che lui era nell’altra camera.

La porta del bagno non aveva la chiave e quindi sarebbe potuto entrare quando voleva, sapevo che non lo avrebbe mai fatto almeno a me. Ma si stava parlando di Sebastian quindi non si poteva mai sapere.

Il bagno era davvero piccolo e molto disordinato. Mi chiedevo come mai fosse da solo di sera, magari la madre faceva il turno all’ospedale.

Vicino al lavandino c’era un flacone di schiuma da barba ed accanto a quest’ultimo un piccolo flaconcino di dopo-barba. Niente creme o roba del genere, niente che facesse pensare alla presenza di una donna in quel piccolo appartamento.

Cominciai a spogliarmi quando sentii Sebastian bussare, mi prese il panico e cominciai subito a rivestirmi pensando che lui stesse per entrare quando lo sentii parlare da dietro la porta.

“Kurt cosa vorresti per cena? Stavo pensando di ordinare qualcosa visto che non ho niente in casa. Pizza? Giapponese? Cinese? Aiutami non so davvero cosa prendere”

“Una pizza andrà bene, grazie” risposi mentre ricomincia a spogliarmi ed a pensare quanto fossi stupido a pensare che Sebastian sarebbe entrato nel bagno.

“Perfetto, attento che dalla doccia escono scarafaggi qualche volta”

“COSAAA!?” mi uscì un urletto sentendo quello che Sebastian mi stava dicendo riguardo la doccia.

Sentii una risata soffocata provenire dalla stanza accanto a quella dove mi trovavo io.

“Ahahaha dai stavo scherzando, ti pare che escano scarafaggi dalla doccia? Dio Kurt quanto sei credulone”

“Non sei affatto divertente!” sbuffai mentre aprivo l’acqua della doccia ed aspettavo che diventasse calda.

“Dai rilassati, ti sei più traumatizzato al fatto degli scarafaggi che del bagno senza chiave. Potrei entrare da un momento all’altro mentre tu sei tutto nudo sotto la doccia”

Quello stronzo si stava prendendo gioco di me, ma non riuscii a ribattere visto che ero diventato tutto rosso e la colpa non era dell’acqua calda della doccia.

“Dai stavo scherzando, io starò buono buono qui ad aspettarti”

Si quello stronzo si stava decisamente prendendo gioco di me.
 
 
*Salve popolo di efp! I’m back! Molti risponderanno “ma chi se ne frega” ma sono sicura che alcuni saranno contenti dell’arrivo del nuovo capitolo, ho pronto questo capitolo da quando ho pubblicato l’ultimo capitolo “A Step Into The Past” ma non ero molto sicura di come lo avevo scritto quindi mi sono presa un po’ di tempo per ricontrollarlo. Spero vi piaccia, come sempre ringrazio tutte le perone che recensiscono, aggiungono nei preferiti/seguite/ricordate. Aspetto vostri commenti buoni e cattivi. Detto questo vi saluto e ci vediamo alla prossima! Dì*

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Capitolo 7
*** Drawings ***


P.O.V. Sebastian
Avevo appena chiamato la pizzeria ed  avevo ordinato la cena quando mi resi conto che avevo fatto tutto io, Kurt non mi aveva detto che avrebbe cenato con me, o che gli sarebbe piaciuto farlo. Neanche aveva accennato di voler rimanere dopo essersi fatto la doccia.

Era strano, non avevo mai mangiato con un ragazzo, di solito dopo averlo fatto sparivano o al massimo mi lasciavano il numero che io ogni volta facevo finire nella spazzatura.

Ovviamente la situazione con Kurt era diversa ma non so cosa mi sia passato nel cervello quando gli avevo chiesto cosa preferiva per cena, magari lui era intenzionato ad andarsene, ed io avevo complicato le cose. Di una cosa ero felice, ero riuscito a sollevargli il morale almeno un minimo.

Una cosa che adoravo di Kurt era come reagiva alle mie battute, non rispondeva o quando lo faceva era troppo imbarazzato per risultare credibile. Era adorabile, si lo pensavo ma cercavo di eliminare quel pensiero dalla testa.

Stavo sistemando un po’ la camera, non c’era molto disordine ma se dovevamo mangiare dovevo decisamente togliere tutti i cd e libri che si trovavano sul tavolo della cucina. Di solito mangiavo sul letto oppure fuori casa, quindi era da un po’ di tempo che il tavolo era diventato un porta oggetti: avevo diversi cd, libri sia di scuola che di lettura per piacere personale e qualche disegno che mi divertivo a fare quando non avevo niente da fare.

Stavo mettendo in ordine tutti i disegni quando sentii la porta del bagno aprirsi e ne uscì del vapore ed un Kurt con la faccia completamente arrossata per via della doccia.

Indossava i miei vestiti quindi gli stavano grandi, soprattutto la maglia. Aveva ancora i capelli bagnati ed un piccolo ciuffo gli ricadeva sulla fronte.

“Okay, con questi vestiti sono ridicolo” disse mentre alzava le braccia per farmi vedere quanto grande gli stava la maglia.

“Ne ho viste di cose ridicole e tu non sei una di queste” Dissi mentre gli toglievo il piccolo ciuffo ribelle dalla fronte e lo facevo ricadere indietro insieme agli altri capelli.

“E poi non ti sta grandissima, e per consolarti quella maglia sta grande anche a me”

Si guardò allo specchio che c’era al bagno e ripetè la frase “Sono ridicolo”

“Ti senti meglio?” gli chiesi mentre lo fissavo.

“Si molto meglio, grazie”

“Sei sicuro?”                                   

“Si, tranquillo. Cosa hai in mano?”

Mi ero completamente scordato di avere ancora in mano i miei disegni.

“Oh, niente”

Stavo per andare a metterli a posto o meglio nasconderli quando Kurt me li tolse dalle mani.

“Ehi, ragazzino. Dai qua”

Comincia a cercare di prendergli i fogli dalle mani senza avere nessun risultato. Nessuno sapeva che io disegnassi all’infuori di mia madre e mi andava bene così, invece ora.


“Li hai fatti tu?” chiese Kurt sorpreso. “Sono bellissimi”

“Si li ho fatti io e tu non dovresti vederli” dissi mentre mi passavo la mano sul collo, era un gesto che facevo sempre quando ero nervoso.

“E perché no? Sono ben fatti, mi piace molto questo paesaggio. Non sapevo disegnassi e sinceramente non sembri il tipo”

“Lo prendo come un insulto, per favore ora ridammeli” continuavo a cercare di riprenderli ma lui con un’agilità quasi felina mi sfuggiva.

“Dai che c’è di male se li guard-oh” si fermo e smise di parlare mentre aveva un disegno in mano.

Dannazione l’aveva visto.

“Ma questo sono io” Disse mentre mi mostrava il disegno.

Dio perché sono stato così stupido da farmi prendere i disegni.

“Ecco non so come spiegare…”

“Non ti preoccupare non c’è niente di male, alla fine è solo un disegno” Kurt non voleva darlo a notare ma il suo viso si era leggermente arrossato si poteva vedere insieme alle piccole lentiggini che ricoprivano le guancie del moro.

“No davvero devo dire qualcosa, la situazione è davvero imbarazzante e strana ora come ora”

Kurt mi guardò dritto negli occhi e pensai che se avesse continuato a farlo non sarei più riuscito a parlargli.

“Emh sai, io disegno cose che vedo, che siano paesaggi, animali o persone. E che trovo interessanti o belle. Quando ho fatto quel disegno ancora non ti avevo mai parlato e sai ti vedevo sempre e mi sono chiesto come sarebbe stato disegnarti”

“Ripeto non mi dovevi spiegare niente e devo dire che questo disegno ti è venuto davvero bene. Meglio che l’originale” disse quella frase indicandosi.

Non credo proprio.

Ovviamente questo non lo dissi.

Per fortuna poco dopo arrivò il fattorino della pizza che mi salvò da quella situazione imbarazzante che mi ero creato da sola. Stavo diventando un rammollito e tutto questo grazie a Kurt Hummel, se ora il caro vecchio Sebastian potesse vedermi penso che mi prenderebbe a pugni e mi manderebbe ad ubriacarmi in qualche gay bar.

Pagai la pizza e la misi sul tavolo.

“Senti Sebastian ora non ho soldi, la prossima volta che ci vediamo  te li porto”

“Non ti preoccupare, questa volta offro io” gli risposi.

Anche se non ero nella condizione migliore per spendere soldi in pizza ma per Kurt questo ed altro.

Dove diavolo è finito il vecchio me!?

Mentre stavamo mangiando Kurt ricevette una telefonata, non riuscii a capire né chi fosse e neanche di cosa stessero parlando visto che Kurt si affacciò alla finestra mentre parlava al cellulare.

“Okay ciao, ti voglio bene anch’io”

Questa fu l’ultima frase di Kurt al cellulare dopo aver riagganciato torno al tavolo insieme a me.

“Tutto okay?” chiesi facendo finta che in realtà non mi importasse quando invece mi importava eccome.

“Si si, era solamente mio padre. Mi ha avvisato che questa notte non tornerà a casa visto che passerà la notte in officina, sai gli capita spesso di avere del lavoro extra e che per finirlo in tempo debba rimanere lì” disse afferrando un’altra fetta di pizza e mordendola.

“Ah capisco” mi stava venendo in mente di chiedergli se voleva restare a dormire da me. Ma mi sembrava una mossa azzardata, Kurt non era quel tipo di ragazzo, anche se ovviamente io non avevo altre cose in mente oltre il dormire. Ma avevo paura di innervosirlo o di farlo distaccare da me con quella semplice frase. Non era la prima volta che volevo chiedere a qualcuno di restare con me, ma le altre volte era solo per “lavoro” o per divertimento personale e poi si trattava solamente di sesso.

Quando sorpreso sentii Kurt parlare: “Senti, lo so che ti sembrerà una richiesta strana e magari tu mi risponderai negativamente, ma ti dispiacerebbe se io restassi a dormire qui? Sempre che tu non abbia ospiti o cose del genere” avevo capito a cosa si stava riferendo con “ospiti”.

“Sai non mi dispiace stare a casa da solo quando mio padre deve lavorare, ma oggi è stata una giornata davvero pesante e non ho tanta voglia di stare da solo” detto questo abbassò gli occhi e si mise a giocherellare con il braccialetto di cuoio che portava al braccio destro.

Non posso credere che me lo aveva davvero chiesto. Tre secondi fa ero io quello preoccupato perché volevo chiedergli la stessa cosa ed adesso era lui che aveva fat
to il primo passo.

“Certo che puoi rimanere” dopo aver sentito questa frase il viso di Kurt si illuminò e sembrava più disteso come se gli avessi tolto un masso dal petto.

“Abbiamo solo un piccolo problema” dissi.

“Cioè?” mi chiese lui con gli occhi curiosi come quelli di un bambino.

“Abbiamo un solo letto”

“Ah” disse Kurt girandosi verso il letto ed osservandolo. Molto probabilmente non ci aveva neanche pensato a quel piccolo imprevisto.

“È matrimoniale, quindi se non ci sono problemi possiamo dormirci insieme”

Ero sicuro che Kurt sarebbe scappato dopo quella proposta. Invece si limitò ad un semplice si.

“Okay, emh finiamo di mangiare e poi possiamo prepararci per dormire”

“Perfetto” mi disse sorridendo.

Non sarei sopravvissuto a quella notte, ne ero completamente sicuro.

E menomale che mi stavo preoccupando dell'invito a cena.
 


*Ciao popolo di EFP! Vi saluto con un nuovo capitolo, ho aggiornato anche la sebtana se vi interessa. Non ho molto da dire, quindi ringrazio tutte le persone che recensiscono, quelle che mettono la storia nelle preferite/ricordate/seguite e come sempre vi chiedo di commentare, non tanto per le recensioni ma come autrice è bello condividere con le persone che leggono ed apprezzano questa storia le proprio opinioni. Ovviamente si accettano critiche e complimenti. Anche qui vi auguro delle buone vacanze ed un buon Ferragosto in anticipo, visto che molto probabilmente, anzi sicuramente non posterò prima di quel giorno. Vi mando un bacio. A presto.

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Capitolo 8
*** First Kiss ***


P.O.V Kurt

Sono uno stupido! Cosa diavolo mi era passato per la testa? Tranquillo Kurt vai a chiedere a qualsiasi ragazzo che ti passi vicino di dormire insieme. Che grandissimo idiota, chissà che idee si era fatto Sebastian. Ed anche se aveva idee diverse dal dormire per me andava benissimo.
KURT ELIZABETH HUMMEL! Cosa ti passa per la testa? E pensare che sognavi di perdere la tua verginità con Taylor Lautner in un campo di lillà.

Ma tanto questi erano solamente miei pensieri e sicuramente Sebastian non mi vedeva in quel modo.

E diciamo che lui ha solamente l’aspetto del principe azzurro anche se si era comportato bene con me.

Sebastian era sparito da un po’ era entrato in bagno per farsi la barba visto che aveva finito di mangiare prima di me, mi aveva detto che saremmo andati subito a dormire visto che il giorno dopo avrebbe avuto una giornata pienissima.

Ne approfittai di questo momento da solo per perlustrare quel piccolo monolocale, si poteva perfettamente vedere che era abitato da un adolescente a causa della confusione e della miriade di libri scolastici che quel piccolo luogo conteneva.  Non sembrava esserci presenza di una donna. Chissà se la madre viveva con lui.

In alto sopra al letto notai una piccola mensola con diverse foto, molte raffiguravano questo piccolo bambino con due grandi incisivi, poteva sembrare un cucciolo di coniglio, non che la cosa fosse cambiata negli anni. Insieme a lui c’era una bellissima donna, era alta, bionda e con dei lineamenti molto delicati ma allo stesso tempo bellissimi. In altre foto insieme alla donna, probabilmente la madre di Sebastian, ed al piccolo Smythe c’era un uomo di alta statura, molto bello anche lui con lineamenti forti e profondi occhi verdi, sicuramente il padre, Sebastian aveva gli stessi occhi.

Pensandoci Seb non ha mai parlato del padre, chissà perché. Ma quelle non erano cose che mi riguardavano.

Vedendo le foto dei genitori capii dove Sebastian aveva preso tutta quella bellezza. Sembravano una famiglia felice lo si poteva vedere dal sorriso a trentadue denti che aveva il piccolo Seb e da come gli occhi gli brillavano già solamente a vedere la madre.

Stavo ancora osservando la foto quando Sebastian uscì dal bagno con lo spazzolino in bocca.

Cerco di dirmi qualcosa ma ovviamente io non lo capii a causa dello spazzolino e del dentifricio.

“Non ti ho capito” gli risposi ridacchiando.

Fece uno sguardo come per dire “Giusto” e rientrò nel bagno.

Quando ne riuscì si stava asciugando il volto.

“Ho detto che ho uno spazzolino nuovo te l’ho messo sul lavandino”

“Oh, grazie”

Detto questo mi intrufolai nel suo bagno per lavarmi i denti.

P.O.V Sebastian

Mentre Kurt si stava lavando i denti decisi di infilarmi nel letto. Non ce la facevo più, ero stanchissimo. Potevo cadere nel sonno da un momento all’altro.

Avevo la faccia schiacciata nel cuscino per non cercare di pensare che avrei dormito con Kurt ma non servì a niente.

Mentre cercavo di non pensare a lui sentii il letto abbassarsi ed un peso sdraiarsi vicino a me.

“Tutto bene?”

Mi chiese Kurt con tono allarmato.

Alzai la testa dal cuscino e lo osservai con un solo occhio, visto che l’altro era coperto da un ciuffo di capelli ribelle.

“Si si, sono solamente stanco”

“Okay. Senti io non so tu a che ora ti alzi, io ho messo la sveglia visto che domani voglio passare a prendere un cambio di abiti pulito prima di andare a scuola”

“Non preoccuparti la tua sveglia non mi disturberà, sento a malapena la mia”

“Perfetto, allora buona notte”

“Notte Kurt”

Continuavo a sentire la sua presenza accanto a me ed era una sensazione strana. La notte mi sentivo sempre solo e in quel momento sentirlo accanto era una delle sensazioni più belle.

Stavamo schiena a schiena ed io riuscivo a sentire il calore che il suo corpo emanava. Avrei pagato oro per poterlo toccare, abbracciare, baciare. Ma quel tesoro era troppo prezioso per un tipo come me.

Scacciando questi pensieri cercai di dormire ascoltando il respiro di Kurt come una flebile ninna nanna.

*tre ore dopo*

Mi sveglia di soprassalto perché avevo sentito Kurt urlare.

Mi girai verso la sua parte di letto e lo trovai rannicchiato con le braccia che circondavano le ginocchia, vederlo così mi spezzò il cuore.

“Kurt cosa succede?” gli sussurrai passandogli una mano sulla schiena, a quel tocco lui si irrigidì facendomi pentire di aver fatto quel gesto.

“Niente, solo un incubo. Non ti preoccupare torna a dormire, domani devi fare tante cose”

“Kurt si che mi preoccupo stai tremando”

Non mi rispose.

Continuava a stare in quella posizione fetale e quindi decisi di avvicinarmi a lui e ci cingerlo da dietro.

“Ti prego non allontanarmi. Sto solo cercando di rassicurarti e di farti capire che non sei da solo e che ogni tanto chiedere aiuto fa solo bene e che non è da persone deboli”

P.O.V Kurt

Ti prego non allontanarmi

Quella frase era stata espressa con voce supplicante che anch’io me ne sorpresi.

Non volevo raccontare a Sebastian quello che avevo sognato ma quel suo semplice abbraccio mi fece sentire meglio e mi fece sentire protetto. Ero davvero grato a Sebastian.

La sua presa non aveva intenzione di allentarsi quindi decisi di girarmi verso di lui, facendolo mi ritrovai la faccia di Sebastian ad un centimetro dalla mia ed i suoi profondi occhi verdi mi fissavano.

Potevo sentire il mio cuore cominciare a battere forte senza intensione di rallentarsi.

Sebastian mi scrutava e facendolo notai che i suoi occhi si posarono per pochi secondi sulle mie labbra.

Stavo per morire da un momento all’altro.

“Buona notte Kurt” mi disse lui inaspettatamente appoggiando la sua fronte sulla mia.

“Buona notte Seb” detto questo lui chiuse gli occhi e feci la stessa cosa io.

Quella notte dormimmo così, avvinghiati l’uno a l’altro senza intenzione di lasciarci andare.

La mattina mi svegliai nella stessa posizione che avevamo preso quella notte. Il respiro di Sebastian mi arrivava sulle labbra e il suo petto si alzava ed abbassava tranquillamente.

Sembrava un bambino.

Capii che era presto perché la sveglia non aveva suonato, ma decisi lo stesso di alzarmi. Avevo un mal di testa atroce, come se avessi avuto un martello che mi tamburellava nel cervello.

Feci movimenti molto cauti e leggeri per liberarmi dalla presa di Sebastian, non volevo svegliarlo.

L’impresa fu ardua ma ci riuscii con ottimi risultati ed appena scesi dal letto pensavo che Seb si fosse svegliato visto che si era cominciato a muovere ma fortunatamente si mosse solamente per prendere il cuscino che avevo usato io quella notte e lo abbracciò.

Quanto volevo tornare al posto di quel cuscino, ma dovevo prepararmi per tornare a casa e purtroppo per andare a scuola.

Mi rimisi i miei vestiti del giorno prima e quando andai a lavarmi i denti notai che c’era un solo spazzolino, oltre al mio, quindi davvero viveva da solo lì. Avrei davvero voluto chiederglielo.

Prima di andarmene osservai ancora un po’ Sebastian che dormiva, mi sembrava un atto da stalker, ma cosa potevo farci quello stronzo aveva conquistato il mio cuore.

Dopo gli lasciai un biglietto per ringraziarlo dell’ospitalità e di quello che aveva fatto quella notte per me e lo finii con ci vediamo dopo all’uscita di scuola.

Uscii dal piccolo appartamento con passi leggeri cercando di non far rumore, cosa che mi riuscì piuttosto bene.

Arrivato in macchina pensai a che conversazione imbarazzante avremmo avuto io e lui riguardo cosa fosse successo realmente quella notte. Ma fortunatamente quel giorno non ci saremmo visti.

Decisi di non pensarci nel tragitto per arrivare a casa e feci la stessa cosa anche durante le ore scolastiche.

Ormai quella giornata scolastica si era conclusa, stavo passando per caso davanti gli spogliatoi maschili quando sentii dei rimbombi, come se qualcuno stesse prendendo a pugni gli armadietti o le docce.

Decisi di entrare a controllare perché quella era una reazione che spesso aveva Finn e quindi volevo vedere se fosse veramente lui e se si era messo nei guai.

Per mia sfortuna trovai Karofsky nello spogliatoio con i pugni completamente rovinati a forza di prendere a pugni il suo armadietto, mi chiesi che fine avesse fatto la coach ma sinceramente non mi importava più di tanto volevo solamente svignarmela a gambe levate ed allontanarmi il più possibile da quel gorilla senza cervello.

Purtroppo Karofsky mi vide e prima che potessi scappare mi afferrò per una spalla e mi strattonò mandandomi a finire con le spalle rivolte all’armadietto. Ero in trappola, avevo l’armadietto dietro ed un Karofsky infuriato davanti.

Mi stavo aspettando il peggio quando sentii le labbra del tizio che mi trovavo davanti appiccicate alle mie.

Era una sensazione orribile, non mi sarei mai immaginato il mio primo bacio in quel modo.

Riuscivo a sentire il sudore di Karofsky finirmi sul viso e la sua lingua che cercava di entrare nella mia bocca.

Non volevo, ero disgustato da quella sensazione, stavo cercando di scollarlo a me senza riuscirci, ovviamente lui era tre volte più grosso.

Le sue mani andarono ai miei capelli e io non sapevo più che fare, avrei potuto vomitare da un momento all’altro.

Quando per fortuna qualcuno mi staccò quella bestia di dosso.
 
*Salve popolo di efp! Eccomi qui con un nuovo capitolo, vi ho dato false speranze con il titolo di questo capitolo, vero? Mi dispiace molto, non uccidetemi eheh. Quindi come avete notato ho ripreso il bacio tra Kurt e Karofsky della seconda stagione cambiandolo un po’. Comunque ci sono stati gradi passi per i nostri adorati personaggi. Detto ciò vi ringrazio come sempre, siete un grande sostegno. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ed aspetto vostri commenti, anche solamente per insultarmi per il titolo del capitolo lol. Ringrazio tutte le persone che hanno aggiunto questa storia nelle preferite/seguite/ricordate ed a tutte quelle che hanno recensito. Spero stiate passando delle buone vacanze. Un bacio. Dì*

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Capitolo 9
*** Fix You ***


P.O.V Kurt

Ripresi  fiato e con un gesto violento mi pulii la bocca, inutile dire che ero terribilmente disgustato da quello che era appena successo. Ero troppo preso a pensare ai fatti appena accaduti che non notai chi fosse il mio eroe, mi risveglia per così dire dai miei mille pensieri quando sentii la voce di Karofsky irata prendersela con l’individuo che mi aveva appena salvato da quella terribile situazione.

“Chi diavolo sei tu?” chiese ad alta voce Dave, riuscivo a vedere la vena che si trovava nel suo collo profondamente gonfia e visibile, la rabbia lo stava facendo impazzire.

“Un amico di Kurt” disse il mio paladino, non avevo mai sentito quella voce prima d’ora e non riuscivo a vedere il viso di quell’individuo perché mi stava di spalle e l’unica cosa che riuscii a notare era che indossava la divisa della Dalton.

“Sai ora dovresti decisamente andartene” continuò lo studente della Dalton.

“Sono sicuro che Kurt non vuole averti qui e che il gesto che hai compiuto poco fa non sia stato molto gentile da parte tua”

Karofsky ormai diventato rosso dalla rabbia prese il suo borsone da palestra sulla panca e se ne andò, senza dire una parola, mi lanciò solamente uno sguardo che mi fece gelare il corpo.

Appena Karofsky uscì dallo spogliatoio lo sconosciuto si girò verso di me e lì lo riconobbi, era un amico di Sebastian! I primi tempi che vedevo Bas al Lima Bean prima ancora che cominciassimo a parlare lui stava sempre con questo ragazzo. Ho sempre pensato che fossero ottimi amici.

“Ehi” cominciò lui.

“Sono Hunter, non so se Seb ti abbia mai parlato di me”

“Emh no, lui non mi ha mai parlato di te ma ti conosco di vista. Ti vedevo sempre con Seb al Bean”

“Capisco” mi rispose pensieroso il ragazzo.

“Sai da quando passa molto tempo con te, sembra essersi scordato della mia esistenza, comunque come stai? Quello scimmione ti è letteralmente saltato addosso”

Ero ancora scosso da quell’accaduto ma poteva decisamente andare peggio se Hunter non fosse venuto in mio soccorso, decisi di mentire.

“Sto bene e grazie per quello che hai fatto prima. Se non ci fossi stato tu non so come avrei fatto a togliermelo di dosso”

“Non c’è di che, sai potresti ringraziarmi in altri modi”

Si avvicinò pericolosamente.

“Scusa?!” dissi con voce tremante, la mia “forza” se ne era completamente andata in quella giornata.

“Sai sei davvero un bellissimo ragazzo” continuò toccandomi i capelli e mi sistemò un ciuffo ribelle che mi era caduto sulla fronte.

“Senti ora devo andare” dissi cercando di allontanarmi il più possibile da lui, ero stufo mi sembrava di essere un oggetto sessuale per qualsiasi ragazzo gay che conoscessi. Karofsky si era rivelato gay meno di un’ora prima e mi aveva attaccato baciandomi  ed ora questo tizio che conosco da tipo tre minuti e si considera mio amico mi sta trattando come una puttana con cui divertirsi.

“Dai non fare il timido, sai li conosco quelli come te. Fate tutti i pudici ma in realtà non lo siete per niente”

Sta facendo sul serio?! Con chi crede di star parlando?! Che faccia tosta.

Nel mentre non ero riuscito ad allontanarmi da lui e la distanza tra i nostri corpi stava diventando pericolosa.

“Senti io non ti conosco, tu non mi conosci quindi penso che dobbiamo finire questo discorso ora ed ognuno se ne torna a casa propria, visto che probabilmente non ti stai rendendo conto di quello che stai dicendo”

“Oh certo che me ne rendo conto, sai se vuoi puoi venire a casa mia, sarà divertente”

Mentre lo disse mi infilò una mano sotto la maglia che stavo indossando quel giorno e cominciò ad accarezzarmi lentamente l’addome, devo ammetterlo la cosa era sexy ed eccitante ma allo stesso tempo disgustosa. Hunter continuava ad avvicinarsi sempre più fino a quando ritrovai il suo corpo attaccato al mio. Potevo sentire ogni linea simmetrica del suo fisico contro il mio.

Mi risvegliai da quel momento di trans quando capii cosa realmente stava succedendo.

Gli diedi uno schiaffo sulla guancia sinistra, e l’impatto fece fuoriuscire un suono che rimbombò per tutto lo spogliatoio.

Hunter ghignò e mentre si massaggiava la guancia disse: “che bel tipetto, ora capisco perché Sebastian tiene così tanto a te.”

Ero arrabbiato, con me stesso, con questo tizio uscito dal nulla che pensava di conoscermi e con Karofsky.

Stavo tremando dalla rabbia e penso che questo Hunter lo capì subito, infatti senza dire niente si girò e si incamminò verso la porta dello spogliatoio.

Quando pensavo di essermi liberato di lui, sentii la sua voce scherzosa dirmi: “non ti affezionare troppo a Sebastian, non è per nulla la persona che tu pensi che sia”

Detto questo uscì da quella stanza maleodorante che avevo sempre odiato e che in quel momento odiavo ancora di più.

Dovevo vedere Sebastian, avevo bisogno di vederlo. In quel momento era l’unica persona che volevo avere vicino, mi sentivo soffocare. Stavo in ansia, l’incontro con Hunter, il bacio di Karofsky, era successo tutto così velocemente che ancora non riuscivo a realizzare. Sentivo un nodo in gola che non mi faceva respirare, salii in macchina e gettai la borsa sul sedile posteriore. Oggi Sebastian mi aveva detto che non sarebbe venuto a prendermi come il suo solito perché aveva un impegno, quindi quel giorno non lo avrei visto. Stavo pensando di andare a casa sua e magari aspettarlo lì, ci pensai due volte e decisi di tornare a casa. Avevo già creato troppi problemi a Bas. Lui era stato troppo gentile con me, mi aveva ascoltato e confortato quando ne avevo bisogno, era ora di risolvere i miei problemi da solo come avevo sempre fatto.

Uscii dal parcheggio scolastico e quando presi la prima stradina per raggiungere casa decisi di accendere la radio e non potè partire canzone peggiore in quel momento “Fix You” dei Coldplay.

Quando le prime note di quella magnifica canzone mi attraversarono le orecchie, cominciai a piangere e tiepide lacrime salate mi cominciarono a rigare il viso. Quanto avrei volute che una persona mi avesse dedicato questa canzone o semplicemente che qualsiasi essere umano provasse quelle cose per me.

Mi dovetti fermare ed accostai la macchina lungo la stradina, vedevo tutto appannato e continuare a guidare sarebbe stato solamente pericoloso per me e per le persone che avrebbero avuto la sfortuna di trovarsi sulla mia stessa strada.

Picchiettai le dita sul volante in pelle ormai consumata dagli anni passati a toccarlo ed a guidarlo. Dovevo calmarmi, non sarei andato da nessuna parte in quel modo. Alla fine quello che era successo era solamente un bacio. Si, un bacio, il mio primo bacio. Per le altre persone magari non era importante, ma per me si. Dire che ci avevo fantasticato su quel primo bacio era un eufemismo, nelle mie immaginazioni era tutto molto più romantico ed ovviamente la persona a cui lo davo era Sebastian.
Questa solo una delle cose che era successa quel pomeriggio, l’incontro con Hunter mi aveva terrorizzato e mi aveva messo un’ansia addosso che non mi sapevo spiegare. E mi odiavo, si mi odiavo per aver semplicemente pensato che quel gesto che Hunter aveva fatto era dannatamente sexy. Anche se era un amico di Sebastian non aveva niente di simile a lui. Si, lo sapevo che Sebastian ha avuto diverse storie e che non era di certo il genere di persona romantica ma sotto la sua figura da duro c’era qualcosa in più. Ne ero sicuro, e lo stavo scoprendo pian piano e la frase che mi aveva detto Hunter non mi preoccupava per nulla. Non mi sarei preoccupato per una frase detta da un tipo che valeva la metà di quanto vale Sebastian che voleva solamente farmi scervellare.

Avevo deciso, anche se aveve detto che non sarei andato a creare altri problemi a Sebastian, avevo bisogno di vederlo.

Svoltai e presi la strada che portava verso quel disastroso appartamento che tanto amavo e che mi faceva sentire protetto.
 
 
*Salve popolo di EFP! Ormai non dico niente riguardo al ritardo perché l’unica cosa che mi merito è la forca, ma voi siete bravi e mi volete bene lo stesso, giusto? Tralasciando gli scherzi ecco un nuovissimo capitolo! Come sempre spero che vi piaccia, ringrazio le persone che mi seguono e recensiscono. Ed anche a tutti voi lettori muti che mettete la storia nelle preferite/seguite/ricordate, mi fa piacere che in così tanti seguiate la mia ff. Vi auguro una buona domenica e spero di ricevere commenti. Un bacio. Dì*

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Capitolo 10
*** It doesn't matter ***


P.O.V. Sebastian
Oggi era stata una di quelle giornate disastrose, una di quelle che vorresti dimenticare il prima possibile ma che sfortunatamente non hai la fortuna di farlo.

Ero stremato e la testa continuava a pensare a quelle dodici ore appena passate che erano state la cosa più devastante dell’ultimo anno. Oramai erano le sei del pomeriggio e per fortuna ero finalmente rientrato a casa. La mattina la passai alla Dalton, solite lezioni, solito Glee club e soliti ragazzini del primo anno che mi venivano dietro.

Fino a qui niente di strano. Tralasciando tutte le volte che pensai a Kurt ed a come quella notte avessimo dormito abbracciati. Nel pomeriggio, subito dopo scuola decisi di andare da mia madre visto che durante la settimana non c’ero neanche andato una volta. E quando arrivai lì e vidi l’infermiera con cui parlavo di solito del più e del meno che tutto il mio ottimismo di quel giorno andò a farsi fottere. L’infermiera, Julie, mi informò che mia madre stava peggiorando e che il suo stato di Alzhaimer si stava nettamente alzando. Lì per lì non le credetti visto che ogni volta mi dicevano così ma io trovavo mia madre sempre allo stesso stato, un po’ svampita e che ci metteva un po’ di tempo a ricordarsi di me o dei fatti che cercavo di ricordarle ma sempre mia madre. Solamente quando entrai nella sua stanza e la vidi capii veramente la situazione.

Stava seduta sul letto con la schiena appoggiata sulla spalliera dell’enorme letto che ormai la ospitava da molto tempo, le sue mani erano giunte sopra il bacino e fissava il muro davanti a lei, dove, come sempre, c’era un vaso pieno di fiori.

Bussai delicatamente alla porta aperta cercando di non spaventarla. Quando si girò per guardarmi feci un grande sorriso, davanti a lei cercavo sempre di essere forte e felice. Infondo avevo il mio appartamento dove disperarmi.

Entrai nella camera con passo leggero e lei continuava ad osservarmi con sguardo perso ed interrogatorio.
“Ehi” le dissi, poggiando il giornale che le avevo personalmente comprato sul comodino accanto ad una caraffa di acqua. Aveva sempre amato leggere il giornale probabilmente perché il suo più grande sogno era quello di diventare giornalista e di girare il mondo grazie a questo lavoro, cosa che sfortunatamente non si realizzò mai.

“Grazie giovanotto, adoro leggere il giornale” mi rispose felicemente mentre prendeva il giornale tra lemani e cominciava a sfogliarlo.

“Prego” dissi con un tono di tristezza. Come spesso succedeva non si ricordava di me.

“Sai ora puoi anche andartene, sono stata davvero felice del tuo gesto, ma mi piace stare da sola mentre leggo”

“Ma mamma sono io, Sebastian. Sono venuto a trovarti” dissi cercando di mantenermi calmo.

Ero stufo, ero stufo di quella situazione. Sapevo che ovviamente non era colpa di mia madre ma la consapevolezza non rendeva meno doloroso il fatto che mia madre non si ricordasse di me e che andava sempre peggiorando.

“Io non ho figli caro, a dire la verità non li ho neanche mai voluti o cercati. Ti starai sbagliando.”

Decisi di attuare la mia strategia che ormai mi ripetevo a fare quasi ogni volta che venivo a trovare mia madre. Le raccontai la sua storia con papà,  i nostri ricordi migliori e persino quella volta che portai a casa un cucciolo che lei non voleva ma che finimmo per tenerlo solamente perché papà era riuscito a convincerlo.

Di solito raccontarle alcuni momenti della sua, anzi della nostra vita riusciva a farle ricordare anche solamente che io ero suo figlio e non un semplice estraneo che veniva a farle visita.

Ma questa volta purtroppo non funzionò. Finito il racconto la donna che amavo più di qualsiasi altra persona al mondo mi guardò senza un minimo di amore e cominciò ad urlare.

“INFERMIERA! QUESTO RAGAZZO MI STA IMPORTUNANDO! IO NON LO CONOSCO!”

Riuscii a vedere il terrore nello sguardo di mia madre, tecnicamente anche se fossi stato uno sconosciuto non l’avevo importunata, ma non potevo sapere quello che le stava passando per la testa.

Julie arrivò correndo e mi chiese ancora con il fiato mozzato per la corsa cosa fosse successo.

Io non riuscii a risponderle perché mia madre continuava ad urlare e guardandola comportarsi in quel modo mi stava spezzando il cuore e sentivo le lacrime farsi vicine.

Era una situazione critica, Julie non riusciva a calmare mia madre che urlava e che si muoveva nel suo letto ed io ero lì fermo a guardare quella scena impotente e triste.

Un’altra infermiera entrò in camera per capire la situazione e quando vife la scena mi accompagnò alla porta per farmi uscire. Non ci volle molta forza per costringermi ad uscire visto che ero senza forze e senza voglia di mettermi ad obbiettare.

Uscito dalla stanza riuscivo ancora sentire Julie parlare con mia madre.

“Signora Smythe si calmi è tutto finito”

<è tutto finito>

Quelle parole mi rimbombavano in testa, ero riuscito a far sentire mia madre ancora peggio del solito, e tutto per il mio egoismo. Volevo solamente che si ricordasse di me senza pensare alle conseguenze.

Stavo tremando e l’unica cosa che riuscivo a fare per calmarmi era quella di toccarmi il collo e guardare in basso, i miei pensieri furono interrotti da Julie che uscì dalla camera.

“Tua madre ora sta bene, ma sai Sebastian dovresti lasciarla un po’ in pace. È un periodo un po’ drammatico e la tua presenza come ricordo non l’aiuta molto. Con questo non voglio dire che non devi più venirla  a trovare ma di aspettare un po’ di tempo prima della prossima visita”

“Certo, ho capito” dissi con tono di rabbia prima di andarmene e incamminarmi verso la mia macchina.

Il viaggio in auto verso casa fu straziante visto che non facevo altro che ripensare alla reazione di mia madre e a come mi aveva spezzato il cuore vederla in quelle condizioni.

Quando arrivai finalmente a casa potei piangere senza sentirmi osservato e biasimato.

Era una cosa che odiavo, piangere davanti agli altri, ti rendeva debole. Manifestare la parte più sensibile e debole di me era assolutamente una cosa che cercavo di evitare sempre, avevo notato che anche con Kurt stavo facendo la stessa cosa anche se in quel momento era l’unica persona che volevo vicino in quel momento.

Continuavo a piangere prendendo a pugni il cuscino che si ritrovava sopra al letto, ero arrabbiato e il pianto ed i pugni sferrati sul povero cuscino colpevole di nulla mi stavano calmando.

Quando finii quella pazza lotta con il cuscino andai in bagno e il riflesso che mi si proponeva davanti agli occhi  quando mi guardai allo specchio non era per niente bello.

Avevo il viso completamente arrossato, stessa cosa per gli occhi e le labbra. Entrambi rossi e gonfi, per non parlare ei capelli che erano sfuggiti alla piega fatta la mattina e che ormai ricadevano disordinati sulla fronte. Passai la mano nervosamente mandando i capelli indietro, posizione in cui rimasero solamente per poco visto che appena mi girai per aprire l’acqua della doccia erano di nuovi tutti sparpagliati sulla fronte e sui lati del viso.

Appena le prime gocce di acqua cominciarono a cadere su pavimento bianco della doccia sentii il campanello suonare, chiusi velocemente la doccia. Chi poteva essere? In quel momento ed in quelle condizioni non volevo di certo incontrare qualche vicino venuto a suonarmi per chiedermi dello zucchero o del sale.

Ignorai il campanello e riaprii l’acqua quando un altro suono di campanello arrivò alle mie orecchio, il suono durò di più e sembrava più deciso, infatti fu accompagnato anche dal bussare.

Decisi di andare ad aprire, spostando con i piedi i vari vestiti sparsi per il pavimento dell’appartamento.

“Dannazione, devo dare una sistemata a questo posto” farfugliai mentre mi strofinai gli occhi ancora rossi dal pianto.

Appena aprii la porta mi ritrovai Kurt davanti, era esattamente nelle mie stesse condizioni e quando mi vide sembrò sorpreso.

“Kurt cosa succede?” chiesi facendolo entrare. Quel momento era così familiare.

“Potrei farti la stessa domanda” mi disse tirando su con il naso.

Anche lui aveva pianto, era assurdo come entrambi sembravamo così distrutti l’uno agli occhi dell’altro.

“Se sei venuto qui un motivo ci sarà, parla prima tu“ sinceramente non volevo che Kurt ascoltasse i miei problemi, ne aveva già tanti lui. E se piangeva un motivo lo aveva, dopo mi sarei inventato una scusa per il mio stato.

Kurt scoppiò a piangere ancora, mi chiedevo quante volte avesse pianto quel giorno.

Con la voce ricoperta di singhiozzi mi raccontò cosa era successo.

Non ci vedevo più dalla rabbia, sia per Karofsky che per Hunter.

Quel viscido verme di Karofsky dopo averlo maltrattato per tutto quel tempo ora si metteva a baciarlo? Ed Hunter invece? Che intenzioni aveva? Ero sicuro che in qualche modo si sarebbe messo in mezzo.

Kurt si accorse della mia rabbia e cerco di calmarmi massaggiandomi il braccio.

Fece un flebile sorriso e decisi di parlargli.

“Dai Kurt, calmati. Alla fine era solamente un bacio, vedrai che risolveremo questa storia con Karofsky, verrò io a parlarci. E poi penseremo ad Hunter.”

“Non era solamente un bacio! Era il mio primo bacio! E non so se per te questo sembrerà stupido ma per me era importante!”

Kurt era arrabbiato e quando disse questa frase si allontanò violentemente da me. Non ci avevo pensato a quanto potesse essere importante per lui e sinceramente non ci avevo pensato che quello potesse essere il suo primo bacio.

Ed ora che ci pensavo volevo essere io il suo primo in tutto.

“Kurt calmati”

“No! Non riesco a calmarmi! Tu non c’eri e non sai cosa io abbia passato.”

Kurt aveva indietreggiato così tanto che si trovava con le spalle alla porta di casa, aveva il respiro affannato e continuava a guardarmi.

Lo baciai.

Con uno scatto mi avvicinai a lui e lo baciai, sentivo che era la cosa giusta da fare. Io ne avevo bisogno.

Avevo entrambe le mani che avvolgevano il viso di Kurt e che gli accarezzavano lentamente l’attaccatura dei capelli vicino all’orecchio potei sentire il suo corpo irrigidirsi quindi mi staccai.

Lo guardai negli occhi e quei due piccoli pezzi di cielo mi scrutarono fino a farmi sentire in colpa del gesto che avevo appena compiuto.

Posai la fronte sulla spalla di quel ragazzo che mi stava rovinando la vita.

“Mi dispiace, non dovevo baciarti senza il tuo consenso.”

Finito di parlare sentii una leggera risata provenire da Kurt, quindi alzai lo sguardo e lo trovai a guardarmi sorridendo.

“Sinceramente puoi baciarmi ogni volta che vuoi, anche se non hai il mio consenso”

Sorrisi, Kurt era arrossito incredibilmente mentre diceva quella frase.

“Sai non importa a chi hai dato il primo bacio se poi quelli che si susseguono sono migliori e provengono da una persona che tiene a te”

Gli dissi mentre avevo la mia fronte appoggiata sopra la sua e mentre lo guardavo negli occhi.

“Hai ragione” mi rispose.

Dandomi un lieve bacio a stampo prima di abbracciarmi.
 
*Salve popolo di EFP! Sono tornata, oggi nuovo capitolo, più lungo del solito. Che vi devo dire mi sentivo molto ispirata e sono davvero fiera di questo capitolo spero che piaccia anche a voi. Finalmente questi due si sono dati una massa eheh. Detto questo ringrazio tutte le persone che seguono questa storia e che recensiscono, spero di riuscire ad aggiornare prima di Natale, ma ultimamente ho pochissimo tempo disponibile, quindi scusatemi se non aggiornerò. Vi saluto e ci sentiamo al prossimo aggiornamento. Un bacio. Dì*

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Capitolo 11
*** I ruined everything ***


P.O.V Sebastian

Rimanemmo in quella posizione per molto tempo, ma per me sarebbe sempre stato poco. Avevo l’unica persona che mi faceva sentire bene in quel periodo tra le mie braccia. E non ci sarebbe stato nulla che avrebbe potuto rovinare quel momento. Almeno pensavo.

Io e Kurt eravamo ancora abbracciati vicino alla porta del mio appartamento mentre sentimmo il campanello suonare.

Anche se non volevo lasciare quel mio rifugio tra le braccia di Kurt, dovetti staccarmi ed andare ad aprire.

Kurt nel mentre andò in bagno per sistemarsi i capelli, almeno questo fu quello che mi disse.

Prima di aprire mi accarezzai lentamente le labbra, riuscivo ancora a sentire le labbra di Kurt sopra le mie. Quello era sicuramente il bacio più bello che avessi mai dato, era voluto ed aspettato per così tanto tempo che ora che era finalmente successo sembrava tutto un sogno. Un bellissimo sogno.

Ma come sempre le cose belle a Sebastian Smythe non accadono mai senza che arrivi un tornado a distruggere tutto.

Quando aprii la porta mi ritrovai davanti Hunter, si quell’odioso essere che purtroppo ho avuto la sfortuna di frequentare.

“Ehi ciao Bas” disse tranquillamente Hunter appoggiato al bordo della porta.

Aveva un sorriso strano. Non volevo che Kurt lo vedesse e non volevo neanche che Hunter scoprisse che Kurt in quel momento fosse nel suo appartamento.

“Ciao Hunter, cosa ci fai qui?” dissi in modo sbrigativo mentre davo occhiate verso la porta del bagno per guardare  se Kurt fosse ancora lì dentro. Dopo aver saputo quello che gli aveva fatto poco prima, non volevo proprio vederlo altrimenti avrei cominciato a prenderlo a pugni.

“Nulla, sono solo venuto a trovare il mio caro amico. Che hai? Sembri preoccupato, e poi perché non mi fai entrare?” disse lui curioso cercando di entrare.

“Semplicemente, sono con una persona” dissi con il mio solito tono da Sebastian Smythe mentre gli feci l’occhiolino.

Dopo quella frase comparve un sorriso malizioso sulla faccia di Hunter.

“Ah capisco, beh allora vi lascio tranquilli. Comunque ero venuto per dirti che ho incontrato il tuo amichetto Kurt, beh ora capisco perché tu lo voglia solamente per te, e non dirmi che è proprio lui la persona con cui sei ora?”

“No non sono con lui” dissi sbrigativo, mi stava facendo andare fuori di testa, non volevo che si avvicinasse mai più a Kurt.

“D’accordo, almeno sei riuscito a portartelo a letto? Tanto lo so perché ti sei avvicinato a lui e di certo non lo è stato per fare il principe azzurro della situazione. Tanto è così che fai con tutti no? Prima li attrai e poi dopo esserteli portati a letto li lasci con il cuore distrutto. È il tuo modo, quindi sbrigati con questo qui che poi almeno passo io a prendere gli scarti. Sai penso che potrei davvero divertirmi con quel tipetto dagli occhi blu”

“Vai via Hunter” dissi chiudendogli la porta in faccia.

Dall’altro lato della porta si potè sentire una risata.

“Okay Bas, ci vediamo. Non penso sarà una bella serata per te”

Cosa diavolo stava dicendo? Non me ne importò molto di capire a cosa si riferiva con la frase .

Perché non capiva che per me Kurt non era solamente un altro ragazzo da portare a letto? Ma infondo era Hunter non è che si potesse aspettare altro da lui.

Sospirai e quando mi voltai trovai Kurt fuori la porta del bagno con una faccia distrutta, piena di dolore. All’inizio non capivo cosa poteva essergli successo, ma poi tutto il discorso di Hunter appena fatto mi tornò in mente. No, non poteva aver sentito. No…

“Kurt?”

“Quello che il tuo amico è vero? Per te sono solamente un’altra delle tue sgualdrine? Sai non volevo credere a tutte le voci che girano sul tuo conto, mi dicevo che eri cambiato o perlomeno che tenevi veramente a me. Ma dovevo saperlo, infondo io non ho mai avuto nessuno e mi sono solamente illuso con te”

A quelle frasi sentii il mio cuore spezzarsi, Kurt non aveva capito, lui era veramente l’unica eccezione tra tutti quei ragazzi che mi sono girati intorno in quegli anni.

“Kurt non è così, ti prego ascoltami”

Kurt stava raccogliendo la sua borsa ed la sua giacca che aveva buttato sul letto. E sembrava non volere ascoltarmi.

“Tu non sei come gli altri, io tengo realmente a te. Anche se tutto era partito come una stupida scommessa, io penso realmente tutto quello che ti ho detto. Ed ogni gesto che ti ho rivolto era vero. Non ho mai avuto secondi fini”

Non vedevo Kurt in viso visto che continuava a darmi le spalle. Poso lentamente le sue cose di nuovo sul letto ed io pensavo che forse mi stava credendo.

“Non ti credo” disse secco, girandosi per guardarmi negli occhi. In quegli occhi sempre così gentili e pieni di speranza per il futuro ora non si vedeva nulla, erano vuoti.

L’unica cosa che riuscii a fare trovandomi quello sguardo davanti fu quello di abbassare gli occhi.

“Credimi Sebastian, io ti voglio bene, davvero. Ma ora come ora non riesco a crederti e mi sento solamente ferito ed ingannato”

Detto questo si diresse verso la porta e l’unica cosa che mi uscì dalla bocca fu:

“Ti prego, resta”

Kurt neanche si girò a guardarmi e se ne andò chiudendo la porta dietro di sé.

Tutto ciò che lasciò in quell’appartamento fu tristezza.

“Sono uno stupido” sussurrai mentre sentivo scendere una singola lacrima, che asciugai con rabbia con il palmo della mano.

“Ho rovinato tutto”
 
 
 
*Ed eccomi tornata! Lo so, lo so, faccio schifo. Quanto è che non aggiorno? Tre mesi? Mi dispiace tanto ragazze e diciamo che non posso neanche dire di essermi fatta perdonare con questo capitolo perché non è il massimo della felicità. Quindi vi ringrazio come sempre, a tutte le persone che aggiungono la mia storia tra le seguite/preferite/ricordate. Ed a quelle sante che lasciano dei commenti. Come sempre spero vi sia piaciuta ed aspetto vostri commenti, sono sempre ben accetti. Un bacio e buona Pasqua, in anticipo. Dì*

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