The Kingdom Keys

di Miryel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** AAA Cercasi Bassista. ***
Capitolo 2: *** Roxas. ***
Capitolo 3: *** The Kingdom Keys ***
Capitolo 4: *** Silver ***
Capitolo 5: *** Occhi Blu ***
Capitolo 6: *** Violini e partenze ***
Capitolo 7: *** Dio Maledica Quell'Sms ***
Capitolo 8: *** Empty ***
Capitolo 9: *** Learn ***
Capitolo 10: *** Liar? ***
Capitolo 11: *** Where Is My Mind? ***
Capitolo 12: *** Summer Vacation ***
Capitolo 13: *** Monkey Gone to Heaven ***
Capitolo 14: *** Dearly Beloved ***



Capitolo 1
*** AAA Cercasi Bassista. ***


 



 
Capitolo 1. AAA Cercasi Bassista.


"Giuro che se non troviamo un bassista entro tre giorni, trasformo il gruppo in una cover band di Britney Spears!"
Axel si voltò di scatto a guardarlo, con un sopraciglio alzato e i peli delle braccia rizzati per il brivido che gli era passato lungo tutta la schiena, ora ricurva sul suo zaino per riporvi dentro la sua agendina nera.
"Vanitas, guarda che anche Britney Spears ha un bassista!" rispose, scoppiando poi a ridere e chiudendo lo zaino con un gesto abituale.
Vanitas continuò a succhiare dal bricchetto ormai vuoto del suo succo di frutta, producendo un suono snervante e lo guardò in tralice.
"Bene! Quindi non possiamo fare nemmeno la cover band della vacca bionda!" rispose il moro, non serio, stringendo poi con un pugno secco il cartone del succo, per poi tirarlo verso il cestino e facendo centro. Alzò un braccio trionfante, distrattamente, poi incrociò le lunghe gambe, dondolandone una.
"Meglio così! Non credo che Riku ne sarebbe contento!" constatò Axel, alzandosi in piedi e fronteggiandolo. "E nemmeno io, in realtà!" ammise, scoppiando di nuovo a ridere e Vanitas gli fece una linguaccia, rivelando il suo piercing sulla lingua, poi si passò una mano tra i capelli e sospirò. Subito dopo spalancò gli occhi, segno che aveva avuto un'idea. Axel rabbrividì. Le idee di Vanitas o erano assurde o, se erano buone, poteva star sicuro che le doveva realizzare lui stesso.
"Metti un annuncio sulla bacheca della tua università!" propose, indicandolo con un dito.
Ecco, appunto, come non detto.
"E perché non lo metti tu nella tua?" controbatté Axel, incrociando le braccia al petto, con un mezzo sorrisetto. Vanitas sospirò e si passò ancora una mano tra i capelli castani.
"Perché la mia è una facoltà di sfigati!" spiegò, poi si alzò in piedi, svogliatamente "E poi se mettessi il mio numero di cellulare sull'annuncio tutte le ragazzine urlanti ne approfitterebbero e dovrei cambiare identità e paese per sfuggire dalle loro grinfie!"
Axel scoppiò a ridere.
"Come se ti dispiacesse!"
"Non del tutto..." ammise, girando lo sguardo verso una finestra che dava su un parcheggio "Ma mi dispiacerebbe di più perdere tutti i denti per mano di Ventus... sai che è suscettibile!"
"No, Van, quello sei tu!"
"Vaffanculo Axel!"
Appunto.
"Senti" cominciò il rossino, prendendo in spalla il suo zaino "Metterò un annuncio in bacheca e magari anche su un paio di Social Network. Intanto chiedi in giro se qualcuno conosce un bravo bassista. Anche a Ven, forse nella sua facoltà c'è qualcuno che si interessa di buona musica!"
Vanitas rise senza entusiasmo, poi il suo viso si fece serio. Ad Axel inquietava, quando faceva così.
"Alla facoltà di Filosofia? Mi prendi per il culo?"
"Non penso che lì dentro ascoltino tutti Beethoven..." constatò Axel. "E poi Ven ascolta il tuo stesso genere musicale!"
"Ventus lì dentro è sprecato. Chissà quando si accorgerà che non è la facoltà per lui..." sospirò Vanitas, preoccupato per davvero per la sorte del suo fidanzato.
"Solo perché tu reputi degli sfigati quelli che amano la filosofia, non vuol dire che lo siano davvero, Van..."
"Bah, lasciamo perdere!" sbottò, arruffandosi i capelli. Si voltò verso il tavolino della biblioteca e prese il suo casco integrale e le chiavi della moto. "Vado a casa. Mi sono rotto le palle di stare qui e far finta di studiare. Tanto vale che usi questo tempo per riposare!"
Axel annuì, poi si avviarono insieme verso l'uscita.
"Stasera ti unisci a noi per una birra?" chiese Axel mentre apriva la porta con una spallata. "Siamo io, Riku e forse ci raggiunge anche Demyx!"
"No, stasera ho il pallosissimo saggio di pianoforte del fratellino di Ven. Sua madre ci tiene che ci sia anch'io!" informò, col tono di chi sta per essere portato al patibolo.
Axel ridacchiò.
"Non fare che ti fai suggestionare e inizi a farti piacere la musica classica!" esclamò, chinandosi per slegare la sua bicicletta al palo della luce.
Vanitas si voltò nella direzione opposta e, alzando il dito medio dandogli le spalle, disse: "Vaffanculo Axel!"
 
 
 
"Non me lo immagino proprio Vanitas ad un concerto di pianoforte!" rise Riku, mentre di fianco ad Axel si incamminava verso lo Strawberry Fields, il pub che solevano frequentare quando decidevano di uscire in mezzo alla settimana. Era un English Pub molto grazioso, decorato con foto in bianco e nero di cantanti e personaggi famosi della Gran Bretagna, ma soprattutto con giganteschi poster dei Beatles e mandavano davvero dell'ottima musica. Nei giorni in mezzo alla settimana era molto tranquillo e si trovava sempre posto, a differenza del week end, sempre stracolmo di gente e di caos. Per quello non amavano chiudersi lì il sabato sera.
"Ahah! Ci sarà andato con la giacca di pelle e gli stivali con la placca in metallo?"
"Secondo me è entrato in sella alla sua moto!"
Axel e Riku risero con poca grazia al pensiero del loro amico richiuso in un non si sa quale teatro ad ascoltare qualcosa che non avesse una batteria e una chitarra elettrica di accompagno (Mi fischiano le orecchie, chi cazzo è che sta parlando male di me >_> NdVanitas). Axel si asciugò una lacrima dalle troppe risa, prima di spingere la porta del pub ed entrare, allietato piacevolmente dal ritornello di A Kind Of Magic. Aguzzò la vista, per cercare un tavolo libero e lo trovò. Fece un cenno col capo a Riku di seguirlo e si sedettero uno di fronte all'altro su di un piccolo tavolino di legno, marchiato da scritte, date, disegni di cuori e di peni.
"Birra?" chiese il rossino all'amico, che annuì, incrociando le braccia sul tavolo. Axel si voltò verso il bancone, attirando l'attenzione del barista che, appena lo vide, lo salutò con la mano. "Leon! Due Vice!"
Leon, il barista, gli fece segno che aveva capito alzando un pollice e Axel si voltò di nuovo verso Riku.
"Allora?"
Riku alzò un sopracciglio: "Allora cosa?"
Il rossino sbuffò, spazientito dal fatto che Riku fingesse di non aver capito.
"Com'è andata con S-o-r-a?"
Il ragazzo dai capelli argentati sbuffò sonoramente, sconfortato. Distolse lo sguardo e si passò una mano tra i capelli.
"Ho sperato fino alla fine che volessi chiedermi altro..." ammise, senza guardarlo.
Axel si morse un labbro: "Mi sa che non è andata tanto bene, eh?"
"Non è andata proprio!" sbottò Riku, arruffandosi poi i capelli, confuso "Io non lo so che gli passa per la testa a quello lì. Prima mi corre incontro, mi si attacca al braccio, mi prende per mano e mi accompagna a casa... poi cerco di baciarlo e... puff! Sparisce nel nulla!"
Axel voleva ridere, ma il suo autocontrollo - che il più delle volte lo tradiva bellamente - ebbe la meglio. Non avrebbe mai riso di Riku, per carità. Era l'ingenuità e purezza di Sora che lo metteva di buon umore.
"Non sai quanto vorrei che avesse anche solo la metà della faccia da culo che ha Vanitas..."
Axel sorrise dolcemente a quella affermazione: "Sono fratelli, per forza sono due opposti... è una legge di natura!"
"Mi sono innamorato del fratello sbagliato, eh?" chiese Riku, ridacchiando.
"Nah, Sora è dieci volte meglio di Vanitas. Che, tra parentesi, lo riesce a sopportare solo Ventus!" ridacchiò Axel, seguito poi da Riku, che si sentiva un pochino più sollevato dal conforto del rossino. "Non preoccuparti. Secondo me Sora è solo molto confuso. Ha bisogno di fare un attimino ordine nella sua testolina. Per tua fortuna sta crescendo abbastanza bene, il che sembra assurdo visto chi si ritrova come fratello, perciò io non mi preoccuperei troppo!"
"Speriamo sia come dici tu, altrimenti mi conviene spararmi in testa... sarebbe meno doloroso e snervante!"
Axel stava per rispondergli con una battuta ad effetto, ma Leon era arrivato con le birre gelide e le aveva posate sul tavolino laccato.
"Ecco qua, ragazzi!"
"Grazie mille Leon!" sorrise Axel, guardandolo, poi sbatacchiò gli occhi un paio di volte, chiaro simbolo che gli fosse venuto in mente qualcosa "Ah, conosci qualche buon bassista?"
"Jaco Pastorius!" rispose lapidario il barista "Forse è uno dei migliori al mondo!"
Riku e Axel si guardarono esasperati da quella risposta, e Leon a quello sguardo si affrettò ad aggiungere: "Scherzavo! No, non conosco nessuno, ma se dovesse capitare qualcuno qui ve lo farò sapere!"
"Te ne saremmo grati! Possiamo affiggere un annuncio in bacheca?" chiese Riku, indicando una graziosa lavagnetta in sughero dove alcuni post-it colorati vi erano appesi.
Leon annuì.
"Certo, anche due!" e detto questo se ne andò.
"Bene, appendere qui l'annuncio sarà di grande aiuto! E' un bel pub e passano bella musica, ci sarà un bravo bassista che cerca un buon gruppo con cui suonare, dico io!"
"Come no? Tutti i giorni!" fece sarcastico Riku, incrociando le braccia al petto.
"Riku, ti prego, non mettertici pure tu! Ho voglia di suonare qualche stracazzo di canzone e ci voglio dentro qualcuno che ci sappia fare davvero!"
"Sì, ma tu vuoi troppo Axel! Noi tre ci conosciamo da una vita, siamo cresciuti suonando insieme, siamo in sintonia ormai... un nuovo arrivato, anche fosse bravo, si ritroverebbe in mezzo ad un ambiente che a fatica riuscirebbe a comprendere. C'è tutta la nostra infanzia dentro questo gruppo..."
Axel lo aveva fissato con le sopracciglia aggrottate, nel chiaro sguardo di chi sta perdendo pian piano le speranze. Si passò le mani tra i capelli, arruffandoli e digrignò i denti, poi si prese il viso tra le mani.
"Ma perché Ventus non ha mai voluto suonare nulla? Era perfetto come bassista! Che cos'ha contro gli strumenti musicali quel ragazzo?" piagnucolò Axel tornando per qualche secondo ad alcuni anni prima, precisamente il primo anno del liceo, dove nel momento in cui avevano deciso di mettere su la band e si erano prefissati degli strumenti da iniziare a suonare, Ventus aveva risposto, sorridendo: "Non ho alcun interesse nell'imparare uno strumento musicale! Ma vi prometto che vi sosterrò sempre!"
"Perché Ven è un maledetto pigro!" rise forte Riku, tamburellando le dita sul vetro freddo del suo boccale. "Ma Demyx perché non vuole suonarlo?"
Axel fece spallucce: "Dice che i bassisti sono i chitarristi falliti, quindi se ne tiene fuori!"
"Peccato, anche lui era perfetto!"
Sospirarono, entrambi, poi diedero una lunga sorsata alle loro birre che pian piano perdevano della loro freschezza. Bassisti maledetti!
 
 
"Giuro che se mi porta ad un altro saggio di pianoforte me lo inculo a secco!"
"Bonjour Finesse!" esclamò Riku, voltandosi a guardare Vanitas, che aveva appena fatto capolino nel parco vicino alla città universitaria, dove solevano vedersi per pranzo, tutti insieme.
"Ah! Non rompere le palle! Non hai la minima idea di quello che ho passato ieri sera!" si lamentò il moretto, sedendosi sull'erba accanto ad Axel, che stava addentando un panino col prosciutto dall'aria invitante.
"Fai tanto il gradasso e appena Ven ti propone qualcosa che non vuoi fare non sai dirgli di no!" lo punzecchiò il rossino, parlando poco educatamente con la bocca piena. Vanitas lo fulminò.
"Per tua informazione ha comprato il mio sì con un pompino e un pacco di biscotti! Lo sai che non so dire di no ai biscotti!" disse in tono serio, slacciandosi fino a metà petto la giacca di pelle. Riku e Axel scoppiarono a ridere a quella affermazione. "Cazzo però!" cominciò, quando gli altri due avevano smesso di ridere, facendosi pensieroso "Quel ragazzino è un mostro al pianoforte!"
"Allora non è vero che ti sei rotto le palle!" disse Riku, dandogli un pugno sul braccio, affettuosamente.
"Per tre quarti del concerto sì, ma musicalmente parlando ha del talento... anche se, a guardarlo bene, non sembrava troppo entusiasta di suonare quella roba!" spiegò Vanitas, sdraiandosi poi sull'erba con le braccia incrociate dietro la testa. Sospirò abbassando sugli occhi i Police che aveva sulla testa. "Mah... vallo a capire! E' talmente enigmatico quel ragazzino!  Ma, cambiando discorso, hai attaccato in bacheca quell'annuncio che ti avevo detto ieri?"
Axel appallottolò la carta argentata del suo panino e iniziò a rigirarsela tra le mani.
"Sì! Ieri io e Riku abbiamo attaccato un annuncio anche allo Strawberry Fields. Magari passa qualcuno interessato e mi chiama!"
"Ottimo!" esclamò il moro. "E' snervante provare le canzoni senza bassista!"
"Già! E il triplo del lavoro tocca farlo a me!" assentì Riku che, essendo il batterista, si ritrovava spesso a dover star dietro ai tempi di tutti, senza il conforto morale di un basso ad accompagnarlo.
"A proposito, con bassista o meno, Domenica si prova?" chiese il rossino.
Riku annuì e Vanitas alzò il busto puntellando i gomiti sull'erba.
"Ti ho appena detto che senza bassista è snervante!" disse in tono lamentoso, alzandosi sulla testa gli occhiali da sole e rivelando le sue pupille color ambra. "Trovami un bassista entro Domenica e allora sono dei vostri!"
"Certo che sei proprio una principessina sul pisello, Van!" controbatté Axel alzando un sopracciglio stupito dalle parole del moro "Qui chi risente di più della mancanza del basso è Riku! Mi spieghi quale sarebbe il tuo disagio, dato che suoni la chitarra?"
"Prima di tutto mi aiuta a seguire meglio i tempi della canzone! E poi è sempre meglio regolarsi con un basso che con questo rincoglionito che ti suona i piatti nelle orecchie!" disse, indicando Riku con un cenno della testa. Quest'ultimo rise.
"Oh, mi perdoni se non suoniamo Chopin!"
"Saresti capace di far casino anche con lui!" controbatté Vanitas e subito dopo scoppiarono a ridere tutti e tre, poi il moro si voltò a guardare in una direzione e fece un mezzo sorriso beffardo "Toh, guarda chi si vede! Hanno aperto le gabbie dell'asilo?"
Axel e Riku si voltarono nella direzione dove il loro amico stava guardando e videro Sora avvicinarsi con in dosso la sua divisa blu, azzurra e bianca e una borsa di cuoio ben stretta in mano. Alle parole del fratello fece una linguaccia in sua direzione.
"Come al solito sei simpaticissimo, Van!" esclamò sarcastico e si voltò a salutare Axel con un cenno della mano, poi sorrise a trentadue denti in direzione di Riku, salutandolo con un pochino più di enfasi. Il ragazzo dai capelli d'argento tentò di non sciogliersi di fronte a quella dolcezza disarmante che aveva ogni sorriso di Sora, così alzò una manina sventolante e gli rimase da sperare che decidesse di sedersi accanto a lui. "Riku, fammi un pochino di spazio!" esclamò il moretto mostrando la dentatura bianca e un sorriso scaltro. Dio ti ringrazio.
Sora si fece cadere letteralmente sull'erba, tra Riku e Vanitas, sdraiandosi a pancia in su con le braccia spalancate, sospirando stancamente.
"Il liceale è stanco?" chiese il fratello, spingendogli un dito sulla pancia per punzecchiarlo. Sora si ritrasse istintivamente e lo fulminò.
"Smettilaaaa!" piagnucolò, tentando di dargli uno schiaffo che Vanitas schivò abilmente. "Sei insopportabile!"
"Sì,  confermo, sei insopportabile!" diede corda Axel, dando un pugno sulla spalla di Vanitas. "Sora, perché non impari a suonare la chitarra ed entri nel nostro gruppo al posto di tuo fratello?"
Sora stava per rispondere, ma Vanitas rise con la sua solita risata senza entusiasmo, guardando Axel in tralice.
"Sei simpatico come l'ebola, Ax!"
Il rossino decise di ignorarlo di proposito, così si voltò verso il più piccolo, che ora stava tirando dei fili d'erba, distrattamente.
"Come va la scuola, Sora?"
Il moro alzò lo sguardo verso di lui e arricciò le labbra: "Mmh... me la cavo, ma potrei fare di più. In realtà dovrei darmi da fare, perché vorrei prendere una borsa di studio! Ah - si voltò di scatto verso il fratello, chiaramente folgorato da un ricordo improvviso - Van, sai chi ha vinto la borsa di studio l'anno scorso?"
Vanitas non sembrò molto interessato a riguardo, ma, per quanto fosse superbo e spesso menefreghista, voleva bene a suo fratello e non gli piaceva ignorarlo, - anche se Sora parlava un sacco e a volte l'unico mezzo per zittirlo era proprio quello- così fece un mezzo sorriso e si finse incuriosito: "No, chi?"
"Roxas!"
Vanitas alzò un sopracciglio a quel nome, poi scoppiò a ridere, improvvisamente, tenendosi la fronte con una mano.
Axel e Riku si guardarono interrogativi, poi quest'ultimo chiese, confuso: "Scusate, ma cosa c'è di tanto divertente?"
"E poi chi è Roxas?" chiese ancora il rossino.
Van sembrò riprendersi improvvisamente. Si stropicciò un occhio lacrimate per il troppo ridere e guardò i suoi amici, con un sorrisetto: "Rido perché non avevo dubbi a riguardo! Roxas è il fratello più piccolo di Ventus!" spiegò, posandosi di nuovo gli occhiali da sole sul naso, visto che il sole era appena spuntato ancora da dietro un palazzo.
"Oh, intendi la versione in miniatura di Ventus?" chiese Axel.
Vanitas e Sora annuirono all'unisono nella sua direzione, poi il più grande aggiunse: "Sì, esatto, la sua miniatura, anche se ora ha l'età di Sora e sta crescendo davvero molto bene!"
"E' una specie di prodigio!" constatò Riku, allibito.
Sora lo guardò e annuì di nuovo, sorridendo: "E' polistrumentista! Grazie alla borsa di studio è riuscito ad entrare al conservatorio e suona il pianoforte, la chitarra, il violino e... mmh - alzò gli occhi al cielo per fare mente locale mentre con le dita teneva il conto dell'elenco - ah, e il flauto traverso!"
"La chitarra, eh..." mugugnò Axel, con tono scaltro di chi ha in mente qualcosa. Si lanciò una fugace occhiata con Riku, che capì e scoppiò a ridere.
"Non ci pensate nemmeno! Sono io il vostro chitarrista!" sbottò Vanitas, capendo al volo a cosa si stessero riferendo. Sora gli diede un pugno amichevole sulla spalla, ridacchiando.
"Van, ho la sensazione che vogliano tagliarti fuori dal gruppo!"
"Devono solo provarci!" rispose acidamente il fratello più grande, imbronciandosi "Gli mando Ventus a picchiarli, parola mia!"
Per quanto l'assurdità delle parole di Vanitas li avesse divertiti molto - infatti era assurdo come un bullo come lui pretendesse di farsi difendere con la forza dal suo fidanzato, ma era stato appurato da anni che Ventus fosse effettivamente più forte di lui -, Riku sembrò pensare seriamente alle parole di Sora e, quando la situazione fu tornata alla normalità, si rivolse al suo chitarrista, che si era steso di nuovo sull'erba e stava chiaramente inviando un sms col suo cellulare, decorato con la mascherina di un teschio con un cilindro in testa, vagamente somigliante a Slash.
"Vanitas, seriamente, non è che il fratello di Ventus si presterebbe per suonare il basso? D'altronde è polistrumentista e suona la chitarra... scommetto che per lui suonare il basso sarà un gioco da ragazzi!"
Il moro alzò lo sguardo dal monitor del suo telefono e guardò Riku con un sopracciglio alzato, senza dire nulla.
"Ehi, è vero!" fece eco Axel, piegando le gambe e circondandosele con le braccia. "Come dice Demyx: il basso lo suonano i chitarristi falliti, quindi immagino che per chi suona la chitarra non deve essere poi così difficile suonarlo!"
Vanitas girò lo sguardo anche verso il rossino, continuando a non dire nulla e senza togliersi quell'espressione beota dalla faccia. In più con i Police tondi sembrava ancora più idiota.
Riku e Axel si guardarono per l'ennesima volta, quel giorno, un po' confusi dalla reazione del loro amico, poi Axel disse, titubante: "Van, ti sei..."
"Ma voi due vi siete completamente bevuti il cervello!" lo interruppe, alzandosi di scatto a sedere e fulminandoli con lo sguardo. "Avete idea di che cazzo di idea vi è appena balenata in testa?"
"Scusami, ma quale sarebbe il problema? E' una specie di genio della musica e non dovremmo approfittarne?" continuò Riku, alzando le spalle per nulla intimorito dallo sguardo omicida del suo amico. "E poi che cosa ti costa provare a chiederglielo?"
Vanitas sembrò incollerirsi di più a quella frase. Si chiese se fosse lui quello che aveva perso il senno o loro due.
"Ma... è un bambino! Un fottuto bambino! Se prendessimo lui dovremmo iniziare a suonare Justin Bieber!" sbraitò, poi aggiunse tra i denti: "E non mi va!"
"Ma se ieri mattina volevi fare una cover band di Britney Spears!" lo punzecchiò Axel, ritraendosi preventivamente nel caso Vanitas gli volesse tirare un destro in bocca. Ma non successe. Il moro si nascose il viso tra le mani, grugnendo come il peggiore dei pazzi.
"Non mi sembra il momento di fare dell'ironia!" commentò, visibilmente incollerito dai modi di fare del rossino. "Sono già abbastanza esaurito per cazzi miei!"
Mentre Axel pensava che l'ultima affermazione di Vanitas fosse profondamente vera e che ultimamente era più suscettibile del solito, probabilmente per colpa degli esami, Riku si accigliò un po' e, infastidito dalla risposta senza senso del chitarrista, sospirò.
"Vanitas, qual è il reale problema? Ha l'età di Sora, quindi non è un bambino, - Sora a quella affermazione sorrise ringalluzzendosi, soddisfatto che qualcuno non lo credesse un poppante - studia al conservatorio, sembrerebbe molto intelligente, quindi dubito pretenda di voler suonare canzonette. Perciò: qual è il vero problema?".
Vanitas si liberò il viso ancora nascosto dalle mani e sospirò, in direzione del ragazzo dai capelli d'argento. Sembrò perdere ogni traccia di collera che fino a quel momento lo aveva attanagliato.
"Sentite" cominciò, facendosi serio come non era mai stato in vita sua "Roxas non è la persona che fa al caso nostro. Ha un sacco di... cazzi per la testa! Ha bisogno di qualcuno che gli stia vicino e, purtroppo, noi non siamo ASSOLUTAMENTE le persone giuste per lui. Credetemi, ve lo dice uno che lo conosce bene!" sentenziò, stancamente, ributtandosi sull'erba e riprendendo il cellulare per far capire di non voler più continuare quella conversazione.
Riku abbassò gli occhi, perché sentire certe cose un po' lo rattristavano. Si ricordava di quando in adolescenza era diventato cupo e malinconico e di come solo i suoi amici erano riusciti a salvarlo da quel baratro. Si sentì fortunato. Alzò di nuovo gli occhi e si ritrovò un Sora tutto sorridente che lo fissava, dolcemente.
"Glielo chiederò io!" sbottò il più piccolo, allargando di più il suo sorriso, prima di farselo scomparire dalla faccia quando sentì qualcuno aggrapparsi al colletto della sua camicia, dietro di lui e tirare forte. Sentì il respiro mozzarsi.
"Tu non farai proprio niente! Tu devi stare buonino e farti i cazzi tuoi, Sora! Non è una cosa che ti riguarda!" proruppe Vanitas, ancora sdraiato, mentre continuava a tenergli il colletto tirato. Sora si liberò con uno strattone, voltandosi poi verso di lui accigliato.
"Sei tu che devi farti gli affari tuoi, Van! Dici di conoscere Roxas, ma se lo conoscessi davvero bene gli daresti l'opportunità di suonare con voi, perché probabilmente questo lo aiuterebbe molto!"
"Non è quello il punto!" grugnì Vanitas, ritrovando la collera che aveva perso poco prima e alzandosi di nuovo a sedere, lasciando cadere il cellulare sull'erba "E se non ci trovassimo bene a suonare con lui? E se fosse lui a non trovarsi bene? E se avessimo una brutta influenza su di lui?"
"Beh, tanto vale tentare! Male che va lo si tira fuori dal gruppo e ne cerchiamo un altro!" disse Axel, improvvisamente, facendo spallucce. Vanitas si voltò a guardarlo, visibilmente scosso dalla leggerezza delle parole del rosso.
"Ok, non hai capito un cazzo come al solito, Axel! Tirarlo fuori significherebbe che non è all'altezza... e a Roxas non serve sentirsi anche così! Vi volete fidare di quello che vi dico, una buona volta?"
"Non ci vedo nulla di male..." disse Riku, in tono calmo.
"No, nemmeno io!"
"Ripeto, se volete glielo chiedo io!"
Vanitas sembrò perdere ogni traccia di quella poca calma che gli era rimasta ma, inaspettatamente, dopo aver grugnito alzando lo sguardo al cielo e aver stretto i pugni forse pronti a colpire il primo che gli capitava sotto tiro, sospirò abbassando lo sguardo, sconfitto.
"E va bene! Chiederò a Ventus di proporglielo!" sbottò, prendendo poi con un gesto svogliato la sua borsa nera da sopra il prato e si alzò lentamente, mettendosela poi in spalla.
Riku, Axel e Sora sorrisero soddisfatti per essere riusciti nel loro intento, felici che probabilmente presto avrebbero avuto un bassista e il gruppo sarebbe stato finalmente al completo.
"Ma vi avverto!" esclamò d'un tratto Van, puntando il dito su ognuno di loro, con fare minaccioso "Se uno di voi si permette di fare o dire qualcosa che possa farlo soffrire, ve la farò pagare cara!"
E, senza aspettare nemmeno una risposta da parte loro, Vanitas prese con un gesto secco il casco da terra e se ne andò.
"Buona giornata anche a te, Vanitas!" disse in tono fintamente dolce Axel e agitando una manina, quando ormai il chitarrista era già schizzato via a tutta velocità e non era più visibile.
"E' sempre un piacere discutere con tuo fratello!" esclamò scherzosamente Riku, e Sora si voltò verso di lui.
"Oh, sì! E non hai idea di quanto sia piacevole vivere con lui!" rispose il più piccolo con lo stesso tono "Il problema è che si è dimenticato che dovevo andare con lui! Per quello ci siamo dati appuntamento qui!" aggiunse, mentre arricciava le labbra e abbassava lo sguardo, afflitto.
Axel fu folgorato dall'idea della fantastica occasione che aveva Riku in quel momento, così gli diede una leggera gomitata e gli fece un cenno del capo per fargli intendere a cosa stava pensando. Il ragazzo dai capelli d'argento sembrò illuminarsi.
"Sora, se vuoi... ti accompagno a casa io! Ovviamente dovremmo prendere i mezzi pubblici, perché non ho un motorino, ma almeno non farai il tragitto da solo!" propose, timidamente, posandogli una mano sulla spalla per confortarlo. Sora alzò di colpo il viso e ne rivelò un sorriso a trentadue denti che fece arrossire Riku.
"Lo faresti davvero, Riku?"
Il ragazzo alzò un sopracciglio di fronte a tutta quell'euforia, poi rispose al sorriso e annuì, intenerito dalla purezza di quell'esserino che lo aveva fatto innamorare: "Certo!"
"Grazie mille!" urlò Sora, cingendogli le braccia intorno al collo per abbracciarlo, e Riku poteva morire anche lì, e sarebbe stato felice lo stesso. Lo sapeva che era il suo modo di ringraziarlo, ma dal momento in cui lo aveva stretto gli era entrato nel naso il profumo dei suoi capelli, che, non sapeva perché, gli ricordava l'odore dei fiori freschi e bucato pulito che sentiva quando giocava da piccolo nel cortile della villetta in campagna di sua nonna. Era. Fottutamente. Dolce.
Axel, che aveva trovato quella scena molto carina, si alzò con un mezzo sorriso soddisfatto e si lisciò il tessuto dei pantaloni che gli si erano piegati per il troppo tempo passato seduto.
"Beh, allora io comincio ad avviarmi! Oggi non ho lezione di pomeriggio e ne approfitterò per continuare a giocare a Metal Gear!"
Sora si staccò dall'abbraccio con Riku e si alzò in piedi, imitato dall'altro ragazzo.
"Sì, anche noi andiamo subito, vero Ri?" sorrise il moretto.
"Certo! A domani Ax!" salutò il batterista, sistemandosi meglio lo zaino in spalla e voltandosi quando l'altro ragazzo gli aveva risposto con un gesto della mano. Non appena Sora gli si affiancò saltellando e lo prese per mano, Axel vide Riku sobbalzare imbarazzato a quel gesto.
Il rossino li osservò allontanarsi per qualche istante, sorridendo soddisfatto, poi si voltò e raggiunse lentamente il palo a cui aveva legato la sua bicicletta. La slegò e vi salì in sella, prendendo la strada verso casa.
Axel amava moltissimo viaggiare con la sua bicicletta. Lui, la bici e la musica nelle orecchie. Un mix perfetto che non avrebbe cambiato mai per nulla al mondo.
Si alzava presto il mattino, anche quando aveva lezione di pomeriggio e si faceva lunghe passeggiate, cantando a squarciagola quando raggiungeva quei posti che nessuno frequentava. Amava cantare e farlo in quel modo liberatorio lo aiutava a sfogarsi di tutte le frustrazioni e le afflizioni del mondo. Meglio di uno psicologo, ed è gratis!
Raggiunse il portone di casa e suonò il citofono, molleggiando le gambe impaziente di rientrare a casa (devo fare pipì ç_ç NdAxel).
"Chi è?" rispose la voce della madre, alterata in un tono elettronico per via del vecchio citofono.
"Il figlio che hai sempre voluto!"
Il portone si aprì con un rumore sordo e il ragazzo vi entrò, lasciando poi la bicicletta nel cortile e precipitandosi verso l'ascensore con passo svelto, trovandolo fortunatamente già al piano terra.
Non appena arrivò davanti alla porta di casa, trovò sua madre ad aspettarlo sulla soglia, con una vestaglia blu addosso e i capelli rosso fuoco tirati su in modo disordinato.
"Ciao, ma'!" salutò, chinandosi per darle un bacio sulla guancia, che la donna aveva proteso preventivamente non appena lui si era avvicinato.
"Ciao figlio!" sorrise la donna, chiudendosi poi la porta alle spalle non appena il rosso si fu accomodato in casa.
"Allora, che hai fatto per cena?"
"Axel, sono le 4 del pomeriggio... stai già pensando alla cena?" chiese lei, esasperata
"Lo sai che per essere così bello devo mangiare tanto e sano, no?"
"Se sei bello è solo merito mio! Comunque ti preparo qualcosa, razza di pozzo senza fondo che non sei altro!" ridacchiò ancora la madre, sparendo poi dietro la tenda a  perline della cucina, molto anni '70.
"Un cinghiale appena cacciato andrà benissimo!" esclamò ironicamente, ma con fare distratto, mentre si lasciava cadere sul divano del salotto e accendeva la tv. Fece zapping per un po', poi si soffermò su una
sit-com familiare, di quelle che, ad ogni battuta, ci sono delle risate finte ad accompagnarle. Le odiava, ma non c'era di meglio, purtroppo.
Fortuna che a spezzare quella orribile noia che lo aveva sovrastato fu il suo cellulare, e sorrise alla vista del faccione di Vanitas sul suo display, registrato con il nome di: Lord Van.
"Sono qui per servirla, mio signore!" disse non appena si fu portato il telefono all'orecchio.
"Datti una sprangata sulle gengive, Axel!" fu la dolce risposta del chitarrista, che sembrò particolarmente inacidito. "Senti un po', pel di carota! Sono da Ven e c'è anche Roxas, dice che per lui non c'è nessun problema e che è disposto ad incontrarci anche domani e che porterà il suo basso nel caso volessimo provare qualcosa insieme!"
Axel sentì gli occhi inumidirsi per la commozione: "Intendi dire che ha già un basso tutto suo?"
"Dopo la sprangata datti anche una sturata alle orecchie! " commentò Vanitas, esasperato, mentre di sottofondo si sentiva Ven mormorare qualcosa sul suo essere uno scaricatore di porto "Poi, siccome non ti ho chiamato per una conversazione di piacere, altrimenti ti avrei invitato per il tè delle 5, vorrei sapere se a te va bene vederci domani pomeriggio verso le 18 al Garage per provare!"
"Sì, mio signore Lord Van, va benissimo!" fu la risposta di Axel, detta con la voce di un provetto sottoposto di Satana (anche se pure Satana stesso sbiancava di fronte alla dolce e gentilezza che caratterizzavano da sempre Vanitas).
"Muori male, Axel!" e attaccò, senza nemmeno salutare, come al solito.
Vanitas era così: gli rodeva sempre il culo, aveva sempre qualcosa di cui lamentarsi, non ti faceva un favore nemmeno se lo minacciavi di uccidergli la madre e, soprattutto, con Ventus diventava tutto il contrario. Lui e Riku si facevano delle risate indimenticabili quando li vedevano battibeccare e Vanitas cercava di risanare il rapporto con paroline dolci e suppliche vergognose. Che coglione!
Ah, già, Riku. Conoscendo il chitarrista, probabilmente non si sarebbe nemmeno degnato di informarlo. Prese il telefono e gli mandò un sms, ricevendo poco dopo la risposta affermativa. Sorrise soddisfatto.
"Ecco qui, tesoro!" esclamò la mamma, comparsa poco dopo dalla cucina e porgendogli un panino e una lattina di aranciata.
"Grazie ma'! Ci voleva proprio!"
La donna sorrise e, sistemandosi la vestaglia dietro le cosce, si sedette vicino al figlio, che stava fissando il televisore con aria assonnata.
"Guardiamo Pretty Woman?"
Axel alzò un sopracciglio e ci mise un po' prima di voltarsi a guardarla, allibito; poi fece spallucce.
"Perché no!"
E, detto questo, il rossino si alzò in piedi e inserì il DVD, per poi sedersi a gustare la visione del film più sdolcinato della storia.
Ma, d'altra parte, ora avevano un bassista, ed era talmente elettrizzato all'idea che poteva guardarsi pure Peppa Pig, e sarebbe stato contento lo stesso.
Fine
 
 
*Stanza dell'autrice*
Ehm... salve a tutte!
Sono nuova. Cioè, non è che mi hanno appena scartato da un imballaggio, eh v.v! Sono nuova di questa sezione, anche se sono una vecchiarda (Sìsì, proprio d'età °_°). Fin'ora ero nella sezione di FF7 a pubblicare One Shot senza senso, poi ho messo la testina qui dentro, dopo che mi è ripresa la fissa per le AkuRoku, dopo anni che mi ero calmata un po' v.v (sì, va beh, nel frattempo ero in fissa con altro, eh"! Lo Yaoi è intrinseco in me e in vecchiaia non puoi far altro che peggiorare, sìsì!).
Così, dopo aver finito da poco Birth By Sleep (cioè sono all'ultima storia, e al boss finale v.v è quasi finito su! Non siate pignole! NdMiryel Ma la smetti di farti i discorsi da sola, per piacere? °° NdAxel), mi è balenata in testa questa storia e vorrei poterla portare avanti finché riesco (non sono famosa per essere una che conclude ciò che ha iniziato XD ma farò del mio meglio!). Speriamo vi piaccia u.ù.
Comunque, bando alle ciance e vi lascio prima ad un Bonus stupidissimo e quindi appuntamento al prossimo capitolo.
Un bacio speciale alla mia Chiara che non sono sicura la leggerà, ma se lo farà almeno saprà che la dedico a lei v.v !
Baci! :* Miaaaaaaoooo :3
 
 
*Bonus Track*
"Ma... Ma come accidenti ti sei vestito, Van?"
Vanitas sobbalzò sulle spalle a quella affermazione del suo fidanzato, palesemente sconvolto da quell'uscita, dopo che lo aveva squadrato da capo a piedi. Era vestito in prevalenza di nero, ma portava dei pantaloni attillati in pvc, la giacca di pelle nera, con una toppa degli Iron Maiden sul petto, Converse nere e con i lacci rossi e i suoi inseparabili Police sulla testa.
"Scusa, perché? Non va bene?" chiese, in tono mortificato.
"Ma..." cominciò Ventus, spiaccicandosi una mano sulla faccia, disperato "E' un saggio in un teatro prestigioso! Te l'ho scritto anche per sms, Van! Dovevi vestirti in giacca e cravatta!"
"Sì, per sembrare un pagliaccio!"
"Ma perché non mi dai mai retta!!"
Vanitas lo guardò spiazzato, poi sospirò: "Ma, tesoro... io ti do sempre retta!"
Era vero. Non c'era cosa che Vanitas non facesse senza che Ventus gli dicesse il come e il quando... almeno per quanto riguardava quei casi in cui doveva almeno fingere di comportarsi come una persona normale. E lui non era una personale normale, come gli ricordavano sempre Riku e Axel.
"Va bene, va bene! Ormai è tardi per cambiarsi! Accidenti, se non fosse che non si può, ti farei sedere lontano da me!" sospirò Ventus, esasperato all'ennesima potenza. Ma che cosa doveva fare con lui.
"Certo che quando vuoi sei veramente uno stronzo!"
"Sei tu quelli che non mi sta mai a sentire!" controbatté il biondino, sistemandosi poi meglio la cravatta nera.
"Eddai, scusa! Perdonami, Ven! Faccio il bravo, promesso! Mi fingerò interessato!" piagnucolò, cingendogli le braccia al collo in modo infantile.
Ventus lo guardò serio per un attimo, prima di scoppiare a ridere intenerito dalle uscite del suo fidanzato. Gli posò un bacio sulla fronte.
"Grazie per lo sforzo, Vanitas! Dai, andiamo!" lo incitò, dandogli poi una sonora pacca sul sedere. Il moro sobbalzò, poi sorrise maliziosamente in sua direzione. "E non fare quella faccia!"
Quale faccia? Quella da ebete che aveva ogni volta che Ventus si mostrava un po' audace? Beh, era tutta colpa sua se gli si palesava sul volto il fatto che fosse cotto marcio.
Ventus si voltò e Vanitas sospirò, prima di iniziare a seguirlo, rassegnato ormai al destino di dover pendere per sempre dalle sue labbra.
*Fine*
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Roxas. ***



 

Capitolo 2. Roxas.
 
"Buongiorno mio signore!"
"Vai a fare in culo, Axel!"
Bene, Vanitas era decisamente di buon umore quella mattina. meno male! Lo aveva capito dal fatto che invece di augurargli la morte lo aveva solo mandato a quel paese. Non poté che sospirare alleggerito dalla negatività che fino al giorno prima aveva un po' aleggiato intorno a lui e il suoi amici, per via di quella brutta storia del bassista; ora non avevano più nulla di cui preoccuparsi! Il bassista c'era e finalmente avrebbero iniziato a suonare seriamente! Bene! (sei un pochetto sarcastica, o sbaglio? NdAxel Ma noo! Ma ti pare? Io? NdMiryel sei peggio di Vanitas -.- NdAxel)
"Senti Van, stavo pensando..."
"Al culo di Ventus! Io stavo pensando al culo di Ventus!"
Axel sospirò esasperato da quell'uscita, ma cercò di non darlo a vedere. Ma, comunque, Vanitas non se ne sarebbe accorto nemmeno se avesse avuto delle freccette puntate addosso con delle scritte al neon.
"Io invece no..." puntualizzò, massaggiandosi le tempie stancamente "Pensavo alla prova di oggi con quel ragazzino, Roxas... pensi che dovremmo fargli provare le tablature delle nostre canzoni, così, a secco? O magari una canzone che sa già, oppure..."
"Oppure fai che ti dai una calmata e ci pensiamo stasera direttamente lì, nh?" lo interruppe ancora il moro, mentre prendeva posto ad uno dei banchi della facoltà di Architettura. Vanitas si lasciò cadere sulla sedia con poca grazia e senza tanti complimenti poggiò i suoi anfibi neri sul banco, cominciando a tamburellarsi le dita sulle ginocchia.
"Scusa, ma pensarci stasera è un po' tardi, no? Oltretutto le tablature non me le sono mica portate dietro! Dovremmo decidere, così passo a casa a prenderle!" rispose Axel, accigliandosi, mentre si sedeva accanto a lui, con un po' più di garbo.
Vanitas sospirò: "Che vuoi che ti dica? Decidi tu! Lo sai che la decisione più importante che ho preso oggi era il colore delle scarpe da abbinare alla mia maglietta?"
"Sai che difficoltà... ti vesti sempre di nero!" commentò il rossino, guardandolo di sottecchi.
Vanitas fece spallucce.
"Ci sono fin troppe gradazioni di nero! Da diventarne matto, te lo assicuro!" rispose il moro, col tono di chi è attanagliato perennemente da questo dilemma "Comunque fai come cazzo ti pare! Portale, se vuoi! Te lo devo dire io? Ma sei capace di prendere una decisione da solo, una buona volta?"
Axel alzò un sopracciglio a quella affermazione, ma non ci rimase nemmeno male. Vanitas diceva le prime cose che gli passavano per la testa, l'importante era sembrare uno spaccone e che avesse ragione a prescindere. Il problema era che sembrava un matto, che cambiava idea continuamente.
"Cazzo, come sei volubile! Ma c'è un difetto che non hai, Vanitas?"
"Sì, quello di non avere quella faccia da troglodita che hai tu!"
"Almeno la gente mi vuole bene, a me, malgrado la mia faccia..."
"Ventus a me vuole bene!" controbatté, incrociando le braccia dietro la testa e cominciando a dondolarsi con la sedia di legno, su due zampe.
"Ventus ti sopporta! Sei tu che pensi che ti voglia bene!" rise Axel, schivando poi abilmente l'astuccio che Vanitas gli aveva appena tirato, con rabbia.
"Quante volte ancora ti dovrò mandare a fanculo, Axel? No, dimmelo! Quante?"
"Mai abbastanza!" ridacchiò ancora il rossino, raccogliendo da terra l'astuccio e posandolo sulla parte del banco dell'amico. "Dai, dimmi almeno quale canzone possiamo fargli provare! Che ne pensi di The Other Promise?"
"Deprimente!"
"Dearly Beloved?"
"Malinconica!"
"One Winged Angel?"
"Troppo brutale!"
"Hai rotto il cazzo!" sbottò Axel, esasperato.
"Ma che vuoi? Mi hai chiesto un parere  e te lo sto dando!" rispose l'altro, inacidito.
"Scusa, scusa! Colpa mia che ancora penso di poter avere una risposta sensata da te!" mormorò l'altro, alzando le mani, per poi farle cadere stancamente sulle cosce.
Vanitas sospirò.
"Facciamogli suonare qualcosa degli Arctic Monkeys e via!  Sono bravi, sono conosciuti e hanno un bel basso non sempre impegnativo! Porta le tablature di Dancing Shoes e via! o Balaclava!
"Vada per Balaclava!" sorrise Axel, soddisfatto "Allora ogni tanto lo fai girare quel cervelletto, eh?"
"Sono più le volte che mi girano le palle perché parli, Ax!"
"Che battuta scontata..." chiosò l'altro, aggrottando le sopracciglia.
"Sono qui fino all'ora di pranzo per gli autografi, tesoro!"
 
 
L'ora di pranzo arrivò e Vanitas non era sparito. Era ancora lì, accanto ad Axel, mentre raggiungevano il solito parchetto della città universitaria, dove un Riku di pessimo umore - Axel lo capì vedendolo da lontano, sdraiato sul prato con le cuffie nelle orecchie e lo sguardo cupo verso il cielo - li stava aspettando. Non appena i due si furono avvicinati, il moro gli punzecchiò un fianco con gli anfibi e quello sobbalzò, prossimo all'infarto per lo spavento che si era preso.
"Dolcezza, buongiorno!" salutò Vanitas, quando Riku si fu sfilato le cuffiette con un gesto secco della mano.
"Buongiorno un cazzo!" fu il suo commento acido, mentre si metteva a sedere a gambe incrociate sull'erba e gli altri due lo imitavano subito dopo.
"Sei incazzato?" chiese Axel, aprendo poi la borsa e facendone uscire un panino circondato dalla carta argentata "L'ho capito dal fatto che stavi ascoltando gli Avenged Sevenfold!" constatò ridendo, visto che dalle cuffiette si sentiva chiaramente in tono attufato un rift particolarmente Heavy Metal.
"Mah, giusto un po'!" fu il commento sarcastico di Riku.
"Che c'è, fiorellino?" chiese Vanitas, prendendogli una guancia e strizzandogliela come farebbe una vecchia zia raggrinzita. Riku gli spostò la mano con uno schiaffo, arricciando le labbra.
"C'è che siete una famiglia di matti e pensavo che tu fossi il peggiore di tutti, ma mi sono dovuto ricredere!"
Vanitas alzò un sopracciglio, confuso, poi rise consapevole di chi stesse parlando.
"Che ha combinato quel coglione di mio fratello?"
"Niente! Proprio niente!" fu la risposta secca.
"Non credo di capire..."
Riku grugnì e strappò con violenza degli innocenti fili d'erba dal prato, lanciandoli poi di lato. Sospirò fortissimo e si passò una mano tra i capelli, cercando di ritrovare il naturale contegno che sempre lo caratterizzava.
"Uno che ti abbraccia e ti prende per mano senza motivo e poi si scansa quando cerchi di baciarlo, ha dei problemi! E pure parecchio seri! Ieri... ieri mi ha tenuto per mano per tutto il tragitto fino a casa vostra e... e non aveva la minima intenzione di... di staccarsi!"  balbettò, confuso, ricominciando a strappare fili d'erba con lo sguardo basso. "Appena siamo arrivati davanti casa mi ha dato un bacio sulla guancia, io mi sono spostato per baciarlo sulle labbra e lui..."
"E lui?" lo incalzarono gli altri due, all'unisono, protraendosi in avanti curiosi.
"E lui si è messo a ridacchiare nervoso prima che potessi farlo ed è scappato dentro al portone di casa, lasciandomi lì come un idiota!" spiegò, prendendosi la testa tra le mani, stanco.
Axel e Vanitas si guardarono con gli occhi sgranati, poi quest'ultimo scoppiò a ridere di gusto, facendo grugnire Riku, con ancora il viso nascosto tra le mani.
"Ahahah! Quanto è tenero, dai!" commentò Vanitas, asciugandosi le lacrime e sorridendo in modo quasi dolce. "Ma dai Ri, è confuso! Gli piaci un sacco ma non è ancora pronto! Lo sai che mio fratello arriva sempre in ritardo su tutto! Per lui un bacio sarebbe un passo troppo grande. E poi, diciamocela tutta, lo volevi baciare davanti al portone di casa? Sora sogna il bacio del principe azzurro, magari mentre sta dormendo o mentre siete ad un ballo di gala,o magari in un ristorante a lume di candela!"
Riku riemerse il viso da dietro le mani e lo fulminò con lo sguardo e Vanitas fu ancora più divertito da quella reazione.
"Non credo che Riku sia il tipo da bacio romantico al tramonto! Secondo me è più uno che ti sbatte al muro e ti violenta, se può!" esclamò Axel, ridendo, guadagnandosi uno sguardo omicida anche lui da parte del ragazzo dai capelli d'argento.
"Sei la sua nemesi! Come cazzo hai fatto ad innamorarti di Sora?" chiese Vanitas, incuriosito davvero da quel fatto. Riku sospirò.
"Ma che vuoi che ne sappia... sarà stata proprio la sua ingenuità che fa da contrasto al mio carattere di merda." rispose Riku, al massimo dello sconforto. "E poi boh... lui mi fa sentire sempre che valgo più di quanto creda..."
Axel fu molto toccato da quelle parole, perché a Riku voleva davvero bene. Lo conosceva sin da quando erano bambini e non aveva avuto un'infanzia molto felice. Suo padre era andato via di casa per stare con un'altra donna più giovane di lui e la mamma non aveva retto il peso di quella separazione, così aveva iniziato a bere e a sfogare verbalmente ogni sua frustrazione su suo figlio, che quello che aveva provato a fare in quegli anni bui era solo farla star bene e darle soddisfazioni. Lei non aveva mai capito. Riku non aveva mai voluto smettere di aiutarla e così aveva perso se stesso, cercando di diventare quella figura che aveva lasciato un vuoto nel cuore della donna. Ma non c'era stato più spazio per lui. Non più. Ed ora Riku non viveva più con lei e non la vedeva da più di 5 anni, ormai. Non ne voleva parlare mai, e se si apriva il discorso per sbaglio si limitava a cercare di chiuderlo il prima possibile.
Chissà se Sora avrebbe capito, prima o poi, quanto era speciale per lui...
"Cambiando discorso!" esclamò Vanitas, che si sentiva in dovere di eclissare un attimo quell'argomento per il bene del suo amico "Stasera ci sei, no?"
"Per tua fortuna Axel mi ha mandato un sms ieri sera, altrimenti starei qui a chiederti di cosa stai parlando!" rispose Riku, con un mezzo sorriso, ritrovando un po' la sua arroganza. Vanitas alzò un sopracciglio.
"Ah, non ti ho chiamato io?"
"Mio dio, dovresti farti rinchiudere in un ospizio, Van..." sospirò Riku, spiaccicandosi la faccia contro la mano, stancamente.
"Sono d'accordo!" rispose una voce familiare.
I tre si voltarono e sorrisero in direzione di Ventus, che aveva appena fatto capolino e nessuno lo aveva sentito arrivare.
"Tesoro!" quasi urlò Vanitas, abbracciandolo forte non appena lo vide sedersi sull'erba accanto a lui.
"Salve a tutti!" salutò Ven, che cercò di ignorare le effusioni che Vanitas gli stava facendo. "Ciao anche a te, mostro!"
"Ma perché mi tratti sempre male? Che ti ho fatto?"
Era. Inquietante. Da. Morire.
Axel e Riku non riuscivano ad abituarsi al cambio di carattere che il chitarrista aveva ogni fottuta volta che Ventus era nei paraggi. Diventava una specie di Peluche di pezza, tenero e coccoloso, solo che invece che dolci occhi da cerbiatto, aveva due pietre d'ambra inquietanti da morire e lo sguardo demoniaco di un diavolo. Axel si chiese se durante le notti di luna piena non gli spuntassero anche le corna e la coda.
"Qualcuno dovrà pur tenerti a bada, no?" esclamò Ventus, con fare autoritario, scrollandoselo di dosso.
"Ma almeno me lo dai un bacio?" piagnucolò l'altro, attaccandosi al suo braccio, subito dopo.
Ven alzò gli occhi al cielo, esasperato e si voltò a guardarlo, poi sorrise e gli posò un bacio sulle labbra e Vanitas ne approfittò per infilargli la lingua in bocca. Il suo ragazzo lo scostò bruscamente e gli diede uno schiaffo.
"Non esagerare come sempre, Van!"
Axel e Riku risero di fronte a quella scena e ancora di più davanti alla faccia dolorante di Vanitas che si stava tastando la guancia arrossata.
"Ma siamo sicuro che Ventus sia il passivo?" chiese Axel, a bassa voce.
"Non lo so, inizio ad avere qualche dubbio a riguardo..."
"Vi ho sentiti, stronzi!" urlò il chitarrista, agitando un pugno a mezz'aria verso di loro, con fare minaccioso.
"Datti una calmata!" lo redarguì il fidanzato, spiaccicandogli una mano sulla faccia nel tentativo di tranquillizzarlo. "Allora, pronti per stasera?"
"Sì, carichi!" assentì Riku, ignorando le lamentele che ora Van stava urlando in direzione di Ventus. "Finalmente avremo un bassista! Non ci credo ancora! Tuo fratello è emozionato?"
Ven sembrò un attimo scosso da quella domanda e, mettendosi una ciocca di capelli dietro un orecchio, sorrise leggermente.
"Beh, Roxas non è il tipo che ha mal di pancia prima di un esame... ma credo sia contento di poter suonare in un gruppo!" fu la sua risposta, detta con un tono incerto che incuriosì Axel e Riku. "Ovviamente sentitevi in dovere di tenerlo o meno! Non fatevi influenzare dal fatto che è mio fratello! Avete le vostre esigenze musicali, dopotutto!"
"Ah, beh, contando che fa il conservatorio e che quindi deve essere un mostro della musica, immagino che potrebbe essere lui quello a non volerci e considerarci degli scarsoni!" rise Axel, cercando di alleggerire un po' l'aria, che aveva preso inspiegabilmente odore di zolfo, quindi irrespirabile.
"Sì, è il piccolo genietto di casa, lui!" esclamò Ventus, con un sorriso molto dolce. Doveva essere davvero orgoglioso di lui.
"Bene, buono a sapersi! Ci voleva una presenza intelligente in questo gruppo! Farà da contrasto alla demenza di Vanitas!" continuò Axel, soddisfatto, non troppo sarcastico sull'ultima affermazione.
"Axel, giuro che ti faccio passare un brutto quarto d'ora ad inalare i fumi della marmitta della mia moto!"
"Morirei soddisfatto per averti insultato fino all'ultimo!"
Riku scoppiò a ridere di fronte a quella risposta del rossino e gli diede il cinque, mentre Ventus sospirava, contento di aver deciso sin dal principio di non far parte del loro gruppo musicale. Era troppo posato, lui.
"Vieni anche tu stasera, Ven?" chiese d'un tratto Riku, quando si furono calmati, specie la furia omicida del chitarrista, ormai sempre più sull'orlo di compiere un omicidio.
"Sì, accompagno Roxas. Non me la sento di farlo tornare a casa con i mezzi, se mai finiste sul tardi. Ovviamente sempre se non sono d'intralcio!"
Axel sorrise e scosse la testa in un diniego: "No, figurati! Nessun problema! Basta che non ci distrai il chitarrista! Sai, perde spesso il punto..."
"Questo vuole morire sul serio!" grugnì Vanitas.
"Sei monotono, Van..." commentò Ventus, stancamente, aggiustandosi gli occhiali da vista bene sul naso. "Beh, calmiamo i bollenti spiriti! Vi ho portato del succo di frutta!"
"Ormai sei la nostra Groupie, Ven!" ridacchiò Axel, prendendo poi dalle mani del biondino un succo alla pera.
Ventus lo fulminò, poi abbassò lo sguardo nella sua borsa per cercare gli altri bricchetti.
"Cercherò di prenderlo come un complimento, sta volta..." sospirò, porgendo poi gli altri succhi agli altri due e prendendone uno per sé.
"Birra in bricchetto! Non sarebbe una bella idea, cazzo?"
Le uscite senza senso di Vanitas. Un classico che non stancava e, soprattutto, non smetteva di stupire.
"Una bella idea del cazzo, sì!" rispose Riku, dandogli uno scappellotto dietro la testa "Ma come te ne esci, dico io!"
"Mi hai fatto male!" urlò Vanitas, massaggiandosi la testa "E poi è geniale! Non venire a chiedermi soldi quando sarò diventato ricco dopo che l'avrò brevettata!"
"Non venire a chiedermi di operarti il braccio, quando te lo avranno rotto per l'idea malsana che hai avuto!"
Vanitas aprì la sua bocca velenosa per controbattere ma non gli venne in mente nulla da dire, così la richiuse, sconfitto. Gli altri tre risero a quella reazione e subito dopo si rilassarono bevendo il loro succo, mentre un venticello particolarmente fresco accarezzava i loro visi.
Axel diede un ultimo sorso al suo succo, prima di scoprire che fosse già finito e ripose il bricchetto vuoto sulla sua borsa, col promemoria di buttarlo non appena si fosse alzato. Si guardò intorno, rilassato e, mentre Riku aveva preso il cellulare e Vanitas simulava di suonare la chitarra, probabilmente con qualche motivetto nella testa, vide Ventus con lo sguardo fisso nel vuoto e un alone di malinconia mista a preoccupazione palesata negli occhi azzurri. Si chiese se quello sguardo così triste non avesse a che fare con Roxas, suo fratello. Da quello che gli aveva detto Vanitas il giorno prima e dalle parole che aveva usato il biondino per descriverlo, aveva intuito che quel ragazzino avesse qualcosa di strano. Facendo il quadro della situazione, l'idea che si era fatto di Roxas era di un ragazzino solitario, taciturno, intelligente e poco stimolato dalle emozioni. Gli sembrava assurdo, specie a lui che era un tipo solare, estroverso, emotivo e pungente. Uno di quelli che, ai tipi come Roxas, non piaceva mai molto. Chissà se si sarebbe trovato bene, nel gruppo... che, grazie alla personalità di Vanitas, sembrava più un gruppo di ripresa per tossicodipendenti, che musicale.
Sospirò, a quel pensiero, sperando di non fare figure di merda, quella sera.
"Facciamo una Punk-Cover di Yellow Sub marine!"
"Oddio Vanitas, ma perché devi dire tutto ciò che ti passa per la testa?" disse esasperato Riku, senza alzare gli occhi dalla sua partita a Candy Crush.
"Non ha forza di volontà, ormai lo abbiamo appurato!" rispose Ventus per lui, ridacchiando.
"Fanculo! Stasera lo proporrò a Roxas, lui mi dirà sicuramente di sì!"
"Probabilmente ti ignorerà, come fa la maggior parte delle volte in cui te ne esci con certe stronzate!" controbatté Ventus, guadagnandosi uno sguardo afflitto del suo ragazzo, che decise di ignorare di proposito. "Allora d'accordo, ci vediamo questa sera! Mi avvio per la mia ultima lezione e poi vado a casa a recuperare Roxas!"
"D'accordo Ven, ci vediamo stasera! Puntuali, eh?" si raccomandò Axel, alzandosi in piedi imitato poco dopo dal biondino che ridacchiò.
"Ah, puoi starne certo! Mio fratello è un tipo preciso, non gli piace fare ritardo, né tantomeno i ritardatari!"
Riku e Vanitas di riflesso si voltarono verso Axel, che si sentì osservato da uno sguardo accusatorio effettivamente poco velato. Sobbalzò sulle spalle.
"Ehi, non guardatemi così! Non sono COSI' tanto ritardatario, io!" cercò di difendersi, incrociando le braccia al petto, offeso.
"Addio bassista! Ti odierà, Axel!" rise Riku, alzandosi poi anche lui in piedi e Vanitas lo seguì, subito dopo.
"Sì, come al solito rovini sempre tutto!" fece eco Van, prendendo da terra la sua borsa. "Va beh, a questo punto vado! Tra poco devo passare a prendere Sora a scuola... o vuoi andarci tu, Riku?"
Il ragazzo dai capelli d'argento scosse la testa, sorridendo mestamente: "Meglio di no, o rischio di prenderlo a capocciate, sta volta!"
"Ahah! Magari non si fa baciare, ma una bella capocciata se la fa dare volentieri!" esclamò Vanitas, inforcando gli occhiali da sole e facendo ridere Ventus e Axel. Riku gli diede un pugno sul braccio. (Ho un livido pazzesco sull'avambraccio per tutte le volte che questi qui mi prendono a pugni! Autrice, fai qualcosa! NdVanitas Che vuoi, sono l'autrice, glieli faccio dare io tutti questi pugni! E' la mia frustrazione verso di te, che mi ci sono voluti tre giorni per batterti! è_é NdMiryel Sei la cosa più odiosa che possa esistere sulla faccia della terra -.- NdVanitas)
Vanitas risposte con un altrettanto pugno sulla sua spalla (Contento? NdMiryel No è_é NdVanitas).
"Ok, dolcezze! Ci si vede stasera! Vanitas, ricordati di portare la chitarra sta volta!" si raccomandò Axel, indicandolo puntandogli un dito sul naso.
"Aaah! Che palle che sei! E' successo solo un paio di volte!"
"Bastano e avanzano!" fu il commento del rossino, poi mise in spalla la borsa "A stasera, fringuelli!"
 
 
Erano le cinque del pomeriggio quando Axel decise che forse era ora di iniziare a muoversi per raggiungere il Garage. Era ancora seduto al PC, quando si decise e ci mise un po' prima di prendere coraggio e alzare le chiappe dalla sedia di pelle nera. Si era messo a sentire un po' di musica e a canticchiare qualcosa, nell'attesa che arrivasse l'orario stabilito, ma la pigrizia aveva un po' preso il sopravvento e, se non fosse stato che l'idea di avere un bassista lo elettrizzava, avrebbe volentieri passato la sera a far nulla in casa. Era stanco morto e gli esami erano vicini, così, invece di rimanere in camera sua col senso di colpa per non aver studiato nemmeno una pagina per tutta la giornata, preferì non farsi sopraffare dalla noia e decidesse a muoversi.
Andò in bagno per mettersi un po' di gelatina. I suoi capelli, normalmente, erano liscissimi e, senza gel era la copia spiccicata di sua madre, il che non lo entusiasmava moltissimo. Finito di acconciarsi la chioma, si lavò i denti e usci velocemente, prendendo al volo la giacca di pelle rossa e le tablature che aveva stampato poco prima. Si era permesso di aggiungere qualche canzone in più, nel caso Roxas non avesse gradito la scelta sua e di Vanitas di portare solo Balaclava.
Uscì dalla stanza, raggiunse la mamma in cucina e le diede un fugace bacio sulla guancia.
"Vieni a cena?" chiese la donna, intenta a tagliare delle melanzane a cubetti.
"Non credo, 'ma! Però se dovessi cambiare programmi ti chiamerò!"
"Stai attento tornando!" si raccomandò, incitandolo a darle un altro bacio, che ricevette lapidariamente.
"Sì, tranquilla! A dopo!"
E detto questo uscì di casa, cominciando a scendere le scale a due a due, troppo di fretta per poter attendere l'ascensore che arrivasse al quinto piano. Raggiunse il cortile, prese la bicicletta e uscì dal portone, constatando con un sorriso che le giornate si stavano effettivamente allungando, con l'arrivo dell'estate.
"Na, na, na, na! Disco Inferno!" canticchiò, prendendo velocità, poi alzò un sopracciglio "Ma che cazzo sto cantando!?"
Dopo essere rimasto allibito dal fatto che su milioni di canzoni che conosceva, gli era venuta in mente proprio quella, girò l'angolo e poi un'altro, per poi percorrere dritto per dritto tutto il tragitto che lo portava fino al Garage, non troppo lontano da casa sua. Non appena raggiunse l'edificio che ospitava i vari Box e un supermercato al piano terra, aprì un cancello automatico con il telecomando ed entrò, lasciando poi la bicicletta su un muro appena raggiunse il loro Box con la serranda aperta.
In sottofondo al suo arrivo c'erano Riku che suonava i piatti, rumorosamente e Vanitas che strimpellava la chitarra già attaccata all'amplificatore.
"Buonasera!" salutò, appena comparve all'interno. I due smisero di suonare e alzarono lo sguardo, illuminato dalla fredda luce al neon che il Garage offriva.
"Ciao Ax! Puntale, oggi! Anzi, addirittura in anticipo!" constatò Riku, guardando l'orologio appeso alla parete e scoprendo che fossero appena le 5 e mezza del pomeriggio.
"Non potevo fare figuracce, dopo quello che ha detto Ventus..." ridacchio, massaggiandosi il collo in imbarazzo. Riku sorrise e tornò a picchiettare leggermente una bacchetta su un tamburo.
"Hai portato le tablature, vedo!" disse Vanitas, con aria di sfida, sorridendo da un solo lato della bocca.
"E tu hai portato la chitarra, vedo!" rispose Axel, con lo stesso sorriso, lasciandolo muto ed offeso, mentre Riku rideva sotto i baffi cercando di non farsi vedere dal moro.
"Allora, prepariamo tutto quanto! Ventus è uscito di casa poco fa e sarà qui a momenti! Attacchiamo tutto, prepara lo stracazzo di microfono che ti serve per far sentire quella voce da rana striminzita che hai, e siamo pronti!" ordinò Vanitas, togliendosi la chitarra dalle spalle e raggiungendo un amplificatore più grande poco lontano.
"Oh, grazie mille! Non credevo che avessi questa opinione della mia voce!" disse Axel, fingendosi offeso. Vanitas non lo guardò.
"Dato che non sei capace a far altro che aprir bocca, era l'unico ruolo libero che avevamo! Ricordi?" 
Che cazzo di bugiardo! Era proprio per la bella voce di Axel che avevano deciso di mettere su un gruppo, dopo che il rossino si era esibito in uno stupido musical a scuola, rivelando le sue capacità canore. Se non sapeva che Vanitas pensasse il contrario, avrebbe pianto a quella frase, probabilmente, ferito nel profondo.
"Beh, sempre meglio di muovere le dita a caso sulla chitarra per tirar fuori qualche nota steccata!"
"Io le dita le so muovere molto bene! Fattelo dire da Ventus!" rise Vanitas, tornando alla sua postazione e riprendendo la chitarra in mano.
"Vanitas!!!"
Era la voce indignata e sconvolta di Ventus, quella che avevano appena sentito alle loro spalle. Si voltarono a guardare le due figure appena comparse.
"Ven... scherzavo, giuro!!" cercò di scusarsi il moro, scuotendo le mani agitato. Ventus scosse il capo, rassegnato, poi incitò il ragazzo accanto a lui a fare un passo avanti. Tutti lo guardarono.
"Salve"
La sua voce era un po' roca e bassa. Aveva una maglietta a maniche corte bianca, con una greca a scacchi intorno al bordino delle maniche e uno strano simbolo a forma di stelletta ninja sul petto e con il cappuccio alzato sulla testa, pantaloni color cappuccino e scarpe da skater nere con i lacci bianchi. Un polsino a scacchi neri e bianchi. In spalla portava una custodia nera con all'interno probabilmente il suo basso. Capelli biondi appena visibili sotto al cappuccio e un paio di occhi azzurri come il mare, pesantemente velati da qualcosa che non si poteva definire. Ventus a 16 anni.
Era Roxas.
"Ehilà! Tu devi essere Roxas!" esordì Axel, sorridendo, tendendogli la mano non appena si fu avvicinato abbastanza "Io sono Axel, il cantante!"
"Molto piacere!" rispose il biondino, stringendogli la mano con una stretta poco poderosa.
"Quello lì è Riku! Non si alza perché probabilmente ha il culo attaccato alla sedia con la colla, quindi biasimalo per favore!" continuò il rossino, indicando dietro di se, dove Riku alzò un braccio per salutare, contraccambiato dall'altro, sorridendo e ignorando quel commento "E questo qui lo sai già chi è, purtroppo!"
Roxas guardò in direzione di Vanitas e agitò una mano per salutarlo, ma non rise alla battuta del rossino, che ci rimase un po' male.
"Ciao Roxy!" salutò Vanitas, sventolando il manico della chitarra in segno di saluto.
Roxas sembrò reprimere un sospiro stanco, che Axel percepì legato al nomignolo che il chitarrista gli aveva affibbiato.
"Bene, io mi metterò qui in un angolino, il più lontano possibile da Vanitas e me ne starò buonino! Fate come se non ci fossi!" sorrise Ventus, prendendosi poi una sedia arrugginita e mettendosi a sedere tra il corridoio e l'entrare del Garage.
"Grazie mille, Ven! Bene, attacco il microfono! Tu tira pure fuori il basso, Roxas! Van, dagli la tablatura, per favore!" chiese gentilmente il rossino, girandosi a guardare il chitarrista, in quella che era la pantomima di un leader gentile e disponibile. Vanitas alzò un sopracciglio a quel tono garbato, ma preferì glissare e fare come aveva detto.
"Allora, Roxy! Abbiamo deciso di farti provare questa canzone, ma se non ti va bene puoi sfogliare le altre tablature e decidere quella che preferisci!" disse, porgendogli un foglio che Roxas guardò incuriosito.
"Ah, Balaclava!" commentò, senza particolare entusiasmo facendo intendere che non gli piacesse, ma aggiunse, subito dopo, facendoli ricredere: "Non ho bisogno delle tablature, la conosco a memoria"
Angeli con arpe e campanelli suonarono nell'aria a quella frase. Un ragazzino di 16 anni che ti dice di conoscere a memoria una canzone degli Arctic Monkeys... quale soave novella.
"Non avevo dubbi sulla tua cultura musicale, Roxy!" esclamò Vanitas, contento, arruffandogli i capelli prima di riprendersi il foglio e poggiandolo sull'amplificatore.
Roxas si levò la custodia dalle spalle e aprì delicatamente la zip, per far emergere un Jazz Bass Fender nero, con il battipenna a scacchi, probabilmente modificato da lui stesso. Gli altri tre del gruppo spalancarono la bocca alla sua vista e lo fissarono allibiti mentre si sistemava la cinta sulle spalle.
Roxas si sentì osservato e alzò lo sguardo su di loro, confuso.
"Che c'è?" chiese, alzando un sopracciglio.
"E' un Jazz Bass quello?" chiese Riku, mentre gli altri due non avevano chiaramente la forza di chiederglielo, data la mascella ancora spalancata.
"Oh, sì. L'ho preso qualche mese fa! Fa il suo dovere." rispose alzando le spalle per poi tornare a guardare la paletta dello strumento per cominciare ad accordarlo.
Il ragazzo dai capelli d'argento non riuscì a distogliere lo sguardo da quel basso supercostoso, afflitto dal fatto che erano mesi che andava dietro ad una batteria elettronica della Roland che non poteva assolutamente permettersi. Sospirò affranto, silenziosamente, tornando a picchiettare leggermente le bacchette su un piatto sbilenco.
"Axel, hai attaccato quello stramaledettissimo microfono, per l'amore del cielo?" chiese Vanitas, spazientito, tornando dal mondo dei sogni e facendo sobbalzare Axel, probabilmente anche lui sulla luna.
"Ah, sì! Lo attacco subito!"
I preparativi furono pronti non appena Roxas attaccò il suo basso al piccolo amplificatore che aveva portato, posizionandolo non troppo lontano da se stesso. Lo accese e provò un paio di note per sistemare il volume, poi stirò il filo del Jack con una mano per non farlo attorcigliare e diede l'ok con il pollice in direzione degli altri tre.
Axel annuì e lo guardò, guadagnandosi un'altra occhiata curiosa da parte del sedicenne.
"Vi do il via?" chiese, visto che nessuno aveva intenzione di parlare. Il rossino gli sorrise.
"No, proviamo prima a sentirti da solo!" comunicò, poi di fronte allo sguardo incerto del biondino si affrettò ad aggiungere: "Sempre se per te va bene!" e ridacchiò nervoso.
"No, nessun problema" fu la risposta. Si schiarì la voce con un colpo di tosse e iniziò a suonare le prima note della canzone, che appunto iniziava proprio con un piccolo assolo di basso.
Le dita si muovevano con maestria, come se quel nanetto fosse uscito dalla sala parto suonando già un basso elettrico. Sembrava che stesse impastando della pasta frolla, per quanto erano delicate e abituate  le sue dita su quelle corde così spesse e metalliche.
Gli sarebbero bastati solo quei primi 20 secondi di prova, ma la parte più impegnativa della canzone fece spalancare loro la mascella e avrebbe proseguito fino alle viscere della terra, se solo il pavimento non avesse fatto da freno.
Roxas sembrava non essere né impacciato né tantomeno particolarmente impegnato nel suonare quelle note. Dava la sensazione di essere un tutt'uno con il suo basso e questo era sicuramente un lato positivo, anche se i tre presenti non si sentivano affatto a loro agio. Troppo, troppo, troppo talento, buttato come perle ai porci di fronte a degli individui che suonavano per gioco.
L'esibizione del biondino si concluse con la nota finale allungata di qualche secondo; così, tanto per farli rimanere ancor più allibiti e farli sentire dei falliti totali.
Nessuno proferì parola, non appena la nota si sfumò nell'aria, perché in realtà nessuno sapeva cosa dire. Fu Ventus, poco dopo, che ruppe il silenzio con un applauso parecchio fuori luogo, a detta dei pensieri dei tre amici.
"Bravissimo, Roxas!" esultò il fratello maggiore, continuando ad applaudire con un sorriso a trentadue denti stampato sulla faccia.
Il fratello più piccolo lo ignorò, lanciandogli un'occhiata in tralice che non fece scomporre Ven, probabilmente avvezzo a certi sguardi, poi si voltò a guardare in direzione di Axel che sembrò impietrito.
"Allora? Com'è andata?" chiese, incerto, visto che sembrava l'unico ad aver mantenuto un certo contegno.
Axel sbatté le ciglia un paio di volte, prima di riuscire a connettere, poi sorrise imbarazzato.
"Beh... sei stato preciso, attento, andavi a tempo... sei stato perfetto! Fin troppo, direi!" fu il suo commento, prima di iniziare a ridere nervoso. "Voi che ne pensate, ragazzi?"
"Suoni da Dio, Roxas! Davvero! Sei una specie di mostro!" constatò Riku, cercando di sorridere in modo naturale per non dare a vedere il disagio che lo aveva un po' attanagliato.
"Cazzo, sì! Lascialo perdere quel fottuto pianoforte! Sei un bassista nato!" disse Vanitas indicandolo con un gesto teatrale, con un sorriso scaltro sul volto.
Ventus sospirò: "Non mi sembra il consiglio adatto da dare a qualcuno che studia al conservatorio, Van..."
"Infatti dovrebbe andare a studiare alla School of Rock di Jack Black!"
Axel si voltò a guardarlo allibito, poi scoppiò a ridere.
"Lo sai vero che non esiste nella realtà quella scuola? O ti ho appena sconvolto?"
"Lascialo perdere, Axel! Non sa nemmeno che Babbo Natale non esiste, quello lì!" rise Riku, lanciando poi una bacchetta sulla schiena di Vanitas, che si voltò furioso verso di lui.
"Smettetela di prendermi per il culo una buona volta!" urlò, stringendo due pugni minacciosi, accigliato "E poi che cazzo ti salta in mente, ritardato? Potevi accecarmi un occhio con quella cosa!"
"Suvvia, per così poco!" rispose Riku, facendo spallucce.
"Allora la prossima volta ficcatela nel culo quella maledetta bacchetta!"
Axel scoppiò a ridere di gusto, senza riuscire a trattenersi, per quanto si fosse ripromesso di mantenere un certo contegno di fronte al nuovo presunto membro del gruppo. Non ce la fece. Vanitas incazzato era uno spasso.
Ventus, invece, seduto ancora sulla sua sedia, sospirò di fronte a quella scena che, a differenza del rossino, non lo aveva divertito per niente. Lanciò uno sguardo verso suo fratello che sembrava del tutto impassibile di fronte a quei battibecchi e non sembrava né divertito, né imbarazzato. Aveva cominciato a giocherellare con il pomello del volume del suo basso, distrattamente, come se fremesse nel riutilizzarlo.
Ventus si chiese se per lui bastasse solo suonare, e un gruppo valeva l'altro. Gli sarebbe piaciuto moltissimo vedere suo fratello inserirsi tra quei pazzi scatenati. Malgrado li reputasse dei malati mentali, erano comunque suoi amici e voleva loro molto bene e sapeva che potevano in un certo senso dargli una mano ad integrarsi un po'.
E comunque, lui era l'ultimo a poterli criticare, visto di chi si era andato ad innamorare...
"Basta, basta, su! Che razza di figura stiamo facendo di fronte a Roxas? Sembriamo dei matti!" sorrise Axel, battendo le mani per attirare l'attenzione dei due amici che ora si stavano guardando in cagnesco. Roxas, al pronunciare il suo nome, alzò lo sguardo verso di lui, come se in tutto quel tempo non avesse ascoltato una sola parola di quello che stava succedendo. Il rossino lo fissò per un attimo a disagio di fronte a quello sguardo indifferente.
Riku e Vanitas si calmarono finalmente e Axel cercò di scacciar via quella sensazione pesante che aveva sentito incrociando quegli occhi così inaccessibili.
"Io... io credo che siamo tutti d'accordo sul fatto che sei sicuramente dotato... anche più di noi - si voltò verso Vanitas che aveva già aperto bocca - E tu non fare battute sul fatto che tu sei più dotato in altri ambiti o ti tiro la bicicletta sui denti!" concluse, mentre Vanitas abbassava lo sguardo deluso che avesse bruciato la sua battuta. "Quindi credo sia quasi certo che a noi va più che bene se ti unisci al gruppo! Ma direi di provare qualcosa assieme, per constatare se riusciamo ad andare a tempo senza problemi."
"Sì, sono d'accordo" furono le uniche parole di Roxas, che annuì in direzione di Axel. Questi si voltò a guardare Riku.
"Proposte su cosa provare?" chiese.
"Una che conosce! Anche quella di prima va bene!" rispose il ragazzo dai capelli argentati, facendo spallucce.
"Ok! Va bene! Dai tu il tempo?" chiese Roxas, annuendo ancora, sistemandosi la cinta sulle spalle. Riku alzò il pollice e poco dopo, quando tutti furono in posizione, picchiettò tra loro tre volte le bacchette e Roxas iniziò a suonare il primo assolo di basso, seguito subito dopo dalla voce di Axel, che iniziò a cantare. Dopo una ventina di secondi fu il turno di Riku e Vanitas di entrare con i loro strumenti e sembrò andare tutto liscio.
Non appena, subito dopo, Axel smise di cantare per una parte strumentale che durava circa 40 secondi, si  voltò a guardare il suo gruppo, sussultando sulle spalle quando incrociò lo sguardo del bassista che lo stava fissando incuriosito. Subito dopo Roxas distolse lo sguardo fugacemente, cercando di far finta di nulla. Il rossino si chiese cosa lo avesse tanto attirato per guardarlo a quel modo, ma non ebbe tempo di darsi una risposta, perché la parte vocale stava per ricominciare, così si voltò di nuovo e riprese.
Tutto andava liscio e sembravano abbastanza sulla stessa linea e la canzone stava riuscendo parecchio bene, grazie anche alla strana sicurezza che Roxas emanava dal suo angolino solitario.
Non erano loro a stargli dietro, ma era lui che si adattava al loro modo di suonare. Il che li fece sentire dei pivellini senza Dio. Gli ci sarebbero voluti altri 10 anni per riuscire ad avere la naturalezza che Roxas aveva nel suonare il basso.
"Mio dio... non ci posso credere!" fu il commento sbigottito di Vanitas, non appena finirono di suonare la canzone. "Ma quanto è bello da 1 a 10 suonare una canzone anche con unl bassista, finalmente?"
"Un milione e mezzo, Van!" rispose Axel, sorridendo nella sua direzione, poggiando l'avambraccio alla stecca del suo microfono, rilassandosi. "Ottimo lavoro, Roxas!"
Il ragazzo biondo si voltò a guardarlo e annuì: "Grazie mille. Anche voi ve la cavate!"
Riku, Axel e Vanitas si guardarono con delle espressioni indefinibili. Non sapevano se essere lusingati dal complimento di Roxas o offesi perché "Siete stati bravi" è un po' più soddisfacente di un "Ve la cavate!".
"Allora direi di dare un verdetto finale! Anche se non credo che ci sia bisogno, visto che è palese che per quanto ci riguarda sei dei nostri!" sorrise ancora il cantante, girandosi a guardare i suoi compagni, che risero a quella affermazione.
"Più che altro sei tu a doverci dire se ti va di far parte del gruppo, Roxy!" disse Vanitas, con le mani ai fianchi, protraendosi in avanti. "Capisco che Riku e Axel non siano alla tua altezza, ma almeno hai un chitarrista con i contro cazzi!"
"Ma sentilo, il modesto..." mormorò Riku, facendo il gesto di tirargli ancora una bacchetta e Vanitas si ritrasse pronto a schivarla, ma il batterista abbassò la mano e rise.
Roxas sembrò pensieroso e si prese il mento con una mano, lisciandoselo col pollice e l'indice. Subito dopo alzò lo sguardo, guardandoli uno per volta.
"Sì, sono dei vostri" annuì, infine.
Axel e Riku repressero l'impulso di abbracciarlo, a quella notizia, mentre Vanitas, meno posato, si precipitò da lui e gli circondò le braccia intorno al collo, lisciandosi la guancia contro la sua, nella buffa pantomima di un fratello... anzi, una mamma affettuosa.
Lo sguardo che fece Roxas a quella dimostrazione d'affetto, fu quanto più vicina a quella di un bambino innervosito da troppe coccole. Incrociò le braccia al petto nel chiaro segno di fargli capire che non era tanto contento che gli si fosse avvinghiato così.
"Vanitas, lascialo subito o gli farai cambiare idea!" ridacchio Riku, alzandosi finalmente in piedi per sgranchirsi le gambe e la schiena, inarcando la schiena tenendosi i reni con le mani.
"Zitto, finocchio! Faccio quel che voglio col mio cognatino! Vero, Roxy?"
"Vero" fu la glaciale e sarcastica risposta del biondino, che sembrava sul punto di dargli una gomitata sul naso, se non si fosse staccato subito.
"Ora basta, lascialo o ti picchio!" si intromise Ventus, alzandosi dalla sedia e raggiungendo il suo fidanzato, mentre una venetta pulsante gli compariva sulla tempia.
"Ma cicci! Sei geloso?" piagnucolò Vanitas, lasciando andare il sedicenne, che sospirò di sollievo e si massaggiò una spalla dolorante per via del peso che il moro aveva esercitato con quell'abbraccio.
"No, vorrei evitare di dover avere un fratello in galera, accusato del tuo omicidio!" fu la risposta secca di Ven, che gli diede uno schiaffo dietro la testa, facendolo protestare per il dolore.
"Bene, sono quasi le sette! Vogliamo suonare qualcos'altro o vogliamo fermarci qui?" chiese Axel, dando un occhio al suo orologio.
"Noi dovremmo essere a casa per cena!" rispose Ventus, dandosi una fugace occhiata con Roxas "Ma penso il tempo per un'altra canzone l'avete!"
"Ok!" assentì il rossino, prendendo poi le tablature che Vanitas aveva poggiato sul suo amplificatore e dandogli una fugace occhiata, poi alzò lo sguardo verso il bassista "Vuoi proporre qualcosa tu, Roxas?"
Il biondino lo guardò e sembrò per un attimo spaesato da quella domanda, poi arricciò le labbra e alzò gli occhi al cielo, pensieroso.
"Mmh... mi andrebbe di suonare Hysteria dei Muse!" ammise.
"Io ci divento matto con quella canzone!" si lamentò Vanitas, che al nome di quella canzone aveva sgranato gli occhi, impaurito "Mi fanno male le dita ogni volta che finisco di suonarla!"
"Wow, sei veramente un chitarrista dal forte senso di volontà, Van!" commentò Riku, incrociando le braccia al petto ed assumendo un'espressione compiaciuta.
"Zitto, parli proprio tu che per impararla ci hai messo due settimane!" ringhiò in sua direzione, facendolo ridere.
"Ok, penserò ad un'altra canzone, allora" disse Roxas, facendo spallucce.
"No, Hysteria andrà benissimo!" sorrise Axel, dolcemente, inclinando la testa di lato.
"Ma... Axel! Cazzo, ti odio sempre di più!" fu il commento di Vanitas che sbuffò sonoramente, distogliendo lo sguardo.
"Guarda che è un modo perfetto per esercitarci e portare al massimo le nostre capacità di gruppo!" lo redarguì, sbigottito dalla poca volontà che aveva. Vanitas, infantilmente, alzò il dito medio in sua direzione continuando a non guardarlo. Axel sbuffò.
"Dai, per me va bene! Male che va verrà una merda!" rise Riku, tornando a sedersi alla batteria e prendendo in mano le bacchette.
"Ok, non perdiamo tempo, allora! Tutti ai propri posti! Roxas, ci dai il tempo tu. sta volta?"
Roxas annuì e riprese il basso in spalla, dando due colpi al suo pedale per cambiare la distorsione dello strumento, poi quando vide che tutti erano pronti iniziò a suonare.
Era una canzone difficile, difficilissima e lui la suonava come se l'avesse scritta lui stesso. L'eleganza delle dita che slappavano sulle corde, delicatamente, in totale contrasto col suono rude e pungente di quelle note.
E Riku gli stava dietro con difficoltà e Vanitas sudava, concentratissimo, cercando di dare il meglio perché, a dispetto delle prese in giro, era davvero un ottimo chitarrista.
Axel sorrideva, invece, mentre cantava. L'inebriante suono del basso elettrico che, malgrado fosse uno strumento spesso messo in ombra dalla chitarra e dalla batteria, rimaneva affascinante, proprio per la concentrazione che ci voleva nel doverlo sentire chiaramente.
Roxas era bravo, ma bravo davvero; e c'era qualcosa di sentimentale in ogni nota che usciva dalle sue mani e gli piaceva. Gli piaceva un sacco.
Ventus li guardava e chiuse gli occhi all'assolo di chitarra del suo fidanzato, riaprendoli subito dopo perché non si sarebbe perso per nulla al mondo lo sguardo serio e determinato che Vanitas aveva. Una delle poche occasioni che aveva per vederlo veramente serio e affascinante. Si sorprese ad arrossire, vedendolo così... la sua Rock Star era veramente sexy.
E la canzone finì, poi, con il risultato di un batterista esausto e un chitarrista soddisfatto ma frustrato dalla concentrazione che aveva dovuto metterci.
"Ottimo lavoro, davvero!" sorrise Axel, girandosi a guardarli con le mani ai fianchi, soddisfatto.
"Non grazie a te!" sbottò Vanitas, togliendosi la chitarra di dosso e poggiandola sul muro accanto a lui.
"Mio signore Vanitas, siete sempre così gentile con me! Datemi una scarpata in faccia, vi prego!"
"Se non la finisci te la do nelle palle!" rispose ringhiando Vanitas, sedendosi sul suo amplificatore, esausto.
Ventus li guardò e tutta la sua adorazione se ne andò, mentre si nascondeva il viso tra le mani, esasperato da quei continui battibecchi stupidi tra i suoi amici. Si avvicinò silenziosamente a Roxas che aveva appena staccato delicatamente il Jack dal suo basso per riporlo nella custodia.
"Come ti è sembrata, Roxas?" chiese il fratello.
"Mmh, non male. Dobbiamo lavorarci sopra, però." rispose, senza guardarlo, chiudendo la zip.
Axel, Vanitas e Riku lo guardarono, un po' delusi da quelle parole. A loro era sembrata abbastanza perfetta, sia come tempi che come tecnica. Era sempre così critico? Era un bene, ma fino a un certo punto...
"Niente di sbagliato nella chitarra e nella voce" si affrettò a dire il biondino, vedendo il modo in cui lo stavano guardando. "Ma c'era qualcosa nella batteria che non mi ha convinto..."
Riku alzò un sopracciglio, un po' infastidito dalla sua uscita saccente, anche se il tono che aveva usato non era assolutamente quello. Era più che altro pensieroso.
"Ti dispiace se do un'occhiata?" chiese ancora il biondino, guardando il ragazzo dai capelli d'argento, che sobbalzò sulle spalle a quella richiesta.
"No, figurati" rispose, non troppo convinto, cedendogli le bacchette e guardandolo confuso.
"Grazie"
Roxas si avvicinò alla batteria e, facendo un paio di veloci giri di tutti i tamburi e piatti, non prima di aver fatto fare delle piroette alle bacchette tra le dita delle mani, si fermò poco dopo fissando intensamente i piatti del Charleston.
"Qualcosa non va?" chiese il batterista, avvicinandosi, sempre più infastidito.
Roxas alzò lo sguardo su di lui e gli fece cenno di avvicinarsi e gli indicò un punto sul piatto superiore: "Tecnicamente suoni molto bene... ma questa crepa distorce molto il suono del Charleston"
Riku aprì la bocca, allibito, sorprendendosi che non se ne fosse accorto da solo e si sentì un po' più leggero, dopo quel semicomplimento che il bassista gli aveva fatto.
"Oh... non me ne sono mai accorto!"
"Dovresti cambiarlo, altrimenti col tempo potrebbero spaccarsi." comunicò Roxas, continuando a squadrare il piatto spaccato, come a volerne capire il reale danno.
"Sì, domani andrò sicuramente a prenderlo!" annuì il ragazzo dai capelli d'argento, poi si sentì leggermente rincuorato dal fatto che in realtà quel nanetto non fosse una specie di cagacazzi da prendere a sberle. "Grazie Roxas!"
"Di niente." rispose, semplicemente, per poi alzarsi e prendere in spalla la custodia del suo basso.
"E' ora di andare!" comunicò Ventus, poggiando una mano sulla spalla del fratello.
"Sì, anche noi ci avviamo!" annuì Axel nella sua direzione, poi abbassò lo sguardo su Roxas che si era appena tolto il cappuccio dalla testa e si stava arruffando i capelli nel chiaro e inutile tentativo di metterli in ordine.
Che. Carino.
Aveva pensato 'Carino'? No, no... Adorabile. Cioè... adorabile perché era un ragazzino, minuto e snello, con le gote rosse come una bambola e i capelli soffici come la lana. Carino in quel senso... In nessun altro senso, davvero. Davvero!
"Allora ci vediamo domani al parchetto, ragazzi!" continuò Ventus, avvicinandosi al suo ragazzo. "Pranziamo lì, no?"
Vanitas gli cinse la vita con le braccia e lo portò a sé, poggiandogli la fronte sulla sua e guardandolo negli occhi, facendolo un po' arrossire, anche se non voleva darlo a vedere.
"Mi mancherai, Ven!" gli mormorò.
Ventus rise e contraccambiò: "Anche tu, mostro!" e gli diede uno schioccante bacio sulle labbra.
"Andiamo Roxas!"
Il fratello più piccolo annuì nella sua direzione e gli si affiancò.
"Alla prossima" disse, alzando una mano per salutarli.
"Alla prossima Roxas! Grazie mille" sorrise Axel, dolcemente, sventolando una manina nella sua direzione e poco dopo gli altri lo imitavano.
Roxas lo guardò per qualche secondo, in un tacito "Di niente!" e si voltò, infilando le mani nelle tasche di quei pantaloni di due taglie più grandi che lo facevano sembrare ancora più minuto di quanto già non fosse.
Ed Axel perse i pezzi, fissandosi come un idiota a guardare le due figure che si stavano allontanando, sparendo poco dopo dietro un angolo.
"Siamo degli scarsi!" disse Riku, improvvisamente, mentre sistemava un amplificatore su uno scaffale sbilenco.
"Parla per te!" rispose Vanitas, voltandosi a guardarlo in cagnesco.
"Anche tu lo sei vicino a uno che ti suona il basso a quel modo." rimbeccò l'altro, voltando la testa leggermente verso di lui. Il moro sospirò.
"E' un genio, ve l'ho detto. Roxas ha la musica nel sangue! Visto che figura di merda ti ha fatto fare con quella storia della batteria?"
Riku voleva controbattere, ma sapeva che Van aveva ragione, così sospirò stancamente e si passò una mano tra i capelli.
"Cristo, davvero! Come ho fatto a non accorgermene!?" disse, afflitto.
"Perché sei un ritardato!"
"Ripetilo, se hai il coraggio!" lo punzecchiò Riku, avvicinandosi minaccioso e prendendolo per il colletto.
"Ritardato!" ripeté l'altro, in tono di sfida.
E qui subentrava sempre Axel a dividerli di solito... si solito, però. Ora come ora il rossino era ancora fisso a guardare un punto indefinito di fronte a lui, con in testa l'immagine di dita minute attaccate a un polso contornato da un polsino a scacchi che strimpellavano su delle corde metalliche.
"Ax?" chiamò Vanitas, sorpreso che non fosse intervenuto a dividerli. Riku lo lasciò andare, anch'egli allibito.
Axel non si voltò, ma sospirò stancamente.
"Ho bisogno di una birra!" esclamò, infine.
Riku e Vanitas si guardarono sbigottiti, poi scoppiarono a ridere e posarono ognuno una mano sulle spalle del rossino, che sussultò.
"Aggiudicata!"
Fine.
 
 
*Stanza dell'autrice*
Ebbonaseeeeraaaa!
Come la va? Spero bene v.v
Allora, non ho molto da dire, quindi non mi prolungherò a lungo: Grazie mille a Monique e Devilangel per avermi fatto sapere cosa ne pensavano della fic ** Sono loro molto grata e anche un po' ringhiera v.v
Axel: Dio santo, fai battute tristissime...
Ma che vuoi, tu? Fila a... fare cose... con Roxas >_>
Axel: ti piacerebbe, eh? Ti ricordo che hai messo rating arancione, quindi non puoi sbilanciarti più di tanto!
Posso sempre scrivere una One-Shot, pel di carota v.v
Axel: guarda che mica mi dispiace, eh? >_>
Roxas: a me sì! Contando quanto le piace far soffrire i suoi personaggi preferiti, non vorrei fare una brutta fine... ne sarebbe capace, quella arpia!
Roxyyyy non dire così ç__ç Io ti voglio bene, per quello ho sempre pensieri negativi su di te! E' l'amore! L'amore è tristezza e depressione e tu sei tutto questo!
Roxas: io sono rabbia e repressione e te lo vorrei dimostrare dandoti un Keyblade sulle gengive, in questo momento -.-
Ok, ok. Bando alle ciance. Vi lascio col Bonus di fine capitolo e vi rimando al capitolo 3 ** Miaooooo :3
 
*Bonus Track*
Le sue dita si erano intrecciate come fili su un telaio tra quelle del morettino. Le avrebbe slegate solo nel caso in cui l'altro gli avesse permesso di farsi sfiorare una guancia, i fianchi, o quel bellissimo incavo che aveva nella spalla.
Si chiese a cosa pensasse Sora quando lo prendeva per mano, senza pensarci, e se lo portava in giro, con quel sorriso infantile e allegro che gli vedeva sempre sul viso. Si chiese cosa potesse pensare un essere così delicato e puro quando i suoi occhi verdi esitavano su quella pelle che avrebbe voluto mordere per la pura curiosità di sentire che sapore avesse.
"Riku! Riku! Lo sai cosa mi piacerebbe fare una volta finita la scuola?" gli chiese, d'un tratto, cominciando a saltellare mentre camminavano.
Riku distolse lo sguardo dalla sua collana col ciondolo di una corona, che dondolava sul suo petto e mise da parte per un attimo la gelosia che aveva verso di essa, fortunata com'era ad essere così attaccata alla sua pelle diafana.
"Intendi quest'estate?"
"Intendo quando mi sarò diplomato!" sorrise Sora, alzando lo sguardo verso il cielo e smettendo di saltellare. Si fermò e il ragazzo dai capelli d'argento poco dopo. Sentì la mano del moro stringersi di più alla sua.
"Vorrei viaggiare per il mondo! Penso sarebbe un'esperienza che mi farebbe finalmente crescere!" ridacchio, divertito.
Riku lo guardò allibito, poi sorrise anche lui.
"Crescere? Che intendi?"
"Vanitas dice che sono infantile e stupido..." rispose, mentre si imbronciava in un modo tenerissimo. "Non posso contraddirlo! Ma vorrei potergli dare la prova che anche io un giorno diventerò un adulto!"
"Sora... " sospirò Riku, passandosi la mano libera tra i capelli, stancamente "Lascialo perdere, tuo fratello... quello lì si che è un ragazzino infantile!"
"No, lui è solo stupido!" rispose l'altro, girandosi finalmente a guardarlo e facendo poi una linguaccia. Ricominciò a camminare poco dopo, tirando Riku per un braccio perché camminava troppo lentamente per i suoi gusti.
Era stupendo lasciarsi trascinare, pensò.
Raggiunsero poco dopo il portone di casa del più piccolo, e Sora si fissò a guardare scaltro il viso di Riku.
"Sembri così rilassato!" constatò ridendo, nascondendosi la bocca con una mano con una dolcissima eloquenza.
Riku lo guardò e non riuscì a pensare ad altro che se lo era, era solo grazie alla sua presenza, così leggera e piacevole, che lo rendeva mansueto e gli faceva mettere da parte quella perenne arroganza e rabbia che lo caratterizzava.
"Sì, lo sono!" gli disse, arruffandogli i capelli con la mano libera.
Sora si avvicinò di più, facendo un passo avanti e gli posò un bacio sulla guancia, facendolo arrossire. Non appena staccò le labbra, alzò le ciglia senza allontanarsi e lo fissò negli occhi.
Ora, Riku. Ora!
Il ragazzo dai capelli d'argento sciolse la sua mano da quella del moro e la alzò, accompagnata dall'altra, sulle sue guance rosse, posandovi le dita delicate. Chiuse gli occhi e avvicinò le labbra a quelle dell'altro, lentamente, fino a percepirle improvvisamente distanti e sentire le guance dell'altro staccarsi dalla presa delle sue mani. Sora ridacchiò nervoso e si ritrasse, mentre Riku riapriva gli occhi e lo fissava confuso.
"A domani, Ri! Grazie per avermi accompagnato!" disse lapidario, velocemente, entrando nel portone e quasi inciampando nei suoi piedi. Che imbranato!
Lo vide sparire nell'ascensore.
Riku sgranò gli occhi, confuso più che mai. Non appena si rese conto di ciò che era successo si sentì il più coglione dei coglioni.
Rimase a fissare la porta a vetri della palazzina per un po', poi si passò una mano tra i capelli, stancamente, conscio di essersi innamorato di un pazzo scatenato.
*Fine*
 

 

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Capitolo 3
*** The Kingdom Keys ***




Capitolo 3. The Kingdom Keys
 
"Ri! Guarda cosa mi sono comprato?"
Riku sentì le braccia magroline di Sora poggiarsi sulle sue spalle e, se non fosse stato che aveva urlato e che quindi l'aveva riconosciuto dalla voce, gli sarebbe preso un infarto a sentire quel peso improvviso da dietro e probabilmente, di riflesso, si sarebbe voltato dandogli una capocciata sul setto nasale. Oddio, non che Sora non meritasse una capocciata sul setto nasale, per come lo stava facendo impazzire...
Il ragazzo dai capelli d'argento rimase un attimo spaesato, poi mise a fuoco un oggettino che il ragazzino gli stava facendo vedere e che teneva tra le mani.
"Che cos'è?"
Sora sorrise e fece capoccetta, poggiando il mento sulla sua clavicola per guardarlo. Riku si girò di tre quarti e incrociò quegli occhietti vispi che sempre lo caratterizzavano. Ci mise tutta la forza che aveva in corpo per non divorargli le labbra.
"Un portachiavi!" esclamò, facendoglielo poi dondolare davanti agli occhi.
"Sì, questo lo avevo capito... non capisco che forma abbia, però!" disse l'argento, socchiudendo gli occhi per metterne a fuoco la forma.
Sora sbuffò: "Riii! E' un plettro! Si vede, dai!"
Riku alzò un sopracciglio e prese in mano l'oggettino per esaminarlo meglio.
"A me sembrava il simbolo di Superman!"
Il moro alzò gli occhi al cielo, rilassando di più le braccia sulle spalle dell'altro ragazzo che  incrociò le gambe sull'erba, sentendo il profumo di vaniglia che quel piccoletto emanava da ogni poro della pelle e diede una lunga annaspata per imprimerselo almeno per i restanti minuti in cui gli sarebbe rimasto così vicino.
"Che scemo! E pretendi pure di suonare in un gruppo rock!" lo canzonò Sora riprendendosi l'oggettino, togliendosi poi da quella posizione per sedersi accanto a Riku che, deluso, si sdraiò sull'erba, sospirando.
"Quello è tuo fratello! Ma lo cacciamo dalla porta e rientra dalla finestra!" disse, cercando di sembrare ironico.
Sora rise a quella battuta, poi si buttò anche lui sdraiato sull'erba, in un modo che a Riku ricordò i bambini che si accasciano a terra nei parchetti dopo che hanno corso per ore e sono sudati da far schifo... era così ingenuamente tenero.
"Aaah! Che bella giornata!" esclamò il più piccolo, muovendo una mano sull'erba alla ricerca di quella di Riku, che trovò poco dopo e la strinse, dolcemente.
Il ragazzo dai capelli d'argento non disse nulla; si limitò a fissare il cielo azzurro e privo di nuvole che gli faceva da tetto in quel momento, stringendo la mano del moro nella sua e cercando di non iniziare a chiedersi perché Sora lo stesse facendo. Faceva così tanto male chiederselo... Preferì non farlo per niente e godersi quel momento in santa pace, prima che Axel, Van e Ventus li raggiungessero.
In fondo che cosa gli importava? Gli stava tenendo la mano e, almeno da quanto ne sapeva, non lo faceva con nessun altro che non fosse lui, perciò poteva pure goderselo un momento del genere, anche se gli stavano per esplodere il cervello  e le palle a forza di stare dietro ai modi di fare ambigui di Sora.
"Già" commentò, non appena si ricordò che il più piccolo aveva parlato pochi istanti prima.
"Com'è andata ieri con Roxas?" chiese d'un tratto Sora, portandosi un po' più vicino a Riku e mettendosi su un fianco per guardarlo, senza però staccare la mano dalla sua.
L'argento girò il viso verso il suo e sembrò soppesare la sua domanda, poi sospirò tornando a guardare il cielo blu.
"E' bravo, anche troppo!" rispose, poi arricciò il naso "E non so se è più bravo o più stronzo" concluse, pentendosi subito dopo di averlo detto.
Sora alzò un sopracciglio a quella rivelazione, ma non sembrò del tutto sorpreso.
"Beh, è un po' scostante... forse di primo impatto non è il massimo della simpatia..." ammise.
"E' un po' saputello... se non fosse che è la copia spiccicata di Ventus, avrei detto che è impossibile che siano fratelli!"
Sora rise fortissimo a quella frase e Riku lo guardò confuso, poi rise anche lui capendo il perché.
"Beh sì... effettivamente lo direi di più di te e Vanitas... Sicuri che non siete stati cresciuti da famiglie diverse?" chiese l'argento, girandosi anche lui su un fianco per fronteggiarlo.
Il moro alzò gli occhi al cielo e sospirò: "Non ne sono tanto sicuro, a essere sincero!" e, quando riabbassò le ciglia verso il basso, sorrise dolcemente incrociando lo sguardo di Riku che, vedendolo così sentì il cuore perdergli un battito cardiaco e represse ancora l'impulso di divorargli quelle labbrette carnose che aveva.
"Sora..." cominciò, alzando la mano libera per carezzargli una guancia "Me lo dirai mai che cosa ti passa per la testa?"
Sora chiuse gli occhi e allargò il suo sorriso quando sentì quella mano delicata sfiorargli uno zigomo. Sembrò assaporarsi la cosa senza il minimo imbarazzo. E Riku avrebbe dato non si sa cosa per fare in modo che un po' ne provasse... così, per una piccola vendetta personale.
"Un sacco di cose..." rispose l'altro, aprendo gli occhi frizzanti e guardandolo. "E a te?"
"A me una cosa sola, ma vale per cento..." rispose Riku, mentre la mano che poco prima era sulla guancia del moro ora gli stava carezzando i capelli. "E mi sta facendo diventare matto".
Sora non sembrò particolarmente scosso da  quella frase e l'altro non riuscì a capire se era perché aveva capito perfettamente di chi parlasse o, peggio, non lo avesse capito per niente.
Era così poco comprensibile, e la sua pazienza era così poco controllabile...
"Comunque Ri... ho comprato un portachiavi a forma di plettro anche per te! Mi ero dimenticato!" esclamò improvvisamente Sora, infilando la mano libera nella tasca dei pantaloni della divisa e tirando fuori appunto l'oggettino.
"Per me? E tuo fratello?"
"Da quando in qua faccio regali a mio fratello, Ri?" chiese alzando un sopracciglio, il più piccolo, cedendogli poi l'oggettino, sorridendo.
"Beh, non lo so... ma è un chitarrista, magari era più adatto a lui..."
"Guarda che se non lo vuoi me lo riprendo!" disse accigliato Sora, offeso che stesse facendo tutte quelle storie.
"Scusa" ridacchiò Riku, prendendo poi dalle sue mani il portachiavi "E che non sono abituato a ricevere regali senza un evento in particolare!"
"Riesco sempre a stupirti, hai visto?"
Riku fece un mezzo sbuffo divertito, a quella frase, poi mise il regalo nella tasca e usò quella mano per arruffargli i capelli, dolcemente "Già... Grazie mille" poi si avvicinò e gli diede un bacio sulla fronte.
Si chiese da dove gli veniva tutta quella forza per reprimere l'impulso di baciarlo o, a volte, di infilargli il cazzo in bocca fino in gola, che, in certe situazioni, era snervante solo starla ad immaginare, una scena del genere. Dovevano farlo santo, come diceva sempre Vanitas.
"Infine egli giunse!"
"Ma vai a cagare, Van!"
Riku, quando sentì le due voci familiari dietro di sé, scoppiò a ridere per quel breve scambio di battute tra i suoi due amici e rise ancora di più sentendo Ventus mormorare: "Io non vi conosco, giuro!". Si voltò leggermente e Sora lasciò la sua mano, alzandosi a sedere imitato poco dopo dall'argento.
"Buondì Riku!" salutò Vanitas, poi si sedette accanto al fratello e gli prese la testa con un braccio, sfregandogli un pugno sulla cute, ignorando le sue proteste "Ciao anche a te, poppante!"
"Vanitaaaas! Che palle che sei!" piagnucolò il più piccolo, dimenandosi senza successo.
"Ma vuoi lasciarlo stare?"
"Scusa Ven! Perdonami, davvero! Non lo faccio più!" piagnucolò il chitarrista, lasciando subito andare Sora che si ritrasse istintivamente per paura di essere di nuovo braccato.
Ventus sospirò esasperato e decise di ignorarlo. Si sedette accanto a lui e incrociò le gambe.
Sì, il suo ragazzo era veramente insopportabile, ma pure lui era un bel rompicoglioni, eh! Non gli stava mai bene niente.
"Ciao Ri, ciao Sora!" salutò il rossino, poggiando sull'erba la borsa e sedendosi, stancamente.
"Ehi, Ax! Passata la sbronza di ieri sera?" chiese Riku, ridacchiando.
Axel sbuffò e si sdraiò sull'erba.
"Non ero ubriaco! Cristo santo, ero mezzo brillo! Si vedeva!"
"Ma sì, Ri! Era mezzo allegro! Ti devo ricordare cosa fa da ubriaco?" rise malignamente Vanitas, ignorando lo sguardo omicida che Axel gli stava tirando.
"Tipo dire che lui è Jacoby Shaddix dei Paparoach?" rispose Riku, cominciando a ridere già a metà frase, senza riuscire a trattenersi. "E che i P.O.D. dovrebbero suonare nelle chiese durante le funzioni?"
Axel sembrò sul punto si alzarsi in piedi e tirare fuori una bomba a mano dalla borsa e tirarla dove capitava, ma grugnì alzandosi di colpo a sedere e spalmandosi una mano in faccia.
"Potreste evitare di raccontare questi aneddoti davanti a Sora?" poi alzò gli occhi e aggiunse: "E anche davanti a Ventus..."
Ok, Ven che rideva per una cosa così stupida voleva solo dire che era fin troppo esilarante e, il faccino contenuto di Sora che stava cercando con tutte le sue forze di non scoppiare a ridergli in faccia con veramente poco garbo, lo fece arrossire imbarazzato. Ah, inutile aggiungere che Vanitas stava letteralmente rotolando per terra scalciando come un ossesso.
"Dio, potrei raccontarla all'infinito e morirei ogni volta comunque!" commentò Vanitas, asciugandosi una lacrimuccia con il dorso della mano.
"Che stronzi..." mormorò Axel, rigettandosi per terra a braccia aperte, accigliato.
"Allora Ven, che ha detto Roxas ieri sera?" chiese Riku, d'un tratto.
Ventus alzò un sopracciglio, ma non lo guardò; continuò a fissare un punto davanti a se per qualche istante, in silenzio, poi si chinò sulla sua borsa e cominciò a rovistare all'interno, dando l'impressione di non volere un contatto visivo con lui.
"Mah, niente..."
Riku sospirò: "Come niente?"
"Ma sì, niente! Che doveva dirmi?" chiese Ven mezzo scocciato, scartando un panino avvolto nella carta.
"Ven, certe volte mi sembri deficiente come Vanitas quando provi a fare il vago e non ci riesci..."
"E tu mi sembri diffidente peggio di Axel! Se ti dico che non mi ha detto niente, perché devi insistere come al solito?" fece accigliato il biondino, addentando rabbiosamente il suo pranzo. Masticò qualche boccone poi continuò: "Siamo tornati a casa in silenzio; abbiamo mangiato, sempre in silenzio e poi si è congedato nella sua stanza dicendo che era stanco e che voleva riposarsi! Questa è stata l'ultima cosa che Roxas mi ha detto! Contento, ora?"
 Riku lo guardò allibito per qualche secondo.
"Non sono contento, ma è tuo fratello, cazzo! Anche tu potevi chiedergli come si era trovato, no?"
"Ri, perché non ti fai un pacco di cazzi tuoi e la chiudi qui?" si intromise Vanitas, diventando tutto d'un tratto serio, posando una mano sulla spalla di Ven, vedendo che si era un po' agitato.
"Diglielo tu, magari lo capisce!" gli si rivolse il biondo, sbuffando scocciato.
"Ma che ho detto!?"
"Davvero! Non stressare con questa storia! Se vuoi sapere cosa ne pensa Roxas di quella sottospecie di prova che abbiamo fatto ieri, chiedilo a lui, no? Non snervare il povero Ven!"
Che leccaculo del cazzo che era Vanitas... lo faceva andare in bestia, quando faceva così solo perché Ventus era il suo ragazzo. Lo avrebbe preso a sberle volentieri, se ne avesse avuto la possibilità, in quel momento.
Ma, doveva ammettere, il chitarrista aveva ragione, ed era questo che lo faceva incazzare ancora di più. Quel ragazzino non gli stava simpatico e l'idea di chiedergli anche solo come stava gli faceva saltare tutti i nervi - e Riku ne aveva molti; era un fascio di nervi, lui -. Forse perché era tutto il contrario di Sora; o forse perché gli ricordava tanto lui alla sua età, quando stava sempre sulla difensiva e rispondeva di merda a tutti, atteggiandosi a so-tutto-io.
Beh, ormai era fatta: ci aveva messo talmente tanto tempo a pensare tutte queste cose che rimase in silenzio per un'infinità di secondi che, ahimè, fecero spuntare un sorriso soddisfatto sulla faccia di Vanitas, palesemente gratificato di averlo lasciato senza parole.
Vaffanculo a quel sorriso odioso, accidenti!
"Allora, oggi è venerdì, no?" cominciò Van, tutto d'un tratto, cercando di attirare l'attenzione battendo le mani un paio di volte "Axel, invece di dormire ascoltami!" il rossino si alzò sbuffando dal suo giaciglio, mezzo assonnato e lo guardò, fulminandolo per avergli quasi urlato nelle orecchie "Oggi è venerdì e domenica vorrei tanto poter suonare, se fosse possibile!"
"Ok, suoniamo!" rispose Axel, facendo il gesto di tornare a sdraiarsi per dormire davvero, sta volta.
"Vaffanculo! Se non la finisci di fare la fighetta preziosa ti prendo a pizze, Ax!" lo minacciò il moro, prendendolo per il colletto, nel tentativo di tenerlo ancora seduto. "Insomma, sto organizzando le prove!"
"Non stai organizzando le prove, stai decidendo il giorno che è più comodo a te! Come al solito!" sbuffò il rossino, scostandolo bruscamente da quella presa. "Comunque ok... ti ascolto"
"Oh, grazie dell'enorme favore che mi stai facendo!"
"Ehi, ehi! Basta! Finitela, per l'amore del cielo!" quasi urlò Ventus, facendo cenno loro di calmarsi. "Possibile che ogni minima cazzata dobbiate trasformarla in una lotta tra campagnoli?"
"Ven, ha cominciato lui!" piagnucolò il chitarrista, indicando Axel con un gesto infantile.
"Ma se sei tu quello esaurito che risponde sempre a cazzo di cane!" lo redarguì Axel, alzando un pugno a mezz'aria, di riflesso.
"Ok, basta! Siamo tutti nervosi: gli esami sono vicini per tutti e le vacanze estive pure, quindi cerchiamo di darci tutti una calmata e vediamo di arrivare a fine giornata senza che nessuno perda arti importanti!"
Scese un silenzio di tomba, non appena Ven finì di pronunciare quelle parole. E il silenzio scese perché erano parole terribilmente veritiere: i fottuti esami erano alle porte e, malgrado gli esami estivi volevano dire che anche le vacanze erano vicine, nessuno riusciva a pensare alla positività della cosa. Il sole estivo era già arrivato da un pezzo, bastava solo scalare quell'orribile muro grigio che lo copriva, superando tutte le sessioni egregiamente - ma anche il minimo indispensabile andava bene -.
Ventus li guardò e represse un risolino divertito quando vide il faccino di Sora voltarsi a guardare ognuno dei suoi amici, leggermente a disagio per quel silenzio appena sceso; chiuse gli occhi e tirò un lungo sospirò per rilassarsi e gli altri, forse in un riflesso incondizionato, lo seguirono subito dopo.
Si sarebbero messi a ridere, in un'altra situazione, se solo quel sospiro non li avesse rilassati davvero, scaricando quella tensione che fino a poco prima tirava peggio di una corda di violino.
"Ok, ok! Io tra poco ho di nuovo lezione" cominciò Vanitas, abbassandosi gli occhiali da sole sul naso "Facciamo così: stasera ci vediamo allo Strawberry Fields alle 10 e ne parliamo davanti ad una birra... anzi, Axel davanti ad un succo i frutta, che poi diventa pericoloso se beve troppo!" decise, indicando poi il cantante che gli fece la linguaccia. "Ven, tu porta Roxas! Ormai fa parte del gruppo e dobbiamo decidere tutto insieme!"
Ventus sospirò: "Van, te l'ho detto 10 volte, ieri: io stasera esco con Aqua e Terra. Perché quando esco con loro non ti ricordi mai?" concluse, con tono lamentoso, schiaffandosi una mano in faccia, disperato.
"Perché sono due coglioni e non capisco cosa ci trovi di tanto divertente uscendo con quella vacca e quel... quel..." balbettò, cercando la parola giusta, che appena la trovò, soppesò: "Deficiente!"
"Aqua non è una vacca o non sarei suo amico!" rispose accigliato il biondino "E Terra non è deficiente! E' il più intelligente del nostro corso di laurea!"
Vanitas fece sparire le sopracciglia sotto la folta frangetta appuntita, per quanto era rimasto sconcertato da quella rivelazione.
"Il più... il più intelligente? Cazzo, Ven, immagino tu sia circondato da tipi svegli, eh, se lui è il migliore! Gliel'hanno già fatta a tutti la lobotomia?"
A quella frase Riku, Sora e Axel a stento riuscirono a trattenersi dal ridere. Era uno spasso, come sempre, solo che sta volta Vanitas non era tutto mansueto e carino, perché era GELOSO da far schifo di Terra e non gli fregava poi molto di darlo a vedere. Ogni volta che si apriva il discorso lui lo insultava, dandogli del deficiente o dell'inetto. E mentre lui si crogiolava dalla gelosia, Ventus godeva come un matto che ci si cuocesse...
"Quella dovrebbero farla a te, per tutte le cattiverie che dici!" sospirò Ventus, poi cercò di glissare, cambiando argomento "Comunque ok: prima di vedermi con Terra e Aqua vi porto Roxas allo Strawberry Fields, ma qualcuno dovrà riportarlo a casa non troppo tardi. Io non riesco a ripassare per prenderlo!"
"Tranquillo cicci! Ci pensiamo noi al piccolo Roxy!" rispose Vanitas, cambiando totalmente modi di fare - doveva essere il potere del nome Terra che lo faceva diventare acido pure col suo ragazzo-.
Ventus lo guardò: "Sia chiaro che non voglio assolutamente che venga in moto con te! Sei pericoloso, tu!" lo redarguì, accigliato.
Che palle che era! Non gli stava DAVVERO mai bene niente.
Axel a volte si chiedeva come facesse Vanitas a sopportarlo. Il che era tutto dire, visto quanto fosse rompipalle anche lui...
"Ma perché sei sempre così acido con me?" piagnucolò il moro, sbattendo i piedi in modo infantile.
Ventus lo ignorò e si voltò a guardare Axel, che si era appena alzato a sedere per godersi il loro battibecco.
"Ax, visto che ti è di strada, ti va di accompagnarlo? Mi sentirei più sicuro a sapere che non tornerà da solo!" lo supplicò.
Il rossino parve spiazzato. Se diceva di no era un amico di merda, perché malgrado tutto, Ventus era sempre superdisponibile e gli portava sempre il succo alla pera, che a lui piaceva tantissimo. Se gli diceva di sì gli faceva un gran favore che a lui non pesava nemmeno visto che, appunto, era di strada; peccato che la cosa lo mettesse un po' a disagio... anzi, Roxas lo metteva a disagio: era taciturno e scostante e lui invece, non la smetteva un attimo di parlare, specie in quelle situazioni del cazzo dove sei in imbarazzo perché nessuno spiccica parola e ti senti in dovere di rompere quell'atmosfera agghiacciante. Gli metteva i brividi solo il pensiero.
"Sì, certo! Nessun problema"
Si era scavato la tomba.
"Grazie Axel, sei un tesoro!" sorrise il biondino, addentando l'ultimo pezzo di panino che gli era rimasto.
"Ok, signorine! Io vado alla mia merdosissima ultima lezione! Dio, voglio morire!" esclamò Vanitas, cominciando a fingere di impiccarsi con la cinta della sua borsa. "Poppante, tu vai a casa da solo?" continuò rivolgendosi al fratello più piccolo.
"No, mi accompagna Riku! Vero?" chiese Sora, voltandosi a guardare l'argento con un sorriso a trentadue denti.
Riku gli rispose allo sguardo, confuso. E quando  l'aveva decisa questa cosa? Fortuna che non aveva lezione, quel pomeriggio. Sorrise intenerito.
"Sì. Ti accompagno io!"
"Bene, vedi di fare il bravo, tu! Che se provi a fare qualcosa a mio fratello io ti infilo la testa nel frullatore!" lo minacciò Vanitas, voltandosi poi per andarsene, convinto di aver appena fatto un'uscita ad effetto come nei film, ma tornò subito in dietro, con una faccia indefinibile "Veeeeen! Mi sono scordato di salutarti!"
Che figura di merda!
Ventus lo guardò allibito, poi scoppiò a ridere, senza riuscire a trattenersi. Si alzò in piedi e raggiunse il suo ragazzo, che gli circondò le braccia intorno ai fianchi.
"Ciao, tesorino mio! Mi mancherai stasera!" disse Vanitas, con due occhioni da cucciolo indifeso, sulle sue labbra.
"Ciao mostro, ti chiamo dopo!" e detto questo si diedero un profondo bacio, con in sottofondo i finti conati di vomito di Sora, Riku e Axel. Non appena si staccarono Van li guardò, tirando fuori il piercing contornato dalla lingua, poi si voltò e se ne andò di corsa.
"Cristo, Vanitas, aspettami! Frequentiamo la stessa facoltà, quando te lo ficcherai in testa brutto ritardato?" chiosò Axel, alzandosi in piedi con uno scatto e raggiungendolo, guadagnandosi uno scappellotto dietro la testa per via dell'appellativo che gli aveva dato.
 
 
"Quel coglione! Quello lì è un coglione!"
"Dai, a me sta simpatico!"
Vanitas grugnì e lo guardò in tralice, cercando di non perdere la calma, ma era tanto difficile... impossibile, quasi.
"Simpatico? Quel demente ti è simpatico! Bene, e la prossima notizia qual è? Che domani mi laureo? O magari che la fame nel mondo è stata sconfitta? O, meglio ancora, Riku che riesce finalmente a infilare la lingua in bocca a mio fratello?"
"Sei troppo ottimista, almeno su quest'ultima affermazione!" rise Axel, incrociando le mani dietro la testa "E comunque sì... Terra mi è simpatico, almeno da quanto ho potuto constatare quelle poche volte che l'ho visto!"
"Ma... ma... è un cretino! Non sa mettere due parole una dietro l'altra! Ma a me non fa incazzare lui, assolutamente! Lo sai chi mi fa incazzare di più?"
"No, non lo so!" rispose l'altro, divertito, fingendo di non saperlo per il puro gusto di vederlo incazzato.
"Ventus! Ventus mi fa andare in bestia ogni volta che parla di lui come se fosse il messia sceso in terra! Scendi su questa ceppa, pennellone imbalsamato dei miei coglioni! Ti prendo a scarpate e ti faccio diventare davvero il più intelligente del corso!"
Axel represse l'istinto di scoppiare a ridere mordendosi il labbro inferiore, con forza. Era un dannato spasso vederlo geloso fradicio e gli faceva pure tenerezza.
"Ma Ventus lo adora! Devi vederlo come parla di lui dopo che hanno avuto una sessione d'esame! Terra di qua, Terra di là, Terra ha spiegato il concetto meglio, Terra ha parlato di cose difficilissime, Terra è riuscito a farla tutta nella lettiera! E bravo Terra!" concluse, in tono spazientito, mettendosi le mani nei capelli.
"Vanitas, se non fosse che ti conosco bene direi che sei geloso!" disse Axel, cercando di fargli credere che pensasse davvero che non lo fosse.
"Io? Geloso? Ma quando mai? Ventus è mio e stravede per me! E poi soprattutto geloso di quel Terra lì? Ma stiamo scherzando?"
"No, ma l'ho detto così, tanto per dire, eh! Lo so che non lo sei!" esclamò Axel, facendo un sorrisetto vago che fece leggermente insospettire Van sul fatto che forse lo stava un tantino prendendo per i fondelli.
Lo guardò in tralice: "Sì, infatti... Piuttosto"
"Mmh"
"Ven ti ha chiesto di accompagnare Roxas, stasera, no? Beh, non sono molto d'accordo ma non volevo andargli contro, che poi diventa violento!" esclamò Vanitas, incrociando le braccia sotto al petto e assumendo un'espressione contrariata.
"Non sei d'accordo?" chiese Axel alzando un sopracciglio.
"No! Non so che cazzo gli vai a dire, tu! Finisce che lo sconvolgi e peggiori le cose!"
Axel sospirò, stancamente: "Ma... quali cose? Si può sapere che sono tutti questi misteri su questo ragazzino? Addirittura devo stare attento a quello che dico? Ma siamo impazziti?"
"Sì, devi stare attento! Anzi, per sicurezza, non gli parlare proprio! Se lo fa lui tu gli rispondi a monosillabi e vedrai che tutto filerà liscio!"
"Dio, manco fossi un pedofilo che cerca di abbordarlo..." commentò il rossino, passandosi una mano tra i capelli rossi.
"Che cazzo c'entra?" esordì il moro, spazientito "E' della sua sensibilità che ti sto parlando! Tu sei troppo... euforico per i suoi gusti!"
"Lo dici come se fosse un difetto! Parli tu, poi, che sei il prodotto della fusione dei peggiori difetti del mondo e dei veleni più letali!"
"Sìsì, cambia argomento, che poi se vengo a sapere che hai fatto qualcosa di male a Roxas ti faccio pentire di essere nato!" lo minacciò, agitandogli un ditino accusatorio vicino alla faccia. Axel si ritrasse.
"Beh, dato che so di non essere un mostro orrendo e ne tantomeno un maniaco sessuale, posso stare tranquillo! Ho la coscienza a posto, io!"
"Vedi di mantenerla linda, allora!" lo redarguì  l'altro, guardandolo in tralice, poi si avvicinò alla sua moto e si mise in sella, infilando il casco e mettendo in moto poco dopo. "Ci si vede stasera, maniaco!"
 
 
Axel si chiese che cosa avesse fatto di tanto male per meritarsi degli amici del genere.
Facendo il quadro della situazione poteva dire che Vanitas era psicopatico e soffriva della sindrome del cazzo piccolo, quindi gli rodeva sempre il culo; Riku era un disadattato mentale, confuso, aggrappato solo a ciò che sa di non poter avere o che deve sudare per ottenerle; Ventus era quasi normale, ma si era ricreduto con la comparsa del fratello problematico e il fatto che fosse fidanzato con Vanitas, il che era la risposta a molte domande e forse lo metteva in cima alla classifica.
E poi, cazzo, Vanitas gli veniva a fare le sue raccomandazioni? Cioè, lui che infila la lingua in bocca a Ventus pure mentre sta facendo discorsi seri o gli tocca il culo ogni volta che può... cioè, Vanitas, quello che invece di tutelare suo fratello, minacciando i suoi spasimanti, consiglia a Riku di violentarlo in un angolo per vedere se gli piace? Seriamente, per Sora no ma per Roxas sì? Ma che cosa c'era che non funzionava nel cervello di quel ragazzo?
Sospirò. Aveva la coscienza a posto, ne era certo. E poi se proprio qualcuno doveva venirlo ad avvertire, quel qualcuno doveva essere Ven e non lui... che cazzo c'entrava?
Birra. Aveva bisogno di birra anche quella sera. Era stressato da far schifo e il fatto di non aver preso la bici per andare allo Strawberry lo snervava un po'. Ma se doveva accompagnare Roxas, doveva farlo a piedi, come un vero cavaliere con la sua dama... aveva pensato cavaliere? No, voleva dire 'adulto'. Un adulto che accompagna un ragazzino a casa. Niente cavalieri! Davvero, non voleva pensarla, quella fottuta parola!
Scosse la testa, scacciando ogni pensiero. O almeno fu un tentativo.
Allungò una mano verso l'ottone ingiallito di quella porta a vetri così graziosa che dava sul primo piano dello Strawberry Fields e sentì il dolce suono di un assolo di chitarra di Knocking on Heavens Door di Bob Dylan.
Si chiuse la porta alle spalle e subito vide una mano in fondo alla stanza. Una mano piena di anelli e bracciali con teschi e croci al contrario. La mano del demonio. La mano di Vanitas.
Rispose al saluto alzando un braccio per fargli vedere che l'aveva visto, poi si avvicinò e notò di essere l'ultimo arrivato... come al solito.
"Cazzo, Axel! Mai una volta che ti presenti in anticipo o almeno in orario!" commentò Van, in tono lamentoso.
"Ma che vuoi! Ieri alle prove sono arrivato pure prima!"
"Io faccio una media generale!" chiosò l'altro, facendogli la linguaccia.
Axel lo ignorò e si sedette vicino a una figura incappucciata che ora stava girando la testa verso di lui. Due occhi azzurri come un cielo limpido e capelli biondi nascosti sotto al cappuccio della felpa nera. La bocca intenta a bere con la cannuccia un frappé di colore verde.
Deglutì un groppone, il rossino, prima di connettere.
"Buonasera Roxas!"
Il biondino staccò lentamente le labbra dalla cannuccia e alzò una manina.
"Ciao"
Staccali! Dannazione, stacca quegli occhi dai suoi, Axel!
"Ehi, Ax!"
Axel sussultò sulle spalle, ringraziando il cielo che quella voce incazzosa lo avesse risvegliato. Ah, aspetta un minuto... incazzosa?
"Ri... buonasera! Tutto ok?"
Riku, seduto di fronte a lui, sospirò e si sfregò le mani sulle guance, cercando di ritrovare il suo naturale contegno, poi alzò gli occhi verso il rossino, che lo guardava con un sopracciglio alzato, leggermente preoccupato.
"Le solite, Axel... ne riparliamo dopo, ora non mi va"
Sora. Il problema era sempre lui. Chissà cosa aveva combinato quel ragazzino, ora...
"Sìsì, infatti! Parlate delle vostre cose da donnette dopo! Siamo qui per un altro motivo!" mugugnò Vanitas, agitando una manina. "Roxy, vuoi un altro frappé?" chiese poi voltandosi verso il biondino, ancora intento a finire il suo.
"No, Van, davvero... ti ringrazio" rispose, con voce senza tono, tornando poi a nascondersi sotto al cappuccio per bere il suo drink.
Riku represse l'istinto di dargli un destro in faccia.
"Come vuoi, Roxy! Basta chiedere e il tuo cognatino ti offre quello che vuoi!" sorrise Vanitas, arruffandogli la testa e spostandogli il cappuccio, che Roxas rimise subito a posto, infastidito. "Ok, siamo qui riuniti oggi..."
"Nel sacro vincolo del matrimonio! Dai, Van. taglia corto!" o interruppe l'argento, sbuffando e sorseggiando della birra.
Vanitas lo fulminò: "Non fare lo spiritoso, Riku! Lo sappiamo che sei nervoso, ma evita di sfogarti sui tuoi amici... soprattutto con me, che non ti conviene!"
Riku continuò a sorseggiare la sua birra, anche se dentro di se sentiva che il chitarrista aveva ragione. Mai mettersi contro il fratello psicopatico del ragazzo che ti piace...
"Prima di tutto propongo di decidere un calendario! Noi tre andiamo all'università e abbiamo orari diversi, no? E Roxas è impegnato con la scuola! C'è un fottutissimo giorno che possiamo prenderci per suonare senza che nessuno dei nostri impegni ci stia in mezzo alle palle?"
"I miei orari li sai, frequentiamo gli stessi corsi!" rispose Axel, facendo spallucce.
"Io ho il mercoledì e... dunque, vediamo... venerdì e domenica liberi!" infornò Riku, prendendo il cellulare e controllando il calendario delle lezioni.
"Ottimo, anche noi ci siamo Mercoledì e Domenica, vero Ax?" chiese il moro, lanciandosi uno sguardo con il rossino che annuì. "Roxas?"
Il ragazzino alzò gli occhi verso il chitarrista, senza staccare le labbra dalla sua cannuccia, ormai inutile dato che il suo frappé era finito da un pezzo. Fece spallucce poi parlò: "Ci sono sempre a parte il giovedì. Ho lezione di pianoforte a casa".
"Ottimo, ottimo! Quindi Mercoledì e Domenica sono nostri! Qualche obiezione?"
"Sì, che l'anno accademico finisce tra nemmeno mezzo mese e che quindi tra poco ci ritroveremo di nuovo qui a discutere dei giorni liberi!" ridacchiò Riku, facendo sobbalzare Vanitas dalla rabbia.
"E allora? Questo sarebbe un problema?"
"No, ma mi andava di farti arrabbiare! Sei troppo carino quando ti arrabbi!" sorrise mellifluo l'argento, ammiccando in direzione del moro, che fece il gesto di alzarsi per picchiarlo.
"Dai, dai! Basta! Fatela finita, voi due! Siete peggio della malaria, cristo santo!" chiosò Axel, passandosi una mano tra i capelli, spazientito. Vanitas e Riku si diedero un'ultima occhiata omicida, poi si calmarono.
"Piuttosto, ho portato le tablature delle canzoni che abbiamo scritto! Così Roxas può studiarle e magari cambiare qualcosa, se gli va!"
"Cambiare qualcosa?" chiese il biondino, confuso.
"Sì. Le abbiamo scritte noi, insieme, ma il basso è un po'... ecco... una novità per noi! Quindi abbiamo scritto qualcosa, ma ovviamente ora anche tu fai parte del gruppo e quindi hai tutto il diritto di cambiare ciò che non ti piace!" rispose Axel, tirando fuori dalla borsa un po' di fogli tenuti con cura in una busta di plastica trasparente. "Dagli un'occhiata quando vuoi!"
Roxas prese i fogli dalle mani del rossino, tirandoli fuori dalla plastica e guardando quello che era in cima agli altri. I suoi occhi si muovevano attentamente su quegli spartiti, leggendo la musica senza alcuna difficoltà. In alcuni pezzi, dove le note erano leggermente più alte, tirava fuori la lingua involontariamente facendola schioccare silenziosamente.
Axel trovò quel gesto adorabile.
"Carina." fu il suo commento finale, continuando a fissare il foglio "Ma cambierei qualcosina della batteria, in questo pun..."
"La batteria non si tocca!" lo interruppe Riku, lapidario, prendendo d'acido peggio di Vanitas. Roxas alzò gli occhi su di lui, di scatto, stupito da quella risposta.
"Ah... mi dispiace, non volevo criticarla..." rispose, abbassando poi lo sguardo, visibilmente rammaricato della cosa.
Axel non sapeva che fare. Non sapeva se prendere Riku e dargli uno schiaffo per farlo rinsavire, dare una pacca sulla spalla a Roxas per farlo tirare un po' su o se prendere una camicia di forza e fermare Vanitas, perché quella venetta che ora gli pulsava sulla fronte non gli piaceva per niente.
"Ah... Roxas, non... non prendertela! Riku non voleva risponderti a quel modo, ma la batteria per noi, almeno su questa canzone, ci ha fatto sudare come dei cammelli per tirar fuori qualcosa di buono, quindi non eravamo pronti a ricevere una critica. Cambiare qualcosa sarebbe come buttare via mesi di lavoro. Scusalo, si è comportato davvero da incivile" soppesò l'ultima parola dando un calcio sotto al tavolo dritto nello stinco di Riku, che urlò di dolore. "E poteva dirtelo con un po' più di garbo. Vero Riku?"
"Deficiente, mi hai fatto... Auchh! Sì, è vero! Scusami, Roxas, non succederà più!"
Axel tirò un sospiro di sollievo e sorrise soddisfatto quando vide il biondo alzare lo sguardo verso di lui e annuire, semplicemente, nel chiaro segno che avesse inteso le vere intenzioni di Riku.
"Bene... per il resto... se hai qualcosa di tuo, anche un testo o solo della musica e vuoi condividerla con noi, saremmo più che entusiasti di poter suonare qualcosa che viene direttamente dalla tua mente geniale!"
Roxas lo guardò scettico, alzando un sopracciglio, poi tornò ad oscurare il volto sotto al suo cappuccio nero.
"Non sono così bravo a scrivere, in realtà..." rispose, rabbuiato.
Axel lo guardò mentre riprendeva tra le labbra la cannuccia che ormai si era consumata sotto ai morsi nervosi dei suoi denti e lo vide isolarsi per un attimo mentre fissava le bollicine della birra di Riku risalire in superficie.
Doveva sdrammatizzare.
"Beh, sicuramente sei più bravo di noi! Ahah!" rise, grattandosi la testa imbarazzato.
Vanitas lo fulminò e gli fece cenno di strozzarsi da solo e di tacere. Axel, che in altre occasioni avrebbe iniziato a parlare a raffica per farglielo apposta, prese il consiglio e si zittì e si pentì di non avere un bicchiere di birra davanti per poter affogare quella brutta situazione fino a toglierle il respiro.
"Beh, insomma, abbiamo tutto! Mercoledì e Domenica per suonare, le tablature delle nostre canzoni le abbiamo date a Roxas, abbiamo un Box dove suonare... che manca?" chiese Vanitas, contando sulla punta delle dita i loro passi da gigante.
"Un nome per la Band!" rispose Riku.
"Oh cazzo è vero!" sussultò Vanitas, battendosi un pugno sul palmo della mano, illuminandosi d'immenso "Ci chiameremo i Vanitas Corpse!"
Axel e Riku si guardarono e poi si voltarono con un sopracciglio alzato verso il chitarrista. Con grande sorpresa anche Roxas era visibilmente stupito da quell'uscita.
"Oh sì! Figo, peccato che... NO!" commentò Riku, accigliandosi. "Ma vuoi fare il serio una volta tanto?"
"Ero serio, ritardato!" grugnì l'altro, fulminandolo.
"Non ricominciate o vi prendo a sprangate sui denti!" li minacciò Axel, con una calma disarmante "Dobbiamo trovare un nome che sia adatto a tutti e quattro e che sia... epico!"
"The Keyhole!" propose Vanitas, con gli occhi che sbrilluccicavano per la splendida idea che aveva avuto.
"Ma... è tipo il nome più ambiguo che possa esistere, Van!" rise Axel, pensando ai molteplici doppi sensi che il nome potesse avere. E le numerose prese per il culo che avrebbero avuto, utilizzandolo.
"The Keys?" ci riprovò il chitarrista.
"Ma ti sei fissato con le chiavi?" chiese Riku, alzando un sopracciglio, anche se l'idea di usare la parola Keys non gli dispiaceva per niente.
"Ma sì, noi siamo le chiavi del successo, le chiavi del portone che dà sul significato della vita, le chiavi del culo di Justin Bieber! Siamo noi! The Keys!"
Axel e Riku scoppiarono a ridere a quella frase che cercarono di imprimere nella mente, nel caso potesse essere utile per lo slogan del loro primo tour mondiale, poi si fecero pensierosi e silenziosi, mentre pensavano a che nome utilizzare.
"Che birra è quella, Riku?" chiese Roxas, d'un tratto, fissando il boccale mezzo vuoto che il batterista stava tenendo ancora in mano, con aria pensierosa.
L'argento lo guardò e, chiedendosi perché glielo avesse chiesto così all'improvviso, visto che era minorenne e non poteva bere, rispose: "Una Kingdom Breweries, perché?"
"Kingdom Keys..." rispose il biondino, con un sussurro appena percettibile, non del tutto convinto di volere che gli altri tre lo sentissero.
Ma lo avevano sentito, eccome. Lo guardarono allibiti.
"Siamo... i Kingdom Keys?" chiese Vanitas, infine, sul punto di mettersi a piangere per l'emozione. "Ma è un nome fighissimo! Ci sta, ci sta!"
"Sì, è vero! E' un bel nome e ti fa contento, Van! Dentro ci sono le chiavi che tanto volevi!" ridacchiò il rossino.
"Mi pare che anche voi due finocchi aveste apprezzato l'idea delle chiavi, eh!" grugnì, guardandolo di sottecchi, poi si voltò a guardare Roxas "E' un nome bellissimo, Roxy! Sei un genio!"
"Per così poco..." rispose indifferente e l'aura malvagia di Riku si riaccese, vogliosa di fargli del male per quel suo tono saccente "A volte basta guardarsi intorno e unire i puntini..."
"Proprio come hanno fatto con la personalità di Vanitas, solo che gli è andata veramente male con gli accostamenti!" rispose Axel, guadagnandosi uno sguardo omicida da parte del chitarrista e uno eloquente da parte di Roxas, che non aveva trovato la battuta per nulla divertente. Ma c'era una cosa che lo divertisse un po', quel ragazzino taciturno?
 
 
"Ri, io accompagno Roxas a casa. Parleremo domani di quella cosa!"
Riku sorrise e scosse la testa: "Non preoccuparti, Axel! Quando avremo tempo ne parleremo. Niente di diverso dal solito, comunque!"
Axel lo guardò inclinando la testa di lato, pensieroso.
"A occhio e croce direi che ti stanno per esplodere i testicoli!" rispose, in tono serio, poi scoppiò a ridere insieme all'argento.
"Anche la testa, in realtà e molto probabilmente stanotte mi esploderanno entrambi!" disse, cercando di sdrammatizzare più che potesse, ma era difficile.
"Ok, eccoci! Scusate ma Roxy doveva pisciare!" esclamò Vanitas, uscendo dalla porta del pub, seguito subito dopo dal biondino che lo fulminò con lo sguardo.
"Ma se dovevi andarci tu di corsa"
"Roxy, grazie per aver rovinato la mia reputazione, davvero!" rispose esasperato Vanitas, senza guardarlo.
"La reputazione di cosa? Dell'uomo perfetto che non fa nemmeno pipì?" chiese Riku, indicandolo con un gesto teatrale e ridendo.
"Ognuno ha il proprio personaggio da dover interpretare! Cooomunque..." esordì il moro, abbassando lo sguardo sul biondino "Roxas, purtroppo devo lasciarti nelle mani di quel tipo strano lì. Fosse per me ti porterei con la mia moto, ma sai quanto diventa pericoloso tuo fratello se non faccio come dice... potrebbe uccidermi e noi non vogliamo questo, vero?"
Roxas rispose con un debole diniego della testa, visibilmente sconcertato da quelle parole. Ma, dopotutto, Ventus era violento solo con Vanitas, quindi poteva stare tranquillo.
"Tranquillo Roxas, non sono strano... o almeno non come Vanitas, quindi puoi stare tranquillo!" sorrise il rossino, dolcemente in direzione di quel cupo biondino che ora lo stava guardando, come a voler constatare se le sue parole erano veritiere.
Axel buttò giù un groppone.
"Bene, io mi incammino, allora! Ci si vede domani al parchetto, gente e con te Domenica, Roxas!" salutò Riku, infilando le mani in tasca "Buonanotte gruppo" e si voltò, cominciando ad incamminarsi non appena gli altri tre lo avevano salutato.
"Vado anche io! Roxy, hai il mio numero, se dovesse succedere qualcosa chiamami che corro da te!" esclamò Vanitas, sfilando le chiavi della moto dalla tasca dei jeans neri.
"Ma cosa vai blaterando, cazzone! Vuoi smetterla di dire cose a vanvera come al solito?" si lamentò Axel, esasperato da quei continui avvertimenti da parte del suo chitarrista.
"Zitto, maniaco! Tieni quelle manine nelle tasche, ok? A domani, puntuale a lezione!" esclamò Vanitas puntandogli un dito contro, poi si addolcì. "Buonanotte Roxy, dai un bacio a Ven da parte mia!" e se ne andò.
Axel e Roxas rimasero fermi a fissare la figura di Vanitas che spariva dietro un angolo e poco dopo percepirono il rumore del rombo del motore della sua moto e lo sentirono sfrecciare via dalla parte opposta.
Non appena il rumore sparì, Axel sospirò. Ok, il momento che meno sperò che arrivasse era infine giunto.
"Andiamo?" chiese Roxas, d'un tratto, facendolo sobbalzare.
"Ah sì! Andiamo!"
Si incamminarono, l'uno affiancato all'altro. Il silenzio più totale era sceso in quella notte illuminata da una mezza luna inquietante e dai lampioni dalla luce fredda e inospitale.
Axel avrebbe preferito di gran lunga passare su dei carboni ardenti a piedi nudi per tornare a casa, piuttosto che essere lì col fratellino di Ven che sembrava non volesse spiccicare parola e, la cosa lo fece rabbrividire, non sembrava minimamente a disagio.
L'unico rumore che produceva quel nanetto biondo era il suono della sua gomma da masticare che, dopo avergli fatto fare due o tre bolle insieme, le faceva scoppiare rumorosamente. Axel si chiese se era cosciente del fatto che quel rumore era snervante da morire, specie in un'atmosfera del genere.
Ma c'erano tante cose che Axel si chiedeva, in quel momento.
Roxas era la copia spiccicata di Ventus, solo un po' più magrolino e vestiva in modo totalmente diverso da lui. Era silenzioso, scostante, timido, un po' saputello e tremendamente strano. Eppure, malgrado non spiccasse in quanto a pregi, lo incuriosiva tantissimo... e non riusciva a capire perché.
Gli avrebbe chiesto volentieri un milione di cose, in quel momento e solo il pensiero delle continue riprese di Vanitas lo frenavano nel dire qualcosa.
Ad Axel piaceva tanto parlare e, più di tutto, gli piaceva ascoltare cosa avesse da dire la gente. Lo rassicurava, lo arricchiva un po', giorno per giorno, sapere che le persone a cui voleva bene facessero affidamento su di lui, anche solo per chiacchierare, per sfogarsi e, anche se non sempre c'era una buona parola per loro - ma capitava davvero di rado, di non averne - per loro era stato comunque liberatorio. E Roxas? A lui che cosa lo attanagliava?
Un venticello freschissimo si alzò improvvisamente, quando voltarono un angolo, probabilmente meno riparato degli altri. Duemila odori si alzarono in volo insieme a quella brezza così delicata ed Axel ne percepì uno solo, che gli andò a risvegliare il cervello ormai completamente leso da mille pensieri.
"Cocco..." sorrise, senza rendersi conto di averlo detto ad alta voce.
Roxas si voltò a guardarlo, alzando un sopracciglio.
"Mmh?"
Il rossino sobbalzò sulle spalle e arrossì, imbarazzato per l'uscita senza senso che aveva avuto; lo guardò, arruffandosi i capelli.
"Mi è arrivato un odore di cocco, con questo vento! Sono i tuoi capelli?" chiese, pentendosi subito dopo di averlo fatto, mordendosi un labbro.
Il biondino continuò a guardarlo, ma rilassò il volto.
"Sì, credo di sì..." rispose, tornando poi a fissare la strada e a fare bolle con la gomma.
Adorava il cocco, il cantante. Era uno di quegli odori di cui avrebbe caricato i polmoni fino ad arrivare all'assuefazione totale. Era come la benzina, per lui. Un odore di cui ti riempiresti il naso fino a farlo scoppiare, se necessario.
"Ti ho sconvolto?" chiese il rossino, subito dopo, rendendosi conto di aver fatto davvero la figura del maniaco sessuale con quell'exploit.
Roxas si voltò di nuovo a guardarlo e Axel notò con grande stupore che c'era un mezzo sorriso divertito appena percettibile su quelle labbra così rosa e carnose.
"No, assolutamente! Ci mancherebbe che mi sconvolgo perché ti piace l'odore del mio shampoo"
Aveva tirato fuori un po' di intraprendenza? Carino, lui! Ma quindi ce l'aveva un sorriso, nascosto da qualche parte! Si chiese se sarebbe riuscito a strappargliene uno un po' più sincero, quella sera.
"E che Vanitas mi ha messo in testa di non fare cose strane in tua presenza e più lui e tuo fratello si raccomandano più io sono sicuro di fare il contrario!"
Roxas sospirò: "Devono smetterla di preoccuparsi così tanto per me..."
Non dire la prima cosa che ti viene in mente, Axel! Di una cosa intelligente, che non sia invasiva, che non sia una domanda personale e che non lo intristisca... puoi farcela.
"Si preoccupano troppo?"
Ecco, appunto, come non detto...
"A volte..." fu la vaga risposta del bassista, che non sembrò molto propenso ad approfondire l'argomento e Axel fu felice che non l'avesse fulminato con lo sguardo. Il biondino si fermò di fronte ad un portone che il rossino riconobbe subito dopo come la casa di Ventus - e di Roxas, ovviamente-. "Beh, sono arrivato. Grazie per avermi accompagnato" disse, tirando fuori le chiavi di casa dalla tasca dei pantaloni, senza particolare entusiasmo.
Axel annuì e rimase immobile, aspettando che aprisse il portone. Diede un paio di mandate e il portone si aprì facendo eco nel buio atrio della palazzina.
"Buonanotte"
"Buonanotte Roxas!" salutò il rossino, voltandosi poi per andarsene.
"Ah..."
Axel si voltò, sentendo quella voce titubante chiamarlo.
Roxas era fermo a metà tra l'atrio e il marciapiedi e, con un faccino un po' titubante, disse: "Canti molto bene" e sparì, di corsa, nel buio che lo inghiottì, mentre il portone si chiudeva da solo facendo un rumore allucinante, che fece male alle orecchie di Axel.
Il cantante ci mise un po' prima di connettere e rimase almeno un paio di minuti a fissare quella porta vecchia e ingiallita che lo aveva diviso da quell'essere gnomico e adorabile che in soli 5 minuti era riuscito a fargli andare il cervello in tilt; prima con quel sorrisino, adesso con quella frase... si chiese se era ancora nel suo letto, a sonnecchiare, aspettando che arrivasse l'ora di raggiungere gli altri allo Strawberry Fields e che quindi la serata dovesse ancora cominciare. Si pizzicò la guancia, constatando che non solo era realtà ma che lui era ancora lì fermo come un beato a fissare il nulla.
Fece dietro front e si incamminò, con le braccia dietro la testa e una strana sensazione nel pancreas, verso casa sua e, in quel momento, aveva una gran voglia di cantare a squarciagola.
Fine
 
 
Buonaseraaaa!
Allora, sono in tremendo ritardo, lo so! Ma non riuscivo a finire! Ho scritto l'inizio tipo 5 volte e non sono nemmeno tanto sicura che mi piaccia, in realtà -.- ma va beh, fatevelo andare bene così che poi mi incasino di più ç.ç magari mi sono ripresa sul finale, che ne so v.v (lasciale decidere ai lettori queste cose >_> NdAxel fatti gli affari tuoi rossino <_< glielo dico a Vanitas che ti metti a dire a Roxas che gli profumano i capelli, eh v.v NdMiryel no ti prego ç.ç Poi lo dice a Ventus e quello mi mena ç.ç NdAxel bravo, sta buono v.v NdMiryel).
Eggggniente, sto qua, malaticcia, con l'influenza e quindi mi sono permessa di finirlo con un po' più di tempo a disposizione perché quando lavoro è difficile che tiro fuori qualcosa che mi piace e finisce che ci metto miiiiiilleeeeenni per finire un capitolo. Vi ricordo che vengo da una raccolta di One Shot autoconclusive quindi mi ero un po' adagiata sugli allori e non dovevo seguire una trama. Qui invece la questione è diversa e questi qua mi stanno facendo impazzire, soprattutto Axel >_>
Va beh, bando alle bande, ciancio alle cianciolle, la Bonus Track in arrivo dal binario 10! Al prossimo capitolo e buona lettura **
 
*Bonus Track*
'Allora? Com'è andata con quel... Terra?'
Nemmeno un buongiorno, nemmeno un ciao. Questo era il primo sms che Vanitas mandava a Ventus quella mattina, mentre era in facoltà e si struggeva per sapere cosa fosse successo la sera prima.
'Buongiorno anche a te, eh! Tutto bene con quel Terra, siamo andati ad un Pub vicino casa sua e poi si sono uniti anche Zexion e Demyx! Tu stai bene? La gelosia ti ha già logorato da dentro?'
Vanitas grugnì fortissimo e mezza classe se ne accorse ma tutti cercarono di ignorarlo, compreso il professore.
Solo Axel se la rideva sotto i baffi cercando di non farsi vedere.
'Geloso? Io? Tu dovresti esserlo! Ieri sera al Pub ci hanno raggiunto un paio di ragazze e ci hanno provato spudoratamente con me. Ora hanno il mio numero e potrei anche chiamarle, se volessi!'
Faccia soddisfatta per la risposta del secolo. Si sentì un Re.
'Ieri sera eri con Roxas e mi avrebbe detto una cosa del genere...'
Accidenti! Non ci aveva pensato a quel nanetto biondo.
'Ok, ok era per scherzare! E comunque non sono geloso per niente di quel Terra lì! Sono dieci volte meglio di lui!'
'Vanitas... se avessi preferito Terra a te pensi che ora io e te staremmo qui a scriverci come due ritardati facendo a gara a chi è più geloso?'
Cazzo, che tenero! Sarebbe corso lì a sbatterselo seduta stante solo per le parole che ogni volta riusciva a tirare fuori.
'Oggi sei tutto mio, non mi sfuggi >_ 'Ok, mostro mio! Ora vado a lezione! A dopo, mi manchi tanto :('
'Anche tu mi manchi, tesoruccio ç_ç! A dopo!'
"Allora, risolto?" chiese Axel, non appena Vanitas ebbe poggiando il cellulare sul banco, sospirando innamorato.
"Ah, sìsì! Gliel'ho fatta intendere che quel Terra deve stare lontano da lui almeno 15 metri! E Ventus ha capito, eccome se ha capito! Vedrai che non gli ronzerà più intorno!" disse, borioso, ridacchiando come il peggiore dei villani.
Axel sospirò: e chi glielo spiegava, a quello lì, che non aveva nulla di cui preoccuparsi? Terra era cotto di Aqua!
*Fine*
 

 
 

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Capitolo 4
*** Silver ***



Capitolo 4. Silver
 
Sebbene l'aria si fosse fatta molto più calda dopo l'ora di pranzo, circondata da un alone insopportabile di umidità e di un sole particolarmente dispettoso, Vanitas non avrebbe mai desistito nell'indossare i suoi inseparabili capi d'abbigliamento neri.
Si, ok, a volte ci ficcava dentro una nota di rosso, a volte di blu elettrico e altre volte, ma molto più rare, una puntina di bianco, ma il nero era predominante. Lo faceva sentire sicuro e minaccioso; un vero villano.
Vanitas non era mai stato particolarmente interessato a cambiare il proprio aspetto per piacere agli altri. Anzi, l'intento era sicuramente tutto il contrario. Meno gente in giro, meglio era. I suoi amici che, grazie al cielo, poteva reputare sicuramente fidati e leali, gli bastavano e avanzavano.
E poi c'era Ventus.
Ventus era sempre stato un ragazzo molto posato, dolce, premuroso, sincero, buono e, soprattutto, era sempre pronto a farsi in quattro per aiutare gli altri. Biondo, occhi azzurri, guance rosse su una pelle diafana e degli occhiali da vista con una montatura trasparente che lo rendevano così aristocratico... Vanitas invece era la sua nemesi: capelli neri, occhi color ambra come quelli di un gatto, carnagione un po' olivastra e un piercing sulla lingua di cui andava particolarmente fiero. 
Si erano conosciuti alle medie, i due e, per quanto potesse sembrare assurdo pensare una cosa del genere, in quel periodo Vanitas e Ventus si odiavano.
Ven in quel periodo era talmente stressato dalle sue continue prese in giro e punzecchiamenti che aveva delle crisi di pianto incontrollabili. Lo rendeva nervoso, nervosissimo. Anche sentire il suo nome lo agitava.
E Vanitas insisteva, lo bloccava nei corridoi per fargli battute brutte, sporche. Lo prendeva in giro dandogli del secchione, lo minacciava di picchiarlo... era bullismo vero e proprio e Ventus era troppo debole psicologicamente per chiedere aiuto o, meglio ancora, per difendersi con le sue mani.
Non sapeva cosa avrebbe dato, per tirare fuori un po' di coraggio...
Vanitas scosse la testa, cercando di scacciare via quel senso di colpa che lo attanagliava ogni qual volta pensava al passato... a quel passato in particolare. Alzò il volume del suo IPod e allungò il passo, anche se era in anticipo di almeno un quarto d'ora. Fu felice, però, di notare che non fosse il solo ad essere arrivato prima all'appuntamento.
"Ciao Ri!" urlò, non appena lo ebbe fronteggiato, senza rendersi conto di aver alzato la voce per via della musica a palla che aveva nelle orecchie.
Riku gli tolse le cuffie con un gesto secco.
"Ritardato, ti sento benissimo, che cazzo urli!" esclamò infastidito "E comunque ciao!"
"Senti, principessa, mettiamo in chiaro due cose: la prima è che non devi MAI tirare le MIE cuffie in questo modo perché me le rompi; secondo ma non meno importante, se hai problemi con mio fratello non prendertela con me, perché ci metto tre secondi a darti una capocciata sul setto nasale!" sentenziò il chitarrista, dandogli poi uno scappellotto dietro la testa per punirlo.
"Ahio!" si lamentò l'argento "Ok, ok... Scusa!"
"Così va meglio, splendore! Allora, chi stiamo aspettando?"
"Beh, quel caso disperato di Axel... ma verrà in ritardo come al solito - "Già Già" fece eco Vanitas -, Demyx dice che sarà qui a momenti e poi Ventus e Roxas!"
Vanitas scoppiò a ridere: "Certo che per comprare un fottuto Charleston ti sei portato dietro l'esercito delle cinque armate, eh!? Bello lui, che ha bisogno dei babysitter!"
"Smettila, Van, sei inquietante quando cerchi di fare la persona normale, cazzo! Sei uno psicopatico, fattene una ragione!"
"Beh, è di famiglia..." ridacchiò malvagiamente, facendogli poi l'occhiolino.
Riku sospirò esasperato e poggiò la schiena ad un muro, incrociando le braccia al petto, reprimendo l'impulso di dargli un cazzotto in bocca.
"Oh, ecco Ven!" sorrise Vanitas, sbracciandosi per attirare la sua attenzione.
L'argento guardò nella sua direzione e aggrottò la fronte sconcertato per la scena che gli si era presentata davanti: Ventus e Roxas camminavano silenziosamente l'uno accanto all'altro e, vicino al più grande, un Sora non programmato stava gesticolando animatamente nella loro direzione e parlava a raffica, sommergendoli di parole. Indicava in cielo, poi in terra, poi muoveva le mani a caso... Ventus e Roxas erano visibilmente rincoglioniti da quelle continue chiacchiere, soprattutto il più piccolo che sembrava sul punto di tirare fuori un bazooka e fare una strage.
Riku si passò una mano sulla faccia: "Chi ha invitato tuo fratello?"
"Io!" rise Vanitas, con le mani ai fianchi, soddisfatto.
"Ti odio..." mormorò l'altro, senza farsi sentire.
"Ciao mostro!" salutò Ven, visibilmente rincuorato di averli raggiunti per liberarsi dalla continua parlantina di Sora. Si avvicinò al suo ragazzo e gli diede un bacio a stampo "Ciao Riku!"
"Ciao Ven, ciao Roxas" salutò l'argento, alzando una manina, poi si voltò a guardare Sora "Ciao..." disse, titubante.
Sora lo guardò per qualche istante con due occhioni vispi e sbrilluccicanti, poi, dal nulla, gli circondò le braccia intorno al collo, abbracciandolo e urlando: "Riii! E' da tantissimo tempo che non ci vediamo!"
Riku si sforzò con tutto se stesso di non abbracciarlo a sua volto o, più difficile da reprimere, dargli uno spintone e prenderlo a pugni e calci fino a fargli implorare pietà. Come poteva un essere piccolo e indifeso come Sora fargli provare tanto amore e tanto odio tutto insieme?
"Ci siamo visti due giorni fa, Sora..."
Sora si staccò, gli prese le mani tra le proprie e lo guardò sorridendo dolcemente, poi scosse la testa: "Beh è comunque tantissimo tempo!"
"Sono così ambigui..." commentò Ventus osservandoli  da lontano con le braccia incrociate, rivolto a Vanitas. Quest'ultimo sospirò rassegnato.
"Sono due imbecilli! E in questo momento non saprei dirti nemmeno chi dei due lo sia di più..."
"Ah, non stanno insieme?" chiese Roxas, improvvisamente.
"No, Roxas!" rispose Ven, senza distogliere lo sguardo da quello spettacolo raccapricciante. "So che può sembrare una presa in giro ma no, non stanno insieme!"
"Sì, sembra palesemente una presa in giro!" disse una voce nuova, improvvisamente, spuntando dietro di loro e abbracciando da dietro Vanitas e Ventus, ridacchiando.
"Demyx!" esclamarono all'unisono i due fidanzati.
"Ciao ragazzi!" salutò entusiasta il ragazzo, ridacchiando poi alla vista di Sora che continuava a parlare con un Riku super a disagio, mentre gli teneva ancora le mani tra le sue. "Gli do tre giorni, al povero Riku, prima che gli esplodano i testicoli! Tuo fratello è tremendo!"
Vanitas rise senza entusiasmo: "Lo fa senza malizia! Non si rende conto che così facendo mette a dura prova la pazienza del coglione coi capelli bianchi!" spiegò, con nonchalance "Tu invece che dici, fannullone? Che stai facendo in questo periodo?"
Demyx parve a disagio e si massaggiò il collo, in imbarazzo: "Beh, faccio finta di studiare e fingo di seguire le lezioni all'università... Ogni tanto mi impongo di andarmi a cercare un lavoro pomeridiano ma poi non lo faccio e..." si interruppe, scavando nella sua testa alla ricerca di qualcosa di interessante da raccontare "Ah, mi vedo con una... per ora va bene, non ha tante pretese, non rompe i coglioni e abita anche abbastanza lontano, quindi non sono nemmeno costretto a vederla tutti i giorni!"
Ventus alzò un sopracciglio: "Hai una bella idea di cosa sia una relazione, Dem! Avrai sicuramente delle storie lunghe e durature, di questo passo!"
Demyx sorrise e si voltò verso Vanitas, mettendogli una mano sulla spalla: "Sbaglio o il tuo fidanzato è leggermente ironico, ultimamente? E' proprio vero che chi va con lo zoppo... oh!" si interruppe, improvvisamente, notando una cosa che prima non aveva notato "E' tuo fratello? Ma si che è tuo fratello, Ven! Siete identici!" esclamò, posando gli occhi da Roxas a Ventus per costatare la loro somiglianza.
"Ah, sì! Demyx, lui è Roxas! Come ti ho spiegato l'altra sera, ora è entrato nel gruppo di Vanitas, Axel e Riku ed è il loro bassista!"
"Oh, quindi sei tu il famoso bassista!" disse sorpreso Demyx, tendendogli la mano "Io sono il famoso Demyx, invece! Quello che doveva essere la loro seconda chitarra ma che non riesce a trovare la voglia di partecipare alle prove in modo costante!"
"Piacere" rispose il più piccolo, stringendogli la mano.
"Sei loquace come Riku, vedo!" ironizzò l'altro che, purtroppo, non aveva peli sulla lingua.
Roxas fece finta di non aver sentito la battuta e, di tutta risposta, tornò a fare bolle con la sua gomma, voltandosi a guardare Sora e Riku che erano molto più interessanti e divertenti da contemplare, piuttosto che stare a sentire uno che chiacchierava, diceva un sacco di cose a vanvera senza dargli un filo logico e che si lamentava di tutto. Gli era bastato il tragitto con quel chiacchierone di Sora. Lo aveva rincoglionito.
"Facciamo le belle statuine, quindi?" chiese Demyx, notando che nessuno aveva preso l'iniziativa di cominciare a muoversi verso il negozio di strumenti.
Ventus guardò l'orologio e sembrò spazientirsi: "Stiamo aspettano Axel... Dio, quel ragazzo non ha mai saputo cos'è la puntualità!" sbuffò.
"Lo chiamo?" chiese ancora Demyx.
"No, non ti risponderebbe..."
Passarono almeno altri dieci minuti, nel frattempo, in cui Sora si era finalmente fermato e aveva dato la possibilità a Riku di salutare Demyx. Si misero a conversare tutti assieme, nell'attesa, quando il campanello di una bicicletta li destò e, quando si voltarono, trovarono un Axel tutto accaldato - ma sorridente - che li guardava.
"Scusate il ritardo!" esordì, scendendo dalla bici e poggiandola ad un palo per legarla.
"Scusate una beneamata ceppa!" quasi urlò Vanitas, "E poi che cazzo avrai da ridere?"
Axel, che si era chinato per chiudere il lucchetto, alzò lo sguardo verso l'amico e alzò un sopracciglio.
"Non lo so... cioè, ho pensato: magari se arrivo sorridendo nemmeno ci fanno caso che ho fatto 20 minuti di ritardo!"
"Tu il ritardo ce l'hai in testa, imbecille!"
"Sono contento che siate di buon umore, mio signore!" commentò il rossino, alzandosi in piedi.
"Muori male, Axel! Muori malissimo!"
Axel rise compiaciuto e si voltò a guardare i presenti che, avvezzi ormai a quelle sceneggiate, non gli davano più importanza. Solo una testina bionda coperta da un cappuccio bianco sembrava leggermente divertita da quei battibecchi; Roxas si era nascosto la bocca con una mano, occultando un lieve sorriso divertito, che subito sfumò non appena incrociò gli occhi di Axel.
"Ciao..." salutò debolmente il biondino.
Axel lo guardò per qualche secondo, intenerito dal fatto che cercasse di nascondere ogni espressione facciale che non fosse la sua solita neutra e glaciale. Gli sorrise.
"Ciao Roxas!" poi guardò gli altri "Ciao a tutti! Andiamo dai, non perdiamo tempo!"
"Guarda che sei tu quello che è arrivato in ritardo!" lo redarguì Riku "E dovrei essere io quello che decide quando muoverci!"
Axel non rispose, non gli andava di mettersi a discutere, pure ironicamente, con Riku. Era peggio di una zitellaccia in calore... anzi, era peggio di una donna col ciclo mestruale perenne. Lui capiva benissimo che fosse estremamente frustrato dai comportamenti ambigui di Sora... ma non per questo doveva essere isterico peggio di Vanitas al cenone di Natale. Sì, Vanitas al cenone di Natale era insostenibile e nevrotico e Sora lo sapeva bene...
Malgrado Riku avesse da ridire su qualsiasi cosa, anche sulla decisione di muoversi quando lo desiderava lui, il gruppetto cominciò a muovere i primi passi verso il negozio di musica che si trovava a mezzo kilometro dal loro luogo di incontro.
Era un posto molto carino, abbastanza capiente, ben fornito e gestito da un tipo con una benda sull'occhio destro. Non sapevano se la indossasse perché effettivamente gli mancava un occhio o se fosse solo perché era terribilmente Metal portare una cosa del genere; non avevano mai avuto il coraggio di chiederglielo, anche se lui era sempre gentile e disponibile con tutti, e quindi avrebbe sicuramente risposto senza problemi.
Il nome del negozio era "Stradivarius"; non era un nome eclatante o che spiccava particolarmente, ma i ragazzi si fornivano lì da quando avevano iniziato a suonare e, più di una volta, avevano anche affittato le salette di registrazione che il padrone aveva voluto inserire nel locale. Insomma, un posticino niente male gestito da brava gente.
Non appena Riku aprì la porta, un campanellino suonò debolmente, richiamando l'attenzione dell'uomo al bancone, che alzò lo sguardo da una copia di Rolling Stones probabilmente vecchia di dieci anni.
"Oh! L'albino!" sorrise l'uomo, alla vista di Riku. "Buongiorno!"
"Buongiorno Xigbar! E, per l'ultima volta, non sono albino!" rispose, esasperato, avvicinandosi al bancone mentre l'uomo ignorava le sue lamentele, visibilmente scosso dal fatto che continuasse ad entrare gente e pareva non finire mai. Non appena Demyx si chiuse la porta dietro le spalle, Xigbar scoppiò a ridere.
"Ma sono tutti con te?" chiese, divertito.
Riku arrossì: "Sì... Beh, e che abbiamo altri programmi per dopo... e sono voluti venire tutti con me..." cercò di giustificarsi, chiedendosi poi poco dopo perché lo stesse effettivamente facendo.
"Sì, ragazzo, scherzavo eh! Sono felice che oltre alle solite facce di quei due tonti possa vedere anche nuovi volti" continuò l'uomo, indicando Axel e Vanitas, poi abbassò lo sguardo su Roxas "A te ti ho già visto, invece!"
"Ho preso un Jazz Bass Fender qualche mese fa" informò il biondino. Xigbar parve illuminarsi.
"Sì, sì, mi ricordo! Un ragazzino che si compra un Jazz Bass non è cosa da tutti i giorni! E chi se lo scorda!" e scoppiò di nuovo a ridere, divertito, mentre Roxas si chiedeva se quella frase fosse un complimento o una presa in giro. "Allora, che cosa ti serve albino?"
Riku cercò di ignorare il nomignolo: "Il mio Charleston ha una crepa e il suono si è distorto un pochino. Vorrei sapere se è possibile ripararlo o se mi consigli di ricomprarlo! Ovviamente l'ho portato con me!" concluse, aprendo poi lo zaino e tirando fuori il piatto crepato.
Xigbar lo guardò attentamente, con una mano sul mento e aspettò qualche secondo prima di dare un verdetto.
"Sei in un limbo, ciccio!" esordì l'uomo, "Le crepe sui piatti delle batterie possono essere riparati se non superano una certa lunghezza. Ad occhio e croce non so dirti se questa sia riparabile o no, ma vado a chiamare mio fratello che se ne intende un po' di più!"
"E se non fosse riparabile? Quanto mi costerebbe?" chiese Riku, mordendosi un labbro.
Xigbar sospirò: "Il Charleston per la tua batteria... su per giù sui 250!" disse, poi sparì dietro una porta contornata da vecchi poster ingialliti dei Velvet Underground e Motorhead.
"Dio, ti prego, fa che sia riparabile!" mormorò l'argento, sconfortato all'ennesima potenza.
"Dai, vedrai che lo sarà! Xigbar non ci delude mai!" sorrise Axel avvicinandosi e poggiandogli una mano sulla spalla per confortarlo.
Riku fece un mezzo sorriso amaro, poi vide la porta riaprirsi e emergere di nuovo Xigbar e un tipo grosso con i rasta e delle basette lunghissime che lo rendevano estremamente rock.
"Buonasera!" salutò quello, sorridendo divertito alla vista di tutta quella gente.
"Buonasera!" risposero tutti in coro, facendolo ridere di più.
"E' questo il piatto, Xig?"
Xigbar annuì e si avvicinò al fratello, cedendogli un paio di occhiali da vista: "Sì! Senti, Xaldin, questo ragazzo qui è un cliente da anni... vedi di dargli buone notizie, eh!"
"Vorrei potergliele dare, credimi!" esordì Xaldin, fissando ancora il piatto, poi lo posò sul tavolo e, poggiando le mani sul legno rovinato e scolorito, sospirò "Senti, scricchiolo, io posso provarci! Voglio darti una mano! Ma sappi che se anche la riparerai, tra qualche tempo si romperà di nuovo, perché quelle riparazioni non sono fatte per queste crepe così lunghe... cedono, capisci cosa intendo?"
Riku annuì senza entusiasmo. Che notizia del cazzo.
Che palle.
"Ok, quindi la mando in riparazione?" chiese ancora l'uomo.
"Sì, tanto non ho molte altre scelte, visto che ora non posso permettermi un Charleston nuovo..." disse, abbassando lo sguardo, un po' rammaricato del fatto che fosse così squattrinato da doversi sempre accontentare del peggio. E non un peggio qualunque: il peggio del peggio.
"Ok, dammi un nome così appena torna dalla riparazione sappiamo di chi è!"
Xigbar, ridacchiando, rispose al posto di Riku: "Metti albino, che almeno so subito che è il suo!"
"Metti Riku!" esclamò l'argento, lapidario "E grazie mille per l'aiuto... non so come ringraziarvi!"
"Te l'ho detto, scricchiolo, ti voglio aiutare ma non aspettarti che ti duri in eterno. Uomo avvisato..." e detto questo sparì di nuovo dietro la porta con il piatto di Riku sotto un braccio.
"Beh, a meno che uno dei tuoi numerosi amici non sia venuto qui per acquistare qualcosa, ti posso dire che domani riavrai il tuo piatto riparato!" sorrise Xigbar incrociando le braccia sotto al petto.
"Grazie mille Xigbar... a domani allora!"
E detto questo il numeroso gruppetto uscì dal negozio, dirigendosi verso un parchetto lì vicino e sedendosi sull'unico posto che potesse ospitarli tutti: Il blocco di cemento che copriva probabilmente un passaggio alle fognature sotterranee della città. Meglio di niente...
"Accidenti, non ci voleva questa notizia!" esclamò Riku, prendendosi la testa tra le mani, scoraggiato.
"Eddai, Ri, non farti prendere dallo sconforto! Intanto userai quello riparato, poi per quello nuovo sarà un problema di dopo!" cercò di rassicurarlo Sora.
"Il problema ci sarà anche dopo... io non ho un soldo e non mi va di chiederli a Cloud, visto che mi servono per comprare cose che non hanno a che fare con i bisogni primari e l'università... Non me lo ha mai fatto pesare, ma non voglio essere un peso anche su queste cose di cui potrei fare anche a meno!"
Vanitas sospirò: "Ri, gli stai dando un sacco di soddisfazioni, tra i bei voti degli esami e la borsa di studio dell'anno scorso! Non credo si farebbe problemi a darti qualche soldo  per comprarti un Charleston nuovo!"
Riku alzò gli occhi verso di lui, leggermente velati da una punta di malinconia: "Sono certamente delle belle soddisfazioni, non lo metto in dubbio... ma fino a che livello questo può essere importante per lui, o soddisfacente? Cloud non è mio padre..."
No, Cloud non era suo padre, ma il fratello più giovane di sua madre. Non aveva nemmeno 30 anni, ma era maturo e responsabile e lavorava per l'esercito, ricoprendo il ruolo di segretario personale di uno dei Generali più importanti del paese. Guadagnava molto bene, tanto che si era potuto permettere un appartamento enorme di una palazzina stile ottocentesca, dove però si sentiva la mancanza di un bel panorama, che la loro città non poteva offrire.
Cloud non ci aveva pensato due volte a prendere Riku con se, non appena aveva saputo che cosa gli stava succedendo in casa con sua sorella. Voleva bene ad entrambi, anche se aveva del risentimento verso la madre di Riku, per via delle sue continue crisi isteriche verso di lui. Ma le voleva bene e, proprio per questo, decise di portarselo via, per il bene di entrambi.
Cloud non era un tipo che ispirava simpatia, di primo impatto, ma era comunque molto buono, malgrado anche  il suo carattere non lo lasciasse credere; l'allegria, però, in casa non mancava di certo, perché il ragazzo conviveva da quasi 6 anni con il suo fidanzato, un certo Zack, un Sergente dell'esercito sempre sorridente e pieno di vita, con la battuta sempre pronta e una parlantina ipnotica. Riku lo adorava e per certi versi gli ricordava un po' Sora.
Insomma, Cloud non era di certo il tipo che rifiutava una richiesta economica da parte del nipote, anzi, probabilmente era più che felice di aiutarlo, ma Riku non se la sentiva. Lo stava aiutando anche troppo e lui gli era già molto grato per quello.
"Senti, Riku..." esordì Roxas, titubante. L'argento si voltò a guardarlo, reprimendo l'impulso di alzare gli occhi al cielo perché già pronto a ricevere qualche critica acida da parte del biondino. "Perché non provi a cercarne uno usato...?"
Riku aggrottò la fronte, a quella frase, visibilmente stupito. Perché non ci aveva pensato prima?
"Bella idea, è vero!" disse Axel "Possiamo cercare su internet o, magari, potremmo chiedere a Xigbar di tenerti informato semmai gli capitasse dell'usato sotto mano!"
"Già... non ci avevo pensato" mormorò il batterista, con una mano sul mento. "Grazie dell'idea, Roxas..."
"Per così poco..." commentò il biondino, tornando a nascondersi dietro la sua facciata.
Grrr, quanto era arrogante! Che nervi!
"Ri, non perdiamo tempo, andiamo subito a chiederglielo!" sorrise Sora, d'un tratto, prendendolo per mano e incitandolo a rimettersi in piedi per invitarlo implicitamente a sbrigarsi.
Riku lo fissò sconcertato da tutto quell'entusiasmo, poi sbuffò divertito e si voltò verso i suoi amici.
"Venite anche voi?"
"Nah!" rispose Vanitas, svogliatamente.
"Passo"
"Idem!"
"Mi fanno male le gambe!" si lamentò Demyx, in tono lagnoso.
Roxas declinò l'invito tacitamente.
"Che bel gruppo di anziani, che siete!" commentò divertito l'argento, poi si alzò in piedi "Ci vediamo tra poco, allora! Se vi spostate chiamateci!" e detto questo si incamminò, mentre un Sora saltellante non aveva alcuna intenzione di lasciargli la mano.
"Perché non ci parli, con tuo fratello, e gli spieghi che in realtà è cotto di Riku?" chiese Demyx, quando le due figure si furono ormai allontanate abbastanza da non poterlo sentire.
"Perché non lo capirebbe, è troppo stupido!" rispose stancamente il chitarrista, incrociando le braccia dietro la testa.
"Non dovresti parlare così di tuo fratello!" lo redarguì Ventus, accigliato.
"Ma se è stupido io che ci posso fare?"
"Non è stupido, è solo tanto confuso!" intervenne Axel "E poi se come esempio ha voi due psicopatici dentro casa, immagino che bella idea si sia fatto di una relazione! Al posto suo anche io avrei paura ad innamorarmi di qualcuno!" rise.
"Ma sentilo!" esclamò Ventus, indignato.
"Senti, coglione, io ti mando in orbita con un sonoro calcio in culo, hai capito?"
Quanto era fine, Vanitas, ogni volta? E quanto lo divertiva?
"La verità fa male, eh?" ridacchiò ancora Axel, spostandosi celermente per schivare uno scappellotto da parte del chitarrista, infuriato.
"Vaffanculo, Axel!" grugnì Vanitas "E non ridere, tu!" aggiunse, rivolto a Demyx, che era sul punto di rotolare per terra dal troppo ridere.
"Piuttosto" esordì il rosso, abbassando lo sguardo su Roxas, intento a fissare dei ragazzini che giocavano a rincorrersi. "Hai dato un'occhiata alle nostre tablature, Roxas?"
Il biondino rimase qualche secondo a fissare i due bambini, poi alzò lo sguardo verso di lui e annuì.
"Sì, mi piacciono"
"Davvero?" chiese entusiasta l'altro, sorridendo.
"Ho scritto qualche bozza per le mie parti col basso su un paio di canzoni" continuò, posando le mani sulle ginocchia "Domani alle prove ve le porto, se a voi va bene."
"Sì, va benissimo! Te l'ho detto, le parti con il basso non sono mai state il nostro forte, perciò se cambi qualcosa o la sconvolgi totalmente a noi va bene! Vero Van?"
Axel si voltò a guardare il chitarrista, sorprendendolo a pomiciare caldamente con Ventus, e, quest'ultimo,  appena si sentì osservato si staccò in imbarazzo.
"Ah... sìsì, tutto quello che vuoi!" rispose Vanitas, in tono disinteressando, mostrando palesemente che non aveva sentito una parola, poi prese di nuovo Ventus per i fianchi e ricominciarono a sbaciucchiarsi. Axel sospirò, stancamente.
"Grazie mille del conforto morale, eh! A buon rendere!" commentò il rosso, stancamente e voltandosi di nuovo a guardare Roxas, sorprendendolo a ridacchiare leggermente come era successo qualche ora prima.
Gli faceva raggelare il sangue ogni volta che lo vedeva ridere... e non riusciva ad attribuirne il motivo.
"Domani provate, quindi?" chiese Demyx, facendo sussultare Axel.
"Sì" rispose il rossino "Vuoi venire?"
Demyx sospirò, già stanco all'idea di doversi muovere di domenica, il giorno dell'ozio più totale, per andare a guardare i suoi amici suonare: "Non lo so! Dipende se mi va!"
"Sei un cazzo di pigro, Dem!"
"Credi che non lo sappia?" rispose ridendo, l'altro "Anzi, sai che ti dico? Me ne vado a casa che questa giornata mi ha stancato!" concluse, alzandosi in piedi e stiracchiandosi.
"Giornata? Ma se sei stato fuori appena due ore!"
"Bastano e avanzano, credimi Ax!" rispose Demyx "Beh, adios! E' stato bello! Salutatemi i due innamorati e, FORSE, ci vediamo domani alle prove."
 
 
Axel fissò il soffitto della sua stanza, con sguardo vacuo, mentre scostava le coperte bruscamente per quel caldo afoso che faceva.
Non aveva dormito per niente, quella notte. Un po' per il caldo, un po' perché si sentiva turbato da qualcosa di cui anche lui ignorava l'entità.
Comunque, malgrado avesse praticamente passato la nottata in bianco, non si sentiva per nulla assonnato. Girò il viso verso la sveglia poggiata sul comodino e scoprì con sorpresa che erano appena le sette del mattino.
Cristo, svegliarsi alle sette di domenica non era assolutamente il massimo, pensò.
Si posò una mano sulla fronte, sospirando, tornando a guardare il soffitto un po' annerito che lo sovrastava.
Districò le coperte che si erano attorcigliate intorno ai suoi piedi scalzi e decise di alzarsi per mangiare qualcosa, tanto aveva tutto il tempo, visto che Riku sarebbe passato a prenderlo verso le dieci, per andare insieme alle prove.
Non appena mise piede in cucina, con una mano a grattarsi la pancia sotto la maglia del pigiama e l'altra ad arruffare i suoi capelli spettinati, vide la figura di sua madre di fronte ai fornelli intenta a prepararsi la colazione.
"Giorno ma'"
La donna trasalì e si voltò a guardarlo.
"Axel! Che fai sveglio a quest'ora?" chiese, sorridendo.
Axel sbadiglio: "Avrò dormito sì e no mezz'ora, stanotte!"
"Fila a letto a riposare, che ti porto la colazione!" lo rimproverò, con le mani ai fianchi.
"No, sto bene!" poi aggiunse, di fronte allo sguardo scettico della donna: "Davvero!"
Si sedette su una sedia, prendendosi il viso tra le mani, in un riflesso incondizionato. Sua madre lo guardò e si sedette accanto a lui.
"Che hai?" chiese, dolcemente.
"Niente!" rispose lapidario, poi si impensierì e disse, titubante: "Hai presente quando hai l'ansia nella pancia, che vorresti scacciare via dandoti un pugno nello stomaco e non sai attribuirgli una motivazione?"
La madre aggrottò la fronte e lo guardò confusa: "Beh, fino a prendermi a pugni nello stomaco no, però sì, conosco la sensazione!"
"Non ho dormito per questo... sono stato tutta la notte con un peso sullo stomaco che mi faceva mancare l'aria..."
"E' successo qualcosa all'università?" si allarmò subito la donna.
"No, no. Sono quasi in paro con gli esami... va alla grande! Però non so... mi sento così anche ora!"
La madre lo guardò inclinando la testa, poi, sorridendo, gli prese una mano tra le proprie.
"Tuo padre diceva sempre che quando non si dorme ci sono solo due motivi: creditori sotto casa - Axel ridacchiò a quella frase - o l'amore!"
"L'amore?" ripeté, lui, sconcertato.
La mamma sorrise e si alzò per raggiungere i fornelli, dove l'acqua per il tè stava ormai bollendo.
"Hai conosciuto qualcuno che ti piace?"
Axel sussultò sulle spalle, nervosamente.
"No..." disse, poco convinto, massaggiandosi il collo, turbato.
La donna voltò la testa appena per guardarlo e disse, ridendo: "Allora sono creditori!"
Axel passò il restante tempo che lo divideva dall'incontro con Riku scaldando la voce, mentre ascoltava qualche pezzo dei Placebo su Youtube, Era una vita che non li ascoltava e gli era preso un attimo di malinconia, ricordando gli anni del liceo quando praticamente non ascoltava altro. Erano parte integrante della sua infanzia a cui avrebbe attribuito volentieri anche gruppi un pochino più allegri, se effettivamente i tempi fossero stati tali.
Notando che mancava poco all'ora dell'appuntamento, decise di cominciare a spegnere tutto e finire di prepararsi. Si diede un'ultima occhiata allo specchio, sperando di non sembrare uno zombie per via della notte passata in bianco, e raggiunse il salotto, dove sua madre era intenta a stirare i suoi panni appena lavati.
"Una figlia femmina mi darebbe meno da fare, in quanto a vestiti da stirare!" rise, appena lo vide emergere dalla sua stanza.
"Lo sai che l'abbigliamento è il primo passo per essere fighi?" ironizzò lui, in tono fintamente serio.
"E tu lo sei, lo sei! Tranquillo!" lo rassicurò.
Axel sorrise e non fece in tempo a risponderle che il citofono suonò rumorosamente.
"Ecco Riku, io vado!" disse, avvicinandosi per dare un bacio a sua madre.
"Salutalo e sta attento mentre torni!"
"Ci proverò! A dopo ma'!"
Il rossino scese le scale come al solito di corsa, saltandone qualcuno per fare prima. Non appena arrivò giù aprì il portone e trovò un Riku meno cupo del solito ad accoglierlo.
"Buongiorno!" salutò Axel, facendo cozzare il pugno con quello dell'argento.
"Sei puntuale! Tua madre ti ha cacciato a calci in culo da casa?"
Axel gli diede un pugno sul braccio e l'altro rise: "No, spiritosone! Tutto bene?"
"Sì, sono passato a prendere il piatto stamattina! Come fanno quei due ad aprire anche di domenica? Non ce l'hanno una casa?" chiese, divertito.
"Sono devoti al lavoro, proprio come lo sarebbe Demyx!"
"Ahah! Già!"
"Come va con Sora?" chiese Axel, subito dopo.
Riku sospirò, ma non sembrava particolarmente rabbuiato; chiuse gli occhi e incrociò le braccia dietro la testa.
"Alle solite: abbracci, baci sulle guance, occhiate dolci e carezze velate... e la mia testa che tra poco esploderà, se non cambia qualcosa!"
"Perché non gli parli?"
"Perché ci ho provato! E lui svicola, cambia discorso, se ne va inventando scuse stupide!" rispose stancamente l'argento, con una punta di disperazione nella voce. "L'altro giorno ho cercato di baciarlo e se né andato dicendomi che aveva fretta perché stava per cominciare un film che doveva assolutamente vedere! Ti rendi conto? Oltre a coglionarmi mi prende pure per deficiente!"
Axel scoppiò a ridere, senza riuscire a trattenersi. Tenero. Era tenero da morire!
"Dio, quella famiglia è cresciuta inalando Napalm, secondo me..." constatò ancora Riku, sospirando.
"Vanitas deve averlo ingerito in quantità industriali!"
"Vanitas è il Napalm!" ridacchiò il batterista, seguito poi dal rossino. "E invece Roxas?" chiese improvvisamente.
Axel sentì un brivido lungo la schiena che andò a sfumarsi direttamente sulla punta dei propri capelli appuntiti.
"Cosa?" chiese, turbato.
"Com'è andata l'altra sera, quando lo hai accompagnato a casa?"
"Ah!" esclamò l'altro, sollevato che non parlasse di altro, anche se si chiedeva che cavolo di altro doveva esserci. "Ma niente, non abbiamo praticamente parlato! Giusto qualche scambio di battute, ma si contano sulle dita di una mano!"
"Quanto mi sta sul cazzo, ti giuro!" esclamò Riku, tra i denti, visibilmente infastidito.
Axel alzò un sopracciglio: "Perché?" chiese.
"Sta sempre sulle sue, non parla mai e se lo fa è per sputare sentenze acide. E' un saputone, pensa di essere Dio sceso in terra con quel cazzo di basso e tratta Ventus come se fosse uno sconosciuto. Non lo sopporto!"
"Strano che ti dia fastidio. Tu eri così quando ci siamo conosciuti!"
"Non credo proprio!" rispose lapidario l'argento, "Non così esageratamente, almeno!"
"Eri pure peggio e non sai quante volte ho represso l'istinto di darti una ginocchiata sulle gengive, quando mi riprendevi per farmi vedere che tu eri più sapiente di me!" lo redarguì.
Riku apprezzava la sincerità, sebbene le verità che lo riguardavano lo facevano sempre incazzare. Sapeva che le parole di Axel erano tremendamente vere e gli costava un sacco ammetterlo, così disse, in tono disinteressato: "A me non pare!"
"Come vuoi, dolcezza! Comunque a me piace!"
Riku lo guardò di sottecchi.
"Ti piace?"
"Mi è simpatico." si affrettò a dire, cercando di mantenere un contegno naturale. Si sorprese di esserci riuscito.
"Bah, dire che è simpatico è un parolone! O ti sta sul cazzo o ti è indifferente! Avrà detto si e no 4 parole da quando lo conosciamo! Come puoi stabilire la simpatia di una persona in questo modo?"
"Tu sei troppo critico e questo non va bene! Cerca di allargare i tuoi orizzonti, e che cazzo!"
"Allargare i miei orizzonti?" chiese Riku, sconcertato, strabuzzando gli occhi "Ho scoperto di essere un cazzo di frocio dopo aver conosciuto il fratello svampito di un mio amico psicopatico! Ho deciso di prendere la facoltà di medicina ben sapendo di non avere il tatto giusto per dare brutte notizie, semmai riuscissi a trovare un impiego! Vado in giro senza vergogna con l'amico psicopatico e con te, che di normale non hai nemmeno i capelli! Più larghi di così, i miei orizzonti, non potrebbero essere!"
"Ma tu lo sai che chi trova un amico col suo stesso disturbo mentale trova un tesoro?" ironizzò il rossino.
"Sì, l'ho appurato!" ammise l'altro, dandogli un pugno amichevole sul braccio.
Discorsero ancora per qualche metro, prima di raggiungere il cancello grigio che li divideva dai Box. Riku premette il pulsante del telecomando e quello si aprì. Varcarono la soglia e raggiunsero il loro Box, scoprendo che era ancora chiuso. Vanitas evidentemente era ancora per strada e sarebbe arrivato a momenti.
"Diamoci da fare!" esclamò Axel, alzando la serranda e accendendo subito dopo le fredde luci al neon.
Riku si avvicinò alla sua batteria, montando subito il suo piatto riparato e provandolo con una bacchetta.
Non passarono che una manciata di minuti, che una voce particolarmente inacidita li destò dalle loro mansioni. Si voltarono e videro un Vanitas con un viso lungo fino al pavimento.
"Ehi, Van!" salutò Axel, sorridendo.
"Tutto bene?" chiese Riku, notando il suo palese cipiglio.
"No!" rispose, lapidario, facendo qualche passo verso di loro e incrociando le braccia al petto "Siamo senza bassista, oggi Roxas non viene!"
"Che cosa? E Perché?" chiese l'argento, visibilmente indignato.
"Ha avuto un problema!" rispose semplicemente il chitarrista, poco propenso a dare spiegazioni sull'argomento.
Axel aggrottò la fronte: "Che tipo d..."
"Non fare domande!" lo interruppe Vanitas, posandogli una mano sulla bocca per zittirlo "Non. Fare. Domande!" scandì, infine.
"Sì, ma porco cazzo, farcelo sapere prima, no eh?" sbuffò Riku, alimentando in sé l'odio per quel ragazzino arrogante.
"Mi ha chiamato Ventus 5 minuti fa, mentre venivo qui! E' stata una cosa improvvisa, perciò non scassare il cazzo! Pazienza, faremo senza di lui, per oggi!"
"Se ti avessi fatto io un pezzo del genere, mi staresti picchiano a sangue!" si lamentò ancora l'argento, fronteggiandolo arrabbiato. Vanitas alzò un sopracciglio, con eloquenza.
"Ah sì? Senti, stronzo, mi stai veramente stancando, con la tua insofferenza! Se non ti dai una calmata ti prendo a sberle, dandoti tutte quelle che tua madre non ti ha d..." si interruppe, improvvisamente, ricordandosi la situazione dell'amico, che ora lo stava guardando come se lo avesse ricevuto davvero, uno schiaffo... "Scusa...".
Riku lo fissò ancora per qualche istante, poi distolse lo sguardo e mormorò: "Fa niente..." poi lanciò le bacchette su una scrivania, nervosamente "Mi è anche passata la voglia di suonare".
Axel li guardò, senza sapere bene cosa dire. Nemmeno a lui andava più di suonare, alla fine... tutta quella frustrazione che vagava nell'aria l'aveva spompato di tutta la carica che aveva in corpo. Ma non voleva nemmeno chiuderla lì e tornare a casa, deprimendosi tutto il pomeriggio per via dei piani saltati.
E poi... che diavolo poteva essere successo improvvisamente a Roxas da impedirgli di andare alla sue prime prove ufficiali con loro?
Scosse la testa, il rossino, cercando di scacciare brutti pensieri che gli erano passati nella testa.
"Facciamo una passeggiata, prendiamo qualcosa di fresco e vediamo se ci viene voglia di suonare più tardi?" propose. Come al solito era quello che cercava di mettere tutto a posto; come al solito era la mente lucida del gruppo. E Dio solo sapeva quanto Riku fosse contento che Axel fosse così propositivo, soprattutto in momento come quello, perché per come stavano i suoi nervi, in quel momento, se ne sarebbe andato volentieri a casa a prendere a pugni il primo muro che trovava.
"Buona idea" sospirò Vanitas, poggiando la chitarra addosso ad un muro e uscendo dal garage, seguito dall'argento e, non appena ebbe spento le luci, anche da Axel.
Rifecero lo stesso tragitto di pochi minuti prima a ritroso, ritrovandosi di nuovo in mezzo a quel caldo afoso che non voleva proprio saperne di attenuarsi un po'.
"Prendiamo qualcosa di fresco, vi prego!" supplicò Riku, sentendo che pochi istanti dopo essere uscito la fronte era già madida di sudore.
"Sì, c'è una gelateria qui vicino!" sorrise Axel, poi si voltò verso Vanitas che, malgrado fosse vestito completamente di nero, sembrava quello meno accaldato di tutti. "Ehi Van!"
"Mmh?"
"Non è successo nulla di grave a Roxas, vero?" chiese, titubante.
Vanitas lo guardò in tralice, poi gli diede uno scappellotto dietro la testa che Axel non aveva previsto, così non riuscì a schivarlo in tempo.
"Ti ho detto" esordì il moro, a denti stretti "Di non fare domande!"
Fine
 
 
 
Buonasera, buonasera a tutti!
Come andiamo? Spero bene! *_*
Allora, il titolo del capitolo è dedicato a Riku, visto che è molto incentrato su di lui e i suoi pensieri. Diciamo che l'andazzo sarà più o meno questo! Ogni capitolo ci sarà qualcuno che spiccherà un pochino di più. Tutti hanno più o meno delle storie da raccontare e pian piano le scoprirete leggendo i vari capitoli!
Non è stupendo che Riku viva con Cloud e Zack? *_* Chiedo scusa a Monique... le avevo detto che avrei messo Cloud con qualcun altro che lei ben sa, ma non ce l'ho fatta XD Io amo troppo le Clack ç_ç
Cooomunque, una info veloce che volevo darvi: Xigbar parla del costo del piatto del Charleston nuovo e dice: 250... sì non ho scritto la moneta qual è perché ero indecisa... dollari, euro, MUNNY? Dai, ma posso scrivere Munny? Fa ridere! Allora siccome ho la licenza poetica (??? NdTutti) non scrivo cos'è e lascio alla vostra fantasia. Siamo in un paese democratico, santo cielo! E molto probabilmente non dovrò nemmeno più scrivere nulla che abbia a che fare con dei prezzi v.v comunque, se dovessi farlo, immaginate v.v 'Nse sa mai!
Allora, ora lasciatemi un po' di spazio che devo ringraziare due persone: Lady666 e The One Winged Angel.
Vi chiederete: perché loro sì e noi no?
Perché loro due la stanno leggendo con tutto che non amano KH >< E leggere di qualcuno che legge le tue ff perché pensa che scrivi bene ti fa davvero fuoriuscire la carica giusta per continuare! Vi voglio bene, pulzelle mie... e vi prometto che presto aggiornerò anche di là XD Gli devo un capitolo a Vincent, ancora v.v (Va beh ma queste sono cose vostre della sezione di FF7, taglia corto >_> NdVanitas Oh e non scocciare pure te, eh! NdMiryel).
Poi, ovviamente, ringrazio tutte voi che mi seguite con passione e spero di non diventare monotona o noiosa. Se così fosse fatemelo sapere che almeno faccio qualcosa per rimediare °_°
Un bacio, ci si sente al prossimo capitolo e vi lascio con la Bonus Track che n'antro po' è più lunga del capitolo ma va beh XD
 
P.s.: questa volta come immagine di inizio capitolo ho messo un mio disegno fatto a cazzo con la biro mentre mi annoiavo XD Ovviamente rappresenta Riku a cui stanno per esplodere i testicoli per via di Sora (la cosa che mi piace di più è Roxas che passa dietro indifferente XD). Spero vi piaccia v.v
 
 
*Bonus Track*
"Stai bene?"
Ventus aprì gli occhi, visibilmente intontito; quello che riuscì a vedere furono solo quattro cerchi rotondi luminosissimi, che poco dopo riconobbe come le lampadine del lampadario dell'infermeria scolastica.
Alzò di poco la testa dal cuscino e si massaggiò la testa, puntellando subito dopo i gomiti sul materasso.
"Stai bene?" ripeté la stessa voce di prima.
Ventus, riconoscendola, sgranò gli occhi e ebbe paura nel voltarsi per constatarne l'identità. Sentì le corde vocali tremargli e il cuore salirgli prepotentemente in gola, pronto ad uscire direttamente dalla sua bocca semichiusa.
"Ehi, vuoi che chiami l'infermiera?"
Il biondino deglutì un groppone e prese un po' di coraggio: "Che cosa è successo?"
Vanitas, seduto su una sedia accanto a lui, fissò il suo profilo delicato, notando che non lo guardava di proposito, fissando un punto indefinito di fronte a lui. Incrociò le braccia sul materasso e vi poggiò sopra la testa.
"Sei svenuto improvvisamente in mezzo al corridoio" spiegò "Dato che c'ero solo io, ti ho portato qui in infermeria"
Ven strinse un lembo del lenzuolo tra le mani, così forte che le nocche delle dita divennero bianche. Si voltò leggermente, incrociando quegli occhi color ambra che lo intimorivano moltissimo.
"E che cosa fai ancora qui?" chiese, dando sfogo a tutto il risentimento che aveva in corpo. Sentì le lacrime salirgli agli occhi che cercò di reprimere deglutendo la saliva.
Vanitas non parve particolarmente colpito da quella frase. Lo sapeva che Ven lo odiava e che la sua presenza non era gradita.
"Visto che mi sei cascato davanti all'improvviso, direi che mi sono un po' preoccupato, che dici?" esclamò, con voce senza tono, senza smettere di guardarlo.
"Tu?" chiese Ventus, tra il divertito e lo sconvolto. "Tu preoccupato per me?"
"Problemi a riguardo?"
Il biondino rimase in silenzio. Non ci poteva credere. Vanitas, il suo incubo, il bullo che lo braccava ogni volta che lo trovava da solo per i corridoi... gli aveva praticamente rovinato l'anno scolastico e ora era lì, preoccupato per lui? C'era qualcosa sotto...
"Cosa farai, ora? Andrai in giro a dire che Ventus il secchione è svenuto come una donnetta per i corridoi?" chiese, ridacchiando nervoso.
Vanitas smise di giocherellare con il suo piercing, che si divertiva a mordere distrattamente tra gli incisivi, e lo guardò accigliato.
"Ma per chi mi hai preso, stronzetto?" chiese, indignato.
Ventus alzò un sopracciglio a quella frase, visibilmente sorpreso. Strizzò gli occhi un paio di volte, ritraendo la schiena leggermente.
"Per quello che sei? Il mio incubo peggiore?" chiese, ironicamente, guadagnandosi un'occhiataccia dal moro "Quello che mi sta rendendo la vita impossibile, che mi segue ovunque vada, che mi prende in giro e che me le promette continuamente?"
Vanitas distolse lo sguardo: "Detta così mi fa sembrare uno stalker..."
"Beh, no... ti fa sembrare un bullo. Anzi, lo sei e non capisco che cosa ti ho fatto di male per farmi tartassare così..."
"Ma niente. Sei un secchione, saputello, buono con tutti, non dici mai di no! Mi danno al cazzo i tipi come te!" rispose Vanitas, facendo spallucce e tornando a posare la testa sulle braccia incrociate.
Ventus lo guardò, se possibile, ancora più sconcertato.
"Ma... ma..." balbettò, indignato, poi sospirò prendendosi la testa tra le mani "Questa conversazione ha qualcosa di malato, lo sento..."
Vanitas rise senza entusiasmo: "Sì, è vero! Ma come ti senti ora?"
Si, decisamente quella conversazione stava prendendo una piega malata... Ven arricciò le labbra.
"Sento la testa un po' vuota, ma sto decisamente meglio."
Van sembrò rilassare le spalle, chiaramente rincuorato dalla notizia che il biondo gli aveva dato.
"Deve essere stato il caldo a farti svenire così!"
"No!" rispose Ven, lapidario "Ricordo perfettamente di averti visto mentre ti avvicinavi e di aver sentito il respiro mozzarsi... e poi sono svenuto!"
"Sei svenuto per la paura?" chiese l'altro, accennando ad un sorrisetto compiaciuto che tentò di reprimere.
"Sono svenuto perché le tue continue minacce mi stanno facendo diventare pazzo! Tenermi dentro tutto il disagio che mi crei mi ha fatto svenire, te ne rendi conto?" esclamò Ventus, senza accorgersi di aver alzato la voce.
"Bel coraggio hai ad attribuirmi tutta la colpa!" rise Vanitas, stiracchiandosi "Se non fossi stato così secchione e di indole buona non ti avrei preso di mira!"
Ventus tacque. Tacque perché quella frase era troppo anche per i suoi nervi, sempre saldi e tranquilli. Tacque perché non c'era frase o parola adatta a rispondere ad un affronto simile.
E continuò a tacere, quando si voltò di scatto per dargli uno schiaffo che il moro proprio non si aspettava.
Passarono secondi interminabili dove Ventus era ancora con la mano a mezz'aria e il viso di Vanitas ancora voltato di tre quarti, mentre la guancia gli era diventata rossa.
Il biondino chiuse la mano a mezz'aria in un pugno serrato, che posò sulla fronte subito dopo essersi sdraiato a guardare il soffitto, con le lacrime agli occhi che tentò ancora di reprimere.
Tutto era fermo, immobile, statico. Il silenzio sceso era raccapricciante e Ventus temeva che sarebbe stato presto spezzato dal suono dei pugni che calci che avrebbe preso dall'altro, sicuro che lo avrebbe punito per quello schiaffo azzardato, dato con tutta la rabbia e repressione che aveva in corpo. Solo al pensiero di quanto avrebbero fatto male, deglutì e sentì che la gola era davvero secca.
Vanitas si mosse, infinte, portando una mano lentamente a massaggiare la guancia arrossata. Abbassò lo sguardo, talmente tanto che gli occhi sparirono sotto la folta frangetta corvina.
"Scusa..."
Ventus lo sentì appena e si voltò leggermente a guardare quel groviglio di capelli neri, tirati su con la gelatina.
"Scusa" ripeté, un po' più forte, un po' più sicuro.
"Vanitas..." lo chiamò, piano, senza sapere realmente cosa dire, turbato da quelle scuse che stentava a volerle percepire come sincere.
Il moro alzò leggermente lo sguardo, quel tanto da permettergli di poter incrociare gli occhi azzurri del biondino e Ventus sembrò non avere più alcun dubbio sulla sua sincerità.
"Io... non lo so che cazzo mi è preso!" esordì Van, passandosi le mani tra i capelli, isterico "Cioè... sei una specie di ossessione! Se non ti punzecchio almeno una volta al giorno mi sento male. Se non ti vedo in giro ti vengo a cercare per farti almeno una battuta crudele! Ti prometto continuamente di picchiarti ben sapendo che non lo farò mai perché mi piace l'espressione eloquente che assumi quando cerchi di farmi vedere che non hai paura..."
"Ti piace..." ripeté Ventus, turbato.
"E' un'espressione coraggiosa... Mi piace, la apprezzo molto"
Se Ven era già sconvolto da quella marea di parole con cui il moro lo aveva sommerso, la sincerità con cui le aveva dette lo confuse. Che aveva di sbagliato nel cervello quel tipo?
"Cioè..." esordì il biondo, massaggiandosi le tempie "Tu mi hai reso la vita impossibile per un anno intero, mi hai pedinato, mi hai punzecchiato, mi hai fatto venire il terrore di mettere piede in questa cazzo di scuola... e ora mi stai dicendo che lo fai solo per vedere la mia espressione eloquente - tra parentesi è una facciata per nascondere la mia fottuta paura- perché ti piace?"
Vanitas lo fissò per qualche secondo, assimilando per un attimo le sue parole, poi fece spallucce.
"Sì"
Ventus grugnì, nascondendosi il viso tra le mani: "E io che... ooh, lasciamo perdere!"
"Cosa?"
Ven fece riemergere il viso da dietro le mani e se ne passò una tra i capelli, cominciando a fissare la punta dei suoi mocassini marroni: "Ogni mattina... Ogni fottuta mattina per me è un incubo presentarmi a scuola! I giorni non passano mai, quando sei resecato in un luogo dove qualcuno ti fa continua pressione psicologica... E mi chiedevo cosa avessi di così sbagliato da farti incattivire così."
"Niente" rispose Van, tranquillo "Sono io il coglione che ha problemi mentali. Tu non hai niente che non va, anzi, sei intelligente, sei un bravo ragazzo, sei circondato da gente che ti vuole bene! Io sono la tua nemesi e, soprattutto, un malato mentale!"
Ventus alzò un sopracciglio: "Me ne sono accorto..."
"Sì, ma ora non prenderti troppe libertà! Sono suscettibile!" esclamò Vanitas, agitando un ditino contro il biondino che a quella frase ridacchiò divertito.
Il moro lo guardò ridere e si sentì spompato di tutta la l'ansia che l'aveva attanagliato da quando quel tipo biondo era svenuto e si lasciò scappare uno sbuffo divertito.
"Scusa ancora, Ventus... ti prometto che la smetto di fare il coglione e che mi farò perdonare in qualche modo!" esclamò, anche se per lui ammettere di aver sbagliato era contro ogni suo principio. Ventus lo sapeva e apprezzò molto quel gesto.
"Oh sì, dovrai farti perdonare eccome! Mi hai fatto svenire per lo stress!" rispose il biondo, in tono di rimprovero, poi rise: "Anche se questa è stata una conversazione un po' insolita, sono felice di aver chiarito le cose con te..."
"Anche io! In fondo, in fondo, in fondo ma molto in fondo sei quasi simpatico!" constatò Van, puntellando i gomiti sul materasso e prendendosi la testa tra le mani.
"Ehi, cominciamo molto male!" lo redarguì il biondino.
"Ahah! Scusa, scusa! Scherzavo! Ora vado a chiamare l'infermiera per dirle che ti sei svegliato!" comunicò, alzandosi e raggiungendo la porta.
Prima che potesse aprirla si bloccò e, senza voltarsi, disse: "Lasciale stare le lenti a contatto... metti più spesso gli occhiali..." e, senza aspettare alcuna risposta, uscì dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle.
Ventus fissò la porta chiusa con un'espressione indefinibile e sbatté un paio di volte le palpebre prima di assimilare quello che il moro gli aveva detto e sorprendersi ad arrossire.
 
"Mamma, sono a casa!"
"Bentornato Ven! Sono di sopra a sistemare il bagno!" urlò sua madre, mentre lui poggiava la borsa sul tavolo e si buttava stancamente su una poltrona, cominciando a fissare il televisore spento. Meglio non dirle che era svenuto a scuola... si sarebbe preoccupata per un nonnulla.
"Ven, tesoro, ti sono rimaste solo un paio di lenti giornaliere! Domani passo dall'ottico a ordinartele!" disse improvvisamente la mamma, scendendo le scale aggrappata al corrimano, visibilmente stanca per via delle pulizie.
Ventus continuò a fissare il televisore e alzò un sopracciglio, mentre quella frase gliene fece rammentare un'altra. Sorrise dolcemente, poi si voltò.
"Nah, fa niente! Da oggi in poi metterò solo gli occhiali, ho deciso!"
*Fine*

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Capitolo 5
*** Occhi Blu ***




Capitolo 5. Occhi Blu.
"Facciamo ubriacare Sora!"
Axel, Riku e Ventus si voltarono a guardarlo, allibiti, mentre un gocciolone comparve sulle loro teste.
"Sì, sì! Lo facciamo ubriacare e lo mettiamo in una stanza buia con Riku e vediamo che succede!" continuò Vanitas, in tono trionfante, palesemente compiaciuto della sua idea.
"Ma come puoi dire queste cose su tuoi fratello, Van!" quasi urlò Ventus con le mani ai fianchi.
Vanitas fece spallucce: "E' l'unico modo che mi viene in mente per farlo smuovere un minimo! Se andiamo avanti così quel demente di Riku finisce che ci va in depressione!"
"Ehi, io sarei qui, eh!" rispose l'argento, indignato.
"Sì, sì! Tu sei sempre in mezzo ai coglioni, Ri!" disse in tono disinteressato Van, poi continuò: "Comunque, il piano è questo: lo portiamo con noi in un bel pub, lo facciamo ubriacare con uno di quei giochi di intelligenza - tanto lui è stupido, non risponderebbe mai bene ad una sola domanda - e, quando inizierà a dare i primi segni di sbandamento.. SBAM! Lo diamo in pasto a Riku e vissero tutti felici e contenti... e non più sessualmente repressi!" concluse, battendosi le mani da solo per l'idea geniale che aveva avuto.
"Tu hai dei seri problemi mentali... e se un giorno dovessi davvero imparentarmi con te, stai certo che sarai la causa della mia rottura con tuo fratello! Hai... il cervello in panne, dico davvero!" commentò Riku, le mani incrociate al petto.
Ventus assentì con la testa: "Mi fai venire i brividi quando parli così di Sora! Io non mi azzarderei mai a dire una cosa del genere di Roxas! Davvero... è tuo fratello!"
"A proposito di Roxas!" cominciò Axel, mentre Vanitas borbottava qualcosa come "Mah, vai ad aiutare gli amici..." sotto voce. "Tutto a posto? Pensi che verrà domani alle prove?"
Ventus si incupì e non lo guardò: "Sì, penso al cento per cento che verrà. Non preoccupatevi!" concluse, cercando di sorridere per non dare a vedere la sua preoccupazione, che comunque trasudava da tutti i pori.
"Bene, sono contento che si sia risolto tutto!" sorrise il rossino, ricominciando a bere dal suo bricchetto il suo amato succo alla pera che Ventus gli aveva portato.
"Se ha studiato le nostre canzoni domani potremmo cominciare a provare qualcosa!" constatò Riku, dando poi un morso al suo panino.
"Sì, buona idea! Poi bisognerà iniziare a scrivere qualcosa! Abbiamo troppo poco materiale che ci appartiene!" rispose Vanitas.
"Buono, buono! Per scrivere quelle poche canzoni ci abbiamo messo un sacco di tempo. Proviamo quelle che abbiamo, facciamolo abituare al nostro modo di suonare e poi si vedrà! Con l'arrivo dell'estate avremo sicuramente più tempo per dedicarci anche a questo!" esclamò Axel, facendogli cenno con la mano di non avere fretta.
"Bambina, qui c'è bisogno di cambiare aria! Bisogna scrivere qualcosa che spacca! Magari riusciamo anche a esibirci da qualche parte, ti pare? Sarebbe una cazzo di soddisfazione suonare in pubblico mentre orde di ragazzine arrapate mi urlano che sono bellissimo!"
"Ah sì? E poi diventa uno scenario splatter dove io ti taglio in due la pancia e tu cerchi di rimetterti le budella dentro urlando di dolore?" rispose Ventus, con una calma inquietante e un sorriso raggelante.
Vanitas lo guardò deglutendo: "Scherzavo, tesoro! Scherzavo, davvero!" concluse, abbracciandolo con violenza. Ven lo scostò con uno strattone.
"Scherzi troppo male, per i miei gusti!"
Riku e Axel si guardarono reprimendo l'istinto di mettersi a ridere come due ritardati. Vanitas era geloso... ma anche Ventus non era da meno!
"Ciao!"
I quattro si voltarono seguendo la voce frizzante che li aveva appena salutati e notarono un Sora particolarmente allegro che si era appena avvicinato a loro. Tutti alzarono una manina in segno di saluto.
"Ehi, Bambi! Ben arrivato!" lo salutò il fratello, alzandosi gli occhiali da sole per vederlo meglio.
"Ciao a te anziano!" fece eco Sora, facendogli la linguaccia.
Vanitas incassò il colpo balbettando qualche cosa di sconnesso, spiazzato. Sora sembrò particolarmente soddisfatto della sua vittoria.
"Ehi, Sora! Che cos'è quel sorriso? Hai vinto la lotteria?" chiese Axel, divertito.
"Se così fosse non sarei qui!" chiosò Sora, con le mani ai fianchi. "Però ci hanno appena detto che la prossima settimana partiremo tre giorni per il campo scuola!" disse ancora, al limite della felicità, stringendo due pugni trionfanti vicino al petto.
Cosa? Campo scuola? Tre giorni? Con altre persone? E, soprattutto, dormire con altri maschi??
Riku sembrò aver ricevuto una freccia, un proiettile e un tronco d'albero dritto nel petto, a prima vista.
Sora che partiva per il campo scuola era la peggior notizia ricevuta nella sua vita dopo quella che avrebbe avuto i capelli bianchi per il resto della sua esistenza... Cristo, ma come gli saltava in mente di partire e lasciarlo lì tre giorni ad agonizzare e a farsi i peggio film su cosa potesse accadere in sua assenza? Già era abbastanza difficile stare tranquillo quando andava a scuola, con tutti quei compagni, in doccia dopo aver fatto educazione fisica... Rabbrividiva solo al pensiero...
"Ah, ma che bello!" sorrise Ventus, battendo le mani entusiasta. "Ho dei ricordi così belli del campo scuola!" concluse, in tono sognante.
"Ah sìsì! Tipo quando entravo in camera tua e poi ti mettevo sul comò e tu..."
"Vanitas!!!" urlò Ven, diventando tutto rosso per l'imbarazzo.
"Che c'è? Hai detto che hai bei ricordi, pensavo parlassi di QUEI bei ricordi!" rispose, alzando le spalle.
Ventus gli diede uno schiaffo dietro la testa.
"Sei il solito deficiente!!" ribatté il biondino, incrociando le braccia al petto, imbronciato.
Axel si voltò a guardare Sora che, seppure abituato a certe uscite del fratello, era un po' arrossito per l'imbarazzo. Il rossino non seppe ben definire se era arrossito perché Van aveva detto quella frase o perché si vergognava di avere un fratello così. La sua coscienza gli dettava che forse la seconda opzione fosse quella vera.
"Ri, sei contento che parto per il campo scuola?" chiese il piccolo, sedendosi accanto all'argento e prendendogli una mano tra le sue.
Una Pasqua...
"Sì, sì! Moltissimo!" rispose, cercando di risultare entusiasta almeno quanto quel piccoletto che lo stava facendo impazzire.
Dio, tre giorni senza Sora... gli veniva da piangere!
"Esatto! Poi ai campi scuola si tromba un sacco! Veramente, non ne hai idea, Sora!" continuò Vanitas, nel chiaro tentativo di far innervosire e di mettere la pulce nell'orecchio al povero e disperato Riku.
"Van!! Non siamo tutti pervertiti come te!" lo redarguì il moretto, corrucciato.
Il chitarrista si fece scappare un sorriso malvagio e Riku lo notò, annotandosi mentalmente di ucciderlo non appena fossero rimasti soli.
"Porterò regalini a tutti, promesso!" sorrise Sora, dicendolo in un tono teneramente infantile, poi aggiunse, guardando di sottecchi il fratello: "Tranne a Vanitas! Lui non merita nulla!"
"Non voglio niente da te, poppante!" rispose lapidario il chitarrista.
Si fecero la linguaccia a vicenda, mentre gli altri, a quel gesto, non poterono far altro che pensare che erano davvero fratelli, non c'erano più dubbi. E meno male che era Sora, quello infantile.
Axel fece per alzarsi e sospirò, stanco: "Va bene, psicopatico, dobbiamo andare! La lezione sta per ricominciare!"
"Parli con me?" chiese Vanitas, alzando un sopracciglio.
"Vedi altri psicopatici qui?"
"Un po' tutti, in realtà!" rispose, poi si affrettò a dire: "Tranne il mio Ven! Tesoruccio, tu non sei psicopatico!" gli disse, prendendogli il mento con una mano e dandogli un bacio a stampo.
"Salvato in corner, mostro!"
Vanitas gli fece un mezzo sorriso compiaciuto e si alzò svogliatamente, prendendo la borsa di peso e avvicinandosi al rossino.
"Ci si vede, gente!" salutò, poi si voltò verso il fratello "Tu vedi di tornare a casa tutto intero!"
"Sì, sì! Tanto mi accompagna Riku!" sorrise Sora, voltandosi poi a guardare Riku, che sospirò.
Perché decideva sempre tutto da solo?
 
"Hey, I Just Meet You, And This Is Crazy! But Here's My Number! So Call Me Maybe!"
"Vanitas, che cazzo stai cantando, Dio santissimo immacolato?"
Van scrollò la testa, confuso: "Non lo so, mi è entrata in testa prepotentemente e mi è uscita dalla bocca come vomito!" concluse, visibilmente scosso.
"Sei delicato come un fiore estivo!" commentò Axel, alzando un sopracciglio e dandogli un pugno sul braccio.
"E tu sei un coglione, ma non solo d'estate! Sei quattro stagioni come la pizza!"
"Continui a dire cose strane e io vorrei non averti mai conosciuto!"
Van agitò una manina, poi disse, in tono disinteressato: "Sìsì! Ok, bravo! Piuttosto..."
"Nh?"
"Domani ci sono le prove e vediamo come va con le nostre canzoni; ma vorrei veramente cominciare a scrivere qualcosa di nuovo! Mi sono un po' rotto il cazzo della solita solfa che proviamo ogni volta!"
"Van, mi sono rotto pure io, ma Roxas è appena entrato nel gruppo, deve provarle, impararle bene e trovare una sintonia con il nostro modo di suonare, altrimenti succede un pastrocchio e ci mandano a suonare con i pagliacci al circo!" rispose sospirando Axel.
"Beh, tu con quei capelli saresti sicuramente il capo clown!" ribatté Vanitas, e Axel alzò il dito medio nella sua direzione "Comunque sì, ok. Ma è un mostro, non gli serve tutto questo tempo per entrare in sintonia! Siamo noi piuttosto a doverci abituare ai suoi ritmi!"
"Appunto, meglio ancora, ci vorranno anni, se non eoni, per fare in modo che ciò accada..."
"Siete due scarsi e io non so un talento come me che cosa ci fa ancora in un gruppo con voi due!" disse Vanitas, sbuffando, incrociando poi le braccia al petto.
Axel lo guardò di sottecchi, parecchio esasperato da quelle uscite che non sapeva mai se erano serie o cazzate.
"Avere la peste sarebbe meno fastidioso di averti vicino, quando credi di essere sto cazzo appena sceso in terra!"  
"Tranquillo, se tu avessi la peste stai sicuro che smetterei di essere tuo amico!" rispose Van, scoppiando poi a ridere di gusto. Axel finse un cipiglio per qualche secondo, prima di seguirlo a ruota e farsi una risata anche lui. Sapeva bene, però, che le sue parole erano terribilmente veritiere... contando che l'ultima volta che aveva avuto un raffreddore, Vanitas non lo aveva chiamato nemmeno al telefono, per paura che lo contagiasse...
Psicopatico. Psicopatico come pochi.
"Ok Nicole Kidman, io mi avvio verso casa! Che palle, è stata una giornata pesante!" sospirò Vanitas, massaggiandosi una spalla, mentre si avvicinava alla sua moto.
Axel lo guardò con un mezzo sorriso per quel nomignolo nuovo anche per le sue orecchie.
"Va bene Marla Singer!" rispose e si guardò intorno, ricordandosi poi che effettivamente era andato in facoltà senza bici, quella mattina. Perché lo aveva fatto? Che gli era saltato in mente?
Ah, già... aveva pensato che camminare un po' non gli avrebbe fatto poi così male. Peccato che era parecchio volubile, a volte...
"Vuoi uno strappo?" chiese Van, percependo senza troppa difficoltà i suoi pensieri.
"No, grazie Van! Mi faccio una passeggiata e smaltisco il panino con la mortadella e sottiletta!" rispose il rossino, sorridendogli.
"Sei una fogna!" commentò Vanitas, schifato. Si infilò il casco integrale e aggiunse: "E comunque era solo una cortesia, non ti avrei mai accompagnato!"
"Ah, che colpo al cuore! Ci sono proprio rimasto male, guarda!" disse Axel con una finta voce disperata che gli uscì malissimo. Era un bravo cantante ma un pessimo attore.
Vanitas tolse il cavalletto alla moto e, dando gas partì, non prima di averlo salutato: "Vaffanculo, Axel!"
 
Dopo quel saluto che il suo amico gli aveva calorosamente dato, Axel decise di non prendere il suo consiglio di andare a fanculo, ma optò per l'opzione migliore, ovvero tornarsene a casa mentre una pila di libri di algebra lo aspettavano con tanto, tanto amore.
Dio, non solo non aveva preso la bici per un improvviso sentimento da salutista, ma aveva anche da studiare e il mattino dopo lo aspettava una lezione pesantissima e la sera le prove. Voleva morire... morire lì, seduta stante. O dormire. Sempre lì, ovviamente, anche sull'asfalto che in quel momento sembrava bollente per quanto faceva caldo quel giorno.
Sospirò.
Aveva bisogno di una doccia gelida e di una quarantina di gocce di Valium, in quell'esatto momento. Era accaldato e gli stava scoppiando la testa, per quanto il sole stava picchiando. In più quel senso di ansia e angoscia che sentiva da giorni non ne voleva sapere di andarsene dal suo pancreas.
Represse l'istinto di prendersi a cazzotti l'intestino per il puro obiettivo di farlo calmare e accelerò il passo.
La strada sembrava un deserto a mezzogiorno, i grilli non volevano smetterla di cantare e, accidenti, questo gli fece ricordare che il suo lettore mp3 era scarico, quindi doveva farsi il tragitto verso casa pure senza musica. Poteva forse andargli peggio, quella giornata?
Sospirò, di nuovo.
Alzò lo sguardo e notò che solo lui e un'altra manciata di idioti come lui avevano avuto il coraggio di mettersi in strada a quell'ora, dove il sole era più malandrino del solito.
Non fece che qualche passo che una figura minuta e con in spalla una piccola custodia nera gli passò davanti con passo svelto, uscendo dal portone di un palazzo.
Si fermò di colpo, stordito... vide la figura camminare di fronte a lui e allontanarsi velocemente, prima di rendersi conto che lui sapeva perfettamente a chi apparteneva quella testa nascosta dal cappuccio...
"Roxas!" urlò il rosso, cominciando a correre non appena vide che il ragazzo non si era voltato "Roxas, aspetta!"
Lo raggiunse in mezzo secondo e lo bloccò per un braccio, facendolo sussultare e voltare di scatto.
Axel, due occhi azzurri così profondamente magnetici, non li aveva mai visti da nessuna parte; non riuscì a far altro che fissarlo negli occhi, prima di riuscire a dire qualsiasi cosa che avesse un senso logico.
"Axel!" esclamò l'altro, sorpreso, togliendosi le cuffie con la mano che gli era rimasta libera.
"Ciao! Ti... ti ho visto da lontano e... beh, volevo salutarti!" balbettò il rossino, con il fiatone.
Roxas lo guardò confuso per qualche istante, poi abbassò lo sguardo sulla mano di Axel che ancora teneva saldamente il suo polso.
"Sì, e mi sono fermato, puoi anche lasciarmi andare... non scappo" rispose.
Il rossino non riuscì a connettere immediatamente. Abbassò lo sguardo sulla sua mano anche lui e, visibilmente in imbarazzo, lasciò la presa, chinando poi la testa.
"Scusami! Il caldo non mi fa connettere!"
"Me ne sono accorto!" rispose lui, con un mezzo sorrisino divertito che fu come una freccia in pieno petto nel cuore del cantante. "Che fai da queste parti?"
Axel scosse la testa, cercando di togliersi dalla testa quelle labbra increspate così dannatamente magnetiche: "Sto tornando da lezione! Stavo per andare a casa! E tu?"
Roxas si voltò a guardare un edificio proprio dietro di loro e lo indicò: "Sono stato a lezione di violino; stavo tornando anche io a casa"
Ok, chiedigli se vuole che lo accompagni! Avanti, Axel, diglielo!
"Ma... visto che ci siamo incontrati, se non hai altro da fare, potremmo prenderci un gelato! Con questo caldo afoso che fa ci vorrebbe proprio!"
Potevi direttamente chiedergli di sposarlo, no?
Roxas fece spallucce: "Ok"
Il rossino represse a stento un sorriso di gioia. Passare del tempo con quel piccoletto era la cosa che desiderava di più da quando lo aveva conosciuto e non sapeva bene il perché. Come gli aveva detto Riku, Roxas non poteva stargli simpatico; non c'erano state abbastanza occasioni per poterlo dire con certezza. Era lì, scostante, taciturno, sempre sulle sue e non permetteva a nessuno di penetrare la sua barriera.
Forse, il motivo, era proprio la voglia irrefrenabile di vedere cosa ci fosse dietro quella facciata che perennemente metteva su, oscurando ciò che realmente era.
Finirai per cadere nella tana del Bianconiglio come Alice, se non la smetti di essere così curioso.
"Allora, da quanto suoni il violino?" chiese il rossino, mentre Roxas gli si affiancava e iniziavano a camminare lungo il marciapiedi che emanava tutto il calore e l'umidità di quella giornata estiva.
"Mah, molti anni... ero piccolo, non ricordo bene quando di preciso. Dieci anni fa? Otto?"
"Ti piace?"
Roxas alzò le spalle: "Abbastanza"
Abbastanza? Suonava il violino da che si ricordasse e tutto quello che aveva da dire era solo un "Abbastanza"? Infrangibile come una barriera di diamante. Axel represse un sospiro esasperato, passandosi una mano tra i capelli e puntando gli occhi verdi sulla strada quasi deserta.
"Scusami se... non mi sono presentato alle prove, l'altro giorno..." disse improvvisamente il biondino, senza guardarlo, leggermente dispiaciuto.
"Oh, non preoccuparti! Siamo quattro persone, può capitare a tutti un imprevisto, no?" sorrise il rossino, voltandosi a guardarlo. Roxas girò il volto nella direzione opposta e, non poteva giurarci, ma lo vide stringere i pugni rabbiosamente.
"Già..."
"Ora stai bene?"
Roxas lo guardò, turbato da quella domanda: "Cosa?"
"Beh... non lo so cosa ti è successo ma credevo non fossi stato bene! Ma se non fosse così ti chiedo scusa per la mia invadenza!"
Lo metteva a disagio. Lo metteva a disagio da morire. Era a tratti indifferente, poi triste, poi ridacchiava alle sue battute cercando in tutti i modi di non darlo a vedere e, soprattutto, era spesso turbato dalle domande personali.
"Si... ora sto bene" mentì il biondino e Axel se ne accorse, ma non disse nulla. Non poteva dire nulla. "Riku si è arrabbiato?"
"Per il fatto che non sei venuto?"
"Mh mh!"
Axel ridacchiò, tornando velocemente al giorno delle prove dove un Riku visibilmente incollerito ne diceva di peste e corna sul biondino: "No, no, tranquillo! E comunque non avere timore della rabbia di Riku... è frustrato da morire e se la prende con mezzo mondo! Ma... can che abbia non morde e Riku più di tutti!"
Roxas, a quella descrizione dell'argento non riuscì a reprimere un guizzo divertito. E Axel si chiese che fine aveva fatto quel battito cardiaco che gli era appena saltato dal petto.
"E' per via di Sora, no?" chiese, subito dopo il biondino, infilando le mani in tasca.
Il rossino sospirò: "E' sempre per via di Sora! Se non si sbriga a mettere le idee in chiaro ce lo farà esplodere, un giorno, il nostro batterista!" concluse, senza usare la sua solita battuta dei testicoli esplosi. Non gli sembrava il caso di essere volgare come al solito. "Eccoci qua!"
Infine avevano raggiunto la gelateria più buona della città; o almeno lo era per Axel. Adorava quel posto, perché il gelato a lui, effettivamente, non era mai piaciuto un granché e il fatto che lì lo producessero loro e che fosse più cremoso che congelato, gli faceva sempre venire voglia di prenderlo.
"Mi piace il gelato che fanno qui" ammise Roxas, mentre entravano "E'... cremoso al punto giusto"
Aveva azzardato qualche parola in più, sorprendendolo di pensarla esattamente come lui. Axel avrebbe gongolato, se solo non ci fosse stata tutta quella gente intorno a loro.
"Due coni da due gusti!" disse il rossino, non appena la ragazza al bancone gli chiese cosa voleva.
"Cosa vi metto?" chiese gentilmente la ragazza.
"Menta e pistacchio!" dissero all'unisono i due, sorprendendosi poco dopo che fosse successo davvero, guardandosi allibiti.
Non appena i loro gelati furono pronti, uscirono fuori senza parole, leggermente divertiti dal fatto che lo avessero detto davvero insieme.
"E che... fanno il pistacchio e la menta più buoni del mondo!" cercò di giustificare la cosa Axel, massaggiandosi il collo in imbarazzo, poco dopo.
"E' vero." annuì il biondino, mangiando il suo gelato leggermente a disagio.
"Vieni, sediamoci!" esclamò il rossino, non appena ebbe adocchiato una panchina stranamente libera. Stranamente perché erano sempre e costantemente occupate da anziani con i loro cani che si sedevano nel mezzo, senza lasciare spazio a nessun altro; o da coppiette impegnate a farsi visite approfondite alla carotide.
Fece cadere le chiappe stancamente, mentre Roxas, più posato, si sedeva lentamente accanto a lui, continuando a gustarsi quella menta e pistacchio più buoni del mondo.
"Hai preso lezioni di canto?" chiese d'un tratto il biondino.
"No, mai. Qualche tecnica di riscaldamento rubata su YouTube e tanta pratica per passione!"
"Vuoi dire che non hai mai avuto un insegnante?" chiese un po' allibito l'altro, come se la cosa potesse essere impossibile. Axel pensò che, facendo il conservatorio e avendo preso sempre lezioni, avesse un'idea un po' troppo chiusa di cosa significava portare avanti una cosa per passione. Era terribilmente impostato da lezioni dategli probabilmente da maestri eccezionali ed era questo che, forse, non lo faceva sbilanciare più di tanto nel dire realmente quanto gli piacesse suonare uno strumento. Non aveva mai avuto l'occasione di mettere in atto un hobby con qualche amico e divertirsi. Gli serviva questo, allora... chissà se lui e quegli altri due cazzoni potevano cambiare un po' il suo modo di vedere le cose.
"No, nessun insegnate!" sorrise il rossino, infine. "Tu ne hai un sacco, da quanto ho capito!"
"A dozzine" rispose, sospirando, come se la cosa un po' lo soffocasse. "Tra il conservatorio e le lezioni private non so più quanti ne ho avuti"
"Tutti bravi?" chiese l'altro.
Roxas abbassò lo sguardo: "Più o meno"
Di nuovo non si sbilanciava più. Era un ascensore difettoso, quel ragazzino. Parlava a monosillabi, poi si lasciava un po' andare ed ecco che di nuovo richiudeva la porta. Ed era in momenti come quelli che Axel poi non sapeva più cosa dire e iniziava ad inventare... ed era lì poi che i tipi come Roxas iniziavano ad odiarlo.
Cosa dire? Cosa fare? Non appena aprirai bocca farai danni, perché sei a disagio da morire, Axel... se rimani in silenzio, invece, tutto cadrà qui e lui se ne andrà annoiato.
No, non ci riusciva. Si sforzò con tutto se stesso per cercare qualcosa di intelligente, non invadente, non stupido e non patetica da dire. Era in un limbo inquietante e voleva uscirne fuori il prima possibile... e l'unico modo, forse, era alzarsi e andarsene via, fingendo di avere un impegno improvviso di cui si era dimenticato.
Fece per aprire bocca ma, con sua grande sorpresa, Roxas aprì la sua per parlare.
"Sai... la prossima settimana ho il saggio di violino. Dato che c'è anche Vanitas potreste venire a fargli compagnia, tu e Riku" propose, timidamente, fissando il gelato ormai quasi finito.
"C-con piacere!" rispose lapidario Axel, balbettante.
"Lui si annoia un sacco ai miei saggi, anche se non vuole ammetterlo!" continuò Roxas, accennando ad un leggerissimo sorriso.
Axel ridacchiò: "Dimmi cosa non lo annoia! In realtà è sofferente in tutto, quel tipo! Non lo so come fa tuo fratello a sopportarlo!"
"Io a volte mi chiedo il contrario" ammise il biondino, girandosi a guardarlo, finalmente.
E Axel sentì che ogni cosa al mondo, anche la più bella che poteva esserci, non era minimamente paragonabile alla bellezza e malinconia di quei due cristalli marini che lo stavano fissano. Se li avesse potuti rubare lo avrebbe di certo fatto seduta stante, per poterli fissare quando e come voleva, senza avere niente e nessuno ad impedirglielo.
Ma come poteva privare un essere così delizioso e fragile di quelle onde marine che aveva al posto degli occhi?
"Roxas?"
"Sì?"
"Ho proprio voglia di sentirti suonare il violino!" disse, cambiando all'ultimo quello che voleva dirgli.
Roxas lo guardò e alzò le spalle: "Il saggio è Lunedì prossimo! Vi farò avere i dettagli da Ven, comunque"
"Ok! Non vedo l'ora! Se suoni il violino come suoni il basso, devi essere un mostro!"
Il bassista sbuffò: "Non sono nulla di che; nemmeno con il basso"
"Ti prego, Roxas, non dire così o ci fai sentire degli scarsi!" lo supplicò il rossino, consapevole che non sarebbero mai stati alla sua altezza.
E Roxas sta volta rise; rise a quell'uscita e alla faccia affrante di Axel. Rise in modo talmente genuino da non poter fare nulla per nasconderlo. Non sta volta, Roxas!
"Scusa" si giustificò, non appena riuscì a smettere di ridere... e il rossino era caduto nella sua trappola, rimanendo completamente assorbito da quel faccino che per mezzo secondo era stato spensierato; e per non sembrare un deficiente completo, buttò giù l'ultimo pezzo del suo cono e cercò di scacciare via l'immagine di quegli occhi che per un attimo erano stati accesi di brio. Cristo, se quando rideva diventava così meraviglioso, allora doveva trova il modo di farlo ridere per sempre...
"Gelato finito" sentenziò il biondino, accartocciando la carta nella mano. "Credo di dover andare..."
Axel perse il filo del discorso per un attimo e lo guardò. Come doveva andare?
"Di già?"
Azzardato, Axel... troppo azzardato.
"Sì, devo studiare un po'"
Axel sospirò: "E' vero, immagino che anche per te la fine dell'anno scolastico sia molto pesante e che tu debba darti da fare! Accidenti, anch'io dovrei mettermi sotto per l'ultima sessione!" concluse, arruffandosi i capelli.
"Già... beh, io mi avvierei" comunicò il biondino, infine, alzandosi dalla panchina, pigramente. Axel lo imitò.
"Ti accompagno a casa!" propose, lapidario, poi aggiunse titubante allo sguardo stupito di Roxas: "Se ti va... Tanto mi è di strada, ricordi?"
"Sì, ricordo! Andiamo, dai!" rispose l'altro, cominciando ad avviarsi mentre Axel gli si affiancava.
Malgrado fosse sceso un silenzio di tomba ancora una volta, Axel non si sentiva più così tanto a disagio ad avere vicino quell'essere così taciturno e introverso. Gli venne da ridere al pensiero che, solo pochi giorni prima, avrebbe volentieri rifiutato di accompagnarlo a casa, quando Ventus gli aveva proposto di farlo. Era terrorizzato all'idea di passare del tempo da solo con lui e le continue prediche di Vanitas non avevano di certo aiutato a prenderla meglio. Sicuramente, ora, che nessuno lo aveva raccomandato di comportarsi in modo decente - come se lui poi fosse chissà che tipo di cui non fidarsi -, si sentiva stranamente a suo agio, malgrado quei momenti in cui Roxas si incupiva un po'.
"Fai la stessa facoltà di Vanitas?" chiese improvvisamente il biondino.
"Sì! Abbiamo scelto entrambi Architettura! Ci siamo presi una bella gatta da pelare, eh?" rispose il rossino, ridendo.
Roxas si fece scappare uno sbuffo divertito: "Beh, immagino vi piaccia molto"
"E' una bella facoltà! Io e Van abbiamo sempre amato disegnare e questo ci ha portato a scegliere lo stesso corso di studi! A livello tecnico siamo parecchio bravi, sono gli esami orali che ci fregano!"
"Ho visto qualche suo progetto, è bravo"
Axel rise: "Sì, lo è! Ma la deve smettere di creare piantine e ricostruzioni 3D tutte in nero! Il professore l'altro giorno gli ha detto che ha un futuro da arredatore di interni per gli obitori, se continua così!"
Roxas sembrò molto divertito da quella battuta e si posò un dito sulle labbra con eloquenza per non darlo a vedere. Però era vero, Vanitas era uno spasso e non si sforzava nemmeno troppo per esserlo.
"Tu che farai una volta finita la scuola?" chiese poi Axel, voltandosi a guardarlo.
Il biondino ricambiò lo sguardo e parve pensieroso.
"Non lo so ancora, in realtà... so solo che voglio continuare con la musica"
"Un'accademia d'arte sarebbe perfetta! Non metterti a fare il filosofo come tuo fratello, ti prego!" lo supplicò l'altro, scherzosamente.
"Non ci penso nemmeno..." rispose Roxas, poi aggiunse: "L'accademia d'arte è una bella idea... ma ho ancora tempo per pensarci!"
"Oh, non credo! Il tempo passa in fretta, Roxas! A me sembra che sia stato solo ieri il mio primo giorno di scuola al liceo... e ora sono qui, quasi alla fine del primo anno di università!"
"Già... il tempo vola, davvero..." constatò l'altro, mestamente, poi si fermò. "Ed io sono arrivato!"
Axel notò solo in quel momento che erano effettivamente arrivati di fronte al portone del palazzo dove viveva il ragazzino. Si fermò e lo fronteggiò.
"Grazie per la compagnia, Roxas!" gli disse, sorridendo.
Roxas infilò la chiave nella serratura: "Grazie a te per avermi offerto il gelato!"
"Figurati! Allora... ci vediamo domani alle prove!" disse ancora il rossino, in realtà per nulla intenzionato ad andarsene.
"Sì!" assentì l'altro con la testa "Sta volta ci sarò, non preoccupatevi"
"Ciao allora!"
Roxas aprì il portone e vi entrò. Prima di chiuderselo alle spalle si fermò e accennò ad un lieve sorriso.
"Ciao" e sparì dietro la porta, mentre il suono che fece mentre si chiudeva fece sussultare Axel.
Ti sei imbambolato?
Sì, si era imbambolato.
Passò ancora qualche secondo prima che riuscisse a riprendersi completamente e decidere di muoversi per tornare a casa.
E li si perse, anche se non voleva, a pensare. A pensare a quegli occhi azzurri così profondi, misteriosi, malinconici e stupendi. A quei capelli così soffici da sembrare di lana. A quella carnagione lattescente su cui spiccavano due gote rosse come il sangue e quella figura così minuta da aver paura di romperla, se solo avesse provato a toccarla. E poi a pensare ad un'unica, forte, palese, e ormai dura verità.
Roxas gli piaceva da morire.
Occristo, e ora? Cosa avrebbe detto a Vanitas? Ma, soprattutto, cosa avrebbe detto a Ventus? Quello lo ammazzava. Sicuro lo ammazza di botte. O se non ci riusciva lo mandava all'ospedale con qualche frattura e senza denti.
Cazzo, come era potuto accadere, in così poco tempo? Con appena due battute scambiate?
Riku aveva ragione: non può starti simpatico qualcuno con cui scambi appena mezza parola... figurati se può piacerti!
No, no, no, no! Doveva... smettere di farselo piacere.
Ma che cazzo dici, Axel? Come puoi renderti conto che ti piace qualcuno e poi smettere di fartelo piacere? Ma che ti passa per la testa?
Eppure i segnali c'erano stati tutti: non mangiava più come un pozzo senza fondo, non dormiva bene, era sempre in ansia, arrossiva e si imbambolava ogni volta che c'era Roxas... come diavolo aveva fatto a non capirlo subito?
Doveva parlare con qualcuno! Con qualcuno di fidato, un vero amico, qualcuno a cui aveva sempre raccontato tutto sapendo di poter contare su di lui.
E quel qualcuno non era né Ventus né Vanitas - cioè, in una situazione diversa potevano anche essere loro due, ma non ora che gli piaceva proprio Roxas -.
Riku! Doveva parlare con Riku!
Dio, che situazione del cazzo.
Prese il cellulare con le mani tremanti e, con qualche difficoltà motoria, riuscì a sbloccarlo azzeccando la password dopo un paio di tentativi. Fece scorrere i nomi della rubrica, maledicendo che quel cazzo di albino avesse il nome con la R, quindi quasi in fondo alla sua lista.
Esiste il tasto Cerca, Axel...
Ignorando completamente la sua coscienza che perennemente gli parlava nei momenti meno opportuni, Axel premette il tastino con la cornetta e avvicinò il cellulare all'orecchio, sospirando forte mentre aspettava che dall'altra parte l'argento rispondesse.
"Pron..."
"Riku! Riku sono Axel!" lo interruppe, ansioso.
"Sì, per fortuna ho ancora gli occhi per vedere...e ho il tuo numero memorizzato! Che è successo?"
"Ho bisogno di parlarti! Ed ho bisogno di parlarti ORA!" quasi urlò isterico il rossino.
"Ok, ok... ma... stai bene, Axel?" chiese Riku, turbato.
"Sì, sì... cioè no! Non sto bene, sono molto confuso! Vediamoci ora!"
"D'accordo... dove sei? Ti raggiungo!"
"Sono vicino casa di Ventus... ma non vediamoci qui! Ti aspetto al parchetto vicino a Stradivarius, ok?" disse Axel, velocemente.
"Ok, cerco di arrivare il prima possibile! Tu siediti da qualche parte che ti sento parecchio agitato! A tra poco!"
E detto questo Axel sentì la comunicazione chiudersi e posò stancamente il cellulare nella tasca. Guardò per un attimo un punto indefinito di fronte a se e poi si spalmò una mano sulla faccia, disperato.
Ma come cazzo era potuto succedere?
 
 
Quando Riku lo raggiunse, Axel era seduto su un muretto a contemplarsi le scarpe, con il viso contrito da uno strano cipiglio che raramente l'argento gli aveva visto palesarsi in volto.
Fece qualche passo verso di lui, lentamente, non del tutto convinto che, vedendolo, non lo prendesse a pugni per il puro gusto di sfogare le sue frustrazioni. In fondo Axel era stato sempre fin troppo calmo e mansueto e Riku non stentava a credere che, una persona così, potesse diventare violenta quando era in quello stato.
E poi lo fronteggiò.
Il rossino alzò lo sguardo non appena percepì la sua presenza e non disse nulla.
"Axel... ho fatto prima che potessi... stai bene?" chiese l'altro, inclinando la testa di lato per guardarlo meglio.
Il cantante lo fissò ancora per qualche secondo, poi sospirò e lo invitò con un gesto della mano a sedersi accanto a lui sul muretto.
Riku obbedì e, con un balzo, si sedette senza smettere di perdere il contatto visivo su quel pazzo del suo amico, che lo stava davvero preoccupando.
"Riku... io devo dirti una cosa molto importante! Ma... ti prego non giudicarmi troppo in fretta! E' importante che tu mi dia la tua parola!" cominciò il rossino e Riku gli posò una mano sulla spalla per confortarlo.
"Siamo amici, Axel... lo sai che non ti giudicherei mai e poi mai, qualsiasi cosa tu abbia fatto!"
Il cantante lo guardò, poi sospirò e disse: "Ho incontrato Roxas questo pomeriggio, mentre tornavo. L'ho invitato a prendere un gelato, abbiamo chiacchierato un po' e..."
"E?"
Axel si morse un labbro: "Ho scoperto che mi piace..."
Riku lo fissò per un attimo senza alcuna espressione sul volto, poi si nascose il viso tra le mani e grugnì.
"Cristo, Axel! Roxas... proprio Roxas!"
"Avevi detto che non avresti giudicato!" disse l'altro, indignato, indicandolo con un gesto teatrale.
"Ma... ma..." balbettò l'altro "Non ti sto giudicando, deficiente! Può piacerti anche mia nonna per quanto mi riguarda e non avrei nulla da obbiettare! Ma, cazzo, Roxas? E' il fratello di Ventus!!"
"Lo sooo!" rispose l'altro, arruffandosi i capelli, confuso "Ed è proprio questo che mi fa più paura! Non il fatto stesso che mi piaccia!"
"No... no... aspetta! Ragioniamo!"
"Sì, bravo, ragiona al posto mio, che io non ne sono in grado!" rispose Axel, piagnucolando.
"Hai visto Roxas si e no quattro o cinque volte, avete praticamente parlato mezza volta e tu, di punto in bianco lo incontri, ci prendi un gelato insieme e ci CHIACCHIERI...e ora ti piace!"
"Beh, non è andata pr..."
"Sì che è andata così! Axel, ne abbiamo parlato l'altro giorno: non può piacerti qualcuno che non conosci nemmeno! E'... una cosa da scolaretta delle medie che si infatua del primo che vede! Non è umanamente possibile che accada!"
"Ora stai dicendo una cazzata, eh! Non è forse successa la stessa cosa con te e Sora?" chiese Axel, guardandolo scettico.
"Ma... assolutamente no! Sora lo conosco da quando era piccolo! E' iniziato a piacermi dopo che l'ho rivisto qualche tempo fa alla festa di Vanitas!" rispose l'altro, indignato che pensasse fosse la stessa cosa.
"Sì, dopo che non lo vedevi da quando quasi aveva iniziato a camminare e che quindi non potevi avere alcun interesse per lui... poi è spuntato alla festa e tu ti sei imbambolato a guardarlo per tutto il tempo! Non mi pare aveste avuto chissà quale conversazione..." constatò il rossino.
"Lo conobbi che faceva le elementari! Non poteva piacermi un bambino di 8 anni!" controbatté Riku, indignato.
"Senti, non nasconderlo anche a te stesso! Avete parlato quella sera e tu ti sei infatuato di lui! E' così e basta!"
"Ok... ok, anche fosse andata così, Sora quella sera del compleanno di Van mi ha rincoglionito come pochi, parlandomi praticamente tutta la sera, raccontandomi vita, morte e miracoli. Abbiamo parlato, capisci? Parlato! C'è stato modo di avere un confronto, di conoscerlo bene!" rispose l'argento, cercando di tornare ad un normale contegno.
Axel sospirò: "Anche io e Roxas abbiamo parlato!"
"Ma di cosa? Vorrei sapere di cosa! Ti ha raccontato di lui, di cosa gli piace, dei suoi amici, di cosa fa nel tempo libero oltre suonare?"
"No..." rispose il rossino, infine, prendendosi la testa tra le mani. "Ma mi piace lo stesso!"
"Axel... ok... ok, d'accordo! Ti piace Roxas.... e solo il tempo potrà stabilire se è davvero così! Nel frattempo non dirlo né a Vanitas né tantomeno a Ventus... con tutte le raccomandazioni che ti hanno fatto mi fanno pensare che non saranno contenti di questa notizia!" constatò Riku, passandosi una mano nei capelli, visibilmente turbato da quella situazione.
"Sì, immagino tu abbia ragione. Non c'è motivo ora come ora di dirglielo!"
"Tu nel frattempo cerca di far finta di nulla! Ricordati che ora suona con noi e che te lo ritroverai vicino ogni volta che succederà! Comportati in modo... naturale!"
"Ma io mi comporto sempre in modo naturale!" rispose il rossino, indignato, come se quella fosse stata uno dei peggiori insulti che avesse ricevuto in vita sua.
"No, Axel, no! Tu non ti comporti in modo naturale, se cominci ad imbambolarti e a balbettare davanti a chi ti piace!" rispose Riku, scuotendo un ditino davanti alla sua faccia.
"E che sono impacciato! Lo sai che non sono mai stato bravo in queste cose! Sono anni che non mi piace qualcuno!" disse Axel, piagnucolando e nascondendosi ancora il viso tra le mani.
"Senti, io sono qui, quando vuoi! Se ti serve una mano lo sai che puoi contare su di me!" sorrise infine, dandogli una pacca sulla spalla per rassicurarlo.
Axel fece emergere il viso e lo guardò con due occhi da cucciolo indifeso: "Vuol dire che mi aiuterai a conquistarlo?"
Riku sgranò gli occhi e uno strano alone nero lo avvolse. Probabilmente la forza dell'oscurità che da sempre era sopita nel suo cuore e che mai nessuno avrebbe voluto risvegliare.
"Ma allora non hai capito un cazzo, Axel! Conquistare Roxas? Ma ti sei bevuto il cervello?" rispose l'argento, isterico, agitando le mani come impazzito. Si fermò un attimo e si passò le mani tra i capelli, cercando di calmarsi. "Senti, stai buonino e non fare niente di ambiguo, non dire cose strane, non invitarlo a fare nulla da soli! Devi accertarti prima che la cosa sia seria... altrimenti finisce che prendi una batosta grossa come una casa e che lui ci soffrirà, semmai dovesse ricambiarti."
Axel lo guardò, un po' avvilito, poi abbassò lo sguardo e iniziò a guardasi le scarpe.
"Hai ragione... per ora è meglio fare così. Grazie mille, Ri! E scusami per averti fatto venire qui di corsa. Devo averti fatto prendere un colpo!" disse, infine.
Riku alzò le spalle e sorrise: "Lo hai detto! Mi hai fatto prendere un infarto! E chi ti ha mai sentito così agitato? Comunque non preoccuparti, non ero impegnato e poi sarei venuto comunque!"
"Se stavi con Sora non saresti venuto, ne sono certo!" esclamò Axel, in finto tono imbronciato.
Riku arrossì.
"Ma... ma... ma che stai dicendo? Certo che sarei venuto lo stesso! E poi, di questi tempi, se mi vedessi con Sora probabilmente lo picchierei a sangue, per quanto mi sta facendo tribolare!" disse stancamente l'argento.
"Tu sei troppo violento! Meno male che non siamo nemici!"
"Ringrazia il cielo, pel di carota, o saresti già sotto venti metri di terra al cimitero!" ridacchiò l'altro, dandogli uno spintone scherzoso che lo fece quasi cadere dal muretto.
"Ahia! Senti, piuttosto..." esordì il rossino, rimettendo le chiappe comode sul muretto. Gli si stavano addormentando, accidenti! "Roxas CI ha invitati a vedere il suo saggio di violino per... fare compagnia a Vanitas!" disse, ridendo.
"Fare compagnia a Vanitas? Tipo fargli da babysitter mentre Ventus non lo calcola perché troppo imbarazzante ad averlo vicino?"
"Una cosa del genere!"
"Ok, d'accordo, ci sto... quel ragazzino non mi sta simpatico, lo sai... ma per te farò un'eccezione!"
Axel non trattenne l'istinto di abbracciarlo e, quando lo fece, Riku cercò di scrollarselo di dosso dandogli degli spintoni, senza successo. Infine sospirò, rassegnato, mentre l'altro gli sfregava una guancia contro la sua in modo affettuoso.
"Sei così carino, Ri! Sei un vero amico!" sorrise di gioia il rossino.
"Sì, ma adesso lasciami, prima che cambi idea!" quasi urlò l'argento, dandogli un altro spinto che riuscì a scansare l'altro. "Senti, sono venuto fin qui per te, e pure di corsa! Offrimi un caffè, va! Che mi va proprio!"
"Ma io devo andare a casa a studiare!" piagnucolò Axel.
"Che cosa??" chiese arrabbiato Riku, mentre una venetta pulsante gli compariva sulla tempia.
Axel deglutì un groppone a vuoto: "Scherzavo, scherzavo! Andiamo, dai! Te lo offro, maledetto ricattatore che non sei altro!"
Fine
 
Ed eccomi qua! Vi sono mancata? Ma sì che vi sono mancata v.v (A noi non sei mancata così tanto, in realtà... NdAxel ecchissenefrega, sono mancata alle mie fan v.v NdMiryel)
Ebbene siamo giunti ad un punto piuttosto interessante della nostra (???) storia! Axel ha finalmente capito i sentimenti che prova per Roxas, Van e Ven sono due ritardati innamorati come sempre e Riku è disperato per la partenza di Sora! Nemmeno guardando Beautiful riuscireste ad avere tanti colpi di scena! BAM! In un solo colpo vi ho fatto venire 30 infarti, vero? v.v
Cooomunque, quello che mi preoccupa di più è Riku! Secondo me si ammazza, appena Sora se ne va °° (beh, dato che tu scrivi e comandi il gioco, puoi sempre non farmi morire ._. NdRiku siete voi che ve ne andate a zonzo per la fic da soli! Io sto qui che muovo le dita, ma voi siete Anarchici è_é NdMiryel).
Beh, ringrazio come al solito tutte voi, ma soprattutto colore che recensiscono sempre *___*
DevilAngel476, Glen_RTB, Lady666, The One Winged Angel, AxelBlake (che si è anche letta le mie One Shot di FF7 ç__ç) e la mia adorata Monique che mi recensisce tutto sempre su Whatsapp XD Spero di non aver dimenticato nessuno >_< Vi lascio al Bonus Track di fine capitolo... dicendovi subito che sono monotona ._. ebbene sì, sono ancora loro... ma mi piace scrivere su quei due pazzi >_< nella fic stanno già assieme, quindi devo anche un po' raccontarvi come è successo, piano piano v.v Beh, ciao, al prossimo capitolo!
Miryel
 
*Bonus Track*
"E con questo ho concluso la spiegazione! Hai domande?"
"Sì!" rispose Vanitas, con un faccino confuso "Puoi rispiegarmelo da capo?"
Ventus lo guardò aggrottando la fronte per qualche secondo, poi grugnì e spiaccicò la faccia sul libro di matematica.
"Ma come da capo? Vanitas, è la terza volta che te lo spiego! Possibile che tu non lo abbia capito?" rispose, esasperato.
Vanitas fece spallucce: "Che ti devo dire? Preferisci che ti dico che ho capito tutto e invece non ho capito un cazzo?" rispose, giustamente.
"Sì, apprezzo la tua buona volontà! Ma da qui a non aver capito niente dopo tre volte ce ne vuole!"
"E che la matematica non è che mi piaccia proprio tantissimo, eh!" rispose l'altro.
"Ho capito!" sospirò Ven, rassegnato. Vanitas era davvero un caso disperato in matematica... meno male che voleva prendere Architettura come facoltà... lì era pieno, di matematica. "Senti, ora cercherò di spiegartelo in modo semplice! E se non capisci ancora te lo faccio spiegare da Roxas!"
Vanitas parve turbato: "NO, Roxas no! Lo sai che mi critica in continuazione e che si arrabbia se non capisco le cose al primo colpo! E poi è umiliante farsi spiegare le cose da un bambino di 12 anni!"
"Allora vedi di capire, sta volta! La mia è una minaccia, ovviamente!" rispose Ventus, incrociando le braccia al petto.
"Sei peggio di una donnetta col ciclo, a volte, Ven!" esclamò imbronciato il moro.
"Allora fatti spiegare le cose da qualcun altro!" disse tranquillo il biondino, sfogliando a ritroso le pagine del suo libro per tornare all'inizio del capitolo.
Vanitas non rispose e nemmeno emise suoni di disapprovazione. Allungò la mano lentamente per prendere il cuscino dal letto di Ven e glielo tirò in faccia. Non appena riemerse il viso, Ventus lo guardò con uno sguardo glaciale che lo fece ridere.
"Ti sei arrabbiato?" chiese, in tono fintamente dolce.
Ventus non rispose ma si limitò a tornare a guardare il libro, in silenzio, meditando forse vendetta. Vanitas lo sapeva benissimo...
Lo guardò per qualche secondo mentre leggeva dei numeri incomprensibili e poggiò un gomito sulla scrivania, poggiando la testa sulla mano.
Era carino, Ven... carino da morire. E se non fosse che presto o tardi lo avrebbe picchiato, poteva dire che era anche un ragazzo tanto dolce e per nulla vendicativo... peccato che non era così, almeno con lui.
"Scusa per il cuscino..." mormorò, cercando di ristabilire la pace.
Ventus alzò lo sguardo verso di lui e non rispose. Si limitò poco dopo a prendere una penna celermente e infilargliela nello stomaco.
Vanitas urlò di dolore e, per riflesso incondizionato, gli diede uno spintone che lo fece cadere a terra di culo.
Il biondino non fece in tempo a rialzarsi che l'altro gli si scaraventò addosso, cominciando a fargli il solletico con una mano e bloccandogli le braccia con l'altra.
"Sei vendicativo da morire, Ven! E ora la pagherai cara!" disse in tono malvagia, con un ghigno scellerato sulla faccia.
Ventus rideva a crepapelle anche se dentro di se voleva sfoderare tutta la sua forza e picchiarlo per scansarlo. Odiava il solletico, lo faceva sentire impotente, oltre che era fastidiosissimo da sopportare.
"Chiedi scusa, chiedi scusa!" quasi urlò Vanitas, continuando con quel supplizio.
Ventus tirò forte le braccia e si liberò, prendendogli i polsi e facendogli perdere l'equilibrio.
Ora il viso di Vanitas era davvero troppo vicino. Da quella distanza poteva addirittura contare quante ciglia avesse...
Tutto tacque. Smisero di ridere, guardandosi spiazzati, senza alcuna intenzione di alzarsi.
"Ven..." lo chiamò Vanitas, con un filo di voce, soffermandosi a guardare i suoi occhi azzurri come il mare.
"Sì...?"
"Niente" rispose, semplicemente, prima di baciarlo con una lentezza e una dolcezza incredibile.
Ventus rimase per qualche secondo con gli occhi aperti, senza sapere ancora bene cosa stesse succedendo. Gli passò davanti ogni singolo istante passato insieme a quel moretto così spaccone e intraprendente e sentì il cuore che gli stava quasi per scoppiare.
Alzò le braccia, circondandogli il collo e chiuse gli occhi. Da quanto tempo aspettava quel momento? Non lo sapeva più nemmeno lui, ormai...
Qualche istante dopo Vanitas si staccò e lo guardò con gli occhi socchiusi.
Ventus sorrise a quel contatto visivo e sospirò.
"Ce ne hai messo di tempo..." constatò, furbamente.
Il moro lo guardò alzando un sopracciglio.
"Potevi anche baciarmi tu, se avevi tanta fretta, eh!" disse, accigliandosi.
Ventus scoppiò a ridere. Una risata liberatoria e magnifica che fece perdere un battito cardiaco a quel bullo che non credeva potesse essere così dolce.
"Scemo..."
"Senti chi parla..." sbuffò Vanitas, ma non riuscì a reprimere un sorriso.
"Comunque non ti ho mica detto di smettere..." lo redarguì Ventus.
Fu Vanitas, ora, a scoppiare a ridere a quella frase. Gli passò una mano tra i capelli fissandolo ancora negli occhi e poi si chinò per baciarlo ancora.
Van non seppe bene quanto tempo rimasero a baciarsi, quel giorno. Sapeva solo che, molto probabilmente, lui la matematica non l'avrebbe capita mai più...
*Fine*

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Capitolo 6
*** Violini e partenze ***



 
Capitolo 6. Violini e partenze
"Oh, buonasera coglione!"
Axel superò la soglia del garage sbadigliando sonoramente e grattandosi la testa pigramente. Aveva dormito di merda e non gli andava nemmeno di stare ad insultare Vanitas per quell'insulto.
"Ciao!" disse, con la voce mezza impastata.
"Lo sai che sei in ritardo, vero?" chiese Riku, con un mezzo sorriso, già seduto davanti alla sua batteria.
Axel non riuscì a connettere subito. Era uscito tardi di casa, questo lo sapeva benissimo, ma non credeva di aver fatto così tanto tardi da essere ripreso dai suoi amici.
"No, non lo so!" rispose, poi girò lo sguardo verso il bassista più carino della storia... almeno secondo lui. Represse l'infarto che gli stava venendo guardando quegli occhi blu. "Ciao Roxas!"
Il biondino alzò lo sguardo su di lui e, accennando ad un mezzo sorriso, alzò una manina per salutarlo.
Doveva iniziare ad abituarsi a quei sorrisi o si sarebbe sciolto ogni fottuta volta...
"Allora, prendi quel fottuto microfono e mettiti in posizione! Non perdiamo tempo che siamo già abbastanza in ritardo!" sbuffò Vanitas, indicandogli un punto random della stanza.
"Stai calmo, Van! Non dobbiamo mica cominciare un concerto!" rispose ridendo Axel, mentre si muoveva per prendere il microfono.
Vanitas lo fulminò: "No, ma Ventus è andato a comprarci la merenda e vorrei suonare qualcosa prima che torni!"
Gli occhi di Axel si illuminarono di immenso.
"Oh, quanto è carino! Speriamo mi abbia preso il succo alla pera!" rispose, sognante.
Roxas ridacchiò a quell'espressione, evitando di farsi vedere. Troppo tardi. Il rossino non se le lasciava sfuggire queste perle rare...
"Smettila di farfugliare cose a caso!" urlò Van, spazientito, "E mettiti in posizione!"
Axel sbuffò e, dopo aver attaccato il microfono, prese posto davanti a loro. Si voltò e posò le mani ai fianchi.
"Che suoniamo?" chiese.
"Roxas voleva provare a suonare una nostra canzone. Io e Van abbiamo proposto di cominciare con The 13th Struggle!" rispose Riku, giocherellando con una bacchetta tra le dita. "Sempre se sei d'accordo!"
Axel sorrise: "A me va bene tutto! Hai già studiato quella canzone, Roxas?"
"Sì" rispose, poi aggiunse: "Le ho imparate tutte a memoria, in realtà"
"Ottimo!" sorrise ancora il rossino, voltandosi poi verso il microfono.
"Dai tu il tempo, Roxy?" chiese Vanitas, e quello annuì.
Non appena furono tutti in posizione Roxas cominciò a suonare le prime note della canzone, seguito subito dopo da Vanitas e da Riku. La sincronia era molto buona e Vanitas si voltò a guardare Riku con sguardo compiaciuto, ricambiato dall'argento.
Poco dopo fu il turno di Axel di cantare, e lo fece con un po' più di entusiasmo del solito, sebbene fosse arrivato lì che sembrava uno zombie neanche troppo affamato di cervelli.
Pigro pure da zombie, quello.
La canzone andava piuttosto bene e per fortuna l'amplificatore di Van aveva deciso di non gracchiare tantissimo, quel giorno. Sembrava davvero un ottimo giorno per suonare!
Fu un'ottima performance e ne erano parecchio compiaciuti i tre del gruppo. Non appena finirono di suonare, Axel si voltò verso di loro facendo un applauso.
"Ottimo lavoro, ragazzi!" disse, entusiasta.
"Ricordati che non è mai grazie a te!" rispose Van, acido come sempre.
"Mi farai questa battuta fino alla fine dei miei giorni?" chiese esasperato Axel, con le mani ai fianchi.
"Sì, finché non ti entrerà in testa!" disse l'altro, in tono disinteressato, poi si voltò verso Roxas "Bel lavoro, cognatino! Piaciuta la canzone?"
"Molto" rispose, annuendo. Sembrava veramente meno cupo del solito, il che alleggerì molto l'atmosfera che creava suonando quel basso mostruosamente. "Ci vedrei bene nel mezzo dei tamburi e una tastiera, perché è veramente una buona canzone"
Vanitas si voltò a guardare l'argento, che era intento a fissare Roxas esasperato. Era arrivato un sedicenne qualsiasi a sconvolgere le loro canzoni? Non gli andava proprio giù.
"Capito, Ri? Tamburi! Procurateli e vestiti da Indiano d'America e li suoni! Per la tastiera ci mettiamo Demyx a suonare tasti a caso!" esclamò Vanitas, con sguardo serio.
"Vuoi proprio rovinarla, questa canzone, eh!?" rispose l'argento, aggrottando la fronte.
"Dai, deficienti, fatela finita o vi picchio! Sta andando tutto a gonfie vele, oggi! Nemmeno l'amplificatore si è messo a fare le bizze per farci un dispetto!" esclamò Axel, che ci teneva particolarmente a non rovinare uno dei pochi giorni liberi di prove che avevano.
"Next One?" chiese Riku, visibilmente voglioso di suonare ancora.
"The Other Promise!"
Vanitas lo guardò sconcertato: "Vuoi deprimermi a quest'ora di sera?"
"Scusa, eh! L'abbiamo scritta, quindi dovremmo anche suonarla! E poi parli di quella quando 'Ventus' è la più deprimenti che abbiamo!" constatò il rossino, ridendo.
Roxas alzò un sopracciglio: "Avete scritto una canzone che si chiama Ventus?"
"Oh, sì! L'ha scritta Van! Per quello non hai le tablature, doveva portartele lui!" rispose Riku, ridendo di fronte alla sua faccia un tantino sconvolta.
"Capisco... hai scritto una canzone a mio fratello!" constatò tranquillo rivolto a Vanitas, anche se forse, dentro di se, stava ridendo.
Van sbuffò: "Non ho scritto una canzone a tuo fratello! Si chiama così e basta! E'..." esordì, poi arrossì imbronciato "Una coincidenza..."
Axel e Riku si guardarono reprimendo l'istinto di scoppiare a ridere, ma non ci riuscirono.
"Guardate, stronzi, che è così e voi lo sapete benissimo!" urlò Van, stringendo i pugni rabbioso, mentre un istinto omicida si faceva spazio nel suo cuore.
"Sì, sì, Van... una coincidenza, lo sappiamo!" rispose Riku, poco convinto, poi si voltò a guardare Axel "A me va bene The Other Promise!"
"D'accordo allora! Van, mettiti in posizione che suoniamo!" ordinò il rossino, indicandolo, poi si voltò verso il microfono.
"Pronto?? C'è qualcuno? Io ho detto che non ho voglia di suonarla!" ribatté il moro, incrociando le braccia al petto.
Axel sorrise senza voltarsi: "Anche noi vorremmo che tu non fossi qui, eppure ci arrangiamo comunque!"
Vanitas non riuscì a tirar fuori nulla dalla sua bocca velenosa; si limitò a grugnire e prese la chitarra, cambiando distorsione con il pedale e preparandosi, accigliato.
"Do io il tempo!" esordì Riku, poi diede tre colpi con le bacchette e cominciarono a suonare sia lui che Roxas, seguiti dopo un paio di secondi da Vanitas e Axel.
"Oh, boy! You've met with a terrible fate! You've met with a terrible fate!" cantò il rossino, con la sua dolce voce "Think death is the cruelest fate? Think again."
E Roxas lo guardò, mentre quelle parole così crude e oscure gli battevano nella testa peggio della batteria di Riku. Come poteva una voce così bella cantare di un terribile fato e di morte? Gli venne un blocco alla gola e nemmeno si accorse di aver smesso di suonare, mentre continuava a fissarlo. E Non si accorse nemmeno che tutti lo stavano guardando confusi, ora...
"Roxas, tutto bene?" chiese il rossino, visibilmente angosciato dalla sua espressione fissa su di lui.
Il biondino lo fissò ancora per qualche secondo, poi scosse la testa.
"Sì... scusate" rispose, portandosi una mano sulla fronte e sospirando.
"Non scusarti. Stai bene?" chiese ancora il rossino, avvicinandosi e chinandosi su di lui, poggiandogli una mano sulla spalla.
Roxas guardò quella mano, per un attimo perplesso, poi si abbassò il cappuccio e si passò una mano tra i capelli, stancamente.
"Sì, sono solo... un po' stordito" disse, esitante, poi alzò lo sguardo su quello di Axel e provò a sorridere "Forse sono troppo vicino all'amplificatore" continuò, allontanandosi e spostando la cassa lentamente, come se volesse prendere tempo per riprendersi completamente.
Vanitas lo guardò compiere quel gesto e, lanciandosi un'occhiata eloquente con gli altri due, disse: "Vuoi prenderti una pausa?"
Roxas non si voltò: "No, no, tranquilli" rispose, poi tornò alla sua postazione. "Ce la faccio, davvero..."
"Ok, ci fidiamo!" sorrise Vanitas, con un viso quasi dolce, "Ma sappi che se vuoi fermati a noi sta bene!"
Roxas tornò alla sua postazione e lo guardò, scotendo la testa: "Ce la faccio" ripeté, poi diede una piccola accordata al basso. "Possiamo ricominciare"
"Sì, ma sta volta cambiamo! Questa canzone mi angoscia!" rispose Van, turbato.
"Beh, era destino che non dovessimo suonarla!" cercò di ironizzare Axel.
"L'hai scritta tu, e tu tiri fuori sempre certe marce funebri che manco gli Addams sopporterebbero!" controbatté il moro, stizzito.
"Non parlare di marce funebri quando tu sei vestito di nero e hai croci al contrario dappertutto!"
"Axel, lascialo perdere! Lui è l'anticristo!" rise Riku.
Roxas li guardò scambiarsi quel breve dialogo e si sentì un poco più leggero. Lo aveva turbato davvero, quel testo... e non solo perché era terribilmente malinconico, ma perché la voce del rossino non poteva narrare certe cose. Era troppo... bella. Troppa angelica per essere usata su un testo così. Si chiese anche come poteva una persona tanto allegra e solare tirare fuori certe parole dalla sua testa...
"Dai, dai! Proviamo con One Winged Angel!" propose ancora Riku, massaggiandosi poi una spalla.
"Buona idea! Dai il tempo Ri!" rispose il rossino, annuendo, poi si voltò a guardare Roxas che rispose allo sguardo.
"Sì, va bene!"
E, detto questo, cominciarono a suonare, di nuovo.
L'atmosfera era un po' cambiata, effettivamente, dopo quello strano comportamento di Roxas. Li avevi preoccupati un po', soprattutto perché sapevano benissimo che non era stato il volume troppo alto a turbarlo. Forse c'era stato qualcosa di più, ma sapevano di non poter indagare. Soprattutto Axel, anche se moriva dalla voglia di chiederglielo... in fondo, quando ti piace qualcuno, non fai che preoccuparti per lui...
La canzone, come aveva detto Vanitas tempo prima, era brutale. Sfociava quasi nel metal ed era anche parecchio difficile. Forse la più complicata che avessero scritto.
Non contenti, avevano deciso di inserirvi un testo in latino; così, tanto per far impazzire anche Axel.
Era bella, pensava Roxas; bella veramente. Aveva un non so che di epico e, mentre la suonava, gli vennero i mente tutti quei cattivi epici che aveva incontrato nei suoi videogiochi preferiti. Effettivamente aveva della Boss Battle, quella canzone...
Ad un pezzo della canzone dovette cambiare velocemente la distorsione con il pedale e si stupì di averlo fatto a tempo. Si stupì perché era ancora parecchio stordito e, quando era in quello stato di solito si distraeva facilmente e perdeva un po' i pezzi.
Forse l'epicità della canzone lo aveva fatto un po' riprendere, dopotutto; e, quando entrò Ventus, con due buste della spesa cariche fino all'orlo, non si fermò ma, come gli altri, continuò a suonare.
Fu solo quando suonarono l'ultima strofa che gli altri si accorsero del nuovo arrivato. Axel lo accolse con entusiasmo.
"Succo alla pera?" chiese, senza nemmeno salutarlo.
Ventus alzò un sopracciglio con eloquenza, poi scosse la testa, ridendo.
"Ciao anche a te, Axel!" sorrise, poi si avvicinò alla scrivania e vi poggiò le buste sopra "E comunque, sì! Tutto per te!" continuò, lanciandogli un bricchetto che il rossino prese con entusiasmo.
"A te il succo alla pera circola pure nel cervello!" rispose Vanitas, mentre prendeva al volo una birra "Mi chiedo con tutta quella pera come fai a non cagare ogni cinque secondi!"
Ventus sospirò: "Come sei delicato, Van!" esclamò, poi porse una birra a Riku e un succo di frutta alla pesca a Roxas.
"Grazie, Ven" mormorò il biondino, leggermente contento che gli avesse preso il suo gusto preferito.
"Non è finita qui, Rox! Ti ho preso anche il tiramisù di seconda mano del discount che ti piace tanto! Quello durissimo e che sa di vecchietta spiaccicata in una pressa!" rispose il fratello, tornando a rovistare nelle buste.
"Mio fratello col cazzo che mi compra le cose che mi piacciono!" sbuffò Vanitas, sorseggiando un po' della sua birra. Fece una smorfia quando la sentì caldissima.
"Da fratello maggiore dovresti essere tu ad occupartene! E poi Sora fa bene a non comprarti nulla: non te lo meriti!" rispose Ventus, voltandosi poi per dare il dolce al suo fratellino e distribuendolo anche agli altri.
"Sei cattivo!" mormorò Vanitas quando gli fu vicino per dargli il tiramisù. Ventus sorrise e gli diede un bacio sulle labbra.
"E' per questo che stai con me!"
"Masochista!" urlò Axel.
"Feticista!" gli diede corda Riku.
"Ah, smettetela, brutti froci! Siete due disperati, ma guardatevi!" rispose Van, fingendo disinteressa nei loro confronti. Dentro moriva dalla voglia di picchiarli a sangue.
Che poi, sentirsi dare del frocio da uno che lo era e che aveva pure il fidanzato, era davvero il colmo...
Però, effettivamente, aveva anche detto brutti...
Ven prese una sedia, mentre Vanitas, Roxas e Axel si sedettero su un paio di amplificatori, gustandosi la merenda che il biondino aveva portato. Era davvero un amore di ragazza... cioè, di ragazzo.
"Allora, vedo che One Winged Angel vi ha fomentati!" esordì il filosofo, sorridendo.
"Sìsì, è venuta fuori proprio bene! Peccato che sei arrivato alla fine!" rispose Axel, con la bocca piena. Ventus lo guardò schifato. Era veramente troppo posato per vedere certe cose smangiucchiate nella bocca del rossino... qualche anno prima avrebbe vomitato, per quanto era delicato. Ma da quando stava con Vanitas aveva lasciato correre tante cose.
"Beh, vi si sentiva fino al cancello, quindi diciamo che buona parte l'ho potuta ascoltare! Siete stati bravi!"
"Come sei dolce, Ven! Ti stuprerei seduta stante se non ci fossero minorenni presenti!" esclamò Vanitas, con un faccino addolcito che, messo a confronto con quelle parole, era davvero inquietante.
"Io ti picchierei fino a farti uscire fuori gli organi interni, se non ci fossero minorenni presenti!" rispose Ven, con la sua solita calma, tornando a sorseggiare il suo succo di frutta.
Vanitas ci rimase parecchio male, ma era avvezzo a certe risposte e, controbattere avrebbe solo incrementato la possibilità che le parole del suo ragazzo si avverassero. E lui non lo voleva di certo.
E, mentre Roxas pensava seriamente di essere capitato in una gabbia di matti - fratello compreso - Riku sospirò forte, mentre smangiucchiava palesemente nervoso il suo tiramisù.
"We, Emmet Brown, che succede? Sospiri d'amore per il piccolo Sora?" gli chiese Van, voltandosi a guardarlo.
Riku lo fulminò: "No, non sta volta! Sono esausto!"
"Per due colpetti alla batteria? Allora i capelli bianchi li hai perché sei vecchio sul serio!" rispose ancora il chitarrista, cominciando a ridere e smettendo quando vide che nessuno gli dava corda.
"Beh, sai com'è? Muovere le dita tranquillamente su una chitarra e sbattere delle bacchette su diciottomila pezzi della batteria sono due cose diverse! Mi fanno male le spalle!"
"Donnicciola! E tu vorresti stare con mio fratello?"
Riku gli avrebbe risposto volentieri che, vicino alla virilità di Sora, anche una donnicciola come lui era mascolino, ma preferì glissare e ignorarlo. E poi... lo aveva chiamato Emmet Brown per via dei capelli bianchi? Che stronzo!
"Roxas, hai dato a questi due l'indirizzo per il tuo saggio?" chiese Ventus, guardando il fratello che ricambio.
"Oh, è vero" rispose, poi aggiunse: "E' al teatro dell'opera che sta dietro casa di Vanitas"
"Intendi quel teatro dove la gente va a vedere opere super impegnate?" chiese Axel, sbigottito.
Roxas fece un mezzo sorrise divertito: "Sì, proprio quello"
"Caspita, sei uno importante!" rispose, strabuzzando gli occhi.
"Lo è il mio maestro di violino" spiegò, tamburellandosi le dita sul ginocchio, a disagio per quel complimento "Lui è molto famoso"
"Tra qualche anno gli farai mangiar polvere, Roxy! Vedrai se quell'idiota non abbasserà la cresta, quando lo sovrasterai!" rispose Vanitas, battendosi un pugno solenne sul petto.
"Roxas non ha alcuna intenzione di sovrastare nessuno, testone! E smettila di incitarlo alle cattive maniere che da sempre ti contraddistinguono!" sbottò Ven, indignato dall'uscita poco carina del suo fidanzato.
"Ma che ho detto!? Gli sto solo dicendo che è talmente bravo che potrebbe diventare il nuovo... il nuovo..." balbettò, conscio di non conoscere alcun violinista famoso per poterlo comparare. I chitarristi li conosceva tutti, pure i più cani; ma i violinisti... Lasciamo perdere, non era il suo campo.
"Sì, Van, gira la ruota e compra una vocale!" rispose divertito Riku.
Il chitarrista si voltò adirato: "La vocale te la do sui denti se non la smetti di fare ironia!"
"E falla finita!" rispose Axel, dandogli uno spintone, nella speranza che il suo amico prendesse un po' di contegno. Ma quanto era psicopatico e nevrotico?
"Beh, merenda finita! Ricominciamo a suonare! Ho ripreso completamente le forze!" esclamò Vanitas, alzandosi in piedi e stringendo due pugni, trionfante.
"Sì, d'accordo!" gli diede corda Axel, alzandosi anche lui.
Poco dopo sistemarono tutto e si rimisero in posizione e, dopo un paio di scambi di battute per decidere la canzone, decisero di suonare una cover dei Nirvana.
Come As You Are?" chiese Riku.
Axel annuì.
"Va bene! Roxas, la sai?" domandò il rossino, voltandosi a guardare il biondino.
"Non ho mai letto le tablature, ma ad orecchio dovrei riuscire a rifarla"
Divino. Semplicemente divino! E chi era capace a risuonare una canzone solo ad orecchio, tra loro tre? Persino Axel, per imparare una canzone, aveva bisogno del testo, anche se l'aveva ascoltata centro o mille volte...
"Ok, allora cominciamo! Chi dà il tempo?" chiese ancora il rossino.
"Roxas!" rispose Riku, sciogliendo le spalle per prepararsi.
Roxas annuì e fece un lungo respiro, poi cominciò a suonare, seguito subito dopo dall'argento.
"Come as you are, as you were, As I want you to be! As a friend, as a friend, as an old enemy. 
Take your time, hurry up! The choice is yours, don't be late."
Aveva davvero una splendida voce, quel rossino. Cantava quella canzone con la sua dolce voce angelica, facendo contrasto alla durezza del basso e della chitarra. E chissà Kurt cosa avrebbe detto, ascoltandolo.
Era bravo sul serio e a Roxas, la sua voce, lo calmava davvero tanto... almeno finché non cantava sofferenza e morte. In quel caso lo turbava molto, e non sapeva se per via delle parole o per il modo tranquillo con cui lo faceva. Come se quelle parole, in fondo, non lo toccassero minimamente.
La canzone stava andando bene e, malgrado il biondino avesse un po' di difficoltà nell'azzeccare la vera tonalità, sembrò riuscirci in pieno. Era molto dotato, il ragazzo e li stupiva ogni volta.
Non appena finirono, Ventus li guardò entusiasta, sorridendo.
"Mi piace un sacco come la canti, Ax!" commentò, avvicinandosi al rossino che si grattò la testa imbarazzato.
"Non dire così, Ven, che arrossisco!"
"Lo hai già fatto!" disse ridendo il biondino.
"Beh, fai i complimenti a quella rana e non a me, che mi sono ammazzato per suonarla?" chiese Van, indignato, togliendosi la chitarra dalle spalle e raggiungendolo.
Ven lo guardò interrogativo, poi scoppiò a ridere: "Ma dai! Ormai lo sai che sei bravissimo! E poi una canzone vale davvero se viene cantata! Altrimenti che gusto c'è a sentirla!" rispose.
"Hai davvero delle vedute molto ristrette della musica, Ven!" sbottò il moro, incrociando le braccia al petto. Ma aveva ragione, dopotutto... che razza di commento era?
"Forse!" rispose alzando le spalle il suo ragazzo, poi si voltò verso Roxas. "Dobbiamo andare!"
Roxas annuì e si tolse delicatamente la cinta del basso dalle spalle, poi prese la custodia e lo ripose con cura.
"Andate già?" chiese Axel, un po' sconfortato dalla cosa... Avrebbe rivisto Roxas il giorno del suo saggio... era veramente tanto tempo.
"Sì, o la mamma ci ammazza se non arriviamo in tempo per cena!" ridacchiò Ventus, poi si avvicinò a Vanitas, che lo abbracciò. "Ci vediamo domani, mostro!"
"Ti telefono quando sono a casa!" sorrise il moretto, dandogli un bacio sulle labbra. "Io vado a prendermi una birra con questi due, dopo!"
Ventus annuì: "D'accordo!" poi si voltò a guardare Riku e Axel "Non fatemelo ubriacare, per piacere! Lo sapete che diventa pericoloso!"
"Non preoccuparti, stasera solo succo di frutta alla pera!" rispose Axel, ridendo.
"Ma stai zitto! Guarda che se tu sei stitico e a te il succo alla pera non fa cagare, non vuol dire che a me non faccia effetto!" rispose inacidito il chitarrista, sventolandogli un pugno davanti alla faccia.
Axel si ritrasse: "Tu sei stitico nel cervello!"
"Meglio nel cervello che nel culo!" urlò Vanitas, e tutto tacque. Era stata un'uscita talmente brutta ma allo stesso tempo talmente epica che il cantante e il batterista si guardarono allibiti e scoppiarono a ridere fortissimo, come mai avevano fatto in vita loro, probabilmente.
Ventus, invece, si spalmò una mano sulla faccia, rassegnato, mentre Roxas reprimeva l'istinto di andarsene via e non tornare mai più... a volte erano veramente degli idioti.
"Oddio, muoio..." sospirò Axel, in preda ad una crisi respiratoria multipla. Poi parve riprendere contegno e si voltò a guardare Roxas e Ventus. "Ci vediamo lunedì al saggio, allora!"
Roxas annuì e palesò un mezzo sorriso che lo fece arrossire.
"Si richiede giacca e cravatta!" rispose Ventus, girandosi poi a guardare male Van, visto la figura che gli aveva fatto fare all'ultimo saggio.
"Dio, ma che regole del cazzo esistono nel mondo della musica? Devo sentire uno che suona e mi devo mettere la cravatta, come se questo lo rendesse più bravo!" constatò Vanitas, stizzito.
"Beh, tu vai in giro vestito come un rockettaro, quando vai ai concerti dei tuoi gruppi preferiti, no? Mica lo fai per incitarli a far meglio, lo fai perché quella musica ti porta a quello!" disse giustamente Ven, con le mani ai fianchi.
Maledetto filosofo del cazzo! Non appena ne avesse avuto l'occasione lo avrebbe scopato a sangue facendogli implorare pietà... era la sua vendetta, oltre che il suo più grande giubilo.
"Noi andiamo!" comunicò Ven, affiancandosi a Roxas.
"Grazie mille a tutti, è stato divertente" ammise il più piccolo, timidamente. Era così dolce, quel giorno...
Axel sorrise intenerito e, istintivamente, gli arruffò i capelli affettuosamente.
"Sì, è vero! Grazie a te, Roxas!"
Il biondino lo guardò e sorrise, poi quando il rossino tolse la mano dai suoi capelli, fece un gesto con la mano per salutare e insieme al fratello si allontanarono.
Axel sospirò forte. Era carino da impazzire, oltre che infinitamente dolce, quando metteva un po' da parte quel perenne distacco da ogni cosa...
E chissà perché quando avevano suonato The Other Promise si era incupito così... oltre che lo aveva fissato con uno sguardo visibilmente spiazzante. Sembrava terrorizzato...
Ma quel ragazzino era davvero un enigma vivente. Nemmeno giocando al Professor Layton aveva trovato enigmi così difficili... Il che era tutto dire, vista la difficoltà mentale che aveva su quel gioco. Gli enigmi non erano mai stati il suo forte - Come poteva dimenticare delle volte in cui aveva chiamato Ventus per farsi aiutare sugli enigmi più difficili e, quello, esasperato, lo aiutava comunque?-.
"E Axel si è fissato di nuovo!" commentò Riku, sospirando divertito.
Vanitas gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
"E' la seconda volta che Ven e Roxas si allontanano e tu ti fissi come un idiota! Non è che ti sei preso una cotta per il piccoletto?" chiese Van, seriamente.
Axel sobbalzò sulle spalle e arrossì, così tanto da far impallidire i suoi capelli.
"Checcosa?"
Vanitas lo guardò per qualche secondo, poi scoppiò a ridere rumorosamente: "Ahaha, idiota sto scherzando! Tu, innamorarti di Roxas... ahaha, mi viene da ridere solo al pensiero!"
Ad Axel, invece, veniva da piangere. Ma tanto.
E non solo perché Vanitas, con quell'uscita, gli aveva fatto prendere un colpo, ma perché era tanto, tanto, confuso dai suoi sentimenti. Dio, non si innamorava da una vita... e ora gli piaceva un ragazzino, oltretutto taciturno e introverso.
C'era così tanta gente nel mondo che era assurdo che fosse successo proprio con Roxas...
 
 
Il giorno del saggio, per quanto Axel lo vedeva molto lontano, arrivò.
La giacca e la cravatta, lui, ce li aveva nell'armadio. Peccato che puzzassero un po' di muffa, visto che l'ultimo utilizzo risaliva al matrimonio di sua cugina, che ormai era sposata da 6 anni... puzzava davvero molto.
"Mamma! Abbiamo un problema!"
La madre sospirò, esasperata e si voltò a guardarlo, mentre infarinava delle cotolette sul tavolo della cucina.
"Perché ho l'impressione che debba risolverlo io?" chiese, poi ridacchiò davanti alla faccia afflitta del figlio.
"Stasera ho il saggio del fratellino di Ven... te ne avevo parlato, no?" chiese.
"E' una settimana che me ne parli, Axel..." constatò, divertita.
"Beh... e che sono a disagio per queste cose..." disse, imbarazzato e imbronciato, poi si ricordò del vestito: "Ma il nostro problema è questo vestito! Puzza di muffa, senti qua!" esclamò, infilandoglielo praticamente nel naso e facendola trasalire dalla paura. Dopo un attimo di stordimento, la donna prese l'indumento tra le mani e annusò.
"A occhio e croce puzza di fogna, ma l'odore è talmente stantio che credo sia una fogna dell'impero romano, precisamente appartenuta a Giulio Cesare!"
Axel sbuffò, esasperato, riprendendoselo e annusandolo ancora: "Mamma, non mi sembra il momento di mettersi a scherzare! Mi serve stasera, lindo e profumato!"
"Ti sei svegliato presto, eh! Non si asciugherà mai entro stasera!" lo redarguì, prendendogli dalle mani con un gesto secco la giacca. "Non hai nulla di elegante?"
"Mamma..." esordì, stancamente, poi si indicò "Ti sembro il tipo?"
"D'accordo, d'accordo... ho capito! Beh, non hai altra soluzione, tesoro, dovrai comprarne uno nuovo o fartelo prestare da qualche tuo amico!"
"Dio, perché mi riduco sempre all'ultimo momento?" chiese, esasperato, buttandosi a sedere sulla sedia della cucina.
"Me lo chiedo anche io, Axel..."
"Chiamerò Riku e gli chiederò se ne ha uno in più!" sospirò, infine, ignorando la battutina della madre.
"Riku è molto più basso di te! Chiedi a Vanitas!"
Axel rise senza entusiasmo: "Vanitas non lo ha nemmeno per se, figuriamoci!"
"Se vuoi ti presto un mio completo del lavoro!"
"Mamma!!" disse, indignato.
"Ahah! Dai, scemo, sto scherzando! Va a chiamare Riku e se non ce l'ha corri a comprarlo!"
"D'accordo!" annuì alzandosi pigramente e raggiungendo il suo cellulare in camera sua. Cercò il numero e chiamò.
"Ciao pel di carota!"
"Ehi, Ri! Prestami un vestito elegante, fa il favore!"
"E' sempre bello ricevere un saluto caloroso da te, rossino!" rise l'argento, divertito, poi sospirò: "Non ce l'ho, ho raccattato al volo un vecchio vestito che avevo e fa pure un po' schifo!"
"Sei inutile come le mosche! Cloud non ne ha uno da prestarmi? In fondo lui è uno importante!" disse Axel, mordendosi un labbro, speranzoso.
Riku rise: "Ok, aspetta che glielo chiedo!"
Rimase qualche secondo in attesa poi sentì l'argento prendere il telefono, di nuovo.
"Sì, ne ha uno nero che può prestarti, ma dice che è un Westwood e devi trattarglielo bene!"
"Ok, ok! Ci proverò!"
"NO! No, Axel, non ci proverai! Sarà così e basta o ti fa arrestare dall'esercito, ha detto!" rispose serio l'argento, palesemente infastidito dalla noncuranza dell'amico.
"Ok, ok! Passo a prenderlo tra poco! Tu nel frattempo cerca di convincerlo che sono uno di cui fidarsi!" rispose, lapidario.
"Ci proverò, ma data la tua fama sarà difficile!" rise Riku, divertito.
"Fottiti! A tra poco!"
E, dopo quella risposta alla Vanitas, prese al volo le chiavi di casa e si precipitò per uscire, facendo come al solito 20 gradini alla volta per arrivare prima, dato che il fottuto ascensore non era mai al piano.
Uscì e, salendo in sella alla sua bici, corse verso casa di Riku.
 
Quando Axel si trovò di fronte alla palazzina stile ottocentesca dove era sito l'appartamento di Cloud, scese dalla bici imbambolato.
Era un posto veramente fico e si sentiva davvero un pesce fuor d'acqua. Persino il portiere era vestito di tutto punto, con il cappellino più ridicolo della storia, oltretutto verde rancido.
Gli venivano i brividi al pensiero di quanti soldi avessero tutti gli inquilini di quel palazzo.
Entrò titubante nell'atrio decorato con fiori e un tappeto rosso pulitissimo e si avvicinò all'omino imbarazzante.
"Buonasera, è qui per la posta?" chiese quello, gentilmente.
Axel represse l'istinto di dargli una capocciata sul naso. Mica ogni essere vivente che andava in giro in bicicletta era un postino! Ok che lì dentro probabilmente tutti avevano una limousine come macchina da viaggio, ma il mondo esterno era ben diverso.
"No... Devo far visita ad un amico!" rispose, cercando di essere gentile.
"Nome?"
"Sono Axel!"
Quello sbuffò, esasperato: "Nome del suo amico..."
Axel ridacchiò imbarazzato, massaggiandosi la testa: "Ah! Cloud, Cloud Strife!"
Il portiere alzò un sopracciglio a quel nome e prese il telefono, senza interrompere il contatto visivo col rossino, che si sentì parecchio a disagio. Lo aveva preso per un ladro? Per uno straccione? Per un barbone?
Miseria, era pulito e lindo e profumava di Genzo appena spruzzato! Come poteva dubitare di lui?
"Signor Strife, scusi il disturbo a quest'ora di pomeriggio, ma c'è una visita per lei e volevo accertarmi che lei ne fosse al corrente!" disse quello, un po' sospettoso. Cloud gli rispose e quello continuò: "Sì, come dice lei ha dei buffi capelli rossi e un'aria poco raccomandabile!"
"Ehi, io sono qui davanti a lei, sa?" esordì Axel, indignato. Quello gli fece cenno col dito di tacere.
"Va bene, lo mando su allora, se lei mi dice che non è sospetto!"
E attaccò, poggiando le mani sul bancone e sospirando: "Il signor Strife dice che vi conoscete, quindi può andare. Settimo piano, è l'ultimo, non può sbagliarsi!"
"Lei è un cafone!" rispose Axel, irritato, poi raggiunse l'ascensore e, prima di chiuderlo, fece una linguaccia all'uomo, che aggrottò la fronte e, quando il rossino sparì dietro la porta, sospirò, tornando a smistare la posta.
Appena Axel arrivò al piano, trovò Riku davanti la porta ad aspettarlo, tutto sorridente.
"Ma che avrai da ridere!" gli disse, dandogli un pugno sulla spalla.
"Lei è un cafone!" ripeté, ridendo.
"Ma che fai, origli?" chiese il rossino, ridendo anche lui.
"Mi sono attaccato al citofono, non potevo perdermi quella scena! Tra l'altro lo odiano tutti, quel tipo!"
"Beh, ora so il perché!"
Riku si spostò e lo fece entrare, non prima di essersi raccomandato nel fargli pulire le scarpe sul tappeto con su disegnato un pollo giallo e con sotto scritto: "Wark Wark".
Axel entrò in casa e, guardansi intorno stupito, si rese conto di quanto lusso potesse esserci al mondo. Subito dopo la porta d'entrata c'era un salotto enorme, con le pareti bianche. Un tappeto a scacchi nero e bianco, sotto ad un divano di pelle - probabilmente vera - che sembrava scomodissimo. Alle pareti c'erano dei quadri sicuramente autentici che rappresentavano per di più paesaggi stupendi e un tavolino in cristallo trasparente con sopra un cesto d'argento pieno di caramelle. Buone le caramelle!
"Accidenti, sei una specie di pecora nera qui dentro!" disse Axel, senza pensare.
"Beh, ora siamo in due! Vado a chiamare Cloud, tu siediti pure!"
Sedersi? Su quel divano fatto di una pelle appartenuta a non si sa quale animale stecchito? No, grazie, la forza nelle gambe l'aveva ancora e poteva permettersi di stare in piedi.
Si guardò intorno, sempre più spaesato, rendendosi  conto che più lo faceva e più notava dettagli costosissimi in quella stanza. E chissà le altre stanze com'erano...
"Ri, gli spaghetti al ragù o con il sugo fresco?" chiese una voce, poco lontana. Poco dopo emerse da una porta un ragazzo dai capelli neri e l'aria parecchio allegra. "Oh! Buona sera!" disse, infine.
Axel lo guardò e sorrise. Doveva essere Zack, il ragazzo di Cloud che viveva lì con loro.
"Ciao! Io sono Axel!"
"Sìsì, inconfondibili capelli rossi! Riku mi ha parlato di te!" sorrise il moro, avvicinandosi e tendendogli la mano, mentre nell'altra teneva un mestolo di legno. Solo in quel momento Axel si accorse che portava un grembiule parecchio imbarazzante con disegnato sopra Topolino. "Io sono Zack, piacere!"
"Scusate l'intrusione! Stavate per mangiare?"  chiese Axel, a disagio.
Zack rise: "Stavo preparando il pranzo, ma Riku di solito mi aiuta! Non sono tanto bravo, in realtà, ma lasciar cucinare Cloud significa morire avvelenati!"
Il rossino, a quella battuta, rise. Era davvero simpatico, gli piacevano i suoi modi di fare.
"Ti sta importunando, Axel?" chiese una voce dall'altra parte della stanza. Il cantante si voltò e, vedendo emergere Cloud e Riku, sorrise nella loro direzione.
"No, mi stava raccontando di come cucini bene!" disse e Zack si imbronciò.
"E tu sei arrivato prima che potessi dirgli che questo era un segreto!"
Riku ridacchiò ma Cloud non si scompose. Si avvicinò al rossino e gli diede la mano.
"Come stai?"
"Oh, disperatamente bene! Se mi presti quel vestito sei la mia salvezza, Cloud!" disse, divertito.
Cloud sospirò e si passò una mano tra i capelli: "Capisco! Mi farete stare in ansia tutti e due, stasera!"
Riku guardò Axel, che ora era un po' confuso.
"Dato che il mio vestito faceva davvero schifo, Cloud me ne presta uno per pietà!"
"Esatto, per pietà! Se mi rovinate quei completi me la pagherete cara, visto che costano più di tutti e due messi assieme!" li redarguì, poi sorrise al loro sguardo allarmato. "Scherzo! Su, Ri, vai a prendere il vestito per Axel che intanto faccio gli onori di casa che Zack non ha fatto!"
"Sei sempre gentilissimo!" rispose il moro, poi guardò Axel. "Vuoi qualcosa da bere? Champagne? Un po' di prosecco? Magari un whisky!"
Axel aggrottò la fronte e parve a disagio: "Un succo di frutta andrà benissimo!"
"Capito, devi guidare e non puoi bere! Bravo ragazzo!" disse, infine, prima di sparire dietro la porta della cucina.
Guidare? Quella carretta di bici che aveva? Beh, non avendo nemmeno la patente non rischiava nemmeno che gliela togliessero per guida in stato di ebbrezza. Gli venne da ridere, immaginando la scena.
"Axel, ti prego, siediti!" lo invitò Cloud, un po' spazientito nel vederlo fermo immobile ancora davanti alla porta d'ingresso.
"Oh, sì! Grazie mille!"
Presero posto entrambi e Axel ringraziò il cielo che lo avesse invitato ad accomodarsi su una sedia. Davvero, quel divano lo schifava. Pelle vera!!
"Come va?" chiese il rossino.
"Mah, come al solito! Si lavora sempre e non c'è tempo di rendersi conto del tempo che passa! Voi universitari potete capirmi!"
"Oh sì, non fai in tempo a rilassarti che ti infinocchiano per bene!" rispose poco garbatamente, ridacchiano. Cloud, però, rise a quella frase. Lui, malgrado fosse molto ricco e uno importante, era tanto semplice, seppure a volte risultasse un po' scostante.
"Riku sta bene?" chiese, poco dopo, guardando alle spalle per premurarsi che il nipote non stesse tornando.
Axel lo guardò, leggermente spiazzato. Si chiese cosa intendeva, con quella domanda. Con Riku c'erano mille quesiti e bisognava che fosse un po' più specifico per potergli rispondere.
"Malgrado la sua situazione... sta bene! Con noi si diverte, passiamo tanto tempo insieme! All'università si dà da fare parecchio e ha avuto ottimi risultati quest'anno!"
"Vi parla mai... di quella cosa?" chiese il biondino, titubante, rattristandosi un po'.
Axel aggrottò le sopracciglia, un po' sconfortato: "No, mai... evita l'argomento come la pesta... credo sia il suo modo di affrontare la cosa"
Cloud alzò lo sguardo sul suo e gli prese una mano, affettuosamente.
"Sono felice che gli stiate vicino, tu e quell'altro pazzo di Vanitas... siete la sua forza!"
"Anche tu lo sei!" sorrise il rossino, inclinando la testa dolcemente. Era così caro a preoccuparsi per suo nipote... non aveva parole.
"E, vi prego, prendete a sberle Sora... da quanto mi racconta è un tipetto un po' difficile!" commentò Cloud, ridacchiando, mentre Zack compariva dalla cucina con un vassoio in mano stracolmo di bottigliette di vetro di ogni tipo di succo.
"E se non lo prendete a sberle voi, giuro che gli vado sotto casa e lo arresto!" rispose Zack, in tono serio, poggiando le bevande sul tavolo. "Ecco qua, ho preso quello che ho trovato!"
Beh, aveva trovato parecchio, pensò Axel... tentò di trovare con gli occhi un succo alla pera, che però non trovò. Cercò di reprimere un sospiro depresso per quella triste notizia e ne prese uno all'ananas!
Dio, dov'è il mio succo alla pera? Che razza di ricchi siete senza il succo alla pera!
"Gli ci vorrebbe un mese di carcere mentre qualcuno gli fa capire quanto si stia comportando male con Riku..." rise Axel, aprendo la bottiglietta e versandola in un bicchiere. Era di cristallo?
"Riku, hai trovato il vestito?" urlò Cloud, per farsi sentire.
Riku riemerse in salotto con un vestito perfettamente incellofanato dalla tintoria. Il profumo di pulito si sentiva fin lì.
"Ne hai talmente tanti che ho avuto qualche difficoltà!" rise l'argento, avvicinandosi poi al tavolo e poggiando con cura l'abito su una sedia. "Vedo che ti sei servito!" constatò, rivolto all'amico.
"Non potevo dire di no! Risultavo scortese!"
"Se, se, come no! Ecco qua il vestito! Vedi non sgualcirlo e di riportarlo tutto intero! Stasera ti tengo d'occhio!" lo redarguì, allungando la mano per prendersi un succo anche lui.
"Ma tuo nipote è sempre così gentile?" chiese, rivolto a Cloud, che a quella affermazione rise.
"Anche peggio!" disse, guardando Riku, poi gli arruffò i capelli, facendolo arrossire.
"E' un saggio di violino, vero?" chiese Zack, curioso, prendendosi una sedia.
"Sì, è del fratellino del nostro amico Ventus! Te lo ricordi, Cloud?" domandò Riku, guardando lo zio.
"Accidenti, il filosofo! E chi se lo scorda! Cos'è, una famiglia di intellettuali?"
"Un po'!" rise Axel, sorseggiando poi il suo ultimo sorso di succo. "Sono entrambi molto intelligenti, ma Ventus non è molto portato per la musica!"
"Peccato! Il violino è talmente bello! Ricordi quando ci hanno invitato a Stoccolma per quel concerto?" chiese Zack, rivolto al suo ragazzo, che annuì.
"Oh, sì, è stato molto emozionante! Tu non la smettevi di ronfare!" disse, prendendolo in giro.
"Ero stanco per il volo! Per il volo! Il concerto non c'entrava!"
Axel lo guardò e rise, parecchio contento che l'atmosfera in casa Strife fosse così allegra. Riku era molto fortunato ad avere uno zio e... uno zio così. Si alzò dalla sedia, pigramente.
"Ora credo di dover andare! Grazie mille per il succo e per il vestito!"
Cloud e Zack si alzarono, imitandolo e lo accompagnarono alla porta.
"Grazie a te per la visita! Vieni più spesso, magari un giorno organizziamo una cena! Ditelo anche a Vanitas e Ventus!"
"Certo, grazie mille, Cloud!" annuì il rossino, contento che fosse così ospitale anche con gli amici di Riku.
"Ci vediamo stasera, Ax! Puntuale!" si raccomandò l'argento, ridendo.
Axel ridacchiò imbarazzato: "Ci proverò!"
 
Axel ci aveva provato, infine, e c'era riuscito. Era arrivato perfettamente in orario davanti al teatro dell'opera della sua città. Era enorme, maestoso e aveva un'illuminazione esterna davvero notevole.
Le costruzioni antiche lo avevano sempre attirato e quando doveva riprodurle per i suoi esami di architettura, era sempre entusiasta. Erano affascinanti da morire e avrebbe pagato oro per avere il talento per progettarle.
Il moderno, dopotutto, lo aveva sempre un po' schifato.
"Axel!" urlò la voce di Riku, e lo vide avvicinarsi di corsa con una mano alzata.
"Ehi, Ri! Stentavo a riconoscerti, conciato così!" rise il rossino, squadrandolo da capo a piedi. Riku fece lo stesso.
"Sembri un pagliaccio!" gli diede corda, dandogli poi un pugno amichevole sulla spalla.
"Guarda, non mi offendo solo perché so che Vanitas sarà messo peggio!" ridacchiò con poco garbo.
Riku lo guardò divertito: "Non vedo l'ora di vederlo! Voglio proprio farmi due risate!"
"Viene anche Sora?" chiese Axel.
"Sì, arriveranno insieme!"
"Il piccoletto in giacca e cravatta ce lo vedo proprio!" rispose, dandogli una gomitata sulle costole.
"Non è l'unico piccoletto elegante, a quanto vedo!" gli rispose scaltro, mentre guardava oltre la sua spalla. Il rossino si voltò, confuso e a stento trattenne la mandibola, che voleva prepotentemente aprirsi in un tacito stupore.
Ventus e Roxas si stavano avvicinando, quest'ultimo vestito con uno smoking nero e una camicia bianca davvero impeccabili. I capelli, che aveva inutilmente cercato di rendere più ordinati, erano visibilmente pettinati con la gelatina che li rendeva un pochino più scuri del solito, accentuando quei due occhi azzurri impenetrabili che tanto facevano sobbalzare il cuore di Axel.
"Ciao!" salutò Ventus, visibilmente emozionato. Probabilmente era tutta l'euforia che mancava a Roxas, ad occhio e croce. Non sembrava tanto elettrizzato, quel piccoletto.
"Ciao ragazzi!" rispose Riku, dando poi un calcio su uno stinco ad Axel per farlo risvegliare. Il rossino sobbalzò e alzò una manina.
"Ciao! Siete molto eleganti!" rispose, deglutendo un groppone a vuoto, senza smettere di fissare il bassista, ora intento a guardarsi le scarpe, imbarazzato.
"Anche voi due! Meno male che almeno voi mi date ascolto!" disse disperato Ventus, passandosi una mano tra i capelli, mentre gli altri due videro scorgere dietro di loro due persone che non avevano mai visto.
"Buonasera ragazzi!" salutò una donna bionda, terribilmente somigliante ai due fratelli, mentre un uomo dai capelli brizzolati e gli occhi azzurri le si affiancava.
"Salve!" salutarono all'unisono Riku e Axel, un po' in imbarazzo.
"Oh, sì! Questi sono Axel e Riku, mamma!" li presentò Ven, indicandoli. "Fanno parte del gruppo in cui sta suonando Roxas!" informò, infine.
"Molto piacere ragazzi!" sorrise con dolcezza la donna, poi posò le mani sulle spalle del figlio più piccolo, che non si scompose più di tanto a quel contatto. "Sono felice che abbiate deciso di venire! Roxas è talmente bravo!"
"Mamma..." sospirò il più piccolo, scostandosi bruscamente dalle sue mani.
"Oh, andiamo, Roxas! E' la verità, e non solo perché sei mio figlio!"
"Anche per quello!" rispose il padre, visibilmente divertito.
Axel capiva benissimo il disagio del piccolo di fronte all'amore materno. Alla sua età era anche lui così. Ma era sicuro che crescendo sarebbe cambiato il suo rapporto con i suoi genitori. Era stato così anche per lui, e si era avvicinato molto a sua madre col crescere, e non solo perché aveva dovuto crescerlo da sola, improvvisamente, dopo la morte del padre.
Goditi tuo padre finché puoi, Roxas, Avrebbe voluto dirgli.
"Bene, noi entriamo in teatro!" esordì la donna, poi si rivolse al figlio più grande "Ven, fai accomodare i tuoi amici non appena arriva Vanitas! E non cominciare a farlo sentire a disagio per come è vestito, per l'amor del cielo!"
"Ma... mamma! E' così stupido da ignorare le mie raccomandazioni!"
"Non mi interessa, trattalo bene quel poverino!" disse, infine, poggiando una mano sulla schiena di Roxas per incitarlo a muoversi ed entrare. Quest'ultimo si voltò verso gli altri.
"Ci vediamo dopo"
"In bocca al lupo, Roxas!" sorrise Riku, cercando di risultare amichevole, anche se quel pezzo di prima con i genitori lo aveva un po' infastidito.
I genitori dei due e Roxas sparirono poco dopo dentro il teatro e Ventus si voltò a guardare i suoi amici, compiaciuto.
"State bene, ragazzi! Vi dona questo look!" esclamò.
Riku e Axel risero a quel complimento.
"No, Ven, non ci credi nemmeno tu!"
"E invece è vero!" sbuffò, indignato dalla loro palese diffidenza.
"Riiiii!"
Riku sobbalzò, in preda ad un infarto al miocardio quadruplo per quell'urlo che lo aveva colpito direttamente alle spalle, mentre due braccia mingherline lo stringevano da dietro, entusiaste.
"Sora..." mormorò, cercando di far riprendere fiato ai suoi polmoni, mozzati da un improvviso attacco respiratorio.
"Sei elegantissimo! Stai bene!" esordì Sora, staccandosi e fronteggiandolo, mentre lo squadrava con una mano sul mento.
Sembrava un vecchio stilista omosessuale che studiava un abito appena sfornato.
Axel rise a quell'espressione del piccoletto.
"Grazie. Anche tu lo sei!" gli rispose l'argento, arruffandogli poi i capelli e facendolo sorridere.
"Fate schifo, tutti quanti!" disse una voce acida, dietro di loro.
Si voltarono e scorsero un Vanitas visibilmente a disagio, con indosso una giacca aperta e una camicia con una cravatta legata con un nodo fatto alla meglio e pantaloni neri. La cosa più divertente era che li aveva infilati in un paio di stivali a metà polpaccio molto brutali. Era una punta di metallo, quella?
"Vanitas..." sospirò Ventus, dopo averlo guardato attentamente.
"Che c'è? Che vuoi? Ho messo la giacca e la cravatta! Non mi sembra di essere così imbarazzante, oggi!" rispose, stizzito, incrociando le braccia al petto.
Ventus non rispose, gli si avvicinò e con un gesto secco gli slegò la cravatta, riannodandola poco dopo, perfettamente. Gli allacciò la giacca e, subito dopo, gli indicò le scarpe.
"Metti subito i pantaloni fuori da quelle... cose!"
"Sei un cagacazzi! Sei un fottuto cagacazzi!" sbuffò ancora il moro, abbassandosi e sistemandosi l'indumento, che ormai aveva preso le pieghe delle scarpe.
"Ora va meglio! Dio... cosa ho fatto di male per meritarmi questo!"
"Io volevo fargli la stessa domanda, guarda!" rispose l'altro.
Axel, Riku e Sora li guardavano divertiti da quel battibecco spettacolare. Erano divertenti da morire, oltre che sembravano una coppia di sposi anziani! Troppo comici.
"Ora entriamo, per piacere! I miei ci stanno aspettando!" esclamò Ven, entusiasta della cosa, facendo loro l'occhiolino.
Si, decisamente era più elettrizzato lui che il fratello...
Salirono pochi gradini che li portò di fronte ad un immenso portone di legno, decorato con bassorilievi di divinità greche. Era molto maestoso.
Vi entrarono e percorsero un lungo corridoio che li portò ad un'altra porta, un po' più piccola ma sempre decorata magnificamente. Aprirono la porta e una maschera lì fece accomodare ai loro posti, accanto ai genitori di Ven, che sembravano visibilmente emozionati.
Poco dopo le luci della platea si spensero e un solo faro si accese sul palco, illuminando una sedia vuota con accanto un leggio di metallo nero.
Tutti applaudirono quando videro entrare una figura con in mano un violino, che appena arrivò accanto alla sedia, fece un inchino.
"Ma quello non è Roxas!" constatò Axel, infastidito. Ma che cavolo stava succedendo?
Sentì qualcuno dargli una gomitata.
"Certo che non è Roxas! E' il saggio degli allievi del suo maestro! Si esibiranno tutti quanti singolarmente! Ma da che mondo vieni?" rispose Ventus, stizzito.
Da che mondo veniva? Da quello in cui se vai a un concerto si esibisce solo il tuo gruppo preferito e, a volta, capita che qualche gruppo esordiente gli apre l'esibizione. Non in un mondo dove vai a vedere uno e te ne ritrovi altri quaranta di cui non hai interesse...
Insomma, si sorbirono il violino tediante e noioso di un ragazzino castano con gli occhiali, palesemente un nerd! Quello lì doveva essere una specie di figlio di papà, perché l'aria ce l'aveva tutta quanta e Axel avrebbe preferito darsi dei calci sui testicoli, invece di starlo a sentire. Non era piacevole, per niente.
Eppure il violino era uno strumento che lo aveva sempre affascinato...
Ne passarono altri due, di quel genere. Suonavano roba deprimente, sentita e risentita, e poteva riconoscere ogni genitori di quei tipi, perché se ne stavano tutti ritti sulla schiena, manco avessero una scopa in culo, e ascoltavano i loro figli suonare quella roba lì...
"Eccolo, eccolo!" sorrise la madre di Ven, attaccandosi all'avambraccio del marito, tutta boriosa. L'uomo le sorrise e si mise comodo per gustarsi quella performance.
E, per la felicità del rossino, Roxas entrò sul palco. Il suo sguardo era fermo e sicuro come quando suonava il basso e quei vestiti così eleganti lo rendevano ancora più eloquente.
Fece un debole inchino e si sedette. Il silenzio regnò per qualche secondo, finché il biondino non posò la stecca su quelle corde molto più tese di lui e iniziò a suonare.
Non c'era niente... niente di più bello e angelico di quel viso rilassato da quel suono soave come il paradiso... e per quanto avesse sentito suonare quei ragazzini prima di lui, nessuno di loro aveva acceso in Axel quell'emozione disperata. E non solo perché Roxas gli piaceva.
Era disarmante, penetrante, pulito. Sembrava un tutt'uno con il violino che gli carezzava la guancia dolcemente, mentre lui lo cullava, facendo fuoriuscire tutte quelle note meravigliose di quella musica che non aveva mai sentito da nessuna parte...
Ogni nota era un tasto che apriva una porta piena di luce. Una luce bellissima, ma così accecante da far male alla cornea.
Ed era così che si sentiva il rossino: accecato... avrebbe pianto dall'emozione se solo farlo significava che lo avrebbero preso in giro per una vita, e anche di più...
Si voltò per un secondo a guardare Riku, sperando che non avesse notato la sua faccia inebetita... e lo trovò che sorrideva con gli occhi chiusi, mentre Sora aveva intrecciato la mano con la sua e gli aveva posato la testa su una spalla, anche lui sorridente.
E Vanitas aveva abbracciato Ventus, che aveva gli occhi umidi, forse troppo emozionato per trattenersi.
Ma che potere aveva, con quelle dita, su ogni strumento? Possibile che, ogni volta che suonava - che fosse un basso elettrico o un violino - quel ragazzino ti rubava un pezzo di cuore e te lo stracciava, facendoti del male? Possibile che fosse così divinamente crudele? E Dio perché glielo permetteva?
Tornò a guardarlo e si perse nello splendore di quella figura che sembrava totalmente isolata da ogni cosa.
Vorrei essere al posto di quel dannato violino che ti sta carezzando la guancia, dannato!
E continuò, ancora, a suonare, dolcemente e Axel si sentiva tirare in basso, verso l'inferno che, con quella musica di sottofondo, lo avrebbe raggiunto volentieri.
Cosa pensi quando suoni così, Roxas? Che ti passa per la testa?
E, mentre pensava questo, si rese conto che la musica era finita e che un caldo applauso stava salendo dalla platea. Qualcuno si alzò in piedi, altri mormorarono qualcosa all'orecchio dei vicini.
Roxas si alzò e fece un inchino, poi sparì dietro il palco.
E Axel sentì che tutta la tensione e il dolore che lo avevano pervaso durante la sua esibizione, sparirono, lasciando che le sue gambe divenissero molli e indomabile. Fortuna che era rimasto seduto, altrimenti sarebbe caduto come un pollo.
Nessuno dei suoi amici disse nulla, nemmeno i genitori di Roxas. Erano entusiasti ed emozionati da quella performance, e Axel si chiese se era solo perché lo conoscevano e non perché era stato effettivamente il più bravo di tutti.
Malgrado sembrasse assurdo, il rossino era quello che l'aveva giudicato con più neutralità. Era stato bravo, ma anche gli altri, alla fine, lo erano stati. Solo che Roxas ci aveva messo in mezzo qualcosa che andava oltre il talento. C'era... tutto. Ansia, allegria, frustrazione e tanto, tanto dolore.
E Axel, in quel momento, aveva solo voglia di alzarsi, raggiungerlo e dirgli di non preoccuparsi, perché se anche il mondo era così crudele, non doveva lasciarsi sopraffare dal dolore... e poi lo avrebbe baciato, probabilmente... e ne aveva una voglia matta, in quel momento...
Le esibizioni finirono con un altro paio di ragazzini e, dopo l'ultimo applauso e quando il palco divenne di nuovo vuoto, videro entrare un uomo molto alto, con lunghi capelli d'argento e un'aria molto aristocratica. Portava uno smoking anche lui, ma grigio e aveva due occhi davvero molto inquietanti, a detta di Axel...
L'uomo si mise in mezzo al palco e sorrise, mentre tutti si alzavano per applaudirlo entusiasti. Fece un inchino e poi fece cenno con le mani di calmarsi e si accinse a parlare.
"Ringrazio tutti voi per essere qui stasera! Anche quest'anno i miei preziosi studenti, selezionati da me personalmente, sono intervenuti con entusiasmo per dare a voi la possibilità di ascoltarli!"
Anche il minimo brusio si spense. Ora regnava il silenzio più totale nella sala e Axel si sentì soffocare... e non solo per la quiete, ma soprattutto per quel tipo che aveva un'espressione dissennatamente compiaciuta. Gli faceva venire i brividi...
"Ma, il ringraziamento più grande, va a questo teatro, che ha reso possibile il mio progetto e ci ha ospitati anche quest'anno, con entusiasmo!"
Un altro applauso si alzò a quelle parole e, l'uomo, fece un cenno con la mano dietro le quinte e poco dopo i sei ragazzi che si erano esibiti entrarono in fila indiana, con ancora i loro violini nelle mani.
"Un applauso speciale ai nostri ragazzi!" sorrise ancora, languido, posando le mani sulle spalle di un Roxas totalmente estraneo a quell'ambiente. Sembrava che non fosse effettivamente lì con loro. Aveva la mente altrove; forse già a casa, nel suo letto, a dormire accoccolato al suo cuscino...
"Chi è quello?" chiese Axel a Ventus, che lo guardò sorridendo.
"Quello lì è il maestro Xemnas! Sono anni che Roxas è un suo allievo! Abbiamo dovuto fare un sacco di selezioni per riuscire a fargli studiare il violino da lui! E' molto ricercato, oltre che un genio!" rispose, orgoglioso.
"Ah, capisco..." disse il rossino, non troppo convinto. Quell'uomo aveva qualcosa di malato nella sua espressione sorridente. Non gli piaceva proprio, oltre che non si decideva a togliere le mani dalle spalle di Roxas; il che lo rese parecchio geloso.
Non appena i vari ringraziamenti e il discorso finale del maestro furono finiti, le maschere accompagnarono alla porta d'uscita Axel e gli altri.
Il rosso, mentre varcava la soglia, continuava a guardare quel palco dove un attimo prima c'erano stati tutti quei ragazzini prodigio, scelti con cura da quell'uomo, e si chiese se era davvero ciò che Roxas avesse sempre desiderato...
Quando lo aveva visto suonare, sembrava che fosse la sola cosa che volesse fare di più al mondo, per quanto ci metteva dentro; ma non appena aveva smesso di farlo, era tornato di nuovo il Roxas che aveva conosciuto il primo giorno. Quello zitto, che non si esprimeva più di tanto e che sembrava un guscio vuoto.
Dov'era il Roxas del gelato? Quello che lo invitava al saggio? Quello che gli diceva che cantava bene, timidamente?
Uscì, il rossino, e si era incupito da morire. Ventus parlava con suo padre, mentre sua madre scambiava battute divertenti con Vanitas, che sembrava parecchio a suo agio. Riku teneva silenziosamente la mano di Sora, che si stava stropicciando un occhio, probabilmente insonnolito.
Nessuno si accorse di lui, e ringraziò il cielo che fosse andata così.
Era scattato qualcosa, in quella serata, e lui non sapeva cos'era. Ed era questo che lo turbava di più: la paura di non sapere cosa fosse...
Sospirò e si passò una mano tra i capelli, stancamente. Quel ragazzino lo stava facendo impazzire.
"Piaciuto?"
Axel sobbalzò sulle spalle, palesemente preso alla sprovvista da quella voce. Si voltò con le sopracciglia inarcate a guardare il suo interlocutore.
"Roxas, volevi farmi venire un infarto?" chiese, ridacchiando nervoso.
"Scusa, non credevo fossi sovrappensiero" disse, con voce senza tono.
Axel lo fissò per qualche secondo, prima di sospirare di nuovo, non potendo nascondere la cosa.
"Sì, ero da un'altra parte! Comunque sì, piaciuto da matti! Sei bravissimo, sul serio!" rispose, accennando ad un debole sorriso. Non ci riusciva proprio a fingere di essere contento... non gli veniva naturale, quella sera.
"Dai, in realtà ti sei annoiato a morte, vero?"
"No, sul serio! Cioè, con quegli altri sì, hanno suonato in un modo così deprimente e piatto!" commentò, mentre una mamma indignata tirava via suo figlio per allontanarlo, ferita da quel commento. Axel fece finta di niente e continuò: "Tu invece... boh, c'era qualcosa che mi ha toccato nel profondo"
Roxas non seppe cosa dire a quel complimento, che il rossino gli aveva fatto con tutta la sincerità che aveva in corpo. Abbassò lo sguardo e iniziò a studiarsi le scarpe, mentre metteva le mani dietro la schiena, tenendo la custodia del violino e dondolandola imbarazzato.
"Stai bene, Roxas?" chiese Axel, un po' impensierito, mentre lo vedeva tornare cupo e taciturno come poco prima su quel palco.
Roxas continuò a guardarsi le scarpe e, scuotendo la testa in un diniego, scappò via e raggiunse suo fratello, affiancandosi a lui tacitamente. Quando i genitori lo videro, sorrisero e la mamma lo circondò con un braccia, dandogli un bacio sulla testa, orgogliosa di lui. Continuarono a camminare di fronte al rossino, e davano davvero l'impressione di essere una famiglia spensierata.
E Roxas, alla sua domanda, aveva scosso la testa. Non stava bene... e Axel ormai lo aveva capito, ma, il fatto che lo avesse ammesso, anche se solo con un gesto della testa, voleva forse dire che gli stava chiedendo aiuto?
Si fermò e li guardò allontanarsi, tutti quanti. Sora e Riku erano così spensierati, malgrado l'argento volesse molto più di quell'abbraccio e quella mano stretta tra la sua... ma sembravano comunque felici. Vanitas e Ventus si punzecchiavano, ma poi tornavano sempre ad abbracciarsi, dolcemente, sorridendosi, mentre i genitori del biondino commentavano la serata con entusiasmo.
E lui e Roxas, ora, erano due ombre oscure come la notte, in quell'ilare gruppetto... e non sapeva cosa avrebbe dato per fare in modo che fosse lui, l'unica ombra, quella sera...
"Che fine avevi fatto?" chiese Riku, quando lo vide riemergere dalla porta, parecchi minuti dopo.
"Ahah, scusate, mi ero soffermato a guardare l'architettura interna della struttura! E' così maestosa e delicata!"  mentì, grattandosi la testa, imbarazzato.
"Non cambierai mai!" continuò l'argento, ridacchiando.
"Bene, è ora di andare, per noi! Roxas deve alzarsi presto domani!" comunicò la mamma, passandogli una mano tra i capelli, per togliergli la frangetta da davanti al viso. Appena tolse la mano, il biondino si pettinò i capelli esattamente come erano prima, sbuffando.
"Sì, vado anche io! Sora sta crollando di sonno!" ridacchiò Vanitas, lanciando un'occhiata a Sora che si reggeva a malapena in piedi e aveva poggiando la testa sul petto di Riku, che lo aveva circondato con un braccio. Aveva un occhietto chiuso e uno mezzo aperto.
Riku glielo passò al fratello che se lo caricò in spalla. Erano veramente carini e Axel rimpianse di non avergli fatto una foto.
"Buonanotte a tutti!" salutò il chitarrista, evitando di dire parolacce o una delle sue battute orribili. Almeno davanti ai suoi suoceri doveva farsi vedere savio.
Riku seguì con lo sguardo l'amico e, quando sparì dietro un angolo, si voltò verso gli altri e salutò.
"Grazie della serata! Buon proseguimento!"
E, detto questo, si avviò anche lui.
"Ti serve un passaggio, Ax? Abbiamo un posto in macchina!" disse gentilmente Ventus.
Axel scosse la testa, sorridendo: "No, no! Sono venuto in bicicletta! Ci metterò un attimo a tornare!"
"Come vuoi! Allora buonanotte!" salutò il più grande, seguito poi dai suoi genitori, che si voltarono insieme  a lui e si avviarono verso l'automobile.
"Roxas?" lo chiamò il rossino, quando vide che lui era rimasto lì, immobile davanti a lui, con lo sguardo basso e non aveva seguito i suoi genitori.
"Axel..." lo chiamò, titubante, poi strinse i pugni e alzò lo sguardo "Buonanotte" e si voltò, correndo via e raggiungendo la macchina.
Non gli aveva dato il tempo nemmeno di rispondergli... e lui sapeva che, quel che voleva dirgli, non era quell'augurio per una buonanotte, ma altro...
Rimase fermo, il rossino, a guardare quella macchina che partiva e si portava via quel pezzo del suo cuore disintegrato da quell'essere terribile.
Si voltò, poco dopo, sospirando e si incamminò, perché lui, la bici, quel giorno non l'aveva presa...
 
 
 
"Sora, perché stai piangendo?"
Il piccoletto non rispose, ma si limitò a stringere di più le braccia intorno al collo di Riku che, innervosito, guardava altrove nel tentativo di non spingerlo sulle rotaie del treno e ammazzarlo...
Non solo per lui era difficile separarsi da Sora, ma anche quest'ultimo non era di certo d'aiuto!
"Riii, mi mancherai un sacco!" piagnucolò il moretto, mentre l'argento sentiva che la sua maglietta si stava inzuppando delle sue lacrime. "Non voglio più partire!"
"Sora... ma che stai dicendo?" chiese esasperato, mentre reprimeva a stento l'istinto di scuoterlo per farlo rinsavire. Ma come non voleva partire? Prima lo torturava, dicendo che non vedeva l'ora di fare quel viaggio e se ne stava lì a raccontarlo col sorriso sulle labbra... e ora voleva rimanere? Ora che erano davanti al treno che presto sarebbe partito dalla stazione? Lo odiava! Riku era sicuro, ormai! Quel piccoletto voleva essere odiato, per forza! Non c'era altra spiegazione ai suoi comportamenti.
"Posso... mandarti... tanti messaggini... mentre sono... fuori?" singhiozzò ancora, senza alzare lo sguardo da quella t-shirt ormai praticamente zuppa.
Riku sospirò: "Certo che puoi, scemo..." gli disse, carezzandogli i capelli.
"Eddai, Sora! Sono solo tre giorni! Passano in fretta!" cercò di rassicurarlo Axel, ma ebbe l'effetto contrario. Il moretto si voltò disperato a guardarlo e lo fulminò, quasi.
"Tre giorni non passano mai, quando non sono gradevoli!" sentenziò.
"Sora, hai rotto il cazzo! Prima fai tutto l'entusiasta e adesso rompi che non vuoi andare e che non ti divertirai!" lo redarguì Vanitas, leggermente stufo di quel piagnisteo greco che il fratello stava facendo. Oltretutto i suoi compagni di classe, che ora stavano per salire, lo guardavano allibiti dal fatto che stesse piangendo tra le braccia di un ragazzo. "Ormai è tardi per cambiare idea! Sali su quel cazzo di treno e non rompere!"
"Quello che tuoi fratello cerca di dirti, Sora, è che devi cercare di divertirti! E' normale doversi separare dalle persone a cui vogliamo bene, ogni tanto... e poi Riku ha detto che puoi scrivergli quando vuoi! Non ti rassicura nemmeno un po' questa cosa?" disse Ventus, dolcemente, non prima di aver dato un sonoro calcio sullo stinco a Van, che si contorse dal dolore, reprimendo le lacrime con difficoltà.
Sora lo guardò, smettendo di piangere, anche se aveva ancora il viso completamente fradicio. Aveva gli occhietti tutti lucidi e Ven si sentì molto intenerito da quello sguardo.
"Sì... un pochino sì..." rispose con un filo di voce il più piccolo, poi alzò lo sguardo su Riku che quasi ebbe un infarto alla vista dei suoi occhi umidi, che sembravano ancora più grandi e meravigliosi... Dio, che voglia di baciarlo aveva... "Mi scriverai anche tu?" chiese.
Riku sorrise. Non riuscì a reprimere la tenerezza che gli faceva quello sguardo: "Sì, te lo prometto!"
Sora si accigliò e gli puntò un dito sulla guancia.
"Non promettere se sai che non la manterrai, questa promessa!"
Non mantenerla? Avrebbe passato i restanti tre giorni a guardare il cellulare in attesa di un suo messaggio, lo sapeva già... e gli avrebbe scritto ogni volta che poteva, crogiolandosi dalla gelosia ogni volta che passava più di un minuto dalla sua risposta... quel piccoletto non lo sapeva mica in che incubo lo stava ficcando, all'argento.
"La manterrò, non preoccuparti! Ora vai, Sora... aspettano te!" disse, a malincuore, vedendo che sulla banchina erano rimasti solo loro e che tutti i compagni di classe del più piccolo erano saliti. Alcuni li osservavano incuriositi dai finestrini.
Sora si staccò e si voltò a guardare gli altri tre che lo avevano accompagnato. Ventus e Axel lo abbracciarono insieme, mentre quest'ultimo gli arruffava i capelli con dolcezza. Sora ormai era come un fratellino per lui... gli dispiaceva un po' non avere la sua allegria intorno per tre giorni. E, Ventus, lo adorava. Era tanto legato a lui da quando stava con Vanitas... gli  voleva un gran bene.
Sora si staccò, sorridendo ai due, poi si voltò verso Vanitas che lo fronteggiò. Si guardarono per qualche secondo, poi Sora gli si buttò tra le braccia, stupendolo un pochino.
"Mi mancherai anche tu, anche se sei sempre cattivo con me!" disse, imbronciato, stringendolo forte.
"Io invece starò benissimo senza di te in giro per casa!" rise Van, poi schivò abilmente un pugno nello stomaco che il fratello gli stava per dare. Rise più forte e gli carezzò i capelli, poi aggiunse: "Scemo, certo che mi mancherai anche tu!"
Oooh, che carini...
Sora si staccò e, di nuovo, raggiunse Riku. Gli prese le mani e lo guardò, conscio che si sarebbe messo presto a piangere di nuovo.
Riku sorrise e, senza pensarci due volte, gli diede un bacio sulla guancia, facendolo un po' arrossire. Di solito era lui quello che faceva queste cose, ma sta volta lo aveva bruciato sul tempo.
Prima di allontanarsi totalmente, l'argento gli mormorò: "Fai il bravo..."
"Sì..." rispose, semplicemente, perché sapeva che se avesse detto un'altra parola sarebbe esploso di nuovo. Staccò le mani da quelle di Riku e prese il suo trolley, voltandosi per salire sul treno. Si fermò sulle scalette e alzò una manina per salutare, mentre due lacrimucce gli scendevano dagli occhi.
"Fa buon viaggio e chiama quando arrivi!" si raccomandò Ventus, molto più maturo di Vanitas in queste cose. Infatti quest'ultimo si limitò ad annuire d'accordo col suo ragazzo.
"Ok!" rispose, poi guardò Riku mestamente. "Ri..." mormorò, aggrottando la fronte.
"Non farti rapire!" gli rispose l'argento, un po' per farlo ridere, un po' perché era serio.
Sora, infatti, accennò ad un sorriso: "Ci proverò... A presto!" e salì, sparendo nel corridoio.
Pochi istanti dopo, infatti, il treno partì e, non appena fu lontano, ma ancora perfettamente visibile, il telefono dell'argento suonò.
Riku prese il cellulare e il suo sguardo fu indefinibile, quando lesse il messaggio: "E' Sora..." disse, esasperato al massimo, con i testicoli ormai pronti ad esplodere da un momento all'altro. Mostrò il cellulare davanti a se e tutti si avvicinarono a leggere.
"Mi Manchi, Ri :(!" lesse Vanitas, poi scoppiò a ridere, seguito da Axel. Ventus cercò di rimanere composto e parve riuscirci. "Ma quanto è tonto, dico io!"
"Lo odio... ti giuro io lo odio da morire!" sentenziò Riku, mentre rimetteva il cellulare in tasca con le mani tremanti "Io ora cosa dovrei rispondergli? Cosa? Che mi manca anche lui?" chiese, più a se stesso che ai suoi amici, spalmandosi la mano sulla faccia, stanco. Era stanco veramente.
E lo amava così tanto...
Fine
 
 
Sera! Come va?
Spero bene v.v Eccomi qua! Sta volta è venuto lunghetto, ma dovevo metterci un sacco di cose!
Cominciamo a capirci qualcosa? Cominciamo a vedere un po' di chiarezza? Boh, spero di sì XD Cioè, lo so che dovrei essere io a mettercela, ma non so se ci sono riuscita!
Come al solito ringrazio tutte colore che recensiscono e coloro che hanno messo la storia tra le seguite e le preferite ** vi amo molto e spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perché ci ho messo un fegato e un rene per scriverlo XD Mi ha uccisa, dico davvero! Troppa roba °_°
Ah, quando ho scritto la parte del saggio, dove Roxas suona, ho immaginato stesse suonando Dearly Beloved! Quindi se vi va, rileggete quel pezzo ascoltandola! E consiglio a chi non conosce kh di farlo, perché è veramente bellissima!
Beh, lasciandovi come al solito alla Bonus Track di fine capitolo, vi auguro una felice lettura e ci si vede al prossimo capitolo. Miaaaoooooooooo :3
 
*Bonus Track*
Riku non riuscì a capire che cosa cazzo gli stesse succedendo.
Era talmente ossessionato dal pensiero di Sora al campo scuola che non riusciva nemmeno ad addormentarsi. Erano le tre del mattino e, l'unica cosa che riuscì a fare, fu guardare fisso il soffitto in attesa di prendere un po' di sonno. Il mattino dopo aveva un tirocinio ed era importante che fosse sveglio e riposato per affrontarlo.
Si voltò su un fianco, sospirando. Perché era dovuto succedere? Non era già abbastanza frustrato per conto suo? Ora anche questo?
Chiuse gli occhi e sospirò ancora, cercando di prendere davvero sonno.
Non passarono che alcuni secondi, che sentì il cellulare vibrare rumorosamente sul comodino. Troppe vibrazioni. Non era un messaggio, ma una telefonata.
Prese il cellulare, allibito e, quando vide il faccino di Sora comparire sul suo monitor, il suo stomaco si tese in una morsa dolorosissima. Si alzò a sedere e rispose.
"Pronto..."
"Ri... scusami! Ti ho svegliato?"
Riku si passò una mano tra i capelli, stancamente.
"No, altrimenti non avrei risposto! Lo sai che non mi svegliano nemmeno le cannonate!" disse, cercando di risultare impassibile al fatto che fossero lontani kilometri.
"Meno male! Stai bene?" chiese il piccoletto, titubante.
"Sì, ma sono io a doverti chiedere se stai bene, Sora... mi telefoni alle tre del mattino!" rise l'argento.
Sora non parve divertito, o almeno quel rantolo che cercò di soffocare faceva intendere il contrario... Riku sobbalzò sulle spalle quando lo sentì. Stava piangendo? Di nuovo?
"Sì... sto bene" rispose, a bassa voce, poi lo sentì chiaramente piangere: "Mi manchi tantissimo!"
Dio... che doveva fare con lui? Perché era così dannatamente crudele? Perché, se gli mancava, non si lasciava baciare quando lui ci provava?
"Sora..." esordì, stancamente, buttando la testa sul cuscino.
"Lo so, sono stupido! Ti chiamo alle tre del mattino per dirti che mi manchi... ma mi sentivo di doverlo fare! Stavo per esplodere!" disse, piangendo ancora, palesemente frustrato.
Riku si lasciò scappare uno sbuffo divertito. Ora capisci cosa si prova ad amarti, piccoletto?
"Manchi tanto anche a me..." disse, anche se ammettere con lui una cosa simile era davvero imbarazzante. Lui, che non aveva mai mostrato più di tanto, c'era cascato.
Sora si zittì e parve soppesare quelle parole, poi sembrò aver smesso di piangere: "Davvero?" chiese, titubante.
"Sì..." rispose ancora l'argento, poi cercò di cambiare argomento: "Allora, com'è l'albergo?"
Sora parve riprendersi completamente e ritrovare il suo solito brio, dopo quella domanda.
"Bellissimo, Ri! E' un palazzo dell'800, con le pareti aaaaalte, alte! Ha dei bagni così spaziosi! E poi il letto è morbidissimo, anche se scricchiola un po'!"
Riku buttò giù un groppone, mentre immaginava di farlo scricchiolare per altre ragioni insieme a quel piccoletto malefico... scosse la testa cercando di scacciare pensieri non propriamente carini e sorrise.
"Sei in stanza con parecchie persone?" chiese, facendogli indirettamente la domanda che, a seconda della risposta, lo avrebbe reso gelosissimo.
"Mmh, mi hanno messo in stanza con Wakka e Tidus... noia! Stanno sempre a parlare di Blitzball!" rispose, sbuffando.
Ottimo! Wakka e Tidus erano assolutamente perfetti! Due idioti che non avevano altro interesse che per quello stupido gioco da ritardati! Andava bene così, ora era più tranquillo!
"Ma ora dove sei?"
"Sono fuori al balcone! Tid e Wakka dormono... io non ce la facevo più ad aspettare di sentirti." ammise, tornando ad intristirsi un po'. "Ci sono delle stelle bellissime stasera... sarebbe stato bellissimo vederle insieme..."
Riku non seppe cosa dire. Non poteva saperlo. Era spiazzante e allo stesso tempo frustrante per due motivi: il primo era che non era lì con lui e il secondo era che se ci fosse stato non si sarebbe nemmeno fatto baciare...
"Quando torni... le vedremo" rispose, poi si morse un labbro, pentitosi di ciò che aveva appena detto.
Ma che cazzo mi salta in mente?
"D'accordo!" disse con la voce un po' più allegra il ragazzino. "Ora vado... domani devo svegliarmi presto per cominciare a visitare la città" continuò, non molto entusiasta.
"Ok, piccoletto, fila a letto!" lo redarguì scherzosamente l'argento.
"Anche tu!" rispose divertito il moretto, poi la sua voce si addolcì: "Buonanotte Riku!"
"'Notte Sora!"
E, chiudendo la comunicazione e posando il cellulare sul comodino, Riku si poggiò una mano sulla fronte, tornando a fissare il soffitto, conscio, ora, che non avrebbe dormito per niente, tutta la notte.
Quanto odio c'era nel suo amore per quel piccoletto?
*Fine*

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Capitolo 7
*** Dio Maledica Quell'Sms ***




Capitolo 7. Dio Maledica Quell'Sms
 
"E questa? Ahaha questa mi fa morire!"
Vanitas stava letteralmente rotolando dal ridere, sull'erba del parchetto, così tanto che sembrava stesse per soffocare da un momento all'altro.
Riku, che rideva con un po' più di garbo, lo guardò mentre si scompisciava a quel modo e gli diede un pugno sulla spalla.
"Deficiente, datti un contegno!" lo redarguì, cercando di calmarsi e asciugandosi le lacrime per il troppo ridere.
Si, ok, sembrerà una scena assurda, ma c'era una motivazione più che valida che li aveva fatti ridere a quel modo: si erano ritrovati come al solito al parchetto della facoltà, i quattro amici più un Roxas di passaggio che quel giorno era libero da scuola per via di un consiglio di classe straordinario indetto dagli insegnati.
Ventus aveva pensato bene di portare un album che aveva trovato la sera prima mentre rovistava nei suoi cassetti per riordinarli. Non appena aveva rivisto quelle foto era morto dal ridere, così aveva deciso di portarle ai suoi amici per rimembrare insieme i vecchi ricordi.
"Dio, guarda la faccia di Axel in quella foto!" rise ancora Vanitas, indicando un Axel quattordicenne che salutava e aveva dei capelli cortissimi tirati su con la gelatina.
Axel represse l'istinto di prendere l'album e dargli fuoco.
"Tu invece sei carino, eh?" controbatté, indicando un giovanissimo Vanitas, vestito di nero e con il trucco nero intorno agli occhi, palesemente sfatto per il sudore. Era imbarazzante.
E non era imbarazzante solo rivedere le foto di quando erano dei ragazzini, ma anche il fatto che Roxas le stesse guardando con visibile interesse.
"Ventus invece è sempre uguale! Anzi, qui sei identico a Roxas!" constatò Riku, guardando prima la foto e poi il più piccolo dei fratelli, notando che l'unica cosa che li distingueva erano gli occhiali da vista del più grande.
"Sì, è vero, ce lo dicono tutti!" sorrise Ven, guardando il fratello che probabilmente stava pensando che non era vero.  Voltò pagina e comparve una foto di Riku che cercava di nascondersi il viso per non essere ripreso.
"Ahah, e quella zazzera davanti agli occhi, Ri?" chiese Vanitas, divertito. Era un ciuffo veramente lungo, che gli copriva quasi gli occhi.
Riku voleva picchiarlo, ma sapeva che aveva ragione... Dio, che imbarazzo tremendo! Voleva sotterrarsi... che razza di capigliatura portava a quei tempi?
"Ho sempre odiato farmi le foto..." ammise, anche se era palese. "Eravamo veramente piccoli e sgorbi, cazzo!"
"Parla per te, muso lungo! Io sono sempre stato un figo! Vero Ven?" chiese Vanitas, stringendo un braccio intorno alla vita del suo ragazzo, che rise.
"Sì, lo sei sempre stato, devo ammetterlo!" rise il biondino, cambiando ancora pagina.
"Chi è quello?" chiese Roxas, indicando un uomo alto con gli occhi verdi che sorrideva abbracciando un Axel contrariato, vestito con una divisa da Basket.
Axel sorrise mestamente e guardò il biondino.
"Quello è il mio papà" comunicò, tornando con la testa a quel giorno, dopo la sua partita persa miseramente contro un'altra squadra fortissima. "Cercava di consolarmi dopo che avevo perso la partita contro quei tipi della scuola privata! Ero incazzato nero e lui mi prendeva in giro perché ero tutto imbronciato!" ridacchiò, un po' nervoso a quel ricordo.
"Come mai hai smesso di giocare, poi?" chiese Ventus, curioso.
Axel si passò una mano tra i capelli, un po' turbato.
"Dopo una settimana da questa foto, mio padre ha avuto quel malore... e dopo che è morto ho deciso di lasciare quello sport... era sempre stato lui a spronarmi a giocare e non aveva più senso continuare se non c'era più lui a fare il tifo per me" ammise, anche se si pentì subito dopo di essersi esposto così tanto. Non amava molto parlare di quella cosa... suo padre era sempre stato il suo punto di riferimento e evitava di fare qualsiasi cosa che glielo ricordasse. Non aveva nemmeno più preso Giurisprudenza per seguire le sue orme.
Scelta che comunque non si era mai pentito di aver preso.
Roxas lo guardò stupito, perché non sapeva tutte quelle cose. Si chiese se quel giorno del saggio lo avesse giudicato per il modo in cui si era posto con i suoi genitori... e si pentì un po' di non averli coinvolti abbastanza, quella sera... chissà che cosa aveva pensato di lui.
"Ci portava sempre al lago a pescare..." disse Vanitas, un po' malinconico, ricordandosi di quando il papà di Axel se li caricava sulla sua station wagon e se li portava in giro per farli divertire.
"Ahah! Sì e gli  promettevamo sempre di metterci a pescare con lui, poi finiva che ronfavamo in riva al lago tutto il giorno perché ci faceva svegliare prestissimo!" rise Axel, a quel ricordo.
"Poi si lamentava in macchina che non aveva pescato niente e ci portava a mangiare i fritti di mare in quella friggitoria fuori città! Era la parte più bella della giornata!" gli diede corda Riku, posandogli una mano sulla spalla.
"Sì, è vero! Poi comprava il pesce al supermercato e ce lo dava, raccomandandoci di dire ai nostri genitori che quel pesce lo aveva pescato lui col nostro aiuto!" rise Ventus.
"Un giorno mia madre mi chiese com'era possibile che avesse pescato una sogliola al lago e le dissi che forse c'era stata una migrazione di massa!" continuò Van.
Tutti scoppiarono a ridere, a quel ricordo, tornando a quegli anni bellissimi dove tutto era straordinariamente spensierato e incantevole. Avrebbero dato non si sa cosa per tornare a quei giorni, dove il papà di Axel era come se fosse il padre di tutti e che cercava di insegnare loro ad essere sempre bravi ed educati, perché la vita meritava di essere vissuta sempre al meglio e non c'era abbastanza tempo per stare a deprimersi per i fallimenti. Piuttosto dovevano cercare di superarli col sorriso sulle labbra e loro ci avevano sempre provato, malgrado tutto.
"Dio, come mi mancano quei tempi" sospirò Riku, un po' malinconico, fissando ancora quella foto.
"Torniamo al lago! Sarebbe bello fare una scampagnata tutti assieme come ai vecchi tempi!" propose Ventus, sorridendo, cercando di riportare un po' di allegria.
Axel sentì un masso colpirlo dritto nell'anima. Odiava fare le cose che faceva con suo padre, senza di lui... odiava sapere che se fosse stato ancora vivo probabilmente avrebbero continuato a farle insieme. Gli mancava tantissimo e non poteva... non voleva visitare quei posti dove c'era stata la sua presenza imponente e gentile... non andava nemmeno al cimitero a trovarlo, per quanto gli faceva male al cuore saperlo lì immobile.
Ma voleva bene a tutti loro e non voleva deluderli o, più esattamente, mostrarsi debole. Nascose la tristezza che lo aveva attanagliato dietro una facciata sorridente e annuì.
"Certo, quando volete! Ma senza pescare, non siamo capaci!" ridacchiò.
"Ahah, no, tranquillo! Potremmo semplicemente fare il bagno e prendere la tintarella!" disse ancora Ventus, elettrizzato all'idea di fare una gita insieme a tutti quanti.
"Sì, così posso affogare Vanitas!" rise Riku, scansandosi poi per evitare un pugno del chitarrista.
"Ti ammazzo prima che tu possa riuscirci, Dottor Who!"
"Finitela, deficienti!" li redarguì Axel, girando pagina dell'album perché vedere ancora la foto di suo padre lo turbava. "Oh, ma quello è Sora!" esclamò, indicando un bimbo di otto anni che mangiava goffamente un gelato al cioccolato. Era sporco fin sulla punta del naso e sorrideva all'obbiettivo facendo il simbolo della vittoria con la mano libera.
"Dio, com'era piccolo!" sbottò Vanitas, divertito. "Non che ora sia grande, eh!"
"Vanitas, smettila di parlare così di tuo fratello!" lo riprese il suo ragazzo, accigliato. "Guarda che carino! Il gelato è più grosso di lui!"
 
"Etchì!"
"Sora, hai preso il raffreddore?" chiese Tidus, guardandolo incuriosito.
"Mi sa che qualcuno sta parlando male di me!" esclamò il moro, strofinandosi un dito sotto al naso, accigliato.
 
"Visto Ri? Non era un amore?" lo punzecchiò Vanitas, dandogli poi uno sganascino sulla guancia.
Riku si scansò bruscamente, dandogli uno spintone.
"Sì, lo era! Ma si vede lontano un miglio che già lì stava maturando la sua crudeltà nei miei confronti!" disse, scherzando ma non troppo. Ven e Axel risero a quella frase e quest'ultimo voltò di nuovo pagina.
"Ahah, ma guarda!" esclamò Ventus, riconoscendosi nella foto. Era piccolissimo. Aveva si e no 5 anni! Sorrideva all'obbiettivo, vicino ad un bambino di circa un anno seduto su un passeggino.
"Ven, toglila..." mormorò Roxas, a disagio.
"Ma dai, guarda quanto eravamo piccoli! Non dirmi che ti vergogni?" chiese maliziosamente, dandogli una gomitata languida sulle costole. Il più piccolo lo guardò in tralice e sbuffò.
Axel guardò la foto, riconoscendo in quel bambino il più piccolo dei fratelli. Era adorabile e dolcissimo. Aveva i capelli cortissimi e color oro, due occhietti vispi e accesi - che ora gli vedeva di rado- e una salopette minuscola che lo rendeva quasi simile ad una bambolina di porcellana. Teneva stretto tra le braccia un pupazzetto di un dinosauro giallo con le macchie verdi.
"Anch'io avevo quel dinosauro!" esclamò Riku, indicando il peluche.
"Mi sa che lo abbiamo avuto un po' tutti!" rise Vanitas, poi guardò Roxas "Roxy, eri tenerissimo!"
"Vi prego, possiamo cambiare pagina?" supplicò il biondino, cercando di non dare a vedere che era arrossito.
Axel represse l'istinto di ridere... era così carino quando cercava di non dare a vedere le sue emozioni! Se lo sarebbe coccolato tutto!
Ventus ubbidì, cercando di non farlo arrabbiare e girò pagina.
"Demyx!" dissero i quattro, all'unisono, scoppiando a ridere.
Era una foto delle superiori. Portavano tutti la divisa scolastica - chi più ordinata e chi meno - ed erano seduti su una panchina, mangiando un ghiacciolo. Tutti sorridevano alla fotocamera, a parte Demyx che dormiva con la testa sulla spalla di Riku con tutto il gelato sciolto che gli colava sulla mano semiaperta.
"Qualcuno si ricorda un solo istante in cui Demyx non dormiva?" chiese Riku, divertito. "Mi chiedo come abbiamo fatto a farci amicizia se praticamente passava la maggior parte della giornata a poltrire sui banchi!"
"Quando c'era la ricreazione si metteva a chiacchierare con le ragazzine delle altre classi e, siccome andavamo sempre a rovinargli i piani di conquista, alla fine ci abbiamo fatto amicizia!" gli ricordò Ventus, ridendo e cambiando ancora pagina.
"Quel ragazzo pensa solo a dormire e  a scopare!" constatò Vanitas, guadagnandosi uno scappellotto dietro la testa per la sua volgarità, tra l'altro sincera.
"Eccoci alla recita di natale! Facevamo ridere!" disse Axel, mentre la foto che stava guardando li rappresentava vestiti da folletti di Babbo Natale, a parte Vanitas che era vestito da stella cometa.
"Oddio, oddio! Guarda Vanitas!" esclamò Riku, lasciandosi cadere sull'erba e ridendo come un ossesso, seguito da Axel che non riuscì a trattenersi.
"Cristo, Ven, ma perché non le bruci certe foto!"
"Sono bellissime e sono dei ricordi meravigliosi!" sorrise il fidanzato, continuando a guardare la foto con tenerezza.
"Chi faceva Babbo Natale?" chiese Axel a Ven, che probabilmente aveva la memoria un po' più lunga della sua.
Ventus scoppiò a ridere: "Zexion!"
"Zexion? Ma stai scherzando? Ahah!"
"No, no! E noi eravamo i suoi folletti! In più non so se ricordate che alla fine ci fu una mega rissa tra Vanitas e Luxord che lo prendeva in giro per come era vestito!"
"Infatti dopo non si è più azzardato a prendermi per il culo, quello stronzo!" esclamò Vanitas, soddisfatto, mentre fissava quella foto, cercando di bruciarla con la forza del pensiero. "Ora chiudi 'sto coso, Ven, fa il favore! Abbiamo fatto abbastanza ridere Roxas, per i miei gusti!"
Roxas, che non aveva riso nemmeno mezza volta, lo guardò ancora scosso per la comparsa della sua foto di quando aveva un anno. Si trovò abbastanza d'accordo nel fargli chiudere l'album, perché aveva paura di ritrovarsi qualche sua foto imbarazzante... magari mentre era sul fasciatoio con i gioielli di fuori.
Era sicuro che se fosse accaduto avrebbe compiuto un omicidio di massa, cominciando dal fratello.
"Ah, telefono!" esordì Vanitas, tirando fuori con una certa fatica il cellulare dalla tasca dei pantaloni attillati. La suoneria di I Want To Fuck You Like An Animal dei Nine Inch Nails risuonava nell'aria, brutalmente. "Ciao bimbo!"
Doveva essere Sora, se aveva risposto a quel modo... Ventus lo guardò con le sopracciglia inarcate, arrabbiato per il suo modo di approcciarsi col fratello più piccolo.
"Sei in giro?" chiese Vanitas, poi guardò Riku "Sì, è qui!" il suo sguardo si fece esasperato "Sì, te lo passo subito... grazie per la lunga conversazione che hai voluto avere con tuo fratello, Sora!" e detto questo passò il telefono a Riku, che lo prese alzandosi in piedi e allontanandosi di qualche passo per parlare tranquillo.
Vanitas lo guardò camminare lontano e ridacchiò malizioso.
"Chissà se questa gita scolastica non lo faccia rinsavire, a quel deficiente!"
"Van!! Ma la vuoi smettere di insultarlo? Quel ragazzino è un amore ed è solo molto confuso dai suoi sentimenti! In più Riku dovrebbe smetterla di cercare di baciarlo ogni volta che lo vede! Rischia di confonderlo di più!"
"Ma... ma dico, ti sei bevuto il cervello? Quel poveraccio ha i coglioni che stanno per dire ciao ciao al suo cazzo! Se quello lì non si dà una mossa a mettere le idee in chiaro, finisce che Riku prende la pensione di invalidità per mancanza di testicoli funzionanti, sempre se non muore prima per via della frustrazione che se lo sta mangiando vivo!"
Axel rise, rendendosi conto che quella conversazione era veramente malata. Sarebbe stato più normale se fosse stato il contrario e non che Vanitas difendesse i principi sessuali di Riku mentre Ventus difendeva quello che non era nemmeno suo fratello...
Si rese conto, però, che Ven avrebbe difeso con tutte le sue forze anche il suo, di fratello... anzi, forse lo avrebbe fatto con molta più carica e questo significava solo che, se avesse saputo che era cotto di Roxas, lo avrebbe sicuramente impalato in piazza mentre lo torturava dolorosamente con un coltello affilato e poi gli dava fuoco. Rabbrividì, lanciando un'occhiata a Roxas, scoprendo che si era infilato silenziosamente le cuffie e che si era isolato dal gruppo.
Come biasimarlo... con certi discorsi campati per aria c'era poco da fare, se eri una persona savia.
Riku tornò, poco dopo, porgendo a Vanitas il suo cellulare e sospirando, mentre si sedeva di nuovo accanto a loro sull'erba.
"Allora?" chiese il chitarrista, curioso.
"Bah, gli manco, mi pensa sempre, non vede l'ora di tornare per riabbracciarmi... e io voglio dare una capocciata al muro e svenire finché non si decide a smetterla di torturarmi!" raccontò, frustrato. Ventus gli posò una mano sulla spalla, sorridendo.
"Ri, non preoccuparti, ogni cosa a suo tempo! Magari la lontananza lo aiuterà a capire e le cose cambieranno!" cercò di rassicurarlo e l'argento lo guardò scettico.
"Ven, Sora vive nel mondo delle favole... crede di non dover mai crescere e io penso che accettare che io possa essere un suo ipotetico ragazzo, significherebbe per lui mettere fine a quel mondo ed entrare in quello degli adulti. Io non voglio che lui cambi! Io voglio stare con lui, permettendogli di essere convinto ancora di tutte le cose stupide e infantili in cui crede fermamente... lui mi piace per quello, soprattutto... non vorrei mai che cambiasse e vorrei che lui questo lo capisse."
Era una cosa bellissima, pensò Axel. Effettivamente Riku si era innamorato di quel bambino ingenuo ed infantile, sempre sorridente, la cui unica preoccupazione era quella di crescere e diventare qualcosa che non volesse essere.
Riku lo voleva così com'era e, per quanto questo lato del suo carattere gli impedisse di consapevolizzare i suoi sentimenti e che quindi era un grande ostacolo, l'argento non voleva assolutamente che cambiasse.
"Perché non glielo dici, allora?" constatò Ven, saggiamente.
"Come? Gli dico: ehi, Sora! Sai, io sono innamorato di te da un sacco di tempo e mi pare di capire che anche tu lo sei! So che sei infantile da morire, ma sappi che non voglio che tu cambi! Puoi rimanere un ragazzino quanto vuoi, tanto a me sta bene!" sbuffò, indignato.
Ventus alzò un sopracciglio: "Sì, anche così andrebbe bene... è un po' brusco, ma almeno saresti sincero!"
"Bah, tu e la tua filosofia!" commentò l'argento e Ventus arricciò le labbra, un po' offeso.
"Oh, scusa tanto se cerco di aiutarti! Sai, non mi sta per niente a cuore saperti felice! La prossima volta mi faccio i cazzi miei!"
Beh, Ventus che diceva una parolaccia voleva solo dire che si era davvero arrabbiato... Riku si sentì profondamente in colpa e lo guardò titubante.
"Scusa, e che sono un po' stanco di questa situazione... perdonami Ven!"
Il biondino, che aveva incrociato le braccia al petto, sorrise leggermente e sospirò: "Non preoccuparti... fa niente! Piuttosto va tu a prenderlo alla stazione, domani! Non credi che sarebbe contento di vederti? Sarebbe una gran bella sorpresa!" propose, ammiccando.
Riku sorrise ed annuì: "Sì, infatti! Sempre se Vanitas è d'accordo!" esclamò, voltandosi verso il chitarrista che ridacchio.
"Fa pure, mi togli un gran peso! I miei non possono andare a prenderlo e dovevo andarci io! Ricordati i preservativi, non si sa mai!"
"Van..." mormorò stancamente Ventus, fulminandolo.
"Oh, ma che vuoi, non si sa mai! Ricordi quando quella volta che sei tornato dal viaggio in Francia non abbiamo potuto farlo nel bagno dell'aeroporto perché non avevamo un cazzo di preservativo?"
Ventus divenne prima rosso, poi magenta e infine nero di vergogna. Sentì che stava per esplodere per quanto era a disagio.
"Vanitas..." disse, fulminandolo con lo sguardo, mentre Axel e Riku scoppiavano a ridere.  Ventus si voltò a guardare Roxas e fu contento di vederlo con le cuffie mentre leggeva un libro. Almeno lui si era risparmiato quell'uscita.
"Che palle, Ven! Come se scopare fosse una cosa di cui vergognarsi!"
"Beh, magari è una cosa un po' intima che vorrei tenermi per me!" sentenziò, dandogli uno scappellotto dietro la testa.
"Dio, quanto sei suscettibile, cazzo!"
"Dai, cazzone, andiamo! Dobbiamo tornare o il prof ci taglia le gambe e non ci fa laureare!" esordì Axel, attirando la sua attenzione con un paio di pacche sulla spalla. Vanitas lo guardò e sbuffò.
"Che coglioni!" si lamentò il chitarrista, poi guardò il suo ragazzo. "Su, ora non fare l'imbronciato e dammi un bacio!"
Ventus lo fissò torvo per qualche secondo, poi quando quello si avvicinò per ricevere un bacio non riuscì a trattenersi e contraccambiò. In fondo, gli piaceva anche per quel suo lato senza freni. Quando si fu staccato diede un colpetto a Roxas per risvegliarlo e avvertirlo che i due stavano andando via.
Il ragazzino alzò lo sguardo e si tolse le cuffie, mentre in sottofondo si sentivano gli Strokes suonare You Only Live Once.
"State andando?" chiese, guardando Axel, che sorrise.
"Sì, abbiamo lezione pomeridiana, oggi! La più pesante!"
"Capito! Ci vediamo domani alle prove, allora!" disse ancora Roxas, alzando una manina per salutarli.
"Ciao sgorbi, a domani!" salutò anche Riku, mentre stava con lo sguardo basso sul suo cellulare, probabilmente intento a messaggiare con Sora.
"Ciao, ciao!"
 
 
"Vanitas, stai andando via?" chiese Axel, vedendo che l'amico aveva preso la borsa e si stava sistemando gli occhiali da sole sul naso, anche se fuori non c'era più tutto quel sole da poterli portare.
Van lo guardò: "Sì, oggi ho un appuntamento con Ven per comprare delle cose... scarpe o quaderni, non ho mica capito che gli serve a quello lì!" sbuffò, passandosi una mano tra i capelli.
"Sei un caso perso! Sicuro di non avere l'Alzheimer?" chiese, ridendo.
Il moro lo fulminò.
"La mia testa è troppo intelligente per stare  a pensare a cazzate come lo shopping! Tendo a cancellare ogni informazione che non sia importante per portare avanti questa amara esistenza!"
"Sei un cazzo di emo! Ma sentiti!"
"E tu sei un fallito!" controbatté, poi si fece serio: "Tu rimani qui?"
"Sì, oggi pomeriggio mia mamma ha il club del libro a casa, e se mi metto a disegnare lì rischio di compiere un omicidio di mamme letterate!" comunicò, e Van rise.
"Dovresti portarla su un piatto d'argento, quella santa di tua madre, che malgrado abbia messo al mondo un disastro come te ti vuole bene lo stesso!" lo punzecchiò, avvicinandosi poi alla porta.
"Ma quanto sei simpatico, oggi!" gli disse, facendogli la linguaccia.
"Lo sono sempre, Baby!" rise Van, poi sospirò: "Buon lavoro con il progetto, ci si vede domani! Bye Bye!"
"Ciao Van!"
Axel rimase solo, in quell'aula desolata e cupa. La luce era sempre stata dannatamente bassa e si chiese perché, in una facoltà dove praticamente l'illuminazione era indispensabile per chi si dedicava al disegno tecnico, ci fossero delle lampadine al neon ormai consumate e sporche di polvere. Se non fosse stato così pigro probabilmente avrebbe preso una scala e un panno per pulirle, giusto per non rischiare di impazzire e di perdere diottrie inutilmente.
Prese il suo libro di Architettura e lo aprì alla pagina che il suo professore gli aveva dato da studiare e fissò per qualche secondo quella struttura che avrebbe dovuto riportare sul suo foglio, con il triplo delle dimensioni.
Era un palazzo ducale del '700, sito in Francia e chiuso al pubblico da qualche anno per ristrutturazione interna. Il libro era parecchio vecchio, così si chiese se nel frattempo lo avessero riaperto. Magari un giorno lo avrebbe visitato... un giorno in cui avesse avuto i soldi sufficienti per fare un viaggio simile.
Prese l'astuccio dalla borsa e un paio di squadre. Cominciò a segnare tutte le misure e a disegnare una piccola pianta del posto in alto. Gli sarebbe servita per regolarsi.
Troppe colonne, troppe finestre, troppe cornici. Erano elettrizzanti.
Malgrado fosse un pigro colossale amava disegnare cose così astruse e impegnative.  Si sentiva messo alla prova e sapeva che era una soddisfazione riuscire a finire un disegno così.
Poggiò la matita sul foglio e tracciò una linea, prima di accorgersi che qualcuno lo stava fissando dalla porta. Di nuovo Vanitas? Che si era dimenticato?
Alzò lo sguardo e aggrottò la fronte quando vide una testa bionda sulla soglia, con una mano poggiata allo stipite, titubante forse nell'entrare.
"Roxas!" sorrise, anche se era parecchio stupito di trovarlo lì. Si alzò in piedi ma rimase dietro al suo banco, senza sapere bene come muoversi e se avvicinarsi.
Roxas lo guardò e fece un passo per entrare nella stanza. Si guardò un po' intorno poi tornò a fissare il rossino e sorrise.
"Ciao Axel"
"Che ci fai qui? Se cercavi Vanitas è andato via qualche minuto fa!" comunicò.
Il biondino scosse la testa e fece un altro passo avanti: "No, ero venuto a trovare te." disse, un  po' imbarazzato.
Axel non poteva credere alle sue orecchie e cercò di non dare a vedere che si era agitato. Strinse le mani sul banco e si decise a superarlo per raggiungerlo.
"Ah, davvero? Ti serviva qualcosa?" chiese.
"Passavo di qui e ho visto Van andare via da solo, quindi ho pensato che tu fossi ancora dentro e ne ho approfittato"
Passava per la sua università? Non era credibile, davvero... Casa sua era parecchio distante dall'università, proprio come casa di Axel, per quello lui ci andava in bicicletta e con i mezzi. Era impossibile passarci per caso... a meno che non lo avesse fatto di proposito o che fosse rimasto al parchetto dall'ora di pranzo. Ma non ci credeva comunque.
Axel decise di non farglielo notare e sorrise dolcemente.
"Oh, beh, sono contento! Vuoi sederti?" chiese, indicandogli una sedia.
"No, non preoccuparti... vado via subito, ti vedo impegnato!"
"Ma non dirlo nemmeno per scherzo! Posso sempre mettermi a disegnare dopo! Ho ancora un sacco di tempo a disposizione per consegnare il disegno!"
Bugia! E Axel lo sapeva benissimo! Represse l'istinto di buttare giù un groppone a vuoto al pensiero che l'indomani dovesse consegnare il progetto e che si era ridotto come al solito all'ultimo momento. Non ci voleva quella visita improvvisa... e forse doveva davvero dirgli di lasciarlo lavorare, ma non ce la faceva.
Gli piaceva e non avrebbe perso nemmeno un'occasione per passarci del tempo insieme, figuriamo ora che gli aveva detto che era andato lì per salutare lui.
"D'accordo, mi fermo un po' allora!" ridacchiò divertito il biondino, poi si avvicinò al banco del rossino, prendendo in mano il suo libro. "Devi disegnare questa casa?"
Axel si fece scappare uno sbuffo divertito e gli si affiancò, poggiando la schiena al legno del tavolo; Roxas lo imitò.
"No, non è una casa! E' un palazzo ducale francese del '700! Sai, quelle robe piene di affreschi e letti a baldacchino?"
Roxas annuì continuando a guardare la struttura.
"E' molto bella! Deve essere difficilissima da riprodurre"
"Oh, niente è impossibile per il giovane architetto Axel!" rispose il rossino, puntandosi un pollice al petto, borioso.
"Come sei modesto!" azzardò Roxas girandosi a guardarlo con un sopracciglio alzato.
"Di solito sono anche peggio!" ammise Axel, grattandosi la testa imbarazzato.
Roxas rise e posò il libro sul banco con la stessa cura con cui si poggia un bambino piccolo nella culla. Axel era rapito dai suoi modi di fare delicati... che fosse suonare un violino o mangiare un gelato, quel ragazzino lo faceva con un'attenzione disarmante.
"Vanitas ti ha visto?" chiese subito dopo Axel, curioso.
Roxas non lo guardò, ma continuò a fissare quel banco pieno di roba disordinata sulla sua superficie.
"No... non mi sono fatto vedere"
"Perché?" chiese lapidario l'altro, non capendo la motivazione.
"Loro si preoccupano troppo per me... intendo Van e Ventus" esordì, poi sospirò e tornò a guardare il rossino, che sussultò sulle spalle a quello sguardo malinconico. "Ed io ho bisogno di poter fare quel che voglio, a volte... senza il bisogno di essere controllato a vista."
"Capisco... E' giusto che sia così, se ti senti soffocato."
"Molto... mi sento molto soffocato!" sentenziò, incrociando le braccia al petto e iniziando a fissare la lavagna dove erano scritte formule matematiche e disegnati peni infantili, probabilmente da qualche studente - e non lo avrebbe sorpreso sapere che fosse stato Vanitas a disegnarli-. "Insomma, sono felice che si preoccupino... ma non sono un drogato, non sono un teppista!"
"Forse non è questo che li preoccupa, Roxas... Magari c'è qualcosa da cui ti vogliono proteggere!" azzardò Axel, guardandolo e il biondino non si voltò. Roxas posò le mani sul banco per farsi leva e si rimise in piedi e fronteggiò il rossino, che lo guardò interrogativo.
Era vicino, troppo vicino... e lui doveva controllare l'impulso di stringerlo e baciarlo, che era l'istinto che aveva ogni volta che lo vedeva... figurarsi avercelo a tre centimetri di distanza.
"Roxas... sei sicuro di stare bene?" chiese il rossino, titubante, mentre guardava quella testa bionda abbassarsi di scatto. Non voleva che l'abbassasse... non voleva che quegli occhi così belli si mettessero a fissare il pavimento... non voleva perderli di vista nemmeno un istante.
"Sì, davvero..." mormorò l'altro.
Axel sospirò: "Non dirmi che stai bene mentre fissi le mattonelle... non sei credibile!" concluse, cercando di sembrare tranquillo. "In più... non ci credo, dopo che al saggio mi hai detto che non stavi bene..." azzardò il rossino, che si era ripromesso di non aprire quell'argomento finché non fosse stato Roxas stesso a farlo.
Il biondo ci mise tutta la forza che aveva in corpo per alzare la testa. Ad Axel sembrò che ci avesse messo un secolo per farlo. E quando i suoi occhi incrociarono i suoi, Roxas tentò di sorridere per sembrare il più naturale possibile... ma era un sorriso talmente carico di nulla, e i suoi occhi talmente lucidi, che il cantante sentì il respiro mozzarsi.
"Roxas..." mormorò, "Che hai?".
Lo vide inarcare le sopracciglia, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime che non riuscì a trattenere.
Ed Axel senti di aver perso un pezzo, perché quell'abbraccio improvviso che il più piccolo gli diede lo confuse. Rimase con le braccia a mezz'aria per qualche secondo, prima di stringerlo e carezzargli i capelli con una mano.
Era così piccolo... così fragile... e lui era una custodia troppo grande, per quel corpo così minuto.
"Scusa..." pianse il più piccolo, stringendolo di più "Scusa..."
"Per cosa?" chiese Axel, visibilmente scosso.
"Per questo..."
Cosa? Il fatto che lo stesse abbracciando mentre piangeva disperato? Il fatto che avesse deciso di lasciarsi andare proprio con lui? Sperò fortemente che non si accorgesse di quanto gli stava battendo il cuore, quel ragazzino così meraviglioso, perché era così dannatamente attaccato al suo petto che poteva sentire lo spigolo del suo zigomo cozzare contro le sue costole.
"Stai scherzando? Mi stai chiedendo davvero scusa?" disse, ridacchiando nervoso, senza smettere di carezzare quei capelli così soffici, che profumavano sempre di cocco... Voleva buttarci in mezzo il naso, per riempirsi i polmoni di quell'odore spaziale...
"Non ce la faccio più!" grugnì Roxas, con la voce incrinata dal pianto, stringendo la maglietta di Axel con una forza che forse credeva non potesse appartenergli.
"Roxas... c'è qualcosa che posso fare?" chiese Axel, esitante.
Il biondino rimase in silenzio per qualche secondo, mentre solo i suoi singhiozzi riempivano l'aria.
"Canta per me..." disse, poco dopo, lasciando andare un po' la presa su quella maglietta ormai stropicciata. "Cantami una canzone..."
Axel sgranò gli occhi, preso alla sprovvista da quella richiesta. Cantare? Voleva che cantasse... non sapeva se in una situazione del genere ci sarebbe riuscito, ma sapeva anche che per Roxas probabilmente avrebbe fatto salti mortali, pur di saperlo felice...
"Che vuoi che ti canti?" chiese, sorridendo intenerito da quella richiesta.
"La prima canzone che ti viene in mente... basta che tu mi faccia sentire la tua voce..." rispose il bassista.
Axel, istintivamente, gli diede un bacio sulla testa, un po' per rassicurarlo, un po' perché voleva farlo da un sacco di tempo. Poi iniziò a cantare.
E la prima canzone che gli venne in mente fu la meno appropriata di tutte, secondo lui... in quel momento, mettersi a cantare When You Were Young dei Killers lo fece sentire così stupido...
E mentre lui ce la metteva tutto per far uscire una versione decente della canzone, Roxas continuava a piangere, ma sempre più silenziosamente.
"He doesn't look a thing like Jesus But he talks like a gentlemen. Like you imagined when you were young!"
E Roxas si fece cullare da quella voce meravigliosa, che ogni volta gli apriva il cuore in due, peggio che squarciato da un'accetta. Ogni volta che quel rossino smetteva di cantare lo lasciava così vuoto, così spento... e avrebbe dato non si sa quale organo vitale per avere la sua voce nelle orecchie in ogni momento della giornata.
Poi Axel smise di cantare e gli diede un altro bacio sulla testa che lo fece sussultare.
"Stai meglio?" chiese, sorridendo.
"Sì..." mormorò, e Axel sentì che era sincero. "Grazie, Axel"
E non dire il mio nome con quella voce, piccola peste... mi farai morire.
"Roxas, ti prego..." esordì il rossino, senza riuscire più a trattenersi. "Se avrai bisogno di me, di una spalla su cui piangere o una voce da far cantare, sappi che io ci sarò sempre... se vuoi che canti ancora per te non esitare... promettimelo..."
Roxas tirò su col naso e alzò lo sguardo verso quello del cantante, senza però slegarsi da quell'abbraccio. Axel sentì il cuore fermarsi a contatto con le sue iridi azzurre e lo sentì ricominciare a battere improvvisamente, peggio di come esploderebbe una bomba ad orologeria.
"Solo se ti andrà di farlo"
Axel aggrottò la fronte, poi sorrise e alzò una mano per asciugargli le lacrime. Dio, era bellissimo...
"Qualsiasi cosa pur di vederti sorridere..." disse, mentre Roxas, a quelle parole, piegò le labbra in un debolissimo sorriso, che lo fece sussultare.
Lo avrebbe baciato, se il suo autocontrollo non fosse stato così vigile quel giorno. Ringraziò il cielo che fosse andata così, perché non sapeva fino a che punto poteva spingersi prima di disintegrarlo totalmente.
Era fragile come una foglia appassita... e lui non voleva vederlo sgretolarsi in mille pezzi tra le sue braccia.
E avrebbe dato un rene pur di rimanere attaccato a lui, così, per sempre...
"Ti dispiace se rimaniamo così ancora un po'?" chiese Roxas, titubante, tornando ad affondare la testa nella maglietta di Axel, che a quella frase rise.
"No, no, fai pure!"
Ricominciò a carezzargli i capelli, con dolcezza, mentre il biondino respirava forte nel suo petto. Era nervoso, frustrato e Axel le sentì tutte nella carne, quelle sensazioni.
Non voleva chiedergli cosa avesse, che cosa lo turbasse così tanto. perché lui comunque non sembrava volerglielo dire. Non voleva rovinare quel momento che, malgrado vi fossero coinvolti entrambi, era solo di Roxas. E chi era lui per rovinarlo?
E poi, a lui, bastava tenerlo così, mentre tutti i suoi aromi gli entravano nel naso e li memorizzava, cercando di capire quale fosse l'odore esatto della sua pelle. Ogni volta che la sua mano passava tra i suoi capelli, saliva quell'odore di cocco inebriante, che poteva stare su qualsiasi individuo possibile, ma che sentirlo su Roxas lo faceva impazzire.
Era così dolce, malgrado volesse mostrare il contrario... era così piccino, tenero, magnifico.
Poi era bello, da mozzare il fiato. E aveva due occhi così stupendi che credeva potessero esistere solo nelle favole.
Poi sentì le mani di Roxas staccarsi dalla presa della sua maglietta e lo sentì distanziarsi dal suo corpo. In quel momento Axel si rese conto che la sua t-shirt era umida da morire, per via delle sue lacrime. E, accidenti, aveva preso tutto l'odore del bassista...
Roxas lo guardò e si stropicciò un occhietto, perché piangere gli faceva sempre venire sonno, spompandolo di ogni forza.
Axel lo guardò compiere quel gesto, sorridendo appena per la tenerezza inconsapevole con cui lo aveva fatto.
"Non dirlo a Ventus..." disse improvvisamente il biondino, guardandolo speranzoso.
"No... non avevo intenzione di farlo..." ammise il cantante, arruffandogli i capelli.
Roxas parve infastidito da quel gesto, perché gli prese il polso per fermarlo. Poi, però, gli prese la mano tra la sua e inclinò la testa per guardarlo.
"Nemmeno che sono venuto qui."
Axel arrossì, probabilmente, e nemmeno poco. Non perché gli avesse preso la mano... insomma, lo aveva stretto fino a un secondo fa tra le braccia... ma perché lo stava guardando con uno sguardo penetrante che non gli aveva mai visto.
"No, giuro" disse, semplicemente, perché la voce gli tremava.
"Grazie mille..." sorrise malinconicamente Roxas, poi fece un passo verso di lui "Per tutto, intendo..."
E, alzandosi sulla punta dei piedi, gli diede un bacio sulla guancia.
Axel sentì le orecchie andargli letteralmente a fuoco. Pensò che probabilmente gli stava andando il cervello in ebollizione, in quel momento, e che il vapore gli stesse uscendo dal naso.
"Ora devo andare..." mormorò il biondino, senza però staccare la mano da quella di Axel. Era come... incatenato. C'era qualcosa che lo aveva incollato a lui, senza sapere cosa fosse in realtà.
"Roxas..." lo chiamò Axel, titubante.
"Sì?"
"Perché proprio io?"
Roxas, in un primo momento, non capì cosa intendesse dire. Alzò le sopracciglia, confuso, poi collegò la cosa e sorrise. Un sorriso così spontaneo da togliere il fiato.
"Non lo so" rispose, scotendo la testa. "Mi dai sicurezza. Mi infondi coraggio... non so dirti perché"
"Sono felice di essere io a darti tutto questo..." ammise, malinconico, mentre la voglia di baciarlo lo sovrastava di nuovo.
Decise di staccare lui la mano da quella del biondino, perché se avesse continuato a tenergliela probabilmente sarebbe imploso su se stesso e avrebbe compiuto qualche errore irrimediabile.
Non ferirlo, non ferirlo, non ferirlo, non ferirlo.
"Ora è meglio che tu vada, Roxas... si sta facendo tardi e tua madre sarà molto preoccupata" si raccomandò, posando le mani sui fianchi perché non sapeva dove altro metterle.
Il biondino lo guardò, poi prese una penna dal banco e gli prese di nuovo la mano e gli scrisse sopra qualcosa.
"Il mio numero di cellulare" comunicò, non appena ebbe finito di scriverlo. "Mandami un sms, così potrò memorizzare il tuo"
Axel sentì il cuore perdere un battito cardiaco e non sapeva se era perché si sentiva peggio di una ragazzina innamorata a cui chiedono il numero o se era il fatto che gli aveva implicitamente chiesto di mandargli un sms e che probabilmente dopo ne sarebbero seguiti degli altri.
"Va... va bene!" balbettò il rossino, guardandosi la mano e notando quanto fosse rotonda la calligrafia del ragazzino. Ordinata e pulita come la sua musica... Dio, era perfetto. "Ora... ora vai o tornerai troppo tardi a casa"
Roxas annuì e si diresse verso l'uscita dell'aula, sistemandosi meglio la tracolla del suo zaino su una spalla.
Prima di varcare la soglia si voltò verso il rossino e, facendogli l'ennesimo sorriso, disse: "Ci vediamo domani alle prove! Buona serata"
"Ciao Roxas!" lo salutò, rimanendo impalato a fissarlo mentre spariva poco dopo, lasciandolo solo in quell'aula vuota e triste.
Sospirò forte, il rossino, passandosi una mano tra i capelli. Si sedette di nuovo al banco, stancamente e si prese il viso tra le mani, confuso.
Si guardò ancora la mano e prese il cellulare, memorizzando il numero di telefono. Premette sulla bustina dei messaggi e fissò la stanghetta che spariva e ricompariva a intervalli regolari, in attesa di qualcuno che iniziasse a scrivere.
Questo è il mio numero :)
Nah, troppo stupido.
Ehi, ciao, sono Axel!
Dio, sempre più patetico.
Mi piaci un sacco e non sai quanto vorrei baciarti, ogni volta che ti vedo...
Sì e poi lo denunciava per molestie sessuali!
Mah, basta! Non gli veniva in mente nulla e non voleva fare la figura del cretino... non era mai stato bravo a scrivere sms nemmeno per organizzare una serata, figurarsi scrivere qualcosa di carino al ragazzo che gli piaceva...
Buttò il cellulare sul banco, stancamente e, rassegnato al fatto che quel ragazzino, lui, non lo avrebbe mai capito, si rimise a disegnare, accorgendosi che non era più nemmeno entusiasta di farlo...
 
 
 
Axel sospirò, steso sul suo letto, a contemplare ancora la casella messaggi, dove il nome di Roxas campeggiava, pronto per essere contattato via sms.
Era ancora terribilmente confuso da quello che era successo nell'aula della sua facoltà il giorno prima e non riusciva ancora a capacitarsi del perché quel ragazzino si fosse lasciato andare proprio con lui, piangendo lacrime amare e piene di frustrazione. Un ragazzino di sedici anni non poteva stare a quel modo... un ragazzino come lui doveva pensare a quanto fosse bello essere ancora giovani e godersi la vita al meglio facendo solo ciò che gli piaceva. Roxas gli dava l'impressione che non facesse nulla di nulla che effettivamente gli venisse dal cuore... a parte quell'abbraccio così spontaneo. l'avergli scritto il numero di telefono sulla mano, che ora stava sbiadendo lentamente, anche se lui non voleva che accadesse, era come un marchio, un segno che gli avrebbe ricordato in ogni istante quello che era successo, perché stentava ancora a crederci... credeva di esserselo sognato e basta.
Si passò una mano sulla fronte e si accinse a scrivere qualcosa, bloccandosi subito dopo incapace di tirare fuori una sola parola che non lo facesse sembrare un idiota totale.
Poggiò il telefono sul materasso e si alzò a sedere sul letto, prendendosi la testa tra le mani, stanco. Era una stupidaggine, doveva solo dargli il suo numero e aspettare che fosse lui poi a scrivergli qualcosa. Poi sarebbe venuto tutto da sé, come la maggior parte delle cose che tendi ad iniziare con difficoltà.
Poggiò i piedi a terra e si alzò, conscio che avrebbe dovuto raggiungere in orario il garage per mettersi a suonare col gruppo. In più Vanitas aveva detto loro di prepararsi, perché aveva preparato una sorpresa carina.
Si chiese che cosa si fosse inventato di tanto bello, quel tipo strano.
Raggiunse la sedia girevole della scrivania e prese la giacca di pelle, posandola con cura su un braccio. Raccattò le chiavi di casa ed uscì dalla sua stanza, entrando nel salotto buio e vuoto.
Aprì la porta di casa e se la chiuse dietro le spalle, raggiungendo le scale e scendendole lentamente.
Era stanco, frustrato, depresso... non aveva voglia di fare nient'altro che ponderare su quell'sms da inviare... per di più alle prove ci sarebbe stato anche Roxas e, forse, gli avrebbe chiesto perché dopo quasi due giorni ancora non lo avesse contattato.
Lui avrebbe inventato una scusa stupida, tipo che non aveva credito... quelle scuse poco credibili che spesso ti rendono un idiota, perché la gente, soprattutto quelli intelligenti come il suo bassista, lo capiva benissimo che stava mentendo.
Aprì il portone usando il pulsante e uscì, scoprendo che prendere la giacca era stata un'idea fin troppo previdente. Faceva un caldo snervante e quella poca aria che tirava era tiepida e umida.
Deglutì, cercando di non farsi sopraffare dal calore e dai pensieri e si incamminò, a disagio col mondo.
Raggiunse il garage e varcò la soglia del cancello automatico, incamminandosi poi verso il box che trovò aperto.
Non appena entrò notò di essere come al solito l'ultimo arrivato ma che era comunque in orario, sta volta.
"Axel!" esclamò Riku, già seduto alla batteria, stranamente di buon umore.
Il rossino lo guardò e cercò di abbozzare un sorriso, alzando una manina per salutarlo, poi si voltò a guardare il suo bassista, con il cappuccio alzato sulla testa come al solito, intento ad accordare il suo basso e non alzò lo sguardo su di lui quando si sentì osservato.
"Ciao Roxas!" disse, cercando di risultare allegro.
Roxas continuò a non guardarlo: "Ciao Axel"
Era offeso, forse... c'era rimasto male che, dopo il pezzo nell'aula e dopo la sua promessa di aiutarlo, lui non si era nemmeno degnato di scrivergli. Si era lasciato andare ed era stata una grossa fatica per lui farlo e saperlo così disinteressato lo aveva un po' ferito.
Axel deglutì un groppone, e cercò di non dare a vedere la sua preoccupazione, poi si voltò verso Vanitas, intento anche lui ad accordare la sua chitarra.
"Ciao sgorbio!" lo salutò il moretto, anche se era visibilmente concentrato.
"Ehi, Van!"
Il chitarrista sorrise beffardo e alzò lo sguardo su di lui.
"Volevo riservarvi la sorpresa per dopo, ma non ce la faccio ad aspettare!" ammise entusiasta, togliendosi la chitarra dalle spalle e poggiandola con cura al muro. Raggiunse una cartellina che aveva poggiato sulla scrivania sbilenca del box e si sedette sull'amplificatore, intimando a tutti di avvicinarsi.
"Ho preparato delle bozze veloci con il pc e le ho stampate" esordì, mentre tirava fuori dalla cartellina dei fogli con dei disegni digitali molto precisi. "Ho cercato di creare qualche logo per il nostro gruppo e sono uscite fuori queste cose" disse ancora, mostrando a tutti un foglio con dei piccoli banner sopra, per lo più rappresentanti chiavi e corone.
"Sono molto belli, Van!" esclamò Riku, prendendo il foglio e studiandolo con cura.
"Sì, è vero!" gli diede corda Roxas, sbirciando dalle mani dell'argento.
Axel ridacchiò: "Scommetto che hai un definitivo! Tu hai sempre un definitivo!"
Vanitas gli fece l'occhiolino.
"Bingo! Eccolo qua!" e detto questo fece emergere un foglio dove un unico disegno fatto con cura si mostrava in tutto il suo splendore: due chiavi incrociate con la scritta "Kingdom Keys" in mezzo e sopra la scritta una corona stilizzata davvero niente male.
"Wow!" fu il commento di Axel, che aveva gli occhi che gli brillavano.
Vanitas era un coglione, uno spaccone, un bullo, un frustrato e altezzoso, ma quando si trattava di disegnare e di tirare fuori qualcosa che funzionasse, riusciva sempre nel suo intento. Era spettacolare quel logo.
"Lo hai fatto davvero tu, Van?" chiese Roxas, senza riuscire a nascondere il suo stupore. Lui era un mostro a suonare ogni strumento musicale, ma aveva zero inventiva e zero tecnica quando si trattava di disegnare. Era una disciplina in cui avrebbe voluto spiccare volentieri, ma non aveva per niente talento e quindi ci aveva rinunciato, infine.
"Certo che l'ho fatto io, piccoletto!" rispose indignato il chitarrista, poi si riprese il foglio con un gesto brusco. "Ovviamente sono graditi consigli e critiche, semmai non dovesse piacervi qualcosa... ma sono sicuro che non abbiate nulla da ridire!"
"No, effettivamente ci piace un sacco! E bravo Vanitas!" rispose Riku, stringendolo da dietro in un abbraccio soffocante che lo fece innervosire.
"Coglione, togli quelle mani dal mio prezioso collo! Non sono mica mio fratello, brutto pervertito!"
Riku scoppiò a ridere e lo lasciò andare.
"Bene, ci piace! Infine, abbiamo anche un logo!" commentò Axel, con le mani ai fianchi, abbastanza soddisfatto.
"Porterò il logo da un grafico e farò stampare delle magliette e qualche adesivo!"
"Va bene, poi ci dirai quanto ti dobbiamo!"
Vanitas agitò una manina, in modo disinteressato: "Sìsì, poi vedremo!"
Era stronzo da morire, a volte, ma quando faceva qualcosa per qualcuno difficilmente chiedeva in cambio qualcosa e, anche se non voleva ammetterlo, gli faceva piacere fare questo regalo al suo gruppo, specie ora che erano al completo e che riuscivano a vedersi con più o meno frequenza.
Il chitarrista chiuse la cartellina e si alzò in piedi, riposizionandola vicino al suo casco, poi si avviò verso il suo strumento, riprendendolo in mano e intimando gli altri a fare lo stesso.
"Il microfono te l'ho attaccato io, che se aspettavo te per farlo si faceva notte!" sentenziò, indicando Axel con un dito che lo guardò scettico.
"Io non lo so mica che opinione hai di me, brutto stronzone!"
"Una brutta opinione e ora prendi quel cazzo di microfono e canta!" ordinò, stizzito.
Axel sospirò, non prima di aver dato un occhiata a Roxas che aveva ripreso in mano il basso e continuava imperterrito a non guardarlo nemmeno per sbaglio. Il rossino notò che stava facendo uno sforzo immane per farlo.
Si rassegnò, decidendo che gli avrebbe parlato subito dopo le prove e che gli avrebbe chiesto scusa, dicendogli che era un idiota. Sì, era l'unica soluzione o sarebbe morto sapendolo offeso nei suoi confronti.
"Suoniamo Buddy Holly?" propose Riku, visibilmente trepidante nel mettersi a suonare. Gli altri tre i voltarono a guardarlo e Axel annuì.
"Quella dei Weezer?" chiese Roxas, cercando di ricordarla mentalmente.
"Sì, quella!" rispose Riku, annuendo. "La sai?"
"A orecchio sì!" informò il bassista, con gli occhi alzati probabilmente intento a suonarsela in mente.
"Ok, allora proviamo!" li incitò Axel, voltandosi verso il microfono e attendendo che Riku desse il tempo.
Non appena le bacchette cozzarono tra di loro tre volte, tutti e tre iniziarono a suonare e Axel a cantare.
Gli piace quella canzone, al rossino. Era bella, aveva uno stile particolare ed era divertente da cantare. Aveva molte tonalità diverse e questo la rendeva molto attraente alle sue orecchie.
Tutti gli strumenti erano udibili, quindi non c'era quello che spiccava di più, a parte l'assolo di chitarra tipico di una canzone alternative rock. Per fortuna, malgrado fosse un malato mentale, il loro chitarrista era veramente bravo e quindi non si preoccupò nemmeno che potesse steccare qualche nota per la difficoltà di quei rift.
Roxas suonava tranquillo, più del solito, anche se Axel percepì in lui una cupa performance. Non era tranquillo, era solo rassegnato al suo dovere, il che non lo rese tanto felice.
Non aveva mai visto il bassista suonare con quel disinteresse meccanico. Era inquietante.
Axel continuò a cantare e a rimuginare sulla situazione che si era creata. In più si accorse solo in quel momento che Ventus non c'era. Si chiese se il filosofo fosse andato al supermercato a comprare la merenda anche quella volta o se Roxas era andato lì da solo o magari accompagnato da Vanitas. Non credeva che quest'ultimo pensiero potesse essere possibile, data la diffidenza di Ven nel mandare suo fratello in giro con quel pazzo scatenato.
Glielo avrebbe chiesto, una volta finita la canzone e, se fosse andato lì da solo ne avrebbe approfittato per accompagnarlo a casa... era un'occasione perfetta per potergli parlare e chiedergli scusa per il suo comportamento.
E mentre Axel pensava a tutto questo, la canzone finiva con quel rift allucinante che la caratterizzava e si voltò subito dopo a guardare il suo gruppo.
"Bravissimi!" sentenziò, semplicemente, poi aggiunse bruciando Van sul tempo: "Non grazie a me!" ridacchiò.
"L'hai detto!" gli diede corda il chitarrista, senza guardarlo.
"Gli mancano i cori a questa canzone!" fece notare Riku. Effettivamente durante le frasi ripetute il cantante dei Weezer veniva supportato dal gruppo con il coro ed era anche abbastanza ad effetto. Non era niente di che, perché non erano nemmeno tonalità diverse, ma Axel fu contento che Riku lo avesse notato.
"Anche alle nostre canzoni manca qualche coro!" esclamò il cantante.
"Sì, è vero, dovremmo aggiungerne qualcuno, così nascondiamo un po' la tua voce odiosa e striminzita!" commentò Vanitas, acidamente.
Axel non si scompose, ma avrebbe fatto notare soddisfatto che il bassista lo aveva cercato proprio per farsi cantare una canzone perché cantava effettivamente troppo bene. In realtà gli bastava che solo Roxas pensasse che fosse davvero bravo... dei commenti acidi di Vanitas non gli importava un granché.
"Facciamo così: proviamo The 13th Struggle e durante il ritornello voi cantate con me!" deciso il rossino, trionfante per la splendida idea che aveva avuto.
Riku sorrise: "Buona idea! Pronti?"
E, non appena la risposta fu affermativa, Roxas cominciò le prime note della canzone, seguito da Riku e Vanitas. Axel, poco dopo, cominciò a cantare e, non appena arrivarono al ritornello, ci fu il caos più totale.
Chi non andava a tempo, chi steccava clamorosamente con le corde vocali, chi si impappinava perché non riusciva a fare due cose assieme.
Non appena Axel fu sull'orlo di farsi venire un mal di testa, allargò le braccia nel chiaro segno di farli smettere. Non appena la musica si fermò, il rossino si portò le mani ai capelli e si voltò sconcertato.
"Faceva schifo!" commentò, visibilmente scosso dal casino che era venuto fuori.
Riku scoppiò a ridere: "Sì, faceva proprio schifo, non è stata una buona idea!"
"Riku, ti sei reso conto che, malgrado io e Roxas non andassimo a tempo con la voce, tu suonavi come un cane mentre provavi a cantare?" chiese Vanitas, incazzoso.
Riku alzò un sopracciglio.
"Lo so, non ho mai cantato mentre suonavo, è la prima volta! Mi manca la coordinazione! Mi ci vuole un po' di pratica!"
"Ti ci vuole una visita specialistica al cervello, razza di ritardato!"
"Che cosa hai detto?"
"Basta, basta! Smettetela o vi sbatto fuori a calci in culo!" sbraitò Axel, che aveva perso un po' la calma per quelle continue isterie, che facevano perdere il punto sul vero problema. "Non c'è stata coordinazione, ma nemmeno uno intonato! Possibile che siate così palesemente incapaci a cantare?"
Ok, era stato un po' brusco, ma era quello che effettivamente aveva pensato durante la loro performance... Dio, erano delle campane rotte e arrugginite... ok non avere una buona intonazione, ma non averla proprio lo fece un po' intimorire... soprattutto il fatto che nessuno dei tre ne avesse almeno un po'.
"Senti, suono bene la chitarra, non puoi pretendere che canti altrettanto bene!" rispose Vanitas, inalberandosi per l'offesa ricevuta dal suo cantante.
"Sì, infatti, ognuno ha il suo ruolo in un gruppo e tu canti perché sei capace... se ti metto alla batteria ci fai venire il mal di testa!"
Axel grugnì esasperato, nascondendosi il viso tra le mani, poi guardò Roxas che aveva appena dato un eloquente colpo di tosse, nel chiaro segno di farsi notare.
"Volevi dire qualcosa, Roxas?" lo incitò, cercando di riprendere la calma, sospirando.
Il bassista lo guardò, dopo un'infinità di tempo che non lo faceva e il suo sguardo fu glaciale, a detta del rossino, che sobbalzò sulle spalle.
"Io faccio schifo a cantare, quindi mi tiro fuori da questa cosa e mi limiterò solo a suonare!"
"Roxas, non... non preoccuparti, ho solo perso la calma per le rispose del cazzo che quei due mi hanno dato!" ammise Axel, sentendosi subito spompato di tutta la rabbia, che però era stata sostituita da una forte preoccupazione per quel comportamento del bassista. "Ci alleneremo insieme e cercheremo di coordinarci meglio, non preoccuparti! Mi serve la collaborazione di tutti, però, senza che gli altri se ne escano con giustificazioni parecchio assurde!"
Riku lo fulminò: "Giustificazioni? Ma se ti ho detto che non so suonare e cantare allo stesso tempo? Sei sordo, oltre che totalmente deficiente?"
Axel non raccolse la provocazione, ma si limitò a mantenere la calma: "Sto solo dicendo che bisogna prendere coscienza dei propri sbagli e cercare di correggerli senza fare stupide riflessioni, peraltro inutili!"
Vanitas grugnì, ma parve essersi calmato anche lui.
"Allora direi di riprovarci finché non esce fuori qualcosa di decente!"
"D'accordo, grazie Van!"
"Io, come ho detto, me ne tiro fuori! Cantate voi!" rispose ancora Roxas, con disinteresse, mentre iniziava a slappare a caso sulle corde, nervosamente.
"Roxas..." sospirò Axel, esasperato da quel modo di fare che lo stava mettendo parecchio a disagio.
Di nuovo il Roxas scostante, indifferente, scettico e saputello... che cosa doveva fare con lui?
Roxas non lo guardò e non rispose ma si limitò a sospirare scocciato.
Axel capì che non era assolutamente disposto a continuare quella conversazione, così si voltò verso Riku e disse: "Riproviamo Buddy Holly che ha un coro facile e ripetitivo! Almeno è meno complicato!"
Riku annuì: "Ok, vi do il tempo!"
Il batterista batté di nuovo le bacchette e ricominciarono a suonare e, malgrado il ritornello non venne poi così bene, sembravano averci messo un po' più di impegno, anche se Roxas come aveva detto aveva fatto: non aveva aperto bocca per tutta l'esibizione, limitandosi a suonare con un cipiglio davvero poco velato.
Axel stava cominciando a spazientirsi del suo comportamento e aveva voglia di buttare per terra il microfono e di prenderlo di petto per farlo rinsavire, ma non gli parve il caso.
Non appena finirono di suonare, il bassista si tolse lo strumento dalle spalle e iniziò a riporlo nella custodia.
"Te ne vai?" chiese il rossino, alzando un sopracciglio, un po' infastidito.
"Sì, devo studiare" fu la semplice risposta che ricevette, in tono piatto.
"Sì, meglio che ti avvii ora Roxas! Visto che tuo fratello non vuole che ti accompagni, sarà bene che ti incammini prima che faccia buio!"
"Come se potesse succedermi qualcosa..." mormorò il biondino, a bassa voce, senza farsi sentire, ma Axel aveva le orecchie peggio di un radar e represse un sospiro affranto da quell'uscita.
"Vado anche io... ho perso la voglia di suonare..." ammise il rossino, stancamente, mentre smontava il microfono e lo poggiava sulla scrivania.
"Beh, allora chiudiamo qui le prove, direi!" constatò Vanitas, non del tutto contento. Aveva voglia di suonare da giorni e decise di accontentarsi di quelle tre canzoni suonate per puzza... Non voleva mettersi a sbraitare, però. L'aria era già abbastanza pesante di suo, non voleva metterci il carico, sta volta.
"Ok... vado a casa a prepararmi, allora!" esordì Riku, alzandosi in piedi e sgranchendosi la schiena "Devo andare a prendere Sora, stasera!" concluse, cercando di non dare a vedere che era su di giri per la cosa.
"Ah, è vero, stasera torna quel rompipalle di mio fratello!"
"Cazzo, Vanitas, gli dai proprio molta importanza... e se non andavo io te lo dimenticavi lì?" chiese Riku, un po' allibito.
Vanitas fece spallucce: "Nah, ci avrebbe pensato mia madre a ricordarmelo con un miliardo di chiamate sul cellulare! Beh, allora a domani, miei piccoli unicorni rosa!" disse, dopo aver messo in spalla la chitarra e aver recuperato il casco e la cartellina. "Passate una buona serata! Roxy, salutami il mio Ven!"
"Ok" fu la sola risposta del bassista, sempre più cupo.
Riku, che aveva notato quella pesantezza poco velata, decise di dileguarsi subito, perché aveva capito che quell'odioso nanetto ce l'avesse con Axel e che probabilmente il rossino gli avrebbe voluto parlare. Prese velocemente la giacca da sopra la sedia-armadio (sì, come quella che sta in ogni camera da letto di un degno adolescente) e li salutò: "Ci vediamo domani, allora! Buona serata, ragazzi!" e, detto questo, sparì di corsa.
Axel rimase qualche secondo a contemplare il buio del corridoio del garage, e represse un sospiro stanco che gli stava uscendo direttamente dal diaframma. Era triste per tutta quella situazione e della freddezza con cui Roxas lo aveva trattato... contando che il giorno prima lo aveva tenuto stretto mentre piangeva, questo gli sembrava essere l'inferno più caldo e rovente...
Si passò una mano tra i capelli e si accorse solo in quel momento che il biondino lo aveva superato e stava varcando la soglia del box, con le mani in tasca e il basso in spalla.
"Ciao" lo salutò, freddamente, cominciando poi a camminare con passo svelto.
"Roxas..." lo chiamò, intontito. "Aspetta un attimo!" quasi urlò, prima di precipitarsi a spegnere il quadro della luce e chiudere la serranda con un gesto secco per non rischiare di perderlo di vista. Chiuse con la chiave, dando una sola mandata per la fretta e corse verso di lui, chiamandolo ancora.
Il biondino lo ignorava bellamente, con lo sguardo alto e sicuro, anche se era tutto il contrario, dentro di lui.
"Dio, ma ti vuoi fermare?" lo redarguì, prendendolo per un braccio.
Roxas si voltò di tre quarti a guardarlo, gelido e, con un gesto secco, gli scostò la mano e ricominciò a camminare.
"Non c'è bisogno di fare così, accendenti!" disse ancora Axel, fermandolo e prendendolo per le spalle.
Roxas, ora, non poteva scappare. Lo teneva così saldamente da fargli quasi male. Cercò di non darlo a vedere e evitò di guardarlo negli occhi.
"Che vuoi?"gli chiese, irritato.
Axel strinse i denti, reprimendo l'istinto di dargli un pugno su quel viso angelico che aveva. Fece un lungo respiro e si accinse a parlare.
"Si può sapere che hai?"
Roxas aggrottò le sopracciglia, visibilmente infastidito: "Che ti importa? Tanto non esisto per te, no?"
"Cosa?" chiese Axel, sconvolto.
"Ma... non potevo aspettarmi di più. Sono io lo stupido che ti è venuto a cercare per chiederti conforto! Ho sbagliato io sin dal principio"
Ah, quindi era questo... l'sms che non gli aveva mandato per la sua stupida paura di risultare un idiota totale... Cristo, sperava davvero che non fosse questa la motivazione, in realtà...
"Roxas..."
Il biondino si scostò bruscamente, ma non sembrava intenzionato ad andarsene sta volta.
"Credevo che le tue fossero parole sincere... Roxas, puoi contare su di me ogni volta che vuoi!" gli fece il verso, imitandolo acidamente. "Poi sparisci nel nulla e io ho capito solo che sono stato un idiota a crederti!"
"Non sei un idiota..." esordì Axel, un po' più calmo, sentendosi però infinitamente in colpa.
"Non sei tu a doverlo stabilire! Axel, smettila di pensarci, non sei obbligato a star qui a darmi spiegazioni. Non mi servono, ho già capito tutto!"
Axel lo guardò imbronciarsi e sentì il cuore andargli in mille pezzi, esplosi direttamente nel suo petto... avrebbe giurato di aver sentito le schegge trafiggergli la carne.
No, non aveva capito niente... ed era proprio il fatto che gli importava troppo di lui che non gli aveva mandato quel cazzo di sms.
Istintivamente, lo prese tra le braccia e lo strinse a se, sospirando frustrato di tutta quella situazione assurda che si era creata.
"Dio, quanto sei stupido... non hai capito niente!"
Roxas rimase un secondo basito da quel gesto improvviso e liberatorio che il rossino aveva fatto. Rimase con le braccia attaccate ai suoi fianchi, prima di rassegnarsi e stringere le mani saldamente alla maglia del rossino, appoggiando la guancia al suo petto, scoprendo che respirava fin troppo velocemente.
"Allora perché non mi hai mandato il messaggio...?" chiese, con un filo di voce, ma di nuovo calmo. Di nuovo il Roxas dolce, tenero e che non ha paura a mostrare com'è davvero.
Axel, a quel tono di voce, si sciolse letteralmente, sentendo che il cuore si stava pian piano riformando nel suo petto.
"Ieri sera avevo bisogno di te..." ammise ancora il biondino, sentendo le lacrime salirgli agli occhi prepotentemente.
Axel si sentì quasi mancare a quella rivelazione e si sentì dolorosamente in colpa per non averlo contattato.
"Roxas, dopo che sei venuto da me... ho passato tutta la giornata a fissare il telefono cercando di scriverti qualcosa che non mi rendesse uno stupido ai tuoi occhi... sei venuto a chiedermi aiuto e volevo sembrare padrone della situazione, invece ho avuto paura di deluderti..."
"Bastava anche solo un saluto, poi le cose sarebbero venute da se..." disse saggiamente l'altro, sentendo che le lacrime si stavano allontanando, perché la sincerità del rossino lo aveva calmato.
"Lo so...  e mi dici che avevi bisogno di me... ed io per una stupidaggine ho lasciato che tu ti arrabbiassi..."
"Non sono arrabbiato"
"Dovresti esserlo... Cristo, Roxas, non sai quanto mi dispiace" disse, stringendolo di più, come a non volerlo lasciar andare via... Roxas, comunque, non aveva alcuna intenzione di farlo.
"Non preoccuparti" sorrise sul suo petto, il biondino, lasciando andare la presa sulla sua maglia e circondandogli la vita per rassicurarlo che fosse così.
"Vuoi che ti dia il mio numero ora?"
Roxas rise. Non seppe bene il perché ma quella frase lo divertì.
"No, mi manderai un sms questa sera, mantenendo la tua promessa!" gli disse, sentendosi più leggero e sapendo che lo avrebbe fatto, sta volta.
"D'accordo!" rispose Axel, anche lui divertito, prendendolo per le spalle per poterlo guardare. Roxas gli sorrise e si stropicciò un occhio un po' inumidito.
Avrebbe leccato via quelle lacrime se solo avesse potuto, il cantante.
"Accompagnami a casa" disse il biondino, subito dopo, facendolo trasalire.
"E perché dovrei?" chiese il rossino, fingendosi contrariato.
Roxas rise di nuovo e assunse uno sguardo fintamente eloquente.
"Perché ti va di farlo!"
Certo che gli andava di farlo! Viveva per fare qualsiasi cosa con quel biondino pieno di sorprese. Lo avrebbe accompagnato anche in casa, fino in camera e gli avrebbe rimboccato le coperte e poi se ne sarebbe andando congedandosi con un bacio dolcissimo, se solo avesse potuto. Non poteva però, e per ora andava bene così!
"Andiamo, piccola peste!"
 
Axel si ficcò sotto le coperte con uno strano sorriso compiaciuto sul volto. Si sistemò meglio sul cuscino e prese il cellulare che aveva poggiato sul materasso, attaccato al carica batterie.
Aprì l'icona con la busta e guardò lo schermo per qualche secondo, poi allargò il suo sorriso quando gli vennero in mente le parole giuste da dire e le scrisse.
"Promettimi che piangerai solo quando ci sarò io a poterti confortare.. Buonanotte piccola peste."
Premette invio e fissò il monitor, con il cuore un po' ansioso che sembrava volergli uscire dal petto.
"Non lo farei con nessun altro che non sia tu... Buonanotte!"
E, Axel, ormai, sapeva che era così.
Fine
 
Buonaseeeera!
Scusate il ritardo madornale, ma ho avuto poco tempo di scrivere, questa settimana! Chiedo sincera venia a tutte voi >_<
Capitolo corposo e rivelatorio, eh? Spero vi sia piaciuto.
Alla fine Roxas sarà pure un genio della musica, ma è davvero un macello a cantare! Dio, mi ha spaccato i timpani, scrivere quella parte XD Mi sono sentita molto vicina ad Axel e spero di averla resa abbastanza bene!
Beh, non aggiungo altro, oltre i soliti saluti e ringraziamenti a tutte voi che continuate a sostenermi con forza! Il Dio Sephiroth vi benedica **
Vi lascio alla Bonus Track e all'immagine del logo del gruppo e ci si vede al prossimo capitolo! Miaaaaaaaaao :3
 
 
 
 
*Bonus Track*
Il treno si fermò con un fischio di freni alla stazione e le porte scorrevoli si aprirono con un suono arrugginito e graffiante.
La banchina era stracolma di genitori in attesa dei loro figli, di ritorno dal loro viaggio di istruzione e, quando Sora scese tirandosi dietro con fatica il trolley blu con una mano e una  busta di carta nell'altra, chiedendosi dove fosse finito Vanitas e perché non gli era già andato incontro per portarlo via da quella bolgia.
Si fermò poco dopo la linea gialla che divideva il treno da coloro che erano in attesa e alzò il polso per guardare l'orologio.
Il treno aveva fatto un ritardo di una decina di minuti e gli sembrò strano che Van, stranamente sempre più che puntuale, fosse in realtà ancora per strada per raggiungerlo.
Era anche vero che avrebbe dovuto prendere l'automobile per poter portare le valige e magari aveva incontrato un po' di traffico, lungo il cammino.
Fece schioccare la lingua in un suono preoccupato, grattandosi la testa e guardandosi intorno, alla ricerca della testa corvina di suo fratello.
"Scusa il ritardo, tuo fratello mi aveva dato il numero della banchina sbagliata"
Sora sgranò gli occhi, per nulla convinto di aver davvero riconosciuto quella voce. In realtà non ci poteva credere, perché aveva fantasticato durante tutto il viaggio che accadesse una cosa del genere... Perché era soltanto lui quello che voleva lì, ad accoglierlo dopo che aveva sofferto così tanto per la sua mancanza.
Il moretto sentì le lacrime salirgli agli occhi e non riuscì e non volle fermarle. Lasciò cadere a terra la busta di carta e lasciò la presa sul trolley e si voltò.
Riku sorrise di fronte a quel faccino tenerissimo. Lo vide stringere gli occhi, mentre cominciavano a scorrergli lacrime grosse come grandine lungo le guance.
"Ri...ku" balbettò, buttandosi tra le sue braccia e stringendolo forte, come se dovesse arrivare qualcuno da un momento all'altro a separarli.
L'argento, ormai avvezzo a certi comportamenti ambigui e pieni di dolcezza del moretto, lo strinse delicatamente, carezzandogli i capelli.
La scena ricordava molto quella della partenza, solo che Sora, ora, stava piangendo lacrime di felicità e non sapeva cosa dire... era così contento che fosse andato proprio Riku a prenderlo... cos'altro poteva desiderare?
"Hai fatto un buon viaggio?" chiese il più grande, con un sorrisetto.
"Mi sei mancato tantissimo!" pianse Sora, ignorando la sua domanda. Era frustrato e Riku lo sentì dalla sua voce. Davvero era così importante per quel ragazzino? Davvero aveva passato tre giorni di inferno perché lui, proprio lui, gli mancava? Dio... era quel che era: confuso, pauroso, impaurito, indeciso, infantile; ma non aveva mai esitato nel farlo sentire la persona più importante del suo universo e se Riku andava avanti nella sua vita con il sorriso sulle labbra e la voglia di vivere era solo grazie a questo... non aveva bisogno di nient'altro che Sora per sentirsi utile a qualcosa... e quando pensava questo gli perdonava tutte le volte che si era scansato quando aveva provato a baciarlo.
"Anche tu, Sora..." ammise, con un sussurro, lasciandogli un bacio sui capelli castani.
"Non partirò mai più per un viaggio così! E' stato orribile!" pianse ancora l'altro, senza far riemergere il viso dal petto dell'argento, che scoppiò a ridere  a quella rivelazione.
"Sono io che non te lo lascio fare, piccoletto! Accidenti a te, mi hai fatto impazzire questi giorni!"
Sora ridacchiò, anche se la sua risatina sobbalzò in un singhiozzo involontario dovuto alle lacrime che ancora scendevano sulle sue guance. Alzò lo sguardo su quello di Riku e mostrò i denti in un sorriso furbastro.
"Ripartirei solo per tornare e trovarti qui alla stazione! E' stata una bella sorpresa!"
Riku alzò un sopracciglio a quella frase, poi rise e gli carezzò una guancia: "Sei un ruffiano spaventoso!"
"Lo so!" ammise Sora, poi si staccò dall'abbraccio e prese di nuovo il trolley e la busta da terra. Passò i manici intorno all'avambraccio per sostenerla senza dover usare la mano, che poco dopo strinse a quella di Riku.
"Andiamo che ho una fame tremenda!" esclamò, mentre gli si affiancava elettrizzato di poter rivedere tutto quel brio che quel ragazzino emanava.
"Ti porto il trolley!"
Sora lo fulminò: "Ce la faccio da solo, grazie!"
Dio, era troppo carino... sembrava uno di quei bambini che entusiasti di essere ad una stazione ferroviaria, non vogliono aiuto nel portare la valigia per sentirsi grandi. Era... sensuale, se lo si guardava dal punto di vista di un frustrato come Riku.
"Allora ti porto la busta!" propose ancora l'argento e Sora rispose con un diniego della testa.
"Non se ne parla, ci sono i vostri regali qui dentro e sono sicuro che sbirceresti?"
Sbirciare? L'unica cosa avrebbe sbirciato volentieri ora era la sua bocca e lo avrebbe fatto con una massiccia dose di lingua e saliva, se solo quel piccoletto non lo rifiutasse come la peste, quando si trattava di baciarlo...
"Sei un accidenti di malfidato, Sora!"
"Che vuoi farci, sono cresciuto con un fratello come Vanitas, non poteva essere altrimenti!" disse, in tono eloquente e serio, chiudendo gli occhi cercando di sembrare più convincente. Riku lo prese per un polso salvandolo dall'inciampare rovinosamente a terra, quando incespicò nei suoi stessi piedi.
"Se fossi attento quanto diffidente non avresti il corpo pieno di lividi per tutte la cadute goffe che fai!" lo redarguì, mentre lui si fermava un attimo posandosi una mano sul cuore che aveva accelerato i battiti, perché non si aspettava di stare per cadere.
Sora si calmò e sorrise, ricominciando a camminare: "Non posso darti torto! Mi offri il pranzo?"
Riku aggrottò le sopracciglia guardandolo di lato, mentre lui gli riprendeva la mano e la stringeva delicatamente.
"Dovresti essere tu ad offrirlo a me!"
Sora scoppiò a ridere: "Non se ne parla proprio!".
*Fine*
 

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Capitolo 8
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"Ciao cazzoni, noi partiamo!"
"Partite? Ma chi?"
"Io e Babbo Natale, Ri!"
La voce velenosa di Vanitas raggiunse uno scoglionatissimo Riku, un po' stanco di sentirlo fare ironia continuamente. Si sedette sull'erba e poggiò i palmi a terra, guardandolo torvo.
Vanitas e Ventus erano arrivati insieme al parchetto dell'università, mano nella mano, il primo con su i suoi occhiali da sole e una maglietta con su disegnato uno zombie. Ventus, più posato, portava una camicetta blu con il taschino che lo rendeva profondamente Nerd.
"Ma partite ora?" chiese Axel, curioso.
"Nah, partiamo domani mattina e torneremo domenica sera!" informò Van, sedendosi poi sull'erba mentre Ven lo imitava poco dopo. Il rossino e l'argento notarono che il biondino non aveva fatto commenti sulle rispose acide del ragazzo, segno che era talmente su di giri per la partenza imminente che gli scivolava tutto addosso.
"Oh, quindi domenica non si suona?" chiese Axel, un po' afflitto, più che altro perché avrebbe perso un'occasione in più per vedere Roxas.
"No, mi dispiace, rimanderemo a mercoledì!" rispose il chitarrista, poi infilò le mani nella borsa e ne estrasse un porta-pranzo nero.
"Dove andate di bello?" chiese Riku, curioso.
Ven si rizzò sulla schiena, perché non aspettava altro che quella domanda. Poggiò la testa sulla spalla del suo ragazzo e sorrise: "A casa dei nonni di Van!"
"Oh, quindi passerete un week end con i nonni!"
Vanitas sbuffò: "Sono morti stecchiti da una vita, quella casa è vuota da anni! Facciamo un week end da soli lì dentro e diamo una sistemata, visto che avremmo intenzione di andarci quest'estate per le vacanze!" informò, senza tatto.
"Ovviamente per quest'estate siete invitati anche voi! La casa è abbastanza grande per contenerci tutti e ci sono abbastanza camere! Si spera che Sora e Riku ne abbiano una tutta loro, in quel momento!" rispose Ventus, scaltramente, facendo l'occhiolino all'argento, che arrossì un po', anche se non volle darlo a vedere.
"Per il rumore non preoccupatevi, tanto lo coprirà le urla di piacere di Ventus, che ovviamente sarò io a procurargli!" disse Vanitas, con una naturalezza quasi inquietante.
Ventus scordò per qualche secondo l'euforia di dover partire con lui e gli diede un pizzicotto sulla pancia.
"Ahioo cazzo!" urlò il moro, con il cuore in gola per il dolore.
Axel vide Riku perdersi in pensieri probabilmente pervertiti su lui e Sora rinchiusi in una stanza dotata di letto. Ma anche fosse stata senza, probabilmente se lo sarebbe sbattuto pure sul pavimento, conoscendolo.
"Che bello, comunque, che passiate del tempo da soli!" constatò il rossino, veramente contento per la cosa, visto che Vanitas si lamentava sempre che si vedevano poco, da soli.
"Sì, non vedevamo l'ora! Speriamo ci sia bel tempo!" sorrise il biondino, tornando di nuovo al settimo cielo e guardando in alto per premurarsi che non ci fossero nuvoloni in vista. Per fortuna il cielo era totalmente sgombro e il sole picchiava fortissimo.
"Che ti importa del sole, io ti incateno in casa, Ven!" lo redarguì il moro e Ventus arrossì, poi nascose il viso nella sua clavicola, in imbarazzo. Vanitas sorrise scaltro e gli alzò il mento con la mano, baciandolo poi profondamente, ricambiato.
Mentre i due pomiciavano senza tanti problemi davanti ai due scapoli per eccellenza, Axel sentì il suono del cellulare avvertirlo che gli era arrivato un sms. Lo prese al volo e sussultò quando lesse il nome di Roxas sul monitor.
"Ti va di passare da me domani pomeriggio?"
Axel arrossì a quella richiesta, chiedendosi il perché, ma seppe che non doveva farlo. Guardò lo schermo rileggendo mille volte quelle parole e si accinse a rispondere.
"Va bene, piccola peste!" cercò di sembrare calmo e padrone della situazione, anche se dentro stava morendo dalla felicità. Si lasciò cadere a pancia in su sull'erba, sospirando.
"Axel, visto che questi due domani non ci sono, ti va di vederci per fare un giro? Demyx mi aveva chiesto di accompagnarlo a comprare delle cose insieme a Zexion, magari potresti unirti a noi!"
"HO DA FARE DOMANI!" urlò, alzandosi a sedere con uno scatto che gli fece male alla colonna vertebrale.
Riku alzò un sopracciglio, mentre Van e Ven smettevano di pomiciare e lo guardavano sbigottiti da quell'urlo, esalato con una prontezza innaturale e disarmante.
"Ok... ok... non arrabbiarti, era solo una proposta!" rispose Riku, ridacchiando per quella reazione, capendo al volo con chi avesse da fare il rossino.
"E che cosa avresti da fare di tanto importante? Cambiarti il pannolino, finalmente?" commentò Vanitas, curioso, incrociando le braccia al petto, solenne.
"Devo... devo..." balbettò Axel, a disagio, guardandosi intorno per farsi venire un'idea "Accompagnare mia madre a fare la tinta!"
Vanitas lo guardò sbigottito, poi rise scaltramente: "Ma dai! Davvero? Su, non essere bugiardo: devi uscire con una ragazza, vero?" chiese, malizioso, dandogli una gomitata nelle costole.
"Eh?" Axel strabuzzò gli occhi.
"E' carina? Te la sei già scopata?"
Beh, Roxas era carino, ma non  se l'era ancora sco... EHI!
"Van, davvero, non c'è nessuna ragazza! Devo accompagnare mia madre dal parrucchiere, per davvero!"
Van lo guardò scettico, ma non volle continuare quella conversazione perché sapeva che il rossino non avrebbe sputato il rospo tanto facilmente; e poi, comunque, sinceramente, non gliene fregava un cazzo.
"Ok, ok, come vuoi! Comunque" esordì, guardando oltre la spalla di Riku che lo fissò "Tieni a bada il cazzo, Ri, che sta arrivando Sora!"
"Vanitas!" lo redarguì Ven, arrabbiato.
"Dai, scherzavo!" si giustificò, prendendolo bruscamente per le spalle e abbracciandolo per zittirlo, visto che rompeva fin troppo i coglioni, a volte...
Sora arrivò stancamente tra di loro e cercò di sorridere, anche se era visibilmente accaldato. Alzò una manina per salutare e poi guardò Riku, gettandosi per terra in ginocchio per stringerlo da dietro in un dolcissimo ma bruschissimo abbraccio.
"Riiiiiii!" urlò, direttamente nelle sue povere orecchie, che chiesero pietà.
"Ciao Sora!" lo salutò, cercando di riprendersi, visto che aveva appena scoperto che con quell'urlo gli aveva fatto venire la labirintite.
"Mi sei mancato tanto!" continuò, senza smettere di gridare, mentre gli strofinava la guancia contro la sua, facendolo arrossire per quel contatto.
"Ciao Sora..." mormorò Vanitas, scocciato che il fratello perdesse spesso il punto della situazione, quando c'era Riku, ignorando che ci fossero altre tre persone da salutare.
"Ciao Van, ciao Ventus, ciao Axel!" salutò, infine, un po' a disagio per averli ignorati bellamente.
Axel e Ventus sorrisero rassegnati, ben sapendo che aveva delle ragioni più che valide per averlo fatto. Erano contenti per l'argento, soprattutto.
"Sei un po' accaldato, eh?" assodò Ventus, dolcemente.
"Uff! Fa un caldo tremendo e camminare da scuola a qui è stata un'agonia!" rispose il più piccolo, sedendosi poi accanto a Riku e prendendogli la mano, cominciando a disegnargli arabeschi sul palmo, facendolo rabbrividire. Dio, perché doveva fare quelle cose così sensuali con una faccia da bambino indifeso?
"Sì, oggi si muore!" constatò Axel, alzando lo sguardo verso il cielo azzurro e perdendosi a pensare a due occhi che avevano lo stesso colore.
"Com'è andata la gita? Non ci vediamo da quel giorno!" chiese Ven, curioso.
"Bene, fortuna è passata presto!" rispose il moretto, voltandosi poi a guardare Riku e sorridendogli. L'argento contraccambiò, trovandosi profondamente d'accordo con quelle parole. "In compenso mi sono divertito, alla fine! Ah, vi ho portato dei regalini!" disse poi, aprendo la borsa di cuoio ed estraendone una busta di carta rossa. Rovistò al suo interno e prese un oggetto ricoperto dal cartone e lo porse ad Axel, poi ne prese un altro e lo diede a Ventus. Infine estrasse un pacchetto un po' più grande e lo cedette a Vanitas.
"Cosa? Sono giorni che sei tornato e me lo dai solo ora?" urlò il chitarrista, offeso.
Sora aggrottò le ciglia, con un cipiglio e fece per riprendersi il pacchetto.
"Smettila o me lo riprendo!" lo redarguì e quando vide la faccia impaurita dal fratello, sorrise soddisfatto.
Scartarono tutti i loro regalini,  rimanendo contenti delle belle idee che aveva avuto.
"Un microfono-portachiavi!" esultò Axel, mostrando l'oggettino, trionfante. Era veramente grazioso e prese celermente le chiavi dalla tasca per attaccarlo al resto dei suoi gingilli, di cui alcuni rotti o rovinati.
"Oh, che carino! E' una chiave di violino!" sorrise Ventus, alzandosi per dare un bacio sulla testa a Sora per ringraziarlo.
Vanitas li guardò pensando a quanto fossero donnette, con quelle reazioni froce, poi abbassò lo sguardo per aprire il suo regalo e ne fece emergere una maglietta nera con su raffigurata una Ephiphone Les Paul rossa, disegnata in vector, con dei teschi bianchi che la sorreggevano.
Non riuscì a nascondere gli occhi lucidi che gli erano venuti a vedere quello spettacolo di maglietta.
"Dove... dove cazzo l'hai presa?" gli chiese, a modo suo gentilmente e Sora lo capì e sorrise mostrando la dentatura perfetta.
"Sono stato al museo della musica e, dato che so che per voi altre cavolate non sarebbero state all'altezza, vi ho preso queste cosette!" disse, soddisfatto che fossero rimasti contenti per le sue idee.
"Sono bellissimi, Sora!" disse Axel, avvicinandosi per arruffargli i capelli. "Grazie mille!"
"Ah, ho preso un portachiavi-basso anche a Roxas, non so se vuoi darglielo tu, Ven!"
"Non preoccuparti, avrai occasioni per darglielo di persona!"
"Ok!"
"A Riku non hai preso niente, poppante?" chiese scaltro Vanitas poi si fece allarmato quando vide l'argento e il piccoletto ridere più maligni di lui.
"Io ho ricevuto il mio regalo quando sono andato a prenderlo! Ah, per la cronaca, mi hai dato il numero della banchina sbagliata, razza di deficiente!" disse Riku, acido, mentre tirava fuori dalla tasca le chiavi dove vi era attaccato un portachiavi a forma di  Gran Cassa della batteria.
"Wow, è bellissima!" esclamò Axel, avvicinandosi per guardarla meglio.
"La tua maglietta è spettacolare, Vanitas!" disse Riku, mentre lui la mostrava sorridente. La poggiò sulle gambe e si tolse la maglietta con lo zombie, rivelando un fisico asciutto e un piercing sul capezzolo. Ventus cercò in tutti i modi di non guardarlo mentre si spogliava, evitando di avere reazioni sprovvedute.
Si infilò la maglietta e cominciò a contemplarla.
"Non tirarla così, che la allarghi tutta!" lo rimproverò Sora, accigliato.
"Sta zitto e impara cos'è lo stile!"
Sora scosse la testa, rassegnato, ripromettendosi di non comprargli più nulla, come del resto si riprometteva ogni volta ma non riusciva a mantenerla perché un po' gli voleva bene... ma giusto un pochino.
"Tu cosa ti sei comprato, Sora?" chiese Axel, guardandolo.
"Dato che non suono nulla, mi sono preso un portachiavi come quello di Ventus, poi ho comprato un poster dei Cure e un plettro di legno!" informò, contando sulle dita tutti i suoi acquisti - Sora collezionava plettri fin da bambino- "Poi ho preso dei souvenir per la mia stanza e tantissimi dolci!" concluse, con gli occhi che gli brillavano. Sora amava i dolci.
"E non ce ne hai portati nemmeno un po'?" lo sgridò Ventus, non serio, ridendo.
Sora fece spallucce e lo guardò senza espressione: "Li ho mangiati tutti mentre tornavo col treno!"
Tutti rimasero in silenzio per un attimo, poi scoppiarono a ridere, mentre Sora si chiese se lo stessero effettivamente prendendo in giro. Non ci badò e iniziò a ridere anche lui, mentre ricordava il mal di pancia che aveva avuto quella stessa notte...
 
Axel prese un profondo respiro di preparazione, quando si rese conto che mancava ancora un sacco di tempo all'appuntamento con Roxas, a casa sua...
Stava cercando di studiare algebra, senza particolari risultati, visto che non vedeva l'ora che arrivasse il momento di poterlo rivedere, anche se dentro di lui aveva un po' di ansia.
Se lo aveva invitato a casa, era forse solo? I suoi genitori magari erano lì con lui e magari lo aveva invitato lì solo per mangiare qualcosa e poi uscire insieme per andare da qualche parte. Si chiese se non fosse un bene scrivere a Riku per sapere che giro avrebbe fatto con Demyx, così da non rischiare di incontrarli.
Bah, non aveva la testa per contattarlo, in quel momento... figuriamoci, per cosa aveva la testa in quei giorni Axel, effettivamente?
Se ne stava tra le nuvole senza riuscire a fare nient'altro che pensare a Roxas e al fatto che si fossero avvicinati così tanto, cosa che, fino a qualche tempo prima, credeva impossibile.
In più il biondino credeva in lui e gli aveva espressamente chiesto di essere la sua spalla su cui piangere quando ne aveva bisogno... non poteva chiedere di più, effettivamente.
Lasciò cadere l'evidenziatore ancora chiuso sul libro e decise che non era più il caso di continuare. Avrebbe studiato l'indomani, forse, se ne avesse avuto la testa.
Si sgranchì la schiena poggiandola sullo schienale della sedia girevole, che scricchiolò come se dovesse rompersi da un momento all'altro e sbadigliò.
Prese il cellulare tra le mani per vedere che ora era e nell'esatto istante in cui lo fece gli vibrò tra le mani, avvertendolo che gli era arrivato un sms. Lo accese e mise la password, scoprendo poco dopo che la sua piccola peste gli aveva scritto.
"I miei sono andati via prima del previsto, se vuoi puoi venire anche ora..."
I suoi... erano andati via... prima del previsto...
Ok, quindi erano soli. Ok, quindi lo aveva invitato a casa mentre erano soli...
Panico.
Che cosa voleva dire? Che cos'era? Era un invito per cosa?
No, non poteva... non doveva pensar male. Era un ragazzo dolcissimo e si vedevano sempre da soli! Il fatto che questa volta fosse a casa sua non aveva assolutamente secondi fini, soprattutto perché Roxas era un ragazzino di sedici anni. Bello, magrolino e meraviglioso.
Certo, Axel ci pensava al sesso... e ci pensava anche spesso, in realtà, soprattutto quando il professore scriveva sulla lavagna quelle formule incomprensibili che non avrebbe mai capito e la sua mente vagava e finiva in quello. E l'idea di avere Roxas sdraiato sul suo letto, con le gote rosse dall'imbarazzo e gli occhi lucidi per la vergogna, un po' lo mandava su di giri... immaginare i loro corpi così uniti da sembrare un tutt'uno. Immaginare di baciare quelle labbra gonfie per la libido, mentre i suoi occhi lo guardavano fisso, cercando sempre il suo sguardo sul suo, mentre facevano l'amore dolcemente...
Axel scosse la testa, cercando di scacciare via quell'immagine che ogni cazzo di volta in cui pensava a Roxas gli veniva in mente. Era un pervertito, e lo sapeva bene... ma era pure una vita che non scopava. C'era qualcuno che poteva essere più frustrato di lui? Sì, e quella persona era Riku.
Malgrado fosse molto triste per la sorte di esploditesticoli dell'argento, Axel lo prese come esempio per rincuorarsi e rise un pochino a quel pensiero.
A Riku probabilmente stavano fischiando le orecchie, oltre che i coglioni, ora...
Si precipitò in bagno per darsi una sciacquata e, quando tornò in camera, prese i vestiti che si era preparato per quell'appuntamento: una maglietta dei Velvet Underground con disegnata sopra una banana e un paio di jeans neri con la catena laterale. Infilò delle Vans rosse e nere e recuperò i suoi averi, poi uscì di casa.
Non prese la bicicletta, ma si incamminò comunque velocemente, perché voleva rivedere quegli occhi stupendi il prima possibile.
Fece un kilometro scarso a piedi e si ritrovò di fronte al portone del palazzo. Prese un lungo sospiro e spinse il bottone del citofono, sentendo poco dopo la voce di Roxas rispondergli.
"Terzo piano!"
Il portone si aprì con un rumore sordo e il rossino si accinse ad entrare. Prese l'ascensore e si guardò allo specchio per sistemarsi per tutto il tempo che lo separava dall'elevatore all'appartamento del biondino.
Non appena le porte si aprirono uscì e, titubante, si guardò intorno, scoprendo che alla sua destra, attaccato allo stipite della porta con la schiena, Roxas lo stava aspettando.
Quando lo vide perse un battito, perché, seppure su quell'atrio ci fosse scarsissima visibilità, lo vedeva bello lo stesso, perché lo sapeva già dal principio che lo era.
Si avvicinò e sorrise, ricambiato dal bassista che, appena varcò la soglia, si chiuse la porta alle spalle e lo salutò con un azzardato bacio sulla guancia, che fece arrossire il cantante.
"Ciao" salutò flebilmente il rossino, senza riuscire a dire altro.
"Ciao Axel!" salutò, poi si allontanò dalla sua guancia e cominciò a camminare per raggiungere la cucina, mentre l'altro lo seguiva. "Scusa il disordine"
Disordine? E dove? Forse quel piccoletto non era stato a casa sua e aveva visto cos'era il vero disordine... sembrava che fosse esplosa una bomba, in camera sua.
"Non preoccuparti!" gli disse, sorridendo, mentre lo seguiva e lo vedeva sedersi su una sedia della cucina, invitandolo con un gesto della mano ad imitarlo. "Grazie"
"Ti ho preparato la merenda!" sorrise un po' a disagio, allungandogli un bicchiere di vetro pieno di succo di frutta.
"E' pera?" chiese, senza reprimere nemmeno un po' il suo entusiasmo. La consistenza era quella della pera, non c'erano dubbi. Lo avrebbe riconosciuto ad occhi chiusi.
Il viso di Roxas fu attraversa da un guizzo divertito: "Sì!" poi si versò del succo all'albicocca nel suo bicchiere.
Axel diede un sorso, inebriato dalla bontà del suo gusto preferito, poi disse, titubante, fissando il suo bicchiere: "Come stai?"
Roxas non parve pensarci troppo e, sorridendo, disse: "Meglio..."
Axel alzò lo sguardo sul suo e parve rincuorato da quelle parole: "Sono contento..."
"Tu come stai?"
Ora che ti vedo bene...
"Alle solite! Mi ero messo a studiare con scarso successo! Mi perdo a pensare e finisce che la concentrazione mi abbandona!" rise, senza entusiasmo, mentre sentiva un po' una stretta all'idea che presto avrebbe avuto gli esami di fine semestre e che aveva la testa per fare tutto tranne quello...
"E a che pensi di così profondo che non ti fa studiare?" lo prese in giro il biondino, mostrandosi un pochino più intraprendente.
Se Axel non fosse stato profondamente cauto, probabilmente gli avrebbe risposto: "A te, piccola peste!" e poi si sarebbe alzato e lo avrebbe baciato senza tanti complimenti. Ma, per sua fortuna, era prudente e riflessivo. Una fortuna, davvero...
"A tante cose..." si limitò a rispondere e Roxas rise.
"Ti faccio vedere la casa!" esclamò il biondino, alzandosi in piedi e tirandolo per un braccio, facendolo sussultare per quel gesto così improvviso.
Lo trascinò in salotto, dicendogli: "Questa parte l'hai già vista!" e lo tirò ancora verso una stanza ordinatissima, decorata in modo fin troppo adulto, con quadri famosi a cui non sapeva attribuire nemmeno un autore e soprammobili di teste di filosofi famosi. Ad Aristotele mancava un pezzo di naso.
"Scommetto che questa è la camera di Ventus!" disse, con le mani ai fianchi, divertito.
"Esatto, non era difficile da capire! Non ti inquietano queste teste?" chiese Roxas, prendendone una in mano - sembrava Menestore, ad occhio e croce - .
"Sì, sembra di stare nella camera di un serial killer!"
"Dato che sta con Vanitas, non mi sorprenderei che lo fosse un pochino!"
E, detto questo, lo prese di nuovo per il braccio, mostrandogli fugacemente la camera ordinata dei suoi genitori, per poi portarlo velocemente in una più piccola che al ragazzo inquietò un po'.
Era ben arredata, con un bel color prugna e color legno ed era molto ordinata anche quella. Non c'era un poster o un soprammobile che la caratterizzasse. Era spoglia e vuota, probabilmente come lo stato d'animo del suo proprietario.
Era la stanza di Roxas.
"La mia stanza... non è niente di che, ovviamente"
"No, invece è carina!" constatò il rossino, mentendo, e Roxas se ne accorse, ma non disse nulla. Sapeva che fosse spoglia, fin troppo, ma lui non amava niente... non aveva passioni, oltre la musica e quindi non aveva il bisogno impellente di comprare gingilli o attaccare poster dei suoi gruppi o film preferiti. Era... solo il luogo dove dormiva.
Axel pensò alla sua stanza, disordinata ma fortemente vissuta. Le ante dell'armadio aveva ceduto da un po' ed erano tutte storte e i vestiti gli uscivano dai cassetti per quanti ne aveva e per quanto li mettesse lì dentro disordinati. I poster che aveva messo da quando era un adolescente si stavano quasi tutti per staccare, perché lo scotch aveva catturato tutta la polvere e aveva perso la sua potenza adesiva. I suoi gadget poi, spesso di Robot di vecchi anime o statuette di supereroi, erano impolveratissimi anche se erano immacolati perché ci teneva moltissimo. Si chiese come poteva non sentire quella cameretta come una sorta di mondo tutto suo da poter arredare a suoi piacimento... era una cosa talmente normale...
"Vieni, ti faccio vedere una cosa!" lo intimò Roxas, facendolo trasalire, senza però portarselo dietro con un carrello della spesa. Il rossino lo seguì e gli vide aprire una porta di legno scuro e, quando la spalancò, vide una stanza molto bella, arredata pochissimo e con mobili antichi e laccati. Al centro, imponente, un pianoforte nero lucidissimo ergeva silenzioso.
Roxas gli prese la mano e lo invitò a sedersi, facendolo anche lui, su uno sgabello nero di pelle.
"E' bellissimo! E' tuo?"
Roxas annuì e aprì un libro di spartiti che era posizionato su un leggio di ferro, sopra alla tastiera.
"Vuoi suonare?" chiese titubante il rossino, scoprendo di non voler sentire altro che la sua musica, in quel momento...
Roxas sorrise senza guardarlo e si abbassò a guardare i tasti neri e bianchi del pianoforte. Premette su un tasto che trillò facendo eco nella stanza, poi poggiò entrambe le mani sulla tastiera e iniziò a suonare.
*Roxas Theme*
Una musica dolcissima percorse la spina dorsale di Axel, che si sentì svuotato di ogni pensiero e paure; di ogni ansia e angoscia... di ogni ricordo infelice che lo attanagliava.
Roxas era delicato come un angelo, soprattutto quando premeva quei tasti con una leggerezza incredibile, tirando fuori una musica celestiale tanto quanto il paradiso. Ma... se quel ragazzo era così assurdamente etereo, quanto doveva essere bello il paradiso? No, il paradiso non poteva esserlo di più... non più di Roxas e la sua musica.
Axel si sentiva inutile e fuori posto, comunque, perché quel pianoforte era un tutt'uno col suo musicista e la sua presenza era ingombrante e pesante, almeno secondo lui. Rompeva quell'equilibrio stupendo, con la sua presenza, e si chiese se dovesse rimanere lì, anche se glielo aveva chiesto lui di stargli vicino mentre suonava.
Il rossino si chiese quanto ancora sarebbe riuscito a trattenersi nel fermarlo e stringerlo a se come se dovesse svanire da un momento all'altro. Si chiese quante vite avesse vissuto, prima di arrivare ad amare così tanto una persona... e si chiese, ancora, se fosse possibile amare di più.
Roxas pigiò l'ultimo tasto del pianoforte, tenendo il dito premuto per qualche secondo in più, come se avesse sparato un colpo con la pistola e stesse fermo col grilletto ancora premuto. E, quel colpo di pistola, Axel, lo aveva sentito tutto nel suo cuore, che ora grondava di emozioni fortissime, invece che di sangue.
"E' bellissima" mormorò il rossino, a bassa voce, voltandosi a guardarlo mentre girava la pagina dei suoi spartiti, leccandosi un dito per farlo con più facilità.
"L'ho scritta io... per ora l'ho chiamata 'Feels'. E' un nome provvisorio, e credo che lo cambierò presto, visto che non mi convince!" spiegò l'altro, mentre continuava a cercare qualcos'altro da suonare.
"Io la chiamerei 'Roxas'!" disse Axel, senza pensare e nemmeno pentendosi troppo di averlo proposto. Ci credeva davvero, in quello che aveva detto e, visto che il biondino contava su di lui, sapeva di potersi permettere certe osservazioni di fronte a lui.
"Scemo!" lo redarguì Roxas, sbuffando divertito.
"No, davvero!" esordì Axel, "E' bella, profonda e emozionante!"
Roxas si voltò di tre quarti e lo guardò scettico: "Proprio come me!" disse, ironico.
Axel rimase qualche secondo in silenzio a guardarlo, poi mormorò: "Sì..."
Il biondino si voltò definitivamente a guardarlo, senza parole. Scese un silenzio strano, ma che non era né pesante né imbarazzante. Era... il loro silenzio. Quello che scendeva quando si parlavano solo guardandosi negli occhi.
Roxas inarcò le sopracciglia che sparirono dietro la frangia bionda e, socchiudendo la bocca nel tentativo di dire qualcosa, vi rinunciò buttandosi tra le braccia di Axel e stringendolo forte.
Un abbraccio carico di malinconia e frustrazione, ma anche di dolcezza e di gratitudine.
"Roxas..." lo chiamò il rossino, leggermente scosso per quel contatto improvviso, stringendolo comunque a sé e carezzandogli i capelli delicatamente.
"Tu dici sempre delle cose bellissime..." mormorò il biondino, affondando la testa nella sua t-shirt.
Axel rise: "Sei tu che me le tiri fuori, piccola peste!"
"Impossibile... non c'è niente di bello, in me..."
Axel, a quelle parole, lo avrebbe schiaffeggiato. Non solo erano parole stupide e tristi, ma non erano assolutamente vere.  E non solo perché lui era innamorato, ma perché lo vedeva anche negli altri. Per quanto fosse spesso scostante e di poche parole, anche Ventus e Vanitas erano sempre entusiasti quando parlavano di lui, perché, malgrado la sua perenne malinconia, era un ragazzo fantastico... Perfino Riku lo aveva un po' rivalutato ultimamente.
"Ti prendo a sberle ora o dopo?" chiese, ironicamente, cercando di farlo ridere. Roxas, però, non rise ma sospirò stancamente nel suo petto. Alzò il viso verso il suo con una lentezza incredibile e lo fissò nei suoi occhi verdi, facendolo palpitare.
"Davvero, Axel... io sono orribile..."
Il rossino sospirò, poi sorrise e alzò una mano per passargliela tra i capelli setosi, scoprendoli morbidissimi al tatto.
"Non sei orribile... tu sei uno spettacolo. E non sai quanto sono felice di aver avuto la fortuna di incontrarti..."
Roxas chiuse gli occhi, perdendosi per un attimo nella sua mano tra i capelli. Si sentiva improvvisamente rilassato, quasi felice... e lui, d'altra parte, sapeva appena cosa significasse provare felicità, siccome il buio aveva sempre predominato nel suo cuore.
Si sentì per un attimo importante per qualcuno e non seppe perché ma era contento che quel qualcuno fosse proprio Axel. Gli infondeva sicurezza, allegria, dolcezza. E lui aveva bisogno di tutto questo...
Buttò di nuovo il viso nel petto di Axel e, rigettando giù il cuore che gli era finito in gola deglutendo la saliva, disse: "Anch'io sono felice di averti incontrato..."
Ed Axel, a quelle parole, si sentì morire... nessuno nella sua vita gli aveva mai detto una cosa del genere e si sentì importante, solo per un attimo, solo per un secondo, mentre stringeva quell'esserino terribile che lo aveva fatto innamorare come un ragazzino e che avrebbe protetto sempre, anche rischiano la vita, anche dovendolo salvare da una torre altissima, protetta da un cavaliere malvagio...
"Ti va di suonare ancora per me?" gli chiese, poco dopo, dandogli poi un bacio sulla testa bionda.
Roxas annuì ancora nascosto tra le sue braccia, poi si staccò lentamente e sorrise debolmente, tornando a guardare il suo quaderno degli spartiti e fermandosi poco dopo e leggendo la prima riga. Riposizionò le dita sulla tastiera e cominciò a suonare.
*Fantasia Alla Marcia*
Soave. Soave come piccole gocce di pioggia sul vetro, mentre sei davanti al caminetto protetto dalle quattro mura della tua casa, leggendo un libro appassionante e bevendo un cioccolato caldo, chiuso in una coperta.
La testa bionda di Roxas che si posa sulla tua spalla, sbirciando quelle pagine per scorrere con gli occhi qualche riga e capire che cosa ti piace leggere, magari per avere un'idea di cosa regalarti a natale.
Poi tu stringi la coperta anche intorno alle sue spalle e sorridi, mentre lui alza la testa e ti bacia il mento. Tu ti chini e gli lasci un bacio sulle labbra che lo fa un po' arrossire... poi chiudi il libro, perché non è più così interessante come pensi e lo stringi, baciandolo ancora e ancora, perché quelle labbra sono tutto ciò che vuoi nella tua vita e non perderesti nemmeno un'occasione per divorarle...
Axel si risvegliò improvvisamente, quando la musica si fermò e si accorse che Roxas lo stava guardando confuso, vedendolo così imbambolato a fissare le sue dita delicate, ferme a mezz'aria sul pianoforte.
"Ci sei?" gli chiese il biondino, ridendo, dandogli un buffetto sul naso che lo fece trasalire.
"Sì... stavo pensando a quanto è buona la cioccolata calda in inverno..." spiegò, rendendosi conto della spiegazione apparentemente assurda che aveva dato, senza entrare nei particolari del sogno ad occhi aperti che aveva appena fatto.
"Come puoi pensare alla cioccolata calda in estate!" lo prese in giro Roxas.
Axel sbuffò divertito e gli arruffò i capelli: "A natale penso a quanto siano buoni i ghiaccioli, pensa un po'!"
"Devo dare ragione a Vanitas: sei un tipo strano!" rispose ancora il biondino, ridendo.
Axel gli diede una piccola spinta, fingendosi offeso: "Ehi! Ma guarda un po' che insolente che sei!"
Roxas a quella affermazione non riuscì a trattenere una risata, che fece sciogliere il cantante. Axel sorrise e posò le dita sul pianoforte, senza però premere i tasti.
"Era molto bella, quella musica..." esclamò, ricordandosi della canzone che aveva appena suonato e che lo aveva catapultato in quel mondo fantastico.
"Grazie." mormorò il biondino, un po' imbarazzato da quel complimento sincero.
Axel lo guardò e sorrise. Un sorriso che poi trasformò in uno scaltro. Roxas lo guardò confuso e poco dopo scoppiò a ridere quando Axel cominciò a suonare il pianoforte, eseguendo la marcia di Topolino.
Era abbastanza bravo e il biondino si sorprese che fosse capace a suonare. Non lo sapeva che oltre a cantare sapesse suonare il pianoforte. Quando Axel smise lo guardò ridere e lo seguì a ruota.
"Non farti strane idee, so suonare solo questa!" gli spiegò.
Roxas ridacchiò e lo guardò: "Chi te l'ha insegnata? La sai suonare bene!"
Gli occhi di Axel si velarono per un attimo di malinconia prima di ricominciare a brillare come al solito e sospirò, sorridendo: "Mio padre suonava il pianoforte, ed era anche molto bravo! Io non ero molto interessato ad imparare ma ci teneva che un po' mi ci mettessi anch'io, così guardandolo suonare cento volte la marcia di Topolino, la imparai! Non ho idea di quali note la compongano, ma so a memoria i tasti, quindi muovo le dita meccanicamente! Lui rideva sempre quando la suonavo per imitarlo e prenderlo in giro... e ogni tanto mi chiedeva di suonarla a quattro mani! Mi divertiva!" ammise, incrociando le dita tra loro, un po' a disagio per essersi esposto così tanto.
"E' una cosa molto dolce..." rispose Roxas, sorridendo.
Axel lo guardò scettico, perché aveva paura che lo avesse detto solo per farlo contento.
"Sì... sì, lo è!"
"Ti va di suonarla assieme?" chiese ancora il biondino, titubante.
Il rossino rimase attonito di fronte a quella richiesta e non seppe cosa dire, così Roxas di tutta risposta gli prese le mani con un gesto deciso e gliele posizionò sulla tastiera, invitandolo a suonare perché quella proposta per lui era stata azzardata e aveva paura di cambiare idea per la sua solita insicurezza.
"Non criticarmi, ti prego!" supplicò Axel, mordendosi un labbro.
"Non preoccuparti, l'hai suonata bene prima! Pronto?" chiese.
Axel annuì e quando cominciò a suonare, Roxas lo seguì poco dopo nella sua parte di tastiera.
Si sentirono due stupidi, in realtà, ma si stavano divertendo tanto e Roxas non lo faceva da una vita. Ridere, fare cose stupide senza pensare... erano cose che aveva dimenticato da tempo e si sentì stranamente libero da ogni cosa, suonando anche solo quella stupidaggine.
"Come along and sing a songAnd join the jamboree, Mickey Mouse, Mickey Mouse, Mickey Mickey Mouse!" cantò Axel.
Roxas scoppiò a ridere, reclinando la testa un po' all'indietro, senza smettere di suonare. Erano davvero due stupidi e Axel sembrava fare di tutto per non essere serio, in quel momento. E Roxas capì che era tutto per lui, per farlo ridere, per alleggerirlo un attimo da tutte le sue paure e insicurezza e fu felice che, malgrado quella magia durasse solo il tempo di un soffio, funzionasse benissimo.
Continuarono a suonare la marcia, Roxas con la sua solita naturalezza e Axel con un po' più di fatica, visto che era una vita che non la suonava a quattro mani, poi tornò il ritornello e il biondino si sentì peggio di un bambino di tre anni, quando decise di cantare.
"Come along and sing a songAnd join the jamboree, Mickey Mouse, Mickey Mouse, Mickey Mickey Mouse!" cantarono insieme, e scoppiarono di nuovo a ridere, smettendo poi di suonare e guardandosi.
"Dio... non ridevo così da... ere!" ammise il biondino, stropicciandosi un occhio lacrimoso per il troppo ridere, mentre cercava di riprendere fiato.
"Anche io!" rispose Axel, sospirando.
"Axel..."
Il rossino si voltò a guardarlo, un attimo estraniato: "Dimmi"
Roxas incrociò i piedi sotto lo sgabello e infilò le mani tra le cosce, in una posizione di disagio. Abbassò lo sguardo iniziando a contemplare la tastiera del pianoforte.
"Ricordi quel giorno... quel giorno che abbiamo preso il gelato insieme?"
Come poteva dimenticarlo? Era stato il giorno in cui si era accorto di amarlo... decise di non spiegarla a quel modo e si limitò ad assentire con la testa, mugolando un "Mh mh!"
"Sai, quel giorno avevo proprio bisogno di staccare un attimo la spina e... beh, sembrerò stupido, ma non sai quanto mi ha reso felice il tuo invito..."
"Non sembri stupido..."
Roxas si voltò con fatica a guardarlo, reprimendo le lacrime che buttò giù con un suono gutturale rumoroso. Axel se ne accorse e voleva dirgli che, se aveva voglia di piangere, poteva farlo... lui era lì, pronto a consolarlo.
"E' stato bello... mi ha fatto dimenticare per un attimo... il fatto che..." si bloccò, perché le parole non gli uscivano più dalla bocca, arrestate da un cumulo di frustrazione appallottolata nella sua carotide.
Axel si mosse sulla sedia, un po' preoccupato e strinse le mani ferramente alla pelle scura dello sgabello.
"Il fatto che?" lo incitò, ansioso.
Il blocco alla gola di Roxas si sciolse non appena entrò in contatto con le sue lacrime calde. Le sentì scorrere sulle sua guance, maledicendosi di essere scoppiato di nuovo davanti al rossino, che ora lo stava guardando shockato da quella reazione.
Non appena Axel si rese conto di cosa stesse succedendo, Roxas lo stava già stringendo con le braccia intorno al suo collo e con la testa affondata nella sua clavicola spigolosa.
Lo strinse, fortissimo, ed era così piccolo che le braccia quasi gli facevano un giro completo intorno alla sua schiena.
Singhiozzava così forte che il suo pianto faceva eco molto più rumorosamente delle note del pianoforte.
"Roxas, ti prego, calmati..." cercò di rassicurarlo, poggiandogli una guancia tra i capelli.
"Non... non ci riesco!" singhiozzò, stringendolo di più.
"Io..." esordì il rossino, ormai al limite, frustrato e arrabbiato del fatto che Roxas non gli raccontasse mai i motivi che lo portavano a scoppiare a quel modo, peggio di una bomba ad orologeria. Se aveva un problema doveva dirglielo e, se il rossino avesse potuto, lo avrebbe aiutato con tutte le sue forze... "Vorrei poterti aiutare, Roxas. Ma se tu non mi dici che hai, non posso fare niente..."
Roxas singhiozzò ancora, rimanendo il silenzio per un tempo che al rossino sembrò infinito, poi digrignò i denti, rabbiosamente: "Quell'uomo..."
"Quale uomo?" chiese, sussultando, perché ebbe paura di aver già capito.
"Lui... io... non lo so che cosa vuole da me..." pianse, facendo scivolare pesantemente le braccia, che fino a un momento prima stringevano il collo di Axel, lungo i fianchi, lasciandosi completamente andare di peso sul corpo del rossino, che dovette stringere i muscoli per non cadere all'indietro, sul pavimento.
Roxas era stanco e il fisico ne risentiva, perché non aveva più la forza nemmeno di reggersi. Il cantante quando sentì quel corpo lasciarsi andare sul suo seppe che la cosa era più grande di quanto credesse.
"Che cosa... che cosa ti ha fatto?" chiese, titubante, anche se non voleva forzarlo. Ma prima o poi avrebbe dovuto dirglielo, soprattutto perché se quel tipo, Xemnas, gli aveva fatto qualcosa di male, dovevano fare qualcosa... dovevano avvertire le autorità e rovinargli la vita, sempre se non fosse morto prima per mano di Axel.
"E'... viscido... quando cerca di creare un'intimità che io non voglio avere con lui..."
Axel capì e, rabbiosamente, lo prese per le spalle per guardarlo negli occhi, scoprendoli gonfi e spenti, come quel giorno del saggio, quando quel tipo gli aveva posato le mani sulle spalle, in un modo che non gli era piaciuto per niente.
"Roxas, che cosa ti ha fatto? Dimmelo!" urlò, senza riuscire più a trattenersi, mentre il biondino sembrava molto scosso da quella reazione. Poi capì e abbassò lo sguardo.
"Lui mentre suono mi parla nelle orecchie e mi dice cose bellissime..." mormorò, "Ma non lo fa nel modo in cui lo faresti tu..." strizzò gli occhi, dolorosamente e si strinse nelle spalle, "E poi mi carezza senza dolcezza... mi fa paura..." rabbrividì a quel ricordo.
Axel non sapeva più cosa dire. L'unica cosa che aveva voglia di fare era alzarsi da quello sgabello e correre per andare a picchiare quell'uomo orribile, fino ad ammazzarlo se era necessario e non gli importava se poi avrebbe passato dei guai, perché questo voleva solo dire che avrebbe liberato Roxas da quella prigione fatta di languidi gesti orrendi, di parole bellissime trasformate in sussurri terribili, di sguardi penetranti dettati solo da una profonda instabilità mentale.
"Devo... devo fare qualcosa... non posso permettere che ti faccia del male... non... io..." balbettò il rossino, accecato dalla rabbia e dall'angoscia. No! Non poteva crederci, non poteva accettarlo... non questo. Roxas era stupendo, era meraviglioso, era un angelo... come poteva solo minimamente trattarlo così, solo perché era fragile; debole come una parete di carta...
"Axel... non puoi fare niente..." gli disse Roxas, con voce senza tono, spento come un morto. "Stai già facendo troppo ed io te ne sono grato..." gli posò una mano sulla guancia, mentre gli occhi si riempivano di tristezza. Era una tristezza disarmante, più grande di lui. Era troppo piccolo per farsi riempire da tutto questo... era troppo piccolo per poter contenere una cosa così... era troppo piccolo per soffrire peggio di un adulto.
Era troppo piccolo per perdersi i migliori anni della sua vita perché il primo malato mentale aveva deciso così...
"Ti... ti ha fatto altro... ti..." balbettò ancora Axel, poggiando una mano sulla sua, ancora attaccata alla sua guancia.
Roxas scosse la testa, poi abbassò di nuovo lo sguardo: "Mi ha rubato il mio primo bacio... ma poi non mi ha baciato più..."
No, questo era troppo. Era troppo anche per la pazienza del rossino. Non anche questo, non anche il ricordo di una cosa così bella come il primo bacio. Non... non...
Dio, il cervello gli stava andando in tilt, era furioso, oppresso, schiacciato da un forte senso di vendetta e di rabbia. Cosa poteva dire? Le parole erano inutili... voleva solo che glielo avesse detto prima o che, per lo meno, lo avesse raccontato a Ventus. Accidenti, si ricordò del giorno del saggio, quando Ventus gli aveva parlato del Maestro Xemnas, un grande artista e compositore, con cui avevano dovuto insistere per fargli prendere Roxas nella sua scuola. Dio, perché lo avevano fatto? Quindi da quanto andava avanti quella storia? Da quanto lo avevano gettato inconsapevolmente nelle fauce del leone? Da quanto tempo ormai gli avevano rovinato la vita?
Maledisse Ven e la sua famiglia, anche se non sapevano nulla. Loro e la loro fissa di rendere Roxas un prodigio, di fargli fare sempre qualcosa di magistrale, di fargli vivere una vita fatta di soddisfazioni, perdendo il punto sul fatto che fosse un ragazzino e che aveva bisogno di giocare, di divertirsi, di fare stronzate con gli amici, di farsi male sbucciandosi un ginocchio e non graffiandosi l'anima con una situazione così delicata e impensabile. Le cicatrici rimangono sulla pelle, quando sei un bambino, e ti devono ricordare il giorno che sei caduto dalla bicicletta e ti sei rialzato sanguinante, ricominciando a correre senza aver imparato ad andare più piano perché è pericoloso, e non farti morire di paura perché qualcuno ti ha lacerato il cuore e tu non puoi difenderti perché sei impotente.
"E' solo colpa mia se lui fa così... forse sono troppo distante... forse cerca solo di incitarmi a cambiare... sono io che devo..."
"Tu non devi fare niente! Tu non devi cambiare! Tu sei tu e non è colpa tua!" urlò il rossino, adirato, scotendolo nel chiaro segno di farlo rinsavire "Non è questo l'atteggiamento, Roxas... non devi pensare che è colpa tua, perché in queste cose è lo sbaglio più grande che puoi fare! Tu non hai fatto niente per meritarti questo! Lui è malato, ha dei problemi e deve essere fermato! Devi dirlo ai tuoi genitori!"
Roxas lo guardò con gli occhi sgranati, che si riempirono di nuovo di lacrime: "Come posso dirglielo!! Come? Io... mi vergogno a parlarne... è un disagio così grande... che cosa penseranno di me? Che cosa penserà mia madre sapendo che non mi sono ritratto alle sue carezze... a quel bacio..." mormorò, in preda ad un pianto disperato, stringendo i pugni rabbiosamente nella maglia del rossino, che invece di impietosirsi si arrabbiò di più.
"Vergognarti? Roxas, quel tipo ti molesta e tu non puoi difenderti perché nessuno sarebbe in grado di farlo! Lui ha il potere di schiacciarti sotto il suo peso perché è quella la sua natura! Se tu non ti ritrai ai suoi baci è solo perché sei impietrito e non perché ti piacciono... non possono piacerti, fanno schifo, ti nauseano!"
Era vero... era tutto assurdamente vero. Quel tipo lo nauseava, tanto che il giorno che lo aveva baciato era uscito dal portone e aveva vomitato sull'asfalto, per l'ansia e per il voltastomaco che gli aveva dato quella schifosa e forzata intimità che quello cercava di fargli provare.
Rabbrividì al ricordo di quel contatto, che gli diede quando stava andando via, ricordando che quel giorno, prima che accadesse, quel tipo non gli aveva fatto o detto niente di brutto ed era quasi sollevato che forse avesse capito che a lui quelle cose non piacevano... e invece, alla fine, prima che potesse varcare quella soglia e liberarsi da quel grande senso di oppressione che quella stanza che puzzava di fumo gli dava, quell'uomo lo aveva preso per le spalle e si era inginocchiato a guardarlo negli occhi, con quel sorriso languido e gelido, senza emozioni, senza dolcezza, senza un cazzo di niente,  e lo aveva baciato, carezzandogli una guancia con quella mano ruvida, piena di calli durissimi che le corde del violino gli avevano formato con gli anni.
E Roxas non aveva fatto niente. Non aveva nemmeno contribuito a quel bacio. Era rimasto immobile, con le braccia attaccate ai fianchi, con gli occhi aperti e spenti, cercando di smorzare il cervello per non imprimersi nella mente quel ricordo che comunque si marchiò come un tatuaggio nella sua testa. L'unica cosa che ricordava di aver fatto era di aver stretto fortissimo il manico della custodia del violino, chiedendosi nel cervello, continuamente, come un martello che sbatte ripetutamente contro un chiodo, perché proprio a me?
E, quella domanda, se la faceva ogni giorno, ogni istante, anche prima di dormire, prima di mangiare, prima di fare la doccia, prima di suonare qualsiasi strumento. E, soprattutto, appena sveglio, facendogli perdere ogni voglia di vivere... ogni. fottuto. proposito. di. esistere.
Era una custodia vuota, e la sua anima chissà dov'era finita... e voleva solo mettersi a dormire e svegliarsi scoprendo che era stato solo un sogno, magari suggestionato da un brutto film visto la sera prima e scoprire di poter sorridere quando e come voleva, anche per delle stronzate, anche guardando Vanitas e Ventus che litigavano come stupidi ogni santo giorno. Ridere come facevano Axel e Riku quando sentivano una battuta stupida uscire dalla bocca velenosa del chitarrista e poi, magari, ricordarla davanti ad un drink, in un pub che suonava buona musica, senza pensare che il giorno dopo svegliarsi sarebbe stato difficile perché la vita non ti dava più niente. Nemmeno un sorriso.
"Smetti di andarci... smetti di andare da lui, Roxas... ti prego... e poi denuncialo e lascia fare a loro." lo risvegliò Axel, disperatamente, stringendogli le spalle e poggiandogli la fronte alla sua, stringendo gli occhi. "Non deve più farti del male... non deve più provare a sfiorarti con quelle mani schifose! Non può... tu sei... uno spettacolo. Non lo meriti..."
Roxas si sentì toccato da quelle parole, dette con una sofferenza fortissima. Axel era un miracolo. Era come un angelo sceso dal cielo per aiutarlo, per rassicurarlo sempre, per salvarlo dalla torre, dove il guerriero oscuro lo teneva nascosto, per paura che qualcuno potesse portarglielo via. Era il suo principe temerario pronto a dare la vita.
"Axel..." mormorò il biondino, mentre sentiva che il cuore ricominciava a battere, dopo chissà quanto tempo che si era fermato.
"Cristo, io lo ammazzo... giuro che lo ammazzo!" disse Axel tra i denti, ignorando il fatto che Roxas lo stesse chiamando con una vocetta piccola piccola. "Dimentica quel bacio, Roxas... dimenticalo e non dire mai più che era il tuo primo bacio! Lo avrai, prima o poi e ti piacerà! E semmai la persona che te lo darà non sarà quella che ti renderà felice tutta la vita, avrai comunque un bel ricordo! Il tuo primo bacio dallo a chi ami e cancella quella cosa che lui ti ha dato... non... io..." balbettò, tristemente, lasciando andare le mani dalle sue spalle per stringerlo di nuovo.
Roxas si zittì e smise di chiamarlo. Si lasciò andare sul suo petto e lo strinse a sé, facendosi cullare per un attimo dalle sue braccia snelle ma forti, che gli davano sicurezza e che non lo toccavano languidamente, non lo carezzavano con malizia...
Axel era buono e si rese conto che, se ultimamente aveva cominciato ad alzarsi il mattino con un po' più di voglia di vivere era solo perché sapeva che Axel esisteva. C'era, era reale e gli regalava tantissima dolcezza.
Il buio che Xemnas gli vomitava addosso veniva illuminato dalla luce che quel rossino intraprendente e allegro gli regalava. Come una barriera magica. Come una spada di luce pronta a difenderlo in ogni istante.
"Lo terrò a mente..."
"Che cosa?"
"Il fatto di considerare il mio primo bacio solo quello che darò a chi amo..."
Vorrei essere io! Vorrei essere io! Vorrei essere io!
"Smetti di andarci, Roxas..."  gli ripeté carezzandogli i capelli.
Roxas sospirò: "Ci proverò..."
E Axel non disse altro, anche se voleva dirgli che non doveva provarci, doveva farlo e basta; ma capiva il suo disagio... il suo disagio verso tutto. Il disagio nell'andarci, ma anche dire ai suoi genitori che non voleva più andare a lezione di violino inventando una scusa e poi rivolgersi alla polizia per arrestare quel tipo... dire a Ventus che era solo colpa loro se lui era diventato così vuoto... dire a sua madre che, malgrado non avesse capito niente, la perdonava comunque perché le voleva bene.
Axel non poteva fare altro. Poteva solo asciugargli le lacrime dagli occhi e consolarlo e cantare, quando lui glielo chiedeva. Poi basta, era impotente, non poteva fare nulla. Voleva picchiare, umiliare, uccidere quell'uomo terribile, ma sapeva che se lo avesse fatto sarebbe stato peggio. Roxas non voleva questo da lui. Era già tanto se era riuscito a lasciarsi andare e raccontargli tutto, ora doveva solo spronarlo a fare qualcosa e poi tutto sarebbe venuto da sé, lo avrebbe aiutato a colmare quel vuoto che si era formato nella sua anima e poi, col tempo, forse, avrebbe dimenticato o, per lo meno, avrebbe imparato a ricordare con distacco quel periodo della sua vita che lo aveva ucciso.
"Voglio ricominciare a vivere..."
"Lo farai, piccola peste... ti prometto che lo farai!" gli rispose, affondando il naso nella sua testa bionda.
"Aiutami a vivere la vita come un sedicenne normale, Axel..." gli chiese, con una voce così piccola e dolce, che il rossino si sentì avvampare. Un'altra richiesta d'aiuto, un po' bizzarra, ma non impossibile da realizzare.
"Che cosa vorresti fare?" gli chiese, dolcemente.
"Divertirmi... ridere per cose stupide... avere amici con cui punzecchiarmi... guardare film al cinema facendo casino... sono cose che non ho mai fatto" ammise, strusciando un pochino la guancia sulla maglietta del rossino, che lo vide come un gesto molto affettuoso.
"Facciamo così..." esordì Axel, sorridendo, prendendolo di nuovo per le spalle per guardarlo negli occhi. "Siccome hai perso molto più della tua adolescenza, ricominciamo da capo! Facciamo quelle cose che avresti dovuto fare anche da bambino, invece di rinchiuderti a suonare e a studiare come un matto!"
Roxas si fece scappare una risatina e lo guardò scettico: "Studiando come un matto ci ho preso una borsa di studio!" disse, non serio.
"Al diavolo queste cose da secchione raggrinzito! Dovrai sbucciarti una dozzina di volte le ginocchia prima di poter vivere una vita forgiata dalla tua infanzia..."
Era vero e Roxas lo sapeva benissimo, perché i suoi coetanei, che erano fortemente diversi da lui, avevano passato gli anni più belli a rincorrersi nei cortili delle scuole, giocando a pallone e graffiandosi la faccia quando cadevano sul brecciolino dopo aver provato a parare in porta.
Lui, quelle cose, non le aveva mai fatto.  Se n'era stato sempre sulle sue, a studiare, a suonare, a leggere libri impegnati, senza mai sognare un po' leggendo Il Piccolo Principe o Harry Potter; o guardando Il Re Leone e commovendosi alla morte di Mufasa o rabbrividendo tentando di essere coraggioso guardando il suo primo film Horror.
Gli mancava tutto questo e voleva riavere la sua infanzia indietro e sapeva che non era ancora tardi. In realtà non era mai tardi per niente, nemmeno per ricominciare a vivere anche se la vita non ti ha dato niente.
"Mi serve una bicicletta e un posto pieno di buche e sassi... domani facciamo una passeggiata vicino al centro commerciale! La strada è tutta sterrata e fa veramente schifo!" rise il rossino, divertito all'idea di portarcelo.
"Ma non è pericoloso?" chiese titubante Roxas, stringendosi un po' nelle spalle.
"Roxas, non è lo spirito giusto! C'è il rischio di cadere e farsi molto male, ma non è mai morto nessuno! Ci stai?" chiese, infine, facendogli l'occhiolino.
Roxas lo guardò sempre più sbigottito. Ma aveva veramente vent'anni quel ragazzo? A occhio e croce, in quel momento, gliene dava tre... e si era pure tenuto largo.
Scosse la testa, rassegnato, ridacchiando poco velatamente. Il rossino gli mostrò la mano per fare in modo che la stringesse, come a voler chiudere un patto.
Roxas sorrise e gliela strinse: "Ci sto!"
Axel poteva implodere o esplodere tranquillamente, in quel momento, perché era al settimo cielo. Non credeva gli avrebbe detto di sì, ma ora che lo aveva fatto si sentì più leggero. Non poteva liberarlo dalla gabbia, ma poteva fare il possibile per fargli almeno dimenticare per un po' le sue angosce e paure.
Lo amava così tanto... e ogni giorno che passava rafforzava quel sentimento.
 
 
Malgrado fosse domenica mattina e quindi poteva permettersi di dormire ancora un po', Axel aveva già alzato le chiappe dal materasso ed era pronto ad uscire dalla stanza per raggiungere la cucina, allegro, con il cellulare in mano, intento a leggere un sms.
"Buongiorno! Dormito bene?"
Forse non aveva dormito magnificamente, ma quel risveglio lo aveva totalmente ricaricato. Mentre percorreva il salotto per raggiungere la cucina, rispose.
"Buongiorno piccola peste! Abbastanza bene... non fare tardi, oggi!"
"Non sono io il ritardatario :)"
Axel, a quel messaggio, rise e, mettendo il telefono in tasca varcò finalmente la soglia, sorridendo.
Sua madre lo vide mentre apriva il frigo, trotterellando sul posto, per prendere il latte. Alzò un sopracciglio quando passò vicino a lei e le diede un affettuoso bacio sulla guancia.
"Axel, stai bene?" gli chiese, strabuzzando gli occhi.
"Sì, perché?" rispose il rossino, versando del latte in una tazza e mettendola poi nel microonde.
"Non lo so... sembri... raggiante!" constatò.
"Sembro raggiante?" disse Axel, voltandosi a guardarla con un sorriso a trentadue denti.
Sua madre lo guardò e non seppe cosa dire. Ok, Axel non era mai stato tanto normale e questo lo aveva sempre saputo, ma ora, più che mai, gli stava facendo venire i brividi. Però, stava sorridendo, quindi poteva stare tranquilla. Stava bene, anche troppo!
"Come mai sei già sveglio?" chiese, quando il figlio si era seduto vicino a lei, versandosi distrattamente mezza bustina di cereali nella tazza. Lo guardò esasperata, pensando che aveva appena sprecato mezza busta per le sue solite distrazioni, che oggi sembravano un po' più rafforzate del solito.
Decise di ignorare quel particolare quando lui alzò il viso su di lei, mentre si infilava in bocca un cucchiaio intero di cereali, sbrodolandosi come un idiota e masticando a fatica. Non appena ebbe mandato giù il groppo si accinse a risponderle.
"Stamattina vado a fare un giro in bici con Roxas, il fratellino di Ven... te ne ho parlato, no?"
La donna sospirò stancamente, prendendosi il viso tra le mani e poggiando i gomiti sul tavolo: "Non mi parli d'altro, Axel..."
Il rossino strabuzzò gli occhi, rendendosi conto che effettivamente, ogni volta che raccontava qualcosa a suo madre, nel bene o nel male, le parlava sempre di Roxas. Forse era per via del suo bisogno impellente di nominarlo ogni 3x2 visto che ne era cotto... e visto che con Van e Ven non poteva parlarne, con Riku doveva farlo moderatamente perché se esagerava lo prendeva a schiaffi, si limitava ad arrivare le sera a cena e parlare a raffica, tentando di inserire in ogni discorso il biondino per il puro gusto di nominarlo ed elogiarlo.
"E' che ormai fa parte del gruppo... c'è sempre..." cercò di giustificarsi, infilandosi di nuovo il cucchiaio in bocca così da non poter continuare.
"Sìsì... da quanto state insieme?" chiese la madre, in tono neutrale, cercando di imbarazzarlo.
"Non stiam..." si bloccò, rendendosi conto della faccia scaltra della donna, che lo stava chiaramente prendendo in giro "Mamma!! Certo che sei tremenda, eh?"
"Sì, un pochino sì!" ammise lei, arricciando il naso, poi sorrise. "Beh, vado a riempire la lavatrice, tu cerca di non fare danni che oggi ti vedo particolarmente imbranato!"
"Ma non è vero!" piagnucolò lui, mentre gli cadeva il cucchiaio sporco sui pantaloni del pigiama, "Cazzo!" mormorò, guardando il danno.
"Tu pensa meno a quel Roxas e vedrai che queste cose non succederanno più!" lo redarguì, poi scoppiò a ridere, mentre entrava in bagno e si chiudeva la porta alle spalle.
"Mamma!!"
 
Axel pensò che a differenza di altri genitori, sua madre era fin troppo scaltra. Non solo capiva al volo le cose - spesso anche prima di lui - ma si permetteva pure di prenderlo per il culo. Avrebbe tanto voluto avere dei genitori come quelli di Vanitas, che erano fin troppo distaccati dalla vita privata dei loro figli... poi però si rendeva conto di quanto era fortunato ad avere una madre così e cambiava idea.
Si infilò un paio di Jeans elasticizzati, perché lui le tute non le sopportava proprio. Si infilò una maglietta dei Franz Ferdinand nera e si allacciò un paio di converse nere, che erano la cosa più vicine ad un paio di scarpe da ginnastica che avesse. Prese le cuffie dalla scrivania e le mise intorno al collo, mettendo l'mp3 nella tasca e recuperando anche le chiavi di casa.
La chiave della catena c'era, occhiali da sole presi, mancava una bella spruzzata di Kenzo ed era pronto ad uscire.
Salutò sua madre urlando dal salotto e quella contraccambiò, indaffarata con le faccende domestiche. Uscì di casa e scese le scale a due a due, non perché fosse in ritardo, ma perché era euforico.
Non appena arrivò in cortile liberò la bici dalla catena e uscì dal portone, accendendo il suo mp3 e cominciando a pedalare verso il centro commerciale, che stava ad un paio di isolati da lì.
Non appena lo raggiunse, sorrise scorgendo una figura minuta in sella alla sua bici, con le cuffie enormi sulle orecchie che cambiava con una certa frequenza le canzoni premendo il pulsante.
Era bello come quella domenica d'estate, portava dei pantaloni fin sotto al ginocchio neri e una t-shirt bianca con il cappuccio, che stava stranamente tenendo abbassato. I capelli erano più in ordine del solito e Axel si chiese divertito se non fosse stato il vento che gli aveva sferzato la faccia andando in bici a riuscire a domare leggermente quella chioma.
Il rossino si tolse le cuffie e spense con un gesto abituale l'mp3 e si avvicinò lentamente, finché Roxas non alzò lo sguardo e lo vide, facendo un sorriso spontaneo che quasi fece venire un infarto al miocardio al cantante.
"Buongiorno!" salutò il biondino, visibilmente contento di vederlo.
"Ciao!" disse Axel, semplicemente, perché si era un attimo perso nei suoi occhi blu come il mare, scoprendoli stranamente un po' più accesi.
Roxas sbuffò divertito, poggiandosi un dito sulle labbra: "Ultimamente ti imbamboli un sacco!"
Colpa tua che sei bellissimo, piccola peste...
"Colpa del caldo, piccola peste!" rispose, arruffandogli i capelli con più energia del solito e quello lo scansò fingendosi scocciato, poi rise.
"Vogliamo andare?"
Axel annuì e cominciarono a pedalare l'uno accanto all'altro, mentre il rossino lo guidava, portandolo dietro al centro commerciale, dove una stradina sterrata non ancora asfaltata per via dei continui lavori rimandati negli anni, ergeva tutta intorno, costeggiando il piccolo fiume della città che era per lo più coperto da erbacce e piante acquatiche.
C'era buche e sassolini dispettosi che spesso facevano perdere un po' il controllo della bici, ma con l'abitudine la si poteva domare con tranquillità.
Roxas era un po' che non andava in bici e si sorprese di essere ancora padrone della situazione, quando accadeva, perché tendeva a intimorirsi un po' quando sentiva che il manubrio girava un po' dove gli pareva.
"Ok, tra poco ci sarà una bella discesa, quindi preparati!" sentenziò il rossino, indicandogli con un dito un punto davanti a loro, dove appunto la strada cominciava a scendere e non si vedeva la fine.
"Prepararmi?" chiese Roxas, alzando un sopracciglio.
Axel sorrise e basta. Non voleva dire nulla perché aveva paura che il biondino facesse dietrofront per la sua idea malsana.
Non appena raggiunsero l'apice della discesa, si fermarono.
"Prendiamo velocità e facciamo andare la bici per conto suo!" esclamò Axel, soddisfatto, poggiando un piede per terra e facendo poi un lungo respiro per sentire l'aria pulita nei polmoni.
"Cosa???" quasi urlò Roxas, sorpreso.
"Ok, pronto?" lo ignorò Axel, cominciando a scendere giù, senza avere alcuna intenzione di fermarsi.
"Axel!!" lo chiamò l'altro "Aspetta un attimo!" e cominciò a seguirlo, sentendo che quel pezzo di strada era particolarmente indomabile.
Axel rallentò un po' e gli si affiancò e lui parve agitarsi.
"No, no, no, no! E' una discesa bruttissima, vado di freno!" disse con la voce nel panico.
"Dai, pedala e poi la fai andare da sola!"
"Ho paura!" piagnucolò, premendo leggermente sul freno e scoprendo che, così facendo, la bici slittava sul brecciolino e gli faceva quasi perdere l'equilibrio.
"Se cadi, ti prendo al volo, giuro!" lo rassicurò il rossino, sorridendo "Pedala e poi togli i piedi, poi dovrai solo indirizzarla dove vuoi perché ha preso velocità!" continuò, poi, prima di iniziare a pedalare fortissimo e superarlo, disse, scocciato: "Roxas, se non ti sbrighi finisce che arrivi alla fine della discesa!".
Roxas alzò un sopracciglio, quando lo vide superarlo a gran velocità e lasciare i pedali quando stava correndo anche troppo. Lo vide alzare addirittura le braccia dal manubrio e ridere come un ossesso.
Lo fissò chiedendosi chi glielo aveva fatto fare di andare lì, poi, vedendo che Axel stava continuando a scendere senza cadere, aggrottò le sopracciglia, deciso e cominciò a pedalare fortissimo, con il cuore a mille, lasciando poco dopo la presa con i piedi e facendosi portare dalla forza d'accelerazione della discesa.
Urlò, Roxas, e si sarebbe ricordato di averlo fatto per un po', visto che probabilmente sarebbe rimasto senza voce. Meno male che non era un cantante...
Urlò così forte, mentre il vento gli sferzava la faccia, che Axel si voltò a guardarlo un po' preoccupato, pensando si stesse cappottando e, facendo questo gesto improvviso, il rossino perse l'equilibrio e cadde per terra, rotolando insieme alla sua bici per qualche metro.
Roxas lo guardò cadere e smise di urlare, raggiungendolo subito dopo e fermando la bici con una frenata laterale, che alzò un polverone bianco. Si sorprese di essere riuscito a non cadere e a fermarsi così bene.
Rimase in sella alla bici a guardare Axel che aveva la faccia spiaccicata sulla strada, immobile.
"Stai bene?" gli chiese, un po' ansioso. "Te lo avevo detto che era pericoloso!"
Axel non rispose, ma rimase fermo immobile in quella posizione e Roxas cominciava a preoccuparsi seriamente, non vedendolo muoversi.
"Axel!" lo chiamò ancora, e, facendo il gesto di scendere per vedere come stava, si sentì prendere la caviglia e perse l'equilibrio, cadendo a terra, mentre la bici cadeva dalla parte opposta.
Roxas cercò di frenare la caduta reggendosi con le mani e vide Axel ridere di gusto, tutto bianco per via del brecciolino in cui aveva deciso di rotolarsi.
"Ma dico, sei impazzito?" lo redarguì il bassista, accigliato, guardandosi le mani graffiate dai sassolini su cui si era appoggiato per non cadere troppo bruscamente. "Potevamo farci seriamente male!"
Axel lo guardò alzando un sopracciglio, un po' stupito da quell'uscita. Dov'erano finiti tutti i buoni propositi del giorno prima, dove il biondino voleva sbucciarsi le ginocchia per poter vivere l'infanzia che non aveva avuto?
Lo prese per un braccio e non ebbe troppa difficoltà nel trascinarlo verso di sé, mentre Roxas sentiva che i vestiti gli si stavano sporcando tutti di bianco e sembrava quasi una fettina di carne infarinata pronta da cuocere. Gli venne quasi da ridere a quel pensiero, ma voleva anche dimenarsi perché Axel continuava a tirarlo verso di sé, finché non gli fu a tre centimetri e si fermò.
"Sei vivo?" gli chiese Axel, guardandolo mentre si metteva su un fianco per evitare almeno di sporcarsi la schiena. Il rossino fece lo stesso, fronteggiandolo.
"Sì, anche se c'è mancato poco!" sospirò, cercando di spazzolarsi via un po' di polvere con una mano. Axel gliela bloccò.
"Non c'è mancato poco!" gli disse, sorridendo, senza lasciare il suo polso, che ora teneva a mezz'aria "Non ci devi pensare! Ti butti e lo fai! Te l'ho detto, no? L'ho fatto una marea di volte!"
"Infatti ti sei leso il cervello a forza di rotolare!" esclamò Roxas, scherzosamente, abbandonando ormai l'idea di pulirsi i vestiti.
Una battuta pungente era un buon inizio, per fortuna. Il Roxas di qualche tempo prima, probabilmente, si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato senza tanti complimenti, offeso e indignato da quell'idea malsana. Invece ora, malgrado l'esperienza sul momento l'avesse un po' spaventato, sembrava divertito.
"Può d'arsi!" rispose Axel, facendo spallucce e non raccogliendo la provocazione. "Tu non preoccuparti, non sei in pericolo, visto che il cervello non ce l'hai!" rispose, noncurante, alzando poi gli occhi sui suoi per vedere la sua reazione.
"Ehi, ma come ti permetti!" lo ammonì, cercando di liberarsi il polso per poterlo schiaffeggiare.
"Non se ne parla, piccola peste! Non mi farò picchiare da te!"
Roxas continuò a dimenarsi con parecchia energia e Axel non voleva saperne di lasciarlo andare, perché sapeva che lo avrebbe sicuramente schiaffeggiato. Gli diede uno strattone verso di se e se lo ritrovò troppo vicino... troppo... troppo... troppo vicino.
Poteva vedergli le lentiggini da quella distanza, scoprendo di non averla mai effettivamente notate... poteva vedere ogni striatura dei suoi occhi, che scoprì avere delle piccole strisce d'argento vicino alla pupilla. Poteva vedere le sue sopracciglia bionde un po' spettinate per il vento. E poi poteva vedere le sue labbra schiuse, respirargli ad una distanza assolutamente non di sicurezza.
Gli lasciò andare il polso, in quel barlume di lucidità che gli era rimasto, e Roxas gli strinse i pugni intorno alla sua maglietta completamente bianca, ormai, alzando le ciglia folte, rivelando di nuovo quelle iridi celesti, incatenandole agli occhi verdi di Axel, che lo stavano fissando.
Il cantante rimase immobile per dei secondi che parvero minuti, agli occhi del biondino, poi alzò lentamente le braccia per prendergli il viso tra le mani, rimanendo ancora immobile.
Lo voleva baciare. Lo voleva fare con tutto se stesso, soprattutto perché, il modo in cui lo stava guardando Roxas, gli faceva credere che glielo stesse quasi chiedendo. Non si era scansato, era rimasto lì, a fissarlo, con ancora le labbra schiuse e gli occhi fissi sui suoi...
Poi, però, il rossino si ricordò del fatto che si era fatto baciare da quell'uomo rimanendo bloccato... e si rese conto che forse lo aveva solo frainteso, quello sguardo... e che forse, Roxas, era solo impietrito dal disagio che lo stava attanagliando, la paura che potesse succedere di nuovo...
La sua mente tornò lucida, totalmente, anche se si sforzò con una lentezza immane a togliere le mani dalle sue guance bollenti, per portargliele dietro la testa e abbracciarlo, semplicemente.
Roxas poggiò la fronte sulla sua spalle e non disse nulla. Voleva dire qualcosa, ma preferì tacere... si limitò a farsi stringere con tutta quella dolcezza e quella frustrazione - e il biondino la percepì, la frustrazione di Axel - e a ricambiare con altrettanta dolcezza, chiudendo gli occhi e dimenticandosi di essere sdraiato su una strada sterrata, piena di sassolini e di buche...
Axel si chiese perché  il destino aveva deciso di rincarare la dose, con quel biondino fantastico, donandogli solo disperazione. Si chiese, poi, giorni dopo, se baciarlo sarebbe stato davvero un errore. Ma non poteva nemmeno provarci, perché Roxas non lo avrebbe scansato e quindi, inevitabilmente, lo avrebbe solo ferito di più.
Si limitò a stringerlo, allora, perché era l'unica cosa che faceva da giorni, per consolarlo, per proteggerlo, per sentirlo così vicino. E quel corpo minuto che ora si era attaccato al suo senza lasciare nemmeno uno spiraglio tra di loro, era già tanto.
Roxas tirò un sospiro frustrato, sul collo del rossino, che rabbrividì. Lo sentì alzare le braccia e stringergli il collo dolcemente, sospirando ancora e ancora.
"Stai bene?"
"Sì"
Aveva risposto troppo velocemente, forse, e Axel capì che stava mentendo. Non aveva alcun bisogno di assecondare le sue bugie, perché gli aveva promesso di esserci sempre, in qualunque momento, se aveva bisogno di lui.
"Non è vero..."
"No, dico davvero... sto bene..."
"Allora guardami"
Roxas era titubante nel farlo, perché effettivamente aveva gli occhi lucidi e non voleva farsi vedere così. Il rossino stava facendo così tanto per lui e non poteva farsi vedere debole, per l'ennesima volta. Ma seppe anche che non doveva avere timore, perché Axel non lo avrebbe giudicato mai.
Alzò lo sguardo lentamente, stupendosi di trovare il rossino a guardarlo sorridente.
Si sentì rincuorato per non avergli visto sulla faccia uno sguardo giudizioso nei suoi confronti. Ma, dopotutto, quando gliel'aveva mai vista fare quell'espressione?
"Sai cosa mi va di fare?" esordì Axel, alzando una mano per passargliela tra i capelli.
"No, cosa?" chiese l'altro, curioso, mentre sentiva i polpastrelli di Axel carezzargli lentamente la cute, in un gesto piacevole.
"Mi va di prendere un gelato da Ice World e poi andare al negozio di giocattoli a vedere che Lego sono usciti quest'anno!"
Roxas lo guardò alzando le sopracciglia, poi rise a quell'uscita e sentì che, anche se stava ridendo, avrebbe pianto volentieri per liberarsi da tutta quella tensione. Non lo fece solo perché Axel meritava tutti i suoi sorrisi migliori.
"Lego?" ripeté, quando smise di ridere.
"Sì, i fottuti mattoncini colorati!"
"Lo so che cos'è un Lego, Axel!" rise di nuovo.
"E allora che domande fai?"
Roxas chiuse un paio di volte le ciglia, rivelandone poi gli occhi stranamente sorridenti.
"Siamo sdraiati per terra, nel nulla, sporchi di polvere e tu mi parli di mattoncini colorati!" esordì e Axel fermò la mano tra i capelli per prendergli il naso e stringerglielo, come a volerlo punire per la sua insolenza.
Roxas si contorse per il dolore e il fastidio, ma non smise di ridere.
"Sì e tu devi solo decidere! Ci stai?"
Il biondino storse il naso quando l'altro glielo lasciò libero, poi scosse la testa, rassegnato: "Ci sto!"
Axel sorrise compiaciuto e si alzò a sedere e poi in piedi, cedendo le mani a Roxas per aiutarlo ad alzarsi. Le prese tra le sue e lo aiutò, poi si tolsero la polvere dai vestiti che tornarono più o meno puliti e ripresero le bici.
Axel, mentre pedalava con quel biondino stupendo vicino, mentre stranamente gli raccontava divertito degli aneddoti su suo fratello e Vanitas, si perse un attimo nei suoi pensieri, sentendo che forse, in qualche modo, qualcosa era cambiato in quel ragazzino. Si chiese quanto sarebbe durata quella magia, prima che ripiombasse nell'oscurità più profonda del suo cuore, attanagliato da una figura nell'ombra che non smetteva di bramarlo.
Rabbrividì, cercando di non darlo a vedere e ricominciò a pedalare, rendendosi conto che quella giornata doveva solo cercare di non dimenticarla.
Fine
 
 
Ahem, ahem *colpo di tosse*
Salve! Come andiamo?
Sìsì, sto facendo finta di nulla perché non so che dire, ma lo so... mi odiate perché ho rivelato finalmente il problema di Roxas e l'ho fatto dopo 7 capitoli! Avete ragione, accidenti, ma dovevo preparare la cosa... dovevo farli unire un pochino... non è che Roxas prende e racconta gli affari suoi al primo rossino che incontra! Cioè, era ovvio v.v (Non fare la saputona, quel ruolo è mio! NdRiku No, tu sei quello che ha i coglioni in timer per esplodere, il saputone è Roxy! NdMiryel cattiva ç_ç NdRoxas).
Beh, che altro aggiungere? Spero che il capitolo vi sia piaciuto, spero che la spiegazione sia stata esauriente e spero che non sia troppo scontata... ci tengo che sia riuscita bene ç_ç
E poi... non sapete quanto vorrei poter cambiare il rating da arancione a rosso per metterci qualche pornata ç.ç ma non posso... questa storia nasce arancione e morirà arancione ç.ç devo resistere e reprimere il mio impulso da zozzona che Devil, One Winged Angel e Lady conoscono bene! Perdonatemi, ragazze!
Ora vi saluto e vi lascio alla Bonus Track e con il disegno spero di aver soddisfatto chi mi aveva chiesto di realizzarlo XD Un bacio!
Miryel (Miaooooo :3)
 
*Bonus Track*
"Riku, hai finito di preparare la tavola?"
"Sì, ci sono quasi!"
In casa Strife c'era parecchio movimento, quella sera, perché non era una cena come le altre, ma bensì la più importante dell'intera esistenza di Cloud; e anche di Zack, probabilmente.
Doveva essere tutto perfetto.
"Zack..." mormorò il biondino, esasperato, mentre guardava il suo ragazzo smangiucchiare del pane di nascosto, preso da un cesto sul tavolo del soggiorno.
Il moro si voltò a guardarlo, con la stessa faccia di un bambino di tre anni che viene colto sul fatto dalla mamma. Rimase con la bocca piena e non disse nulla, ma si limitò a fissarlo impaurito.
"Se non fosse che sono nervosissimo, te lo farei sputare, quel pane!" quasi urlò Cloud, in preda ad una crisi di nervi, arruffandosi i capelli isterico.
Zack masticò l'ultimo boccone e rispose allo sguardo, accigliato: "Ho una fame tremenda! Ma quando arriva quel tipo!?" chiese, disperato.
Riku, che li guardava mentre sistemava le posate, trattenne a stento una risata.
Era vero, anche lui aveva una fame tremenda quella sera. Erano quasi le nove e mezza e il loro ospite non sembrava ancora farsi vivo, così Cloud aveva deciso di fargli trovare almeno la tavola apparecchiata. Compito che come sempre spettava al nipote, che reputava abbastanza ordinato nel farlo.
Il campanello trillò, rumorosamente e il biondino parve agitarsi di colpo. Si sistemò la camicetta bianca e si avvicinò alla porta, non prima di aver fatto cenno a Zack di togliere quelle manacce schifose dal cesto del bene. Il moro, di tutta risposta, si scambiò uno sguardo d'intesa con Riku, che trattenne di nuovo una risata; e sta volta doveva trattenerla davvero.
Cloud aprì la porta e, serio come non lo era mai stato in vita sua, si mise sull'attenti per fare un saluto militare.
"Buonasera, Signore!" salutò, con un tono da vero soldato, la faccia seria e ferma.
Sephiroth lo guardò con una profondissima eloquenza e, sfilandosi un guanto di pelle con una mano, mentre faceva un passo dentro la casa, disse: "Riposo, soldato!"
Cloud obbedì e chiuse la porta con delicatezza, mentre quello si fermava poco dopo in mezzo alla stanza per contemplarne l'eleganza. Aveva un mezzo sorriso sulla bocca che Riku non seppe definire. Non sapeva se era ammaliato dall'arredamento di quell'appartamento o ne era schifato...
"Generale, si accomodi pure dove vuole, stiamo finendo di preparare la cena!" esordì Cloud, avvicinandosi e facendogli cenno di sedersi su una sedia.
L'uomo si voltò a guardarlo e, assentendo con la testa, si diresse verso il tavolo apparecchiato e poggiò una mano su una sedia, prima di rendersi conto della presenza dell'argento, fermo, immobile, impalato a guardarlo da poco lontano, con ancora una forchetta in mano.
"Oh, sì! Lui è mio nipote, vive con noi!" spiegò lapidario il biondino, facendo un cenno a Riku di presentarsi. Quando vide suo nipote tendere la mano invece di fare un saluto militare si sentì morire dentro, ma non poteva dire nulla e si limitò ad aspettare col fiato sospeso la reazione del suo Generale.
"Buonasera, io sono Riku!" cercò di sorridere l'argento, un po' a disagio per quella carica così grande che aveva davanti.
L'uomo lo guardò per un attimo, squadrandolo, poi gli strinse la mano facendo un mezzo sorriso e Cloud sentì i polmoni ricominciare a produrre aria, quando glielo vide fare. Si ripromise, però, di prendere Riku in cucina tra poco, per insegnargli a comportarsi davanti ad un Generale dell'esercito.
"Sephiroth" disse, semplicemente.
Riku lo guardò per un po' con un sopracciglio alzato, mentre si sedeva su una sedia e poggiava i gomiti sul tavolo, intrecciando le dita tra di loro, con posatezza.
Era vestito in prevalenza di nero, con una camicia a maniche lunghe leggera e dei pantaloni gessati che gli percorrevano quelle gambe lunghe che aveva. Al collo portava una collana d'argento con la sua iniziale e aveva dei lunghissimi capelli bianchi, legati in una coda un po' alta.
Se negli anni Riku si era chiesto chi mai potesse essere figo con i capelli bianchi, ora si rispose, finalmente. Sephiroth era un figo e sembrava un metallaro... ma di brutto, poi!
"Io... vado a vedere a che punto è la cena!" esordì Cloud, visibilmente nervoso, poi fece un cenno con le mani al nipote che non capì cosa volesse dire, ma forse era semplicemente un avvertimento, del tipo: "Non dire cose strane o ti caccio di casa!"
Gli venne da ridere per la preoccupazione dello zio e quando lo vide sparire dietro la porta della cucina sospirò e si sedette a tavola. Non amava molto dover fare compagnia agli ospiti dei suoi zii, perché erano sempre persone estremamente serie e aristocratiche. Non poté mai scordare quella volta che andò a cena una tipa con due tette gigantesche che aveva alzato un po' il gomito e ci provava con Cloud, vistosamente. E Zack aveva chiamato un taxi e ce l'aveva ficcata dentro senza tanti complimenti. Era geloso marcio e Riku poteva capirlo...
"Che cosa fai nella vita, ragazzo?"
Riku trasalì, perché era ancora intento a ricordare la tettona ubriaca. Alzò lo sguardo per guardarlo e sorrise.
"Studio medicina!" spiegò, poi si affrettò ad aggiungere "Signore!"
Sephiroth si fece scappare una risatina: "Non c'è bisogno di tutte queste cerimonie... quando tolgo la divisa sono uno come voi!"
Riku stentava a credere che fosse così, visto quanto l'arma lo avesse formato serio e tutto d'un pezzo, ma si limitò a non dire nulla e annuire, mormorando: "Va bene!"
"Quindi studi medicina! Militare...?"
Ah, ma allora era un chiodo fisso questo esercito! E meno male che era un uomo come gli altri, quando si toglieva la divisa...
"No, non è esattamente il mio campo!" disse, storcendo il naso, poi continuò: "Vorrei specializzarmi in Neurologia!"
"Interessante. Non è una cosa da poco, lo sai?" constatò l'uomo, visibilmente interessato all'argomento.
"Lei dice?" azzardò il ragazzo, cercando di non dare l'impressione che la cosa un po' lo aveva lusingato.
Sephiroth accennò ad un lieve sorriso e annuì.
"Sì, è un ramo della medicina che apprezzo molto, per quanto sia una disciplina molto difficile da studiare, ma immagino che se tu abbia deciso di intraprenderla devi essere molto bravo!"
Riku ridacchiò nervosamente: "Me la cavo! Ce la sto mettendo un po' tutta!"
"Generale, non lo ascolti! Fa il modesto, ma ha vinto una borsa di studio l'anno scorso! Ci sta dando un sacco di soddisfazioni!" disse Cloud, riemergendo dalla cucina con un vassoio di tartine in mano. Zack gli si affiancò poco dopo, mettendosi poi di fronte al suo superiore e facendo un saluto militare battendo anche i tacchi.
"Buonasera, Signore!"
"Riposo, soldato Fair!" sorrise Sephiroth, senza alzarsi. Poi guardò Cloud. "Insomma avete un genio in casa!" si voltò a guardare Riku "Tua madre deve essere molto orgogliosa di te!"
Riku sentì il cuore ferito da un milione di spade taglienti, a quella frase.
Scese un silenzio innaturale, dove Cloud guardò suo nipote con uno sguardo che aveva mille significati e l'argento, che aveva alzato lo sguardo su di lui, si sentì un po' più forte e decise che non era il caso di mettersi a spiegare la sua situazione, così annuì.
"Già!"
Sephiroth notò che l'aria si era un po' incrinata, così decise di non aggiungere altro e, guardando le tartine che il biondino teneva ancora in mano, lo incitò con un gesto della mano a poggiarle sul tavolo.
"Mangiamo!" sentenziò.
Zack, che non vedeva l'ora di riempirsi la pancia, anche se si era imbottito di pane, annuì con vigore e si sedette vicino a Riku, dandogli una pacca sulla spalla, chiaro segno che voleva infondergli un po' di forza.
L'argento si sentì fortunato che, malgrado la sua situazione familiare, avesse vicino degli zii così buoni e presenti con lui, per di più le parole di Cloud, dette con un sorriso orgoglioso che lo aveva un po' stupito, lo rincuoravano molto.
Era fortunato, alla fine, e bastava solo che un piccoletto dai capelli castani e gli occhi blu accesi come le stelle mettesse le idee in chiaro e si lasciasse rendere felice da lui... non chiedeva nient'altro, poi sarebbe stato felice per davvero.
Fine.

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Capitolo 9
*** Learn ***



Capitolo 9. Learn
"Come finisce Harry Potter?"
"Roxas, non sai nemmeno come comincia..."
"Beh, ritagli di trama... qualcosa sentito dire..."
"Tu sai solo che è un mago e non sono nemmeno tanto sicuro di questo!"
"Ehi!"
Axel incassò il pugno che la sua piccola peste gli diede sul braccio, indignato, ridendo, perché era stato troppo tenero mentre gli chiedeva quella cosa, smettendo di mangiare il suo gelato al pistacchio e la menta, alzando il viso improvvisamente incuriosito da quella cosa.
"Finisce che Harry muore e i suoi amici diventano cattivi, distruggendo il mondo!" rispose, cercando di rimanere serio, riuscendoci.
"Davvero?" chiese stupito.
"Sì, e poi arriva Iron Man e li picchia tutti quanti!"
Un altro pugno.
"Deficiente!"
Axel rise, scansandosi e prendendosi il braccio dolorante con una mano, poi sospirò.
"Roxas, se hai così tanta voglia di sapere come finisce Harry Potter, perché non te lo leggi?" chiese, saggiamente, dando una leccata al suo gelato che stava iniziando a colare lungo il cono.
Roxas aggrottò le sopracciglia, un po' incerto, tornando a fissare la strada. Beh, effettivamente poteva anche farlo. Aveva passato l'infanzia a leggersi libri sulla storia della musica, saggi storici, gialli impegnati... era ora che iniziasse a leggere anche un po' di quelle che lui chiamava 'perdite di tempo' ma che tutti amavano. E se tutti le amavano, significava che così male non dovevano essere...
"Non lo so... non sono un po' grande per farmi vedere in giro leggendo Harry Potter?" chiese, un po' a disagio, stringendosi nelle spalle.
"Ehi, grazie mille, eh! Io l'ho letto mesi fa mentre ero in metro o in autobus andando all'università! E non ero nemmeno l'unico!" rispose Axel, indignato da quella sua uscita.
Roxas ridacchiò: "Scusa! Devo ancora abituarmi a quello che stiamo facendo!" esordì, poi tirò su la busta di plastica con disegnato sopra il simbolo del negozio di giocattoli "Anche se comprare i Mini-Lego del Signore degli Anelli è stato un piccolo passo per diventare un po' più simile a te..."
Axel alzò un sopracciglio: "Che intendi?"
"Infantile!" rise l'altro, rivelando un sorriso furbastro che Axel non gli aveva mai visto fare e che era arrivato ad un passo per morire, guardandolo.
"Bene, bella considerazione che hai di me, piccola peste!" disse, indignato, con una mano sul fianco, assumendo una faccia seria e offesa.
"Dai, lo sai che ho una buona considerazione di te!" rispose il biondo, ricominciando poi a mangiare il suo gelato.
Axel, intenerito dal modo in cui glielo aveva detto, quel complimento, non riuscì a trattenersi e gli circondò un braccio intorno alle spalle, lasciandolo piacevolmente sorpreso e facendolo sorridere leggermente per tutto l'affetto che aveva da dargli e di cui lui aveva bisogno. Roxas gli posò la testa sul petto, leccando il gelato.
Visti dal di fuori sembravano proprio due fidanzatini innamorati e Axel gongolava un po' a quel pensiero, perché era quello che voleva, alla fine... ma, dato che il biondino era difficile da capire e soprattutto non voleva ferirlo più di quanto non fosse già, gli andava bene così, per ora... ed era felice che, in quella domenica pomeriggio, lo avesse reso un po' più spensierato e meno pensieroso, anche se, quando scendevano quei silenzi di tomba, vedeva i suoi occhi velarsi di malinconia e tristezza, come sempre...
"Andiamo a comprare Harry Potter!" decise il rossino, entusiasta, mentre passavano davanti alla libreria più grande della città. Era bella, sita in un vecchio palazzo dell'ottocento e aveva tre piani, suddivisi in due per i libri e l'ultimo per il bar, con vista in terrazza.
"No, dai... ho già speso abbastanza per i Lego!"
"Risparmia le parole per finire prima il gelato, piccola peste!" lo redarguì, arruffandogli i capelli, mentre con un sol boccone finiva la punta del suo cono e buttava la carta in un cestino.
Roxas era lento a mangiare... lentissimo. Una lentezza snervante, di quelle che ti fanno venir voglia di mangiare le cose al posto suo per farlo sbrigare. Era una cosa che lo inteneriva tantissimo, anche quando facevano merenda durante le prove e doveva sempre aspettarlo perché ci metteva una vita a finire i suoi pasti.
Gli venne da ridere al ricordo di Vanitas che lo guardava deglutendo nervoso, perché non poteva urlargli di sbrigarsi, come avrebbe fatto invece con Axel e Riku.
"Roxas, sei lentissimo!!" si lamentò, sbuffando divertito.
"Ma che vuoi? Io, a differenza tua, mi godo il gusto delle cose!" rispose contrariato il biondino, chiudendo gli occhi con eloquenza, offeso. Buttò giù l'ultimo pezzo di gelato e si accinsero ad entrare in libreria, uno affianco all'altro.
All'entrata l'aria condizionata li colpì tra capo e collo facendoli rabbrividire. Era una di quelle cose fastidiosissime che, malgrado debba aspettartelo sempre, ti scordi e rimani fregato. Poi il giorno dopo ti viene mal di gola e maledici chi ha deciso di impiantare l'aria proprio sotto la porta.
Fecero qualche passo e il rossino notò la faccia un po' spaesata di Roxas, intento a guardarsi intorno, ammaliato da tutti quei libri posti con cura sugli scaffali.
Si intenerì ricordando quando anche lui, da piccolo, entrò per la prima volta in una libreria e si guardava intorno stupito, con la bocca semiaperta, mentre sua madre e suo padre lo spronavano a muovere qualche passo. Axel fece lo stesso con Roxas.
"Andiamo ai romanzi per bambini!" disse, mentre l'altro annuiva, senza smettere di guardarsi intorno.
Raggiunsero la sala, decorata magnificamente con pupazzi e adesivi, tra cui quelli del maghetto più famoso del mondo, che li guardava fiero puntando la bacchetta contro di loro.
"Eccolo qua!"
Roxas alzò un sopracciglio, sconcertato: "Ma quanti sono?"
"Sette! Come gli anni che Harry passa nella scuola!" informo, prendendo in mano Il Prigioniero di Azkaban, che era il suo preferito.
"E' il primo?" chiese Roxas, avvicinandosi curioso e contemplandone la copertina.
"No!" rispose Axel, posandolo e prendendo La Pietra Filosofale, cedendola poi al biondino, che lo prese fissandolo con un'espressione che Axel non seppe definire.
"Ed io che ho appena finito di leggere un saggio di Wagner su Beethoven..." disse, grattandosi la testa con una mano, confuso per quel cambio repentino e a ritroso che stava facendo, sulle sue letture, passando da libri difficilissimi a maghi e streghe in una scuola di magia...
"Bah, e con chi ne avresti parlato mai, di quella roba?" rise Axel, poi sorrise. "Leggere un libro è bello anche per poterne parlare con gli altri appassionati... c'è tanta gente là fuori che vorrebbe parlare ore e ore di questi libri, perché li ama, perché li ha fatti sognare per un po'... non ti entusiasma?" concluse facendogli l'occhiolino.
L'idea di parlare con altre persone di queste cose, invece di stare zitto come sempre e facendo finta di essere interessato mentre la sua mente vagava altrove? Beh, un po' lo entusiasmava. Poi, comunque, anche se non avrebbe mai trovato nessuno per parlarne, ci sarebbe stato sempre Axel con lui che a quanto pareva era un grande fan della saga, quindi si sentì un po' meno solo.
Sbuffò divertito: "Sì, un po' sì!"
"Bene! Andiamo a pagare!" disse il rossino, orgoglioso di lui, poi si voltò per raggiungere la cassa, ma Roxas lo bloccò stringendogli la maglietta per fermarlo.
"Axel, aspetta..." esordì, lasciandolo andare quando si voltò e stringendosi il libro al petto, abbassando lo sguardo. "Lo prenderò un altro giorno, non ho molti soldi con me..."
Il cantante lo guardò per un attimo sbigottito, poi scosse la testa e lo prese per un braccio, trascinandoselo verso la cassa, ridendo: "E tu mi hai fermato per una sciocchezza simile?"
Roxas lo guardò confuso, mentre se lo portava dietro senza tanti complimenti e lo vide sfilare il portafogli dalla tasca posteriore dei pantaloni e prendergli il libro dalle mani per pagarlo.
"No, no! Axel! Non anche questo!" lo redarguì, quando si rese conto di quello che stava per fare, cercando di riprendersi il libro per non lasciarglielo pagare.
Axel, di tutta risposta, gli posò la mano libera sulla testa per fermarlo e, senza guardarlo gli disse: "Accuccia, piccola peste!"
Roxas non seppe cosa dire... soprattutto perché sapeva che Axel lo stava facendo senza volere nulla in cambio, come sempre e questo lo metteva un po' a disagio perché, anche volendo, lui non avrebbe mai potuto fare niente per ricambiare. Non aveva modo e non era nemmeno capace... avrebbe imparato anche questo, prima o poi?
"Roxas?"
Il biondino alzò lo sguardo sul suo, risvegliandosi dai suoi pensieri, vedendo che il rossino gli stava cedendo una bustina con all'interno il suo libro. La prese in mano, mettendola dentro l'altra busta dei Lego, che era più grande e non alzò lo sguardo, perché era a disagio.
"Grazie..." mormorò.
Axel guardò quella massa bionda e sorrise, arruffandogli i capelli dolcemente.
"Non dirlo nemmeno! Andiamo, piccola peste!"
E, detto questo, uscirono dalla libreria, rimanendo di nuovo senza fiato per la fastidiosissima aria condizionata che passò loro sopra la testa. Uscirono percependo il cambio repentino di temperatura, sentendosi per un attimo privi di ogni possibilità respiratoria.
"Dio, se becco l'ingegnere che ha deciso di mettere quella fottuta aria condizionata sopra la porta, gli stacco la testa e la lancio in orbita!" grugnì il rossino, cercando di pettinarsi la zazzera che si era spettinata con l'aria.
Roxas rise alla sua battuta e al suo sguardo contrariato, mentre soffiando cercava di togliersi un ciuffo ribelle da davanti la faccia.
"E tu non ridere, coccodè!" lo redarguì scherzosamente Axel, anche se non voleva che smettesse un secondo di sorridere, per quanto era bello quando lo faceva.
"Ok!" disse Roxas, cercando di rimanere serio, nascondendosi la bocca con una mano, poi lo guardò ricomponendosi. "Axel, andiamo a recuperare le bici? Tra poco devo andare..."
"Sì, hai ragione, si sta facendo tardi..." rispose l'altro, annuendo, non troppo convinto di volerlo lasciar andare.
Cominciarono a camminare, raggiungendo il parchetto dove avevano legato le bici ai parcheggi adibiti e si avvicinarono.
Roxas, prima di slegare la sua bici, strinse un pugno nella maglia del rossino per attirare la sua attenzione. Questi, che stava per piegarsi, si bloccò e si voltò a guardarlo.
Lo vide con uno sguardo titubante, mentre lasciava la sua maglia per congiungere le mani tra loro vicino al petto, in una posizione di disagio.
"Roxas?" lo chiamò, un po' scosso da quel faccino. Lo fronteggiò.
"Grazie... per tutto quello che stai facendo per me... io..." si bloccò, abbassando lo sguardo e contemplando una mattonella sbilenca che dondolava, cominciando poi a giocherellarci con la punta del piede, a disagio. "Io non posso fare nulla per ricambiarti... non sono capace. Non sono bravo in queste cose..."
"Ehi..." esordì il rossino, ma Roxas lo bloccò con un gesto della mano, perché per lui era stato difficile tirare fuori quelle parole e non voleva essere interrotto ora che aveva trovato il coraggio di esternarle.
"Grazie per la passeggiata, della rotolata - Axel rise -, del gelato, dei Lego, del libro... grazie di tutto... per me è importantissimo quello che stai facendo, anche se non so come ricambiarti..."
Axel rimase stupito da quelle parole, dette con una sofferenza impressionante, perché si sentiva in colpa del fatto che tutto ciò era a senso unico, perché non si riteneva in grado di poter dargli nulla in cambio.
Gli alzò il viso da terra con una mano e lo guardò, sorridendo. Roxas lo guardò per un attimo stupito, mentre incrociava i suoi occhi verdi come smeraldi, e aprì leggermente la bocca, nel chiaro intento di dire qualcosa ma vi rinunciò.
"Sorridi!" lo invitò il rosso, senza smettere nemmeno un secondo di perdere il contatto visivo con lui.
Roxas si perse per un attimo a guardare il suo viso e, senza pensarci due volte, increspò le labbra in quello che fu un sorriso dolcissimo, che gli venne direttamente dal cuore e che solo Axel riusciva a tirargli fuori.
Il rossino rimase ammaliato da quella visione celestiale che aveva davanti, mentre vedeva gli occhi di Roxas brillare per la prima volta nella sua vita, in un modo che lo faceva sembrare vivo...
"Mi basta questo..." mormorò, senza riuscire ad aggiungere altro, mentre si chinava per dargli un bacio sulla fronte, teneramente.
Roxas arrossì leggermente a quel contatto, non sapendo bene perché sentiva un calore pervadergli il petto e quando il cantante si staccò, alzò lo sguardo per fissarlo, facendo perdere un battito al cuore ormai senza speranze del rossino, che si sentì avvampare.
Axel diede un colpetto di tosse, posandogli una mano sulla spalla e disse: "Fila a casa, piccola peste!"
Prima che possa rapirti senza chiedere il riscatto.
"Va bene!" assentì Roxas, sorridendo leggermente, poi intrecciò una mano in quella del rossino e si alzò sulla punta dei piedi per dargli un bacio sulla guancia. Si staccò, fronteggiandolo di nuovo, senza slegare la sua mano "Grazie ancora..."
"Di niente, piccoletto..." mormorò Axel, un po' imbambolato per via del bacio che gli aveva dato, poi sembrò riprendersi e aggiunse: "Ora fila o ti metteranno in castigo!"
Roxas rise, poi gli lasciò la mano: "Ok!"
Si abbassò a slegare la bici per poi salirvi in sella.
"Buona domenica, Axel!" sorrise.
"Anche a te, fa attenzione mentre torni, piccola peste!"
Roxas annuì e, esitando ancora il suo sguardo su quello di Axel, si voltò e se ne andò, pedalando tranquillo, lasciandosi alle spalle un rossino sempre più innamorato.
 
 
Vanitas aveva la faccia rabbuiata peggio che a un funerale.
Era seduto a capotavola, spaparanzato sulla sedia, con una mano sulla birra fredda e una che stringeva nervosa un angolo del tavolo, con le nocche tutte bianche per quanto era salda la sua stretta.
Fissava l'altro capo del tavolo dello Strawberry Fields, torvo, con le sopracciglia inarcate, nel chiaro intento di fulminare colui che era seduto di fronte a se.
"Ahahahaha! Ma dai, non ci posso credere!" rise Ven, anche troppo, e a Vanitas sembrava un imbecille. Una vecchia checca isterica su di giri mentre un marpione palestrato la sta corteggiando vistosamente.
"Ti giuro! E poi quando ha cercato di riprendere i fogli degli appunti dalla sua bocca, Billy ha tirato forte e li ha finiti di rompere!" rispose Terra, senza mostrare poi così tanto divertimento, mentre Ventus continuava a ridere come un coglione, seguito da Aqua.
Poi che razza di nome aveva dato al suo cane? Billy? Cos'era? Una sit-com anni 90?
"Quel cane è uno spasso!" rise Aqua, tenendosi la pancia con una mano, mentre si sbellicava.
Vanitas la guardò: cagna! Era una cagna frigida e oca. Aveva voglia di prenderla a pugni per quanto era stupida.
"Sì, e non vi ho raccontato di quando ha cercato di sbranarmi perché gli avevo bruciato la cena!"
Oh, e non ci era riuscito? Peccato...
Ventus rise ancora e si voltò a guardare il suo ragazzo, sempre più rabbuiato e innervosito da quel tipo che faceva diventare il biondino un ritardato, ogni volta che era nei paraggi. Cercò di non dare a vedere che il comportamento di Vanitas lo stesse infastidendo e sorrise nella sua direzione.
"Van, hai sentito? Anche il cane di Terra è un bel malandrino, proprio come il tuo!" cercò di renderlo partecipe nella conversazione e Vanitas riemerse dal suo boccale di birra, reprimendo un rutto che comunque tutti sentirono.
"Jack non mangia gli appunti, ma direttamente la tua mano..." sentenziò cupo, guardando fisso verso Terra, che aveva accennato ad un lieve sorriso.
"Jack? Come Jack Sparrow?" chiese il ragazzo, curioso.
Vanitas fece una smorfia, rendendosi conto di quanto potesse essere ritardato quel tipo e rispose, in tono saccente: "Come Jack lo Squartatore!"
Tutti si zittirono a quella risposta acida, detta con il chiaro intento di inondare Terra di tutta la follia omicida del chitarrista. Questi però non si scompose e non smise di sorridere, cosa che a Vanitas urtò un sacco e represse l'istinto di saltargli al collo e strozzarlo, chiedendogli che cazzo avesse da ridere così tanto.
Ventus tirò un colpo di tosse, imbarazzato, senza togliere lo sguardo su Vanitas, che comunque continuava a fissare Terra, in tralice.
"Ehm... vogliamo ordinare altro? O aspettiamo Axel e Riku?"
"No, aspettiamoli! Non vorrei che Terra si ubriacasse! Poi bisogna portarlo a casa con l'ambulanza!" rise Aqua, lanciando uno sguardo divertito al diretto interessato, che le diede uno spintone, scherzosamente.
Dio... Dio... DIO! Ma perché la piromania era un reato?
Vanitas si chiese sospirando quanto tempo mancasse ancora all'arrivo dei SUOI amici, girando lo sguardo verso la porta e sperando di vederli entrare. Non ce la faceva più a reprimere i suoi istinti omicidi e quel tipo sembrava fare di tutto per non farsi piacere... era un deficiente e non meritava nemmeno la sua attenzione e il suo odio.
"Come va l'università, Van?" chiese Terra, d'un tratto, e il moro si voltò lentamente a guardarlo, chiedendosi chi cazzo gli aveva dato il permesso di prendersi tutta quella confidenza e chiamarlo col suo diminutivo.
"Quanto ti cambierà la vita saperlo?"
Ventus sobbalzò sulle spalle: "Vanitas!" esclamò, indignato dalla sua insolenza ingiustificata.
Il chitarrista sbuffò e, prendendo in mano il boccale, rispose: "Scherzavo..." disse senza nessuna espressione facciale, " Bene, comunque. Molto bene."
"Oh, meno male! Con gli esami tutto regolare?" chiese ancora l'altro, mettendo a dura prova i suoi nervi, che non erano famosi per essere saldi...
"Tutto regolare..." ripeté, senza guardarlo, mentre si sentiva rincuorato di veder emergere una testa rossa, una mora e una argentata dalla porta. I suoi salvatori erano arrivati.
Axel Riku e Sora li raggiunsero, sorridendo in modo innaturale quando videro con sorpresa Terra e Aqua. Non erano spesso invitati nelle loro uscire, anzi. Potevano contare le volte che era successo sulle dita di una mano, per la fortuna di Vanitas.
"Ehilà!" salutò Ventus, rincuorato che fossero arrivati a portare un po' di equilibrio in quella serata che stava prendendo una strana piega, piacevolmente sorpreso di vedere anche il suo cognatino preferito.
Sora si avvicinò a Ventus e gli diede un tenerissimo bacino sulla guancia, contento di vederlo. Gli voleva un gran bene... era il fratello sano che non aveva mai avuto.
Ventus gli arruffò i capelli, dolcemente.
"Ciao a tutti!" salutò Axel, alzando una manina, mentre gli altri si accingevano a fare lo stesso.
"Ehi, il cantante e il batterista! Come va?" chiese Terra, rivolto ai due che ora si stavano sedendo.
Axel alzò lo sguardo su di lui, un po' inquietato dal fatto che quel tipo non si scomponesse mai, nemmeno per dire una battuta... era sempre attraversato da una profonda serietà che lo fece deglutire, mentre Riku partì in partenza con l'intento di ignorare quelle sue osservazioni, visto che non gli stava tanto simpatico... in realtà a Riku stava simpatica pochissima gente.
"Bene, bene! E voi?" chiese il rossino, sorridendo debolmente, rivolto ai due amici di Ven.
"Molto bene , grazie! Vi abbiamo aspettato per ordinare!" sorrise dolcemente Aqua, mostrando il suo bicchiere vuoto.
A detta del suo inspiegabile entusiasmo, doveva essere un pochino brilla... anche se Axel non poteva giurarci, magari era così di natura.
Il rossino si lanciò uno sguardo fugace col batterista, che contraccambiò, poi entrambi si voltarono a guardare Vanitas e Riku, che era quello che gli era seduto più vicino, gli prese una guancia con la mano, dandogli uno sganascino, vedendolo così cupo e rabbuiato.
Quello rimase immobile a fissare il nulla, senza reagire.
"Ehi, buonasera! Sei tra noi Van?" chiese l'argento, mentre Axel rideva per la faccia che aveva, con quella guancia tirata dalle dita del batterista.
"Lasciami in pace, coglione!" rispose l'altro, risvegliandosi e dandogli uno spintone, incazzatissimo. Riku rise e si avvicinò.
"Non preoccuparti, siamo venuti a salvarti!" lo rassicurò, in tono confidenziale.
"Era ora, cazzo!" rispose tra i denti Vanitas, fulminandoli.
Beh, quello era il suo modo di dire: "Grazie amici, non sapete quanto ho aspettato questo momento! Vi voglio bene!!". Ma, dato che ormai lo conoscevano bene, potevano decriptare facilmente i suoi messaggi in codice fatti di antrace.
In pochi istanti, malgrado le speranze del chitarrista, la situazione divenne peggio di prima. Non solo Ventus rideva come un cretino, seguito dalla sua amica del cuore, ad ogni battuta di Terra, ma anche Sora ci si era messo, ora! Si era seduto vicino a Ventus, ignorando palesemente il fatto che Riku fosse lì, al suo stesso tavolo e che di solito non lo lasciava andare nemmeno in bagno, per quanto gli stava appiccicato.
Quindi, ora, il tavolo era diviso in tre parti: il lato sinistro composto da Ventus, Sora, Aqua e Terra che parlavano allegramente, ridendo per cose stupide e facendo casino; il lato destro, invece era composto da un Vanitas e un Riku di pessimo umore, che fissavano la parte del tavolo che non era piombata nell'oscurità più latente, torvi; la terza parte era composta da Axel, seduto nel mezzo di quel tavolo rettangolare, che non sapeva che fare... da una parte poteva unirsi a Ven, visto che i suoi amici, malgrado fossero un po' strani, gli erano simpatici; dall'altra c'erano i suoi due migliori amici, che, pensò, se lo avessero visto unirsi alla conversazione di quei quattro probabilmente non gli avrebbero parlato mai più.
Sospirò e incrociò le braccia sul tavolo, nascondendovi il viso, disperato. Non poteva fare niente.
Che palle!
"Ehi, mi hai fregato il posto!"
Axel, che aveva ancora la testa affondata nelle sue braccia conserte, sgranò gli occhi, non potendo credere di aver sentito davvero quella voce. Alzò lo sguardo e si voltò.
"Roxas!" disse, stupito e rincuorato di vederlo lì, e non solo perché gli piaceva... era la sua salvezza. "Quando sei arrivato?"
"Prima di te, ma in bagno c'era la fila! E comunque mi hai rubato il posto!" ripeté il biondino, fingendosi offeso per quell'affronto. Axel ridacchiò, alzandosi in piedi e cedendogli il posto, che Roxas occupò subito.
"Vado a prendermi una sedia!" disse, rassegnato, tornado poco dopo e facendosi spazio tra il biondino e l'argento, ancora intento a fulminare con lo sguardo l'altro lato del tavolo insieme a Vanitas.
"Che hanno?" chiese Roxas, affacciandosi sul chitarrista e su Riku, notando le loro facce.
Axel sospirò: "Gelosia!"
"Oh!" mormorò il biondino, stupito, tornando a poggiare la schiena sulla sedia e mettendo le mani sulle ginocchia, a disagio. Nessuno si era accorto del suo ritorno, troppo intenti in chiacchiere o a guardare torvo la gente...
"Come va?" chiese il rossino, poco dopo, sorridendogli. Roxas si voltò a guardarlo e accennò ad un debole sorriso, infilandosi poi le mani in tasca.
"Bene" rispose, "Ho iniziato Harry Potter ieri!"
"Davvero?" chiese Axel, piacevolmente stupito che lo stesse leggendo davvero. Era un po' preoccupato che vi rinunciasse non appena avesse letto la trama.
"Sì... mi ha preso" ammise, accennando ad un sorriso imbarazzato. Non avrebbe mai detto di poter affermare una cosa del genere su un libro che aveva sempre reputato per bambini.
"Hai visto? Non c'è bisogno di avere cinque anni per leggerlo! Basta un po' di fantasia!" sorrise il rossino, trionfante per essere riuscito nella sua missione. "Dove sei arrivato?"
"Beh..." esordì,  grattandosi la testa a disagio, "Mi aveva preso talmente tanto che sono arrivato alla parte degli scacchi dei maghi..."
Axel scoppiò a ridere: "Cioè, lo hai quasi finito!"
Roxas annuì: "In pratica sì... mi è piaciuta molto la scena dove Harry cerca di trovare la chiave volando con la vecchia scopa"
"Qualcuno ha detto Harry?"
Roxas e Axel, che si stavano guardando mentre commentavano il libro, si voltarono a guardare di fronte al loro posto, dove un Sora particolarmente su di giri li guardava.
"Sì... io..." mormorò Roxas, che da che si ricordasse non aveva mai scambiato grandi conversazioni con Sora, soprattutto perché di solito era il moro a parlare al posto suo e lui si limitava ad ascoltare, come sempre... gli fece strano che gli stesse domandando qualcosa.
"Oddio! Sei un fan della saga, Roxas?" disse Sora, sorridendo, avvicinandosi di più al tavolo per parlarci.
Roxas rimase per un attimo sbigottito di fronte a tutto quell'entusiasmo e, con sguardo perso, si voltò a cercare gli occhi del rossino per capire da lui cosa stesse succedendo e lo vide ridere.
Axel era intenerito dalla sua infinita ingenuità e che una cosa come una normalissima conversazione lo mandasse in tilt. Ma, dato che non sembrava in grado di dire nulla, gli andò in aiuto.
"Ha cominciato il primo libro ieri, è nuovo di quel mondo. Ma è arrivato quasi alla fine!" rispose il rossino, mentre Roxas, ringraziandolo mentalmente per aver sbloccato per un attimo quella situazione, si voltava di nuovo a guardare Sora.
"Non posso crederci, è fantastico!" esultò il moretto, alzando le braccia entusiasta, poi tamburellò una manina vicino alla sua sedia. "Vieni qui, parliamone!"
Roxas non seppe cosa fare. Era agitato da far schifo, perché per lui quello era un mondo tutto nuovo. Dare confidenza, parlare di argomenti che aveva sempre reputato futili, scambiare due chiacchiere con qualcuno... non sapeva nemmeno come si faceva.
Si voltò di nuovo a guardare Axel, per chiedergli aiuto e il rossino gli sorrise, incitandolo con una mano ad alzarsi e accomodarsi vicino a Sora, che sembrava stesse fremendo.
Roxas, che era a suo agio solo con Axel, ebbe un po' di timore ad abbandonare la sua postazione vicino al rossino che gli infondeva sicurezza sempre, anche quando non parlavano.
Ma quello era un nuovo passo. Doveva muoversi e cominciare a fare quello che ogni ragazzo della sua età fa: divertirsi.
Prese un lungo respiro e si alzò in piedi, facendo il giro del tavolo passando dietro a Riku e Vanitas, ancora intenti a guardare torvi gli altri, che ora stavano parlando di sessioni di esame e di quanto Terra fosse intelligente. Non appena li superò, si sedette accanto a Sora, accennando ad un debolissimo sorriso e quello lo prese per le spalle, entusiasta.
"Allora, qual è il tuo personaggio preferito?"
Axel guardò Roxas alzare gli occhi al cielo pensieroso, mentre si posava una mano sul mento per pensarci. Era tenero da morire, quando lasciava da parte la sua malinconia e il suo distacco da ogni cosa. Era carino da morire quando palesava di essere un sedicenne spensierato. Era dolcissimo vederlo scervellarsi per capire chi fosse il suo personaggio preferito, visto che probabilmente fino a quel momento non ci aveva nemmeno pensato.
Lo guardò mentre, esitante, rispondeva, dicendo che per ora gli piaceva molto Hermione, perché era la più riflessiva di tutti e iniziava a raccontare a Sora i pezzi che glielo avevano fatto capire, mentre il moro annuiva interessato da quelle teorie, stranamente silenzioso.
Lo continuò a fissare, finché non sentì lo sguardo di Ventus addosso. Si voltò e lo sorprese a guardarlo incuriosito e nemmeno troppo entusiasta. Doveva aver notato la sua espressione facciale di quando teneva gli occhi fissi su suo fratello e probabilmente la cosa non gli era piaciuta tanto...
Non appena i loro occhi si incrociarono, il biondino distolse lo sguardo, tornando a guardare Terra, senza però effettivamente guardarlo, perché sembrava pensieroso.
Eccolo là... se n'era accorto... e ora?
Axel si sentì morire dentro per essersi esposto così tanto in mezzo a tutta quella gente, ma non credeva che Ventus potesse accorgersene così. Era intelligente da morire, quello sì, ma era impegnato a parlare con i suoi amici, ridendo come un matto... perché si era voltato a guardarlo, porcocazzo?
Fare finta di nulla sembrava l'unica via possibile, così decise di ignorare quel fatto voltandosi a guardare Riku, visto che il suo unico interlocutore era impegnato con Sora e non voleva disturbarlo, soprattutto per non dare ulteriore spettacolo e far entrare la pulce nell'orecchio a Ven, anche se probabilmente gli era già entrata...
"Ri, ci sei?" chiese, dandogli una gomitata nelle costole per risvegliarlo.
In quel momento l'argento sussultò, rendendosi conto che non serviva più a niente imbruttire con lo sguardo il povero Terra, dato che Sora aveva smesso di dargli corda. Anche se, il fatto che stesse parlando con Roxas, non l'aveva sollevato. Ma, d'altra parte, Riku era geloso per natura e non poteva farci niente. L'avrebbe infastidito anche vederlo parlare con un sasso, probabilmente...
"Dimmi" disse, ancora non del tutto cosciente, mentre fissava Roxas intento a chiacchierare stranamente più del solito.
"Tutto ok?" chiese il rossino, notando il suo sguardo fisso.
"Sì..." rispose l'altro, poco convinto. "Ma Roxas da quando in qua parla così tanto?"
Axel rise: "Non lo so! Comunque non preoccuparti, non ci sta provando con Sora!"
Riku alzò un sopracciglio e si voltò a guardarlo: "E come lo sai?"
Axel effettivamente non ci aveva pensato, era solo sicuro che fosse così, ma si rese conto improvvisamente di quante possibilità ci potessero essere che il biondino scoprisse un interesse per Sora, e questo lo fece deglutire a vuoto e si sentì gelosissimo. Ma non appena vide Sora tirare su la manica della giacca e mostrando un braccialetto con il simbolo della saetta di Harry, capì che poteva stare tranquillo. Era troppo infantile per Roxas.
"Lo so e basta!" sentenziò, infine, mentre l'altro notava la sua improvvisa gelosia e si metteva a ridere. "Senti, facciamo qualcosa per quello lì - e indicò Vanitas versione becchino in servizio - o se ne starà tutta la sera a fissare male quel poveraccio senza colpa!"
"Senza colpa?" rispose Riku, infastidito. "Lo sai che sta altamente sul cazzo anche a me, no?"
"Sì, lo so, me ne sono accorto... ma non mi va di vedere Van in quello stato, mi inquieta!"
Riku sbuffò: "Va bene!" poi si voltò verso il moro e gli diede una scrollata ad una spalla, risvegliandolo. "Terra chiama Vanitas! Terra chiama Vanitas!"
Il chitarrista si mosse sulla sedia accigliato e, protraendosi in avanti, in direzione di Terra ringhiò: "Che c'è?"
Riku e Axel si resero conto del grosso fraintendimento dovuto al fatto che Terra si chiamasse così e che quindi la frase dell'argento poteva essere benissimo fraintesa.
Sospirarono, i due amici e videro Terra fermo a fissare Vanitas, con un sopracciglio alzato. Evidentemente si era bloccato mentre parlava per guardarlo.
"Come fai a non capire mai un cazzo, dico io?" mormorò Riku, spingendolo sulla sedia per farlo calmare, poi guardò verso l'altro ragazzo "Tranquillo, non ce l'aveva con te, Terra... continuate pure!" disse, cercando di accennare ad un sorriso che ad Axel parve una smorfia omicida.
Terra li fissò ancora per qualche secondo, poi rise divertito e si voltò di nuovo verso Ventus, che si era spiaccicato una mano in faccia esasperato da quella scenetta semi-comica e ricominciarono a parlare.
"Mi sta sul cazzo una cifra!" sentenziò Vanitas a bassa voce. "Gli faccio saltare la testa a forza di ginocchiate!"
"Su, non fare la checca acida e cerca di rinsavire. Vado a prendere delle birre!" continuò l'argento, alzandosi in piedi e raggiungendo il bancone.
"Riku ha ragione, Van... quel tipo è amico di Ventus! Dovresti imparare a conoscerlo ed accettarlo!" sorrise Axel, saggiamente, incrociando le braccia sul tavolo e avvicinandosi per non farsi sentire troppo.
Vanitas lo guardò alzando le sopracciglia, disperato: "Ma... credeva che il mio cane si chiamasse Jack in onore a Jack Sparrow!" piagnucolò, a bassa voce, indicandolo comunque con un gesto teatrale.
Beh, oddio, effettivamente...
"Lo so, ma non tutti sono pronti alla notizia che tu abbia dato il nome di un serial killer al tuo cane, per giunta un alano di quattro metri!" sentenziò il rossino, ridendo.
"E come dovevo chiamarlo? Cucciolino adorato? Ma vaffanculo, Axel!" mormorò Vanitas, mentre alzava lo sguardo su Riku che stava ritornando con un vassoio pieno di boccali di birra e un frappé al cioccolato. Posò il vassoio sul tavolo e distribuì le birre ai suoi amici e il frappé a Sora, che lo ringraziò con un fugace gesto della mano, perché era troppo impegnato a dire a Roxas quanto fosse elettrizzato all'idea di fargli vedere i film di Harry Potter.
Riku lo guardò, deluso. Aveva preso quell'iniziativa di prendergli il frappé per il puro gusto di avere un po' la sua attenzione. Ma non era riuscito nel suo intento.
Si sedette stancamente di nuovo tra i  suoi amici e diede una lunga sorsata alla sua Vice, per dimenticare.
"Un brindisi alle palle di Riku che ancora resistono a questo supplizio!" propose Vanitas, alzando il suo boccale e parlando nemmeno troppo piano.
Riku lo fulminò, ma alzò comunque il suo boccale: "Un brindisi alla tua testa che presto arriverà in orbita, Van!"
Axel li imitò, ma rise semplicemente ai loro strambi brindisi.
Fecero cozzare i boccali tra di loro e bevvero una lunga sorsata.
"Buona!" sentenziò Vanitas, passandosi il dorso della mano sulla bocca, poco garbatamente e ruttando subito dopo, piano.
"Salute!" dissero all'unisono l'argento e il rossino.
"Ho una stracazzo di voglia di suonare che nemmeno immaginate!"
"Vero, anche io!" annuì Riku "Ho voglia di fare qualche cover mercoledì!"
"Sì, anche a me! Decidiamo subito che cosa suonare, così ci facciamo una specie di scaletta e non perdiamo tempo!" propose il rossino, prendendo da terra la sua borsa di pelle e tirando fuori un taccuino con una penna blu.
Vanitas alzò gli occhi al cielo pensieroso e incrociò le braccia al petto: "Suoniamo Invaders Must Die dei Prodigy!"
"Ci manca la tastiera!" cantilenò Axel, mentre fissava il taccuino scarabocchiandoci sopra un disegno stupido.
"La facciamo suonare a Roxas!" rispose Van, lapidario, mentre incrociava le braccia dietro la testa.
"Sì e il basso chi lo suona?" rise Riku, dandogli uno spintone.
"Tua sorella, quella vacca frigida!"
"Che hai detto??"
"Ehi, ehi! Basta, non cominciate! Non fatemi vergognare anche qui dentro, per piacere..." li redarguì Axel, alzando lo sguardo dal taccuino e sventolando la penna nella loro direzione con fare minaccioso. "Propongo di suonare qualcosa che non implichi altri strumenti musicali al suo interno! Non ne abbiamo e non abbiamo nemmeno la seconda chitarra, mettetevelo in testa!"
"Teddy Picker?" propose Riku.
"Teddy Picker!" esclamò Axel, contento, scrivendo subito la canzone sul foglio. "Poi?"
"Michael!" disse Vanitas, cominciando a canticchiarla.
"Sì, va bene!"
"Heart in A Cage" propose Roxas, voltandosi verso di loro, non prima di aver fatto un gesto a Sora per fermarsi un attimo dal suo continuo chiacchiericcio.
Ok, quindi oltre ad essere bellissimo, dolcissimo, meraviglioso, bravissimo a suonare era anche intelligente più di quanto il rossino credesse, sapeva ascoltare più conversazioni assieme...
Axel non seppe se esserne ammaliato o avere paura di questo strambo pregio.
"Ok, benissimo! Io propongo Learn To Fly!"
"Perfetto! In caso se ce ne verranno in mente altre le possiamo sempre proporre mercoledì!" esclamò Vanitas, eccitato all'idea di suonare, finalmente, visto che la domenica avevano saltato per il suo viaggio con Ven. Anche se non aveva molto da lamentarsi, visto che lo aveva davvero braccato in casa senza farlo uscire, come aveva annunciato...
 
Era quasi l'una quando gli otto amici decisero che era ora di avviarsi, dato che il giorno dopo era martedì e quasi tutti avevano lezione presto.
Mentre Terra continuava a parlare con Ven e Aqua di quanto fosse figo leggere saggi filosofici in lingua originale, mentre uscivano dal locale, Vanitas, dietro di lui, faceva il gesto di accoltellarlo da dietro, mentre Riku e Axel ridevano sotto i baffi  per quella reazione infantile; Sora, invece, teneva ancora braccato Roxas, commentando ancora il primo libro di Harry Potter, e il biondino sembrava molto preso dalla conversazione, malgrado il rossino pensasse il contrario, fino a un'ora prima. Ne rimase piacevolmente sorpreso.
Si fermarono appena fuori, sul marciapiede, continuando a chiacchierare animatamente, e nessuno sembrava per nulla assonnato. Nemmeno Sora, che di solito alle 11 era un ameba senz'anima perché stanco morto.
"Quindi è deciso! Venerdì vieni da me e vediamo il primo film!" sorrise il moretto, entusiasta, tamburellando una manina sulla spalla di Roxas, che lo guardava un po' spaesato e con il cuore a mille, perché era effettivamente la prima volta che qualcuno lo invitava a casa propria per fare qualcosa insieme e non sapeva che cosa dire o che cosa fare.
Cercò lo sguardo di Axel, che trovò poco dopo. Il rossino sorrise, per dargli sicurezza e lui si sorprese a trovarne tantissima, così si voltò di nuovo a guardare Sora e annuì, accennando ad un debolissimo sorriso.
"Va bene! Devo portare qualcosa?" chiese.
"Nah! Mamma preparerà i popcorn... e, credimi, li fa con il burro e la cioccolata, quindi sono buonissimi!" esclamò, in tono da confidente, avvicinandosi al suo orecchio, come se fosse un segreto. A Roxas venne quasi da ridere a vederlo così. Sora era di un'ingenuità disarmante che, però, se imparavi a conoscerlo poi non potevi più farne a meno.
"D'accordo allora!" annuì di nuovo, poi vide Sora darsi uno schiaffetto sulla fronte, come se si fosse appena ricordato qualcosa.
"Per poco non mi dimenticavo! Ecco, ti ho portato questo dal mio viaggio di istruzione!" esclamò il moretto, prendendo dalla tasca dei pantaloni un pacchetto rosso e cedendolo al biondino, che lo guardò confuso. "Aprilo!" lo incitò, sorridendo.
Roxas scartò il pacchetto e ne emerse un portachiavi di metallo a forma di basso e lo stette a guardare per qualche secondo senza nessuna espressione facciale.
"E' per me?" chiese, titubante.
"Chi è il bassista, qui?"
"Io?"
Sora rise: "Certo! Ti piace?"
Roxas alzò lo sguardo dall'oggettino e non sapeva cosa dire. Nessuno gli aveva mai portato niente da nessun viaggio, nemmeno Ven, nemmeno sua madre... perché lui aveva gusti difficili e poi sembrava totalmente disinteressato nel riceverle, quindi a volte era meglio presentarsi a mani vuote per non rimanere delusi dalle sue risposte o dall'aria glaciale con cui ringraziava, senza entusiasmo, senza emozioni. Totalmente distaccato da questo genere di cose.
"Sì, moltissimo! Grazie mille, Sora..." mormorò, abbassando poi lo sguardo, a disagio.
"Non dirlo nemmeno!"
Ok, quindi si stava forse guadagnando un amico? Un nuovo amico intraprendente e frizzante? Poteva chiamarla amicizia? Beh, non lo sapeva, perché era tutto talmente nuovo... decise che lo avrebbe chiesto ad Axel, dopo, magari via sms, non appena fosse tornato a casa.
"Poppante, andiamo a casa!" chiamò Vanitas, in direzione di Sora, che si voltò e annuì verso suo fratello, poi guardò ancora il biondino, che teneva il portachiavi ancora stretto nella mano e lo guardava.
"Allora ci vediamo venerdì, Roxas!" sorrise il moro, dolcemente.
Roxas annuì: "Sì, a venerdì, allora!"
Sora si avvicinò agli altri per salutarli, abbracciando Ven che gli diede un bacio sulla testa e Axel gli arruffò i capelli come sempre, poi saltò sulle spalle dell'argento che, a quel gesto così infantile e dolce, dimenticò che per tutta la sera non lo aveva cagato e sorrise nella sua direzione, ricevendo poco dopo un bacio sulla guancia che gli diede con profonda difficoltà, visto che si era praticamente aggrappato alle sue spalle.
"Buonanotte Sora!"
"Grazie del frappé, Ri! E scusa se ti ho snobbato, ma a te Harry Potter non piace!" ridacchiò, poi scese dalle sue spalle e si guadagnò un buffetto sul naso da Riku, che rise a quella frase. "Buonanotte!" salutò infine Sora, voltandosi poi verso il fratello che aveva appena finito di pomiciare con Ventus, che sembrava molto sollevato che Vanitas fosse tornato di buon umore, rispetto all'inizio della serata.
"Buonanotte a tutti!" salutò il chitarrista, mentre Sora lo prendeva sottobraccio e raggiungevano la sua moto. Terra e Aqua salutarono a loro volta e sparirono dietro un angolo poco dopo, raggiungendo l'auto del ragazzo.
"Ok, vado anche io!" esclamò Axel, stiracchiandosi senza discrezione e sbadigliando.
"Vuoi un passaggio? Io e Roxas siamo in macchina!" propose Ven, mentre circondava un braccio intorno alla spalla del fratello, quando gli si fu affiancato.
"No, tranquilli, ho la bici parcheggiata qui dietro!"
Ven sorrise: "Ok, allora noi andiamo! Ci vediamo mercoledì alle prove!"
Riku e Axel annuirono: "Ok!"
"Buonanotte!" salutarono all'unisono i due fratelli, voltandosi, anche se Ventus sembrò titubare un attimo, perché si voltò di tre quarti verso Axel, nel chiaro intento di dirgli qualcosa, ma sembrò rinunciarvi e tornò a camminare per andare via.
Riku sospirò: "Axel, siamo venuti assieme... non hai la bici!"
"Lo so, ma volevo parlarti...." mormorò il rossino, mentre continuava a guardare quelle teste bionde allontanarsi lentamente, l'una affianco all'altra.
"Che cosa è successo? Problemi con Roxas?" chiese il batterista, mentre Axel si voltava a guardarlo.
"No, con lui va tutto bene... è Ventus che mi preoccupa. Credo abbia capito qualcosa..."
"Come puoi dirlo?"
"Mi ha sorpreso mentre fissavo suo fratello con un sorriso ebete in faccia" sospirò affranto, mentre Riku sobbalzava sulle spalle, un po' esasperato da quella spiegazione.
"Axel... ne abbiamo parlato un mucchio di volte..." esordì, ma il rossino lo zittì.
"Lo so!! Ma... che ci posso fare!? Stava parlando con Sora e sorrideva... ed era la prima volta che lo vedevo così spensierato con qualcuno. Mi sono intenerito, non potevo farci nulla!" piagnucolò, arruffandosi i capelli.
"Capisco la situazione, ma devi essere più cauto, te l'ho già detto! Metti prima le idee in chiaro e poi si vedrà come dovrai comportarti con Ven!" sentenziò saggiamente l'argento, posandogli una mano sulla spalla, che Axel apprezzò, perché aveva bisogno davvero di tutto il conforto morale possibile, dato che ora viveva nel terrore di perdere i testicoli per mano di Ventus.
"Ma io ho già le idee in chiaro, Ri!" mormorò, infine. "Io me ne sono innamorato, ormai..."
Riku lo guardò e arricciò le labbra. Aveva sperato fino all'ultimo che l'amico mettesse davvero le idee in chiaro, capendo quanto stava sbagliando a prendersi una sbandata colossale per il ragazzino più odioso della storia... ma poteva capirlo. Lui era più o meno nella stessa situazione, solo che il fratello del ragazzo che amava non era da temere, anzi... Vanitas era capace di drogare suo fratello per darlo in pasto a Riku. Non era convinto che Ventus avrebbe fatto lo stesso con il suo.
"Axel, sii più cauto..." disse, infine, semplicemente, perché altre parole non c'erano. Doveva solo agire con un po' più di testa e meno con il cuore.
"D'accordo..." rispose il rossino, non troppo convinto. "Grazie mille, Ri!"
"Quando vuoi, rossino!" sorrise Riku, mettendo le mani ai fianchi "Ora vado! Domani ho un tirocinio pallosissimo e devo alzarmi presto! Speriamo di vedere qualche operazione a cuore aperto!"
"Sei più sadico di Vanitas!" lo redarguì scherzosamente Axel, dandogli uno spintone. Riku ricambiò ridacchiando.
"Non credo proprio! Buonanotte Axel!" disse, infine, poi si voltò e se ne andò quando il rossino gli rispose al saluto, e si incamminò anche lui in quella calda notte d'estate, confuso.
 
 
"And it's the thousandth time and it's even bolder, Don't be surprised when you get bent over, He told ya, that you were gagging for it!"
Tun. Tu Tu Tu Tun. Tu Tu Tu Tun.
Il basso e la batteria sembrava un tutt'uno con quella canzone allucinante, mentre la chitarra si distingueva come sempre, spiccando in quella che fu un'ottima performance per il gruppo, particolarmente su di giri, quel giorno.
Axel era entusiasta della cosa, e anche lui si sentiva pieno di energie. Sembrava il giorno perfetto per mettersi a suonare, perché non c'era niente che potesse impedire loro di dare il meglio, nemmeno Ven che ogni tanto si estraniava e fissava Axel come se fosse un alieno appena sbarcato dalla luna e volesse rapirgli il fratello da davanti agli occhi, nel chiaro intento di fare esperimenti scientifici su di lui...
Beh, un paio di esperimenti, magari nel suo letto... Cazzo, di nuovo!
Doveva cominciare a darsi ginocchiate sui testicoli se voleva tenere la situazione sotto controllo e, soprattutto, non immaginarsi ogni santa volta Roxas sdraiato sul suo letto, mentre gemeva di piacere sotto il suo controllo...
Guardò di nuovo Ven, mentre continuava a cantare e represse la voglia che aveva di piangere, perché lo stava seriamente inquietando.
"Asuming that all things are equal, Who'd want to be men of the people When there's people like you?"
Tun.
Axel si voltò a guardare il suo gruppo, un po' per far loro i complimenti, un po' per togliersi da davanti Ventus e le sue occhiate penetranti che, secondo lui, servivano per farlo sentire in qualche modo profondamente in colpa per qualcosa che, oltretutto, non aveva fatto. Non ancora, almeno...
"Bravissimi! Oggi stiamo andando davvero alla grande!" sorrise, battendo le mani verso i suoi compagni che lo guardarono.
"Non grazie a te!" rispose Riku, bruciando Vanitas sul tempo, che si voltò a guardarlo.
"Detengo i diritti d'autore su quella frase! Sgancia i soldi, chiappe molli!" disse, facendogli il cenno con la mano di allungargli una banconota.
Riku scosse la testa e rise, ignorandolo.
"Vogliamo provare qualcos'altro, subito, a secco?" chiese l'argento, rivolto ad Axel, che annuì.
"Sì! Di quelle che avevamo scritto ci rimangono Michael e Learn to Fly! Ditemi voi!" rispose il rosso, facendo spallucce.
"Hai qualche preferenza, Roxy?" chiese Vanitas, sorridendo in direzione del biondino, che stava accordando il basso. Alzò lo sguardo su di lui.
"Michael va bene!"
"Ok, dacci il tempo Ri!"
L'argento attese che tutti fossero ai propri posti e diede il tempo con le sue bacchette, poi iniziò a suonare insieme a Vanitas e poco dopo entrò il basso.
Tun Tun Tun Tun Tun Tun Tun.
Mai un suono così martellante fu così soave. La canzone perfetta per far emergere ogni strumento, con equilibrio. Nessuno di loro era più importante dell'altro, perché erano armoniosi e un tutt'uno.
Fu la voce di Axel a cambiare tutto, perché cantare come Alex Capranos richiedeva un profondo impegno vocale, soprattutto perché era molto graffiante e Axel invece era molto soave. Ma non importava. Riusciva a mutare la propria voce con una facilità che a Roxas faceva quasi paura, perché era un talento impossibile da credere e ci metteva sempre molto più che la voce. C'era passione, sentimento e tecnica, che non poteva derivare da nient'altro che talento, dato che non aveva mai preso lezioni di canto.
Il rossino si dava da fare e Vanitas sudava, perché la chitarra era pesante, veloce e anche se spesso ripeteva lo stesso rift cento volte, era difficile anche da seguire quella ripetitività che comunque non era noiosa.
Riku avrebbe voluto passarsi una mano sulla fronte madida, ma non poteva staccare le bacchette nemmeno un secondo dai suoi piatti, perché richiedevano costanza.
Era impegnativa, la canzone, ma straordinariamente allettante; ognuno ci metteva del suo, ci metteva impegno e concentrazione, che costò tante energie a tutti loro.
"Michael you're dancing like a beautiful dance whore Michael waiting on a silver platter now...And nothing matters now!"
Vanitas allungò l'ultima nota con maestria, visibilmente provato e, non appena finì la canzone, sospirò, poggiando la schiena al muro, esausto.
"Cazzo, questa canzone è un suicidio!" grugnì, passandosi una mano tra i capelli un po' sudati.
Axel si voltò verso di lui e sorrise.
"Hai fatto un ottimo lavoro! Questa canzone ha una chitarra allucinante!" rise il rossino.
Vanitas chiuse gli occhi, col fiatone: "Già, ma è venuta fuori bene. Persino tu hai cantato quasi decentemente!"
"Ah, grazie mille, eh! E' il primo semi-complimento che mi fai da quando ci conosciamo!" disse l'altro, fingendosi offeso, con le mani ai fianchi.
"Ahah! Ottimo lavoro! Ci prendiamo una pausa, però!" propose Riku, alzandosi in piedi e stiracchiandosi.
"Tu? Una pausa? Ma se stai con il culo attaccato allo sgabello da quando sei arrivato!"
"Oh scusa tanto se mi disintegro le braccia ogni volta, suonando su questa stracazzo di batteria!"
"Io oltre le braccia mi ammazzo anche il culo a stare in piedi! Quindi taci!" disse acidamente Vanitas, togliendosi la chitarra dalle spalle, mentre Roxas faceva lo stesso con il suo basso, posandolo con cura contro la parete.
"Bene, quindi è ora di merenda?" sorrise Ventus, alzandosi in piedi e raggiungendo la busta del supermercato che aveva portato poco prima, piena zeppa di schifezze, come al solito.
"Ce la meritiamo, no?" chiese il cantante, su di giri, visto che non vedeva l'ora di bere il suo tanto agognato succo alla pera.
Ventus gli lanciò un bricchetto che, appena lo prese, si rese conto che era un merdosissimo tè alla pesca.
Ok... Ven era arrabbiato con lui o, comunque, aveva qualcosa... non si era mai scordato di prendere il succo alla pera per lui. Era quasi... una punizione o un modo poco velatamente carino di fargli capire che ce l'aveva con lui.
"Ero di fretta e ho preso solo il tè, Axel!" spiegò quello, senza guardarlo, sapendo che il rossino non poteva sopportare un affronto simile. Voleva evitare di incontrare il suo sguardo affranto.
"Ok, non preoccuparti..." rispose il cantante, poco convinto.
"Birra per Van e Riku e succo all'albicocca per Roxas! E un tè al limone per me!" sentenziò il biondino, distribuendo la merce. Ok, il succo per Roxas sì, ma per lui no. Ora non aveva più dubbi sul suo risentimento verso di lui. "E delle merendine tossiche!" rise, infine, cedendole a tutti e prendendone una per se.
"Buon appetito!" esclamò Riku, addentando la sua merendina.
"Allora, come siamo andati, tesoruccio?" chiese Vanitas, avvicinandosi al suo ragazzo che aveva poggiato la schiena contro la scrivania, attaccato al suo bricchetto. Gli circondò un braccio intorno alla vita, dolcemente.
"Bene, ce la state mettendo davvero tutta! Ormai siete totalmente in sintonia!"
"Hai visto? E noi che non credevamo potesse essere possibile!" sorrise Riku.
Vanitas sbuffò nella sua direzione: "Parla per te, scarsone! Io so di essere bravo!"
Riku lo ignorò e diede un'altro morso alla sua merendina.
"Potremmo chiedere allo Strawberry se sono disposti a farci suonare una sera!" propose Axel, sorridendo.
"Non sarebbe una cattiva idea, ma forse abbiamo bisogno di ampliare un po' il nostro repertorio!" rispose Riku.
Vanitas diede un sorso alla sua birra e ne riemerse asciugandosi la bocca col il dorso della mano: "Beh, potremmo andare lì facendo delle cover, no?"
"Arctic Monkeys?" chiese Axel, speranzoso, visto che era il suo gruppo preferito e amava cantare le loro canzoni.
"Che palle! Quanto sei monotono!" si lamentò il chitarrista, poggiando la birra vuota sulla scrivania e stringendo di più Ven, che poggiò la testa sulla sua spalla mentre continuava a mangiare posatamente la sua merendina.
"E allora cosa proponi, Sherlock?" farfugliò Axel, offeso.
"Un gruppo un po' meno scontato di cui non esistono mille cover band, Watson!"
"Backstreet Boys?" propose Riku, con la faccia seria, anche se non lo era... forse.
Vanitas si voltò a guardarlo con un sopracciglio alzato: "Perché non i Take That?"
"Perché invece non la fate finita e decidete seriamente così da poter provare, nel fortuito caso in cui vi dicano di sì?" disse Ventus, infastidito dal fatto che ogni santa volta perdessero il punto della conversazione, degenerando in stronzate.
Axel rise: "Ven ha ragione! Potremmo fare la cover band dei Pixies!"
Riku e Vanitas si guardarono, un po' sorpresi e allettati.
"Mica male come idea! Roxy, hai qualche proposta?" chiese il chitarrista, voltandosi a guardare il bassista che se ne stava seduto su un amplificatore a bere il suo succo, lentamente come al solito, mentre la sua merendina era ancora da scartare... lentoooo!
Il biondino emerse da dietro il suo bricchetto e fece spallucce: "I Pixies mi piacciono!" disse, semplicemente.
"Ok, se siamo tutti d'accordo, direi di vederci domenica per provare. Decideremo una scaletta domani al parchetto! Tu puoi esserci, Roxas?" chiese il rossino.
Roxas annuì: "Sì, domani c'è il consiglio di classe, quindi esco un'ora prima!"
"Bene, perfetto, allora!" sentenziò il rossino "Poi magari sabato sera andiamo a parlare con Marluxia e gli chiediamo di farci suonare, se può!"
"Marluxia?" chiese il bassista, curioso.
"E' il proprietario dello Strawberry Fields! Ci conosce da una vita e di solito è lui stesso ad organizzare le serate!" informò Riku, mentre si avvicinava ad una busta nera per buttarvi dentro la bottiglia vuota della birra.
"E' uno ferrato?" chiese Roxas.
Riku represse un sospiro scocciato, perché lo faceva andare in bestia il fatto che fosse sempre così palesemente diffidente nei loro confronti, così sorrise meccanicamente, senza entusiasmo.
"Beh, gestisce il locale da una decina d'anni e hanno sempre fatto bei concerti! Direi di sì!"
"D'accordo, per me si può fare!" annuì il biondino, nella sua direzione.
"Bene, per noi sarà una novità esibirci di fronte ad un pubblico di gallinelle urlanti! Ma non facciamoci prendere dal panico e prendiamola con positività!" esclamò Vanitas, lasciando andare Ventus e tornando alla sua postazione.
Axel rise: "Non farti già strani film in testa! Non è detto che ci dica di sì!"
"Bisogna essere pronti ad ogni eventualità! E poi Marly di solito è abbastanza accondiscendente quando si parla di gruppi emergenti!"
"Vero anche questo!" ammise Riku, tornando alla sua batteria. "Bene, ricominciamo?"
Axel annuì: "Ok, ci resta da suonare Learn to Fly!"
"Dai il tempo tu, Van! Inizia con una schitarrata potente!" lo informò Riku.
"Cazzo, sempre a me il lavoro pesante! Pronti?"
Tutti si misero in posizione e Van diede quella schitarrata potente, seguito da Riku e Roxas al basso.
Il biondino non vedeva l'ora che il rossino si mettesse a cantare, perché anche Dave Grohl dei Foo Fighters aveva una voce piuttosto graffiante e dura, totalmente diversa da quella angelica di Axel. Non ci mise poi molto a stupirsi per l'ennesima volta della sua performance, quando iniziò a cantare con una foga disarmante, facendogli passare un brivido lungo la spina dorsale.
Gli piaceva troppo la sua voce, e sarebbe stato davvero tutto il giorno ad ascoltarlo se avesse potuto. Non c'era cosa più deconcentrante del canto ipnotico di Axel. Gli scivolava via tutto addosso, meglio di una doccia calda in pieno inverno; gli dava la carica e rimpiazzava nella sua testa tutti quei pensieri brutti che albergavano costantemente la sua mente logorata. Si tuffava direttamente nelle sue sillabe scandite con maestria e dolcezza, anche se ora stava cantando con la voce rauca e penetrante. Era peggio di una droga pesante. Ne era assuefatto.
" Now I'm looking to the sky to save me Looking for a sign of life Looking for something to help me burn out bright" cantò il rossino e Roxas ci si identificò un po' in quelle parole, anche se il suo cielo, in cui si ritrovava spesso a guardare per trovarvi rifugio, era verde come gli occhi di quel cantante che non aveva nulla di particolare di per se, ma che gli stava dando così tanto, con quella voce.
Si rese conto di non poterne fare più a meno... e non solo della sua voce.
Deglutì un groppone a vuoto e si rese conto solo in quel momento che gli stava fissando le spalle. Era magre, graciline, ma che quando lo abbracciavano risultavano così forti e protettive. Lo mandavano in un mondo totalmente diverso, fatto solo di cose belle e nient'altro... e poi si perse, senza smettere di suonare, a pensare a quanto volesse vederlo voltarsi per tuffarsi nei suoi occhi.
All you need is love, Roxas...
Scosse la testa, vistosamente confuso, mentre sentiva le guance andargli in fiamme. Un'altra nuova sensazione di cui non conosceva nulla. Quella strana sensazione nello stomaco che lo stava facendo piegare, nel tentativo di reprimere quelle... cos'erano? Farfalle? Gli stavano svolazzando dentro senza premurarsi di lasciarlo respirare?
Non era ansia, no. Lo sapeva bene com'era avere i crampi allo stomaco per l'angoscia... o per la paura. Ma, quella cosa che sentiva, per quanto fosse fastidiosa da morire, era piacevole; era... bella, sì! E lui non si era mai sentito bene in quel modo, in tutta la sua vita.
Stare bene per un disagio fisico del genere gli fece alzare un sopracciglio, confuso. Da quando in qua si trae benessere in qualcosa che ti sta graffiando da dentro, ma così dolcemente?
Ok, ora era confuso sul serio... che diavolo stava succedendo all'interno del suo scheletro gracilino?
"Bene! Ottimo lavoro!" sorrise il rossino, voltandosi a guardare i suoi compagni, soddisfatti quanto lui.
Roxas lo guardò, e si perse a contemplare quelle labbra piegate allegramente sul suo viso. Si era imbambolato? Ma non era Axel quello che di solito si fissava senza motivo?
Riku si stiracchiò: "Fantastico, questa canzone è in assoluto una delle mie preferite dei Foo Fighters!" esclamò, prima di sbadigliare sonoramente.
"Best of You la batte, eh!" constatò Van, girandosi a guardarlo.
"Già, la prossima volta la suoniamo!" sorrise Axel, stiracchiandosi.
"Meglio di no, che comincia con solo la parte vocale e tu ti impappini, visto che sei un incapace!" disse acido Vanitas, senza guardarlo.
Axel sospirò: "Ma grazie! Come al solito hai fatto il bagno nel Napalm, Van?"
"Direttamente nell'antrace, se ti interessa saperlo!" rispose quello, in tono disinteressato, mentre si toglieva la chitarra dalle spalle.
Axel rise e si voltò a guardare Roxas, che era ancora imbambolato a fissarlo.
"Tutto ok, Roxas?" gli chiese, alzando un sopracciglio e reprimendo l'istinto di abbracciarlo, dato che aveva una faccia teneramente confusa.
Il biondino scosse la testa per risvegliarsi.
"Sì... ottimo lavoro!" mormorò.
"Sì, è vero, stiamo andando forte! Ci fermiamo?" chiese poi, voltandosi di nuovo verso Van e Riku.
"Sarebbe meglio! Oggi è stato pesante, non te lo nascondo, anche se infinitamente produttivo!" ammise il batterista, alzandosi in piedi e raggiungendo la propria borsa che aveva poggiato sulla sedia girevole.
"Ven?" chiamò Vanitas, voltandosi a guardare il ragazzo, che se ne stava su una sedia, pensieroso e un po' teso. Il biondino si voltò a guardarlo e sforzò un sorriso.
"Sì?"
"Sei lì, zitto zitto! Che è successo?" chiese ancora il suo ragazzo, raggiungendolo e prendendogli una mano tra la sua.
Ventus scosse la testa: "Niente!" sorrise "Stiamo andando?"
Vanitas annuì:"Sì!"
Il biondo si alzò in piedi, sospirando, mentre suo fratello adagiava il basso nella sua custodia e si abbassava il cappuccio per pettinarsi la frangetta.
"Axel, domani ricordiamoci di decidere le canzoni dei Pixies da suonare!" si raccomandò Riku, mentre si avvicinava al contatore.
"Sì, d'accordo! Vedo di portarmi dietro il taccuino!"
Non appena furono tutti pronti ad uscire, Riku spense la luce e Axel prese le chiavi del box, tirando giù la serranda non appena furono tutti fuori al corridoio, riuniti. Si abbassò a dare un paio di mandate e quando si rialzò si ritrovò Ventus dietro di se, a tre centimetri, e trasalì per lo spavento che gli aveva fatto prendere.
"Andiamo?" chiese Vanitas, guardandoli.
Ven si voltò a guardarlo e sorrise con eloquenza nella sua direzione.
"Voi avviatevi, io devo chiedere una cosa ad Axel!"
Panico! Panico puro!
Axel si sentì morire dentro, perché il biondino era stato teso tutto il tempo e sembrava avere qualcosa da dirgli da quando era arrivato. Anzi, a dirla tutta dalla sera prima, quando l'aveva beccato a mangiarsi praticamente con gli occhi suo fratello.
E, infine, il momento che meno aveva sperato arrivasse, arrivò. Deglutì un groppone e fissò Vanitas e gli altri avviarsi, mentre quest'ultimo circondava un braccio intorno alle spalle di un Roxas profondamente contrariato da quel contatto fisico.
In una situazione diversa il rossino avrebbe gongolato all'idea che l'unico che poteva permettersi di abbracciarlo senza problemi era lui... sì, in una situazione diversa da quella in cui si sentiva già la testa mozzata dal resto del corpo per mano di Ventus.
Il biondino si voltò a guardarlo non appena gli altri furono abbastanza lontani da loro e si schiarì la voce.
"Ven?" lo chiamò, quando vide il suo sguardo senza espressione sul suo. Era inquietante peggio di Vanitas quando lo imbruttiva con quei suoi cazzo di occhi gialli...
"Axel..." esordì, cominciando a strapparsi le pellicine di una mano con le unghie, nervosamente.
"Che volevi dirmi?" chiese ancora Axel, tentando di risultare tranquillo come sempre, ma la sua voce tremante lo tradì.
 "Sai, ultimamente ho notato che tu e Roxas avete instaurato un bel rapporto" gli disse, infine, cercando di sorridere, ma era palesemente turbato.
Axel cercò di rimanere calmo di fronte a quella sua constatazione, non potendo negare assolutamente la cosa, così annuì.
"Sì, ci siamo avvicinati un pochino. Sai, abbiamo scoperto di avere... interessi comuni!" concluse, grattandosi la testa, accennando ad una risata.
Ventus lo guardò, reprimendo vistosamente un sospiro frustrato e incrociò le braccia al petto, stringendosi però nelle spalle, a disagio.
"Io... sono contento se Roxas abbia trovato qualcuno con cui si trova bene! Non ti nascondo che la cosa mi fa piacere, visto che non ha mai avuto praticamente amici!" esordì, abbassando lo sguardo e iniziando a studiarsi le scarpe. "Anche il gruppo lo sta un po' spronando ad essere un po' più estroverso ed ora addirittura si vedrà con Sora per vedere un film... è un bel passo avanti, non c'è che dire..."
Axel inclinò la testa, studiandolo. Ok, erano parole bellissime, su suo fratello, su di loro che lo stavano aiutando...
"Però?" lo incitò, capendo che ci fosse una motivazione per cui gli stesse dicendo tutte quelle cose, fingendosi entusiasta, ma sembrando tutt'altro.
Ventus alzò lo sguardo, capendo che ormai non poteva più allungare il brodo. Sospirò e si passò una mano tra i capelli, prima di soffermare gli occhi azzurri su quelli del rossino.
"Axel..." cominciò, titubante. "Mi pesa dirlo, ma... non devi credere a tutto quello che Roxas ti dice..."
Fine.
 
 
TaTaTaTan!
Buonasera mie prode! Come va?
Eccoci infine giunte anche alla fine del capitolo 9, con rivelazioni assolutamente nuove e un Ventus a cui darei tante di quelle badilate... ma tralasciamo!
La storia si evolve, ma si trasforma e ora si comincia la battaglia per la conquista della verità su questo biondino che ci sta facendo tribolare da un sacco. Che cosa accadrà mai? Cosa ci aspetta nel futuro?
Lo scopriremo solo vivendo e continuando a leggere "The Kingdom Keys" ogni lunedì alle 20 su Sky!
Beh, dai, a parte le stronzate che mi vengono da scrivere dopo che un capitolo del genere mi ha praticamente sfinita, possiamo davvero affermare che qui le cose stanno cambiando seriamente.
Da una parte abbiamo il nostro rossino sempre più innamorato, dall'altra un Roxas che sta cominciando a capire cosa prova, Riku che non viene cagato da Sora, Sora che invita Roxas a vedere un film a casa sua (no, non ci sarà dello yaoi tra i due, anche se li shippo v.v), Vanitas che vorrebbe mettere al rogo Terra e Aqua e, infine, Ventus... che ci fa questa rivelazione allucinante, cambiando le carte in gioco...
Che altro dire? Vi lascio al bonus di fine capitolo, sperando che il disegno di Roxas Potter e Axel Weasley vi sia piaciuto XD
Al prossimo capitolo e grazie per le recensioni stupende che mi lasciate ogni volta ç_ç Siete fantastiche!
 
 
*Bonus Track*
Roxas si chiuse alle spalle la porta dell'ascensore, con un gesto abituale.
Non appena fu sul pianerottolo sfilò le chiavi di casa dalla tasca posteriore di quei pantaloni troppo larghi e si avvicinò alla porta in legno, infilando la chiave e dando un paio di mandate.
Non appena aprì trovò sua madre ad accoglierlo, seduta sul divano a guardare la tv, in pigiama.
"Bentornato, tesoro!" sorrise la donna, mentre il figlio posava le chiavi su un tavolino di legno appena dopo l'ingresso. "Tutto bene?"
"Sì" rispose, semplicemente, mentre si passava stancamente una mano tra i capelli.
"Hai fatto merenda? Vuoi che ti prepari qualcosa?" chiese ancora la donna, alzandosi in piedi e avvicinandosi.
"No, non ho fame"
La madre sospirò stancamente, posandosi una mano sul fianco e una sulla fronte, visibilmente innervosita dal modo scostante con cui suo figlio la stava trattando.
"Roxas..."
"Sto bene, davvero..." mormorò il biondino, cercando di accennare ad un sorriso, sorpassandola e avvicinandosi alla porta della sua camera.
"Non potresti restare qui? Guardiamo un po' di tv insieme, mangiamo qualcosa..." disse la donna, seguendolo con lo sguardo mentre metteva la mano sulla maniglia per abbassarla.
Roxas non si voltò a guardarla ma rimase per un attimo immobile, senza sapere cosa dire: stava cercando di cambiare, di diventare un po' più risoluto nei confronti degli altri, ma sua madre non era ancora pronto a perdonarla per le pretese e gli obblighi che gli stava facendo sopportare da anni, per il puro gusto di vantarsi in giro e dire che suo figlio era un prodigio... cosa che con Ventus non aveva mai fatto e Roxas si era sempre chiesto il perché... forse perché Ven, malgrado tutto, era una persona molto più sicura di se, era estroverso, ottimista, prendeva iniziative. Lui era l'esatto opposto, quindi, infine, si era fatto manovrare come una marionetta...
Ora sua madre sembrava iniziare a rendersi conto dei suoi errori, di quanto lo avesse isolato dal resto del mondo e di quanto lo avesse privato di tutto ciò che un ragazzo della sua età dovrebbe fare... e Roxas era schifato dai suoi tentativi in extremis di risanare quel rapporto madre-figlio che non avevano mai avuto.
"Non mi va di guardare la tv"
"D'accordo, come vuoi..." sospirò sua madre, ormai rassegnata ai suoi modi di fare; poi notò la busta che teneva in mano, saldamente, con il logo del negozio di giocattoli "Che hai in quella busta?"
"Non ti riguarda..." mormorò lui, gelido, mentre sentiva che quella sua invadenza gli aveva spaccato tutti i nervi, facendolo irritare tantissimo. Tirò giù la maniglia e aprì la porta, entrando e chiudendola con violenza, dietro di sé.
Si poggiò con la schiena sulla porta e si premette le mani sulle orecchie, per non sentire le urla della donna e ignorarla.
"Roxas, apri subito questa porta! Ti stavo parlando! Mi stai ascoltando? Aprila, ho detto!" gridò lei, bussando isterica.
Il biondino la ignorò, perché, malgrado le mani sulle orecchie riusciva a sentirla benissimo e in quel momento la odiava... odiava quando cercava di fare il genitore normale che tenta di riprendere il proprio figlio che fa una marachella. Lui, quel genere di cose non le aveva mai fatto; né un ginocchio sbucciato, né un bernoccolo, né una ferita così grave da aver bisogno dei punti... non le aveva mai dato problemi di quel genere e nemmeno altri di alcun tipo, quindi non aveva alcun motivo di urlargli contro come una pazza isterica, quando lui decideva che non voleva vederla... era suo diritto decidere queste cose. Almeno queste, visto che la sua vita era stata scritta da loro senza nemmeno chiedergli un parere, mentre un uomo orribile gli rubava ogni frammento della sua infanzia e adolescenza, con la sua languida risata.
Mentre un rossino intraprendente e pasticcione cercava di restituirgli tutto ciò che di cui era stato privato.
Roxas sorrise a mezza bocca pensando a tutto ciò che Axel stava facendo per lui. Tolse le mani dalle orecchie, perché sua madre aveva rinunciato a urlare inutilmente e si era zittita.
Il biondino raggiunse la propria scrivania, spoglia di qualsiasi cosa, fatta eccezione di un portapenne fucsia e un computer portatile chiuso. Posò la busta di plastica sul tavolo e ne fece emergere il libro che Axel gli aveva comprato. Lisciò la copertina con una mano e prese un lungo respiro, prima di posarlo su uno scaffale vuoto, con cura.
Il suo primo libro stava decorando finalmente la sua stanza... il primo libro di piacere che avesse mai avuto. Il primo di una lunga serie, a questo punto.
Abbassò lo sguardo sulla scatolina dei Lego e la prese, aprendola con una certa fatica per via dello scotch messo fin troppo bene. Ne fece emergere una piccola fortezza già costruita e Frodo, Gollum e Sam emersero da una bustina di plastica chiusa ermeticamente. La aprì aiutandosi con i denti e li tirò fuori.
Tutto odorava di plastica nuova e stette qualche secondo ad inalare quell'odore che, in un certo senso, gli faceva tornare in mente quei rari momenti dove da piccolo aveva giocato con qualcosa... non ricordava nemmeno cosa, effettivamente, ma almeno aveva un ricordo, ed era già tanto.
Posò la fortezza sullo scaffale appena più in basso di quello del libro e vi posò poi i personaggi, senza un particolare schema logico - Axel probabilmente avrebbe inscenato una storiella per dargli un non so che di teatrale, ma lui era troppo serio, almeno per ora -. Fissò i suoi nuovi acquisti e sospirò, senza riuscire a reprimere un sorriso compiaciuto.
Si voltò e raggiunse il letto, sdraiandosi a pancia in giù e affondando la testa nel cuscino, un po' esausto.
Era stata una bellissima giornata, in realtà... ma lo aveva sfinito sul serio; soprattutto dimenticare tutte quelle cose brutte, tutte quelle sofferenze che ormai era normale provare durante l'arco di tutte le sue giornate.
Era stata una fatica enorme cerca di accantonarle e, con sua enorme sorpresa, riuscirci...
Si mise su un fianco e si abbracciò le ginocchia, tristemente, mentre fissava un punto indefinito e poi stringeva gli occhi dolorosamente, mentre tutto gli ricadeva addosso peggio di una doccia fredda; peggio di quelle mani orribili che gli carezzavano le braccia cercando di rassicurarlo, facendogli invece ancora più male; peggio di sua madre che lo minacciava di mandarlo a letto senza cena, anche se a lui di mangiare non importava un gran che; peggio di suo fratello che cercava di trattarlo come un suo pari e invece finiva sempre che lo faceva sentire un idiota...
Aprì gli occhi tristemente e si guardò le ginocchia, che erano coperte da quei pantaloncini neri ma che, dopo la ruzzolata, erano chiazzati di bianco. Si guardò le mani un po' graffiate dal brecciolino e sorrise.
Si sentì improvvisamente calmo, rilassato, sereno: perché quello sporco sui vestiti non era lurido e viscido, ma aveva la forma del ricordo di un bacio sulla fronte, datogli con una dolcezza incredibile. E quei graffi sulle mani non erano nemmeno doloranti come il suo cuore, ogni volta che entrava in quella stanza per la lezione di violino. Erano graffi che gli ricordavano un gelato al pistacchio e menta e una bella canzone, cantata da una voce soave come quella di un angelo, contornato da capelli rossi accesi e sparati disordinati con la gelatina.
Roxas accentuò il suo sorriso, mentre i suoi occhi si accendevano un pochino di più, facendo affacciare da quello spiraglio una speranza di una vita che cominciava ad appartenergli. Si alzò in piedi, deciso, e prese Harry Potter dallo scaffale. Si ributtò su letto e prese un lungo respiro, come se si dovesse preparare a leggerlo di fronte ad una platea infinita.
Si sistemò meglio sul cuscino e si tolse le scarpe sfilandole aiutandosi con una mano, senza slacciarle e iniziò a leggere, rendendosi conto che da quel giorno qualcosa era cambiato.
Fine
 
 


 

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Capitolo 10
*** Liar? ***


Capitolo 10. Liar?
Faceva un caldo torrido e asfissiante; talmente tanto che Axel sentiva perfino la pelle soffocare.
Non sapeva più che altro fare per rinfrescarsi, e maledisse quel dannato ventilatore, posato sull'armadio, troppo in alto per essere raggiunto. Soprattutto non avrebbe mosso un dito, in quel momento, perché questo gli avrebbe comportato solo altro caldo.
Si passò una mano sudaticcia sulla faccia, stancamente, sdraiato sul letto con il cellulare in mano, con il monitor che era tornato scuro perché non vi stava svolgendo alcuna attività.
Avrebbe dovuto, in realtà.
Roxas gli aveva chiesto di vedersi, quel pomeriggio, perché aveva voglia di fare un giro con lui, magari in centro, per fare ancora compere o mangiare un gelato insieme. Probabilmente fino al giorno prima avrebbe risposto ancora prima di rendersene conto, ma ora non ce la faceva.
Aveva le parole di Ventus ancora impresse in testa, che tamburellavano come la grancassa della batteria di Riku, confondendolo.
Di chi si era andato ad innamorare, quindi?
Di un bugiardo? No, non poteva crederci.
La sofferenza negli occhi di quel biondino era talmente tanta, che gli sembrava impossibile potesse essere capace di mentire, soprattutto a lui, ora che si erano avvicinati così tanto.
E allora, se non era un bugiardo, cosa era?
Un malato mentale? Un pazzo?
Roxas era un ragazzino particolare, questo era vero. Era scostante con chi non voleva dare confidenze, era acido a volte, era impassibile a tutto, quando metteva su quella maschera per nascondere la sua vera natura, ma non era pazzo. Non voleva crederci.
Quindi?
Quando Ventus gli aveva pronunciato quella frase, lasciandolo basito, non era riuscito a chiedere nemmeno delle motivazioni. Lo aveva spiazzato talmente tanto, che era rimasto muto, immobile, a fissarlo, sperando che continuasse e che gli dicesse che stava scherzando, che era solo un modo stupido di prendere in giro suo fratello, imitando Vanitas quando parlava di Sora.
Invece no, lo aveva guardato, Ventus, e aveva scosso la testa, rassegnato, perché il suo shock non lo aveva stupito. Poi, visto che erano rimasti in silenzio per così tanto tempo, il biondino aveva deciso di raggiungere gli altri, fuori dai box, che li aspettavano chiacchierando.
Poi Roxas lo aveva guardato, chiedendogli con lo sguardo che cosa si fossero detti lui e suo fratello, e Axel lo aveva ignorato, perché era confuso, era assente, era pensieroso. Da un'altra parte, totalmente.
Ventus poi aveva ricominciato a sorridere, come se niente fosse, invitando tutti ad andarsene a casa perché era quasi ora di cena ed era affamato. Vanitas poi lo aveva baciato e se n'era andato, abbracciando suo fratello, più taciturno del solito.
E poi il nulla.
Nemmeno un sms, nemmeno una chiamata. Niente.
Nessuno dei due era riuscito a fare un passo per parlare, perché Axel era troppo fuori dal mondo con la testa e probabilmente Roxas aveva capito.
Poi, quell'sms, all'ora di pranzo, a cui doveva ancora rispondere. Non aveva idea di cosa fare. Non voleva vederlo e fingersi indifferente, ma non voleva nemmeno ferirlo, dandogli buca.
Forse mentiva in altre cose, ma era sicuro che la sua sofferenza fosse reale, perché la palesava troppo bene nei suoi occhi e gli spariva magicamente, ogni tanto, quando stava insieme a lui, e non poteva privarlo di questo.
Accese il telefono, sbloccando, e di nuovo la schermata era sulla casella messaggi, con quelle parole scritte senza nemmeno un errore di battitura. Lo immaginò mentre scriveva, pigiando i tasti con la stessa cura con cui lo faceva con il pianoforte.
"Ti va di vederci questo pomeriggio? Facciamo un giro in centro e prendiamo un gelato!"
Axel sospirò e, conscio che probabilmente sarebbe stato un errore madornale vedersi, perché lui si sarebbe comportato in modo fin troppo innaturale - e si conosceva bene, ormai -, decise di dirgli di sì.
"Va bene, piccola peste! Ci vediamo alle quattro davanti a Stradivarius, poi ci muoviamo da lì! Ok?" rispose e inviò, titubante, arricciando le labbra, perché non ancora convinto di aver preso la decisione giusta.
"D'accordo, puntuale!"
"Ci proverò! :)"
Con Roxas non aveva mai fatto ritardo, nemmeno alle prove, perché non voleva perdere nemmeno un secondo quando aveva l'occasione di vederlo. Ma ora... sembrava tutto così finto, così meccanicamente innaturale, che si domandò come sarebbe finito quel dannato pomeriggio fatto di forzata sincerità. Probabilmente da ambo le parti, poi.
 
 
Quando raggiunse Stradivarius, si rese conto di aver fatto 15 minuti di ritardo, quando guardò l'orologio. Roxas era già davanti al negozio, poggiato ad un muro, con le cuffie nelle orecchie e il cappuccio della maglietta blu alzato sulla testa. Faceva caldo, caldissimo e Axel si chiedeva come facesse a non sudare con quel coso sulla testa.
Però era bello, come sempre. Malgrado tutto quello che gli stava passando per la testa, continuava a pensarlo, e non avrebbe mai smesso di farlo.
Sentì il cuore accelerare i battiti, perché era teso, ansioso, non del tutto padrone delle sue azioni. Gli sudavano le mani, oltre che la fronte, e il cervello si stava sciogliendo letteralmente, ma non per il caldo.
Prese un lungo respiro e si avvicinò, cercando di sorridere e, quando Roxas alzò lo sguardo, Axel alzò una manina per salutarlo.
Il biondino si tolse le cuffie, sorridendo quando lo vide, ma sembrava a disagio. Axel lo sapeva che aveva percepito il suo distacco, quel giorno dopo le prove e, dato che era profondamente intelligente, aveva capito che Ventus gli avesse parlato di lui.
"Ciao!" salutò il rossino.
"Ciao Axel!"
"Scusa il ritardo, non riuscivo a trovare una maglietta decente da mettere!" si giustificò, grattandosi la testa, anche se era una bugia. Non era stato quello il motivo, ma il fatto che fino all'ultimo non era sicuro di voler uscire per vederlo.
"E hai optato per questa, no?" chiese divertito il biondino, indicando la sua maglietta nera dei White Stripes con su raffigurate delle costole con un cuore rosso all'interno.
"Perché, non ti piace?" chiese, innocente, guardando il disegno.
Roxas rise: "No, no! Mi piacciono i White Stripes!"
"Meno male, piccola peste, o dovevo ucciderti!" rispose Axel, senza riuscire a trattenere l'istinto di arruffargli i capelli. Morbidi. Setosi. Bellissimi.
Roxas represse un guizzo divertito, poi si ricompose.
"Ti va di fare un giro in libreria? Devo prendere il secondo di Harry Potter!" propose il biondino, timidamente.
"Tutto quello che vuoi, Roxas!" sorrise il rossino, intenerito da quella richiesta, cercando di studiare quegli occhi che, malgrado tutto, erano profondamente impenetrabili, ancora.
Roxas arrossì leggermente di fronte a quella accondiscendenza e, non del tutto abituato a prendere iniziative, tossì imbarazzato, poi fece cenno di cominciare a muoversi.
"Quindi hai finito il primo libro!" esclamò Axel, quando gli si fu affiancato, infilando le mani in tasca.
"Sì! Così per domani sono pronto! Sai, per vedere il film con Sora!" rispose l'altro, annuendo.
"Ah, sì, è vero! Domani ti vedi con lui. Sono contento, lo sai?" ammise, arruffandogli di nuovo i capelli.
Roxas lo scostò ridendo: "Anche io! E' simpatico, alla fine!"
"E' un amore, quel ragazzino! Cioè... ragazzo!" disse, non del tutto convinto. Sora aveva la stessa età di Roxas, ma non riusciva ancora ad entrare nell'ottica che il moro fosse un adolescente. Entrambi erano estremi. Roxas nella serietà e Sora nell'infantilismo.
Il biondino lo squadrò un attimo, un po' infastidito da quel "E' un amore!", ma rise anche al fatto che avesse puntualizzato che fosse un ragazzo, non del tutto convinto. Gli voleva bene, probabilmente, come avrebbe voluto bene ad un fratellino piccolo.
"Fino a qualche tempo fa pensavo che fosse fin troppo chiacchierone per i miei gusti" confessò, alzando un sopracciglio.
Axel scoppiò a ridere: "Poi hai conosciuto me e ti sei reso conto che c'è qualcuno peggio di lui, eh!"
"Sì, esatto!" scherzò l'altro, ricevendo una spinta spiritosa dall'altro.
Era dolce quando cercava di scherzare a quel modo, fingendo che tutto andasse bene, e Axel fu sollevato che non fosse scesa freddezza tra di loro, malgrado lui fosse ancora scettico per via delle parole di Ven e che Roxas avesse una voglia irrefrenabile di chiedergli cosa si erano detti.
"Eccoci qua! Copriti il collo o finisce che ci prendiamo un raffreddore sul serio, sta volta!" si raccomandò Axel, sentendosi profondamente soddisfatto per essersi ricordato della spietata aria condizionata, che minacciosa ergeva ancora sulla porta scorrevole della libreria, a tutta potenza.
Roxas, che aveva il cappuccio ancora su, rise e vide il rossino alzarsi la maglietta sulla testa. Era buffissimo e totalmente stupido. Lo indicò, canzonandolo, senza riuscire a trattenersi.
"Ma guarda te questo piccolo demonio! Ma che avrai da ridere!" rispose il rossino, quando furono entrati, mettendosi giù la maglietta.
"Niente!" mentì Roxas, ridendo ancora.
"Vieni, va! Prima che ti ci appiccichi, su questa dannata aria condizionata!"
E, detto questo, seppero esattamente dove andare. I libri di Harry Potter li aspettavano trepidanti alla sezione bambini, con le loro copertine terribilmente allettanti, che li invitavano a comprarli con un canto ammaliante.
"La Camera dei Segreti, giusto?" domandò Roxas, prendendo poi tra le mani il suddetto libro.
"Oh, ti vedo preparato! Hai studiato, quindi!"
"Beh, c'è l'elenco all'inizio del libro!" ammise, sorridendo, senza staccare gli occhi da quelle pagine profumate di inchiostro e carta.
"Sai che ci sono anche dei libricini niente male sulla storia del Quidditch?" informò il rossino, mentre faceva scorrere lo sguardo sullo scaffale, alla ricerca del suddetto libro.
"Ah sì?" rispose curioso l'altro, cominciando a cercarlo anche lui.
"Oh, sì! E anche sulle creature del mondo di Harry Potter!" continuò l'altro.
"Se dovessi fare un esame per entrare in una scuola di magia, li comprerò! Ora mi interessa sapere come finisce!" ridacchiò, divertito dal fatto che Axel sapesse così tante cose su quella saga, malgrado avesse vent'anni.
Axel si voltò a guardarlo con un sopracciglio alzato, leggermente indignato per quella risposta.
"Tu stai diventando un insolente, piccola peste!" lo redarguì, cercando di prendergli il naso con le dita, ma Roxas si scostò ridendo. "Ho creato un mostro!"
"Altrimenti non sarei una piccola peste, no?"
Era molto irriverente, quel giorno, ed era piacevole. Era piacevole perché, malgrado i suoi modi di fare stessero cambiando, rendendolo diverso da come era fino a qualche tempo prima, questo nuovo Roxas gli piaceva lo stesso, e anche tanto. Peccato che ogni tanto il cuore smetteva di pompargli sangue, quando si ricordava delle parole di Ventus su di lui. Più andava avanti quella giornata, però, più si convinceva che non fossero vere o che, comunque, non lo riguardassero direttamente.
Comunque, anche se quest'ultimo pensiero fosse stato vero, non era una cosa bella, ma non poteva giudicare. Se Roxas era uno che tendeva a mentire, ma lo faceva solo con la sua famiglia, allora doveva avere le sue ragioni. Se invece questo accadeva anche con lui, era ingiustificabile, visto quando stesse cercando di dargli per farlo felice.
"Axel?" lo chiamò Roxas, vedendolo imbambolato a fissarlo e sentendosi a disagio.
Il rossino sussultò sulle spalle e scosse la testa.
"Niente, lo sai che ogni tanto mi fisso!"
"Sì, ma mai con quell'espressione seria..." ammise il biondino, abbassando lo sguardo e fissando il libro, un po' a disagio.
"Non preoccuparti! Ora passa!" cercò di rassicurarlo, invitandolo poi ad avvicinarsi alla cassa, circondandogli un braccio intorno alle spalle.
Roxas lo seguì, ma era pensieroso. In realtà era dal giorno prima che lo era, ma cercava di non darlo a vedere. Voleva solo passare del tempo con il rossino, cercando di dimenticare tutto e tutti, solo questo.
Posò il libro sul bancone e la ragazza alla cassa gli sorrise.
"Oh, sei già al secondo? Stai andando veloce!" disse lei, divertita, ricordandosi dei due passati giorni prima.
Roxas la guardò senza sapere cosa dire e Axel si accinse a parlare al posto suo.
"Sto cercando di fargli prendere la retta via del Potterismo!"
Quella rise: "E' fortunato ad avere un fratello come te, allora!"
Fratello? Ma che cazzo diceva?
Non si somigliavano manco per la forma del naso! Come poteva dire una cosa simile! Uno biondo e uno rosso, uno con gli occhi verdi e uno con gli occhi blu e i lineamenti totalmente differenti. Aveva fumato duro, la tipa.
Axel decise di glissare e sospirò: "Il duro lavoro di un fratello maggiore!"
Roxas alzò un sopracciglio, ma  non disse nulla. Forse era un modo carino per darle della stupida senza farla accorgere. Tirò fuori il portafogli e pagò, mentre fermava Axel che stava già tirando fuori il suo.
"Non questa volta, Axel!" lo redarguì, spingendolo via.
"D'accordo, d'accordo! Non ti arrabbiare o ti si rizzano i capelli!"
Roxas sorrise alla ragazza quando gli porse la busta di carta, poi si voltò verso il rossino e gli fece una linguaccia.
Che tenero...
Uscirono dalla libreria e Axel si dimenticò dell'aria, rabbrividendo e tirando un vaffanculo grosso come una casa, che fece sussultare e ridere il biondino.
"Dio ti maledica, dannata aria condizionata!" urlò, mentre mostrava un pugno rabbioso verso la porta e la ragazza alla cassa lo guardava basita.
"Dai, Axel, calmati o ti viene un embolo!" rise Roxas, prendendolo per un braccio e tirandoselo via.
"Non fare lo spiritoso! Ti ci appendo davvero la prossima volta!" lo minacciò, scherzosamente, tutto imbronciato.
"Ok, ok, scusa!" rispose l'altro, poi indicò un punto dall'altra parte della strada. "Andiamo a sederci al parco e iniziamo a leggere" propose.
Axel lo guardò, mentre non smetteva di tenerlo sotto braccio e arrossì. Leggere insieme, come quel dannato sogno che faceva ogni volta e che finiva con loro due che faceva l'amore? Ok, ok, ok, ferma i bollenti spiriti, rossino! La questione è più tranquilla di quello che credi.
"Va bene, ma voglio un gelato!" disse, trionfante per l'idea che aveva avuto.
Entrarono da Ice World, che era due vetrine distante dalla libreria, e presero il loro gelato e Axel azzardò ad assaggiare, insieme alla menta, il gusto pera. Chissà, magari era buono quanto i suoi gustosissimi succhi di frutta.
Roxas, invece, più tradizionale, non prese gusti nuovi, anche se l'amarena un po' lo incuriosiva. Ma aveva altre occasioni di prenderla, dopotutto.
Raggiunsero il parco, che era al in mezzo alla piazza principale del centro della città. Erano le cinque del pomeriggio ed era un caos totale. Tutte le panchine erano piene e così si sedettero sull'ormai famoso blocco di cemento, pieno di scritte fatte con i pennarelli indelebili, dove le coppiette avevano segnato il loro cammino.
Speriamo si siano lasciati tutti, pensò Axel.
Roxas, con ancora in mano il gelato, prese il libro con la mano libera e se lo posò sulle gambe, aprendolo mentre leccava il cono, distrattamente.
Axel lo guardò e, vedendolo così spensierato, si fece scappare un sorriso. Era davvero un amore da ammirare, con quella faccia incuriosita dal seguito della storia e con quel gelato quasi più grande di lui, che come al solito mangiava con una lentezza unica, che però non lo infastidiva guardarlo come avrebbe fatto su altri.
Come poteva mentire un essere così dannatamente stupendo?
Gli si strinse di nuovo il cuore a quel pensiero e represse un sospiro frustrato.
"Ok, leggiamo!" esclamò il biondino, facendolo trasalire.
"Tu leggerai, Roxas! Io me ne starò qui a prendere il sole, aspettando che tu mi faccia domande curiose a cui non ti risponderò per non farti spoiler!" rise, riprendendosi.
Il biondino lo guardò contrariato, alzando un sopracciglio.
"A me andava di leggerlo con te" disse, imbronciato, e ad Axel fece una tenerezza unica.
Dio, come faceva a dirgli di no?
"Ok, allora!" rispose, alzando gli occhi al cielo, sorridendo. Gli si affiancò. "E' scomodo così, mi fa male il collo!"
"Uffa, quanto sei lamentoso!" sbuffò l'altro, non serio, poi si alzò in piedi e gli fece cenno di sedersi un po' più indietro e di fargli spazio, aprendo le gambe.
Axel lo guardò sbigottito di fronte a quella richiesta e represse un urlo da checca quando il ragazzo gli si sedette in mezzo alle gambe, posatamente e poggiava la schiena sul suo petto, totalmente a suo agio, come se non avesse fatto altro in tutta la sua vita che quello.
"Roxas..." lo chiamò, arrossendo.
"Sei scomodo?" chiese, dando una leccata al suo gelato e aprendo poi il libro con la mano libera.
"No..." mormorò il rossino, deglutendo un groppone a vuoto, a disagio come non lo era mai stato.
"Allora comincio a leggere, eh!" lo informò il biondino, tenendo il libro nel mezzo con una mano e alzandolo per fare in modo che anche l'altro potesse vedere. Axel sapeva che non avrebbe mai letto un beneamato cazzo, ora che ce lo aveva così appiccicato al petto, rilassato, mentre i suoi capelli gli solleticavano il mento, dolcemente.
Roxas si immerse nella lettura, ricordandosi ogni tanto di leccare quel gelato che rischiava sempre di sciogliersi nella sua mano, imbrattandola. Axel, invece, che non smetteva un solo istante di fissargli i capelli, aveva poggiato le mani sul blocco, teso, sentendo come il respiro di Roxas andava a tempo con i battiti del suo cuore, che probabilmente stava per fermarsi dalla troppa emozione.
Immerse il naso nei suoi capelli, sentendo l'odore del cocco pervaderlo e calmare tutti i sui sensi.
Roxas fermò gli occhi che fino a qualche secondo prima si muovevano sulle pagine del libro e arrossì a quel contatto. Ringraziò il cielo che il rossino non potesse vederlo.
E Axel ringraziò il cielo che lui non vedesse la sua faccia inebriata.
Gli lasciò un bacio sulla testa, dolcissimo, appena sfiorato, perché sapeva di potersi permettere certi lussi, ormai e sapeva che Roxas non avrebbe mai chiesto perché.
Il biondino buttò giù l'ultimo pezzo del suo cono, accartocciando la carta e mettendosela in tasca. Non appena ebbe la mano libera, la portò dietro di se per prendere il polso di Axel e invitarlo ad abbracciarlo, senza dire nulla.
Il rossino respirò forte sui suoi capelli, a quel contatto, e ubbidì, perché anche lui non faceva più domande, quando accadevano queste cose.
Alzò anche l'altra mano e lo circondò in vita, dolcemente, poi gli posò una guancia tra i capelli e chiuse gli occhi, sorridendo.
Sentiva il rumore del mare, a tenerlo così. Sentiva la sabbia calda sotto i piedi e l'infrangersi delle onde sugli scogli lontani. Sentiva il sole battere leggermente sulla sua pelle, mentre la schiena bagnata di Roxas gli sfiorava il petto nudo, dopo aver fatto il bagno al mare, insieme. Sentiva Roxas alzare la testa verso di lui e baciarlo dolcemente, per poi tornare a guardare il mare cristallino come i suoi occhi.
"Dovremmo andare al mare..." mormorò il rossino, senza aprire gli occhi, mentre continuava a fantasticare.
"A me non piace molto, mi annoia" rispose l'altro, senza smettere di leggere.
L'aveva già constatato che quel tipo sapeva fare troppe cose assieme, ma leggere, ascoltare e rispondere doveva essere proprio da geni del male.
"Come mai?"
"Non mi diverto. In realtà, forse, è sempre per via del mio modo di essere... magari col tempo mi divertirà anche quello" rispose, con fare distratto.
Axel sorrise al pensiero che, malgrado tutto, fosse molto speranzoso nei propri riguardi. Voleva migliorare e sapeva che poteva farlo in tutto, dopotutto. Bastava solo un po' di volontà e qualcuno che lo spingesse.
Lui era la sua spinta e doveva esserne fiero.
Gli strinse di più le braccia intorno alla vita, facendolo arrossire.
"Ti faccio divertire io, piccola peste!" lo rassicurò, nel chiaro intento di fargli capire che lui ci sarebbe stato sempre.
Roxas non rispose, rimase immobile, fermando di nuovo gli occhi dalla sua lettura. Infilò un dito in mezzo alle pagine e lo chiuse, poi restò in silenzio, per un po'.
Axel, che lo aveva visto compiere quell'azione da sopra di lui, tacque, perché sapeva che stava cercando di trovare il coraggio di dirgli qualcosa, ma che era molto titubante nel farlo.
"Axel..." lo chiamò, con un filo di voce.
"Dimmi, Roxas!" rispose, cercando di sembrare tranquillo, ma era turbato.
Il biondino deglutì, poi abbassò lo sguardo sulle proprie gambe dondolanti.
"Che cosa ti ha detto Ventus, ieri?"
Axel sgranò gli occhi, perché non immaginava che gli stesse chiedendo davvero una cosa del genere. Lasciò andare un po' la presa intorno alla sua vita, in un riflesso incondizionato, profondamente a disagio.
Cercò di sorridere leggermente, anche se l'altro non poteva vederlo, ma questo un po' gli dava forza.
"Niente, perché?" chiese.
Roxas arricciò le labbra e, facendo un'orecchia alla pagina del libro, lo posò sul blocco e si strinse le mani al petto, turbato.
"Allora perché ti ha fermato, subito dopo le prove?"
"Roxas..."
"Ti ha parlato di me?" chiese, interrompendolo, tentennante.
Axel lasciò andare definitivamente le braccia dalla vita del biondino, che, dopo quel gesto, capì che la risposta era affermativa. Abbassò le braccia, stringendo due pugni lungo le cosce, coperte dai pantaloni di due taglie più grandi.
"Axel, ti ha parlato di me?" insistette, alzando leggermente la voce, frustrato. Il rossino sentì il suo respiro velocizzarsi, ansioso.
"Roxas... io..." esordì, a disagio, senza riuscire a muovere un muscolo, poi sospirò, perché non poteva mentire e Roxas era troppo intelligente perché potesse credere alle sue bugie. "Sì, mi ha parlato di te"
"Che cosa ti ha detto?" chiese, cercando di riprendere la calma, respirando rumorosamente.
"Niente, davvero... mi ha detto che era contento che ti vedessi con Sora, questo venerdì e che ha notato che da quando sei nel gruppo ti vede meglio!"
"E poi?"
"Tutto qui, davvero!" mentì, cercando di risultare calmo.
"Non è vero..." mormorò l'altro, a bassa voce.
"Davvero, Roxas!" rispose Axel, con una voce un po' più convinta. "Mi ha detto che è contento di vedere che stai meglio!"
"Come se lui sapesse come sto!" controbatté il bassista, irritato.
"E' tuo  fratello... non ha bisogno di parlarti per vedere che stai male..."
"Tu non puoi saperle, certe cose! Non sai che cosa succede nella mia famiglia!" rispose Roxas, con risentimento, che fece sussultare il cantante.
Axel sospirò impercettibilmente e gli posò il mento sulla testa, tornando ad abbracciarlo in vita.
"Vorrei saperlo, Roxas... e vorrei poterti aiutare, se tu me lo permettessi, anche in questo..." ammise, tristemente.
Roxas rimase senza parole e si sentì stranamente più calmo dopo quella rivelazione, ma non voleva ammorbare Axel anche con i problemi che aveva con la sua famiglia. Oltretutto Ven era amico suo da una vita, quindi non poteva permettersi di dire alcun che su suo fratello, perché probabilmente Axel non sarebbe stato contento di sentire certe cose dalla sua bocca.
"Lascia stare, forse sono io il problema..." mormorò, cercando di chiudere lì l'argomento, ma il rossino, invece, sembrò tutt'altro che propenso a farlo.
"Roxas, te l'ho detto l'altra volta... se pensi di essere tu il problema di ogni cosa, finisci per smettere di reagire e allora lì le cose si complicheranno più del dovuto e smetterai definitivamente di vivere" rispose, poi spostò le mani sui suoi fianchi e li carezzò dolcemente. "Allora tutto quello che stai facendo diventerà inutile e io non potrò più aiutarti... vuoi questo?"
"No..." rispose l'altro, con un filo di voce, reprimendo le lacrime mordendosi un labbro.
"Allora lasciati aiutare..." disse dolcemente Axel, poi lo sentì tirare su col naso. "E se devi piangere, piangi. Io sono qui per te..."
Roxas fu profondamente colpito da quelle parole e sentì il cuore esplodere, per l'emozione forte che provava. Si lasciò andare totalmente e iniziò a piangere, per l'ennesima volta, tra le braccia di quel rossino pronto a tutto per lui. L'unica persona al mondo in grado di consolarlo, malgrado fosse così infinitamente inaccessibile anche per lui.
"E' che... loro... loro vogliono così tanto da me e io non... non so più cosa dargli per farli felici!" singhiozzò, mentre Axel gli circondava le braccia intorno alle spalle, reprimendo la voglia di piangere che gli stava facendo venire. "Ogni volta che... che faccio qualcosa di buono, cominciano a pretendere altro! Io... io vorrei solo... solo che capissero che vorrei una famiglia unita, che mi dicano che sono bravo... che siano fieri di me... che... che... che..." esplose in un pianto liberatorio fortissimo, coperto dalle urla dei bambini che correvano felici in quel parco per fortuna, così nessuno si accorse di lui. Si coprì il viso con le mani e reclinò la testa, poggiandola al petto del rossino, che non disse niente. Lo fece sfogare e basta, rendendosi conto di quanto stesse soffrendo davvero e di quanto voleva prendere a pugni Ventus, in quel preciso istante, per il suo menefreghismo di fronte a tanta angoscia che ora Roxas gli stava palesando davanti, con quel pianto.
Ebbe il suo responso. Roxas non era un bugiardo.
Un bugiardo non è così afflitto, quando mente per avere attenzioni. Un bugiardo non piange quasi a sentirsi morire dentro, per il puro gusto di farsi notare.
"Che cosa vorresti, Roxas?" chiese, con un filo di voce.
Il biondino grugnì tra le lacrime e si liberò il volto, rivelandolo rigato e affossato.
"Vorrei che mi volessero bene anche se non suono bene un pianoforte o se non vinco borse di studio... vorrei che la smettessero di pretendere così tanto da me, perché non so più che altro dargli!" disse, infine, liberando da quella bocca rosa il suo desiderio più grande.
Axel arricciò le labbra e si sporse per guardarlo. Lo vide con lo sguardo perso nel vuoto, mentre tirava su col naso e singhiozzava a intervalli irregolari. Gli posò un bacio sulla fronte, facendolo trasalire, e rimase con le labbra sulla sua pelle per un po', mentre Roxas chiudeva gli occhi, assaporando per un attimo quel gesto affettuoso che raramente aveva ricevuto anche da sua madre.
Axel si staccò da quel bacio e sospirò sulla sua fronte calda, poi gli posò una mano tra i capelli e gli spinse il viso un po' più indietro, per guardarlo.
"A me piace come sei, anche se non stai suonando niente... a me piace sentirti parlare, di qualsiasi cosa, anche di cosa hai mangiato ieri... a me piace quando sorridi perché non pensi a niente di brutto e che quando mangi sei lento da morire perché ti gusti le cose... mi piace che tu ti sia imbarazzato dicendomi che ti piace come canto, ma malgrado questo me lo hai detto lo stesso perché era un pensiero che ti premeva... e mi piace che tu sia venuto da me per avere conforto, perché non avrei desiderato altro..." gli disse, guardandolo negli occhi, mentre lui strabuzzava i suoi, profondamente toccato da quelle parole. "A me piace il Roxas genio della musica e della scuola, ma più di tutti mi piace il Roxas che sta iniziando a divertirsi, che mi chiede come finisce Harry Potter, che ha paura di cadere dalla bici e che mi prende in giro scherzosamente, perché non ha motivi per non farlo..."
"Axel..."
"Dovrebbero imparare a capire che persona stupenda sei, invece di continuare a pretendere che tu faccia di più..."
"Axel..." ripeté il biondino, con la voce rotta dal pianto. "Io... tutte queste emozioni non le avevo mai provate..." ammise, senza smettere di fissarlo.
Axel aveva voglia di baciarlo, davvero. Molto più di altre volte. Quella frase, poi, era stato il colpo di grazia finale, che gli aveva totalmente spaccato in due il cuore e che oscurava ogni cosa.
Gli prese il mento con una mano e gli spostò delicatamente il viso di lato, per baciarlo su una guancia.
Solo questo, per ora, solo questo... non poteva spingersi oltre, perché non sapeva nemmeno cosa realmente fossero quelle emozioni che Roxas stava provando. E dato che erano nuove, probabilmente non poteva ancora associarle a niente.
E il rossino si chiese se fosse amore anche per lui, alla fine.
Staccò le labbra da quella guancia tonda e morbida e gli lasciò il mento.
Roxas alzò la testa, ancora di più, per guardarlo e sorrise, leggermente rosso per l'imbarazzo di quel bacio così dannatamente delicato e gli occhi ancora lucidi e meravigliosi.
"Grazie Axel..." mormorò, e il rossino rispose al sorriso.
"Non dirlo nemmeno, piccola peste..."
"Giuro che... che un giorno riuscirò a contraccambiarti..." gli disse.
Axel scoppiò a ridere: "Dio, ancora con questa storia! Te l'ho detto cosa voglio da te, piccoletto! Sorridi!"
Roxas lo guardò confuso, perché comunque, malgrado tutto, non riusciva a capirle, certe cose.
"Perché?" chiese, titubante.
Axel alzò un sopracciglio, confuso da quella domanda: "Chiedi perché devi sorridere per contraccambiarmi?"
"Mh mh!"
Il rossino gli diede un buffetto sul naso: "Perché quando lo fai sei bellissimo, ovvio!"
Roxas si sentì letteralmente avvampare, a quella rivelazione. Sua madre glielo diceva sempre che era bellissimo, ovviamente sempre aggiungendo che "Sei bellissimo esattamente come lo era Ven alla tua età!", ma sentirlo dire dalla bocca di quel... quel... quel... rossino stupendo, gli fece perdere un battito al cuore.
Ok, che cos'era che stava provando, quindi?
Dio, che imbarazzo!
 
"Oh, la banda bassotti!"
"Ah Ah Ah! Come sei spiritoso, Leon!" rispose Vanitas, con le mani ai fianchi, acido come sempre.
Leon represse una risata, poi poggiò le braccia sul bancone e si protrasse verso di loro, guardandoli.
"Volete sedervi al bancone, oggi?"
"No, volevamo parlare con Marluxia, se c'è!" sorrise Axel, mentre Riku e Roxas si avvicinavano, affiancandolo.
"Oh, sì, aspetta che te lo chiamo!" rispose Leon, poi fece il giro del bancone e si avvicinò alle scale che portavano al piano inferiore, e urlò: "Marly! Ti cercano!"
Marluxia urlò qualcosa da sotto che Leon non capì ma che non gli importava, dato che doveva stare fisso al bancone per accogliere i clienti e preparare Cocktail! Il locale non era molto pieno, quella sera, dato che era giovedì, ma comunque doveva stare allerta.
"Arriva subito... credo!" comunicò, poi tornò a shakerare qualcosa dentro un bicchiere di metallo.
Axel lo ringraziò e iniziò a tamburellare le dita sul bancone, mentre Vanitas si punzecchiava con Riku e Roxas fissava delle bottiglie di Coca-Cola con il collo snodato, tutte colorate, che lo stavano ipnotizzando per quanto gli piacevano.
"Eccomi! Che volevi?" chiese Marluxia, mentre saliva l'ultimo gradino, tenendo in mano un libro, probabilmente della contabilità. Appena vide i quattro ragazzi, sorrise. "Oh, buonasera! Mi cercavate?"
Axel si guardò con la sua band e, vedendo che nessuno proferiva parola - come al solito - capì che quel compito arduo spettava a lui.
"Ciao Marly! Volevamo chiederti un paio di cose a proposito della sala concerti..." esordì, a disagio, non più del tutto sicuro di sentirsi pronto ad una cosa simile.
"Tipo?" chiese l'uomo, sbrigativo, dato che probabilmente aveva di meglio da fare.
"Tipo... per esibirci una sera qui da voi!"
Marluxia li squadrò tutti e quattro, dall'alto in basso, cominciando a tamburellare una manina sul bancone.
Un tizio alto con i capelli rossi, un tizio con i capelli argentati e la frangia davanti agli occhi, un tizio con i capelli neri, pieno di orecchini e anelli, con gli occhi gialli e un ragazzino biondo... quanto poteva avere? 12 anni?
"Voi?" chiese, un po' scettico.
"Sì!" rispose Axel, mentre Vanitas cercava di reprimere l'istinto di saltargli al collo e strozzarlo, visto che aveva intuito i suoi pensieri.
Marluxia rise, poi scosse la testa: "Va bene, d'accordo! Vi troverò un buco per una sera! Ma dovete essere bravi, eh! Se è una presa in giro vi sbatto fuori con un poderoso calcio nel culo!"
"Siamo bravi, non preoccuparti!" rispose Vanitas, acido come sempre, anche se il suo viso era anche determinato di fargli vedere cosa era capace di fare.
"Vedremo, su! Lo dicono in tanti di esserlo, poi però fanno delle figure barbine! Ti ricordi quei tipo che son venuti il 5 maggio, Leon?" chiese, voltandosi a guardare verso il barista che, mentre miscelava un paio di superalcolici, scoppiò a ridere.
"Non me li posso scordare! Sembravano appena usciti da un manicomio criminale!"
"E anche loro mi avevano detto di essere bravi!" rise Marluxia, poi tornò serio. "Dovrò consultare l'agenda delle esibizioni, che non ho con me! Datemi un numero di cellulare e vi contatterò!"
"Sì, sì, ok! Ma quanto ci viene a costare esibirci?" chiese Riku, lapidario, perché era la domanda che più lo premeva, data al sua situazione economica attuale.
Marly alzò il viso su di lui e sorrise: "Portami più amici possibili, albino, e falli bere! Cercate di suonare senza farmi andare via la gente dal locale per la disperazione! Questo è il pagamento che voglio dagli artisti emergenti! Io vi do visibilità e voi mi portate clientela!"
Riku fece spallucce, ignorando il nomignolo: "Beh, mi sembra equo!"
"Sì, lo è!" rispose l'uomo, "Dai, datemi questo numero di cellulare che devo lavorare!" disse, spazientito.
"Axel, dagli il tuo!" esclamò Vanitas.
"Sì, Axel! Dagli il tuo!" gli diede corda Riku, dandogli uno spintone per farlo avvicinare al bancone, dove Marluxia gli aveva preparato un foglietto.
"Che razza di cacasotto..." mormorò a bassa voce il rossino, accingendosi poi a scrivere il suo numero e il nome.
Marluxia prese il bigliettino e se lo infilò in tasca, poi mise sottobraccio il quaderno della contabilità e sorrise.
"Perfetto, ci sentiamo in questi giorni! Bonne journée!" cantilenò alzando un braccio per salutarli, poi sparì di nuovo nella sala di sotto.
"Bene, e questa è fatta! Ora bisogna solo provare le canzoni dei Pixies e impararle a memoria, attendere la chiamata di Marly e poi farci prendere dal panico!" esclamò Axel, scherzoso ma non troppo.
Vanitas lo guardò, rendendosi conto che effettivamente avevano appena chiesto al padrone del locale che solevano frequentare, di suonare e, se fosse andata male, non avrebbero potuto presentarsi lì per il resto della loro vita, data la vergogna.
Deglutì e si voltò verso il barista: "Leon, dammi una Vice, fa il favore..." chiese, sedendosi sullo sgabello di fronte al bancone, imitato poco dopo dargli altri tre.
Il barista annuì e, mentre erogava la birra, guardò gli altri tre chiedendo tacitamente quali fossero le loro ordinazioni.
"Una Vice anche a me, Leon, grazie!" rispose Axel.
Riku alzò una mano: "Anche a me!"
"Una Coca-Cola!" esclamò Roxas, senza smettere di fissare quelle bottiglie.
 Accidenti, ma come avevano fatto a storcere così bene il collo della bottiglia? Che stregoneria era mai quella?
"Beh!" esordì Vanitas, alzando il boccale quando tutti ebbero la loro bevanda. "Un brindisi a questo esordio di fronte ad un pubblico!"
Fecero cozzare i tre boccali più il bicchiere di Coca e bevvero.
Scese un silenzio innaturale, tra i quattro, mentre le casse mandavano Wish You Were Here dei Pink Floyd, che andava a contornare perfettamente quell'atmosfera che si era creata per via del panico dei tre amici all'idea di fare la loro prima esibizione e Roxas... beh, lui ormai ci era abituato a suonare in pubblico.
"How I Wish, how I wish you were here..." canticchiò il cantante, con fare distratto, mentre fissava la schiuma della sua birra svanire piano piano.
"Cazzo!" esclamò Vanitas, ad un tratto, dandosi uno schiaffo sulla fronte, ricordandosi di qualcosa "Dovevo andare a ritirare le magliette del gruppo tipo una settimana fa!"
"Sei il solito ritardato!" commentò Riku, senza particolare enfasi, guadagnandosi uno spintone, mentre stava bevendo e quindi quasi si strozzò.
"Vaffanculo, tu sarai l'unico a cui farò pagare la maglietta! Anzi, anche a te, rossino! Non mi piace il modo in cui mi stai guardando!" esclamò il chitarrista, indicandoli entrambi, mentre Riku tossiva fortissimo, perché la birra gli era andata davvero di traverso.
"Ma io che ho fatto, adesso?" piagnucolò Axel, sconfortato.
Vanitas continuò a fulminarli con lo sguardo, poi sorrise e si voltò verso Roxas, che era intento a bere la sua Coca con la cannuccia, e lo abbracciò teneramente.
"A te no, Roxy! A te la regalo, perché la meriti! Non sei come quei due stronzi che dicono di essere amici miei! Assolutamente no!"
"A Ven non piace che tu dica parolacce di fronte a me..." disse, in tono disinteressato, tornando poi a succhiare la bevanda dalla sua cannuccia.
Vanitas, rimettendosi al suo posto, si ritrasse come se fosse stato un vampiro a cui avevano mostrato una croce e un paletto di frassino. Riprese la sua birra in mano.
Roxas aveva trovato il modo perfetto di scrollarsi di dosso Vanitas ogni volta che lo abbracciava o lo braccava a tradimento. Bastava minacciarlo che "Questa cosa a Ven non piace" e lui si allontanava subito. Era parecchio soddisfatto della cosa, tanto che lo aveva raccontato ad Axel, che non era riuscito a reprimere l'istinto di dargli un cinque vittorioso.
"Sarebbe carino, comunque, suonare qui con le magliette addosso!" constatò il rossino, poco dopo.
"Già!" annuì Riku, poi si voltò verso Van, "Sempre se Miss Mondo, lì, si ricorda di ritirarle!"
"Me lo ricordo! Guarda che io sono impegnato e ho degli esami da sostenere, mica come te che stai cazzeggiando bellamente!"
"Cazzeggiando? Mi devo svegliare tutte le mattine alle 6 per arrivare in tempo ai cazzo di tirocini, testa a pera!"
"Testa a pera?? Ripetilo se hai il coraggio, testa di cazzo!"
Axel sbuffò, sapendo che ormai quei litigi non poteva più fermarli. Se non fosse stato che era certo dell'amore di Riku verso di Sora e di quello di Vanitas verso Ventus, poteva affermare per certo che quei due potevano benissimo finire insieme, dato che battibeccavano come una coppia di sposini...
Si passò una mano tra i capelli e indietreggiò un po' sullo sgabello, nell'unico e chiaro intento di guardare Roxas, seduto tra Riku e Vanitas, perciò un posto dopo il suo. Sorrise quando vide che anche l'altro aveva cercato il suo sguardo, ridacchiando, con ancora la cannuccia in bocca, intento a smangiucchiarla e la Coca ormai finita. Si lanciarono uno sguardo esasperato.
"Ok, ok! Basta! Siete peggio delle pop star, quando litigano in televisione!" li redarguì Axel, dando uno scappellotto a Riku, che era quello che aveva più vicino. "Mi farete impazzire, un giorno!"
"Mi hai fatto male, deficiente!"
"Non sai quanto fa male a me, dovervi riprendere come una balia, ogni volta! Guardate Roxas come sta tranquillo, senza battibeccare non nessuno! Prendete esempio da lui!"
Riku e Vanitas si voltarono a guardare il biondino, ancora profondamente assorto dalla vista delle bottigliette con il collo tutto snodato.
"Secondo me sono sbagli di magazzino..." mormorò il bassista, senza accorgersi che stessero parlando di lui.
Caduta per terra stile manga da parte dei presenti.
Ok, Axel si rese conto che stava davvero creando un mostro... ora aveva iniziato a parlare pure da solo, fantastico!
Ignorarono Roxas e il suo nuovo amore per le bottigliette, quando Van sentì il cellulare vibrargli nella tasca e lo prese, leggendo un sms.
"Ven e Sora sono qui fuori!" informò. mentre rispondeva qualcosa al suo ragazzo. "Ci aspettano sul marciapiedi! A Ven fa male la testa e non vuole entrare!"
"Scusa, ma che ci fa tuo fratello con suo fratello?" esclamò Riku, leggermente infastidito, indicando prima Vanitas e poi Roxas.
Il chitarrista sbuffò e mise il cellulare nella tasca.
"Ven dà lezioni di matematica a Sora, visto che è una capra totale!" informò, bevendo l'ultimo sorso della sua birra e tirando fuori il portafogli. "E dopo cena si vedono da me per fare ripetizioni!"
"Speriamo che non lo faccia tribolare come facevi tu!" rise Axel, al ricordo di Ventus che cercava di spiegare concetti basilari al moretto, anche cento volte, senza che questi capisse una mazza.
Vanitas, diversamente da come ci si aspettasse, non rispose, troppo intento a ricordare una lezioni di matematica in particolare, gongolando.
Riku e Axel  si guardarono basiti che non avesse reagito a quella provocazione, poi si accinsero a pagare dovendo staccare pure Roxas da quelle fottutissime bottiglie a cui si era particolarmente affezionato.
Uscirono, trovando Sora a chiacchierare con un Ventus particolarmente dolorante. Se ne stava con la testa tra le mani, appoggiato alla sua macchina, mentre Sora non la smetteva di parlare un attimo.
"Ven, tesoro mio! Stai bene?" quasi urlò Vanitas, andandogli incontro e abbracciandolo, facendogli posare la testa sulla sua spalla. Poi si voltò e fulminò il fratello. "Sora, togliti dal cazzo! Non lo vedi che gli fa male la testa, povero cucciolo mio?"
Il fratello lo guardò scettico, alzando un sopracciglio, poi si allontanò da quella scena che gli stava facendo venire il diabete e saltò con le braccia al collo di Riku, che si sentì sollevato che lo stesse finalmente cagando come cristo comandava.
"Riiiiiii!" cinguettò il più piccolo, stringendolo forte, mentre Riku, malgrado sentisse il respiro mozzarsi, stava già in brodo di giuggiole solo per aver sentito il suo profumo addosso.
"Ciao Sora!" salutò l'argento, sorridendo.
"Mi sei mancato un sacco!"
Riku alzò gli occhi al cielo, ma non smise di sorridere. Sempre la solita solfa: due giorni senza vedersi e gli diceva che gli era mancato... ormai conosceva a memoria quella manfrina, ma si scioglieva lo stesso quando glielo diceva.
"Com'è andata la lezione di matematica?" chiese l'argento, quando si fu staccato, arruffandogli i capelli.
Sora mise il broncio: "Sono un disastro, Ri... non mi entra in testa!"
Povero Ventus. Due alunni direttamente dalla stessa famiglia, ed entrambi un disastro.
"Ti ha minacciato anche a te Sora?" chiese Vanitas, mentre teneva ancora Ven tra le braccia, che non ne voleva sapere di alzare il viso, tanto era forte il suo mal di testa.
"Mmh?" mugugnò il morettino, voltandosi a guardare suo fratello, confuso.
"Con la minaccia che se non capisci i concetti ti fa dare lezioni da Roxas?" rispose il chitarrista, terrorizzato.
"Ah, bene... ora mi usano anche come storiella per terrorizzare i bambini..." mormorò Roxas, un po' indignato, incrociando le braccia al petto.
"Ahahaha! Davvero ti faceva queste minacce, Van?" rise Axel, divertito, mentre il biondino grugniva, contrariato accanto a lui.
"Non ridere... se non hai mai preso una lezioni di matematica da Roxas non devi ridere!" lo redarguì Vanitas, indicandolo con un indice accusatorio, poi abbassò lo sguardo sul biondino. "Niente di personale, Roxy... ma quel giorno che mi hai spiegato le equazioni di secondo grado, volevo corazzarmi, per quanto era minacciosa la tua faccia mentre mi guardavi giudizioso!"
"E che la matematica è facile da capire, in fondo..." rispose l'altro, imbronciato.
Che. Cazzo. Di. Amore.
Il labbretto proteso in avanti, gli occhi bassi e offesi, le braccia conserte, un piedino spazientito che tamburellava sull'asfalto.
Non solo si stava aprendo al mondo, ma stava diventando, ogni giorno di più, l'essere più adorabile dell'universo.
Tralasciando il fatto che Roxas avesse un po' imbarazzato tutti di fronte al suo amore per la matematica, Sora sorrise in direzione del biondino, prendendo sotto braccio Riku che lo guardava con un sopracciglio alzato.
"Non preoccuparti, Roxas! Non mi ha minacciato! E poi immagino che la vera minaccia fosse mio fratello e non tu!" disse, poi si voltò e fece la linguaccia a Vanitas, che contraccambio.
Roxas sorrise a quella frase, rendendosi conto di quanto potesse essere dolce Sora mentre cercava di rassicurarlo. Era gentile, malgrado fosse un chiacchierone, ed era contento di vederlo l'indomani per guardare insieme il film. Poteva nascere una bella amicizia, malgrado i loro caratteri così contrastanti.
"Vi prego, smettetela di urlare..." pregò Ven, senza far emergere il viso dalle mani, disperato.
"Hai preso qualcosa, Ven caro?" chiese Vanitas, prendendolo per le spalle e guardandolo dispiaciuto che stesse così male.
"Sì, sto solo aspettando che faccia effetto... ti prego Van, non farmi parlare o mi scoppia il cervello!" disse, cercando di risultare gentile, anche se in quel momento voleva dare delle capocciate al muro per riflesso incondizionato.
"Si, scusa!" esclamò il moro, abbracciandolo e facendogli di nuovo posare la fronte sulla sua spalla, dolcemente.
Era premuroso, Vanitas. Davvero molto. Erano carini insieme, malgrado fossero come il sole e la luna.
"Abbiamo chiesto a Marly di suonare qui, lo sai?" informò Riku, d'un tratto, abbassando lo sguardo per guardare Sora. Questi sorrise entusiasta, mentre gli occhi cominciavano a brillargli.
"Davvero? E quando suonerete?"
"Ha detto che controllerà l'agenda e ci farà sapere! Faremo delle cover dei Pixies! Sono il tuo gruppo preferito, no?" sorrise l'argento, passandogli una mano tra i capelli, dolcemente.
Sora annuì.
"Sì! Non vedo l'ora! Sarai fantastico, Ri! E poi ho visto le magliette che ha fatto Van! Mi piacciono!"
Riku gli diede un buffetto sul naso.
"Sì, ma dovrai ricordargli di andarle a ritirare! Lo sai che è rincoglionito!" esclamò, ridendo, mentre Sora lo seguiva a ruota, e poi si voltavano entrambi verso Vanitas, che ora gli stava mimando con il labiale di andare a fare in culo.
Scoppiarono a ridere.
"Farò il tifo per te, Ri!"
"Devi farlo!" lo redarguì, arruffandogli i capelli.
Sora ridacchiò e lo abbracciò, affondando la testa nel suo petto e Riku si sentì letteralmente morire ad averlo così appiccicato. Era un dannato amore e non sapeva più che fare per non sciogliersi.
Il caldo, poi, non aiutava per niente.
Roxas, che aveva trovato quella scena molto dolce, si voltò a guardare il rossino, scoprendo che lo stava fissando, come al solito con la testa da un'altra parte.
Sorrise nella sua direzione e fece un passo verso di lui.
"Axel?"
Il cantante sobbalzò e lo fissò, perdendosi per un attimo nei suoi occhi azzurri, poi sorrise.
"Dimmi!"
"Niente, ti eri imbambolato come al solito!" rise, mettendosi una mano davanti alla bocca probabilmente per non farsi notare dagli altri. Non amava esporsi così tanto con loro, malgrado stesse iniziando a prendere confidenza.
"Oh, grazie per avermi svegliato, piccola peste! Sei premuroso!" scherzò, reprimendo l'istinto di arruffargli i capelli come al solito.
"Grazie, eh!" rispose l'altro, fingendosi offeso.
"Tuo fratello ha davvero un mal di testa coi fiocchi."
"Ne soffre da che mi ricordi. Quando succede si chiude in camera e spegne tutte le luci e a volte rimane così per giornate intere. Non lo invidio per niente" rispose Roxas, voltandosi a guardare suo fratello che ora stringeva i pugni intorno alla maglia di Vanitas, per quanto stava male.
"Tu non ne hai, per fortuna!" constatò il rossino.
Roxas scosse la testa: "Mi ci manca solo quello, guarda..."
Axel ridacchiò alla sua faccia eloquente, mentre diceva quelle parole, per quanto fossero legate ad una profonda sofferenza.
"Van, accompagnami a casa, ti prego... non me la sento di guidare così." supplicò Ventus, con un filo di voce, mentre alzava leggermente la testa per guardarlo.
Vanitas gli lasciò un bacio sulla fronte e annuì.
"D'accordo, verrò a recuperare la moto dopo, quindi! Roxas, andiamo?" chiese il chitarrista, voltandosi a guardare il biondino, che annuì.
"Va bene!" esclamò, poi si voltò verso Sora. "Ci vediamo domani, Sora! Alle quattro, giusto?"
Sora annuì e sorrise: "Sì, alle quattro! Buonanotte Roxas!"
"Buonanotte!" rispose il biondino, poi si voltò a guardare Axel. "Buonanotte Axel!"
"Ciao!"
"Ragazzi, scusatemi, ma non ce la faccio proprio... buonanotte a tutti" mormorò Ventus, cercando di sorridere nella loro direzione.
"Non preoccuparti Ven, ti capiamo! Ci vediamo domenica alle prove!" rispose Riku, facendo un cenno con la mano.
E detto questo i tre si accinsero a salire in macchina, poi Vanitas, prima di salire al posto di guida guardò suo fratello.
"Sora? Tu che fai?"
"Mi accompagna Riku a casa!" rispose, come al solito prendendo iniziative da solo. Riku rise forte e annuì in direzione del chitarrista.
"Ok, ci vediamo a casa... e vedi di portarmelo tutto intero, Katy Perry!" lo minacciò il moro, indicandolo, mentre Ventus da dentro la macchina gli pregava di sbrigarsi.
"Certo, Britney!"
E, detto questo Van salì in macchina e poco dopo se ne andarono.
"Beh, allora vado!" esordì Axel, stiracchiandosi e voltandosi verso i due rimasti. "Il mio letto caldo mi aspetta!"
"D'accordo Ax! Ci vediamo domani al parchetto, ok?" chiese Riku, mentre Sora si staccava dall'abbraccio e lo prendeva per mano.
"Sì! Ok!"
"Ah, Axel!" lo chiamò Sora, mentre sulla faccia gli si palesava un sorriso furbastro.
Il rossino alzò un sopracciglio nella sua direzione, impaurito da quel sorriso che lo inquietò un po'.
"Non preoccuparti per domani! Non ci proverò con Roxas! Quindi puoi stare tranquillo!" ridacchiò, mentre Riku, sorpreso, scoppiava a ridere per la sua scaltrezza profondamente indelicata.
"Checcosa?" urlò Axel, arrossendo come un peperone.
"Dai, che me ne sono accorto, eh! Non sono mica così stupido!"
"Ma accorto di cosa, Sora?" continuò il rossino, sempre più in imbarazzo, poi si voltò a guardare Riku per fulminarlo con lo sguardo.
"Io non gli ho detto niente, giuro!" si giustificò, impaurito dalla sua faccia omicida.
"Ah, tu lo sapevi Ri? A me è bastato uno sguardo per capirlo!" sorrise Sora, soddisfatto, nella direzione dell'argento, ancora più divertito.
"Dio... cauto... devo essere più cauto!" mormorò Axel, passandosi una mano tra i capelli, frustrato.
"Non preoccuparti, Ven non se n'è accorto e Vanitas è troppo stupido per capirlo!" constatò il moretto, per rassicurarlo.
"Sora... non una parola! Né con Ven, né con Vanitas né tantomeno con Roxas, ok?" lo redarguì il rossino, puntandogli un ditino accusatorio in faccia.
Sora si ritrasse, poi sorrise dolcemente.
"Giuro su tutta la mia collezione di plettri che non dirò una parola!"
"Sarà meglio per te! E anche per te, Riku!" continuò Axel, visibilmente a disagio, guardando di nuovo male anche l'argento.
"Parola nostra!"
 
Quando Riku e Sora si avviarono verso casa del moro, ridevano ancora per la faccia sconvolta di Axel, rosso come un peperone e incazzato nero per la sua poca attenzione nelle sue azioni con il biondino.
Sora era stato tanto carino a dirgli che se n'era accorto, alla fine. Più che altro perché Axel aveva bisogno di dirlo a qualcun altro, probabilmente, per poterne parlare e avere più opinioni a riguardo e, perché no, consigli utili.
"Non ci credo che te ne sei accorto davvero!" esclamò Riku, divertito, mentre l'altro gli teneva ancora la mano e saltellava allegramente mentre camminavano.
"Ah, è stato facile! Si imbambola come un idiota!" rispose, soddisfatto, mentre cominciava a camminare sulla punta dei piedi per cercare di non calpestare le linee delle mattonelle, in un modo totalmente infantile.
"E' vero! Gli avevo detto di essere più cauto, accidenti!" rispose Riku, mentre lo guardava compiere quel gesto e gli veniva da ridere. Era stupendo.
"E poi... beh, volevo quasi dirglielo ma non mi sembrava il caso..."
"Che cosa?" chiese curioso l'altro.
Sora lo guardò e sorrise mostrando la dentatura bianca e perfetta, di nuovo con quel faccino furbo.
"Credo che anche Roxas nutra un po' di interesse per lui..." ammise.
Riku alzò un sopracciglio: "Su questo non sono molto d'accordo!"
"Invece ti dico di sì! Hai notato che sorrisi che gli fa? Come gli brillano gli occhi quando guarda Axel?"
Intendi come brillano a te quando mi guardi? Tipo ora?
"No, non ci ho fatto caso!"
"Dovresti!" lo redarguì, cominciando a camminare lungo il margine del marciapiedi e tenendosi in equilibrio tenendo la mano di Riku.
"Sora, così cadi!" lo riprese l'argento.
"Nah, so quello che faccio!" ridacchiò, senza smettere di fissarsi i piedi. "Sarebbero carini, insieme!"
"Non saprei dirti. Sono talmente diversi!"
"Appunto! Gli opposti si attraggono o no?"
Già, come noi due, no?
Riku sbuffò divertito: "Sì, di questo sono convinto... basti guardare tuo fratello e Ventus!"
Sora rise forte, reclinando la testa all'indietro, poi accelerò il passo quando vide il portone di casa sua e vi si fermò davanti, senza lasciare la mano di Riku, che sospirò.
Non gli andava di lasciarlo andare. Stavano così bene a chiacchierare così tranquilli, senza pensieri, con Sora che non faceva che sorridere e rafforzare così i suoi sentimenti verso di lui. Con quei modi di fare infantili che non facevano che accrescere l'amore che provava l'argento, innamorato di lui soprattutto per questo.
"Eccomi arrivato!" esclamò il moro, mentre i suoi occhi sempre illuminati dalla sua frizzante allegria si spegnevano un po', tristi per quella separazione, che come al solito era molto dolorosa.
"Già..." mormorò Riku, alzando lo sguardo verso il palazzo, adocchiando la finestra della camera di Sora, con le serrande chiuse, in attesa che il suo proprietario vi rientrasse per sprofondare nel mondo dei sogni, magari abbracciato al cuscino, sognando avventure fantastiche tra i pirati o in qualche mondo fantastico.
Si risvegliò non appena sentì il moretto dargli un bacio sulla guancia, dolcissimo come lui, rimanendo un po' con le labbra incollate al suo zigomo andato in fiamme a quel contatto.
Riku lo guardò, non appena si fu staccato, e gli prese le guance tra le mani, in un riflesso incondizionato.
Sapeva già come sarebbe finita, sapeva già che si sarebbe scansato, ma voleva baciarlo. Era una vita che voleva farlo e che ci provava, senza riuscirci, ma voleva ancora tentare, sperando che quella sera fosse diversa, che fosse più coraggioso, che fosse pronto a ricevere quel bacio tanto sofferto che l'argento voleva dargli.
Sora schiuse le labbra, sorpreso, mentre sgranava leggermente gli occhi, sentendo la pressione leggera dei polpastrelli di Riku sulle sue guance morbide e tonde.
Il batterista lo guardò, con gli occhi socchiusi, conscio che sarebbe andata di nuovo come al solito, perché era terrorizzato e glielo poteva leggere in faccia.
Avvicinò le labbra alle sue, sentendo il suo respiro crescere e esalato dalle sue narici. Lo sentiva addosso, e lo sentiva sempre più forte; era esasperante.
"Riku..." mormorò Sora, con un filo di voce, quando erano davvero a pochi centimetri di distanza. "Devo andare..."
Riku gli lasciò andare le guance, lapidario, ormai avvezzo a tutto questo. Lo guardò, glaciale, perché questa situazione lo stava stancando e voleva solo sapere che cosa gli passava per la testa a quel tipo. Quali accidenti di problemi avesse nel farsi baciare da lui.
Sora appena fu libero dalla sua stretta si voltò e si avvicinò a grandi passi al portone di casa, col cuore che gli batteva talmente forte che sentiva le orecchie fischiare e la vista annebbiarsi leggermente.
Mosse una mano per infilarla nella tasca dei Jeans per prendere le chiavi di casa, ma un'altra mano gli bloccò il polso, facendolo trasalire e bloccandosi come una statua in mezzo al marciapiedi, a poco meno di un metro dal portone.
Non si voltò, non ne aveva la forza. Era terrorizzato e confuso e la stretta di Riku era salda, ma non brusca. Era leggera intorno al suo polso gracile, e dannatamente piacevole, come ogni tocco che era Riku a fargli.
"Perché?"
Sora sgranò gli occhi a quella domanda, che non si aspettava, e sentì gli occhi inumidirsi quando capì a cosa si riferiva l'argento.
Non riusciva a parlare. Il nodo in  gola che gli si era fermato quando aveva sentito la voglia di piangere salirgli, gli bloccò ogni tentativo di dire qualcosa. Se lo avesse fatto probabilmente avrebbe vomitato, per quanto era in ansia.
Infine, il giorno che tanto aveva temuto, arrivò. Lui era cosciente che Riku avesse tentato più volte di baciarlo ed era cosciente anche dei sentimenti che provava, ma si era sempre scansato e l'altro non aveva mai obbiettato a riguardo. Questo lo aveva sempre tranquillizzato, perché sapeva di aver bisogno di tempo per certe cose, perché gli facevano paura. Molta paura.
Non sapeva perché, ma un bacio era qualcosa di talmente importante, che non riusciva a figurarselo in mezzo ad una strada, di fronte al portone di casa sua. Era più un qualcosa che doveva accadere al chiaro di luna, sotto le stelle, magari con le candele accese...
No, si sarebbe scansato anche in quel caso, perché tutto ciò erano solo stronzate belle grosse. Aveva paura di quel passo e basta, perché voleva solo dire che qualcosa sarebbe cambiato tra lui e Riku e che voleva dire che lui sarebbe cambiato di conseguenza, e non voleva che accadesse.
Voleva rimanere esattamente così com'era, senza che nulla potesse forgiarlo in modo diverso. Voleva continuare a pensare alle sue stupidaggini, a collezionare plettri, a guardare Harry Potter fomentandosi, a leggere libri con delle avventure mozzafiato e sognarle di notte, con lui protagonista.
Era la sua vita e non l'avrebbe cambiata per nulla al mondo; in questa vita poi c'era Riku che si faceva abbracciare e fare effusioni senza dire una parola sgarbata, senza scostarlo e a lui andava bene, perché implicava di non dover modificare le sue abitudini.
Ma, sapeva anche che l'argento aveva una pazienza limitata, come tutte le persone al mondo del resto, compreso lui, probabilmente. Sapeva che l'altro non poteva continuare a far finta di nulla a lungo, perché dopo un po' non lo avrebbe sopportato.
Ora, quel giorno era arrivato, ed aveva tanta paura.
"Perché fai così?" chiese Riku, improvvisamente.
Sora inarcò la schiena, come se quelle parole l'avessero colpito improvvisamente come un proiettile. Abbassò lo sguardo.
"Perché ogni volta che cerco di baciarti scappi via?" continuò l'argento, poi annaspò, a corto d'aria. "Perché mi fai credere che tu voglia essere baciato e poi mi sfuggi dalle mani?" si bloccò ancora, strizzando gli occhi, arrabbiato, poi disse, al limite della frustrazione: "Perché ti piace tanto farmi soffrire?"
Sora sussultò sulle spalle a quell'urlo, sputato fuori dalla sua bocca con tutta la frustrazione e risentimento che aveva in corpo.
"Riku..."
"Se non vuoi stare con me, se non ti piaccio, se vuoi solo dimostrarmi il tuo affetto da amico prendendomi per mano e abbracciandomi quando mi vedi, fai pure..." lo interruppe, cercando di risultare un po' più calmo "Ma ti prego, dimmelo... almeno saprò se dovrò smetterla di sperare..."
Sora tacque. Tutto intorno era silenzioso e pesante e l'unico suono che riusciva a sentire era quello dei suoi respiri corti e forti.
"Io..." esordì, infine, titubante, con un filo di voce che fece trasalire Riku. "Non riesco ad immaginare un momento passato con te senza poter avere un minimo contatto fisico... non riesco a pensare ad un solo istante senza guardarti negli occhi... ma..."
"Ma..." lo incitò l'argento, che sentiva che pian piano il suo barlume di speranza si andava ad affievolire. La paura che potesse respingerlo l'aveva sempre attanagliato, e ora era così vicino a sentire quella verità che ormai per lui sembrava indissolubile.
Sora scoppiò a piangere: "Io ho tanta paura..."
Riku a quella rivelazione sgranò gli occhi, lasciando subito andare il suo polso. Sora si nascose il viso tra le mani, cominciando a singhiozzare disperatamente. Dio, era così orribile vederlo a quel modo...
"Di cosa...?" azzardò l'argento, facendo un passo verso la sua schiena.
Sora fece riemergere il viso dalle mani tremanti, strofinandosi gli occhi lacrimanti con i palmi.
"Di farti soffrire..."
Riku non resistette più. Frustrato per la frase che il moro aveva appena proferito da quelle labbra incantevoli, lo circondò da dietro, abbracciandolo con una dolcezza che non pensava potesse appartenergli.
Sora, d'istinto, posò delicatamente le mani sulle sue braccia e deglutì, cercando di scacciare tutte quelle lacrime che gli avevano pesantemente bagnato il viso.
"Riku, tu mi piaci un sacco... mi piaci tantissimo... ma ho paura che, stando con te, io possa farti soffrire per come sono... per la mia ingenuità, il mio modo infantile di vedere le cose... e tu non meriti di soffrire ancora, dopo tutto quello che hai passato in questi anni"
L'argento sentì una stretta al cuore, a quella frase, profondamente toccato dal fatto che il ragazzo che stava stringendo potesse pensare una cosa così dolorosamente dolce. Chiuse gli occhi e gli posò una guancia tra i capelli, inspirando il più possibile il suo profumo.
"Stupido... non esiste nemmeno lontanamente la possibilità che tu possa farmi soffrire! Con te è tutto talmente meraviglioso che non saresti capace di ferirmi nemmeno se lo volessi. Tu sei capace di farmi riemergere dallo schifo che ha sempre sommerso la mia vita. Sei la cosa più bella che potesse capitarmi..."
Sora rimase senza parole, perché non si aspettava di avere un potere simile su di lui. Non aveva mai fatto niente di particolare, in realtà, per renderlo felice. Forse era proprio il fatto che fosse sempre e costantemente se stesso che aveva incantato così tanto quel ragazzo così arrogante e malinconico?
Non fece in tempo a finire di pensare a quella verità di cui si era appena consapevolizzato che sentì Riku prenderlo per le spalle e girarlo verso di lui, spingendogli delicatamente la schiena contro il muro e chinarsi su di lui.
Sora alzò le ciglia ancora bagnate dalle lacrime e fissò quegli occhi verdi, così meravigliosamente ardenti, e trattenne il respiro.
Riku gli posò gentilmente le mani sulle guance ancora inumidite dalle lacrime e si avvicinò, mormorando sulle sue labbra: "Non scappare, ti prego..."
Sora alzò ancora un po' il viso, sentendo la punta del naso di Riku toccare il suo; senza rispondere a quella preghiera, chiuse gli occhi e lo baciò, stringendogli la maglietta in modo infantile.
L'argento lo fissò un po' con gli occhi socchiusi, sentendo che il cuore gli stava per esplodere da un momento all'altro dalla felicità inaspettata che ora lo stava colmando. Infine, ironicamente, era stato quel piccoletto a baciarlo...
Chiuse gli occhi, alla fine e cercò di puntualizzare tutta la sua attenzione sulla morbidezza di quelle labbra non più immacolate che si muovevano sulle sue senza alcuna esperienza. Si staccò leggermente, leccandogli le labbra con la punta della lingua in un implicito invito a fargliele aprire per accoglierla. Sentì la mano di Sora stringersi di più intorno alla sua maglietta, probabilmente in imbarazzo, ma il moro obbedì e si sorprese a sentire quella nuova sensazione nella sua bocca, cercando di imitare Riku per non sembrare troppo impacciato.
Avrebbe riso, Riku, se solo l'idea di staccarsi da quelle labbra per farlo non lo avesse bloccato. Era troppo tenero...
Passarono alcuni minuti a baciarsi, prima di staccarsi e guardarsi per istanti che sembrarono ore; poi Sora sospirò, completamente libero da ogni paura e ansia che fino a qualche istante prima lo aveva attanagliato. Si buttò tra le braccia dell'argento e nascose il viso nel suo petto.
"Stai bene?" chiese Riku, mezzo divertito, cominciando ad accarezzargli i capelli delicatamente.
Sora annuì, senza però riemergere il viso.
"Anch'io"
"Non mi odiare... se sono infantile..." mormorò sul suo petto, il moretto, titubante.
Riku sgranò gli occhi a quella frase, poi il suo volto si addolcì e sorrise.
"No, non lo farò."
"E se parlo troppo dimmelo... so di essere fastidioso, a volte."
"Starei ore e ore a sentirti parlare, se potessi..." ammise Riku.
"E se divento troppo appiccicoso..."
"Tu devi starmi appiccicato come una ventosa ogni volta che puoi farlo! E questa non è una concessione, ma un ordine!"
Sora alzò finalmente la testa verso la sua, finalmente. Riku rimase basito a vederlo completamente arrossito per l'imbarazzo.
"Hai qualche raccomandazione da farmi? Vuoi che eviti qualche comportamento che ti dà fastidio?" chiese l'argento, alzando una mano per carezzargli una guancia.
Sora parve perdersi nei suoi occhi e in quel gesto e, senza perdere il contatto visivo nemmeno sbattendo le ciglia, disse, con un filo di voce: "No, tu sei perfetto così..."
E Riku morì dentro, di fronte a quel viso così attento sui suoi occhi e a quella frase, detta con quella voce così dannatamente ipnotica. Lo guardò per qualche secondo, poi gli divorò le labbra, di nuovo, mentre Sora gli stringeva timidamente le braccia intorno al collo.
Si staccarono pochi istanti dopo, guardandosi, perdendosi uno negli occhi dell'altro, mentre Riku non poteva ancora crederci. Era riuscito a baciarlo! Anzi, era stato quel dannato piccoletto a baciarlo, facendogliela sotto al naso!
Sora aveva ancora le guance rosse, le labbra umide e gonfie e gli occhi lucidi, ma che brillavano come stelle ardenti nel cielo blu di quella notte.
"Sei uno spettacolo..." mormorò l'argento, alzando una mano per passargliela tra i capelli mori. Sora chiuse gli occhi assaporando quel gesto così pieno d'amore e sorrise. Un sorriso che aveva tutto e niente.
Era un sorriso libero da ogni dubbio, felice, liberatorio, dolce, accattivante.
Era tutto ciò che Sora era e Riku poteva morire in quel momento esatto, senza rimpianti, perché si sentì davvero felice per la prima volta nella sua vita. Era completo.
Si chinò per lasciargli un bacio a stampo sulle labbra e Sora contraccambio, poi quando si staccarono il moro lo studiò inclinando la testa di lato.
"Riku, ora siamo fidanzati?" chiese, ingenuo e Riku scoppiò a ridere per quella sua uscita tenere che, sinceramente parlando, si sarebbe aspettato da lui.
"Se lo vorrai, sì!" rispose, quando si fu calmato, sorridendo.
"Lo vorrei tanto..." ammise il moretto, con una vocetta dolcissima e la fronte aggrottata.
"Allora va bene!" rispose ancora l'argento, ridacchiando e abbracciandolo, mentre il moro gli posava la testa su una spalla, stringendolo forte a se.
Rimasero abbracciati per un po', felici e liberi da ogni dubbio e frustrazione, consapevoli che tutto questo doveva succedere molto tempo prima, probabilmente.
Meglio tardi che mai, pensò Riku, divertito.
Sora si staccò lentamente e lo guardò, fronteggiandolo.
"Ora devo andare sul serio, Ri..." mormorò, non del tutto convinto di volersi staccare da lui.
Riku sospirò, poi sorrise e gli carezzò una guancia.
"D'accordo. Ci vediamo domani al parchetto!"
Sora annuì e cercò di sorridere: "Va bene, a domani allora! Buonanotte!"
Riku si chinò per baciarlo di nuovo. Ora che poteva non avrebbe perso nemmeno un'occasione per farlo, probabilmente. Erano le sue labbra e ci avrebbe scritto il suo nome sopra, se solo avesse potuto.
Si staccarono e si guardarono per lunghi istanti, poi Sora arrossì violentemente e gli strinse di nuovo una mano intorno alla maglietta.
"Ti amo tantissimo..." mormorò, con il cuore in gola e gli occhi lucidi, perché sentiva quel sentimento così forte stringergli il petto come una morsa.
Riku sentì il cuore esplodergli a quella rivelazione e probabilmente tutti gli organi vitali si erano appena fottuti all'interno del suo corpo. Il cuore, più di tutti, stava pompando sangue talmente velocemente che gli fece venire un giramento di testa.
Lo guardò, gli posò una mano sulla guancia e lo baciò di nuovo, sentendo persino le labbra pulsare.
"Ti amo tantissimo anch'io, scemo..." rispose, quando si staccarono e Sora fu sollevato che provasse lo stesso anche lui. Gli diede un fugace bacio a stampo e si voltò, perché sapeva che se fosse rimasto ancora lì non sarebbe più riuscito ad andarsene.
Aprì il portone di casa e prima di entrarvi sorrise in direzione dell'argento e disse: "Buonanotte Ri! Mandami un messaggino quando sei a casa!"
"Sempre se sarai sveglio!" ridacchiò, poi sorrise anche lui. "Certo che te lo mando! Buonanotte Sora!"
E, detto questo, il moro sparì dietro al portone e Riku si voltò verso il marciapiedi, cominciando a camminare, con le braccia dietro la testa, alzata quel tanto da potergli permettere di guardare le stelle, sorridendo al pensiero che non sarebbero mai state belle come gli occhi del suo fidanzato.
 
 
"Axel!" urlò Sora, quando vide il rossino avvicinarsi al parchetto, tutto accaldato, con una cartellina nera stretta nella mano destra e la sinistra sventolante sulla sua faccia.
Il cantante alzò un braccio per salutarli, mentre si fermava di fronte e a lui e Riku e poi si sedeva a terra, stanco.
"Dio, che caldo atroce!" esclamò, passandosi una mano sulla fronte sudata. "Voi da quanto siete qui?"
"Un pochino!" sorrise Sora e Riku gli prese la mano tra la sua, allegro.
"Sei loquace come un cotechino oggi, Ri!" constatò il rossino, vedendo che non riusciva a far altro che sorridere in direzione del moretto, con la faccia più innamorata del solito.
"Ci sono novità!" esclamò l'argento, girandosi a guardarlo. "Glielo vuoi dire tu, Sora?"
"Oh, sìsì! Glielo dico io!" rispose entusiasta, "Ho preso la sufficienza a matematica grazie alle ripetizioni di Ven!"
Axel rise a quella rivelazione, entusiasta. Sì, per Sora era un bel traguardo dato che era un disastro.
Riku invece non rise, ma si spiaccicò la mano in faccia, esasperato.
"No, intendevo l'altra novità..."
Sora lo guardò confuso, non riuscendo a realizzare la cosa e Riku lo guardò basito, mentre Axel cominciava a non capirci un gran che.
"Ok, ho capito..." continuò l'argento, prendendo la testa di Sora tra le mani e dandogli un bacio.
Quando si staccarono il moro fece una faccia indefinibile, come se avesse capito finalmente cosa intendesse.
"Ah, parlavi di quella novità!" esclamò, entusiasta, per poi stringergli le braccia intorno al collo e baciarlo anche lui.
Ok.
Ok... che cazzo era appena successo?
Si stropicciò gli occhi con due pugni e li fissò, basito.
"Cioè... voi due... tu e Sora... state..."
"Insieme, sì!" sorrise il più piccolo, senza staccare le braccia dal collo di Riku.
"Ooook..." strascicò Axel, alzando un sopracciglio, credendo di stare ancora a letto a dormire e stando sognando tutto ciò.
"Non hai nulla da dire, razza di decerebrato, oltre che fare quella faccia da troglodita?"
Axel, a quelle parole, si risvegliò totalmente e scosse la testa, sorridendo poi in direzione dei due.
"Certo che ho da dire qualcosa! Congratulazioni! Ce ne avete messo di tempo, eh! C'era bisogno di ufficializzarla, 'sta cosa, perché è da una vita che state palesemente insieme!" constatò, sincero, mentre i due arrossivano rendendosi conto di quando fossero vere quelle parole.
"Beh, noi ce l'abbiamo fatta! Ora tocca a te con Roxas!" esclamò Sora, scaltramente, mentre Riku scoppiava a ridere per la sua intraprendenza e gli arruffava i capelli, come a premiarlo perché aveva detto qualcosa di davvero giusto.
"Shhhh! Dio, Sora, hai la prudenza di una comare, davvero!" rispose Axel, indignato, precipitandosi a tappargli la bocca con una mano. Riku gliela scostò dandogli uno schiaffone.
"Ehi, tieni quelle mani in altri posti, per piacere! Questa è roba mia!" lo redarguì, gelosissimo.
"Allora tienigli a bada quella lingua pungente alla tua roba, please!"
Sora rise a quell'affermazione, poi si guardò intorno: "Dov'è Ven?" chiese.
"Non ne ho idea! Di solito è più che puntuale! Tuo fratello dov'è, invece? Stamattina non c'era a lezione!" rispose Axel.
"Mi aveva detto che prima di andare in facoltà passava a prendere Ven per andare insieme all'uni. Forse ha ancora mal di testa e mio fratello è rimasto con lui."
"Probabile!"
"Senti Axel" esordì Riku, serio, voltandosi a guardarlo. "Che ti ha detto Ven quel giorno che eravamo al box? Sembrava turbato."
Axel sussultò a quella domanda, che proprio il giorno prima gli aveva fatto Roxas e a cui aveva dovuto mentire. Ma era ancora frustrato dalle parole di Ventus, per quanto si fosse convinto che il bassista non gli avesse mai mentito. Non a lui, almeno.
"Mi ha parlato di Roxas... ha esordito dicendo che era contento che gli stessimo vicino, noi del gruppo e del fatto che ha notato un suo avvicinamento particolare con me..." spiegò.
"Era contento della cosa?"
"Non molto, a dirla tutta. Ma non era entusiasta nemmeno quando mi ha detto di essere contento che si sia aperto con noi, però..." si bloccò, grattandosi poi la testa e sospirando amareggiato.
"Ti ha detto altro, non è così?" chiese Riku, inclinando la testa di lato, mentre Sora faceva lo stesso, timoroso di sentire il seguito.
"Mi ha detto di non credere a tutto quello che Roxas mi dice..."
Il moro e l'argento si guardarono, sconvolti da quella rivelazione. Non potevano crederci, effettivamente, perché Roxas non sembrava proprio il tipo da inventare menzogne con qualcuno. In più non era di molte parole, almeno con loro...
"E tu cosa gli hai detto?" chiese Sora, poco dopo.
Axel grugnì pesantemente: "Nulla! Sono rimasto lì come un coglione ad aspettare che dicesse qualcosa, invece ha smesso di parlare e se n'è andato. Poi vi abbiamo raggiunto e il resto lo sapete..."
"Credi che sia vero?" chiese ancora il moro, titubante.
"Non lo so... io e Roxas ci vediamo spessissimo, ultimamente. Usciamo insieme, facciamo passeggiate e si è aperto davvero molto, raccontarmi alcune cose che gli sono successe a cui non volevo credere... delle cose terribili!" rispose, mettendosi poi le mani in faccia, profondamente turbato dal ricordo di quel racconto straziante delle sue lezioni di violino. "Ma... ha una tristezza negli occhi talmente sincera che stento a credere che stesse mentendo... ha pianto così tanto, quel giorno..."
Riku arricciò le labbra, poi si diede un fugace sguardo con Sora che capì e annuì.
"Io non so cosa gli è successo, ma se dici che è così probabilmente è stato sincero per davvero. Forse... forse mente con la sua famiglia?" chiese, incerto, cercando di capirci qualcosa anche lui.
Axel scosse la testa: "Ci ho pensato anche io... Roxas non ama molto il modo di approcciarsi dei suoi genitori e nemmeno quello di Ven. Tende a parlare di lui sempre con un certo risentimento. Loro sono molto pretenziosi nei suoi confronti e lui non ce la fa più. Dice che non sa che altro inventarsi per renderli orgogliosi di lui..."
"Accidenti, è più complicata di quel che credevo" rispose Sora, scotendo la testa, sconvolto.
"Già. Non so che fare! Roxas vuole che lo aiuti ad aprirsi con gli altri, ha persino accettato di vedersi con te - e indicò Sora - per cominciare a farsi degli amici. Ce la sta mettendo davvero tutta e io sono orgogliosissimo di lui, ma credo che l'orgoglio di un genitore sarebbe totalmente diverso da provare sulla propria pelle..."
"Axel" esordì Riku, serio, mentre gli occhi gli si velavano di tristezza. "Io posso capirlo, un po'... non avere il conforto di un genitori è una delle mie più grandi lacune. Mia madre non vuole vedermi e io non voglio vedere lei... ma non sai quanto desidererei che tutto tornasse come una volta e che lei fosse felice e orgogliosa di me..."  concluse, abbassando lo sguardo.
Sora lo guardò con tristezza e lo abbracciò, perché sapeva quanto era difficile per lui parlare di tutto questo. Erano mesi, forse anni che non gli sentivano nominare sua madre, quindi seppero che per lui fu un grande sforzo.
"Riku... mi dispiace molto..." mormorò Axel, tristemente, prendendogli una mano tra le sue.
L'argento guardò entrambi e accennò ad un sorriso.
"Sì, anche  a me, ma era un modo per farti capire che so cosa prova Roxas in questo momento e, dato che la sua famiglia ce l'ha ancora vicina, dovrebbe parlare con loro e fargli presente questa cosa, prima che la situazione gli sfugga di mano."
"Roxas non vuole parlare con loro. Dice che non capirebbero e che è inutile. Ci ha provato, senza risultati..." rispose Axel, abbassando lo sguardo.
"Allora non rimane che una cosa da fare!" esordì Sora, lasciando andare Riku e prendendo le mani del rossino, che alzò lo sguardo sul suo, confuso. "Devi parlare tu con Ventus e fargli presente questa situazione, chiedergli in cosa mente Roxas e scoprire se è solo una loro convinzione e magari, in realtà, credono che dica bugie solo perché non sono capaci ad ascoltarlo..."
"Sora..."
"Io nel mio piccolo cercherò di farlo divertire, questo pomeriggio! Ce la metterò tutta, te lo prometto!" disse, sorridendo, con gli occhi che gli brillavano come due fari.
Axel non poté che contraccambiare quel sorriso di fronte a quello sguardo determinato, così annuì.
"Sì, parlerò con Ventus e gli chiederò dei chiarimenti a riguardo... poi si vedrà! Nel frattempo fai del tuo meglio, piccoletto!" rispose il rossino, arruffandogli i capelli, dolcemente.
"Axel, sii cauto! E' una faccenda delicata, da quanto ho capito, e devi andare con i piedi di piombo. Ventus è intelligente e capirà le tue intenzioni, ma se vuole bene a suo fratello dovrà anche accettarle o sarà tutto inutile." si raccomandò Riku, con sguardo serio.
"D'accordo, starò attento!" annuì, poi si sporse sulla sua borsa e ne fece emergere un panino gigante. "Ora mangiamo, che ho fame!"
Fine
 
Aaaaah l'amore!
Ebbene eccoci giunti anche alla fine del capitolo 10, tra rivelazioni agghiaccianti e... l'amore che trionfa *__* Ah, quando sono contenta quando una coppia si unisce! Sora e Riku, finalmente, si sono messi insieme! La dedico tutta a Monique, che son 10 capito che l'aspetta e si sorbisce i miei sms con scritto: "Povero Riku v.v" e poi mi dà della maledetta perché lo porto all'esasperazione dei suoi testicoli XD Lo so, hai ragione, ma finalmente hanno trionfato, hai visto? Ora quando mi vedi devi offrirmi una Coca-Cola! Sì, sì, non hai scusanti v.v
Cooomunque, i due amanti a parte, abbiamo finalmente scoperto dell'altro. Anzi, abbiamo supposto dell'altro. Il rossino ora può contare sul conforto di Sora, che scaltramente ha capito il suo interesse per Roxas. In più dovrà prepararsi ad affrontare Ventus e scoprire la verità! Chissà come andrà!
Lo scopriremo solo vivendo, come al solito, al prossimo capitolo!
Recensite in tante e non smettete di supportarmi o mi deprimo! Sono seria, eh! Mi deprimo, poi magari mi butto dal balcone... e mica potete tenermi sulla coscienza, accidenti! Non se ne parla!
Il disegno rappresenta me con in braccio il mio gatto Romeo. Rappresenta questa parte della recensione di Lady666:
- Io lo so che tu stai allegramente seduta sulla sedia davanti al tuo pc, accarezzando un persiano bianco e ridendo come una cattiva dei film pensando: “Ohohoh! Gliel’ho fatta di nuovo a quelle stolte! Eccellente”.-
Spero vi sia piaciuto XD! (Lady ti voglio bene lo sai v.v)
Va beh, scappo e vi lascio alla Bonus Track, ovviamente parlerà di quello che tutte volevate leggere (???). Buona lettura e al prossimo capitolo e non fate caso se sono iperattiva ma sono elettrica per Sora e Riku XD Miaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaoooooo :3
P.s.: Volevo salutare Tenue che la sua ultima Fic su Van e Ven me l'ha dedicata >__< andate a leggerla perché mi ha commossa tantissima, oltre che è scritta davvero bene! E recensite! E' un ordine!
 
*Bonus Track*
Sora aprì l'anta della dispensa, con un faccino tutto serio e, non appena la riconobbe, prese la bustina di chicchi di mais che ergeva ancora incellofanata sopra la sua testa, alzandosi sulla punta dei piedi per raggiungerla, dato che era troppo in alto.
"Mamma! Mamma!"
"Sora, non urlare! Che c'è?" disse la madre, sbrigativa, raggiungendolo in cucina.
"Sei sicura che ci siano abbastanza chicchi di mais in questa bustina per fare i popcorn?"
La mamma prese in mano la confezione e la studiò e quando notò che era ancora da aprire, sospirò stancamente.
"E' una bustina intera, Sora!"
Il moretto si imbronciò e riprese i chicchi con un gesto brusco dalle mani della donna, che le venne quasi da ridere a vederlo così contrariato.
"Lo sai che ne mangio davvero un sacco..." mormorò con un labbretto sporgente davvero tenero.
"Vuoi fargli venire il mal di pancia al tuo amico?" chiese ridacchiando, la mamma.
"No, ripeto: sono io che ne mangio veramente un sacco, mamma!" ripeté, posando una mano sui fianchi, poi quasi perse l'equilibrio quando sentì qualcuno dargli uno scappellotto dietro la testa. Si voltò furioso e trovò suo fratello intento a mangiare delle patatine da una busta di carta, fissarlo curioso.
"Ahia! Mamma!!" si lamentò il sedicenne, massaggiandosi la testa.
La madre sospirò: "Vanitas, per piacere... smettila di rompere le scatole a tuo fratello!"
"Ma che ho fatto!!"
"Van, per piacere..." ripeté la donna, prendendosi stancamente tra due dita la pelle tra le sopracciglia, sospirando. "Non voglio sentire un altro battibecco o vi faccio mangiare verdura per un mese di seguito!"
"No, la verdura no!" urlarono all'unisono i due fratelli, disperati.
"Allora comportatevi come due persone normali, soprattutto quando arriverà il nostro ospite! Non voglio vedervi battibeccare!"
"Capirai... come se Roxas non sapesse che sei uno psicopatico..." mormorò Sora, guardando in tralice suo fratello.
Vanitas lo fronteggiò pericolosamente, minaccioso: "Che cosa hai detto, Bambi?"
La madre si mise in mezzo, dividendoli, spazientita.
"Ok, ok! Ora mi avete davvero stufato! Van, non dovevi uscire? Per l'amore del cielo, vai via! Lascia in pace tuo fratello!"
"Ventus sta male, non se la sente di uscire e vuole riposarsi! Vado a trovarlo dopo cena, quindi sono a casa questo pomeriggio!" rispose Van in tono noncurante, facendo spallucce e ricominciando a mangiare di nuovo le sue patatine.
"Axel? Riku? non puoi sentire loro?"
Vanitas alzò un sopracciglio, sconcertato: "Mi stai cacciando di casa?"
"Non volevo metterla in questi termini, ma devo tutelare tuo fratello in qualche modo!" rispose la donna, esasperata.
"Tutelarlo? E a me chi mi tutela?" rispose, indignato.
"Sei abbastanza grande da poterti tutelare da solo!" concluse la donna, in un tono che non ammetteva repliche. "E ora promettetemi che non farete casino facendovi riconoscere come al solito!"
I due si guardarono in cagnesco per qualche secondo, poi distolsero lo sguardo, incrociando all'unisono le braccia al petto.
"Ok... promettiamo!"
La donna sorrise compiaciuta e prese la busta con i chicchi di mais, mentre Sora e Vanitas raggiungevano il salotto e si sedevano sul divano, in attesa che arrivassero le quattro e quindi Roxas.
"Sai" esordì il chitarrista, con fare languido. "Quasi quasi vado a chiamare Riku e mi vedo con lui!"
Sora cercò di non dare a vedere che la cosa lo infastidiva un po', così si voltò a guardarlo con un faccino eloquente. Dentro stava morendo.
"Ok, fa pure... ma oggi era impegnato!"
"Oh, ora che state insieme sai dove va, quando va e con chi va?" gli chiese, punzecchiandogli la pancia con un dito.
Sora grugnì e lo scansò bruscamente, arrossendo.
"Lo sapevo anche prima!"
"Beh, magari dopo i suoi impegni potremmo vederci!" disse di nuovo, malizioso.
"Fa pure, non mi interessa! Eravate amici prima e lo siete anche ora, no?"
Vanitas lo guardò aggrottando le sopracciglia scure, per niente soddisfatto di quella risposta fin troppo normale. Voleva farlo ingelosire, per prenderlo un po' in giro, ma non riusciva. Quel piccoletto era estremamente cauto.
"E va bene, hai vinto nanerottolo! Posso rimanere qui a vedere il film con voi?"
"No!" rispose Sora, prima che potesse finire la domanda.
"Perché no?" chiese, lagnante, il più grande.
"Perché è un pomeriggio tra me e Roxas, tu non c'entri nulla!" rispose, fissando il televisore acceso su una vecchia puntata di Doraemon.
"Ma lui è mio cognato!" piagnucolò Vanitas, indignato.
"Non mi interessa!" rispose l'altro, poi lo guardò e sorrise, dandogli l'ennesimo spintone scherzoso che non lo smosse minimamente. "Dai, scherzo! Certo che puoi restare!" ridacchiò, dandogli una spinta scherzosa.
Vanitas grugnì poco educatamente e mise il broncio: "E invece non lo guardo!"
"Oh, insomma, fai come ti pare!" rispose Sora, aggrottando le sopracciglia.
E, mentre i due fratelli battibeccavano per cose che non stavano né in cielo né in terra, il campanello suonò debolmente, facendoli trasalire e facendo rimanere Vanitas con un cuscino a mezz'aria che stava per tirare in faccia a Sora, già pronto a schivarlo.
Guardarono entrambi il citofono e corsero entrambi per rispondere, facendo a gara a chi arrivava prima. Sora con un balzo arrivò primo, rispondendo, mentre Van incespicava nei propri piedi e cadeva rovinosamente a terra.
"Quarto piano!" esclamò Sora, poi aprì il portone e abbassò lo sguardo su suo fratello, ancora spiaccicato per terra. "Ho vinto!"
"La prossima volta sono cazzi tuoi, Sora!" disse, tra i denti, rialzandosi.
"Mamma, Vanitas dice le parolacce!" urlò Sora, verso la cucina.
"Vaaan! Quante volte te l'ho detto che non voglio sentire parolacce in questa casa!" gridò la madre in tono di rimprovero, mentre sentiva che stava per venirle un esaurimento nervoso.
"Spione..." mormorò Van, mentre Sora, sorridendo soddisfatto, andava ad aprire la porta.
Poco dopo, la figura incappucciata di Roxas emerse sul pianerottolo, fermandosi di fronte alla porta aperta e sorridendo un po' a disagio.
"Ciao ragazzi!" salutò, alzando una manina e tirandosi giù il cappuccio con un gesto della mano, quando Sora lo fece accomodare.
"Buon pomeriggio, Roxas!" sorrise il moretto, richiudendo la porta alle sue spalle, mentre suo fratello arruffava i capelli del biondino, salutandolo.
Roxas si guardò intorno, perché non era mai stato in quella casa, malgrado conoscesse Van ormai da un sacco di tempo. Era Ventus, di solito, che frequentava quella casa quasi assiduamente. Stessa cosa per Van a casa sua.
"Oh mio dio, ma sei la versione in miniatura di Ventus!" esclamò la mamma dei due fratelli, emergendo dalla cucina con un grembiule con una papera sopra. Sorrise. "Benvenuto Roxas! Fa come se fossi a casa tua, ovviamente!"
"Salve! Grazie dell'invito!" rispose gentilmente il biondino, un po' a disagio e ormai avvezzo al fatto che tutti lo paragonassero a suo fratello.
"Io torno a preparare i popcorn! Voi due - e indicò i suoi figli - non fatemi vergognare o sapete a cosa andrete incontro!" e, detto questo, sparì di nuovo.
Roxas, confuso da quella minaccia così poco velata, sussultò quando sentì qualcuno prenderlo per un braccio e trascinarselo via.
"Vieni, ti faccio vedere la mia stanza!" sorrise Sora, mentre Vanitas lo sgridava dicendogli di essere meno brusco e di lasciare la presa.
Il moretto aprì la porta di una stanza, con un gesto secco e, entrandovi, invitò il biondino ad imitarlo.
Era carina, verde e arancione, con un letto ad una piazza contornato da una libreria a ponte piena zeppa di modellini e gadget di ogni tipo: da robot a personaggi degli anime, dei videogame e tantissimi gingilli dei suoi film preferiti. Poster a non finire e, vicino alla porta, una vetrata piena zeppa di plettri. Erano veramente tantissimi, alcuni ormai coprivano gli altri, perché non c'era più posto per inserirvene di più.
"Sono... tantissimi!" mormorò Roxas, chinandosi a guardarli e ammirarli.
Sora mise le mani ai fianchi compiaciuto: "Sono anni e anni di dura raccolta! Li ricordo tutti, eh! Non c'è il rischio che ne compri uno uguale all'altro! Sono molto attento, io!"
"Se mettessi la stessa attenzione che hai per queste cose, nello studio, saresti un genio!" constatò Vanitas, fuori la porta, appoggiato allo stipite con le braccia conserte.
Sora lo fulminò: "Se tu sparissi dalla faccia della terra faresti un favore al mondo!"
Vanitas gli fece la linguaccia e sparì di nuovo in salotto, fischiettando.
"Che palle che è... fortuna che puoi capirmi!" sospirò Sora, e Roxas lo guardò ridacchiando.
"Ha sempre la battuta pronta"
"Io non lo so come fa tuo fratello a sopportarlo!" ammise il moro, storcendo il naso, mentre spegneva la luce della stanza e tornavano in salotto anche loro,
"Io mi chiedo il contrario, in realtà..." rispose il biondino, leggermente divertito.
Raggiunsero il divano e si sedettero, mentre Sora prendeva il telecomando del DVD e lo accendeva. Vanitas si sedette stancamente sulla poltrona, esausto per non aver combinato assolutamente nulla per tutto il giorno, a parte la fugace visita al suo fidanzato malaticcio.
"Come sta Ven?" chiese, d'un tratto.
Roxas si voltò e sospirò: "L'ho lasciato chiuso in camera con la porta chiusa per la troppa emicrania. Credo avesse anche qualche lineetta di febbre"
Vanitas scosse la testa: "Povero cucciolo mio... non mi va nemmeno di chiamarlo o lo disturberei sicuramente."
"Sì, stava davvero male" annuì il biondino.
"Bene, bene! Ecco qui i popcorn! Sono con il burro e il cioccolato! Buon appetito e buon film, vado a guardare un po' di tv in camera, io!" sorrise la mamma, arrivando trotterellante dalla cucina e porgendo la ciotola a Sora, che sorrise raggiante.
"Grazie mille" ringraziò Roxas, un po' a disagio, per niente abituato a certe cose. La donna lo guardò ridacchiando.
"Non dirlo nemmeno!" esclamò, poi guardò Vanitas, che aveva gli occhi lucidi per quanto era felice di poter mangiare quei popcorn al cioccolato "Tu non ti azzardare a rubarglieli! Hai mangiato un intero pacchetto di patatine poco fa!"
"Ma... mamma! Ma sono tuo figlio anche io o no, fammi capire!" rispose, inacidito come al solito, reprimendo l'istinto di sputare milioni di parolacce come al solito.
"Potevi trattenerti prima e mangiare ora! Confido nel tuo buon senso! A dopo!" e, detto questo, sparì dentro la sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
"Ok, siamo pronti?" chiese Sora, con il ditino pronto a far partire il film.
"Quando vuoi" rispose Roxas, cercando di non far vedere che un po' era emozionato. Era la prima volta in vita sua che vedeva un film con un 'amico', mangiando popcorn al cioccolato e burro.
C'era stata una bella atmosfera, quando era entrato e non poteva credere che si sarebbe trovato così a suo agio, malgrado un po' si vergognasse.
Il film iniziò e cominciarono a mangiare i loro popcorn. Erano buonissimi, Sora aveva ragione. Il cioccolato si era leggermente raffreddato, quindi si era ben impregnato nei popcorn. In più quel contrasto tra salato e dolce era qualcosa di celestiale. Non lo aveva mai provato.
Doveva assolutamente raccontare quell'esperienza ad Axel, non appena lo avesse rivisto. Chissà se lui quell'intruglio magico lo aveva mai provato...
E mentre pensava a quanto erano buoni quei popcorn, si rese conto che Harry, Piton e Silente se li era immaginati proprio così quando aveva letto il libro. La storia, poi, era molto fedele, quindi non mancò di fare qualche complimento ad alta voce al regista, mentre Sora annuiva d'accordo e Vanitas ronfava sulla poltrona, dormendo profondamente da subito dopo i primi 5 minuti di film.
"Questi cosi sono buonissimi, Sora!" esclamò Roxas, non appena il film fu finito e lo ebbero commentato per lunghi minuti, mentre il moretto spegneva il DVD.
"Hai visto? Te lo avevo detto! Il salato e il dolce sono meravigliosi assieme! Dovresti provare con la pizza bianca e la cioccolata!" disse, poi parve illuminarsi "Oppure chiedere ad Axel se ti fa provare uno dei suoi ghiaccioli preferiti..." disse, scaltramente.
Roxas lo guardò confuso, ma anche leggermente incuriosito da quell'uscita: "Ghiaccioli?"
"Sì, si chiamano ghiaccioli al sale marino! Sono salati ma anche dolci! Dovresti chiedergli di farteli provare!" insistette Sora, cercando di fargli fare un figurone di fronte ad Axel.
"Non me ne ha mai parlato..." mormorò il biondino, più che convinto a chiederglielo davvero.
"Vedrai che sarà entusiasta quando gliene parlerai! Vieni, ti faccio vedere i miei videogame!"
Roxas lo seguì e si fermò poco prima di entrare nella sua stanza, prendendo il cellulare e scrivendo un sms e sorridendo leggermente dopo averlo inviato.
"Roxas?" lo chiamò Sora da dentro la sua stanza.
"Eccomi, arrivo!" rispose, varcando la soglia e raggiungendolo.
"Ghiacciolo al sale marino, domani alle 4?"
"Ora sei anche un diavolo tentatore? Come faccio a dirti di no? D'accordo, hai vinto! A domani, piccola peste!".
Fine

 

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Capitolo 11
*** Where Is My Mind? ***



Capitolo 11. Where is my mind?
Roxas aveva qualche dubbio su come vestirsi quel pomeriggio.
Non riusciva proprio a decidersi.
Si vedeva in disordine, troppo magro, la faccia affossata e i capelli in disordine. Insomma, si vedeva brutto e fuori posto.
Aveva cambiato almeno tre magliette negli ultimi 5 minuti - ovviamente tutte con il cappuccio - e non se ne vedeva bene addosso nemmeno una. Si chiese se era solo una giornata no o se veramente era uno schifo.
O forse se era per colpa di quella strana sensazioni che sentiva all'interno della cassa toracica, che tamburellava fortissimo e gli faceva sentire caldo, anche se aveva le mani gelide e non riusciva a capire perché.
Si chiese poi perché, quando aveva risposto a suo fratello pochi minuti prima, gli era tremata la voce. Non gli era mai successo, a lui che era sempre fermo e tutto d'un pezzo.
Si infilò una maglietta grigia degli Who e si rassegnò che se avesse continuato a fissarsi nello specchio dentro l'anta dell'armadio l'avrebbe cambiata per l'ennesima volta, così la chiuse e decise di non pensarci più, o avrebbe fatto ritardo.
Prese un lungo respiro, prima di infilarsi le chiavi di casa in tasca e il cellulare, poi aprì la porta della sua stanza e ne uscì silenziosamente, trovando sua madre e suo fratello seduti sul divano a guardare il telegiornale, mentre mangiavano delle patatine.
"Io vado" comunicò, avvicinandosi alla porta velocemente, per uscire di casa il prima possibile.
"Dove vai?" chiese Ven, girandosi a guardarlo, mentre infilava una mano nel pacchetto di patatine che teneva sua madre sulle gambe.
"Faccio un giro" rispose, semplicemente, aprendo poi la porta di casa.
"Dove?" chiese sua madre, guardandolo.
Roxas sospirò e si voltò a guardarla, senza alcuna espressione facciale sul volto.
"Non lo so, faccio un giro!" ripeté, scocciato.
"Roxas, ne abbiamo già parlato un milione di volte: basta con questi misteri! E' nostro diritto sapere dove vai e con chi vai!" rispose la donna, un po' stizzita, mentre Ven la guardava, zittendosi perché quella risposta non gli piacque. A Roxas, poi, diede visibilmente fastidio.
"E anche se te lo dicessi? Che cosa faresti?" chiese il biondino, cominciando a respirare forte dal naso.
"Saprei dove sei e dove rintracciarti, nel caso servisse! Non puoi farmi stare in ansia tutte le volte!" lo rimproverò lei, alzando un po' la voce.
"Ho un cellulare, no? Me lo avete fatto per chiamarmi in caso fosse necessario!"
"Lo sai benissimo che non si tratta di questo!" rispose lei, isterica, alzandosi in piedi e facendo cadere il pacchetto per terra con un tonfo sordo. "Si tratta di renderci partecipe della tua vita, ogni tanto, ti dispiace?"
"Rendervi... rendevi partecipe?" domandò il biondino, strabuzzando gli occhi, stupito da quell'uscita. "Ancora? Più di quanto già non ne siate partecipi? Volete cominciare anche ad organizzarmi quelle poche ore libere che ho?"
"Roxas, ritira subito quello che hai detto..." mormorò lei, cominciando a spazientirsi.
"Non ci penso proprio! E' il mio pensiero! Che vi piaccia o no!" rispose, aprendo poi la porta.
"Se fai un solo passo per uscire da questa casa io..."
"Tu cosa? Che cosa vuoi fare? Resecarmi in casa senza farmi più uscire?" chiese lui, urlando, voltandosi di nuovo a guardarla.
"Vai in camera tua..." sibilò la donna, indicando con un gesto lapidario la porta della sua stanza.
"Che cosa?" chiese lui, riducendo gli occhi a due fessure e fissandola.
"Ho detto vai in camera tua!" urlò, continuando ad indicare col dito.
Ven si alzò in piedi e la prese per le spalle, cercando di calmarla.
"Mamma... mamma, calmati... non c'è bisogno di fare così, davvero..." sussurrò, mentre lei continuava a fissare il figlio più piccolo, con il respiro corto, mentre Roxas contraccambiava adirato.
"Dillo a tuo fratello, di calmarsi! E' diventato ingestibile! Fa come gli pare!" continuò ad urlare, , mentre faceva istintivamente un passo avanti per raggiungere il bassista, che non indietreggiò, perché non aveva paura di lei.
Ventus la bloccò di nuovo: "Mamma... lascialo andare... lasciagli... lasciagli fare quello che vuole! E' il suo tempo libero e lo sfrutta come meglio crede, no?"
"Io voglio solo sapere dove va! Gli ho chiesto solo questo!" rispose la madre, stringendo convulsamente due pugni, poi si voltò di nuovo verso Roxas. "Dimmi dove accidenti stai andando! Dove vai ogni fottuta volta che esci da questa casa?" urlò.
"Non vado a drogarmi, non vado a fare sesso in giro con sconosciuti, non vado a rompere le vetrine dei negozi, non vado a rubare, non vado a picchiare la gente! E' questo che deve interessarti!" gli gridò lui, di rimando, mentre diventava rosso per la collera. "Non cosa faccio e dove vado!"
"Io sono tua madre! Ho il diritto di sapere quello che fai! Ho il diritto di decidere se quello che fai mi sta bene o no!"
Roxas grugnì rabbioso, passandosi una mano tra i capelli, e il cappuccio gli ricadde sulle spalle. Le puntò un dito addosso, furibondo.
"Hai il diritto di decidere se ti sta bene o no, ma non puoi decidere se io possa fare o non fare qualcosa! Non più!" gridò, mentre sentiva che pian piano la scatola cranica gli opprimeva il cervello. "Non hai fatto altro che decidere per me da quando sono nato, ora basta, sono stanco!"
"Roxas..." mormorò Ven, voltandosi a guardarlo, visibilmente dispiaciuto per quella discussione che era nata, talmente accesa da fargli mancare l'aria. "Ora calmati..."
"Beh, parli bene tu, no?" mormorò Roxas con risentimento, girandosi a guardarlo, con un sorriso amaro che gli solcava la faccia rossa. "Hai fatto sempre quello che volevi, senza dare spiegazioni a nessuno! Mentre io ero quello che veniva manipolato come una marionetta, facendo esattamente quello che loro volevano! E' facile, così, vero Ven?"
"Roxas, adesso basta..." continuò il fratello, cercando di calmarlo con un gesto delle mani, visibilmente shockato da quella risposta.
"Esatto, adesso basta! E' la mia vita e me la gestisco come voglio! Posso prendere anche solo una stupida decisione nella mia vita?" urlò, infine, e poi scese il silenzio.
Ven lo fissò con le sopracciglia aggrottate talmente tanto che sparirono dietro la sua frangetta e sua madre, ancora con i pugni serrati, fissava il più piccolo con gli occhi sgranati e le labbra arricciate.
"Roxy, io..." cominciò sua madre, con un filo di voce, mentre gli occhi gli diventavano lucidi.
"No, non mi chiamo così! Non affibbiarmi nemmeno quel nomignolo stupido! Lo odio, l'ho sempre odiato! Ho sempre odiato sentirlo dalla tua bocca!" ammise, al limite della rabbia, continuando ad urlare e a passare lo sguardo da lei a suo fratello, che era ancora immobile.
"Non arrabbiarti... non... io..." balbettò la donna, facendo ancora un passo verso di lui e sta volta Ven non la fermò, perché sapeva che si era calmata e che voleva solo riappacificarsi, come al solito.
"Mamma, non avvicinarti!" le intimò il più piccolo, con un gesto della mano. "Non voglio che ti avvicini!"
"Non voglio farti nulla... voglio... voglio solo abbracciarti. Mi dispiace, Roxas, davvero... non volevo..."
La donna allungò un braccio, quando fu abbastanza vicina e lui si ritrasse, chiudendo gli occhi dolorosamente.
"Non mi toccare..." mormorò, infastidito.
La madre parve non ascoltarlo e si avvicinò di più e quando gli fu a pochi centimetri, il biondino si voltò e aprì la porta, uscendo di casa e sbattendola con un tonfo rumorosissimo.
Al diavolo sua madre. Al diavolo suo padre, suo fratello e il dannato conservatorio! Dannati tutti quanti.
Non ce la faceva più, era esausto, adirato, triste, angosciato. Stava di merda e non voleva più vederli.
Uscì sbattendo la porta dell'ascensore e fece lo stesso con il portone. Si infilò le cuffie nelle orecchie e accese l'mp3, mettendosi il cappuccio sulla testa e cominciando a camminare lungo il marciapiedi.
Aveva il viso tirato, ancora rosso per la rabbia, gli occhi lucidi perché aveva urlato troppo e la testa gli stava per scoppiare.
Non era più sostenibile quella situazione e ci mancava tanto così a farlo scoppiare. Doveva calmarsi, doveva cercare di dimenticare , come aveva sempre fatto quando varcava la soglia di casa e usciva.
Ma era stato troppo. Ora quella donna voleva sapere anche dove e con chi andava. Assurdo!
Come se avesse importanza, poi...
E se gli avesse detto che stava per vedersi con Axel? Come tutti i pomeriggi passati in cui era uscito senza dirle nulla? Che cosa avrebbe fatto? Lo avrebbe sgridato perché si vedeva fuori con qualcuno invece di fare la marionetta dentro casa?
No, doveva tenerselo per se. Era una cosa sua e di Axel e loro non c'entravano assolutamente nulla con quella storia. Era il suo tempo libero, che passava spensierato, dimenticandosi di tutte le sue angosce e paura, di tutto il risentimento, il rancore, l'ansia, la tristezza.
Doveva calmarsi, perché Axel non meritava di vederlo in quello stato. Non voleva piangere di nuovo di fronte a lui, perché lo aveva già fatto troppe volte e lui meritava solo i suoi sorrisi migliori, quelli che aveva scoperto di saper fare da pochissimo tempo.
Si sentì più calmo a quel pensiero. Sì, era più calmo.
Si tuffò nel ricordo di quegli occhi verdi meravigliosi che lo avevano sempre guardato con dolcezza, senza mai criticarlo, senza mai chiedergli nulla, senza mai bruciarlo vivo.
Sentì le spalle meno tese e la musica un po' più chiara nella testa, perché aveva smesso di rimbombargli.
Accelerò il passo, conscio di essere in ritardo e raggiunse la piazza del centro, trovando il rossino già lì, seduto su un muretto, intento ad ascoltare la musica.
Si fermò poco prima di raggiungerlo e lo guardò.
Axel quando non sapeva di essere osservato era diverso. Lo aveva già notato ogni tanto, quando gli era capitato di vederlo da lontano.
Sembrava perso, molto più del solito, e sembrava così malinconico a volte... gli faceva tanta tenerezza e aveva voglia di abbracciarlo da dietro, senza farsi vedere, un po' come vedeva farlo a Sora con Riku.
Chissà se ora stava pensando a suo padre, mentre tamburellava le dita sulle ginocchia a tempo di musica, mentre muoveva le labbra leggermente accennando silenziosamente le parole della canzone che stava ascoltando, mentre teneva gli occhi bassi a fissare una mattonella crepata, mentre i suoi capelli rossi e spettinati si muovevano senza strategia per quel leggero venticello caldo che tirava.
Roxas tirò giù un groppone a vuoto e si strinse nelle spalle. Ma, malgrado quella sensazione strana nello stomaco, si sentiva meglio. Decisamente meglio.
Axel era il suo santuario di calma e tranquillità e gli bastava solo guardarlo, per cambiare totalmente modo di vedere le sue giornate.
Si buttò tutto alle spalle e sorrise. Un sorriso sincero e allegro, che dedicava tutto a lui.
Si avvicinò allungando il passo, spegnendo l'mp3 e togliendosi le cuffie. Gli si sedette accanto balzando per salire sul muretto, facendolo risvegliare quando la sua spalla toccò la sua per sbaglio.
"Roxas!" urlò il rossino, mentre si toglieva le cuffie con una mano e sorrideva "Accidenti, volevi farmi venire un infarto?" chiese, scherzosamente.
"No, sei tu che hai il cuore debole!" gli rispose, ridacchiando.
Solo sentire la sua voce lo calmò. Lo calmò tantissimo.
Axel lo guardò e gli arruffò i capelli: "Piccola peste che non sei altro..." mormorò, poi sospirò, perché si era preso uno spavento per davvero.
"Che ascoltavi?" chiese il biondino, curioso.
Axel rise: "Roba forte: Motorhead!"
"Oh, mi piacciono!" esclamò il bassista.
"Ma li conosci proprio tutti, eh?" chiese il cantante, alzando un sopracciglio, fingendosi scettico.
"Perdonami se faccio il conservatorio e ho una certa cultura!" lo redarguì Roxas, dandogli uno spintone.
Axel si ritrasse leggermente e sorrise, poi inclinò la testa di lato e lo studiò per un attimo e Roxas lo guardò, confuso da quello sguardo.
"Stai bene?" chiese, un po' preoccupato, spostandogli una ciocca di capelli da davanti agli occhi per guardarlo meglio.
Roxas, a quel gesto, si sentì avvampare ma cercò di non darlo a vedere.
"Sì, perché?" mentì.
"Non lo so... sei strano." ammise il cantante, arricciando le labbra.
Roxas lo fissò per un attimo, poi sospirò, sapendo che non poteva mentirgli in nessun modo, perché ormai era un libro aperto. Aveva cercato di risultare normale, ma probabilmente era stato troppo euforico, quasi innaturale e Axel, come al solito, lo aveva decriptato in un secondo.
Si voltò a guardare le strada e puntellò i gomiti sulle ginocchia, prendendosi la testa tra le mani.
"Ho avuto una piccola discussione con mia madre..." rispose, semplicemente.
"Brutta?"
"Un po'... abbiamo strillato e Ven cercava di mettere pace. Ho risposto male anche a lui, ma me ne pento un po'... ha cercato di difendermi, per la prima volta nella sua vita, credo." rispose, un po' affranto, ma comunque spompato da tutta la rabbia che aveva prima.
"Hai risolto la cosa o te ne sei andato nel bel mezzo della discussione?"
Ok, lo conosceva troppo bene, ormai. Accidenti, faceva paura!
Roxas si voltò di tre quarti per guardarlo, senza smettere di tenersi la testa tra le mani.
"Per mia madre era finita... ha cercato di ristabilire i rapporti provando ad abbracciarmi..."
"E tu te ne sei andato!" concluse per lui il rossino, sorridendo un po' amaramente.
"Axel, non giudicarmi, davvero... sono uscite fuori parole terribili, sono già abbastanza pentito di mio"
"Non ti sto giudicando! Hai avuto le tue ragioni e se ti sei ribellato, rispondendole, è un buon inizio. Ma devi sempre ricordati che è tua madre, e, malgrado abbia fatto molti errori, ti vuole comunque bene e anche tu devi volergliene!" rispose saggiamente il rossino, posandogli una mano sulla spalla.
Roxas sospirò: "Io gliene voglio... davvero! Non potrei mai non voler bene a mia madre. Ma... a volte sembra che voglia farmi vivere la vita che non è mai riuscita a costruirsi. Sembra che voglia il meglio da me solo perché lei non l'ha avuto!"
"I genitori sono così e tutti tendono a rispecchiarsi un po' in noi e, se hanno compiuto degli errori in passato, non vogliono che anche noi li commettiamo... sono molto protettivi sotto questo punto di vista, ma a volte esagerano. Tua madre è all'estremo e dovrebbe solo iniziare a capire che tu non sei lei!" continuò Axel e il biondino sospirò di nuovo.
"Già... mi dispiace un po' di averla trattata male. Stasera le parlerò, anche se sarebbe la prima volta nella mia vita che lo faccio!" ammise, sconfortato.
Axel rise: "Così mi piaci! Stai diventando un ometto!" lo prese in giro.
Roxas gli diede una spinta che lo fece quasi cadere e lo guardò offeso: "Scemo!"
"Ci sarai!" controbatté il rossino, spingendolo a sua volta e prendendolo per un braccio per evitargli una caduta, visto che era stato un po' brusco. "Scusa!" rise, mostrando i denti.
Roxas lo guardò di sottecchi, poi scoppiò a ridere, sentendosi di nuovo più leggero.
"Senti, me lo fai provare o no questo ghiacciolo al sale marino?" chiese, curioso.
Axel lo fissò per qualche istante, poi gli puntò un indice sulla fronte e Roxas incrociò gli occhi per guardare il suo dito, assumendo un'espressione assolutamente adorabile.
"E tu mi spieghi o no chi ti ha parlato dei miei segretissimi ghiaccioli?"
"Ah, quindi hai dei segreti con me!"
"Non cambiare argomento, piccola peste! O ti appendo all'aria condizionata della libreria!" rispose Axel, spingendogli la testa all'indietro col dito.
Roxas lo scostò e rise: "Ok, ok... è stato Sora! Ieri abbiamo mangiato i popcorn con la cioccolata! Era la prima volta che li provavo! Erano salati, ma anche dolci, così parlando del fatto che questo mix fosse micidiale, mi ha detto di chiederti dei ghiaccioli!"
Sora. Il genio del male più assoluto. E chi l'avrebbe mai detto, dato che era convinto che quel ruolo spettasse a Vanitas? Mettersi con Riku l'aveva forse svegliato un po'? Nah, era un genio del male anche prima, quando cercava di far esplodere i testicoli dell'argento, ormai salvi, per sua fortuna.
Lo ringraziò mentalmente, perché comunque, quell'sms, lo aveva stupito tantissimo e gli aveva fatto perdere molteplici battiti al cuore (e dove sono finiti? NdAxel mesi e mesi senza note stupide e lui torna alla ribalta! NdMiryel che lo picchia con l'arisen).
"Ok, dovrò uccidere Sora per aver rivelato il mio segreto!" mormorò il rossino, scotendo la testa, rassegnato.
"Quindi hai dei segreti con me! Bene!" sentenziò Roxas, incrociando le braccia al petto, offeso.
"No, piccola peste! Mi tenevo la parte migliore come colpo di grazia per finire di conquistarti!" ridacchiò, arruffandogli i capelli.
Roxas avvampò. E nemmeno poco. Sta volta non riuscì nemmeno a trattenersi, perché gli fu impossibile.
Axel se ne accorse e scoppiò a ridere, senza smettere di arruffargli i capelli. Roxas lo scostò con un gesto della mano, poco convinto, ed iniziò a fissare il marciapiedi, ancora rosso in viso.
"Dai, andiamo a prendere il ghiacciolo! O non me lo perdonerai mai!" esclamò Axel, divertito, passandosi un dito sotto al naso.
Roxas lo guardò e sorrise, poi balzarono giù dal muretto e si incamminarono.
Poco dopo arrivarono davanti ad un bar e Axel si avvicinò subito al frigo dei gelati confezionati. Cercò con gli occhi il suo ghiacciolo e quando lo trovò ne prese due e si avviò alla cassa, pagando per entrambi.
Roxas come al solito ebbe da ridere sul fatto che il rossino gli pagasse sempre tutto, ma Axel era troppo alto per essere fermato, così dopo svariati tentativi di strattonarlo, ci rinunciò.
Uscirono e il cantante gli cedette il suo ghiacciolo.
"E' celeste!" constatò Roxas, mentre scartava la carta con una certa difficoltà per via delle mani sudate.
"Oh, ottima constatazione Roxas! Potrebbero prenderti a Cambridge se continui ad essere così acuto!" lo prese in giro il rossino, e l'altro lo fulminò.
"Simpatico! Davvero! Un simpaticone!"
"Vieni, simpatia, andiamo a sederci su quella panchina!" sbuffò divertito Axel, facendogli strada.
Si sedettero uno vicino all'altro e il più grande cominciò a guardarlo mentre tirava fuori il gelato dalla carta e poi lo portava alle labbra, titubante.
Non appena leccò fece una faccia strana, di quelle che si fanno quando si mangia qualcosa di amaro, poi arricciò le labbra e fece un mezzo sorriso.
"Com'è?"
"Salato!" rispose l'altro, con la voce un po' inasprita. "Ma anche dolce!" constatò, quando sentì il sapore del ghiacciolo percorrergli tutte le papille gustative.
"E' una magia, Roxas!" rispose il rossino, aprendo le mani di fronte a sé, come se fosse un mago pronto a fare uno spettacolo di illusionismo.
Roxas gli diede una gomitata: "E' buonissimo! E tu volevi tenertelo tutto per te!" lo redarguì.
Axel sospirò: "Ci sono cose che devono rimanere segrete, altrimenti cambiano il loro modo di essere percepite!"
"Oh, bene, quindi pensavi che facendomelo assaggiare ti avrei rovinato la degustazione!"
"Sì, naturalmente!" rispose l'altro, ridacchiando, poi gli circondò un braccio intorno alle spalle. "Ma poi ho capito che in realtà non fai altro che migliorarla... dovevo fartelo assaggiare prima!"
Roxas represse per l'ennesima volta l'istinto di arrossire, così chiuse gli occhi con eloquenza e, prima di ricominciare a mangiare, disse: "Beh, allora sbrigati a mangiare, altrimenti si scioglie!"
"Ok, ok padrone!"
Calò il silenzio. Il loro silenzio. Quello dove si sentivano perfettamente a loro agio. C'era un ghiacciolo, una bella giornata e tantissime nuove sensazioni per Roxas. Non riusciva a capirci nulla, ma finché stava bene non gli importava nemmeno di approfondire l'argomento.
Era felice quando era con Axel, ormai lo aveva appurato. E non solo perché lui lo stava aiutando tantissimo, ma anche perché quel rossino era diverso da qualsiasi altra persona che conosceva.
Era maledettamente essenziale. Fino alla punta di quei capelli rossi fin troppo accesi.
Finirono il ghiacciolo lentamente, mentre ogni tanto Axel lo punzecchiava scherzosamente per farlo ridere. Un po' per rallegrarlo e un po' perché i suoi sorrisi era la sua benzina. Lo ricaricavano totalmente.
"Axel, ti dispiace se torno un po' prima? Vorrei parlare con la mamma..." mormorò il bassista, mentre gli occhi gli si velavano di tristezza e angoscia.
Axel lo guardò un po', poi capì il suo bisogno e sorrise, annuendo.
"Certo, non preoccuparti! Anzi, sono contento che tu voglia chiarire con lei. E' un piccolo passo verso grandi orizzonti!"
"Poetico come sempre!" cercò di prenderlo in giro, alzando leggermente la testa.
"Sono un figo! Sarà la mia condanna, un giorno!" sospirò, affranto per cotale peso che doveva portare sulle spalle.
Roxas rise e gli diede l'ennesimo spintone: "Sì, certo! Accompagnami a casa, ti va?"
"Mi va tutto, basta che sia con te!" rispose Axel, inclinando la testa dolcemente per guardarlo, facendolo arrossire di nuovo.
Si incamminarono l'uno accanto all'altro, spintonandosi scherzosamente, facendosi i dispetti, esattamente come farebbero una coppia felice che ha appena scoperto l'amore.
In meno di un soffio si trovarono di fronte al portone di casa del biondino. Il tragitto era stato lungo, ma lo avevano percepito talmente veloce che fece loro quasi paura.
Roxas si fermò un attimo prima di aprire il portone e si avvicinò ad Axel, sorridendo.
"Grazie mille... come al solito mi hai risollevato la giornata!"
Axel gli arruffò i capelli, dolcemente: "Non dirlo nemmeno... sei tu che l'hai risollevata a me..."
Roxas lo fissò per un po', titubante, poi gli prese una mano tra la sua e si avvicinò di più, fronteggiandolo.
"Axel..." esordì, incatenando i suoi occhi azzurri a quelli verdi del cantante. "Sei davvero la mia forza e stai facendo moltissimo, per questo non ti chiederò più che altro ti ha detto Ven quel giorno... ma sappi che so per certo che ti ha detto qualcos'altro..." mormorò, ma senza smettere di sorridere, palesemente rispettoso nei confronti della scelta del rossino.
"Roxas... io..."
"No, non devi giustificarti o dire nulla... se non vuoi dirmelo hai le tue ragioni e io lo capisco. Sono certo che se lo stai facendo è solo per il mio bene."
"Non voglio mentirti, ma non voglio e non posso dirti nulla... e sono sollevato di sapere che tu non sia arrabbiato perché ti sto tenendo nascosto qualcosa!" rispose Axel, stringendo di più le dita intorno alla sua mano, teneramente.
Roxas annuì: "Voglio solo chiederti... se è qualcosa che ti ha fatto cambiare un po' il tuo modo di approcciarti con me... se è qualcosa che ha cambiato l'opinione che hai di me..."
Axel lo guardò fisso, senza espressione e si soffermò solo a guardare quegli occhi speranzosi, tristi e attanagliati da un grande dolore.
Fu lì che ebbe la sua risposta definitiva. Fu lì che capì.
"Assolutamente no" rispose, posandogli la mano libera sulla guancia, per carezzargliela.
Roxas chiuse gli occhi al tocco leggero delle sue dita lisce sulla pelle e sentì un brivido lungo la schiena, che non riuscì e non volle reprimere.
Gli posò la mano libera sulla sua e la strinse, dolcemente, senza aprire gli occhi.
Era uno spettacolo per gli occhi innamorati del rossino. Una visione di inebriante dolcezza. Un amore.
"Roxas..." lo chiamò, titubante.
Il biondino aprì gli occhi lentamente e lo guardò, con un'espressione indefinibile sul volto, mentre continuava a stringergli entrambe le mani, delicatamente.
"Devi andare, ora..." continuò il rossino, cambiando le parole che voleva dirgli.
Roxas lo lasciò andare e cercò di sorridere, mentre sentiva l'ansia pervaderlo al pensiero che avrebbe dovuto affrontare di nuovo sua madre.
Annuì.
"Sì, hai ragione! Ci vediamo domani alle prove, grazie del ghiacciolo!"
"Grazie a te per aver passato un po' di tempo con me, mi serviva!" sorrise il rossino, ammettendo chiaramente il bisogno che aveva di vederlo ogni tot di tempo. Era diventato una droga.
"Axel... non ti chiedo quasi mai come stai... scusa il mio egoismo palese" disse, tristemente, abbassando lo sguardo.
Axel gli tirò su la testa alzandola dal mento.
"Non devi chiedermelo, perché sto bene ogni volta che stiamo insieme, mi basta questo! E un tuo sorriso, quello sempre!" rispose, dolcemente. "E poi anche fosse stiamo lavorando per aiutare te a cambiare! E' giusto che sia tu il centro di questo progetto!"
Il centro del mio universo.
"La prossima volta parleremo di te! Mi va di ascoltare un po' delle tue storie e capire un po' chi sei in realtà!" sorrise il biondino, leggermente divertito.
"Un agente segreto non può rivelare i dettagli sulla propria vita, ma focalizzarsi sul suo lavoro, impeccabilmente!"
"Sei il solito borioso!" lo redarguì l'altro, facendogli la linguaccia.
"Ora vai, piccola peste, prima che ti tagli quella lingua biforcuta che hai!" controbatté Axel, fingendosi offeso, poi rise.
"D'accordo! A domani!"
"A domani Roxas!" lo salutò, poi lo vide sparire nel portone e si domandò che razza di mostro terribilmente adorabile stesse creando.
 
"Get on Your dancing shoes! There's one thing on your mind!"
"Cariiiina, suonatela quella canzone!" sorrise Sora, battendo le mani, dopo che il rossino, intento a sistemare il suo microfono, aveva canticchiato per temporeggiare.
"Sora, fammi capire, ora che stai con Riku devi venire alle prove ogni cazzo di volta?" chiese Vanitas, mentre prendeva il plettro della chitarra dal suo portafogli di pelle nera, con su raffigurato un demone in rilievo.
"Sono forse affari tuoi? No, non sono affari tuoi!" controbatté il moretto, mentre Riku, seduto alla batteria, ridacchiava scotendo la testa.
"Sono affari miei eccome! Sei mio fratello, mi deconcentri! Dici solo stronzate a vanvera e non capisci niente di musica!"
"Ehi, ehi, piano con le parole! Ti ho promesso una bacchetta nel culo tempo fa, non farmela mantenere!" lo redarguì Riku, alterandosi, mentre gli puntava contro un bastoncino.
Vanitas si voltò verso di lui e sbuffò: "Bene, oltre alla sfortuna di avere il fratello più cagacazzi del mondo, ora mi ritrovo un migliore amico-cognato che lo difende a spada tratta! Vi odio, siete patetici!" disse Van, con disprezzo, "E tu sappi che non ti considererò mai come un cognato, ok?"
"Non ci tengo, Van! Te l'ho detto mille volte: imparentarmi con te è l'ultima cosa che voglio! E poi hai Roxas come cognato preferito, no?" constatò il batterista, tornando a smanettare con i suoi piatti, distrattamente.
Roxas, che era rimasto in disparte per tutta il loro battibecco, sussultò, sentendosi per nulla fortunato di avere un cognato come Vanitas, ma preferì non rispondere e continuò ad accordare il suo basso.
Axel lo notò e rise alla sua faccia, ormai come un libro aperto, poi si voltò a guardare Ven, seduto sulla sedia a studiare Filosofia.
Dopo l'emicrania pazzesca che aveva avuto non si erano più visti e comunque dopo il pezzo dell'altra volta dopo le prove si parlavano a stento e solo quando era strettamente necessario. Non perché fossero arrabbiati, ma c'era un disagio e nessuno dei due riusciva a scacciare via.
"Hai portato le tablature dei Pixies, Axel?" chiese Vanitas.
Axel si voltò e lo fissò un po' infastidito: "Io sono il cantante del gruppo, mi spieghi perché debba essere io a stamparvi le fottute tablature ogni volta? Mi sprecate tutto l'inchiostro della stampante e io nemmeno le uso!" lo redarguì, guardando poi male anche Riku.
"Beh, dato che non fai praticamente un cazzo, mi sembra il minimo che tu possa fare!" rispose inacidito il chitarrista, "Le hai portate, allora?"
Axel sospirò: "Sì, le ho portate, mio padrone Lord Van il terribile!"
"Muori male!"
Roxas li guardò scambiarsi quel breve battibecco e represse una risata divertita. Erano uno spasso e Axel faceva di tutto per far arrabbiare di più Vanitas, ogni volta.
Il rossino si avvicinò alla scrivania e aprì la borsa, poi ne estrasse una cartellina tutta scribacchiata e vecchia e ne fece emergere dei fogli e li cedette ad ognuno.
"La prossima volta paghiamo la cartuccia a metà!" esordì, mentre Vanitas gli prendeva il foglio con un gesto secco e rabbioso.
"Non ci pensare nemmeno! Non ti darò un soldo, dato che ho fatto le magliette per tutti!" esclamò, poi si diede uno schiaffo sulla fronte per darsi dello smemorato. "Ah, le ho portate! Ven, tesoro, puoi darmi la busta?"
Ventus alzò lo sguardo dal suo libro e annuì, sorridendo. Prese una busta che aveva vicino ai piedi e si alzò, afferrando le varie magliette e leggendo le etichette con i nomi che il chitarrista aveva attaccato con dei post-it gialli.
Roxas prese la sua e la aprì, guardandola e represse un "Wow!" quando la vide. Era molto bella, grigia scura, con il simbolo della band che gli era piaciuto tanto.
"Mettiamocele!" sorrise Vanitas, quando Ventus le ebbe consegnate tutte.
Mettersele? Implicava togliersi la maglietta davanti a tutti? No, non se ne parlava! Roxas era troppo vergognoso per fare certe cose di fronte ad altri.
"Io... credo che la metterò la prossima volta!" mormorò, girandosi dall'altra parte e arrossendo quando vide Axel togliersi la sua.
Fugacemente aveva visto che non aveva un fisico palestrato o particolare, era snello e asciutto ma quella fugace occhiata era bastata a farlo avvampare.
Stessa cosa era successa a Ventus, che si era voltato a fissare con insistenza il contatore della luce, cremisi in volto, cercando in tutti i modi di non voltarsi a guardare Vanitas.
Axel, non appena si infilò la maglietta, notò la reazione dei due fratelli e rise, ma rise ancora di più quando vide Sora poggiato ad un piatto della batteria a fissare Riku, ancora a petto nudo mentre sistemava con cura la maglietta che aveva prima, nel chiaro intento di prendere tempo e far andare su di giri il suo ragazzo, che non aveva problemi a fissarlo rapito dai suoi muscoli.
Ok, Riku li faceva sfigurare tutti quanti. Era palestrato, una cifra.
"Senti, Demi Moore, la smetti di fare lo spogliarello a quel modo? Mio fratello è minorenne!" lo redarguì Vanitas, quando fece emergere la testa corvina dal buco della maglietta.
Riku si infilò la sua e ridacchiò: "Non è che sei invidioso del mio fisico impeccabile?"
"Perfetto, Ri! La parola giusta è Perfetto!" lo corresse Sora, ancora visibilmente rapito da quella visione.
Axel scoppiò a ridere, poi si voltò a guardare il biondino, ancora voltato con gli occhi chiusi e per nulla intenzionato a mettersi la sua maglietta.
"Roxas?" lo chiamò, divertito.
"Vi siete... vi siete vestiti?" chiese, a disagio.
"Sì, puoi aprire gli occhi!" ridacchiò il rossino.  "Ora puoi metterti la tua!"
"No, no, davvero... la metterò la prossima volta, giuro!" disse, cercando di risultare tranquillo dando quella risposta strampalata.
Axel sospirò e si voltò verso i suoi amici, battendo le mani per attirare la loro attenzione.
"Su, donzelle, voltiamoci! Facciamo vestire Roxas!" disse e gli altri, divertiti, obbedirono, non prima di aver dato un'occhiata alla faccia del biondino, visibilmente imbarazzato.
Roxas li fissò mentre erano tutti di schiena, poi si tolse la maglietta velocemente e si infilò l'altra altrettanto lapidario, e ancora più rapidamente, disse: "Fatto!"
Tutti si voltarono e fecero finta di niente, anche se era stata una scena molto tenera.
"Ah, poppante... ce n'è una anche per te..." mormorò Vanitas, imbarazzato, cedendogli l'ultima maglietta rimasta nella busta, con il nome del moro sopra.
Sora la prese confuso, e quando la vide sorrise e se la strinse al petto, iniziando a saltellare.
"Grazie Van!" urlò, precipitandosi poi ad abbracciarlo.
Vanitas non lo guardò, ma si fece stringere e, lasciando cadere la sua solita faccia da culo e perennemente incazzata, sbuffò divertito e gli arruffò i capelli.
Che carini quando non si ammazzavano o non si prendevano a parole, pensò Riku, guardandoli intenerito.
Sora si staccò e con lo stesso imbarazzo di Roxas, ma al contrario, si tolse la t-shirt, lanciandola in un punto a caso del garage e si infilò l'altra, ammirandola contento.
"Come mi sta?" chiese, voltandosi verso Riku.
"Benissimo!" sorrise l'argento, che comunque gli avrebbe detto la stessa cosa se si fosse infilato un maglione con ricamato un albero di natale.
Il moretto mostrò la dentatura perfetta nella sua direzione, a quel complimento, poi si voltò e fece finta di suonare una chitarra invisibile.
"Guardatemi, sono Vanitas, ho dei problemi motori alle mani quando suono!"
A quell'uscita, tutti scoppiarono a ridere, a parte Roxas che si premette una mano sulla bocca per reprimere la risata sguaiata che gli stava per uscire. E a parte Vanitas, che fulminò Sora con lo sguardo e si precipitò su di lui tirandogli la maglia.
"Ridammela, razza di cretino che non sei altro!"
"No, cosa regalata è cosa incatenata!"
"La catena la uso per prenderti a cinghiate, razza di impertinente!"
"Riiikuuuuu!"
L'argento si alzò in piedi, con un'espressione indefinibile sulla faccia. Era talmente tirato che sembrava fosse un'altra persona, tremendamente pervaso dall'oscurità più tenebrosa.
Si avvicinò a Van e lo spinse via da suo fratello, che subito abbracciò il suo ragazzo, con un'espressione imbronciata e tenerissima.
"La smetti di fare il prepotente con tuo fratello?" urlò l'argento.
"Allora, allora, allora! Mettiamo in chiaro una cosa, dolcezza: il fatto che stai con mio fratello non implica che tu ti possa permettere di darmi certi spintoni!" gridò Van, puntandogli un dito contro.
"Ti spintonavo anche prima di stare con Sora! O hai talmente la memoria corta da non ricordatelo?"
Vanitas fece per avvicinarsi, ma Axel si mise tra i due e li bloccò, scocciato, allargando le braccia.
"Ok, basta! BASTA! Avete rotto, tutti e tre! Sì, non guardarmi così, anche tu Sora!" esclamò, guardandoli tutti e tre. "Ora vi calmate, prendete un bel respiro e vi mettete tutti in postazione ed iniziamo a suonare! Sora, tu prenditi una sedia e mettiti vicino a Ven e non voglio sentire un fiato!"
"Ma..." cominciò il moretto, senza lasciar andare Riku.
"Niente ma! Fila!"
Sora slegò le braccia dal petto di Riku e sbuffò, allontanandosi con una camminata visibilmente infantile: "Uffa però!"
Axel lo guardò sedersi, mentre Ventus gli sorrideva e lo accoglieva volentieri accanto a lui, poi il rossino si voltò a guardare i suoi amici, ancora intenti a guardarsi in cagnesco.
"Su, animali, mettetevi in posizione e iniziamo! Queste prove mi stanno stancando ancor prima di iniziarle!" borbottò, girandosi verso il microfono, stancamente. "Con cosa iniziamo?"
Riku, tornando al posto, prese in mano le tablature e le sfogliò, soffermandosi su una in particolare.
"Bone Machine?" propose, su di giri, dato che aveva una batteria piuttosto accattivante. Amava quella canzone.
"Vada per Bone Machine! Ma mi serve il controcanto femminile!" rispose Axel, grattandosi la testa, mentre cercava di prefigurarsi la canzone in testa.
Vanitas grugnì e gli tirò una bottiglietta vuota, che lo colpì sulla testa facendolo sussultare.
"Facciamo senza il fottuto controcanto! Sei il cantante, o no? Arrangiati!" si lamentò, mentre sentiva che le mani gli prudevano da quanta voglia avesse di suonare.
"Ahia!" disse imbronciato il rossino, massaggiandosi la testa dolorante, poi posò una mano sul microfono. "Ok, cominciamo! Ri, dai il tempo!"
L'argento annuì e quando Axel si fu girato, cominciò a battere il pedale contro la grancassa e a tamburellare le bacchette leggermente su un piatto.
Dieci secondi dopo seguì Roxas con il basso, che entrò perfettamente, incastrandosi a tempo con quel ritmo ripetitivo della batteria, per nulla noiosa e, dopo altri dieci secondo, mentre il biondino e l'argento cambiavano il ritmo quasi come fossero in simbiosi, Vanitas entrò con la chitarra. Era una chitarra incisiva, con una distorsione particolarmente dura, che sovrastava tutto il resto, rendendolo solo di sfondo.
Poi entrò Axel, inizialmente preoccupato di non riuscire ad arrivare ai livelli canori di Frank Black per via della sua voce particolare, in grado di arrivare ad un'intonazione altissima e subito bassissima senza problemi. Lo reputava un mostro della musica e lo stimava e, dandosi forza un po' con questo pensiero, riuscì a non steccare durante il ritornello.
E Roxas non amava il mare, ma non sapeva perché in quel momento lo sentiva in sottofondo mentre suonava il basso, con gli occhi chiusi, con quella voce meravigliosa che gli entrava nel cervello come un filo d'oro passato da un timpano all'altro. Meravigliosamente splendente, ma così fino da tagliarti la carne, ferendoti.
E Bone Machine era sempre stata una canzone che un po' lo aveva ferito, per via dei suoi strumenti così dannatamente forti e letali, quasi disturbanti per certi versi. Quasi distorti.
Sentì che la testa stava iniziando a fargli male, con tutto quel rumore scomposto e ringraziò il cielo quando la canzone finì, perché quasi non ce la faceva più ad ascoltarla.
Axel si voltò verso di loro, facendo complimenti più soddisfatti del solito. Erano stati bravi.
"Accidenti, stiamo migliorando un sacco! Ri, tu e Roxas sembravate un tutt'uno quando avete iniziato a suonare assieme!" costatò, su di giri, il cantante.
Riku si voltò a guardare il biondino, che stava contraccambiano lo sguardo, accennando ad un debole sorriso, come se gli stesse dicendo che era stato bravo e che quindi, sta volta, non aveva nulla da ridire.
Riku gli fece un mezzo sorriso, cominciando a pensare che se gli iniziava a stare più simpatico era sicuramente per due motivi: il primo era che per il bene di Axel doveva farselo farlo e il secondo era che, da quando stava con Sora, era molto meno suscettibile del solito, il che era solo un bene. Per tutti.
"Bene, bene! Proviamo la prossima?" chiese ancora Axel, al limite dell'euforia, profondamente carico per via di quella performance che aveva letteralmente amato, come d'altronde amava quella canzone.
Vanitas parve cercare una canzone in particolare tra le varie tablature e, quando la trovò, la estrasse trionfante tra la pila di fogli poggiati sopra al suo amplificatore.
Axel lo studiò per un attimo, poi strabuzzò gli occhi e capì e gli puntò un indice contro, contrariato.
"NO!" urlò nella sua direzione, quando stava per dire il titolo. "No, io lo so cosa vuoi suonare! Io quella canzone non la canto!"
"Ma..."
"No, no, no! Van, lo sai che non posso... non riesco a cantarla!"
"Ma di che parlate, scusate?" domandò Riku, posandosi stancamente le mani sulle ginocchia, visibilmente spazientito da quelle continue interruzioni.
"Vuole farmi cantare Broken Face!" rispose il rossino, senza smettere di puntare il dito sul chitarrista e indicarlo.
Vanitas lo guardò alzando un sopracciglio, stupendosi delle sue capacità di deduzione, mentre Riku ridacchiava al ricordo di quella volte che avevano provato a suonarla.
"Beh, Sherlock... non ti sfugge niente! Ma è una canzone meravigliosa, e sarebbe un peccato non cantarla se vogliamo fare delle cover dei Pixies!" ribatté il chitarrista, che credeva fortemente alle proprie parole.
"Allora perché non la canti tu, Genio?"
Vanitas lo fulminò e digrignò i denti, prima di passarsi una mano tra i capelli, isterico.
"Axel, non so se sto per darti una notizia davvero sconcertante, ma TU sei il cantante, IO sono il chitarrista, Roxas è il bassista e Riku prova a fare il batterista!"
"Prova?" si intromise l'argento, alzando un sopracciglio.
"Tu sta zitto!" lo redarguì Van, poi tornò a guardare Axel: "Se ti imbarazza il modo in cui devi cantarla, reinterpretala! Nessuno ti vieta di farlo! E poi... te le devo dire io, queste cose? Cosa sei? Ritardato? Hai bisogno della mammina che ti imbocchi?"
Axel, ignorando completamente tutto ciò che aveva detto dopo 'reinterpretare', sospirò, un po' indeciso, arruffandosi i capelli.
"E se la suonassimo solo strumentale?" chiese, titubante.
"E tu che fai, ci accompagni col triangolo?"
Riku, a quell'uscita del chitarrista scoppiò a ridere, immaginandosi la scena, mentre il rossino con lo smoking a intervalli regolari picchiettava sul triangolo, con un'espressione eloquente.
"Il triangolo è uno strumento di tutto rispetto..." borbottò Roxas, che non riusciva ad emarginare nessuno strumento musicale, nemmeno il più ridicolo del mondo. Era una sorto di... rispetto. E lui era rispettoso, accidenti!
Axel, Vanitas e Riku si voltarono a guardarlo, un po' sconcertati da quell'uscita. Ultimamente Roxas parlava quasi a vanvera, ogni tanto, senza freni e si ritrovava a pensare ad alta voce, senza rendersene conto. Stava diventando stupido come loro?
"Ehm..." mormorò il chitarrista, cercando di ignorare quell'uscita, tornando a guardare Axel. "Allora?"
"Va bene, dai! Proviamo questa fottutissima canzone! La... reinterpreterò!" disse, soppesando l'ultima parola con un gesto svogliato della mano.
"Così mi piaci, Frodo!" rispose il chitarrista, dandogli una pacca sulla spalla e tornando alla sua postazioni. "Quando vuoi, Ri!"
Riku alzò le braccia facendo cozzare le bacchette, poi iniziò a suonare, mentre Axel entrava con la voce pochi secondi dopo.
La particolarità di quel brano non era tanto la parte strumentale che, comunque, era assurdamente stupenda, ma la voce. L'interpretazione del cantante era strampalata, con dei suoni gutturali, a volte acuti e piccoli strilli strozzati, poco velatamente ambigui.
Era questo che Axel non riusciva a fare e, soprattutto, si vergognava a fare! Erano suoni impossibili e comunque, anche se ci fosse riuscito, non sarebbe durato a lungo, perché si vergognava troppo a riprodurli esattamente a quel modo. Così cantò, tranquillo, limitandosi ogni tanto ad alzare un pochino il tono e riscendere, così da non togliere del tutto la particolare intonazione della canzone.
E mentre Axel sudava sette camice insieme a Riku nei primi dieci secondi della canzone, Vanitas e Roxas si guardavano, perché sarebbe dovuti entrare insieme e dovevano essere perfettamente in sintonia per non toppare alla grande. Non appena arrivò il loro turno, cominciarono a suonare, scoprendo di essere riusciti nel loro intento, anche se Vanitas aveva cominciato di qualche decido di secondo più tardi. Ma, d'altra parte, di queste piccolezze si accorgeva solo Roxas, pignolo com'era. E, comunque, non glielo avrebbe fatto notare. Non aveva tutta questa importanza, visto che era stato difficile da percepire e che solo un orecchio esperto come il suo poteva notare.
Era bella l'interpretazione che il rossino aveva dato a quelle parole, ripetitive, spezzate a metà da un testo diverso, per poi tornare alla ripetitività e di nuovo parole differenti.
La canzone continuava a mutare, diventando sempre più psichedelica, fino a trovarsi al limite e finire, con l'ultima nota della chitarra allungata di qualche secondo.
I quattro ragazzi rimasero fermi alle loro postazioni, un po' scossi. Era venuta molto bene, ma era stato un trip mentale allucinante.
"Bellissima, vi è venuta proprio bene!" sorrise Ven, battendo le mani. "Bella anche la tua reinterpretazione Axel!"
Il rossino si voltò a guardarlo, sorridendo e fece un debole inchino: "Grazie Ven!"
"Sì, non era male, anche se gli mancavano tutte quegli ansimi e quei strilli da checca che ha la canzone originale!" rispose Vanitas, in tono distratto.
"Beh, non siamo i Pixies, è giusto che un po' l'interpretazione cambi! Beh, passerei alla prossima! Roxas, vuoi deciderla tu?" domandò il rossino, voltandosi a guardare il suo bassista, che annuì, prendendo in mano le sue tablature. Le controllò, mentre schioccava le labbra pensieroso, poi prese un foglio e lo guardò per un po', prima di sentenziare: "Monkey Gone To Heaven!"
"Ottima scelta, ha un basso incredibile quella canzone!" rispose Axel, su di giri, poi ordinò agli altri due di prendersi le loro tablature e poi si voltò verso il microfono. "Attenti al primo passaggio, che dovete iniziare tutti insieme!"
Riku assentì con la testa e alzò le bacchette: "Ok, vi do il tempo! One, Two, Three, Four!" e detto questo, cominciò a suonare con una certa energia, sospirando di sollievo quando il chitarrista e il batterista iniziarono a tempo con lui.
Tu, tu, tu, tun. Tun!
Axel entrò con la voce poco dopo, cercando di renderla bassa e particolarmente sommessa, perché era così che andava cantata.
Roxas, invece di percepirla tranquilla, la trovò molto... sexy. Sì, era sexy. E si domandò da quanto non pensava quella parola così oscena. Anzi, forse non lo aveva mai fatto in vita sua prima di ora. Si sentì avvampare, e soprattutto dannatamente confuso da tutte quelle cose che gli frullavano per la testa ogni accidenti di volta che era con Axel o che pensava a lui. Stava impazzendo?
"This Monkey's Gone To Heaven!" cantò Axel, al ritornello.
"This Monkey's Gone To Heaven!" fece eco Vanitas, cercando di cantare il meglio possibile.
Il cantante si voltò a guardarlo senza smettere di cantare, facendogli l'ok con il pollice per dirgli che era venuta bene e che ci stava alla grande.
"This Monkey's Gone To Heaven!"
"This Monkey's Gone To Heaven!" sta volta provarono tutti a fargli il coro e, malgrado qualche steccata da parte del bassista, parve riuscire abbastanza bene. E poi con i Pixies non era importante essere totalmente intonati. Era una loro particolarità cantare senza alcuno sforzo, da parte del resto del gruppo.
La canzone finì e si guardarono davvero soddisfatti della performance appena conclusa.
"Amo questa canzone!" disse Vanitas, sedendosi sul suo amplificatore, un po' stanco.
Roxas annuì e lo imitò sedendosi sul suo: "Anche a me piace un sacco, è la mia preferita dei Pixies!"
"Io le amo tutte le loro canzoni!" si intromise Sora, alzandosi in piedi e raggiungendo Riku, visto che aveva dedotto che stessero per fare una pausa. L'argento sorrise e, prendendogli la mano, lo invitò a sedersi sulle sue gambe. Non appena il moretto ubbidì, Riku gli posò una mano sulla guancia per avvinargli il viso al suo e baciarlo sulle labbra.
"Bleah! Che schifo!" commentò Vanitas, coprendosi gli occhi. Ventus si alzò in piedi e, sorridendo, imitò Sora, sedendosi sulle gambe del suo fidanzato e gli incrociò le braccia intorno al collo, dandogli un bacio dolcissimo.
Axel li guardò, reprimendo la voglia che aveva di deglutire e, d'istinto, si voltò a guardare Roxas, senza sapere perché, scoprendo che anche il biondino lo stava guardando. Non appena i loro occhi si incrociarono, distolsero lo sguardo, imbarazzati.
Ok... era palese che avessero pensato entrambi la stessa cosa, che li fece arrossire.
"Mangiamo qualcosa?" propose Axel, per evitare di trasformare quel pomeriggio in un incontro tra coppiette.
Ven, che era ancora seduto sulle gambe di Vanitas, si alzò sorridendo e raggiunse la scrivania, aprendo una busta e tirando fuori la merenda.
Axel fu sollevato che sta volta gli avesse lanciato il succo alla pera, il che implicava che non ce l'aveva con lui. Non più.
Ma poi per cosa doveva avercela con lui? Manco gli avesse ucciso il cane...
"Ho portato i cornetti al cioccolato del supermercato! Quelli che sull'immagine grondano di crema ma in realtà ne hanno pochissima!" sorrise divertito Ventus, lanciandole a tutti.
"E ti rimangono in gola perché sono secche!" constatò Vanitas, guardando la sua merendina, con un sopracciglio alzato.
"E per mandarle giù devi usare lo sturalavandini!" gli diede corda Riku, con la stessa espressione.
"Sì, e poi per digerirla ci metti dieci giorni!" continuò Axel, scartando la propria e dandole un morso.
"Ok, ok, se non le volete potete ridarmele, razza di incontentabili gourmet!" sentenziò Ventus, mentre una venetta cominciava a pulsargli sulla tempia.
Gli altri tre risero e lo ringraziarono, cominciando a mangiare e bere le cose che aveva portato loro.
"Marly ti ha chiamato, Ax?" chiese Riku, poco dopo, con la bocca ancora piena.
Sora gli diede uno schiaffetto dietro la testa, dato che sua madre gli aveva sempre insegnato che non si parla con il cibo ancora in bocca. L'argento per dispetto gli diede un fugace bacio sulle labbra che lo prese alla sprovvista, facendolo arrossire.
Axel li fissò sconfortato, dato che quella situazione cominciava a spazientirlo. Era l'unico stronzo che ancora doveva fidanzarsi e gli dava un urto terribile sapere che gli altri due, che erano due idioti, ci erano riusciti prima di lui.
Poi si rese conto che si era innamorato dell'essere più strano, lunatico, difficile e impenetrabile della terra e sospirò.
"No, non ancora. Spero non si sia dimenticato!" rispose.
"No, non credo, Marly ci tiene alle esibizioni dei gruppi emergente. Avrà avuto da fare. Meglio, così abbiamo più tempo per provare!" rispose Vanitas, buttando giù l'ultimo pezzo di cornetto.
"Quante canzoni vogliamo portare?" chiese Riku, subito dopo, mentre Sora, ancora seduto sulle sue gambe, cominciava a fargli una treccina tra i capelli d'argento, tutto sorridente.
"Beh, direi quattro, una scelta da ciascuno! Poi di solito è quello il numero delle canzoni che cantano i gruppi che si esibiscono allo Strawberry!"
"Tu non hai ancora scelto la tua, Axel" constatò Roxas, alzando lo sguardo dal suo cornetto che era ancora a metà. Vanitas, appena lo vide, deglutì un groppone mentre reprimeva l'istinto di infilargli la merendina in bocca per fargliela finire prima... Dio, quanto era lento!
Axel si voltò a guardarlo, con un sopracciglio alzato, rendendosi conto che mancava effettivamente solo la sua.
"Non vorrei essere banale..."
"Lo sei, tranquillo!" constatò Vanitas, interrompendolo.
Axel gli lanciò in testa il bricchetto vuoto del suo succo, colpendolo con l'angolo, soddisfatto.
"La canzone più banale di tutte..."
"Where is my mind?" chiese il biondino, facendo un mezzo sorriso, capendo al volo che parlava di quella.
"Sì." rispose il rossino, un po' a disagio. Era la canzone che tutti conoscevano dei Pixies, il che poteva risultare banale cantarla, per certi versi. Però, comunque, il resto delle canzoni erano abbastanza sconosciute, quindi potevano anche concedersi di suonarla.
"Va bene anche quella, non preoccuparti. Poi comunque se dovevamo sceglierle, è giusto che ognuno scelga la sua preferita!" constatò Riku, saggiamente.
"Poi è bella, cazzo! Non si può dire che non lo sia!" gli diede corda Vanitas.
Axel li guardò soddisfatto, poi sorrise: "Ok, allora aggiudicata! Se avete finito di mangiare possiamo provarla!"
Roxas, che era ancora a metà del suo cornetto e che in fondo non gli andava nemmeno più, lo porse a suo fratello, mormorando un: "Non mi va più" e si alzò in piedi, riprendendo il basso e mettendoselo in spalla.
Tutti tornarono alle loro postazioni, Sora abbandonò le gambe di Riku, tristemente, non prima di avergli dato un bacio sulle labbra, dolcemente.
L'argento lo guardò mentre si sedeva di nuovo accanto a Ven, con sguardo sognante, chiedendosi se fosse ancora tutto un sogno o se lui e Sora stavano davvero insieme, finalmente...
"Quando Riku si toglie quella faccia da mongoflettico dalla faccia, possiamo anche iniziare!" ruggì Vanitas, nella sua direzione, urlando.
Riku scosse la testa e si risveglio, e prese le bacchette in mano, mostrandole per far capire che era pronto.
Axel li guardò tutti e si fece serio: "Allora, comincia con la parte vocale, poi chitarra con distorsione classica! - guardò Vanitas, che annuì - Batteria e chitarra con distorsione elettrica e basso! Coretti con i vari uuuuh, specie nel finale!Ok?"
"Ok, chiaro! Pronti!"
"Uuuuuh, Stop!"
Chitarra classica. Vanitas si concentrò tantissimo, perché quel suono era raro da sentire, almeno per le sue orecchie abituate al Rock o al Metal. Ma, comunque, malgrado questo, gli piaceva. Ascoltava anche il Country ogni tanto, quando gli capitava nella modalità random del suo IPod. Quando entrò la batteria cambiò al volo distorsione, contento di risentire l'elettrico suono della sua chitarra.
Il basso entrò a sua volta, forte, tamburellante, quasi come una grancassa.
Era bello il modo di suonare della bassista dei Pixies, a Roxas piaceva il suo stile. Una vera eroina dello strumento, non c'era che dire. E poi tutto il resto era stupendo, tutta la musicalità della canzone gli piaceva. E gli piacque anche, ancora una volta, il modo di cantare e di interpretare di Axel. Quella canzone era bella soprattutto per le sue parole, così profonde, così tristi e dure, così particolarmente angoscianti.
E Roxas si sentiva angosciato ad ascoltarla, perché anche il titolo lo sentiva particolarmente suo.
Si era chiesto tante volte, quando era solo con i suoi pensieri, dove fosse la sua mente. Perché, malgrado col corpo fosse sempre lì a soffrire per le sue pene, la sua testa cercava di vedere le cose da lontano, con distacco, ma da dove? Da quale luogo se non dalla sua calotta cranica, che a volte sentiva fin troppo piena, che quasi traboccava.
"Where is my mind... Where is my mind... where is my mind?"
Già, chissà dove accidenti era la sua mente, mentre quel rossino cantava...
Continuarono a suonare, facendo i cori, stando attenti al tempo e alle tonalità e poi la canzone finì con quel disarmante finale mozzato tutto d'un tratto, senza una logica apparente, ma che in realtà era infinitamente geniale.
"La amo! La amo da morire!" urlò Sora, battendo le mani, entusiasta. Era la sua band preferita e adorava il fatto che avessero deciso di suonare proprio le canzoni dei Pixies. Li avrebbe supportati fino alla morte.
"Bel lavoro, gente! Direi che ce la stiamo cavando bene, ma bisognerà provare ancora, questi giorni! Stanno finendo le lezioni all'università e immagino anche a scuola, no?" chiese il rossino, voltandosi a guardare Roxas, che annuì.
"Questa è l'ultima settimana!" sentenziò il biondino.
"Perfetto! Direi quindi di darci da fare e cercare di vederci più spesso, altrimenti appena Marly mi chiama non saprò cosa dirgli!" ridacchiò, grattandosi la testa, a disagio per quel pensiero.
"Va bene, ma ora fermiamoci qui! Sto morendo!" rispose Vanitas, togliendosi la chitarra dalle spalle e passandosi una mano tra i capelli, visibilmente esausto.
Riku si alzò in piedi e si stiracchiò, poggiando delicatamente le bacchette sul suo sgabello sbilenco.
"E' vero, è stata dura, ma altrettanto soddisfacente! Che fate stasera?" chiese il rossino, su di giri.
"Esco con Sora!" rispose Riku, alzando un braccio, come uno scolaretto che volesse chiedere alla maestra di andare in bagno.
"Esco con Ven!" disse Vanitas, avvicinandosi al suo ragazzo e prendendogli la mano.
"Ah, bene! Mi date buca così!" rispose Axel, indignato, perché voleva davvero uscire quella sera. Si voltò a guardare Roxas, che contraccambiò, ma represse la voglia di chiedergli di vedersi loro due. Oltretutto non gli andava proprio di farlo di fronte a suo fratello, proprio ora che sembravano aver ristabilito i rapporti. "Non potremmo uscire tutti assieme?"
"Senti, sono tre giorni che io e Sora stiamo insieme, mi dai la possibilità di passarci del tempo da solo?" disse Riku, inacidito, quando aveva raggiunto il suo ragazzo e lo aveva circondato con un braccio intorno alle spalle.
"Ma che vuol dire! Potete uscire quando volete, ora che arrivano le vacanze!" controbatté Axel, capriccioso come un bimbo di cinque anni. Roxas rise a quella reazione infantile.
"Beh, se sei solo non sono problemi miei!" rimbeccò il batterista, poi ridacchiò: "E poi potresti uscire con Roxas, no?"
"Roxas deve andare a casa, domani ha scuola!" sorrise Ven, ma il suo volto era glaciale e fermo, sopra le sue labbra increspate.
Il bassista lo guardò, chiedendosi chi diavolo gli avesse chiesto la sua opinione, ma poi si rese conto che per quanto suo fratello avesse risposto al posto suo infastidendolo, comunque aveva ragione.
"Vero" sentenziò, con una vocetta rassegnata.
"Fa niente, me ne starò a casa a deprimermi guardando film d'amore pensandovi!" rispose il rossino, ridendo divertito, poi sospirò: "Ok, gente, prendete armi e bagagli e andiamo! Ho una fame tremenda!"
"Già, anche io!" si lamentò Sora, sentendo il pancino brontolare.
Axel prese la sua giacca e la sua maglietta da sopra la sedia e, mentre gli altri erano già usciti fuori dal Box, spense le luci dal contatore e poi Riku tirò giù la serranda, chiudendola con la chiave.
Le due coppiette se ne stavano abbracciate a chiacchierare allegramente e Axel e Roxas rimasero indietro di proposito, per concedersi quel breve lasso di tempo che li separava dalla porta a chiacchierare un po'.
"Hai parlato con tua madre?" chiese il rossino, guardandolo. Lui si voltò e annuì, sorridendo debolmente.
"Sì, abbiamo chiarito. Le ho chiesto scusa e lei ha fatto lo stesso con me. Mi sono sentito sollevato, in un certo senso..." ammise.
"Sono contento! E' un gran bel passo, davvero!"
"Sì, è vero. Mi sto un po' aprendo al mondo, hai visto?" rispose, facendo poi un sorriso talmente dolce e malinconico che il rossino non seppe se il cuore gli era appena scoppiato o se si era solo rigirato al contrario nel suo petto, facendogli malissimo.
Istintivamente gli posò una mano sulla guancia, fermandosi e carezzandolo con una dolcezza incredibile.
"Sono fiero di te..." mormorò, mentre gli occhi gli si velavano leggermente, perché lo sguardo di Roxas lo aveva trafitto dolorosamente.
Roxas arrossì leggermente a quel contatto, fermandosi anche lui, e non smise di sorridere, mentre sentiva che gli occhi gli diventavano lucidi, e non seppe perché.
"Grazie" sussurrò, senza smettere un solo istante di fissarlo, finché il rossino non tossì imbarazzato e tolse lapidario la mano dalla sua guancia.
"Ora... ora è meglio raggiungere gli altri, o cominceranno a farsi delle domande."
"Già!" rispose Roxas, leggermente divertito dalla faccia rossa di Axel.
Raggiunsero gli altri, che erano appena usciti e Ventus prese suo fratello per mano, avvicinandolo a se, come se volesse a tutti i costi allontanarlo da Axel.
"Beh, noi andiamo a casa! Ci vediamo domani e con te stasera,Van!" sorrise il biondino.
Vanitas annuì e gli diede un bacio sulle labbra.
"D'accordo!"
"A domani ragazzi!" salutò Sora, su di giri, mentre prendeva Riku per mano.
"Lui non viene con noi!" controbatté Van indicando l'argento, che sussultò.
"Invece sì!"
"Invece no!"
"Ok, ok, a domani gente, ci vediamo!" mormorò Axel, scappando poi via, perché un altro battibecco non poteva proprio sopportarlo.
 
 
Erano passati due giorni dalle prove, quindi si era già fatto martedì.
Erano le tre del pomeriggio ed Axel era intento a studiare per un esame che avrebbe avuto la settimana dopo. Era parecchio accaldato, ma aveva trovato la forza di recuperare il ventilatore da sopra l'armadio e se l'era puntato addosso, senza alcuna decenza. Tanto faceva talmente caldo che non si sarebbe ammalato.
Oltretutto, poi, era agitatissimo. Molto più agitato di quando doveva vedersi con Roxas.
Dopo il pezzo di Ventus fuori dal box, dove gli aveva praticamente tolto da vicino suo fratello, Axel aveva deciso di scrivergli per darsi un appuntamento e vedersi, prendendo a pieno il consiglio che anche Sora e Riku gli avevano dato.
Doveva cominciare ad essere chiaro col suo amico. Si conoscevano da anni e non voleva dover litigare per uno stupido motivo come la gelosia. Immotivata, poi, profondamente immotivata.
Ventus gli aveva dato appuntamento a casa sua, dato che lo aveva avvertito di essere solo e che quindi potevano parlare liberamente.
L'ora stabilita era per le quattro e Axel poteva prendersela davvero comoda, dato che abitavano a due passi e ormai conosceva quel tragitto meglio di quello per casa sua.
Reclinò la testa all'indietro, sulla sedia girevole scricchiolante e sospirò.
Che cosa poteva dirgli? Come poteva aprire il discorso senza risultare accusatorio o acido? Doveva stare calmo, perché non c'era motivo di agitarsi.
Voleva bene a Ventus e sapeva che era abbastanza serio e ragionevole quando si trattava di chiarire qualcosa, anche se gli era sembrato che quando si parlava di suo fratello perdesse un po' la sua solita tranquillità.
Comunque ormai era fatta, l'appuntamento era deciso e non poteva più tirarsi indietro. E poi doveva farlo per amore di Roxas!
Buttò giù la testa e ricominciò a sottolineare, cercando di concentrarsi, perché sta volta gli esami erano vicini per davvero e doveva superarli, per poi dedicarsi all'estate interamente. Era la sua stagione preferita, come del resto lo era per la maggior parte degli esseri umani che abitavano la terra.
Ma se fosse riuscito ad uscire senza problemi da quell'anno accademico e fosse riuscito a chiarirsi con Ventus, avrebbe acceso un cero in chiesa per ringraziare tutte le divinità esistenti per avergli permesso di iniziare un'estate felice.
Sentì bussare alla porta.
"Tesoro, ti ho portato la merenda!" sorrise sua madre, entrando con una ciotola piena di biscottini appena sfornati.
Axel la guardò con gli occhi sbrilluccicanti.
"Ecco che cos'era quell'odore di pasta frolla!"
"I tuoi preferiti... anche se in realtà il cibo in generale è il tuo preferito!" constatò, poggiando la ciotola sulla scrivania, trovando un punto libero tra il disordine che vi era sopra.
"Farò finta di non aver sentito!" esclamò il rossino, prendendo subito un biscotto e addentandolo. La mamma fece per andarsene ma la fermò. "Mamma, posso chiederti una cosa?"
"Certo Axel!" disse, voltandosi a guardarlo.
"Se tu sapessi qualcosa... qualcosa di davvero importante su qualcuno, ma che le persone vicine a questa persona non sanno, ma che sarebbe meglio che sapessero... che cosa faresti?"
La mamma alzò gli occhi al cielo pensierosa, poi si mise una mano sul mento.
"Beh, dipende se questa cosa è così importante e vitale..."
"ipotizziamo sia una cosa terribile."
"Beh, cercherei di aiutare questa persona più che posso e se il mio aiuto non fosse abbastanza, allora parlerei con le persone che gli sono vicine per aiutarla... non mi fermerei, comunque." rispose lei, sorridendo.
Axel sospirò e si passò una mano tra i capelli: "Ok, afferrato..."
"E' per via di Roxas?" chiese ancora la donna, inclinando la testa di lato per studiarlo.
Axel rimase un attimo sorpreso dalla sua perspicacia, ma nemmeno troppo. Era sua madre, e lo conosceva bene, non poteva più nascondersi.
"E' sempre per via di Roxas..." mormorò, affranto, nascondendosi il viso tra le mani.
"Se hai fatto già di tutto, parla con Ven e cerca di spiegargli la situazione. E' un ragazzo intelligente, capirà!"
"Ho solo paura che possa non credermi..." ammise il rossino, senza togliersi le mani dalla faccia.
"Beh, è di suo fratello che gli stai parlando. Deve crederti, che gli piaccia o no!" disse lei, raggiante, avvicinandosi e scoprendogli il viso.
Axel la guardò alzando lo sguardo e aggrottò la fronte, visibilmente confuso. Si alzò in piedi e l'abbracciò.
"Grazie..."
"A che servono le madri, sennò?" ridacchiò lei, stringendolo a sua volta, con dolcezza.
"A preparare biscotti buonissimi e a lavare i panni sporchi!" disse lui, ironico e lei si scansò, dandogli uno schiaffo su un braccio, fingendosi indignata.
"Ti lascio studiare, razza di figlio degenero che non sei altro! A dopo!" e, detto questo, uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Il rossino si ributtò sui libri, sentendosi un po' più leggero. Sua madre era un mito, e lo aveva sempre saputo, oltre che la sua eroina preferita... dopo Xena, ovviamente.
Passò i restanti quaranta minuti a studiare, rendendosi conto di aver finalmente trovato un ritmo decente, poi si accorse di doversi preparare per uscire. Il tempo era passato talmente in fretta che sentì il cuore battergli fortissimo, perché era di nuovo agitato.
Si diede una sciacquata, si profumò e si infilò una maglietta nera dei Muse, dopodiché raccattò cellulare e chiavi e uscì.
Non appena raggiunse la strada, si rese conto che il tempo era un po' cambiato e in lontananza c'erano dei nuvoloni neri terribili e si sentivano chiaramente dei tuoni dal suono ovattato, simbolo che erano distanti, ma che si stavano avvicinando. Maledisse il fatto che non aveva un ombrello e accelerò il passo.
Raggiunse casa di Ven in pochissimo e suonò al citofono, poco dopo l'altro ragazzo gli rispose e aprì il portone. Salì fino al piano e trovò la porta semichiusa, da dove poco dopo emerse la testa bionda di Ventus.
Si avvicinò e il filosofo sorrise debolmente, facendolo accomodare.
Axel si guardò intorno, e la casa era silenziosa. Le luci erano spente e l'ambiente era illuminato dalla fievole luce che veniva da fuori. Presto, con quei nuvoloni, sarebbe calato il buio.
"Ciao Axel!" salutò il biondino, chiudendo la porta.
"Ehi, Ven!"
Ventus si incamminò verso la cucina, dove si sedette su una sedia e invitò il rossino a fare lo stesso. Axel ebbe un déjà vu del giorno che era stato lì con Roxas ed era profondamente inquietante rivederla nella testa. Si rese conto di quanto Ven e Roxas fossero simili, nell'aspetto fisico.
"Come stai? Hai avuto più quei mal di testa?" chiese il rossino, dato che non sapeva proprio come aprire l'argomento.
"No, per fortuna! Ho avuto un po' di febbre, ma è passata nel giro di una notte. Sono una roccia!" esclamò il biondino, cercando di sorridere.
Axel ridacchiò: "Già!"
"Di cosa volevi parlarmi, Axel? Non mi va di girare e rigirare prima di arrivare al punto, dato che so per certo su cosa andremo a parare!" rispose Ven, ma non sembrava infastidito. Era calmo, calmissimo. Anche troppo.
Il rossino deglutì un groppone a vuoto e poggiò le braccia al tavolo, incrociando le dita tra di loro, a disagio.
"Ven, quel giorno al box... mi hai detto... mi hai detto di non credere a tutto quello che Roxas mi dice, perché?"
Ven alzò un sopracciglio, leggermente, anche se si immaginava che si trattasse di questo. Imitò il gesto delle mani del rossino e si protrasse in avanti, sospirando.
"Axel, è una questione delicata..."
"Lo so, ma se me ne hai parlato devi arrivare fino in fondo, perché se era un tentativo di confondermi le idee sappi che ci sei riuscito!" constatò Axel, con un pizzico di risentimento che Ventus percepì chiaramente. Lo guardò un attimo di sottecchi, poi sospirò di nuovo.
"Non è da molto che succede, ma da qualche tempo Roxas ci dice delle bugie palesi. Tende a inventare cose per il puro gusto di compiacerci..."
"Cioè?"
"Tu lo sai che non è andato in conservatorio per una settimana, bigiando bellamente?" chiese l'altro, e Axel notò il suo sguardo deluso della cosa.
"No, non ne ero al corrente"
"Nemmeno noi, finché non ci hanno chiamato, chiedendoci se fosse successo qualcosa, se stesse bene... mia madre ha mentito, dicendo loro che era a letto malato, quando in realtà non avevamo idea di dove fosse!" spiegò Ven, stringendosi nelle spalle.
Axel, che non sapeva davvero di quel fatto, strabuzzò gli occhi, confuso.
"E dov'era andato?"
"Non lo sappiamo ancora, perché lui non sa che noi siamo al corrente della cosa." rispose, a disagio, abbassando lo sguardo e iniziando a togliersi delle pellicine dalle dita.
"Pensi che abbia dei problemi a scuola?"
"Axel, io non so niente! Se lui non ce ne parla non possiamo nemmeno capirne le motivazioni! E' scostante, rabbioso, taciturno, aggressivo! Non ci parla mai delle sue giornate, esce di casa senza dirci dove va..." mormorò afflitto e preoccupato, poi alzò lo sguardo sul rossino. "Anche se io ho capito, ormai, che si vede con te..."
Axel non seppe cosa dire a quella rivelazione, ma aveva capito da tempo che Ventus se n'era accorto. Non poteva nasconderlo.
"Ven... sì, ci vediamo spesso ultimamente... è lui a chiedermelo, il più delle volte" ammise, mentre sentiva che l'ansia cresceva in lui.
"Axel... non si è visto con te anche quando ha bigiato?" chiese Ven.
Il rossino sospirò: "No, te lo giuro. Ha sconvolto anche me questa notizia... non credevo che potesse fare una cosa del genere!"
"Già..." mormorò il biondino, prendendosi la testa tra le mani. "Ha anche saltato due settimane di violino. Il maestro ci ha telefonato l'altro ieri, informandoci della cosa e che era molto preoccupato!"
Axel sgranò gli occhi e rimase di sasso. Non ci era andato più, quindi. Aveva preso la decisione di non vedere più quell'uomo schifoso, orrendo, viscido...
Si sentì rincuorato, anche se ora sapeva di dover parlare a Ventus di quel problema.
"Ieri sera a cena gliene abbiamo parlato. Lui non ha aperto bocca per tutto il tempo, rimanendo a fissare il piatto senza espressione, senza alcun tipo di disagio. Era immobile e non rispondeva alle nostre domande!" continuò Ventus, poi si nascose il viso tra le mani, disperato. "La mamma si è arrabbiata moltissimo e urlava isterica, mio padre invece lo fissava senza parole, deluso!"
"Ven..." lo chiamò Axel, nel tentativo di fermare quel racconto per potergli spiegare la situazione di Roxas.
"Poi la mamma si è alzata in piedi e lui l'ha guardata... ti giuro, Axel... io uno sguardo così pieno d'odio su Roxas non l'avevo mai visto. Mi ha fatto paura..." disse, infine, poi grugnì, passandosi le dita tra i capelli, nervoso.
Axel lo guardò e non seppe cosa dire, perché sapeva che il racconto stava continuando e, malgrado tutto, voleva sapere come finiva, anche se ne era intimorito.
"Ho cercato di calmarli, ma era inutile, perché non c'era più niente da dire. La mamma gli ha dato uno schiaffo, fortissimo e lui ha continuato a non dire una parola... poi gli ha ordinato di andare in camera e lui ha ubbidito, anche se credo non aspettasse di fare altro."
"Cosa?" chiese il rossino, retorico, visibilmente scosso.
Tutto, ma non uno schiaffo. Non poteva sopportare l'idea di un Roxas già profondamente angosciato di suo, pesantemente rimbeccato da un gesto del genere. Doveva sentirsi umiliato al massimo e si chiese perché quella sera non gli avesse scritto per chiedergli anche un minimo conforto.
"Io ho cercato di calmarli, ma erano inamovibili, così ho cercato di entrare in camera sua, ma aveva chiuso a chiave e ignorava la mia richiesta di aprire... non sapevo più che fare!"
"Non ci posso credere..." mormorò il rossino, buttando la schiena contro lo schienale della sedia di legno e posandosi una mano sulla fronte, sconvolto. "Non ci posso credere, Ven!"
"Nemmeno io, Axel! Mi sono trovato nel mezzo, senza sapere cosa dire e fare! Roxas sembra odiarci, non ci dà più ascolto, è scostante, talmente diverso da come è con te o con il gruppo!"
Axel si protese di nuovo in avanti, e lo guardò negli occhi, ormai senza alcuna paura di dire nulla.
"Ven... tuo fratello a quelle cazzo di lezioni di violino non deve andarci più!" disse, alzando un po' la voce. Si era innervosito da morire, non gli andava giù più niente.
Basta reprimere la rabbia, basta reprimere l'angoscia! Axel stava per esplodere e non ce la faceva più, soprattutto dopo aver sentito tutte quelle stronzate.
La famiglia di Roxas non lo aiutava, anzi, lo schiacciava, ancora e ancora, senza premurarsi di come stesse, di cosa pensasse. Doveva fare quello che dicevano e basta, non aveva altra scelta. Se aveva bigiato probabilmente era solo per passare del tempo da solo, perché ne aveva bisogno, perché era l'unico modo per non dare retta a nessuno, seguire ordini impartiti con eloquenza. Un'eloquenza del cazzo.
"Che cosa?" chiese Ventus, confuso, strabuzzando gli occhi.
"Hai sentito benissimo! Non deve andare più a quelle stracazzo di lezioni, chiaro?" urlò, alzandosi in piedi e tirando due pugni al tavolo.
Ven sussultò, impaurito e alzò lo sguardo senza perdere il contatto visivo. Aveva paura di una reazione di quel rossino sempre calmo e disponibile.
"Axel..."
"Sai che cos'ha tuo fratello? Sai minimamente come sta? Che cosa gli sta succedendo? Vi siete mai chiesti perché vi tratta così?" gli domando, chiaramente retorico, puntandogli poi un dito contro quando l'altro non rispose. "Tuo fratello ha un problema enorme e anche grave, di cui vorrebbe parlarvi ma che sa che non gli credereste! Ne ha parlato con me, lo sai? E io non ho potuto far altro che consolarlo quando mi si è messo a piangere davanti!" urlò, infine, dando un calcio alla sedia che cadde facendo un rumore fortissimo.
"Cosa... cosa..." balbettò il biondo, ritraendosi con la schiena, terrorizzato da quella reazione e dalle sue parole. Non aveva mai visto Roxas piangere nemmeno quando erano bambini... non sapeva nemmeno se era capace di farlo, in realtà. Si alzò in piedi anche lui, turbato. "Axel, che cosa ti ha detto? Perché piangeva?"
Il rossino respirò fortissimo, prima di stringersi una mano nella maglietta, nervoso.
"Quel pezzo di merda, viscido, schifoso del maestro di violino, che voi tanto decantate, lo molesta ogni volta che ne ha la possibilità! Si permette di toccare tuo fratello con quelle mani languide! Si permette di sussurrargli parole dolci nelle orecchie! Si è rubato il suo primo bacio, Ven!" urlò, con tutto il fiato che aveva in corpo, reprimendo la voglia che aveva di prendere a sberle il ragazzo che aveva di fronte.
Ventus non capì. Sentì il cervello offuscarsi, annebbiarsi totalmente e si dovette reggere con una mano alla sedia per non cadere, dato che stava per perdere l'equilibrio.
"Axel... che stai... che stai dicendo?" balbetto, cercando di sedersi con una certa difficoltà.
"Quello che ho detto, Ven! Quello che Roxas cerca di dirvi da mesi, da anni! La motivazione per cui tuo fratello non va più a lezione, per cui si è preso quello schiaffo, tacendo, ieri sera!"
"Non... non ci posso... non ci posso credere..." balbettò ancora Ventus, sentendo che pian piano perdeva i pezzi, sentendosi sempre di più mancare l'aria, reggendosi sempre più forte alla sedia, con gli occhi lucidi.
"Se non ti fidi, chiediglielo! Probabilmente, sapendo che ora gli crederai, te lo dirà!" urlò rabbioso Axel, ignorando il fatto che Ven stesse per sentirsi male. Sembrava quasi avesse un attacco di panico. "Dov'è? Chiamalo!"
"Axel... Axel... Roxas è..." annaspò il biondino, cercando di alzarsi, ma non ci riuscì, perché aveva le gambe molli. Troppo molli per tenere il suo corpo in piedi.
Axel si avvicinò, e strabuzzò gli occhi perché aveva capito. Aveva capito troppo bene, anche se sperò che non fosse così. Lo prese per il colletto, portandolo verso di se.
"Ventus! Dov'è Roxas adesso?" scandì, lentamente, sempre urlando, strattonandolo senza gentilezza.
Il biondino deglutì, ma due lacrime enormi emersero dai suoi occhi azzurri già lucidi. Scoppiò a piangere, senza riuscire a trattenersi e posò una mano su quella di Axel che teneva ancora la sua maglietta.
"E'... è a lezione di violino!" riuscì a dire, tra le lacrime e il respiro corto, sentendo che un masso grosso come una casa gli cadeva sulla testa, schiacciandolo.
Axel lo lasciò andare con un gesto brusco, e Ventus cadde per terra, sul pavimento, continuando a piangere.
"Cazzo..." mormorò il rossino, guardandosi intorno, con le mani nei capelli, furioso. "Cazzo!" urlò, poi, precipitandosi alla porta per uscire.
Ven si alzò in piedi, anche se sentiva la testa girare, ancora scosso, ancora in lacrime, ma doveva seguirlo. Se era vero quello che il cantante gli aveva detto, allora doveva soccorrere Roxas, doveva proteggerlo e aiutarlo come poteva, malgrado tutto questo sarebbe dovuto succede molto prima.
Si maledì in ogni modo, mentre cercava di riprendersi dalla confusione generale che aveva nel cervello e corse verso la porta che era rimasta socchiusa. Prese al volo le chiavi di casa e si precipitò sulle scale, raggiungendo Axel, che stava già correndo all'impazzata e, quando furono fuori dal portone, lo fiancheggiò, ricominciando a correre.
Pioveva. Pioveva abbastanza forte e il cielo era nero. L'acqua aveva già bagnato tutte le superfici esposte che trovava sul suo cammino, ed ora anche i due ragazzi che stavano correndo contro di lei, inzuppandoli.
Ad Axel non importava più di niente, nemmeno delle macchine che passavano e continuavano a bagnarlo quando prendevano una pozzanghera con la ruota. Non gli importava di strattonare la gente per scansarla, con i loro ombrelli ingombranti. Non gli importava di Ven che era accanto a lui, come se si fosse appena svegliato a primavera, sconvolto per la notizia che gli aveva dato. Non gli importava di niente, oltre che raggiungere Roxas e tirarlo via dalle grinfie di quell'uomo, perché con tutta probabilità, dopo due settimane che non si faceva vedere, quello doveva essere pesantemente su di giri, oltre che molto arrabbiato con lui.
Nella mente di Axel passarono molteplici immagini, una più terribile dell'altra, e quando tornò alla realtà accelerò la sua corsa, malgrado avesse il fiatone e l'acqua che gli arrivava addosso stesse rallentando il suo andamento.
Ventus sentiva i capelli appiccicati alla faccia e i vestiti incollati addosso, ma non era cioè che importava ora.
Axel vide con la coda dell'occhio che avevano appena superato Ice World, il che implicava che ci fossero quasi.
Sto arrivando, piccola peste, sto arrivando!
Superarono un paio di palazzi, prima di ritrovarsi di fronte al portone spalancato di quello che interessava a loro. Axel non si fermò ed entrò, poi si bloccò di fronte alle scale e guardò Ventus.
"Qual è il piano?" chiese, spazientito, respirando dalle narici peggio di un toro impazzito.
"Il... il terzo!" rispose Ven, con il fiatone, stringendosi nelle spalle, mentre sentiva i capelli gocciolare e la pelle fredda quando aveva smesso di piovergli addosso.
Il rossino cominciò a correre, per le scale, perché il fottuto ascensore non era al piano. Continuava a correre, saltando qualche scalino, rischiando di rompersi l'osso del collo un paio di volte, ma continuava a fregarsene di tutto. Sentiva le scarpe bagnate farlo scivolare sul marmo.
Raggiunsero il terzo piano, velocemente, trovando la porta che dava all'appartamento, accostata. Probabilmente per permettere agli studenti successivi di accomodarsi nella sala d'attesa, attendendo il loro turno.
Ventus lo seguì quando entrò e trovarono la sala d'attesa buia, silenziosa e terribilmente cupa. Non c'era nessuno ad attendere, ed era davvero strano, vista la fama dell'uomo, così richiesto e bramato da tutti.
Axel si guardò fugacemente intorno, prima di notare una porta di legno chiusa, da dove si sentiva una voce particolarmente roca parlare in modo languido e lento, ma non riuscì a sentire cosa stava dicendo.
Fece per aprire ma Ventus lo bloccò: "Axel... che stiamo facendo?"
"Quello che avresti dovuto fare molto tempo fa!" sussurrò, a voce bassissima, puntandogli un dito sul petto e facendolo indietreggiare.
"Intendo che potrebbe essere pericoloso..."
"L'unica persona che in questo momento può essere pericolosa, sono io. E' me che dovrai tenere, lì dentro..." rispose ancora il rossino, poi tirò giù la maniglia con una lentezza incredibile, perché non voleva farsi sentire, non voleva dare modo a quell'uomo di prepararsi al peggio.
Aprì la porta, lentamente, Ventus appena dietro di se e, serrando di più la mano sulla maniglia, sgranò gli occhi.
Rimase bloccato per qualche istante, fisso, con il sangue gelato nelle vene, perché quell'uomo terribile se l'era messo sulle gambe, il suo giocattolo, e gli teneva la testa piegata per carezzargli il collo e dargli dei baci languidi, con una mano sotto la sua maglietta a carezzargli quella pelle che non gli apparteneva, di cui si era appropriato senza chiedere il permesso.
E Roxas singhiozzava piano, con gli occhi stretti, con una dolorosa espressione di disagio, di paura, di agonia, mentre le lacrime gli scorrevano copiose lungo le guance rosse, rossissime, come se qualcuno le avesse strette  a tal punto da fargliele andare in fiamme.
L'uomo alzò lo sguardo, quando percepì la presenza di qualcuno sulla porta, e ritrasse le mani, anche quella sotto la maglietta della sua marionetta, che continuava a restare immobile, senza accorgersi di niente, probabilmente con la testa da un'altra parte, a cercare di non vivere quel momento con razionalità.
"Roxas!" urlò Ven e il fratello aprì gli occhi, tremanti per le troppe lacrime, come se quella voce lo avesse appena fatto riemergere dal nulla più assoluto, salvandolo.
Fu come un lampo e il contrasto che si creò fu repentino.
Mentre Roxas capiva di essere libero e correva verso suo fratello, che lo circondò con le braccia e gli faceva nascondere il viso nel suo petto, Axel si avventava contro quell'uomo, il gran maestro, il viscido, lo schifoso, ancora seduto sulla sedia di pelle vera, immobile, senza sapere cosa fare.
Axel non aveva mai fatto a botte in vita sua, mai seriamente, ma scoprì in quel momento che anni e anni di sopportazione e rabbia tirano fuori tutta la forza di cui necessiti, nel momento in cui ne hai bisogno.
L'uomo lo guardò alzando lo sguardo e fece per alzarsi, ma il rossino lo spintonò di nuovo contro la sedia, poi lo prese per il colletto, tirandolo e facendogli male.
L'uomo sentì la camicetta sfregargli contro la pelle del collo, quasi ad aprirla in una ferita da taglio, mentre il rossino continuava a spingerlo verso di se.
"Lezioni di violino, eh?" disse, tra i denti, mentre gli occhi gli diventavano due fessure. "Queste sono le lezioni che davi ai tuoi allievi? Viscido, schifoso essere senza Dio!"
Gli diede un pugno nello stomaco, con la mano libera, facendolo contrarre dal dolore.
"Posso spiega..." cominciò l'uomo tossendo, ma Axel gli diede un altro pugno, sta volta su una zigomo.
"Cosa vuoi spiegare? Io ti ammazzo!" urlò, dandogli un altro pugno sulle stesso zigomo e facendolo sanguinare, mentre anche le sue nocche si spellavano e cominciavano a perdere sangue.
"Asp..." un altro pugno, ancora nello stomaco, ancora doloroso per entrambi.
Axel lo lasciò andare per il colletto e, poggiando un ginocchio sulle gambe dell'uomo, lo prese per i capelli, tirandogli su la testa, con la sua espressione dolorante ma ancora terribilmente dissennata.
Alzò un pugno e cominciò a dargliene a raffica, sul naso, sulla fronte, su un occhio, sulle labbra, che si ruppero cominciando a sanguinare grondanti.
"Axel!" urlò Ventus, nel tentativo di fermarlo, mentre suo fratello singhiozzava ancora sul suo petto, con le mani a coprirsi le orecchie per non sentire quei rumori orribili e quei mugolii di dolore, inquietanti. "Fermati! Così lo ammazzi!"
Il rossino, a quelle parole, sentì il cervello tornare un po' lucido e, dando un ultimo pugno nello stomaco dell'uomo schifoso che aveva davanti, gli lasciò andare i capelli e quello ricadde come una carcassa morta sulla sedia, ancora cosciente, ma con il viso rosso del proprio sangue e di quello del rossino.
Axel lo fissò, con un'espressione che lo faceva sembrare pazzo. Aveva voglia di continuare a picchiarlo, anche fino ad ucciderlo se ci riusciva, ma doveva calmarsi... non era più compito suo. Si era vendicato, si era sfogato, aveva protetto il suo principe in difficoltà, ma ora era il turno dei cavalieri di occuparsi di lui.
Il maestro faticava a respirare, perché continuava ad inghiottire il sangue che aveva in bocca e, ogni tanto, lo sputava. Aveva un occhio completamente chiuso, mentre l'altro riusciva a malapena a muoverlo. Il naso probabilmente era rotto e gli tornava su l'acido nello stomaco, per quanti cazzotti Axel gli aveva dato.
Ventus li fissava, prima uno e poi l'altro, mentre si era messo in ginocchio, carezzando la testa di suo fratello, che ora aveva posato la fronte sulla sua spalla, senza aver smesso un solo istante di piangere.
Axel sembrava un pazzo, in quel momento, ma non poté biasimarlo. Se Roxas non gli fosse corso incontro a quel modo, probabilmente ci sarebbe stato lui al posto del rossino, a prenderlo a pugni.
"Axel, stai bene?" chiese Ven, guardandolo fisso.
Il rossino sembrò aver ritrovato la calma, poi rispose, mentre tirava fuori il cellulare dalla tasca: "Sì... sto... sto bene. Sarà meglio chiamare la polizia" concluse, componendo il numero e portandosi poi il cellulare all'orecchio.
Ventus lo fissò per un po' mentre spiegava la situazione agli agenti, poi prese Roxas per le spalle e lo guardò.
Era la prima volta in vita sua che lo vedeva piangere. Era quanto di più straziante ci fosse al mondo, veder piangere qualcuno che non lo aveva mai fatto...
Gli passò una mano sotto l'occhio per asciugargli le lacrime e il più piccolo, a quel gesto, sembrò calmarsi leggermente.
Ventus gli prese la testa tra le mani e continuò ad asciugargli gli occhi con i pollici, dolcemente, senza sapere cosa dire.
"Come ti senti?" chiese, anche se seppe di aver fatto la domanda più stupida del mondo nel momento più brutto della vita di suo fratello.
Roxas alzò una mano per stropicciarsi un occhio, senza smettere di piangere, ma non rispose. Si limitò a guardarlo nelle iridi identiche alle sue e gli si gettò di nuovo tra le braccia.
Axel rimise il cellulare nella tasca e sospirò, anche se il suo atteggiamento era freddo e distaccato, come se stesse aspettando il corriere con la spesa, invece che la polizia.
"Arriveranno subito" comunicò, guardando Ven che annuì e poi si voltò a guardare oltre la spalla di Axel, alzando un sopracciglio, confuso. Il rossino si voltò, con la stessa espressione del biondino, perché il rifiuto umano stava ridendo, leggermente, con la sua vociona rovinata dalle troppe sigarette, con ancora il fiatone e la faccia più gonfia di prima.
Axel alzò una gamba e gli piantò un piede sul petto, facendolo cozzare ancora di più con la schiena contro lo schienale della sedia di pelle nera.
"Che cazzo hai da ridere?" gli chiese, tra i denti, spingendo sempre più in giù.
"E' tutto un equivoco" esclamò quello, senza smettere di ridere.
Roxas, sentendo quella voce, si posò di nuovo le mani sulle orecchie per non sentirla, perché gli faceva venire da vomitare.
"Un equivoco? Ah sì!" mormorò Axel, mentre gli occhi gli tornavano come quelli di un pazzo, di nuovo.
"Non stavo facendo... niente... di male!" scandì, perché ad ogni parola il rossino gli spingeva di più la scarpa bagnata contro il petto, facendogli male. "Lui... lui era contento!"
"Oh, sì! Lo abbiamo visto come era estasiato!"
"Il nostro è amore!" esclamò ancora l'uomo, cominciando a perdere lucidità nelle proprie parole, cercando di sorridere da quelle labbra coperte di sangue. "Ci amiamo, ce lo siamo detto!"
"Sta zitto!" mormorò Roxas, improvvisamente, tra le lacrime, con ancora le mani premute sulle orecchie per non sentire.
L'uomo voltò lo guardo, con un solo occhio aperto, verso la schiena del più piccolo e rise di nuovo, ma più dolcemente.
"Diglielo! Digli quanto ci amiamo!"
"Zitto!" esclamò ancora il biondino, alzando leggermente la voce.
"Diglielo, Roxas!" urlò lui, cercando di incitarlo, mentre la sua voce diventava rabbiosa e folle.
"STA ZITTO!" gridò Roxas, con tutto se stesso, accasciandosi in ginocchio e stringendo due pugni sulla maglia del fratello, ricominciando a piangere fortissimo, poi sentì che il battito cardiaco gli era aumentato talmente tanto da offuscargli il cervello e impedirgli di respirare regolarmente. Cominciò ad annaspare, aggrappandosi a Ventus, che lo prese per le braccia, urlando il suo nome, ma lui lo sentiva ovattato. Tutto era ovattato, in realtà. Ogni suono, ogni passo, ogni frase lo era.
Sentì le vie respiratorie chiudersi e l'ultima cosa che udì fu la voce di Axel chiamarlo allarmato, poi svenne e fu tutto buio.
Fine
 
Buonasera.
In realtà ero molto combattuta se scrivere o no, alla fine del capitolo. Data la serietà del finale, mi sembrava troppo strano spezzare così, dato che mi sono depressa un botto a scrivere .-.
Ma, dato che vi amo e che non riesco a non scrivervi, l'ho fatto!
Ero anche molto restia a scrivere un Bonus, ma ho visto Monique ieri, e mi ha detto: "Sai benissimo su chi vorrei il Bonus..." e quindi glielo devo v.v
Quindi niente, vi lascio al Bonus, vi ringrazio per le recensioni come sempre e sappiate che vi adoro!
Un bacio.
Miryel.
 
*Bonus Track*
Riku era un po' agitato, a dirla tutta. Era il suo primo, vero, appuntamento da solo con Sora e non voleva sbagliare un colpo, sta volta.
Aveva passato il giorno prima a parlare con Cloud, che gli aveva consigliato di portare il piccoletto in un posto carino, romantico, magari con una bella vista e Riku avrebbe accettato volentieri il consiglio, se solo il suo portafogli non fosse così dannatamente povero.
Gli aveva detto che era una bella idea, sorridendo debolmente e Cloud sembrava aver capito il suo disagio, così gli aveva dato un paio di banconote da cento, sorridendo, arruffandogli i capelli e dicendogli che con tutta la fatica che aveva fatto per conquistare Sora, se li era meritati.
Riku aveva detto più volte che era troppo, che non voleva che gli desse tutti quei soldi, e Cloud lo aveva minacciato che se non li prendeva gliene avrebbe dati degli altri, così si ritrovò costretto ad accettarli, abbracciandolo poi di riflesso, perché era lo zio migliore del mondo.
Stava per uscire di casa, profumato, persino elegante. Si era addirittura legato i capelli per sembrare più in ordine. Infilò le mani nelle tasche della giacca di pelle e ne emerse un'altra banconota, che era certo di non avere prima.
Alzò lo sguardo, in un riflesso incondizionato, verso Cloud e Zack, seduti al tavolo a giocare a carte. Il moro, vedendo che aveva trovato il suo regalo, gli sorrise e gli fece l'occhiolino, cercando di non farsi vedere dal suo fidanzato.
Riku gli mimò che non gli servivano, che era troppo, ma Zack lo zittì con un gesto della mano e tornò a giocare.
"Io vado, allora!" ridacchiò l'argento, un po' a disagio e un po' divertito.
"Divertiti, Ri! Mi raccomando, ricorda il programma, ok?" gli disse suo zio, mentre prendeva due carte e poi alzava un sopracciglio, soddisfatto della sua pesca.
Zack storse il naso: "Cloud, davvero, non sei capace a nascondere il fatto che hai pescato due carte buone! Meno male che non sei un investigatore privato!"
"E meno male che questa non è casa tua e posso cacciarti via quando voglio!" rispose l'altro, zittendolo.
Riku scoppiò a ridere e, aprendo la porta di casa, esclamò: "Quando torno voglio trovarvi ancora insieme, eh! A dopo, buona serata!"
"Ciao nipote!" lo salutò Zack, sventolando una manina, e Riku si chiuse la porta alle spalle.
Non aveva un mezzo di trasporto per portare Sora ovunque voleva, ma quella sera aveva abbastanza soldi per chiamare un Taxi, ma decise che lo avrebbe fatto non appena avesse raggiunto casa del piccoletto.
Era agitato, l'argento, perché aveva una paura folle di deludere le aspettative del suo ragazzo. Sapeva che Sora era contento anche solo stando insieme, ma voleva stupirlo, perché lo amava tantissimo.
Accelerò il passo, con le mani in tasca e fischiettando, anche se era nervosissimo.
In poco tempo raggiunse casa di Sora, trovandolo già di sotto ad aspettarlo, mentre giocava con il cellulare, per far passare il tempo.
Lo vide e sorrise, perché era veramente un amore.
Aveva cercato di pettinarsi i capelli, riuscendoci a metà, con la gelatina. Portava una camicetta azzurra con un giacchetto leggero blu scuro. I jeans grigi e un paio di converse blu notte.
Era dannatamente sexy.
L'argento si avvicinò e lo fronteggiò e quando Sora lo vide alzò lo sguardo e sorrise dolcemente, posando il cellulare in tasca con un gesto lapidario.
Riku gli posò le mani sui fianchi.
"Ehi!" lo salutò.
"Ciao Ri!" rispose il moretto, alzandosi poi sulla punta dei piedi per baciarlo.
Era di una tenerezza unica e ormai baciarsi era diventato una droga, di cui Riku non ne sarebbe stato assuefatto mai. Aveva passato gli ultimi anni a sognare solo questo, dopotutto.
Riku alzò le mani dai suoi fianchi alle sue guance, tenendole delicatamente, mentre approfondiva quel contatto, al settimo cielo.
"Dio, stavo impazzendo senza queste labbra..." ammise l'argento, sospirando, non appena si staccarono,
Sora fece un sorriso furbastro che lo disarmò, poi gli strinse le braccia intorno al collo.
"Per quello non ci dobbiamo staccare nemmeno un secondo!" esclamò l'altro.
"Sei un ruffiano pauroso... ma ti amo anche per questo!" rispose Riku, alzando gli occhi al cielo prima di dargli un altro bacio a stampo.
Sora ridacchiò: "Beh, l'unica cosa che mi convince a staccarmi dalle tue labbra è il mangiare! E dato che ho una fame tremenda direi di andare! Dove mi porti?"
"E' una sorpresa!" esclamò l'argento, dandogli un buffetto sul naso.
"Ti seguo, allora!"
Riku lo prese per mano e iniziarono a camminare lungo il marciapiedi, finché non trovarono poco lontano una postazione dei Taxi e l'argento chiese gentilmente a un taxista se era libero. Quando quello rispose di sì, salirono sui sedili posteriori.
Sora era a disagio, perché era la prima volta che saliva su uno di quei così. Riku era abituato, perché quando andava a qualche cena di gala con gli zii, molte volte gli era capitato di prendere un Taxi, pagato ovviamente dall'esercito.
"Wow, che lusso!" esclamò il moretto, guardandosi intorno, come se fosse in una limousine.
Riku rise e gli strinse la mano, poi si protese verso l'autista.
"Al porto, per favore!"
Quello annuì e mettendo la freccia si inserì nella corsia.
"Stiamo andando al mare?" chiese Sora, su di giri, non riuscendo a reprimere un sorrisone.
Riku lo guardò: "Sì, mangiamo lì e poi facciamo una passeggiata, ti ispira?"
"Da morire... sei un angelo, Ri!" mormorò il moro, arrossendo e abbassando lo sguardo imbarazzato.
Ci misero una mezzoretta ad arrivare e, quando scesero, il taxista prese i soldi dell'argento, facendogli uno sconto perché il più piccolo gli aveva rallegrato la serata con la sua allegria infinita.
Riku apprezzò il gesto e lo salutò cordialmente, poi prese di nuovo per mano il suo ragazzo e si avviarono verso il porto, raggiungendo poi un ristorante molto chic, dove aveva prenotato un tavolo in terrazza, romanticissimo.
Sora si guardava intorno manco fosse alle giostre, tutto contento ed emozionato di passare una serata romantica con Riku,.
L'argento aveva tutto sotto controllo, dal menù di pesce della serata, con annesse patatine fritte - Sora non gli avrebbe mai perdonato di non averle ordinate, probabilmente -, sorbetto al limone e dolce e un caffè per lui.
Sora, all'arrivò del tiramisù, sembrava un bambino a cui avessero regalato dei lego nuovi, appena usciti. O un bambino che stava per buttarsi in una piscina di palline colorate.
Stettero a chiacchierare per un po', dopo il dolce, finché l'argento non chiese il conto, pagando poi per entrambi e prendendo di nuovo Sora per mano, portandolo fuori e cominciando ad avviarsi verso il mare.
Non appena raggiunsero una spiaggia libera, il moro si tolse le scarpe e Riku lo imitò. Sentì la sabbia umida sotto i piedi nudi e represse un brivido di freddo. Non appena si abituò, prese le scarpe con una mano e cominciarono a camminare lungo il bagnasciuga, mano nella mano.
"Ri... è bellissimo il mare di sera!" sospirò Sora, guardando le onde infrangersi sugli scogli poco lontani, mentre il suo rumore era incredibilmente rilassante.
"Molto... non so perché, ma quando ti penso ti associo sempre al mare... o al cielo blu estivo!" rise, un po' imbarazzato nel fare quella confessione.
"Anche a me viene il mente il mare, quando ti penso..." sorrise il moretto, arrossendo e fermandosi.
Riku lo imitò e lo fronteggiò.
Scese un bellissimo silenzio, rotto dalle onde e dal rumore di quel venticello caldo. L'argento fece cadere con un tonfo le scarpe dalla mano, prendendo il viso di Sora e guardandolo. Il più piccolo alzò le ciglia lunghe e si incatenò a guardare quegli occhi verdi che, malgrado la poca visibilità, erano meravigliosi da osservare.
Riku gli toccò la punta del naso con il suo, prima di inclinare la testa e baciarlo lentamente, mentre Sora chiudeva gli occhi e faceva cadere anche le sue scarpe sulla sabbia, stringendo poi le braccia intorno alla vita del suo ragazzo.
Si baciarono per minuti interminabili, mentre tutto intorno diventava vuoto, anche se il rumore del mare continuava a cullarli, dolcemente.
Sora alzò le braccia e prese Riku per il colletto e, senza smettere di baciarlo, si sedette pian piano sulla sabbia, portandoselo dietro.
Si sdraiò, senza premurarsi che la sabbia gli sarebbe entrata ovunque, oltre che i vestiti gli si stavano già inumidendo.
Poggiò la testa per terra e Riku lo sovrastò, senza smettere un solo istante di baciarlo.
Fu solo dopo molto che si staccarono e l'argento, ancora su di lui, lo guardò fissò, con i capelli che gli ricadevano sulla faccia. Sora deglutì a vuoto un groppone, perché il suo ragazzo, quando aveva quello sguardo serio, era veramente sexy.
"Mio dio, sogno una cosa simile da ere..." ammise Riku, passandogli poi una mano tra i capelli.
Sora lo guardò e gli occhietti azzurri si accesero molto più del solito: "Riku..." lo chiamò, alzando una mano per carezzargli una guancia.
"Dimmi..." mormorò l'altro, inebriato dal tocco leggero delle sue mani, un po' ruvide per la sabbia che gli si era attaccata sul palmo.
"A me va di fare l'amore..."
Una freccia, una cannonata, un proiettile, un tronco d'albero e un giavellotto colpirono al cuore il bel batterista, che non riuscì nemmeno a sgranare gli occhi a quella frase.
Era immobile, senza espressione; aveva fermato la mano tra i capelli di Sora, che ora lo stava guardando mentre si mordeva un labbra, forse un po' pentito per quell'uscita.
Riku cercò di non arrossire, mentre sentiva che anche lui ne aveva voglia, ma da anni, ormai...
Deglutì: "Ora?"
Sora non smise di mordersi il labbro e arrossì violentemente: "Sì... ora... sulla spiaggia, sotto le stelle..." mormorò, un po' imbarazzato, ma per niente pentito.
Riku lo guardò ancora, fisso, senza sapere cosa dire, poi si rese conto che effettivamente non doveva proferire più parola, perché non c'era altro da dire.
Si chinò per baciarlo di nuovo, mentre sentiva il cuore accelerare i battiti e il respiro affannarsi.
Lo baciò ancora e ancora e ancora, finché si rese conto che l'altro era inamovibile su quell'idea, quindi anche lui si sentiva più sicuro.
E, infine, fecero l'amore sulla spiaggia, sotto le stelle, col rumore del mare, la luna a metà che li guardava e la sensazione di essersi avvicinati ancora di più, ancora più uniti. Una cosa sola.
Fine

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Capitolo 12
*** Summer Vacation ***


Capitolo 12. Summer Vacation
La prima cosa che Roxas sentì quando si svegliò, fu la voce di Axel, chiamarlo dolcemente.
Percepì le dita affusolate del rossino tra i suoi capelli e, quando aprì gli occhi, lo trovò accanto a lui, inginocchiato, sorridente, con addosso un asciugamano arancione, perché era ancora fradicio fino al midollo osseo.
"Ehi, ben svegliato!" disse dolcemente il rossino, senza smettere di passargli la mano tra i capelli, quando lui lo guardò.
Roxas si portò una mano alla tempia e sentì la testa scoppiare letteralmente. Si guardò intorno, spaesato, con gli occhietti ancora pesanti.
"Dove sono?" chiese, con la voce impastata, alzando leggermente la schiena e ributtandola subito giù quando sentì che non ce la faceva a tenersi in piedi.
Axel si strinse nelle spalle, smettendo di carezzargli i capelli: "In un'ambulanza! Dato che eri svenuto, Ven ha deciso di chiamarla!"
"Quanto tempo sono rimasto svenuto?" chiese ancora il biondino, titubante.
"Un'oretta abbondante, credo!" sorrise il rossino, dolcemente.
"Dov'è Ven?"
Axel indicò con un dito un punto indefinito con il pollice: "Qui fuori! Sta parlando con gli agenti e sta aspettando che i tuoi genitori arrivino!"
Roxas lo guardò, intristendosi a quella notizia, poi distolse lo sguardo e sentì gli occhi inumidirsi: "Perché anche loro?"
"Perché sei minorenne, Roxas... ecco perché!" rispose l'altro, poi incrociò le braccia sul materasso e vi poggiò il mento sopra e sospirò. "Qual è il problema?"
"Lo sai qual è, Axel..." rispose il biondino, continuando a fissare un macchinario, senza realmente vederlo. "Mi... mi sento sporco... e colpevole..."
"Non devi sentirti né sporco, né colpevole, né tantomeno devi provare vergogna... non è colpa tua, lo sai" rispose il rossino, in tono calmo.
Roxas si morse un labbro e cercò di reprimere le lacrime.
"Mi vergogno tanto..." mormorò, scoppiando a piangere e nascondendosi il viso tra le mani, al ricordo di tutte quelle cose brutte che gli erano successe dentro quella stanza, con quell'uomo terribile, quell'orco, quel demone, quello schifoso...
Axel gli posò una mano sui capelli, poi li cominciò a carezzare dolcemente, senza dire nulla.
Doveva sfogarsi ancora e ci sarebbe voluto molto tempo prima che riuscisse ad isolare quasi del tutto quei ricordi, cercando di vederli con un certo distacco, come se non gli appartenessero. Ma ora era così, una bomba ad orologeria, di cui non si sapeva l'ora della sua esplosione.
Era fragile come un vaso di vetro, come carta velina, come una foglia secca, ma aveva imparato a saperlo prendere, ormai e non aveva più paura di romperlo.
Roxas grugnì e tirò su col naso, quando si sentì leggermente più calmo e si sforzò di scoprirsi il viso, voltandosi poi verso il rossino, che gli sorrise quando i loro occhi si incrociarono.
"Tu come stai, Axel?" chiese, mentre l'altro smetteva di carezzargli i capelli.
"Non mi sembra il caso di fare una domanda simile mentre siamo in un'ambulanza per te, piccola peste!" gli disse, dandogli un buffetto sul naso.
"Non te lo chiedo mai..." disse, tristemente, poi gli prese la mano tra la sua e la alzò per vedere i graffi che si era fatto dando tutti quei pugni a quell'uomo. "Ti fa male?"
Axel scosse la testa, senza smettere di sorridere: "No, sto bene! Me li ero quasi dimenticati!"
"Scemo, dovresti farteli vedere!"
Axel lo guardò serio e gli strinse di più la mano: "Non ha importanza, ora mi interessa sapere come stai tu!"
"Vorrei poterti dire che sto bene e che non ho pensieri per la testa, Axel... ma mentirei" mormorò, sentendo gli occhi inumidirsi di nuovo.
Il rossino si protese in avanti e gli diede un leggero bacio sulla fronte, perché non sapeva che altro fare o dire. Era un dolore fortissimo, quello di Roxas, e per quanto lui gli stesse vicino e cercasse di non farlo sentire solo, quel dolore rimaneva solo suo. Solo di Roxas e di nessun altro.
Poteva immaginarlo, poteva capirlo, ma non l'avrebbe mai sentito. Mai.
Roxas chiuse gli occhi a quel contatto e in quel secondo e mezzo, dove il rossino gli baciava la fronte, dimenticò tutto, per poi tornare a ricordare subito dopo, dolorosamente.
Axel staccò le labbra lentamente e lo guardò. Corrugò le sopracciglia, tristemente, vedendolo con gli occhi stretti, mentre reprimeva la voglia di piangere che ancora lo attanagliava.
"Roxas..." lo chiamò il rossino, dolcemente.
Il biondino aprì gli occhi, lucidi, velati, angosciati e lo guardò.
Axel represse la voglia che aveva di stringerlo a se e sospirò impercettibilmente.
"E' meglio se raggiungo tuo fratello. I tuoi saranno qui a momenti e non ho voglia di farmi trovare qui..." ammise, poi fece per alzarsi, ma Roxas gli prese la mano e lo trattenne.
"No... Axel, ti prego... rimani qui con me" supplicò, e quando il rossino si voltò a guardarlo vide che si era messo di nuovo a piangere, stringendogli le dita tra le sue e tirandolo.
"Roxas... non mi va che mi trovino qui vicino a te, dato che una delle prime cose che sapranno sarà che ho picchiato quasi a morte un uomo!" rispose Axel, frustrato e a disagio per quello che era successo, anche se lo avrebbe rifatto altre mille volte, e non se ne sarebbe mai pentito.
Roxas lo fissò con gli occhi pieni di lacrime e, tirando su col naso, mormorò: "Lo hai fatto per salvare me..."
Axel, a quelle parole, si sedette di nuovo accanto a lui e sospirò, rassegnato, perché non c'era niente che non avrebbe fatto per Roxas. Niente.
Non poteva andarsene ora che gli aveva chiesto di rimanere. Non poteva deluderlo.
"Non so come potrebbero reagire. Mi prenderanno per un pazzo omicida..."
"Axel, ho sempre potuto esprimere raramente il mio volere nella mia vita..." sussurrò Roxas, stringendogli la mano ancora più forte, senza smettere di piangere. "E quello che vorrei ora è che tu rimanessi accanto a me... finché puoi... ti prego..."
Il cantante lo guardava e ormai si era già rassegnato all'idea che non si sarebbe smosso da quella sedia finché non glielo avesse detto qualcuno. Gli passò la mano libera tra i capelli e cercò di sorridere.
Anche lui non voleva lasciarlo, ma sapeva di aver reagito con poca razionalità, in quella stanza e non poteva sopportare l'idea che ora qualcuno potesse giudicarlo per il suo gesto violento.
Lo aveva picchiato e sfigurato, ma non meritava forse anche qualcosa di peggio, quel viscido?
"Va bene, resto qui con te, piccola peste!" mormorò, senza smettere di carezzargli la testa.
Roxas chiuse gli occhi, inebriato da quel contatto, poi li riaprì, guardando il rossino titubante:"Axel..."
"Dimmi"
"Lo hanno portato via?" chiese, visibilmente speranzoso.
Axel annuì: "Sì, lo hanno portato via, dopo che io e Ven abbiamo testimoniato sull'accaduto. Per ora lo interrogheranno e poi chiameranno tutti gli altri ragazzi del suo corso per sentire se anche loro hanno subito le stesse cose" informò.
Roxas sospirò stancamente, distogliendo di nuovo lo sguardo e fissando un punto indefinito.
"Spero che gli altri ragazzi non abbiano subito lo stesso trattamento che è toccato a me..."
Axel non seppe proprio cosa dire, a quelle parole. Erano così dannatamente mature per un ragazzo della sua età. Lo guardò mentre stringeva un pugno nel tessuto del lenzuolo, nervosamente.
Gli posò la mano sulla sua, scoprendo che stava tremando.
"Ehi... va tutto bene, ora. Non devi più preoccuparti! Non ti succederà più niente, Roxas, te lo giuro! Parola mia!" gli disse, poi lo vide annuire debolmente e girarsi a guardarlo.
"Mi ha... mi ha iniziato a dire che il nostro era un sentimento puro... che... che noi due eravamo destinati a stare insieme..." spiegò, mentre gli occhi gli si velavano e diventavano vuoti come glieli aveva visti quel giorno del saggio, quando il viscido gli teneva le mani sulle spalle. "Poi continuava a dire che ci amavamo, che ero stato cattivo perché non mi ero presentato alle prove per due settimane..." continuò, mentre la voce si spezzava di nuovo da un pianto disperato. "Mi diceva che gli ero mancato tanto e che voleva che gli dicessi cosa provavo. Io non volevo dirgli niente, Axel, giuro! Volevo stare fermo, ad aspettare solo che passasse e che mia madre tornasse a prendermi..."
"Che cosa... che cosa ti ha fatto?" chiese il rossino, tristemente, sentendo un groppone in gola.
"Mi ha preso per il collo e mi ha fatto sbattere fortissimo contro la libreria e, quando ho sentito che ha iniziato a stringere gli ho detto che lo amavo anche io... che mi era mancato..." rispose, distogliendo lo sguardo e portandosi una mano istintivamente al collo per riflesso incondizionato. "Non sapevo che fare per liberarmi, mi avrebbe ammazzato! Non è vero che lo amo, non è vero che mi mancava... mi nausea solo il pensiero delle sue mani su di me, della sua voce, dei suoi occhi sui miei, delle sue labbra..."
"Roxas..." lo chiamò il rossino, vedendolo piangere tantissimo, mentre provava una vergogna senza eguali per se stesso.
Il biondino alzò la testa per guardarlo e si rizzò a sedere sul materasso, con fatica.
"L'ho detto solo per salvarmi... davvero... io non lo amo... io lo odio tantissimo..." disse, con un filo di voce, poi si buttò tra le braccia del rossino, circondandogli le braccia intorno al collo e affondando la testa nella sua spalla.
Axel rimase fermo qualche secondo, shockato dal suo racconto a da quel disagio che gli aveva visto spuntare dagli occhi blu. Gli carezzò i capelli con una mano, mentre l'altra lo stringeva dolcemente per la vita.
Roxas singhiozzava fortissimo, disperatamente. Non riusciva a liberarsi, malgrado non avesse fatto altro che piangere da quando si era risvegliato.
Il suo dolore era interno, nella carne, nelle ossa, nelle vene, nelle cellule. Voleva estrapolarlo e poi buttarlo lontano, in mare, e farlo scivolare via da lui, ma era impossibile. Era una dolore che si sarebbe portato dietro per tutta la vita, probabilmente.
"Tra un po' di tempo passerà e anche se non lo dimenticherai, ricomincerai a vivere, andando avanti, senza farti condizionare da tutto questo... se vorrai, io ci sarò ogni volta che te ne ricorderai e potrai piangere quanto vuoi, perché io sarò sempre qui ad asciugarti le lacrime..." si sentì di dire il rossino, senza smettere di stringerlo.
"Lo so..." mormorò Roxas, singhiozzando. "Ed io te ne sono grato... tantissimo"
Axel voleva dirgli che non c'era bisogno, perché non voleva che lo ringraziasse, ma sapeva anche che il biondino gli era grato davvero per tutto quello che stava facendo.
Gli prese la testa tra le mani e si fissò a guardare quegli occhi umidi, gonfi, rossi, dannatamente tristi, ma non più vuoti. Come se, malgrado tutto, vi fosse una luce di speranza accesa tra l'azzurro delle sue iridi.
"Vorrei... vorrei scacciare le lacrime dal tuo viso per sempre..." disse, tristemente, senza lasciargli andare le guance umide.
Roxas accennò ad un debole sorriso, perché quelle parole erano state dette con una dolcezza incredibile.
"Ci riuscirai... tu riesci sempre a fare tutto!" esclamò, cercando di calmarsi.
Axel fu leggermente sollevato di vedere quel sorriso sulle labbra di Roxas e sospirò affranto, ben sapendo che ci sarebbe voluto del tempo per mettere a posto le cose, ma lo avrebbero fatto insieme, come gli aveva promesso il giorno che gli aveva chiesto di aiutarlo.
"Ci sono cose che non riesco a fare nemmeno io..." ammise, accennando anche lui ad un sorriso, leggermente amaro.
"Tipo?"
"Non sono riuscito a proteggerti quando avrei dovuto..." rispose, mentre sentiva gli occhi inumidirsi.
Roxas lo guardò, inarcando le sopracciglia e gli posò una mano su una guancia, vedendo che stava per piangere anche lui.
"Ma... questo non è vero! Oggi mi hai difeso, mi hai salvato! Poteva andare molto peggio se non foste arrivati in tempo..." mormorò.
"Sarei dovuto arrivare molto prima... molto prima!" esclamò il rossino, cominciando a piangere e stringendo gli occhi, disperatamente al ricordo della scena che si era trovato davanti aprendo la porta dello studio.
Roxas gli posò anche l'altra mano sulla guancia e poggiò la fronte alla sua, chiudendo gli occhi anche lui.
Axel si era lasciato andare, finalmente, dopo mesi che teneva tutto sotto controllo, cercando di risultare fermo e sicuro di sé. Aveva raggiunto il limite, probabilmente, e non c'era più spazio per reprimere ancora qualcosa.
"Va tutto bene..." sussurrò Roxas, dolcemente, rassicurandolo.
"Scusa... scusa... dovrei essere io a dirtelo..." si scusò il rossino.
"No, io lo so già che andrà tutto bene, finché ci sarai..." sorrise il biondino, tranquillo, sentendosi improvvisamente meglio. "Ora tocca a te..."
"Sei un angelo..."
Roxas rise leggermente: "Non ero una piccola peste?"
Axel, a quella risata, sentì che tutta quella pesantezza iniziava a svanire e si calmò. Si discostò leggermente da Roxas e si asciugò le lacrime con un lembo dell'asciugamano arancione, ancora umida, come i suoi capelli e i suoi vestiti.
"Non lo so più, sei entrambe le cose. Mi farai impazzire, un giorno!" lo redarguì, tirando su col naso e facendolo ridere di nuovo.
"Colpa tua che mi hai fatto diventare così!"
"Così come? Adorabile? Dolcissimo?" mormorò il rossino, alzando un sopracciglio, poi quando vide che era un po' arrossito, continuo: "Lingua tagliente? Saputello? Ironico?"
"Ehi!"
Axel scoppiò a ridere e gli arruffò i capelli di fronte al suo faccino indignato, poi sorrise.
"Mi sono dimenticato di dire che sei diventato anche suscettibile!"
"Ma smettila..." lo riprese l'altro, reprimendo uno sbuffo divertito.
Axel stava per rispondergli, ma la porta dell'ambulanza si spalancò con un gesto brusco e, oltre a scoprire che aveva smesso di piovere, videro un uomo vestito di rosso, probabilmente un infermiere, poggiare un piede sul metallo e salire.
"Oh, ti sei svegliato!" constatò quello, sorridendo.
Roxas annuì, poi vide spuntare dietro l'infermiere suo padre e sua madre, visibilmente scossi.
"Bene, è ora di altre visite, rossino! Lasciamo il piccoletto con i suoi genitori!"
Axel si alzò in piedi, sospirando: "D'accordo!" rispose, poi arruffò di nuovo i capelli di Roxas "Ci vediamo dopo!"
"Va bene!" rispose il biondino, accennando ad un debole sorriso.
Axel sorpassò l'uomo e scese con un balzo. La mamma di Roxas lo guardò e corrugò la fronte, con gli occhi lucidi.
"Axel..." lo chiamò, titubante, stringendosi nelle spalle, mentre il marito rimaneva immobile, senza alcuna espressione sul volto.
Il rossino la guardò, leggermente risentito nei suoi confronti, dato che aveva infierito pesantemente sui disagi di suo figlio, rendendogli la vita un inferno.
"Mi dica..." rispose.
La donna alzò un braccio e lo posò sulla sua spalla, poi si avvicinò e lo strinse a se, delicatamente.
"Grazie per averlo aiutato... e per essergli stato vicino..." disse la donna, mentre Axel sgranava gli occhi stupito da quel gesto e da quelle parole, come del resto Roxas, che aveva puntellato i gomiti sul materasso della barella, guardandoli.
Il rossino represse un sospiro frustrato e, scostandola leggermente, rispose, senza guardarla: "Ho fatto solo quello... che andava fatto..." e, detto questo, si congedò, voltandosi per raggiungere Ven.
La donna lo seguì con lo sguardo, un po' stordita, perché aveva palesemente intuito che il ragazzo ce l'avesse un po' con lei per i comportamenti che aveva adottato con Roxas, senza capirlo mai o sforzarsi di comprendere i suoi comportamenti.
Capì in quel momento di aver sbagliato tutto sin dall'inizio.
Senti la mano del marito poggiarsi sulla sua spalla, per risvegliarla dai suoi pensieri. Si voltò a guardarlo e lui sorrise leggermente, come a rassicurarla che non era mai troppo tardi per rimediare ai propri errori.
Sorrise anche lei ed entrambi si voltarono a guardare Roxas, che era ancora intento a seguire Axel con lo sguardo.
L'infermiere li invitò a salire sull'ambulanza e, non appena i due ubbidirono, chiuse le porte, lasciandoli soli.
 
Axel raggiunse Ventus, seduto su uno scalino del palazzo che fino a qualche ora prima era stato il teatro degli orrori di Roxas.
Aveva anche lui un asciugamano sulle spalle, e lo stringeva infreddolito, con il viso rivolto verso il vuoto, sconvolto.
Il cantante si sedette accanto a lui, con ancora gli occhi gonfi per il pianto di poco prima. Gli bruciavano da morire, perché era una vita che non si sfogava così.
Posò una mano sulla spalla di Ven, che sussultò risvegliandosi dai suoi pensieri e poi si voltò a guardarlo.
"Ehi..." mormorò il rossino, cercando di sorridere per rassicurarlo.
"Axel"
"Come ti senti?" chiese il cantante e Ven tornò a guardare di fronte a se, con le sopracciglia aggrottate, mentre gli occhi diventavano lucidi.
"Un vero schifo... sono un fratello di merda..." mormorò, nascondendosi poi il viso tra le mani e sospirando stancamente.
Axel gli strinse di più la mano intorno alla sua spalla, per rassicurarlo e sorrise mestamente.
"No che non lo sei... non potevi saperlo, Ven! Hai cercato di capire i comportamenti di tuo fratello da sempre, ma lui è impenetrabile, lo sai... cerca sempre di non dare a vedere le sue emozioni"
"Lo conosci meglio tu che io... ho solo peggiorato le cose! Dovevo stargli vicino e, probabilmente, mi avrebbe raccontato i suoi disagi e avrei potuto aiutarlo molto prima."
"Non lo avrebbe fatto per non farti preoccupare..." rispose Axel, anche se non era tanto sicuro di questa cosa, ma non voleva ferirlo, perché capiva il suo disagio.
Ventus a quelle parole si liberò il viso dalle mani e si asciugò gli occhi umidi con una mano, poi si voltò a guardare il rossino.
"Grazie... per quello che hai fatto. Io te ne sono molto grato! Vorrei poterti ricambiare in qualche modo..."
Axel sospirò: "Non c'è bisogno, mi basta che tuo fratello stia bene e che sia tutto passato! Vorrei solo la sua felicità, mi basta questo... e se tu saprai dargliela allora non ti chiederò nulla in cambio"
"Saresti un fratello migliore di me..." continuò Ven, abbassando lo sguardo, tristemente.
Axel alzò un sopracciglio, leggermente scettico a riguardo, poi scoppiò a ridere.
"Fratello? No, no! Io sono innamorato di Roxas dal primo momento in cui l'ho visto! Sarebbe un rapporto incestuoso!" ammise, ridendo, un po' imbarazzato per aver fatto quella confessione a Ven, ma non c'era più bisogno di tenerglielo nascosto. Era felice di farglielo presente, alla fine.
Ventus alzò lo sguardo di scattò e lo fisso, corrugando la fronte, poi rise.
"Ah sì... beh me n'ero accorto, sai?"
"Non è vero!" lo prese in giro Axel, dandogli uno spintone scherzosamente.
Ventus ridacchiò e gli posò una mano sulla spalla.
"Ero geloso, sai? Del rapporto che hai instaurato con lui. Mi manca un po' avere una complicità con mio fratello e vedere che si comporta così con te, come vorrei che facesse con me, mi faceva rabbia... avevo sempre l'istinto di allontanartelo perché mi dava fastidio, anche se non potevo farci niente e se ero felice di vederlo sorridere"
"Sei un idiota!" lo offese, però ridendo.
"Lo so e me ne rendo conto... saresti un ottimo cognato!" rispose Ven, dandogli poi una pacca sulla schiena, gentilmente. "Anche se il mio preferito rimarrà sempre Sora!"
"Sora è il preferito di tutti!" ammise il rossino, alzando gli occhi al cielo, poi aggrottò le ciglia, serio: "Ven, non devi ASSOLUTAMENTE dire a Roxas quello che ti ho appena confidato! Ho fiducia che tu non vada a spifferare tutto!"
"No, non preoccuparti, rimarrà tra me e te! Non lo dirò nemmeno a Vanitas, promesso!"
"Esatto, Vanitas non deve saperlo per nulla al mondo, o mi picchierà, probabilmente!" rispose Axel, deglutendo all'idea di ricevere un pugno da quel tipo.
"Però stagli vicino, a Roxas... sei la sua forza e sei l'unico che può aiutarlo in questo momento come in nessun altro! Ci sarà una sentenza, da quanto ho capito, e sarà chiamato a testimoniare... avrà paura, e sarebbe strano che non ne avesse, ma se ci sarai tu riuscirà a superarla!" rispose Ven, abbassando di nuovo lo sguardo a quel pensiero terribile.
"Non c'è niente che io non farei per far felice tuo fratello... credimi, Ven."
"Lo so, per questo confido in te!" sorrise il ragazzo, senza alzare lo sguardo, leggermente sollevato da quella rivelazione.
"Anche tu cerca di stargli vicino... vedrai che il vostro rapporto cambierà col passare del tempo e, ora che i tuoi si sono resi conto di quanto hanno sbagliato con lui, le cose si aggiusteranno anche con loro, te lo garantisco! Roxas mi ha sempre detto di volere un rapporto più unito con voi, il che implica che da parte sua ci sarà sicuramente un impegno!" cercò di rassicurarlo Axel, stringendogli un braccio intorno alle spalle e abbracciandolo.
Ventus tirò su col naso, perché stava per mettersi a piangere seriamente. Era frustrato, triste, depresso; non sapeva più cosa stesse succedendo e, malgrado quell'uomo ora fosse in procinto di essere carcerato, sentiva che qualcosa si era incrinato in lui e anche in suo fratello, il che implicava che ristabilire i rapporti sarebbe stato lungo e difficile.
Poggiò la testa sulla spalla del rossino, sospirando stancamente e passandosi il dorso della mano sugli occhi per asciugarsi due lacrime che gli erano scese lungo le guance.
"Grazie mille, Axel..." mormorò, sincero.
Il cantante sorrise e non disse nulla, ma lo strinse ancora, per rassicurarlo e guardò fuori dal portone del palazzo, osservando l'autoambulanza che spalancava le sue porte e ne faceva uscire Roxas e i suoi genitori.
Vide la donna stringere la mano dell'infermiere che sorrise, poi arruffò i capelli del più piccolo che accennò ad un sorriso, prima di essere preso per mano da suo padre.
Li vide avvicinarsi nella loro direzione e chiamò Ven per avvertirlo, dato che aveva chiuso gli occhi. Li riaprì e si rimise in posizione eretta e si alzò dal gradino, seguito dal rossino.
"La polizia dice che possiamo andare a casa, loro proseguiranno con le indagini. Ci hanno detto di tenerci a disposizione per qualsiasi cosa!" informò la donna, mentre stringeva un braccio attorno alle spalle di Roxas. "Hanno detto che anche tu dovrai essere reperibile, Axel. Mi dispiace molto che tu ci sia finito di mezzo..."
Axel scosse la testa e sorrise: "Non importa, lo avevo immaginato! E comunque ci sono finito di mezzo volentieri, se è servito ad aiutare Roxas!" disse, voltandosi poi a guardare il biondino che contraccambiò.
"Ti siamo molto grati, sul serio..." disse il padre, senza guardarlo, profondamente a disagio per tutta quella situazione.
"Non ditelo nemmeno... anzi, speriamo non mi accusino di tentato omicidio per averlo picchiato a quel modo..." ammise, stringendo i pugni rabbiosamente.
L'uomo alzò lo sguardo su di lui e accennò ad un debole sorriso: "Ho avuto modo di leggere il referto e... beh, sembrerebbe che tutti quei lividi e ferite se li sia procurati cadendo accidentalmente per le scale mentre lo portavano via!" rispose, un po' divertito, facendogli l'occhiolino.
Axel sussultò a quella rivelazione e arricciò le labbra.
"Davvero?"
"Beh, dato che probabilmente tutti si sarebbero comportati come te, di fronte ad un uomo simile, hanno deciso di tutelarti in qualche modo e di far finta di nulla" informò ancora l'uomo, facendo spallucce, mentre Roxas alzava lo sguardo su di lui.
Si chiese se anche suo padre avrebbe fatto lo stesso per proteggerlo e si rese conto che sicuramente lo avrebbe fatto.
"Mi solleva un po' questa cosa... e chi se la sentiva mia madre se veniva a sapere che ho picchiato un uomo!" rispose, grattandosi la testa, con un faccino contrariato.
La mamma di Roxas scoppiò a ridere, poi gli carezzò una guancia dolcemente.
"Sarebbe fiera di te, come lo sono io ora!"
Axel a quella rivelazione si sentì avvampare di colpo. Era dolce, quella donna, malgrado tutto. Ora, poi, pesantemente schiacciata dai sensi di colpa, sembrava molto diversa dai racconti di Roxas.
"Ven, cominciamo ad andare o ti prenderà un malanno se non ti asciughi subito!" esclamò il padre, facendogli cenno di avvicinarsi. "E anche tu, Axel! Corri a casa a farti un bagno caldo!"
"Mi ero completamente dimenticato di essere zuppo fino al midollo!" rispose il rossino, guardandosi la maglietta umida e ormai da buttare, perché si era scolorita.
Ven gli diede una pacca sulla spalla e lo superò, sorridendogli, poi si avvicinò a suo padre e lo fiancheggiò.
"Vieni in macchina con noi, Axel! Farai prima ad arrivare a casa!" propose Ventus, sorridendo.
Axel guardò Roxas, che lo fissava speranzoso che dicesse di sì, perché aveva una voglia irrefrenabile di stare ancora con lui. Sorrise e annuì.
"Va bene, sta volta accetto volentieri!"
Ventus gli fece l'occhiolino e si voltarono per raggiungere l'automobile di suoi padre. Roxas fiancheggiò Axel e gli prese la mano, stringendola forte, senza farsi alcun problema di esporsi troppo di fronte ai suoi genitori e suo fratello.
Era ancora scosso, a tratti fuori dal mondo. Aveva poca voglia di parlare, ma tanta di stare con il rossino.
Axel strinse la sua mano a sua volta e non disse nulla, ma sorrise.
Era dolcissimo, sembrava un bambino piccolo bisognoso di affetto e lui aveva così tanto da dargliene...
Raggiunsero l'auto e vi salirono, silenziosamente.
Fu un viaggio strano, silenzioso e pesante perché, malgrado tutto fosse finito per il meglio, quella famiglia ora avrebbe dovuto combattere guerre ben peggiori, cercando di comportarsi normalmente ma stando vicino al proprio figlio, che ora era più fragile di prima.
Axel poggiò la testa al finestrino, appannato per via dell'umidità e ci respirò sopra, stancamente. Cercò di non pensare a nulla, ma aveva in testa ancora quelle immagini terribili, che gli facevano rabbia.
Roxas era troppo dolce per meritare una cosa simile. Era troppo speciale per soffrire così.
Sentì il biondino prendergli la mano, forse per rassicurarlo e si voltò leggermente per guardarlo. Era seduto tra lui e Ventus, nei sedili posteriori dell'auto.
Lo vide sorridere leggermente, ma non parlò. Cercò solo di rassicurarlo che andava tutto bene e che era ancora capace di sentirsi felice, anche solo un pochino, malgrado tutto.
Axel sorrise a suo volta e gli strinse la mano alla sua, poggiandola sulla propria coscia. Tornò a scrutare fuori dal finestrino, mentre Ventus li guardava dolcemente, intenerito da quel gesto semplice ma che per loro era importantissimo.
Raggiunsero casa di Axel e il rossino scese, salutandoli e ringraziandoli per il passaggio.
Roxas lo imitò e lo fronteggiò, leggermente dispiaciuto che se ne stesse andando via.
"Verrò a trovarti domani a casa, se vorrai!" gli disse, dolcemente, arruffandogli i capelli.
"Lo vorrei tanto..." ammise il biondino, poi lo strinse, circondandogli le braccia intorno alla vita, come a non volerlo più lasciar andare.
"Allora d'accordo..." disse, carezzandogli i capelli dolcemente.
Roxas si staccò con una difficoltà incredibile da quell'abbraccio, poi annuì e lo salutò, salendo di nuovo in macchina.
Axel li guardò, fermo sul marciapiedi, mentre andavano via e sospirò.
L'aria era strana, stranissima. Era pesante, ma anche così libera e nuova.
C'era stato qualcosa che aveva cambiato il suo rapporto con Roxas e non seppe definire in che modo. Era felice che ora fosse libero, ma aveva paura di essere lui il prossimo artefice della sua sofferenza, se avesse fatto un passo falso.
Aveva voglia di baciarlo, sempre, costantemente e di dirgli cosa provava per lui, ma sapeva che non era ancora tempo e, forse, non lo sarebbe stato per molto.
 
"BASTA! SMETTILA!"
Roxas aprì gli occhi, improvvisamente, ritrovandosi zuppo di sudore e con le mani strette, serrate, avvinghiate alle lenzuola.
Fissò il soffitto per un po', con il fiatone e la fronte madida, prima di rendersi conto che aveva fatto solo un brutto sogno.
Non appena lo capì, aggrottò le sopracciglia, tristemente, cominciando a piangere disperatamente, per quel ricordo orribile e perché era stanco di doverselo figurare davanti ogni maledetta notte, anche nei suoi sogni.
Si nascose il viso tra le mani, singhiozzando; intorno a lui il buio totale, che fu spezzato da uno spiraglio di luce che venne dalla porta della sua camera, che si era appena spalancata.
Ventus si strinse nelle spalle e lo raggiunse, sedendosi sul materasso accanto a lui, preoccupato.
Non appena il più piccolo percepì la sua presenza, si tolse le mani dal viso e si alzò a sedere sul materasso, abbracciandolo e nascondendo il viso nella sua clavicola.
Ventus gli carezzò la schiena, mentre lo stringeva e represse un sospiro inquieto, per non dare a vedere che  era preoccupato e insicuro. Doveva essere la sua forza, come aveva promesso ad Axel il giorno dell'incidente.
"Ehi... va tutto bene, Roxas! Non preoccuparti, era solo un brutto sogno, no?" gli disse, dolcemente, poggiando la guancia tra i suoi capelli.
"Ho... tanta paura..." singhiozzò il biondino, tra i denti, stringendo due pugni nel pigiama estivo di suo fratello e inzuppandolo.
"Shhhh, è tutto ok... non devi più preoccuparti. Ora sei al sicuro!" gli disse Ven, cercando di accennare ad un sorriso, anche per prendere un po' di sicurezza in se stesso. "Ci sono io qui con te!"
"Grazie, Ven" mormorò Roxas, senza staccarsi dalla sua spalla.
"Non dirlo nemmeno... è il minimo che possa fare per il mio fratellino preferito!"
Roxas, a quella affermazione, sembrò calmarsi e alzò leggermente la testa per guardarlo.
"Sono l'unico che hai..." disse, stropicciandosi un occhietto insonnolito e lacrimoso.
Ven ridacchiò e gli passò una mano tra i capelli: "Saresti stato il mio preferito anche se ce ne fosse stato un altro!"
Il più piccolo a quella affermazione non riuscì a reprimere un sorriso, e Ventus ne fu sollevato. Non vedeva Roxas fargli un sorriso da eoni, e forse addirittura non era mai successo. Cercò di imprimersi nella mente quell'immagine, perché, anche se era conscio che probabilmente ora ce ne sarebbero stati altri a seguire, il primo non voleva dimenticarlo.
Voleva solo dimenticare il suo volto straziato dalle lacrime e dal disagio, che quell'uomo, seppure ormai non più in circolazione, gli provocava.
"Ven..." lo chiamò il fratello, staccandosi dall'abbraccio, lentamente.
"Dimmi Roxas!" sorrise il fratello, senza smettere di carezzargli la testa.
"Dormi con me?" chiese, timidamente, con lo sguardo basso.
Ventus aggrottò le sopracciglia, un po' spiazzato da quella richiesta, poi però sorrise, perché voleva quasi proporglielo lui, ma non sapeva se Roxas sarebbe stato d'accordo a fare una cosa simile.
"Ma certo!" rispose, semplicemente, e il fratello si scansò leggermente per farlo entrare nel letto.
Ven si infilò sotto le coperte leggere e estive, lentamente, poi poggiò la testa al cuscino e si girò su un fianco per guardare Roxas. Il bassista era a pancia in su, con le mani serrate al lenzuolo che lo copriva fino a metà petto. Fissava il soffitto, con lo sguardo vuoto, pensieroso e in un altro mondo.
Gli posò una mano sulla sua, risvegliandolo e facendolo voltare. Anche Roxas si mise su un fianco e lo guardò, sbattendo le ciglia un paio di volte, perché, malgrado tutto quel pianto, era tardi e aveva sonno.
Ventus alzò la mano che teneva sulla sua per carezzargli una guancia, e sorrise. L'altro lo guardò fisso per un attimo, poi fece lo stesso e gli strinse una mano, saldamente, perché si sentiva molto più sicuro a percepire la sua presenza con quel contatto.
"Ti senti meglio?" chiese il più grande.
Roxas chiuse gli occhi e sospirò: "Sì, grazie..." ammise, timidamente, poi si mise più comodo sul cuscino.
"Roxas... perdonami se non sono mai stato il fratello migliore che tu potessi avere..."
Il più piccolo aprì gli occhi a quella frase e si perse per un attimo a contemplare il viso afflitto di Ven. Era triste, colpevole, tremendamente malinconico.
"Ven..." lo chiamò, ma si interruppe, perché non sapeva cosa dire.
Era vero, in parte, che Ventus un po' lo aveva sempre trattato con possessività, ma sempre nei momenti meno opportuni; e con superficialità, quando lui invece aveva avuto bisogno di lui.
Ma non gliene faceva assolutamente una colpa. Era anche colpa sua che era sempre stato così poco comprensibile e, in realtà, non voleva nemmeno essere capito.
Poi, comunque, quello che gli succedeva alle lezioni di violino era talmente vergognoso e imbarazzante, che anche avessero avuto il miglior rapporto del mondo, non gliene avrebbe mai parlato lo stesso. Era troppo a disagio con se stesso per esporsi, e lo era anche ora, in realtà.
"Vorrei che le cose tra di noi cambiassero un po', che cominciassimo ad avere un po' di complicità... quella che empaticamente hanno tutti i fratelli, anche se litigano dalla mattina alla sera!" ammise ancora Ven, mentre gli occhi gli diventavano lucidi. "Vorrei che tu mi considerassi in modo diverso..." gli carezzò di nuovo una guancia, mentre una lacrima gli scendeva sul viso "Vorrei poterti proteggere sempre, quando so che sei in pericolo..."
Roxas lo guardò e aggrottò le sopracciglia, sentendo di nuovo gli occhi lucidi e non riuscì a trattenersi. Ricominciò a piangere, toccato da quelle parole, che, malgrado avrebbe preferito sentirle molto tempo prima, erano confortanti lo stesso.
Ventus lo guardò piangere e scoppiò anche lui, infine, non riuscendo a reprimersi. Gli strinse di più la mano tra la sua e tirò su col naso.
"Lo vorrei tanto, Roxas... e vorrei che tu non provassi più paura, o angoscia o vergogna a parlare con me! Vorrei essere la tua guida, la tua spalla, il tuo grillo parlante! Pensi che questo potrà essere possibile, un giorno?" chiese, disperato.
Roxas si strinse nelle spalle e chiuse gli occhi dolorosamente a quelle parole, dette con una tristezza ma anche una grande speranza dalla bocca di suo fratello. Gli lasciò andare la mano e scivolò lentamente verso di lui, abbracciandolo e nascondendo il viso piangente nella sua maglietta.
"Lo sei già, Ven... da sempre... e anche se non te lo dico non vuol dire che non sia così..." rispose.
"Vorrei che ne fossi consapevole, che sapessi di poter contare su di me anche se ti ho sempre dimostrato il contrario!"
"Non è vero, ho sempre cercato di fare affidamento su di te! Non sei tu il problema! Sono io, sono sempre stato io!" pianse il più piccolo, fortissimo, devastato dai sensi di colpa.
"No, tu non sei un problema, sei meraviglioso e dolcissimo e non potrei desiderare un fratello migliore!" rispose, sincero, stringendolo forte a se, in modo protettivo.
A quelle parole calò il silenzio, anche se era rotto dai loro singhiozzi liberatori. C'era un unione, ora, forte, potente, finalmente fraterna.
C'era qualcosa che era cambiato nel loro rapporto e seppero che da ora in poi potevano fare affidamento l'uno con l'altro, senza avere paura di ferirsi, o di allontanarsi ulteriormente.
"Ti voglio bene, Roxas!" mormorò Ven, calmandosi un po' e sorridendo, perché lo pensava davvero e non era una frase fatta, voleva dirgliela e basta, anche col cuore in mano se avesse potuto estrapolarselo.
"Anch'io ti voglio bene, Ven..." rispose il più piccolo, alzando lo sguardo verso di lui e sorridendo leggermente, ancora il viso pesantemente devastato dalle lacrime.
Ven gli lasciò un bacio sulla fronte, scostandogli la frangetta, poi chiuse gli occhi e il fratello fece lo stesso.
"Ora dormi, che sei stremato e hai bisogno di riposare! Io sono qui a vegliare su di te!"
Roxas sorrise leggermente a quelle parole, poi gli prese di nuovo una mano e la strinse alla sua, dolcemente.
"Lo so... buonanotte Ven!"
"Buonanotte Roxas!"
 
"Rooooxaaaass!"
Il bassista alzò lo sguardo sul suo libro, sdraiato sul suo letto, in pigiama, e vide la porta della sua stanza spalancarsi violentemente, scoprendo che quell'urlo cinguettato era venuto direttamente dalle corde vocali potenti di Sora.
Lo guardò un po' scosso da quel grido, poi posò il libro sul materasso e sorrise nella sua direzione, ridendo poi quando vide spuntare anche Vanitas e dare uno scappellotto dietro la testa di Sora.
"Che cazzo urli, idiota?" lo redarguì, mentre l'altro si teneva la testa dolorante e lo guardava con una lacrimuccia.
"Cattivo!" urlò, e Van lo spinse dentro la stanza, arrabbiato.
"Ciao ragazzi!" salutò il biondino, divertito dai loro battibecchi continui. Avevano un rapporto che lui non avrebbe mai avuto con Ventus, anche per i loro caratteri tranquilli. Quei due erano uragani terribili, la loro madre doveva avere molto pazienza, probabilmente.
"Ciao! Come ti senti?" chiese Sora, sedendosi accanto a lui sul letto, mettendogli una mano sulla fronte per sentire se scottava.
"Non ha mica la febbre, razza di ritardato! E togliti da lì che lo fai stare scomodo!" lo redarguì Van, avvicinandosi.
"No, no! Puoi rimanere, Sora!" sorrise, poi guardò Vanitas. "Sto bene, comunque. Non preoccupatevi! Anzi, grazie per la visita!"
Sora gli diede una pacca sulla spalla: "Non dirlo nemmeno, siamo venuti volentieri! Anzi..." esordì, alzando una mano per far comparire una busta di plastica e ne fece emergere una scatola di biscotti. "Questi sono per te!" sorrise, cedendogliela.
Roxas prese la scatola tra le mani e la guardò, notando che erano dei biscotti di vari gusti.
"Grazie mille! Non dovevate!" disse, leggermente imbarazzato. Non aveva mai ricevuto regali del genere da nessuno e si sentì a disagio, ma profondamente contento.
"Si che dovevamo! Coraggio, aprili che ce li mangiamo!" sentenziò Sora, mentre Vanitas ridacchiava e si sedeva anche lui sul materasso, rassegnato.
"Stai bene sul serio, Roxas?" chiese il più grande, mentre puntava le sue iride ambra su quelle blu del biondino, studiandolo.
Roxas lo guardò e sospirò leggermente, poi annuì: "Sì, diciamo di sì... di certo non sono al settimo cielo, ma non posso lamentarmi"
Van aggrottò le ciglia e lo guardò mestamente: "Lo immagino. Vedrai che le cose ora sono tutte in salita!"
"Sì, su questo non ho dubbi! Poi... ho scoperto di avere persone come voi vicine ed è moltissimo per me..." rispose il biondino, abbassando poi lo sguardo e aprendo la scatola con le mani tremanti.
Non appena alzò il coperchio, Sora infilò le mani dentro lapidario per rubare un biscottino.
"Sora, porca troia, ma che razza di maleducato! Li abbiamo portati per Roxas, doveva servirsi prima lui!"
Sora infilò il biscotto in bocca prima che il fratello potesse toglierglielo dalle mani e poi gli fece la linguaccia, dispettoso.
Roxas li guardò e poi scoppiò a ridere, perché lo divertivano un sacco. Erano un dannato spasso.
Si prese un biscotto al cioccolato e marmellata e poi cedette la scatola a Van, che ne prese uno al cocco.
"Riku dov'è?" chiese il bassista, subito dopo, rivolto a Sora.
"Sta arrivando anche lui! Doveva passare da una parte e poi ci raggiungeva!" sorrise il moretto, un po' furbamente, il che fece alzare un sopracciglio a Roxas, che non capì il perché di quel faccino.
"Bene, sono contento!" annuì il biondino, prendendo poi un altro biscotto e Sora lo imitò, poi vide sua madre comparire alla porta, sorridente.
"Volete qualcosa da mangiare? Ah, vedo che vi siete già serviti!" sorrise, notando poi la scatola sulle gambe del figlio. "Non esagerare troppo, Roxas, che poi ti viene il mal di pancia!" ridacchiò.
Roxas la guardò, sollevato di vederla così spensierata nei suoi confronti e che lo avesse redarguito scherzosamente per la prima volta in vita sua.
"Beh, se Sora continua a rubarseli, dubito che Roxas riuscirà a mangiarne altri!" ruggì Vanitas, dando uno schiaffo alla mano di Sora, che si ritrasse dolorante.
"Lascialo fare, Van! Siete ospiti, è giusto che vi serviate!" sorrise la donna, mentre Sora la ringraziava mentalmente per averlo difeso.
In realtà tutti lo difendevano ed era tutta colpa di quel faccino innocente che aveva, anche se sotto sotto era un diavoletto peggio di Vanitas.
"Vado a prendervi qualcosa da bere!" sentenziò la donna e Roxas annuì sorridendole la vide sparire e subito dopo si udì il citofono suonare e il biondino sentì la voce di suo fratello rispondere.
Poco dopo qualcuno entrò dalla porta e Ventus emerse in camera di Roxas con al seguito due nuovi arrivati.
"Il batterista e il cantante sono qui!" pigolò il fratello più grande, entrando seguito dagli altri due.
Roxas non riuscì a reprimere un sorriso di gioia alla vista di Axel, che sorrise a sua volta quando incrociò i suoi occhi azzurri. Capì che il posto dove doveva passare Riku era casa del rossino per andarlo a prendere, probabilmente e si chiese perché Sora non glielo avesse detto.
Si fissarono per qualche secondo, finché il biondino non si risvegliò e li salutò alzando una mano.
"Ciao ragazzi!"
"Ehi, Roxas! Come andiamo?" chiese Riku, mentre Sora si era alzato per abbracciarlo, tutto contento. L'argento gli strinse un braccio intorno alle spalle, dolcemente.
"Bene, bene!" sorrise il biondino e l'altro si sentì rincuorato a vederglielo fare. Roxas lo aveva sempre un po' inquietato con i suoi modi di fare scostanti e burberi, per quello non gli era mai andato troppo a genio, ma si rese conto, ora, mentre gli sorrideva, che era più simile a lui di quanto immaginasse. Stava scoprendo cosa significava vivere, proprio come era successo a lui anni prima, grazie ai suoi amici.
"Roxas, me lo dai un biscotto?" chiese Axel, avvicinandosi e sedendosi dove un attimo prima c'era stato Sora.
Il biondino ritrasse la scatola, nascondendosela sotto a un braccio.
"Come si dice?"
"Pretendo un biscottino, altrimenti ti picchio!" rispose il rossino, cercando di prendersi la scatola da solo. Roxas se la mise sulla testa, nel chiaro intento di non farcelo arrivare, ma lui era alto, troppo alto e gliela strappò dalle mani.
Ven, Riku e Sora si guardarono complici, sorridendo furbamente di fronte a quella scena tenerissima.
"Vado ad aiutare tua madre a prendere le bibite!" esclamò Sora, rivolto a Ven.
"Ti accompagno!" fece eco Riku, prendendogli la mano.
"Mi sa che da soli non ce la fate, vengo anche io!" sorrise Ven, prendendo poi Vanitas per mano, che li guardava confuso sia dalla scena da diabete di Roxas e Axel che per l'uscita da ritardati degli altri tre. "Su, Van, vieni anche tu!" e, detto questo, uscirono chiudendo la porta con un tonfo.
Axel e Roxas guardarono confusi la porta chiusa, mentre sentivano chiaramente le urla di disapprovazione di Vanitas, che non ci stava capendo più niente.
Si guardarono, poco dopo, confusi.
"Perché fanno così?" chiese il biondino, alzando un sopracciglio.
"Non lo so, sembravano dei malati mentali!" ridacchiò il rossino, aprendo poi la scatola dei biscotti, scoprendo che era già dimezzata. "Roxas, te li sei mangiati quasi tutti! Sei un animale!"
"Ma non sono stato io!" protestò, lagnoso. "Se li è mangiati quasi tutti Sora!"
"Ma che bugiardo che sei!" lo redarguì scherzosamente, schivando poi abilmente un cazzotto sul braccio. Si prese un biscotto e lo infilò intero in bocca, poi, quando finì di masticare si voltò a guardare il biondino, sorridendo.
"Come stai?" chiese, dolcemente.
Roxas sospirò, passandosi una mano tra i capelli: "A volte mi sento in un altro mondo, tutto buio... altre volte, tipo ora, mi sento meglio e so di non avere più nulla di cui preoccuparmi. Vado a tratti, ma non va poi così male, in fondo..." ammise, abbassando lo sguardo.
"Non preoccuparti, è normale. Cerca solo di non sprofondare da nessuna parte, l'hai memorizzato?" gli rispose Axel, alzandogli il mento con una mano per guardarlo negli occhi.
Roxas lo fissò per un po', con le sopracciglia aggrottate, poi sospirò e accennò ad un debole sorriso: "Memorizzato!"
"Così mi piaci, piccola peste!" esclamò il rossino, raggiante, poi gli cedette una bustina che aveva in mano e con l'altra gli arruffò i capelli. "Per te!"
Roxas prese la bustina e la guardò confuso, poi infilò la mano dentro e ne fece emergere un libro.
"Il Prigioniero di Azkaban!" esclamò, sorridendo di gioia, stringendoselo poi al petto. "Grazie mille, Axel! Non dovevi!"
"Sì che dovevo! Mi raccomando, leggilo con attenzione perché è il mio preferito!" si raccomandò, dandogli un buffetto sul naso.
Roxas annuì: "Lo farò, te lo prometto!" disse, poi si sporse per dargli un bacio sulla guancia, riconoscente.
Axel non arrossì nemmeno, ormai avvezzo a certe effusioni dolcissime; si limitò a sorridere dolcemente e a voltare la faccia fugacemente per dargli un bacio sulla guancia anche lui.
Roxas, al contrario, arrossì violentemente, perché non riusciva ancora ad abituarsi a riceverli, certi gesti. Era meno impacciato a darli, paradossalmente.
Axel alzò le mani per prendergli la testa, senza staccare le labbra da quella guancia così morbida e rossa, calda, liscia, meravigliosa.
Chiuse gli occhi e Roxas fece lo stesso, mentre sentiva il cuore battergli fortissimo. Sentiva il tocco leggero di quelle labbra morbide sul suo zigomo, dolcissimo, lento, delicato.
Lo sentì allontanare lentamente le mani dalle sue guance e staccarsi, per poi guardarlo intensamente, immobile, senza sapere cosa dire.
"Axel..." lo chiamò, titubante.
"Mh?"
"Mi batte fortissimo il cuore..." mormorò, senza smettere di fissarlo, con un faccino confuso.
"Anche a me..." ammise il cantante, accennando ad un sorriso e lasciandolo spiazzato. Credeva che, come al solito, Axel avesse una risposta ai suoi dubbi, che sapesse il perché gli stesse tamburellando il cuore a quel modo.
"Che vuol dire?" chiese il biondino, anche se forse, dentro di se, iniziava a capire.
Axel alzò una mano per carezzargli una guancia e, conscio che non era ancora il momento di dirgli nulla, decise di mentire e sospirò, anche se era leggermente su di giri per aver inteso che forse anche lui lo ricambiava.
"Non lo so"
Roxas abbassò lo sguardo e si strinse un pugno nel pigiama, all'altezza del cuore.
"Peccato, di solito sai sempre tutto!"
"Non tutto, o non sarei qui!" ridacchiò il rossino, cercando di far cadere quella pesantezza snervante che era scesa dopo la domanda di Roxas.
"E dove saresti?" chiese scettico il biondino, alzando lo sguardo.
Axel rise: "Non so, su qualche isola deserta, pieno di soldi, mentre mi bevo un succo tropicale alla pera!"
"La pera non è tropicale!" lo redarguì l'altro, ridendo però anche lui.
"Avrei tanti di quei soldi che potrei farcela diventare!" gli rispose, prendendogli il naso con due dita, per fargli un dispetto.
Roxas si lamentò, grugnendo e lo scansò, poi rise di nuovo, prima di sentire qualcuno bussare alla porta leggermente.
"Siete presentabili?" chiese la voce di Sora, da dietro la porta.
"Sì, razza di scemo!" rispose Axel, sospirando.
La porta si spalancò e entrarono tutti sorridendo, Ven con un vassoio pieno di salatini e bricchetti.
"La merenda!" esclamò il filosofo, mentre tutti lo seguivano e prendevano posto dove potevano. Ventus si sedette ai piedi del letto, seguito da Vanitas e Riku si mise in braccio Sora, dopo essersi accomodato sulla sedia girevole della scrivania.
Roxas li guardava e non sapeva cosa dire. Erano così meravigliosi mentre cercavano di farlo svagare ed aiutarlo a non pensare! Si chiese come aveva potuto trattarli con freddezza, all'inizio.
Abbassò lo sguardo, fissandosi le mani strette alle lenzuola arancioni e tremò leggermente.
Sentì gli occhi inumidirsi e cercò di non darlo a vedere rimanendo con lo sguardo basso, ma iniziò a singhiozzare piano e tutti se ne accorsero.
Axel lo guardò, ma non gli alzò il viso. Sapeva che era a disagio ad esporsi così tanto, soprattutto con tutta quella gente intorno.
Riku e Sora si guardarono e Ven, poggiando il vassoio sul comodino, guardò prima Vanitas poi Axel, che contraccambiarono.
Si avvicinarono tutti al biondino, ancora in lacrime, ancora lo sguardo basso e lo abbracciarono tutti insieme.
Sapevano che non era un pianto disperato, ma di gratitudine. Non era abituato a certi trattamenti e, così, all'improvviso, ricevere tante attenzioni lo emozionò.
Sentì tutte quelle braccia stringerlo teneramente, come a dirgli che erano lì e che non aveva nulla di cui preoccuparsi.
Si passò l'avambraccio sugli occhi, quando si fu calmato, e alzò lo sguardo, ancora pesantemente rigato dalle lacrime.
"Scusate..." mormorò, un po' a disagio.
Axel gli posò una mano sulla testa e quando lui lo guardò, sorrise, dolcemente.
"Non dirlo nemmeno, piccoletto! Siamo qui apposta!"
Roxas tirò su col naso e li guardò uno per uno, ancora avvinghiati al suo collo, intenzionati a tirarlo su come potevano.
"E' che... siete così carini con me... non lo merito..." mormorò, abbassando ancora lo sguardo.
"Ma che stai dicendo? Siamo amici, no? Gli amici si aiutano nel momento del bisogno!" sorrise Riku, dandogli uno schiaffetto sulla fronte, teneramente.
Roxas a quel contatto rise, perché glielo aveva dato con un sacco di tenerezza, quasi fosse un fratello più grande.
Lo rincuorava che Riku avesse cambiato atteggiamento nei suoi confronti e si chiese se non fosse accaduto proprio perché lui stesso era cambiato, infine.
Alzò lo sguardo e accennò ad un sorriso.
"Grazie a tutti, davvero..." rispose, a disagio, senza smettere di sorridere.
"Ma smettila! Lo facciamo volentieri e non c'è nemmeno bisogno di sforzarsi, credimi!" rispose Vanitas, cercando di risultare quello di sempre, ma era intenerito da morire dal modo di fare di Roxas.
"Sì, per fortuna non c'è bisogno di sforzo, altrimenti per te sarebbe stato difficile!" rispose Riku, pungente, e Van gli riservò un'occhiata omicida. Staccò le braccia dal collo di Roxas e si avventò sull'argento, che si ritrasse prontamente, facendolo cadere dal materasso, rovinosamente a terra.
Roxas li guardò battibeccare e non riuscì a reprimersi. Scoppiò a ridere, reclinando la testa all'indietro, sentendo che aveva voglia di piangere ancora, ma di felicità.
Sapeva di non essere solo e di avere degli amici sinceri vicino.
Si voltò a guardare Axel, sorprendendolo a guardarlo con un sorriso accattivante sul volto, probabilmente su di giri per averlo visto ridere così genuinamente.
Lo fissò interrogativo e il rossino sbuffò divertito, come a volergli dire: "Non lo hai capito che ti sto mangiando con gli occhi?".
Roxas lo aveva capito eccome, e quando Axel si voltò e cercò di calmare i suoi amici ancora intenti a litigare, sentì il cuore improvvisamente più leggere, sebbene gli stesse esplodendo per via dei troppi battiti cardiaci; continuò a guardarlo, rapito, con un sorriso stupido sul volto e si rese conto che lui, di quel rossino, non ne poteva più fare a meno.
 
 
L'ultima settimana di scuola e di università passò, infine, velocemente.
Axel e Vanitas erano riusciti a dare tutti gli esami, trionfanti, perché era andata piuttosto bene, malgrado non avessero preso il massimo dei voti negli esami orali, ma potevano ritenersi soddisfatti dei loro risultati. Ventus era tranquillo, anche lui aveva dato gli esami e aveva deciso di festeggiare la cosa con Terra e Aqua, una sera, e Van non lo aveva seguito. Era troppo felice per essersi liberato degli esami per rovinarsi la gioia che provava vedendo quel muro portante di Terra. Anzi, non era nemmeno portante, era inutile.
Riku era soddisfattissimo dei suoi risultati e stava ancora fremendo per sapere se aveva vinto la borsa di studio anche quell'anno. Aveva promesso a Sora che se l'avesse presa lo avrebbe portato a festeggiare a Disneyland, visto che era uno dei suoi sogni nel cassetto da anni... e anche dell'argento, anche se non voleva ammetterlo.
Sora aveva finalmente la sua tanto agognata libertà, che attendeva da ben nove mesi. La scuola era finita e si era impegnato abbastanza, quell'anno, anche se la matematica non riusciva ancora a capirla. Era una palla tremenda e fu sollevato di non avere il debito, quell'anno, perché non avrebbe sopportato di doversi ripresentare a settembre per l'esame.
Ora poteva passare con Riku tutto il tempo che voleva e l'argento ne era entusiasta. Forse più di lui.
Roxas, invece, aveva deciso che quell'ultima settimana non sarebbe andato in conservatorio. Non se la sentiva ancora di vedere nessuno, soprattutto perché sapeva che lo avrebbero sommerso di domande. Era a pari con tutto e aveva fatto tutti i compiti in classe possibili, eccellendo come sempre, quindi poteva anche evitarsi una pallosissima settimana di nulla assoluto. Andò giusto a salutare i professori il venerdì, ovvero l'ultimo giorno, accompagnato da Ven. Furono tutti molto gentili e disponibili e, grazie al cielo, non gli chiesero nulla.
Ne fu sollevato.
Era ormai arrivata l'estate e si era palesata con delle giornate bellissime, malgrado fino a qualche giorno prima avesse piovuto un sacco. Il cielo si era aperto, improvvisamente, rivelando un sole che non vedeva l'ora di mostrarsi.
Axel strinse la mano del suo professore di Architettura, dopo avergli mostrato i suoi disegni al suo ultimo esame. L'ultimo della sessione estiva, poi sarebbe stato libero, una volta superata la soglia dell'aula magna.
Cercò di risultare tranquillo, dopo aver firmato il suo 30, e si voltò sorridente, uscendo fuori e trovando Vanitas ad aspettarlo poggiato ad una ringhiera della balconata della sua facoltà, con le braccia incrociate.
"Allora?" chiese l'amico, un po' teso.
Axel rimase muto per un po', poi alzò le braccia trionfante e urlò: "Un trenta secco! Sono libero!"
Vanitas ridacchiò e alzò anche lui le mani per dargli il cinque, poi cominciarono a spintonarsi scherzosamente.
"Fantastico, entrambi un bel trenta ad Architettura! E' un sogno che si avvera!" esclamò ancora il rossino, cominciando poi a camminare verso la macchinetta del caffè con Van al suo fianco.
Il moro si sistemò meglio il tubo dei disegni sulle spalle: "Il sogno che si avvera sono queste cazzo di vacanze che finalmente potremo goderci! Non ce la facevo più a studiare!"
"Dio, dobbiamo organizzare una gita al mare! Siamo tutti liberi coooome farfalle!" rispose Axel, imitando poco aggraziatamente una farfalla che volava.
Vanitas gli diede uno spintone: "Falla finita! Comunque non è una cattiva idea, potremmo andarci domenica!"
"Non ti va di provare?" chiese l'altro.
Vanitas si strinse nelle spalle e arricciò le labbra: "Non credo che Roxas se la sentirebbe ancora di uscire per provare. Magari al mare ci viene, per svagarsi un po'!"
Axel, che non aveva pensato a questa cosa, sospirò e si passò una mano tra i capelli.
"Già, non ci avevo pensato... proponiamogli questa cosa e vediamo cosa dice!" esclamò, raggiungendo poi la macchinetta del caffè. "Dai, sono talmente su di giri per questo trenta che ti offro qualcosa! Che ti va?"
Vanitas ridacchiò: "Un caffè, dannato rossino!"
"Per me un cappuccino, grazie!"
Axel e Vanitas si guardarono per un attimo confusi da quella voce che aveva esordito alle loro spalle, poi si voltarono e, prima di poter vedere chi era, dovettero abbassare un po' lo sguardo.
"Roxas!" esclamò il rossino, avvampando, vedendolo lì improvvisamente, dato che erano giorni che non usciva di casa.
"Ehi, nano, che fai qui?" chiese Van, arruffandogli i capelli. Roxas rise a quel contatto e lo scansò dolcemente.
"Sono passato in conservatorio per salutare i professori!" rispose, poi mise le mani dietro la schiena e cominciò a dondolare sui propri piedi. Sembrava un bambino piccolo.
"Da solo?" chiese Axel.
"No, c'è Ven qui fuori! Ha detto che dovevo venire a recuperarvi!" rispose, ridacchiando leggermente.
Axel alzò un sopracciglio: "Ma che hai da ridere, mostriciattolo!" lo redarguì scherzosamente, puntandogli un dito sulla fronte.
"Niente, mi fanno ridere le vostre facce gongolanti!"
"Beh, un trenta è un trenta, piccolo demonio! Voglio vedere te quando ne prenderai uno all'università!" rispose Vanitas, prendendo poi in mano il caffè bollente che Axel gli stava porgendo. "E tu sbrigati a far erogare quella roba, che Ven ci sta aspettando!"
"Frena i bollenti spiriti, My Lord!" rispose il rossino, spazientito, cedendo poi il cappuccino al biondino, che lo prese con due mani, ringraziandolo. Spinse poi il tasto per il suo caffè e quando lo prese si incamminarono.
"Com'è andata in conservatorio?" chiese Van, poco dopo, mentre varcavano la soglia che li avrebbe portati alla prima rampa di scale per scendere.
"Bene, ho preso una decisione per l'hanno prossimo" sentenziò il biondino, poi allo sguardo interrogativo dei due continuò: "Ho deciso di continuare a suonare solo il pianoforte e il violino, perché gli altri strumenti mi prendono troppo tempo, e vorrei sfruttare quello libero per recuperare un po' di cose..."
Axel sorrise e gli arruffò i capelli, facendolo quasi strozzare mentre beveva il cappuccino.
"Bravissimo, Roxas! Questo ti fa onore! Puoi sempre esercitarti negli altri strumenti a casa, quando hai voglia!" sorrise.
Roxas si riprese tossendo un paio di volte, per via del cappuccino che gli era andato di traverso, poi lo guardò.
"Sì, tanto la chitarra ormai l'ho imparata a suonare e il flauto traverso... beh, l'ho sempre odiato, in realtà!" ammise, malgrado fosse molto difficile da dire, dato che lui aveva sempre quello strano rispetto per ogni strumento.
Van e Axel risero al suo sguardo contrariato, che era buffissimo, poi scesero l'ultima rampa e raggiunsero l'uscita. Non appena furono vicino all'automobile di Ven, questi tirò giù il finestrino, facendo emergere una leggera musica, che riconobbero come Someday degli Strokes.
"Ven, tesoruccio mio adoratissimo!" esclamò Vanitas, sorridendo e poggiando le mani sulla portiera per chinarsi e dargli un bacio sulle labbra, che il biondino ricevette volentieri.
"Ciao, mostro! Ciao anche a te, Axel! Com'è andata?" chiese e il suo ragazzo si pompò tutto, mostrando il petto trionfante. Si batté una mano sullo sterno e sorrise: "Trenta, sia io che il rossino, qui!"
"Oh, complimenti! Bisogna festeggiare, allora!" esclamò Ven, entusiasta. "Dai, salite, andiamo da me a mangiare qualcosa!" propose e tutti accettarono volentieri.
"Volevamo andare al mare, domenica!" esclamò Axel, quando tutti furono saliti, lui dietro insieme a Roxas e Van davanti accanto a Ven.
Il biondino sterzò per rimettersi in carreggiata e sorrise, guardandolo dallo specchietto retrovisore per un attimo.
"Buona idea! Stanno facendo veramente delle belle giornate. Sarebbe un peccato non approfittarne!" sentenziò, poi continuò: "A te va, Roxas?"
Il biondino guardò Axel e annuì sorridendo: "Sì, è un sacco che non vado al mare!"
Il rossino contraccambiò e lo ringraziò con lo sguardo, perché era consapevole che non amasse il mare ma che lo stava facendo per cambiare un po' le sue abitudini e per svagarsi. Era orgoglioso di lui.
Roxas, capendo tutti quei pensieri, gli prese la mano e la strinse alla sua, dolcemente e, dopo essersi guardati per un po', il biondino tornò a guardare il panorama fuori dal finestrino, leggermente rosso in viso.
Axel lo notò e gli venne quasi da ridere, perché era infinitamente tenero.
"Van, chiama anche Sora e Riku e digli di raggiungerci da me, così organizziamo per domenica!" propose Ventus, e Vanitas sbuffò tirando fuori il cellulare con fatica da quei Jeans neri estremamente stretti.
"Che palle, ma non puoi chiamarli tu?"
"Oh, scusami tanto SE STO GUIDANDO!" urlò Ven, spazientito, cambiando repentinamente la marcia e accelerando un po', dato che si era innervosito.
Vanitas sbuffò ancora, e il suo ragazzo lo fulminò, così si ritrasse impaurito e compose il numero di suo fratello, che gli rispose poco dopo.
Axel lo sentì dire qualche parola brutta e offensiva, mentre urlava cose a vanvera e, scotendo la testa, si fece scivolare più vicino a Roxas, che, sentendolo, si voltò leggermente a guardarlo, confuso.
Il cantante lo fiancheggiò ancora e non gli lasciò andare la mano. Roxas lo vide sorridere mentre lo guardava.
"Che c'è?" chiese, alzando un sopracciglio.
"Niente, è che eravamo troppo lontani!" esclamò Axel, poi ridacchiò sotto i baffi quando vide il biondino arrossire a quella frase.
Cristo, era diventato adorabile. Come diavolo aveva fatto ad aspettare così tanto tempo per incontrarlo? Dove diavolo era fino a poco tempo prima?
"Sei arrossito!" esclamò trionfante, pizzicandogli una guancia.
Roxas lo guardò contrariato e mise il broncio: "Non è vero!"
"Sì che è vero! Sei tutto rosso! Ahahah!"
"Cattivo..." mormorò ancora il biondino, con il labbretto tremante, offeso.
"Si, lo so!" rispose ridendo l'altro, poi gli carezzò con il pollice la mano che teneva, dolcemente e tornò a guardare davanti a se, scoprendo che erano quasi arrivati a destinazione.
 
 
Riku e Sora li avevano già raggiunti da un po', e si prospettava un bel pomeriggio di spensieratezza, festeggiando la fine dell'anno scolastico e dei buoni risultati ottenuti da tutti quanti.
L'argento era su di giri, perché la segreteria dell'accademia lo aveva chiamato per dirgli che aveva vinto la borsa di studio anche quell'anno, proponendogli anche un'Erasmus che non accettò. Quell'anno voleva passarlo tutto con Sora e se ne avesse vinta un'altra anche dopo, sarebbe partito. Ma ora era più che intenzionato a non andarsene. Cloud, poi, alla notizia, era stato davvero entusiasta e gli aveva promesso che avrebbe pagato il suo viaggio a Parigi per andare a Disneyland con Sora. Non poteva essere più felice di così.
Mentre i quattro amici universitari sedevano al tavolo del soggiorno, mangiando patatine e bevendo bibite gassate, Sora aveva portato il DVD della Camera Dei Segreti e si era accomodato sul divano accanto a Roxas, mangiando patatine mentre lo guardavano.
Gli altri quattro facevano finta di non essere interessati, ma si erano zittiti tutti, fissando il televisore. A parte Vanitas che aveva incrociato le braccia sul tavolo e vi aveva nascosto il viso dentro, assonnato. Harry Potter aveva un effetto soporifero su di lui... anzi, la tv in generale lo era.
Axel era contento di vedere Roxas così preso. Ogni tanto lo vedeva dare una gomitata a Sora e gli faceva qualche commento sul film e l'altro annuiva e rispondeva quasi sempre d'accordo, con la bocca piena e le dita piene di sale.
Aveva quasi voglia di alzarsi e mettersi tra i due per gustarsi il film con la sua piccola peste, ma represse quell'istinto e decise di rimanere seduto lì.
Tremò leggermente quando sentì il cellulare vibrare nella tasca dei Jeans e lo prese, notando che lo stava chiamando un numero che non conosceva. Esitante, rispose e, quando disse: "Ehi, Marly, sei tu!" Sora mise pausa al film e insieme a Roxas si voltarono per guardarlo.
"Sì, ma certo!" continuò il rossino, entusiasta. "Aspetta che chiedo agli altri!" si spostò il cellulare, premendo una mano sulla cornetta per non far sentire i suoi discorsi e continuò: "Dice Marly se per venerdì prossimo siamo disposti ad esibirci!"
Van e Riku si guardarono e annuirono, entusiasti, poi il rossino guardò Roxas, che sembrava un po' restio nel rispondere. Ma quando lo vide pensarci su, con gli occhi al cielo e poi annuire, si sentì molto meglio.
"Va bene, allora venerdì sera! Cosa dobbiamo portare?" fece una pausa, mentre l'altro evidentemente gli dava coordinate varie. "Ok, d'accordo! Ci vediamo venerdì, grazie Marly!" e chiuse la comunicazione, su di giri, poggiando il telefono al tavolo.
"Quindi suonerete, infine!" esclamò Sora, mettendosi in ginocchio sul divano e poggiando le mani sullo schienale, con un sorriso gigantesco.
"Mettiti seduto come cristo comanda, Sora!" lo redarguì Vanitas e di tutta risposta ricevette una linguaccia.
"Sì, venerdì! Siamo pronti, vero? Tralasciando domenica, dovremmo vederci per le prove l'intera settimana, ci siete?" chiese il rossino.
"Beh, siamo tutti liberi, da quanto ho capito! Un paio di ore al giorno non dovrebbero essere un problema, no?" rispose Riku, facendo spallucce, consultandosi visivamente con il resto della Band che annuì.
"D'accordo, allora! Lunedì cominciamo a provare seriamente! Non vedo l'ora!" rispose Axel, mostrando due pugni trionfanti, su di giri.
"Che cosa dobbiamo portare?" chiese Roxas.
"La batteria è la loro, ma le bacchette le dovrai portare tu!" rispose Axel, guardando Riku che annuì. "Per il resto solo il basso e la chitarra. Gli amplificatori e il microfono sono i loro!"
"Bene!" commentò semplicemente Vanitas, infilando una mano nella busta delle patatine e prendendo una manciata, infilandole poi in bocca tutte assieme, peggio di un bambino di cinque anni.
Axel, un po' scosso dalla sua brutalità, lo squadrò, prima di scoppiare a ridere seguito dagli altri mentre il chitarrista li guardava confuso.
Sora, non appena smise di ridere, si ributtò sul divano e guardò Roxas, che rispose al suo sguardo, sorridente.
"Rimetto Play, eh! Tutti zitti!" esclamò, facendo un cenno con la mano per rendere meglio il concetto.
Il film ricominciò e tutti ubbidirono, mentre Van tornava a sonnecchiare sulla sedia.
Roxas si sentì trafiggere dolcemente la scatola cranica da uno sguardo fisso su di lui e si voltò, leggermente, incrociando lo sguardo con Axel, che, non appena lo vide, sorrise, facendogli perdere un battito al cuore.
Il biondino lo fissò per un po', poi si voltò di nuovo a guardare il film, sentendo la presenza protettiva e per nulla fastidiosa di quell'angelo dai capelli rossi che stava dietro di lui.
Infilò una mano nella busta delle patatine e sorrise leggermente, sentendosi un po' più leggero del solito.
Axel gli piaceva un casino, e ormai lo aveva capito e non poteva più mentire nemmeno a se stesso.
 
 
Gli occhiali visibilmente appannati di Ven gli facevano percepire quel sole terribilmente più scottante di quanto non fosse. Vedeva i raggi solari penetrargli la cornea e sarebbero stati fastidiosissimi, se sotto a quella palla di fuoco non fosse emerso un mare meravigliosamente calmo e brillante, facendogli dimenticare ogni cosa.
Si portò una mano sulla fronte, mentre socchiudeva gli occhi ormai in fiamme e con un gesto abituale spinse il bottone che avrebbe chiuso le centralizzate della macchina.
Posò le chiavi nella borsa del mare che teneva a tracolla e, subito dopo, sentì una manina prenderlo per mano e tirarlo.
"Ven, dai, datti una mossa!" esclamò Roxas, che sembrava visibilmente su di giri all'idea di passare una giornata al mare con quelli che ora poteva considerare anche suoi amici.
Ventus si fece tirare, leggermente euforico per l'allegria che vedeva sprizzare da tutti i pori di suo fratello e si sentì molto più sollevato di quanto già non fosse negli ultimi giorni.
Roxas era cambiato, moltissimo e, malgrado a volte si perdesse nei suoi pensieri cupi e oscuri, era motivato a migliorare ancora, giorno per giorno, e lui lo avrebbe sicuramente aiutato.
Raggiunsero la spiaggia, Sora e Roxas per primi, perché avevano iniziato a correre per fare a gara a chi arrivasse prima al bagnasciuga.
Axel ridacchiò vedendoli così spensierati. Era contento anche lui di vedere un Roxas euforico al massimo.
Si alzò gli occhiali da sole sui capelli e sospirò, fermandosi insieme agli altri tre e posando le mani sui fianchi, contemplando quella distesa azzurra e luccicante che aveva davanti.
Era tardi, quasi l'una, e il sole picchiava fortissimo, ma fu sollevato di vedere Vanitas montare l'ombrellone insieme a Ven. Si tolse la maglietta e rimase con i pantaloncini del costume, lunghi fino alle ginocchia e prese dalla borsa del mare un asciugamano e la posò delicatamente sulla sabbia.
Non c'era vento, quindi gli fu infinitamente facile da fare e non alzò nemmeno un polverone di granelli sottilissimi, infastidendo i pochi vicini di ombrellone che avevano, per lo più coppiette e famiglie.
"L'acqua è uno spettacolo!" urlò Sora, con i piedi immersi alla riva, accanto a Roxas che sorrideva di gioia, dato che era troppo tempo che non sentiva la sensazione dell'acqua salata sui suoi piedi nudi. Si chiese come aveva fatto tutto quel tempo ad odiare il mare, poi si rese conto che era la compagnia a fare la differenza.
"Roxas, ci sistemiamo anche noi e poi facciamo il bagno?" chiese Sora, aggrappandosi alla sua spalla quando sentì che stava per cadere dopo che una piccola onda gli aveva cozzato sui polpacci.
Roxas annuì e insieme raggiunsero gli altri, già seduti sulle loro asciugamani, tranne Ven che stava posizionando meglio il frigorifero sotto l'ombrellone.
"Voi due, non fate troppo gli scalmanati o mi tocca mettervi in punizione!" esclamò Ventus, vedendoli arrivare di corsa verso di loro.
"Non abbiamo fatto niente!" rispose Sora, lagnante, battendo i piedi sulla sabbia perché era troppo calda.
Ven alzò la testa dal frigo e alzò un ditino verso di loro: "Non ancora!"
Roxas rise all'espressione di suo fratello, poi si voltò verso Axel, seduto sul suo telo, con gli occhi chiusi e il viso leggermente alzato verso quel sole cocente. Gli si sedette accanto e il rossino sentì il suo braccio bollente toccare il suo; aprì gli occhi di scatto e lo guardò.
"Inutile che prendi la tintarella, non migliorerà di certo quella faccia assonnata che hai!" esclamò il biondino.
Axel lo guardò. Era diverso, accidenti, meravigliosamente diverso. Quella sua linguetta pungente lo faceva andare su di giri e lo avrebbe zittito volentieri facendogli sentire quanto fosse appuntita la sua, mentre lo baciava.
Lo squadrò, soffermandosi sul fatto che avesse persino un costume a scacchi e poi gli diede uno schiaffo sulla fronte, per punirlo.
"Non ho più il controllo sulla mia creatura! Sei un mostro, Roxas!" lo redarguì, vedendolo prendersi la testa tra le mani perché gli aveva fatto male.
Roxas si lamentò un po', prima di far emergere il viso e dargli un cazzotto sul braccio, facendogli male anche lui.
"Mi hai fatto malissimo!" esclamò il biondino e Axel si prese il braccio con una mano, grugnendo tra i denti.
"Anche tu! Ma dove la nascondi tutta questa forza?" gli chiese e prima che l'altro potesse rispondergli, gli prese la testa con un braccio e cominciò a strofinargli un pugno sui capelli.
"Ahia! Lasciami, Axel!" quasi urlò, contorcendosi.
"E' la tua punizione, razza di peste che non sei altro! Prendi questo!"
Roxas si scansò prima di ricevere uno scappellotto e gli si avventò contro. Axel si ritrasse girandosi di schiena e il biondino gli si aggrappò alle spalle, di peso.
Axel si alzò in piedi, cercando di scrollarselo di dosso, ma la presa di Roxas era salda. Si fermò un attimo e il bassista gli circondò le braccia intorno al collo, da dietro, spingendolo verso il basso, dispettoso.
Axel si girò di tre quarti per guardarlo e gli prese le cosce con le mani per poi prenderlo a cavalcioni.
"Lasciami!" esclamò il biondino.
"No!" controbatté il rossino, sentendo le sue braccia aggrapparsi di più per paura di cadere.
"Ho detto lasciami!"
"Non se ne parla!"
Riku e Sora, che era seduto accanto all'argento che lo aveva circondato in vita, si guardarono e risero alla vista di quella scena tenerissima tra i due.
Il batterista ridacchiò e diede un dolce bacio alla guancia morbida di Sora, che sorrise dolcemente, soprattutto al ricordo che su quella spiaggia avevano fatto l'amore la prima volta.
"Axel, perché non lo butti in mare, quell'insolente?" propose Riku, con una mano vicino alla bocca, urlando.
Roxas si voltò a guardarlo, ancora appeso al collo del rossino, strabuzzando gli occhi.
"No! Non mettergli certe idee in testa, Riku!" gridò, contrariato, dimenandosi.
"Buona idea!" rispose Axel, alzando un pollice verso l'argento, che si buttò sull'asciugamano, rotolandosi dalle risate.
"Ma che razza di imbecilli!" mormorò Vanitas, seduto sotto l'ombrellone, con la testa leggermente rialzata dalle gambe di Ven, che gli carezzava i capelli, ridacchiando entusiasta.
Era contento, il filosofo, di vedere sia suo fratello che Axel così spensierati. Era certo che sarebbero finiti assieme, un giorno o l'altro, perché era palese che il rossino fosse innamorato perso del piccoletto, ma anche Roxas ormai sembrava totalmente nelle sue grinfie.
"Axel, non ti azzardare... non... lasciami andare!" continuò il biondino, mentre Axel cominciava a camminare verso il mare, a piccoli passi, perché il peso del suo corpo lo rallentava.
"Accidenti, sembri piccolo ma pesi!" esclamò, digrignando i denti, perché la sabbia scottava e il sole ancora di più sulla sua testa appuntita.
"Allora lasciami, se peso così tanto!"
"Non ci penso proprio!" controbatté Axel, ridacchiando, poi cercò di accelerare il passo ed entrò finalmente in mare e quando fu ad una profondità considerevole, mentre Roxas non faceva che dimenarsi e stringergli le braccia intorno al collo quasi a strozzarlo, lo lasciò cadere di forza.
Roxas sprofondò sotto l'acqua, bagnandosi completamente in un colpo solo. Riemerse poco dopo, annaspando e Axel rideva come un matto, reggendosi la pancia.
Il biondino grugnì, sputando acqua e tirandosi indietro i capelli bagnati. Il rossino non riuscì a non incantarsi a vederlo completamente zuppo, spettinato dall'acqua che gli aveva reso i capelli piatti. Avrebbe dato non si sa che cosa per sentire quanto fossero salate le sue labbra sulle sue, in quel momento.
Roxas lo guardò mentre lo fissava rapito e per nulla intenzionato a lasciar correre quell'affronto che aveva subito, gli salì di nuovo sulle spalle con un gesto fulmineo, facendo perdere l'equilibrio al rossino che si piegò sulle ginocchia, fino a cadere in acqua anche lui, bagnandosi, infine.
Riemerse in fretta, sentendo che l'altro aveva lasciato la presa, cercando aria nei polmoni annaspandola dal naso umido.
Represse l'istinto di strozzare quella maledetta peste vendicativa, squadrandolo gelido dall'alto, quando si rimise in piedi.
Riku li guardava da lontano, puntellando i gomiti sull'asciugamano, mentre Sora gli si era seduto tra le gambe anche lui intento ad osservare quella scena, intenerito.
"Mi chiedo quando si renderanno conto che si piacciono a vicenda!" esclamò il moretto, incrociando le braccia sulle ginocchia piegate e poggiandovi il mento sopra.
"Se Axel non si dà una svegliata e non si muove a fare qualcosa, temo che ne passerà di tempo!" constatò l'argento, ridacchiando divertito, guardando Roxas indietreggiare mentre Axel lo guardava minaccioso.
"Beh, tu stai zitto, che ci hai messo una vita a deciderti a fare qualcosa con mio fratello!" lo redarguì Vanitas, con gli occhi puntati sulle parole crociate che aveva poggiato su una gamba piegata sull'altra.
Riku non parve minimamente scosso da quella frase, anzi, chiuse gli occhi e rispose, con superiorità: "Colpa di Sora che faceva il difficile!"
Il diretto interessato arrossì e mise il broncio, dando una gomitata nelle costole di Riku che se la prese in pieno, consapevole che aveva detto una cosa davvero poco carina. Ma lo divertiva il faccino imbronciato di Sora e, dopo essersi ripreso dalla botta, rise e gli circondò le braccia intorno al collo teneramente.
Sora cercò di non cedere, ma non ce la fece e si voltò per farsi baciare, come se solo quel gesto potesse bastare all'argento per farsi perdonare.
Era una gran bella prospettiva, non c'era che dire e a Riku andava bene così.
"Di tutte le persone che ci sono al mondo, tuo fratello doveva proprio interessarsi a quel coglione di Axel?" sbuffò Vanitas, che iniziava anche a spazientirsi perché non riusciva a trovare nemmeno una definizione di quel dannato cruciverba.
"Lascia stare Axel, che è un ragazzo fantastico!" controbatté Ven, un po' accigliato.
Vanitas alzò un sopracciglio, visibilmente infastidito da quel complimento che il suo ragazzo aveva fatto al suo migliore amico, ma non volle darlo a vedere, così rimise la penna sul foglio e, in tono indifferente, disse: "Se è così fantastico, allora perché non te lo sposi?"
Ventus scoppiò a ridere di fronte a tanta gelosia da parte di Vanitas e, ricominciando a carezzargli i capelli corvini, sorrise intenerito.
"Perché a me piacciono i cattivi e ribelli!"
Il chitarrista fu piacevolmente soddisfatto di quella risposta. Sistemò meglio la testa sulle gambe di Ven e cercò di non dare a vedere che stava gongolando letteralmente.
Riku rise all'espressione ebete di Van, senza però farsi vedere e Ventus lo guardò divertito. Poi entrambi tornarono a guardare il mare, dove il rossino e il biondino erano ancora intenti a farsi i dispetti a vicenda.
"Avrei voglia di farmi il bagno, ma non mi va di disturbarli!" esclamò Sora, un po' imbronciato, perché aveva davvero voglia di buttarsi in acqua e divertirsi un po'.
Era sempre stato il tipo di persona che andava al mare solo per quello e prendere il sole lo annoiava tantissimo, anche se ora era insieme a Riku che era una compagnia d'eccezione.
"Dai, abbi pazienza! Tra un po', se vediamo che non succede niente, andiamo anche noi!"
"Va bene!" rispose Sora, prendendo un fumetto dal suo zainetto e iniziando a leggerlo.
Intanto Axel era riuscito a braccare Roxas, tenendolo saldamente e bloccandogli le braccia con le proprie, da dietro. Il biondino si dimenava, anche se al rossino diede l'impressione che non ci stesse mettendo tutto se stesso, il che lo divertì molto.
"Sei peggio della carta moschicida!" esclamò il bassista, ormai esamine, col fiatone. Si era fermato, infine, rassegnato che non sarebbe mai riuscito a liberarsi.
Axel ridacchiò e continuò a stringerlo da dietro, ma con più dolcezza. Lo fece voltare verso di se e lo lasciò andare.
"Ok, ok, stabiliamo una piccola tregua, sono stremato!" ammise, col fiatone, passandosi le mani tra i capelli per toglierseli dalla fronte.
"La vecchiaia gioca brutti scherzi, eh?"
Axel lo fulminò: "Roxas..."
"Scherzavo, scherzavo!" esclamò, lapidario, proteggendosi preventivamente il viso con le braccia, per paura di ricevere l'ennesimo scappellotto.
"Sarà meglio per te!" lo redarguì il rossino, e lui ridacchiò. Lo fissò per qualche istante sorridendo, poi gli prese la mano sotto l'acqua.
Axel fu molto toccato da quel gesto, fatto con una dolcezza incredibile e, un po' emozionato, strinse anche lui le dita tra le sue. Si voltò a guardare a largo, dove c'erano un paio di barchette a vela e uno yacht e Roxas lo imitò.
"Avevo una voglia matta di venire al mare..." mormorò il rossino, ammirando quanto era blu il cielo quel giorno.
"Sei felice?" chiese il biondino, sorridente, voltandosi a guardarlo.
"Certo che lo sono, piccola peste! Ogni cosa che faccio con te mi fa felice!" rispose e quando vide il suo sorriso allargarsi, un po' in imbarazzo per la sua rivelazione, chiese: "Tu sei felice, Roxas?"
Il più piccolo non smise un solo istante di guardarlo negli occhi e il cantante fu felice di vedere quei due occhietti blu brillare molto più del mare.
Roxas si avvicinò un pochino e annuì, prima di tornare a guardare l'orizzonte splendente.
"Sì... malgrado tutto quello che mi è successo, posso dire di essere felice, ora" ammise.
In totale contrasto con quelle parole, Axel gli vide velarsi lo sguardo, diventando malinconico e distante. Ma era normale. Ammettere la felicità comportava sempre far riemergere un brutto ricordo.
Lui, rispondendo che era felice, aveva avuto un flash di un ricordo di suo padre e per un attimo il cuore gli aveva punto, tanto era il dolore per la sua perdita. Ma, malgrado questo, era felice per davvero ora.
"A che pensi?" chiese Axel.
"A quante cose sono cambiate in così poco tempo..." rispose il biondino, senza guardarlo, continuando a perdersi nelle onde marine che lo cullavano.
"E' vero, sono cambiate molte cose!" constatò Axel, fissandogli il viso con insistenza.
Roxas si voltò a guardarlo, per nulla imbarazzato, ormai avvezzo al fatto che ogni tanto quel tipo si fissasse a quel modo.
"Tu a che pensi, invece?" chiese, con un faccino furbetto e tremendamente da schiaffi.
Axel non abbandonò quell'espressione beota, e cominciò a fissargli le labbra: "A quanto sono buoni i ghiaccioli al sale marino..." mormorò, pensando seriamente al fatto che baciare quelle labbra salate, miste alla dolcezza disarmante di Roxas, dovevano essere la cosa più simile al sapore sei suoi gelati preferiti.
Roxas rise genuinamente, a quella frase, capendone forse il doppio senso, visto che l'altro non la smetteva di fissargli la bocca.
"Non hai detto che pensavi ai ghiaccioli solo d'inverno e alla cioccolata calda solo in estate?"
"Lo hai detto tu che molte cose sono cambiate!" rispose, spiazzandolo, mentre lo fronteggiava, reprimendo con più difficoltà del solito la voglia che aveva di baciarlo.
Si fissarono per un po', un po' inebetiti, e un leggero venticello fece venir loro la pelle d'oca, vista la pelle ancora umida.
"Comincio ad avere freddo, andiamo a prendere il sole?" chiese Axel quando sentì un brivido di freddo.
"Ho promesso a Sora che avrei fatto il bagno con lui. Ti raggiungo dopo!" rispose il biondino, sorridendo dolcemente.
"Va bene, piccola peste! Non farmi ingelosire con Sora, eh?" si raccomandò, lasciandogli la mano e arruffandogli i capelli.
Roxas rise, anche se arrossì un po' a quella battuta: "E tu non farmi ingelosire facendo lo scemo con Vanitas!"
Axel scoppiò a ridere e si voltò, poi alzò un braccio per salutarlo.
"Non c'è pericolo!" rispose, cominciando a raggiungere la riva.
Roxas lo guardò allontanarsi, con le sue scapole nude che si muoveva lentamente mentre camminava con fatica in acqua. Erano belle, come la sua schiena, come i suoi capelli, come le sue braccia.
Axel era bello per davvero e lo aveva sempre pensato, dopotutto.
Era il suo supereroe, il suo cavaliere senza macchia e senza paura.
Vide Sora alzarsi e urlare: "Finalmente!" quando vide il rossino raggiungere l'ombrellone. Axel prese un asciugamano e se la mise addosso per asciugarsi, sedendosi poi sul telo e osservandolo da lontano.
E, mentre Sora entrava in acqua e cominciava a raggiungerlo, Roxas capì che a volte non conoscere un sentimento non vuol dire che non saprai riconoscerlo quando lo sentirai.
Perché, anche se quella nuova sensazione che sentiva era nuova, poteva metterci la mano sul fuoco e dire con certezza che quello doveva essere per forza l'amore.
Fine.
 
Ciaooo *___*
Muhuahuaua questo capitolo mi ha fritta, dannazione ><
Ma è stata una soddisfazione finirlo!
Mi sono divertita molto a scrivere la scena del mare, davvero! Volevo essere lì con loro e invece sono in camera mia, con il pigiama e la copertina di pile, perché ho freddissimo ed è anche colpa della vecchiaia ç_ç
Roxas: Beh, almeno lo ammetti di essere vecchia!
Senti, piccoletto, va bene che adesso sei più aperto, ti sei fatto degli amici, hai addirittura capito di essere innamorato - tra l'altro dopo una vita... sei lentino, eh? -, ma non puoi mica venire qui ad insultarmi dicendomi che sono anziana! Ha ragione Axel  a dire che ha creato un mostro T_T
Roxas: mostro o non mostro, non toglie che sei in età da pensione!
Va beh, ho capito, nel prossimo capitolo ti faccio mettere con Marluxia!
Roxas: No, chiedo perdono QQ
Bene, così mi piaci e ora vai nell'angolino dei disperati insieme a Cloud, fila v.v
Ehm, ok, dopo questo siparietto col nostro complessato preferito, vi lascio alla Bonus Track, vi invito a leggere e a recensire *__*
Siamo quasi agli sgoccioli e non ho alcuna voglia di finirla ç__ç qualcuno mi faccia venire in mente una catastrofe per continuarla per altri 467687 capitoli ç_ç
Buona lettura ç_ç
P.S.: Più che un ps sono delle indicazioni strettamente mediche che dovrete adottare durante la lettura della Bonus Track. Dopo la pucciosità e tenerezza del capitolo, vi butto direttamente negli occhi una roba supertriste ed Angst al massimo, quindi se non volete compiere un suicidio dopo la lettura, vi consiglio di partire prevenute! Io vi ho avvertite v.v
P.P.S: Niente disegno nemmeno questa settimana, non ho tempo >< Però Roxas e Sora sono troppo carini su quella immagine, non trovate? *__*
Miry
 
*Bonus Track*
Roxas osservava silenziosamente la strada, con la testa appoggiata al finestrino, completamente inerme.
Non sapeva più se era rassegnato o bloccato dalla paura. Non sapeva più niente.
Era di nuovo un guscio vuoto, una custodia senz'anima. Nemmeno pensare ad Axel lo tirava un po' su.
Sua madre stava urlando, come al solito; e lui non la stava ascoltando, come al solito.
Stava solo attendendo.
Poteva fare solo questo: attendere che quell'ora e mezza passasse più in fretta possibile e voleva non esserci con la testa, in quel lasso di tempo.
Voleva spegnersi, come un bambolotto che smette di piangere quando tiri giù la levetta che ha dietro la schiena. Voleva perdere la vista, il tatto, il gusto, l'udito... voleva perdere tutto ciò che gli permetteva di percepire e riacquisire i sensi non appena sarebbe passata.
La madre parcheggiò, tirando il freno a mano con un gesto secco e rabbioso. Si passò una mano tra i capelli e si voltò a guardarlo, stizzita.
"E questa volta ti accompagno dentro, chiaro? Io e tuo padre abbiamo fatto mille sacrifici per farti studiare da lui e tu come ci ripaghi? Bigiando?" gli urlò, mentre muoveva le mani, isterica. "Roxas, io ti avverto: se ti permetti di non presentarti più dal Maestro, e ci fai fare un'altra figura del genere io ti faccio pentire di essere nato!"
Pentire di essere nato? Beh, in quel momento avrebbe voluto che non fosse mai successo, se quello che lo aspettava era solo un altra lezione fatta di languidi gesti e frasi da voltastomaco.
"E guardarmi quando ti parlo!" urlò ancora la donna, strattonandolo per la maglietta.
Roxas ubbidì e alzò lo sguardo, ormai completamente fuori dal mondo. Cominciava a scavarsi un posticino nella mente, dove rinchiudersi non appena l'orco lo avesse rivisto. Un posto caldo, accogliente, che profumava di Kenzo.
La donna aprì la portiera e scese, dando un colpo di tacco rabbioso sull'asfalto. Non appena fu fuori, fece il giro dell'auto, facendo scendere il figlio, ancora seduto immobile e tirandoselo per un braccio.
Roxas era come una carcassa morta. Si faceva trascinare da sua madre, all'interno del palazzo, poi sull'ascensore e infine al piano.
La donna aprì la porta delicatamente, scoprendo che lo studio quel giorno era vuoto. Non appena bussò alla porta di legno appena dopo la sala, l'uomo dai capelli d'argento aprì la porta.
"Maestro Xemnas, buonasera!" esclamò lei, visibilmente a disagio, tenendo ancora Roxas per mano saldamente, come se avesse paura che potesse sfuggirgli di mano. Roxas non sarebbe scappato, però. Non ora, poi, che era immobilizzato a fissare il vuoto, mentre sentiva quegli occhi tremendamente inquietanti fissi su di lui, affamati, bramosi, accesi di una schifosissima voglia di fare di tutto.
"Buonasera a voi!" sorrise l'uomo, poi si chinò sulle ginocchia per guardare il suo allievo che, non appena incrociò i suoi occhi si sentì morire dentro, ancor più di quanto già non fosse. "Ti senti meglio, Roxas? Va tutto bene, ora?"
Il biondino tremò. Tremò tutto, persino i suoi occhi, che sgranò leggermente, sentendo quella voce percorrergli ogni cellula del suo corpo, risvegliando ogni ricordo infelice che aveva sopito con difficoltà grazie all'aiuto di Axel e che ora era stato inutile.
"Sì..." mormorò, senza sapere cos'altro dire.
Mamma...
"Mi dispiace molto di non averla avvertita, sul serio... e che stava male davvero e non ci abbiamo pensato!" rispose lei, mordendosi un labbro, vergognandosi di aver dovuto inventare quella bugia per difenderne un'altra.
Mamma...
L'uomo rise mellifluo e fece un gesto fugace della mano: "Non si preoccupi, l'importante è che Roxas stia bene!" disse, posando una mano sulla spalla del biondino, che a quel contatto si sentì sgretolare in mille pezzi. "Due settimane senza prove non lo danneggeranno, è talmente bravo!"
Portami via...
"E' un onore sentirlo dire da lei stesso... per noi è una grande soddisfazione!" esclamò lei, raggiante, ritrovando un po' di calma, anche se ancora non riusciva a biasimare suo figlio. Non riusciva a perdonargli quella figura barbina che aveva fatto fare loro, non presentandosi alle lezioni.
Portami via, ti prego...
"Bene, allora possiamo anche cominciare!" sorrise l'uomo, senza lasciargli andare la spalla. "Tra un'ora e mezza sarà di nuovo suo!"
Non voglio...
"Va bene! Ci vediamo giù tra un'ora e mezza, Roxas! Comportati bene!" si raccomandò sua madre, in tono leggermente acido, palesando il suo disappunto nei suoi confronti nemmeno poco velatamente.
Non andare... Non andare...
"Oh, si comporta sempre bene, non si preoccupi! Saluta tua madre, Roxas, avanti!" lo incitò il maestro, con quella schifosa e finta gentilezza che racchiudeva quanto più di meschino ci fosse al mondo. Lo stava invitando a salutare l'unica e ultima persona che poteva ancora aiutarlo prima che varcasse quella soglia.
Non lasciarmi qui con lui...
"A dopo, mamma..."
La donna gli sorrise e si voltò, non prima di aver fatto un debole inchino in direzione del Maestro, che contraccambiò, con la sua finta umiltà.
Poggiò una mano sulla schiena di Roxas e lo fece accomodare nel suo studio, chiudendo la porta alle sue spalle e prendendosi una sigaretta da una scatolina metallica con le sue iniziali incise sopra. La portò alle labbra e la accese, aspirando il fumo con lentezza e ributtandolo fuori con altrettanta calma.
Sorpassò il suo allievo e si poggiò con la schiena alla scrivania, fissandolo.
Roxas era immobile, di nuovo inerme, di nuovo esposto, di nuovo impotente. Gli occhi velati erano dannatamente vuoti, fissi nel nulla, mentre cercavano di aggrapparsi a qualcosa, al minimo ricordo o al pensiero bello che albergava nella sua mente, anche solo per non vedere su di se quegli occhi orribili e che ostentavano solo schifezza.
"Perché non ti sei presentato per due settimane alle prove?" chiese l'uomo, sorridendo gelido, dando un'altra boccata alla sua sigaretta.
Il biondino non si mosse, non batté nemmeno le ciglia. Strinse solo convulsamente il pugno intorno al manico del suo violino.
"Ero malato..."
Xemnas fece una risata senza entusiasmo che gli fece gelare il sangue nelle vene.
"Bugiardo!" esclamò, mentre sbuffi di fumo grigio gli uscivano dal naso. Continuò a squadrare il corpo senz'anima del suo allievo e sorrise dolcemente, spegnendo la sigaretta ancora a metà nel posacenere stracolmo e staccando la schiena dalla scrivania e raggiungendolo.
Si inginocchiò e gli prese le spalle tra le mani, inclinando la testa per studiarlo.
"Tu lo sai che sentimento speciale ci lega, no?" chiese, in tono dolce, ma che nascondeva un pizzico di risentimento che fece passare un brivido lungo la schiena di Roxas, che serrò gli occhi, dolorosamente. Non vedendolo rispondere lo scosse, perdendo la calma: "Lo sai o no?" quasi urlò, spazientito.
Il biondino non aprì gli occhi, ma sobbalzò impaurito e annuì: "Sì... sì... lo so..."
"Allora perché non sei venuto alle prove in queste due settimane?" gli chiese ancora, carezzandogli poi una guancia.
Roxas si ritrasse un po', istintivamente, ma sapeva anche di non poterlo fare troppo o l'uomo si sarebbe arrabbiato perché sfuggiva ai suoi gesti d'amore.
"Ero... ero malato..." ripeté, balbettando.
Quello rise di nuovo senza entusiasmo, poi si avvicinò al suo viso, soffiando col suo alito di fumo fastidioso e pungente.
Roxas sentiva la sua pelle sfiorare la sua e si sentì avvampare. Ma non avvampare come gli succedeva quando Axel era carino con lui. Si sentiva avvampare nel vero senso della parola. Ardere, bruciare, prendere fuoco, dolorosamente.
Ogni cellula che toccava la sua era come benzina che alimentava quel fuoco.
"Roxas, perché dici le bugie?" gli cantilenò lui, prendendolo di nuovo per le spalle, per poi dargli un bacio sull'angolo della bocca.
Il più piccolo sentì un forte conato di vomito quando successe. Cercava di non esserci, di chiudersi a riccio, di percepire la cosa con un distacco totale, ma non era possibile. Non ci riusciva ad isolarsi.
"Mi sei mancato tantissimo, lo sai?" gli disse ancora il maestro, per poi abbracciarlo dolcemente, mentre lui rimaneva immobile, con le braccia lungo i fianchi, la custodia del violino ancora stupidamente stretta nella mano. "Due persone che si amano come noi dovrebbero stare sempre insieme, non trovi? Il nostro è un sentimento puro, vero! Pochi possono dire di provare un sentimento così..."
Roxas cominciò a soffiare forte del naso, perché sentiva che i polmoni non gli stavano più producendo l'aria necessaria a farlo respirare. Non riuscì a capire se stava per avere un attacco di panico o se semplicemente stava morendo di paura.
"Io ti sono mancato?" chiese ancora l'uomo, tra il risentito e lo speranzoso, facendogli passare lungo la schiena l'ennesimo brivido.
No
"Ti sono mancato, Roxas?" ripeté ancora, cercando di restare calmo, senza smettere di abbracciarlo.
No.
"Dannazione, rispondi!" urlò, staccandosi e prendendolo improvvisamente per il collo e spingendolo verso la libreria che contornava l'intera stanza.
Roxas sentì la testa sbattere su uno scaffale, e un libro cadde per terra, poi si sentì completamente sveglio quando percepì le dita attorno al suo collo cominciare a stringersi. Cominciò a piangere.
"Ti ho solo fatto una domanda! Una sola, semplice domanda!" rispose lui, rabbioso, triste, angosciato, impaurito. Roxas non sapeva più come percepirle, le sue domande.
Aveva solo paura e posò una mano su quella dell'uomo in un inutile e sciocco tentativo di liberarsi, mentre sentiva le sue dita sempre più a fondo nel suo collo.
"S-sì..." mormorò, perché l'unica via, ora, era l'accondiscendenza.
"Sì, cosa?" ringhiò lui, che voleva sentirgliele dire per intero, le sue frasi preferite.
"M-mi... sei m-mancato!"
L'uomo lasciò leggermente la presa sul suo collo quando glielo sentì dire, ignorando di proposito il fatto che stesse piangendo disperatamente e pieno di paura sotto la stretta delle sue mani callose. Roxas sentì l'aria e  il sangue ricominciare a circolare un po', ma non del tutto. La testa gli girava, ma era ancora solo perché era nauseato terribilmente, oltre che impaurito da morire.
"E mi ami, vero?" chiese ancora l'uomo, disperato, avvicinando il viso al suo, mollando ancora di più la presa, vedendo che il suo viso era diventato tutto rosso.
Roxas non riusciva a parlare; lo aveva stretto così tanto che faticava anche a tossire. Sentiva solo le lacrime scorrergli, per quanto non fosse nemmeno cosciente di star piangendo.
L'uomo, vedendo che non rispondeva, gli posò le labbra sulle sue, senza approfondire quel contatto, perché era il suo modo dolce di esprimere il suo amore. Era il suo modo di tranquillizzarlo, di dargli forza, di fargli capire che il suo amore era corrisposto.
Roxas, dopo quel contatto, voleva solo svenire, o sparire, o sgretolarsi, o annullarsi. Era stato così languido e malato che non poteva più dimenticarselo.
"Roxas, perché devi farmi ripetere le domande un milione di volte? Perché?" gli urlò, spazientito, quando si fu staccato, sbattendogli di più la schiena contro il legno del mobile. Roxas sentì gli spigoli dei libri entrargli nella schiena e fargli sentire un dolore così acuto che il suo corpo esplose in scariche elettriche per tutto il corpo.
Doveva rispondere. Doveva rispondere o lo ammazzava e lui non voleva morire, non ci era ancora arrivato a desiderare la morte, ma sapeva di esserci vicino.
Con la voce rotta dalle lacrime e dal soffocamento dovuto alle dita dell'uomo intorno al suo collo, cercò di sforzarsi a rispondere, perché , si ripeté ancora nella testa, l'accondiscendenza era la sua unica via di salvezza.
"T-ti... - Non voglio dirtelo - T-ti - Non a te- amo"
L'uomo rise, dopo la sua confessione. Rise di gioia, probabilmente, ma a Roxas sembrava solo un pazzo omicida. Lo sentì lasciargli il collo con un gesto secco e sentì le gambe cedere improvvisamente. Cadde a terra, in ginocchio e l'uomo lo imitò poco dopo.
Roxas si prese il collo con una mano, iniziando a tossire, sentendo tutto un po' annebbiato quando sentì che l'ossigeno ricominciava il suo naturale corso.
L'uomo gli prese i capelli in un pugno e gli tirò su la testa, per guardarlo. Il biondino lo guardò, senza nessuna espressione sul volto, ma negli occhi l'ultimo barlume che li teneva accesi era di disprezzo. Il più totale, il più puro.
Il maestro si alzò, senza lasciargli i capelli e Roxas dovette obbedire ad ogni suo movimento o probabilmente glieli avrebbe strappati. Faceva male, malissimo. Dentro, fuori e nell'anima. Era tutto doloroso.
L'uomo gli fece fare il giro della scrivania, poi si sedette sulla poltrona di pelle, poggiando la schiena comodamente e lasciando i capelli di Roxas con uno strattone.
Il biondino pensò di essere libero, per un attimo, almeno per dargli il tempo di riprendere il fiato che gli aveva tolto, ma lo sentì prenderlo per i fianchi e farlo sedere sulle sue gambe.
Era una bambola di ceramica, snodabile e fragile. Aveva gli occhi blu vitrei esattamente come i pupazzi di porcellana.
Xemnas staccò la schiena dalla sua sedia di pelle, facendole fare un rumore graffiante che Roxas sentì amplificato al massimo, per quanto erano sensibili i suoi sensi in quel momento, anche se lui voleva resettarli tutti, metterli in pausa o spegnerli, finché non sarebbe passato tutto.
L'uomo si avventò languidamente al suo collo, carezzandolo con una mano e mordendolo ogni tanto.
Ogni carezza era un coltello che gli tagliava via la carne, ogni bacio era acido muriatico che gli bucava la pelle facendogli malissimo.
Doveva spegnersi. Doveva spegnersi da quando era arrivato, ma non ci riusciva.
Aveva paura, ma era anche rassegnato al suo destino, perché era solo e, a meno di un miracolo, quell'ora e mezza sarebbe stata un inferno totale e lui non riusciva nemmeno a spegnersi.
Si vergognò. Si vergognò di ricevere quei baci e quelle carezze, si vergognò di non aver avuto il coraggio di dire a sua madre la verità, si vergognò di aver ricevuto quel bacio orribile, poco prima; si vergognò di avergli detto tutte quelle cose, senza provarle minimamente; Si vergognò di essere Roxas, in quel momento più di qualunque altro.
Se essere se stessi doveva comportare solo sofferenza, allora voleva smettere di essere quello che era e dimenticarsi. Annullarsi, se necessario, perché serviva solo questo... solo questo e basta.
L'uomo gli infilò una mano sotto la maglietta, vellicandogli la pancia con le sue dita schifose. Roxas sperò che non si spingesse oltre, che quelle dita non arrivassero a toccare altro o non avrebbe più avuto il coraggio di vedere nessuno in faccia, nemmeno se stesso. Soprattutto se stesso...
E mentre quello lo carezzava, chiuse gli occhi, sforzandosi di andare via con la mente, vagando ovunque, aggrappandosi a qualche ricordo e scavò dentro di se, nella mente, nella carne, nelle sue cellule e più scavava e più si faceva male e più scavava e più vedeva qualcosa emergere.
L'uomo portò la mano sul suo fianco, carezzandolo dolcemente, mentre gli baciava il collo con languida lentezza.
Singhiozzò, piangendo silenziosamente. Sentì la mano libera dello schifoso alzargli il mento, mentre percorreva tutto il suo collo lasciando snervati baci umidi.
Scavò ancora, e ancora, e ancora. Più scavava e più si perdeva, più scavava e più moriva dentro.
Poi sopraggiunse, quasi subito nitido, il più bel ricordo che aveva, che tutta quella merda che lo stava circondando lo aveva sovrastato.
Un brecciolino, una bici a terra, i graffi sulle mani più piacevoli del mondo e si perse, perché dopo i graffi c'erano stati occhi, e dopo gli occhi c'erano stati abbracci. Si chiuse in quel pensiero e cercò di non uscirne più, solo per dimenticare, almeno un pochino, cosa stesse succedendo.
E dopo gli abbracci c'erano sorrisi e dopo i sorrisi c'era un nome, che cominciò a ripetersi nella testa, facendolo rimbombare per oscurare tutto il resto, perché, malgrado tutto, lo confortava.
Si sentì lontano, mentre due occhi verdi vegliavano su di lui, guardandolo dolcemente e due braccia troppo magre ma forti lo riportavano su, facendolo riemergere da quel nulla pieno di disperazione.
Il nome rimbombava, ancora e ancora e si perse, infine, imprimendoselo nella testa:
Axel.
Fine
 

 

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Capitolo 13
*** Monkey Gone to Heaven ***



 

Capitolo 13. Monkey Gone to Heaven
Era finalmente arrivato lunedì, il che implicava l'inizio delle prove vere e proprie del gruppo, che si sarebbe incontrato al Box nel pomeriggio.
Axel si era appena svegliato, presto come sempre, e sentiva la schiena fargli un male della malora. Tra l'aver portato Roxas in spalla e averci lottato in acqua e la bruciatura sulla schiena, perché non si era messo nemmeno la protezione, si sentiva uno straccio.
Ma era felice, malgrado i dolori.
Si alzò a fatica, facendo piano, perché sentiva la maglietta appiccicata alla schiena sia per il sudore che per il calore della sua bruciatura. Raggiunse la cucina strascicando i piedi, non prima di aver preso il cellulare dal comodino, staccandolo dalla carica.
Varcò la soglia della sua stanza controllando i messaggi ricevuti e ne trovò uno. Il solito e piacevole buongiorno della sua piccola peste, che, a quanto pareva, lo pensava appena sveglio.
Gongolò al pensiero e si accinse a leggere.
"Buongiorno Axel! Anche tu ti sei bruciato ieri? Io e Ven abbiamo sprecato un'intera boccetta di borotalco alla menta, per quanto ci bruciano le spalle! Spero a te sia andata meglio!"
Axel ridacchiò, immaginando la scena dei due fratelli doloranti, poi si accinse a rispondere.
"Buongiorno piccola peste! No, non mi è andata meglio, sto letteralmente morendo dal dolore! Ma ne è valsa la pena!"
Premette il tasto di invio e si contorse dal dolore quando prese lo spigolo del divano col ginocchio, perché come al solito era distratto e non guardava dove andava.
"Buongiorno casinista!" ridacchiò sua madre, vedendolo contorcersi mentre si teneva la gamba, con i denti stretti, imprecando.
Non appena il dolore si alleviò entrò in cucina, raggiungendola e dandole un bacio sulla guancia.
"Ciao Ma'!"
"Hai le guance rosse per l'abbronzatura! Sei carino!" esclamò lei, prendendogli il viso tra le mani e studiandolo.
Axel sospirò: "Bello, mamma! Sono bello!" rispose, fingendosi offeso.
"Mamma mia, come siamo modesti!"
Il rossino rise, poi si prese del latte dal frigo e lo mise nel pentolino per farlo scaldare e, mentre aspettava davanti ai fornelli, si grattò la testa.
"Come sta Roxas?" chiese la mamma, a cui Axel infine aveva raccontato tutto, omettendo, per non farla preoccupare, la parte in cui aveva picchiato quell'essere immondo.
Axel arricciò le labbra: "Benino, dipende dai momenti. Ci sono istanti in cui sembra aver dimenticato tutto e momento in cui si isola e diventa taciturno... gli ci vorrà del tempo per stare un po' meglio"
La mamma sospirò.
"Immagino, povero ragazzo. Deve aver passato davvero l'inferno. Mi dispiace molto, perché è ancora molto giovane e non ha vissuto un'infanzia come gli altri." rispose, un po' affranta.
"Già..." mormorò il rossino, spegnendo poi il fuoco e mettendo il latte in una tazza blu di Evangelion. "Poi ora c'è anche Ven che sembra totalmente fuori di se. Si sente talmente in colpa che non capisce che a volte esagera troppo a stargli appiccicato!"
"Beh, è suo fratello, vuole rimediare ai suoi errori. Capirà prima o poi come deve comportarsi e le cose cambieranno, vedrai!" spiegò lei, sedendosi accanto a lui e bevendo il suo tè.
"Quando papà è morto anche noi due non sapevamo come comportarci, come parlarci... ti ricordi?" constatò il rossino, un po' stranito per aver tirato fuori quella cosa, visto che non parlavano spesso di suo padre.
La mamma sospirò e posò entrambe le mani sulla sua tazza, guardando il liquido giallognolo emanare calore con sbuffi di fumo.
"Sì, è stato difficile. Il dolore di una moglie e quello di un figlio sono talmente diversi da non essere compresi subito... eravamo innaturali, tra di noi, ma poi è cambiato tutto. Ci siamo uniti di più..."
Axel tirò su col naso, nervoso: "Dovrei andarlo a trovare, ogni tanto... ma non ce la faccio..."
La donna gli prese una mano tra la sua e la strinse forte, guardandolo con gli occhi verdi lucidi, cercando di dargli forza.
"Tuo padre sa che lo pensi anche se non vai al cimitero, lo sai... a lui interessa che viva dentro i tuoi ricordi, gli basta questo..." cercò di rassicurarlo e lui strinse di più la sua mano e la guardò.
"Lo so, ma dovrei andarci... sento che dovrei farlo, anche se questo non cambierebbe nulla."
"Se e quando ti sentirai di farlo, fallo! Lui non andava a trovare nemmeno i suoi genitori, dopo che sono morti, per le tue stesse motivazioni, quindi ti capisce e non ti accusa di niente!" rispose lei, reprimendo una lacrima che le stava per scendere dagli occhi umidi.
Axel le prese anche l'altra mano, scoprendo che, malgrado facesse un caldo terribile, le aveva entrambe fredde.
"Hai ragione, è vero..." mormorò, poi le carezzò una guancia delicatamente, facendola sorridere per quel gesto tanto dolce quanto delicato. "E poi, conoscendolo, mi starà prendendo in giro perché mi faccio un sacco di problemi come al solito e non ce n'è bisogno!" ridacchiò, infine.
La mamma rise, ma la lacrima che aveva represso le scese comunque, sia per quella frase che per quella carezza.
"E' vero e sicuramente starà prendendo in giro anche me perché sono troppo innamorata di mio figlio!"
"Dovrai dividere questo amore con troppa gente, dato che sono molto amato, io!" sentenziò il rossino, gonfiando il petto in fuori, borioso come sempre.
La mamma rise di nuovo: "Anche tu hai molto amore da dare, ma lasciamene un po' invece di usarlo tutto per Roxas!"
Axel avvampò e non solo perché era rosso per via dell'abbronzatura. Le lasciò le mani lapidario e iniziò a bere il suo latte, cercando di non dare a vedere che era arrossito.
"Le tue supposizioni non mi mettono a disagio, madre degenera!" rispose, in finto tono eloquente.
Lei scosse la testa: "No, infatti. Peccato..." rise, infine, poi sorseggiò il suo tè.
Non appena Axel finì di fare colazione, prese il cellulare e lo guardò, un po' combattuto se chiedere a Roxas di vedersi o se lasciar stare. Sbloccò comunque il telefono, ancora fisso sulla casella messaggi e si accinse a scrivere, prendendo un grosso respiro.
"Che fai questa mattina?"
"Nulla di che, stavo suonando un po' la chitarra. Tu?"
Axel si grattò la testa, titubante e sospirò.
"Nulla di nulla. Ti va di vederci? Mangiamo qualcosa assieme e poi raggiungiamo gli altri al Box!"
Gli andava tanto di vederlo, perché quel discorso che aveva fatto con sua madre l'aveva incupito e aveva bisogno di svagarsi un po'. Sperò vivamente che gli dicesse di sì.
"Va bene, ci vediamo tra poco sotto casa tua, se vuoi! Posso lasciare il basso da te e lo recuperiamo prima di andare?"
"Ok, piccola peste! Io sono qui, quando vuoi puoi iniziare a venire!"
"A tra poco, allora :)"
Axel non riuscì a reprimere un sorrisetto innamorato a quel messaggio. Varcò la soglia della sua stanza e iniziò a scegliere i vestiti da mettere, poi se li portò in bagno e si buttò sotto la doccia.
Sentì i capelli spiaccicarsi sulla sua faccia, pungendogli sulla parte bruciata delle guance. Tirò qualche imprecazione di dolore e si sbrigò ad uscire, perché anche la schiena cominciava a bruciare per l'acqua calda.
Si asciugò e si vestì, poi prese il phon da un mobile ed iniziò ad asciugarsi i capelli.
Erano tutti secchi perché, malgrado li avesse già lavati due volte, la salsedine non voleva saperne di abbandonare del tutto la sua chioma. Sospirò allo specchio, conscio che avrebbe dovuto metterli a posto alla meglio e se li legò, infine, per non vedersi gonfio come la criniera di un leone.
Uscì dalla stanza e si mise le scarpe. Raggiunse il salotto, scoprendo di essere totalmente solo in casa. Sua madre doveva essere già uscita per andare al lavoro, perché era già parecchio tardi.
Andò in cucina e si prese un tè al limone, fresco di frigo e si sedette sul divano, aspettando.
Roxas non tardò molto ad arrivare e si annunciò suonando il campanello. Il rossino si alzò dal divano sussultando, perché si rese conto solo in quel momento che sarebbero stati soli in casa, anche solo per un po'.
Rispose e aprì il portone con il tasto, poi si avvicinò alla porta, aprendo e aspettando che il biondino uscisse dall'ascensore.
Quando lo vide gli fece un grosso sorriso e l'altro contraccambiò, alzando una manina, mentre portava il basso in spalla, alto il doppio di lui.
Era carino da morire, quel giorno.
"Ciao!" salutò il rossino, quando Roxas si fu avvicinato.
"Buongiorno!" rispose, poi entrando in casa quando Axel lo fece accomodare.
Si guardò un po' intorno, studiando l'appartamento. Non era grande come il suo, ma era accogliente e aveva una grossa finestra nel soggiorno che illuminava tutto magnificamente, con quel sole estivo.
"Che bella casa!" esclamò.
Axel si chiuse la porta alle spalle e ridacchiò.
"E' un buco per gli Hobbit! Ma è graziosa, sì! Mia madre cerca di renderla accogliente, malgrado la mia stanza rovini le sue intenzioni!"
Roxas si voltò sorridendo: "E' vero! Mi parli sempre della tua stanza come se fosse un campo di guerra! Posso vederla?"
Il rossino sussultò sulle spalle a quella richiesta. Non per nulla di particolare, ma perché era un vero disastro e non aveva nemmeno rifatto il letto.
"Ehm... dovrai prepararti psicologicamente, piccola peste!" esordì, grattandosi la testa imbarazzato. "Cerca di non svenire, eh!"
Il biondino ridacchiò, poi lo seguì mentre gli faceva strada verso una porta chiusa, piena zeppa di foto vecchie e ingiallite. In alcune c'era anche suo fratello. Beh, erano amici da una vita, effettivamente. Chissà se un giorno, su quella porta, ci sarebbe stata anche una foto con lui.
"Sono delle foto molto carine!" commentò, guardandole attentamente.
"Sì, sono una specie di linea del tempo. Dall'alto verso il basso sono in ordine temporale! L'ultima è quella della cerimonia del diploma... Dio, quanto tempo è passato..." mormorò Axel, malinconico ma comunque felice di aver passato certi momenti spensierati con i suoi amici. "Vieni, dai! Ti faccio vedere la mia trincea!"
Aprì la porta, rivelandone la sua cupezza, dato che non aveva alzato nemmeno le tapparelle per far entrare un po' di sole.
Accese la luce che ci mise un po' a scaldarsi e ad illuminare l'ambiente circostante.
Roxas si sfilò il basso dalle spalle e fece un passo avanti poggiandolo ad un muro.
Si guardò intorno, poi si avvicinò alla sua scrivania, piena zeppa di cartacce e penne, per lo più ormai consumate. Sopra ergevano tre mensole, stracolme di modellini e fumetti.
"Hai un sacco di roba!" esclamò, stupito.
"La raccolta di cose inutile nel corso degli anni. Ne vado fiero, dei miei acquisti!" sentenziò il rossino, fiancheggiandolo e prendendo un modellino di Patlabor. Ci passò una mano sopra per spolverarlo alla meglio, poi lo guardò.
"Ti piacciono i robot, vero?" ridacchiò Roxas, guardando anche lui il modellino che teneva tra le mani con profonda delicatezza.
"Da morire! Ci sono cresciuto, leggendo e guardando anime di robot. Credo di conoscerli quasi tutti!" disse, senza nemmeno troppa boriosità.
"Devono essere molto interessanti se ti piacciono così tanto." constatò Roxas, prendendo invece un modellino di Gundam che lo aveva particolarmente affascinato.
Axel gli portò una mano sui capelli, arruffandoglieli.
"Se vuoi ti presto qualcosa!"
Roxas annuì e mise al suo posto il modellino, girandosi per fronteggiare il rossino.
"Volentieri!" sorrise, poi lo guardò, zittendosi.
Axel lo fissò a sua volta e non riuscì a reprimere un sorriso dolce, perché solo in quel momento aveva notato quanto fossero abbronzati i suoi zigomi e quanto le sue lentiggini si fossero accentuate.
Istintivamente, gli carezzò una guancia, delicatamente.
Roxas chiuse gli occhi, inebriato da quel tocco e sorrise a sua volta, teneramente, perché quei gesti gli mancavano, malgrado li avesse ricevuti appena il giorno prima al mare.
"Sei ancora più carino con le guance rosse..." ammise Axel.
Roxas non aprì gli occhi: "Dovresti metterti un paio di occhiali, sai?" mormorò, con la voce tremante, perché comunque quel complimento lo aveva imbarazzato.
"Tu dovresti farlo... almeno vedresti allo specchio quanto sei bello..." gli disse, con un filo di voce, reprimendo, dolorosamente, l'istinto di baciarlo.
"Mi batte di nuovo forte il cuore..." disse il biondino, aprendo poi gli occhi e guardandolo.
Scese un silenzio di tomba, mentre i loro occhi si incrociavano, si incatenavano, senza permettere loro di fare o dire alcun che. Axel aveva ancora la mano sulla sua guancia, ma era ferma, immobile.
Sospirò.
Gli portò una mano dietro la nuca e gli diede un fugace bacio sulla guancia, che lo lasciò attonito, poi si voltò raggiungendo la porta della sua stanza e poggiando una mano sullo stipite di legno, pensieroso.
"Axel..."
Il rossino non si voltò, perché stava davvero per perdere il suo solito autocontrollo. Era bello da impazzire, quel ragazzino e non solo perché ne era innamorato. Erano soli in casa e lui si lasciava carezzare senza problemi. Il che implicava che tutto ciò non poteva essere un freno alle intenzioni del cantante.
Dovevano uscire, almeno non avrebbe avuto l'oppressione inquietante di quattro mura rassicuranti, che lo stavano portando a fare un gesto sbagliato, sbagliatissimo, fuori luogo e azzardato.
Non aveva più molti dubbi anche sui sentimenti che Roxas provava per lui, ma doveva andarci cauto. Doveva solo aspettare che lui fosse pronto, che si riprendesse un pochino, poi tutto sarebbe venuto da se.
Ma quanto ancora avrebbe dovuto aspettare? Era vero che per Roxas avrebbe aspettato anche l'eternità, se necessario, ma egoisticamente non ce la faceva più.
Voleva quelle labbra e le voleva ora.
"Andiamo, Roxas... o si farà troppo tardi."
"Tardi per cosa?" chiese lui, avvicinandosi alla sua schiena e fermandosi a qualche centimetro di distanza.
Axel non sapeva cosa rispondere. Avevano deciso di vedersi perché erano entrambi annoiati in casa e, soprattutto, perché entrambi non potevano più fare a meno l'uno dell'altro. Di fuori o dentro casa che differenza faceva?
Non avevano piani prestabiliti, a meno delle prove pomeridiane.
Potevano anche rimanere lì, non c'era niente di male, in fondo.
"Qual è il problema?" chiese il biondino, ancora, abbracciandolo poi da dietro e facendolo sussultare.
Axel tolse la mano dalla porta e la portò su una delle sue, delicatamente. Fissò il salotto di fronte a se, sconvolto, perché non ce la faceva più davvero. E per come stava emotivamente quel giorno, sapeva che poteva commettere un grande errore. Un enorme, madornale errore.
"Io non voglio ferirti, Roxas" mormorò, posando anche l'altra mano sulle sue.
"Non lo hai mai fatto."
"Non ancora..."
Roxas, a quelle parole, non seppe che dire, perché non le capì nemmeno.
Axel era il suo cavaliere, il suo eroe, quello sempre pronto ad aiutarlo, sempre pronto a farsi in quattro per lui. Non lo riteneva nemmeno lontanamente capace di ferirlo, perché persino pensarlo per lui era un grande conforto.
L'unica cosa che poteva fare per ferirlo era allontanarsi, sparire per sempre e questo gli faceva tanta paura. Tanta.
"Non credo che questo sia possibile" rispose, semplicemente, dopo un po'.
Axel arricciò le labbra, confuso.
"Non puoi mai saperlo... non puoi mai dare per scontato nulla. Tu sei così fragile ed io sono così impaurito all'idea di romperti, di spaccarti in due..." ammise, infine, stringendo gli occhi perché il cuore gli faceva male.
"Perché? Che cosa potresti mai fare per ferirmi?" chiese l'altro, un po' frustrato da quella situazione e quella paura infondata del rossino.
Axel a quella frase si voltò e lo fronteggiò, conscio che il suo autocontrollo era completamente svanito.
Gli prese il viso tra le mani e lo guardò, fisso, con gli occhi fermi e spalancati.
Sentì la punta del naso toccare quello di Roxas, che ora lo guardava senza alcuna espressione sul volto, anche lui immobile. Alzò le braccia per stringere le dita intorno alla maglietta del cantante e sentì il cuore in gola.
Axel voleva baciarlo, davvero e sta volta non c'era più niente a fermarlo. Niente.
Era completamente fuori di se, senza un briciolo di razionalità nel cervello offuscato.
"Axel..."
Quella voce tremante e insicura ebbe il potere di ridestarlo completamente. Si vide davanti agli occhi ogni singolo istante passato a consolare quel biondino meraviglio e, rendendosi conto di ciò che stava per fare, chiuse gli occhi e sospirò stancamente, senza però lasciarlo.
"Usciamo di qui, ti prego..." gli disse, infine.
Roxas lasciò leggermente la presa dalla sua maglia, in un riflesso incondizionato, poi abbassò le ciglia su quelle labbra così vicine, per guardarle.
"Va bene..." mormorò, poi fece scivolare le braccia lungo i fianchi quando il rossino gli lasciò andare il viso e si voltò di nuovo verso la porta.
L'aria era pesante, schiacciata e oppressa da un forte senso di instabilità.
Axel aveva abbandonato la stanza, raccattando le chiavi di casa sul tavolo del soggiorno.
Roxas era ancora immobile a fissarlo mentre faceva quell'azione, nervoso, tremante, sospirando e passandosi continuamente la mano tra i capelli, confuso.
Lo aveva sentito così vicino che aveva potuto percepire il calore delle sue guance bruciate. Lo aveva visto così vicino che aveva quasi potuto vedere quante rughe d'espressione aveva intorno agli occhi, mentre li stringeva.
Si chiese se, quello che stava per succedere poco prima, era davvero un tentativo di un bacio.
Ne aveva ricevuti così tanti, da quel viscido, ma talmente violenti e schifosi, che non sapeva ancora riconoscerne uno vero.
Ma, malgrado tutto ciò gli avesse ricordato quell'uomo, non era né intristito, né impaurito.
Il modo di Axel di avvicinarsi, di tenergli la testa tra le mani, era dolcissimo come sempre e probabilmente anche il suo bacio lo sarebbe stato. Ne era certo.
Ed era certo anche che, forse, non si sarebbe scansato.
Sarebbe stato titubante, all'inizio, quello sì. Ma solo perché si trattava del suo primo, vero bacio. Poi tutto, probabilmente, sarebbe venuto da se.
Lo rimpianse. Lo rimpianse moltissimo.
Decise, però, di far finta di nulla. Come se nulla fosse successo in quel momento. Si avvicinò all'interruttore della luce e la spense, per poi tornare in salotto e raggiungere Axel già pronto sulla porta.
Comprese il suo disagio e la sua voglia di uscire il prima possibile da quella casa che lo stava opprimendo.
Uscirono dalla porta e raggiunsero l'ascensore, che presero poco dopo, in silenzio e Roxas si rese conto che Axel non lo guardava più. Ma notò anche che sforzo immane stesse facendo per riuscirci.
Gli strinse la mano, timidamente, come a volerlo rassicurare che non c'era nulla di cui preoccuparsi, sperando che quel gesto non peggiorasse le cose.
Il rossino continuò a non guardarlo, ma non lo scansò. Gli strinse anche lui le dita tra le sue e poggiò la testa alla parete metallica dell'ascensore, fissando il suo riflesso nello specchio e ringraziando il cielo che fosse riuscito a controllarsi.
"Scusa..." mormorò, poco dopo.
Roxas scosse la testa, sorridendo: "Non devi chiedermi scusa di niente"
Axel non rispose, ma si sentì più rincuorato, perché Roxas gli era parso assai sincero con quella frase.
Uscirono dall'ascensore quando arrivò al piano, senza smettere di tenersi per mano e uscirono dal portone aperto.
Il rossino si guardò intorno, poi sospirò e finalmente lo guardò. Roxas notò che era di nuovo tornato ad essere calmo e tranquillo, anche se i suoi occhi erano leggermente velati.
"Ti va di accompagnarmi in un posto?" chiese titubante, poco dopo.
Il bassista annuì sorridendo: "Dove vuoi tu!"
Axel prese la strada verso destra, avvicinandosi alla fermata dell'autobus che poco dopo arrivò. Stettero in silenzio per tutto il tragitto e Roxas non chiese nemmeno dove stessero andando. Voleva solo che Axel si tranquillizzasse e che capisse che non aveva nulla di cui sentirsi in colpa, perché quel semibacio che stava per ricevere era stata una delle cose più confortanti della vita della sua vita, ormai totalmente cosciente di amare quel pazzo.
Axel prenotò la fermata e si alzarono e fu lì che il biondino capì le intenzioni del ragazzo.
Davanti a loro ergeva malinconicamente il cimitero della città. Era molto antico e architettonicamente stupendo, malgrado all'interno vi riposassero coloro che non c'erano più.
Non appena scesero, Axel strinse la sua mano con più vigore e Roxas lo sentì tremare.
Fissava l'entrata, esitante, perché non era più tanto sicuro di volervi accedere.
"Entriamo!" lo incitò il biondino, sorridendo e l'altro annuì, un po' più sicuro di se.
Erano anni che non ci andava, ma malgrado questo sapeva perfettamente dove fosse sepolto, perché era una cosa che non avrebbe mai dimenticato.
Camminarono lentamente, mentre c'era quel silenzio schiacciante, che la presenza di Roxas scacciava via come se intorno a lui ci fosse una barriera di vetro infrangibile. Era meraviglioso e non ne era nemmeno consapevole.
"E' da tanto che non vieni?" chiese poco dopo Roxas, guardandosi intorno, mentre continuavano a camminare su un vialetto verde, contornato da cipressi verdi e splendenti.
"Dal giorno del suo funerale... quasi sei anni fa, quindi" informò, un po' avvilito, cercando di non darlo a vedere.
Roxas cominciò a carezzargli il dorso della mano che stringeva con il pollice, cercando di dargli forza.
Raggiunsero il praticello ben tenuto, dove le tombe a terra erano poste a distanze uguali, formando un mare di marmo e fiori freschi o appassiti. Erano quasi belli da vedere, perché il colore predominava sul freddo delle lapidi.
Axel la riconobbe subito, la tomba di suo padre. Era semplice, ma perfetta per lui. Non l'aveva mai vista.
La sua foto era un po' scolorita, ma il suo sorriso la faceva risplendere.
Era una foto del suo compleanno, l'ultimo, e sembrava più spensierato che mai.
Si avvicinò, lasciando la mano di Roxas, che rimase un po' indietro, rispettando quella visita del tutto inaspettata.
Il rossino fissò quel blocco freddo e notò i fiori freschi messi sicuramente da sua madre il giorno prima. La domenica lei andava sempre a trovarlo e non aveva mai mancato l'occasione di farlo.
Era rincuorato che almeno lei tenesse vivo quello spazio minuscolo, rendendolo ospitale.
"Ciao papà" mormorò, alzando anche una manina per rafforzare il suo saluto, poi sospirò. "Accidenti, mi sento così stupido!"
Roxas lo sentì dire quella frase e non seppe se essere divertito o preoccupato per la sua reazione. Parlare con qualcuno che non c'era più era sempre strano, ma era d'aiuto a chi invece la vita continuava a viverla, senza la loro presenza così imponente, specie quella di un padre.
Axel si voltò a guardare il bassista e gli allungò una mano, timidamente.
"Vieni qui, ti prego..." lo supplicò e lui ubbidì, annuendo e stringendogli le dita tra le sue.
"Dai, digli qualcosa!" lo incitò Roxas, sorridente.
Axel scosse la testa: "Mi sento troppo stupido a parlare con un blocco di marmo..."
Il bassista si voltò verso la lapide e sospirò.
"Suo figlio si fa troppi problemi, certe volte!" disse, poi rise. "Ma è un bravo ragazzo, anche se non si direbbe!"
"Ehi!" lo riprese Axel, dandogli una spallata.
"Poi è tanto suscettibile!" continuò Roxas, alzando gli occhi al cielo, divertito e felice di sentirlo un po' meno cupo.
"Non dargli retta, anche se non sembra è una peste terribile, questo ragazzino!" esclamò Axel, senza rendersi conto che aveva iniziato a parlare con suo padre senza alcun tipo di impaccio.
Roxas rise a quella frase e si sedette sull'erba a gambe incrociate, invitando anche il rossino ad imitarlo.
Axel lo guardò confuso ma lo seguì e sospirò, rendendosi conto di aver davvero intrapreso una conversazione con quella lapide.
"Lui è Roxas, comunque! Il nostro bassista!" continuò, poco dopo, cominciando a giocherellare con i lacci delle sue scarpe, nervoso. "La mia piccola peste..." mormorò, abbassando la voce.
"Sapevo anche presentarmi da solo!" esclamò l'altro, dandogli uno spintone scherzosamente.
"Non ne sono certo!" lo punzecchiò l'altro, poi guardò di nuovo la foto di suo padre. "Ha un bel caratterino, ti sarebbe piaciuto averlo tra i piedi per prenderlo in giro come facevi con me! Solo che lui è indomabile!"
"Sono più che certo che suo figlio sia peggio di me! Quindi non mi offendo!"
"E' altezzoso, hai visto? Se la tira tantissimo, questo insolente! Però è anche tanto dolce, eh! Io non posso più farne a meno, di lui..." ammise, con un mezzo sorrisetto tra il malinconico e l'impacciato, che fece perdere un battito al cuore di Roxas, che tacque.
"Ah, è il fratello di Ven, te lo ricordi? Beh, ma non credo ci sia bisogno di dirtelo, avrai notato la somiglianza! Ven e gli altri stanno bene e gli manchi tanto, sai?" continuò il rossino, che aveva preso il via e non riusciva più a smettere di parlare. "Volevamo tornare al lago, ma senza di te non sarebbe la stessa cosa, probabilmente... anzi, ne sono certo"
Abbassò lo sguardo, sentendo che gli occhi gli si inumidivano per la tristezza e si sentì profondamente vuoto, e in colpa e spaccato a metà.
"Manchi tanto anche alla mamma... lei senza di te è persa..." mormorò, poi si nascose il viso tra le mani e scoppiò a piangere. "E manchi tanto anche a me..."
Roxas lo abbracciò, intristendosi anche lui  e l'altro gli poggiò la testa sulla spalla.
Il biondino gli posò un bacio sulla cute, iniziando a carezzargli i capelli, dolcemente.
Era la seconda volta che vedeva Axel lasciarsi andare così e sapeva per certo che sfogarsi a quel modo era liberatorio, soprattutto per chi, come il rossino, teneva sempre tutto sotto controllo, mantenendo il sangue freddo per aiutare gli altri.
Era meraviglioso, ma anche lui esplodeva, ogni tanto e, si rese conto poco dopo, che aveva pianto per suo padre e per lui, quindi si sentì molto importante.
Axel singhiozzava con il viso ancora nascosto tra le mani, perché continuava a non volersi esporre, anche se non c'era bisogno.
Roxas rispettava quel suo modo di esprimere la sua forza e non disse nemmeno nulla. Lo teneva solo tra le braccia, come il rossino aveva sempre fatto con lui quando gli aveva pianto davanti.
Sapeva che così non avrebbe mai ricambiato tutte le cose che Axel faceva per lui, ma almeno si sentì un pochino utile.
"Scusa..." mormorò il cantante, poco dopo, calmandosi e passandosi l'avambraccio sugli occhi.
Roxas rise leggermente: "Non vorrei che piangessi con nessun altro che con me..." ammise, ripetendo le parole che l'altro gli aveva scritto nel suo primo sms.
"Grazie mille"
Il biondino gli lasciò un altro bacio sulla testa e sussurrò: "Non dirlo nemmeno..."
"Suona il pianoforte come te..." esordì Axel, tornando a guardare la lapide, con la voce ancora un po' incrinata dal pianto, ma si era quasi calmato del tutto. "E' bravissimo e sareste andati d'accordo anche su questo! Io non sono portato per certe cose, preferisco cantare!"
"E' bravo a cantare! La sua voce ha il potere di tranquillizzare chiunque!" si intromise Roxas, divertito, ma anche profondamente sincero,
"A parte quando canto The Other Promise!" cercò di sdrammatizzare, ricordando il disagio del bassista quando l'aveva cantata.
"A parte The Other Promise!" gli diede corda l'altro, sbuffando divertito.
"E la marcia di Topolino!"
"No, quella mi è piaciuta!"
"Non guardarmi così, papà! Abbiamo suonato la marcia di Topolino e l'abbiamo pure cantata! Roxas è stonato da morire, mi ha quasi spaccato i timpani!" continuò rivolto a suo padre.
"Però io almeno sono polistrumentista!" cercò di giustificarsi l'altro.
"Lo vedi che è dannatamente superbo?"
Roxas lo scansò dandogli uno spintone: "Finiscila, che figure mi fai fare!"
Scoppiarono a ridere entrambi, poi Axel gli prese la mano dolcemente, sorridendo quando l'altro lo guardò.
"Ora dobbiamo andare... non so quando tornerò, ma spero di farlo presto. Ma, sappi che anche se non ti vengo a trovare, ti penso sempre, costantemente e che mi manchi ogni giorno di più... ti porto sempre con me..." mormorò infine il rossino, alzandosi in piedi imitato dall'altro, che si pulì i pantaloni dai piccoli fili d'erba che gli si erano attaccati al tessuto. "Ciao papà!"
"Arrivederci!" salutò il biondino, facendo un debole e rispettoso inchino, prima di essere preso di nuovo per mano e iniziando a camminare verso l'uscita.
Non appena salirono sull'autobus che li avrebbe riportati indietro, si sedettero su un paio di sedili liberi.
"Andiamo a mangiare al Mac! Ho una fame tremenda! Poi raccattiamo il basso a casa mia e andiamo alle prove, ti va?" chiese Axel, poco dopo.
Roxas annuì sorridendo: "Va benissimo!"
L'altro lo guardò e si fece serio per un attimo, cominciando a carezzargli i capelli.
"Salgo solo io a casa, però, ok?" mormorò, sapendo che se fosse accaduta di nuovo la stessa cosa di prima, non sarebbe riuscito a controllarsi, sta volta.
Il biondino deglutì a disagio, poi abbassò leggermente lo sguardo.
"Ok" rispose, semplicemente, cercando di non pensare più.
 
 
E il venerdì, infine, arrivò.
Axel fissava l'entrata del locale, senza realmente vederla, immerso nei suoi pensieri. Ogni tanto sospirava, nervosissimo, così assorto da far paura.
"Axel, tu..."
"SONO TRANQUILLISSIMO!"
Roxas sussultò sulle spalle, guardandolo un attimo basito da quell'urlo disumano, poi scoppiò a ridere, divertito dalla sua reazione. Gli circondò un braccio intorno al suo, con un sorrisetto furbastro e lo guardò.
"Non ho dubbi a riguardo! Sembri così calmo!" ironizzò.
Axel lo guardò, ritraendosi leggermente, perché quel guizzo che gli aveva attraversato la faccia un po' lo aveva inquietato.
"Roxas, è inutile che fai lo spiritoso e te la tiri perché tu sei abituato ad esibirti di fronte ad un vero pubblico! Sei antipatico, ecco!" mormorò, imbronciandosi, il rossino.
Roxas lo lasciò andare, sbuffando. Era antipatico? Bene, allora non lo avrebbe confortato mai più. Incrociò le braccia al petto e voltò lo sguardo nella direzione opposta a quella del cantante.
"Come vuoi..."
"Non fare l'offeso, ora!" lo riprese Axel puntando un ditino accusatorio verso di lui.
Il biondino sbuffò di nuovo e mise il broncio.
"Non sono offeso!"
"Sì che lo sei!"
"Ti dico di no!"
"Io invece ti dico di sì!"
"Avete rotto il cazzo, adesso!" sbottò Vanitas, seduto su un muretto a guardarli, inorridito. "Sembrate una coppietta di sposini che litiga per delle cazzate, Cristo santo! Smettetela, mi sta venendo il diabete!"
Roxas, a quella frase, avvampò e cercò di non darlo a vedere, trattenendo il respiro. Axel invece scoppiò a ridere e seppe di non poter dire molto. Effettivamente sembravano proprio una coppietta litigiosa.
"Colpa di Roxas che fa il prezioso!" lo punzecchiò ancora il cantante, dandogli una gomitata nelle costole e beccandosi un pugno sul braccio dalla sua peste.
"Non mi interessa!" ruggì Van, adirato, guardandosi poi intorno e arruffandosi i capelli, isterico. "Dove cazzo è finito Riku?"
"Magari ha avuto un contrattempo! Dai, per una volta che è in ritardo lui, non prendertela, no?" sorrise Axel, cercando di rassicurarlo.
Erano davanti al locale, un'ora prima della loro esibizione; Axel era arrivato in anticipo perché era nervosissimo e di Riku non c'era traccia ancora. Vanitas cominciava ad impazientirsi, soprattutto perché il suo caratteraccio non lo faceva stare tranquillo nemmeno per un momento. Sapeva solo che, non appena l'argento si sarebbe fatto vedere, lo avrebbe strozzato, più che altro per sfogare il fatto che era nervosissimo anche lui, anche se non voleva darlo a vedere.
Fece un suono col naso che somigliava al verso di un maiale imbizzarrito: "Ritardo? Il ritardo quello ce l'ha in testa! Ma io lo so dov'è! Lo so benissimo!"
"E perché non ci delizia anche a noi delle sue geniali supposizioni, Lord Van, signore del male assoluto?"
Il chitarrista ignorò il nomignolo e, puntando un dito contro al rossino e al biondino, gonfiò il petto, borioso.
"Quello lì sta con mio fratello! Ne sono certo, perché da quando stanno insieme è più rincoglionito e svampito di prima!" spiegò.
Axel e Roxas si guardarono alzando un sopracciglio, perché non solo la spiegazioni non era stata esauriente, ma ad entrambi non risultava che Riku si fosse rincoglionito, dopo essersi messo con Sora. Non così tanto, almeno. Si perdeva nel vuoto ogni tanto, quello sì, ma era sempre più che padrone delle sue azioni. Anche troppo, a volte.
"Oh, no, no, no, no! Non cominciate anche con gli sguardi di intesa, che vi comincio a prendere a pugni, giuro sul mio amore per Ven che lo faccio!" li minacciò, torvo.
"Ven non vuole che mi picchi..." disse Roxas, in tono disinteressato, facendo spallucce.
Vanitas aggrottò le sopracciglia, reprimendo l'istinto di togliersi una scarpa e tirargliela sulle gengive.
"Lo so benissimo che Ven non vuole, ma se continuate così non riuscirò a trattenermi, ve lo assicuro! Soprattutto con te, Roxas, sei diventato tremendo!" constatò, rabbrividendo al ricordo del biondino taciturno e scostante che era un tempo che, comunque, lo inquietava lo stesso ma mai come ora, che era fin troppo scaltro e pungente, a volte.
Il bassista ridacchiò, poi sorrise: "Scherzo! Perché non chiami Sora e gli chiedi se Riku è con lui?"
Vanitas lo squadrò ancora per qualche secondo, visto che la parola "scherzo" non gliel'aveva mai sentita dire, poi sospirò rassegnato.
"Aspetterò ancora qualche minuto e se non arriva gli cospargo la strada di mine antiuomo!" sentenziò, incrociando le braccia al petto e mettendo su il broncio.
Infatti, pochi minuti dopo, l'argento emerse tutto sorridente, tenendo per mano un Sora saltellante ed euforico. Era visibilmente emozionato per il concerto.
"Ciao!" salutò alzando una manina.
Vanitas balzò giù, indicando sia lui che suo fratello, adirato.
"Io lo sapevo che eravate insieme! Mi ci sarei giocato le palle se solo non fossi stato sicuro di perderle per sempre!" ruggì, incattivito peggio di un cane con la rabbia.
Riku si ritrasse e alzò un sopracciglio, indignato.
"Perdonami, eh! Non sono mica arrivato dopo l'esibizione! Un piccolo ritardo si perdona a tutti!" rispose, prendendo d'acido, poi indicò Axel con un gesto teatrale: "Allora lui dovevi ammazzarlo da tempo!"
"Axel è un caso perso, ormai! Sei tu che a forza di andare appresso a mio fratello ti sei rincoglionito!" sbottò Van.
"Ehi, io sono qui davanti a voi, eh!" esclamò Axel, con le mani ai fianchi, arrabbiato.
Sora annuì d'accordo con lui: "Ma come ti permetti!"
Vanitas grugnì fortissimo, nascondendosi il viso tra le mani, stancamente. Sembrava un pazzo furioso.
"Dio, dov'è Ven quando serve? Io vi ammazzo a tutti quanti, giuro! Fermatemi, cazzo, fermatemi!" urlò, cercando di avventarsi contro i suoi amici, ma Axel gli spiaccicò una mano sulla fronte, bloccandolo.
"Su, basta, smettetela, vi prego! Stiamo dando spettacolo inutilmente!" mormorò Roxas, vedendo che i passanti li guardavano intimoriti da quell'atmosfera violenta che si era creata.
I quattro si guardarono, imbarazzati. Si resero conto che effettivamente sembravano dei pazzi furiosi. Tutto, ovviamente, era dettato dal fatto che fossero assurdamente tesi per l'esibizione, anche Sora.
Si ricomposero, cercando di non ricadere in certe sceneggiate e si zittirono.
"Bene, così va meglio!" sorrise il biondino "Vogliamo entrare? Magari ci fanno accordare gli strumenti!"
Axel lo guardò e annuì.
Roxas quella sera era la forza del gruppo. Lui non era mai teso, quando si trattava di certe cose, perché era abituato a situazioni ben più serie quando si esibiva per i suoi concerti. Ora doveva prendere in mano la situazione e cercare di tranquillizzare tutti, anche se quel compito di solito spettava al rossino.
Ma quella sera Axel era assolutamente nevrotico. Ogni cosa lo faceva scattare per i nervi. Non era la persona giusta per fare il leader, ora, quindi Roxas, visto che cercava sempre un modo per ricambiare la sua gentilezza, aveva deciso di aiutarli come poteva, anche se era un ruolo che non ricopriva volentieri, di solito.
"Va bene! Entriamo! Gli altri ci raggiungono?" chiese Riku, voltandosi a guardare il chitarrista e il cantante.
"Sì, Ven ha detto che porterà Demyx e Zexion, poi non so se si uniranno anche altri, tipo il troglodita e la vacca spastica!" rispose Van, facendo spallucce.
"Io ho detto ad Hayner e gli altri di raggiungermi! Dovrebbe esserci anche Kairi!" sorrise Sora, intromettendosi saltellando sul posto.
Riku lo guardò alzando un sopracciglio: Kairi?
Aveva invitato anche quella tipa? Quella che andava dietro al suo ragazzo da una vita? Beh, doveva tenerla d'occhio, quell'arpia, perché non gliela raccontava giusta. E poi perché la frequentava ancora? Quella così avrebbe pensato di avere una speranza, no? Dio, gli prudevano le mani...
"Viene anche mia madre, pensa un po'!" rispose Axel, grattandosi la testa imbarazzato, perché in realtà non voleva che ci andasse. Non tanto perché non la voleva, ma perché probabilmente era l'unico genitore presente.
"Ah sì, vengono anche Cloud e Zack, mi hanno detto che non si perderebbero una cosa del genere per nulla al mondo!"
Axel si sentì rincuorato a quella rivelazione. Non erano i genitori di Riku, ma erano comunque parte della sua parentela. In un certo senso poteva catalogarli come genitori.
"Ma... c'entreranno tutti?" chiese Sora, scoppiando a ridere, mentre immaginava orde di gente a guardarli suonare.
Axel sbuffò divertito, sentendosi un po' più tranquillo a sapere che ci fosse tutta quella gente che conosceva: "Sì, abbiamo tutto il piano di sotto per noi!"
"Ok, allora entriamo!"
E, detto questo, i cinque amici varcarono la soglia del loro pub preferito. Era vuoto, perché erano appena le sette di sera. C'era solo Leon intento a pulire il bancone con cura e Marluxia, seduto ad un tavolino rotondo. Parlava al cellulare, ridendo fintamente e alzando gli occhi al cielo esasperato.
Per Marly il tempo era denaro e non aveva tempo da perdere con cose inutili. Appena li vide li salutò con una mano, facendo loro cenno di aspettare un secondo, poi tornò a fingere di ridere.
"Povero Marly!" rise Axel, avvicinandosi al bancone, "Ciao Leon!"
Il barista li guardò e sorrise: "Ciao ragazzi! Pronti per stasera?"
"No!" sentenziò Vanitas, sentendo il cuore iniziare a battergli all'impazzata per l'emozione. "E non lo saremo mai! Sono troppo scarsi, questi qui!"
Il moro si guadagnò un'occhiata in tralice dai suoi amici che ignorò.
"Belle le magliette!" esclamò ancora Leon, adocchiando le t-shirt della band.
Tutti sorrisero entusiasti.
"Vero? Sono una figata!" rispose Axel, poi si voltò verso Marluxia, che aveva finito di parlare al telefono e si er avvicinato.
"Buonasera, ragazzi! Tra un'ora vi voglio pronti e carichi! Potete scendere quando volete per familiarizzare con l'ambiente e magari provare qualcosa! Mi avete portato abbastanza gente?" chiese, ridacchiando poi.
"Anche troppa!" rispose Axel, imbarazzato, grattandosi la testa. "Ma berranno! Almeno mia madre ha promesso così!" mormorò, più a bassa voce, rendendosi conto che forse quella cosa era meglio non dirla.
Tutti scoppiarono a ridere a quella rivelazione, poi Marly gli posò una mano sulla spalla.
"Per me può bere anche tua nonna, rossino! L'importante è che consumino! Beh, andate pure, ci vediamo dopo!" sentenziò, poi si voltò raggiungendo di nuovo il tavolo e ricominciando con il suo solito giro di telefonate di lavoro.
"E' super impegnato!" costatò Riku, guardandolo sorpreso.
"Beh, non ha solo questo locale! Ne ha un'altro paio in giro per il paese, così deve amministrarli da lontano!" spiegò Leon, porgendo poi loro delle bottigliette d'acqua. "Queste le offre Marly! Buone prove!"
I ragazzi le presero e scesero giù.
Era grande quanto il piano di sopra, ma era insonorizzato, dato che era adibito ai concerti live. C'erano tavolini sparsi ovunque, e ce n'erano abbastanza da contenere tutti i loro invitati. Poi, in fondo alla stanza, ergeva un palco molto grande, dove campeggiava già una batteria molto bella, degli amplificatori e un microfono con l'asta.
Raggiunsero il palco e Roxas e Vanitas tirarono fuori i loro strumenti, attaccandoli poi agli amplificatori, mentre Riku si sedeva alla batteria e faceva un veloce giro di tutti i piatti per provarla. Aveva un buon suono, ottimo. Era abbastanza simile alla sua, quindi non ebbe molte difficoltà ad abituarsi. Axel si avvicinò al microfono e lo alzò quel tanto che potesse permettergli di averlo all'altezza della bocca. Lo accese e lo provò.
"Sa... Sa..."
"Sa di cazzo!" rispose Vanitas, senza guardarlo, mentre accordava la sua chitarra.
Scese un silenzio di tomba, mentre tutti si giravano a guardarlo, poi scoppiarono a ridere senza riuscire a trattenersi. Questo li sciolse un po' dalla tensione che li stava attanagliando.
"Consiglio numero uno: non guardateli mai negli occhi!" esordì Roxas, all'improvviso, quando tutti erano pronti alle loro postazioni, cercando di prepararli ad una esibizione davanti ad un pubblico.
Tutti lo guardarono, incuriositi.
"Consiglio numero due: se vi sentite emozionati, chiudete gli occhi e fingete di essere da soli!" continuò il biondino, "Consiglio numero tre: siamo bravi, bravissimi e lo siamo sempre stati durante le prove, quindi cosa dovrebbe impedirci di esserlo anche ora?"
"Il fatto che ci giudicheranno?" rispose Riku, deglutendo, perché effettivamente la cosa un po' lo soffocava.
Roxas lo guardò alzando un sopracciglio, poi ridacchiò.
"La metà delle persone che verranno li conoscete e probabilmente capiscono poco di musica... nel caso dovessimo commettere qualche errore facciamo solo finta di niente, perché non se ne accorgeranno nemmeno!"
"La fai facile, tu!" gli rispose l'argento, imbronciandosi. "Sei abituato ad esibirti davanti ad un pubblico!"
"Beh, ma anche io all'inizio mi innervosivo. Poi ho messo in pratica i tre consigli che vi ho dato!"
"Roxas ha ragione, dobbiamo stare tranquilli! Sora, fai finta di essere il nostro grande pubblico e dicci come va!" esclamò Axel, voltandosi a guardare il moretto, seduto su una sedia di fronte al palco. Sora alzò un pollice vittorioso, ammiccando, preparandosi ad ascoltarli con la dovuta attenzione.
"Ri, partiamo da Broken Face!"
Riku annuì e iniziarono a provare.
Il suono era assurdamente pulito, lì dentro. Era davvero ben insonorizzata e fatta apposta per la musica, quella stanza. La voce di Axel era ben chiara e, a confronto delle prove nel box, non veniva sovrastata dagli altri strumenti. Questo lo inquietò un po', perché effettivamente il solo pensiero che lo avrebbero sentito cantare così forte era inquietante.
Sora cantava, intanto, perché i Pixies lo avevano sempre emozionato. Era entusiasta e gli piaceva come il gruppo suonava le loro canzoni.
Non appena la prova finì i ragazzi si guardarono, parecchio soddisfatti del loro operato.
"Beh, direi che è andata bene! Il suono è ottimo qui dentro!" sentenziò Axel, sfilacciando poi il microfono che si era un po' attorcigliato.
"Questo Charleston è bestiale! Quasi quasi glielo rubo!" ridacchiò Riku, contemplandolo assorto, notando che era seminuovo.
"Ruba anche un po' di talento a qualcuno, se ti capita!" rispose Vanitas, grugnendo, visibilmente nervoso. "Cristo, speriamo non mi venga da cagare per la troppa ansia!"
"Bonjure mon petit ami!" rispose Riku, con le mani ai fianchi, sconvolto dalla sua uscita, ma nemmeno troppo.
"Non rompere il cazzo! Sono nervoso da far schifo! E anche voi lo siete, quindi comprendimi!" controbatté il moro, indignato.
"Sì, ma almeno ho ancora la forza di non esprimermi come uno scaricatore di porto!" lo redarguì ancora l'argento.
Axel sbuffò, sentendo che stava sudando davvero molto e non per il caldo. Si fece aria sventolando la maglietta e poi posò una mano sul microfono: "Dai, proviamone un'altra che non mi sento tranquillo! Dio, scorderò tutti i testi, già lo so..."
"Tranquillo, non li scorderai!" ridacchiò Roxas, divertito e intenerito dalle loro reazioni eccessive. Non stavano per esibirsi allo stadio, santo cielo! Represse l'istinto di dirglielo, poi sorrise in direzione del rossino quando lo vide voltarsi verso di lui.
"Ti voglio credere, Roxas!" rispose l'altro, alzando un sopracciglio "E se non sarà così, appena usciremo da qui ti picchierò!"
"Ok, allora appena finiamo farò bene a fuggire via!" esclamò il biondino, ridendo e facendo ridere anche lui, allentandogli un po' la tensione.
Provarono tutte e quattro le canzoni, infine, scoprendo di essere parecchio in forze quel giorno. Sembrava che potesse andare tutto benissimo, perché comunque erano tre pazzi isterici e uno calmo, quindi potevano darsi forza a vicenda.
Non appena smisero di provare, constatando all'unanimità che continuare avrebbe portato solo al consumo di energie per la vera esibizione, si sedettero al tavolino dove precedentemente Sora si era seduto e iniziarono a parlare, in attesa che arrivassero i loro spettatori.
Poco dopo, infatti, emerse Ventus, accompagnato da Zexion, Demyx, Terra e Aqua, tutti sorridenti.
"Buonasera!" esordì Ven, su di giri, mentre gli altri lo imitavano e si avvicinavano.
"Ciao ragazzi! Siete già qui!" constatò Axel.
"Oh, beh, manca poco alla vostra esibizione! Non credere di essere ancora salvo, rossino!" lo redarguì Demyx, avvicinandosi e dandogli una pacca sulla spalla.
"Beh, a te ti hanno buttato giù dal letto? Ti sei scomodato a venire anche se sei infinitamente pigro! Devo sentirmi onorato, vero?" continuò Axel, alzando un sopracciglio e dandogli un pugno sul braccio, amichevolmente. Demyx si ritrasse e ridacchiò mostrando i denti.
"Sì, sentitici! Ma non aspettarti che al prossimo ci sarò! Troppo sbattimento!"
"Io fossi stato in voi non lo avrei invitato!" sentenziò Zexion, avvicinandosi ai due.
"Ehi, Zex!" salutò Riku, dandogli poi il cinque, seguito dagli altri tre amici, per salutarlo. "Come andiamo?"
Zexion ridacchiò: "Bene, bene! Giusto il viaggio in macchina con Ven... corre un pochino!" disse, in tono da confidente, ma il biondino lo sentì e aggrottò le sopracciglia.
"Beh, vorrà dire che il viaggio di ritorno te lo fai a piedi!" sentenziò, poi si avvicinò a Roxas e gli posò le mani sulle spalle. "Comunque ti volevo presentare mio fratello, il bassista del gruppo!"
"Oddio, siete identici!" esclamò l'amico, allungando una mano per stringere quella del bassista che sorrise, a disagio. Le nuove conoscenze lo imbarazzavano sempre un po'. "Io sono Zexion!"
"Piacere, Roxas!"
"Dio, davvero, fate impressione! E' uguale a te quando eri piccolo, Ven!"
Ventus ridacchiò: "Sì, ce lo dicono tutti, anche se Roxas dice di no!"
Il più piccolo alzò la testa per guardarlo e gli sorrise, come a dirgli: "Non è vero, in realtà penso anche io che sia così, ma non voglio dirtelo!"
Axel li guardò molto sollevato di vederli così spensierati, i due fratelli. Si erano uniti per davvero, ora e nulla poteva più sciogliere quel legame che si era creato. Girò la testa e vide emergere dalla porta un'altra persona e si alzò in piedi istintivamente quando vide sua madre sorridergli mentre lo raggiungeva.
"Mamma!" esclamò, felice di vederla. La donna gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia.
Axel arrossì, perché ora tutti lo stavano guardando divertiti.
"Axel, tesoro! Hai visto, sono arrivata in tempo!" sorrise lei, poi si voltò a guardare i suoi amici. "Ventus! Riku! Vanitas! Quanto tempo che non ci vediamo!"
Ventus le sorrise a sua volta: "Buonasera signora! Come sta?" chiese, mentre anche l'argento e il chitarrista si alzavano per salutarla.
"Molto bene!" rispose la donna, poi guardò Sora: "Tu devi essere il fratello di Vanitas, vero?"
"Sì, ha indovinato! Sono Sora, piacere!" rispose il moro, dandole poi la mano.
"E tu devi essere Roxas!" sorrise lei, un po' maliziosamente, visto che sapeva benissimo che cotta stratosferica si era preso suo figlio per quel piccoletto.
Roxas imitò gli altri e si alzò, poi le strinse la mano timidamente, grattandosi la testa un po' a disagio.
E così quella era la mamma di Axel. Beh, non c'erano dubbi in realtà. Aveva i suoi stessi capelli rossi e gli occhi verdi, stessi lineamenti e stesso sorriso. Identico.
"Mamma, non fomentarti troppo quando mi sentirai cantare, ok? Non vorrei ti sentissi male dall'emozione!" esclamò il cantante, borioso come sempre.
La donna sbuffò divertita: "Sono una donna forte, posso sopportare tutto questo!"
"Sì, soprattutto vivendo con un tipo simile, deve essersi fatta parecchi muscoli!" si intromise Vanitas, facendo uno dei suoi soliti commenti ma non acidamente, ma solo perché davanti ad un genitore era sempre più che educato.
Falso, falso di merda!
L'ora dell'esibizione, infine, arrivò, annunciata da un Marluxia particolarmente entusiasta di vedere tutta quella gente.
I quattro ragazzi salirono sul palco e si prepararono alle loro postazioni, mentre continuava ad entrare gente, pian piano, riempiendo la sala e facendoli sudare per l'emozione.
Marly salì anche lui sul palco e prese un microfono senza fili, poi parlò.
"Buonasera a tutti! Questa sera abbiamo come ospiti un gruppo emergente direttamente dalla nostra città! Sono giovani, sono belli, sono promettenti! Diamo il benvenuto ai The Key Of The Kingdom!" esclamò, mentre tutti facevano un applauso, lasciando spazio ad Axel che si avvicinò al suo microfono, imbarazzato, grattandosi la testa.
"Sì, beh, in realtà saremmo i Kingdom Keys, ma il succo è lo stesso, alla fine! Fa niente Marly!" esclamò, facendo un cenno all'uomo che lo guardò spiazzato da sotto il palco.
Tutti scoppiarono a ridere, sia per l'errore che per la faccia e il tono di Axel. Anche il resto del gruppo.
"Ehm... buonasera a tutti! Noi siamo i Kingdom Keys, come ho già spiegato prima! Non voglio ripetermi, quindi... ehm..."
Tutti risero di nuovo e Axel non sapeva se sotterrarsi per la vergogna o far finta di nulla. Perché non parlava qualcun altro al posto suo? Ah, già, erano dei cacasotto.
"Questa sera vorremmo esibirci con alcune cover dei Pixies, un gruppo formatosi nel 1986 e suonano per lo più musica alternative rock e..."
"Taglia corto e presentatevi!" urlò Demyx, dalla platea, mentre di nuovo tutti ridevano.
"Ehm... sì, allora! Io sono Axel, il cantante! Studio architettura e, questa sera, mi sono reso conto che forse avrei dovuto dedicarmi solo a quello..." disse, cercando di risultare ironico e infatti risero ancora tutti. In accordo con gli altri, Riku e Roxas iniziarono a suonare piano un rift ripetitivo di accompagno alle presentazioni, che risultò parecchio piacevole e funzionale.
Axel si voltò e indicò Vanitas; "Poi abbiamo Vanitas, il chitarrista! Anche lui fa architettura insieme a me, ma faceva bene a non dedicarsi nemmeno a quello!"
Tutti furono divertiti anche da quella battuta, mentre Van lo fulminava con lo sguardo, senza però dire nulla.
"Quello lì è Riku, il batterista! Studia medicina, ma ha il tatto di un comodino, quindi non fatevi curare da lui nemmeno un raffreddore!" continuò, sentendo che facendo un po' il pagliaccio prendeva più sicurezza. L'argento rise a quella battuta. "Poi il nostro bassista, Roxas! Lui fa il conservatorio, quindi è qui solo per farci sentire profondamente scarsi! Ascoltate solo lui e vedrete che il nostro gruppo vi piacerà!"
Roxas lo guardò ridacchiando, poi sia lui che Riku si fermarono e il rossino presentò quindi la prima canzone.
"E quindi, augurandovi buon ascolto, vi presentiamo Broken Face!"
E così, la prima esibizione iniziò. Erano carichi ma tesissimi.
Vanitas sudava, perché la chitarra, dopo la voce, era sicuramente la cosa che si udiva di più durante un concerto e si chiese chi cazzo glielo avesse fatto fare di proporre un'esibizione. Ma, comunque, malgrado tutto, pian piano si sentiva più padrone. Seguì il consiglio di Roxas di non guardare la gente negli occhi e, l'unica cosa che riuscì a fare, fu fissare Ventus, che contraccambiava, tutto emozionato, con le mani congiunte al petto, mentre cantava accanto a Sora, meno posato, che saltellava, guardando Riku con dolcezza.
L'argento prese lo stesso esempio di Vanitas, trovando la sua forza nel suo ragazzo. Era bello, Sora, in quel momento, perché gli occhi gli brillavano tantissimo, più del solito e non riusciva a staccarcisi. Erano magnetici.
Roxas era il più tranquillo, ovviamente. Suonava, evitando però di guardare il pubblico, fissando con insistenza il suo basso. Malgrado l'abitudine, era sempre un po' nervoso ad esibirsi davanti a tanta gente, ma era più padrone della situazione; molto, ma molto più degli altri, questo era sicuro.
Axel cantava, con gli occhi chiusi, ma ce la stava mettendo davvero tutta. La sua voce era meravigliosamente chiara e pulita, grazie anche al fatto che la stanza fosse adibita a dei concerti. Si abituò subito al volume alto e non trovò particolari ostacoli nel suo cammino. Ogni tanto si voltava a guardare il gruppo, vedendoli concentrati e poi tornava a rivolgere il viso di fronte a se, con le mani strette al microfono e un piedino che tamburellava a tempo con la batteria.
La prima esibizione quindi finì, e un caldo applauso si alzò, soprattutto dai loro amici e familiari. Riku notò con una certa allegria che anche i suoi zii erano arrivati ed erano di fronte al palco. Non appena incrociò i loro sguardi, Cloud alzò una manina per salutarlo, mentre Zack saltellò sul posto, sventolando le braccia per farsi notare. Il suo ragazzo gli diede uno scappellotto dietro la testa per farlo calmare e quello si lamentò, imbronciandosi.
Gli venne da ridere. Erano troppo teneri.
Povero Zack, poi... quanta pazienza con Cloud.
"E questa era Broken Face..." esordì Axel, impacciato, perché in realtà non sapeva proprio cosa dire. Si voltò verso gli altri che ridevano di lui e li redarguì con un faccino incazzoso. Fece cenno a Riku di stare pronto e si prepararono a suonare Monkey Gone To Heaven.
Roxas era contento di suonarla, perché era la sua preferita e si sentì un pochino fomentato. Partecipò ai cori con entusiasmo, nemmeno steccando troppo sta volta. Era comunque una campana, su questo non c'erano dubbi.
La canzone andò bene e anche le altre due a seguire, perché malgrado l'ansia avevano preso il via e ci stavano quasi prendendo gusto di fronte a tutto quell'entusiasmo, palesato non solo dal pubblico che li conosceva. E poi erano bravi sul serio, accidenti.
L'ultima canzone si concluse, infine, accolta volentieri con un caloroso applauso. I quattro fecero un inchino al loro pubblico, sorridenti e soddisfatti delle loro performance.
Axel si avvicinò di nuovo al microfono e alzò un braccio per fermare tutto quel trambusto che si era creato, tra urla e fischi di approvazione.
"Grazie mille a tutti! Siamo molto contenti e sorpresi che l'esibizione vi sia piaciuta! Ci credevamo poco, in realtà... avevamo paura di fare un casino!" ridacchiò, grattandosi poi la testa imbarazzato quando tutti scoppiarono a ridere alla sua battuta.
"Pagliaccio!" urlò Demyx e tutti risero di nuovo.
"Quello lì potete picchiarlo se lo vedete fuori, eh!" si intromise Vanitas, avvicinandosi al microfono, indicando il biondino che se la rise sotto i baffi insieme a Zexion e Ventus.
"Ancora! Cantatene un'altra!" urlò Sora, su di giri, saltellando sul posto. Il resto dei loro amici gli diede corda, cominciando a battere le mani al ritmo di "Ancora! Ancora! Ancora!"
Axel si consultò col suo gruppo e Riku sospirò: "Non so se Marly sarà d'accordo!"
Il rossino si voltò verso Marluxia che sorrise e gli fece un ok col pollice, facendo anche cenno che una sola e poi basta, perché si stava facendo tardi. Axel annuì.
"Ehm... sì, ok! Ci dicono dalla regia che possiamo farne ancora una... proposte?"
Sora si avvicinò al palco e poggiò le mani sulla sua superficie: "One Winged Angel!" propose, sorridendo.
Axel si voltò per l'ennesima volta verso il gruppo, che annuì dandogli la loro approvazione.
"One Winged Angel sia!" disse, risoluto, poi Riku iniziò a suonare la batteria, seguito subito dopo da Roxas e poi Vanitas.
I loro amici erano in un fomento pazzesco. Tutti iniziarono a battere le mani a tempo di musica, Sora si era avvicinato a  Zack e avevano cominciato a saltellare. Cloud li guardò con un sopracciglio alzato, reprimendo l'istinto di prenderli per le orecchie e cacciarli via per tutto quel casino che stavano facendo accanto a lui. Si spostò leggermente, avvicinandosi all'unica persona savia - apparentemente - di quel pubblico: la mamma di Axel, che gli sorrise caldamente, contraccambiata poi dal biondino.
Il rossino cominciò la sua parte vocale e gli altri tre ogni tanto facevano un coro, rafforzando l'epicità della canzone più bella che avessero scritto, a parere di tutti.
Era bella sul serio e Roxas non riusciva a smettere di fantasticare sul fatto che potesse essere davvero la Boss Theme Battle di qualche cattivo dei videogame. Gli piaceva un casino.
Riku, dal canto suo, amava suonarla, perché aveva una batteria molto particolare e amava le sfide. Poi, comunque, la batteria che gli avevano dato era ottima, perciò cercò di divertirsi più che poteva finché non avesse dovuto abbandonarla, a malincuore.
La canzone finì e tutti applaudirono, su di giri per la loro performance. Erano riusciti a stupire quasi tutti, perché pochissimi di loro avevano avuto il privilegio di partecipare alle prove, anche per via del box troppo stretto per contenere tutti. Gli unici fortunati erano stati Ventus e Sora, anche se anche loro erano rimasti piacevolmente stupiti.
"Beh, grazie mille, davvero! Siete un pubblico fantastico!" esclamò Axel, sempre più imbarazzato.
"Non montarti la testa!" urlò Demyx, ancora.
"Ovviamente tu sei esente da questo complimento!" esclamò Axel, indicandolo, poi si voltò verso il suo gruppo. "Ma chi lo ha invitato?" e tutti scoppiarono a ridere.
"Per gli autografi ci trovate fuori tra poco, non accalcatevi o vi prendo a calci nel culo!" intervenne Van, avvicinandosi di nuovo al microfono, togliendosi la chitarra dalle spalle. "Siamo disponibili, ma siamo pur sempre delle star!"
"Lasciatelo perdere, oggi non ha preso le pasticche!" disse Axel, poi fece roteare un dito vicino alla testa e mormorò: "E' matto!"
I quattro ragazzi si prepararono, infine, a scendere dal palco. Misero tutto a posto, mentre i loro amici lasciavano il locale, accomandandosi fuori.
Sistemarono alla meglio e Riku salutò con una certa malinconia quella bellissima batteria che lo aveva ospitato quella sera. Fissò il Charleston per un po', affranto, chiedendosi che male c'era a nasconderselo dentro la giacca o magari nella custodia della chitarra di Van... aveva un suono così pulito!
Axel lo notò e lo prese per un braccio, tirandoselo dietro.
"Nooo, lasciami ancora con lei! Io la amo!" piagnucolò l'argento, stendendo una mano verso lo strumento e cercando di dimenarsi per tornare.
"Ma smettila, idiota!"
Quando si furono sistemati, raggiunsero Marluxia, che li stava aspettando sotto al palco. Il locale era quasi vuoto, ormai, fatta eccezione per qualche coppietta o gruppetti di amici intenti a bere e parlottare tra di loro.
"Ottimo lavoro, ragazzi! Non avrei scommesso su di voi nemmeno morto, ma mi sono dovuto ricredere!" disse, posando poi una mano sulla spalla del rossino, che non seppe se essere lusingato o offeso da quella frase.
"Grazie Marly! Siamo contenti che la nostra esibizione ti sia piaciuta!"
"Hanno consumato abbastanza?" chiese Riku, divertito, perché aveva notato che tutti quanti avevano preso almeno qualcosa dal bar. Sora si era fatto portare pure le patatine fritte e le aveva divise con i suoi amici, oltre che una piadina col rosmarino sopra che gli aveva fatto venire fame solo a guardarla.
Marly sbuffò divertito: "Sì, sono soddisfatto! Ci sono stati due tipi che hanno addirittura preso un Whisky costosissimo che, in vent'anni di lavoro, non avevo mai visto prendere a nessuno! E' andata alla grande!"
L'argento deglutì. Quei due ricconi dei suoi zii si facevano riconoscere anche lì. Represse l'istinto di spiaccicarsi una mano sulla faccia, affranto, e cercò di sorridere.
"Bene! Sono contento!"
"Tornate a suonare, qualche volta! Quando volete vi riservo una serata! Magari cantate roba vostra, la prossima volta! Ho visto che siete parecchio bravi anche a scrivere. L'ultima canzone era una bomba!" esclamò ancora l'uomo, visibilmente su di giri. Poi si abbassò a guardare Roxas, che contraccambiò interrogativo. "Tu hai un futuro, ragazzino! Pensare che eri quello a cui credevo meno! Ce l'hai nel sangue, la musica, santo cielo!"
Roxas si sentì avvampare a quel complimento. Era abituato a riceverne, ma li aveva sempre percepiti con distacco perché non gli importava poi molto; sapeva di essere bravo e non gli servivano dei complimenti per accertarsene. Ma il suo modo di vedere il mondo stava cambiando e anche il suo modo di approcciarsi con gli altri, quindi si sentì totalmente appagato.
"Grazie mille..."
"Ogni tanto viene qualche gruppo che gli manca il bassista! Sai, sono difficili da trovare... se ti interessa magari puoi farti 'affittare' per qualche serata, almeno ti guadagni anche qualche soldino e ci porti a cena fuori la fidanzatina!" ammiccò Marly, facendo scattare i nervi di Axel.
Fidanzatina? Nah, lui era un principe, ci pensava il suo cavaliere ad offrirgli tutto quello che voleva! Ma poi che si impicciava a fare quel rincoglionito?
Alzò un sopracciglio ma non disse nulla, mentre Riku lo notava e si tratteneva dal ridere.
"Ehm... no, sono impegnatissimo con il conservatorio. Riesco a malapena ad incrociare gli orari per le prove col gruppo" mentì il biondino, che l'idea di essere 'affittato' non lo allettava poi molto. Voleva divertirsi, quando si trattava di suonare almeno il basso e non voleva trasformare anche quell'Hobby in qualcosa di impegnativo. Non ora che aveva capito come fare per divertirsi con i suoi amici.
"Come vuoi! E' un vero peccato! Beh, su, andate! I vostri amici vi stanno aspettando fuori! Buona serata e alla prossima!" e, detto questo, raggiunse una porta scorrevole e vi sparì dietro, senza aspettare che gli altri lo salutassero o lo ringraziassero.
Fissarono confusi per un attimo la porta, cercando di capire perché quell'uomo avesse sempre così tanta fretta, poi si voltarono e salirono le scale, raggiungendo poi Ventus e gli altri, fermi fuori a chiacchierare.
Axel rise, quando vide sua madre intenta in un'accesa e allegra discussione con Cloud e Zack. Probabilmente si era trovata in sintonia e le belle coppie l'avevano sempre entusiasmata. Era solita fare domande anche personali, a volte, ma era talmente dolce da non risultare nemmeno invadente. La gente non poteva fare a meno di amarla.
Vanitas raggiunse Ventus. Il biondino stava parlando con Terra ed Aqua, ma al chitarrista non importava. Lo prese per le spalle e lo baciò, perché tutta la sua tensione di poco prima si era allentata e lo aveva fatto andare su di giri. Lo spinse in giù in una specie di casquè, senza staccarsi nemmeno un secondo.
Ven era arrossito da tutta quella foga, ma non gli importava poi molto, sta volta, che avesse interrotto la sua conversazione con i suoi due migliori amici. Van era stato bravo, quella sera, e meritava tutto il suo amore e la sua comprensione. Era la sua rockstar, sexy, tagliente e imprevedibile. Si riteneva fortunato.
Riku, ovviamente, raggiunse Sora. O meglio, il più piccolo gli saltò letteralmente al collo quando lo vide. L'argento lo prese per la vita e lo alzò, dandogli un dolce bacio sulle labbra, sorridendo innamorato cotto. Si baciarono finché la schiena di Riku non chiese pietà. Era piccolo, ma pesava e non stava fermo un attimo con quelle braccia.
Axel, di fronte a quella scena, non poté fare a meno di guardare Roxas. Il biondino era intento a fissare ancora l'argento e il moro, con un sorrisetto strano, come se stesse fantasticando. Non appena percepì lo sguardo del rossino sul suo, si voltò e alzò un sopracciglio.
"Che c'è, vuoi baciarmi anche tu?" chiese, ridacchiando poi maliziosamente.
Axel scosse la testa, sospirando ma era divertito.
"Non sai quanto..." mormorò, infine, arruffandogli i capelli e allontanandosi per raggiungere sua madre.
Roxas lo fissò, posandosi la mano sulla testa, esattamente dove c'era stata prima quella di Axel.
Si era imbambolato e non sapeva se gli stava battendo più il cuore o il cervello, perché il rossino lo aveva confuso. Era vero che quattro giorni prima si erano davvero quasi baciati, ma la questione era morta lì, senza riaprirla mai più... ma ora, dirglielo così apertamente lo confuse, oltre a lasciargli volare nello stomaco quelle maledettissime farfalle che non ne volevano sapere di lasciarlo in pace.
"Roxas!"
Il biondino si risvegliò e si voltò, vedendo Sora con un braccio alzato, sorridente, che gli intimò subito dopo di avvicinarsi. Teneva Riku per mano, ma vicino a lui c'erano quattro persone, tutti della sua età. Sorrisero vedendolo.
Si avvicinò a Sora e cercò di non dare a vedere che le nuove conoscenze lo imbarazzavano.
"Roxas, volevo presentarti i miei amici! Frequentiamo tutti la stessa scuola, anche se non tutti nella stessa classe!" esordì il morettino, entusiasta, posando poi una mano sulla spalla di un ragazzo biondino, dall'aria un po' strafottente, ma non sembrava antipatico "Lui è Hayner, sta in classe con me! Poi lui è Pence, lei è Olette e infine Kairi, la mia migliore amica!" presentò, indicandoli uno per uno.
Roxas sorrise e strinse la mano a tutti quanti.
"Io sono Roxas, piacere!"
"Sora dice che sei un mostro della musica! Fai il conservatorio, è vero?" chiese la ragazza con i capelli mori, Olette, giusto?
Il biondino si lanciò un fugace sguardo con Sora che cercò di dargli la forza di cominciare una conversazione. Il moro sapeva quanto fosse difficile per lui, così ce la mise tutta per spronarlo.
"Sì, faccio il conservatorio. Ma non sono un mostro, davvero!" disse, agitando poi le braccia, perché era vero che non lo pensava.
"Dai, non è vero! Durante l'esibizione sei stato il più bravo di tutti, a mio parere!" si intromise Hayner e Pence gli diede una pacca sulla schiena.
"Solo perché quello con i capelli rossi ti ha fatto partire prevenuto! Erano tutti bravi, ma tu che vuoi capirne di musica!" lo redarguì e tutti scoppiarono a ridere.
Quello con i capelli rossi, si ripeté in testa Roxas, alzando gli occhi al cielo, divertito.
"Quindi hai la nostra stessa età! Potresti portarlo con noi, ogni tanto, Sora! Mica te lo rubiamo!" esclamò Kairi, ridacchiando poi e dando un buffetto sul naso al moretto che rise a sua volta.
Roxas alzò lo sguardo per guardare Riku, e un alone nero aveva circondato tutta la sua mole. A stento riuscì a distinguere i suoi occhi sotto l'ombra della sua frangetta argentata. Non seppe se essere divertito o se essere intimorito dalla sua gelosia. Sperò che non gli tirasse un pugno preso dalla rabbia.
"Beh, dipende se a Roxas va di uscire con voi sfigati! E' una persona di un certo livello culturale, non credo possa andare d'accordo con tutti voi!" disse Sora, ironicamente, incrociando le braccia al petto, con fare solenne.
"Ehi!"
"Ma chi ti credi di essere, nanetto!"
"Allora ti frequenta solo per pietà!"
"Cosa hai fatto, lo hai stalkerato per convincerlo a frequentarti?"
Roxas rise forte a quello scambio di battute. Avere degli amici così doveva essere uno spasso. Gli mancava tanto avere un gruppo così affiatato da frequentare e si chiese se, magari non troppo avanti, avrebbe davvero avuto la fortuna di far parte di quello di Sora. Il moretto gli era simpatico e avevano stretto una bella amicizia, da quando si erano avvicinati un po'. Poteva quasi dire che fosse il suo migliore amico, perché ormai non aveva nemmeno un briciolo di disagio stando con lui.
"Allora è deciso, la prossima settimana ci vediamo e andiamo insieme in sala giochi! Ti va, Roxas?" chiese Hayner, su di giri per essersi fatto un nuovo amico e per di più uno forte, di cui poteva vantarsi con gli altri.
Roxas smise di ridere e annuì: "D'accordo!"
"Riku, vieni anche tu?" chiese Kairi, rivolta all'argento, sorridendo dolcemente. Malgrado il batterista fosse geloso e la considerasse una vacca, quella ragazza era tenera e aveva un sorriso veramente ammaliante. Brillava, quasi, facendola sembrare un piccolo angioletto.
Angioletto un par di palle, voleva scoparsi Sora!
"Sono troppo grande per farmi vedere in giro con dei marmocchi come voi!" scherzò, alzando un sopracciglio. Quando li vide indignati da quel commento, si affrettò a dire: "Scherzavo! Se capita vengo volentieri, perché no!"
Kairi fu sollevata di vederlo tranquillo. Quel ragazzo l'aveva sempre un po' inquietata con i suoi modi di fare, ma era contenta che finalmente lui e Sora stessero insieme, e aveva sempre tifato per loro.
Non era vero che andava dietro a Sora, questa era solo la convinzione dettata dalla profonda gelosia dell'argento legata anche agli oggetti inanimati. Tipo la collanina a forma di corona che aveva la fortuna di circondare il collo di quell'essere perfetto in ogni momento della giornata.
"Ok, è ora di andare! I ragazzi come voi dovrebbero essere a letto da un pezzo!" esordì Ventus, avvicinandosi mano nella mano con Vanitas.
"Uffa, ma perché? E' estate e domani non c'è scuola! Possiamo fare tardi!" sbuffò Sora, imbronciandosi.
"Tu scordatelo! Sei piccolo, razza di nano idrofobo!" lo redarguì Vanitas, prendendolo poi per la testa e avvicinandoselo. Sora di tutta risposta strinse di più la mano dell'argento, in un chiaro tentativo di non farsi trascinare via.
"Riku, lascialo o ti picchio!"
"Tu lascialo! Lo accompagno io a casa!"
"Non credo proprio!"
"Non sei nessuno per decidere!"
"Sono suo fratello!"
"Adesso basta!" urlò Ven, dando uno scappellotto prima a uno e poi all'altro, esausto. "Riku, tu accompagnerai Sora a casa, Van tu te ne andrai con la tua moto senza fare un fiato! E Roxas verrà con me! Chiaro?"
"Chiaro..." mormorarono imbronciati i tre, mentre Roxas ridacchiava e salutava con la mano quelli che probabilmente ora erano anche suoi amici. Si affiancò a Ven che lo prese per mano.
"Va a salutare Axel, piccoletto, su, su!" lo incitò, indicando il rossino, intento a parlare con Zexion e Demyx.
Gli fissò un po' la schiena, poi annuì in direzione di suo fratello, lasciandogli la mano e raggiungendo il cantante. Gli tirò leggermente la maglietta per attirare la sua attenzione, e quello si voltò a guardarlo, interrompendo la sua conversazione.
"Sto andando via..." mormorò il biondino, un po' affranto, perché voleva passare ancora del tempo con lui.
Axel sorrise e gli arruffò i capelli.
"Ti sei divertito?" chiese.
"Molto! Siamo stati bravi!" rispose, poi lo abbracciò, teneramente.
Axel rimase per un attimo basito da quella reazione, non tanto per il gesto quanto per il fatto che lo stesse facendo davanti a tutti. I suoi amici lo guardarono inteneriti e sua madre, da lontano, si gustava la scena, sparlando a bassa voce con Zack, che appunto era peggio di una suocera.
"Buonanotte Axel..." disse, con un filo di voce, mentre affondava la testa bionda nel suo petto.
Axel gli carezzò i capelli, un po' imbarazzato, ma sorrise dolcemente.
"Buonanotte piccola peste!" rispose, e quando Roxas alzò lo sguardo per guardarlo, gli posò un bacio sulla fronte. "Ora fila a dormire o ti metto in punizione!"
Roxas ridacchiò: "Va bene! Buonanotte a tutti!"
E, dopo che anche gli altri ebbero risposto al saluto, raggiunse suo fratello che lo prese di nuovo per mano, sorridente, avvicinandosi poi all'automobile e salendovi sopra.
Axel li osservò per un po', poi si passò la mano tra i capelli, girandosi di nuovo a guardare i suoi due amici, che ridacchiavano.
"Che c'è? Che avete da ridere tanto brutti stronzi!" disse, cercando di non dare a vedere che era in imbarazzo.
"Insomma... tu e il fratellino di Ven ve la intendete!" lo punzecchiò Demyx, lanciandosi uno sguardo complice con Zexion.
"Non nel modo sporco e meschino che intendi tu, razza di pervertito senza Dio!" lo redarguì Axel, dandogli uno schiaffo sulla fronte e facendolo indietreggiare.
"Ahio! Animale!"
"Te lo sei meritato!" rise Zexion e l'altro lo fulminò.
"Beh, vado a raccattare mia madre, prima che inizi a raccontare aneddoti imbarazzanti su di me quando ero piccolo!" disse, infine, per poi salutarli con una manina e augurando loro la buonanotte.
"...e poi, quando è tornato a casa tutto sporco di fango io e suo padre..."
"Mamma..."
La donna si voltò, accorgendosi della presenza di suoi figlio e si bloccò. Ridacchiò imbarazzata, mentre Cloud e Zack si lanciavano uno sguardo di intesa, divertiti.
"Oh, tesoro, stavamo giusto parlando di te!" esordì, circondandogli un braccio intorno al suo, teneramente.
Axel alzò un sopracciglio, poi sospirò e guardò i due zii dell'argento.
"Scusate se non vi sono venuto a salvare prima... ero impossibilitato!" cercò di giustificarsi.
"Non preoccuparti. L'adotterei, tua madre, se potessi!" ridacchiò Zack.
"Te la cedo volentieri!"
"Ehi!" rispose lei, indignata.
"Ahah! Senti, donna di mondo, andiamo a casa che sono stanchissimo! Hai raccontato già abbastanza!" la redarguì, puntandole un ditino accusatorio sulla fronte.
"Non si preoccupi, signora! Ci vediamo domani da noi per il tè, come abbiamo deciso poco fa!" si intromise Cloud, sorridendo e Axel si sentì morire. Ok, quindi sua madre era diventata amica di quei due tizi e ora prendevano anche il tè insieme! Bene, doveva raccattare il passaporto, perché gli conveniva cambiare paese, per evitare che gente sconosciuta venisse a sapere aneddoti imbarazzanti su di lui.
Sospirò: "Buonanotte ragazzi e grazie per essere venuti!"
"Buonanotte a voi!"
Axel si avviò, dopo aver fatto un saluto generale ai pochi rimasti. Sua madre lo teneva ancora a braccetto, tutta sorridente e sembrava davvero al settimo cielo. Era felice che si fosse divertita, perché per colpa del lavoro aveva davvero pochissimo tempo per svagarsi ed era contento, dopotutto, che l'indomani si sarebbe vista con gli zii di Riku. Erano brave persone.
E mentre sua madre gli faceva i complimenti per come aveva cantato bene, il rossino sorrise, sentendosi estremamente leggero per aver superato alla grande quell'esibizione.
Erano stati bravi davvero e in pochissimo erano migliorati molto, anche grazie all'arrivo di Roxas.
Roxas.
Il suo desiderio di volerlo baciarle, alla fine, lo aveva palesato, comunicandoglielo senza nemmeno troppo imbarazzo e quel piccoletto c'era rimasto secco. Ormai glielo aveva praticamente detto, che era innamorato cotto e non poteva fare altro che aspettare.
Semmai Roxas, presto o tardi, sarebbe stato pronto, lui era pronto a baciarlo, perché era l'unica cosa che voleva, ormai e sarebbe stato disposto ad attenderlo. E se Roxas fosse stato pronto tra mesi, anni o millenni, a Axel non importava, non aveva fretta perché lo avrebbe sempre aspettato.
Fine
 
 
L'amore, che bel sentimento *___*
Tutti in amore, e non è nemmeno stagione! Mamma mia, quanto sono carini, ve? Teneri, loro!
Ebbene l'esibizione infine si è fatta e i nostri eroi ne sono usciti vittoriosi. Axel ha cercato di baciare Roxas, ma per fortuna è rinsavito in tempo. Non era ancora il momento giusto! Ma glielo ha detto chiaro, che ha voglia di smangiucchiargli tutte quelle labbrette morbidose *_* (e tu che ne sai che sono morbide? >_> NdRoxas perché in realtà io sono Xemnas travestito e ti molestavo io, per puro diletto v.v NdMiry SEI UN MOSTRO ç_ç NdRoxas)
E la storia si avvicina al suo epilogo, e nel prossimo capitolo il finale vero e proprio... mi dispiace abbandonare questa storia perché mi piace molto scriverla, ma non c'è altro da dire, ormai. Roxas è libero dalle grinfie di Xemnas, Axel lo ha salvato dal baratro, Riku e Sora stanno assieme e Van e Ven si amano sempre di più. Non potrei concluderla meglio di così, no?
Vi lascio alla Bonus Track chiedendovi scusa ancora per non aver fatto un disegno, ma non ho tempo. Non ne ho davvero e mi tocca scrivere o di notte o in ritagli minuscoli ><
Ringrazio tutte voi per le recensioni e vi do appuntamento al prossimo capitolo!
P.s: c'è una canzone dei Pixies che si chiama n°13 Baby *__* Non pensate sia una bellissima coincidenza? Cioè Roxas è il numero 13 dell'organizzazione e la canzone parla di un n°13 *_* E questo è il capitolo 13, come Roxy! Oddio, oddio che cose bellissime!
Miaaaaaaaaaaaaaaaao :3
 
*Bonus Track*
Roxas scese dall'autobus facendo un balzo, mentre teneva le mani in tasca e la musica a tutto volume nelle orecchie. Si guardò un po' intorno, poi adocchiò la sala giochi, di fronte a se e attraversò la strada per raggiungerla.
Davanti c'era un gruppetto di gente tra cui riconobbe Sora e i suoi amici.
Prese un lungo respiro quando si fu quasi avvicinato e, spegnendo il suo mp3 e togliendosi le cuffie, alzò un braccio quando vide Sora fare lo stesso, sorridendo.
"Roxas!"
"Ehi, ciao a tutti!" salutò il biondino, cercando di non risultare nervoso. Era la sua prima vera uscita con degli amici e la cosa un po' lo innervosiva. Aveva una paura matta di risultare antipatico o troppo taciturno. Sperò di non farsi prendere dal panico.
"Ciao Roxas!" esordì Hayner e gli mostrò il pugno, nel chiaro segno di farlo cozzare con quello del biondino.
Roxas lo guardò per un attimo spaesato, poi la sua mente elaborò, ricordando il modo in cui spesso Axel, Riku e Vanitas si salutavano. Doveva essere una sorta di cosa giovanile, sostituto del tipico saluto stringendo la mano.
Cozzò il pugno con quello del l'altro, sentendosi profondamente stupido, ma cercò di non badarci.
"Allora, vogliamo entrare?" chiese Kairi, poco dopo, indicando l'entrata.
Il gruppetto annuì e tutti varcarono la soglia.
La musica era alta, della Techno un po' esagerata. A Roxas quella musica non era mai piaciuta, ma sembrava perfetta per quell'ambiente poco illuminato e pieno di lucine colorate emanate dalle console.
Era pieno, ma non troppo. Molti giochi erano liberi, altri avevano addirittura la fila per provarli. Si chiese se quelli liberi fossero orribili o semplicemente poco interessanti.
Sora lo trascinò per un braccio quando lo vide imbambolato. Sapeva che per lui era la prima volta in un posto del genere e si era ripromesso di farlo divertire più che poteva, cercando di farlo integrare al meglio con quei pazzi dei suoi amici.
Hayner si avvicinò ad una postazione con due fucili arancioni e ne prese uno, poi si voltò verso i suoi amici.
"Dai, Roxas, facciamoci una partita! Vediamo che sai fare!" lo invitò, cedendogli un fucile.
Il biondino lo prese e lo guardò come se gli avessero appena dato una bomba da disinnescare. Cominciò a sudare freddo.
"Non... non ho mai giocato a questo tipo di giochi..." ammise, senza perdere il contatto visivo con quell'arnese fosforescente.
Hayner rise: "Non preoccuparti, siamo qui per divertirci, mica per gareggiare!"
Roxas alzò lo sguardo per incrociare il suo e, poco dopo, annuì. Che male c'era, in fondo?
Si avvicinò al monitor  e fiancheggiò l'altro, che poco dopo mise i gettoni e iniziarono la partita.
Roxas lo osservò un po', mentre sparava agli zombie facendo suoni strani con la bocca e imprecando quando li mancava. Gli venne da ridere, poi si risvegliò quando Sora gli fece notare, ridendo, che se non si dava una mossa gli zombie lo avrebbero mangiato senza tanti complimenti.
Cominciò a sparare. Primo colpo mancato, secondo colpo mancato, terzo colpo mancato.
"Sono un incapace totale..." mormorò, colpendo poi con sorpresa la testa di un mostro e facendogliela saltare. Rise sorpreso. "Ah, bene, così va meglio!"
Sora rise di fronte al fatto che stesse parlando da solo e vedendolo fomentarsi quando quei tre o quattro colpi andarono a segno. Non era bravo, si muoveva senza strategia, ma si divertiva. Hayner invece era parecchio capace, anche se era un fomentato mostruoso. Si muoveva sul posto, mettendosi pure in posa da combattimento.
Entrava benissimo nella parte, non c'era che dire.
"Oh, un'altra testa saltata!" esclamò Roxas, sorpreso, cominciando a prenderci gusto.
"Quello dietro al cespuglio!" urlò Olette, coprendosi il viso con le mani quando lo vide spuntare. Roxas lo colpì in pieno, uccidendolo. "Accidenti, non sono fatti per me questi giochi!" continuò la morettina e Kairi rise, prendendola sottobraccio.
La partita finì e Hayner guardò trionfante il risultato. Roxas era parecchio sotto, ma non era andata malissimo, alla fine.
"Non male per essere la tua prima partita, Rox!" sorrise il biondino, mettendo a posto il fucile, imitato dall'altro, poco dopo.
Rox?
Cominciavano già con i nomignoli? Beh, sempre meglio di Roxy!
Sorrise intenerito.
"Beh, sono una frana. Dovrò esercitarmi ancora per diventare bravo come te!" ammise.
Hayner si batté un pugno trionfante sul petto: "Lo so, sono un mostro! Hai visto che mira?"
Roxas rise: "Sì, ho visto!"
"Bene, dai, andiamo a giocare a qualcos'altro! Voglio divertirmi anche io!" esclamò Sora, tirandosi di nuovo dietro il bassista, che ormai si lasciava trascinare ovunque da quel pazzo del suo amico. Sapeva che lo faceva per farlo sentire a suo agio e niente più. Era carino da parte sua.
Raggiunsero una postazione di ballo e le due ragazze vi salirono sopra, iniziando a giocare. Era un gioco che non aveva mai visto: sul monitor comparivano delle frecce e le ragazze si muovevano su una pedana posta ai loro piedi, con appunto delle frecce disegnate, pigiando quelle che passavano sul monitor.
Erano brave, probabilmente andavano lì spesso. Avrebbe provato anche lui se solo non fosse stato un pezzo di legno per quanto riguardava il muoversi.
"Dai, lasciatele fare! Andiamo a trovare qualcos'altro!" propose Pence, e gli altri due annuirono. Roxas lì seguì e quando li vide fermarsi di fronte all'ennesimo sparatutto si fermò e tirò fuori il telefono.
"Ho appena fatto esplodere la testa al mio primo zombie!" scrisse, inviandolo poi ad Axel, che rispose subito dopo.
"Lo hai fatto cantando? Perché quando canti mi fai esplodere la testa!"
Roxas rise, senza riuscire a trattenersi, poi rispose: "Quanto sei simpatico!"
"Scherzo, piccola peste! In realtà pensavo più al fatto che quando mi guardi, con quella faccia da schiaffi, il cervello non me lo fai esplodere, ma me lo fai andare in tilt!"
Arrossì. Si sentì avvampare terribilmente.
Quel ragazzo, se continuava così, gli avrebbe fatto venire un infarto.
"Quale cervello?"
"Ok, ok! Sei più scaltro di me! Hai vinto tu, piccola peste :)!"
E a Roxas non serviva più nessun'altra vittoria, quel giorno, per essere felice.
Fine

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Capitolo 14
*** Dearly Beloved ***




Capitolo 14. Dearly Beloved
"Basteranno due teglie di lasagne?"
"Non lo so, contando che solo Axel e Vanitas sono due pozzi senza fondo, forse no!"
Zack a quella risposta di Riku ridacchiò, mentre si infilava un guanto da cucina per aprire il forno e vedere a che punto fosse il suo primo.
"Spero tu stia esagerando, Ri!"
Riku sospirò e fece spallucce: "Un po' si e un po' no! Comunque non preoccuparti, c'è abbastanza antipasto per nutrire un reggimento! Ma perché avete comprato tutta quella roba?" chiese il nipote, divertito.
"Lo sai che Cloud non ha mezze misure, quando si tratta di mangiare! Esagera sempre!"
"Ti ho sentito!" esclamò il diretto interessato, comparendo in cucina e avvicinandosi al suo fidanzato, esasperato.
"Cloud, ma tu hai il potere speciale di comparire quando parliamo di te?" chiese Zack, cingendogli un braccio intorno alla vita e avvicinandoselo.
Cloud rise leggermente, poi gli diede un leggero bacio sulle labbra.
"No, è solo quando sei tu a parlare di me, che il mio radar si accende!" informò, poi protese una mano verso un cesto pieno di grissini e ne prese uno, senza però allontanarsi dal suo ragazzo.
"E non mangiare prima di cena, che ti rovini l'appetito!" lo redarguì Zack, dandogli un leggero schiaffo sulla mano, non riuscendo però a fermarlo. Ma comunque non era il suo intento. Voleva solo imitarlo, miseramente.
"E' casa mia e mangio quando e come mi pare! Siete voi due gli ospiti indesiderati!" disse, allontanandosi poi per recuperare i tovaglioli su un mobile della cucina.
Riku rise, perché sapeva che suo zio stava scherzando... forse!
Si avvicinò al cassetto delle posate e le contò per prenderle giuste, poi raggiunse Cloud in salotto per finire di apparecchiare.
"I posti dove capita?" chiese lo zio, osservando la tavola.
Riku alzò un sopracciglio: "Perché, sono prestabiliti?"
"Certo! Ognuno ha il suo posto, no? Un po' come noi quando ceniamo la sera!" rispose, come se fosse la più ovvia delle regole. Riku ringraziò il cielo di non avere a cuore certe cose, perché erano da veri snob.
"Non credo che guarderanno certe cose, Cloud..."
Il biondino sospirò, come se tutto il mondo si fosse rovesciato e solo lui la pensasse nel modo corretto: "Come vuoi! Ma il galateo andrebbe rispettato anche durante le feste tra amici!" disse, poi tornò in cucina per finire di prendere le ultime cose.
Riku osservò la tavola apparecchiata e sorrise. A mezzanotte era il suo compleanno e aveva deciso di festeggiarlo insieme ai suoi amici più stretti. Era una vita che non faceva una cosa simile, ma quell'anno meritava una grande festa. Stava andando tutto molto bene e, da quando stava con Sora, dava molta più importanza a certe cose a cui prima non badava minimamente.
Sistemò una sedia un po' storta e sospirò, impaziente di ricevere i suoi amici a casa sua. Andò in camera a recuperare la macchinetta fotografica e la poggiò su un mobile, così da potersi ricordare di scattare qualche foto, anche se era certo che Ventus avrebbe portato la sua. Ci stava in fissa, quel tipo, ad immortalare i momenti più significativi della loro vita e ne era confortato, in un certo senso, perché lui a certe cose non pensava mai.
Però grazie a lui aveva delle foto in un album ben custodite, bellissime, che a volte andava a rivedere, ricordandosi di tutte le stronzate e tutti i bei momenti passati con i suoi amici.
Il citofono suonò e l'argento si precipitò a rispondere, sorridendo a trentadue denti quando sentì la voce del suo piccolo demonio annunciarsi raggiante, sentendo anche Vanitas redarguirlo per l'urlo disumano che aveva fatto.
Aprì la porta per aspettarli e poco dopo i due fratelli emersero, e stavano come al solito battibeccando.
"Mi avevi detto che mi avresti fatto citofonare e invece lo hai fatto tu! Perché devi essere sempre così pestifero?" gli chiese Van, tirandoselo per un braccio e facendogli male.
Sora si dimenò e se lo tolse di dosso con una facilità disarmante, aggrottando le ciglia.
"Perché non avevo pensato al fatto che è casa di Riku e tutto ciò che fa parte di lui, spetta a me farne parte per primo!" rispose, evitando abilmente uno scappellotto dietro la testa.
Riku rise forte, perché il suo ragazzo era troppo tenero. Era di una dolcezza talmente meravigliosa che gli faceva male il cuore solo a pensarci. Dio, era un miracolo averlo trovato.
"Riiiiiii!" urlò il più piccolo, sorridendo entusiasta quando lo vide sulla porta ad aspettarlo. Gli corse incontro, saltandogli al collo e abbracciandolo.
L'argento lo strinse e si fece baciare da quel minitornado, poi gli cinse un braccio intorno alla vita e guardò Vanitas.
"Magari se la smetteste di farvi certe effusioni ogni cinque secondi, il mondo ve ne sarebbe grato, eh!" commentò il più grande, puntando le iridi color ambra su quelle verdi di Riku, che sospirò, ormai rassegnato alla sua arroganza. Parlava lui, poi, che non si staccava da Ventus nemmeno per un secondo quando stavano assieme.
Preferì glissare e lo salutò mostrandogli il pugno, che l'altro fece cozzare col suo.
"Ci fai entrare o la festa è sul pianerottolo?"
"Mamma mia, ma cosa hai mangiato oggi? Pasta al cianuro?" chiese Riku, ridendo, facendoli poi accomodare in casa, tenendo per mano Sora che saltellò allegramente varcando la soglia.
"No, ho mangiato le fiamme dell'inferno e spaghetti! Contento, ora?" rispose l'altro, acido, sorridendo poi meccanicamente quando vide Zack e Cloud emergere dalla cucina per salutarli.
"Ehilà, ragazzi! Benvenuti!" sorrise il biondino, mentre Sora si precipitava a dare un bacino sulla guancia sia a lui che all'altro, che lo prese in braccio teneramente.
"Ciao, ragazzi! Grazie dell'invito!" esclamò Van, diventando come al solito un finto gentiluomo per l'occasione. Oltretutto il fatto di rispondere a due ufficiali dell'esercito lo spaventava, quindi si guardò bene dal comportarsi male come suo solito.
Riku ne fu sollevato, perché sopportare Vanitas a volte era dura. Molto dura.
"Ri, posso vedere la tua stanza?" chiese Sora, scendendo dalle braccia di Zack, avvicinandosi al suo ragazzo che gli allungò la mano per stringergliela.
"Va bene! Vieni anche tu, Van?" chiese.
Vanitas fece spallucce: "Ma sì, non ho di meglio da fare!" commentò e Riku represse l'istinto di dargli un cazzotto in bocca.
Si avvicinarono ad una porta già aperta che dava su un corridoio buio. L'argento accese la luce e dei faretti ne illuminarono l'ambiente, rivelando quadri di paesaggi molto belli e uno scrittoio antico posto vicino ad un'altra porta, che aprì e ne palesò la sua stanza.
Era grande, tutta blu. Aveva un letto matrimoniale senza spalliera, un armadio a ponte e la scrivania era ad angolo, dove ergeva un computer e dei tomi altissimi di medicina. Alle pareti per lo più poster di gruppi e alcuni quadri astratti che aveva preso ad un vecchio mercatino dell'usato qualche tempo prima.
"Oh, che carina che è!" commentò Sora, poi si sedette sul letto, rimbalzando un paio di volte per capire quanto fosse morbido.
Riku lo guardò compiere quel gesto e represse l'istinto di sbatterlo sul materasso e di infilarglielo fino al gomito. Deglutì e guardò Vanitas, che era l'unico modo per annullare il suo sex appeal.
"Camera mia è un buco a confronto!" disse Van, guardandosi intorno e raggiungendo la scrivania per impicciarsi dei suoi soprammobili. Un modellino del corpo umano ergeva inquietante sullo scaffale più basso. "Ma che è 'sto schifo?"
"Un modellino, Van... non ho scuoiato nessuno, te lo assicuro!" rise Riku, fiancheggiandolo.
"Ci credo poco, macabro come sei! Non sei forse tu quello che quando è stato preso a medici ha esultato perché avrebbe visto operazioni a cuore aperto?"
"Beh, fa parte del mio lavoro! Tu guardi le architetture e io le operazioni più schifose!" lo punzecchiò, dandogli una gomitata nelle costole che lo fece scansare, inorridito.
"Sei malato, fattelo dire! E nemmeno poco! Giusto mio fratello poteva mettersi con uno così!" rispose, acido come sempre, dando un'occhiata a Sora che ora lo stava fulminando.
"Parla quello che Ventus ci sta per pietà!" controbatté il più piccolo, alzandosi dal letto e abbracciando Riku.
"Stai zitto, nano!"
Sora si nascose sotto il braccio dell'argento e gli fece una linguaccia, contraccambiato poco dopo dal fratello.
"Ok, smettetela o vi chiudo qui finché non vi ammazzate a vicenda!" esclamò il batterista, esasperato dai loro continui battibecchi, sentendo poi subito dopo il campanello della salvezza. "Oh, deve essere Ven!"
Raggiunsero il citofono, trovando Zack già pronto a rispondere. Lo videro sorridere e voltarsi a guardarli per dire loro tacitamente di aprire la porta.
Quando la aprirono, poco dopo dall'ascensore ne emersero Ventus, Roxas e Axel. Gli ultimi si stavano punzecchiando a vicenda facendosi i dispetti, mentre il più grande dei fratelli si spiaccicava una mano in faccia, esasperato.
"Ciao Ri, fammi subito entrare, ti prego!" supplicò il filosofo, mentre anche gli altri due si accingevano a salutare sorridendo.
Riku li fece entrare e di nuovo i suoi zii emersero per salutare i suoi amici. Ventus posò un pacco un po' grande sopra al divano di pelle, mentre l'argento lo guardava incuriosito.
"Ovviamente è il tuo regalo, se te lo stai chiedendo! E il tuo compleanno è a mezzanotte, quindi per ora scordati di aprirlo!" esclamò Ven, vedendo la sua faccia interrogativa e curiosa, anche se Riku cercò di reprimere il fatto che non vedeva l'ora di sapere cos'era.
"Non dovevate farmi un regalo!" disse, sorridendo.
"Ah, ok, allora me lo riporto via!" rispose Vanitas, in tono disinteressato e l'argento gli diede un pugno sulla spalla.
"Era per dire!"
Axel gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla, sorridendo.
"Ho fame!" sentenziò, e tutti scoppiarono a ridere.
"Lo so, e per fortuna è quasi pronto! Se volete possiamo iniziare a mangiare qualcosa come aperitivo!" propose l'amico, avvicinandosi al tavolo, trovando Sora già intento a mangiarsi le tartine al salmone, di cui andava matto. "Sora..."
Il piccoletto lo guardò, con la bocca piena e un'altra tartina già pronta nella mano per essere mangiata. Deglutì velocemente e sorrise a trentadue denti.
"Non potevo?" chiese.
Riku fu talmente intenerito da quella domanda e dalla sua faccia che non poté fare a meno di perdonarlo. Gli ricordava troppo Zack quando mangiava di nascosto e Cloud lo beccava in fragrante per poi redarguirlo facendogli fare una figuraccia.
Roxas si avvicinò a Sora, contemplando ammirato tutta quella roba. Era affamato da morire, perché quel pomeriggio non aveva mangiato apposta per prepararsi alla cena di compleanno.
"Rox, sono buonissime! Prendine una!" gli disse Sora, porgendogli una delle tartine e lui la prese volentieri, cominciando a mangiare da un angolino piccolissimo mordendolo appena.
Vanitas lo guardò, reprimendo l'istinto di togliergliela dalle mani e spiaccicargliela sulla faccia. Ma perché mangiava così piano?
"Fermi, fermi! Le tartine al salmone sono tutte mie!" esclamò Axel, mettendosi tra i due sedicenni, che quasi si strozzarono quando vennero spintonati da quel terremoto improvviso.
"Non se ne parla proprio! Le abbiamo viste prima noi!" rispose Sora, dandogli uno spintone che lo fece cozzare contro Roxas, che dovette tenersi ad una sedia per non cadere.
Axel lo guardò mentre si accigliava e trattenne il respiro, perché il suo sguardo era a dir poco omicida.
"Ma vuoi stare attento una volta tanto?" lo redarguì il bassista dandogli una spallata. Axel contraccambio.
"Mi scusi principessina sul pisello!" controbatté il rossino, prendendo poi una tartina fugacemente dal vassoio. Sora gli saltò sulle spalle per fermarlo, mettendoci tutta la forza che aveva in corpo.
"Dammi subito quella tartina!" urlò il moretto, cercando di prendergliela dalle mani.
"Sora, fallo cadere!" gli diede corda Roxas, cercando di tirargli il braccio per non farlo mangiare, ma Axel gli circondò un braccio intorno al collo e lo bloccò.
Ventus, Vanitas e Riku li guardarono con un'espressione indefinibile, perché nemmeno erano arrivati e già avevano fatto venir loro il mal di testa. Roxas, poi, era il più vendicativo, quindi paradossalmente stava facendo più casino di tutti.
"Ri... se dovessi ucciderli..." esordì Ven, spiaccicandosi una mano sulla faccia, esasperato.
"Fai pure, non ti fermerò!" esclamò l'argento, con un sopracciglio alzato, mentre Sora cercava di strozzare Axel da dietro.
"Adesso basta!" ruggì Vanitas, comparendo dietro di loro e dividendoli. "Avete rotto il cazzo, non vi sopporto più!"
I tre sismi si fermarono, abbassando lo sguardo, leggermente a disagio per essere stati ripresi dal signore del male in persona. Axel guardò prima Sora, che gli fece una linguaccia e poi Roxas che fece la stessa azione.
"Ma dai, ma sono due pesti! Mi fanno la linguaccia!"
Van gli diede uno scappellotto dietro la testa, facendogli male mentre gli altri due ridacchiavano divertiti.
"Sediamoci, vi prego..." supplicò Ventus, prendendo poi posto, imitato da Riku.
Quando la situazione si fu calmata e gli altri quattro avevano smesso di bisticciare - perché Vanitas aveva cercato di fermarmi, ma si era ritrovato a fare casino insieme a loro - tutti ebbero preso posto e i numerosi manicaretti preparati da Zack ebbero un gran successo e i sei amici si spazzolarono via tutto in pochissimo tempo.
"Ma i vostri genitori vi danno da mangiare?" constatò Zack, mentre portava la prima teglia di lasagne, e Cloud dietro portava la seconda ridacchiando per quella sua uscita, tra l'altro veritiera. "Sembra che non tocchiate cibo da mesi!"
"Colpa vostra che ci avete preparato un antipasto buonissimo!" rispose gentilmente Axel, allargando le narici per sentire l'odore di pasta appena sfornata con tutto se stesso.
Zack si ringalluzzì, entusiasta per quel complimento e posò la taglia sul tavolo, poi cominciò a distribuire la lasagna a tutti.
"Qualcuno beve del vino? E' di ottima annata!" propose Cloud, alzando la bottiglia e mostrandola.
Tutti rimasero in silenzio, perché la cosa fu parecchio imbarazzante e non seppero cosa rispondere. Qualcuno tossì a disagio.
Cloud poggiò la bottiglia sul tavolo e mormorò: "Non vi accalcate..."
"Ehm... buon appetito!" esclamò Riku, cercando di far cadere quella pesantezza che era scesa. Tutti presero quell'occasione al volo per cominciare a mangiare e nessuno riuscì a trattenersi nel fare i complimenti a Zack, che era sempre più su di giri.
Anche il secondo ebbe un grande successo: un buonissimo arrosto ripieno che profumava di carne buona e fresca. Cottura media e aromi particolari. Una delizia.
Axel ne prese tre porzioni, per quanto gli era piaciuto, buttandosi poi sulla sedia strapieno e con la voglia di dormire per la sonnolenza che gli era venuta.
Fecero una pausa, chiacchierando animatamente, prima di tirare fuori la torta quando fu quasi mezzanotte.
Cloud spense le luci, entrando con le candeline accese mentre tutti intonavano una canzoncina di buon compleanno, mentre Riku si sentiva un deficiente.
Quando lo zio poggiò la torta di fronte al nipote, mentre Ventus non la smetteva un solo istante di scattargli foto, Riku represse l'istinto di urlare per l'imbarazzo.
"Ok... ok, basta! Cristo, ho appena compiuto ventuno anni e sto qui a farmi cantare le canzoncine!" esclamò, mentre una venetta pulsante gli compariva sulla tempia.
Sora gli si avvicinò e lo prese a braccetto, supplicandolo di fare una foto assieme perché da quando si erano fidanzati non ne avevano fatta nemmeno una. L'argento, di fronte a quello sguardo supplichevole, non poté dirgli di no, così si fece stringere e Ven scattò la sua foto, soddisfatto.
"Dai, ve ne faccio una tutti assieme!" propose Zack, prendendo la macchinetta di Ventus e intimandogli di raggiungere gli altri.
Riku si spiaccicò una mano in faccia, terribilmente a disagio. Si sentì catapultato a dieci anni prima, quando faceva le feste con i palloncini e i festoni, con le trombette e i cappellini.
"Ri, non nasconderti la faccia!" lo redarguì Sora, mentre Zack non la smetteva di scattare foto a raffica perché non stavano fermi un minuto.
"Allora, ci vogliamo fermare? Sembra che stia scattando le foto da un treno in corsa!" esclamò e tutti risero e riuscì ad immortalare quelle risate genuine, sfornando una foto bellissima.
"Ok, ora basta foto! Accendiamo la luce e mangiamo questa stramaledettissima torta!" fu il commento dell'argento, che intimò a tutti - tranne a Sora - di allontanarsi e di riprendere posto.
"No, dai! Prima il regalo!" esclamò Ventus, che non stava più nella pelle.
"Sì, è vero, il regalo Ri!" gli diede corda Axel.
Ven raggiunse il divano e prese il pacchetto, tirandolo su con una certa fatica perché pesava. Vanitas si accinse ad aiutarlo lapidario, poi posarono il pacco sul tavolo davanti all'argento, mentre Cloud prendeva la torta e andava in cucina a tagliarla.
"Aprilo!" lo incoraggiò Sora, sorridendo, mostrando tutta la sua dentatura in un sorriso scaltro.
Riku alzò un sopracciglio alla vista della carta che avevano usato. Era stupida, con sopra tutti palloncini e orsetti teneri. Si sentì profondamente preso per il culo.
"Immagino che la carta l'abbia scelta Axel..." commentò.
"No, è stato Sora, in realtà!" rispose il rossino, scoppiando poi a ridere quando gli vide palesarsi sul volto un'espressione assolutamente buffa.
"Non ti piace? Era così carina..." si imbronciò il suo ragazzo, abbassando lo sguardo. Riku deglutì a vuoto e lo abbracciò circondandogli un braccio intorno alle spalle.
"No, no! E' molto bella!" si affrettò a dire e Sora parve riprendersi.
"Lo vuoi aprire o no, prima che lo frulli dalla finestra?" sbottò Vanitas, spazientito, perché non amava che la gente ci mettesse troppo tempo per fare qualcosa. Lo mandava in bestia.
Riku gli fece cenno di calmarsi, poi strappò la carta e quando vide il suo regalo, chiuso in una scatola di cartone, rimase immobile, senza espressione facciale, con le braccia molli lungo i fianchi e gli occhi lucidi.
"Non credo abbia capito cos'è..." sussurrò Van, rivolto a Ventus, che lo abbracciò e rise divertito da quella sua costatazione.
"E'... un Charleston nuovo..." mormorò l'argento, fissandolo ancora, allibito. Non riuscì a palesare in alcun modo la sua felicità, perché era un regalo che proprio non si aspettava.
"Esattamente!" fu il commento di Axel, che era sempre più divertito dalla varietà delle espressioni del suo batterista, che quella sera stava dando il meglio di se.
"Dove... dove lo avete preso?" chiese, sempre più rapito da quella visione celestiale.
"Devi ringraziare Roxas, che se n'è occupato personalmente, dato che era quello più ferrato!" esclamò Ven, tutto borioso, circondando un braccio intorno alle spalle di suo fratello, che sorrise in direzione dell'argento, che ora lo stava guardando.
"Grazie mille, Roxas..." mormorò, visibilmente commosso dal gesto dei loro amici. Sapevano quanto fosse a disagio nel chiedere altri soldi ai suoi zii, quindi mettere insieme i loro era stato più facile. Poi, comunque, erano amici e lo avrebbero aiutato sempre come potevano, perché sapevano che lui avrebbe fatto altrettanto.
"Grazie a tutti, ragazzi!" esclamò, infine, guardandoli uno per uno, reprimendo a stento una lacrimuccia di commozione. Erano dei santi, i suoi amici, e avrebbe fatto bene a tenerseli stretti.
"Non dirlo, Ri... lo abbiamo fatto con piacere, lo sai!" rispose Ven, inclinando la testa di lato per studiare il suo viso commosso.
"E adesso vedi di suonare un pochino meglio, invece di far cagare come al solito!" fu il commento altrettanto dolce di Vanitas.
Riku, a quella frase, sentì che la lacrimuccia ritornò indietro, lasciando spazio ad un'espressione rassegnata da quel tipo matto da legare che non ti faceva un complimento nemmeno a pagarlo oro.
"Ci proverò, Vanitas..." fu la sola risposta, mentre alzava gli occhi per fulminarlo e tutti scoppiavano a ridere.
Cloud tornò in sala, con la torta tagliata mentre Zack invece aveva preso i piattini da dolce con le posate. Poco dopo tutti erano intenti a gustarsi la torta e Riku, mentre chiacchieravano allegramente a tavola del più e del meno, sentì Sora prendergli la mano sotto al tavolo.
Rimase con la forchettina a mezz'aria e lo guardò, arrossendo quando gli vide sul viso un sorriso talmente dolce da farlo palpitare.
Il moretto si avvicinò, tirandosi con la sedia accanto a lui, poi gli posò la testa sulla spalla e chiuse gli occhi.
"Anch'io ho un regalo per te..." mormorò, vicino al suo orecchie, in modo che solo lui potesse sentirlo.
Riku alzò un sopracciglio.
"Ah, sì?"
Sora non aprì gli occhi, ma annuì leggermente: "Sì... ma dovrò dormire qui per fare in modo che tu lo riceva!"
L'argento sobbalzò sulle spalle, sentendosi avvampare letteralmente, mentre il pezzo di dolce ancora attaccato alla forchetta cadeva sul piatto al suono di 'splat'. Quando poi lo sentì ghignare malignamente, si chinò rassegnato e gli lasciò un bacio sulle labbra, scoprendo che erano dolcissime per via della crema della torta.
"Sei tremendo!" gli mormorò Riku, ridacchiando.
Sora fece spallucce e aprì gli occhi, rivelandone quei due diamanti celesti illuminati come due fari, che lo accecarono.
"Lo so..." rispose, semplicemente.
Quando tutti finirono di mangiare la torta, rimasero a chiacchierare per parecchio, al tavolo, organizzando anche la famosa settimana nella casa dei nonni di Van e Sora. Il più piccolo dei fratelli e Riku sarebbero partiti 3 giorni a Parigi, ma non avrebbero rinunciato per nulla al mondo a fare una vacanza tutti assieme.
Sora, poi, era entusiasta che anche Roxas avesse deciso di unirsi a loro. Era nata una bella amicizia tra di loro e aveva un sacco di cose da fargli fare, in vacanza, per farlo divertire e sapeva che il biondino lo avrebbe seguito sempre, perché doveva ancora imparare un sacco di cose.
Quando decisero di tornare a casa perché si stava facendo tardi e, malgrado loro fossero in ferie, gli zii di Riku il giorno dopo avrebbero lavorato, quindi non potevano trattenersi poi molto.
Comunque era quasi l'una, quando tutti si salutarono e si accinsero a tornare a casa, a parte Sora che infine sarebbe rimasto davvero a dormire da Riku per dargli il suo regalo personale.
L'argento, ovviamente, non era più nella pelle.
"Allora noi andiamo! Mi raccomando, non esagerate!" si raccomandò Vanitas.
Riku si riteneva fortuna che il suo amico non fosse geloso fradicio di suo fratello. Cercò di prefigurarsi davanti la stessa scena ma con Axel e Roxas e un Ventus che prendeva a pugni il rossino quando questi gli diceva che suo fratello avrebbe dormito da lui... si, decisamente gli era andata bene, malgrado Vanitas non fosse tanto normale.
"Ci proveremo!" rispose Riku, facendo un sorrisetto scaltro che fece arrossire Sora.
"Ci vediamo domani, Ri! Buonanotte!" esclamò Ventus, dolcemente, mentre gli altri lo imitavano. Non appena l'argento chiuse la porta, i quattro si avviarono verso l'ascensore, che presero poco dopo, finché non iniziarono a camminare lungo il marciapiedi, verso la stessa direzione.
Vanitas avrebbe dormito da Ventus e Axel ne fu sollevato, perché ora camminavano mano nella mano di fronte a lui e Roxas, senza curarsi di loro.
Meglio, avrebbe avuto un po' di tempo per parlare con la sua peste, anche se non avevano fatto altro tutta la sera, seduti uno accanto all'altro, punzecchiandosi continuamente.
"Sono proprio contento che a Riku sia piaciuto il nostro regalo!" esclamò Roxas, entusiasta davvero di quel fatto, sorridendo.
"Già! Grazie per averlo trovato per noi!"
Il biondino lo guardò: "Non c'è bisogno, l'ho fatto volentieri!"
Axel si perse per un attimo nel mare splendente dei suoi occhi, mentre lo guardava con quelle pupille illuminate, poi gli arruffò i capelli.
"Smettila di essere così adorabile, accidenti!" lo redarguì il rossino.
Roxas sbuffò fintamente scocciato: "E tu smettila di comprarmi con questi stupidi complimenti!"
Axel alzò un sopracciglio: "Comprarti? Io se voglio ti rapisco e non ti lascio più andare, piccola peste!"
Davanti a quel sorriso scaltro, il biondino si bloccò, fermandosi, mentre suo fratello e Vanitas continuavano a camminare di fronte a loro, abbracciati.
"Perché invece domani non ti fai rapire da me e vieni a casa mia?" chiese, nemmeno troppo timidamente. Anzi, sembrava parecchio di fretta e Axel si rese conto che erano quasi arrivati a casa sua e che quindi quella proposta doveva fargliela per forza in quel momento.
"Perché a casa tua?"
"Perché sono da solo domani!" rispose il biondino, abbassando la voce per non farsi sentire da suo fratello.
Axel sospirò, ricordandosi di come era riuscito a mantenere l'autocontrollo per un soffio, quel giorno a casa sua, mentre erano da soli.
Si passò una mano tra i capelli, stancamente, senza guardarlo, ma non voleva dirgli di no. Così si prefissò di prendersi a ginocchiate i testicoli prima di andare per essere sicuro che non avrebbe compiuto nemmeno un passo falso.
"Va bene... domani pomeriggio sono tutto tuo! Voglio un succo alla pera tutto per me!" esclamò, ricominciando poi a camminare, seguito da Roxas.
Il bassista sorrise, contento che gli avesse detto di sì: "Va bene, vedrò cosa posso fare!"
 
Erano seduti schiena contro schiena, sul pavimento freddo del salotto, con la sola luce della finestra ad illuminare quell'ambiente che li stava circondando.
Era stato Roxas a volersi mettere così, tenendogli la mano, perché voleva fargli delle domande, tutte quelle che non gli aveva mai fatto da quando si erano conosciuti, ma si vergognava a farlo guardandolo negli occhi.
Quando gli aveva posato la schiena sulla sua, Axel non gli aveva chiesto il perché, ma capì. Aspettò solo che i suoi quesiti iniziassero, per poter rispondere sinceramente, perché Roxas aveva la forza di fargli dire sempre e solo la verità.
"Come hai conosciuto mio fratello?" chiese, intrecciando di più le dita alle sue, piegando le ginocchia verso il petto e poggiandovi il mento.
Axel distese una gamba, mentre l'altra la piegava leggermente e sorrise.
"Me lo ricordo come fosse ieri! Ven stava giocando a nascondino con i ragazzini della sua classe ed io con quelli della mia! Ho aperto la porta dello stanzino e ce l'ho trovato dentro. Mi ha fatto cenno di non parlare e mi ha spinto dentro con lui, dicendomi poi che quello era un nascondiglio perfetto!" rise, sorridendo a mezza bocca, mentre la mente tornava ad elaborare quell'esperienza, nitidamente. "Era fin troppo perfetto! Non ci hanno trovato per le restanti due ore! Siamo rimasti a chiacchierare per tutto quel tempo e, quando poi le maestre ci hanno trovati, preoccupatissime, eravamo i ragazzini più felici del mondo per aver vinto a nascondino così scaltramente!"
Roxas si lasciò sfuggire un debole sorriso: "Non credevo che Ventus potesse fare una cosa simile... insomma, sparire per vincere a nascondino, invece di seguire le lezioni..." constatò, leggermente divertito.
"Già, a pensarci bene mi fa strano anche a me!" rispose Axel, "Comunque quel giorno abbiamo parlato così tanto da scoprirci molto affini, così non appena ne ho avuto l'occasione l'ho fatto conoscere a Riku, che era già il mio migliore amico quando eravamo alle elementari! Lo so, non dovrei andarne fiero!"
"Invece dovresti. Siete molto affiatati!"
Axel sospirò: "Riku è un tipo strano, ma non mi ha mai tenuto nascosto nulla o detto una bugia! E' un amico leale e, a parte gli scherzi, me lo tengo ben stretto!"
"Quindi Riku e Ven li conosci dalle elementari." constatò Roxas, poi arricciò le labbra: "E Vanitas?"
Axel rise, divertito a quel ricordo: "Colpa di tuo fratello! Malgrado sembri che ci conosciamo da molto più tempo, io e Van ci conosciamo dalle seconda media, quando lui e tuo fratello sono diventati amici!"
"Prima che si mettessero insieme?"
"Esatto! Vanitas aveva preso di mira tuo fratello e sembrava odiarlo... invece lo scemo ne era già cotto da un pezzo! Quando hanno chiarito, Ven ce lo ha fatto conoscere qualche tempo dopo ed è stato amore, soprattutto per via della musica che ascoltava!" spiegò Axel, poi un sorriso malinconico gli solcò la faccia, senza che se ne accorgesse nemmeno. "Di primo impatto mi stava sul cazzo! Era arrogante e sempre acido, proprio come è ora, ma Ven continuava a dire che col tempo avremmo imparato a conoscerlo e infatti fu così. E' diventato il mio migliore amico anche lui, insieme a Riku!"
"E' una brava persona, malgrado voglia far vedere sempre il contrario..." rispose Roxas, ricordando il suo primo incontro con Vanitas, quando già stava con Ventus ed era stato davvero molto gentile con lui e col tempo era diventato una specie di fratello maggiore a cui non riusciva a non voler bene.
"Beh, sì, altrimenti non sarei suo amico!" esclamò Axel, poi continuò: "Vuoi chiedermi altro?"
Roxas non rispose subito, ma si fissò le ginocchia, pensieroso, perché c'era una domanda che voleva fargli da un po', ma non aveva il coraggio, o forse era la risposta ad intimorirlo.
Diede un paio di colpi di tosse, poi optò per esporla.
"Hai avuto molte fidanzate?" chiese, infine, con un filo di voce, pentendosi subito dopo di aver espresso quel quesito. Non era affar suo, in realtà, ma sapeva che era una curiosità dettata dal fatto che si fosse innamorato di Axel e che, forse, sapere chi c'era stato prima di lui poteva in qualche modo cambiare le cose.
Axel a quella domanda sussultò. Non tanto per la domanda stessa, quanto per il fatto che desse per scontato che era stato con delle ragazze.
Contando le effusioni continue che si facevano, malgrado non si spingessero oltre ad un dolcissimo abbraccio, era palese che ad Axel le donne non interessassero molto. Ma, comunque, non era detto.
"Roxas..." esordì, arricciando poi le labbra, perché non sapeva come esprimersi per spiegargli il concetto. "Fidanzate nemmeno una... a me non piacciono le ragazze..." spiegò.
"Io... non ci capisco molto di queste cose... nel senso: se qualcuno mi fa sentire felice e vorrei averlo accanto, che importanza ha se è maschio o femmina?" constatò, accigliandosi leggermente, il biondino, perché quel suo discorso sembrava così semplice e naturale, ma non tutti la pensavano così e questo un po' lo infastidiva.
"Lo penso anche io..." sorrise Axel, felice di sentirglielo dire.
"Hai avuto dei fidanzati, quindi?" chiese ancora il biondino, ormai intenzionato ad arrivare in fondo a quella faccenda,
"Ho avuto dei ragazzi, sì..." rispose il rossino, "Un paio, forse tre!"
"Ho capito..." fu la flebile risposta di Roxas, che represse un sospiro malinconico. Si sentì un po' geloso a quella rivelazione, ma sapeva di non poter dire o fare nulla. Era il passato di Axel ed era più grande di lui di quattro anni. Era normale che avesse avuto già delle esperienze con altre persone, ma, malgrado questo, un po' era infastidito.
Axel reclinò la testa all'indietro, poggiandola sulla sua e sorrise: "Stai bene?"
"Sì..." mormorò il biondino, affondando poi la testa tra le ginocchia, "E che forse non dovevo chiedertelo..."
"Se ti premeva saperlo, dovevi farlo! Ma sono storie passate, non pensarci..."
"E che... non ricordi nemmeno il numero esatto e quindi mi chiedevo quanto fossero stati importanti..."
Axel gli strinse di più la mano, un po' per rassicurarlo e un po' per rassicurare se stesso. Represse un sospiro, perché effettivamente aveva dato l'impressione che le sue storie passate non fossero state importanti, ma volerle dimenticare era stata una sua scelta per non soffrire ogni volta che il ricordo sarebbe riaffiorato.
"E' stato moltissimo tempo fa, Roxas... e anche se non ricordo il numero, non vuol dire che al tempo non fossero importanti! Io credo che una storia debba essere vissuta in quell'attimo, poi non importa se, una volta finita, venga ricordata con distacco. L'importante è essere stati felici in quel presente, non credi?"
Roxas non rispose subito, ma fissò un punto indefinito davanti a se, prima di rendersi conto di quanto fossero veritiere le parole del rossino, così fece spallucce e rispose: "Immagino di sì."
"Posso fartela io, ora, una domanda?"
Il biondino sussultò sulle spalle, perché la voce di Axel era un po' seria, ma ancora la sua dolcezza la continuava a caratterizzare.
"Sì..."
"Dove sei andato quella settimana che non ti sei presentato in conservatorio?" chiese il rossino, ben sapendo che non gli avrebbe mai chiesto come faceva a saperlo e il perché di quella domanda. Lo sentì solo irrigidirsi, leggermente, per poi poggiare la schiena sulla sua, lasciandosi andare completamente.
Roxas tacque per minuti interminabili e, quando il silenzio fu talmente doloroso da ferire il timpano, si ricordò di rispondere, perché la sua mente aveva iniziato a vagare.
"Al parco a suonare il violino..."
"Il parco della nostra città?" chiese Axel, leggermente stupito.
"Sì..."
"Non avevi paura che qualcuno che conoscevi potesse vederti?" domandò ancora il cantante.
Roxas fece un debole sorriso ricordando quei giorni, poi rispose: "Non mi importava molto... avevo da poco deciso di saltare anche le lezioni di violino, quindi è stata per certi versi una settimana di riflessione. Non aveva importanza essere scoperti."
"Nessuno ti ha visto suonare?"
"Un sacco di bambini si sono avvicinati per sentirmi suonare e, il terzo giorno di fila, mi si sono seduti tutti intorno e... non dicevano o facevano nulla. Ascoltavano e basta!" spiegò, inclinando la testa di lato, intenerito da quel ricordo.
"E' una cosa molto dolce..." ammise Axel, anche se un po' quel racconto lo aveva rattristato, perché se lo prefigurava, Roxas, tra quei bambini, mentre suonava malinconico e loro lo ascoltavano rapiti.
"Mi hanno ascoltato per tutti i giorni a seguire, finché ho smesso di andarci quando mi sono reso conto di aver perso troppi giorni a scuola. Non potevo continuare così o mi sarei messo nei guai"
"Ti sei sentito bene a fare questa cosa, Roxas?" chiese Axel, subito dopo.
"Sì, non me ne pento e lo rifarei, se potessi..." ammise, abbassando lo sguardo tra le ginocchia, sospirando subito dopo.
"Roxas..." lo chiamò piano, il rossino, dolcemente.
"Dimmi" rispose, senza alzare la testa dal suo piccolo nascondiglio tra le gambe.
"Suoneresti anche per me?"
 Il biondino alzò la testa e si sentì le guance in fiamme, perché il tono supplichevole che Axel aveva usato lo aveva completamente disarmato.
"Con piacere" rispose, alzandosi poi in piedi per andare a recuperare il violino in camera da letto. Lo tolse dalla custodia con molta cura e prese la stecca, tornando di nuovo in salotto e trovando Axel esattamente come lo aveva lasciato, di schiena, con un braccio poggiato ad un ginocchio piegato.
Si sedette di nuovo, poggiandosi a lui e si mise il violino sotto al mento, pronto a suonare.
"Vuoi sentire qualcosa in particolare?" chiese, titubante.
"Quella... quella musica che mi hai suonato quella volta al pianoforte... quella che volevo chiamarla come te."
Roxas sorrise debolmente a quel ricordo, sentendo le guance arrossire un po'. Abbassò le ciglia per contemplarsi le scarpe e poi si accinse a suonare.
Non appena la stecca toccò le corde tirate del violino, la musica soave e lenta di quella melodia li inondò.
Axel, appena la sentì, chiuse gli occhi, reclinando la testa all'indietro e poggiandola di nuovo a quella di Roxas, che continuava a suonare quella musica come se non servisse altro che quello, per continuare a vivere.
E il rossino cominciò a fantasticare, come al solito, cullato dalla musica e dal contatto della sua schiena contro quella del biondino. Si strinse le ginocchia al petto, sentendosi felice, ma anche malinconico, ma sempre più innamorato.
Non c'era niente di più dolce che ascoltare le note di quella armonia, vicino alla persona più importante della sua vita. Si sentiva bene, ma si sentiva anche scoppiare perché mille e più emozioni gli tartassavano la testa e l'anima e, in un certo senso, era anche molto doloroso.
Quando Roxas smise di suonare, poggiò con delicatezza il violino sul marmo, continuando a tenere la stecca in una mano e lisciandola con l'altra, un po' nervoso.
"Suonata con il violino è ancora più bella..." ammise il rossino, fissando un punto indefinito di fronte a se, poggiando il mento sulle ginocchia.
"Non l'avevo mai provata con il violino... effettivamente è molto meglio" rispose l'altro, un po' in imbarazzo ad ammettere una cosa simile. Non gli erano mai piaciute le cose che aveva scritto, ma questa, in qualche modo, era un po' la canzone sua e di Axel. Gli venne da sorridere a quel pensiero. "Andiamo nella stanza del pianoforte?" chiese, subito dopo e l'altro acconsentì, alzandosi in piedi e facendosi prendere per mano.
Axel lo seguì mentre raggiungeva la porta di legno che li avrebbe portati nell'imponente sala che ospitava il pianoforte del biondino.
Aprì la porta e rimasero per qualche istante a fissare l'immobilità di quello strumento così regale e magnifico, fermo immobile ad attendere che qualcuno premesse i suoi tasti.
Roxas si avvicinò, lentamente, tenendo ancora per mano il rossino, che lo seguiva senza dire una parola. Si lasciava trascinare, in ogni dove, perché era quello che voleva fare di più al mondo con quel biondino meraviglioso. Non aveva bisogno di chiedergli spiegazioni, quando si trattava di ricevere certi gesti, dettati da una naturalezza e un amore sconfinato.
Il più piccolo fronteggiò la tastiera e premette leggermente qualche tasto, lasciando che la stanza venisse inondata da una melodia delicata e piacevole.
Axel chiuse gli occhi, stringendo di più la sua mano libera e si avvicinò alla sua schiena, ascoltando con le orecchie e con il cuore, quel suono soave che veniva da quelle dita angeliche, affusolate, candide e lisce.
Roxas continuò a suonare, sorridendo leggermente, percependo dietro di se la presenza rassicurante del suo cantante; sentendo il suo petto poggiare sulla sua schiena un po' ricurva sul piano.
Axel alzò l'altra mano per fermarlo delicatamente. Quando il biondino fu immobile di fronte a lui, chiuse delicatamente la tastiera del pianoforte, poi lo strinse da dietro, circondandogli le braccia intorno alla vita e poggiando una guancia tra i suoi capelli.
"Cocco..."
Roxas rise leggermente, ricordandosi del giorno in cui Axel lo aveva accompagnato a casa e gli aveva detto la stessa frase, quando si era alzato quel leggero vento e aveva inebriato il cantante di quell'odore meraviglioso.
"So che ti piace, così ho continuato a comprare quello shampoo..." ammise, posando le mani sulle sue.
Axel non rispose. Gli baciò la testa, con una lentezza quasi snervante, continuando ad inebriarsi da quell'odore assuefacente.
Quando si staccò lo fece voltare lentamente, fronteggiandolo e Roxas incrociò i suoi occhi verdi, così accesi e meravigliosi, che gli fecero sentire un brivido lungo la schiena.
Axel lo prese per i fianchi e lo alzò, facendolo sedere sulla superficie del pianoforte. Il biondino lo guardò compiere quel gesto, senza sapere cosa dire. Sentiva solo che era pronto a tutti; qualsiasi cosa fosse questo tutto.
Il cantante lo guardò, avvicinandosi al suo viso per contemplarlo. I suoi occhi esitavano sulla pelle chiara del suo collo, alzandosi poco dopo ad ammirare quel mento perfetto per poi soffermarsi su quelle labbra così invitanti. Rosa, simmetriche, dannatamente stupende. Avrebbe commesso un grave peccato ad appropriarsene?
Roxas lo fissava con le pupille tremanti, accese, un po' lucide per l'emozione. Le mani gli tremavano un po', ma riuscì ad alzarne una per carezzare una guancia spigolosa di Axel, che si sentì totalmente inebriato da quel tocco delicato.
Il cantante poggiò le mani sul pianoforte, piegandosi ancora verso di lui, fissandolo.
"Roxas..." mormorò, perché non era sicuro di volerlo fare. Non era sicuro che lui fosse pronto. Non era sicuro che non lo avrebbe ferito per davvero, sta volta.
Il biondino sorrise leggermente e lo zittì posandogli un dito sulla bocca.
"Shhhh, fallo e basta!" disse, semplicemente.
Axel chiuse gli occhi, staccando le mani dalla superficie liscia del pianoforte e le portò delicatamente sul viso di Roxas, esitando per un attimo nel compiere quel contatto, prima di prendere un lungo sospiro per poi sfiorare leggermente quelle labbra che bramava da una vita. Sentì tremare ogni singolo muscolo, ogni singolo osso, ogni singola cellula del suo corpo.
Lo stava baciando e si rese conto di aver appena realizzato il desiderio più grande della sua vita.
Roxas gli circondò le braccia intorno al collo e il rossino lo sentì ancora più vicino e non gli importava niente che le ginocchia gli stessero premendo contro la tastiera chiusa facendogli male, perché la sua testa non aveva tempo per dedicarsi ad un dolore che non avrebbe mai sentito.
Tutto ciò che contornava quell'attimo era sparito, perché non era necessario.
Non c'era bisogno di nessuno scenario, di nessuna musica romantica o di un profumo particolare a fare atmosfera. C'era mani, labbra e cuore. Non serviva altro.
Axel si staccò lentamente, sentendo i fili rosa dell'altro staccarsi dalle sue labbra come se si stessero scollando lentamente. Come quando togli la pellicola ad un foglio adesivo.
Aprì gli occhi, lentamente, e vide che Roxas stava piangendo.
Aggrottò le sopracciglia: "Ehi... ehi, non piangere..."
In totale contrasto con le sue parole, Roxas strinse gli occhi cominciando a singhiozzare, sempre più forte, echeggiando nella stanza vuota dove il ricordo del loro primo bacio sarebbe rimbombato per sempre.
Axel non gli staccò nemmeno per un istante le mani dal suo viso, come a volerlo sorreggere, come se da un momento all'altro dovesse cadergli.
"E' stato... il mio primo vero bacio..." singhiozzò il biondino, passandosi i palmi delle mani sugli occhi per asciugarli, anche se le lacrime sembravano aumentare, invece che diminuire.
"Forse... forse avrei dovuto aspettare... forse..."
"No!" rispose l'altro, sicuro di se, riaprendo gli occhi e incatenandoli a quelli del cantante. "Sono... sono solo felice che sia successo con te..."
Axel capì. Roxas non aveva mai provato grandi sensazioni nella sua vita, e quelle poche che aveva sentito erano solo tremendamente angoscianti e terribili. Da qualche tempo aveva sentito sulla sua pelle cosa volesse dire essere felici, soprattutto grazie al suo aiuto e, intuendo che quello fosse un pianto di felicità, Axel si sentì più rincuorato. Poteva piangere quanto voleva, ciò che importava era che non fosse dettato ad una profonda sofferenza.
Non più.
Gli posò un bacio sulla fronte e poi tornò a guardarlo, sorridendo leggermente, passandogli una mano tra i capelli biondi.
"Credevo stessi piangendo perché bacio da schifo..." mormorò, con un leggero sorriso.
Roxas singhiozzò e rise allo stesso tempo, producendo un suono gutturale tenerissimo.
Non rispose a quella stupida battuta, che comunque lo aveva tranquillizzato, ma si limitò a staccare le braccia dal collo del rossino per prendergli le mani tra le sue e stringerle dolcemente.
Tirò su col naso, senza smettere un solo istante di guardarlo.
Axel gli carezzò la punta del naso col suo, sorridendo leggermente.
"Stai bene?" chiese, a bassa voce.
Roxas annuì e slegò una mano per stropicciarsi un occhietto umido, facendo intenerire di più il cantante.
Axel capì che non aveva voglia di parlare, forse perché stava cercando di mettere in ordine le idee che aveva in testa. Lo abbracciò dolcemente, sentendo le sue mani aggrapparsi alla sua maglietta, delicatamente, cercando di sentire la sua presenza più vicina possibile.
"Roxas..." esordì il rossino, sentendo il cuore scoppiare, perché voleva dirgli un sacco di cose e non sapeva se lui fosse disposto ad ascoltarle. Quando lo sentì stringere di più la presa non appena ebbe sentito il suo nome, capì che lui era pronto ad ascoltare tutto ciò che voleva dirgli, e si sentì più sicuro. "Tu... sei la cosa più bella che potesse capitarmi nella vita. Sei l'essere più meraviglioso che io abbia avuto la fortuna di incontrare e credimi quando ti dico che è così, perché lo penso davvero..."
Roxas posò una guancia sulla sua spalla e sorrise, con gli occhietti ancora umidi e perlati da piccole lacrime. Sospirò leggermente, alleggerito da tutta l'ansia e l'angoscia che lo aveva attanagliato poco prima.
"Mi chiedo dove fossi nascosto fino ad ora..." mormorò ancora il rossino, un po' affranto, perché davvero avrebbe voluto conoscerlo molto prima.
"Ti aspettavo" rispose Roxas, piano, con la voce rauca, graffiata ancora da quel pianto che poco prima aveva palesato.
"Ho capito, come al solito sono arrivato in ritardo anche su questo!" sbuffò Axel, mezzo divertito e facendolo ridere un po' per la sua irriverenza, che non riusciva proprio a tenere a bada. Gli piace anche per quello.
Axel si staccò e lo prese per le spalle, perché voleva guardarlo, ammirarlo, voleva baciarlo ancora, per sempre, per l'eternità, se solo avesse potuto.
"Posso baciarti ancora?" chiese, stupidamente.
Roxas gli diede un buffetto sul naso e scosse la testa, rassegnato.
"Non devi chiedermelo mai più, stupido!"
Axel si fece sfuggire un sorriso scaltro, prima di chinarsi di nuovo sulle sue labbra per baciarlo dolcemente, mentre Roxas, di nuovo, gli circondava le braccia intorno al collo.
"Avrei dovuto baciarti molto prima..." ammise il rossino, quando si furono staccati.
"Eri troppo codardo per farlo!" controbatté Roxas, scoppiando poi a ridere.
Axel sussultò sulle spalle, poi gli strinse il naso tra le dita: "Ehi, piccolo insolente!"
Roxas ridacchiò di nuovo, poi si fece serio e gli posò una mano sulla guancia.
"Axel... tu sei stato capace di aspettare sempre il momento giusto, e non parlo solo di questo. Tu hai sempre saputo prendermi, hai sempre saputo usare le parole giuste al momento giusto. Io non credo esista nessuna persona al mondo che mi abbia capito più di te..." confessò, un po' titubante.
"Non ho fatto niente di che!" rispose l'altro.
Roxas lo zittì con un gesto della mano.
"Hai fatto moltissimo... e senza di te io non sarei quello che sono ora. Sarei ancora quel ragazzino taciturno, che sta antipatico a tutti, che non sa fare nient'altro che suonare, che non ha più nulla tra le mani per vivere..." alzò le ciglia lunghe, incurvandosi leggermente per guardarlo dal basso, sorridendo poi dolcemente. "Ora ho un sacco di cose che ho voglia di fare, ho degli amici, ho un gruppo, delle passioni... e ho te!"
Axel sgranò leggermente gli occhi, perché consapevolizzò solo in quel momento che Roxas ora era solo suo, di nessun altro. Gli apparteneva e non lo avrebbe ceduto a nessuno per nulla al mondo, non ora che lo poteva avere tutto per se.
Non disse nulla, ma gli intrecciò le dita tra le sue, chinandosi di nuovo per baciarlo, perché non aveva bisogno di altre parole o altri gesti per fargli capire quanto era importante per lui.
E, quando si staccò, sospirò perché il cuore stava per esplodergli e non riuscì a fare altro che posargli la fronte sulla sua, dolcemente, incatenando gli occhi ai suoi, perdendocisi, molto più di quanto gli era successo altre volte.
"Io... non credo di aver mai amato così tanto qualcuno, come sto amando te in questo istante..." gli disse, senza paura, senza freni. Era quello che pensava e voleva dirglielo da una vita che lo amava, che per lui era la persona più importante e necessaria della terra.
Roxas lo guardò e sorrise, sentendo le lacrime di nuovo salirgli agli occhi. Si sentì emozionato, capito, ammirato ma, soprattutto, amato per la prima volta nella sua vita.
"Io invece non ho mai amato nessuno in vita mia... ma se questo è amore, allora voglio poterlo provare per sempre..." ammise, mentre una lacrima gli scendeva lungo la guancia. "Mi batte forte il cuore..."
"Anche a me..." rispose l'altro.
"E adesso so il perché" sorrise Roxas, poi alzò il viso per baciarlo di nuovo, perché lo voleva, lo pretendeva e sapeva che se non lo avesse fatto, il cuore gli sarebbe esploso per tutte quelle sensazioni che provava, di cui, però, ora era consapevole.
Era consapevole anche che, malgrado i baci ricevuto da quell'uomo, quello di Axel era stato il suo primo, vero bacio e non avrebbe voluto riceverlo da nessun altro. Lo avrebbe sempre ricordato come il primo, unico e insostituibile. Nemmeno il ricordo degli altri lo poteva eclissare, perché era stato bello ed era stato dato con dolcezza, con amore, con tutta quella attenzione che Axel metteva in ogni gesto che dedicava solo a lui.
Si disse, poi, che quel ricordo doveva imprimerselo nella mente per sempre, perché era troppo importante per essere dimenticato.
 
Quando Axel e Roxas raggiunsero il parchetto della facoltà, mano nella mano, non si premurarono molto degli sguardi straniti dei loro amici. In fondo non era importante, e nemmeno interessante, vedere le loro facce basite. Nessuno poi riuscì a dire nulla, nemmeno un saluto.
"Ehi, ciao eh! Non so se ve ne siete accorti, ma noi siamo arrivati!" esordì il rossino, alzando la mano libera per farsi vedere.
"Axel, non so se te ne sei accorto, ma siamo un po' shockati!" rispose Vanitas, pungente, alzando un sopracciglio, mentre Ventus accanto a lui sorrideva, fissando le mani intrecciate dei due.
"Dal fatto che sto tenendo per mano il fratello del tuo fidanzato?" chiese ancora Axel, mentre Roxas ridacchiava arrossendo un po', perché non sapeva proprio come comportarsi.
"Del fatto che ho paura a chiederti se sei diventato mio cognato anche tu..." mormorò l'altro, mentre il suo sopracciglio raggiungeva livelli disumani di altezza. Axel credé di vederlo partire in volo da un momento all'altro, stile rondine a primavera.
"Ancora con questa storia? Ma ci stai in fissa! Nessuno ti vuole come cognato, mettitelo in testa, Van!" esordì Riku, indicandolo con un gesto teatrale, perdendo la pazienza. Era un chiodo fisso, santo cielo!
Vanitas si voltò a guardarlo, fulminandolo: "Senti, non è colpa mia se vi imparentate con me e con il mio ragazzo! Questi sono i gradi di parentela, che vi piaccia o no!" disse, tra i denti.
"Ma sei tu quello polemico che non ci vuole come cognati, che cazzo vuoi?"
"Bella chioma, abbassa le penne o ti faccio pentire di essere venuto al mondo!" controbatté Vanitas.
"Come, a colpi di progetti architettonici?" lo punzecchiò l'altro mentre Sora si spiaccicava una mano sulla faccia, ormai totalmente rassegnato alla loro stupidità. Non solo suo fratello era un demente, ma Riku non era da meno quando ci si metteva a litigare.
Axel e Roxas li guardavano battibeccare, consci che si fosse perso il punto iniziale della conversazione, e ne erano un po' contenti, soprattutto il bassista.
Si sedettero sull'erba, accanto a Ven, che li guardò dolcemente, avendo già capito che cosa era successo.
"Tutto bene?" chiese il biondino.
Axel si lanciò una fugace occhiata con Roxas, che gli strinse di nuovo la mano tra la sua, sorridendo.
"Sì, sì! Voi?"
"Oh, avanti Axel... non cercare di svicolare! Vogliamo sapere tutto!" esclamò Ven, divertito.
"Guarda che non c'è molto da dire, eh! Credi che sia qui a chiederti la benedizione e la tua approvazione per stare con tuo fratello?" chiese, aggrottando la fronte, spavaldo. Non era in imbarazzo, era contento e basta. Voleva solo che, ora che stava con Roxas, le cose non cambiassero tra lui e Ven.
E sperò che anche lui non se ne uscisse con quella stupida storia dei cognati.
"Non è a Ven che devi chiedere l'approvazione, ma a me!" ruggì Vanitas, lasciando stare Riku quando gli sentì dire quella frase.
"E tu che c'entri?"
"Io sono suo cognato, colui che si farebbe in quattro per proteggerlo!" rispose l'altro, tutto convinto, alzando a mezz'aria un pugno solenne e vittorioso.
"Perché non fai il paladino della giustizia con Sora, invece?" lo punzecchiò Axel, stringendo poi un braccio intorno alle spalle di Roxas per abbracciarlo e portarselo più vicino.
"Ti prego, non mettergli strane idee in testa! Non ho bisogno delle sue strambe idee di protezione, me la cavo benissimo da solo!" piagnucolò Sora, mettendo poi il broncio, e Riku vicino a lui scoppiò a ridere, prima di prendergli il viso tra le mani per baciargli quel labbretto sporgente che aveva.
"Ho fame!" esclamò Roxas, d'un tratto, aprendo bocca per la prima volta da quando era arrivato, perché tutto quel trambusto gli stava facendo venire solo un gran mal di testa.
"Un pozzo... un pozzo senza fondo! Abbiamo preso il gelato poco fa, Roxas!" lo redarguì Axel, chinandosi a guardarlo.
"Lo so, ma ho fame davvero... il gelato non mi ha saziato!" rispose, un po' contrariato, mentre Axel scoppiava a ridere e guardava poi Ven.
"Mi manderà in banca rotta, vero?" chiese.
Il viso di Ventus venne attraversato da un guizzo divertito, poi inclinò la testa e sospirò stancamente.
"Sì, Axel... ti manderà sul lastrico!"
Roxas si imbronciò: "Antipatici!"
Axel gli posò una mano sulla guancia per dargli un fugace bacio sulle labbra e Ven non riuscì a reprimere quel battito cardiaco birichino che gli mosse un leggero stato di gelosia, ma che catalogò come normale.
Non aveva mai visto nessuno baciare suo fratello, per quanto ogni gesto di Axel fosse sempre stato parecchio ambiguo. Ma le labbra... accidenti, che botta al cuore!
Cercò di non darlo a vedere e si promise con tutto se stesso che doveva abituarsi e basta. Non sarebbe stato l'ultimo che avrebbe visto, in fondo, no?
"Ehi, ma che ti baci, così, alla luce del sole? Sei impazzito?" urlò Vanitas, alzandosi in piedi in un riflesso incondizionato, gelosissimo.
Axel si voltò a guardarlo, shockato: "Vanitas, non so se sto per darti la notizia del secolo, ma è Sora tuo fratello, non Roxas! Semmai questa scenata doveva farmela Ven, che dici?"
Ventus chiuse gli occhi con eloquenza, calmo come sempre.
"Infatti come al solito te ne esci con cose che non stanno ne in cielo ne in terra, mostro!" disse, serio.
Vanitas gli si appiccicò come una cozza allo scoglio, indignato.
"Ven, picchialo quel maniaco! Ti vuole portare via tuo fratello! Sta tramando qualcosa, lo sento!"
"L'unica cosa che sto tramando è quella di alzarmi e darti una ginocchiata sui denti!" rispose Axel, spiaccicandosi una mano sulla faccia, rassegnato.
"Anch'io ho fame..." sbottò Sora, sentendo il pancino brontolare e arrossendo perché si era sentito chiaramente.
Tutti scoppiarono a ridere e Riku non resistette più. Lo baciò dolcemente per poi staccarsi e ridere ancora.
"Questo non mi ha saziato, Ri..." lo redarguì il moro, scherzosamente.
"Va bene, va bene! Non volevo tirarli fuori così presto ma non mi lasciate altra scelta!" esclamò Ventus, rassegnato, scotendo la testa. Chinò la schiena sulla sua borsa e ne fece emergere un porta-pranzo trasparente da dove si potevano intravedere dei muffin al cioccolato.
"Dio benedica tuo fratello, Roxas!" mormorò Sora, alzandosi in piedi e avvicinandosi al più grande dei biondi.
Ventus alzò sulla testa il porta-pranzo, per non permettergli di prenderlo, dato che conosceva troppo bene Sora e la sua fame. Diventava una bestia, come se non vedesse cibo da mesi.
"Abbi pazienza, piccoletto! Ce ne sono per tutti e anche di più!"
Aprì il coperchio e il profumo che ne venne fuori fu quanto di più buono al mondo. Chiusero tutti gli occhi, annaspandolo il più possibile e Ven scoppiò a ridere a vedere le loro facce in estasi.
"La mamma è un mostro quando si tratta di dolci! Fortuna che ho avuto abbastanza autocontrollo da non rubarne nemmeno uno!" esclamò, sorridendo in modo accattivante.
"Se lo avessi fatto saresti stato un mostro!" esclamò Vanitas, prendendo tra le mani il suo dolcetto e odorandolo. Era ancora tiepido.
"Il mostro sei tu, qui!" rispose l'altro e Van si finse offeso, poi si avvicinò per dargli un bacio sulle labbra, che l'altro accolse volentieri.
Ven distribuì i muffin a tutti, poi prese dei bricchetti dalla borsa e ne tirò uno alla pera ad Axel.
"Anche se non lo meriti, visto che vuoi rubarti mio fratello!" scherzò, redarguendolo con un ditino accusatorio davanti alla faccia.
"E' lui che vuole rubarsi me!"
"Io non voglio rubarmi nessuno!" rispose Roxas, imbronciandosi, dando poi un morso rabbioso al suo dolce e facendo ridere il cantante per la faccia che aveva fatto. "Che c'è?"
Axel rise ancora poi gli arruffò i capelli: "Niente! E' che sei tenero da morire quando sei arrabbiato!"
Roxas arrossì e si imbronciò ancora di più e tornò a nascondersi dietro al suo muffin, che era buono davvero! Sua madre aveva le mani d'oro, non c'era che dire.
"Beh, dedico questo Muffin al fatto che Axel non reggerà mai più il moccolo uscendo con noi!" esclamò Vanitas, alzando il suo dolcetto come se fosse un calice di vino.
"Ah ah ah! Che simpatico che sei!" rispose Axel, indignato, ma poi lo imitò divertito.
"Dedico questo Muffin al fatto che per la prossima mezz'ora Sora non mi stresserà perché ha fame!" disse Riku e il suo ragazzo gli diede una gomitata sulle costole, facendogli male e facendolo urlare di dolore.
"Io lo dedico al fatto che presto saremo al mare, a rilassarci, prendendo la tintarella!" diede corda Ventus, sognante, mentre con la testa era già sulla spiaggia a leggere sotto al sole.
"Io lo dedico a voi..." mormorò Roxas, imitandoli, poco dopo. Abbassò lo sguardo un po' a disagio e tutti lo guardarono inteneriti. "Grazie per tutto quello che avete fatto e che state facendo per me..."
"Non dirlo nemmeno, Roxas..." rispose Vanitas, leggermente commosso, reprimendo una lacrimuccia di emozione.
"E' molto importante per me che lo sappiate." continuò il biondino, poi alzò lo sguardo e cercò di sorridere per non lasciarsi sopraffare dai brutti pensieri.
"Stasera andiamo a mangiare una pizza tutti assieme, poi andiamo allo Strawberry! Che ne dite?" propose Ventus, entusiasta, perché quel sorriso che suo fratello aveva fatto lo aveva ricaricato.
Axel mandò giù l'ultimo boccone del suo muffin e circondò di nuovo un braccio intorno alle spalle di Roxas, che stava ancora a metà del suo, come al solito lento come una lumaca.
Si godeva il gusto delle cose... Mah!
"Va bene! A te va, piccola peste?" chiese, voltandosi a guardarlo.
"No, stasera volevo leggere un saggio di Kierkegaard su Mozart!"
Axel alzò un sopracciglio, prima di fissarlo torvo non sapendo se stesse scherzando o no.
Roxas scoppiò a ridere: "Scherzavo, scherzavo! Certo che mi va!" esclamò, lapidario, cercando di giustificarsi, mentre Axel lo abbracciava di nuovo con una certa violenza, data la sua insolenza ormai latente.
"Un mostro... ho creato un mostro!" mormorò a bassa voce, ma non abbastanza da non farsi sentire da Roxas, che gli lasciò un fugace bacio sulla guancia per prenderlo di sorpresa.
Axel si voltò, e lo baciò sulle labbra per fargli capire che certe cose, a lui, non lo imbarazzavano.
Roxas, al contrario, arrossì.
"Siete vomitevoli peggio di Sora e Riku!" commentò Vanitas, storcendo il naso, mentre Ven ridacchiava nervoso. Non si sarebbe abituato mai, accidenti!
"Noi non siamo vomitevoli, piuttosto voi due lo siete!" ribatté Sora, indignato, indicando suo fratello e il suo ragazzo. Riku annuì con vigore per dargli corda.
"A me non fai incazzare tu, razza di bimbetto! Mi fa incazzare quel tipo accanto a te, che se la ridacchia e annuisce! Ma che ti annuisci, pezzente, che ti prendo a pugni finché non mi chiedi pietà!" rispose acido come sempre l'altro, stringendo un pugno per mostrarlo minaccioso.
"Devi prima vedere se ci riesci!" rispose Riku, in tono indifferente, incrociando le braccia al petto.
"Ci riesco, ci riesco, vuoi che te lo dimostri?"
"Eddai, calmatevi! Che agonia sopportarvi, mamma mia!" si intromise Ven, alzando gli occhi al cielo e tentando di fermare quello stupido siparietto, senza riuscirci e trovandocisi dentro.
Axel e Roxas li guardavano battibeccare divertiti, tenendosi per mano, felici che le cose non fossero cambiate per niente e che quella solita aria familiare continuava a tener loro compagnia costantemente.
Si voltarono a guardarsi quasi all'unisono e furono leggermente divertiti da quella sinergia.
Axel gli posò la fronte sulla sua e sorrise, ricambiato da due occhi innamorati come non mai, che erano ancora più solari di quelle labbra.
Il cantante chiuse gli occhi e lo baciò, dolcemente, approfittando che nessuno si stesse curando di loro.
Lo avrebbe baciato in ogni istante, se solo avesse potuto e ogni occasione era da prendere al volo senza esitare. Si sarebbe appropriato di quelle labbra ogni volta che poteva.
E a Roxas, comunque, non dispiaceva neppure che lui se ne impadronisse così spesso.
 
 
"Allora sei proprio sicuro?"
"Non molto, se mi guardi così!"
La voce dell'altoparlante della stazione chiamò un treno in arrivo, mentre da lontano si percepiva il suono delle ruote ferrose grattare sulle rotaie, frenando.
Non era il treno che Roxas avrebbe preso, ma quello stava comunque per arrivare.
Axel gli strinse la mano, fermo immobile davanti a lui sulla banchina, in attesa, mentre un miliardo di persone andavano e veniva, trascinandosi valige rigonfie e parlando al cellulare.
"Se continuo a guardarti così non parti?" chiese il rossino, mostrando la dentatura in un sorriso speranzoso. Scherzava, ma nello stesso tempo sperava che quella richiesta potesse essere esaudita.
Roxas rise e si alzò sulla punta dei piedi per lasciargli un bacio sulle labbra.
"Probabilmente, se insisti di più, potrei cambiare idea, ma dovrei ucciderti dato che ormai ho già tutto pagato!" disse, quando si staccò, tornando a posare la pianta dei piedi sul pavimento di marmo della stazione.
Axel sospirò: "Certo che sei proprio una peste bella e buona, eh! Anni e anni resecato in questa merda di città e ora che stiamo per festeggiare il nostro primo anno insieme te ne vai... potevi pensarci prima di conoscermi!" sbuffò, grattandosi poi la testa, un po' contrariato.
"Guarda che se sono diventato così peste, è solo colpa tua! Se non mi avessi cambiato la vita in questo modo, ora sarei ancora chiuso in camera mia a farmi la gobba sui libri!" scherzò Roxas, incrociando le braccia al petto.
"Io è un sacco che ti dico che ho creato un mostro, sei tu che non vuoi credermi!"
Roxas lo guardò sorridendo, poi inclinò la testa di lato e aggrottò le sopracciglia.
"Mi mancherai un sacco, Axel..." sbottò, improvvisamente, rendendosi conto che stava davvero per separarsi dal ragazzo che amava, per partire un anno in un paese straniero.
Axel lo guardò e le sue braccia ricaddero pesanti lungo i fianchi, perché quella frase gli aveva fatto male, detta dopo tutte quelle stronzate. Aggrottò le sopracciglia e lo fissò con gli occhi tremanti, prima di stringerlo a se e abbracciarlo dolcemente.
"Anche tu mi mancherai un sacco, Roxas..."
Il biondino posò una guancia sulla sua spalla, sentendo che da lì a poco sarebbe scoppiato a piangere, perché era sicuro al cento per cento della sua decisione, ma l'unica cosa che lo aveva spinto a prenderla il più tardi possibile era proprio il fatto di doversi separare da Axel.
Il cantante sentì la sua guancia morbida sulla sua clavicola e si ritrovò a pensare che nel giro di un anno si era alzato parecchio in altezza. Pensare che quando si erano messi insieme gli arrivava all'altezza del cuore.
Alzò una mano per carezzargli i capelli biondi, soffici, tremendamente profumati di cocco.
Tornò con la testa alla notte prima, sentendo ancora sulla sua pelle i baci passionali e le dita del biondino intorno ai suoi capelli, mentre facevano l'amore per l'ultima volta, prima della sua partenza e si rese conto che voleva piangere.
Avere Roxas tra i piedi era una delle cose più belle che gli fossero capitate in tutta la sua vita, e non voleva privarsene per nulla al mondo, ma sapeva anche che il suo ragazzo stava ancora cercando di ritrovare se stesso, di conoscersi, di capire cosa volesse dalla sua vita e quel viaggio probabilmente lo avrebbe spronato un po', cambiandolo ancora, ma lasciando che rimanesse sempre un po' se stesso.
Alzò una mano per prendergli il viso e guardarlo, staccandosi da quell'abbraccio dolcissimo.
Socchiuse gli occhi, aggrottando le sopracciglia, prima di avvicinarsi e baciarlo con una lentezza e profondità disarmante.
Roxas sentì il cuore infrangersi in minuscoli pezzettini di vetro, a quel contatto, conscio che fosse un bacio pieno d'amore e tristezza, dovuta alla sua partenza.
Axel si staccò e gli posò la fronte sulla sua, senza aprire gli occhi. Sospirò frustrato.
"In questo momento ho voglia di mangiare un gelato, di vedere un film abbracciati, di mangiare il sushi, di cantare mentre suoni e di fare l'amore finché non mi chiedi pietà!" esclamò, tutto d'un fiato.
"E se non ti chiedessi pietà?" chiese Roxas, maliziosamente, con un sorrisetto scaltro che fece perdere un battito al cuore del cantante, quando riaprì gli occhi per guardarlo.
"Roxas, se non la smetti di guardarmi così giuro che te lo sbatto qui seduta stante davanti a tutti!" lo redarguì, nemmeno troppo scherzosamente, visto che quel faccino da schiaffi era sempre stato il motivo numero uno dei suoi sogni erotici.
Il biondino ridacchiò, poi gli si avvicinò all'orecchio e gli disse qualcosa e quando si allontanò Axel divenne rosso come un peperone, dandogli poi uno scappellotto dietro la testa per punirlo.
"Sei tremendo! Tremendo! Pervertito che non sei altro!"
"Lo so!" ammise l'altro, alzando gli occhi al cielo, prima di abbracciarlo di nuovo dolcemente, contraccambiato.
"Uffa..." mormorò semplicemente Axel, prima di sbuffare, mentre poggiava il mento sulla sua testa.
"Mentre sono via studia e datti da fare... non voglio che per colpa mia cali il tuo rendimento" si raccomandò il biondino.
"Ci proverò... ma non posso garantirti nulla. Questa partenza mi fa troppo male..."
"Lo so... e mi dispiace dovermene andare, ma so che mi servirà"
"Non ho detto che non sia così, Roxas... è solo molto triste, tutto qui" ammise l'altro, sospirando poi malinconico.
"Possiamo sentirci quando vogliamo, Axel. Il college ha la connessione WiFi libera, quindi potrò usufruire di internet in ogni istante!" cercò di rassicurarlo, sentendo però le lacrime di nuovo salirgli agli occhi.
"Vorrei che fosse dotata di teletrasporto, così quando decido di volerti vedere posso farlo quando voglio..." rispose l'altro, saggiamente, sempre più sconfortato, per quanto forse quell'esperienza li avrebbe aiutati ad unirsi di più, per via della lontananza.
Roxas scoppiò a piangere, dopo quella frase, perché non riusciva più a trattenersi. Strinse due pugni nella maglia del rossino, nascondendo il viso nell'incavo della sua spalla, lasciandosi andare.
Axel cercò di mantenere il controllo più che poteva. Doveva essere forte, come sempre, quello più fermo e padrone della situazione.
Egoisticamente, voleva che non partisse più. Non gli importava delle esperienze, dello studio o di tutti quei cazzi di cui Roxas gli aveva parlato tanto e di cui sentiva la necessità. Aveva bisogno di lui, lì, accanto, pronto a vedersi quando volevano e se pure il tragitto da casa sua a casa del biondino gli sembrasse sempre lunghissimo, questa partenza gli sembrava che avesse allungato la distanza all'infinito, e gli fece male solo il pensiero dei kilometri che li avrebbero separati.
"Mi mancherà stringerti così... mi mancherà guardarti negli occhi, intrecciare le mani alle tue, carezzarti i capelli, vederti sorridere..." si bloccò, staccandosi e guardandolo. Esitò per un attimo sulle sue labbra, chinandosi "Cristo, mi mancheranno queste labbra più di quanto tu possa credere..." mormorò, poi lo baciò, sentendo la sua bocca salata per via delle lacrime che gli avevano bagnato le labbra.
Roxas gli strinse le braccia intorno al collo, perché ora come ora l'idea di sentirlo più vicino possibile era il suo unico conforto. Continuò a piangere, perché era triste, perché un po' era pentito, ma non così tanto da fargli  cambiare idea.
Doveva andare, vivere, cambiare aria e poi tornare dal suo principe, che lo avrebbe sempre aspettato.
Quando si staccò da quel bacio vide che anche Axel si era messo a piangere, perché il treno stava arrivando e lo aveva sentito da lontano.
La consapevolezza che di li a pochi minuti sarebbe partito lo schiacciò, ma cercò di non cedere e posò le mani sulle guance del rossino, cercando di confortarlo, per quanto fosse la persona meno adatta, visto che era lui l'artefice del suo pianto disperato.
Si sentì morire.
"Passerà subito, Axel... te lo prometto" mormorò, tra le lacrime, cercando di sorridere.
"Vorrei che fosse davvero così" rispose l'altro, sempre più angosciato.
"Tornerò per le vacanze di Natale e poi per Pasqua, per il tuo compleanno, per quello di Ven... tornerò ogni volta che potrò!"
"Va bene..." rispose Axel, annuendo leggermente, cercando di dargli a vedere che la cosa lo avesse un po' confortato, ma non era così. Il solo pensiero di vederlo tornare e poi ripartire gli fece ancora più male, ma non voleva ferirlo perché sapeva che anche lui ne avrebbe sofferto.
Roxas gli prese le mani tra le sue e sentì il treno frenare dietro di se, fino a fermarsi. Chiuse gli occhi, mentre il vento leggero che si era alzato gli spettinava i capelli. Strinse dolorosamente le palpebre, quando tutto cessò,  come se avesse paura che di li a poco dovesse scendere qualcuno e prenderlo di peso per farlo salire.
Ventus, Vanitas, Riku e Sora si avvicinarono, perché il biondino li aveva guardati in un tacito invito a farlo.
Aveva ancora pochi minuti e avrebbe dovuto salutarli tutti quanti, sebbene avrebbe preferito passare quel tempo da solo con Axel.
"Torna presto, Roxas!" si raccomandò Sora, avvicinandosi e abbracciandolo.
Il biondino sorrise leggermente, perché ormai non poteva fare a meno nemmeno più del suo migliore amico. Avevano legato tantissimo durante quell'anno e sapeva che anche le cazzate fatte con lui gli sarebbero mancate moltissimo.
"Lo farò, te lo prometto Sora!" disse, per poi prenderlo per le spalle e guardarlo. Sora gli diede un bacio sulla guancia, frettolosamente, perché gli venne da piangere e si voltò asciugandosi una lacrima e tornando da Riku che lo abbracciò per consolarlo.
Roxas lo guardò:  gli sarebbe mancato anche quel suo maledetto modo di fare tenero e spensierato e tutta quel suo genuino modo di affrontare le cose, rendendole sempre magiche e pure.
Vanitas si avvicinò, con un'espressione sul volto indescrivibile. Non seppe come catalogarlo. Era triste? Arrabbiato? Indifferente?
Smise di chiederselo quando gli si avvinghiò al collo, disperato.
"Roxas, non andare! Non andare via!" piagnucolò stringendolo fortissimo e facendogli male.
"Ehi, Van... non preoccuparti, tornerò! Non è un addio!" ridacchiò, spaesato, senza sapere se contraccambiare l'abbraccio o no.
"Se te ne vai Axel sarà intrattabile ed io dovrò ucciderlo! Non ti basta come motivazione per restare?"
"Ehi!" sbottò il rossino, indignato.
"Non preoccuparti, saprò tenerlo a bada anche da lontano!" rispose Roxas, divertito.
"Ehi!" ripeté Axel, "Ma è una cospirazione contro di me?"
"Sta zitto, rossino!" controbatté Vanitas, acido, poi si staccò dall'abbraccio e tirò su col naso. "Spero che ti servirà davvero questo viaggio... o quando tornerai dovrò picchiarti!"
Roxas deglutì a vuoto dopo quella minaccia: "Farò di tutto per farlo fruttare al meglio, allora!"
"Così mi piaci! Buon viaggio Rox!"
"Grazie Van!" rispose il biondino, guardandolo voltarsi e vedendo Riku avvicinarsi.
Malgrado fossero ormai amici non avevano mai avuto gran modo di dimostrarlo, soprattutto per i loro caratteri quasi simili. Sia lui che Riku non riuscivano ad esternare il bene che volevano ai loro amici con del contatto fisico; ma questo non implicava che il loro affetto fosse da prendere sottogamba.
L'argento lo fronteggiò e lo fissò per un po', leggermente a disagio, con un sopracciglio alzato.
Si guardarono per qualche secondo, poi Riku fece un suono schioccante e buffissimo con la lingua e lo abbracciò.
"Al diavolo, stai partendo e mi mancherai! Inutile nasconderlo!" disse, tra i denti, e Roxas rise.
"Mi sento onorato!" rispose.
"Fa buon viaggio e fatti nuovi amici ma non dimenticarti di noi, intesi?" lo redarguì, prima di staccarsi dall'abbraccio e arruffargli i capelli biondi.
"Questo non potrà mai succedere, te lo assicuro Ri!" disse, ridacchiando e l'altro annuì, contendo di sentirglielo dire.
"Roxas..."
Il biondino guardò suo fratello avvicinarsi, con gli occhi lucidi che cercava di reprimere quelle dannate lacrime di tristezza. Non lo avrebbe visto per un po', proprio ora che avevano instaurato un bel rapporto di complicità che li aveva uniti tantissimo.
"Ven..." mormorò il più piccolo, aggrottando la fronte, prima di scoppiare a piangere e buttarsi tra le braccia di suo fratello, che lo accolse in lacrime anche lui.
"Accidenti a te, mi mancherai un sacco!" singhiozzò il più grande, carezzandogli i capelli.
"Anche tu! Mi mancherai tantissimo!"
"Come faccio a stare senza mio fratello per tutto questo tempo? La casa sarà così vuota senza di te..." ammise Ventus, stringendolo di più.
"Sta vicino alla mamma e confortala! Io vi penserò sempre, è una promessa Ven"
"Lo so, Roxas, lo so... ma non sai quanto fa male saperti così lontano..."
Axel si ritrovò a pensare a quanto quelle parole fossero dannatamente vere. Voleva urlare, in quel momento, e prenderlo per mano, portarselo via, chiuderlo in una stanza e rimanere con lui per sempre, se solo avesse potuto. Ma lui rispettava le decisioni della sua piccola peste, e le avrebbe sempre rispettate, malgrado questa lo facesse soffrire moltissimo.
Roxas si staccò dall'abbraccio perché l'altoparlante chiamò il suo treno in partenza e quindi doveva sbrigarsi e tornare da Axel. Ventus si chinò per baciargli la fronte e Roxas singhiozzò a quel contatto perché era un gesto fraterno dato con tanta dolcezza e lui ne aveva bisogno, in quel momento come in nessun altro.
Ven gli prese una mano e la strinse, poi gli diede un bacio sulla guancia e si allontanò, perché sapeva di dover rispettare quegli ultimi istanti che Roxas voleva passare con Axel, per salutarsi, infine, prima che il treno lo portasse via.
Il biondino gli diede un'ultima occhiata, mentre si allontanavano per lasciarli soli di nuovo, salutandolo con la mano.
Axel si avvicinò e gli prese la mano, stringendola e Roxas sentì che tremava tantissimo e si voltò a guardarlo.
"Vorrei andare a casa a dormire e risvegliarmi quando sarai tornato..." mormorò, avvicinandosi e fronteggiandolo.
"Per farmi passare questo anno senza mai sentirti? No... io non lo voglio..." rispose, cercando di sorridere.
"Roxas, voglio che tu sappia che ogni istante della tua giornata io ti penserò e che l'unica cosa che farò sarà sperare che tutto questo passi in fretta, perché non voglio perdere l'occasione di poterti essere vicino nemmeno un istante..." gli disse, prendendogli il viso tra le mani.
"Passerà, come passa tutto e tornerò da te... non dubitare di questo, mai"
"Ti amo." rispose, semplicemente, perché l'annuncio riecheggiò, intimando i passeggeri a salire perché il treno era in partenza.
Roxas aggrottò le sopracciglia e due lacrime gli scesero lungo le guance e lo fissò: "Ti amo anch'io..."
Axel lo bacio, perché ora non c'era davvero più tempo da perdere. Quel bacio sembrò durare anni, secoli; un tempo infinitamente lungo e snervante e quando si staccarono si resero conto di quanto poco fosse durato, in realtà. Troppo poco per farselo bastare per così tanto tempo.
Il rossino gli posò la fronte sulla sua e chiuse gli occhi.
"Vai, ora... prima che cambi idea e ti rapisca..." mormorò, seriamente, con le dita affondate nelle sue guance morbide e umide.
"D'accordo..." rispose lui, non del tutto sicuro.
Si staccò con una lentezza snervante, senza perdere il contatto visivo nemmeno per un istante.
Prese il trolley con una mano e indietreggiò di qualche passo, allontanandosi dal suo cantante, perché se gli fosse rimasto così vicino non avrebbe avuto più la forza di partire.
"Fa buon viaggio..." disse Axel, rendendosi conto di quanto fosse stupida quella frase, in quel momento.
"Grazie" rispose l'altro, semplicemente, poi si voltò e si avvicinò alle scalette che lo avrebbero portato sul suo treno. Un addetto lo aiutò ad alzare il trolley e lo ringraziò sorridendo leggermente, perché non aveva più la forza nemmeno di parlare.
Axel lo fissava, immobile, senza espressione.
Roxas gli diede un'ultima fugace occhiata e poi lo salutò con la mano e lui ricambiò con fatica. Vide la porta chiudersi e il biondino sparire.
Il treno poco dopo fischiò e poi cominciò a muoversi lentamente. Ven e gli altri si avvicinarono e Axel vide spuntare la testa bionda del suo bassista dal finestrino, in lacrime.
Lo seguì camminando lentamente accanto al treno che pian piano prendeva velocità.
"Mi mancherai un sacco..." mormorò il biondino, guardandolo.
"Tu di più! Non farmi preoccupare, torna presto, pensami sempre!" gli urlò quando la velocità aumentò.
Roxas sorrise: "Non dubitare di questo! Ti amo!"
Axel cominciò a correre: "Ti amo anch'io, Roxas! Ti amo!" urlò, poi rallentò e il treno sparì velocemente, portandosi via la cosa più importante della sua vita, per un lungo anno.
"Volevi seguirlo fino al college?" chiese Riku, quando lo ebbero raggiunto, ridacchiando e posandogli una mano sulla spalla.
"Lo seguirei in capo al mondo, se potessi, quella dannata peste!" rispose, cercando di sorridere, guardando ancora la linea lontana del treno serpeggiare sui binari e allontanarsi sempre più velocemente.
"Sarà un lungo anno... mi mancherà tantissimo!" esclamò Sora, abbassando lo sguardo e imbronciandosi. Riku gli circondò un braccio intorno alla spalla per confortarlo, ma anche lui era triste per la partenza di Roxas. Ormai era una presenza fissa, in più era il migliore amico del suo fidanzato, quindi era abitudine averlo tra i piedi, piacevolmente.
"Accidenti, non è nemmeno partito e già si sente la sua mancanza..." mormorò Ventus, premendosi una mano sulla bocca per soffocare un rantolo, dato che stava per mettersi a piangere di nuovo.
"Gli farà bene un viaggio simile! Vedrai che il suo ritorno gioverà a tutti! Tornerà per colmare questo vuoto!" lo rassicurò Riku.
Axel non disse nulla, ma si limitò a fissare l'orizzonte dove ormai il treno non era più visibile.
Cercò di prefigurarselo, seduto sul suo sedile, con la musica nelle orecchie, mentre masticava la gomma distrattamente, facendo le bolle per poi farle scoppiare e facendo innervosire il suo vicino di posto senza rendersene conto. Lo vide, con gli occhi chiusi, le ciglia lunghe a contornare quel viso da schiaffi che aveva, niveo, con le gote rosse e le lentiggini appena visibili. I capelli biondi spettinati davanti al viso e un libro sulle gambe pronto a fargli vivere qualche avventura.
Se lo voleva ricordare così, spensierato, o mentre sorrideva, o mentre piangeva, o mentre si arrabbiava per il suo ennesimo ritardo, o mentre lo baciava dolcemente, o mentre lo fissava intensamente mentre facevano l'amore per la milionesima volta.
Cercò di imprimersi nella mente tutti i suoi modi di essere, in ogni situazione quotidiana che, fino a qualche tempo prima, vedeva con meno importanza, ma ora tutto questo gli sarebbe mancato.
Prese un lungo sospiro e si voltò, seguito dagli altri, per uscire dalla stazione e tornare a casa e cominciare il primo giorno senza Roxas.
Si infilò le mani in tasca, mentre Sora piangeva abbracciato a Riku e Ventus teneva la mano di Vanitas, passandosi quella libera su un occhio umido.
Sospirò e sorrise leggermente, perché quel biondino anonimo che aveva conosciuto un anno prima, ora era diventato essenziale per tutti e la sua mancanza avrebbe lasciato il segno anche sugli altri.
Si passò una mano tra i capelli, cercando di rassegnarsi a quei giorni di strazio che lo aspettavano, mentre le parole che Roxas gli aveva detto prima nell'orecchio gli rimbombavano nel cervello e lo fecero ridere.
"Quando tornerò non avrai scampo e sarai tu a chiedermi pietà, perché ti incatenerò nella mia stanza senza lasciarti più andare... dopodiché vedremo come ti libererai di me, rossino!"
E Axel, di lui, non se ne sarebbe voluto liberare mai.
Fine.
 
 
Mi sembra ieri che ho iniziato a scrivere questa fic, e oggi è finita, portandosi via tutti questi meravigliosi personaggi che ho voluto portare nel nostro mondo, forgiando nuove amicizie e rafforzando quelle nuove, creando storie d'amore e raccontando di quelle che già c'erano.
Mi hanno fatto tribolare, mi hanno fatto ridere, piangere, sussultare, arrabbiare, scapocciare, ma non potrò mai dimenticarli.
Potrò scrivere altre mille fan fiction con loro protagonisti, ma mi affezionerò sempre al ruolo che gli ho dato in ogni singola storia. In questa sono ragazzi, sono musicisti, sono studenti, sono innamorati, sono problematici... e sono come noi, in un certo senso.
Li ringrazio per avermi fatto vivere questa lunga avventura e maledirò per sempre Roxas, che fino alla fine mi ha fatto patire come solo lui sa fare.
E poi ringrazio voi, che recensite, che leggete, che seguite, che avete messo la storia tra preferiti, tra ricordate... e vi ringrazio tanto, perché senza di voi questa storia non aveva senso di esistere e non l'avrei mai continuata.
Ringrazio Monique che mi ha sopportata anche dal vivo, a cui ho chiesto mille consigli, a cui rompo su Whatsapp per chiederle opinioni sincere e lei me le ha sempre date.
Ringrazio The One Winged Angel e Lady666 che si sono appassionate con tutto che non hanno mai giocato a KH e si sono affezionate ai personaggi, soprattutto a Vanitas e sono felice che sia, alla fine, il personaggio più riuscito, perché ci tenevo tantissimo che fosse così.
Ringrazio la mia ciccia Devilangel476, che mi ha sostenuta, che mi ha dato la carica, che recensisce sempre con un certo impeto e questo mi ha sempre e solo aiutata a migliorare.
Ringrazio Tenue, che amo, che è dolcissima, che è un amore di ragazza e sono così felice di averla conosciuta... soprattutto perché con le sue storie mi emoziona sempre.
Ringrazio AxelBlake che mi legge e mi recensisce i resoconti, facendomi sempre un sacco di complimenti! Sono felice di aver conosciuto anche te, dolcissima creatura.
Ringrazio Dreamer_98, anche lei dolcissima. Ogni volta che vedo il suo avatar di Naminé sono contenta di vederla, perché anche lei mi ha sempre riempita di complimenti e mi ha sempre dato la forza di continuare questa storia.
E poi tutti quelli che l'hanno letta e che, anche se non hanno recensito, ringrazio infinitamente. Vi prego solo di recensire questo ultimo capitolo, anche solo con due righe, per sapere se vi ha finito di emozionare o se è da cestinare totalmente.
Grazie a tutti davvero per esserci stati sempre, per avermi supportata. Siete tanti e io non credevo davvero di poter scrivere qualcosa che sarebbe piaciuto tanto.
E ora vi lascio alla Bonus Track, perché non posso lasciarvi senza proprio all'ultimo capitolo e ve lo meritate. E' tutto per voi, proprio come tutta la storia e i suoi strambi personaggi.
Spero che continuiate a seguirmi anche nelle prossime storie, ci tengo.
Vi adoro.
Sempre vostra.
Miryel
 
 
*Bonus Track*
Doveva fare un freddo cane fuori, perché oltre al fatto che fosse novembre inoltrato, il vento era fortissimo e gelido e l'atmosfera fuori era delle meno ospitali.
Dentro la stanza il tepore era anche troppo. I termosifoni accesi erano un toccasana, ma l'ambiente talmente piccolo che si riscaldava subito.
Roxas sentì le palpebre pesanti, perché quel caldo gli faceva venire quasi sonno.
Ma doveva studiare, perché il primo trimestre stava per finire e tra meno di un mese sarebbe tornato a casa per le vacanze di natale. Non vedeva l'ora.
Non vedeva l'ora perché tutti gli mancavano da morire, soprattutto Axel.
Incrociò le braccia sul libro di algebra e sospirò, un po' affranto, perché oltretutto il rossino non gli rispondeva dalla sera prima ed era un po' preoccupato che fosse successo qualcosa.
La connessione WiFi era stata davvero la loro salvezza!
Ogni sera, prima di andare a dormire, si sentivano e si vedevano su Skype ed era l'unico modo per tenersi in contatto ed essere il più vicini possibile. Ringraziò il cielo di essere nato nell'epoca dove la tecnologia aveva sicuramente raggiunto un ottimo livello.
Prese il cellulare, sbloccandolo, rivelandone lo sfondo dolcissimo di lui e Axel abbracciati al parco, sorridenti, vicinissimi. Fu geloso fradicio del se stesso di quel periodo.
Aprì la casella messaggi e rilesse quello di che Ventus gli aveva spedito poco prima.
"Non ho idea di dove sia Axel, mi dispiace Roxas! Magari è con Riku! Non so cosa dirti, perdonami :("
Sospirò di nuovo, sperando che presto il rossino si sarebbe fatto sentire.
Posò il cellulare di nuovo sulla scrivania e spiaccicò la fronte sul libro, continuando a sospirare, mentre lo stomaco gli si contorceva dalla preoccupazione.
E mentre chiudeva gli occhi, ormai totalmente intenzionato a lasciarsi andare e dormire, sentì bussare alla porta della sua stanza e trasalì.
Si alzò in piedi stancamente, sentendo le gambe indolenzite, perché si era alzato solo un paio di volte da quando aveva iniziato a studiare e le ginocchia gli scricchiolarono.
Aprì la porta, tirando giù la maniglia bollente per via dei termosifoni e rimase immobile, con un'espressione indefinibile sul volto, shockato.
"Hai visto un fantasma?"
Roxas, sentendo quella voce, si impietrì ancora di più, perché tutto ciò che riuscì a pensare era che probabilmente si era davvero addormentato sul libro e che avesse iniziato a sognare.
Sentì gli occhi inumidirsi involontariamente.
"Axel..." mormorò, scoppiando poi a piangere, senza riuscire a trattenersi.
Il rossino, che aveva esordito con quella battuta idiota, ma era emozionato da far schifo, lo prese delicatamente per le spalle, facendolo indietreggiare e si chiuse la porta alle spalle.
"Ehi... non sei contento di vedermi?" chiese, ridacchiando leggermente, mentre si chinava per asciugargli le lacrime con i pollici, prendendogli il viso tra le mani.
Roxas, di tutta risposta, gli si fiondò al collo, abbracciandolo, senza smettere un solo istante di piangere.
Axel lo strinse a sé, carezzandogli la schiena per confortarlo, per fargli capire che era vero e non un ologramma, o un sogno, o un'allucinazione.
"Mi hai fatto preoccupare un sacco!" quasi urlò il biondino, con la voce rotta dalle lacrime, stringendolo di più e affondando la testa nella sua spalla.
"Scusa, e che volevo farti una sorpresa..." mormorò, intenerito da quella sua reazione dolcissima.
"Sei un idiota, un deficiente!" gli disse, arrabbiato "Stronzo!"
Era la prima volta in vita sua che sentiva Roxas dire una parolaccia e gli venne da ridere. Doveva essere davvero arrabbiato per farlo!
Represse un guizzo divertito per evitare che lo prendesse a pugni.
"Lo so, perdonami..." disse, semplicemente, prendendolo poi per le spalle, visto che non ce la faceva più a stare senza quegli occhi azzurri e quelle labbra allucinanti.
Roxas alzò una manina per stropicciarsi un occhi e lo fissò, un po' più calmo.
"Non mi stai nemmeno baciando!" lo redarguì, arrabbiato seriamente per quel fatto.
Axel alzò gli occhi al cielo, fingendosi esasperato: "Sei tu che non ti sei fatto..."
Il biondino non ce la faceva a stare a sentire ancora tutte quelle stronzate che aveva da dirgli. Gli si fiondò sulle labbra, circondandogli le braccia intorno al collo e lo baciò.
Basta parole, basta cazzate, era il momento di accantonarle, visto che erano quasi cinque mesi che non si vedevano.
Axel rimase per un attimo basito da quella reazione disperata, ma smise di badarci quando si rese conto di quanto gli fossero mancate le labbra di Roxas, oltre che l'intero biondino.
Gli strinse le braccia intorno alla vita, avvicinandoselo sempre di più, perché ora voleva solo sentire ogni singola cellula del suo corpo attaccata alla sua.
Quando si staccarono, si fissarono per minuti interminabili, prima che il biondino si decidesse a dire qualcosa.
"Quando sei partito?"
"Questa mattina molto presto, ho preso l'aereo delle sei e poi un pullman per venire qui. Scusa se non ti ho detto niente..." disse il rossino, carezzandogli poi una guancia nel tentativo di farsi perdonare.
Ma Roxas non aveva nulla di cui accusarlo, era felice e basta. Aveva già dimenticato la preoccupazione che lo aveva attanagliato quando non lo aveva più sentito e, in fondo, la sorpresa era stata meravigliosa.
"Per quello non fa nulla... mi sei mancato da morire..." mormorò il biondino, abbassando lo sguardo. "Quanto rimarrai?"
"Domani riparto, Roxas... lo so, è pochissimo tempo, ma è quello che sono riuscito a trovare! Dopodiché ci rivedremo a natale..." lo informò, un po' affranto ma felice di essere riuscito a realizzare quel piano. "E prima di quel tempo non potrò farti un'altra sorpresa simile..."
Roxas alzò la testa per guardarlo e, perdendosi nei suoi occhi verdi, sorrise: "Allora dobbiamo passare questo tempo in modo produttivo!" esclamò, mentre le pupille si illuminavano di una lucetta a dir poco maliziosa.
Axel alzò un sopracciglio e lo scrutò: "Lo penso anch'io..."
Si chinò di nuovo per baciarlo, mentre smanettava con una mano per chiudere la porta a chiave, facendole fare un paio di giri. Poco dopo lo prese in braccio e lo portò sul letto, facendolo stendere e continuando a baciarlo, sovrastandolo.
"Non hai dei fottuti compagni di stanza, vero?" chiese, sulle sue labbra, a bassa voce, infilandogli una mano sotto la maglietta per carezzargli un fianco.
Roxas sorrise e scosse la testa: "Per tua fortuna no!"
"Bene!" furono le uniche parole del rossino, prima di affondare di nuovo la bocca nella sua, mentre l'altro cominciava a smanettare con la cintura dei suoi pantaloni.
A Roxas era mancato tutto di Axel, dai suoi capelli rossi, alla sua voce, fino alle sue labbra e il suo intero corpo. Non poteva ancora crederci che fosse lì, e che lo stesse baciando e che stessero per fare l'amore in quel vecchio letto arrugginito del suo dormitorio.
Si sentì morire, ad ogni contatto con la sua pelle, ad ogni bacio, ad ogni spinta delicata o brusca. Gli era mancato tutto questo e se lo sognava la notte, a volte, svegliandosi poi con una malinconia dolorosissima.
Quando si distesero sul letto, riprendendo fiato e asciugandosi il sudore dalla fronte, Axel lo abbracciò, facendogli adagiare la testa sul suo petto e lasciandogli un bacio sulla fronte, sorridendo.
Roxas intrecciò una mano alla sua, mentre il petto ancora si muoveva velocemente per via del respiro corto. I capelli gli si erano appiccicati alla fronte e se li spostò con il dorso della mano.
"Ti sto dando una piccola tregua, tra un po' ricominciamo!" sentenziò il rossino, e il biondino rise.
"Per me possiamo ricominciare anche ora!"
"Cristo, ma da dove la prendi tutta questa energia, Roxas?" gli chiese, basito, sentendosi stanchissimo in realtà, mentre quei maledetti termosifoni non facevano che aumentare il sudore sulla sua fronte.
"Sarà che sono giovane, a differenza tua..." fu la risposta pungente del bassista, guadagnandosi un pizzicotto sulla guancia che lo fece sussultare. "Ahio..."
"Dannato insolente!"
Roxas ridacchiò, massaggiandosi la guancia: "Lo so... e lo sai anche tu, ormai, che sono così!"
"Io non volevo che diventassi così, sei tu che mi sei sfuggito di mano!"
Il biondino a quelle parole sbuffò divertito, poi si voltò a pancia in giù per poterlo guardare. Si fece scivolare verso di lui e, prima di baciarlo, gli mormorò sulle labbra: "Pensi che dovrei essere punito, per questo?"
Axel gli posò una mano sulla guancia, esitando con le sue iridi verdi sulla sua bocca umida. Alzò le ciglia per guardarlo e sorrise: "Sì, penso di sì..." disse, con un filo di voce, prima di baciarlo.
Roxas era stanco, stanchissimo in realtà, ma non poteva assolutamente perdere l'occasione di fare l'amore anche cento volte di seguito con il suo cantate. Ci sarebbe stato tempo per riposarsi, l'indomani e nei giorni a seguire, ma ora non poteva non approfittarne, era un lusso che non poteva concedersi, anche perché Axel, probabilmente, non glielo avrebbe nemmeno permesso.
Fine.

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