Never...

di _Magica_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 -PARTE PRIMA- ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 -SECONDA PARTE ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Luce.
Sussurri.
Vociare confuso ed indecifrabile.
Gemiti lontani.
E poi sbatte le ciglia, apre le palpebre.
La luminosità per un attimo la acceca.
Infine tutto diventa chiaro: una stanza con mura di cemento e tetto di legno.
E poi delle voci che si avvicinano che le parlano.

<< Ben sveglia! Finalmente   non ci contavamo più>>
Gente che non conosce, che ha a malapena intravisto correndo a perdifiato nel labirinto.


<< Hai avuto una bella faccia di caspio per sopravvivere dopo quella botta, complimenti>>
E finalmente parla, la sua voce le appare roca e consumata.

<< Dove… dove mi trovo?>>
Il ragazzo dai folti capelli castani che le risponde sembra  a disagio.
<< Bhe… Ehm riesci ad alzarti?>>
<< Credo di si>> risponde la ragazza.


Cerca di mettersi in piedi, e contro ogni previsione ci riesce. Barcolla un po’ e la coglie un giramento di testa, ma poi tutto si stabilizza e segue il ragazzo fuori dalla stanza.

<< Adesso ti porteremo da qualcuno che ti spiegherà tutta la storia… tu cerca di stare tranquilla perché va tutto bene >>
Il paesaggio fuori dalla porta del piccolo edificio è sbalorditivo.
Campi verdi, boschi, ruscelli, una scogliera a picco su un mare cristallino che si confonde con l’azzurro perfetto del cielo.

Credeva che quei posti così… perfetti non esistessero più.

<< Sei una delle ultime ad essersi svegliata, sei stata in coma per quasi un mese >> Le dice il ragazzo.
<< UN MESE?! >> Esclama sbalordita.
Non può essere passato così tanto, è semplicemente impossibile.
Nota qualche edificio qua e là per il prato… tutte costruzioni piccole e sobrie.

<< Eh già bella addormentata… quasi un mese, siamo quasi arriv… THOMAS qui c’è la bella addormentata>>

Il moro si rivolge ad un ragazzo poco più grande di lei… sui 17 anni. Capelli rossicci e spettinati.
Colui che dovrebbe essere Thomas sta parlando con un ragazzo ed una ragazza che le danno le spalle.
Sebbene non li veda in viso uno è un ragazzo moro, abbastanza alto ed ha davvero un’aria annoiata. La ragazza è carina, degli occhi vispi spiccano da un viso luminoso.


Si avvicinano al gruppo ‘’QuelloCheDeveEssereUccisoPerchéL’haChiamataBellaAddormentata’’ la presenta ai tre individui.

E Thomas le parla.
<< Piacere.  Il mio nome è Thomas, e tu ti trovi al sicuro. In un luogo dove i sopravvissuti devono preservare la razza umana… i sopravvissuti che siamo noi circa 200 persone che vedi qui >>

Le ci vuole un po’ per elaborare il concetto. E quello che crede di aver sentito la sciocca… il mondo… solo loro.

Si guarda intorno allibita ed il ragazzo continua a parlare.

<< So che può sembrarti strano ma… tranquilla con il tempo capirai >>

Il ragazzo che quando era arrivata stava parlando con Thomas sbuffa come chi quella sol-fa l’ha sentita anche troppo. Le da’ ancora le spalle e questo la infastidisce. Inoltre essendo una tipa particolarmente sarcastica sta per fare un commentino poco gentile diretto proprio a lui quando…
 Il ragazzo si gira.

E lei rimane di stucco, non ci vuole pensare, non ci vuole credere.
Vorrebbe urlare, scappare… ma la sua gola è secca i suoi piedi attaccati a terra.
Non ci crede, non si crede mai a queste cose. E’ cambiato tanto… troppo, eppure lei sa che non potrebbe mai dimenticarlo, ed è sicura che anche se succedesse non sarebbe mai efficace. Perché lui fa male, provoca dolore e pianti. Eppure è sempre stato la sua forza, è sempre stato il suo coraggio.

Ed anche il ragazzo sgrana gli occhi incapace di dire niente. Perché parole non esistono, non esiste niente che possa dire.
C’è solo il silenzio, che la strozza e che sembra ucciderla. Dopo tutto quello che era successo, dopo tutto quello che aveva passato… possibile che lui…

<< Tu… >> Riesce appena a sussurrare cercando di ricordarsi come si respira, come si scappa, come si urla.
E lui fa’ un passo indietro l’espressione scioccata in viso.
E la ragazza d’un tratto ricorda come si cammina, come si corre, come si piange.
E gli si getta in contro, cancella la distanza tra loro con il viso bagnato da lacrime salate che sanno di promesse infrante e ricordi dolorosi.
E quando gli è davanti… quando è ad un centimetro da lui stringe le mani a pugno e...
.. gli passa un cazzotto tra le lacrime con tutta la forza che hai in corpo.

Lo vede coprirsi il volto con le mani, cadere a terra allibito sia per dolore che per la sorpresa.
E la guarda, con quegli occhi che per quanta strada faccia non le spariranno mai dai ricordi… quasi incitandola con un cupo desiderio di essere punito, di essere picchiato più forte.

Perché lui sa che se lo merita.
Lei sa che se lo merita.


Ma non ci riesce…singhiozza con l’ultimo sussurro di fiato che le era rimasto in gola e si sente svenire. Vorrebbe scomparire, dimenticare morire.
Vorrebbe urlare, piangere, gridare.
 Precipita a  terra… sull’erba.
E poi buio che cede il posto a gli incubi.
Kara ricorda…
Kara è il suo nome.

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Questa è una delle mie prime fanfiction. Spero che come preambolo vi abbia interessato. E se è così, o inversamente l'avete trovata noiosa o in qualche modo poco scorrevole, vi prego di avvertirmi: Perchè sia critiche che complimenti sono sempre ben accetti.

-Magica

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 
Capitolo 2

Si risveglia solo più tardi.
Luce accecante negli occhi, un sole  delle 4 passate.

Vorrebbe semplicemente restare lì sul letto e farsi prendere dalla pigrizia… ma ha dormito per un mese e non ha intenzione di dormire ulteriormente.

Si tira su. Sta per scendere dal letto quando vede una figura seduta su una sedia accanto al letto.

Si pente immediatamente di essersi alzata, adesso verrà il momento delle domande,  lei lo sa.

Oh cielo che barba!

<< Ben sveglia! >>

Dice la una voce di ragazza… Kara non si era data la briga di osservarla ma adesso si sofferma a guardarla.

Deve avere più o meno la sua età, i capelli castani le scendono dolci nelle spalle e gli occhi sono vispi ed intelligenti.

Si ricorda di averla vista quella mattina.

Il ricordo le mette una tristezza mista a rabbia assurda e tutte le forze che credeva di aver recuperato le scivolano via dal corpo.
 
<< Il mio nome è Brenda >> Continua imperterrita lei << E sono qui per farti taaaaaante domande >>

Sorride sornione e Kara si lascia cadere tra i cuscini.
La ragazza le è simpatica, ma odia gli interrogatori.

<< Oddio no! >>
Odia le domande… soprattutto su certi argomenti e persone che desidera con tutto il cuore dimenticare.

<< Ti prego! Ti prego NON chiedermelo! >>

La ragazza sbuffa ed alza gli occhi al cielo.
<< No, No signorina… è la seconda volta in una giornata che mi si risponde così… e vada la prima ma alla seconda non resisto… adesso… >> Sorride sghemba con una faccia tutt’altro che confortante << Dimmi tutto >>

Poi scoppia a ridere, e Kara la fissa con un che di sconcertato e sconvolto.

<< Ehm… Ahg…sì sì… ovvio >>  Non sa cosa dire, non c’è niente da dire.

Improvvisamente Brenda torna seria.

<<  Non dileguiamoci a lungo… tra voi scoppiavano scintille, hem… forse pugni, ma… >> Le si avvicina sempre di più << Da quanto vi conoscete? >>

Kara sa a che si riferisce… a chi più che altro.

Sa di non poterne fare a meno, non può fingere che non sia niente. Le passa per gli occhi un’ombra di dolore, e distoglie lo sguardo mentre le iridi le bruciano al ricordo.

E’ strano, lei non piange mai… ma in quella giornata le lacrime hanno minacciato di scenderle infinite volte.
 
Si prende il viso tra le mani imponendosi di rimanere calma, non è niente… non è niente!

Ed invece sì che è… sarà per sempre qualcosa.

Non può impedirselo, non può farlo… i ricordi le fluiscono nella mente.
Proprio quei ricordi che aveva giurato a se stessa di essere scomparsi, distrutti, dimenticati.

Invece sono ancora lì, che le premono in fondo alla mente, che le scorrono nelle vene, che le infuocano l’animo. Sono ancora lì tutt’altro che scomparsi… ma riaccesi di dolore. Tutt’altro che distrutti… ma ricomposti per farla soffrire. Tutt’altro che dimenticati… ma vividi e orribili.
 
Poi sente qualcosa, qualcosa che purtroppo ha già sentito più volte. E’ sempre così quando…

Spalanca gli occhi, li apre orripilata, sconvolta… dannatamente immobile.
Sempre così quando le capita.
E sa che sta per ricordare. E sa che non può sfuggire, sa di non poterci fare semplicemente niente.
E questo la distrugge, la dilania.
Perché non può accadere di nuovo, non può succedere e basta. Non resisterebbe un'altra volta… non ne ha più la forza.

Vorrebbe morire… anziché ricordare, vorrebbe uccidersi anziché rivivere.
Ma non può… perché ormai le bruciano nella mente i ricordi.

<< Io non… non volevo farti star male >> Sente appena sussurrare Brenda accanto a lei.

E tutte le volte che le è capitato sente crescere il vuoto dentro di lei… un’ondata di panico che le attanaglia il petto.
Trema come sempre, sussulta e geme.
Non vuole ricaderci.

 Non ti nuovo prega non di nuovo!

Non vuole… non  vuole. Ma è obbligata, e come sempre non ha scelta.
Ma come la vita insegna  nelle cose più giganti le ,anche se piccole possibilità di scegliere, hanno risvolti enormi.

E allora quasi come in un sogno, prende la mano di Brenda accanto a lei… e le chiede, quello che pensava non avrebbe mai più chiesto a nessuno.
Gli occhi sbarrati, gli ultimi momenti di lucidità rimasta.

<<  Accompagnami, so che è possibile… non lasciare che cada di nuovo sola in quel posto… i morirei se rivivessi da sola quel dolore>>
 Glielo chiede… con la mente sull’orlo di un burrone gigante << vieni con me …>>

Vorrebbe andarsene, ma il vuoto l’attrae troppo, resta sospesa lì tra la terra ed ed oceano solo per un secondo di più… finche non vede Brenda fare un cenno di assenso… allora si lascia andare

Espande  la mente con quella di lei ed è allora che insieme l’una nella mano dell’altra che si buttano nel vuoto che è la mente di Kara.
 
 
Poi il fracasso, la porta si apre di schianto e della gente si prende a spintoni per entrare nella stanza blaterando frasi senza senso.
Una bambina è rannicchiata vicino alla finestra e si tiene le mani sulle orecchie per coprire quegli striduli lamenti assordanti.
Dovrebbe scappare, dovrebbe correre fuori per andare a nascondersi… ma non ci riesce.
E’ ferma immobile a fissare il trambusto provocato da chi di umano non ha più nulla: gente con gli occhi folli, con la lingua penzolante ai lati della bocca.
E davanti a quell’orrore lei è immobile, tutto dentro di lei le urla di andarsene ma non fa un passo… non ne ha la forza.
E poi… infine la vede, in mezzo a tutta quella marmaglia che le si avvicina barcollante… la vede…
Sua madre…
E’ insieme a gli altri, con lo sguardo folle ed i graffi sul viso.
Quella non è più sua madre… lei lo sa… se lo sente.
Ma ha le sue sembianze, la sua voce, i suoi vestiti.
Ed è proprio quella visione a svegliarla.
Si getta giù per le scale che portano alla cucina ed esce dalla porta sul retro.
Si dirige verso il bosco a tutta la velocità di cui è capace.
Sente schianti e urla dietro di lei…

 Ma non si ferma, non si volta nemmeno.
Ha nove anni e già ha visto qualcosa che mai i suoi occhi scorderanno e lei lo sa… persino lei ne è consapevole…
Sa che la notte quelle immagini la tormenteranno per sempre.
E continua a correre, talmente orripilata che nemmeno le lacrime le escono.
Corre per quelli che le sembrano giorni, con i rovi che le strappano i vestiti e la pelle, i piedi che le dolgono nelle scarpe ormai distrutte.
Non si ferma, ha troppa paura di fermarsi…troppa paura di quello che potrebbe raggiungerla.
Infine finisce in una radura dove una casa sobria ma grande torreggia sul territorio.
E finalmente si ferma, respira ed urla.
Cade in ginocchio e si prende il visino tra le mani.
E’ un immune, lo sa.
Glielo ha detto sua madre prima di impazzire, le aveva anche detto di fuggire, ma lei è rimasta lì immobile incapace di muoversi.
Rabbrividisce al pensiero di sua madre… vomita, strilla… ma le lacrime non le escono: è troppo scioccata perché succeda.
Le sembra di stare immobile inginocchiata nel prato per quelle che le pargonoo ore.
Poi ad un certo punto un rumore tra le fronde interrompe il suo shock.
Indietreggia…credendo che siano altri spaccati… le gambe che le tremano di stanchezza.
Invece dalle fronde
sbuca un bambino dai folti capelli neri.
Sembra sconvolto quasi quanto lei, non sa che fare.

Poi semplicemente le si avvicina titubante.
Lei resta immobile mentre il bambino le si avvicina.
E le parla la voce ancora che conserva un tono infantile per quanto forte
.
<< Sono stati gli spaccati a renderti triste >>
Non le chiede, che ci fa a casa sua e come si permette a sbucare fuori dal nulla, no, le chiede della sua tristezza.
La bambina annuisce.
Il suo nome è Kara ha nove anni.
Poi lui come in un sogno le viene incontro proprio mentre le sue gambe cedono.
La stringe forte in un abbraccio che riesce a tenerla in piedi.
Cerca di infonderle sicurezza e lei ne è grata.
Non sa chi è, non conosce il suo nome, la sua storia… ma la abbraccia ugualmente, perché vede che lei ne ha bisogno.

E lei si sente calma, finalmente riesce a metabolizzare tutto quello che le è accaduto e l’orrore le piomba addosso.
Stranamente, sorprendentemente, spasmodicamente si sente però a casa.

Tra le braccia di un bambino che non conosce, si sente bene.
Delle manine, piccole come le sue, la circondano ed una voce le sussurra
<< Tutto bene, va tutto bene >>
Come una ninnananna, parole ripetute all’infinito che perdono significato.
Ma hanno il potere di calmarla e di farla ragionare.
E le lacrime le escono questa volta… le bruciano sugli occhi e bagnano la spalla del bambino che ancora la stringe.
Poi sente il sonno che la porta via e lascia il posto a gli incubi.


Si riprende, respira, urla.
Brenda accanto a lei lo sguardo scioccato ed assente.
Kara prende fiato, seppellisce la teste fra le ginocchia tirate al petto.
Sono riniziati... quei giochi da cui non si può sfuggire. 
Rinizieranno, ricordo do l'altro fino a vederla cedere.
Riniziati.
I Flashback
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Allora vi è piaciuto? ^ ^
Spero di si. Dubbi e perplessità chiedeteme nelle recensioni :)

-Magica

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


<< Vuoi… vuoi spiegarmi che cosa ci è capitato?  >> 

La sente a malapena quella domanda. Ne capisce il significato, ma non vuole rispondere. Non riuscirebbe a rispondere.
Sono due ore che ha lo sguardo fisso nel vuoto. E’ pietrificata, sconvolta.    
  Gli occhi spenti , il cervello in subbuglio. Darebbe qualsiasi cosa pur di anestetizzare il cervello, diminuire le prestazioni cerebrali le ritornerebbe davvero utile.
Un po’ di ‘’Nirvana’’…quasi quasi.

Scuote la testa, la seppellisce tra le mani e scaccia l’aria davanti a se come se fosse veleno.
Respira a fondo, cerca quella calma che è impossibile che le venga.

La prima volta che i flashback le erano venuti riguardavano sola la parte precedente all’episodio che invece, questa volta le si è presentato per primo.
Forse i flashback questa volta si limiteranno a un solo immenso doloroso episodio.
Ma c’è quella morsa al petto che le attanaglia il cuore. C’è quella piccola, orrenda ipotesi che le si insinua tra le membra…

Che forse… forse.
Le manca il fiato… non riesce a pensarlo.

Che forse invece riguarderanno la parte posteriore…
E lì davvero sente crescere l’ansia. In se i flashback sono spaventosi quando riguardavano la prima parte della sua infanzia… ma se riguardassero…
Se riguardassero lui?

Non ci deve pensare, non deve farlo e basta.

Rischierebbe solo di scoppiare e non può permetterselo in piena crisi.
Sono solo all’inizio le dice una voce.
Ma lei fa di tutto per metterla a tacere.

Non ci deve pensare, non deve farlo e basta.

Però se le ricorda bene quelle manine che le accarezzavano i capelli, che le sussurravano dolci, che le…

Non ci deve pensare, non deve farlo e basta.

Cerca di nuovo dentro di sé quell’odio che l’ha mandata avanti, lo cerca, lo spasima, lo pretende.
Ma sente solo il vuoto, sente solo l’emozione che le si impossessa del petto, sente solo il desiderio sordo e muto di ciò che tanto dolore le aveva causato.
Ma non era solo dolore quello che lui le aveva causato era anche gioia aperta, sorrisi sospirati.
Era anche tenerezza, risate…

Amore…

NO! L’amore no!
Ed invec…

Scuote violentemente la testa.
Non ci deve pensare, non deve farlo e basta.
Brenda la fissa un po’ titubante.

Kara però non la guarda, non può, sente mancarsi l’aria, il fiato, l’ossigeno.
Si alza di scatto, esce nella distesa verdeggiante che ormai ha assunto i colori rossastri di un tramonto sereno.
Ma le si offusca la vista e non si gode il paesaggio.

Annaspa in cerca di lacrime che però come sempre quando è sconvolta non riescono a scenderle.
Quasi desidera che le solchino la pelle, che le bagnino il cuore che ora brucia di energia, che grida di riscoperta.

Lo sente ancora il fuoco che la corrodeva dentro, che le bruciava nell’animo.
Eppure era un rogo ma non veniva consumata. Perché l’amore è così: uragano e tempesta e al contempo  tranquillità e pace.
Tutta racchiuso in un’unica  certezza…

“Certezza che avrei avuto anche con il vuoto sotto i piedi e a 10 giorni dalla fine… se c’eri tu a sussurrarmela’’
Quelle certezze che adesso sono  sparite. E lei non lo ama più, è troppo il dolore che la consuma.

Amore sparito, rinnegato, corroso e malsano.
Troppo sudicio e marcio per essere puro…
Eppure troppo vivido e dolce per  non essere niente…

Perché tutto glielo dice, tutto ha sempre cercato di dirglielo…
Lei lo ama ancora…
Lo ha sempre fatto, non ha mai smesso.

Circolo continuo, destino crudele e segnato. Amore infelice ed implasmabile.

Si ferma a pochi centimetri da quella scogliera a picco sul mare. E’ tetro il silenzio, le si intrufola nella pelle.  Sente  il gelo, anche se non è così freddo. Si ricorda fin troppo bene.
<< Mai… >>

Mai… le aveva detto una volta.

<< Non lasciarmi sola, non farlo… >>  singhiozza in silenzio.

<< Mai >> le aveva detto .

E perché lei dovrebbe vivere con questa consapevolezza?! Cosa la renderebbe così forte da sopportarlo… con quale energia andrebbe avanti?
Il vuoto l’attira… le cattura gli occhi e le inibisce la mente.

Non sarebbe difficile… fare due passi in più e poi non sentire più dolore.
Una volta aveva sentito che ogni persona il secondo dopo aver preso la decisione fatale faceva di tutto per tornare indietro, che ognuno sente l’importanza della vita esattamente quando non può più fare nulla per riaverla.

Però sarebbe così bello, sarebbe così facile.  “Le scelte facili sono sempre quelle sbagliate” ricorda.
Ma lei di difficili ne ha fatte fin troppe e comunque alla fine non hanno concluso con niente di buono.
O forse è felicità quella che hai adesso, è forse questo che avevi desiderato?’’ le domanda una vocina.
No… non era questo che voleva.

Si ricorda l’odio che aveva provato, lo rivuole indietro, lo vuole risentire montargli dentro.
Ma non c’è più. E’ stato cacciato, lo hanno rispedito via, lo hanno fatto sparire nel preciso istante in cui lei avrebbe fatto qualunque cosa per averlo a disposizione. Non ha più quell’ardore che la infuriava, non ci sono più quelle parole crudeli e maligne che era pronta a vomitargli addosso.

‘’Sparite loro, sparito l’odio…sparita la me stessa, sparito il mio orgoglio’’
Perché?

L’amore…
No! L’amore no!

Ed invece sì… l’amore sì.

E lo risente l’odio, lo sente crescere, lo sente invadere quei meandri ombrosi dove l’amore si rintanava.
Apre gli occhi di scatto colta dalla consapevolezza sorda ,muta, e cieca che l’odio non è più per lui.

L’odio è per se stessa…
Lei odia sé stessa per non riuscire più ad odiarlo.

Sente una mano sulla spalla, si gira di scatto cercando di assumere un’espressione quantomeno decente.
E’ Brenda, che l’ha seguita in silenzio.
La guarda triste poi fa una cosa che la lascia tanto sorpresa.
La abbraccia…
Non la conosce bene, non sa nemmeno sa nemmeno chi è…
Eppure la abbraccia perché vede che ne ha bisogno, eppure la stringe perché vede che le serve conforto.

<< Tranquilla, per qualsiasi cosa ti serva io ci sono >>

Piega la testa di lato e le scruta il volto << Okay? >> sussurra.

<< Okay >> Kara gliene è grata.
Poi Brenda sorride, la guarda negli occhi e le prende la mano
<<  Ora ci allontaniamo piano piano e ci lasciamo alle spalle questo tuo tentato suicidio >>

La conduce verso una costruzione di cemento e legno.
<< I prossimi giorni li passerai con me che sarò la tua ombra. Non ti lascerò sola un solo istante. E non permetterò ad  estranei  poco benvoluti di intraprendere conversazioni con te >>
Sa a chi si riferisce Brenda.
NO! Lei non conosce quella persona.

Qualcuno si avvicina a loro a passo veloce, Kara lo sente arrivare.
Brenda deve aver scorto di chi si tratta prima di lei, perché infatti la spinge in casa e chiude di schianto la porta.
Kara si ritrova distesa nel pavimento e si alza titubante.

Maledetta!
Poi capisce a chi appartiene la voce che sta urlando contro Brenda proprio dietro la porta e le si drizzano tutti i capelli nella testa.

<<  Brenda fammi entrare >>
<< Non se ne parla! >>
<<  Brenda! Devo parlarle è importante >>
<<  Bhe… credo che sia importante anche per lei non vedere la tua brutta faccia >>
Quella ragazza ha la lingua più velenosa di una serpe…

<< BRENDA, SEI LA FACCIA DI CASPIO PIU’ TESTA DI CASPIO CHE ABBIA MAI CAMMMINATO DAVANTI AI MIEI DIVINI PIEDI >> La sua voce è furente << PER LA SACCA URINARIA DI UN DOLENTE, FAMMI ENTRARE>>

La porta si spalanca e Kara indietreggia di qualche passo. La faccia stravolta di lui la fa ammutolire. Ha gli occhi tristi, il volto teso.
Kara sente quasi l’impulso di andare lì a consolarlo, ma la ferma l’orgoglio. Si è riacceso di nuovo, le brucia ancora nel petto.
Restituisce uno sguardo impassibile… ghiaccio.

Come quello con cui si pone alla gente per non far trasparire i suoi sentimenti.

Ah! Se tu mi conoscessi ancora come una volta, come sapresti riconoscere questa falsa sicurezza!”

Ma sta qui il fatto: lui non la conosce più come la conosceva prima. Le studia il volto indugiando su ogni particolare.

<< Kara… sono venuto qui per… per raccontarti, spiegarti… quello che è successo da quando… >>

Si blocca un secondo e Kara coglie questa opportunità per agire.

Lo sa benissimo: se lui iniziasse a parlarle di quello che è realmente accaduto la sua collera non resisterebbe a lungo.
Si scioglierebbe come fa la neve al sole, come fa un fiocco di neve appena tocca la pelle umana. E lei è fragile proprio come sarebbe un fiocco ghiacciato  a contatto col calore.
Ma lei è orgogliosa, boriosa, furiosa. Lei non può di nuovo sottostare a quel sentimento che già troppo la comanda.

Lei non può ascoltare le sue scuse. Lei riuscirebbe ad amarlo, è vero , ma perdonarlo non potrebbe. Perché le brucia grida ancora il cuore dentro dilaniato in mille pezzi.

<< Non c’è niente che tu debba spiegarmi >> Le trema un secondo la voce, ma l’attimo successivo è di nuovo gelo.

<< O almeno non c’è nessuna spiegazione che mi interessi sentire >>

Le fa male dire questo, perché non c’è niente che vorrebbe sentire di più al mondo di quello che gli aveva impedito  di mantenere la sua promessa.
Ma vuole anche preservare se stessa da questo, da lui, da tutto lui.

<< Kara… >> IL suo nome sulle sue labbra suona così intimo da farle accapponare la pelle ed arrossire il volto, ma il tramonto li copre come la notte scende sul suo cuore dolente.

<< Io ti odio >> Non è del tutto una bugia questa << Non ho mai smesso, ho iniziato quella volta e non ho mai smesso >> Quante menzogne le uscono dalla bocca!

<< E quello che è successo è tutta colpa tua, non sarebbe accaduto se tu non avessi fatto tutte quelle cazzate che hai fatto >> Boccheggia in cerca di ossigeno, ma l’odore che le giunge è solo quello di lui e ciò la fa annaspare, la fa urlare, rotolare, morire dentro. Ma fuori è il ghiaccio: freddo, mansueto e perenne.

<< Come puoi anche solo pensare che io voglia ascoltare quello he hai da dirmi, come puoi anche concepire che voglia vederti ?! >>

L’amore… quell’amore che per lui non se ne è mai andato, le urla dentro di smettere di dire quelle bugie. Ma non può farlo, deve salvare se stessa, deve salvarsi da ciò che comporterebbe l’amarlo di nuovo.

Lui è ferito, lo sconforto poco si addice a quel volto che tante volte Kra aveva visto ridere. La guarda con tristezza, con disperazione e rabbia… per se stesso, per le scelte che ha fatto.
Si gira sconvolto, sconcertato e se ne va velocemente  lasciando la stanza.

Quando se ne va porta con se la luce, l’essenza, il ricordo.
Kara si accascia a terra vede Brenda ferma  nell’uscio.

Le sente le lacrime che disperatamente, inconsciamente , finalmente le solcano il viso. E questa volta non c’è la spalla di lui a cui appoggiarsi. Ha solo sé stessa e questo deve bastarle.
Dovrà bastarle.
Deve farlo, deve farlo e basta.


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Questo ragazzi è l'altro capeetolo, scusate il ritardo ^^
Spero davvero che vi sia piaciuto questo capitolo... ma nel caso (possibilissimo) in cui non lo avesse fatto, vi prego vivamente di farmelo sapere. Le buone critiche sono sempre ben accette perchè servono per migliorarsi. Mi dispiace per l'intrico di sentimenti che rappresenta Kara, ma mi dispiace è una ragazza particolare... o per meglio dire... è una ragazza e le ragazze sono così.
XD a presto!

-Magica
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
Dopo l’incontro con il bambino il suo risveglio avviene in una stanza bianca. Adeline - la madre del bambino moro si chiama Adeline- ha una frangetta nera che le ricade sul viso e dei capelli lucidissimi legati i una coda, è bella bella veramente… come Kara ha visto poche persone.
Ma la preoccupazione e l’ansia le deturpano il viso che appare più vecchio di quanto non sia realmente. Guarda spesso l’orologio, non permette loro di uscir fuori. Le barricate a porte e finestre inquietano Kara che si guarda attorno circospetta.
Non ha mai visto il padre del bambino ed il marito della donna… probabilmente si è ammalato.
Il bambino è spiritoso, ha sempre la battuta pronta e molte volte a Kara piacerebbe passargli un bel ceffone. Ha una bella risata,  che però fa più pensare ad un ghigno. Adeline non permette mai loro di scendere al pian terreno: le scale sommerse di mobilia e altri oggetti ostruiscono il passaggio.
In quella settimana Kara si sente quasi felice. Poi come sempre la sua felicità viene distrutta e corrosa.
-Ho vinto un’altra volta!- grida  lui dopo averla battuta per l’ennesima volta a ‘’memory’’.
-Eh ci credo che hai vinto, ci giochi da una vita!- Non è vero, la verità è che Kara odia questo gioco e lui se ne è accorto, infatti le chiede sempre di giocarci.
-E poi… è un gioco sce…- un fracasso li fa sobbalzare e lui si precipita fuori dalla stanza con Kara che gli trotterella dietro.
Adeline corre nella loro direzione e agguanta ad ognuno una mano.
E’ stravolta.
-Correte! C’è l’elicottero sul tetto!-
Corrono per la casa con le grida e gli urli dietro di loro. Quando giungono sul tetto un’elicottero li aspetta. Kara non osa guardarsi indietro: è troppa la paura di ciò che potrebbe vedere.
Riescono a salire appena in tempo e l’elicottero decolla veloce lasciandosi alle spalle gli Spaccati urlanti.
Ma Kara da loro un ultimo sguardo. Piange per ciò che vede.
 C’è una donna rannicchiata a terra che si regge la testa tra le mani. Poi si alza. Kara nota la forza di volontà che le ci vuole per questo. La guarda negli occhi.
Le fa cenno con la mano e le manda un bacio;  Kara scalpita: vuole uscire, vuole andare da lei. I capelli rossicci sporchi e lerci, i vestiti strappati e malridotti. Ma è sempre lei. Il volto rigato dalle lacrime che Kara ha visto così tante volte sorridere.
Urla il suo nome. Ma sua madre la guarda negli occhi limpidi a cristallini come se davvero non fosse malata e in quello sguardo, in quell’unico sguardo le dice tutto. Sofferenza, amore, gioia. Tristezza, amarezza affetto. Poi ricade a terra.
Kara non comanda più il suo corpo cerca un vuoto, vuole uscire, vuole raggiungerla… per stringerla ancora.
Una presa forte la afferra e la ferma.
-Non puoi più fare nulla per lei, lo sai-  La tira indietro, la stringe forte.
-Mamma…- sussurra Kara con le lacrime a gli occhi.
 
Dorme per molto… non sa quanto, gli incubi che le tormentano il sonno.
Poi c’è un periodo che il flashback salta: immagini confuse di due anni nei quali lei cresce con quella famiglia. Adeline è una donna buona, le vuole bene. Minho si rivela simpatico anche se un po’ rompiscatole. Li portano in una specie di città, dicono loro che sono stati fortunati ad essere salvi. Immagini di giochi all’aperto, di capriole e sorrisi. Due anni di scherzi, risate e spintoni.
Vede una bambina, i capelli in trecce, il cappuccio calato in viso.

-Kara hey guarda qui!- La chiama qualcuno.
Si gira appena in tempo per essere colpita in pieno viso da una palla di neve ghiacciata. Un bambino ride.
-Prega dio che non ti prenda- Gli dice ripulendosi la neve dalla faccia, ma lui non la sente, ride forte le mani premute nella pancia.
Kara raccoglie della neve, sorride maliziosa. E questa volta è lui ad essere colpito in viso… la neve anche in bocca aperta in un riso.
-hahahahahahahaha- Kara ride. Dolce è il suono della voce, lungo il divertimento.
Nostalgico il ricordo, forte il rimpianto. Ma non le fanno vedere tutto. Qualche frammento sparso di risate e scherzi, di giochi e corse.

Poi semplicemente crescono, Minho sviluppa un’innata abilità nel disegnare. Schizzi lievi su fogli bianchi, riproduzioni precise di persone e luoghi. Ricorda i viaggi in bus, e lui sempre con quell’album da disegno… sempre intento a disegnare, sempre concentrato sui suoi schizzi. Quella è l’unica cosa che preferisce fare da solo, condivide con Kara ogni cosa… tranne quella che continua a fare con ostentata solitudine.
Poi alla fine di ogni corsa in bus si avvicina a quella persona a cui ha fatto il ritratto e glielo consegna sorridendo.
Non ha mai fatto un disegno di Kara. E lei un po’ ci sta male, ma non si rammarica troppo.
Crescono passando un altro anno così, una vita felice, spensierata e sorridente. Kara pensa poco a sua mamma, certo il dolore è forte, ma è contenta e perciò cerca di superarlo.
Però un po’ le mancano quei battibecchi senza fine, quei giochi da bambini che facevano una volta. Ne sente il rimpianto ma è bello lo stesso: non ci sono spaccati. Le mura che circondano la città però preoccupano Kara, perché a suo parere non resisterebbero mai a tutti quei malati.
Ma non ci pensa:  ha undici, dodici, tredici anni e la sua vita è così limpida da fare invidia, così pulita da rispecchiare felicità.
La Kara della realtà si aggrappa a quei ricordi, vorrebbe restare così per sempre, persa in quegli istanti calmi.
Kara sa che molte delle ragazzine nella sua scuola sono innamorate di Minho. Gli lanciano occhiate seducenti, vogliose. Quando lei sente i loro commenti perversi in cortile vomiterebbe volentieri la colazione. Ma non sarebbero tanto loro a sconvolgerla se non lui. Perchè lui ci sta. Quasi sempre. Ragazze more, bionde ,castane, alte e basse. Ma tutte di una bellezza che Kara sa di non poter uguagliare.
Non ha amiche a scuola, e ne conosce anche il motivo: nessuna vuole esserle amica perché il ragazzo che tutte adorano è il suo migliore amico.

Sono amici e basta, potrebbero anche fare a meno di lanciarle quelle occhiate di disgusto e invidia.
Ma non la toccano, altre ragazze vengono picchiate e malmenate ma lei non viene sfiorata… lui non le perdonerebbe mai.
E lei è come la sua piccola sorellina tutta sorrisi e coccole, le altre invece sono carne e consistenza. Se lei rappresentasse  un angelo loro sarebbero il diavolo. E i ragazzi sono attratti dal demonio: è seducente, ammaliante, asfissiante. Da’ un aurea di piacere carnale, mortale, irreale.
Dentro sente smuovere qualcosa, ma non  sa interpretare i suoi sentimenti. Lui le parlava di tutto, ridevano insieme, giocavano a carte, facevano gare di corsa nel parco sotto casa. Adesso non accade più lui è distante. Kara lo vede a volte agli angoli delle strade con qualche ragazza avvinghiata addosso intenti in un passionale bacio.
Lei distoglie sempre lo sguardo, non sa perché ma le fa sempre male fissarli a lungo. Sente come una coltellata dentro che non sa spiegarsi.
Poi un giorno tornando a casa da scuola un po’ più tardi del solito sente degli urli provenire dall’abitazione. Sale le scale di corsa, con il cuore in gola. E quello che vede la turba a tal punto che sta quasi per cadere a terra. Una donna –che lei conosce-  tiene attaccato al muro per il collo un ragazzino. Kara grida. E gli occhi vitrei della donna si gettano su di lei. Le si avvicina, ma per quanto tutto in Kara le dica di scappare lei non ci riesce. E’ ferma, dannatamente ferma e immobile di fronte a ciò che vede.

Minho è steso a terra, la mano della donna finalmente lontana dalla sua gola, respira a fatica.
La donna afferra anche la ragazza e la scaraventa al muro con violenza .
Bandisce un coltello e si avvicina loro, Adeline si avvicina loro: gli occhi vitrei e fuori dalle orbite, la bocca distorta in un sorriso perverso.
Avvicina il coltello così vicino a suo figlio da fargli una ferita sulla guancia da cui sgorga un rivoletto di sangue.
No! Pensa Kara, non può finire così.
Ma non può niente. Le dolgono le ossa e si sente tutta rotta.
Poi una lacrima esce dall’occhio di quel ragazzo che tanto lotta per farsi grande, gli cola sul viso e Kara rimane affascinata dalla sua lucentezza.
Stanno per morire, ed appunto per questo la lacrima raccoglie tutta la luce nella stanza, tutta la vita, i sogni , le speranze.
Kara la fissa estasiata ci si aggrappa, ci carica sopra la sua vita pregando che duri un altro po’.
Poi anche la donna sembra tornare cosciente. Accarezza la guancia dolce del figlio e gli asciuga il sangue che a mo’ di lacrima gli scende dal viso.
Gli occhi le si offuscano.
<< Amore mio, cosa ti ho fatto?! >>
Piange confusa, arrabbiata, sconcertata e spaventata, così come solo una mamma sa fare.
La porta viene aperta e degli uomini in tute verdi irrompono nella stanza.
Si gettano sulla donna e la immobilizzano. La sollevano dal ragazzo e trascinano via anche Minho a Kara con loro.
<< No! >> Urla Adeline,  << Sono immuni, lasciateli >>
Li sottopongono ad un controllo ed ad un uomo brillano gli occhi da sotto gli occhiali. Fischia sbalordito ed interessato, come un cacciatore che ha avvistato due prede.
<< Andate via con la donna, i ragazzi li affidiamo a qualcuno  >>
E l’ultimo sguardo di Adeline per suo figlio, somiglia troppo a quello della mamma di Kara per la sua di figlia.
Adeline rivolge loro un sorriso triste.
<< Abbiate cura di voi, piccoli miei >>
Poi si lascia portare via dagli uomini verdi.
 
‘’Abbiate cura di voi’’ quello che non riusciranno mai a fare: si distruggeranno, si odieranno, si sporcheranno mente, anima e cuore, mon riusciranno ad avere cura di se stessi.
Vengono affidati ad una donna che li sorveglia a malapena che si occupa di loro in modo distante ed inattivo.
E lui con la scomparsa della madre si getta sempre più su queste ragazza, insaziato di baci ed abbracci. Avido di labbra e carne.
E lui non ci pensa più a Kara, se si parlano ogni tanto è già tantissimo. E Kara non lo sopporta ci sta male e soffre. La notte prima di addormentarsi piange lacrime salate che le bagnano il viso morbido da quasi quattordicenne. Ma non sa che lui, quando sta dormendo le si avvicina e le accarezza il viso… le scaccia le lacrime. E resta lì su di lei… perché solo così: stranamente, dolcemente, immensamente si sente felice davvero. Non è la carne delle altre a renderlo soddisfatto ma è il guardare lei riposare assorta che lo fa sentire bene.

Lui ha poche certezze nella vita. Una delle tante, una tanto importante  è: ‘’Quello che tocco distruggo’’. E non può permettersi di distruggere un fiore così bello come Kara.
Lei è troppo perfetta per venir sgualcita. Un foglio bianco e pulito senza tutte le macchie che le causerebbe lui. Meglio che resti così: limpida, cristallina, spensierata come lui si è abituato a vederla.
Ma quella non è la vera Kara… quella che vive passivamente e sopravvive non è Kara. Lui quasi non si accorge di come non sorrida più. Di come le fossette non compaiono più nel suo viso. C’è solo tristezza, delusione, incertezza.
C’è nostalgia, paura e interrogativi.
Ma questo non è il fondo. Il fondo per Kara arriverà non molto dopo.
La discesa nel baratro avrà inizio con un nome portatore di mille disgrazie, per il quale ancora oggi si rigira nel letto.
Un nome, uno solo…
Madison…
Madison.
Un nome smorfioso, ma non troppo.
Una ragazza bionda, ma non troppo.
Un sorriso smanioso, ma non troppo.
Dolcezza e malizia. Sorriso e inganno.
Slanciata e morbida, profumo alla fragola.
Brillante come il sole estivo. Intrigante come una ragnatela argentea.
Lei non si rompe quando la sfiori. Non hai paura di sgualcirla, anzi, brami per imbrattarla.
E con uno sguardo ti invita a lei, un sorriso e sei già suo ormai.
E bella.
Come un angelo. Occhi di ghiaccio, cuore di pietra, sorriso da fata.
Madison arriverà in una giornata così splendente da far male a gli occhi, così rilassante da non far presagire niente di sconvolgente.

Ma non è sempre così forse?! I Demoni adorano mostrarsi alla luce del sole per mettere in risalto la loro bellezza, la loro mostruosità.
Bella: Celestiale, glaciale.
Eppure calorosa e divertente. Morbida ed avvenente.
E con lei ci sarà sfogo, disperazione, passione.
Lei sarà la sua via di fuga, la sua tana, il suo covo.
Da lei si rifugerà ogni giorno: quando il dolore per la madre sarà troppo opprimente, e la presenza di Kara troppo gigante.
Lei sarà riposo, caldo e accogliente. Riparo, morbido e suadente.
Madison sarà carezze, carne e baci. Kara sarà dolore, sentimento e stragi.
Perché quando seppellisce il corpo in quello di Madison, quando si inebria del suo profumo alla fragola… il ricordo di Kara, la sua presenza, il suo odore diventano confusi, lontani, remoti.
E lui ne ha bisogno di questo, ha troppo bisogno di non pensarci, di dimenticarla.
 
Ma Madison è scaltra. Mai usare qualcuno che conosce a pieno le arti sinistre del demonio, mai giocare col fuoco.
E Madison quello che vuole se lo prende. E’ fuoco infernale che brucia brutalmente tutto quello che si trova tra lui e la sua meta.
E Kara è un piccolo fiore. Gracile, incerto, pauroso. Ma anche forte, fermo e deciso per le cose importanti. Diffidente, dolce, puro. Troppo perfetto per restare fra lei ed i suoi interessi.
Soprattutto adesso che è cresciuta. Proprio ora che è sbocciata come il fiore che è. Madison è appariscente, folgorante, abbagliante. Kara è bellezza più offuscata, più al buio. Ma splende di luce propria, una stella persa nell’universo: troppo sperduta per essere notata, eppure troppo indispensabile per poterne far a meno. Lucciola al buio, lampione in una strada abbandonata, speranza in una guerra. E proprio quando non ce l’hai più ti accorgi di quanto fosse indispensabile la sua presenza, quanto vitale la sua esistenza.
Bella. Inevitabilmente  bellissima anche lei. Solo che Kara non può accorgersene, troppo presa dai suoi dubbi e nei suoi interrogativi che non riescono a trovare risposta.
Madison non può sopportare Kara.
E tutto ciò che il fuoco non sopporta…
Inevitabilmente brucia…
Qualcuno bussa alla porta di casa.
‘’Strano’’ pensa Kara ‘’Minho non c’è.’’
Si affretta ad aprire e la visione di Madison così sorridente e falsa non la mette di buon umore.
<< Minho non c’è… perciò… RIPASSA PIU’ TARDI >>
<< Oh ma mia cara io non cercavo lui >> Sorride, la stronza << Era proprio con te che volevo >>
Questo sconcerta Kara perché sa, che tra tutte le persone del mondo con cui Madison vorrebbe avere a che fare lei è sicuramente l’ultima.
<< Volevo parlare Kara dei tuoi comportamenti insopportabili >> e qui si fa seria << Devi per forza stare in mezzo, non ce la fai a moderarti?! >>
Kara non ha davvero idea di cosa stia parlando, comportamenti?! lei?!
<< E non mi fare quella faccia da pesce lesso, lo sai di cosa parlo! >> No, Kara non lo sa proprio << Certo tu! L’angelo, la luce, il cuore. Ma quale angelo tu sei un diavoletto fastidioso, ecco cosa sei >>
Kara la guarda atterrita, e la bionda le sfoggia uno sguardo disperato, preoccupato, falso.
<< Egoista, terribilmente egoista. Manipolatrice, con la tua faccia da schiaffi.  Non ci riesci a proprio a farci stare felici vero?! >>
E adesso la guarda scettica, Kara è immobile non si muove.

<< Ma una cosa te la dico. Lui non ti ama! Stampatelo bene in quella mente meschina. Lui ti vuole bene certo ma ricorda: tu sei e sarai per sempre la sua sorellina dolce e carina, che ha ripromesso a se stesso di proteggere. Una promessa, una preoccupazione, un piccolo senso di colpa, niente di più. Ma lui crede che tu abbia qualcosa che di strano  ed allora è distratto: si preoccupa, è pensieroso. Ma il tuo è egocentrismo piccola stronzetta, il tuo è egoismo, non vuoi che sia felice vero?! Non vuoi lasciarlo in pace! E allora te lo dico io cosa devi fare >>  Le scendono le lacrime da gli occhi, il volto è una maschera in preghiera. Ma sotto ride e ghigna contenta, dell’espressione impietrita della rossa.
 << Vattene! Vattene e lascialo in pace, lascialo vivere felice. Lascia questo posto, fa’ qualcosa. Sei una rovina, una condanna, un tormento. Mi stai rovinando la vita, gli stai rovinando la vita, ci stai rovinando la vita >>
Kara è sconvolta, agghiacciata, stordita. Le tremano le ginocchia perché quello che le dice Madison sono i suoi peggiori sospetti fatti realtà.
Ma non può permettersi di farsi trattare così, soprattutto da Madison.
E’ vero che per lui rappresenta una sorella, ma è vero anche che non è proprio lei la rovina della vita di Madison.
Quando di solito si trova a parlare con Madison a prescindere tace, sa di non poter controllare le cattiverie che altrimenti le uscirebbero dalla bocca.

Ma questa volta le ribolle dentro il risentimento, trabocca l’odio.
Tutto quello che in quei mesi aveva soppresso in se stessa viene a galla. Ricorda quei lunghi pomeriggi in cui Madison la trattava come una straccetto ricorda i suoi disegni appesi alle pareti di casa, si ricorda di vederla sempre avvinghiata a Minho come fosse una sanguisuga, i baci lenti, gli abbracci stretti. Sente ancora il voltastomaco e il magone salirgli al petto, lo avverte ancora quel macigno sopra al cuore che piano piano lo frantuma.
E cosa si permette di dire, adesso?!
Kara non ci vede più dalla rabbia, il dolore, il riprovo. La decapiterebbe lì su due piedi se quell’atto  avesse un’utilità, ma Madison come tutte le oche continuerebbe a correre disinvolta.  Per comprendere quanto, l’intelligenza sia importante nella sua persona.

Ma nel baratro del  cuore di Kara in frantumi  quella sensazione gelante  le corrode il petto.
Sorella…

La sua sorellina. Il cuore le grida distrutto. Vorrebbe chinarsi a terra e raccoglierne i cocci cercando di tenersi su in qualche modo.
Il vetro e le schegge le tagliano le mani, il cuore piange le lacrime che gli occhi non possono permettersi di lasciare. Coltello che rigira nella carne la lama infetta, fuoco che corrode la pelle.
Ma l’odio…
L’odio che prova per Madison è più forte, più potente, più gigante.
Il riprovo , lo schifo, il voltastomaco che prova per quella ragazza supera tutto.
 
Trema: il cuore in frantumi,  fiumi di lacrime e sangue, ma è fuori gelo calmo e perenne.
E finalmente, glielo dice: lo sputa fuori tutto quell’odio malsano per Madison, per Minho, per sé stessa.
La voce piena di collera ma al contempo misurata, calma ,pacata.
<>
<< Sono io la sventura?! Ovvio… certo, sono io il tormento. Ma qualche volta fatti delle domande esistenziali piccola ochetta starnazzante… >> E la guarda dritta negli occhi. Gelo azzurro contro muschio verde. << Mi chiedo come puoi lamentarti della mia esistenza. Mi immagino che stress sia vedere una volta a settimana una ragazza che sta tutto il tempo zitta e con la quale non devi nemmeno parlare.  Chi è che rovina la vita? Porgiti qualche domanda una volta tanto, pensaci… ops no aspetta… non sai pensare dimenticavo! >>
 Kara mentre parla la guarda negli occhi. Non si riconosce in quelle parole ma ne ha bisogno, immenso bisogno. Deve zittire Madison, deve farlo… ma non in modo momentaneo… il suo dovrà essere un silenzio permanente.
E Madison deve aver capito che una Kara arrabbiata sputa fuori cattiverie più velocemente di una mitragliatrice.
Sorride… perché sa che sarà lei a zittire Kara, la guarda con compassione e si prepara a sputar fuori lingue di serpente dalla bocca.

Si mordicchia il labbro con fare distratto, piega la testa di lato, ride odiosamente e prima che Kara possa finire il suo discorso lancia nella stanza una bomba di parole così potente da ghiacciare tutto quello che ha vita.
<< Ops… Minho deve avermi accennato qualcosa in proposito ieri sera mentre mi baciava il collo a letto, ma aimè me lo son dimenticata… che sbadata! >>
E sorride. Sorride mentre Kara elabora la frase, sorride mentre il suo viso si blocca e si sbianca, e continua a sorridere mentre la rossa fa un passo indietro con le gambe molli.
Sorriso, il suo dannato sorriso.
Kara non ci aveva mai pensato.

Bugia! Kara ci aveva pensato, eccome se l’aveva fatto. Ma lo aveva escluso subito, troppo doloroso da immaginare.
E lo sente il colpo di Madison. Sente il coltello arrivargli al cuore, sente i polmoni non trovare più l’aria. ‘’Tradimento! ‘’ le urla una voce.
Ma tradimento di cosa?! Lui non ha tradito proprio un bel niente. E’ lei che si era illusa giorno dopo giorno.
Aveva avuto gli occhi ed ara stata cieca, poteva vedere non aveva visto.
La consapevolezza  che anche l’ultima piccola speranza si è spezzata le toglie il fiato.
Improvvisamente la stanza diventa impossibile da vivere: tutto contaminato da quel dannato, schifoso, odioso sorriso. Di quella dannata, schifosa, odiosa ragazza.
<< Kara! >> Dice una voce preoccupata sulla soglia.
E’ lui Kara lo sa ancor prima di girarsi.
<< Ci stanno cerc… >> Si interrompe. Nota che c’è qualcosa di diverso nello sguardo della ragazza.
<< Kara? >> Fa per prenderle una mano.
Lei si tira indietro: schifata, tradita, orripilata.
<< Non toccarmi! >>  La sua voce trema, trema nel vederlo in viso.
Come aveva potuto essere così cieca?! Come aveva potuto?!
Glielo legge in viso, Madison non ha mentito. Lui ce lo ha scritto in faccia… dannatamente, schifosamente ce lo ha scritto in faccia.
Le sfugge dalla gola un singhiozzo, si infrange rumorosamente nel silenzio.
Lui la fissa senza capire, la guarda senza vedere.
Ed invece a lei si sono aperti gli occhi… e quello che vede la mutila, la dilania, la uccide.
Si gira, corre e scappa.
La odia… odia Madison perché le ha rovinato l’esistenza.
Lo odia… odia Minho perché le ha strappato il cuore dal petto e ci è saltato sopra infrangendolo.
Ma più di tutti odia se stessa, più di tutti si odia per essere stata così ingenua, così cretina, così cieca.
Corre a perdifiato con il cervello che le scoppia nel cranio, con il vomito che le sale alla gola.
Ma soprattutto con una voragine nel petto impossibile da sanare.



 
 
Sospira. Ottavo flashback per l’ottava sera.
Brenda è accanto a lei e le tiene la mano.
Madison…
Infami ricordi.
Kara si gira a guardare l’amica che ha la bocca socchiusa ed un’espressione scioccata in volto.
La rossa sorride amaramente.
<<  I miei ricordi non sono proprio come un bel film >>
Ma Brenda scuote la testa…
<>
Le si mette davanti e le prende le mani.
<< Allora… prima che tu esca lì fuori devo dirti una cosa >> Le trema la voce << E’ meglio che tu la sappia adesso da me… >>
<< Avanti, sputa il rospo >>
<< Qui…Bhe… qui c’è…>>
Qualcuno bussa alla porta.
Kara si alza.
<< Me la dici fra un po’ okay ? >> Le dice mentre si avvicina all’ingresso.
Brenda scuote la testa, improvvisamente muta.
E Kara apre la porta.
Occhi azzurri come un cielo brillante ne fissano altri color verde muschio.
Capelli biondi lunghi tutta la schiena e profumo…
Profumo… profumo alla fragola.
Alta, cambiata, cresciuta.
Con un’altra altezza, altre movenze, altri vestiti.
Ma è sempre lei, come dimenticarla.
Uno sguardo luminoso, fastidioso, odioso la fissa divertito.
Kara guarda immobile la scena, gli occhi sgranati.
Non respira più: le manca il fiato, i polmoni sembrano aspirare veleno. Veleno che le corrode l’anima, che le rammenta il passato.
E tutto come quella volta, probabilmente ancora le stesse le parole…
Un’altra vita, un altro tempo, un altro luogo.
Ma le stesse voci, le stesse persona
<< Oh! La mia Kara… anche tu fin qui allora! >>
Sorride e Kara trema…
Stesso sorriso.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


ANGOLO AUTRICE...
Allora io non sono un genio, il mio modo di scrivere non è di certo meraviglioso e le mie idee non sono così fantastiche. Però comunque ho visto che la storia vi piace (per quello che mi avete detto) e sono felice, molto felice. Io sono anche insicura e non ce la faccio proprio a scrivere con le mie forze. Ho sempre paura dei pareri altrui e mi demoralizzo a non finire, cercando però sempre di migliorare. La cosa che non sopporto? L'indifferenza. Vi fa schifo la mia storia? Ditemelo, fatemelo sapere... il problema non esiste. Trovate qualche incongruenza? Benissimo, fantastico, come ho detto prima non sono un genio. Vi piace? :3 :3 (Va be' sempre i ben venuti).
Comunque fatemelo sapere quello che pensate. Grazie. (scusate dello sclero) buona lettura :)

 
Capitolo 4
Il mare le piace. Da sempre è così. Una volta sua mamma ce l’ha portata e da quel momento Kara ha impresse le sue parole a fuoco nella mente.
‘’Il mare mi piace perché se lo guardo attentamente, se con gli occhi ne seguo ogni movimento, mi sembra quasi di perdermi e di dimenticare quello che ho davvero attorno’’
Ma per quanto Kara cerchi di perdercisi non ci riesce proprio…
Scuote la testa.
Non riesce a sparire perché c’è sempre quel faro che cattura la sua attenzione, che le indica la via di casa che lei vorrebbe a tutti i costi smarrire.
Vorrebbe naufragare, affogare…
Scordare…
Scordare.
Ma il nome Kara ed il verbo scordare stanno bene insieme solo con la negazione.
‘’Kara non scorda…’’
‘’Scordare non è per Kara…’’

<< Kara? >>
Aris.
La rossa si gira sorridente ed afferra il pasto che lui le avvicina
Aris si mette a cavalcioni  dalla sporgenza affianco lei.
<< Ti piace proprio il tramonto?! >>
<< Già >> Sorride Kara << Il tramonto sa di casa >>

Non è vero… Kara di bugie così ne ha dette tante.
Il tramonto era quello che Minho adorava disegnare sulla carta, era quello che le sue mani definivano alla perfezione coi pastelli, era quello grazie al quale il suo sorriso era più luminoso del solito. Diceva che donava un senso di pace così profonda da perdercisi dentro.

La madre di Kara si perdeva nel mare…
Minho nel tramonto…
Kara nei ricordi…

Aris le chiede com’è la sua casa.
E lei sorride. La sua casa è una persona sola, ma mente…
Come sempre mente…
<< La mia casa… è lontana…probabilmente ormai distrutta >>

Lui sorride triste, le passa un braccio sulle spalle.
Kara non sa opporsi…non ne ha la forza…

Vede Minho lanciare un’occhiataccia da lontano ad Aris…
Ma che cosa vuole?!
Kara si stringe ancora di più al ragazzo. In fondo le tiene caldo…solo questo.
Va be’… Kara le bugie non le sa proprio dire.
Sospira inquieta, il corpo rivolto al presente, la mente al passato…

 
<< Kara… tra tutti i posti del mondo dove potevi andare… proprio qui sei finita? Ma lasciamoci alle spalle il passato >> Kara sta quasi per riderle in faccia. Anche la falsità in lei è sempre la stessa.
Però non riesce a risponderle, irrimediabilmente le manca il fiato. Che condanna quella ragazza…
A Kara sale lo sputo, le spappolerebbe in faccia un bel catarro…
‘’ Clamati, calmati’’ dice a se stessa.
<< E’ tutto passato in fondo, ci siamo lasciate tutto alle spalle… ma… >>
Sorride radiosa, la stronza.
‘’OH! Te lo faccio vedere io cosa è passato! La mia pazienza… quella sì che se ne è andata!’’

Le tremano le ginocchia e le scoppia la testa. Se un maniaco omicida fosse presente… sicuramente avrebbe la sua faccia.
<< Helen… Helen per favore ci lasci sole? Non vedo Kara nella situazione giusta per intraprendere una conversazione… >>
Brenda. Grazie al cielo Brenda.
Helen?! Da dove salta fuori Helen?
<< EH… povera Kara che vita difficile la tua. A volte mi chiedo perché la C.A.T.T.I.V.O. non ti abbia messa nel labirinto con noi… passati due giorni ed ecco risolto il ‘’problema Kara’’ >>
A quel nome Kara si poggia istintivamente una mano sulla spalla…
C.A.T.T.I.V.O.
Ricorda lo shock dell’acqua elettrizzata. Le urla, le imprecazioni, il dolore. Il coltello argenteo con il quale le deturpavano la schiena. E quegli uomini in tute verdi, che uno alla volta si erano portati via le persone che amava.
Labirinto?
Qualsiasi cosa è migliore di quello che ha passato lei.
Comunque Madison/ Helen (?)  se ne va.
 
<< Ti senti bene? >>
Kara si riscuote e torna alla realtà.
<< Hem… si certo >>
Non ha toccato cibo, fa per alzarsi.
Aris la blocca con un braccio. E la guarda… occhi azzurri come il cielo più splendente del creato. Così inconfondibili, imperscrutabili, semplicemente meravigliosi. Kara sa che potrebbe riconoscerli tra mille.
Aris si alza con lei e le propone di accompagnarla a casa.
La ragazza prega di no. Tra qualche minuto torneranno i flashback e non vuole che Aris ricordi con lei.
Perché per quanto lei gli voglia bene, per quanto adori lui e i suoi occhi, non la capisce e non ci riuscirà mai a capirla.
Triste? Decisamente.

Si avvia verso l’abitazione di Brenda. Cammina veloce, non si guarda intorno.
Attraversa la porta e con un sospiro si getta sul giaciglio con lo spettacolo meraviglioso davanti agli occhi del tramonto sul mare.

<< Brenda? >>
Nessuna risposta. Kara si guarda intorno…
Niente, silenzio, vuoto.
La assale il panico.

<< Brenda?! Brenda! >>
No…non c’è.
Si precipita fuori, corre verso  Thomas. Lui è sulla porta di una casa intento a parlare con una donna corpulenta.
<< Thomas! Dov’è Brenda?! >>
<< Comunque ciao anche a te Kara. E’ un po’ che non la vedo sinceramente… AH già è andata nella foresta insieme a gli altri, tornano fra qualche ora >>
Kara ha gli occhi di fuori.
NO! NO! NO,NO,NO,NO!

Come ha potuto dimenticarsene?!
Non ci può riuscire da sola… non adesso.
Gli uomini verdi, la stanza bianca, il coltello rosso intriso del suo sangue. E le parole di lui, le sue promesse, le sue bugie.
Non ci riuscirebbe, morirebbe.

Sente il vuoto che l’attrae e la chiama.
Dannato silenzio e la circonda e la invade.

Si allontana correndo, si getta dietro un cespuglio…
 e piange, tutte quelle lacrime che ha cercato di reprimere. Anche con l’aiuto di Brenda a volte si perde così tanto nei ricordi da non trovarne più uscita. Pur essendoci la sua mano che la stringe forte, la sua voce che le sussurra che tutto andrà bene.

Anche solo pensare a come sarebbe senza. Persa, derisa, sola
Sola come è sempre stata.
Come non smetterà ma di essere.

Si sente attrarre, si sente chiamare: la sua ora è giunta, il suo destino segnato.
Se ne va con il tramonto negli occhi, la salsedine nelle narici… ed una voce che la chiama…
<< Kara? >> Voce distante, appannata, sbiadita… ma chiara… dannatamente chiara.

Minho…
MINHO?
No! Nell’ultimo istante di lucidità cerca di staccare la sua presa dal proprio braccio.
Ma la stretta è forte, come sempre del resto.
Si sente precipitare nel baratro immenso.

E lui con lei.

 
 
<< KARA! >> Fa per correrle dietro ma una mano morbida lo tiene.
<< Non andare, lei non ti vuole… ti sta usando >> Madison.
Scaccia via il suo palmo dal proprio braccio, contatto che sembra bruciarlo.
Si lancia all’inseguimento con un martello che gli batte sul petto.
La vede lontana, imboccare una strada laterale.
La vede entrare in un edificio…
Uomini verdi…
Il ragazzo si blocca. Non lo hanno ancora visto, fa ancora in tempo ad andarsene.
Non hanno visto nemmeno lei perciò potrebbe andarsene, lasciarla lì, andare via.
Pensa al suo viso che gli sorride spensierato, che fissa il tramonto assorto.
E già conosce la risposta.
Non potrebbe mai lasciarla a se stessa.
Se entra nel palazzo e la segue loro lo vedranno, non riuscirà a scappare… lo prenderanno.
Ed allora addio libertà, speranze e sogni.
Ma se non entra lì dentro morirebbe, lo consumerebbe il riprovo per se stesso… si farebbe schifo.
Sorride triste e si lancia dietro alla rossa.
Come aveva previsto lo vedono, lo indicano, lo inseguono.
Ma lui è più veloce, si infila nel palazzo e rimane interdetto.
Minimo dieci piani.
CAZZO!
‘’Pensa Minho, pensa’’
Si ricorda delle manine di Kara piccole e gracili di quando aveva nove anni.
‘’Il mio numero preferito è il 5 perché 5 sono le dita delle mani così non mi dimentico il mio numero preferito’’
Lui le aveva riso dietro per tanto di quel tempo…
Ma…
Sale le scale di corsa fino al quinto piano.
La vede subito: è rannicchiata in un angolo con la testa sommersa nelle ginocchia… così piccola, eppure così forte.
Le si avvicina si china su di lei.
Kara solleva gli occhi. Mai nessun occhio potrà essere come il suo, mai nessuna iride potrà raccogliere le sue sfumature, mai alcuna parola potrà descriverla.
Perché lei è così, così e basta.
E’ così fragile, così piccola, così  indifesa eppure così resistente, così forte, così decisa.
Ma i suoi occhi esprimono tutto l’odio del mondo… e lui quello sguardo non può sopportarlo.
‘’Che cosa ti aspettavi?!’’ dice una voce nella sua testa ‘’E’ colpa tua!’’
E la voce ha ragione, dannatamente, orribilmente, schifosamente ragione. E’ colpa sua, è sempre stata colpa sua.
Ma non può darle retta, non può arrendersi… non può e non ci riuscirebbe mai.
E l’odio di lei è l’unica cosa al mondo a cui non resiste, tutto gli è indifferente… ma quegli occhi, quello sguardo fanno più male di qualsiasi pugno, qualsiasi schiaffo.
<< Hey… >>
OH! Forse gli schiaffi fanno male. Si massaggia la guancia dolorante e la ragazza si tira indietro; è però immobile all’angolo e non riesce a muoversi.
Fa per urlare ma lui le preme una mano sulla bocca.
<< Ascolta, saranno qui tra poco. Abbiamo dieci minuti perché hanno cinque piani da setacciare >>
Le toglie la mano dalla bocca e lei non urla, però lo guarda malissimo.
<< Che cazzo vuoi?! Tornatene da quella puttanella della tua ragazza >>
<< Kara! >>
<< Ma si può sapere che ci fai qui?! Vettene! Vattene! >>
Lui sorride triste.
<< io… ecco volevo, volevo dirti >>
<< NON MI IMPORTA COSA VUOI DIRMI! >>
Lei glielo sputa in faccia quello che pensa, glielo dice quello che prova, invece lui non ci è mai riuscito ed è probabile che non ci riuscirà mai.
Gli occhi di lei sono gonfi di lacrime: castano e verde mischiato in una sfumatura intensa d’oro… così belli, eppure così letali.
E cerca di trattenersi, cerca di non piangere… ed è così bella quando ci prova.
Lui abbassa la testa, avvilito, sconfitto.
Un trambusto proveniente da sotto li spaventa.
Secondo piano.
Che senso ha avuto rischiare tutto quello, che senso ha avuto giocarsi la possibilità di vivere se lei è distante, se lei è perduta, lontana?!
<< Ti prego, ti prego vattene… >>
Non cerca neanche più di trattenersi: piange e basta, lacrime lucenti che le scendono sulle guance e bagnano il pavimento.
Piange però in silenzio, non un singhiozzo le esce di gola, solo lacrime salate, amare e distruttrici.
<< Kara… >>
Si china su di lei e la abbraccia, la stringe e cerca di dirle con un abbraccio quello che non riesce a spiegarle.
Perché la vita è ingiusta, dannatamente ingiusta. E il tempo che come una candela si consuma sta per finire. E lui non ha nemmeno iniziato a parlarle, non ci ha nemmeno provato.
Lacrime scendono anche dai suoi occhi… e bagnano la spalla di Kara.
In un abbraccio dovrebbe esserci amore, dolcezza, tenerezza invece in questo c’è solo l’odio. Lui lo percepisce: lei se n’è andata. Il treno ‘’Kara’’ è passato da un pezzo e lui è stato così deficiente da non prenderlo, così coglione da non vederlo.
Lei è una maschera di indifferenza da cui solo gli occhi gonfi di pianto stonano.
Rumore forte. Terzo piano.
<< Le scale che portano al piano di sopra sono inaccessibili >> gli spiega lei << Ci prenderanno… >>
Lui non lo può accettare, non ci riesce.
Non possono prendere anche lei, non devono.
Lui non può salvarsi, lo hanno visto entrare… ma lei ha ancora una speranza… lei avrà sempre una speranza.
Invece lui è fottuto, perduto, andato.
Tanto vale giocarsi il tutto per tutto.
Si leva lo zaino dalle spalle.
Tira fuori l’album e glielo mette nelle mani. Lei lo guarda stranita, schifata.
<< Se mi dai questo schifo allo scopo di farmi vedere i disegni della tua ragazza credo che gli darò fuoco. >>
Lui ghigna. No quelli non sono i disegni di Madison.
<< Dagli fuoco se lo desideri… però… Kara ascoltami infondo a questa stanza c’è un armadio. Nasconditi. E non uscire per nessun motivo okay? Promettimelo >>
<< E tu? >> Chiede la ragazza in tono indifferente intenta ad aprire l’album.
Kara gira la prima pagina e resta di stucco, perplessa, commossa.
Si preme una mano sulla bocca.
Sgrana gli occhi, le tremano le mani e ginocchia.
Minho conosce quel disegno. Sulla prima pagina dell’album c’è lo schizzo di una bambina.
E no… non è Madison. Ha i capelli ramati che le scendono sul viso come una carezza, lo sguardo perso nel tramonto che con quei colori vivaci la fa brillare di luce. Gli occhi sembrano quasi oro, il cappello calato sul viso, il sorriso… bella
Kara ha la bocca semi aperta, lo sguardo perso nel disegno. E’ triste.
 Gira pagina.
Rumore frastornante. Quarto piano.
Qui c’è la stessa bambina sulla riva del mare, i capelli in trecce spesse, intenta a camminare in bilico su un tronco spiaggiato: un ciuffo di capelli ribelle mosso dal vento, i piedi uno avanti l’altro per non cadere.
Kara alza gli occhi. Non c’è più indifferenza nel suo sguardo, non c’è più odio.
C’è solo dolore ed affetto.
E lui sa che per quello sguardo, per quell’affetto, sarà sempre pronto a combattere.
Lo guarda fisso, le lacrime che le solcano il viso.
<< Adesso vai all’armadio >>
<< NO! No..no..>>
Lo guarda spesata in cerca di una soluzione… ma soluzione non c’è.
La sua ora è giunta.
<< Kara…avrei dovuto spiegarti tante di quelle cose…ma >> Dice lui con voce rotta << Addio… >>
Si china un’ultima volta su di lei e le poggia un bacio sulla fronte.
Lei però di scatto alza il viso e le loro labbra si toccano.
Lui non ci crede, è immobile, disorientato.
Quante volte si era immaginato quel momento che nessun sogno poteva descrivere davvero. Le sue labbra sono morbide, bagnate di lacrime.
Lui le stringe i fianchi e lei gli passa le mani attorno al collo.
E come può andarsene adesso  che tutto quello che ha sempre desiderato è finalmente suo?! Come può lasciarla lì?!
<< Non andartene… fammi venire con te >>
Scuote la testa lei rimane qui, lei si salva, lui semmai muore. Non potrebbe sopportare se le facessero del male.
<< Non posso… >> sorride triste << Salvati tu… >>
Adesso è Kara a scuotere la testa.
<< Non lasciarmi…torna sempre >> Dice ad un centimetro da lui. Il suo profumo, così buono. << Non dimenticarmi ti prego non farlo! >>
Lo guarda implorante come se dopo tutto quello che era accaduto fosse anche solo possibile.
<< Mai… >> le sussurra lui << Mai… >>
<< Promesso?! Tornerai da me…? >>
<>
Rumore sulle scale.
Lui le poggia un ultimo bacio sulle labbra poi le intima di andarsene.
Kara si infila dentro l’armadio e scompare alla sua vista.
Se la ricorderà così: gli occhi rossi, i capelli al vento, l’album stretto al petto, lo sguardo preoccupato nella sua direzione.
E il ragazzo aspetta.
Gli uomini arrivano, lo prendono e se ne vanno.
E’ triste: lo portano via, cancellano la sua vita, lo allontanano da ciò che ama.
E’ silenzioso, nostalgico, pessimista.
Però non ha paura… tornerà da lei.
Lo ha promesso
 
 
<< L’ho promesso… >>

La sua mano abbandona la stretta e Kara cerca appunto di allontanarsi, ma come allora è alle strette,  non può andarsene.

<< Mi hanno portato nel loro quartier generale mi hanno tenuto lì per un anno a sommergermi di test e a rimpiangere il fatto di non avermi trovato prima. Non hanno avuto abbastanza tempo per istigarmi in testa le loro idee schifose. Ma ancora la notte mi sveglio a volte con la scritta ‘’La C.A.T.T.I.V.O. è buona’’ stampata nella testa. Non voglio pensare cosa sia per Thomas .Ho conosciuto altri ragazzi, alcuni erano lì da 10 anni >>

 La sua  voce è assente. Non la guarda nemmeno, è come se parlasse a se stesso. E non a Kara che ha ancora lo sguardo perso nei suoi ricordi così nitidi e dolorosi.

<< OH se avessi potuto scegliere Kara, pensi davvero che non sarei tornato subito da te?! >>

E qui sfoggia uno dei suoi sorrisi tristi.

<< Siamo stati scelti in trenta, allontanati dagli altri e chiamati uno alla volta in una stanza bianca. Quelli che ne uscivano non erano più gli stessi: ognuno portato con una barella chi sa dove. Ad un certo punto un ragazzo è uscito correndo e gridando che non gli togliessero i ricordi… aveva gli occhi di fuori, lo sguardo perso, e si agitava come un forsennato… >>
Si blocca un secondo…
Prende fiato… si appoggia la testa sulle mani un minuto. Poi semplicemente si solleva e riprende.
<< E lì ho avuto paura… i mei ricordi, tutto quello che provavo, quello che sognavo, quello a cui tenevo: cancellato, spazzato via, rimosso… ed io non potevo permetterlo… cioè te lo avevo promesso >>

Sorride…

Che bello il suo sorriso, pensa Kara.
Il suo sorriso? Ma a cosa sta pensando?!
<< Allora impazzii. C’erano solo due persone prima di me. Infine mi ricordai della penna che avevo in tasca, la tirai fuori…ero disperato. E scrissi… proprio lì sul braccio un nome. Avrei potuto scegliere quello di chiunque ed invece c’era il tuo Kara stampato sulla mia pelle >>

Kara solleva lo sguardo da terra e lo guarda fisso, gli occhi colmi di lacrime.
Sente il cuore batterle all’impazzata nel petto, lo sente gridare il suo nome.
<< Mi svegliai in una radura, verde piena di erba ed alberi.  Con me c’erano trenta ragazzi. E cercai nella mia testa qualcosa, perché fossi lì, chi mi ci aveva portato… ma c’era il vuoto, ottenebrante, scandalizzante.
Non ricordavo niente, il mio passato, i miei amici, mia madre. Solo il mio nome. E quello di qualcun altro scarabocchiato malamente sul braccio. E quel nome che non ricordavo assolutamente a chi appartenesse mi diede la forza, coraggio e speranza. Per due anni ho corso in lungo e in largo per un labirinto con creature orribili pronte ad uccidermi ad ogni secondo… sperando che ad aspettarmi qualcuno c’era. >>
Alcune lacrime scendono dal suo volto e bagnano il terreno.
Kara sente l’istinto di andare lì ad abbracciarlo. Ma il ricordo è più forte. Una presenza si cela tra lei ed il ragazzo. Qualcosa che adesso non c’è di persona ma che come un muro li separa per sempre: dolci, morbidi capelli biondi ondulati, e uno sgradevole, indicibile, schifoso sorriso.
Il muro della stronza Madison/Helen o come cazzo si fa chiamare, è troppo spesso, ha radici troppo profonde e recinsioni troppo alte per essere valicato.
Adesso Kara potrebbe benissimo andarsene, potrebbe lasciarlo lì ed andare via.
Però per quanto la mente le dica che è la cosa giusta, il cuore resiste… e Kara con lui.
<< Ho ricordato alcune cose solo dopo essere evaso insieme ad altri ragazzi. Quanti ne sono morti. Ci hanno preso in giro, usato, imbrogliato, ucciso tutto per scopi a noi segreti. E lì ricordavo piano piano, poco alla volta. E quello che ricordavo faceva male, perché non esisteva più. Sono sopravvissuto per miracolo anche a quello che ci hanno fatto lì… quelle teste di caspio. Quanti amici ho perso… Troppi >>
E qui il suo volto si fa serio, una maschera di rabbia imperscrutabile.

<< E tu mi viene qui a parlare di promesse, mi vieni qui a parlare di giuramenti. Hai presente quante persone sono morte?! Ce lo hai presente?!No è vero, sei solo una ragazzina viziata, che non fa altro che pensare a se stessa. A volte credo proprio che Helen abbia ragione…sei solo un’egoista. Pensi solo a te stessa. Vieni qui a dirmi che mi odi. Dopo tutto quello che ho passato come ti permetti anche solo a giudicarmi?!  Probabilmente non sai nemmeno cos’è la C.A.T.T.I.V.O eppure pretendi di fare la preziosa… ma per favore, per favore sei solo una bambinella mai cresciuta, vai a giocare con le bambole… non ti immischiare. E seconda cosa. SPARISCI DALLA MIA VITA! TOGLITI DALLA MIA TESTA! >>

Kara si sente sull’orlo delle lacrime. Però è forte e no, non è una bambinella viziata.
Stronzo! Chi cazzo si crede di essere?! Certo… la sua storia è triste, ma anche Kara ne ha da raccontarne di storie tristi.
Il suo più grande sogno sarebbe davvero non conoscere la C.A.T.T.I.V.O. ma aimè… la conosce fin troppo bene.

<< Solo tu sei un sopravvissuto giusto?! Solo tu hai sofferto… ovvio. Ed io sono la bimbetta viziata che dovrebbe giocare con le bambole. Forse ti sfugge qualcosa non credi? Forse ti sfugge il fatto che un anno dopo hanno preso anche me. Troppo tardi per mettermi nel ‘’Labirinto’’ che era, visto che tu non lo sai, solo una parte delle prove. Alle altre sezioni eravamo sottoposti noi: gli ultimi trovati, o semplicemente quelli più portati a resistere a degli esperimenti. C’erano diversi gruppi. Ero importante… la mia capacità di creare diciamo così… ‘’squarci nel passato’’ era utilissima. Grazie a ricordi di non so quante persone, sono riusciti a ricostruire tutto il corso degli eventi e le varie fasi della malattia. Lo hanno anche usato per creare i così detti ‘’Dolosieri’’se proprio vuoi saperlo. Creavano flashback in pratica… parziali, ovvio… ma comunque erano loro. E con quello, tutto quello… c’entrava in qualche modo il mio sangue >>

Si stoppa un secondo, l’odio negli occhi.

<< E me la ricordo bene la C.A.T.T.I.V.O., fin troppo bene… >>

Si scende appena lo scollo della maglia per lasciare intravedere una scritta: tatuata, sottile e piccola.
Minho la guarda, lo sguardo esterrefatto.
 
Proprietà della C.A.T.T.I.V.O.
Gruppo M. Soggetto A1
‘’The memory’’
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 -PARTE PRIMA- ***


~~

Capitolo 6
Prolissi…
Le mani intrise di sangue, lucidità nella mente, gelo nel cuore.
Aiuto hanno chiesto.
Aiuto lei ha dato, ma che non sia niente di più, non potrebbe reggerlo.
Le mosse sono le stesse, i procedimenti uguali, niente di diverso.
‘’io sono diversa’’ pensa lei. Già tu sei diversa dico io.
Le urla della donna si quietano, il respiro si calma.
E Kara porta lei la creatura linda e pulita che il suo ventre ha partorito, gliela posa in grembo.
La donna attira a sé la creatura come a proteggerla da Kara.
‘’Se avessi voluto farti del male l’avrei già fatto, idiota’’ vorrebbe dire, ma adesso è opaca, apatica…
Vuota…
Ecco come si sente.
Vuota.
Non c’è più rabbia, desolazione, tristezza. C’è solo una sensazione pressante di vuoto.
Si sciacqua le mani nel lavabo, le sfrega fino a che il sangue non esce… ed ancora, ancora, ancora.
<< Basta… >> Una mano le afferra i polsi.
<< Smettila… non dovevi venire qui lo sapevo… è solo che serviva aiuto e… >>
<< E’ tutto apposto tranquilla, sto bene >> Dice nascondendo le mani dietro la schiena.
Brenda la guarda con rimprovero.
<>
Si avvicinano al capezzale della ragazza: il bambino appoggiato al petto…
i capelli biondi a onde sulle spalle
 e gli occhi
 azzurri,
chiusi.


<< Come è successo? >>
<< Avevo fame. Semplicemente mi accontentavo di quello che trovavo e a volte non bastava. Mi avventuravo sempre più in là, sempre più in là… e alla fine mi hanno preso. All’inizio credevo che la donna facesse parte di una di quelle associazioni umanitarie… poi ho visto le tute verdi e ho capito che il peggio sarebbe iniziato li >>
<>
<< Poi mi hanno tenuto in una stanza bianca, passavano i minuti, le ore, i giorni e non accadeva niente. Tutto uguale. Mi portavano il cibo due volte al giorno, o così credevo visto che non avevo nessuna consapevolezza del tempo. Non so per quanto tempo mi abbiano tenuto lì dentro, so solo che se avessi saputo cosa mi avrebbero fatto dopo sicuramente sarei rimasta lì dentro per sempre >>
<< Cosa  è successo? >>
<< Nervi. C’è un nervo passante per la schiena che è direttamente legato alla parte del cervello addetta alla memoria. Questo nervo è decisamente particolare: solo gli immuni lo posseggono. Ed una volta trovato garantisce a chiunque che ne abbia possesso di interagire completamente con ricordi,  sensazioni, paure dell’individuo >>
Fa una piccola pausa, respira e si porta una mano al viso. Poi chiude gli occhi e ricomincia.
<< Non è facile da individuare… è a dir poco infattibile. E’ quasi invisibile… e se non si conosce la sua posizione esatta trovarlo è davvero impossibile. Io invece ho un collegamento più diretto con quella zona del cervello e il mio nervo era più facile da trovare: era possibile farlo senza uccidere la persona. Comunque non  stato facile… hanno dovuto cercarlo >>
<< Erano piccole incisioni, ma ogni volta sembrava che dovessero portarti via l’anima dal corpo. Le mie strilla erano inutili, la lama mi solcava lo stesso la pelle. Ogni giorno la stessa cosa, ogni istante lo stesso dolore. Era insopportabile, invivibile. Ma io volevo vivere, questo me lo ricordo. Volevo sentirmi ancora libera, volevo la salsedine del mare ancora nelle narici, i colori di un prato ancora negli occhi. Lo hanno trovato solo dopo. Cinque mesi erano passati e me ce ne vollero altri sei di riabilitazione. Poi ho cercato di mostrarmi più psicologicamente distrutta possibile. Avevo comunque estrazioni di sangue regolari >>
Si tira su la manica della maglietta e lascia scoperti infiniti puntini rossi sul braccio destro. Così piccoli, eppure così evidenti.
<< Poi dopo un po’ sono riuscita a fuggire, ho finto di impazzire ed ho trovato nel Braccio Destro un fedele alleato, fino  quando non mi hanno chiuso in quella stanza con tutti gli altri immuni. Poi sai cosa è successo>>
Finisce il racconto e appoggia la testa contro l’albero, esausta.
Lui fissa assorto quel che resta del tramonto e resta in silenzio.
<< Mi dispiace >>
Kara lo guarda scettica.
<< Per cosa dovresti dispiacerti?! Pensa che schifo: Adesso che posso davvero vivere non ho la forza per farlo, il coraggio di rialzarmi. Sono immobile, ferma. Forse chissà, quello che abbiamo passato ci ha sconvolti troppo. E non c’è via d’uscita, non c’è salvezza. Ci hanno mandati nel paradiso a patire l’inferno.>>
Si massaggia la spalla e sfiora con le dita quei piccoli solchi bianchi che le attraversano la pelle come piccole strade.
<< Sono tutte cicatrici vero? >> Lei annuisce << Mi dispiace. Sono un buono a nulla >>
<< Dovrei registrarti e farti riascoltare queste parole quando il tuo ego smisurato tornerà a infastidirmi >>
<< Io non ho un ego smisurato! Sono solamente consapevole delle mie meravigliose doti fisiche e mentali!>>
<< Ma sentiti, quanti anni hai, otto? >>
<< Mi piacerebbe >>
Kara si zittisce, perché  piacerebbe anche a lei rivivere quegli anni di adolescenza che in qualche modo sono stati loro strappati. Le piacerebbe riprendere da dove la sua vita è stata interrotta.
China la testa e respira a fondo.
<< Non dovresti prendertela così tanto con Helen, anche lei ha sofferto molto. >>
<< Pensa >> Risponde lei apparentemente calma, ma dentro estremamente irritata  <>
<< Non ci credo che ti ha insultato, lei è solo impulsiva, come me in qualche modo >>
La ragazza si alza in piedi incazzata. Non lo sopporta quando fa così, proprio non ci riesce.
<< Ti stai impegnando a farmi incazzare… E’ che tu non l’hai mai vista per come è veramente. Sei cieco! Lo sei sempre stato, lei ti svalvola il cervello e improvvisamente diventi più coglione di come sei normalmente. Non ti sopporto! E soprattutto non sopporto quella… >>
<< Sei gelosa! >>
<< IO? IO GELOSA?! MA PER FAVORE IO SONO SOLO REALISTA! >>
Lui ride.
Si alza. E le si avvicina.
<< Sei una piccola permalosa >>
<< Io permalosa?! Ma fammi il piacere! >>
Ride ancora. Più vicino questa volta.
<< Non senti per caso caldo? >> Le chiede a due centimetri dal suo viso << Perché io sto morendo >>
Fa caldo infatti. La sera scende ma dentro si sente bruciare.
 E’ fuoco. Rogo. Fiamma.
Brucia. Divampa. Incendia.
Ma non si consuma, anzi, si sente più viva che mai..
Lei quell’amore lo odia. Quell’amore sporco che le corrode l’anima fino al midollo non lo sopporta. La fa morire ogni giorno, la corrode ogni instante però si sente bene, si sente apposto.
Non prova quella sensazione sbagliata che si prova quando si commette un errore.
Lui prende le mani e se le porta dietro al collo.
E si fa più vicino. A un soffio dalle sue labbra glielo sussurra:
<< Puoi ancora dire di no >>
E’ vero può farlo. E ci prova, Cristo santo, ci prova. Prova di allontanarsi, ma al tempo stesso cerca di non farlo.
E’ sull’orlo di un precipizio: tra il cadere e il vivere c’è solo un passo. Il vuoto però è troppo potente, troppo implorante. Invoca il suo nome, la attira affinché cada. Cerca di rispondere no. Ma il cuore la tradisce, ormai le scoppia troppo nel petto. E si lascia cadere. E il cadere è confortante, rilassante. Sa che non c’è fondo a questa caduta, ma lo stesso si sente quasi bene a precipitare nell’abisso. Troppo debole per potergli resistere.
Le sfiora le labbra, in un bacio dolce e lento.
Po o risponde a questo bacio delicato all’ombra di un albero, alla luce del tramonto.
Poi il ritmo aumenta. Le mette una mano sui fianchi e la attira ancora più vicina a sé.
Le prende le ginocchia portandosele all’altezza del bacino, dove lei gli incrocia le gambe dietro la schiena.
Lo ama, non c’è nulla da fare. Tutto in lei esplode d’amore.
Le solleva l’orlo della maglia, e le passa le dita sulla pelle morbida.
Poi risale lento, dolce. Lei sa che sta per succedere. E  non deve permetterglielo. Perché lei non è Madison e lui questo se lo dimentica un po’ troppo spesso.
Si blocca, si stacca.
Lo fa appunto perché lo ama, appunto per questo.
<< Fermati >>
<< Perché?! >>
<< Perché devi ricordarti una cosa >> Gli si avvicina provocante e poi glielo dice, perché deve saperlo << Io non sono una delle tue puttanelle >>
Si gira e si allontana velocemente.
Lui la segue.
<< Kara! Io non lo penso! Te lo giuro! >>
Lei continua a camminare. Non ne può più di lui così. Se le ricorda quelle ragazzine con cui se la faceva, se le ricorda proprio bene. Quanto duravano? Due giorni?! E lei no. Lei non sarà così. Meglio non essere niente per lui che essere così. Di questo è sicura.
Le si piazza davanti, la blocca contro il muro di una casa.
<< Adesso mi ascolti. Tu non sarai mai come loro. Non potresti mai esserlo. >>
<< Grazie >> Dice lei particolarmente sarcastica.
<< Ma no! Non dicevo in quel senso, tu certo che sarai come loro >>
<< Grazie di nuovo >>
<< Ma cosa hai capito?! Io volevo dire che sarai sempre…sempre >>
<< Si lo so cosa intendevi, e tu sarai sempre il solito coglione >> Sorride complice.
<< Cretino… >>
<< Ascoltami per una buona volta… tu… cioè io ti >>
Una voce risuona nella penombra.
<< Amore, amore… dove sei? >>
A Kara il sangue nelle vene gela.
Lui un po’ tremante le deposita un lungo bacio sulle labbra poi le dice di nascondersi un secondo.
<< Ricordati che io ti amo, ricordatelo, sempre. Okay? >> Le sussurra.
A Kara questo ricorda qualcosa, una scena particolare che ha già passato. Suona più o meno tutto uguale. Però non è niente, dice a se stessa. Uno strano presentimento comunque la assale
Lei sorride, per quanto il fatto che stia per parlare con quella (****Queste parole sono state censurate****) le dia fastidio.
Lui la ama, cosa le importa?
<< Okay >> E si acquatta nell’ombra.
Un riflesso biondo si avvicina, scivola veloce addosso al ragazzo.
<< Oh mio dio, finalmente ti ho trovato… >>
Respira affannosamente.
<< Oh che bello! Sarai felicissimo >>
Stringe forte il ragazzo moro a sé.
<< Sei pronto per la notizia?! O mio dio è meraviglioso! Non sto più dalla gioia >>Dice con la voce rotta dall’emozione
<< Dimmi >>
<< Sono incinta… non è fantastico?! >>
E tutto quello che rimaneva di lei crolla in pezzi e muore. Tutto quello che prova viene schiantato a terra e calpestato rudemente. E lei resta ferma, agghiacciata dal presente. La mente che esplode, dentro è ghiaccio. Un ghiaccio improvviso che ha coperto tutto quel fuoco che le divampava dentro. Un ghiaccio così brutale da aver bloccato tutto a quelle parole, a quella voce, a quel momento.
Lo vede anche al buio il suo sorriso, quello stupido sorriso. Per un momento le sembra rivolto a lei. Ma poi scuote la testa, distrutta, esausta, morta.
Impossibile.
E’ sempre lei… non c’è niente da fare. Ogni volta, ogni singola volta che sembra che tutto vada bene lei distrugge tutta la sua  vita, i suoi sogni, i progetti con un paio di parole che scoppiano come bombe nel silenzio più totale.
Morta dentro, porta le mani alla bocca per soffocare il grido di dolore.

I
I
I
I
I
I
V
Scusate per questo colpo di scena... ma era dovuto. Ditemi che ne pensate. E...
Non uccidetemi

-Magica

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 -SECONDA PARTE ***


Capitolo 6
Dovrebbe urlarle, Kara lo farebbe. Dovrebbe arrabbiarsi, gridare, pestare i piedi a terra.
Ma non può più farlo.
Kara è morta.
E non è stata una brutta morte dopotutto. Certo, all’inizio ha sofferto, poi tutto d’un tratto è svanito tutto il dolore.
E’ morta. Ma comunque il suo cadavere si è rialzato, ha aperto gli occhi, ha mosso costantemente i piedi. E ha continuato.
Vuoto; immane, inesorabile vuoto. Cratere a posto del cuore. Ghiaccio a posto di tutto ciò che prima la animava.
E’ una sensazione strana, prima si è trovata a disagio, poi però si è abituata, ed infine l’essere morta è diventato parte di lei. E le è quasi impossibile ricordare che cosa facesse una persona viva.
Parla, ride, cammina. Eppure ha un cadavere a posto del corpo, una maschera a coprirle il viso, un vuoto a ghermire il cuore.
<< Penso che tra pochi giorni nascerà il bambino >> Dice una ragazza bionda di proposito più forte del dovuto.
Lancia poi uno sguardo sorridente alla ragazza morta. Ma quest’ultima guarda senza vedere, ride senza ridere davvero. E il suo cuore batte senza battere. E’ questa la cosa peggiore: se si appoggia una mano al petto sente il suo cuore palpitare per cercare di mantenere in vita un cadavere, un cuore monotono, pacato, metodico.
<< Iddio santo le torcerei il collo! >> Sussurra una ragazza castana a pochi centimetri dal cadavere di Kara.
<< Ma che ti importa? Lasciala parlare…>> Dice la morta.
<< Scoppia per presunzione… quella… quella >>
<< Brenda quanto sei noiosa, cavolo… ma che ti importa, falla pure parlare >> Dice il ragazzo dagli straordinari occhi azzurri << Sembra che la cosa ti dia parecchio fastidio >> Conclude facendole l’occhiolino.
Kara, o meglio quel che ne resta, sorride. Un sorriso falso, grigio, incolore quasi. Ma nessuno sembra accorgersene, nessuno sembra capirlo. Esiste una sola persona al mondo che le direbbe che è una pessima attrice e che dovrebbe andare a fare qualcos’altro, di certo smetterla di fingere in quell’orribile modo.
Ma chi è questa persona?
Il cadavere non ne ricorda il suo nome. Seppellito, ammuffito, disperso tra migliaia di altri. Ed ora non c’è nessuno a svelare le sue finzioni, a far cadere le sue maschere, a far battere il suo cuore che convulso cerca di far restare in vita un’anima morta, distrutta, spezzata.
Si alza, cammina, parla. Un’altra volta dice a se stessa, solo un’altra volta, solo un’altra ora, un altro giorno. Eppure continuano a passare le settimane, i mesi. E tutto appare uguale, monotono, spento.
Il ragazzo dagli occhi inconfondibilmente azzurri le passa un braccio sulle spalle.
<< Che fai questa sera? >>
<< Non ne ho idea, tu? >>
<< Pensavo i passare un po’ di tempo con te >> Le dice con un occhiolino.
<< Potrebbe andare bene >> Sorride a sua volta il cadavere. Un sorriso terribilmente vuoto. Eppure anche per questa volta passa. Anche per questa volta basta anche questo sorriso: così falso, così stupido.
E’ sempre stata abituata a mentire.
‘’Devi celare te stessa dietro infinite maschere di indifferenza e menzogna per continuare a vivere in un mondo dove solo i bugiardi riescono ad andare avanti.’’
‘’Devi fare in modo di non far trasparire le tue debolezze, perché quelle saranno le prime a venir schiacciate, pestate, bruciate.’’
‘’Devi allontanare le persone a cui vuoi bene da te stessa, perché a volte sei proprio tu a far loro infinito male. Ma devi anche proteggerti da chi ami… appunto perché sono sempre le persone che amiamo a distruggerci nel modo peggiore.’’
E quindi finge.
Il suo cadavere continua a fare quello che il suo corpo, la sua mente, il suo cuore hanno fatto per anni.
Mente, imbroglia, finge.
Tanto che importa? Non c’è nessuno a svelare le bugie. Nessuno da guardarle dentro abbastanza per capire l’imbroglio. E lei continua a morire ogni giorno, e continua a sorridere meno sinceramente ogni volta.
E la sera arriva, come sono arrivate tutte le sere che l’hanno preceduta, come continueranno a passare tutte quelle che le succederanno. E quella, di sera, non ha niente di diverso delle altre.
Nemmeno gli occhi incantevoli del ragazzo che l’aspetta sulla porta di una casa, rendono quella sera diversa dalle altre. Tutto dannatamente uguale.
Ecco come si muore. Non si muore solo a causa di una lama, o di una pallottola, o di una malattia. Si muore anche di dolore, di stanchezza, di infelicità, di amarezza, di amore, di monotonia… e queste in qualche modo sono le morti peggiori. Quelle che ti rendono così dannatamente sana esteriormente, ma così irrimediabilmente distrutta, spezzata, morta interiormente.
<< Immagino che tu non mi abbia chiesto di venire qui per giocare a carte>>
<< Oh se ci tieni possiamo fare anche a quello. Perdi una partita e ti togli un vestito >> Dice sfiorandole un fianco. Quel tocco non le dice niente. Non la fa rabbrividire, non la fa sussultare, non la fa impazzire. E’ solamente una tocco, un tocco morto su di un corpo morto di una ragazza morta.
LA prende per un braccio e la attira a se.
<< Cosa hai questa sera? Sembri triste >>
“Io sono sempre triste” vorrebbe dire “Solo che a volte lo nascondo meglio di altre”
<< Ho sonno, e sono stanca >>
Lui le mette una mano sul viso e la bacia.
Un bacio vuoto, smorto, umido.
Ma tanto ormai, che cosa può aspettarsi di provare un cadavere?
Disgusto. Questo la blocca un secondo.
Disgusto, amaro in bocca. Schifo.
E le dispiace, dannatamente le dispiace. Ma Aris non sarà mai nel suo cuore, non ci riuscirà mai. Non si appartengono, nemmeno un po’. Lei lo sa.
E tanto vale finirla qui e non prolungarla oltre. Perché lei sa che se ne andrà, prima o poi. E tanto vale andarsene subito e non prolungare l’agonia di un ragazzo così dolce.
Si stacca lentamente.
<< Mi dispiace >> E questa volta non dice una bugia, per una volta dopo parecchi mesi. Questa volta è seria, in qualche modo ancora viva.
Lui la sbatte ferocemente contro un muro, e continua a baciarla.
<< Non mi importa >>
<< Lasciami >> Cerca di dire <>
MA non serve a niente lui continua premere le labbra sulle sue, con violenza.
Disgusto ancora più profondo. Asfissia, schifo, vomito. Adesso più che mai.
<< Smettila lasciami andare >> MA lui non la smette e lei sente il panico montargli dentro. LA sua stretta è forte e sa che non riuscirebbe ad andarsene. Lui cerca di spingerla verso il letto e le resistenze di Kara non servono a niente.
Bussano alla porta.
Una.
Due.
Tre, volte.
Aris impreca a bassa voce mentre apre con violenza l’uscio.
Fuori c’è una ragazza castana minuta e decisa. Con gli occhi che sembrano lampi infuocati, eppure che lasciano trasparire preoccupazione.
Entra senza badare a nessuno, afferra Kara per un braccio e la porta fuori.
<< Non dovrei chiedertelo, lo so >> E’ preoccupata, delle righine sottili le corrugano la fronte.
<< Dimmi>>
<>
<>
<< Che tua madre era una levatrice >>
Quella domanda la sbalordisce abbastanza però annuisce.
<< Helen… il parto, Kara sta andando male, mi chiedevo se tu… se… se tu potessi andare da lei >> Si interrompe e prende un respiro << E aiutarla… in qualche modo >>
Lo sguardo di Kara è ghiaccio, fisso e imperscrutabile. Sospira, sa che dovrebbe semplicemente andarsene e lasciar crepare quella… quella.
‘’Cosa farebbe mia madre?’’
Una voce sottile, un sussurro appena udibile le dice dentro:
‘’Qui non si tratta di lei, ma di suo figlio ’’
Sospira a gran voce cercando dentro se stessa la forza, quella forza che non ha.
 
***********
 
Le mani intrise di sangue, lucidità nella mente, gelo nel cuore.
Aiuto hanno chiesto.
Aiuto lei ha dato, ma che non sia niente di più, non potrebbe reggerlo.
Le mosse sono le stesse, i procedimenti uguali, niente di diverso.
‘’io sono diversa’’ pensa lei. Già tu sei diversa dico io.
Le urla della donna si quietano, il respiro si calma.
E Kara porta lei la creatura linda e pulita che il suo ventre ha partorito, gliela posa in grembo.
La donna attira a sé la creatura come a proteggerla da Kara.
‘’Se avessi voluto farti del male l’avrei già fatto, idiota’’ vorrebbe dire, ma adesso è opaca, apatica…
Vuota…
Ecco come si sente.
Vuota.
Non c’è più rabbia, desolazione, tristezza. C’è solo una sensazione pressante di vuoto.
Si sciacqua le mani nel lavabo, le sfrega fino a che il sangue non esce… ed ancora, ancora, ancora.
<< Basta… >> Una mano le afferra i polsi.
<< Smettila… non dovevi venire qui lo sapevo… è solo che serviva aiuto e…  >>
<< E’ tutto apposto tranquilla, sto bene >> Dice nascondendo le mani dietro la schiena.
Brenda la guarda con rimprovero.
<>
Si avvicinano al capezzale della ragazza: il bambino appoggiato al petto…
i capelli biondi a onde sulle spalle
 e gli occhi
 azzurri,
chiusi.
Li apre di colpo, svelando un’iride ghiaccio soffuso, azzurro di un cielo cattivo, una tempesta carica di neve e sventura, un fulmine a ciel sereno.
Il suo bambino ha i capelli neri, piccoli ciuffi che spuntano al di sopra di un faccino rosso.
E’ così carino. Che Kara fatica a credere che quella megera sia sua madre.
<< Vattene, non sei la benvenuta qui >>
<< Una volta si diceva grazie >> Dice acida << Però vedo che l’educazione di questi tempi si fa sempre più rara >>
Quella donna le fa montare un odio che mai ha provato.
Ma non intende farsi provocare ulteriormente, perciò si avvia per lasciare la stanza.
Un ragazzo moro entra. E il cuore di Kara non fa alcun movimento, ghiaccio, immobile, duro.
Il suo sguardo si fa ancor di più pietra, se possibile.
Odio. Eccolo ancora quel sentimento.
‘’ Se non riesci ad amare, odia’’ le disse un giorno una vecchia in una grotta buia ‘’perché l’odio è più forte dell’amore, lo sarà sempre. “
E lei ora odia, anche se qualcosa un pochino si smuove dentro la sua anima morta.
Qualcosa da lontano, qualcosa che nemmeno ode, le urla, grida, e piange pregandola di non odiare così tanto.
“Ma anime corrose dall’odio hanno una vita triste e cupa’’
“Ma quelle corrose dall’amore vivono nel dolore e nella disperazione. Quindi bimba… che cosa scegli? “
E lei non aveva mai scelto. Ancora adesso non l’ha fatto.
Il bambino apre gli occhi svelando un’iride di un colore cristallino. Colore del cielo azzurro nelle giornate estive, del mare nei giorni luminosi, del turchese nelle sue sfumature più accese.
Un colore strano, pensa Kara. Troppo strano.
Cerca di ricordare gli occhi della madre del ragazzo moro. Ma le ritornano alla mente solo due profondissimi cerchi  neri. Non appartenevano a lei.
Guarda per un momento Helen, sdraiata in un letto morbido. Il colore degli occhi suoi e del bambinoè facilmente confondibile, ma non per un occhio attento come quello di Kara. Che negli occhi di quella donna ci ha guardato infinite volte con rancore.
Il ragazzo moro ha degli occhi scuri e profondi, leggermente allungati eppure molto grandi.
Non sono nemmeno i suoi. Scuote la testa.
‘’Sei come un gatto che si arrampica sugli specchi, non troverai niente per te stessa qui dentro’’
Eppure quella sensazione inquietante resta. Come un coltello puntato nelle costole.
Come una verità stampata su un foglio che sventola davanti la sua faccia, ma si muove troppo velocemente e prenderlo è impossibile.
E’ così vicina a capire qualcosa, ma non riesce ad afferrarne il significato.
‘’Sei morta, come puoi riuscirci?’’. Ma adesso, in questo istante si sente come rinata, resuscitata, riportata al mondo per dover scoprire qualcosa di pericolosamente scomodo.
Ma non sa cosa, ‘’dannazione… non so cosa!’’
Un altro ragazzo dai capelli scuri entra nella stanza e si avvicina lentamente a Kara.
La guarda e sorride dolce.
Lei fissa all’improvviso tutti nella stanza.
Brenda minuta e scattante è inquieta. Minho ha addosso un senso di disagio assoluto. Helen sorride adagiata tra i cuscini. E Aris le va in contro con le labbra distese in una vaga sfumatura di menzogna.
Come penultimo fissa il neonato e ci scorge qualcosa che non aveva notato, o meglio che non aveva capito.
E per ultima guarda se stessa, scruta il proprio cuore, cerca dentro di se. Si risveglia in qualche modo. Torna viva per qualche istante. E trova la forza che ha perduto, trova il coraggio che le manca.
E capisce, quasi si accascia a terra capendolo. E’ così senza senso che non vorrebbe nemmeno crederci.
‘’Te lo stai solo immaginando’’
Ed invece no, non questa volta.
Punta un dito accusatorio su Minho il ragazzo che odia, e che in fondo quasi inconsciamente che ancora ama. Poi lo sposta lentamente su Aris, il ragazzo che in quei mesi le era stato vicino, che l’aveva consolata.
E  lo dice. Con l’ultimo briciolo di forza, coraggio, odio, rabbia, coscienza, incredulità, e anche amore in fondo in fondo, anche con quell’unico briciolo di amore che le resta.
Guardando negli occhi quel ragazzo che da mesi non fa che evitare dice
<< Tuo figlio >> Sposta l’indice su Aris
<< Ha i suoi occhi >>
Poi semplicemente sotto lo sguardo attonito, confuso e perplesso di tutti esce e si dirige alla scogliera.

II
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V
Raga... vi dò spiegazioni solo nelle recenzioni :)

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