Come le perle di rugiada…

di redpen
(/viewuser.php?uid=747394)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo. ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo. ***
Capitolo 4: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo. ***


Come le perle di rugiada...


Capitolo primo.
Era uno di quei balli in stile europeo, che le ragazze sognavano leggendo Versailles no bara o guardando Nadja Applefield… Quei balli dove si indossano lunghi ed eleganti abiti, che per una notte trasformano una ragazza in una principessa… Una notte magica in cui, fino all’ultimo rintocco del grande pendolo, è lecito attendere l’invito del cavaliere del proprio cuore.
Ed era proprio lì il massiccio orologio che impreziosiva con le sue eleganti lancette d’oro e brillanti la sfavillante sala da ballo di Villa Okamoto. Una stupenda villa in stile occidentale, ricca di cimeli, gioielli e pezzi d’antiquariato, ma nessuna pietra preziosa valeva quanto la fulgida collana tempestata di diamanti della raggiante signorina Inoue.
La giovane promessa del figlio maggiore degli Okamoto era la principale attrazione della festa, tenuta proprio quella sera in onore della novella coppia: con il suo lungo vestito di seta blu e il suo vistoso collier, regalo di nozze tramandato per generazioni dalla casata degli Okamoto, attirava gli sguardi e l’invidia di tutte le fanciulle più facoltose di Tokyo, convenute alla festa di fidanzamento più chiacchierata dell’anno.
Ma le rampolle dell’alta società giapponese non erano le uniche ad invidiare alla bella Natsumi Inoue la lucente collana dall’inestimabile valore… Tre giorni prima del ricevimento, infatti, un messaggio anonimo era stato recapitato alla futura sposa: 'Farò miei i tuoi diamanti alla festa, quando il pendolo batterà il dodicesimo rintocco'.
Tuttavia, l’incidente e il funesto messaggio erano stati tenuti strettamente segreti dalla famiglia per evitare che il caso rubasse l’attenzione dei media e relegasse l’imminente matrimonio in secondo piano. Così gli Okamoto, non potendo beneficiare della protezione della polizia, avevano deciso di affidare l’incolumità della futura moglie del loro primogenito e quella della sua preziosa collana proprio alle cure del detective Mouri.
Ran ricordava bene le parole dell’austera Signora Okamoto, venuta a far visita all’agenzia di suo padre subito dopo la ricezione del messaggio, e quel tuffo al cuore con cui aveva accolto la notizia di essere fra le fortunatissime invitate al ballo.
“E’ una questione dall'estrema riservatezza, lei capisce, Signor Mouri, e i signori Suzuki ci hanno detto che possiamo contare su di lei. Dobbiamo evitare ad ogni costo che la notizia trapeli, ma soprattutto… dobbiamo impedire a nostro figlio di commettere un errore imperdonabile! Dopotutto quella scialba ragazzina di campagna non è mai stata all’altezza del nostro Ryoichi… non vorrei che tutta questa storia fosse solo una sua montatura per impossessarsi della collana e fuggire chissà dove, proprio prima del matrimonio! Sa, con un oggetto del valore di 20 milioni di yen tra le mani, potrebbe vivere un’esistenza ricca e felice ovunque! Ah, può portare anche sua figlia, so che è amica della giovane Suzuki. I Suzuki non presenzieranno alla festa a causa di un impegno fuori città. Diremo perciò che hanno mandato voi in loro vece.” Questo il concitato discorso della burbera madre del futuro sposo.
In effetti il povero Ryoichi Okamoto, che povero di beni non era affatto, era invece carente di qualsivoglia dote estetica e di quel piglio che di solito illumina lo sguardo di un ragazzo appena diciannovenne, di quell’eleganza o di quel fascino che può far innamorare di un giovane rampollo nel fiore degli anni una bella fanciulla come Natsumi Inoue.
Che lei fosse bella era fuor di dubbio. Ran poté constatarlo in quell’attimo stesso in cui la giovane new-entry della casata Okamoto si avvicinò per salutare alcune invitate proprio accanto al tavolo del buffet, dove Kogoro, imperterrito, si stava servendo la sua quarta portata.
Gli occhi acuti e sfavillanti, lo sguardo vivo e penetrante, quel fare disinvolto e sicuro di sé che così tanto la distingueva dall’impacciato incedere del giovane promesso al suo fianco.
Tanto più spigliata e piena di vita era lei, tanto dimesso e timido appariva lui, che seguendola come un’ombra lasciava già intuire quale dei due caratteri avrebbe prevalso sull’altro nel futuro della coppia.
Si erano conosciuti un anno prima, durante una breve gita di Ryoichi nella dimora rurale della famiglia. Da allora, tornati insieme dal viaggio, i due erano stati inseparabili, fino ad arrivare in poco meno di un anno al fidanzamento ufficiale. Fidanzamento che il giovane, mostrando per la prima volta un temperamento inamovibile e più che mai deciso, aveva ottenuto vincendo le resistenze dell’intera famiglia.
Certo il buon Ryoichi esteriormente aveva tutto da guadagnare in una simile unione: un ragazzo mite, dall’aspetto modesto e non certo affascinante, si accompagnava a quella che tutti definivano una vera bellezza. Ma dal punto di vista economico, era solo lei a trarre un cospicuo vantaggio: un’umile ragazza di campagna entrava in una delle casate più ricche della metropoli. Così sin da subito dissapori e malelingue erano serpeggiati all’interno della famiglia, tanto da spingere gli Okamoto a pensare che la minaccia del furto non fosse che un escamotage della fanciulla per arricchirsi senza scrupoli, liberandosi ben presto del fidanzato, e la stessa Natsumi a sospettare a sua volta che quel medesimo avviso anonimo fosse in realtà parte di un piano ben congegnato dai parenti del suo promesso per far ricadere la colpa su di lei e convincere l’ingenuo Ryoichi a lasciarla… magari inventando qualche balla ad hoc per la stampa, appena prima del matrimonio...
Così anche la giovane Natsumi si era decisa ad assumere un investigatore a tutela della sua incolumità e soprattutto a far luce sull’intricata verità che si nascondeva dietro il messaggio misterioso. Era un giovane detective dalla fama ancora nascente e dall’ingaggio sicuramente più accessibile rispetto a quello di un investigatore già avviato… un liceale, per dire il vero, con poca esperienza, perciò, ma con un acume, promettevano alcuni, da fare invidia alla polizia giapponese, pari, dicevano altri, al leggendario protagonista dei gialli di Conan Doyle.
E così Ran ebbe il suo secondo tuffo al cuore tre giorni prima quando, come nelle più belle commedie romantiche o nei più famosi classici Disney, il suo secondo desiderio più recondito si era avverato nello stesso pomeriggio… Il suo cavaliere l’aveva infatti chiamata - poco dopo che la signora Okamoto aveva lasciato l’agenzia investigativa – informandola che anche lui era stato invitato a partecipare a quel ballo… o meglio, che era stato ingaggiato. E quella, Ran lo sapeva, era una differenza sostanziale.
Eccolo, ora era lì, lo Sherlock Holmes del terzo millennio… così amava definirlo: anche se per ora solo lei ne conosceva il vero potenziale, sapeva che quella straordinaria genialità sarebbe presto stata riconosciuta da tutti e che un giorno, non troppo lontano, avrebbe dovuto condividere il suo Shinichi con il mondo intero…
Rigorosamente in smoking, così come l’etichetta richiedeva, elegantissimo, sicuro di sé, con i suoi occhi profondi scrutava tutti, non tralasciava nessun dettaglio, vagliava ogni minimo particolare di quel party e... non se lo stava godendo affatto! Ran lo sapeva, perché lo conosceva meglio di chiunque altro... Lavoro, lavoro, lavoro: investigare viene prima di ogni altra cosa... e così un giovane di sedici anni, alla festa più in dell’anno, pensava a tutto fuorché a divertirsi. Ogni suo gesto, ogni suo atteggiamento era un libro aperto per lei. La camminata decisa e disinvolta per poter seguire con rapidità, senza farsi notare, la futura sposa in ogni suo spostamento… La mano in tasca, pronta a estrarre velocemente il suo taccuino per prendere brevi e preziosi appunti sui numerosi invitati… Lo sguardo teso e vigile che indugiava ancora una volta, ripetutamente, sull’orologio… 9 minuti alla Mezzanotte, l’ora annunciata per il furto.
Le quattro porte, poste sul lato destro della sala, erano serrate e controllate dalle più fidate  guardie della famiglia; gli invitati, tutti convenuti secondo la lista, erano chiusi in una inconsapevole gabbia: l’avido autore dell’imminente crimine era già tra loro. Persino Kogoro lasciò cadere la sesta coscia di pollo con cui aveva gioiosamente riempito il suo piatto poco prima, per concentrarsi solo ed esclusivamente sulla signorina Natsumi Inoue.
“Neanche lui le toglie gli occhi di dosso,” pensò Ran osservando il comportamento del giovane detective, “dopotutto è  il suo lavoro. Non può permettere che qualcuno le rubi la collana, è sotto la sua responsabilità. E poi perché dovrebbe smettere di guardarla? Così bella, così spigliata, quel collier la rende ancora più regale e radiosa. Non mi sorprenderebbe  se lo avesse colpito… Tutti gli uomini della sala ne sono colpiti… Persino papà non ha saputo resistere e si è lasciato scappare una delle sue imbarazzanti battute non appena l’ha incontrata oggi pomeriggio, incappando in una occhiataccia di rimprovero da parte della futura suocera di lei… e lei? Lei ha scelto lui… fra mille ha ingaggiato lui… Sarà davvero perché poteva permettersi solo il compenso di un detective liceale? O sarà vero quello che dice la signora Okamoto? E se volesse veramente scappare più lontano possibile con i soldi della collana?! Magari ha puntato proprio lui per farsi accompagnare! Ah mio Dio, che vado a pensare… Beh, di certo io non avrei nessuna speranza di competere. Con un abito comprato in saldo al centro commerciale e una collana di seconda mano... cosa credevo di fare? Come ho potuto pensare di essere all’altezza di questa festa, di quella donna… di un milionario collier di diamanti con il mio semplice filo di perle? Neanche questa collana che ho al collo, che per me è il tesoro più prezioso, ha alcun valore qui...”
Proprio in quel momento, mentre la ragazza stava per distogliere lo sguardo dall’indaffarato detective, Shinichi sollevò gli occhi dal quadrante del suo orologio e li posò, coincidentalmente, su Ran. Per un attimo i loro sguardi si incrociarono, poi Ran, imbarazzatissima, distolse il suo e si apprestò a guardare alla sua sinistra, verso la promessa sposa e le sue rumorose amiche. Shinichi ne approfittò per guardare più a lungo, indisturbato, la sua amica d’infanzia.
Quella sera non aveva potuto vederla che brevemente all’inizio del ricevimento, quando la ragazza aveva fatto il suo ingresso in sala al fianco del padre. Nel pomeriggio i due detective ingaggiati avevano dovuto svolgere le loro indagini separatamente, così da non rivelare agli altri membri della famiglia i piani di chi li aveva assunti, perciò Shinichi e Ran non si erano incontrati.
Ma quella sera, quel breve istante all’inizio della festa era bastato al giovane detective per riconoscere l’abito che insieme avevano visto, qualche mese prima, nel negozio più esclusivo del centro commerciale di Beika e che Ran aveva pazientemente aspettato di poter comprare in saldo, controllando ogni giorno, trepidante, che la sua taglia fosse ancora lì... nonché per riconoscere la collana di perle che adornava il collo della ragazza: senza dubbio quella di Eri, con cui Ran giocava sempre quando era piccola, sognando di indossarla il giorno del suo sedicesimo compleanno… occasione in cui la madre gliel’aveva in effetti donata.
Quel mondo di luce riflessa e di falsi sbrilluccichii non apparteneva alla spontanea e genuina Ran, che quella sera, con quegli abiti comprati con l’ardore dell’attesa e il modesto stipendio del padre e i gioielli dall’inestimabile caratura che l’amore di una madre può conferire, splendeva di luce propria, di una luce più abbagliante e viva di tutte quelle dame inanellate e illuminate dal fioco riverbero dei loro solitari… Brillava del fulgore dei suoi 16 anni e del rossore che infiamma le guance di un’adolescente innamorata. E rosse divennero anche le gote del giovane detective quando si soffermò ad ammirare la splendida foggia che quell’abito, sbirciato fugacemente dalle  vetrine del negozio, prendeva indosso alla sua “amica” del cuore...  Un drappo scarlatto la cingeva soavemente disegnando il suo leggiadro e armonioso profilo: le spalline di seta e la gonna di organza, con i suoi modi graziosi e il gentile contegno, la facevano una principessa al pari e più delle vere aristocratiche. E quel rosso, sì, quel rosso scarlatto dell’abito fece sorgere in lui un leggero sussulto nel cuore… Non era mai stato palesato ma tanti piccoli aneddoti l’avevano detto nel tempo: il rosso era il loro colore, il suo colore…
E se avesse indossato quell’abito proprio per lui, sapendo che entrambi sarebbero stati presenti alla festa?
Ran sollevò impaziente lo sguardo verso il grande orologio della sala, in quel preciso attimo Shinichi fece lo stesso: 6 minuti alla mezzanotte...
Mezzanotte, quell’ora magica e stregata che entrambi avevano atteso col cuore trepidante: lui con l’inspiegabile entusiasmo di chi vuole correre incontro ad un incubo per mettervi fine, lei con il recondito timore di chi teme di avvicinarsi troppo ad un sogno solo per vederlo svanire per sempre. La lancetta dei minuti aveva appena intrapreso il suo quintultimo giro prima dell’ora x, quando il maestro di sala annunciò l’ultimo valzer della serata. Gli invitati posarono i loro calici e si affrettarono a raggiungere il centro della stanza. Natsumi prese di colpo il braccio del suo fidanzato e lo trascinò imbarazzatissimo fino al bordo destro della pista, vincendo una sua ultima, flebile resistenza.
“L’ultima danza prima dello scadere del tempo” pensò Ran sospirando “ora o mai più…” e il cuore iniziò a batterle sempre più forte, finché quasi non esplose quando il quartetto d’archi intonò “Amazing Grace”. Fra tante, proprio la loro canzone.
Le coppie iniziarono a mescolarsi in un volteggiante turbinio. Ran cercò Shinichi con lo sguardo ma non riuscì a trovarlo… Poi cercò la coppia dei futuri sposi, ma non riuscì a scorgere più neanche loro, probabilmente nascosti alla vista dalle numerose altre coppie che piroettavano in pista.
Sicuramente li aveva seguiti per tenere d’occhio il collier.
Allora il cuore della ragazza rallentò il suo battito impetuoso e anche il viso si distese in un sorriso amaro: “Oh, beh, che cos'è un ballo alla reggia? In fondo…”  ma non poté finire di fare eco alla più famosa fiaba Disney che, proprio come accadde a Cenerentola quella fatidica sera, mentre Ran cercava affannosamente il suo principe nell’immensa sala, fu invece lui a trovarla… Così, giungendo di colpo alle sue spalle, le sfiorò delicatamente la mano per richiamare la sua attenzione…
Lui si inchinò e, guardandola con aria leggermente divertita, strizzò un occhio in segno d’intesa… Lei s’inchinò di rimando e, non capendo se si trattasse di uno scherzo o di un sogno, lo seguì senza bisogno di parole, mentre lui la conduceva, tenendola ancora delicatamente per mano, verso la pista da ballo.
L’ultimo valzer prima della mezzanotte. C’era sicuramente un motivo più che sensato per abbandonarsi ad un gesto fin troppo onirico per il suo razionale cavaliere. Ma che importava, chiunque o qualunque cosa l’avesse spinto a farlo, Ran non poteva che gioire al pensiero di quel dolce sorriso e di quell’inchino che erano stati entrambi destinati a lei.
Raggiunta la pista, il cavaliere trasse dolcemente a sé la principessa, cingendole la vita con un braccio e stringendola delicatamente in una presa ferma e sicura, afferrando poi, con l’altra mano, la mano di lei. Ran era come imbambolata e, quando iniziarono a volteggiare, si lasciò condurre graziosamente, abbandonandosi al flusso della danza e alle mosse sicure del suo cavaliere. Shinichi era sorprendentemente bravo nel danzare, sicuramente addestrato a dovere (e controvoglia) negli anni da sua madre, una vera esperta di occasioni mondane.
Ran non aveva mai ballato un valzer prima d’ora, eppure tutto le sembrò così naturale… I loro passi si incastravano alla perfezione (dimostrando una superba intesa ritmica) e, pur non conoscendo alcuna coreografia, la ragazza si muoveva armoniosamente sotto la sapiente guida del suo cavaliere.
Le sembrava quasi che, danzando, i suoi piedi non toccassero il pavimento,  eppure non avvertiva alcun senso di precarietà… Se anche si fosse trovata ad una decina di metri dal suolo, quella presa così ferma e rassicurante non l’avrebbe mai lasciata cadere.
Per tutto il tempo Ran aveva tenuto il capo chino, nel timore del momento in cui i loro sguardi, così vicini, si sarebbero incontrati… ma quando finalmente si decise a sollevare gli occhi verso Shinichi, si accorse che quel timore era quanto mai infondato, poiché lui non stava affatto guardando verso di lei!
L’incanto si ruppe per un attimo e Ran fu presa dall’irrefrenabile istinto di abbandonare le mosse della danza per riprendere quelle assai più congeniali del karate… Ma per il momento il colpo che sferrò fu solo verbale. 
“Mi hai invitato a ballare solo per poterla seguire più da vicino, non è così? Sapevo io che non c’era fidarsi... Di’ un po’, ti pare una bella mossa di cavalleria invitare una dama e fissarne un’altra per tutto il tempo?” disse Ran aggrottando la fronte e sentendosi all’improvviso estremamente ridicola per aver pensato che Shinichi potesse aver sinceramente desiderato ballare con lei.
D’un tratto ricominciò non solo a sentire il pavimento, ma anche le scarpe che, complice l’intera serata passata in piedi ad attenderlo, iniziavano a farle piuttosto male… Forse erano davvero di cristallo, tanto si rivelarono scomode.
“Non fisso affatto la signorina Inoue per tutto il tempo,” disse Shinichi destando ancora di più le ire di Ran, poiché aveva iniziato a parlare mantenendo lo sguardo diretto altrove e poiché aveva senza remore dato nome all’oggetto della gelosia della ragazza. “Sarebbe controproducente,” continuò Shinichi, “dal momento che il mio compito è controllare tutti coloro che sono in questa sala e che possono in qualche modo avvicinarsi a quel collier.”
“Intendi dire che non hai nessuna idea su chi possa aver spedito quel messaggio?” disse Ran, rabbonita dal fatto che Shinichi avesse palesato l’intenzione di proteggere il collier anziché la donzella.
“A dire il vero l’avrei eccome,” disse il detective, continuando la sua indagine visiva, “è proprio questo il problema…”
“Che cosa intendi?” chiese Ran, confusa.
“Beh…”, proseguì lui, “ho passato tutta la sera a controllare uno per uno gli invitati della festa per cercare di capire chi di loro fosse mancino, perché i segni lasciati sul foglio dall’inchiostro della penna usata per scrivere il messaggio facevano supporre che fosse stato redatto da una mano sinistra. Gli indiziati sono cinque in tutto: lo zio paterno e il fratello minore di Ryoichi Okamoto, due amiche della futura sposa e un cugino di secondo grado della signora Okamoto.”
“Allora non dovrebbe essere difficile impedire che la collana venga rubata... Basterà assicurarsi che nessuno di loro si avvicini troppo alla futura sposa nell’ora indicata per il furto” disse Ran, pronta, se necessario, a scongiurare lei stessa il colpo, frapponendosi al momento giusto tra la ragazza e il malvivente.
“Ma è proprio questo che non mi convince…” disse Shinichi. “È tutto fin troppo facile… Pensaci un attimo, Ran, chi manderebbe un biglietto autografo al giorno d’oggi per annunciare un furto? Tanto più sapendo che la grafia potrebbe essere una prova schiacciante in grado di incriminare l’autore.”
“Credi allora che la signora Okamoto abbia ragione?” chiese Ran dubbiosa. “Si tratta di una messa in scena della signorina Inoue per poter rubare la collana?”
“Non saprei… La Inoue non è mancina ma di certo il colpevole potrebbe essersi servito anche dell’aiuto di un conoscente estraneo ai fatti per fargli scrivere il biglietto e depistare così le indagini, allontanando i sospetti da sé. Perciò l’indizio del mancinismo potrebbe anche essere una falsa pista, destinata ai detective o alla polizia, che sono in grado di decifrarlo. Oltretutto la grafia era strana, forse era stata contraffatta volutamente per confondere le acque.”
“Perciò credi che assicurarsi che i cinque sospetti che usano la mano sinistra non si avvicinino alla signorina Inoue non servirà a salvare la collana?” chiese, scoraggiata, Ran.
“Un detective non può lasciare nulla di intentato…” disse sorridendo Shinichi, “perciò finché una prova certa non li scagionerà, li terremo comunque d’occhio. E poi se vogliamo attenerci al criterio della mano sinistra, c’è un’altra persona che rientra nella lista dei sospetti…”
“E chi?” chiese Ran.
“Ho saputo dalla governante degli Okamoto che Ryoichi è ambidestro” rispose il giovane.
“Andiamo Shinichi, cosa stai dicendo!” disse Ran infuriandosi per lo scetticismo del detective che non risparmiava proprio nessuno. “Quel ragazzo è una vittima di tutta questa storia! Chissà quante preoccupazioni graveranno sul suo cuore… E’ tutta la sera che, nonostante i festeggiamenti, conserva quel velo di tristezza negli occhi! E poi non avrebbe motivo di rubare la collana… presto erediterà un ingente patrimonio non appena le nozze saranno celebrate!”
“Già…” disse Shinichi pensieroso e di colpo si voltò verso Ran commentando con sguardo cinico… “Questa storia è ridicola, tanto rumore per ereditare una stupida collana... Chissà perché voi donne tenete tanto ai diamanti!” disse con sprezzo. “Dopotutto non sono che vile carbonio…”
“Innanzitutto vorrei farti notare che quattro dei sospetti sono uomini!” disse Ran con tono seccato, ostentando un orgoglio tutto femminile, ma con una punta di soddisfazione perché Shinichi non somigliava neanche un po’ a tutti quegli avidi contendenti che vedevano il ricco monile come un’irresistibile fonte di denaro, “e poi una collana di diamanti per una donna significa molto più di quanto non significhi una semplice collezione di pietre preziose per un uomo: un collier tanto brillante è una fonte di luce che deve irradiare e amplificare la bellezza di chi lo indossa…”
“Insomma le collane sono specchietti per le allodole…” commentò Shinichi, ironico, col suo implacabile pragmatismo, “e comunque non possono amplificare proprio nulla per chi, di base, di luce non ne ha…” Così sentenziò guardando con biasimo le tante signore avvizzite e superficiali presenti nella sala, che si pavoneggiavano di una vita piena di orpelli e priva di sostanza.
Ran fu colta da estrema amarezza nel sentire quelle parole, credendo che il commento fosse in parte riferito a lei e al fatto che quella sera aveva voluto tentare di eguagliare la luce emanata dalle eleganti dame come la signorina Inoue, con i suoi scarsi mezzi e i suoi abiti inadeguati.
“Quindi…” mormorò nervosamente, stringendo leggermente un lembo di stoffa tra le dita, “quindi questa collana di perle non ti piace affatto…” disse guardandolo dritto in volto con sguardo affranto.  “Come pensavo, i gioielli non fanno per me…”
Shinichi voltò di colpo il capo e incontrò quello sguardo così profondo e penetrante, sentendosi attraversare fin dentro l’anima. Stava sbagliando tutto.
Com’erano dolci e tristi quegli occhi, com’erano lucenti... Per guardare altrove non aveva visto nulla. Aveva pensato solo al caso, come sempre… solo al collier, al pericolo, all’incolumità degli ospiti, alla sue responsabilità. Ma non si era fermato neanche un istante a riflettere su quello che Ran avesse provato per tutta la sera, su quello che avrebbe potuto aspettarsi. Tranne per quel breve momento in cui aveva contemplato il suo vestito rosso.
E se quel vestito rosso fosse stato davvero un messaggio per lui? Se quella collana di perle fosse stata per lui? Per un attimo anche quello sguardo e quella luce che la ragazza emanava gli sembrarono destinati a lui… Che sciocco imperdonabile era stato! Per tutta la sera non aveva fatto che trascurarla ed ora il suo inesorabile cinismo l’aveva inavvertitamente ferita con quella stoccata finale!
Se c’era una possibilità, una sola possibilità che tutti quei segnali fossero diretti a lui, lui l’aveva mancata, non accorgendosi di nulla. E osava definirsi un detective? Con qual coraggio?
Ma la cosa più ingiustificabile era che l’aveva fatta soffrire, ancora una volta, inconsapevolmente ma irrimediabilmente. No, un rimedio doveva esserci!
Ran doveva sapere ciò che lui pensava veramente, doveva sapere che per tutta la sera non c’era stata dama che l’avesse colpito con i suoi mille diamanti come aveva fatto lei con i suoi occhi zaffiro… che non c’era nessuna ragazza, vistosamente truccata e sfarzosamente vestita, che potesse competere nel suo cuore con la naturale bellezza di lei, così spontaneamente e rigogliosamente fiorita in quel fulgido manto rosso, da togliergli il fiato.
Shinichi ricambiò con risolutezza lo sguardo di Ran, fissandola intensamente e profondamente, poi la trasse delicatamente a sé e strinse con rassicurante dolcezza la sua mano tremante. Il cuore di Ran saltò un battito.
“Quella collana ti si addice perfettamente,” disse soave ma deciso, “come le perle di rugiada ai petali di un'orchidea…”
Ran sentì di nuovo le gambe venir meno… Il loro vicendevole sguardo si fece più intenso e più ardente finché gli occhi di lei si socchiusero … i loro visi si avvicinarono, lentamente ma inesorabilmente…
In quel momento le luci si spensero di colpo e il pendolo suonò il primo dei suoi dodici rintocchi.
 

Questa storia nasce in un pomeriggio d'estate, da un’idea che sottoposi lo scorso giugno ai miei soci dello Shinichi&Ran Official Italian Fan Club, che ho il piacere di gestire. Nasce dall'amore per questo manga e dalla curiosità di testare i suoi protagonisti in un contesto un po’ più shojo del solito, sebbene conservando il suo consueto taglio mystery.
L’idea è poi divenuta un contest, "La Maratona di Ballo ShinRan", di cui questa fiction si pone a chiusura e celebrazione, come ringraziamento a tutte le meravigliose autrici che ci hanno onorato della loro partecipazione.


Dedico questa storia a tutti coloro che sono affezionati a questi due personaggi di finzione come a creature vere… e a tutti coloro che amano scrivere e sognare… possibilmente nello stesso momento.

- redpen

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo secondo. ***




Capitolo secondo.
Era mezzanotte. Il misterioso ladro del collier era entrato in azione. Shinichi istintivamente trasse Ran più vicina a sé. “Non muoverti e non preoccuparti. Non permetterò che ti accada nulla.” Così le sussurrò con tono calmo e confortante. Ran si lasciò andare a quell’abbraccio dolce e protettivo, che sapeva essere frutto del pericolo e del favore delle tenebre. Fu grata a quelle tenebre, capaci di offuscare in un istante tutto l’imbarazzo, tutti gli scrupoli, tutti quei futili ostacoli e quelle sciocche inibizioni che la mente sapeva creare ogni giorno alla luce del sole. Per un attimo si scoprì colpevole del desiderio che quel black out durasse per sempre…
“Che nessuno apra le porte per alcun motivo!” disse Shinichi con tono deciso affinché le guardie in sala a custodia delle uscite non compiessero un passo falso sulla scia dell’emergenza. “Signor Okamoto, per favore, contatti le guardie più vicine al contatore elettrico con la sua ricetrasmittente!”
Gli effetti personali dei presenti, compresi i cellulari, erano infatti custoditi nel guardaroba. Shinichi aveva saputo, però, parlando con gli addetti alla sicurezza prima della festa, che costoro erano stati provvisti di trasmettitori radio in grado di comunicare, in caso di emergenza, con la ricetrasmittente del signor Okamoto.
“D’accordo!” rispose il padrone di casa, sorpreso e curioso di sapere, come tutti gli altri convitati, a chi appartenesse la giovane voce così risoluta e capace.
Il signor Okamoto contattò i suoi uomini che, come da disposizioni, raggiunsero il più in fretta possibile il quadro elettrico: proprio quando il pendolo aveva appena suonato il dodicesimo rintocco, le luci si riaccesero. Non appena la stanza fu di nuovo illuminata, la signorina Inoue si rese conto che il suo esile collo non era più cinto dal prezioso monile.
L’urlo della donna e l’improvviso ritorno della luce riportarono Shinichi e Ran alla realtà, come risvegliandoli da un semicosciente sogno… Ran sapeva che l’incanto era spezzato, la mezzanotte passata, la carrozza  ridivenuta zucca. Lei sarebbe tornata ad essere una semplice ragazza e lui… un detective. Contemporaneamente, istintivamente, rapidamente, i due giovani si sciolsero da quell’abbraccio che ora appariva così surreale… L’imbarazzo era tornato, con tutti gli sciocchi scrupoli, gli ostacoli e le inibizioni di sempre… Ran era consapevole del fatto che ora sarebbe stato impossibile ricreare l’atmosfera che solo un attimo fa li aveva fatti vivere in una fiaba. Per la principessa era tempo di tornare a indossare i suoi soliti panni di amica di infanzia mentre il principe sembrava già lontanissimo, mentre si affrettava a raggiungere, da efficiente investigatore, la scena, o meglio la vittima, del crimine a pochi passi da loro… Sapeva bene come sarebbe andata di lì in poi: lui sarebbe stato interamente assorbito dal caso e non avrebbe potuto più dedicarle attenzione… chiuso nel suo castello di cristallo, nel suo mondo impenetrabile fatto di incontri tra eminenze deduttive e duelli fra menti eccelse, dove non c’era posto per una comunissima pulzella, senza curiali doti né rango sociale, seppure con un grande cuore…  Per un attimo, contemplando i suoi sogni infranti, ebbe la tentazione di salire sulla zucca finché quella, per magica concessione, muoveva gli ultimi affannosi passi e tornare nella sua umile dimora, lontana da quel mondo che così tante volte, quella sera, l’aveva fatta sentire fuori posto. Ma poi rifletté che rifugiarsi a casa e attendere, inerme, l’aiuto salvifico di una fata madrina, come una perfetta Cenerentola, non faceva proprio per lei… Si era sempre sentita, piuttosto, una combattente, una moderna Mulan, pronta a indossare l’armatura e scendere in battaglia per aiutare chi amava! E così decise di fare quella sera. Se non poteva aiutare Shinichi nelle deduzioni, gli sarebbe almeno rimasta accanto per tutta l’indagine, fornendo il proprio sostegno a lui e a suo padre ogni qual volta e in ogni qual modo le sarebbe stato possibile. Così si apprestò a raggiungere il giovane detective, portandosi a breve distanza da lui.
Shinichi si era fatto largo tra gli ospiti, stretti intorno alla famiglia Okamoto e alla signorina Inoue che, visibilmente sconvolta e costernata dal misfatto, doveva ora difendersi anche dagli attacchi della futura suocera. Invano il buon Ryoichi tentava di mediare tra le due parti. Nel frattempo Kogoro aveva raggiunto i suoi clienti e neanche lui poté sottrarsi alle prepotenti accuse della altezzosa aristocratica…
“Signor Mouri, come ha potuto permettere che una cosa del genere accadesse proprio sotto i suoi occhi?” disse infervorata la signora Okamoto, afferrando e agitando con vigore l’elegante cravatta di Kogoro che, temendo di rovinare il vestito noleggiato e di soffocare per mano della sua energica assalitrice, si difendeva, come poteva, a mugugni.
“Ma cara, lascia stare il detective… Le luci erano spente, nessuno poteva far nulla…” disse indulgente il signor Okamoto, tentando di calmare l’impeto della furente moglie. 
“E poi chi è stato a dare disposizioni durante il black out? Quella non era certo la sua voce, detective Mouri!” continuò, incurante, l’arrembante padrona di casa.
“Beh ecco, veramente….” disse Kogoro non sapendo come giustificarsi davanti a quella cliente sui generis e maledicendo in cuor suo i Suzuki per averlo raccomandato per quell’incarico così scomodo sebbene così ben remunerato…
“Sono stato io” disse con decisione il giovane allievo di Holmes, emergendo dalla folla di curiosi che si erano radunati attorno alla vittima del furto.
“E lei chi sarebbe?” disse seccata e, allo stesso tempo, incuriosita la signora Okamoto.
“Sono Shinichi Kudo, un detective” rispose fiero il giovane.
“Un altro detective?” chiese sorpresa e molto irritata la signora Okamoto, “e chi l’ha invitata qui? Non ricordo di averla mai inclusa nella lista degli ospiti!”
“Sono stata io ad invitarlo”, irruppe la signorina Inoue, “per difendermi dall’aggressore e da questo ridicolo tentativo di incastrarmi!”
“Come ti permetti, piccola intrigante!” disse la signora Okamoto, furibonda e pronta a portare avanti una battaglia che si preannunciava interminabile.
“Signore, vi prego, non c’è alcun bisogno di litigare…” disse Kogoro conciliante, tentando di placare i toni.
“È vero,” disse Shinichi con calma e risolutezza, “le porte della sala sono sempre rimaste chiuse durante la festa, perciò il colpevole è qui tra noi. Cerchiamo piuttosto di ricostruire i fatti. Smascherarlo è solo una questione di tempo!” concluse sorridendo, pronto a confrontarsi con quel mistero e risolverlo.
Quelle parole rassicurarono i presenti e sedarono gli animi. Senz’altra esitazione si diede inizio alle indagini.
“Signorina Inoue,” incominciò Shinichi, “cosa può dirci riguardo il momento dell’aggressione?”
“Ecco io… non mi sono accorta di nulla,” rispose la giovane, “le luci sono andate via e di colpo e, quando sono tornate, mi sono resa conto di non avere più indosso la collana...”
“Ma quel collier ha una chiusura piuttosto complessa”, continuò Shinichi, “com’è possibile che l’aggressore sia riuscito a sganciarla al buio con così tanta disinvoltura da non farla accorgere di nulla?”
“Beh, non saprei… suppongo debba trattarsi di un ladro particolarmente esperto...” disse la Inoue.
“Ma certo, è chiaro!” disse Kogoro con aria sicura e trionfante. “So io perché il ladro non ha avuto nessuna difficoltà a sganciare la collana… Il colpevole è una persona che conosce il gioiello molto bene e che l’ha indossato a sua volta per anni…. Sto parlando di lei, signora Okamoto!” sentenziò puntando il dito contro l’incredula padrona di casa. Ran, che si era a sua volta fatta largo tra gli invitati per seguire più da vicino l’indagine, scosse, preoccupata, la testa alle parole del padre, interrogandosi sulle conseguenze cui avrebbe potuto portare l’ennesima strampalata accusa di Kogoro, diretta questa volta, addirittura, contro la loro stessa cliente…
“Ma come si permette signor Mouri?” disse furibonda la signora Okamoto, riprendendo Kogoro per la cravatta e stringendola ancor più forte di prima. Kogoro, allora, pentendosi presto di quella quanto mai imprudente insinuazione, fu quasi felice di essere contraddetto, quando Shinichi intervenne, salvandolo da un destino praticamente segnato: ”No, è impossibile che sia stata la signora Okamoto.”
“Davvero? E per quale motivo?” disse Kogoro respirando appena.
“Innanzitutto,” rispose Shinichi,  “parlando in quest’ottica, il signor Okamoto conosce la collana e il meccanismo di chiusura almeno quanto la moglie, poiché l’avrà aiutata numerose volte ad indossarla.”
“Bene allora è stato lui!” disse Kogoro sperando di liberarsi dalla morsa in cui la vigorosa signora lo imprigionava e incappando invece in una sua stretta ancora più energica.
“Ma nessuno dei due coniugi Okamoto può aver sfilato la collana alla signorina Inoue. Almeno non di persona…” proseguì Shinichi. “Il signore e la signora si trovavano infatti sul lato sinistro della sala al momento in cui le luci si sono spente. Perciò sarebbe stato per loro impossibile raggiungere al buio la signorina Inoue e il suo fidanzato, che stavano danzando sul lato destro della stanza.”
“E tu come fai a sapere dov’erano, moccioso?” disse Kogoro adirato poiché Shinichi gli stava meritatamente rubando la scena…
Osservare è il mio mestiere” disse Shinichi con risolutezza “e poi constatarlo non mi è stato difficile poiché anch’io mi trovavo sulla pista da ballo. Stavo danzando con sua figlia e seguendo gli spostamenti della signorina Inoue e degli altri sospetti.”
Un festante vocio di esaltazione si levò dalla folla. Tutti erano conquistati da quel così giovane e così brillante investigatore. Kogoro era verde di rabbia, non sapeva se gli scocciasse di più che quell’impertinente sbarbatello gli stesse, con tanta nonchalance, soffiando l’indagine, oppure la figlia…
Ran, invece, scossa da quell’ultima dichiarazione, si chiedeva se avrebbe dovuto essere contenta poiché Shinichi aveva ammesso davanti a tutti di aver ballato con lei, o infuriata perché aveva palesato di averlo fatto per vegliare sulla signorina Inoue…
Ma la signora Okamoto sapeva benissimo di che umore essere e si colorì del più grande entusiasmo verso quel giovane e acuto detective, sul quale, abbandonata la presa e le aspettative rivolte a Kogoro, concentrò tutte le sue speranze. L’intera famiglia Okamoto si strinse attorno a Shinichi.
 “Voglio darle fiducia!” disse la signora Okamoto, mutando, in uno diametralmente opposto, il suo iniziale giudizio su di lui, “vediamo se è davvero capace come le sue deduzioni promettono! Ha il mio consenso ad occuparsi del caso. Ma l’avverto, ha a disposizione una sola notte per fare luce su quanto è accaduto. Se il collier non sarà stato recuperato entro domattina, il furto sarà denunciato alla polizia ed io la citerò come personalmente responsabile, in quanto complice della signorina Inoue.” La folla accompagnò quell’affermazione con un certo clamore, mentre la signora Okamoto concluse con pungente risolutezza: “E’ pronto ad accettare la sfida?” 
Ran si affrettò a raggiungere  Shinichi e con grande apprensione tentò in ogni modo di dissuaderlo: “Non farlo, Shinichi! E’ una follia accettare queste condizioni! Se la collana non sarà ritrovata, denuncerà anche te  come responsabile del furto!” Ma il dado era ormai tratto, il guanto lanciato… e Shinichi si apprestò a raccoglierlo: “Mio padre mi ha insegnato, signora Okamoto, che non ci si tira mai indietro di fronte a una sfida. Accetto le sue condizioni, una notte sarà più che sufficiente per assicurare il colpevole alla giustizia e la collana ai suoi legittimi proprietari.”
“Benissimo!”, disse la signora Okamoto che, proprio come i convitati in sala, aveva iniziato a fare il tifo per quel promettente giovane ed era perciò, in cuor suo, contenta che egli avesse accettato la sfida e che si potesse ancora scongiurare l’intervento della polizia. Con una risoluzione tempestiva dell’incidente, infatti, si sarebbe potuto evitare che l’accaduto fosse reso pubblico l’indomani e il buon nome della famiglia messo a repentaglio.
“Signor Mouri!” tuonò d’improvviso la signora Okamoto, facendo sobbalzare il povero Kogoro, “voglio che lei controlli tutte le persone presenti in questa stanza, una ad una!”
“Ma signora,” protestò il detective, “non dirà sul serio! Questo è un lavoro da pivelli, mi lasci piuttosto condurre le indagini qui, esaminando la sala!”
“Può farlo più tardi, signor Mouri! Senza la polizia, non possiamo fidarci di nessun’altro che lei! Lei è l’unico che può condurre questa operazione con trasparenza. Può usare una delle stanze qui a fianco per ispezionare gli ospiti. Provvederemo noi stessi a spiegare l’accaduto e scusarci con loro a nome della famiglia per l’inconveniente.”
“Ma pur volendo, signora Okamoto,” disse Kogoro con fare seccato, cercando una scappatoia, “non potrei mai esaminare da solo tutte le persone che sono in questa stanza! Senza contare che un gentiluomo come me non può ispezionare le dame presenti in sala…” insinuò con un sorrisetto e un finto tono cavalleresco, “perché non lasciare questo compito ai suoi fidati uomini e a quel detective da due soldi?”
“Niente affatto, signor Mouri! Le guardie dovranno rimanere a sorveglianza delle porte e controllare che nessuno entri o esca dalla stanza senza previa autorizzazione,” disse la signora Okamoto, “ma può chiedere l’aiuto del nostro maggiordomo, il signor Sakai. Tutto il personale ha avuto diposizione di non coricarsi fino a mio preciso ordine, può perciò disporne come meglio crede. E per quanto riguarda le signore…”
“Posso pensarci io!” si fece avanti Ran con decisione.
“Lei? Ma non è nulla più che una ragazzina!” rispose la signora Okamoto con sufficienza.
“Ran ha la mia stessa età”, controbatté Shinichi, “ed ha avuto modo più volte di assistere a perquisizioni del genere da parte della polizia, perciò ne conosce perfettamente le dinamiche e le regole. Senza contare che è la figlia del Detective Mouri, perciò persona della massima affidabilità.”
“E sia dunque...” consentì la signora Okamoto. “Può avvalersi della collaborazione della nostra governante, la signora Mochizuki.”
“Grazie, signora!” rispose Ran, guardando entusiasta Shinichi, che le sorrise in segno di complicità.
“Io vado, ma tu… stai molto attento” gli sussurrò Ran prima di allontanarsi.
“Non preoccuparti…” disse Shinichi “ho già raccolto diversi pezzi del puzzle. Sono sicuro che entro questa notte riuscirò a risolvere il caso.”
“Anch’io ne sono sicura,” disse Ran strizzando un occhio e accomiatandosi dal suo Sherlock Holmes del terzo millennio con un sorriso incoraggiante. “Ci vediamo dopo!”
“A più tardi, Ran!” disse Shinichi, mentre fissava con sguardo inquisitorio le quattro guardie alla sua destra, meditando di ascoltare più tardi la loro testimonianza.
“Un momento di attenzione, mie diletti ospiti!” disse il signor Okamoto, chiamando a raccolta gli invitati. ”Come sapete, questa sera, in questa stanza, è scomparso un prestigioso collier appartenente alla famiglia da generazioni! Ci scusiamo umilmente per l’inconveniente, ma ci troviamo costretti a pregare ognuno di voi, signori e signore, di recarvi nella stanza accanto per un breve esame, necessario a provare la vostra estraneità ai fatti. Una sola persona alla volta dovrà abbandonare questa sala, quando il signor Sakai o la signora Mochizuki vi inviteranno a seguirli in una delle stanze qui accanto, ove vi attendono il detective Mouri e sua figlia. Alcuni di voi saranno inoltre chiamati in questa stessa sala a dare la propria preziosa testimonianza riguardo il momento del furto. Vi rinnoviamo il nostro rammarico per il disturbo arrecatovi e confidiamo nella vostra collaborazione, necessaria per assicurare il malfattore alla giustizia! A nome della famiglia Okamoto, grazie a tutti per la comprensione!”
Seguì un mormorio di malcontento, mentre gli invitati, spazientiti, iniziavano a formare due file, gli uomini da una parte, le donne dall’altra, desiderosi di abbandonare al più presto quella sala e quella che ormai non aveva più l’aria di una festa.
Shinichi esaminò con perizia tutti gli angoli della stanza e i possibili “nascondigli”, contenitori o zone d’ombra. Poi controllò le porte della sala, ma non trovò segni di scasso. Sotto le finestre della villa si snodava un dirupo molto scosceso. Era perciò impossibile per chiunque arrampicarsi. Inoltre, se le finestre fossero state aperte durante il black out, sarebbe stato possibile accorgersene dalle correnti d’aria.
 Il giovane detective interrogò subito i cinque sospetti che aveva osservato usare la mano sinistra durante il ricevimento, ma nessuno di loro si trovava abbastanza vicino alla signorina Inoue per compiere il furto al momento del black out. Tra loro, i parenti del futuro sposo rilasciarono deposizioni molto brevi, dichiarando quasi tutti di aver perso di vista la coppia non appena l’ultima danza era iniziata, mentre le amiche della sposa si limitarono a qualche irriverente commento sulle goffe doti da ballerino del povero Ryoichi, che non era mai riuscito a raggiungere il centro della pista, nonostante fosse il protagonista della festa.
Shinichi passò quindi a interrogare  tutte le coppie che si trovavano a breve distanza dai due promessi poco prima dell’aggressione, ma nessuno sembrava aver percepito in alcun modo la presenza dell’astuto ladro. Visto che la coppia di fidanzati aveva danzato per quasi tutto il tempo a bordo pista, cercando di non intralciare, con passi incerti, il perfetto tourbillon delle altre coppie, evidentemente il ladro aveva avuto discreto spazio per agire indisturbato. Il giovane Kudo chiamò quindi, una ad una, anche le guardie che, inizialmente titubanti, non erano propense all’idea di abbandonare il loro ruolo di guardiania per ordine di un liceale. Fu perciò necessario l’intervento del signor Okamoto, che dispose affinché si allontanassero, una alla volta, dalla loro posizione, dando precise istruzioni che le altre sorvegliassero, di volta in volta, anche la porta lasciata incustodita.
La guardia preposta  alla seconda porta fu particolarmente restia a raggiungere il divano dove Shinichi stava accogliendo gli ospiti per interrogarli. Si mosse con passo lento e incerto fino al lato opposto della stanza, dove il giovane detective si trovava, e quasi inciampò alla fine. “Ehi amico, tutto bene? Quella vecchia ferita alla coscia sinistra si risveglia dopo tanto tempo, eh?” gli chiese la prima guardia, che l’aiutò a rialzarsi, prima di tornare al suo posto dopo l’interrogatorio.
“Tutto bene, Kobayashi. Sarà questo tempo umido!” fece di rimando la seconda guardia, recuperando prontamente l’equilibrio.
“Si sieda pure, signor Tanoyuki” disse quindi Shinichi, una volta che questi l’ebbe raggiunto.
“Grazie, signore” rispose l’uomo.
“Mi spiace averla fatta affaticare” affermò Kudo con tono calmo.
“E’ il mio lavoro, signore. Non sarò il più svelto, ma sono il più tenace al bisogno.”
“Ne sono sicuro. Nel pomeriggio ho avuto modo di rivolgerle già qualche domanda e, se ricordo bene, lei è in servizio presso questa famiglia da ben 20 anni, non è così?”
“E’ così, signore.”
“Bene, cosa mi sa dire riguardo l’ora del furto? Ha percepito qualcuno o qualcosa di sospetto avvicinarsi alla sua porta?”
“Niente e nessuno, signore.”
“E alla signorina Inoue?”
“Niente e nessuno, signore…” e dopo una breve pausa si riprese “per quello che credo, signore. Dopo tutto, era buio…”
“Grazie per l’aiuto, può tornare alla sua postazione e, mi raccomando, faccia attenzione” concluse Shinichi.
“Grazie, signore. Al suo servizio, signore,” rispose Tanoyuki e, con la stessa andatura sbilenca, tornò, stavolta più svelto che poteva, al suo posto.
Shinichi l’accompagnò con lo sguardo e sorrise. Gli interrogatori erano conclusi e la sala era ormai occupata dai soli signori Okamoto e dalle imperturbabili guardie. Percependo l’atmosfera tensiva, i parenti più prossimi della famiglia, una volta esaminati, avevano chiesto e ottenuto di ritirarsi presso i loro alloggi, mentre gli ospiti, man mano che erano stati sottoposti a perquisizioni e interrogatori, avevano espresso i loro auguri più sinceri alla coppia (con una punta di malcelato disappunto per il trattamento subito) e avevano ormai quasi tutti lasciato la villa.
Proprio in quel momento, Ran e Kogoro facevano rientro, assieme al maggiordomo e alla governante,  dopo aver terminato le perquisizioni. Vista l’ora tarda, gli anziani domestici furono congedati, mentre ferveva l’attesa per i risultati dell’esame condotto.
“Allora, signor Mouri, non ci tenga sulle spine! L’avete trovata?” chiese agitata la signora Okamoto.
“Beh veramente… Nulla di nulla, nessuna traccia della collana tra i gentiluomini...” disse Kogoro imbarazzato, forzando un sorriso.
“E tu, Ran, che notizie porti?” chiese calmo Shinichi.
“Ecco, purtroppo… neanche noi abbiamo trovato nulla perquisendo le signore. Mi spiace!”
“Assolutamente inammissibile!!” sbottò la signora Okamoto “Cercate meglio! Deve esserci! Bisogna ricontrollare gli ospiti uno ad uno!”
“Ma questo non è possibile signora, gli ospiti ormai se ne saranno già andati…” disse Kogoro, sollevato in cuor suo che la volontà della sua cliente fosse questa volta davvero inattuabile.
“Andati? Come andati?!” sussultò l’energica signora, riprendendo Kogoro per il bavero.
Fu di nuovo necessario l’intervento del marito e, stavolta, non gli fu difficile mostrare alla bisbetica moglie l’impraticabilità delle sue richieste: “Cara, sii ragionevole. Abbiamo già arrecato fin troppo fastidio ai nostri ospiti ed è una fortuna che tutti siano stati così comprensivi da prestare la loro collaborazione. Nessuno si sottoporrebbe ad un secondo controllo, per giunta senza l’intervento di un’autorità competente.”
“Beh, non vi è che una soluzione allora! E’ stata quella incantatrice!” riprese con vigore la signora Okamoto. “L’ho sempre detto io! Oh povero figlio mio, raggirato da una ladra!” prese a lamentarsi la padrona di casa.
“Mamma, non ti permetto...” disse Ryoichi, che stava rientrando in quel momento, seguito a pochi passi da Natsumi.
“Le ricordo, signora,” intervenne  la promessa sposa, “che, a differenza vostra, noi siamo stati appena sottoposti a perquisizione.”
“E cosa avete trovato?” chiese la signora Okamoto a Ran e Kogoro.
“Nulla, neanche addosso alla signorina” rispose Ran.
“Nulla di nulla!” ripeté Kogoro seccato.
“Ahhhh i miei poveri nervi!” disse la signora Okamoto andando a sedersi su un divanetto. “Me l’hanno fatta! Me l’hanno fatta sotto il naso!” e scoppiò in un buffo e rumoroso pianto.
“Su cara, cerca di calmarti. Abbiamo ben due detective dalla nostra parte. Diamo loro fiducia,” disse, cercando di confortarla, il marito.
“Ah povera me…! Povero Ryoichi…!” continuava imperterrita la donna.
 Ma mentre la signora Okamoto singhiozzava, Kogoro intervenne rassicurante: “Non si disperi, signora Okamoto! Lasci fare a me! Col vostro permesso, signori, riprendo le indagini! Trovare quella collana sarà un gioco da ragazzi per lo sconosc… ehm per il qui presente e brillante detective Mouri! Esaminerò questa stanza palmo a palmo e la troverò!”
“Faccia pure, detective. Confidiamo in lei e nel suo giovane collega!” ripose fiducioso il signor Okamoto.
“Vi ricordo,” tuonò la bisbetica indomita, interrompendo per un momento i suoi singhiozzi, “che avete solo una notte per risolvere questo caso! Se la collana non salta fuori entro domattina, potete dire addio al vostro buon nome di detective e dovrete risponderne alla polizia…!” e si rituffò nei suoi lamenti.
Kogoro voleva provare a salvare almeno l’onore se non il cospicuo onorario che l’aveva spinto ad infilarsi in quell’annosa faccenda. Shinichi, al contrario, rischiava molto di più  e Ran lo sapeva, perciò non poteva fare a meno di preoccuparsi per lui e di offrire il suo aiuto in ogni qual modo le fosse stato possibile.
Mentre Kogoro si aggirava con fare circospetto per la stanza, analizzandone tutti i pertugi per rintracciare la collana alla sua particolare maniera, Shinichi chiese ai signori Okamoto il permesso di accedere al resto della villa. Ran si apprestò a raggiungerlo: “Ehi, dove stai andando, non vuoi provare ad unire le forze con papà per condurre le ricerche in sala?”
“No, vedi, ho già esaminato la sala, Ran… ora c’è un altro posto che voglio controllare.”
“Un altro posto?” fece eco Ran. “Ma non hai già controllato tutte le altre stanze prima della festa? Sei qui da questo pomeriggio come noi. E poi nessuno è più uscito dalla sala durante il ricevimento.”
“Beh sì, tutte le stanze tranne una… che prima della festa era inaccessibile.”
“Inaccessibile? E va bene, vengo con te allora!” propose Ran, curiosa e desiderosa di aiutarlo.
“Perché no, nella stanza di una ragazza, la logica femminile può essere molto utile” rispose Shinichi con fare determinato. E così si avviarono verso una delle più belle suite della villa.
“La stanza della signorina Inoue? È questa l’unica sala che non hai ancora ispezionato?” chiese Ran, entrando e guardandosi intorno, esterrefatta dallo sfarzoso ambiente.
“Proprio così” rispose Shinichi, precedendola ed iniziando un’oculata osservazione.
“Ma non è la tua cliente?” chiese Ran.
“Sì, ma voi donne ci mettete così tanto a prepararvi…” disse Shinichi ironico. “Mi hanno detto che era fuori discussione disturbare la signorina mentre si acconciava per il ricevimento.”
“Molto spiritoso Shinichi, davvero un cavaliere!” disse Ran, accennando una risatina ironica.
Mentre parlavano, Shinichi si soffermò ad osservare una foto della signorina Inoue in compagnia di Ryoichi, posta in una cornice su un prezioso mobile accanto al letto.
“Sono molto carini insieme, non trovi?” disse Ran, sopraggiungendo al suo fianco. “Secondo me si vogliono bene davvero…”
“Come fai a dirlo?” chiese Shinichi.
“Beh, prendi il ballo ad esempio… Lui non sembrava per niente convinto di danzare quel valzer…anzi, ha fatto molte proteste… Ma poi lei gli ha sorriso e l’ha guardato intensamente negli occhi, così lui si è convinto. Io credo che farebbe qualsiasi cosa per renderla felice… anche mettersi in imbarazzo davanti a tutta la famiglia…” a Ran scappò un sorriso.
Shinichi fu come folgorato da un’illuminazione e guardò improvvisamente la foto sotto una nuova luce.
“Sei un genio Ran, grazie davvero!” disse afferrandola, festante, per le spalle.          
“Io, io…prego…” mormorò la ragazza. Per un attimo si trovarono di nuovo nella posizione di qualche ora prima. In quell’istante, fissando Ran di nuovo dritta negli occhi, Shinichi capì che la ragazza aveva ragione: uno sguardo poteva rivelare i veri sentimenti di un cuore innamorato e, se l’avesse guardata un solo momento più a lungo, probabilmente si sarebbe tradito. Così lasciò di colpo la presa ed entrambi, imbarazzatissimi, si trovarono a guardare nella direzione opposta.
“H-Ho bisogno del tuo aiuto, Ran…” irruppe Shinichi, smorzando quell’imbarazzante silenzio.
“C-certo, dimmi pure,” rispose la ragazza, cercando di riprendersi rapidamente da quel turbinio di emozioni.
Entrambi si sforzarono di recuperare il sangue freddo e riprendere l’indagine.
“Beh, tu sei una ragazza, no? Mi serve il tuo aiuto per ragionare con una logica…femminile!” disse Shinichi, rovistando qua e là come a cercare qualcosa.
“O-ok, parla pure...” disse, titubante, Ran, chiedendosi in cuor suo che bisogno avesse Shinichi di cominciare ogni volta le sue richieste con quegli strani preamboli, facendole sciocche domande sul suo conto di cui già conosceva la risposta. E, come ogni volta, temette che a quegli stessi preamboli sarebbe potuta seguire una qualche situazione imbarazzante…
“Dov’è che una ragazza nasconderebbe qualcosa che non vorrebbe mai nessun altro trovasse?” chiese Shinichi senza mai interrompere la ricerca. “Considerando che le cameriere si recano qui regolarmente per pulire o mettere in ordine la stanza,” proseguì, “ o persino per aiutarla a vestirsi nel caso di una festa, non riesco a pensare ad un posto abbastanza sicuro.”
“Beh, un posto ci sarebbe” disse Ran arrossendo…
“E quale secondo te?” chiese Shinichi, più che mai indaffarato a setacciare i numerosi mobili e cassetti, pieni di accessori e capi d’abbigliamento femminile.
“Il cassetto della biancheria intima,” disse Ran, realizzando che stavolta l’imbarazzo si celava nella risposta, anziché nella domanda.
“Geniale! Persino le cameriere non farebbero problemi, se tenute a debita distanza da un posto simile, adducendo una scusa adeguata. Ran, sei stata preziosissima, ora aiutami a trovarlo, presto!”
Ran aprì l’ultimo dei cinque cassetti di un’antica a pregiata cassettiera: era quello giusto.
“Visto? Al primo tentativo!” disse Ran pavoneggiandosi un po’, consapevole di far arrabbiare l’orgoglioso detective.
“La tua proverbiale fortuna!” si limitò a commentare, con un pizzico d’invidia, Shinichi… ed entrambi si tuffarono alla ricerca dell’oggetto del mistero. Poi il giovane detective si fermò di colpo, imbarazzato: non era proprio da lui frugare in un guardaroba così personale… “Continua tu, Ran…per favore…”
“Ok!” rispose Ran ridacchiando e pensando che in fin dei conti Shinichi era un vero cavaliere. “Spiegami però che cosa devo cercare…”
“Una foto!” rispose Shinichi.
“Una foto? Ah, forse l’ho trovata!” disse Ran estraendo la sottile pellicola dal cassetto. “Ma dimmi, come facevi a sapere che da qualche parte c’era una foto nascosta?”
“Semplice, vedi la cornice lì sopra, quella che stavamo osservando prima? Ha un formato diverso rispetto alla foto che contiene, che, come si evince dai bordi dell’immagine, è stata ritagliata in maniera innaturale per potervi entrare. In un ambiente così lussuoso, dove il denaro certamente non manca, non ha senso mantenere una vecchia cornice, se inadatta per una foto. Perciò ho dedotto che la cornice avesse un valore affettivo, che magari la signorina Inoue l’avesse portata dal suo paese… e poiché non ha senso portare una cornice vuota…”
“La vera foto doveva essere qui da qualche parte!” rispose Ran, chiudendo il cerchio. “Ma perché credi che avesse bisogno di nasconderla? Questa foto…” disse Ran osservandola “raffigura un semplice bambino con un braccio bendato…”
“Perché insieme alla cornice e alla foto,” rispose Shinichi, “la signorina Inoue ha portato con sé un grosso segreto dal suo luogo natio… e probabilmente un triste fardello. Ora cerca di raggiungere il fondo del cassetto con le dita, Ran… e dimmi se il fondo combacia perfettamente con i lati.”
Ran fece come le era stato chiesto, piena di curiosità per il mistero che quel cassetto celava: “Un doppio fondo!” esclamò.


Investigation chapter secondo il classico stile conaniano, senza rinunciare ad un tocco di romanticismo.
A questo punto avete tutti gli indizi necessari, siete riusciti a risolvere il mistero? ^_^ La soluzione nel prossimo capitolo, in arrivo a breve!


- redpen

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo terzo. ***




Capitolo terzo.
“Benissimo, ora prova a sollevare il falso fondo, Ran!” disse Shinichi, euforico.
Ran estrasse la tavola di legno e con essa il contenuto del cassetto. Al di sotto si trovavano diverse lettere.
“Perfetto. E’ tutto quello che ci serve. Possiamo andare!”
“Andare dove?” chiese confusa Ran, che avrebbe voluto aggiungere a quella altre mille domande.
“A risolvere il caso! Ma probabilmente avrò ancora bisogno del tuo aiuto…”
Ran si accese di entusiasmo: “Certo, puoi contare su di me! Ma la collana?”
“Fai come ti dico e verrà fuori da sola” disse Shinichi, mormorando qualcosa all’orecchio della ragazza.
“Ora assicurati che tutta la famiglia sia ancora nella sala e che le guardie non facciano uscire nessuno. Io vi raggiungerò tra poco,” concluse il giovane detective.
“D’accordo!” Ran corse verso la sala del ricevimento, felice che Shinichi avesse in mano la soluzione del caso e che lei fosse riuscita, a suo modo, ad aiutarlo a trovarla, decisa ora a dare il suo contributo anche per smascherare il colpevole.
A pochi passi dal grande salone, Ran poteva già udire distintamente le voci di suo padre e della signora Okamoto rincorrersi in un sonoro contrappunto. Di sicuro questo non prometteva nulla di buono.
Mentre le guardie la facevano rientrare, ebbe conferma che nessuno si era mosso dalla stanza in loro assenza e riferì ai quattro uomini posti a custodia delle porte il messaggio di Shinichi di assicurarsi che nessuno uscisse fino al suo arrivo.
Quando fu dentro, trovò, come aveva immaginato, il detective Mouri e la padrona di casa immersi nell’ennesima baruffa della serata, perciò non le fu facile riuscire a richiamare l’attenzione dei presenti per informare anche loro che il suo amico detective li avrebbe raggiunti di lì a poco. Dopo la breve tregua, la battaglia riprese.
 “Avanti lo confessi, lei e suo marito siete gli unici a non esservi sottoposti a perquisizione! Avevo ragione sin dall’inizio, i colpevoli siete voi!” disse Kogoro incalzante.
“Come si permette di lanciare accuse infondate solo perché non è riuscito a scoprire il vero colpevole?! Pensi piuttosto a trovare la collana! Non aveva forse detto che sarebbe stato un gioco da ragazzi per lei?” controbatté la signora Okamoto.
“Le dico che ho cercato dappertutto, signora. Qui la collana non c’è!” rispose convinto Kogoro.
“E io le dico di cercare meglio, detective Mouri! La collana non può essersi volatilizzata nel nulla!” rilanciò energica la padrona di casa.
“Ha perfettamente ragione, signora Okamoto” irruppe Shinichi, entrando nella stanza. “La collana non può essere sparita, perciò noi la troveremo.”
“Cosa dici, marmocchio?” intervenne Kogoro più stizzito che mai. “Se ho cercato in ogni…”
“Non si preoccupi, detective Mouri, stavolta l’aiuterò anch’io!” rispose affabile Shinichi. “Signori”, continuò rivolgendosi ai coniugi Okamoto e alla giovane coppia, “abbiamo abusato fin troppo della vostra pazienza. Mancano pochi minuti alle 3.00 perciò non voglio trattenervi oltre, nel cuore della notte. Sarete molto stanchi e la signorina Inoue sarà molto turbata da questa serata così movimentata, perciò è giusto che andiate a riposare nei vostri alloggi.”
“E va bene, ma badate: se la collana non salterà fuori, all’alba informerò la polizia del furto!”  fece, minacciosa, la signora Okamoto.
 “Non temete, io e il detective Mouri continueremo le indagini per tutta la notte, se necessario. Sarà sufficiente che lasciate a nostra disposizione le quattro guardie per aiutarci nelle ricerche” disse Shinichi.
Kogoro sbiancò a quelle parole: “Tutta…tutta la notte?” farfugliò incredulo.
“I miei uomini sono ben addestrati e potrete disporne come meglio credete” disse il signor Okamoto. “Se servirà a ritrovare il prezioso collier di famiglia, saranno disposti ad accompagnarvi anche fino all’arrivo della polizia, senza lasciarvi un attimo.”
“La ringrazio signor Okamoto” disse Shinichi. “E’ quello che speravo. Scusateci,” continuò poi rivolgendosi alle guardie, “se vi costringiamo a rinunciare al sonno ma, voi capite, non vogliamo lasciare nulla di intentato finché la signora Okamoto non avrà contattato la polizia.”
“Ed ora signori,” concluse il giovane, tornando ai padroni di casa e ai futuri sposi, “prima di congedarvi, e a beneficio delle indagini, vi chiedo solo un’ultima collaborazione.”
“Di cosa si tratta?” chiese il signor Okamoto.
“Ecco, vi chiedo,” continuò Shinichi, “di ricostruire gli ultimi attimi precedenti al furto. Così da localizzare e meglio indirizzare le nostre ricerche. Non ci vorrà che qualche minuto.”
“Mi sembra un’ottima idea! Procediamo immediatamente!” esclamò la signora Okamoto.
“Dunque,” iniziò Shinichi, “sul lato sinistro della sala erano allineati i tavoli che ospitavano il buffet. Lungo il lato destro sono sempre state posizionate le quattro guardie della famiglia, ciascuna posta a sorveglianza di una delle porte. Mentre al centro della sala, proprio in corrispondenza del palco che ospitava il quartetto d’archi, un vasto spazio era stato adibito a “pista da ballo” durante il ricevimento ed occupato, di volta in volta, dalle coppie danzanti. Bene, voi, signori Okamoto, così come la signorina Inoue e il suo promesso, sostavate qui, accanto ai tavoli del buffet prima dell’ultimo valzer. Non è così?” chiese accompagnando verso il luogo menzionato le due coppie, che annuirono alla sua domanda.
“Dopodiché, quando il maestro di sala ha proclamato l’ultima danza, i signori Okamoto si sono avvicinati al centro della stanza per assistervi da spettatori, rimanendo sul bordo sinistro della pista. Lei invece, signorina Inoue, ha attraversato tutta la pista assieme al suo fidanzato, recandosi dalla parte opposta, sul bordo destro. E’ corretto?” così facendo dava istruzioni alle coppie, che in breve assunsero le nuove posizioni.
“Beh…sì.” rispose la signorina Inoue.
“Come mai, signorina, vi siete recati dalla parte opposta della pista per ballare? Pur volendo scegliere una zona periferica della pista, sarebbe stato più facile per voi danzare lungo il lato sinistro, considerando la vostra posizione precedente…”
“Sono stato io a volerlo…” irruppe Ryoichi Okamoto. “Vede, sono molto scarso nel ballo, perciò ho voluto allontanarmi dal lato sinistro della sala, che era più affollato per via del banchetto e portarmi invece sul lato destro, che era praticamente sgombro e dove era più facile muoversi, anche in maniera impacciata, senza ostacoli.” La signorina Inoue, particolarmente contrariata da quell’ultima affermazione del fidanzato, gli lanciò un’occhiataccia….
“Capisco,” disse Shinichi sorridendo. “Ora vorrei chiedervi se vi ricordate di preciso il punto dove è avvenuta l’aggressione. Questo è molto importante per le nostre indagini. So che era buio e non è facile ritrovare il punto esatto, perciò vi consiglio di ricostruire come meglio potete il percorso che avete tracciato, danzando, sulla pista. Sono sicuro che così sarà più facile rivivere quel momento…”
“Ma io, veramente…” disse titubante Ryoichi, visibilmente a disagio.
“Non preoccuparti, lascia fare a me…ti guiderò io!” disse sorridente la signorina Inoue, strizzando un occhio.
E così i due giovani presero a danzare e, volteggiando sulla “pista” riportarono in scena i momenti vissuti qualche ora prima.
 Ran osservava la coppia e di tanto in tanto sbirciava il comportamento del suo Holmes. “Furbo, molto furbo, signor detective!” pensò  con sorriso pungente, volgendo lo sguardo a Shinichi che, accanto a Kogoro, rimirava scrupolosamente la scena e scribacchiava su un taccuino. “Con la scusa di prendere appunti, non ha voluto partecipare alla ricostruzione dai fatti e così ha evitato di invitarmi di nuovo a ballare…” pensò aggrottando la fronte per poi tornare ad ammirare la giovane coppia danzante.
“Strano…” pensò poi  Ran, guardando i due, “non ricordo si fossero avvicinati così tanto al palchetto dei musicisti durante la festa…  Se non ricordo male, anzi, per seguirli, siamo rimasti abbastanza distanti dalla musica e più vicini alle uscite… Ma forse mi sbaglio… dopotutto in quel momento non ero così attenta…” e carezzando di nuovo quegli istanti con la mente, i suoi occhi si chiusero e le sue gote si riaccesero di rosso… Proprio in quel momento le luci si spensero di nuovo, come nell’ora x.
“Che succede?!” si allarmò la signora Okamoto. La ricetrasmittente di suo marito squillò e così il primo rintocco del grande pendolo, che suonava le tre.
Il signor Okamoto rispose alla chiamata dei suoi uomini che si trovavano all’esterno della sala e tutti poterono udire l’inquietante allarme: “Signore, la collana! Un uomo sospetto si sta dirigendo verso l’uscita della villa e ha con sé la collana!”
“Presto, seguitelo, non fatevelo scappare per nessun motivo!” tuonò in risposta il signor Okamoto. “E voi, cosa aspettate?”  disse alle guardie all’interno della sala, “uscite di qui e correte ad inseguire quel malvivente!”
“Sì signore!” fecero in coro le guardie, precipitandosi fuori dalla sala per unirsi all’inseguimento.
Ma mentre il grande pendolo suonava il suo terzo rintocco, le luci si riaccesero.
Quando il sontuoso lampadario di cristallo tornò a rischiarare la sala, tutti gli astanti si resero conto che anche le tenebre che avvolgevano il mistero di quella notte stavano cominciando a diradarsi…
I presenti immediatamente rivolsero lo sguardo verso le uscite della sala, che erano state lasciate incustodite dagli uomini di Okamoto, come da suo ordine… ma grande fu la sorpresa quando si resero conto che uno di loro si trovava invece al centro della stanza - accanto alla signorina Inoue e al suo fidanzato - con sguardo attonito e un fare più che mai sospetto.
“Cosa ci fa lì, signor Tanoyuki?” chiese il signor Okamoto.
“Ecco io…pensavo sarei stato più utile qui a proteggere la signorina e il signorino, signore,” disse con voce rotta la guardia.
“Allora risponda a quest’altra domanda, signor Tanoyuki,” disse Shinichi con tono fermo. “Come mai la gamba destra dei suoi pantaloni è risvoltata?”
“Beh ecco io…” la guardia non finì di parlare che si gettò in una folle corsa verso le uscite. Ma lì trovò ad aspettarlo qualcosa che proprio non aveva previsto…
“Ran, è il momento, presto!” gridò Shinichi alla ragazza che si era già preparata a difendere le quattro uscite, assumendo la sua posizione da combattimento. Invano il baldo Tanoyuki tentò di aggirarla… la ragazza lo immobilizzò afferrandolo per un braccio e in men che non si dica lo sollevò in aria, pronta ad atterrarlo con un colpo finale… ma mentre l’omone veniva spinto verso terra, tentò  come poté di aggrapparsi ad un appiglio per recuperare l’equilibrio e, cadendo, afferrò il monile al collo di Ran… La ragazza riuscì comunque a stendere l’uomo sul pavimento, con decisione e delicatezza, così come Shinichi si era raccomandato in precedenza. Ma il filo della sua collana si era irrimediabilmente spezzato, liberando le quarantotto candide perle, che corsero, inafferrabili, per tutta la stanza. Shinichi e Kogoro sobbalzarono alla vista di quello spettacolo. Sapevano quanto quello sfortunato evento potesse aver sconvolto il cuore di Ran in quel momento.
Ran, impietrita, trattenne con sforzo le ardenti lacrime che stavano invadendo i suoi occhi zaffiro e, con esse,  il braccio del criminale. Sapeva che qualsiasi questione personale passava in secondo piano nel momento in cui un crimine veniva commesso e che il malfattore doveva essere assicurato alla giustizia. Sapeva che la giustizia, quella penale, veniva prima di quella personale. Così come sapeva che, per vivere accanto a due detective nella sua vita, avrebbe dovuto accettare e fare sua quella regola, rischiando di perdere, ogni giorno, qualcosa di importante, per guadagnare il diritto di star loro vicino nel momento del bisogno.
Mulan non aveva forse rinunciato alla sua collana, al suo fermaglio, ai suoi abiti eleganti e ai suoi lunghi capelli? Ma grande era stata la soddisfazione di poter combattere per suo padre e al fianco del suo capitano Li Shang.
Così pensò e, vedendo a terra una delle perle dell’amata collana di Eri, si chinò a raccoglierla e, stringendola, si disse: “Resisti, non è ancora finita!”, riponendo con essa le lacrime che avrebbe voluto versare.
“Sono stata…abbastanza delicata?” disse guardando Shinichi e asciugandosi rapidamente gli occhi, sforzandosi con risolutezza di sorridere.
Shinichi la guardò con dolcezza e ammirazione. Sapeva cosa significava quel gesto. Sapeva quanto a Ran fosse costato scegliere di rimanere al suo fianco in quell’indagine e si sentì colpevole di quel sacrificio, tanto quanto fortunato di aver potuto contare su di lei. Tenerla vicino a sé significava esporla costantemente al pericolo e di questo non riusciva a perdonarsi. Meditando di voler rimediare e farsi perdonare in qualche modo, mise momentaneamente da parte i suoi pensieri, per recuperare la lucidità necessaria a portare a termine l’indagine.
“Sei stata perfetta Ran, ti ringrazio!” disse strizzando l’occhio alla ragazza, che ricambiò con il suo dolce sorriso.
“E ora veniamo a noi, signor Tanoyuki” continuò Shinichi. “Mi deve una risposta, se non sbaglio… perché i suoi pantaloni sono così sgualciti e risvoltati malamente sulla sua gamba destra?”
La guardia lo fissò con sguardo intenso e bocca cucita. Non avrebbe detto una parola.
“Forse posso aiutarla io a rispondere…” proseguì sicuro Shinichi, “forse è perché questa volta tre soli rintocchi non le sono bastati per portare a termine il suo intento… e perché la signorina era molto più distante da lei, rispetto a tre ore fa? Perciò una volta raggiuntala, non ha potuto recuperare la sua posizione!”
“Ma cosa…cosa intende, detective?” disse il signor Okamoto, confuso e preoccupato.
“C’è un motivo ben preciso se il signor Tanoyuki non si è precipitato a fermare il ladro in fuga e a recuperare la collana come gli è stato ordinato di fare” proclamò Shinichi “…e il motivo è che sapeva che la collana era al sicuro e che al di fuori della stanza non c’era nessun ladro… Non è per la sua vecchia ferita alla coscia sinistra che il suo passo è così claudicante, vero, signor Tanoyuki?” Ma ancora una volta Shinichi non ottenne risposta, perciò riprese: “Se camminava in maniera così innaturale era per proteggere qualcosa di estremamente prezioso ed estremamente fastidioso… Ran, solleva il risvolto del pantalone del signor Tanoyuki fino al ginocchio e scopri pure la sua gamba destra…”
Vincendo un’estrema, flebile resistenza della guardia, che aveva ormai accettato una sorte inevitabile, Ran mostrò alla vista degli ospiti la gamba destra del  signor Tanoyuki: attorno al polpaccio si attorcigliava il prezioso collier di diamanti, assicurato con più giri alla gamba dell’uomo e chiuso con la sua preziosa sicura.
Seguì un mormorio di sorpresa da parte dei presenti.
“Come ha potuto, signor Tanoyuki? Noi ci fidavamo ciecamente di lei!” esclamò, attonito, il signor Okamoto.
L’uomo mantenne il suo imperturbabile silenzio, assumendo un’espressione colpevole e costernata.
“Un piano praticamente perfetto” notò Shinichi. “Chi perquisirebbe mai una guardia? Tanto più una delle migliori e delle più fidate della famiglia, con vent’anni di onorato servizio alle spalle.”
“Mascalzone, dunque per tutti questi anni ha cospirato alle nostre spalle, aspettando il momento giusto per tradirci?” disse addolorata e infuriata la signora Okamoto, afferrando e agitando il bavero dell’inerme e sconsolato omone, che non faceva nulla per difendersi.
“E cosa voleva fare ora che la luce è andata via di nuovo? Rubare altri gioielli, rapire la ragazza?” continuò sempre più incalzante l’energica signora. “Me lo dica, avanti, traditore!”
“Ora basta!” intervenne il timido Ryoichi.
“Finalmente, contavo sul suo intervento” disse Shinichi, rivolgendosi al giovane. “E confidavo che il suo buon cuore non avrebbe permesso il sacrificio di un fedele servitore della famiglia.”
“Fedele? Sacrificio?” ripeté frastornata la signora Okamoto, lasciando la presa del colletto dell’uomo.
“Vuole rispondere lei, Ryoichi, alla domanda della signora?”
“E va bene! Doveva dare a me la collana! Sono io che gli ho chiesto di rubarla!” dichiarò il giovane rampollo con tutta la voce che aveva.
“No, Ryoichi!” esclamò Natsumi.
“Non è vero, non può essere vero!” disse incredula la signora Okamoto.
“E invece è così, ci sono le prove. Sono stato io a scrivere il biglietto, controllate pure!” affermò il giovane.
“Ma com’è possibile? Abbiamo letto quel foglio decine di volte, quella non è la tua scrittura!” osservò il padre.
“E’ invece è così, ho scritto il messaggio con la mano sinistra, sperando che non mi riconosceste…”
“Non dire sciocchezze, sono tua madre e riconoscerei la tua scrittura tra mille! Ricordo quando scrivevi con la sinistra e la tua grafia era totalmente diversa. Me ne sarei accorta subito se fosse stata la tua!”
“Suo figlio dice la verità, signora Okamoto,” intervenne Shinichi. “Quel biglietto è stato scritto da lui. Il motivo per cui la grafia mi sembrava incerta e tremolante non era, come credevo inizialmente, che l’autore volesse camuffarla per depistare le indagini. La grafia era incerta per natura poiché suo figlio, che ha studiato nei più rigidi collegi europei, sebbene inizialmente mancino, era stato diseducato, su consiglio del suo precettore, ad usare la mano sinistra e rieducato a scrivere con la destra. Secondo la mentalità di alcuni, ormai poco diffusa al giorno d’oggi, era infatti preferibile che i bambini scrivessero con la mano destra. Così Ryoichi, abituato, sotto imposizione, ad usare la mano destra per scrivere, nel tempo ha perso la sua dimestichezza nell’utilizzare la sinistra e, sebbene sia ancora in grado di farlo, la sua scrittura risulta ora del tutto diversa e molto più incerta, rispetto a quando era bambino.”
“E’ tutto vero,” confermò il giovane Okamoto.
“Ma come hai fatto a far saltare la luce se eri qui con noi?” chiese il padre.
“Mi sono accordato con le guardie più vicine al contatore. Ho dato loro istruzioni di far saltare la luce allo scoccare della mezzanotte e ripristinarla al dodicesimo rintocco dell’orologio. Sono sempre rimasto nei pressi delle uscite durante quell’ultimo ballo e qualche attimo prima della mezzanotte ho portato Natsumi il più vicino possibile al signor Tanoyuki e al momento giusto le ho tolto la collana. Il piano era di affidare il collier a lui, temporaneamente, per sfuggire alla perquisizione, perché me lo restituisse non appena possibile. Ma il signor Tanoyuki non c’entra nulla in questa storia, credetemi! Sono io che l’ho coinvolto ingiustamente e gli ho chiesto di mantenere il silenzio a qualunque costo!”
“Signorino…” mormorò Tanoyuki, rompendo il suo silenzio.
“Perciò sei stato tu a provocare il secondo black out? Serviva per farti restituire la collana dopo la perquisizione?” chiese il signor Okamoto mentre tentava di rianimare la moglie, che invocava, sconvolta, i suoi sali.
“No, questo no… non era affatto previsto un secondo black out!” esclamò Ryoichi.
“Sicuramente,” intervenne Shinichi , “il signor Tanoyuki si era allarmato dopo che gli ho volutamente fatto credere che l’avrei trattenuto assieme alle altre guardie fino all’arrivo della polizia, perciò ha pensato bene di sfruttare quell’imprevisto secondo black out per riconsegnare la collana nelle mani di Ryoichi, in modo che potesse disporne a dovere prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Ma non è stato Ryoichi ad organizzare questo secondo black out. Lo testimonia il fatto che la giovane coppia stava di proposito danzando lontano dalle uscite dove le guardie si trovavano, a differenza di quanto fatto la prima volta che le luci sono andate via, e questo per depistare deliberatamente le indagini, facendo credere che la presunta aggressione fosse avvenuta in un punto del tutto diverso della sala, e scongiurando che qualsiasi sospetto o ricerca ricadesse sul signor Tanoyuki.”
“Chi è stato allora a provocare il secondo black out?” chiese confuso il signor Okamoto.
“Sono stato io a chiedere alle guardie vicine al contatore elettrico di simulare un secondo black out,” rispose sorridente Shinichi. “Non è stato facile convincerle a diramare un falso allarme al signor Okamoto, ma si sono prestate al gioco quando ho fatto capire loro che conoscevo il segreto che si celava dietro il primo black out. Ho dato loro istruzioni di far saltare la luce alle tre in punto, ma stavolta per il tempo di soli tre rintocchi. Il signor Tanoyuki si è comportato come avevo previsto, ma non siamo stati del tutto fortunati poiché evidentemente non aveva ancora abbastanza confidenza con la chiusura di quella collana – nonostante le varie prove che avranno sicuramente fatto in precedenza – e così, quando le luci sono tornate, non aveva ancora fatto in tempo a restituirla al vero colpevole, togliendoci il privilegio di coglierlo in flagrante.”
“Il vero colpevole? Che cosa intende?” si rianimò la signora Okamoto.
“Che a condurre la danza, così come il piano, non è stato Ryoichi….” Seguì qualche attimo di silenzio, poi Shinichi proseguì: “Non dice nulla, signorina Inoue?”
Tutti guardarono verso la giovane Natsumi, che sgranò gli occhi ma non disse nulla.
“Non ha niente da dire,” riprese Shinichi, “neanche se le mostro questa?” e così dicendo esibì la foto che lui e Ran avevano trovato nella stanza della ragazza. “Conosce questo ragazzino, è vero?”
Natsumi ebbe un sussulto ma proseguì con fermezza: “Certo, è mio fratello e con questo?”
“Potrebbe dirmi come mai ha un braccio fasciato e perché lei nasconde questa foto tanto gelosamente?”
“Si è fatto male cadendo da cavallo e non capisco dove voglia arrivare…. Questa questione non ha nulla a vedere con il caso.”
“Signorina Inoue, non farebbe meglio a dire la verità, ora che il suo piano è fallito?”
“Non so di cosa stia parlando…” rispose Natsumi, sempre più titubante e nervosa.
“D’accordo, allora,” proseguì Shinichi, “non mi lascia altra scelta che ricorrere a queste.” E così dicendo estrasse dalla giacca il pacchetto di lettere trovato nel doppio fondo del cassetto.
“No, nooooo!” fece Natsumi , lanciandosi verso le missive per tentare di strapparle dalle mani del detective. “Chi le ha dato il diritto di tirarle fuori?!”
“E’ stata lei, signorina, ingaggiandomi, ad affidarmi non solo il diritto, ma anche il dovere di far emergere la verità,” rispose con fermezza Shinichi. Stremata dal vano tentativo e sopraffatta da un pianto liberatorio, Natsumi si abbandonò a terra, nascondendo il viso tra le mani.
“Signorina” disse con tono calmo Shinichi, chinandosi verso di lei “non ho alcuna intenzione di leggerle, posso immaginare il valore affettivo che hanno per lei. Perché non racconta lei stessa la sua storia? Queste persone meritano la verità e sono sicuro che sapranno capirla…”
“E va bene…” disse la Inoue con un sorriso amaro. Ryoichi intanto l’aveva raggiunta e l’aiutava a rialzarsi. “Io e Ryoichi vi racconteremo tutto dal principio,” disse guardando dolcemente il fidanzato, che ricambiò con un’incoraggiante occhiata di intesa.
“Innanzitutto,” cominciò Natsumi, “voglio dirvi che io amo profondamente vostro figlio…” disse asciugandosi le lacrime e rivolgendosi, sorridendo dolcemente, ai signori Okamoto. “Mi addolora aver arrecato tanto disturbo a questa famiglia, poiché i miei sentimenti verso di lui sono sempre stati sinceri e, quando partii alla volta della villa, ormai un anno fa, desideravo con tutto il cuore conquistare e meritare il vostro affetto. Vedete, quando io e Ryoichi ci siamo conosciuti, al suo arrivo nella piccola comunità dove vivevo, non conoscevo affatto le sue origini né la sua condizione economica. Lo scambiai per un vostro dipendente, inviato per sovrintendere ai lavori da effettuare nella vostra villa di campagna. Vestiva sempre in maniera molto semplice, mai ostentata, e aveva dei modi così affabili e cordiali… Il nostro incontro è stato del tutto fortuito, ma ho sempre creduto che fosse voluto dal destino…
Vedete, un giorno il mio fratellino, di appena dodici anni, giocando con un gattino presso un edificio abbandonato e seguendolo per caso attraverso il vetro rotto di una delle finestre, aveva scoperto un magnifico pianoforte a coda, impolverato e in disuso. Toshio ha sempre dimostrato un amore smisurato per il piano. Aveva iniziato per caso, suonando il vecchio pianoforte della sua scuola, e i miei genitori, commossi dalla sua passione, avevano iniziato a pagargli qualche lezione. Purtroppo però la mia famiglia, come sapete, non versa in buone condizioni economiche e così, dopo pochi incontri, siamo stati costretti ad interrompere le sue lezioni, anche perché,  non potendo permetterci uno strumento del genere, il piccolo Toshio non poteva mai esercitarsi per i suoi studi. Potete dunque ben immaginare la sua gioia quando scoprì per caso quel vecchio piano abbandonato, che gli permetteva di riprendere a coltivare la sua passione. Per diversi mesi si esercitò ogni giorno, credendo di non fare torto a nessuno, poiché la villa era disabitata da tempo. Fu all’arrivo di vostro figlio, che immaginavamo un vostro sovrintendente, che scoprimmo che quella villa era di vostra proprietà e che sarebbe stata ristrutturata di lì a poco. Persuasi Toshio a smettere immediatamente di utilizzare quel pianoforte poiché i proprietari non avrebbero mai acconsentito ad una simile violazione, ma lui mi chiese di poter suonare quello strumento un’ultima volta e di accompagnarlo per poter ascoltare quella sua ultima esibizione. Sapendo quanto fosse importante per lui, non ebbi cuore di negargli quel desiderio, così ci recammo alla villa e, mentre si introduceva nella casa dalla finestrella, io rimasi fuori ad ascoltarlo. Quando iniziò a sfiorare i tasti, però, fui sorpresa dall’arrivo di un uomo, venuto per un sopralluogo della villa da ristrutturare. Temetti per mio fratello, credetti che l’avrebbe sgridato e cacciato via in malo modo, così proferii le mie scuse più sentite. Ma lui mi chiese chi fosse a suonare una melodia tanto angelica e, quando gli risposi che era mio fratello, si complimentò con me e rimase in silenzio ad ascoltare fino all’ultima nota. Quando mio fratello uscì, spaventandosi e implorando di essere perdonato, promise di non ripetere mai più simili infrazioni, ma Ryoichi disse: ‘Sei così bravo, piccolo, sono sicuro che diventerai un grande pianista! Mi spiace che le ristrutturazioni non ti permetteranno più di suonare qui per qualche tempo. Che ne dici di tornare quando i lavori saranno finiti? Mi farebbe molto piacere ascoltarti ancora.’
Toshio si gettò al collo di Ryoichi dalla commozione. Non so descrivervi la felicità che pervase il cuore di mio fratello né la gratitudine che pervaso il mio… che, da quel giorno, appartenne per sempre a vostro figlio. Di lì a poco iniziammo a frequentarci, trascorrevamo molto tempo insieme e i nostri giorni scorrevano felici, ma poi…” Natsumi si interruppe e riprese a singhiozzare a quelle parole. Ryoichi le mise una mano sulla spalla e intervenne: “è giusto che continui io, tutto ciò che è avvenuto dopo è interamente sotto la mia responsabilità.” Quindi continuò: “Come d’accordo, una volta arrivato, mi occupai delle ristrutturazioni della nostra villa. Conobbi dei giovani del posto che sembravano assai bisognosi di un lavoro. Si dimostrarono molto cordiali e mi fecero un prezzo di favore, promettendomi che in un mese la casa sarebbe stata pronta. Così decisi di affidare l’incarico a loro. Ogni giorno mi recavo sul posto e li trovavo all’esterno della villa, affaccendati in qualche lavoro di manutenzione o di verniciatura, ma difficilmente lasciavano che entrassi a seguire i progressi fatti all’interno, paventandomi il pericolo di eventuali crolli, mentre la casa era nel pieno della ristrutturazione e quindi inagibile. Inizialmente versai loro un anticipo, come d’accordo, e la somma necessaria all’acquisto dei materiali. Alla fine del mese pattuito avrebbero dovuto incassare il saldo della cifra rimanente. Nell’ultima settimana cominciai a nutrire dei dubbi sulla loro condotta quantomeno sospetta, dal momento che non lasciavano ancora che vedessi l’interno, nonostante i lavori volgessero al termine e la villa dovesse essere, di conseguenza, ormai agibile. Così tre giorni prima della fine dei lavori, attesi che facesse buio e che tutti gli operai fossero andati via e mi recai a visitare la villa da solo. Potete immaginare il mio sgomento quando mi decisi ad entrare. Tutti gli oggetti preziosi, tutti i mobili di un qualche valore erano stati portati via. Le poche riparazioni iniziate erano state eseguite nel peggiore dei modi, a volte aggravando il danno, e la casa era, nel complesso, più pericolante di prima. Mi recai infine nella stanza del pianoforte, per vedere se almeno quella fosse agibile per il piccolo Toshio, ma purtroppo era una delle più malridotte. Proprio mentre mi ero fermato ad ammirare il piano, successe l’inevitabile…” disse facendo una breve pausa e serrando i pugni mentre ricordava, “sentii una voce che gridò ‘Attento!’ e poi un rumore sordo… prima che potessi accorgermene ero a terra col piccolo Toshio, mentre una trave ci travolgeva. Il povero ragazzino era venuto a cercarmi quella sera per chiedermi se avrebbe potuto riprendere a suonare il piano nei giorni a seguire, ma non trovandomi nell’albergo dove alloggiavo, intuì che potessi essere alla villa e così era entrato, proprio pochi istanti prima, dalla finestra ancora rotta.
Per salvarmi la vita…” disse Ryoichi tra le lacrime più sentite “riportò diverse ferite lievi ma soprattutto si infortunò gravemente il braccio destro. Il medico disse che con la giusta riabilitazione avrebbe potuto tornare ad utilizzare l’arto, ma per poter riacquistare completamente la manualità di un tempo, sarebbe stata necessaria una costosissima operazione negli Stati Uniti. Con amarezza,” proseguì Ryoichi “io e Natsumi decidemmo di tornare qui a Tokyo come programmato e di fissare la data del matrimonio il prima possibile, per poter aiutare Toshio, sovvenzionando l’operazione. Con il lavoro trovato qui, Natsumi sosteneva i costi della riabilitazione di Toshio ed io l’aiutavo come potevo. Dopo meno di un anno fissammo la data del matrimonio, tutto sembrava andare per il verso giusto… Toshio ci scriveva per aggiornarci sui suoi progressi e presto avrebbe potuto affrontare l’operazione per guarire definitivamente. Ma poi….una settimana fa…”
“Una settimana fa arrivò questa…” intervenne Shinichi brandendo una delle lettere “una missiva simile alle altre, ma stavolta scritta da sua madre, signorina Inoue…”
“E’ così,” riprese la giovane, “quella lettera racchiude la ragione che ci ha spinti ad organizzare tutto questo. Per via di un nubifragio e di un raccolto andato a male, la mia famiglia ha avuto l’ennesimo dissesto finanziario qualche mese fa, così Toshio ha sacrificato il denaro che gli inviavo per la sua riabilitazione per poter aiutare i miei genitori  a risollevarsi. Non solo, a causa delle ristrettezze economiche in cui la mia famiglia versava, nostro padre era stato costretto a licenziare tutti i suoi manovali e così mio fratello prese il loro posto nei lavori agricoli. Per tutto questo tempo non mi aveva mai raccontato nulla poiché non voleva preoccuparmi e per non scaricare ulteriormente su di me il peso economico della famiglia, poiché sapeva che avrei fatto di tutto per aiutarli. Chiese a mia madre e mio padre di fare altrettanto e mantenere il riserbo su quella situazione, soprattutto perché temeva i pregiudizi e gli ostacoli che sarebbero potuti nascere, riguardo il mio stato, presso questa famiglia, impedendo il mio matrimonio con Ryoichi… ma poi... poi una settimana fa, ostinandosi a voler lavorare con mio padre, nonostante le condizioni già precarie in cui si trovava, mio fratello ha avuto un nuovo incidente… e così il suo braccio destro… il suo braccio destro… Mia madre non se l’è sentita di tacere….” Così dicendo la signorina Inoue fu sopraffatta dal pianto, suscitando la reazione commossa di tutti i presenti, in particolare di Ran, che non poté trattenere lacrime di sincero dispiacere per quel ragazzino tanto generoso quanto sfortunato.
“Il suo braccio destro sarà compromesso per sempre se non sostiene al più presto quell’operazione!” disse con ardore Ryoichi. “Non potevamo più attendere il matrimonio, perciò abbiamo organizzato tutta questa farsa! E’ stata una mia idea scrivere quelle lettere con la mano sinistra… un po’ per non far riconoscere la mia scrittura e un po’… perché era così che Toshio ci scriveva tutte le sue lettere, non potendo utilizzare la destra... Era come se quella richiesta venisse da lui… Quella collana è la nostra unica salvezza! Madre, padre, vi chiedo scusa per quello che ho fatto, diseredatemi pure se credete, so di meritarlo… ma vi prego, vi prego, lasciate la collana a Natsumi!” disse Ryoichi con acceso fervore negli occhi. “Ah se Toshio… se Toshio non potrà mai più suonare, sarà solo colpa mia…” così dicendo, strinse a sé la sua promessa sposa e si unì al suo pianto.
I signori Okamoto erano rimasti immobili ad ascoltare quella triste storia e se non intervennero prima, fu solo nel rispetto del sincero dolore che i due giovani condividevano. Moglie e marito si guardarono, poi si avvicinarono alla commovente coppia, stretta in un abbraccio.
“Ma Ryoichi, perché non ci hai detto nulla finora?” intervenne la signora Okamoto.
“Ho fatto un errore dietro l’altro da quando sono partito, madre… non sapevo come fare per chiedervi scusa!” rispose, sinceramente pentito, il giovane.
Guardando con dolcezza il figlio, la signora Okamoto rispose: “Non devi scusarti di nulla, Ryoichi. Siamo noi che vi chiediamo scusa per non aver compreso i vostri sentimenti. Natsumi può tenere la collana.”
“Davvero…davvero madre?” disse Ryoichi con gioia.
“Certo, certo…ma è giusto che la collana rimanga alla legittima proprietaria. Perciò non è necessario venderla. Penseremo noi all’operazione di Toshio” aggiunse la signora Okamoto lanciando al marito uno sguardo d’intesa.
“Oh signori, dunque è da voi che Toshio ha preso il suo immenso e generoso cuore! Non so davvero come ringraziarvi!” esclamò Natsumi, versando ora lacrime di gratitudine.
“Non c’è ragione mia cara…” disse il signor Okamoto, “tu sei come una figlia ormai per noi, perciò anche Toshio è parte della nostra famiglia… e poi è il minimo che possiamo fare per sdebitarci con colui che ha salvato la vita del nostro Ryoichi. Anzi, perché non chiedi a tuo fratello e ai tuoi genitori di raggiungerti qui a Tokyo? Questa villa è tanto grande e vuota…”
A quelle parole Natsumi  e Ryoichi travolsero i signori Okamoto con il più energico degli abbracci…
Shinichi, Ran e Kogoro si godettero la scena, ammirando la famiglia finalmente unita.
“E così vissero tutti felici e contenti…” disse Ran, asciugandosi gli occhi.
“Già, e il mio cospicuo onorario va a farsi benedire…” bofonchiò Kogoro. Shinichi non poté trattenere una risatina sommessa.
“Cosa dici papà?” chiese Ran, facendo finta di non aver ben compreso la cinica chiosa del padre.
“Nulla… dicevo che se solo avessi trovato io quelle lettere, a quest’ora saremmo ricchi! Ti è andata proprio bene eh, tantei bozu...” disse dando a Shinichi una pacca troppo energica sulla schiena e facendolo quasi cadere…
“Ma che cosa stai dicendo, papà? Tu credevi che la colpevole fosse la signora Okamoto!” disse Ran.
“Quisquiglie, figlia mia, quisquiglie... era solo una tattica perché il vero colpevole abbassasse la guardia…”
Shinichi ascoltava l’esilarante botta e risposta tra padre e figlia e non poteva fare a meno di sorridere. Improvvisamente Ran si rivolse a lui: “E tu come hai fatto, dimmi, a capire com’era andata veramente?”
“Ah è stato facile!” disse Shinichi. “Non appena ho visto che era la gamba destra e non quella sinistra a dare difficoltà nel camminare al signor Tanoyuki, ho capito che la collana non aveva mai lasciato questa stanza. La signorina Inoue aveva attribuito il furto della collana ad un ladro molto esperto, mentre il biglietto era chiaramente opera di un dilettante. Così iniziai subito a dubitare di lei… e di Ryoichi che era al suo fianco nel momento del furto della collana e doveva perciò essere suo complice. Probabilmente aveva scritto lui il biglietto e questo spiegava l’arcano della mano sinistra. Ma il fatto che fosse stato redatto così di fretta, a pochi giorni dal furto annunciato e con mezzi scarsi, suggeriva che il piano fosse stato organizzato all’ultimo momento, sulla scia di un’emergenza. Così non mi restava che cercare un movente nella camera della signorina Inoue, l’unica stanza che non avevo ancora avuto modo di perlustrare. Ma sei stata tu, Ran, a darmi la chiave di volta per risolvere l’enigma…”
“Io?” chiese Ran curiosa.
“Sì, vedi… anche se la dinamica dell’incidente mi era chiara, non riuscivo ancora a capire se i due avessero pianificato il furto della collana per scappare e vivere insieme altrove, svincolandosi dai signori Okamoto, o se piuttosto fosse state la signorina Inoue ad aver convinto Ryoichi ad attuare il suo piano, per poi lasciarlo una volta entrata in possesso della collana... Poi, però, tu mi hai illuminato con le tue parole…”
“Quali parole?” chiese Ran.
“Beh ho ripensato allo sguardo triste che Ryoichi aveva avuto per tutta la sera, a quello preoccupato che aveva prima dell’ultimo valzer e a quello rassicurante con cui la signorina Inoue lo aveva tranquillizzato e incoraggiato a portare a termine il piano. E allora ho realizzato che fino a quel momento non avevo capito nulla… che non erano sentimenti meschini ad aver mosso le fila di quel crimine, ma affetti fin troppo grandi… che Ryoichi aveva un peso sul cuore, non perché dubitasse di Natsumi, ma perché teneva ai suoi genitori e temeva all’idea di arrecar loro un dispiacere… che lui e Natsumi si amavano davvero, anche se non erano parole esplicite a esprimerlo, ma silenziosi gesti… che avevi ragione tu, su ogni cosa, e che uno sguardo… può dire tutta la verità…” e a quelle parole Shinichi fissò Ran intensamente, come aveva fatto qualche ora prima durante quel ballo incantato.
A Ran sembrò di percepire tutta la riconoscenza per ciò che quella sera la ragazza aveva fatto e il rammarico per ciò che quel sacrificio le era costato… per un attimo, le sembrò che in quello sguardo ci fosse anche qualcosa di più… forse quei sentimenti che tra loro non erano mai stati espressi con parole esplicite ma con silenziosi gesti
Ma Ran non ebbe il tempo di rispondere nulla, che Kogoro la esortò a raggiungerlo sull’uscio della sala: “Coraggio, andiamo, si è fatto tardi!” disse spazientito, alludendo alla risoluzione del caso, che era stata tutt’altro che facile e rapida come si augurava, ma anche alla conversazione fra sua figlia e il detective, che per i suoi gusti, stava durando fin troppo…
“Ran…” tentò di trattenerla Shinichi, chiamandola prima che lasciasse la stanza.
“Ci vediamo a scuola….” rispose Ran con rammarico, mentre Kogoro l’accompagnava via.
Shinichi rimase pensieroso quando Ran varcò la porta, ancora una volta non era riuscito a esprimerle i tanti sentimenti che si agitavano nel suo cuore.
“Vorrei darle questo…” disse la signorina Inoue, avvicinandosi al giovane e interrompendo per un attimo i suoi pensieri. Così dicendo, porse a Shinichi una busta bianca.
“Ma no, signorina… non potrei accettare…” disse Shinichi imbarazzato, tentando di rendere il pacchetto.
“Invece sì!” disse la Inoue, respingendolo. “Sa, ho commesso un grave errore quando ho deciso di assumerla…” disse sorridendo “inizialmente avevo pensato di ingaggiare un detective perché rendesse più credibile la mia innocenza, ma avevo scelto un liceale, con poca fama e poca esperienza, proprio perché credevo che non sarebbe mai riuscito a smascherarmi!” aggiunse ridendo.
“Proprio per questo…” disse Shinichi, porgendo ancora una volta indietro il denaro.
“Proprio per questo, devo ringraziarla” disse la signorina, assicurando la busta nelle mani del giovane. “Se tutto è andato per il meglio, lo devo solo a lei. Perciò accetti questo mio piccolo modo per sdebitarmi.”
“Beh…allora, grazie…” disse Shinichi con imbarazzo.
“La famiglia si riunisce nell’ala est per festeggiare, perché non si unisce a noi?”
“La ringrazio molto… ma temo che sarei di troppo. E poi, c’è ancora qualcosa che devo fare…”
“Beh in tal caso, spero di rivederla presto, tantei-san…” si congedò la Inoue.
Shinichi sorrise e, quando la signorina chiuse la porta, rimase solo nella grande sala. Fece qualche passo, estrasse la sua inseparabile lente di ingrandimento ed esclamò.. “E ora…a noi!”


Ed ecco la soluzione del mistero, spero vi siate divertiti a risolverlo insieme a me! ^_^
Ma qualcosa è rimasto in sospeso tra Shinichi e Ran, non vi pare? ; ) Lo scioglimento nell'Epilogo, anche'sso un classico dello stile conaniano. Non perdetelo, nasconde una piccola sorpresa per i fan della serie! Riuscirete a cogliere il riferimento? :)


- redpen

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Epilogo. ***




Epilogo.
L’indomani era domenica e Ran rimase sotto le coperte più del solito, un po’ per liberarsi della stanchezza di quella lunga notte, un po’ per indugiare ancora nella fiabesca atmosfera di quel ballo, che sapeva sarebbe svanita del tutto, una volta risvegliatasi da quello che sembrava già essere un lontano sogno.
Alzandosi dal letto, guardò sul comodino, dove giaceva l’unica perla rimasta della bella collana di sua madre… la strinse tra le dita e poté constatare che, a tutti gli effetti, era tornata alla disincantata realtà.
Sonoko sarebbe rientrata quella sera dalla crociera con i Suzuki: il giorno dopo, a scuola, finalmente avrebbe potuto raccontarle tutto ciò che era accaduto nel movimentato party di Villa Okamoto.
La mattina seguente Ran si alzò presto, una strana inquietudine l’agitava. Quel giorno avrebbe rivisto Shinichi. Come avrebbe reagito, vedendola, dopo tutto quello che era successo? Cercava di persuadersi che in fondo non era successo proprio nulla, che tutto sarebbe andato come al solito: lei sarebbe passata a prenderlo, lui l’avrebbe salutata con espressione ancora addormentata - e magari un toast ancora in bocca - e per tutta la strada non avrebbe fatto altro che parlarle di qualche giallo letto fino a tardi la sera prima.
Così Ran si preparò la colazione, lasciò una porzione di riso in caldo per suo padre, che dormiva ancora, prese la sua cartella e la sua divisa per il karate e si avviò, sospirando, verso casa di Shinichi.
Eppure qualcosa… – pensava Ran – qualcosa era rimasto in sospeso da quella serata, qualcosa che andava chiarito.
Ran suonò, Shinichi venne ad aprire il cancello sbadigliando e, indossando svogliatamente la giacca, finiva il suo toast. “Ciao, Ran!” salutò, strofinandosi gli occhi e richiudendo il cancello.
“Tutto come previsto…” pensò Ran mentre si avviavano verso la scuola. Ma quel giorno Shinichi, dopo quel breve saluto, si rifugiò in uno strano silenzio.
“Deve aver fatto parecchio tardi stavolta,” pensò Ran, “è più addormentato del solito…” si disse mentre imboccarono il vialetto che portava all’entrata della scuola. Ma di colpo i suoi pensieri furono interrotti.
“Ran, scusami e grazie di cuore!” disse Shinichi fermandosi bruscamente e porgendole davanti al viso una scatolina rossa, di forma allungata.
Ran si fermò a sua volta di scatto, udendo materializzarsi il suono di quelle parole che credeva di aver letto nello sguardo di Shinichi la sera del ballo, al momento dei saluti.
“Per…per me?” chiese imbarazzata, “ma come…?” farfugliò più che mai sorpresa da quel gesto.
“Ah, non preoccuparti di questo! La signorina Inoue ha insistito perché accettassi il mio onorario, perciò… questo è per te…”
A quelle parole, Ran ebbe come una visione… le sembrò di tornare indietro di dieci anni e rivivere il momento in cui il padre consegnava alla madre un astuccio di velluto grigio, dicendole che l’aveva acquistato con il compenso ricevuto da un cliente per un caso appena risolto. Impossibile dimenticare cosa c’era dentro…
Ran aprì la graziosa scatola rossa da bijoux e vide, con enorme sorpresa… la collana di Eri!
“Ma come…come hai fatto?” chiese Ran spalancando gli occhi, illuminati da un enorme sorriso, ricolmo di gioia.
“Beh non è stato facile recuperarle, ma ci sono tutte, puoi controllare! Tutte le perle tranne quella che hai tu, ovviamente. In fin dei conti, trovare qualcosa che si era smarrito è un lavoro da detective, no?” disse pavoneggiandosi per gioco e strizzando un occhio. “Al resto ha pensato il gioielliere di mia madre… anche se ho dovuto pagarlo il doppio per lavorare di domenica!” aggiunse ridendo.
“Non posso crederci… sono così felice… non so come ringraziarti!” disse Ran, guardando il ragazzo con commozione.
“Un modo ci sarebbe…” rispose Shinichi, lievemente imbarazzato, “risponderesti ad una domanda?”
“Certo” disse Ran, sorridendo.
“C’è qualcosa che vorrei chiederti sin dal giorno del ballo… C’è un motivo particolare per cui hai indossato quel vestito…quel vestito rosso che abbiamo comprato insieme ai magazzini Beika?”
Ran ebbe un sussulto, sapeva cosa c’era dietro quella domanda… ce n’erano infinite altre, ma soprattutto una… hai indossato quel vestito per me? Il colore, la storia che quel vestito aveva… tutto parlava di lui. Per un attimo Ran ripensò al momento in cui per la prima volta l’avevano visto in vetrina, accanto ad un vestito blu che non avrebbe mai potuto permettersi… “Che importa?” le aveva detto Shinichi, “il rosso comunque ti si addice di più.” Credendo che anche lui, come lei, preferisse quel raffinato e delicato abito all’altro più sfarzoso, e che con esso propendesse per il suo splendido colore scarlatto, Ran si convinse a comprarlo, risparmiando e attendendo quanto fosse necessario. Con trepidazione aveva aspettato il momento giusto per acquistarlo e l’occasione adatta per indossarlo davanti a lui
Improvvisamente si sentì estremamente sciocca per aver ideato quel piano… “E’ un detective, forse il più bravo di tutti, potevo dubitare che avrebbe capito?” si disse. Rispondere alla pericolosa domanda di Shinichi, in quel momento, significava rivelarsi e, in fondo, lei non aveva nessuna certezza che lui apprezzasse effettivamente quel colore, quell’abito e chi lo indossava… Mentre Ran si dibatteva sull’amletico dubbio, una voce da lontano richiamò la sua attenzione.
“Raaaaan! Sono tornata!” diceva Sonoko correndo incontro ai due sul vialetto della scuola.  “Guardate cos’ho qui? Una bella sorpresa!” disse brandendo un pacchetto. “Ho chiesto ad un amico di mio padre, con un gran talento per la fotografia, di farmi avere un servizio completo sul party degli Okamoto, visto che anche lui era fra gli invitati… così posso rimediare alla mia assenza! Geniale no?” disse ridacchiando e mostrando un intero ventaglio di immagini ai due. “Com’eravate carini, vestiti così eleganti… devo dire che stai proprio bene con quell’abito Ran!”
Ran arrossiva per l’imbarazzo, mentre  Shinichi sbuffava per la seccatura.
“Ah però, anche la Inoue non scherzava…” disse Sonoko, continuando a sfogliare le foto. “Uh, guarda, Ran, questa è senz’altro la più interessante!” e così dicendo estrasse dal mucchio una fotografia che ritraeva la raggiante Natsumi, accerchiata dagli ospiti e stretta al braccio di Shinichi.
Ran mutò colore in un violaceo molto meno naturale. Infuriata, aggrottò la fronte e diresse altrove lo sguardo. “Coraggio, andiamo, si è fatto tardi!” tuonò, dirigendosi in tutta fretta verso il cancello della scuola.
“Ma, aspetta Ran… non hai risposto alla mia domanda…” disse Shinichi tentando di fermarla.
“Vuoi proprio sapere perché ho scelto il rosso? Beh, perché tu preferisci il blu!” esclamò stizzita, con chiaro riferimento al vestito della signorina Inoue.
“Aspetta Ran, non è affatto vero che…” riprese Shinichi, confuso dall’esito imprevisto di quella così promettente iniziativa di riappacificazione, che si concludeva con un misero fallimento. Ma la ragazza era già lontana.
“Lasciala andare…” disse Sonoko. “Sarebbe inutile fermarla ora. Dovrai inventarti qualcosa di portentoso per farti perdonare…”
“Ci stavo riuscendo perfettamente, prima che arrivassi tu…” disse, contrariato, Shinichi.
“E va bene, va bene… Tra moglie e marito non mettere il dito, ma perché non imparo mai?” farfugliò Sonoko, ammonendo se stessa.
“Ma cosa vai blaterando?” chiese Shinichi.
“Tieni, prendi questo!” disse Sonoko allungando un foglietto davanti agli occhi del ragazzo. “E stavolta giocati bene il blu!”
Shinichi afferrò il pezzo di carta, mentre Sonoko si avviava verso l’entrata. Aveva tutta l’aria di essere una locandina promozionale. “Acquario di Beika – Nuova Apertura” lesse. “Uhm, perché no!” si disse. Meditando sul foglietto, Shinichi lo ripose in tasca e, affrettando il passo, varcò il cancello della scuola, mentre la campanella suonava il suo ultimo rintocco.


Brevissimo epilogo, com’è tradizione nel manga e nell’anime, per dare conclusione alla vicenda sentimentale. Si ritorna allo status quo… con uno sguardo… al futuro! ; )
Ovviamente, per sapere qual è il colore preferito di Shinichi, dovremo attendere il prossimo 4 maggio... :)

Grazie di cuore a tutti coloro che mi hanno accompagnato in questa bella avventura! ^_^
Spero che, nella lettura, questa storia vi abbia regalato un sorriso e qualche attimo lieto, proprio come ha fatto con me, nella scrittura.
A presto! ♥


- redpen

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2805251