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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Antefatto - Una risata al giorno, con Dess sempre intorno! *** Capitolo 2: *** Where are you, tonight? - una pista promettente e… un villaggio da NON visitare!!! *** Capitolo 3: *** X-files! - Il mistero della città dai gradini rossi! La sorgente, dov’è? *** Capitolo 4: *** You and me - Un’altra buona idea? Prepariamo il riso! *** Capitolo 5: *** Zenith of power - tutto è bene quel che finisce bene… o almeno, così si dice! ***
Capitolo 1 *** Antefatto - Una risata al giorno, con Dess sempre intorno! ***
Quest of Souls
QUEST OF SOULS
Antefatto -Una
risata al giorno, con Dess sempre intorno!
Un altro pretendente. Un altro uomo che le giurava eterno
amore, pur avendola vista solo nei quadri. Amelia era stanca di tutto ciò,
stanca di aspettare che Zelgadiss si accorgesse del suo amore. No, non che si
accorgesse, si corresse mentalmente. Che lo accettasse e lo ricambiasse. O lo
rifiutasse. La principessa si rendeva conto che se la chimera avesse rifiutato
in maniera aperta e netta il suo amore, lei ci sarebbe stata malissimo, ma,
almeno sperava, si sarebbe potuta mettere il cuore in pace. Ma questo silenzio,
fatto di parole non dette, di frasi lasciate a metà e mai finite, la stremava,
le toglieva la speranza.
Lei
voleva la certezza di un amore certo e solido, di una persona che le restasse
accanto tutta la vita, che accettasse il suo amore e le donasse il suo.
Curioso.
Tutti i principi, i duchi, i nobili giunti fin’ora a chiedere la sua mano, non
avevano fatto altro che giurarle amore.
Philionel
non premeva troppo apertamente, ma si intuiva che desiderava vederla sposata
con un bravo ragazzo, e magari avere qualche bel nipotino da far saltare sulle
ginocchia.
Una
fugace immagine di sé stessa in abito da sposa, bianco come la neve, passò
nella mente della principessa. Chi era l’uomo accanto a lei? Lo sposo aveva le
sembianze di Zelgadiss, era inutile negarlo. Sospirando, si alzò dal divanetto,
svogliata, poggiando il libro che aveva in mano sul tavolino da lettura posto
lì a fianco. L’aria fresca della sera di aprile le accarezzò il volto.
“Zelgadiss,
dove sei, stanotte?” pensò, osservando la città che si stendeva sotto di lei
come un cielo capovolto, nella notte scura.
-A
cosa pensa la principessina, vestita di rosa e di bianco come una sposina?-
chiese una voce alle sue spalle.
Amelia
neanche si voltò, per nulla allarmata. Dessran aveva libero accesso alla reggia
di Saillune, i sigilli anti-mazoku della città non gli facevano un baffo,
essendo stato lui invitato all’interno di essa.
-Penso
a un ragazzo che forse non pensa a me…- rispose lei.
-Oh,
ma lui pensa a te. Solo che la brillante intelligenza di cui dispone sbatte
contro il muro di granito della sua scatola cranica, quando cerca di uscire
fuori a suggerirgli di venirsi a dichiarare…- il mazoku si affiancò alla
principessa, scrutandone l’espressione con gli scuri, dolci occhi a mandorla.
-Vuoi
vedere cosa sta facendo il tuo caro Zelgadiss?- le chiese sorridendo. Al
contrario di quello di un certo demone dai capelli viola, quello di Dessran era
un sorriso caldo e spontaneo, dolce quasi.
-Beh…-
Amelia arrossì -ecco… non mi dispiacerebbe sapere cosa sta facendo… ma NON se
sta facendo il bagno o cose del genere…-
-Tranquilla,
niente di tutto ciò! Si è solo addormentato, dopo sei giorni di veglia per
cercare di tradurre un manoscritto. Se solo mi avesse chiesto aiuto prima,
avrei potuto dirgli che quello non era altro che un ricettario di marmellate in
un dialetto elfico delle foreste, trascritto con l’alfabeto fonetico dei nomadi
delle sabbie…-
Ad
Amelia venne da ridere, al pensiero di Zel che si rompeva la testa su un
misterioso manoscritto rivelatosi poi… un ricettario di cucina!!!
-Però
la ricetta per la marmellata di valeriana, fichi e nocciole lì riportata non la
conoscevo, è davvero buona, sai?-
La
principessa scoppiò definitivamente a ridere, al pensiero di Dessran in
grembiulino da cucina e mestolo.
-L’hai
fatta davvero tu?-
-Certo
che no! Ho tradotto la ricetta e Philia l’ha preparata! L’ho appena assaggiata,
perché se la sono immediatamente spazzolata via tutta Valgarv e il capo!- la
faccia intristita di Dess era tutto uno spettacolo -Allora, guarda un po’…-
creò, con un gesto della mano, una specie di sfera di cristallo. Amelia vi
scrutò dentro, intravedendovi tra una sottile nebbiolina biancastra la sagoma
di Zelgadiss. Dopo qualche istante, l’immagine si fece più definita.
Lo
shamano era caduto addormentato su una poltrona di cuoio, nella stanza di
locanda che era la sua casa, da quando aveva deciso di stabilire a Saillune una
“base d’appoggio” per i suoi vagabondaggi, aiutato da Dessran che spesso gli
dava un passaggio da una parte o l’altra della penisola. In mano, stringeva un
oggetto, una macchia rosa e blu indistinta.
La
visione si fece più chiara, e Amelia vide, non senza un tuffo al cuore, che
quello che Zelgadiss stringeva in mano era, innegabilmente, uno dei suoi
braccialetti, quello che gli aveva dato, quattro anni prima, quando si erano
separati.
-Lo
ha sempre con sé, in una tasca della casacca, vicino al cuore. Spesso lo tira
fuori, e siede a fissarlo, per ore. Io dico che ti ama da impazzire, ma che non
si dichiara per un motivo ben preciso. - disse serio Dessran.
Amelia
annuì -La maledizione che lo rende una chimera. Oh, Dess, perché Zelgadiss non
capisce che io lo amo, indipendentemente dal suo aspetto esteriore?-
-Chiediglielo
a lui, Amelia. Quella zuccaccia dura capisce di tutto, tranne questo. O forse,
fa finta di non capire. Ma non temere, io faccio il tifo per voi, e anche se
sono un demone, mi trasformerò in un angioletto d’amore per voi!- con un sorriso
smagliante, Dess dirò fuori un paio di alucce bianche piumate dal piano
astrale, attacandosele alle spalle, e un arco tutto rosa con la freccia con la
punta a cuore.
Amelia
scoppiò a ridere fragorosamente -Oh, Dess, con te in giro, uno non può restare depresso
a lungo!-
-Io
mi nutro dei sentimenti umani. E sono l’unico che si nutre anche di quelli
buoni. La gioia e la serenità hanno un gusto molto migliore di paura e
terrore!- sorrise, facendo l’occhiolino e alzando un dito in tono da professore
-Buona notte, principessa. Il tuo principe azzurro, azzurro in tutti i sensi,
sogna di te. Ora vai a nanna, e sogna di lui!- esclamò, svanendo nell’aria.
Amelia
rimase ancora qualche istante sul terrazzino. “Grazie, Dessran: mi hai dato la
voglia di non mollare…”
Rientrò
in camera sua, tirando fuori dal cassetto del comodino il braccialetto gemello
di quello dato a Zel, e stringendoselo al cuore, rasserenata.
-Non
mollerò. Accetterà i miei sentimenti, e accetterà anche i suoi. - alzò lo
sguardo al cielo, occhioni stellati e enormi -Per l’Amore, la Pace e la
Giustizia!- declamò, scoppiando poi a ridere da sola, rasserenata.
Capitolo 2 *** Where are you, tonight? - una pista promettente e… un villaggio da NON visitare!!! ***
Quest of Souls
Cap.I - Where are you, tonight? - una pista promettente
e… un villaggio da NON visitare!!!
nota
dell’autrice: ok, so che coloro che non sostengono la coppia Zel/Amy vorrebbero
poter saltare questo capitolo [ma non provate a saltare a piè pari e senza rimorsi
l’opera di tre mesi di lavoro è__è], ma se lo fate, poi non ci capirete più una
cicca di quel che accade dopo… comunque, se c’è qualcuno che non sostiene le
coppie L/G, A/Z e Philia/Valgarv, vorrei proprio sapere perché si è preso la
briga di leggere questa ff, la precedente e, spero, la prossima; mah, misteri
dell’animo umano. Comunque, questo capitolo (come del resto tutta la ff) non è
lemon, affatto, ma a chi dessero fastidio/imbarazzo scene di baci prolungati e
anche un po’ profondi, beh, allora temo che dovrà saltare un po’ di righe verso
metà-fine capitolo.
Arigatou,
gentili lettori, e buona lettura!
Ilune
Amelia
giocherellava distrattamente coi laccetti di raso che chiudevano l’estremità
della manica del lungo abito di velluto. La stoffa era morbida e vellutata tra
le sue dita, di un ricco color blu notte trapunto d’argento, che metteva in
risalto la sua pelle chiara e i capelli scuri. Si affacciò alla finestra,
respirando la ricca e fragrante aria di maggio. Era passato un anno dalla
conclusione dell’ultima pazza, spericolata, emozionante e pericolosa avventura
che aveva vissuto assieme al più eterogeneo gruppo immaginabile. Quattro umani,
di cui una Cavaliere di Cephied, due Dark Lords, altri due mazoku, un Drago
Ancestrale, un drago dorato. E una chimera. Zelgadiss.
Lo
sguardo della principessa cadde sulla città, sulle luci che si stendevano sotto
il balcone della sua camera come un firmamento rovesciato. La biblioteca era
semibuia, salvo per un puntolino di luce. Zelgadiss era ancora lì, a cercare e
spulciare quelle decine di migliaia di volumi. Probabilmente, Dessran lo stava
aiutando. L’insolito priest, quando aveva del tempo libero, cioè abbastanza
spesso, veniva a dare una mano a Zelgadiss nel cercare in quella caterva di
libri qualche traccia, indizio, riferimento per trovare la cura alla
maledizione che affliggeva la chimera, e i pomeriggi più belli per la
principessa erano quelli in cui si univa ai due nell’esaminare le pile di
libroni polverosi nelle sale più vecchie di questa o quella biblioteca di
Saillune.
Amelia
sospirò di nuovo. Quella sera doveva partecipare a una cena con degli ospiti,
il duca di Wilsther, la duchessa, e il loro figlio maggiore: un altro
pretendente alla sua mano. Negli ultimi due anni, molti giovani, e anche meno giovani,
esponenti della nobiltà della Penisola dei Demoni, e anche di molte zone
esterne, avevano chiesto la sua mano. Ma lei aveva sempre rifiutato, in un modo
o nell’altro. Non che mancassero i buoni partiti, anzi: giovani e affascinanti,
dai modi gentili e raffinati… ma non erano certo quello che lei desiderava.
-Principessa,
gli ospiti stanno aspettando…- la cameriera era venuta ad avvisarla. Amelia le
fece capire con un cenno della mano che aveva sentito, inspirò un’altra boccata
d’aria, e si preparò all’ennesima, noiosa cena.
-E
così, principe Philionel, i vostri maghi stanno lavorando al ripristino dei
sigilli su Saillune?-
-Si,
duca di Wilsther. Da quando due mazoku hanno distrutto parte delle mura magiche
con un’intera collina, i sigilli non sono più pienamente attivi, e da cinque
anni i maghi ci stanno lavorando. Oramai, dovrebbero avere quasi finito. Oh, ma
ecco arrivare Amelia!-
Philionel
e il duca stavano chiacchierando, in piedi accanto alla finestra, sorseggiando
un aperitivo. Il principe faceva un netto contrasto col duca: dal fisico
possente, malgrado l’età vicina alla cinquantina, coi folti capelli neri, e gli
occhi blu brillanti del Sacro Fuoco della Giustizia, come lui lo definiva,
faceva apparire ancora più cascanti le spalle del duca, incurvate su uno
stomaco prominente che denotava il vizio del vino. Il duca doveva aver superato
la sessantina da un pezzo, forse anche i settanta, giudicò Amelia. La duchessa,
pigue quanto il marito, sedeva su una poltrona, sorseggiando un bicchiere di vino
bianco e guardandosi attorno come stupita del lusso discreto e di buon gusto
che caratterizzava la reggia di Saillune. Venivano da territori esterni alla
barriera, e riusciva loro difficile pensare che un territorio rimasto isolato
così a lungo, alla mercè di demoni, draghi e altre potenti creature, fosse così
florido e stabile.
Lo
sguardo della principessa si posò poi sul pretendente, il figlio del duca.
Senza dubbio un bel ragazzo, alto e abbastanza prestante, coi capelli biondicci
eleganetemente arricciati sul collo e sulla fronte. Stringeva in mano un calice
quasi vuoto, ascoltando la conversazione del padre e del principe. Quando
Philionel si voltò per acogliere la figlia, il giovane si esibì in un sorriso
che, nelle sue intenzioni, doveva essere seducente, ma che alla principessa
parve molto stereotipato.
Sorridendo
timidamente, Amelia prese la mano che il padre le porgeva, facendo con lui
ingresso nella sala da pranzo.
Oh,
dei, come le detestava, quelle cene… ascoltare per ore i vanti o gli spoloqui
di nobili spesso incapaci di tenere desta la sua attenzione per più di qualche
minuto, gingillandosi col cibo, già sazia dopo l’antipasto e il primo…
Amelia
pregava con ardore che quella stramaledetta cena finisse presto, così lei
avrebbe potuto andare a cambiarsi, e magari scendere in città a dare una mano a
Zel e a Dess…
-Principessa
Amelia, a cosa state pensando?-
La
voce del figlio del duca, lord Stephan, la riscosse.
-Cos?
Ah, nulla di importante, lord Stephan. Sono solo un po’ stanca. -
-Comprendo.
Immagino che troviate noiosi i discorsi di politica dei nostri rispettivi
padri…-
Errore.
Ad Amelia, le questioni come la diplomazia e la politica interessavano,
sicuramente più di quel bellimbusto.
-Per
distrarvi, vorrei raccontarvi di quello che mi accadde non più di sei mesi fa.
Dunque, mi trovavo in viaggio con mia madre, ci stavamo recando in visita da
mia zia, la Contessa di Bathen, quando siamo stati aggrediti…-
-Ah-ah…-
Amelia fece un gesto cortese, come a invitarlo a continuare.
-D’improvviso,
la nostra carrozza, si rovesciò, e quando ne uscimmo, incontrammo un essere
spaventoso, con terribili zanne e bava gocciolante. Naturalmente, io lo
attaccai, e dopo una strenua lotta, coadiuvato dalle guardie della scorta,
riuscimmo a metterlo in fuga!-
-Ah,
capisco… era un demone molto potente?-
-De…
demone? N…no, no, per nostra fortuna, o non saremmo certo qui a raccontarlo…
era un troll, una pericolosa bestia molto rara che…-
-Ah,
solo un troll… niente di veramente pericoloso, allora…-
Amelia
si stava divertendo, ora, a sfotterlo, sotto l’educato velo di cortesia di una
civile conversazione. Annoiata, si inserì nella conversazione degli “adulti”.
-…così,
quando la barriera che vi isolava è inspiegabilmente caduta, noi…-
-No,
duca di Wilsther, non inspiegabilmente. È caduta perché uno dei Dark Lords che
l’aveva creata, Hellmaster Phibrizio, è morto. La battaglia contro di lui fu
così dura che i miei compagni ed io tememmo seriamente di non farcela…-
-Avevate
mandato dei maghi, dei soldati a quella battaglia, principessa?- si informò
cortesemente il duca.
-No.
C’ero io. Combattere Phibrizio fu più duro che battersi contro Garv Dragon
Chaos, alla Valle dei Draghi, anche se quella volta rischiai seriamente la
vita, ma per fortuna la presenza di Lina Inverse riuscì a ribaltare la
situazione, prima a nostro svantaggio…-
Amelia
aveva parlato tranquillamente, come di cose scontate. In tutta Saillune e in
mezza penisola sapevano che la principessa del regno della Magia Bianca era una
degli eroi che aveva contribuito alla distruzione di numerosi demoni. Ma i
duchi certo non lo sapevano. Si aspettavano la classica principessina da favola
della buonanotte, brava solo a ricamare, cantare e fare faccende da “donna”,
non certo una abile, colta, diplomatica maga con anni di guerre ai demoni alle
spalle.
Il
volto del duca si atteggiò in una smorfia di scetticismo, che però si affrettò
a nascondere.
Il
sorriso orgoglioso del Principe Philionel fugò ogni dubbio dal duca.
-Eh,
si, mia figlia e i suoi amici hanno salvato così tante volte il mondo, che
oramai temo di aver perso il conto! Il pezzo di Shabranigdo, il demone
Zanapher, Garv, Phibrizio, la Dark Star, di nuovo Phibrizio, l’anno scorso… per
non parlare di tutti i demoni minori, ma pursempre pericolosi, come quelli che
cinque anni fa si erano infiltrati a Saillune!-
-Beh,
papà, quando distrussero il pezzo di Shabranigdo, io non ero ancora nel gruppo.
La mia prima vera impresa con loro è stata la distruzione del demone Zannapher,
riportato in vita con una copia incompleta della Clear Bible da due demoni. -
ammise Amelia con (falsa) modestia.
Nel
frattempo, erano arrivati i caffè, e finalmente la cena ebbe termine; la
conversazione fu trasferita in un comodo salotto adiacente.
Per
i primi venti minuti, lord Stephan non aveva avuto quasi il coraggio di
rivolgere la parola ad Amelia, spiazzato dalle imprese compiute da lei, specie
a paragone con la sua, che ora gli appariva piccola e miseranda. Poi, dopo
quasi mezz’ora, riuscì a trovare il coraggio di invitarla a prendere una boccata
d’aria fuori, sul balcone.
Le
pesanti tende chiudevano dentro la conversazione dei genitori, e Amelia
desiderò che anche il ragazzo tornasse dentro, lasciandola sola in santa pace.
Ma il giovane nobile rimase lì sul terrazzo, malgrado lei desse ad intendere
che non voleva portare avanti una conversazione.
-Principessa,
voi credete nel destino?- le chiese alla fine, col tono del seduttore
incallito.
-No.
Il destino non esiste. Il nostro futuro ce lo creiamo con le nostre mani…-
rispose lei, in tono annoiato, senza neppure staccare lo sguardo dal panorama
che si apriva sotto di loro, i giardini reali.
-Io
invece si, ci credo. E credo che il nostro incontro sia stato voluto dal
destino…- fece per cingerle la vita con un braccio, ma Amelia si allontanò,
infastidita. Di tanti pretendenti che aveva rifiutato, questo era nella lista
dei dieci più sgradevoli e appiccicosi. Per tutta la serata, non aveva fatto
altro che cercare di prenderle la mano, cosa che lei non gli aveva più permesso
dopo l’iniziale baciamano.
-No,
non credo proprio…-
-Perché
dite così, principessa Amelia? Vi prego, accettate la mia corte… posso rendervi
felice, la donna più felice di questa terra…- era riuscito a passarle un
braccio attorno alla vita, e Amelia sentiva la mano del ragazzo scendere ben al
di sotto delle reni… decise che, se non si fosse staccato entre tre secondi, lo
avrebbe fritto con un Mono Volt.
-Stephan,
tolga subito le mani, o mi vedrò costretta a reagire in modo molto doloroso…-
disse a mezza voce, più che sufficiente però perché il nobile sentisse.
-Questo
polipo ti sta importunando, Amelia?- una voce alla sua sinistra la fece
voltare, lieta.
-Dessran!-
Il
priest galleggiava a mezz’aria davanti al balcone, la nera coda guizzante a
destra e a sinistra. Immediatamente, lord Stephan si staccò da Amelia.
-Ti
devo un favore…- sussurrò la ragazza al mazoku, che sorrideva apertamente.
-Tse
tse tse… non è educato, signor nobile, stringere così una ragazza che non lo
desidera…- disse in tono saccente, scuotendo la testa dai lunghi capelli
ribelli.
-Chi
siete, voi, per parlare così a dei nobili?- domandò irato il giovane Lord.
Dessran
sorrise di sbieco, mettendo in mostra uno dei canini, più lunghi di quelli
umani. Al chiaro di luna, le iridi nere si riempivano d’argento, e in mezzo spiccava
la fessura verticale della pupilla. Salì un poco, e entrambi gli umani sul
balcone poterono vedere che il mazoku era comodamente seduto sul suo bastone,
posto per traverso, che galleggiava a mezz’aria.
Nel
vedere le corna, la coda e gli artigli, oltre all’inquietante sorriso e agli
ancora più inquietanti occhi, lord Stephan sbiancò.
-Lord
Stephan, le presento un mio amico, Dessran, priest di Garv Dragon Chaos. Da
quando il suo capo si è dichiarato neutrale al conflitto bene-male, lui è
spesso a Saillune. Allora, Dess, come vanno le cose al Maryuu-ou castle?-
Amelia intavolò tranquillamente una conversazione col mazoku, sotto lo sguardo
allibito di Stephan.
-Non
male, ma nel complesso, come al solito. Qualche scaramuccia ogni tanto con
demoni senza padrone che vorrebbero, poveri illusi, tentare di spodestare il
capo, ma nulla di più. Philia ha finito di sistemare la sua collezione di
porcellane artistiche in un’ala prima in disuso… meglio non passarci prima di
andare a dormire, se non si vuole soffrire di incubi… Ah, si, Valgarv e Philia
stanno seriamente pensando ai fiori d’arancio, ma… io non ho detto nulla!!!-
strizzò l’occhio. Amelia rise.
-Zel
è ancora in biblioteca a leggere?-
-No,
l’ho convinto ad andare a casa a riposare. -
-Oh,
grazie… se non ci fossi tu, pianterebbe le tende, lì dentro…-
-Mi
ha detto di riferirti che, domani mattina, passerà alla biblioteca di palazzo,
ha bisogno di alcuni libri per dei riferimenti…-
-Benissimo!-
Amelia ora era raggiante.
-Ehm…
principessa, v-vogliamo rientrare? L-la sera si fa f-fresca…-
-Rientrate
pure, Stephan; io resterò a parlare con Dess ancora un poco…-
-M-ma…
un mazoku… voi…-
-Dess
è un amico. Andate pure, e se mio padre chiede di me, ditegli che sto parlando
con Dessran. - lo congedò Amelia. Stephan non potè fare altro che andarsene dal
balcone, senza la principessa.
-Grazie
mille, Dess, ti devo un altro favore!!!-
-Mh?-
-La
tua sola presenza ha fatto allontanare quel seccatore!-
-Beh,
comunque, per fortuna sono arrivato in tempo! Questo era il tuo trentesimo
pretendente?-
-Trentaseiesimo.
Ne ho fin qui. Ma perché vogliono TUTTI la mia mano… meno l’unico che vorrei
io?- sbuffò la ragazza.
-Oh,
non temere… io faccio il tifo per voi due, sto cercando di spingere Zel più che
posso… ma quel ragazzo è così testardo!-
-Io
continuo a sperare. Perché si fa tutti quei problemi sul suo aspetto fisico?
Oramai, a Saillune, metà della popolazione lo conosce, e non fa più caso alla
sua pelle di pietra!- sbuffò nuovamente la principessa.
-È
quello che gli dico sempre anche io… ma è più testardo di un mulo… Ma vedrai,
riuscirò a farlo dichiarare, fosse l’ultima cosa che faccio!- e, con una
strizzata d’occhio come saluto, sparì nell’aria.
-Oh,
se solo ci riuscissi…- sospirò Amelia, prima di rientrare.
Maryuu-ou Castle
-Uffa…
è ancora presto, per me, non ho il minimo sonno… anche perché ho dormito ieri…
chissà che non riesca a trovare qualcosa di interessante da leggere in
biblioteca…-
Dessran
non si illudeva troppo, probabilmente si sarebbe ridotto a rileggere per la trentesima
volta qualcuno dei suoi tomi preferiti, ma confidava nei libri lì accumulati, e
spesso dimenticati, da Valgarv e Garv, dall’edificazione del castello.
Quando
si materializzò in biblioteca, una gocciolina fece capolino dalla tempia: i
libri di un paio di scaffali giacevano, in disordine, accatastati l’uno
sull’altro, su uno dei tavoli, in pericolanti e traballanti pile. Avvertì
un’altra presenza oltre alla sua.
-Capo,
hai trovato quel che cercavi, o serve una mano?-
-No,
no, l’ho trovato. Come mai hai spostato questo libro nella sezione “storia”?-
-Beh…
dove dovevo mettere “Cronache di battaglie della Kouma Sensou”?-
-Nella
sezione “comici”: fa morire dal ridere, per le scempiaggini che riporta!-
(grazie, Eternal Fantasy, per la battuta! ^__^)
-Se
lo dici tu… -_-;;; Qui posso mettere a posto, o serve qualcos’altro?-
-No,
no, tutto ok. -
Garv
tornò a dedicarsi alla lettura, ridacchiando di tanto in tanto, stravaccato su
una enorme poltrona di pelle, con la schiena poggiata ad un bracciolo, e le
gambe sull’altro.
In
pochi minuti, Dessran aveva rimesso in ordine tutti i tomi, ne aveva scelto uno
che ancora non aveva letto, ed era sprofondato in un lungo divano di velluto
rosso con nappe e fiocchetti, uno dei “tocchi femminili” che Philia aveva
disseminato nelle stanze del castello.
Garv
richiuse il libro -Dove sei stato?- chiese, con curiosità.
-Come
al solito, a Saillune. Sto dando una mano a Zelgadiss nelle sue ricerche, e in
cambio, lui mi presta alcuni suoi libri di magia shamanica, e di altri argomenti.
È incredibile come, malgrado la giovane età, sia un vero e proprio pozzo di
informazioni. - Dessran era in grado di sostenere abilmente una conversazione,
e contemporaneamente leggere; una cosa da pochi. La sua lunga unghia laccata di
nero si fermò a metà pagina, Le sopracciglia corrugate in un chiaro segno di
perplessità, o forse concentrazione.
-“Sorgente
della giovinezza”… “ringiovanire”… ach, stupide tarme, perché dovevano
pasteggiare proprio con questo paragrafo…-
-Sorgente
della giovinezza? Non credo che ci sarebbe molto utile: noi mazoku siamo
immortali…-
-Lo
so, ma stavo pensando… BINGO!!!-
All’urlo
di gioia di Dessran, Garv fece un salto sulla poltrona.
-Non
si può sciogliere la maledizione, ma se si riporta il fisico di Zel indietro
con gli anni fino al momento della maledizione, come con un Reverse Time
gigantesco, allora, forse…- il priest cominciò a camminare avanti e indietro,
immerso nelle riflessioni -Capo, torno un attimo a Saillune!-
Attese
un cenno di assenso di Garv, prima di scomparire, eccitato come un bambino che
abbia trovato la mappa del tesoro.
Una
ricca sala da ballo, illuminata dal prezioso lampadario di cristallo…
La
musica dolce, lenta, proveniva da un’orchestra invisibile.
Amelia.
Avvolta
in un morbido abito color pesca, con un delizioso scollo a cuore, i capelli
fermati da un sottile diadema. Oh, dei, quanto era bella.
Lei
si avvicinò. Allungò una mano, sfiorando in una carezza gentile la guancia.
Zel
alzò una mano, stringendo nella sua quella sottile e aggraziata di Amelia.
Erano
mani umane. Entrambe.
-Hai
ottenuto ciò che volevi?-
-Si.
-
-Ora,
hai tutto quel che desideravi dalla vita, vero?-
-No.
-
-Cosa
ti manca, Zel?-
-Non
lo so. Ma so che qualcosa mi manca. -
-Allora
ti aiuterò a cercarlo. Vuoi ballare?-
-Si.
-
Cingere
quella vita sottile con braccia umane, sfiorare quella fronte lattea con
capelli veri, non fili metallici, sorridere con labbra morbide, e non coperte
di pietra…
Solo
loro due…
Il
paradiso…
-Umph…
ma guarda come sorride beato… scommetto che sta facendo un bel sogno, e che nel
sogno c’è la sua bella principessina… se lo sveglio adesso, è la volta buona
che mi becco una fireball nello stomaco… Oh beh, glie lo dirò domattina. -
Dessran si guardò un po’ attorno. Zelgadiss viveva, ommeglio, dormiva quando si
ricordava, in una stanza in una pensioncina familiare. In un angolo c’era una
vecchia poltrona sdrucita, su cui erano posati gli abiti della chimera. Dessran
li prese, li posò sulla sedia, e si accoccolò nella poltrona, storcendo un po’
il naso al leggero odore di muffa e di stantio che emanava il mobile, chiudendo
gli occhi nel leggero dormiveglia che spesso costituiva il suo sonno.
-Perché
parti? Avevi promesso che saresti rimasto…-
-Sono
rimasto, Helehita. Cinque anni non sono un giorno. È tempo che io vada. -
-Ma
perché?!? Cosa c’è, qui, che non va?-
-Sono
io che non vado. Io sono un demone. E voi siete elfi. Addio, piccola. -
Non poteva più restare lì. Lo tolleravano appena. I
pregiudizi sulla sua razza erano più forti della gratitudine per aver salvato i
nipoti del sovrano. La gratitudine era via via svanita. E ora, era tempo per
lui di lasciare quella piccola oasi di felicità. Ancora una volta.
Con
un ultimo sguardo alle guglie snelle e quasi assurdamente slanciate della città
elfica, voltò le spalle alle piante secolari, addentrandosi nel bosco, diretto
ai confini, teletrasportandosi via.
Dessran
si svegliò di scatto, madido di sudore. Aveva sognato. Detestava sognare,
perché inevitabilmente erano ricordi; e ben pochi dei suoi ricordi erano dolci
e piacevoli. Quando andavabene, erano
intrisi della malinconica tristezza che non lo abbandonava mai, anche se si
sforzava di nasconderla sotto una maschera di ottimismo e buonumore.
Non
aveva mai raccontato a nessuno di quel mezzo decennio trascorso alla corte
reale di un regno elfico, anche se si trattava di uno dei periodi più sereni
della sua millenaria vita. Era un ricordo intriso di tristezza, la tristezza
dell’abbandono della serenità, dell’affetto e dell’amicizia offerto da sette
giovani elfi, sotto l’amara pressione del sospetto, dell’odio e della
diffidenza di un intero popolo elfico.
-Brutti
sogni?- gli chiese una voce, dalla porta.
-Tristi.
Ricordi tristi. C’è un po’ di caffè, Zel?-
Zelgadiss
gli passò una tazza pulita e il bricco del caffè.
-Come
mai qui? Credo che il tuo letto al Maryuu-ou Castle sia ben più confortevole di
quella vecchia poltrona muffita, per un pisolino…-
-Ho
trovato qualcosa di interessante. Dà un’occhiata a questo paragrafo. - gli
porse il libro. Zelgadiss scorse rapidamente la pagina, soffermandosi sul punto
rosicchiato dalle tarme.
-Se
riuscissimo a trovare questa fonte della giovinezza, ti basterebbe bagnarti lì,
per tornare giovane com’eri prima della metamorfosi. Come un gigantesco Reverse
Time!- Dessran spiegò rapidamente la sua teoria all’amico.
-Dess,
te l’ho mai detto che sei un grande?-
-Si,
una volta o due…^_^-
-Prepariamo
i bagagli!!!-
Anche
Zelgadiss era eccitato, adesso, quella gli pareva una pista davvero
promettente, l’idea pareva azzeccata, e la chimera non vedeva l’ora di mettersi
in viaggio!
-Aspetta,
dobbiamo avvertire Amelia. Se ce la filiamo alla chetichella senza dirle nulla,
non oso immaginare come reagirà…- lo frenò Dessran.
-Oh,
io lo immagino benissimo… ci correrà dietro, e ci dovremo sorbire ramanzine
sulla lealtà con gli amici, sulla giustizia e quant’altro per metà del
viaggio…-
Si
guardarono per un attimo in faccia, perfettamente consci di quello che sarebbe
significato…
-D’altra
parte, però, se glie lo diciamo, vorrà venire con noi…- riflettè Zel.
-In
un modo o nell’altro, ce la troveremo dietro, per cui è meglio farglielo sapere
direttamente, almeno ci risparmieremo le prediche sulla giustizia… e io mi
risparmierò un bel po’ di mal di stomaco…- osservò il mazoku.
-Giusto.
Bene, andiamo ad avvisarla, prepariamo i bagagli, e partiamo. - concordò la
shamano, posando la tazza di caffè ormai vuota sulla scrivania, e indossando il
lungo mantello beige.
Lungo
le scale incrociarono la padrona della pensione che puliva le scale, e che li
salutò allegramente. Zelgadiss la informò che sarebbe stato via un po’ di
tempo, non sapeva quanto, ma che avrebbe lasciato pagato per tre mesi, visto
che nella stanza teneva molta roba che non poteva portare con sé. La donna
assicurò che non ci sarebbe stato alcun problema, e poi riprese a pulire con
lena le scale di legno.
Le
guardie di palazzo ormai conoscevano la chimera dalla pelle di pietra e il
ragazzo con i cornini in testa, che girava scalzo anche con la neve alta, e li
lasciarono passare senza fermarli. Chi cercò invece di fermarli fu il Primo
Ministro, che aveva sempre giudicato le amicizie “plebee” della principessa
fortemente sconvenienti, ma Dess lo dribblò teletrasportando sé stesso e Zel
davanti alla porta degli appartamenti di Amelia.
-Credo
stia anora dormendo… è presto ancora…-
-Zel,
sono quasi le nove. Va bene che è una principessa, ma non credo, conoscendola,
che si alzi così tardi…-
Uno
scalpiccio di piedi dall’altra parte della porta precedette l’apertura della
stessa da parte della ragazza, già vestita di tutto punto.
-Zel,
Dess! Vi aspettavo più tardi!-
-Siamo
venuti a salutarti, Amelia: siamo in partenza per una pista promettente. -
spiegò Zelgadiss.
-Magnifico!
Aspettate due minuti che vado a mettermi gli abiti da viaggio, e partiamo!-
-Cosa
ti fa credere che vogliamo portarti con noi?- le chiese Zel, con un sorriso un
po’ sghembo.
-Semplice:
o mi portate con voi, o vi seguo io… e quando vi troverò, vi farò prediche su
come i veri amici non si lasciano indietro!- gli occhioni blu della principessa
erano già infiammati e stellati dal “sacro fuoco della giustizia”; i due
ragazzi si gurdarono un’attimo l’un l’altro, sbuffando.
-Te
l’avevo detto… dai, non sarà un problema, posso teletrasportare tutti e tre
senza problemi…-
-Se
per te va bene, Dessran…- Zelgadiss alzò lo sguardo al cielo -E va bene, ma fai
in fretta; dovrai anche avvisare tuo padre. Noi ti aspettiamo alla biblioteca
del palazzo. -
-Farò
in un lampo!- assicurò la principessa, prima di chiudere la porta e correre a
mettersi la comoda tuta bianca con mantello che usava in viaggio e per girare
in città.
-Allora,
fatto tutto? Presi i bagagli, avvisato il principe Philionel, Amelia, chiuso la
porta della camera, Zel?-
-Fatto
tutto, Dess. Possiamo andare. - Zel controllò per la sesta volta la lista delle
cose da fare, spuntate via via.
-Bene.
Si va con la prima tappa di teletrasporto!-
Un
istante dopo, il piccolo giardino circondato di cespugli, nel cuore del parco
del castello, era vuoto.
Siccome
il testo scovato da Dessran, rovinato dall’umidità e mangiucchiato dalle tarme,
non dava che indicazioni piuttosto vaghe sulla zona della fonte della
giovinezza, si era deciso di raggiungere la regione, normalmente a diversi mesi
di navigazione, e per di più nel Nuovo Continente, grazie al teletrasporto del
demone, e poi di cercarla a piedi con cura, una volta individuata la zona. Non
potendo però eseguire un unico balzo da Saillune, in cui tra l’altro i poteri
di Dess erano più deboli, fino all’altro continente, si era deciso di fare una
tappa fino alla punta più a ovest del regno di Ralteague, fermarsi lì a
riposare qualche ora, pranzare con calma, e affrontare il teletrasporto che li
avrebbe portati al di là del mare del pomeriggio, o anche la mattina sucessiva,
volendo.
L’ultima
persona che si aspettavano di trovarsi fronte era…
-OOOOOOHOHOHOHOHOHOOOO…Miseri
ladruncoli, vorreste forse derubare ME, la grande Naga del Serpente Bianco, la
migliore nonché più bella maga esistente sulla faccia della terra? OOOOOHOHOHOHOOOO… Black Shards!!!-
Un
nugolo di strali di energia nera saettarono a pochi centimetri dalle orecchie
dei tre viaggiatori, andando a far saltare in aria uno sfortunato gruppo di
banditi che aveva avuto la tanto stupida quanto sfortunata idea di molestare e
tentare di rapinare la più pettoruta e discinta maga della Penisola dei Demoni…
Una
gocciolina faceva capolino sulla tempia dei tre, mentre un sorrisetto isterico
era stampato sulle facce della principessa, della chimera e del mazoku.
-Un
tipo peperino, la sorella maggiore, eh, Amelia?-
-Eheh…
sapessi, Dess…-
-Dess,
perché, di grazia, con mille chilometri quadrati a disposizione TU CI VAI A
TELETRASPORTARE PROPRIO SULLA TRAIETTORIA DEGLI STRALI DI NAGA?!??!?!-
L’onda
d’urto dell’urlaccio dello shamano aveva spostato la lunga chioma di Dess, il quale
la sistemò passandoci, nervoso, le dita, e intanto ridacchiando come un
deficiente.
-Eheheh…
beh, ecco, questa zona di solito è deserta… io di solito controllo solo che non
si finisca sopra un lago, nelle sabbie mobili, e cose del genere…-
*GOCCIOLOOOONAAAAAA*
Amelia,
intanto, era corsa ad abbracciare la sorella maggiore, che quasi la soffocò nel
suo pettoruto abbraccio.
-Cavoli,
non mi dispiacerebbe essere al posto di Amelia, in questo momento… Quella donna
è un vero schianto!-
Zelgadiss
non rispose: aveva voltato la testa, rosso come un peperone, effetto che lo
prendeva ogni volta che incontrava Naga. La sorella maggiore di Amelia era
troppo simile alla sorellina, e a Zelgadiss venivano in mente ogni volta
sprazzi e visioni di una Amelia con indosso un “costumino” simile. Decise che
una volta finita questa avventura, bene o male che terminasse, si sarebbe
rivolto a un buon dottore. Di solito detestava gli strizzacervelli, ma in
questa situazione sentiva di averne un ASSOLUTO bisogno!
Una
volta venuta a conoscenza dei motivi che avevano portato fin lì la sorellina,
Naga decise seduta stante di unirsi al gruppo: tanto, spiegò, non aveva nulla
di importante da fare, nulla per lo meno di così interessante come si
prospettava quella avventura.
Mentre
Amelia e Naga parlavano, Dessran aveva estratto dalla dimensione astrale una
carta geografica della zona, e la stava esaminando assieme a Zelgadiss.
-Ecco,
noi siamo qui. - indicò una valletta -A circa quattro ore di cammino da qui,
oltre questa montagna, c’è un villaggio. Ho sentito dire che gli abitanti sono
molto ospitali e gentili. Possiamo fermarci lì per la cena e la notte, e
ripartire domani. Domattina eseguiremo il balzo da qui - indicò un punto ad
alcuni chilometri di distanza - a qua - e indicò la sponda dell’altro
continente.
-Scusa,
non potremmo teletrasportarci dalla zona del villaggio? O siamo troppi?-
-No,
il fatto è che, mi è stato riferito, pare che nella zona attorno al villaggio i
poteri demoniaci siamo molto meno forti. Credo a causa di qualche antico
sigillo magico…-
-Ma
tu non ne risentirai, ad avvicinarti troppo al villaggio, se è vero che lì c’è
qualcosa di dannoso per i mazoku?-
-Non
sono un lesser demon, sono un priest: posso resistere a cose che, per demoni di
classe inferiore, sarebbero letali. Inoltre, ho un’innata resistenza a buoni
sentimenti ed emanazioni positive, in virtù del fatto che, un tempo, ero un
essere umano. Allora, andiamo?-
-Va
bene. Amelia, Naga, ci incamminiamo? C’è un villaggio ideale per passare la
notte, ma dobbiamo metterci subito in cammino!-
Le
due ragazze li raggiunsero, e con passo tranquillo, come a una passeggiata,
affrontarono il largo e ben battuto sentiero che si inoltrava nelle macchie di
boschetti, inframezzati da pascoli, collinette, sporadici campi e zone incolte.
Teoricamente,
avrebbero potuto arrivare al villaggio in un istante, se Dessran avesse incluso
tutti nel suo teletrasporto, ma il mazoku aveva proposto di prendersela con
calma, fare una bella passeggiata, e godersi l’aria di primavera che pervadeva
l’aria. In fondo, aveva un po’ di ferie, e voleva godersele. Non che non
potesse andarsene a zonzo per la Penisola dei Demoni a suo piacimento: col
fatto che Garv aveva scoperto di non essere tornato in vita al 100% delle sue
forze potenziali, aveva deciso di starsene a “riposo” per un po’ di tempo, e di
ricorstituire la sua energia vitale al massimo; questo significava niente
casini, niente combattimenti contro draghi o altri demoni, niente a parte una
luuunga vacanza per tutti. Compreso Dessran, il cui unico compito era, quando
andava a zonzo, tenere le orecchie ben aperte sui movimenti di demoni e draghi,
e magari scovare, se capitava, armi magiche o particolarmente potenti, per la
collezione presente al Maryuu-ou Castle.
La
collezione di armi di Garv era stata fonte di meraviglia e di ammirazione per
il priest: armi di ogni tipo, foggia e stile, potenti e magiche o semplicemente
di pregio, o trofei di battaglie, ingombravano lo studio del Dark Lord. Philia
aveva preso in mano la situazione, e aveva provveduto a sistemarle tutte in due
vasti saloni, adiacenti alla sala del trono, vicino alla biblioteca. Aveva
messo “ai lavori forzati” tutti i demoni del castello, compreso Dessran, e
anche Valgarv e Garv, ma dopo un mese abbondante, ogni arma era ben esibita, su
sfondi di velluto che valorizzavano la fattura e la lavorazione, rette da
sostegni di pregevole fattura. Persino Garv aveva dovuto ammettere che così
stavano molto meglio che accatastate alla rinfusa nel suo studio. Al ricordo,
Dess sogghignò un poco.
Tutti
questi pensieri avevano preso talmente l’attenzione di Dessran, che quasi non
si accorse quando Naga gli si affiancò e gli rivolse la parola.
-Come?
Scusa, puoi ripetere? Ero sovrappensiero. -
-Dicevo,
tra Amelia e Zelgadiss, come vanno le cose? Si è evoluto qualcosa, in questo
anno e mezzo?-
-Macché.
Possiamo considerare positivo solo il fatto che lei ha rifiutato ogni proposta
di matrimonio dei vari pretendenti: è cotta di lui, ma quello zuccone ha la
testa davvero dura! La ama, di questo me ne sono accorto anche io, ma ritiene
di non essere la persona giusta per lei, teme di farla soffrire, eccetera
eccetera. Sembra non voler comprendere che Amelia non è tanto superficiale da
fermarsi all’aspetto fisico… ma se non si muovono, va a finire che perdo la
pazienza e gli do una bella spinta io, con i miei poteri. -
-I
tuoi poteri?-
Dess
sorrise di sbieco. Gli faceva un po’ strano poter fissare Naga negli occhi
senza abbassare la testa. Non era basso, anzi, pur avendo una corporatura
sottile, era piuttosto alto; ma la discinta maga era una delle ragazze più alte
che gli fosse mai capitato di conoscere. Nel suo sorriso si insinuò una nota
divertita.
-Io
sono un demone della lussuria. Posso scatenare la lussuria nelle persone e
negli animali, e indirizzarla come io desidero. Posso estenderla in modo
generalizzato… generando un’orgia. Oppure indirizzarla su una persona, in modo
che si senta attratta da me in modo irresistibile. Infine, manipolando in modo
differente il mio potere, posso spingere due persone l’una nelle braccia
dell’altro, travolti dalla passione. - ridacchiò, nel vedere l’espressione
stupita di Naga -Non ho mai usato questo mio potere in modo molto esteso. Non
credo che esista qualuno più imbranato di me, in questo campo… se si eccettua
Zel, credo!- indicò l’amico, che camminava dietro di lui, con un cenno del
pollice.
-Beh,
io voglio che Amelia sia felice, e se per fare questo Zelgadiss si deve
dichiarre a lei, beh, allora, parola mia, ci riuscirò!-
-Sai,
da quel che mi ha raccontato Lina, credevo tu volessi tutti gli uomini ai tuoi
piedi, e tutta la loro attenzione su di te. Invece, ora non mi sembra…-
-Beh,
in linea di massima, rispetto le “prede altrui”; voglio dire, se loro
spontaneamente vengono da me, pur essendo occupati, non mi importa molto, ma
non credo che cercherei di conquistare un uomo di un’altra… specie se l’altra è
mia sorella!-
-Naga,
tu dici “conquistare”… ma un uomo ti ha mai “conquistata”? Voglio dire, ti sei
mai innamorata?-
-Ma
che razza di domande che vengono da un demone!- la bruna si finse seccata; poi,
con una gigantesca manata sulla schiena di Dessran, che gli fece quasi perdere
l’equilibrio, sorrise, in modo sensuale. -Vuoi la verità? No. E non mi
interessa neanche. Le persone diventano strane, quando si innamorano. Diventano
burattini nelle mani di chi tiene il loro cuore, e io non sarò mai il burattino
di nessuno! OOOhohohohohohohohoooo!-
-Ok,
ma, per favore, non ridermi nell’orecchio!- Dess si sturò l’orecchio, mezzo
assordato, con un dito.
Poco
dopo, il sentiero cominciò a salire molto, come pendenza, e nessuno parlò più:
Naga e Amelia perché erano a corto di fiato, Zelgadiss perché immerso nei suoi
pensieri, e Dessran perché trovava assai interessante scrutare i suoi compagni
di viaggio, e cercare di indovinare cosa passasse nelle loro teste. Dopo un
poco, anche al mazoku cominciò a mancare il fiato, cosa che lo impensierì non
poco.
-Ragazzi,
aspettate un momento…- disse, estraendo la carta geografica e individuando la
loro posizione attuale, grazie a dei riferimenti come montagne e corsi d’acqua
-Siamo ancora a circa dieci chilometri dal villaggio, eppure c’è tanta energia
positiva da indebolirmi… se non avessi una componente di base umana,
probabilmente non tollererei queste emanazioni…-
-Di
che emanazioni si tratta? Io mi sento benissimo…- chiese Amelia.
-Logico:
tu, come umana, non ne risenti in maniera negativa; inoltre, essendo cresciuta
nella capitale della magia bianca, hai un’innata sensibilità alle emanazioni
positive, e le emani tu stessa. Per questo ti senti in sintonia con quelle che
pervadono l’ambiente circostante. Invece io, essendo costituito di energia
negativa, sono in totale dissonanza. Se non fossi un priest, e quindi di alta
potenza, probabilmente non riuscirei ad avvicinarmi più di così…- spiegò
Dessran, ripiegando la carta e riponendola nella dimensione astrale.
-Dess,
se vuoi, cerchiamo un altro villaggio, o possiamo anche dormire all’addiaccio:
se non ti fa bene stare in zona…-
-No,
Zel, posso resistere tranquillamente, a parte un po’ di nausea. Però è strano,
neanche Saillune mi dà quest’effetto, e sì che Saillune ha dei sigilli
anti-mazoku… adesso sono davvero curioso di sapere cosa c’è lì. Magari
quest’informazione potrebbe venire utile in futuro! Su, andiamo!- e, recuperato
il bordone, infilzato nel terreno, Dess riprese a camminare.
Andando
avanti, Dessran avvertiva in maniera crescente le emanazioni positive che lo
aggredivano, quasi fisicamente, entrando in dissonanza con la sua essenza
demoniaca, e indebolendola. Ma, imperterrito e testardo, la curiosità
stuzzicata, continuava ad avanzare. Dietro di lui, Amelia e Naga arrancavano
sul ripido sentiero; Zelgadiss chiudeva la fila, per nulla stanco, per
assicurarsi che nessuna delle due rimanesse indietro.
Arrivarono
sul crinale verso le tre, dopo una sosta per un frugale pranzo. Da lassù, il
villaggio era chiaramente visibile.
-Per
gli occhi di fuoco di Shabranigdo! Zel, dammi un pizzicotto, perché credo di
stare sognando di brutto!!!- esclamò Dessran, giunto per primo sul crinale,
intento a scrutare la valle. La chimera lo raggiunse con poche, rapide falcate,
seguito da Amelia e Naga che, stufe di camminare, avevano deciso di ricorrere
alla levitazione per superare l’ultimo, erto tratto di strada infida e sassosa.
Anche
Zelgadiss aguzzò lo sguardo, proteggendosi gli occhi dalla luce abbacinante del
sole con la mano protesa. E anche a lui uscì un rantolo di sorpresa…
-Lina!
E… Naga! A decine! Dozzine!!!! Ma… come sono vestite?-
Sotto
di loro si stendeva uno spettacolo quantomai inquietante: il villaggio era
costituito da un centinaio di casette, linde e ordinate. Gli uomini erano
relativamente pochi, forse erano nei campi che si stendevano dietro, o nei
boschi a fare legna. Ma le donne…
Il
novanta per cento erano ragazze sui venti-ventidue anni, o basse, minute, e dai
capelli rossi, o alte, formose, e dalla lunga chioma nera. Tutte portavano
abiti che né Naga né Lina avrebbero mai indossato: pieni di fronzoli, con
graziosi grembiulini e morbide gonne, casti e coprenti; ornate di nastri e fiori,
le ragazze portavano i capelli intrecciati in trecce, lasciate sciolte o
raccolte intorno alla testa; qualcuna portava i capelli più corti, altre li
avevano più lunghi di Lina o Naga. Ma, inequivocabilmente, erano indentiche a
loro.
-Ragazzi,
che succede? Perché vi siete fermati?- chiese Amelia, atterrando accanto a
Zelgadiss.
-Beh,
siete libere di non crederci, ma laggiù c’è un villaggio pieno di ragazze
identiche a Naga e a Lina… anche se indossano vestiti che Lina morirebbe prima
di metterli…- rispose Zel, lo sguardo di chi ha appena visto qualcosa di
orribile e che vorrebbe dimenticare…
-Oh
dei…- mormorò Naga -Ma allora era vero… hanno fondato un villaggio…-
-Chi,
Naga?- chiese Amelia, volgendosi verso la sorella.
-Alcuni…
alcuni anni fa, io e Lina trovammo uno specchio, capace di creare un duplicato
speculare di chi si specchiava… dopo un po’ di casini con un uomo che voleva
creare delle nostre copie ai suoi ordini, lo specchio è andato in frantumi…e da
ognuno di essi è nata una copia mia o di Lina… ma al contrario! Sono
terribilmente buone, gentili, premurose, caste, pure e arrendevoli, pensano che
con l’amore e l’amicizia si possa convertire il mondo intero… Lina e io siamo
scappate di corsa. Pensavamo si fossero disperse per il mondo, e invece… avevo sentito
dire di un villaggio di filantrope, ma speravo…- era sbiancata.
-Un
villaggio pieno di Line con un buon carattere? Questa non me la voglio proprio
perdere!- esclamò Zelgadiss.
-Non
potremmo girare alla larga?-
-No
no no!- lo shamano pareva estremamente divertito, ora, dalla situazione
-Amelia, andiamo?-
La
principessa non se lo fece ripetere: ovunque, pur di stare con Zel!
Dess
fece buon viso a cattiva sorte -Dai, sarà divertente!- disse, prendendo
sottobraccio Naga e trascinandola giù per il sentiero…
Secondo
voi, com’è entrare in un villaggio popolato di ragazze identiche a voi, ma
terribilmente buone, dolci, premurose, da far cariare i denti?
Malgrado
le proteste di Amelia, Dessran e Naga si chiusero nelle rispettive stanze,
nella locanda, rifiutandosi di uscire. La shamano e la principessina rimasero
da soli, a gironzolare per il villaggio.
-Se
non lo vedessi con i miei occhi, giuro, non ci crederei. In quel negozio di
dolci, la Lina alla cassa mi ha fatto persino uno sconto!- constatò Zelgadiss,
uscendo da una pasticceria reggendo in mano un sacchetto pieno di pastarelle
alle mandorle e un altro di biscotti al caffè. Passò il primo ad Amelia, e
iniziò a sgranocchiare distrattamente un biscotto.
-E’
assurdo, vero? Sembra un sogno…-
-O
un incubo?-
-Non
so… per Naga sembra essere l’incubo peggiore di tutti. Si è chiusa nella nostra
camera, e non ha voluto saperne di uscirne.
Sai,
Zel, mi sarei aspettata che ti precipitassi alla biblioteca della città, o
quantomeno nei negozi che vendono libri…-
-Ho
chiesto: non ci sono biblioteche, qui, e l’unico negozio che vende libri ha
solo romanzetti rosa…-
Il
pomeriggio scese, lentamente. Zelgadiss e Amelia gironzolarono ancora un po’
senza meta per la città, ommeglio, Amelia gironzolava per i negozi, trascinando
Zel, che si trovò a dover farle da “portapacchi”…
-Amelia, ma cosa te ne fai di dieci camice da
notte tutte uguali?-
-Ma
dai, Zel, erano così carine, con tutti quei cuoricini e fiocchi rosa! Oh, che
carino!- Amelia aveva inchiodato davanti a una vetrina di biancheria -Aspettami
qui, Zel!-
Non
che ci fosse bisogno di dirglielo: ce lo vedreste Zelgadiss entrare in un
negozio di biancheria intima femminile?
Molto
più tardi… (ora di cena)
-Dess,
Naga è ancora in camera?-
-Si.
Ha detto che si fa portare su qualcosa. -
Zelgadiss,
Dessran e Amelia erano seduti nella sala da pranzo della locanda, e stavano
cenando. Naga non si era fatta vedere… ommeglio, la Naga originale, perché la
metà delle cameriere del locale erano copie di Naga.
Dessran
si alzò da tavola dopo poco, non aveva veramente bisogno di mangiare, e gli era
venuta una buona idea…
-Vado
a vedere come sta. - disse, salendo le scale e dirigendosi al piano di sotto.
Bussò alla porta della camera di Naga e Amelia, entrando quando lei gli gridò
che poteva farlo.
Sul
tavolo da toalette giaceva il vassoio, precedentemente contente la cena, pieno
di piatti sporchi. Naga sedeva a gambe incrociate sul letto matrimoniale, e
stava facendo un solitario con un mazzo di carte.
-Naga,
senti io avrei un’idea, però ho bisogno della tua collaborazione. -
-Di
che si tratta?- chiese lei, distogliendo appena lo sguardo dal gioco.
-Più
tardi, quando Amelia e Zelgadiss verranno su a dormire, dovranno trovare una
delle due camere occupata da noi due… -
Naga
alzò lo sguardo, distogliendo l’attenzione totalmente dal gioco di carte per
concentrarla su Dessran -Intendi dire che dovremmo far creder loro che
stiamo…?-
-Esatto.
Non vorranno disturbarci, e visto che queste erano le ultime stanze libere
della locanda, dovranno dormire nella stessa stanza. Una piccola spintarella,
non molto, quel tanto che basta a scatenare una tremenda voglia di baci e
coccole varie, dovrebbe bastare a far crollare quella zuccaccia dura di
Zelgadiss, e a far felice Amelia. Naturalmente, questo dovrà rimanere segreto
tra noi due, o è la volta buona che Zelgadiss mi manda all’altro mondo con un
Ra-Tilt formato gigante…-_^ -
-D’accordo!-
esclamò Naga -In quale camera li facciamo finire, in questa che ha il letto
matrimoniale, o nell’altra coi letti singoli?-
-Ci
andiamo a mettere noi nell’altra, Naga?- chiese con aria maliziosa il mazoku.
Sorriso malizioso replicato anche dal volto di Naga -Per me va bene… facciamoli
stare comodi…-
Quando,
un’oretta dopo, lo shamano e la principessa tornarono nelle loro camere, si
trovarono davanti a una imbarazzante sorpresa…
La
camera con i due letti singoli, destinata a Zelgadiss e a Dessran, aveva la
porta chiusa a chiave… dall’altra parte del solido pannello di legno, si
sentivano dei ritmici scricchiolii attribuibili a uno dei due letti, e,
saltuariamente, qualche sospiro…
…
Sileeeeenziooooooo
dei due…
*piccolo
corvo con scia di puntini in background*
…
un
gridolino di piacere più forte, l’inconfondibile voce acuta di Naga, dalla
stanza chiusa.
*ARROSSSSSSS*
dei due…
-Amelia…
-
-Zel…
pensi anche tu quello che penso io?-
-Credo
di si… e credo anche che non sia il caso di disturbarli…
Come
faccio, io, ora?-
-Eh?
In che senso?-
-Dove
vado a dormire, visto che la camera l’hanno occupata quei due, e a giudicare
dai rumori, non sembra che le libereranno presto?-
…
Silenzio
tra i due. Amelia arrossì come un pomodoro, e mormorò qualcosa. Solo grazie al
suo finissimo udito di chimera Zel potè udire cosa la ragazza aveva detto:
-Beh… c’è sempre l’altra camera…-
Fu
il turno di Zel di arrossire. Scuotendo le mani davanti a sé, si allontanò di
un passo da Amelia. -Ma sei impazzita? Se tuo padre lo venisse a sapere, io…
tu… insomma…-
-Oh,
avanti, come pensi che lo venga a sapere? E poi, non dobbiamo fare altro che
dormire, solo ed esclusivamente dormire… Abbiamo già dormito nella stessa
stanza, ricordi?- disse lei, alludendo a quella volta, dopo la gara canora,
quando Zel si era dovuto rifugiare in camera di lei per sfuggire alle fans
esagitate.
Amelia
si sentiva strana, audace; come disinibita da quel velo di imbarazzo che le
provocava sempre il cercare di parlare da sola con Zelgadiss di loro due.
-Ma
ma ma…-
-Dai,
avanti!- Amelia lo prese per mano, e lui si lasciò trascinare nella camera, non
senza essersi guardato intorno, pieno di ansia.
Nel
frattempo, nella camera di Dess e Naga…
-Bingo!
Fase uno del piano, riuscita in pieno! Non si sono accorti dell’infiltrazione
del mio potere!- gongolò Dessran, staccandosi dalla porta, a cui era rimasto
vicino, per poter meglio influenzare i due. Naga, in ginocchio sul letto, fece
un altro paio di mezzi saltelli sulle ginocchia, facendo scricchiolare un po’
la struttura.
-Hai
recitato benissimo, Naga!- si complimentò con lei il mazoku.
-Oh,
figurati, è stato facilissimo. Avrei pagato non so quanto, per vedere la faccia
di quei due!- sogghignò la mora. Anche Dess sorrise.
-Oh,
e vedrai domattina, che facce faranno quando li andremo a chiamare… Mmm… no,
forse è meglio di no…- ci ripensò poi -Bene, Dess, al lavoro!- si fece
scrocchiare le dita, e si lasciò cadere sul letto, chiudendo gli occhi per
concentrarsi meglio. Ora, era la parte del suo corpo risiedente nel piano
astrale a muoversi, spostandosi nella zona di Lato Astrale parallela alla
camera di Amelia.
Nel
piano astrale, Dessran era molto diverso. Avendo ricevuto energia demoniaca da
due Dark Lords diversi, non aveva una forma fissa e precisa; l’energia
demoniaca che lo aveva trasformato da umano a mazoku gli aveva conferito un
aspetto quasi mostruoso, ma vagamente umanoide, con lunghe braccia muscolose e
gambe terminanti in piedi di felino. Ma l’energia che Garv gli aveva innestato
nel potenziarlo e trasformarlo in suo subordinato gli aveva dato le sembianze
di una viverna. Ora, nel Piano Astrale, lui ondeggiava in queste due forme,
talvolta trovandosi in forma ibrida.
Adesso,
per esempio, aveva bisogno del potere della Lussuria conferitogli da Phibrizio,
quindi la sua forma era più umanoide, malgrado il volto vagamente felino, le
doppie corna, le ali membranose e la coda cornuta lo facessero apparire ben
poco affine alla lussuria.
Spostandosi
di qualche metro, allungò le mani, iniziando a disegnare qualcusa nell’aria. Un
lucore rossastro proveniva dalle linee tracciate nell’aria del Piano Astrale, a
delineare uno schema sinuoso e intrecciato. Dessran stava elaborando e
incanalando in maniera controllata e specifica il suo potere, e anche nel Lato
materiale le sue mani dalle lunghe unghie nere si muovevano delicatamente,
tracciando una versione in scala ridotta dello strano simbolo.
Naga
lo osservava, in silenzio. Capiva che non doveva essere facile per il demone
calibrare così attentamente il suo potere, né troppo, né troppo poco. Ma
sembrava che stesse riuscendoci alla grande, malgrado tutto.
Nella
camera a fianco, Zelgadiss si era voltato dall’altra parte quando Amelia era
andata dietro al paravento per mettersi in pigiama. La chimera si era tolta il
mantello, la casacca a maniche lunghe, i guanti e le scarpe. Il suo pigiama era
rimasto nell’altra stanza, per cui avrebbe dovuto dormire vestito.
In
preda a pensieri più o meni imbarazzanti, compreso quello che avrebbe detto a
Dessran l’indomani, non si accorse che Amelia aveva finito di cambiarsi, ed era
uscita da dietro il paravento.
-Zel,
tu non ti cambi?-
-Ehm…
no, il mio pigiama è rimasto di là… - si lasciò cadere sul letto, cercando di
non guardare come la corta camicia da notte di Amelia le ondeggiava attorno
alle ginocchia. “Non devo”, si ripeteva, “non devo”. “Anzi, stanotte dormo
sulla poltrona”. Peccato che la poltrona presente in precedenza nella stanza
era stata preventivamente spostata nell’altra stanza da Dessran, poco prima
^_^!
Quando
anche Amelia si sedette sul letto, dall’altra parte, Zelgadiss si alzò, andò
verso l’armadio e, dopo avervi frugato un po’, ne estrasse una coperta. Sotto
lo sguardo interrogativo di Amelia, ci si avvolse, e si sedette con la schiena
poggiata al fianco del letto, volgendole le spalle.
***
(d’ora in poi, i tre asterischi indicano un “contemporaneamente” nel Piano
Astrale, n.d.Ilune)
-Mapporc…
zuccaccia dura!- sbuffò Dessran. Zelgadiss era molto poco influenzabile dai
suoi poteri, il suo fortissimo autocontrollo riusciva ad avere la meglio sui
pensieri che i poteri del priest solleticavano. Pur non interrompendo il flusso
dell’incantesimo sullo shamano, Dessran decise di concentrarne di più su
Amelia, molto più facilmente influenzabile da quel punto di vista. ***
Amelia
rimase ferita nel vedere come Zelgadiss avesse deciso di passare la notte.
Perché si ostinava a comportarsi così?
Gattonando
sul letto fino alla parte opposta, si stese poi per traverso, cingendo con le
braccia il collo di Zelgadiss, e poggiando la testa sulla sua spalla. Zelgadiss
non reagiva… beh, non era certo quello che lei sperava, ma sempre meglio di
quel che invece aveva temuto…
Zelgadiss
era immobile, come paralizzato. Dentro di sé, due istinti di base si
combattevano: spostarsi, interrompere quel contatto… o ricambiarlo. Nel
frattempo, lì, rosso come un pomodoro, sentiva le morbide braccia di Amelia
sulla sua pelle di pietra. Aspirava il suo profumo, dolce, leggermente
speziato; gli ricordava la fragola e la cannella. Alzò una mano, come a voler
ricambiare con una carezza sul braccio quel tenero abbraccio…
***Dess
gongolava***
Ma
la vista della sua pelle di pietra, con le scaglie più scure in rilievo, lo
colpì quasi fisicamente. La pelle di un mostro, pensò amaramente. Lasciò
ricadere la mano, come disgustato dalla sua stessa vista. Santo cielo, come
faceva Amelia? Come faceva anche solo a tollerare di toccarlo?
Si
alzò di scatto in ginocchio, allontanandosi dal letto e dalla coperta…
*SDONK*
…
*Gocciolone
di Zelgadiss*
Quando
lui si era spostato, Amelia non aveva fatto a tempo a ritirarsi, e, sbilanciata
com’era, era caduta a faccia a terra.
-…ahia…-
gemette lei, con una vocina sottile sottile.
Siccome
dopo diversi infruttuosi tentativi di rialzarsi, tutto quello che Amelia era
riuscita ad ottenere era un naso ancora più dolorante per le cadute a faccia a
terra (e qui, sulle cadute, ci metto la mano sul fuoco che c’entra lo zampino di
Dessran ^_^ n.d.Ilune), Zelgadiss la prese per le braccia e la tirò su…
ommeglio, cercò di tirarla su, perché all’improvviso si sbilanciò anche lui,
data la posizione di equilibrio precario, proteso in avanti, che aveva assunto
per evitare ad Amelia un’altra capocciata. Non avendo fatto i conti con la
forza di gravità (e con una spintarella di Dessran al suo corpo astrale, nel
Piano Astrale), sia lui, sia Amelia si ritrovarono a terra!
Amelia
pensò per un attimo di essere in Paradiso: un attimo prima, non riusciva a
rialzarsi dalla ridicola posizione in cui era caduta; un attimo dopo, ed era
lunga distesa su Zelgadiss!
-Ehm…
Amelia… puoi spostarti?- Zelgadiss stava diventando molto, mooooolto rosso.
Sentiva su di sé il live peso di Amelia, il suo corpo morbido sopra il suo di
pietra. Beh, la sua pelle poteva essere di pietra, ma dentro era ancora un
uomo, e la reazione che il corpo di qualsialsi uomo avrebbe avuto in un simile
frangente lo stava gettando nel più profondo imbarazzo.
Per
fortuna, Amelia si spostò un po’, e Zelgadiss si alzò a sedere. Stava per
scostare la ragazza, ma lo sguardo di lei, fisso sul suo volto, lo bloccò. Era
seria. Seria come raramente, forse mai l’aveva vista. Seria e risoluta. Strano
come quell’espressione non stonasse su quel visino dolce, si sorprese a pensare
Zelgadiss.
-Zelgadiss,
noi dobbiamo parlare. - disse, risoluta, posando la mano sinistra sulla destra
di Zel -Parlare di noi due, e di quello che c’è-
-No.
Non di quello che c’è. Di ciò che tu pensi ci sia. -
Amelia
tacque. Zelgadiss sapeva d’averla ferita, ma doveva mettere le cose in chiaro.
-Tu pensi di amarmi; ma è solo un infatuazione; lo sappiamo entrambi. -
-No,
Zelgadiss. Non è vero, e tu lo sai. - replicò lei, cercando di apparire sicura,
ricacciando indietro le lacrime che già lottavano per uscire.
“E’
vero” disse una vocina detro Zelgadiss “non è un’infatuazione, sono quasi due
anni che ti aspetta, rifiutando ogni altro pretendente: tanti, tantissimi
uomini belli e affascinanti…”
-La
questione è un’altra. - continuava Amelia -Io ti amo, ma voglio, ho bisogno di
sapere davvero se TU, almeno un poco… almeno un poco, mi ami…-
Zelgadiss
fece per parlare, ma sulle sue labbra appena socchiuse si posarono le dita di
Amelia.
-Ti
prego… dimmelo solo se ne sei davvero sicuro… non voglio dover soffrire ancora
inutilmente…- l’espressione risoluta non era sparita, ma Zelgadiss poteva
vedere delle lacrime pronte a sgorgare, negli occhi blu della ragazza.
“Basta”
decise “ha ragione, stavolta devo essere sincero, sul serio”. Era ora di
finirla con queste frasi lasciate a metà, malintesi, e tutto il resto. E se era
davvero vicino alla soluzione del suo problema, allora non poteva e non voleva
permettersi di perdere Amelia.
Negli
occhi di Zelgadiss, Amelia poteva leggere la risoluzione, ferma e decisa, e per
un attimo si chiese se quella era risoluzione a…
Le
braccia di Zelgadiss si mossero quasi da sole, a circondare Amelia e a
stringerla a sé.
Amelia
poteva sentire sotto le dita, attraverso il tessuto sottile della canottiera,
la pelle di Zelgadiss. Checché lui ne dicesse, a lei piaceva. Non era fredda
come vera pietra, lei poteva sentirla viva… il volto poggiato sul petto di lui,
poteva udire il battito del suo cuore, il respiro sui suoi capelli…
-E’
un “si”, Zel?- chiese, speranzosa.
-Amelia,
io… voglio essere sincero con te. Ti amo, è vero…- Zelgadiss vide Amelia
sussultare, sorridere e stringersi a lui -Ma… non mi sento in grado di renderti
davvero felice, finché-
-Finché
non avrai recuperato il tuo aspetto umano?- lo interruppe lei -Zel, io non amo
la parte esterna di te… cioè, anche quella - arrossì -ma ti amo per come sei
dentro. Credi davvero che io sia tanto superficiale da fermarmi all’aspetto
esteriore?- sorrise, accarezzandogli il volto, infilando le dita tra le ciocche
di capelli, e traendo da essi riflessi color glicine alla luce calda delle
candele poggiate sui comodini, che illuminavano dolcemente la stanza. -E poi,
io ti trovo fantastico anche così!- sorrise di nuovo.
Zelgadiss
arrossì, mormorando qualcosa.
-Mai
stata più seria. - fu la risposta di Amelia, appena poco più forte di lui. Posò
di nuovo la testa sul petto di Zelgadiss, desiderando che quell’istante durasse
per sempre.
-Vedrai,
questa sarà la volta buona, Zel. Me lo sento. -
-Lo
spero tanto, Amelia. Davvero. Ma non per me… ma per te. Perché ti meriti di più
che amare un mostro…- sotto lo sguardo severo di Amelia, Zelgadiss si corresse,
prima che la ragazza attaccasse una scherzosa (o forse no?) ramanzina sulla
bellezza interiore, e simili .-…anche se dentro sono ancora un uomo. Io non
voglio importi nulla, finché non sono sicuro di poterti rendere felice…-
Amelia
si alzò un poco, guardandolo dritto negli occhi -Ma allora non è penetrato in
questa zucca dura?- fece “toc toc” scherzosamente sulla testa di Zelgadiss, che
la fissava con un enorme punto interrogativo, corredato di gocciolina appesa,
fisso sulla testa. Amelia sorrise, e Zelgadiss si sentì sciogliere dentro,
nella consapevolezza che quel sorriso dolcissimo era per lui, e solo per lui.
-Io
sono felice solo se tu sei con me. E non sono le parole di una ragazzina alla
prima cotta; sono le parole di una giovane donna innamorata…-
-Oh,
Amelia…-
Erano
vicini, vicinissimi, tanto che le ciocche di capelli, s’intrecciavano l’une
nelle altre…
***-Dai
dai dai… dai che ci siamo…-Dessran, dal piano astrale, si sentiva un po’ in
colpa a spiarli così, ma d’altra parte non ne potreva più di aspettare. Vedeva
davanti a sé anche due sagome traslucide, color biancastro, esili: erano i
corpi astrali di Zelgadiss e Amelia. Erano collegati ai corpi materiali
dell’altro Lato, e sapeva anche che una piccola spintarella al corpo astrale si
sarebbe ripercossa anche nel lato materiale del mondo, sul corpo materiale…***
La
distanza si annullò, mentre le loro labbra si incontrarono… dapprima solo esse,
poi le bocche che si cercavano,le
lingue che si intrecciavano in una sinuosa danza d’amore…
***-Evvai!
Finalmente!- Dessran fece una capriola su sé stesso, battendo le mani
soddisfatto. -Bene, direi che adesso possono continuare da soli; lascerò un
pochino della mia influenza su di loro, ma adesso torno sul Lato Materiale…-***
Amelia
non avrebbe mai neanche potuto immaginare che un bacio potesse essere così
dolce, eppure tanto intenso. Sentiva la lingua di Zel sfiorarle i denti e il palato,
il suo alito caldo che si mescolava al suo. Si staccarono appena, per
riprendere fiato; poi Amelia riprese a baciarlo, con la punta delle labbra,
mordicchiando dolcemente il labbro inferiore di lui, per poi insinuare la
lingua tra le labbra di Zelgadiss, e tornando a intrecciarla alla sua…
“Come
fanno?”, si chiese per un istante Zelgadiss, “come fanno i nostri corpi a
sapere cosa fare, quando è la prima volta per entrambi?”, mentre stringeva a sé
Amelia, come timoroso che lei gli sparisse tra le braccia. Sentiva le dita
sottili della ragazza infilate tra i suoi capelli, che accarezzavano dolcemente
la testa, soffermandosi poi a giocherellare con la punta delle orecchie, e
scendendo poi sul collo e sulle guance.
Quando
poi si staccarono, molti baci e carezze dopo,Amelia non parlò, ma il suo sguardo, dolcissimo e irraggiante felicità
come un piccolo sole, valeva più di mille parole.
Nell’altra
stanza, intanto…
-Allora?
Come è andata?- chiese Naga, quando il corpo di Dessran smise di farsi
intermittente a tratti, e il mazoku si rialzò a sedere.
-Alla
grande: Zel si è dichiarato, e adesso sono lì che si sbaciucchiano. Missione
compiuta, Naga!- Dess fece il segno della vittoria con le dita.
Mattino
successivo…
Nella
camera col letto matrimoniale, la luce entrava attraverso gli scuroni di legno
socchiusi. Amelia era sveglia, e sentiva un piacevole tepore. Aprì un occhio, e
la prima cosa che vide, fu la schiena muscolosa di Zelgadiss, coperta solo
dalla canottiera. Il ragazzo dormiva su un fianco, e Amelia stese il braccio
destro, posando sul fianco di Zel.
Nel
sonno, lui si girò, voltandosi prima sulla schiena, e poi verso Amelia, che si
rannicchiò accanto a lui.
Dopo
un poco, però, non riuscendo più davvero a dormire, e notando che non era più
proprio prestissimo, decise di svegliare Zelgadiss, sebbene a malincuore, dato
che dormiva di gusto.
-Zel…
Zel, sveglia… dobbiamo ripartire…- sussurrò piano. Niente da fare: Zelgadiss
era, stranamente, addormentato di brutto. Sorridendo con aria maliziosa, la
principessina si tirò sù sul gomito sinistro, e cominciò il suo “programma di
sveglia dolce”…
Zelgadiss
non dormiva profondamente, era in dormiveglia, e quando aveva sentito Amelia
parlare, si era svegliato del tutto. Ma non voleva che la giornata cominciasse,
e che quel piccolo idillio mattutino finisse, quindi aveva finto di dormire.
Adesso poteva sentire le dita di Amelia scorrere sulla pelle di pietra del suo
viso, accarezzando dolcemente quelle scaglie in rilievo che lui tanto
detestava, sfiorarlo sulle labbra coi polpastrelli, e poi scendere giù lungo il
mento, fino al collo e al pomo d’Adamo, per poi risalire fino alle tempie. Era
una deliziosa autotortura restare immobile, fingersi addormentato, sotto quel
tocco dolce, innocente e sensuale allo stesso tempo. Quando poi sentì le labbra
morbide e calde di Amelia sulle sue, ogni sua finzione cadde: ricambiando il
bacio, prima a fior di labbra, poi più profondo, la strinse a sé, trattenendola
su di sé, e passando le dita tra i nerissimi, sericei capelli.
-Buongiorno,
Zel… piaciuta la sveglia?-
-Buo…buongiorno,
Amelia…-le sorrise, imbarazzato. -Vorrei potermi svegliare tutti i giorni
così…- disse poi, arrossendo delle sue stesse parole. Amelia gli regalò un
altro di quei suoi sorrisi dolcissimi, fatti solo per lui, baciandolo sulla
guancia -Certo! Sarà ogni mattina così, se tu vorrai, Zel… amore mio…- le
ultime due parole le sussurrò, quasi temesse fossero troppo fragili, delicate
come le ali di una farfalla, e che dicendole a voce troppo alta si sarebbero
frantumate per sempre.
La
sala da pranzo della locanda era inondata dalla luce del sole, che creava
delicati giochi di luci e trasparenze con le sottili tendine di garza e
fiocchetti alle finestre. Dessran beveva una tazza di tè, mentre Naga
spazzolava via una paio di uova, bacon, salsicce e succo di frutta. Si voltò
appena quando intravide con la coda dell’occhio Amelia e Zelgadiss scendere le
scale. Amelia teneva Zel per mano, e lo shamano pareva un po’ imbarazzato nel
farsi vedere così dai due amici. Ma questi si astennero da qualsialsi commento,
intuendo che le battutine erano l’ultima cosa ottimale al rapporto tra i due.
-Buon
giorno! Venite, adesso chiamo la cameriera, che porti la colazione anche a voi.
Appena finito partiamo. - disse tranquillamente Dessran -Ho anche trovato un
passaggio su un carro di fieno fino alla prossima città, se ci sbrighiamo. -
Amelia
e Zelgadiss si sedettero a tavola, mentre una donna (che, stranamente, non era
un clone né di Naga né di Lina) portava altre uova con bacon e salsiccia, succo
di frutta, alcuni frutti e del caffè.
Terminata
la colazione, pagato il conto e recuperati i pochi bagagli, uscirono in strada,
dove il “passaggio” ottenuto da Dessran li stava aspettando abbeverando il
mulo.
Era
un grosso carro carico di fieno fragrante di montagna, che doveva essere
portato fino a una valle vicina dove, a detta di Dessran, il campo di
emanazioni positive si indeboliva abbastanza da permettergli di teletrasporare
tutti e quattro.
Seduti
sul retro del carro, sprofondati nel fieno soffice, parlavano del più e del
meno, o osservavano il cielo, di un intensissimo color azzurro calendula.
-Zel,
cosa farai, dopo aver recuperato l’aspetto umano?- chiese Naga. Zelgadiss parve
pensieroso. Scoccò un’occhiata ad Amelia, che la ricambiò con un tacito
messaggio: non ancora.
-Non
so… ho passato così tanto tempo a cercare la cura alla maledizione inflittami
da Rezo, è stato il mio chiodo fisso per tanto tempo, e tutto il resto pareva
tanto piccolo e insignificante, a confronto… chissà, potrei anche stabilirmi da
qualche parte, “mettere radici”… anche se non riesco a immaginarmi in versione
“pantofolaio”… - ridacchiò al pensiero.
-Sarei
davvero curiosa di vederti in veste da camera e pantofole, Zel!- esclamò
Amelia, ridendo. Immerse nel fieno, le loro mani si incontrarono, e le dita si
intrecciarono.
-Beh,
hai ragione, Amelia, sarei davero una strana visione! Non sono mai stato un
tipo stanziale e tranquillo, nemmeno da bambino!- si rannuvolò -Non ho mai
avuto una vera casa, da bambino. Rezo viveva praticamente nei vari circoli di
magia delle più grandi città, per i quali vagava alla ricerca di una cura per
la sua cecità. - detto ciò, s’azzittì, rimanendo cupo. Amelia si pentì
immediatamente dell’accenno “pantofolaio” che aveva causato quel momento di
tristezza. Come a volerlo confortare, si appoggiò a lui, dissimulando tra il
fieno cedevole, stringendogli di più la mano.
A
quel tocco delicato, ma deciso, Zelgadiss sentì la sua malinconia disperdersi:
Amelia era il sole che dissipava le amare nuvole del rimpianto, della tristezza
e dei cupi ricordi di un’infanzia trascorsa senza amici, e con pochi
conoscenti. Sorrise ad Amelia, che gli sorrise di rimando. Si accostò di più a
lei, sprofondando nel fieno profumato e chiudendo gli occhi, godendo del tepore
del sole, del profumo dell’aria e della vicinanza di Amelia, che, col suo
amore, lo faceva sentire bene come mai, nella sua vita, era mai stato.
Capitolo 3 *** X-files! - Il mistero della città dai gradini rossi! La sorgente, dov’è? ***
Quest of Souls
Cap. II - X-files! - Il
mistero della città dai gradini rossi! La sorgente, dov’è?
Finalmente,
raggiunsero una zona che Dessran definì “sucessivamente lontana dal villaggio
perché io possa farcela senza ridurmi a uno straccio”; ringraziato il
carrettiere, e anche il mulo, con una grattatina dietro l’orecchio per il
secondo, si allontanarono in direzione opposta a quella presa dal carrettiere.
Non
appena il carretto ebbe svoltato l’angolo del sentiero, scomparendo alla vista
dietro i fitti alberi del bosco, Dessran si concentrò un istante, afferrò per i
lembi del mantello Amelia e Zelgadiss, per una ciocca di capelli Naga, e un
istante dopo il sentiero era vuoto e tranquillo.
Ai
tre umani, il passaggio nel piano astrale parve durare meno di un battito di
ciglio. Era stato così, ma anche se fosse durato di più, loro non avrebbero
potuto avvertirlo: nel Piano Astrale, i corpi del Lato Materiale risultano in
una sorta di “stasi temporale”, quindi, a parte i draghi più esperti e i
mazoku, non percepiscono sensazioni. Possono cioè restarvi per anni, senza
accorgersene, né invecchiare.
Un
momento, prima sotto ai loro piedi c’era un sentiero di terra battuta, ghiaioso
a punti, coperto qui e là di macchie di aghi di pino, sotto le conifere;
l’istante successivo, morbida rena umida accolse gli stivali, iniziando la sua
(eheh diabolica e inarrestabile, n.d.Ilune) avanzata fino ai più reconditi
angoli degli stivali (non chiedetemi come fa. E’ un dato di fatto: fate due
passi di numero sulla sabbia, e porterete sabbia in casa per settimane.
Veramente!), mentre ilfruscio della
risacca, morbido e sommesso, e lo stridio dei gabbiani facevano da sfondo
sonoro al piccolo, pittoresco villaggio che si stagliava, arroccato su alcuni
scogli, vicino all’orizzonte.
-Bene,
datemi un’oretta per “ricaricare le batterie” al massimo, e poi possiamo
compiere il balzo maggiore, attraverso l’oceano. - sentenziò Dessran,
stiracchiandosi.
Il
sole era caldo, e l’acqua invitava a fare un tuffo. Sempre disponibile ad
aiutare gli amici, Dess creò dal piano astrale dei costumi da bagno, e ben
presto Amelia, Naga e Zelgadiss erano in acqua, a schizzarsi e a ridere.
Stranamente, Dessran non aveva voluto entrare in acqua, e Zelgadiss lo aveva
scoperto a fissare il mare con un’espressione tra l’arrabbiato e il triste. Non
aveva voluto indagare, intuendo che si trattava di una delle molte pagine
dolorose della vita dell’amico.
Mentre
Naga e Amelia si concedevano una nuotata un po’ più al largo, Zelgadiss, con la
scusa che nuotare gli era ancora impossibile (per l’elevato peso specifico… non
a caso lo hanno usato anche come ancora!!!), uscì dall’acqua, e si sedette
accanto a Dessran.
-Non
ti chiederò a cosa, o a chi, stai pensando, perché so per esperienza che non è
bello essere forzati a parlare. Ma se avessi bisogno di parlare, sarò sempre
pronto ad aiutarti. - gli disse, senza fissarlo in volto.
Dessran
rimaneva tacito. Pareva immerso nella contemplazione del mare, delle onde della
risacca che si sdraiavano pigramente su quella sabbia fine, sul lungo bagnasciuga
cosparso di alghe, conchiglie e pezzi di legno.
-Grazie.
Si tratta solo di ricordi un po’ amari. E di codardia. - si alzò, sferzando con
la coda i pantaloni per far cadere la sabbia che vi era rimasta attaccata.
Senza
sfiorare l’acqua nemmeno con la punta dei piedi, arrivò sopra le ragazze,
chiedendo se potevano uscire dall’acqua, e prepararsi al “balzo”.
Zelgadiss
lo osservava pensieroso. Anche lui aveva dei segreti e dei ricordi di cui non
amava parlare… ma Dessran aveva un’intera esistenza di amarezza, mille e più
anni di solitudine. Quanto teneva celato, di sé? Quanto ricacciava nei bui
pozzi, nelle oscure stanze della sua casa dell’anima, cercando di nasconderle
persino a sé stesse, per dimenticare?
Erano
molto simili, si rese conto Zelgadiss. Ma reagivano in modo diverso a ciò che
la vita aveva avuto in serbo per loro.
La
casa dell’anima di Zelgadiss era simile a una villa vasta, ordinata e un po’
polverosa, arredata sobriamente di tutto ciò che serviva, nulla di più, nulla
di meno. Ma c’era stanze chiuse a chiave, dietro cui si nascondevano ombre e
paure, e strane e spaventose cose di cui lui non ignorava l’esistenza, ma
fingeva di farlo. Un’intera ala era un posto che la sua ragione non voleva
vedere, ignorava deliberatamente, chiudendone il grosso portone a chiave. Pochi
potevano vantarsi di aver visto più dell’atrio, serio e severo. Forse solo
Amelia.
Dessran…
la sua non era una casa. Era un castello. Un vasto maniero in cui ogni stanza
racchiudeva una tristezza, grande o piccina, un’amarezza, una delusione. Alcune
stanze, pochissime, avevano le porte aperte, e le finestre spalancate, a
illuminare di sole i momenti felici della sua esistenza. C’era poi un grande
atrio, e un salone vasto e accogliente, lindo e arioso, che sprizzava
buonumore. Non era una facciata, lui era così. Era anche così. Ma se si fosse
guardato con attenzione, superando le oscure camere dalle finestre sbarrate e
dai mobili scuri e tristi, si sarebbe trovato uno strano posto, dal profumo di
mare. Adorno di conchiglie, era immerso in una doce malinconia che permeava
ogni oggetto, come un profumo antico, che si mescolava a quello delle onde; lì
tutto ricordava il mare; ma in un angolino, c’era una macchia di buio rimorso,
amaro e torbido, un piccolo ripostiglio, in cui i ricordi negativi erano stati
cacciati a forza, per non rovinare quelli meno brutti, ma che riuscivano
ugualmente a spingere i loro tentacoli su quella marina malinconia. E nel
corridoio fuori aleggiava un rimpianto e un’amarezza quasi palpabili.
Ma
usciamo dalle case dell’anima dei nostri due complessi individui, torniamo a
osservarli da fuori, dagli occhi delle due ragazze che, ridenti, si strizzano i
capelli, saltellano sulla sabbia per evitare un granchio dispettoso, e
recuperano sorridenti i loro vestiti, andando dietro ai cespugli per cambiarsi.
-Naga,
cos’ha Dess? Sembra malinconico…-
-Non
lo so, Amelia. Ma credo che abbia qualcosa a che fare col mare. Stamattina non
era così. E fissa il mare con un’espressione da spezzare il cuore. -
-Davvero?-
sorrise, di sbieco -Certo che lo osservi bene! Ma credo che ieri sera lo avrai
osservato più da vicino!-
Naga
strizzò l’occhio -Giuri di mantenere un segreto?-
-Che
segreto?-
-Giura
di mantenerlo, e te lo dirò!-
-Dimmelo
dimmelo dimmelo!- Amelia saltellava come una bambina, eccitata.
-Tu
prima giura!-
-Oh,
e va bene, giuro di mantenerlo, questo segreto!-
Naga
si accostò all’orecchio di Amelia -Sai… ieri sera, noi due…-
-Voi
due?-
-Non
abbiamo fatto nulla. -
-EEEHHHHH?!?!?!-
-SSShhhhh!!!
Abbassa la voce!
E’
la verità, non guardarmi così! Abbiamo reso “inagibile” una delle camere, per
costringervi nell’altra! Speravamo che andasse tutto bene… a proposito, poi
com’è andata?- chiese maliziosa.
Amelia
arrossì -Beh, ecco… si, beh, me lo ha detto. Mi ha detto che mi ama. E quando
avrà rotto l’incantesimo che lo rende una chimera, renderemo la cosa ufficiale.
Ma intanto stiamo insieme…-
-E
poi? Ti ha baciata?-
-Ecco…
si… e mi piace troppo come bacia!- Amelia arrossì ancora di più, portandosi le
mani strette a pugno al volto per l’imbarazzo.
-E
brava sorellina! Tra l’altro, detto tra noi, hai ottimi gusti, sai? È carino, è
intelligente, ed è pure modesto! Se non fossi mia sorella, cercherei di
soffiartelo!
Ehi,
non mi guardare così! Ho detto “se non fossi mia sorella”! Stai tranquilla, sei
al sicuro!-
-Comunque,
io credo che Dessran abbia un debole per te. -
-Tu
dici?-
-Credo
di sì. Beh, almeno è tanto gentile e cortese da non usare i suoi poteri per
cercare di sedurti. Sai che è un demone della lussuria?-
-Si,
lo sapevo. In compenso, gli ho strappato una confessione: ieri sera abbiamo
giocato al gioco della verità, e ho scoperto che “pratica la castità” da prima
che nascessimo!-
Da
dietro i cespugli provenivano a tratti risatine.
-Cos’avranno
da ridere così, quelle due…- scosse la testa Dessran.
-Ah,
le donne. Dovresti saperlo, ormai, come sono fatte, no?- sogghignò Zel.
-Oh,
fisicamente ti assicuro che lo so parecchio bene; ma in quanto a mentalità…
beh, sono ancora, per me, uno dei grandi enigmi della mia vita!
Ragazze,
avete finito, o volete fare notte?-
-Eccoci,
eccoci, arriviamo!- le due brune emersero dai fitti cespugli di tamerici
selvatici, vestite.
-Su,
forza. Ho già eseguito i calcoli necessari, e controllato che il piano astrale
sia sgombro sulla nostra rotta. Andiamo. Amelia, Naga, Zel, attaccatevi
saldamente a me, e non staccatevi per nessun motivo. È la prima volta che provo
a teletrasportare tante persone contemporaneamente, per distanze così lunghe. -
porse le braccia, e i tre si attaccarono saldamente alle braccia snelle e
segnate di finissime cicatrici di Dessran. Un lieve tremolio, e la spiaggia fu
di nuovo deserta.
Il
paesaggio che apparve attorno a loro non poteva essere più diverso
dall’allegra, serena spiaggia.
Alti
faraglioni di roccia cadevano a picco sul mare, dove onde bordate di schiuma si
infrangevano su aguzzi scogli a pelo dell’acqua. Lo stridio dei gabbiani era a
tratti portato via da forti raffiche. Una vasta pianura erbosa copriva
l’altipiano, solcata dalle raffiche di vento e da piccole mandrie di animali,
forse bisonti, o fose lo sa LoN cosa.
-Eccoci
qui. Un pochino più a nord di quel che desiderassi, ma ho beccato un mazoku di
medio livello, appartenente a Zelas, verso metà strada, e ho preferito non
attaccar briga, con dei “passeggeri” a bordo. Possiamo riposarci un po’, quando
il sole sarà più alto ci sposteremo ancora col teletrasporto. -
Naga
e Amelia osservavano il sole, assai più vicino all’orizzone orientale di
rispetto a quando erano partiti.
-Mi
fa strano vederlo così basso…-
-Qui
è ancora mattino presto, Amelia. Su, cerchiamo un po’ di rami e un angolino
riparato dal vento. Ho delle salsicce affumicate, nel Piano Astrale, che
aspettano solo di essere infilzate su spiedi e cotte per colazione!- Dess
iniziò a raccogliere rami, imitato dagli altri; ben presto, un allegro fuoco
scoppiettante, dietro a un masso provvidenziale che lo riparava dal vento,
arrostiva delle salsicce dall’aroma delizioso.
-Brrr,
che freddo! Ma siamo alla stessa latitudine di Saillune, Dess, vero?-
-Un
po’ più a nord. Ma è così freddo perché c’è una corrente di acqua fredda che
scende dalla zona del polo, e che di conseguenza raffredda l’aria e le terre
della costa vicina al mare. - spiegò Dessran.
-Si,
ne avevo sentito parlare, ma in effetti, credo che non siamo molti gli
esploratori del nostro continente ad essersi spinti fino a quest’altro. -
continuò Zel, levando dal fuoco due salsicce, e porgendone una ad Amelia.
Dopo
l’allegra colazione, Dessran dichiarò che era pronto all’ultimo balzo, che li
avrebbe portati a diverse centinaia di chilometri di distanza, nel cuore
montagnoso del continente.
Neanche
a farlo apposta, appena ricomparsi dal piano Astrale, furono investiti da un
violentissimo scroscio d’acqua…
*gocciolone*
-Si
vede proprio che il tempo ce l’ha con noi…- commentò Zelgadiss, mentre Dessran
erigeva una barriera magica che teneva fuori la pioggia… per quel che serviva,
tanto ormai erano zuppi come pulcini…
-Accidentisembra che qui ci sia un clima tropicale, a
giudicare dalla vegetazione…- osservò Dessran -Il che significa che era molto
probabile che ci beccassimo l’acquazzone. Su, percepisco la presenza di esseri
umani, un po’ a ovest di qui. Forse troveremo riparo, e qualcosa per rimpiguare
le provviste. -
Si
incamminarono, silenziosi, sotto la pioggia. Ben presto, la foresta iniziò a
farsi meno fitta e impenetrabile, e le piante a mostrare i primi segni del
passaggio umano, finché un cartello, scritto in una lingua a loro sconosciuta,
non indicò chiaramente l’inizio della civiltà.
Piccoli
campi coltviati si stendevano a perdita d’occhio, interrotti qui e là da
casupole dall’aria miserevole.
-Che
malinconia…- osservò Naga.
-Già…
non ero mai stato qui, prima d’ora…-
-Sul
serio, Dess?- chiese sorpresa la bruna.
-Si.
Troppo difficile da raggiungere senza il teletrasporto, troppo facile essere
scoperti. E quando potevo muovermi liberamente, prima di fuggire, non avevo
nulla da fare qui, quindi non potevo venirvi. Andiamo, laggiù intravedo una
città. - disse, teletrasportando sé stesso e gli altri più vicino alle mura
ciclopiche che si intravvedevano in lontananza.
-È
tranquillo… troppo tranquillo…- constatò Zelgadiss. La pioggia era cessata
quasi all’improvviso, e un timido sole faceva capolino dalle nubi.
-Hai
ragione, non è normale…- Dessran posò una mano sul muretto di un pozzo -Questi
posti sono intrisi di un’amarezza, di una rabbia e di un dolore quasi
fisicamente palpabili…- constatò, rabbrividendo, ritraendo la mano -Questa
gente è tutto fuorché felice, temo. -
Si
voltò, di scatto -Venite! PRESTO!- iniziò a correre per una stada; poi,
ripensandoci, tondò indietro, afferrò i tre stupefatti compagni, e
teletrasportò tutti e quattro verso…
Una
folla enorme si stipava ai piedi di una ripida piramide, che si ergeva maestosa
e severa tra mausolei di marmo bianco e rosso. La scala che portava fino al
tempio posto sulla sommità era candida, alla base, ma in cima era rossa, rossa
come…
-Sangue…-
il fiuto di Zelgadiss non si era ingannato -Sangue umano. Fanno sacrifici
umani!- capì immediatamente.
In
quel momento, si presentò ai loro occhi una scena che mai, nella loro vita,
avrebbero potuto dimenticare: due giovani ragazze, identiche nell’aspetto,
venivano condotte all’altare che, rosso e stillante, troneggiava da in cima
alle scale. Un sacerdote seminudo, ornato solo di gioielli e di un gonnellino
di seta color sangue, apparve dalle ombre del tempio che si ergeva sulla
piattaforma sovrastante. Degli altri sacerdoti costrinsero le due ragazze a
sdraiarsi sull’altare. Tra la folla, alla base della piramide, molte donne, e anche
alcuni uomini, distolsero lo sguardo.
Una
donna urlante, riccamente vestita, uscì di corsa dal tempio, aggrappandosi alla
mano del sacerdote, gridando parole incomprensibili ai quattro visitatori
dell’altro continente…
-Credo
che ci sia qualcuno che non sia d’accordo nel sacrificare quelle due ragazze…-
constatò Naga, pallidissima -Non trovi, Amelia?- si voltò -Amelia?-
Sparita…
-O
santo cielo, Amelia! Amelia, dove sei?!-
-Oh,
NO!!!- Dessran indicò l’altare…
Amelia
aleggiava con la levitazione davanti agli occhi stupefatti del sacerdote e
della donna, con la sua tiretera sulla giustizia, su come non si dovesse
uccidere, eccetera eccetera!
-Ommamma…
questi non capiscono la nostra lingua, potrebbero colpirla…- sospirò Dessran.
Un istante dopo, era scomparso, e ricomparve accanto ad Amelia, posandole una
mano sulla spalla.
-Amelia,
lascia perdere. Non possono capirti. Lascia che ci parli io. -
-Conosci
la loro lingua? -
-Sono
un demone. Posso parlare qualsialsi lingua, apprendendola in pochi istanti, in
una maniera che è troppo lunga da spiagare. Lascia che ci pensi io. - afferrò
senza neanche vederla la lancia che una guardia, posta a uno degli angoli della
piattaforma, gli aveva lanciato. -Torna giù da Zelgadiss, prima che…-
-Prima
che ti venga a portare giù a forza. Andiamo, Amelia, se Dess ha detto che ci
penserà lui, fidati. - Zelgadiss era GIA’ comparso, preoccupato, accanto ai
due, levitando dalla piazza alla cima della piramide, mentre i paesani si
prostravano a terra. A malincuore, Amelia si lasciò portrare via da Zelgadiss.
-Vattene,
spettro maligno! Torna nelle terre del caos da cui sei venuto!!!- urlò,
nella sua lingua, il sacerdote.
-Perché
sennò cosa mi fai, umano?- Desstan allargò le labbra morbide in un sorriso
capace di far accapponare la pelle, mentre un’espressione feroce correva sui
suoi lineamenti solitamente dolci e sinceri. Il bastone comparve nelle sue
mani, divenendo la lunghissima, micidiale falce; una caligine nera lo avvolse,
condensandosi attorno, in una lunga tunica di velluto nero, stretta in vita da
un nastro rosso. I capelli ondeggiavano a un vento tutto loro, che muoveva solo
essi e le pieghe della veste e del mantello nero, ampio, che ondeggiava e
sventolava tra le larghe ali da viverna che si aprivano dalla schiena del mazoku.
La lunga coda sferzava l’aria a destra e a sinistra, emettendo un fischio
inquietante.
Dessran
abbasstò la falce fino alle due tremanti ragazze, accucciate sull’altare già
lordo di sangue. Con un gesto secco e preciso, calando la sottile falce,
tranciò i legacci di cuoio che imprigionavano i loro polsi, senza scalfire la
carne. I suoi occhi neri e penetranti si posarono sul sacerdote, che lo
guardava con odio.
-Tu,
messaggero delle Ombre! Tu, rifiuto del Cerchio di Fuoco, io non ti temo! Torna
nel mare di lava che ti ha generato!- gli lanciò contro un foglietto di
pergamena fittamente coperto di scrittura. Dess lo afferrò con una mano,
gettandogli un’occhiata distratta.
-Oh,
questo mi fa davvero paura! Sono terrorizzato!- lo schernì. Il foglietto
sparì nei meandri della lunghissima tunica, mentre il vento che la agitava si
propagava intorno, investendo il sacerdote di raffiche crudeli.
-Il
popolo geme sotto il giogo di questi sacrifici. Non tollero ciò. Vattene, prima
che la mia falce scenda su di te. - sentenziò, abbassando la falce fino a
sfiorare la testa fittamente acconciata del sacerdote. Questi fuggì nel tempio,
incespicando nei suoi stessi calzari, e urtando in malo modo la donna,
prostrata a terra, che in precedenza aveva cercato di fermarlo.
Lasciando
che le vesti gli ondeggiassero dolcemente attorno, e ripiegando le ali sulle
spalle, sotto il mantello, Dessran scese a terra.
-Alzati,
donna. Voglio parlare con te. - disse poi, in tono più dolce, alla donna.
La
donna si levò in ginocchio, pur tenendo gli occhi chini. -Signore, non
fateci del male… non trascinateci nel Cerchio di Fuoco, vi offriremo in
sacrificio le nostre bestie più belle…-
-Non
temere, donna, non voglio sacrifici. Voglio solo sapere alcune cose. -
-Sarò
ben lieta di rispondere a ogni voltra domanda, ma vi prego, non uccidete le mie
figlie!-
-Portami
in un luogo appartato, congeda questa folla, e dì loro di tornare a casa
sereni, perché non permetterò che altre persone innocenti vengano sacrificate.
-
La donna trovò finalmente il coraggio di alzare lo
sguardo, fissando il volto di Dessran, apero in un sorriso che nulla aveva di
malvagio. Tremando di gratitudine, si alzò, e, giunta sulla sommità delle
scale, gridò -Popolo! Tornate alle vostre dimore! I sacrifici di fanciulle
che il Gran Sacerdote ci imponeva non si ripeteranno! Tornate a casa,
ringraziando colui che ha salvato le nostre Principesse dal coltello del
sacrificio!-
Un’ovazione di gioia, un’ondata di gratitudine si levò
dalla folla, investendo quasi fisicamente Dessran, come un’onda calda e
morbida…
-Però,
sai che come divinità vendicatrice dei torti non sei niente male?- commentò
ironico Zelgadiss, che con Amelia e Naga aveva raggiunto in levitazione la
sommità della piramide a punta tronca.
-Beh,
non potevo mica lasciare che quel tizio aprisse in due queste poverette, no?-
replicò Dessran. Poteva avvertire in quel luogo un’amarezza, un rancore e un
dolore terribile. Persino un lesser o un brass demon di infima categoria
avrebbe potuto accorgersene.
-Mio
Signore, chi sono costoro?-
-Sono
miei amici. -
-Capisco.
Seguitemi, vi prego. E voi, figliole care, correte, correte al Palazzo, e date
ordine che siano preparate le stanze più belle per i nostri salvatori!-
Le due ragazze corsero dentro al tempio, scendendo di
corsa la scala che percorsero poi anche Dessran, Zelgadiss, Amelia e Naga,
seguendo la donna dalle ricche vesti.
-Non
vi voglio ingannare, spacciandomi per una divinità o cose simili; sarò sincero
con voi. Proveniamo da molto lontano, e siamo alla ricerca di una cosa. Non
sappiamo dei vostri usi e costumi, ma da quel che ho visto, mi pare che siate
sotto il giogo di quel sacerdote. -
-Signore,
non so chi voi siate, perché nelle nostre leggende non sono menzionate creature
come voi, ma io, le mie figlie, le Principesse, e il popolo tutto vi
ringraziamo dal profondo del cuore. Si, siamo sotto il giogo del Gran
Sacerdote. Fino a un anno fa, quando il re governava con giustizia il nostro
grande Impero, venivano sacrificati solo animali, animali sacri, è vero, ma
solo animali. Gli dei accoglievano i nostri sacrifici e ci davano abbondanza e
felicità. Ma un anno fa il mio sposo e Signore, il re, è scomparso
misteriosamente. Il Gran Sacerdote ha sentenziato che gli emissari dei Demoni
del Cerchio di Fuoco lo hanno preso in ostaggio, e finché non avremo esaudito
le loro richieste, essi non lo lasceranno andare. Ha cominciato a esigere oro e
gioielli, e imponeva al popolo tasse sempre maggiori. Non potevamo opporci,
come potevamo, noi donne, anche se della Casa Reale? Inoltre, anche il mio
figliolo minore, il Principe, futuro Figlio del Sole, è scomparso. Ma lui,
ahimè, so dov’è: è recluso Casa del Grande Tempio, ufficialmente per ricevere
la sua educazione religiosa, ma in realtà prigioniero dei seguaci del Gran
Sacerdote. -
-E
i sacrifici umani?-
-Ha
cominciato a chiederli dieci mesi fa, poco dopo aver preso il potere recludendo
mio figlio. All’inizio erano popolane, prese tra le giovani delle classi più
povere. Poi pretese le figlie dei nobili; infine, la scorsa settimana ha annunciato
che gli dei avevano chiesto le mie due figlie, le Principesse, che già teneva
confinate nelle loro stanze. Anche io era costretta nei miei appartamenti, ma
sono riuscita a eludere le guardie, e ho cercato di fermarlo…- un lampo di coraggio, della determinata disperazione di una madre
passò nello sguardo della donna.
-Dess,
cosa sta dicendo?- chiese Amelia.
-Vi
racconto tutto dopo. Ora aspetta. - le fece cenno Dess -Vi aiuteremo a
liberarvi del Gran Sacerdote, non temete. - sorrise Dessran.
-Oh,
mio Signore, vi ringrazio! Vi ringrazio infinitamente!-
-Dovere.
- Dessran vece un distratto cenno con la mano, e le sceniche, ma ingombranti
vesti nere, il manto e le ali scomparvero, mentre la falce era già tornata
bordone quando avevano cominciato a scendere il lungo corridoio di scale che
portava dalla sommità della piramide al Palazzo reale.
-Ragazzi,
vi dispiace se rimaniamo qui un poco ad aiutarli? C’è un Gran Sacerdote che ha
tentato un colpo di Stato, e ha anche un debole per i sacrifici umani. Ha preso
in ostaggio il giovane principe, e fatto sparire il re. -
-Ma
non c’è neanche da chiederlo, Dess! La Giustizia deve trionfare anche in queste
terre!- esclamò Amelia, mentre alle sue spalle compariva la scritta “Justice”.
*gocciolina
di tutti*
Li
accompagnarono in una grande sala, su cui spiccava una bassa tavola
lussuosamente imbandita. Morbidi tappeti e cuscini multicolori erano sparsi per
terra per sedersi.
-Vi
prego, accettate questo e gli altri nostri segni di gratitudine, Signore. -
disse la donna, anzi, la regina, prima di allontanarsi.
-Waw,
che abbondanza! Se lo vedesse Lina, ci resterebbe secca! - commentò Naga,
sedendosi per terra.
-Sembra
tutti squisito!- osservò Dessran, imitando la bruna.
In
effetti, ERA tutto squisito, dalle composizioni di frutta coperte di salse
vegetali, alle zuppe di legumi e cereali servite in zucche squisitamente
intagliate, fino alle sculture di frutta candita e secca.
-Dess,
adesso ci spieghi come fai a conoscere la loro lingua?-
-È
molto semplice, Amelia. Hai presente quando, appena arrivati, ho toccato il
muretto del pozzo? Grazie a un incantesimo particolare, così facendo ho
acquisito diverse informazioni sul posto, compresa la lingua. È un’incantesimo
piuttosto complesso, che da molto tempo non attivavo più. È grazie ad esso che
ho appreso la maggior parte delle lingue che conosco. Comunque, non posso
passarvi questa conoscenza, ma posso eseguire su di voi un incantesimo che vi
permetterà, pur se per un tempo limitato, di comprendere e farvi comprendere
questa lingua. -
-Cioè
impareremo la lingua di questo popolo?- chiese incuriosita Amelia.
-No,
voi parlerete la vostra lingua e loro a loro, ma ognuno sentirà parole e
discorsi nella propria. - intinse nell’acqua del bicchiere un dito, lasciando
cadere qualche goccia dall’artiglio nero, e tracciò con essa un simbolo
nell’aria; una luce azzurrina si diffuse, per un attimo, crecendo di intensità
fino a risultare quasi accecanto. Poi, come era comparsa, scomparve.
-Bene,
per tre giorni esatti, potrete comunicare senza problemi con questa gente. -
Poco
dopo, tornò la regina, con le due figlie gemelle. Ebbero modo così di
osservarle bene; erano due fanciulle di sedici, forse diciassette anni, con
capelli e occhi nerissimi, pelle olivastra sui lineamenti smussati, un’aria da
bambola un po’ ingenua, accentuata dai capelli lunghissimi lasciati cadere
sciolti attorno al viso.
-Loro
sono le mie figlie, Meledai e Merekai. Io sono la regina Malurai, e vi
ringrazio ancora, Signore, per averle salvate. - La regina si sedette sui
tappeti, imitata dalle figlie, una per lato.
-Suppongo
occorra salvare al più presto il vostro figlio maschio, vero?-
-Si,
ma non so come… la Casa del Tempio è sorvegliata da guardie scelte fedeli al
Gran Sacerdote, e molti dei suoi seguaci sono abili guerrieri, oltre che
sacerdoti fanatici…-
Dessran
sorrise allegramente -Che paura! Non si preoccupi, signora! Ragazzi, fatele
compagnia voi, io torno tra un minuto!- e così dicendo, scomparve nell’aria,
sotto lo sguardo allibito e timoroso delle tre donne.
-Beh,
non vi abbiamo ancora ringraziato per l’ospitalità. Il mio nome è Amelia Will
Tesla di Saillune, mentre lei è mia sorella maggiore Gracia Naga di Saillune, e
lui è Zelgadiss Greywords. - sorrise Amelia, facendo le presentazioni. Le
ragazze fissarono meravigliate il volto di pietra di Zelgadiss. Sicuramente era
la creatura più strana che avessero mai visto; persino Dessran appariva più
umano, pur essendo totalmente mazoku. Zelgadiss voltò la testa, infastidito, e
le due gemelle abbassarono lo sguardo, imbarazzate.
-Dunque…
così, questo è la Casa del Tempio? Mh, che pessimo gusto per l’arredamento!
Appunto per me: ricordarsi di non chiamare mai il loro arredatore!- ironizzò
Dessran. Aveva già intuito da che parte si trovava il principino, e muovendosi
discreto tra le ombre, comparendo e scomparendo a tratti, aveva raggiunto una
porta, sorvegliata da guardie. Si teletrasportò oltre la soglia, eludendole
abilmente.
Appena
in tempo! Il Gran Sacerdote sembrava stare lottando con un sacco pieno di gatti
urlanti. Dess si rese conto che nel sacco altri non c’era che il principino.
Evidentemente il Gran Sacerdote intendeva portarlo via, e sacrificarlo da
qualche parte. Il bordone comparve tra le mani del mazoku, divenendo
all’istante una falce.
-Sbaglio,
o ti avevo detto di sparire? Quando io dico sparire, intendo scomparire da un
raggio di un paio di centinaia di chilometri!-
-Cos…
tu, demone! Guardie, guardie!- urlò l’uomo. un attimo dopo, una cinquantina di
guardie pesantemene armate e corazzare fecero irruzione da varie porte
laterali. Desstan si alzò in levitazione, oltre la loro limitata portata,
sbuffando. -Fireball…- si limitò a dire, scagliando la sfera esplosiva tra i
malcapitati, che furono scaraventati dall’esplosione su pareti e mobilia.
-Vedi,
sacerdote dei miei stivali, io provengo da un luogo che neanche ti immagini…
sono una creatura la cui potenza la tua mente limitata non può capire. I miei
poteri sono inferiori solo a quelli dei Dark Lords, i demoni superiori di
questo mondo, del Demone Supremo di questo mondo, e della Creatrice
dell’Universo. Ciò significa che sono una delle creature più potenti del
pianeta. Quindi ora molla quel bambino, oh…- con un guizzo sul bel volto,
lasciò che la sua forma beast umanoide apparisse per un istante,
sovrapponendosi a quella umana. Un attimo dopo, il Sacerdote fuggiva in preda
al panico, seguiro dalle guardie terrorizzate, che trascinavano via i compagni
svenuti o feriti troppo gravemente per poter camminare.
-FOOOORTE!!!-
una testa di neri capelli arruffati era comparsa da dentro al sacco. -Sei
troppo forte!-
-Oh!
Tu devi essere il pricipe. Vieni, tua madre è da giorni in pena per te. -
-Mi
porti dalla mamma? Sul serio, signore?-
-Certo!-
Dessran sorrise, scompigliando ancora di più gli arruffati capelli del bambino,
che raccolse i calzari, cercò di dare una sistemata alla semplice tunica bianca
che indossava, e poi gli prese la mano, fiducioso.
Un
attimo dopo, i due erano nella sala dove Dessran, Zel, Amelia e Naga avevano
mangiato.
-Ecco
qui il principino. - disse, sedendosi, mentre il bambino correva tra le braccia
della madre e delle sorelle.
-Signore,
non so davvero come ringraziarvi…- disse tra le lacrime la donna.
-Il
mio nome è Dessran. -si voltò verso i
suoi amici -Ragazzi, voi restate pure qui a riposarvi un po’. Ho voglia di far
passare a quel sacerdote il più brutto quarto d’ora della sua vita, oltre
chea cercare di scoprire se il re è
ancora vivo e, nel caso, riportarlo qui. -
-Quanto
pensi di metterci?-
-Poco,
Zel, non temere. Sono un priest, pensi che quel piccolo umano senza poteri
possa darmi problemi? Un altro mazoku lo avrebbe già rivoltato come un calzino,
ma io voglio prima cavargli quelle informazioni. - sparì nell’aria.
-Waow!
Quel tipo è davvero forte! Mamma, chi è? Davvero riporterà papà?-
-Lo
spero, Ralidon, caro…- sussurrò la regina, stringendo a sé il bambino.
-Oh,
non temete: se c’è qualcuno in grado di farlo, quello è Dessran!- assicurò
Amelia.
-Mi
sento un po’ in colpa ad averli mollati lì e a divertirmi tutto da solo…- disse
tra sé e sé Dess, nel piano astrale. Non era difficile rintracciare il Gran
Sacerdote dal Piano Astrale; oltretutto, quella zona non era assolutamente
frequentata da altri mazoku, quindi non doveva nemmeno temere che qualche
seccatore gli facesse perdere le tracce. Adesso doveva solo seguirlo finché non
avesse commesso una mossa falsa.
Spiandolo
dal Piano Astrale, lo seguì nelle sue stanze. Gli comparve davanti, e per poco
non pose fine ai suoi giorni facendogli prendere un infarto.
-Bene
bene… senti, tu mi dici dove tieni prigioniero il re, e io ti evito di finire
squartato come un vitello. - gli disse, in tono freddo. Il Sacerdote afferrò un
grosso talismano di pietra inciso, che emanava una lieve aura sacra.
-Si,
carino… credo possa tenere lontano un demone di livello inferiore, forse
addirittura uno di medio livello, se impugnato da una persona pura…- glie lo
strappò di mano, facendolo scomparire nella sua personale “tasca” del piano
Astrale -Adesso parla, dove tieni il re? O preferisci fare questa fine?- con
uno schiocco di dita, fece levitare fino al volto del sacerdote un fagiano
ripieno che era stato posato sul tavolo, e che l’uomo non aveva avuto il tempo
di mangiare. Un cenno delle dita dai lunghi artigli laccati di nero, e il
volatile si rivoltò come un calzino, dalla bocca, mentre il sugo di bacche
gocciolava come sangue. Il sacerdote impallidì.
-Dimmi,
dov’è il tuo dio, ora? Anzi, dov’è il demone minore che tu imponi di adorare,
vecchio? Percepisco attorno a te l’aura di un patto con uno della mia specie.
Cosa ti ha promesso, in cambio delle vite e delle anime di quelle donne?
L’immortalità? L’Eterna giovinezza? Sento l’odore della vecchiaia, su di te,
malgrado tu appaia giovane!-
Una
lieve vibrazione dell’aria annunciò l’arrivo di un’altra creatura dal piano
astrale.
-Chi
sei tu, che invadi il mi dominio?- chiese un irato demone dalla testa
serpentiforme.
-Solitamente
spetterebbe all’inferiore presentarsi per primo, ma per stavolta farò
un’eccezione. - sogghignò Dessran -Io sono Dessran, Signore della Lussuria e
Cavaliere della Morte delle schiere dell’Apocalisse, priest di Lord Garv Dragon
Chaos. Tu chi sei, miserevole creatura?- gli occhi neri erano ora opalescenti
gemme, mentre la bocca riveleva le zanne in un sorriso superiore. Il Mazoku
chinò lo sguardo, inginocchiandosi in atto di sottomissione. -Perdono, signore,
non avevo idea che foste di così elevato rango. Perdonate il povero Glegrol,
perdonatelo se non ha riconosciuto il vostro potere…-
Dessran
sputò ai piedi del lesser demon -Vattene da queste terre, e non osare più
spacciarti per una divinità. - gli intimò col suo tono più duro e freddo. -E
riguardo a te…-
Il
sacerdote era sbiancato, nel vedere il demone che gli aveva garantito quel
potere inchinarsi sevile e spaventato dinnanzi a Dessran.
-Dammi
l’oggetto che costituisce il vostro contratto. Altrimenti, scoprirai com’è
doloroso vivere in eterno rivoltati e fatti a pezzetti. -
Con
gesto tremante, l’uomo indicò una piccola lastra di pietra, su cui era
incastonata una rara pietra azzurra, che Dessran riconobbe come un
amplificatore magico. -Aveva bisogno di un amplificatore per mantenere il
patto? Ah! Era proprio un mazoku patetico! Stava a me come un verme strisciante
sta a voi umani!- strinse la tavoletta tra le mani, sbriciolandola. La gemma
finì nella “tasca” che aveva nel piano astrale. Si voltò: del sacerdote, non
rimaneva che un mucchietto di cenere.
“Me***…
avrei prima dovuto farlo parlare… vabbé, troverò il re cercandone le vibrazioni
del corpo astrale, dal Piano Astrale…” sparì nell’aria, lasciando nella stanza
devastata un patetico mucchietto di polvere tra gioielli e seta, che fino a
poco prima era stato il sacerdote.
La
prima cosa che notò, fu l’umidità. -ATCHU!!! Dann…che freddo!- rabbrividì, più
per reazione condizionata che altro, visto che il freddo non danneggiava il suo
corpo.
-Ehi!
Chi c’è la? Chi è?- Una voce dall’ombra alla destra di Dessran gli fece tendere
le orecchie. Era in un largo corridoio, scavato millenni prima dal corso di un
fiume sotterraneo, immerso nell’oscurità più fitta. Accense un piccolo
lighting, e reggendolo con la mano, percorse il corridoio nella direzione in
cui aveva sentito la voce.
-Siete
il re? Sono venuto a portarvi via. Non temete, non sono un seguace del Gran
Sacerdote. -
-Oh,
dici sul serio? Chi sei? Dove sei? Dimmelo, ti prego, fai un po’ di luce! Non
ti vedo!-
Dessran
fissava pieno di pietà la figura che giaceva di fronte a lui. In una piccola
cella, incassata nella parete, c’era l’umano più miserevole che avesse mai
visto. Coperto solo di pochi cenci, pallidissimo, magro come uno scheletro, era
incatenato alla parete alle caviglie e ai polsi, con lunghe, spesse catene. Con
un gesto, Dessran smaterializzò le sbarre della cella, e con un altro, le
catene. Si chinò verso l’uomo, che annaspava. Gli occhi bianchi e ciechi non
vedevano, mentre le dita magre e scheletriche cercavano qualcosa a cui
aggrapparsi. Dessran lasciò che le mani dell’uomo, coperte di cicatrici e
ferite, dalle unghie spezzate e sanguinanti, si chiudessero sulle sue.
-Vi
riporto dalla vostra famiglia, maestà. Non temete, è tutto finito. I miei amici
cureranno le vostre ferite e ridaranno la luce ai vostri occhi. -
-Oh,
grazie, grazie, ragazzo! Sei un ragazzo, non è vero? Queste mani sono troppo
giovani per essere quelle di un uomo…-
-Sono
qualcosa che è difficile comprendere. Ma adesso andiamo, lasciamo questo
luogo…-
teletrasportò
sé stesso e l’uomo al Palazzo reale, dopo averlo avvolto con cura nel nero
mantello che aveva indossato per impressionare il sacerdote.
-Dunque,
voi venite da oltre le Montagne Invalicabili?-
-Ancora
da più lontano. Dopo di esse c’è una pianura immensa, e oltre ancora un vasto
oceano. Noi proveniamo da terre oltre quell’oceano. - spiegò Zelgadiss. La
regina impallidì al pensiero dell’incommensurabile distanza.
-E
viaggiate a cavallo degli spiriti dell’aria, come il vostro compagno Dessran?-
-No,
noi viaggiamo in modo normale, a piedi o a cavallo. Siamo comuni esseri umani,
anche se nel mio caso non sembra. - continuò Zel -Lui ci ha portati con sé per
farci attraversare in un istante l’oceano e la pianura. -
-Cosa
cercate in queste terre, allora?- chiese una delle due principesse.
-Cerco
un modo per recuperare il mio aspetto umano. In particolare, cerchiamo una
fonte, di cui Dessran ha trovato un accenno su un libro antico, che pare possa
ringiovanire. -
-Mi
spiace, io non ho mai sentito di nulla del genere. Sono dolente di non potervi
aiutare. Forse tra i saggi del paese…-
-Io
ne so qualcosa! - esclamò la principessa seduta a destra della regina, intenta
a coccolare il fratellino. Gli sguardi si puntarono su di lei. -Ecco… si,
insomma, ho letto da qualche parte che esiste una fonte in grado di far tornare
bambino un vecchio… pare che si trovi oltre il Lago di Lacrime, a ovest, sulle
montagne che si intravedono a volte all’orizzone, quando il cielo è terso e
sereno. Ma è considerata maledetta, anche se non mi so spiegare il perché…-
-Beh,
è più di quanto non sapessimo. Ti ringraziamo. - disse Amelia.
In
quel momento, ricomparve Dessran dal piano Astrale, stringendo con cura una
figura umana, avvolta nel mantello.
-Signore,
siete tornato! Avete portato papà?- saltò su il principe. Ma Dessran era molto
serio.
-Zel,
Amelia, Naga, ho bisogno di voi. Il re è stato recluso per un anno intero in
condizioni terribili, e deve essere curato. Regina, principesse, vi prego, se
siete deboli di stomaco, non correte subito a vederlo. Il gran sacerdote e i
suoi seguaci ne hanno fatto uno spettacolo pietoso. Lasciate che i poteri dei
miei amici lo risanino e ridiano forza e salute alle sue membra. Allora potrete
riabbracciarlo senza timore. - era serio e autorevole, e le tre donne non
trovarono il coraggio di opporsi. Deponendo con cautela il corpo dell’uomo su
un mucchio di morbidi cuscini, fece cenno ai tre amici di iniziare a curarlo
-Vorrei potervi aiutare anche io, ma non sono in grado di usare la magia
bianca, come ben sapete. - si scusò.
Persino
Zelgadiss impallidì nel vedere le condizioni del re, figuriamoci Amelia, che
divelle livida. Naga per poco non svenne, ma si fece forza, e iniziò anche lei
a castare Recovery sul corpo devastato dell’uomo.
Mentre
la calda luce avvolgeva e risanava il corpo, la regina, le due principesse e il
principino osservavano meravigliati. La magia era una cosa assolutamente
sconosciuta in quelle terre, e quelle guarigioni avevano ai loro occhi le
connotazioni di miracoli.
Dopo
un’ora abbondante di Recovery, il re potè reggersi seduto, muovere le dita e
fletterle, e piangere di felicità nel rivedere la luce del giorno, ormai
prossimo al tramonto, riabbracciare la sua famiglia, che era stata ad aspettare
trepidante che Dessran desse loro il permesso di avvicinarsi.
-Maestà,
so che avete molta fame, ma per ora, limitatevi a mangiare poco; giorno per
giorno potrete aumentare il cibo, ma se vi tuffate subito a mangiare fino a
scoppiare, potreste anche morire di indigestione… è questa si che sarebbe una
fine poco onorevole!- lo avvertì Zelgadiss, notando come l’uomo addocchiava
affamato i resti del banchetto sulla tavola.
-Si,
straniero, avete ragione. Ma è da un anno che bramo un poco di cibo degno di
questo nome…-
Amelia
e Naga erano visibilmente stanche, avevano castato Recovery fino a stremarsi, e
anche Zel era piuttosto stanco.
-Bene,
noi siamo molto stanchi, e vorremmo rititrarci…- disse Dess, notando gli
sguardi stanchi degli amici.
-Oh,
si, scusate se non l’ho notato subito! Signore, ecco, vi abbiamo fatto
preparare le stanze più lussuose. - la regina tirò un cordone, e pochi istanti
dopo due donne comparvero, per guidarli alle loro stanze.
-Beh,
sorellina, direi che ci è andata molto di lusso!- commentò Naga, sedendosi sul
letto della camera di Amelia. Le quattro stanze erano adiacenti e comunicanti
tra loro, e Naga era andata a fare due chiacchiere con Amelia.
-Vedi
che quando si agisce in nome della Giustizia e della Pace si viene sempre
ricompensati?-
-Ma
sta zitta!- le rispose Naga, prendendola a cuscinate.
-Ah,
è così?! Allora prendi questo!- rispose Amelia, iniziando a tempestare di
cuscinate la sorella.
-Ehilà,
ragazze, che succed- SPAF! Dessran, che si era affacciato per augurare la
buonanotte, si era ritrovato colpito in piena faccia da un cuscino vagante!
-Ve
la siete voluta voi!- esclamò, afferrando il cuscino e precipitandosi a rendere
pan per focaccia. Mancava solo…
-Ehi,
ragazzi, ma cos’è tutto ‘sto- *SPAF* cuscinata in faccia anche per Zelgadiss.
Il cuscino cadde a terra, rivelando la stupefatta faccia di Zel, che osservava
Dessran preso in un angolo dalle due sorelle, che lo stavano torturano a morte
col solletico!
-Umph…
vabbe’, arrivoooo!- e, afferrato un cuscino, corse a dare manforte all’amico.
Alla
fine, Dess e Naga ancora cercavano di disarmarsi a vicenda coi cuscini, mentre
Zel era riuscito a disarmare Amelia e a “prenderla prigioniera” con una
coperta, prendendola in braccio e bloccandola.
-O-oh,
Dess, mi sa che qui siamo di troppo!- esclamò Naga, nel vedere i due.
-Uh-oh,
Naga, hai proprio ragione! Bene, ragazzi, divertitevi! Noi due leviamo le
tende!- e, trasciando Naga fuori, lasciò i due imbarazzatissimi e rossissimi
Zelgadiss e Amelia soli nella camera.
-Eh…
che diamine volevano dire?-
-Meglio
non saperlo, conoscendoli…- rispose Zel, coi capelli tutti scompigliati. Lasciò
finalmente scendere Amelia, che gli si accostò al viso e lo baciò sulle labbra,
rapidamente. -Beh, allora buonanotte. -
-Buonanotte,
Amelia. Se hai bisogno di qualcosa, la mia stanza è quella accanto alla tua. -
-Lo
so. -
Si
fissarono un attimo negli occhi.
-Resta
qui, stasera. - gli sussurrò.
-Sei…
sei sicura?-
-Si.
Voglio stare con te ogni istante possibile. Resta ancora un po’ con me…- gli
chiese, dolcemente, stringendo il pigiama di lui, come temesse che, una volta
lasciato, sparisse come un sogno.
-Potebbe
non essere una buona idea…- sussurrò Zel.
-Perché?-
-Non
fingere di non capire, Amelia. Tu. Io. In una stanza, di notte. Non credo che
Dess intendesse “divertirsi” nel senso di giocare a carte…-
-Ti
dispiacerebbe?-
-Affatto.
Ma potrebbe dispiacertci, un giorno. -
-No,
Zel. Non me ne pentirei mai. - gli si strinse contro. Zelgadiss la circondò con
le braccia, aspirandone il profumo. -Non vuoi aspettare che io sia tornato
umano anche nell’aspetto?-
Amelia
sorrise. -È così importante l’aspetto? Ti amo, tutto il resto non ha
importanza. -
-Sei…
sei strana stasera. -
-Dici?
Credo di si… credo di essere più… libera. Più libera di esprimere quello che
veramente voglio e penso. -
-Sei
proprio sicura di essere tu?- sorrise scherzosamente Zel, prendendola in
braccio -Non è che sei sonnambula, e magari pensi che sia tutto un sogno,
mentre è la realtà?-
-Boh.
È una teoria interessante, in effetti…- sorrise lei di rimando, carezzando la
guancia di lui con l’indice, mentre la posava sul letto, ampio e morbido.
-Sicuro
di non voler restare?-
-Si.
Vorrei, ma… potremmo pentircene, dopo. - si chinò su di lei, baciandola -Ti
sembrerò all’antica, ma quando ti farò mia, saremo marito e moglie. E non
temere, voglio che sia presto. Molto presto. - le sorrise, sussurrandole queste
parole.
-È
una promessa?-
-È
una promessa. Buona notte, Amelia. - si allontanò, usando per tornare nella sua
stanza la porta comunicante.
***-Però,
audace la ragazza! Credo di aver usato troppo potere, ma, come pensavo, Zel è
capace di tenere a bada i suoi istinti in maniera tale che… beh, fossero tutti
come lui, la Terra sarebbe piena di asceti! Vebbé, niente di fatto, tranne
quella “piccola” promessina! Aspetta che lo venga a sapere Naga!- con una
capriola di contentezza su sé stesso, Dessran sparì dal piano astrale,
ommeglio, parte della sua essenza sparì dal piano astrale, tornando nel piano
materiale, e più precisamente nella camera di Naga.***
-Beh,
non ci crederai, ma senti un po’ cosa ha appena promesso Zelgadiss ad Amelia!
Siamo su un’ottima rotta!- annunciò il mazoku, prima di raccontarle tutto.
-Fantastico!
Bisogna festeggiare!- da non si sa bene dove, Naga aveva tirato fuori una
bottiglia e due bicchieri.
-Ehm,
Naga, forse è meglio di no… non lo reggo bene, l’alcol…-
-Avanti,
sii uomo e bevi!- Naga gli mise tra le mani un bicchiere pieno, tracannandone
uno anche lei…
Mattino.
Gli uccellini cantavano contenti e il sole entrava a fiotti dalle finestre. Una
persona si svegliò, nuda, accanto a un’altra altrettanto nuda, con un tremendo
mal di testa…
-Oh,
cavoli! L’ho fatto di nuovo! Mi sono ubriacato, e ho perso il controllo dei
miei poteri!!!- constatò Dessran, dandosi una pacca colpevole in testa.
Il
suo sguardo si posò sul corpo nudo che giaceva accanto a lui. Naga dormiva
profondamente, coperta solo dal leggero lenzuolo.
Dess
ricordava i fatti della sera prima molto confusamente, come in un sogno.
Avevano bevuto un po’, ma nessuno dei due reggeva bene l’alcol. Una sola
bottiglia di saké, ed erano partiti. Solo che lui aveva perso il controllo dei suoi
poteri della lussuria. Ed erano finiti a letto. Beh, sperava solo di non aver
fatto cilecca. Ma gli sembrava di no. Sbornia o non sbornia, il suo corpo
funzionava sempre a dovere. Chissà invece cosa si ricordava Naga…
-Yaaawwww!!!
Che strano sogno ho fatto stanotte… che andavo a letto con… DESS?!?!?!
Ossantocielosantocielosantocielo! NON ERA UN SOGNO!!!-
-Argh,
ti prego, Naga, non urlare, ho la testa che mi scoppia… scommetto che sono
l’unico mazoku al mondo a soffrire dei postumi di una sbronza come un comune
umano…-
-Era
tutto vero…- Naga pareva un po’ shockata.
-Era…
era la tua prima volta? Mi spiace che eravamo ubriachi… davvero…- si scusò
Dessran.
-Oh,
beh, l’unico mio rimpianto è che non ricordo gran che… ma ricordo che mi è
piaciuto!- di tirò su in ginocchio davanti a Dessran -Lo rifacciamo, da sobri?
Tanto è prestissimo!-
*gocciolone
di Dessran*
-Sei
sicura? Non è che dopo cerchi di incastrarmi?-
Naga
si strinse le spalle. Il seno ondeggiò pericolosamente, e Dess distolse lo
sguardo
-A
giudicare dalle macchie di sangue, il danno è fatto. Tanto vale allora
godersela veramente. - si lasciò cadere su di lui -Tu sei un demone della
lussuria, vero? Quale amante migliore potrebbe desiderare una donna?-
-Oh-oh,
così mi lusinghi. - rispose Dess, leccandosi le labbra -Attenta, stai
pericolosamente solleticando alcuni dei miei bassi istinti. Istinti che non
sono facili da placare…-
-Amelia?
Sei sveglia?-
-Ciao,
Zel! Entra pure!-
Zelgadiss
entrò. Amelia si stava spazzolando i capelli, già vestita.
-Naga
e Dess sono svegli?- chiese lei.
-Sono
andato per svegliare Dessran. La sua stanza è vuota, e il letto intatto.
Potrebbe essere andato a zonzo tutta la notte, non dorme quasi mai. Ma la
camera di Naga e è chiusa a chiave, e non rispondono. Inoltre ho sentito degli
strani rumori…-
*fogliolina
secca di background*
-Beh,
almeno si è scelta un bel ragazzo…- commentò Amelia.
-E
di sicuro anche molto esperto, visto che è un demone della Lussuria. Temo che
non ci resti altro da fare che aspettare che abbiano finito. Non me la sento
proprio di interromperli. - replicò Zel, lasciandosi cadere sul letto,
ridacchiando.
Tarda
mattinata. Dopo aver salutato la famiglia reale, ora riunita e pronta a
riprenderela guida del popolo, per cercare di sanare le ferite inflitta da un
anno della teocrazia sanguinaria del Gran Sacerdote, i quattro viaggiatori si
prepararono a raggiungere le montagne che, sfumate nella foschia malgrado la
mattinata limpida, si intuivano, più che vedere, all’orizzonte.
-Eccoci
qui, la sorgente dovrebbe essere in questa zona. - constatò Dessran.
-“Dovrebbe”?
“In questa zona”? Con uno scarto di quanto?- chiese Amelia.
-Beh,
a occhio e croce, dovrebbe trovarsi entro un raggio di una cinquantina di
chilometri, metro più, metro meno…-
*gocciolone
dei presenti*
-Un
po’ più di precisione no, eh?-
-Hei!
Ho fatto il possibile! Ma qui è tutto permeato di una vaga aura magica, e non
sento alcun punto in cui è più forte! E ti assicuro che, per non sentirlo io,
deve essere davvero lieve!- Dessran si rabbuiò -Non è normale… sembrerebbe
quasi che qualcuno abbia cercato di dissimularla…-
-La
fonte dovrebbe essere, teoricamente, al centro dell’area magica, no?- disse
Zelgadiss, come a esporre una cosa logica.
-Si,
ma non so in questo caso. Se è stata dissimulata, anche la forma del campo
magico potrebbe essere stata alterata. Sentite, tagliamo la testa al toro:
facciamo un voletto a bassa quota e prendiamo nota delle fonti che vediamo. -
-FACCIAMO
un voletto a bassa quota? O_o? Dess, va bene che sappiamo usare la levitazione,
ma…-
-Non
ti preoccupare, Naga!- Dess azzittì Naga posandole un dito sulla bocca -Sono un
mazoku dalle mille risorse, io! ^__- Adesso, allontanatevi di una decina di
metri…- disse, indietreggiando. Anche Zel, Amelia e Naga indietreggiarono.
-GhhhaaaaaAAAAAAARRRGGGG!!!-
in un turbinio nero e rosso, che sollevò una nuvola di polvere, il corpo di
Dessran fu avvolto dalla caligine, nera e rossa, che si condensò attorno a lui
in una sagoma enorme. Quando i tre umani riaprirono gli occhi, davanti a loro
non c’era più il priest, ma una grossa viverna[1]
accovacciata sulle zampe posteriori, le vaste ali membranose richiuse, e un
sorriso a trecentosessanta denti sul muso.
-A
bordo, ragazzi!- la voce tenorile e dolce di Dessran pareva strana, aliena,
nell’uscire da quelle fauci ornate di zanne aguzze. All’esitare degli amici,
una curiosa espressione stupita passò sul lungo muso coperto di corni
biancastri -Beh? Che c’è? Non ditemi che non avete mai volato ad alta quota!-
-Ehm…
no, un paio di volte ci ha portati Philia, ma… ecco… cosa sei? Sei simile a un
drago, ma…- Amelia era stata la prima a riprendersi, e aveva espresso la
domanda che frullava nella testa dei tre.
-Cos?
Ah, la mia forma. Dunque, vedete, di solito un mazoku di livello alto, come me,
ha due forme, una umana e una detta Beast; addirittura, i Dark Lords possono
modificare a piacimento la loro forma umana… Comunque, io avevo una certa forma
beast, derivatami dalla prima infusione di potere demoniaco; quando Garv-sama
mi ha dato altro potere, rendendomi suo subordinato, questo mi ha dato un’altra
forma beast, più adatta all’appartenere al clan del Dragon Chaos. Per la
precisione, ora il mio aspetto è quello di una viverna. Capito tutto?-
Naga
alzò una mano, stile domanda-alla-maestra -Una domanda… ma allora l’altra forma
beast, quella che hai usato per attaccare Phibrizio?-
-Beh,
l’esistenza di una non preclude l’altra. Volendo, potrei anche trasformarmi in
un ibrido tra le due, credo. Ma adesso, bando alle ciancie, e salite. Zel,
mettiti davanti e fai da scudo dal vento alle ragazze. - Dess si abbassò ancora
di più da un lato, in modo che gli amici potessero arrampicarsi. Le sporgenze
ossee lungo il collo, che proseguivano anche lungo un tratto della schiena,
erano sufficientemente distanziate da permettere ai “passeggeri” di sedersi tra
l’una e l’altra, e di reggercisi.
Dietro
Zelgadiss ci si posizionò Amelia, e poi Naga.
-Dess,
ci siamo. -
-Bene!
Allora, reggetevi forte!- spalancando le ampie ali a tre falde, la cui membrana
trascolorava dal nero al rosso sangue, attraverso i toni vinaccia, Dessran
sollevò un gran nuvolone di polvere, appiattendo l’erba attorno esmuovendo le cime degli alberi vicini. Con
un potente balzo delle zampe posteriori fu in volo, prendendo quota con poche,
agili battute.
-Uoooops…
scusate gli scossoni, non sono molto pratico nel portare i passeggeri…-
-Fa
nulla. Amelia, tu guarda a destra, Naga tu a sinistra; io penso alla zona
davanti a noi. -
-Sissignore!-
esclamarono all’unisono le due sorelle, in atteggiamento marziale da presa in
giro, ridacchiando poi, prima di mettersi a scrutare con cura la vegetazione
sotto di loro.
Da
alcuni minuti sorvolavano la zona, scrutando la vegetazione. L’idea di Dessran
si stava rivelando un buco nell’acqua: la fittissima vegetazione impediva di
vedere qualcosa che non fossero chiome di alberi, fitte come un vello.
-Dess!
Frenaaa!- asclamò Amelia ad un tratto. Frenando bruscamete il lento volo
planato (e facendo sbattere i passeggeri sui rilievi ossei), Dess rimase fermo
a mezz’aria, sbattendo appena le ali.
-Che
c’è, Amelia?-
-Guardate!
Laggiù, c’è del fumo! Ci deve esere qualcuno!- la ragazza indicò un punto poco
distante, da cui si levava un fil di fumo. Si intravvedeva anche una casetta di
legno e quello che pareva un orticello.
-Tenetevi
forte, scendiamo!- disse Dess, cercando di avvicinarsi quanto più possibile
alla casa.
Riuscì
ad atterrare a poche decine di metri dalla casa (sradicando un paio di alberi e
un numero non meglio precisato di cespugli, ma vabbé), sollevando foglie secche
e terriccio a volontà. Al gran fracasso, un giovane uomo bruno, vestito di
pelli di animali, corse fuori della casa, armato di una vecchia spada corta
dalla lama ricurva.
-Ehm…
buongiorno…^__^ - lo salutò Amelia.
*gocciolina
dell’uomo*
-Dai,
ragazzi, scendete, così riprendo sembianze umane…- li incitò Dessran,
sospirando
L’uomo
vide allibito il grande mostro che era atterrato vicino alla sua casa
rimpicciolire, fino a mutare in un giovane ragazzo dalla ribelle chioma nera.
Osservò un’istante anche gli altri viaggiatori: due ragazze, e un giovane
totalmente coperto dai vestiti beige…
-Chi…
chi siete?- domandò, esitante, puntando contro la spada.
Dessran
scambiò una rapida occhiata con gli altri, che, con un cenno del capo, gli
delegarono il compito di parlare a nome di tutti.
-Salve,
buon uomo. Veniamo in pace, e stiamo cercando una cosa…forse voi potreste
aiutarci…-
L’uomo
fece una smorfia, come a dire “eccone degli altri”, poi, senza abbassare la
lama, disse amaramente -La sogente della giovinezza? Si, è qui, ma se non
volete delusioni, vi consiglio di non berne l’acqua. Ci rimarreste davvero
male…-
-E
perché? Non fa davvero ringiovanire?- chiese Dess perplesso.
-Oh,
no, giovanotto, ringiovanire fa ringiovanire. Solo, ha un paio di
controindicazioni, che vi bloccherebbero qui, in questa jungla…-
A
quelle parole, Zelgadiss fece alcuni passi in avanti -Quali controindicazioni?
Parla!-
-Calma,
Zel. - Dess lo fermò, prima che afferrasse per il bavero della camicia l’uomo.
-Senta, abbiamo fatto un viaggio lungo e pericoloso per arrivare fin qui.
Potrebbe almeno dirci perché ci sconsiglia di bere quell’acqua?- si rivolse poi
all’uomo. Questi lo guardò sottecchi. Poi, infine, decise di fidarsi. Abbassò
la lama, e li invitò in casa.
Quando
si furono tutti accomodati attorno a un basso tavolo, su semplici stuoie di
erbe intrecciate, l’uomo sospirò, e iniziò a parlare.
-Non
so perché voi vogliate quest’acqua, dato che mi sembrate tutti piuttosto
giovani. Io mi sono autonominato custode, e da ottocento anni faccio la guardia
a questa sorgente, affinché nessuno sventurato venga illuso come me. -
A
quelle parole, i quattro trasecolarono: ottocento anni!
Ma
l’uomo, incurante, aveva ripreso a parlare.
-Ero
vecchio, quando sono arrivato qui. Solo, perché i miei compagni erano periti nell’attraversare
questa impenetrabile foresta, e le montagne che la circondano. Trovai infine la
sorgente, capii che era ciò che cercavo quando vidi un vecchio cervo
abbeverarsi, e tornare giovane e forte. Così, mi buttai anche io a bere
quell’acqua, e mai nulla mi era parso tanto delizioso. Bevvi, e bevvi, finché
non sentii la giovinezza tornare nelle mie membra, e la forza nei muscoli.
Felice, riempii alcune borracce della preziosa acqua, e tornai suoi miei passi,
per tornare alla civiltà che avevo lasciato per inseguire il mio sogno di
giovinezza. Attraversai la jungla, ma, a un certo punto, mi sentii debole,
debole e stanco. Con orrore, vidi le mie carni invecchiare e avvizzire,
tornando come prima della magica bevuta. Bevvi parte dell’acqua che avevo con
me, ma non ebbe alcun effetto. Terrorizzato all’idea di morire, tornai alla
sorgente, faticando come e più della prima volta nell’addentrarmi della
vegetazione. Assetato, finii quel poco d’acqua che avevo con me, e ringiovanii.
Allora, capii la malefica trappola della sorgente: non appena ci si allontana
dalla sua area di influenza, i suoi effetti svaniscono, e la reale età di chi
l’ha bevuta gli ripiomba addosso, esattamente come se non avesse mai bevuto la
magica acqua. Questa è la verità di questa maledetta sorgente della giovinezza.
Io resto qui, come custode, affinché nessuno si illuda come io feci. - sorrise
tristemente ai quattro -Sono un codardo, lo so. Se uscissi dall’area magica
della sorgente, diventerei cenere, in un istante. Ma, naturalmente, non ne ho
il coraggio.
Inoltre,
anche se si ringiovanisce, man mano che il tempo passa, sul corpo ricompaiono
le malattie e le cicatrici… vedete questa? - mostrò loro una lunga cicatrice
biancastra sul braccio -Me la feci a quindici anni. Ho provato a tornare
giovane a quattordici, ma dopo un anno, essa è tornata fuori. Una bella
fregatura, eh?
Ora,
posso sapere i motivi che vi hanno spinti fin qui?-
Non
ottenne risposta. L’attenzione di Dessran, Amelia e Naga era catalizzata su
Zelgadiss. Questi, nel sapere che la sorgente era del tutto inutile, si era
chiuso in un mutismo assoluto. Lo sguardo fissava il vuoto, le mani tremavano
leggermente.
-Che…
che ha il vostro amico?- chiese preoccupato il custode.
“Poveretto,
ci è andato tanto vicino, e invece, un altro buco nell’acqua…” pensò Dessran
-E’ tutta colpa mia…- battè sconsolato il pugno sul tavolo -Con questa ricerca,
l’ho solo illuso… Zel… Zelgadiss, mi spiace… Zel?-
Niente.
Zelgadiss sembrava svenuto con gli occhi aperti.
-Scusi,
potrebbe darmi dell’acqua? Normale, non quella della sorgente magica. - chiese
Amelia, alzandosi. Il custode le indicò un orcio e delle ciotole. La ragazza
prese la più capiente, la riempì e, senza troppi complimenti, tirò giù il
cappuccio a Zelgadiss, versandogliela in testa.
*gocciolina
degli altri*
-Zel!
Ascoltami! Ci è andata buca anche stavolta. E allora? Ricordi quel che ti ho
detto ieri sera. Quindi ora fammi il favore da comportarti da persona assennata
e ragionevole quale sei, e magari anche evitare di ricadere in depressione!-
gli gridò davanti tutto d’un fiato Amelia.
*gocciolona
degli altri*
Anche
Zelgadiss aveva una piccolissima gocciolina sulla tempia, dissimulata molto
bene dai capelli sgocciolanti…
Il
custode guardava ad occhi sgranati Zelgadiss che, accortosi dell’attenzione,
tirò su il cappuccio.
-Beh,
ecco, noi cercavamo il modo per rompere o aggirare la maledizione che ha reso
Zelgadiss così, cioè in parte mazoku e in parte golem. Pensavo che riportarne
indietro il fisico fino a prima della maledizione poteva essere una soluzione…-
spiegò al custode Dessran.
-Inutile.
Appena tornerebbe all’età in cui è stata effettuata questa maledizione,
tornerebbe così. Mi spiace, ragazzi… davvero. -
A
quelle parole, Zelgadiss si alzò.
-Zel,
dove vai?- chiese Amelia, trattenendolo per il mantello.
-Andiamo,
ragazzi. Torniamo a Saillune. Forse c’è qualche libro che ancora non ho letto.
Potrei trovare delle tracce per una nuova pista…- concluse lugubre lo shamano.
-Beh,
ragazzi, mi sonto un po’ in colpa per avervi dato questa delusione. Restate per
cena e per la notte, per favore. Vorrei che mi parlaste di quel che succede nel
mondo esterno…- sorrise il custode. Dato che la sera stava ormai calando,
decisero di fermarsi, accettando la gentile ospitalità del custode.
Dopo
cena, mentre Zelgadiss, Amelia e Naga dormivano, Dessran spiegò a grandi linee
cosa era successo in quei secoli, per quel che ne sapeva lui. Spiegò anche che
venivano da un altro continente, un posto molto lontano, dove la magia era
molto diffusa. Il custode, che disse di chiamarsi Unaru, appariva assai
interessato, e rattristato dal non poter lasciare quei luoghi.
-Ti
porterò libri, e notizie fresche dal mondo, e quant’altro ti possa servire. -
offrì immediatamente Dessran.
-Davvero?-
-Davvero.
In cambio, però, vorrei sapere come mai l’aura della sorgente non è
percepibile, e perché il suo campo di influenza non è di forma regolare. -
-Ah,
amico mio, questo non lo so. Non sapevo neppure che fosse di forma irregolare.
Io mi limito a stare ben entro i limiti, che ho scoperto e segnato tanti e
tanti anni fa, quando avventurarmi fuori del campo non era ancora per me
letale. Non so cosa sia l’aura…-
-Capisco…
bene, verrò a portarti libri e quant’altro, e credo che mi fermerò spesso a
studiare questo interessante campo magico…-
-Come
farai a venire di frequente? Le montagne, e la jungla…-
Dessran
sorrise -Io posso muovermi veloce come il pensiero. Ti spiegherò come, un
giorno. -
Ormai
albeggiava, e la jungla si svegliava intorno a loro.
-Beh,
tra poco sveglierò i miei amici, e poi torneremo a Saillune, la città delle
ragazze. -
-Allora,
arrivederci, Dessran. -
-Arrivederci,
Unaru. -
*********^___^ *********
L’ANGOLO DELLA MITOLOGIA! A cura di Ilune Willowleaf
^__^
[1] Viverna:
creatura leggendaria simile a un drago; si differenzia da esso per l’avere solo
un paio di zampe, oltre alle ali (i draghi hanno due paia di zampe, e un paio,
o talvolta due, di ali), nonché un pungiglione velenoso all’estremità della
coda.
L’ANGOLO DELLA MITOLOGIA! A cura di Ilune Willowleaf
^__^
[1]
Viverna: creatura leggendaria simile a un drago; si differenzia da esso per
l’avere solo un paio di zampe, oltre alle ali (i draghi hanno due paia di zampe,
e un paio, o talvolta due, di ali), nonché un pungiglione velenoso
all’estremità della coda.
Capitolo 4 *** You and me - Un’altra buona idea? Prepariamo il riso! ***
Quest of Souls
Cap.III - You and me - Un’altra
buona idea? Prepariamo il riso!
Il
ritorno a Saillune fu per alcuni mogio, per altri un po’ meno. Zelgadiss era
depresso, e si chiuse nella stanza della pensione in cui alloggiava, a
Saillune. Naga si fermò un po’ a palazzo, approfittandone per salutare il padre
e trascorrere qualche altro giorno con la sorellina, prima di ripartire per
chissà dove. Dessran si sentiva in colpa, ed era tornato al Maryuu-ou castle, a
controllare i libri che ancora non aveva letto, nella biblioteca, nel caso ci
fosse qualche buona traccia. Se mai avesse trovato qualcosa, decise, sarebbe
andato a controllare da solo, e poi, se mai avesse trovato qualcosa che poteva
essere utile nello spezzare la maledizione, lo avrebbe riferito a Zelgadiss.
-Ah,
eccole qui, le mie due belle bambine!- esclamò Philionel, quando Amelia si
precipitò a salutarlo, trascinandosi dietro Naga.
-Dai,
papà, non siamo più delle bambine!- esclamò Amelia, stretta nell’abbraccio
quasi soffocante di Phil, assieme a Naga.
-Lo
so, ma voi rimarrete sempre le mie due bambine giramondo! Gracia, tesoro, se
solo ogni tanto scrivessi per dirci dove sei, che stai bene…- si erano seduti
tutti e tre su un alto, grande divano.
-Ma
dai, papà, sai che io non mi fermo mai da nessuna parte a lungo!-
-Ma
almeno due righe! Ah, quanto sei cresciuta! Più crescete, e più assomigliate a
vostra madre… e forse è meglio così, non sono proprio un padre a cui una figlia
dovrebbe fisicamente assomigliare! WHAHAHAHAHAHAHAH-
Anche
Amelia e Naga risero.
-E
già, le mie bambine sono grandi, e sono già in età da marito… Gracia, almeno
tu, visto che Amelia rifiuta tutti i pretendenti, tu hai un ragazzo che ti
piace, tesoro di papà?-
-Assolutamente
no, papà! E me ne guardo bene!!- rispose scandalizzata Naga. Mai, mai e poi mai
si sarebbe fatta incastrare in un matrimonio! -Ma Amelia si che ce l’ha un
ragazzo che le piace!-
-Naga!
Per favore…-
-Oh,
dai, Amelia cara, mi hai preso per uno sciocco? Tanto, lo sanno anche i muri,
qui a palazzo, che ti piace Zelgadiss Greywords!- esclamò Philionel. Amelia
sentì le guance farsi di fuoco.
-Tu… tu sapevi?-
-Sarebbe
chiaro anche a un cieco! È un bravo ragazzo, serio e coscenzioso, e io non
avrei nulla in contrario ad avere una chimera come genero!- sorrise Phil alla
figlia.
-Oh,
grazie, papà!- Amelia abbracciò stretto stretto il suo apparentemente burberò
papà, che ricambiò l’abbraccio, stringendo già che c’era anche Naga…
Zelgadiss
fissava senza veramente vederlo il caffè nella tazza. Il suo riflesso, reso
oscuro dal liquido, lo fissava di rimando dalla spessa tazza di porcellana, con
un’espressione impenetrabile. Zelgadiss si era esercitato per anni in
quell’espressione, nel non far trasparire nulla dei propri pensieri, e ormai il
suo volto l’assumeva in automatico. Solo con Amelia il sorriso affiorava un po’
più di frequente su quei lineamenti pietrosi.
Era
depresso. Ci era andato così vicino, e invece… quando mai sarebbe riuscito a
vedere di nuovo la sua pelle rosea, anziché di pietra azzurra, quando mai i
suoi capelli sarebbero tornati veri capelli, e non fil di ferro?
Sospirò.
*Knok
konk*
Qualcuno
aveva bussato alla porta. Chi poteva essere? La proprietaria della pensione era
uscita a fare la spesa, l’aveva vista pochi minuti prima, e Dessran di solito
compariva direttamente nella stanza.
-Chi
è?-
-Zel?
Zel, sono io, Amelia. Posso entrare?-
Amelia.
Il suo cuore mancò un battito. La promessa che le aveva fatto, nella città
nell’altro continente. Gli sembrava passato un secolo.
Lentamente,
si alzò, e andò ad aprire.
-Disturbo?-
-No.
Entra, dai. - sorrise lui. Un sorriso triste, un po’ tirato, ma pur sempre un
sorriso, notò Amelia, preoccupata.
-Zel,
sono sei giorni che non ti fai vedere, a palazzo. Cos’hai?- chiese Amelia,
sfiorandogli la guancia con le dita.
-Cosa
vuoi che abbia? Solo un’altra immensa delusione da mandare giù. - si sedette
sul letto.
Incidentalmente,
Amelia notò le numerose buste di caffè, vuote, sparpagliate sul pavimento.
-E
cerchi di annegarla nel caffè?- sorrise, sedendosi accanto a lui.
-Beh,
si, più o meno. Mi aiuta a sentirmi un po’ meno giù. -
Amelia
fece qualcosa che Zel non si sarebbe mai aspettato: lo abbracciò, baciandolo su
una guancia.
-Basta
rimuginarci su. È andata come è andata. Ora hai bisogno di uscire, di distrarti
un po’. -
-Sai
che non mi piace uscire…-
Amelia
lo guardò, contrariata. Poi le venne in mente un’idea brillante -Sai che sono
arrivati i giostrai, e che hanno montato le giostre in piazza Primavera?-
-Emh…
no, non lo sapevo…- Zelgadiss la guardò, spiazzato. Dove voleva arrivare?
-Ci
andiamooo? Dai, dai, dai! ^___^-
Zelgadiss
sospirò. Non lo avrebbe mai ammesso, ma l’infantile felicità di Amelia era
contagiosa. Da piccolo, anche a lui piacevano le giostre…
-Beh,
immagino che, anche se dicessi di no, tu non desisteresti, vero?-
Amelia
annuì.
-E
va bene…- si alzò dal letto, porgendole una mano per aiutarla a tirarsi su.
-Evvia!
Grazie!- lo abbracciò, e nella sua intenzione, doveva esserci solo un breve
bacio a fior di labbra. Doveva… ^_^;;;
Quindici
minuti dopo, più o meno, si staccarono.
-Non
volevi andare alle giostre, Amelia?- chiese lui, tra il dolce e il malizioso.
-Mmm…
già… ma tu sei molto più interessante!- replicò lei, strizzando l’occhio.
Zelgadiss ridacchiò, poi, prendendola per mano, uscì dalla stanza.
Al
Maryuu-ou Castle, Dessran aveva interrotto le ricerche sui libri che ancora non
aveva ancora letto: Philia si era messa ai fornelli, e aveva sfornato delle
torte. Come resistere al profumino che aveva invaso tutti il palazzo, arrivando
fino alla biblioteca, scacciando l’odore di carta e il lieve sentore di muffa
che pervadeva di solito l’aria?
Un
attimo prima, Philia era sola, in cucina, ad ammirare le torte appena sfornate.
Un istante dopo, attorno al tavolo, appena ripulito e sgomberato dagli attrezzi
da cucina, c’erano Valgarv, Dessran e Garv, con le forchette pronte per una
merenda fuori programma.
*gocciolone
di Philia*
-Ci
avrei messo la mano sul fuoco…- sospirò -Niente da fare, sono ancora troppo
calde. Tra un’oretta si saranno raffredate abbastanza. -
-Ma…ma…
Philia-chan, io ho fame ora!- provò ad obiettare Valgarv.
-A
me il calore eccessivo fa un baffo!- protesto Garv.
Philia
si piazzò davanti a loro, brandendo un mestolo ancora sporco di cioccolata come
una mazza -Volete che le torte siano buone? E allora ASPETTATE!- esclamò con un
cipiglio da generale…
*gocciolina
dei tre*
-Eheh…
niente da fare, mi sa, capo… se la cuoca dice di aspettare, mi sa che ci tocca
aspettare!- Dessran incrociò le braccia sul tavolo, appoggiandoci la testa, e
rilassandosi, in attesa che le torte si fossero raffereddate quel tanto che
bastava a essere mangiabili.
-Allora,
com’è andata la spedizione?- chiese Garv al priest, per cercare di ingannare
l’attesa -E come mai ti sei di nuovo rintanato in biblioteca?-
-Beh,
la spedizione è andata male…- Dess raccontò del breve viaggio, e della
delusione di Zelgadiss.
-Povero
Zel…- commentò Philia, tagliando dalla prima torta quattro fette, mettendole
sui piatti e servendole ai tre seduti a tavola, mentre i piccoli demoni minori
portavano latte, the e caffè.
Quando
Philia mise poi il resto della torta in tavola, Valgarv e Garv se ne tagliarono
un quarto per ciascuno, lasciandone un pezzetto davvero piccolo, forse un
settimo o giù di lì…
“Un
quarto… è più di un settimo… un quarto… un settimo…” perché quelle due frazioni
continuavano a frullargli per la testa? -Trovato!- esclamò Dessran, facendo
sobbalzare gli altri tre.
-Capo,
senti, se la maledizione di Zel è stata scagliata da un settimo di Shabranigdo,
pensi che i quattro Dragon Lords possano farcela, a romperla?-
-Eh?
Ma che ne so, Dess. Sei tu l’intellettuale. In ogni caso, anche se ci potessero
riuscire, non è che puoi andare da loro come se nulla fossee chiederglielo…-
-Garv
ha ragione, Dess. Persino io, che ero una Vestale Maggiore, non ho mai visto il
Fire Lord, quando ancora prestavo servizio. -
-Oh,
beh, dimentichi che la sorella di Lina, Luna Inverse, è un Cavaliere… e come
tale, se non ricordo male può avere più facilmente udienza coi Dragon Lords…-
-Sempre
che quelle vecchie cariatidi vi diano ascolto. Potrebbero non aver voglia di
aiutare degli umani…- continuò Garv.
-Non
ti preoccupare… ho un paio di ideuzze per convincerli a collaborare…- Dess si
fregò le mani, mentre il suo geniale cervello si metteva all’opera.
-Del
tipo?- chiese Philia curiosa.
-Oh,
beh, oltre al fatto che ci debbono un favore, per aver fatto da esche a
Phibrizio, posso sempre far dire da Luna “ma come, quattro Dragon Lords
dovrebbero riuscire a spezzare facilemente una maledizione imposta da un
settimo di Ruby Eye… ma forse vi ho sottovalutati…”. Si chiama psicologia
inversa, Philia!- spiegò Dess.
-Oh,
beh, se hai voglia di andare a impegolarti con le cariatidi, fa pure. So che
sei abbastanza assennato da non causare incidenti diplomatici…- con queste
parole, Garv gli dava il permesso di andare, e di agire a sua discrezione. Con
un accenno di inchino, Dessran scomparve… portandosi dietro anche l’ultima
fetta di torta!
-A
proposito, Philia, questa crostata era davvero fantastica!- risuonò la sua voce
dal piano astrale.
-E
immagino che voi due vogliate attaccarne un’altra, vero?- sospirò sconsolata la
draghetta, osservando le facce dei due demoni-drago… e le loro forchette
impugnate!
Saillune
Era
un signor Parco Giochi, quello che era stato montato in Piazza
Primavera. Giostre di tutte le dimensioni, baracconi di tiro al bersaglio,
persino delle montagne russe, innovazione proveniente da fuori la Barriera.
-Venghino
signori, venghino! Provate la vostra forza! Un fantastico regalo a chi farà
suonare la campanella!- un imbonitore richiamava l’attenzione dei visitatori
sul gioco; tanto più forte era il pugno, tanto più in altro saliva il pezzo di
metallo. Ci voleva una bella forza per farlo giugere in cima, e far suonare la
campanella. Diversi ragazzi ci stavano già provando, inutilmente; se non altro,
le rispettive ragazze li guardavano ammirati.
Zelgadiss
sorrise, non che si notasse molto visto il cappuccio calato e le fasce sulla
bocca, ma Amelia notò il sorrisetto sul volto del ragazzo.
-Saranno
quasi dieci anni che non mi cimento più in questo gioco…- disse a mezza voce.
-Dai,
provaci!- lo incitò lei.
-Non
so… sai che non mi piace attirare l’attenzione…-
-Oh,
eddai!- Amelia lo aveva trascinato lì davanti. Ormai non si poteva mica tirare
indietro! Pagò il biglietto, poi, con nonchalance, colpì appena il bersaglio,
ignorando le frecciatine del tipo “che colpo, femminuccia!” che muscolosi tizi
intorno gli lanciavano…
*dendeledendeledendenden*
Il
blocchetto di metallo aveva raggiunto la campanella con forza, facendola
risuonare allegramente…
*occhi
a uova fritte di tutti (meno che Amelia)*
-*glom*
co… complimenti, signore… ecco il suo premio!- l’imbonitore fissava allibito
quel ragazzo, apparentemente neanche tanto muscoloso, completamente coperto da
capo a piedi malgrado il caldo di fine primavera, che aveva fatto suonare con
tanta facilità la campanella… calcolò che il suo pugno avrebbe potuto spaccare
quattro o cinque mattoni uno sull’altro…
Gli
consegnò il premio… un gigantesco peluches a forma di orsacchiotto!
*gocciolina
di Zelgadiss*
-Ecco,
tieni… forse è meglio se lo tieni tu…- disse, rosso come un pomodoro, dandolo
ad Amelia.
-Gra…
grazie…- anche Amelia era arrossita, nascondendosi dietro il voluminoso
pupazzo, che, in piedi, era alto quasi quanto lei.
-Senti,
facciamo un giro sulle montagne russe?- chiese poi lei, indicandole.
Zelgadiss
osservò dubbioso l’alta struttura di legno dipinto, i piccoli carrelli in fila
che sfrecciavano a grande velocità, e le persone che scendevano, con l’aria di
chi ha lo stomaco nei calzini, ma ridenti e felici (che la corsa fosse finita?
Si chiese dubbioso Zel).
Due
minuti dopo…
-WAAAAAAAAAAAAAA
VOGLIO SCENDEREEEEEEEE!!!!!!!- Zelgadiss giurò a sé stesso che mai, mai più
sarebbe risalito su uno di quei cosi infernali!
Accanto
a lui, invece, Amelia si stava divertendo da matti! Anche lei gridava, ma di
contentezza, e quando scesero, propose subito un altro giro…
-Amelia,
ti prego, no… o divento davvero verde…- la supplicò Zelgadiss. La pricipessa
tenne il broncio… per tre decimi di secondo. Dopodoiché, gli diede in mano il
peluches, e si fiondò a fare un altro giro, raccomandandogli di non
allontanarsi troppo per evitare di non reicontrarsi, e salutandolo con un
rapido bacio sulle labbra.
Seduto
su una panchina, appoggiato al peluches, Zel quasi non s’accorse di chi gli era
arrivato alle spalle.
-Ciao,
Zel!-
-Uh?
Oh, ciao, Dess. -
-Ho
una novità. Non garantisco che non sia un buco nell’acqua, ma se vuoi provare…-
-Beh,
mal che vada, faremo un altro giretto a vuoto. - mugugnò lo shamano.
-Pensavo…
se è stato un settimo di Shabranigdo a maledirti, forse i quattro Dragon Lords
riusciranno a rompere la maldizione…-
-Anche
ammesso che riusciamo a parlarci, tu pensi davvero che ci aiuterebbero?-
-Beh,
in fondo ci devono un favore. Possiamo chiedere a Luna se ci fa da
intermediario. -
Dessran
gli illustrò la sua idea.
-Beh,
potrebbe funzionare….-
-Cosa
potrebbe funzionare, Zel?- Amelia era appena scesa, con le guance arrossate e
lo sguardo felice. Visto che la piccola panchina era interamente occupata da
Zelgadiss, Dessran e il peluches, si sedette sulle ginocchia di Zelgadiss, che
arrossì, ma non disse nulla.
Dessran
spiegò anche ad Amelia l’idea che gli era venuta.
-Spelndido!
Quando pensate che potremo andare a chiederglielo?-
-“potremo”,
Amelia?-
-Certo,
Zel! Credi che ti lasci affrontare da solo quattro Dragon Lords? Non fare
quella faccia, guarda che sono un’esperta in diplomazia!-
A
quel punto, Zelgadiss fece l’ultima cosa che Amelia si sarebbe aspettata:
scoppiò a ridere, e l’abbracciò.
-Già,
è vero, sei tu la diplomatica! E va bene, verrai con noi! Ma oggi, ti sembrerò
impazzito, voglio godermi questa giornata qui con te!-
Amelia
era davvero stupita: Zelgadiss che rimandava, seppur di poche ore, una
possibile cura alla sua trasformazione, per godersi una giornata di svago con
lei? Sorrise, e lo abbracciò più stretto. Era felice: era la prova di quanto
lui tenesse a lei…
Dess
li guardava, poteva sentire quasi fisicamente la dolce felicità dei due
irradiarsi come l’aroma delicato di un mazzo di fiori, pervadere l’aria e
rendere tutto, in un qualche modo, più bello.
-Beh,
ragazzi, allora divertitevi!-
-Dove
vai, Dess?- chiese Zelgadiss.
-Beh,
a prendere Naga!- strizzò l’occhio -Non siete l’unica coppietta in vena di
giretto sulle giostre!- e scomparve.
Zelgadiss
e Amelia scoppiarono a ridere in simultanea, nell’immaginare la strana coppia
che, di lì a poco, avrebbe percorso la strada affollata di gente vociante.
-Beh,
pronti?-
-Si,
Dess. Prima tappa, Zephilia, da Luna!-
-Allora,
si va!-
Dessran
teletrasportò sé stesso, Zelgadiss e Amelia da Saillune a Zephilia, e più
precisamente davanti casa Inverse.
Luna
stava uscendo in quel momento; quel giorno non lavorava, e stava andando a fare
la spesa. Indossava un abitino rosa, con la gonna corta al ginocchio adorna di
una passamaneria a motivi lilla, che adornavano anche il corpetto e le maniche
corte dell’abito. Al braccio, prtava una borsa da spesa di vimini intrecciati.
Nel complesso, sembrava molto più una comune ragazzina, che un cavaliere di
Cephied. Accanto a lei, scodinzolava un enorme lupo dal pelo verde, che
indossava pantaloni e un gilet, e stivali e guanti.
-Va
bene, Spot, poi passiamo anche in macelleria a prendere quelle salsiccie che ti
piacciono tanto…- stava dicendo.
Zelgadiss
inchiodò. Aveva riconosciuto “Spot”. Ed era anche sicuro che “Spot” lo avesse
visto, e avesse capito… visto che cercava di nascondersi dietro a Luna…
-…Spot?
SPOT?! BWAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH….- era scoppiato a ridere come mai, in tanto
tempo che lo conosceva, Amelia lo aveva mai visto.
-Zel?
Amelia? Che ci fate qui in città?- chiese Luna, sorpresa. Ma Zelgadiss non la
ascoltava minimamente, impegnato com’era nel rotolarsi a terra dal ridere. Sul
capo di “Spot” c’era un grossissimo gocciolone.
-Oddio,
non ho mai riso tanto in vita mia… “SPOT”!!!! BWHAHAHAHAHA!!!-
*gocciolina
di Luna*
-Si
può sapere che ci trovi di buffo nel nome del mio cane, Zelgadiss?-
Zelgadiss
si rialzò, ancora con le lacrime agli occhi. -Il tuo cane? Ma allora…
ossantocielo… - si ricompose, anche se non riusciva a contenere la risatina che
gli veniva su…
-Allora,
questo qui non è un cane, è un lupo verde, nato dall’incrocio di una lupa e di
un troll; si chiama Delgia, e ti posso garantire che è la verità, lo
riconoscerei tra mille perché ho lavorato con lui per diversi mesi, sotto Rezo.
Non so come sia finito a fare il cagnolino con te, ma… “SPOT”!!!!!- riprese a
ridere di gusto.
*GOCCIOLONE
dei presenti*
Luna
si voltò verso “Spot”, ommeglio, verso Delgia che, vistosi scoperto, rimase
seduto a terra con lo sguardo abbassato. Oddio, c’erano in arrivo grossi guai,
se lo sentiva. Luna Inverse era una ragazza molto pericolosa, se arrabbiata…
beh, decise che, se fosse dovuto morire, non intendeva aspettare di essere
decapitato dall’Arc Dragon seduto lì, come un deficiente. Con uno scatto
velocissimo, un po’ a due e un po’ a quattro zampe, sollevò una nube di povere
che accecò i presenti, e se la filò quanto più velocemente possibile.
-DEFICIENTE!!!!-
fu l’urlaccio di Luna. Un istante dopo, Zel fu colpito in testa dal piatto
della lama dell’Arc Dragon.
-Ahio!
Che ho fatto!?!? j_j - si lamentò lui, spalamato a terra, mentre la povere si
depositava per terra.
-DEFICIENTE
CHE NON SEI ALTRO! Che bisogno avevi di umiliarlo così?! Guarda che me n’ero
accorta da un pezzo che non era un cane!-
-Emh…e
allora perché lo trattavi come un cagnolino?- si azzardò a chiedere Dessran (a
distanza di sicurezza dall’Arc Dragon). Luna lo guardò storto… ommeglio, il
priest potè sentire su di sé lo sguardo carico di disapprovazione di Luna.
-Se
si comportava così, un motivo doveva pur esserci. Fingevo di non essermene
accorta solo per rispetto nei suoi confronti. Non so cosa sia successo in
passato, ma Zelgadiss non aveva alcun diritto di ridere di lui in quel modo. -
guardò furiosa lo shamano.
-Luna,
scusa… davvero, non avevo idea che te la saresti presa così…- tentò di scusarsi
Zelgadiss.
-Beh,
adesso, scusatemi - pronunciò l’ultima parola in un tono glaciale come il
carattere di Graushella -ma devo andare a cercare Spot, o Delgia, qualunque sia
il suo nome, e impedirgli di fare pazzie. Se dovevate parlarmi urgentemente,
aspettate qui a casa. - detto questo, la ragazza si voltò, facendo sparire
l’Arc Dragon e afferrando la borsa di vimini, correndo via sulle tracce
dell’uomo-lupo.
-Mi
sa che l’hai combinata grossa, Zel… spero vorrà ancora aiutarci, dopo quello
che hai combinato…- constatò Dessran.
-Lo
spero anch’io. Confido nel fatto che Luna sia un po’ più ragionevole e sensata
di sua sorella- sospirò Zelgadiss.
[Lungo
una strada di Lyzeille, Lina starnutì frgorosamente. Gourry le passò un
fazzoletto.]
Luna
era davvero infuriata. Come aveva potuto Zelgadiss, che più di tutti doveva
sapere come era umiliante essere derisi e insultati, scoprire in modo così
crudere Spot? Anzi, Delgia, si corresse mentalmente. Lei sapeva che il suo
“cagnolino” non era un cane, e nemmeno un lupo. L’aveva capito fin dal primo
istante in cui l’aveva trovato, gravemente ustionato, in uno dei suoi viaggi.
Poteva a prima vista apparire un po’ svampita, ma l’aspetto inganna, e sotto
l’aspetto solare e allegro c’era una mente acuta e brillante. Una mente che
aveva capito che quello che scodinzolava e abbaiava non era un cane. Era
qualcuno che voleva una nuova vita, un posto dove nascondersi e cercare di
dimenticare umiliazioni incise a fuoco nello spirito.
Lei
aveva mangiato la foglia, e aveva tenuto con sé quell’inconsueto “cagnolone”.
Le
tracce si interrompevano vicino al greto del torrente. Sapeva dove era andato:
non era la prima volta che lui si rifugiava lì.
-Ehi…
Spot? Delgia?- lo chiamò dolcemente. Scese in acqua, arrivando fin sotto al
ponticello che scavalcava il largo, basso fiumiciattolo.
Delgia
era lì, seduto come un umano, e all’arrivo di Inverse la fissò con gli occhi
sbarrati dal terrore. Si era reso conto che era inutile fuggire, lei era un
Cavaliere di Cephied, e avrebbe potuto inseguirlo anche in capo al mondo, se
avesse voluto.
Ma
Luna non voleva certo infierire. Si sedette accanto a lui.
-Guarda
che non sono mica arrabbiata, sai…- gli disse.
Delgia,
ad occhi bassi,taceva.
-Non
so quali siano, e non voglio neanche saperli, se tu non vuoi, ma sono sicura
che avevo ottimi motivi per fingerti un cane. - continuò lei.
Delgia
uggiolò leggermente. Quando era depresso il suo lato canino veniva fuori in modo
più evidente.
-Me
n’ero già accorta, sai? Fin dal primo momento. -
-D…
davvero?- fu la uggiolante dimanda di lui.
-Davvero.
- sorrise lei. -Dai, torniamo a casa. Puoi continuare a fare il cagnolone, se
vuoi, oppure comportarti normalmente. Non ti preoccupare, anche la mamma
capirà, se glie lo spiego io. -
Tornati
a casa, Delgia era sparito dalla circolazione. Si era rintanato in giardino,
nella casa sull’albero in cui Lina e Luna, da bambina, erano solite giocare.
Seduto
attorno al tavolo in cucina, Dessran illustrò il suo progetto a Luna, che ci
pensò attentamente.
-Si,
si potrebbe fare… penso che potrebbe funzionare. Potremmo andare a chiedere
alla regina dei draghi d’acqua. Aqua è quella più alla mano, dei Dragon Lords,
e non è neanche troppo distante. L’unico problema è “come ci arriviamo”? Non
credo che Dessran possa teletrasportarsi all’interno dei territori dei draghi
senza rischiare di creare incidenti diplomatici…-
-Già.
Tu puoi convocare qualche drago, Luna?-
-No.
Senti, Philia ci darebbe un passaggio?-
*goccolina
di Dessran*
-Se
aspettate cinque minuti vado a chiederglielo. - disse, prima di scomparire.
Cinque o sei minuti dopo, era di nuovo lì, con Philia.
-Ciao,
Luna, ciao, Amelia, ciao Zelgadiss! Dess mi ha raccontato del problema, vi accompagnerò
volentieri al santuario della regina dei Draghi d’Acqua!-
-Magnifico!-
esclamò Zelgadiss -Cosa aspettiamo a partire?- si era alzato, e ben presto
tutti lo imitarono.
Per
prima cosa, Dessran teletrasportò tutti, eccetto Philia che fece da sola, fuori
città, dove la trasformazione della draghetta non sarebbe stata notata. Poi
Philia fece salire i tre passeggeri, mentre Dessran la seguiva in levitazione.
In poco più di un’orae mezza
arrivarono all’isoletta in cui, incastonato nell’alta scogliera sul mare, c’era
il Mizuryuu-ou Palace. Dessran li aspettò ai confini del territorio di
esclusiva pertinenza della Dragon lady, sulla spiaggia del continente.
Grazie alla carica di Luna, furono immediatamente accolti
nell’edificio. Fu una piacevole sorpresa, per Luna, reincontrare Kìmai Nerò, il
drago d’acqua che, anni prima, l’aveva condotta per la prima volta al magnifico
palazzo nella scogliera.
-Cavaliere
Inverse! E’ bello rivedervi! Quali motivi vi portano fin qui?- chiese
affabilmente, stringendo la mano che Luna gli porgeva
-Kìmai!
Che piacere rivederti! Beh, è una storia lunga. Per farla breve, ho bisogno di
parlare con sua maestà, per conto di questi miei amici. Immagino tu abbia
sentito parlare di Zelgadiss Greywords, Amelia Will Tesla Saillune e Philia Ul
Copt…-
-Ma
certo che si! Siete proprio voi? Tre degli eroi della guerra contro Dark Star?
È un onore per me conoscervi!- Kìmai strinse le mani in segno di saluto anche
agli altri. -Vi farò annunciare subito a sua maestà. Fortunatamente, adesso è nel
suo studio, credo che vi riceverà volentieri. - con un lieve inchino, il drago
d’acqua si allontanò, dopo aver condotto gli ospiti in un elegante salottino
color acquamarina.
Meno
di due minuti dopo, Kìmai tornò, invitandoli ad accomodarsi nello studio della
Dragon lady, che era impaziente di vederli.
-Benvenuti!
Oh, che bello rivedervi!- Aqua li accolse con un bel sorriso. Esattamente come
l’anno prima, quando l’avevano incontrata al fatidico consiglio a Saillune,
indossava un abito blu, ma i capelli blu erano, stavolta, corti e fittamente
riccioluti.
-Maestà,
vi ringrazio per averci ricevuto così sollecitamente…-
-Aah,
niente formalismi, Inverse! Su, coraggio, sedetevi, e raccontatemi i motivi per
cui siete qui. Immagino non sia solo una visita di cortesia, vero?- si accomodò
su una sedia di ferro battuto smaltato, attorno a un tavolino rotondo pure
smaltato, bianco e blu.
-Già.
Come ti ricorderai, Aqua, quella volta che venimmo nel Tempio di Sabbia, dove
c’era quella copia completa della Clear Bible, Lina cercava un incantesimo. Ma
in realtà, non era la sola a cercare la Clear Bible. - iniziò Amelia -Anche
Zelgadiss ne cercava una copia, che contenesse una certa informazione. Ora,
visto che adesso possiamo rivolgerci direttamente a te, che sei la depositaria
di tutte le conoscenze di Cephied, anziché cercare a tentoni le copie per il
mondo, vorremmo che ci dicesti se conosci un modo per fare tornare Zelgadiss
normale. -
Aqua
fissò pensierosa prima Amelia, poi Zelgadiss.
Poi,
lentamente, parlò -Vedo che la struttura del tuo corpo è quella di una chimera.
Innanzitutto, ho bisogno di sapere quali specie sono state utilizzate per
modificarti; poi, chi è stato; infine, se ce la fai, vorrei che cercassi di
descrivermi il più possibile nei dettagli quello che ti ricordi e che sai
dell’incantesimo. - intrecciò le mani sul tavolo.
Zelgadiss
sospirò -Beh, chi è stato a mutarmi, è presto detto. Rezo, il Monaco Rosso. Mi
disse che sarei diventato forte, se gli avessi obbedito. E lo ha fatto. Ma mi
ha conciato così. Ho però motivo di ritenere che fosse sotto l’influsso di Ruby
Eye, quando lo ha fatto… Fino a un paio di anni prima di ridurmi così, era
buono… o almeno credo…- il tono di voce era andato via via calando, fino a
ridursi a poco più di un mormorio.
Aqua
lo guardava piena di pietà: intuiva quanto dolore doveva esserci dietro quella
trasformazione forzata. Tra le parole dello shamano, si intuiva un rispetto e,
si, anche un fantasma di un affetto ormai svanito tra le nebbie dell’odio, che
Zelgadiss doveva aver provato verso Rezo.
Amelia
posò una mano su quella di Zelgadiss. Il contatto con la mano della ragazza
spinse lo shamano a continuare, come se quel semplice tocco gli avesse ridato
la speranza e il coraggio che tali ricordi parevano avergli strappato via.
-Delle
creature usate per ibridare il mio corpo, so per certo che uno era un golem,
mentre l’altro un mazoku. Ho motivi di ritenere che si trattasse di un brass
demon, anche se non ho ben chiaro di che tipo, di preciso.
Della
trasformazione… non ricordo molto, salvo la paura… ero terrorizzato. Malgrado
la cecità, Rezo mi aveva inseguito per mezza foresta; poi, quando caddi,
inciampando in una radice, sentii dei tentacoli strisciarmi addosso, e feci in
tempo a voltarmi, e vedere che provenivano da lui - rabbrividì - come generati
da un’aura immonda. Poi persi i sensi, e quando mi risvegliai, ero così. Rezo
mi disse che, se gli avessi obbedito, mi avrebbe ridato sembianze umane. Ma
anche quando Shabranigdo prese possesso del suo corpo, mi disse che non poteva neppure
lui farmi tornare normale. Ma io non mi sono arreso, e ho continuato a cercare,
in tutti questi anni…-
Si
interruppe. Guardava la fitta trama metallica del tavolo, come se
all’imnprovviso fosse diventata interessantissima. Non aveva mai parlato a nessuno
di quei momenti, e sentiva il suo corpo tremare al ricordo.
Aqua
si alzò, iniziando a camminare pensierosa su e giù per la stanza.
-Per
curiosità, chi ha avuto l’idea di rivolgersi a me?-
-Dessran,
il priest di Garv. Il suo clan demoniaco è neutrale, e anche se è un mazoku, è
molto più degno di stima e fiducia di molti umani. - rispose schietto
Zelgadiss.
-Ah,
si, ho sentito parlare bene di lui. Il ribelle di Phibrizio che Hellmaster
doveva ricattare tenendo in ostaggio il suo villaggio di origine per costringerlo
ad obbedire, e che è passato sotto Garv solo perché il Dragon Chaos si è
dichiarato fuori della guerra, vero?-
-Esattamente.
Ma come fate a conoscere…- Zel era stupito: come faceva un Dragon Lord a
conoscere così bene i fatti di un mazoku tanto riservato?
-I
pettegolezzi girano. Comunque, tornando all’argomento principale, sai dov’è il
laboratorio principale di Rezo?-
-Cos?
No, non lo so… viaggiavamo sempre, non ci fermavamo mai a lungo… di solito
stavamo alle gilde dei maghi. No, aspetta! Forse… ma si, aveva un laboratorio
piuttosto grande sotto Sailarg…-
-Peccato
che ora, al posto di Sailarg, ci sia un cratere di trenta chilometri di
diametro…- aggiunse Luna
-Con
tutto il casino che vi si è svolto, dalla battaglia contro Copy Rezo a
Phibrizio, per terminare con l’avvento di LoN nel corpo di Lina, se laggiù
c’era qualcosa, è polvere da un bel pezzo!- riflettè Amelia.
-Mmm…
non ti preoccupare. Senti, io adesso vado a schiodare i regali deretani degli
altri tre Dragon Lords dai loro seggi, e vedrai che a qualcosa arriveremo… in
tempo utile rispetto alla tua vita, ovvio! Intanto, è ormai ora di pranzo:
sarete ospiti qui al mio palazzo finché non avremo trovato una soluzione, o, se
va per le lunghe, finché vorrete. - così dicendo, la Dragon lady tirò un
cordone di seta blu, e pochi istanti dopo un attendente arrivò, inchinandosi.
La regina dette istruzioni perché gli ospiti venissero trattati con tutti i
riguardi. Poi, quando i quattro se ne furono andati dal suo studio, si portò le
lunghe dita sottili alle tempie (giusto per fare scena), e con un poderoso urlo
mentale, chiamò i suoi “fratelli” dragon lords…
-Ouch!-
il re dei draghi di fuoco scivolò giù dalla poltrona per l’urlo, imprecando.
“-Mapporc…
Aqua? Che hai da urlare tanto?-” fu la sua seccata domanda.
“-Ho
un favore da chiedervi, fratelli: mi date una mano a spezzare un incantesimo
posto da Ruby Eye?-”
“-Eh?
Cos’è ‘sta improvvisa richiesta?-” fece la regina dei draghi d’aria, regalmente
impegnata a limarsi le unghie.
“-Oh,
beh, è venuta Luna, a fare da intermediario tra me e uno degli eroi contro la
guerra a Dark Star. Avete presente Zelgadiss, la chimera? Mi ha chiesto se
conosco il modo di farlo tornare normale…-”
“-E
a noi che ci importa delle richieste di un umano?-” fece di rimando il re dei
draghi di terra, che si era appena accomodato nella sua caverna preferita, e
non aveva la benché minima voglia di muoversi.
“-Oh,
beh, ci pensate che faccia che farebbero i dark lords, se noi quattro
riuscissimo a rompere una maledizione che neanche Ruby Eye è riuscito a
togliere?-” nella comunicazione mentale della dragon lady c’era una nota di
divertimeno. Sapeva di aver toccato i tasti giusti…
“-Dove,
quando e a che ora. -” fu la laconica domanda del re dei draghi di terra. Aqua
sogghignò.
“-Anche
subito, se volete. Venite qui da me, dai. -”
Nel
frattempo, nella saletta da pranzo in cui erano stati accompagnati, i quattro
facevano onore alle deliziose portate a base di pesce.
-Voi
pensate davvero che i Dragon Lords possano rompere la maledizione che c’è su
Zel?- chiese Philia, a fine pasto, sorseggiando il the.
-Beh,
se non ci riescono loro, allora, credo che solo LoN forse posa riuscirci… e non
credo si scomoderebbe per così poco… - rispose a mezza voce Zelgadiss.
Le
ore passavano, e pareva che i Dragon Lords non fossero arrivati a soluzioni
concrete. Amelia aveva il suoi doveri di principessa, a Saillune, e Philia
voleva tornare a casa, al Maryuu-ou Castle; anche Luna doveva tornare a casa
sua, quindi si congedarono tutti, visto che Zelgadiss non aveva la minima
voglia di restare lì da solo. Aqua li rassicurò sul fatto che, non appena ci
fossero state notizie, li avrebbe informati immediatamente.
-E’
incredibile, sono tutti eccitati come bambini davanti a un giocattolo nuovo:
sciolgere la maledizione che grava su Zelgadiss è la cosa più interessante e
stimolante che sia capitata loro da un bel pezzo!- commentò Aqua, ridendo.
Philia
lasciò i tre dove Dessran li aspettava, in riva al mare, poco distante da un
paesino sulla costa. Fu contento di vederli arrivare: si stava annoiando a
morte.
-Allora?
Quali nuove?- chiese immediatamente.
-Beh,
una notizia buona e una cattiva. La cattiva è che Aqua non conosce il metodo
diretto per rompere la mia maledizione; quella buona, è che ha convocato anche
gli altri Dragon Lords, e adesso si stanno appassionando al mio caso, e si
stanno divertendo un mondo a cercare insieme una soluzione. - fece, un po’
soddisfatto e un po’ sarcastico Zelgadiss.
-Beh,
dai, allora non è stato proprio un buco nell’acqua totale: magari arrivano alla
soluzione. - fece Dessran -Vi riporto a casa, ragazzi?-
-Io
do un passaggio a Luna fino a Zephilia, e poi chiamo Valgarv perché mi venga a
prendere. Tu accompagna pure Amelia e Zelgadiss a Saillune, Dess. - disse
Philia prima di sparire assieme al Cavaliere di Cephied.
-Ok,
ragazzi, si torna a casa. -
-Da
quando mi dai una mano nelle mie ricerche, Dess, queste si sono accorciate
enormemente. - constatò Zelggadiss.
-Beh,
per forza, prima ti ci voleva un sacco di tempo solo per percorrere distanze
che per me sono questione di istanti!- esclamò Dessran -Eccoci arrivati a
Saillune!- li aveva teletrasportati nei giardini reali -Buona notte,
piccioncini!- e, con un’ultima strizzata d’occhio, sparì nell’aria.
Intanto,
i due piccioncini erano rimasti lì, impalati, rossi come pomodori.
-Beh…
rientriamo?- fece imbarazzato Zelgadiss.
-Mm…
no, dai, si sta così bene, qui fuori… - fece Amelia, trattenendolo per una
manica del vestito.
Aveva
ragione, notò Zelgadiss, l’aria era fragrante del profumo dei fiori dei
giardini, giaggioli, giacinti e rose, e piccoli fiordalisi e mughetti, e ogni
fiore bello e profumato che ornava i giardini, dolcemente illuminati dalle
lucciole, che danzavano come stelle scese in terra.
Sorridendo,
Zelgadiss la condusse in una specie di piccolo gazebo di marmo, coperto di
glicine e rose fioriti, una cascata di lilla e di bianco rosato, in cui
occhieggiava qui e là il tenero verde chiaro delle foglie del primo, e lo scuro
colore verde delle foglie dell’altra pianta
Seduti
accanto, mano nella mano, come due bambini complici usciti di casa senza
permesso la sera, ascoltavano e guardavano e annusavano quella notte di magica
bellezza che pareva fatta apposta per due cuori innamorati, anche se poco dopo
ogni bellezza della sera era sparita dalle loro menti, concentrate solo
sull’altro e sul lungo, profondo bacio che si scambiarono.
L’aurora
svegliò gli uccellini nei loro caldi e confortevoli nidi, e mentre i fiori
aprivano le loro corolle ingemmate di rugiada, qualcun altro aprì gli occhi, al
caldo e al riparo dall’umido in un dolce abbraccio.
Amelia
sorrise, ricordando la sera precedente. Si strinse di più a Zelgadiss che,
ancora addormentato, la cingeva con le braccia, proteggendola col mantello
dalle gocce di rugiada mattutine.
Al
primo bacio ne erano seguiti molti altri, e sussurri d’amore. Sapeva che
Zelgadiss, dietro quella maschera di fredda imperturbabilità, nascondeva
un’animo dolce e sensibile, ma mai avrebbe immaginato quanto dolce e affettuoso
potesse mai rivelarsi. Si appoggiò col volto al petto di Zelgadiss, che si
sollevava e si abbassava ritmicamente nel sonno, chiudendo gli occhi.
Non
avevano voluto tornare al chiuso, troppo dolce era la sera, troppo deliziosa
quella innocente intimità che quell’angolo di giardino, nascosto da un curato
boschetto, dava loro. Si erano addormentati seduti sull’erba, sotto un albero,
tra le cui fronde occhieggiavano luci immobili, le stelle, e altre danzanti, le
lucciole. Raggomitolati insieme nel mantello di Zel, avevano deciso di vedere
il sorgere del sole assieme.
-Zel…
Zel, sveglia…- sussurrò a bassa voce Amelia, accarezzando con gentilezza il
volto del ragazzo.
-Buongiorno,
Amelia, - sorrise lui, con gli occhi ancora un po’ assonnati -dormito bene?
Temo di essere un materasso un po’ troppo duro…-
-Mai
dormito meglio. - lo baciò sulle labbra, dolcemente -Guarda, sta sorgendo il
sole. L’alba è stupenda…-
-Si,
ma non sta al pari con te. - le sussurrò Zelgadiss all’orecchio, stringendola a
sé. Amelia sorrise, in silenzio.
E
in silenzio rimasero ad ammirare l’astro nascente che tingeva il cielo, già
indorato dall’aurora, di rosa e di lilla, per poi assumere l’azzurro intenso,
mentre le sottili, cotonose nuvolette che ornavano il cielo si tingevano
dall’oro al rosa, al bianco più candido e puro. Il giardino attorno a loro si
svegliava, gli uccellini si lisciavano le piume arruffate e intonavano i primi
canti e cinguettii, volando a fare il bagno mattutino nelle fontane che
ornavano i giardini, mentre i piccoli insetti del prato si destavano e uscivano
dai loro nascondigli sotto le foglie e dentro i fiori, ronzando e saltando. I
fiori erano stati i primi a destarsi, e ai primi raggi del sole già emettevano
tutto il loro fragrante profumo, che nella notte s’era solo un poco attenuato.
I
giorni sucessivi passavano, strani. Talvolta pareva che i secondi si
congelassero, durassero ore, e le ore anni, e Zelgadiss guardava sconsolato
l’orologio, o stava per ore a fissare il fondo della sua tazza di caffè, o
capitava che rileggesse decine di volte la stessa pagina, senza neanche
prestarle veramente attenzione. Temeva che neppure i Dragon Lords potessero
aiutarlo. Ma poi Amelia interveniva, e bastava un suo sorriso, una carezza
dolce sul viso, o anche una sua semplice parola, che un raggio di sole
squarciava le nubi che si addensavano nel cuore dello shamano, illuminando il
suo animo; e allora le ore scorrevano veloci, ma colme di una dolce felicità di
cui nessuno dei due pareva mai sazio.
Philionel
li osservava, soddisfatto. Anche se Zelgadiss fosse rimasto una chimera, lui
avrebbe approvato in pieno il matrimonio tra lui e l’amata figliola Amelia.
Sapeva che nessun uomo al mondo avrebbe saputo renderla più felice, e ciò gli
bastava, e al diavolo i consiglieri che insistevano perché maritasse la figlia
a un nobile, in nome di un’altrettanto nobile discendenza. Eccheccavoli! Anche
lui aveva sposato una donna di origini non nobili, ma di cui era
innamoratissimo. Avevano vissuto anni veramente felici, insieme, e lei gli
aveva dato due figlie bellissime, allegre, piene di vita e, ne era sicuro per
la seconda, piene di amore da donare agli altri.
Così,
quatto quatto, sperando di fare una bella sorpresa ad Amelia, aveva dato ordine
allo stilista di corte di preparare schizzi e disegni di abiti da sposa che ben
si adattassero ad Amelia... e già che c’era, anche qualche bel modello per un
abito da sposo che stesse bene a Zelgadiss…
(che
paparino premuroso e adorabile! N.d.Ilune ^___^)
Era
già passato quasi un mese dalla visita alla Regina dei Draghi d’Acqua, quando
un messaggero chiese udienza con la principessa.
Amelia
era stanca e stressata, aveva dovuto sopportare la visita di un aspirante
pretendente alla sua mano, con tanto di ambasciatori e doni. Era riuscita a
fargli capire con fermezza che lui proprio non gli interessava, senza rischiare
di scatenare una faida col baronato di provenienza,ma era stata una cosa stressante. Adesso, l’unica cosa che
desiderava, era andare a rilassarli un po’, magari avrebbe trovato Zelgadiss in
biblioteca, e avrebbero potuto andare un’ultima volta alle giostre in Piazza
Primavera, prima che partissero i giostrai.
Ora,
invece, l’arrivo di questo nuovo messaggero le scombinava tutti i suoi piani.
Di cosa si sarebbe trattato? Di un aspirante fidanzato che mandava il suo
ambasciatore? Di una faida tra feudatari confinanti che avevano deciso di
rivolgersi alla famiglia reale per dirimere la quastione? Di un villaggio che
richiedeva aiuto perché attaccato dai mostri? Amelia quasi avrebbe preferito la
seconda o la terza. Beh, per la terza, sarebbe stata più indicata Lina: un paio
di fireballs, e la maggior parte dei mostri se ne sarebbe andata con la coda
tra le zampe. Ma, pensò, se si trattava di ciò, avrebbe potuto chiedere a Zel
di accompagnarla, occupandosene personalmente. Una bella vacanza fuori
programma era quel che ci voleva.
-Va
bene, fate entrare questo messaggero. - disse, sedendosi sul piccolo trono
ornato di cuscini da cui si era appena alzata.
Il
messaggero fu fatto entrare.
La
prima cosa che Amelia notò, furono i capelli, di un blu mare intenso, pettinati
in morbide onde ornate di piccole perle bianche al termine di ogni ciocca. Poi,
il viso, dall’ossatura sottile e dalla pelle quasi azzurrina. Le orecchie erano
seminascoste dai capelli, ma ad Amelia pareva di aver visto sottili membrane
simili a pinne.
Il
messaggero, ommeglio, la messaggera, si rese conto Amelia, era avvolta in una
lunga veste turchese, con gli orli ornati di sottilissimo pizzo acquamarina,
piccole perle e conchiglie altrettanto minuscole. Una cintura di quelli che
parevano aculei di riccio di mare lisciati e lucidati le pendeva dalla vita
sottile; a essa era appesa una conchiglia intarsiata, probabilmente usata come
corno. In mano, recava uno strano oggetto, che Amelia riconobbe come un
sigillo, che identificava un ambasciatore. L’oggetto era stranissimo perché era
inciso come un cammeo, e ornato di perle a goccia.
-Siete
un’inviata della regina dei Draghi d’Acqua?- chiese meravigliata Amelia.
-Si,
principessa. La mia signora mi manda a riferiVi che lei e i suoi Venerabili
fratelli Dragon Lords hanno trovato una cura per il signor Greywords, e che
siete invitati quanto prima alla residenza della mia Signora. Ho inoltre
l’incarico di scortarVi laggiù mediante teletrasporto, non appena siate pronti.
- l’ambasciatrice alzò lo sguardo, era inchinata davanti al trono, e a fatica
riuscì a mantenere la sorpresa alla vista dell’infantile, irrefrenanabile gioia
sul volto della principessa.
-Vado
a cercare Zelgadiss! Vi prego, aspettate pure nel salotto qui adiacente, farò in
un attimo!- e lasciando l’ambasciatrice a dir poco allibita, le indicò
l’elegante salotto in cui riceveva ospiti importanti, per poi filare via
correndo come una bambina, reggendosi con entrambi le mani la lunga sottana,
dribblando cameriere e ministri per i corridoi.
*piccolo
pesciolino con scia di puntini in background all’ambasciatrice*
-Acci…
papà mi aveva detto che la principessa di Saillune è molto informale… ma mica
credevo così TANTO informale…- constatò a mezza voce.
-ZEEEEELLLL!!!!-
aprendo la porta della biblioteca reale come una furia, Amelia fece trasalire i
presenti che lì leggevano e studiavano. Come sperava, c’era Zelgadiss, al suo
solito posto vicino alla finestra. Naturalmente, c’era anche Dessran.
-Amelia?
Che hai da strillare?- chiese stupito Zelgadiss: per quanto la ragazza fosse
vivace ed esuberante, non gridava né strillava nella biblioteca (anche se, gli
aveva confessato, da piccola lo faceva spesso e volentieri…).
-È
arrivata! È arrivata!- continuava a ripetere eccitata Amelia.
-Aemh…
chi?- fu l’interdeta domanda di Dess.
-Una
messaggera dal palazzo della regina dei Draghi di Mare! Ci deve portare lì
immediatamente! Sai che significa, questo, Zel?-
Gli
occhi di Zel si spalancarono, la speranza e la sorpresa si mescolavano in una
gioia purissima e irrefernabile -Che hanno trovato la cura?!?-
-Evidentemente
si! Dai, vieni, presto!- e, presolo per mano, lo trascinò quasi di peso per i
primi metri; dopo, riavutosi dalla sorpresa, fu Zelgadiss che quasi trascinò
lei di peso verso la sala delle udienze!
-Io
vi aspetto qui, ragazzi!- fu il grido lontano di Dess, ancora in biblioteca.
-PISTAAaaaAAAaaaaaaAAaaaaAAAAA!!!!-
l’urlo di Amelia risuonava nei corridoi, mentre filava a tutta velocità,
trascianta da Zel a mo’ di bandiera…
*colpo
apoplettico di un paio di vecchi ministri… vabbè, chissenefrè ^__^*
L’urlo
di Amelia li precedette di un pezzo, così l’ambasciatrice riuscì a nascondere
in tempo il gocciolone (di acqua salata ^__^) di imbarazzo…
-Bene,
vedo che siete riuscita a trovare il signor Greywords, Principessa. Ma, posso
chiedervi dov’è il mazoku Dessran? Sua Maestà ha richiesto espressamente la sua
presenza…-
-Dess?
E’ in biblioteca. - fu la risposta stupita di Amelia -Vado a chiamarlo… -
-Lascia,
ci penso io. - la fermò Zel, scattando poi alla sua fulminea velocità verso la
biblioteca, e tornando pochi minuti con (uno spettinato, sconcertato e
shakerato) Dessran.
*per
i corridoi, un paio di cameriere semisomemrse dai carrelli rovesciati della
biancheria, un consigliere travolto, un ambasciatore shockato e Philionel che
sogghigna sotto i baffi… scene di ordinaria follia, per intenderci ^__^*
*gocciolina
dell’ambasciatrice*
-Ehm…ora, se vogliamo andare…-
-Andiamo,
andiamo!- esclamò Zelgadiss, senza il minimo fiatone. Amelia annuì.
-Bene…-
fece la draghessa. Un istante dopo, le pareti del castello reale di Saillune
erano state sostituite da quelle intarsiate di madreperle e coralli dell’atrio
del palazzo nella scogliera.
L’ambasciatrice
li accompagnò per un tratto, fino alla porta degli appartamenti privati della
regina. Bussò, e chiese al paggio che venne ad aprire di annunciare gli ospiti.
Pochi minuti dopo, Amelia, Zelgadiss e Dessran erano di fronte ai quattro
Dragon Lords, seduti attorno a un largo tavolo rotondo.
Per
la prima volta dopo moltissimi anni, Dessran si sentì a disagio: era forte e
potente, ma un Dragon Lords era forte come un Dark Lords, e lui, rispetto a un
Dark Lords era nulla. Si sentiva piccolo piccolo…
L’attenzione
del Re dei Draghi di Terra era puntata su Zelgadiss, ma non lo osservava come
persona, ma come “caso clinico”, come qualcosa da analizzare e studiare.
Zelgadiss scoprì che lo sguardo indagatore e freddo dell’alto giovane dai
capelli scuri lo irritava oltremodo.
La
Regina dei Draghi d’Aria parlottava fitto con il Re dei Draghi di Fuoco. La
Regina dei Draghi di Mare, Aqua, li accolse però con un sorriso gentile.
-Oh,
benarrivati. Seleika Nerò ha fatto un’ottimo lavoro, vi ha condotti qui in un
lampo. Bene, immagino ricorderete i miei fratelli Dragon Lords, e sono altresì
sicura che loro si ricordano di voi, - *occhiataccia agli altri tre, che
smettono, rispettivamente, di fissare in modo davvero maleducato Zel, e di
parlottare per conto loro* - per cuiritengo superflue le presentazioni. Prego, sedetevi. - indicò loro tre
sedie che erano apparse dal nulla tra lei e il Re dei Draghi di Fuoco. I tre si
accomodarono, non senza una certa dose di nervosismo.
Dessran
si chiedeva nervoso perché avevano chiesto che anche lui fosse presente.
Accidenti a Zel che lo aveva trascinato letteralmente di forza!
Vedendo
come il mazoku si dimenava sulla sedia, Aqua decise di fugare i suoi
(comprensibili) dubbi: -Ho fatto invitare anche Dessran del clan Dragon Chaos
per fargli i miei complimenti per la brillante intuizione di rivolgersi a noi
per spezzare la maledizione gravante su Zelgadiss Greywords. Sapendo anche che
siete amici, ho pensato che avrebbe avuto piacere nell’essere presente. -
spiegò, sia al mazoku, sia agli altri Dragon Lords.
Il
sovrano dei draghi di terra e la regina dei draghi d’aria non nascondevano la
disapprovazione per il comportamento della sorella: invitare un Mazoku in uno
dei sacri Palazzi dei draghi! Cephied si starà rivoltando nella tomba, nel Mare
del Chaos, commentò il dragon lord alla dragon lady dell’aria. Aqua però
intercettò il pensier telepatico, e rispose “ne parliamo più tardi, a
quattr’occhi, tu e io, fossile!”…
-Dunque,
inizierò subito con lo specificare che questa non è la cura definitiva. Ma
siamo riusciti a mettere a punto un incantesimo che ti ridarà sembianze umane,
pur non riuscendo a eliminare l’aura magica di mazoku e di golem che la
maledizione di causa. - spiegò Aqua a Zelgadiss.
-È
già più di quanto osassi sperare, Aqua. - fu la risposta, corredata di sorriso
a trentasei denti, di Zelgadiss -Dici quindi che tornerò ad avere della pelle
rosa e morbida, ecapelli veri, e le
orecchie a punta spariranno?-
-Si.
Vedi, l’aspetto fisico è una conseguenza del terzo di demone. Tericamente
potresti controllarlo, ma con le tue sole forze non puoi. Con questo
incantesimo, riusciremo ad attenuare un poco il demone, permettendoti quindi di
dominare parte dell’aura; ti basterà il semplice volere sembianze umane, e le
otterrai. -
-Tutto
qui? È così semplice?- fu la meravigliata domanda di Amelia.
-In
teoria si. In pratica, Amelia cara, è assai più complicato. Per poter
effettuare questo incantesimo di “attenuazione” del terzo demoniaco, infatti,
serve un catalizzatore, una pietra di un tipo molto raro, tagliata a gemma, che
proviene da terre oltre la Barriera, oltre l’oceano stesso. Già mille anni fa,
prima della Barriera, queste gemme erano rare; oggi sono quasi introvabili,
distrutte nei secoli, o tagliate in pezzi più piccoli e privi di potere…-
sospirò -Non sarà facile trovarne, neanche con l’aiuto dei miei draghi. -
-Emh,
mi scusi, maestà, ma mi può descrivere questo tipo di gemme?-
-Oh?
Ah, si, certamente, Dessran. Sono pietre di color azzurro intenso, color
pervica, con sottili ombre color indaco e malva all’interno. Le migliori sono
grandi come una grossa noce, tagliate a dodecaedro, senza alcuna impurità
all’interno…-
-Come
questa?- Dessran estrasse dal piano astrale, con aria trionfale, una gemma
identica a quella appena descritta dalla Dragon Lady.
*Occhi
a pizza con puntino nero di trascurabili dimensioni dei Dragon Lords*
-E
quella da dove salta fuori?- chiese Amelia, stupita.
-Questa?
Oh, beh, ti ricordi di quel sacerdote sanguinario che aveva stretto un patto
con un lesser demon, da cui abbiamo liberato quella città nell’altro
continente? Beh, questo era il nucleo della loro pietra del contratto. Non ne
conoscevo il reale valore, ma ho pensato che un amplificatore fa sempre
comodo,e che era sprecato tra le
sgrinfie di quel lesser demon senza padrone. Ma se può servire a far tornare
Zelgadiss a sembianze umane, ve lo regalo con tutto il cuore!- posò la gemma
sul tavolo, strizzando l’occhio -Sarà il mio regalo di nozze, un po’ in
anticipo!-
-Grazie,
Dess! Sei un amico fantastico!- Amelia strinse entrambe le mani di Dessran.
-Si,
okkei, ma ora basta smancerie, o, resistente o no, mi sento male!- cercò di
sottrarsi Dessran.
Più
pacato, Zelgadiss gli pose una mano sulla spalla -Grazie. Grazie infinite,
Dess. -
-È
a questo che servono gli amici, no?- Dessran si risedette, imitato anche da
Zelgadiss e Amelia.
-Benissimo!
Ora che abbiamo l’amplificatore, si può fare tutto! Tutto il resto del
materiale ce lo possiamo procurare facilmente noi quattro. Allora, domattina
opereremo. Intanto, vorrei che vi fermaste come miei ospiti. - fece Aqua. Poi
distribuì dei bigliettini agli altri Dragon lords -Ecco la lista della spesa:
ognuno si procuri quello che serve, ci vediamo qui da me il prima possibile!
Tutto chiaro?-
-Ehm…
Aqua, perché nella mia lista ci sono anche “patatine, pop-corn, bibite gassate
e spumante, torta e pasticcini”?- chiese Phiros perplesso.
-Beh,
ma per festeggiare dopo che saremo riusciti a riportare Zel normale, no?- fu la
candida risposta di Aqua.
*occhiataccia
di Phiros*
*gocciolina
di Aqua*
-Okkei,
okkei, alla roba per i festeggiamenti ci penserò io…- fece, in fretta e furia.
Sospirando
su una certa sorella svampita, i tre Dragon Lords si teletrasportarono nelle
rispettive dimore, a raganellare il necessario. Non osavano disubbidire ad
Aqua, anche se la giudicavano infantile e assolutamente inadatta al ruolo che
ricopriva. Non osavano per il semplice motivo che, se l’avessero fatto, lei
avrebbe diffuso in giro certe vecchie notiziuole di mille anni addietro, quando
erano ancora giovani e di figuracce ne facevano taaaante. Il brutto è che loro
non ricordavano nulla di imbarazzante su di lei! Maledetta la sua memoria di
Cephied…
Il
mattino sorse, e attraverso i vetri azzurri il sole dette il buongiorno a
qualcuno che non aveva quasi chiuso occhio per tutta la notte…
Dessran
se n’era andato dopo la riunione, visto che non gli faceva bene stare lì, e che
la sua sola presenza dava l’orticaria e l’isteria a molti draghi. Zelgadiss e
Amelia erano invece rimasti, e Seleika aveva fatto loro da guida nella visita
al meraviglioso palazzo.
Avevano
anche scoperto che l’ambasciatrice era giovanissima, poco più grande di Philia,
e che era l’unica figlia di Kìmai Nerò, (il dragobus preferito di Luna, nonché)
ambasciatore prediletto di Aqua, ed erano entrati in buona confidenza.
Infine,
dopo l’affascinante visita e una deliziosa cena a base di pesce, erano stati
invitati a restare a dormire.
La
stanza di Amelia era proprio di fronte a quella di Zelgadiss, ed erano arredate
in maniera molto simile, in uno stile lussuoso, eppure sobrio e composto, quel
tipo di eleganza che denota ricchezza senza ostentarla. Ad Amelia piaceva
molto.
Come
dicevamo, il sole era sorto da poco, che un leggero bussare si udì nella camera
di Zel. Lo shamano aprì la porta, e si trovò davanti Amelia, vestita dell’abito
del giorno prima (un’elegante veste rosa pallido e lilla, dallo scollo quadrato
e dal corpino ricamato, che ne metteva in risalto il bel fisico, e dalla lunga
gonna a fiore alla caviglia).
-Buongiorno,
Zel! Ero sicura che fossi già sveglio!- fu il saluto di lei, accompagnato da un
sorriso talmente radioso che, agli occhi di Zelgadiss, eclissò la luce del sole
nascente.
-Ho
dormito un paio di ore appena. Vuoi entrare?- si fece da parte, liberando il
vano della porta. Amelia entrò, accostando la pesante porta di legno chiaro alle
sue spalle, abbracciando Zelgadiss.
Zel
ricambiò l’abbraccio, baciandola sulla tempia. Dalla tempia, la sua bocca scese
più in giù, incontrando quella di Amelia, e per un po’ nessuno dei due pensò a
nulla se nona quei profondissimi baci.
Dopo
diverso tempo, si staccarono a riprendere fiato. Seduti sul divano, Zel chinò
il capo, affondando il volto nel morbidi, profumati capelli di Amelia.
-Ancora
poco, e uno dei miei due più grandi sogni si avvererà. - le sussurrò.
-Due?
Qual è l’altro?- chiese stupita Amelia.
-L’altro
è…- le sussurrò qualcosa all’orecchio. Amelia arrossì, e sorrise.
-Certo.
Anche subito. -
-No.
Prima vorrei tornare a sembianze umane. -
-No,
Zel, per favore. Adesso. -
Zelgadiss
sospirò -È importante anche per te, vero?-
Amelia
annuì.
-E
va bene. - si staccò da lei, e si mise in ginocchio, prendendole la mano
sinistra nella sua destra.
-Amelia
Will Tesla Saillune, vuoi sposare me, Zelgadiss Greywords? Vuoi essere mia
moglie, e condividere con me ciò che il destino ha in serbo per noi, gioie e
dolori, felicità e avversità?- la guardò nei begli occhi blu -Vuoi amarmi?-
Amelia
era rimasta senza parole: era troppo stupendo! Troppo romantico! (argh! Anche
io voglio una dichiarazione così! ^:^ ♥ n.d.Ilune molto romantica)
Il
suo corpo si mosse da solo, abbracciò Zelgadiss, e, tra le lacrime, disse “si,
si, lo voglio”, e lo ripetè ancora, e ancora, finché Zel sollevò il volto della
ragazza, rigato di lacrime di gioia, e baciandolo lo asciugò.
-Emh,
scusate se interrompo l’idillio, ma Sua Maestà vi manda a chiamare…-
*freeze
dei due…*
Seleika,
dalla porta, aveva cercato di farsi notare discretamente, ma si stava facendo
tardi, e la Regina li aveva mandati a chiamare da un pochino… Aveva dovuto, suo
malgrado (-Mica capita tutti i giorni di sentire una proposta di matrimonio
così romantica!!!- n.d.Seleika) interromperli, e adesso si sentiva morire di
vergogna.
Quando,
ancora un po’ rossi, i due varcarono la soglia dello studio di Aqua, questa li
accolse tutta contenta. Incidentalmente, Amelia notò che Aqua aveva cambiato
pettinatura: ora aveva i capelli blu scuro lunghissimi, in parte intrecciati e
avvolti attorno alla testa, e in parte decorati di strisce di pizzo,
intrecciati in tante grosse, morbide trecce che scendevano sulla schiena.
-Buongiorno!
Allora, Zel, pronto? Gli altri dei draghi sono di là, manchi solo tu per
iniziare. Amelia, cara, forse è meglio che aspetti qui. -
-Ma…-
-Niente
ma. Non per essere cattiva, ma è un rituale abbastanza complesso, una presenza
estranea potrebbe alterare l’equilibrio. Vedrai, andrà tutto bene. - le sorrise
Aqua con aria materna, accarezzandole la testa. Amelia ubbidì, e si sedette su
un divanetto indicatole dalla regina dei draghi d’acqua.
-Non
preoccuparti, andrà tutto bene. - cercò di rassicurarla Zelgadiss (anche se
pure lui aveva un pochino paura, in fondo al cuore). Amelia annuì, stringendo
le mani dell’amato, per un attimo, prima di lasciarlo andare.
A
Zelgadiss quella stanza parve enorme. Per un attimo si chiese come faceva a
starci nel palazzo, dato che pareva immensamente più grande della scogliera,
come altezza. Era semplicemente troppo grande per essere concepibile. Poi,
dall’assenza di vibrazioni magiche provenienti dal palazzo nella scogliera (che
vibrava della magia dei draghi d’acqua come una campana di cristallo), intuì
che era una sorta di distorsione spazio-tempo, come quella in cui era sita la
Cleare Bible.
Un
immenso, intricato simbolo magico era stato tracciato a terra con varie
sostanze. Curioso, ma attento a non toccarlo, intuiva che era importante
l’integrità dello stesso, Zelgadiss cercò di identificarne alcune. C’era del
sale macinato finissimo, sabbia di vari colori, proveniente da spiagge,
deserti, vulcani. Una polvere gialla dall’odore acre fu immediatamente
identificata dallo shamano come zolfo, e alcune linee di gesso tracciavano la
base del complicato schema. C’era anche una roba rossa e scura che, all’odore,
si rivelò immediatamente sangue.
Non
aveva ancora fatto a tempo a individuare, all’odorato e alla vista, neanche un
decimo delle sostanze presenti in quello stranissimo simbolo, che avvertì una
immensa presenza dietro di sé. Si voltò, e sentì il cuore sfarfallargli nel
petto alla vista del drago.
Aqua
aveva preso le sue vere sembianze, un immenso drago marino dalle eleganti pinne
e dalle zanne affilate che sporgevano dal lungo muso affusolato.
Incidentalmente, Zelgadiss notò che dalla testa scendevano ancora le trecce di
morbidi capelli blu, intrecciate di trine e pizzi.
Altre
tre presenze si materializzarono nella stanza, ai quattro estremi del simbolo
magico. Erano gli altri tre Re dei draghi, tutti nelle loro vere sembianze. Il
re dei draghi di fuoco sembrava una versione gigante dei più maestosi draghi
dorati, con sfumature rossastre più o meno marcate sul corpo aureo, e una
regale cresta di fiamme. La regina dei draghi d’aria galleggiava a mezz’aria,
come elegantemente posata su un invisibile cuscino, e le ampie ali monofalda,
di un celeste tanto chiaro da parere bianco, erano graziosamente ripiegate sui
fianchi snelli.
Il re
dei draghi di terra aveva un’aria imbronciata, ed era pesantemente seduto sulle
massicce zampe posteriori, la coda scurissima avvolta attorno e le ali brune
semichiuse. Di tutti, era certo quello meno rassicurante, come aspetto ma anche
come espressione. Pareva annoiato.
Tra
quelle quattro ancestrali creature, Zelgadiss si sentì improvvisamente piccolo
e insignificante come una formichina.
-Vai
al centro del simbolo magico, Zelgadiss, e stenditi lì all’interno del cerchio.
Prima, però, togliti la maglia: devi essere a petto nudo. - gli spiegò Aqua,
indicando con un gesto gentile del muso il cerchio del simbolo. Zelgadiss si
affrettò ad ubbidire, atterrando al centro del cerchio e distendendosi.
Notò
che un quarto della circonferenza, tracciata col gesso, era coperta di sale, un
altro quarto di finissima polvere, un altro di sabbia di rocce vulcaniche e
zolfo, e l’ultimo quarto di nero terriccio. Intuì che doveva c’entrare qualcosa
con la natura e le caratteristiche dei quattro re draghi.
Sentì
qualcosa di freddo posarsi sul suo petto: abbassò lo sguardo, vedendo la pietra
blu, il catalizzatore, che Dessran gli aveva dato come “regalo di nozze
anticipato”. Incidentalmente, si domandò come avesse fatto il mazoku a sapere
che aveva intenzione di chiedere ad Amelia di sposarlo…
I
suoi pensieri furono però distolti da ciò, mentre la sua attenzione veniva
catalizzata dal canto dei quattro draghi.
Non
aveva mai udito un drago cantare nella sua vera forma, e quelle parole erano in
una lingua sconosciuta, ma carpì dei termini che gli erano familiari…
con stupore,
Zelgadiss si accorse che stavano inserendo nella strana litania i loro veri
nomi, nomi noti solo ai draghi e ai mazoku di più alto livello. Stavano
incanalando la loro stessa energia? Zelgadiss poteva vedere le correnti di
energia partire dai quattro draghi, immensi ognuno come un castello, scorrere
nello strano sigillo in cui era al centro, e concentrarsi sopra il suo petto in
una luce abbagliante, bianco-azzurrina, che si contorceva e fluiva nella gemma
in un sottile vortice, come se l’oggetto risucchiasse il potere dei draghi.
La
gemma gli parve freddisisma, tanto fredda da bruciare, mentre si insinuava
nelle carni di pietra, e a stento lo shamano si trattenne dall’urlare. Poi,
com’era iniziato, il canto finì, anche se le eco si spegnevano a fatica nella
strana stanza.
Cautamente,
voltando il volto imperlato di sudore, lo shamano si guardò di lato. La prima
cosa che notò fu che il sigillo era stato bruciato dalla forza impressionante
che vi era fluita: la terra stessa era diventata una finissima cenere bianca.
La
seconda cosa che notò, fu che non era tornato normale.
A
fatica, si alzò a sedere.
-Bene,
Aqua, qui abbiamo finito. E ora, se non ti dispiace, me ne torno ai miei
impegni, ben più importanti che stare dietro ad un umano. - ringhiò il re dei
draghi di terra. Così com’era comparso, sparì dalla sala, che apparve ancora
piàù grande, svuotata della sua massiccia presenza.
-Si,
so io cosa ha da fare: poltrire nelle sue caverne!- sbuffò Aqua. -Come ti
senti, Zel?-
-Stremato.
Ma… perché non sono cambiato? Non ha funzionato?-
-Si
che ha funzionato. Ora, pensa all’aspetto che avevi prima della metamorfosi, e
lo assumerai. - spiegò il re dei draghi di fuoco.
-Esatto!
Ma suppongo vorrai farlo di fronte alla tua principessina, vero?- Aqua strizzò
un’occhio in segno di intesa, poi riprese sembianze più adatte a dialogare con
un umano. Anche il re dei dragi di fuoco e la regina dei draghi d’aria la
imitarono.
-Bene,
se quello zuccone dalla testa dura non vuole festegiare con noi, tanto peggio
per lui. Facciamo festa, ragazzi, in onore allo scorno che ha subito quel
pezzettaccio di Shabry, e al suo perfido lavoro andato in fumo!- esclamò la
regina dei draghi, schioccando le dita. Un istante dopo, erano tutti e quattro
fuori dalla stanza-distorsione spaziale, dinnanzi a una stupitissima Amelia.
Amelia
e Zelgadiss declinarono cortesemente l’invito a rimanere per i festeggiamenti:
volevano tornare immediatamente a Saillune. Aqua fece chiamare un drago che li
accompagnasse, poi se ne andò col fratello e la sorella.
-Beh,
ora, penso di essere pronto. - annunciò Zelgadiss. Amelia sapeva già cosa Zel
intendeva: recuperare sembianze umane.
Con
un profondo respiro, Zelgadiss chiuse gli occhi. Concentrò la sua attenzione
sui capelli. Castani. Dovevano essere castani, morbidi, setosi, un po’ ribelli,
ma veri capelli.
Un
morbido fruscio e un gridolino di sorpresa di Amelia gli dissero che ci era
riuscito. Ma, senza aprire gli occhi, continuò la sua opera.
Le
mani. L’azzurro che diventava rosa. La pietra carne. Le scaglie che sparivano.
Poi
il volto. E il torace, e le gambe.
Poi
le orecchie. Tonde orecchie umane.
Aprì
gli occhi.
Amelia
lo fissava stupefatta.
-Sono…
cambiato?- chiese, esitante. Non si sentiva diverso. Non si sentiva più
leggero; eppure, ricordava, il peso molto maggiore era stata la prima cosa che
aveva notato, appena trasformato in chimera. Ah, già, era una sorta di
illusione. Sotto la carne, forse c’era ancora la pietra. Ma si sarebbe
accontentato di quella via di mezzo, per amor di Amelia.
Amelia
pareva quasi incapace di riconoscere in quel normale ragazzo dai capelli
castani la chimera scorbutica di cui si era innamorata. Le pareva troppo
diverso. Troppo strano. Troppo… comune.
Ma
quando Zelgadiss le sorrise, in quello sguardo dolce e innamorato riconobbe
l’amato, e si tuffò tra le sue braccia…
Strano
come, malgrado ora fosse di carne anziché di pietra, quel suo sottile profumo,
l’odore del suo corpo, non fosse cambiato. Amelia lo inspirò profondamente.
Si,
malgrado l’aspetto fosse cambiato, quello era Zelgadiss. Il SUO Zelgadiss.
Zelgadiss
sollevò dolcemente il volto di Amelia, baciandola sulle labbra, bacio che lei
ricambiò, dopo un attimo di sorpresa alla nuova consistenza delle labbra
dell’amato.
-Torniamo
a casa? A Saillune?- sussurrò lei dopo un poco.
-Si.
- le sorrise -Ti avevo chiesto di sposarmi, da uomo a donna. Ma ora dovrò anche
farlo da pretendente a principessa, e parlare con tuo padre. -
Amelia
annuì -Non preoccuparti, a papà ci penso io. - sorrise -Mi ha detto chiaramente
che sarebbe felice di averti come genero. Gli unici che si dispereranno saranno
qualche vecchio ministro incartapecorito, e gli altri pretendenti rifiutati! Ma
il mio principe azzurro saprà tenerli a bada! Vero?- gli accarezzò una guancia
con un dito, stupita dalla morbidezza sericea della pelle.
-Certo!
Nessuno potrà portarmi via la mia principessina rosa confetto!- rise Zelgadiss,
stringendo poi a sé Amelia, e affondando il volto nella nuvola di capelli neri
e profumati della ragazza.
Dal
vano della porta, Seleika fingeva di non accorgersi di cosa stava accadendo,
sperando che quei due la smettessero di tubare come piccioncini, visto che lei
doveva riaccompagnarli a Saillune, ma le seccava parecchio interromperli.
“Cavoli,
che invidia… anche io voglio trovare un bel ragazzo dolce, carino, gentile e
romantico!” pensò con un moto di stizza. Ma il mestiere di ambasciatrice, se la
portava da un lato a conoscere tanta gente, dall’altra non le lasciava il tempo
libero per una relazione romantica. Che rabbia.
Alla
fine, accortasi che rischiava di fare tardi a un altro appuntamento, bussò con
decisione alla porta (peraltro già aperta). -Mi spiace immensamente disturbarvi,
ma dopo avervi riaccompagnato a Saillune, ho diversi altri incarichi, cui non
posso tardare…- cercò di darsi un contegno professionale.
-Oh,
si, Seleika, scusa tanto. E che…- cercò di giustificarsi Amelia.
-Non
preoccupatevi, faremo in un lampo. - posò le mani sulle spalle dei due, e un
attimo dopo li aveva teletrasportati nello studio di Philionel.
-Allora,
auguri e figli maschi. E tanta felicità. - fece un lieve inchino formale, e si
teletrasportò via.
Philionel,
dopo un attimo di sorpresa, si alzò dalla poltrona.
-Allora
ce l’avete fatta, eh? Benissimo! Oh, Zelgadiss, ero davvero curioso di vederti
al “naturale”. Allora, per quando fissiamo le nozze?-
*Arross
di Zel e Amelia*
-Papà…
chi ti ha detto che noi…-
-Dessran
qualche volta è un gran pettegolo, sai? Mi aveva detto che, se Zelgadiss fosse
riuscito a riavere sembianze umane, ti avrebbe chiesto di sposarlo. Così ho
fatto preparare tutto in anticipo: gran risparmio di tempo!
*Zel
e Amelia ancora più rossi*
-Aspetta
che lo prendo, quel pettegolone… lo tormenterò col solletico fino al singhiozzo
più profondo!- mugugnò sottovoce Zelgadiss, sorridendo.
Capitolo 5 *** Zenith of power - tutto è bene quel che finisce bene… o almeno, così si dice! ***
Quest of Souls
Cap.IV - Zenith of power - tutto è bene quel che finisce
bene… o almeno, così si dice!
Una
corte reale, di solito, ha sempre un certo viavai di sottofondo. Ma quando a
corte fervono i preparativi per un matrimonio reale, beh, allora il movimento è
un meccanismo complessissimo e delicatissimo, dove sembra che a ogni istante
ogni cosa debba andare a rotoli.
Per
prima cosa, le decorazioni. Occorre chiamare gli stilisti specializzati in
arredi, scegliere e approvare, tra i vari porgetti che presentano, quello meno
folle e più consono a un matrimonio. Poi lo stilista per gli abiti. Per fortuna
aveva già preparato diversi bozzetti e campioni di tessuto. La scelta
dell’abito per Zelgadiss non portò via più di una mezza giornata. Amelia rimase
indecisa tra diversi modelli per tre giorni.
Infine,
convocò tutte le amiche (cioè Lina, Naga, Philia e Silphiel, e, dopo qualche
esitazione, anche Martina), finché, dopo un esasperante summit contornato di
una marea di the e una di quantità industriale di biscotti, non si giunse a una
decisione, e a una scelta. Per prima cosa, fu chiesto a Martina e a Naga quali
preferissero. Poi quei bozzetti furono immediatamente scartati, e ci si
concentrò sugli altri (^__^;;;;;;), dopo che le due se ne furono andate offese
sbattendo la porta e minacciando orrende ritorsioni.
Poi
c’erano gli inviti da mandare.
E
naturalmente occorreva mandarli in grande stile: non capita mica tutti i giorni
che la principessa erede al trono si sposi!
Un
bel mattino, uno strano tipo con degli occhiali spessi come fondi di bottiglia
si presentò a palazzo, portando una nuova invenzione meccanica, che intendeva
offrire agli sposi come corriere per recapitare gli inviti.
Le
guardie non lo avrebbero nemmeno fatto passare, ma Zelgadiss e Amelia, che
cercavano di filarsela quatti quatti alla chetichella per girare un po’ in
incognito, lo notarono, e decisero di dare un’occhiata alla sua invenzione. Lo
fecero quindi condurre nello studio di Amelia.
-Bene,
fostra Maeftà, questa mia nuofa infenzione rivoluzionerà tutto il fiftema delle
confegne. Bafta meffaggi che si smarrifcono per incidenti agli uccelli! Bafta
piccioni che non recapitano meffaggi perché fi fanno mangiare per ftrada! Ecco
il nuovo To.Ga.I!!!- levò il telo dall’oggetto.
Zelgadiss
guardò perplesso l’aggeggio. Pareva un incrocio tra un pollo grassottello con
un becco da papera e una palla coperta di pece buttata in un barile di piume.
-Togai?-
fece dubbiosa Amelia.
-Totalmente
Garantito in ambito Internazionale! Ecco, fedete, maeftà, si lega il messaggio
alla zampa, come coi fecchi piccioni. Poi lo fi porta alla fineftra, lo fi
lancia, e…-
Con
alcuni sonori “togai togai togaaaaii”, il singolare pennuto meccanico si alzò
in volo, percorse traballando alcune decine di metri, sempre starnazzando
“togaaaaaii”…
*SPLACT*
… e
si spiaccicò contro la parete della torre di fronte, con gran caduta di molle
allentate, rotelle e rotelline e piume varie…
*gocciolina
di Amelia e Zelgadiss*
*gocciolona
del “profeffore”*
-Emh…-
-Guarda,
bravuomo, forse è meglio se riprendi a lavorarci sopra…- fece Zelgadiss
comprensivo (ma con uno strano tic alla bocca che indicava chiaramente che
stava per sbottare a ridere. Amelia non si tratteneva meglio, e di tanto in
tanto le scappava una risatina).
Morale:
da quel giorno, “togai”, tra Amelia e Zelgadiss, indica qualcosa di
assolutamente ridicolo e inutile… ^__^;;;
***
okkei, il togai-uccello-starnazzante è un’idea malata che ci è venuta fuori, a
me e al mio ragazzo, un po’ di tempo fa. E da allora, col togai ci ridiamo
tanto da farmi venire il singhiozzo. Togaaaaaaaiiiii a tutti!***
-Allora,
per i messaggi di invito alla festa di addio al celinubilato, come li mandiamo?
Col solito messaggero non mi piace, è noioooso…- sbuffò Amelia. Zelgadiss la
guardò stupito: sapeva che Amelia non amava troppo il protocollo reale, ma
evidentemente l’atmosfera carica e caotica dei preparativi per le nozze doveva
aver giocato brutti tiri ai suoi gusti!
Ci
pensò un attimo…
E
gli venne in mente un vecchio incantesimo che usava da bambino per scambiare
messaggi coi suoi amici…
Sogghignò
-Ho un’idea… Amelia, tu sai fare gli alianti di carta?-
Lina
sene stava seduta in veranda, col
piccolo Rikol in braccio. Era diventata mamma da circa cinque mesi, e la cosa
cominciava a piacerle. Certo, per un po’ non avrebbe potuto andare a far
saltare in aria i briganti, ma era piacevole riposarsi, ogni tanto. Gourry era
adorabilmente dolce e gentile, anche più del solito. I suoi parenti erano
davvero simpatici. In particolare il vecchio nonno Raudy, che Lina aveva
conosciuto quando aveva compiuto, alcuni anni prima di incontrare Gourry, un
viaggio nel tempo. Lui l’aveva riconosciuta subito, non era cambiata molto,
disse.
A
Lina invece pareva il contrario. Non solo era cresciuta di diversi centimetri,
in quegli anni, ma la maternità aveva addolcito un po’ le curve (scarse) che
aveva, riempiendole i fianchi e il seno.
Rikol
si ciucciava il ditino, e Lina gli accarezzò la testolina, coperta di una fitta
peluria rosso-dorata. Il bimbo chiuse gli occhioni azzurri, e ben presto anche
Lina lo imitò…
*tic tic tic*
qualcosa
le dava fastidio
*tic tic tic*
qualcosa
che le punzecchiava la punta del naso.
Con
uno scatto nervoso, Lina afferrò l’inopportuna cosa, che si rivelò essere un
aereoplanino di carta.
Un
aereoplanino di carta che le punzecchiava ripetutamente il naso?
C’era
scritto “Per Lina-chan!”.
Sospettosa,
Lina fece una prova per rilevarne la magia. Stupita, scoprì che si trattava
della magia di Zelgadiss e di Amelia!
Silphiel
stava sfornando una torta. Era un po’ depressa: il rivedere Lina, con il
piccolo Rikol in braccio, alcuni giorni prima, da Amelia, non aveva fatto altro
che ricordarle che Gourry non aveva scelto lei, ma la rossa maga.
Una
volta, si piangeva addosso. Adesso aveva imparato a incanalare la depressione e
la tristezza in modo più costruttivo: faceva torte. Era una cosa gratificante
vedere farina, uova e altri ingredienti diventare qualcosa di buono e di unico
grazie alla sua abilità.
Solo
che a un certo punto aveva così tante torte che non sapeva più a chi darle
^_^;;;. Così era riuscita a contattare Philia e a chiederle se ne voleva
qualcuna per i tre golosoni che aveva in casa (Chi? Beh, ma Valgarv, Garv e
Dessran, no?). Stava anche pensando di aprire una pasticceria, in effetti…
La
draghetta era con Silphiel, quando due affari a reazione si insinuarono
nella finestra aperta, sfiorando la torta posta sul davanzale a raffreddare, infilandosi
tra i capelli delle due. C’era scritto “per Silph-chan” e “per Philia-chan e
Valgarv”.
C’era
solo una persona che poteva scrivere così…
Luna
stava pulendo il tavolo della cucina, quando entrò Delgia, uggiolante, con
qualcosa di profondamente piantato nel fondoschiena. Dopo diversi sforzi
congiunti dei due, riuscirono a estrarre l’aereoplanino. C’era scritto “Per
Luna e Delgia ‘Spot’”…
Nelle
campagne del nuovo continente, in un pascolo, un uomo volpe si becca nell’unico
occhio rimasto un aereoplanino di carta a reazione…
(scena uguale per ognuno degli aereoplanini suddetti,
quando venivano aperti e letti)
*piccolo
scoppio con coriandoli assortiti. Suono di trombette.*
Un
piccolo ologramma di Amelia in SD si alza dal foglio. Uno Zelgadiss SD dietro
fa ciao con la manina.
-Siete
tutti invitati alla nostra festa di addio al celinubilato! Sabato sera, alle
sette, a Palazzo, a Saillune! Dessran si è offerto di fare il giro e passare a
prendere chi non si sa teletrasportare!-
*peeeee*
minitrombetta. L’ologramma svanisce.
Occhi
a palla per chiunque abbia aperto/visto/sentito il messaggio.
Zelgadiss
si stava controllando allo specchio. Quegli abiti di seta e lino cadevano
perfettamente sul suo corpo, i sarti di corte erano davvero bravi, e lo stile
sobrio metteva in evidenza la bellezza seria del suo volto. O almeno, così
diceva Amelia. Con il mezzo sorriso che ormai era per lui un’abitudine quando
pensava alla ragazza, Zelgadiss sistemò una piega sul ginocchio, e si voltò
verso la porta. Philionel doveva ricevere a giorni un ambasciatore proveniente
da oltre la barriera, e, non conoscendo bene usi e costumi di quelle terre,
aveva richiesto la sua consulenza, visto che Zelgadiss vi era stato di recente.
D’improvviso,
sentì tutto il mondo girare attorno a lui, mentre l’aria nei polmoni divenne
intollerabilmente calda. Fu un attimo, poi tutto tornò stabile, e l’aria non
era più calda di quella estiva che entrava dalla finestra aperta. Ma Zelgadiss
rimase diversi secondi in ginocchio a terra, lì dove era caduto.
Cos’è
stato?, si chiese, con un brivido, cos’era quella vertigine?
Faticosamente
si rialzò in piedi, poggiando la mano sul comò lì vicino, come a temere che un
simile capogiro poterre ricoglierlo.
-Zel?
Sei pronto? Dai, papà ci sta aspettando!- lo chiamò Amelia dal vano della
porta.
-S…si,
arrivo. - sorrise, poi raggiunse la fidanzata. Le dita di Amelia si insinuarono
tra le sue, prendendolo per mano.
Il
capogiro passò via dalla mente di Zelgadiss, impegnato nello spiegare a
Philionel il complesso protocollo della corte berbera cui era stato inviato un
emissario, i loro usi e i loro tabù.
Per
il giorno dopo, era stata organizzata la festa di addio al celinubilato (al
celibato e al nubilato… ma insieme!), ed erano arrivati un po’ tutti gli amici
dei “festeggati”, e anche quelli che, una volta, proprio amicissimi non erano,
ma che ormai, a distanza di qualche anno, avevano (più o meno) lasciato i
rancori alle spalle.
Così,
nella sala preparata per la festa, c’erano, oltre a Lina, e a Gourry, a
Silphiel, a Philia, anche Valgarv, e naturalmente Dessran, Luna, e Delgia,
Martina e Zangulus; fece la sua comparsa anche Vrumgum, che si era insediato
alla corte reale dell’amico come mago di corte. C’erano persino Jiras e
Gourabos… Insomma, la compagnia al gran completo.
Mancava
soltanto uno, che, come nella storia della bella Addormentata, ci si era ben
guardati dall’invitare, ma venne a rompere le scatole lo stesso…
-VIA
DI QUI, NAMAGOMIIIIII!!!!!-
Quando
Philia si fu premunita di rispedire l’inopportuno Xelloss alla provenienza,
mediante una delle sue *ahem* dolci e delicate mazzate, la festa potè
continuare senza intoppi.
Fu
una festa davvero memorabile: dopo che i deliziosi manicaretti sul buffet
furono spazzolati via, Amelia tirò fuori una luuuunga lista di giochi di
società…
-Ragazzi!
Facciamo qualche gioco divertente!- propose, entusiasta.
Il
primo della lista era…
LA
MACARENA!
*eeehhhh
macarena!*
A
essa seguirono…
Il
ballo del pinguino! (-Chi mi sta toccando il sedere? è__é …Ah, sei tu, Zanglus
caro ^__^…- Martina isterichina ^^;;;)
E... l’Hully Gully! (Svlam! Scivolone di
Silphiel)
Dopo
una mezz’ora di balli di gruppo, conditi di scivoloni, e risate, si decise di
passare a qualcosa di più calmo…
Il
KARAOKE!
Martina
provò a cantare, anche se il solo che la applaudì fu Zangulus (l’amore rende
ciechi… e sordi!), e Vrumgum per amor di pace in casa (in effetti, Martina
aveva fatto più stecche che note intonate… ^_^).
Amelia
trascinò Lina a cantare (-Come, ancora! No, ti prego, Amelia, tutto ma non
quella!-)… Otome no Inori! Poi però fu il turno di Zelgadiss, salvato in
extremis da Gourry e Dessran, inseme ai quali cantò discretamente un canto
tradizonale Lyzeliano. Poi Naga si impossessò del microfono…
-Honky, honky, nananaaa…-
Dessran
fu spinto da Valgarv quasi a calci a portarla a prendere una boccata d’aria...
per farla smettere di cantare! ^_^
Poi,
per rifarsi le orecchie, chiese a Philia di cantare…
Dopo
che tutti si furono dichiarati stufi di cantare, venne fuori un grosso
cavalletto, dei pennarelli, e una serie di bigliettini con parole da far
indovinare… ^_^
Poi
fu la volta del gioco dei mimi e, per i più contorsionisti, il twist,
quell’assurdo gioco in cui mettere mani e piedi sui pallini colorati del
tappeto! Per prime si cimentarono Naga e Amelia… finendo intrecciate e
annodate!
Mentre
le due cercavano di sciogliersi, ci provò Dessran, finché Valgarv lo “buttò
fuori”, protestando che Dess poteva contorcersi come voleva, visto che poteva
modificare a piacere il suo corpo! Ridendo, il mazoku si portò fuori in
terrazza Naga, e per una mezz’ora nessuno li vide più… in compenso, dal
terrazzino venivano certi suoni umidicci…
Valgarv
volle provarci con Philia… peccato che alla quarta mossa la draghetta gli franò
addosso! Decisero, anche per il bene del pavimento (che scricchiolava in modo
inquietante ^_^;;; sono due draghi, il peso è quello che è!) di lasciare il
posto a qualcun altro…
Mattina.
La festa si era protratta fino alle prime luci dell’alba, quando anche gli
ultimi erano crollati addormentati sui divani.
Seduto
di traverso su un divano, con Philia appoggiata al suo torace che dormiva
beata, Valgarv osservò divertito la scena…
In
un angolino, Dessran e Naga, ubriachi fradici, che russavano di brutto.
Accidenti, un paio di bottiglie di vino ed erano partiti. Scosse la testa:
Dessran si sarebbe ritrovato con un mal di testa atroce. L’unico mazoku al
mondo a soffrire di postumi di sbronza come qualsialsi mortale.
Jiras
e Gourabos erano un mucchio informe sotto una tenda mezza tirata giù. La coda
pelosa dell’uomo-volpe solleticava il gigantesco uomo lucertola, che
ridacchiava nel sonno per il solletico.
Su
un divano accostato alla parete, Zelgadiss e Amelia dormivano l’una tra le
braccia dell’altro.
“Tutti
a coppie, stasera… beh, tranne Silphiel, e quell’amico di… come cavoli si
chiama il tizio col cappellaccio? Ah, si, Zanglus. Il re di Zoana. Che tipi
assurdi, tra lui e Martina… adorare quel… coso… Zoalmelegustar, credo…”
sogghignò il demone-drago. Si strinse nelle spalle. A Saillune non c’erano
pericoli, era al sicuro quasi come al Maryuu-ou Castle. Stringendo a sé Philia,
appoggiò la guancia ai capelli biondissimi della ragazza, e si addormentò anche
lui.
Zelgadiss
salutò i “sovrani di Zoana”, cioè quei casinari di Martina e Zangulus, che
partivano in carrozza. Non sarebbero tornati che per il matrimonio, tra due
mesi, i primi di settembre. Anche se non facevano molto, il regno da governare
lo avevano, e il giorno dopo la festa (ommeglio, il giorno dopo il mattino in
cui è finita la festa) erano dovuti ripartire. Con uno stanco cenno della mano,
anche Amelia salutò i due, per poi appoggiarsi a Zel.
-Soooooonnoooooo…-
@__@ Amelia appariva davvero stanca. Le borse che aveva sotto gli occhi avevano
le borse!
-Anche
io… dobbiamo ancora smaltire tutta la stanchezza dell’altra sera. - rispose
Zelgadiss, passandole una mano attorno alla vita -Ma temo che tu abbia i tuoi
impegni ufficiali… o vuoi saltare tutto e andare a fare un pisolino?-
-Pisolino,
Zel. O rischio di addormentarmi sui plichi che dovrei esaminare. -
Zelgadiss
sorrise -Bene!- la tirò su in braccio -E prima che arrivi qualche ministro
impiccione, ti porto in diretta a nanna! ^__^ - alzandosi in levitazione e
entrando da una delle finestre spalancate dei piani superiori, uscendo da
un’altra e prendendo le più fantasiose scorciatoie per arrivare alla camera di
Amelia.
Arrivarono
in un lampo, e Zelgadiss adagiò Amelia sul letto, già rifatto dalle zelanti
cameriere.
Trattenendolo
per una manica, Amelia chiese a Zelgadiss, con occhioni da stellati, -Fai pisolino
con meee?-
*gocciolina
di Zelgadiss*
-Amelia,
fa caldo…-___-;;;-
-Zelgadiss,
casta un incantesimo rinfrescante ^____^ -
Vuoi
che ti vuoi, Amelia l’ebbe vinta: pisolino con Zelgadiss nella camera
rinfrescata da un Gray Buster modificato, al fresco e al comodo!
Zelgadiss
non riusciva però ad addormentarsi, malgrado il sonno: un forte mal di testa
non gli dava requie, era come se un’orda di piccoli nani armati di martelli e
picconi avesse deciso di uscire dalla sua testa aprendosi varchi attraverso
tempie e fronte…
Un
mal di testa simile lo colse spesso nei giorni del mese sucessivo, accompagnato
da giramenti sempre più forti e senso di soffocamento. Ma Zelgadiss non ne fece
parola con nessuno, autoconvincendosi che non erano altro che il risultato
dello stress, e dell’estate particolarmente calda…
“Eppure
c’era qualcosa di strano…” pensava, quella notte, sdraiato nel suo letto. Quel
giorno il mal di testa era stato forte, e costante, per diverse ore,
accompagnato a capogiri. Decise che il giorno dopo ne avrebbe parlato con
Silphiel, date le sue grandi doti di guaritrice.
Una
lama di tremula luce si disegnò sul pavimento, mentre qualcuno socchiudeva la
porta.
-Zel?
Posso dormire con te?-
-…Amelia?-
Zelgadiss era incredulo. Che ci faceva Amelia nel cuore della notte fuori delle
sue stanze?
-Dai,
non ho voglia di dormire da sola…- reggendo la candela con una mano e la
leggerissima vestaglia con l’altra, Amelia richiuse con un colpetto del piede
la porta.
-Non
credo che sia una buona idea…-
-Dai,
la tua stanza è così fresca! La mia sembra un forno!- la principessa si allungò
verso Zelgadiss, baciandolo sulle labbra.
-Mai
sentito parlare di incantesimi refrigerani? Gray Buster?- fece lui scherzoso.
-Si,
e so che tu ne hai applicato uno suoi muri di questa stanza. - si era già
seduta sul letto.
-Immagino
che dire di no sarebbe inutile, vero?- sospirò Zelgadiss.
Amelia
annuì.
-Guarda
che qui non siamo in una locanda, sconosciuti ai gestori. Dovresti saperlo
meglio di me che poi la servitù chiacchiera…-
-Oh,
tu non ti preoccupare. Le cameriere non diranno una parola. - strizzò l’occhio
con aria complice -Trovano tutto ciò deliziosamente romantico!-
Zelgadiss
sorrise; poi, senza una parola, la strinse a sé.
-E
va bene…- sospirò.
Amelia
si accoccolò tutta soddisfatta accanto a lui. Dal letto si vedeva, attraverso
la finestra, un’ampia porzione di cielo stellato, e il frinire dei grilli
riempiva l’aria. Sotto le dita, accanto al suo corpo, poteva sentire quello di
Zelgadiss rilassarsi, il petto abbassarsi e alzarsi nel ritmico movimento del
respiro.
Si
misero a chiacchierare, sottovoce, della giornata appena trascorsa, di quelle
precedenti, e del futuro. Da quello immediato, la festa di addio al
celinubilato e di tutti gli episodi divertenti che si erano verificati, del
matrimonio, e poi Amelia cominciò a fantasticare su eventuali figli, mentre
Zelgadiss la ascoltava in divertito silenzio.
A
un certo punto, però, come una corda che si tende all’improvviso, Amelia sentì
il corpo del ragazzo irrigidirsi e tendersi all’indietro, le mani che si
staccavano da lei. Con una scossa di terribile angoscia, Amelia potè vedere
Zelgadiss portarsi le mani alla testa, digrignando i denti e serrando la bocca
come nel tentativo di urlare…
-Zel!
ZEL! Ommioddio, Zelgadiss, che hai?! Zel, rispondi!- colta da un’improvviso
panico, Amelia cercò di staccare le mani di Zelgadiss dalla testa, che
stringeva come intenzionato ad aprirla per far fuoriuscire quel dolore
tremendo…
Dolore, dolore intenso come scie di fuoco dietro gli
occhi, e il rosso… tanto rosso… non sentiva così male, non vedeva così rosso
da… da quanto? Mai, mai aveva sentito tanto male… tutto rosso… piccole scariche
elettriche dietro gli occhi e nella bocca, il sapore acro della bile e quello
metallico del sangue… e come tante picconate all’interno delle tempie, e come
un cerchio che stringeva tutta la testa, una morsa implacabile…
Poi
l’oscurità… benedetta oscurità, sonno, assenza del dolore lancinante…
Amelia,
terrorizzata dagli spasmi di Zelgadiss, dal sangue che gli fuoriusciva dalla
bocca, forse si era morso la lingua in quei suoi improvvisi spasmi, aveva
castato un recovery, poi un’incantesimo di sonno, e un altro recovery.
Adesso,
alla vista del corpo di Zelgadiss, piombato in un profondo torpore magico, il
dolore inciso nei tratti del viso ancora profondamente contratti, era divisa
tra l’impulso di andare a cercare aiuto, e la volontà di restare al suo fianco.
Alla
fine, decise per una via di mezzo. Si alzò e, riuscendo a malapena a staccare
lo sguardo preoccupato dal corpo esanime di Zelgadiss, si fiondò in corridoio,
iniziano a martellare contro la prima porta che le capitò a tiro, cioè quella
di Lina e Gourry.
Un
acuto strillo infantile annunciò che qualcuno si era svegliato, e quel qualcuno
era il piccolo Rikol. Dieci secondi più tardi, un’inferocita Lina, con in
braccio lo strillante pargolo, e seguita da un’assonnato Gourry, aprì la porta,
con l’aria di voler divorare chiunque avesse destato il bimbo e interrotto il
sonno dei due genitori…
Tutta
la ferocia sparì immediatamente dai lineamenti della rossa, alla vista del viso
in lacrime di Amelia…
-Amelia?
Che succede? Che hai, perché piangi?-
-Lina!
E’ Zel! Zel sta male! Ti prego, vieni in fretta!- afferrò per una manica del
pigiama l’amica, trascinandola quasi verso la stanza di Zel. Lina capì
all’istante che la cosa era seria.
-Gourry,
prendi Rikol, - gli passò il bimbo, che aveva smesso di piangere a
squarciagola, e si succhiava il ditino con aria offesa e assonnata -chiama
Silphiel e Philia! Se Zel sta male, abbiamo bisogno delle migliori guaritrici!-
-Vado!-
Tenendo con mano esperta il figlio in braccio, Gourry si precipitò nelle camere
adiacenti, bussando violentemente.
Intanto,
Amelia aveva già trascinato Lina nella stanza di Zelgadiss, spiegandole in modo
piuttosto disordinato cosa era successo.
-…
ed eravamo insieme, stavamo parlando, cioè, io parlavo e Zel mi stava
ascoltando, quando a un tratto ha inarcato la schiena, e gemeva, e sputava
sangue e digrignava i denti, eh… oh, Lina! Ho avuto tanta pauraaa!!!!- Amelia
si mise a piangere, aggrappata al pigiama dell’amica. Lina cercò di
rassicurarla, ma la vista delle condizioni di Zelgadiss, nonché il racconto
slegato di Amelia, non erano dei più rassicuranti.
In
quel momento entrarono Gourry, seguito da Silphiel, Philia, e Valgarv. Dessran
e Naga chiudevano la fila (si erano trattenuti un poco dopo la festa di addio
al celinubilato. Luna, Martina e seguito erano partite quella mattina).
-Amelia,
che è successo? - chiese immediatamente Naga. L’occhio di guaritrice di Silphiel
era stato subito attirato dalle condizioni di Zlegadiss, e con un gridolino
angosciato la ragazza chiamò Philia.
Le
due non poterono far altro che curare le lesioni che Zelgadiss si era procurato
in quegli strani spasmi, graffi superficiali alla testa, un morso alla lingua
piuttosto profondo, e cercare di tranquillizzare Amelia.
Quando
la ragazza si fu abbastanza calmata, grazie anche al fatto che ora Zelgadiss
pareva scivolato in un sonno più tranquillo, raccontò nei dettagli l’accaduto.
In
piedi in un angolo in ombra, Valgarv si confondeva nelle ombre (e ci sarebbe
riuscito anche meglio, se non avesse indossato un pigiama calzoncino
corto-canotta color verde acqua e azzurro… ^^;;; n.d.Ilune); solo le iridi
dorate scintillavano tra i capelli verde acqua, che, sciolti, cadevano ribelli
a incorniciare il viso. Stava riflettendo sullo strano malore di Zelgadiss.
Alla
fine uscì dall’ombra, e, a passi decisi, si avvicinò al gruppetto.
-C’è
un solo modo per saperne di più su cosa ha avuto Zelgadiss: chiederlo direttamente
a lui. Suppongo non sia il caso di svegliarlo, ragion per cui glie lo
domanderemo domattina. Suggerisco di alternarci stanotte nel lanciare su di lui
un costante incantesimo di sonno, e sarebbe bene che qualcuno lo controllasse,
nel caso si verifichi qualcosa nel sonno, per poter castare un recovery in
fretta, e chiamare gli altri. -
I
presenti annuirono.
-Si,
hai ragione. Comincerò io il primo turno, tanto ormai ho perso il sonno. -
disse Lina -Amelia, sarebbe bene che tu andassi a dormire. -
Amelia
scosse la testa -Voglio restare con Zelgadiss. -
Lina
sospirò: certe volte Amelia si comportava come una bambina viziata, anziché
come una ragazza alle porte del matrimonio. Poi, però, alla vista del viso
preoccupato di Amelia, del suo sguardo ansioso che si posava su Zelgadiss, Lina
si sciolse un po’.
“E’
preoccupata per l’uomo che ama, è comprensibile” -E va bene, Amelia, puoi
restare qui. Però, devi promettermi che ti metterai sul divano, e cercherai di
riposare un po’, va bene? Hai una faccia stravolta!- cedette la rossa, con
un’amichevole buffetto sulla guancia dell’amica. Amelia annuì, riconoscente.
-Bene,
allora io farò il secondo turno.Venite a svegliarmi quando è ora. - fece
tranquilla Philia.
-Io
posso fare il terzo…- si offrì Silphiel.
-Bene,
tre turni basteranno. Naga, vuoi fare il turno con Silphiel?-
-Va
bene, anche se con lei, io non servo tanto, viste le sue capacità curative. -
Naga si accostò ad Amelia -Vedrai, sorellina, andrà tutto bene. Magari poi
scopriamo che non era nulla…- cercò di consolarla, asciugandole le lacrime
dalle guance.
Amelia
annuì, ma Dessran, che finora era stato silenzioso dietro la poltrona di
Amelia, volse lo scuro sguardo preoccupato verso il letto di Zelgadiss,
incrociando poi quello altrettanto pensieroso di Valgarv.
“Temo
non sarà così, Naga…” pensò cupamente. Decise che sarebbe rimasto anche lui a
vegliare sull’amico: non aveva certo bisogno di dormire, per fortuna, e i suoi
sensi ben più fini di quelli umani poteva avvertire subito alterazioni nello
stato di Zelgadiss.
Prima
che Valgarv uscisse, dietro Philia, Dessran lo prese a parte.
-L’hai
sentita anche tu, vero?- chiese serio il mazoku all’amico.
-Si.
Quel residuo di sofferenza fisica. Appesta il letto col suo odore di dolore. -
annuì Valgarv.
-C’è
un conflitto magico. Lo avverto. Dimmi, quando in te c’era il conflitto
demone-drago, com’era?-
-Atroce.
Un dolore pazzesco. Ma in tutto il corpo. Da quel che ha descritto Amelia,
sembra che il dolore fosse concentrato alla testa. -
-Non
solo alla testa. Dai movimenti che ha descritto, credo anche al torace. Te l’ho
chiesto perché, se la descrizione che Zelgadiss darà domattina sarà simile alla
tua, potrebbe essere che la mia teoria è esatta. -
-Di
che teoria si tratterebbe?-
Il
volto di Dessran si fece cupo -Spero non sia vera. Perché in quel caso,
Zelgadiss ne soffrirebbe molto. -
-Credo
di capire. Si, ne soffrirebbe molto. -
-Ne
parlaremo meglio domani, devo ancora mettere insieme dei tasselli che mi
mancano. Adesso vai, che Philia ti aspetta. - Dessran sospinse fuori Valgarv;
per tutta la notte, però, i due continuarono a parlare telepaticamente, mentre
Dessran rifletteva sulla sua teoria e metteva insieme nuovi frammenti.
Mancavano però alcune informazioni, informazioni che solo Zelgadiss poteva
fornire loro…
Amelia
si era semisdraiata sul divanetto, che aveva trascinato accanto al letto di
Zelgadiss. Gli teneva una mano tra le sue, un po’ tranquillizzata dal battito
regolare. Alcuni sporadici sussulti la riempivano di agitazione, ma poi tornava
a calmarsi. Alla fine, si assopì, e Lina le mise addosso una coperta leggera.
Dall’altra
parte del letto, su una bassa poltrona, Lina si era sistemata con Rikol in
braccio, e, dopo averlo allattato, lo aveva cullato fino a farlo addormentare.
Aveva mandato anche Gourry a dormire, lo spadaccino ciondolava con la testa su
una sedia, e alla fine Lina lo aveva mandato con un sorriso a dormire
nell’assai più comodo letto, nella loro stanza.
Nell’ombra
che una delle colonnine del letto gettava contro la parete, Dessran controllava
ogni movimento di Zelgadiss
Poteva
vedere il lieve barluginio della gemma blu fissata nel petto dello shamano,
anche attraverso il leggero tessuto del pigiama. Con costernazione, si accorse
che, a tratti, scintillava di un rosso diabolico, per poi tornare azzurra. Era
in quei momenti che Zelgadiss sussultava, notò.
La
sua teoria si stava rivelando sempre più fondata…
Il
mattino successivo portò un migliormento nelle condizioni di Zelgadiss, che si
svegliò in tarda mattinata, con un senso di intorpidimento dato dal sonno
magico in cui lo avevano tenuto, e la sensazione di essere passato sotto un
golem, tanto male gli facevano le ossa e i muscoli.
Piangendo
di sollievo, Amelia lo abbracciò, restia poi a separarsi, come a temere che il
ragazzo le svanisse davanti.
Oltre
a lei, nella stanza c’erano Philia, Valgarv e Dessran; in quel momento arrivò
anche Lina, con Rikol in braccio.
Con
costernazione, notò il viso estremamente serio di Dessran, seduto su una sedia
accanto al letto di Zelgadiss.
-Zel,
ho una teoria, su quello che ti è successo. Ma ho bisogno di alcune
informazioni, per poter dirla plausibile…-
-Quai,
Dess?- Zelgadiss, seduto appoggiato ai cuscini, coperto del leggero lenzuolo,
teneva per mano Amelia.
-Hai
già avuto attaccchi come quello di ieri sera?- Zelgadiss tacque un attimo.
-Si.
Ne ho avuti diversi, questo mese…-
-Zel!
Perché non me ne hai detto nulla!- esclamò Amelia, addolorata, alzandosi in
piedi dalla sedia su cui era seduta.
-Perché
sapevo che ti saresti preoccupata, come ora… - fu la risposta diretta di
Zelgadiss. Amelia lo guardò con uno sguardo carico di rimprovero e di
preoccupazione.
-Forse
avremmo potuto evitare quello che ti è successo ieri sera, se ce ne avessi
parlato subito!- esclamò arrabbiata. Con grande sgomento, Zelgadiss vide che la
ragazza aveva le lacrime agli occhi.
Voltò
lo sguardo -Non volevo farti preoccupare…-
Intuendo
una litigata, Dessran si intromise -Allora, quante volte, quando e cosa hai
avuto; i sintomi, e la durata, Zel…- chiese, con fare professionale da medico.
-La
prima volta… credo sia stato un mese fa… di colpo mi sono sentito debole, e mi
sembrava che l’aria nei miei polmoni si fosse fatta di fuoco.
Poi…
il mattino successivo alla festa di addio al celinubilato… una serie di fitte
alla testa… pensavo fossero i postumi della festa e la stanchezza, per questo
non ci avevo fatto caso…-
Con
metodicità, Zelgadiss ripercorse l’ultimo mese, descrivendo non meno di una
dozzina di malori, sempre più forti, sempre più frequenti, fino ad arrivare
all’ultimo, quello della sera prima.
Quando
ebbe finito, il silenzio calò nella stanza.
Dessran
e Valgarv stavano riflettendo. Si scambiavano pensieri telepatici e opinioni.
Il
silenzio divenne opprimente…
Alla
fine, Dessran si alzò dalla sedia, e il lieve scricchiolio del mobile risuonò
cupo nel silenzio che si era creato.
-Credo
di aver capito la natura del problema…- disse lentamente il mazoku.
Amelia
strinse forte la mano di Zelgadiss, come a cercare di comunicargli una forza e
una sicurezza che neanche lei, in effetti, possedeva.
Iniziando
a camminare attorno al letto, seguito dallo sguardo ansioso di Lina, di Amelia,
di Philia e di Zelgadiss, Dessran riprese a parlare, la morbida voce tenorile
estremamente seria.
-Paragonando
i sintomi da te accusati con quelli che Valgarv aveva alcuni anni fa, posso
affermare con una certezza pressoché totale che…- fissò in volto Zelgadiss -Che
la parte mazoku e il sigillo impostoti da Rezo stanno interferendo gravemente
con il sigillo effettuato dai Dragon Lords. -
-Che
significa, di preciso?- chiese Zelgadiss con un filo di voce, stringendo la
mano di Amelia.
Dessran
riprese a camminare, lentamente.
-Mi
spiego meglio. Quando Valgarv era sottoposto al conflitto demone-drago,
presentava fortissime fitte in tutto il corpo, ma in particolare alle braccia e
alle ali, le parti che per prime trasforma. Da quel che ho capito, da te il
dolore
parte
principalmente dal petto, che guardacaso è dove è infissa la gemma, e dalla
testa. I problemi sono iniziati dopo l’apposizione del sigillo dei Dragon
Lords. Temo purtroppo non sia stato sufficiente a sigillare la parte mazoku,
per il semplice motivo che è troppo connessa alla parte golem e alla parte
umana. In parole povere, attraverso la componente umana e quella di golem, la
parte demoniaca riesce a sfuggire in parte al sigillo. Ciò causa forti scontri
di energia, che ti causano gli attacchi. - si fermò, voltandosi verso i
presenti.
-Temo
ci sia solo un modo per eliminare questi attacchi…-
Zelgadiss
sbiancò.
-Non
vorrai dire…- si portò una mano al petto. Alla gemma che si intravvedeva,
incastonata nella carne, attraverso la casacca semislacciata del pigiama.
Dessran
annuì. -Si. Devi toglierla. -
Zel
digrignò i denti, stringendo gli occhi. In un primo momento, tutti pensarono a
un’attacco di rabbia, ma Amelia fu la prima ad accorgersi che era dolore…
Fu
questione di un istante: la gemma azzurra diventò rossa, una vampata di calore
tanto forte da essere percepibile a diversi decimetri di distanza,
l’espressione contratta e sofferente di Zelgadis…
Pochi
istanti, ed era passato.
Ma
non era passato il problema alla base.
-Lo
vedi? Si fanno più frequenti. Alla fine, potrebbero diventare una cosa
continua… arrivare ad ucciderti…o a farti desiderare di morire, pur di placare
il dolore…- fece Valgarv, serio.
-Ma… tutti i nostri sforzi… tutto ciò
per cui ho lottato…che ho conquistato…- mormorò Zelgadiss.
Lina
lo guardò, colma di tristezza… doveva essere un brutto colpo, per lui, il
sapere che avrebbe dovuto rinunciare a quelle sembianze umane appena riconquistate,
a quella parvenza di umanità…
-Zel…
Zelgadiss, guardami…- Amelia gli fece sollevare il volto, chino verso le
coperte, in rassegnata disperazione.
-Zel,
ascoltami. Qui c’è in gioco la tua stessa vita. L’aspetto che hai è decisamente
in secondo piano rispetto alla tua vita…- si avvicinò, sfiorando la fronte del
ragazzo con la sua -Di vita ne hai una sola. Preferisci averla breve e
tormentata con sembianze umane, o averla lunga, con l’aspetto con cui ci siamo
conosciuti?Con l’aspetto che avevi…-
la sua voce divenne un sussurro -…quando ci siamo innamorati?- la sua mano
sfiorò il volto di Zelgadiss.
-Amelia,
ovvio che voglio vivere a lungo… con te… Ma, l’aspetto umano… per tanti anni, è
stato il mio unico scopo nella vita, ritrovarlo, e adesso, abbandonare tutto
così…-
-Ma
non è detta che devi abbandonare l’idea… magari in futuro troveremo la
soluzione…-
Zelgadiss
sorrise amaramente -Non esiste soluzione, lo sai. Aqua ha detto che lei non
conosce il metodo, e lei è la memoria di Cephied… la memoria del mondo…-
-Aqua
è la depositaria delle conoscenze Shinzoku e umane. Ma la conscenza dei mazoku
è tutto un altro paio di maniche, Zel. - Dessran si era avvicinato. -Continuerò
a cercare, credimi. Soprattutto perché gli ultimi due tentativi sono andati
buca, ed è colpa mia, che ho avuto l’idea. Ma adesso, se vuoi vivere, c’è solo
una scelta. -
Zelgadiss
tacque alcuni istanti.
Infine,
parlò, la voce arrochita dalle lacrime che stava trattenendo.
-Dessran,
non devi sentirti in colpa, le tue idee erano buone, e ti ringrazio comunque. -
Zelgadiss si alzò dal letto.
-Toglierò
la gemma e romperò il sigillo. Ma, vi prego, concedetemi ancora qualche
minuto…- e, senza dire altro, andò nella stanza-guardaroba collegata alla sua,
chiudendo la porta alle sue spalle. Non lo seguirono. Sapevano cosa stava
facendo. Stava dando l’addio, forse definitivo, al suo aspetto umano.
Si
udì un singhiozzo soffocato, il rumore di un pugno sul muro, di oggetti che
cadevano a terra.
Lina
guardò gli altri, poi fece un segno a Philia, che annuì. Le due donne uscirono
dalla stanza, Philia fece un cenno a Valgarv, e il drago ancestrale la seguì
fuori. Anche Dessran li seguì.
-In
questo momento, l’unica persona che può aiutarlo, è Amelia. Non interferiamo. -
disse la rossa, seria. Gli altri annuirono.
Amelia,
dal canto suo, era come pietrificata al centro della stanza. Cosa poteva fare
per Zelgadiss? Cosa era in suo potere per alleviare questa ennesima, atroce
beffa del destino?
Un
altro singhiozzo, dall’altra parte della porta. Soffocato e debole, ma lo
sentì.
Il
suo sguardo si fece deciso. Non poteva permettergli di deprimersi così. Decisa,
aprì la porta del guardaroba.
Zelgadiss
era in ginocchio per terra. Di fronte, il grande specchio rifletteva lo
shamano, restituendo l’immagine di un uomo che sta per avviarsi al patibolo.
Amelia
sentì stringersi il cuore. Come poteva ridursi così? Non avrebbe mai potuto
credere di essere costretta a vedere, un giorno, Zelgadiss tanto sconvolto e
distrutto, lui di solito così calmo e controllato…
Come
timorosa di disturbarlo, gli si avvicinò. Gli cinse le spalle con le braccia.
Zelgadiss non reagì minimamente. Apparentemente, non pareva neanche essersi
accorto della presenza di Amelia.
-Zel…-
gli sussurrò all’orecchio lei -Zel, ti prego… non fare così… non lasciarti
abbattere…-
Poteva
sentire il respiro corto e irregolare di Zelgadiss, il respiro tipico di chi ha
pianto. Piccole macchie scure e umide punteggiavano il pigiama; lacrime, amare
come la fiele per il ragazzo.
-Non
sono abbattuto, Amelia. Sono solo dannatamente depresso!- singhiozzò Zelgadiss,
tirandosi in piedi, scostando l’abbracio di Amelia. I suoi gesti parlavano
chiaro: voglio restare solo nel mio dolore.
-Perché?
Solo perché dovrai tornare all’aspetto che avevi prima? -
-ESATTO!!-
dridò esasperato -E non è “solo”! Dovrò tornare un mostro, e restarlo per tutta
la vita!-
*sciaffff*
Zelgadiss
rimase allibito. Amelia gli aveva dato uno schiaffo. Nulla di particolarmente
forte, ma il gesto l’aveva lasciato stupefatto…
-TU
NON SEI UN MOSTRO!- gridò Amelia, con quanto fiato aveva in corpo. Lo afferrò
per la casacca del pigiama, già semiaperta -Tu non sei un mostro, io lo so,
qualunque sia il tuo aspetto esteriore! Io lo so, papà lo sa, tutti lo sanno!
Tu solo ti ostini a ripeterti che sei un mostro, ANCHE SE NON LO SEI
MINIMAMENTE!!!!- aveva gridato tutto d’un fiato, affondando poi il volto sul
petto di Zelgadiss, stringendo il tessuto del pigiama come se non volesse più
lasciarlo andare.
Zelgadiss
guardò stupito la ragazza. Amelia sapeva sorprenderlo ogni volta…
Voltò
la testa. -Amelia, è inutile che cerchi di indorarmi la pillola. Non cercare di
nascondere la verità… ero un’orrenda chimera, e dovrò tornarlo. Anche se
preferirei mille volte morire come uomo, che tornare in quel corpo di mostro…-
*sviiiif*
la mano di Amelia si fissò a un paio di centimetri dalla faccia di Zelgadiss.
Il ragazzo vide stupito che Amelia aveva le lacrime agli occhi.
-Non
servirebbe a nulla, visto che ormai hai deciso che come chimera sei un mostro -
disse, riferita al quasi-schiaffo, fermato a pochi centimetri dalla meta -
anche se nessuno ti considera tale. Visto che hai deciso di crogiolarti nella
tua autocommiserazione, restaci pure!- si allontanò violentemente da Zelgadiss,
spingendolo via, e voltandosi si diresse verso la porta…
Un
gemito del ragazzo però la fece voltare.
-Gh…-
Zelgadiss pareva preda della sofferenza più atroce, si teneva il petto mentre
convulsioni scuotevano le membra…
In
meno di un istante, Amelia gli fu accanto. -Zel! Ommioddio, ZEL!- castò un
recovery, ma il dolore parve solo aumentare.
“la
parte demoniaca riesce a sfuggire in parte al sigillo. Ciò causa forti scontri
di energia, che ti causano gli attacchi”
La
parte demoniaca! Amelia recitò in fretta la formula per un incantesimo-sigillo
di magia bianca, per indebolire la parte mazoku…
Funzionò,
e poco dopo gli spasmi si attenuarono e sparirono.
Boccheggiando,
Zelgadiss rimase steso sul pavimento, semisvenuto dal dolore.
“Alla
fine, potrbbero diventare una cosa continua… arrivare ad ucciderti…o a farti
desiderare di morire, pur di placare il dolore…”
Le
parole di Valgarv tornarono alla mente di Zelgadiss.
…
arrivare ad ucciderti…o a farti desiderare di morire, pur di placare il dolore…
a
farti desiderare di morire, pur di placare il dolore…
morire
No, non poteva morire così. Non per lui. Per Amelia.
Aveva
ragione, poco prima, lui si crogiolava nell’autocommiserazione. E nel farlo,
non si era reso conto che feriva i sentimenti delle persone che tenevano a lui,
allontanandole con stizza. E adesso che se ne rendava conto, si sentiva ancora
più depresso.
Aprì
gli occhi. Il volto preoccupato di Amelia fu la prima cosa che vide, le sue
mani sottili che stringevano le sue…
-Scusa…-
mormorò con un filo di voce Zelgadiss. -Avevi… ragione…- respirò più a fondo,
il dolore scemava dal petto e la morsa bollente che gli attanagliava i polmoni
si allentava. -Sono stato… uno stupido… -
Amelia
scosse la testa. -No, scusami tu… non dovevo gridare così. So quanto è
importante per te…-
-Amelia…
se tornassi una chimera… mi ameresti ancora?-
-Zel…
perché mi fai questa domanda? Sai che non è per l’aspetto fisico che ti amo…-
inginocchiata accanto a Zelgadiss, Amelia gli teneva le mani, il volto
abbassato accanto al suo.
Le
forze lentamente tornavano a Zelgadiss. Con infinita lentezza, alzò un braccio,
stringendo a sé Amelia.
-Grazie…-
sussurrò, stringendola a sé -…ti amo…-
Zelgadiss
aveva rifiutato qualunque aiuto per togliere la pietra-sigillo. Aqua gli aveva
fatto riferire che, per rompere il sigillo, era sufficiente estrarre la pietra.
Questa era un’operazione un po’ dolorosa, un po’ come strappare un orecchino da
un buco appena fatto, ma nulla di mortalmente doloroso. Per questo, Zelgadiss
aveva deciso che l’avrebbe fatto da solo.
Seduto
sul letto, la camicia slacciata, fissava con un misto di rimpianto e rancore la
pietra che barluginava leggermente, sul suo petto nudo. Aveva chiuso la porta,
facendo capire chiaramente agli altri che voleva farlo da solo.
Ma
Amelia aveva insistito, e alla fine lo shamano aveva ceduto. Era anche sensato:
se la rottura del sigillo avesse avuto conseguenze negative, era meglio che ci
fosse qualcuno con lui per soccorrerlo e chiamare aiuto.
-Sei
pronto?-
-Si.
E’ inutile aspettare. Più attendo, e peggio è. -
Si
portò una mano al petto. Le punte delle dita si strinsero attorno alla gemma,
afferrandola quanto più saldamente possibile. Sentì le mani di Amelia posarsi
sulle sue spalle, come a dargli forza.
Con
uno strattone deciso, Zelgadiss tirò via la pietra, che si separò dalla sua
carne con un leggero, sgradevole rumore di risucchio.
Per
un istante, non accadde nulla. Il corpo rimaneva umano.
Poi,
come una illusione che scompare, come un miraggio che svanisce quando ci si
avvicina troppo, la sembianza umana prese a tremolare, svanendo, lasciando sotto
di sé il vero aspetto della chimera. La pelle azzurra, le scaglie in rilievo, i
capelli metallici, color glicine, che scintillavano al sole del primo
pomeriggio.
Un
singhiozzo soffocato del ragazzo spinse Amelia ad abbracciarlo.
-Zel…
Zelgadiss…- Amelia si rese conto che era inutile cercare di parlargli: in quel
momento, il ragazzo stava sprofondando nella sua disperazione personale. Fece
l’unica cosa che in quel momento poteva fare: lo abbracciò stretto, aspettando
che il fiume di lacrime si esaurisse.
Erano
passati due giorni da quando Zelgadiss aveva dovuto spezzare il sigillo,
strappandosi la pietra dal petto. Due giorni in cui era praticamente rimasto
seduto nella sua camera, senza mangiare, e bevendo pochissimo, fissando il
vuoto. Non rispondeva che a monosillabi, e solo ad Amelia. Gli altri, era come
se non li vedesse, né li sentisse. Consci del suo dolore, i suoi amici avevano
rispettato il suo isolamento, i primi giorni. Ma dopo il terzo, preoccupati,
avevano deciso di intervenire, in un qualche modo.
-Lasciate
fare a me. - chiese Amelia. Lina si disse d’accordo: se non ci riusciva la
ragazza, allora nessun’altro ci sarebbe riuscito.
Aprì
la porta della camera di Zel, sorridendo, come se non fosse mai accaduto nulla.
-Zeeel…
- fece capolino.
Zelgadiss
era seduto sul letto. Amelia chiuse la porta dietro di sé, poi si diresse verso
Zelgadis. Anziché sedersi accanto a lui, si sedette sulle sue ginocchia.
-Zel,
tesoro, ho fatto l’errore di lasciare che Martina sovrintendesse a sistemare le
decorazioni nell’atrio, visto che si era offerta di aiutarci in qualche modo…
Lina è riuscita a portarla via… mi dai una mano a farle sistemare in modo un
po’ più sobrio?-
Zelgadiss
alzò lentamente gli occhi. Amelia si comportava come se nulla fose accaduto.
Il
matrimonio ormai s’aveva da fare. E in fondo, anche lui lo desiderava. Amelia
stava cercando di dirgli questo, pur se senza parole: la vita continua. E le
nostre continueranno assieme.
Un
lento sorriso affiorò sulle labbra di pietra del ragazzo. Un sorriso un po’
mesto e un po’ cinico, come quelli di una volta; ma era anche di quei sorrisi
che Amelia si era innamorata.
Amelia
gli sorrise di rimando, e di fronte a quel luminoso sorriso Zelgadiss non
riuscì a rimanere impassibile.
-Va
bene, andiamo… non voglio mascheroni di Zoalmelegustar al ricevimento!- sorrise
poi Zel, in modo più aperto, alzandosi in piedi e prendendola per mano. Amelia
sorrise, felice.
-Già…
dobbiamo sbrigarci, allora!!!- esclamò lei, trascinandolo fuori da quella
stanza, tuffandolo in un mare di cose che lo distraessero e gli facessero
passare di mente l’ultima delusione.
E
finalmente, giunse la vigilia della cerimonia.
Alla
luce del primo mattino, Zelgadiss guardava l’abito di lucida seta color grigio
perla, con riflessi lilla, dal taglio elegante, sistemato sul manichino, vicino
al suo letto.
A
detta di Amelia, quel colore gli donava tantissimo, e il sarto di corte s’era
detto perfettamente d’accordo con la principessa.
Passò
le dita sulla camicia bianca, sistemando infinitesime spiegazzature sulle
pieghe ordinate del tessuto, e infilando meglio un bottoncino di madreperla
nell’asola.
Lisciò
il gilet, sistemando il taschino che, l’indomani, avrebbe accolto un fiore
fresco.
Passò
le dita sulla elegnte giacca che, sapeva, lo avrebbe fasciato senza legarlo nei
movimenti, sui polsini allacciati, su cui l’indomani avrebbe messo i gemelli
prestatigli da Philionel, preziosi gioielli dal tesoro della Corona.
I
pantaloni, semplici ma impeccabili, erano piegati con cura sulla gruccia lì
accanto.
Non
aveva mai indossato abiti tanto eleganti. Sperava solo di non sentirsi a
disagio.
-Zelgadiss?
Sei sveglio?-
-Beh,
se sono vestito e in piedi, direi proprio di si, Dessran. -
Caso
strano, Dess aveva bussato alla porta, anziché teletrasportarsi dentro la
stanza. Che si fosse ricordato dell’educazione, ogni tanto?
-Benissimo.
Vieni: oggi, lezione teorica. - sorrise a trentasei denti il bruno mazoku.
-Lezione
teorica? E di che?-
-Oh,
Zel, ma non lo immagini?- Da non si sa bene dove, Dessran estrasse un cappello
da professore universitario, poggiandoselo in testa sulle ventitrè -Cosa sono
io?-
-Un
mazoku. - Zel era sempre più perplesso.
-Ma
di preciso? Ah, te lo dico io. Sono un demone della lussuria. E credo che tu
abbia bisogno di sapere un paio di cose sulle donne. -
-Ma…ma…
guarda che so come nascono i bambini!- provò a protestare Zel, imbarazzato.
-^__^
Avanti, non sarai solo. Ho trascinato anche Valgarv e Gourry!- detto ciò, lo
prese per un braccio, e teletrasportò entrambi in un’altra stanza del castello.
Fino
a poche ore prima, era stata una stanza di consultazione privata della
biblioteca di palazzo.
Adesso,
Dessran aveva sistemato il lungo tavolo con tre sedie da una parte, e un altro
tavolo con una sedia a mo’ di cattedra. Si era procurato una lavagna, gessetti,
e… una mela sulla “cattedra”!
Seduti
su due delle sedie c’era un Valgarv immusonito e un beatamente appisolato
Gourry.
-Ecco
anche l’ultimo allievo! Adesso, il corso accellerato “come adempiere ai
piacevoli doveri matrimoniali al meglio” può avere inizio!- sorrise Dessran,
mentre Valgarv, con una gomitata, svegliava Gourry.
-Dess,
questa ce la paghi. Passi per questo “corso”, ma perché proprio così presto?-
mugugnò Valgarv.
-Perché
al mattino presto la mente è più aperta e si impara meglio!-
-Non
quando hai fatto tardi la notte prima. E non dire “ma” o “però”, caro il mio
mazoku della lussuria: la tua stanza è vicino a quella mia e di Philia, quindi
sai perché ho fatto tardi. - provò a protestare Valgarv.
Dessran,
ignorandolo completamente, si era già sistemato dietro la cattedra, con tanto
di bacchetta e cappello, e con un colpetto di bacchetta, aveva fatto animare il
gesso, che aveva iniziato a tracciare schemi e disegni alla lavagna.
-Questo
corso accellerato, che faccio a beneficio di voi tre, coniugati e quasi
coniugati, è il sunto dell’esperienza di mille anni come demone della lussuria.
Quindi, se volete fare davvero felici le vostre ragazze, statemi ad ascoltare…
e badate che i vostri appunti non finiscano in giro…-
-Lina,
hai visto Zel in giro?-
-No,
Amelia. Ed è scomparso anche Gourry…-
Le
due ragazze erano perplesse. Dove avrebbero potuto cacciarsi quei due, visto
che avevano già controllato biblioteca, la zona degli allenamenti delle guardie
di palazzo, le cucine, ovviamente le stanze da letto, e parte dei giardini?
-Beh,
Amelia, non importa. In fondo, la sposa non deve vedere lo sposo fino al
momento della cerimonia! Dai, andiamo, ci sono un sacco di cose da fare! -
-Veramente,
avrei alcune ore libere… sai, pensavo di farmi un bel bagno caldo rilassate…
vieni con me?-
Lina
parve pensierosa per un attimo: aveva un forte complesso della “tetta piccola”,
e fare il bagno con Amelia non aiutava di certo.
Alla
fine, però, cedette. -Va bene… pensi che qualcuno farà storie se porto
quest’ometto con noi?- chiese, cambiando il braccio con cui teneva Rikol.
-Non
credo… quanto è carino! Più lo guardo e più lo trovo adorabile! Vorei che un
giorno anche Zel e io avessimo dei bambini così belli!-
-Già,
è bellissimo…- Il volto di Lina quasi trasfigurò mentre guardava Rikol.
Apparentemente non cambiava nulla, ma si poteva, a uno sguardo più attento e
sensibile, notare un certo scintillio di orgoglio negli occhi, mentre i
lineamenti si addolcivano in un sorriso docissimo.
Nelle
vasche di acqua bollente che costituivano le terme artificiali del palazzo, ad
uso esclusivo della famiglia reale e dei loro ospiti, Lina e Amelia furono
raggiunte da Naga, da Philia, da Luna e da Silphiel, mandate a invitare da un
galoppino.
-Waaaa….
Come si sta bene…- Philia si immerse quanto più possibile nell’acqua calda.
Avvolte
negli asciugamani ricamati con lo stemma reale, le ragazze si stavano
beatamente rilassando. Era la queiete prima della gioiosa tempesta
dell’indomani. Tra una manciata di ore sarebbe cominicata la vera frenesia. Ma
per il momento, gli unici a dannarsi di lavoro erano i servitori. Loro, la
sposa e le invitate, potevano rilassarsi.
-Gourry!
Dove eri finito?- All’ora di pranzo, Lina riuscì a vedere Gourry.
-Ah?
Eheheh… Dessran ha insistito per tenere un corso a me, a Valgarv e a
Zelgadiss…-
-Un
corso? E di cosa?- Lina era curiosa. Molto curiosa.
Gourry
si chinò su di lei, baciandola sulla punta del naso.
-Te
lo dico stasera, ok?- poi le prese dalle braccia Rikol, che gorgheggiava per
essere preso in braccio dal padre.
-Eccolo
qui il mio ometto! Oh, ma sei cresciuto ancora! Eheh con tutto quello che
mangi, come la tua mamma…-
-Ti
ricordo Gourry che non sono l’unica in famiglia ad essere una buona forchetta…-
fece Lina con un mezzo sorrisino.
-Eh
già… senti, sai cosa c’è di pranzo?-
-No.
Andiamo a vedere?-
-Andiamo!-
Stranamente
senza correre, forse perché Lina portava in braccio Rikol, e Gourry per
cortesia nei suoi confronti, si avviarono a passo spedito verso la sala da
pranzo, dove c’erano già ad aspettarli diversi altri amici.
Nel
pomeriggio, Dessran “sequestrò” Valgarv, Gourry e Zelgadiss per lezione numero
due. I tre furono molto meno recalcitranti, stavolta… e le ragazze morivano
dalla curiosità. Cercarono di spremere Naga che, come amante di Dessran, forse
ne sapeva di più. Ma la mora era all’oscuro dell’attività del mazoku, così le
ragazze dovettero aspettare fino a sera.
-Dai,
Dess, dimmelo!-
-Mmmm…
e perché dovrei, Naga-chan? Non sono cose che ti interessano direttamente…
piuttosto, sono cose che faranno piacere alla tua sorellina. -
-ARGH!
Se non me lo dici subito…-
Naga
era a cavalcioni sul petto di Dessran, sul letto. Il ragazzo se la stava
godendo un mondo a stuzzicare Naga… soprattutto per il bello spettacolo del
“balcone”, di cui aveva un’ottima prospettiva.
Le
circondò la vita con le braccia.
-Se
non te lo dico subito, cosa mi fai?- le chiese malizioso, gli occhi socchiusi.
Non gli piaceva usare il suo potere su di lei: era più divertente, e dava più
soddisfazione, conquistarla sera per sera, come un comune mortale.
-Se
non me lo dici…- Naga si chinò su di lui, sfiorandone le labbra con le sue.
Dessran poteva sentirne l’alito caldo e sensuale sulle labbra e sul volto,
mentre il bacino di lei scivolava più in giù, sopra il suo. Chiuse gli occhi,
assaporando quelle sensazioni deliziose…
-O____o!!!
AAAARGGHHH!!!! Ahahahahahah…NAGA NOOOO!!!! *giggle* TUTTO MA IL SOLLETICO NO!!!
TI PREGOOOOOOAAHAHAHAHAHHAHAHAHAHA! ,>_____<, -
-Dimmelodimmelodimmelo!!!
Dess, o mi dici cosa avete fatto oggi, o non la smetto più!!!-
Stringendo
Dessran sulle anche con le gambe, immobilizzandolo, Naga lo stava
vergognosamente solleticando a morte!
Naturalmente,
Dessran avrebbe anche potuto teletrasportarsi via… solo che, impegnato a
dirvincolarsi dal ridere, non gli venne in mente!
Alla
fine, se ne ricordò, e un attimo dopo Naga si ritrovò il vuoto sotto di lei,
mentre un paio di familiari braccia nude la stringevano da dietro.
-Bloccata,
Naga-chan!- sogghignò Dessran, baciandola poi nell’incavo del collo. Naga
rabbrividì di piacere: Dessran riusciva a rendere eccitante il più semplice dei
gesti.
-Uffa,
però, non è giusto! Tu puoi teletrasportarti!-
-Già…
io sono ingiusto, tesoro… ma se proprio ci tieni, ti dirò cosa ho insegnato ai
ragazzi oggi pomeriggio…- le sussurrò all’orecchio.
-Che
cosa?-
-Beh,
semplicemente la teoria approfondita di tutta la pratica che facciamo…-
Naga
scoppiò a ridere.
-Beh?
Che bisogno c’era di tenerlo segreto?- gli chiele poi lei.
-Oh,
ho pensato che per Lina e per Philia sarà una novità molto gradita, le nuove
conoscenze dei loro maritini… e per Amelia… perché togliere il merito a
Zelgadiss?-
Naga
sbuffò una risatina, prima di rilassarsi tra le braccia di Dessran.
Sulla
porta della camera di Amelia, la principessa e il suo fidanzato si stavano dando
la buonanotte.
-Stanotte
non dormirò per l’emozione…-
-E
invece devi: devi riposare, per mantenerti sempre bella come sei ora!-
-Tanto
lo so che neanche tu riuscirai a dormire, Zel!-
-^__^
Già… ma va’ a letto ugualmente, Amelia. Prima che la tua cameriera ti afferri e
ti porti a nanna con la forza!-
-Zel,
non sono una bambina!-
-Lo
so. Ma voglio che la mia bellissima Amelia sia fresca e riposata, domattina!- e
con un ultimo bacio sulle labbra, Zelgadiss le chiuse la porta, allontanandosi
poi verso la sua stanza. Ad Amelia non rimase altro da fare che andare a letto,
togliendosi la leggera vestaglia di seta.
Sotto
le coperte leggere, stringendo il gigantesco peluches a forma di orso che
Zelgadiss le aveva regalato al luna park, Amelia sospirò serena. Chissà se
tutte le spose si sentono così eccitate la sera prima del matrimonio? Si
chiese. Poi, pensano a Zelgadiss, si addormentò col sorriso sulle labbra.
E
finalmente, il giorno del matrimonio era arrivato.
Era
una bellissima giornata di settembre, l’aria era dolce e dorata in quel modo
che può esserlo solo nelle giornate più belle dei mesi di settembre più belli.
L’intera
città era addobbata di festoni, e capannelli di gente si riunivano agli angoli
delle strade a parlare del matrimonio reale.
Nelle
taverne, si brindava alla salute della principessa e del suo sposo, e ogni
ragazza parlava del meraviglioso abito della sposa che, chissà perché, variava
di descrizione in descrizione. Un unico punto in comune: la sposa e lo sposo
erano bellissimi.
Al
palazzo, la servitù era al lavoro dall’alba.
Alle
sette del mattino, la cameriera personale di Amelia era andata a svegliarla,
anche se la principessa non aveva quasi chiuso occhio per tutta la notte per la
felicità.
Circondata
da uno stuolo di cameriere, Amelia veniva vestita, pettinata, acconciata e
truccata.
Nei
suoi grandi occhi blu, una scintillante felicità faceva sognare alle cameriere
il momento in cui anche loro si sarebbero sposate.
Nella
stanza di Zelgadiss, stanza che avrebbe lasciato quel giorno, avrebbe dormito
nella stanza matrimoniale con Amelia da quella sera in poi, non c’era tanto
fermento, ma solo uno sposo che camminava su e giù agitato.
Alla
fine, Zelgadiss decise di uscire e andare in un salottino in cui s’era dato
appuntamento con gli amici la sera prima, visto che, se continuava a restare
lì, avrebbe consumato il tappeto a forza di camminarci avanti e indietro!
Così,
anziché consumae il tappeto della camera, iniziò a consumare quello del
salottino!
-Zel,
calmati, mi fai girare la testa!- lo apostrofò Dessran.
In
quello smoking nero lucido, il priest era quasi irriconoscibile. Elegantissimo,
aveva però le sue note inconfondibili: piedi scalzi, coda e corna, e la massa
di capelli assolutamente indomabili. Accanto a lui Naga, in un abito rosso
molto aderente ed elegante, con una scollatura a v vertiginosa.
Su
un divanetto, Gourry, in giacca, gilet e pantaloni azzurro chiaro, faceva
“volare” Rikol, mentre Lina li guardava sorridendo, più bella che mai in
quell’abito color turchese e acquamarina, che metteva ancora più in risalto la
pelle chiara e i capelli fiammeggianti, raccolti in modo elegante da fermagli
di perle. La stilista e le cameriere ci avevano lavorato parecchio, ma ne era
valsa la pena: avevano trasformato la “ragazzina dal petto piatto” in una donna
da far girare la testa.
Philia
e Valgarv parlavano sommessamente, vicino alla finestra, e ogni tanto Philia
ridacchiava. Probabilmente Valgarv le stava racontando qualcosa di divertente.
La draghetta indossava un abito dalla gonna ampia color verde tenero, con
sottili ricami e pizzi rosa. Rosa era il corpetto dallo scollo a cuore, mentre
verdi erano le maniche ampie di stoffa leggera. Valgarv vestiva di verde chiaro
e verde scuro, colore al quale i suoi capelli si intonavano benissimo ^^;;;
Spiccavano
per la loro assenza Luna, Delgia, Martina e Zangulus. Li avrebbero raggiunti in
chiesa, comunuqe.
-Non
riesco a calmarmi, Dessran! Se mai ti sposerai, capirai il mio nervosismo…-
-Io
mica ero così agitato quando ho sposato Lina. - commentò placido Gourry,
passando Rykol, che era stanco, in braccio a Lina.
-Go,
tu non avevi gli occhi di un intero stato puntati addosso… - Zel era arrivato
alla fine del tappeto; si voltò e tornò indietro.
-Beh,
è ora. - disse Silphiel, alzandosi. La sacerdotessa, in quell’abito semplice,
color lavanda, pareva ancor più timida e fragile.
Zelgadiss
annuì seccamente con la testa, avviandosi a passo spedito lungo il corridoio.
-Beh,
meglio che ci affrettiamo. Non sta bene arrivare in ritardo, specie se si è i
testimoni. - commentò Naga. Gli altri annuirono, poi tutti insieme si avviarono
verso la cappella del palazzo.
La
questione testimoni era stata spinosa: di solito erano parenti degli sposi, ma
in questo caso c’era un po’ carenza. Naga faceva da testimone ad Amelia, ma ne
occorrevano quattro. Così, Lina avrebbe fatto da testimone assieme a Naga.
Gourry e Dessran sarebbero stati i testimoni per Zelgadiss, visto che il
ragazzo non aveva parenti al mondo.
A
Gourry era stato dato il compito di porgere le fedi. Avevano fatto molte prove,
e Gourry era sicuro di non sbagliare. Cribbio, non si sarebbe sbagliato per
nulla al mondo, al matrimonio del suoi miglior amico. Zelgadiss aveva fatto lo
stesso, a suo tempo, per lui, quindi ora non poteva sbagliare!
Non
so se l’ho detto, e sicuramente finora non sono comparsi, ma i sovrani di
Zoana, dal giorno del loro matrimonio, si sono dati parecchi da fare, e hanno
già tre bei marmochietti: un maschietto di cinque, una bimba di tre, e un
neonato di un anno. Alla precedentre visita, non li avevano portati con sé,
lasciandoli alle balie a Zoana. Ma stavolta se li erano portati dietro.
Un
grosso gocciolone comparve sulla testa di Lina alla vista dei tre bimbi…
Il
maschietto aveva un cappellaccio uguale spiccicato a quello del padre, con su
una spilla di Zoalmelegustar. La bambina, al posto della bambola, aveva una
versione di peluches di Zoalmelegustar. E sulla carrozzina del più piccolo, al
posto dei soliti pendenti a forma di uccellino o stellina, al carillon c’erano…
c’è da dirlo? ^^;;; tanti piccoli Zoalmelegustar colorati.
-Martina…
ma siamo sicuri che crescerenno bene?- balbettò Lina che, nascosto il
gocciolone, non si era accorta dei tanti goccioloni minori…
-Mh?
Perché non dovrebbero crescere bene, Lina?- Martina prese in braccio la bimba.
Che aveva i boccoli uguali alla madre, e un cerchietto con un mini
Zoalmelegustar al centro del fiocco. Lina soffocò un conato.
-Mah,
fa’ un po’ te…- borbottò, prima di allontanarsi, lasciando una Martina
perplessa.
Lina
dette Rikol in braccio a Gourry, chiedendogli di tenerlo il più lontano
possibilie dai reali di Zoana e figli (poteva restare contagliato dal pessimo
gusto di Martina! ^^;;;), mentre lei andava a cercare un cameriere per chiedere
un po’ d’acqua…
La
cappella era piena di fiori. Una profusione di fiori bianchi, rosa e color
pastello, in magnifiche composizioni che profumavano l’aria.
*-ATCHU!!!!-
Ilune si soffia il naso -Scusate, sono allergica al polline… gran bella roba,
per un perito agrario che vive a duecento mentri dal’inizio della campagna,
eh?- *
Gli
ultimi ospiti stavano prendendo i loro posti. L’organo suonava a basso volume
una melodia per riempire il silenzio e sovrastare il chicchiericcio dei
presenti.
Nella
seconda fila, Martina e Zanglus tubavano come piccioncini. Accanto all’amico,
Vrumgun, con quella sua aria tranquilla, pareva ignorare il chiacciericcio
intorno. Luna, con Delgia a fianco, guardava distrattamente le composizioni
floreali. Quando arrivò Lina, ne approfittò per coccolare un pochino il
nipotino, che, come tutti, trovava semplicemente adorabile.
Nelle
file indietro, le ragazze e le donne, tutte rigorosamente dell’alta nobiltà di
Saillune e dintorni, chiacchieravano e cicalavano dello sposo, dell’abito della
sposa, e di tutto quanto concerneva il matrimonio imminente…
-…
è una chimera… corpo di pietra… è affascinate… intelligente, è spesso nella
biblioteca… papà ci ha parlato un paio di volte… sa tutto!…principessa è
fortunata… innamoratissimo…-
-…un
velo di venti metri…seta e diamanti… la cameriera dice che è bellissima…-
-…ha
invitato degli amici non nobili… la grande maga Lina Inverse… il Santo
Cavaliere di Cephied… ma un mazoku… il fidanzato della principessa Gracia… la
vestale dei Draghi dorati… -
…
compresi gli amici più stretti degli sposi.
Zelgadiss
fece di tutto per entrare inosservato, dalla porta posteriore. In effetti, ci
riuscì, e molte ragazze trattennero a stento piccole esclamazioni di sorpresa
nel vederlo.
In
quell’abito grigio perla, perfettamente intonato ai capelli, appariva elegante
come pochi. Esaltava il portamento fiero di Zelgadiss, mettendo in evidenza il
fisico asciutto, muscoloso e armonioso. Giocherellava col nodo della cravatta,
apparendo deliziosamente imbarazzato. Molte ragazze desideravano essere al
posto della principessa: pelle di pietra o meno, era BELLISSIMO, e i loro
mormorii ammirati giungevano fino alle orecchie sensibili di Zel, che arrossì
ancora di più.
Zelgadiss
fissava con impazienza la porta della cappella, ornata di fiori in tal modo che
pareva che le colonne stesse avessero messo foglie e fiori e frutti.
Il
sacerdote era già arrivato, e guardava diverto Zelgadiss. Non aveva mai visto
uno sposo perfettamente calmo. Questo se la cava bene, pensava, ma si vede che
freme nell’attesa della sua donna.
Finalmente,
la luce dorata che entrava dala porta fu oscurata dalla massiccia, gioviale
sagoma di Philione, e un istante dopo da quella più minuta, avvolta nei veli,
di Amelia.
Se
Zelgadiss aveva fatto sospirare ogni femmina presente, Amelia fece trattenere
il respiro da quanto era bella.
La
musica che scendeva dall’organo, sopra la porta della cappella, diede
l’impressione che l’arrivo di Amelia avesse richiamato un coro celeste a
suonare per il suo ingresso.
Amelia
sentiva il suo cuore aumetare i battiti, come il frullare delle ali di un
uccellino, nel petto, chiuso nel corpino di damasco di seta riccamente ricamata
d’oro e di minuscole, scintillanti gemme. La lunga gonna ricca di pizzi
delicati, un attimo prima così pesante, le parve diventata leggera come una
nuvola mentre, al braccio di suo padre, percorreva la navata, verso Zelgadiss.
Sentiva gli occhi riempirsi di lacrime, e non erano certo causate dai capelli
troppo tirati nell’acconciatura attorno alla sottile, elegante tiara in capo,
né al velo che le solleticava il lungo collo nudo e le guance.
Dopo
quei passi che le parvero lunghissimi e insieme brevi come un soffio, Amelia
vide come in sogno suo padre che porgeva la sua mano a Zelgadiss… la mano
forte, ma al contempo così delicata!, di Zel chiudersi sulla sua, mentre la
conduceva negli ultimi passi che la separavano dall’altare…
Era
come un sogno. Zelgadiss si muoveva come in un sogno meraviglioso. Amelia,
accanto a lui, era bella come neanche il più meraviglioso dei sogni poteva
essere.
La
cerimonia, la musica, il profumo inebriante dei fiori… le parole del
celebrante…
-…
e prenderla in tua sposa, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia,
finchè morte non vi separi?-
-Si…si,
lo voglio!-
Amelia
sentiva la stretta di Zelgadiss sulla sua mano, e quasi non sentiva le parole
del celebrante.
Adesso
capiva perché si diceva che quello fosse il momento più bello della vita di una
ragazza…
-…in
tuo sposo, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, finchè morte non
vi separi?- recitava il celebrante.
-Si…
lo voglio!-
-Potete
scambiarvi gli anelli. - il celebrante fece un cenno a Gourry, che avanzò con
il piccolo cuscino di seta in mano, con adagiate sopra le due fedi. Gourry fece
molta attenzione. Sapeva che il gradino in quel punto era consunto e sdrucciorevole…
evitato! E sapeva anche che lì il tappeto rosso faceva una insidiosa piega…
evitata! Orgoglioso di sé, porse alla coppia il cuscino con gli anelli.
Zelgadis
prese la sottile fede d’oro, incastonata di tre purissimi diamanti bianchi dal
taglio a cuore, e la infilò all’anulare sinistro di Amelia. Rappresentava il
suo amore per Amelia, nel passato, nel presente, e nel futuro, puro e
inattaccabile come quei diamanti.
Amelia
sorrise, poi prese la fede per Zelgadiss. Anche questa era d’oro, con incastonati
tre piccoli diamanti. Era, ovviamente, più sobria, ma il significato era lo
stesso.
Lina
sorrise: anche lei aveva un’anello simile a quello di Amelia, e uno simile a
quello di Zelgadiss ornava l’anulare sinistro di Gourry. Era una tradizione
lyzelliana, ma Amelia l’aveva trovata deliziosa, e aveva voluto che le loro
fedi nuziali fossero così.
E
infine, la frase del celebrante.
-Io
vi dichiaro marito e moglie. -
Zelgadiss
guardò Amelia, stringendole la mando destra nella sua sinistra. Con l’altra mano,
le sollevò il velo, chinandosi su di lei, in un bacio lungo e profondo, che
Amelia ricambiò con docezza.
Staccandosi
a malincuore, Zelgadiss le porse il braccio, mentre percorrevano la navata, ora
come marito e moglie, accolti da una pioggia di petali nella cappella, e da
un’altra di riso fuori!
Ridendo,
sotto quella pioggia di riso che faceva loro il solletico, Zelgadiss prese in
braccio Amelia, portandola sulla carrozza reale che li avrebbe condotti per le
vie di Saillune, dove il popolo avrebbe potuto vedere e festeggiare la nuova
coppia reale.
Dall’ampia
piazza dinnanzi alla cappella del palazzo reale, Lina lanciò in aria l’ultima
manciata di petali e riso.
-…
e vissero per sempre felici e contenti!- esclamò -Come nelle favole! Del resto,
s’è mai visto un principe più azzurro, e una principessa più bella?-
-Già,
proprio come in una bella favola. - annuì Gourry -Come si dice in questi casi?-
si grattò la testa, cercando di ricordare la frase con cui la nonna concludeva
sempre le belle favole…
Ilune:
beh, se Gourry non la ricorda, la dico io!
Larga la foglia
Stetta la via
Dite la vostra
Ch’io ho detto la mia!
The End
-^__^
Piaciuta? Mi spiace aver tardato tanto con l’ultimo capitolo, ma gli esami
universitari incombono, e la vostra povera mezz’elfa si ritrova con una mammina
che le alita fuoco sul collo se non studia!
Per
la gioia dei miei lettori…-
-Seee,
ma dove?-
-TACI
Dess! Dicevo, per la gioia dei miei lettori, la storia non finisce qui. Ci
saranno brevi pezzi autoconclusivi che si inseriranno in questa linea
cronologia, e poi due lunghe storie di ampio respiro. Restate sintonizzati!-