1 anno x...

di Anya e Dalia
(/viewuser.php?uid=2629)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gennaio ***
Capitolo 2: *** Febbraio ***
Capitolo 3: *** Marzo ***
Capitolo 4: *** Aprile-primo giorno ***
Capitolo 5: *** Maggio ***



Capitolo 1
*** Gennaio ***


Salve a tutti

Salve a tutti! Le ficcy che scriveremo saranno ambientate in ogni mese dell’anno. Naturalmente sono storie nate dalla nostra fervida fantasia. Speriamo le troviate piacevoli…

Anya e Dalia (le sorelle di Never delle Royal Japan 5)

 

Gennaio

 

Ero buttato sul mio letto che guardavo il soffitto.

 

  Dovrebbe esserci stato freddo soprattutto perché era gennaio, ma chissà perché non ne avevo per nulla anzi avevo anche un po’ di caldo.

 

Sbuffando riportai il cellulare all’ orecchio.

 

  “Si scusa, Betta. Puoi ripetermi cosa hai detto? Non ho sentito.” chiesi alla ragazza dall’ altra parte dell’ apparecchio telefonico.

 

  “Ehm… si, volevo dirti che non potremo vederci per tutta la settimana perché ho un sacco di compiti e interrogazioni.” mi rispose Betta anche se sapevo già quello che mi avrebbe detto, però speravo di aver capito male.

 

  Era più di un mese che le cose andavano avanti in questo modo: lei che aveva troppo da studiare e non ci potevamo vedere mai.

 

  Le telefonate la sera non mancavano, però mi aveva stufato immaginarmela solo dalla voce che sentivo dal telefono.

 

  Buttai gli occhi al cielo, anche perché ero particolarmente nervoso quel lunedì a causa di quella maledettissima professoressa che mi aveva annunciato la mia rischiosa bocciatura.

 

Ha cominciato a deprimermi da gennaio quella disgraziata!

 

Mi ero messo di impegno per strappare a quella maledetta la media del sei!

 

  …E poi mi ero di nuovo stancato: avevo ricominciato a non stare attento in classe, picchiarmi con i miei compagni, rispondere male ai prof…

 

  Credo che tutto era dovuto al fatto che non riuscivo a vedermi con Betta: tutto per un sette al posto dei suoi soliti nove o dieci!!!

 

  Cioè, io pagherei per un sette e lei viene a farmi discorsi del tipo “Si può abbassare la mia impeccabile media scolastica!”

 

  Per carità io stimo e ammiro la mia Betta però a volte la avrei sbattuta al muro!

 

 

  Sbuffai un’ altra volta e con aria scontrosa le dissi “Però per la danza il tempo lo trovi…”.

“Cosa c’ entra la danza!?!” mi sentii rispondere al telefono.

 

  A volte mi sentivo sul serio confuso: o il cretino ero io oppure era la mia ragazza che con il troppo studio diventava sempre più scema…

 

 

  Chiusi gli occhi; la rabbia stava lentamente prendendo il sopravvento sulla ragione.

 

Decisi di lasciare perdere e la salutai con la scusa di essere stanco.

 

Buttai il cellulare da qualche parte e mi riggettai sul letto.

 

Cosa mi tratteneva dal lasciarla?

 

  Tanto se l’avessi lasciata non sarebbe cambiato nulla d’ allora: avremmo continuato a non vederci per il suo primario studio.

 

  Odiavo il suo studio, ero morbosamente invidioso di lui e del fatto che al primo posto nello vita di Betta ci fosse lui e non il sottoscritto.

 

  Odiavo quelle brevi telefonate il cui superficiale contenuto era                 l’annuncio di una settimana intera senza poterci vedere.

 

Odiavo quello scusarsi così frequente.

 

  Odiavo quel suo profumo di fiori che a causa della sua assenza svaniva sempre di più dal mio corpo e dai miei vestiti.

 

Odiavo lei e quel suo indifferente ignorarmi…

 

  Nervoso come ero e irrigidito dalla rabbia mi addormentai con questi pensieri nella testa…

 

 

 

 

  Mi svegliai la mattina dopo stanco e con delle occhiaie che, insieme a quel rivoltante pallore, avrebbero sicuramente fatto concorrenza ad un morto.

 

 

  Strano, generalmente ho un bel colorito abbronzato invece quella mattina mi si leggeva scritto in faccia che non ero riuscito a dormire un gran ché…

 

  Mi sentivo un’ enorme scritta al neon galleggiarmi sopra la testa che attirava su di me l’ attenzione di qualunque essere vivente.

 

  Perfino quel detestabile gatto che Tommy, mio fratello piccolo, un giorno trovò e portò a casa, sembrava accorgersi che la mia vita camminava storta.

 

Soprattutto quella mattina…

 

  La palla di pelo di non so quale colore strano (sicuramente non era uno solo) cominciò a strusciarsi tra le mie gambe.

 

  Appena entrai in cucina il commento di mia madre mi trafisse da capo a piedi:

 

“che cos’ hai? Non hai dormito bene stanotte?”

 

  A volte penso che i genitori, in particolare le mamme, posseggano una specie di radar che fiuta a distanza di km lo stato d’ animo dei figli.

 

E quello di mia madre, a quanto sembra, funziona a meraviglia!

 

  “No mamma, sto bene” le risposi con un tono che cercava essere convincente.

 

  Mia mamma mi lanciò una delle sue occhiate che si leggeva chiaro che diceva “lo so che c’è qualcosa che non vuoi dirmi” ma lasciò perdere e la ringraziai per questo.

 

 

  Neanche a scuola andò bene e io finii dal preside per aver mollato un pugno a una mia compagna di classe.

 

Mi litigai anche col preside e vennero chiamati d’ urgenza i miei genitori.

 

Mi sospesero.

 

  In macchina mentre tornavamo a casa sembrava che si fosse spento           l’audio, nessuno parlava e questo faceva pesare ancora di più il fatto che sul serio non andava nulla per il verso giusto.

 

  Arrivati a casa mi fiondai in camera e mi buttai sul letto.

 

  Almeno quella sospensione mi portava un po’ di vacanza anche se solo per tre giorni…

 

Dopo qualche ora che ero chiuso in camera venne a bussare mia madre.

 

“che cosa c’è…” le chiesi sbuffando dal cuscino.

“C’è Betta…” mi sentii rispondere da dietro la porta.

 

  Guardai l’ orologio: erano le due passate sicuramente era uscita da scuola ed era venuta qua.

 

  Non risposi a mia madre che interpretò il mio silenzio come un assenzo e dopo poco la porta si aprì facendo entrare Betta.

 

“Ciao” mi salutò.

 

Non le risposi.

 

  Chiuse la porta alle sue spalle e si sedette sulla poltroncina davanti lo scrittoio.

 

Per un po’ non disse niente neanche lei.

 

  Stava lì, su quella poltroncina girevole un po’ a guardarsi le mani giunte poggiate sulle gambe, un po’ la mia luminosa stanza.

 

“tua madre mi ha detto che sei stato sospeso…”

“ ‘azie ma’” sbuffai nel cuscino.

“…”

“…”

 

Quel silenzio stava cominciando a infastidirmi.

 

“per quanti giorni dovrai stare a casa?”

“tre…”

“sei fortunato da un certo punto di vista.”

“ne sono contento…”

“io invece non ne posso davvero più…”

“basta parlare di scuola.”

“va bene”

 

Ero contento che almeno un po’ della solita loquacità era tornata.

 

Era bello perlare con lei sempre se evitavamo l’argomento scuola.

 

  In quel momento dovevo cercare un discorso di cui parlare, qualunque cosa…

 

  “che facciamo sabato?” le chiesi guardandola, per la prima volta quel giorno, negli occhi.

 

  Lei però contraccambiò il mio sguardo in maniera molto diversa, sembrava turbata…no! Era un po’ allibita un po’ arrabbiata.

 

“che c’è?” le domandai

“io sabato sono al matrimonio di mia sorella!”

 

Mi sedetti sul letto, di fronte a lei, turbato come la sera prima.

 

“questa la sto sapendo ora!”

“allora non mi ascolti quando parlo! È un sacco di tempo che ti ho detto questa cosa!!” stava cominciando a riscaldarsi.

 

  Se c’è una cosa che manda in bestia le ragazze è il fatto di essere ignorate o non ascoltate quando loro parlano.

 

“ma quando mai, io lo stò sentendo ora!!!”le urlai contro.

“Lo vedi, LO VEDI!?!” si mise le mani ai capelli e buttò gli occhi al cielo.

 

  “CIOÈ, MI STAI DICENDO CHE NELL’UNICO GIORNO DI QUESTA TUA STRAMALEDETTISSAIMA SETTIMANA DI STUDIO CHE POSSIAMO VEDERCI NON POSSIAMO???” sbraitai contro la ragazza.

 

“ESATTO!!!” mi urlò di rimando.

 

“BENE! ALLORA SAI CHE TI DICO? TANTO VALE CHE CI LASCIAMO TANTO NON CAMBIEREBBE NULLA DA ADESSO! CONTINUEREMO A NON VEDERCI  COME ORA!!!”

 

Lei si girò per guardarmi negli occhi e con un filo di voce mi disse:

 

“sono d’ accordo…” e detto questo uscì dalla mia camera da letto.

 

Mi buttai sul letto e chiusi gli occhi. Finalmente libero!

 

Era poco più di un anno che stavo con Betta, dal gennaio precedente.

 

Molti dei miei amici, ogni volta che aprivamo l’ argomento, guardandomi mi dicevano “ che palle, cumpa’ ma perché non la molli?”

 

Per una volta mi sono sentito libero e nel giusto delle mie azioni…

In quel momento le pareti della mia camera tremarono, un vento gelido riempì la stanza e fui preso in piena faccia da una potente pallonata.

 

E proprio allora persi i sensi…

 

 

Mi ritrovai disteso sul freddo terreno di un campo di calcio.

 

  Era in corso una partita, sicuramente un’ amichevole perché nessuno aveva divise della squadra.

 

Lentamente mi alzai e mi guardai intorno.

 

Ero in un cortile pieno di ragazzi che ridevano e scherzavano tra di loro.

 

  Dapprima non ci feci caso, anche a causa di quel senso di smarrimento che mi opprimeva, ma dopo lo riconobbi: quello era il cortile della mia scuola!

 

Ma come ci ero arrivato?!?

 

Io ero sdraiato sul mio letto e mi sono ritrovato lì a scuola!

 

  Non era matematicamente possibile che in un millesimo di secondo mi fossi trovato nel lato opposto della città!

 

  Ma i miei ragionamenti furono stroncati da una seconda pallonata potentissima che non feci in tempo a schivare.

 

Mi prese in piena faccia.

 

  Stranamente non sentii né dolore né nient’ altro… anzi per la verità non sentii nemmeno il pallone sfiorarmi minimamente la faccia. Semplicemente mi passò attraverso e si schiantò contro il muro            dell’edificio scolastico.

 

Rimasi impietrito là in piedi vicino l’ area di rete.

  In quel momento sentii due ragazze ridere di gusto alle mie spalle e giustamente mi voltai pensando che ridessero per l’ espressione che avevo in volto.

 

  “ehi! vorrei vedere voi se foste prese in pieno da un pallone!!!” ma le ragazze non mi sentirono e continuarono a ridere tra loro.

 

Una di loro quasi cadde per terra dal tanto ridere invece l’altra, con le lacrime agli occhi, gridò: “Marco sei una neglia!!!” 

 

“ah, ah, ah!” risi ironicamente ma sentii qualcuno alle mie spalle fare lo stesso.

 

  Mi voltai per vedere chi aveva fatto quella risata sarcastica e lo vidi: un ragazzo che si era appena alzato da terra si stava massaggiando la schiena con un’ espressione di dolore dipinta in volto.

 

  Era abbastanza alto, con una pelle abbronzata, vestito con una maglietta bianca a maniche corte e dei pantaloncini neri.

 

  Aveva i capelli nero-pece dietro tagliati  cortissimi e davanti a caschetto che ricadevano sudati sulla fronte.

 

  Coprivano un paio di occhi verde palude e sotto di essi spiccavano delle momentanee guance rosse… causate dalle risate femminili!

 

  “non posso farci niente se e tutto bagnato per la neve di stamattina!” urlò lui di rimando contro le due ragazze che ridevano ancora.

 

Un momento io quel ragazzo… non potevo crederci: ero io!!!

 

  Mi voltai di scatto verso la ragazza che aveva urlato poco prima e la riconobbi: era Betta…

 

Come avevo fatto a non riconoscerla!

 

  Era lei, illuminata da quella risata, con quella pelle color alabastro tinta leggermente sulle gote, con quegli occhi azzurri che riflettevano il cielo e quei capelli… io li adoravo i suoi capelli:

erano lunghissimi, prima lisci e poi ondulati, biondi con qualche riflesso castano ogni tanto.

 

Era lei splendente come una stella.

 

  Se tutte le persone di questo mondo brillassero come lei allora non avremmo più bisogno del sole!    

 

  Visto che Betta continuava a ridere, quello che era me stesso le tirò un fortissima pallonata che lei riuscì a bloccare con le mani davanti la faccia.

 

  Dopo essersi ripresa qualche secondo, si alzò, ancora col pallone tra le mani.

 

  Indossava una minigonna  color panna, dei collant neri, un paio di scarpe bianche e un giubbotto bianco panna.

 

  Lasciando andare il pallone gli diede un calcio fortissimo che il ragazzo riuscì a schivare.

 

“sei un’ idiota! Ti ho detto mille volte di non tirare di punta perché ti fai male!” sbraitò quest’ ultimo contro Betta.

 

“e da quando ti preoccupi se mi faccio male o no?” chiese ridendo la ragazza.

 

Marco gettò gli occhi al cielo e si riconcentrò sulla partita.

 

Sorrisi.

 

  Ero riuscito a capire… come potevo non essermene reso conto… era lampante… a volte credo proprio di essere scemo!

 

Quel momento lo avevo già vissuto… poco più di un anno fa…

 

 

  -Come è possibile? Sempre a litigare! Non ne posso davvero più! Io non vorrei litigare! Non è quello che voglio! Ma perché non lo capisce? Dico: non è scema  e l’ intelligenza non le manca per niente! E invece no! Deve andare dietro a quello sciupa femmine di Alberto! Non mi piace proprio! Ma anche se lo volessi noi continueremmo così all’ infinito…-

 

  Mi avvicinai alla ringhiera che costeggiava il tetto del grande istituto che era la mia scuola.

 

Faceva un freddo boia.

 

  Mi strinsi nel giubbotto pesante e guardai le nuvole che mosse dal vento si muovevano sopra la mia testa.

 

Si vedevano in lontananza le montagne con le vette innevate.

 

  Quanto mi sarebbe piaciuto andarci, poter scivolare tra la neve e poterla tirare addosso agli altri.

 

Non lo facciamo da tempo, io e la mia famiglia…

 

 

Era una bella mattinata quella, il cielo era di un azzurro bellissimo.

 

  Guardai in basso: i miei compagni di scuola erano giù per la ricreazione.

 

  Io invece ero lì; su quel tetto, solitario, dopo una delle più brucianti litigate con Betta…

 

Non ricordo neanche perché avevamo litigato!

 

Non c’ era mai un motivo importante, partivamo sempre da sciocchezze!

 

 

Dopo poco la vidi: correva ridendo con la sua amica Francy.

 

  A lei non rimaneva nulla, non le importava nulla, e per quanto ne sapessi non le importava nulla di me…

 

  Chissà come sarebbe stato essere suo compagno di classe, forse avremmo potuto essere molto più vicini…

 

  Invece dovevo accontentarmi di un rapporto che includeva solo litigate e prese a parolacce!

 

  Me l’avevano presentata poco tempo prima e l’ odio che provai la prima volta che la vidi si mescolava all’amore che piano piano cresceva e si avvampava in me.

 

  Come una macchia d’ olio: prima una goccia, poi piano cresceva così tanto da prendermi tutto.

 

Ecco come potevo descrivere l’ amore e l’ odio che provavo per lei.

 

La odiavo e la amavo contemporaneamente. 

 

  Mi diedi dello stupido idiota e, suonata la campanella, me ne ritornai in classe.

 

 

“cosa?”

“non hai sentito?”

“no!”

“e invece si!”

“ma chi, Alberto Corsini della 3° A?”

“si, si proprio lui!”

“ma a chi si è dichiarato, scusa?”

“ non ricordo…una della 3°C credo…”

“non lo sai? A Elisabetta Formati…”

 

  Mi bloccai in quel corridoio con gli occhi sbarrati e improvvisamente diventato bianco come un cencio…

 

  Lentamente rivolsi lo sguardo verso quelle cinque ragazze che sparlavano tra loro.

 

Non lo avessi mai fatto!

 

  Quello, se non sbagliavo, era un fan club che avevano fondato alcune ragazze della mia scuola su di me!

 

Una di loro svenne.

 

Me la svignai a gambe levate ed entrai in classe.

 

  Mi sedetti davanti il mio banco e cominciai a ripassare gli appunti di storia.

 

  In quel momento mi si avvicinò Baza, il mio migliore amico, e sconvolto mi chiese

“che stai facendo!?!”

“studio…”

“tu stai male… è per Betta?”

“no… é per l’ interrogazione”

“ah…”

“dai non è una tragedia se studio!”

“io credo proprio di si!”

 

Lo ignorai e continuai a ripassare.

 

  Ma in quel momento Betta si era avvicinata alla nostra classe e tutti i presenti le fecero l’ applauso tranne Baza e io.

 

Non distolsi neanche lo sguardo dai miei appunti per guardarla.

 

  Baza si allontanò per parlare con un amico di un’ altra classe e io rimasi solo coi miei appunti.

 

Betta riuscì a sgomitare tra la folla soprattutto di ragazze che                       l’acclamavano e rimase fuori in corridoio con Francy.

 

Sentivo che lei mi stava guardando ma feci finta di nulla.

 

Probabilmente era scioccata anche lei del fatto che stavo studiando.

 

Si avvicinarono a lei alcune ragazze curiose che volevano saper i dettagli.

 

“niente…” la sentii rispondere “ semplicemente gli ho detto no”

 

Sgranai gli occhi.

 

“no?! ma perché?”

“sareste stati perfetti insieme!”

“lui è il ragazzo più carino di tutto l’ istituto”

 

e poi a bassa voce ne sentii una bisbigliare “ a parte Marco…”

 

  Le sentii ridere ma io feci finta di nulla: ero troppo sconvolto dalla notizia del rifiuto di Betta alla dichiarazione di quello smorfioso di Corsini.

 

Entrò la professoressa e ogni pettegolezzo fu rimandato al dopo.

 

 

Non mi sembrava vero.

 

No, non era vero.

 

Non era possibile! Betta voleva quell’ Alberto Corsini.

 

Lo sapevo per certo perché l’ avevo sentito che lo diceva alla sua amica.

 

  Quella volta  io stavo per entrare nella classe e lei era fuori nel corridoio che parlava con Francy e la sentii distintamente dire

 

“mi piace veramente un sacco ma come fa a non accorgersene!”

“e perché non glielo dici?”

“ma sei scema!?!”

 

  Quando mi avvicinai loro si zittirono ed entrai perché si era messo a squillare il mio cellulare che era nel mio zaino dentro la classe anche se non feci in tempo a prendere la chiamata.

 

Mentre giocherellavo con i pulsanti del telefono chiesi loro

 

“di chi parlavate?”

“che te ne fr…” stava per continuare ma l’ altra ragazza rispose al posto suo.

 

“di Alberto Corsini, lo conosci? E’ quello della 3°A”

“mmh si ne ho sentito parlare…”

 

  E detto questo mi allontanai componendo il numero per la telefonata che dovevo fare.

 

  Ecco perché ero sicuro al cento per cento che lei non avrebbe mai rifiutato una dichiarazione di Corsini.

 

 

Passeggiavo per il corridoio diretto alla terrazza.

 

  Tutti erano ancora giù per la ricreazione e io come sempre volevo stare solo.

 

  Arrivai in terrazza e dopo essermi sporto un poco dal parapetto per guardare giù, mi accorsi che non ero solo.

 

  Una ragazza bionda con i capelli ondulati che si muovevano ad ogni soffio del vento gelido di gennaio era anche lei affacciata un po’ più in là che guardava il cortile e il paesaggio urbano che circondava l’ istituto.

 

  Si stringeva sempre più nel suo giubotto color panna e una nuvoletta di vapore usciva leggera dalla sua bocca ogni qual volta la apriva.

 

  Il cuore cominciò a battermi così forte nel petto che avevo paura che volesse scoppiare: era Betta.

 

  Feci finta di non essermi accorto della sua presenza e tornai a guardare giù.

 

  “che ci fai qui?”sentii la sua voce dolce accanto a me ed era veramente accanto a me.

 

  Respirai profondamente l’aria e il suo profumo di fiori che invase le mie narici.

 

  Avevo paura di espirare perché l’ avrei lasciato andare via e non volevo che ciò accadesse.

 

“ciao” le risposi “ e tu invece cosa ci fai qua?”

“guardo il panorama…E’ un posto così tranquillo questo. Ci vengo spesso

qui”

“ non si direbbe che ami la tranquillità…”

“magari non sarò tranquilla io, però la tranquillità intesa come posti silenziosi e solitari”

“vuoi che me ne vada?”

“no… non mi dai fastidio”

 

 

Restammo in silenzio per un po’ anche se io volevo parlare.

 

Volevo chiederle perché aveva rifiutato Corsini… ma non potevo.

 

  Probabilmente se gliel’ avessi chiesto avrebbe capito quali erano i veri sentimenti che provavo per lei ed era l’ ultima cosa che volevo che accadesse.

 

Ma decisi di rischiare…

 

“ho sentito dire che hai rifiutato la dichiarazione di Alberto Corsini”

“mi sono sempre chiesta come fanno a circolare così velocemente le voci in un istituto scolastico…”

“è vero?”

 

Non mi rispose.

 

“allora?”

 

Silenzio.

 

“oh, ma mi ascolti!”

 

Si voltò a guardarmi.

 

“non sono affari che ti riguardano!”

 

Sembrava un po’ arrabbiata.

 

“giusto!” ripresi “tanto cosa me ne può fregare a me!”

 

Lei sembrava arrabbiata… io lo ero sul serio!

 

Mi rivolse un’ occhiata storta e alquanto irritata.

 

“ma si può sapere che cosa vuoi?”

“te l’ ho già detto: voglio sapere perché hai detto ‘no’ a Corsini!”

 

Stavamo urlando anche se eravamo a un metro di distanza l’uno dall’altra…

 

“a te non deve fregare un’ accidenti di quello che mi accade!”

“ma non sto chiedendo chissà che cosa…”

 

Mi guardò ancora con quell’ espressione arrabbiata.

 

“mi piace un’ altro, ma chi sia non ti riguarda!!!”

 

  Si voltò e fece per andarsene ma di scatto le presi con la mano destra  il polso sinistro e la girai in modo che potessi guardarla negli occhi.

 

  Con la mano libera le presi il fianco e la avvicinai a me; eravamo così vicini che mi sembrava di annegare nell’ azzurro dei suoi occhi.

Ero totalmente inebriato dal suo dolce profumo di fiori.

 

Non resistevo più.

 

Lei avrebbe potuto mallarmi quanti schiaffi voleva.

 

Ma dovevo.

 

Non potevo più resistere…

 

La baciai.

 

Prima un bacio profondo anche se dolce e somplice.

 

  Dopo aver assaggiato e assaporato il suo sapore di fragola mi staccai per riprendere fiato.

 

  Poi un’ altro più appassionato e così via non curante della campanella che suonava e della nuova ora che arrivava, continuai a baciarla e tenerla sempre stretta a me.

 

Ma lei non sembrava volersi allontanare.

 

  Smisi di baciarla e l’ abbracciai ma mi staccai quasi subito e andai ad appoggiarmi alla ringhiera del terrazzo.

 

Non potevo crederci che ci ero riuscito!

 

  L’avevo baciata e sorrisi facendomi accarezzare il viso da quel venticello prima gelido ora fresco e piacevole.

 

Lei mi si avvicinò e si appoggiò anch’ essa alla ringhiera.

 

  Quanto avevo lottato per resistere a quello che avevo appena fatto! A urlarle parolaccie al posto di ‘ti amo’… A litigare al posto che cercare di dichiararmi…

 

Mi misi a ridere sentendomi un cretino di prima categoria!

 

  Mi voltai a guardarla e mi misi a ridere ancora di più… lei assunse un’esprsessione che diceva chiaro ‘non ci sto capendo molto’.

 

Mi avvicinai a lei ancora sorridendo e le dissi

 

“lo sai perché rido?”

“no, perché?”

“perché ti amo… e sono stato per tutto questo tempo a urlarti contro frasi senza senso, a litigare con te per non fartelo capire…” riuscii a dire tra le risate.

 

Lei abbassando lo sguardo arrossì e mi chiese

 

“e tu vuoi sapere chi è il ragazzo che mi piace?”

 

Smisi di ridere perché lei sembrava seria.

 

Il colmo sarebbe stato che mi diceva ‘Alberto Corsini’ o qualcun’ altro…

 

“ sei tu” rispose.

 

Mi ritornò il sorriso.

 

La presi per i fianchi e la sollevai in aria facendola volteggiare  in alto.

 

Alto era il mio cuore tanto che volava.

 

Volavamo insieme io e lei dove solo gli innamorati possono andare, come dissero un libro e un film, un posto più alto del cielo, circa tre metri sopra di esso…

 

Io guardavo quella scena da un punto impreciso di quella terrazza.

 

Ricordandomi di  quei forti sentimenti che ho provato per Betta.

 

Ripensando a tutti quei momenti passati insieme da fidanzati…

 

  Continuai a guardare il sorriso che illuminava i volti di quei due ragazzi che eravamo io e Betta…

 

  Non aveva senso rivivere quelle scene se ormai con lei era tutto finito e non c’ era più nulla da fare.

 

Ci eravamo lasciati e non saremmo ritornati più insieme…

 

  Mentre osservavo, sapendo che non potevo essere visto, quei due che continuavano a baciarsi abbracciati stretti, mi si affuscò la vista e mi ritrovai nella classe di Betta che era deserta.

 

  Stavamo mangiando una montagna di cioccolattini da dentro una scatola a forma di cuore e avevamo riempito il banco di un sacco di cartine di cioccolattini.

 

San Valentino.

 

  Ridendo lei ne prese uno e me lo mise in bocca, ma io già ne avevo uno così mi affogai e cominciai a tossire con Betta accanto a me che rideva come una matta.

 

Quando mi ripresi un poco dai colpi di tosse la gurdai malissimo; le presi i polsi e la bloccai al muro.

 

La baciai dimenticandomi dei cioccolattini abbandonati sul banco.

 

 

 

  E ancora, mentre li guardavo si appannò la mia vista e mi ritrovai ai bordi di una piscina e in acqua c’erano solo due ragazzi che si schizzavano l’acqua a vicenda, ridendo come matti che quasi affogavano.

 

Mi guardai intorno: quella era la villa estiva di Betta.

 

  Quel giorno mi aveva invitato per tutta la giornata a passarlo con lei in quella villa stupenda che sembrava un paradiso.

 

  Sorrisi ancora guardandoli mentre cercavano di annegarsi trascinandosi sott’acqua.

 

Poi lui la tirò a se e la baciò appassionatamente.

 

 

 

  Mi si offuscò di nuvo la vista e mi ritrovai in mezzo a una piazza piena di neve.

 

Essa era deserta però per le strade circolava qualche macchina.

 

  Sulla vetrina di un grande negozio lampeggiava la scritta ‘MERRY CHRISTMAS!’

 

Era Natale.

 

Ed eccoli, sempre loro.

 

Imbacuccati con guanti, sciarpe e cappellini per il freddo.

 

  Si stavano scambiando i regali: lui uscì da un grande sacchetto un mega orsacchiottone pelouche con un fiocchettino sotto il muso tenerissimo.

 

Lei fece una faccia scioccata e strinse il mega pelouche sorridendo.

 

Poi si gettò al collo del ragazzo e cominciò a riempirgli di baci la guancia.

 

  Anche lui ricevette il suo regalo: i cd mancanti della collezione del suo gruppo preferito.

 

  Risi pensando alla mia completa collezione sistemata nello scaffale sopra la scrivania nella mia camera da letto.

 

  E ancora una volta si annebbiò la vista e mi ritrovai prima al mio e poi al suo compleanno, a ferr’agosto passato sulla spiaggia coi nostri amici a ballare e cantare attorno al falò; al suo saggio; ai risultati delle pagelline…

 

Per l’ennesima volta mi ritrovai in un posto diverso.

 

Stavolta ero in una camera da letto: la mia camera da letto.

 

“gulm!” deglutii forte.

 

Questa non me l’ aspettavo…

 

  Mi vidi baciarla dolcemente nel collo mentre lei mi abbracciava tenendo gli occhi chiusi con un’ espressione beata.

 

Sorrisi.

 

La nostra prima volta.

 

Mi vidi toglierle lentamente la maglietta e lei toglierla a me.

 

Mi vidi sfilarle la gonna e lei rimanere quasi nuda, mentre io avevo i jeans.

 

Mi vidi farla sdraiare sul mio letto e io sopra di lei.

 

  Mi emozionai anch’ io: non avrei mai potuto scordare quell’ eccitazione intensa che provai a vederla nuda stretta tra le mie braccia.

 

Lei era lì ed era stata mia.

 

Mia, solo mia e di nessun altro…

 

Ero stato un cretino a lasciarla!

 

Mi sentivo un emerito idiota.

 

Come mi è potuto passare dalla testa solo il pensiero di lasciarla?

 

Io la amavo e non potevo fare a meno di lei.

 

 

Mi ritrovai seduto sul letto della mia camera.

 

Ero tornato al presente.

 

  In quel momento sentii la porta di casa sbattere. Era lei, Betta, che era appena uscita.

 

  Corsi fuori dalla porta, superai mia madre che con espressione preoccupata mi disse

 

  “che cosa sta succedendo, Marco! Betta è appena uscita di casa piangendo!”

 

Uscii di corsa fuori di casa e la cercai con lo sguardo.

 

La vidi.

 

Camminava velocemente coprendosi dal freddo con la sciarpa.

 

Stava nevicando.

 

Le corsi dietro e quando la raggiunsi la afferrai per il polso e la voltai.

 

Le lacrime le bagnavano tutte le guancie.

 

La abbracciai forte e lei si fece abbracciare.

 

  Mi allontanai quanto bastava per guardarle quegli occhi azzurri in quel momento bagnati di lacrime.

 

  “ti amo Betta e non potrei mai lasciarti. Ho fatto una cavolata e mi dispiace. Spero che tu possa perdonarmi! Non riesco a stare senza di te…”

 

Dopo averla guardata ancora negli occhi, mi avvicinai a lei e la baciai.

 

Potevo sentire il suo buon profumo di fiori.

 

Potevo assaporare il suo sapore di fragola.

 

Potevo stringerla tra le braccia…

 

La amavo ed era la cosa più importante della mia vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Febbraio ***


Scusate il ritardo ma per scrivere questa storia ci ho messo di più di un mese e quindi non ho avuto abbastanza tempo per finirla e metterla entro il ventotto febbraio

Scusate il ritardo ma per scrivere questa storia ci ho messo di più di un mese e quindi non ho avuto abbastanza tempo per finirla e metterla entro il ventotto febbraio. Tenete conto che non stò prendendo a modello il mese di febbraio di quest’anno perché nel mese scorso, carnevale è stato molto prima di san valentino. Cosa che invece qui è totalmente diversa! Come noterete in questa, nella scorsa e nelle altre dei prossimi mesi, le storie sono tutte ambientate nella stessa scuola: l’istituto liceale Arborea che è frutto della nostra fantasia come tutti i personaggi. Capiterà che in un mese spunti un personaggio dei mesi passati. E non c’è niente di cui stranizzarsi ve lo assicuro. Spero che Febbraio vi piaccia perché ci ho lasciato tutto il mio sudore e la mia salute. Lo giuro: è stata un’impresa! Buona lettura e vogliamo tanti ma tanti commenti!! Bye Bye! Anya e Dalia

Febbraio

“E quindi Colombo nel 1492 scoprì un nuovo continente. Vediamo se qualcuno sa dirmi quale?” chiese quel ratto della prof Barretti.

I ragazzi si scambiarono risolini mentre la professoressa speranzosa si aggirava tra i banchi in cerca di un intellettuale capace di sapere quale continente aveva scoperto mister Piccione.

“l’Italia!” rispose ridendo un compagno.

“l’Italia non è un continente, sciocchino!” lo riprese la professoressa dandogli una boffa sul cozzo.

“ahi!”

“Nessuno?” chiese ancora la prof

“l’America?” rispose un ragazzo in fondo alla classe.

“Bravo Batti! Stai migliorando! Anche nel compito l’ ho notato: hai preso insufficienza” disse sorridendo la vecchia professoressa.

“E meno male che sto migliorando!” sentenziò il poveretto dell’ ultimo banco.

“Perché di solito quanto prendi?” gli chiese una ragazza del secondo banco.

“Meglio che non te lo dico…” le rispose lui.

“Bene. Ora lasciamo i compiti” sorrise ancora la prof.

In niente la classe si svuotò e rimase solo la prof che, senza essersene accorta, dettava i compiti per casa a un pubblico di banchi e sedie.

Ned raggiunse il suo armadietto e lo aprì.

Caddero a terra una montagna di cosine colorate.

Alzò gli occhi al cielo e chino il capo per osservare quelli che si rivelarono essere cioccolatini!

“oh no…” sbuffò e si chinò a raccoglierli e metterli dentro un sacchetto.

Era un bel ragazzo con i capelli castano rossastro e gli occhi verde smeraldo. Non era tanto scuro di carnagione, era alto, snello, media sei a scuola e amante del calcio (trovatemene uno che non lo sia…-.- nd Dalia).

Non aveva una ragazza e non gliene piaceva nessuna in particolare , ma la verità è che lui era uno di quelli che era d’ accordo col “meglio soli che male accompagnati!”

Passò in quel momento un gruppo di ragazze che alla vista della direttrice si abbassarono in fretta le gonne della divisa accuratamente arrotolate in modo tale da essere una buona decina di centimetri più corte.

Come prevedibile dopo che la direttrice ebbe girato l’ angolo se le riarrotolarono alla vita.

Appunto! Meglio soli…

Scotendo il capo prese il sacchetto pieno di cioccolatini. Però era strano: cioccolatini ne riceveva ogni giorno ma mai così tanti.

Che stava succedendo?

Superò una coppia che si scambiava dei baci appassionati… Ehi! Ma quello è Seb! Che ci faceva con Anna della 4° H?!?

Ned si guardò perplesso in giro: mai la scuola sembrava così cosparsa di miele e mai nella sua vita vide cuoricini svolazzare in giro insieme a fiorellini e farfalle…

Oddio no!!! San Valentino!!! Ma chi ci pensava che era già il 14!?!

Ecco spiegata la montagna di cioccolatini!

Ritornò a guardare la nuova coppia formata dal suo migliore amico e la ragazza dai capelli biondi e lunghi fin sotto le spalle.

Scoop dell’ anno: il mondo è crollato!

Tornando verso la classe buttò il sacco in un contenitore della spazzatura.

Il corridoio era deserto perché erano tutti a ricreazione.

Camminò con le mani in tasca guardando il pavimento di marmo su cui si rifletteva la sua immagine.

Generalmente adorava stare con i suoi amici giù in cortile a scherzare o giocare a calcio.

Ma quello non era per niente il giorno giusto!

Se no, altro che montagnetta di cioccolatini! Sommerso è dire poco…

A volte non fa male il silenzio del corridoio.

Silenzio?

Ehi, c’ era una ragazza che urlava!

“Lasciami maledetto cretino! Lasciami!” sbraitava.

“No, perché? tanto non c’è nessuno!” si sentì una voce maschile risponderle.

“No! Lasciami!!” continuò a urlare la ragazza.

Era l’ unico che poteva aiutarla perché i prof erano giù in cortile come ogni ricreazione e i bidelli in quel momento erano ai piani inferiori a fare le pulizie.

Poi la vide correre verso di lui.

Evidentemente era riuscita a liberarsi dalla presa di quel ragazzo e correva verso le scale per scendere.

Fu questione di un attimo.

I loro sguardi si incontrarono mentre lei lo superava.

Stupenda.

Non poteva trovare nessun altro aggettivo.

Con quei capelli bruno scuro come gli occhi. La pelle chiarissima senza neanche un’ imperfezione. I capelli lunghi scombinati dalla corsa le sfioravano il viso.

Ned rimase impietrito da quella visione angelica.

E così rimase per un bel po’ finché, non ripresosi, si rincamminò verso la sua classe.

Nel frattempo la ragazza aprì di scatto la porta dell’ infermeria e se la richiuse alle spalle.

“Elena! Che ci fai qui?” le chiese Rosie, l’ infermiera.

“Oh, Rosie! Un cretino mi ha abbordato di brutto, per fortuna sono riuscita a scappare, chissà cosa mi avrebbe fatto!”le rispose Elena.

Si sedette su una sedia vicino al lettino. Rosie stava riordinando delle carte.

“Perché non hai gli occhiali?” le domandò l’ infermiera.

“Mi si sono rotti poco prima che quel tizio ci provasse con me! Li avevo in mano ma mi sono caduti.” Sospirò la ragazza.

“Come fanno a essersi rotti degli occhiali finti?” rise guardando la ragazza che si dondolava sulla sedia girevole.

“Non è che sono finti. Non sono graduati.”disse Elena.

“E comunque è perché non voglio farmi vedere senza gli occhiali dai miei compagni!” continuò.

“Per quanto continuerai con questa -doppia identità-?” sbuffò Rosie mettendo delle carte in un cassetto.

“Per la vita!” sentenziò Elena.

Rosie sorrise.

“Mentre venivo… per la verità correvo, comunque, ho visto un ragazzo”

“Oh! Finalmente Miss Ghiaccio si è addolcita…” rise l’ infermiera.

“Ma dai!”le rise dietro Elena. “Comunque era sul serio bello! Caspita se non lo era! Complimenti alla madre!”

“Prova a festeggiare con lui S. Valentino” disse Rosie.

“Io festeggio domani!”le rispose Elena.

“La festa dei single?”

“Già, il 15!”

Suonò la campanella.

“Rosie, posso rimanere qua fino alla fine delle lezioni?”chiese Elena.

“Hai compiti o interrogazioni?” domandò Rosie.

“No, ma anche se ne avessi… la mia media non subirebbe una grinza!” rispose Elena.

“Fa’ un po’ come vuoi”

“Grazie Rosie, sei un’ amica!” sorrise all’ infermiera che ricambiò con un occhiolino.

“Ragazzi avete un’ ora di buco” disse il bidello ai ragazzi della 4°E.

Urla generali.

I ragazzi corsero in cortile: chi a giocare a calcio, chi a pallavolo, chi a parlare dell’ultimo pettegolezzo, dell’ ultima coppia formata…

Un gruppo formato solo da quattro ragazzi stava seduto sui gradini della facciata.

“Però! Anna non è male, bravo Seb!” si complimentò Pie.

“Grazie. A me piaceva già da un po’ però non mi aspettavo che venisse lei da me” rispose Seb.

“Miiiii! Anch’ io voglio qualcuno che si dichiari a me…” si lamentò Stefano.

“E tu Ned? Nessuna dichiarazione?” chiese Seb.

“No!”

Silenzio di tomba.

“Perché me ne sono stato sopra in corridoio! Ho passato lì la ricreazione”

“Aaaahaa…” risposero in coro i ragazzi.

“E che hai fatto sopra?” chiese Pie.

Ned lasciò che il suo sguardo si perse nel vuoto. Vide un’altra volta quell’angelo sorpassarlo correndo. Quell’ immagine si era marchiata a fuoco nella sua mente e lui non voleva che se ne andasse.

Rise fra sé e sé.

Poi guardò uno per uno i suoi amici che gli si leggeva negli occhi erano curiosissimi di sapere che cosa avesse mai fatto da solo nel corridoio deserto della scuola.

“Ho visto una ragazza. Non riesco neanche a descrivervela. È semplicemente bellissima, da togliere il fiato… Era rincorsa da un tizio che la voleva abbordare e l’ho vista correre verso le scale che portavano giù… E sono rimasto impalato là come un cretino a fissare il punto dove l’ avevo vista scomparire…”

Dopo un’ attimo di silenzio Seb sentenziò.

“Bertha”

“Non ci credo, Ned l’hai vista sul serio?” chiese tutto d’un fiato Stefano.

“Bertha?” domandò perplesso Ned ai suoi compagni.

Fu Pie a rispondere.

“E’ una specie di leggenda. E’ una ragazza della scuola, la più bella di

tutte, neanche Ester della 5° F è lontanamente paragonabile a lei. Si nasconde tra la folla, non si fa vedere. È come un fantasma. Pochissimi l’hanno vista”

“Si possono contare sulle dita di una mano, quanto sono pochi” continuò Stefano.

“Bertha non è il suo nome. Da quando si è sparsa la voce di questa ragazza di cui non si conosceva neanche il nome, tutti l’ hanno cercata invano. Da allora per parlare di lei si parla di Bertha” Concluse Seb.

“Ma ci sarà qualcuno che la conosce. Non so, i suoi compagni?” chiese Ned.

I ragazzi scossero il capo.

“Chi di voi l’ ha mai vista?” continuò

Seb alzò la mano.

“E’ stato quando avevo urlato contro la direttrice e per non farmi prendere mi ero nascosto nel tetto. Ti ricordi? E’ stato al primo anno.

Ci vollero ore per trovarmi. Ecco quella volta io la vidi. Era appoggiata alla ringhiera del parapetto. Il vento le scombinava tutti i capelli. Poi si accorse di me e scappò via. A quanto ho capito mentre scendeva ha incrociato un ragazzo di quarta di quei tempi. Infatti è stato lui a spargere la voce riguardo lei”

“Quindi se quando noi eravamo al primo anno lei c’era, allora sarà o nostra coetanea o più grande” pensò Ned ad alta voce.

“Lascia stare Ned. Nessuno l’ha mai trovata e non sarai certo tu a farlo. Non è che ce l’ho con te, ma se si nasconde vuol dire che non vuole farsi vedere. Lasciamola in pace, è la cosa migliore”

E detto questo non si parlò più della leggenda di Bertha.

All’uscita della scuola Ned salutò l’amico che avrebbe fatto la strada con Anna.

Non era proprio una bella cosa avere il migliore amico fidanzato: per esempio la strada per tornare a casa te la fai solo!

Ned passò come ogni giorno dal retro della scuola. Si fece una bella passegiata tra i campi di calcio deserti e il giardino leggermente toccato dal freddo di febbraio.

Si sedette su una panchina infreddolita del giardino al bordo del viale che portava al secondo cancello dell’ area della sua scuola, “l’Istituto Liceale Arborea”.

In quel momento la vide.

Stava camminando con lo zaino sulle spalle e cercava di coprirsi di più dal freddo.

Elena camminava più velocemente che poteva perché doveva arrivare presto a casa e non voleva farsi vedere di nuovo senza gli occhiali.

Le era impossibile correre, sarebbe stato un suicidio visto che il terreno del viale era umido.

Doveva avere nevicato o grandinato recentemente.

Alzò lo sguardo per guardare il cielo: sarebbe piovuto da lì a poco e lei avrebbe dovuto accelerare il ritmo di marcia per arrivare in orario a casa.

Neanche il tempo di avere quei pensieri intesta che beccò in pieno qualcosa di scivoloso e stava per toccare terra quando si sentì prendere al volo da dietro.

Dopo essersi rimessa in piedi si voltò a guardare chi l’ aveva salvata.

Era lui… il ragazzo di quella mattina…

Sgranò gli occhi.

Non sapeva cosa fare: avrebbe dovuto ringraziarlo perché le aveva risparmiato una bella batosta, ma le si era attaccata la lingua al palato e non riusciva a emettere alcun minimo suono.

Evidentemente nessuno dei due riusciva a spiccicare parola perché per un buon minuto nessuno parlò.

“Grazie” riuscì a dire Elena dopo vari sforzi.

“Di nulla, figurati” le rispose Ned.

“Beh, io vado” disse la ragazza facendo per andarsene verso il cancello semi chiuso.

“Anch’ io dovrei andare da quella parte, non è una scusa lo giuro!”

“Va bene…”

Camminarono in silenzio fino a metà del viale.

“Mi chiamo Ned. Per la verità il mio nome è Edoardo ma è un nome che odio quindi per tutti sono Ned” continuò il ragazzo.

I suoi capelli folti e lunghi fino a metà delle orecchie, si scompigliavano a ogni soffio di vento.

Wow…” pensò Elena.

Non era la prima volta che vedeva un bel ragazzo ma mai era stata così tanto senza occhiali con un ragazzo che non fossero suo fratello e i suoi cugini.

Non era mai riuscita a capire come facessero le persone a non accorgersi che la famosa Bertha di cui tanto parlavano era lei.

Quegli occhiali la cambiavano nettamente in particolare se aggiungeva una coda nei capelli.

“Tu come ti chiami?” si sentì chiedere la ragazza.

Non ricevette risposta.

“Sei la famosa Bertha di cui molti parlano?” continuò Ned.

“Si, c’è chi mi chiama così…”rispose evitando di dichiarare apertamente il suo nome.

Ned sospirò guardando il cielo nuvoloso. “E scommetto che non vuoi dirmi qual’ è il tuo vero nome…”

Chi tace acconsente.

“Ok… E’ meglio se ti sbrighi a tornare a casa perché potrebbe anche piovere di brutto” continuò il ragazzo.“Ti saluto, io vado di qua”

E si incamminò per un’ altra strada.

Passarono i giorni.

Neanche una settimana e Bertha non fu vista da nessuno. Come sempre…

Era stato un fatto eclatante quello che in un arco di tempo di una giornata era stata vista ben tre volte. Ma la notizia, come si era sparsa, si era dileguata.

In tutte le scuole c’è una leggenda.

È la regola numero uno di un’istituto scolastico quella di avere uno strano mistero.

Alcune parlano di professori che posseggono una doppia faccia, che magari sono anche capaci di ucciderti alle spalle; altre raccontano di passaggi segreti che portano a strani posti sotterranei; altre ancora di fantasmi di alunni morti e cose varie…

Probabilmente molte di queste leggende sono solo voci o pettegolezzi; alcune possono anche avere un fondo di verità. Ma nessuno mai scoprirà la verità di queste leggende perché a tutti piace raccontare le leggende sulla propria scuola e dire tenebrosamente “Nessuno lo ha mai saputo”

Quella dell’ “Istituto Liceale Arborea” era proprio quella di Bertha, radicata nella scuola profondamente tanto quanto le sue stesse fondamenta, i suoi stessi pilastri portanti.

Ma cosa sarebbe successo quando Bertha avrebbe finito il 5° anno e sarebbe andata all’ università? Quale leggenda avrebbe sostituito quella di Bertha? Oppure sarebbe rimasta la stessa e magari gli studenti più grandi l’ avrebbero raccontata a quelli più piccoli e così via, come in tutte le scuole si sarebbe tramandata da alunno ad alunno finchè le leggende di una scuola non le sappiano tutti per sempre.

Malgrado le varie dicerie la vita degli studenti continuava ad andare avanti, con i compiti e le interrogazioni.

Ned ed Elena non si incontrarono per giorni e giorni.

Elena trovò un paio di occhiali di riserva e così tornò ad essere quella di sempre.

Per lei era vantaggio su vantaggio quello di non essere riconosciuta: per esempio poteva tranquillamente osservare da lontano quello che facevano gli altri.

Incominciò a osservare Ned senza correre il rischio di essere inquadrata come per esempio succedeva quando usciva al naturale.

Ned stava sempre con Sebastiano Benni e con i suoi amici Filippo Valenti e Stefano Lettore.

Era uno che amava la compagnia e l’ amcizia ed Elena lo notava ogni giorno di più.

Lo osservava da lontano e incominciò a imparare le sue abitudini.

Odiava le persone ipocrite e le ragazze facili. Stava alla larga da chi amava stare al centro dell’ attenzione.

Ormai Elena sapeva quasi tutto di lui anche se non poteva dire di conoscerlo.

Era un tipo interessante che non seguiva la massa.

Ma come Elena lo osservava da lontano senza farsi vedere, Ned aveva cominciato la sua ricerca.

Cercava Bertha in ogni ragazza che frequentava la sua scuola.

Più la cercava più non la trovava.

Passava interi pomeriggi a casa a riflettere, cercando di trovare che cosa la rendesse così invisibile agli occhi di tutti.

Poteva essere che passava la ricreazione e le ore di buco nei posti dove nessuno la poteva trovare.

Ma l’idea venne scartata perché altrimenti i suoi compagni di classe avrebbero comunque saputo chi era.

Disegnò su un foglio di carta uno schizzo della ragazza.

Quando ebbe finito ammirò la sua operara: era venuta praticamente identica all’originale.

Così ne fece più copie e su queste disegnava tutti i tipi di mascheramento che Bertha poteva usare per non farsi riconoscere dagli altri.

Mentre lui impiegava il suo tempo e le sue energie a disegnare tutte le possibili versioni della ragazza, la copia originale lo guardava appoggiata alla scrivania del ragazzo troppo impegnato a trovare quella ragazza che piano piano si radicava in lui come le radici di una possente quercia si spandono in profondità nella terra.

Tanto lui quanto lei. Un tutt’uno quasi indispensabile in quel momento della loro vita.

Successe che un giorno Ned decise di passare la ricreazione sopra in terrazza.

Non sapeva neanche perché. Così… sentiva i piedi che camminavano senza che lui li guidasse. Possono mai un paio di piedi passeggiare soli senza che il cervello gli dica dove andare? Bah…

Si trovò davanti al distributore di merendine e trovò per terra un euro…

“Cavolo!” Si disse.

Optò per una merendina al cioccolato, una di quelle piene di grassi mescolate a troppi carboidrati, una di quelle che ti fanno ingrassare come un tacchino e ti riempiono di puntine ma che sono così buone che tu non puoi fare a meno di mangiare.

Chissà qual è quell’ingrediente speciale che ti fa ritrovare sempre davanti a uno di questi maledetti distributori di merendine pronto a comprarne un’ altra? Che sia droga?!?

Mentre gustava quella buonissima bomba calorica prese a salire le scale che portavano nel tetto.

Elena era appoggiata alla ringhiera che circondava la grandissima terrazza.

Dopo quasi quattro anni che frequentava quella scuola ormai aveva imparato a trascorrere le ricreazioni da sola soprattutto quando Rosie non c’era.

Guardò gli occhiali che teneva in mano.

Sentiva il fresco venticello di metà mattina che le accarezzava dolcemente il viso, le scompigliava scherzosamente i capelli.

Poi sentì lo scatto della porta di ferro che si apriva sulla terrazza.

Si mise subito gli occhiali per non farsi riconoscere e si concentrò sul panorama.

La persona che era venuta nella terrazza si fermò poco più in là del parapetto.

Elena si voltò un poco per vedere chi era e quasi non cadde giù quando vide che era lui, Ned.

Cominciò a batterle forte il cuore nel petto e le si tinsero di rosso leggero le guancie.

Doveva scappare ma non voleva…

Quando finalmente si decise a entrare, una goccia la prese in piana fronte.

Guardò in alto e una seconda goccia la prese dritto sul naso. Aveva cominciato a piovere.

Si diresse velocemente verso la porta che portava all’ interno dell’istituto e lo stesso fece Ned.

Si trovarono entrambi davanti la porta ed Elena provò ad aprirla. Provò una seconda volta, senza risultato.

“Aspetta, provo io” si offrì Ned.

Neanche lui riuscì ad aprire.

“Siamo bloccati!” esclamò il ragazzo scotendo forte la maniglia della possente porta.

Elena sbuffò e si appoggio al muro. Fortunatamente c’ era una piccola tettoietta che permise loro di ripararsi.

Cominciò a piovere forte e il vento si portava via tutte quelle ondate di pioggia.

Come può il tempo cambiare così da un momento all’ altro? Non che prima fosse ciel sereno ma sicuramente non c’era quella bufera infernale.

La ragazza fu percossa da brividi di freddo gelido. Tremava come una foglia.

Ned si tolse la sua giacca della divisa e gliela porse.

“Tieni…”

“No… e tu?” domandò lei.

“Io sto benissimo, avanti mettitela” e glela pose sulle spalle.

“Grazie…” disse stringendosi nella giacca.

Il tempo peggiorò di molto.

I due stettero a guardare silenziosi la fitta discesa in picchiata di grandine che riempì in niente l’ intera terrazza.

Passò una buona decina di minuti e la grandine smise di cadere sostituita dalla pioggia.

“Come ti chiami?” chiese Ned alla ragazza.

In fondo non c’ era niente di male, perché lui non sapeva che in realtà lei fosse Bertha.

“Elena, Elena Giannetti”

“Edoardo Petrani. Sono della 4°E, e tu?”

“Ned amore mio, tu vuoi sapere troppo!”pensò la ragazza.

“Ehm… sono nella 4°B” rispose Elena.

“Cretinaidiotadeficienteimprudenteingenua!!!” maledì se stessa per quello che aveva appena detto comunque ringraziò il cielo che Ned non avesse capito chi era e sperò che ciò non accadesse.

Come prima il silenzio calò su di loro anche se nessuno dei due voleva stare zitto.

Avete presente quando avete la grandissima voglia di parlare, di dialogare ma non sapete proprio cosa dire, come comportarvi eccetera eccetera?

Ecco. Quei due non riuscivano a spiccicare parola eppure non avevano nessuna intenzione a guardare in silenzio la pioggia che cadeva fitta.

Da una parte Ned, con la sua indole fin troppo socievole (a parte con un certo tipo di ragazze), cercava anche di trovare in quella ragazza accanto a lui quell’angelo che lo aveva lasciato senza fiato qualche tempo prima. Ma più la guardava con la coda dell’occhio più la cosa gli sembrava impossibile. La ragazza che aveva vicino gli sembrava così asciutta e vuota e soprattutto esteriormente, non assomigliava ma neanche lontanamente a Bertha. Per carità, non che lui fosse solito criticare l’aspetto fisico di tutti gli esseri femminili che incontrava ma come tutti i ragazzi guardava e teneva a mente.

D’altra parte, Elena, ignara dei pensieri del ragazzo di cui pian piano si stava innamorando sempre di più, cercava di trovare un argomento di cui parlare con lui.

Totalmente al contrario di lui, lei aveva sempre cercato di fuggire dai ragazzi e non si era mai trovata nella situazione di voler parlare con uno di loro. Quindi si trovava particolarmente a disagio e per di più con la lingua incollata al palato.

Le succedeva spesso in quel periodo.

La pioggia finì e un po’ di nuvole si dissolsero così da lasciare alcuni spiragli di luce passare e invadere l’aria.

Era tornato il sereno dopo la tempesta..

“Almeno questo tempo è finito” affermò Ned.

“Già…”

“Ora non ci resta che aspettare qualcuno che apra la porta”

Aspettare.

Che brutta questa parola. È così lungo il tempo ed è così eternamente pesante…

Bene, ora è difficile spiegare quello che accadde in quella terrazza nell’arco di pochi secondi…

Una folata di vento scompigliò i capelli di Elena e le fece cadere gli occhiali.

Contemporaneamente Rosie, l’infermiera, che aveva passato tutto il tempo a cercare la ragazza, aveva aperto la porta del terrazzo e guardava stralunata lo sguardo preoccupato di Elena e quello sconvolto di Ned.

Appena la porta si aprì la ragazza corse verso la rampa di scale e scese.

Rosie lanciò uno sguardo al ragazzo ancora imbambolato e gli disse

“Ancora qua sei? Forza, vai in classe”

E detto questo lasciò che lui rientrasse e richiuse la porta.

Accompagnò il ragazzo nella sua classe e si diresse verso l’infermeria, pronta ad accogliere una disperata Elena.

Aprì la porta della infermeria e si guardò attorno.

Strano che ancora non era corsa verso di lei…

Sentì un singhiozzo provenire dalla stanza accanto.

Ecco appunto…

Si diresse verso la stanza accanto e si inginocchiò per terra davanti quella figura seduta che cingeva con le braccia le gambe.

“Che è successo?”

“… quello era Ned…”

“Ah, però!”

“… e mi ha vista senza occhiali! Rosie, che devo fare! E in più, cretina io, gli ho detto chi sono!!!”

“Cosa!?! E come mai?”

“Cosa ne sapevo io che mi avrebbe vista senza occhiali!CHE IDIOTA!!!”

Ci fu un attimo di silenzio in cui si sentivano solo i singhiozzi della ragazza.

“Bhè era ora! Devi capire, piccola mia che continuare a scappare non ti gioverà a niente. Ne a te ne a lui. Prova a crescere un po’, Elena. Lo sai quante persone ti stanno cercando in questo momento? A tutti quelli che ti hanno vista una volta sei rimasta impressa come fuoco nella loro mente. Io penso che sia ora di smettere di scappare, perché comunque vada non ti puoi nascondere fingendo di essere quello che non sei. Quante persone vorrebbero avere questa grande bellezza che hai. È un dono immenso e tu al posto di sfoggiarlo come un diamante preziosissimo lo nascondi come se fosse una delle cose più brutte che esistano per te… avere paura di quello che gli altri possano fare o dire è una delle cose peggiori che potresti mai… oh insomma Elena! Sono quelle bionde ad essere quelle timide! Pezzo di bruna che non sei altro e piangi pure se uno ti ha visto senza occhiali! Insomma, Edoardo ti piace anche, quindi non fare la bambina e cammina a testa alta!”

Alzò leggermente il mento della ragazza e le sorrise.

“Vai… sfoggia a tutti questo bel diamante che Dio ti ha donato. È così che lo vuoi ringraziare?”

Detto questo si alzò e tornò nell’altra stanza al suo lavoro di infermiera.

“E cosa dovrei fare?” La ragazza si asciugò le lacrime e raggiunse Rosie nella stanza accanto.

“Prima di tutto correre in classe. Con questo fatto che perdi gli occhiali molto spesso, stai perdendo un sacco di lezioni!”

La ragazza guardò il freddo pavimento di marmo. Doveva andare in classe senza gli occhiali?!?

Però le sarebbe piaciuto per una volta vedere la reazione dei suoi compagni alla sua vista. Cosa avrebbero detto?

Uscì lentamente dall’ infermeria e mentre saliva le scale e percorreva il corridoio che l’avrebbe condotta alla sua classe, sentiva che i suoi nervi si stavano attorcigliando come serpi tra di loro. Ma perché lo stava facendo?

Continuò a camminare per il corridoio. La sua era l’ultima classe in fondo.

Era un bell’istituto: i corridoi erano ampi, luminosi e puliti. Saliti dalle scale interne si arrivava in un ampio pianerottolo e all’opposto delle scale vi era un lunghissima parete dove non vi era un centimetro senza una finestra.

Entrando nell’ingresso del piano dopo le scale si poteva andare o nel corridoio a destra o nel corridoio a sinistra. In entrambi i casi si seguiva un corridoio di classi anche se al primo piano vi è anche la direzione, al secondo la segreteria, al terzo l’infermeria e al quarto la lavanderia.

Poi vi era il piano terra, dove c’erano palestra, piscina, sala armadietti (a sinistra dell’ingresso principale) e la aula magna, dove si tenevano conferenze, spettacoli eccetera.

Infine c’era un piano sotterraneo che comprendeva tutte le aule di lingue, di informatica, di scienze e all’esterno i campi di calcio, pallavolo, tennis, basket…

E i giardini che in quel momento erano pieni zeppi di grandine.

Tolse lo sguardo dalle finestre e si riconcentrò sulla sua classe che era poco più avanti di dove si trovava lei.

Inspirò profondamente e si riincamminò.

Arrivata davanti la porta deglutì forte e dopo aver chiuso gli occhi un momento abbasso la maniglia ed entrò.

Si trovò sotto lo sguardo di tutto i suoi compagni che bisbigliavano animatamente alla vista della compagna.

Il professore seduto alla cattedra si voltò a guardarla. Era il professore di greco, un bell’uomo dai folti capelli bruni; c’è chi si chiede come mai non sia ancora sposato a trent’anni…

Il profesor Rivani guardò la ragazza con un’espressione alquanto perplessa.

“Scusi se sono stata assente…” si scusò in fretta Elena.

“Ehm, si… tu sei?” chiese dubbioso il professore.

La ragazza sgranò gli occhi

“Sono…Elena Giannetti, professore…”rispose la ragazza.

Rivani sembrò più perplesso di prima.“…Bene, Giannetti. Vai a sederti al tuo posto”

Elena obbedì e percorse la fila di banchi e sedie per raggiungere il suo posto al penultimo banco nella fila centrale. Mentre passava tra i compagni si sentiva osservata dall’intera classe compreso il professore.

Li sentiva mormorare, parlare tra di loro… Era ovvio che nessuno di loro l’aveva mai vista come era veramente.

“Ma chi ci avrebbe creduto che era così bella!”

“Ma perché si metteva quegli occhiali da topo!!”

“Oh Ragazzi, io ci provo!”

“E brava Giannetti!”

E infine…

“Quella è senza dubbio Bertha!”

La ragazza chiuse gli occhi. Non avrebbe dovuto togliersi gli occhiali! Si malediva per tutto quello che era successo, perché Ned l’aveva scoperta, perché ora tutti sapevano chi era in realtà…

“ORA BASTA!”

Era stato il professore a urlare.

“Non vedete che la vostra compagna è a disagio? Soprattutto ora che è venuta in classe senza i suoi occhiali… sono d’accordo con voi sul fatto che è veramente una bella ragazza ma ciò non toglie che ognuno deve lasciarla in pace!”

Il silenzio calò sulla classe.

Dopo lunghi minuti di silenzio si alzò un compagno della seconda fila accanto le finestre.

“Professore posso fare una domanda a Elena?”

Il professore non gli diede risposta e lui lo intese come un sì.

Si voltò verso la ragazza che era oppressa da un pesante silenzio drammatico.

Poi la domanda: “Sei tu Bertha?”

Tutti si voltarono verso di lei e la guardavano aspettando una sua risposta.

Lei si guardò le mani che tenevano la penna nera che aveva preso per prendere appunti.

Vedeva le sue compagne bisbigliare curiosissime e pazientemente in attesa.

Vedeva il compagno che le aveva chiesto se era veramente Bertha guardarla fremente per la risposta.

Vedeva gli occhi di tutti puntati su di lei.

Non ne potè più corse fuori dalla classe seguita dal professore che a metà corridoio la raggiunse prendendola per mano.

Lei piangeva e singhiozzava forte

“Perché? Non volevo che mi riconoscessero! Sono stata per anni nascosta dietro gli occhiali e invece tutto in un giorno…”

Il professore la strinse a sé e cercò di tranquillizzarla.

Dopo molto ci riuscì.

Due piani più in basso nella classe 4° E Ned era entrato ed era stato accolto da Seb che gli annunciava l’interrogazione di Francese.

“Bene…” fu la risposta sarcastica di Ned.

Entrato quel vecchio professor Zindeli con un sorriso quanto una casa pronto all’imminente strage.

Per fortuna Ned non fu interogato.

Comunque passò tutte e due le ore dell’ interrogazione a pensare a lei.

Come era possibile che in tutto quel tempo che erano stati in terrazza non si era accorto che era lei… gli sembrava impossibile eppure era così.

Tutto in un attimo l’aveva abbagliato con la sua luce splendente… Elena, che aveva conosciuto quel giorno stesso con gli occhiali, era in realtà la ragazza che disperatamente cercava…

L’aveva avuta vicina per poco più di un’ora senza sapere in realtà che era lei, Bertha, la leggenda di cui aveva bisogno… la ragazza di cui si stava innamorando…

O forse già lo era…

Da quel fatidico momento in cui l’aveva vista per la prima volta… da quell’istante in cui incontrò il suo sguardo, i suoi profondissimi occhi…

“Lascia stare Ned. Nessuno l’ ha mai trovata e non sarai certo tu a farlo. Non è che ce l’ ho con te, ma se si nasconde vuol dire che non vuole farsi vedere. Lasciamola in pace, è la cosa migliore”

Rise fra sé e sé… Seb aveva detto che non l’avrebbe trovata… e invece c’era riuscito.

Sospirò profondamente chiudendo gli occhi e cercando di ricordare ogni minimo dettaglio di Elena…

Elena Giannetti… finalmente sapeva come si chiamava… che classe frequentava.

L’aveva trovata…

L’aveva privata della sua maschera e per questo in quel momento si sentì il ragazzo più felice della terra…

…finchè il professore non gli diede un fortissimo colpo di registro in testa. Allora Ned tornò alla realtà…

Tornato a casa il ragazzo si diresse subito in camera sua. Doveva aspettare che fosse pronto da mangiare.

Si buttò sul letto ancora una volta a pensare a Elena…

Quanto era bella…

Spalancò di scatto gli occhi e si mise subito a sedere sul bordo del letto.

Si alzò e si mise a cercare sopra lo scrittoio, nel cassetto, sulla sedia. Vide pure se erano finiti soto il letto.

Doveva trovarli.

Infine alzando lo sguardo verso il mobiletto dove metteva i libri, là proprio in cima che sovrastava tutto, c’era il ritratto della ragazza.

Sorrise guardando la sua opera.

Ancora non poteva credere che gli era venuto così bene, in fondo lui non era un granchè in artistica…

Cercò ancora sopra quel mobiletto e trovò un bolcco di fogli… le varie copie di Elena.

Si sedette sul letto sfogliandole tutte e all’ ultima si fermò. Eccola. Elena Giannetti, nascosta dietro uno spesso paio di occhiali, sorrideva felice raffigurata in quel giallino foglio di carta…

“Tu come ti vesti?”

“Ma quando è la festa?”

“E’ il ventotto!”

“Oddio sono indecisa!”

“Tu con chi ci vai?”

“Ma è domani il ventotto!!!”

Ormai non si parlava d’altro che della festa del martedì grasso.

È strano che dei ragazzi di liceo si ostinino a mascherarsi per carnevale, ma come è ovvio e giusto che sia, bisogna risvegliare ogni tanto il bambino nascosto dentro di noi…

È inutile nasconderlo e negarlo. A tutti piacerebbe almeno per l’ultima volta vestirsi da carnevale.

Ned, Seb, Stefano e Pie erano seduti sui gradini di fronte al campo di calcio.

Chiacchieravano animatamente sull’imminente festa.

Seb si vergognava a morte a travestirsi. Invece Stefano e Pie non vedevano l’ora di presentarsi mascherati da qualche strano personaggio.

“Tu come ti vesti, Ned?”

“Boh…” fu la sua risposta.

“Dai! Non fare il morto come questo qua!” Stefano scosse forte Seb e cominciò a imitare la sua faccia da funerale.

Ned e Pie ridevano di gusto invece Seb non era affatto divertito.

“Avanti Seb! È carnevale!”

“Ci vado vestito da me stesso…”

“Non è che cambierebbe molto, sai?” disse Pie.

“Spiritoso…”

Comunque Ned sapeva che alla fine, convinto da loro o da Anna, Seb non sarebbe venuto vestito normalmente alla festa.

Ma la domanda più importante in quel momento era… COME SI DOVEVA VESTIRE?!?

Niente! Fino alla sera stessa della festa quella domanda martellava nella confusa testa del ragazzo.

Stava lì, davanti quell’armadio con un disperato bisogno di aiuto.

Si voltò verso Seb che era seduto sul letto concentrato su una macchia di inchiostro sul comodino.

“Cosa ne dici di aiutarmi?”

“Devi decidere tu non posso certo pensarci io al tuo posto!”

“Già, ma almeno mi dai una mano…”

Lui aveva deciso di vestirsi normalmente eccetto una maglietta nera con disegnato il busto di uno scheletro.

“Posso sapere da cosa ti sei vestito?”

La risposta non si fece attendere.

“Da una radiografia…”

Pensò che Seb fosse malato.

“Wow… emozionante…”

“Senti vedi di sbrigarti perché Anna mi aspetta alle otto e mezza là davanti!”

“Si va bene, ho capito!”

Si riconcentrò su quello che doveva scegliere.

Alla fine rimediò un travestimento che sapeva molto di punk. Gli era sempre piaciuta l’idea di vestirsi sempre tutto di nero con catene, borchie, piercing e robe varie ma se sua madre l’avesse visto conciato in quel modo, come minimo, l’avrebbe buttato fuori di casa.

Scesero in cucina dove c’era Diandra, la sorellina di sei anni di Ned. La somiglianza tra i due era impressionante, tutti e due avevano lo stesso colore dei capelli castano rossastro e degli occhi verde smeraldo che neanche a cercarli in ogni persona vivente si possono trovare.

“Ciao Birba!” Ned salutò la sorellina abbracciandola da dietro e dandole un bacio sulla guancia sinistra.

La bambina si voltò a guardarlo.

“Sei mio fratello?” Chiese dolcemente sorridendo.

“Probabilmente…” Fu la risposta di Ned.

“Quale principessa porterai al castello stasera?”

“Nessuna principessa, piccola mia. Ma riporterò un’angelo nel suo bel Paradiso…”

“Vorrei essere al posto di quell’angelo…”

“Ma tu sei la mia principessa!”

La bambina rise.

“Sei troppo bello…” Disse al fratello.

“Grazie Dia!” le diede un altro bacio e lei tornò alla sua tazza di cioccolata e al suo cartone preferito alla TV.

I ragazzi uscirono.

“Vorrei anche io un fratello o una sorella da coccolare così. E invece sono un figlio unico praticamente abbandonato dai miei genitori…” si lamentò Seb.

“Perché non gielo chiedi?”

“Cosa?”

“Un fratellino”

“Faccio prima a farmelo io…” poi dopo essere stato un attimo in silenzio disse. “Lo devo chiedere ed Anna!”

I ragazzi risero di gusto.

“Non credo che Anna possa essere tanto d’accordo!” Disse Ned ancora ridendo.

“Appena la vedo glielo chiedo!”

Ned pensò che ad Anna avrebbero dovuto fare, prima o poi, una statua d’oro a combattere contro il carattere del suo migliore amico.

Arrivarono davanti la grande palestra addobbata con coccarde e nastri colorati.

Praticamente tutti erano travestiti da streghe, cavalieri, Frankestein, scienziati pazzi e vari altri travestimenti.

C’era una strega, fuori dalla porta di ingresso, che guardava storto un’altra strega con la sua stessa gonna strappata qua e là.

Seb la raggiunse e le diede un bacio sulla bocca.

Poi le disse qualcosa all’orecchio.

La ragazza svenne.

Dopo qualche schiaffettino però si riprese e Seb si scusò dicendo che stava scherzando.

Ned lasciò perdere e cominciò a scendere i quindici gradini all’ingresso dell’enorme palestra.

C’erano già un paio di cantinaia di ragazzi e ragazze che ballavano.

Si intrufolò nella folla di ballerini e rischiò molte volte di essere investito da chi ballava troppo vivacemente.

Raggiunse il banco bibite e si prese un succo di frutta sfumato di vodka. Da lì poteva vedere tutta la sala perchà era un po’ più rialzato rispetto alla pista da ballo.

Su una grossa pedana c’era uno scienziato pazzo che giocava con i piatti e faceva ballare tutte le persone in sala.

Guardò la folla. Nessuna traccia di lei.

Era impossibile che sarebbe venuta. Non lei. Non Elena. Non Bertha.

Non sarebbe venuta alla festa anche se doveva ammettere che non gli sarebbe dispiaciuto vederla. Magari poteva veramente portarla in un castello… o nel suo bel Paradiso…

Lo raggiunsero Seb ed Anna (questa ancora un po’ sotto shock).

“Volete qualcosa?”

Anna scosse la testa e guardò la massa colorata di persone che si scatenavano.

“Io un po’ di birra!” disse Seb

“Tutto analcolico, mi spiace!” Rispose Ned

“Che palle! Boh, dammi un po’ di questa…” e si scolò il succo che Ned non aveva ancora finito.

“Buona, grazie”

“Prego, non c’è di che…” rispose sarcastico il ragazzo.

“Dai andiamo a ballare!” Anna si trascinò Seb verso la pista e cominciarono a ballare poco più in là.

Ned guardò il bicchiere vuoto che l’amico gli aveva lasciato. Ne prese un altro poco e poi raggiunse Stefano e Pie che ballavano proprio davanti la postazione del dj.

“Dov’è Seb?” Gli chiese Pie appena lo vide.

“Con Anna” gli rispose.

Il ragazzo annuì e continuò a ballare.

La festa continuò per ore e si fecero le undici passate.

Ormai Ned aveva totalmente perso la speranza di vedere la ragazza alla festa.

Il dj vedendo che erano tutti stanchi volle dare un po’ di tregua mettendo solo lenti. Infatti in pista c’erano solamente coppiette. I ballerini di prima erano tutti sul banco bibite.

Ned era con le braccia incrociate e le spalle appoggiate ad uno dei tavoli che tenevano gli strumenti del dj, dal lato opposto dell’ingresso della palestra.

A un certo punto tutti guardarono verso l’ingresso. Tutti bisbigliavano e parlavano sconvolti tra di loro all’orecchio. Il dj per capire meglio abbassò di pochissimo il volume della musica.

Ned si voltò verso Seb che era vicino le scale e lui ricambiava lo sguardo totalmente sconvolto.

Che stava succedendo?

E di colpo tutti stettero in silenzio, zittitti dalla bellezza di una figura tutta vestita di bianco.

Ned alzò gli occhi verso quella figura e la vide.

Vestita da angelo con delle ali dietro la schiena e il vestitino sopra scollato e la gonna arrivava a metà coscia.

Gli caddero le braccia.

La ragazza lo vide dalla cima delle scale e lentamente cominciò a scendere i gradini.

Mentre lo raggiungeva si apriva un varco davanti a lei che non si fermava e continuava ad andare avanti verso quel ragazzo che nervoso come era aveva trovato il coraggio di sorridere.

Si trovarono l’uno davanti all’altro.

Ned non se lo sarebbe mai aspettato.

Lentamente si avvicinò a lei.

Come era bella… Non poteva credere che quell’angelo fosse lì davanti a lui e non nel suo giusto posto in Paradiso.

Le prese i fianchi e la avvicinò a sé. Lei gli mise le braccia sulle spalle.

Si guardavano negli occhi. Si erano totalmente scordati di essere nel bel mezzo di una palestra affollata.

Ma a loro non importava.

Ormai erano abbracciati stretti e vicinissimi.

Chiusero gli occhi e si scambiarono un dolcissimo bacio appassionato. Così lungo e bello che avrebbero voluto non finisse mai…

Qualche mese dopo… (maggio)

Ned e Seb sono sotto il porticato della scuola. Il caldo è asfissiante e stare a maniche corte non basta.

“Allora Seb cos’è che mi dovevi dire?”

Seb era bianco come un cencio.

“…C-come va con Elena?” disse di getto.

“Bene, grazie… mi speghi che hai, stai male?”

Seb deglutì forte.

“Devo dirti una cosa…”

“L’ho capito questo. Dimmi, avanti”

Seb deglutì un’altra volta.

“Ned… Mia madre e Anna aspettano tutte e due un bambino…”

FINE!


[if !supportLineBreakNewLine]
[endif]

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Marzo ***


Salve a tutti

Salve a tutti! Questa ficcy è nata una sera di follia dalle nostre testoline diaboliche: speriamo con tutto il cuore ke vi piaccia (anche se è piuttosto triste).

Buona lettura…e ricordate: COMMENTATE!! Kissini kissottiAnya e Dalia

 

Marzo

 

Lo amavo.

 

Era tutto per me.

 

E’ stato un amore veloce, ma profondo.

 

 

Tutto è cominciato due anni fa, a Marzo.

 

Passeggiavamo insieme ai nostri compagni di classe.

 

  Mentre tutti ridevano e scherzavano, lui mi prese in disparte e mi chiese di mettermi con lui.

 

Ero al settimo cielo… anzi no! Al trentesimo!!

 

Sprizzavo gioia da tutti i pori!

 

In quel momento forse ero la ragazza più felice della terra.

 

  Gli risposi di si. Quelsi’… se gli avessi dato una risposta negativa… forse… non avrei sofferto…

 

 

Abbiamo passato un anno insieme!

 

  Un anno bellissimo festeggiando di tutto, essendo sempre d’accordo su tutto.

 

  Quando una sera mi disse che degli amici lo avevano portato in un posto e che lo avevano convinto a bucarsi.

 

Non ci volevo credere.

 

Il mio ragazzo si era drogato.

 

Di corsa siamo andati a fare dei controlli per l’AIDS.

 

Il risultato fu negativo, grazie al Cielo.

 

 

  Lui, tranquillizzandomi, giurò che non avrebbe più frequentato quelle persone e che non si sarebbe mai più drogato.

 

Dopo un anno, lo stesso giorno di primavera in cui me l’aveva chiesto, mi prese in disparte, così pensai che volesse ripetere la scena…

 

…ricordo ancora le sue parole che per sempre cercherò di sopprimere dentro me stessa: ‘ ho l’AIDS ’.

 

Dopo due giorni ci trovammo tutti in ospedale, il posto più brutto che possa esistere.

 

  Ho cominciato a parlargli, mentre lui era disteso sul lettino, ricordargli che glie l’avevo detto centinaia di volte che doveva smettere e, soprattutto, che non avrebbe dovuto cominciare!

 

Influenza…una semplicissima e dannatissima influenza!

 

Piangevo, piangevo, piangevo…

 

Lui mi sorrideva.

 

Mi chiese l’ultimo bacio e da quello tutto si spense.

Sempre piangendo lo scossi, gli diedi degli schiaffetti sul viso…niente!

 

Provai a dirgli di non farmi scherzi, non sarebbe stato bello…niente…

 

Lo amavo.

 

E’ stato bello.

 

 

 

 

 

FINE! Piaciuta? Vi avevamo avvertito che era un po’ triste. Diciamo che più che triste è tragica! Comunque siamo super contente dei vostri commenti (anche se sono solo due… sigh  Y.Y nd Anya). Mi raccomando: vogliamo tanti bei commenti simpatici per darci il coraggio di continuare! Ciao e alla prossima!!

Anya e Dalia

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Aprile-primo giorno ***


Saaaalve a tutti! Scusate il ritardo e videvo annunciare una tristissima notizia: dovremo pubblicare Aprile a pezzi, perché è troppo lunga e ancora non l’ho finita…(IO >o< nd Anya). Speriamo vi piaccia e che per ora vi soddisfi…buana lettura. Anya e Dalia Aprile Suonò la sveglia e la spensi con un pugno. Dopo un po’ mi ricordai che dovevo essere in aeroporto alle cinque e un quarto e che mi dovevo sbrigare ad alzarmi. Ma mi seccava troppo. Cercai di convincermi pensando al viaggio che stavo per intraprendere…o meglio…che, se mi sbrigavo, riuscivo ad intraprendere. Mi alzai dal letto e andai in bagno; accesi la luce e mi guardai allo specchio: avevo delle occhiaie orribili! Mi svegliai definitivamente con una lavata di faccia. Uscii dal bagno e guardai l’orologio: le 4.18 “ma chi me lo fa fare” dissi accendendo il cellulare. Una musichetta allegra invase la stanza. Mi era arrivato un messaggio di Window. ‘ CIAOOO! 6 sveglia? Io già dalle 3! Cmq se stai leggendo qst sms vuol dire ke 6 sveglia. Nn vedo l’ora di partire! Sn tr gasata! Ci vediamo in aeroporto. Tvb Win’ “ la solita. Questa se non si calma va in incandescenza!” Cominciai a vestirmi, quando guardai la foto che tenevo gelosamente sul comodino: io e Rik ce l’eravamo scattata un anno prima. Ero venuta con una faccia penosa, ma l’importante era che l’avevo fatta con lui!! ‘Aaaaaah quanto mi piace…frena! Ritorna in te! Devo sbrigarmi che fra poco devi essere all’aeroporto!!’ Che bello potevo partire con il mio tanto amato Rik! YEEAAAAH!!! Cominciai a controllare la valigia. Tutto ok! Adesso il compito più importante: SVEGLIARE I MIEI GENITORI!!! Entrai silenziosamente nella loro camera. “papà…mamma. Ehm…dovremmo andare!” SILENIO PROFONDO… Per cercare di svegliare i miei feci, la cosa di solito più efficace che si possa fare per svegliare qualcuno: aprii la finestra! Il mio formidabile piano non funzionò. Ci credo, cosa avrei potuto pretendere alle quattro del mattino?! Semplicemente entrò un venticello fresco e leggero che li invitò ad infilarsi ancora di più sotto le coperte. Cominciai a perdere un poco la pazienza. Visto che la finestra non aveva funzionato, provai ad accendere la luce…altro fallimento! Provai più volte a fare su e giù con l’interruttore, ma, grazie alla mia dolce ed inesauribile sfortuna, se n’era andata la luce. Adesso era troppo! Non c’era neppure la luce, né dentro né fuori! “mamma, papà! Dobbiamo sbrigarci che se no arrivo in ritardo e non parto più!!” “oh cavolo! Il viaggio!!svegliati Luisa!” Finalmente mio padre si era svegliato. “mh…che ore sono?” disse assonnata mia madre. “le 4.29. vi ricordo che dobbiamo essere in aeroporto alle cinque e un quarto. Sveglio Melody?” le chiesi. “no, lasciala dormire. Credo che torneremo in tempo per darle da mangiare” “d’accordo! Vado a fare colazione” Mentre i miei genitori in tutta fretta si sbrigavano, io mi preparavo una bella tazza di latte con biscotti. Forse ero scema! Latte e biscotti quando ero in ritardo! Avevo battuto molto forte la testa, io. Pensai che sarei stata un po’ triste senza la mia Melody per una settimana. Strano, di solito in un viaggio dovrebbero mancare i propri genitori, non i propri cani! Bhà…i casi della vita… אּ Alle cinque uscimmo di casa, finalmente; e, cosa ovvia, arrivammo in ritardo: già stavano partendo senza di me! Cercai con lo sguardo Rik…eccolo, a scherzare con gli amici. Che bel sorriso…aaaah. Mi sorrise e io mi sciolsi. Mmmh, com’è bello! “CIAO CLA! Perché sei in ritardo? Non è da te!” “ciao Window! Non è colpa mia. Dillo ai miei!” “aaaah questi genitori, sono una razza proprio strana da capire” Il richiamo della professoressa Galluzzo attirò l’attenzione di tutti. “Dunque. Fra poco ci chiameranno e saliremo sull’aereo, nel frattempo aspetteremo su queste poltroncine. Avete fatto tutti il check-in?” “Cavolo! Il check-in!!!” mancavo solo io. “Di Blasi! Vai a farlo subito!” אּ Sull’aereo. ‘numero diciassette. Ah, la mia cara sfortuna!’ Guardai tutti i numeri sui posti. ‘diciassette! Trovato’ Posto doppio. ‘UUAAAAH! Che bello! Spero capiti Rik qui accanto a me. Tunisia: sto arrivando!!” Passò una sfilza di ragazzi davanti a me, tra questi c’era anche Rik. Altro sorriso. ‘come sono contenta. Penso che questa sia una gita bellissima!’ Dopo cinque minuti scoprii chi mi sarebbe stato accanto e mi avrebbe tenuto compagnia per tutto il tragitto da qui fino alla Tunisia per un’ora e mezza: una vecchietta decrepita con due fondi di bottiglia al posto degli occhiali, i pochi capelli bianchi che le erano rimasti raccolti in un piccolo tuppo; che andava a trovare il figlio in viaggio di nozze, perché si era scordato a casa il suo vecchio peluche con cui dormiva sempre la notte fino all’età di ventun’anni… “ciao, cara! Come ti chiami?” “ehm…Clara” “oh! Giulia, che bel nome!” “Veramente è Clara” “Lo sai cosa vuol dire il tuo nome?” “si! Significa illustre, importante…” “che dici! Quella è Clara! Tu sei Giulia!” “Ma veramente…” “vuoi sapere cosa vuol dire?” “…” “sono contenta che lo vuoi sapere! Significa uomo dai capelli crespi! ‘Buon divertimento, cara Giulia!…’ “Secondo me è giusto che le persone siano affezionate a qualcosa, per esempio mio figlio: da quando si è sposato non ne vuole più sapere di dormire con Teddy, il suo ornitorinco formato gigante; sai, gliel’aveva regalato la sua amichetta del cuore a tre anni! Io proprio non lo capisco, cosa c’è di male?infatti ancora adesso io dormo con Miss Lilli, la mia bambola di pezza. Me l’ero fatta io! Perché a quel tempo non esistevano questi marchingegni morbidosi, e quindi…” ‘…voglio morire…sigh’ Guardai fuori dal finestrino; si vedeva il sole sopra le nuvole. Sembrava il mare al tramonto, invece quelle erano le nuvole all’alba! Chissà cosa stava facendo in quel momento il mio Rik… Si sentirono delle risate provenienti dalla fine dell’aereo. “Standby! Svegliati, sempre che dormi! Dobbiamo giocare a carte e abbiamo bisogno di un giocatore in più! Dai, svegliati!” Di sicuro era la voce di Otto, il migliore amico di Rik. Cercai di guardare cosa stava succedendo mettendomi in ginocchio sul sedile, ma dietro di me c’era la Galluzzo! “DI BLASI!! QUANTE VOLTE TI HO DETTO DI NON METTERTI IN QUESTA POSIZIONE!” Al sentire la parola ‘posizione’ tutto l’aereo si girò verso di me, che umiliazione. “ma professoressa! Non l’ho mai fatto!” “poche storie! E adesso mettiti bene!!” ‘ci mancava solo questo. L’ho detto io che sono sfigata!’ “Povera Giulia! Non ti preoccupare: quando andava a scuola io, le professoresse erano molto peggio, ogni sbaglio dieci bacchettate sulle mani, oppure passare due ore sui ceci secchi. Sembrava che fossimo nei lager! A proposito: non ti ho detto che una volta mi hanno portato in un posto come quello. Aushwits. È stato terribile! C’erano tedeschi in divisa dappertutto, gente che urlava…” ‘ma che ho fatto di male per meritarmi questo?! Oh povera me. Voglio Melody!!’ אּ “tutti giù! Scendete che siamo arrivati. Scendete!” urlava la Galluzzo. “Calvino! Borgo! Sbrigatevi!” ‘Calvino? Ma Calvino non è…Rik! Amore mio’ Dopo cinque minuti che aspettavo in fila per uscire, toccai per la prima volta il territorio Tunisino: ero in Africa! Sul pulmino che porta i passeggeri dall’aereo all’aereoporto, mi ritrovai da sola, in mezzo ad un gruppo di tunisini che parlavano in arabo. Solo quando aspettammo di prendere le valigie mi ricongiunsi a Ded e Window. “yahw…finalmente siamo arrivati! Ho un sonno…” disse sbadigliando Window. “e tu dov’eri seduta, Clà?” mi chiese curiosa Ded. “se te lo dico scoppi a ridere!” “dai, dimmelo!” “nel diciassette!” “e sei ancora viva?” “più o meno…dietro avevo la Galluzzo, e accanto una vecchiettina un poco sbattuta in testa!” “Pooovera!” “chi?” “la vecchiettina, mi pare ovvio!” “e voi? Dov’eravate sedute?” Ded sospirò “…accanto a Rio…” “e indovina un po’ dov’ero messa io?” mi chiese Win “dove?” le risposi senza tanto entusiasmo “tra Otto e…Rik! Ah ah ah!!!” “brutta…” “Frena! Poi tanto ho cambiato di posto” “e dove ti sei messa?” “accanto a me…” mi rispose Ded “Rio si è messo al posto suo…sigh” disse indicando Win “ingrata! Dovresti ringraziarmi che ti ho tirato fuori da una situazione imbarazzante: non spiccicavate una parola nessuno dei due!” le rispose di rimando Win. “comunque devo dire che Otto è abbastanza carino!” “Aaaaaaah!” le facemmo io e Ded in coro maliziose “sceme! Non pensate male!”disse diventando lievemente rosea sulle guance. “Piuttosto, avete saputo come sono le camere?”chiesi “si, sono a quattro”rispose Win “Cioè?” “siamo insieme” “SIIIIIIIIIIIII!!!!” “non esultare troppo! Siamo: io, te, Ded e quell’insopportabile di Simona Giuliani!” “oh no” “oh si!” sentimmo una voce alle nostre spalle “cosa c’è, non ti va bene questa disposizione? Guarda che la prima a lamentarmi dovrei essere io, non di certo tu!” era Simona. “attenzione! Sta parlando la siliconata!” le risposi “senti chi parla, a proposito: hai un boccolo fuori posto!” d’istinto mi toccai i capelli, dopo un poco ci pensai “ameba! Guarda che mi sono fatta la piastra!” “…e ci stà benissimo!” mi difese Ded “ tu non ti intromettere…ah! Adesso che ci penso…ho sentito dire che ti piace Rio! Posso darti un consiglio? Non hai speranze: le smorfiosette come te che piangono per la minima cosa non sono il suo tipo, io lo conosco bene!” Ded diventò tutta rossa in faccia “ritornando a te…cara la mia Clarabella, pure io sto puntando ad una certa personcina…e credo che avrò molte più speranze di te, visto che…ehm…come dire…riesco ad intraprendere con lui un discorso decente senza tanti giri di parole! Senza contare che, non per vantarmi, ma credo che il pesciolino abbia già abboccato all’amo grazie alla mia innata capacità di attirare tutti i bei ragazzi, come posso chiamarla: bellezza?” le stavo per mollare uno schiaffo quando Window mi fermò “lascia perdere. non ne vale la pena!” “ma mi ha dato della mucca!” “ciao ciao ragazze! Ci vediamo in camera” quando si allontanò io esplosi “io non la reggo, quella! A solo pensare che dovremmo passare sei notti insieme, mmmh! Mi viene una rabbia…è solo una che si vanta del proprio corpo: naso, gambe, sedere, bocca, seno…quella ha tutto rifatto! Cosa c’è di bello nell’avere due palloncini che si possono bucare in ogni momento!? Io proprio non lo capisco!! Grrr…rifatta-rifatta-rifatta-rifatta-rifatta-rifatta-rifatta-rifatta-rifatta-rifatta-rifa…” “dai, adesso smettila di dire che è rifatta! Questo lo avevamo già capito…” mi interruppe Ded. “ma scusa, dopo quello che ti ha detto…” “…infatti non è solo rifatta: è un serpente infido senza anima e senza cuore; e se avesse anche un minimo di cervello, i suoi neuroni ballerebbero il Can Can! Senza contare che è una sciupa-uomini da paura; secondo me vive dei soldi che le danno gli uomini dopo aver passato una notte intera senza chiudere occhio a…” ma si interruppe quando si ritrovò gli sguardi interrogativi di tutti puntati contro di lei. “…a…?” la incitò qualcuno “…a…a dargli ripetizioni di matematica! Anche se è una schiappa secondo me nasconde qualche dote segreta, ne sono sicura!” Io e Window scoppiammo a ridere. Dopo che mi ripresi, le portai in disparte “ragazze, ho un piano! ‘sta notte…” Intanto…altrove…i ragazzi chiacchieravano animatamente del viaggio in aereo. “MALEDETTO RIO!” urlò Otto “che ho fatto?!” “come che hai fatto?! Come che hai fatto?!” “che ho fatto?!” “hai fatto togliere Window dal posto dov’era, cioè accanto a me, per mettertici tu! ANIMALE!!” “mi dispiace! È solo che non ce la facevo più a sostenere quel silenzio con Ded! E poi è stata lei a proporre il cambio di posto!” “si, ma tu hai accettato! BESTIA!!” dopo un po’ cominciò a cantare la sigla di Haidi “Window! Window! Ti sorriide Otto! Window! Window! Le bestiole ti fanno ciao!…” disse indicando Rio “ah ah. Molto spiritoso. Piuttosto smettila di cantare che se no si mette a piovere!” “…Window! Window!” “TACI!” Rik cominciò a ridere. “cosa ridi tu?! Io non sono una bestiola!” tornando da noi ragazze… “ci state?” chiesi elettrizzata alle mie migliori amiche “e se ci beccano?” “appunto! Poi andremo dalla Galluzzo e ci faremo cambiare di stanza!” “si ma quella non ci ha mai digerito a noi tre” disse preoccupata Ded “però l’idea in se mi piace! Mettere il d…”cominciò a dire Window “sssh…se ci sente qualcuno siamo veramente fregate!!” la interruppi io “giusto, scusa” “allora, chi è d’accordo alzi la mano” feci io, contemporaneamente alzai la mano insieme a Win. “non lo so. Ho paura che ci mettano in punizione” “non ti preoccupare, quella a prendersi una bella punizione è proprio lei!” “d’accordo” e finalmente alzò la mano anche Ded. אּ “che stanchezza! Certo che queste valige sono proprio pesanti!” disse Ded “io ho il trolley! Lallallero trallallà!” canticchiò Win “e io pure!”le feci eco. “ehi ragazze! Guardate il nostro albergo!!” ci disse Ded Istintivamente io e Win alzammo lo sguardo in su “caaa…volo!” “non pensavo fosse a cinque stelle!” dissi sorpresa io “infatti ne ha solo tre!” mi rispose Ded. Era un edificio di ventuno piani, ognuno di questi forniti di terrazzini. Sul tetto si ergeva un capannone di vetro con dentro una piscina. Tutto intorno al palazzo c’erano tantissime aiuole piene di alberi, palme e piante fiorite. Più in là si intravedevano campi da tennis, pallavolo, calcio, basket e golf. “allora! La nostra camera è la 809. saliamo, ci laviamo, ci cambiamo e dopo scendiamo di nuovo giù, d’accordo?” ci disse Simona come se fossimo delle bambine di tre anni. “questa è già che detta legge” mi disse all’orecchio Win. “la responsabile della camera è Sara. Intesi?” disse Simona guardando Window. “e perché io?” le rispose “decisione della professoressa. Immagino perché sei la più irresponsabile!” A Window cominciarono a salire i nervi. “con questo non sto dicendo che voi altre due siete delle angiolette con l’aureola, anzi! Ma tra le tre, la peggiore sei tu, Sara. E niente storie” Window scoppiò “MA CHI TI SENTI!! COME SE FOSSI LA REGINA D’INGHILTERRA! LO VUOI CAPIRE CHE NON SEI NIENTE?! TU NON SEI NESSUNO!! SOLO UNA STUPIDA OCHETTA CHE VÀ SEMPRE DIETRO AI RAGAZZI! E QUELLI CI STANNO, MA, SICCOME HANNO DELLE FETTE DI PROSCIUTTO SUGL’OCCHI, NON CAPISCONO CHE SEI UNA P…!!” per fortuna le tappai la bocca. Non oso immaginare la reazione di tutti. “…scusate” prese la valigia e la chiave ed entrò nell’ascensore, e prima che quest’ultimo si chiuse, io e Ded la seguimmo dentro insieme alle nostre valigie e allo stupore generale di tutti i presenti della Hall. Dentro l’ascensore… “ma che ti è preso?” le chiesi sconvolta “e me lo chiedi? La prossima volta l’ammazzo quella!!” “si, ma fino a ‘sta mattina mi dicevi di lasciarla perdere, e adesso sono io a doverti fermare prima che ti esca fuori dalla bocca qualcosa di sgradevole! La professoressa ti avrebbe ammazzata!” “e chi se ne frega della professoressa! Adesso l’importante è scacciare quell’essere dalla nostra camera!” “giusto, sono d’accordo con te! Dobbiamo schiacciarla come una pulce a quella!” cominciò a dire Ded alzando il braccio sinistro. “per caso sei di sinistra?” le chiesi. “io? No!” “e invece io si! Io sono per il popolo!! Forza Bertinotti! YEEAAAH!!!” disse Window alzando anche lei il braccio sinistro. “non sei normale!” le dissi io “ma scusa: siamo in secondo liceo; abbiamo quindici anni; fra tre anni andremo a votare! Abbi le idee chiare!!” “tu hai battuto forte la testa” le risposi “lascia perdere. Con te non si può parlare!” Intanto, mentre parlavamo, i pulsanti ad uno ad uno si illuminavano e segnalavano il cambio di piano. “Win…ma che pulsante hai ammaccato?” le chiese Ded “nessuno! Nella foga non ci ho pensato” “oh, che casino! Magari qualcuno l’avrà chiamato prima di noi!” dissi io appoggiandomi alle pareti dell’ascensore. …e ancora i pulsanti si illuminavano, fino ad arrivare all’ultimo piano. Le ante si aprirono e, uscendo, ci ritrovammo in un pianerottolo pieno zeppo di bellissimi ragazzi inglesi. “wow…” esclamò Win, vedendo il paradiso davanti ai suoi occhi. “hello! We are the boys of the Michael Frazen School, a male school” (ciao! Noi siamo ragazzi della Michael Frazen School, una scuola maschile) ci disse uno dei più carini. “ah…ehm…we are of the Arborea school. We are italian girl” (ah…ehm…noi siamo della scuola Arborea. Siamo ragazze italiane) gli rispose Win balbettando “oh! Italian…very good!” (oh! Italiane…molto bene!) Io e le altre ci scambiammo sguardi interrogativi, dopo io cominciai a parlare con quel poco di inglese che avevo acquisito. “we have wrong left, but now we came back! Bye bye” (abbiamo sbagliato piano, ma adesso torniamo indietro! Ciao ciao) “you wait! Why don’t you stay still a little with we?” (aspettate! Perché non rimanete ancora un poco con noi?) “ehm…veramente…” cercai aiuto con lo sguardo verso le mie amiche, ma anche loro erano spiazzate come me. Dopo mi decisi. “ok. But we can stay a little” (d’accordo. Ma possiamo stare poco) Ci sorrisero e alcuni ragazzi, tra cui anche quello della discussione di prima, ci portarono dentro una delle tante camere presenti in quel corridoio. La stanza era molto spaziosa, con quattro letti messi in parallelo, la finestra luminosa con un piccolo terrazzo e le tende blu. Si intravedevano i borsoni dei ragazzi che uscivano da sotto i letti, altri dal grande armadio attaccato al muro. Ci sedemmo sul primo letto davanti alla porta, e i ragazzi fecero altrettanto sugli altri tre. Tre ragazze circondate da sette esseri maschili: assoluto pericolo per la nostra incolumità! Dovevamo trovare una buona scusa per andarcene, prima che qualcuno di quelli ci piombasse addosso. Neanche avevo cominciato ad escogitare un modo per scappare, che mi ritrovai accanto uno di loro: capelli castani che gli ricadevano sugli quegli occhi blu profondo dove farci una bella nuotata… “what’s your name?” (qual è il tuo nome?) mi chiese cingendomi la vita con un braccio. “Clara…and your” (Clara…e il tuo?) gli risposi togliendogli il braccio da dove l’aveva messo. Lui mi sorrise “…Matt” In fin dei conti non era tanto male…anzi. Era bellissimo! Dopo un po’ mi ritrovai la sua faccia a tre centimetri di distanza. Io girai in tempo la mia, facendo finta di niente. Mi guardai un poco in torno e vidi Window appoggiata alla spalla di quello con cui avevo parlato prima, e Ded rideva con uno con i capelli rossi. Ero l’unica a non essersi lasciata andare! ‘alla fin fine non sono occupata, quindi posso fare quello che mi pare per ora’ pensai, così mi girai di nuovo verso quel bellissimo ragazzo che mi sedeva accanto. “sorry! Is only which just as I didn’t expect!” (scusa! È solo che non me l’aspettavo!) mi scusai. “oh, no! I’m sorry! I…I mustn’t hurry the things” (oh, no! Io sono spiacente! Io…io non devo affrettare le cose) Com’era grazioso: tutto rosso sulle guance con lo sguardo fisso per terra. Sorrisi…lui si girò verso di me. “we came into the little terrace?” (andiamo nel terrazzino?) mi chiese prendendomi la mano. “ok” Fuori c’era un venticello leggero, e nel cielo non c’era nemmeno una nuvola. Lui mi abbracciò da dietro. ‘che bella sensazione…anche se è un po’ troppo presto. In fin dei conti so soltanto che è inglese e che si chiama Matt; però non riesco a dirgli di spostarsi, di non stare così vicini…mannaggia a me che ho accettato l’invito: sia di Matt che di quel ragazzo!…ma questo tepore…’ D’un tratto sentii delle voci provenienti da un terrazzo del diciannovesimo piano. “certo che però ha esagerato Window!” “è stata fantastica! Mitica! Quanto l’adoro…oh mia cara Win! Dove sei in questo momento? Ti vorrei qui…accanto a me…aaah…ti amoooo!!!...tu sei come l’erba fresca la mattina, con le gocce di rugiada che scivolano lentamente lungo il tuo corpo appena vieni sfiorata!...sei come la pioggerella estiva, che ti rinfresca dopo tutto quel caldo asfissiante…sei come il sole: la tua luce…” ‘Otto?’ “oh no! Adesso ricomincia” era la voce di Rio. “dai. Lascialo sfogare un po’! non vedi quanto soffre, poverino” lo consolò Rik “grazie Rik! Tu si che sei un amico. Non come cert’uni…” disse Otto indicando Rio “guarda che ti stà prendendo per i fondelli, se non l’avessi capito…” “ brutto schifoso!” Sentii delle risate, così mi sporsi per vedere meglio, fece lo stesso Matt. Sfortuna, dannata sfortuna! Incrociai lo sguardo di Rik: Otto stava cercando di strozzarlo, mettendogli la testa fuori dalla ringhiera. Vidi anche che guardava con occhi da assassino Matt. “che succede?” mi chiese Window che era appena uscita nel terrazzino. “mi ha vista!” “chi?” “Rik!” “come?” mi chiese affacciandosi dalla ringhiera. Vide anche lei Rik che guardava verso su, ma questa volta vide anche Otto che a sua volta aveva lo sguardo verso il terrazzino del 1008 al ventunesimo piano. In quel momento uscì nel terrazzino James, il ragazzo che aveva proposto a noi ragazze di andare in camera loro. Si avvicinò a Win e le stampò un sonoro bacio in guancia, attirando l’attenzione di tutti e facendola avvampare. Noi ragazze ci sporgemmo di nuovo dalla ringhiera, ma non vedemmo più nessuno. “oh, cavolo! No…”disse Window. “adesso chissà cosa penseranno di noi!” le feci eco disperata, rientrando nella stanza. “Ded, torniamo in camera” le annunciò Win. “…e perché? Io qui mi diverto!” ci rispose “anche noi, prima…ti prego, torniamo” le ripetè Win. Ded mi lanciò uno sguardo pieno di interrogativi, e io le dissi, col labiale: è meglio così… Dopo che salutammo i ragazzi, ci incamminammo verso l’ascensore. “allora? Perché ce ne siamo andate?” ci chiese curiosa Ded “in camera te lo spieghiamo” le dissi Non c’erano indicazioni e ci perdemmo di nuovo, ma alla fine prendemmo le scale ed arrivammo al nostro piano. “cavolo! È il loro stesso piano!” esclamò Win. “in ogni caso li dobbiamo affrontare, non cambia niente” le feci notare io. …ma non pensavo che li avremmo affrontati subito… eccoli lì…davanti a noi… ‘coraggio’ mi dissi mentalmente, mentre passavo accanto a Rik senza nemmeno una parola. Di solito, a volte, scappava un ciao…ma questa volta, nemmeno quello. “perché eri lì?” chiese Otto a Win “cavoli miei…” gli rispose secca lei “sono anche miei” “la battuta del secolo” “non scherzare! Sto parlando seriamente” “anch’io…non sono mai stata così seria in vita mia!” “non credo proprio” “libero di pensarla come vuoi…” disse sorpassandolo “ASPETTA!” le urlò dietro, ma lei non si fermava. “HO DETTO ASPETTA!!” Lei finalmente si girò “CHE CAVOLO VUOI?!” “SOLO PARLARE CON TE!” “NON TI È MAI FREGATO NIENTE DI ME E ADESSO VUOI PARLARMI?!” “QUESTO NON È VERO!!” “COSA?” “CHE NON…non mi è mai fregato niente di te…” continuò a bassa voce “MI SPIACE MA NON SO LEGGERE IL LABBIALE!!” urlò per l’ultima volta, dopodichè se ne andò verso la sua camera. “lasciala perdere…” gli sussurrò all’orecchio Rik. “tu eri con loro?” chiese Rio a Ded “si…cioè…no! Ehm…cosa intendi tu?” era tutta rossa in faccia “niente, lascia perdere…” ed entrò in camera sua. “andiamocene pure noi” dissi io a Ded. Detto questo, prima di entrare nella 809, diedi uno sguardo ai ragazzi che stavano entrando in camera loro: la 808! “DI BLASI!!” la voce di Simona mi fece sobbalzare. “DOVE DIAVOLO SIETE STATE?! VI HO CERCATE DA PER TUTTO!!” “scusa. Ci siamo perse…” “VI MERITERESTE UNA PUNIZIONE! E STATE ATTENTE, PERCHÈ LA PROF È D’ACCORDO CON ME!!” ‘veramente la punizione l’avrai tu!’ Quando mi girai per entrare in camera i ragazzi non c’erano più; in un certo senso ero sollevata, ma da una parte ero triste: bell’inizio per un viaggio! “allora, ragazze! Sappiamo benissimo tutte e quattro che a rimanere nella stessa camera non combineremo niente di buono!” dissi chiudendomi la porta alle spalle. “su questo ti do ragione, almeno per una volta. Se volete parlo io con la Galluzzo per spiegarle la situazione” continuo Simona “e di grazia, cosa vorresti dirle?” le domandò Window sedendosi sul letto attaccato al muro, vicino l’armadio. “per esempio: ‘prof, quelle non le sopporto più: mi devono prendere sempre per i fondelli! Non mi potrebbe spostare in un’ altra camera, per cortesia?’. Potrebbe andare” le rispose Simona andando verso la porta. “ecco, appunto!” disse Win alzando gli occhi al cielo. “ma sei sbattuta?! Tu sei il suo idolo, se le dici ‘mi prendono sempre per i fondelli’ ci fa nuove!!” disse Ded che stava già smontando la sua valigia. “appunto! Così avrò pure la mia rivincita…e magari passerete un viaggio di schifo!” “ci andremo tutte, così nessuno dirà cavolate” dissi infine io rivolgendomi a Simona. “dov’è la camera della prof?” chiese Ded a Simona. “l’ultima del corridoio” Nel tragitto dalla nostra camera a quella della Galluzzo, nessuna di noi spiccicò una parola. Arrivate davanti alla porta io bussai, ma non ricevetti risposta. Provai un’altra…nessuna risposta. “toh, guarda! La porta è aperta. Prova ad entrare” mi incitò Simona spinsi la porta ed entrai, seguita da Win e Ded. Era tutto buio. “professoressa…” Sentii la porta chiudersi con un giro di chiave e tutte e tre ci girammo. Cercai con la mano l’interruttore sul muro. Quando accesi la luce mi guardai in giro: Simona ci aveva portato in uno sgabuzzino. “dove siamo finite?” “quella ci ha chiuse dentro!” “lo sapevo che non dovevamo fidarci. Glielo si leggeva in faccia: ‘vi meritereste una punizione’. Aveva già tutto in testa!” “calma, ragazze! Adesso cerchiamo una via di uscita” cercai di calmare le acque. “lì c’è una finestrella. Window, riesci ad arrampicarti per vedere che cosa c’è fuori?” le chiese Ded. “si, ci posso provare” Si arrampicò su uno scaffale appoggiato al muro e, aggrappandosi alla finestrella, riuscì a vedere fuori. “ehm…ragazze…vi ricordo che siamo al diciannovesimo piano…” ci disse scendendo da quella postazione. “già, è vero!” “ma almeno non c‘è qualcosa con cui aggrapparsi, non so…il tubo della grondaia…” chiesi avvicinandomi alla finestrella. “niente di niente! in ogni caso non avremmo potuto fare molto dal momento che la finestra è solamente una piccola apertura per far entrare la luce, in poche parole…è bloccata” ci fece notare Win “wow…come siamo felici!” esclamai ironicamente “…in più la chiave ce l’ha quella rana storpiata di Simona! Semplicemente dobbiamo aspettare che miracolosamente qualcuno venga a salvarci!” continuò Ded. “Chi verrà in nostro aiuto?! si accettano scommesse, signori!!” disse Window alzando un poco la voce. “ho deciso: se chi verrà a salvarci sarà un essere maschile, ebbene egli diventerà il mio principe azzurro!” disse compiaciuta Ded mentre si sedeva per terra a gambe incrociate. “io lo voglio lilla!” dissi prendendola in giro e sedendomi anch’io per terra. “no! Rosa chiaro!” mi fece eco Win e appoggiandosi seduta al muro con le braccia che cingevano le ginocchia. “che siete crudeli! Io dico sul serio” “si, e se poi ti capita quell’uomo delle pulizie che abbiamo visto mentre posavamo le valigie nella hall? Cosa moooolto probabile” le dissi “chi, quello grassottello con la tuta blu, il naso a patata e la fronte tutta brufolosa che mi ha detto che ero bellissima? Bleeaah!” mi chiese disgustata Ded. “non siete carine! Mettetevi nei panni di quel poveretto: provaci tu ad avere quell’aspetto per tutta la vita!” ci fece notare Window. “…giusto scusa” “basta! Non ce la faccio più ad aspettare!” dissi io alzandomi e andando verso la porta. “EHI!! C’È QUALCUNO?! AIUUTOOO!! OH! APRITE QUESTA DANNATISSIMA PORTA!!…non è possibile che non ci sia nessuno a quest’ora…PROFESSORESSA!!” “ma sei scema?! E se ti sente qualcuno?” mi chiese sconvolta Win. “appunto! Deve sentirmi qualcuno,così possiamo uscire!” “Clà ha ragione: noi facciamo casino e finalmente ci fanno uscire! Sei una grande!”mi disse entusiasta Ded avvicinandosi anche lei alla porta. “non è che c’è voluto molto a farmi venire quest’idea, comunque. Di solito lo fanno tutti!” dissi io cominciando a sbattere forte i pugni sulla porta. “sembrate delle scimmie! Io non vi aiuto, fate tutto da sole” ci disse Win incrociando le braccia. “ingrata! Se riuscirai a rivedere il corridoio, sarà solo grazie a noi!” le dissi io. “non penso proprio, Di Blasi!” era la voce della Galluzzo. “professoressa! Grazie di essere venuta” dissi io da dietro la porta “ha la chiave?” le chiesi “certo” “ci può fare uscire?” adesso era Ded a parlare “non se ne parla” fu la risposta secca della prof “perché?!” chiesi sconvolta “la signorina Giuliani mi ha già informato dell’accaduto. Il vostro comportamento scorretto verrà punito a dovere…” ci rispose con un ghigno sulle labbra. “ma professoressa…ci siamo perse, non sapevamo come arrivare in camera e quindi siamo arrivate all’ultimo piano, così…” stavo per dire, ma la prof m’interruppe. “no, non questo. Voi tre volevate rinchiudere la povera Giuliani in questo sudicio sgabuzzino. Ma per fortuna Simona ha avuto i riflessi pronti e al posto suo siete finite voi nella trappola…” Si sentirono delle voci, oltre quella della prof, provenienti dal corridoio. “ma come hai fatto? In tre, per giunta!” “È stato facile: le ho spinte dentro, quelle tre arpie!” “e perché volevano metterti là dentro?…” C’era pure quella serpe di Simona… “fate silenzio, voi altri!! Stavo dicendo: per punizione rimarrete qui dentro fino a che non riuscirete ad uscire…” continuò la Galluzzo “cosa?!” fece Window “ma non ci riusciremo mai!” continuò Ded “questo non è affar mio. Sbrigatevela da sole” “ciao ciao, ex compagne di stanza!” Detto questo non si sentì più niente da fuori. Tutta quella folla di ragazzi si era dissolta. “almeno non siamo più nella stessa camera!” disse Win “si, ma chissà chi c’ha rifilato…” “…o se siamo solo noi tre!” propose Ded “questo è impossibile! Sarebbe il paradiso!” “no! Il paradiso sarebbe se ci fosse anche Rio!” “oh, no! Adesso attacca e non la smette più!” “uffa! Tu faresti lo stesso se non ti sapessi controllare!” “ragazze!! Ho trovato un modo per uscire: la mia forcina!” ci disse Win togliendosela dai capelli. “cavolo, perché non ce l’hai detto prima?!” “non ci avevo pensato. Comunque, ragazze…questa è la mia forcina preferita: quella con la farfallina!” “scegli: la vita o la farfallina?” le chiesi minacciosa. “farfallina…” “scimmia! È ovvio che la vita!” “sigh…” Si avvicinò alla porta e mise la forcina dentro la serratura. Cominciò a girarla prima a destra, poi a sinistra, più volte, fino a che non riuscì a romperla in due pezzi. “ho voglia di fare quattro chiacchiere con chi sostiene che le forcine aprono qualsiasi serratura…”borbottò Window buttando all’indietro quello che era rimasto della sua forcina. “comincio a confidare anch’io nel principe azzurro…”dissi io appoggiandomi al muro. Si sentì un giro di chiavi e nella stanza entrò un po’ di luce del corridoio: qualcuno era riuscito ad aprire la porta di quello sgabuzzino! “ragazze! Presto, uscite!” “Rik?” dissi io sconvolta. “sbrigatevi, prima che arrivi qualcuno!” Non ce lo facemmo ripetere due volte e subito eravamo fuori. “ehm…come mai ci sei solo tu? C-cioè…dove sono gli altri?”gli chiesi “davamo troppo nell’occhio, così sono venuto solo io…” mi rispose abbassando lo sguardo. “ah…ho…ho capito. E come hai fatto ad aprire?” “mi sono fatto dare dalla hall un’altra chiave, quella di emergenza” “mh…io non c’avrei mai pensato!” mi congratulai. “grazie…” “…” “v-vi conviene andare in camera. Io riporto le chiavi al loro posto” disse impacciato, indicando la nostra camera. “d’accordo…allora…ciao” “…ciao” “ohoooh! Da quando in qua balbetti?” mi chiese Win appena entrammo in camera. “che bello! Siamo di nuovo in camera!!” dissi buttandomi sul letto. “e no, bella! Non cambiare argomento!” “non sto cambiando argomento, ho solo fatto una constatazione!” “si si, e io sono Biancaneve!” “ma no, davvero!” “dai, Win…lasciala in pace” “ecco, hai sentito Ded? Lasciami in pace! Tanto sai già perché balbettavo” “ci credo: il tuo primo discorso durato appena trenta secondi con Rik!” “naaaa! Di più: almeno quarantotto!” disse Ded. “Si, viva l’asino col cappotto, il cappotto non c’è più: viva l’asino che sei tu!” canticchiò Window. “Win…tu sei fumata!” Window ondeggiò come di solito fa il fumo “guardate! Faccio il fumo! fiuuuuu” “…” אּ “PRIMO GIORNO: ore 5.30 partenza con volo diretto per l’aeroporto di Tunisi, arrivo previsto alle ore 7.00. Sistemazione in albergo. Seconda colazione alle ore 13.00. Visita del Palazzo d’Oriente alle ore 15.30. Ore 17.30 visita del Museo Archeologico della periferia di Tunisi. Ritorno in albergo alle ore 20.30. Cena al ristorante ore 21.00. Rientro in albergo ore 22.30. SECONDO GIORNO:…” “moriremo, ne sono sicura!” dissi distendendomi sul letto. “e non hai sentito il secondo giorno: ci sposteremo col pulman da qui, fino alle ‘ghorfas’ e a Gafsa, dove si trovano vasti giacimenti di fosfati” continuò Ded “ma chi se ne frega dei fosfati! Voglio tornarmene a casa!” “ma che a casa e a casa! Ormai siamo qui a divertirci!” disse Win picchiettandomi sulla testa. “infatti! Per esempio ‘sta sera c’è Tunisi by night! YEEAAH!! E domani sarà ancora più bello: tutto il giorno in pulman, e tu sai cosa succede in pulman…ragazzi e ragazze…” “si, e magari anche i professori! Yeeh, che bella macedonia!” “…e di sera discoteca fino a tardi!!” continuò Ded senza darmi ascolto. “discoteca?! Ma io non so ballare!!” “in discoteca non si va solo per ballare, ci sono anche le salette con le poltroncine…sai, quelle insonorizzate…così, magari tu e Rik…” cercava di consolarmi Window “non ci sarà nessun magari, dal momento che non gli interesso” Ded e Win si guardarono e poi scoppiarono a ridere. “non gli interessi?! Allora sei proprio orba: nel terrazzino se avesse potuto avrebbe ammazzato quel ragazzo che stava con te; nel corridoio balbettava pure lui…a me sembra ovvio che gli piaci!” “…” “a proposito: che cosa è successo?” ci chiese Ded “ah, vero…dovevamo dirtelo! Fattelo spiegare da Clà, perché io so il fatto da metà” “…allora…quando Matt mi ha chiesto…” “si chiama Matt? Ah che bel nome! In effetti era abbastanza carino” mi interruppe Window “peccato! Io non l’ho visto. Comunque il mio si chiama David. È troppo dolce!…ehm…si scusa, continua!” “dicevo…Matt mi ha chiesto di uscire in terrazza e io ho accettato. Siamo usciti e io mi sono appoggiata alla ringhiera e ho sentito delle voci…ehm…” mi ricordai di quello che aveva detto Otto, ma non sapevo se dirlo o no… ‘e c’era Otto che strozzava Rik, non so per quale motivo, ma lo stava ammazzando: gli aveva messo la testa fuori dalla ringhiera, quindi lui poteva vedere tutto quello che succedeva sopra dove eravamo noi…d’accordo, dico così’ “hai sentito delle voci e…” mi incitava Win “e c’era Otto che strozzava Rik, non so per quale motivo, ma lo stava facendo: gli aveva messo la testa fuori dalla ringhiera, quindi lui poteva vedere tutto quello che succedeva sopra, dove eravamo noi…” “…e ti ha visto!” continuò Ded per me “si! E il problema è che…che lui mi abbracciava da dietro!” “ahia! E che ti ha detto?” mi chiese Ded “chi, Rik? No, semplicemente prima ha guardato me e poi ha guardato Matt con uno sguardo tremendo, non l’avevo mai visto così. Sembrava nero!” “in effetti è bruno!” esclamò Win “che scema! Solo tu puoi fare queste battute” dissi io tirandole un cuscino. “iiiiih! Come hai osato?!?!” disse tirando anche lei il suo, che però finì in faccia a Ded. “ehi! E io che c’entro? Questa me la paghi, Win!” e tirò sia il suo cuscino che quello che le aveva tirato Window. “YEEEAAAH!!” Ci lanciammo in una terribile lotta di cuscini, fino a che non si sentì bussare alla porta. “Win, vai ad aprire!” le dissi “e perché io?” “perché sei la responsabile di questa stanza” “uffa…” Era la professoressa Galluzzo. “ragazze! Allora siete riuscite ad uscire, come avete fatto? Comunque, non mi importa. Volevo solo dirvi che ho modificato la composizione delle stanze. La vostra sistemazione è la seguente: Sara Carletti, Daniela Bianchi e Clara Di Blasi nella 807. purtroppo non abbiamo trovato altre disposizioni visto che nessuna vuole stare in camera con voi tre, si spaventano che possiate rinchiuderle in un armadio!” “le ripeto che è stata lei a chiuderci dentro!” la corressi “infatti, per auto-difesa!” “no, professoressa! Noi avevamo intenzione di andare da lei per farci cambiare di stanza. E siccome non sapevamo dov’era la sua camera, ci siamo fatte guidare da Giuliani. Ecco tutto” “Di Blasi…dopo che ho saputo del vostro amorevole rapporto, dovrei credere alle sue parole?” “ma pure Giuliani era d’accordo per il cambio di stanza! Gliel’assicuro!” “…basta, lasciamo perdere questo discorso. Sono venuta qui solo per annunciarvi del cambio di stanza, non per prendere tè e biscotti, perciò adesso prendete tutte le vostre cose e trasferitevi nella 807; qui ci sono le chiavi” detto questo se ne andò. “dai, poi non sono così tanto sfigata: siamo noi tre sole nella stessa camera, accanto c’è il mio amato Rik e quando vogliamo possiamo affacciarci dal terrazzino per chiacchierare con Matt e gli altri…meglio di così non si può!” “si, ma io mi ero già disfatta la valigia” piagnucolò Ded. “io comincio ad andare nell’altra camera. Win, dammi le chiavi” “al volo!” Window me le lanciò. “prese! Ci vediamo in camera” Nel corridoio incontrai Otto. “che stà succedendo? Come mai hai la valigia?” “traslochiamo. Ci sono stati cambiamenti di stanze e adesso siamo finite nella 807” “voi chi?” “io, Ded e Window” “nella 807?” “si…” “accanto alla nostra?” “…si” Otto mi mostrò un sorriso da trentadue denti e poi mi disse a bassa voce “ma ‘sta mattina…in terrazza…cosa hai sentito?” “non ti preoccupare, non le ho detto niente” “e non le dirai niente?” “se tu non vuoi…” “sei un tesoro!” per la felicità mi abbracciò “ehm…Otto…come dire: ci stanno guardando tutti!” “ops, scusa! Ci vediamo dopo. Ciao!” Sentii alcune parole dette a sottovoce, del tipo: ‘non sapevo che stessero insieme!’, oppure ‘ma davanti a tutti, poi!!’… Entrai in camera esasperata. ‘dopo tutti i casini di oggi…ci mancava solo questo! Alla fine sono veramente sfigata!…ma dai…non poi così tanto: sono riuscita a parlare con Rik! SIIIIIIIII!! Calma calma…allora, adesso disfo la valigia e dopo mi rilasso un poco a letto’ Mentre pensavo queste cose, bussarono alla porta. Mi ci avvicinai e guardai dallo spioncino. “aaapriii!”mi canticchio da dietro la porta Window. La feci entrare e posò la valigia per terra. “ciao! Quanto tempo…”disse abbracciandomi “si, infatti…appena tre minuti!” dissi sarcastica io. “che hai fatto fin’ora?” mi chiese sedendosi sul letto che ormai aveva deciso fosse suo appena dato uno sguardo d’insieme alla camera. “proprio un bel niente. stavo per disfarmi la valigia. E Ded?” “povera! L’ho lasciata in camera da sola. Stava rimettendo tutte le cose che aveva sistemato dentro l’armadio nella valigia!” “non le hai fatto compagnia?” le chiesi aprendo la mia valigia. “per un po’ si, ma dopo mi sono stancata ed eccomi qua! Sai, non vedevo l’ora di entrare in questa nuova camera…ah! Il terrazzino, c’è il terrazzino!!” mi disse andando verso la finestra. Dopo un po’ la vidi che mi faceva segno di seguirla. Quando uscii fuori, mi ritrovai davanti agli occhi colui che da due anni mi aveva stregato sia il cuore che la mente, colui che aveva bellissimi capelli neri e occhi verde palude, colui che a volte mi rivolgeva la parola (a volte…), colui che quella mattina mi aveva visto ‘scambiare quattro chiacchiere’ con Matt, colui che sempre quella mattina ci aveva salvate dalle grinfie della professoressa e di quell’essere chiamato Simona, colui che…cioè…insomma: Rik! Sospirai come una scema… Mi sorrise…quel sorriso che da sempre usava come arma segreta per cancellare la mia forza di volontà… “pronto! Ci sei?!” mi disse Window sventolandomi la mano davanti alla faccia. Mi ero imbambolata alla vista di Rik e davanti a Rik! Che figuraccia!! Capita a tutti che, a volte, quando una persona fa brutte figure come questa, voglia sprofondare sottoterra…ecco, quello era il mio caso: volevo andare giù, sempre più giù…fino a toccare il baricentro del meccanismo del mondo, dove nessuno mi avrebbe vista…certo, mi sarei scottata un bel po’, ma ne sarebbe valsa la pena! Preferivo arrostirmi al calore della terra, che essere lì in quel momento…davanti agli occhi di tutti (e soprattutto di Rik)…davanti alle facce divertite di Otto e Standby; che mancava poco che esplodessero…e invece mi trovavo proprio dove non avrei mai voluto stare in quell’istante! Diventai tutta rossa in faccia, così cercai una buona scusa per scappare via da quella situazione. “ehm…ciao! Sentite…i-io devo disfarmi la valigia…quindi vi saluto!” dissi, facendo per andarmene, ma Win mi prese per un braccio. “dove credi di andare! Guarda che dobbiamo instaurare un buon rapporto con i vicini di stanza!” “…buonissimo!” continuò Otto. Si sentì bussare alla porta, sia da noi, che dai ragazzi della 808. “vado ad aprire!” annunciai con un filo di speranza. “d’accordo, per questa volta ti lascio andare!” disse Win, lasciandomi andare ad aprire la porta. Percorsi la stanza a passo svelto, come per scappare da uno sciame di api che mi voleva pungere. Aprii la porta e mi apparse la faccia di Ded tutta contenta e soddisfatta. “che ti è successo? Come mai così felice, non eri rimasta sola?” le chiesi, ma dopo aver visto chi le stava accanto capii. “non sono stata sola…Rio mi ha tenuto compagnia” disse tutta rossa sulle guance. In quello stesso momento si aprì la porta della 808. “ehi, Rio! Che hai fatto che stai arrivando a quest’ora?!” gli chiese Rik “che sei esagerato, sono stato da lei solo per un quarto d’ora!” si giustificò Rio. Sentendo la voce di Rik, istintivamente rientrai dentro, ma sfortunatamente scivolai nella valigia di Window che aveva abbandonato a terra per abbracciarmi; così mi ritrovai a gambe all’aria e con il sedere sbattuto violentemente per terra, lanciando un piccolo gridolino di dolore. Tutti si voltarono verso di me che, quasi sicuramente, avrò avuto una faccia terrificante dal dolore! “…tutto bene, Cla?” mi chiese Ded. “…” Ecco, un’altra occasione dove avrei voluto sprofondare sotto terra! Ancora di più…però, se avessi scavato ancora di più, sarei arrivata dall’altra parte del mondo! Non andava bene…non andava bene niente! Cercai di alzarmi, ma un dolore improvviso, proveniente dalla caviglia, non me lo permise. Allora mi sentii sollevare da terra…forse era il fatto che avevo sentito di nuovo la bellissima voce di Rik, e quindi che ero così felice da poter prendere il volo…oppure che al posto di sprofondare nell’entroterra, salivo verso l’infinità dell’universo?! Anche quello mi sarebbe andato bene! Si, ma…nell’universo uno si ci perde! E così non avrei più vistò il mio dolce e amato Rik! NOOOOOOOOOOOOOO!!!!! Quando aprii gli occhi che avevo chiuso sia per il dolore fisico che quello morale, vidi che ero sospesa a un metro e dieci da terra…ma non per via dei miei poteri soprannaturali conferitomi fin da piccola dalla CMS (Corte Marziale Suprema)…non l’ho mai detto perché era un segreto, ma è così: sono una maghetta!!…no, scherzo…il fatto è che Rik mi aveva presa in braccio! “visto che non riesci ad alzarti, ti ci porto io” mi disse “d-dove?” gli domandai, cercando di capire da dove la prendesse tutta quella forza. “in infermeria, dove vuoi che ti porti?!” “grazie del pensiero, veramente…ma non ce n’è bisogno! Guarda: riesco benissimo a muovere il piede, è stata solo una piccola stortaAAAAHI!!” dissi muovendo il piede, ma naturalmente mi feci un male dell’anima, visto che non si trattava solo di una piccola storta… “e magari tu vorresti andare in infermeria da sola, camminando…ma tu sei scema!”mi disse migliorando la presa. “su, aggrappati al mio collo…” “ehm…va bene” In quel momento, grazie alla mia bella tintarella rosso fuoco, potevo prendere il posto di quel povero mantellino rosso che viene sventolato per stuzzicare il toro nelle arene…il problema è che io non sono molto elastica, quindi…facendo due più due…il toro mi avrebbe caricata! Prima che Rik potesse incamminarsi, subito Window si precipitò per vedere cosa era successo. Naturalmente dove si sposta Win, c’è anche Otto, seguito da Standby. “cosa è successo?! Cla!” mi si avvicinò sconvolta Win. “non ti preoccupare non è successo niente!” la tranquillizzai. “la sto portando in infermeria…credo abbia una distorsione!” le disse Rik. “distorsione?! Ma che hai fatto?!” mi richiese Window. “sono inciampata nella tua valigia! Per colpa tua adesso sono combinata così! Mi avrai sulla coscienza!” la incolpai. “nuuuu! Scusa, non avevo questa intenzione…però, non mi sembra che ti possa lamentare…in braccio a Rik…”stava dicendo, ma io le diedi un calcio…con il piede sbagliato! “AAAHHIIIIII!!!” fu il mio urlo di dolore “ ‘ahi’ dovrei dirlo io! Cavolo, mi hai quasi rotto la spalla!” “se vuoi ti porto in infermeria!” le propose Otto “no, grazie. Sto bene, non preoccuparti” gli rispose con gli occhi dolci. “noi andiamo” annunciò Rik cominciando a camminare verso l’ascensore. “veniamo pure noi!”esclamò Rio, ma subito dopo Rik si girò e lo fulminò con lo sguardo. “…ripensandoci…preferisco rimanere qui! Ded, mi ospiti in camera tua?” “con piacere!” ed entrarono nella camera di noi ragazze. “Win…ci facciamo una passeggiata?” chiese Otto a Window. “d’accordo” …SIIIILEEEENZIIIIIOOOOOOOO… “…bene! Quello è in infermeria; Rio in camera con Ded; quei due che fanno la loro brava passeggiata… e io? Sempre solo come un cane! Ma che ho fatto di male nella vita?” detto questo, Standby entrò in camera sua. אּ “non sono pesante?” chiesi a Rik, mentre entravamo nell’ascensore. “solo un pochino” “adesso puoi mettermi giù, posso stare in piedi” “d’accordo” disse facendomi scendere. Mi appoggiai alle pareti dell’ascensore. “quanto ti fa male?”mi chiese “non poi così tanto. Naturalmente se lo muovo succede l’ira di Dio, però…l’importante è tenerlo fermo” “giusto” Ci fu un minuto di silenzio. “sei stanco?” “no, non sono un fallito io. Devi sapere che mio padre mi ha costretto a fare palestra per sei anni di seguito” “e come sei venuto fuori bene…”dissi senza pensarci. “cosa?” “no, niente…” Passò un altro minuto “…con la piastra” mugugnò “che hai detto, non ho capito” “…” “…” “…sei…sei carina con la piastra…”disse abbassando lo sguardo. “…g-grazie…” ringraziai quasi evaporando per il calore che emanavano le mie guance bordeaux. “sai dov’è l’infermeria?” gli chiesi “no, però adesso chiedo alla hall” L’ascensore si fermò al piano terra. Quando si aprirono le ante, lui mi prese di nuovo in braccio. “non ti preoccupare! Ce la faccio da sola, sul serio!” gli dissi cercando di scendere dalle sue braccia. “ferma! Se no cadi” Dopo un po’ mi arresi, sbuffando. “ti dà fastidio?” “no! È solo che…bhe…sono…pesante…” “scema…” Si avvicinò alla reception, sempre con me in braccio. “ scusi, l’infermeria?” chiese alla receptionista. “…pardon?” (…cosa?) gli rispose. “ti ricordo che siamo in Tunisia…” gli feci notare. “già, è vero…non ci avevo pensato!” “adesso chi è lo scemo?!” gli chiesi dandogli un buffetto sulla testa. “sempre e solo tu!” “piuttosto…excuseme…where is the sick-room?” (mi scusi…dov’è l’infermeria?) chiesi alla signorina. “oh…third floor, at the end of the corridor on the right!” (oh…terzo piano, in fondo al corridoio a destra!) mi rispose. “thanks” (grazie) “traduzione?” mi chiese Rik “terzo piano, alla fine del corridoio a destra” “thank you!” (grazie) mi disse andando verso l’ascensore. “è l’unica cosa che sai in inglese?” gli domandai. “no, non so solo questo!” “dimmi, che voto hai?” gli chiesi con un ghigno sulle labbra. “…cinque…” mi rispose con lo sguardo basso. ‘che bellino…mi fa quasi tenerezza!’ “…cinque…e come mai questo voto così…così…” “…così penoso? Sai, non sto molto simpatico alla professoressa Simonetti…dal primo giorno di scuola! Alla prima interrogazione andata male subito mi ha inquadrato” “e qual è stata la tua prima interrogazione negativa?” gli chiesi di nuovo con quel ghigno che metteva con le spalle al muro chiunque l’avesse guardato. “…diciamo che è stata la prima interrogazione e basta!” “ah…bene! Certo che hai cominciato l’anno in maniera grandiosa!” “…non solo in inglese…quasi tutte le materie…” disse entrando nell’ascensore. ‘…e pensare che credevo fosse il ragazzo perfettino, che studia sempre…’ “…e in quali vai bene?” gli chiesi ammaccando il pulsante del terzo piano. “solo il quella della Galluzzo, ma non pensare che sia bravo in italiano…è solo che dice che sono un bel ragazzo! Quella è tutta pazza!” disse ridendo. “non solo lei…” sussurrai arrossendo fino alle orecchie. “mh, cosa?” mi chiese guardandomi negli occhi. A quel punto arrossii così violentemente che cominciai a sentire caldo…mi sentivo alle Bahamas quanto caldo sentivo…in quel momento volevo fare quello che facevo ogni volta che morivo di caldo come non mai: ficcarmi la testa dentro il freezer! “…d-dicevo…vorrei ficcarmi la testa dentro il freezer!” esclamai “cosa?!” mi chiese sconvolto. “cioè…volevo dire…che caldo!!” dissi sventolandomi con la mano. Vidi che stava avvicinando la sua faccia alla mia…cavolo: mi stava baciando! Adesso non potevo che essere del colore della maglietta di Otto: quel rosso porpora che poteva fare invidia agl’indiani d’America! Ero al settimo cielo!...no: ero al terzo piano del nostro hotel. Si aprirono nuovamente le ante dell’ascensore. “sei calda. Non è che hai la febbre?” Non mi stava baciando…cioè…stava controllando, poggiando le labbra sulla mia fronte, se mi ero accaldata troppo…se avevo preso chissà quale strana febbre … ‘grazie del pensiero gentile, Rik…ma io preferivo un bacio vero e proprio!’ “…infondo al corridoio a destra…ma, alla fine del corridoio da che parte?” mi chiese guardandosi a destra e a sinistra. “vedi. Dovrebbe esserci scritto” gli risposi. “No. Non c’è scritto niente” “bene! Allora prova da tutte e due le parti” Cominciammo da sinistra. Il corridoio era lunghissimo, a ogni passo c’era una porta, e su ogni porta c’era la targhetta con il numero di quella stanza. Ultima a destra… “qui non c’è” disse Rik facendo dietrofront e andando dall’altra parte. Ultima a destra… “eccola!” dissi abbassando la maniglia. …se solo non avessi aperto! ‘perché sono così sfigata?! Dico, perché?’ Io e Rik vidimo Matt seduto su un lettino, James coricato su un altro e David appoggiato ad una finestra. “oh…hello, Claire!” (oh…ciao, Clara!) mi salutò Matt. “…hello” (…ciao) gli risposi, dopo guardai lo sguardo di Rik: terrificante! Nei suoi occhi si intravedevano delle fiamme rosse che a poco a poco crescevano, man mano che passavano i secondi. Dopo vidi che gli sguardi di Rik e Matt si erano incrociati…se prima negli occhi di Rik cresceva il fuoco…adesso tra quei due, si poteva cuocere in tre secondi un involtino! “ehm…what are you doing here?” (ehm…cosa ci fai qui?) chiesi a Matt per riprendere in mano al situazione. “James had a loss of pressure…and you?” (James ha avuto un calo di pressione…e tu?) spiegò guardando in cagnesco Rik. “I have taken a little twist, nothing at all!” (ho preso una piccolo storta, niente di che!) gli rassicurai. ‘per fortuna che Rik non capisce l’inglese, così io e Matt potremmo parlare senza che si creino disguidi’ Rik mi fece distendere su un lettino libero, lontano da quello di James…mooolto lontano. Era una stanza lunghissima, piena di letti e sedie. C’erano anche tantissimi armadietti appoggiati al muro. Grazie alle mille finestre che la circondavano, era molto luminosa. “e l’infermiera?” chiesi a Rik. “può darsi che non ci sia. Forse è un fai da te!” mi rispose sorridendo, ma subito quel sorriso si dissolse come si era poggiato sulle sue labbra. Dopodichè la domanda fulminante…quella che appena te la pongono tu ti chiedi ‘che ho fatto di male per meritarmi questo?!’. “chi è quello?” “ah…bhe…quello…ecco…un amico…sai com’è…” cercai di spiegargli. “no, non lo so” ‘perchèèèèèèèè!! Voglio Meeeeloodyyyyy!!!’ pensai quasi in lacrime. “l’ho conosciuto ‘sta mattina…” “e…?” mi incitò a continuare. “…e abbiamo chiacchierato…” “solo chiacchierato? Sai com’è, questa volta dovresti saperlo” disse guardandomi storto. “vi ho visti abbracciati…” continuò. In quel momento stava uscendo fuori la mia parte negativa: quella scontrosa anche con le persone a me più care, come Rik… “…e se così fosse…a te che te ne frega?!” gli dissi mettendomi a sedere. “giusto…a me non frega niente di te…” disse abbassando lo sguardo. ‘Non era mai successo che mi rivolgessi così a lui…Rik…la persona che tanto amo e desidero…mi faccio schifo…però, è stato lui ha volerlo. Io avrei felicemente cambiato argomento…e invece lui no, quindi non è colpa mia’ Dopo essermi ricoricata, mi ricordai quello che mi disse Win in camera sempre la stessa mattina… “non gli interessi?! Allora sei proprio orba: nel terrazzino se avesse potuto avrebbe ammazzato quel ragazzo che stava con te; nel corridoio balbettava pure lui…a me sembra ovvio che gli piaci!” ‘forse ha proprio ragione…no! No! Non ha per niente ragione! E io sono solo un’illusa!! Non devo pensare certe cose!’ “…siamo venuti qui per la tua caviglia, ma l’infermiera non c’è. Che facciamo?” “…n-non lo so…” Ci fu un minuto di silenzio. “ti fa molto male?” mi chiese. “no, anzi: credo di essere guarita! Adesso possiamo andare!” dissi mettendomi di nuovo a sedere. “stà giù! Adesso chiedo a qualcuno di quei tre di andare a chiamare l’infermiera…” disse lui spingendomi contro il letto in modo da farmi coricare. “…e come: in Turco?” gli chiesi sarcastica. “se lo conoscessi, magari sarebbe stato possibile!” “allora glie lo chiedo io…excuseme…can you go to call the nurse? Please” (…scusatemi…potete andare a chiamare l’infermiera? Per favore) chiesi a quel gruppetto inglese composto da Matt, James e David. “ok!” fu la semplice risposta di Matt. Vidi che bisbigliava qualcosa a David e poi lo vidi uscire dalla porta. Rik tirò un sospiro di sollievo. ‘non ti preoccupare! È solo un po’ stanco! Oppure Matt gli dà davvero fastidio, forse odia proprio gli inglesi in sé!...forse…’ אּ “ok, ok…adesso rilassati e stringi i denti! Non ti preoccupare, non sentirai niente!” mi rassicurò l’unica infermiera che parlava italiano in quell’albergo. “come faccio ad essere rilassata se devo stringere i denti?” “se vuoi mi puoi tenere la mano. Stritolala tutta se ne hai voglia!” mi disse Rik porgendomi la sua mano. “ma no! Non ce n’è bisogno!” dissi cercando di fare la finta il più possibile, anche se sarebbe stato il mio sogno stringergli la mano! Ma dopo l’allegro richiamo dell’infermiera ‘pronta?’ ci ripensai e gli presi la mano…era diverso da quando lui mi aveva tenuta in braccio, era come se avessi fatto un passo avanti verso di lui…certo non con il piede che mi ritrovavo! CRACK “…AAAAAAAAAAAAH!!!” fu il mio urlo che invase la stanza e tutti si girarono verso di me. L’infermiera, scommetto massaggiatrice specializzata in mosse di Karatè, mi aveva sbloccato quella piccola distorsione che avevo, girandomi il piede…che dolore! Però finalmente avevo la caviglia a posto…diciamo che io ero a posto, ma Rik no! Per il dolore gli avevo quasi distrutto la mano! Certo, lui mi aveva detto di stritolargliela, ma non di fargliela a polpette! ‘perché…perché…adesso mi odierà!’ pensai sperando di essere perdonata dal Cielo per la mia incontrollata violenza. “adesso stai meglio? Perfetto! Adesso posso tornare da dove sono venuta! Ciao ciao ragazzi” disse l’ifermiera andando verso la porta. Era abbastanza giovane, carina e sculettava molto vigorosamente; tanto da far girare la testa a tutti i presenti…naturalmente tranne me e Rik, che era intento a massaggiarsi quello che gli rimaneva della mano. “scusami! Per il dolore non pensavo che era la tua mano, cioè, che era una mano…volevo dire…” “non ti preoccupare. Tanto una mano vale l’altra. Tu piuttosto come stai?” mi chiese sorridendo. “bene. Credo che adesso possa camminare” “vuoi provare…?…a-a camminare intendo!” disse diventando tutto rosso. ‘che carino! È così bellino quando arrossisce…anche se io lo preferiscoquando è serio…occhi profondi…mmh che meraviglia!’ “che c’è?” mi chiese. Mi ero di nuovo imbambolata a guardarlo, però questa volta avevo satmpato in faccia un sorriso così imbecille! Se potessi fare rewaind e cancellare quella ridicola scena con un’altra…, per esempio: ‘era tanto tempo che volevo dirtelo…ma non ho mai avuto il coraggio…i-il fatto è che…che…io ti amo!- disse Rik a Cla, guardandola negli occhi -…ti amo…- -anch’io non te lo mai detto…che…ti…amo…- disse Cla vedendo che il viso di Rik si stava lentamente avvicinando al suo… e…SMACK!!’ Si! Poteva andare così, invece che quella obbrida scena con la faccia da pesce lesso che mi ero messa guardandolo! “ci conviene andare, visto che adesso posso camminare!” dissi per sdrammatizzare quello che era successo prima, alzandomi dal lettino. “d’accordo” disse sorridendo in maniera mooolto strana. ‘io proprio non li capisco i ragazzi! Sono tutti di una strana razza…’ pensai cominciando a camminare verso la porta. “bye bye, Claire!” (ciao ciao, Clara!) mi salutò Matt avvicinandosi molto precocemente. “oh…ehm…bye! And thanks!” (oh…ehm…ciao! E grazie!) gli risposi dandogli un bacio in guancia. Non l’avessi mai fatto! Rik mi scuadrò da capo a piedi. “not at all! and, how do you feel now?” (di niente! e, come ti senti ora?) mi chiese sempre più vicino, troppo vicino! Mi scostai un po’ da lui e anche lui indietreggiò, per fortuna. “now I fell well!” (adesso sto bene!) gli risposi. “ok, bye” “bye!” “vedo che siete molto affiatati” mi disse Rik, mentre mi accompagnava in camera. “ehm…veramente…” balbettai incerta. “…così vicini…” continuò lui. “…bhè…” “…bhè…?” mi chiese. “…Matt è molto precoce, sai? Prima, nella loro camera mi stava quasi per baciare!…ops” ‘PERCHÈ PARLO TROPPO?! MANNAGGIA ALLA MIA BOCCA!!!’ “…cosa?” mi chiese un tantino shoccato. “…però non c’è riuscito!…” dissi sorridendo. ‘ancora peggio! Sono una neglia: prima faccio danno e dopo faccio peggio!!’ “solo per sapere…ti piace?” mi chiese con uno strano sorriso malizioso. “ non sia mai!…” dissi alzando in aria le mani a mo’ di “…” “…è carino…” mi arresi infine. “…ti piace…te lo si legge in faccia!” disse sempre sorridendo, però questa volta molto malinconicamente. ‘scemo! Eppure dovresti saperlo che l’unico che mi piace sei tu! Certo, Matt è Matt, che è una meraviglia di ragazzo, e su questo non ho torto…ma tu sei Rik! Altrettanto meraviglioso Rik! Quanto vorrei urlartelo in faccia! MI PIACI!! Ecco, vorrei urlarlo al mondo intero…ma chissà che reputazione mi farei!’ pensai triste, guardando per terra. Arrivammo d’avanti la mia camera, la 807. “allora…ciao! Ci vediamo a pranzo” mi salutò. “ok, ciao!” אּ “su, su! Salite sul pulman, presto!” gridava la Galoluzzo per incitare i ragazzi a fare una fila decente per salire su quel meraviglioso automezzo a due piani con le tendine azzurro-cielo e verniciato di blu. “bene, adesso faccio l’appello. E man mano che vi chiamo salite! Mi raccomando: rispondete quando vi chiamo! Aloisio…” cominciò. “presente!” rispose Laura, salendo sul pulman. “…Amodeo…” continuò la prof. Un altro ‘presente’ e un altro ragazzo dentro a quel bestione a quattro ruote. Durò così per almeno dieci minuti, con tutte gli alunni che si dovevano chiamare…solo quando sentivo la voce di qualche mio conoscente, per esempio del mio dolce e caro Rik…, mi riprendevo dai miei pensieri. Era ovvio che, alla fine, in pulman succede sempre qualcosa… Da quest’albergo fino al Palazzo d’Oriente ci vuole un bel po’ in pulman e poi per arrivare al museo archeologico una mezz’ora piena… “Di Blasi” “sono qua!” le risposi. “lo vedo, purtroppo…” “grrrr…cosa intende per purtroppo?” le chiesi, anche se sapevo benissimo cosa intendeva. “sali e non fare storie, non vedi tutta questa fila di ragazzi dietro di te che aspetta il momento di entrare? E tu sei qui che mi fai domande inutili, egoista, egocentrica e presuntuosa di una ragazzina! Entra subito!!” Se avessi potuto l’avrei strangolata a bani nude…ma sarebbero rimaste le impronte su quel suo sottilissimo collo, e quindi mi avrebbero beccata! Piano numero due: mi sarei infilata in testa un passa montagna, mi sarei infilata dei guandi di pelle per non lasciare tracce e poi l’avrei strozzata com’è di giusto! poi avrei preso il corpo senza anima (anche se neanche da viva non ne aveva…) e l’avrei buttato nel cassonetto più vicino! Che piano geniale…mwahahahahahahahahahah!!!!… ‘basta, sono troppo pericolosa! Meglio smetterla con questi pensieri omicida…’ Mi ritrovai accanto a Window, invece Ded era accanto al suo zaino. “ancora per quella storia?! Certo che i nostri compagni sono proprio degli idioti!” esclamai guardando Ded che guardava malinconicamente il suo zaino seduto alla sua sinistra. “spero di esserti simpatica, Zizzy!” “Ded, smettila di parlare col tuo zaino! Non è una bella cosa da vedere!” la rimproverò Win. “ma non ho con chi parlare!” “e noi a che serviamo?!” le chiesi. “su, scala di un posto e avvicinati a noi al posto di stare incollata al finestrino!” le disse Window. “scusa…mi posso sedere qui? Quei tre cretini non mi fanno sedere con loro…” chiese Rio a Ded, che lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite per la sorpresa. “i tre cretini chi sarebbero?” gli chiese Window. “Standby, Otto e Rik…i soliti! Dicono che vogliono una di voi due” Io e Window ci guardammo. “e se invece ci andassimo tutte e due?” chiese Window “ah, questi non sono affari miei!” “lascia perdere Win. Vacci solo tu” le dissi, ma lei mi si avvicinò all’ orecchio. “non vorrai mica fare il terzo incomodo fra questi due, spero!” “ah, non ci avevo pensato…bhè, mi leggerò un libro!” “andiamo! Sei già stata fra le sue braccia e vorresti evitare un’animata discussione? Ridicola…” “…d’accordo, sbrighiamoci, che se no il pulman parte e non possiamo più muoverci!” “yuuuhuh!!” Salimmo al piano di sopra: fantastico! Alcuni sedili erano rivolti verso altri due sedili e tra loro c’erano dei tavolini. “ciao ragazze! Standby, comincia a smammare!” ci salutò Otto. “ma non è giusto! quassù, doveva salirne solo una, non due!” protestò Standby, alzandosi dal suo posto e venendo incontro a noi. “se volete io torno giù, per me non c’è problema!” dissi accennando un piccolo sorriso. “NO!!…cioè, noon ti conviene! Giù ci sono Ded e Rio, e non è bello fare il terzo in comodo, ti senti un verme…voglio dire…qui hai la compagnia mia, di Otto, Standby e di Window, che suppongo sia la tua migliore amica!…credo” disse Rik diventando tutto rosso. “bhè, si in effetti hai ragione…ma Standby…” “Standby non si lamenterà più, te lo assicuro…stai tranquilla!” continuò guardando Stendby con occhi da omicida. “che c’è? Che ho faAAAARGH!!” Il pulman era partito e Standby aveva perso l’equilibrio ed era caduto sopra di me! ‘capisco che, Standby, tu sei un ragazzo tremendamente carino e tutte le ragazze appena vedono i tuoi capelli biondi e quegl’occhi color cioccolato, svengono ai tuoi piedi…ma tu non sei il mio tipo, perciò ALZATIII!!!!’ “scusami! Il pulman è partito all’improvviso e io…” si scusò “…non preoccuparti! Non è successo niente…però…adesso…ti potresti alzare? Sai, sei un po’ pesante!” dissi cercando di alzarmi, visto che la posizione non era delle ottime! “oh, si! Scusa!” “bene, bene, bene! Vedo che c’è un posto vuoto! Rik, mi posso sedere accanto a te?” gli chiese Simona sbucata all’improvviso. “veramente…” cercò Rik di risponderle “oh, grazie! Come sei gentile!” disse sedendosi e prendendogli il braccio. “ehi serpe! Sposta gentilmente il tuo didietro su un altro sedile, per immensa cortesia?” le chiesi alzandomi di scatto e facendo cadere di nuovo Standby. “e di grazia, perché dovrei incline a otemperare alla tua così gentile richiesta?” mi chiese con uno sguordo insopportabile. “perché quello è il mio posto!” “era…chi va a Roma perde poltrona! Quindi adesso è mio” “che bambina! Questa frase la ripetono i bambini di cinque anni!” “non mi rompere con queste tue sottigliezze! Io parlo come pare e piace a me!” “senti: se non ti togli di lì entro cinque secondi, non so quello che ti può succedere!” ‘oh no! La mia natura violenta sta uscendo fuori!’ “Simona…alzati e fai sedere Cla…subito!” la minacciò Rik. ‘YUUHUUUH!! VAI RIK! IO TIFO PER TE!!…e per chi se no?’ “certo che siete tutti insopposrtabili! Da te proprio non me l’aspettavo Rik!” disse Simona alzandosi con una faccia molto sconsolata. “e allora? Mica casca il mondo! Piuttosto, cercati un posto lontano da noi…preferibbilmente al piano di sotto!” le rispose alzando le spalle. Dopo avermi fulminata con gli occhi, Simona seguì il suggerimento di Rik e scese al piano di sotto. “allora, non ti siedi?” mi chiese Rik sorridendo. “con piacere!” gli risposi mentre Standby, dietro di me, era rimasto incatsrato tra due sedili. “a…a-iu…toooo!!” אּ “come potete vedere, questo libro racchiude tutte le leggi del primo governo tunisino. È molto antico e, appunto per questo, il suo valore è pari a 456.377.020 euro…una cifra considerevole! Continuando da questa parte invece…” spiegava la guida del Palazzo d’Oriente. “se lo rubo e poi me lo rivendo? Bella idea, no? Ci guadagnerei un bel gruzzoletto!” sussurrò Otto all’orecchio di Rio. “che scemo…” “qui è pieno di cose con le leggi, che palle! Voglio andare a mangiare! Che ore sono?” si lamentò Window. ‘non ho mai capito perché Window ce l’ha sempre con me: che ho fatto di male io per sorbirmi tutte le sue lamentele?!’ “sono le 18.42…fra poco andremo al museo archeolocico e dopo a cena. Contenta?” le risposi. “NOOOOO! Ho sonno! Che ore sono?” mi richiese. ‘grrr…adesso sto veramente perdendo la pazienza’ “sono ancora le 18.42…dopo la cena c’è la camera da letto, ma mica andremo a dormire…faremo il casino più totale…intesi?” continuò Ded per me. “YEEAAH!! CASINOOO!!” cominciò a urlare saltellando…naturalmente tutti i presenti la guardarono come se fosse un essere di una stranissima e rara razza! “CARLETTI!!” אּ “basta! Sono stanchissima! Non ne posso più!! Adesso…altro che casino! Tutti a dormire!!” disse Window buttandosi sul suo letto. Finalmente eravamo tornate. Erano le 23.53…avevamo fatto molto più tardi del previsto! “già sei stanca?! Io sono tutta gasata! YUUUHUUUUH!!! YEEEAAAH!” urlai cominciando a saltare sul letto come una pazza. “lo dicevo io che la birra ti avrebbe fatto mooolto male!” disse Ded cercando di farmi scendere dal letto. “così lo romperai e dovrai pagare i danni!!” “E CHI SE NE FREGA!!!!” continuai a urlare. “Window, aiutami! Non vedi che sono in difficoltà?!” “nooo. Sono troppo stanca!” le rispose chiudendo gli occhi e sospirando. “basta! Io ti lascio lì, tanto prima o poi le batterie ti si scaricheranno!” disse sedendosi sul suo letto. Alla fine scesi e mi sedetti sul letto di Ded. SIIILEEENZIOOOO… “mpfahahahahahahahahah!!…ahah…” cominciai a ridere come una cretina. “non sei spiritosa…” “che siete noiose…piuttosto…ho voglia di fare una cosa assurda, la fate con me?” chiesi tutta eccitata. “e che sarebbe?” mi chiese Window. “questo…” Aprii la finestra e… “…RIK TI AMOOOOOO!!!” “…c-cosa?” mi chiese Rik appoggiato alla ringhiera del terrazzino della 808… Allora? Cosa ne pensate? È un po’ lunghetta…e ci metterò un bel po’ a finirla…aspettatevi che a Maggio ancora non ho finito (sono io che parlo…nd Anya)! Mi raccomando…la direzione desidera tante, anzi TANTISSIME recensioni che ci facciano sciogliere il cuore…(come sono poetica! T__T nd Anya). Bye bye…Anya e Dalia

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Maggio ***


Scusate il ritardo ma abbiamo avuto un sacco di problemi: primo, Anya ha gli esami di terza media e quindi finché non avrà finito, non può finire di scrivere aprile… comunque anche se un po’ in ritardo, qui c’è la prima parte di maggio…

Scusate il ritardo ma abbiamo avuto un sacco di problemi: primo, Anya ha gli esami di terza media e quindi finché non avrà finito, non può finire di scrivere aprile… comunque anche se un po’ in ritardo, qui c’è la prima parte di maggio…

È molto particolare come storia e spero seriamente che vi piaccia… Saluti anche da parte di Anya che, come prevedibile, sta studiando… Tanti bacioni Dalia

Maggio

Era una tranquilla giornata di primavera. Il pomeriggio cominciava a tingere il cielo di colori spettacolari che solo in certi orari possono offrire a un pubblico, che comprende palazzi, viali, negozi e cittadini con una vita caotica, uno spettacolo quasi surreale.

Maggio. Come sempre è uno dei mesi in cui si può passeggiare nei parchi sotto i mandorli fioriti. L’ aria profuma di miele e tutti sembrano di buon umore.

Questo era quello che pensavano Alberto e Maty, mentre passeggiavano per il parco più grande e bello di tutta la città.

Tutto era un sogno, uno splendido e infinito sogno i cui protagonisti erano proprio loro due.

I due ragazzi scherzavano, ridevano e non ci voleva un genio per capire che i due stavano insieme.

Camminavano l’ uno accanto all’ altra, senza una meta precisa. Era questo il loro modo preferito di trascorrere il tempo insieme, il modo che a loro piaceva di più di passare i pomeriggi come quello.

Maty era una ragazza di sedici anni, alta, snella e ben formata. Portava i suoi capelli bruno scurissimo tagliati a scalare, con la riga laterale. Aveva un colore di pelle che faceva molto pensare al colore del legno tagliato e verniciato, uno strano marrone chiaro tra ocra e oro. Aveva delle bellissime mani, con dita lunghe e unghia curate e affusolate. Nel complesso era davvero una ragazza carina, con dei lineamenti dolci ed espressione aperta. Ma una cosa aveva di particolare: gli occhi. Unici al mondo, con quel loro colore d’ oro e ambrato… quasi giallo, Maty aveva gli occhi profondi e splendenti come una stella.

E in quel momento la stella che brillava era il suo sorriso che rispecchiava la felicità per lo stare vicino a Alberto, il ragazzo che tanto amava…

Alberto invece era un bel ragazzo di diciassette anni dalla pelle abbronzata, con dei bei capelli biondo-castano che ricordavano molto un campo di grano sotto il sole allo zenit. Li portava a caschetto e scalati con una riga centrale che faceva intravedere la bella fronte spaziosa. Sotto la fronte, i suoi occhi verde palude, avevano un’ aria seria ma esprimevano un sentimento di pace interiore. Il naso dritto scendeva sulla bocca che, diversamente dagli occhi che facevano trasparire il suo essere contento, come sempre era inespressiva e seria. Era un ragazzo alto, con le spalle larghe e corpo atletico non troppo magro ma comunque abbastanza snello. Era molto popolare tra le ragazze della sua scuola e alcune di queste non avevano neanche la dignità di non farsi vedere quando, vedendolo, spuntavano loro cuoricini al posto degli occhi. Il che gli aveva confermato che l’ intelligenza di certe ragazzine era rasente l’ imbecillità.

Passeggiavano ancora sotto i mandorli fioriti. Il silenzio regnava nel parco dove erano i due ragazzi. Chissà la gente cosa faceva in quel momento sparsa per la città.

-NO! MI LASCI STARE!! AIUTO! QUALCUNO VENGA! AIUTO!!!-

Un grido squarciò l’aria e Alberto e Maty si accorsero che a urlare era stata una donna che lottava contro un malvivente che voleva scipparle la borsa poco più avanti di dove si trovavano loro.

-Stai zitta, idiota!- le urlò di rimando lo scippatore.

-Che facciamo?-sussurrò Maty ad Alberto.

Scappare? Da vigliacchi davanti a qualcuno che ha bisogno di aiuto.

Intervenire? Troppo rischioso, comunque.

Ma stare li impalati voleva dire che prima o poi quel disgraziato li avrebbe visti.

Alberto decise di intervenire chiamando la polizia sperando giustamente che le forze dell’ ordine arrivassero il prima possibile.

Prese il cellulare nel momento in cui, con un colpo di pistola, la donna smise di urlare e si accasciò a terra, morta.

Era questione di attimi: se non fossero scappati l’ assassino li avrebbe visti.

Ma paralizzati com’erano nemmeno una potentissima catastrofe naturale poteva fargli muovere almeno un muscolo delle gambe.

Proprio mentre stavano finalmente decidendo di darsela a gambe levate, il malvivente se li trovò davanti.

L’ audio si spense. Tutto andava avanti come se fosse a rallentatore.

L’ assassino puntò per la seconda volta la pistola ma questa volta sui due ragazzi.

Dalla pistola fuoriuscirono due proiettili che puntavano dritto al cuore di Alberto…

La polizia arrivò sul posto giusto in tempo per catturare l’ assassino.

Pioveva.

Ormai il luogo era buio e le sirene mute lanciavano luci rosse e blu.

Si era formata una piccola folla dietro gli agenti che cercavano di tenere lontani i curiosi e i giornalisti.

“Un duplice omicidio. Tre persone coinvolte: una donna di ventidue anni, Rosa Garante, e due minorenni. Uno dei due minorenni è rimasto vivo, mentre l’ altro è stato colpito al cuore da due proiettili.” Stava dicendo una giornalista rivolta a una telecamera.

“La polizia è riuscita a catturare il malvivente che sarà condannato certamente all’ ergastolo.” Continuò la donna parlando con un microfono.

Una donna piangeva disperata sulla spalla del marito e accanto a loro due ragazze guardavano anche loro in lacrime il corpo straziato della vittima…

Maty riprese i sensi e dopo essersi stiracchiata si guardò in giro: un parco? Stava piovendo… ma perché c’ era tutta quella gente? Che era successo?

Non riusciva a ricordare niente…

Si guardò ancora in giro e riconobbe un tizio che dei poliziotti stavano conducendo in una macchina della polizia.

Lo stesso tizio stava puntando una pistola contro un ragazzo. Ma la ragazza accanto a lei balzò in mezzo ai due e sacrificò la sua vita per mantenere viva quella persona cara tanto importante per lei…

Gli fece da scudo e cadde sopra a quel ragazzo che perse i sensi sbattendo a terra la testa…

Quel ragazzo era vivo e in quel momento piangeva senza ritegno sul suo corpo senza vita.

-Maty?- disse una voce che fece sobbalzare la ragazza.

-Chi sei?- chiese ancora scossa dalla sconosciuta.

A chiamarla era una ragazza alta, snella, con dei capelli castano scurissimo, tagliati a scalare con una riga laterale, degli occhi color dell’oro e interamente vestita di bianco…

La ragazza presentatosi all’ improvviso dietro di lei, le sorrise. Maty pensò che le assomigliava moltissimo… Poi sgranò gli occhio e constatò che era identica a lei!

-Chi sei tu?!?-

-Mi chiamo Sara. Sono il tuo angelo custode- rispose dopo un poco lei guardando quella scena drammatica che si presentava davanti i loro occhi.

Sara indossava un unico vestito bianco formato da dei pantaloncini corti, un canottiera larga un po’ scollata e una cintura lievemente rigida che stringeva leggermente la vita.

–Sara devi spiegarmi perché io non ci ho capito davvero un tubo!- Maty la stava letteralmente implorando.

Sara la guardò negli occhi e disse dopo essere tornata a guardare la stessa drammatica scena:

-Ti spiegherò tutto - rispose seria l’ angelo.

Il ragazzo inginocchiato per terra stringeva a sé il corpo senza vita di una ragazza. Continuava a gridare “Perché!?!” e non la smetteva mai di piangere.

Anche a Maty cominciarono a sgorgare dagli occhi un paio di lacrime.

Si accorse che oltre al ragazzo altre persone piangevano disperati…

Un uomo abbracciava la moglie al fine di consolare la sua disperazione, mentre li vicino altre due ragazze si abbracciavano manifestando la loro angoscia.

-Cosa sta succedendo…-chiese la ragazza che non riusciva a trattenere le lacrime, toccata da quella tragica situazione.

Non rispose.

L’ angelo la guardò negli occhi.

-Vieni con me…- le disse infine

Lei si asciugò le lacrime e ricambiò lo sguardo. Dopo poco capì che doveva fidarsi di lei e che per qualche misterioso e oscuro motivo non poteva rimanere

Si avvicinò al ragazzo inginocchiato per terra e lo abbracciò sapendo inspiegabilmente che lui in ogni caso non poteva avvertire la sua vicinanza.

-Andiamo…- sussurrò Sara e Maty si staccò dal ragazzo e mentre lo guardava triste, lentamente si alzava e raggiungeva l’ angelo.

Si allontanarono un poco dal gruppo di persone riunite intorno ai due ragazzi.

Sara le prese le mani e una nuvola di luci li alzò da terra come una grande mano che li prendeva e li portava in alto, molto in alto…

-Maty ci sei?- si sentì chiamata la ragazza

Si trovavano nella sua camera da letto e Sara le teneva ancora le mani.

-ok, ora mi devi ascoltare attentamente…-

-Sento freddo…- rabbrividì la ragazza

-In effetti…-

Fuori nevicava…

-Nevica? Nevica a maggio?!? Io l’ho sempre detto che questo mondo è pazzo! Si, è proprio pazzo! Questo è per tutti i cataclismi che avvengono nel mondo! L’uomo sta distruggendo questo pianeta!! Fra qualche anno non ci sarà più neanche la foresta amazzonica! E noi come sopravvivremo? Sta nevicando a maggio! STA NEVICANDO A MAGGIO!!!-

-Ma noi non siamo a maggio…-

-Eh?-

Maty si voltò verso il calendario appeso al muro… Dicembre???

-Aspetta un attimo! Che caspita significa?- chiese sconvolta la ragazza

-Siamo tornati indietro nel tempo… di più di un anno…- rispose tranquilla Sara

La ragazza non riusciva a credere che veramente era tornata indietro nel tempo… e poi perché? Quale era il motivo per cui si trovava nel dicembre di quasi due anni prima?

Maty si guardò nel riflesso di un quadro appeso al muro… indossava una gonnellina jeans che arrivava alle ginocchia, una maglietta nera e sopra un maglioncino nero

-Ma questo maglione non mi entra più da tempo!- sentenziò la ragazza

-già… quanto hai penato con tutte quelle diete per arrivare al tuo peso forma!-rise Sara

-Bhè con l’impegno ci sono arrivata…- lanciò un’occhiataccia all’angelo

-Mi spieghi cosa siamo tornate a fare nel dicembre di due anni fa?-

L’angelo non rispose subito, guardò la ragazza…

-Lo capirai tra un po’… crescendo… e rivivendo questo anno e mezzo fino al maggio dell’anno prossimo… lo capirai da sola… l’intelligenza non ti manca di certo!-

-Maty? Maty ci sei? È un’ora che ti cerchiamo! Maty sono arrivati i nonni e i cugini! Dobbiamo andare a tavola!-

-Oh Cristo!! È tua madre!- disse Sara e le cadde in testa un libro messo nella bacheca sopra di lei.

-Maledizione!!!- Disse di nuovo e le caddero addosso tutti i libri della bacheca.

-Va bene, ok, ho capito! Afferrato il concetto! Niente nomine in vano, niente parolacce, niente di niente, lo so gia!!!- disse rialzandosi l’angelo e massaggiandosi la testa…

Maty rise di gusto davanti a quella scena.

Poi con un gesto della mano di Sara, i libri si rimisero tutti a posto.

-Wow… me lo insegni? Così non dovrò più fare traffico per riordinare la stanza!-

-Maty? Sei qui in camera?- entrò la madre nella camera da letto.

-Finalmente ti ho trovato! È mai possibile che sparisci così?- la rimproverò la donna.

Era una donna bellissima, che non lasciava intravedere da nessuna parte i segni dell’età. elegante sempre e in ogni modo e emanava dolcezza e tenerezza in ogni momento…

La donna, varcata la soglia della stanza da letto della figlia, si guardò intorno come per cercare qualcosa, ma non vedendo niente, rivolse di nuovo il suo sguardo ala ragazza che aveva davanti.

-Ti stiamo aspettando. Vieni subito.-

E detto questo uscì.

-Mia madre ti può vedere?- chiese Maty all’angelo accanto a lei

-No, ma è una persona molto sensibile, come vedi ha sentito subito la mia presenza nella stanza…-

Rispose Sara

La ragazza annuì.

-Io però ora devo andare a tavola…-

-Io starò sempre accanto a te… è il mio compito. Però sarà raro che mi potrai vedere… quindi ti saluto…-

-Va bene…- e detto questo l’angelo scomparve.

La ragazza si girò per qualche secondo nella sua stanza. Era totalmente diversa da come l’aveva lasciata qualche ora prima…

Le pareti erano tappezzate di poster dei cantanti e attori più belli. Sul letto vi erano sparsi fogli di esercizi di matematica accomunati tutti da un punto interrogativo scritto da lei stessa.

Non c’era nessuna foto né incorniciata messa sul comodino, né attaccata con lo scotch al muro…

Alcuni quaderni erano buttati per terra. Ne aprì uno a caso e la pagina nella aperta vi era scritto

“ALBERTO MONTALTO TI ODIO! DEVI CREPARE!!!

“SEI UNA GRANDISSIMA TESTA DI CAVOLO!!!

“TI SEI FUMATO TROPPE CANNE!!!

“ANNA E’ PIU’ STUPIDA DI UNA GALLINA!!!MA ALBERTO NON LO BATTE NESSUNO!!!”

Scoppiò a ridere guardando quelle scritte. Quante cose erano cambiate in quell’anno e mezzo: Alberto Montalto era il suo ragazzo da circa dieci mesi e Anna era la sua attuale migliore amica…

-Maty ancora non sei venuta!- la chiamò ancora la madre

-Si, arrivo!-

Posò il quaderno per terra e raggiunse la sua famiglia nella sala da pranzo.

Allora che ve ne pare come inizio? Fatemi sapere al più presto! Io nel frattempo la sto continuando e devo dire che è piuttosto impegnativa… vi prego recensite!!!!!!!!!!!! A lot of Kisses Dalia

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=29416