Walk away

di AnneC
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** When's the day you start again? ***
Capitolo 2: *** Give me highs, give me lows. ***
Capitolo 3: *** This is why we do it, this is worth the pain. ***
Capitolo 4: *** You gotta stand for something or you'll fall for anything. ***
Capitolo 5: *** From this moment on I'm changing the way I feel. ***
Capitolo 6: *** Who would have thought it would end up like this? ***
Capitolo 7: *** It’s in the eyes of the children. ***
Capitolo 8: *** I wanted words, but all I heard was nothing. ***
Capitolo 9: *** You're gonna think that you fixed yourself. ***
Capitolo 10: *** I can’t keep thinking that you’re coming back. ***
Capitolo 11: *** My head is saying no, but my heart keeps giving in. ***
Capitolo 12: *** And it's the same mistakes that I'm watching you make. ***
Capitolo 13: *** How we got into this mad situation. ***
Capitolo 14: *** And it will be just like you were never gone. ***
Capitolo 15: *** If the truth is you're a liar. ***
Capitolo 16: *** And the only chance we have of moving on was trying to take it back before it all went wrong. ***
Capitolo 17: *** Before our hearts decide it's time to love again. ***
Capitolo 18: *** What doesn't kill a heart only makes it strong. ***
Capitolo 19: *** ‘Cause I got time while she got freedom. ***
Capitolo 20: *** You got his heart and my heart. ***
Capitolo 21: *** She's standing in the heart of darkness. ***
Capitolo 22: *** 'Cause I’m shouting your name all over town. ***
Capitolo 23: *** Neither one of us is getting out of here alive. ***
Capitolo 24: *** 'Cause I got no business knowing where you're at. ***
Capitolo 25: *** They say bad things happen for a reason. ***
Capitolo 26: *** * ***



Capitolo 1
*** When's the day you start again? ***


Capitolo 1

~

 When's the day you start again? 


Quando si decide di mollare tutto e trasferirsi in un'altra città, non sei pienamente consapevole di ciò che troverai nella tua nuova vita.

Abbandoni la tua casa e i ricordi legati ad essa, la tua famiglia, i tuoi amici e persino la persona che sei stata fino a quel momento.
Molti dicono che hai la possibilità di essere diversa, diventare chi vuoi essere davvero, puoi creare una versione migliore di te stessa, ma chissà se sarà vero...
Fin quando un'hostess non ti riconsegna cordialmente il tuo biglietto aereo ed il tuo documento, vivi in una sorta di limbo, tra la tua vita passata e quella futura. Ed è questa la situazione in cui mi trovo in questo momento.
Ho deciso di abbandonare l'Italia per andare alla ricerca di un futuro migliore, che non mi intrappoli in un lavoro sottopagato, che non mi soddisfi appieno, che mi permetta di essere autonoma economicamente e di non essere costretta a vivere con i miei fino ai trenta e passa anni.
Certo, fra due giorni inizierò a lavorare in una caffetteria, ma spero che tra un mesetto abbia trovato qualcosa di meglio, o altrimenti resterò finchè potrò permettermelo e ritornerò in Patria con la coda tra le gambe.
Ed eccomi qui, una ventiduenne in un aeroporto fuori Londra all'una di notte, ad aspettare che il nastro trasportatore mi restituisca il mio bagaglio sano e salvo. Nonostante sia già stata in questa che ora sarà la mia città, tutto ciò che mi circonda mi appare sotto un'altra luce, ma forse è dovuto solamente al fatto che siamo a gennaio e a quanto pare fuori sta per cominciare una bufera di neve. Ho scelto davvero un bel periodo per trasferirmi!
Anche se è notte fonda, l'aeroporto non è deserto: ci sono i viaggiatori del mio volo, giovani accampati in ogni dove che attendono i primi voli del mattino e un altro gruppo di viaggiatori provenienti da qualche città che non ho ben capito. Con al seguito il mio bagaglio integro mi dirigo verso la fermata dei taxi, ma mi fermo poco prima della porta per infilarmi sciarpa, cappello e guanti e prepararmi all'idea che presto diventerò un pupazzo di neve. Non so se ho impiegato un'eternità per conciarmi come una befana, ma appena esco mi rendo conto che sono rimasti solo due taxi liberi.
Cerco di correre, ma il trolley mi impedisce di accelerare quanto io vorrei, e non solo rischio di cadere ogni due passi, ma arrivo letteralmente addosso a qualcuno. Mi scuso velocemente con lapersona che ho urtato e  mentre noto che uno dei due taxi si allontana, una donna impellicciata mi guarda storto, dicendo qualcosa con un accento alquanto strano. La guardo dispiaciuta, qualunque cosa abbia detto e mi allontano, con la speranza di accaparrarmi l'ultimo mezzo a disposizione. Riparte così la mia corsa folle e quando sono ad un metro di distanza dallo sportello, qualcuno mi precede e sale a bordo.
A questo punto mi rassegno all'idea che passerò la mia prima notte londinese rannicchiata su una poltrona, aspettando che diventi giorno; faccio dietrofront con la testa china come se stessi andando al patibolo.

D'un tratto però lo sportello dell'auto si apre.
"Credo che debba prendere tu questo taxi" .
" Dici a me?!" dico voltandomi, ma d'altronde a chi potrebbe riferirsi se non c'è anima viva qui fuori.
" Si, non è prudente passare la notte da sola in aeroporto" mi dice il ragazzo avvicinandosi.
"Ma l'hai preso per primo, io sono arrivata tardi".
"Posso farmi venire a prendere da un amico, mi pare tu non abbia alternative".
Hai colto nel segno, mio caro.
"Se è cosi, ti ringrazio davvero" gli dico sincera mentre il freddo pungente mi sta quasi congelando, e lui fa cenno al tassista di mettere il mio bagaglio nell'auto.
"Grazie mille. Mi dispiace se rientrerai tardi a causa mia" gli dico mentre l'aria calda dell'abitacolo mi accarezza il viso.
" Non preoccuparti, ormai ci sono abituato" mi dice col sorriso sulle labbra.
Non so a cosa si riferisce, ma qualunque cosa sia mi ha fatto guadagnare un posto al calduccio. Mentre l'autista si allontana dal marciapiede, lui è ancora lì che mi guarda sorridente e mi saluta con la mano ed io d'istinto ricambio.

Allora è proprio vero che in Inghilterra sono tutti più gentili.


~          

Salve! Questa è la mia primissima fanfiction,
quindi siate clementi, anzi no, siate spietate più che mai!
Scherzo ovviamente, siate semplicemente voi stesse,
ogni opinione è ben accetta ;)

Buona lettura

~  AnneC 

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Capitolo 2
*** Give me highs, give me lows. ***


Capitolo 2

~•~

Give me highs, give me lows.


Svegliarsi con la città imbiancata fa tutto un altro effetto; ho sempre adorato Londra, ma la cosa che probabilmente mi piace di più è il fatto che qui nessuno si lascia condizionare dal tempo. All'improvviso comincia a piovere o a nevicare? Non importa, la gente continua a camminare senza darci peso.
Nonostante la stanchezza del viaggio, la scorsa notte non ho quasi chiuso occhio; non so se è dovuto al fatto che sono in un ostello sgangherato o da quel leggero senso di ansia che mi causa questa nuova situazione.
Dopo pranzo mi sposterò in quella che sarà la mia nuova casa, ma nel frattempo, sto andando a conoscere il manager responsabile della caffetteria. La stanza è abbastanza affollata, si sente l'odore forte del caffè e un profumo dolce di vaniglia; mi metto in fila per parlare con la cassiera e arrivata al mio turno, le chiedo se c'è il responsabile e Leslie, è così che si chiama la brunetta che ho di fronte, mi dice che mi sta già aspettando.
 
Per pranzo, ho mangiato un tramezzino in una catena di locali molto diffusa da queste parti.
Da quando sono atterrata ieri, mi sento un pò spaesata: spesso mi capita di non capire pienamente la lingua che parlano quelli che mi sono intorno, come se non conoscessi affatto l'inglese; quando cammino per strada, mi ritrovo ad ascoltare i frammenti di conversazioni delle persone che incrocio, cercando di volta in volta la mia lingua madre e da quando sono in giro, è capitato un paio di volte, ed ogni volta è stato come se mi si sciogliesse il cuore e il freddo pungente sparisse. Chi sceglie fermamente di abbandonare il proprio Paese, quando se ne va, mica cerca ovunque qualcosa che lo riporti mentalmente lì? Sono strana, lo so.
Prima di avventurarmi nel mio nuovo quartiere, sono tornata in ostello a prendere i miei averi ed ora sono alla ricerca del civico 237. Individuo il palazzo e salgo al secondo piano; sul pianerottolo mi aspetta il proprietario, che mi consegna le chiavi e mi dà il benvenuto nel mio nuovo appartamento.
 
Il mattino seguente quando suona la sveglia, fuori è ancora buio; il mio primo turno di lavoro comincia alle sette e mezz'ora prima sono già in caffetteria ad indossare la divisa e a scrivere il mio nome sulla targhetta con una calligrafia chiara ed ordinata; dopo un pò arriva anche Marisol, una ragazza spagnola che lavora qui da due mesi.
Dal momento in cui abbiamo aperto, non abbiamo avuto tregua: la porta d'ingresso si apre continuamente, i clienti ordinano ininterrottamente, c'è sempre fila alla cassa e se tutto questo non bastasse, ci sono anche i tavolini da pulire, tanto che verso le dieci, Paul, un irlandese, è venuto ad aiutarci; per non arrivare all'esaurimento nervoso, abbiamo stabilito di comune accordo che svolgeremo un compito a rotazione.
 A neanche un'ora prima della fine del turno, sono intenta a prendere ordinazioni, a scrivere nomi e ascoltare più volte due parole italiane che perdono il loro accento: ed ecco che cappuccino diventa capucino e latte diventa lattè, ci farò mai l'abitudine? "Una cioccolata calda" almeno l'attuale cliente mi ha evitato di sentire di nuovo quelle due parole dal suono rivoltante: "ci vuole la panna?" dico mentre contrassegno sul bicchiere la casella corrispondente, "no, grazie" "come ti chiami?" e nel momento in cui lo chiedo, guardo per la prima volta la persona che ho di fronte. "Certo che è piccolo il mondo" ~ mi dice un ragazzo dagli occhi profondi, nei quali mi perdo per qualche istante. "Comunque, il mio nome è Danny" mi dice liberandomi dal sortilegio nel quale ero intrappolata " e tu sei..." "Anna" gli dico mentre scrivo il suo nome sul bicchiere e al tempo stesso gli mostro il cartellino appuntato sul grembiule dell'uniforme. Forse ho impiegato un pò più di tempo nel recitare il rituale dell'ordinazione, che si ripete senza sosta come un disco rotto da sette ore, quando giunge una lamentela da una persona dalla fila oltre il bancone. "Scusa, tra mezz'ora finisce il mio turno e possiamo parlare senza che nessuno si lamenti, puoi aspettarmi se ti va...", "Certo, capisco perfettamente" mi dice, sfoderando un sorriso disarmante. Questa volta non mi lascio incantare, "Puoi ritirare la tua ordinazione dall'altra parte del bancone".
 
"E quello chi è?" mi domanda Marisol mentre le passo un bicchiere con contrassegnato Vanilla Lattè. "Mi ha ceduto gentilmente il suo taxi, risparmiandomi una nottataccia all'aeroporto" le dico a bassa voce, nonostante nel locale si sente un fastidioso chiacchiericcio. "Magari ne incontrassi io uno così" mi dice la ragazza con occhi sognanti.
Stranamente l'ultima mezz'oretta passa più velocemente del solito e Leslie e John danno il cambio a me e alla mia collega spagnola.
" Non ti toglie gli occhi di dosso" mi dice Marisol mentre entriamo nello spogliatoio, "ho controllato spesso e ogni volta è lì che ti fissa, come se stesse contemplando un quadro" continua mentre fruga nella sua borsa alla ricerca del cellulare. "Ma cosa dici!" le dico infilando la testa nell'armadietto per prendere il mio maglione che era finito sul fondo. "Te lo giuro! Ora che andrai da lui, guarda come ti fissa... Un momento, andrai da lui vero?" mi domanda guardandomi di traverso.
"Se il destino ci ha fatto rincontrare, ci sarà un motivo dopotutto" le confesso richiudendo la porta dello spogliatoio alle nostre spalle.



~•~

Salve!
Siamo entrati nel vivo della storia
Certo che quando il destino ci mette lo zampino, eh!
Spero che questo capitolo vi piaccia ;)

Buona lettura

~ AnneC
Ps. Vorrei ringraziare Yume Kourine
per aver recensito il primo capitolo :*

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Capitolo 3
*** This is why we do it, this is worth the pain. ***


Capitolo 3

~•~


This is why we do it, this is worth the pain.
 


Mi faccio strada tra i clienti che affollano il locale, raggiungendo il tavolo più vicino alla vetrata che dà sulla strada. "Eccomi, scusa se ti ho fatto aspettare" dico a Danny mentre appoggio la borsa e il cappotto allo schienale dello sgabello. "Nessun problema" mi dice, girandosi leggermente verso la direzione in cui sono seduta, per guardarmi dritta in faccia. " Non sei abituata al clima freddo di Londra, eh?" mi chiede incrociando il mio sguardo ed io mi perdo per la seconda volta nei suoi occhi.
"Da cosa te ne sei accorto?" gli rispondo ridendo. Ed ecco di nuovo il suo sorriso.
"Da come tremavi nella bufera" aggiunge. "Non sono abituata alla neve. Sai, dove abitavo era raro che nevicasse", "In Italia, giusto?" mi spiazza, come fa a saperlo?
"Esatto. E' stato un po' traumatico cambiare clima" gli dico, mentre guardo la gente che passa fuori dalla caffetteria.
"Allora cosa ti porta a Londra con questo freddo?". Gli rispondo che sono qui perchè non ero soddisfatta della mia vita lavorativa, delle opportunità quasi inesistenti nel mio Paese e della ricerca di un futuro migliore in terra straniera.
"Sai, ho sempre pensato che nella vita la fortuna gioca un ruolo importante, ma se ti accorgi che sei nel posto sbagliato al momento sbagliato, puoi sempre cercare qualcosa di meglio. Magari cambiando qualcosa puoi aggirare la sorte ed uscirne vincente" mi confessa serio, ora è lui che guarda fuori. Non ha tutti i torti, in fondo è quello che ho fatto io scegliendo di partire.
"Ma se sfidi il fato e poi rimani sconfitto?", "E' un duro colpo da accettare, ma almeno avrai provato a cambiare le cose". Ha pienamente ragione, meglio averci provato e fallito, che non averci provato affatto.
"E se molli tutto, ma poi te ne penti?" dico con un velo di malinconia. Un momento, perchè sto rivelando i miei dubbi ad uno sconosciuto?
"Non dovrebbe capitare una cosa del genere. Se fai una scelta, devi accettare le conseguenze" mi dice con un tono che assomiglia quasi ad un rimprovero e dal mio volto traspare che ho recepito il messaggio.
E aveva ragione. Di nuovo.
"Se poi invece non sei convinto pienamente, basta fissare un obiettivo intermedio, impegnarsi a raggiungerlo e poi proseguire". E se non ci riesci? "Altrimenti trovi qualcosa che ti renda più facile il cammino" aggiunge, come se mi avesse letto nel pensiero. " A volte vale la pena soffrire un pò. Dopo la sofferenza, tutto appare sotto una luce diversa che lo rende migliore".
Non conosce il mio animo tormentato, eppure mi sta incoraggiando a non gettare la spugna. Non so perchè mi stia dicendo tutto questo, ma gli sono grata per avermi esposto il suo punto di vista.
Non mi sto piangendo addosso, sia ben chiaro, ma i primi tempi sono sempre i più duri e se sopravvivo a questi, il resto sarà una passeggiata. Male che va, posso sempre trovare qualcosa che renda più piacevole la permanenza. O qualcuno. Alt, non esageriamo.
"Beh, sai che lavoro faccio" dico spostando il mio sguardo verso il bancone della caffetteria,"E tu cosa fai nella vita?"gli chiedo per rompere lo strano silenzio che si sta creando tra noi. "Vivo della mia musica" mi dice, attendendo una mia reazione. "E come vanno le cose?" ormai mi ha incuriosita, ha attirato la mia attenzione e voglio saperne di più. "Non mi posso lamentare" mi dice ammiccando. " Tra qualche settimana suonerò col mio gruppo in città, se vuoi, puoi sempre venire ad ascoltarci e mi dici cosa pensi della nostra musica" aggiunge sicuro di sè. "D'accordo. Sarò onesta con te, non ti dirò che mi piace se la trovo orrenda" e un altro sorriso affiora sulle sue labbra. "E' proprio questo quello che voglio. Non mi piacciono le persone che mentono, anche se lo fanno per non ferirti" mi dice passandosi una mano tra i capelli scuri e fissando il bicchiere su cui avevo scritto il suo nome. "Non lo farò, non è nel mio stile" gli dico, mentre Paul mi saluta uscendo dal locale, che nel frattempo è diventato meno caotico e non c'è fila al bancone. Invece al mio primo turno doveva esserci il pienone, che fortuna che ho!
"Scusami, ma devo andare" mi annuncia dopo aver letto un sms che gli è appena arrivato sul cellulare. "Non preoccuparti, anzi scusami tu se ti ho trattenuto qui" dico a mia volta, mentre giocherello con una penna che qualcuno aveva dimenticato sul tavolino.
"E' stato un piacere. Ma io direi di non aspettare che il destino ci faccia incontrare di nuovo. Aiutiamolo!" ed io istintivamente gli prendo la mano e sul palmo gli scrivo il mio numero. Inizialmente non capisce cosa io stia facendo, ma nel momento in cui lo realizza, rilassa i muscoli sotto il tratto della penna.
"Questo può bastare?" gli chiedo mentre incrocio il suo sguardo; non mi risponde, ma dal suo sorrisetto sembra apprezzare il mio spirito d'iniziativa.
Dopo avermi salutata Danny se ne va; saluto i miei colleghi con un cenno della mano ed esco mentre i fiocchi di neve cominciano a danzare nell'aria. Non riesco neanche a girare l'angolo che mi squilla il cellulare. Impiego un bel pò per rispondere a causa dei guanti che mi impediscono di premere i tasti.
"Volevo solo essere sicuro che non mi avessi dato un numero falso" mi dice una voce dall'altra parte del telefono.


 

~•~

Ciao! Ed ecco svelato che era il gentiluomo
che ha ceduto il suo taxi alla protagonista! 
L'avevate capito, eh? :)
Volevo ringraziare Fun_for_life_  per aver recensito il
secondo capitolo...
Spero che vi piaccia e fatemi sapere cosa ne pensate.


Ricordate, ogni opinione è ben accetta ;)

Alla prossima

~ AnneC

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Capitolo 4
*** You gotta stand for something or you'll fall for anything. ***


Capitolo 4

~•~

You gotta stand for something or you'll fall for everything.


Tornando a casa, mi sono fermata a fare la spesa e lì ho realizzato completamente ciò che mi aveva detto Danny.
L'illuminazione mi è arrivata mentre mi trovavo davanti al frigo con gli insaccati, lo so che non è il posto migliore per riflettere, ma alla vista di numerose vaschette con su scritto "salami"non ho potuto non pensare all'Italia. Mi trovo ad un bivio: mollare tutto e precipitare o prendere il controllo della situazione.
Ed ho preso una decisione: ho lottato tanto per trasferirmi qui, non posso lasciare che questo mi faccia diventare una fifona e gettare tutto al vento. Devo dare una svolta positiva al mio atteggiamento, devo ammettere che sono "un'italiana all'estero" e come capita spesso ai miei (ex) connazionali, bisogna fare i conti con gli stranieri che storpiano le parole italiane. Dopotutto non è questa la cosa che mi preoccupa di più, ma ho trovato il modo per curare il vero mal di Patria che sento.
Come farò? Semplice. Beh, più o meno.
Mi immergerò nella cultura inglese e magari chiederò qualche consiglio a Marisol che è qui da molto più tempo. Se poi questo non dovesse funzionare, allora mi immergerò nel lavoro e il poco tempo che rimane lo passerò in giro con qualcuno.
Si, ma chi? Vedremo.
Il primo passo è stato quello di comprare il tè, e anche se so che nessun inglese, forse neanche Sua Maestà, lo beve realmente alle cinque, me ne sono appena preparata una tazza. Ho acquistato anche una confezione di muffin per la colazione di domani mattina e una scatola di biscotti con su raffigurato il Big Ben. Anche se può sembrare una stupidaggine, queste cose faranno sì che mi senta in Inghilterra. Non sto negando le mie radici e le mie vecchie tradizioni, ma ho deciso che questi simboli riempieranno questo periodo di transizione.
Verso le sette sono per strada, ma nonostante la mia tenuta da omino Michelin il freddo mi sta facendo tremare come una foglia, decido così di prendere l'underground per risparmiarmi un bel congelamento ed arrivare prima. Seguo le indicazioni che mi ha dato Marisol prima al telefono e dopo cinque minuti arrivo all'entrata di un palazzo dalle enormi vetrate. Entro, percorro l'ampio atrio ed attendo l'ascensore, premo il pulsante con il numero del piano e quando sono su, busso alla porta dell'appartamento 5B.
Attendo qualche minuto, ma non ricevo nessuna risposta; allora busso di nuovo e cerco il cellulare nella borsa per chiamare Marisol. Eppure ho seguito ciò che mi ha detto, non posso essermi sbagliata.
D'un tratto un rumore indistinto proviene dall'interno del 5B e una testa dai riccioli bagnati fa capolino dalla porta. "Ero sotto la doccia" mi dice la spagnola, ancora in accappatoio mentre mi invita ad entrare. "Credevo che ti avesse aperto Josh, ma evidentemente non è qui". Credo proprio che non è a casa visto che ho aspettato a lungo sull'uscio. E poi, chi è questo Josh? "E' il mio coinquilino, altrimenti non potrei permettermi di vivere in questo palazzo col mio stipendio da barista".
In effetti l'appartamento può essere considerato lussuoso, o almeno messo in confronto all'appartamento in cui vivo, non che sia una bettola eh, ma la finestra che affaccia sul retro del palazzo non può reggere il confronto con la vetrata con vista sulla city. "Mettiti pure comoda, io vado a vestirmi" mi dice Marisol prima di dileguarsi dietro una porta elegante. Appoggio ordinatamente il cappotto sul divano per non infrangere l'ordine che regna nel salotto e vengo attratta dal panorama oltre la vetrata. Si vede persino uno scorcio del Tamigi da qui.
"Voglio chiederti una cosa" le dico, mentre lei armeggia con la macchina del caffè ed io sono seduta vicino alla penisola della cucina, anche questa impeccabile. "Come ti sei sentita quando ti sei trasferita a Londra?" aggiungo con la voce triste. "Non è stato facile. Per la prima settimana era tutto rose e fiori, l'adrenalina dell'essere in una nuova città, un'altra lingua, un'altra cultura da scoprire. Ma poi..." si distoglie dalla preparazione della bevanda e prende posto alla mia sinistra, "poi è arrivata la seconda fase: cominciai ad averne abbastanza dell'inglese, a sentire la mancanza della Spagna, del sole caldo e del mare della mia città, Barcellona. In più non riuscivo a trovare lavoro e vivevo in una stanza minuscola" Marisol mi guarda negli occhi con un velo di malinconia.
"E poi? Cosa ti ha fatto cambiare idea? Cosa ti ha trattenuta nel Regno della Regina Elisabetta?" le chiedo, pronunciando l'ultima domanda in modo solenne, cercando di farle tornare l'allegria. Non l'avevo mai vista triste, neanche dopo otto ore di lavoro alle prese con clienti e caffè, vederla così mi faceva stare male e mi sentivo in colpa per averle fatto rivivere quei momenti bui.
Lei scoppia in una risata e aggiunge dandomi una spinta "Da dove ti escono queste cose? Voi italiani siete davvero divertenti!".
Mantengo l'equilibrio sullo sgabello e la esorto a continuare. "Ho conosciuto Josh. Stava uscendo dalla caffetteria in cui lavoriamo e gli ho versato il caffè addosso. Sai, a volte posso essere maldestra" e continuando a sorridere indica la macchina con la quale stava armeggiando poco fa e dice "quella l'ha comprata lui e ogni mattina sono costretta a preparargli il caffè, come punizione per quella bevanda andata in fumo. Comunque stavo dicendo, lui mi ha mostrato un lato della terra della Regina che non conoscevo; mi ha fatto apprezzare molte cose, come i pub e le giornate al parco. Per il cibo invece non c'è stato niente da fare, ma lui ogni tanto prova ancora a farmi cambiare idea".
Quindi per superare questa fase bisogna adattarsi a qualche aspetto della cultura inglese, non è così difficile infondo.
"Insomma tra te e Josh..."le dico ammiccante, ma lei mi dice che è il suo miglior amico, niente di più. "E' grazie a lui se sono ancora qui e vivo in questo schianto di casa!" aggiunge gongolante, con i riccioli castani che saltellano ai lati della sua testa.
"Ma non mi dire che senti la nostalgia del tuo paese!" mi dice porgendomi una ciotola di patatine da sgranocchiare davanti alla tv. Annuisco silenziosamente e questo gesto fa sì che lei mi abbracci e mi stringa forte a sé.
E' proprio quello di cui avevo bisogno, qualcuno che mi dimostri che non sono sola in mezzo alla folla. Quest'affetto mi fa sentire a casa, con la mia famiglia.
"Grazie. Mi fai capire che non sono sola" le dico con gli occhi lucidi quando molla la sua presa. "Ma tu non sei sola! Ti darò il tormento, sappilo!" mi dice facendo uno sguardo maligno, ma poi subito mi sorride. Sapere che mi sarà accanto mi fa sentire già meglio.
Accende il televisore e ci accomodiamo sul divano, "E poi non sei sola, hai quello schianto che è venuto in caffetteria" mi dice con gli occhi sognanti, dandomi una gomitata. "A proposito, che vi siete detti?" aggiunge abbassando il volume della tv e sedendosi di fronte a me incrociando le gambe. E così le racconto tutto e lei mi chiede ogni minimo particolare.
"Quindi è un musicista...beh, avrà donne a bizzeffe allora!" sbotta interrompendomi. "Potrebbe essere, dopotutto, non deve dar conto a me" le dico incrociando le braccia al petto e mettendole il muso per avermi interrotto.
"E poi questo è uno stereotipo..." mi lascio sfuggire.
"Cosa vorresti dire?" mi chiede Marisol inclinando la testa e aggrottando leggermente le sopracciglia.
"Beh, non sempre gli stereotipi sono veritieri. Per esempio, uno sugli spagnoli potrebbe essere che adorano le corride e il flamenco. Da quando ti conosco non ti ho mai vista né ballare il flamenco, né sventolare un drappo rosso davanti ad un toro".


 

~•~

Ciao gente!
Ecco a voi un capitolo appena sfornato,
cosa ne pensate?
Devo ringraziare una persona che ha sopportato tutti i dubbi e
gli scleri che ho avuto durante la stesura...

Ross, meno male che non mi hai mandato a quel paese! :D
Ne approfitto per ringraziare Fun_for_life_ , deardarlin e
Merigold che hanno recensito il capitolo precedente.

Buona lettura a tutti!

~ AnneC

Ps. Non vorrei emizionarvi troppo,
ma il prossimo capitolo è già stato partorito

dalla mia mente diabolica muhahah Mi raccomando eh! ;)

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Capitolo 5
*** From this moment on I'm changing the way I feel. ***


Capitolo 5

~•~

From this moment on I’m changing the way I feel.


Sono passati due giorni da quando ho deciso di immergermi nella cultura inglese, ma la vera sfida dovrò affrontarla stasera. Oggi è venerdì, il che significa che questo sarà il mio primo weekend londinese.
Cosa mi aspetta ancora non lo so, ma mi sono affidata a Marisol e al suo coinquilino, che ancora non conosco.
"Vedrai ti piacerà" mi ha detto la mia, ormai, amica spagnola, quando le ho chiesto che tipo fosse Josh. Quindi per ora so solo che è inglese e che mi piacerà... Chissà se sarà vero.

Devo ammettere che in questi due giorni ho fatto dei progressi: inizio ad abituarmi al clima e credo di tollerare il modo assurdo in cui i clienti della caffetteria mi chiedono il latte o un cappuccino. "Un lattè al caramello" mi dice una donna sulla quarantina, mentre estrae dal portafogli una banconota da 5 sterline. D'accordo, ancora non tollero come dicono latte.
Però, che sento meno freddo è vero. Adesso riesco a camminare per strada per più di dieci minuti e non rischio il congelamento. Non sono state solo queste le prove a cui mi sono sottoposta, Marisol mi ha fatto assaggiare il porridge. Risultato?! Non ce l'ho fatta nemmeno ad ingoiare un boccone. Credo che neanch'io mi abituerò mai alla cucina inglese.
"Allora cosa mi aspetta stasera?" chiedo impaziente alla mia amica riccia. "Una bella serata" mi dice, mentre infila una pila di bicchieri accanto alla macchina del caffè. "Tutto qui? Non posso sapere nient'altro?!" aggiungo mettendo il broncio e lei irremovibile aggiunge che sarà una sorpresa e che non devo preoccuparmi. Speriamo bene.

Un altro estenuante turno di lavoro finisce e percorro la strada che divide il locale dalla fermata della metro con Marisol, che mi saluta dicendo "Ti aspetto alle otto e mezza a casa mia". D'accordo, sono le cinque, quindi ho anche il tempo di farmi una lunga doccia calda.
Entro nel mio appartamento, mi dirigo in cucina e accendo il bollitore; prendo dallo scaffale una tazza, in cui metto una bustina di tè e un cucchiaino di zucchero. Mentre l'acqua si riscalda, appendo il cappotto e la sciarpa all'attaccapanni che si trova vicino la porta d'ingresso e vedo un particolare che non avevo notato prima.
Una busta da lettere, che qualcuno aveva fatto scivolare all’interno dell’appartamento.
La apro e scopro che il proprietario ha deciso di affittare l'altra stanza vuota. Non c'è scritto quando arriverà il mio coinquilino, o se sarà un uomo o una donna. Spero solo che sia qualcuno con cui andrò d'accordo e che non renda la convivenza un incubo!
Ripiego il foglio e lo ripongo sul tavolo della cucina, accanto alla scatola di biscotti con il Big Ben. Afferro un biscotto e verso l’acqua bollente nella tazza. Il vapore che si alza mi fa venire in mente tutte le bevande che ho preparato da quando mi sono trasferita, le volte che mi sono ustionata le dita le prime volte che utilizzavo la macchina del caffè e tutti i sorrisi che ho regalato ai clienti. La mia mente vaga libera, fin quando non vengo attratta dal ricordo di due occhi nei quali mi sono persa spesso, vengo catturata dal marrone così intenso e profondo che mi fanno dimenticare tutto ciò che ho intorno.
Ancora adesso, a distanza di due giorni, ogni volta che mi tornano in mente mi fanno il medesimo effetto…
Il bell’irlandese ai quali appartengono non si è fatto sentire. Non che ho qualcosa in particolare da dirgli o da rimproverargli, ma mi sarei aspettata una chiamata o una visita al locale, giusto per premiare il mio spirito d’iniziativa. Mi manda talmente in tilt, che mi accorgo di aver cercato il suo numero in rubrica e aver premuto il tasto di chiamata solo quando sento il suono inconfondibile dello squillo nel mio orecchio.
Attendo una risposta, ma parte la segreteria. Al suono della sua voce termino la chiamata d’impulso. Ho provato a dare una mano al destino, ma non ho avuto risposta…

Dopo una doccia fumante e aver indossato un maglione di lana bello caldo, mi incammino verso l’appartamento di Marisol e Josh. Rivivo la stessa scena di mercoledì sera: sono fuori la porta del 5B ad aspettare che qualcuno mi apra.
Questa volta però, mi trovo davanti un ragazzo dagli occhi verdi. “Tu devi essere Anna” dice passandosi una mano tra i capelli ricci. “Io sono Josh, accomodati. Marisol si sta ancora vestendo.” “Bene, è anche una ritardataria allora” dico entrando dell’appartamento, dove sembra che il tempo si sia congelato. Tutto è com’era esattamente due giorni fa.
“Ti ho sentita!” urla la mia amica dalla sua camera, e poi scoppia in una risata, che coinvolge me e Josh.
“ Sun mi ha detto che questo è il tuo primo weekend da tipica inglese”, Sun? Chi è Sun?! Ah, Sun, sole, sol, Marisol! “Già, ma non ha voluto dirmi dove mi portate stasera” non mi lascio scappare l’occasione per ottenere qualche informazione in più.
“Non ti svelerò niente, sappilo” mi dice mentre la sua coinquilina fa la sua entrata in scena. Stasera è più bella del solito, ha raccolto la chioma nera in una treccia e il suo maglione verde mette in risalto i suoi occhi marroni. “Smettila di estorcere informazioni!” esordisce strattonandomi per le spalle, facendo rimbalzare i miei capelli avanti ed indietro.
“D’accordo la smetto” aggiungo, nella speranza che mi lasci andare.
Da vero gentiluomo, Josh ci invita ad uscire dall’appartamento, ci fa entrare per prime in ascensore e apre tutte le porte che incontriamo sul nostro cammino, in modo da permettere a me e Sun di passare per prime. Ma perché ora la chiamo anch’io Sun?! Mah.
Non riesco a capire dove stiamo andando fin quando non giungiamo davanti ad un edificio su cui è posta una tabella di legno con su scritto “Ye Olde Cheshire Cheese”, uno dei più antichi pub di Londra. Entriamo nel locale e veniamo inondati dall’aria calda mista all’odore forte di birra; ci accomodiamo ad uno dei tanti tavoli al suo interno e ci portano un menù.
“Ecco il primo consiglio per sopravvivere ai weekend londinesi: mai e poi mai bere senza mangiare. Ripeto mai” annuncia Josh serio e Marisol subito annuisce dandogli ragione. “Non arriveresti a fine serata” mi dice guardandomi negli occhi e la mia amica prende parola e aggiunge “Noi donne non siamo abituate a reggere i fiumi di alcol che bevono gli inglesi”.
“ Perfetto” dico, mentre faccio finta di scrivere su un taccuino invisibile, provocando le risate dei miei accompagnatori.
“Tre jacket potatoes e tre pinte di birra” ordina Josh al dipendente del pub che si è avvicinato al tavolo. Approfitto del momento di distrazione per guardarmi intorno: la porta d’ingresso si apre con ritmo regolare, al bancone ci sono due giovani che armeggiano con boccali e bottiglie di birra, ci sono vari gruppetti sparsi qua e là e ogni superficie è ricoperta di legno scuro.
“Che la serata abbia inizio!” grida Marisol entusiasta, non appena abbiamo davanti le nostre ordinazioni. “Comincia a mangiare” mi sussurra Josh “Reggerai meglio la birra”. Mi sta prendendo per un’imbranata?
In ogni caso, obbedisco e prendo un boccone di patata al forno. E’ davvero bollente, e subito bevo un sorso di birra per alleviare il fastidio. Magari è meglio soffiare un po’ prima di mandar giù un altro boccone.
“Beh, parlami un po’ di te” dico al ragazzo dagli occhi verdi che ho di fronte.
“Cosa vuoi sapere?” mi chiede beffardo lui. “Età? Che lavoro fai? Ehm, cose così…” .
“ Ho 27 anni, sono un architetto, vivo con Sun, ma già lo sai questo, sono nato e cresciuto a Brighton, ho un fratello e una sorella. Cos’altro potrei dirti…” mi risponde numerando le informazioni con le dita. “Può bastare” dico accennando un sorriso. “Ah, mi stavo dimenticando la cosa più importante! Non sono fidanzato!” aggiunge ammiccante.
Appena pronuncia questa frase, a Marisol va un boccone di traverso e comincia a tossire, prende un po’ di birra, guarda in cagnesco l’amico e lo accusa di non aver mantenuto la promessa. “Quale promessa?” chiedo incuriosita. “ Avevo fatto giurare al signorino qui presente che non ci avrebbe provato con te” Infondo, non ha fatto niente di male, mi ha solo informato sulla situazione della sua vita sentimentale. “ Ti conosco troppo bene e so dove vuoi andare a parare” aggiunge la spagnola tirando uno schiaffo dietro la nuca di Josh, il quale si difende, affermando che non era sua intenzione infrangere la promessa. “Scusalo, a volte non si controlla”, “Non preoccuparti. Comunque è libero di dire ciò che vuole” dico, alla fine non stava insinuando niente, o almeno credo.

Dopo un’oretta, le nostre potatoes sono finite da un pezzo e nei nostri tre bicchieri non c’è più niente. Una ragazza ce ne porta altri due, uno per Josh e l’altro ce lo dividiamo io e Marisol.
Chiacchierare con Josh è davvero piacevole, ti fa sentire a tuo agio e il modo in cui parla della capitale inglese e di ogni suo angolo, mi fa tornare in mente perché ho scelto di vivere qui.
Per me Londra significa opportunità: opportunità di relazionarsi con culture diverse, con una lingua diversa, opportunità di realizzare i tuoi sogni e dare una svolta alla tua vita. Londra è speranza, un luogo dove trovare nuovi amici e vivere nuove esperienze.
E fin ora, sono stata abbastanza fortunata.
Questo quello che mi mancava, sentirmi bene con me stessa, ma chi l’avrebbe mai detto che ci sarei riuscita in un pub con un inglese e una spagnola. Sembra l’inizio di una di quelle barzellette in cui ci sono due stranieri e un italiano, nelle quali quest’ultimo frega inevitabilmente gli altri due e vince a loro spese.
Questa volta però l’italiano, io, non cerca di fregare nessuno. Anzi, sono loro che cercano di aiutare me.

Ormai è notte fonda, il locale si è riempito e siccome Marisol ha il primo turno domani mattina, decidiamo di tornare a casa. Ma prima di abbandonare il tavolo, la ragazza ci avvisa che ha urgente bisogno di utilizzare i servizi e in due secondi scompare dal mio campo visivo.
Josh approfitta del fatto che siamo soli e scivola accanto a me sulla panca.
“Era da un bel po’ che speravo di restare solo con te” mi sussurra dolcemente all’orecchio, e sento il suo alito caldo sul mio collo. “Allora aveva ragione, ci stavi provando con me” gli dico girando lievemente la testa.
“Lo ammetto, ma non ho saputo resistere alla tentazione” aggiunge fingendosi pentito per ciò che ha fatto.
"Non fare il santarellino” lo sfido per vedere dove vuole andare a parare.
“Non è che poi arriva qualcuno e mi spacca la faccia?”.
Il modo in cui ha pronunciato questa frase, mi fa affiorare un sorriso sulle labbra.
“Nessuno”.
Marisol avrebbe dovuto preoccuparsi anche del mio comportamento. Ma dopotutto, lui può provarci liberamente con me ed io non sono impegnata con nessuno.
Reggo il suo sguardo fin quando i suoi occhi verdi non puntano le mie labbra.
E’ in quel preciso istante che i suoi occhi si trasformano in un marrone avvolgente e profondo. Non sono più i suoi. Quelli di qualcun altro si sono fatti largo nella mia mente, aiutati dall’alcol che ho ingerito.
D’un tratto Josh si allontana, e solo quando si alza per prendere il cappotto, capisco che la spagnola, il nostro reale terzo incomodo, ci sta raggiungendo.


 

~•~

Come promesso, ecco il quinto capitolo!
Ho notato che questo è venuto più lunghetto rispetto
agli altri, ma non credo sia un problema per voi ;)
Fatemi sapere cosa ne pensate :)
Colgo l'occasione per ringraziare deadarlin, Merigold, Yume Kourine
e myheartwillgoon
per aver recensito il capitolo precedente.

Buona lettura! A presto.

~ AnneC

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Capitolo 6
*** Who would have thought it would end up like this? ***


Capitolo 6

~•~

Who would have thought it would end up like this?


“Seconda regola: se proprio devi vomitare, fallo con dignità” annuncia Josh, mentre camminiamo per un vicolo dove ci sono un paio di persone che stanno vomitando anche l’anima a causa del troppo alcol.
“Ricorda, siamo pur sempre delle signore” aggiunge Marisol, dando un colpetto altezzoso alla treccia.
Annuisco, coprendomi la bocca con la sciarpa e stringendomi nel cappotto. Il mio gesto provoca una reazione istintiva da parte dell’inglese, che mi cinge le spalle con un braccio e mi avvicina delicatamente a sé.
“Sun, non fare quella faccia, sto solo cercando di non farla morire ibernata” le dice, cingendo anche lei e attirandola a sé.
“Sei un latin lover, non c’è niente da fare. Per te ogni scusa è buona” lo accusa, stringendosi a lui a causa del freddo.
“Mi pare che nessuno si stia lamentando però”. Perfetto, ha indirizzato il discorso su di me.
 “Diciamo che potresti anche cambiare lavoro e diventare un riscaldamento umano” mi difendo, giocando la carta dell’infreddolita. Anche se sentirlo al mio fianco e ricevere le sue attenzioni, mi fa stare decisamente meglio e fa passare in secondo piano il disadattamento che sto vivendo.
“Sai, non ci avevo mai pensato. Così avrei una scusa pronta nel caso dovessi esagerare” dice cominciando a ridere.
“Bene, Anna. Dagli anche un’idea su come rimorchiare altre povere ragazze indifese” aggiunge Marisol lanciandomi un’occhiataccia.
“Mica sono tutte indifese… Che ne sai se qualcuna non ne approfitta?”. Un momento, mi sto gettando la zappa sui piedi da sola?!
“Ottima teoria” mi appoggia Josh. Ha incluso anche me nelle approfittatrici?
“Certo che voi due siete una cosa incredibile, già era faticoso lottare contro di lui, ora però ti ci metti pure tu!” dice sbuffando.
“Ma dai, non fare l’imbronciata” le dico facendole gli occhi dolci, sporgendo la testa oltre il corpo di Josh che ci faceva da barriera.
“Non usare la tattica degli occhi dolci con me, non attacca” mi rimprovera, voltandosi dall’altra parte. Allora mi stacco dalla mia stufa umana e stringo calorosamente la spagnola, la quale, dapprima si oppone, ma poi ricambia l’abbraccio.
“Mi posso considerare perdonata?” le chiedo staccandomi leggermente.
“Lo sai che sei una ruffiana?” Credo che questo sia un sì.
Riprendo il mio posto alla sinistra di Josh e continuiamo a camminare verso casa. I due compari insistono per accompagnarmi fino al mio appartamento, dato che a loro avviso non è prudente rientrare da sola. “ Grazie per la serata” dico ad entrambi, mentre saluto Marisol con un abbraccio. Josh aspetta il suo e allora mi avvicino anche a lui.
“Terza regola: mai uscire con un terzo incomodo. Ti ritroveresti a dover dividere le tue attenzioni in due” mi sussurra all’orecchio, senza destare sospetto nella nostra accompagnatrice.
“Me ne ricorderò” gli sussurro a mia volta prima di sciogliere l’abbraccio.
 
Un nuovo giorno è cominciato e un nuovo strato di neve è caduto sulla città. Mi infilo una felpa sul pigiama e mi dirigo in cucina per concedermi un tè e un muffin al cioccolato; dopo colazione metto un po’ in ordine l’appartamento, nel caso in cui il nuovo coinquilino piombi qui proprio oggi.
Quando esco dalla doccia, controllo il cellulare e noto di aver ricevuto un messaggio.
“Hola dormigliona! Vieni in caffetteria prima che comincia il tuo turno? Mi mancano i commenti che facciamo sui clienti, Vodka è una palla! Vieni a salvarmi, ti prego!”. Povera Marisol, l’ho lasciata nelle grinfie di Katia, che abbiamo soprannominato Vodka a causa della bottiglia di alcol che ha nel suo armadietto. Non abbiamo ancora capito che ci fa lì, se la beve o se la tiene per qualche assurdo motivo, ma ogni volta che finisce il suo turno, la prende e la risistema delicatamente all’interno dell’armadietto.
Approfitto della richiesta d’aiuto e lascio l’appartamento. L’aria è meno fredda e nonostante ai bordi dei marciapiedi ci siano cumuli bianchi, ci sono ragazze che camminano spedite sui tacchi. Se fossi nei loro panni, a quest’ora avrei sicuramente qualche livido o qualche bernoccolo sparso qua e là sulla mia pelle.
Il locale è stranamente poco affollato. Appena entro vedo il volto di Marisol illuminarsi e un sorriso a trentadue denti si fa strada sulle sue labbra. “ Oh ciao, cosa desideri?” mi chiede Vodka, quando mi avvicino al bancone. “Ciao, una cioccolata calda” le dico sorridendole. “Sai già cosa fare” mi dice porgendomi lo scontrino.
Mi sposto verso la macchina del caffè e trovo una sorridente ragazza che mi aspetta a braccia aperte. Si sporge oltre il bancone, mi stringe per un secondo e poi mi prepara la bevanda. Mentre aspetto, altri due clienti si sono avvicinati al bancone, allora mi posiziono nello spazio vuoto che c’è tra quest’ultimo e il muro laterale. “Non potresti stare lì” mi rimprovera la mia amica muovendo le labbra. “Io lavoro qui, posso stare dove voglio” le dico a mia volta, mentre mi affida il bicchiere contenente la mia ordinazione.
I due clienti prendono le loro bevande e si siedono ad un tavolino. Approfitto del momento di stasi e faccio notare a Marisol come Vodka ha scritto il mio nome. Hannah. Non una, ma ha aggiunto ben due acca. “Quante volte le hai mostrato la targhetta col tuo nome?” dice la spagnola a voce bassa, “ A questo punto, credo che siano state troppo poche” aggiungo soffocando una risata.
 
Il primo turno finisce e Katia e Sun lasciano il posto a me e Paul. L’affluenza è maggiore rispetto a quella di quando sono arrivata, ma considerando che è sabato pomeriggio, credevo che arrivassero molte più persone.
In compenso però si è aggiunta un nuovo termine alla lista delle parole italiane che i clienti non sanno pronunciare: panino, che magistralmente diventa pnini. Sono proprio dei maghi questi inglesi!
 
“Siete già qui?” rispondo al cellulare, mentre sto finendo di vestirmi.
“No, siamo ancora a casa” mi dice Marisol con una voce strana.
“Cos’è successo? A quest’ora dovreste essere già arrivati” dico, controllando l’orologio a parete, che segna le nove.
“Credo che Vodka mi abbia attaccato qualche strana malattia, un virus alieno o mi ha drogata, non ne sono ancora sicura” aggiunge con un colpo sonoro di tosse.      
 “Ma cosa stai dicendo?” chiedo alla mia amica che sembra aver perso la ragione.
“ Sto delirando. Avrò sicuramente la febbre” mi informa e sicuramente si sarà portata una mano alla fronte per misurare la temperatura corporea.
“ Allora vengo io da voi e passiamo una serata al calduccio” le propongo.
“Non ti ci mettere anche tu, io starò bene. Non mi perdonerei mai di averti rovinato il tuo corso sulla sopravvivenza ai weekend” si interrompe a causa di un colpo di tosse.
 “Quindi uscirete solo voi due” continua Marisol.
“Sei sicura? Non vuoi che ti facciamo compagnia?”
“Sicura. Io andrò a letto appena Josh avrà messo piede fuori dalla porta” mi rassicura.
Sto per aprir bocca, ma mi precede ed aggiunge “Non fatemi pentire di avervi lasciati da soli stasera”.
 
“La terza regola è stata applicata” mi dice Josh appena mi vede.
“Ma dai, poverina è malata” lo rimprovero, dandogli uno schiaffo amichevole.
“Sto scherzando. Le avevo proposto di riunirci a casa e accudirla, ma la conosci, non si lascia convincere facilmente” aggiunge, mentre mi cinge la vita e mi attira a sé come ieri sera.
“Sì, ci ho provato anch’io a farle cambiare idea, ma è stato tutto inutile” concordo, Marisol è più testarda di un mulo.
“Ed eccoci qui, solo io e te” mi sussurra all’orecchio, stringendomi leggermente la vita.
“Non stavi aspettando altro” aggiungo beffarda.
“Più che altro speravo di poter cambiare il programma della serata” afferma gongolante.
“Perché, non andiamo al pub?” gli chiedo, era questa la nostra meta iniziale. Che cos’avrà in mente?
“No, niente pub. Lo scoprirai una volta che saremo entrati”.
 
Dall’entrata del locale misterioso, si snoda una fila che non mi permette di vedere l’ingresso.
“Posso sapere di cosa si tratta almeno?” lo supplico per l’ennesima volta, visto che gli altri tentativi erano andati in fumo.
“Non molli l’osso, eh? Non ti dirò niente. Vedrai tutto con i tuoi occhi” mi risponde, tenendomi ancora sulle spine.
Arrivati alla porta d’ingresso, riesco a leggere l’insegna luminosa sopra di essa: Below Zero. Nell’atrio una ragazza ci porge una mantella blu con un cappuccio di lana ed io lancio a Josh uno sguardo interrogativo. La ragazza scompare dietro un bancone ed io infilo la mantella, abbottonandola con cura; ricompare con due paia di guanti e li infilo, imitando il mio accompagnatore.
“Faresti bene a mettere il cappuccio” mi invita.
Bene, stiamo giocando a Cappuccetto Blu?
Scendiamo delle scale di vetro trasparente, attraversiamo un corridoio in penombra, svoltiamo un angolo, venendo investiti da una forte luce blu e il freddo pungente.
Non riesco a credere ai miei occhi.
La sala è luminosissima ed è piena di persone che indossano la mia stessa mantella. Ogni superficie è di vetro trasparente, ma appena poso la mano su una parete, mi accorgo che non è di quel materiale.
La parete è fatta di ghiaccio, così come il bancone, le sedie e i bicchieri.
Josh scruta ogni mia espressione e mi chiede cosa ne penso. Non ho ancora detto una parola, ma so che i miei occhi stanno luccicando.
“E’ tutto fantastico! Non posso crederci!” esclamo e manca davvero poco che inizi a saltellare come una bambina.
“Speravo che ti piacesse… E’ stato un po’ azzardato portarti qui, dopo tutto la temperatura qui dentro è sotto lo zero” mi dice, mentre ci dirigiamo al bancone per ordinare da bere.
“Ma io ho la mia stufa umana” aggiungo dandogli una pacca sulla spalla.
Forse sto esagerando, ma non sono mai stata così felice in un luogo in cui ci sono meno cinque gradi. Esatto, meno cinque. Mi meraviglio di me stessa.
E’ buffo parlare qui sotto, appena diamo fiato alla bocca appare una nuvoletta di fumo; mi sento come una bambina in un negozio di caramelle.
“Ti dona molto il cappuccio blu. Sei davvero bellissima” mi dice prendendomi alla sprovvista.
“Grazie” gli dico, sperando che il mio imbarazzo non faccia aumentare ancora di più il colore delle mie gote già arrossate dal freddo.
Josh non coincide esattamente col ragazzo ideale che ho sempre immaginato o al genere da cui sono sempre stata attratta. Non mi sono mai piaciuti i ragazzi dai capelli e dagli occhi chiari, per me hanno troppo un’aria da principe azzurro. Quelli che sembrano “perfetti” non fanno per me.
E invece mi sto ricredendo. Sto bene quando passo del tempo con Josh. La sua allegria è così coinvolgente, che mi appare come un faro nel mare in tempesta. Forse è troppo sfacciato per i miei gusti, ma dopotutto nessuno è perfetto, anche se ha i capelli biondi e gli occhi verdi.
“Il nostro tempo sta per scadere” annuncia Josh controllando l’orologio.
“Sono già passati quaranta minuti?” gli chiedo, sentendo i piedi quasi intorpiditi.
“Quasi. Conviene uscire prima che ci iberniamo” suggerisce. Ma nonostante il freddo, voglio dare un ultima occhiata e immortalare questo bar fantastico nella mia mente.
“Ti sei proprio innamorata di questo posto” mi prende in giro, dandomi una gomitata.
“Potrei rimanere qui per sempre” gli dico, ricambiando il gesto.
“E allora sarò costretto a restare con te per proteggerti dal freddo”.
 
L’aria non troppo fredda dell’esterno mi accarezza il viso, mentre ci allontaniamo dal locale dei miei sogni. Sento ancora l’adrenalina scorrermi nelle vene e i piedi stanno decisamente meglio.
“Non fa così freddo qua fuori, sai?” dico a Josh, girandomi e cominciando a camminare all’indietro, per guardalo negli occhi.
“ Passare quaranta minuti in un igloo, ti ha riscaldato di più di una pinta e mezza di birra” osserva divertito. “Ti emozioni facilmente” aggiunge.
“Non così facilmente” sottolineo. Lui scoppia in una risata, contagiando anche me.
“Che c’è da ridere?” gli chiedo, continuando a camminare al contrario.
“Ti ho immaginata in Islanda a saltellare tutta contenta spostandoti da un igloo all’altro” confessa non riuscendo a trattenere le risate.
“Sì, magari con addosso una mantella blu dal cappuccio di lana” aggiungo, cominciando a saltellare.
 


 

~•~

Ecco un nuovo capitolo!
Lo so che tifate tutte per Danny,
ma per ora vi dovete accontentare di Josh xD
Ringrazio le sei persone (sì, sei! Ancora non ci credo!) che
hanno recensito il capitolo precedente. Vi adoro!
E grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la storia nelle
preferite/ricordate/seguite e a chi legge in silenzio.

Alla prossima! Un bacio.

~ AnneC

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Capitolo 7
*** It’s in the eyes of the children. ***


Capitolo 7

~•~

It's in the eyes of the children.


Eppure il cielo grigio sopra di me è sempre lo stesso, ma questa mattina mi sembra diverso. Ogni cosa stamattina mi sembra diversa. La città scorre lenta fuori dalla finestra, il caos settimanale è stato rimpiazzato da una piacevole calma; la gente è più rilassata e i bambini si lanciano palle di neve l’uno contro l’altro, riempiendo l’aria di dolci risate.
Bevo il mio solito tè e forse è l’unico particolare che è rimasto lo stesso.
Prima di cambiarmi per andare al lavoro, provo a chiamare Marisol, ma non mi risponde. Dovrebbe essere già sveglia, dato che abbiamo lo stesso turno.
Abbandono la mia inseparabile amica sciarpa a casa e mi avvio verso la caffetteria. L’effetto del bar ghiacciato influenza ancora la mia capacità di tolleranza del freddo, che mi sembra meno pungente.
Arrivata al locale, mi dirigo nello spogliatoio e appena entro, mi corre incontro a braccia aperte l’esuberante Marisol.
“Scusa se non ti ho risposto, ma non avevo la suoneria e non l’ho sentito” mi dice abbracciandomi, una sua recente abitudine.
“Come ti senti? Niente virus alieno?” le chiedo scrutandola e cercando qualche strano sintomo.
“No, nessun virus. Sono una macchina da guerra!” dice alzando i pugni al cielo.
“Ieri sembrava che avevi un piede nella fossa” le rispondo ridendo.
“Non c’è niente di meglio di una bella dormita al calduccio per recuperare tutte le forze” aggiunge soddisfatta. “E poi ieri sera, quando Josh è rientrato, l’ho mandato a comprare dell’aspirina… A proposito, come mai non si è opposto quando gli ho chiesto di uscire di nuovo?” mi domanda scrutandomi.
“E perché dovrei saperlo io?” le dico, mentre mi allaccio il grembiule verde dell’uniforme intorno alla vita.
“Come perché?! Mica ci sono uscita io con lui”.
“Io non c’entro niente. Non ho fatto niente” aggiungo, alzando le mani in segno di resa.
“Allora perché era così felice? Quando è tornato mancava poco che non saltellasse dalla gioia”. Non appena pronuncia queste parole mi torna alla mente l’immagine di me stessa in Islanda, perché alla fine, ho immaginato anche io quella scenetta buffa.
“Sarà stato merito del Below Zero…” le dico uscendo dalla stanza.
“Quel bar di ghiaccio?” chiede seguendomi. Annuisco e lei aggiunge “Ecco perché non porti la sciarpa!” mi dice puntando un dito in direzione del mio collo.
“Beh sì. Passare un po’ di tempo al gelo ha fatto bene ad entrambi”.
“Diciamo che passare del tempo da soli ha fatto bene ad entrambi” dice sospirando in maniera sognante.
 
Un aspetto della clientela domenicale mi ha sorpreso, non mi aspettavo di vedere più bambini che adulti. Vederli avvicinarsi al bancone, con i cappotti sporchi di neve e le guance rosee, mi fa scaldare il cuore. E per non parlare dei residui di bevande che gli sporcano il viso quando lo bevono dalla tazza, delle loro suppliche al proprio genitore per convincerli a prendere anche i muffin con la cioccolata calda, della luce brillante che illumina i loro occhi gioiosi.
Io e la mia amica non abbiamo fatto altro che seguire le loro mosse e guardarli incantate.
D’un tratto qualcuno più grandicello ci riporta alla realtà.
“Quindi è così che lavorate voi due” ci rimprovera una voce facendoci sobbalzare.
“Josh! Ci hai fatto prendere un colpo!” lo accusa Marisol.
“A chi ordino?” chiede lui trattenendo una risata.
“A me” gli rispondo avvicinandomi alla cassa.
“Ah, la mia preferita…” aggiunge lui ammiccante.
“Smettila” diciamo in coro io e la spagnola, solo che il suo tono è decisamente più duro.
“Un capucino”. “Cappuccino” lo correggo con il sorriso sulle labbra. Lui ritenta, ma la pronuncia è identica al primo tentativo.
“Lascia stare, va bene lo stesso”. Dopotutto lo pronuncia come ogni altro inglese, non c’è da meravigliarsi, ma al suono di quella parola non ho avuto la solita reazione.
“Volevo fare bella figura con te”.
“Non ti serve saper dire cappuccino per fare bella figura” dico sbilanciandomi un po’ troppo. Non posso incoraggiarlo a flirtare.“Hai già fatto colpo col Below Zero” mi sfugge dalle labbra. Ora ho davvero esagerato.
“L’avevo già capito” aggiunge facendomi l’occhiolino.
“Ecco il tuo cappucino” si intromette Marisol, pronunciando quasi correttamente il termine. “Cosa ci fai da queste parti?” chiede al suo coinquilino.
“Sono venuto a salutarvi, non si può?” dice lui disinvolto.
“Certo che si può” gli rispondo io imitandolo.
“Ho combinato una guaio facendovi conoscere” aggiunge sospirando e scuotendo la testa.
“Qual è il programma della serata?” chiedo entusiasta, iniziando a gasarmi.
“Vacci piano, eschimese. Stasera niente ghiaccio” mi riprende Josh.
“Passeremo una bella seratina al calduccio nel nostro appartamento” aggiunge la ragazza riccioluta, smontando il mio entusiasmo.
“E cosa ne sarà della guida alla sopravvivenza ai weekend londinesi?”. Dopotutto mi sarebbero state davvero utili quelle regole in futuro.
“Quarta e ultima regola: mai fare troppa baldoria la domenica sera. Il lunedì mattina potrebbe essere ancora più duro” recita il ragazzo con aria solenne.
“Quarta regola? E la terza quale sarebbe?” domanda Marisol incuriosita. Io e Josh ci scambiamo uno sguardo d’intesa.
 
 Mentre salgo le scale del palazzo in cui vivo, mi accorgo che la porta d’ingresso è spalancata. Oh cavolo, i ladri! Ma nonostante la paura che mi stessero derubando, entro silenziosamente nell’appartamento. Quando vedo che c’è una valigia sconosciuta accanto all’ingresso, realizzo che è arrivato in nuovo coinquilino.
“C’è nessuno?” chiedo a gran voce, chiudendo la porta.
“Sono qui!” mi risponde una voce femminile dalla camera di fronte alla mia. Attraverso il salotto e percorro il piccolo corridoio che conduce alle camere e al bagno. Prima di entrare, busso alla porta anche se è mezza aperta.
“Entra pure” mi invita una ragazza. E’ un po’ più bassa di me, ha i capelli castani lunghi fino alle spalle e gli occhi color nocciola. “Io sono Anna” le dico, porgendole la mano. Lei la stringe e mi dice che si chiama Rose.
“Sei tu che odori di caffè?” mi dice annusando l’aria. Vorrei vedere se non odorassi anche tu di caffè dopo aver lavorato per otto ore a stretto contatto con la bevanda.
“Si, lavoro in una caffetteria. E’ quasi impossibile non odorare così a fine giornata”.
“Mi piace un sacco respirarne il profumo. Mi ricorda il mio viaggio in Italia” afferma sorridente.
Ok, non è nemmeno arrivata e già mi dice che odoro di caffè e tira in ballo la mia Patria.
“Sì, è il tipico odore che si sente quando entri in un bar” l’appoggio.
“Sei stata nel Bel Paese?” mi domanda imitando l’accento italiano.
“Sono nata lì. Ho vissuto lì per ventidue anni. Cioè, sono italiana”. Perché questo giro di parole? Potevo dire semplicemente sono italiana punto.
“Io adoro il tuo Paese” aggiunge esuberante.
 
Forse sono partita io prevenuta, ma Rose non è affatto male. Anzi, è molto simpatica ed è inglese, il che significa che mi farà conoscere ancora di più la cultura inglese. Non che stia rimpiazzando Josh, per carità, ma avere un’inglese in giro per casa, può solo essere un bene.
Ho parlato con la mia fedele confidente spagnola e mi ha proposto di invitarla alla nostra serata. E Rose ha accettato.
Durante il tragitto ne approfittiamo per conoscerci meglio, e ho scoperto che  ha ventiquattro anni, segue un corso di fotografia all’università e che trascorre ogni anno una vacanza-avventura: parte con il minimo indispensabile e cerca di visitare quanti più luoghi possibili della Nazione che ha scelto.
Mi piace questa tipologia di viaggio, potrei anche unirmi a lei la prossima estate.
Le ho raccontato del mio mal di Patria, e senza che io le chiedessi ancora niente, lei si è proposta per aiutarmi a superalo.
“Ti sveglierò ogni mattina con l’inno inglese” mi dice fermandosi di colpo e portandosi una mano al cuore, come si è soliti fare quando si ascolta il proprio inno.
Non sarebbe male come idea, non ci avevo ancora pensato.
 
“Hai portato una compagnia per il terzo incomodo” mi dice Josh, mentre ci dirigiamo in cucina per preparare i pop corn e Marisol e Rose stanno sistemando varie coperte e cuscini sul divano in soggiorno.
“E’ stata una sua idea” dico mettendomi sulla difensiva.
“Ci sarà una volta in cui mi dirai che sei felice di non aver nessuno tra i piedi?” mi chiede lui attirandomi a sé.
 “Sono felice di non aver nessuno tra i piedi” gli rispondo, avvicinando il mio viso al suo.
Lui ha un sorrisetto sfacciato stampato in faccia, e mentre si sente in sottofondo lo scoppiettare del mais, avvicina ancora di più il suo viso al mio.
Come la volta precedente, i suoi occhi si trasformano da verdi a marroni e il volto di Danny prende il posto del suo.
“Sbrigatevi che il film inizia!” urla Marisol dall’altra stanza, facendoci allontanare all’istante.
Non so se è Marisol che impedisce a me e Josh di spingerci oltre, oppure è il volto dell’irlandese che puntualmente emerge dai miei ricordi. 


 

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Rieccomi a rompervi le scatole xD
Ho notato che sto aggiornando più spesso del previsto...
Ormai non riesco a tenervi sulle spine a lungo xD
Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente e
tutti coloro che hanno aggiunto la storia nelle
preferite/ricordate/seguite e chi legge in silenzio.

Spero vi piaccia ;)

~ AnneC
Ps. Il prossimo capitolo è già terminato e presto sarà online ;)

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Capitolo 8
*** I wanted words, but all I heard was nothing. ***


Capitolo 8

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I wanted words, but all I heard was nothing.


“Buongiorno pigrona!” urla Rose, aprendo la porta di camera mia. Le note di God save the Queen inondano la mia stanza e io per attenuare il rumore, alzo il piumone fin sopra la testa.
“E’ ora di alzarsi” mi incoraggia la mia coinquilina.
“Smettila” biascico, lanciando il cuscino nella sua direzione, ma siccome ho ancora gli occhi chiusi, non so se l’ho colpita o meno.
“Non mi hai colpita” dice aprendo le tende e la luce prende il posto dell’oscurità.
“Ti prego, solo altri cinque minuti” la supplico.
“Non mi interessa! Alzati!” mi rimprovera, tirando via le coperte.
“Hai vinto” le dico arrendendomi.
Solo quando vede che mi sto alzando dal letto, Rose esce dalla stanza, portando con se quell’aggeggio infernale da dove proviene l’inno inglese.
“Preferisci il tè o il caffè?” mi chiede, quando mi siedo al tavolo della cucina.
“Tè. Lo sai che essendo italiana, mi rifiuto di bere quella cosa che voi chiamate caffè” le rispondo, mentre raccolgo i capelli neri in una coda alta, in modo che non mi finiscano davanti al viso.
“Giusto, l’avevo dimenticato. Voi bevete solo l’espresso” mi dice prendendomi in giro.
 
“La tua coinquilina è molto simpatica” mi dice Marisol, mentre pulisce la vetrina dei dolci.
“Non è niente male, potrebbe persino rubarti il posto, sai?” le dico, sistemando alcune tazze su una mensola.
“Quale posto? Questo alla caffetteria?” mi chiede interrogativa.
“Perché dovrebbe rubarti il posto di lavoro?! Intendevo quello che hai conquistato nel mio cuore” le rispondo dandole una gomitata scherzosa.
“Impossibile, un’inglese non potrebbe mai sostituire una spagnola” afferma sorridente, ed infondo è vero. Rose non potrebbe rimpiazzare Marisol, ma potrebbe aggiudicarsi un posto accanto al suo.
 Un gruppo di clienti entra nella caffetteria e allora mi precipito alla cassa, senza darle alcuna risposta. “Una cioccolata calda con panna e tre cappuccini” ordina una ragazza del gruppo e per la prima volta da quando sono qui, sento la corretta pronuncia di quella parola.
Non so da cosa l’hanno capito, ma sanno che sono italiana ed accade qualcosa che mi fa sentire subito a casa. Non importa se non ti conoscono, se è la prima volta che ti incontrano, se sei a Tokyo o a Londra, quando un italiano incontra un connazionale, vale la regola di attaccare bottone.
Mi chiedono da quanto sono qui. Una settimana. Una settimana fa a quest’ora ero ancora in Italia.
Parlare con loro, parlare di nuovo in italiano, mi ha fatto sentire come se non fossi mai partita. Ma il ricordo della mia Patria non è più così doloroso. Ho finalmente accettato che ora la mia vita è qui, in terra straniera.
 
Quando rientro a casa, Rose non c’è e ne approfitto per sistemare camera mia, che sembra essere stata il campo di battaglia di una violenta guerra. Terminato il restauro, mi stendo sul letto e fisso il soffitto bianco sopra di me, alla ricerca di qualcosa che non mi faccia piombare nella noia più assoluta.
Con una strana associazione di immagini come bianco, neve, tormenta, aeroporto, mi ritrovo a rivivere il mio atterraggio sul suolo inglese con la relativa caccia al taxi. Ed ecco di nuovo quel ragazzo misterioso che mi cede l’ultimo veicolo.
Perché non si è fatto più sentire? Non era lui quello che ha detto di dare una mano al destino? La sua  unica risposta è stata scomparire nel nulla. Non l’ho più né sentito, né visto, tranne che nella mia mente.
Ma perché mi meraviglio?
Forse la teoria di Marisol era giusta, sicuramente avrà bizzeffe di ragazze che gli corrono dietro e che lo riempiono di attenzioni. Magari sono anche molto più belle di me, alla fine ci vuole poco a superare una chioma mora e degli occhi di un banalissimo marrone.
E poi cosa potrei offrirgli io?
Niente, ancora non mi sono adattata nemmeno all’Inghilterra, figuriamoci una relazione o una cosa del genere.
Dovrei richiamarlo? Forse, giusto per non avere rimpianti in futuro.
Non ci penso due volte e compongo il numero. Questa volta mi risponde una voce meccanica che mi dice che il cellulare è spento.
 
La suoneria del cellulare mi fa svegliare di soprassalto, riportandomi alla realtà. La luce accecante del display non mi permette di mettere a fuoco il nome che compare sul di esso.
“Pronto? Chi parla?” chiedo alla persona che mi sta chiamando.
“Anna, sono Rose. Ho dimenticato le chiavi dentro, mi puoi aprire? Ho bussato al campanello, ma non mi hai risposto” mi dice con voce squillante.
“Un secondo, mi ero addormentata” le confesso.
Apro la porta e mi ritrovo la mia coinquilina che mi sventola una busta da cibo d’ asporto all’altezza degli occhi. Entra in casa e appena apre la busta misteriosa, un odore di spezie e di fritto invade la cucina. Che cavolo ha comprato?
“E’ pollo fritto” mi informa “E non mi guardare in quel modo” aggiunge.
Tira fuori un secchiello di cartone pieno di pollo dorato, che a differenza di come me l’aspettavo, ha un aspetto davvero invitante.
Con questa scorpacciata di fritto, il mio stomaco non soffrirà la fame per almeno una settimana.
 
Dopo l’avvertimento, o meglio la minaccia di morte, che ho fatto ieri a Rose, questa mattina il mio risveglio è stato decisamente più tranquillo. Almeno così è stato fin quando non mi è arrivato un messaggio da parte di Marisol, in cui mi informava che oggi è il suo giorno libero. Un’altra sorpresa l’ho avuta quando sono andata al lavoro, dove ho scoperto che avrei passato otto ore con Vodka.
Che allegria!
In cambio però, qualcuno è venuto a trovarmi alla caffetteria. Solo quando è venuto a ritirare il suo cappuccino, mi sono accorta che lì per me.
“Ti sono mancato, eh?” mi chiede Josh, mentre gli passo il bicchiere fumante.
“Noto che sei sempre il solito” gli rispondo sorridendogli.
“Puoi farti sostituire da qualcuno? Vorrei sedermi un po’ a parlare con te” mi dice, spostandomi dietro l’orecchio una ciocca di capelli che era cascata dalla coda.
“Ci siamo solo io e Katia, non può sostituirmi nessuno, mi dispiace”. Mi dispiace davvero non potermi sedere e rilassare un po’.
“Allora vuol dire che starò qui buono a farti compagnia mentre lavori” aggiunge sorridente appoggiandosi di lato al bancone.
“Riesci sempre a trovare una soluzione a tutto”.
Aspetta che il mio turno finisce ed insiste per riaccompagnarmi a casa. Il tempo è meno freddo rispetto agli altri giorni, ma nonostante questo, Josh mi attira a sé; il contatto con il suo corpo mi fa scorrere un leggero brivido lungo la schiena e non so bene a cosa sia dovuto.    
Più passo del tempo con lui, più mi rendo conto che mi sbagliavo sul fatto che non mi piacessero i “principi azzurri”. Infondo i capelli biondi e gli occhi chiari non sono simbolo di perfezione e altezzosità, o quantomeno ci sono delle eccezioni.
E Josh è una di queste.
“Devo avvisarti” gli dico prima di entrare in casa mia. “Non aspettarti una reggia oltre questa porta” lo avverto.
“Non preoccuparti, se non mi piace potrei sempre ristrutturati l’appartamento” afferma lui divertito e io gli tiro una gomitata.
Lo invito ad entrare ed aspetto un suo commento, tanto lo so che freme dalla voglia di dirmi come la pensa. Lui si guarda intorno e commenta dicendo che non è affatto male.
“Ma più che altro vorrei vedere la tua camera da letto” aggiunge con un sorriso malizioso sulle labbra.
“Scordatelo, non vedrai mai camera mia” controbatto con aria severa.
“D’accordo, almeno ci ho provato” commenta dirigendosi verso il divano.
“Che sfacciato che sei” gli dico ridendo, mentre mi siedo accanto a lui.
 


 

~•~

Come promesso, ecco un nuovo capitolo :)
Cosa ne pensate? Che fine avrà fatto il nostro bell'irlandese?!
Vi annuncio che nel prossimo capitolo ci sarà una grossa novità,
ma non vi svelo altro ;)

Buona lettura, alla prossima :*

~ AnneC

Ps. No, non mi sono dimenticata di ringraziare chi ha recensito
il capitolo precedente e tutti coloro che leggono la storia. Grazie di cuore!

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Capitolo 9
*** You're gonna think that you fixed yourself. ***


Capitolo 9

~•~

You’re gonna think that you fixed yourself.


Josh si è accampato sul mio divano e non sembra intenzionato ad abbandonarlo. Come al solito, non ha perso l'occasione per stringermi a sé e tenermi per mano. Devo dire però, che questa volta ne ho approfittato anche io e ho adagiato la mia testa sul suo petto. Sento il suo cuore battere forte e involontariamente sincronizzo il mio respiro al suo. Lui sembra sentirsi a suo agio e a quanto pare io sto assecondando il suo corteggiamento.
Ma chi l'avrebbe mai detto che a poco più di una settimana dal mio arrivo, mi sarei trovata coinvolta emotivamente con qualcuno. Sono anche, quasi, riuscita ad adattarmi qui. Quindi è vero, a volte basta trovare qualcuno che stia al tuo fianco per superare le difficoltà. Ma chi è che ha svolto la parte più importante? Colui che mi ha incoraggiato a lottare o colui che mi ha aiutata ad integrarmi? Entrambi, forse.
Però di questo ancora non ne sono sicura. Come non sono sicura di cosa sia successo a Danny... È il mio inconscio che l'ha immaginato o esiste realmente? Sto delirando, è ovvio che esiste, l'ha visto anche Marisol, non sono pazza se l'ha visto anche lei. In ogni caso è scomparso, risucchiato da un buco nero o rapito dagli alieni, non lo so.
"A cosa pensi?" mi chiede Josh interrompendo il flusso dei miei pensieri.
"Niente di importante" gli mento spudoratamente.
Ma che mi prende? Perché penso a qualcun altro se ho Josh accanto a me?
Basta, devo smetterla. L'irlandese ha avuto la sua occasione.
Ma quale occasione?! Forse non voleva alcuna occasione, sono io che ne volevo una e probabilmente la voglio tutt'ora.
"Sicura che non sia niente di importante?" mi domanda l'inglese scrutandomi.
"Sì, sicurissima. Da quando sei arrivato ancora non ti ho detto che sono felice di non aver nessuno tra i piedi" dico guardandolo negli occhi.
Un sorriso malizioso appare sul suo volto, ma io distolgo lo sguardo per non permettere alla mia mente di sostituire il verde limpido dei suoi occhi con due pozze scure, che mi risucchiano anche l'anima.
Vuole baciarmi, lo so, ma so per certa che questa volta non comparirà magicamente Marisol a salvarmi in calcio d'angolo.
"Sun?" chiede Josh rispondendo al cellulare.
Mi avrebbe salvata di nuovo.
"Che vuole?"gli dico sussurrando, per non farmi sentire dalla spagnola.
"Vuole del pollo fritto, ma non ha capito che non glielo porterò" annuncia dopo aver terminato la chiamata.
"Non essere cattivo!" lo rimprovero.
"Non me ne andrò di qua fin quando non otterrò qualcosa in cambio" aggiunge malizioso.
"Mi stai dicendo che devo picchiarti per fartene andare?" gli chiedo facendo la finta tonta.
"Non pensavo esattamente agli schiaffi".
"Posso darti anche pugni e calci" continuo alzandomi dal divano, cercando di scappare dalle sue grinfie. Ma lui mi imita e mi trattiene per non farmi allontanare.
"Dove scappi?" mi chiede con voce dolce.
"Da nessuna parte. Credevo di aver sentito il cellulare” mento di nuovo. Ma perché stavo facendo la dura?
“Il cellulare non sta squillando” dice spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio ed avvicinando pericolosamente il suo viso al mio.
I nostri sguardi si fondono e il verde dei suoi occhi mi appare ancora più brillante. Cerco qualcosa a cui aggrapparmi per sfuggire a quello che sta per accadere, ma non c’è niente. Né la mia amica, né Rose e nemmeno il ricordo di quegli occhi profondi.
La mia mente ha deciso di rimare lucida e di non vagare altrove.
“Sei molto determinato” ammetto arrendendomi.
Adesso è lui a fare il sostenuto e allontana il suo volto dal mio. A che gioco sta giocando?
Vuole che prenda io l’iniziativa? Se questo è quello che vuole, l’avrà.
Avvicino di nuovo il suo volto al suo, fin quasi a sfiorarci. “Ti stai tirando indietro?” gli chiedo maliziosa. Non mi risponde, avvicina le sue labbra alle mie, ma ancora non c’è contatto. C’è qualcosa che lo frena e non so cosa sia.
Compio io l’ultimo tratto che divide  le nostre labbra e al loro contatto Josh si scioglie e svela i suoi trucchi da abile baciatore. Ricambio il bacio, infilando le mie mani tra i suoi capelli biondi. Lui avvicina sempre di più il mio corpo al suo e tutto diventa più intenso, più passionale. Ci stacchiamo per riprendere fiato e sulle sue morbide labbra appare un sorriso trionfante, che contagia anche me.
“Non ti facevo così determinata” aggiunge mordendosi il labbro inferiore.
“Adesso vai a comprare il pollo per Marisol” gli dico io prima di dargli un altro bacio, che questa volta è più dolce ed innocente.
 
Poco dopo che Josh ha lasciato il mio appartamento, Rose rientra a casa portando con sé una pizza.
“So che non eguaglierà i tuoi parametri di giudizio, ma per me questa è la pizza più buona di tutta Londra” annuncia prendendone un pezzo.
“ Ti dirò cosa ne penso” le dico, addentandone un po’. “Non male. Non è perfetta, ma infondo niente è perfetto” aggiungo, senza sapere se mi riferisco alla pizza o a qualcuno coi capelli biondi di mia conoscenza.
“Visto? Bisogna prendere la vita con filosofia” concorda la mia coinquilina aprendo una lattina di birra.
“Scusa se cambio discorso, ma ti vedo più felice del solito. E’ successo qualcosa che dovrei sapere?” mi chiede scrutandomi.
“Niente di straordinario” le rispondo. “Josh è stato qui” confesso infine.
“Ti fa davvero bene passare del tempo con lui e secondo me, sareste anche una bella coppia” dice e aspetta una mia reazione, ma dato che non arriva aggiunge “In futuro, se deciderete di portare la vostra amicizia al livello superiore”.
“Credo che siamo già al livello superiore, qualunque esso sia”. Tanto l’avrebbe scoperto comunque che era successo qualcosa tra me e l’inglese.
“Ecco allora il vero motivo! Sono davvero contenta per te” si congratula, brindando con la birra al posto dello champagne.
 
Il mattino seguente, Marisol mi accoglie a braccia aperte nel vagone della metro. Evidentemente il suo coinquilino non le ha spifferato niente, dato che non ha ancora accennato niente a riguardo.
“Tu e Josh mi state nascondendo qualcosa” mi dice la mia amica, che invece non si era lasciata sfuggire niente, appena usciamo dalla metro. “Non è che è successo qualcosa tra voi due?” aggiunge.
“Qualcosa tipo un bacio?” chiedo.
“Vi siete baciati e non me l’hai nemmeno detto!” urla, mettendo poi il broncio.
“Te lo sto dicendo adesso, Sun!”
“Allora la cosa è seria se cominci a chiamarmi anche tu Sun” conviene, accompagnando la frase con uno sguardo malizioso.
“Ma che dici?! Niente di serio. Ci siamo baciati, tutto qui”
“C’è qualcosa che non va allora. Cosa potrebbe essere?” chiede più a se stessa che a  me.
“Niente. E’ tutto a posto” le rispondo, ma ormai non mi ascolta più, è già immersa nei suoi pensieri.
“Danny!” urla all’improvviso la spagnola.
“Dove?” chiedo io guardandomi intorno alla ricerca del ragazzo.
“E’ questo il problema” aggiunge lei appoggiando una mano sulla mia spalla.
“Non ti capisco. E’ qui o no?” le domando, non capendo più niente.
“Sei combattuta tra Josh e l’affascinante irlandese” mi spiega la mia amica. “Baci uno, ma pensi all’altro”.
“Come fai a conoscermi così bene?” le chiedo guardandola negli occhi.
“Non si tratta solo di questo. Ho visto Danny, e per quanto Josh possa essere attraente, non può competere con lui”.
Ma sta parlando la mia amica o il mio inconscio?
“Danny non mi ha più chiamata. Invece Josh non ha mai gettato la spugna” ammetto.
“E non potevi chiamarlo tu?” mi chiede lei, non essendo a conoscenza dei fatti.
“L’ho fatto e non ho avuto nessuna risposta”.
“E se ripiombasse nella tua vita, ora che ti sei lasciata andare con Josh?”.
“Credo che ormai sia troppo tardi” ammetto a malincuore.

~•~

*Rullo di tamburi*
Salvee! Come promesso ecco il nuovo capitolo.
A quanto pare Josh è riuscito a strappare
un bacio alla nostra protagonista.
Non odiatemi per questo, vi prego! xD
Piuttosto, che fine avrà fatto il nostro O’Donoghue?!
Ringrazio chi continua a recensire e a leggere la storia,
ogni volta che mi dite la vostra mi rendete davvero felice.
E’ soprattutto grazie a voi se sto aggiornando così spesso.
Mi scuso per lo sproloquio :)
Alla prossima, baci

~ AnneC

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Capitolo 10
*** I can’t keep thinking that you’re coming back. ***


Capitolo 10

~•~

I can't keep thinking that you're coming back.


“Mi ripeti il programma della serata?” chiedo a Marisol.
“Ma allora non mi ascolti?” controbatte lei, richiudendo il suo armadietto.
“Se mi parli mentre servo i clienti, è ovvio che non ti ascolto” ammetto mentre usciamo dallo spogliatoio.
“Non hai tutti i torti. Ricapitolando, è una serata videogames. Josh rientra alle sei e tu e Rose potete venire quando volete” dice, mentre usciamo dalla caffetteria e ci dirigiamo al supermercato per comprare da mangiare.
“Quindi giocheremo con i videogames”.
“Esatto, genio. Non si è mai grandi abbastanza per giocare” aggiunge soddisfatta.
Dopo aver vagato tra le varie corsie, le nostre buste sono piene più che altro di confezioni patatine e di bottiglie di birra. Se continuiamo di questo passo, ci ritroveremo con un bel po’ di chili di troppo.
Alla fine Marisol ha insistito perché rientrassi con lei a casa, con la scusa che le buste erano troppo pesanti. Entriamo nell’appartamento buio e sistemiamo ciò che abbiamo comprato sulla penisola della cucina.
“Credo che abbiamo un po’ esagerato” dico, osservando il numero di buste di patatine.
“Me ne sono accorta anche io, ma ormai è fatta” conviene lei alzando le spalle.
Nell’attesa degli altri due invitati alla serata, ci stendiamo sul divano e la spagnola comincia a fare zapping.
“Quindi se ti chiamasse ora, cosa faresti?” mi chiede all’improvviso, mentre si ferma sulla pubblicità di un alimento precotto.
“Chi dovrebbe chiamarmi?” le chiedo a mia volta non sapendo a chi si riferisse.
“Ma come chi! Lo sai di chi sto parlando…” mi risponde lanciandomi un cuscino in faccia.
“Niente, che dovrei fare?! Dovrei abbandonare tutto e correre da lui? E poi perché ne stiamo parlando? Non l’ha fatto finora e di certo non lo farà adesso…” le dico, cercando di rimare calma. Perché lo tirava in ballo, facendolo diventare il centro dei miei pensieri?
“E’ solo che mi sembravi molto presa da Danny. E’ anche per questo che avevo detto a Josh di non provarci con te” confessa lei seria.
“Josh sa qualcosa di questa storia?”.
“No, non gliel’ho detto. Ma se dovesse ricomparire…”
“Non mi interessa. Forse ero solo io quella che si sentiva coinvolta” la interrompo.
“E allora perché ti ha ceduto il suo taxi?” insiste caparbia.
“Perché evidentemente gli facevo pena”. E’ l’unica ragione che mi viene in mente, non ce ne sono altre.
“Lo dici per convincere te stessa?”.
Nel preciso istante che pronuncia questa frase, Josh rientra a casa e vedendomi lì, un sorriso si fa strada sul suo volto.
“Hola amigo” lo saluta Marisol. Lui le passa accanto scompigliandole delicatamente i capelli, poi si china su di me ed io gli stampo un bacio sulle labbra.
“Vado a farmi una doccia, ci vediamo tra poco” mi sussurra, quando ci stacchiamo.
“Non voglio fare la guastafeste, ma sei sicura di quello che fai?” mi chiede la spagnola, non appena il suo coinquilino abbandona la stanza.
Non le rispondo. Forse perché una risposta non c’è.
 
Mezz’ora dopo è arrivata anche Rose e Josh riemerge dalla sua stanza.
“Quali sono le squadre?” chiede la mia coinquilina, mentre riempie una ciotola con una delle buste di patatine.
“Io non voglio giocare con Josh” esordisce Marisol.
“Neanche io” aggiungo portando quattro birre in salotto.
“Bene, non sapete chi state sfidando. Rose, le stracceremo!” dice lui fiero, mettendosi quasi ad urlare.
“Non ti gasare! Ti batteremo noi!” diciamo in coro io e la spagnola.
“Ma a che gioco giochiamo?” chiedo, dopotutto ancora non l’avevo capito.
“A London 2012” annuncia Marisol “Almeno saremo divisi in squadre” aggiunge.
“Che nazione scegliete tu ed Anna?” ci chiede Rose.
“Tutte tranne l’Italia” annuncio io.
“E perché?” chiede Josh, scrutandomi.
“Perché porta sfiga!” gli rispondo. Ho sempre pensato che scegliere il proprio paese portasse davvero sfortuna, ma non so quale sia la ragione di fondo. Forse è anche legato al fatto che ormai non sono più lì ed ogni volta che mi ritrovo davanti a qualcosa che mi ricorda la mia Nazione d’origine la malinconia prende il sopravvento.
 “Vuoi l’Irlanda?” mi domanda Marisol. Io la picchio se non la smette con questa storia.
“No, scegli tu” le rispondo dandole una gomitata.
 Alla fine abbiamo scelto la Spagna e dopo un bel po’, Rose ha rinunciato alla Giamaica e ha assecondato Josh nello scegliere il Regno Unito.
Ho scoperto che sono negata nell’atletica leggera, ma se si tratta di una disciplina in cui si mira e si spara, sono quasi imbattibile. Potrei anche pensare di partecipare alle Olimpiadi nel tiro con l’arco.
Rose è abilissima negli sport acquatici, Marisol è imbattibile nel tiro del giavellotto e Josh è un atleta a tutto tondo.
Risultato? La Spagna ha perso.
“Siamo imbattibili!” si congratulano a vicenda i due inglesi.
“Non vale, non ero allenata” dico ed infondo è vero, sono anni ormai che non gioco con i videogames.
“Volete una rivincita?” chiede Rose ed io e Marisol annuiamo.
“Allora sabato, stesso posto, stessa ora” aggiunge Josh.
“Affare fatto” dice la spagnola. Sì, ma devo allenarmi allora.
“Cavolo è tardissimo” osserva la mia coinquilina guardando l’ora. “Domani mattina devo alzarmi all’alba per un progetto fotografico” aggiunge.
“Allora è meglio che andiamo” dico appoggiandola.
I due padroni di casa insistono per accompagnarci fuori al palazzo.
“Non allearti col nemico” consiglia Rose all’inglese prima di salutarlo.
“Non ho intenzione di farlo, ma le rubo solo qualche bacio” le risponde e dopo ne approfitta per stamparmene uno sulle labbra.
“La prossima volta vi stracceremo” controbatte Marisol, salutando la mia coinquilina.
“Mi raccomando la prossima volta ti voglio più concentrata” dice abbracciandomi.
“Ero già concentrata”.
“No, pensavi continuamente a qualcuno” aggiunge.
“ Ha pensato tutto il tempo a me” si intromette il suo coinquilino.
“Si, a te Josh” continua, lasciandomi intendere ciò che realmente pensa.
 
 Il mattino seguente approfitto del fatto che Marisol ha il turno mattutino per fare colazione in caffetteria. Prendo posto accanto al bancone e nonostante ricevo delle occhiatacce da parte di alcuni clienti, non mi muovo di un millimetro.
“Secondo me la tua è una sorta di ossessione” conclude la mia amica dopo avermi detto per l’ennesima volta che penso continuamente all’irlandese.
“Se lo tiri in ballo ogni volta che parliamo, sei tu quella che ha un’ossessione per lui” controbatto.
“Lo tiro in ballo, perché sono certa che pensi ancora a Danny”.
Non ha tutti i torti, lo ammetto. Mi capita di pensarlo soprattutto quando vengo in caffetteria e qualcuno occupa il tavolo vicino alla vetrina che dà sulla strada. Ma da pensarlo a diventare un’ossessione, la strada è ancora lunga.
“D’accordo, ogni tanto lo penso, ma non posso farci niente” ammetto infine.
“L’accettazione è il primo passo verso la guarigione” annuncia la mia amica, prima di preparare un caffè macchiato.
“Bella perla di saggezza” le dico quando ha terminato la preparazione. “Lo so che devo dimenticarlo, ma tu  se fai così non mi aiuti di certo” aggiungo, nella speranza che cambi argomento.
“Il mio obiettivo è questo: ti sto aiutando a non dimenticarlo” afferma seria guardandomi negli occhi.
“E perché dovresti farlo? Io non ne capisco il senso. Josh è tuo amico, se fai questo a me, ricadrà negativamente su di lui”. Non riesco a capire qual è il suo scopo.
“Josh sopravvivrà, è un tipo forte” si interrompe, ma quando nota che non apro bocca continua dicendo che c’è qualcosa di incredibile nel modo in cui il destino  ha fatto conoscere e rincontrare me e Danny.
“Ci serve un parere estraneo ai fatti” dice guardandosi intorno, e dato che alla cassa non c’è nessun cliente, chiama Leslie attirando la sua attenzione.
“Un ragazzo e una ragazza si incontrano casualmente all’aeroporto, lui le cede l’ultimo taxi e la cosa finisce lì” racconta la mia amica alla nostra collega, mentre si avvicina a noi.
“Dopo due giorni si rincontrano casualmente in una caffetteria”  continua.
“E’ successo qui?” chiede Leslie interrompendola.
“Sì, è successo qui, ma questo è un dettaglio. Dov’ero rimasta? Ah, ecco. Si parlano, c’è feeling tra loro e si nota a chilometri di distanza”.
“La stai influenzando” la riprendo. Il suo racconto non è più oggettivo.
“Non è vero. Fammi continuare! Comunque, si scambiano i numeri, ma non si sa per quale motivo lui non si fa più sentire, nonostante lei cerchi di contattarlo” conclude.
“Subentra però un altro ragazzo, che ci prova ripetutamente con la ragazza, la quale alla fine si lascia andare, cercando di dimenticare il ragazzo iniziale” continuo ad esporre i fatti e la mia amica mi guarda di traverso per averle rubato il ruolo di narratore.
“La questione è: la ragazza deve lasciar perdere il primo ragazzo e continuare col secondo oppure cercare di ricontattare il primo e lasciar perdere il secondo?” chiede infine Marisol alla povera Leslie.
Credo che le abbiamo mandato in fumo il cervello.
“Se fossi la ragazza, cercherei di ricontattare il primo ragazzo” annuncia la nostra collega, dopo averci riflettuto a lungo. “Il destino li ha fatti incontrare proprio qui. Avete idea di quante caffetterie ci sono in città e lui ha scelto proprio questa in cui si trovava lei! E’ incredibile” continua Leslie con gli occhi sognanti.
Marisol sorride soddisfatta ed io strabuzzo gli occhi al cielo.
“Ma la ragazza lavora qui per caso?” chiede incuriosita dalla vicenda.
“Leslie ci sono due clienti alla cassa” le faccio notare.
“Dopo voglio sapere chi è però” aggiunge prima di lasciarci sole.
“Ti sei convinta adesso?” mi chiede insistente la spagnola.
“D’accorto è una cosa che accade solo nei film, ma io non ti prometto niente” concludo dandogliela vinta.
“Ma anche lui ha il mio numero, se vuole può chiamarmi” aggiungo infine.
“Sei sempre la solita” mi rimprovera scuotendo la testa.
 
E’ venerdì mattina e a quasi due settimane dal mio arrivo, tutto mi sembra più familiare: il traffico cittadino che scorre sotto la finestra  della cucina, la fermata della metro affollata, le donne con tacchi vertiginosi che si affrettano lungo la strada e persino i clienti che pronunciano parole italiane con un accento improponibile. La mia strategia ha funzionato, mi serviva solo sentirmi parte di questa città a cui non appartenevo e devo ammettere che nel weekend mi sento quasi un’inglese. Non so se è merito dei pub, della birra, dell’atmosfera rilassata che aleggia per strada o delle uscite serali, ma è in questi giorni che mi sento a casa.
Un flebile raggio di sole illumina la mia stanza. Sembra che anche il tempo abbia deciso di concedermi un po’ di tregua, ma tanto c'è qualcos'altro che occupa i miei pensieri...
Due nuove questioni si fanno largo nella mia mente:
Uno. Cosa siamo realmente io e Josh?
Fidanzati? Non credo.
Amici? Certo.
Coppia? Possibile.
Credo che dovremmo definire il nostro tipo di relazione a questo punto.
Due. Danny.
Non esiste una vera e propria domanda su di lui, ma il problema è l'effetto che scaturisce in me anche il solo pronunciare questo nome. Non so descriverlo, è un misto di emozioni non ben distinte tra loro.
Decido di sgombrare la mia mente con una doccia calda e dato che l'acqua porta via ogni cosa, spero che porti con sé anche le preoccupazioni.
Per fortuna Rose non c'è, altrimenti avrebbe cominciato a sbraitare perché ho lasciato per troppo tempo l'acqua aperta, riempiendo così il bagno di vapore. Pulisco lo specchio sul lavandino con la manica dell’accappatoio e guardo il riflesso che mi rimanda.
Sono sempre la stessa, non sono diversa da com'ero due settimane fa, ma da allora sono cambiate molte cose.
Mi dirigo in camera mia e controllo il cellulare: una chiamata persa e un messaggio. Sarà sicuramente Marisol che continua a tormentarmi con i suoi discorsi.
Controllo prima chi mi ha chiamata e quasi non credo ai miei occhi. Controllo poi anche il messaggio, nella speranza che almeno questo sia della mia amica spagnola.
Il mittente è lo stesso, ma non è la mia amica.
Ripongo il cellulare senza aprire il messaggio, cercando di ignorarlo.
Mi vesto, ma sembra che ogni secondo si sia tramutato in eternità; la mia mente si affolla dei pensieri più disparati e non hanno intenzione di lasciarmi in pace.
C'è un'unica soluzione, prendo coraggio e visualizzo il messaggio.
 

"Ciao Anna, ho provato a chiamarti, ma non ho avuto alcuna risposta. In questi giorni sono stato in Irlanda.
Lo so che non è una scusa plausibile per non averti richiamata, ma non so cosa mi sia preso.
Sto tornando a Londra e vorrei rivederti, sempre se per te va bene.
Danny”
 
Prendo un respiro profondo e per questo lungo istante la mia mente è sgombra. L’agitazione si fa sentire subito dopo. Marisol ha ragione, non è davvero finita tra me e lui.
E' bastato un solo messaggio per mandarmi in tilt.
 


~•~

Ciaoooo! Ed ecco che
ricompare il nostro O’Donoghue!
Cosa farà adesso Anna? Accetterà di rivedere
Danny oppure lo ignorerà?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo ;)
Ringrazio chi continua a recensire e a leggere la storia,
ogni volta che mi dite la vostra mi rendete davvero felice.
Alla prossima,

~ AnneC

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Capitolo 11
*** My head is saying no, but my heart keeps giving in. ***


Capitolo 11

~•~

My head is saying no, but my heart keeps giving in.


Da quando ho letto il messaggio, ho cercato di dimenticarmene, ma ogni tentativo è stato vano. Le sue parole mi risuonano in testa e non mi hanno abbandonata nemmeno per un secondo.
Vuole vedermi.
Ed io voglio vederlo? Assolutamente sì!
Cavolo, ma che mi prende! Ora che tutto sta andando per il verso giusto, ecco che riappare e porta scompiglio.
Ho pensato a lungo alla possibile reazione di Marisol e a come gli dirò che si è rifatto vivo ed ora che lei è qui con me, non so come dirglielo.
"Tutto bene? Sei strana, non hai detto una parola da quando abbiamo iniziato il turno" osserva la spagnola in un momento in cui non ci sono clienti al bancone.
"Sto bene" le rispondo, cercando di evitare il suo sguardo.
"Mi stai nascondendo qualcosa" mi dice mentre mi gira il viso per incrociare il suo sguardo.
"Mi ha mandato un messaggio" mi lascio sfuggire.
"Josh?" mi chiede istintivamente.
Tutto quello che riesco a dirle è un semplice no.
"Oh mamma! E cosa ti ha scritto?" mi domanda alzando un po’ troppo la voce e facendo girare qualche cliente. Estraggo il cellulare dalla tasca del grembiule e glielo porgo.
"Non dovresti avere il cellulare con te" mi rimprovera lei, prima di leggere il messaggio.
"Lo so, ma in questa occasione la regola può essere infranta".
"Vuole vederti!" esclama con occhi sognanti. "E cosa gli hai risposto?.
"Niente. Non può farsi vivo dopo nove giorni e aspettarsi che corra a braccia aperte da lui" le rispondo secca.
"Hai contato i giorni" osserva la mia amica.
"Lo so, sono un caso disperato".
"Invece no" controbatte. "Vedi avevo ragione, non l'hai mai dimenticato".
"Come potevo dimenticarlo se quando Josh provava a baciarmi mi veniva costantemente lui in mente?" chiedo retorica.
"Questo non me l'avevi detto. Cosa hai intenzione di fare?" mi chiede osservando un cliente appena entrato.
"Niente. Non lo rispondo e non voglio rivederlo" le confesso dopo aver servito il cliente appena arrivato.
"Non ti capisco. Perché ti comporti così?" mi chiede contrariata.
"Marisol, è andato in Irlanda, non nella giungla! Cosa gli costava fare una chiamata in questi nove giorni?" gli chiedo alzando leggermente la voce a causa del nervosismo che stava crescendo in me.
"E' anche per questo che dovete vedervi" insiste.
"No, se il destino ci ha fatto conoscere, poi ritrovare qui e ci farà incontrare di nuovo, senza che io faccia qualcosa, allora avrà un'altra possibilità, altrimenti ognuno continua per la sua strada".
"Ma lui ti sta chiedendo un'altra possibilità adesso ".
Non mi interessa. Forse sarò fin troppo orgogliosa, ma ora che le cose stanno andando per il verso giusto, non mi va di stravolgere tutto solo perché ha deciso di ripiombare nella mia vita.
“Non so cosa fare con te. Ma sappi che non ti darò tregua” mi avvisa con aria seria.
“Marisol, fai quello che vuoi, tanto non cambio idea”.
 
Da questa mattina Danny mi ha chiamato un’altra volta, ma non l’ho risposto.
Mi sento divisa in due: una parte avrebbe voluto rispondere, anche solo per ascoltare la sua voce, l’altra invece non vuole saperne più niente di lui. Ed è quest’ultima che ha preso il sopravvento.
Il programma della serata prevede un’uscita al pub con la solita compagnia. Questa volta però, sono Marisol e Josh a passarci a prendere.
Marisol mi accoglie sempre con un abbraccio caloroso, mi stringe per un in istante in più del solito, simbolo che sa ciò che sento in questo momento. Josh invece mi bacia, ma ciò che provo non è paragonabile a ciò che ho provato le altre volte.
“Mi ha chiamato Leslie” mi sussurra la mia amica spagnola, senza destare sospetto.
“Voleva sapere ancora chi era la ragazza della storia?” chiedo in un bisbiglio.
“No, voleva parlare con te” mi risponde a voce bassa.
“Di cosa parlate voi due?” domanda Rose facendoci quasi sobbalzare.
“Lavoro” dico io, è la prima cosa che mi è passata per la testa. Dopotutto di cosa avrebbe voluto parlare Leslie con me se non di lavoro.
“E’ venerdì sera, non si parla di lavoro” ci rimprovera Josh, guardandoci di traverso.
“Disse colui che non lavora il sabato” aggiungo tirandogli una gomitata.
“Noi comuni mortali, invece lavoriamo anche di domenica” dice Marisol alzando gli occhi al cielo.
Sì, ma io voglio sapere cosa voleva Leslie da me. La guardo nella speranza che continui a parlare, ma non dice niente.
Quando stiamo per sederci al tavolo del pub, fulmino la mia amica con lo sguardo, indicandole il posto libero accanto a me. Lei obbedisce, senza proferire parola.
Sto per perdere la pazienza.
“Allora, che voleva da me?” le chiedo, esortandola a parlare.
“Qualcuno ha chiesto di te in caffetteria” dice approfittando del fatto che gli altri due parlano con la ragazza che ha portato i menù.
Chi poteva essere? Conosco solo loro in città.
Una lampadina si accende nel momento in cui Marisol mi tira una gomitata.
“Vuoi che ti faccia un disegnino?” mi chiede sarcastica.
“Le ha detto qualcosa?”.
“No, Leslie non sapeva neanche qual è il tuo prossimo turno”.
Quindi potrebbe ripassare domani ed io poteri essere lì. Un brivido mi sale lungo la schiena.
“Mi ha richiamato oggi e non l’ho risposto” le confesso.
Lei scuote la testa riccioluta in segno di disapprovazione. Ordiniamo da mangiare e da bere alla ragazza e attendiamo che ci porti le nostre ordinazioni. Il pub è più affollato di una settimana fa, ma il suo interno non è cambiato di una virgola e in sottofondo si sentono i tintinnii dei brindisi e gli incoraggiamenti a bere.
“Bene, approfitto dell’occasione per invitarvi lunedì sera” annuncia Rose.
“Cosa si festeggia?” chiede Marisol esuberante e nell’aria si percepisce la sua voglia di fare baldoria.
“Lasciala parlare” la rimprovero io.
“Grazie. Beh, lunedì pomeriggio dovrò consegnare un progetto fotografico e non voglio aspettare la valutazione per festeggiare” si ferma perché la spagnola sta per aprir bocca, ma quando riceve una gomitata, lascia perdere.  
“ Mi farebbe piacere che veniate tutti” aggiunge la mia coinquilina.
“Sì, ma dove?” domandano all’unisono Josh e Marisol, provocando una risata generale.
“Ancora non lo so, ma non credo sia un problema per voi” confessa.
“Io ero semplicemente curiosa” aggiunge la spagnola alla mia sinistra. “Alla fine un posto vale l’altro” conclude.
“Lo sospettavo” le dico prendendola in giro e ricevo una linguaccia come risposta.
Le nostre birre arrivano e il rituale del venerdì sera procede senza intoppi. Di tanto in tanto noto che la mia amica mi scruta, cercando di capire cosa mi passa per la testa, ma quando vede che le sorrido, distoglie lo sguardo.
“Sei silenziosa stasera” mi sussurra Josh all’orecchio.
“Non fate i piccioncini voi due” ci rimprovera Rose.
“Forse hanno bisogno di stare un po’ da soli” interviene la spagnola. La rispondo con un’occhiataccia. “Mi accompagni in bagno?”chiede infine alla mia coinquilina.
Proprio quello che volevo evitare: rimanere sola con lui.
“E’ successo qualcosa?” mi domanda l’inglese.
“Niente. Sono solo un po’ stanca”. Infondo è una mezza verità. Dovrebbe essere meglio di una bugia tutto sommato.
“Sembra che tu stia pensando ad  altro” aggiunge scrutandomi.
“No, non è così. Come posso convincerti del contrario?”.
“Un modo ci sarebbe…” risponde sfacciato.
Quando guardo i suoi occhi verdi, mi viene in mente che ho preso la decisione di lasciare tutto al caso, quindi basta preoccupazioni. Devo comportarmi come se nulla fosse accaduto, come se non avesse mai tentato di ricontattarmi, devo mantenere l’ordine che ho creato nella mia nuova vita. Una meteora non può spezzare questo equilibrio.
Così avvicino il mio viso a quello di Josh e sento il suo profumo misto a quello della birra, poi è lui a reclamare il bacio. Cerco di sciogliermi un po’, di farmi trasportare dalla passione e di assecondare quel bacio così intenso.
“Adesso va già meglio” mi sussurra soddisfatto.
 
Quando rientriamo a casa, Rose è la prima a rintanarsi in camera sua. Entro nella mia stanza e mi stendo sul letto, nella speranza che l’alcol mi sia d’aiuto per addormentarmi prima, ma non è così. Mi rigiro mille volte, cambio continuamente posizione e il sonno tarda ad arrivare.
Mi sento in colpa.
Qui non si tratta solo dei mie sentimenti, sono in gioco anche quelli di Josh.
Non voglio illuderlo o dargli false speranze, ma Danny mi manda totalmente in confusione. La mia ragione, con l’inglese e la nostra indefinita relazione, e i mie sentimenti, con l’irlandese e gli avvenimenti che sta creando il destino,  sono in conflitto e non riesco a trovare una soluzione.
Da un lato c’è la certezza di avere qualcuno al mio fianco, dall’altro l’ignoto più assoluto.
Ragione e sentimento. Mente e cuore. Razionale e spirituale. Scienza e fede.     
Devo sacrificare una parte di me, farne prevalere una soltanto.
E se invece lasciassi perdere entrambe?




~•~

Ciaoooo! Vi chiedo scusa per aver
pubblicato con un giorno di ritardo...
Come avete visto, o meglio, letto, Marisol
non molla l’osso. Riuscirà a far cambiare idea ad Anna?
E la nostra protagonista riuscirà a trovare una via d’uscita?
Ma soprattutto, darà un’altra possibilità a Danny?
Lo scopriremo nei prossimi capitoli ;)
Ringrazio che continua a recensire e a leggere la storia,
ogni volta che mi dite la vostra mi rendete davvero felice.
Alla prossima,

~ AnneC

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Capitolo 12
*** And it's the same mistakes that I'm watching you make. ***


Capitolo 12

~•~

And it's the same mistakes that I'm watching you make.


Per le otto ore che sono stata in caffetteria non ho ricevuto alcuna visita. In cambio Marisol mi ha tormentata nella speranza che cambiassi idea. Mi dispiace deluderla, ma non so proprio come uscire da questa situazione. E’ tutto così complicato, così strano e bizzarro e mi manda in pappa il cervello. A pensarci bene, mi sembra di essere la protagonista in uno di quei film romantici, che ad un certo punto della trama, si trova di fronte ad una scelta. Ma questa volta, sarà il destino a scegliere per me.
Sono stanca di pensare alle conseguenze e di tenere tutto sotto controllo.
 
La sera ci riuniamo per la rivincita ai videogames. Nonostante non mi sia allenata e Josh ha fatto di tutto per distrarmi, io e Marisol abbiamo vinto. Ed ora, stiamo saltellando allegramente sul divano.
"Non è possibile" ripete Rose per l'ennesima volta. "Dovevi distrarla meglio".
"Nessuno può batterci" urla la spagnola cadendo quasi dal divano, provocando una risata generale.
"Ti ho visto molto concentrata" mi dice Josh quando torno con i piedi per terra, per evitare che cada anch'io.
"Nessuno può distrarmi" dico altezzosa.
Questa volta Marisol cade davvero e quando si rialza mi chiede di darle una mano in cucina. La seguo, mentre i due inglesi discutono della loro sconfitta.
"Va tutto bene?"mi domanda non appena siamo sole.
"Sì, perché non dovrebbe?".
"Scusa se tiro fuori sempre lo stesso argomento, ma non riesco a farmene una ragione" mi dice abbassando lo sguardo.
"Marisol, ho deciso che saranno gli eventi a prendere una decisione per me".
"E se..."
"Come diceva quella di Doris Day?"la interrompo. " Ah, sì. Que sera, sera, whatever will be, will be" comincio a canticchiare e il suo sguardo si illumina al suono della sua lingua madre.
"The future's not ours to see, que sera, sera" conclude lei sorridente.
"Sai, hai una pronuncia spagnola impeccabile" si congratula, mentre torniamo in salotto.
"Beh, gli italiani e gli spagnoli hanno molto in comune".
 
Anche questo weekend sta terminando e con esso finisce anche la mia seconda settimana in caffetteria. Per concludere in bellezza, mi tocca il turno pomeridiano, che gioia! Ad accogliermi ci sono Paul e John, ma Marisol è in ritardo. Decido comunque di congedare i due ragazzi e di approfittare del fatto che questa volta c'è anche Leslie con me, quindi la spagnola può ritenersi fortunata.
"Scusate, ma mi sono addormentata dopo pranzo" annuncia la mia amica sfilandosi il cappotto, prima di scomparire dietro la porta dello spogliatoio.
"Non erano i messicani che si concedevano la siesta?" chiedo non appena riappare con la divisa.
"Ma come siamo spiritose oggi" dice lei sarcastica.
Dopo neanche dieci minuti da quando gli ho dato il cambio, Paul ricompare all'entrata del locale. Mi raggiunge al bancone ed estrae un foglio piegato a metà dalla tasca dei suoi jeans. Questo gesto fa incuriosire le mie due colleghe che si precipitano al mio fianco.
"Avevo dimenticato di consegnarti questo" mi dice porgendomi il foglio. Che cosa potrà mai essere? Mi vogliono licenziare?
"Cos'è?" chiedo titubante, non avendo il coraggio per aprirlo e controllarne il contenuto da sola.
"E' un messaggio. Verso le undici un ragazzo mi ha chiesto di te e quando gli ho detto che non c'eri, ha scritto questo e mi ha chiesto di consegnartelo. Non preoccuparti, non l'ho letto" mi spiega Paul.
"Ah, ora che ci penso è quel ragazzo con cui sei rimasta a parlare il tuo primo giorno di lavoro" aggiunge prima di andarsene.
"Allora era la tua la storia che mi avete raccontato" deduce Leslie.
"Perché non le lasciamo un po’ di privacy?" dice Marisol, prima di trascinare via la brunetta.
"Grazie" le sussurro e lei mi ricambia con un sorriso. So che sta morendo anche lei dalla voglia di leggerlo, ma ha deciso di lasciarmi i miei spazi. Tanto lo sa che poi le racconto tutto.
Mi rifugio nello spogliatoio e respiro profondamente; dopo qualche minuto prendo coraggio e finalmente apro il foglio.
La calligrafia è chiara ed ordinata e nonostante non ci siano righe, è dritta. La prima cosa che mi colpisce però è il nome alla fine: Danny, scritto quasi come se fosse un autografo. Ma di che mi meraviglio? Di solito dopo un messaggio o una lettera, si firma, non si scrive in modo leggibile.
 

E' probabile che tu non voglia rivedermi.
Non sono d'accordo, ma ti capisco.
Quando undici giorni fa ci siamo ritrovati in caffetteria,
ti ho accennato che avrei suonato a Londra
e vorrei rinnovare l'invito.
Ma se vuoi sapere data e luogo, dovrai deciderti a chiamarmi.
Spero di sentirti presto,
Danny
 
Che bastardo, vuole tenermi sulle spine! Dovrò chiamarlo per sapere i dettagli...
Ma io non ho preso la decisione di lasciare tutto nelle mani del destino? Quindi non lo chiamo, logico.
Ripiego il foglio e lo ripongo con cura nella tasca del grembiule. Quando esco dalla stanza, noto che di Leslie non c'è traccia.
"Dov'è Leslie?" chiedo a Marisol, la quale mi risponde che l'ha spedita in magazzino in modo da non averla tra i piedi per un po’.
"L'ho mandata alla ricerca del latte scremato in polvere" annuncia soddisfatta.
"Ma non devono consegnarcelo domani mattina?".Eppure mi ricordavo che avevamo le ultime tre confezioni sotto al bancone.
"Esatto, almeno per un bel po’ di tempo non uscirà da lì".  E' perfida, lo ammetto.
"Beh, allora?" mi chiede impaziente.
Tiro fuori il foglio e glielo consegno. Lei legge ogni riga e una strana luce si accende nei suoi occhi.
Le domando a cosa sia dovuta la sua reazione.
"Ma dico, hai letto?".
"Certo che ho letto!" le dico secca.
"Non hai notato niente?"mi chiede alzando un sopracciglio.
"Sì, che mi sta obbligando a chiamarlo".
"Anche, ma non è solo questo" mi dice scuotendo lievemente la testa.
"E' un bastardo?". Non so più a cosa si riferisca.
"Ma che dici!"mi rimprovera tirandomi uno schiaffetto dietro la nuca.
"Sveglia! Ha contato anche lui i giorni " sbotta infine.
"Non ci avevo fatto caso" dico rileggendo il messaggio.
"A quanto pare non sei l'unico caso disperato" aggiunge Marisol sorridendomi.
"Cosa farai adesso?"
"Niente. Il destino saprà cosa fare" ammetto, mentre Leslie riappare dalla porta del magazzino.
"Perché commetti sempre lo stesso errore?".
"A cosa ti riferisci?"
"Perché non prendi in mano la situazione e fai la tua scelta?".
"Non so neanche io perché mi sto comportando in questo modo" le confesso in un sussurro.
 





~•~

Salvee! Ecco il nuovo capitolo.
La presenza di Danny si sta
facendo prepotentemente sentire!
Ogni volta che la nostra protagonista è
ad un bivio, la cara Marisol cerca di indirizzarla
verso la strada giusta, ma a quanto
pare, Anna non si lascia convincere facilmente...
Ringrazio chi continua a recensire e a leggere la storia,
ogni volta che mi dite la vostra mi rendete davvero felice.
Alla prossima,

~ AnneC


*Credits*
Que sera sera - Doris Day
 

 

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Capitolo 13
*** How we got into this mad situation. ***


Capitolo 13

~•~

How we got into this mad situation.


Lunedì. Sono trascorse due settimane da quando sono arrivata a Londra.
Adesso, tutto mi appare più familiare. Ho finalmente imparato che quando si attraversa la strada bisogna guardare prima a destra, che se non hai intenzione di correre sulle scale mobili è meglio non occupare la fila sinistra e che se vuoi incontrare gente nel weekend puoi scegliere un locale a caso in cui servano alcolici e ci sarà il pienone.
Sabato ho liquidato Leslie e la sua curiosità con un semplice “non mi va di parlarne” ed ancora adesso quando incrocio il suo sguardo, so che muore dalla voglia di ascoltare tutta la storia.
Nonostante Marisol abbia insistito più volte riguardo al fatto che avrei dovuto chiamare Danny, non l’ho fatto e mi chiedo da dove ho tirato fuori tanta determinazione. Forse rimanere per così tanto tempo in bilico, mi ha davvero rafforzata. Mi sono trovata di fronte ad una scelta già dai primi giorni in cui mi sono trasferita, quando ancora non mi ero accorta che la mia vita era cambiata radicalmente. Ora, tutto mi appare sotto una luce diversa, o meglio, sotto la luce grigiastra del cielo londinese.
Alla fine credo che mi ci sono abituata e non è poi così male come pensavo. Della neve non c’è più traccia e finora non sono stata sorpresa da un acquazzone improvviso.
Posso ritenermi fortunata.
Il mio rapporto con Josh ancora non è stato definito, anche perché non siamo quasi mai soli. Credo che questo sia un bene, almeno fin quando il destino non mi indichi la sua direzione. Fin quando avrà svelato i suoi piani, non metterò niente in chiaro, ormai sono abituata a sentirmi in bilico.
 
Rose ha consegnato il suo progetto alle quattro e siccome io e Marisol finiamo il nostro turno alle sei, ha deciso che ci saremmo incontrati tutti a casa della spagnola. Una sola cosa potrebbe farmi sentire meglio in questo momento ed è una bella doccia calda che mi permetta di rilassarmi e di godermi fino in fondo la serata.
Marisol mi sorprende ancora una volta con le sue doti sovrannaturali.
“Vuoi farti una doccia prima di uscire?” mi chiede, mentre aspettiamo l’ascensore.
“Ti adoro. Sai perfino leggere il pensiero” le dico incredula.
“So anche cosa è meglio per te, ma non mi ascolti quando te lo dico”.
Non la rispondo, non mi va di rovinarmi la serata con questa storia.
“Ti presto qualcosa da metterti” mi dice la spagnola aprendo il suo armadio.
“Non ti preoccupare, sto bene così” le dico. Dopotutto è un uscita tra amici, non un appuntamento galante, i jeans vanno più che bene.
“Non mi interessa. Stasera decido io” afferma rovistando tra i suoi vestiti.
“Fa come vuoi”.
Il getto caldo della doccia porta via con sé gran parte delle mie preoccupazioni e mi fa sentire già molto meglio. Come al solito la stanza si è riempita di vapore, ma questa volta non c’è Rose a rimproverarmi. Quando torno in camera, non c’è più traccia della mia amica, ma noto che ha adagiato sul letto un vestitino ed un paio di calze spesse.
“Non mi metterò un vestito” le dico contrariata appena riappare dalla porta.
“Invece sì, i miei pantaloni ti andrebbero corti. Non so se hai notato, ma sei più alta di me” insiste.
“Allora i miei jeans vanno bene”. Il suo sguardo minaccioso mi fa gelare il sangue nelle vene.
“Metterò anche io un vestito, se ti fa sentire più a tuo agio” aggiunge.
“Quando fai così, mi metti paura” le dico, mentre mi avvicino al letto per esaminare il vestito.
“Lo sai che ti voglio bene” conclude facendomi gli occhi dolci.
“Sei una ruffiana”.
Alla fine non ho avuto scelta, questa sera vivo sotto il dominio della dittatrice Marisol.
“E’ la prima volta che ti vedo con un vestito, dovresti indossarlo tutti i giorni” mi dice Josh, mentre ci dirigiamo al pub.
“Dovresti ringraziare la tua coinquilina. E’ stata lei ad obbligarmi a metterlo” gli rispondo, mentre sento che le mie gambe stanno cominciando a congelarsi.
“Altrimenti saresti venuta nuda?” mi chiede soffocando una risata.
Riceve come risposta uno schiaffo da Marisol ed una gomitata da parte mia.
“Calma, stavo scherzando. Non mi metterò mai più contro voi due” ammette sconfitto.
 
Rose ci conduce in un pub non molto distante dalla caffetteria in cui lavoro. Ci passo ogni giorno davanti, ma non l’avevo mai notato. L’interno è come ogni altro pub che si rispetti, ogni superficie è ricoperta di legno e gli scaffali dietro al bancone sono pieni di bicchieri e boccali che riempiono la stanza della luce riflessa di alcuni faretti colorati e il chiacchiericcio di un gruppo all’entrata copre la musica che si sente in sottofondo. Ci accomodiamo ad un tavolo e solo adesso mi accorgo che il locale è abbastanza pieno.
Dato che nessuno viene a prendere le ordinazioni, Josh ci lascia sole e si dirige verso il bancone, ma prima di scomparire tra la folla, si gira verso di noi e ci fa un cenno con la mano.
“Oddio guardate quello” ci sussurra Rose spostando il suo sguardo sul palchetto in un angolo del locale, dal quale provene la musica che si sente in sottofondo, ma non prestiamo molta attenzione a ciò che dice, perché l’inglese riemerge dalla folla con al seguito un ragazzo che porta su un vassoio le nostre consumazioni.
“Un brindisi a Rose e al suo progetto!” urla Marisol non appena ha davanti la sua birra.
Subito si alza il tintinnio dei quattro bicchieri che si toccano tra loro.
“Quando avrai i risultati?” chiede Josh, ma la mia coinquilina guarda altrove, immersa nei suoi pensieri.
“Rose? Che stai guardando?” le domanda curiosa Marisol, seguendo il suo sguardo. Credo che le sia andato qualcosa di traverso, dato che comincia a tossire.
La canzone finisce e qualcuno intorno a noi si gira a causa del rumore ed osserva la scena, mentre batto alcuni colpetti dietro la schiena della spagnola e lei sposta ossessivamente lo sguardo verso la piattaforma che fa da palco. Ma che le prende?
“Sto bene” dice, facendomi segno di smettere.
“Che ne dite di un altro brindisi?” chiede, alzando un po’ troppo la voce, facendo unire a noi un altro gruppo di clienti del pub, che alzano i loro bicchieri unendosi ai festeggiamenti.
“Cosa si festeggia laggiù?” domanda una voce al microfono, attirando gli sguardi verso di lui.
“Al destino!” urla Marisol, mentre un ragazzo porge al chitarrista una pinta di birra.
“Ma sei già ubriaca?” le sussurro. Ha perso definitivamente la testa, non c’è altra spiegazione.
“Al destino allora!” aggiunge una voce cristallina che mi sembra di conoscere. Per la prima volta da quando sono entrata nel locale metto a fuoco i volti dei musicisti sul palco ed è in quel preciso istante che quelle parole senza senso mi appaiono chiare.
Danny è lì, mi guarda e alza sorridente il suo bicchiere di birra. Il brindisi coinvolge tutto il locale e si sentono incoraggiamenti ovunque.
 “E’ quello che stavo cercando di farti capire” mi sussurra all’orecchio Marisol.
Le note di una canzone riempiono l’aria e l’irlandese comincia a cantare, ma la conversazione dei miei amici mi impedisce di ascoltare ogni singola parola.
“Cavolo, credo che quel tipo mi abbia notato! Non mi stacca più gli occhi da dosso” dice Rose su di giri.
“Di certo non sta guardando te” dice in un sussurro la testa riccioluta al mio fianco e subito riceve una gomitata da parte mia.
“Ma chi non ti stacca gli occhi da dosso?” chiede Josh.
“Il cantante. E’ così affascinante” gli risponde, senza distogliere lo sguardo dal palco.
“Quindi per questo ci hai portati qui” aggiunge l’inglese, prendendola in giro.
“Non sapevo che si esibisse qualcuno in questo pub” confessa la mia coinquilina. “Altrimenti non vi avrei mai portato con me” aggiunge cominciando a ridere.
“Eh, ma il destino ha voluto che ci fossimo anche noi” le dice Marisol.
Non proferisco parola e continuo a sorseggiare la mia birra spostando di tanto in tanto lo sguardo verso il palco. Sono così concentrata a decifrare i versi che pronuncia quella voce così familiare, che quasi non mi accorgo che Josh ha appoggiato il suo braccio sulle mie spalle.
Sul nostro tavolo scende il silenzio e finalmente posso ascoltare il testo di quella canzone.
Tried to break my heart 
Well it's broke. 
Tried to hang me high 
Well I'm choked. 
Wanted rain on me 
Well I'm soaked, 
soaked to the skin. 
It's the end  where I begin. 
It's the end where I begin. 
Sometimes we don't learn from our mistakes”
.
Colpita ed affondata. Non ho imparato dai miei errori e non ho preso in mano la situazione. Mi sta suggerendo anche lui di prendere una decisione?
Sometimes we've no choice but to walk away, away”.
Qualche volta non abbiamo scelta se non quella di andarcene. È quello che ha fatto lui? Sono io che adatto il testo a ciò che è successo, oppure è quello il suo obiettivo?
“Sono bravi” commenta Josh avvicinandosi di più a me. Che abbia capito qualcosa?
La canzone termina e Danny annuncia che faranno una piccola pausa, così scende dal palco e si avvicina al bancone con gli altri due musicisti.
“Devo approfittare dell’occasione, chi mi accompagna a conoscerlo?” chiede Rose entusiasta.
“Dovresti andare lì da sola, altrimenti dovresti dividere la sua attenzione con qualcun altro” la rimprovera Josh.
“No, non credo” lo contraddice la sua coinquilina. “Anzi, già che ci sei, portaci altre quattro birre” aggiunge osservando i bicchieri quasi vuoti.
“Non posso portare quattro bicchieri da sola” controbatte l’inglese.
“Ti do una mano io” le dico cogliendo la palla al balzo.
“E perché proprio tu?” mi chiede Josh, guardandomi di traverso.
“Lo sai che Marisol inciampa facilmente. Qualcuno di noi resterebbe a bocca asciutta”.
“Sì, infatti” mi appoggia la mia complice.
“ Non hai tutti i torti” dice togliendo il suo braccio dalle mie spalle. “Vi tengo d’occhio però” aggiunge prima che ci allontaniamo dal tavolo.
“Rose devo dirti una cosa” le annuncio mentre ci dirigiamo verso il bancone.
“Sì, ho notato già che ci sono altre ragazze intorno a lui” mi risponde. In effetti ci sono un bel po’ di ragazze vicino a lui, alcune delle quali di una bellezza unica.
“Non è questo quello che intendevo” e non ottengo nessuna risposta.
“Noi ci conosciamo già” le dico d’un fiato, ma lei si è catapultata alle spalle di Danny e sta facendo di tutto per farsi notare.
“Ciao” gli dice infine per attirare la sua attenzione. Lui si volta con un mezzo sorriso sulle labbra, ma quando nota che ci sono anch’io, il sorriso si allarga.
Sorseggia la sua birra in attesa che qualcuno parli.
“Ciao Danny”. Rose mi guarda incredula.
“Non immaginavo di vederti qui stasera” confessa senza staccare i suoi occhi dai miei.
“Lei è Rose”.
“La vostra musica è fantastica!” commenta entusiasta la mia coinquilina.
“Grazie” interviene il chitarrista. “Non vorrei portarti via da queste belle ragazze, ma ci servi sul palco” dice a Danny, togliendogli il bicchiere da mano. “A fine esibizione sarà tutto vostro” aggiunge facendo l’occhiolino.
Mentre loro si allontanano, ordiniamo le quattro pinte e la mia coinquilina ne approfitta per chiedermi come facessi a conoscerlo già.
“E’ stata la prima persona che ho conosciuto appena mi sono trasferita qui” le dico, mentre torniamo al nostro tavolo con le birre.
 
Il ragazzo dalla barba rossiccia attende che Danny abbia finito di parlare col batterista, poi prende la chitarra e scambia due veloci frasi col cantante.
“Abbiamo notato che ci sono alcune coppiette qui” annuncia al microfono.
“Quindi questa è per voi”aggiunge Danny, sedendosi su uno sgabello al centro del palco e cominciando a suonare la chitarra anche lui.
Il suono è chiaro e pulito, le luci si abbassano leggermente e qualche coppia si abbraccia. La voce dolce dell’irlandese sembra quasi un sussurro e strega gran parte del pubblico femminile.
I may not have the softest touch,
I may not say the words as such,
and though I may not look like much,
I’m yours.
And though my edges may be rough,
and never feel I’m quite enough,
it may not seem like very much
but I’m yours
.”
Non nego che mi è venuta la pelle d’oca e Josh, che mi ha abbracciata durante la canzone, credo che se ne sia accorto.
“Sono davvero bravi” commenta quando le ultime note terminano ed un applauso prende il loro posto.
“Io e Rose stavamo pensando di avvicinarci al palco” annuncia Marisol non appena termina di battere le mani. Non ci da neanche il tempo di risponderle che subito scatta in piedi e ci fa strada tra la folla.
Ovviamente, le birre vengono con noi.
Ci conquistiamo un posto al centro della sala e attendiamo come il resto del pubblico. Davanti a noi c’è un gruppo di ragazze che commentano civettuole l’aspetto dei componenti del gruppo; ora che le guardo bene, alcune di loro sono le stesse che erano vicino ai tre musicisti quando erano al bancone.
“Dove sono quelle ragazze che prima brindavano al destino?” chiede il chitarrista guardando verso il nostro tavolo vuoto.
“Mark” lo rimprovera Danny guardandolo storto e allo stesso tempo Marisol e Rose si sbracciano per farsi notare.
“Eccole lì!” dice Mark individuandole tra la folla. “Ah, non avevo notato che c’era un ragazzo con voi” aggiunge vedendo Josh al mio fianco. “Non vogliamo fare niente di male” annuncia e dal pubblico si alza una risata. “Volevamo approfittarne per fare un altro brindisi al destino” dice alzando il bicchiere e tutta la sala lo imita.
“Cheers” interviene Danny, brindando.
“Questa canzone vorrei dedicarla ad una persona che non vedevo da un po’ e che è qui solo perché il destino ha deciso di far incrociare di nuovo le nostre strade” aggiunge guardando il pubblico, mentre Mark ed il batterista cominciano a suonare l’intro.
Prima che inizi a cantare, i nostri sguardi si attraggono a vicenda e i suoi occhi non hanno intenzione di lasciarmi sola.
Give me highs, give me lows,
give me thorns with my rose,
I want everything.
When you laugh, when you cry,
if you're sober or high,
I want everything.
Give me love or hate,
you can bend me 'til I break.
Give me fire, give me rain,
I want joy with my pain
I want your fears, your hopes,
The whole kaleidoscope.
With you, with you,

our colours come alive when I collide with you,
with you, with you,
our colours come alive when I collide with you
”.
Ogni tanto le ragazze che sono davanti a noi, si girano e non riescono a capire a chi sia dedicata la canzone. Non so se Josh si sia accorto che gli occhi del cantante si siano incollati su di me e non danno segno di mollarmi , ma in questo momento non mi interessa minimamente.
Give me nothing, give me faith,
I want give with my take,
I want everything.
Give me life, give me death
or your biggest regrets,
I want everything.
Show me your fears, show me your scars,
I'll take whatever's left of your heart.
Give me heaven, give me hell,
all the dreams you try to sell,
I want your fears, your hopes,
The whole kaleidoscope.
With you, with you,
our colours come alive when I collide with you,
with you, with you,
our colours come alive when I collide with you
”.
 Sto ordinando alle mie gambe con enorme sforzo di restare immobili, di non correre verso quel palco e mandare tutto all’aria.
Marisol si accorge che sto lottando contro me stessa ed allora mi abbraccia, continuando ad ascoltare quella canzone meravigliosa. Sto per muovere un passo in avanti, ma la mia amica mi stringe, impedendomi ogni movimento.
Subentra la voce di Mark, facendo riprendere fiato a Danny, che non ha fatto altro che spostarsi da un punto ad un altro del palco, senza perdermi di vista.
Perché non scende dal palco e non viene verso di me?
Che si stia trattenendo anche lui?
Without you it's shadows through night's black pitch,
there's a hundred thousand lightbulbs but there ain't no switch,
living in darkness, fear in the night,
oh what a feeling when I see that light.
 With you, with you.
our colours come alive when I collide with you,
with you, with you,
our colours come alive when I collide with you
”.
Non so se lo sto immaginando, ma un boato da stadio si alza dal pubblico e fa sì che mi riprenda dall’incantesimo al quale sono stata sottoposta.
Marisol allenta la stretta e mi osserva attentamente prima di lasciarmi andare. 
“ Va’ a baciarla” urla qualcuno tra la folla.
“Non posso”  risponde Danny sorridendo dal palco. “Per questa sera è tutto, grazie mille” annuncia prima di scendere e di avvicinarsi al bancone.


 

~          

*Si affaccia con grande imbarazzo
e tossisce per attirare l’attenzione*...
Scusatemi se mi faccio viva solo ora, non ci sono
scuse che giustifichino il mio MEGA ritardo!
Vi chiedo umilmente perdono, ma spero che
vista l’entrata in scena o meglio apparizione di qualcuno
di nostra conoscenza, possiate perdonarmi e non mandarmi al rogo ;)
Cos’altro posso dirvi? Spero che vi piaccia e che
lasciate qualche recensioncina, anche se negativa, non vi mangio mica eh! :)
Alla prossima,

~ AnneC

Ps. Ringrazio tutti coloro che continuano a seguire questa
storia e che ancora mi rendono felice facendomi sapere cosa ne pensano.
Un bacio va a tutte voi. Beh, ora vi lascio,
ho già rubato un bel po’ del vostro tempo...

*Credits*
The end where I begin - The Script
"Hai provato a spezzarmi il cuore
beh, ci sei riuscita
Hai cercato di impiccarmi
ed ho soffocato
Volevi la pioggia su di me
e sono bagnato fradicio
fino alla pelle.
E' la fine da dove comincio.
E' la fine da dove comincio.
Qualche volta non impariamo mai dai nostri errori.
Qualche volta non abbiamo altra scelta se non quella di andarcene".

I'm yours - The Script
Posso non avere il tocco più delicato
posso non dire le parole in modo esatto
e anche se posso non sembrare un granché
Sono tuo
E anche se posso avere degli spigoli
e sembra che io non sia mai abbastanza,
Può non sembrare molto

ma sono tuo.

Kaleidoscope - The Script
Dammi gli alti, i bassi
dammi le spine con la mia rosa
Voglio tutto.
Quando ridi, quando piangi,
se sei sobria o brilla,

voglio tutto.
Dammi amore o odio
tu puoi piegarmi fino a rompermi.
Dammi fuoco, pioggia,
voglio gioia con il mio dolore,
voglio le tue paure, le tue speranze
l'intero kaleidoscopio. 
Con te, con te,
i nostri colori si ravvivano quando mi scontro
con te, con te,
i nostri colori si ravvivano quando mi scontro
con te, con te.
Non darmi niente, dammi la speranza
voglio un dare e ricevere,
voglio tutto.
Dammi vita, dammi la morte
o i tuoi più grandi pentimenti,
voglio tutto.
Mostrami le tue paure, le tue cicatrici
prenderò qualsiasi cosa sia rimasta del tuo cuore.
Dammi il paradiso, l'inferno,
tutti i sogni che cerchi di vendere, 
voglio le tue paure, le tue speranze, 
l'intero kaleidoscopio.
Con te, con te,
i nostri colori si ravvivano quando mi scontro
con te, con te.
 
Senza di te sono nelle tenebre nella notte color nero pece,
ci sono centinaia di migliaia lampadine ma nessun interruttore,
vivendo nel buio, avendo paura della notte
Oh, cosa provo quando vedo quella luce.
Con te, con te,
i nostri colori si ravvivano quando mi scontro
con te, con te,
i nostri colori si ravvivano quando mi scontro con te.

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Capitolo 14
*** And it will be just like you were never gone. ***


Capitolo 14

~•~

And it will be just like you were never gone.


Nessuno mi ha mai dedicato una canzone prima, o meglio, nessuno l’ha cantata in pubblico da sopra ad un palco di fronte a quasi cento persone. Ma c’è sempre la prima volta.
“Credo che dovremmo andare a fargli i complimenti” dice d’un tratto Rose, mentre ritorniamo al nostro tavolo.
“Sì, sono stati davvero straordinari” aggiunge Marisol appoggiandola.
“Beh, dopotutto il cantante sa giocare bene le sue carte. E’ un tipo che piace, è un musicista e già questo attira parecchie donne, poi scrive un pezzo sdolcinato,  si inventa una storiella ed il gioco è fatto” interviene Josh.
“Ma che dici? Tiri in ballo questi luoghi comuni solo perché sei un architetto e preferisci la razionalità alle emozioni” sbotto lasciandolo di sasso.
“Esatto” mi appoggia Marisol annuendo.
“Tre su tre” annuncia Josh. “Anna, non credevo che avrebbe abbindolato anche te” aggiunge scuotendo la testa.
Idiota.
Ma che vuole da me, perché devo essere io l’eccezione? Sono la regola e credo di esserne fiera.
“Piantala. Non credo che il tuo rigore possa sciogliersi con una canzone del genere” gli dico acida.
“Per canzone del genere intendi banale e scontata?”.
Gli spacco la faccia se non la smette!
“Smettetela voi due. Perché non andiamo da loro?” suggerisce la mia coinquilina, sentendo la tensione che aumenta.
“Sì, magari ci facciamo dire da quanto tempo usa questa tecnica per rimorchiare” insiste Josh.
“Perché invece non ti vai a fare un giro?”sussurro a voce bassissima.
Marisol mi ha sentita e non riesce a trattenere una risata. I due inglesi la guardano interrogativi, ma lei aumenta  ancora di più il volume, contagiando anche me, facendomi rilassare all’istante.
Quando arriviamo al bancone, i tre musicisti sono circondati da quel gruppetto di ragazze che prima erano davanti a noi e Josh non perde l’occasione per esporre di nuovo la sua teoria.
“Ha funzionato anche con loro” mi sussurra all’orecchio.
Non lo rispondo, credo che lo manderei a quel paese e  peggiorerei soltanto la situazione.
“Oh, eccovi” ci dice Mark, abbandonando le ragazze con gli altri due componenti della band. “Vi avevo di nuovo perse. Non credo di essermi presentato prima” aggiunge allungandoci la mano.
“Sei Mark” lo anticipa Marisol. “Lo abbiamo sentito tutti” conclude.
“Ah, giusto” dice grattandosi la testa. “Amico, non voglio assolutamente portarti via una di questa splendide ragazze” aggiunge rivolgendosi a Josh, che gli risponde che può benissimo sottrargli due ragazze.
“Beh, mi metti in difficoltà… Non saprei fare una scelta” afferma pensieroso, mentre un barista gli porge un’altra birra. Ma quanto bevono questi irlandesi?
Stranamente il nostro accompagnatore non proferisce parola.
“Cosa devi scegliere?” chiede il batterista, arrivando in aiuto.
“Glen, mi serve un consiglio. Posso scegliere solo due ragazze” dice indicandoci.
“Dovresti chiedere a O’ Donoghue, lui saprà consigliarti”. “Danny vieni un po’ qui” lo chiamano in coro.
Non so se sia la birra a farli comportare così, ma hanno un piano anche loro, ci metto la mano sul fuoco.
Il cantante abbandona le civettuole e mentre si avvicina, Marisol continua a tirarmi gomitate. La invito a smetterla con un impercettibile movimento delle labbra, prima che mi lasci qualche segno sul braccio.
“Che succede?” esordisce sorridente.
“ Mark può rubare due di noi a Josh” risponde Rose tagliando corto.
“E perché due e non tre?” chiede curioso.
“Sono le mie condizioni” risponde Josh cominciando a sorseggiare un altro bicchiere di birra.
“Non è che hai qualche asso nella  manica?” chiede Glen.
Questa situazione mi sta uccidendo e ho il presentimento che la cosa finirà male. Non ci penso due volte su e bevo un lungo sorso dal bicchiere dell’inglese, nella speranza che l’alcol mi addolcisca la pena.
Un mezzo sorriso appare sul volto dei tre musicisti, ma non ne capisco il senso.
“Voglio lei” dichiara Mark indicandomi. Io? “Abbiamo molto in comune” dice alzando il bicchiere.
Bingo. Hanno retto il gioco di Josh e sono caduti dritti nella sua trappola, anche se a dirla tutta, ce li ho condotti io col mio gesto impulsivo.
“Mi dispiace, ma credo che non sia possibile scegliere lei”.
“Hai giocato sporco, amico” afferma Glen.
Ma l’esuberante Marisol che fine ha fatto? Dov’è finito il suo tempismo che mi salva dalle situazioni sconvenienti?
“E perché lei no?” chiede Danny, guardando me negli occhi invece del ragazzo al mio fianco.
Merda. Marisol, perché non parli?
“Com’è che si chiama la band? Non credo di aver capito il nome” dico pensierosa, salvandomi in calcio d’angolo. Sono un genio.
“Siamo i The Script” annuncia Mark facendo il gesto di portare un microfono immaginario vicino alle sue labbra, provocando una risata generale. “Non avete mai sentito questo nome?” domanda alzando un sopracciglio.
“Dovremmo?” chiede Marisol, che finalmente parla. Allora non è diventata muta.
“Guarda un po’, incidi tre album,  giri due volte il Mondo in concerto e trovi ancora qualcuno che non ti conosce” aggiunge Glen retorico, sedendosi su uno sgabello libero.
Sono famosi quindi. Strano che in Italia non ne abbia mai sentito parlare e soprattutto non ho mai beccato un loro video in tv. Credo che Danny non mi avrebbe lasciata indifferente, mi sarei ricordata del suo volto anche dopo un milione di anni. Forse sono finiti nella porzione sbagliata del mercato discografico, quella che non trasmettono nel Bel Paese.
“Non conoscete neanche Hall of Fame?” domanda Mark sbigottito. “Non l’abbiamo suonata stasera, ma fa più o meno così” aggiunge, canticchiando la melodia e Danny comincia a cantare quello che credo sia il ritornello.
“Ma non era di will.i.am?” dice Rose, interrompendo la ricerca accurata che stavo svolgendo nei meandri della mia memoria.
“Perfetto” aggiunge Glen. “Fino a prova contraria è nostra” precisa Danny sorridendo.
Possibile che non l’abbia mai sentita? Meglio che continui a cercare, non si sa mai.
“Se siete così famosi, allora perché suonate ancora in un pub?” chiede Josh. Dopotutto è una giusta osservazione, forse l’unica cosa sensata che abbia detto finora.
“Ogni tanto ci piace improvvisare delle serate all’insegna dei vecchi tempi e cerchiamo di non rendere la cosa ufficiale, ma qualche fan sbuca sempre da qualche parte” risponde il batterista, facendo un cenno verso le ragazze che erano con loro prima.
“Certo, l’acqua!” esclamo facendo voltare tutti verso di me. Da come mi guardano, credo che mi reputino pazza o perlomeno ubriaca.
“In Italia la vostra canzone è la colonna sonora di una pubblicità di una marca di acqua” spiego, in modo da mettere in chiaro che sono ancora lucida.
“Davvero?” chiede Glen sgranando gli occhi.
“Perché dovrei mentire?”.
“Più che altro mi chiedo cosa c’entra l’acqua con la canzone” dice Danny pensieroso accomodandosi di fianco al batterista.
“A prescindere da questo” interviene Marisol “Siete stati grandiosi stasera. L’ultima canzone è stata magnifica” aggiunge sprizzando entusiasmo da tutti i pori.
Bene, questa sera la mia complice ha deciso di sabotarmi.
“E dov’è finita la ragazza alla quale l’hai dedicata?” chiede Josh, guardandosi intorno alla ricerca di quella misteriosa donna.
“Credo che sia qui con un altro” gli risponde mentre sorseggia la sua birra e posa i suoi occhi su di me.
Ha capito tutto nonostante ho evitato che l’argomento fosse tirato in ballo.
“Peccato. A quanto pare qualcuno non ha abboccato all’amo” aggiunge l’inglese, che tra poco verrà picchiato a sangue dalla sottoscritta.
“Di che parli?” domanda Danny stranito.
“Credo che usi questa tattica per fare colpo sulle ragazze. Su loro tre ha funzionato, ma sul tuo obiettivo no. Questa volta ti è andata male” insiste.
“Ci risiamo” mi lascio sfuggire, mentre mi allontano da lui e mi siedo sullo sgabello libero alla sinistra di Glen.
L’inglese mi lancia un’occhiataccia. Ma che vuole? In fin dei conti, siamo semplicemente due che si baciano, non è scritto su nessun contratto che devo appoggiare ogni sua convinzione o stare sempre incollata a lui.
“Non sei il primo che insinua una teoria del genere” risponde Danny calmo. “Forse approfitto un po’ della situazione, lo ammetto. Ma se questa sera lei torna a casa con l’altro, vuol dire che questa tattica non ha funzionato fino in fondo” aggiunge, spostando lo sgabello in avanti in modo da vedere perfettamente il cerchio che abbiamo creato. Improvvisamente la punta dei mie stivali mi sembra così interessante, ma soprattutto mi distrae da quegli occhi intensi che di sicuro si sono posati su di me.
“Visto? Ti ho dimostrato che avevi torto” mi dice Josh gongolante, facendosi sempre più vicino e mi scocca un bacio tra i capelli.
“Uno a zero” commenta Glen e non so se si riferisca realmente all’inglese e alla sottoscritta.
“Palla al centro” interviene Marisol e sono sicura che non si sta riferendo a me e Josh. C’è un’altra partita in atto qui ed io non sono nessuna delle due squadre, sono il premio finale.
“Quindi sei riuscito a beccare l’eccezione” aggiunge Rose, che a quanto pare ha già capito tutto.
E rieccoci con quest’eccezione e questa regola.
“Forse non si tratta di questo” dico alzando lo sguardo nella speranza che riesca a difendermi.
Danny ha quel sorriso a metà che lo ha accompagnato per gran parte della serata.
“Potrebbe essere che il ragazzo con cui è qui stasera abbia approfittato della tua assenza” aggiungo guardandolo dritto negli occhi. E’ la verità.
“Non fa una piega” commenta Mark posando il bicchiere ormai vuoto sul bancone.
“E che ne sai tu?” mi chiede Josh stranito.
“Danny ha detto che non si vedono da un po’ di tempo e che lei è qui con un altro. Ho fatto uno più uno”. No, ho semplicemente parlato di me stessa.
“Poi sono io quello razionale” mi canzona. “Che fine hanno fatto le tue adorate emozioni?”.
“Magari dipende anche dalla situazione” interviene Marisol, portandomi in salvo.
“Dovresti parlare con lei. Quando è sola intendo” dice a Danny, facendo risaltare la parola “sola”.
“E chi mi assicura che mi conceda un’occasione e non mi ignori come le altre volte?”
“Magari questa volta farà un’eccezione” dico tirandomi definitivamente la zappa sui piedi.
“E la puntata di Risolvi i problemi di cuore di Danny termina qui” annuncia Mark scimmiottando un conduttore televisivo.
“Ma smettila. L’alcol ha cominciato a fare effetto” afferma Glen rivolgendosi all’amico, il quale gli risponde che sta bene.
“Se domani mattina avrete i postumi di una sbornia, passate nella caffetteria qui vicino. Io ed Anna saremo lì fino ad ora di pranzo” aggiunge spavalda la spagnola.
“Il caffè è da evitare dopo una sbronza” controbatte Rose.
“Beh, allora niente caffeina per voi, ma passate a trovarci lo stesso” aggiunge Marisol, procurandoci una sorta di appuntamento coi tre irlandesi.
“Faremo un salto volentieri” dice Danny ammiccando verso di me.
“Ci dispiace lasciarvi, ma come sapete dobbiamo cominciare presto domani mattina. Pochi si ubriacano il lunedì sera e il resto viene a riscuotere la loro dose di caffè” conclude Marisol.
“E’ stato davvero un piacere conoscervi e ascoltare la vostra musica” commenta Rose, mentre io mi alzo dallo sgabello.
“E ve ne andate senza un abbraccio?” chiede Mark allargando le braccia. “Ci sono ragazze che sarebbero disposte a tutto pur di stringersi a noi” conclude.
“Ti è andata male, amico” dice Josh beffardo.
“Allora non sconvolgiamo le vostre abitudini. Devo piangere, urlare o strapparmi i capelli? Posso farlo se vi fa sentire meglio” aggiungo scherzando mentre mi avvicino a Mark.
“Non ci piacciono le fan isteriche” commenta Glen contrariato.
Il chitarrista ha una stretta decisa e fa durare più del dovuto l’abbraccio.
“Danny non ti ha reso giustizia quando mi ha parlato di te” mi sussurra all’orecchio e riesco a percepire l’odore forte della birra che ha ingerito. Lascia la presa e mi dirigo da un altro membro dei The Script.
“Quindi è a causa tua se sono stato svegliato nel cuore della notte” mi sussurra Glen senza destare sospetto.
“Mi dispiace, ma ha insistito lui” gli dico scusandomi.
“Non preoccuparti.  E’ stato meno fastidioso di doverlo ascoltare mentre si malediceva per non averti chiesto il numero” confessa prima di lasciarmi andare.
Ed eccomi di fronte a lui, a pochi centimetri da quegli occhi che non mi hanno mai abbandonata. Questa volta non si tratta della mia mente che li fa riemergere dai ricordi, sono davvero lì e non aspettano altro che stregarmi di nuovo. Il contatto con il suo corpo mi fa sentire in pace con me stessa, come non se ne fosse mai scomparso dalla mia vita.
“Ancora non riesco a credere che tu sia qui” mi sussurra tra i capelli. Non mi sono mai accorta che è più alto di me di una decina abbondante di centimetri. Appoggio la mia guancia alla sua spalla e il suo profumo mi riempie le narici.
“Questa volta non facciamo passare troppo tempo prima di rivederci”.
E’ tutto quello che riesco a dirgli. Potrei rimanere avvinghiata a lui per l’eternità.
Un colpo di tosse di Marisol mi riporta alla realtà, allora sciogliamo leggermente l’abbraccio e Danny mi sposta una ciocca di capelli che mi è finita sulla guancia. Attraverso quel breve tocco, riesco a percepire la morbidezza della sua mano, nonostante i calli dovuti a chissà quanti anni trascorsi a suonare e comporre testi.
Non riesco a trattenere un sorriso e lui ricambia inumidendosi impercettibilmente le labbra.
Stiamo per oltrepassare il limite, ne sono certa, e per evitare che accada, mi allontano definitivamente da lui.
Josh saluta i tre con una stretta di mano amichevole.
“Ti farò sapere come andrà a finire con la ragazza misteriosa. Sarai il primo a cui lo dirò” aggiunge Danny prima di stringere la sua mano.
“Che la sfida abbia inizio” sussurra Marisol al mio fianco.
Ci allontaniamo dal pub, lasciando i tre irlandesi al suo interno. La città è quasi addormentata e la temperatura si è decisamente abbassata.
“Ma quel Danny ci stava provando con te?” mi chiede d’un tratto Josh, interrompendo il silenzio che regnava tra noi.
“Quando?” domando cercando di sembrare disinvolta, mentre una nuvoletta mi esce dalla bocca a causa del freddo.
“Quando vi siete salutati. Il vostro abbraccio mi è sembrato più lungo rispetto agli altri” aggiunge stringendomi leggermente a sé.
“Ti sei messo a cronometrare gli abbracci ora?” chiede Marisol prendendolo in giro.
“Ti ha detto qualcosa?” continua ignorando la sua coinquilina.
“No, niente” mento spudoratamente.
Lui mi scruta attentamente, ma non insiste.


 

~•~

Ciaoooo! Ed ecco a grande richiesta
un nuovo capitolo fresco fresco...
Che ve ne pare? :)
Sono così emozionata che ci siano i The Script
al completo *-* E sono curiosissima di sapere se vi piace!
Ammetto che mentre scrivevo, avrei voluto
strangolare Josh con le mie stesse mani...
Beh, dopo avervi annoiato abbastanza con questo
sfogo, torno al mio odiato libro di Letteratura
Italiana e se tutto va bene il prossimo capitolo
sarà online lunedì sera, qualunque sia l’esito di questo
maledetto esame :) Beh, bando alle ciance…
Alla prossima,

~ AnneC

*Credits*
Hall of Fame - The Script ft will.i.am
Hall of Fame - Pubblicità acqua Vitasnella

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Capitolo 15
*** If the truth is you're a liar. ***


Capitolo 15

~•~

If the truth is you’re a liar.


Un uragano di emozioni contrastanti mi travolge e non mi fa chiudere occhio. Mi torna sempre in mente quella magnifica canzone e le parole che l’hanno preceduta.
Vuole un’altra occasione, ma soprattutto vuole me. Non un’altra, me.
Adesso sì che sembra proprio un film.
Quante possibilità avevamo di ritrovarci per caso in una città come Londra? E soprattutto quante ne avevo di trovarmi nello stesso pub in cui si stava esibendo? Pochissime, quasi nulle.
Eppure è successo.
Il destino ha fatto sì che mi trovassi nel posto giusto al momento giusto, ma con la persona sbagliata accanto.
Non so se Josh abbia capito che sono proprio io quella ragazza misteriosa, ma credo che quantomeno stia cominciando a sospettare qualcosa, altrimenti non mi avrebbe chiesto se Danny avesse aggiunto qualche frase a quell’abbraccio. Quell’abbraccio che mi ha fatto sentire al sicuro, completa.
Ma non posso lasciarmi andare. L’idea che possa scomparire di nuovo nel nulla mi fa gelare il sangue nelle vene. E poi non ho ancora capito perché si è comportato così fino a poco tempo fa. Se solo non fossi stata lì con Josh, a quest’ora avrei già ascoltato le sue motivazioni.
Aveva ragione Marisol, ora che tutto mi sembrava andare per il verso giusto, lui ricompare e manda all’aria l’ordine delle cose. D’ora in poi credo che darò più peso a ciò che mi dirà la spagnola.
Mi alzo dal letto ed apro la finestra. L’aria gelida della notte londinese mi arriva dritta in faccia in un sol colpo; la strada è deserta e nei palazzi circostanti le luci sono spente. Spero che la quiete della città mi aiuti a riflettere e a prendere una decisione, non posso aspettare che qualcun altro lo faccia al posto mio o addirittura continuare a temporeggiare.
 
Il suono assordante della sveglia mi fa sobbalzare. La luce grigiastra della città illumina la stanza, senza essere ostacolata dalle tende che ho dimenticato di chiudere prima di abbandonarmi a Morfeo. Quando entro in cucina, noto che Rose è già in piedi ed è alle prese con la macchina del caffè.
“Giorno Rose” la saluto, facendola girare di scatto impaurita.
“Mi hai fatto prendere un colpo” aggiunge con un tono che mi sembra troppo elevato.
“C’è un altro po’ di quella brodaglia che voi chiamate caffè?” le chiedo mentre lei sta riempiendo la sua tazza.
“D’un tratto hai deciso di convertirti?” domanda divertita.
“Assolutamente no. Stanotte non ho quasi chiuso occhio, mi serve una dose di caffeina per affrontare la giornata”.
“Cos’è che ti preoccupa? Se vuoi parlarne, sono tutta orecchie” mi dice afferrando un biscotto dalla scatola col Big Ben, che ormai compro abitualmente.
“Mi conviene cominciare dall’inizio allora”. Le racconto del mio primo incontro con l’irlandese, di ciò che ci siamo detti alla caffetteria, della sua assenza senza motivo e di come Josh sia subentrato a Danny.
“E all’improvviso ecco che compare di nuovo” aggiunge dopo aver ascoltato attentamente ogni mia singola parola.
“Esatto, e poi al resto hai assistito anche tu”.
“Ti confesso che quando ha detto che dedicava quella canzone a qualcuno che conosceva e che non vedeva da tempo, sospettavo che si riferisse a te, poi ho notato la tua reazione e tutto mi è apparso chiaro”.
“Secondo te Josh si è accorto di qualcosa?” le chiedo, senza sapere quale risposta mi sembrerebbe più giusta.
“L’ho osservato e non credo che se ne sia accorto. Anche se, ho notato una certa tensione tra lui e Danny, ma è possibile che era dovuta a quella sua strana teoria” mi rassicura la mia coinquilina. “Credi che oggi verrà in caffetteria?”.
“Chi Josh?”chiedo mentre appoggio la tazza nel lavandino.
“No, l’irlandese”.
Bella domanda.
 
Una ragazza con un sorriso a trentadue denti mi attende all’uscita della metro e non appena la raggiungo, non riesce a trattenere il suo entusiasmo.
“Vi siete rincontrati!” urla Marisol senza neanche salutarmi.
“Potresti abbassare il tono? Ho un mal di testa tremendo e stanotte ho dormito pochissimo” le dico strizzando gli occhi a causa del fastidio che mi hanno causato le sue urla.
“Neanche io ho dormito stanotte, ero troppo emozionata!” esclama senza abbassare il volume.
“Marisol, a me serve un altro caffè e a te una camomilla” convengo.
“Ma smettila. Non sei emozionata all’idea che verrà in caffetteria stamattina?” mi dice con gli occhi che le brillano.
“Forse emozionata non è il temine esatto. Se verrà davvero, ci saranno altri problemi all’orizzonte” la contraddico aprendo la porta della caffetteria vuota.
“Devi sempre vedere il lato negativo. Non puoi semplicemente essere felice del fatto che sia ripiombato nella tua vita e che ti abbia dedicato una canzone?”
Già, mi ha dedicato una canzone, una canzone meravigliosa.
“Com’è che faceva? With you, with you, our colour come alive when I collide with you” canticchia la spagnola mentre indossa la sua uniforme.
Se la canta lei non mi fa lo stesso effetto però.
“Ho visto che hai sorriso, quindi ammettilo che ti piace l’idea che tra poco sarà qui” aggiunge dopo che ho fatto scomparire un sorriso dal mio volto.
“Ovvio che non sto più nella pelle, ma questa situazione è complicata” le dico uscendo dallo spogliatoio.
“Sei tu che la fai diventare complicata. Dov’è finita la Anna che diceva che il destino saprà cosa fare?”chiede appellandosi all’approccio che ho avuto fino a ieri riguardo alla questione Danny.
“E’ sepolta da qualche parte dentro di me” ammetto.
“Bene, dobbiamo solo riportarla in superficie. Non capisco perché, ma fai sempre il contrario di ciò che dovresti fare realmente” mi rimprovera la spagnola.
“Mi dai una mano a fare la cosa giusta?” le domando quasi supplicandola.
“Sono qui per questo” mi risponde gongolante.
L’orologio sulla cassa segna le dieci e cinquantanove, anzi le undici e zero zero in questo preciso istante e dell’irlandese neanche l’ombra, nessuno dei tre si è fatto vivo. Marisol mi dice che devo smetterla di controllare l’ora, ma fin quando non vedrò Danny varcare quella soglia, non avrò pace, lo so. La mia amica mi ha perfino proposto di cedermi il posto alla macchina del caffè, che ho rifiutato, ma dopo che mi ha beccata più di una volta a controllare l’orologio, mi ha imposto di abbandonare la cassa. Finora ho preparato tre cappuccini, due caffè lunghi, ovviamente, e un latte alla vaniglia.
Che ora sarà? Le undici e mezza forse? Cavolo da qui non riesco a controllare.
Preparo altri tre cappuccini, e quando ho letto che ne erano tre, mi sono girata verso la cassa per controllare se erano gli irlandesi, ma niente da fare.
Nel frattempo saranno passati altri quindici minuti più o meno.
“Due caffé” mi dice Marisol porgendomi due bicchieri di carta.
Preparo le bevande e solo alla fine controllo il nome appuntato sui contenitori. Sul primo non c’è scritto niente, sull’altro trionfa il nome Mark, ma quante persone ci saranno a Londra con quel nome?
“Mark?” chiedo ad alta voce voltandomi verso il bancone.
“Non c’è bisogno di urlare” mi dice il simpatico irlandese dalla barbetta rossiccia coprendosi un orecchio. E’ solo, ma dove saranno gli altri due terzi dei The Script?
“Hai intenzione di bere tutto questo caffè?” gli chiedo sorridente.
Mark annuisce pensieroso toccandosi il mento con la mano. “Hai trovato un modo carino per farmi capire che di me non te ne importa niente” aggiunge infine.
“Ma che dici? Mi sto preoccupando per te invece”. Infondo non è che non me ne frega di lui, ma ho un debole per un altro irlandese in questo momento.
“Danny sta parlando con Marisol” mi risponde con un cenno del capo verso la loro direzione. Marisol che parla con Danny? Non mi piace questa cosa, chissà che gli starà raccontando.
 “E Glen?” domando, dopotutto mi avevano ordinato solo due bevande.
“Non siamo riusciti a tiralo giù dal letto e l’abbiamo lasciato lì. Nel caso in cui si svegli dallo stato comatoso in cui è caduto, sa dove trovarci” mi risponde facendomi l’occhiolino.
“Beh, quanto ci vuole a preparare due caffè?” si intromette Danny avvicinandosi a noi. “Oppure devo pensare che mi stai evitando di nuovo?” aggiunge sorridendo.
D’accordo, non mi sono comportata bene, ma ora comincia anche a rinfacciarmelo.
“Non ti sto evitando”.
“Mi sento di troppo” aggiunge Mark imbarazzato che si allontana e raggiunge la mia amica sorseggiando dal suo bicchiere. Danny non riesce a trattenere una risata e finisce per contagiare anche me.
“Credevo che non saresti venuto” aggiungo seria.
“Le mantengo le promesse, io” mi dice guardandomi negli occhi.
“Disse colui che è scomparso nel nulla” lo canzono.
“Ma ti ho chiamata e non mi hai risposto”
“Ti ho chiamato prima io e tu non mi hai risposto” aggiungo fiera. Se è una sfida, voglio vincere io.
“Touchè” affermano a voce alta Mark e Marisol.
“Se si ci mettono anche loro è la fine” afferma l’irlandese sorridendomi, per poi bere un sorso di caffè.
“Quindi non mentirmi” gli dico, appoggiando le mani sul bancone, sporgendomi verso di lui. “Che fine hai fatto?”.
“Noto che non ti piacciono i giri di parole. Lo sai, sono stato in Irlanda” mi risponde sicuro.
“Questo lo so, ma non intendevo fisicamente. Sai, hanno inventato i cellulari, servono a far comunicare due persone distanti”.
“Quegli aggeggi che suonano all’improvviso? Ecco a cosa servono” dice facendo il finto tonto.
“Sei serio?” gli chiedo alzando un sopracciglio. “Non sei nella condizione di fare lo spiritoso”.
Torna serio e prende un altro sorso dal suo bicchiere, senza staccarmi gli occhi di dosso.
“La canzone non è bastata?” chiede.
“Non si tratta della canzone. E poi chi mi assicura che la tua non sia una tattica per far cadere le donne ai tuoi piedi?”. Cavolo, non posso averglielo detto davvero.
“Anche tu con questa stupida teoria?” mi chiede distogliendo lo sguardo.
“Voglio sapere perché non ti sei fatto più sentire” ammetto prima di preparare un tè per un nuovo cliente.
“Ragazzo, non dovresti far arrabbiare quella bella signorina” dice a bassa voce una donna sulla sessantina che attende la sua ordinazione.
“Sto cercando di rimediare” confessa Danny.
“Sì, ma devi dirlo a lei” aggiunge la signora non appena le porgo la sua bevanda e mi ricambia con un sorriso, dando una pacca sul braccio dell’irlandese, per poi allontanarsi.
“Allora?” chiedo impaziente.
“E’ complicato” ammette lui sospirando.
“Sono qui per ascoltarti, non vado da nessuna parte” lo incoraggio con un mezzo sorriso.
“Non può sostituirti nessuno qui?” mi domanda guardandosi intorno.
“No, ma se sono quei due ficcanaso che ti preoccupano”aggiungo indicando la spagnola e l’altro irlandese, che appena si accorgono che mi riferisco a loro, fanno finta di niente. “Parla pure, tanto io racconterò comunque tutto a Marisol e credo che Mark sappia già tutto”.
“Sei caparbia lo sai? Sono entrato in crisi, dico sul serio. Non avevo messo in programma che te ne avrei parlato oggi” mi dice e per la prima volta i suoi occhi mi appaiono vuoti, senz’espressione. Un buco nero che sta per risucchiarmi. Nonostante voglio sapere con tutta me stessa il motivo per il quale si sia comportato così, capisco che questo non è né il luogo né il momento adatto per mettere a nudo la sua anima.
“Lascia stare” lo interrompo. Alle mie parole rimane sbigottito, riesco a leggere lo stupore sul suo volto.
“Ne riparleremo quando saremo soli”.
 


 

~•~

Salve! Come promesso, ecco il nuovo capitolo!
Con questo capitolo siamo entrando nel
vivo della storia, o meglio, stiamo per scoprire
per quale motivo Danny sia scomparso nel nulla...
Ma, mica potevo svelarvi tutto in una sola volta?!
Non odatemi se vi tengo ancora un po’ sulle spine xD
Beh, colgo l’occasione per ringraziare tutte voi che
recensite la storia e che mi spronate ad andare avanti,
mi rendete davvero felice e soddisfatta!
Grazie di cuore, vi adoro tutte!
Alla prossima,

~ AnneC
Ah, quasi dimenticavo di dirvi che prima
del fine settimana, il nuovo capitolo sarà online ;)


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Capitolo 16
*** And the only chance we have of moving on was trying to take it back before it all went wrong. ***


Capitolo 16

~•~

And the only chance we have of moving on was trying to take it back before it all went wrong.


“Mi dici che cavolo ti è preso?” mi chiede Marisol non appena entriamo nello spogliatoio.
“A cosa ti riferisci?” le domando non capendo le sue parole.
“Eri ad un passo dalla verità e non hai voluto ascoltarla” sbotta aprendo il suo armadietto.
“Non hai visto ciò che ho visto io... i suoi occhi mi hanno fatto cambiare idea. La luce che li caratterizza li ha abbandonati e sono rimasta senza fiato. Erano spenti e mi hanno fatta sentire vuota, incapace di ascoltare ciò che aveva da dirmi. Ma la prossima volta che tirerà in ballo l’argomento, sarò pronta ed all’altezza di quel vuoto”.
“Quando sarà la prossima volta?” mi domanda guardandomi storto.
“Non farò passare altro tempo, non preoccuparti” la rassicuro.
“Sicura? Potresti approfittarne anche adesso, dato che ti sta aspettando” conclude.
Sospiro e mi siedo sulla panca che ho di fronte. Sono pronta ad affrontare tutto questo? Perlomeno saprò cosa gli è davvero passato per la mente in quei giorni in cui non ho avuto sue notizie. Finalmente avrò le risposte che volevo, ma se la verità sarà dura da accettare?
Beh, credo che a questo punto la situazione non possa peggiorare più di tanto.
“Sei ancora sulla Terra?” domanda sarcastica la spagnola sventolando una mano davanti ai miei occhi, interrompendo il flusso dei miei pensieri.
“Sì, sono ancora qui. E’ meglio se usciamo però”
“Prima che cambi idea” aggiunge Marisol tirandomi per un braccio, costringendomi ad alzarmi.
Quando torniamo nella sala principale, al bancone ci sono Paul e Leslie, che non appena mi vede, mi fa l’occhiolino, simbolo che ha capito tutto anche lei.
Qui tutti hanno capito tutto tranne me, e Josh, ma questo è un bene per ora.
“Non vogliamo sconvolgere i vostri piani” esordisce Mark quando ci avviciniamo.
“Cosa fate di solito dopo che avete finito di lavorare?” aggiunge Danny sorridente. I suoi occhi sono esattamente come quelli che hanno affollato i miei ricordi: luminosi e liquidi.
“Ognuno va a casa sua” rispondo senza accorgermene, ricevendo una gomitata dalla spagnola al mio fianco.
“Andiamo a casa mia” mi corregge la mia amica.
Ma si è bevuta il cervello? E se Josh dovesse rientrare prima? La guardo di traverso, ma lei sembra non accorgersene.
“Vi dispiace se ci uniamo a voi?” chiede Mark, ma è già a conoscenza della risposta.
Ci incamminiamo lungo la strada che separa la caffetteria dalla metro e quando passiamo davanti all’entrata del pub dove abbiamo trascorso la scorsa serata, un brivido mi sale lungo la schiena.
“Ancora non ti sei abituata al freddo londinese?” mi domanda Danny sussurrando.
“Non ancora” mento spudoratamente.
“Dobbiamo rimediare allora” afferma pensieroso.
“Il Below Zero non ha funzionato al cento per cento” interviene la spagnola, che non si fa i fatti suoi.
“Ah, eppure pensavo che stare quaranta minuti sotto zero avrebbe reso questo clima più dolce” dice incrociando il mio sguardo.
“Per un po’ ha funzionato, ma ogni tanto mi viene in mente l’inverno italiano, che è decisamente meno freddo” affermo reggendo il suo sguardo.
“Allora troveremo qualche altro modo” interviene Mark facendomi l’occhiolino.
 
L’appartamento di Marisol è vuoto, quindi per ora sono salva. Quando entriamo in salotto, noto che accanto alla vetrata che da su Londra c’è la poltrona che sistematicamente sposto per sedermi a venerare quella vista fantastica e che al suo fianco ne è stata aggiunta un’altra. Alla fine la mia amica si è decisa ad appoggiare la mia idea di sfruttare di più quell’angolo della casa.
“Vi offro qualcosa?” chiede la spagnola ai due irlandesi. “Se tu vuoi qualcosa, ti alzi e te lo vai a prendere” mi dice, dopo che mi sono accomodata sulla mia poltrona preferita.
“Un tè” dice Danny sorridente, sedendosi sull’altra poltrona.
“Per me un caffè” le risponde Mark.
“Non bevi troppa caffeina?” gli domando, preoccupata davvero per la sua salute. Non mi risponde, ma si dirige in cucina con Marisol, lasciandomi sola con l’altro irlandese.
“Sol? Prepari un tè anche a me?”. La sento sbuffare pesantemente e il chitarrista mi risponde che ci penserà lui.
“Questa vista è fantastica”.
“Dovresti vedere quando la città si illumina, è uno spettacolo mozzafiato” aggiungo guardando fuori a mia volta.
“In ogni caso non reggerebbe il confronto con qualcuno di mia conoscenza” confessa e sento il suo sguardo posarsi su di me.
“Anche questa frase funziona con le altre?” mi lascio sfuggire. Cavolo. Ma la sua espressione non cambia, anzi, un sorriso affiora sulle sue labbra.
“La smetti con questa teoria assurda? Non esistono altre adesso”
Me la sono cercata, l’ammetto.
“Ma vuoi una spiegazione lo so” mi dice, mentre torna a fissare l’orizzonte fuori la finestra. Questa volta i suoi occhi non sono scuri e vuoti, ma appaiono velati da qualcosa, forse nostalgia, ma non ne sono sicura.
“Non avevo programmato di tornare in Irlanda” aggiunge incrociando il mio sguardo. “Da dove inizio?” chiede più a se stesso che a me. “Forse non lo sai, dato che non conoscevi i The Script” continua accennando in sorriso. Io lo ascolto, non voglio interrompere il suo discorso, anche se è lui stesso a fermarsi ad ogni frase.
“Circa sei mesi fa sono uscito da una relazione che durava da un po’ e non sono rimasto indenne”.
“Mi dispiace” gli dico interrompendolo.
“Beh, ho promesso a me stesso di non farmi coinvolgere emotivamente da qualcuno, soprattutto perché tra la musica e il tour, non mi rimane molto tempo per il resto. Ammetto che mi è capitato di concedermi qualche rapporto occasionale” aggiunge con un sorriso malizioso.
“Quindi non era tanto assurda quella teoria!” lo accuso sorridendo a mia volta.
“D’accordo, sono colpevole vostro onore. Ma questa volta era diretta ad una persona nello specifico e a quanto pare non ha funzionato a pieno”.
“Mi stai dicendo che vuoi portarmi a letto?” chiedo sbigottita.
“Vacci piano, non saltare subito alle conclusioni” mi canzona. “Sono scappato da Londra nella speranza di dimenticarmi di te, dato che sentivo che saresti diventata il mio chiodo fisso, poi hai deciso di rifarti viva ed ho capito che non avresti mollato l’osso facilmente. Allora sono tornato qui, ma tu ti sei tirata indietro all’ultimo minuto”.
Quindi se n’è andato perché non voleva che diventassi la sua ossessione? E soprattutto perché non cerca un rapporto occasionale, ma qualcosa in più... Cavolo, mi sto agitando. Nessuno mi ha mai detto apertamente una cosa del genere.
“Ma cosa ti ha spinto realmente a chiamarmi?” chiedo, nella speranza che dalla mia voce non si capisca la mia agitazione.
“Semplice. Ogni volta che provavo a chiudere occhio o che lasciavo vagare la mia mente, la tua immagine mi appariva chiara, come se ti avessi realmente davanti ai miei occhi. Il più delle volte avevi l’espressione sorpresa, quasi incantata che hai avuto quando mi hai visto la prima volta in caffetteria, e che hai anche in questo momento” mi risponde sorridendomi, spezzando l’incantesimo sotto il quale mi ha sottoposto.
Non proferisco parola, gli sorrido semplicemente. Lui non lo sa, ma anche i suoi occhi mi hanno tormentata. Nessuno dei due è riuscito a dimenticare l’altro, solo che lui è scappato per dimenticarmi, io ho preferito utilizzare qualcun altro per rimpiazzarlo.
“Che fine ha fatto il nostro tè?” chiedo sentendo improvvisamente la bocca secca.
“Non ce lo porteranno finché non avremmo finito di parlare” mi dice appoggiando i gomiti sulle sue ginocchia. Dopotutto Marisol e Mark ci hanno lasciati soli proprio per questo.
“C’è anche un’altra cosa che mi ha spinto a tornare” aggiunge, appoggiando la schiena alla poltrona e cominciando a tamburellare le dita sulla sua gamba.
“Di cosa si tratta? Dato che hai cominciato, mi devi dire tutta la verità”.
“Nient’altro che la verità” mi appoggia, scimmiottando un giudice.
“Dica lo giuro” concludo sorridente. “Su, dimmelo”.
“E’ stata la tua insicurezza”. Come scusa?
“Il tuo non sentirti all’altezza di ripartire da zero in una nuova città, il tuo voler mollare tutto, il bisogno di un incoraggiamento e di qualcuno che ti facesse sentire a casa, al sicuro, che ti difenda da questo mondo sconosciuto. Ho promesso a me stesso che avrei fatto sì che i tuoi occhi brillassero costantemente di gioia, come è successo quando ti ho ceduto il taxi. All’inizio volevo anche aiutarti ad accettare la tua nuova vita qui, ma a quanto pare sono arrivato tardi per questo” aggiunge con un sorriso malinconico.
 “Beh, a dire il vero, mi hai aiutata più di quanto tu creda. Stavo per mollare tutto ed invece mi hai incoraggiata a restare” confesso sistemandomi una ciocca di capelli. “Senza quel discorso probabilmente sarei rientrata in Italia oppure, quantomeno, sarei diventata apatica e depressa”.
“Non cercare di attribuirmene il merito. Hai fatto tutto tu, hai scelto tu di rimanere ed integrarti in questa caotica città” controbatte.
“Potrebbe anche essere, ma le tue parole mi hanno ricordato perché avevo scelto di trasferirmi e non potevo mandare tutto all’aria” insisto.
“Ciò non toglie però che qualcun altro ha occupato il mio posto” conclude, alzandosi e cominciando a camminare disegnando una linea retta davanti la finestra.
“Posto? Qui nessuno ha un posto in questo momento, neanche tu” ammetto, alzando leggermente la voce.
“Quello che era ieri sera con te non occupa nessun posto?” chiede con un tono duro fermandosi di fronte a me.
“No, nessuno” sbotto alzandomi, colmando la distanza tra di noi.
“Quindi ho semplicemente immaginato che si comportasse come se stesse insieme?”
“Non stiamo insieme, ma anche se fosse, cosa te ne importa? Te ne sei andato, mi hai lasciata sola quando avevo bisogno di te”. Merda, non posso averlo detto davvero.
“Che me ne importa?” si interrompe con un mezzo sorriso. “Che cosa hai detto?” mi domanda alzando un sopracciglio, mentre un sorriso a trentadue denti si fa largo sul suo volto.
“Non te le ripeto” controbatto, incrociando le braccia al petto.
“Ho sbagliato a lasciarti sola, ma sono qui per rimediare e recuperare il tempo perduto” afferma, avvicinandosi di più a me e stampandomi un bacio sulla fronte.


 

~•~

Salveee! Come va?
In questo capitolo vengono svelate le
motivazioni della lontananza del
nostro caro Danny e diciamo che anche
Anna si è “sbottonata” un po’.
Cosa accadrà adesso? E soprattutto cosa ne
sarà del rapporto tra la nostra protagonista e Josh?
Lo scopriremo nei prossimi episodi capitoli!
Grazie di cuore a tutte voi che seguite
la storia e che continuante a sopportarmi! Vi adoro :*
Alla prossima,

~ AnneC


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Capitolo 17
*** Before our hearts decide it's time to love again. ***


Capitolo 17

~•~

Before our hearts decide it’s time to love again.


Dopo che i due irlandesi sono andati via, sono letteralmente scappata da quell’appartamento. Non potevo guardare Josh negli occhi, figuriamoci baciarlo, dopo aver ascoltato le parole di Danny. Aspettavo un segno del destino e l’ho avuto, mi ha indicato la strada da seguire e a questo punto, credo che coincida con quella che voglio seguire anch’io.
Ritrovare quel ragazzo sconosciuto, di cui conosco perfettamente il volto, mi ha fatto vacillare e ho capito che è sempre stato lui la persona che volevo al mio fianco in questa nuova avventura: desideravo che lui mi aiutasse ad affrontare i primi tempi, le difficoltà che ho incontrato lungo il cammino ed il disagio che non mi faceva sentire all’altezza di questa nuova vita.
Sì, una nuova vita. Una vita piena di responsabilità e di ostacoli che rendono il percorso più insidioso, ma se l’obiettivo finale è troppo lontano, basta prefissarne uno intermedio.
Sta cominciando una nuova fase e credo che in questo momento ho due traguardi da raggiungere: cercare un lavoro con una paga migliore e chiarire la situazione con Josh. Diciamo che è più importante la “relazione” con l’inglese che il lavoro.
Sono sicura che ogni volta che ci incontreremo, Josh proverà a baciarmi, ma dopotutto come posso biasimarlo se non mi sono mai opposta a questo rituale. Devo parlare con lui, possibilmente prima del prossimo weekend.
Rose è uscita verso le sei per accordarsi con i suoi colleghi sul prossimo progetto fotografico. Ha insistito a lungo purché non rimanessi sola, ma alla fine, dopo averla quasi cacciata a calci dall’appartamento, ha deciso di lasciarmi tranquilla.
Secondo la visione super romantica di mia madre, quando si è innamorati, non si fa altro che pensare all’altro e si ci ritrova a sorridere senza motivo. In pratica ci si rincitrullisce.
Credo che mi stia innamorando allora, oppure semplicemente sono una di quelle ragazzine in piena fase ormonale che sbavano dietro il cantante belloccio del loro gruppo preferito.
Dico solo che mi sono aggiornata riguardo i The Script ed ho ascoltato un bel po’ di canzoni, compresa Kaleidoscope, è così che si chiama la mia nuova canzone preferita.
D’accordo, sono un’adolescente nel corpo di una ventiduenne o semplicemente non sono mai cresciuta.
Spengo il computer e decido di sgombrare la mente con un bel bagno caldo, il primo da quando mi sono trasferita qui.
Il vapore si alza dalla superficie dell’acqua in strani riccioli dalla forma mutevole, il rubinetto gocciola leggermente scandendo inesorabilmente il tempo che passa e sembra che anche le preoccupazioni mi abbiano abbandonata. Non c’è cosa migliore di dedicare del tempo a noi stessi.
 
Una luce flebile illumina il cielo londinese e la città scorre senza sosta come ogni altro giorno infrasettimanale. Dopo quindici giorni di lavoro senza un giorno libero, il turno mattutino mi sembra ancora più straziante, anche perché non c’è ad affiancarmi la mia inseparabile amica. In compenso però c’è la simpaticissima Vodka che da quando è arrivata un paio d’ore fa,  non mi ha ancora rivolto mezza parola. Che allegria stamattina! Ora più che mai sento il bisogno di cercarmi un altro lavoro...
Forse c’è qualche sensore che tiene sotto controllo i dipendenti della caffetteria, altrimenti non si spiegherebbe per quale motivo l’apatia di Katia coincida con la presenza minima di clienti. Non mi sto lamentando, sia ben chiaro, ma ho preparato solo dieci bevande mentre gli altri giorni, a quest’ora, avevamo già fatto fuori una confezione da cinquanta bicchieri e distribuito una generosa dose di caffeina ai cittadini londinesi.
La cosa deprimente però è che due signore hanno monopolizzato il tavolo vicino alla vetrina. Tra tanti tavoli, hanno occupato proprio quello che mi riporta in mente il cantante irlandese.
Per non lanciare qualche sguardo fulminante alle due povere clienti e per non guardare Vodka l’apatica, ne approfitto per rintanarmi in magazzino alla ricerca di qualcosa per ammazzare il tempo. In questo momento fare l’inventario mi sembra molto interessante.
Sbuco dalla porta dopo una mezz’ora abbondante e ad accogliermi trovo uno sguardo assassino della mia collega. Cosa avrò fatto di male?
“Dove sei stata? Mi hai lasciata da sola a gestire la caffetteria!” mi rimprovera con un accento che non so ben individuare.
Gestire la caffetteria: le due signore sono ancora sedute al tavolo e c’è un nuovo cliente che ha quasi la faccia appiccicata alla vetrina dei dolci, che probabilmente ancora non ordina.
Pur di non mandarla a quel paese, dedico la mia attenzione al cliente-vetrina e gli chiedo se vuole ordinare qualcosa, altrimenti gli farò portare l’espositore a casa, vista che non si scolla da là.
“Muffin o ciambella?” mi chiede il ragazzo moro che mi ha incoraggiata a stringere i denti ed andare avanti, mentre si stacca dal vetro.
“Non hai ancora deciso?” gli domando sorridente.
“No, avrei già ordinato altrimenti. Cosa mi consigli?” aggiunge Danny, spostando lo sguardo da un’alternativa all’altra.
“Muffin. Mi piacciono di più” affermo sincera.
“Non avevo dubbi” mi dice, sfoggiando uno di quei sorrisi che ti contagiano all’istante.
“Da bere?” chiedo mentre gli passo il dolcetto.
“Ho già tutto quello di cui ho bisogno” e sono certa che non si riferisca solo alla sua ordinazione.
 Un nuovo cliente sbuca alle sue spalle e mentre preparo una cioccolata calda, Danny si appoggia al muro di fianco al bancone, al posto che di solito occupo quando sono in caffetteria ma non è il mio turno.  Anche se non potrebbe fermarsi lì e dovrei farlo spostare, sapere che si trovi a meno di un metro da me mi mette una certa allegria.
Consegno la bevanda al proprietario e mi appoggio accanto all’irlandese, osservando la quiete irreale che regna nel locale, cercando di non incrociare il suo sguardo.
“Per quanto tempo resterai a Londra?” chiedo senza accorgermene.
Non ricevo alcuna risposta e forse ci impiego più tempo del dovuto a voltarmi per controllare la sua reazione. Mi osserva senza aprir bocca ed i suoi occhi sembrano scrutarmi nel profondo, fino a raggiungere la mia anima.
Lo lascio fare ed attendo imperterrita un suo segno, qualunque esso sia.
“Hai paura che scompaia di nuovo?” mi domanda e la sua voce assume un tono dolce che non avevo mai ascoltato prima.
“Non voglio che te ne vada” gli confesso.
“Qual è il tuo giorno libero?”. La sua domanda non ha alcun senso.
“Non ne ho uno. Perché?”.
“Ogni volta che parliamo c’è sempre qualcuno che origlia” sussurra con un lieve cenno del capo in direzione della mia collega impicciona.
 Il locale si movimenta leggermente e ad intervalli regolari sono costretta ad abbandonare il mio posto accanto a Danny e dedico la mia attenzione ai clienti e soprattutto mi impegno a non confondere le ordinazioni, dato che ormai i miei pensieri vengono attratti dall’irlandese.
Quando il mio turno è quasi finito, qualcun altro viene a farmi visita e devo ammettere che avrei preferito di gran lunga se non fosse passato a salutarmi.
“Ciao splendore” mi dice Josh mentre giro il viso per schivare un bacio sulle labbra. Ed in quel momento si accorge che abbiamo uno spettatore d’eccezione.
L’inglese fa un cenno di saluto a Danny e indirizza di nuovo lo sguardo su di me.
“Sun non c’è?” chiede mentre preparo il suo caffè.
“No, oggi non lavora. È diventata lei la tua barista preferita?”. Che cavolo sto dicendo? Non posso aver detto davvero una cosa del genere.
“Come va con quella ragazza misteriosa? Sei riuscito a farla cadere ai tuoi piedi oppure hai qualche altro trucchetto da star da mettere in atto?” chiede all’irlandese e la sua voce non riesce a celare il tono di sfida.
“Non ho bisogno di nessun trucco. In ogni caso, va a gonfie vele. Grazie per l’interessamento”.
“Se va così bene, perché non sei da lei adesso?” e la sfida continua. Danny sposta il suo sguardo nella mia direzione e un sorriso ammiccante appare sul suo volto.
Sta per scatenarsi un putiferio, lo sento.
“Il tuo caffè” dico porgendogli la bevanda bollente. “Fino a che ora lavori oggi?” domando, cercando di cambiare discorso, nella speranza di non mettermi in una situazione spiacevole.
“Fino alle sei. So che ieri sei venuta a casa, perché non mi hai aspettato?” mi dice con un tono dolce accarezzandomi delicatamente il volto, ignorando la presenza di quello che per lui è un terzo incomodo. Non mi sono salvata del tutto, lo ammetto, ma almeno ho impedito a Danny di sbattere la verità in faccia all’inglese.
“Avevo un appuntamento con Rose. Sai che si arrabbia se la faccio aspettare” mento spudoratamente per nascondere la mia disperata fuga.
“Sì, va su tutte le furie. Stasera invece ti troverò lì al mio rientro?”. Non molla la presa, non c’è niente da fare.
“Forse”.
“Lo so che significa che ci sarai” afferma gongolante sorseggiando dal suo bicchiere.
No, vuol dire semplicemente che non so se verrò.
“Vedremo” concludo accennando un sorriso.
“Ora devo andare” dice, sporgendosi oltre il bancone per abbracciarmi ed io ricambio l’abbraccio senza proferire parola.
Josh fa un cenno di saluto a Danny e si allontana.
“La prossima volta riparleremo di quella ragazza” afferma sicuro l’irlandese.
“Contaci” lo rassicura l’architetto prima che scompaia dalla porta del locale.
“Non hai detto niente al nostro caro Josh, eh?” aggiunge il cantante mentre si avvicina a me.
Cosa avrei dovuto dirgli? Josh mi dispiace, ma ti ho utilizzato solo come un ripiego. Non eri tu la persona che volevo al mio fianco, ma ora che Danny è ricomparso magicamente nella mia vita, puoi anche lasciarmi in pace.
Sì, ho approfittato della sfacciataggine di Josh e della sua ostinazione, ma si merita molto di più di semplici scuse e soprattutto che sia io a parlargliene, non qualcun altro.  
 


~•~

Ed ecco un nuovo capitolo! *applausi*
Scusate se vi ho fatto aspettare a lungo
ma scriverlo mi ha messo un po’
in difficoltà e non so neanch’io il perché...
In ogni caso, spero vi piaccia e che non
abbia deluso le vostre aspettative :)
Vi annuncio che ancora non ho scritto
il prossimo capitolo e che quindi
non so ancora quando aggiornerò, ma non
oltrepassare il limite di una settimana.
Se entro venerdì sera non pubblicherò niente,
vi autorizzo a chiamare chi di dovere xD
Ancora grazie a tutte :*
Alla prossima,

~ AnneC


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Capitolo 18
*** What doesn't kill a heart only makes it strong. ***


Capitolo 18

~•~

What doesn't kill a heart only makes it strong.


Mancano pochi minuti alle sei e sto bussando all’appartamento 5B. Come da routine nessuno mi apre, allora compongo il numero di Marisol e attendo una sua risposta, che non tarda ad arrivare. La spagnola non è in casa e non rientrerà prima di una buona mezz’ora, ma secondo la sua percezione del tempo, credo che ci impieghi molto di più.
Questo è sicuramente un segno del destino, evidentemente non vuole che parli con l’inglese proprio oggi. Premo il pulsante e attendo che l’ascensore arrivi al piano, dato che non ho nessuna voglia di attendere Josh seduta a terra in corridoio.
Le porte dell’ascensore si aprono e dal suo interno sbuca un ragazzo riccio dagli occhi verdi.
“Cosa ci fai qui?” chiedo sbalordita.
“Ci abito” mi risponde trattenendo a stento una risata.
“Che spiritoso che sei! Lo sai cosa intendo” aggiungo, unendomi a lui.
“Sono uscito prima dal lavoro, dato che non vedevo l’ora di passare un po’ di tempo con te. Non dirmi che te ne stavi andando...” mi dice Josh, guardandomi di traverso.
“Marisol non c’è, non potevo aspettarti qui fuori”.
“E perché no?” chiede mente mi cinge le spalle con un braccio e mi conduce all’entrata dell’appartamento.
“Me lo chiedi pure? Ora sei qui, non ha senso parlarne”. Alla vista delle due poltrone davanti alla vetrata che si affaccia su Londra, una sensazione di vuoto si fa largo dentro di me.
“Sbaglio o non mi hai dato neanche un bacio?” mi domanda Josh, attirandomi a sé, fino a far quasi sfiorare le nostre labbra.
“Devo parlarti” annuncio in modo da impedire alle nostre labbra di unirsi.
“Di cosa si tratta? Devo preoccuparmi?”. Forse sì.
Mi allontano da lui e mi siedo sul divano, facendogli segno di accomodarsi accanto a me, ma lui si ferma di fronte alla sottoscritta e non si siede.
“Allora, che succede? Me lo dici oppure devo tirare ad indovinare?” mi chiede sarcastico.
Da dove comincio?
“Non sono sicura di quello che provo per te” gli dico guardandolo dritto negli occhi. La prima freccia è stata scagliata.
 “Come scusa?” mi chiede aggrottando le sopracciglia.
“Non so se mi fa così piacere baciarti” aggiungo. Bene, che la guerra abbia inizio.
“Non sai cosa stai dicendo... Hai la febbre per caso?” dice avvicinandosi e posando una mano sulla mia fronte. Non era questa la reazione che mi aspettavo.
“Sto bene. Forse non mi sono mai sentita meglio di così. Non sto scherzando, se è questo quello che intendi”.
“E allora di cosa si tratta?” domanda accomodandosi al mio fianco e sento i suoi occhi che mi fissano insistentemente.
“Di questo, Josh. Non voglio stare con te, anche se non sono sicura che io e te prima d’ora fossimo realmente una coppia” gli confesso sincera, attendendo una sua reazione.
“Cos’è che ti ha fatto cambiare idea? Ho fatto qualcosa di sbagliato oppure stai attraversando un'altra fase di disadattamento?”. Come scusa?
“Ma che cavolo dici! Per chi mi hai preso, scusa?” ed io che mi preoccupavo di ferirlo, ma tra i due, è lui che non ha nessuna pietà.
“Non volevo dire questo. È solo che non capisco” mi dice incrociando il mio sguardo e le sue parole mi sembrano sincere.
“Non c’è alcun senso nel continuare la nostra relazione se io non provo niente per te in questo momento”.
“Cosa ti ha fatto cambiare idea? Mi sei sempre sembrata soddisfatta di quello che c’è, o meglio, a questo punto, c’era tra noi. Non ti sei mai sottratta ai mie baci e mi sei sempre sembrata molto presa...”
“Ma qualcosa è cambiato. Io sono cambiata” lo interrompo.
“È impossibile, mi rifiuto di crederci. È assurda questa storia” sbotta afferrandomi un braccio e costringendomi a voltarmi completamente verso di lui. “C’è qualcun altro oltre me?” chiede con tono duro.
Sto cominciando a temere la sua possibile reazione alla mia risposta. Apro la bocca per parlare, ma non esce alcun suono.
“Guardami negli occhi e dimmi la verità”.
“C’è un’altra persona” ammetto incrociando il suo sguardo e lui all’istante molla la presa.
“Chi è? ” chiede strizzando leggermente gli occhi. “Aspetta, non dirmi che quel cantante da strapazzo ci ha provato con te e ti ha fatto vacillare”.
“Modera i termini. Non lo conosci nemmeno!” lo accuso, alzando la voce a mia volta.
“Neanche tu mia cara”.
“Ed è qui che ti sbagli” ammetto, cercando di riprendere il controllo di me stessa. “Hai presente quella ragazza misteriosa?”.
“Sei tu?” mi domanda interrompendomi e dal suo volto traspare che non vorrebbe sentire altro che una risposta negativa. “Quindi i miei sospetti erano fondati” conclude dopo che  ho annuito alla sua domanda. “Sentivo che c’era qualcosa di strano tra te e quell’irlandese. Ora mi è chiara anche la tua reazione a quella canzone smielata”.
“Smettila, non sai come stanno realmente le cose”.
“Mi lasci perché ora che vi siete ritrovati, stai con lui?” chiede sconcertato.
“Non sto con nessuno. Dovevo prima chiarire questa situazione con te”.
“Devo dedurre che dopotutto ci tieni a me allora” deduce il razionale Josh, spezzando lo strano silenzio che si era creato. “E ora che mi hai detto tutto, correrai tra le sue braccia?”.
“No, non correrò da nessuna parte” affermo calma.
“E quindi ho ancora la possibilità di riconquistarti?”. Cos’ha detto? “Rivoglio il mio posto nel tuo cuore” mi dice alzandomi leggermente il viso verso il suo.
“Forse non è mai stato tuo quel posto” rispondo con un leggero tremore nella voce.
“Allora ne creerò uno nuovo. Uno apposta per me”.
 
Improvvisamente apro gli occhi e cerco di mettere a fuoco la stanza intorno a me. Il buio regna sovrano e cerco di afferrare il cellulare per controllare l’ora, ma come al solito la tecnologia mi abbandona nel momento del bisogno. Mi alzo dal letto e percorrendo lo spazio che mi separa dal corridoio a memoria. Apro la porta e la luce mattutina mi investe il viso, facendomi strizzare gli occhi. Perfetto, non ho nemmeno sentito la sveglia.
Rose è in salotto e sta preparando la sua attrezzatura fotografica, che è sparsa a caso su mezzo divano.
“Buongiorno pigrona!” mi saluta allegramente appena mi vede.
Ho ancora la bocca impastata dal sonno e mugugno qualcosa prima di rintanarmi in cucina alla ricerca del caricabatterie.
“Quali sono i tuoi programmi per la giornata?” mi chiede la mia coinquilina raggiungendomi.
“Che ore sono?” domando, nella speranza che non sia troppo tardi per fare colazione.
“Le nove e mezza. Non hai sentito la sveglia stamattina?”.
“No ed ero convinta che fosse ancora notte fonda” ammetto a malincuore.
“Hai troppi pensieri per la testa ultimamente...” mi dice Rose mentre si riempie la tazza di caffè.
“È così evidente? Devo staccare un po’ la spina” convengo.
“Che ne dici di venire con me?” mi propone sprizzando energia da tutti i pori.
Lo studio in cui si svolge il servizio fotografico si trova poco distante dal Tamigi. L’ampio spazio interno è diviso da alcuni pannelli colorati, che creano due diverse ambientazioni ed un’area backstage. Ci sono quattro persone che preparano le due modelle, che sembrano due bambole nelle mani di un abile burattinaio. Rose parla con un ragazzo che sta sistemando la direzione dei riflettori, mentre Camille, un’altra iscritta al corso, ha appena ultimato la scenografia del primo set, che è stato trasformato in un giardino incantato: in un angolo sono stati posizionati alcuni cespugli con dei fiori arancioni, dall’altro lato il pannello verde è stato ricoperto da edera e fiori rampicanti e dal soffitto tanti fili trasparenti tengono sospese alcune farfalle con le ali di un tessuto variopinto. Si respira un’aria creativa, carica di positività e di energia.
“Mi dispiace non poterti dedicare molto tempo” si scusa Rose avvicinandosi a me, porgendomi un bicchiere da asporto. “È un tè. Non ti offrirei mai un caffè acquoso, come lo chiami tu” aggiunge sorridente.
“Grazie. Mi piace stare ad osservarvi. Sembrate tante cavallette che saltano da una parte all’altra” le dico, mentre un’espressione di disgusto appare sul volto della mia amica.
“Proprio cavallette devi dire? Mi fanno impressione!” aggiunge rabbrividendo.
Viene richiamata dal turbinio di persone che lavorano nella stanza e mi lascia da sola a sorseggiare la mia bevanda. Dopo un’ora dall’inizio degli scatti, i fotografi concedono una pausa alle modelle e la mia coinquilina ne approfitta per dedicarmi un po’ del suo tempo.
“Non sei costretta a stare qui a parlare con me. Ci sono mille cose da fare, ti capisco se mi trascuri un po’. Non devi preoccupati per me” le dico, cercando di convincerla a non sottrarre altro tempo al suo progetto.
“Con me non attacca. Non mi liquidi in due secondi” dice tirandomi una gomitata.
Usciamo dallo studio e l’aria frizzante mi fa rabbrividire all’istante e Rose non riesce a trattenere una risata.
“Come vanno le cose?” mi chiede cercando di ricomporsi.
“Non mi posso lamentare, poteva capitarmi di peggio”.
“Tra te e l’irlandese, intendo” mette in chiaro mentre si accende una sigaretta.
“Bene. Era il mio pensiero fisso quando è scomparso nel nulla, figuriamoci ora che è a Londra” le rispondo sincera, accennando un sorriso.
“Meglio così, no?” si interrompe per controllare l’ora sul suo cellulare. “E Josh lo sa?”.
“Josh” dico in un sospiro. “Sapevo che era ostinato, ma non credevo fino a questo punto”.
“Cos’ha combinato?” chiede Rose incuriosita.
“Si è messo in testa di riconquistarmi” affermo guardando gli edifici intorno a noi e stringendomi nella giacca.
“Sai che quando si mette una cosa in testa non la smette finché non l’ha ottenuta” conferma mentre Camille la chiama dall’uscio dello studio.
 
Mezz’ora prima che cominci il mio turno lavorativo, sono già in caffetteria e Marisol mi riserva uno dei suoi calorosi abbracci. Mi chiede se voglio qualcosa da bere, ma sto bene così. Forse avrei bisogno di un altro abbraccio però.
“Hai saputo?” le chiedo riguardo a mio incontro di ieri con Josh.
“Sì, ma voglio sapere come stai”.
“Come sto? Sto bene. Ma non faccio altro che pensare che adesso non c’è solo Danny a voler conquistare il mio cuore, ma anche Josh mi darà del filo da torcere” ammetto più a me stessa che  alla spagnola.
“Scusa, ma che ti importa ora di Josh?” domanda Marisol mentre impila una quantità industriale di bicchieri accanto alla macchinetta. Grazie, mi ha risparmiato un po’ di lavoro.
“Tu da che parte stai, scusa?” le chiedo sarcastica.
“Dalla tua. So cosa vuoi, o meglio chi. Mi avevi promesso che mi avresti dato ascolto...” afferma facendo gli occhi da cucciolo, riuscendo a strapparmi un sorriso.
“Sicuramente non ci avrai fatto caso, ma ti faccio notare che tra poco è San Valentino” mi dice ammiccando.
“Siamo già a febbraio?” chiedo, controllando la data sul cellulare.
“Se non ci fossi io, saresti persa. Sei così presa dall’irlandese che non ti sei resa conto che tra tredici giorni è la festa degli innamorati” sospira, per poi regalarmi subito dopo un’occhiata sognante.
“Il 14 è anche un’altra ricorrenza” le annuncio pensierosa.
“Sì, è passato un mese dal vostro primo incontro” afferma soddisfatta Marisol.
“Anche, ma il 14 gennaio mi sono trasferita qui” la correggo.
“Sì, ma alla fine che ce ne frega dell’Inghilterra. È molto più importante Danny”. 
Credo che Marisol non cambierà mai.  


 

~•~

*Prende coraggio e inizia a parlare*
Scusate se vi ho fatto aspettare così a lungo:
vi chiedo umilmente perdono.
Non ci sono scuse che reggano, ma
spero che con questo capitolo mi sia fatta perdonare ;)
Spero di non aver deluso le vostre aspettative...
In ogni caso, sapere come farmelo sapere :)
Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro
che leggono e/o recensiscono la storia,
ma un grazie speciale va a chi continua a seguire
nonostante i tempi di aggiornamento sballati!
Grazie, grazie, grazie :*
Alla prossima,

~ AnneC
Ps. Il prossimo capitolo sarà online
nel fine settimana, lo giuro!


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Capitolo 19
*** ‘Cause I got time while she got freedom. ***


Capitolo 19

~•~

'Cause I got time while she got freedom.


“In pratica mi stai dicendo che gliel’hai sbattuto letteralmente in faccia?” chiede Rose mentre prende dal forno una teglia piena di muffin.
“Neanche io credevo che arrivasse dritta al punto” concorda Marisol.
“Che altro dovevo fare? Non potevo continuare a fingere, non aveva più alcun senso baciare Josh” dico, prendendo un dolcetto per poi posarlo all’istante dopo aver ricevuto un’occhiata truce dalla mia coinquilina.
“Anche perché ora vuoi baciare qualcun altro” aggiunge maliziosa la spagnola.
“ Ma no! Cioè... Possiamo cambiare argomento?” chiedo imbarazzata.
“Solo se ammetti che vuoi baciarlo” controbatte Rose, sventolando in aria un cucchiaio con fare minaccioso.
“Non ho altra scelta? D’accordo, è vero” concludo alla svelta.
“Cosa è vero?” insiste Marisol con l’appoggio dell’inglese che annuisce insistentemente.
“Non vale, vi siete alleate contro di me” dico mettendo il broncio.
“Se fai la brava, ti diamo un dolcetto” mi corrompe Rose, a conoscenza del mio amore per i muffin.
Sbuffo, due contro uno non vale però.
“Voglio baciarlo” affermo dopo un attimo di esitazione.
“Chi?” chiede la mia coinquilina trattenendo una risata.
“Voglio baciare Danny” ammetto afferrando da sola la mia ricompensa. “Siete cattive” aggiungo con la bocca piena.
“E tu ti lasci corrompere facilmente!” mi accusano in coro prima di scoppiare a ridere.
“Vorrei fare un brindisi” annuncia Marisol.
“Al destino?” chiedo guardandola di traverso.
“Questa volta no. Brindiamo al venerdì in rosa”.
“Perché in rosa?” chiedo stranita.
“Scusa, come la chiameresti una serata tra sole donne?” mi domanda sarcastica.
“Dovresti saperlo, dato che è anche merito tuo se siamo qui senza uomini” interviene Rose.
“Non è senza uomini, è semplicemente una serata senza Josh” mi difendo dalla sua accusa.
“Quindi ora che sei single a tutti gli effetti, decidi di passare il venerdì sera tra donne. Adesso, due sono le cose: non volevi uscire con nessuno dei tuoi pretendenti oppure hai deciso di passare all’altra sponda” dice la spagnola, analizzando la situazione.
“Già sono piena di problemi, ci manca solo un cambio di orientamento sessuale” convengo scuotendo la testa. “Volevo passare un po’ di tempo con le mie due amiche rompiscatole” aggiungo sincera. Dopotutto mi serviva una serata tranquilla, senza sentirmi tra due fuochi, e soprattutto non mi sembrava il caso di uscire con Josh perché, anche se non fossimo stati soli, mi appariva come se facessi un torto a Danny.
“È inutile che fai la ruffiana. Potevi benissimo uscire con l’irlandese, nessuno ti tratteneva” aggiunge la mia coinquilina, come se avesse ascoltato i miei pensieri.
“Visto che è stato di nuovo tirato in ballo, come ha preso la notizia?” chiede Marisol curiosa.
“Non ci hai detto come ha reagito... Ha sparato i fuochi d’artificio? No, forse ti ha fatto qualche serenata, è più nel suo stile” continua Rose.
“Non ha fatto niente perché non lo sa”.
“Cosa?” mi interrompono le due, guardandomi negli occhi con la stessa espressione sconvolta.
“Non volevo comunicarglielo per telefono, dato che non si è fatto vedere in caffetteria” mi difendo. Non mi sarei accontentata di ascoltare la sua voce attraverso un apparecchio elettronico, voglio farlo guardandolo negli occhi e cogliere la sua reazione anche attraverso il linguaggio non verbale.
“Dov’è il tuo cellulare?”.
Non riesco a capire chi delle due ha parlato, dato che entrambe si aggirano per casa alla ricerca dell’aggeggio. Mi appoggio alla porta della cucina ed osservo il muoversi senza sosta di quelle due pazze che mi ritrovo per amiche. Rose scava nelle tasche della mia borsa, tirando fuori oggetti alla rinfusa, Marisol guarda sotto i cuscini del divano, nel contenitore sul mobile nell’ingresso per poi scomparire in camera mia.
“Sol?” la chiamo, attirando l’attenzione di Rose che si ferma all’istante.
“Non troverete mai il mio cellulare” affermo, sventolandolo in aria tenendolo per due dita. Non mi costringeranno a chiamarlo, non  mi interessa.
“Muoviti chiamalo, altrimenti ti obbligheremo a farlo” affermano a turno le due, avvicinandosi con aria minacciosa.
Mi svincolo dalle loro grinfie e mi precipito in bagno, assicurandomi di chiudere a chiave la porta alle mie spalle. In un attimo cominciano a bussare alla porta, invitandomi ripetutamente ad uscire e fare quella chiamata.
“Non uscirò mai di qui se queste sono le condizioni” urlo per sovrastare il rumore del colpi, che man mano si attenuano per poi scomparire all’improvviso.
“Bene, allora rimarrai chiusa lì dentro a lungo” risponde la mia coinquilina.
“Non vuoi un altro muffin?” chiede Marisol cercando di corrompermi di nuovo.
“Non voglio niente. Ah, vi avviso non bevete molto che siete senza bagno!” le avverto con tono duro.
“E tu rimarrai a digiuno mentre noi ci abbufferemo!”.
 
Per quanto tempo sono rimasta chiusa lì dentro? Mezz’ora. Ho controllato senza sosta l’ora, nella speranza che una delle due tornasse a bussare o quanto meno a cercare di corrompermi di nuovo, ma mi hanno ignorato entrambe. Quindi alla fine, mi sono stufata di starmene seduta sulla vasca a girarmi i pollici e sono uscita. Le ho trovare stravaccate sul divano, con il contenuto della teglia da forno dimezzato, una bottiglia di cola a metà ed una busta di patatine vuota.
“Belle amiche che siete” le accuso, prima di prendere un dolcetto e farmi posto sul divano.
“Parla quella che si è chiusa in bagno da sola” mi accusa a sua volta Rose.
“Avevo le mie motivazioni” mi difendo mettendo il broncio.
“Sai tutto sommato hai ragione” interviene Marisol. “Quindi siamo giunte ad una conclusione” aggiunge, senza svelare altro.
“Quale?” chiedo, pronta a fuggire di nuovo in bagno in caso di pericolo.
“Sarai tu stessa a chiamarlo”.
“Io non chiamo nessuno” sbotto all’istante.
“Dopo averti detto questo, non diremo più nulla a riguardo” si giustifica Marisol.
“Pensa solo che mentre noi tre siamo qui a mangiare e bere allegramente, il povero Danny passerà la serata ad ubriacarsi in qualche pub perché è convinto che tu stia passando la serata con Josh” continua Rose aprendo un’altra busta di patatine.
“Quindi a te la scelta, hai le tue motivazioni per non metterlo al corrente della situazione?” aggiunge Marisol.
“Bene, allora prenditi le tue responsabilità” conclude Rose cominciando a mangiare.
“Danny non si ubriacherà stasera” affermo dopo che le due si facevano eco a vicenda.
“D’accordo, questo non può saperlo nessuno, ma di certo penserà che tu sia uscita con il suo rivale e che magari Josh ti bacerà e lui invece sarà lì da solo col suo boccale di birra” controbatte la spagnola.
Cavolo, non ci avevo pensato. Anche se queste due si sono alleate contro di me per costringermi a chiamarlo, la loro teoria non fa una piega. In che situazioni mi vado a mettere... Sono proprio brava a complicarmi la vita!
E così, dopo non so per quanto tempo i ripensamenti hanno affollato la mia mente, mi ritrovo a comporre il numero e ad attendere una risposta, che tarda ad arrivare. Tra le altre cose, queste due mi hanno anche costretto a mettere il vivavoce.
“Stai tranquilla” mi rassicura Marisol, cingendomi le spalle con un braccio.
Nell’istante in cui Danny risponde, mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo. Oltre la sua voce, si sente la tipica confusione da pub.
“Dove sei?” domando, con l’intenzione di raggiungerlo per aggiornarlo sulla fine della mia precedente relazione.
“È successo qualcosa? Stai bene?” chiede allarmato.
“Sì, tranquillo sto bene” mi affretto a rispondere per rassicurarlo.“Posso raggiungerti?”.
“Certo, me lo chiedi anche?” risponde sarcastico. Sicuramente sulle sue labbra sarà affiorato un sorriso.
“Sono all’O’Donnell, il pub vicino alla caffetteria. Immagino che con te ci sarà anche...” dice, lasciando la frase in sospeso.
“Quando sarò lì vedrai” aggiungo sorridendo e solo dopo realizzo che lui non può vedermi.
 
Mi sarei mai liberata di Marisol e Rose? No.
Si sono praticamente autoinvitate al mio incontro con Danny, rinfacciandomi che la nostra doveva essere una serata tra donne ed ora erano costrette a venire con me. Sono così brave a rigirare la frittata!
In più, mi hanno convinta a farmi cambiare, sostenendo che i jeans non fossero adatti all’occasione. “Questa è un’occasione da vestito” ha affermato Marisol prendendo dall’armadio un vestito blu che non ricordavo di aver portato con me quando ho fatto i bagagli. Chissà come ci sarà finito con me in Inghilterra...
Sono impaziente e tamburello ossessivamente le dita vicino all’asta di metallo alla quale mi mantengo per non rischiare di cadere ad ogni fermata della metro. E se fermo le dita, comincio a battere il piede destro ad un ritmo crescente.
Le due ragazze si scambiano sguardi e ridacchiano ogni qual volta cerco di trattenermi dal muovere un arto. È più forte di me, non riesco a stare ferma un secondo.
“Mi avete messo voi in questa situazione!” le accuso appena termina l’ennesima risata.
“Non esattamente” puntualizza Rose.
“Mi serve una camomilla” convengo, cercando di tranquillizzarmi.
“Più che altro ti serve una birra. Con una camomilla ti rilasseresti e basta, invece un po’ di alcol ti farebbe passare l’agitazione e aggiungerebbe un pizzico in più di spavalderia, che ti può solo fare bene” mi contraddice Marisol facendomi l’occhiolino.
Mi siedo cercando di sgombrare la mia mente e controllare i movimenti nevrotici del mio corpo. Sospiro quando mi ritrovo ad osservare la mia gamba destra tremare involontariamente.
“Ci rinuncio” ammetto sconfitta, alzandomi e cominciando a camminare nel vagone quasi vuoto.
“Datti una regolata, stai facendo venire l’ansia anche a me” sbotta la mia coinquilina quando passo davanti a lei ed in quel preciso istante, il treno arriva alla nostra fermata.
Il  tragitto tra la metro e il locale sembra più lungo del solito, ma questo è dovuto semplicemente al fatto che non vedo l’ora di entrare il quel pub.
 
Il locale è addirittura più affollato di lunedì scorso. Non riesco a vedere dove sia Danny, né a sentire ciò che mi sta praticamente urlando Marisol. Rose mi afferra per un braccio e mi trascina al bancone; ammetto che durante il tragitto, ho osservato le mie mani e posso affermare fermamente che tremano dall’agitazione. Mi serve dell’alcol, adesso!
La mia coinquilina ordina tre birre e nel frattempo, mi guardo intorno, cercando di individuare l’irlandese tra la folla, o almeno uno dei tre. L’esuberante Marisol trova sempre una soluzione a tutto, mentre finalmente la barista ci consegna le nostre ordinazione, lei è già in piedi su uno sgabello che si è appena liberato e scruta dall’altro i clienti del pub. Sembra un marinaio che cerca disperatamente la terraferma dopo un periodo troppo lungo trascorso al largo, non mi meraviglierei se cominciasse ad urlare ripetutamente “Terra!”. Non urla, ma un sorriso a trentadue denti si impossessa del suo viso e non lo abbandona neanche quando una ragazza le urta violentemente una spalla, una volta scesa dal suo piedistallo.
“Li ho trovati” mi dice all’orecchio, prima di prendermi per un braccio ed indirizzarmi nella loro direzione.
Che faranno adesso queste due? Mi manderanno da sola oppure non molleranno un secondo? Onestamente non so quale opzione mi farebbe sentire meno agitata. Mando giù un lungo sorso di birra, nella speranza che la mia situazione psicologica migliori.
E così accade, ma non è merito di quel liquido biondo.
I miei occhi vengono attirati da quelli di Danny e la calma che mi aveva letteralmente abbandonata si ristabilisce pian piano. Non appena nota che con me non c’è traccia di Josh, un’espressione incuriosita si dipinge sul suo volto e sono sicura che stia pensando che l’inglese sbuchi fuori da un momento all’altro.
“Oh, guarda un po’ chi si vede” afferma Glen ad alta voce, facendoci posto sulla panca di legno.
“Dov’è il vostro simpatico amico?” chiede Mark cauto.
“Non c’è e non sbucherà qui all’improvviso” rispondo sorridente prima di bere un altro sorso dal bicchiere.
“Che ci fate da queste parti?” domanda il chitarrista, notando uno sguardo di intesa tra me e Danny, che ancora non ha aperto bocca.
“Ci siamo stufate di passare una serata tra sole donne e abbiamo pensato di bere una birra con degli irlandesi. Per caso ne conoscete qualcuno?” dice sarcastica Marisol, provocando una risata generale.
Danny mi parla, ma il rumore che regna nel locale mi impedisce di distinguere le sue parole. Si alza, senza separarsi dal suo bicchiere di birra e quando mi raggiunge, si china verso di me.
“Forse mi odierai per questo, ma che ne dici se usciamo fuori?” mi sussurra all’orecchio ed io annuisco. Non mi importa di rimanere nella notte gelida se sono con lui.
Mi alzo, sotto lo sguardo divertito di Mark e mi allontano con Danny dal nostro tavolo. Raggiungiamo l’area gremita di gente ed istintivamente stringo la sua mano, per non perderlo tra la folla.
“Ti chiederai perché sono qui” dico non appena usciamo dal pub. Mi fischiano leggermente le orecchie e trovarmi in questo strano silenzio mi mette un po’ in agitazione. Mando giù un altro sorso di birra, aspettando una sua risposta.
“Non so per quale motivo tu sia sola” dice serio, appoggiando la schiena ed un piede al muro. “Non voglio cantar vittoria troppo presto”.
Non ho più il controllo delle mie gambe e comincio a camminare, senza mai distogliere lo sguardo dal suo volto.
“Io e Josh non stiamo più insieme” annuncio, fermandomi di fronte a lui.
Danny dischiude leggermente le labbra, ma non esce alcun suono. Improvvisamente un’espressione soddisfatta si fa largo sul suo viso e i suoi occhi risplendono di una strana luce. Accorcia la distanza che avevo lasciato tra noi e si morde il labbro inferiore.
“Mi stai dicendo che non ti ronzerà più intorno?”.
“Non proprio” affermo distogliendo lo sguardo.
“Non ha tutti i torti, neanch’io ti lascerei andare così facilmente” mi dice, sollevandomi il mento fino a far incrociare di nuovo i nostri sguardi.
Ed io cosa dico? Niente, arrossisco semplicemente.
Danny mi accarezza una guancia e mi sorride, facendomi dimenticare completamente che siamo al freddo nella gelida notte londinese.
Potrei rimanere qui in eterno, ma qualcuno lassù decide che questo è il momento migliore per lasciar cadere copiose gocce dal cielo.
“È meglio se entriamo” mi dice sorridente, porgendomi la mano.
Così corriamo sotto il mio primo acquazzone inglese, pronti ad essere travolti dal caos del pub.
 


 

~•~

Ecco un nuovo capitolo!
E sono in ritardo come al solito xD
Ma bando alle ciance, che ne pensate?
Spero di non aver deluso le vostre aspettative...
E come sempre, sapete come farmi sapere il vostro parere ;)
Vi prometto Anzi no, questa volta non vi prometto niente,
dato che sappiamo come va a finire...
Vi dico solo che ormai i tempi di aggiornamento sono variabili,
ma perlopiù si aggirano intorno agli 8/9 giorni.

A meno che l’ispirazione non mi venga a trovare
più spesso e quindi i tempi si accorciano ;)
Grazie ancora a tutte, un bacio.
Alla prossima,

~ AnneC

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Capitolo 20
*** You got his heart and my heart. ***


Capitolo 20

~•~

You got his heart and my heart.

Trascorrere un weekend tra sole donne, tranne che per quella breve missione al pub, era proprio quello che ci voleva. La ricetta per un fine settimana così?
Basta prendere un’inglese abile a preparare dolci, una spagnola che non sta ferma un secondo, una valanga di chiacchiere, un rifornimento sproporzionato di cibo, una quantità smisurata di risate ed il gioco è fatto. Ah, quasi dimenticavo, occorre aggiungere anche una leggera spruzzata di alcol.
Il risultato di queste tre serate con Rose e Marisol?
Mi ritrovo per strada a correre come una matta! Non ho sentito la sveglia e quando ho aperto gli occhi era già trascorsa una mezz’ora abbondante del mio orario lavorativo, la mia coinquilina dormiva ancora beatamente e la spagnola se ne stava rannicchiata sul divano con le coperte fin sopra la testa.
Prima d’ora non avevo mai capito perché a Londra andassero tutti così di fretta, ma quando mi sono ritrovata a correre sulle scale mobili alla stazione della metro, ho realizzato che probabilmente anche loro fossero reduci da un fine settimana come il mio.
L’accoglienza di Paul non mi sorprende: è dietro al bancone, con le braccia incrociate al petto e scuote continuamente la testa, guardandomi di traverso. Sfodero una faccia da cane bastonato e mi precipito nello spogliatoio, pronta ad affrontare ciò che rimane del mio turno e anche una bella ramanzina dal mio collega.
Quando ritorno nella stanza, noto che tutto è stato addobbato con decorazioni a tema: centinaia di cuori rossi sbucano in ogni dove, le solite tazze si sono tinte di rosso e su qualcuna è comparsa anche qualche scritta romantica. Hanno persino abbellito il bancone con un mazzo di rose rosse e anche i clienti appaiono tutti più dolci, più innamorati.
“Scusa, hai ragione ad arrabbiarti. Sei libero di andare prima della fine del turno e farmi sgobbare al posto tuo” annuncio a Paul prendendo posto accanto a lui.
“Vorresti gestire da sola il locale nell’ora di punta?” chiede sbigottito.
“Esatto. Sono in debito con te” confermo sincera. È stato un santo a non avvisare il manager.
“La tua proposta è allettante, ma non ce n’è bisogno. Anzi, se vuoi sdebitarti, dimmi un po’ con quanti ragazzi esci ultimamente?” chiede Paul curioso.
“Cosa? Nessuno” ammetto sulla difensiva. Da dove sbuca fuori questa domanda?
“Sei sicura? Quindi, rubi il cuore a dei poveri ragazzi indifesi e non ci esci nemmeno?” insinua malizioso il mio collega.
“Paul, a che ti riferisci?”.
“La settimana scorsa. Com’è che si chiamava?” dice porgendo una banconota e lo scontrino ad una cliente.
Ma che sta dicendo? Io sono quella che non è ancora sveglia al cento per cento e lui dà i numeri.
“Danny!” esclama avvicinandosi a me, mentre preparo un cappuccino.
“Che c’entra ora Danny?” chiedo incuriosita.
“No, tu devi dirmi che fine ha fatto lui e come mai ora un altro ti manda i fiori” bisbiglia per non farsi sentire da orecchie indiscrete.
“Paul, hai bevuto?” sussurro a mia volta, cominciando a preoccuparmi.
“Forse tu, dato che non ti ricordi a chi altro hai rubato il cuore” aggiunge malizioso.
“Non ho rubato il cuore a nessuno. E poi, dove sarebbero questi fiori? Nessuno mi ha mandato niente” affermo mentre consegno la bevanda ad una giovane ragazza.
“Quelli” dice indicando le rose rosse che sono sul bancone.
“Non li hai messi tu per creare un’atmosfera romantica?” chiedo scettica.
“Non mi pagano abbastanza per pensare anche a queste cose. Sono per te, sempre se non conosci qualcun altro che ha il tuo stesso nome e lavora qui” aggiunge, avvicinandosi per prendere un bigliettino legato ad un nastro che prima non avevo notato.
“Chi è questo Josh?” chiede sventolandomi il nastro davanti agli occhi.
“Ci mancava solo questo” dico sbuffando per poi appoggiarmi pesantemente al bancone. “Cosa c’è scritto?”.
“È stato strano passare un weekend senza te. Mi manchi, Josh” legge Paul dal bigliettino dal retro rosso. “Ah, quindi trascorri i fine settimana con lui e il resto con l’altro?” domanda stupito.
“No, in un certo senso io e Josh eravamo una coppia” lo correggo. “E Danny... è complicato” affermo infine.
“Complicato nel senso che hai lasciato l’uno per stare con l’altro?” chiede sospettoso.
“Sì, più o meno. Solo che come puoi notare Josh non molla la presa e sono sicura che me lo ritrovi qui all’ora di pranzo”.
 
Perché mi ha mandato dei fiori? Rose rosse per giunta.
È quasi l’una, la pausa pranzo di Josh sta per terminare, ma di lui non c’è traccia in caffetteria. Possibile che mi sia sbagliata? Eppure è da lui piombare qui all’improvviso, soprattutto se fa consegnare dei fiori a qualcuno, cioè insomma, credo che sia il tipo che ti ritrovi intorno dopo che ti ha fatto recapitare un regalo oppure evidentemente lo conosco meno di quanto credessi.
Quando non sono impegnata a servire i clienti, mi capita di fissare quelle rose, che sembrano guardarmi con aria di rimprovero, come se avessi commesso qualcosa di imperdonabile, di irrimediabile e se ne stanno lì a giudicarmi e a guardarmi con disprezzo.
Forse i postumi del weekend si fanno ancora sentire. Le rose sono simbolo d’amore, lo sanno tutti. Sarà amore quello che Josh prova per me? Non lo so, ma la vera domanda qui è cosa provo io per lui. Non posso rispondere, soprattutto se in questa equazione c’è un altro fattore da prendere in considerazione. Danny, Daniel O’Donoghue o come vogliamo chiamarlo. E se entra in scena lui, allora tutto passa in secondo piano, persino quelle rose che mi rimproverano.
“A quanto pare ti sei innamorata di quei fiori” afferma qualcuno che mi ha beccata ad osservarli mentre preparo un’ordinazione.
Un volto così familiare mi balza in mente e comincio a godermi il momento in cui incontrerò i suoi occhi scuri, ma ciò che mi regala la mia vista quando mi volto delude le mie aspettative.
C’è un ragazzo e conosco anche il suo viso alla perfezione, ma non è chi speravo.
“Non dovevi mandarmi delle rose” affermo dopo un attimo di esitazione.
“Non mi ringrazi nemmeno?” chiede sarcastico Josh.
“Grazie, ma non era necessario” aggiungo prima di lanciare un’occhiataccia a Paul che cerca di attirare la mia attenzione.
“Perché no? Potevo baciarti e ora non posso neanche farti un regalo?” domanda alzando leggermente le sopracciglia.
“Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da te” ammetto sincera.
“Credi che io non sia romantico?” chiede e avverto un leggero tono di sfida nella sua voce.
“È stato un gesto inaspettato, mi ha sorpresa. Credevo che se avessi voluto dirmi qualcosa, saresti piombato qui all’istante, senza farti precedere da un mazzo di rose rosse” affermo spavalda.
“Essere sdolcinati non è un privilegio dei soli cantanti” risponde con un sorriso beffardo sulle labbra.
“Perché devi sempre tirare qualcun altro in ballo?”.
“Ah, scusa. È vero, solo tu puoi fare un confronto tra noi due” afferma acido.
Come è possibile che ultimamente finiamo sempre col litigare? Ci sono dei momenti in cui Josh mi fa pentire di averlo lasciato, altri invece in cui lo ammazzerei volentieri all’istante.
“Se ti comporti così, è inutile che poi mi mandi dei fiori” sbotto, cercando di frenare il desiderio di mandarlo una volta per tutte a quel paese.
“Sei tu che complichi le cose. Stiamo insieme e non ti sta bene, ci lasciamo e ti mando dei fiori e neanche ti sta bene. Non so come comportarmi con te” dice, abbassando lo sguardo sulla sua bevanda.
Sbuffo, perché vuole farmi sentire in colpa?
 “Con te mi sento sempre sotto esame, ogni volta c’è sempre un ostacolo nuovo da affrontare. Non so mai cosa aspettarmi e tutte le volte che ci incontriamo, per un po’ mi sento sotto pressione, con la paura che tu mi sottoponga a qualche altro test. Questa volta mi stai chiedendo di essere migliore di qualcun altro” ammette incrociando il mio sguardo. “Sai quanto io adori le sfide, non posso mollare proprio ora” afferma sicuro, fissandomi insistentemente.
“Se sono un incubo per te, perché allora non mi lasci perdere?” domando incredula. Perché mi accusa di metterlo alla prova? È lui che insiste nel volermi riconquistare.
“Mai nessuna mi ha fatto sentire così come fai tu. È vero, diventa sempre più difficile, ma se devo affrontare tutto questo per tenerti stretta a me, sono disposto a mettermi in gioco” conclude sfoderando un sorriso raggiante che credo di non aver mai visto sul suo volto.
“Non ti sto chiedendo di essere migliore di qualcun altro” confesso dopo un lungo attimo di silenzio. “Anzi, sei libero di farmi uscire dalla tua vita immediatamente. Non ti sto chiedendo di superare nessuna prova” concludo sincera, appoggiando le mani sul bancone.
“Non capisci, eh? Voglio stare con te proprio perché sei complicata. Come ora, mi stai dicendo di arrendermi, ma i tuoi occhi dicono altro” dice, prendendomi la mano.
“Perché cosa dicono i miei occhi?”.
“Gli occhi sono lo specchio dell’anima. Ti bacerei in questo momento pur di fartelo capire, ma credo che il tuo corpo si ribelli e non voglio uno schiaffo” annuncia sorridendo.
Chi è la persona che ho di fronte? Il Josh che conosco non avrebbe esitato a baciarmi e si sarebbe tenuto volentieri lo schiaffo. Dov’è la sua sfacciataggine adesso?
 
“E quindi quello era Josh” constata Paul appena l’inglese esce dal locale. “Tutto bene?” chiede quando non riceve alcuna risposta da parte mia.
“Più o meno. Mi ha spiazzata, non è la stessa persona che conoscevo” ammetto prima di sistemare alcune tazze sulla mensola.
“Cosa intendi?” chiede il mio collega stranito.
“Mi ha mostrato un lato di lui che aveva tenuto nascosto. È sempre stato sfacciato e anche un po’ buffone, devo ammetterlo. Invece oggi mi regala dei fiori e mi dice che pur di stare con me è disposto a competere con qualcun altro, svelandomi la sua parte romantica” rispondo lasciandomi sfuggire un sospiro.
“E se invece fosse solo una tattica per vincere la sfida?” domanda Marisol sbucando dal nulla.
“Da quanto sei qui?” chiedo strabuzzando gli occhi.
“Abbastanza da capire che Josh ti ha fatto vacillare. Ti lasci corrompere troppo facilmente mia cara e non fa differenza se siano muffin o rose rosse” constata la spagnola scuotendo la testa in segno di disapprovazione. “Per fortuna ci siamo noi che pensiamo a cosa è meglio per te” afferma gongolante.
“Noi chi scusa?”. Cosa sta tramando la diabolica Marisol?
“Io e Rose” dice mentre legge un messaggio sul cellulare. “Ci sta raggiungendo ed ha una sorpresa per te, quindi preparati” mi incita sorridente.
Basta con le sorprese oggi, non sono in vena di riceverne altre.
Però chissà cos’altro hanno combinato queste due...
Quando Rose entra in caffetteria non ha né fiori né strane buste che celino qualcosa. Credo che il loro piano sia saltato.
E invece no, il loro piano ha funzionato alla perfezione, anzi è meglio di quanto pensassi. La mia coinquilina non è sola, c’è Danny con lei e non sono mai stata più felice di vederlo. D’accordo, forse ero più entusiasta quando l’ho sentito suonare al pub, ma lì c’era di mezzo anche una canzone.
“Sei in debito con me” annuncia Rose avvicinandosi al bancone. “Comincia a prepararmi un caffè intanto” aggiunge sorridente.
“E perché sarei in debito con te?”domando cauta, pronta al peggio.
“Perché queste tre serate insieme mi hanno fatto stremare e stamattina non ho sentito la sveglia. È colpa tua, ammettilo” mi accusa seria.
“Non sei l’unica a non aver sentito la sveglia” interviene Paul. Ma non ha nient’altro da fare che ascoltare le mie conversazioni?
“Sono arrivata tardi a lavoro, tu invece avevi la mattinata libera” osservo mettendo il broncio.
“D’accordo, siete pari” si intromette Marisol che fino a quel momento rideva di noi con Danny.
“No, mi devi un favore. Non preoccuparti, ho già provveduto a saldare il debito per conto tuo” afferma la mia coinquilina soddisfatta. “Nella mattinata libera dovevo cercare qualcuno per un nuovo servizio fotografico e ho deciso che poiché mi hai fatto dormire fino a tardi, potevo sfruttare qualche tua conoscenza” conclude fiera.
Qualche mia conoscenza? Qui non conosco nessuno tranne loro due, Josh, i miei colleghi alla caffetteria e i tre irlandesi.
“Ti ha incastrato” dico a Danny dispiaciuta.  
 “Lo faccio con piacere” annuncia sorridente. “E poi Rose mi ha assicurato che verrai anche tu, non potevo rifiutare” aggiunge mordendosi leggermente le labbra.
 
E così, mi ritrovo in un magazzino abbandonato a fissare costantemente Danny che posa disinvolto davanti all’obiettivo, come se fosse la cosa più semplice che possa esistere. Non so se mi sentirei completamente a mio agio in una situazione del genere, sapere che ci sono diversi paia di occhi che ti scrutano e avere sempre le luci puntate addosso. Dopotutto non c’è da meravigliarsi se lui non si senta minimamente impacciato in una situazione del genere, cosa vuoi che siano una decina di persone se riesci ad esibirti in uno stadio gremito di gente?
“Perfetto” commenta Rose dopo aver scattato per l’ennesima volta, prima di dare nuove indicazioni all’irlandese. “Manca qualcosa però” ammette pensierosa prima di raggiungere Camille.
“È strabiliante che questa situazione non ti pesi minimamente” affermo avvicinandomi a Danny.
“Dopo un po’ ci fai l’abitudine e diventa quasi naturale” ammette alzando lievemente le spalle. “Perché non provi anche tu?”.
“Io? Non esiste, non sarei mai capace di sentirmi a mio agio davanti ad un obiettivo” e rabbrividisco al solo pensiero di fare una cosa del genere.
“E se posassi con me, adesso?” chiede divertito tirandomi a sé.
Terrore: è questo quello che provo in questo momento. Fortunatamente Camille mi chiama e Rose riprende la sua posizione dietro la macchina fotografica. Sono salva per miracolo.
“Che  ne dici di farmi un favore enorme?” mi chiede Camille quando la raggiungo.
“Dimmi, mi fa piacere rendermi utile” affermo rassicurandola.
“Sai, è la prima volta che lavoriamo con questa truccatrice” mi confessa indicando una ragazza dai capelli rossi con la quale aveva parlato precedentemente.
“Non c’era anche l’altra volta?” chiedo stranita. Eppure mi sembrava di averla già vista...
“Non sappiamo come trucca una ragazza e mi chiedevo se ti andrebbe di fare da cavia, in modo da valutare se possiamo affidarle anche il prossimo lavoro” aggiunge, ignorando completamente la mia domanda.
La cosa mi puzza un po’, ma fin quando si tratta solo di stare immobile e farsi truccare non c’è da preoccuparsi. Kate, è così che si chiama la truccatrice, mi fa accomodare su una sedia da regista e comincia ad armeggiare con pennelli e polveri varie. Spero solo che non esageri con la matita nera e non mi faccia sembrare un panda. Dopo non so bene quanto tempo, mi avverte che ha finito e mi invita a guardarmi allo specchio. Non appare nessun panda fortunatamente e la superficie argentata riflette il mio volto abilmente reso più raggiante.
“Ottimo lavoro” si congratula Camille, per poi avvicinarsi a Rose; le bisbiglia qualcosa all’orecchio e sorridono entrambe soddisfatte.
“Su bellezza, vieni qui un attimo” mi chiama la mia coinquilina, stranamente euforica. Che abbia architettato qualcos’altro? Non mi costringerà a fare nient’altro, sia ben chiaro.
“Il cappotto” osserva Camille e Rose porge la mano attendendo che me lo tolga.
“Non esiste” sbotto contrariata. “Fin quando c’è qualcosa da fare dietro l’obiettivo, sono a disposta ad aiutarvi, ma adesso state esagerando”.
“Devo trascinarti qui con la forza?” interviene Danny divertito.
“Ottima strategia!” lo incoraggiano le due fotografe.
“Ti prego, non puoi farmi questo” piagnucolo mentre mi trascina letteralmente sul set.
“Ed ora il cappotto. Fai da sola oppure vuoi che te lo tolga io?” domanda malizioso l’irlandese.
“Faccio da sola” affermo studiando una via di fuga. Mi sfilo il soprabito e sto per fuggire via, ma Danny mi blocca, afferrandomi per la vita.
“Non scapperai così facilmente” mi sussurra con tono dolce e per un attimo mi fa dimenticare dove siamo.
“Perché ti sei alleato con loro?” chiedo voltandomi verso di lui.     
“Silenzio voi due” ci rimprovera Rose. “Rilassati, nessuno ti ucciderà, stai tranquilla” mi rassicura sorridente la mia amica.
È facile a dirsi quando non sei tu quella che deve posare.
“Chiudi gli occhi e dimentica che sei qui. Pensa che siamo soli ed elimina tutto il resto” mi incoraggia Danny, accarezzandomi dolcemente il viso.
Cavolo, come faccio a dimenticarmi che sono su un set, dove tutti mi fissano e seguono ogni mio minimo movimento? In ogni caso seguo il suo consiglio e chiudo gli occhi, respirando profondamente; la sua mano scorre lungo il mio braccio e sotto il suo tocco i miei muscoli si rilassano all’istante.
“Questa me la paghi O’Donoghue” dico riaprendo gli occhi e incrociando il suo sguardo.
“Sono a sua completa disposizione signorina” risponde, stingendomi ancora di più a sé. 


 

 

~•~

Holaaaa!
Ecco a coi un nuovo capitolo fresco fresco (?)
e a quanto pare non sono in ritardo yuppi!
Mi sono resa conto che siamo al ventesimo capitolo
e quindi doveva esserci qualcosa di speciale...
E cosa c’è di meglio di qualche colpo di scena?
In ogni caso sta a voi giudicare e sapete come comunicarmelo ;)
Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro
che hanno aggiunto la storia nelle preferite/seguite/ricordate
a chi recensisce e a chi semplicemente legge in silenzio,
siete adorabili!
Grazie, grazie, grazie :*
Alla prossima,

~ AnneC


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Capitolo 21
*** She's standing in the heart of darkness. ***


Capitolo 21

~•~

She's standing in the heart of darkness.


Lo ammetto, ho lasciato le rose in caffetteria. Non volevo che mi ossessionassero anche a casa, almeno non dopo aver posato con Danny. Sono ancora convinta che stare davanti ad un obiettivo non sia il mio habitat naturale, ma dopo i primi scatti, devo ammettere che mi sono lasciata andare e mi sono persino divertita.
Come temevo, le rose sono ancora lì, a ricordarmi la confessione di Josh. Perché la situazione si complica sempre di più invece di migliorare?
E se anche questa volta Marisol avesse ragione?
Probabile, dopotutto lo conosce meglio di me e finora i fatti non hanno mai smentito le teorie della spagnola. Certo, il comportamento dell’inglese è stato alquanto strano, come utilizzato per raggiungere un determinato fine: far pendere l’ago della bilancia dalla sua parte, ma può mentire a qualcuno guardandolo dritto negli occhi?   
In ogni caso Josh mi ha fatto vacillare ed è la cosa peggiore che potesse accadere.
Perché deve essere tutto così difficile?
La mia mente è affollata da sempre più domande, alla quale non sono in grado di rispondere. Per quale motivo non riesco a trovare una soluzione? Dovrei risolvere il problema alla radice, dichiarando che sto bene senza nessuno accanto? No, mi sento completamente me stessa solo quando sono con Danny. Dovrei dichiarare apertamente la mia attrazione per l’irlandese e lasciarmi trasportare dai sentimenti che provo per lui? No, non dopo ciò che mi ha detto Josh. Dovrei ritornare con la persona che più si avvicina all’ideale di principe azzurro, e quindi non sentirmi mai più completa? No, non posso farlo dopo quello che ha combinato il destino.
Nessun vincitore, nessun perdente. L’ago non pende da nessun lato e sono di nuovo al punto di partenza.
 
Ogni volta che passo davanti all’O’Donnell non riesco a trattenermi dal sorridere. È tutto così assurdo, irreale e folle, eppure è accaduto.  Il sorriso aumenta quando torno a casa e trovo la mia coinquilina intenta a sfornare muffin e non scompare nemmeno quando mi guarda truce, impedendomi di mangiarne subito uno.
“Non sono per te” annuncia Rose appoggiando la teglia al sicuro su un ripiano della cucina.
“Non vedo nessun altro qui” osservo, reclamandone la proprietà.
“Sono per Danny” dice mettendosi tra me e i dolcetti.
“Ah, quindi ora gli prepari anche i muffin?” chiedo sarcastica, accomodandomi accanto al tavolo.
“Sì, dato che non abbiano niente da offrirgli” risponde prima di rovistare nella sua borsa alla ricerca del cellulare.
“E perché dovresti offrirgli qualcosa?”.
“Sveglia bella addormentata. Sta venendo qui” afferma, come se fosse la cosa più ovvia che esista.
“Cosa? Perché?” domando scattando in piedi all’istante.
“Per vedere il risultato del servizio fotografico. Sei più genio del solito stasera, come mai?”.
“Voglio vedere quelle in cui ci sono io. Non voglio che le veda prima lui” affermo contrariata.
“Sei perfetta, non c’è bisogno che ti preoccupi” mi rassicura Rose. “E non insistere” mi rimprovera prima che apra bocca.
“Vado a farmi una doccia” la informo mettendo il broncio.
“E non metterci un secolo come al solito” mi urla prima che mi chiuda in bagno.
La doccia più veloce della storia dell’umanità. Non mi sono cronometrata, ma credo che entrerà nel Guinness World Record. Sono appena ritornata in camera mia a vestirmi e sento il campanello bussare. Cavolo, è già qui? Tendo l’orecchio trattenendo il respiro, ma quando mi accorgo che la voce oltre quella della mia coinquilina è di una donna, mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo. Perdo il tempo recuperato con la doccia a scegliere cosa mettermi. Perché mi sento in ansia e non riesco a prendere una decisione? 
“Tu e Danny siete qualcosa di eccezionale!” commenta Marisol appena mi vede, prima di stringermi in un caloroso abbraccio.
“Perché lei ha visto le foto e io no?” domando acida alla mia coinquilina.
“Cosa ti cambia nel vederle ora o tra poco?” chiede l’inglese con leggerezza. “Tanto è arrivato, sta salendo le scale. Le vedrai seduta accanto a lui” mi informa con un’espressione maliziosa sul volto.
Rose è un’incredibile fotografa, ha del talento e ogni foto è carica di suggestione. Anche se non capisco perché abbia collegato il pc al televisore. Non si accontentava già del fatto di mettermi in imbarazzo fotografandomi? No, aveva bisogno di mostrarmi il risultato su uno schermo di trentadue pollici.
Credo a fatica a quello che vedono i miei occhi. Non mi riconosco nella ragazza che posa accanto a Danny, che ride con lui o che gli arruffa scherzosamente i capelli e nemmeno in quella a cui l’irlandese scosta una ciocca di capelli dal volto o la quale guarda con sguardo sognante e un sorriso smagliante. Eppure sono io.
“E tu eri quella che si sentiva a disagio?” mi sussurra Danny mentre una nuova foto appare sullo schermo.
“Ho fatto come mi hai detto. C’eravamo solo io e te in quel momento” confesso cercando di non farmi sentire da Marisol e Rose.
“E questo è tutto” annuncia la mia coinquilina quando l’ultimo scatto scompare dallo schermo. “Cosa ne pensate?” chiede incuriosita.
“Siete fantastici insieme!” esclama la spagnola non riuscendo a trattenere l’entusiasmo.
“Ti voglio in ogni foto che mi scatteranno d’ora in poi” commenta Danny guardandomi negli occhi.
“Non credo che sia possibile. Devi congratularti con Rose, è merito suo se gli scatti sono spettacolari” dico cercando di apparire disinvolta e di indirizzare l’attenzione sulla mia amica e il suo lavoro.
“Oh, io non ho fatto niente. È tutto merito vostro” interviene modesta l’inglese. “Danny, sei così naturale davanti all’obiettivo, ma quando c’è lei con te, ogni sguardo, ogni emozione viene amplificata” continua e sono certa che non mi sono sentita più in imbarazzo di così in vita mia.
“Avete un feeling pazzesco!” si intromette Marisol.
“Mi è capitato raramente che una coppia posasse per me riuscendo a trasmettere qualcosa di così forte. Di solito ci riescono gli attori oppure...”conclude, lasciando la frase a mezz’aria.
Sospiro. A questo punto tanto vale mettere le cose in chiaro una volta per tutte.
“Due persone che si sentono attratte l’uno dall’altra” afferma Danny sorridente, rubandomi le parole da bocca.
Cosa ci vorrebbe per suggellare un momento del genere? Un bacio.
Cosa mi frena dal farlo? Il fatto che siamo qui, nella stessa stanza in cui ci siamo baciati per la prima volta io e Josh.
Sono una vera idiota però se penso a questo se sono accanto a Danny. Sono un caso disperato e credo che non riuscirò mai a venire a capo di questa situazione del cavolo.
“Mi serve una mano” afferma Rose, trascinando con sé Marisol in cucina.
“Credo di averti messa abbastanza in imbarazzo” ammette pensieroso Danny una volta che siamo soli.
“Non è questo” dichiaro guardando intensamente negli occhi.
“Allora a cos’è dovuto questo silenzio?” chiede accennando un sorriso.
“Non è facile...” dico, pentendomi all’istante di aver cominciato questa frase.
“Cosa?”.  
 “Lasciarsi andare. È difficile spegnere la mente e lasciarsi trasportare dalla corrente” confesso guardando lo schermo del televisore ormai buio.
Dopo un attimo di esitazione, Danny ride di gusto. Cosa c’è di così divertente in quello che ho detto? Lo guardo interdetta, ma non dà segno di smettere.
“Ci hanno lasciati soli, ma sono dietro la porta che origliano” mi sussurra tra una risata e l’altra.
“Sono sempre le solite” ammetto unendomi a lui.
“Vieni con me” afferma serio alzandosi in piedi e porgendomi una mano.
“Dove?”domando diffidente.
“Vedrai”.
“Questa non è una risposta” ammetto, ma prendo lo stesso la sua mano e mi lascio condurre dovunque lui voglia portarmi.
Abbiamo lasciato le mie due amiche a casa e scorriamo lentamente nel traffico londinese. Mentre Danny guida, osservo ogni contrazione inconsapevole del suo volto, ogni tanto dischiude leggermente le labbra per poi richiuderle oppure sposta lo sguardo sulla luce rossa del semaforo, per poi guardare di nuovo dritto davanti a sé.
“Dove stiamo andando?” chiedo dopo che mi ha beccata a fissarlo.
“Non ti fidi?” domanda divertito.
“Immagino che non ci siano domande di riserva” convengo. “Non lo so. Forse stai per ammazzarmi e gettarmi nel Tamigi” ammetto non riuscendo a trattenere una risata.
“Ci sei andata vicina” ammette serio. “Così finalmente ti lascerai trasportare dalla corrente” aggiunge sorridente.
“Stai scherzando?” chiedo sospettosa.
“Vedrai” risponde divertito.
Parcheggia l’auto e ci incamminiamo accanto ad un’imponente chiesa, quella che credo sia la cattedrale di St. Paul o almeno così mi sembra di aver letto su un’insegna turistica qui vicino. Imbocchiamo un vicolo oltre l’edificio senza proferire parola. Quando vedo un ponte alla fine della strada ogni mio muscolo si irrigidisce.
“È solo il Millennium Bridge” mi informa divertito.
“Ma sotto c’è il Tamigi” affermo guardandolo di traverso.
Mi cinge la vita con un braccio e ci avviciniamo a quel ponte deserto. Si sente il rumore dell’acqua che scorre ininterrotta come a comporre una strana melodia.
“Sono anche fortunato, non ci sono testimoni nei paraggi” ammette spensierato.
“Non sei divertente” aggiungo rabbrividendo.
Percorriamo qualche altro metro e all’improvviso il frusciare forte del vento ci investe, sovrastando il suono dello scorrere dell’acqua. Mi stringo ancora di più a Danny, ma una volta che abbiamo raggiunto il centro del ponte, interrompe ogni contatto tra noi; si avvicina al parapetto metallico e mi invita a seguirlo. Che cos’ha in mente?
Assecondo le sue istruzioni e in un attimo il vento mi arriva dritto in faccia come uno schiaffo inaspettato e violento.
“Chiudi gli occhi” mi dice Danny all’orecchio. “E lasciati trasportare dalla corrente”  aggiunge sorridendomi.
È una sensazione fantastica quella che si prova dopo che il volto si è completamente ghiacciato. Non riesci a muovere un muscolo facciale, ma sembra che il flusso dell’acqua e del vento portino via ogni cosa che ti affolla la mente, anche la più piccola e insignificante. In quel momento ci sei solo tu, che ti concentri sul suono del tuo respiro sovrastato dal caos che hai intorno; tutto scompare in un secondo, non c’è più Londra, non c’è più nessuna sfida, nessuna preoccupazione, non c’è più una scelta da fare, qualcosa da conquistare e non ti ricordi neanche più che è il 6 febbraio, è buio e sei nel bel mezzo di un ponte a congelarti.
“Apri gli occhi” mi incoraggia l’irlandese.
È come se mi fossi appena svegliata da uno stato di trance. Pian piano i miei occhi mettono a fuoco l’acqua che scorre scura sotto di noi, il cielo notturno e le luci del ponte che illuminano il volto della persona che non vorrei mi lasciasse mai.
“Vengo spesso qui a riflettere. Mi aiuta a svuotare la mente e a sentirmi in pace con me stesso” afferma appoggiandosi al parapetto.
“È per questo che mi hai portata qui?” chiedo avvicinandomi a lui.
“Sì. E spero che abbia avuto lo stesso effetto su di te” ammette avvicinandosi ancora di più, per poi stringermi in un abbraccio. “Ora però andiamocene. Non vorrei ti trasformassi in una statua di ghiaccio” dice sorridente prima di percorrere a ritroso il percorso che ci ha condotto fin lì, al centro del Tamigi nel cuore dell’oscurità.
 
Nonostante un flebile sole riempie il cielo londinese, stamattina ho più freddo del solito. Anche se a detta della mia coinquilina quest’inverno è meno freddo del precedente, io mi congelo ogni qual volta metto un piede fuori casa. Non è possibile che ancora non mi abitui a questo clima o forse è tutto merito del vento di ieri sera.
Quella sarebbe stata un’occasione per fetta per baciare Danny, ma non ho lasciato che accadesse. Ho assaporato ogni momento trascorso con lui, consapevole dell’attrazione che proviamo l’una per l’altro, dove ogni sguardo ha un significato ben preciso e ogni parola è detta per raggiungere un determinato scopo.
Lo ammetto, adoro essere corteggiata. A quale donna non piace essere al centro dell’attenzione di qualcuno? Nessuna, quindi non vedo perché io dovrei essere un’eccezione.
Dopo aver mangiato un muffin coi fiocchi, mi reco in caffetteria, dove questa volta Marisol non mi riserva il solito abbraccio mattutino.
“Sei nervosa stamattina?” le chiedo dopo che si è svincolata dalla mia stretta.
“Non vi siete baciati” mi rimprovera la spagnola mentre accende il registratore di cassa.
“E chi te l’ha detto?”.
“Si vede lontano un miglio. Se fosse accaduto, sprizzeresti allegria da ogni poro e non staresti ferma un secondo” continua imbronciata. “Avresti il mio tipico comportamento” conviene infine accennando un sorriso. “E invece no! La signorina fa la preziosa con Mister Incanto” mi accusa puntandomi il dito.
“Mister Incanto?” chiedo alzando le sopracciglia.
“Come vuoi che lo chiami? L’uomo più sexy del Mondo? Decidi tu, tanto qualunque cosa non gli renderebbe pienamente giustizia” ammette sbuffando.
Beh, in effetti ha ragione.
“E togliti quel sorrisetto dalla faccia” mi rimprovera.
“Sono un’idiota” annuncio ad alta voce, ripensando a tutte le occasioni che mi sono lasciata sfuggire.
“Finalmente l’hai ammesso” concorda Marisol dandomi qualche pacca sulla spalla, per poi abbracciarmi calorosamente.
“Sono un caso disperato” annuncio drammatica quando mi lascia e lei sorride assecondandomi. “Per caso Josh ti ha detto qualcosa?” chiedo cauta.
“Non sei un caso disperato, credo che per te non esista una cura a questo punto!” esclama sconcertata. “Pensi ancora a quello?” domanda contrariata.
“Quello è il tuo coinquilino” puntualizzo. “Sicuramente ti ha detto qualcosa”.
“Non mi ha detto niente, cioè non ne abbiamo più parlato dopo che gli ho detto che poteva anche risparmiare di mandarti delle rose” ammette pensierosa.
“Come scusa?”.
“Ieri sera quando sono rientrata a casa dopo la tua fuga romantica, Josh era lì ad aspettarmi. Mi conosci, dico sempre quello che penso e appena l’ho visto non ho potuto far altro che informarlo su cosa ne penso di quei fiori. Non può usarli per corromperti!” mi informa decisa.
“E cosa ti ha risposto?” chiedo curiosa della sua reazione.
“Niente! Non ha aperto bocca fino a stamattina quando...” ammette senza terminare la frase.
“Quando? Marisol parla” la incoraggio a continuare.
“Mi ha chiesto se avevi rivisto Danny dopo che avete parlato e gli ho risposto che ieri siete usciti insieme” dice preoccupata abbassando gradualmente la voce.
“Hai detto semplicemente la verità, non devi sentirti in colpa” la rassicuro avvicinandomi a lei.
“Lo so, ma credo di averlo spinto a chiederti un appuntamento”.
“Appuntamento? Ti ha detto quando?” domando timorosa della sua risposta.
“Non lo so” ammette nervosa. “Non vi lascerò soli, non può corromperti se sono con te” aggiunge infine e l’allegria che tanto la caratterizza torna a brillare nei suoi occhi. “Non mi interessa quando uscirete né dove ti porterà, ma io sarò lì a rompergli le uova nel paniere”.


 

~•~

Ciao bella gente! Come va?
Ecco a voi il ventunesimo capitolo :)
In questi giorni ho fatto due calcoli e
mi dispiace comunicarvelo, ma la storia è agli sgoccioli...
Non disperate però, perché ci saranno minimo
altri quattro/cinque capitoli ed una sorpresina finale :)
Ringrazio ancora tutte le persone che continuano a
leggere e a recensire, vi adoro tutte!
Cos’altro dirvi...
Ah, ovviamente se volete sapere qualsiasi cosa
(che riguardi la storia oppure no), chiedere pure,
sarò felice di rispondere ai vostri dubbi e/o curiosità :)
Alla prossima, baci

~ AnneC


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Capitolo 22
*** 'Cause I’m shouting your name all over town. ***


Capitolo 22

~•~

'Cause I’m shouting your name all over town.

Bene, la situazione si complica sempre di più. Cos’altro dovrei aspettarmi adesso?
Che Josh mi regali un anello e mi dichiari il suo amore eterno? Cavolo, spero proprio di no, altrimenti mi toccherebbe salire di corsa su un aereo e fuggire da questa città che si è davvero impegnata a complicarmi la vita. Non so più cosa aspettarmi e sono arrivata al punto di desiderare che Josh scompaia dalla circolazione, portando con sé tutto ciò che mi trattiene dal correre tra le braccia di Danny.
Tra l’altro, questo è il periodo perfetto per avere problemi di cuore. In ogni negozio ci sono cuori e frasi romantiche che trionfano sugli scaffali, nelle vetrine e persino sulle buste degli acquisti. Per non parlare dei fiori: le rose rosse sono ovunque!
Non sto dicendo che non sopporto San Valentino sia ben chiaro, ma il fatto che ormai mancano poco meno di cinque giorni a questa festa, fa riempire l’aria di romanticismo e gran parte della cittadinanza londinese sembra essere contagiata dall’amore. Tutti sono più sorridenti, più spensierati e mi sembra che corrano meno del solito.
Finora Josh non si è presentato in carne e ossa, né ha inviato fiori o messaggi di alcun genere. Cosa sta tramando? Sarà andato davvero a comprare un gioiello? Sicuramente sta organizzando qualcosa di grosso.
Basta, non devo andare in paranoia.
“Stamattina sei più silenziosa del solito” afferma Marisol quando usciamo dalla metro. “Che succede? Eppure dovresti essere felice, un’altra settimana sta finendo e tra poco arriverà...”.
“Stavo facendo il punto della situazione” la interrompo prima che nomini la festa degli innamorati.
“Quale situazione?” chiede perplessa.
“Questa” dico sospirando melodrammatica.
“E di cosa ti preoccupi? È venerdì e Josh non ti ha ancora invitata, se ne sarà dimenticato. No, non credo” ammette sbuffando a sua volta.
“Appunto. Sta architettando qualcosa” affermo, passando davanti all’entrata del pub, non riuscendo a trattenere un sorriso.
“Chi è in vantaggio?” chiede Marisol allegra. “Sì, chi sta vincendo la sfida?” aggiunge quando non riceve alcuna risposta.
“Secondo te?” domando sarcastica. Che domande! Qui si tratta di competere col destino.
“Aspetta fammi fare un calcolo” dice contando con le dita. “Mi sono imbrogliata” sbuffa dopo qualche minuto.
“Che stai facendo?” chiedo non capendo quale sia il suo intento.
“Sto calcolando i punti” ammette prima di estrarre dalla sua borsa un’agenda e una penna. “Allora iniziamo” mi invita mentre si appoggia alla vetrina della caffetteria.
“Entriamo, fa freddo qui fuori” puntualizzo. Perché dobbiamo stare al gelo se abbiamo a disposizione un locale chiuso? Proprio non lo capisco.
“Non piagnucolare sempre” mi rimprovera, tracciando una linea verticale su un foglio vuoto. “Spara” mi invita.
“Bene, se avessi un’arma a disposizione ti sparerei all’istante” ammetto divertita e ricevo come risposta un’occhiata truce. “Un punto a Josh per la guida di sopravvivenza ai weekend, un altro perché sa baciare” annuncio, arrossendo lievemente.
“Il secondo non vale” afferma convinta Marisol.
“E perché? Non posso fare un confronto quindi il punto va a lui”. La spagnola protesta ancora ed esita a segnare il secondo punto. “Chi mi assicura che Danny sappia baciare?” le chiedo.
“Hai detto davvero quello che ho sentito? Secondo te, non sa baciare? Mia cara tu sei pazza!” dice sconcertata e non ha tutti i torti, lo ammetto.
“Va bene, ma segna comunque il punto. Un altro punto per le rose” aggiungo e lei scuote la testa contrariata. “Due punti per il Below Zero e un altro per...” mi interrompo, non sapendo più cosa dire.
“Beh non lo so, questo è tutto. Passiamo a Danny” aggiungo infine. Marisol stranamente non commenta e segna tutto ciò che le dico.
“Da dove inizio? Un punto per l’incoraggiamento a restare qui”.
“Solo uno?” chiede contrariata la spagnola.
“Uno per avermi spiegato il motivo della sua fuga, ma meno un punto per essere scappato. Uno in più per il bigliettino che mi ha recapitato Paul, un altro per il Millennium Bridge ed ancora un altro per aver corso con me sotto la pioggia. Due punti per la canzone” elenco pensierosa.
“Non diecimila?” domanda sorridendo. “E uno per averti ceduto il taxi, non ce lo dimentichiamo” aggiunge.
“Se poi vogliamo assegnargli ogni punto per ogni sguardo e per ogni sorriso che mi ha rivolto, direi che siamo a un milione per lui” mi interrompo per controllare il punteggio sul foglio. “E Josh è a cinque” affermo, non riuscendo a soffocare una risata.
“E ti preoccupi ancora di questa situazione?” domanda divertita mentre finalmente entriamo in caffetteria.
“Però non sono stata giusta. Ho passato bei momenti anche con Josh e non li ho aggiunti al punteggio” ammetto prima di entrare nello spogliatoio.
“Senza dubbio, ma non possono competere con quelli che hai trascorso con Danny” conclude Marisol, assecondando ciò che pensavo.
 
“Avete calcolato i punti?” chiede Rose sgranando gli occhi. “Senza di me?” aggiunge con degli occhioni da cucciolo.
“È tutto scritto qui” la informa Marisol porgendole l’agenda.
La mia coinquilina scruta attentamente il foglio e un sorriso a trentadue denti compare sul suo volto.
“Hai dimenticato qualcosa” afferma gongolante, alzandosi dal divano.
Credo di averci messo tutto...
“Il servizio fotografico. Come ho fatto a dimenticarmene?”.
“Tanto non fa differenza. Danny ha stravinto in ogni caso” commenta Marisol continuando a fare zapping. “Solo che la signorina non si decide. Credevo che fare questo calcolo la aiutasse a capire, ma visto che passerà un altro fine settimana con noi, credo che non ha capito un bel niente”.
“Serve un’altra lista qui” afferma tra sé la mia coinquilina, rifugiandosi in camera sua. Ne riemerge poco dopo col portatile tra le mani.
“Quale lista?” chiede Marisol curiosa.
“Quella dei pregi e dei difetti” le risponde fiera Rose.
“Non ci avevo pensato” afferma la spagnola sedendosi accanto a me. “Da chi cominciamo?”.
“Da Josh, visto che è in svantaggio” conviene l’inglese.
Due paia di occhi mi fissano in attesa di una risposta. Perché vogliono fare un’altra lista? Tutte e tre sappiamo che Josh rimarrà in svantaggio, non ha alcun senso fare questo giochetto.
“Partiamo dai pregi” mi incoraggiano.
“Non posso farlo. Ogni cosa perde significato se la relaziono a Danny” osservo perplessa.
“Abbiamo ottenuto ciò che speravamo” esulta Marisol battendo le mani.
“Perfetto. Ora cosa intendi fare?” domanda diretta la mia coinquilina.
“Niente. Approfitterò dell’appuntamento con Josh per fargli capire una volta per tutte che non provo niente per lui” affermo senza esitare.
“E perché aspetti che ti chieda di uscire? Non hai già perso troppo tempo?” mi chiede Rose.
“Concediamole i suoi spazi” dice la spagnola. “È già un miracolo che sia giunta a questa conclusione” aggiunge dandomi una pacca sulla spalla. “Posso rivedere le foto che hai scattato ai due piccioncini?” chiede infine con gli occhi luccicanti.
“Fate quello che volte” rispondo sotto i loro sguardi increduli. “Vado in cucina a preparare qualcosa da mangiare” le informo, sottraendomi alla vista di quegli scatti che mettono in evidenza ciò che provo per la persona che mi ha rubato il cuore.
 
“Cosa stai cuocendo?” mi chiede perplessa Rose alzando il coperchio della pentola blu che borbotta sul fornello acceso.
“Ci stai davvero preparando un piatto di spaghetti?” domanda Marisol, sventolando una scatola di pasta a mezz’aria.
“Ecco dov’era!” esclamo dopo aver cercato la confezione in ogni dove.
“Non mi hai mai preparato un piatto di pasta da quando sei qui” ammette la mia coinquilina pensierosa.
“C’è sempre una prima volta” commento sorridente.
“Non è che c’è qualcosa sotto?” domanda la spagnola sospettosa.
“Perché? Posso cucinare un piatto italiano oppure verrò rinchiusa nella Torre di Londra per averlo fatto?” chiedo sarcastica.
“Mi mancava il tuo senso dell’umorismo” afferma Marisol sorridente.
Il mio cellulare emette uno squillo. Chi mi ha mandato un messaggio? Rose lo afferra al volo, ma quando fissa lo schermo, il suo sorriso si spegne. Nonostante le chieda ripetutamente da parte di chi sia, non ricevo alcuna risposta. Mi sporgo per controllare da sola, ma quando riesco ad individuare i caratteri sul display, rischio quasi di scottarmi con l’acqua bollente.
“Si può sapere cosa c’è scritto?” chiede la spagnola spazientita.
“È Josh. Ha chiesto ad Anna di uscire domenica” la informa la mia coinquilina, assicurandosi che non mi sia scottata.
“Perché domenica e non domani?” domanda sospettosa.
“E chi lo sa. Forse sospetta che sia impegnata ad uscire col suo rivale e quindi avrà pensato di darle un po’ di preavviso” osserva Rose. Dopotutto questo ragionamento non fa una piega.
“Bene, riuscirai a chiudere questa storia prima della festa degli innamorati!” esclama Marisol saltando dalla gioia.
D’un tratto non sono così determinata ad uscire con Josh, neanche per chiudere definitivamente questa faccenda.
 
Uno squillo di cellulare mi fa svegliare all’istante.
Che ore sono? L’ho sognato oppure sta squillando davvero? Ascolto lo strano silenzio che è calato nella mia stanza, in attesa del prossimo squillo. Controllo che non sia il mio e l’orologio sul display segna le tre e un quarto. Mi alzo e mi avvicino alla porta della camera di Rose per controllare se sia il suo cellulare, ma tutto tace. Marisol dorme indisturbata sul divano e non so neanche dove sia il suo telefono. L’avrò sognato sicuramente.
Sto tornando a letto quando il suono del citofono mi fa sobbalzare. Era reale allora quel rumore. Ma chi viene a bussare qui, nel cuore della notte? Un altro squillo e respiro profondamente prima di verificare chi sia. Nessuna risposta.
Comincio ad aver paura adesso, sono impazzita per caso? Bussano di nuovo, questa volta più forte di prima, ma non sento alcuna voce dall’altro lato. Marisol mugugna qualcosa per poi girarsi su un fianco.
Un urlo squarcia il silenzio. Qualcuno sta urlando oltre il portone, ma non riesco a distinguerne le parole. Il rumore continua, fin quando non realizzo che quell’individuo sta chiamando qualcuno: un nome, un nome di una ragazza. Il mio.
Mi precipito per le scale in pigiama, incurante della temperatura ancora più rigida che ci sarà fuori ad aspettarmi. Oltre il portone trovo Josh che ripete insistentemente il mio nome, visibilmente stanco e con una bottiglia di birra in mano. Non so se mi abbia riconosciuta, ma si lascia condurre all’interno del palazzo senza protestare. Si appoggia pesantemente a me e in un secondo l’odore forte dell’alcol invade l’aria. Riesco a malapena a trascinarlo su per le scale e nel frattempo provo a chiedergli quanto abbia bevuto, ma visto lo stato in cui è, credo che abbia oltrepassato abbondantemente il suo limite di tolleranza all’alcol. Lo faccio accomodare in cucina e cerco di sottrargli la bottiglia.
“È l’unica cosa che mi è rimasta” afferma con tono triste, provando a riprendersela. Sfuggo alla sua stretta e rovescio il liquido ambrato nel lavandino. “Prima il mio cuore, poi Sun ed ora la birra. Mi hai portato via tutto adesso” commenta abbassando lo sguardo.
“Josh sei ubriaco” convengo, prima di informarlo che dormirà qui, dopo aver fatto una doccia fredda.
“E tu verrai con me?” chiede con un ghigno malizioso sul volto.
Lo ignoro, anche se mi sta venendo voglia di lasciarlo lì e di tornare a letto.
“Perché non mi parli? Sono venuto qui per te” dice opponendosi al mio tentativo di farlo alzare dalla sedia.
“Non abbiamo niente da dirci e poi domani non ricorderesti niente lo stesso” ammetto sincera, ma lui mi contraddice.
“Perché mi tratti così?”.
“Josh, è tardi. Sei ubriaco e io sono stanca. Non mi va di perdere tempo adesso” sbuffo, provando a farlo alzare di nuovo.
“Perché sei sempre seccata quando parliamo?” chiede insistente.
“Smetti di fare domande. Hai detto che volevi parlare, non farmi un interrogatorio”. Bene, ora lo invoglio anche a parlare, sto perdendo il senno della ragione.
“Non mi meritavo questo” ammette Josh, alzandosi da solo.
Ora ha smesso con le domande e comincia a farmi sentire in colpa. E quale sarà il prossimo passo, mi caccerà da casa mia?
“Non mi hai risposto” aggiunge fissandomi negli occhi.
Esco dalla cucina e lo invito a seguirmi. Segue ogni mio movimento, ma ripete costantemente che non l’ho risposto.
“Non hai risposto al messaggio” mi accusa, alzando la voce e Marisol mugugna qualcosa a causa del rumore. Ha ragione, non ho risposto al suo invito. Sì, ma non può piombare qui, ubriaco a rinfacciarmi di non avergli comunicato la mia risposta.
“Abbassa la voce” lo invito. “Sì, esco con te domenica” taglio corto, controllando se la spagnola stia ancora dormendo. Josh sorride e mi stringe in un abbraccio inaspettato.
“Davvero?” chiede incredulo, appoggiando il mento sulla mia spalla.
“Certo, ma ora andiamo a dormire” lo rassicuro, mentre l’odore della birra mi invade le narici.
“Non so se è perché sono ubriaco, ma credo di amarti”.
Come? L’ha detto davvero oppure l’ho immaginato?
In un secondo Marisol si è alzata dal divano, invita Josh a sciogliere l’abbraccio e mi informa che dormirà in camera mia con lui. La lascio fare, si prenderà cura dell’inglese al posto mio, io non sono in grado di farlo adesso.
Perché ho la sensazione che il Mondo mi sia crollato addosso?
 
 


 

 

~•~

Voilà! Ecco a voi un nuovo capitolo!
Pensavate che la nostra protagonista
fosse ormai giunta a capo di tutti i suoi problemi
ed invece, vi sbagliate di grosso:
ecco che Josh viene a “bussare” alle porte del suo cuore.
Sono cattiva, lo so ù.ù
Come reagirà la nostra Anna?
Sapete come farmi sapere il vostro parere ;)
Grazie ancora a tutte per il vostro supporto, vi adoro!
Alla prossima! Un bacio.

~ AnneC

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Capitolo 23
*** Neither one of us is getting out of here alive. ***


Capitolo 23

~•~

Neither one of us is getting out of here alive.


Quando mi sono svegliata stamattina non c’era traccia di Josh. Appena ho aperto gli occhi, ammetto che ho pensato di aver sognato tutto, ma quando ho realizzato di aver trascorso quello che restava della notte sul divano, non ho potuto più negare l’evidenza.
Josh è piombato qui, dopo aver bevuto come una spugna, a dirmi che crede di amarmi.
Mi trascino a fatica in cucina, a reclamare una tazza di quella specie di bevanda preparata con una tazzina regolare di espresso diluita in mezzo litro d’acqua. Non la chiamerò mai caffè, sia ben chiaro. Marisol e Rose dormono ancora e nell’appartamento regna un silenzio surreale che mi fa gelare il sangue nelle vene. Basta un secondo per sentirmi di nuovo come quasi un mese fa. Come si ci può sentire soli in quella che ormai è diventata la tua casa? Non lo so, ma è bastata una semplice frase a scombussolare l’equilibrio.
Ho bisogno di un po’ d’aria fresca e non mi importa se fuori ci sarà ad aspettarmi un leggero strato di brina sui marciapiedi. Lascio la mia mente vagare, così come lascio i miei passi susseguirsi senza una meta precisa. Il tragitto tra il mio appartamento e la metro non ha più segreti ormai, so perfettamente che ventiquattro gradini mi separano dal binario e che una volta lì ci sarà una voce femminile a ricordare ai passeggeri di far attenzione al vuoto che si crea tra il treno e la piattaforma. Ogni movimento è diventato meccanico, come se lo ripetessi da tempo immemore, facendomi sentire parte di questa immensa e frenetica città. E così mi lascio trasportare dal flusso di persone che si riversa per le strade e assapora ogni particolare che Londra ha da offrire.
 
Respiro profondamente e riapro gli occhi. Il Tamigi scorre rumorosamente sotto il ponte e  la cupola di St. Paul si scaglia maestosamente contro il cielo grigiastro. Mi serviva un po’ di tempo per riflettere, per capire una volta per tutte cosa voglio davvero, senza che nessuno mi condizioni o cerchi di corrompermi. E dove mi ha portato il mio inconscio? Sul Millennium Bridge.  
È davvero un luogo perfetto per pensare, anche se devo ammettere che di notte il ponte diventa quasi un posto magico. D’accordo, forse questa metamorfosi è semplicemente dovuta alla presenza di qualcun altro accanto a me, ma non posso negare che trovarsi lì, col vento che ti scompiglia i capelli e l’acqua che scorre rumorosamente, mi fa sentire in pace con me stessa.
Sono arrivata ad una conclusione, finalmente. Josh è un abile giocatore e non si arrenderà fin quando non avrà giocato tutte le sue carte. Sì, è vero gli ubriachi dicono la verità, ma se fosse solo un tentativo per farmi cadere definitivamente tra le sue braccia?
E poi, che significa che crede di amarmi? Una persona si ama o no, non esiste una via di mezzo, oppure mi sbaglio? In ogni caso, io non provo la stessa cosa per lui. Andrò lo stesso all’appuntamento, ma solo per mettere in chiaro una volta per tutte che non abbiamo un futuro come coppia. Abbiamo avuto la nostra occasione, ma non è colpa mia se provo qualcosa di più forte per un’altra persona, che ha affollato la mia mente ed il mio cuore e non dà segno di abbandonarli.
 
Da quando abbiamo cominciato il nostro turno alla caffetteria, Marisol non fa altro che chiedermi se sto bene. Non so più in che lingua dirle che va tutto a gonfie vele, ma lei sembra non credermi. È preoccupata per me, e dato che non l’ho messa al corrente della mia decisione, non ha tutti i torti se stia pensando che le parole dell’inglese mi abbiano fatto vacillare, di nuovo. Questa volta non è così.
“Uscirai con Josh domani?” mi chiede diretta, dopo essersi assicurata che io stia davvero bene.
“E tu verrai con me, me l’hai promesso” le rispondo annuendo.
“E dovrei assistere a come Josh ti trascini pian piano via da Danny?” domanda sistemando alcuni fogli sul bancone.
“Non mi trascinerà da nessuna parte. Sono determinata a non lasciarmi abbindolare” affermo decisa.
“E se ti dice di nuovo che ti ama?” domanda e conoscendola, credo che si sia pentita di averlo detto.
“Non può costringermi a provare lo stesso per lui. Mi dispiace, ma il sentimento non è ricambiato” ammetto seria, facendo strabuzzare gli occhi alla spagnola.
“Cosa?  Quelle parole non hanno fatto breccia nel tuo cuore?” chiede sconvolta.
“Non proprio. Ammetto che mi hanno spiazzata, facendomi vacillare”.
“Lo sapevo!” esclama Marisol puntandomi il dito contro.
“Ma stamattina ho riflettuto a lungo su tutta questa situazione e alla fine ho deciso. Sono stufa di essere un premio, il gioco adesso lo conduco io e ti comunico che abbiamo un vincitore” dichiaro non riuscendo a trattenere un sorriso.
“Non c’era già ieri un vincitore?” domanda la mia amica, smontando per un istante il mio entusiasmo. “Sì, sei tu che comandi. Come vuole lei, Altezza Reale” afferma facendo un inchino.
“Esigo rispetto per le mie dichiarazioni” la rimprovero con fare altezzoso.
“Cosa vuole fare stasera Sua Maestà?”.
“Voglio dormire su una nuvola. Il mio nobile corpo è a pezzi” dichiaro massaggiandomi un punto dolente.
“Ecco cosa si guadagna ad essere alti e a dormire su un divano troppo piccolo” conviene Marisol divertita.
 
“Quindi a che ora passa a prenderci?” chiede Rose per l’ennesima volta.
“Alle otto” le rispondo. “Marisol, ma tu non hai una casa? Perché ti ostini ad occupare la nostra?” chiedo, bussando ripetutamente alla porta del bagno.
“Ecco, ho fatto” si difende uscendo dalla stanza accompagnata da una nuvola di vapore.
“Davvero, perché occupi abusivamente il nostro bagno?” le domando mentre Rose si fionda sotto la doccia, rubandomi il posto. “Scusate, ma quella che ha un appuntamento sono io” affermo esasperata.
“Un appuntamento di rottura” mi corregge Marisol senza staccare gli occhi dal suo cellulare.
“A chi mandi messaggi continuamente?”chiedo incuriosita.
“A Leslie” ammette titubante.
“E cosa vuole?” domando sospettosa. Sicuramente non sta parlando con la nostra collega.
“Voleva che le dessi il cambio domani” ammette prima di chiudersi in camera mia.
“Sol, domani Leslie ha il giorno libero. Non inventarti scuse se ti stai sentendo con qualcuno”. Ricevo una risata come risposta. Cupido sta facendo bene il suo lavoro.     
Dopo mezz’ora riesco ad entrare in quella stanza in cui c’è un caldo micidiale. Mi sembra di essere ai tropici, se non fosse per il vapore che assomiglia alla nebbia. Gradirei volentieri un cocktail, prima di immergermi nelle acque cristalline di un paradiso terrestre.
“Srigati, è tardi!” mi urla Rose oltre la porta.
Loro sequestrano la doccia e io sono quella che fa tardi? Cos’ho fatto di male per avere due amiche così?
“Ma Josh si è scusato per essere piombato qui ubriaco?” chiede la mia coinquilina non appena entro in camera mia, dopo aver fatto la seconda doccia più breve del Mondo.
“No, non l’ho più visto da allora. Marisol, sa che ci sarete anche voi stasera?”.
“Sì, anzi a dire il vero mi ha chiesto anche lui di venire” ammette pensierosa.
“E non ti ha detto perché?” domanda Rose, riempiendo una mia borsa con le sue cose. “Me la presti, vero?”.
Già sa la risposta, è inutile chiederlo. Ma perché Josh ha invitato anche loro? Sta tramando qualcosa, ne sono certa.
Un sorriso splendente mi attende oltre il portone. Con i suoi riccioli biondi ed i suoi occhi verde brillante, Josh mi accoglie a braccia aperte e non appena ha la possibilità, si scusa per il suo comportamento di venerdì notte. Ha esagerato con l’alcol e nonostante i suoi amici l’avessero accompagnato a casa, dopo un po’ aveva avuto la brillante idea di venire da me. È imbarazzato, simbolo che si è pentito davvero di averlo fatto.
“Da quanto hai questa macchina?” chiede sbalordita Marisol.
“Ti avevo detto che ne avrei comprata un’altra ed eccola” ammette, togliendo l’antifurto all’auto nera parcheggiata dietro di lui.
“Me la lascerai guidare?” chiede la sua coinquilina entusiasta.
“Non credo proprio” le annuncia scompigliandole i capelli, che lei risistema all’istante.
Uno strano imbarazzo aleggia nell’abitacolo, Josh tamburella le dita sul volante, Marisol continua ad inviare messaggi e Rose se ne sta in silenzio guardando fuori dal finestrino.
Ancora non riesco a capire per quale motivo Josh non si è opposto alla compagnia delle due ragazze. Che fine ha fatto la terza regola?
Questa sera abbiamo ben due terzi incomodi. Dopotutto non dovrei preoccuparmene, sono qui per chiudere definitivamente questa storia.    
Ma, se sa che questa è l’ultima occasione che ha prima della festa degli innamorati, perché mi sta portando allo Ye Olde Cheshire Cheese? Non è il luogo giusto per un appuntamento romantico.  
“È qui che tutto ha avuto inizio” mi sussurra Josh mentre entriamo nel pub.
È vero, è qui che lui ci ha provato con me la prima volta ed io l’ho lasciato fare.
“Ogni volta che ti vedo, sei sempre più bella” dice, quando prendiamo posto allo stesso tavolo alla quale ci siamo accomodati quell’ormai lontano primo venerdì londinese.
“Anche se sono in pigiama, alle tre passate, svegliata da qualcuno che bussa insistentemente?” chiedo non riuscendo a trattenere un sorriso.
“Soprattutto in quel momento. Che poi che ci facevi in pigiama in strada?” domanda divertito.
“Chiedilo a quel pazzo che è venuto ad urlare sotto casa mia. Ti avrei ammazzato volentieri in  quel momento” ammetto dandogli una pacca sulla spalla.
“Sono davvero mortificato, non avevo il controllo di me stesso. Mi dispiace anche per quello che ti ho detto” si scusa abbassando lo sguardo sul tavolo di legno scuro.
“Volevo parlarti proprio di questo”.
“Insomma, è quello che penso, però non posso obbligarti a stare con me” afferma guardandomi intensamente negli occhi.
Non riesco ad aprire bocca. Ho promesso a me stessa che non mi sarei lasciata spiazzare da Josh ed invece ecco che ci riesce, di nuovo.
“Non posso costringerti, finirei solo col farmi odiare da te e non voglio che questo accada” aggiunge, accarezzandomi la mano.
“Non voglio odiarti, ma non ti amo, mi dispiace Josh. Lo so, è brutto sentirselo dire, ma per me sei un amico” ammetto e lui accenna un sorriso. “Non fraintendermi, sono stata davvero bene con te, però non posso mentire a me stessa”.
Josh beve un lungo sorso di birra, senza staccare i suoi occhi dai miei.
“Mi dispiace e se vuoi che scompaia dalla tua vita, ti capisco” aggiungo, bevendo anch’io un po’ di alcol.
“Non succederà, tranquilla. È per questo che ho voluto che ci fossero anche loro stasera” afferma fissando le nostre due amiche, che finora avevano ascoltato in silenzio le nostre parole. “Prima di tutta questa storia, eravamo semplicemente quattro amici”.
“Non proprio” interviene Marisol. “Ci hai provato con lei dalla prima volta che l’hai vista” lo rimprovera.
“D’accordo, ma dato che non si può avere tutto dalla vita, ci accontentiamo di quello che abbiamo. Anche di una coinquilina che mi ha abbandonato per accamparsi altrove” dichiara sorridente.
“Ecco un altro che si lamenta” afferma sbuffando la spagnola. “Ora che fate parte della stessa squadra, dovete proprio allearmi contro di me?” chiede sarcastica infine.
Ed eccoci: una spagnola che nessuno difende, una fotografa che sabota la propria coinquilina trascinandola davanti ad un obiettivo, un inglese, che prova qualcosa per me, mi sta seduto accanto nonostante io abbia scelto qualcun altro. Siamo quattro amici in un pub la domenica sera, a chiacchierare e a bere birra ed ho la sensazione che nulla possa più distruggere questo nuovo equilibrio.
“Perché hai accettato di uscire con me?” mi domanda Josh d’un tratto.
“Non avevo nessun motivo per rifiutare e poi dovevo chiarire questa situazione” ammetto sincera. “Devo ammettere che mi hai facilitato il lavoro. Pensavo che non avresti accettato la mia decisione”.
“E invece ti ho sorpreso” aggiunge, come se leggesse i miei pensieri. “Ora che la situazione si è chiarita e Danny può dedicarti tutte le canzoni che vuole...”.
“Sei sempre il solito” affermo senza riuscire a trattenere un sorriso.
“Posso chiederti un favore?” chiede ignorandomi completamente. Annuisco, non sapendo cosa aspettarmi.
“Potreste evitare di baciarvi in mia presenza? Potrei non rispondere delle mie azioni e tirargli un pugno” dichiara beffardo. “Sai, avrei dovuto dargliene uno quella sera in quel pub”.
“Ma smettila. Il signor razionalità che si lascia guidare dalla rabbia?” chiedo divertita.
“Sì, non è uno spettacolo piacevole” afferma pensieroso.
“D’accordo, eviterò di baciarlo quando ci sei tu” lo rassicuro.
“E un’altra cosa, posso venire a bussare alla tua porta la prossima volta che sarò ubriaco?” domanda, scoppiando in una risata.
“Vieni pure, ma non ti assicuro che verrò ad aprirti”.
 
“Ha conosciuto qualcuno di interessante ultimamente?” mi sussurra Josh, dopo che il cellulare di Marisol emette un suono.
“Nessuna nuova conoscenza, ma forse è qualcuno che conosce già” ammetto a voce bassa, cercando di non farmi sentire dalla spagnola.
“Manda messaggi in continuazione” osserva il ragazzo.
“Quando le ho chiesto chi fosse, mi ha mentito” lo informo, provando ad immaginare chi possa essere l’autore di così tanti messaggi in una sola serata.
“Sun, hai un nuovo ammiratore?” le chiede Josh diretto.
“No, è Leslie. Aveva bisogno di un consiglio, ma ora è tutto a posto” ci rassicura, riponendo il cellulare nella sua borsa. Possibile che sia davvero la nostra collega?
“Andiamo? Si è fatto tardi” interviene Rose, infilandosi il cappotto.
Nonostante sia mezzanotte passata, il locale è ancora pieno e non è una bella sensazione passare tra un folto gruppo di persone e ricevere gomitate e spintoni su tutti i fronti. Ho anche rischiato che una ragazza mi rovesciasse il contenuto del suo bicchiere addosso. Intravedo la porta e mi faccio strada in quella direzione, sperando di uscire di lì al più presto. Quando sono vicino all’entrata, manca davvero poco che un nuovo gruppo di clienti mi sbatta la porta in faccia. Sono stufa di questi inglesi che bevono come se non ci fosse un domani. Mi correggo, irlandesi.
“Guarda un po’ chi c’è” afferma Mark stringendomi improvvisamente in un abbraccio, impedendomi di vedere se c’è qualcun altro di mia conoscenza con lui. Quando mi lascia, realizzo che non c’è traccia di Danny.
“Dove avete lasciato O’Donoghue?” chiedo, non vedendolo con loro.
“Non lo sai che è in Irlanda?” mi domanda sorpreso Glen.
Se n’è andato senza dirmi niente. Perché non me l’ha detto?
 E se fosse scappato di nuovo?
No, è impossibile che abbia fatto una cosa del genere.
“Credo che tu abbia bisogno di una birra” osserva Mark prendendomi sotto braccio.
Josh, è ancora valida l’offerta per quel pugno?.


 

~•~

Ciao bella gente! Come va?
Ecco a voi il nuovo capitolo :)
Finalmente Josh si è “messo” da parte, lasciando
spazio ad Anna e i suoi sentimenti per il nostro
irlandese preferito, che però a quanto pare,
ha appena compiuto un passo falso...
Come mai Danny è scappato, di nuovo?
Lo scopriremo nel prossimo episodio capitolo.
Ringrazio ancora tutte le persone che continuano a
leggere e a recensire, vi adoro tutte!
Alla prossima, baci

~ AnneC


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Capitolo 24
*** 'Cause I got no business knowing where you're at. ***


Capitolo 24

~•~

'Cause I got no business knowing where you're at.


Riesco ad aprire a malapena gli occhi e a mettere a fuoco la stanza che mi circonda. Non è la mia, questo è sicuro. Dove diavolo sono?
Giusto, Marisol ha costretto me e Rose a dormire da lei, dato che l’incontro con i due irlandesi ci ha trattenuto al pub più a lungo del dovuto. La camera è buia e calpesto cauta il pavimento, nella speranza che non inciampi o che vada a sbattere contro qualcosa. Non riesco a trovare la mia borsa, in compenso però trovo la maniglia della porta. Un fascio di luce improvvisa mi fa strizzare gli occhi. È già mattina, non ci sono dubbi.
“Buongiorno splendore!” mi saluta Marisol prima di stringermi in un abbraccio.
“Mi sento una schifezza” ammetto, lasciandomi avvolgere dal suo calore.
“Vuoi che ti prepari qualcosa?” chiede premurosa.
“Voglio delle spiegazione e credo che tu non possa fornirmele” affermo sofferente, appoggiando la testa sulla penisola fredda.
“Sei sicura che non te l’abbia detto?” domanda cauta, sedendosi al mio fianco.
“Stai scherzando?”.
“D’accordo, ma un motivo ci sarà se non l’ha fatto” ammette, accarezzandomi i capelli.
“Dove sono Rose e Josh? Stanno ancora dormendo?” chiedo, non appena realizzo che l’appartamento è troppo silenzioso.
“Sono usciti un paio di ore fa” mi informa. “Sei sicura di non voler niente?”
“Puoi prepararmi un tè?” le domando alzandomi controvoglia.
Non riesco a terminare la frase che Marisol è già  all’opera con il bollitore. Non so come abbia fatto a sopravvivere senza di lei. Perlustro il salotto alla ricerca della mia borsa, che custodisce ancora il mio cellulare.
“Cerchi la borsa? È in bagno” mi dice, come se fosse a conoscenza di ogni mia singola azione.
Non ho chiamate perse, né messaggi. Danny è scomparso nel nulla, di nuovo.
Sorseggio lentamente il tè caldo che la mia amica mi ha preparato con tanta premura, seduta sulla mia poltrona preferita.
“Sembra che tu stia aspettando qualcosa” osserva Marisol accomodandosi sull’altra poltrona.
“Ho bisogni di riflettere” ammetto dopo qualche attimo di esitazione. “Com’è possibile che ogni volta che prendo una decisione accade qualcosa che mette tutto in discussione?” chiedo più a me stessa che alla spagnola. “Voglio una risposta e c’è un unico modo per ottenerla” concludo seria.
“Vuoi andare in Irlanda?” domanda la mia amica sgranando gli occhi.
“No. Lo chiamo e se non mi risponde, non gli darò pace finché non si deciderà a parlarmi” affermo estraendo il cellulare dalla tasca.
Marisol sospira sollevata. Come le è venuta in mente una cosa del genere? Come farei ad andare fin lì se non c’è un giorno in cui non lavoro?
La linea è libera e ascolto ogni squillo che emette il cellulare. Nessuna risposta.
“Niente?” domanda la spagnola ed io scuoto la testa.
“E tu che dicevi che per il giorno di San Valentino tutto si sarebbe risolto” la canzono, prima di rifugiarmi sotto il getto caldo della doccia.
 
Ho richiamato Danny prima che cominciasse il mio turno alla caffetteria e l’esito è stato lo stesso. Si rifiuta di rispondermi. Che fine hanno fatto tutte le sue promesse? È stato lui a dirmi che voleva rendermi felice, che voleva recuperare il tempo perduto durante la sua fuga e che aveva sbagliato a lasciarmi sola. Ed ora come si comporta? Esattamente come la prima volta.
Sbuffo costantemente mentre preparo le ordinazioni, sforzandomi di sorridere ai clienti e a Marisol che mi controlla a vista d’occhio. Sono stufa di questa situazione. Che cavolo sta succedendo?
Se il destino si è dato così tanto da fare per far incrociare costantemente le nostre strade, perché adesso Danny manda tutto all’aria? Cosa gli è preso, dannazione!
“Forse sei tu che la fai tragica” afferma la spagnola in un attimo di pausa.
“Dici? Ma, non vedo un motivo per la quale non mi abbia potuto avvisare di questo suo viaggio” osservo, fissando il flusso di persone che scorre fuori dalla caffetteria.
“Avrà le sue ragioni” ammette pensierosa. “Magari sarà stato un viaggio breve ed è già tornato. Forse ti stai preoccupando per niente” afferma mentre risponde ad un messaggio che le è appena arrivato.
“E perché non me l’ha detto?” sbotto, ma l’attenzione della mia amica è stata completamente attirata dal display. “Lasciamo stare, non è giusto che ti assilli continuamente con i miei problemi. Ieri era Leslie, adesso chi è?” chiedo curiosa, convinta che neanche ieri sera fosse davvero la nostra collega.
“È Rose, mi ha chiesto come te la passi” mi informa, riponendo velocemente il cellulare nella tasca del grembiule.
“E come mai non l’ha mandato a me?” domando sospettosa. La sua scusa non regge.
“Perché le avresti mentito” afferma prima di scomparire oltre la porta del magazzino.
Mi sta nascondendo qualcosa, ne sono certa.
 
Lo squillo del cellulare riempie il silenzio che aleggia nell’appartamento. Rose non è ancora tornata ed io ne ho approfitto per riprovare a chiamare Danny. Mi siedo pesantemente sul divano nell’istante in cui un altro squillo termina. Sbuffo, perché non mi risponde?
Termino la chiamata e vado alla ricerca di qualcosa da fare in modo da avere la mente occupata e non pensare costantemente a lui.
Quando la mia coinquilina rientra a casa, lasciando una scia in mezz’appartamento con il sacchetto di  pollo fritto che ha tra le mani, ho già sistemato il contenuto di tre mobili della cucina.
“Non c’è niente di meglio di qualcosa di calorico per tirarti su di morale” esordisce Rose svuotando il contenuto del sacchetto in una ciotola azzurra.
“Perché sei convinta di una cosa del genere?” chiedo, non sicura pienamente dell’assurdità che ha appena detto.
“Assecondami una volta tanto e smettila di contraddirmi sempre” mi rimprovera, sventolando a mezz’aria una coscia di pollo dorata.
“Come vuoi. Passamene una” affermo, prendendo posto accanto a lei.
 
È martedì 13 febbraio. Domani è San Valentino e non ho avuto ancora alcuna risposta da Danny.
Cosa mi ha offerto la vita in questo primo mese della mia nuova avventura?
Una nuova casa, un lavoro che mi tiene impegnata ininterrottamente, due amiche che non mi lasciano un attimo di tregua e due persone che provano qualcosa per me, ma nel momento in cui ne ho allontanato uno, l’altro è scappato via senza una spiegazione.
Mentre percorro la strada che mi separa dalla metropolitana, i primi fiocchi di neve cominciano a scendere dal cielo. Bene, qualcuno lassù ha deciso di ricreare la stessa situazione climatica del mio arrivo nella terra di Sua Maestà. Osservo come quelle soffici palline toccano il suolo, posandosi  delicatamente su di esso e cominciano a formare un sottile strato bianco. Compongo per l’ennesima volta quel numero che ormai ho imparato a memoria. Ascolto sovrappensiero il rumore apatico dello squillo, aspettando di essere ignorata un’altra volta.
Inaspettatamente Danny risponde.
“Dove sei?” chiedo diretta, senza lasciargli via d’uscita.
“A Dublino” mi dice, abbassando lievemente la voce.
“E perché io non ne sapevo niente?” domando cercando di rimanere calma.
“Mi dispiace” si scusa senza aggiungere nient’altro.
“Tutto qui? Beh, non mi bastano le tue scuse. Sono rimasta senza parole quando i tuoi amici me l’hanno detto”.
“Immagino. Avrei dovuto informarti” ammette e lo sento sospirare pesantemente.
Sto perdendo la pazienza. Sembra che gli stia strappando con la forza le parole da bocca.
“Perché sei fuggito via? Mi avevi detto che non te ne saresti andato” dico con la voce leggermente incrinata.
“Sto cominciando seriamente a credere che tutto ciò che mi hai detto siano solo frasi fatte, menzogne da utilizzare per far cadere la malcapitata di turno tra le tue braccia”. Ho esagerato, lo ammetto, ma lui non reagisce: ascolta le mie accuse e il suono del suo respiro scandisce ritmicamente un silenzio che credo non abbia intenzione di interrompere.
“Mi hai illusa ed io sono caduta nella trappola che mi hai teso” mi fermo, nell’attesa che mi risponda qualcosa, qualsiasi cosa.
“Sei uno di quei musicisti egocentrici e pieni di sé. Sei proprio uno stronzo!”.
Le parole escono veloci e velenose dalle mie labbra, ma non provocano la reazione che mi aspettavo.
“Sei libera di pensare quello che vuoi” afferma con un tono completamente piatto, privo di ogni emozione.
Non resisto alla tentazioni di terminare immediatamente la chiamata e così pongo fine a quello che mi è sembrato più un monologo che una conversazione a due.
 
“Dove stiamo andando?” chiedo a Rose, cercando di abbassare la sciarpa che mi hanno legato intorno agli occhi. Marisol mi rimprovera, dandomi uno schiaffo sulle mani.
“Come ti abbiamo già ripetuto cinquanta volte, questa è una serata dedicata completamente a noi tre” afferma la mia coinquilina seccata.
“Mi avete già portata al cinema e poi al pub, ora sarei più propensa a tornare a casa e rifugiarmi sotto le coperte” ammetto contrariata. “E poi è tardi, che diavolo di ora è?” chiedo, consapevole di aver perso la cognizione del tempo.
“La notte è come noi” sentenzia solenne la spagnola dal sedile posteriore.
“Cioè?” domando sospettosa.
“Giovane!” esclama e anche se non posso vederla, sta sicuramente sorridendo.
“Non mi avete ancora spiegato da dove esce quest’auto. Non l’avete rubata, vero?” dico, mentre cerco vanamente di sbirciare attraverso la benda.
“È di Camille, non preoccuparti” mi rassicura Rose, dandomi una pacca sulla spalla.
“Si può sapere dove siamo dirette?” domando preoccupata, mentre il rumore tipico della città si affievolisce gradualmente. Ci stiamo allontanando da Londra.
“Rilassati e goditi il viaggio” mi suggerisce Marisol e sento la mia coinquilina armeggiare con i pulsanti dello stereo. Alcune note riempiono l’abitacolo caldo della macchina e sento un groppo formarsi in gola.
“Potreste almeno evitare di farmi ascoltare questa canzone” dico a fatica, cercando di reprimere le lacrime che cominciano a riempirmi gli occhi.
La spagnola richiama la mia coinquilina, costringendola a spegnere la radio.
“Voglio solo dimenticare questa storia” ammetto sospirando.
“Si sistemerà tutto, vedrai” mi consola Marisol nel preciso istante in cui il suo cellulare emette un suono.
“Quando ci farai conoscere il tuo ammiratore?” chiede Rose allegra.
“Non ho nessun ammiratore” si difende.
“Spero solo che tu sia più fortunata di me” affermo, cercando di individuare la sua mano per stringerla.
“Non credo che...”. Il suono sonoro di uno schiaffo interrompe la frase. “Mi hai fatto male!” si lamenta Marisol. Perché Rose le ha dato uno schiaffo?
Sbuffo, non ci sto capendo più niente. E perché mi hanno messo questa benda? Dove diavolo stiamo andando?
Mi appoggio allo schienale e provo a svuotare la mente, ma tutto è vano visto che nuove domande mi affollano i pensieri. Cosa starà facendo Danny in questo momento? Sarà già tra le braccia di qualcun'altra?
Scuoto la testa, nella speranza di scacciare quelle che ormai non sono più mie preoccupazioni.
Dopo un po’ Rose spegne il motore e nel momento in cui i due sportelli si aprono, una folata di aria gelida mi arriva dritta in faccia.
“Mi liberate adesso?” chiedo mentre Marisol mi indica i movimenti che devo compiere per scendere indenne dall’auto. C’è un freddo micidiale qui fuori e dovunque siamo, mi sembra di capire che ci siano pochissime persone qui intorno. Sento il suono dei nostri passi sull’asfalto, qualche macchina ci passa accanto e sento un rumore alquanto strano, come quello che fanno i carrelli della spesa. Possibile che mi abbiano portato in un supermercato?
“Potete togliermi almeno la benda? Mi sento ridicola” ammetto provando a convincere le mie rapitrici.
“Dovrai soffrire ancora un po’ e non sei ridicola, non preoccuparti” afferma la mia coinquilina stringendomi un braccio.
“Sentiamo, secondo te dove siamo?” domanda Marisol divertita.
“Fuori ad un supermercato”.
“Sei completamente fuori strada” mi dice Rose.
“E dove ne troviamo uno aperto se è quasi l’una?” chiede la spagnola contrariata.
Come scusa? È l’una? È tardissimo!
Dopo aver percorso qualche altro metro, le due ragazze mi informano che loro si allontaneranno e solo dopo aver ricevuto un loro segnale potrò togliermi la benda. Come farò a vedere il segnale se non ho più l’uso della vista?
D’accordo, ho due amiche pazze, non ho più dubbi.
In un istante cala il silenzio intorno a me. Non c’è più nessun respiro oltre il mio, né alcuna auto che passa nelle vicinanze. Sembra che il tempo si sia fermato definitivamente.
Un urlo risuona nella notte silenziosa. Credo sia questo il segno che aspettavo, ma forse è solo Rose che sta tentando di uccidere Marisol. Non riesco a trattenere un sorriso e realizzo che è giunto il momento di vedere con i miei occhi dove diavolo sia finita.
La prima cosa che noto quando riacquisto la vista sono i cumuli di neve che sono ai lati della strada e sì, sono ferma al centro esatto di un lembo d’asfalto.
Davanti a me, un enorme vetrata si mostra fiera in tutta la sua trasparenza, mostrando l’interno dell’edificio: è una sala d’aspetto e si intravedono un gruppo di persone sulle sedie, alcune delle quali avvolte in una calda coperta ed altre hanno i piedi appoggiati su delle valige.
Un momento, cosa ci faccio all’aeroporto all’una di notte di quello che è tecnicamente il 14 febbraio?      
Mi guardo intorno allarmata, alla ricerca delle mie due amiche e quando finalmente le individuo in lontananza, hanno già raggiunto l’auto di Camille e mi salutano sorridenti prima di entrare nell’abitacolo.
Perché mi lasciano qui fuori a congelare?


 

~•~

Buonasera care lettrici!
Come ve la passate? Ecco a voi un nuovo capitolo
appena sfornato (?) ed è ricco di sorprese.
Nonostante ci sia stato un “ confronto” tra Danny ed Anna,
non abbiamo scoperto un bel niente.
Cosa starà nascondendo il nostro irlandese?
E Marisol invece, chi le manda messaggi in continuazione?
E soprattutto, cosa succederà nel prossimo capitolo?
Sono curiosa di leggere le vostre supposizioni e i vostri commenti :)
Ancora una volta, grazie a tutte :*

Alla prossima! Un bacio.

~ AnneC

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Capitolo 25
*** They say bad things happen for a reason. ***


Capitolo 25

~•~

They say bad things happen for a reason.


Si gela qui fuori e decido di raggiungere le mie amiche. Devono anche spiegarmi per quale motivo mi hanno portata qui. Mi stingo la sciarpa che avevo come benda intorno al collo e cerco di riscaldarmi le mani sfregandole tra loro, ma sembra tutto inutile. Aumento il passo, cominciando già ad assaporare l’ambiente caldo dell’auto.
“Stai scappando?” chiede qualcuno alle mie spalle. A quelle parole mi fermo di colpo, ma il mio istinto mi dice di non voltarmi. Strano, non mi sembra di aver visto nessun altro all’esterno dell’edificio. Possibile che la mia mente cominci a giocarmi brutti scherzi?
Mi volto cauta, consapevole che probabilmente abbia immaginato quella voce che conosco alla perfezione. Un ragazzo, avvolto in un cappotto scuro, occupa il posto in cui mi avevano lasciato le mie amiche poco fa e  non appena incrocio il suo sguardo, un’espressione sorridente si fa largo sul suo volto. Mi avvio lentamente verso di lui, osservando le simpatiche nuvolette che mi escono dalla bocca a causa dell’aria gelida e metto le mani nelle tasche, sperando che riesca a tenerle sufficientemente al riparo dal freddo.
Danny mi osserva silenzioso e segue ogni mio movimento col sorriso stampato sulle labbra. In questo momento non so se essere felice del fatto che sia qui oppure dovrei voltargli le spalle e farlo uscire una volta per tutte dalla mia vita. Ma con l’aumentare del  ritmo dei miei passi mi rendo conto che, nonostante gli ultimi avvenimenti, ciò che provavo per lui non è cambiato minimamente.
Quando ormai pochi metri ci separano, noto che ha in mano delle rose rosse.
Vuole farsi perdonare.
Crede che sia tutto così semplice e che si risolva con un omaggio floreale? Si sbaglia di grosso.
“Non sono io quella che scappa” affermo fermandomi di fronte a lui, lasciando una porzione di spazio che mi permetta di tenere a bada la parte di me che vorrebbe solamente rifugiarsi tra le sue braccia.
“Neanch’io l’ho fatto” ammette, porgendomi quei fiori.
“E allora cosa ci facevi a Dublino?” chiedo dopo aver accettato quelle rose, che non alleggeriranno di certo la sua colpa.
“Sono sempre stato a Londra” dice serio, accarezzandomi un braccio.
“Non mentirmi” lo rimprovero allontanando la sua mano, nonostante il suo tocco mi regalasse una piacevole sensazione di calore.
“Sì, ti ho mentito. Non sono andato in Irlanda” continua, accorciando la distanza di sicurezza che avevo lasciato tra noi, mandando all’aria la mia strategia di difesa.
“Ma Glen e Mark…” lascio la frase in sospeso, incredula a ciò che mi sta dicendo. Perché avrebbero dovuto mentirmi?
Qual è la verità, adesso?
“Sono stati miei complici, però la parte più difficile l’ha fatta Marisol. È stata lei ad informarmi di ogni tuo singolo spostamento” annuncia guardando in direzione dell’auto di Camille. “Sono io che l’ho assillata con tutti quei messaggi” continua non riuscendo a trattenere un sorriso divertito.
“Perché hai fatto tutto questo?” chiedo titubante, ripensando ai mille dubbi che hanno occupato i miei pensieri fino a poco fa.
“Perché volevo sentirmi dire che appartengo alla categoria degli egocentrici e stronzi” ammette ridendo di gusto.
“No, ti ho detto che sei uno di quei musicisti egocentrici e pieni di sé. Essere stronzi è una categoria a parte” lo correggo. “Devo dire che però ti sei proprio impegnato per guadagnarti questa nuova qualità” ammetto non riuscendo a trattenere un sorriso.
“Sapevo che qualcuno me l’avrebbe detto prima o poi” afferma alzando le spalle. “E onestamente, sono orgoglioso che me l’abbia attribuita proprio tu questa caratteristica” aggiunge accarezzandomi dolcemente il viso.
“Davvero, qual è la vera ragione di questa messa in scena?” domando, fissandolo intensamente negli occhi. Quello che ha fatto non ha alcun senso o almeno io non riesco a trovarne uno.
“Ho voluto complicarti la vita”.
“Non è stata una passeggiata finora” intervengo interrompendolo.
“Lo so, ma sarebbe stato tutto troppo semplice dopo che  la situazione con Josh si è chiarita” ammette sincero. “E poi avresti sospettato che Rose e Marisol ti stessero portando qui da me”.
“Sei uno stronzo” l’accuso, mentre un sorriso affiora nuovamente sulle mie labbra. Se l’è meritato pienamente.
“Ci stai prendendo gusto” afferma divertito.
“Ma perché siamo qui, adesso? È tardi e fa freddo” mi lamento rabbrividendo. Non poteva portarmi altrove? Perché proprio all’aeroporto, di notte e per di più con la neve che rende la temperatura ancora più bassa?
Danny mi porge la mano ed io la stringo all’istante, cercando di rubargli un po’ del suo calore. Lo seguo verso l’aeroporto, convinta che mi condurrà al suo interno ed invece ci fermiamo accanto ad una tabella con su scritto “taxi”.
“È qui che ci siamo incontrati la prima volta” mi ricorda con una strana luce negli occhi.
Mi guardo intorno e solo adesso il suo folle piano acquista un senso.
Un mese fa, occupavo lo stesso posto e fissavo l’ultimo mezzo di trasporto che era appena stato occupato.
È qui che tutto ha avuto inizio.
La luce sfavillante che si era impossessata repentinamente degli occhi di Danny, si fa strada anche nei miei e non posso far altro che sorridere soddisfatta.
Sono soddisfatta della strada che ho percorso fino a questo momento. Non è stato per niente facile devo ammetterlo, ma ho trovato persone disposte ad aiutarmi. Ed una di queste, forse la più importante, è accanto a me e mi osserva soddisfatta dell’atmosfera che si è appena creata. Ora più che mai voglio fiondarmi tra le sue braccia, ma le rose che mi ha regalato mi sono alquanto di intralcio.
“Ti dispiace se le appoggio qui?” chiedo all’irlandese, indicando il marciapiede. Annuisce, ma probabilmente non capisce il perché di quest’azione.
Non voglio che si rovinino perché non riesco a mantenere la distanza che ero così determinata a mantenere inizialmente. Adagio i fiori al suolo e mi avvicino a Danny, ma lascio che sia lui a stringermi a sé. Sono sicura che non stesse aspettando altro, così come io sono convinta che non mi staccherò neanche un secondo da lui. Sono determinata a recuperare il tempo perso e anche a trovare un po’ di riparo da quel freddo pungente.
Mi sembra di essere tornata alla notte della sua esibizione all’O’Donnell. Finalmente mi sento di nuovo completa, in pace con me stessa, accettata nonostante i miei difetti e le mie mille paure, amata per quello che sono e non perché conquistandomi si diventi il vincitore di una sfida.
Non ci sono più scelte da fare, persone da confrontare o strategie a cui resistere, tutto si è dissolto, proprio come l’aria fredda che mi stava congelando fino a qualche istante fa. È sempre stato questo il mio posto, con Danny, col suo profumo che mi invade le narici e con il suo calore che mi protegge dal freddo.
“Grazie” sussurro mentre mi stringo ancora di più contro il suo petto e lui mi stampa un bacio sulla fronte con naturalezza, come se l’avesse fatto un milione di volte.
“Grazie per avermi sconvolto la vita” ammetto guardandolo dritto negli occhi.
“Non credi di esagerare?” mi domanda sorridendo.
“No. Chissà come sarebbe andata se non ti avessi incontrato” ammetto, non riuscendo ad immaginare niente senza lui al mio fianco.
“Non saresti qui adesso, questo è sicuro” afferma gongolante.
“Neanche tu. Forse a quest’ora avresti avuto qualcun altro accanto a te” dico pensierosa, distogliendo lo sguardo.
Magari qualcuno migliore di me.
“Voglio solo te al mio fianco” annuncia serio, alzandomi il mento affinché potesse incrociare di nuovo i miei occhi. “Non mi importa nient’altro se non sapere che nonostante tutto, tu abbia scelto me” continua, lasciandomi senza fiato.
“Non ho fatto alcuna scelta. È cosi che doveva andare fin dall’inizio” lo informo, facendo scorrere le mie mani fino ad intrecciarle con le sue. “A dire il vero l’ho sempre saputo, solo che non volevo ammetterlo a me stessa”. È fatta, la freccia di Cupido è andata a segno.
“E sei sicura di questo?” mi chiede ammiccando.
“Non sono mai stata così sicura in vita mia” gli rispondo.
“E non cambieresti idea neanche se...” si interrompe pensieroso.
“Neanche se?” lo incoraggio reggendo il suo gioco, qualunque esso sia.
“Neanche se qualcun altro  ti dedicasse una canzone?” continua soddisfatto.
“Una canzone a caso? Sai, avrei una preferenza” dico mordendo leggermente il labbro inferiore.
Danny si guarda intorno con aria circospetta, ma cosa sta cercando?
“Mi dispiace, non c’è nessuno nei paraggi disposto a cantare. Sarà per la prossima volta” afferma per niente dispiaciuto, avvicinando il suo viso al mio.
Non riesco a distogliere i miei occhi dai suoi, mi ha completamente ipnotizzata. Comincio a sentire il mio cuore battere all’impazzata e il respiro rallentare impercettibilmente. Danny temporeggia a diminuire lo spazio tra le nostre labbra e un sorriso malizioso si fa largo sul suo volto.
Prendo l’iniziativa e mi avvicino ancora di più, alzandomi leggermente sulle punte, ma l’irlandese mi ferma, appoggiando l’indice sulle mie labbra.
Cosa gli prende?
Lo scruto attentamente, ha gli occhi fissi nei miei e sembra che sia come in attesa di qualcosa.
“Cosa stiamo aspettando?” domando dopo un attimo di esitazione.
Danny non mi risponde, ma osserva il cielo buio sopra di noi e solo dopo qualche istante le sue labbra si allargano in un sorriso rilassato.
Non ci sto capendo più niente. So solo che voglio baciarlo, non mi importa cos’altro abbia organizzato.
“Il momento perfetto” dichiara mentre alcuni fiocchi di neve cominciano a danzare nell’aria.
Guardo in alto, incredula a ciò che sta accadendo. Come faceva a sapere che sarebbe successo?
Nel momento in cui torno ad incrociare i suoi occhi, noto con piacere che ci sono pochissimi millimetri a separare le nostre labbra. Danny mi sorride e si decide ad annullare quell’impercettibile spazio che ancora ci divide.
Mi sento come se la forza di gravità fosse di colpo sparita, permettendomi di fluttuare leggera nell’aria.
La barba di un paio di giorni mi solletica la pelle e le sue braccia mi avvolgono, come se non volessero più lasciarmi allontanare da lui. È come se il tempo si fosse fermato, per permetterci di recuperare ogni singola occasione persa precedentemente.
L’intensità del bacio si affievolisce lentamente, ma non mi interessa se sono quasi senza fiato, voglio di nuovo lasciarmi andare a queste meravigliose sensazioni.
E Marisol aveva ragione, il punto per il miglior bacio va a Danny.
“Sapevi che sarebbe finita così?” chiedo, dopo un lungo respiro, ripensando a tutti gli ostacoli che abbiamo superato.
“Lo speravo con tutto me stesso” dichiara seguendo il percorso di alcuni fiocchi di neve che scendono disordinati dal cielo.
“E non hai mai dubitato che ti avrei lasciato qui e me ne sarei andata?” domando incuriosita. Dopotutto nessuno potava assicurargli in che modo avrei reagito a questa situazione.
“Non l’avresti fatto senza avermi chiesto delle spiegazioni” ammette. “Ed è quello che hai fatto”.
È vero, ho lasciato che mi spiegasse il suo piano.  Avrei ascoltato ogni sua singola parola in ogni caso, lo sapeva benissimo persino lui.
“E come facevi a sapere che ti avrei baciato?”. Questo non poteva saperlo.
“Sapevo che anche se tu provassi la metà di ciò che sento io ogni volta che siamo nella stessa stanza, non potevi non farlo” afferma ammiccante, con la sguardo carico di passione.
“E se invece...”.
“La smetti con le domande?” mi interrompe divertito, passandosi una mano trai i capelli.
“Un modo ci sarebbe per farmi stare zitta” dichiaro maliziosa, prima che Danny faccia aderire le sue labbra sulle mie.
Cosa volevo chiedergli? Non lo so.
Ogni volta che mi bacia finisce col farmi perdere il filo dei miei pensieri.
Certo che è proprio strana la vita.
Il destino intreccia abilmente le strade di migliaia di persone. Qualcuno fa la comparsa nella nostra vita e per forza di cose siamo costretti a non dargli peso, presi come siamo da continue questioni e relative soluzioni. Sta solamente a noi decidere se incroceremo lo sguardo di quello sconosciuto una sola volta, come una meteora che illumina per un istante il cielo, oppure scegliere che quegli occhi affolleranno la nostra mente senza lasciarla mai.
Ma se la fortuna è a vostro favore e le vostre strade si incontrano di nuovo, non c’è alcun motivo per ignorare il destino, soprattutto perché è possibile che ci sia un terzo incontro che non avevate programmato.
Esatto, è la tipica trama da film smielato, in cui tutti gli elementi dell’Universo indicano che quella è la persona giusta per te.
Non credevo potesse accadere una cosa del genere nella vita reale, almeno fin quando non è capitato a me. In fin dei conti si tratta solo di dare una possibilità ad uno sconosciuto ed è quello che ho fatto.
Dove mi ha portato il semplice gesto di dargli un’occasione?
Mi ha condotto nella fredda notte di San Valentino, sola e bendata ad attendere che accadesse qualcosa, un segno, che poi è magicamente diventato l’incontro con qualcuno. Quel qualcuno di cui non volevo sapere più niente e dalla quale volevo mantenere le distanze, perché un suo semplice gesto mi avrebbe fatto cambiare idea all’istante.
Lui però ha ignorato la mia silenziosa presa di posizione, diminuendo pericolosamente lo spazio tra di noi ed annientando completamente le mie difese già vacillanti, ma dopotutto di cosa mi meraviglio? Ho sempre saputo che avrebbe fatto ugualmente breccia nel mio cuore anche se l’avessi rinchiuso in una fortezza impenetrabile.
Danny O’ Donoghue conosce il mio punto debole.
È lui il mio punto debole.


 

~•~

Salve a tutti...
Io... Non so cosa dire...
Avrei dovuto aggiornare ieri, ma
pubblicare il venticinquestimo capitolo
di questa storia, significa che ormai siamo
giunti alla fine. Nonostante questo sia
l’ultimo capitolo, non so se avete notato che non è
apparsa quella malvagia dicitura “Completata”.
Il che significa che ci sarà un epilogo! Yeah!
D’accordo, mi entusiasmo con poco però
dopo aver riletto l’ultimo capitolo sul sito
con relativo film mentale
ed essermi emozionata, lacrimuccia compresa
mi sono convinta ancora di più del fatto
che debba esserci un epilogo.
Ok, sto scrivendo tantissimo e questo
significa che vi sto trattenendo più del dovuto.
Su su, tornate al vostro lavoro e
fatemi sapere la vostra opinione a riguardo.
Lo so, che vi state chiedendo quando sarà
disponibile al cinema il mio film mentale
online l’epilogo, ma non posso assicurarvi
che lo pubblichi venerdì. In ogni caso, le vacanze
natalizie e il mio compleanno sono alle porte, quindi
direi che lo troverete sotto l’albero :D
Ora la smetto davvero di scrivere così tanto...
Grazie a tutti,
un bacio

~ AnneC

 

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Capitolo 26
*** * ***


*AVVISO*

~•~


Salve a tutti!
È da un bel po' che attendete un nuovo aggiornamento, lo so.
A quasi un anno di distanza dall'ultimo capitolo, mi sento in dovere di darvi notizie. E, lo ammetto, il senso di colpa per avervi lasciate in sospeso comincia a farsi sentire.
Avevo comincito già allora a scrivere l'epilogo, ma a distanza di un anno non ho ancora trovato una fine; non so se il problema sono io o l'epilogo in sé, ma resta il fatto che non mi soddisfa per niente. Rileggendo la storia a distanza di tempo, mi sono trovata a storcere il naso davanti ad alcune scelte che ho fatto e che adesso trovo insensate.  È soprattutto l'insieme della trama che mi lascia perplessa: si sente la mancanza dell'Italia ma non ci sono parenti, o il ricordo di questi, e l’accettazione/l’adattamento che avviene già al quinto capitolo non mi sembra così possibile come cosa, ecco. 
E se ve lo state chiedendo: sì, sto facendo a pezzi la mia stessa storia.
Non lo sto facendo per farmi dire da voi lettori che sono brava lo stesso a scrivere o cose così. Lo sto facendo perché mi sento come se quelle parole non le avessi scritte io. Walk away è stata la prima storia, e l’unica finora, che ho pubblicato su efp e sono consapevole che con la pratica si migliora; ed è per questo che non mi sento di eliminarla dal sito o dalla mia vita.
Nascerà una nuova versione della storia,dove revisionerò tutto ciò che ho già scritto, per correggere ciò che trovo irrazionale ed insensato e lasciare ciò che di buono già c'è.

Mi sento in obbligo verso di voi, care lettrici.
Per questo, oggi mi scuso con voi, per avervi tenute sul filo del rasoio così a lungo e per non avervi dato notizie prima.
Probabilmente vorreste uccidermi, lo so.
Colgo l'occasione per ringraziare ogni singola persona che ha lasciato un commento alla storia, chi l’ha aggiunta tra le preferite, le seguite o le ricordate, chiunque abbia letto un solo capitolo e chi invece li ha letti tutti, chi ha sognato con le vicende dei protagonisti e chi si è affezionato a loro solo alla fine.
Grazie di cuore a voi, che ora state leggendo, perché se siete ancora qui dopo un anno, meritate tutta la mia gratitudine.
Vi voglio un bene infinito!
 
Se vi state chiedendo quando apparirà la nuova versione di Walk away, vi accontento subito. 
Non preoccupatevi, questa volta non vi lascerò ancora in bilico.
Questa storia rinasce dalle sue ceneri, nasce Walk away - 2.0.
 
Ancora grazie a tutte.
AnneC

 

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