Everything that kills me, makes me feel alive.

di Diaryofwriters
(/viewuser.php?uid=789675)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Photograph. ***
Capitolo 2: *** Against All Odds ***
Capitolo 3: *** Am I Wrong? ***
Capitolo 4: *** I will always love you ***
Capitolo 5: *** Thinking Out Loud. ***
Capitolo 6: *** Que hiciste? ***
Capitolo 7: *** The Hanging Tree. ***
Capitolo 8: *** Colors of the wind ***



Capitolo 1
*** Photograph. ***


Salve, popolo di EFP!
Qui è Diaryofwriters che vi parla. O per meglio dire, sono LoScandalo (autrice di Tutti in Francia!) e scriverepervivere (autrice di Ma le stelle quante sono) , ma voi potete chiamarci Giuly e Mary. 
Ebbene, abbiamo deciso questa collaborazione perchè, essendo grandi - graaandi - amiche e socie di molte storie (su whatsapp, cieh, delle scrittrici nate! XD) , ci tenevamo a presentare delle storie scritte insieme.
Allora, questa fic è nata da un'idea di Mary - vedi un po te cosa ti fa il sonno! - me l'ha comunicata ed ora eccoci qui.
"Everything that kills me, makes me feel alive" è una raccolta di one-shot, ognuna ispirata ad una canzone a nostra scelta, i capitoli in tutto sono 10.
I protagonisti non saranno Austin e Ally, bensì i loro interpreti, cioè Ross e Laura ... perchè .... perchè si!
Ci raccomandiamo, alla fine di questo capitolo fateci sapere cosa ne pensate della storia, e recensite in tanti!
Bene, crediamo di avervi scartraventrato i marons come si deve, quindi vi lasciamo al capitolo iniziale, con Photograph di Ed Sheeran - unico e solo amore di Mary, bisogna precisare -
Buona Lettura!
 



Photograph.
 
 
Loving can hurt,
loving can hurt sometimes.
But it’s the only thing that I know.
When it gets hard,
you know it can get hard sometimes.
It is the only thing that makes us
feel alive.
 
Amare può far male,
amare può ferirti, a volte.
Ma è l’unica cosa che so.
Quando diventa difficile,
sai che può risultare doloroso, a volte.
E’ l’unica cosa che ci fa
sentire vivi.

 
 
 
We keep this love in a photograph.
We made this memories for ourselves.
Where our eyes are never closing,
Our hearts were never broken,
And time’s forever frozen, still.
Teniamo questo amore in una fotografia.
Abbiamo fatto questi ricordi per noi stessi.
Dove i nostri occhi non si chiudevano mai.
I nostri cuori non erano mai stati spezzati.
E il tempo era perennemente congelato, ancora.
 
 
So you can keep me
Inside your pocket of your jeans.
Holding me close until our eyes meet.
You won’t evere be alone,
wait for me come home.
 
Così puoi tenermi
All’interno della tasca dei tuoi jeans.
Tenendomi vicino fino a quando i nostri occhi non si incontrano.
Non sarai mai sola,
aspettami che torno a casa.
 
 
You can keep me
Inside the necklace you bought
When you were sixteen.
Next to your heartbeat where
I should be.
Keep it deep whitin your soul
And if you hurt me,
that’s okay baby, only word bleed
Inside this page you just hold me
And I won’t ever let you go
Puoi tenermi
Nella collana che comprasti
Quando avevi sedici anni.
Accanto al tuo battito del cuore,
dove dovrei essere.
Tienilo nel profondo della tua anima.
E se mi ferisci ,
va tutto bene, piccola, solo le parole sanguinano.
Dentro queste pagine mi stringi
E non ti farò mai andare via.
 
 
 
 
“Terremo il nostro amore in una fotografia”
 
 
Pagine e pagine di un album fotografico che ci raffigura.
Sto seduto sul letto e penso: “Dove sei?”
Dovresti essere con me, a ricordare le fotografia che ci scattammo quando eravamo felici.
Ora, dimmi, ritorneresti nel passato insieme a me?

 
 
Cara Laura,
sono due anni che non ti vedo. Due anni pieni di solitudine.
Senza il tuo sorriso, la tua risata, il tuo modo di scherzare, di essere seria.
Due anni senza i nostri personaggi – Austin e Ally – che non usavamo per recitare, ma per essere noi stessi, io e te, semplicemente.
Ricordi quando sbagliavi le battute, e invece che dire “Austin” dicevi “Ross” ? Questa è una prova che quei personaggi eravamo noi, al 100%.
Ragazzi ingenui, giovani e innamorati.
Dove sei ora? Dove ti trovi in questo momento?
Starai girando il mondo, o semplicemente starai a casa.
Come stai?
Io stavo bene, ma ora che ho deciso di scriverti, qualche senso di solitudine si sta impadronendo del mio corpo.
Quante cose ho da dirti, ma quando si è davanti a un pezzo di carta, è difficile esprimerlo.
Sto sfogliando il nostro album, ricordi?
Me lo regalasti al mio diciottesimo compleanno insieme a quella chitarra che porto sempre ai concerti.
C’è scritto “Forever Together” ricordi?
Ma credo che quel per sempre si sia sgretolato e quell’insieme sia
 diventato un “to get her”.
Sei sempre nella mia mente, Laura, ogni gesto, ogni emozione, ogni respiro, ogni battito di ciglia, tu ci sei sempre.
Penso a cosa potresti fare al momento.
Magari stai con un ragazzo, un ragazzo migliore di me.
Però mi fa piacere di far parte del tuo passato, di essere stato il tuo primo bacio, di essere stato la tua prima e vera relazione.


* * *

«Ross, dammi subito il mio diario!» mi urlò contro la bruna mentre mi rincorreva per tutta casa Marano.
«Sennò cosa mi fai?» continuai a ridere e a correre.
Laura si fermò, sembrava stesse pensando.
Era così bella, così viva.
«Dai!» strillò.
Io risi. «Sei adorabile quando ti arrabbi»
Lei riprese a rincorrermi, e nonostante il freddo e la pioggia aprii la porta e continuai a scappare, mentre lei mi seguiva.
New York quella sera era in pieno inverno, ma per me era come se nevicasse.

Era sera, e la luna era alta in cielo. Così luminosa, così splendente.
Laura mi raggiunse, e continuava a saltellare per raggiungere il suo diario che era in cima al mio braccio steso verso l’alto.
«Ross, dai, non è divertente!»
Alzai lo sguardo verso il cielo, e poi lo posai su di lei, abbassando il braccio.
«Ross …»
«Shh» le accarezzai i capelli.
«Kiss me under the light of a thousand stars» sussurrai, cantando.
Lei sorrise. Dio, quant’era bella.
Fracassai le labbra sulle sue.
New York in inverno non era mai stata così bella.


* * *

Non mi è mai importato quello che scrivevi sul tuo diario, anche se avessi scritto di odiarmi.
Io ti volevo per me. Tu eri mia.
E se in qualche posto lontano in futuro ci rivedessimo con le nostre nuove vite, ti sorriderei con gioia.
Mi ritrovo a sfogliare questo album senza te, tutto blu, con una foto nostra attaccata al centro.
Io e te che sorridiamo e ci abbracciamo, Dio quanto mi manca abbracciarti.


* * *

«Ross!»
Una voce da lontano mi chiama.
Mi giro per distinguere quella figura sfocata avvicinarsi a me correndo.
Era lei, la brunetta che veniva verso me, e io che me ne andavo.
«Laura …»
Alzai lo sguardo quando me la ritrovai davanti.
«Te ne vai cosi?»
«Ritornerò, promesso» cercai di baciarla, ma lei si scostò.
«Non è vero, non è mai vero! Tu starai in tour e io a casa ad aspettarti, credi davvero questo? Che io ti aspetti per un anno? No, Ross. Io capisco che sia il tuo sogno, ma non fa bene, ne a me e ne a te»
«Cosa significa?»
«Che devi scegliere. Io non ci sarò sempre per te, non ti affiancherò in ogni tua decisione, abbiamo diciotto anni, non è detto che io sia l’amore della tua vita! Devi scegliere: o me o la tua carriera»
Me lo stava imponendo, una cosa tanto orribile da uccidermi dentro.

Io dovevo scegliere.
«Come immaginavo» disse, per poi girarsi e andarsene.
«Laura»
Presi a correre. «Laura! Io non ti dirò mai addio»
«Allora di solo arrivederci» intravedevo le sue lacrime che scorrevano le guance.
L’abbracciai.
Pensai a come mi sarebbe mancato stringere una persone così piccola tra le mie braccia, e che la sensazione che provavo con lei non l’avrei provata con nessun altra.
Pensai a come i suoi sorrisi non mi avrebbero più fatto bene, ma sarebbero diventati memoria.
Sorrise. Sorrisi.
Dentro sapevamo tutti e due che la verità era un’altra, la verità era che stava per finire tutto, e non c’era più niente da fare, doveva succedere, e adesso stava succedendo.
E dopo un po’:

- E’ uno strano dolore.
Guardai le sue labbra come se fossero l’ultima riga di una lettera d’addio.
 
 
Aveva qualcosa di speciale?
Tutto. C’è solo lei al mondo.
Cioè?
Non c’è nessuno come lei.
Dov’è adesso?
Non con me.


* * *

Non so più che dirti salvo il fatto che non ho potuto dormire stanotte perché so che era finita tra noi. Per me è una sensazione strana, che non avrei immaginato di provare, ma ripensandoci capisco che non poteva andare altrimenti.
Tu e io siamo diversi, veniamo da mondi diversi, eppure tu mi hai insegnato cosa significa amare e dedicarsi interamente a una persona.
Ora io sono molto migliore di quanto fossi prima. Vorrei che tu non lo dimenticassi mai.
Non sono amareggiato per quanto è accaduto. Anzi, mi conforta l’idea che tra noi ci sia stato qualcosa di autentico, e sono felice che sia stato possibile stare insieme anche se per un periodo così breve.
E forse per un breve attimo anche tu avrai la mia stessa sensazione, ora. E mi sorriderai e rivivrai i ricordi che abbiamo in comune.
Questo album ormai è vecchio, non posso di certo racchiuderci tutte le emozioni che abbiamo provato.
Ma ho lasciato libera una pagina, così da tenere il nostro amore in una fotografia.

 
Tuo, Ross Shor Lynch.
 
 
When I’m away,
I will remember how you kissed me.
Under the lamppost back on sixth street.
Hearing you whisper through the phone,
Wait for me come home.
Quando sono via,
ricorderò come mi baciavi.
Sotto il lampione dietro la sesta strada.
Sentendoti sussurrare al telefono,
Aspettami per tornare a casa.
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Against All Odds ***


                                                                                                                                               Against   All   Odds   

                     
 
How can I just let you malk away
Just let you leave without a trace?
When I stand here taking every breath with you
You’re the only one really knew me at all
 
 
Come posso lasciarti andare via
Lasciarti andare senza che tu lasci una traccia?
Quando mi trovo qui condividendo ogni respiro con te
Tu sei l’unica che mi conosceva davvero


 
So take a look at me now
Well, there’s just an empty space
And you coming back to me
Is against all odds
That’s what I’ve got to face
Quindi guardami adesso
Bhe, c’è solo uno spazio vuoto
Che tu ritorni da me
E’ contro ogni probabilità
Questo è quello che ho dovuto affrontare
 

 
                                   
 
 
               









                                                                                          

                                                                                                                    “Sapevo che non sarebbe mai più tornata. Era contro ogni probabilità”
 
 
 
 








Non caricare quella valigia sull’auto. Ti prego, non farlo.
Non capisci che senza di te sono un uomo finito, senza alcuna probabilità di continuare a vivere?
Ora ti giri, mi chiedi con lo sguardo come ho potuto tradire la sua fiducia.
Non volevo farlo, davvero.
Con te ero finalmente cambiato, ormai l’eroina era diventata inutile per il mio cervello.
Perché la mia droga eri tu, Laura.
Anzi, lo sei ancora.
Grazie a te mi sono reso conto che quello che facevo era sbagliato.
Grazie a te ho ricominciato a respirare.
E ho imparato ad amare.
Adesso assottigli gli occhi in due fessure, mi osservi circospetta, come la prima volta che ci incontrammo.
Non farlo, ti prego.
I ricordi sono troppo sporchi, dolorosi, sbagliati, per ritornarmi alla mente.
Eppure, non riesco a fermarli.
 
Flashback:
Riponevo con cura il sacchetto di cocaina nella tasca dei jeans.
L’avevo appena comprata da Ray, 10 anni, bimbo in gamba.
In questo mondo non si è mai troppo giovani per entrare nel  giro.
Ho iniziato a drogarmi due anni fa, l’ho provata una volta e non me ne sono più liberato, era una dipendenza, la mia.
Niente club per tossico dipendenti, niente stronzate.
Io non ero malato, non mischiamo la lana con la seta.
Stavo bene, e quando si sta bene non si può essere malati.
La mia era soltanto una piccola, innocua dipendenza. Aiutava a concentrarmi, era utile.
La malattia non lo è, la droga sì.
O almeno, per me. Mi fanno quasi pena le persone che si fanno in quattro per raggiungere uno scopo, quando hanno la soluzione sotto al naso.
Sono patetiche. Non sopporto la gente dotata di troppo perbenismo, non è così che va il mondo.
Ormai l’intero globo è invaso da alcolisti, perversi, guerre, conflitti, pedofili, e perché no, anche persone come me.
Io odio tutti in questo schifo di mondo, non si salva nessuno.
Detesto chi mi fissa, chi fa pensieri affrettati sul mio conto, chi pretende di giudicarmi quando è solo spettatore della mia vita.
E poi...ahia, che male!!!!
Ero così assorto nel mio cervellino che non mi sono accorto di essermi scontrato con qualcuno.
Non mi curo tanto del cosiddetto “qualcuno”, quanto al secchetto di droga che avevo messo precedentemente in tasca.
Eccolo lì, a terra. La polverina bianca sparsa sull’asfalto.
Grandioso, 100 dollari buttati nel gabinetto.
Rivolgo ora lo sguardo a quel  cretino  che ha permesso tutto ciò.
Ah no, mi correggo, cretina. Era una ragazzina di bassa statura, capelli castani, rigorosamente shatushati- e tutti sanno quanto mi stiano “simpatiche” le persone che seguono la moda- occhiali da vista, stile semplice: una maglietta a maniche corte rossa e dei jeans grigio chiaro. Ai piedi delle vans- ho già detto che ho una particolare simpatia per la moda e quei cerebrolesi che la seguono?-.
Anche la cretina sembra fissarmi da capo a piedi, e giuro che odio chi osa farlo.
Che minchia ha da guardare?
Decido di togliermi per primo da questa situazione fastidiosa:<<  Guarda un po’ dove metti i piedi  >>
Lei ribatte:<<  Sei tu che mi hai travolta  >>
Che fa, offende?!
<<  Senti, meglio se giri all’argo, non è un posto per bambine, questo  >>
<<  Ho la tua stessa età, mentecatto  >>
Ecco, ora mi stava veramente sui genitali. Ma che cosa vuole da me?!
Decisi di lasciarla al proprio destino, si arrangerà.
<<  Io ti ho avvisato, a mai più  >> detto questo, la superai e continuai per la mia strada. Ormai la coca era andata.
Prima che io potessi girare l’angolo, la sentii gridare: << Comunque, io mi chiamo Laura!!!  >>
Mi fermai per almeno cinque secondi, poi mi rimisi in cammino.
Fine Flashback
 
Credevo non l’avrei mai più incontrata. E invece, giorno dopo giorno, eccola lì che mi aspettava, magari per fare la strada insieme, o anche solo per parlare.
Scoprii che non era tanto diversa da me, anche lei era arrabbiata col mondo, per motivi validi.
Invece io ero soltanto una vittima del cinismo, da sempre chiuso in me stesso, poco socievole, totalmente associale, prendetela come vi pare.
L’importante è che insieme abbiamo imparato ad ascoltare, siamo cresciuti.
Mi resi conto che la mia dipendenza era una malattia, ed era sbagliata come ogni altra cosa negativa.
Non era vero che mi faceva sentire bene, mi stava rovinando lentamente.
Non era affatto che era utile, era solamente lentale.
Non era vero che era piccola ed innocente, era grande e pericolosa.
Non erano le altre persone ad essere patetiche, quanto io, che riccorrevo a sostanze stupefacenti per trovare un po’ di pace interiore. Che cosa stupida.
Non era neanche vero che l’intero mondo fosse così malvagio, piuttosto io mi ero imposto di pensarla a questo modo.
E non era per niente vero che Laura fosse una cretina, anzi, il cretino ero io. Perché io per primo stavo giudicando senza guardare nel profondo le persone.
Incominciai a vivere, sul serio. Abbandonai la droga per qualcosa di meglio, per qualcosa di più sano e forte di qualsiasi altro medicinale: l’amore.
Tutta la mia storia aveva subito un radicale cambiamento: io e Laura ci fidanzammo e trasferimmo in un appartamento in affitto nella città di Los Angeles.
Con le persone che conoscevo non ebbi più contatti. Eccetto che con Ray.
Ray, il piccolo Ray, lo provò sulla sua pelle. Venne ucciso da uno dei sui stessi clienti. La cosa più triste era che al funerale ero presente solo io. Là, in piedi in mezzo ad un campo di erba secca.
Avrei potuto fare un migliaio di altre cose, e invece sono rimasto lì con lui.
Perché in fondo mi ero affezionato, lavorava con la malavita solo per portare a casa un soldo in più.
Era proprio a casi estremi, non si deve di certo ricorrere alla droga per comprare del pane per sfamarsi.
Purtroppo, essendo minorenne, era l’unica cosa a cui poteva ricorrere.
L’unica cosa.
Ecco, non capii subito il significato di queste tre paroline magiche. Le consideravo solo delle inutili scuse per giustificare le proprie azioni, le proprie malefatte.
Non sospettai neanche per un momento che queste potessero essere il mio vaso di Pandora.
Mi soffermo ad analizzarle una per una: l’unica , la sola, solamente quella. Nient’altro. Quella.
Cosa, qualunque cosa, che sia concreta o astratta. Qualunque cosa per non finire male.
Eh si, era veramente il mio caso.
Qualunque cosa per aiutare, salvare un amico, un parente, un fratello.
E quella cosa, quasi sempre, è la sola possibilità, l’unica.
C’era, c’è, forse qualcuno che amo più di Laura: la mia famiglia.
I miei genitori erano in grave difficoltà, dovevano pagare un debito troppo alto che neanche il loro stipendio, quello di tutti i fratelli e quello dei miei zii messi insieme avrebbero potuto raggiungere anche solo lontanamente il prezzo.
Allora decisi.
Decisi di rientrare nel giro. Ero anche disposto a farmi sparare che vederli in miseria, e magari, con una pallottola in testa.
Non dissi niente a Laura.
Era un piccolo affare da compiere in segreto, e mi avrebbero dato dei soldi sufficienti per pagare quel cazzo di debito.
In poche parole, dovevo nascondere un pacchetto di un certo valore per tot giorni.
Sarà perché avevo sbagliato nascondiglio, perché sono stato un imprudente, ma Laura mi scoprì.
E allora, il disastro.
 
Flashback:
Davvero, non l’ho mai vista talmente infuriata.
E’ stato un attimo: sono entrato in stanza e l’ho trovata in piedi, davanti all’armadio, girata di spalle, il respiro pesante e il pacchetto in mano.
Io,  invece sulla soglia della porta, con lo sguardo tra un misto del terrore e lo sconvolto.
Ero incapace di proferire parola.
Lei deve aver avvertito la mia presenza, perché si gira, in lacrime.
E’ sconcertata quanto me, era anche molto arrabbiata, però.
Incominciò ad urlare:<<  Mi avevi detto di avere smesso!  >>
<< Io…  >>
<< Bugiardo!!!  >> calde lacrime scendevano sulle sue guance.
Odio quando piange.
<<  Posso spiegarti, Laura  >>
Si asciugò velocemente il viso con la manica della felpa :<< Hai trenta, e dico trenta secondi per raccontare tutto >>
Io le dissi tutto, non tralasciai nessun dettaglio, lei ascoltava attenta.
Non sembrava convinta.
E poi :<<  Ross, perché non me l’hai detto, avremmo trovato una soluzione insieme. Cos’è, non ti fidi più di me?! Avevi paura che dicessi tutto alla polizia, eh?!  >>
<<  Era troppo pericoloso, non volevo che tu finissi in una cosa in cui non avevi voce in capitolo!  >>
<< Tutte balle! Io so badare a me stessa, non sono una bambina, nonostante tu pensi il contrario…  >>
La guardai male: <<  Non dire cavolate!  >>
Lei mi rispose con lo stesso tono: << Dico soltanto la verità! A quanto pare non ti fidi di me, bhe, caro, ecco la news, neanch’io mi fido più di te  >>
Fine flashback
 
Ci lasciammo in quel preciso istante.
Non servirono tanti giri di parole, bastarono solo: “ Neanch’io mi fido più di te”  a mettere fine alla nostra relazione.
Sapete quando dicono che una persona ti ha spezzato il cuore?
Ecco, io ho la prova che è vero.
E’ come sentire quell’organo battere talmente forte da uscirti dal petto, con una forza tale da farti piangere dal dolore.
E’ come se tu dovessi andare in giro con un pugnale impiantato nel petto.
E’ come vivere senza avere più un’anima.
Un uomo non può sopportare un dolore simile.
Ma non incolpo l’amore, non è colpa sua se sto soffrendo, non è mai colpa sua, siamo noi che roviniamo sempre tutto, è l’odio che ogni individuo prova ad ostacolare la felicità.
Siamo tutti dei masochisti e degli ipocriti: amiamo farci del male da soli, per poi scaricare il peso su qualcun altro.
Eh,  facile così.
Diamo a Cesare ciò che è di Cesare.
Dovremmo metterci una mano sulla coscienza un po’ tutti.
Io sto perdendo Laura per colpa mia, per un mio errore.
Avrei dovuto dirglielo, coinvolgerla, e invece lo stupido orgoglio mi ha bloccato.
<<  Era troppo pericoloso…  >> ma a che caspita pensavo?
La verità è che avevo paura di perderla dicendoglielo, bhe, non l’ho fatto, ma fatto sta che l’ho persa lo stesso. E allora è proprio vero che dobbiamo essere sinceri con noi stessi, fino in fondo. Chi non ha coraggio di farlo, non ha coraggio di affrontare i problemi della vita.
Non ha  fegato.
Non vuole vedere, non vuole sentire. Fa finta che ci sia un’alternativa, che in realtà non esiste.
Io sono stato pauroso come un coniglio.
E’ naturale avere paura, si, ma non per questo bisogna rimanere fermi.
Ho sbagliato, ho sempre sbagliato tutto, e ora ne sto affrontando le conseguenze.
Potrei correrle dietro, pregarla in ginocchio, supplicarla di rimanere, prometterle la luna, non sarebbe rimasta comunque.
Perché ha perso la fiducia in me, che è la prima, primissima cosa, che porta avanti la storia fra due persone.
Io non voglio separarmi da lei, e non lo dico perché è la solita frase struggente di tutti i film drammatici. Lei è davvero la mia vita, il mio nuovo mondo, quell’universo dove regna pace, gioia, amore.
Dove la parola “sofferenza” non esiste, e dove mai nulla è la fine.
Dove tutto è sempre l’inizio.
Un mondo dove non esistono lacrime, quelle che ora sto versando.
La osservo dalla finestra, sta caricando le ultime valigie.
 
No, ti scongiuro, non andartene.
Cosa aspetti, sbrigati, prima parti, meno soffro.
No, aspetta, dammi un’altra possibilità, non ti deluderò.
Cosa aspetti, forza, vattene senza darmi una chance, ti farei ancora del male.
No, per cortesia, ascoltami.
Cosa aspetti, tappati le orecchie, direi altre falsità.
No, torna da me.
Cosa aspetti,vattene!
 
Non importa più niente, ormai.
Ho perso ogni speranza.
Ogni illusione.
Sono pronto, ora.
Ti lascio finalmente libera.
La vedo, probabilmente per l’ultima volta, sale sulla sua macchina e parte.
 
Mi mancherai, perché  io ricordo sempre tutti, anche quelli che mi lasciano, ma davvero, non importa.
Tanto lo so che non tornerai mai più.
Is against all odds- contro ogni probabilità.
 
 
But to wait for you is all I can do
And that’s what I’ve got to face
Take a good look at me now ‘cause I’ll be standing here
And you coming back to me
It’s against all odds- it’s the chance I’ve got to take
 
Take a look at me, now…
Ma aspettarti è tutto quello che posso fare
Ed è quello che devo affrontare
Guardami bene adesso, perché sarò ancora qui in piedi
E che tu ritorni da me, è contro ogni probabilità
Ma è l’unica possibilità che ho
 
Guardami, adesso…
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Am I Wrong? ***


Am I Wrong?
 
Am I wrong,
for thinking out the box where I stay?
Am I wrong,
for saying that I choose anothe way?
I ain’t trying to do what everybody
Else doing.
Just ‘cause everybody doing
What they all do.
If one thing I know
I’ll fall, but I’ll grow.
I’m walking down this road of mine.
Mi sbaglio,
a pensare fuori dal contenitore dove sono?
Mi sbaglio,
a dire che scelgo in un altro modo?
Non sto cercando di fare ciò che gli altri fanno.
Semplicemente perché tutti fanno quello che fanno gli altri.
Se c’è una cosa che so
Cadrò ma crescerò
Sto camminando su questa strada che chiamo casa.
 
 
So am I wrong
For thinking that we could be something for real?
Now Am I wrong,
for trying to reach the things that I can’t see?
But that’s just how I feel.
 
Quindi mi sbaglio?
A pensare che potremmo essere qualcosa di reale?
Ora mi sbaglio?
A cercare di raggiungere le cose che non posso vedere?
Ecco come mi sento.
 
 
“Sono così sbagliato se credevo potessimo diventare
qualcosa di reale?”
 

Ore 16.56, Lalla
Devo dirti una cosa.

 
Ero lì quando il mio telefono si accese segnando il nuovo messaggio di Laura.
“Devo dirti una cosa” mi devo preoccupare?
Laura non l’ho mai vista proprio davanti ai miei occhi, è la mia cosiddetta “amica a distanza”. Ci siamo conosciuti grazie a un sito di fiction sullo stesso forum: Shadowhunter.
La saga di Cassandra Clare mi aveva cambiato la vita. Sia dalle impressioni di amicizie che dall’amore. Mi aveva insegnato a non dovermi fidare di tutti così facilmente, basta un errore e tutto crolla addosso.
Era ben saldata, una collana di nove libri compreso il codice degli shadowhunter.
Non so perché, ma li chiamano i The Mortal Instruments.

E quando lessi la sua, m’innamorai completamente del personaggio che descriveva in modo accurato: Clary Fray.
Sapevo già che era una ragazza a scrivere, me ne accorgevo in diversi punti. Insomma…tutti ci accorgiamo quando scrive una ragazza.
Nessuno però sospettava che io fossi completamente l’opposto.
Le scrissi così tante volte che finalmente lei mi rispose.
Continuammo a parlare finchè non ci scambiammo numero.
Mi era sembrata da subito una ragazza dolce, simpatica e anche molto timida.
La foto del profilo, in questi due anni che ci conosciamo non l’ha mai messa. Sempre citazioni, frasi, sfondi … mai una sua foto, e mai me ne ha inviata una.
Non saprei come immaginarla, perché io ormai mi baso sulle parole che scrive. Non è tanto veloce.
 
Alzo il busto dal letto, il suo ultimo accesso è due minuti fa.

Dimmi
Ecco io…
Devo preoccuparmi?
Ross, vengo a New York!
COSA?! E’ bellissimo!
:)

 
Lei è di Los Angeles mentre io di New York.
Averla accanto per almeno un giorno mi rendeva felice, lei era la persone che mia aveva sempre aiutato.
Anche se non l’avevo mai vista, mi immaginavo i suoi capelli caderle sulle spalle morbidi, il suo corpo esile che aveva bisogno di un altro per sentirsi al sicuro, il suo piccolo cuoricino che chissà quante volte era stato rotto.
Io e lei per le strade di New York, mano per la mano, come se ci conoscessimo da tanto.

Lei non c’era fisicamente.
Non c’era mai stata.
Ma emotivamente c’era sempre, sapeva come tirarmi su il morale.
Sapeva tutto di me, lei era tutto.
Non avrei immaginato che una persona a distanza sarebbe stata quella che mi avrebbe aiutato nei momenti più difficili della mia vita.
Quella di cui mi sarei fidato.
Mi sarebbe piaciuto leggere con lei un libro di poesia, sotto ad un albero, guardarci negli occhi e capire che non eravamo soli.
Non siamo soli.
C’è sempre un filo rosso che ci tiene attaccati alla persona della nostra vita.

E’ una leggenda giapponese*, dice che ognuno di noi ha un filo rosso attaccato al mignolo sinistro della mano.
Esso è collegato ad un’altra persona, che sia vicina e lontana. Si racconta che se lo attorcigli un po’ sul dito, come per farlo venire da te, la persona si avvicina sempre di più.
E’ curioso, ma sta alle persone se crederci o no, io ci credo.
Insomma, un po’ di speranza.

* * *
 
Dopo due giorni mi ritrovai a camminare per le strade di NY per fare delle commissioni.
Il tempo non ero un granché, il cielo era nuvoloso e lasciava intravedere solo pochi raggi del sole. Si iniziavano a sentire le prime gocce di pioggia, ma non tutti se ne rendevano conto.
Assorto nei miei pensieri, camminavo a testa bassa, con le mani in tasca e il cappuccio del giubbotto che mi copriva i capelli.
Solo allora sentii una persona sbattere contro di me.

«Scusami, colpa mia» mi disse una voce femminile.
Alzai – finalmente – la testa e vidi una ragazza bassina, con i capelli bruni e ricci e gli occhi cioccolata fissarmi.
«No, tranquilla, però non correre con questa pioggia, rischi di farti male» risposi.
«No, scusa. E’ la prima volta che vengo qui, cercavo una persona, conosci per caso un ragazzo di nome Ross Lynch?»
Sbarrai gli occhi.
Laura. Era lei.
«Tu sei Laura Marano?»
«S-si … perché?»
«Laura, sono Ross!» sorrisi, abbracciandola forte.
Quante volte avevo sognato questo momento.
«Perché non mi hai detto che venivi oggi?» mi staccai, con il sorriso stampato in faccia.
«Perché volevo farti una sorpresa!»
«E’ la più bella sorpresa che potessi farmi»

* * *

Erano passati due giorni, e lei era ancora qui.
Aveva preso un Hotel un po’ più lontano dalla mia casa, e ogni mattina mi svegliavo presto per andare a prenderla per poi passare il giorno insieme.
Sarebbe rimasta tre giorni, era poco, ma essendo venuta da sola, i genitori avevano anche paura.
Ora ci trovavamo sdraiati sull’erba di un parco, con sotto il telo da mare che serviva solo d’estate.

«Dimmi qualcosa di bello» mi disse.
«(b X m) t = 0 » risposi, sorridendo.
«Che cosa?!» rise lei.
«E l’equazione di Erwin ed è la più bella conosciuta in fisica. Grazie a questa si descrive il fenomeno dell’entanglement quantistico, che in pratica afferma che: se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possiamo più descriverli come due sistemi distinti, ma in qualche modo sottile diventano un unico sistema. Quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri anni luce» spiegai e lei sorrise.

Restammo un attimo in silenzio.
«Lo sai che è il mio ultimo giorno qui?» sussurrò.
«Si»
«Ho l’aereo tra un’ora»
«Ah»
«Ross, sei la cosa più bella che mi sia capitata. Ti giuro che questa non è l’ultima volta che ci vediamo, prendilo come inizio di una serie di incontri»
«E’ sicuro»
Si alzò.
Non esitai a non guardarla, mi faceva tristezza sapere che di lei non avrei più avuto niente se non i messaggi.
«Mi mancherai tanto»
L’abbracciai forte. Come non si fa a farsi scappare le cose.
Lei è una di quelle persone che quando non ci sono più le senti. Come se il mondo intero diventasse, da un giorno all’altro, un po’ più pesante.
Mi fece un sorriso pieno di tristezza e al contempo amore.

Laura Marie. Due nomi, una persona. Di sicuro ne ha uno preferito, ma non lo ammette. Maria per la bontà, Laura per la spensieratezza.
Lei ha una vita normale, sta bene, ma sente che le manca qualcosa … amore forse?
 
Prima di sparire, si voltò e per un attimo rimase lì,
cercando un gesto per dire che era stato un viaggio bellissimo.
 

*leggenda giapponese: 
https://www.tumblr.com/search/leggenda+del+filo+rosso

 Diaryofwriters:

Salve gente!
Eccoci qui con un nuovo capitolo, so Am I Wrong? Di Nico & Vinz , mi pare (?) ora non ho la canzone a portata di mano quindi non so dirvelo per certo.
Comunque, l'avete tutti sicuramente ascoltata quindi bene!
Allora, questo capitolo è meno triste degli scorsi e dei prossimi.
Quindi diteci grazie! Prego!
Allor, volevo comunicarvi che - finalmente - stiamo per aggiornare Teen Beach Movie 2! 
Alleluia, dopo un periodo buio e senza alcun risposta noi torniamo con uno Speciale Natale.
Solo per voi, oh cari lettori!
Se, in caso non avete letto la storia vi invito a leggerla!
Se in caso non ricordate i nomi dei partecipanti, ora ve li ridico.

Auslly e Raura Love -> Dary (Autrice di I LoveYou Forever)
LoScandalo -> Giuly (autrice di questa storia e di Tutti In Francia!)
FantaDJ_CA -> Ale (Autore di Come Hai Potuto? e Everything is magic, we too)
Delfi30 -> Cristy (Autrice di Il Nuovo Team Austin)
Corvi1D -> Sofy (Autrice di You Are My Angel 2 lost paradise e I'm a Vampire, I'm Immortaly, I'm Alone)
Scriverepervivere -> (Che poi sarei io! Autrice di questa e di Ma Le Stelle Quante Sono)
Ringrazio tantissimo il teamEFP che ogni giorno mi fa sentire bene con le tante cavolate che ci raccontiamo, persone che hanno permesso tutto ciò, l'amore per la scrittura e realizzare una fantastica collaborazione.
Non avrei mai immaginato che avrei incontrato delle persone tanto speciali quanto loro sono, e per questo ne sono grata.
Una cosa chiedo per Natale, che il nostro gruppo, non solo di scrittori, non solo di amici, ma anche di una famiglia (strana) diventi più unito che mai, giorno dopo giorno. Vi voglio tanto bene <3

Detto questo, io e Giuly vi auguriamo Buon Natale, che avrete di nuovo tra pochi giorni da parte del gruppo!
Intanto, ce lo fate un regalino?
Recensite in tanti!
Ci si vede dopo Natale, che la gioia riempia i vostri cuori! Gooodbyeee!
Giuly e Mary
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** I will always love you ***



I   will  always  love  you



         
If I should stay
I would only be in your way
So I’ll go, but I know
I’ll think of you every step of the way
Se dovessi rimanere
Finirei solo per intralciare la tua vita
Quindi andrò via, ma io so che
Penserò a te ad ogni passo della mia strada
             
 
 
 



 
And I will always love you
I will always love you
You , my darling, you…
E io ti amerò per sempre
Io ti amerò per sempre
Tu, mio caro, tu…
 


“Nonostante tutto, sono riuscita a sentirti. Devo lasciarti andare?
Sì, però ricorda che ti amerò per sempre”
 
 
 
 
 
E’ tutto buio, non vedo niente. Non saprei neanche individuare l’interruttore della luce.
E’ buio pesto, e io, mi sento sola.
Ma quanto ci impiega Ross a tornare? Avrebbe dovuto rincasare mezz’ora fa, e invece sono ancora qui ad aspettarlo.
Guardo l’orologio, che segna le 19.30. E’ tardi.
Fuori piove, un fulmine squarcia il cielo, illuminando per pochissimi secondi la camera da letto.
Sono seduta sul davanzale della finestra e guardo al di fuori di essa, cercando di scorgere il mio ragazzo. Nulla.
Un altro fulmine taglia il cielo, ma io, non sento niente.
E mi sento inutile.
Davvero, mi sento inutile.
Vorrei sentire il rumore di un tuono, sono curiosa.
Voglio sapere se è cupo o allegro, se è forte o lieve, voglio sapere com’è.
Ross ha provato a descrivermelo, mi ha detto che è un suono rumoroso, prorompente, a volte spaventoso.
Però non è come udirlo. E questo è brutto.
Non solo per quanto riguarda ai suoni, ma anche per relazionarsi con gli altri.
Non riesco ad esprimermi alle persone, non riesco a capire quello che dicono quando parlano troppo veloce.
Finisco sempre per rinunciarci, non ho amici.
A volte mi chiedo ancora come possa un ragazzo come Ross a stare con una come me.
Mi sento isolata dal mondo, come se io non potessi capire quello che mi sta attorno, come se tutto fosse troppo complicato per essere udito dalle mie orecchie.
Ed era come se la mia voce fosse troppo fastidiosa e sgradevole per essere udita.
Era solamente difficile.
Non me la sentivo di indossare degli apparecchi acustici.
Ero nata così? E allora? Non ho intenzione di migliorare un problema che non ha soluzioni.
Molti con il mio handicap hanno imparato a parlare, io no, la mia voce è così lagnosa, e giudico questo tentativo imbarazzante e ridicolo.
Infondo, che importa?
Sarebbe solo un vano tentativo per sentirmi come gli altri.
Ma io non lo sono, non potrei mai esserlo.
La gente comune non potrebbe capire quanta tristezza provo quando Ross rientra in casa e io non mi accorgo di lui, quando mi chiama e io non lo sento, quando mi parla della sua passione, la musica, e io non so cos’è.
O almeno, lo so, ma non so com’è.
Sospiro, e torno a guardare fuori dalla finestra.
Passano più o meno altri 10 minuti, quando poi una mano mi tocca la spalla.
Mi giro di scatto, ma i miei muscoli si rilassano quando mi accorgo che è solo Ross.
Mi sorride, e fa un gesto con la mano per salutarmi, e io ricambio.
Perché non hai acceso la luce?”, gli chiedo, mediante il linguaggio dei segni.
Lui mi risponde: “Un blackout”.
Io annuisco soltanto, per fargli intendere che ho capito.
Poi mi ricordo di dovergli chiedere una cosa: “Come mai hai fatto così tardi?”
“Io e i ragazzi l’abbiamo tirata per le lunghe questa sera”
Già, lui è un direttore d’orchestra, quella sera aveva provato fino alle 20.00 in vista di un concerto. Che io non avrei potuto sentire, ovviamente.
Il mio ragazzo deve aver notato il mio improvviso cambio di umore, perché mi fissa: “Va tutto bene?”
“No, non va tutto bene”
Sembra preoccupato: “ Che succede, Laura?”
“Succede che come al solito non capisco. Che cos’è questa musica, perché la ami così tanto?”
Lui pare rifletterci, per poi sparire in salotto.
Ora si che non lo capisco, proprio come quando eravamo alle prime armi.
 
Flashback:
Io ancora non so cosa ci faccia qui.
Anzi, perché sto ancora frequentando questo tizio?!
Non riusciamo neanche a capirci, come potrà mai funzionare?
Poverino, apprezzo lo sforzo che fa per non farmi pesare il mio handicap, ma a la mala pena sappiamo comunicare.
Mi guardo intorno: mi ha portato ad una mostra d’arte, dove non si deve né sentire, né parlare, ma solo vedere.
E’ stato molto dolce, e devo ammettere che ha avuto un’idea veramente niente male.
L’arte è esprimere le proprie emozioni senza parole, ma solo con i colori, le linee e un po’ di interpretazione.
E’ raccontare una storia, trasmettere un sentimento senza una penna, bensì con il pennello.
Sta a noi decifrare quello che gli artisti ci vogliono comunicare: molti vedono dei semplici colori stesi sulla tela senza un senso preciso.
Portano il paraocchi.
Io, infatti, vedo la psicologia di un pittore, di un umano come noi, che soffre, che gioisce, che si innamora, che rimane deluso.
Il quadro che sto guardando adesso, per esempio, ha lunghe pennellate di grigio, in tutte le sue tonalità.
Dolore, isolamento, inadeguatezza.
Il mio dipinto, insomma.
Do un’occhiata a Ross, che si è soffermato ad osservare un’opera composta da colori vivaci, brillanti, vivi.
Felicità, gioia, spensieratezza.
Sì, lo descrive al meglio, sembra rappresentare il suo animo.
O almeno, per quanto lo conosco, pare essere proprio così.
Dopo qualche istante si avvicina a me, e comincia a parlare.
Io cerco di capire qualcosa dal suo labiale, e da quanto ho potuto capire, mi ha chiesto se mi piace la mostra.
Rispondo con un semplice cenno del capo.
Poi mi pone la fatidica domanda : “Tu non hai mai provato a parlare?”
Bella gatta da pelare, dato che non conosce il linguaggio dei segni, come potrei mai rispondergli.
Mi ricordo di avere con me un pennarello, e mi viene un’idea.
Lo trascino in un posto in cui ci sono poche persone, esco il pennarello dallo zaino e mi avvicino al muro.
Lui mi guarda spaventato, inizia a dirmi qualcosa, ma io non lo capisco, parla troppo in fretta.
Comunque non ci vuole un genio per rendersi conto che è agitato.
Ma a che me ne frega? In questo mondo di gente meschina basta sapere che una persona ha un problema e la tratta con i guanti bianchi.
A quelli come me tutto è concesso. Poveri noi, non siamo come gli altri.
Quanti idioti che popolano questo mondo, quanti che credono di fare la cosa giusta, in realtà fanno quella sbagliata.
E infondo, il mio è solo un modo per rispondere a un ragazzo che altrimenti non mi capirebbe.
Thò, c’ho pure la giustificazione!!
Tolgo il cappuccio all’indelebile, e inizio a scrivere sul muro:
 
“In realtà ho provato a parlare quando ero una bambina, poi ci rinunciai.
Non riuscivo a pronunciare bene le parole, e inoltre la mia voce pareva un sibilo inquietante, spaventoso e angosciante.
Mi stancavo e stancavo le persone che tentavano di insegnarmi, così lasciai semplicemente perdere.
In quel momento decisi che non ci avrei riprovato mai più”
 
Lui mi scruta, serio.
Poi mi stupisce.
Mi prende il pennarello tra le mani e inizia a scrivere:
 
Bhe, eri molto piccola, magari questa volta ci riesci. E poi molti con il tuo stesso problema sanno parlare bene”
 
Gli strappo il pennarello dalle mani.
Sono arrabbiata come non mai, mi vuole spingere a fare una cosa che, ho già deciso, non rifarò più.
Tento di farglielo capire una volta per tutte, scrivendo una sola affermazione:
 
“ Io no!”
 
Sembra aver afferrato il concetto, e io posso finalmente dire di essere sollevata.
Ho conosciuto una sola persona più testarda di lui, e quella, sono io.
Fine flashback
 
Successivamente le cose sono migliorate, da quel giorno riuscì a sempre a sorprendermi.
Lo volta dopo lui riusciva comunicare perfettamente mediante i segni, non potevo che esserne felice.
Perché infondo lui mi piaceva, sarebbe stato un vero peccato mollare tutto così in fretta, senza neanche provarci.
Tutto è andato per il meglio, sono 3 anni che stiamo insieme.
Però quel senso di inadeguatezza e di disagio non mi ha mai abbandonata.
Lui ha una vita da trascorrere in completa tranquillità, con la sua musica e la sua carriera.
E’ come se io non fossi altro che un peso, un ostacolo che gli impedisce di vivere in completa serenità.
Faccio schifo ma, giuro, non lo faccio apposta.
Sento che mi sto perdendo le cose più belle, magari anche quelle semplici, quelle che le persone normali considerano scontate.
Io, per esempio, sto con Ross da tantissimo tempo, eppure, non ho mai sentito la sua voce…
Quanto è triste da 1 a 10? Vi rispondo io, 82.
Non sapete quante volte ho desiderato udire la sua voce, anche una sola parola per pochi secondi.
Mai.
Buio totale, vorrei sapere se è chiara, giuliva, sincera, oppure profonda, calda, sicura.
Vi assicuro che è la cosa che desidero di più al mondo.
Tutto questo flusso di pensieri viene bloccato da Ross, che spunta davanti a me.
Lo guardo stranita, lui sembra sicuro di quello che fa.
Afferra la mia mano e mi accompagna in salotto.
Sui lati del divano ha appoggiato due amplificatori, e mi fa sedere al centro di essi.
Di solito li usa per amplificare il suono della chitarra, non so proprio cosa abbia in mente.
Mi guarda e inizia a “parlarmi”: “Per capire cos’è la musica, dovrai indossare questi” e mi mostra due apparecchi acustici.
Gli lancio un’occhiataccia: “Preferisco rimanere ignorante
“Eddai, fallo per me” mi chiese, con tanto di faccino da cucciolo .
“Uffa, dammi qua” presi gli apparecchi in mano e li misi alle orecchie.
Lui, in tutta risposta, aziona un pulsante, e parte qualcosa che mi fa sobbalzare.
Ross ha alzato al massimo il volume delle casse così che io possa sentire, talmente tanto che tremava pure il divano.
Da quanto potevo sentire, è la voce di una donna, ha una bella voce, calda, e sembra…come si dice? Ah si, cantare.
Ross è alle mie spalle, e lentamente inizia ad accarezzarmi le braccia, fino a raggiungere le mani, le prende e le posa sugli amplificatori, che pulsano da quanto è alta la musica, per capire meglio il ritmo.
E’ lento, incalzante, sento dei suoni non bene identificabili, ma messi insieme, sono così belli.
Il biondo mi si avvicina alle orecchie: <<  Mi senti? >>
Io, in tutta risposta, sobbalzo.
Lo sento, sento la sua voce.
E giuro che è il suono più bello del mondo.
Chiara, forte, profonda, quasi rassicurante, sincera.
Sì, gli si addice.
Sembra avermi letto nel pensiero, quando ho espresso il desiderio di ascoltarlo almeno una volta.
Cos’è, un veggente?
<< Laura, riesci a sentirmi? >> Ross, con una sola frase, mi riporta alla realtà.
Annuisco, e lui continua: <<  Questi che senti si chiamano archi, la donna che canta si chiama Whitney Houston. Il brano si intitola I will always love you. >> parla lentamente, per essere sicuro che io possa capire.
Poi mi lascia andare per potermi concentrare meglio sulla canzone.
Parla di una donna sicuramente innamorata, ma che rischia di intralciare la vita del proprio amato.
Descrive appieno la mia situazione.
Ross mi ha raccontato che desidera diventare un direttore d’orchestra di fama internazionale.
Il fatto è che io glie lo sto impedendo.
No, non posso essere così egoista. Ho preso una decisione.
 
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
 
 
Caro Ross,
amore mio, ti ricordi quando ci siamo incontrati?
Ma si, quando, a causa della tua sbadataggine, hai rischiato di investirmi?
Tu iniziasti a parlare a macchinetta, velocissimamente, e io lì, inerme, incapace di intendere, stavo per scoppiare a ridere solo per la tua espressione, il colorito rosso, gli occhi lucidi, le tue braccia che gesticolavano a destra e a manca.
Mi sembrasti subito un pazzo.
Però, mi affascinasti fin da subito.
In qualche modo, sapevo che tu non eri una di quelle persone meschine che ti trattano come un neonato.
Non sapevi che ero sordomuta, però ti sei scusato lo stesso, a prescindere da ogni cosa.
Tu sei una persona gentile, che non fa distinzioni, non mi tratti mai come una sorda, ma allo stesso tempo non ti dimentichi che lo sono.
Sei coraggioso, perché qualsiasi altra persona non sarebbe stata in grado di reggermi per 3 anni.
Sei buono, perché mi tratti come tutti gli altri, t’incazzi se ti faccio incazzare, mi sgridi se sbaglio, e anche se questo potrebbe sembrare sconveniente e anche poco corretto, invece io ti ringrazio, perché ti sei accorto che sono una persona normale.
Sei giusto, perché non sei opprimente, non sei iperprottettivo verso di me come se fossi una bambina, mi lasci libera,  perché infondo sono capace di intendere e di volere, posso fare tutto quello che voglio, e non mi fermi mai.
Sei normale, e questa è la cosa più importante, perché sei semplicemente tu.
Non uno specializzato, non un tutor, anzi, se vogliamo, sei anche abbastanza imbranato, impacciato, a volte non sai come comportarti quando mi vedi in difficoltà.
E non potevo chiedere di meglio, una persona meravigliosamente imperfetta che ha i suoi limiti.
Ed è proprio per questo che ti amo.
E’ per questo che ti devo lasciare.
Non sei tu il problema qui, sono io.
Si, è la solita frase di tutti film strappalacrime, ma ti assicuro che non c’è niente di più vero.
Perché, ammettilo, io ti sto toppando le ali, non ti permetto di spiccare il volo, non ti lascio vivere come vorresti, perché, nonostante tutto, io sono una diversamente abile.
Odio queste due parole, però è così.
Come posso solo immaginare di vederti in giro per il mondo se devi badare a me.
Ti ho detto di lasciarmi perdere, tu non vuoi.
Allora ho deciso, deciso per tutte e due.
Me ne vado, non so dove, comunque abbastanza lontano per lasciarti vivere.
Ciao, Ross.
 
Poso la lettera sul comodino, Ross dorme beatamente.
Le valigie le ho preparate da una settimana, bene nascoste sotto il letto.
Aspettai che arrivasse il sabato mattina, quando lui si riposa, e si sveglia alle 11.00.
Non vorrei lasciarlo così, mi piacerebbe spiegargli tutto di persona, ma so già che mi fermerebbe.
Quindi non ho altra scelta.
Esco piano dall’appartamento e scendo le scale.
Destinazione: aereoporto.
 
Sai Ross, nonostante la mia sordità, sono riuscita a sentirti comunque.
Molto prima che io indossassi gli apparecchi acustici.
Ogni tuo gesto, ogni tuo sorriso, ogni tua espressione, parlava di te.
E non mi importa se ti ho lasciato andare, e probabilmente ora mi odierai per questo.
Io ti amerò per sempre.
Lo dice anche la canzone, ricordi?
Wow, non credevo che un brano potesse consigliarmi la cose giusta da fare.
Quindi, grazie, musica.
 
 
I hope life treats you kind
And I hope you have all you’ve dreaming of.
And I wish tu you, joy and happiness.
But above all this, I wish you love.
 
 
You, darling, I love you.
I’ll always love you…
Spero che la vita ti tratti con gentilezza
E spero che tu abbia tutto ciò che sognavi
E ti auguro gioia e felicità
Ma soprattutto ti auguro amore
 
Ti amo, mio caro.
Ti amerò per sempre…
 
 
 
 
Note dell’autrice:
Ehilà, festaioli(?).
BUOOOOOOOOOOON NATALE; GENTE!!
Daaaaaai, è meno tragico delle altre volte…..no è!?
Qualche informazione sul capitolo: qui incontriamo una Laura sordomuta, anche se non è messa malissimo.
Dato che vogliamo delle correttezze maniacali nelle nostre storie, ci siamo informate, e abbiamo scoperto che un sordo parziale riesce a sentire con degli apparecchi acustici, quindi…sparateci se sbagliamo.
Tra l’altro ci siamo ispirate a “Tutta colpa di Freud”, anzi, ci sono anche delle frasi dal film, quindi non veniteci a dire “ Ma tu hai copiato tal dei tali” perché ve l’abbiamo detto, e abbiamo cercato di differenziare la vicenda il più possibile, è quel che è.
Detto ciò, alla prossima, e ricordate che recensire è cosa buona e giusta.
Bene, vi abbiamo stufato a sufficienza, quindi….
SAYONARA, BABYS!
Mary e Giuly.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Thinking Out Loud. ***


Thinking Out Loud.
 
 
When your legs don’t work
Like they used before.
And I can’t sweep you off your feet.
Will your mouth still remember the taste of my love,
Will your eyes still smile from your cheeks.
Quando le tue gambe non funzionano più
Come quelle di prima.
E io non posso spazzare via i tuoi piedi
Sarà la tua bocca a ricordare il sapore del mio amore.
Saranno gli occhi ancora sorridenti e le tue guance.
 
 
And darling I will be loving you
till we’re 70
And baby my love could still fall
As hard 23
And I’m thinking about how
People fall in love in mysterious ways,
maybe just the touch of a hand.
Oh me I fall in love with you every single day,
And I just wanna tell you I am …
 
E tesoro, io ti amerò
Fino a quando avremo 70anni.
E baby, il mio cuore potrebbe essere ancora bollente a 23anni.
E io penso a come,
le persone possano innamorarsi in modi misteriosi
forse basta toccare una mano.
Bene, mi innamoro di te ogni giorno
E voglio dirti solo che io …

 
 
 
So honey now,
take me into your loving arms.
Kiss me under the light of a thousand stars.
Place your head on my beating heart.
I’m thinking out loud
Maybe we found love right
Where we are.
Sono così dolce adesso,
prendimi tra le tue amabili braccia,
baciami sotto la luce di mille stelle,
Appoggia la testa sul mio cuore che batte.
Sto pensando ad alta voce.
E forse abbiamo trovato l’amore
Proprio dove siamo.
 
 
"E ora sto pensando ad alta voce, a quanto sia bello ballare con lei"
 

Prima lezione di danza.
Non so perché mia madre insista tanto sul farmi esercitare nei passi a due.
Il fatto è questo, a ventotto anni non puoi ancora farti dire cosa devi fare o non fare da tua madre, chiaro?!
E se sei nella mia stessa situazione, bè credimi, non è bello.
O almeno per me.
Si okay, ci sono ancora i mammoni che si fanno vestire dai propri genitori e non hanno una casa, ma questo lo escludo categoricamente dalla mia portata.
E’ vero anche che ormai sono un uomo, e che sono capace di prendere scelte da solo, ma queste…Dio, che odio.
Il matrimonio era alle porte ormai, i miei genitori continuavano a perfezionare tutti i minimi particolari.
Un mese prima avevano già affittato la location: un meraviglioso hotel a cinque stelle fuori dal centro di New York, dove si poteva ammirarla dalla splendida vista di cui usufruiva esso.
I genitori di Jane, ovvero la mia promessa sposa, si erano occupati della chiesa e delle decorazioni non troppo pacchiane, essendo in un luogo sacro.
Jane era molto tradizionale:
  • Non vedere la sposa con il vestito prima della cerimonia
  • Non dormire nello stesso letto il giorno prima della cerimonia
  • Lo smoking doveva essere nero, in contrasto con il bianco del suo vestito
  • La cravatta ben stirata color blu scuro
  • Il bouquet da polso che dovevo darle appena arrivato all’altare
  • Posso ammazzarmi, ora?
 
Nonostante queste «piccole pressioni» ero felice di doverla sposare.
Si, mi ero convinto che lei era la persona adatta a me, seria ma non troppo.
Arriviamo alla questione “danza” ora.
Si! Sapevate che lo sposo deve concedere un ballo alla madre della sposa? Io l’ho saputo un’ora fa, e ora mi trovo in macchina insieme a mia madre a fare la cosa che mai e poi mai avrei immaginato potesse accadere.
Andare in una scuola di ballo a passo a due.
«Mamma, potresti insegnarmi tu, invece di andare in una scuola» ribattei secco per la centesima volta.
«Sciocchezze..ti divertirai» sorrise entusiasmata.
COSA CASPITA C’ERA DA SORRIDERE?
SPIEGATEMELO!

Nonostante averla pregata anche in aramaico antico, non la riuscii a smuovere.
L’unico piano B che avevo in mente era andare a finire sotto ad una macchina.
Tengo troppo alla mia vita per farlo :)
Così ricorsi al metodo antico dei teenager…mi attaccai al suo braccio e piagnucolai.

«Ti prego ti prego ti prego ti prego, non farmi sembrare uno scemo!»
«Già lo sembri tesoro, se non ti stacchi dal mio braccio che ha perso la sensibilità!»
«Non posso farlo, ne risente la mia dignità!»
«Perché, ne hai ancora una dopo questo spettacolino?»
Vagamente offeso, scesi una volta arrivati, rassegnandomi che non c’era più niente da fare.
«E se andiamo a fare shopping? Tu adori fare shopping…» sorrisi.
«Cammina, Lynch!»
«Sissignora, ai suoi ordini!» entrai e l’odore di piedi mi fece pentire di avere un naso.

Levai la giacca e la mia maglietta a maniche corte bianca mi sembrò un tantino troppo bianca per quel posto.
Insieme ad essa, avevo dei pantaloni neri stretti con una cinta e le scarpe dello stesso colore.
«Ross Shor Lynch, la stavamo aspettando» mi disse una signorina più piccola di me di massimo due anni.
Era minuta, con i capelli ricci e bruni e occhi color cioccolato.
Mi portò in sala, dove potei notare che ogni ragazzo faceva coppia con una partner.
«Mi chiamo Laura, sono l’insegnante, e dal momento che tu non hai una partner sarò io la tua» mi disse sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
«Mi sembra perfetto»
Sapevo di non dover pensare certe cose, ma l’insegnante era davvero bella, e…okay, non uccidetemi!
Laura mise su “thinking out loud” di Ed Sheeran e tutti si misero in posizione.
«Non aver paura, è la prima volta» mi disse prendendomi la mano.
«Okay, testa su, devi guardarmi negli occhi»
Alzai la testa e scontrai i suoi dolci occhi cioccolato, solo allora sentii una fitta alla pancia, mannaggia al pranzo!
Ma forse non era per quello, avendo mangiato tre ore prima.
«Lasciati guidare dalla musica, non ballare con i piedi, bensì col cuore»

Prendemmo a ballare, a me non sembrò più così tanto stupido e imbarazzante, anzi, era divertente e mi rilassava.
Stringevo le mano attorno alla sua vita, e l’altra era nella sua.
Eravamo sempre più affiatati e vicini l’uno dall’altro, quando lei avanzò con il suo ventre verso il mio stomaco, e io annullai del tutto lo spazio rimanente.
Dovetti abbassare la testa per poterla guardare, visto che era almeno quindici o venti centimetri in meno di me.
Scordai che dovevo sposarmi, scordai di avere una fidanzata, in quel momento Laura mi fece amare la cosa che odiai in tutta la mia vita.
Era vero: con la danza si può esprimere qualcosa che a parole non riesci a dire.
Potermi rinnamorare a ventotto anni era come essere di nuovo diciottenni.
Il fatto è che ora non potevo innamorarmi di nuovo, ormai la mia vita aveva un futuro con la ragazza a cui ho chiesto la mano…e forse dovevo aspettare qualche altro giorno prima di comprare l’anello e fare la proposta.

E’ vero, Laura la conoscevo da nemmeno un’ora, ma l’amore è inspiegabile, magari il giorno dopo avrei capito che la volevo come amica, oppure no.
E’ questo il bello, l’amore può stupirti e allo stesso tempo lasciarti con l’amaro in bocca. In questo caso io rinizio ad amare, come a Capodanno inizia un anno nuovo, come quando torni a galla e respiri di nuovo, come apri gli occhi ogni giorno e il tempo vola via.
Tutto è possibile ormai, basta un po’ di coraggio nel rischiare e un pizzico di convinzione.

16:16.
E ora sto pensando ad alta voce, a quanto sia bello ballare con lei.
 

 
When my hair’s all but gone and my memory fades.
And the crowds don’t remember my name
When my hands don’t play the strings the same way, mmh..
I know you will still love me the same.
Quando i miei capelli se ne andranno e quando la mia memoria si dissolverà..
E la folla non ricorderà il mio nome.
Quando non suonerò più le corde allo stesso modo..
So che tu mi amerai ugualmente…
 
 
I’m thinking about how
People fall in love in mysterious ways
Maybe it’s all part of a plan
I just keep on making the same mistakes
Hoping that you’ll understand!
Sto pensando a come
Le persone si innamorino in misteriosi modi
Forse fa tutto parte di un piano
Io vorrei solamente mantenere gli stessi sbagli,
sperando che tu capisca…
 
 
Diaryofwriters:
 
Buon 2015, sperando sia migliore!
Finalmente ci ritroviamo in un nuovo anno, come passa il tempo…
Eccoci tornate con un nuovo capitolo dopo tanto tempo!
Non potevamo non fare un capitolo su questa canzone, che speriamo che tutti l’abbiano ascoltata almeno una volta, perché si…Ed è un fottuto genio.
Il video è fantastico, io l’avrò visto un centinaio di volte pensando a quanto fosse fortunata la ballerina, Dio mio, che culo!
Scrivere questo capitolo è stata un’impresa, perché purtroppo non sono più una “raura shipper” a tutti gli effetti. Nel senso, la coppia non mi fa più impazzire come una volta e gli r5 non li ascolto ormai più.
Quindi scrivere di raura non mi pare molto facile come una volta, ma piano piano ci posso riuscire.
Nonostante questo, continueremo a scrivere qui perché ormai è il nostro forum e sapete…la gente si affeziona e bla bla bla!
Detto questo io e Giuly vi mandiamo un bacione!
Giuly e Mary.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Que hiciste? ***


             Que  hiciste?
 
 
Ayer nos prometimos conquistar el mundo entero
Ayer tu me juraste que este amor seria eterno
Por que una vez equivocarse es suficiente
Para aprender lo que amar sinceramente
Ieri ci siamo promessi di conquistare il mondo inero
Ieri mi hai giurato che questo amore sarebbe stato eterno
Perché sbagliarsi una volta è sufficiente
Per capire cosa significava amare veramente
 
 
Que hiciste hoy destruiste con tu orgullo la esperanza 

Hoy empañaste con tu furia mi mirada Borraste toda nuestra historia con tu rabia
Y confundiste tanto amor que te entregaba 
Con un permiso para si romperme el alma
Che hai fatto?
Oggi hai distrutto con il tuo orgoglio la mia speranza
Oggi hai appannato con la tua furia il mio sguardo

Hai cancellato tutta la nostra storia con la tua rabbia

E hai confuso il tanto amore che ti davo

Con un permesso per strapparmi l’anima
 
 
 
 
“Fino a ieri credevo che avremmo affrontato tutto insieme, e poi hai buttato tutto all’ aria”
 
 
 
                                                                                         Texas , 3 dicembre 1995
 
 
Caro diario,
ammettilo, tu, zitto e innocente, avevi invece capito, andando a rivedere le pagine precendenti, che qualcosa non andava.
Beato te, dotato di perspicacia e arguzia, e maledetta me, che mi sono lasciata manipolare come un giocattolino nelle sue mani.
Era una mattina come tutte le altre, quando io, realizzai di detestarlo. Non so come, però successe, mi bastò vederlo fare il perdigiorno in salotto, oppure avevo finalmente realizzato che non mi aveva mai amata.
Stavo uscendo come al solito per andare a lavoro, lui seduto su una poltrona, a leggere un libro che io, sinceramente, odiai con tutto il mio cuore sin da subito.
Anzi, quel libro lo avrei probabilmente amato alla follia se solo non fosse piaciuto a Ross.
Io odio lui, e di conseguenza, tutte le cose che gli piacciono.
E giuro su Dio che qualche anno fa non mi sarei mai sognata di scrivere queste cose sul suo conto, si, quando erano ancora gli anni ‘80, felici e spensierati vivevamo placidamente nella nostra amata Londra.
Eravamo follemente innamorati: lui, meraviglioso ragazzo americano trasferitosi a Londra con lo scopo di realizzare il suo sogno, intraprendere la carriera di attore teatrale, e io, dolce ed educata londinese- per chi nasce nella città del Big Ben è quasi d’obbligo essere educati- insegnante di teatro e di musica.
Già da questo, dato che tu sei un gran intenditore, avrai capito che Ross si era avvicinato a me con l’unico scopo di garantirsi un posto nel cast dello spettacolo di quell’anno, cioè “Mary Poppins”.
Lui era un fantastico attore, e un po’ per il suo talento, un po’ perché era il mia prediletto, ebbe il ruolo di Bert, l’amico di Mary Poppins.
E sarebbe stato un grande successo, se solo non fossero stati problemi dall’America: il suo adorato paparino aveva una grave malattia.
E, come dico sempre io, puoi sempre togliere un leone dalla savana, se proprio vuoi essere attaccato, ma azzardati a togliere un londinese dalla sua città, e non rivedrai mai il sole.
Ross, senza farselo ripetere due volte, partì per il Texas, portandosi appresso la sua schiavetta, io, che intanto continuavo a lagnarmi come una poppante sul fatto che, avendo una sorella, sarebbe potuta andare lei a soccorrere suo padre.
MA NO, disturbiamo suo figlio minore e la  sua cretina fidanzata nel momento più importante dell’anno. Dio, la rabbia furiosa.
Credo che sia stato da quel famoso 1989 che le cose sono cambiate.
Come in quello stesso anno cadde il muro di Berlino, per me si frantumò tutto l’amore che provavo per lui.
Iniziò a dimostrarsi per quello che era veramente: un’ipocrita di prima categoria.
Iniziammo a parlare sempre di meno, a casa eravamo due estranei.
E non vorrei dire cattiverie, ma era così irritante, mi veniva quasi voglia di mollargli due schiaffi in pieno viso, così imparava a sparare minchiate.
Il mio buon senso, e nonostante tutto, il mio rispetto per lui, mi calmavano prima che potesse accadere qualcosa di veramente disastroso.
Figuratevi che si portava addirittura a casa delle sconosciute, come se non mi conoscesse neanche.
Ma io invece zitta, calma, composta, non ho mai toccato un altro uomo.
Non credere per chissà che cosa, semplicemente non volevo essere usata di nuovo.
Avevo un grandissimo bisogno di fargliela pagare, volevo la mia vendetta.
Mio fratello maggiore, che è sempre stato più pacato e meno impulsivo di me- ma vorrei vederlo io in questa situazione, accidenti, perderebbe le staffe anche lui!- mi ha sempre detto “Occhio per occhio, e il mondo diventerà cieco”.
Lo so che sarebbe una cosa infantile , e alquanto stupida, ma ci devo provare comunque.
E sai che ti dico? Che la vendetta sarebbe inutile, bambinesca e patetica se consistesse nel mettergli un petardo sotto il letto.
Ma non si tratta di questo. Dammi pure della matta, ma questa volta la pagherà.
Eccome se lo farà…
 
Chiusi il mio diario, soddisfatto.
Come d’abitudine, Laura quella sera non c’era.
Scesi le scale e raggiunsi la cucina, aprii un’anta e ne tirai fuori una bottiglia di alcool.
Mi chiesi per l’ennesima volta perché si ostinava a lasciarlo in cucina, in fondo la micietta sa che ho sempre una grande fame.
Mh, peggio per lei. Presi la bottiglia di alcool e la nascosi accuratamente sotto il mio letto, tanto lei dorme sempre fuori.
Aprii il cassetto del comodino, ne tirai fuori il mio vero diario.
Scrivere un diario finto per lei, mio Dio, quanto posso essere geniale?
Ebbene, io, Ross Shor Lynch, sono un gran bastardo.
Apro il mio diario, pieno di appunti per la mia vendetta contro Laura.
 
Punto 1. Fatto.
Imparare l’arte del crimine.
 
Devo ammettere che è stato veramente faticoso a leggere tutti quei libri sulla criminologia, ma è grazie a loro se ho attuato il mio piano per distruggerla.
 
Circa due mesi fa…
La presenza di Laura mi urta da morire.
Davvero, trovo a stento un motivo per non buttarla fuori di casa.
Mi rinfaccia da anni di averle rovinato la vita, ed è mia la colpa se mio padre si è ammalato?
Io non la capisco, se proprio questo le dava fastidio poteva pure lasciarmi, ma no, lei mi ha seguito per sopprimere il vecchio e arricchirsi della sua eredità.
No, non sono io che sono impazzito, lei me l’ha detto chiaramente.
Quella notte era entrata nella camera di ospedale di mio padre, lui dormiva.
Lei, molto silenziosamente, ha iniettato della candeggina nella flebo, e dopo neanche 30 minuti, il signor Lynch se ne era andato.
Lurida cacciatrice di dote.
Credevo che, in fondo, mi amasse ancora, ma quando iniziò a vedersi con altri ragazzi- cosa che mi disse apertamente- ho capito che non c’era più speranza.
A quel punto era troppo tardi per dire tutto alla polizia, sarei finito in carcere anche io per favoreggiamento.
No, ci voleva una cosa che potesse convenire sia a me sia alla giustizia, e che rovinasse irreparabilmente lei.
E a quel punto non mi importava più di tanto morire, l’importante era che lei potesse finire in prigione.
Tho, guarda caso eravamo proprio in Texas, dove c’è il più alto numero di esecuzioni di pena capitale.
Oh, il mio cuore si riempì di gioia come non mai.
Liquidai la mia vittima ormai designata con un semplice:  “Io esco!”, senza specificare il luogo. Destinazione: biblioteca.
Lì trovai numerosi libri che parlavano su come incastrare qualcuno, e compresi due cose importanti: ero troppo legato alla mia vita per uccidermi, soprattutto per una così, e due, sarebbe stato poco soddisfacente ucciderla, tra l’altro mi sarei macchiato di un crimine, e non volevo passare una vita in gattabuia, sarebbe stata l’ennesima volta in cui Laura mi avrebbe rovinato l’eternità.
Quindi l’unico modo per lasciarla con un degno regalino era…incastrala.
Laura Marie Marano, tu non immagini minimamente chi hai di fronte.
 
 
Punto 2.
Trovare il diario della tua amata ragazza.
 
Avrò anche messo a soqquadro l’intera casa- lei non si sarebbe lamentata, dato che non c’era-, ma alla fine ho trovato ciò che cercavo: la sua agenda piena di segreti.
Da quello che appresi da uno dei libri, dovetti, prima di tutto, imparare la sua calligrafia- e grazie a Dio ha scritto tutto in stampato-, successivamente copiare le cose accadute in passato, senza cambiare gli avvenimenti di una virgola- e ciò non mi dispiacque affatto, perché dovetti riprendere per filo e per segno quella pagina in cui raccontava di avere ammazzato mio padre- e infine, modificare tutto, più precisamente da quando le cose tra noi sono cambiate.
Dovetti inventare molto, dato che scrive di rado in questo periodo, ma per me è stato un gioco da ragazzi, essendo scrittore- infatti, la storia di noi due nel mondo del teatro è stata inventata di sana pianta, io ero uno scrittore trasferitosi dal Texas a Londra per inseguire il suo sogno, lei invece era australiana, lì da molto più tempo di me-.
Perché ho inventato tutte quelle scemenze? Semplice, per il mio punto 3.
 
Punto 3.
Inventa una falsa identità per la tua vittima.
 
Ecco, questa è stata la parte più difficile, ammetto che, se ho scelto questa via, è perché avevo le basi per farlo.
Non è vero che è londinese, ha invece origini italiane.
Era nata a Sidney, e Laura Marano è solo un nome d’arte, dato che lei fa l’attrice- un pizzico di verità nella falsità-.
Il suo vero nome era Vanessa Cristaldi, da padre italiano, ovviamente.
Dovevo solo fare in modo che Laura risultasse una truffatrice con doppia identità.
Per questo mi servirono una carta d’identità falsa e riportare il suo nome originale all’anagrafe.
Distrussi la sua attuale carta, e grazie a truffatori esperti, modificai il suo nome- cioè da Laura Marano a Vanessa Cristaldi-, lasciando però tutti i dati così come erano- data di nascita, città…-.
Mi ci vollero un paio di settimane e voilà, Vanessa Cristaldi era di nuovo in circolo e Laura Marano non era altro che un personaggio inventato.
Sostituii la sua carta d’identità attuale con quella falsa, così che, quando glie l’avrebbero chiesta, l’avrebbero colta con le mani nel sacco.
 
 
Punto 4.
Come simulare un omicidio ed elaborare un movente.
 
Mi dovetti concentrare soltanto sulla scena del crimine, dato che il movente era già chiaro come il sole: appropriarsi della mia eredità.
Ho già pianificato come presentare la casa: il tutto si sarebbe svolto nel mio studio.
Mettere a repentaglio la stanza, con i giusti errori che non facessero risultare troppo perfetta la scena.
Dopo di che, prendere una vaschetta e una siringa. Riempire la suddetta con il mio sangue prelevato dalla siringa, per poi gettarlo intorno alla stanza, sul pavimento e sulla poltrona.
Pulire il sangue da terra come farebbe un criminale che ha troppa fretta, e anche dalla pelle della poltrona.
La scientifica avrebbe comunque rilevato la presenza di tracce enigmatiche.
Dopo di che, fare sparire il suo vero diario, cosa che sto facendo ora nel mio giardino, ricoprendolo di alcool per poi dargli fuoco, in modo tale che, se avessero trovato il diario falso e lei avesse negato la veridicità di ciò che c’era scritto, non ci sarebbero state prove che avrebbero confermato la sua versione.
Spensi il fuoco e presi la mia macchina, e mi diressi da un uomo che mi aveva offerto di vedermi una Panda usata senza GPS, per non essere rintracciato quando, la mattina seguente, sarei scappato.
La pagai soltanto cento dollari. Poi andai nella mia auto e abbassai i sedili posteriori.
Avevo provato a stare nel baule e non ci stavo, così per rendere più credibile la cosa, feci un po’ di spazio.
Poi sparsi alcune tracce enigmatiche appena percettibili ad occhio nudo.
Portai la mia auto in un laghetto lì vicino, e cercai di nasconderla grossolanamente con dei cespugli, stando bene attento a non metterli in zone troppo alte, dove Laura non sarebbe mai arrivata, perché troppo piccola.
Tutto ciò con dei guanti in lattice, quelli che lei indossava per lavare i piatti, e sui quali, erano impresse le sue impronte digitali.
Li indossai quindi all’incontrario, per rendere il tutto dannatamente perfetto, facendo presumere alla polizia che avesse troppa fretta per indossare dei guanti.
Lì vicino nascosi alla ben meglio- si fa per dire- un sacco, sporco anche lui del mio sangue, delle mie stesse dimensioni, come a far capire che il mio corpo morto fosse stato trasportato all’interno di esso.
Il pezzo forte arriverà però domani.
Ci rivediamo all’inferno, Laura…
 
Il giorno dopo…
Laura è logicamente già uscita.
Mi assicurai che tutta questa messa in scena accadesse giovedì, quando lei Corpus Christi al mare da sola, e nessuno può confermalo, dato che si ferma sempre in un pezzo di spiaggia deserta, odia il trambusto.
Appena uscì, entrai in azione.
Distrussi la stanza, eliminai la vaschetta e la siringa bruciandole. Posi delicatamente il diario finto fra la legna da ardere vicino al camino.
Poi salii in macchina senza bagaglio alcuno, o avrebbero capito che non andava qualcosa. Ero vestito del mio pigiama, l’unica cosa che mi portai appresso furono un taglierino, occhiali da sole, cappello e un po’ di soldi.
Avrei alloggiato in un motel prima di fare il grande passo.
 
 
Cinque mesi dopo…
Sono seduto su questo sudicio divano mentre ascolto le notizie dell’ultima ora.
Ed è ancora misteriosa la scomparsa dello scrittore Ross Shor Lynch, indagata la sua compagna Laura Marano per presunto omicidio” dice la giornalista alla televisione.
<< E’ stata lei  >> riferisco io allo schermo, come se fosse vero.
Dalla sua carta d’identità, la ragazza risulterebbe essere sotto falsa identità, e che in realtà si chiami Vanessa Cristaldi.
Si sospetta quindi che sia una truffatrice e che abbia ucciso il famoso scrittore per appropriarsi dei suoi soldi e della cospicua eredità che lasciò il padre a Lynch quando morì.
Nel diario di Laura che hanno trovato gli agenti di polizia, è presente una confessione altrettanto scioccante: è stata lei ad uccidere il padre di Ross in modo tale di entrare in possesso del denaro. Restava solo il povero scrittore, e così l’ha fatto: ha fatto fuori anche lui, così che, l’eredità del ragazzo diventasse sua, anche se non sposati, sarebbe passata di diritto a lei.”continuò la signora.
<<  Brava, è proprio così >> rise Lynch, contento che tutte le colpe ricadessero proprio su di lei.
Non si sa ancora come sia stata uccisa la vittima, si presuppone che l’arma del delitto sia nello stesso luogo dove giace la vittima
<< Esattamente bambola, che mi uccidano se non è vero…ah no, è vero, io sono già morto!!  >>risi, risi ancora come un matto.
 
 
 
Tre mesi dopo…
“ Vanessa Cristaldi, alias Laura Marano, è dichiarata in arresto per l’omicidio del suo ragazzo, Ross Shor Lynch”
<<  Oh, non puoi neanche immaginare che gioia che provo nel saperlo…>>
“ La giovane è stata condannata all’ergastolo, per truffa, falsa identità, duplice omicidio e occultamento del cadavere.
Tutt’ora si sta cercando di rintracciare l’auto di Lynch con la quale, si presume, sia stato trasportato il suo cadavere”
<<  Davvero, non esiste polizia più imbecille…basterebbe rintracciare il GPS della macchina, ma ok, complicatevi pure la vita…>>
Non avrei dato la soddisfazione a quella strega di trovarmi morto.
No, prima di andarmene, passai di lì e bruciai uno di quegli scheletri da laboratorio di scienze, sul quale non avrebbero potuto fare un’autopsia, perché completamente carbonizzato.
 
Dopo 2 settimane…
Laura era in prigione a tutti gli effetti.
Quei poliziotti hanno trovato la presunta scena del crimine e hanno archiviato il caso.
E a me non rimane altro che rendermi irriconoscibile.
Sono settimane che mangio porcherie e schifezze per prendere qualche chilo in più, e in effetti funziona, il mio viso è decisamente più rotondo, il mio fisico statuario si sta via via rammollendo, dato che sono otto mesi e tre settimane che non mi muovo da questo bunker.
Prendo la scatola della tinta dall’armadietto e mi applico il colore sui capelli.
Addio chioma dorata, benvenuti capelli corvini.
Mi guardai allo specchio.
Accidenti, ora si che non mi riconoscevo più, con i capelli un po’ più lunghi, tinti e con la faccia da lottatore di sumo non ero io.
Però mi sta bene, una volta arrivato a destinazione, Mosca, riprenderò la mia vita, sotto il nome di Demitri Kuznestov, russo, nato a San Pietroburgo il 31 dicembre 1970, la notte in cui tutto cambia e in cui la vita ricomincia.
 
E infine, dopo 4 anni…
Ho ricominciato a Mosca. Fortunatamente ho studiato russo, ora sono perfettamente in grado di cavarmela.
La mia forma e il mio aspetto sono tornati come prima, con l’unica differenza che ho ancora i capelli neri e la barba.
Laura è ancora in prigione a marcire, e io sono qui, lavoro come giornalista e vivo in un bellissimo appartamento in centro.
Non mi pento neanche un secondo di quello che ho fatto, ormai la vita insieme a lei non aveva più senso, quell’amore non aveva più senso.
Ci stavamo prendendo in giro, manipolando e usando, per portare avanti una farsa interminabile.
Ho messo io fine a quella serie di inganni, non ne potevo più.
Questa è quella che si chiama convivenza”mi disse una volta quella serpe.
Per me non era altro che una gabbia, dalla quale sono uscito in grande stile, morendo e riapparendo in un altro paese.
Si ricorre a questi metodi, quando l’amore è bugiardo.
 
 
A volte ho immaginato di aprire la testa di Laura e srotolarle il suo cervello in cerca di risposte alle domande principali della nostra relazione:
 
“A cosa pensi?”
“Come ti senti?”
 
 
“Che cosa ci siamo fatti?”
 
 
 
Qué hiciste?
 nos obligaste a destruir las madrugadas

Y nuestras noches las borraron tus palabras

Mis ilusiones se acabaron con tus farsas

Se te olvidó que era el amor lo que importaba 

Y con tus manos derrumbaste nuestra casa
Che hai fatto?
Ci hai costretti a distruggere le prime ore del mattino

E le tue parole hanno cancellato le nostre notti

Le mie illusioni sono finite con le tue finzioni

Ti sei dimenticato che l’amore era ciò che importava

E hai distrutto la nostra casa con le tue stessi mani
 
 
 
Note autrici:
…E NON GUARDATECI COSì, NEH!!!
Lo dice anche il proverbio: l’amore non è bello se non litigarello.
Vabbe, qui un po’ troppo litigarello, ma lasciamo perdere.
Qui vediamo una Laura molto diversa da come ce la presentano dal solito, quindi se siete scioccati…eh…abituatevi. E un Ross con forti turbe psichiche.
Ci teniamo precisare che Laura Marano è il suo nome, niente nome d’arte, era per il capitolo, quindi non andate a cercare, perché tanto era solo per la fic.
E poi, anche qui ci siamo ispirate a un libro: “Gone Girl”, in italiano “L’amore bugiardo”, del quale c’è anche il film.
L’ultima frase scritta è estratta da quel libro, mi sembrava adatta al momento. Tra l’altro ci sono tante differenze, quindi non è uguale, non potete spararci.
Per il resto, vi auguriamo buona Epifania e ci rivediamo al prossimo capitolo.
Mary e Giuly
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** The Hanging Tree. ***


The Hanging Tree.
 
 
Are u, are u … coming to the tree?
They strung up a man,
they say who murdered three.
Strange things did happened here,
no stranger would it be.
If we met at midnight,
in the Haning Tree.
Verrai, verrai … all’albero verrai?
a cui loro hanno appeso un uomo che tre ne ha uccise, o pare?
Strani eventi qui si sono verificati,
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo
all’Albero degli Impiccati.
 
Are u, are u … coming to the tree?
Where dead man called out,
for his love to flee.
Strange things did happened here,
no stranger would it be.
If we met at midnight,
in the Hanging Tree.
Verrai, verrai … all’albero verrai?
Là dove il morto implorò
L’amor suo di scappare
Strani eventi si sono verificati qui,
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo,
all’Albero degli Impiccati.
 
Are u, are u … coming to the tree?
Where I told you to run,
so we’re both be free.
Strange things did happened here,
no strange would it be.
If we met at midnight,
in the Hanging Tree.
 
Verrai, verrai … all’albero verrai?
Dove ti dissi
“Corri se ci vuoi liberare …”
Strani eventi si sono verificati qui,
e nessuno mai verrebbe a curiosare,
se a mezzanotte ci incontrassimo,
all’Albero degli Impiccati.

 
 
Are u, are u … coming to the tree?
Wear a necklace of rope,
side by side with me.
Are u, are u .. coming to the tree?
Where I told you to run,
so we’re both be free.
 
Verrai, verrai … all’albero verrai?
Con addosso una collana di corda,
insieme a dondolare.
Verrai, verrai … all’albero verrai?
Dove ti dissi
“Corri se ci vuoi liberare …”

 
 
Where dead man called out …
for his Love to flee.
Dove il morto implorò,
l’amor suo di scappare …
 

“Doneremo la nostra liberà a persone innocenti. E’ meglio cadere in frantumi, che raccogliere i pezzi.”
 
*******SPOILER ALLERT: per chi non ha visto il Canto della Rivolta PARTE UNO******



«Vuoi per caso scherzare?» la voce di Laura risuonò per tutto il Distretto 12.
L’eco che si formò riempì il silenzio che prima aveva impadronito la ‘città’ ormai in frantumi.
Haymitch spostò lo sguardo su di lei, e protese la mano.
«Sapevo di non doverti portare qui …» sussurrò.
La sua faccia era sporca, i vestiti altrettanto. Sembrava avesse lottato contro le macerie, ed era così infatti.
I capelli biondi che gli arrivavano alle spalle erano bagnati, sudati.
Gli occhi erano distrutti, non dormiva da tanto.
«E volevi nascondermi tutto questo? Non credi lo sarei venuta a sapere lo stesso?» chiese la ragazza, anch’essa piena di ferite sulle braccia e sul collo, con i capelli sudati, raccolti in una ‘specie’ di coda.
«Dopo gli ultimi Hunger Games, la faccenda è peggiorata. Credevano fossi morta, lo credevo anch’io. Il Distretto 12 ormai era distrutto anche a livello psicologico. La verità è che … Capitol City è più forte ormai, non possiamo fare più niente, se non arrenderci» l’aveva detto con la voce rotta, spezzata, piegata in due. Nemmeno lui ci credeva che stava pronunciando medesime parole.
«Sapevano tutti che la relazione tra te e Ross, insieme al bambino, era una balla»
Laura tremava. Non sapeva che dire.
«Cosa mi dici di Cinna?» sussurrò a bassa voce, non voleva aprire l’argomento su Ross, avrebbe fatto troppo male.
Dov’era? Probabilmente, come tutti pensavano, era nell’altro mondo, morto.
«Cinna è stato ucciso davanti ai tuoi occhi. Non era una messa in scena, era vero. L’hanno ucciso 20 secondi prima che iniziassero gli Hunger Games, per farti soffrire, per buttarti fuori il prima possibile, sapevano che non ti saresti concentrata ganchè»
«Eppure …» continuò lui.
Laura si buttò sulle ginocchia, le mani sulla faccia.
Piangeva. La vista di tutte le macerie che aveva davanti e le ossa putrefatte le spezzavano il cuore, e, il fatto ormai di aver perso tutti – tutti – la mandava in frantumi.
 
 
 
Heymitch entrò nella sala ospitante del Distretto 13, dopo aver accompagnato Laura a mangiare qualcosa.
Si sedette sulla sedia nera di pelle girevole e si mise a fissare Effie, Alma e Plutarch.
«E’ andata male?» sentenziò Plutarch, sbattendo il piede ripetutamente sul pavimento.
«Non è in grado di reggere, non lo sarà mai. I giochi l’hanno distrutta» Alma l’aveva guardato negli occhi, una frecciatina, niente di che, eppure con così tanta amerezza.
«Dobbiamo unire tutta la gente. Lei è il volto di questa ribellione, e la seguiranno» ribatté Plutarch spazientito e assai stranito dall’occhiatina di Alma.
Quindi, si mise a sedere più comodamente e guardò Effie.
«Non sarà mai in grado di..» Effie giocherellava con un pezzo di stoffa che ricadeva dal suo vestito grigio cenere.
«Balle!» l’aveva interrotta Heymitch. «Se dobbiamo salvarci, lei è quella che dovrà gettare l’ancora. Se rivuole Ross indietro, con sé anche il Distretto 12»
«Ross … Ross è morto, Heymitch! Come il distretto 12! Capitol City ha già vinto dall’inizio» Alma era spazientita.
«E con loro portano le nostre macerie, cercando di rialzarci! Arrenderci, è tutto quello che dobbiamo fare. Il Presidente ha vinto, per quanto sia odioso dirlo»
Plutarch prese una carta, un foglio. Un foglio che sembrava una lettera. Lo aprì. Sentiva gli occhi puntati su di lui.
«Ogni riferimento alla Ghiandaia Imitatrice è proibito» aveva letto lentamente.
«Il Presidente Snow» continuò richiudendo il pezzo di carta.
«Basta. Lei deve parlare con lui» Detto ciò, Heymitch si dissolse dalla sala con una rapida camminata.
Arrivò nella sala da pranzo, dove Laura sedeva pensierosa su una delle sedie grigie. Il suo sguardo era metallico, privo di emozioni specifiche.
Era follia? Era dolore?
Era distruzione, si continuò a dire. Quel continuo sgretolarsi che lo rendeva nervoso, quello sguardo di cenere che moriva ad ogni notizia data.
Lo schermo della Tv era acceso, ci mise poco a mettere a fuoco che era  Caesar a parlare. Vicino a lui si poteva notare un braccio, rivestito da una manica bianco latte.

«C’è stato un montare di speculazione su ciò che è realmente accaduto nell’edizione della memoria. E per aiutarci a far luce sulla vicenda, abbiamo un ospite davvero speciale … diamo il benvenuto al Signor Ross Lynch» aveva annunciato e poi inquadrato Ross.
Era cambiato. Era spaventoso.
La sua faccia era priva di espressione, lo sguardo metallico diretto alla telecamera e a Caesar faceva paura.
Il viso era perennemente dimagrito, si potevano ben vedere gli zigomi appuntiti che delimitavano la sua guancia.
Indossava un vestito bianco, la gamba era accavallata a quella opposta.
Era l’arma di Capitol City.
Fu Laura, ad alzarsi lentamente, con gli occhi spalancati e la bocca asciutta.
Era incredula, come tutte le persone che erano in quella sala.
Ross era vivo.
«Quindi, facci capire davvero cos’è successo in quell’ultima e dolorosa notte» continuò Caesar.
Ross trasalì. «Prima di tutto si deve capire che durante gli Hunger Games tu hai soltanto un desiderio. Che costa molto caro …» aveva detto.
«Sei vivo …» sussurrò Laura con le lacrime agli occhi. Ora era davanti allo schermo.
«Laura…LAURA» l’aveva presa per il braccio Heymitch per portarla via.
«E’ VIVO! TU NON CAPISCI E’ VIVO!» si dimenò Laura.
«Che cosa gli hanno fatto?!» aveva continuato in lacrime.
Heymitch la portò via.
L’ultima frase che riuscì a sentire fu:
«Voglio che chi ci sta guardando, deponga subito le armi»

* * * 
 
«Dobbiamo portarlo via di lì, voi non capite!» urlò lei in preda ad un attacco di panico. Alma e Effie la guardavano incredule.
«Laura…Laura devi ascoltarci ora» sussurrò Plutarch cercandola di calmare
«Dobbiamo collegarti in linea con Snow. Dovete parlare»
«No! Se non liberate Ross…trovatevi pure un’altra Ghiandaia Imitatrice!»
«Laura…è per il suo bene, e il tuo» intervenne Effie dolcemente.
«Chiamatemelo» fu l’ultima parola pronunciata da lei.
 

«Oh, Signorina Marano … aspettavo una suo chiamata» il sorriso ironico del Presidente era irritabile.
«Ebbene, eccomi» sbattè i pugni sulla cattedra e si scostò.
«Abbiamo pensato..» continuò.
«Il pensiero collettivo ha la vita breve» aveva detto lui, sogghignando.
«Avevo pensato, che le facesse piacere sentirmi»
Lui rise di gusto.
«Mi senta. Io non ho mai voluto tutto questo. Non volevo far parte dei giochi. Volevo salvare mia sorella, e che Ross stesse con me»
«Marano … sono le cose più belle, a distruggerci»
«I nostri antenati non mi sembrano qualcosa di cui vantarsi granché. Basta guardare lo stato in cui ci hanno lasciati, con le guerre e il pianeta in rovinA. È evidente che non gli importava di quello che sarebbe successo a chi sarebbe venuto dopo di loro. Ma questa idea della repubblica suona come un miglioramento rispetto al nostro attuale governo» Disse Laura.
«Ebbene, corri se vuoi liberare i tuoi amichetti»
«Io sono la ghiandaia di Cinna, che vola frenetica per evitare l’inevitabile. Le piume di fuoco che mi spuntano dal corpo. Battere le ali non fa che attirare l’incendio. Mi consumo, ma invano. E tu non potrai mai distruggermi»
«L’ho già fatto» divenne serio.
«No! Un giorno dovrò spiegare i miei incubi. Perché sono venuti, e perché non se ne andranno mai del tutto. Dirò loro come li supero. Dirò loro che nelle mattine brutte, mi sembra impossibile trarre piacere da qualcosa perché temo che possano portarmelo via. E che in quei momenti faccio mentalmente un elenco di ogni atto di bontà che ho visto fare. E’ come un gioco. Ripetitivo. Persino un po’ noioso, ma esistono giochi molto peggiori a cui giocare»
Laura lo guardò, stava per dire qualcosa, ne era certa.
La linea cascò, e si trovò in un impercettibile vuoto. La sua vita stava andando lentamente da nessuna parte.
 

«Devi fare buona impressione. Questo messaggio sarà mandato a Snow. Tu sei la nostra arma, come Ross lo è per Capitol City»
L’ingresso al Distretto 8 fu un colpo al cuore per Laura.
Appena entrò gli occhi si spostarono su di lei.
Persone che si stavano facendo medicare, feriti, bambini senza una mamma …
C’era un odore di bruciato e di morte mischiati assieme. Il silenzio era regnante e Laura non sapeva cosa dire. Si portò la mano sulla bocca incredula a ciò che vedeva.
«Tu sei Laura Marano» la indicò una ragazza, che ritrasse il braccio ferito dal dolore.
«Cosa ci fai qui?»
«Sono venuta per il sostegno»
Heymitch era alle sue spalle, riprendeva tutto.

«Questa Rivolta riguarda tutti noi. Tutto quello che sta succedendo è contro di noi. Capitol City ha ormai attaccato ben cinque distretti, tra qui il vostro. Noi dobbiamo far vedere chi siamo, se valiamo e come ci vendichiamo. Siamo ben forti per farlo, ma siamo troppo vigliacchi per dimostrarlo. Bè, il Presidente non vuole una Ghiandaia Imitatrice nella sua città, ma io ci sono, io esisto e io sono pronta per combattere contro loro. Contro l’ingiustizia che si sta riversando a noi, innocenti persone. Contro gli Hunger Games. Contro la Legge del governo. Ebbene, se uno deve patire dolore, noi, come patria unita, lo patiremo insieme, lo supereremo e lo sconfiggeremo. Doneremo la nostra vita a persone innocenti, perché siamo onesti quanto spaventati a quello che sta accadendo. Ed io con voi»
Aveva alzato la mano, con le tre dita all’insù.
«Combatterai Laura? Combatterai con noi?» le chiese un ragazzo.
«Io combatterò con voi»
Le persone si erano alzate, malgrado lo stato pietoso di alcuni. Alzarono le tre dita centrali.
Laura si girò verso Heymitch.
«Ho un messaggio importante per Snow: se noi bruciamo, voi bruciate con noi»
 
 * * * 
Flashback ...

L’aria era pura, e il rumore del ruscello si poteva distinguere tra i vari suoni della natura.
Laura era accigliata a guardare le onde, mentre Ross le stava dietro e la osservava. Poteva essere così pacifica e allo stesso tempo distruttiva?
Il suo respiro si poteva sentire, era forte, era irregolare. Forse per via della corsa avvenuta minuti prima.
Ross le si avvicinò, piano.
Guardò lei e poi il ruscello. Poi di nuovo la ragazza.
Esitò. «Tu mi ami, vero o falso?»
«Vero» aveva sussurrato senza guardarlo.

 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Colors of the wind ***


           Colors  of  the  wind
 
 
You think you own whatever land you land on
The Earth is just a dead thing you can claim
But I know every rock and tree and creature
Has a life, has a spirit, has a name
Tu pensi che ogni cosa ti appartenga
La terra o il paese dove vai
Ma sappi invece che ogni cosa al mondo
E’ come te, ha uno spirito e un perchè
Have you ever heard the wolf cry to the blue corn moon
Or asked the grinning bobcat why he grinned?
Can you sing with all the voices of the mountains?
Can you paint with all the colors of the wind?
Hai mai sentito il lupo che ulula alla luna blu
Hai mai chiesto alla lince perché sorride?
Sai cantare come cantan le montagne?
E pitturare il vento con i suoi color?
 
 
“Solo se rispetterai la vita, Rosy, scoprirai le tante cose che non sai”
 
 
                                                                                      Los Angeles, anno 1979
 
 
Una donna di una ventina di anni, con in braccio una bambina di cinque anni, piangeva.
Era in piedi, in mezzo a una pista di atterraggio, mentre suo marito, un uomo alto e fiero, caricava i propri bagagli su un aereo.
Destinazione, Afghanistan .
Appena ebbe finito, si avvicinò alla moglie, con un sorriso rassicurante in volto.
<<  Starò via solo per cinque anni…  >>
<<  Ti sembrano pochi?  >> lo ribeccò l’altra.
<<  No, ma l’importante è che tornerò  >>
<<  E Rosy!?  >>
<<  Non lo so, Laura…  >>
<<  Lei ha bisogno di te, Ross!!  >>
<<  Anche dove sto andando io hanno bisogno di me!  >>
Dopo un attimo di silenzio, l’uomo riprese:<<  Le scriverò ogni anno, non è come avere una persona d’avanti, ma è un inizio>>
Poi si mise a frugare nella tasca dei pantaloni e le porse una lettera:<< Ti prego, tienila, custodiscila e dalla a Rosy solo nel caso in cui…io non ce la facessi, ecco  >>
Laura prese la busta fra le mani, le guance ancora bagnate dalle lacrime.
<<  Mi mancherai  >> gli disse.
<<  Anche tu mancherai a me, musona!  >>
<<  LYNCH, E’ ORA DI PARTIRE!  >> urlò a un certo punto il capitano.
<<  Ciao Laura  >>
Detto ciò, salì sull’aereo, lasciando una Laura sull’orlo della disperazione.
Quando l’aereo partì, riuscì solamente a dire:<< Ciao, Ross >>
 
 
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
 
                                                                                     Afghanistan, anno 1980
 
 
<< Come va, Arnold?>> chiese Ross a un vecchio soldato, aiutandolo a camminare.
<< Come vuoi che vada, ragazzo mio? Un catorcio come me in guerra? Secondo me quei pazzi hanno fatto un errore di calcolo!>> rispose un uomo sulla sessantina.
Il biondo, di tutta risposta, si mise a ridere: <<  Hai riportato alla base molti civili feriti, non direi che non sei servito a niente…e siediti, che ti medico la ferita…>>
<<  Sei qualificato, almeno? >>
<<  Se non lo fossi non sarei un dottore… >>
<<  Era per accertarsi… >>
Il più giovane roteò gli occhi, cogliendo subito il punto critico del paziente:<< Arnold, piuttosto, non è che hai paura della puntura? >>
L’altro deglutì:<< Ehm…no…>>
Ross sorrise, benevolo:<< Non lo dirò a nessuno >> detto questo, prese la puntura e si posizionò su uno sgabello.
Un altro uomo, che intanto stava fasciando il braccio di un bambino, gli disse:<<  Ehi, Lynch, fai gli auguri a tua figlia!  >>
<< Lo farò! Le scrivo una lettera stasera >>
<< Niente bambole et simiglia? >>
<< Mi sembrerebbe un po’ difficile inviargliela da qui. >>
E scoppiarono a ridere.
Bhe, sempre meglio che piangere, no?
 
Ross si mise a sedere, accese la lampada e cominciò a scrivere:
 
 
Hey, Rosy!
Hai quasi sei anni, e stai per cominciare le elementari!
Ti scrivo questa lettera in vista del tuo compleanno.
Stai crescendo, bambina mia, e non sai quanto vorrei essere lì con te, ma purtroppo le persone, qui, hanno bisogno del mio aiuto.
E’ un bel mestiere, quello del medico: puoi aiutare tanta gente, dal semplice raffreddore a ferite più gravi.
Sai, a differenza di Los Angeles, qui la città è, come dire, più turbolenta.
Molto, molto turbolenta.
E pericolosa.
Tu non devi mai cadere nella cattiveria, e devi stare attenta, perché essa non è in posti specifici, è ovunque.
Una volta uno scrittore disse : “La guerra c’è dove l’amore non basta”
E ti svelerò un segreto.
La guerra non è solo quella battaglia fra due popoli, combattuta con le armi.
Offendere le persone, trattare male il tuo prossimo, ecco, anche quella è guerra.
Perché questa non risolve mai niente, sappilo: porta dolore, porta sofferenza, porta odio.
E l’odio rovina l’amore, lo distrugge, senza pietà.
Tocca a noi ad aiutare quest’ultimo, a farlo trionfare, allora sì che diventa la cosa più potente al mondo, e vince contro ogni male.
Siamo noi che dobbiamo portare l’amore, solo così potremo vincere la guerra contro noi stessi.
Dai amore a chi ti sta vicino, e verrai ricambiata.
Questo vale per ogni persona al mondo.
Per te, per tua madre, e anche per me.
L’amore è il motore che porta avanti la nostra vita, e che riesce a sconfiggere l’odio.
Non dimenticarlo mai, ok?
Ti saluto, piccola, e tanti auguri di buon complenno.
Papà
P.S.: Un mio amico ti fa gli auguri!
 
Chiuse la lettera e la mise dentro una busta. La diede all’addetto alla posta in modo tale da farla arrivare in America. Dopo di che, si mise a dormire.
 
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-          
 
                                                                                 Afghanistan, anno 1982
 
 
 
Rosy, piccola, hai già otto anni!
Cresci proprio a vista d’occhio.
Ho ricevuto le tue lettere, il fatto è che non ho mai potuto rispondere.
Qui le cose peggiorano soltanto…non tanto per la guerra, quella l’abbiamo sotto controllo, quanto per tante, tantissime vite umane stroncate per colpa di questo conflitto.
Non si capisce più niente, hanno perso la concezione della parola “vita”.
Qualunque persona faccia parte dell’altro gruppo deve essere uccisa.
Io invece, non la penso così.
Quando un uomo è in pericolo, c’è poco a cui pensare, e bisogna farsi avanti.
Perché in fondo, la sola colpa di quella persona è avere la divisa di un altro colore.
Anche lui ha una famiglia, anche lui ha dei figli a cui vuole bene.
Ecco vedi, io ho fatto una cosa che forse non era la più giusta dal punto di vista bellico, ma era sicuramente la più azzeccata dal punto di vista umano.
Ho salvato un soldato russo.
Si, ce ne è voluto di coraggio.
Stavamo perlustrando il campo di battaglia, in cerca di soldati americani feriti, e l’ho trovato.
Poveraccio, messo malissimo, la divisa praticamente rossa di sangue.
L’ho riportato alla base furtivamente e l’ho curato di nascosto.
Perché infondo è questo che facciamo noi medici: salviamo vite umane.
E poco importa se inglesi, russi, francesi, italiani o russi, tutti gli uomini hanno il diritto di vivere, di essere liberi, avere integrità della propria persona, essere uguali davanti alla legge.
Le persone sono diverse solo caratterialmente parlando.
Ma per il resto, nessuno nasce diverso o sbagliato.
Tutti a questo mondo abbiamo due occhi, un naso, una bocca, abbiamo dei piedi e anche delle mani.
E cosa più importante, abbiamo un cuore che palpita allo stesso modo.
Perché, è vero, fuori potremmo anche non essere uguali, ma dentro, nel profondo, non siamo poi così diversi.
C’è chi dice che non è così, tu non devi ascoltarli.
Cosa possono saperne loro?
Non si fidano solamente di ciò che non si sanno spiegare.
Nessuno gli ha insegnato che noi siamo belli a modo nostro, con i nostri sentimenti che un giorno porteremo in giro per tutto il mondo, per rischiarare il buio che oscura il cuore di ognuno di noi.
Un giorno lo capiranno Rosy, io lo so…
Ora mi tocca andare, il russo reclama cibo :).
Un grande bacio!
Papà.
 
Sospirando, si girò verso il giovane soldato: avrà avuto non più di diciotto anni, tutta la vita ancora da vivere, se l’avesse lasciato su quel campo a morire non se lo sarebbe mai perdonato.
Non parlava un inglese perfetto, anzi, aveva un forte accento russo.
Ma almeno si capivano.
<<  Non puoi stare a digiuno, devi rimetterti…per oggi mangerai il mio pranzo >>
Quello sgranò i due occhi color del ghiaccio, e si affrettò a rifiutare, con quel poco inglese che sapeva: << Ehm…no no no no, cioè io…non serve, davvero…>>
Il medico si mise a ridere:<<  Ma come fa uno come te ad andare in guerra? Ti comporti ancora come un ragazzino, senza offesa>>
L’altro arrossì e abbassò lo sguardo:<< Deystvitel’no ya…cioè, volevo dire, in effetti io sono molto giovane e non tanto esperto in materia…ma ho una buona…mira? Si dice così? Bhe, mi hanno reclutato per von tot..si, insomma, per quello…>>
<< …vado a prenderti la minestra, tu non muoverti, eh! >> detto questo, Ross piegò la lettera e la mise in una busta, e si diresse alla volta dell’ufficio postale, in cui il suo amico Jack, un ragazzo di qualche anno più giovane di lui, dai capelli ricci e castani e il sorriso gentile, si occupava dello smistamento. Si avvicinò al ragazzo, e cercando una scusa adatta, cominciò a parlare:<<  Senti Jack, ti vorrei chiedere un favore…>>
<<  Dimmi pure. >> fece l’altro, continuando il suo lavoro.
<<  Ecco, vorrei che il capitano non leggesse questa lettera, sai, è molto personale e… >> il giovane era davvero in difficoltà.
Sul viso di Jack si dipinse in ghigno sghembo :<<  Non preoccuparti, passerà inosservata. >> prese in mano la busta.
<< Grazie, sei il migliore >> si girò verso la porta.
Stava per varcare la porta, quando Jack, con tono sardonico, aggiunse: << Salutami il russo, mi raccomando >>
Ross in quel momento non sapeva davvero a cosa pensare, forse solo al fatto di trovarsi sì in guerra, ma tra un gruppo di amici che lo riuscivano a capire e sostenerlo. Come una famiglia.
Senza neanche accorgersene, si ritrovò a sorridere.
 
 
 
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
 
                                                                Los Angeles, anno 1982
 
Era un pomeriggio soleggiato nella città americana. In apparenza, un giorno come tanti.
Quel sabato dell’ undici di agosto, però, era un giorno molto speciale: la piccola Rosy compiva gli anni.
Mentre la bambina giocava in giardino con i suoi amichetti, la madre, Laura, prendeva il tè con le sue amiche sotto il gazebo.
La conversazione delle tre donne cambiava argomento ogni 5 minuti: dalla moda, alla cucina, alla musica, ai figli.
E, dai figli, ai mariti.
 
<<  Mio marito è una tale lagna! Non si alza mai dal divano, non va a prendere Timmy a calcetto, che cosa dovrei fare io? Battergli le mani, dirgli che sta facendo un buon lavoro? >> si continuava a lamentare Olivia, una piccola donnina dai capelli color dell’ebano e occhi neri.
<<  Per così poco? Il mio neanche mi prende in considerazione, se non per portarmi a letto. Tu guarda che animale >> a ribattere era stata Audrey, una dolce ragazza dai lineamenti delicati, ma dai modi di fare un po’ bruschi.
Mentre le altre si mettevano a discutere animatamente, Laura, la padrona di casa nonché moglie del medico di guerra Ross Lynch, iniziava a sentirsi a disagio: sin da quando era piccola, era stata lei a prendersi cura di Rosy, da sola e senza l’aiuto di nessuno, e con tutti gli anni in cui era stato via, ormai non se lo ricordava neanche com’era avere un marito.
Inoltre, ripensando ai momenti “felici”, non le sembrava che Ross le desse tanto fastidio e suscitasse in lei così tanta rabbia.
Il suo lavoro lo faceva, era un uomo di tutto rispetto, non trattava male lei e non aveva mai picchiato Rosy, almeno, per il poco tempo che aveva trascorso insieme a lei in America, non l’aveva mai fatto…l’ideale di uomo perfetto, quindi.
Sarà perché era una donna di poche pretese, o perché non era un tipo particolarmente romantico, ma il modo di fare di suo marito non la urtava affatto.
Dopo tutto, era un uomo. “E ho detto tutto”com’era solita dire sua madre.
Poi è partito per la guerra, e questo le dispiaceva, ma sarebbe dispiaciuto a qualsiasi moglie.
E solo quando succedono queste cose ti accorgi che il resto è fuffa, è poco importante.
<<  E come sta tuo marito, Laura? >> le chiese Ellie, seduta accanto a lei.
La donna si riscosse dai suoi pensieri, e dopo un attimo in cui cercò di formulare una frase di senso compiuto, rispose :<<  Bene, suppongo…non ha mai dovuto prendere in mano un fucile, credo sia un passo avanti…>>
<<  E’ l’unico a lavorare come medico? >>
<<  Certo che no! Ci sono molti suoi amici che medicano i feriti…>>
<<  Rosy mi ha detto che tuo marito ha preso sotto la sua ala un nemico! >> Olivia era stupita di tanta bontà.
Laura alzò impercettibilmente gli occhi al cielo ed emise un piccolo sospiro: “ Bocca larga, Rosy avrebbe dovuto starsene con il becco chiuso, me l’aveva promesso!! “
Chiuse gli occi e gli riaprì poco dopo, riprendendo a parlare:
<<  Ehhhh si, Ross è un uomo complesso, quando qualcuno ha bisogno di aiuto lo aiuta, non importa in che circostanze o chi sia…>> in un certo senso, Laura si sentiva orgogliosa del suo uomo.
Quanti sarebbero stati disposti a fare altrettanto?
<<  Davvero un modello di uomo! E poi ha molto coraggio, pensa se quello, invece di ringraziarlo, gli dà un colpo in fronte?  >>
Una frase detta con noncalanche e molto schietta, che colpì Laura come un fulmine.
E no, se ve lo state chiedendo, a questo non aveva pensato.
 
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
 
                                                                                Afghanistan, anno 1982
 
 
<< Bhe, non ti è piaciuta la minestra, a quanto vedo…>> affermò sogghignando il biondo, osservando la ciotola completamente vuota, poggiata sul pavimento qualche metro più in là.
Il russo arrossì vistosamente, per poi asserire: << Il gulash che ci propinano a colazione, pranzo e cena non è fra in migliori che abbia mai mangiato…>>
Ross scoppiò a ridere, seppur mantenendo basso il volume della voce.
Non si era mai divertito tanto come quella sera: la compagnia del ragazzo era veramente gradevole e continuava a convincersi di avere fatto la cosa giusta, salvandolo.
Aleskej, questo era il suo nome, era una persona timida ed impacciata all’apparenza, ma in realtà, quando ci prendeva un po’ la mano, iniziava sproloquiare senza sosta, ma non era fastidioso.
Era ironico, faceva delle battute sul suo capitano, e aveva scoperto che sua madre lo aspettava a Mosca, insieme alle sue sorelline e a suo padre, rimasto invalido dopo un incidente.
Inoltre, non era neanche un brutto ragazzo.
I lineamenti erano duri, ma quando le sue labbra si aprivano in un sorriso, diventava il sorriso più dolce del mondo.
La carnagione rosata e gli occhi di un azzurro limpido, involontariamente glaciali, ti fissavano e ti intimorivano, erano attenti e calcolatori, prudenti.
Poi si aprivano, in un attimo diventavano gioiosi e ridenti.
I capelli, tagliati cortissimi, erano castano scuro, sporchi di polvere e leggermente impregnati di sangue asciutto.
Il fisico magro ma tonico, non aveva ancora avuto l’occasione di vederlo in piedi, quindi non sapeva se era alto o basso.
Una cosa era certa, era un ragazzo davvero meraviglioso, sotto tutti i punti di vista.
Vedi cosa succede, quando provi a guardare oltre le apparenze?
<< Allora….>> il diciottenne cercò di cercare le parole adatte per rivolgersi al suo interlocutore << tu sei sposato?>>
L’ altro annuì: << Si, esatto, ho una moglie e una bambina, si chiama Rosy>>
<< Un nome grazioso. >> alzò lo sguardo al cielo << sai cosa sarebbe davvero buffo? Tornare a casa…>>
Ross corrucciò la fronte, confuso: << Buffo? E perché mai?>>
Quello sospirò: << Sono sicuro che abbiano già mandato la lettera del mio decesso a casa. Se mi presento, crederanno che..>> abbassò lo sguardo<< a-abbia avuto…paura e…>>
<< Che tu ti sia nascosto? >> completò la frase per lui.
<< Ecco, sarei lo…zimbello?>> chiese conferma a Ross, che annuì<< lo zimbello di tutti…>>
Ross sorrise teneramente :<<  Sai cos’è veramente buffo? Che loro non ti accolgano a braccia aperte! Fai parte della loro famiglia, per la miseria, e ti capiranno…>> fece una pausa di alcuni minuti, poi continuò:<< Io sono costretto a mandare poche lettere a mia figlia, giusto per il suo compleanno…e non sai quante me ne mandi lei>> sorrise, commosso<< e mi piace sapere che sta bene, ch sta crescendo bene. E’ il mio orgoglio, mi ha confessato addirittura di volere  diventare un medico, come me. Mi piacerebbe rivederla, solo per una volta…>>
<< La rivedrai, una volta a casa…>>
Ross, con gli occhi lucidi e un nodo in gola, scosse la testa:<< Lo sappiamo tutti e due che i medici come me non sopravvivono facilmente>>
<< Perché sei partito, allora?>>
<< …perché è il mio lavoro, salvare le vite umane. E io amo la vita più di me stesso>>
Aleskej comprese tutto: perché quell’uomo tanto gentile si trovava lì, con lui, un nemico?
Perché era riuscito a capirlo, nonostante la guerra imperversasse al di fuori di quella base.
Perché non accettava che un uomo attaccasse un altro uomo, come farebbero due animali per stabilire chi è il più forte.
Perché non si è fatto ingannare dal potere.
Perché ha rispetto, anche per un nemico.
E perché non ha paura.
Ross inclinò la testa, guardandolo serio: << Io non cado in basso, non mi lascio condizionare dalla paura, perché, te lo garantisco, neanche due animli si attaccherebbero per paura>>
 
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
 
                                                                                     Los Angeles, anno 1988
 
 
Una dolce ragazzina di 14 anni dai capelli biondi si stava dirigendo velocemente a casa.
Quel giorno era particolarmente contenta, perché era il suo compleanno: le sarebbe arrivata una lettera dal suo papà.
Nelle lettere precedenti le aveva detto che Aleskej, il ragazzo russo che aveva salvato e che tornò nell’esercito nemico, promettendogli di farsi sentire il più presto possibile, gli aveva annunciato che la guerra sarebbe presto, quindi suo padre sarebbe tornato a casa molto presto.
E non vedeva l’ora.
Si era preparata al massimo, dando il meglio di sé a scuola: voleva diventare anche lei un medico di guerra, e magari avrebbe scritto un libro sulle sue “avventure” e quelle del suo papà.
Ah, se solo ci pensava le veniva da gridare di gioia.
Ed eccola lì, sul vialetto di casa.
Si fermò e mise le mani sulle ginocchia, riprendendo fiato.
Doveva assolutamente calmarsi.
Dopo essersi tranquillizzata, andò ad aprire la cassetta della posta: niente.
Ok, niente…COSA!? NIENTE!? No, impossibile.
Suo padre non si era mai dimenticato di scriverle per il suo compleanno, a meno che…
Furente, aprì violentemente la porta e varcò l’entrata velocemente, alla ricerca di sua madre.
Impicciona, quante volte le ho detto di…
Il flusso di pensieri contro Laura si fermarono, vedendo quest’ultima piangere su una lettera.
Con passo leggero le si avvicinò:<< Mamma, che hai?>>
Lei alzò lo sguardo, gli occhi gonfi dal pianto, e mi porse una lettera.
Una lettera non scritta da suo padre, ma dal suo comandante.
Essa diceva:
 
Comunichiamo, con sommo dispiacere, alla famiglia Lynch, che il medico Ross Shor Lynch è venuto a mancare durante una missione.
Il corpo verrà mandato a casa, dai suoi familiari.
Ossequi e condoglianze,
Capitano John Kirck.
 
Non ci poteva credere, semplicemente, non sarebbe dovuto accadere.
Non era nei programmi, Ross sarebbe dovuto tornare a casa vivo.
<< Papà lo sapeva, ma io non lo ascoltavo…>> Rosy rivolse la sua attenzione alla madre. Ella continuò:<< Sapeva che non sarebbe mai tornato a casa, e infondo, che dovevo aspettarmi da uno come lui? Sarà sicuramente andato in cerca di qualche persona da salvare, e lì l’hanno fatto fuori…Non mi sarei voluta illudere così tanto, ne illudere te di un suo eventuale ritorno.
Mi dispiace, Rosy>>
Rosy sorrise, un sorriso triste:<< Ma tu mamma non capisci, lui tornerà a casa, e stavolta per sempre>> asciugò le lacrime a Laura<< te lo prometto, te lo promette, mamma>>
Laura annuì vigorosamente, forse per convincersi di quel pensiero, poi scoppiò a piangere e abbracciò la figlia.
 
 
Due mesi dopo
Il funerale di Ross Lynch era terminato.
Che brutta parola, funerale.
A Ross non si addiceva per niente.
Lui era la gioia, il conforto, il sorriso, la speranza.
Però può essere anche la morte, la pace eterna, la vita eterna.
Immortale, ecco.
Ross era assolutamente immortale, non se ne sarebbe andato mai.
Era indelebile, come il pennarello.
Un segno incancellabile nella sua vita, quella di Rosy.
Anche se lontano, l’aveva aiutata.
Anche se lontano, l’aveva cresciuta.
Anche se lontano, l’aveva amata.
Come un padre può amare la figlia.
 
 
L’amore è… l’inizio di tutto.
E’ l’inizio della nostra vita, e se vogliamo, è anche la fine.
L’amore è un sentimento tanto forte quanto delicato, perciò non riusciamo a trovarlo subito.
Bisogna scavare.
Finchè non si trova l’acqua.
L’amore è l’acqua, indispensabile per la vita.
Lui conosce tutto di noi, sa che piangeremo, perché non riusciremo a trovarlo, sa che rideremo di noi stessi, per non averlo cercato prima.
Sa che il tempo scorre, ma lui non scorre mai.
E’ una sicurezza.
Lui è puro, perché nonostante continuiamo a dargli dell’ingannevole, del falso, del cieco, lui è la cosa più candida al mondo.
Siamo noi a rovinare lui, non il contrario.
Siamo noi ad errare e dargli la colpa, ma lui non ne ha.
Siamo noi ad ingannarci, ma non riusciremo mai ad ingannare lui.
La cosa che mi piace che mi piace di più dell’amore è che è universale, si può dividere in tante forme: tra due persone, tra due amici, tra due fratelli, tra madre figlio e viceversa.
L’amore è in tante forme, in forme diverse.
E ti fa sentire immortale.
Lasciamo perdere i soliti clichè dei fuochi d’artificio al primo bacio.
Un sorriso, un piccolo gesto di affetto, un “Ti voglio bene” sussurrato e portato via dal vento, ti fa sentire vivo.
Ti accende, una fiamma così luminosa che neanche il più grande male riuscirà a spegnere.
Se c’è il tradimento, si trova il perdono, bisogna avere forza.
Se c’è la delusione, si trova la contentezza, bisogna pazientare.
Il segreto è l’amore.
Lo strumento più forte e indistruttibile di tutti;
la medicina più potente ed efficace;
il sentimento più puro e sincero;
il sacrificio di se stessi per gli altri,
l’emozione più magica e bella.
Una cosa preziosa da condividere.
L’amore è…l’inizio della vita.
Prima, ora, dopo.
Sempre.
 
 
Questo diceva la lettera che Ross aveva scritto per lei, per Rosy.
Lettera che si ritrovò a leggere subito dopo il funerale.
Seduta sulla lapide di suo padre, ci ripensava ancora.
 
Si, è vero papà, è proprio vero.
E’ così forte che ci lega ancora, tra terra e aldilà.
E’ riuscito a superare il muro invisibile che ci separa.
E lo riesco a vedere, sai?
Come se fosse ritornata bambina, il vento si colora.
Del tuo affetto, del tuo sorriso, del tuo calore.
Sa di libertà, sa di te.
Questo è il segreto dei colori del vento: l’amore.
E lo vedo, ed è bellissimo.
Il mondo non ti apparirà mai così splendido, il cielo più azzurro, se non sarai felice.
 
 
E la terra sembrerà solo terra, finchè tu con i colori del vento non dipingerai….l’amore…
 
(…)
Considerate se questo è un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no
(…)
P. Levi
 
 
Note delle autrici:
OMMIODDIOSIAMOINRITARDO!!!
E ritorniamo con una delle nostre ff, non esattamente la one-shot più felice, ma ci abbiamo messo anima e corpo.
Chiediamo scusa per eventuali imprecisioni, e se il finale pesa un po’, ma la strofa della poesia di Primo Levi era d’obbligo.
Che dire di più?
Recensite in tanti!
Baciiiii
Mary e Giuly.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2942970