Black School

di Sherlokette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Segreti ***
Capitolo 3: *** Confidenze ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Angolo dell'autrice: Prima di tutto, voglio rassicurare i miei lettori/le mie lettrici; no, non mi sono presa una pausa da “Unconditionally”, sto solo aspettando il momento giusto per ricominciare la sua pubblicazione. Proprio per questo, per non far languire nessuno ho deciso di pubblicare la raccolta di “random missing moments”, ma dato che probabilmente non basta e di sicuro avete altri interessi, come tutti, ecco che nasce questa fanfiction su Kuroshitsuji/Black Butler. Da parte mia l'ho scritta perchè adoro Yana Toboso e perchè ho notato che ci sono tante (troppe) SebaCiel in giro, non critico i gusti di nessuno ma personalmente non mi prende come pairing, mentre di SebaGrell ce ne sono davvero poche in giro (e io li amo insieme <3). Eventuali discorsi che nell'introduzione alla storia vi risulteranno poco chiari o quasi erronei si spiegheranno nei capitoli successivi, niente paura, conosco Black Butler abbastanza bene da non fare gaffe che mi farebbero odiare da voi XD

Per cui, buona lettura e a presto ;)

 

Sherlokette

 

 

P.S.: Nei capitoli successivi ci sarà un piccolo cameo, occhi aperti gente :3

 

 

 

Il professor Sebastian Michaelis esitava ad aprire la porta della stanza di fronte a lui. Sospirò pesantemente con aria rassegnata: il preside Tanaka gli aveva chiesto di badare agli studenti in punizione quel pomeriggio, e sapeva perfettamente, povero lui, che sarebbe stato peggio che badare a dei bambini dell'asilo. Non gli importava quali soggetti gli fossero capitati davanti nel corso del tempo, la storia era sempre la stessa: delinquenti indisciplinati.

Alla fine ingoiò il rospo e protese una mano, girò il pomello della porta e aprì lentamente, aspettandosi cartacce che volavano, insulti, palline di carta masticata e quant'altro.

Invece, con suo stupore e sollievo, nella stanza non volava una mosca, e se non fosse stato per i due personaggi al suo interno l'avrebbe detta vuota.

Il primo lo identificò facilmente: vestito da capo a piedi in uno sgargiante completo rosso da uomo, con i lunghi capelli rossi legati in una coda morbida da un nastro bordeaux, ecco il suo collega, Grell Sutcliffe, insegnante di poesia e letteratura. Questi lo squadrò da dietro le lenti degli occhiali (dalla montatura sempre rossa) con due grandi e civettuoli occhi giallo-verdi (un colore che lo aveva sempre incuriosito per la sua particolarità), e sbattendo un po' le lunghe ciglia lo salutò: - Ben arrivato, Sebastian caro! -

-Sutcliffe, per favore, non chiamarmi per nome. Non è d'esempio agli studenti. -

La sua risposta fredda non scoraggiò l'altro: - Come sei all'antica! A me piace il suono del tuo nome! -

L'altro sospirò, passandosi una mano sul viso e scostando una ciocca dei capelli neri: erano due anni che andava avanti quella storia. Sutcliffe si era evidentemente posto come obiettivo nella vita di fargli saltare i nervi trattandolo con estrema confidenza e vezzosità. Non solo: spesso Michaelis aveva l'impressione che il rosso lo spiasse di nascosto, ma non ne era assolutamente certo.

-Comunque, cosa ci fai qui? - gli domandò mantenendo il distacco.

-Oh, giusto. Ho accompagnato personalmente questo studente perchè ritengo che non meriti una punizione. -

Sebastian guardò il ragazzo seduto al banco di fianco al collega: teneva le mani unite sopra il piano, guardava in basso con aria imbronciata e non dimostrava più di 16 anni. Aveva il viso da bambino, arruffati capelli biondi tenuti su da alcune forcine e grandi occhi verdi, uno di essi segnati da un brutto livido violaceo.

Il tono di Grell si addolcì: - Coraggio, caro, presentati. -

L'altro guardò timidamente in su: - Fi... Finnian, signore. -

Sebastian gli sorrise: - Cosa è successo, Finnian? -

-Stavo giocando con i miei compagni... Un ragazzo dell'ultimo anno, uno che non conosco, ha cominciato a prendermi in giro... -

-Gli hai detto qualcosa? -

-Solo di smetterla. Ma ha continuato. -

-E vi siete picchiati? -

-Mi ha colpito lui per primo. Io mi sono solo difeso come potevo. -

-Cosa hai fatto? -

Finnian arrossì: - Gli ho dato un calcio... lì. -

-Lì? -

-Nei gioiellini... - suggerì l'altro professore, facendo arrossire ancora di più il ragazzo.

-Capisco... - Il professor Michaelis si fece serio: - E' stato un gesto istintivo, vero? -

-Sì... Mi aveva buttato a terra, ero nel panico... -

-Sei dispiaciuto per quello che è successo? -

-Sì, professore. -

-D'accordo. - Prendendo Grell da parte, il moro gli sussurrò: - Lasciamolo andare, sono d'accordo sul non punirlo. -

-Capito. - Sutcliffe mandò un sorriso al ragazzino: - Vai pure, caro, è tutto a posto! Lascia fare a noi professori! -

Finnian si stupì, poi sorrise e li ringraziò con calore prima di afferrare la cartella e uscire dalla stanza.

Dopo un attimo di silenzio, Sebastian si rivolse al collega: - Voglio il nome di questo bullo entro domani. Per fargli un discorsetto, capisci? -

-Agli ordini, Sebastian! - cinguettò l'altro mimando un saluto militare e facendogli l'occhiolino.

-Ti pregherei di smetterla. Tieni le tue pose per il corso pomeridiano di teatro. -

-A proposito di teatro! - Grell andò a sedersi sinuosamente sulla cattedra: - Ho due biglietti per una rappresentazione del “Sogno di una notte di mezza estate”, e sapendo quanto ti piaccia Shakespeare ho pensato che potevamo andarci insieme; è questo week-end! -

-No, grazie, è bastata l'ultima volta... - Ebbe un brivido dalla punta dei capelli fino in fondo alla spina dorsale nel rammentare l'esperienza: l'unica volta che aveva ceduto ad un invito di Sutcliffe ad andare assieme a teatro fu per un Amleto recitato malissimo e con dei costumi osceni. Addirittura il protagonista si dimenticava le battute!! Risultato: serata rovinata a tutti e due.

-Stavolta andrà diversamente, mi sono informato!! E' una compagnia di attori bravissimi, fidati! - Il rosso sorrise in quel suo modo un po' inquietante da Cheshire Cat e iniziò ad implorarlo: - Ti pregooo... Lo sai che altrimenti sono tutto solo! -

-Anche se mi interessa non posso, mi dispiace. Ho altro per la testa. -

L'altro cambiò repentinamente espressione: - Oh. Non dirmelo. Il tuo nipotino? -

-E' così ovvio? - ribatté Michaelis sarcastico.

-Vuoi parlarne? -

Come se non avessero fatto altro per quei tre mesi. All'inizio di quella orribile vicenda Sebastian era titubante a parlare con Grell, lo considerava un pettegolo e non voleva che si impicciasse troppo della sua vita privata. Però aveva ben presto scoperto che per le cose serie l'altro era la discrezione fatta persona, doveva dargliene atto.

Sebastian andò a sedersi dietro la cattedra, seguito attentamente dal collega, e dopo un momento espirò pesantemente: - Mi hanno chiamato dal tribunale minorile. A quanto pare Angelina non può prenderlo con sé. -

-Come mai? -

-I suoi impegni di dottoressa non le permettono molto tempo libero. Nonostante adori Ciel con tutto il cuore, ha rifiutato la custodia. Hanno deciso dunque di affidarlo a me. -

Grell ebbe un sussulto di sorpresa: - Sul... Sul serio? -

-Se le circostanze non fossero queste, ne sarei più che felice. - Si passò una mano fra i capelli corvini ed espirò nuovamente: - Non so se sarò capace di prendermi cura di mio nipote, ma ci proverò per il bene di entrambi. Lui ha perso il padre, io mio fratello. -

-Sebastian... - Grell voleva poggiargli una mano sulla spalla, in gesto di conforto, e perchè no, tentare un abbraccio, ma sapeva che l'altro non avrebbe gradito, per cui si astenne del tutto da un contatto; ritrasse la mano e riprese: - Quando arriverà? -

-La prossima settimana. -

-Vuoi una mano con i preparativi per accoglierlo? -

-Come? -

-Dovrai dargli una stanza, immagino. Ma deve essere arredata secondo i suoi gusti, no? -

-Vorresti offrirti, Sutcliffe? -

Questo scese dalla cattedra di scatto, piantò le mani sul piano e fronteggiò l'altro, senza tuttavia alzare la voce: - Sì, e più che sincera, Sebastian. -

Michaelis sollevò un sopracciglio con fare interrogativo.

Il rosso ricominciò: - Senti, sei abituato a fare le cose da solo, e lo capisco, ma voglio davvero aiutarti! -

-Dì la verità: vuoi vedere casa mia. -

Beccato. Sutcliffe si imbronciò: - In due anni che ci conosciamo non ci sono mai stato. Io ti considero un amico, e mi urta da morire. Ma stai per affrontare un cambiamento improvviso, non sarei un amico a non aiutarti! -

Un amico. Sebastian voleva mettersi a ridere, ma per timore di offendere il collega, alla fine alzò le spalle, convinto: - Perchè no? Ma niente di stravagante, ha solo 12 anni. -

 

 

-E se la imbiancassimo? -

-Cosa intendi? -

Grell non aveva perso troppo tempo: non appena erano arrivati all'abitazione di Sebastian, una bella casa in stile vittoriano nel centro di Londra, si era perso in molti complimenti, ma poi si era dedicato alla stanza per Ciel, una di tre camere per gli ospiti.

-Sì, un bell'azzurro pastello non troppo chiaro illuminerebbe la stanza e darebbe un senso di tranquillità, cosa della quale tuo nipote ha estremo bisogno adesso. -

Proseguì con consigli sulla mobilia da spostare e sostituire, e Sebastian dovette ammettere a se stesso che Grell ci sapeva fare: poteva già figurarsi la nuova stanza.

Sutcliffe alzò il pollice con un sorriso: - Fidati, sarà un lavoro talmente perfetto che presto non riconoscerai più questo posto! Posso mettermi all'opera subito con le misurazioni! -

-Fai pure. Io devo correggere i compiti di latino. Ti lascio lavorare in pace. -

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Segreti ***


Seduto accanto all'assistente sociale, Ciel Phantomhive osservava dal finestrino dell'autobus il mondo esterno con sguardo vuoto. Stringeva lo zainetto che aveva sulle ginocchia con le mani, incurante dei sobbalzi, e non diceva una parola. Una volta gli piaceva Londra, m in quel momento tutto lo disgustava: le luci, le strade, il Tamigi... Ogni più piccolo dettaglio di quella grande città gli ricordava i suoi genitori, genitori che aveva visto ammazzare brutalmente.

Sì, tutto gli faceva solo schifo.

L'assistente, una donna sulla trentina, lo guardò ed espresse la sua preoccupazione: -Sei nervoso? -

-No signora. - Il ragazzino la guardò di sbieco, con l'unico occhio blu rimastogli sano e mostrando in parte le bende che coprivano il destro, perso nel tentativo di scappare dagli assassini: - E' mio zio. Il fratello quasi gemello di mio padre. L'unico di cui sento di potermi fidare. -

Lei si morse il labbro inferiore: - Gli agenti vi terranno comunque d'occhio, onde evitare brutte sorprese. -

-Sì, certo. Sono in una botte di ferro allora... - commentò in conclusione lui, amaro.

Non parlarono più fino all'arrivo a casa di Sebastian, che andò subito ad aprire loro la porta al suono del campanello.

Quest'ultimo rimase molto colpito dal cambiamento del ragazzino: era più magro di quanto ricordasse, i capelli scuri si erano un po' allungati e l'espressione con il quale lo salutò avrebbe gelato il sangue a un rettile: - Ciao, zio Sebastian. -

-Ciel. Com'è andato il viaggio? -

-Noioso. -

-Capisco. - Dal piano di sopra si sentì un mobile che veniva spostato e qualcuno che brontolava, e l'assistente sociale domandò chi fosse.

-Scusate, è un mio collega, Grell Sutcliffe; mi stava dando una mano a terminare i preparativi della camera da letto di Ciel. - Mentre parlava, non poté fare a meno di guardare le orribili bende che coprivano in parte il volto del nipote.

L'assistente sociale, dopo le ultime disposizioni, li lasciò soli, con l'accordo di tornare fra due settimane per controllare la situazione.

Ciel lasciò lo zainetto di fianco al divano e vi si accomodò.

-Bene, Ciel... - Sebastian andò a sederglisi vicino: - Hanno protestato per la faccenda dei cognomi, eh? -

-Già. Hanno setacciato tutti i documenti possibili. -

Michaelis, infatti, era il secondo cognome del professore, assunto quando al nonna di Ciel si era risposata. L'aveva preso in onore del patrigno, che considerava un grand'uomo, e spesso Vincent lo aveva preso in giro per quella “inutile complicazione”.

-Hai fame, Ciel? Vuoi qualcosa per merenda? -

-No, grazie. -

-Ah... Vuoi che intanto andiamo a controllare la stanza? Credo che il mio collega abbia finito. -

-Sì. Sono un po' stanco, in effetti. -

L'atteggiamento apatico del nipote feriva Sebastian, ma lo comprendeva. Pochi mesi non bastano a cancellare un dolore enorme come il loro.

Si avviarono al piano di sopra, e Sutcliffe uscì dalla stanza esclamando: - Finito! E' tutto pronto, caro Sebastian!! -

Guardò Ciel con curiosità: - Oh, dunque lui è il tuo nipotino! -

-Sì. Ciel, ti presento Grell Sutcliffe; Grell, Ciel Phantomhive. -

-Piacere - rispose neutro quest'ultimo.

Il rosso lo guardò con un sorriso un po' ghignante: - E' davvero carino. Piacere mio, Ciel! Vieni, accomodati pure nella tua cameretta! - e gli lasciò libero il passo.

Il ragazzino entrò velocemente e si chiuse la porta alle spalle, senza sbatterla ma in un modo che lasciava intendere che voleva stare solo.

-Torniamo al piano di sotto. - Sebastian comprese il gesto, Grell però commentò, contrariato: - Caspita, sarà dura entrare in sintonia con lui, Sebastian! -

Sì, infatti. Il professore di latino sospirò, sottolineando la verità di quell'affermazione.

 

 

 

Il giorno dopo, alla fine della lezione di latino, Grell portò a Sebastian alcuni fogli tenuti insieme da una graffetta: - Ecco qua, caro collega! I moduli di iscrizione che avevi richiesto per Ciel! -

-Ti ringrazio, ma sarei andato a prenderli di persona più tardi. -

-Oh, non preoccuparti, per me è un piacere! -

-Abbassa la voce, Sutcliffe. -

Questo si imbronciò e gli consegnò il fascicoletto. Raggiunse poi l'altro dietro la cattedra, posò il fondo schiena sul piano e domandò: - Come è andata ieri sera? -

-Benino. -

-Mmmhh... Bugiardo. -

Sebastian lo fissò con gli occhi marroni ridotti a fessure: - Prego? -

-Lo sento che non va “benino”. -

L'altro espirò e raccontò tutto: - E' apatico. Freddo. E' molto diverso dal ragazzino felice che ho visto nascere e crescere in questi anni. E il suo occhio... -

-Il suo occhio? -

-Mentre stava scappando dagli assassini dei suoi genitori, uno di loro lo ha bloccato, e nel farlo gli ha quasi cavato l'occhio destro. -

Grell sussultò: - Accidenti... -

-Probabilmente non vedrà più, anche se i medici dicono il contrario. -

Il rosso gli si avvicinò un po' di più: - Un trauma del genere cambierebbe chiunque. Ma magari, lasciando passare un po' di tempo, il suo animo si risolleverà. -

Michaelis inclinò la testa, interrogativo: - Da quando sei lo psicologo dell'istituto? -

L'altro rise, una risata bassa e... sì, quasi deliziosa: - Non sere una laurea, basta un po' di sensibilità femminile. -

-Femminile? -

-Lo sai che mi considero una signorina mancata, Sebastian caro! - ammiccò.

-Sì, lo so. -

-Orsù, devo muovermi! Parlare con te è bello, ma Molière non si legge da solo... - Si bloccò sulla porta dell'aula: - Che idea! Sebastian, perchè non convinci tuo nipote ad iscriversi al mi corso di teatro? -

-Cosa? -

-Pensaci: quello teatrale è un ambiente molto sociale, ci si diverte e si lavora sodo assieme, sarebbe terapeutico per Ciel incontrare altri ragazzini più o meno della sua età! Lo distrarrebbe un po', nel minore dei casi. -

Sebastian era allibito: - Tu... che proponi certe idee geniali? -

-Non ho solo un bel visetto, e anche se non mi piacciono i ragazzini considero obiettivamente tutto ciò che può far loro del bene; sono un professore dopotutto! -

Il moro era sinceramente sorpreso. In due anni Sutcliffe gli aveva mostrato raramente quella parte di sé, quella professionale, intendiamoci. Forse, si disse, quello stravagante personaggio in rosso che sembrava uscito dalla penna di uno scrittore allucinato aveva più qualità di quante gliene riconoscesse in effetti.

-E' una grandissima idea... Ne parlerò con Ciel. Grazie, Sutcliffe. -

-Fammi sapere, allora! Devo scappare, a presto e bye bye kiss! - e lo salutò con un bacetto volante e molto voluttuoso, con tanto di occhiolino.

Sebastian non ebbe il tempo di rabbrividire per quel gesto che pochi secondi dopo l'uscita del collega un'altra voce lo raggiunse dall'uscio: - Avrei bisogno dell'aula, Michaelis. Ne hai ancora per molto? -

Il moro si morse impercettibilmente il labbro inferiore, riconoscendo il nuovo venuto: - Solo un momento, Spears. Devo riordinare questi compiti. -

Nel vano della porta, dritto come un palo nel suo impeccabile completo nero da beccamorto, stava in attesa William T. Spears, il professore di matematica e fisica. Tutto in lui trasudava la perfezione assoluta, spigolosa e calcolata, quasi ossessiva, dal taglio di capelli perfettamente curato alla punta delle scarpe nere.

Perfino il plico di fogli che teneva sottobraccio era riunito senza neanche una pieghetta fuori posto.

E odiava Sebastian. In un modo viscerale e inspiegabile per lo stesso Michaelis. Non si erano mai fatti un torto a vicenda, ma già dal loro primo incontro era nato un astio profondo, a pelle, dal nulla.

A complicare ulteriormente le cose, Spears era quel tipo di persona che riferiva vita, morte e miracoli di un collega direttamente al preside. Non potevi sgarrare con lui nelle vicinanze; sosteneva di farlo solo per senso del dovere, ma era un comportamento orribile.

-Hai cinque minuti d'orologio, Michaelis. - Si aggiustò gli occhiali sul naso con un gesto rapido ed estremamente rigido.

-Non mettermi fretta, ti spiace? Sei tu quello che sostiene che un lavoro fatto in fretta non è preciso. - Il sorriso falso sul volto di Sebastian irritò l'altro, che tuttavia non si scompose.

Terminato il lavoro, il professore di latino si allontanò il più velocemente possibile da quell'uomo odioso. Girato l'angolo del corridoio, incrociò di nuovo Grell, visibilmente contrariato.

-Cosa è successo? Non dovresti essere in classe? -

-Infatti, ma uno studente manca all'appello! Si tratta di quel lavativo di MacMillan! Stavo giusto andando da Baldroy per sapere se lo aveva visto in giro. -

-Ottima mossa, lui sa sempre tutto. -

-Anche tu sembri teso. -

-Spears. -

-Ho capito tutto. - Grell sembrò rilassarsi un pochino: - Non sa niente della tua situazione, vero? -

-No, e penso che nemmeno gliene importi qualcosa. -

Sutcliffe sospirò pesantemente: - Col senno di poi, non capisco proprio come abbia potuto perdermi dietro ad un uomo così glaciale!! -

Sebastian ricordava troppo bene quel periodo: tempo addietro il collega aveva preso un'infatuazione esagerata per William, mai ricambiata e anzi respinta nel peggiore dei modi. Una volta lo stesso Michaelis si era ritrovato a consolare Grell, disperato d'amore.

-Vado di fretta: ho lasciato i ragazzi da soli e non vorrei che cominciassero a fare baccano, sai cosa intendo. Ci vediamo! - e lo sorpassò in volata diretto verso la stanzina del bidello.

Sebastian tornò allora a concentrarsi sui pigrissimi allievi dell'ultimo anno, troppo occupati per cambiare aula come tutti gli altri, e riprese a camminare.

 

 

Verso l'ora di cena, Ciel raggiunse lo zio in cucina, silenzioso.

Sebastian, rivolto al piano cottura, non si accorse subito della sua presenza, ma quando lo notò gli venne spontaneo domandare: - Qualcosa non va? -

Il ragazzino lo guardò, serio: - Credo di doverti dire una cosa, zio. -

Il moro smise di girare il mestolo nella pentola.

-Tu sapevi che papà era coinvolto negli affari segreti della Corona? -

-Sì... - rispose l'altro dopo una breve esitazione.

-E che teneva sotto controllo le attività illecite di questa città? -

Sebastian sospirò gravemente: - Ciel, se non te l'ha detto lo ha fatto solo per proteggerti. -

-Non è servito. -

-Che vuoi dire? -

-Ti svelerò un segreto, zio. I miei genitori non sono stati uccisi da un solo uomo. Ce ne erano molti di più. -

Michaelis trasalì, ma lo lasciò continuare.

-Un membro del Governo inglese è venuto in ospedale a trovarmi. Mi ha detto tutto. E mi ha detto anche che quegli uomini erano stati mandati ad ucciderci tutti quanti da una persona molto influente. -

-Sicari? -

-Ufficialmente si è trattato di un furto finito in omicidio. La parte migliore è che non è finita qui. -

-Cosa? -

-Chi ha ucciso i miei genitori tornerà per me. Lo sento. Come sento che sono al sicuro solo con te, zio. Non mi fido di nessun altro. -

In gesto di conforto, Sebastian gli si avvicinò e gli poggiò le mani sulle esili spalle: - Quel che dici è terribile, eppure è come se io lo avessi sempre saputo. Se come temi torneranno per te, puoi contare sul mio aiuto. -

-Grazie. -

 

 

Il sonno di Sebastian fu agitato, quella notte. Ad un certo punto si tirò su a sedere e fissò Londra dalla finestra della sua camera. Incredibile il marcio che si nascondeva sotto quella facciata di luci sfavillanti, si disse.

Ripensò alla vita prima della morte di Vincent e Rachel. Era semplice: lui aveva scelto di diventare professore di latino, suo fratello invece aveva preso l'azienda di famiglia e l'aveva trasformata in un colosso dei giocattoli per bambini. Ciel ne sarebbe diventato il capo legittimo a 18 anni; fino ad allora Vincent avrebbe dovuto istruirlo e guidarlo.

Ma si era tutto infranto quella notte maledetta.

Si addormentò, finalmente, cullato dal rumore del traffico, dimenticandosi almeno per qualche ora della vita reale.

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Capitolo 3
*** Confidenze ***


Per i tre giorni successivi Sebastian risultava distratto, sovrappensiero, ma nessuno pareva farci caso.

Nessuno tranne Grell, il quale, il quarto giorno, andò dritto da lui a domandargli, senza girarci intorno: - Va tutto bene? -

-Perchè me lo chiedi? - La replica suonò distante.

-Per questo. Non sei in te ultimamente, e lo trovo strano. Va tutto bene con Ciel? -

-Sì... Certo. -

Il rosso si impuntò, incrociando le braccia sul petto e occupando il vano della porta in modo da non lasciar passare l'altro: - Dimmi la verità. -

Il professore di latino cercò di uscire, ma con scarso successo, dato che Grell aveva addirittura allargato le braccia e divaricato le gambe per bloccare ogni via di fuga: - Tu non esci senza avermi dato una risposta soddisfacente, Sebastian! -

Poteva prenderlo di peso, Michaelis, e spostarlo da lì con la forza. Ma non si sognava minimamente di toccare un collega, così optò per una mezza verità: - Ciel non è convinto che entrare in questa scuola sia una buona idea. E' preoccupato che essere il protetto di un professore lo faccia apparire diverso dagli altri. Ho provato a spiegargli che è una questione ininfluente. Soddisfatto? - concluse, lievemente sarcastico.

Grell cambiò espressione: - Davvero? -

-Sì. Ora spostati per favore. -

Ma l'altro, come impietrito, ancora non si muoveva.

-Sutcliffe, togliti. -

Sebastian non capiva perchè continuasse a tenerlo lì, così sbottò: - Senti, devo andare, sul serio. Dovevo consegnare i moduli compilati già due giorni fa, ma la segreteria era chiusa per il rinnovo dell'impianto di riscaldamento. -

-Se però... Vuoi parlare... -

-In un altro momento. -

-Vieni dopo la mia lezione. Ci conto; mi offendo se non vieni! -

-E va bene, verrò... -

“Nemmeno morto”, pensò il moro dopo essersi tolto di torno il collega. Qual'era il suo problema? Non riusciva a capire tanto accanimento.

Però, di conseguenza, pensò che mancare l'appuntamento avrebbe potuto davvero offendere quel lunatico dai capelli rossi; si decise allora ad andare, solo per non scavarsi la fossa da solo.

 

 

 

Sebastian socchiuse la porta dell'aula di poesia e letteratura. Vide i ragazzi intenti a prendere appunti, mentre il collega camminava fra i banchi declamando un sonetto di Shakespeare. SI soffermò ad ascoltare, dato il suo amore per il poeta:

 

-Devouring Time, blunt thou the lion's paws,

And make the earth devour her own sweet brood,

Pluck the keen teeth from the fierce tiger's jaws,

And burn the long-lived phoenix in her blood;

Make glad and sorry seasons as thou fleet'st,

And do whate'er thou wilt, swift-footed Time,

To teh wide world and all her fading sweets:

But I forbid thee one most heinous crime -

O, carve not with thy hours my love's fair brow,

Nor draw no lines there with thine antique pen;

Him in thy course untained do allow

For beauty's pattern to succeeding men.

Yet do thy worst, old Time: despite thy wrong,

My love shall in my verse ever live young. -

 

Una dizione perfetta e un'impostazione di prim'ordine, ammise Sebastian con un sorrisetto.

Si vedeva la sua esperienza d'attore.

-Molto bene, ragazzi! - concluse Sutcliffe, - Voglio le vostre relazioni e le vostre osservazioni sui sonetti che abbiamo letto oggi entro la prossima lezione. È tutto. -

Michaelis lasciò uscire gli studenti, poi si fece avanti nell'aula.

Si dice che la personalità di un individuo si intuisca da come arreda una stanza. L'aula di poesia, dunque, indicava qualcuno confusionario e amante delle belle arti e del teatro; un artista stravagante: la stanza era infatti colma di statuette raffiguranti personaggi mitologici, come Amore e Psiche, più un busto in marmo di Percy Shelley posto in alto su un piedistallo, fra le due ampie finestre che davano sul cortile. Le pareti, dipinte in giallo pastello, erano tappezzate di fotocopie di poesie dei più svariati autori, poster di spettacoli e quadretti di ritratti e nature morte di fiori.

-Li ho dipinti io. È un piccolo hobby che coltivo nel tempo libero - affermò Grell.

Quest'ultimo poggiò il libro di sonetti sulla cattedra e sorrise al suo ospite: - Sei venuto, alla fine. -

-Non sia mai che ti offenda, Sutcliffe. -

-Che gentiluomo! - cinguettò il rosso, - Ma bando alle ciance. Sappiamo entrambi perchè sei qui. - Si sedette sulla cattedra, accavallò le gambe e con aria estremamente seria iniziò un nuovo discorso: - Tu hai qualcosa che non va. Si vede. -

-Ti ho già detto perchè... - sospirò l'altro.

-Non si dicono le bugie; ti verranno le gambe corte e sarebbe un peccato! - replicò Grell, sogghignando.

-Non ho mentito. -

-Non mi hai detto tutto, allora. Avanti, sfogati, sono qui apposta, giuro che terrò la bocca cucita! -

Sebastian era indeciso: fidarsi o non fidarsi? Dire la verità o mentire una seconda volta sulle sue reali preoccupazioni?

Ma in fondo, si disse, forse non gli avrebbe fatto male parlarne con qualcuno. Cosa aveva da perdere? Guardava quella figura rossa, in attesa, che dondolava leggermente la gamba appoggiata sull'altra, valutando bene cosa dire e cosa lasciare in ombra.

-Va bene. Resta seduto, però. -

 

 

Sutcliffe ascoltò, allibito, la spiegazione di Sebastian. Sicari, malavita, segreti...

-Non so a chi abbia pestato in piedi mio fratello, non mi parlava mai dei suoi affari - concluse il moro, - e ha fatto bene. In questo modo, forse, riuscirò a proteggere mio nipote da quel mondo. -

-Cielo, che guazzabuglio... In che tela intricata ti hanno cacciato... - Grell scosse la testa, visibilmente ansioso: - C'è dunque la possibilità che vengano a cercare Ciel? -

-Spero di no, ma nel caso metterò a frutto tutti i miei anni di allenamento nel karate. -

Grell scese dalla sua postazione e gli si avvicinò, e senza dire niente lo abbracciò, così, in modo inaspettato.

Michaelis rimase impietrito per quel contatto fin troppo intimo, che si interruppe quasi subito: - Scusami, Sebastian, mi sembrava un gesto giusto da fare in questa circostanza... -

Sutcliffe si allontanò da lui, cercando di non apparire imbarazzato: - Sono lieto che tu ti sia voluto confidare con me. Una situazione chiara evita fraintendimenti e confusione. -

Cambiando espressione, gli sorrise, cercando di apparire nuovamente tranquillo: - Di nuovo, scusami, i miei slanci emotivi mettono molti in imbarazzo!! -

-Fa niente. -

Ma la risata che sfuggì al rosso suonava stonata e amara, innaturale.

Anche lui nascondeva qualcosa? Questa domanda aleggiò rapida nella mente del moro, ma quando cominciarono ad entrare gli studenti della classe successiva lui se ne andò.

Rimuginò sul comportamento di Grell per un po', finché le preoccupazioni di quegli ultimi tre giorni non tornarono prepotenti a tormentarlo.

 

 

-Un corso pomeridiano di teatro? -

Seduti a cenare, quella sera, Sebastian si era ricordato della proposta del collega discutendo con Ciel di quali materie potessero interessargli.

-Sì, sarebbe un modo per farti dei nuovi amici. -

-Non ho bisogno di nuovi amici. Ma suona interessante. Lo tiene il tuo collega, il signor... Sutcliffe, giusto? -

-Sì, proprio lui. -

-Mi sembra... simpatico. -

-Un po' invadente, chiacchierone, ma sì, posso dire che lo sia. In fondo. -

Avrebbe voluto dire “molto invadente” e “molto in fondo”.

-Vuoi dire che ti piace? -

Quasi si strozzò, Sebastian, col sorso d'acqua che stava mandando giù dal suo bicchiere, e fra un colpo di tosse e l'altro replicò: - P-prego?!? -

-Intendevo come persona. Che ti prende, zio? - Un sorriso, il primo che gli avesse visto fare in quei giorni, che aveva un che di diabolico si disegnò sul volto del ragazzino: - Ti ho per caso messo in imbarazzo? -

-Finisci la cena... - sbuffò il moro, ricomponendosi.

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