What if

di CenereSpada5435
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***



Capitolo 1
*** I ***


What if
 
 
Il capitano ci ha appena lasciato, e siamo qui al suo funerale... mi sento un po’ responsabile della sua morte, ma ho fatto le sue ultime volontà, lo rispettavo moltissimo come uomo anche se ha commesso degli errori, ma chi non ne commette dopotutto.
Tu stai parlando a tutti i suoi conoscenti, stai dicendo loro quanto fosse bravo, gentile, di carisma... quanto sia stato importante per te e per il distretto, mi divertivo con lui, era il classico poliziotto all’antica e questo mi aveva fatto sviluppare per lui una specie di affezione... noto un bagliore all’orizzonte, non capisco bene cosa sia... uno sfarfallio di luce, un riflesso del sole come su uno specchietto, ma cosa ci fa uno specchietto vicino ad una lapide, no aspetta... ho intuito tutto, faccio uno scatto avanti a te, sento lo sparo, avevo le mani vicino al cuore, una sopra l’altra... ti fisso negl’occhi mentre noto che un’espressione di puro terrore s’impadronisce del tuo stupendo, delizioso, bellissimo viso... mentre sento un corpo estraneo farsi strada tra le mie carni, bruciando, tagliando, andando sempre più a fondo... lo sento entrarmi tra due costole, perseverare il suo cammino sfiorando il cuore ed ancora intaccando il polmone e lo sento anche passare vicinissimo allo sterno... lo sento uscire ed ho paura che arrivi a te ma le mani fanno il loro giusto dovere, entra nella mano sinistra e li si blocca, salvando la destra che spingeva all’indietro nel disperato tentativo di proteggerti da tutto quello, da tutto quel dolore, da tutta quella paura.
E’ durato tutto pochissimo, poco meno di un secondo credo, eppure sono riuscito a sentire tutto cosi distintamente, cosi scandito nel tempo, ho potuto osservare e sentire bellezze indicibili, il sole caldo sul volto, l’aria secca ed il suo tepore quando il vento sembrava non essere più tra noi, i tuoi occhi nei miei, la polvere e il polline volteggiare illuminati davanti a me facendomi render conto dell’immensità in cui aleggia l’immensamente piccolo, dell’importanza del singolo granello... uno spettacolo cosi non l’ho mai visto prima... mi sono sentito per un momento un tutt’uno con ciò che mi circonda.
E’ durato pochissimo, perché la paura poi ha preso il sopravvento... la paura di perderti, la paura della fine, ed il dolore.
E poi un desiderio ardente di continuare a vivere poiché dopo essermi accasciato sulle ginocchia ed esser caduto dal palco dove si trovava il leggìo  mi sei  praticamente saltata addosso
-No... no... nonono Castle no! non ci pensare nemmeno a chiudere gli occhi, non ci pensare nemmeno a lasciati andare, non provare neanche per scherzo a lasciarmi cosi! devi resistere!
fai pressione sulla ferita e vedo la disperazione lampeggiare nei tuoi occhi tradita dalle lacrime che cominciavano ad offuscarti la vista ed a rigarti il volto mentre una ciocca di capelli  che era sfuggita al nodo che avevi fatto per indossare il berretto, ormai a terra dimenticato da tutti, ti ricadeva  debole vicino al volto, ondeggiando debolmente mentre porti le mani dal foro che ho sul petto al mio volto, accarezzandomi leggermente, avvicinandoti a me mentre in un soffio con voce rotta dalle lacrime che ora cadono sul mio viso mi sussurri
-Ti prego Rick... ho bisogno di te... non lasciarmi... ti amo
non sento più nulla, ma se sono morto alla fin fine non è stato bruttissimo, c’erano i miei amici, la mia famiglia, eravamo gia in un cimitero e stavamo facendo un funerale, la morte perfetta per uno scrittore...e poi, c’eri tu, che mi hai sollevato anche in questa situazione, anche io ti amo e tu lo sai bene... sei stata con me fino all’ultimo Kate, te ne sono grato.
Ti Amo.
 
 
 
The End?
 
parole dello scrittore:
buona sera/giorno a tutti! questa a differenza delle altre mi convince decisamente, anche se è molto corta.
spero vi piaccia.

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Capitolo 2
*** II ***


II


Un fastidioso rumore ad intermittenza mi risuona in testa, picchietta nelle orecchie e un moto di fastidio mi sale dallo stomaco... tento di riaprire gli occhi, ma è come se le palpebre non rispondano ai miei comandi... impongo alla mia mano sinistra di alzarsi e portarsi al volto, come di solito faccio dopo essermi alzato la mattina... ma ciò che ottengo è solo un leggero spasmo.
Continuo con altri due tentativi, ottenendo i medesimi, scarsi, deprimenti risultati... il fastidioso rumore si fa sempre più incalzante, facendomi infuriare sempre maggiormente ad ogni bip, comincio a sudare ed in un impeto d’ira mi sollevo in alto a sedere slanciando le braccia ed aprendo gli occhi
-e che diamine!
urlo con tutto me stesso... la luce del sole penetra dalla finestra ed illumina il silenzioso posto in cui poco prima giacevo.
Pareti celesti ed ampie vetrate, un letto singolo con attorno macchinari fastidiosi e delle sedie con una poltrona... poco ma sicuro mi trovo in una stanza d’ospedale, è giorno, ed sono da solo, i ricordi si presentano decisamente confusi, sicuramente per opera di qualche farmaco o antidolorifico come la morfina... la barba appena accennata mi suggerisce il fatto che non devo esser stato in coma o cosa per tanto tempo... uno due, massimo tre giorni.
ma tre giorni da cosa?
mi porto la mano destra alla fronte battendola un po’ con il palmo, come se quel battere, quello scuotere possa destarmi da quel fastidioso intorpidimento mentale... mi calmo e guardo la mano, sentendo un leggero fastidio sul dorso, e mi accorgo di esser collegato ad una flebo... sento una fitta al petto e mi osservo... un foro, si direbbe di proiettile, in bella mostra, rosso livido e ben ricucito, troneggiante in corrispondenza del cuore... ed ora ricordo.
Il volto che prima era solo una mera immagine calda e sfocata, ora si fa presente come la mia ragione di vita, come se ora sono in un qual modo completo... ma lei non è qui... dov’è? possibile sia stato tutto un sogno? no non credo proprio! eppure dove sono tutti... Esposito, Ryan, mia madre, Alexis? dove sono io di preciso? forse sono entrato in un programma di protezione?
mi porto le mani alle tempie, ora padrone del mio corpo, no, non può esser stata tutta immaginazione... sento tirare nuovamente la mano destra e infastidito mi strappo via ago e tubo... non l’avessi mai fatto! un dolore repentino e lancinante s’affaccia prepotente al petto, e ne deduco che ovviamente fare troppo sforzo o rapidi movimenti potrebbe non giovare alla mia salute e alla mia guarigione.
Ancora non ho visto alcun dottore, ne alcuno si è presentato nella mia stanza, decido cosi, seppur con enorme fatica, di alzarmi dal letto e andare a prendere un caffè in qualche macchinetta distribuita sul piano... non so in che reparto sono, ne tantomeno se mi reputano morto dato che non ho visto alcun fiore “di buona guarigione” nella stanza.
Era tutto sterile e quasi irreale... avrebbe fatto paura, impresso inquietudine se non fosse stato per la presenza di altri pazienti e delle rispettive famiglie e conoscenze... arrivo alla macchinetta situata vicino ad un ascensore e a delle scale, e mi accorgo che effettivamente prendere un caffè senza soldi è una sfida ardua... cosi mi arrendo e torno in camera.
Qualcosa è cambiato rispetto a come avevo lasciato l’ambiente quando ero uscito... la porta era spalancata ed un anziano medico di spalle si portava le mani ai capelli... o quel che ne rimaneva... bisbigliando un sorpreso “com’è possibile” mentre alla sua sinistra vi erano due rosse, che conoscevo fin troppo bene, con bocche spalancate ed occhi guizzanti di sorpresa e felicità.
-qualcuno mi cercava?
dico per attirare l’attenzione facendo un’entrata scenica sorridendo ed aprendo le braccia per accogliere gli imminenti abbracci, si sentì un sollevato e felice “oh  Richard” ed un radioso e urlante “papà!” mente il medico ancora a bocca aperta mi fissava.
Gli abbracci non tardano ad arrivare, e con essi arrivano anche inimmaginabili fitte di dolore tra sterno e costole che, per quanto mi sforzi a fare un sorriso, pare più una terribile e comica smorfia di dolore.
Si staccano capendo la situazione dall’immediato contrarsi ed irrigidirsi del mio corpo, sento il dolore cominciare ad aumentare inarrestabile e mi siedo sul letto mentre il medico mi aiuta e si ricrede della miracolosa guarigione che aveva immaginato, dev’essere finito l’effetto della morfina penso... tento di reprimere il lancinante dolore mordendomi il labbro inferiore e chiudendo le palpebre con forza, muovendo la testa in direzione del pavimento.
Rivolgo poi il viso in direzione delle due rosse... ed ora le guardo... ed ora la domanda fatidica...
-dov’è Kate?



parole dello scrittore:
buona sera/giorno a tutti! nuovo capitolo, un po più lungo, spero sia all'altezza del precedente e che ovviamente vi piaccia!

 

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Capitolo 3
*** III ***


III
 
 
Come risposta ottengo solo il silenzio e qualche sguardo di compiacimento... capisco che non sono di quegli sguardi come per dire “mi dispiace ma nonostante tutto tu abbia tentato di salvarla non ce l’ha fatta” e tiro un lungo sospiro di sollievo... preferisco l’idea che lei sia salva e che per un qualche motivo mi eviti, ed è proprio quello lo sguardo, lo sguardo che parla e ti dice “ so che hai bisogno di lei come l’aria ma lei non è qui e non c’è mai stata”.
La testa comincia a girarmi ed il dolore comincia ad essere troppo intenso per fingere... il dottore mi ordina di sdraiarmi e mi fa un iniezione
-Ecco ora il dolore dovrebbe cominciare a placarsi e lei dovrebbe prendere sonno... davvero è stato fortunato signor Castle, la sua corporatura e la tonicità del muscolo cardiaco ha fatto si che, nonostante l’emorragia, l’arresto cardiaco ed il quasi collasso polmonare grazie all’aiuto di una massiccia dose di morfina si sia ripreso con molta rapidità... ma come vede è solo una mera illusione temporanea. Con il suo scherzetto si poteva giocare la vita. Menomale che la parete arteriosa ha retto alle sollecitazioni! Di sicuro, con un giusto dosaggio di medicinali e la fisioterapia  si rimetterà in un mesetto... forse meno.
dice con un’espressione sollevata stampata sul bianco e provato viso per poi subito dopo congedarsi ed allontanarsi dalla stanza.
Lo vedo chiudersi la porta dietro di se e rivolgo di nuovo il mio sguardo verso la mia famiglia e con un sorriso
-Sto bene, non preoccupatevi. Piuttosto abbiate pietà per tutto il tempo che dovrò restare qui o comunque in condizioni anormali in cui mi annoierò a morte!
passando dalla faccia felice ad una rassegnata alla reale situazione in cui il mio corpo si ritrova... subito dopo riprendo vigore e a quanto pare anche sonno, le palpebre cominciano a farsi pesanti e la testa altrettanto... sento i suoni farsi più ovattati e le luci più sfumate.
-Prima che mi rimetta a dormire datemi un bacio e poi andate a fare un po’ di shopping-scaccia-pensieri; io qui ho ben poco da raccontare per ora
dico loro mentre la mia “zucca” mi tiene la mano sinistra... a dire il vero in modo strano... perché solo le dita? mi rimetto a sedere di scatto e mi osservo la mano bendata, la porto davanti al viso e la fisso mentre la avvicino e allontano dagli occhi ruotandola per poter avere una visione completa del palmo e del dorso... appurando che all’apparenza esteriormente fosse tutto apposto, dato  che non avevo notato macchie di sangue o altro, comincio a stringerla e distenderla, come se in mano avessi una pallina antistress, e noto che non riesco a chiuderla completamente.
La stanchezza non mi permette di fare altro che dare un bacio alla mia bambina, uno a mia madre e sdraiarmi di nuovo sul letto pensando a quel nuovo dettaglio.
Mi addormento mentre ancora il caldo sole abbraccia la facciata dell’edificio.
Uno sparo: il cuore, il polmone, la mano... la luce... i suoi occhi... il caldo... la sua voce. il buio.
Mi sveglio di soprassalto, il buio ancora mi circonda e cerco disperatamente una qualche fonte di luce, struscio le mani sulla parete insistentemente alla ricerca di quella necessità, ansimo sempre più mentre comincio a sudare e a respirare con più fatica... la porta si spalanca e mi slancio dal letto, in un balzo che non avrei mai pensato di fare in quelle condizioni, corro nel corridoio e mi poggio al muro, scivolando seduto a terra fissando la lampada a neon vibrare sopra ai miei occhi.
I suoni sono confusi ed i miei occhi vagano dalla luce sopra di me alle oscurità agli estremi del corridoio... sento del calore scivolare sulle dita della mano e subito dopo un freddo contatto sulle mie guance che costringe la mia testa rivolta verso l’ignoto ed il mio sguardo vigile contro l’indefinito guardare negli occhi il dottore che prima mi aveva fatto l’iniezione
-Signor Castle mi sente?! mi guardi! respiri, lunghi e profondi!
scandiva le parole e le accompagnava con un leggero movimento della testa mentre i suoi occhi marroni mi fissavano indagatori e preoccupati
-Si, s-si la sento
rispondo mentre involontariamente mi spingo al muro e tento di guardare di nuovo verso la parte scura del corridoio mentre il mio volto è corrugato in un’espressione di puro terrore... ma la presa del medico è forte e non mi lascia voltare.
Dopo poco i muscoli si rilassano, deglutisco quasi a vuoto mentre il respiro comincia a tornare regolare e mi rimetto in piedi aiutandomi con le mani al muro... una piccola goccia del caldo liquido rosso vermiglio comincia a scivolare armonica sul  muro, risaltata dal leggero verde acqua di sfondo, il medico se ne accorse e mi prese il polso
-Si è riaperta la ferita alla mano, devo medicargliela subito...
poi con un repentino movimento quasi mi strappa il camice per controllare che invece la principale fonte di attenzione fosse apposto
-Per fortuna solo la mano ne ha risentito di questo attacco di panico
dice con un velo di sollievo
-A... attacco di panico
ripeto tra me e me
-Gia... è quello che ha avuto poco fa e devo dire che non ne avevo mai visti di cosi... non stava perdendo il senno, non stava gridando ne piangendo, mi ha risposto con lucidità, aveva tremori fini e credo che abbia avuto anche dell’ipertensione... spiegherebbe il perché della riapertura della ferita sulla mano, magari la parete venosa non ha retto alla pressione sanguigna... non mi sembra abbia problemi di nausea e non la vedo con problemi di dolori al petto o all’addome.
parla mentre mi aiuta a rientrare in camera, rendendomi partecipe della sua esperienza medica...
-Può accendere la luce?
domando ottenendo come risposta l’esaudimento della mia richiesta
-Grazie
il medico si avvicina prendendo da un armadietto delle bende e del disinfettante e, dopo aver tolto le garze ormai segnate da un rosso scuro nel centro del palmo, cominciò la medicazione.
-La mia famiglia è stata qui stanotte?
chiedo mentre è intento a pulire la ferita
-A dire il vero no...
afferma con voce che lasciava trasparire l’impegno che stava mettendo nel suo lavoro
-Però è passata una donna... come ogni notte... che si ferma alla vetrata e la osserva per una mezz’oretta... poi se ne va
questa rivelazione accende in me un’euforismo che mi mancava, una sensazione di vita che mi scorre nelle vene che mi sembrava non provare da un’infinità di tempo, nonostante sia qui da penso meno di una settimana
-Grazie, non sa quanto questa notizia mi sia di conforto
gli dico sorridendo mentre mi restituisce la mano dopo che ha finito di armeggiare con le bende.
Si congeda rassicurandomi che è di turno e che nel caso servisse aiuto bastava premete un bottone accanto alla spalliera del letto... lo vedo uscire dalla stanza chiudendo la luce  con un fazzoletto in mano e chinarsi a pulire il residuo di liquido organico che avevo lasciato sul muro dopodiché chiudere la porta e sparire...



parole dello scrittore:
Buona sera/giorno a tutti!  nuovo capitolo, nuovi svolgimenti, la storia prende forma. spero vi piaccia, alla prossima.

 

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Capitolo 4
*** IV ***


IV
 
 
Lei viene qui, ogni sera, per assicurarsi che io stia bene! non sta evitando me, sta evitando Alexis  e mia madre... aaah! conoscendola si sta maledicendo perché si sente in colpa per quello che è successo, insomma come può anche solo lontanamente pensare che possa essere colpa sua! o forse sto fantasticando un po’ troppo... magari non sta evitando nessuno e vuole darmi il mio spazio... o magari... basta con le domande, non voglio risposte per ora... mi sta più che bene che lei sia qui accanto a me, nel modo che crede migliore.
Mi addormento con un sorriso impercettibile sul volto mentre il buio che prima attanagliava il mio animo ora è solo un mero ricordo.
Un lieve vociar mi desta dal sonno rivelandomi che il sole già è alto nel cielo, mia madre e mia figlia stanno chiacchierando amorevolmente in fondo alla stanza, attente a non svegliarmi, con scarso successo aggiungerei...
-Buongiorno
dico loro mentre mi porto le mani alla faccia, strofinando il viso per poi trascinarle sulla nuca allargando spalle e torace, non è stata una buona idea, la ferita sul petto rilascia una fitta dopo quella sollecitazione...
-Buongiorno Richard figliolo, non credi che alcuni movimenti non dovresti farli? ma dimmi, come ti senti oggi?
risponde mia madre con il suo solito tono di voce e movenze, notando lo spasmo di dolore che per un attimo mi ha attraversato il volto
-Benissimo, sono pronto per tornare a casa
ma a quelle parole la mia bambina interviene con solenne saggezza
-Papà sai benissimo che non puoi, in fondo ti hanno sparato, e per giunta vicino al cuore... non credi che meriti un po’ più di riposo?
mi abbraccia con leggerezza e amore mentre io la circondo con le braccia e le bacio la fronte attraverso i capelli artefici del suo soprannome
-Hai ragione tesoro
affermo con un sorriso sincero sul volto guardandola nei suoi stupendi occhi
-Avete avvertito al distretto?
domando li per li rivolto ad entrambe
-Si ieri quando ce ne siamo andate... hanno promesso di farti visita il prima possibile
risponde sempre la mia “zucca”
-Sembra stessero lavorando ad un nuovo caso, Esposito ha detto che non poteva stare molto al telefono
-Fantastico! cercherò di farmi dire qualcosa quando verranno, cosi non mi annoierò!
 
sono estasiato da questa notizia, chissà quale contorto caso stia passando sotto le mani dei miei partner in questo istante: storie di tradimenti, di passione, di omicidi su commissione, di poliziotti corrotti e politici potenti, di mafia irlandese o di assassini tra spie sotto copertura... magari la vittima è stata uccisa in qualche modo strano... magari con un coltello da lancio! o con una spada sacrificale... o magari alla vecchia maniera, con un calibro 9 nel cervello!
Il tempo passa in fretta e il sole gia si trova al punto di discendere, piano, verso l’oblio... ed i ragazzi arrivano tutti felici di vedermi in piedi davanti all’ ampia vetrata della stanza osservando il panorama
-Ehi fratello non dirmi che gia ti sei dimenticato New York!
quasi urla a braccia spalancate Esposito entrando con suo solito modo trionfante nella stanza
-Ehi Espo come va amico?
rispondo con un ampio sorriso sul volto mentre mi volto e, anch’io a braccia spalancate gli vado incontro per abbracciarlo
-E ce lo chiedi tu a noi? dovrebbe essere il contrario!
dice di rimando Ryan divertito per poi abbracciarmi calorosamente
-Che ci dici “eroe”
scherza Esposito enfatizzando a dovere l’ultima parola
-Beh come eroe mi sa che faccio un po’ pena, scherzo, sto più che bene a dire il vero... ho cominciato oggi un po’ di fisioterapia per le spalle e il petto. I medici sono speranzosi, dicono che grazie alla mia corporatura ed hai miei “possenti” muscoli mi riprenderò in fretta, mi riavrete tra i piedi ancor prima che ve ne possiate accorgere
le mie parole danno vita ad un’ilarità leggera e piacevole, riscaldando la stanza di uno strano tepore
-E che mi dici del petto, ti fa male? insomma sei stato parecchio nella sala operatoria amico, il medico quando è uscito sembrava un cadavere e ci aveva detto che molto dipendeva da come avresti affrontato quella notte
chiede seriamente Ryan con un espressione tra l’interessato e il preoccupato
-Il petto ogni tanto da problemi, ma non preoccuparti mi rimetterò presto, di voi invece che mi dite? qualche nuovo intrigantissimo caso?
si guardano negli occhi a vicenda compiaciuti forse del fatto che hanno un caso e vogliono tenermi sulle spine per prendermi un in giro
-Beh si in effetti abbiamo qualcosa per le mani
inizia l’irlandese
-Si ma non so se è il caso di affaticarlo troppo...
continua Javi guardando il partner con un sorrisetto stampato sulle labbra mentre io li osservo sempre più curioso, con uno sguardo implorante di rivelare le taciute novità
-Gia credo che tu abbia ragione fratello, forse è presto
-Dai ragazzi! non tenetemi sulle spine, sono anch’io vostro partner no?
dico con un sorriso implorante
-Si tratta di mafia prostituzione e spionaggio?
continuo mentre i due ridono a crepapelle compiaciuti e felici di esser riusciti nel loro intento
-Nulla del genere amico! un semplice caso di  vendetta... la vittima, Gregor McClay, aveva fatto un torto ad un suo dipendente e questo dopo averci rimuginato su tutta la notte il giorno dopo è andato la e gli ha sparato in testa con una 38
ho un piccolo spasmo un po’ per delusione un po’ per disgusto nell’essermi immaginato la scena
-Un bel macello
dico forse con voce monotona
-Gia fratello, sembra che i casi strani li porti tu
faccio un cenno con la testa
-Quindi il caso è gia chiuso... l’avete gia preso torchiato per bene e fatto confessare?
-Non proprio... quell’ idiota  nonostante abbiamo trovato la pistola che ha sparato, che appartiene a lui, abbiamo un video che lo riprende durante l’atto e sui suoi abiti c’è polvere da sparo, abbiamo il movente e non ha un alibi per l’ora del delitto continua a dichiararsi innocente!
le mie orecchie si attizzano, volto d’istante la testa verso Espo con uno strano bagliore negli occhi
-E perché mai si dichiara innocente?
chiedo speranzoso
-Dice che non ha mai sparato a nessuno che non sia un bersaglio in un poligono di tiro e che non si ricorda nulla da ieri sera
risponde prontamente Ryan
-Ragazzi forse dietro c’è qualcos’altro! scommetto che Beckett ci sta lavorando su adesso...
dico forse quest’ ultima frase con poco entusiasmo e loro se ne accorgono.
Il sole ormai è calato e batte imponente sulla vetrata illuminando la stanza di un colore ambrato sostituendo il silenzioso imbarazzo e rassegnazione che l’avevano occupata
-Gia fratello...
risponde Esposito dopo un po’
-Noi ora andiamo, cosi ti lasciamo riposare
finisce Ryan con fare premuroso, annuisco felice della visita che mi hanno fatto e dopo si congedano dalla stanza speranzosi di riavermi presto al distretto.
La mia famiglia se ne era andata oggi verso l’ora di pranzo, prima della fisioterapia, e come previsto non si era più fatta viva, meglio cosi, d’altronde gliel’avevo chiesto io.
L’oscurità cala in fretta, il tempo, inesorabile, scorre ed io attendo che il buio arrivi portando con se tutta quell’inquietudine che risiede in me, risvegliandola... e attendo anche lei che forse arriverà, perché necessito di vederla, di parlarle, di sapere come sta, se prende il caffè, se dorme la notte, se si riposa, di come va la sua vita... tra le pieghe del letto, e l’oscurità della stanza mi addormento inconsciamente.
Ti sei infilata nell’omicidio di tua madre e non ne sei mai uscita, ti nascondi lì dentro, come ti nascondi in relazioni vuote con uomini che non ami; potresti essere felice Kate, meriti di esserlo... ma hai paura
Sai che ti dico Castle: abbiamo chiuso. e ora vattene
Una dolorosa fitta al cuore mi sveglia... sono sudato, il lenzuolo giace inerme per terra ed il freddo ricopre il mio corpo scosso da forti brividi... il buio, il buio continua ad essere opprimente e non respiro... il dolore è sempre più forte e continuo... di scatto mi siedo e tento di aprire gli occhi chiusi per non vedere, per non essere preso da quel totale abbandono, per non sprofondare nell’abisso... tento di calmarmi, porto le mani sul letto e ne stringo le estremità accanto alle gambe per riprender controllo del mio corpo ma non ci riesco, e di nuovo scatto verso la porta aprendola con forza tanto da darmela su un ginocchio, cado a terra ma imperterriti i miei muscoli si contraggono per slanciarsi a gattoni verso il muro di fronte a me, memore della notte precedente... pronto ad accogliermi di nuovo e finalmente vedo la luce, di nuovo quella traballante luce al neon che staziona in quel corridoio... il dolore persiste, forse la morfina comincia a perdere il suo effetto? porto la mano di fronte al viso e non sanguina, apro il camice sul petto e la ferita non ha nulla che non va, e allora cos’è quel dolore opprimente che ha destato in me di nuovo quella paura innata... volto lo sguardo alla fine del corridoio, la fine immersa nel buio... e ne ho terrore... poso la testa rumorosamente sulla parete che mi sorregge e per un istante chiudo gli occhi per poi riaprirli e vedere di fronte a me ciò che più desidero al mondo
-Kate
quasi sussurro ed il solo vederla mi calma.
Boccheggia di fronte a me in cerca di aria mentre da quei stupendi occhi scivolano amare lacrime nel vedermi in quelle condizioni, mi alzo, faccio un passo verso di lei anche io con le lacrime agli occhi, ma per un motivo ben diverso... dio quanto ho avuto paura di perderla in quel momento, e quanto sono felice di vederla qui... ma lei ne fa uno indietro ed ho paura che voglia scappare, andare via da tutto questo, e non posso biasimarla... mi fermo sul posto mentre cerco le parole giuste deglutendo a vuoto ma il raziocinio l’ho lasciato in quella stanza
-Stai bene?
le chiedo infine con un sincero sorriso mentre una lacrima solitaria cade veloce sul pavimento, il dolore è sparito e con lui i brividi, la paura... è rimasta solo lei, e la felicità di rivederla.


Parole dello scrittore:
Buona sera/giorno a tutti!
finalmente si incontrano! come reagirà Kate all'innocua domanda del dolente scrittore?
ho voluto aggiungere un po di "giallo" tra le righe, chissà se avrò fatto bene... 
ringrazio tutti i lettori e tutti i recensori ( che poi sono anche lettori, quindi li ringrazio due volte ) ed un'altro speciale grazie va ad una mia amica grande fan di Castle, come tutti noi, che sopporta amichevolmente tutti i miei
 dubbi.
alla prossima, spero la storia vi piaccia! 

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Capitolo 5
*** V ***


V
 
 
-Ti hanno sparato... per colpa mia... hai perso sangue tra le mie mani, ti hanno portato in ospedale d’urgenza sull’ambulanza mentre Lenie ti stava sopra e tentava di riuscire dove io avevo  fallito, i battiti si facevano sempre più lievi mentre il respiro cominciava ad affievolirsi... gli occhi chiusi la bocca un po’ aperta nella tua solita espressione di quando pensi... il tragitto sembrava infinito e quando finalmente arriviamo in ospedale smetti di respirare! tanto era il sangue che era colato per tutto il lettino fin sulla ruota, una striscia tra il cremisi ed il vermiglio ti ha accompagnato fino al piano delle sale operatorie, hai scritto anche mentre stavi morendo... poi tutt’a un tratto ti fermi, con un unico, breve, deciso tratto dopo un lunga scia. mi sono sentita svenire! le tempie mi pulsavano mentre la testa mi scoppiava e mi veniva la nausea nel vedere quel vertiginoso rosso in contrapposizione con quel leggero verde acqua di sfondo sul pavimento mentre sentivo i mendici che intimavano di sbrigarsi, che   correvano all’impazzata. abbiamo atteso ore e ore e altre dannatissime ore e poi esce un medico che  dice: l’intervento è riuscito, ha avuto una grave emorragia, un arresto cardiaco ed il polmone sinistro è quasi collassato. tutto si deciderà stanotte, bisogna solo sperare! e tu mi chiedi se sto bene?! no assolutamente non sto bene e soprattutto non sei tu che devi fare questa domanda a me...
la voce a tratti ti muore in gola, le lacrime rigano silenziose il tuo volto e mi rattrista vederti in questo stato
-Perché? perché ti sei messo tra me e...?
un spasmo mi pervade il volto, vorrei abbracciarla, stringerla a me, ma ho paura che se muovessi anche solo un passo se ne andrebbe... ma mi capisce al volo e con uno slancio si precipita tra le mie braccia mentre sfoga la sua frustrazione in un fragoroso pianto
-Non è colpa tua Kate... non pensarci nemmeno per un istante, non permetterei mai a nessuno di farti male e se il mio corpo potrà proteggerti lo farà di nuovo... vuoi una motivazione?
le sussurro stringendola a me mentre si sprigiona un mite tepore in contrasto con il freddo ricordo al quale vado sottoponendola
-Ricordi cosa ti dissi nella cella frigorifera? io ci sono, e ci sarò in ogni momento per te... Always
 
Rimaniamo cosi, per non so quanto tempo, mentre i battiti dei nostri cuori si uniscono insieme ai leggeri e caldi respiri in una sincronia nuova, perfetta...
-Ti va di parlarne?
chiede lei con un po’ di timore, sperando forse di non aver toccato un tasto dolente
-Certo
entriamo in camera, mentre sistemo il letto, reduce di uno dei miei attacchi di panico, lei chiude la porta, isolando la stanza per renderla più anonima e più accogliente... non vi è luce, solo quella che può entrare dalla finestra e dal corridoio, e non mi dispiace, poiché lascia alla stanza ancor più riservatezza... mi infilo sotto le coperte,  tolgo il cuscino, un po’ umido di sudore, e mi metto a sedere con la schiena poggiata al muro, e la guardo, mani unite lasciate a penzoloni di fronte al ventre, viso rivolto verso il pavimento, mentre si mordicchia il labbro inferiore cammina lentamente formando un percorso che solo lei conosce, pesando i passi... in un moto di imbarazzo...
-Hai freddo?
le chiedo destandola forse da un mare di pensieri... mi osserva incuriosita ed io con un gesto semplice mi sposto in un angolo del letto e tolgo le coperte all’angolo vuoto, invitandola a farmi compagnia e a riscaldarsi tiepidamente... fa un cenno di assenso mentre con un lieve sorriso si avvicina, sedendosi sul letto e togliendosi gli stivali con i soliti, vertiginosi, affascinanti ed accattivanti tacchi alti che slanciano la sua gia perfetta figura, si siede accanto a me e si porta le coperta fin sopra le gambe, adesso anche lei mi guarda e ci perdiamo, per un lungo, stupendo attimo l’uno nell’altra... poi con estrema cautela e serenità le chiedo
-Da dove vogliamo cominciare?
mi guarda pensierosa, sicuramente sono molte le domande a cui vuole sottopormi, ad esempio cosa ricordo, o come sto... sta facendo un discernimento sulle domande più rilevanti, come prima di ogni interrogatorio e a questo pensiero sorrido ampiamente, cosa che a lei non sfugge e che non perde occasione di chiarire
-Perché ridi?
-Davvero non pensavo la tua prima domanda fosse “perché ridi”!
ribatto divertito sviando la domanda cosi da non dare una risposta che potesse metterla in imbarazzo, ma mi conosce da molto tempo ed è gia arrivata alla vera motivazione
-Si, sei sotto interrogatorio “partner”!
mi dice ridendo anche lei... vorrei negare... ma una fitta al cuore al sentire quella parola mi pervade e riesco solo a mimare un bieco sorriso mentre sposto lo sguardo verso le coperte...
-Bene detective, chieda pure
continuo subito dopo riprendendomi
un leggero imbarazzato silenzio si era di nuovo impossessato dell’aria, mentre lei si tortura le mani, per poi voltarsi sicura verso di me e chiedermi
-Come stai?
aspetto qualche secondo valutando una risposta
-Sto bene, davvero... certo qui comincio ad annoiarmi, e non vedo l’ora di tornare al distretto ma meglio se prima guarisco no? altrimenti chi vi caccia nei guai? le ferite non fanno malissimo, quella alla mano neanche la sentivo all’inizio...
mi guarda felice di sapere che mi sto riprendendo
ma un velo di tristezza s’impossessa del suo stupendo viso
-E qui... qui come stai?
mi chiede guardandomi seria negl’occhi mentre con l’indice della mano destra mi tocca leggermente la fronte, alludendo alla spiacevole situazione a cui ha assistito prima
-Non ti preoccupare
le sorrido
-Non ti preoccupare?! quello aveva tutta l’aria di essere un attacco di panico!
quasi mi urla sorpresa della mia non curanza sulla situazione, abbasso lo sguardo sempre con un leggero sorriso sulle labbra... la sento sospirare piano, una sensazione di profondo dispiacere mi attanaglia da quando ha detto “partner”... forse mi sono illuso, non mi ama, mi considera solo un collega degno di fiducia e rispetto... forse me l’ha detto, quando ero per terra inerme, solo per non farmi sentire abbandonato o per darmi un qualcosa a cui attaccarmi... non lo so ma resta il fatto che in questo momento devo uscire momentaneamente da questa spirale depressiva... il tempo scorre, e l’ormai di casa silenzioso imbarazzo la fa da padrone... la guardo mentre torna a torturarsi le mani ed a mordersi il labbro inferiore, semi-nascosta dai suoi soffici e stupendi capelli
-Cosa... cosa ricordi dell’accaduto
chiede con voce tremante dopo essere tornata, per un secondo, a guardarmi negl’occhi
-Tutto
dico in un momento di sollevatezza emotiva, con un sorriso mentre mi perdo nei ricordi, stupendi e terribili di quegl’istanti...
I secondi si bloccano e con loro il suo respiro, il suo cuore perde un battito, mentre con velocità inaudita si volta verso di me, con un’espressione mista tra il felice, il dispiaciuto, lo speranzoso ed il disperato... al contempo sollevata ed in un qual modo depressa... forse anche impaurita.
-All’inizio era tutto confuso, ma piano piano le immagini che prima vedevo sfocate, i suoni che prima non riuscivo a ricordare si sono rivelati, in tutta la loro maestosa stupefacenza... ricordo il vento secco fermarsi, il sole caldo sulla pelle... un momento unico, fantastico, in cui sento la vita, la vita in tutto ciò che ci circonda... ho visto te, mi sono perso nei tuoi occhi, mi hanno catturato e sono rimasto lì finche un bagliore di terrore non ti ha attraversato... ricordo lo sparo, la pallottola, la paura ed il dolore... ma soprattutto...
 
mi fermo, c’è qualcosa che non mi fa andare avanti, qualcosa che forse per associazione di idee scatena in me una paura che desta i miei sensi, le iridi si allargano, sento freddo e ricomincio a tremare, spalanco gli occhi... ne sono immerso dentro... ma un leggero tocco caldo, richiama la mia più totale attenzione... mi hai posato delicatamente una mano sulla gamba sinistra, mentre mi osservi leggermente preoccupata... chiudo gli occhi e tiro un sospiro per poi tornare a guardarti
-Il buio... ricordo il buio, non sapevo come ci ero arrivato, in quell’abisso totale, non vi era nulla tranne che dei fogli ed una matita... ed ho deciso di scrivere... la matita si consumava e lasciavo in quel tratto caldo la mia esistenza... i fogli non terminavano, la grafite non cambiava... solo la lunghezza, di quel leggero bastoncino variava.. e fu solo quando finì quest’ultimo che finì anche il materiale su cui scrivere, ho cominciato ad aver sonno... oh dio... faceva freddo e avevo paura che tu stessi in pericolo... poi mi sono addormentato.
 
Mi osservi, perplessa e preoccupata, mentre passi la mano lentamente dal ginocchio sul braccio fino ad unirla in una leggera stretta alla mia, come un gesto istintivo, di cui necessitiamo, ma ben pesato nelle nostre coscienze... ma per te sono solo un collega, giusto?
Ti sento stringere quel contatto, ti osservo e vedo lacrime di disperazione sul tuo volto presentarsi prepotenti ed insensibili al tuo dolore, mentre dopo un veloce respiro assottigli le labbra come per trattenere le parole...
-Quanto... quanto ho avuto paura di perderti!
infine scoppi, liberandoti.




parole dello scrittore:
Buona sera/giorno a tutti!  finalmente aggiorno, ho avuto non pochi problemi a completare il capitolo... avete presente quando hai il blocco inverso dello scrittore? ovvero che non è che non scrivi, o che non hai idee o ispirazione... è che ne hai troppe e cominci a pensare a storie e storie, abbozzando titoli e frasi, prendendo appunti e documentandoti.
Detto questo spero il capitolo vi piaccia, auguri e buone feste.
 

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