Love in Paris

di Tempest M Calloway
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo ***


LOVE IN PARIS




 

Penso che se dovessi datare il giorno in cui la mia vita prese una svolta decisiva, sceglierei il 2 dicembre 2009. 
Un giorno che fino a quell’anno era per me significato solo il compleanno di mia madre (di conseguenza un motivo sufficientemente valido per lasciare la mia adorata Parigi e tornare a Roma per un’asfissiante giornata in famiglia).

Purtroppo i rapporti fra me e lei si sono incrinati brutalmente quando, prima di partire per la capitale francese, le ho rivelato della mia omosessualità. 
In compenso, io sono diventata la pecora nera della famiglia Melsi, mentre mia sorella minore Camilla è diventata la gioia di mia madre. 
Camilla Melsi è un’irritante ragazzina appena diciottenne che si crede di poter fare tutto ciò che vuole perché lei e le sue amichette sono considerate dee all'interno delle quattro mura del liceo e, da quando la situazione ha preso questa piega, anche fra le mura di casa.

Tornando a noi: se avessi saputo che quel giorno la mia quotidianità (perennemente composta da pacchetti di lucky strike rosse, cibo ad alto contenuto calorico e bonazze tettone che entrano ed escono dal mio letto) sarebbe andata in pasto ai leoni, avrei subito fatto retromarcia e sarei rimasta a dormire fino a tardi. 
Avrei tranquillamente perso il treno che ero costretta a prendere praticamente tutti gli anni e avrei inventato una scusa plausibile per mia madre...
Ma visto che non lo sapevo, mi costrinsi a scendere dal letto, rimpinzare la mia secolare tracolla dei Linkin Park ed infine salii sul treno maledetto…
 [..]

"Non è normale" penso, guardando truce i vestiti esposti sul mio letto, di sicuro non miei.
Tutti gli anni mia madre ruba dei vestiti dall'armadio di Camilla cercando di rifilarmeli per non farmi mettere i miei "obbrobri" come li chiama lei.
A quello ormai ci ho fatto l'abitudine, ma non farò mai l'abitudine al fatto che la mia dolce sorellina indossa vestiti che nemmeno le prostitute francesi!

Mi asciugo i capelli neri, così corti che mi bastano due botte di asciugamano e ho fatto.
Prendo la mia famosa tracolla, cercando qualcosa di mio da mettere; preavviso: non vi aspettate Chanel o simili, sono più tipo da Hardrock e mercatino.
Tiro fuori i miei pantacollant neri (una costante nel mio abbigliamento), anfibi rossi e una lunga canotta nera (tanto in casa c'è l'aria condizionata).
Non sono mai stata tipo da gioielli, quindi ne faccio volentieri a meno, tranne che per l'anello in ferro che fascia quasi tutta la terza falange del mio anulare sinistro; non fraintende, non è una fedina, anzi: è una promessa a me stessa, di non innamorarmi mai... 
Ma i dettagli più tardi.
I capelli mi solleticano la nuca e, soddisfatta della mia immagine, scendo di sotto.
[..]

La casa dei miei è una di quelle villette con giardino poco fuori città, dove di solito si pensa che vivano famiglie felici con cani e sorrisi da pubblicità... E una volta lo pensavo anch'io.
Ma ora, l'ampio soggiorno e il giardino addobbati a festa, mi fanno solo sentire fuori posto.
Noto subito mia madre, circondata dalle sue amiche pettegole, e non molto distante vedo la loro progenie fare un remake adolescenziale della scena.

<< Ehi Kia! >> mi giro, ritrovandomi faccia a faccia con l'unica persona che forse in questa massa non mi dispiace.
<< Ciao Mick, come va? >> saluto così Michele Tevia, una volta mio vicino di casa.
Le nostre madri avevano sempre pensato che un giorno saremmo stati fidanzati ma, quando lui si è dichiarato e io gli ho detto la verità, è andata distrutta un'utopia... Se ci ripenso mi viene ancora da ridere.

<< Che ne dici di fare due chiacchiere con una bottiglia in mano? >> chiede Mick, portandomi in cucina. E' casa mia, ma ormai la conosce quasi meglio lui..!
E così apriamo le due nastro azzurro di papà, iniziando a parlare del più e del meno. Solo che c'è qualcosa che non mi torna...

<< La prossima volta che dici "Camilla ha.." giuro che ti trucido! >> esclamo, sbuffando.
<< Gelosa? >> chiede lui, ghignando apertamente.
<< Nei tuoi sogni. >> gli rispondo a tono, sorridendo a mia volta. E sto per continuare, quando...
<< Chiara, vieni un attimo! >> dice mia madre, affacciandosi in cucina.
[..]

<< Chiara! Ma come ti sei fatta bella... >> esclama Giusy Derrillo (migliore amica di mia madre), abbracciandomi fino a farmi perdere il fiato. 
Accanto a lei, suo marito Augusto aspetta il mio rilascio per stringermi calorosamente la mano, rinunciando ad attentare alla mia gabbia toracica.

<< Sai cara, io e tua madre stavamo parlando di quanto debba essere meravigliosa Parigi! >> disse Giusy, zuccherina.
<< E' vero, è meravigliosa. >> dico, sorridendo.
<< Beh, questa sì che è una fortuna! Chiara, tesoro... >> smettò momentaneamente di ascoltare.
Se mia madre usa quel'appellativo sdolcinato con me significa che sta per chiedermi qualcosa e che non mi farà piacere...

<< ... Chiara, allora, te la ricordi Francesca?! La figlia di Augusto e Giusy! >> esclama mia madre, contrariata.
Ovviamente si è accorta che non la stavo ascoltando...
<< Sì mamma, è l'amica di Camilla, giusto? >>
<< Esatto! Beh, come sicuramente saprai, quest'anno lei e Camilla si sono diplomate. Come invece sicuramente non saprai, Francesca è stata ammessa all'università di Parigi! >> continua mia madre, tessendo le lodi della ragazza.
Se fossi stata da sola con mia madre avrei risposto qualcosa del tipo “Devo prendere un croissant anche per lei la mattina?”, ma non è il momento di usare il sarcasmo.

<< Dunque? >> 
<< Dunque ci chiedevamo se tu potessi essere così gentile da ospitarla nel corso dell'anno scolastico. >> dice placidamente mia madre.
Sapete quando vi ritrovate senza parole e volete a tutti i costi trovare una balla per evitare di fare qualcosa che non volete assolutamente fare? Ecco come mi sento io ora.

Mia madre riprende a parlare: << Ovviamente solo per la durata del primo anno, il tempo di trovare altre ragazze con cui trovare un appartamento decente. >>
"Sono con le spalle al muro", mi rendo conto.
Quindi faccio l'unica cosa che mi è possibile fare: << Accetto. >>
dico, con rigida disinvoltura.
[..]

<< Francesca puoi venire un attimo? >> quasi urlano i coniugi Derrillo, dopo avermi ringraziata non so quante volte.
Mi copro le orecchie, voltandomi.

La folla alle mie spalle (se così si possono chiamare una mezza decina di famiglie e qualche single radunati nella stessa stanza), si apre, facendo spazio una ragazzina dai lunghi capelli rossi.
Il viso a cuore è pallido e delicato, gli occhi smeraldini circondati da uno spesso filo di matita nera e le labbra coperte da un rossetto rosa da bambina. 

Ci squadriamo a vicenda da capo a piedi, lei mi guarda con disprezzo e.. curiosità? 
Io mi limito all'indifferenza.
La vedo trasalire leggermente, quando i suoi smeraldi si posano nei miei occhi: neri, neri come l'ossidiana.
[..]

"Beh, ha reagito bene!" penso, ironica. 
Penso che non abbia urlato tutto il suo astio solo per non attirare attenzione, e sorrido.
Il suo disgusto è quasi appagante, mi fa sentire potente...
"A te basta molto poco per sentirti potente, eh." dice una vocina fastidiosa nella mia testa.

La osservo. Posso immaginarmele: la figlia che si lagna a morte perché non vuole convivere con una lesbica deviata e la madre risponderle di stamparsi un sorriso in faccia e accettare la proposta di mia madre senza fare storie. 

Le vedo tornare, distogliendomi dai miei pensieri.
Giusy sorride a mia madre che, sorridente, annuncia: << Ebbene, domani avrai una compagna di viaggio, Chiara! >>
[..]

Il viaggio procede, lento e con la più completa assenza di dialogo.
I RHCP (Red Hot Chilli Peppers) mi suonano nelle orecchie e, finché ci sono loro, non ho bisogno d'interagire col mondo esterno.

Eppure mi sento osservata.
Girandomi verso di lei, la sorprendo a guardarmi. Ovviamente, distoglie subito lo sguardo, arrossendo. Con uno sbuffo mi levo le cuffie e, con un movimento rapido, le afferro il mento.

Ora è vicina, l'ho portata a due millimetri dalle mie labbra.
Ha gli occhi sgranati, e io godo della sua paura. 

Con una qualsiasi ragazza non sarei così, ma lei porta con sè tutto ciò che io odio...

<< Non darmi problemi ragazzina. >> sibilo, e i suoi occhi si sgranano ancora di più.
Potrei baciarla, e so che non rimarrebbe molto a Parigi. 
Potrei baciarla e direi addio a tutti i miei problemi.
Potrei baciarla e cedere alla tentazione che mi tormenta da quando l'ho conosciuta.

Ma non lo farò, non ci tengo ancora a morire per mano di Alessandra Melsi. 
 




CONTINUA...




Nota dell'autrice:
Ecco a voi il primo capitolo riscritto di "Love in Paris". Spero di far uscire al più presto il secondo e anche quelli che seguiranno.
Io e Wild ci auguriamo che vi piaccia e vi preghiamo di comunicare se volete che la gestione della storia ripassi alla vecchia autrice.
Alla prossima, TMC e WBM.






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Capitolo 2
*** Secondo capitolo ***


LOVE IN PARIS


 
 
 
La guardavo mentre osservava con attenzione ogni minimo dettaglio del mio appartamento.
Non aspettatevi niente di sfarzoso, sono giusto due camere da letto, un soggiorno, una cucina, bagno e stanzino.
Indovinate lei in tutto ciò cosa ha deciso di osservare? L'ingresso.
L'ho vista sorprendersi, guardando come ogni stanza fosse diversa dalle altre; ogni singolo  posto aveva la sua atmosfera.
<< E lì cosa c'è? >> si stava avviando a passo spedito verso una delle porte in mogano, una porta la cui soglia non doveva superare; era già entrata nella mia vita, ora voleva anche entrare nella mia stanza?!
<< Non. entrare. in. camera. mia. >> scandii bene ogni parola, affinchè capisse il concetto.
La vidi immobilizzarsi e, se lei era davvero come mia sorella, avrebbe aspettato la mia assenza per infrangere la nostra prima regola di convivenza... che merda!
 
 
La sua stanza sembrò piacerle, si lasciò anche sfuggire un commento positivo.
In effetti non ero niente male come arredatrice: le pareti erano di un caldo color crema,  qualche mensola in mogano quà e là. Un guardaroba dello stesso materiale stava frontale al letto matrimoniale, ricoperto da un soffice piumone color prugna. Appoggiò i bagagli (meglio non indagare sul numero) sul pavimento in parquet, guardandomi finalmente negli occhi. 
<< Che si fa ora? >> chiese, spostando subito lo sguardo sul pavimento.
<< Beh, sono le nove di sera, direi che è ora di cena. >> dissi, per niente intenzionata a   rompere il ghiaccio. 
Si defilò con un "non ho fame" e io, dopo aver cenato ed essermi spogliata, me ne andai a dormire, senza ovviamene dimenticarmi di ringraziare mia madre per il bel regalo di pre- Natale    che mi aveva fatto! 
 
 
Il suono della sveglia mi costrinse ad alzarmi con un sonoro "vaffanculo". Essendo il 4   dicembre, lunedì, dovevo tornare a lavoro... che bello! Andai in cucina, con l'andatura barcollante e la faccia di uno zombie. Dovevo fare proprio schifo perché, quando Francesca si  voltò dando finalmente le spalle ai fornelli, per poco il piatto non le cadde dalle mani. << Buongiorno. >> mi disse, tornando ad evitare il mio sguardo. Questa cosa del "potrei morire se ti guardassi negli occhi" era altamente irritante. << 'Giorno >> mi limitai a grugnire, guardando poi il contenuto del piatto. Ma che roba è?!
Mi alzai e le arrivai alle spalle, mentre lei continuava ad impiastricciare la padella con    l'impasto dei pancakes. Qualcuno aveva letto le ricette sul frigo... << Dai, lascia fare a me. >> mormorai, mentre il mio braccio destro andava ad afferrare il manico della padella e il  sinistro a prendere un mestolo di preparato dalla scodella. La sentii irrigidirsi, probabilmente perché adesso si ritrovava incastrata senza vie di fuga fra il mio corpo e i fornelli accesi. Chissà che avrebbe scelto? Probabilmente i fornelli, pensai ghignando. Mi concessi di giocare un po', immergendo il naso fra i suoi boccoli rosso fuoco, inspirando a fondo il suo odore: albicocca. Quando sentii il suo battito cardiaco arrivarmi alle orecchie, capii che era il caso di smetterla, prima che mi morisse fra le braccia.  Le lasciai via libera, togliendo il braccio sinistro dal ripiano di marmo. Tuttavia, lei rimaneva lì, immobile. Poi, all'improvviso, si girò, gli occhi smeraldini che lampeggiavano.
<< Io non sono come te e non lo sarò mai. >>
<< Mai è tanto tempo, lo sai questo vero? >> le chiesi, prendendola in giro. Poi continuai senza darle il tempo di risponderle: << Non ho alcun interesse nei tuoi confronti e tu sei quì, in casa mia, perché quella stronzetta di mia madre non mi ha lasciato alternative. Io posso averti quando e come voglio >> sibilai al suo orecchio, sentendo il suo corpo scosso dai brividi. Ha paura, e io godo di questo; poi, così come tutto è iniziato, tutto finisce, mentre mi allontano di scatto da lei. << Ma, per tua fortuna, sono una gentildonna e non ho piacere nella... costrizione? >> 
 
 
Il mio lavoro, per chiunque se lo stesse chiedendo, sarebbe gestire un bar del centro parigino insieme alle mie inseparabili socie: Janette e Fabiana. Solo pochi minuti prima, uscivo di casa in tutta fretta raccomandando alla rossa di non far saltare la casa prima (aspetta, neanche dopo!) del mio ritorno e in quel momento stavo a chiacchierare con le altre due dietro il bancone di legno.  
Inizialmente eravamo solo io e Janette; bariste di giorno e seduttrici tutto il tempo.  Eravamo anche state insieme diverse volte, prima che Janette incontrasse il suo grande amore: Fabiana. Poi, quando quest'ultima aveva dimostrato di saper sostituire alla grande  la sua ragazza, io l'ho assunta a tempo pieno. 
<< Certo che sei proprio sfigata Kiss. >> sbottò Janette, dopo aver sentito tutta la storia. Fin dal nostro primo incontro la brunetta mi aveva appioppato quel soprannome. Sostenendo che una lingua come la mia ce l'avevano solo nell'omonimo gruppo musicale. << Eh, già. Da rubacuori a balia... che degrado! >> esclamò la bionda Fabiana, con fare melodrammatico. << E' bella almeno? >> chiese Janette, beccandosi un pizzico. La mia espressione doveva  dire tutto, a giudicare dal sorrisetto che mi fece la mia ex amica di letto. Proprio in quel momento, sento il campanello della porta suonare e, guardando il nuovo cliente, non potei che rimanere a bocca aperta. Che diavolo ci faceva Francesca Derrillo nel mio locale?! Il mio sbigottimento fu presto notato dalle altre due, che alternavano lo sguardo da me alla rossa appena entrata. << E' lei? >> chiese Fabiana al mio orecchio, mentre Janette non aveva bisogno di conferme per sapere che quella appena entrata era la mia neo-coinquilina. Io mi limito ad annuire mentre Francesca posa lo sguardo su di me. La osservo avviarsi con passo esitante verso l'alta sedia che sta proprio davanti a me, aldilà del bancone. 
 
 
<< Ti porto qualcosa? >> le chiese Fabiana, evidentemente in francese, appena la rossa si fu seduta. Francesca mi guardò con aria interrogativa, mentre io mi chiedevo come avrebbe fatto quella poppante a seguire lezioni intere in francese. << Vuoi qualcosa? >> decisi di andare in suo aiuto, ripromettendomi di trovarle qualche insegnante disposto a darle lezioni di madrelingua. Lei scosse la testa, sorridendo timidamente alla più dolce delle mie colleghe. Poi i suoi occhi si posarono su di me e appena le mie colleghe sono fuori portata d'orecchio, mi sporsi aldilà del bancone, vedendola impallidire leggermente. << Che ci fai quì? >> niente giri  di parole, non sono da me. La vedi abbassare lo sguardo, mentre si torturava il maglioncino lilla con le mani.
<< Non volevo.. stare sola. >> sussurrò, così piano che per un attimo credetti di averlo solo immaginato. Decisi di non commentare, anche se quella risposta mi aveva spiazzata. Non feci in tempo a ritrarmi che la voce divertita di Janette mi arrivò alle orecchie: << E' proprio cotta! >>
 
 
Non feci a tempo a ringraziare che Francesca non capisse un tubo di francese o a rispondere a tono a Janette, che una figura appena entrata attirò la mia attenzione. Purtroppo, quella appena arrivata era una persona che conoscevo abbastanza bene. Si trattava di niente meno che della ragazza più facile di tutta Parigi e neppure lo faceva di mestiere. Ricca, bellezza delicata sminuita da outfit da film porno, ninfomane a livelli assurdi... Quella di cui vi sto parlando è Elle Rouspe. 
<< Guarda chi c'è! Secondo te esce ancora con il vibratore attivo nelle mutande? >> disse Janette, accorgendosi della new entry. Fabiana non esitò a mollare un pugno da collasso sulla spalla della sua compagna, sibilando un "non essere volgare" fra i denti. Dal canto mio mi limitai a sogghignare, un po' per Elle, un po' per l'espressione confusa di Francesca che ci osservava senza capire e un po' per quella litigata infantile da innamorate.
Nel frattempo, Elle si sedette proprio vicino a Francesca e calò un falso silenzio nel locale. << Ciao, Chiara. >> miagolò, esponendo ai miei occhi il seno... sbaglio o a malapena un mese fa portava una seconda scarsa? Eh, le magie del silicone! << Ciao Elle. Come va? >> chiesi, mentre pulivo i bicchieri. 
<< Oh male.. Ultimamente non c'è nessuno a farmi compagnia. >> mugugna, prima di chiedere un milkshake alla fragola. << Condoglianze. >> risposi, sarcastica. Poi il mio sguardo si posò su Francesca, molto concentrata sulle sue unghie perfettamente smaltate. Tuttavia, le continue occhiate di sottecchi che rivolgeva a Elle mi fecero intuire che avesse capito che tipo di persona avesse vicino. 
<< Francesca, ci vediamo sta sera. >> dissi, in un chiaro invito a farla sloggiare.
 
 
<< Perché l'hai mandata via? >> mi chiese Fabiana, dando un altro morso al suo panino. Che risponderle, se non lo sapevo neanche io? Per fortuna, venne Janette in mio soccorso: << Oh, ma dai! E' pure giusto che abbia i suoi momenti di tregua, non è realmente la sua balia. >> disse, con la bocca ancora piena di pane e pomodoro. 
Decisi di continuare con la teoria di Janette. << Già non sopporto di avere la brutta copia di Camilla in casa mia, figuriamoci per tutta Parigi! >> borbottai, dando un lungo sorso alla mia birra. L'alcol ha sempre avuto il grande potere di rilassarmi, anche solo in piccole dosi. << A me non sembra poi così male. >> dissero insieme Janette e Fabiana... non ne potevo più!
<< Se vi piace tanto, perché non la ospitate voi?! >> sbottai, andando fuori a fumare una sigaretta. Non volevo sentire un'altra parola su di lei per il resto della giornata. Ovviamente, non venni accontentata...
<< Senti, non è una bella situazione ma cerca di darle tempo. >> iniziò Fabiana, sedendosi accanto a me, mentre tiravo una lunga boccata di fumo. << Sei la prima che odia i pregiudizi,  ma con lei sei partita proprio con questi! Dalle l'occasione di dimostrarti che sbagli. >>
<< E perché mai dovrei farlo? >> << Perché tu non sei così! Non giudichi le persone prima di conoscerle e non le tratti male senza motivo. Sarebbe d'aiuto anche alla vostra convivenza se riusciste ad andare d'accordo. >> concluse la bionda, guardandomi intensamente. Non aveva torto ed io lo sapevo. Un anno... un anno intero con quella non lo avrebbe retto se le cose fossero andate avanti in quel modo. Allora presi la mia decisione: dovevo sistemare le cose    con quella ragazzina!
 
 
<< Ciao >> mormorai, stravaccandomi sul divano, sfinita. Francesca non mi degnò neppure di uno sguardo, ostinandosi a fissare la TV. << Ed ora che succede? >> le chiesi, passandomi una mano sul viso. Cristo, che stanchezza! << Niente. >> dice, guardandomi. Si capisce che sta mentendo, anche uno stolto lo capirebbe... ma sono troppo stanca per indagare: << Come vuoi. >> dissi, mentre la vedo alzarsi e avviarsi probabilmente in camera sua. 
Poco dopo, un urlo che sfiora i limiti dell'isteria mi perforò i timpani. Sentii Francesca  avvicinarsi a grandi passi, i tacchetti che risuonavano sulle mattonelle del pavimento. <<  Dimmi. >> dissi con voce strascicata, appena fui sicura che fosse abbastanza vicina al divano. "Ecco, ora mi strozza, devo averla combinata davvero grossa." pensai, mentre guardavo il suo volto livido di rabbia. << Che cosa sono queste?! >> strepitò, alzando con mano tremante un tanga nero bucato in un punto molto strategico. Ops... Doveva aver trovato i "ricordini" che mi avevano lasciato le mie amanti. << Mutande.. o meglio, ricordini. >> risposi, evitando accuratamente di guardarla. Sapevo che voleva mettermi le mani intorno al collo e che se solo l'avessi sfiorata con lo sguardo niente l'avrebbe più trattenuta.
La sentii avviarsi, ancora tremante di rabbia, verso il corridoio. E, giuro, non ho saputo resistere al provocarla. << Magari un giorno ci sarà anche la tua, di biancheria, là in mezzo. >>
Non la sentii neppure fare retrofront, me la ritrovai semplicemente addosso. Urlava tutta la sua rabbia, tutto il suo disgusto nei miei confronti, mentre mi riempiva il petto di pugni. Solo quando iniziò a farmi male le bloccai i polsi sulla testa, ribaltando la situazione. La tenevo sotto di me, schiacciandola volontariamente con il mio corpo. Si dimenava e mi guardava, mi guardava e sbraitava tutto il suo odio nei miei confronti.  Poi, la baciai. Ma non un bacio dolce o delicato e neppure passionale. Un bacio di quelli che sanno di sesso, che pretendono piacere ma non ne danno, un bacio di quelli che dai solo alle sgualdrine.
Volevo solo umiliarla, sottometterla, come avrei fatto con una qualunque. "Questo significa che non la consideri una qualunque?" domandò una vocina fastidiosa nella sua mente, mentre con la lingua prendeva brutalmente possesso di quella deliziosa bocca. "Ma certo che è una qualunque!" "E allora perché mai devi sforzarti tanto per trattarla come tale?" 
Quel monologo interiore mi stava seccando. Lascia i polsi della rossa, staccandomi da lei. Era uno spettacolo: i capelli ingrifati dalla lotta le davano in che di sensuale, le labbra rosse di baci dischiuse per lo shock e gli occhi sgranati per la medesima ragione... Non feci in tempo a studiarla ulteriormente, perché corse via, e poco dopo sentii la porta della sua camera sbattere malamente. 
Le parole di Fabiana mi tornavano alla mente, mentre scorrevo fra i vari canali in cerca di qualcosa d'interessante: "Con lei sei partita proprio con il pregiudizio, dalle l'occasione di dimostrare che ti sbagli!" non le avevo dato neanche un'occasione...
"Tu non sei così! Non fai del male alle persone che non ti hanno fatto niente" sicura, Fabiana? Perché in quel momento, mi sentivo proprio quel tipo di persona...
 
 

CONTINUA...

 


Nota dell'autrice:
Ecco a voi il secondo capitolo riscritto di "Love in Paris", spero di riuscire a pubblicare al più presto anche quelli che seguiranno. La collaborazione con Wild sta andando benissimo e speriamo che questa nuova versione vi piaccia. Ovviamente le recensioni sono ben accette!
Alla prossima, TMC e WBM. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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