Lo detesto? O...

di Iaiasdream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gli effetti del buio ***
Capitolo 2: *** Notizie all'orizzonte ***
Capitolo 3: *** Come può finire così? ***
Capitolo 4: *** Domenica con sorpresa ***
Capitolo 5: *** Incomprensioni ***
Capitolo 6: *** Successivi comportamenti ***
Capitolo 7: *** Gesti inaspettati ***
Capitolo 8: *** Fraintendimenti ***
Capitolo 9: *** Confusioni ***
Capitolo 10: *** Ingiuste punizioni ***
Capitolo 11: *** L'aiuto di Castiel ***
Capitolo 12: *** il nipote del signor Gerard ***
Capitolo 13: *** Insolite minacce ***
Capitolo 14: *** Difficili decisioni ***
Capitolo 15: *** Per capire ciò che sento ***
Capitolo 16: *** Sentimenti sbagliati ***



Capitolo 1
*** Gli effetti del buio ***


1° capitolo: GLI EFFETTI DEL BUIO
 



"Fra cinque minuti arrivo" e ne sono già passati venti. Mi chiedo che cavolo faccia nell'arco di questi minuti, ogni volta che dice così. Sicuramente avrà perso il suo affezionatissimo quaderno nero, per l'ennesima volta. Lysandro è sempre stato così, non c'è da meravigliarsi se si fosse dimenticato anche il nostro appuntamento. Rosalya è stata categorica: "la festa inizia alle otto, non azzardatevi a ritardare". Guardo innervosita il mio orologio. Mi dispiace mia cara, ma sono già le otto e mezza. Purtroppo non è colpa mia se hai un cognato sbadato e con una puntualità che dà molto a pensare.
Mentre impreco mi viene in mente il giorno che decidemmo di far fiorire il nostro amore. Fu due anni fa, avevamo entrambi sedici anni, e mi ricordo che quel giorno lui aveva nuovamente perso il suo quaderno. Per sua fortuna, l'avevo raccolto io. Ero nuova nell'ambiente scolastico, mi ero appena trasferita con mia sorella minore, per comodità lavorativa, dato che i nostri genitori ci hanno lasciate quattro anni fa, ho dovuto darmi da fare per mantenere me e Aisi che è più piccola di me di due anni, trovando lavoro in un libreria, e nel momento in cui gli restituii il quaderno, tutto di lui mi colpì: i suoi occhi così misteriosi, il suo stile così nobile e poi, il suo modo di trattare le donne. Lysandro è il raro uomo che riesce a far sentire la propria donna completa. Per non parlare di quando lo facemmo per la prima volta. Certo, è una cosa nuova per tutte, ma Lysandro, mi fece provare cose che fino ad oggi, penso che non potrei provare con nessun altro.
Sicuramente vi starete chiedendo se in mezzo a questa estrema perfezione, non ci sia uno spiraglio d'imperfezione. Purtroppo sì. Come ogni normale essere mortale, anche il mio Lys ha i suoi lati storti. Oltre alla dimenticanza, la cosa che detesto è il suo amico del cuore: quell'arrogante, sbruffone, antipatico, play boy,  scontroso di Castiel. Vi starete chiedendo che cosa c'entra questo con Lysandro? Beh, in poche parole: la sola cosa che Lysandro lo tratta da amico, mi sta sulla punta dell'esofago. Da cosa è dipeso questo astio? Basterebbe, dire che mi ha fatto passare tre anni di scuola da inferno? Già dal primo giorno che lo vidi, si poggiò sulle palle e non si fu più spostato. Prima di mettermi insieme a Lys, mi faceva proposte che sorpassavano lo sconcio. E dopo che mi fui fidanzata, non perdeva occasione per rubare tutto il mio tempo libero con il mio ragazzo, per portarselo sempre alle prove della loro band, e se mi autoinvitavo per sentirli suonare, lui lo convinceva a dissuadermi dal farlo. Qualche mese più tardi, ci fu la goccia che fece traboccare il vaso. Mi fui quasi lasciata con Lysandro, perché, il dongiovanni da strapazzo, se lo trascinò in uno di quei locali, dove la parola pudore, non esisteva affatto. Li seguii insieme a Rosalya e quando li trovammo, litigai con il rosso gettando tutto il veleno che avevo conservato in corpo per lungo tempo, per rispetto nei confronti di Lys. Ma in quel momento me ne sbattei letteralmente gli attributi, perché quel maledetto aveva tagliato la linea che bilanciava la mia pazienza. E quel giorno ci dicemmo in faccia come stavano le cose e cioè che lui non mi sopportava e io non lo potevo digerire, che la sua sola presenza mi dava letteralmente il voltastomaco. È inutile dire i vari tentativi di Lys, nel farci riappacificare.
<< Diamine Lys, non ci può essere un rappacificamento fra persone che non si sono mai potute vedere! >> dissi sprezzante.
Purtroppo non potevo vietare al mio ragazzo di trattarlo, anche perché questo andava contro il mio modo di essere, quindi, da quel giorno mi limitai soltanto a non calcolarlo.
<< Audrey? >> mi sento chiamare ad un tratto, mi alzo dalla panchina e allungo il capo, scuoto il braccio sollevato, per farmi vedere da Lysandro. Lui sempre molto composto, si avvicina a me con passo svelto.
<< Lys, sono le nove meno un quarto! >> esclamo sbattendo l'unghia dell'indice sullo schermo dell'orologio.
<< Scusami tanto, amore >> dice stampandomi un lieve bacio sulle labbra, e sento le sue fredde << ma Leigh all'ultimo minuto mi ha detto di essersi dimenticato della torta >>
È proprio un fattore ereditario. << Avanti, andiamo, o Rosa ci ucciderà >>.
<< Non ci scommetterei, al massimo avrà interrotto la festa fino a quando non ci presenteremo noi >> riprende lui afferrandomi la mano e stringendomela forte. Ci incamminiamo verso casa di Rosa.
Appena arrivati, mi rendo conto che aveva ragione. L’ambiente sembra un mortorio. La ragazza dai lunghi capelli argentati, ha interrotto la festa, proprio perché mancavamo Lys e io. Non appena mi vede piomba su di me, sgridandomi per il ritardo. Non rispondo vedendo subito il mio ragazzo allontanarsi da me per avvicinarsi al suo fastidiosissimo amico, che come c’era d’aspettarselo si è presentato alla festa. Fisso quest’ultimo, lanciandogli un'occhiata fulminante, che lui ricambia con una smorfia strafottente.
Maledetto bastardo! Se solo ne avessi avuto il coraggio gli avrei strappato quella faccia da bello e dannato, a mani nude. Lo detesto. Vedere Castiel è come stare a contatto con qualcosa di viscido e schifoso che ti fa rizzare la pelle al solo pensarlo, e pensare che quelle sciacquette a scuola gli sbavano dietro come gatte in calore. È una cosa davvero impensabile. Come diavolo fanno che cos’ha di tanto attraente? Sì, ammetto che è molto carino, ma cos’altro ha che lo distingue dagli altri ragazzi? È solo un cinico bastardo.
Faccio una smorfia sentendo il nervoso far ribollire i miei globuli rossi. Ho bisogno di bere qualcosa di forte, mi concentrerei su qualcos’altro, almeno fino a quando il mio Lys, non si decida di ricordarsi che oltre a un amico ha anche una fidanzata.
Parte subito la musica, Rosalya mi tira per un braccio trascinandomi sulla pista e incitandomi a ballare, dato che è la nostra canzone preferita, non posso dirle di no, e mettendo da parte la voglia matta di sentirmi la gola bruciare da qualche bevanda alcolica, inizio i miei movimenti, che combaciano a quelli di Rosa, dato che li abbiamo inventati insieme, la prima volta che sentimmo quella canzone.
Non mi muovo come dovrei, perché la mia minigonna a salopette me lo impedisce, sollevandosi ogni qualvolta cerco di fare movimenti sbilanciati. Mi giro verso Lysandro sicura che mi stia guardando. A lui piace il mio modo di ballare, e so che alla fine lo eccita. Un modo come un altro per distoglierlo dalle puttanate del rosso.
Come ho previsto, Lys mi sta guardando, e lo fa in modo malizioso. I suoi occhi eterocromatici brillano vogliosi di vedere la mia intera epidermide libera da quegli indumenti. Volgo lo sguardo verso il rosso, che invece sta spogliando con i suoi occhi Rosalya, che al contrario di me se ne sbatte eternamente di ciò che indossa, e si muove in maniera un po’ troppo libertina. Guardo di nuovo Lys e leggo il suo labiale << Sei bellissima >>, sorrido lanciandogli un bacio volante.
Termina la musica e Rosalya si precipita subito verso i ragazzi, pregandoli di suonare qualcosa. Io assetata, mi dirigo verso il tavolo del rinfresco e scelgo il mio preferito: il Punch. Ringrazio mentalmente Rosa, e mi verso un bicchiere. Bevo tutto d’un sorso, assaporando, resistente, quel miscuglio di ingredienti. Non mi basta, voglio subito un altro. Mi volto verso il gruppo e vedo Lys e Castiel intenti a preparare il loro piccolo spettacolo. Mi metto di spalle al tavolo appoggiando i glutei allo spigolo e con il bicchiere in mano osservo lo stile del mio ragazzo che ha iniziato a cantare con tutta l’eleganza possibile. Castiel si è tolto la giacca e ha preso fra le sue mani la chitarra, dando qualche strimpello alle corde. Sono migliori amici, ma hanno comunque la loro diversità. Invidio Lysandro, per il suo carattere, io non mi sarei mai trovata nel trattare una ragazza totalmente diversa da me.
Castiel è rozzo. Lys è nobile. Castiel è un bastardo. Lys è un gentiluomo. Castiel è insensibile. Lys è romantico. Non so davvero come facciano ad essere amici.
A un tratto il mio ragazzo mi guarda, e cantando una frase d’amore mi indica facendomi l’occhiolino, io ricambio con un sorriso e con un bacio sulle dita. Volgo istintivamente lo sguardo verso Castiel che mi fa una smorfia. Lo ricambio immediatamente alzandogli  il dito medio della mano che pochi secondi fa ha attuato un gesto affettuoso verso il mio amore. Mi giro al tavolo e irritata, mi verso un altro bicchiere di Punch.
<< Audrey, ammetto che l’ho fatto per te, ma non esagerare >> esclama Rosalya avvicinandosi.
<< Non esagero, non ti preoccupare, voglio solo calmare la mia irritazione >> rispondo indifferente.
<< Fa come vuoi. Ma poi non dire che non ti ho avvisata >> conclude allontanandosi.
Non me ne frega una mazza! Fino a quando non mi sazierò tra le braccia e le coccole di Lysandro, non mi sentirò affatto tranquilla. Mi dico inghiottendo tutto in un colpo la forte bevanda. Stringo gli occhi sospirando a bocca aperta, poi appoggio il bicchiere sul tavolo e mi giro verso la pista. La musica è quasi finita. A un tratto, sento il bisogno urgente di andare al bagno. Mi faccio largo tra la folla e non appena passo davanti il mio cantante, lui mi guarda con aria interrogativa. Uso il labiale, dicendo che vado in bagno. Lui annuisce e ricomincia a cantare.
Arrivata nel corridoio ho un po’ di capogiro, mi appoggio al termosifone e sbatto velocemente le palpebre, scuotendo il capo, vedendomi tutto attorno girare. Quando la visuale ritorna normale, mi rimetto dritta, e mi dirigo verso il bagno. Non appena mi sono seduta sulla tazza del water, sento il sonno prendere il sopravvento sulla mia lucidità. Caspita, ho solo bevuto tre bicchieri di punch, non mi era mai capitato prima d’ora. Poi ricordo di aver preso gli antistaminici, questa mattina, e il bello è fatto. Mi rialzo barcollante cercando di mantenermi ancora lucida, per non rischiare di addormentarmi sul sanitario. Mi dirigo verso il lavandino, e girando la valvola dell’acqua fredda me la getto in faccia speranzosa che questa mi ridia la lucidità. mi accontenta un po’, mi guardo allo specchio e dò un’aggiustatina ai mie lunghi capelli color cioccolato. Dato che con Rosalya ci dividiamo tutto, posso permettermi di rovistare nel suo beauty-case, prendendo il necessario per rifarmi il trucco.
Esco dopo dieci minuti. Ritorno nel salone, dove la musica del mio ragazzo ha dato il posto a una lenta e romantica, da ballare in coppia. Cerco subito Lysandro per ballare, ma non lo vedo. Mi avvicino a Rosalya chiedendo se per caso l’ha visto.
<< So che ti cercava, dev’essere andato da quella parte >> dice indicando la via con un dito. La ringrazio e mi incammino. Hanno spento le luci per dare più intimità alla situazione, e avendo la visuale già annebbiata di per sé, cerco di orientarmi con le mani. << Lys, amore, sei qui? >>. A un tratto mi sento afferrare per un polso e tirare a un lato. Se l’oscurità fino a qualche momento, permetteva a un barlume di luce di sostare in essa, adesso non vedo proprio niente. Sento una porta chiudersi, poi qualcuno mi spinge verso una parete e la mia schiena tocca qualcosa di morbido, che fruscia sotto il mio tocco. Devono essere dei giubbini. Mi sento un po’ frastornata per l’alcool, ma le mani che iniziano a insinuarsi sul mio corpo le sento benissimo.
<< Lys che fai? Siamo nello sgabuzzino >>
<< Sssh! >> risponde, spingendo il suo bacino sul mio, attaccandomi di più al muro. La sua mano destra, delinea tutto il fianco, arriva sulla coscia, l’afferra come un artiglio e me la solleva per accogliere metà del suo corpo.
Sento fra le gambe la sua presenza, e travolta dall’eccitazione, non riesco più a fermarmi. È diverso dal solito, sembra più impetuoso, ma non m'importa. L’unica cosa che voglio è raggiungere il sublime con lui. Porto le mani verso i suoi pantaloni e glieli inizio a sbottonare, mentre lui mi bacia veemente il petto e il centro dei due seni. Me li sento afferrare e stringere al centro, dandomi un nuovo senso di piacere. Poi insinua le sue mani, e trovando un po’ di difficoltà nel farlo, lo aiuto io, sbottonando le bretelle della salopette. Gli afferro la mano e la ripoggio sul mio seno. Si spinge su di me, facendomi sentire sulla parte interna della coscia sinistra il suo essere nudo. Vogliosa di accoglierlo, allargo quella gamba mentre con l’altra, avvinghiata alla sua, tento di avvicinarlo a me, lui non si oppone e mi spinge ancora verso il muro. Gemo, mentre sento un giubbotto cadere. Con la sua mano mi accarezza la coscia, facendo salire la gonna, per liberare la sua via. Poi si allontana con il bacino e insinua le sue dita sotto il mio indumento intimo, spostandolo a un lato. Si riavvicina, e inizia a penetrarmi, lo sento gemere appresso a me, e adesso mi sento frastornata anche dal piacere. Non riesco più a concepire quello che sta succedendo. La mia mente è tutta annebbiata da quel senso estasiante. Sento la sua parte virile dentro di me, farsi padrone della mia intimità. I suoi baci sono insaziabili, e mi sento troppo ubriaca di emozioni per capire che sembra tutto nuovo. Raggiungo subito l’estasi più profonda e lui sentendomi gemere, mi tappa la bocca con un bacio presuntuoso, continuando a spingere per raggiungere anche lui ciò che bramavamo insieme.
In quel momento, ho come un flebile barlume di lucidità. Quel movimento, scatena in lui il sudore, che evapora sotto forma di profumo, innalzandosi e invadendo le mie nari, dandomi una sensazione strana, come un giramento di testa, ma non dipende dall’essenza, bensì da chi la indossa, e non è Lysandro.
A darmi la conferma, è la voce del mio ragazzo che risuona da dietro la porta dello sgabuzzino, intento a chiamarmi.
In un baleno, la mia sbronza mi abbandona, lasciandomi un’ansia tramutata ad angoscia. Lentamente rilasso il muscolo della gamba destra, facendola scivolare giù.
La presenza con cui ho appena fatto quello che non dovevo assolutamente fare, ansima con la fronte appoggiata sulla mia spalla. Mi sento una schifosa, mentre cerco di capire con chi l’ho fatto. Ma cosa mi può importare? Ho appena, inconsapevolmente tradito il mio ragazzo, e mi preoccupo di sapere con chi? Non riesco a muovermi, e sento il bisogno di distaccare dalla mia spalla quella testa.
<< C-chi sei? >> sibilo balbettando. Lui non risponde e a farmi capire tutto, è Rosalya che da dietro la porta dello sgabuzzino, si avvicina a Lysandro dicendo:
<< Lys, non l’ho vista… ma dov’è andata?... ha anche alzato un po’ il gomito con il punch!... ah, maledizione! Sembra la notte di Halloween, invece di una festa di diciotto anni! Per giunta è scomparso anche Castiel! >>
Nell’udire quel nome, il mio corpo si sblocca. Istintivamente spingo lontano la presenza a me sconosciuta fino a qualche momento fa, e afferrando velocemente e nervosamente il mio cellulare dalla tasca della salopette lo accendo facendo luce e illuminando il suo volto.
Oddio! No! Non può essere!! Morte, ti prego, prelevami in quest’istante!!
Illuminato da quella fioca luce, il sorriso di Castiel contrasta il buio della stanza.


NOTE: Ciao a tutti, eccomi qui con una nuova storia. Mi è venuta in mente e poi l'ho scritta dopo aver ascoltato una canzone di Mina ( E poi, e poi ). non so per quale motivo... Boh! Comunque, spero vi piaccia, e spero di avere anche qualche recensione. Bella o brutta che sia... certo che se ricevo le brutte, cancello automaticamente la storia. Ciaooo!

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Capitolo 2
*** Notizie all'orizzonte ***


2° capitolo: NOTIZIE ALL’ORIZZONTE
 


Stringo forte il cuscino avvinghiato dalle mie gambe e braccia, mentre ripenso a ciò che è successo poche ore fa. Mi sento sporca dentro, e neanche le lacrime vogliono degnarmi di un loro possibile annuncio. Ho tradito inconsapevolmente il mio dolce e caro Lys, con il suo migliore amico, nonché mio peggior nemico, e la cosa più assurda che non riesco neanche a negare, è che mi è piaciuto. Non deve essere così, ma il mio corpo non risponde ai miei voleri. Mi dispero, sentendomi fremere di piacere al solo ricordo dei suoi tocchi. Come ho potuto fare una cosa del genere? Come ho potuto accettarla? Possibile che ero troppo ubriaca per rendermene conto? Eppure pensavo che quando si è ubriachi, alla fine si arriva a sprofondare in un pieno sonno non riuscendo a ricordare più niente. Ma tutto questo, io non lo sto provando. Non riesco a chiudere occhio, stringo più a me il cuscino e guardo nel buio la sagoma di Aisi, supina sul letto mentre dorme beata. Quanto vorrei essere al suo posto proprio in questo momento. Questo fitto buio, si mette contro di me, come per punirmi, lasciandomi rivedere ciò che è accaduto. Quando ho scoperto che a possedermi  è stato Castiel, e l'ho respinto, lui mi ha guardata con un sorriso strafottente.
<< Perché? >> gli ho chiesto. Lui si è piombato su di me, tappandomi la bocca con una mano, poi si è avvicinato al mio orecchio e mi ha sussurrato << È tutta colpa tua >>. Quando ha sentito che il corridoio si è liberato dalle voci, è uscito chiudendosi la porta alle spalle, e lasciandomi sola nel buio, confusa e anche angosciata. Che cosa avrà voluto insinuare, dandomi la colpa? Se ha sempre ammesso di detestarmi, perché l'ha fatto? Non lo credevo tanto bastardo da tradire in questo modo il suo migliore amico. Io ammetto di non essermene accorta fin dall'inizio, ma lui, quando mi ha trascinata in quell'oscuro stanzino, sapeva benissimo chi fosse.
Ti odio, Castiel! Ti odio con tutte le mie forze. 
Provo a chiudere gli occhi, ma il bruciore che sento, me lo impedisce, li riapro, cercando di spegnere almeno la mia mente piena di quel ricordo che mi rende sempre più confusa. Ripenso a Lysandro, e i rimorsi iniziano a scorticarmi l'anima, sento i conati di vomito divulgarsi nella mia gola. Mi alzo di scatto dal letto, gettando per terra il cuscino, esco velocemente dalla stanza e allungo le mani dritte davanti a me, afferrando la maniglia della porta del bagno per poi spalancarla. Non ho il tempo né di richiuderla e né di accendere, che mi ritrovo con la testa parallela al cerchio del water a rimettere tutta la mia angoscia e frustrazione sotto forma di liquido acido e schifoso. Risento un po' il sapore del punch, e alzando la testa al soffitto per riprendere aria, maledico quella bevanda facendola diventare il mio nuovo nemico.
Sono seduta per terra, sfinita e addolorata, mi faccio indietro appoggiandomi di spalle al mobiletto posto di fronte al water. Respiro faticosamente con la bocca aperta, sempre con la testa rivolta verso il soffitto. Le mie mani sono poggiate sulle cosce e sentendo il mio stesso tocco, d'impulso, affondo i polpastrelli sulla pelle coperta dai pantaloncini e la trascino verso il ginocchio come se volessi strapparmela di dosso. È in quel momento che il dolore che provo in petto, convince le mie lacrime a fuoriuscire irrefrenabili. Singhiozzo tappandomi la bocca, per non svegliare mia sorella. Troppo tardi. Sento dei lievi passi e la luce del corridoio illumina di poco il bagno, mi asciugo le lacrime velocemente, vedendo un ombra più scura poggiarsi senza alcun tatto sul mio corpo. Giro la testa verso la porta e vedo in controluce la sagoma di mia sorella, che allunga la mano verso il muro alla sua destra e accende l'interruttore abbagliandomi con quella forte luce.
<< Audrey, che ci fai qui per terra e alle tre di notte, per giunta? >> mi chiede con voce assonnata stropicciandosi gli occhi. Mi alzo faticosamente, barcollando.
<< Niente Aisi, ho avuto un leggero voltastomaco... Devo aver mangiato qualcosa di poco digeribile alla festa di Rosa >> rispondo accennando un sorriso forzato.
<< Di sicuro è stato il punch. E non dirmi che non l'hai bevuto. Non ti crederebbe neanche una mosca >> ammette facendomi una smorfia divertita.
<< Hai ragione, è stato il punch >> confermo, continuando a sorridere lievemente.
<< Quante volte devo dirti che non devi berlo. L'alcool, se bevuto in maniera sconsiderata, ti porta a fare cose che non vuoi fare >> soggiunge con il suo tipico modo di fare genitoriale.
Troppo tardi, mi dico nella mente, avendo voglia di strapparmi la pelle con un solo movimento delle mani.
<< Torniamo a letto? >> propone sbadigliando. Annuisco seguendola e spegnendo la luce nel bagno.
Ci rimettiamo ognuna nel proprio letto.
<< Buonanotte >> sussurra.
<< Notte >> rispondo con un filo di voce raccogliendo il cuscino e sotterrandomi con esso la testa.
Quando finalmente il sonno mi pervade, non mi accorgo che i primi raggi del sole, annunciano un nuovo giorno. Il sogno che ho iniziato, è molto confuso e non ho la forza di continuarlo per comprenderlo. Per fortuna, anche se in maniera poco fine, a svegliarmi è Aisi, che mi ordina di alzarmi strattonandomi sul materasso.
<< Aud, svegliati! Oggi tocca a te preparare la colazione, l'hai dimenticato? >>
<< No, non l'ho dimenticato, però non ho voglia di alzarmi >> mugugno da sotto il cuscino.
<< Non me ne importa un fico secco, Aud! Devi lo stesso alzarti per andare a scuola, quindi sbrigati! >>.
È vero! La scuola! Non posso non andarci, devo tenere sotto controllo quel maledetto del rosso! Non so bene che intenzioni abbia, ma non si può mai sapere. Non voglio che Lys scopri il mio "inconsapevole" tradimento, anche se forse, sarebbe meglio dirglielo, raccontando la verità, e cioè dicendo che io non l'ho fatto volontariamente... No, no! Non posso dirglielo. Non voglio infliggergli questo dolore. Prima voglio capire le intenzioni e il significato degli atteggiamenti di quel depravato.
Sto ripensando di nuovo a tutto questo, mentre cucino i pancake per colazione.
Il fatto dei turni è soltanto una scusa per mia sorella, se ne approfitta perché sa che le preparo sempre questo tipo di colazione, che era solita fare nostra madre. Io ho imparato apposta per Aisi, facendo così, cerco di non fargli pesare la mancanza di mamma. È poco, ma riesco ad alleviare quel sofferente vuoto che ci invade ogni volta che ripensiamo al tragico incidente di quattro anni fa.
Papà e mamma partirono per festeggiare i loro sedici anni di matrimonio e dopo una settimana di assenza, venimmo a sapere della tragedia. Morti in un violento scontro fra auto sull'autostrada. Quel giorno pioveva e la visibilità era molto bassa, un auto dietro di loro provò ad attuare un sorpasso, ma perse il controllo della vettura, scaraventando l'auto dei nostri genitori fuori strada.
Io avevo quattordici anni, e Aisi dodici. La sorella di mia madre ci prese in affidamento per poco tempo. Ci trasferimmo in questo paese, ma non appena compii sedici anni decisi di trovarmi un lavoro, mettendo da parte i soldi per me e per mia sorella, e dopo due anni, quando raggiunsi la maggiore età, potemmo finalmente lasciare la casa di nostra zia per venire a vivere in questo bel appartamento. Non è che non ci trovavamo bene con nostra zia, ma il fatto era che, avendo già una situazione economica molto dura da affrontare, e tre figli piccoli da sfamare, Aisi e io ci sentivamo di troppo. Naturalmente, prima di traslocare, la ringraziammo di tutto.
Mi dirigo alla tavola, appoggiandovi sopra il vassoio con i pancake. Aisi si lecca le labbra afferrandone una e spalmandovi sopra una certa quantità di nutella. Io non ho fame. Purtroppo il mio stomaco è ancora chiuso da quel senso di ansia e angoscia, e non accenna a liberarsene. Bevo solo un bicchiere di latte tiepido. Aisi mi guarda incuriosita.
<< Che c'è? Perché mi guardi così? >> le chiedo.
<< Sicura di sentirti bene? >> ribatte fissandomi sottocchio.
<< Ho solo un po' di mal di pancia >> mento volgendo lo sguardo da un'altra parte e sorseggiando un altro po' di latte.
<< Di un po'? Non è che Lys ha fatto centro? >>
Il latte mi va di traverso, sentendo quelle parole dette in maniera poco discreta. Mi alzo velocemente andando a sputarlo nel lavandino. Tossisco cercando di parlare, poi afferro il tovagliolo e mi pulisco.
<< Ma che cavolo dici? >> esclamo con voce soffocata. << Che significa: ha fatto centro? >>
<< Sei più grande di me, e sei anche arretrata >> dice con una smorfia, addentando un pezzo di pancake << Sei incinta? >> chiede a bocca piena.
<< Certo che no! >> esclamo irritata. Ma ad un tratto mi viene un dubbio. Anche se è troppo presto per dirlo, non ricordo se Castiel, ha completato oppure ha messo la retromarcia.
Oddio, ti prego fa che mi arrivino!
Non riesco a credere che sto pensando a una cosa del genere! Purtroppo, quando mia sorella sentenzia non bisogna stare tranquilli.
Entro a scuola con quel pensiero che continua ad albergarmi nella mente. Scuoto la testa terrorizzata al solo pensiero. Mi guardo intorno, cercando di incontrare Lysandro. Lo trovo in fondo al corridoio seduto sulle scale mentre parla con il maledetto, che sta appoggiato alla ringhiera con le gambe accavallate, e le braccia conserte. “Dio Santo! Fa che non gli abbia detto niente”.
Mi avvicino esitante, anche perché non voglio farlo. Non voglio incrociare quegli occhi strafottenti e ricordarmi l’accaduto, ma non posso fare a meno di mantenere sotto controllo la situazione. Mi sto avvicinando lentamente, quando noto che Lysandro mi ha appena vista, alza una mano e mi saluta, facendomi segno di andargli incontro. Lo vedo sorridere, e un pizzico di sollievo entra nel mio cuore soccombendo di poco l’angoscia. Il bastardo non gli ha detto niente. Sono di fronte Lysandro, e saluto solo lui, facendo finta di non aver visto Castiel.
<< Amore, ti senti meglio oggi? >> chiede subito Lys alzandomi e sfiorandomi dolcemente le labbra con le sue.
<< Mhm… >> rispondo bilanciando la testa a destra e a sinistra.
<< Aisi mi ha detto che stanotte hai rimesso >>
Pettegola! << Un po’ >> sibilo, sentendomi addosso gli occhi di Castiel strisciarmi come serpi.
<< Tu e la tua mania del punch! >> esclama il mio ragazzo abbracciandomi e stringendomi i fianchi. Il mio viso si ritrova di fronte quello del rosso, e involontariamente lo guardo, notando un’espressione di sfida mescolata alla malizia.
Non mi ha mai guardato così. Lo fulmino con un occhiata. Lui sorride. No, Lys. Non diamo la colpa al punch. È stato questo maledetto che ti ostini a trattarlo da amico. È lui il motivo del mio voltastomaco. Lo consideri tuo migliore amico, ma non sai che ti ha tradito?... e anche io, ti ho tradito, prima inconsapevolmente, adesso lo sto facendo volontariamente, ché dopo aver guardato il suo viso, mi sto sentendo fremere vogliosa ancora dei suoi tocchi. Perché? Io lo detesto! Mi sta trascinando nell’inferno con lui, e io non accenno a impedirlo. Ho il bisogno di chiedergli per quale motivo l’ha fatto, di farmi spiegare la sua risposta, perché ha dato la colpa a me?
Lysandro si distacca, avvolgendomi le spalle con un braccio e mettendosi di fianco a me.
<< In ricreazione non possiamo vederci >> mi annuncia triste << Ho il club di musica >>
<< Non preoccuparti >> rispondo con voce tremante << Ci vediamo all’uscita >>.
Suona la campanella e li lascio dirigendomi nella mia classe. Per fortuna anche loro hanno classi diverse, così posso stare tranquilla, almeno finché non riuscirò a parlargli.
Le ore passano lentamente, e l’ansia si fa più pesante. Quando finalmente sento suonare la campanella, sono la prima a uscire di classe, mi metto subito alla ricerca del rosso. Non voglio andare nella sua classe, perché oltre a lui non conosco nessuno, e non vorrei far sorgere dubbi agli atri. Lo trovo dopo qualche minuto, fuori in giardino seduto sulla panchina a fumare spensierato una sigaretta. L’irritazione che provo per lui, non appena l’ho visto ha preso il sopravvento sull’ansia. Mi guardo intorno sicura che non mi abbia visto nessuno, prima di corrergli contro, afferrarlo per un braccio e trascinarlo con me nel retro della scuola. Sento che lui non si oppone e questo mi dà ancora di più fastidio. Quando siamo lontani da occhi e orecchie indiscrete, lascio la presa e lo guardo in faccia con bieco. Lui mi sorride e questo incalza la mia incazzatura. Non riesco a proferire parola. L’unica cosa che il mio corpo desidera fare, è cavargli quegli occhi strafottenti con le unghie. Cerco di calmare il mio respiro e il mio tremore.
<< Che vuoi? >> chiede portandosi la sigaretta sulle labbra e tirando una boccata.
<< E lo chiedi anche?! >> esclamo ringhiando << Castiel, non continuare a fare lo gnorri. Mi infastidisce questo tuo atteggiamento da menefreghista. Dimmi immediatamente, e senza giochi di parole, che diavolo ti passa per quella mente diabolica! Perché mi hai fatto questo? Sapevi che ero io. E non rispondermi di nuovo che è colpa mia, perché dovrai spiegarmi anche questo! >>
Lui mi sbuffa la nuvola di fumo in faccia, io chiudo gli occhi chinando la testa a un lato infastidita e trattengo il respiro per non inondarmi i polmoni di quell’odore schifoso, mentre con la mano cerco di farlo dissolvere nell’aria.
<< Mi andava di farlo e l’ho fatto >> risponde secco e indifferente.
<< Ma che diavoleria è questa? Se mi hai sempre detestata… >>
<< E con ciò? >> chiede scettico << La colpa è tua >> risponde avvicinandosi a me. Io indietreggio ritrovandomi di spalle al muro, e sentendomi l’ansimo pervadere il mio normale respiro.
<< Perché? >> chiedo digrignando i denti.
<< E lo chiedi? >> ribatte appoggiando una mano al muro e avvicinando il suo viso al mio << Posso detestarti all’infinito… >> riprende << ma ricorda che sono sempre un uomo. E posso comandare le mie voglie fino a un certo punto >>
<< Stai dicendo che ti ho provocato? >>
<< Lo fai ogni giorno, e ieri hai fatto traboccare il vaso >>
<< Ma che stai dicendo? Io ti detesto. Non potrei mai provocarti >>
<< A no? Allora perché lo stai facendo anche adesso? >>
<< I-io non sto facendo proprio niente! >> esclamo stringendo gli occhi e sentendomi la faccia avvampare.
<< Certo che lo stai facendo, il tuo modo di essere così semplice, così… così donna. Sei diversa dalle altre. Le altre mi sbavano dietro, tu invece mi detesti, ed è per questo che ti detesto anche io. Detesto il tuo modo di provocarmi in questo modo >> dice quasi con affanno.
<< Non ti dispiace aver tradito il tuo amico? >> chiedo ancora, nervosa.
<< Perché non te la fai per prima questa domanda? >> ribatte sussurrando. Apro subito gli occhi guardandolo nei suoi.
<< Io avevo bevuto >> cerco di difendermi << e pensavo che a possedermi fosse Lys >>
<< Non mentire, se fossi stata veramente ubriaca, a quest’ora non avresti ricordato una mazza >>
Castiel ha ragione, non posso mentire, in fin dei conti mi ero accorta che il modo con cui lo faceva era totalmente diverso da Lysandro, ma, diavolo! Ero comunque confusa!
<< S-sei davvero un cinico, bastardo! >>
<< Lo so >> afferma fiero allontanandosi da me << Ma tu? >>
<< Ma io, cosa? >>
<< Invece di farti tante domande, perché non ammetti che ti è piaciuto? >>. Un forte battito del mio cuore riecheggia nell’aria. << Ammettilo, ti ho sentita godere sotto la mia presa, e da come facevi, sembrava lo stessi provando per la prima volta >>
<< Non posso credere che Lysandro tiene alla vostra amicizia! >> esclamo rabbiosa << Come puoi essere così… >>
<< Non ti preoccupare, non ho tradito l’amicizia di Lys, anzi gli ho fatto solo un piacere >> afferma deciso e beffardo.
<< Che cosa diavolo vai blaterando? Castiel, che significa? >> chiedo avvicinandomi minacciosa a lui.
<< Pazienta, lo verrai a sapere molto presto >> detto questo, mi sfiora la guancia con le dita e sorridendomi si allontana lasciandomi sola e più angosciata di prima.

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Capitolo 3
*** Come può finire così? ***


3° capitolo: COME PUO’ FINIRE COSI’?
 
 
Castiel ha parlato di una notizia che dovrebbe darmi il mio Lys. Da quando me l'ha detto, non riesco più a pensare a niente. Sto aspettando il mio fidanzato fuori dal cancello della scuola, e l'ansia già si è fatta padrona del mio corpo. A poco a poco sto dimenticando -o almeno cerco di farlo- ciò che è successo con Castiel ieri sera, ma so che sarà difficile, se non impossibile. Lui ha detto che non ha tradito Lysandro, anzi, gli ha fatto un favore; ma cosa avrà voluto dire? Certo, non posso raccontare tutto a Lys, però la curiosità mi sta letteralmente uccidendo. Aspettando, non mi accorgo di aver iniziato a tamburellare il piede sull'asfalto. Finalmente scorgo, i compagni di classe del mio Lys, uscire. Lo vedo, gli vado incontro. << Audrey, mi stavi aspettando? >> mi chiede con un sorriso.
<< Sì >> rispondo un po' impacciata. Voglio subito arrivare al dunque, ma non posso dirgli "Ehi Lys, ieri ho involontariamente fatto sesso con Castiel, gli ho chiesto perché, e lui ha detto che è stata colpa mia perché, il solo mio modo di essere lo provoca.  Quando oggi gli ho richiesto se non si vergognava di averti tradito, mi ha risposto che ti ha fatto un favore. Che significa?". No. Non devo neanche pensare una cosa del genere. Deve pur esserci un modo per scoprirlo.
<< Aud, che cos'hai? Non ti senti ancora bene? >>
<< Eh? >> lo guardo smarrita << oh, no, non ho niente. Stavo solo pensando >>
<< A cosa? >> chiede guardandomi sottocchio.
<< Beh, ecco... volevo chiederti... ti va di pranzare da me? >>
<< Certo, se per te va bene... >>
<< A-allora, andiamo >>. Detto questo mi prende per mano e ci incamminiamo verso casa mia. Aisi non c'è, è ancora a scuola occupata con il club di musica. Non appena entriamo, lui mi segue in cucina. Gli piace cucinare soprattutto se lo facciamo insieme. Ho una voglia matta di spaghetti alla carbonara. Prepariamo tutti gli ingredienti e quando metto l'acqua a bollire, lui viene dietro di me cingendomi i fianchi e baciandomi leggermente la nuca libera dai capelli che mi sono accuratamente legata. Sento un brivido percorrermi le spalle, mi volto e incrocio i suoi rari occhi eterocromatici che mi guardano con desiderio. In quel momento come dal nulla, mi viene in mente Castiel, e mi metto ad immaginare l'espressione dei suoi occhi la sera prima, quando lo stavamo facendo. Ho come un sussulto, e subito scanso il bacio di Lys, sentendomi pervadere dall'angoscia, sapendo che sto facendo una cosa sbagliata.
<< Che c'è? >> chiede il mio ragazzo incuriosito
<< Ho ancora mal di pancia >> mento non sapendo neanche perché mi sono fermata.
<< Vuoi qualche medicinale? >>
<< No >> rispondo sorridendo. Non so che cosa sta succedendo, ma non posso darla vinta a quel bastardo di Castiel, qualunque cosa stia architettando, non posso non desiderare Lysandro, lui è il mio uomo, l'ho sempre desiderato, e devo desiderarlo anche adesso.
<< No >> riprendo decisa, afferrandogli il volto fra le mani e avvicinandolo al mio << Solo i tuoi baci possono farmi passare ogni dolore >> detto questo, premo le mie labbra sulle sue, schiudendole e annunciando la voglia di far incontrare le due lingue. Lui capisce al volo e mi accontenta, poi mi stringe a sé e inizia a far viaggiare le sue mani sul mio corpo sotto la maglietta. Gli sbottono la giacca, e lui mi aiuta a togliersela, poi, sempre baciandomi, mi spinge verso il tavolo, e afferrandomi dai glutei mi poggia sopra questo. Con le mani sale su, verso i fianchi, trascinando con sé anche la maglia. Mi ritrovo con il reggiseno. Le nostre labbra si distaccano, lui guarda eccitato la semi-nudità, mentre io accarezzo i suoi scolpiti pettorali e scendo giù verso la zip dei pantaloni. Mi riafferra i glutei e mi fa scendere, mi giro di spalle e piano piano, con le sue mani mi accarezza la pancia poi più su, fino a coprire con il palmo i seni, mi bacia dolcemente la spalla, chiudo gli occhi gemendo mentre spinge il suo bacino verso la mia schiena poggiando e premendo la sua virilità, ancora coperta. Con le mani riscende verso i pantaloni, sbottonandomeli. Mi giro verso il suo petto, e trovandomi all'altezza dei suoi bicipiti, poggio le mie labbra ardenti sulla sua pelle perfetta. Mi rimetto sul tavolo e lui invade finalmente la mia intimità. Presa dal piacere, mi sdraio non riuscendo a stare seduta, lui si piega su di me, continuando a spingere con la sua eleganza. La sua testa e sul mio petto, e guardando il soffitto mi rendo conto che non mi sta piacendo, e non riesco a capirne il motivo. In quel momento desidero ardentemente essere presa con travolgente passione, di farmi sentire desiderata proprio come la sera precedente. Ho un sussulto al cuore, e nella mia gola, alberga un nome voglioso di uscire in un unico suono: Castiel. Mi sento male, pensando che sto tradendo ancora Lysandro.
<< Lys, fermati, ti prego! >> esclamo spingendolo dolcemente dalle spalle. Lui si distacca guardandomi tanto preoccupato, quanto incuriosito << Che c'è? >> sussurra con il fiatone.
<< Mi dispiace, ma... Non ce la faccio >> balbetto trattenendo le lacrime che bramano per uscire. Scendo dal tavolo rivestendomi in fretta, sotto i suoi occhi allibiti, e dopo un po' si riveste anche lui. << Ti prego, puoi guardare tu l'acqua? Devo andare in bagno >>
<< Va bene >> risponde smarrito. Esco dalla cucina, vado nel bagno chiudendomi a chiave e scivolando sul pavimento inizio a piangere in silenzio e disperatamente. Quel maledetto mi ha fatto qualcosa, non riesco più a controllare i miei sentimenti. Non riesco a fare l'amore con il mio Lys perché penso a lui e sono vogliosa di lui. Sono un mostro. Non sono degna dell'amore di Lysandro. Faccio veramente schifo. Castiel, maledetto, perché mi hai fatto questo?
Sento bussare alla porta. << Aud, amore, stai bene? >>
<< Sì Lys >> rispondo asciugandomi le lacrime e cercando di modificare la voce << devo aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male >> continuo cercando di farmi sentire rilassata. Mi rialzo, apro il rubinetto del lavandino e raccolgo l’acqua che scorre freneticamente, per poi gettarmela in faccia, senza far caso alla sua temperatura. Volgo lo sguardo alla mia immagine riflessa nitida sullo specchio, mi guardo con rabbia e mi detesto. Non posso continuare così. Cerco di darmi subito delle risposte: io amo Lysandro, ma ho un irrefrenabile e inspiegabile desiderio di Castiel, e il mio disprezzo nei suoi confronti, non si è ancora cancellato.
Perché tutto ad un tratto ho questi sentimenti? Lysandro bussa un’altra volta.
<< Cosa c’è? >>
<< Audrey, apri, mi stai facendo preoccupare >>
<< Arrivo >>. Prima di uscire, mi dò due colpetti alle guance e provo a fare un sorriso. Esco, Lysandro mi guarda con aria preoccupata, << è tutto apposto adesso >> dico tranquilla. Lui mi accarezza la guancia e mi sorride.
<< Hai voglia di mangiare? >> mi chiede con un sibilo.
<< Un po’ >>, ci rechiamo in cucina, dove lui ha già apparecchiato, ci sediamo uno di fronte all’altro e iniziamo il nostro pranzo in silenzio. Alla frutta prende la parola, dicendomi che ha qualcosa di importante da dirmi. Rimango scioccata, e i battiti iniziano ad accelerare, “Che sia la notizia che deve darmi? Quella di cui ha accennato Castiel?"
<< C-cosa? >> chiedo balbettando e iniziando a tremare dall’ansia.
<< Dopo >> risponde alzandosi e porgendomi la mano. Mi alzo e mi avvicina a sé, stringendomi forte.
<< Lys, così soffoco… ma cos’hai? >>
<< Sssh, non parlare… >> dice distaccandosi e mettendomi un dito sulle labbra, me le accarezza e poi avvicina le sue sfiorandomele. Chiudo gli occhi accettando quel bacio, che prima è leggero poi diventa più travolgente, so che lo rifaremo, e questa volta non permetterò alla mia mente di intromettere quel maledetto. Lysandro mi prende in braccio e andiamo in camera mia e di Aisis, mi poggia delicatamente sul letto.
<< Lys, e se arriva Aisi? >> chiedo con un sussurro. Lui si alza e va a chiudere la porta a chiave, poi mi guarda e insieme ci scambiamo un sorriso . Si avvicina di nuovo e facciamo l’amore. Cerco di mantenere la mia promessa, ma sento il mio corpo ardere dieci volte più del normale, e alla fine sono io a sottomettere Lysandro, che rimane un po’ allibito dal mio comportamento, ma non mi importa, sento qualcosa dentro di me che mi spinge a comportarmi in questo modo e non è solo il tradimento, c’è qualcos’altro, come una specie di sesto senso, forse dovuto a quella notizia. Mi unisco al mio Lys come se dopo quella, non ci sarebbero altre volte, e questo pensiero mi incute paura. Dopo aver raggiunto l’estasi, rimaniamo abbracciati stretti e i nostri respiri si fondono dando un unico suono.
<< Come mai questo cambiamento? >> mi chiede mormorando e cercando di riprendere fiato. Io rispondo facendo spallucce e continuandolo a stringere forte. Lui accontenta la mia presa e, girandosi a un lato, mi fa poggiare dolcemente sulle lenzuola. Abbiamo i volti vicini, e ci guardiamo, lui con malinconia, e io, io non so descrivere cosa sento.
<< Cos’è che devi dirmi? >> chiedo. Le mie lacrime, vogliono uscire e non riesco a capire il perché.
<< Audrey, promettimi che non mi odierai >>
Chiudo gli occhi sentendo l’angoscia iniziarmi a lacerare il cuore. << Te lo prometto >> sussurro tremante.
Lui capisce, e si avvicina, facendo toccare la mia testa con il suo petto.
<< Credo che dobbiamo lasciarci >> continua tutto d’un fiato. Riapro gli occhi sentendo i lembi del cuore dividersi pezzo per pezzo. Non riesco a parlargli, non riesco a chiedergli il perché. << I miei genitori vogliono che vada in Inghilterra a studiare musica, e non so quando o se farò ritorno >>
<< Sai che ti aspetterò >> affermo quasi pregandolo con voce trasformata. Lo sento scuotere la testa.
<< Lo so questo, ma non voglio prometterti niente. Se riesco nell’intento dei miei genitori, rimarrò per sempre lì >>
<< Quindi sono i tuoi genitori a volerlo? >> chiedo alzandomi e mettendomi a sedere sul letto, non riuscendo a guardarlo in faccia. Lui, imita la mia posizione.
<< Ammetto che desidero anche io andare… >>
<< E allora, non mettere in mezzo altre persone, dannazione! >> esclamo piangendo, alzandomi dal letto e iniziandomi a rivestire.
<< Scusami >>
<< Scusami un corno!... ma per chi mi hai presa? Per un ombrello che lo usi solo quando ti serve? Lys, non hai pensato ai miei sentimenti? Cosa volevi ottenere con ciò che abbiamo appena fatto? Che visto che era l’ultima volta, non volevi perdertela? >>
<< Sai che non sono quel tipo… >>
<< Lo stai diventando! Come puoi dirmi di lasciarci, così di punto in bianco? Questo significa che fino ad ora ti ho amato solo io? >> chiedo disperata.
<< Ma che stai dicendo? >> ribatte alzandosi e mettendosi di fronte a me << Ti ho sempre amata, e tu lo sai! >>
<< E allora perché adesso vuoi lasciarmi? Solo perché devi partire? >>
<< Se ti chiedessi di seguirmi, lo faresti? >> chiede ad un tratto con voce ferma e decisa.
<< Non puoi chiedermi questo! Lo sai che non potrei mai lasciare mia sorella qui, da sola >>
<< Quindi Aud, io non posso lasciare il mio sogno di diventare musicista, come tu non puoi lasciare tua sorella >>
<< Questo, vuol dire che è finita? >> chiedo afflitta. Lui non mi risponde si avvicina soltanto per abbracciarmi. Sbuffo un sorriso di incredulità e lo fermo allontanando da me le sue mani << Non toccarmi >> sussurro a denti stretti.
<< Audrey… io… >>
<< Vattene >> lo interrompo chiudendo gli occhi e assorbendo tutto il dolore che mi è entrato in corpo. Si allontana, prende i suoi vestiti, si veste in fretta e prima di uscire mormora:
<< Non ti dimenticherò mai >>, se ne va.
Quando il silenzio riecheggia nell’intero appartamento, mi incammino verso la scrivania. Sentendomi mancare, mi appoggio cercando di riprendere il controllo del mio respiro, uno scatto d’ira mi pervade, e con un solo gesto del braccio, faccio cadere tutti i libri per terra. Dalla mia bocca esce un urlo stridulo che premeva la gola da tempo. Piango, come non ho mai pianto in vita mia, cadendo a terra in ginocchio e appoggiando la mia schiena al letto di mia sorella. Affondo il viso nelle mani, e un altro grido, ma soffocato, fuoriesce senza pietà raschiandomi inesorabile la gola. Com’è potuto finire così? Non doveva andare in questo modo. Ecco finalmente spiegate le parole del suo inseparabile amico.
Mi sento presa in giro, e a poco a poco, mi accorgo che il rimorso di averlo tradito con Castiel, sta svanendo come una goccia d’acqua al calore del sole. Il mio cuore rallenta i suoi battiti, e un freddo glaciale lo inonda tutto.
Sento la porta di entrata aprirsi e la voce di Aisi espandersi nell’aria, raggiungere il mio udito e facendomi sentire tutt'a un tratto sollevata. Mi alzo a fatica da terra e esco dalla camera. Mia sorella mi vede, non le dò neanche il tempo di proferir parola, che mi piombo su di lei abbracciandola e facendole capire di volere anche il suo abbraccio. Lei mi poggia le mani sulle spalle e cerca di alzarmi il volto.
<< Aud! Ch’è successo? >> chiede preoccupata. Non riesco a parlare, le lacrime hanno preso il sopravvento sulla mia voce. Quando riesce a distaccarmi, mi scuote dolcemente cercando di incrociare i miei occhi.
<< Che ti è preso? Mi stai facendo preoccupare >>
<< Lys… >>
<< Lys, cosa? >>
<< Mi… mi ha… lasciata… >>
Aisi mi guarda smarrita non sapendo come consolarmi. Ma non desidero parole, voglio essere solo stretta fra braccia sicure affettuose come quelle di mia sorella, l’unica che non mi farebbe e non le farei mai del male.

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Capitolo 4
*** Domenica con sorpresa ***


BAKA TIME:..... soooorryyyy!!! :'(.... sono terribilmente in ritardo con questa ff. Lo so, vi prego non uccidetemi mentalmente e virtualmente. Sono un completo disastro, mi sono complicata la vita con tutte queste storie da aggiornare. Purtroppo è così, quando mi vengono in mente, non posso fare altro che assecondare la mia fantasia.
spero comunque di rimediare con questo capitolo e non deludervi.
PS: colgo l'occasione per ringraziare di cuore chi ha inserito questa ff nelle preferite, seguite e ricordate, e chi ha recensito. Ringrazio soprattutto chi ha avuto la pazianza di aspettare. BUONA LETTURA! ^^




4° capitolo: DOMENICA CON SORPESA
 



Come tutte le domeniche, faccio fatica ad alzarmi dal letto. La sveglia è suonata già da un quarto d’ora. Sono sveglia, il problema è che non vorrei esserlo. Non ho dormito per tutta la notte, ormai sono giorni che non chiudo occhi. Dalla sera in cui successe quell’increscioso incidente con Castiel, sembra proprio che Morfeo mi abbia tolta dalla lista delle sue innumerevoli amanti.
Poggiata con la testa a un lato sul cuscino, guardo inespressiva il letto di mia sorella. È vuoto. Percepisco dei rumori in cucina. Dev’essersi appena alzata, mi dico nella mente. Sento dei passi farsi più vicini, mi giro dall’altro lato, ritrovandomi la porta di fronte. La luce del corridoio è accesa. Il suo solito vizio: accende la luce anche di giorno. Poi la vedo entrare in camera.
<< Che fai, non ti alzi? >> mi chiede fermandosi sull’uscio delle porta, grattandosi la pianta del piede contro l’altra gamba.
<< Non ne ho voglia >> rispondo con voce rauca, girandomi dall’altro lato e tirando su le coperte, che mi vengono sfilate con forza, non appena mi sono accinta a farlo.
<< Alzati, poltrona! >>
<< Lasciami in pace Aisi >>
<< Non deprimerti per sempre! Non sei neanche voluta andare a salutare Lys, ieri, all’aeroporto >>
<< Perché sarei dovuta andare? >> chiedo irritata mettendomi a sedere sul letto e guardando negli occhi Aisi, sentendo che tra poco piangerò. << Per sentirmi dire: non piangere, starai bene senza di me? neanche per sogno! Lui mi ha lasciata e questo basta e avanza a farmi deprimere >>
<< Sai che ti dico? >> interviene, lanciandomi la coperta addosso << Fa ciò che vuoi! Non posso stare qui accanto alla tua depressione per sempre >> continua dirigendosi verso il suo armadio e aprendo metà anta.
<< D-dove vai? >> balbetto un po’ curiosa.
<< Esco, oggi è domenica, e mi sono messa d’accordo con le mie amiche per andare a farci un gelato >> risponde lei scegliendo i capi da indossare. Mi stendo un’altra volta sul letto aprendo le braccia e divaricando le gambe << E allora vattene e non mi seccare >> mormoro volgendo lo sguardo al soffitto.
<< Scema >> sussurra lei uscendo dalla camera.
Chiudo gli occhi concentrandomi a liberare la mente da ogni pensiero. Per un po’ ci riesco e infatti mi addormento, ma non dura molto, ché il forte rumore della porta, mi sveglia di soprassalto. Ansimo per un po’, cercando di riordinare le idee, poi sentendo il materasso diventare scomodo, mi alzo e mogia, mi reco in cucina. Guardo l’orologio a muro, sono quasi le nove. Sbuffo scocciata, andando ad aprire il frigorifero, prendendo tutto il necessario per la colazione. La voglia di mangiare è poca, ma, devo riprendermi. In questi ultimi giorni non ho ingoiato quasi nulla e sento che le forze mi stanno abbandonando. Metto a riscaldare il latte, vengo interrotta, però, dal copioso squillare del cellulare. Ritorno in camera, prendendolo, e controllando prima chi è. Rosalya. Cosa vorrà.
<< Rosa, dimmi? >>
<< Ehi Audrey, come va? Tutto bene? >> chiede lei con voce preoccupata.
<< Mi riprendo >>
<< Ho appena incontrato tua sorella, e mi ha detto che non volevi uscire oggi >>
“Alle volte Aisi è davvero…” << Non saprei dove andare >> mi giustifico facendo sentire la mia voce più tranquilla possibile.
<< Allora che ne dici di venire con me alla fiera? >>
<< … se proprio insisti >>
<< Allora ci troviamo al parco… facciamo… tra un’ora? >>
<< Ok >>. Chiudo la chiamata. Il motivo per cui non ho rifiutato, è che con Rosalya non si può insistere, perché fino a quando non l’ha vinta lei, non finirà la discussione. Spengo il fornello, distrattamente ho fatto bollire il latte. Faccio una smorfia, portando il pentolino nel frigorifero, e prendendo al suo posto uno yogurt.
Lo consumo con una lentezza che farebbe invidia a una lumaca, se si trovasse davanti a me in questo momento. Guardo l’orologio, e mentalmente inizio a suddividere in minuti le cose che dovrò fare dopo aver terminato la colazione.
“Se continuo a rimanere seduta, mi sa che tutto ciò che sto pensando andrà a farsi friggere”. Mi alzo sbuffando e mi incammino verso il corridoio. Entrata in camera mia, mi pianto davanti all’armadio, incrocio le braccia al petto ed esclamo << Ma io non voglio uscire! >>
Con fare mogio apro l’anta e inizio a scegliere cosa indossare. Quando finalmente sono pronta, mi ritrovo a camminare per strada, intenta a raggiungere il posto prestabilito.
Rosalya non c’è, così vado a sedermi su una panchina ad aspettarla. Nel frattempo, mi guardo intorno, e mi accorgo che quel posto è pieno di ricordi condivisi con Lysandro.
Maledizione, perché sto pensando di nuovo a lui? In questo momento sarà già a Londra e si sarà anche dimenticato che esisto. Sbuffo scocciata sentendomi i lati delle labbra tremanti, forzate dal pianto. Scuoto la testa e mi schiaffeggio leggermente le guance. Devo dimenticarmi di lui. Lysandro non ha avuto nessuna fatica a rinunciare a me, e allora perché devo essere l’unica a soffrire in corpo?
Sospiro, guardandomi intorno, con la speranza di vedere arrivare Rosalya, che come al solito è un po’ in ritardo. Mentre viaggio con gli occhi, qualcosa o per meglio dire qualcuno, cattura la mia attenzione, e successivamente la mia curiosità. Aggrotto le sopracciglia, rielaborando nella mente qualche risposta plausibile alle mille domande che mi frullano per la mente, e non appena ne trovo soluzione, mi sento toccare una spalla. Mi volto di scatto incrociando gli occhi ambrati di Rosa.
<< Ciao! >> esclama lei sfoggiando quel sorriso che fa cadere ai suoi piedi milioni di ragazzi.
<< Ehi, sei arrivata? >> chiedo smarrita.
<< Scusami per il ritardo ma ero indecisa su cosa indossare >> risponde delineando con le mani il suo benfatto corpo. La guardo sollevando una sopracciglia.
<< Stai… bene >> mormoro trattenendo una risata << solo che non dobbiamo mica andare a una sfilata di abiti… >> mi fermo non sapendo darne un aggettivo.
<< Ohuf! Lo sai che mi piacciono questi abiti, quindi non rompere >>
<< Non lo sto facendo >> dico rivolgendo lo sguardo verso la parte che ha catturato all’inizio la mia curiosità.
<< Cos’hai? >> mi chiede ad un tratto Rosalya.
<< N-nulla >> rispondo senza distogliere lo sguardo dal posto.
<< Che interesse hai nell’osservare un carretto dei gelati? >>
<< Non è per quello… la vedi quella ragazza che sta con quel moretto? >>
<< Beh? >>
<< è l’amica di Aisi >>
<< E allora? >> chiede la ragazza dai capelli argentati, non capendo.
<< E allora, mi chiedevo dove fosse mia sorella? Aveva detto che usciva con lei per un gelato. Se poi si è travestita da maschio… >>
<< Perché non vai a chiederglielo? >>
Guardo Rosalya per qualche istante, poi annuendo, mi avvicino con fare deciso a quella ragazza. Preparo il mio sorriso, anche se c’è poco da sorridere, e la saluto.
Lei mi guarda incuriosita, poi come se folgorata esclama: << Ah! Ma tu sei Audrey, la sorella di Aisi >>
<< Sì, sono io >> rispondo senza cancellare il mio falso sorriso, e volgo per qualche istante lo sguardo verso il moretto.
<< Cosa c’è? >> continua la ragazzina << ti serve qualcosa? >> chiede porgendo il suo cono gelato al ragazzo.
<< Veramente, sì >> rispondo decisa, facendo sparire il mio sorriso. << Dov’è Aisi? >>
Vedo la ragazza sbiancare e irrigidirsi, manco l’avessi minacciata.
<< A-Aisi? >> balbetta smarrita << N-non lo so… >>
<< Perché sento che questa è una spudorata bugia? >> chiedo digrignando i denti. Odio quando le persone negano l’evidenza, << Mia sorella mi aveva detto che doveva uscire con te per un gelato >>
La ragazza deglutisce a fatica e cerca in tutti i modi di mantenere la calma. Mi sta nascondendo qualcosa, è ovvio.
<< L-lei… non lo so, ci siamo incontrate, poi io ho dovuto lasciarla per uscire con lui >>
Guardo di nuovo il ragazzo, che ricambia il mio sguardo e interrompendo quella che forse è la sua ragazza dice << è venuta a prenderla un ragazzo >>
<< Co-cosa?! >> esclamo incredula. La ragazzina fa un gesto sfuggente al ragazzo, il quale senza scomporsi riprende << Che c’è di male scusami? Non lo sapevi? Aisi si è fidanzata, da quasi una settimana >>
<< Mi state prendendo in giro, vero? >> chiedo allibita e anche un po’ innervosita. “maledizione! Per quale cazzo di motivo non me l’ha detto? Io le dico tutto, perché lei non fa altrettanto?! Giuro che se la trovo…”
<< Aud, tutto bene? >> chiede Rosa ad un tratto afferrandomi un braccio. Forse si è accorta prima di me che ho iniziato a tremare dall’irritazione.
<< Sto a meraviglia! >> esclamo << sapete dirmi dove è andata? >> chiedo volgendomi verso l’amichetta. Lei com’è ovvio scuote la testa. Allora, non contenta mi rivolgo al suo ragazzo, che senza aprire bocca, solleva le spalle allargando le braccia.
<< Va bene, ok… grazie lo stesso >> concludo allontanandomi seguita da Rosa.
<< Aud, mi spieghi perché ti sei innervosita per aver saputo questa notizia? >>
<< Secondo te? >> chiedo, volgendomi di scatto a lei, non riuscendo più a trattenere le lacrime.
<< Aud… >> sussurra dispiaciuta.
<< Io… da quando sono morti i miei genitori, ho sempre fatto in modo che lei non sentisse la loro mancanza, con mia madre si dicevano tutto, e come una scema ero convinta di poter prendere il suo posto. I-io, le ho sempre raccontato tutto, anche per non sentirmi sola, e lei invece… anche la minima cosa, la nasconde… Rosa, a me non importa se si è fidanzata, so che sa scegliere, e in fondo è quasi più matura di me, ma il fatto che non mi dice niente, mi nasconde tutto, mi fa star male. >>
<< Oh, Audrey >> dice Rosalya abbracciandomi. Ricambio quel gesto stringendomi forte a lei. Ho bisogno di quel conforto, che una volta mi dava Lysandro, e che adesso so che non potrò più averlo da lui. Non voglio che anche mia sorella mi abbandoni come ha fatto Lys. Non lo sopporterei.
<< Non piangere Audrey, vedrai che le cose si sistemeranno, forse non ha voluto dirti niente perché hai già i tuoi pensieri e non voleva che aggiungessi le preoccupazioni >> mi conforta l’albina.
<< Ok, ma non si fa così! >> esclamò distaccandomi da lei e asciugandomi le lacrime << Sono gelosa, quella mocciosetta lo sapeva, e anche il suo amico. Mi sono sentita una completa idiota! >>
Rosalya sbuffa un sorriso divertita. << Avanti, andiamo adesso. Oggi è l’ultimo giorno di fiera, e non voglio perdermela >>
<< Ok >> dico sorridendo e riprendendo il normale respiro.
Ci inoltriamo nella poca folla che cammina avanti e indietro e si sofferma ad osservare le bancarelle, quelle che scegliamo noi, o almeno, che sceglie Rosalya sono tutte bancarelle di indumenti intimi.
Tra i miei no, e le sue autoritarie insistenze, mi obbliga a comprare alcuni baby-doll dai modelli davvero piccanti. Ho anche imbarazzo nel pagare il commerciante.
Mi sento avvampare il viso, e credo di essere diventata tutta rossa. Lei mi guarda e sorride mentre insieme ci rechiamo a casa mia.
<< Che figura >>
<< Oh, avanti, piantala! Ti assicuro che a quell’uomo non hai fatto nessuna impressione. Altrimenti per quale motivo vende quella roba? >> esclama lei, gongolando.
<< Oh, ti prego Rosa, smettila di ripetere le stesse cose! Non riesco ancora a capire il motivo per il quale assecondo i tuoi desideri >>
<< Per f.e.m.m.i.n.i.l.i.t.à >> risponde scandendo le parole, e creando con le dita una fascia immaginaria nell’aria << Tutte le donne desiderano essere femminili, e quali cose possono accontentarci se non questi indumenti disegnati per il nostro corpo? >>
Mi fermo per guardala aggrottando la fronte. << Ma piantala, dove hai sentito queste stupidaggini? >>
Lei, come risposta si porta l’indice sulla tempia destra e si da alcuni colpetti, poi aggiunge << la mia mente, le elabora >>
Sbuffo un sorriso per prenderla in giro. Poi volgo lo sguardo verso la strada accorgendomi che manca un altro incrocio per arrivare a casa mia.
Nel momento in cui ci accingiamo ad attraversare, notiamo, insieme, non poco lontano da noi, una moto.
<< Toh! Guarda, quello è Castiel, che ci fa in giro da queste parti? >> chiede Rosalya. Io lo guardo, è insieme a una ragazza. “Bastardo!” esclamo nella mente ripensando a quella a dir poco raccapricciante sera. Faccio una smorfia tornando a guardare avanti e riprendendo i miei passi, ma, non appena mi sono accinta a farlo, qualcosa ha riattratto la mia attenzione. Mi fermo impietrita, lentamente, e pregando con tutto il cuore di essermi sbagliata, giro la testa verso il rosso.
La ragazza che è con lui si toglie il casco e saltellando si avvicina a lui baciandolo. Ora riesco a vederla meglio e ciò che scopro, lacera inesorabilmente il mio cuore.
<< No, non può essere vero >> sibilo incredula senza muovere le labbra. Inizio a tremare e non so se è rabbia o paura. Fatto sta che non riesco ancora a capacitarmi per ciò che vedo.
La ragazza con Castiel è mia sorella. Castiel, è il fantomatico ragazzo di Aisi.

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Capitolo 5
*** Incomprensioni ***


<< Ti prego Audrey, non fare sciocchezze! >> sussurra a denti stretti Rosalya, tirandomi per un braccio.
<< Lasciami Rosa! Devo andare da quel maledetto. Non può essere così, mia sorella non può farmi questo, e neanche lui! >> esclamo più adirata, mentre cerco di divincolarmi dalla presa della mia amica. Ci riesco dopo qualche strattone, e non appena libera, alzo il passo tipo gigante, verso quei due.
I miei occhi riflettono fuoco, mentre l'immagine dell'idiota e di mia sorella si fanno sempre più vicini; e ogni passo, corrisponde alle pugnalate inferte al mio cuore. Perché sta succedendo questo? Fino a qualche giorno fa andava tutto a meraviglia, perché dopo quella maledetta sera, il rosso non vuole più uscire dalla mia vita? Perché?
È lui il primo a notarmi, e non appena mi volge i suoi occhi cenere, alza un sopracciglio sbuffando un sorriso beffardo.
<< Toh! Guarda chi c'è, la sorellona >> esclama quasi divertito.
Gli lancio un'occhiata fulminea, poi volgo lo sguardo verso mia sorella, che mi ricambia tanto allibita, quanto spaventata.
<< A-Aud... >> balbetta smarrita << Che ci fai qui? >>
<< Sono io quella che deve fare questa domanda! Che diavolo ci fai tu qui, e con lui, per giunta?! >>
<< Audrey... >>
<< Torna immediatamente a casa! >> esclamo tremando di rabbia.
<< Non puoi dirmi ciò che devo fare! Non sono più una bambina! >> ribatte lei alzando la voce.
<< Già, non è più una bambina >> ripete Castiel avvolgendole le spalle con un braccio.
<< Toglile immediatamente le mani di dosso! >> ordino irritata, fulminandolo con gli occhi.
<< Perché? >> chiede lui con strafottenza, fissandomi intensamente negli occhi.
So benissimo cosa vuole far intendere con quella domanda. No, maledetto, non è come pensi tu. Non lascerò che anche mia sorella faccia il mio stesso errore.
<< Lasciala Castiel! >> digrigno nervosa.
<< Audrey piantala! >> interviene Aisi distaccandosi da lui e avvicinandosi a me con aria minacciosa << Castiel e io stiamo insieme, e a te non deve importare nulla! Io non interferisco nelle le tue scelte, e anche tu devi fare lo stesso con me... Non atteggiarti a madre, perché non lo sei mai stata pe me! >>
Strabuzzo gli occhi. Perché sento queste parole logorarmi il cuore? Perché mi dice questo? E per quale motivo alzo la mano per colpirla?
La vedo piegare la faccia a un lato, mentre mi rendo conto troppo tardi del gesto compiuto. Fisso la mia mano impietrita. Io non avevo mai fatto una cosa del genere prima d'ora, né con lei, né con nessun altro.
<< Ti odio! >> urla piangendo, prima di scappare via da noi.
<< No, Aisi aspetta! >> esclamo dispiaciuta cercando di fermarla, ma non ci riesco.
<< Che sorella premurosa >> sospira ad un tratto il rosso. Mi irrigidisco, sentendo che i sentimenti di odio nei suoi confronti prendono repentinamente il sopravvento. Giro la testa verso di lui. Sta sorridendo, e non posso fare a meno di ricambiarlo con un'occhiata minacciosa.
<< Sei un bastardo! Stai con mia sorella da una settimana, e l'altra sera... >> mi fermo sentendo dei conati di vomito al solo pensiero.
Castiel, dal canto suo, ride e lo fa di gusto << Quanto sei ingenua >> rivela avvicinandosi.
<< Perché? Che intendi? >>
Mi guarda, sorride e tace.
<< Io non so che diavolo ti passa per quella mente diabolica che ti ritrovi >> sputo amara << ma non pensare di dividermi da mia sorella, perché non ci riuscirai >>
<< Ma davvero? >> chiede dopo aver stranamente aggrottato la fronte << sbaglio, o adesso ti odia? >> chiede strafottente.
Mi avvicino a lui minacciosa << Lasciala in pace Castiel >> dico a denti stretti << Aisi non fa per te, non è come quelle puttane che ti porti a letto! >>
Solo dopo mi accorgo di aver detto una cosa che va anche contro di me, infatti lui riprende a ridere divertito.
<< Di' la verità... >> mormora dopo un po' << Hai paura che venga a sapere cosa abbiamo fatto tutti e due? Hai paura che Aisi venga a sapere che anche la sua casta sorellona, abbia fatto parte della lista delle mie puttane? >>
Il mio cuore manca un battito, lasciando il posto a un forte dolore, faccio cadere la busta contenente il baby doll che ho tenuto in mano fino a quel momento, e quello che doveva risuonare come uno schiaffo, viene bloccato dalla sua stretta presa.
<< Bastardo! >> esclamo piangendo, agitando bruscamente il braccio per farmelo mollare << come puoi essere così maledettamente cinico?! >> gli urlo in faccia. Lui tramuta il suo sguardo, fissandomi serio senza mollarmi la mano, e stringendo più forte. << Lasciami >>
<< Ti detesto Audrey... >> mormora sprezzante << ... E non puoi immaginare quanto! >> aggiunge con un sussurro che non saprei darne significato. Sembra quasi che quella frase, abbia un secondo fine.  Detto questo, molla la presa in maniera brusca. Lo guardo esterrefatta. Perché mi ha detto quelle parole, e perché sento che mi fanno ancora più male? Senza aggiungere altro, mi allontano, sorpassando anche Rosalya ignorandola completamente.
Arrivo a casa, ansimando e piangendo. Prima di entrare mi spingo il petto con una mano, come per calmare quei dolori lancinanti.
Asciugo le lacrime, non voglio farmi vedere da Aisi in questo stato. Sto per aprire la porta, ma lei all'interno dell'appartamento mi precede.
La vedo con gli occhi gonfi e rossi, in mano regge delle salviette.
Rimango ferma, non entro. La guardo e non so cosa dirle, così aspetto una sua reazione. Dopo un po' si mette a un lato della porta lasciandomi il passaggio libero.
<< Entra >> mormora con voce rauca. Non me lo faccio ripetere due volte, e non appena dentro, vengo spinta da un'irresistibile voglia di raccontarle il vero motivo per il quale ho agito in quella maniera. Sono tentata di dirle che il suo adorato fidanzato, qualche giorno fa ha fatto spudoratamente sesso con me. Non mi importa di distruggere l'ultimo pezzo del mio orgoglio, ma non posso far finta di niente. Non voglio che Castiel faccia soffrire mia sorella.
<< Aisi... >>
<< Audrey! >> mi interrompe lei alzando la voce. Mi giro per guardarla in volto, ce l'ha chino, e stringe i pugni tremante.
<< Perdonami Aud... >> aggiunge piangendo << ... Perdonami per ciò che ti ho detto. I-io sono solo una sciocca. Non dovevo dirti quelle cose >>
<< Aisi, ho sbagliato anche io... >> intervengo piangendo e abbracciandola << Io, non voglio che tu soffra a causa di quel ragazzo >>
<< Non voglio discutere su questo. Tu ti sei sempre fidata di me, ti prego, continua a farlo senza farmi domande >>
<< Aisi io non ti capisco. Che cosa vuoi dire? >> le chiedo distaccandomi e guardandola negli occhi. Lei sfugge al mio sguardo.
<< Aisi, Castiel e io... >> sto per dirle la verità, ma la sua reazione seguita dalle parole, mi fermano.
Sorride dolcemente, sussurrando: << Castiel mi piace molto >>
Dopo questo, capisco che se solo una parola uscisse dalla mia bocca, non farei altro che ferirla a morte.
Io continuo a non capire per quale motivo il rosso si sia comportato così con me, ma d'altronde è la sua indole, anche se il motivo per il quale si sia messo con Aisi e dopo neanche due settimane le abbia fatto le corna, mi è del tutto sconosciuto.
Taccio, scrollando le spalle arresa. Sospiro rumorosamente, abbasso lo sguardo dicendo soltanto: << Mi fido di te >>
<< Lo so, Audrey. Ti ringrazio >> dice abbracciandomi.


Il giorno dopo, a scuola faccio di tutto per non incontrare quel cinico bastardo. Purtroppo ci riesco soltanto a metà giornata. Durante la ricreazione, lo vedo seduto alla sua solita panchina, con una sigaretta fra le dita, e lo sguardo rivolto verso i sederi di alcune ragazze che gli passano davanti.
Uno scatto d'ira colpisce la mia mente. Istintivamente mi precipito verso di lui, piazzandomi davanti alla sua visuale.  Mi guarda distorcendo le sopracciglia.
<< Abbi almeno la compiacenza di ricordarti che hai una ragazza >> digrigno stringendo i pugni tremante.
<< Spostati >> dice secco, dopo aver sbuffato un sorriso beffardo.
<< Non lo farò! >>
<< Sei davvero fastidiosa! >> sbuffa scocciato << È strabiliante come tu abbia cambiato idea sulla situazione >>
<< Lo faccio solo per mia sorella, non farti strane idee. Per me rimani sempre un bastardo! >> confesso incrociando le braccia al petto e sorridendo compiaciuta delle mie stesse parole.
<< Bene, se non ti dispiace, il bastardo vuole rimanere da solo. Quindi... >> sorride strafottente facendomi segno di andarmene.
<< Non cantare vittoria Castiel, hai vinto la battaglia, non la guerra >>
Lo vedo guardarmi inespressivo, poi scuote la testa come se fosse rimasto incredulo, e portandosi la mano alla bocca prende la sigaretta sbuffando all'aria l'ovattato fumo, chiudendo gli occhi e mormorando << Va via, Audrey. La tua presenza mi infastidisce >>
Non me lo faccio ripetere due volte, e non perché l'ha detto lui, ma perché so che se continuo a stargli davanti, prima o poi potrei far funzionare le mie mani.
Rientro nel liceo, e la prima persona che incontro è Nathaniel, il quale mi ferma chiedendomi imbarazzato dove stessi andando.
<< Ritorno in classe >> rispondo accennando un sorriso forzato. Non mi va proprio di ridere, né tanto meno spiegare il mio vero stato d'animo.
<< Ma la campanella di fine ricreazione non è ancora suonata >> dice lui calmo.
<< Lo so, e allora? >> chiedo incuriosita.
<< Che ne diresti, di accompagnarmi in sala delegati? Avrei un lavoro da svolgere, vorrei una mano >>
<< Melody non c'è? >>
<< Beh... Melody non è te >> rivela arrossendo.
Dal canto mio, l'unica cosa che riesco a fare, è drizzare la schiena, dopo essere stata presa alla sprovvista da quelle parole.
<< C-come? >>  chiedo allibita.
<< Fa' finta che non abbia detto niente >> risponde quasi dispiaciuto, riprendendo il suo cammino.
Non so darmi una spiegazione, ma il mio braccio si muove da solo, afferrando la manica della sua camicia.
<< Nathaniel! >> esclamo sempre in maniera istintiva.
<< Cosa c'è? >> chiede con un barlume di speranza nell'espressione.
<< Vengo con te >> rispondo sorridendo. Lo vedo illuminarsi in volto. I suoi occhi ambrati si sciolgono in oro fuso, e il suo sorriso smagliante, brilla di luce propria. Mi afferra la mano, forse non rendendosi conto del suo gesto, e mi trascina con se esclamando: << Andiamo allora! >>
Mentre ci incamminiamo verso la sala delegati, passando per il portone principale, vedo Castiel entrare sbuffando scocciato. Non appena mi vede però, mi rendo conto che la sua espressione cambia repentinamente. Da scocciato, a allibito; da allibito, a... Incazzato?
No. Devo aver di sicuro visto male, anche perché l'ho guardato di sfuggito, mentre Nathaniel mi ha fatto entrare nell'aula.
E poi, per quale motivo doveva essere incazzato? Se lo era, non era certo per me. L'astio che prova per Nathaniel è ormai noto anche ai due Poli. Sì, di sicuro è perché ha visto il biondino.
<< Allora, Nathaniel. In cosa devo aiutarti? >> chiedo dopo un po' al delegato, il quale ha già preso posto dietro una scrivania e ha estratto delle carte da un cassetto.
<< Ecco... >> esordisce, sfogliando quel plico di fogli << ...dovresti aiutarmi a riordinare i documenti di iscrizione degli allievi del liceo. L'altro giorno, la preside ha fatto cadere il raccoglitore, e i fogli si sono mischiati tutti >>
<< Ok, lascia fare a me >> dico avvicinandomi a lui e togliendogli educatamente dalle mani i documenti.
Inizio a sfogliarli, per trovare la A. Nel mentre, sibilo inconsciamente i nomi di tutti gli alunni, fino ad arrivare a quella lettera che pensavo di aver dimenticato.
<< L-Lys...andro >> spezzo la parola, estraendo il foglio e ammirando con tremore e tristezza la foto del mio ex fidanzato.
Rimango a contemplarla senza rendermene conto. Solo dopo aver visto la carta bagnata da due gocce di lacrime, ritorno alla realtà, sbuffando esausta.
<< Audrey, ma tu stai piangendo! >> esclama Nathaniel lasciando il suo lavoro e avvicinandosi a me.
<< No, Nath... Non è nulla >> rispondo, sfuggente. Lui guarda il foglio che ho appena fatto cadere sugli altri e con voce dispiaciuta soggiunge: << Perdonami Audrey, non avrei dovuto chiederti di aiutarmi >>
<< Non hai nessuna colpa Nath. Non dar peso al mio atteggiamento... >> singhiozzo non riuscendo a trattenere le lacrime. Mi copro il viso, spingendo i palmi delle mani contro gli occhi. A un tratto mi sento avvolgere da un caldo e forte abbraccio. Le labbra di Nathaniel si sono fatte vicine al mio orecchio e affettuosamente sussurrano: << Aud, sfogati. Vedrai che alla fine ti sentirai meglio >>
<< Perdonami Nath, io non so cosa mi sta succedendo >> continuo a singhiozzare disperata.
Allora lui mi accarezza il capo e sciogliendo l'abbraccio, mi incita a fissarlo: << Ehi, Aud... Guardami, guardami. Io capisco perfettamente il tuo dolore. Soffro anche io nel vederti in questo stato. Non voglio sembrare uno che rinfaccia, ma quel giorno te lo dissi... >>
Queste parole, mi riportano subito a un ricordo lontano.
Era qualche mese prima di fidanzarmi con Lysandro. Il primo con cui ebbi confidenza fu Nathaniel, dato che frequentavamo lo stesso club di letteratura. Dopo qualche settimana, lui mi rivelò i suoi sentimenti, ma io avevo già fatto battere il mio cuore per Lysandro.
Lo rifiutai gentilmente, senza curarmi del suo stato d'animo, e lui mi disse che alla fine mi sarei pentita di questa scelta.
Non ci feci caso, non ho voluto mai farci caso, e adesso eccolo qui, con il suo passato avvertimento. Mi sta facendo male, e presa da uno scatto di irritazione, mi divincolo da lui, uscendo fuori dalla sala delegati.
"Perché devo sentirmi dire anche questo?" mi chiedo frustrata.
A un tratto vengo afferrata per un braccio e fermata, mi giro, incrociando i suoi occhi dal color topazio.
<< Cosa vuoi ancora? >> chiedo scocciata.
<< Io non volevo offenderti >> risponde ansimando per la corsa.
<< Lasciami Nathaniel, voglio stare da sola... >>
Mi interrompe abbracciandomi, facendomi ritrovare il volto affondato nei suoi bicipiti coperti da quella camicia, profumata di colonia.
<< Non ti lascerò da sola. Non questa volta! >> mormora quasi disperato. << Detesto vederti piangere, soprattutto per gente che non lo merita >>
<< E forse sei tu a meritarlo? >>, sentiamo a un tratto dietro di noi.
Nathaniel mi lascia girandosi. Io guardo davanti a me, incontrando l'espressione del rosso che all'inizio pensavo di aver dato un significato sbagliato, ma adesso mi rendo conto che è davvero incazzato. Ma perché?
<< Che vuoi? Perché ti intrometti? Non sono affari che ti riguardano! >> esclama Nathaniel arrabbiato.
<< Certo che mi riguardano, soprattutto se un idiota come te, si permette il lusso di criticare un mio amico, soltanto per rimorchiare la ragazza! >> risponde Castiel a tono.
<< Come ti permetti! >> ribatte Nathaniel facendo un balzo in avanti.
A quel punto mi metto in mezzo per fermare quella che potrà tramutarsi in una rissa.
<< Piantatela! >> esclamo, prosciugando le mie ultime lacrime << Non mettetevi in mezzo a fatti che non vi riguardano! >>
<< Audrey... >> fa per replicare Nathaniel afferrandomi per un polso, ma subito un inaspettato gesto di Castiel fa rimanere tutti e due allibiti. Mi afferra per un braccio tirandomi a se, facendo mollare la presa al biondino. Mi ritrovo con il volto attaccato al petto del rosso e le spalle strette dalla sua presa.
<< Che stai facendo? >> sento Nathaniel.
<< Tsé, non penserai che te la lasci così facilmente? >> ribatte Castiel lasciandomi allibita più di prima.
Cosa vuol dire con queste sue parole? Ma soprattutto che diavolo di significato hanno?

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Capitolo 6
*** Successivi comportamenti ***


SUCCESSIVI COMPORTAMENTI
 


Quella mano forte e calda, poggiata sulla mia spalla, dovrebbe darmi fastidio, e invece.
Castiel sta fulminando con i suoi occhi taglienti il biondino, che fino a poco fa ha voluto dirmi qualcosa.
Rimango con il capo chino cercando di allontanare il più possibile dalla mia mente il ricordo di qualche sera fa, ma il forte profumo che emana il corpo dell'idiota me lo impedisce. È lo stesso che penetrò le mie nari quel giorno dove, come una sciocca, mi feci trasportare dal piacere che mi travolse peccando insieme a lui.
Cerco di respingerlo per distaccarmi dalla sua presa ma lui mi blocca triandomi più a sé, artigliandomi così la spalla.
<< Che significa questo? >> chiede Nathaniel accennando qualche passo verso di noi << Che vuol dire che non me la cederai tanto facilmente? >>
<< Non sono in vena di spiegazioni! >> risponde secco Castiel lasciandomi la spalla e afferrandomi per la mano << Andiamo! >> aggiunge voltandosi e trascinandomi con sé.
<< Audrey? >> mi chiama Nathaniel. Mi volto lentamente cercando di esclamare che non centro niente con quello che ha appena espresso il rosso, purtroppo quest'ultimo sembra intuire i miei pensieri, e stringendomi la mano, digrigna senza voltarsi: << Prova a dire una sola parola e te ne faccio pentire >>
Istintivamente a quella minaccia, mi mordo la lingua, maledicendomi da sola, perché avrei dovuto reagire e non comportarmi da sottomessa.
Nathaniel non accenna neanche a volerci seguire e non riesco a capirlo.
Permetto all'idiota di continuare a trascinarmi, senza sapere dove mi stia portando. Quando finalmente si ferma, mi accorgo che siamo entrati negli spogliatoi della palestra. Mi guardo intorno e a quel punto ho uno scatto. Mi libero bruscamente esclamando tutto il mio diniego.
<< Si può sapere che diavolo stai facendo?! >>. Lui non mi risponde, è alquanto serio in volto.
<< Per quale caspita di motivo mi hai portata qui? E perché ti sei intromesso fra me e Nathaniel? >>
Non parla, mi dà le spalle e si accinge ad aprire un'anta dell'armadietto.
<< E poi cos'erano quelle parole? Decido io cosa fare dei miei sentimenti! Se voglio fidanzarmi con qualcun altro, a te non deve importare... >>, le mie ultime parole vengono interrotte dal brusco gesto attuato dall'idiota davanti a me.
Ha preso una busta da dentro l'armadietto e me l'ha scaraventata contro.
Rimango circospetta. Guardo prima l'oggetto poi volgo gli occhi su di lui che senza aggiungere niente, incrocia le braccia al petto fissandomi serio.
<< Che cos'è? >>
<< Dovrei essere io a chiedertelo! >> esclama rivelando quel suo sorrisetto beffardo.
Concentrata interamente su quella busta, mi accingo ad aprirla e quando finalmente scorgo un merletto di pizzo nero, inizio a sudare di imbarazzo mescolato alla rabbia. È il baby doll che comprai ieri alla fiera!
Sento l'idiota sbottare in una risata divertita. Tremo, cercando di mantenere la calma. Ma è più forte di me. Quando sto con Castiel non riesco a controllare i miei impulsi nervosi.
Volontariamente faccio cadere la busta e con voce tremante e i denti ben stretti esclamo: << Smettila di ridere come un'idiota! >>
Lui si ferma dopo un po', si asciuga le lacrime e passandosi una mano fra i capelli infuocati rivela la sua alta fronte nonché la sua dannata bellezza.
<< Perché ti scaldi tanto? >> chiede trattenendo a stento le risate.
<< Ti sembra divertente tutto questo?! >>
<< Non riesco a capire >>
<< Mi hai portata qui per umiliarmi? >>
<< Ma sei scema? >>
<< Hai interrotto il mio discorso con Nathaniel solo per ridere di me? >>
<< Ah! Quanto sei fastidiosa! >> esclama chiudendo l'anta dell'armadietto << Ieri, dopo quella discussione con tua sorella, lasciasti quella busta accanto alla mia moto. Rosalya mi chiese di ridartela, e non sai quanto questo mi abbia dato fastidio >> si ferma per un po', poi rivolgendomi lo sguardo, e spronato da qualche forza misteriosa accanto a sé, continua con un tono di voce totalmente mutato: << da quando di conosco non ho potuto fare a meno di pensare quanto tu sia detestabile >>
Non so perché, ma quelle parole fanno più male di mille chiodi piantati nel petto. Trasalisco sentendo il pianto indurirmi la gola. Non è la prima volta che Castiel mi dice queste parole, sono tre anni che ci detestiamo a vicenda, ma allora cosa sta mutando adesso?
<< Visto che mi detesti così tanto allora perché ti sei intromesso fra me e Nathaniel? >>
<< Solo per sfottere quell'idiota! >> risponde con una sincerità che farebbe invidia alla verità stessa.
Come può dire una cosa del genere? Fino a pochi minuti fa aveva detto che non mi avrebbe lasciata facilmente al biondino e adesso spiega che l'ha fatto solo per sfotterlo?
<< Bene quand'è così... >> riprendo digrignando i denti << ...la prossima volta ti faccio pentire di esistere! >>
Lo vedo sollevare un sopracciglio. Mi volto dandogli le spalle e incrociando le braccia al petto, esclamo: << E non permetterti mai più di intrometterti nella mia vita. Se voglio frequentare Nathaniel, tu devi fregartene altamente! >>
<< Tu non frequenterai nessuno! >>
Quella frase arriva alle mie orecchie in maniera talmente autoritaria che non riesco a credere davvero di averla sentita.
<< C-cosa? >> balbetto incredula tentando di voltarmi per guardarlo, lui però mi precede afferrandomi per un braccio e facendomi ritrovare, con un movimento ben assestato, di spalle contro gli armadietti. Nel mentre ho chiuso gli occhi da reazione allo spavento e adesso che li ho riaperti me lo trovo di fronte che mi lincia con quei suoi occhi cenere.
<< Non pensare neanche per un istante di frequentare quel coglione! >>
<< M-ma... Che stai dicendo? Lasciami, mi stai facendo male! Ma che diavolo ti prende? Perché non dovrei frequentarlo? Forse te l'ha detto il tuo caro amico Lysandro? Beh, se è così, puoi anche dirgli che tra lui e me è finita da quando tu e io abbiano fatto sesso! >> urlo dimenandomi.
Istintivamente Castiel mi lascia il braccio guardandomi dapprima con smarrimento, in seguito con circospezione.
<< Che stai dicendo? >> chiede con voce fievole.
<< Ciò che hai ben inteso! >> rispondo troppo sicura di me stessa.
Guardo le sue labbra che lentamente si allungano in un sorriso strafottente.
<< Vuoi che ti dica cosa ho inteso? >> chiede malizioso. Sto per ribattere, ed è in quel preciso istante che mi accorgo del significato che ho involontariamente dato a quella mia frase.
Scuoto lentamente la testa negando continuamente.
<< No, no, no... Hai... Hai capito male! >> cerco di difendermi.
<< Oh sì invece... >> risponde lui annuendo con il capo << ...sapevo che ti sarebbe piaciuto. Non pensavo che quella scopata ti avrebbe fatto cambiare idea così facilmente >> sorride beffardo.
<< Piantala Castiel, stai andando totalmente fuori rotta! >> replico sentendo il mio volto avvampare << Non mi è assolutamente piaciuto, e ancora oggi ne sto pagando le conseguenze sapendo anche, che quando l'abbiamo fatto tu stavi già con mia sorella. E il pensiero di averla tradita mi attanaglia ogni minuto che passa! >> esclamo non riuscendo a trattenere le lacrime.
Adesso non si tratta più di dispiacermi per Lysandro, in fin dei conti se è stato per primo quest'idiota che mi sta davanti a tradirlo senza alcun ripensamento, figuriamoci se dovrei essere l'unica a farmi divorare dai rimorsi. L'unico rimorso che mi sta possedendo è rivolto esclusivamente a Aisis.
Castiel ha smesso di ridere, e adesso mi guarda serio.
<< Cosa guardi? >> chiedo malamente.
<< Non fare il mio stesso errore >> mormora con voce sommessa prima di recarsi alla porta e lasciarmi sola, impossibilitata a replicare.
Che significano quelle parole? Per quale motivo mi ha detto una cosa del genere? Sbaglio o vuole far passare Lysandro da vittima? Ma se è stato quest'ultimo a farmi soffrire tutto questo tempo! Perché adesso non dovrei ricominciare senza pensare che forse ne soffrirebbe?
<< Ti detesto Castiel >> sibilo digrignando i denti << Ti detesto! >> ripeto scoppiando in lacrime.
Se la sua intenzione era quella di farmi ritornare su quei passi poggiati su una via piena di dolore, ci è riuscito alla perfezione.
Detesto questa situazione, la sento scorrere nelle vene come il mio sangue.
Afflitta mi appoggio all'armadietto scivolando verso il basso, ritrovandomi seduta sul freddo marmo con le mani affondate fra i capelli.
Cercando di calmare il pulsare violento dei nervi nella mia testa, stringo quest'ultima fra i palmi. Piango in silenzio, mordendomi le labbra per evitare ai gemiti di aleggiare nell'aria. Forse sarebbe stato meglio se avessi detto la verità dall'inizio, se tutti avrebbero scoperto ciò che ho fatto con l'idiota, forse non sarei qui a soffrire per i rimorsi. Ma che cosa sto dicendo? Se solo avessi parlato, mi sarei ritrovata nello stesso posto a logorarmi l'anima per il male che avrei di sicuro arrecato a mia sorella. No. Devo tacere. Anche se nascondere la verità fa davvero male, devo resistere.
Dopo aver pensato a lungo mi accorgo che la quarta ora è passata da un pezzo. Passo una mano sulle guance appiccicate dalle lacrime asciutte e mi alzo dal pavimento barcollando per qualche istante. Esco dagli spogliatoi, recandomi con indifferenza verso la mia classe.
<< Ehi Aud! >> mi sento chiamare all'improvviso. Non faccio in tempo a voltarmi che subito vedo Rosalya avvicinarsi con passo svelto. Accenno un sorriso per non farle capire che sto male, ma come ormai da copione, a Rosalya non si può nascondere niente, infatti non fa in tempo ad eliminare gli ultimi passi distanti che la sento chiedere: << Aud ma tu hai pianto? >>
<< N-no >> rispondo senza neanche una goccia di convinzione.
<< Perché che cosa è successo? >> ribatte ancora lei, ignorando la risposta che ho dato.
<< Nulla, Rosa... Non preoccuparti >>
<< Ma come: non preoccuparti? Certo che mi preoccupo! Siamo cognate, dobbiamo capirci entrambe >>
<< Non siamo più cognate, Rosalya >> la interrompo con voce grave accennando una smorfia che dovrebbe equivalere a un sorriso amaro.
<< Scusami >> mormora lei dispiaciuta << non l'ho detto per farti soffrire... È che... Anche io non riesco a credere che fra te e Lysandro sia... >>
<< Ti serve qualcosa? >> intervengo con un tono di voce alto. Lei si ferma, mi guarda e massaggiandosi il braccio destro appiccicato lungo il fianco, volge lo sguardo da un'altra parte e inizia a balbettare.
<< I-io... Ho chiesto a Castiel di darti il baby doll... E solo adesso mi rendo conto di aver fatto una cavolata >>
<< Già, hai detto bene! Hai fatto una cavolata! >> esclamo irritata ripensando a ciò che è successo con Castiel negli spogliatoi.
Senza permettere alla mia amica di replicare, la lascio sola percorrendo il corridoio per recarmi all'uscita. Non ho assolutamente voglia di ascoltare né tantomeno di vedere nessuno. So che facendo così mancherei al club di letteratura ma per me poco importa. Torno a casa senza nemmeno aspettare che esca Aisi.
Arrivata non mi va di prendere l'ascensore, così salgo lentamente a piedi. Quando entro in casa mi accorgo che l'odore della biancheria pulita aleggia ancora nell'aria. Prima di andare a scuola Aisi ha ritirato la roba convinta che si sarebbe messo a piovere. D'altra parte non aveva tutti i torti. Mia sorella ha la capacità di una veggente, quello che non sa è che sta piovendo sì, ma nel mio cuore.
Entro nella mia camera gettandomi di peso sul letto e sprofondando il viso sul cuscino.
<< Mi sento da schifo >> sibilo volgendo lo sguardo verso il comodino. Sul posto prima occupato dalla mia foto con Lysandro, adesso regna sovrana una con la mia migliore amica.
Nell'immagine siamo al mare con la pelle completamente ustionata e con in mano due ghiaccioli quasi consunti da quel sole cocente. Quel sole che fu testimone della nostra giornata felice e indimenticabile.
Lo ricordo come se fosse ieri. C'era anche Lys. Il mio Lys, con la sua candida e perfetta pelle, ricordo ancora che rifiutò di togliersi la camicia per non abbronzarsi. Inutili furono i miei tentativi e quelli di Rosa di convincerlo a mostrare il suo corpo scultoreo decorato alla schiena da quel bellissimo tatuaggio. Quanti ricordi mi legano a quel giorno. Fu allora che mi concessi a lui per la prima volta.
Pioveva, passammo la notte in una villa al mare affittata da noi, tutti andarono a dormire, mentre Lys e io rimanemmo in salotto a coccolarci e a scambiarci qualche bacio innocente. Sapevamo benissimo che quella castità non sarebbe durata a lungo, infatti fu lui il primo a non poter resistere più: si alzò prendendomi in braccio come si fa con le principesse. Io non mi opposi, la verità è che non sapevo affatto quello che stava per succedere, lo ignoravo completamente, in fondo non era la prima volta che ci comportavamo in quel modo. Solo quando mi accorsi di aver varcato la porta della sua camera, capii.
<< L-Lys… >> balbettai iniziando a tremare.
<< Non dirmi di no, ti prego >> mi sussurrò affondando le sue labbra fra i miei capelli. La sua voce fu una melodia colma di sensualità, fu come il suono del piffero incantatore di serpenti. Non riuscii a dirgli di no, non potei farlo, non volli. Fra quelle lenzuola di cotone colorate di estate, ci amammo perdutamente.
Perché? Perché mi sto facendo male? Non dovrei pensare a queste cose. Non dovrei essere qui a soffrire. Se mi amava per davvero, non mi avrebbe mai lasciata.
<< Ho sbagliato >> sibilo tra silenziose lacrime. D’altra parte mi merito tutto questo. L’ho tradito, e con il suo migliore amico. E se all’inizio l’ho fatto inconsciamente, i giorni seguenti mi è bastato solo incrociare l’immagine dell’idiota per ritornare a tradire il mio perduto amore.
Sto sbagliando, e lo sto facendo anche con Rosalya. Perché l’ho trattata in quella maniera? Mentre mi chiedo tutto questo, rivolgo lo sguardo verso la fotografia sul comodino. Decisa a rimediare, per salvare ciò che mi è rimasto: l’amicizia, mi alzo dal letto afferrando il cellulare.
Vado su Wathsapp. Rosalya era online pochi minuti fa. Con fare veloce mi asciugo le lacrime, e mettendo le gambe in posizione indiana sul letto, inizio a scrivere le mie scuse:
“Rosa, scusami ti prego, non volevo trattarti in quella maniera, è che quell’idiota di Castiel mi ha fatto saltare i nervi! Mi perdoni, vero?”.
Lo invio senza pensarci due volte, e intanto punto i miei occhi sulla scritta ultimo accesso, sperando vivamente di leggere la parola online.
Nulla. Passano i secondi e della sua risposta ancora niente. Dopo pochi minuti, torna a casa mia sorella, entra nella stanza guardandomi scettica, reggendo a mezz’aria il borsone.
<< E tu che ci fai qui? >> chiede, lasciando cadere l’oggetto per terra << Non avevi il club di letteratura? >>
<< Non ne avevo voglia, oggi >> rispondo con una smorfia passando il dito sul tasto menu del cellulare.
<< Nathaniel ti stava cercando >> aggiunge recandosi in bagno.
<< Cosa voleva? >> chiedo senza dare troppa importanza.
<< Non lo so… non ha voluto dirmelo >> risponde con un tono di voce dispiaciuto.
Volgo istintivamente lo sguardo verso la porta del bagno, ma subito la mia attenzione viene catturata dal breve trillo del mio cellulare. Rientro in Wathsapp ansiosa di leggere la risposta di Rosalya. Ma le mie aspettative non vengono assentite. Soltanto il mio stato d’animo viene alterato: da ansiosa a stupefatta; da stupefatta a… non so se essere felice o meno.   

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Capitolo 7
*** Gesti inaspettati ***


BAKA TIME: scusate tanto ragazze! Non solo per il ritardo. Avevo pubblicato questo capitolo, ma l’ho dovuto cancellare, perché non avendo letto l’altro, ho sbagliato a scrivere, ma adesso ho risolto il problema, quindi buona lettura ;D
 
 

GESTI INASPETTATI



Mentre i miei occhi scorrono velocemente e per l'ennesima volta lungo quelle parole che formano il messaggio, cerco disperatamente di concepire il suo significato. Mi sembra di leggere per la prima volta una lingua a me sconosciuta, talmente mi sento confusa. Non ho neanche fatto caso a Aisi che mi ha avvisata dicendo che andava al supermercato per comprare qualcosa.
Senza che me ne accorga, mi ritrovo a sibilare ciò che c'è scritto sullo schermo. Porto istintivamente una mano alla bocca e sbuffo su essa, mentre strabuzzo i miei occhi riuscendo finalmente a capire.
Il cuore inizia a spingermi violentemente in petto, e la saliva fa fatica a scivolare giù. Intanto anche il respiro prende parte a quel miscuglio di forti emozioni, e le lacrime iniziano a scendere lentamente.
"Non posso dimenticarti, non ce la faccio. So che non potrai mai perdonarmi per il male che ti ho arrecato, ma ti amo. Concedimi almeno questo".
Rileggo lentamente a bassa voce seguendo singhiozzi trattenuti a stento fino a quel momento.
Lysandro mi ha mandato quel messaggio; dovrei essere al settimo cielo, ma cos'ha voluto dire con quelle parole? Cosa vuole farmi intendere?
Il cellulare inizia a squillare, e solo allora mi accorgo di essermi incantata immersa in quei pensieri. Mi asciugo le lacrime cercando di mettere bene a fuoco il nome della persona che mi sta chiamando.
È lui! Cosa faccio? Cosa gli dico? Dio mio! Non mi sono sentita mai in ansia come in questo momento. Possibile che stia succedendo tutto quanto in fretta?
Tossendo e prendendo profondi respiri, passo tremante il dito sul tasto accetta, ma esito nel poggiare il cellulare all'orecchio.
<< Audrey? >>, sento a un tratto dall'altro capo. Trasalisco mentre il mio cuore manca un battito, poi come un automa avvicino l'oggetto all'orecchio e chiudo gli occhi senza rispondere, inebriandomi di quella voce che, anche se da poco che non la sento, mi manca da morire.
<< Aud, ci sei?... Ti prego, rispondimi... Ti ho inviato quel messaggio, ma non potevo trattenermi dal dirtelo a voce... >>. Si è fermato. Non sento più nulla. Riapro istintivamente gli occhi e deglutisco a fatica le parole non dette ma che bramano nel voler uscire allo scoperto. Non riesco a parlare, sembra che la mia bocca si sia sigillata da sola. Stringo forte il telefono sospirando profondamente.
<< Ti amo Aud... >>. Quella frase detta nel mentre, mi fa sobbalzare.
Subito i lati delle labbra iniziano a tremare, gli occhi bruciano, e la sensazione di vuoto che invadeva il mio cuore si ricolma repentinamente di quella che soltanto Lysandro mi fa provare.
Quella frase così sincera, dovrebbe cancellare anche la mia tristezza, e invece, famigliari rimorsi prendono il sopravvento, e l'immagine di quella persona artefice dei miei errori si disegna spudoratamente nella mia mente, invadendo i miei ricordi.
<< Aud... >>
<< Perché Lys? >> è l'unica cosa che mi riesce di dire, e la dico con un snervante tremolio.
<< Perdonami >>
<< Io avevo bisogno, ho bisogno di te... >> mormoro dando spazio ai singhiozzi.
<< Lo so, anche io >> risponde dispiaciuto.
<< Cosa vuol significare quel messaggio? >> chiedo a un tratto cercando di calmare quei singhiozzi che poco a poco si stanno tramutando in ansimi. << Cosa vuoi dire? >>
<< Ciò che hai ben inteso >> risponde prontamente con voce sollevata << Voglio continuare la nostra storia anche da lontano. Quando finirò il conservatorio, ritornerò da te. E spero che tu sarai lì ad attendermi >>
Silenzio. Non rispondo, non aggiunge altro. Forse sta aspettando che dica qualcosa. Ma perché non lo faccio? Perché esito nel rispondergli?
<< Aud, ci sei? >>
<< S-sì... >>
<< Forse, ti ho chiesto troppo? >>
<< No... >>
<< E allora...? >>
<< Lys, io... >>. La tentazione nel dirgli la verità è molta "Oh, Lys! Il tuo amore per me è così profondo che non riesco a rendermi conto di quanto io sia fortunata. Come posso pensare di ritornare con te e tacere su ciò che ho fatto con l'idiota? Forse l'unica cosa da fare e dimenticare tutto e ricominciare da capo".
<< Mi hai sentito? >>, lo sento chiedere a un tratto riportandomi così alla realtà.
<< C-cosa? >> domando con voce rauca, correggendola con un accenno di tosse.
<< Ho detto che la prossima settimana tornerò in paese per firmare dei documenti a scuola >>
<< Davvero?! >> esclamo alzandomi dal letto, sentendomi felice dopo aver ascoltato quelle parole.
<< Sì... Così mi darai quel giorno la risposta, che ne pensi? >>
<< Lysandro? >>
<< Dimmi >>
<< Non c'è bisogno di aspettare la prossima settimana, per avere la mia risposta... >> mi fermo sorridendo e stringo il pugno in petto, come per reggere il mio cuore impazzito per le forti emozioni; poi riprendo << ti aspetterò, amore mio >>
Sento Lysandro sorridere << Non vedo l'ora di rivederti Aud >> mormora dopo qualche istante. La sua voce sembra calda e sensuale, ne inebrio il mio udito e quando chiudiamo a vicenda la chiamata, un'ultima lacrima mi percorre il volto, e non è una lacrima di tristezza.
Guardo il cellulare afferrandolo con due mani. Lentamente mi siedo sul letto portandomi lo smartphone sulla guancia e accarezzandone lo schermo con estrema dolcezza. Sento le ultime parole di Lys penetrarmi l'anima per poi regalarmi delle scosse di piacere. Sorrido contenta.
<< Il mio Lys >> sussurro stendendomi sul letto.
Spalanco le braccia, e sospirando, volgo gli occhi al soffitto. Che stia sognando o meno, non vorrei assolutamente svegliarmi.
Sorrido ancora girandomi su un lato e ritorno a guardare la foto mia e di Rosalya, finalmente quello spazio vuoto non sarà più tale. Al diavolo cosa successe quella sera, il mio amore per Lysandro non è morto, e non voglio che succeda. Dimenticherò tutto, dimenticherò del mio sbaglio con Castiel e ricomincerò da capo.
Finalmente sento di essere felice. I sentimenti che mi stavano opprimendo in questi giorni, stanno scomparendo in un niente.
Con uno scatto mi metto a sedere sul letto, riafferro il cellulare ricordandomi di aver mandato un messaggio a Rosalya. Controllo se c'è stata qualche sua risposta, ma niente.
<< Andiamo Rosa, non dirmi che sei ancora offesa? >> mi chiedo con un sibilo scorrendo il dito sulla lista dei contatti.
Provo a chiamarla. Uno squillo, due, tre, quattro. Tra il quarto e il quinto mi esce spontaneo uno sbuffo, e al sesto, quando mi accingo a chiudere la chiamata, sento la voce della mia amica.
<< Pronto? >>
<< Rosa! >> esclamo rizzandomi in piedi dalla sorpresa.
<< Cosa c'è? >> chiede con voce sommessa.
<< E-ecco... Ti ho inviato un messaggio, non l'hai letto? >>
<< Sì >> risponde seccata. Ammetto che quell'assenso mi fa sentire una perfetta imbecille. Non so più cosa dire, trattengo il respiro fino a quando non mi decido a sputare il motivo per il quale l'ho chiamata.
<< Ascoltami Rosa, io... Mi dispiace per ciò che ti ho detto oggi a scuola, ero... Ero arrabbiata con Castiel. Non avrei dovuto trattarti in quel modo, soprattutto per una cosa così stupida... >>
<< Aud, ti capisco >> mi interrompe a un tratto sorprendendomi.
<< Davvero? >> chiedo sbigottita. Solitamente, la vera Rosalya ne avrebbe fatto un dramma, adesso cosa sta succedendo?
<< Sì, ti dico. So cosa è successo tra te e Castiel... >>
<< Cosa?! >> esclamo trasalendo e poggiandomi una mano in petto sentendomi soffocare. << C-che... Che stai dicen... >> balbetto con una voce che non mi appartiene. Subito mi blocco, interrotta dal copioso trillare del campanello. Senza aspettare oltre, chiudo la chiamata e mi dirigo alla porta d'entrata con la mente sovrastata dalla confusione.
Il campanello continua a suonare senza sosta e a quel punto capisco che non si tratta di Aisis. Abbasso il saliscendi con fare brusco e non appena apro la porta, mi impietrisco, trovandomi di fronte l'idiota dai capelli infuocati.
Mi guarda con strafottenza. Tiene un braccio appoggiato all'infisso e l'altra mano sul campanello che beffardo continua a suonare.
<< Hai finito? >> chiedo serrando la mascella incavolata nera anche per colpa di quelle parole dette da Rosalya, che continuano a passeggiare nella mia mente con noncuranza.
<< Ciao sorellona! >> esclama lui dopo aver dato degli ultimi colpetti al campanello.
<< Non chiamarmi così! >>
<< E come dovrei chiamarti? Cognata? >>
<< Smettila Castiel, non sono tua cognata e non lo sarò mai! >>
<< Per il momento accetta la realtà >> ribatte distaccandosi dalla porta e incrociando le braccia al petto.
<< Che vuoi? >> chiedo aggrottando le sopracciglia.
<< Sono venuto a prendere Aisi >> risponde indifferente.
<< Aisi non c'è >>. Non riesco proprio a capire il mio comportamento, non dovrei assolutamente dargli tante spiegazioni, anzi, dovrei sbattergli la porta in faccia, e invece rimango ferma come un ebete a fissarlo con aria minacciosa.
<< Vuoi farmi entrare, o preferisci restare ad ammirare il mio corpo da urlo? >> chiede ad un tratto sorridendo strafottente.
<< Entra! >> esclamo liberando il passaggio, << Ma sia ben chiaro... >> lo fermo non appena introduce un piede nell'appartamento << ... te lo permetto solo perché ho qualcosa da discutere con te >>.
A quelle parole, Castiel solleva un sopracciglio, poi le sue labbra si allargano formando uno di quei suoi sorrisi di scherno poi entra chiudendo egli stesso la porta.
Mi allontano raggiungendo la finestra del soggiorno.
<< Di cosa vuoi parlarmi? >>
<< Che diavolo ti è saltato in mente di dire a Rosalya?! >> sbotto non riuscendo più a trattenere la rabbia e l'ansia.
<< Che cazzo stai dicendo? >> ribatte lui avvicinandosi.
<< Ti diverte molto la tua parte da cinico menefreghista? >> 
<< Ah, maledizione! Vuoi spiegarti? >>
<< Rosalya sa di quello che successe la sera del suo compleanno! >> rispondo tutto d'un fiato fulminandolo con gli occhi, e aspettando così una sua reazione.
<< Cosa vuoi insinuare? >> chiede lasciandomi davvero sbalordita. E io che pensavo di ricevere una qualche battutina idiota e perversa.
<< Come: cosa voglio insinuare? Ti sei dimenticato  di ciò che... Che... >>, mi blocco all'istante non riuscendo più a terminare la frase; rimango a fissare l'idiota che sembra voler accennare un sorriso.
<< Dannazione Castiel! Non guardarmi in quel modo! >> sbotto gesticolando nervosamente, dandogli le spalle.
<< Perché? Come ti starei guardando? >> chiede beffardo.
<< Piantala! Non ho per niente voglia di giocare! Ciò che mi ha detto Rosalya mi sta letteralmente preoccupando >> riprendo voltandomi ancora verso di lui << Da quando ti conosco non hai fatto altro che complicarmi l'esistenza. Cosa diavolo ti prese quella sera? Se mi hai sempre detestata, perché mi... Mi... >>. Le parole non riescono ad uscire e questa situazione mi sta inspiegabilmente imbarazzando.
<< Perché non parli? >> chiedo dopo qualche secondo di pausa.
<< Cosa vuoi che ti dica? >> ribatte sorridendo.
<< Tzè! Castiel, tu veramente... >>
<< Te l'ho già detto, quella sera mi provocasti! >> mi interrompe, rivelando quella frase in modo seccato.
<< E io ti ribadisco che non lo feci!... Amo Lysandro, e non mi sarei mai azzardata a tradirlo! >> urlo adirata.
<< Però l'hai fatto >> insiste divertito.
<< Io non sapevo che fossi... >>
<< Oh, certo che lo sapevi... >> mi interrompe ancora una volta avvicinandosi lentamente << ...non vuoi ammetterlo, ma sapevi che non era Lys a farti godere. E ammettilo... >> continua dimezzando lo spazio che avevo imposto fra di noi. Indietreggio, e con le mani vago alla cieca dietro di me in cerca di qualcosa su cui poggiarmi o non andare a sbattere. Cos'ha intenzione di fare quest'idiota?
<< Ammettilo che ti è piaciuto >> mormora ormai troppo vicino. << Vuoi sapere la verità? Non mi è mai andata giù l'idea che il mio migliore amico stesse perdendo tempo con te, così cercai un appiglio per farvi lasciare, e lo trovai. Ma poi mi sono ricreduto, Lys non è così sciocco come pensavo. >>
<< Quanto sei egoista >> digrigno disgustata << hai tradito la fiducia del tuo amico... Hai tradito la tua ragazza, mia sorella! >> l'ultima parola urlata, riecheggia nella stanza come se la stessa fosse vuota.
Castiel ferma i suoi passi e rimane a fissarmi con quei suoi occhi taglienti.
Il mio cuore batte a mille e il respiro si fa più pesante. Sensazioni strane e inspiegabili mi sovrastano il cuore. Può essere rabbia, ma allo stesso tempo  è come un fastidio. È questa stessa situazione che si è creata a darmi fastidio.
A spezzare questo assurdo silenzio, è il rumore della porta d'entrata che si apre, e la voce di mia sorella risuona allegra e spensierata come sempre.
Scatto in avanti per raggiungerla, ma non appena lo faccio, Castiel, senza muoversi, mi afferra per un braccio bloccandomi. Tremo nel sentire quel tocco tanto forte quanto travolgente. Sento di non riuscire più a muovermi, ma subito mi riprendo cercando di divincolarmi inutilmente.
<< Lasciami >> ringhio sottovoce per non farmi sentire da mia sorella. Lui mi solleva di poco chinandosi lateralmente verso il mio orecchio e con un filo di voce abbastanza sensuale mi dice: << Non una sola parola è uscita dalla mia bocca. E non uscirà neanche dalla tua, intesi? >>
Il suo fiato sul mio collo mi inculca fremiti che non vorrei assolutamente descrivere. Lui se ne accorge e stringendo la presa sul mio braccio, sorride aggiungendo: << Quella sera non mi sbagliai... >>
Sto per ribattere, confusa dalle sue parole, ma l'entrata di Aisi mi interrompe facendomi sobbalzare come una ladra colta con le mani nel sacco. Infatti: io mi divincolo bruscamente dall'idiota, e quest’ultimo si infila indifferente le mani nelle tasche dei pantaloni dando le spalle alla nuova arrivata.
<< Castiel? >> esclama mia sorella allibita << Che ci fai qui? >> chiede poi sfilandosi il giubbotto di dosso e gettandolo sul divano adiacente.
<< Stamattina mi hai mandato un messaggio, non ricordi? >> chiede l’idiota voltandosi verso Aisi con fare svogliato.
<< A-ah! Il messaggio! >> balbetta mia sorella massaggiandosi nervosamente la nuca. Ammetto che questi strani comportamenti mi stanno dando molto a pensare.
<< Allora? >> chiede ancora lui, sfilandosi le mani dalle tasche e incrociandole al petto.
<< Sarà per un’altra volta Castiel >> risponde lei sprofondando sulla stessa poltrona. Nel mentre, e sentendomi un’esclusa, mi metto in mezzo alla loro visuale fissando prima mia sorella e poi l’idiota. Nessuno dei due bada alla mia presenza, è come se per loro io non esistessi, continuano a fissarsi rendendo i loro sguardi complici delle parole non dette.
<< Di cosa state parlando? >> chiedo a un tratto iniziando a perdere la pazienza.
<< Nulla >> risponde Aisi sbuffando scocciata, passandosi una mano sugli occhi.
<< Come nulla? Sembra che stiate nascondendo qualcosa! >> replico infastidita.
<< Ah, quanto sei fastidiosa! >> interviene Castiel, sorpassandomi e recandosi verso mia sorella << Se cambi idea, chiamami >> dice poi rivolgendosi a quest’ultima che annuisce senza degnarlo di uno sguardo. L’idiota si reca alla porta, ma non appena si accinge ad abbassare il saliscendi, mia sorella ha la meravigliosa idea di fermarlo.
<< Ho cambiato idea! >> esclama alzandosi dal divano. << Rimani a pranzo >> lo invita.
<< C-cosa?! >> intervengo contrariata.
<< Andremo dopo mangiato >> conclude senza dar peso al mio diniego. Senza aggiungere altro si reca in bagno chiudendosi. Sento lo scroscio dell’acqua nella doccia, e subito volgo il mio sguardo fulminante verso l’idiota, che mi ricambia con indifferenza.
<< Che si mangia sorellona? >> chiede sorridendo strafottente.
<< Non ho intenzione di cucinare per te! >> rispondo dandogli le spalle e uscendo dal soggiorno.
Mi reco nella mia camera spalancando bruscamente la porta. Lo so, mi ero ripromessa che per la felicità di mia sorella, avrei sopportato qualunque cosa, ma dannazione, non questo! Io detesto Castiel, e questa situazione mi sta letteralmente uccidendo. Per di più ci si mettono anche le parole interrotte di Aisi e le loro frasi in codice.
Mentre libero la scrivania da quelle inutili scartoffie messe in mezzo, ogni qual volta c’è un compito in classe di matematica, sento dei passi dietro di me. mi giro infastidita, armata di irritazione per cacciare l’intruso, ma non appena sto per farlo, mi accorgo troppo tardi che l’invasore della mia esistenza si è sdraiato, come se nulla fosse, direttamente sul mio letto. Inutile descrivere il mio umore nel vederlo fare l’indifferente mentre si accomoda portandosi le mani dietro la nuca e accavallando le gambe.
<< Alzati immediatamente! >> digrigno tremante di rabbia.
<< E’ il tuo letto? >> chiede beffardo.
<< Piantala Castiel, scendi! >> lo avviso avvicinandomi.
<< No >> risponde con sfida.
<< Hai intenzione di farmi perdere la pazienza? >>
<< Tu l’hai detto >> sorride chiudendo gli occhi.
<< Maledetto >> impreco sottovoce. Ritorno alla scrivania sedendomi e, prendendo un libro a caso, lo inizio a sfogliare con nervosismo senza nemmeno guardarlo. Rimaniamo in silenzio per alcuni minuti. Solamente lo scroscio dell’acqua e il rumore che provoca il libro sfogliato, riecheggiano nell’aria, quando ad un tratto, a essi si aggiunge la vibrazione del mio cellulare. Scatto dalla sedia recandomi velocemente verso il comodino. Senza far caso al rosso, che continua a dormire spensierato, afferro il telefono con euforia, convinta che sia Lysandro.
<< Pronto Lys… >> esclamo accorgendomi che Castiel ha aperto di scatto gli occhi. Per sfortuna non si tratta del mio ragazzo, ma bensì di Nathaniel.
<< Ciao Audrey, ti disturbo? >>
<< No, affatto >> rispondo seccata << Di cosa hai bisogno? >> chiedo sfuggente.
<< Veramente io… oggi Castiel ci ha interrotti e volevo, volevo continuare il nostro discorso >> rivela con voce alquanto imbarazzata.
Prima di rispondergli, mi giro recandomi alla finestra << Nathaniel, io ti ringrazio, ma vedi… Lysandro e io, ci siamo rimessi insieme. Io lo amo e non posso rinunciare a lui >> annuncio voltandomi ancora. Non appena lo faccio, mi ritrovo Castiel di fronte. Pochi passi ci dividono, e mi fissa con uno sguardo estremamente serio.
<< Che stai dicendo? >> chiede Nathaniel incredulo. Non rispondo. Non ne ho il tempo, perché prontamente Castiel mi strappa il cellulare di mano, e afferratami per i polsi mi spinge verso la finestra. In men che non si dica poggia le sue labbra sulle mie quasi con violenza, lasciandomi letteralmente senza fiato, non solo per la foga del suo gesto, ma anche per la confusione che sta arrecando alla mia mente.
Non riesco a liberarmi da quella presa, non riesco neanche a sentire cosa stia dicendo Nathaniel dal cellulare, l’unica cosa che alberga in me è quella sensazione strana già provata qualche sera prima, mescolata alla paura di essere scoperta da Aisi.

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Capitolo 8
*** Fraintendimenti ***


FRAINTENDIMENTI
 
 
 
Continuo a tenere i pugni ben chiusi, mentre la mia mano a mezz'aria, viene stretta dalla forte presa del rosso. Mi dimeno cercando di divincolarmi da quel assurdo bacio, che Castiel si ostina a voler arricchire.
Facendo così il maledetto dovrebbe arrendersi o che so, rendersi conto che sta facendo una cosa a dir poco sbagliata, e invece: mi lascia i polsi afferrandomi la nuca, apre le mani a ventaglio catturandomi la testa e questa volta mi fa ancora più male, perché dischiude le labbra, e cerca autoritariamente di farglielo fare anche alle mie. Mi fa male perché non riesco a ribellarmi, non ce la faccio, non voglio.
Afferro i suoi polsi per distaccarlo, ma alla fine rilasso i muscoli e allento i tendini, non appena la sua lingua è riuscita a incontrare la mia.
Se fino a qualche minuto fa ero concentrata ad ascoltare i rumori che provengono dal bagno, adesso non sento più niente. Sembra che il senso dell'udito mi abbia abbandonata. L'unica cosa che riesco a percepire è il fremito di piacere che mi sta sovrastando il bassoventre e sale su fino a raggiungere il mio cuore che inizia a palpitare con foga.
Nella mentre, un unico inesauribile ricordo: il buio di un vecchio stanzino ospitato da due sconosciuti corpi avvolti dal piacere più vecchio del mondo.
Sento le labbra di Castiel allungarsi in un sorriso. Perché glielo sto permettendo? Perché non mi ribello e chiedo aiuto? Ma soprattutto, perché mi sta piacendo?
In contrapposizione a queste domande, una voce entra nella mia mente: quella dolce e sensuale di Lysandro. "Aud, ti amo... Ritornerò da te... Aspettami".
Spalanco gli occhi, catapultata finalmente nella realtà. Raccolgo tutte le mie forze, e artigliando i polsi del rosso, tento di spingerlo lontano da me.
Ci riesco dopo pochi secondi, e mi ritrovo a fissarlo intensamente negli occhi: io con estrema rabbia e lui con un'assurda impassibilità.
Ansimiamo all'unisono. Le mie labbra palpitano e bruciano allo stesso tempo, mentre lui si lecca le sue con fare sensuale.
<< Che...? >> cerco di esclamare tremante, ma lui prontamente mi tappa la bocca volgendo lo sguardo alla sua sinistra.
Trattengo il respiro sentendo la sua epidermide bruciante. Non riesco a capire il motivo di quest'ultimo gesto, mi sento confusa; poi però, il rumore che Aisi effettua aprendo la porta del bagno accende la mia mente.
I suoi passi risuonano lievi nell'aria, e quando iniziano a farsi più rumorosi, Castiel allenta la presa sulla mia bocca, rivolgendo le sue taglienti iridi verso di me, facendomi trasalire di paura. Quello sguardo vale più di ogni parola, il suo significato esprime una minaccia chiara e presuntuosa: devo tacere, Aisi non deve scoprirlo. È di sicuro questo, è ciò che mi vuole dire, ma allora perché l'ha rifatto? Dove vuole arrivare?
Ogni minuto che passa, mi rendo conto che a questo punto, non sono io quella che lo provoca, e se pure fosse così, adesso mi chiedo dov'è che sbaglio.
Sento le sue dita scorrere lungo la mia pelle, si soffermano sulle mie labbra, ancora provate da quel bacio e poi, nel momento in cui Aisi entra nella camera, lui fa scivolare la mano lungo il suo fianco, e sbuffando un sorriso beffardo, la infila nella tasca dei pantaloni e si gira dandomi le spalle.
 << Che succede? >> chiede ignara mia sorella fermandosi sulla soglia con le mani intente ad attaccare la cinta dell'accappatoio.
Io non rispondo, rimango ferma, con il respiro spezzato dall'ansia. Sento l'idiota farfugliare qualcosa, che non riesco a concepire. Porto istintivamente la mano sulla fronte massaggiandola con due dita, mentre, sentendo gli occhi bruciare per le lacrime, mi volto verso la finestra per non farmi vedere.
<< Audrey, hai capito? >> sento a un tratto. Mi volto ancora verso di loro e guardo Aisi con smarrimento. Faccio spallucce non riuscendo a proferir parola.
<< Ti ho chiesto se vuoi cucinare tu? >> ripete scocciata. Annuisco senza darle troppa importanza e accennando dei passi incerti, mi allontano dalla finestra per raggiungere la porta.
Non appena sorpasso la soglia, sento il mio cellulare squillare. Mi fermo voltandomi e ritrovandomi con gli occhi piantati sul busto dell'idiota, che si trova a pochi millimetri dal letto di mia sorella, dove vibra vivace il mio cellulare accompagnato dalla canzone degli SS501 che gli fa da suoneria.
Inspiegabilmente rimango incerta sul da farsi, dovrei rispondere ma non accenno a muovermi. Il motivo potrebbe essere che ho paura di farlo con il dubbio che possa trattarsi di Lysandro, ma la realtà dei fatti va ben oltre: non voglio riavvicinarmi a Castiel.
<< Che fai? Non rispondi? >> chiede stupefatta Aisi distorcendo le sopracciglia.
Drizzo la schiena sentendomi presa alla sprovvista.
<< S-sì >> sibilo deglutendo a fatica.
Conto i passi che mi avvicinano a quel maledetto approfittatore. Passandogli di fianco, faccio di tutto per non sfiorarlo. Lui, dal canto suo, non accenna a spostarsi, allora a una discreta distanza, decido di allungare il braccio, convinta che potrei afferrare il cellulare senza difficoltà, ma è tutto inutile. "Maledetto, perché non ti sposti. Dannata me! Perché non glielo dico?".
Perdo l'equilibrio, riesco ad afferrare il cellulare ma per mia sfortuna, mi ritrovo con il petto sorretto dal muscoloso braccio del rosso.
<< Sta attenta! >> mi rimprovera. Alzo gli occhi per guardarlo, e leggo nei suoi tutt'altro che fastidio; poi mi accorgo che velocemente sposta quelle sfere di metallo verso il basso. Lo imito. Mi ritrovo a fissare lo schermo acceso del mio cellulare, e sono alquanto convinta che abbia letto il nome: Nathaniel.
Mi distacco velocemente e in maniera alquanto brusca, poi volgendogli un ultimo sguardo colmo di risentimento esco dalla camera.
Solo quando varco la soglia della cucina e tiro verso destra la porta scorrevole decido di rispondere. Purtroppo non faccio in tempo, il delegato chiude la chiamata prima ancora che potesse giungere la mia risposta.
Sbuffo infastidita appoggiandomi di spalle al frigorifero, faccio ciondolare il braccio lungo il fianco e scuoto la testa. "Perché non si è ancora rassegnato?" mi chiedo volgendo gli occhi al soffitto. Dopo pochi secondi decido di chiamarlo per mettere un punto a quella situazione.
Nathaniel non si fa attendere, risponde dopo due squilli.
<< Audrey? >>
<< Nath... >>
<< Cosa è successo? Perché mi hai chiuso la chiamata? >>
<< Nath, ascoltami... >> lo interrompo con voce seccata << prima ti ho detto che io e Lysandro ci siamo rimessi insieme, quindi ti chiedo solo un favore... Rassegnati. Rimaniamo amici, infondo non ti ho mai illuso >>
<< No, non l'hai fatto... >> mormora lui con voce sommessa << ... Neanche per un istante >> aggiunge dispiaciuto.
<< Lo capisci, vero? >> chiedo, sentendomi d'un tratto ansiosa.
<< Lo capisco, ma non posso prometterti niente, Aud. Ti amo, e non posso sopprimere questo mio sentimento che dura ormai da anni >>
A quelle parole sussegue un silenzio snervante. Mi mordo il labbro inferiore non sapendo come ribattere, anche se non ne ho bisogno, ché dopo qualche secondo, Nathaniel riprende chiedendomi: << Adesso posso chiederti io un favore? >>
<< D-dimmi >> rispondo ma non per assentire, sono semplicemente curiosa di sapere cosa vuole.
<< Tieni gli occhi aperti >>. Quella frase detta tutta d'un fiato, mi fa trasalire.
<< E ricorda che io sarò sempre ad aspettarti >> conclude con voce malinconica per poi chiudere la chiamata senza lasciar il tempo di salutare.
Lascio per la seconda volta il braccio ciondolare lungo il fianco. Rimango scioccata da quelle parole. << E adesso cosa faccio? >> bisbiglio dopo aver sbuffato. Non basta il rosso a complicarmi la vita, ci mancava anche il delegato dal viso serafico.
Sbatto leggermente la testa verso il frigorifero e continuo a sbuffare. A un tratto la porta della cucina si spalanca velocemente, facendomi scattare in avanti per lo spavento. Vedo l'immagine di Castiel stagliarsi imponente alla mia vista. Ha una faccia a dir poco seria.
Lo fulmino con gli occhi, sentendomi l'irritazione solcare tutte le altre emozioni.
Se ne sta indifferente davanti alla porta con le braccia conserte e continua a fissarmi. Quanto vorrei chiedergli che diavoleria gli passa per la mente, e perché mi ha baciata, ma non posso farlo, non voglio che mia sorella lo scopra, non voglio farla soffrire.
<< Vattene >> mi limito a dire duramente recandomi ai fornelli, dandogli così le spalle. Lui non concepisce ciò che gli ho detto, e velocemente chiude la porta. Mi volto dopo aver sentito quel rumore e guardo scettica l'idiota che si avvicina a me con passo felino.
<< Che stai facendo? Dov'è mia sorella? >>
<< È uscita un attimo >>
<< Apri immediatamente la porta! >> esclamo scattando in avanti << Castiel ti giuro che se provi un'altra volta a... >>
<< Cosa ti ha detto? >> chiede interrompendomi e ignorando completamente le mie minacce.
<< C-che? >> ribatto sconcertata.
<< Che ti ha detto?! >> ripete con voce autoritaria e presuntuosa.
<< Ma che diavolo ti importa? >> replico arrabbiata.
<< Rispondi! >>
Quell'esclamazione mi fa trasalire. Deglutisco a fatica e distogliendogli lo sguardo di dosso rispondo senza capirne il motivo: << voleva sapere se è vero che Lysandro e io... stessimo insieme >> non so perché l'ultima frase ho esitato ad esprimerla.
Mi stringo nelle spalle non riuscendo a volgergli lo sguardo. "Perché all'improvviso mi sento così imbarazzata?" mi chiedo massaggiandomi il braccio.
<< Allora è vero... >>, lo sento mormorare dopo un po'. Lo guardo. I suoi occhi sono rivolti verso la finestra e sembra pensieroso.
<< Che vuoi dire? >> chiedo senza volerlo.
Castiel mi guarda, sbuffa un sorriso, scioglie la posizione delle sue braccia infilandosi le mani nelle tasche e rimettendo in mostra la sua aria da sbruffone, dice: << Lys è davvero un'idiota. E dire che per qualche istante mi ero complimentato con lui per il suo buon senso, ma giunti a questo punto, non riesco proprio a capirlo >>
<< Tu! Maledetto figlio di... >>
<< Io non so davvero cosa ci trovi in te >> m'interrompe sorridendo beffardo << non riesco proprio a capirlo >> aggiunge voltandosi per recarsi alla porta, ma nel mentre non riuscendo più a trattenermi, lo fermo chiedendogli per quale motivo mi ha baciata. Lui non si volta, rimane immobile e dopo qualche secondo di esitazione mormora << Sta arrivando tua sorella >>.
"Questo bastardo è davvero irritante!". Sento che la mia mente sta per esplodere, mille domande mi stanno assillando. Se l'idiota parla in questa maniera, allora perché agisce in un'altra?
Non replico, decido di dimenticarmi tutto anche se so che è davvero difficile. Mi sento in colpa per mia sorella e non posso sopportarlo, così prima che Castiel possa aprire la porta dico con voce rude: << Tu non sei innamorato di mia sorella! >>
Lo sento sorridere, e questa è l'ennesima prova del suo cinismo. Stringo i pugni tremante di rabbia << Per quale dannato motivo stai con lei? Ti ostini a detestarmi ma ti comporti diversamente! >> esclamo perdendo la pazienza.
<< Abbassa la voce, Aisi sta entrando >> mormora lui impassibile e senza voltarsi.
<< Me ne frego! Se non mi spieghi che cosa hai nella mente, io le dico tutto! >> sbotto ormai esasperata.
<< Tu non le dirai niente! >> ribatte lui a tono voltandosi minacciosamente.
<< E allora se non l'ami lasciala! >> urlo con voce tremante << Non ti richiederò il motivo per il quale hai fatto sesso con me per poi baciarmi dopo pochi giorni, perché sono convinta che il tuo istinto carnale va ben oltre un semplice ninfomane, ma non posso accettare che mia sorella venga presa in giro in questa maniera. Mi stai trascinando con te nelle tue malefatte e non puoi sapere quanto questo mi stia distruggendo. Di detesto Castiel! >>
<< Tu... >> digrigna avvicinandosi ancor di più, e questa volta sulla sua espressione noto un barlume d’ira << ...sei solo una sciocca! >> esclama poi interrompendosi dopo l'entrata in cucina di Aisi.
<< Ma voi due state sempre a litigare? >> chiede quest'ultima senza darci troppa importanza. Castiel e io continuiamo a fissarci negli occhi complici di quelle parole che ormai non possiamo più proferire.
<< Aud, è pronto il pranzo? >>
<< Non ancora >> rispondo con voce rauca, allontanandomi dal rosso e dirigendomi ai fornelli.
<< Ho capito, allora vado al computer. Vieni con me Castiel? >>
Quella domanda mi fa sussultare, e non riesco a capirne il motivo. Senza voltarmi, attendo la risposta dell'idiota, il quale non si degna di proferir parola. Quando sento il silenzio rimbombare nell'aria, capisco che l'ha seguita. Afferro nervosamente il mestolo di metallo e stringendo il manico in pugno, mi accorgo di tremare. Il respiro si fa più intenso, la saliva si pietrifica in gola e gli occhi iniziano a bruciarmi come carboni ardenti.
Perché devo tacere? Mi chiedo afflitta. Perché non ho il coraggio di dire a mia sorella la verità? E perché non sono del tutto contenta della pace fatta con Lysandro?
Esausta di tutti questi pensieri, lascio cadere il mestolo sul piano del mobile, sospiro nervosamente e vi appoggio i palmi chiusi in pugno. Così facendo, dò sfogo alle lacrime e lo faccio in silenzio. Quelle immagini peccaminose sono tornate a invadere i miei ricordi, e le vedo ben nitide davanti ai miei occhi. Stringo le palpebre scuotendo velocemente la testa come per scacciare via ogni minima traccia di quel ricordo.
Se non esco di qui, sento che soffocherò. Mi dico passandomi una mano sulla fronte madida.
Senza pensarci due volte, mi allontano dal mobile e mi reco velocemente verso il soggiorno, afferro il parka ed esco sbattendo la porta d'entrata. Scendo velocemente le scale, mentre m'infilo l'indumento, saluto distrattamente la mia vicina di casa: una vecchia impicciona antipatica, e quando finalmente mi trovo all'aria aperta, permetto al fresco venticello di sovrastare tutti i miei sensi. Le lacrime che fino a quel momento stavano uscendo silenziose e copiose, adesso evaporano all'aria lasciandomi il viso completamente asciutto.
So che è presto per andare a lavoro, ma dato che il vecchio proprietario della libreria mi ha affidato da tempo le chiavi della sua bottega, decido di rifugiarmi lì e, perché no? Magari leggendo qualche buon libro, mi aiuterebbe a distrarmi.
Le vie del paese sono vuote e silenziose, data l'ora. Soltanto i miei passi risuonano nel calpestare quelle gialle e levigate chianche, rivestenti la strada vecchia.
La libreria si trova a pochi passi dal parco, è l'unico negozio di quella via. Anche se potrebbe sembrare strano, data la moda di internet e dei videogiochi che hanno ormai da tempo allontanato le persone dai libri, c'è ancora chi non rinuncia alla ruvida carta macchiata d'inchiostro.
Il signor Gerard, il proprietario, non ha mai rinunciato al suo negozio, anche quando gli è stata offerta una certa somma di denaro da parte di investitori, per fare della biblioteca un ristorante chic, gli ha sempre tenuto testa alta, cacciandoli via. Dal canto mio, ho sempre sostenuto il signor Gerard, non perché sono una sua dipendente, ma perché per me lui è un maestro di vita, un padre, quel padre che persi quando ero solo una bambina.
Arrivata di fronte la porta in legno di faggio con la laccatura ormai consunta dagli anni, infilo la mano nelle tasche della giacca, stranamente non riesco a incontrare la chiavi, e subito mi accorgo di aver preso il parka sbagliato.
Sbuffo scocciata, pestando un piede per terra e guardandomi intorno in cerca di non so cosa.
<< Dannazione! >> mormoro a denti stretti << che cosa faccio ora? >>, non ho neanche il cellulare, e voglia di tornare a casa per assorbirmi la presenza dell'idiota, non ne ho per niente. Guardando il parco, decido di fermarmi lì, almeno fino a quando non arrivino le cinque. Nel mentre penso che potrei stare a fissare l'orizzonte e cercare di cancellare dalla mia mente alcuni ricordi spiacevoli, cosicché possa rilassarmi. Fortunatamente la "mia" panchina è libera. È quella che dà proprio sul vasto panorama verdeggiante che circonda il paesello. Mette in corpo una certa solitudine, ma quando lo guardo non posso far altro che sentirmi bene.
Fu proprio lì che incontrai per la prima volta il signor Gerard. A quel tempo avevo solo quindici anni, e lui aveva qualche capello in più, grigiastro, ma lo aveva.
Dopo la morte dei miei genitori mi sentii persa e incapace di continuare a vivere; ero seduta su questa panchina, piangevo, e il vecchio bibliotecario si avvicinò chiedendomi se poteva sedersi, io lo guardai di sfuggito e annuii ritornando a fissare l'orizzonte, mi strinsi nelle spalle come per proteggermi da sguardi indiscreti da parte di quel vecchio e fortunatamente non ci furono.
Sfogliava indifferente il suo libro foderato in ecopelle marrone scuro, e facendo scivolare i suoi occhiali verso la punta del naso, iniziò a sibilare qualcosa che catturò la mia attenzione.
"Gli occhi sono lo specchio dell'anima, e la tua vive in questi".
Non capii bene cosa intendesse, fatto sta che non potetti fare a meno di pensarci a lungo. Dopo quella frase lui mi guardò, sorrise, chiuse il libro e accennando un sorriso si alzò andandosene.
Quel anziano accrebbe la mia curiosità. Iniziai a frequentare la sua libreria, e a poco a poco mi appassionai alla lettura, fin quando un giorno mi chiese di lavorare nel suo negozio.
È sempre stato un uomo solitario, in paese è conosciuto come il topo da biblioteca per eccellenza. Non è sposato, non ha figli, solo alle volte nomina un certo nipote. Parla poco di lui, dice che io gli somiglio di carattere e che in un certo senso, riempio il vuoto che lui gli ha dato.
Quando alle volte mentre osservavo il signor Gerard aggiustare qualche copertina di libri scollati, gli chiedevo se per caso stare soli era orrendo, lui senza guardarmi, sorrideva dicendo: << Perché dici che sono solo? Stai offendendo i miei libri. Loro sono i migliori compagni che un uomo possa avere >>. Mi zittivo rimanendo incapace di proferir parola.
Gerard ha davvero ragione. Un buon libro è sempre di buona compagnia.
<< Ma sei sorda?! >>, quella voce stridula dietro di me, mi fa scattare in piedi riportandomi bruscamente alla realtà. Spaventata guardo alle mie spalle, incrociando subito lo sguardo irritato di Rosalya.
<< R-Rosa?... Che spavento mi hai fatto prendere >> sospiro mantenendomi il petto.
<< Sono quattro volte che cerco di chiamarti, ma sei tra le nuvole o cosa? >>
<< Nulla, stavo solo pensando >> rispondo sedendomi sulla panchina. Rosalya non ribatte, esita per qualche istante poi sospirando rassegnata mi si siede accanto.
<< Allora... >> esordisce dopo un po' picchiettandosi le nude ginocchia con le dita << C'è... C'è qualcosa che dovresti dirmi? >>. La guardo sottocchio impedendo alla saliva di proseguire lungo la gola, e con fare insicuro faccio spallucce.
<< Vuoi sapere come lo so? >> chiede ancora tossendo. Non rispondo, questa situazione si sta facendo alquanto imbarazzante, ed è strano perché di regola i nostri ragionamenti avvengono sempre con una certa foga di sapere. Sto pensando che forse è la vergogna a fare certi scherzi, e la paura di essere giudicata male.
<< La sera del mio compleanno... >>, Rosalya inizia il suo racconto con gli occhi puntati sull'orizzonte. << ... Quando andasti in bagno, mi accorsi che Castiel uscì dalla sala, io non diedi peso a questo, dato che vidi anche Lysandro allontanarsi. Quando ti avvicinasti a me chiedendomi dov'era il tuo ragazzo, e ti indicai la strada percorsa da lui, mi insospettii chiedendomi per quale ragione non lo trovasti, visto che casa mia non è grandissima. Mi allontanai da Leigh e ti seguii, ma quando svoltai l'angolo, vidi... >> si ferma soffocata dalle sue stesse parole. A quel punto la guardo spronandola a continuare. << ... Vidi che Castiel ti trascinò nello stanzino >>
<< Che cosa?! >> esclamo allibita balzando dalla panchina. << Ci vedesti e non facesti nulla?! >> continuo adirata.
<< Io... >>
<< Rosalya! Ti rendi conto che hai permesso che facessi il più grande sbaglio della mia vita?... Cavolo, Rosa! Ho tradito Lysandro inconsapevolmente, e tu sapendolo non hai fatto niente! >>
<< Non potevo! >> esclama interrompendomi.
<< Perché? >> chiedo abbassando la voce, concentrandomi sul suo sguardo che repentinamente si sta facendo triste.

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Capitolo 9
*** Confusioni ***


CONFUSIONE




Semmai il mondo dovesse crollare, pregherei Iddio di farmi soccombere per prima.
Il mio respiro si è fermato nel momento in cui Rosalya ha sputato fuori la verità come quando si infilza un pugnale nel petto.
Non sento il bisogno di riprendere a respirare, voglio solo sprofondare in un oscuro baratro e non uscirne più.
Sto tremando, e non riesco a controllare i tremiti che si divulgano in modo repentino nel mio corpo.
<< D-dimmi che non è vero >> mormoro senza avere il coraggio di guardarla in faccia. Lei non mi risponde, e quel suo silenzio mi fa arrabbiare. << Rosa che significa che non ero io quella che doveva entrare nello sgabuzzino quella sera?! >> esclamo alzandomi dalla panchina e posizionandomi davanti a lei.
<< Ciò che hai inteso. Castiel non sapeva che eri tu >>
<< Ma... Ma lui, ha sempre ammesso che lo sapeva >> "un momento" mi dico nella mente " lui non ha mai ammesso, ha sempre attuato giri di parole; ecco allora perché mi ha detto che non devo fare il suo stesso sbaglio".
Afflitta e incredula, cado a terra in ginocchio ritrovandomi con lo sguardo fisso sulle gambe seminude della mia amica.
<< Questo è uno scherzo, non è vero? Mi accontenterei se mi dicessi che non mi ero sbagliata, che avevo bevuto e che avevo scambiato Castiel per Lysandro. Ti prego Rosa dimmi che è come ho sempre pensato! >>
<< Ma perché ti preoccupi tanto?! >> esclama lei spazientita, alzandosi di scatto << Dovresti essere contenta di sapere che anche Castiel ha sbagliato, e invece sembra che questo ti dispiaccia! >> aggiunge bruscamente lanciandomi un’occhiataccia. Allibita mi alzo anche io
<< Ma che stai dicendo? >> chiedo poi, seguendo il suo sguardo che cerca di sfuggirmi.
<< Niente, fa' finta che non ti abbia detto niente >>
<< No! Tu adesso mi spieghi! >> esclamo afferrandola per un braccio e girandola verso di me << Perché mi parli in questo modo? Sembra che tu sappia qual... >> mi fermo di scatto sgranando gli occhi non appena una lacrima l'è scesa lungo la guancia. In quel momento un pensiero mi balena per la mente << Rosa... Chi era la ragazza che doveva entrare nello sgabuzzino con Castiel? >> espongo quella domanda con tutta la paura che ho nel cuore. Rosalya abbassa lo sguardo, stringendosi nelle spalle e iniziando a tremare.
Istintivamente le mollo il braccio scuotendo lentamente il capo << No >> dico con voce flebile. << No... Non è possibile... >>
<< Castiel e io facciamo sesso da quasi sei mesi >> mormora lei mortificata, infliggendomi un'ennesima pugnalata al cuore. << Il giorno del mio compleanno, le luci spente erano il nostro segnale, purtroppo quando mi recai in corridoio, vidi che Castiel ti trascinò nello sgabuzzino >>
<< Perché non mi fermasti? >> chiedo con il fiato mozzato.
<< Non potevo farlo! Lysandro si avvicinò a me poco dopo, e non potevo... Non volevo che accadesse qualcosa di brutto semmai lui l'avesse scoperto >>.
Il silenzio che ne segue è più straziante di quanto potessi immaginare. Ci guardiamo negli occhi, non riuscendo ad aggiungere altro. C'è solo una domanda che brama di uscire dalla mia bocca: "Perché tradisci Leigh?". Non riesco ad esprimerla, non posso farlo, perché non vorrei mai giudicarla sapendo che per me sarebbe impossibile non farlo.
Mi limito ad abbassare lo sguardo, e a sospirare quasi rassegnata.
<< Io amo Leigh... >> mormora lei a un tratto, facendomi ritornare a guardarla. << ... E... E mi piace fare sesso con Castiel >> aggiunge arrossendo imbarazzata.
<< R-Rosa... >> il suo nome mi esce spontaneo, anche se non ho niente da dirle.
<< Audrey, lo so che tradire il proprio ragazzo non è una cosa giusta, ma quando l'ho fatto per la prima volta, fu per ripicca nei confronti di Leigh! >>
<< Cosa vuoi dire? >> chiedo con voce roca.
<< È ormai da un anno che Leigh si comporta in maniera totalmente diversa con me, non è più come prima. È freddo, distaccato, menefreghista, fa anche finta di dimenticarsi le cose, e... Ed è diventato bugiardo! >>. L'ultima parola l'ha detta con uno scatto d'ira. Ha strinto i pugni e mi è sembrato che stesse tremando.
<< Bugiardo? >> chiedo incredula.
<< Alcune sere di sei mesi fa, non voleva più uscire: certe volte aveva mal di testa, altre perché era stanco del duro lavoro. Io mi proposi per andare a casa sua e stargli vicino, ma lui rifiutava sempre. Un giorno però mi opposi, andai a casa sua e non lo trovai. Fu Lysandro a dirmi che era andato a una cena di lavoro con una che aveva un fioraio accanto al suo negozio... >>
Queste parole mi lasciano allibita, non riesco davvero a credere che Leigh sia stato capace di fare una cosa del genere.
<< Lo tradii con Castiel la stessa sera... >> riprende lei con le lacrime agli occhi << trovai Cass al bar di Dake, e un bicchiere tira l'altro e qualche sfottò di troppo, ci ritrovammo a casa sua. Fu troppo tardi per capire che avevo sbagliato, non solo di aver tradito Leigh... >>
<< E... Cos'altro? >> mentre esprimo questa domanda sento di aver paura.
<< Da quel giorno il mio corpo non può fare più a meno di quello di Castiel. Quel ragazzo è diventato come una droga per me. Quando faccio l'amore con Leigh, il mio corpo non si accontenta e vuole di più. Non posso resistergli, ecco perché continuo ad andare a letto con lui >>
Il mio cuore batte all'impazzata nel sentire quel racconto. E mentre penso che le sue stesse sensazioni le ho provate anche io, rammento spudoratamente quella sera, e ogni suo respiro, ogni suo movimento, ogni suo tatto, ritornano a invadere la mia pelle e le mie sensazioni, questa volta fino a raggiungere inspiegabilmente e senza la mia volontà, il mio cuore.
Non riesco ancora a credere a quest'assurda storia. Da una parte mi sento sollevata, ma dall'altra mi da fastidio e non ne capisco il motivo.
<< Non odiarmi Aud... >> la sento mormorare tra i singhiozzi. La guardo con tenerezza mentre si porta una ciocca impicciona dietro le orecchie.
<< Perché dovrei farlo? >> chiedo con voce roca.
<< Ho tradito la nostra amicizia, ma ti assicuro che io non sapevo che Castiel si era fidanzato con tua sorella >>
Stringo gli occhi trattenendo le lacrime e un singhiozzo. Trattengo per un po’ anche il respiro, poi scuotendo il capo, allungo le braccia verso di lei afferrandole la testa, e facendo avvicinare la sua fronte alla mia. Piangiamo in silenzio e all'unisono.
<< Non potrei mai odiarti Rosa >> sussurro dopo un po' tra un singhiozzo e l'altro. << Anche io ho tradito mia sorella, anche se l'ho fatto involontariamente e senza sapere che Castiel fosse il suo ragazzo, mi sento di averla tradita lo stesso >>
Purtroppo so benissimo di chi è la colpa, e anche se voglio punire me stessa, nella mia mente rimane sempre l'astio che provo per Castiel. Non ce l'ho con Rosalya,  in fin dei conti anche io ho tradito mia sorella, senza volerlo, ma l'ho tradita lo stesso. Non provo odio per il rosso, ma il fatto che tradisce spudoratamente Aisis, mi sta sulla punta dell'esofago.
<< Comunque, puoi stare tranquilla... >> riprende l'albina dopo un po' stringendomi una mano fra le sue. << Non lo cercherò più. Lo tratterò da amico, e spero, che con il tempo, il rimorso si cancelli >>
"Lo cercherò", ripenso a quella parola intensamente. Era Rosalya che lo cercava, lui l'accontentava soltanto; per lui non era altro che uno sfogo. Come quella sera del compleanno, lui mi prese solo per saziare le sue voglie. Come posso pensare anche minimamente che possa aver provato qualcosa? Forse perché non sapeva che ero io. E anche se l'avesse pensato... No! Che diamine sto pensando? Maledizione Audrey! Lui ti detesta e il fatto è categoricamente reciproco.
 
 
La sera giunge in fretta, e con lei anche un venticello fresco amante della primavera.
Dopo aver raccontato a Rosalya il mio rappacificamento con Lysandro, e dopo averla salutata, ho aspettato l’arrivo del signor Gerard per aprire il negozio. L’attesa non è stata lunga dopo qualche minuto ho visto il mio datore di lavoro avvicinarsi con quel suo passo lento e disinvolto. Mi sono alzata e preparando uno dei miei sorrisi spensierati, mi sono avvicinata alla porta della bottega.
<< Audrey, sempre puntuale! >> ha esclamato sorridendo il signor Gerard, chiudendo con tutt’e due le mani un piccolo libro.
<< Mi piace il parco a quest’ora >> ho risposto senza cancellare il mio sorriso, che questa volta, ho fatto fatica a reggerlo. Non ho voluto far intendere il mio stato d’animo, altrimenti Gerard mi avrebbe rimandata a casa dicendo che avrei dovuto riposarmi.
Io a casa non voglio tornare, e adesso mi trovo qui, dietro il bancone, a riguardare il registro dei libri presi in affitto. I nomi che scorrono davanti ai miei occhi impostati con la mia pomposa calligrafia, sono sempre gli stessi; sto per chiudere il grande blocco, ma non appena mi accingo a farlo, un nome ben conosciuto cattura la mia attenzione: Biondini N.
“Biondini è il cognome di Nathaniel” mi dico passando gli occhi sulla colonna del titolo dei libri. Non dovrebbe sorprendermi, alla fine dei conti so che ha preso in prestito un libro poliziesco, e infatti il titolo a caratteri cubitali risalta all’occhio. La cosa che mi allibisce è il perché Nathaniel è venuto in libreria? È la prima volta che vedo il suo nome scritto sul registro, e dall’orario comprendo che si è presentato dopo le tredici. Io a quell’ora non ci sono, sono ancora a scuola, e infatti la scrittura non è la mia.
<< C’è qualcosa che non va? >> chiede il signor Gerard passandomi da dietro per prendere uno dei suoi taccuini. Trasalisco sorpresa volgendogli uno sguardo.
<< N-no, stavo solo leggendo i nomi delle persone che hanno preso in prestito i libri, e mi è parso strano vedere il nome di un mio amico >>
<< Perché è strano? >>
<< Perché lui non viene mai qui per prendere i libri. Beh, è amante della lettura, ma i romanzi li ordina direttamente dalle case editrici >>
Vedo il signor Gerard sporgersi sul registro portandosi i rettangolari occhiali sulla punta del naso. Mi scosto più in là per permettergli di guardare bene, poi l’osservo attentamente. Fa una smorfia indifferente, curvando le labbra all’ingiù e sollevando le sopracciglia.
<< Ah, questo Biondini… sì, ricordo. È venuto all’orario di chiusura, e ti cercava >> rivela drizzandosi e volgendo lo sguardo sul suo taccuino.
<< M-mi cercava? >>
<< Sì. Pensava che tu fossi qui, ma gli ho detto che la mattina frequenti la scuola. Lui ha risposto che lo sapeva >>
<< E… cosa voleva? >>
<< Non lo so >> risponde tutto d’un fiato facendo spallucce << si è messo a rovistare fra gli scaffali dei libri gialli, ha preso un tomo e se n’è andato >>
<< E’ venuto persino qui >> sussurro con una voce impercepibile anche per le mie orecchie. Gerard non aggiunge altro, e ritorna nel suo studio; io, invece, rimango a fissare quel nome macchiato d’inchiostro da diversa calligrafia, e permetto alla mia mente di rimembrare le parole che Nathaniel mi ha detto oggi al telefono.
L’acuto suono dell’antico orologio a pendolo affisso su una colonna, mi riporta repentinamente alla realtà, facendomi ricordare che l’orario di chiusura è giunto. Mogia mi reco nell’altra camera per raccogliere le mie cose. Vi trovo il signor Gerard seduto dietro la sua scrivania, avvolto dal buio più totale e accompagnato soltanto dalla luce del lume che illumina il piano di legno, dove un quaderno sfogliato dalle mani non troppo grassocce del mio datore, troneggia il piccolo spazio.
<< Non tornate a casa? >> chiedo anche se conosco già la risposta, e come da copione, il vecchio mormora << Ancora un po’ >>.
Sorrido, lo saluto e me ne vado.
L’aria all’esterno è davvero piacevole, anche se un po’ fresca. Ma non mi dispiace affatto. Mi copro bene, e cerco di ritornare a casa spensierata. Potrei allungare il tempo, facendo il giro del parco, ma a quest’ora non passa nessuno, e il posto mette un po’ di inquietudine, quindi decido di tagliare, raggiungendo il cancello ancora aperto dove il custode, ogni sera a quest’ora, sembra aspetti il mio arrivo per chiudere.
<< Buona sera signorina Audrey >> mi saluta estraendo le chiavi dalla tasca della sua giubba che gli fa da divisa.
<< Buonasera signore. Vi ho fatto aspettare molto? >> chiedo sorpassando la soglia del parco.
<< Non preoccuparti, non è un fastidio per me aspettare >> risponde sorridendo con quel suo viso marcato dagli anni.
Lo ringrazio e dopo avergli augurato una buona serata, me ne ritorno a casa.
La finestra del mio appartamento spicca già da due isolati prima. È accesa. Mi fermo ad osservarla attentamente, sperante che Castiel se ne sia andato.
Ok, lo ammetto. Il racconto di Rosalya mi ha davvero scombussolato la mente, e non riesco a cancellarlo. Quell’idiota si sta prendendo gioco di tutti, ma soprattutto di Aisi, e una voglia matta di raccontarle tutto mi sta assalendo insieme all’ansia.
Riprendo a camminare, questa volta alzando il passo, e non appena l’immagine del portone del palazzo in cui abito, si avvicina ai miei occhi, mi fermo raccogliendo abbastanza aria nei polmoni, poi decisa, mi accingo a suonare, ma non appena allungo la mano verso il citofono, ne vedo un’altra afferrare la mia bruscamente. Mi volto di scatto spaventata, e subito incrocio gli occhi in tempesta dell’idiota che mi guarda con bieco.
<< Dove diavolo sei stata?! >> esclama irritato stringendo la presa. << Tua sorella ti ha cercata per tre ore! >>
Lo guardo storto, prima di fargli mollare la presa sulla mia mano e potergli rispondere: << Mia sorella sa dove vado ogni pomeriggio, e non c’è alcun bisogno che lo debba sapere anche tu! >>, distolgo lo sguardo infastidita da lui e mi riavvicino al citofono.
<< Ha chiamato Lysandro >> m’interrompe ancora e questa volta con voce più calma. Mi volto lentamente sollevando un sopracciglio, aspettando che continui.
<< Mi ha chiesto dov’eri >>
<< E tu che gli hai risposto? >>
<< Che eri scomparsa >>
<< Ma sei idiota?! Un momento… ti ha chiesto? >> chiedo non capendo.
<< Hai dimenticato il tuo cellulare, e stava sempre squillando >> risponde, poi sbuffando un sorriso beffardo aggiunge << Anche la suoneria è fastidiosa come te! >>
<< Chi ti ha dato il permesso di toccare il mio cellulare?! >> urlo irritata avvicinandomi a lui minacciosamente.
<< Tua sorella >> risponde con estrema tranquillità.
“Aisi questa non te la perdono!”. Mi volto ancora una volta verso il portone, piantando violentemente il dito sul tasto del citofono.
<< Mi hai rotto Castiel! >> dico tremate di rabbia << Ma questa volta non mi fermerò, dirò tutto a Aisi. Oggi ho scoperto quanto la tua malvagità va ben oltre il semplice cinismo! >> sputo quel veleno che si è messo a scorrere nelle mie vene da questo pomeriggio << ho scoperto tutto: la tresca fra te e Rosalya, e anche il fatto che il giorno del suo compleanno mi hai scambiata per lei! >>
<< Tu non dirai un bel niente! >> digrigna dopo aver esitato per qualche istante.
<< Oh, certo che lo farò! >>
A quella minaccia, naturalmente avrei dovuto aspettarmi una sua reazione, infatti si avvicina velocemente e con aria minacciosa, mi afferra per un braccio sbattendomi contro il portone. Con l’altra mano mi blocca ogni via d’uscita, piantandola sul vetro. Rimango sbigottita, mentre i miei occhi non riescono a non poggiarsi sulle sue labbra, troppo vicine da sentirne quasi il calore.
<< Non farmelo ripetere in eterno, Audrey! >> sussurra ferocemente << chiudi la bocca, perché l’unica che ne soffrirebbe, saresti solo e soltanto tu. Ciò che faccio a tua sorella non ti deve importare >>
<< Come fai a dire una cosa del genere così semplicemente? >>
<< E tu come fai ad essere così moralista, quando pensi diversamente? >>
<< Che stai dicendo? >>
<< Ciò che dovresti dire tu! >> esclama mollando la presa e allontanandosi << La verità, e cioè che ti è piaciuto! >>
<< No! >> esclamo indignata.
<< Sì, invece! Anche Rosalya diceva che non le piaceva farlo con me, e poi… ogni pomeriggio ricevevo un suo messaggio, nel quale mi scriveva il posto e l’ora dove ci saremo dovuti incontrare!... anche tu. Ogni volta che ti tocco, fremi. Siete tutte uguali >>
<< S-sei un bastardo! >> esclamo piangendo, poi risuono per la seconda volta al citofono e dopo qualche secondo Aisi si decide ad aprirmi.
Chiudo il portone appoggiandomi di spalle ad esso, cercando disperatamente di far tacere i miei singhiozzi che riecheggiano presuntuosi nell’aria, e di ritrarre le mie amare lacrime. << Ti detesto >> sibilo stringendo i pugni.
Dopo qualche minuto, passato a cercare di ricompormi, salgo le scale a piedi. La porta del mio appartamento e dischiusa e dalle sue fessure, tralascia un bagliore di luce dorata. La spingo ritrovandomi di fronte Aisi con le braccia conserte e il piede che tamburella sul pavimento.
<< E’ guasto l’ascensore? >> mi chiede corrugando le sopracciglia.
<< N-no >> rispondo con voce roca cercando di non farle vedere il mio viso, forse, arrossato dal pianto.
<< Ci hai messo mezz’ora per salire! >> esclama esageratamente.
<< Sono salita a piedi >> rispondo sfilandomi di dosso il parka.
<< A proposito >> riprende fissando le mie mosse << quello è il mio parka, il tuo è rosso. Sei diventata daltonica? >>
<< Non c’ho fatto caso >> rispondo distrattamente guardando l’indumento.
<< Sei tra le nuvole ultimamente. Il ritorno di fiamma con il tuo ragazzo ti ha fatto un brutto effetto >>
<< Chi te l’ha detto? >>
<< Castiel. Ha sentito mentre lo dicevi a Nath >>
<< Quell’idiota si sta intrufolando troppo nella nostra vita >> mormoro stufa di sentirlo nominare.
<< Non essere ingiusta >>
<< Io sarei ingiusta?! >> chiedo portandomi una mano al petto. << Ma tu non dovevi essere arrabbiata con me? Me ne sono andata senza dire niente, e invece di farmi la predica mi stai criticando? >>
<< E perché dovrei farti la predica? >> chiede scettica avviandosi verso la cucina << in fin dei conti sapevo che eri in libreria >>
Quella rivelazione mi lascia alquanto titubante. << Ma, non mi hai cercata? >> chiedo seguendola.
<< Io, cercare te? >> ribatte voltandosi guardandomi con le sopracciglia sollevate. << Ma ti sei fumata il cervello? Qui l’unico che ti ha cercata per tre ore è stato Castiel! >>
<< C-cosa? >>. Inspiegabilmente, il mio cuore manca un battito, mentre i tendini della mano si allentano lasciando precipitare al suolo il parka di mia sorella.

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Capitolo 10
*** Ingiuste punizioni ***


INGIUSTE PUNIZIONI
 
 
 


"Non farmelo ripetere in eterno, Audrey!" Quella frase continua a rimbombarmi nella mente come i rintocchi di un orologio; "Audrey", la sua voce penetra i miei timpani come un dolce e melodioso suono; "... Audrey", un eco, "... Audrey", un respiro "... Audrey" un lieve sospiro.
Mi giro per l'ennesima volta nel mio letto sbuffando nervosa, e quando risento inconsciamente la sua voce accompagnata da un fremito che si delinea dietro la spina dorsale, chiudo gli occhi fermando il fiato per trattenere a stento un gemito di piacere, creato da quel fastidioso formicolio al basso ventre che mi sta martoriando l'anima da quando ho ripensato alla sua voce e a ciò che mi ha detto Aisi.
Mi ha cercato per tre ore? Io non riesco a crederci. Perché l'avrà fatto? Che cosa gli è passato per la mente? E poi... è la prima volta che mi chiama per nome. Non l'aveva mai fatto prima.
Il vuoto fisso davanti ai miei occhi, mi fa sussultare. Con uno scatto mi metto a sedere sul letto, volto lo sguardo verso Aisi che, forse, infastidita dai fruscii delle mie coperte, geme nervosa nel sonno e si gira dall'altra parte.
Mi alzo non riuscendo più a resistere sul quel materasso. Mogia, mi dirigo in cucina, accendendo le piccole luci affisse ai pensili. La luce che ne esce è fioca, ma allo stesso tempo dà una sensazione di calore. Mi dirigo al frigorifero aprendolo senza avere qualche motivo per farlo; non ho fame, non ho sete, l'unica cosa di cui ho bisogno è di urlare come una forsennata. Richiudo la porta subito dopo, senza aver visto cosa c'è dentro.
Istintivamente guardo l'orologio digitale poggiato sul piano sopra il forno a microonde. Segna le tre e quindici. << Che seccatura >> sibilo trascinando lentamente la sedia e sprofondando sopra.
Appoggio i gomiti sul tavolo, affondando il mento sui palmi. Provo a chiudere gli occhi concentrandomi sul sonno che non arriva. Li riapro di scatto, innervosita da quel buio, così sbuffando per l'ennesima volta, lascio cadere le mani in avanti colpendo qualcosa con le dita; mi accorgo che si tratta del cellulare di mia sorella. Non lo lascia mai incustodito, forse si sarà dimenticata di prenderlo. Lo afferro con svogliatezza, piego un braccio appoggiandovi il mento e con il pollice dell'altra mano, inizio a tastare il touch. L'immagine di un paesaggio primaverile appare davanti ai miei occhi, e insieme ad esso le varie opzioni. Senza che me ne rendessi conto, passo il dito sull'icona di Whatsapp. L'attesa breve, fa comparire la chat con Castiel. Mi drizzo sorpresa, tossendo lievemente. Acciglio gli occhi scorrendo con il pollice verso l’alto, le innumerevoli nuvolette.
A un tratto mi accorgo di comportarmi in maniera poco leale. "Ma chi se ne frega! Lei senza pensarci ha permesso a quell'idiota di maneggiare il mio cellulare... ", e libera dai sensi di colpa, inizio a leggere i loro messaggi.
 
Castiel: Sei sicura di volerlo fare?
Aisi: Sì Cass... sicurissima!
Castiel: Non avrai ripensamenti, vero? Ti avverto che non sono uno che alla fine si fa tante paranoie.
Aisi: Lo so che sei il tipico menefreghista... non preoccuparti, non dipende da te, la scelta è mia, così come la responsabilità.
Castiel: Ehi piccoletta, risparmiati tutte queste frasi complicate! Detesto i vocabolari.
Aisi: Ok... allora a domani!
 
Noto che il rosso non ha risposto al saluto di mia sorella. La conversazione è datata il dodici dello scorso mese, due settimane prima del compleanno di Rosalya.
Rimango perplessa; si sono messi insieme così, ma cosa intendeva Aisi con quelle parole? Non dirmi che l'hanno già fatto?
Una pietra dalla forma appuntita, mi si forma in gola impedendomi di deglutire. Nervosa, mi porto il pollice alle labbra, mordicchiandomi la pellicina adiacente alle unghie. Ormai è troppo tardi per avere dei ripensamenti. Come una furia, mi fiondo a leggere gli altri messaggi, datati due giorni dopo.
 
Aisi: Cass, lo so che ti chiedo troppo, però non puoi cercare di essere più eccitato nel farlo?
Castiel: Senti, non parlarmi di eccitazione, la colpa è tua e delle tue paure... cazzo! Sono due giorni che non mi faccio una scopata a causa dei tuoi capricci!
Aisi: :P :P poverino... abbi pazienza, in fondo è un piacere per te farlo! Ammettilo, quando te lo chiesi, accettasti senza farti pregare…
Castiel: E non sai quanto me ne stia pentendo!
Aisi: Stai cercando di farmi sentire in colpa???
Castiel: Forse?
Aisi: Dai!
 
Ok. Mi dico raccogliendo abbastanza aria nei polmoni. Cosa cavolo dovrei pensare adesso, che mia sorella non è una santa e che è peggio di quel pervertito?
Sospiro angosciata permettendo alla mente di disegnarsi alcune scene immaginate dal contesto di quei messaggi.
Scuoto subito la testa, cercando di cancellare la prima visione che mi è balenata spudoratamente nei ricordi. Anche se è passato troppo tempo, non riesco a dimenticare quella dannata sera, e collegandola inspiegabilmente a quei messaggi, mi accingo a cercare qualche conversazione avuta fra mia sorella e l'idiota, il giorno del compleanno di Rosalya.
Davanti ai miei occhi scrutatori, solo una nuvoletta esce sullo schermo, ed è quella di Aisi.
 
Aisi: Castiel, perché non rispondi alle chiamate? Sei ancora alla festa? Dai, rispondimi, ho bisogno di parlarti. Sono giù di morale, e soltanto tu puoi consolarmi!
 
Un tonfo riecheggia nell'aria, dopo che il cellulare di Aisi mi è scivolato dalle mani. Sento le labbra tremare, e gli occhi bruciati dall'aria che, in mancanza dei miei scatti nel chiudere e aprire le palpebre, ne ha approfittato per impossessarsi senza alcun ripensamento.
Erano le dieci e venti, quando Aisi inviò quel messaggio a Castiel, e a quell'ora lui ed io...
Chiudo gli occhi arricciando il naso sentendomi un presuntuoso singhiozzo solleticarmi; con il palmo della mano, mi asciugo le poche lacrime che mi stanno scorrendo lungo la guancia infuocata. Non so se provare rabbia o tristezza. Aisi si è affidata totalmente a quel bastardo, ed io non lo sapevo; mi rendo conto che mia sorella non mi ha mai detto: "soltanto tu puoi consolarmi", io non sapevo neanche che fosse triste.
Ed ecco che ritornano vittoriosi i sensi di colpa, il giorno del compleanno della mia migliore amica, Aisi era giù di morale, per non so quale motivo, e Castiel, il suo ragazzo, se ne sbatté altamente, tradendola con me.
<< Maledetto >> sibilo a denti stretti non riuscendo più a controllare i tremiti di rabbia. << La pagherà molto cara >> aggiungo alzandomi dalla sedia e raggiungendo la finestra << questo è poco ma sicuro >>.
Quell’acido pensiero si dissolve nell’aria, mentre, guardando aldilà delle vetrate, noto che lo schiarire del cielo si dipinge lentamente, donandomi la maestosità e la bellezza dell'alba.
 
***
 
Con fare nervoso, allaccio la scarpa da ginnastica. È l'ora di educazione fisica, l'ora che odio di più, soprattutto se la notte non sono riuscita a chiudere occhio. Rosalya mi aspetta impaziente seduta sulla panchina, e con fare circospetto, fissa tutti i miei movimenti.
Dopo aver finito, mi sollevo trovandomi ad incrociare il suo sguardo.
<< Andiamo? >> mi chiede alzandosi, poi con fare disinvolto, si porta una ciocca impicciona dietro le orecchie.
<< Sì, possiamo andare >> rispondo senza scompormi.
<< Cos'hai? >> insiste ancor prima di incamminarci.
<< Nulla >> ribatto impassibile.
<< Sei troppo fredda oggi >> insiste.
<< Se continuo di questo passo, lo sarò per sempre >>
<< Perché? >>
Senza esitare, racconto a Rosalya ciò che ho letto sta notte sul cellulare di mia sorella. Forse sto sbagliando, ma voglio sfogarmi, e l'unica persona con cui posso farlo in questo momento, è proprio lei. Quest'ultima, senza distogliermi gli occhi di dosso neanche per un attimo, ascolta concentrata il mio racconto, e solo quando termino il discorso, interviene sibilando: << Ecco perché prima del mio compleanno non si faceva sentire più e non rispondeva neanche ai miei messaggi! >>
<< È l'unica cosa a cui riesci a pensare? >> chiedo lanciandole un'occhiataccia.
<< Scusa >> riprende lei imbronciandosi.
<< Non ho chiuso occhio per tutta la notte >> soggiungo ignorando il suo dispiacere, << Sono stata sveglia, con il pensiero di quelle parole supplichevoli stampate davanti agli occhi >>
Rosalya volge lo sguardo da un'altra parte e sospira.
<< Cos'hai? >> le chiedo, incuriosita dal suo atteggiamento tutt’a un tratto indifferente.
<< Non so cosa risponderti. Se ti dicessi che forse sarebbe meglio se ne parlassi con Aisi, sono sicura che non mi ascolteresti >>
<< Non posso farlo Rosa! Non voglio farla soffrire >>
<< E allora mettici una pietra sopra! >> m'interrompe decisa << l'unica che sta tutt'ora soffrendo, sei tu! Castiel, non si fa tutte queste paranoie. Lui è l'unico e il solo che dovrebbe sentirsi in colpa. Ha tradito ripetutamente la sua ragazza; prima con me, poi con te, e non so chi altri abbia preso il nostro posto dopo... >>
<< Ti prego, non farmici pensare! >> esclamo scuotendo la mano a mezz'aria e sorpassandola per recarmi in palestra. Lei mi segue poco dopo, e quando ci ritroviamo sul campo di basket, subito ci ritroviamo faccia a faccia con una persona che durante questi giorni ne avevo dimenticato l'esistenza.
Sculettando come top model alle prime armi, Ambra e le sue scagnozze, si avvicinano a me e a Rosalya facendo finta di non averci viste, con l'intento di venirci addosso. Senza scompormi, la fermo all'istante richiamando la sua attenzione. La bionda si volta di scatto, fulminandomi con quei suoi occhi esageratamente pittati, e con una smorfia schifata strilla: << Perché non ti sposti? Pezzente! >>
<< Perché non vai a farti fottere, idiota! >> rispondo prontamente e a tono. Vedo la biondona stringere i pugni e illividirsi di rabbia.
<< Come ti permetti?! >> urla stizzita.
<< Vattene Ambra, non ho voglia di assorbirmi le tue stronzate! >> la interrompo sorpassandola; questa, però, non contenta, aggiunge con voce stridula: << Una bastarda come te, non dovrebbe frequentare questo liceo! Sei solo una povera pezzente! >>
Mi fermo. I miei compagni di classe, attratti dai suoi strilli, si sono girati e mi stanno guardando in silenzio. Le due scagnozze scoppiano in una risata di scherno, per innalzare le lodi alla loro leader, mentre io, inizio a tremare di rabbia, sentendo le lacrime farsi strada negli occhi. Non sono lacrime di offesa, bensì di orgoglio. Quelle parole fanno più male di ogni altra crudeltà, e dette da una ragazzina viziata come Ambra, non possono far altro che incutermi rabbia.
Stringo i pugni sentendomi quasi le nocche lacerarmi la pelle, lentamente mi volto verso la stronza puntandole addosso i miei occhi colmi di rancore.
<< N-non... permetterti... mai più >> sibilo con voce soffocata.
<< Cos'hai detto? >> chiede lei beffandomi: mettendosi una mano dietro il padiglione auricolare, puntandolo così verso di me << Ragazze voi avete sentito cosa ha detto? >>. Le sue amiche scuotono la testa assecondando il suo gioco.
<< Ambra, piantala! >> interviene Rosalya avvicinandosi a me, forse si è accorta del mio stato d'animo.
<< Ma guardatela! È venuta nel nostro liceo per infastidirci e per inquinare l'aria! Per non parlare di quella sciacquetta di sua sorella... >>. Ho un sussulto nel sentire quella frase. << lei è una bastarda, mentre sua sorella è una puttana che se la fa con i ragazzi delle altre! >> aggiunge la bionda, sputando quelle parole senza ritegno.
Non resisto più. Una forte sensazione mi pervade il cuore per poi divulgarsi in tutto il corpo, e come sottomessa da una forza maggiore, mi scanso dalla presa di Rosalya, e mi scaravento contro Ambra, spingendola, buttandola per terra, iniziando al scalciare contro tutte le sue parti del corpo e gridando furiosa parole che non riesco neanche io stessa a comprendere. Non riesco più a fermarmi, è come se un velo cupo sia calato davanti la mia vista, facendomi perdere il senno. Il mio corpo si muove da solo, la sensazione dell'udito mi ha abbandonata, non mi accorgo neanche che qualcuno è riuscito a fermarmi, afferrandomi dalla vita e allontanandomi dal corpo di Ambra. Solo quando avverto le sue urla e quelle delle sue amiche, sento di riprendermi. Tutto intorno a me è confuso, una mano mi mantiene la spalla, un'altra il braccio e una voce accanto a me, mi prega di stare calma.
Mi guardo intorno smarrita, e dopo aver vagato a vuoto riesco a incontrare il viso di Rosalya che mi guarda piangendo.
<< Audrey, calmati >> sussurra abbracciandomi.
<< Ambra, stai bene? >> sento una voce poco distante da me.
<< Quella è pazza! È pazza! >> strilla la biondona reggendosi a Lì.
<< Ora basta! >> risuona poi, autoritaria, la voce del professore di educazione fisica: un uomo di mezza età, alto e calvo dalla pelle scura come il cioccolato fondente << Che cosa sta succedendo qui? >>
<< Professore! Mi ha aggredita! Quella ragazza è pericolosa! >> interviene prontamente la maledetta.
<< Signorina Audrey, cosa l'è preso? >>
Non riesco a rispondere, la mia voce è ancora sottomessa dall'ira.
A salvarmi le penne, per mia fortuna è Rosalya, che senza farselo dire, esclama a mio favore: << Professore, Ambra ha provocato Audrey con parole offensive! >>
<< Le cose stanno così, signorina Ambra? >> soggiunge il prof.
Dal canto mio, sbuffo incredula << Perché glielo chiede? È davvero convinto che quella direbbe la verità? >>
<< Sta zitta! >> m'interrompe stizzita la maledetta.
<< Finitela! >> interviene ancora una volta il docente. << Signorina Ambra, vada in infermeria a farsi medicare. In quanto a lei signorina Audrey, raggiunga l'ufficio della preside >>
Guardo incredula il professore. Ma è idiota, o cosa? Come cavolo funziona la giustizia in questo liceo?
<< Ben ti sta! >> sogghigna la maledetta.
<< Faccia silenzio signorina Ambra. E dopo essersi medicata raggiunga anche lei l'ufficio della preside >>. Detto questo, il professore inizia la sua lezione ignorando completamente le suppliche della biondona.
Aiutata da Rosalya, raggiungo la porta della palestra per uscire.
<< Tutta colpa di quella stronza! >> esclama arrabbiata l'albina. Non rispondo, non ne ho né la voglia, né tantomeno la forza di farlo. Percorriamo insieme il corridoio che porta dritto in presidenza, Rosalya continua a chiedermi cosa mi sia preso per reagire in quella maniera. Ma non è solo lei a chiederselo. Io non avevo mai alzato un dito verso qualcuno, e non pensavo che sarebbero bastate quelle crudeli parole per farmi fare ciò che ho fatto.
<< Sai? >> aggiunge dopo un po' Rosa, dopo esserci fermate davanti la porta dell'ufficio << Qualunque cosa ti dirà la preside, sappi che io sono dalla tua parte. Ambra aveva bisogno di una lezione come quella >>
<< Lo so >> rispondo accennando un sorriso amaro. La congedo così, senza aggiungere altro; poi catturando più aria che posso, busso lievemente alla porta aspettando il permesso per entrare. Prima, però, che quell'avanti potesse riecheggiare da dietro le mura, vedo la porta aprirsi e l'alta figura di Nathaniel comparirmi davanti.
Guardandomi, il biondino si blocca quasi allibito, mentre io, mi mordo il labbro inferiore cercando di sorridere. Lui fa finta di nulla, e lasciando la porta aperta, se ne va sbattendo la sua spalla contro la mia. Non mi volto a guardarlo o a chiedergli perché fa così, ciò che ci siamo detti ieri tramite telefono, è stato più che ovvio: sono di nuovo la fidanzata di Lysandro, e questo a lui non va affatto giù.
Scrollo le spalle scocciata, sbuffando rumorosamente, quando la stridula voce della preside richiama la mia attenzione, invitandomi ad entrare. Deglutendo a fatica, mi inoltro lentamente nella stanza. È la prima volta in tutti questi anni che vedo l'ufficio principale del liceo, non ci sono mai stata, e mai avrei creduto di visitarlo in queste circostanze.
<< Signorina Audrey, si segga >>
<< Preferisco stare in piedi >> rispondo mantenendo un tono impassibile. La vecchietta mi guarda da sopra le sue tonde lenti e scettica increspa le labbra, appoggiandosi di schiena alla spalliera della sua poltrona.
<< Il professore mi ha informata della sua reazione nei confronti della signorina Ambra. Cosa è successo? >>
<< Perché non lo chiede alla signorina Ambra? >> rispondo di rimando.
<< È quello che farò non appena ci raggiungerà >> ribatte lei con un filo di impazienza nella voce.
L'attesa passata in silenzio, dura pochi minuti, dopo di questi, sentiamo bussare alla porta, la preside dà il permesso di entrare, e l'ospite non se lo fa ripetere due volte. Mi volto per guardarla. Ambra da brava attrice inizia a recitare la sua parte zoppicando.
Scuoto la testa sbuffando un sorriso incredulo.
<< Signorina Ambra, va tutto bene? >> chiede la preside.
<< No che non va bene! >> esclama stizzita la biondona, dimenticandosi di avere una gamba offesa << questa ragazza mi ha aggredito senza motivo! >> continua riprendendosi a meraviglia.
<< Non è andata così! >> esclamo freddamente e con una ben controllata impassibilità, fissando in viso la vecchia, aspettando una qualche sua reazione.
<< Le mie amiche erano presenti! >> cerca di difendersi Ambra, pestando i piedi sul pavimento.
<< Oh, beh! Se hanno visto le tue amiche... A proposito, rapida guarigione, o finto malessere? >> chiedo indicando con lo sguardo la sua gamba. La biondona inizia a tremare di rabbia. Volgo lo sguardo sul suo viso, accorgendomi che sta digrignando.
<< Sei... sei... >> balbetta non riuscendo a proferir parola.
<< Adesso basta! >> interviene la preside alzandosi dalla sedia, per poi fare il giro della scrivania e posizionarsi davanti a noi.
<< Signorina Audrey, è espulsa dalle lezioni per due giorni partendo da domani >> rivela tutto d'un fiato.
Con gli occhi sgranati e il cuore che mi palpita violento in gola, stringo i pugni cercando di mantenere all'interno della mia bocca il dissenso su quell'assurda notizia.
<< Mentre lei signorina Ambra, non parteciperà al club di giardinaggio per tutta la settimana >>
Ambra sembra impassibile a quell'ordine, per lei non è altro che un premio, e questo io non lo posso accettare, e senza ormai badare alle buone maniere e all'educazione, intervengo con voce tremante ma che contiene parole decise.
<< È questo il giusto? >>. Vedo la preside fissarmi sconcertata. << Io ho aggredito questa persona per un valido motivo! >> esclamo rispondendo ad una domanda non fatta, ma che di sicuro la preside voleva esprimere.
<< Ma che... >> interviene la biondona, ma la interrompo prontamente urlandole di tacere.
<< Signorina Audrey, si calmi e abbassi la voce >>
<< No che non mi calmo! >> esclamo ormai fuori di senno << essere giornalmente chiamata bastarda e pezzente non è una cosa da nulla! >>
<< Moderi i termini in mia presenza! >> esclama la vecchia innervosendosi.
<< La sua presenza vale poco quanto niente, dato che a pagare sono sempre le persone indifese! >>. Ormai è troppo tardi per mordermi la lingua e interrompere quelle parole abbastanza taglienti. Infatti vedo la mascella della preside irrigidirsi, i suoi occhi sputare fuoco e le sue mani tremare. Mi preparo al peggio, mentre accanto a me, Ambra se la sta ridendo di gusto.
<< Signorina Audrey, oltre ai due giorni di espulsione, la elimino definitivamente dal concorso per la borsa di studio! >>
Ed eccole quelle parole che mai avrei potuto immaginarmi. Con questa punizione definitiva, posso dire addio al mio sogno di diventare insegnate di lettere. Quella borsa di studio era tutto per me, e adesso a causa del mio orgoglio, mi sono giocata l'unica possibilità per andare all'università.
Ingoio la mia frustrazione, e senza aggiungere altra parola, mi reco alla porta uscendo e correndo via. Solo quando sono abbastanza lontana da quell'ufficio maledetto, permetto ai miei occhi di far fuoriuscire le lacrime che repentinamente inumidiscono le mie guance. Non so dove sto andando, non ho una meta precisa, so solo che vorrei morire.
Svoltato l'angolo, m'imbatto in qualcuno; quest'ultimo mi afferra per non farmi cadere e a quel punto alzo lo sguardo incrociando quello di Nathaniel.
<< Audrey, che succede? >>
<< Lasciami >> mormoro con voce roca, cercando di divincolarmi.
<< Ma tu stai piangendo! Che cosa è successo? Perché eri nell'ufficio della preside con mia sorella? >> insiste il biondino stringendomi le spalle.
<< Perché non vai a chiederlo a lei stessa?! >> urlo singhiozzando << Ha vinto per l'ennesima volta! Quindi va da lei a congratularti da bravo fratello e lasciami in pace! >> aggiungo strattonandolo. Riesco a liberarmi dalla sua presa e senza aggiungere altro riprendo la mia corsa. Lui prova a inseguirmi, ma non so per quale motivo, dopo pochi metri sento di essere sola, la sua voce non riecheggia più nell'aria.
Ansante, mi ritrovo fuori in giardino. In lontananza, vedo alcuni ragazzi in divisa disputare una partita si basket; capisco che è giunta l'ora dei club. Non posso recarmi a quello di letteratura ormai non c'è più nulla da fare, ho rovinato tutto.
Mi fermo per riprendere aria, mentre le lacrime continuano a scorrermi copiose. Guardandomi intorno, cerco di fare mente locale sulla decisione da prendere. Le lezioni sono terminate, quindi non mi resta che andare in palestra per prendere la mia cartella, cosicché possa ritornarmene a casa. Potrei aspettare Aisi, ma non voglio farlo, non ho voglia di vedere nessuno. Riprendo il mio cammino dirigendomi in palestra. Quest'ultima si presenta vuota, sono andati tutti via, scrollo le spalle afflitta, dopo tutto, avrei almeno voluto incontrare Rosalya e potermi sfogare con lei.
Mi passo una mano sugli occhi per asciugarli, e mentre riprendo a camminare, qualcuno alle mie spalle mi richiama a gran voce. Presa alla sprovvista mi volto di scatto. Il professore di educazione fisica, mi viene incontro con uno sguardo serio.
Sbattendo velocemente le palpebre, cerco di non far notare le lacrime che non vogliono fermarsi.
<< Dove sta andando, signorina? >>
<< Torno a casa >> rispondo trattenendo i singhiozzi.
<< La preside mi ha informato della punizione >> riprende incrociando le braccia al petto.
<< Avrei dovuto aspettarmelo >>
<< Audrey, non può ritornare a casa >> rivela poi con voce sommessa.
<< Perché? >> chiedo inarcando le sopracciglia.
<< La preside ha ordinato di farle raccogliere tutte le palle da basket del club e poi di svuotare i cesti dell'immondizia >>
Annuisco convinta. << Si è proprio offesa! >> mormoro sbuffando un sorriso ironico. Il professore fa spallucce e dopo aver sibilato un "mi dispiace", se ne va lasciandomi sola.
Sbuffo arresa, volgendo gli occhi al soffitto, poi mi reco in giardino, pronta per scontare la terza punizione.
"Cavolo, ho passato il record. Tre punizioni in pochi minuti" mi dico cercando di sdrammatizzare la situazione.
La squadra di basket sta ancora giocando, e fuori dal loro campo, noto una decina di palloni pronti per essere raccolti. Con fare mogio mi metto al lavoro. Purtroppo per me, questa situazione che fino a qualche minuto fa, sembrava essere tranquilla, degenera nel momento in cui un tuono rimbomba nell'aria, e dispettose goccioline iniziano a cadere dal cielo, prima lentamente poi più velocemente.
<< Oh, no! Questo no! Dannazione! >> impreco afferrando il cesto dei palloni. Dò un'occhiata ai giocatori che indifferenti continuano a divertirsi, tra loro scorgo il corpo atletico dell'idiota dai capelli infuocati che, con la palla fra le mani, smarca tutti i suoi avversari per poi lanciare l'oggetto conteso verso il canestro e fare punto. I suoi capelli sono totalmente bagnati, la sua canotta aderisce come un perfetto tatuaggio sui bicipiti, facendoli intravedere nella loro perfetta forma. Lo vedo passarsi una mano tra i fili di rubino e portarli indietro, rivelando quella sua fronte alta e quei suoi occhi taglienti, che mi guardano con impassibilità.
Un momento. Mi sta guardando?
Con fare nervoso mi incammino verso l'entrata facendo finta di nulla. Non voglio che pensi che lo stavo fissando.
Dopo aver messo tutto in ordine, mi ritrovo bagnata fradicia e infreddolita. Guardo i miei indumenti, e strizzo un lembo di maglia facendolo gocciolare sul pavimento. Volgo lo sguardo verso gli spogliatoi e decido di andarmi a fare una doccia, cosicché possa calmare quella rabbia ancora in circolazione nelle mie vene.
Entro nell'altra stanza, apro il mio armadietto e prendo il necessario per il cambio. Poggio il tutto su di una panchina, poi afferrato un asciugamano mi dirigo nelle docce delle donne. La porta è chiusa, provo ad aprirla, ma nulla da fare. Essendo finite le lezioni, qualche bidello avrà pensato di chiudere il reparto femminile. Poco importa, mi dico. I ragazzi ne avranno per un'ora, quindi posso recarmi in quello maschile. Senza pensarci due volte afferro i miei indumenti asciutti e seguo la mia idea.
Mi spoglio velocemente, e preso dalla borsa il mio Tesori d'Oriente, entro nella prima cabina. Tiro la tenda e giro la valvola dell'acqua calda.
Sospirando, alzo la testa permettendo alle irrefrenabili goccioline di picchiettarmi presuntuose. È strabiliante il modo con il quale ho dimenticato l'accaduto, normalmente avrei pianto fino allo svenimento proprio come ho fatto qualche giorno fa con ciò che è successo con Lysandro. Stranamente, pensando a lui, non sento la malinconia, non ho il bisogno di averlo vicino a confortarmi. È come se mi fossi stancata di tutto e di tutti. Dentro il mio cuore sento di avercela anche con mia sorella, per i suoi messaggi con Castiel e per la sua mancanza di fiducia nei miei confronti.
La reazione avuta oggi verso di Ambra, è la prova di ciò che posso diventare quando perdo davvero il controllo di me stessa. Da una parte mi compiaccio di averle dato una bella lezione, ma dall'altra sento di aver sbagliato, ripetendomi che ho rovinato tutto. Ed ecco che mi sbagliavo. La tristezza torna a farsi padrona dei miei sentimenti, troneggiando nel mio cuore. Con il mio lavoro, non posso permettermi di continuare gli studi, non ce la farei mai con tutte le spese. Quella borsa di studio era la mia unica salvezza.
Chino il capo verso il basso, mentre le lacrime si mescolano insieme ai rivoli di acqua e cadono al suolo per poi scomparire nello scarico.
A un tratto sento un rumore. Rialzo la testa di scatto concentrando i miei sensi sull'udito. Percepisco un tonfo. No. Mi dico. Non è possibile che siano già tornati i ragazzi; non è nemmeno passata un'ora!
Rigiro la valvola, poi mi fermo per ascoltare qualche altro rumore. Niente. Camminando in punta di piedi afferro un lato della tenda scostandolo di poco, e corrugando le sopracciglia guardo l'esterno. Non c'è nessuno, forse quel rumore devo avermelo sognato. Indifferente faccio spallucce; stringo i capelli fra le mani, strizzandoli, e spalancata la tenda, esco dalla cabina per recarmi alla panchina e vestirmi. Cerco l'asciugamano che ricordo di aver poggiato su un appendino adiacente alle docce, ma non lo trovo.
<< Eppure era qui >> sibilo; Ma a un certo punto, mi viene un dubbio, mi volto di scatto verso la panchina dove avevo deposto i miei indumenti asciutti e sgranando gli occhi la mia titubanza viene infondata: qualcuno è entrato e mi ha rubato i vestiti.
<< Cazzo! E adesso che faccio? >> sibilo a denti stretti iniziando a tremare non sapendo se lo sto facendo per il freddo o per la paura. Presa dalla disperazione, inizio a vagare nuda per la stanza in cerca di qualche cosa per coprirmi, nulla. Questo posto è completamente vuoto. Non ho neanche il cellulare, e descrivendomi in due semplici parole direi che: sono spacciata. Tra pochi minuti entreranno i ragazzi per lavarsi, mi troveranno in queste condizioni e non so davvero cosa potrebbe succedere. Se per una semplice parola detta di troppo mi sono giocata la borsa di studio non voglio immaginarmi se la preside mi vedrebbe adesso.
Ma che mi frega di quella vecchia arpia! Il danno più grande è quello di essere vista da una mandria di ragazzi alle prese con la loro pubertà. Chi diavolo può essersi divertito a farmi uno scherzetto del genere?
All’inizio, il viso dell’idiota mi balena per la mente, ma scuoto subito il capo convincendomi che non sia stato lui. Va bene il fatto che lo detesto, ma non posso sempre affibbiargli colpe che forse non ha.
Purtroppo, il tempo a mia disposizione per cercare disperatamente una via di fuga, scade nel momento in cui un mormorio di voci acute preannunciano il loro avvicinamento. Trasalisco ormai terrorizzata e l'unica cosa che faccio d'istinto, è entrare una cabina, tirare la tenda e schiacciare il mio corpo contro l'angolo di quel quadrato, avvolgendomi con le braccia i seni, accavallando le cosce per coprirmi il pube, e pregare Iddio che nessuno entri in quella doccia.
La porta si apre, e risate troglodite inondano il posto. Continuando a pregare, mi mordo le labbra fissando impietrita la tenda.
<< Che tiro! >> sento esclamare qualcuno.
<< Se non fosse stato per me, non avresti segnato, quella palla l'ho passata io! >> esclama qualcun altro. Mi accorgo che, proprio quest'ultimo che ha proferito parola, si trova proprio vicino alla cabina occupata da me.
<< Sono zuppo... Vado a lavarmi >>, vedo la sua mano afferrare il lato della tenda, e quando la solleva, l'unica cosa che mi riesce di fare è chiudere gli occhi preparandomi al peggio.

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Capitolo 11
*** L'aiuto di Castiel ***


L’AIUTO DI CASTIEL
 
 
<< Ehi Dajan, aspetta... >>. La voce sconosciuta, ferma le gesta della persona che sta per entrare nella cabina dove mi trovo completamente nuda e indifesa. Riapro gli occhi ritrovandomi a guardare il tessuto bianco che per fortuna mi fa ancora da barriera. Vorrei tanto sospirare di sollievo, ma la voce dell'intruso, mi fa capire che sono ancora in pericolo.
<< Che vuoi? >> chiede alla persona che lo ha fermato.
<< Non vedi che la tenda di quella doccia è chiusa? >>
<< E allora? >>
<< Sicuramente c'è qualcuno, e penso sia proprio Castiel >> poi sento sussurrare << hai visto che è andato via prima di noi, lo sai che non gli piace essere visto mentre si lava >>.
Alla faccia della discrezione! Mi dico. Se al posto mio ci fosse stato l'idiota avrebbe sentito tutto. Fatto sta che quelle parole convincono Dajan a non aprire; ma questo non contento esclama smuovendo di poco la tenda senza sollevarla: << Ehi Cass, sei tu? >>
Cavoli, e adesso che faccio?
La paura si fa sentire ancora una volta. Devo assolutamente fare qualcosa prima che si accorgano di tutto.
Trattenendo il respiro mi guardo intorno, e piantando gli occhi verso la valvola del rubinetto, la prima cosa che mi viene da fare è girarla per aprire l'acqua, la quale, mia unica aiutante, inizia a scrosciare irrefrenabile.
<< Ok, come non detto >> lo sento sospirare, e lo faccio anche io ormai sollevata. Adesso non mi resta che aspettare che questa mandria di trogloditi, lascino lo spogliatoio, cosicché possa trovare qualche soluzione per svignarmela da questo casino.
Nel mentre, cerco di pensare a chi possa avermi fatto uno scherzetto del genere: Ambra, di sicuro. Ha voluto vendicarsi per ciò che è successo, ma non riesco a credere che si sia abbassata a certi livelli... no. Infatti mi ricredo subito, mi è bastato ripensare a quando rubò le risposte degli esami, incolpando suo fratello.
Che idiota. Sibilo scuotendo la testa. Sospiro un'altra volta, e vendendo quella calda pioggia cadere irrefrenabile davanti a me, invitandomi a  farmi coccolare ancora, mi inoltro in essa senza pensarci due volte.
Dopo qualche minuto, passato a prestare attenzione ai movimenti e le voci dei ragazzi, mi accorgo che a poco a poco, il posto si sta svuotando; ne percepisco solo due: quella di Dajan e quella del ragazzo che era con lui.
<< Andiamo Daji! Ho un appuntamento con uno schianto di ragazza >> esclama quest'ultimo con voce eccitata.
<< Non aspettiamo Castiel? >> chiede l'altro riavvicinandosi alla mia doccia.
"Oh Cielo! Ma è una fissazione la tua!" penso serrando la mascella.
Incrociando ancora una volta le mani al petto, mi allontano dall'acqua ripoggiandomi all'angolo del muro, dove il freddo e umido mattone mi fa sussultare.
<< Ehi Cass... >>
<< Dajan, lascialo perdere! Non farlo incazzare! >> lo ferma l'amico.
"Dovrei ricordarmi di questa voce, perché quando incontrerò il ragazzo che la possiede, dovrò ringraziarlo infinitamente" mi dico, mentre ascolto i due uscire dall'abitacolo.
Quando mi rendo conto che intorno a me, solo l'acqua è protagonista di tutti i rumori, lentamente, come se stessi avendo a che fare con una bomba, avvicino la mano alla valvola del rubinetto, e chiudo.
Finalmente il silenzio. E finalmente posso sospirare rumorosamente, senza avere paura di essere scoperta.
<< Dio mio, ti ringrazio! >>. Così, dopo quel piccolo sfogo, posso pensare a come fare per rimorchiare qualche abito. Dovessi anche indossare una tuta puzzolente e viscida, devo pur vestirmi, anche se quest'idea, balenatami nella mente, mi fa venire il volta stomaco, devo cercare di farmi coraggio, e provando a raccoglierne il più possibile, mi sporgo verso la tenda, afferrandone un lembo, e spostandola a un lato con un colpo secco; ma non appena lo faccio, ciò che mi si staglia davanti, mi blocca tutti i sensi, facendomi perdere anche un battito.
Castiel a pochi passi da me, completamente nudo e con un asciugamano fra le mani, mi guarda con occhi sgranati dallo stupore e le labbra dischiuse in un espressione, che detta da me potrebbe sembrare strana, ma è terribilmente affascinante.
Come un ebete, rimango ferma, non capendo se questo mio black-out è dipeso dall'attendere una qualche sua reazione, o dal semplice motivo che quella visione mi ha semplicemente paralizzata.
Eppure non posso stare così, devo pur far qualcosa. Questa situazione si sta letteralmente degenerando. Cerco di accennare un movimento, almeno per coprire la mia intimità, ma non appena mi accingo a farlo, la porta di entrata si apre, e Castiel, d'istinto, mi poggia violentemente una mano sulla bocca, spingendomi verso il muro, entrando nella cabina insieme a me, e tirando la tenda alle sue spalle.
Ci ritroviamo con i corpi che si sfiorano; la sua mano che preme autoritaria le mie labbra, arrivando a mozzarmi il fiato, e il suo calore che invade la mia pelle così spudoratamente.
I miei occhi fissi sui suoi pettorali, non riesco a muoverli; il mio orecchio destro è completamente succube del rumore del suo respiro, mentre quello sinistro, è concentrato ad ascoltare le voci intruse. Sembra essere il custode.
<< C'è ancora qualcuno? >> chiede quest'ultimo alzando la voce.
Castiel allontana la mano dalla mia bocca portandola alla valvola della doccia per aprire l'acqua, che ricomincia a scorrere scivolando come un velo di seta trasparente sulle sue spalle.
Il custode se ne va raccomandandosi di fare in fretta, e io ormai morta da un miscuglio di indescrivibili emozioni, mi ritrovo bloccata dallo spazio che ha creato l'idiota, poggiando gli avambracci, parallelamente al muro.
Il cuore mi batte a mille, e non riesco a fermare questo tremolio che so, non appartiene all'effetto del freddo. Sicuramente ho le guance imporporate; posso sentire il fuoco dentro di me bruciarmi di piacere, e forse è questa strana sensazione che mi fa avere uno scatto inaspettato anche per me.
Volgo il mio viso verso il suo pronta per esclamare la mia disapprovazione, ma mi ritrovo a guardarlo dritto negli occhi, a pochi centimetri dai miei, e a buttar fuori un'interrotta esclamazione fatta all'unisono: << Ma che diav... >>
Ciò che ci fa interrompere, non è la consapevolezza di aver pensato la stessa cosa, bensì il solo fatto che le nostre labbra si trovano a pochi centimetri l'una dall'altra, completamente sopraffatte dai rispettivi respiri. Rabbrividisco al sol guardare le sue perle di calda cenere, mentre mi accorgo che lentamente scendono, percorrendo i lineamenti del mio viso per poi soffermarsi sulla mia bocca e fissarla con intensità.
Sento il suo respiro tremare, mentre, forse inconsciamente, la sua pelle sfiora la mia imponendomi dei fremiti di piacere che mi riportano repentinamente a quella sera. Chiudo gli occhi donandomi a quel ricordo, e non mi accorgo che un gemito si libera dalla mia bocca.
Mi sto abbandonando ancora una volta, e non riesco a capire che sto sbagliando. Fortunatamente per me, Castiel non fa nulla. Si allontana lasciandomi lì.
Quando riapro gli occhi, lui ha aperto la tenda ed è scomparso dalla mia vista.
"Ma che diavolo stavo facendo?" mi chiedo avvolgendomi il petto con le braccia. Non posso credere che stavo cedendo un'altra volta a quel ricordo. Perché quando sto con lui mi dimentico di tutti? Di Lysandro e anche di Aisi?
<< Hai intenzione di far notte? >> lo sento esclamare a un tratto riportandomi bruscamente alla realtà. << Il custode non tarderà a ritornare >> aggiunge poi.
<< Non so se l'hai notato... >> soggiungo imbronciata << ... per mia sfortuna sono completamente nuda >>
Silenzio. Sento solo dei passi farsi vicini. Affondo la testa nelle spalle, coprendomi ancora una volta il petto; poi improvvisamente vedo qualcosa piombarmi in faccia. La raccolgo fra le mani, è una tuta acetata con lo stemma della scuola. La fisso incredula.
<< Mettiti questa >> mormora l'idiota davanti a me.
Rimango ferma non sapendo cosa fare né cosa dire, stando alla regola dovrei ringraziarlo, ma per dirla tutta il solo pensare una cosa simile, mi infastidisce.
Castiel mi guarda fisso negli occhi, assottigliando le sue palpebre come se stesse aspettando qualche mia reazione.
Decido allora di parlare, e presa nei polmoni quanta più aria possibile e preparandomi mentalmente, alla fine riesco solo ad esclamare minacciosa: << Non cercare di farti strane idee! Perché non è come pensi >>
Vedo Castiel sollevare un sopracciglio, e delineare la sua bocca in un sorriso strafottente.
<< L'unica cosa che riesco a pensare, è che sei un'idiota! >> risponde tutto d'un fiato atteggiandosi a indifferente, poi si allontana senza aggiungere altro.
E io dovrei ringraziarlo? Mi dico trattenendo il fiato dall'irritazione. Se non fosse perché ho pudore, gli avrei buttato in faccia la sua tuta e me ne sarei uscita fuori completamente nuda, fregandomene di tutti. Fortunatamente la pazzia non mi ha ancora fatto visita, così ingoio quel boccone amaro e inizio a vestirmi. Quando anche le mie gambe sono completamente coperte, esco dalla cabina e mi accorgo che lui è ancora lì con in dosso la stessa tuta che aveva mentre disputava la partita, e spensierato sta fumando una sigaretta.
Noto che ha cambiato solo la maglia: indossa una canotta aderente, nera e sbracciata che mostra in maniera sensuale tutte le forme dei suoi tonici muscoli. I suoi capelli umidi e scuriti, cadono morbidi sulla sua fronte, delineandogli un espressione sensuale.
Mentre porta il filtro alla bocca, con il pollice dell'altra mano digita velocemente delle parole sul suo cellulare.
Io rimango fissa a guardarlo, senza capirne il motivo; quando lui ad un tratto mi guarda e sbuffa scocciato una nuvola di fumo.
<< Perché non te ne vai? >> chiede serio.
<< Non preoccuparti, non ti sto aspettando! >> rispondo acida, raggiungendo la porta.
<< Non te l'ho certo chiesto. Era una proposta >>
<< Me ne vado, maestà! >> esclamo accennando un inchino e spalancando bruscamente la porta.
Il giardino del liceo è completamente deserto, capisco che sono andati tutti via, e mentre mi accingo a camminare nel corridoio degli spogliatoi, arrivo a toccare con i piedi, a pochi passi dalle docce, qualcosa di morbido e dal suono frusciante. Abbasso lentamente lo sguardo e non appena incrocio la scena con gli occhi, li strabuzzo rimanendo completamente allibita.
<< La... la mia roba... >> sibilo sentendomi soffocare da un groppo alla gola.
Strappati, macchiati, ricolmi di spazzatura e impregnati di fetore, i miei indumenti giacciono per terra come niente fosse, come segno di sfida, e si trovano proprio davanti la porta dello spogliatoio femminile, che mi accorgo essere aperta.
I miei occhi iniziano a bruciare e sento che si stanno repentinamente colmando di lacrime; tremo di rabbia, stringendo i pugni, fino a poter sentire le nocche voler lacerare la pelle, e le unghie affondare inesorabili i palmi.
L'unica cosa che riesco a pensare è il bel faccino di Ambra che gioisce per la sua ennesima vittoria.
<< Chi ti ha fatto questo scherzetto, deve essere proprio un'idiota! >>, sento la voce di Castiel alle mie spalle.
Trasalisco presa alla sprovvista, e velocemente porto le mani agli occhi per asciugarmeli, poi mi chino su quella collinetta di spazzatura, e inizio a raccogliere silenziosamente ciò che rimane della mia roba.
<< Che fai? Lasciali lì! >> dice lui, quasi infastidito. Lo ignoro, continuando a raccogliere. << Che seccatura! >> sbuffa allora, avvicinandosi a me. Si china e mi toglie prepotentemente la roba dalle mani.
Il gesto è talmente brusco, che perdo l'equilibrio e mi ritrovo per terra, con le mani poggiate su un lato a reggermi il busto e la testa chinata verso il basso, con i capelli che mi coprono interamente il viso.
<< Ho detto di lasciare questa schifezza! >> esclama l'idiota incavolato, gettando lontano le pezze sporche.
Continuo a ignorarlo, mentre disperatamente cerco di fermare le mie lacrime che sgorgano dai miei occhi completamente autonome. A queste si aggiungono i singhiozzi, così per non farmi sentire, mi mordo il labbro inferiore sigillandomi la bocca.
A un tratto, però, mi sento afferrare per il mento, e in un attimo mi ritrovo a guardare gli occhi in tempesta di Castiel, che mi fissano con serietà. Chiudo i miei non riuscendo a reggere quella sua espressione, e con un gesto del capo, scendo il mento dalla sua presa.
Lui però non si arrende, infatti come se niente fosse e completamente padrone dei miei atti, mi afferra per il polso facendomi rimettere bruscamente in piedi. Senza avere il tempo di ribellarmi alle sue gesta, mi ritrovo a seguirlo completamente succube e barcollante.
<< Che fai, lasciami! >> biascico tra i singhiozzi. Non mi risponde e stringendo la presa affretta il passo.
Non so cosa stia facendo o quali intenzioni abbia, e non so perché non riesco a fermarmi. In poco tempo ci ritroviamo nell'istituto. Noto che ci sono ancora alcuni ragazzi, i quali vedendoci entrare come due furie, ci fissano sbalorditi e stupiti. Mi stringo nelle spalle abbassando la testa per non farmi vedere, per di più sono senza scarpe, e mi sto vergognando come un verme, mentre Castiel, sembra intenzionato a voler raggiungere la sua meta.
Poco dopo, lo vedo fermarsi davanti una porta, mi accorgo che si tratta del bagno delle donne.
<< C-che intenzioni... >> cerco di chiedergli, ma non ho neanche il tempo di finire la domanda, che vedo la sua gamba spingere violentemente la porta, rompendo la serratura. All'interno, Ambra e le sue amichette rimangono spaventate a guardarci, mentre con tremore mantengono la loro profumeria.
Continuando a reggermi il polso, Castiel entra nel bagno.
<< Ca-Cass, che ci fai qui? >> chiede la maledetta, illuminandosi alla vista dell'idiota.
Quest'ultimo, senza rispondere, molla la presa su di me, si avvicina ad Ambra, e con un velocissimo gesto, le strappa dalla spalla la costosa borsa in pelle di coccodrillo. La biondona osserva ancora frastornata le sue mosse e solo quando vede i suoi milioni gettati nel water, comprende quello che il rosso ha voluto farle. Come una furia entra nella cabina cercando di salvare la sua amata borsa, ma essendo una di quelle ragazze con la puzza sotto il naso, si limita solo a gridare e a piangere.
<< No Cass! Che hai fatto?! Mia madre mi ucciderà! >> strilla impazzita.
Castiel non si ferma: la spinge nella cabina, toglie la chiave dalla toppa e la infila nella parte esterna, chiudendo Ambra, la quale inizia a gridare stizzita; poi volge lo sguardo verso le amichette che lo guardano terrorizzate e con un gesto del capo le ordina di entrare nelle altre cabine. Queste obbediscono tremanti e quando sono all'interno, il rosso chiude anche loro. Gettate le chiavi per terra, si poggia di schiena al lavandino, incrocia braccia e gambe e con un sorriso strafottente mormora: << Bene, adesso spogliatevi, e lanciate da questa parte i vostri indumenti >>
<< Cosa?! >> esclama Lì indignata.
<< Sei impazzito?! >> chiede incredula Charlotte.
<< Cass, ma che... >> prova a parlare tra i singhiozzi Ambra.
<< Ho detto di spogliarvi! >> urla Castiel con fare minaccioso.
Le tre tacciono. L'unico rumore che riecheggia dopo, sono tintinnii di cinte, e fruscii di maglie.
Mi ritrovo a guardare tutta questa scena e mi accorgo di sorridere, solo quando vedo Castiel guardarmi con un sorriso sensuale.
Come una stupida ritiro subito la mia espressione abbassando la testa.
Lui raccoglie la roba delle tre arpie, esce dal bagno e avvicinatosi a me mi invita a seguirlo. Acconsento in silenzio. Scendiamo al piano di sotto, e quando raggiungiamo l'atrio, vediamo avvicinarsi a noi Nathaniel, che sembra essere molto preoccupato.
Quest'ultimo ignora completamente il rosso e postosi davanti a me, mi afferra una mano chiedendomi che cosa è successo.
<< Non hai chiesto a tua sorella? >> ribatto arrabbiata.
<< Sì me l'ha detto >> risponde afflitto << ma perché indossi questa roba? >> chiede poi, squadrandomi dalla testa ai piedi.
<< I miei vestiti sono del tutto distrutti per colpa di uno scherzetto idiota, naturalmente opera della reginetta della scuola >> esclamo divincolandomi; poi senza aggiungere altro, mi avvicino a Castiel, lo prendo per mano, e lo trascino fuori dall'istituto.
Non so perché l'ho fatto, potrei dire che è stato un semplice gesto istintivo, o solo la rabbia.
Lo so, me la sto prendendo con Nathaniel, e questo è ingiusto. Ma è più forte di me. Il solo fatto di saperli fratello e sorella, mi irrita.
<< Dove mi stai portando? >> chiede ad un tratto Castiel, riportandomi alla realtà. Mi fermo lasciandogli la mano. Lui regge ancora fra le sue la roba delle stronze, e senza aggiungere altro si reca vicino un bidone della spazzatura gettando le stoffe con noncuranza.
Bene Audrey, adesso è giunto il momento per te, di ringraziarlo. Mi dico giocherellando con le maniche larghe della giacca.
<< Castiel, io... >>
<< Ti dò un passaggio, sei scalza >> m'interrompe lui, indicandomi la moto, parcheggiata a pochi metri da noi.
Annuisco e lo seguo.
Sale prima lui, poi cedendomi il suo casco, mi invita a imitarlo. Accetto senza proferir parola; infilo il casco, e con le mani afferro leggermente due lembi della canotta.
Lo sento sorridere, poi mettere in moto e partire con velocità.
Va troppo veloce, e so che in qualche modo lo sta facendo apposta, così per paura di non perdere l'equilibrio, mi avvinghio al suo busto, fregandomi che si tratta di lui, della persona che detesto.
Che strani i sentimenti. Penso. Ci detestiamo, ma il più delle volte ci comportiamo diversamente.
Forse ho sbagliato tutto dall'inizio, non ricordo neanche il motivo per il quale mi sono ritrovata a detestarlo. Sorrido scuotendo il capo che ho appoggiato sulla sua spalla.
A un tratto il forte vento inizia a diminuire facendomi capire che siamo giunti a casa mia.
Quando la moto è completamente ferma, mi distacco da lui, mi sfilo il casco, e scendo porgendoglielo.
<< Devi aspettare mia sorella? >> chiedo per divagare.
<< Non mi ha detto nulla >> risponde indifferente guardando il quadro del suo mezzo.
<< Allora io vado >> aggiungo seriamente.
<< Ciao >> risponde lui sbrigativo.
<< Castiel! >> lo fermo senza volerlo. Lui mi guarda. << Cosa? >> chiede inarcando le sopracciglia.
<< Io, non l'ho ancora fatto... >> esordisco sentendomi avvampare << ...gra... >>
<< Oggi hai fatto più del dovuto >> m'interrompe beffardo.
Lo guardo sbigottita. << Che intendi? >> chiedo.
<< Continui a provocarmi, e non te ne rendi conto >>
<< Ma che stai dicendo? >> chiedo arrabbiata. Lui mi guarda, e lentamente scende giù verso la scollatura della giacca che è molto larga.
<< Sto con tua sorella, ma sono sempre un uomo, ricordatelo >>
Istintivamente mi copro il petto, e avvampando di rabbia gli dò le spalle incamminandomi verso il portone.
<< E io che mi ero ricreduta su di te, ma rimani sempre il peggiore! >> esclamo indignata << Non riesco proprio a credere che ieri mi cercasti per tre ore... >>, m'interrompo dopo aver sentito un rumore. Non ho il tempo di voltarmi che mi vedo sbattere contro il portone e le sue braccia bloccarmi.
<< Sì ti ho cercata, e sai perché... >>
Lo guardo atterrita senza rispondergli, mentre il suo fiato invade il mio viso e i suoi occhi sembrano volermi incenerire, e non riesco a crederci che vuole farlo ma di piacere.
<< ...perché ogni volta che ti ho davanti, non riesco a... a... >>
<< Tu lo sai che la sera del compleanno di Rosa, mia sorella aveva bisogno di te? >> chiedo con disprezzo, interrompendolo. Lui lentamente si allontana. << Ricordi cosa stavamo facendo, mentre mia sorella ti cercava? >> continuo tremante.
<< Piantala, cosa ne puoi sapere tu? >> ribatte malignamente.
<< Già >> singhiozzo << io non so mai niente >> aggiungo con voce roca << so solo una cosa, e non voglio più nasconderla... da quella sera, io non... >> non riesco a continuare. Con le lacrime agli occhi mi giro dandogli le spalle, poi entro nel portone, e senza richiuderlo, salgo velocemente le scale. Arrivata davanti la porta di casa mia, mi fermo, sbuffo asciugandomi le lacrime, e sibilando un << Dimenticatelo >> mi accingo ad aprire la porta; ma a un tratto mi sento afferrare dolcemente dalle spalle, mi giro sorpresa, e subito le mie labbra vengono attaccate con foga da quelle di qualcuno che non riesco a vedere, a causa della penombra.

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Capitolo 12
*** il nipote del signor Gerard ***



 
12° capitolo: IL NIPOTE DEL SIGNOR GERARD


Il sapore di quel bacio sembra essere famigliare. E nonostante sia stata presa alla sprovvista, e spaventata, il profumo che invade le mie narici, non mi fa reagire e respingere la persona che mi sta baciando con trasporto. So chi è, e so che quello che stiamo facendo è sbagliato, ma non riesco ad oppormi al volere del mio corpo.
Le sue mani accarezzano in modo sensuale i miei capelli, vagano frenetici sul mio viso, mi artigliano la nuca e delineano le spalle. Sento il suo corpo spingermi, facendomi premere la schiena contro la porta.
Il rumore delle labbra che si incrociano, riecheggia nello spazio in cui ci troviamo, poi a un tratto si ferma. Allontana il suo viso dal mio, ma continua a reggermi la testa. I suoi ansimi inondano le mie labbra, e quel profumo di colonia mi fa girare la testa.
<< Apri la porta >> sussurra facendomi rabbrividire di piacere.
Scuoto la testa << Castiel... non possiamo >> balbetto sentendomi sciogliere << È sbagliato... >>
Non riesco a finire la frase, che sento le sue labbra catturarmi con più impeto. << Apri. Tu lo vuoi tanto quanto lo voglio io >> riprende stringendomi i fianchi.
Non so perché, ma le sue parole sembrano ordini, tant'è che contro il mio volere, spingo la porta alle mie spalle, trascinandolo con me all'interno.
<< Ti detesto Castiel >> sussurro a denti stretti un'ultima volta prima di ritornare ad accogliere i suoi strafottenti baci.
<< Anche io >> risponde a tono aumentando la sua voglia.
Senza rendercene conto, ci ritroviamo in camera mia, camminiamo alla cieca intenti a raggiungere il letto, e intanto le mie mani diventano sue complici: le insinuo sotto la sua maglia, e sentendo la pelle calda e scolpita, fremo gemendo sulla sua bocca.
A quella reazione, Castiel sembra perdere il controllo di sé stesso, mi getta sul letto e si posiziona sopra di me, ma non appena lo fa, la sua gamba colpisce l'angolo del comodino, facendo cadere qualcosa. Lo vedo fermarsi e alzare la testa. Rimane così, mentre sento i suoi muscoli irrigidirsi e vedo la sua mascella contrarsi.
Non parlo, non gli chiedo nulla; non comprendendo cosa gli sia preso, aspetto di vedere una sua reazione; e questa giunge dopo poco: sbuffa sibilando un "cazzo", poi si alza e si avvicina alla finestra. Lo vedo passarsi le mani fra i capelli.
Nel frattempo mi siedo sul letto e volgo lo sguardo verso il comodino. Trasalisco nel vedere la foto mia e di Lysandro, e subito un forte dolore mi pervade il cuore, avvisandomi che i sensi di colpa stanno facendo la loro entrata in scena.
Se all'inizio mi ero convinta che la sera del compleanno di Rosalya avevo tradito Lysandro inconsapevolmente, dicendomi che non avevo colpa, adesso è diverso. Io ho voluto Castiel, ho desiderato il suo corpo, e nessuno può immaginare quanto questo mi faccia penare.
Di scatto mi alzo dal letto, lascio da solo il rosso in camera mia e velocemente mi dirigo verso il bagno. Chiudo la porta appoggiandomi di spalle a essa e fisso il vuoto; poi con passo stremato, mi avvicino al lavandino; guardo la mia immagine riflessa nello specchio.
<< Mi fai schifo >> dico a me stessa con un tono di voce soffocato dal pianto.
Perché è successo questo? Non avrei dovuto accettare il suo aiuto, non avrei dovuto permettere ai miei sentimenti di abbandonarsi alla tentazione che quel ragazzo rappresenta.
Apro il rubinetto, raccolgo quanta più acqua possibile e la getto sul viso. Rimango con la testa abbassata e gli occhi chiusi, mentre il viso di Lysandro si delinea nella mia mente accompagnato da quello di mia sorella. << Cosa sto facendo? >> mormoro ormai preda al pianto.
Dopo qualche secondo sento la porta di entrata sbattere rumorosamente. Riapro gli occhi.
<< Sì, va' via >> dico rivolgendomi a Castiel << Sparisci dalla mia vita >> aggiungo sprezzante, sentendo però, che quelle parole fanno più male di cento lame affilate.
Non devo patire per lui, Lysandro farà presto ritorno, io lo amo e gli ho promesso che lo aspetterò.
Con quelle frasi cerco disperatamente di convincermi, anche se so che non sarà facile dimenticare questo giorno.
Quando esco dal bagno, mi fermo nel corridoio per guardare la mia camera; il letto dove stavamo per fare ciò che non dovevamo, riporta i segni vividi delle nostre impronte. Scuoto la testa stringendo le palpebre, poi mi reco in cucina.
Sul frigo c'è un bigliettino giallo, macchiato dalla pomposa scrittura di Aisi, lo afferro leggermente, leggendone il contenuto.
"Oggi tocca a te fare la spesa. Ricordati di comprare i marshmallow alla fragola, e va pure in libreria, non aspettarmi devo uscire con Castiel"
Il foglietto mi scivola dalle mani. Inspiegabilmente l'ho sentito come un peso troppo grande da poter reggere. Sono queste le situazioni che non riescono a farmi passare i sensi di colpa. Sembrano essere maledizioni, perché nonostante i rimorsi che provo, non riesco a dirle la verità. Con quale coraggio continuo a guardarla in faccia? Non oso davvero immaginare la sua reazione se venisse a sapere che il suo ragazzo l'ha tradita con me, che sono sua sorella e che non ho fatto nulla per impedirlo.
L'immagine di Aisi sconvolta, e delle sue parole taglienti e offensive nei miei confronti, inchiodano i miei pensieri pur sapendo che non sono reali.
Mi viene da piangere ancora una volta. Guardo il mio corpo coperto dalla tuta che l'idiota mi ha prestato, e con uno scatto d'ira mi sfilo la giacca e il pantalone di dosso, gettandoli a pochi metri più in là. Finalmente riesco a sfogarmi, finalmente le lacrime cadono copiose e senza contegno. Ho bisogno di farmi una doccia, devo cancellare le sue impronte. Se solo ci fosse un modo per cancellarlo anche dalla mia mente...

***

<< Non potevano metterli più in basso? >> mormoro puntando i piedi e allungando il braccio per afferrare la colorata busta dei marshmallow alla fragola.
Ho comprato tutto, mi mancano solo quelle caramelle gommose; per mia solita sfortuna non c'è neanche un commesso, e il padrone del negozio è occupato a servire un cliente.
L'orologio digitale sul mio smartphone segna le cinque meno un quarto, se non mi sbrigo farò tardi a lavoro, e anche se il signor Gerard non è il tipo da fare storie, non voglio approfittarmi della sua benevolenza, così fulminando con gli occhi quella busta, mi accingo a spiccare un salto, per riuscire -almeno spero- ad afferrarla. Non appena, però, mi accingo a piegare le gambe per darmi lo slancio, vedo un braccio allungarsi proprio verso i marshmallow e afferrarne il pacco che si rivela essere ultimo.
Mi giro di scatto pronta per reclamare ciò che dovevo prendere, quando lo sguardo assente di Leigh si trova a incrociare quello mio. Subito, le parole che dovevo far uscire, le ingoio come se fossero litri d'acqua.
<< Audrey, ciao >>
<< Leigh... >> mormoro smarrita, non mi aspettavo davvero che fosse lui.
<< Non sei andata in biblioteca? >> chiede mettendo le caramelle nel suo cesto.
<< Tra un po' >> rispondo fissando il suo gesto, incapace di dirgli che quella busta dovevo comprarla io. Non ho assolutamente voglia di litigare per dei dolciumi, almeno, non con Leigh. Aisi si accontenterà. E con quella convinzione mi reco alla cassa per pagare, seguita dal fratello di Lysandro.
Dopo essere usciti dal negozio, Leigh si offre per fare la stessa mia strada, dato che il suo atelier si trova a due isolati dalla libreria.
<< Lys ti ha chiamata? >> chiede dopo un po' per spezzare il silenzio.
<< S-sì... >> balbetto presa inspiegabilmente alla sprovvista. << ...mi ha detto che farà ritorno per sistemare delle carte >>
<< State di nuovo insieme? >>
Annuisco malinconica fissando il vuoto, un vuoto che nella mia mente si riempie delle immagini dell'idiota e di ciò che stavamo facendo. Leigh si accorge della mia reazione e mi chiede se la cosa mi disturba. Scuoto la testa sentendomi sobbalzare il cuore, e con parole incerte gli spiego che sono ansiosa di vederlo.
<< Lys ti ama molto >> soggiunge dopo un po' spiazzandomi completamente. Sembra che lui sappia qualcosa e che con quelle parole mi abbia fatto intendere che ho sbagliato.
Fermo i miei passi, incapace di poter continuare a muovere le gambe. Perché mi si sta rivoltando tutto contro? Perché devo essere solo io a soffrire? Da ciò che quell'idiota mi ha fatto intendere è che il male che fa a mia sorella, non gli procura alcun rimorso, e allora perché devo stare sempre a pensare ai miei sbagli?
<< Audrey, mi senti? >>
<< C-cosa? >> chiedo con voce soffocata dal pianto, che fortunatamente riesco a trattenere.
<< Ho detto che io sono arrivato >>
<< Ah, sì... >>
<< Ci vediamo, ok? >>
<< Certo Leigh >>
Mi saluta e come fa per voltarsi, dalla tasca della sua giacca vittoriana, scivola il cellulare.
Lo sento imprecare mentre mi abbasso per prenderlo. Per fortuna non ha riportato graffi, ache se si è acceso da solo. Quando lo giro dalla parte dello schermo, un'insolita immagine cattura il mio sguardo. Rimango perplessa e anche un po' frastornata, dato che sto cercando di riordinare le idee e capire il significato di ciò che quella foto rappresenta.
Subito però, mi vedo strappare il cellulare di mano. Guardo Leigh, sembra agitato, mentre quasi in modo disperato cerca di infilare il telefono nella tasca della giacca.
<< Devo... devo andare... >> dice sbrigativo allontanandosi.
<< Leigh! >> lo fermo convinta, sentendo dentro di me una sensazione strana, colma di rabbia.
Lui si gira e mi guarda infastidito.
<< Rosa lo sa? >> chiedo inarcando le sopracciglia.
Lo vedo sbuffare, poi sorridere nervosamente. Si massaggia gli occhi e alla fine guardandomi, risponde: << Non... non ho il coraggio di dirglielo >>
Trasalisco sentendo quelle parole.
<< Mi sono innamorato della ragazza della fotografia, e non riesco a dire a Rosalya che voglio lasciarla... >> continua con voce sincera e dispiaciuta << ...voglio un mondo di bene a Rosalya, ma non l'amo più >>
Io non riesco a crederci. Sembra di vivere la mia stessa situazione, ma al contrario suo, io amo Lysandro.
Il viso di Leigh sembra afflitto, mi guarda forse aspettandosi una mia reazione, ma come posso rispondergli, e soprattutto cosa devo dirgli?
Mi dispiace Leigh, ma hai sbagliato a confidarti con me, non sono la persona adatta, non so cosa dirti, perché ho bisogno anch'io di avere consigli.
Senza dire una parola, riprendo il mio cammino con passo lento.
<< Audrey! Non glielo dirai, vero? >> mi chiede supplichevole.
<< Sei tu a doverlo fare, non io... non farla soffrire, Rosa non lo merita >>. Queste parole mi sono uscite istintive, e capisco che sono le stesse che riguardano me. Con quale coraggio mi sono permessa di fare la predica a Leigh, quando la prima ad essere in difetto sono io?  Ciò che sento in questo momento è il disperato bisogno di sapere che non sono l'unica ad aver sbagliato, perché sono sicura che sapendo che c'è qualcun altro mi rende il cuore sollevato. Lo so. So di essere una stupida egoista, ed è per questo che devo prendere una decisione e il più in fretta possibile.
La libreria è ormai vicina, noto la porta aperta, e una macchina parcheggiata di fronte. Mi fermo incuriosita cercando di ricordare dove ho già visto quell'auto, solo pochi secondi dopo vedo uscire una donna vestita in maniera esageratamente elegante, che si dirige in fretta e furia verso la sua macchina per poi sfrecciare a grande velocità.
Facendo spallucce, riprendo il cammino per entrare nel negozio.
<< Signor Gerard! >> esclamo per annunciarmi, ma lui, stranamente non dà la solita risposta.
<< Signor Gerard? >> riprendo affacciandomi alla porta del suo ufficio << Sono io, Audrey!... signor Ger... >> mi blocco all'istante nel vedere la scena che si staglia davanti a me: il vecchio bibliotecario è disteso per terra privo di sensi.
Getto all'aria un urlo di spavento, precipitandomi verso di lui e iniziando a scuoterlo per fargli riprendere i sensi.
<< Mio Dio, signor Gerard! La prego si svegli!... aiuto!! >> urlo, vedendo che l'uomo non risponde. Non so cosa fare, sono nel panico più totale. Mi alzo di scatto uscendo dal negozio e continuando a gridare aiuto.
Qualcuno si avvicina chiedendomi cosa sta succedendo. Spiego la situazione e subito mi ordinano di chiamare l'ambulanza. Acconsento con smarrimento. Dopo aver chiamato il centodiciotto, ritorno dal signor Gerard accorgendomi che il signore che è intervenuto, sta cercando di rianimarlo, e fortunatamente sembra alquanto esperto.
<< Respira, vero? >> chiedo disperata. Lui mi ignora completamente continuando a spingere i palmi contro il torace.
A un tratto, fissando il volto livido dell'uomo, innumerevoli immagini mi passano per la mente, e neanche una sembra essere buona.
Porto una mano sulla bocca cercando di soffocare il pianto che esce copioso dai miei occhi, poi finalmente in lontananza, la sirena dell'ambulanza annuncia il suo arrivo.
Due uomini piombano velocemente sul corpo esanime del vecchio.
Mi accingo ad avvicinarmi, ma subito mi sento afferrata per un braccio per poi essere trascinata nella hall del negozio.
Si tratta di una donna con la divisa, la quale non appena lontana dalla confusione, inizia a farmi domande.
<< Non lo so... >> rispondo in lacrime << ...l'ho trovato per terra da quando sono entrata >>
<< È una sua parente? >>
<< N-no... io sono la commessa... signora, cosa gli è successo? >>
<< Sembrerebbe un infarto >> risponde sbrigativa, lasciandomi disperata.
Scuoto la testa mentre mi accorgo che la barella con sopra il signor Gerard tutto intubato, si sta dirigendo verso l'ambulanza, guidata dai due soccorritori.

***

Per fortuna l'attacco d'infarto non è stato letale, il signor Gerard si è ridestato e non appena mi ha vista, mi ha chiesto di portargli un libro. Ho riso sentendomi il cuore colmo di gioia nel vederlo così. La sua pelle ha finanche preso colore, ma la sua espressione sembra alquanto strana.
Mentre percorro il lungo corridoio del reparto, passo davanti i distributori, e mi fermo pensando di bere qualcosa. La paura e l'ansia mi hanno distolta completamente dalla realtà, facendomi dimenticare che l'ora di pranzo è passata già da un bel po'. A ricordarmelo non è altro che il mio stomaco, il quale, non appena ho visto l'immagine del cappuccino che fa da sfondo al metallo, ha iniziato a gorgogliare, facendomi vergognare per quel imbarazzante rumore.
Istintivamente mi porto la mano nella tasca dei pantaloni, cercando di estrarre qualche spicciolo, ma non appena me lo ritrovo fra le mani, qualcuno da dietro mi spinge. La moneta mi scivola, cade sul pavimento e rotolando, si va a infilare sotto il distributore di caffè.
<< Ma che cavolo! >> esclamo adirata.
<< Mi scusi tanto... >> soggiunge una voce maschile dietro di me.
Mi giro di scatto incavolata nera. La persona che si è scusata, è un ragazzo alto, affascinante, con capelli corvini e due occhi dallo splendido, nonché raro, colore dell'oro.
<< Mi scusi... >> ripete guardandosi intorno.
<< No, non è niente >> rispondo come un automa, cercando di incrociare quel suo sguardo che sembra volermi sfuggire.
<< Sa per caso dirmi qual è il reparto cardiologia? >>, ed eccoli finalmente che si piombano su di me.
<< La prima porta a destra >> rispondo con una voce che non mi appartiene, talmente non riesco a capire quale forza maggiore mi sta facendo parlare, dato che tutti i miei sensi sembrano essersi paralizzati alla sola vista di questo ragazzo bello da mozzare il fiato.
<< Grazie >> risponde sorridendomi, per poi dileguarsi come nuvole portate dal vento.
<< Wow >> mormoro con gli occhi incantati davanti la porta.
Quando ritorno in me, è ormai plausibile che non posso riuscire a mettere qualcosa sotto i denti. L'unica soluzione è quella di ritornare a casa, pranzare, recarmi in libreria, prendere un libro per il signor Gerard e ritornare qui in ospedale.
Prima, però, decido di avvisarlo; così con passo svelto mi reco nella sua stanza.
Non appena mi trovo a un passo dalla soglia, sento un colpo secco e un'esclamazione: << Ti ho detto di andare via! >>, mi blocco impietrita concependo che si tratta di Gerard. Sta avendo una discussione con qualcuno, ma non so chi.
L'istinto mi ordina di sbirciare senza farmi vedere, mentre la ragione mi dissuade dal farlo, consigliandomi che non è una cosa giusta.
Da brava ragazza, dò retta a quest'ultima: giro i tacchi e accenno qualche passo per allontanarmi. Purtroppo, però, le parole del libraio mi bloccano un'altra volta.
<< Cos'è, adesso che conoscete la mia durata di vita, volete starmi accanto per prendervi ciò che rimane della mia dignità? >>
<< Ma cosa dici, zio? Se sei stato tu a volerci allontanare... >>
<< Sai benissimo perché l'ho fatto!... Ho perdonato troppe volte tua madre! Anche quando non doveva essere perdonata! >>
<< E cosa centriamo noi con mia madre? Non starai parlando ancora di quel giorno? >>
<< Sì, invece! Sto parlando di Edmond! Non dimenticherò MAI! >> una pausa, poi lo sento riprendere << ... perché siete ritornati? Perché è venuta in libreria?! >>.
Quella frase mi dà un sussulto al cuore e subito mi torna alla mente la donna che è uscita dalla libreria prima che trovassi il vecchio steso nel suo studio.
<< Non lo so... Sai bene che da quel giorno, dopo il tuo allontanamento ci siamo divisi tutti... Mia madre partì senza lasciare uno straccio di indirizzo, io dovetti ritornare in città per mandare avanti l'azienda... >>
<< E tuo fratello? >> lo interrompe il signor Gerard.
Il silenzio piomba fra i due come da risposta a quella domanda, poi, però, quello che deve essere suo nipote riprende con voce sommessa: << N-non l'ho più visto da quel giorno... >>
Sento il vecchio sbuffare e più nulla, così penso che sia arrivato il momento di entrare e avvisarlo della mia decisione; tutto, naturalmente, con estrema spensieratezza.
Allungo il braccio per bussare, ma non appena lo faccio, la porta si apre e le mie nocche vanno a poggiarsi sul petto di qualcuno.
Alzo lo sguardo di scatto; il ragazzo del distributore, guarda la mia mano con incertezza poi volge lo sguardo verso di me.
<< I-io... >> è l'unica parola che riesco a pronunciare.
<< Ci vuole ancora molto? >> mi chiede serio.
<< C-come? >> balbetto non comprendendo cosa intende.
Come risposta, dirige gli occhi sul suo petto e con un lieve movimento del mento, indica la mia mano ancora appoggiata a sé.
Indietreggio velocemente portandomi il braccio dietro la schiena. Imbarazzata è a dir poco. Mi sento avvampare la faccia come se vi avessero attizzato un falò.
Il ragazzo mi guarda accigliato, i suoi occhi dorati sembrano volermi fulminare.
Eppure quando si è scusato, sembrava tutta un'altra persona. Mi dico cercando di spostarmi, così che lui possa uscire dalla stanza senza avere un minimo sfioramento. Questo, però, è quello che penso io, perché lui non accenna alcun movimento, anzi, ha infilato le mani nelle tasche del suo cardigan e continua a fissarmi con sfida.
Non so davvero come reagire, ho paura che ogni minimo movimento, ogni minima parola, possa peggiorare la situazione.
<< Spostati, Viktor. Falla entrare! >> esclama infastidito Gerard.
Lo sconosciuto si sposta da comando, liberandomi così la visuale e la via.
Guardo il mio datore di lavoro, fermo davanti la finestra a guardare l'esterno.
Accenno qualche passo in avanti, stringendomi nelle spalle non appena mi avvicino al ragazzo che sembra seguirmi con il solo sguardo.
<< Cosa c'è, Audrey? >>
<< È... per il libro... >> balbetto sentendomi tutt'a un tratto imbarazzata.
Gerard si volta e mi guarda aspettando che continui.
<< V-volevo avvisarvi che vado in biblioteca e poi torno qui... >>
<< Non fa niente, Audrey. Non ho più voglia di leggere. Puoi tornare tranquillamente a casa tua >>
<< Ma... >> provo a replicare.
<< Va', Aud. Sto bene... non preoccuparti >>
Mi arrendo a quell'ultima frase. Scrollo le spalle e mi giro verso la porta. Suo nipote se ne sta appoggiato con le braccia incrociate al petto. Saluto il vecchio ed esco allontanandomi con passo svelto.
Non appena sono fuori dall'ospedale, un vento gelido mi colpisce in pieno volto mentre i capelli vengono scompigliati dallo stesso.
Con una mano cerco di riportarli al loro posto, do uno sguardo sfuggente al cielo imbrunito e sbuffando mi incammino verso la strada di casa.
Questa giornata è stata a dir poco disastrosa. Cominciando con quel casino a scuola... a proposito, dovrei pensare a come passare questi due giorni di sospensione. Con il signor Gerard in ospedale penso proprio che mi rintanerò in libreria, il posto più adatto per non vedere nessuno.
Ripetendomi queste parole, mi ritorna in mente Castiel. Ciò che è successo oggi, non dovrà mai più riaccadere e per convincermi di questo, non devo far altro che pensare intensamente a Lysandro. Afferro il cellulare dalla tasca, e vado sulla rubrica.
Voglio chiamarlo. Sento a un tratto il bisogno di ascoltare la sua voce. Sfioro la cornetta verde per far partire la chiamata, quando a un tratto il rombo di un motore d'auto mi fa trasalire.
Mi giro a un lato e noto una Citroën C3 blu fermarsi al mio fianco. Mi fermo incuriosita. Il finestrino si abbassa scoprendo il volto affascinante del nipote di Gerard. Mi guarda con uno strano sorriso sulle labbra.
Mi sento come un'idiota, mentre non riesco a concepire il motivo per il quale non riprendo a camminare.
<< Posso offrirti un passaggio? >> chiede il giovane in maniera così diretta, spezzando questo assurdo silenzio.
<< Posso anche andare a piedi >> rispondo togliendogli lo sguardo di dosso.
<< Me lo ha chiesto mio zio >> rivela sbrigativo.
Lo guardo ancora negli occhi, cercando di trovare in essi qualche altra risposta. Lui sbuffa un sorriso e si passa sensualmente una mano fra i capelli.
<< Andiamo, non ti mangio mica >> aggiunge sorridendo, convincendomi a fare ciò che, forse, non dovrei fare.






BAKA TIME: quanti mesi sono passati dall'ultima volta che ho aggiornato? non fatemeli contare, e non contateli neanche voi!!! Please! ... spero solo che questo capitolo vi sia piaciuto. come avrete potuto notare, è entrato in scena un altro ragazzo (Viktor! Non potrò mai e poi mai ignorarlo nelle mie fan fiction su dolce flirt... o cattivo o buono lo inserirò sempre!), cosa c'entra con il signor Gerard? Ma soprattutto, perché ha offerto un passaggio alla nostra Audrey? Seguite e scoprirete.
Alla prossima, un bacio a tutte!

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Capitolo 13
*** Insolite minacce ***


13° capitolo: INSOLITE MINACCE
 
L'odore del deodorante per l'auto, è l'unico soggetto dei miei pensieri.
È alla vainiglia. Mi dico attaccandomi di più allo sportello. Sì, perché non mi basta la massima distanza che ho imposto tra me e questo strano ragazzo conosciuto in ospedale.
Non riesco ancora a capire perché abbia accettato il suo passaggio. Da quando sono entrata in quest'auto assurdamente profumata, è calato il silenzio; sto cercando anche di respirare piano per non udire il mio fiato, ma l'odore è talmente travolgente, che non riesco a non riempirmene i polmoni.
No, non è vainiglia, è più forte e molto più dolce... non so spiegarmelo. È un miscuglio tra patchouli e sandalo.
Certo che sono proprio una frana nel riconoscere un semplice profumo. 
<< Allora, sei tu la famosa commessa della libreria di mio zio? >> questa frase detta tutto d'un fiato spezza finalmente il silenzio durato minuti.
D'istinto, volgo lo sguardo verso il ragazzo che continua con serietà a guidare e a guardare la strada.
<< Sì >> rispondo con un sibilo, afferrando la maniglia dello sportello.
Adesso non mi verrà a dire che suo zio parla di me? Non ci crederebbe neanche una mosca. Il signor Gerard è sempre stato un tipo discreto e silenzioso, figuriamoci se si mette a parlare di una come me con suo nipote.
<< Ti vedo tesa... >> mormora lui rallentando l'andatura.
<< Davvero? >> chiedo con scherno che cerco di celare accuratamente. << Puoi fermarti. Sono arrivata >> mento spudoratamente. Non mi sento a mio agio in quest'auto, ma soprattutto, non mi sento a mio agio con lui. Lo strano profumo mi sta dando alla testa e le mia mente mi ordina di rimanere lucida, quindi la miglior soluzione è quella di continuare a piedi.
Il nipote del mio capo rallenta, scala di marcia e poi si ferma.
<< Grazie per il passaggio... >> mi affretto a dire aprendo lo sportello.
Il mio gesto, però, viene fermato da quello inaspettato del ragazzo, che mi afferra la spalla con forza, mi gira violentemente verso la sua direzione e m'inchioda tra il sedile e lo sportello. La sua vicinanza si fa estremamente pericolosa, riesco a sentire finanche il suo respiro sulla mia pelle.
I mei sensi sono tutti all'erta, il respiro è diventato più corto e gli occhi sono immobilizzati sui suoi oro fuso.
Mi sta guardando con sfida e non posso non ammettere che mi incute timore.
<< Ok, vediamo di farla finita. Veniamo al dunque, bambolina >> sussurra con voce sensuale e accenna un ghigno.
"Dunque?" mi chiedo incredula "Quale dunque? Cos'ha in mente? E... e poi... bambolina?... Dannazione, Audrey! Non dovevi assolutamente accettare il passaggio!".
Ora tremo.
<< Innanzitutto, devi dirmi che cosa vuoi da mio zio? >>
<< C-cos... >> provo a ribattere con un sibilo.
<< Soldi? Vuoi fregargli la libreria? Cosa vuoi?... Mio zio non ha mai avuto bisogno di nessuno. Perché adesso ci sei tu, qual è il vostro rapporto? >> parla tutto d'un fiato, togliendolo a me che, a dirla tutta, sono rimasta frastornata e anche incazzata.
Abbasso lo sguardo mentre lui, sospettoso per il mio gesto, poggia una mano sul finestrino per bloccarmi ogni via di fuga.
Non riesco a muovermi, ma la mia lingua prude, tanto da non poter trattenere l'amarezza che mi si è formata in bocca.
<< Lasciami andare... >> sibilo tremante di rabbia.
<< Cosa vuoi per stare alla larga da mio zio e dalla sua libreria? Soldi, o... >> s'interrompe spostando la mano dal finestrino per afferrarmi il mento e alzarlo verso il suo viso << ...sesso? >> chiede infine malizioso.
Quella parola è la goccia che fa traboccare il vaso. Gli afferro la cravatta, tirandola verso di me, avvicinandolo di più al mio viso, e sfoggiando lo sguardo più minaccioso che possiedo nella mia armeria, dico seria << Dei porci come te, io non me ne faccio nulla. Non permetterti mai più di dirmi una cosa del genere, intesi?! >>, dopodiché gli sferro una ginocchiata nello stomaco ed esco da quell'auto correndo il più velocemente possibile.
"Ma chi si crede di essere? Per chi diavolo mi ha presa?!... Non basta quell'idiota di Castiel a rovinarmi l'esistenza, doveva presentarsi anche questo pervertito!"
Ho la rabbia che mi sta attanagliando lo stomaco, per non parlare dei nervi: è come se fosse calato sui miei occhi un velo vermiglio, capace di annebbiarmi sia la vista, che la ragione.
"Al diavolo!"
Arrivo a casa come un uragano. Aisi si trova in cucina.
<< Audrey, cos'è successo? >> chiede incuriosita.
<< Non chiedermelo, ti prego! >> rispondo con voce stridula accompagnata dagli ansimi, poi senza aggiungere altro, mi chiudo in bagno e rimango appoggiata alla porta.
<< Aud, parlami per favore... a scuola hanno detto che hai picchiato Ambra. È vero? >>
La mia mente lascia perdere il nipote del signor Gerard, per ripescare ciò che è successo stamattina a scuola. Ritornano in mente alcune immagini: la mia rabbia sfogata su Ambra, l'offesa alla preside, la punizione data da quest'ultima, la pioggia, la doccia, io nuda, Castiel che mi aiuta e... l'approccio interrotto nella mia camera.
Che razza di sorella farebbe mai una cosa del genere? Ho difeso all'inizio Aisi dalle offese di quella stronza, per poi tradirla ancora una volta con il suo ragazzo.
"Vuoi che ti parli, Aisi? E cosa dovrei dirti? Che hai una sorella depravata!"
<< Aud, esci dal bagno, non farmi preoccupare! >>
Acconsento dopo qualche minuto. Non riesco a guardarla in faccia. Lei mi prende la mano e la porta alle sue labbra, sfiorandomi le nocche. Quel gesto m'impietrisce. Di scatto volgo lo sguardo su di lei rimanendo a fissarla allibita.
<< Aisi... >>
<< Rosalya mi ha detto tutto... Hai picchiato Ambra, per difendere me? >>
Mi sento stringere il cuore, mentre le lacrime minacciano di bruciarmi gli occhi per uscire. Mi mordo il labbro inferiore, deglutendo a fatica la verità.
<< Che punizione ti ha dato la preside? >>
Abbasso e scuoto la testa << Non potrò più andare all'università... >> singhiozzo disperata.
Sento che molla la mia mano, per poi abbracciarmi dopo qualche secondo. << Audrey, no! La... la borsa di studio... >> piange << Perché l'hai fatto? Non dovevi, non per me! >>
<< No, no! >> esclamo ricambiando il gesto << Non è stato a causa tua! Ho offeso la preside. Ti prego, non pensarlo nemmeno! >>
<< Mi dispiace, Audrey... >>, avvinghia le sue braccia intorno al mio corpo e affonda il suo viso nell'incavo del mio collo.
"Cosa può farmi più male di questo?"
 
***
 
La sera giunge in fretta.
Mi trovo nella mia camera alle prese con il phon. Dopo un bagno caldo e rigenerante, ho deciso di fregarmene delle minacce di quel pervertito del nipote del mio capo... com'è che si chiama?.. ah, sì... Viktor.
Voglio andare a trovare il signor Gerard in ospedale e portargli quel suo libro che desiderava leggere oggi.
Naturalmente, dovrò lottare contro la stizza per non raccontargli cosa è successo con quel bastardo.
Aisi si sta lavando. Deve uscire e, naturalmente, so benissimo con chi.
Nonostante la mia finta calma, sto cercando disperatamente di non ricordare l'evento con Castiel... "Ah! Che paranoia!"
Dopo aver finito, mi infilo il giubbino e busso alla porta del bagno. La voce di mia sorella risuona dall'altro lato interrompendo una canzoncina stonata.
<< Aisi, io vado all'ospedale! >> esclamo per domare il rumore del acqua che scroscia fuori dal doccino.
<< Ok! Ciao! >> la risposta giunge ovattata.
Prendo la borsa ed esco. L'ascensore è occupato, così, malvolentieri, decido di non aspettare e di scendere a piedi.
Non appena svolto l'angolo del pianerottolo del primo piano, sento un rumore di passi. Sta salendo qualcuno. Rallento, per non rischiare di scontrarmi, e quando giungo sul pianerottolo, la figura di Castiel si materializza dal nulla.
Mi fermo, lo guardo e sono incapace di proseguire. Lui si accorge di me dopo due gradini. Mi guarda e si blocca.
Cosa devo fare? Se non riesco a muovermi, almeno dovrei salutarlo. "Maledizione, Audrey! Fa' qualcosa!"
Paralizzata da quei pensieri, ci pensa lui a sbloccare la situazione: m'ignora completamente, come se non mi avesse vista, e salendo lentamente, mi passa di fianco, sfiorando la mia spalla con la sua.
Tremo, e per qualche istante sento le forze abbandonare il mio corpo, mentre il suo inebriante profumo di colonia, svolazza beffardo nell'aria fino a raggiungere le mie nari completamente indifese.
Scompare al piano di sopra, mentre io, senza fiato, mi appoggio al muro cercando di non cadere.
Perché? Dovrei sentirmi sollevata da questo suo comportamento, e invece non sento altro che dolore.
Mogia e come un ladro in fuga, sparato al fianco dalle guardie, mi reco al portone per uscire all'aria aperta.
Non appena fuori, i miei polmoni ritornano a respirare ed è come se fossi stata in apnea per interminabili minuti.
Mi mordo le labbra, incapace di mandar giù quel tagliente groppo che mi si è formato in gola.
"Ma che diavolo sto facendo?"
Scuoto la testa stringendomi nelle spalle inizio a camminare.
Mi sto dimenticando di Lysandro e questo va contro quello che gli ho detto tramite telefono. Devo chiamarlo, ho un assoluto bisogno di sentire la sua voce.
Estraggo il cellulare dalla tasca del giubbino, compongo il numero del ragazzo e aspetto che risponda.
Con mia sorpresa, la voce della segreteria mi avvisa che il suo numero è irraggiungibile.
Quest'ultima parola trafigge il mio cuore, infliggendomi una brutta sensazione.
"Non pensarci." Mi dico continuando a camminare per raggiungere l'ospedale.
 
***
 
Il signor Gerard sta parlando con un infermiere, sembra alquanto nervoso.
Anche se la porta è aperta, busso prima di entrare. Lo vedo mentre volge lo sguardo verso di me, e repentinamente la sua espressione cambia.
<< Audrey. Che piacere vederti! >> esclama mettendosi a sedere sul letto.
<< Signor Gerard, come vi sentite? >> chiedo entrando con aria sollevata.
<< Sto benissimo, ma a quanto pare il dottore pensa il contrario. >> risponde indicando la bottiglia della flebo con un gesto del capo.
Poggio la borsa su una sedia accanto al suo letto, l'apro ed estraggo il suo amato libro. Glielo porgo e non appena lo vede, i suoi occhi si spalancano come quelli di un bambino desideroso di dolciumi.
<< Oh, figliola, ti ringrazio! Mi stavo annoiando senza leggere. >>
<< Avrei dovuto portarvelo oggi pomeriggio, ma... ho avuto un contrattempo >> ripenso quello che è successo con suo nipote, e le ultime due parole mi escono come strozzate.
<< Non preoccuparti. Ti sto dando problemi, non è vero? >>
<< Oh, no! Ma che dite? >> scuoto la testa contrariata << Voi non siete un problema, signor Gerard! >>
<< Tu sei buona, Audrey >> sorride dolcemente. << E so che non menti >>
<< Signor Gerard, mi avete aiutata molto. Se non fosse per voi, a quest'ora non avrei neanche un tetto. >> ammetto con il cuore aperto. << Sono io che dovrei ringraziarvi... soprattutto... >> singhiozzo << ... soprattutto perché siete ancora vivo >>
<< Oh, Audrey, ti prego, non piangere. Mi fai stare male >> dice alzandosi dal letto e avvicinandosi con cautela per non farsi male con la flebo. Mi accarezza i capelli e poi mi abbraccia come fa un nonno con la propria nipote.
<< E tu che ci fai qui? >>, quella orami famigliare voce risuona nell'abitacolo in modo brusco. Gerard molla la presa, mentre io mi volto di scatto.
Viktor è sulla soglia, e regge in mano un mazzo di fiori colorati.
<< Viktor >> esclama sorpreso suo zio.
Il ragazzo ignora il richiamo dell'uomo e mantiene su di me quello sguardo torvo.
<< Come mai sei qui? >> chiede ancora Gerard ritornando sul letto.
<< Te l'ho detto oggi, no? >> risponde senza togliermi gli occhi di dosso. << Questa volta non mi manderai via. Starò con te, che tu lo voglia o no! >> aggiunge deciso, inoltrandosi nella stanza e andando a poggiare i fiori sul tavolo.
<< Non ho bisogno di nessuno! >> obbietta Gerard prendendo il libro e sfogliandolo per ritrovare la pagina da leggere.
<< Ah, sì? Allora cosa ci fa questa ragazzina? >> chiede Viktor, incrociando le braccia al petto e fissandomi dall'alto verso il basso, con una smorfia contrariata.
<< Questa ragazzina, si chiama Audrey, e che ti piaccia o no, è l'unica persona che tiene alla mia salute, per davvero >> enfatizza l'ultima parola.
<< L'avrei fatto anche io se me lo avessi permesso. >> ribatte il nipote.
<< Non ho voglia di litigare. >> dice calmo suo zio.
<< Neanche io. È solo che non sopporto la presenza di questa qui! >>
Trasalisco sentendomi nominata manco fossi il peggiore dei delinquenti.
Lo guardo in maniera minacciosa. "Ma cosa vuole questo stronzo? Dovrebbe ringraziarmi se non ho parlato con suo zio di ciò che ha voluto farmi oggi, in macchina."
Come Gerard, non ho voglia di litigare, così decido di girare i tacchi e andarmene.
<< Se non vi serve altro, io andrei, signor Gerard. >> dico con un filo di voce.
<< Non ascoltare quel che dice questo ragazzino viziato, Audrey. Non prendertela. >>
<< Non preoccupatevi, Gerard. Sono abituata ad avere a che fare con certe persone. >> rivelo alzando abbastanza il tono di voce per farmi sentire dal bastardo, il quale, irritato, punta le sue pepite d'oro su di me come a volermi strozzare con il solo sguardo.
<< Buonanotte >> concludo, ignorandolo e recandomi alla porta.
<< Aspetta, Audrey!.. Spero che penserai tu alla libreria in questi giorni. >>
Mi volto, guardando prima Viktor, che sta fulminando suo zio e poi quest'ultimo che sorride ignorandolo completamente.
<< Va bene... >> balbetto << ...come preferite >>
Esco.
Non appena fuori dall'ospedale, non ho neanche il tempo di ripensare a quel pervertito, che il mio cellulare si fa sentire da sotto la stoffa del giubbino. Con il cuore che mi martella in petto e il pensiero che possa essere Lysandro, rispondo senza guardare il numero.
<< Audrey, dove sei? >> è Rosalya e, stranamente, mi sento sollevata.
<< Rosa, sono nei pressi dell'ospedale. Oggi il signor Gerard si è sentito male >>
<< Resta lì. Ti raggiungo! >> dice sbrigativa.
<< Perché? È successo qualcosa? >> chiedo preoccupata.
Non risponde, chiude la chiamata senza neppure salutare.
Guardo incerta la schermata dello Smartphone.
“Che le prende?”
Facendo spallucce, infilo il telefono nella tasca e inizio ad incamminarmi verso una panchina vuota.
Dopo due passi, però, mi sento afferrare per un gomito.
Mi giro spaventata, e nel constatare di chi si tratta, la mia espressione cambia repentinamente, tralasciando rabbia da tutti i pori facciali.
<< Che cosa vuoi, ancora?! >> esclamo spazientita, mentre Viktor sorride malizioso.
<< Non penserai mica di potertela svignare in questo modo? >>
<< Ma cosa vuoi? >>
<< Primo: non azzardarti mai più a fare ciò che hai fatto oggi in macchina... >> esordisce stringendo la presa, << Secondo: non mi fido di te... >>
<< Nessuno ti ha chiesto niente! >> inveisco acida. Adesso mi ha davvero fatto saltare i nervi << Chi diavolo ti credi di essere? Se hai qualche problema con il tuo modo di socializzare con gli altri, beh... ti consiglio di farti visitare da qualche strizzacervelli! >>
Nel sentire queste mie parole, Viktor molla la presa e mi guarda sconcertato.
<< Non mi conosci neanche! Come diavolo fai a trattarmi in questo modo? >>
<< Certo che ti conosco... >> m'interrompe rivelando un ghigno beffardo << Io so tutto di te Audrey... >>
<< C-cosa? >> chiedo allibita.
<< Sei orfana di entrambi i genitori; vivi con tua sorella in un appartamentino comodo nelle vicinanze del parco; sei fidanzata con un certo Lysandro, che ti ha lasciata per seguire il suo sogno a Londra, anche se presto farà ritorno qui... >>
<< C-come diavolo..? >> la mia voce e soffocata, gli occhi sbarrati.
Lui continua con noncuranza << Nonostante tu lo ami, l'hai tradito con il suo miglior amico nonché tuo peggior nemico e soprattutto: fidanzato di tua sorella! >>
Il cuore mi scoppia in petto e un forte dolore si dirama in tutto il corpo. Come dannazione fa, quest'individuo, a sapere tutte queste cose su di me?
Lo vedo avvicinarsi come fa il predatore con la sua preda. Istintivamente mi trovo a indietreggiare completamente impaurita.
<< Non dirmi che hai paura? >> chiede intuendo la mia emozione.
<< Cosa vuoi da me? >> balbetto tremante << Come cavolo fai a sapere tutto questo? >>
<< Diciamo che ho possibilità che me lo permettono. Inoltre, so che desideri molto diventare insegnante di letteratura, e che purtroppo, per un offesa nei confronti della preside, ti sei giocata l'unico modo che possa permetterti di accedere all'università, senza spendere un soldo. >> rivela con una smorfia da sono-potente-e-non-lo-nascondo.
<< Ma... >>
<< Ora, mia cara bambolina, so anche che hai una fottuta paura che il tuo... tradimento, venga alla luce e che la dolce sorellina scopra tutto... quindi, se vuoi che questo segreto rimanga insabbiato e se vuoi riavere il tuo diritto alla borsa di studio, ti consiglio di fare tutto ciò che ti dirò >>
"Ma cosa diavolo vuole questo bastardo? Non sta succedendo, non a me! Queste situazioni accadono solo nei film o nei romanzi, che diavolo!"
<< Mi stai minacciando? >>
<< Non chiamarla minaccia!... Odio quella parola. Ti sto solo chiedendo un favore... >>
<< I favori non si chiedono in questa maniera! >> "stronzo!"
<< Non ne conosco altre, di maniere. >> sorride cinico.
<< Cosa vuoi? >>
<< Voglio che tu, tradisca ancora una volta il tuo ragazzo... e con me! >>
Eeeeh?!
Il pavimento sotto i miei piedi si frantuma aprendosi in un baratro.
Non riesco a credere alle mie orecchie, questo è impossibile.
“Questo maledetto mi ha davvero fatto una proposta, anzi, minaccia del genere? Ma perché mi chiede questo?”
Rimango a bocca aperta impossibilitata a poter continuare a respirare. Lo guardo con occhi sbarrati mentre lui regge il suo sorriso da bello e dannato, da io-sono-io-e-tu-non-sei-niente, e aspetta una mia risposta.
La mia reazione l'ha già avuta, ma sono le parole che non riescono a formularsi nella mia mente. Dovrei mandarlo a quel paese o ficcargli un calcio negli attributi, ma... sono impietrita e soprattutto scioccata.
Perché vuole ch'io faccia una cosa del genere. Cos'ha a che fare con quello che m'ha detto oggi in macchina?
<< Audrey! >>, sento a un tratto la voce di Rosalya  riecheggiare alle mie spalle.
Chiudo la bocca e deglutisco a fatica voltandomi verso la mia amica.
<< Menomale, mi hai aspettata! >> esclama fermandosi per riprendere fiato << Pensavo te ne fossi andata >> aggiunge guardando il maledetto.
<< Ehi, Aud... chi è questo fustaccio? >> chiede sottovoce avvicinandosi al mio orecchio per non farsi sentire.
Mi volto verso il fustaccio maledetto e mi accorgo che sta guardando la mia amica con interesse, poi senza che possa avere il disturbo di presentarlo, questo, lo fa da sé.
<< Sono Viktor, il nipote del padrone della libreria in cui lavora Audrey >> dice porgendole la mano.
<< Ah, molto piacere! >> esclama Rosa, accettando il gesto educato e volgendogli un sorriso a trentadue denti. << Io sono Rosalya, la sua migliore amica >>
<< Lo so >> risponde sbrigativo.
"Cazzo, sa anche questo?"
<< Oh! >> dice l'albina << Gli hai parlato di me? >> mi chiede.
Scuoto il capo ancora frastornata, ma Viktor mi contraddice esclamando "sì".
Lo guardo torva. Che intenzioni ha?
Si affianca a me e mi avvolge un braccio attorno alle spalle avvicinandomi a sé.
<< Audrey ed io... >>
“Dannazione devo fermarlo!”
<< Cosa volevi, Rosa? >> esclamo facendo una piroetta per distaccarmi dalla sua presa.
<< Ah, niente. Volevo discutere di oggi, a proposito della punizione... >>
Guardo di scatto Viktor, ricordando ciò che mi ha detto poco fa.
Lui ha la possibilità di farmi accedere ancora al concorso per la borsa di studio, ma ciò che vuole in cambio è a dir poco... deplorevole.
<< Torniamo a casa, Rosa. Ne parliamo lì >> mormoro, afferrandole la mano con supplica.
<< Ma il tuo amico? >> chiede lei volgendogli di sfuggito lo sguardo.
<< Non è mio amico >> rispondo riluttante.
<< Io andrei... >> interviene lui voltandosi verso l'ospedale. << ... Mi raccomando, Audrey... voglio una risposta. Pensaci bene. >> non mi guarda, ma le parole entrano perfettamente nel mio cuore infiammandolo di rabbia e anche di paura.
Dannato.
 
***
 
<< Audrey, per favore, cerca di rallentare! Sembra che stessi fuggendo da qualcosa! >>
“Non da qualcosa, Rosalya. Da qualcuno!”
La mia amica tira il braccio strattonandomi per farmi fermare.
<< Ma che ti prende? >> mi chiede poi, scuotendomi per le spalle.
La guardo e sul volto ho ancora l’espressione terrorizzata di pochi minuti fa. << I-io… >> balbetto ragionando sul dirle tutto o no.
<< Cosa è successo? >> chiede come se avesse intuito qualcosa. << non dirmi che i tuoi sentimenti sono cambiati, per quello schianto di ragazzo? >>
<< Non scherzare! >> esclamo riluttante.
<< Quando l’hai conosciuto? Non l’ho mai visto prima d’ora… >>
<< S’è per questo, neanch’io! E fidati… non avrei mai voluto conoscerlo… >> sibilo l’ultima frase fissando il vuoto al solo ricordo della minaccia.
<< Che cosa ti ha fatto? >> mi domanda allarmata.
Esito e cerco di divagare, ma so benissimo che con Rosalya non c’è storia. È talmente insistente che decido di parlare tutto d’un fiato.
<< Ok… so che di te mi posso fidare, quindi… quel fustaccio come lo chiami tu, mi ha minacciata! >>
<< C-cosa? >> scrolla le spalle e osservare la sua espressione, mi fa raccapricciare la pelle. << Una minaccia? >>
<< Quel bastardo sa tutto di me! >> esclamo disperata iniziando a camminare avanti e indietro.
<< Tutto… cosa? >>
<< Tutto, tutto! >> enfatizzo l’ultima parola per farmi capire senza che ne dessi spiegazione.
<< Con tutto, intendi anche… della festa? >> chiede azzardando. Annuisco. Mi guarda e sbarra ancora di più gli occhi << A-anche quello che successe dopo? >>
Annuisco ancora.
<< Oh, mio Dio! Ma come fa? >>
<< Non chiedermelo, perché lo sto già facendo io! >> rivelo passandomi una mano fra i capelli.
<< Audrey… cosa vuole? >> domanda seria.
<< V-vuole che tradisca… Lysandro. >> rispondo sgomenta.
<< Con… Castiel? >>
Scuoto la testa << Con lui. Se non dovessi accettare, direbbe tutto ad Aisi. E Lysandro sta tornando da Londra! >>
Vedo Rosalya barcollare, mentre le sue labbra tremano cercando di muoversi per sillabare qualche parola che non le esce.
<< Cosa faccio, Rosa. Aiutami! >> la supplico esasperata.
<< I-io non riesco ancora a capirne il motivo… ma torniamo a casa tua, vedremo sul da farsi. C’è sempre una soluzione a tutto. >>
Annuisco tirando su il naso, per scacciare via un singhiozzo presuntuoso.
Quanto vorrei avere la stessa forza di spirito che ha questa ragazza. Spero solo che abbia ragione. Devo trovare una soluzione, perché nel mio cuore sento che non voglio perdere Lysandro.
“Sì, davvero, sono confusa, ma so che stando con lui posso dimenticarmi di tutti i miei guai, di Castiel… ma… perché mi sento angosciata al solo pensiero di dimenticare quell’idiota?... ora basta! Devo concentrarmi sul da farsi”.
Giungiamo a casa mia in pochi minuti. Quando siamo davanti il pianerottolo, sento delle voci riecheggiare dall’interno. Rosalya ed io ci guardiamo. Aisi doveva uscire.
Spingo il pulsante del campanello, e dopo un po’ qualcuno viene ad aprirci.
È Castiel. Sta sorridendo, ma non appena mi vede, le sue labbra si disegnano in una linea dura e la mascella digrigna.
“Perché diavolo fa così? È casa mia! Dovrei avere io quell’espressione al solo guardarlo… mio Dio!”.
<< Cass, chi è? >> chiede mia sorella uscendo dalla cucina. << Ah, Audrey. Finalmente sei arrivata. Volevo chiamarti >>
<< Perché? >> domando chiudendo la porta.
<< C’è una sorpresa per te >>
Sono curiosa. Mia sorella mi fa cenno di entrare in cucina e non appena vi metto piede, l’immagine di Lysandro compare davanti la mia vista. Il mio cuore manca un battito e nonostante sia felice di rivederlo, sento che è ancora troppo presto. 
 
 
BAKA TIME: ciao Friends! Come vi è sembrato questo capitolo?
È il mio regalo di Pasqua!
Ringrazio tutte le lettrici/ori che mi seguono con pazienza. Purtroppo vado di fretta, quindi vi auguro Buone Feste, e vi ringrazio ancora.
Un abbraccio,
Iaiasdream
 

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Capitolo 14
*** Difficili decisioni ***


14° Capitolo: DIFFICILI DECISIONI
 
 
In TV stanno trasmettendo uno di quei programmi idioti che mandano in onda ogni qual volta termina un film interessante. La osservo attentamente, chiedendomi per quale motivo Aisi l’abbia accesa per poi toglierle l’audio.
Abbiamo finito di cenare pochi minuti fa. Rosalya è alle prese con un vero e proprio terzo grado nei confronti di Lysandro, il quale, seduto accanto a me, risponde a tutte le domande che la mia migliore amica sembra avere nel suo repertorio, come una sorta di scorta per le situazioni difficili da affrontare.
Con indifferenza ascolto la loro conversazione, mentre poste le mani sul tavolo, ho iniziato a giocherellare nervosamente con un pezzo di mollica. Sto agendo in questa maniera per il semplice motivo che difronte, ho la strafottente figura di Castiel, spaparanzato sulla sedia accanto a mia sorella.
Volgere lo sguardo verso il televisore, per me, è stato un azzardo, dato che non ho assolutissima intenzione di incrociare il suo volto.
No, non ho dimenticato il modo con il quale mi ha guardato ore fa, quando ci siamo incontrati per le scale di casa mia. E non posso neanche far finta che fra noi non ci sia stato niente.
Con questi pensieri, ritorno a sentirmi male nei confronti di mia sorella e del mio ragazzo, che adesso è qui vicino a me, in carne ed ossa.
È tornato, e a dirla tutta, non ne sono tanto contenta.
Stringo gli occhi, confusa da tutte le disavventure che mi sono attratta oggi, manco fossi fatta di calamita.
Per di più, al mio problema con l’idiota dai capelli rossi, si è aggiunta la minaccia del nipote del signor Gerard.
Sono nella merda. È l’unica cosa che vorrei veramente esclamare.
<< Quindi non è stato principalmente per Audrey, il motivo del tuo ritorno. >> sento Rosalya alzare la voce. Le rivolgo lo sguardo di scatto e mi accorgo che anche lei mi sta guardando. Solo che non riesco a capire cosa stia cercando di farmi capire.
Lysandro sorride, poi con dolcezza si volge verso di me e mi accarezza il viso. << Ero comunque ansioso di incontrarla. >> ammette catturandomi l’intera guancia con il palmo della sua mano.
Il suo tocco è morbido e caldo, ma mi fa trasalire, e non riesco a comprendere per quale arcano motivo, mi divincolo guardando Castiel, come se quel gesto possa avergli dato fastidio.
“Ma che diavolo sto facendo?” mi dico impaurita da me stessa.
Rosalya sembra essersi accorta della mia idiozia, così per congelare la situazione –dato anche lo sguardo inquisitore che il mio ragazzo mi ha lanciato-, esordisce con dei colpi di tosse e aggiunge << Allora, chi vuole il dolce? >>
<< Vado a prepararlo io! >> esclamo prontamente, alzandomi, senza dare il tempo agli altri di rispondere.
Entro nel cucinino e vago smarrita alla ricerca dei piatti, poi sento qualcuno arrivare dietro di me. Convinta che si tratti di Rosalya, non mi volto e mormoro: << Mi hai salvata Rosa… >>
<< Da che cosa? >> chiede una voce diversa da quella della mia amica.
Il cuore mi salta in gola, e un piatto mi scivola sul mobile, inondando la stanza di un rumore secco. Mi volto di scatto, con una mano poggiata sul petto, come a voler impedire all’organo pompante di fuoriuscire.
<< L-Lys… >>
<< Che cos’hai, Aud? >>, i suoi occhi eterocromatici sembrano volermi accusare di qualcosa.
<< N-nulla… >> balbetto incapace di riprendere la calma.
<< Non mentire. >> m’interrompe << è da quando mi hai visto, che ti stai comportando in modo strano. Non sei contenta del mio ritorno? >>
E a quel punto, aspettandomi una domanda del genere, l’unica cosa che mi viene da fare per istinto, è correre verso di lui, abbracciarlo e donargli le mie labbra.
<< Non dirlo mai più. >> mormoro con voce tremante, aspettando il sapore dei suoi baci.
“Sono una maledetta ipocrita!”
Lysandro mi sorride, poi ricambia l’abbraccio e soffiandomi sulle labbra un caldo ti amo, mi bacia con trasporto.
Assaporo quel momento come fosse la prima volta, ma sfortunatamente, di questa, non ne percepisco più quel sentimento provato all’inizio che ci conoscemmo. E mi viene da piangere, ma non posso farlo, non davanti a lui, è meglio che sia io sola a soffrirne.
A un tratto, il nostro approccio viene interrotto dall’entrata di qualcuno. Ci allontaniamo lentamente, e mi accorgo che Castiel si è avvicinato al lavandino per lasciare un bicchiere ancora colmo di aranciata.
<< Castiel! >> lo rimprovera Lysandro amichevolmente.
<< Ho interrotto qualcosa? >> chiede lui senza alcuna espressione beffarda nella voce e senza neppure guardarci.
<< Certo! >> risponde Lysandro sorridendo, credendo che il suo amico stia scherzando.
<< Ehi, ragazzi! Questo dolce arriva, o no? >> interviene mia sorella entrando nella stanza, tutta sorridente. << Castiel… >> continua << non abbiamo ancora finito. Perché hai portato via il tuo bicchiere? >>
Guardo il Rosso, come a voler aspettare una sua risposta, ma questo non dà soddisfazione, senza neanche guardare in volto Aisi, esce dal cucinino, ignorando la sua domanda.
<< Che brutto carattere. >> si lamenta mia sorella storcendo le labbra.
<< Non so come tu faccia a sopportarlo. >> esclama divertito Lysandro.
<< Ci sto facendo l’abitudine. >> e mentre loro continuano a scherzare sull’umore burbero di Castiel, la cosa migliore che faccio è riprendere a cercare i piatti per il dolce.
Sono ancora nervosa, il bacio non mi è servito poi a molto, ma non posso continuare in questa maniera. Devo pur cercare una soluzione senza rovinare i sentimenti di qualcuno.
 
***
 
La luna nel manto oscurato, gioca a nascondino con le nuvole nere, portatrici di tempesta. L’aria è umida e fredda e sento che molto presto pioverà. Ho accompagnato Lysandro fuori. Gli ho chiesto di rimanere a dormire da me, ma non ha voluto, aggiungendo che quando è arrivato si è precipitato a casa mia, senza avvisare suo fratello. Non ho insistito, e questo mio comportamento lo ha fatto insospettire ancora di più. Prima di andarsene, si è fermato, mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha preso per mano.
Ora lo sto guardando con quell’ansia nel cuore che sembra non avere intenzione di mollarmi tanto facilmente.
<< Audrey, tu mi stai nascondendo qualcosa, non è vero? >> mi chiede con voce sommessa.
Allarmata, libero la mia mano dalla sua << Ma che cosa stai dicendo? Come ti vengono in mente certe cose? >> e le mie parole escono alquanto incerte.
<< Solitamente avresti insistito fino allo sfinimento per farmi restare da te… saresti stata anche capace di farmi una scenata di gelosia. Adesso… non so… mi sembri strana. Cosa ti è successo? >>
Le sue parole colpiscono in pieno il mio cuore. << Lys, io… >> forse dovrei prendere una decisione definitiva, non posso continuare a ingannare tutti.
Sospiro profondamente, chiudendo gli occhi e quando li riapro, dico: << Lysandro… a scuola, mi hanno sospesa. >>
Perché non riesco a dirgli la verità? Non sono altro che una maledetta codarda.
<< S-stai dicendo sul serio?! >> esclama lui incredulo.
Annuisco.
<< Ma… come… perché? >>
<< Ho- ho… picchiato Ambra e mancato di rispetto nei confronti della preside. >> già mi immagino la sua occhiata contraria e accusatoria, e invece lo vedo rimanere a bocca aperta per poi sbottare in una risata divertita.
<< P-perché ridi? >> chiedo stranita.
<< Ma dài! Non ci posso credere. Tu che picchi Ambra? >>
<< Pensi che non ne sia capace? >> ribatto incrociando le braccia al petto in segno di offesa.
<< Beh, se non me l’avessi detto, non mi sarei mai aspettato una cosa del genere. >> spiega ricomponendosi e avvicinandosi a me. << è questo il motivo del tuo malumore? >> mi chiede accarezzandomi il viso.
Non rispondo perché non riesco a trovare il coraggio per mentirgli un’altra volta.
<< La Preside non ti ha soltanto sospesa, vero? >>
<< Ha eliminato la mia domanda per la borsa di studio. >> rispondo tutto d’un fiato.
<< Mi dispiace. >> mormora abbracciandomi forte.
<< Non potrò più seguire il mio sogno… >> sibilo iniziando a piangere silenziosamente.
<< A proposito di questo. >> riprende allontanandomi dal suo petto, con gentilezza. Mi asciugo gli occhi velocemente, poi lo ascolto con attenzione. << Ho una proposta da farti, e spero con tutto il cuore che non mi dirai di no. >>
 
***
 
Le prime luci dell’alba hanno fatto il loro ingresso con la loro solita eleganza, anche io ho aperto gli occhi, allontanandomi da un sogno confuso e spaventoso. Ho sognato la proposta fattami ieri sera da Lysandro; ricordo ancora le sua calda voce mentre mi chiedeva di partire con lui per Londra e continuare lì, gli studi di letteratura. Nell’inconscio però, qualcosa è andato storto: il suo viso ha preso varie forme; dapprima si è tramutato in quello della Preside che m’ha derisa dicendomi che non realizzerò mai i miei desideri, poi ha cambiato aspetto e mi sono vista venire contro una Ambra incavolata nera con dei lividi sul viso e il sangue che le colava dal naso, mentre con voce stridula gridava ai sette venti che ho ingannato tutti con il solo scopo di portarmi a letto Castiel; successivamente, l’area intorno a noi si è fatta buia e a un certo punto mi sono sentita sul corpo due mani che scorrevano vogliose, il buio dava spazio a un fascio di luce che illuminava il volto di Castiel, il quale sorrideva beffardo, mormorandomi in un orecchio << Hai tradito Lysandro con me. Non ti basto? Perché adesso vuoi anche Viktor? >>, ed infine il volto del nipote di Gerard si è delineato così repentinamente, e la sua voce mentre mi diceva di tradire Lysandro con lui, è rimbombata talmente forte d’avermi fatta svegliare di soprassalto.
Sono le cinque e trenta e anche se troppo presto, decido di alzarmi. Non andrò a scuola, così devo cercare qualche cosa da fare prima di andare ad aprire la libreria.
Aisi dorme ancora beata e non voglio destrarla, così, con fare molto silenzioso, mi reco in bagno per rinfrescarmi un po’ le idee, dopodiché vado a prepararmi una leggera colazione.
Quando termino il tutto, sono le sei passate; poiché mi sto annoiando a morte, so che non riuscirei a riaddormentarmi e ho una strana angoscia nello stomaco, per la prima volta in vita mia, decido di fare una passeggiata; così, senza aspettare oltre, indosso degli indumenti comodi ed esco silenziosamente.
L’aria è fredda, ma mi sta bene. Inizio a camminare guardandomi intorno come per stare attenta al pericolo.
Le strade non sono del tutto deserte, ma c’è comunque pace. Il cancello del parco è ancora chiuso. Afferro le sbarre e guardo oltre. C’è silenzio, ma per poco. A un certo punto, sento l’abbaiare di un cane provenire proprio da lì. Stranita, allungo il collo per vedere bene di chi si tratta; il guardiano apre alle sette, come fa ad esserci un cane? Mi chiedo curiosa. Come da risposta, vedo sbucare da dietro un albero una chioma rossa, due occhi grigi contenti e un sorriso radioso.
Castiel.
Le mie mani allentano lentamente il cancello, scendendo lungo i fianchi.
Mi ritrovo a fissare l’idiota, dicendomi che non l’ho mai visto sorridere in quel modo. Il cane è il suo. Giocano come due bambini e non posso far a meno di sorridere davanti a quella scena.
Quando Demon si accorge di me, cerco di trovare in fretta un qualcosa che possa nascondermi prima che anche il suo padrone mi veda.
Troppo tardi. I nostri occhi si incrociano, io mi blocco e lui fa altrettanto, ma non dura molto, dopo un po’ –convinta che si avvicini per burlarsi di me-, lo vedo attaccare il guinzaglio alla pettorina del suo cane e andarsene, ignorandomi completamente.
“Perché fai così?” Mi ritrovo a pensare senza accorgermi di aver afferrato le sbarre del cancello, come se volessi raggiungerlo.
Sento una strana sensazione in petto, tale da farmi male. La voglia di continuare a passeggiare, mi passa in un niente e con fare mogio, ritorno a casa.
Trovo Aisi intenta a prepararsi dei pancake. Sul tavolo ha poggiato il suo barattolo di nutella, gelosamente custodito nel suo armadio, in camera da letto.
Saluto. Lei si gira guardandomi con contrarietà.
<< Pensavo m’avessi preparato la colazione. >> chiede ritornando a controllare la cottura.
<< Avevo bisogno di prendere una boccata di aria fresca. >> rispondo, sedendomi al tavolo apparecchiato da un solo tazzone di latte.
Lei strabuzza gli occhi << E come mai, questo improvviso bisogno? >>
Faccio spallucce << Posso bere il tuo latte? >> chiedo afferrando il tazzone, senza aspettare la sua risposta.
<< Come vuoi… cosa farai oggi? >> riprende poco dopo, prendendo posto di fronte a me.
<< Aprirò la libreria. George è ancora in ospedale e mi ha chiesto di occuparmene. >>
Dopo quella risposta, segue il silenzio. Consumiamo la nostra colazione e quando terminiamo, Aisi riprende a parlare, dicendo: << Non è parso strano anche a te? >>
<< Cosa? >> chiedo sorseggiando dal tazzone.
<< Il comportamento di Castiel. >>
La goccia del latte mi va di traverso e per non soffocarmi, mi do qualche colpo sul petto, cercando di tossire il più lieve possibile.
<< Che vuoi dire? >> ribatto con voce soffocata.
<< Ieri sera, sembrava infastidito da qualcosa… per qualche istante ho pensato che ce l’avesse con Lysandro. >>
Devo subito trovare qualche parola che possa deviare questa pericolosa conversazione.
<< A proposito di Lysandro… >>, beh? Vai avanti, no?
Mia sorella si gira reggendo un piatto ricolmo di pancake, si siede e inizia a mangiare, guardandomi curiosa. << Che stavi dicendo? >> chiede spronandomi a continuare.
<< Ieri… mi ha fatto una proposta. >> rispondo spezzando le parole tra un respiro e l’altro.
<< Cosa? >>
<< Forse andrò… >>. Naturalmente vengo interrotta dal suono del citofono. Aisi si alza di scatto andando a rispondere e rientra in cucina con il volto deluso.
<< Chi è? >> le domando curiosa.
<< N-Nathaniel. >>
Sorpresa, mi alzo lasciando il tazzone mezzo vuoto sul tavolo. << Perché è qui? >>
<< Sta salendo. Ha detto che vuole parlare con te. >>, la risposta di mia sorella risuona infastidita, ma non me ne curo più di tanto; mi reco alla porta, aprendola, e aspettando che la figura del biondino compaia dalle scale.
“Perché si presenta a casa mia a quest’ora del mattino?”
Quando lo vedo arrivare, noto sul suo volto, un barlume di preoccupazione. Si accorge di me dopo aver messo piede sul pianerottolo.
<< Ciao Audrey. >> sorride.
<< Nathaniel, che ci fai qui? >>
<< Ho bisogno di parlarti. Potrei entrare? >>
Senza rispondere mi faccio da parte, accontentando la sua richiesta. Prima di farlo accomodare nel salottino, gli offro una tazza di caffè, ma lui rifiuta gentilmente dicendo che ha già fatto colazione; poi entra mia sorella, lo saluta con un sorriso imbarazzato e dopo aver ricevuto una risposta fredda dal delegato, ritorna in cucina.
<< Cosa c’è, Nathaniel? Perché sei venuto qui così presto? >>
<< Ti sto chiamando da ieri sera, ma sembra che il tuo numero sia irraggiungibile. >>
Abbasso lo sguardo mordendomi il labbro inferiore.
<< Sei ancora arrabbiata con me, per il fatto di mia sorella? >> chiede poi con un tono di supplica nella voce.
Scuoto la testa, guardandolo negli occhi. << No, Nathaniel. Mi è passato. >>
<< Ne sono felice. >> sorride dolcemente.
<< Anzi… >> aggiungo imbarazzata, << Vorrei scusarmi per ciò che ti ho detto e per come mi sono comportata. Non avrei dovuto arrabbiarmi anche con te. >>
<< Non importa. Sono abituato… >> m’interrompe facendo spallucce, << i guai di Ambra, trovano sempre una seconda strada, arrivando a me… purtroppo… >>
La sua voce diventa grave, e a quel punto inizio a preoccuparmi.
<< Questa volta, hanno raggiunto anche te. >> conclude sospirando.
<< Che vuoi dire? >>
<< Il fatto che tu l’abbia picchiata, ha adirato molto i miei genitori e loro… >>, e proprio sul più bello, il ragionamento viene interrotto dall’entrata di qualcuno. Il biondino si ferma volgendo gli occhi verso la porta. Sentiamo mia sorella parlare e poi fare il nome di Castiel.
Nathaniel mi guardo come se cercasse spiegazioni, come se volesse capire il motivo per il quale il rosso sia venuto qui, in casa mia. Ma io non gli do soddisfazioni, la mia mente è concentrata su quella notizia che stava per darmi e presa dall’ansia, esclamo: << Continua Nathaniel. Non tenermi sulle spine! >>
Lui trasalisce, poi con titubanza riprende a parlare << Hanno richiesto alla Shermansky di espellerti definitivamente dal liceo. >>
E come un rumoroso fulmine, la mia mente viene colpita inesorabilmente da quelle parole.
“Ti sei rovinata da sola, Audrey.” ripete la mia voce interiore risuonando angosciata.
<< Che cosa hai detto?! >> è la voce di Castiel a intervenire al posto mio. Nathaniel si alza dalla poltrona e ignorandolo si avvicina a me, s’inginocchia e porge una mano sul mio ginocchio.
<< Audrey… >>
Lo zittisco con un cenno della mano, poi mi alzo e senza aggiungere altro, raggiungo il bagno. Mentre sto per chiudere la porta, sento qualcosa fermare il gesto, colgo gli occhi verso il basso, accorgendomi che un paio di scarpe da ginnastica bloccano la chiusura. Alzo lo sguardo, e Castiel mi guarda con occhi ardenti di rabbia.
<< Che fai? Togli il piede! >> gli dico con voce rauca.
<< Perché? >>
<< Perché, cosa? >>
<< Non reagisci? >>
<< Castiel lasciami in pace. >>
Lui non mi ascolta: con un colpo secco spalanca la porta, che va a sbattere contro il muro e mi afferra per un braccio, facendomi uscire dall’abitacolo.
<< Ma che fai? >> chiedo cercando di non cadere a causa del suo brusco gesto.
<< Castiel! >> esclamano Nath e Aisi all’unisono.
<< Ehi, delegato... >> dice il rosso.
<< Che c’è? >>
<< Va’ dai tuoi genitori e di’ loro che a picchiare Ambra non è stato nessuno della scuola! >>
<< Ma Castiel, che stai dicendo? >> interviene mia sorella preoccupata.
Guardo il rosso con il fiato sospeso. << Che diavolo stai cercando di fare? >> chiedo incredula.
<< Sta’ zitta! >> mi ammonisce stringendo la presa.
<< Perché dovrei dire questo? >> chiede Nathaniel, l’unico rimasto impassibile a questa situazione.
<< Perché se non lo farai, andrò dalla preside e rivelerò il segreto di tua sorella! >>
Aisi ed io rimaniamo sconcertate e nello stesso momento, volgiamo gli occhi verso il delegato che sembra aver tramutato colore della pelle.
<< Quale segreto? >> chiede mia sorella, forse senza accorgersene.
<< Perché stai facendo questo? >> soggiunge Nathaniel stringendo i pugni.
<< Perché siamo stanchi di te, di tua sorella e della tua intera, fottuta famiglia! >>
<< Cass… >> prova a interromperlo Aisi.
<< Sta’ zitta!... sai bene perché Audrey l’ha picchiata, e s’è vero che ci tieni a lei… aiutala! >>
Nathaniel si avvicina minaccioso a lui << Non sei nessuno per venire a dirmi queste cose… >>
A quel punto, stanca di questa situazione, riesco a liberarmi dalla presa del rosso, anche se in maniera brusca e urlo: << Adesso basta! >>
I tre mi guardano ognuno con un’espressione diversa sul volto.
<< Nathaniel, tu non dirai niente. Se la Shermansky ha acconsentito a questa richiesta… io non posso farci nulla. >>
<< Ma sei idiota, o cosa? >> chiede il rosso praticamente incazzato.
<< Castiel, tu devi farti i cazzi tuoi! >> urlo tremante di rabbia. << Lasciatemi sola. Tutti! >> e senza aggiungere altro, mi chiudo in bagno scivolando in ginocchio per poi dar sfogo a lacrime amare appaiate da un pianto silenzioso.
Oltre quella porta, le urla di Castiel contro Nathaniel e quelle di mia sorella per farlo calmare continuano per un bel po’, ma non mi curo di loro; voglio cercare di non pensare più a questo, così, solo quando sento che il silenzio sia tornato a dominare l’ambiente, esco e mi preparo come se nulla fosse successo.
Tornando in cucina, noto sul tavolo un bigliettino lasciato da mia sorella.
 
Io vado a scuola. Nathaniel cercherà in tutti i modi di aiutarti.
In qualche modo, Castiel è riuscito a convincerlo.
Mi raccomando, non fare cazzate.
Ti voglio bene.
 
Le ultime tre parole mi fanno sorridere, poi sospirando a fondo, esco da casa. Percorso qualche metro, ricevo una chiamata da Lysandro.
<< Vorrei venire da te… >> dice con quella sua voce calda che riesce a calmare anche una tempesta.
<< Sto andando in biblioteca. Ti aspetto lì. >> rispondo con un sorriso.
Lo trovo davvero strabiliante il fatto che solo questo ragazzo riesca a tranquillizzarmi. È sempre stato così, fin da quando lo conobbi. Lysandro è tutto ciò che una donna possa desiderare e a quel pensiero un altro si fionda nella mia mente: come ho potuto solamente pensare di provare un sentimento forte per una persona che non sia lui? come ho potuto credere che senza di lui potessi stare bene?
<< Siamo in ritardo, eh? >>, quella voce infrange i miei pensieri, riportandomi bruscamente alla realtà.
Mi fermo, scuoto la testa e con gli occhi, vado alla ricerca dell’artefice di quelle parole.
No! Perché è qui?
Viktor, il nipote del signor Gerard, se ne sta appoggiato alla sua auto sportiva con le braccia incrociate e le gambe accavallate.
Un paio di occhiali da sole specchiati coprono il suo sguardo da oro fuso e i capelli corvini svolazzano al vento, donando all’intero volto un’immagine sensuale.
<< Non guardarmi come se volessi dire: “no, ancora tu?” >> sorride beffardo, allontanandosi dalla carrozzeria.
<< Che cosa ci fai qui? >> chiedo stringendo in pugno la tracolla della borsa.
<< Semplice visita. È da tanto che non vengo qui, ed ero curioso di vedere come fosse tramutato questo posto. >>
<< Non credo a una sola parola di quello che stai dicendo. >> rivelo tutto d’un fiato.
Lui mi guarda da sotto le lenti e sorride con strafottenza. Si avvicina ancor di più. << Non ti si può mentire, Audrey. Allora riformulo la frase: sono qui, per avere la tua risposta. >>
<< Di che stai pa- >>
<< Non fare finta di non ricordare! >>
Si riferisce a quella proposta sconcia. Questo scemo è davvero pazzo!
<< Allora? >> insiste.
<< Ma ti si è storto il cervello?! >> esclamo dopo aver perso la pazienza. << Non ci conosciamo, come puoi chiedermi una cosa simile?! >>
<< Cosa ha chiesto alla mia ragazza? >> risuona una voce famigliare dietro di me.
Mi volto di scatto incontrando la figura eternamente elegante di Lysandro, il quale si avvicina a me, cingendomi i fianchi con un braccio.
<< Finalmente ci incontriamo! >> interviene Viktor rivolto a lui.
<< Chi è lei? >> chiede quest’ultimo fissandolo con titubanza.
<< Sono il nipote di Gerard, e stavo chiedendo ad Audrey… >>
<< Mi stava chiedendo di tenere in custodia il negozio… da sola! >> intervengo, piazzandomi davanti al mio Lys.
<< Davvero? >> chiede lui scettico.
Le labbra di Viktor si piegano in un sorriso sghembo. << Diciamo che per il momento è così. >>
Stronzo!
<< Mi raccomando, Audrey. Pensaci. >>, poi riavvicinandosi alla sua auto, ci saluta con un cenno della mano e va via.
Trattengo il fiato e dopo che vedo scomparire il mezzo all’orizzonte, lo rilascio, sollevata.
<< Quel ragazzo… >> mormora a un tratto Lysandro.
Lo guardo preoccupata. << Cosa? >>
<< Mi sembra di averlo già visto da qualche altra parte, ma non ricordo dove. >>
Per fortuna che le sue strane amnesie alle volte sono d’aiuto. << L’ha detto. È il nipote del signor Gerard. >> rispondo, poi, sentendo un improvviso bisogno di sentire il suo calore, lo abbraccio.
Lui ricambia la mia presa stringendomi forte e accarezzandomi i capelli, mi bacia il capo.
Sollevo la testa offrendogli le labbra e prima di baciarmi, chiede: << Hai pensato a ciò che ti dissi ieri? >>
Esito, riabbasso la testa e appoggiando la tempia sul suo torace, chiudo gli occhi.
Dovrei dargli una risposta. Non posso continuare a rimandare, d'altronde, oltre mia sorella, cos’è che mi rimane in questo paese? Il mio futuro qui è stato frantumato da un mio sbaglio. Non ho più nulla.
Quando riapro le palpebre, mi ritrovo a guardare Castiel che se ne sta a qualche passo da noi e ci guarda con serietà.
A quel punto un’altra domanda si formula nella mia mente come un eco.
“Davvero non c’è più niente che possa legarti a questo paese?”
È un attimo, ma sento che il mio cuore abbia perso un battito. Allontano la testa dal petto di Lysandro e dopo aver continuato a guardare Castiel, mi giro verso il mio ragazzo, lo fisso intensamente nei suoi occhi ignari e sorridenti e con voce decisa, esclamo: << Sì Lys. Parto con te. >>
 
 



BAKA TIME: Come potete vedere, non sono morta! Sono in ritardo con questa storia, lo so, purtroppo non è nemmeno colpa mia. Gli impegni mi assillano.
Comunque volevo avvisare le stesse lettrici che passeranno di qui e avranno già letto la mia storia Diabolik Flirt. Avrete notato che non c’è più. L’ho cancellata, ma non definitivamente dal sito. Cambiando qualcosa, l’ho ripubblicata (scritta in maniera più decente) nel contesto CINQUANTA SFUMATURE DI… chiunque volesse passare per darci un’occhiata, la storia si intitola TENEBRE SULLA MIA PELLE.
Ritornando a noi, ringrazio tutte le lettrici/ori che seguono questa storia.
Grazie davvero.
Spero di non ritardare il prossimo capitolo.
Alla prossima!

 

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Capitolo 15
*** Per capire ciò che sento ***


15° Capitolo: PER CAPIRE CIO’ CHE SENTO
 
 


Ho lo sguardo fisso sul registro delle contabilità. I numeri che sono riportati con la penna nera, sembrano un insieme di linee aliene. Non sono affatto concentrata sul lavoro che, per ordine di Gerard, dovrei portare a termine. La mia mente vaga ancora al ricordo di qualche ora fa.
Castiel era lì, ci ha visti e forse ha anche ascoltato il discorso tra me e Lysandro.
Ma cosa dovrebbe importarmi questo? Anche se avesse sentito tutto, non è un motivo per cui dovrei preoccuparmi o farmi problemi; ed è anche inutile continuare a ripetermi all’infinito che io sto con Lysandro.
A riportarmi alla realtà e a distogliermi finalmente da questi pensieri angoscianti, è il rumore delle campanelle che annunciano l’entrata di qualcuno.
Scatto sulla sedia, chiudo istintivamente il registro e mi reco nell’altra sala, preparandomi ad accogliere il cliente.
<< Buonasera, posso esserle uti- >>, le ultime lettere le ingoio insieme alla saliva, non appena i miei occhi si sono poggiati sulla figura elegante di Nathaniel.
<< Ciao. >> esordisce sorridendomi.
<< C-ciao… >> rispondo ancora incerta. L’ultima volta che ci siamo visti, non è finita bene. E a causa dei guai in cui mi sono ficcata con sua sorella, l’ho congedato in maniera non molto gentile.
Però è strano: più mi ritrovo a maltrattarlo, più lui continua a venire da me.
<< Ti disturbo? >> chiede, volendo cercare di rompere il ghiaccio che con il mio silenzio ho creato, piazzandolo fra noi due.
Scuoto la testa, << Perché sei qui? >> aggiungo infilandomi le mani nelle tasche del cardigan.
<< Volevo sapere come stai… hai proprio deciso di non rispondere alle mie chiamate… >>
<< Non sto facendo molto caso al cellulare. Non credere che ce l’abbia con te. >> mi giustifico cercando di sorridere per rassicurarlo.
<< Meglio così, allora. >> risponde allentando i muscoli che fino ad ora ha tenuto contratti, forse per la tensione.
<< Sto bene, Nath. Non dovevi preoccuparti. >>, per me la discussione termina lì, e per fargli capire che desidero rimanere sola, mi reco dietro la mia postazione di lavoro e apro un libro, preso dal reparto che stavo ordinando giorni addietro.
<< Audrey… >> mi chiama a voce bassa.
<< Che c’è? >> chiedo indifferente senza rivolgergli lo sguardo.
<< Perché ti comporti in questo modo? >> ribatte indurendo il tono.
<< Come mi starei comportando? >>, questa volta alzo gli occhi.
Nathaniel si avvicina alla mia scrivania, piazzandosi difronte << Non puoi continuare ad odiarmi all’infinito… non a causa di mia sorella! >> esclama stringendo i pugni.
<< Io non ti odio… >>
<< Non mentire! È da ieri che sei diventata intrattabile! Se non è mia sorella, allora cosa c’è che non va? >>
Continuo a guardarlo, poi senza dargli alcuna risposta, mi alzo, chiudo il libro e mi allontano ignorandolo.
<< Aspetta! >> esclama afferrandomi per un braccio, << Rispondimi almeno! >>
<< Non ho niente da dirti, Nathaniel, e non capisco cosa vuoi da me… >>
Il delegato mi interrompe ancora una volta abbracciandomi da dietro. Con dolcezza, poggia le sue labbra sulla mia nuca e stringe la presa sulle spalle.
<< Nath che fai? Lasciami… >> cerco di dimenarmi per fargli mollare la presa, dal canto suo, non acconsente al mio volere, ma mi fa capire che non ha cattive intenzioni; mormora soltanto che vorrebbe rimanere così ancora per qualche istante.
Non ne capisco il motivo, ma acconsento senza ribellarmi, non curante che qualcuno –magari Lysandro- possa entrare da quella porta da un momento all’altro.
Del resto non stiamo facendo nulla di male.
<< Sai già che per te farei qualsiasi cosa. >> riprende alitandomi sul collo. << Sono qui per dirti che d’ora in poi andrà tutto bene… ho convinto mia sorella a dire la verità ai miei genitori… andranno a parlare domani con la Shermansky, e sono sicuro che potrai ritornare a scuola senza problemi; senza che mia sorella ti sia ancora di intralcio. >>
Nonostante quella notizia mi stia alleviando quel peso che mi opprime il cuore da due giorni, non posso dimenticare quello che ho deciso e promesso al mio ragazzo; così, deglutendo a fatica e sospirando, porto una mano sul braccio del biondino facendogli mollare dolcemente la presa.
<< Mi dispiace Nathaniel… >> mormoro con voce grave.
Lo vedo scrollare le spalle, lasciando le braccia penzoloni. << Che voi dire? >> chiede con un filo di voce. Gli si può leggere la paura sul volto, partendo dagli occhi che tiene sgranati.
<< Io ti ringrazio per ciò che hai fatto, davvero… ma ormai non c’è più nulla da fare. Voglio dire che presto partirò con Lysandro, per Londra.
Ed ecco il suo corpo irrigidirsi un’altra volta, stringe i pugni e inizia lievemente a tremare.
<< P-perché? >>
<< Lysandro m’ha detto che ci sono anche corsi avanzati di letteratura, e studiando lì, avrei più possibilità lavorative… >>
<< Ma tu… tu non puoi farlo! >>
<< Perché no? >>
<< Pensa a tua sorella. È minorenne, non puoi lasciarla qui da sola. >>
<< C’ho già pensato… Aisi verrà con me. >>
<< Venire con te, dove? >> la voce della diretta interessata, risuona curiosa da dietro le spalle del biondino, il quale si volta di scatto lasciandomi la visuale libera.
Non posso negare che l’entrata di Aisi mi ha presa davvero alla sprovvista e che per un momento mi sono maledetta per aver parlato, ma non avrei potuto continuare a mentirle fino al giorno della partenza.
<< Allora? Si può sapere di cosa state parlando? >>
 
 
<< Un momento! Che c’entro io in questa storia. >> gli occhi verdi di mia sorella si stanno per accendere d’ira mentre porge quella domanda.
So per certo che termineremo questa discussione nel peggiore dei modi, ma d’altronde, non si può tornare indietro.
<< Hai capito bene. Partiremo… >>
<< No! >> m’interrompe bruscamente, tagliando l’aria con un gesto netto del braccio << TU partirai! >>
<< Aisi… >>
<< Non prendere decisioni anche per me, è chiaro?! Non immischiarmi nei tuoi casini. Per quale motivo vuoi che venga a Londra con te? >>
<< Sei minorenne, non puoi rimanere qui da sola. >>
<< C’è zia Agata. Andrò da lei… >>
Scuoto il capo << Dimentichi che ci siamo allontanate da casa sua per non darle disturbo? Suo marito l’ha lasciata con due figli da crescere. Non arriva a fine mese, figuriamoci se debba accudire anche te… >>
<< Lavorerò! >>
<< Basta, Aisi. Non si discute. >>
<< Quante volte devo ripeterti che tu non sei mia madre! >>. Dopo quella frase detta con disprezzo, mia sorella si reca alla porta per andare via, ma Nathaniel, fortunatamente, la ferma in tempo, prendendola per un braccio.
Aisi rimane bloccata come se avesse ricevuto una scossa, mentre il biondino le dice di calmarsi. << Audrey ha ragione. >> aggiunge con voce sommessa.
<< Che ne sai tu? >> chiede Aisi piangendo, << Audrey ha sempre ragione… ma non si è mai chiesta di come mi senta? Non si è mai preoccupata dei miei sentimenti; secondo lei, dovrei dipendere sempre e soltanto dalle sue decisioni! >>, si gira verso Nathaniel. I suoi occhi sono due specchi d’acqua ormai traboccata, le guance purpuree e il corpo preda ai tremolii.
<< Aisi… >> provo ad avvicinarmi, ma lei mi ferma intimandomi di non farlo.
<< Tu vuoi stare con Lysandro, vero? >> chiede senza rivolgermi lo sguardo.
Esito nel rispondere, ma alla fine, consapevole di essere fissata dal delegato che sembra aver pensato la stessa cosa, annuisco scrollando le spalle.
<< Ed io voglio stare con Castiel. >>
Ed ecco quel colpo al cuore capace di soffocarmi l’anima. Castiel… è la prova inconfutabile che da quando è entrato a far parte della mia vita, da quella maledetta sera, le cose sono cambiate in una maniera che non riesco più a gestire.
Chiudo gli occhi, sospiro e dico: << Parlerò con zia Agata. >>
Aisi non aggiunge nulla; mollata dalla presa di Nathaniel, esce dal negozio, lasciandoci un’altra vota soli.
<< È davvero questo, quello che vuoi? >> chiede il biondino.
<< Nathaniel, finiamola qui. >> rispondo fredda, ritornando dietro la scrivania.
Segue un minuto di silenzio, durante il quale mi sono sentita osservare intensamente da lui.
<< Io ti amo. >> mormora afflitto.
Lo guardo, accorgendomi che lui fa altrettanto ma con espressione diversa dalla mia. << Non dirlo mai più. >>, sussurro con voce roca.
Nath se ne va, portando via con sé l’amara, evidente sconfitta.
Quando ho la consapevolezza di essere sola, nell’abitacolo silenzioso, l’unico rumore che mi aleggia intorno, è il mio spento respiro. Tremo, ho voglia di piangere, e presa da uno scatto d’ira, sbatto un pugno sul piano di legno, lanciando un grido soffocato.
 
 
Una falena gira intorno alla luce soffusa del lampione, il parco è ancora abitato: ci sono dei bambini che giocano a campana, mentre i rispettivi genitori parlottano della loro giornata trascorsa tra casa e lavoro; più in là, il custode parla con un vecchietto e gesticola in modo esagerato.
In compagnia della mia angoscia, mi sono seduta su una panchina e aspetto.
Cosa?
Nulla.
Il mio corpo pare essersi coalizzato contro di me, impedendomi di muovere ancora le gambe; mi sento terribilmente stanca e sconsolata. La mia vita sembra essersi tramutata in qualcosa di davvero esasperante. Odio me stessa, e invidio il carattere di mia sorella. Lei, almeno, ha saputo prendere e difendere le sue decisioni, senza starci a girare intorno e senza rimuginare su eventuali sbagli.
Siamo sorelle, mi son detta, e allora perché non sono come lei?
Sbuffo scuotendo la testa. Perché mi faccio queste assurde domande?
A un tratto squilla il cellulare. Con estrema lentezza lo estraggo dalla tasca del giubbino. << Rosa… >> rispondo subito dopo.
<< Dove sei? >>
<< Al parco… >>
<< Aspettami lì. Sono subito da te. Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno. >>
Come il suo solito, Rosalya non mi dà il tempo di ribattere che chiude in fretta la chiamata. Mi ritrovo a guardare la schermata del cellulare mentre ritorna in standby, e a sbuffare ancora una volta scocciata. Non ho voglia di sentire niente e nessuno. Potrei alzarmi e ritornarmene a casa, ma il mio senso di amicizia nei confronti della ragazza che tutti gli uomini desiderano avere e che tutte le ragazze vogliono essere, mi incatena su quella panchina come se fosse colla. Dopo qualche minuto, Rosalya si presenta senza salutare, si siede accanto a me, poggia la sua testa sulla mia spalla e, come da copione, aspetta che le chieda cos’ha.
Seguo quella pièce e la sua risposta giunge poco dopo.
<< Ho voglia di piangere. >>
<< Perché? >> chiedo curiosa, anche se ho un dubbio.
<< Leigh mi ha lasciata… >>
Sospiro dispiaciuta. << La fioraia, vero? >>, fisso i bambini che adesso stanno litigando perche uno di loro è deciso a cambiare gioco, e gli altri non dono d’accordo.
Rosa si distacca dalla mia spalla e stiracchiandosi le gambe, ammette: << La fioraia. >>
<< Mi dispiace… >> è l’unica cosa che riesco a dire.
<< Abbiamo sbagliato in due. L’unica cosa che non sopporto, però, è che avrebbe dovuto dirmi dall’inizio che non mi amava più… ma del resto, non m’importa più di tanto. Alla fine dei conti non ho perso tempo a tradirlo con Castiel e se l’ho fatto, significa che non lo amavo… >>
Perché quelle sue parole sembrano uscire dalla mia bocca ma con una voce diversa? Rosalya sta parlando della sua storia con Leigh, o di me?
<< Ehi, Aud… cos’hai? >>
<< Perché penso che il tuo ragionamento sia giusto? >>
<< Che stai dicendo? >>
<< Rosalya, io… ho deciso di partire con Lysandro per Londra… >>
<< Che cosa? Perché? >> chiede alzandosi di scatto dalla panchina.
<< Non è questo il punto… >>, inizio a singhiozzare senza guardarla in faccia.
<< Audrey spiegati meglio. Non ci sto capendo niente. >>
<< I-io non sono sicura di volerlo fare… si ho accettato, ma dentro di me sento… >> finalmente incrocio i suoi occhi indagatori, e ho paura… ho paura di continuare la frase, ma non per lei; per me.
<< Aiutami Rosalya! >> esclamo abbracciandola e stringendola forte.
<< Tu… sei innamorata di Castiel, vero? >> chiede esitando nel condividere l’abbraccio.
<< Sono confusa… sento di amare Lysandro… ma Castiel… >> biascico tra un singhiozzo e l’altro.
<< Allora, perché non vai a parlargli e vi chiarite? >>
Mi allontano lentamente per incontrare il suo volto e lei porta una mano sul mio per raccogliere le mie lacrime. << Così, capirai i tuoi sentimenti. >> aggiunge con un sorriso gentile.
Sorrido a mia volta ringraziandola, << Rosa, scusami per non averti consolata come volevi. >> a poco a poco riesco a rendermi conto che ogni qualvolta mi trovo con lei, i nostri ragionamenti terminano sempre con lo sfogo sui miei problemi, con la fortuna che Rosalya, invece di incazzarsi e mandarmi a quel paese, mi ascolta e consiglia.
Mi sento un’egoista e una cattiva amica nei suoi confronti; lei però mi fa comprendere che questi miei pensieri sono solo frutto della mia immaginazione, mentre la verità è che, aiutarmi, è diventata una sua priorità.
<< Hai bisogno di mettere un la parola fine a questa confusione… >> mormora abbracciandomi << …non preoccuparti per me, la mia storia d’amore con Leigh non sarebbe comunque durata, in un modo o nell’altro, e del resto, a me va bene così. >>
Prima di dividerci, Rosalya si offre per accompagnarmi fino a casa del Rosso, convinta che a quell’ora si trovi lì, mentre io spero con tutto il cuore di trovarlo da solo e non in compagnia di mia sorella.
La ferirò. Mi dico ripensando alle parole di Aisi. Ne sono pienamente convinta, ma non posso continuare a impazzire per queste sensazioni che appesantiscono il mio cuore.
La casa di Castiel è vicina, e ogni passo che faccio per avvicinarmi ad essa, diventa più corto e pericoloso.
Ci fermiamo; sto stringendo la mano della mia amica e non accenno a mollarla.
<< Ehi, va tutto bene. >> mi rassicura accarezzandomi il palmo.
<< Ho paura… quest’azione porterà sicuramente a una conseguenza ed io… >>
<< Aud ascoltami, per il momento non ci pensare. Inizia con l’affrontare i tuoi sentimenti, ok? >>
Annuisco ringraziandola ancora, poi lasciata la sua mano, mi avvicino al portone. Osservo la tastiera dove sono elencati tutti gli inquilini del palazzo e quando trovo il cognome che mi interessa, suono con esitazione.
Attendo interminabili minuti, alla fine, arresami all’evidenza che in casa non ci sia nessuno, scrollo le spalle per ritornare indietro, ma la conosciuta voce calda e sensuale di Castiel, risuona dall’altoparlante.
<< C-Castiel… >>
<< Audrey? >> chiede, sicuramente, basito nell’aspettarsi la mia visita.
<< Sì, sono io… >>
<< Cosa vuoi? >>, sembra tornato indifferente, come se avesse risposto al postino o a un qualunque sconosciuto.
<< Io… vorrei parlarti. >>
<< Sto uscendo… >>
<< Solo pochi minuti. >> lo interrompo senza rendermene conto.
Silenzio. La sua risposta giunge dalla serratura del portone che si sblocca con un rumore gracchiante.
Prima di scomparire nel buio dell’androne, volgo un ultimo sguardo a Rosalya, la quale mi sorride incitandomi di continuare, infine entro.
Castiel abita al terzo di sei piani, e anche se pochi gradini, decido di prendere l’ascensore per non rubargli altro tempo.
Quando le porte si aprono appaiate da un suono di campana, mi ritrovo di fronte la porta semiaperta dell’appartamento del Rosso.
I battiti del mio cuore salgono su per la gola, quasi soffocandomi; il corpo è tutto un fremito e non so davvero quale forza stia facendo muovere le mie gambe.
Per un attimo, lascio la mia mente immaginare che cosa possa succedere se dovessimo renderci conto di provare gli stessi sentimenti, ed essendo più forte di me, non posso non pensare al sesso.
Sono una poco di buono, lo so perfettamente. So anche che sto continuando a fare del male a Lysandro e a mia sorella… ma come faccio a non pensare che la prima a soffrirne sono io? È per questo che gli altri non stanno contando più nulla in questo momento.
<< Permesso? >> chiedo con voce tremante, dando alcuni colpetti alla porta, con le nocche. Non risponde nessuno. << C-Castiel? >> cerco di esclamare in preda all’ansia.
Niente.
Mi guardo intorno accorgendomi di aver sempre immaginato casa sua come un perfetto bordello: disordinata e puzzolente; invece… cavolo, è più assettato della mia stanza. L’aria odora di colonia, e riempendomi le narici, riconosco lo stesso aroma che mi colpì il giorno del compleanno di Rosa.
È inconfondibile, mi dico.
<< Castiel, ci sei? >> ripeto accennando qualche passo in avanti.
Il rosso continua a giocare a nascondino e dopo qualche secondo, invece di uscire lui allo scoperto, un’altra figura si mostra davanti ai miei occhi facendomi scrollare le spalle, allibita.

 

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Capitolo 16
*** Sentimenti sbagliati ***


16° Capitolo: SENTIMENTI SBAGLIATI
 


“Sì, è lei!” mi ripeto ancora incredula di ciò che i miei occhi stanno guardando. La persona che è apparsa al posto di Castiel, è la stessa che uscì dalla libreria del signor Gerard, il giorno in cui lo trovai disteso sul pavimento del suo studio.
Ma che cosa ci fa questa donna in casa del Rosso?
Mentre mi ripeto questa frase, la osservo dalla testa ai piedi e mi accorgo che sotto il cappotto appoggiato sulle spalle, la camicetta di seta è sbottonata e permette di intravedere il tessuto del reggiseno.
Ha il viso arrossato e le labbra dischiuse; gli occhi lucidi. Sembra stia piangendo.
<< Con permesso… >> sibila passandomi di fianco e uscendo dall’appartamento.
Rimango ancora frastornata senza rendermi conto che il padrone di casa è apparso da non so dove e mi sta osservando con un’espressione fredda e indifferente.
<< Che cosa sei venuta a fare qui? >> chiede bruscamente, riportandomi in tal modo alla realtà.
Tutt’a un tratto mi sento smarrita; senza possibilità che possa rispondergli.
Un’unica domanda continua ad assillarmi la mente: “Chi è quella donna e cosa ci faceva qui con te?”, ma non posso esprimerla, non voglio che capisca ciò che sto provando.
Nonostante sia venuta qui per cercare di comprendere i miei sentimenti, non riesco a spiegarmi il motivo di questa mia assurda ostinazione.
Perché è così difficile?
<< Allora, si può sapere che cosa vuoi? Ti ho già detto che non ho molto tempo! >> mi sprona infastidito.
<< I-io non… >> vorrei dirgli che non so più perché sono venuta da lui, ma m’interrompe cambiando repentinamente atteggiamento.
<< Forse ho capito… hai pensato che prima di battere in ritirata, ti avrebbe fatto comodo rifarlo un’ultima volta con me! >>
Quelle frasi escono dalla sua bocca più strafottenti del solito, e non posso negare che mi stanno facendo male.
Perché fa così?
<< Ma che stai dicendo? >> chiedo facendogli notare il mio stato d’animo.
<< Se vuoi, ti accontento subito! >> aggiunge sfilandosi la maglietta di dosso e mostrando il suo perfetto busto.
<< Castiel, che stai facendo? >>
Sembra non ascoltare quello che sto dicendo, e come una furia, mi afferra per un polso trascinandomi con sé, nel salottino adiacente al disimpegno in cui eravamo fino ad ora, e mi scaraventa sul divano con una forza mostruosa, per poi mettersi a cavalcioni su di me. Gli permetto tutto questo solo fino a quando non cerca di sbottonarmi la cinta dei pantaloni. In fine, qualcosa –forse il buon senso- dà l’allarme e mi fa agire.
Fortunatamente riesco a respingerlo via, anche se dopo un po’ mi rendo conto che lui non ha messo forza per resistermi.
<< Che cazzo stai facendo?! >> urlo alzandomi dal divano; gli occhi che sembrano bruciare a causa delle lacrime.
Lo vedo rimettersi in piedi e sorridere maligno. Sta perfino ansimando. << Che c’è? Hai bisogno dei preliminari? Eppure dovresti sapere che non sono il tipo che fa tante smancerie… quella sera ti piacque. >>
<< Sta’ zitto! >> grido con voce resa stridula dai tremiti di angoscia e rebbia messi insieme.
<< E ti incazzi pure. >> beffeggia, passandosi una mano tra i capelli.
Rimaniamo a fissarci in silenzio per qualche secondo, poi lui stesso riprende a parlare e cancella sua strafottenza come si fa con i ricordi che non hanno valore.
<< Se pensavi che avvisandomi della tua partenza, mi sarebbe importato qualcosa, beh… t’informo che hai solo perso tempo. >> rivela cinico, freddandomi all’istante. << Non mi frega un cazzo di te e delle tue decisioni. Per me, puoi anche andartene all’inferno. >>
E quelle parole, sono come veleno per il mio cuore. Rimango per qualche istante ferma e muta, poi permettendo agli occhi di dar sfogo a ciò che ho trattenuto fino ad ora, abbasso la testa scuotendola e con un filo di voce, dico: << Come… come ho potuto, anche solo per un secondo, mettere in dubbio i miei sentimenti per uno come te? >> e senza guardarlo in faccia scappo via.
Piango come una bambina, coprendomi il volto alla vista dei passanti.
Castiel mi ha fatto male al cuore; mi ha offesa nel profondo dell’anima; adesso ho ben chiaro cosa sento per lui, nient’altro che disprezzo e… odio.
<< Ti detesto… >> continuo a sussurrare tra i singhiozzi e gli ansimi della corsa.
Dopo qualche minuto, mi fermo esausta davanti a un negozio di animali. Mi appoggio alla vetrina strofinandomi gli occhi per cancellare quelle assurde lacrime.
<< Guarda un po’ chi c’è? >> interviene una voce alquanto familiare a pochi passi da me. Di botto alzo la testa per guardare di chi si tratta e quando i miei occhi incrociano, il volto sorridente e presuntuoso di Vicktor, la prima cosa che mi viene in mente di fare, è allontanarmi il più in fretta possibile, ignorandolo. Sfortunatamente lui sembra non aver capito le mie intenzioni.
<< Ehi, che fai, scappi? >>
Non rispondo e alzo il passo, purtroppo dopo alcuni passi, mi sento afferra per un braccio. Sapendo che si tratta di lui, non mi volto e gli intimo di lasciarmi andare.
<< Perché stai piangendo? >> chiede con voce seria. Troppo seria per i miei gusti. Strattono il braccio perché comprenda, ma, più forte di me, usa a suo favore quel movimento, per voltarmi verso la sua direzione.
<< Guardami Aud! >>
I miei occhi mi ingannano e si mostrano al suo sguardo inquisitore.
<< Che cosa ti è successo? >>
<< Non sono affari che ti riguardano. Lasciami andare. >> esclamo con voce tremante.
<< Non essere stupida! >> detto questo, mi tiene ben stretta la mano e dopo aver sbuffato un “ho capito.” Mi trascina con sé, rendendomi impossibile la via di fuga.
Stranamente non mi ribello più, eppure dovrei uscire gli artigli, soprattutto con lui. Ma forse perché sono stanca di comportarmi in questa maniera. Sono stanca di tutto.
Gli permetto di guidarmi e quando sto per entrare nella sua auto, scorgo in lontananza, l’immagine esterrefatta e contrariata di Rosalya.
 
 
<< Tieni, prendi >> Viktor mi offre una tazza fumante, per poi sedersi di fronte a me.
<< Non lo voglio. >> replico, come fanno le bambine capricciose, allontanando da me quella bevanda dal profumo di bosco.
<< Bevi! >> mi ordina con autorità, dopo aver osservato la mia mossa.
<< No! >> esclamo, attirando su di noi i pochi clienti del bar.
<< Te l’hanno mai detto che sei detestabile? >> chiede cercando di nascondere il suo fastidio con un sorriso sghembo.
<< Non capita quasi mai di ritrovarmi a bere uno strano intruglio con la persona che fino a qualche giorno fa, voleva, per arcana ragione, portarmi a letto. >> dico lanciandogli uno sguardo fulminante.
Viktor sbuffa un altro sorriso << E hai anche la lingua più biforcuta di un serpente. >> aggiunge afferrando una bustina di stevia. << Ma dovresti capire, che voglio solo aiutarti. >>
<< Non ho bisogno di nessuno, specialmente del tuo aiuto. >>
<< Fortunatamente per te, almeno per oggi, ho accantonato le mie intenzioni… quindi, dovresti prendere quella tazza e ringraziarmi per avertela offerta. >>
A un tratto un pensiero fugace sovrasta i miei pensieri, sorrido, guardo il contenitore di porcellana fumante e lo riavvicino a me, giocandoci con le dita. << Quindi, secondo te, dovrei prendere questa tazza e rovesciartela in pieno volto, facendoti fare una figuraccia davanti a tutte queste persone. Aggiungendo che sei un farabutto e pervertito. >> lo guardo con un’evidente espressione di sfida negli occhi.
Lui rimane basito per qualche secondo, poi lascia la sua tazzina nell’apposito piattino e senza cancellare quella beffarda ilarità, mormora << Ora, dovrei incazzarmi. >>
Sollevo un sopracciglio. << Non affaticarti, potresti semplicemente lasciarmi in pace. >> soggiungo poggiandomi sullo schienale della sedia.
<< Non riesco ancora a capire cosa Gerard ci trovi di tanto speciale in una come te. Nonostante questo, che tu lo voglia o no, io avrò ciò che desidero. Dovessi involontariamente farti innamorare di me… >>
<< Mi dispiace per te, ma credo che il tuo piano diabolico non vedrà mai la luce del sole. >>
Mi alzo, rimettendomi il giubbino e senza salutarlo, mi volto aggiungendo solo che presto non lo rivedrò più, poi me ne vado.
Uscita fuori dal locale, mi libero della mia frustrazione sbuffando rumorosamente. << Ci mancava anche lui, adesso >> sibilo passandomi una mano sugli occhi e preparandomi ad attraversare, ma qualcuno alle mie spalle mi ferma afferrandomi per il giubbino. Convinta che si tratti di Viktor mi preparo a voltarmi verso di lui con aria minacciosa, ma appena mi accingo a farlo, gli occhi dorati della mia migliore amica, sovrastano le mie intenzioni. Evidentemente è incazzata.
<< Rosa? >>
<< Si può sapere che cavolo stai combinando?! >> esclama confermando i miei dubbi.
<< Che stai dicendo? >>
<< Ti ho lasciata a casa di Castiel e ti ritrovo a salire in macchina con un estraneo? Che intenzioni hai? >>
<< Non è un estraneo, è il nipote del signor Gerard. >> mi meraviglio di me stessa. Detesto quel ragazzo e lo sto giustificando? Ho davvero toccato il fondo.
<< Questo non giustifica il fatto che ti stai comportando in maniera strana! >> urla gesticolando nervosamente.
<< Rosa, per favore, cambiamo discorso… >>
<< No! Voglio sapere che cosa è successo con Castiel? >>
<< Non è successo niente! >> rispondo alzando il tono di voce e tagliando l’aria con un gesto brusco del braccio.
Rosalya mi guarda basita.
<< E non succederà mai nulla! >> aggiungo trattenendo le lacrime. << Non ce l’ho fatta, ok? Non sono entrata in casa sua, perché in quel preciso istante mi sono resa conto che oltre a Lysandro, nel mio cuore non potrà mai esserci nessuno… nemmeno lui. >> l’ultima frase mi esce incrinata dal pianto. D’istinto, mi copro gli occhi per poi stringere il setto nasale così da evitare la fuoriuscita di un singhiozzo.
<< Audrey… >>
<< Basta, Rosa. Chiudiamo questo maledetto discorso e pensiamo ad altro. >>
<< Ma quindi… questo vuol dire che… >>
<< Partirò. >> rivelo dopo aver annuito.
Il silenzio che piomba dopo quella parola, viene interrotto dalla persona che mi ha portata in quel bar. << Che cosa stai dicendo? >> chiede rivelandosi alla nostra presenza, con le mani incrociate sul petto e un cipiglio disegnato sul suo volto carico di disapprovazione. L’unica a trasalire per la sorpresa è Rosalya, che si volta di scatto verso di lui pietrificandosi.
<< Me ne ritorno a casa, Rosa. Sono stanca >> sospiro, ignorandolo.
<< Aspetta… >> prova a fermarmi lei.
<< Tu non vai da nessuna parte! >> la interrompe Viktor avvicinandosi a me.
<< Viktor, piantala. >> lo avviso con voce bassa.
<< Mi devi spiegare. >>
<< Perché? >>
<< Perché ho il diritto di sapere che cosa fanno le persone che lavorano per me. >>
<< Io non lavoro per te. La libreria è ancora di Gerard. >>
<< Gerard è mio zio… >>
<< Basta! >> urlo attirando l’attenzione dei passanti. << Lasciami in pace. >> dopodiché mi allontano ignorando volutamente i richiami della mia amica.
 
 
<< Lys… >> rispondo alla sua chiamata solo dopo essermi schiarita la voce.
<< Ehi, sono passato da casa tua, ma a quanto pare non c’è ancora nessuno. >>
<< Non c’è Aisi? >> chiedo rivolgendo le mie preoccupazioni verso quest’ultima.
<< No. Sono le ventidue e trenta, perché non sei a casa tua? Mi hai fatto preoccupare. >>
<< Ho… fatto tardi al lavoro. Arrivo subito. >> mento in maniera incerta. Lysandro odia le persone bugiarde, ma non riesco ancora ad essere sincera, nemmeno con me stessa.
<< Ti aspetto >> riaggancia.
Osservo il cellulare e lo rimetto in tasca dopo aver mugugnato qualcosa di incomprensibile anche per me; poi però, lo estraggo componendo il numero di mia sorella. Non mi risponde e questo è davvero strano. Anche se litighiamo spesso, non si è mai permessa a farmi questo tipo di dispetti. Provo a richiamarla. Niente. All’ennesima prova, inizio ad avere paura. L’unica persona con cui potrebbe stare insieme è Castiel, ma non ho assolutamente intenzione di rivolgergli la parola e chiedergli aiuto. So che non è un comportamento consono a questa situazione, ma non nego che è più forte di me.
Sì, sono orgogliosa fino al punto di ignorare chi mi sta a cuore. Dovrei vergognarmene, ma le sue offese continuano a ferirmi ed è in questo preciso istante che mi viene in mente un’idea.
Aisi non vuole seguirmi perché vuole restare con quel maledetto, ma se le dicessi la verità, lei cambierebbe idea. Non mi va più il pensiero di saperla sola con quel bastardo al quale non importa nulla dei sentimenti prova per lui.
No. Ho deciso. Non m’importa delle conseguenze, ma devo dirle tutto.
Ricompongo il numero e non appena sfioro il simbolo della cornetta verde, la schermata cambia immagine rivelando che mia sorella mi sta chiamando. Rispondo subito.
<< Aud. >>
<< Aisi, dove sei? >> chiedo allarmata.
<< A casa. >> risponde singhiozzando.
<< Ma che cosa è successo? >>
<< Castiel… >>
<< Cosa? >> la sento piangere << Che cosa ti ha fatto quel bastardo? >> esclamo senza rendermene conto.
<< Mi… mi… ha lasciata… >>
Il mio cuore perde un battito sgretolando quella sensazione di rabbia che ho creato nei confronti dell’idiota.

 

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