destini incrociati

di ChiaraBJ
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il piccolo Ben ***
Capitolo 2: *** Il badge ***
Capitolo 3: *** Zona brevetti ***
Capitolo 4: *** Alex ***
Capitolo 5: *** Un cuore a pezzi ***
Capitolo 6: *** Così vicini, così lontani ***
Capitolo 7: *** Delusione infinita ***
Capitolo 8: *** Indagini a tutto campo ***
Capitolo 9: *** Aiutami, liberami! ***
Capitolo 10: *** Suor Maria ***
Capitolo 11: *** Laura Brawn ***
Capitolo 12: *** Helga e Konrad Jager ***
Capitolo 13: *** Rancore e rabbia ***
Capitolo 14: *** La lettera ***
Capitolo 15: *** Blitz al Ministero ***
Capitolo 16: *** Faccia a faccia con la morte ***
Capitolo 17: *** Sospetti e spari nel buio ***
Capitolo 18: *** Scontro finale ***
Capitolo 19: *** Il passato è passato ***



Capitolo 1
*** Il piccolo Ben ***


IL PICCOLO BEN

Era una stupenda giornata di sole e Semir era stato letteralmente trascinato da Ben a una festa di beneficenza organizzata da Konrad Jager che si teneva nella lussuosa villa di famiglia alle porte di Düsseldorf.
Ben odiava le feste soprattutto quelle organizzate dal padre, ma Julia trovava sempre il modo di farlo partecipare, anche perché la sorella minore aveva un ascendente su di lui che il padre non aveva.
Purtroppo in quelle occasioni quando Ben si trovava di fronte suo padre, e cominciavano a chiacchierare, immancabilmente il loro discorso cadeva sul suo lavoro di poliziotto.
Il padre non aveva mai approvato che il figlio avesse scelto un mestiere così pericoloso e poco remunerativo, invece di accettare di portare avanti la già avviata e florida azienda di famiglia. Ma Ben amava quel lavoro, aveva sempre desiderato essere un poliziotto fin da piccolo e il fatto che il padre continuasse a sottolineare sempre l’argomento lo faceva arrabbiare e parecchio.

Nel frattempo Semir stava amabilmente conversando con alcuni ospiti quando con la coda dell’occhio vide Ben che, con aria piuttosto contrariata e a grandi falcate , si allontanava dal padre dirigendosi verso il parco della villa.
“Già mi immagino cosa possiate avervi detto tu e tuo padre per farti letteralmente fuggire da lui…Ah, signor Jager” pensò tra sé e sé Semir “Quando capirà che poliziotti si nasce, non si diventa. Ben è nato già con la pistola e il distintivo in  mano”
Il piccolo ispettore quindi si congedò dalle persone con cui stava parlando e andò a cercare l’amico.

Lo trovò alcuni minuti dopo seduto sopra un muretto con le gambe a penzoloni, sotto i suoi piedi scorreva impetuoso il fiume Reno.
“Non mi sembra prudente star seduto lì sopra, socio” gli disse Semir salendo anche lui sopra al parapetto e sedendosi accanto all’amico.
Ben abbozzò un mezzo sorriso.
“Sai , quando avevo otto anni salii su questo muretto in questo identico punto, mi stavo per buttare di sotto …” disse triste Ben guardando il fiume.
“Cosa???” Semir era interdetto. Lui e Ben erano colleghi e soprattutto amici da più di cinque anni e ormai pensava di conoscerlo abbastanza bene. Era al corrente di diversi episodi del suo passato, ma il fatto che lui avesse tentato di farla finita … a soli otto anni poi…
“Se vuoi parlarne io sono qui…se hai bisogno di sfogarti…” disse comprensivo l’amico.
“Ho sempre odiato le feste e soprattutto le feste di compleanno” cominciò a raccontare Ben sempre guardando il Reno che scorreva sotto i suoi piedi.
“Il giorno del mio ottavo compleanno seppi da mio padre che mia madre era morta. Me lo ricordo ancora oggi come fosse successo ieri: mio padre entrò nella mia stanza poco prima di cena dove io e Julia stavamo scartando i miei regali. Chiese a Helga, la nostra governante, di portare fuori dalla stanza mia sorella, poi senza tanti preamboli e delicatezza mio padre mi informò che mia madre era morta in un incidente stradale. Ho usato il termine ‘informò’ perché sembrava…un comunicato stampa, non c’era emozione , non c’era …niente… solo gelide parole”
Una lacrima cominciò a scendere dal volto di Ben e Semir mise una mano sulla spalla dell’amico; ecco perché odiava tanto il giorno del suo compleanno, era lo stesso giorno in cui era morta sua madre.
“Mi ricordo che appena me lo disse” continuò Ben asciugando la lacrima con il dorso della mano “ Pensai che stavo sognando. Stavo vivendo l’incubo peggiore che possa avere un bambino, quelle parole dette da mio padre mi colpirono come una pugnalata al cuore. Poi , forse per lo shock o forse perché mio padre dopo avermelo detto uscì  dalla stanza come se niente fosse … beh non versai nemmeno una lacrima. Mi resi conto che non avrei più rivisto mia madre e una parte di me morì con lei”

Semir non sapeva che dire, accanto a sé aveva la pallida copia del giovane collega che conosceva, in lui in quel momento non c’era nulla dello spavaldo, allegro e scanzonato ragazzo che conosceva.

Ben sempre guardando il fiume con voce triste continuò il racconto.
“Mio padre quella sera dopo cena uscì, doveva organizzare il funerale e chiese a Helga di metterci subito a letto e così fece. Io e mia sorella dormivamo in due stanze diverse. Dissi a Helga che avrei fatto tutto da solo, che era meglio se lei avesse fatto compagnia a mia sorella. Helga mi rispose che sarebbe venuta a rimboccarmi le coperte dopo che Julia si fosse addormentata , ma io le dissi di no. Le ripetei che volevo restare solo. Aspettai che Helga uscisse dalla mia stanza, entrasse in quella di Julia e poi io uscii di casa”
“Ma Ben” disse allibito Semir “Il tuo compleanno è il 26 febbraio, oltre a essere buio pesto quella sera sarà stata freddissima” obiettò Semir.
“Già e l’acqua del Reno sarà stata a dir poco gelida” disse con un mezzo sorriso il giovane.
“Ben…mi stai dicendo che sapevi quello che facevi? Tu stavi uscendo di casa per …” Semir non riusciva a capacitarsi, non riuscì a formulare la domanda, la cosa gli sembrava assurda e terrificante allo stesso tempo.
Ma Ben era accanto a lui, quindi cosa gli fece, per fortuna, cambiare idea? O si era buttato e qualcuno lo aveva salvato?
“Ben” disse poi il piccolo ispettore con più tatto possibile “Sei accanto a me”
“Già” disse finalmente il giovane voltandosi e guardando negl’occhi il suo partner. “E penso che allora avrei fatto uno sbaglio enorme se mi fossi buttato di sotto. Fui … salvato da una bambina di sei anni” disse accennando un sorriso.
“Come salvato? … ti buttasti? ” Semir era basito.
“No,  me ne stavo qui seduto a guardare il fiume, tremavo come una foglia: per il freddo che faceva, per la paura, per l’aver perso mia madre quando…”

Düsseldorf, 26 febbraio di 27 anni prima.
Ben aveva appena saputo della morte della madre e appena il silenzio calò nella villa, il ragazzino prese la giacca pesante, il cappello, la sciarpa, infilò le scarpe e furtivamente uscì dalla villa diretto verso il muretto del parco che costeggiava il fiume Reno. La sera era freddissima e il vento soffiava forte, e quando Ben passava vicino agli alberi aveva l’impressione che questi emettessero urla di disperazione.
Il bambino arrivò vicino al muretto che costeggiava il fiume, vi salì, si sedette e guardò giù. Sotto ai suoi piedi scorreva il Reno, lui sapeva che c’era, anche se i suoi occhi data l’oscurità della notte e la mancanza della luna non potevano vedere granché.
Il bambino tremava come una foglia, per il freddo, per la paura, per l’aver appena saputo che non avrebbe più rivisto la sua adorata mamma.
Passarono diversi minuti quando dietro di lui una vocina di bambina richiamò la sua attenzione.
“Che ci fai lì sopra al muretto? La mamma non ti ha insegnato che è pericoloso? Poi a quest’ora, con questo buio? Io almeno vado in giro con una torcia elettrica!”
“Vattene via e lasciami in pace!” sibilò il bambino senza nemmeno girarsi.
“Sì come no e se cadi? Chi va a raccontarlo a tua madre che sei caduto e sei annegato?” disse imperterrita la bambina.
“E chi ti dice che non voglia farlo?” rispose il bambino voltandosi e guardandola in cagnesco.
“Dai non fare il cretino e scendi, altrimenti vengo lì a prenderti” disse ancora più decisa la bambina.
“Senti mocciosa, perché non te ne torni a casa tua da tua madre e da tuo padre? E poi che ci fai qui? Lo sai che è proprietà privata?” disse con fare saccente Ben.
“Tornerei volentieri a casa mia e dai miei genitori, razza di arrogante bambino viziato, ma si dà il caso che io non abbia né una casa, né abbia mai conosciuto i miei genitori!” ribatté decisa.
“Ma allora da dove vieni? L’orfanotrofio è lontano da qui” domandò con tono duro il bambino.
La bambina non si lasciò intimorire, salì sul muretto e si sedette vicino a Ben.
“Ecco se ti butti sarò costretta a venirti a salvare, così mi avrai sulla coscienza e tua madre poi dovrà dire a Suor Maria che per colpa tua io sono morta” gli disse sempre più decisa e puntandogli la torcia in faccia.
“Si può sapere che vuoi da me? Perché non mi lasci stare? E poi mia madre non verrà a dire un bel niente a Suor Maria, perché è morta oggi!” e con un gesto secco tolse dalle mani della bambina la torcia, la spense e la poggiò sul muretto.
La bambina rimase di stucco e tra i due calò il silenzio.
I bambini stettero muti per diversi minuti guardando, o meglio ascoltando, il Reno che scorreva sotto i loro piedi, poi la bambina disse:
“Mi dispiace Ben” prendendo la torcia riaccendendola e puntandola verso il fiume.
Il bambino si girò e guardò la bambina; attraverso la luce fioca vide che era veramente carina: aveva il visetto tondo, la pelle chiara, i capelli ramati e due stupendi occhi blu.
“Come sai il mio nome?” chiese poi Ben.
“Lo so perché la tua mamma veniva spesso all’orfanotrofio” disse triste la bambina “Ci portava qualche regalo, ci faceva le torte di compleanno, lei e Suor Maria erano molto amiche.
Un giorno le chiesi se veniva perché non aveva bambini e lei mi parlò di te e di tua sorella Julia. Magari neanche sai che frequentiamo la stessa scuola. Io faccio la prima elementare ho sei anni. All’orfanotrofio non siamo in molti e così la tua mamma ci ha iscritti nella stessa scuola che frequenti tu” poi tirandosi un po’ più su il bavero del cappottino che portava disse “Senti fa freddo…che ne dici se andiamo a casa e ci vediamo domani a scuola? Io mi chiamo Alexandra, ma puoi chiamarmi Alex se vuoi “ e le porse la mano.

Ben esitò un po’, ma poi gliela strinse e disse “Piacere Ben, ma vedo che lo sai già”
“Bene, però facciamo come i ragazzi grandi, ci si saluta scambiandoci il cinque” e nel silenzio della notte riecheggiò un schiocco.
“Amici, amici per sempre” disse poi la bambina.
“Sì” rispose Ben “Amici per sempre”
 
 “Allora è così che è nato il saluto, da una bambina di sei anni” disse curioso Semir.
“Già” ribadì Ben abbozzando nuovamente un mezzo sorriso.
“E poi come è continuata la serata, se posso chiedere”
“Lei mi ha obbligato a scendere per primo, poi è scesa anche lei e mi ha riaccompagnato a casa. Poi tutte le sere quando vedeva che la villa era silenziosa si arrampicava su un albero, percorreva un pezzo di cornicione, arrivava fino alla mia stanza e passavamo le serate a chiacchierare, a giocare o a guardare la televisione. Mio padre non lo sapeva, ma Helga sì. Infatti quando mi portava il latte alla sera ne portava sempre per due. Una volta le chiesi perché portava due tazze e lei strizzandomi un occhio mi rispose che lo faceva perché sapeva quanto mi piacesse, invece una tazza era per Alex ovviamente. Una volta “ e il ragazzo si mise a ridere “A scuola c’erano dei bulletti che mi avevano preso di mira. Un giorno si misero in quattro a malmenarmi, arrivò Alex e disse loro che tutti erano capaci di prendersela con un bambino e tra l’altro quattro contro uno. I ragazzi erano più grandi di me, ricordo che le dissero che se non se ne fosse andata avrebbero picchiato anche lei, ma Alex non ebbe paura anzi lì sfidò e a loro non restò che andarsene”
“Caspiterina audace la bimba” disse divertito Semir.
Ben ormai era un fiume in piena, i ricordi riaffioravano nella sua mente come fossero accaduti il giorno prima .
“Una sera stavamo guardando la televisione , davano un film poliziesco e mi confidò che voleva da grande diventare una poliziotta. Per me fu una piacevole sorpresa, avevo qualcuno con cui condividere lo stesso sogno, ma un giorno venne adottata e così ci separammo. Ci eravamo promessi di scriverci se lei fosse stata adottata, magari di rivederci ogni tanto, ma …” Ben volutamente non finì la frase. Semir era sicuro che quella bambina in Ben aveva lasciato un segno indelebile.
“L’hai più rivista?” chiese l’ispettore più anziano.
“No e chissà se avrà realizzato il sogno di diventare poliziotta, che aspetto avrà ora, magari avrà una famiglia, dei figli... Comunque conoscevo solo il suo nome e Suor Maria non seppe mai dirmi da chi fu adottata, anche perché in quel periodo lei fu ricoverata all’ospedale e al suo posto venne una specie di ‘signorina Rottermaier’ sai come quella di Heidi” disse Ben con voce un po’ strozzata dall’emozione.
“Comunque socio, è meglio scendere che dici?” propose Semir.
“Sì, si staranno preoccupando, una birra?” domandò Ben.
“Sì andiamo” e i due ispettori ritornarono alla festa, ignari di quello che sarebbe successo il giorno dopo.

Note dell’autrice: Rieccomi qua , cari lettori in versione ‘solitaria’, ma non temete la ‘coppia cobrissima’ non è scoppiata, qui la mia ‘socia’ è in versione ‘Angelo Custode/Fantasmino’. Bene come vedete il primo capitolo è un po’…drammatico, ma non preoccupatevi il proseguo sarà …peggio!!! Ho una nomea da difendere. Ringrazio fin da orachi leggerà e recensirà questa storia…Un abbraccio. ChiaraBJ (o la perfida strega di Biancaneve se vi piace di più…).
 
Angolino musicale: ormai è diventato un …marchio di fabbrica, se vorrete sarà un sottofondo per la lettura del capitolo…Nickelback   ‘Lullaby’ (ninna nanna)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=4OjiOn5s8s8
Conosco la sensazione di trovarsi bloccato là fuori sul davanzale e non c’è una guarigione Allora dai soltanto un’altra possibilità ad una ninna nanna e mettila alla radio, se riesci a sentirmi adesso sto allungando le mani verso di te per farti sapere che non sei solo e non puoi dire che sei spaventato da morire perché non riesco a raggiungerti…Ti prego lascia che ti porti fuori dall’oscurità alla luce perché ho fede in te che riuscirai a passare la notte, smettila di pensare alla via d’uscita più semplice Non c’è bisogno di spegnere la candela perché non è finita per te sei decisamente troppo giovane e il meglio deve ancora arrivare…Tutti hanno toccato il fondo e tutti sono stati dimenticati, tutti sono stanchi di stare soli, tutti sono stati abbandonati e sono rimasti a mani vuote quindi se sei là fuori  e a malapena te la cavi dai soltanto un’altra possibilità ad una ninna nanna …

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Capitolo 2
*** Il badge ***


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IL BADGE

Il mattino dopo un assonnato Semir a bordo della sua BMW, si avviava verso l’abitazione di Ben. Quella notte il piccolo ispettore non aveva dormito un granché, complice la mancanza della moglie e delle bambine che erano andate a trovare la madre di Andrea e soprattutto l’essere venuto a conoscenza dell’episodio del quasi tentato suicidio del suo collega e migliore amico quando aveva solo otto anni. L’immagine del piccolo Ben, seduto sul muretto spaventato e infreddolito, lo aveva tormentato per tutta la  notte.

Semir non riusciva a capacitarsi del fatto che un ragazzino potesse anche minimamente pensare di compiere un gesto simile, tuttavia capiva benissimo come potesse sentirsi Ben in quel momento. Il ragazzino aveva appena perso la madre e suo padre invece di stargli vicino si era frettolosamente congedato da lui perché  doveva organizzare il funerale, quando avrebbe dovuto quanto meno consolarlo e confortarlo, ma questo purtroppo non rientrava nello stile di Konrad Jager.
Comunque lo rassicurava il fatto che, tutto sommato, Ben era diventato un uomo dai sani principi, era una persona allegra, piena di vita, sensibile, affettuoso e per nulla viziato, anzi come amava dire Helga, la governante di casa Jager, che era diventata una mamma per lui e per la sorella, Ben era cresciuto con una sana repulsione verso la ricchezza da cui era circondato e per guadagnarsi da vivere aveva realizzato il sogno di diventare poliziotto, scegliendo di fatto la strada più difficile, andando contro tutto  e tutti, e soprattutto contro la volontà di suo padre.

Semir arrivò davanti al palazzo di Ben e stranamente lo trovò che stava già sul marciapiede ad aspettarlo, con brioches e caffè caldo in mano.
“Ciao socio” fece allegro Semir abbassando il finestrino dell’auto mentre si fermava davanti a lui “Ero già pronto ad attaccarmi al citofono o al cellulare per buttarti giù dal letto…”
“Ciao a te socio” rispose altrettanto allegro Ben “Non farci l’abitudine… è stato un caso, comunque se mi apri, visto che ho le mani occupate…salgo!”
Ben prese posto accanto a Semir, gli consegnò la colazione, poi cambiando decisamente tono di voce, senza guardarlo a bruciapelo gli disse “Spero che adesso tu non abbia un’opinione di me diversa da quella di due giorni fa, ieri ti ho sconvolto, l’ho visto e ti capisco, vorrei però, se fosse possibile che ness…”
Ma venne interrotto da Semir che lo guardò nello stesso modo in cui un padre affettuoso guarda un figlio quando questi cerca conforto e comprensione.
“Nessuno a parte me e te saprà mai niente di quello che è successo più di venticinque anni fa. Sei qui Ben, sei un buon poliziotto, un buon collega e soprattutto il mio migliore amico. Tutti abbiamo degli scheletri nell’armadio, tutti abbiamo dei piccoli o grandi segreti, quello che conta è che non distruggano gli altri e noi stessi” rispose l’ispettore guardando il ragazzo dritto negl’occhi.
Ben guardò sollevato il suo partner; il suo sogno di diventare poliziotto lo aveva allontanato da suo padre, ma quel lavoro gli aveva affiancato  un collega che era molto di più di un semplice amico, Semir era per il giovane un padre e un fratello maggiore.
Il giovane poliziotto non seppe cosa rispondere a Semir, si limitò quindi a un semplice ‘Grazie socio’.
“Figurati Ben” rispose quasi con tenerezza Semir , poi aggiunse “Dai facciamo colazione, ci aspetta un’altra giornata di lavoro”

Finita la colazione, Semir avviò l’auto e i due ispettori si diressero verso la sede della scientifica; dovevano ritirare alcuni referti riguardanti un incidente avvenuto tre giorni prima sulla A/57.
I due poliziotti arrivati a destinazione scesero dalla macchina ed entrarono nei capanni della KTU.
“Einstein, ci sei?” chiamò Ben entrando, ma non ricevette risposta.
Ma quello che videro li lasciò di stucco: nello stabile regnava il caos più totale.
Tutto era stato messo sottosopra.

Semir e Ben si guardarono attorno sbigottiti e con un cenno d’intesa sfoderarono le loro pistole,  quindi si misero a perlustrare tutto il laboratorio.
Sembrava fosse passato un  tornado: i tavoli rovesciati, il contenuto dei  cassetti delle scrivanie buttato a terra, le lavagne divelte, lampade spaccate, fogli dappertutto.
“Si direbbe che qualcuno si sia dato un gran da fare a cercare qualcosa, ma cosa? E Hartmut dov’è?” disse Semir riponendo la pistola nella fondina, guardandosi attorno.
“Sembra che qui non ci sia proprio nessuno…Hartmut? Sono Ben…” chiamò il giovane.
“Che chiami a fare?” domandò l’altro ispettore.
“Beh, siamo nel regno di Hartmut…magari è dentro qualche armadio, qualche incavo segreto nel muro…Va bene non guardarmi così socio, provo a chiamarlo a casa” concluse poi Ben  e preso il cellulare  compose il numero del tecnico.
“Io intanto avviso il commissario Kruger, questa confusione non mi piace” e mentre chiamava il distretto l’attenzione di Semir fu attratta da qualcosa “Ben vieni a vedere” disse indicando delle macchie al collega.
“Maledizione, quello è sangue … e il cellulare di Hartmut risulta irraggiungibile” rispose con tono preoccupato il ragazzo.
Mentre Semir era al telefono a ragguagliare la Kruger sulla presunta scomparsa di Hartmut e della scientifica messa a soqquadro, Ben si mise a cercare qualche traccia o indizio che potesse essere utile.
“Sì capo…sì aspettiamo i colleghi della scientifica di Düsseldorf…sì non tocchiamo niente…sì lo so, son più pignoli di Hartmut…sì arrivederci…sì, la teniamo informata”
Il piccolo ispettore concluse la chiamata, dopo di che si mise a perlustrare il laboratorio.
Ben d’istinto passando vicino ad una sedia rovesciata la raddrizzò e la sua attenzione fu catturata da una tessera di plastica che vi stava sotto.
“Ehi Semir, guarda un po’ qui, secondo te questo che cos’è?” domandò Ben  raccogliendo la tessera con un paio di guanti in lattice e rigirandosela tra le mani.
“Sembra una tesserino magnetico, un badge o qualcosa del genere. Non sembra una tessera in uso da noi. Potrebbe essere di Hartmut, come potrebbe essere caduta a qualcuno. Di sicuro non può essere un reperto di un caso a cui sta lavorando, Einstein è troppo precisino, lo avrebbe messo dentro una bustina con l’etichetta per catalogarla, non lascerebbe reperti in giro e l’armadio dove ripone le prove è troppo lontano per essere arrivato fino a qua”
“Però quante congetture…sono allibito da tanta deduzione…” lo canzonò Semir che continuò “Se fosse una tessera in uso da noi avrebbe come  minimo il nostro logo. Questo badge può dire tutto o niente” ma osservando meglio il talloncino richiamò l’attenzione del suo socio “Guarda ci sono delle lettere, magari Susanne potrebbe ricavarci qualcosa. Facciamo così, aspettiamo i colleghi della scientifica di Düsseldorf , poi torniamo in centrale”
“Ma scusa Pichlern, il collega di Hartmut, non c’è oggi? C’è solo la giacca di Hartmut nel porta abiti e il suo collega freddoloso com’è …minimo dovrebbe esserci anche la sua …che sia sparito pure lui?” chiese Ben osservando l’appendiabiti da parete presente all’ingresso dello stabile.
“E’ la stessa domanda che ho fatto io alla Kruger e lei mi ha informato che questa mattina  Pichlern ha avvisato Susanne che oggi e per i prossimi giorni sarà assente. Raggiunge i suoi genitori che abitano in Baviera, sua madre non sta molto bene” rispose Semir.
“Mmmm, quindi in teoria risulta scomparso solo Hartmut ”  disse con fare sospettoso Ben, mentre metteva la tessera magnetica dentro una bustina di plastica.
“Ben, per favore …non vedere complotti dappertutto ”
“Okay, posso dire almeno ‘che fatalità’? “ replicò Ben alzando le mani come in segno  di resa.
“Oh ecco i colleghi” disse il giovane ispettore andando incontro alle quattro persone che stavano entrando nello stabile. Tre di loro indossavano già la tuta bianca.
“Salve colleghi, sono l’ispettore capo Ben Jager e lui è il mio collega Semir Gerkhan” si rivolse il poliziotto all’unica persona vestita in borghese.
“Salve colleghi, sono il vice commissario Falko Lurker” disse l’uomo con fare autorevole squadrando i due ispettori da capo a piedi.
“E questa è la mia squadra. Siamo stati mandati qui dal nostro superiore il commissario Richter, dopo la richiesta che ha inoltrato il vostro capo: il commissario Kim Kruger. Ora se ci scusate abbiamo del lavoro da svolgere”
“Certo, prego …il laboratorio è tutto vostro” disse ossequioso Ben accompagnando la frase con un gesto plateale delle braccia, sotto lo sguardo severo e contrariato del vicecommissario  “Noi ce ne stavamo andando, vero socio?” concluse Ben rivolgendosi a Semir.
“Sì, arrivederci colleghi e buon lavoro”
I due ispettori quindi salutarono la squadra della scientifica di Düsseldorf,  salirono in macchina e si diressero verso il loro comando.

Appena entrati al distretto Ben andò da Susanne, mentre Semir si avviò verso l’ufficio del commissario,  bussò alla porta, ed entrò dopo l’ ‘avanti ‘ della Kruger.
Ben invece, giunto alla postazione di Susanne si appoggiò alla scrivania e sfoderando un suadente sorriso salutò la ragazza  “Ciao Susanne… ho bisogno che tu mi dia qualche informazione su questa tessera magnetica, ci sono delle lettere…vedi se riesci a ricavarne qualcosa…Grazie”
“Controllo subito, Ben” rispose compita la segretaria prendendo dalle mani del ragazzo la busta di plastica contenente il badge.
Poi il giovane poliziotto si avviò verso l’ufficio della Kruger, bussò, attese il consenso ed entrò.
“Salve capo” salutò Ben entrando.
“Si sieda Jager” ribatté la donna seria.
“Dalle vostre facce deduco che non abbiate buone notizie” disse Ben rivolto a Semir e al suo superiore.
“Infatti” disse la Kruger “Dieter e Jenny sono appena stati a casa di Hartmut…è stata messa a soqquadro come la scientifica”
“Quindi è logico pensare che chi ha rivoltato la casa di Hartmut sia la stessa persona o persone  che hanno messo tutto sottosopra la scientifica, giusto?” concluse un preoccupato Ben.
“Si…potrebbe essere, ma perché? Cosa cercano? E Hartmut perché non si trova?” Rifletté la Kruger incrociando le braccia davanti a sé, appoggiandosi allo schienale della poltrona.
“Nel frattempo” continuò la donna “ Ho chiesto ai colleghi di Düsseldorf di fare subito un confronto con le macchie che avete trovato…se effettivamente è sangue, ma da come mi ha detto Gerkhan non ci sono dubbi, resta da capire a chi appartiene, almeno per sapere qualcosa, per poter avviare l’indagine verso una direzione”
Pochi istanti dopo Susanne bussò alla porta.
“Avanti” fece la Kruger.
“ Ho fatto delle ricerche sulla tessera che avete trovato” riferì la segretaria.
“Appartiene al Ministero dello Sviluppo Economico, ci sono molti uffici là dentro e ognuno ha accesso attraverso questo tipo di badge”
“Quindi” propose Semir “Non ci resta che andare là, e vedere a quale ufficio appartiene il badge, magari troviamo pure il suo proprietario che dovrà darci parecchie spiegazioni”
“Detta così sembra facile” disse pensierosa la Kruger “Ma gli uffici al Ministero sono diversi, comunque è l’unica pista che abbiamo. Signori direi che potete andare”
I due ispettori quindi si congedarono dal loro capo.

Durante il tragitto i due poliziotti parlarono di Hartmut.
“Chissà in che guaio si è cacciato, la casa e la scientifica sottosopra, lui che non si trova e ora una tessera per l’ingresso del Ministero dell’Economia, cosa legherà tutto questo?” ragionò a voce alta Ben.
“Ammesso che ci sia un legame” ribatté fermando l’auto davanti al Ministero Semir.
Pochi istanti dopo Semir scese dall’auto mentre Ben sovrappensiero non fece caso a una persona che stava sopraggiungendo in bicicletta e aprì la portiera.
Il ciclista ebbe la fortuna che Ben l’aprisse un attimo prima del suo passaggio accanto alla BMW cosicché la ruota anteriore della bici andò a cozzare contro la portiera aperta e il ciclista restò miracolosamente in piedi e illeso.
Ben, che era ancora seduto, immediatamente dopo l’accaduto si alzò di scatto e si trovò faccia a faccia con la ciclista.
“Ma è impazzito?” disse furiosa la ragazza “Lo sa che poteva farmi cadere, non la vede la pista ciclabile?”
“Mi scusi sono mortificato…” tentò di scusarsi Ben.
“Scuse un corno! E’ fortunato che sono in ritardo e sia io che la bici siamo interi altrimenti chiamerei la polizia !!!”  poi dopo aver dato l’ennesima occhiataccia di disappunto a Ben proseguì per la sua strada.
“Uh-uh che caratterino, non è il tuo giorno fortunato Ben. Comunque ha ragione” lo rimproverò Semir.
“Sì, grazie della predica papà! Comunque ha ragione è colpa mia dovevo stare più  attento… però che occhi stupendi che aveva” sospirò Ben.
Poco dopo i due poliziotti entrarono al Ministero dell’Economia alla ricerca di risposte alle loro molteplici domande.
 
Nota dell’autrice : Buon Natale a tutti…ma vedrete avremo modo di risentirci…io e la mia socia Maty abbiamo in mente una piccola sorpresa…

Angolino musicale: Mi piace paragonare i personaggi di  ‘Squadra speciale Cobra 11’  ad una grande famiglia unita…Ben che si confida con Semir e quest’ultimo che lo consola come fosse un figlio, i due ispettori che cercano di capire cosa sia successo al loro amico e collega Hartmut…quindi la mia scelta è:

James Taylor You've Got A Friend (tu hai un amico)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=3WJ1cf3nrLE

Quando sei giù, pieno di problemi e hai bisogno di un aiuto e niente, niente va nel modo giusto chiudi gli occhi e pensami e subito io sarò là per illuminare anche le tue notti più buie, semplicemente urla il mio nome e sai che ovunque sarò verrò di corsa per rivederti ancora: inverno, primavera, estate o autunno, tutto ciò che devi fare è chiamare ed io arriverò, sì tu hai un amico, se il cielo sopra di te dovesse diventare scuro e pieno di nuvole e se quel vecchio vento del nord iniziasse a soffiare mantieni salda la tua testa ed urla forte il mio nome e subito busserò alla tua porta non è bello per te sapere che hai un amico? la gente a volte è così fredda, ti feriranno e ti inaridiranno, beh, prenderanno la tua anima, se glielo permetterai oh sì, tu non lasciarglielo fare tu hai un amico, tu hai un amico non è bello per te sapere che hai un amico? non è bello per te sapere che hai un amico? sì, sì, tu hai un amico.
 

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Capitolo 3
*** Zona brevetti ***


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ZONA BREVETTI 

Semir e Ben entrarono nello stabile del Ministero dell’Economia e si avvicinarono al banco delle informazioni.
“Salve, sono l’ispettore della polizia autostradale Semir Gerkhan e questo è il mio collega Ben Jager” disse Semir ed entrambi esibirono i loro tesserini alla giovane guardia.
“In cosa posso esservi utili ispettori” chiese gentilmente l’agente.
“Sa dirci a quale ufficio dà acceso questo tesserino?" disse Semir, consegnandolo alla guardia che se lo rigirò tra le dita.
“Non saprei, sono nuovo,  lavoro solo da pochi giorni qui …” si giustificò la giovane guardia.
“Conosce almeno qualcuno  che ci possa dire a chi appartiene o a quale ufficio dà l’accesso questo badge? Ci sarà qualcuno che potrà darci informazioni” domandò un po’ scocciato Ben.
“Posso informarmi ispettore…” propose l’agente alzando la cornetta del telefono che aveva davanti.

In quel momento si avvicinò una ragazza e visto che in quel frangente la conversazione tra i tre sembrava momentaneamente finita si rivolse alla guardia dicendo:
“Julien sarebbe  così gentile da avvisare il dottor Richard che sto arrivando, sono ancora in tenuta da ciclista, devo ancora cambiarmi e …” ma si bloccò non terminando la frase.
Mentre stava parlando i due ispettori si girarono dalla sua parte.
Ben e Semir rimasero incantati nel vedere la ragazza che avevano davanti.
Era la stessa persona che a momenti l’ispettore più giovane investiva aprendo la portiera dell’auto.

“Ma guarda, non avrei fatto fatica a trovare la polizia, bell’esempio date ai cittadini” disse acida la ragazza guardando soprattutto Ben.
Il ragazzo restò alcuni secondi imbambolato a guardarla, era molto carina, non molto alta, snella, capelli ramati e gli occhi blu più belli che avesse mai visto.
“Le ho già chiesto scusa, vuole andare avanti fino all’infinito, signorina …” replicò Ben restando in attesa del nome della ragazza che però non si presentò.

Fu la guardia a interrompere la conversazione riponendo la cornetta del telefono.
“Dottoressa Fleming, i due ispettori, Gerkhan e Jager, sono della polizia autostradale, volevano sapere a chi appartiene questo tipo di badge, forse lei li può aiutare”
“Polizia autostradale?” ripeté severa la ragazza guardando sempre dritto negl’occhi Ben.
Il giovane si sentì come se fosse sotto processo, la cosa stava cominciando a dargli i nervi, aveva commesso un errore, certo, ma si era anche scusato, ma a quanto pare la ragazza non lo aveva ancora …perdonato.

Semir intanto porse la tesserina trovata alla scientifica alla ragazza.
Dopo una rapida occhiata la dottoressa rispose “Sì certo, questo è un accesso alla ‘zona brevetti’, la mia zona” e riconsegnò il badge a Semir.
“La sua zona?” domandò Ben.
“Sì la mia zona, faccio parte di una squadra che si occupa di brevetti” disse decisa la ragazza.
“Scusate…ma come ne siete venuti in possesso?”
“Le dispiace se le facciamo qualche domanda dottoressa Fleming, magari in privato?” propose Semir.
“Certo seguitemi, vi faccio accomodare in un salottino, là potremmo parlare, ma prima, aspettate che …” e rivolta alla guardia “Julien avverta il dottor Richard che ho avuto un contrattempo, arrivò fra un po’…grazie” e poi facendo cenno a due ispettori “Prego da questa parte”

I tre entrarono in un elegante salottino e dopo essersi accomodati Ben prese la parola.
“Dottoressa Fleming, di cosa si occupa esattamente il suo ufficio?”
“Ci occupiamo di brevetti. Il nostro team deve confermare che l’innovazione tecnica, ovvero un processo o un prodotto possa avere il monopolio temporaneo di sfruttamento sull’oggetto del brevetto stesso, consistente nel diritto esclusivo di realizzarlo, di disporre e di farne un uso commerciale, vietando tali attività ad altri soggetti non autorizzati” disse concisa la ragazza.
Ben per un attimo pensò di avere davanti a sé ‘Hartmut in gonnella’ e sorrise, la cosa non sfuggì alla ragazza che lo fulminò con lo sguardo.
In suo aiuto accorse Semir.
“In poche parole, voi certificate un brevetto, date ‘il via libera ’e solo chi lo ha inventato può usarlo, dico bene dottoressa?” replicò l’ispettore più anziano.
“Esatto ispettore, inoltre noi dobbiamo anche stabilire che non ci sia un brevetto uguale in circolazione” ribatté la ragazza.
“Quindi che non ci sia una sorta di plagio, confermate una specie di diritti d’autore” replicò Ben.
“Beh in un certo senso è così” asserì la ragazza.
“Secondo lei è anche possibile stabilire chi ha usato per ultimo questo badge? Di solito in posti così importanti queste tessere all’interno hanno dei chip” disse sicuro Ben.
“Sì certamente…aspettate un attimo”
La ragazza rovistò all’interno di uno zainetto e ne estrasse un computer.
“Un attimo d’attesa mentre si accende il portatile, poi vi dico” e nella stanza calò il silenzio.

Un decina di secondi dopo il telefono di Semir suonò “E’ Andrea, Ben …”
“Sì socio, continuo io, tu se vuoi esci e rispondi con calma” fece comprensivo il giovane.
Semir uscì e Ben per ingannare l’attesa si rivolse alla dottoressa, in fondo anche se lo aveva trattato in maniera molto fredda, lui se ne sentiva attratto non spiegandosi però il perché. Decise quindi di trovare un modo per intavolare un’amichevole conversazione.
“Mi scusi ancora per prima, ero sovrappensiero, spero vivamente che non si sia fatta male e di non averla spaventata”
“Sono ben altre cose quelle che mi spaventano ispettore…” replicò pigiando freneticamente  i tasti del computer.
“Jager…Ben Jager”  si presentò il giovane poliziotto.
“Ben Jager?” disse la ragazza aggrottando la fronte, alzando lo sguardo per poi riabbassarlo subito.
“Sì…ci conosciamo?” domandò curioso il ragazzo” Posso chiederle il nome dottoressa Fleming?“

Ma la ragazza non rispose a quella domanda, ma assumendo un’aria quasi meravigliata disse:
“Ecco l’ultima persona che ha usato il pass è il dottor Lukas Baker,  è uno dei  nostri collaboratori e a mio avviso il migliore…ma mi scusi ispettore dove lo avete trovato questo badge?”
“Glielo dico stasera a cena che dice?” disse spavaldo Ben.
“Direi che é molto sfacciato, ispettore” disse decisa  la ragazza.
“Lo prendo come un sì?” replicò Ben sfoderando uno dei suoi  magnifici sorrisi.
“Scommetto che con quel sorriso un sacco di ragazze cadono ai suoi piedi” replicò acida.
“Beh potrebbe essere, ma vedo che con lei non funziona” rispose divertito il giovane poliziotto.
“Facciamo una birra, alle nove, stasera al Tommy Pub…puntuale! Se alle nove non c’è io me ne vado” propose decisa la dottoressa.
“Sarò puntualissimo” disse Ben e aggiunse “Mi scusi un’altra informazione il dottor Baker è in servizio oggi?”
“In servizio? Come no…andiamo pure in pattuglia…” ridacchiò la ragazza.
“Mi scusi, sa l’abitudine…” Ben non sapeva se ridere o…strozzarla, ma quella ragazza lo incuriosiva sempre più.
“Comunque ispettore non saprei, devo ancora mettere piede nella mia zona. Sa troppi intoppi oggi: incidenti, visite inaspettate. Comunque può chiedere all’agente Julien”
“Bene dottoressa  Fleming, per ora è tutto, questo è il mio biglietto da visita, ci vediamo stasera alle nove” e porgendogli la mano uscì dalla stanza.

Appena Ben uscì incontrò il suo socio e i due ispettori si avviarono al bancone delle informazioni per sapere se il dottor Baker era presente o meno nell’edificio.
“Oggi il dottor Baker non si è visto, almeno per il momento” rispose la guardia alla domanda dei due ispettori.
“Telefono al Comando, mi faccio dare l’indirizzo da Susanne” suggerì Ben poi insieme al suo collega salì sulla BMW e si diressero verso l’abitazione di Lukas Baker.

Intanto nel salottino dove era avvenuto il colloquio, la ragazza restò a guardare il biglietto da visita che aveva in mano. Se lo girò e rigirò tra le mani, come per rendersi conto se stava sognando o no, come per aver conferma che la persona che era appena uscita dalla porta fosse davvero lui o no.
Poco istanti dopo si sedette sul divano.
Aveva il cuore a mille, le sembrava di fare quasi fatica persino a respirare.
In una sola parola si poteva dire che era sconvolta.
“A Colonia ci sono migliaia di poliziotti…” pensò tra sé “Perché Signore, dopo tanti anni mi metti di fronte proprio lui?”
Poi portandosi le mani sul volto la dottoressa Fleming cominciò a piangere silenziosamente.
 
 
Nota dell’autrice: ringrazio tutti quelli che stanno seguendo, leggendo e recensendo questa mia nuova storiella, vi auguro ancora una volta un felice e sereno Natale. Dimenticavo…si fa per dire, come potrei dimenticare la mia “socia” Maty…ringraziamento particolare, perché se lei sta “litigata” coi puntini…le virgole io me le mangio a colazione!!! Ed ora:
Angolino musicale: A quanto pare il bell’ispettore ha fatto…un’altra vittima o forse sarà lui…Richard Marx: Right Here Waiting (proprio qui ad aspettarti)
Per ascoltarla:
https://www.youtube.com/watch?v=S_E2EHVxNAE
Oceani separati, giorno dopo giorno E lentamente impazzisco Sento la tua voce, al confine Ma questo non ferma il dolore Se non ti vedo quasi mai Come possiamo dire che sarà per sempre? Ovunque andrai, qualsiasi cosa farai Sarò proprio qui ad aspettarti Qualsiasi cosa comporti, Per quanto il mio cuore si spezzi Sarò proprio qui ad aspettarti Ho dato per scontato, tutte le volte che Pensavo che la storia sarebbe durata in qualche modo Sento le risate, assaggio le lacrime Ma ora non posso avvicinarmi a te Non riesci a capire, tesoro? Mi stai facendo impazzire



 

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Capitolo 4
*** Alex ***


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ALEX

I due ispettori della polizia autostradale dopo aver ricevuto le informazioni riguardanti il dottor Baker, si diressero verso la sua abitazione situata in un piccolo quartiere alla periferia di Colonia.

“Eccola lì, gira a destra Semir, Roman Straße, il numero civico che cerchiamo  è il 14” disse Ben al suo collega che parcheggiò la BMW davanti al cancello di  una piccola villetta.
I due ispettori scesero e questa volta, prima di aprire la portiera, Ben guardò bene attraverso lo specchietto retrovisore che non ci fossero piste ciclabile, biciclette di passaggio o pedoni.
“Vedo che la ramanzina della dottoressa Fleming ti è servita” disse divertito Semir.
“Ah, ah, spiritosone” disse canzonandolo Ben suonando il campanello.
“Sembra non ci sia nessuno” disse dopo qualche secondo Semir.
“Senti” suggerì Ben “Che dici se diamo un’occhiata, magari attorno alla casa…attraverso le finestre”
Semir e Ben aprirono il cancelletto d’entrata e si avvicinarono alla casa per osservarne l’interno attraverso le finestre.
“Semir, questo tizio non mi sembra del segno della vergine … guarda che casino …o forse come tutti i geni…” delucidò Ben.
“Ci credo che c’è disordine…vieni a vedere” lo interruppe con voce greve Semir.
Ben si avvicinò a Semir che gli indicò la finestra “Secondo me il dottor Baker oggi non andrà a  lavoro”

Diversi minuti dopo i due ispettori erano all’interno della villetta con la scientifica di Düsseldorf.
“Allora che può dirci in merito, vicecommissario Lurker” chiese Ben dopo aver assistito una mezzora buona ai rilievi che l’agente e la sua squadra stavano facendo sul corpo della vittima.
“Lo saprà domani, quando avrà il rapporto ispettore Jager” rispose acido il vicecommissario Lurker.
“Suvvia” lo punzecchiò Semir “I nostri tecnici ci dicono sempre e prima le cose o forse voi dovete ancora capire come è morto …”
 “Non  ci sono segni di effrazione, può essere che chi l’ha ucciso conoscesse la vittima. Causa del decesso, come potete vedere, un colpo alla nuca. A occhio e croce direi con una calibro nove…sembrerebbe una esecuzione” sciorinò l’agente punto sul vivo.
Mentre Semir ascoltava le informazioni da Lurker, Ben continuò a girovagare per la casa e la sua attenzione fu catturata da un notebook.
“Avete già controllato questo?” disse Ben ad un agente della squadra.
“No ispettore, abbiamo provato ad accenderlo, ma senza risultato, forse è rotto …”
“O forse ha solo la batteria scarica” lo interruppe Ben, poi  quando vide che il giovane agente tornava a fare rilievi da un’altra parte prese dalla tasca un paio di guanti sterili e se li infilò.
Dopo alcuni minuti il giovane ispettore chiamò Semir.
“Che c’è socio?” rispose Semir avvicinandosi al collega.
“Guarda qui” disse Ben attirando l’attenzione del partner  “Sono entrato nelle cartelle private del dottor Baker, sembra si portasse il lavoro a casa …e guarda ci sono delle piantine di un edificio o simile, ma non ci sono né nomi né  informazioni che ci possano aiutare a identificare il luogo. Adesso spedisco queste piantine a Susanne e vediamo se lei riesce ad estrapolare qualche informazione utile, poi lasciamo questa incantevole villetta e i simpaticoni della scientifica di Düsseldorf” disse Ben stampandosi un sorrisone in faccia.
“Sì questi simpaticoni di Düsseldorf non piacciono nemmeno a me” replicò Semir.
“Senti” disse poi Ben a Semir “Sono le sette…quasi ora di cena, che dici se ce ne andiamo a casa? Tanto dubito che possiamo essere d’aiuto…”
“Possiamo andare da Susanne e vedere se ha bisogno di una mano per le piantine che hai trovato …” propose Semir.
“Senti io ecco … lo so che Hartmut è sparito, alla scientifica abbiamo trovato il badge del morto, considerami pure un insensibile, ma …” tergiversò il ragazzo.
 “Hai fretta socio?” domandò curioso Semir.
“Come?” disse facendo lo gnorri Ben.
“Raramente hai fretta e di solito le ragioni sono due: o suoni con la band o hai un appuntamento galante…opterei per la seconda …” disse Semir ammiccando “La conosco? Ah, ho capito. La dottoressa dai capelli ramati … prima la investi e poi la inviti a cena”
“Sai a volte tra noi ci possono essere dei…come dire…ah si, dei segreti momentanei … magari domani te lo dico, mi accompagni a casa?  E poi decidi cosa fare, se andare a casa anche tu o far compagnia a Susanne”
Fu così che Semir accompagnò a casa Ben, poi si diresse anche lui verso la sua abitazione.

Alle nove meno un quarto Ben era già al pub. Tenuto conto che era primavera e non faceva freddo, per il suo incontro galante, come lo aveva definito giustamente Semir, il ragazzo aveva optato per un abbigliamento semplice: una camicia blu scura, un paio di jeans e scarpe da ginnastica.
Ben entrò nel locale, si sedette ad un tavolo vicino all’entrata e si mise ad aspettare le nove.
“Desidera ordinare?” chiese un cameriere vedendolo.
”Sto aspettando una persona, magari dopo…” rispose cortesemente il ragazzo.
“Certo come vuole” rispose l’uomo e si accomiatò da Ben.
Ben ingannò l’attesa osservando il pub considerato che era la prima volta che vi entrava.
Il locale era molto bello,  arredato come se fosse un’osteria dell’Ottocento e a quanto poté constatare Ben era anche un posto molto frequentato. C’era della musica in sottofondo, ma anche quella era in stile con il pub e il ragazzo pensò che difficilmente avrebbe potuto suonare in quel locale: il repertorio della sua band era decisamente più moderno.
E alle nove spaccate la ragazza che aspettava Ben entrò nel locale.
“Salve ispettore” fece la dottoressa Fleming vedendolo.
Ben la squadrò da cima a fondo, affascinato.
 “Ha lasciato a casa la ‘divisa’ seria” pensò tra sé il giovane poliziotto.
La ragazza infatti vestiva con una maglietta fucsia con scollo a V, una gonna nera e sandali neri senza tacco.
“Dottoressa Fleming” disse gentilmente Ben alzandosi e facendo cenno alla sedia vuota “Prego si accomodi”
“Grazie, ha già ordinato?” chiese la ragazza sedendosi, aiutata cavallerescamente da Ben.
“No, aspettavo lei, ma se ci diamo del tu, non è meglio?” propose il ragazzo.
“Prima ordiniamo, poi quando sarò ubriaca le darò del tu … forse” replicò decisa mettendosi a giocherellare con un braccialetto che portava.
“Certo che lei è strana lo sa? Anzi il mio socio direbbe ‘tosta’ e il fatto che giocherelli con quel bracciale … è nervosa? O sono io che la agito?” sentenziò divertito Ben.
“Non sono agitata, non sono nervosa e non sono strana” ribatté ancora più decisa “Secondo me è lei che non ha mai incontrato donne…come dice il suo collega? Ah già, ‘toste’!”
Fortuna per Ben si avvicinò il cameriere.
“Volete ordinare signori?” fece gentilmente.
“Certo” disse la ragazza “Per me un chinotto”
“Per me una Weizenbock“  disse Ben  e guardando la sua ospite “Sono fuori servizio, quindi posso prendere qualcosa di forte”
“Altro?” domandò il cameriere.
“No, grazie” rispose gentilmente la ragazza e Ben con un gesto ribadì la medesima cosa.
“Comunque non ci si ubriaca con un chinotto!” sentenziò il giovane quando se ne fu andato il cameriere.
“Non ho mai detto che volevo ubriacarmi, Ben” E sottolineò con il tono della voce il nome del ragazzo.
“Comunque resta il fatto che tu sai il mio nome e io non so il tuo” disse un po’ scocciato Ben. Palesemente dandole del tu.
“Ecco le vostre ordinazioni” disse efficiente il cameriere.
“Grazie” risposero in coro Ben e la dottoressa.
La ragazza sorrise al ragazzo, alzò il bicchiere “Prosit, ispettore…”
“Prosit” rispose Ben e i due fecero tintinnare i bicchieri tra loro.

“Allora per sapere il suo nome devo arrestarti? Perché tanto mistero?” chiese Ben dopo aver bevuto qualche sorso di birra.
“Non ci arrivi Ben?” rispose con occhio enigmatico la ragazza appoggiando il bicchiere sul tavolo.
“Vuoi dire che ci conosciamo?” chiese stupito Ben.
“Dunque…sei nato il 26 febbraio di 35 anni fa. Fare il poliziotto è sempre stato il tuo sogno e per diventarlo sei andato contro tuo padre. E tua madre se fosse stata viva avrebbe approvato” delucidò la ragazza.
“Scusa, ma come fai a sapere queste cose?” balbettò .
Il giovane era allibito, la cosa cominciava a non piacergli, aveva davanti una ragazza, una bella ragazza dagli occhi blu e corti capelli ramati, che sapeva molte cose di lui, ma lui di lei non sapeva assolutamente niente.
“Non immagini vero? Ci siamo conosciuti in un giorno triste e tu volevi addirittura buttarti nel Reno” disse quasi sussurrando la ragazza.

“Alexandra?...Alex”

Ben si sentì mancare per un attimo il respiro. Si sentì svuotato, confuso, poi riordinò un po’ le idee e disse la prima cosa che gli venne in mente.
 “Perché non ti sei fatta più sentire? Perché non mi hai mai scritto, conoscevi il mio indirizzo? Eravamo amici, buoni amici …”
“Ben, possibile che …” la ragazza si zittì, ma dopo qualche secondo continuò “Non dovevo venire, lo sapevo che sarebbe finita così, ho fatto uno sbaglio…” e cercò di alzarsi, ma Ben la prese per un polso.
“No Alex, non ti lascerò andare senza spiegazioni, anche se sento che non mi piaceranno” disse deciso Ben guardandola dritto negl’occhi.
Alex esitò, ma vide in Ben lo stesso sguardo del bambino che conobbe ventisette anni prima e così si sedette e cominciò il suo racconto.
“Tuo padre un giorno ci sentì chiacchierare in mezzo al parco di casa tua. Si mise in testa l’idea che la ragione per cui tu volevi diventare un poliziotto fosse perché lo desideravo tanto diventare anche io. Ipotizzò che, se mi avesse allontanato da te tu avresti desistito, ma vedo che non c’è riuscito” disse con un mezzo sorriso la ragazza.
“Ma come allontanato? Tu sei stata adottata, me lo disse anche Suor Maria e anche la sua sostituta di quel tempo” replicò perplesso Ben.
“Questo è quello che hanno detto a te. Quando uscii dal parco incrociai tuo padre, mi disse che dovevo smetterla di incoraggiarti, io gli risposi che non serviva , tanto tu avevi già deciso. Così un giorno approfittando dell’assenza di Suor Maria lui mi fece trasferire in un’altra casa famiglia di Düsseldorf …e considerato che quella dove abitavo era sovvenzionata dalla famiglia Jager…”
“Mio padre ti fece promettere il silenzio, se volevi che i tuoi amici continuassero a vivere lì e a frequentare la mia scuola” concluse triste Ben.
”Non ci posso credere…mio padre che ricatta una bambina di sette anni…è…è…inconcepibile”
Ben appoggiò la fronte  al tavolo, mettendosi le mani tra i capelli.
Non avrebbe mai immaginato che suo padre potesse arrivare a tanto.

Alex continuò il racconto “Già e quando tornò Suor Maria le dissero che ero stata adottata da una famiglia molto facoltosa, che voleva restare anonima. Suor Maria non ebbe mai sospetti, inoltre le dissero che ero andata a vivere molto lontano”
Ben alzò la testa e guardò Alexandra negli occhi.
Come aveva fatto a non riconoscerla. Era passato tanto tempo, ma il colore degl'occhi, il suo modo di parlare sfrontato o dolce a seconda delle occasioni, in fondo Alex non era cambiata, certo era cresciuta, ma per certi versi a lui sembrava ancora la bambina che aveva conosciuto tanto tempo addietro.
“Mi dispiace Alex…non so che altro dire” disse costernato Ben.
“Non devi dire niente Ben, forse dovresti tentare di capirlo invece di colpevolizzarlo. Tuo padre ha agito così per proteggerti, il tuo è un mestiere pericoloso, forse aveva paura di perdere anche te dopo aver perso tua madre” lo giustificò Alexandra.
“Stento a crederci…lo stai difendendo dopo quello che ti ha fatto. Sei sempre stata d’animo buono, anche con chi non se lo merita” disse mesto Ben.
“Comunque alla fine sono stata adottata davvero, da una stupenda famiglia e adesso lavoro al Ministero. E poi mi conosci, io non guardo mai indietro, il passato è passato. E adesso è meglio che vada, domani ho un’importante riunione” disse la ragazza sorridendo e alzandosi.
“Certo ti accompagno” propose il ragazzo, poi pagò il conto e uscirono dal locale.
“Non dovrai fare molta strada, abito là”  disse Alex a Ben indicando un moderno stabile dall’altro lato della strada.
“Alex” disse serio Ben guardandola negl’occhi “Lukas Baker, il dottore che lavora con te, è morto…”
“Cosa?” la ragazza era basita “Come morto?”
“Gli hanno sparato e c’è di più. Il badge che oggi ti abbiamo mostrato lo abbiamo trovato all’interno della nostra scientifica e un nostro collega è sparito. Alex, se hai qualche sospetto se …” ma Ben si bloccò, le notizie che stava dando alla ragazza l’avevano sconvolta, lo vide dall’espressione che aveva.
“Non posso crederci, il dottor Baker era una cara persona, chi poteva volergli fare del male” disse portandosi una mano alla bocca, mentre i suoi occhi stavano diventando lucidi.
“Non lo so, davvero, e se tu potessi dirmi qualcosa, non so …qualsiasi cosa potesse esserci utile” abbozzò Ben.
“Non so cosa pensare Ben, tutti volevano bene al dottor Baker, non era solo una mente geniale, era come un padre, un fratello maggiore per tutto lo staff…e soprattutto per me”

Silenziosamente i due ragazzi attraversarono la strada poi Alex disse “E’ arrivato il momento di salutarci”
“Già” disse Ben e prendendola delicatamente per i fianchi, l’avvicinò a sé.
La ragazza lo abbracciò, facendo scorrere le sue mani lungo la schiena fino alle spalle e appoggiò la testa sul suo petto.
“Mi ha fatto piacere rincontrarti, Ben” disse dolcemente.
“Se ti chiedessi di farmi entrare in casa tua?” disse quasi in apnea Ben.
“No, non mi sembra il caso” disse lei restando sempre abbracciata al ragazzo.
“Sei sposata? Hai il fidanzato” chiese quasi sussurrando Ben.
“Non più” e allontanandosi un po’ da quel dolce abbraccio, lo baciò sulla guancia poi lo lasciò lì a guardarla mentre entrava nel cortiletto dello stabile per sparire, forse, di nuovo dalla sua vita.

Angolino musicale: e così il nostro bell’ispettore ha capito chi è la dottoressa Fleming …e vissero felici e contenti…se come no…io poi!!! La storia è appena cominciata e i guai…quelli poi… La canzone che ho scelto è ‘Holding back the tears’ dei Take That (Trattenendo le lacrime, sì dei Take That, a ‘Grimilde’ piacciono anche i Take That!!!)

In un certo modo sto cominciando a pormi alcune piccole domande Tipo, dove andrò da qui Mi sembra di star perdendo ogni traccia di tempo e (non so ) da quant'è Che non ti ho vicino E' stato un doloroso percorso verso una porta che è chiusa E' stata una scommessa che sapevo di non poter vincere E' stata una conversazione solitaria con questa tua fotografia E allora non trattengo più le lacrime Cercando di fuggire dall'angoscia, cercando di sfuggire l'emozione No, non trattengo più le lacrime Il passato è la mia memoria che mi ricorderà tutto il tempo In cui dipendevo da te E' una battaglia giornaliera affrontare ogni giorno e ogni notte E' una guerra tra il presente e il passato E la faccia che ti viene in mente quando chiudi gli occhi Qual è la ragione, qual è la risposta, quanto a lungo ancora durerà E' passato molto tempo da quando ho sentito il tuo ultimo saluto Lo sento ancora chiaramente giorno e notte



 
 
 

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Capitolo 5
*** Un cuore a pezzi ***


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Un cuore a pezzi 
 
Il mattino dopo Ben si alzò frastornato e con un mal di testa allucinante.
“Neanche fossi reduce da una sbornia colossale” pensò tra sé  e sé, avviandosi in bagno per farsi una doccia che si augurava lo rimettesse in sesto almeno quel tanto da poter affrontare la giornata.
Ma il giovane ispettore sapeva perfettamente perché quella notte non aveva riposato bene, alzandosi di conseguenza quasi più stanco di quando si era steso a letto.
Tutta la notte era stato tormentato dal pensiero di Alex costretta da suo padre ad abbandonare quella che, col tempo, era diventata la sua casa e la sua famiglia.

Mentre lasciava che l’acqua scorresse su di lui quasi a voler scacciar via quei brutti pensieri, prepotente gli riaffiorò nella mente il ricordo di alcuni momenti della serata trascorsa con Alex. Gli parve ancora di sentire il suo viso contro il suo petto, quel suo tenero e dolce abbraccio, le mani che salivano lungo la sua schiena da farlo piacevolmente rabbrividire, quel profumo delicato che portava, gli sembrava di rivivere tutte quelle piacevolissime sensazioni. Poi improvvisamente tutto svaniva; quel ‘non mi sembra il caso’ e quel ‘non più’, quel fugace bacio sulla guancia, vederla sparire di nuovo dalla sua vita, forse per sempre…
Il giovane cercò di scacciare quelle sensazioni che al momento non promettevano niente di buono, magari ne avrebbe parlato più tardi con il suo collega.

Stava uscendo dalla doccia, quando Semir lo chiamò al cellulare.
“Ciao socio” salutò il ragazzo.
“Caspita Ben…rispondi solo dopo tre squilli…non ti riconosco più” ridacchiò dall’altro capo del telefono Semir.
“Ti prego Semir, non sono molto in vena di battutine questa mattina…senti fra quindici minuti sono da te…” rispose stancamente il ragazzo.
“Non occorre che passi prima per casa mia, sono già al Distretto, vieni direttamente …beh ovvio non osare a presentarti in ufficio senza le brioches calde …” ribatté sempre allegro Semir, pensando che il suo socio fosse solo un po’ assonnato avendo fatto le ore piccole con la bella dottoressa Fleming.

Semir si trovava già alla sede della CID. Alla fine aveva deciso di trascorrere la serata ad aiutare Susanne.
Anche loro avevano fatto le ore piccole, ma mentre la bionda segretaria era rientrata a casa verso le tre, Semir, visto che la moglie e le bambine non c’erano, aveva dormito al Comando.
“Buongiorno socio” disse Ben svegliando il collega che si era riaddormentato con la testa appoggiata alla scrivania “Tieni ti ho portato la colazione”
“Buongiorno socio” rispose Semir sbadigliando e stiracchiandosi.
“Allora, scoperto qualcosa?  La notte è stata proficua?” chiese Ben.
“La nostra sì, abbiamo una traccia: un edificio abbandonato da tempo. Aspettavo l’alba per andarci e ovviamente aspettavo te. Comunque la tua serata? Avete fatto una conversazione amichevole tu e la dottoressa dai capelli ramati?”  replicò curioso Semir addentando la sua brioches.
“Senti facciamo così, finisci la colazione, ci avviamo verso questo posto che tu e Susanne avete trovato e per strada ti racconto” ribatté il giovane leccandosi platealmente tre dita sporche di crema.

I due ispettori salirono sulla Mercedes di Ben dirigendosi verso una caserma abbandonata alla periferia di Colonia, il luogo che più si avvicinava alle piantine catastali trovate nell’appartamento di Baker.
“Allora socio, adesso tocca a te, come è andata la serata ieri con ‘miss acidità’ ?” chiese sempre più curioso Semir.
“Beh ecco …dopo i convenevoli, qualche chiacchera tra persone civili ed educate… le ho raccontato del ritrovamento del cadavere del dottor Baker, del pass che abbiamo trovato e della scomparsa di Hartmut” elencò guardando la strada davanti a se.
“Ma Ben” sbottò Semir “Sono informazioni riservate, che ti dice il cervello…”
Ma Ben lo interruppe prima che potesse continuare con la ramanzina.
“Lei è Alexandra, Semir…è Alex!”
“Chi è Ale… “
Il piccolo ispettore stava concludendo la domanda, ma poi gli venne subito in mente di chi stava parlando il collega.
“La Fleming è Alexandra, Alex, la bambina che ti salvò quella sera? Ma Ben, perché non me lo hai detto subito? L’hai riconosciuta?...beh certo che no altrimenti…” Semir non sapeva neppure cosa dire.
“Me lo ha detto lei, non l’avrei mai riconosciuta. Ventisette anni Semir…son passati quasi trent’anni, non avrei potuto neanche immaginare lontanamente che fosse lei, ma poi quando me lo ha detto, in lei ho riconosciuto dei tratti del suo viso e del suo carattere che hanno sciolto ogni dubbio. E detto tra noi, ho rimuginato sulla cosa per  tutta la notte…per più di vent’anni non ho più pensato a lei, ne ho parlato con te due giorni fa e adesso riappare nella mia vita” disse triste e pensieroso Ben.
“Che vorresti dire? Che c’entra qualcosa con la sparizione di Hartmut o con la morte di Baker? Pensi che ti abbia cercato apposta” Semir era perplesso.
“Non lo so Semir, davvero, non so che pensare, anche se …Boh, forse sono solo un po’…” rispose malinconico Ben.
“Dai sputa il rospo Ben, c’è dell’altro…vero?” chiese comprensivo Semir. Ormai per lui il giovane collega era un libro aperto, se aveva qualche cruccio che lo tormentava Semir lo capiva al volo.
“Ecco…le ho chiesto se era sposata, se aveva un fidanzato, sai nel caso ci fosse la possibilità di rivederci e lei mi ha risposto ‘Non più’. Lo ha detto con un tono così triste e malinconico…poi se ne è andata e io sono restato là a guardarla, non ho avuto il coraggio di dirle nulla, eppure avrei voluto dirle tante di quelle cose. Forse è divorziata e il ricordo…non so, magari non se la sente di affrontare un’altra storia…”
 
Il resto del viaggio proseguì in silenzio, con Ben che si mordicchiava di tanto in tanto un’unghia del dito della mano e la cosa, come sempre, non sfuggì a Semir. Dopo un po’ il piccolo ispettore stanco di quel silenzio disse:
“Siamo nervosi vero?” disse facendo cenno al dito che stava  mordicchiando.
“Si vede tanto?” cercò di sdrammatizzare Ben.
“Beh sai…sono del parere che il primo amore non si scorda mai, e tu stai solo confermando la regola. Alex non è solo la bambina che ti ha salvato la vita è colei che ti ha rubato il cuore quando eri bambino. Inoltre penso che  Alex ti abbia anche fatto crescere e il fatto di averla rivista…tra l’altro è diventata una bella ragazza…insomma ha risvegliato quel sentimento che si era assopito più di due decenni fa…in poche parole direi che sei innamorato e non vuoi ammetterlo…nemmeno a te stesso”
“Ma no che dici Semir…siamo amici e basta” rispose Ben arrossendo un po’ guardando la strada davanti a sé.
“Sì come no…solo amici, raccontalo a qualcun altro” sorrise affettuosamente il piccolo ispettore “Comunque guarda siamo arrivati”

I due ispettori fermarono l’auto fuori dalla recinzione che delimitava tutta la zona annessa alla vecchia caserma ormai in disuso da tempo, poi una volta scesi dall’auto scavalcarono il grande cancello.
“Guarda Semir” indicò parlando piano Ben “Ci sono due SUV neri, non penso che questo posto sia poi così abbandonato”
“Già e se anche chiamiamo i rinforzi  non  saranno qui prima di mezz’ora” rispose  il piccolo ispettore e sfoderate le armi i due poliziotti si addentrarono nello stabile.
L’edificio era fatiscente, c’erano calcinacci ovunque, crepe sui muri scrostati e quando i due ispettori salirono la prima rampa di scale sotto i loro piedi si udirono sinistri scricchiolii.
Arrivati al primo piano dello stabile i due poliziotti si trovarono davanti un lungo corridoio, l’edificio però contava altri tre piani.
Con un cenno d’intesa i due si separarono, Ben cominciò a perlustrare il primo piano, mentre Semir decise di perlustrare il secondo.

Il piccolo ispettore salì con  circospezione al piano di sopra e anche lì si aprì davanti al lui un lunghissimo corridoio con un discreto numero di porte e di conseguenza di  stanze. Semir cominciò quindi a esaminarle una ad una, quando dietro di lui sentì un rumore. Ma non fece a tempo a reagire, qualcosa lo colpì violentemente alla testa e cadde a terra svenuto.
“Adesso che ne facciamo di questo sbirro?” disse una voce sussurrando.
“Meglio farlo fuori” disse un’altra.
“No, lasciamolo qui, tanto dormirà per un bel po’. Noi intanto c’è la filiamo con tutta l’attrezzatura  stando attenti che non ci sia qualcun altro” disse una terza voce, che a differenza delle prime due era di una donna.

Intanto Ben al piano di sotto stava perlustrando un grosso salone quando sopra alla sua testa sentì dei strani tonfi, ma non ci fece più di tanto caso, sia lui che Semir erano del parere che l’edificio potesse crollare da un momento all’altro.
Aiutandosi con una torcia elettrica il giovane ispettore si addentrò in un grande salone e davanti a lui vide strane apparecchiature che gli rammentarono quelle che aveva in dotazione Hartmut  alla scientifica.
Si avvicinò agli strumenti e sollevò alcuni teloni che erano stati messi a protezione, quando dietro di lui sentì alcuni passi.
“Troppi per essere Semir” pensò spegnendo la torcia elettrica e nascondendosi dietro ad un grosso armadio.
“Forza prendiamo la strumentazione  e andiamocene in fretta da qui”  disse una voce entrando nel salone.
“Capo” disse un’altra voce “C’è qualcosa che non va, qualcuno è stato qui, guardi i teli, sono stati sollevati” e Ben sentì scattare le sicure delle alcune pistole.
“Perquisite tutti i locali” disse qualcuno e al poliziotto sembrò che tutti uscissero dal salone.
Fortunatamente a pochi metri da lui attraverso la fioca luce che filtrava dalle serrande dell’edificio, vide che il salone aveva un’altra porta che dava sempre nel lungo corridoio.
Con molta circospezione e pistola spianata davanti a lui il ragazzo cercò di guadagnare l’uscita, ma il suo pensiero si soffermò per un attimo su Semir: dov’era? Era in pericolo? Doveva avvisarlo, ma come? Col cellulare, ma se non aveva tolto la suoneria lo avrebbero scoperto.
Decise quindi di andare verso l’uscita, magari anche Semir poteva aver capito che non erano soli, ma mentre faceva questi pensieri qualcuno dietro di lui lo colpì violentemente con un bastone su un fianco all’altezza delle costole.
Ben cadde disteso a terra, non perse i sensi, ma  la pistola gli sfuggì di mano.
Cercandola frettolosamente a tastoni nella penombra incrociò lo sguardo di chi lo aveva colpito.
“Ecco qua un altro sbirro, ma questa volta devo farti fuori, a differenza dell’altro tu mi hai visto in faccia” gli disse l’uomo togliendo la sicura alla pistola e puntandogliela all’altezza della fronte.
“Aspetta Sander, non farlo” disse una voce nella penombra.
“Perché non dovrei? Mi ha visto in faccia, mi identificherebbe e i nostri piani andrebbero in fumo” rispose brusco l’uomo.
“Questo è un collega del tecnico che abbiamo rapito, ci potrebbe servire” disse di nuovo la voce con un tono quasi malefico.

A Ben vennero i brividi e il cuore si strinse come se fosse dentro una morsa.
Quella voce lui l’aveva sentita la sera prima, era incredulo, anzi non voleva crederci.
Un invisibile pugno gli arrivò dritto allo stomaco da fargli mancare il respiro. La sua mente poi, lo torturò con strani pensieri. In quel momento ebbe la sensazione che tutti i suoi sogni fossero andati in frantumi: suo padre purtroppo alla fine aveva avuto ragione.
La sua mente gli chiese se aveva fatto la scelta giusta o se invece aveva sbagliato tutto nella vita. Doveva accettare di portare avanti la ditta paterna, ultimamente quel lavoro che tanto amava e che aveva sognato di fare fin da ragazzino gli stava dando più dolori che gioie. E quello che stava succedendo ora ne era un’ulteriore e triste conferma.
Alexandra uscì dall’ombra e rivolse a Ben uno sguardo quasi di sfida, sul suo volto il ragazzo vide apparire un mezzo sorriso, quasi diabolico.
Il giovane la guardò disperato e cercò nei suoi occhi aiuto che però non arrivò. Ben sentì dentro di lui montare una rabbia enorme e a stento riuscì a reprimere le lacrime che prepotentemente minacciavano di bagnargli gl’occhi. Voleva urlare, voleva dirle quanto era disgustato, ma dalla sua bocca non uscì nulla tanto era sconvolto. La ragazza si fece ancora più vicino e sussurrò qualcosa all’orecchio al suo complice. Poi con il calcio della pistola l’uomo colpì Ben in testa tramortendolo.
E per il giovane ispettore fu tutto buio.
 
BUON ANNO A TUTTI   E…
Angolino musicale : povero il nostro bell’ispettore…’becco e bastonato’ si direbbe dalle mie parti, da  Maty ‘cornuto e mazziato’…insomma dopo il danno pure la beffa. E quanti, anzi QUANTE di voi avranno detto “me l’aspettavo, era logico…”. Comunque veniamo alla colonna sonora (piccolo omaggio alla mia “socia”):
Luciano Ligabue ‘ho perso le parole’
Per ascoltarla : https://www.youtube.com/watch?v=sMx9_Sq5ANs
Ho perso le parole eppure ce le avevo qua un attimo fa, dovevo dire cose, cose che sai, che ti dovevo che ti dovrei. Ho perso le parole può darsi che abbia perso solo le mie bugie, si son nascoste bene forse però, semplicemente non eran mie. Credi credici un po' metti insieme un cuore e prova a sentire e dopo credi credici un po' di più di più davvero.
Ho perso le parole e vorrei che ti bastasse solo quello che ho, io mi farò capire anche da te, se ascolti ben se ascolti un po'. Sei bella che fai male sei bella che si balla solo come vuoi tu non servono parole so che lo sai le mie parole non servon più. Ho perso le parole
oppure sono loro che perdono me, io so che dovrei dire cose che sai, che ti dovevo, che ti dovrei. Ma ho perso le parole che bello se bastasse solo quello che ho, mi posso far capire anche da te, se ascolti bene se ascolti un po'.




 
 

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Capitolo 6
*** Così vicini, così lontani ***


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Così vicini, così lontani

Intanto in un corridoio buio della caserma abbandonata Semir stava lentamente riprendendo conoscenza.
Il piccolo ispettore si svegliò con un grande mal di testa e quando mise una mano nel punto in cui gli doleva di più gli sembrò di sentire del sangue rappreso.
Cercò la torcia elettrica e la pistola, ma in quell’oscurità non trovò né l’una né l’altra.
Decise quindi con cautela di uscire dall’edificio e quando finalmente  ne uscì fu quasi accecato dal sole.
Dopo una manciata di secondi in cui si abituò all’intensa luce, si guardò un po’ attorno notando che i SUV non c’erano più. Automaticamente portò una mano nella tasca posteriore dei jeans per prendere il cellulare e chiamare il suo collega, ma si accorse di averlo più.
Con crescente angoscia chiamò a gran voce Ben, ma il ragazzo non rispose al suo richiamo. Rientrò quindi nell’edificio, ma dopo pochi metri decise di uscire di nuovo, senza una torcia elettrica quel posto era quasi inaccessibile, avrebbe provato a chiamarlo al cellulare attraverso la radio di servizio. Non gli restò che dirigersi verso la Mercedes parcheggiata fuori dalla recinzione e solo allora si accorse che sparsi per il cortile dell’edificio c’erano i pezzi del cellulare suo e quello del collega.

Accelerando il passo e con l’angoscia che si faceva sempre più strada dentro di lui, andò verso l’uscita dello stabile e trovò che il grande cancello che prima era chiuso con un grosso lucchetto ora era spalancato.
Si avvicinò quindi  all’auto di Ben e con grande disappunto e imprecando notò che la Mercedes aveva tutte e quattro le ruote a terra.
I malviventi avevano anche sfondato il finestrino dalla parte del guidatore e Semir si trovò di fronte ad un’altra brutta sorpresa, avevano reso inutilizzabile la radio di servizio.
“Mapporca, hanno sparato alla radio…” esclamò il piccolo ispettore sconsolato.
Non gli rimase altro da fare che incamminarsi a piedi verso la Centrale.

Dopo un paio di chilometri  dietro di lui sentì un’auto che si stava avvicinando quindi mettendosi al centro  della carreggiata la fermò.
“Salve polizia autostradale, sono l’ispettore Semir Gerkhan” disse esibendo il tesserino di riconoscimento  al guidatore che intanto aveva abbassato il finestrino.
Alla guida di una vecchia Trabant verde militare c’era un arzillo vecchietto che appena vide Semir gli disse:
“Giovanotto che le è successo? Ha una brutta cera? E poi che ci fa da queste parti…qui attorno autostrade non c’è ne sono” disse serio.
“Ho rotto la macchina” rispose Semir gentilmente e continuando il discorso “Per caso ha un cellulare? Mi faccio venire a prendere dai colleghi e …” ma fu interrotto dal vecchietto.
“Mi spiace giovanotto, non possiedo un cellulare e nemmeno lo voglio. A casa mia ho ancora il telefono a disco” rispose risoluto l’anziano signore “Ma se vuole sto andando in città, posso darle uno strappo…”
Semir accettò molto volentieri il passaggio e insieme al suo nuovo compagno di viaggio si avviò verso la Centrale.
Arrivato quasi nei pressi della sede della CID l’ispettore scese dall’auto e salutò cordialmente l’anziano signore che ricambiò con un ‘Arrivederci giovanotto’.
Se ci fosse stato lì Ben e avesse sentito che l’uomo lo chiamava così si sarebbe fatto quattro risate, purtroppo però il suo giovane collega non era lì con lui e ora la priorità di Semir era di ritrovarlo il prima possibile.
E con lui ritrovare anche Hartmut.
 
Un’ora dopo Semir era a colloquio con il Commissario Kruger.
“La situazione si fa sempre più complicata, capo”  disse pensieroso l’ispettore.
“Già, abbiamo un dottore del Ministero dell’Economia morto, due colleghi scomparsi e non troviamo nulla che possa accumunare le cose, sempre che ci sia un collegamento ovvio…” ribadì la Kruger “Comunque ho mandato i colleghi della scientifica di Düsseldorf alla vecchia caserma, magari trovano qualcosa che possa esserci utile”
“Senta commissario, io ritorno al Ministero, sinceramente non so cosa potrei trovare, ma vorrei parlare con qualcuno dello staff del dottor Baker” propose Semir.
“Gerkhan, non vedo cosa le possano dire di più di quello che sa già” ribatté la donna.
“Diciamo che ho delle brutte sensazioni, capo” replicò serio Semir.
“Come vuole, comunque appena saprò qualcosa d’interessante dalla scientifica la chiamo. Jager e Freund hanno bisogno di noi e il tempo, si sa in questi casi non gioca a loro e nostro favore” disse risoluta il capo.

Poco dopo Semir parcheggiò l’auto davanti all’ingresso del Ministero, dirigendosi verso il banco delle informazioni.
“Salve agente Julien” salutò Semir.
“Salve ispettore” rispose la guardia “In cosa posso esserle utile?”
“Vorrei parlare con qualcuno dello staff della ‘zona brevetti’ se è possibile”
“Certo ispettore, tutto lo staff è presente…vedo se qualcuno la può ricevere” e compose un numero di un interno.

Dieci minuti dopo una bellissima ragazza  gli venne incontro.
“Salve è lei l’ispettore Gerkhan?” chiese.
“Sì”
“Mi chiamo Elisa Schulz e sono la segretaria del dottor Richard” si presentò.
“Se mi segue l’accompagno. Qui se non conosce bene il palazzo rischia di perdersi”
“Certo” rispose cordialmente  Semir seguendola.
Per arrivare alla ‘zona brevetti’ ci vollero più di cinque minuti; Semir pensò che la segretaria avesse ragione, quell’edificio era un autentico labirinto.
“Ecco siamo arrivati” disse la segretaria e usando un badge simile a quello che Semir e Ben avevano trovato alla scientifica, aprì una porta che dava l’accesso ad un enorme laboratorio.
Semir entrando si trovò davanti una serie incredibile di macchinari su cui erano montati strani oggetti, computer di tutti i tipi e grandezze, alambicchi con fluidi strani e quattro persone con dei camici bianchi che stavano eseguendo dei test su dei prototipi di cui lui non aveva la più pallida idea di cosa fossero.
“Salve ispettore Gerkhan” disse venendogli incontro un uomo alto e magro, con due profondi occhi verdi che lo squadrarono da cima a fondo “Sono il dottor Sander Richard. L’agente Julien mi ha avvisato del suo arrivo. In cosa posso esserle utile?”
“Arriverò subito al dunque dottor Richard” disse senza tanti preamboli Semir “Avrà saputo della morte del dottor Baker…”
“Sì certo, sono stato informato dalla mia assistente, la dottoressa Fleming. La morte del dottor Baker è un evento infausto per noi, era uno dei nostri migliori collaboratori. Aveva intuito, intelligenza, spirito di abnegazione, poteva passare intere notti qui a valutare brevetti”
“Una sorta di genio” tagliò corto Semir.
“Sì era il nostro più valente scienziato ed era amato e rispettato da tutti” concluse il dottor Richard.
“Nonostante questo qualcuno lo ha ucciso in casa sua, mettendola sottosopra come per cercare qualcosa … sa dirmi a cosa stava lavorando”
“Salve ispettore Gerkhan” disse una voce femminile alle sue spalle interrompendo la conversazione tra i due uomini.
“Salve dottoressa Fleming” salutò un po’ duro Semir.
“La dottoressa Fleming saprà darle queste informazioni” e rivolgendosi alla ragazza “Dottoressa Fleming può continuare lei  con l’ispettore? Devo sbrigare delle urgenze”
“Certo dottor Richard” poi rivolgendosi a Semir “Prego mi segua ispettore, voleva sapere a cosa stava lavorando il dottor Baker , mi sembra volesse saper questo…”
“Sì avevo fatto questa domanda al suo capo… immagino si possa dire così” rispose sempre con tono un po’ ostico Semir.
“Sì il dottor Richard è a capo del nostro team…comunque rispondendo alla sua domanda…il  dottor Baker aveva ricevuto l’incarico di brevettare un cambio elettronico per biciclette da corsa…”
“Un cosa scusi?” Semir temeva di non aver capito bene.
“Lasciamo perdere per voi dell’autostradale esiste solo l’auto” replicò un po’ acida la ragazza.
“Senta dottoressa Fleming, potrei parlarle in privato?” replicò a tono l’ispettore.
“Certamente, mi segua” disse facendo cenno verso una piccola stanza e mentre faceva accomodare Semir su un divanetto chiese “L’ispettore Jager non è con lei? Mi ha detto che voi ‘viaggiate’ sempre in coppia”
“Di lui parleremo più tardi” tagliò corto “Adesso vorrei sapere da lei se ha una vaga idea del perché sia stato ucciso il dottor Baker” domandò un po’ brusco Semir.
“Ispettore” disse decisa la dottoressa “L’ho già detto al suo collega ieri sera …”
“Lo so cosa gli ha detto, dottoressa Fleming, o dovrei chiamarla Alex, come la bambina che ha conosciuto Ben più di venticinque anni fa?” Semir si stava alterando.
“Ispettore, dove vuole arrivare? Mi sta accusando di qualcosa? “ chiese la giovane aggrottando la fronte.
“Me lo dica lei?” rispose a tono Semir.
“Cosa le dovrei dire, sentiamo? Qui tutti stimavamo il dottor Baker, mi sembra che la cosa non le sia ancora molto chiara…inoltre per quanto mi riguarda è stato proprio il dottor Baker a farmi assumere qui” disse dura Alexandra.
“Davvero?” ma il tono di Semir era quasi ironico.
“Sì, sarei in mezzo a una strada se non fosse stato per lui” ribadì decisa e anche seccata la ragazza.

Semir cercò di calmarsi, si rese conto che la scomparsa di Ben e di Hartmut lo stavano facendo alterare per un nonnulla.
“Ben è scomparso…” disse con un filo di voce Semir “Un altro nostro collega pure e il suo collega morto”
“Ben? Come scomparso?” rispose preoccupatissima portandosi una mano alla bocca come per soffocare un grido di dolore ”Pensa che ci possa essere un legame? Anche se in questo momento non ne vedo alcuno” chiese comprensiva.
“Non lo so, anzi penso che sia stato rapito…” ribatté triste Semir , mentre Alexandra continuò a parlare piano:
“Ieri pomeriggio, quando Ben si è presentato ho pensato fosse un omonimo del ragazzino che conobbi tanto tempo fa. Jager è un cognome piuttosto diffuso in Germania, ma poi il nome, il fatto che fosse un poliziotto, lo sguardo, gli occhi erano gli stessi. Persino il suo modo di fare e di parlare non era cambiato …Ben in fondo è restato uguale a quando l’ho conosciuto…è diventato un uomo, questo sì…” Disse con una tenerezza infinita Alex e Semir ebbe l’impressione che tra Ben e lei ci fosse molto di più di una semplice amicizia.
“Volevo essere sicura che fosse lui, così quando mi ha invitato a bere qualcosa ho subito accettato. Abbiamo chiacchierato un po’, ma poi ognuno per la sua strada. Ispettore,  come vede abbiamo preso strade decisamente diverse…allora eravamo dei ragazzini, adesso siamo adulti ed ognuno si è costruito una vita, una famiglia…Mi scusi, ma  quando lo avrebbero rapito? Ieri sera?” chiese sempre più preoccupata e mentre lo chiedeva Semir notò che giocherellava con un braccialetto che portava.
“No questa mattina durante un nostro sopralluogo” rispose l’ispettore.
“Un sopralluogo? E dove? Ha dei sospetti? Sapete chi possa essere stato?” disse la ragazza.
“Ben mi disse che lei voleva fare la poliziotta, le domande sembrano quelle che farebbe un agente di polizia” sorrise Semir.
“Già, ma alla fine come vede decisi di intraprendere un’altra carriera, ispettore”
“Senta, prima parlavo con il dottor Richard, mi ha detto che tra il team c’era affiatamento, nessun contrasto, nessuno che in qualche modo volesse la morte del dottor Baker…lei è d’accordo dottoressa?”
“Sì sono d’accordo, il dottor Baker era benvoluto da tutti” poi aggiunse “Ispettore, io voglio molto bene a Ben, gli eventi ci hanno divisi, ma se posso esserle utile per poterlo trovare, anche l’altro suo collega e soprattutto scoprire chi ha ucciso il dottor Baker, non esiti a chiamarmi”
“La terrò informata, dottoressa Fleming” disse Semir alzandosi dal divanetto.
“In privato può chiamarmi Alexandra o Alex, ispettore” e alzandosi anche lei le porse la mano per salutarlo.
“E io sono Semir”
Poi l’ispettore si congedò da lei e si avviò verso l’uscita del Ministero, accompagnato ancora una volta dalla signorina Schulz, dietro di lui lo sguardo di Alexandra che da preoccupato diventò serio.

La dottoressa stava ancora giocherellando col braccialetto che portava quando, pochi istanti dopo, entrò nella stanza il dottor Richard che si chiuse la porta dietro alle spalle. Alexandra era vicino ad una piccola finestra e guardava l’auto di Semir parcheggiata vicino all’ingresso dello stabile.
“Pensi che l’amichetto dello sbirro che abbiamo nei sotterranei sospetti qualcosa?” gli chiese avvicinandosi cingendole le spalle e cominciando a baciarla sul collo.
Alexandra si allontanò dalla finestra e anche dall’uomo che restò a fissare Semir che saliva sull’auto.
“Non penso, altrimenti non sarebbe venuto qui solo” disse sicura.
“Comunque appena sarà possibile sarà meglio cambiare ‘quartier generale’ questo posto comincia ad essere un po’ troppo frequentato ultimamente” replicò il dottor Richard.
“Ma se facciamo perdere le nostre tracce la polizia potrebbe avere dei sospetti, direi di vedere come evolve la situazione” propose Alexandra.
Richard distolse lo sguardo dalla finestra per guardare con quei suoi occhi verdi penetranti quelli blu di Alexandra.
“Baker è stato un effetto collaterale, il fine giustifica i mezzi. E la stessa sorte toccherà ai nostri ospiti, che tu lo voglia o no … Mi sembra che ultimamente tu ti stia facendo troppi scrupoli. Vorrei sapere se posso ancora fidarmi di te” gli disse guardandola con occhio sospettoso.
“Certo, che razza di domande sono?” ribadì secca lei.
Detto questo Alexandra uscì dalla stanza.
 
Angolino musicale: Capitolo senza sapere nulla di Ben...e per certi versi il testo di questa canzone potrebbe richiamare domande (senza risposta) che (si) fanno i protagonisti di questa ‘storiella’…E io vi chiedo: che ne pensate di Alex ora? Bennuccio in mano sua sta peggio che in mano mia? Nel prossimo capitolo avrete qualche risposta. Comunque bando alle ciance e Nicklback “what are you waiting for?” (Che cosa stai aspettando?)

Per ascoltarla : https://www.youtube.com/watch?v=w-Ng5muAAcg

Che cosa stai aspettando? Stai aspettando che il momento sia giusto? che cosa stai aspettando? Non vuoi imparare a gestire la paura? Non vuoi prendere tu la guida? Non aspetti un altro minuto qui? Che cosa stai aspettando? Devi andare a cercare la vetta, credi in ogni sogno che hai, vivi solo una volta, quindi dimmelo che cosa, che cosa stai aspettando? Sai che devi dare tutto e non avere paura se cadrai, vivi una volta sola quindi dimmi che cosa, che cosa stai aspettando? Stai aspettando la scusa buona? Stai aspettando un segno da cogliere? Mentre aspetti è il momento di perdere che cosa stai aspettando? Non vuoi aprire le ali e volare? Non vuoi davvero vivere la tua vita? Non vuoi amare prima di morire? Che cosa stai aspettando? Dimmi cosa stai aspettando, mostrami a cosa stai puntando, per cosa risparmierai?   Tutti faranno errori, ma tutti hanno una scelta da fare, tutti hanno bisogno di fiducia, quando prenderai la tua?
 
 

 

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Capitolo 7
*** Delusione infinita ***


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DELUSIONE INFINITA

Ben si stava riprendendo piano piano, già una volta aveva ripreso conoscenza, ma qualcuno lo aveva rispedito nel mondo dei sogni.
Ricordava delle voci maschili che parlando tra loro avevano detto di farlo dormire fino al ritorno del capo.
Il poliziotto aprì lentamente gli occhi, aveva la vista sfuocata, sembrava che tutto attorno a lui girasse…pavimento, pareti, soffitto.
Era disteso su di un fianco e aveva un male allucinante alla testa e alle braccia.
Ma come era arrivato fino a lì? Cos’era l’ultima cosa che aveva fatto o visto? In quel momento non lo ricordava, poi improvvisamente gli venne in mente il blu stupendo di due occhi, ma di chi?

Della dottoressa Fleming. Di Alex.

Cercò di farsi forza riuscendo a sollevarsi e a sedersi appoggiando la schiena contro il muro.
Era stato ammanettato con le braccia dietro la schiena ad un grosso tubo che attraversava verticalmente la stanza.
Diede qualche strattone alle manette nella vana speranza che il tubo fosse vecchio e cedesse, ma rimediò solo dei dolori alle spalle e ai polsi.
Si guardò attorno per vedere dove era stato imprigionato: sembrava uno scantinato e considerato l’odore di stantio in cui era impregnata l’aria non ebbe molti dubbi.
Il pavimento era di cemento, contro una parete del muro c’era un letto con un vecchio materasso, una lercia coperta, forse anche un lenzuolo. Dall’altro lato della stanza un tavolo, una sedia, una piccola lampada a batterie, carta, penne a volontà e l’entrata era situata alla fine di una piccola scala. Non c’erano finestre e l’unica fonte di luce era quella che filtrava dalla finestrella sulla porta.
“Sembra il rifugio perfetto per uno scrittore” pensò quasi divertito Ben.

Passò diverso tempo, quando la porta d’entrata si spalancò e un uomo fu letteralmente scaraventato giù dalla scala.
“Ma che modi, per la miseria, se mi rompete il collo, non avrete mai quello che volete” balbettò la persona che era stata appena fatta entrare nello scantinato.
“Sta' zitto e riposati che fra un po’ torni al lavoro” rise beffardo l’uomo che lo aveva buttato dentro, dopo di che chiuse la porta con diverse mandate.
“Hartmut?” disse sbigottito Ben riconoscendo subito la voce.
“Ben?” rispose il tecnico dai capelli rossi sollevandosi da terra “Che ci fai qui?”
“Vacanza premio e come gadget due braccialetti che mi tengono inchiodato a questo bel posticino” disse sarcastico il poliziotto.
Hartmut prese la lampada da sopra il tavolo e si avvicinò a Ben puntandogliela contro.
“Hartmut per favore così mi accechi!” disse infastidito il ragazzo.
“Volevo assicurarmi che fossi tutto intero” rispose il tecnico.
 “Sì lo sono, ma tu? Stai bene e che ci fai qui?”
“E’ una storia lunga” rispose sconsolato Hartmut, poi guardò dietro la schiena di Ben per vedere se era possibile liberarlo.
“Penso siano le mie manette Einstein…e le chiavi le hanno sicuramente loro…comunque visto che non abbiamo altro da fare, che dici di raccontarmi come sei finito qui? Dai su racconta” lo incitò deciso il poliziotto.

Hartmut cominciò il suo racconto.
“Tutto è iniziato un paio di mesi fa. Stavo facendo degli esperimenti con il mio collega…”
“Pichlern?” lo bloccò subito Ben.
“Sì lui non vedo chi altro potrebbe essere…perché?” chiese titubante il tecnico.
“Così…anzi, sai se ha parenti in Baviera?” lo incalzò Ben.
“Che mi risulti no” replicò perplesso Hartmut “Ben…mi sembra di essere sotto interrogatorio…”
Ma Ben non lo stava ascoltando, stava già facendo le sue deduzioni a voce alta.
“Lo avevo detto io a Semir! E lui mi ha risposto che era una fatalità, che vedo complotti in ogni dove…comunque continua, Einstein”
“Allora io e Pichlern un giorno stavamo facendo degli esperimenti e per caso abbiamo scoperto una sostanza che neutralizza le molecole dell’odore” raccontò Hartmut “Quando, a una cena, l’ho detto a mia madre lei era felicissima visto che non può usare gli ammorbidenti perché contengono una sostanza che irrita la pelle…”
“Scusa, ma temo di non arrivarci Einstein” Ben era confuso, ma non era il mal di testa, era il giovane tecnico che, come sempre, per spiegarsi faceva giri incredibili di parole.
Hartmut alzò gli occhi al cielo, trasse un profondo respiro  poi continuò:
“Ascolta: hai presente quando i tessuti s’ impregnano di odori poco gradevoli…tipo fumo, sudore…per non parlare della cucina quando fai le grigliate, i fritti…Beh ecco questa sostanza coprirebbe l’odore in un attimo, senza l’uso di ammorbidenti o deodoranti per l’aria”
“Geniale, Einstein” ribadì esterrefatto Ben.
Ma poi pensandoci bene come un lampo a ciel sereno ebbe una folgorazione.
“Porca miseria, Einstein ti rendi conto che così avete scoperto il lasciapassare per tutti i narcotrafficanti della Terra?”
“Ma come?” balbettò Hartmut, poi anche lui ebbe la stessa folgorazione del collega.
”Oh cielo, adesso ci arrivo, nessun cane antidroga individuerebbe i narcotrafficanti…e…” Hartmut si mise le mani tra i capelli.
“Caspiterina avete scoperto la gallina dalle uova d’oro” ragionò Ben.
“Comunque , se mi lasci finire” continuò spazientito il tecnico “Quella sostanza non è ancora attiva,  è un prototipo, ha efficacia per brevissimo tempo. Volevo brevettarla così sono andato al Ministero dell’Economia e li ho rincontrato un professore che avevo all’università, il dottor Baker. Ne ho parlato con lui, poi in privata sede, il che vuol dire a casa mia o a casa sua,  stavamo mettendo a punto l’invenzione, lui non voleva meriti, voleva solo aiutarmi…una persona eccezionale…dovresti conoscerla”
“Quindi può essere che Baker sia stato assassinato …” pensò sempre a voce alta Ben.
“Come assassinato? Ben, stai scherzando vero?” farfugliò Hartmut.
“Purtroppo no Hartmut” rispose costernato l’amico.
“Ben mi stai dicendo che è morto per causa mia, per la scoperta…”
Il giovane tecnico si rabbuiò come mai lo aveva visto Ben, per lui il dottor Baker era molto di più di un conoscente, di questo il giovane ispettore ne era certo.
“Se lo avessi anche solo immaginato”
“Hartmut” cercò di consolarlo Ben “Tu non c’entri, se quei criminali …Senti chi altri sapeva di questa invenzione oltre a te, Baker e Pichlern?” domandò poi Ben.
“Beh penso tutto lo staff di Baker” rispose il tecnico.
“Anche la dottoressa Fleming?” incalzò l’ispettore.
“Sicuramente, il dottor Richard, gli assistenti Maser e …”
Ma Hartmut non fece tempo a finire la frase, qualcuno stava aprendo la porta.

“Vieni ‘Pel di Carota’, devi finire il lavoro. Hai visto il tuo amico? Bene ora cerca di sbrigarti o sarai la causa della sua agonia” disse beffardo l’uomo e avvicinandosi con una pistola in mano prese Hartmut per un braccio e lo spintonò verso la scala.
Ben che si era sempre sentito molto protettivo nei confronti di Hartmut considerandolo quasi un fratello minore, assistendo alla scena si alzò di scatto, cercando di liberarsi dalle manette. Senza pensarci su impulsivamente con la sua tipica sfrontatezza che da sempre lo contraddistingueva con rabbia urlò:
“Lascialo stare maledetto bastardo, perché non te la prendi con me?”
 “Volentieri sbirro”
L’uomo si avvicinò a Ben, per alcuni secondi i due si guardarono dritto negl’occhi, poi all’improvviso gli assestò un violentissimo pugnò allo stomaco.
Ben cadde in ginocchio senza fiato. Il malvivente lo prese per i capelli, gli tirò indietro la testa facendogliela sbattere contro il tubo a cui era ammanettato. Gli stava per assestare una ginocchiata in volto quando una voce femminile lo fermò.
“Basta così Victor! Porta fuori il tecnico e lascia le chiavi sulla porta, chiudo io”
“Non finisce qua sbirro…” disse sussurrandogli all’orecchio Victor, poi lasciò la presa senza prima averlo fatto sbattere un’altra volta con la testa contro il tubo.
Mentre usciva Victor passò vicino ad Alexandra che un attimo prima lo aveva fermato, lanciandole un’occhiata di fuoco.
“Ti sta a cuore lo sbirro? Lo sai che ha le ore contate”  le disse beffardo uscendo dallo scantinato.

Ben si rialzò in piedi ansimando e si ritrovò faccia a faccia con Alexandra: una rabbia mista delusione invase tutto il suo corpo.
Non poteva credere che la ragazzina che aveva conosciuto tanto tempo prima fosse diventata una criminale, il suo sogno era quello di diventare una poliziotta come lui, e invece, forse per causa sua, forse per il fatto che il padre l’avesse costretta ad allontanarsi…chissà cosa le aveva fatto cambiare idea e farla diventare quella che era ora.
Alex si avvicinò a lui, si guardarono negli occhi senza dire una parola. Gli mise le mani sotto la maglia, dietro la schiena, poi salirono verso le spalle e il corpo del ragazzo fu scosso da un brivido. Lui la guardò negli occhi  e quegli occhi che un attimo prima erano di ghiaccio di colpo divennero i dolcissimi occhi che lo avevano fatto innamorare quando aveva otto anni.
Alexandra lo abbracciò, avvicinò le labbra alle sue. Il giovane non riuscì a dirle di no. Si baciarono. Fu un bacio dolcissimo, ma per Ben fu anche dolorosissimo, era della  donna che gli aveva salvato la vita, lo aveva aiutato a diventare quello che era ora, lo aveva fatto uscire da quel tunnel di disperazione in cui era entrato dopo la morte della madre, ma allo stesso tempo era il bacio della donna che poteva da un momento all’altro porre fine alla sua giovane vita.
La ragazza poi si allontanò da lui voltandogli le spalle.
“Perché Alex?” chiese Ben quasi sussurrando.
 “Avete ucciso voi il dottor Baker vero? Magari lo hai ucciso proprio tu? “
Il ragazzo aspettò una risposta che però non venne, allora continuò “Vuoi sapere cosa penso? Penso che tu e quella banda di criminali, che si nasconde dietro la bella facciata del team ‘zona brevetti’,  avevate scoperto che l’invenzione che stava mettendo a punto il dottor Baker con Hartmut avrebbe potuto essere fonte di enormi guadagni. Purtroppo Baker non ha voluto sentirne ragione, e questa sua onestà è stata la sua condanna a morte. Baker ha nascosto la formula chissà dove…voi avete pensato al suo ufficio privato , ma per entrare vi serviva il suo badge…quindi prima siete stati a casa sua e lo avete ucciso per impossessarvi del tesserino. Ma non avete trovato nulla né a casa sua, né al Ministero. Così l’unica soluzione per arrivare alla formula era il suo creatore: Hartmut. Non avete trovato niente a casa sua e così siete andati alla scientifica, l’avete messa sotto sopra non trovando niente neppure lì. Avete aspettato il mio collega e lo avete rapito, per arrivare alla formula. Non è così Alex?”
Ben cercò poi di liberarsi dando dei violenti strattoni alle manette, ma poi sopraffatto dal dolore ai polsi che cominciavano a sanguinare e dalla disperazione abbassò lo sguardo. Lentamente scivolò fino a inginocchiarsi  a terra; era deluso, deluso da tutto, in quel momento si sentiva moralmente  distrutto, ma trovò la forza di parlare ancora.
“Cosa sei diventata Alex?” chiese amaramente.
“Per favore Ben, stai zitto, non puoi capire” rispose con voce ferma e decisa Alex.
Ben furioso si rialzò, se fosse stato libero sicuramente l’avrebbe presa rabbiosamente per le spalle.
“Cosa non capisco? Dai dimmi…abbi il coraggio di dirmelo…cos’è che non capisco? Ti dico io cosa non riesco a capire… Non riesco a trovare una spiegazione logica su che fine abbia fatto la bambina che ventisette anni fa mi ha salvato la vita”  incalzò Ben rabbioso e deluso come mai era stato. Ma ormai era un fiume in piena, la rabbia che aveva dentro era irrefrenabile, come le parole che uscivano dalla sua bocca.
“Sarebbe stato meglio se quella notte avessi avuto il fegato di buttarmi giù, sarei annegato nel Reno, non avrei assistito a tutto questo. Mi sarei portato nella tomba il ricordo di te che mi chiedevi di scendere dal muretto”
Alex non si voltò, ma raccontò  a Ben “Mi dissero che i miei genitori si suicidarono. Non ho mai voluto accettare la cosa, come avevano potuto fare una cosa simile…lasciarmi sola… non avrei mai permesso a nessuno di fare un gesto simile sotto i miei occhi…”
“Maledizione Alex!!! Mi hai salvato allora, ma mi hai ucciso adesso!” urlò disperato Ben, poi sussurrando “Eravamo amici. Amici per sempre… ricordi? Eravamo amici…” ripeté il ragazzo cercando di ricacciare indietro le lacrime che prepotentemente minacciavano di bagnargli gl’occhi.
“Sì, Ben hai ragione … eravamo” rispose dura la ragazza salendo le scale.
Ben la vide uscire dallo scantinato e non riuscì più a trattenere  le lacrime che cominciarono a bagnargli il viso, si lasciò scivolare in ginocchio a terra dando sfogo a tutta la sua rabbia e disperazione.
 
Angolo musicale : Molto bene, direi che il nostro Bennuccio è ufficialmente nei guai…in compagnia di Hartmut. Oltretutto il nostro bell’ispettore è ferito nell’animo, la cosa, a mio parere, peggiore;  in questi casi mi viene sempre in mente un passo di ‘Gioco Mortale’ di Maty: Si sentiva completamente impotente, stavolta non c’erano ferite da tamponare , ossa rotte da steccare, non poteva fare nulla…Colonna sonora, pensieri ‘rabbiosi’ di Ben?...Robbie Williams ‘No regrets’ (Nessun rimpianto).
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=Uyb67x1C2Dg
Raccontami una storia Dove cambieremo tutto E vivremmo le nostre vite insieme e non da stranieri Non ho perso la ragione E' stata lei ad arrendersi Non sei potuta restare a vedermi piangere Non ne avevi il tempo Così me ne vado silenziosamente
Non voglio odiare Ma tutto ciò che mi ha lasciato E' un retrogusto amaro E un'immagine di come tutti noi potremmo vivere Nessun rimpianto, non funzionano Nessun rimpianto, fanno solo male Se potessi smetterla di odiarti Vorrei sentirmi dispiaciuto per noi invece Ricordare le fotografie, che cosa senza senso Quella in cui tutti noi ridevamo, così antiquate Stavamo vivendo il nostro momento Beh, grazie, è stata una cosa devastante Spesso mi siedo e penso a te , per un po’ E poi mi passa Suppongo che l'amore che una volta provavamo E' ufficialmente morto.
 

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Capitolo 8
*** Indagini a tutto campo ***


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Indagini a tutto campo

Semir stava facendo ritorno alla sede della CID dopo essere stato al Ministero dell’Economia. La sua visita era stata per certi versi inutile, anzi forse ora aveva più dubbi di prima. Da una parte ricordava le perplessità di Ben nei confronti di Alexandra e dall’altra quello che le aveva detto la dottoressa riguardo al suo socio e al dottor Baker. Aveva strani presentimenti e cosa che lo spaventava di più erano quelle strane sensazioni che di solito non erano mai un buon segno. Semir confidava molto nel suo istinto che spesso lo portava a risolvere anche i casi all’apparenza più intricati. E il suo istinto in quel momento gli diceva che all'interno del Ministero avrebbe trovato la soluzione del caso e soprattutto la dottoressa Fleming lo avrebbe portato in qualche modo a risolverlo. Perché di una cosa era sicuro: Ben, Hartmut e il dottor Baker erano in qualche maniera legati tra loro.

Il piccolo ispettore entrò al Distretto e appena Susanne lo vide gli comunicò che Kim Kruger desiderava vederlo in ufficio.
 “Grazie Susanne, ci vado subito” rispose Semir avviandosi subito, quindi bussò ed entrò.
 “Salve capo” salutò “Voleva parlarmi? Ci sono novità?”  chiese un po’ preoccupato.
“Si sieda, Gerkhan” disse la Kruger “Ho il rapporto della scientifica di Düsseldorf  riguardante l’assassinio del dottor Baker e i rilievi fatti sulla casa”
Il commissario aprì il fascicolo e lo porse a Semir continuando il discorso.
 “Come può leggere il dottor Baker è stato ucciso con una calibro nove, un colpo alla nuca, quasi un’esecuzione direi. Dalle analisi fatte e dai cavi sconnessi trovati sopra alla scrivania e ai tavolini del suo studio si potrebbe supporre che manchino un computer e alcune strumentazioni particolari”
“Quindi è logico supporre che PC e apparecchiature mancanti possano servire a chi lo ha ucciso?” ragionò Semir.
“Può essere, ma non sapendo bene cosa abbiano portato via…” dedusse il commissario.
“Impronte? Ne sono state trovate?” chiese Semir.
“Parecchie e di varie persone, ma il dottor Baker dava ripetizioni di fisica, matematica, chimica, quindi molte potrebbero appartenere a studenti, persone non schedate. Però oltre a quelle del dottore ci sono anche quelle di un'altra persona di nostra conoscenza: quelle di Hartmut. Risultano schedate per quella volta che ubriaco fece a pugni con quell’agente, rammenta?”
“Sì mi ricordo” Semir cominciò a fare supposizioni.
“Quindi è logico pensare che Hartmut e il dottor Baker si conoscessero, chiederò a Susanne di fare qualche ricerca su un possibile legame tra i due” propose Semir.
“Ho già chiesto a Susanne di fare dei controlli” incalzò la Kruger “Si conoscevano perché Baker era stato un suo professore quando Hartmut frequentava l’università”
“Saranno restati in ottimi rapporti e poi tra geni si saranno capiti al volo… una collega del dottor Baker lo ha descritto come un ‘Hartmut vecchio’”
“Comunque ai colleghi di Düsseldorf  ho chiesto anche della loro perquisizione alla caserma, hanno trovato la sua pistola che presto le verrà restituita e alcune macchie di sangue. Purtroppo appartengono a Jager”
“Perché quando succedono queste cose mi sento sempre in colpa?" pensò ad alta voce Semir “Non dovevamo divederci…”
“Gerkhan, quando la smetterà di considerare il suo collega come un principiante alle prime armi?” lo rimproverò quasi con affetto “Jager è un ottimo poliziotto, è un uomo adulto, sa il fatto suo. Lo so che lei si sente a volte come un padre per lui, ma si ricordi che Ben sa fare molto bene il suo mestiere, mi creda e se lo dico io…”
Semir abbozzò un sorriso, Kim Kruger a volte sapeva essere dolce e comprensiva.
“Comunque” concluse poi il commissario “L’unica cosa fuori luogo che la scientifica ha trovato è stato uno scontrino fiscale risalente a ieri sera di un pub in centro a Colonia “
“Un pub? Che pub?” chiese sospettoso Semir.
“Il ‘Tommy Pub ‘ “ rispose la donna.
“Beh ecco comincio a credere che in questa storia ci siano troppe fatalità. Capo se non ha nulla in contrario andrei a fare un sopralluogo, a quest’ora i pub sono aperti” disse alzandosi e avviandosi verso l’uscita dell’ufficio.
“Certo e mi tenga informata. Ah, Gerkhan…” Kim quasi lo bloccò.
“Mi dica capo…”
“Stia attento, due uomini della mia squadra scomparsi sono decisamente troppi” disse avvilita la Kruger.
“Non si preoccupi commissario, le riporterò Ben e Hartmut sani e salvi” poi uscì dall’ufficio.

Poco dopo Semir parcheggiò la sua BMW davanti al ‘Tommy Pub’.
Conosceva diversi locali a Colonia, ma non era mai stato in quel posto e quando entrò restò di stucco.
“Bello” pensò “Sembra di essere nell’Ottocento” e andò direttamente al bancone. Appena si sedette su uno degli sgabelli una barista, che gli dava le spalle, si accorse di lui, quindi si avvicinò.
“Buongiorno signore, cosa le servo?” chiese cordiale.
“A dire il vero sarei in servizio” poi esibendo il tesserino si qualificò “Gerkhan polizia autostradale, vorrei farle alcune domande, se per lei va bene…”
“Gerkhan? Semir Gerkhan?” domandò cortesemente la barista.
“Sì, ci conosciamo?  Temo però di non sapere chi è lei signora…”
Semir cercò di far mente locale, ma quella donna di circa cinquant’anni proprio non la ricordava.
“Ispettore, lei quattro anni fa ha tolto dai guai mio figlio Humbert. Era stato ingiustamente accusato di aver provocato un’incidente in autostrada…”
“Sì ora mi ricordo e adesso come sta?”
“Sta benone, fra qualche settimana discuterà la tesi, prenderà la laurea in giurisprudenza” replicò compiaciuta la donna.
“Si sta laureando?” chiese curioso.
“Sì ed è tutto merito dell’ispettore Jager” disse entusiasta “Gli ha pagato le tasse universitarie, i libri; non ha voluto niente in cambio,  a parte che Humbert studiasse e si laureasse senza risultare fuori corso”


Semir non era a conoscenza di questo fatto, ma la cosa non lo stupì, Ben non era nuovo a questo tipo d’iniziative. E amava farle in segreto.
“A proposito, ieri sera il suo collega era qui, non l’ho riconosciuto subito, son passati quattro anni dall’ultima volta che l’ho visto. Adesso porta i capelli più corti … è sempre un bel ragazzo, non passa inosservato e poi a mio parere così sta decisamente meglio” disse.
“E già Ben fa questo effetto a tutte… ma senta signora, sa dirmi se aspettava qualcuno…se ha notato qualcosa di particolare”
“Ispettore, scusi l’indiscrezione, ma gli è successo qualcosa?” chiese preoccupata.
Semir notò che la signora era molto turbata, in fondo Ben era il benefattore di suo figlio.
“Il mio collega è scomparso, brancoliamo nel buio, non so dove andarlo a cercare e non ho uno straccio d’indizio, solo uno scontrino del suo locale”
“Il suo collega era al tavolo con una ragazza, hanno parlato molto e spesso il suo collega si è messo le mani nei capelli, a volte si mordicchiava un dito della mano, come se fosse…” la donna cercò le parole, ma non le trovò e in suo aiuto venne Semir.
“Le sembrava nervoso? “ chiese Semir e poi pensando tra sé “Il tipico atteggiamento di Ben quando è nervoso, mordicchiarsi le dita…”
“Decisamente nervoso” ribatté la donna.
“Senta saprebbe descriverla” anche se Semir sapeva già con chi era Ben, ma voleva la certezza assoluta.
“Ho portato un’ordinazione al tavolo vicino al loro è ho sentito che la chiamava Alex. Mi è restato impresso il nome perché a me suonava un po’ maschile per una ragazza, ma ritengo fosse l’abbreviazione di Alexandra o Alexia. Era una bella ragazza, con i capelli rossi, carnagione chiara…”
“La ringrazio signora mi è stata di grande aiuto” disse Semir scendendo dallo sgabello.
“Ispettore, se avesse ancora bisogno, non esiti a chiamarmi o venire qua, il suo collega è stato un angelo e quando lo ritroverà, e ne sono sicura, me lo faccia sapere la prego”
“Lo troverò, signora, sano e salvo” 
Poi il piccolo ispettore uscì e si diresse nuovamente verso il Distretto.

Mentre percorreva la strada verso la sede della CID chiamò l’efficiente segretaria del distretto.
“Susanne trovami l’indirizzo di Alexandra Fleming per favore. A quest’ora sarà a casa sua, non penso che al Ministero lavorino ancora”
“Sì un attimo…” e Semir udì il classico rumore delle dita sulla tastiera.
“Ecco qua  Semir  … Koln Strasse 7”
“Mapporca miseria!!!” disse Semir facendo una brusca inversione a ‘U’ “Ero di fronte a casa sua e non lo sapevo”
Semir arrivò a casa di Alexandra Fleming in pochi minuti, suonò il campanello e attese. Nessuno aprì.
“Sembra ci sia nessuno, e adesso che faccio?” mormorò tra sé.
Avrebbe voluto entrare, ma non aveva mandato, poteva anche essere che la ragazza fosse a casa e non gli volesse aprire, magari aveva compagnia, magari era sposata, magari tante cose. Si ritrovò ad avere gli stessi dubbi di Ben. E poi se anche le avesse aperto, cosa le poteva dire di più di ciò che le aveva  detto al Ministero? Non poteva certo portarsela dietro ad indagare con lui…Alex in fondo era una civile.
Decise quindi di tornare definitivamente al Distretto, perché adesso si era fatta strada in lui un’altra ipotesi.
“Susanne” disse appena vide la segretaria “Dobbiamo scoprire cosa ha fatto Alexandra Fleming quando ha lasciato la casa famiglia vicino alla casa paterna di Ben”
“Ma Semir, a parte che sono trent’ anni di vita di una persona che mi sembra…” cominciò a dire perplessa la segretaria.
“Susanne non ho una pista, non ho niente. Ben e Hartmut sono scomparsi, abbiamo un morto e l’unico legame sembra essere questa Alexandra”
Semir era sconsolato e spaventato allo stesso tempo.
“Okay, senti Semir” disse Susanne “Vai sul divano del salottino a riposarti,  appena ho qualcosa d’ interessante ti chiamo, va bene?”
“No dai…ti faccio compagnia” propose l’ispettore.
“Senti sei stanco e se Ben e Hartmut avessero bisogno di te avranno bisogno di un Semir in piena forma” rispose comprensiva e risoluta la ragazza.
Semir si fece convinto e andò a sdraiarsi un po’ nella saletta ristoro dove c’era un piccolo divano, sicuro che non avrebbe preso sonno, invece si addormentò nel giro di cinque minuti. Fisicamente e mentalmente era sfinito.
 
 Angolino Musicale: Allora che state pensando? Sì, lo so, mi state odiando…un altro capitolo in cui di Bennuccio caro non si sa nulla o quasi. Comunque colonna sonora: di questa canzone mi ha ispirato soprattutto il titolo…ho subito pensato al povero Semir alla ricerca disperata del suo migliore amico (e anche di Hartmut) e a quel suo istinto che lo spinge sempre alla ricerca della verità.
Listen to your heart ‘ascolta il tuo cuore’ Roxette
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=yCC_b5WHLX0

Ascolta il tuo cuore quando ti sta chiamando ascolta il tuo cuore non c'è nient'altro che puoi fare non so dove stai andando e non so perché, ma ascolta il tuo cuore prima di dirgli addio A volte ti chiedi se questa lotta é utile I momenti preziosi sono tutti persi nella marea Sono stati spazzati via e niente é come sembra il sentimento di appartenenza ai tuoi sogni E ci sono voci che vogliono essere ascoltate Cosi tanto da dire, ma non riesci a trovare le parole…


 

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Capitolo 9
*** Aiutami, liberami! ***


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Aiutami, liberami !
 
Era quasi sera quando Hartmut fu riportato nello scantinato dove c’era anche Ben.
Il giovane tecnico scese le poche scale e andò verso il suo amico, sedendosi a fianco.
Nel vederlo così a Ben si strinse il cuore, quanto avrebbe voluto mettergli un braccio attorno alle spalle, consolarlo, confortarlo. Hartmut si sentiva responsabile della morte del dottor Baker e, per quanto il suo collega gli avesse detto e ripetuto che lui non ne aveva colpa, il ragazzo era sempre più demoralizzato e la situazione in cui si trovavano certo non aiutava.
“Ehi Einstein tutto bene?” si preoccupò Ben.
“Sì certo e tu?” chiese il tecnico.
“Per il momento sono ancora tutto intero, anche se mi fanno male le braccia, comincio a non sentirle più…ma vedrai Semir ci troverà, presto saremo liberi” rispose cercando di rincuorarlo.
“Fra un po’ hanno detto che ci portano da mangiare, magari ti tolgono le manette. Ben mi dispiace…se sei in questa situazione è colpa mia, come per il dottor Baker…è tutta colpa mia” e per la prima volta da quando lo conosceva il poliziotto vide Hartmut asciugarsi una lacrima.
Tra i due calò il silenzio, rotto ogni tanto dal giovane tecnico che cercava,  senza riuscirci, di reprimere le lacrime.

Poco dopo Victor e un altro uomo, entrambi armati, fecero ingresso nello scantinato portando panini e due bottiglie d’acqua ai due prigionieri.
Victor si avvicinò a Ben e gli tolse le manette.
Il poliziotto si  portò le braccia davanti  cercando di massaggiarle, erano tremendamente indolenzite. La stessa cosa fece con i polsi, dove in alcuni punti la pelle era lacerata. Neanche gli passò per l’anticamera del cervello l’idea di disarmare Victor, oltretutto l’altro teneva sotto tiro Hartmut.
Così, in perfetto silenzio, i due mangiarono sotto il vigile sguardo dei due malviventi, dopo di che Victor ammanettò di nuovo Ben al tubo.
Il poliziotto lo guardò  con odio, ma questo non giocò a suo favore, l’uomo lo prese per i capelli, lo costrinse a inginocchiarsi, dopo di che gli assestò una ginocchiata in pieno volto che lo fece finire a terra svenuto.
Hartmut assistette alla scena inorridito da tanta crudeltà, non osando dire o fare nulla.
“Ehi ‘Carota’, dì al tuo amico sbirro che è il resto che non ho potuto dargli stamattina” disse ridendo e se ne andò via con l’altro carceriere.

Appena i due restarono soli, Hartmut andò verso la brandina, strappò un lembo del lenzuolo che la ricopriva e si avvicinò a Ben, cercando di tamponargli il sangue che usciva dal naso e da un labbro .
Dopo un po’ le ferite smisero di sanguinare, ma il giovane ispettore era ancora privo di conoscenza e Hartmut non provò nemmeno a svegliarlo.
“Dormi, tanto fino a domani dobbiamo stare qui ad aspettare”
Poi come se lo potesse sentire “Mi spiace, ma non riesco a trovare la soluzione al prolungamento della formula, Ben ho paura per te”
Sconsolato il  giovane tecnico si sdraiò accanto all’amico e ancora una volta pianse.

Erano quasi le sei di mattina quando la Kruger entrando al Distretto mandò subito Dieter e Jenny a pattugliare le autostrade, si diresse poi nella saletta ristoro notando il suo ispettore che dormiva disteso sul piccolo divano.
“Gerkhan, non c’è l’ha una casa?” disse svegliandolo mentre versava una tazza di caffè fumante per sé e anche per il suo sottoposto.
“Buongiorno capo” bofonchiò Semir stiracchiandosi e sbadigliando “Sono stato qui in attesa di Susanne, quella ragazza è impagabile …”
“Semir, puoi venire? Ho delle notizie …potrebbero essere interessanti” chiamò la segretaria e Semir si precipitò da lei.
“Ho trovato alcune informazioni su Alexandra Fleming. Dopo aver lasciato la casa famiglia vicino alla residenza della famiglia Jager, di lei non risulta niente. Sembra sia sparita nel nulla per poi riapparire qui solo cinque anni fa” cominciò a raccontare Susanne.
“Tieni conto che mi sto basando anche sulle informazioni che ti ha raccontato Ben, quindi …potrebbe essere lei come no…” continuò la segretaria.
“Comunque incrociando vari dati, tipo date di nascita, luoghi …sono arrivata a quella che potrebbe essere la sua storia prima di conoscere Ben. Ho trovato questo articolo di giornale che forse potrebbe riguardare i suoi genitori;  secondo le cronache di quel tempo si suicidarono, lasciando un biglietto per poter trovare immediatamente la figlioletta, Alexandra, alla quale chiedevano perdono del gesto. La bimba fu affidata ad una casa famiglia di Düsseldorf , adottata, restò di nuovo orfana e ritornò di nuovo alla casa. Ripeto, non è detto che la dottoressa Fleming e questa Alexandra siano la stessa persona, ci sono però buone possibilità, comunque se ti può interessare la dottoressa ha la fedina penale pulita, nessun precedente,  nemmeno una multa, è laureata in fisica col massimo dei voti e ha una specializzazione in fisica nucleare”
“Fisica nucleare? Scommetto che conosceva il dottor Baker, potrebbe essere stato un suo professore, forse conosceva pure Hartmut” ragionò Semir “Senti questa casa famiglia c’è ancora? Mi piacerebbe conoscere Suor Maria, era la direttrice della struttura quando Alexandra e Ben si conobbero. Ben mi parlò di lei”
“Posso provare a rintracciarla, ma perché?” chiese aggrottando la fronte Susanne.
“Non lo so, ma ho quel sentore, il mio istinto mi dice che se arrivo a conoscere bene questa Alexandra potrei arrivare a Ben e ad Hartmut. Con lei ho parlato ieri e se anche le parlassi ancora non mi direbbe niente di più di quello che già so di lei …  ”
Passò ancora del tempo quando Susanne richiamò di nuovo l’attenzione del piccolo ispettore.
“Semir, potrebbe essere Suor Maria Maxwell la persona che cerchiamo. Adesso sta in una specie di pensionato per suore, ti do l’indirizzo”

Hartmut si svegliò sentendo girare la chiave nella toppa della porta  dello scantinato e dalla scala scesero un uomo armato e Alex.
Il tecnico si alzò impaurito, ma conscio che lo avrebbero riportato di nuovo in quella specie di laboratorio che era stato creato appositamente per lui. Il complice di Alex con modi per nulla gentili lo strattonò e lo fece uscire dalla stanza.
Nella stanza però si soffermò la dottoressa Fleming che, avvicinandosi e inginocchiandosi vicino a Ben poté vederne il volto tumefatto, dalla porta aperta filtrava all’interno la luce del giorno.
“Ben, che ti hanno fatto” disse quasi sottovoce, mettendogli una mano sopra una spalla e con l’altra alzandogli un po’ il viso.
Ben era disteso su un fianco, era sveglio, ma teneva ancora gli occhi chiusi, duramente le rispose “Non vedo cosa te ne possa fregare di come sto…”
Come  aprì gli occhi vide subito quelli di Alexandra e ancora una volta si ritrovò a cercare in quello sguardo la bambina che aveva conosciuto ventisette anni prima.
 “Alex, lasciami andare … levami le manette … liberiamo Hartmut, chiamiamo i rinforzi, se mi aiuti … metterò una buona parola con i giudici, deporrò  in tuo favore” disse con fare sicuro Ben, provando a convincerla a desistere nel collaborare con i criminali che avevano rapito lui e Hartmut e ucciso il dottor Baker.
“Non posso Ben” disse Alex alzandosi “Non ho scelta”
“Come non hai scelta? Si può sempre scegliere” disse Ben drizzandosi a sedere e continuò “Devi solo decidere da che parte stare”
“Non è così semplice Ben” disse triste allontanandosi un po’.
“No, la cosa è molto semplice. Sei tu che la fai complicata, aiutami Alex ti prego…liberami” supplicò  il giovane.
“Non posso. C’è in ballo qualcosa di molto grosso” replicò decisa la ragazza.
“Dimmi cosa e io ti aiuterò, come mi hai aiutato tu quella volta nel parco” e nella testa riecheggiarono le prime frasi che si scambiarono al loro primo incontro:

“Vattene via e lasciami in pace!”
“Sì come no e se cadi?”
“E chi ti dice che non voglia farlo?”
“Dai non fare il cretino…scendi”
“Senti mocciosa, perché non te ne torni a casa?”
“Tornerei volentieri, razza di arrogante bambino viziato!”
“Ma allora da dove vieni?”
“Ecco se ti butti sarò costretta a venirti a salvare”

“Alex ti prego aiutami, liberami” supplicò ancora una volta Ben, cercando di essere il più convincente possibile, ma la ragazza seppur guardandolo in faccia non dava nessun cenno di cedimento.
“Te l’ho già detto Ben, non posso” disse dura.
“Cosa sei diventata  Alex? Dov’è la bambina che conobbi …” Ben tentò l’ultima possibilità per farla ragionare, ma Alexandra lo interruppe bruscamente, gli voltò le spalle e avviandosi verso l’uscita disse:
“Alex, la bambina che hai conosciuto più di venticinque anni fa è morta” e salendo le poche scale uscì dallo scantinato.
“ALEX !!!” urlò disperato Ben, mentre sentiva il rumore della serratura che veniva chiusa con diverse mandate.
“ALEX!!!” urlò di nuovo, ma non ricevette risposta, rimanendo di nuovo solo.
 
 
Nota dell’autore e Angolino musicale: Alex ha detto che non ha scelta ...mentre Ben ha detto che si può sempre scegliere…frase “rubacchiata” a “ Ricordi di gioventù”. Inoltre se avete voglia di “giocare” ,  divertitevi a trovare riferimenti ai vari episodi della serie con la coppia “Semir & Ben”…fino a qui gli episodi sono già tre…ma alla fine saranno almeno il doppio…Alla fine della F.F. vi dirò tutti gli episodi che mi hanno ispirato (otto ne ho contati, ma rileggendo potrebbero essere di più…). Bene vi lascio in compagnia degli Arcadia : Goodbye is forever (Arrivederci o Addio è per sempre):
Per ascoltarla:

https://www.youtube.com/watch?v=ycemFORXoGg
Talvolta non hai scelta, talvolta non hai voce per dirlo, parla se vorrai trovare le parole, parla se il mondo è così grigio, ma noi possiamo deciderlo, non ci saranno né lacrime né tragedia, sicuramente non vorrei che la voce mi si spezzasse  e che io pianga se tu te ne vai credimi
Hey arrivederci, arrivederci è per sempre Hey per sempre, arrivederci è per sempre e per l’eternità
Talvolta crea delle assurdità questo margine di crudele coincidenza, intrappolati nel tuo filo spinato per liberarci credi a questo
Hey arrivederci, arrivederci è per sempre Hey per sempre, arrivederci è per sempre e per l’eternità…
 
 
 

 
 

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Capitolo 10
*** Suor Maria ***


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SUOR MARIA

Erano le nove di mattina quando Semir arrivò al pensionato indicatogli da Susanne.
A bordo della sua BMW il piccolo ispettore varcò il cancello e pensò che, se un giorno fosse finito in un pensionato, voleva che assomigliasse a quello.
Era un antico maniero immerso nel verde di uno stupendo parco, con alberi secolari, circondato da vialetti, aiuole e piccole fontane. Quel luogo trasmetteva pace e serenità, perfino l’aria che si respirava trasmetteva quelle sensazioni, sembrava di essere quasi in Paradiso.
Semir scese dall’auto ed entrò in un grande salone dirigendosi verso quella che poteva essere la portineria. Ad accoglierlo un’anziana  suora.
“Salve” disse esibendo il tesserino “Sono l’ispettore Semir Gerkhan della polizia autostradale, potrei parlare con Suor Maria Maxwell per favore?”
“Certo a quest’ora dovrebbe aver finito le meditazioni, se aspetta fra un po’… ah eccola là” disse l’anziana suora indicando una consorella.
“Grazie” disse Semir salutando la suora.
“Arrivederci ispettore e … pace e bene” le augurò.
“Sì grazie, ne avrò un gran bisogno” e si diresse verso la suora che gli era stata indicata e che stava uscendo nel parco.
“Suor Maria” chiamò Semir.
La suora  si voltò.
Appena la vide a Semir  venne subito in mente Helga la governante della famiglia Jager: robusta, sorridente, ispirava simpatia da tutti i pori.
“Mi dica giovanotto” disse gioviale la suora.
“Sono l’ispettore Gerkhan, della polizia autostradale. Dovrei farle alcune domande, se per lei…”
L’ispettore si trovò un po’ imbarazzato, sinceramente interrogare una suora non era cosa da tutti i giorni, né tanto meno non sapeva come rivolgersi a lei. Fortunatamente l’imbarazzo fu spezzato dalla giovialità della suora.
“Certo ispettore, le dispiace se passeggiamo?” propose.
“No, anzi” e si incamminarono verso il parco.
“Vorrei alcune informazioni su una ragazzina che era ospite circa venticinque anni fa nella casa famiglia che lei dirigeva a Düsseldorf. La bambina si chiamava Alexandra, ma si faceva chiamare Alex” cominciò a parlare Semir.
“Ispettore le è accaduto qualcosa? So benissimo di chi sta parlando…” chiese subito preoccupata la suora.
“No, la sto cercando perché potrebbe aiutarmi a rintracciare un collega che è scomparso”
Semir voleva essere il più sincero possibile, ma allo stesso tempo non voleva allarmare la suora o dirle dei sospetti che aveva sulla dottoressa Fleming.
“Che tipo di informazioni?” domandò curiosa.
“Devo essere sincero, Suor Maria, non so nemmeno io, ma scoprire più cose sul passato di questa bambina…mi potrebbe aiutare a trovarlo” rispose.
“Non capisco come, ma risponderò comunque alla sua domanda”

La suora trasse un profondo respiro poi cominciò a raccontare quello che sapeva su Alex.
“Vede ispettore, quando Alexandra fu accolta nella nostra casa famiglia aveva solo cinque mesi, i genitori erano morti suicida e non avendo altri parenti venne affidata a noi. Fu adottata qualche mese dopo da una famiglia. Purtroppo quando aveva cinque anni, i suoi genitori adottivi morirono durante un viaggio di lavoro e lei ritornò alla casa famiglia. Restare senza genitori è una cosa bruttissima e in un certo senso lei ha vissuto questa terribile esperienza ben due volte. Era a conoscenza della fine dei suoi veri genitori anche se aveva solo cinque anni , era una bambina sveglia e intelligente. Fortuna volle che Alexandra fece amicizia con una signora, mia carissima amica, che veniva spesso a trovarci. La bambina era diventata solitaria e taciturna, ma con lei creò un legame speciale. Purtroppo la mia amica morì poco dopo in un incidente stradale, e lo stesso giorno Alexandra strinse amicizia con il figlio”
 “Si ricorda il nome di questa signora e del figlio?” chiese Semir quasi interrompendola, anche se era sicuro che si trattasse di Ben e di sua madre.
“Sì certo Elizabeth e suo figlio Ben. Erano rispettivamente la moglie e il primogenito di Konrad Jager, il magnate delle costruzioni” disse decisa e sicura.
“E mi dica, poi?” chiese l’ispettore.
“Come le dicevo, il giorno che Elizabeth morì, Ben fece amicizia con Alexandra. Sapevo che di notte la piccola amava uscire dai confini della casa e quella sera l’aspettai sull’uscio, volevo farle una bella ramanzina, era una bambina in gamba certo, ma pur sempre una bambina. Quando la vidi tornare capii subito che c’era qualcosa che non andava, aveva un’aria avvilita e triste. Lei mi raccontò della prematura scomparsa della madre di Ben”
“Penso sia stato un duro colpo anche per lei, eravate amiche…” rifletté ad alta voce Semir.
“Si certo, e poi era molto giovane, due figli piccoli. Comunque” continuò Suor Maria “Direi che i due bambini, essendo accumunati dalla stessa triste sorte, trovarono sostegno l’uno con l’altra, divennero inseparabili. Sapevo che di notte Alexandra percorreva quasi due chilometri di strada per andare ogni sera a trovare Ben, ma non le dissi mai nulla, perché era l’unico modo che avevano entrambi per continuare a vivere…non so se mi spiego…”
“Sì penso di aver capito, si sostennero a vicenda nella cattiva sorte”
La suora annuì, poi proseguì il racconto.
“Un giorno poi venni ricoverata per una operazione che richiedeva una lunga degenza  in ospedale e a sostituirmi venne una … voi direste una civile” disse abbozzando un sorriso Suor Maria.
“Il nome?” incalzò Semir.
“Laura Brawn.  Era molto giovane all’epoca, adesso avrà quarant’otto, cinquant’anni” rispose sempre sicura la suora.
“Ha buona memoria, sono passati diversi anni” Semir era sbalordito e quella suora gli piaceva sempre più.
Suor Maria proseguì.
“Un giorno il piccolo Ben venne a cercarla e la signorina Brawn lo cacciò via in malo modo, dicendole che Alexandra era stata adottata e lui non doveva più farsi vedere. Questo me lo disse Ben quando seppe del mio ritorno”
“Ma la bambina che fine aveva fatto?” chiese sempre più curioso Semir.
“Fu adottata da un’altra famiglia, ma siccome era molto facoltosa preferì restare anonima e di Alexandra non seppi più nulla”

Semir restò silenzioso, ma fu la suora a rompere quel silenzio.
“Ben Jager, vero?” chiese quasi sussurrando la suora.
“Come scusi?” rispose Semir come se si stesse svegliando in quel momento.
“Il suo collega scomparso … è Ben Jager vero?” ribadì la suora.
“Sì, ma lei come lo sa?” anche se si rese conto subito di avere fatto una domanda stupida.
“Ben voleva fare il poliziotto, non ne faceva mistero con nessuno e anche Alexandra voleva diventarlo. Forse , anzi sicuramente, divennero inseparabili proprio per quello. Povero figliolo, lo troverà vero?” disse triste.
“Lo troverò, suor Maria, fosse l’ultima cosa che faccio” rispose sicuro Semir.
“Siete molto uniti lei e Ben, come lo erano loro due” rifletté la suora.
“Ora devo andare, la ringrazio Suor Maria. Appena troverò Ben glielo porto qui,  promesso” affermò deciso Semir.
“Mi porterà anche Alexandra?” chiese speranzosa la donna.
“Certamente” rispose Semir, ma dentro di sé si faceva sempre più strada una strana sensazione. Ora aveva sempre più paura di scavare nel passato della ragazza.
“La ringrazio e pregherò per tutti e tre” promise Suor Maria.
“Grazie, mi è stata di grande aiuto” e si congedò da lei.

Mentre saliva in macchina Semir telefonò in centrale.
“Polizia autostradale sono Susanne Konig” disse sempre efficiente la segretaria.
“Ma tu non dormi mai?” si stupì Semir.
“Se Ben e Hartmut non tornano a casa no!” rispose decisa Susanne.
La risposta non stupì più di tanto Semir, in fondo la loro era una grande famiglia.
“Susanne ascolta, dovresti trovarmi l’indirizzo di una certa Laura Brawn, dovrebbe avere sui cinquant’anni”
“Certo, qui a Colonia?” domandò.
“Non saprei … sì…magari le città vicine … tu dammi qualche indirizzo, poi vedo dove andare”
“Allora sulla cinquantina” disse Susanne e Semir cominciò a sentire attraverso la radio il frenetico picchiettare delle dita sulla tastiera.
 Poi dopo un po’ Susanne cominciò a sciorinare nomi.
“Ecco qui, c’è ne sono tre a Colonia, una a Neuss, due a Leverkusen e una a Düsseldorf…è un nome piuttosto diffuso…poi nelle altre città…” ma venne interrotta da Semir.
“Comincio da quella di Düsseldorf  è la più vicina a dove sono in questo momento, se non è lei ti richiamo…”
“Okay ti do l’indirizzo …   Mühlen Straße 73”
“Grazie, e vai a riposare … “ consigliò Semir.
“Tu riportaci Ben e Hartmut, poi dormirò per due giorni di seguito” ribadì sicura e decisa Susanne.
Semir a quell’affermazione si sentì  un po’ meno solo; tutto il distretto contava ed era con lui. Quanto gli mancava Ben, e anche Hartmut. Perché di una cosa era sicuro: loro erano una grande famiglia e li avrebbe cercati fino alla fine dei suoi giorni.
Costasse quel che costasse.
 
Angolino musicale: La profonda amicizia che lega Ben e Semir e quella che legava (attraverso le parole di Suor Maria) Ben e Alex… Anche se non è scritto Ben sa che il suo migliore amico lo cercherà finché non lo troverà…
Simply RedYou Make Me Feel Brand New’(Mi fai sentire nuovo)
Per ascoltarla :
https://www.youtube.com/watch?v=PssiJ9ywc0g
non troverò mai le parole, per dirti come mi sento, semplici parole non lo possono spiegare, hai preso la mia vita nelle tue mani, hai creato tutto ciò che sono, mi hai insegnato come vivere di nuovo. Solo tu ti sei preoccupato quando avevo bisogno di un amico, hai creduto in me nella buona e nella cattiva sorte, questa canzone è per te
piena di gratitudine e amore.
Ogni volta che ero insicuro mi hai tirato su e mi hai rassicurato, mi hai ridato il mio orgoglio prezioso, amico con te avrò sempre un amico, sei qualcuno su cui posso contare per camminare un cammino che non finisce mai. Senza di te la mia vita non ha significato né rima, come una canzone fuori tempo come posso ripagarti per aver avuto fiducia in me…
 

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Capitolo 11
*** Laura Brawn ***


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LAURA BRAWN

Erano quasi le undici quando Semir parcheggiò l’auto davanti ad una palazzina in stile vittoriano. L’entrata dei vari appartamenti erano direttamente sulla strada, nessun a cancellata, nessun vialetto; quindi, quando suonò al campanello di Laura Brawn e la porta d’entrata si aprì, subito si ritrovò davanti un’austera figura femminile.
Semir la squadrò da cima a fondo, era una donna alta, magrissima, con i capelli color grigio topo, raccolti in uno chignon. Indossava un anonimo vestito blu scuro, lungo che la rendeva ancora più magra e un paio di occhiali da vista, provvisti di catenella,  appoggiati al naso. Il piccolo ispettore ebbe la sensazione che, mentre lo guardava strizzando gli occhi, volesse non focalizzarlo meglio, ma incenerirlo sul posto.
Al piccolo ispettore venne anche un po’ da sorridere perché ripensò alle parole di Ben in cui la descriveva come la signorina Rottenmeier, quella donna, specie ad un bambino, incuteva soggezione, rispetto e… terrore. Forse aveva trovato la persona giusta al primo tentativo.
“Buon giorno, sono l’ispettore Gerkhan, polizia autostradale” disse per l’ennesima volta Semir esibendo il tesserino “La signora Laura Brawn?”
“Signorina prego!” puntualizzò acida la donna.
“Chiedo scusa, signorina Brawn. Posso entrare e farle qualche domanda?” chiese cortesemente Semir.
“A che proposito?” ribatté perplessa, lasciandolo sulla soglia di casa.
“Possiamo parlare dentro?” replicò l’ispettore cercando di essere il più accomodante possibile.
“Certo. Si accomodi” disse seccata e a Semir quella donna gli sembrò davvero la signorina Rottenmeier.

Laura Brawn lo fece accomodare in un elegante salottino, poi dopo averlo squadrato da cima a fondo disse:
“Allora il motivo della sua visita, ispettore?”
“Lei in passato ha prestato servizio alla casa famiglia di Düsseldorf” disse deciso Semir, che non era sicuro di aver davanti ‘quella’ Laura Brawn, ma il modo migliore per scoprirlo era quello di sembrare il più sicuro e convincente possibile.
“Sì perché?” chiese sempre con un tono acido.
“Bingo! E’ lei! Uno a zero, palla al centro!” pensò tra  sé e sé Semir, poi continuò “Circa venticinque anni fa, lei ha conosciuto una bambina di nome Alexandra, si ricorda?”
“No” rispose la donna.
Ma lo disse così decisa che quell’affermazione a Semir risultò subito falsa.
“Era una deliziosa bimba di sei, anzi forse sette anni, se la ricorda?” continuò Semir guardandola come se fosse sotto un suo interrogatorio.
“No” ribadì seccata.
“Suvvia perché mentire?” disse Semir abbozzando un mezzo sorriso.
“Non la ricordo, è un reato?” replicò decisa la donna.
“No, ma testimoniare il falso, sì” replicò anche lui deciso, assumendo un’aria severa. Semir si stava innervosendo. Sapeva che non si poteva essere accusati di falsa testimonianza per “non ricordare”, ma era sicuro che la donna che aveva di fronte era quella che lui stava cercando ed ora, con quel suo atteggiamento ostile la signorina Brawn gli stava facendo perdere del tempo prezioso, e il tempo era l’unica cosa che non poteva fermare, oltretutto non sapeva di quanto ne avessero a disposizione il suo socio e Hartmut.
“Come sarebbe a dire? Cosa le fa pensare che io stia mentendo?”
La sicurezza della donna stava vacillando.
“Dico solo che se dovesse essere chiamata a testimoniare in un’aula di tribunale rischierebbe la prigione per falsa testimonianza” Semir cercò in qualche modo di spaventarla, voleva informazioni…e subito.
“E va bene, so di chi parla” capitolò la donna.
“Allora mi dica perché ha negato di non conoscerla? L’avverto se mi dirà un’altra menzogna farò in modo di sbatterla immediatamente in galera!” disse con uno sguardo e un tono che non ammettevano repliche.
“Konrad Jager” disse quasi in apnea la donna.

Appena Semir sentì pronunciare quel nome gli vennero i brividi e cominciò a preoccuparsi seriamente, pur non sapendone bene il motivo, ma il fatto che in tutta questa storia c'entrasse il padre di Ben, per il piccolo ispettore non era un buon segno.
“Scusi ha detto Konrad Jager, il magnate delle costruzioni?”
 “Sì proprio lui, mi pagò molto profumatamente per far sparire la ragazzina” disse stizzita la donna.
“Come sparire?” Semir era sempre più sconvolto.
“Approfittammo dell’assenza della madre superiora che gestiva la casa famiglia e la facemmo trasferire in un’altra struttura”
A Semir si gelò il sangue nelle vene, negli occhi di quella donna non c’era nessuna emozione, era gelida.
“Lei lo sa perché  Konrad Jager voleva l’allontanamento?” chiese anche se qualche sospetto lo aveva.
“Diceva che la bambina aveva strane influenze sul figlio e che lo aveva plagiato” rispose secca e concisa.
Semir si alzò e andò alla finestra, la sua testa cominciò a formulare strani pensieri, quindi salutando la signorina Brawn si congedò da lei.

Pochi istanti dopo chiamò il centralino del Distretto.
“Polizia autostradale, son…” ma la segretaria fu interrotta da Semir.
“Susanne sono io” disse il piccolo ispettore “Sto andando a casa del padre di Ben…”
“Gerkhan, abbiamo già avvisato il padre della scomparsa di Jager…” intervenne Kim Kruger che era accanto alla postazione della segretaria.
“Beh ecco capo… sembra che in questa storia c'entri anche lui, anzi non vorrei che tutto avesse origine da lui. Ho parlato con Suor Maria che mi ha indirizzato verso un’altra persona…” e raccontò brevemente il colloquio che aveva avuto con Laura Brawn.
“In questo caso Jager sarebbe veramente nei guai” replicò pensierosa il commissario.
“Potrebbe essere una vendetta personale? Un rapimento per vendicarsi? Ma non vedo però nessun legame con il rapimento di Hartmut o l’assassinio del dottor Baker” rifletté Semir.
“Gerkhan è sicuro di quello che dice? Nel senso sta accusando il padre di Ben…A meno che questa Alexandra…” ragionò Kim Kruger.
“E se avesse saputo del rapimento del figlio prima che noi lo mettessimo al corrente? Magari Alex ha già chiesto un riscatto e, ovviamente, noi non ne sappiamo nulla. Capo io sarei giunto a queste conclusioni” disse alla fine Semir “Io e Ben casualmente  incontriamo Alexandra e la ragazza riconosce Ben, poi guarda caso lei è immischiata in loschi affari, e mentre noi facciamo il sopralluogo alla caserma decide di rapirlo per poi potersi vendicare del padre di Ben ”
“Si, ma perché rapirlo, poteva … insomma capiamoci, poteva vendicarsi subito o pensa che voglia rapire anche il padre e averli sotto tiro entrambi?”
 “Non lo so capo, vedo che più vado avanti più si complica la situazione e si stanno facendo avanti un sacco di ipotesi” disse amareggiato Semir “Senta vado dal padre di Ben, magari ha ricevuto qualche minaccia, qualche avviso … se troviamo Ben…magari troviamo anche Hartmut”
“Gerkhan…” cercò di dire Kim Kruger, ma Semir la interruppe.
“Lo so commissario, so già cosa mi sta per dire… mi sto arrampicando sugli specchi, ma al momento non ho altro per le mani”
“A dire la sincera verità non so che dirle, vada e spero abbia fortuna” disse sconsolata il commissario Kruger.
Semir chiuse la comunicazione, e si avviò verso la villa paterna di Ben.
 
Angolino musicale:In questo capitolo Ben non è presente fisicamente, ma “vive” nella caparbietà del suo migliore amico che per niente al mondo si arrenderà…anche se scavare nel passato di Alex e quindi in quello di Ben lo porterà a scoprire cose non proprio piacevoli…Quindi  Nickelback I'd Come For You (Sono Arrivato Per Te)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=5RtTFP2TNcM
adesso saprai che sono arrivato per te, solo per te si, sono arrivato per te e lotterei per te mentirei, è vero darei la mia vita per te, sai che verrei per te, avevo la benda sugli occhi, ma adesso vedo bene, la mia mente era chiusa, adesso ci credo davvero
finalmente so cosa significa lasciare entrare qualcuno, guarda la parte di me che nessuno vede né vedrà mai quindi se ti dovessi mai perdere e ritrovare tutto solo ti cercherò per sempre solo per portarti a casa, qui e adesso lo giuro non importa cosa ci sarà sulla mia via finche ci sarà sempre vita in me non importa cosa ricordare sai che verrei per te, striscerei per tutto il mondo per te, non importa cosa ci sarà sulla mia via, finché ci sarà sempre vita in me non importa cosa ricordare sai che verrei per te…



 

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Capitolo 12
*** Helga e Konrad Jager ***


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HELGA E KONRAD JAGER

Semir arrivò davanti ai cancelli della villa della famiglia Jager verso le tre di pomeriggio, suonò al video citofono e quando i pesanti cancelli si aprirono, percorse il lungo viale che portava all’entrata della villa.
Quell’edificio metteva sempre Semir in soggezione, per certi versi quella villa lo inquietava e dopo aver scoperto alcuni episodi del passato di Ben, ancora di più; certo era una bella costruzione moderna, ma  fredda, fredda come il suo proprietario: il padre di Ben appunto.
Ancora una volta Semir pensò che il suo socio fosse letteralmente fuggito via da quel posto; lì aveva vissuto i primi otto anni con sua madre, poi era cresciuto con sua sorella e con Helga che, anche se non era la loro mamma, li aveva cresciuti come fossero figli suoi, ma in quella villa aveva anche tentato di mettere la parola fine a tutto.
Semir con l’auto arrivò fin sotto la scalinata della villa, dove apparve Helga  la corpulenta governante di casa Jager.
La donna stava scendendo la lunga gradinata, ma quando vide che era solo si bloccò e istintivamente si mise una mano sul cuore.

L’ispettore notò subito che il fatto di essere sceso da solo dall’auto aveva preoccupato, e parecchio, la governante, in fondo lei era stata una mamma per Ben e lui la considerava ancora così.
Semir le andò incontro salendo le scale e quando furono vicini Helga con voce fioca chiese:
“Ispettore Gerkhan dov’è il mio ragazzo?”
Helga in circostanze diverse lo avrebbe salutato prima di rivolgergli qualsiasi domanda, ma Semir la capiva, il fatto di averlo visto solo per lei significava che a Ben era successo qualcosa.
“Helga ecco …Ben è scomparso” disse triste e preoccupato.
“Come scomparso?” disse la donna agitandosi.

Semir brevemente le disse che Ben era scomparso quasi in concomitanza della ricomparsa di Alexandra, non le raccontò però del colloquio avuto con Suor Maria, né quello avuto con Laura Brawn.
“Ispettore” disse poi Helga asciugandosi le lacrime con il grembiule, facendo cenno a Semir di entrare in casa “Alexandra e Ben si volevano bene, nel senso di come si possono voler bene due bambini di sei e otto anni. Erano inseparabili. Lei dipendeva da lui e viceversa, avevano entrambi alle spalle un lutto. Julia, la sorella di Ben, superò subito la perdita della madre, forse perché stravedeva per il padre e il padre le dava attenzioni, poche per carità, ma erano tutte per lei. Ben, in quanto maschio secondo il signor Jager doveva comportarsi da ‘duro’ , ma così facendo lo ha irrimediabilmente allontanato da lui. Alexandra diventò il suo unico sostegno, l’unica persona con cui confidarsi…E poi quando Ben scoprì che Alexandra voleva diventare poliziotta … per lui fu una delle cose più belle che potesse capitargli, giocavano a essere come i Chips o Starsky e Hutch, era un piacere vederli” ed Helga non riuscì più a trattenere le lacrime.
“Senta Helga, lei ha più sentito Alex?” chiese Semir cercando di essere il più sensibile possibile.
“No ispettore” disse asciugandosi le lacrime con il grembiule “Ma Ben soffrì molto questo distacco, in fondo era passato un anno dalla morte della madre. Alexandra per il giorno del suo nono compleanno voleva organizzargli una festa, ma purtroppo la bimba fu adottata proprio quel giorno, ancora adesso mi chiedo come Ben abbia superato tutte queste avversità che gli ha messo davanti la vita, se fosse…come dire impazzito o avesse fatto qualche atto sconsiderato…come biasimarlo…”

Semir si ritrovò a guardare attraverso una delle grandi finestre del salone, poco distante tra i maestosi platani s'intravedeva il Reno.
Il piccolo ispettore una volta ancora ebbe la conferma del perché Ben odiasse il giorno del suo compleanno: in quel giorno aveva perso la madre e l’anno dopo se n’era andata Alex.

In quel momento entrò nel salone Konrad Jager che appena vide l’ispettore guardandolo con disprezzo disse:
“Ispettore Gerkhan è solo…non lo avete ancora trovato? Come mai è qui? Mio figlio è chissà dove e lei è qui a perdere tempo…”
Il piccolo ispettore cercò di restare calmo.
“Non lo abbiamo ancora trovato, signor Jager. Le dispiace se parliamo in privato?” propose Semir.
“Certo, venga nel mio studio” disse sempre tenendo un tono duro, poi rivolgendosi a Helga disse “Nessuno ci deve disturbare” e fece cenno a Semir di seguirlo.

“Si sieda ispettore” disse Konrad Jager accennandogli una poltroncina davanti all’enorme scrivania presente nella stanza, poi si sedette anche lui.
Semir per l’ennesima volta ancora raccontò della scomparsa di Ben e della ricomparsa di Alexandra, ormai gli sembrava di essere un disco.
Un disco rotto che suonava sempre la stessa orrenda sinfonia…
 
“Cosa quella bambina lo avrebbe riconosciuto dopo ventisette anni? E adesso vuole vendicarsi e perché?” chiese sbigottito il vecchio imprenditore.
“Potrebbe averne passate tante, avrebbe potuto essere felice, se lei li avesse lasciati insieme, magari per lei non vedere più Ben è stato un trauma, in fondo si stavano aiutando a vicenda, anche Alexandra aveva appena perso i genitori. Ha costretto quella bambina ad allontanarsi da Ben”
E mentre esponeva la sua teoria, Semir si rese conto che stava in un certo senso giustificando Alexandra, dopo averla accusata, poco prima al telefono con il commissario Kruger, di essere l’artefice della scomparsa di Ben.
“Lo stava plagiando, Ben era sconvolto dalla morte della madre” disse stizzito l’anziano.

Sentendo quelle parole Semir ebbe come la sensazione che le mani gli prudessero. Strinse i pugni, le nocche divennero quasi bianche.
“Già e lei gli ha portato via un pezzo della sua vita, si rende conto che così ha rischiato che Ben potesse di nuovo tentare di …” ma Semir si bloccò, maledicendo il suo temperamento.
“Che Ben potesse tentare cosa?” Konrad Jager guardò Semir con uno sguardo di sfida.
E in quel momento a Semir vennero in mente le parole che aveva detto a Ben.

“Nessuno a parte me e te saprà mai niente di quello che è successo più di venticinque anni fa"

“Che Ben cosa?” ripeté furioso Konrad Jager.
Semir cercò allora di rimediare.
“Ben voleva fare il poliziotto fin da piccolo, ma lei non lo ha mai accettato, lei voleva che diventasse come lei”
“Non venga a farmi la predica Gerkhan” disse paonazzo alzandosi in piedi, ormai tra i due era iniziata una guerra non dichiarata, dove il trofeo era purtroppo Ben.
Ma Semir era un fiume piena.
“Ben si è ritrovato solo dopo la morte della madre, se ne rende conto? Ma per fortuna conosce Alexandra. Lei sicuramente avrebbe anche accettato che suo figlio la frequentasse, ma purtroppo la bambina aveva lo stesso sogno di Ben: entrare in polizia. E così lei ha avuto la grande "genialata", l’ha fatta allontanare e l’ha ricattata … si rende conto? Ha approfittato del buon cuore di Alex … ha ricattato una bambina di sette anni!!! Sa che le dico secondo me quella bambina ha sofferto così tanto, ma così tanto che quando ha visto che Ben aveva realizzato il suo sogno e lei no …”

Ma Semir fu bruscamente interrotto dal padre di Ben.
“Le ripeto Gerkhan quella bambina stava diventando pericolosa. Lo dissi a Ben, ma lui mi rise in faccia, mi disse che ero esagerato. Sapeva che non approvavo il suo desiderio di entrare in polizia. Lo portai anche da uno psicologo dopo la morte della madre, ma …”

Per Semir quello fu troppo, alzandosi si avvicinò all’imprenditore.
“Ben non aveva bisogno di uno strizzacervelli, aveva bisogno di un padre, aveva bisogno di qualcuno che gli volesse bene e lo ascoltasse, non di un mostro come lei!”
L’ispettore si rese subito conto della cattiveria che aveva detto, ma ormai la frittata era stata fatta, quello che non si aspettò fu la reazione dell’imprenditore: un sonoro ceffone gli arrivò in pieno volto.

“Gerkhan lei non è suo padre anche se a volte crede di esserlo! Ben è mio figlio e decido io cosa è bene o male per lui, non volevo che entrasse in polizia perché è un mestiere pericoloso e mi adoperai a far sparire quella ragazzina per il suo bene, ma vedo che non è servito a niente … adesso dovrei far sparire anche lei!”
Semir stava per ribattere qualcosa, ma poi cercò di ritrovare la calma, bisognava trovare Ben e alla svelta.

“Adesso mi ascolti” disse quasi puntandogli il dito contro “Mi dica, ha più avuto notizie di quella ragazzina?”
“Ma cosa ha fatto in questi anni? Come si guadagnava da vivere?” chiese Konrad.
“Ormai non ha più importanza . Le ripeto la domanda e mi dica la verità, si è fatta viva? La sta ricattando? “ chiese a bruciapelo Semir.
“No! E adesso esca da casa mia e preghi affinché Ben ritorni sano e salvo, altrimenti l’ultima cosa che vedrà sarà la canna del mio fucile da caccia!” disse furibondo il vecchio imprenditore e a Semir non restò altra da fare che uscire dallo studio.
Il vecchio imprenditore poi si accasciò sulla poltrona, si rese conto che forse per Ben non era stato un padre esemplare, ma a modo suo gli voleva bene e adesso l’unica cosa che veramente desiderava era che il suo ragazzo facesse nuovamente ritorno a casa sano e salvo.
Ormai il passato non contava più.
Ormai contava solo la vita di Ben.

Uscendo dalla casa Semir incrociò Helga.
La governante aveva sentito le urla del signor Jager e avvicinandosi all’ispettore gli disse:
“Il signor Jager vuole molto bene a suo figlio, anche se ha uno strano modo di dimostrarlo, ma lo deve capire dopo la morte della moglie, i figli sono le uniche persone che gli sono rimaste e che gli vogliono bene indipendentemente dal carattere che ha”
“Lo so Helga” rispose gentilmente Semir “Ma così facendo rischia di perdere il figlio, cosa accadrà quando Ben saprà che Alex è stata allontanata proprio da suo padre?”
“Lo troverà ispettore? Ci riporterà a casa il nostro ragazzo?” disse preoccupata.
“Lo spero Helga, anzi” e poggiando le mani sulle spalle della donna le disse “Lo troverò dovessi cercarlo fino in capo al mondo e dovessi impiegarci tutta la vita”
Poi Semir scese velocemente le scale, salì sulla BMW e usci dalla villa diretto al comando.

Angolino musicale…rivolto a voi gentili lettori…avete letto ben ‘tre capitoli tre’ senza saper nulla di “fisico” riguardo a Ben, ma non preoccupatevi, anzi PREOCCUPATEVI dal prossimo capitolo saprete di …quel che resta di lui. Ben comunque è sempre presente nei pensieri di Semir (non mi stancherò mai di dirlo).
Roxette I don't want to get hurt (non voglio stare male)
Per ascoltarla. https://www.youtube.com/watch?v=K2010eyaVec
In tutto ciò che vedo appari tu con me. Come è possibile? E tutto ciò che faccio coinvolge anche te. Siamo come una cosa sola. Nella mia vita ci sono stati così tanti cambiamenti e non voglio essere lasciato sotto la pioggia. Non voglio stare male. Ho fatto il mio tempo tutto quello che voglio da te è che mi dica la verità. Non voglio star male, non più stavolta. Non voglio diventar cieco e scoprire. Che sta tutto cadendo a pezzi in ogni momento. Nel bel mezzo di un sogno ci sei tu con me. Il tuo viso, le tue labbra. Ma non lo diresti mai perché e non ho bisogno di un altro motivo per piangere
Non voglio star male...
 

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Capitolo 13
*** Rancore e rabbia ***


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Rancore e rabbia.

Mentre Semir era alla ricerca delle varie persone che avevano conosciuto la piccola Alexandra, Hartmut nel laboratorio in cui era stato costretto a lavorare, cercava disperatamente di trovare la soluzione al problema del prolungamento dell’effetto della formula da lui battezzata ‘Disodora’.
“Allora? A che punto siamo?” disse stizzito il dottor Richard, arrivandogli alle spalle.
Hartmut, che in quel momento era sovrappensiero, sussultò.
Sapeva di essere sorvegliato a vista, ma mai si sarebbe immaginato che qualcuno di soppiatto gli giungesse accanto.
“Non ci riesco” disse il giovane tecnico riprendendosi dallo spavento “Ho bisogno della strumentazione della mia scientifica, qui mancano alcuni macchinari fondamentali” cercò di tergiversare il tecnico.
“Falla finita genio!” disse uno degli uomini del dottor Richard, assestandogli un violento pugno all’altezza delle costole.
Hartmut barcollò, ma non cadde, mostrando un inaspettato sangue freddo.
“Picchiarmi non vi servirà a niente”
“Infatti, hai ragione ‘Rosso’” disse accennando un diabolico sorriso il dottor Richard e facendo un cenno con il capo a Victor.
L’uomo uscì dalla stanza e nello stesso istante entrarono Alexandra e un altro complice.
“Sander, io e Alexandra  abbiamo caricato tutta l’attrezzatura, quando vuoi possiamo andare”
“Sì, datemi ancora un po’ di tempo, voglio vedere se il nostro genio bluffa” rispose con tono quasi demoniaco il dottor Richard.
A quelle parole Alexandra ebbe una strana sensazione e quando vide il tecnico con un’espressione sofferente che si teneva una mano su un fianco, quella sensazione da strana divenne orribile.

Pochi minuti dopo Victor e Ben entrarono nel laboratorio.
Appena il tecnico vide il suo amico, sul suo volto si dipinse una maschera di autentico terrore.
Il poliziotto non era ammanettato, ma Victor gli puntava la pistola dietro la schiena, qualsiasi reazione o tentativo di fuga sarebbe stato impossibile.
Ben fu fatto sedere su una sedia provvista di braccioli, gli furono legate le braccia, mentre le caviglie vennero bloccate alle gambe della sedia.
Solo allora quando ebbe il campo visivo libero,  notò che nella stanza c’era anche Alexandra.
Ben la vide e la guardò con occhi carichi d’odio, lei non riuscì però a reggere il suo sguardo, distogliendolo dal giovane.
“Allora” disse il dottor Richard rivolto ad Hartmut “A quanto pare ci vuole un incoraggiamento” e fece cenno a Ben.
“Che volete fargli?” disse spaventato il tecnico della scientifica appena capì le intenzioni del dottor Richard “Vi ho già detto che non ci riesco…il dottor Baker sarebbe stato in grado di prolungare l’effetto, ma voi l’avete ucciso!”
Hartmut guardò Ben, come per chiederli anticipatamente scusa per quello che avrebbero potuto fargli, ma il giovane poliziotto lo rincuorò abbozzando un sorriso.
“Ma questo è quello che ci ha detto anche prima, quando sentirà le urla del suo collega … vedrà sono sicuro che troverà subito la soluzione” disse rivolgendosi ad Hartmut e fece un altro cenno con la testa verso Victor.
Poi prendendo sottobraccio Alexandra, il dottor Richard continuò “Dottoressa Fleming, ho bisogno di lei per collaudare alcune cose, nel caso il nostro genietto arrivi alla soluzione del problema. Lo spettacolo che vedrà protagonista il nostro ispettore non è adatto ad un pubblico femminile, potrebbe rimanere impressionata…”
Terrorizzata da quello che potevano fare a Ben, la ragazza lo cercò con lo sguardo, ma appena incrociò quello del poliziotto, questi si girò dall’altra parte.
“Sa cos’è questo?” disse Victor rivolto a Ben  “E’ un dissuasore elettrico, cominceremo con 50 mila volt e poi sempre di più. Vedrà fra un po’ non avrà più quell’espressione da duro, implorerà pietà” disse  avvicinando pericolosamente l’arnese  al torace di Ben.
“Va’ al diavolo, bastardo” lo sfidò Ben.
“Come vuoi sbirro e spera che il tuo amico trovi la soluzione”
Alexandra fu accompagnata fuori dal dottor Richard, mentre dietro di lei Ben cominciava ad urlare.

Un’ora dopo Alexandra con una bottiglietta d’acqua in mano si fece aprire la porta dello scantinato dove era stato riportato Ben.
La ragazza aveva convinto il dottor  Richard a farla andare dal ragazzo con la scusa che era meglio che restasse vivo almeno fino a che non fosse finita tutta l’operazione: un poliziotto in ostaggio poteva essere un ottimo lasciapassare.
Alexandra sapeva che così facendo poteva mettere a repentaglio la sua vita, ma ora le interessava di più sapere delle condizioni di Ben.
Fu accompagnata da Victor, poi da sola scese le scale. La porta dietro di sé rimase aperta.
“Ehi Victor hai lasciato la porta aperta …” disse per sviare eventuali sospetti.
“Non ti preoccupare Alex, non scappa lo abbiamo ammanettato al tubo che c’è sulla parete” rispose l’uomo.
Mentre si avvicinava al ragazzo il suo cuore cominciò a battere in maniera furiosa.

Ben era steso su un fianco e oltre alle mani ammanettate dietro alla schiena ora aveva anche le caviglie legate con una corda. Quando Alexandra giunse vicino a Ben, si inginocchiò accanto, aveva la maglia strappata in più punti e sotto gli strappi c’erano dei segni come di bruciature.
“Ben” chiamò piano accarezzandogli i capelli.
“Ti sei persa lo spettacolo Alex…” disse Ben con voce flebile, aprendo piano gli occhi e guardandola con odio.
Alexandra non si curò dello sguardo rabbioso che aveva il giovane nei suoi confronti, anzi gli disse “Cerca di bere un po’ d’acqua…”  e gli avvicinò delicatamente la bottiglia alla bocca facendo attenzione a non toccare il labbro tumefatto che aveva.
“Preferisco morire piuttosto che essere aiutato da te! Vattene via, sparisci dalla mia vita, per me sei morta ventisette anni fa…” le disse con tutta la cattiveria di cui era capace.
E nel suo volto Alex vide solo rancore.
Rancore e rabbia.
Quella frase fu per la ragazza peggio di una pugnalata al cuore, se  solo avesse potuto dirgli …
“Ben, io …” ma la frase le morì in gola.
“Scommetto che tu e Richard non siete solo complici, ho visto come vi guardate, come lui ti guarda…vai a letto con quel criminale eh? In fondo siete uguali, mi fate schifo…” ribatté disgustato Ben.
“Ben, ti prego finiscila…” replicò con voce quasi tremolante lei.
“Che idiota, e io che volevo…è per quello che mi hai detto di no l’altra sera…”
 A Ben poi vennero in mente le parole di Semir, il suo socio aveva ragione, di lei lui era ancora perdutamente innamorato ed essere stato tradito così…
“Ti conviene che io muoia, anzi è meglio se mi spari e mi uccidi, perché ti giuro che se arriverò ad averti davanti…ad averti tra le mani…stai pur certa che te la farò pagare …” disse sprezzante.
Alexandra si alzò di scatto, una solitaria lacrima le rigò una guancia e per la prima volta Ben la vide piangere, ma questo non cambiò il suo sguardo di odio che aveva nei suoi confronti, nonostante il ragazzo non si ricordasse di averla mai vista piangere.
Mai.
Nemmeno quando aveva sette anni e gli raccontava dei suoi genitori morti.

Intanto nella sede della polizia autostradale Susanne richiamò l’attenzione del piccolo ispettore.
“Semir” disse la segretaria “Ho qualcosa di interessante, vieni a vedere. Leggi questo articolo del ‘Die tageszeitung’ il quotidiano di Berlino, è di sei anni fa”
Semir si mise a leggere velocemente.
“Altro duro colpo… la banda di Rieghard Alanus … il  narcotrafficante … arrestato dalla squadra del commissario Mancini … ecc.… ecc.…scusa Susanne, ma non ci trovo niente di strano, complimenti al commissario Mancini, ma ripeto non ci vedo niente di strano” disse perplesso il piccolo ispettore.
“Sì, ma ora leggi questo” insistette Susanne.
“A pochi mesi dal suo arresto il narcotrafficante Rieghard Alanus è evaso dal carcere di massima sicurezza … ecc.… ecc….” lesse ancora Semir.
“Letto?” chiese nuovamente Susanne “Bene e adesso leggi questo è di due giorni dopo”
Semir anche se non ne capiva ancora bene lo scopo fece quello che gli disse la segretaria.
“Orribile esecuzione ieri nella casa del commissario Mancini … il commissario è stato barbaramente ucciso con tre colpi di pistola … con lui in casa c’era anche il suo collega il vice commissario Steiner  anche lui ucciso con tre colpi di pistola,  mentre una terza persona l’ispettrice capo Alexandra Mancini, sorella della prima vittima e moglie del secondo, si trova ricoverata in gravissime condizioni …”
Susanne bloccò il piccolo ispettore.
“Le date di nascita di questa Alexandra Mancini e della Fleming coincidono. Poi la prima Alexandra sparisce da Berlino e guarda caso della Fleming non si sa nulla se non …”
Semir bloccò Susanne, perché in quel momento ebbe una folgorazione.
“Mi stai dicendo che la dottoressa Fleming e l’ispettrice capo Mancini potrebbero essere la stessa persona?”
Semir sbiancò.
“Non può essere una fatalità…Oddio, qui si parla di Berlino, ma …”
“E se rintracciassimo i superiori di quella squadra?” disse dietro di loro il commissario Kruger che aveva assistito alla conversazione “Vale la pena tentare, altre piste non ne abbiamo”
E rivolta alla giovane segretaria disse “Susanne appena avrà rintracciato qualcuno del gruppo che ha partecipato a quell’operazione a Berlino, me lo passi immediatamente, non m’importa dell’ora …fossero anche le tre di notte. Ho una brutta sensazione, i nostri colleghi potrebbero essere in mano ad individui senza scrupoli…anzi ora ne sono più che convinta”

Passò diverso tempo, freneticamente la segretaria digitava numeri di telefono, chiedeva informazioni, fino a che non passò una telefonata al commissario Kruger.
Intanto Semir era andato nella saletta ristoro, non mangiava dalla mattina e si sentiva senza forze. Si sedette su una sedia con una tazza di caffè fumante in mano e addentò anche qualche biscotto. Il suo sguardo si posò sulla sedia vuota che aveva davanti, ormai qualsiasi cosa faceva o vedeva gli ricordava il suo collega; si chiese se Ben stesse bene, se stesse mangiando o bevendo qualcosa per tenersi in forze come stava facendo lui in quel momento e poi pensò anche ad Hartmut, si augurò che almeno i due amici fossero assieme.
La sua mente fu distolta da quei tristi pensieri quando il commissario Kruger catturò l’attenzione di tutti.
“La faccenda è più intricata di quanto pensassimo” disse seria.
“Ho appena finito di parlare con il procuratore Schulz di Berlino e di Alexandra Mancini non possono dirci niente. L’unica cosa che ho potuto sapere anche grazie all’aiuto della procuratrice Schrankmann ,è che l’ispettrice Mancini risulta essere nel programma ‘protezione testimoni’. La dottoressa mi ha detto che, dopo averle ucciso il marito e il fratello, la ragazza ha cambiato città e di fatto di lei si sono perse le tracce, anche se penso che alla Schrankmann non abbiano potuto o voluto dirle altro per ovvi motivi di sicurezza”
“Programma ‘protezioni testimoni’?” chiese basito Semir.
“Sì e ormai direi che ci sono pochi dubbi: la dottoressa Fleming e l’ispettrice Alexandra Mancini sono la stessa persona” concluse la Kruger.
Semir cominciò a girovagare per la stanza, sembrava un leone in gabbia. La sua testa cominciò a formulare un sacco di tesi e supposizioni.
“Alexandra non può voler uccidere Ben, se cerca vendetta vorrà eliminare chi ha ucciso il fratello e il marito. Forse sta chiedendo aiuto a Ben e come al solito lui starà facendo di testa sua” ragionò Semir e per un attimo maledisse l’impulsività del suo giovane amico.
“Possibile che abbia agito così senza chiedere aiuto a nessuno? E’ perché? Che abbia ragione Konrad Jager? La ragazza ha un’influenza enorme su Ben ed è riuscita a fargli fare ciò che voleva anche a costo di mettersi nei guai?”
“Semir, però il tuo ragionamento non ha tanto senso, Ben avrebbe inscenato il suo rapimento? La scientifica di Düsseldorf ha ritrovato alcune sue macchie di sangue…” disse Susanne poco convinta.
“Si è vero, ma allora?” disse ragionandoci su il piccolo ispettore.

E in quel momento nel distretto entrò Suor Maria accompagnata da una consorella più giovane, appena la vide Semir le andò incontro.
“Suor Maria … che ci fa qui? A quest’ora poi …” chiese preoccupato Semir.
“Ispettore quando lei è andato via ho ricevuto questa lettera da un corriere espresso, me l’hanno consegnata solo mezz’ora fa . E’ indirizzata a me, ma come leggerà è per lei” rispose la suora.
Semir prese la lettera dalle mani di Suor Maria e dopo aver letto le prime righe sbiancò.
“Ispettore si sente bene?” chiese preoccupata l’anziana suora e accanto al piccolo ispettore arrivarono Susanne, il commissario Kruger, Jenny e Dieter.
 
Angolino musicale: Povero Ben…maltrattato come in “Progetto Taurus”... i commenti li lascio a voi (ma lasciatemi ringraziare la mia ‘socia’ Maty, se in questo periodo non ci fosse lei …TVB).
Green DayBoulevard Of Broken Dreams’ ( Viale Dei Sogni Spezzati).
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=Soa3gO7tL-c
Cammino su una strada solitaria L’unica che io abbia mai conosciuto Non so dove porti Ma è casa per me e cammino da solo Cammino questa vuota strada Nel viale dei sogni spezzati Dove la città dorme E sono il solo e cammino da solo La mia ombra e l’unica che cammina accanto a me Il mio profondo cuore è l’unica cosa che batte Qualche volta desidero che qualcuno là fuori mi trovi Fino a quel momento camminerò da solo Sto camminando giù lungo questa linea Che divide me da qualche parte nella mia mente Sul bordo della linea della sponda E dove cammino solo Leggo tra le righe Che cosa è sbagliato e tutto quello che è giusto E cammino solo





 
 

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Capitolo 14
*** La lettera ***


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LA LETTERA

Semir iniziò a leggere la lettera, davanti a lui ad ascoltarlo in perfetto silenzio c’erano il commissario Kruger, Jenny, Dieter, Susanne, Suor Maria e la consorella.
Le prime due righe erano per l’anziana suora.

Suor Maria la supplico faccia recapitare questa lettera il prima possibile all’ispettore capo Semir Gerkhan della polizia autostradale di Colonia.

“Ispettore Gerkhan,
    quando leggerà questa lettera sarà giunto finalmente il momento di dirle chi sono. Lei mi conosce come Alexandra Fleming, ma il mio vero nome è Alexandra Mancini, attualmente faccio parte del nucleo antisofisticazioni della polizia di Colonia. Prima di diplomarmi all’accademia di Polizia di Berlino ho frequentato l’università e lì ho conosciuto il dottor Baker e tra noi è nata una profonda amicizia e una stretta collaborazione.
Io e il dottor Baker siamo sempre stati in contatto, anche quando lui venne a Colonia e io divenni poliziotta della narcotici sempre a Berlino.
Qui conobbi il mio futuro marito, che fu ucciso assieme a mio fratello adottivo: era il figlio naturale dei miei genitori adottivi: i coniugi Mancini.
Quando restai vedova volli ‘cambiare aria’ e mi trasferii di nuovo qui a Colonia. Se si chiede perché non abbia voluto mai rincontrare Ben il motivo è molto semplice: avevo identificato l’assassino di mio marito e di mio fratello e, anche se avevo una nuova identità, tutte le persone appartenenti alla mia vecchia e nuova vita sarebbero state in pericolo, primo fra tutti il suo collega Ben Jager, perché l’amicizia e l’affetto che ci ha legati ventisette anni fa … beh ho potuto constatare che c’è ancora e l’assassino di mio marito e mio fratello mi aveva giurato che prima di uccidere me avrebbe ucciso sotto i miei occhi tutte la persone a cui tenevo di più.
Restai sempre nella polizia, ma qui a Colonia in forza al nucleo antisofisticazioni.
Circa un anno fa casualmente incontrai il dottor Baker. Stava venendo da noi perché aveva il sospetto che il team di cui faceva parte si impossessasse dei brevetti di altri, passandoli per già omologati. In parole povere ingannavano le persone che portavano brevetti interessanti, raccontando  che la loro scoperta o invenzione non era una novità. Una volta ingannati gli autori delle scoperte avrebbero venduto i brevetti a persone fuori della Germania in cambio di una grossa somma di denaro. Lo so che detta così sembra una cosa assurda , ma le posso assicurare che purtroppo è così.
Baker da persona onesta che era, volle denunciarli, ma occorrevano prove così i miei superiori, visto la mia laurea in fisica nucleare decisero di infiltrarmi usando il mio nome nuovo: Alexandra Fleming.
Divenni subito parte attiva del team del dottor Richard e un giorno casualmente notai lo strano tatuaggio che aveva sul braccio: in lui riconobbi subito l’assassino di mio fratello e di mio marito.
Avevo la possibilità di rendere giustizia a miei cari, facendolo arrestare di nuovo. Decisi quindi di chiamare i miei superiori di Berlino.
Qui iniziò una collaborazione tra la narcotici di Berlino e il nucleo antisofisticazioni di Colonia.
Il vostro tecnico della scientifica, Hartmut Freund,  è stato rapito perché voleva brevettare una scoperta che il dottor Richard giudicò subito molto interessante e fonte di enormi guadagni. Immaginate, una specie di formula che copra qualsiasi odore, la scoperta del secolo se si è trafficanti di droga e si vuole eludere i cani antidroga. Ovviamente la formula non era ancora “attiva” bisognava che avesse una lunga durata. Richard scoprì che Baker stava aiutando il vostro tecnico in questo progetto, ma quando andarono a casa sua lo uccisero, perché avevano capito che Baker non li avrebbe mai aiutati e di conseguenza li avrebbe denunciati se si fossero impadroniti del progetto a scapito degl’inventori. Purtroppo io non potei intervenire perché il dottor Richard non mi mise al corrente del suo piano. Inoltre nutro il forte sospetto che il dottor Richard inizi non fidarsi di me, penso abbia dei sospetti che io non sia, come dire, una vera e propria criminale.
L’altro vostro collega della scientifica Pichlern non è dai suoi genitori, ma è sotto la nostra tutela, siamo riusciti a ‘intercettarlo’ prima del suo arrivo alla scientifica.
Purtroppo i miei capi non vogliono intervenire. Vogliono sapere chi sono i compratori, i mandanti, vogliono i pesci grossi, ma io comincio ad avere paura per i vostri colleghi. Non posso venire da lei, né contattarla perché temo di essere tenuta sotto controllo, di tutte le persone che sono coinvolte, in tutto sei, lo staff completo del dottor Richard, sono l’unica a non essere armata. Non lo sono mai stata, quindi mi è impossibile intervenire in qualsiasi modo, rischierei la vita di Ben o del vostro tecnico. Già il fatto di mandare questa lettera è un grosso rischio e non perché potrebbe far saltare la mia copertura o l’intera operazione, non è questo il punto.
Il dottor Richard e i suoi uomini in particolare cominciano a dubitare di me perché ho evitato che sparassero a Ben durante la vostra perquisizione alla caserma e mi sono fortemente opposta anche ad un paio di pestaggi.
Ben non sa nulla della mia vera identità. Lo conosco…non è cambiato, se gli dicessi la verità …Ben ha un cuore pulito e sincero, non sa mentire, loro se ne accorgerebbero, sarebbe la fine per tutti noi. Inoltre sia lui che il vostro tecnico sono guardati a vista, solo in un paio di occasioni ho potuto vedere Ben da sola.
Il loro quartier generale è il laboratorio del Ministero dell’Economia. I vostri colleghi sono tenuti prigionieri nei sotterranei, ma dubito fortemente che quando leggerà questa lettera saranno ancora là, già da tempo vogliono trasferirsi in un altro luogo di cui non sono al corrente. Una volta sono stata sorpresa a cercare nell’ufficio di Richard il nuovo possibile nascondiglio, per il momento mi considerano ancora una di loro, ma solo perché, il dottor Richard nutre una forte attrazione per me.
Ispettore Gerkhan, vada dai miei capi, gli dica di intervenire o intervenga lei, ma fate presto per il bene di Ben e del vostro tecnico”
Alex.


Angolino musicale: capitolo un po’ criptico, per usare un’espressione non proprio mia, ma mi è venuto così e…Comunque abbiamo appurato che Alex è “buona”, ma Ben non lo sa e quindi …bhe potrebbe essere un guaio visto quanto è “arrabbiato “ Bennuccio caro…Colonna sonora del capitolo :One Republic “Secrets” (Segreti)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=qHm9MG9xw1o
Ho bisogno di qualcosa da confessare…Ero sul punto di farlo, quindi…Dimmi quello che vuoi sentire Qualcosa su come erano quegli anni Nauseato di tutta quella falsità Per questo sto per gettare ai quattro venti i miei segreti Questa volta, non ho bisogno di un altro perfetto confine Non mi importa se le critiche non supereranno mai il confine Sto per gettare ai quattro venti i miei segreti Mio Dio, è incredibile come siamo arrivati a questo È come se inseguissimo tutte quelle stelle Che stanno guidando grandi automobili nere Ed ogni giorno leggo le news Tutti i problemi che avremmo potuto risolvere E quando sorge una nuova situazione Semplicemente la incido in un album Cantando in modo nitido, troppo freddo Davvero non mi piace il mio modo di fluire, quindi Dimmi quello che vuoi sentire…Oh, non ho motivo, non ho senso di colpa Non ho una famiglia che io possa biasimare Solo non lasciare che io scompaia Sto davvero per rivelarti tutto Dimmi quello che vuoi sentire Sto per gettare ai quattro venti i miei segreti Tutti i miei segreti al vento
 

 

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Capitolo 15
*** Blitz al Ministero ***


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BLITZ AL MINISTERO

Semir, il commissario Kruger e le altre persone presenti alla lettura della lettera si guardarono esterrefatti.
“Mapporca miseria, ho girato il mondo accusando Alex di essere la mandante dell’assassinio di Baker, di essere la responsabile del rapimento di Ben e di Hartmut  e adesso scopro che ho solo perso tempo e basta…” disse Semir sconsolato sedendosi.
Attorno a lui nessuno fiatò.
Il piccolo ispettore alzò lo sguardo e incrociò quello di Suor Maria, la donna aveva il volto triste, ma poi la sua espressione cambiò, divenne serena, accennando un sorriso, un sorriso fiducioso e carico di speranza.
“Suor Maria, le avevo promesso …” disse confuso e triste scuotendo piano la testa.
“So cosa mi aveva promesso ispettore, ma adesso, come ha fatto in questi giorni, deve seguire il suo cuore … e il suo istinto, io ho fiducia in lei, e anche i suoi colleghi e amici…” lo incoraggiò Suor Maria.
“Già” rispose risoluto Semir, alzandosi di scatto.
“Commissario, dobbiamo andare al Ministero, magari li troviamo ancora là”
“Sono d’accordo, potremmo essere fortunati”
Poi rivolgendosi alla segretaria “Susanne faccia intervenire subito i corpi speciali mentre io avviso la procuratrice Schrankmann” dopo di che si precipitò nel suo ufficio.

Mezz’ora dopo Semir, con i colleghi della SEC, erano in posizione per fare irruzione nei locali del Ministero.
Semir chiamò gli agenti che erano di guardia allo stabile e dopo una concitata spiegazione le guardie fecero entrare Semir con la SEC al seguito.
L’intero stabile fu perquisito da cima a fondo e il primo posto che fu perlustrato furono i laboratori della sezione brevetti. Poi il piccolo turco con una squadra si diresse verso i sotterranei dell’edificio, dove Alexandra aveva scritto che tenevano prigionieri Ben e Hartmut.
Appena sentì il ‘libero’ degli agenti della SEC Semir ripose la pistola nella fondina, purtroppo di Ben e Hartmut non vi era traccia.
Il piccolo ispettore si guardò intorno alla disperata ricerca di qualche indizio.
Un agente richiamò la sua attenzione “Ispettore, nei piani superiori dello stabile non risulta esserci nessuno. Mancano solo gli scantinati…e una squadra è già là”
“Ok, io do un’occhiata in giro, vedo se riesco a trovare qualcosa che ci possa condurre alla banda del dottor Richard” rispose il piccolo ispettore  entrando in una specie di grande stanzone “E spero di trovare qualcosa di utile per trovare Ben e Hartmut, sperando che siano ancora….” ma il resto della frase gli morì in gola davanti a lui si presentò una scena agghiacciante, a quella vista Semir si bloccò come in trance.

Il suo sguardo cadde su una sedia.
Sopra vi erano delle corde macchiate di sangue, alcune erano presenti anche sotto e vicino alla sedia.
Per Semir furono i segni inequivocabili che lì qualcuno era stato legato e torturato.
Alla realtà lo riportò lo squillo del cellulare. Era Bonrath.
“Dimmi Dieter” rispose Semir staccando per un attimo gli occhi dalla sedia.
“Sono negli scantinati …abbiamo trovato una stanza con un letto, una scrivania, sembra che qui sia stato tenuto prigioniero qualcuno, purtroppo ci sono anche delle macchie di sangue, piccole per la verità, ma …”
“Okay, Dieter” lo interruppe bruscamente Semir “Ho una chiamata dal commissario…ti richiamo…Sì capo mi dica…” il tono di voce era preoccupatissimo.
“Ho appena ricevuto una telefonata dal procuratore Schulz di Berlino. Lui e l’allora commissario della narcotici che portarono alla cattura di Rieghard Alanus, stanno vedendo qui a Colonia a bordo di un elicottero, vogliono parlare di persona con noi e vorranno sicuramente la nostra collaborazione, ci scommetto la carriera!” disse sicura il commissario.
“Sì basta che la nostra collaborazione non consista nel lasciar morire Ben e Hartmut” disse Semir accucciandosi vicino alla sedia. Vicino ad essa c’era una camicia strappata, macchiata di sangue. E purtroppo Semir sapeva a chi apparteneva quella camicia, la portava Ben quando lo aveva visto per l’ultima volta.
“Gerkhan, cosa ha trovato?” chiese il commissario sentendo che il tono del suo sottoposto si era fatto ancora più angosciato.
Semir dall’altro capo del telefono rimase in silenzio, ogni muscolo del suo corpo era come paralizzato, e subito percepì un senso di vuotò allo stomaco.
“Gerkhan, le ho chiesto …” insistette il commissario, ma Semir la interruppe.
“Ho trovato macchie di sangue, un pezzo della sua camicia …” cercò di dire mantenendo la voce ferma, ma la visione di ciò che aveva davanti  gli stava incrinando la voce.
“Sangue, una camicia?...Gerkhan si spieghi dannazione!!!” e ancora la Kruger dovette insistere.
“Ben…lo hanno torturato…” disse con un filo di voce e non riuscì più a trattenere le lacrime.
“Gerkhan, venga immediatamente al comando! Me ne frego di quello che potranno dire i colleghi di Berlino, i miei uomini valgono molto di più di una operazione di polizia, io non rischio i miei collaboratori per catturare un narcotrafficante o i suoi capi, per quello si provvederà in futuro, ora la cosa primaria è trovare Jager e Hartmut vivi.

Un’ora dopo anche se era tarda notte al distretto della polizia autostradale nella sala riunioni era in corso un’accesa discussione. Seduti attorno ad un enorme tavolo ovale c’erano il procuratore Schulz e il suo vice Baumann.
Quest’ultimo era l’allora capo dell’operazione che portò alla cattura di Rieghard Alanus.
Presente oltre al commissario Kruger e a Semir c’era anche la procuratrice Maria Schrankmann.
Prima di iniziare la riunione il commissario Kruger aveva raccomandato al suo ispettore di restare il più calmo possibile e di ragionare più del solito prima di parlare.
La Kruger ormai aveva capito che, quando  era in gioco la vita di un collega e soprattutto del suo partner in particolare, il piccolo ispettore scattava per un nonnulla.
“Allora signori” cominciò la Kruger dopo le dovute presentazioni e convenevoli “Abbiamo bisogno di tutte le informazioni possibili sul caso che sta seguendo Alexandra Fleming, o meglio, l’ispettrice Mancini…”
“Adesso è vice commissario” la interruppe il procuratore Schulz.
Il commissario lanciò un’occhiataccia di fuoco a Schulz, quell’uomo non le piaceva, tantomeno non gradiva essere interrotta e in quel momento i gradi di Alexandra Mancini non gli interessavano.
“Dicevo…abbiamo bisogno di avere l’accesso a tutto il materiale possibile che possano aiutarci a rintracciare i nostri colleghi scomparsi prima che sia troppo tardi” concluse il commissario Kruger.
“Vede commissario, la faccenda è delicata, il vice commissario Mancini è da anni che spera di catturare e consegnare alla giustizia gli assassini del fratello e del marito ed ora siamo ad un passo dalla loro cattura e con loro anche i più grossi trafficanti di droga dell’intera Germania” disse il procuratore Schulz.
“Procuratore, mi permetta una domanda” disse decisa la Kruger “Da quanto non ha notizie del vice commissario Mancini”
“Il vice commissario lavora sotto copertura, il fatto che possano passare giorni senza sentirla non è un problema, né per noi, né per lei”
Semir stava per scattare, ma il commissario Kruger che era seduta accanto a lui gli mise una mano sul braccio e lo bloccò.
“La cosa quindi non vi preoccupa” ribatté decisa la Kruger.
“No, dovrebbe? A meno che voi non abbiate informazioni sul vice commissario Mancini che noi non abbiamo” replicò secco Schulz.
“Ci è stata recapitata una lettera scritta dal vice commissario Mancini nella quale sollecita un nostro intervento” disse porgendo la copia della lettera ai colleghi di Berlino.
“E chi ci dice che sia autentica e non sia un vostro modo per mandare a monte l’operazione, a voi in fondo interessa …” tergiversò il procuratore.

Ma Semir a quelle parole non ci vide più si alzò di scattò e puntando il dito verso il procuratore disse furioso.
“Senta, qui stiamo parlando della vita di due nostri colleghi e forse anche della vita del vostro vice commissario, qui non stiamo giocando a guardie e ladri, qui stiamo parlando della vita di tre persone maledizione!!!”
“Ispettore  Gerkhan, come si permette …” replicò furioso Schulz.
Ma il procuratore fu interrotto dal suo vice Baumann e quando parlò lasciò tutti di stucco.
“L’ispettore  Gerkhan ha ragione, non possiamo lasciare tre agenti nelle mani di quei criminali, Rieghard non ha avuto scrupoli ad uccidere in passato i miei uomini, non penso ne avrà ora. L’unica accortezza è che non si senta braccato, potrebbe disfarsi dei vostri colleghi e magari anche la vita di Alex…cioè del vice commissario Mancini potrebbe essere in pericolo”
“Oppure potrebbe usarli come lasciapassare per una fuga, la loro vita in cambio di un mezzo o modo per fuggire” concluse la procuratrice Schrankmann.
“Avete idea di dove possano essere” chiese Semir cercando di mantenere la calma.
“No” disse laconico il procuratore Schulz “E voi?”
“No purtroppo” rispose mesto Semir.
“Almeno che…” intervenne Baumann “Non sia ancora attivo il GPS”
“GPS ?” dissero quasi all’unisono Semir e il commissario Kruger.
“Sì il fratello del vicecommissario Mancini” delucidò Baumann “Lavorava spesso sotto copertura e così lo avevamo provvisto di un sistema di localizzazione montato su di un bracciale, nessuno lo sapeva a parte lui e me”
Semir ebbe una illuminazione e un tuffo al cuore in contemporanea.
“Un bracciale d’acciaio e caucciù” chiese il piccolo ispettore.
“Ispettore” disse mettendosi una mano sul cuore Baumann “Lei lo ha visto al polso di Alexandra…lei lo indossa sempre, per lei è un ricordo del fratello, io non glielo ho mai detto che montato c’è un piccolo rilevatore di posizione, ci teneva a quel bracciale e glielo ho sempre visto al polso”
Semir a quelle parole ebbe la sensazione che, al vice procuratore Baumann interessasse moltissimo l’incolumità di Alexandra, molto di più che al procuratore Schulz a cui, secondo lui, premeva di più il buon esito dell’operazione.
Il commissario Kruger guardò Semir e quest’ultimo rispose con un piccolo cenno del capo, quindi si alzò e quasi di corsa raggiunse la postazione di Susanne.
“Susanne c’è la fai a localizzare un GPS?” chiese Semir.
“Che domande, certo. Basta che mi diate il codice d’accesso” e dietro di lei apparvero anche il resto delle persone partecipanti alla riunione.
“Le do il codice… “disse speranzoso Baumann alla bionda segretaria e da come si preoccupava a tutti sembrò che tra lui e Alex ci fosse qualcosa di più di una semplice collaborazione di lavoro.
“Ecco qua il segnale GPS, viene … caspiterina” disse la segretaria.
“Che c’è Susanne?” chiese preoccupato Semir.
“E’ una costruzione abbandonata vicino a Neuss, tipo la caserma che avete perlustrato tu e Ben, ma decisamente più grande e disseminata di sotterranei e cunicoli, era un vecchio castello usato come quartier generale dalle S.S. durante la Seconda Guerra Mondiale”
“Dammi l’indirizzo io vado” si affrettò a chiedere Semir.
“Sia prudente Gerkhan, aspetti l’arrivo dei rinforzi, la SEC ci metterà poco per organizzarsi ” supplicò la Kruger, anche se sapeva benissimo che erano parole al vento.
Semir si catapultò fuori dalla sede della CID e pochi istanti dopo si sentì una macchina che sgommando lasciava il parcheggio dello stabile.

Angolino musicale: mentre rileggevo questo capitolo mi immaginavo il povero Semir alla ricerca disperata di Ben e di Hartmut , inoltre vedere e soprattutto immaginare cosa possa essere successo al suo migliore amico, dover trovare la forza e tenere i nervi saldi per arrivare in tempo (Grimilde permettendo!!!)…in parole povere…Semir malgrado tutto… “lo spettacolo deve continuare” e quindi “The show must go on “ dei “Queen”
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=6J1FmJzuhPU
Spazi desolati - per cosa viviamo Luoghi abbandonati, forse noi conosciamo già la partitura Avanti e ancora avanti C'è qualcuno che sappia cosa stiamo cercando Un altro eroe, un altro crimine inutile Dietro il sipario, nella pantomima Mantenere la posizione C'è qualcuno che ce la fa ancora Lo spettacolo deve continuare Mi si spezza il cuore Il trucco si stà sciogliendo Ma io continuo a sorridere Qualunque cosa succeda, lascerò tutto al caso Ancora dolore, un'altra storia finita Avanti e ancora avanti Qualcuno sà per cosa viviamo? Credo di iniziare a capire Dovrei essere più cordiale Presto girerò l'angolo Fuori inizia ad albeggiare Ma dentro, nell'oscurità, soffro ad essere libero Lo spettacolo deve continuare Lo affronterò con un largo sorriso Non mi arrenderò mai Avanti con lo spettacolo Sarò l'attrazione principale Sarò uno schianto Devo trovare la volontà di andare avanti con lo spettacolo Lo spettacolo deve continuare
 

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Capitolo 16
*** Faccia a faccia con la morte ***


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FACCIA A FACCIA CON LA MORTE

Era notte fonda Ben era sdraiato su un fianco per terra e si stava lentamente svegliando dall’ennesimo pestaggio.
Aveva chiesto ad un carceriere che era entrato per vedere se era ancora vivo, di accompagnarlo in bagno.
L’uomo gli aveva risposto, non senza sbeffeggiarlo, che poteva servirsi della bottiglietta vuota, ma Ben aveva replicato, non senza ironia che anche in quei tragici momenti non lo abbandonava mai, che con le mani dietro alla schiena la cosa sarebbe stata un po’ impossibile.
Alla fine Ben era stato liberato e accompagnato in bagno, ma purtroppo il suo tentativo di fuga successivo si era concluso con un altro pestaggio da parte dei suoi carcerieri.
Il giovane poliziotto sentì il rumore di una pesante porta che si apriva e Hartmut fu scaraventato letteralmente dentro al locale.
I due erano rinchiusi in una stanza che in passato doveva essere stata una cella, nessuna finestra, nessun tipo di arredo, il pavimento in cemento e nessuna illuminazione, se non una fioca luce proveniente dalla piccola finestrella situata sulla pesante porta di legno.
Appena il tecnico vide Ben gli si avvicinò per sincerarsi delle sue condizioni e notò con piacere che il suo collega stava lentamente aprendo gli occhi.
“Ciao Einstein” disse piano Ben.
“Ho trovato la soluzione” disse senza tanti preamboli Hartmut.
“Adesso non gli servo più” rispose l'amico abbozzando un piccolo sorriso  “La prossima volta mi pianteranno un proiettile in testa”

Hartmut aiutò Ben a mettersi seduto contro il muro e ancora una volta notò che era ammanettato con le braccia dietro alla schiena e una grossa catena univa le manette a un grosso anello conficcato sul muro.
“Dobbiamo uscire da qui” disse risoluto Hartmut.
“Sono d’accordo, Einstein, ma con questi bracciali mi risulta difficile” cercò di sdrammatizzare Ben.
“Senti nei film i buoni aprono le manette con una forcina per capelli” ed estraendone una dalla tasca disse “Guarda sopra al tavolo in cui mi fanno lavorare ne ho trovato una…sicuramente l’avrà dimenticata la dottoressa Fleming, che dici proviamo?”
“Perché no, tanto hai altro da fare?”
Hartmut cominciò ad armeggiare e dopo un bel po’ di tentativi rinunciò.
“Mi spiace Ben, ma non ci riesco” disse sconfortato il tecnico.
“Non preoccuparti, da’ qua provo io, tanto non ho niente di meglio da fare, vedrai in un modo o nell’altro usciremo di qui” lo rassicurò Ben.
“Già mi preoccupa il modo …” rispose afflitto Hartmut.
“Semir non smetterà di cercarci finché non ci troverà…” disse fiducioso Ben, e sul volto del tecnico comparve un piccolo sorriso.

Passarono diversi minuti, quando qualcuno infilò una chiave nella toppa e la pesante porta si aprì.
“Vieni ‘Rosso’ che dobbiamo collaudare la tua invenzione con gente importante; prega che vada tutto liscio, altrimenti ti ritroverai un buco in testa come il tuo amico sbirro”
“Ehi, aspettate, no … avevate promesso di lasciarlo vivo … Ben!” urlò disperato Hartmut, mentre due uomini lo trascinarono fuori dalla stanza.
“Non ti preoccupare Hartmut” disse di rimando Ben alzandosi in piedi cercando di apparire il più tranquillo possibile “Non soffrirò questa volta”

Victor si avvicinò a Ben con una pistola  in mano e guardandolo dritto negli occhi con aria di sfida disse:
“Sei sicuro di non soffrire?” dopo di che gli diede un violento pugno sullo stomaco che lo fece inginocchiare a terra.
“Ti massacrerò fino a che non mi supplicherai di ucciderti, sbirro” rise beffardo Victor, assestandogli una ginocchiata alle costole.
Il poliziotto non fiatò, non voleva che Hartmut, mentre percorreva il lungo corridoio, potesse sentirlo.
Ben conosceva fin troppo bene il giovane tecnico, non se lo sarebbe mai perdonato, già era sicuro che avrebbero ucciso anche lui, almeno voleva che quel poco che gli restava da vivere non lo vivesse in preda ai rimorsi per averlo in qualche modo condannato, almeno voleva illuderlo che fosse morto senza soffrire troppo.
Victor stava per sferrargli un altro colpo quando un voce alle sue spalle lo richiamò.
“Ehi, muoviti con lo sbirro, fallo fuori …il capo ci vuole tutti presenti”

L’uomo quindi puntò la pistola alla nuca di Ben.
“Che fortuna che hai, sarai esaudito sbirro, smetterai di soffrire” disse beffardo.
“Non hai nemmeno il coraggio di uccidermi guardandomi in faccia eh? Sei proprio un vigliacco Victor, in fondo anche se ho le mani legate ti faccio paura! Scommetto che hai ucciso Baker nella stessa maniera” lo provocò Ben con sguardo duro e voce ferma e sprezzante.
Victor si sentì punto sul vivo “Allora coraggio sbirro, alzati che ti pianto una pallottola in mezzo alla fronte”

La distanza che c’era tra Victor e Ben non superava i due metri.
Ben si alzò con molta calma, si era quasi alzato dal tutto quando si liberò delle manette che era riuscito ad aprire con l’aiuto della forcina e come una furia si avventò su Victor.
Il malvivente non si aspettava certo una reazione del genere, quando vide Ben piombargli addosso cercò di sparagli , ma Ben fu più veloce e riuscì a deviarli il braccio pochi istanti prima che sparasse, facendogli cadere la pistola a terra.
Ne seguì una lotta furibonda: Ben incassò diversi colpi, ma con la forza della disperazione cercò di assestarne qualcuno anche lui.
Ma Victor era decisamente più in forze, lo prese per i capelli, lo alzò di peso e lo colpì in pieno volto facendolo letteralmente volare due metri più in là.
Ben atterrò violentemente sul pavimento, vicino alla pistola con cui Victor poco prima stava per sparagli.
L’uomo se ne accorse, estrasse un coltello dalla tasca per avventarsi su di lui.
“Vai all’inferno maledetto sbirro” urlò cercando di piombargli addosso.
Ma Ben fu più veloce di lui.
“Dopo di te, bastardo maledetto” fu la pronta risposta di Ben che afferrò la pistola freddandolo con un colpo in mezzo alla fronte.
 
 
Permettetemi ora, cari lettori e recensori, una piccola nota a cui tengo molto:
P.S. per la mia socia Maty…hai visto l’ho fatto andare in quel posto là, come vedi cerco di accontentare sempre tutti…nel limite del possibile ovvio e “Grimilde” permettendo…TVB !!! Specie in questo periodo e…AUGURI SOCIA… un anno fa nasceva il nostro sodalizio, la nostra collaborazione nonché cobrissima amicizia… e povero BEN !!!
Ed ora:
Angolino musicale. Evvai…l’ho fatto fuori ‘sto…ops scusate…
Dunque Ben è libero, ma se pensate che ora tutto possa filare liscio...anche se bisogna ammettere che un Ben libero, arrabbiato e soprattutto armato potrebbe essere pericoloso PER TUTTI…
Bene, colonna sonora : canzone un po’ particolare, nel senso che ognuno può interpretarla come vuole…pensieri di Alex, di Ben, di Semir…Bryan Adams “Back to you” (indietro da te).
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=UMe7WdK-XKo
Sono stato depresso, sono stato battuto, sono stato stanco da non riuscire a parlare, sono stato perso da non riuscire a vedere, volevo cose irraggiungibili poi ho trovato te e tu mi hai aiutato, mi hai mostrato cosa fare questo é il motivo perché sto tornando da te Come una stella che guida una nave nell'oceano, cosi il tuo amore mi porterà indietro a casa da te e se esprimo un desidero lassù a quella stella un giorno sarò dove sei tu, so che quel giorno arriverà presto si sto tornando da te, sei stata sola, ma non l' hai fatto capire, hai sofferto, ma non hai detto nulla, mi hai lasciato fare quello che volevo, tu c'eri quando avevo bisogno di te, posso farti soffrire, posso lasciarti, ma non hai mai cambiato idea e questo é il motivo perché sto tornando da te, sto tornando da te quel giorno sta arrivando

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Capitolo 17
*** Sospetti e spari nel buio ***


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Sospetti e spari nel buio
 
Victor restò per un attimo in piedi a fissare Ben, poi stramazzò al suolo come  un burattino a cui improvvisamente fossero stati tagliati i fili.
Sul viso del giovane ispettore apparve un sorriso compiaciuto e per completare il tutto, imitando Semir, fece roteare la pistola sull’indice della mano, tuttavia senza riuscirci.
Ben era ancora disteso per terra, aveva ancora la pistola fumante davanti a sé e sentiva il cuore che gli batteva furioso nel petto; si rese conto che aveva freddato un uomo, ma d’altronde che alternative aveva?
La paura di morire di pochi minuti prima, aveva lasciato il posto ad uno stato di furia cieca, sentiva l’adrenalina scorrere nelle vene e molta, forse troppa, sete di vendetta.
Si rese conto che per non commettere errori doveva innanzitutto calmarsi, cercò di fare dei respiri profondi, per evitare di cacciarsi nuovamente in situazioni di pericolo.
Quando gli sembrò di aver riacquistato un po’ di lucidità, si alzò lentamente, aveva male dappertutto, le braccia, la testa, le costole, non c’era un posto nel suo corpo che non gli facesse male.
Il naso e un labbro sanguinavano, ogni respiro e movimento che faceva gli provocava dolori lancinanti, ma adesso non aveva tempo di pensare a se stesso, doveva cercare e salvare Hartmut.
Già Hartmut.
Doveva trovarlo e sperare che non fosse troppo tardi.
Poi una volta messo in salvo il suo collega, avrebbe trovato Alex e allora avrebbe avuto la sua vendetta.
Perché alla fine Ben in quel momento voleva solo quello: vendetta.
Il poliziotto controllò la pistola che aveva in mano per vedere di quanti proiettili ancora disponeva e gli venne da sorridere “Maledetto bastardo mi avresti ucciso con la mia pistola d’ordinanza” poi silenziosamente  uscì dalla cella restata aperta, ritrovandosi in mezzo a un lungo corridoio.
“Adesso da che parte vado?” si chiese guardando prima da una parte e poi dall’altra quindi si addentrò nei meandri del castello.

Mentre Ben risolveva le sue “diatribe” con Victor,  in una stanzetta Alexandra e il dottor Richard stavano preparando alcuni documenti per poter lasciare la Germania.
“Alexandra, ti vedo agitata …o forse sei preoccupata ?” domandò serio con voce falsamente dolce e cortese il dottor Richard .
Alex non si scompose, ma il dottor Richard continuò a parlarle, anche se lei non lo degnava di uno sguardo.
“Non sarà per via dello sbirro che abbiamo rapito? Io e Victor abbiamo avuto un acceso scambio di vedute, lui non si fida molto di te…dice che più di una volta ti sei opposta quando lui proponeva di torturalo davanti all’altro suo collega…dice che ci tieni troppo. Potrei esserne geloso, mi conosci, potrei ucciderlo seduta stante” ma venne bruscamente interrotto da Alex.
“Victor a volte non ragiona, non si rende conto che un poliziotto come ostaggio può facilitare un’eventuale fuga” replicò dura continuando a falsificare documenti.
“Siamo sicuri che sia per quello? Ti piace, eh? Ma tieni a mente…tu sei mia, non lo scordare…mi appartieni…” replicò quasi con tono di sfida, ma Alex pensò più a un discorso fatto da un folle.
“Stai dicendo un mucchio di assurdità. Lo sai che tra l’altro sarebbe impossibile, giochiamo in squadre diverse…”
“Voglio essere sicuro. Dimmi: da che parte stai?” chiese ruvido.
Il tono dell’uomo aveva sempre più il sapore della sfida e ad Alex cominciava veramente a fare paura.
“Se ti chiedessi di sparagli, lo faresti?” chiese poi in attesa della reazione della ragazza.
Alex stava usando una matita, appena udì quella domanda la punta si spezzò.
“Lo sapevo, ti piace…” replicò secco lui vedendo la reazione “Comunque io non mi preoccupo, ha i minuti contati e comunque pensandoci bene , perché privare Victor del piacere di farlo fuori” e prendendole il polso con una mano con l’altra si mise a giocherellare con il bracciale che portava.
Poi l’attirò a sé.
“Non ti fidi di me Sander?” chiese a bruciapelo guardandolo dritto negl’occhi.
E con un piccolo strattone si liberò della presa della mano di Richard.
“Comunque non lo rivedrai mai più” le disse con uno sguardo che era a dir poco diabolico.
Alex recuperò la lucidità, stava rischiando non solo la copertura, ma anche di svelare ciò che provava per Ben e la cosa avrebbe potuto rivelarsi molto pericolosa.
Per entrambi, e anche per il tecnico della scientifica.
“Sarà meglio che ci sbrighiamo e lasciamo stare questi discorsi che non portano a nulla…fra un po’ arriveranno i compratori della formula, non vorrai farli aspettare…il tempo è denaro no? Dico bene Sander?” e la ragazza voltandogli le spalle tornò a svolgere il suo compito.
Una volta concluso il lavoro entrambi si avviarono verso un grande salone del castello, dove di lì a poco avrebbe avuto luogo la dimostrazione dell’efficacia della formula.
In cuor suo Alex sperava che l’ispettore Gerkhan e i rinforzi giungessero al più presto.
Ormai Ben e Hartmut avevano le ore, se non i minuti, contati e adesso per lei sarebbe stato ancora più difficile portare qualsiasi tipo di aiuto a Ben, ora era sotto strettissima sorveglianza.

Intanto Semir era arrivato nel luogo indicato dal GPS del bracciale di Alexandra.
Fermò  la sua BMW nei pressi dell’enorme maniero e mentre scendeva pensò che sarebbe stato meglio aspettare i rinforzi e la SEC, ma un colpo, che a lui sembrò di una pistola gli fece decisamente cambiare idea.
Semir sfoderò la sua arma d’ordinanza, gli tolse la sicura e si avvicinò ad una delle entrate secondarie; nello stesso istante il suo cellulare vibrò, un messaggio lo informò che i rinforzi sarebbero arrivati tra i venti e trenta minuti.
“Troppi” ragionò Semir e si addentrò nel castello.
Appena varcata l’entrata davanti a lui si presentò un lungo e buio corridoio, quindi presa dalla tasca del giubbotto una piccola torcia elettrica l’accese e cominciò a percorrerlo.

Intanto in un enorme salone del vecchio edificio il dottor Richard, Alexandra, il resto della banda, Hartmut e alcuni loschi individui  stavano testando l'efficacia della scoperta che aveva fatto il tecnico della scientifica.
Il dottor Richard cosparse con una bomboletta spray un piccolo involucro contenente della droga purissima, poi lo mise in una valigetta e la nascose sotto un telo. Prese anche un altro sacchettino e lo mise in un'altra valigetta senza però cospargerlo con la soluzione scoperta da Hartmut quindi la nascose, ma dentro un armadio, poi chiamò uno dei suoi uomini, questi uscì dalla sala per ritornarvi pochi istanti  dopo con un cane al guinzaglio.
Il cucciolo era di proprietà dei compratori ed era stato addestrato per essere un cane antidroga
“Signori” disse in modo  quasi teatrale il dottor Richard  “Ora vi faremo vedere l’efficacia della formula”
Il cane fu lasciato libero di girare per la sala e dopo pochi minuti l’animale trovò quasi subito la valigetta contenente la droga non cosparsa del prodotto scoperto da Hartmut.
Il cucciolo girò ancora per l’enorme salone e passò diverse volte davanti al luogo dove era nascosta l’altra valigia, ma niente attirò l’attenzione del cane.
“Sbalorditivo” disse uno dei presenti che poteva essere il capo della banda di trafficanti “Direi dottor Richard che ora potremmo parlare di affari”
“Certamente, ma prima mi scusi un attimo” e rivolto a uno dei suoi complici disse stizzito “Markus, dov’è Victor? Avevo espressamente richiesto la sua presenza …”
“Vado a vedere” rispose l’uomo.
“Sì, ma portati dietro anche il ‘Rosso’, fallo fuori, non ci serve più e meno testimoni abbiamo meglio è”
“Sander” disse Alexandra “Vado con lui…”
La ragazza capì subito al volo le intenzioni di Richard.
E quella poteva essere il momento giusto per provare almeno a liberare il giovane tecnico della scientifica.
“No è meglio che tu resti qua, avrò bisogno di te per le coordinate bancarie. Dobbiamo farci pagare subito, il suolo tedesco comincia a essere incandescente e dobbiamo andarcene”
“Allora e meglio se vado…” tentò di tergiversare “Devo controllare se i timbri per i passaporti…”
“”Niente, ma…” e il suo sguardo era un misto tra i furioso e il diabolico.
“Vieni ‘Pel di Carota’ “ lo spintonò Markus, puntandogli una pistola dietro alla schiena costringendolo a uscire dal salone.
Entrambi si diressero verso i sotterranei dell’edificio e appena Markus trovò una cella vi fece entrare il tecnico.
“Bene ora puoi girarti e dire le tue ultime preghiere, raggiungerai il tuo amico sbirro”
Hartmut si girò lentamente, nei suoi occhi si leggeva il terrore e istintivamente alzò le mani in segno di resa.
Il suo ultimo pensiero fu per Ben, alla fine quei bastardi lo avevano ucciso…ed era tutta colpa sua.
“Puoi chiudere gli occhi se vuoi” disse perfido e tirò indietro il grilletto.
Hartmut chiuse gli occhi, poi nei sotterranei echeggiò uno sparo.
 
 
Angolino musicale: penso che se avessi messo una canzone della colonna sonora di ‘V’ per vendetta non ci sarebbe stata male, ma la semplicità non è nel mio stile e io so essere ‘U.C.C.S.’ (acronimo di: Ufficio Complicazioni Cose Semplici).Quindi invece della vendetta di cui il nostro giovane ispettore è a dir poco assetato, ho optato per ‘Duel’ (Duello) dei Propaganda (in preparazione allo ‘scontro finale’ tra i due giovani della storia).
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=nnQ2zOmb6Hg

Faccia a faccia stanno vincitori e vinti feriti dall'invidia, divisi dalla cupidigia Faccia a faccia con le loro proprie delusioni Le cicatrici di vecchie romanticherie ancora sulle guance. E quando colpo su colpo la passione muore dolce piccola morte sono state solo menzogne. Alcuni ricordi di tempi passati fanno ancora venire in mente le bugie. Il primo taglio non ti farà affatto male Il secondo ti farà soltanto chiedere il perché. Il terzo ti farà stare in ginocchio Tu inizi a sanguinare io mi metto a urlare. È troppo tardi, la decisione è presa dal destino È ora di dimostrare ciò che dovrebbe durare per sempre. I cui sentimenti sono così veri da superare la prova? Le cui richieste sono così forti da eludere tutti i tentativi?


 
 

 
 

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Capitolo 18
*** Scontro finale ***


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SCONTRO FINALE

Ben  stava percorrendo un lunghissimo corridoio dei sotterranei quando sentì  lo sparo e si bloccò di colpo; il suo pensiero corse subito ad Hartmut “Maledizione no!” pensò tra sé e sé, ma nonostante tutto proseguì il suo cammino.

Intanto in un corridoio dei sotterranei…
“Puoi aprire gli occhi Einstein” disse quasi divertito Semir  aggiungendo “E puoi anche abbassare le mani”
Hartmut aprì un occhio guardandosi attorno e quando vide ai suoi piedi l’uomo che stava per ucciderlo, aprì anche l’altro.
Appena vide il piccolo ispettore gli corse incontro, lo abbracciò sollevandolo da terra.
“Semir, grazie al cielo, grazie, grazie” disse felicissimo il tecnico dando anche un’occhiata al suo quasi carnefice steso a terra svenuto e ferito.
“Sì okay, ma adesso lasciami così mi spezzi le ossa, dai dobbiamo legarlo e imbavagliarlo, fra un po’ arriverà anche la SEC"
“Sì subito, non vorrei che si svegliasse e finisse il lavoro… ” disse il ragazzo ricomponendosi.
E mentre portavano il corpo del malvivente all’interno di una cella Semir chiese a Hartmut:
“Einstein, dove tengono prigioniero Ben?”
Ma Semir non ebbe bisogno di risposte.
Era arrivato tardi, lo vedeva dall’espressione del ragazzo.
“Semir, ho cercato di aiutarlo di metterci più tempo possibile, ma quelli ogni giorno che passava lo picchiavano sempre più duramente, lo torturavano sotto i miei occhi e lui ogni volta mi diceva di non preoccuparmi, che sarebbe resistito fino al tuo arrivo, perché lui era sicuro che ci avresti trovato, ma io non c’è l’ho fatta a sopportare quella sua agonia … poi ho trovato la soluzione … e di lui non hanno più avuto bisogno” e disperato Hartmut si mise a piangere.
Semir non profferì parola, era troppo amareggiato, deluso e sconvolto, non poteva credere di aver perso un altro partner.
André, Tom, Chris e adesso il più giovane collega che avesse mai avuto.
Il partner che a distanza di anni era diventato come un figlio.
Semir col dorso della mano si asciugò una lacrima che stava prepotentemente scendendo dal suo volto, si impose calma e sangue freddo, adesso bisognava trovare Alexandra e uscire di lì.
“Senti Hartmut, prendi la pistola di questo delinquente e prosegui sempre in quella direzione troverai l’uscita, poi ti nascondi e aspetti la SEC, okay? Ci vediamo fuori capito?”
“Stai attento, sono in tanti” gli raccomandò Hartmut.
“Non ti preoccupare, starò attento, ma anche tu”

Intanto Ben continuava a proseguire lungo il corridoio, quel cunicolo gli sembrava senza fine, poi sentì dei passi, gli sembrò di vedere una luce che si spegneva, forse di una torcia, qualcuno si stava avvicinando a lui.

Semir proseguì per il corridoio, gli sembrò di sentire dei passi, spense la torcia elettrica e si apprestò a girare l’angolo.
“Fermo o sparo” disse Semir con la pistola spianata all’ombra che aveva davanti a circa dieci metri.
L’uomo si fermò alzando lentamente le mani.
“Semir?”
Ben per un attimo stentò a crederci.
“Semir sono io, sono Ben” disse al culmine della felicità.
Il piccolo ispettore riconobbe subito la voce del suo amico, gli corse incontro, lo abbracciò quasi fino a stritolarlo, tanto era felice.
“Ti credevo morto…Ben stai bene?” balbettò.
“Sì socio, sto bene, ma non stringermi troppo devo avere qualche costola incrinata o rotta …”
Semir accese la torcia e alla vista di Ben sbiancò “O mio Dio Ben … “
“Sì lo so devo farmi la barba …” cercò di sdrammatizzare Ben “Senti sei solo o …”
“Sta arrivando la SEC, dovrebbero essere qui a momenti e Hartmut è sano e salvo”
“Grazie al cielo, se gli fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato…lui sicuramente mi crede morto...”
“Appena saremo fuori di qua lo rassicurerai di persona” ribatté Semir, poi prendendo Ben per un braccio “Senti Ben, Alex…” ma fu interrotto dal socio.
“So già tutto, vieni andiamo a prendere quei bastardi” e insieme si avviarono verso l’interno del maniero.
Semir e Ben si avviarono silenziosamente, quando il cellulare del piccolo ispettore vibrò.
Velocemente lesse il messaggio.
“Ben” disse piano “La SEC sta facendo irruzione”
“Dai sbrighiamoci” rispose Ben “Non voglio perdermi lo spettacolo”

Due minuti dopo sopra le loro teste successe il finimondo.
I due ispettori giunsero nel grande salone dopo che i corpi speciali ebbero arrestato tutti i presenti alla dimostrazione della formula.
“ Ben” disse Semir dando una veloce occhiata a tutti i presenti “Richard e Alex non ci sono”
Ma Semir non ricevette risposta.
“Ben!” urlò e guardandosi attorno lo vide venti metri davanti a lui che velocemente usciva dall’ enorme salone.

Il dottor Richard e Alexandra si addentrarono di nuovo nei lunghi corridoi.
“Forza corri” urlò l’uomo che stava dietro a Alexandra.
La ragazza si sentì in dovere di seguirlo, ora doveva fare in modo di fermarlo in qualche modo, non poteva farselo scappare, adesso oltre al fratello e al marito quel bastardo aveva anche sulla coscienza Ben.
Il corridoio, si faceva sempre più buio, ma in fondo c’era una luce che filtrava.
Stava albeggiando.
“Corri c’è l’uscita laggiù” urlò ancora Richard.

Ben li aveva visti uscire furtivamente dal salone, mettendosi subito all’inseguimento, ma la sua corsa non era veloce, i colpi presi da Victor lo avevano debilitato parecchio.
Aveva tentato di richiamare l’attenzione del socio, ma tutto il trambusto e il rumore dell’arresto degli altri presenti nel salone avevano coperto il suo richiamo all’amico.
Richard e Alexandra arrivarono all’uscita secondaria in cui era entrato Semir e si fermarono un attimo sulla porta, poi il dottor Richard disse:
“Sembra non ci sia nessuno, usciamo”
Ben li vide uscire da una piccola porta che dava all’esterno del maniero, appena li vide urlò:
“Fermi polizia, gettate le armi o sparo”
Il dottor Richard velocemente prese per le spalle Alexandra e girandosi lentamente fece vedere a Ben che le aveva puntato la pistola alla tempia.
“Getti la pistola ispettore o le faccio saltare il cervello”
La ragazza tentò di svincolarsi, ma Richard era più forte, più alto e robusto.
Ben guardò Alex negli occhi, ma la ragazza non lo stava guardando.
“Getti la pistola o le sparo” insisté Richard.
“Per quello che mi frega di lei può pure sparale. Poi io sparerò a lei Richard, quindi è meglio che getti lei la pistola” disse risoluto Ben.
“Ben, sono qui” disse Semir raggiungendolo.
E si mise di fianco al collega in posizione per poter sparare.
“Allora?” e Richard cominciò ad arretrare senza accorgersi che a una ventina di metri dietro di lui c’era un dirupo.
“Mio Dio Ben” sussurrò Semir “ Se non lo fermiamo cadrà nel burrone portandosi dietro Alex”
“Non me ne frega niente di Alex!” disse deciso Ben “Per me è morta ventisette anni fa”
“Ben non puoi parlare così di Alex è una collega!” replicò piano Semir, capendo subito che il suo socio era all’oscuro della sua vera identità .
“Cosa?” Ben rabbrividì.
“Fidati, ti spiego dopo, così Richard la ucciderà, abbassiamo la pistola”
“Allora?” ringhiò Richard arretrando.
“Okay” fece Semir abbassando l’arma, ora tra Richard e il dirupo c’erano due metri.
“Dai Ben posa quell’arma” quasi urlò Semir.

Ma Ben non la mise a terra, aveva la mano ferma, cercava di trattenere il respiro, per concentrarsi.
Nel mirino immaginario aveva  la testa di Richard.
Tutt’ad un tratto ricordò le parole con cui Semir gli aveva insegnato a sparare in ogni circostanza, facendolo di fatto diventare uno dei migliori tiratori del distretto.

“Calmo…respira, cerca di sentire il tuo cuore battere. Prendi la mira, prendi il respiro, aspetta con calma …e vai”

Alexandra alzò lo sguardo incrociando gli occhi di Ben e il poliziotto in quello sguardo riconobbe immediatamente la bambina con cui amava giocare  a ‘guardie e ladri’.
Tra i due il tempo sembrò fermarsi, gli occhi di uno fissi in quello dell’altra.
La tensione era palpabile.
“Ben sparagli che aspetti” urlò decisa Alexandra.
A quelle parole Ben abbozzò un sorriso, un sorriso che aveva il gusto della sfida e perché no, anche il gusto della vendetta.
Richard trasecolò “Maledetta sei una di loro” disse furioso, premendo la pistola sulla tempia della ragazza.
“Ben, conto fino a cinque” disse sicura Alexandra cominciando a contare.
“Uno”
E Ben si morse un labbro.
“Due”
E Ben strinse ancora più salda la pistola.
“TRE!!!” urlò Alex e Ben sparò.
 
Angolino musicale: Cari recensori e lettori…i commenti li lascio a voi…mi limito a dire che tre non è cinque…Colonna sonora…Oasis The Masterplan (Il Disegno Del Destino)
Per ascoltarla : https://www.youtube.com/watch?v=yMazI2ROJXM
Prenditi del tempo per dare un senso a ciò che vuoi dire e fai naufragare le tue parole sulle onde riportale indietro con il senno di poi in una nave della speranza e appena cadranno sulla costa dì loro di non avere più paura, gridalo forte e cantalo con orgoglio, e loro... danzeranno se vorranno danzare ti prego, fratello, prenditi quest'opportunità tu sai che loro andranno per la strada in cui vorranno andare tutto quello che sappiamo è che noi non sappiamo cosa succederà ti prego, fratello, lascia che sia così la vita d'altra parte non ti farà capire perché siamo tutti parte di un disegno del destino non sto dicendo che il giusto è sbagliato, tocca a noi fare il meglio di tutte le cose che troviamo sulla nostra strada e tutte le cose che arrivano hanno un passato, le risposte sono nella sfera di cristallo ci sono quattro milioni e venti porte lungo il corridoio senza fine della vita, gridalo forte e cantalo con orgoglio...


 

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Capitolo 19
*** Il passato è passato ***


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IL PASSATO E’ PASSATO

“Ben, conto fino a cinque” disse sicura Alexandra cominciando a contare.
“Uno”
E Ben si morse un labbro.
“Due”
E Ben strinse ancora più salda la pistola.
“TRE!!!” urlò Alex e si abbassò di colpo e Ben sparò.

Lo sparo rimbombò nell’aria e alcuni uccelli spaventati si levarono in volo dalla vicina quercia.
Richard fu colpito in pieno petto e il colpo lo scaraventò indietro facendogli perdere l’equilibrio.
Purtroppo lo spirito di sopravvivenza gli fece afferrare Alexandra per la maglia e la trascinò con sé giù dal dirupo.
“Alex, no!” urlò con tutto il fiato che aveva Ben e si precipitò disperato sull’orlo del precipizio in tempo per vedere Alexandra che rotolava giù per poi finire nel lago sottostante.
Ben cominciò a discendere il precipizio inseguito da Semir.
Il ragazzo inciampò su alcune radici, scivolò per alcuni metri per poi alzarsi prontamente e arrivare in riva al lago.
“Ben aspetta i soccorsi, nelle tue condizioni rischi di annegare anche tu, lascia che vada io” urlò Semir.
Ma Ben non lo ascoltò, tolse velocemente le scarpe e si tuffò nel lago.
“Mapporca miseria…” imprecò Semir e si buttò anche lui.
Passarono secondi interminabili, poi Semir e Ben riapparvero in superficie.
“Semir non la trovo” disse disperato e prendendo di nuovo aria si immerse di nuovo e dietro di lui Semir.
Mentre nuotava verso il fondo alla disperata ricerca di Alex, Ben pensò a tutti i segnali che le aveva dato la ragazza.
Alexandra non lo aveva mai tradito, anzi lo aveva salvato da morte certa almeno un paio di volte, gli aveva evitato un paio di pestaggi, aveva fatto in modo che Hartmut trovasse la forcina per capelli perché sapeva che sarebbe riuscito ad aprire le manette, aveva cercato di confortarlo e lui, rabbioso e frustato, le aveva urlato dietro che l’avrebbe uccisa se solo ne avesse avuto la possibilità.
Si rese conto che ora poteva veramente perderla per sempre quando una sagoma scura si materializzò davanti a lui.
Ormai era senza fiato, ma la ragazza era a pochi metri da lui.
Fortunatamente vicino a lui comparve Semir e tutti e tre risalirono verso la superficie.

Pochi secondi dopo riaffiorarono in superficie.
Ben teneva Alex tra le braccia e lentamente la stava riportando a riva.
“Ben lasciarla a me, tu vai avanti” disse Semir notando che Ben era allo stremo delle forze.
Alexandra fu portata a riva e subito Ben le tastò il polso.
Non ci fu nemmeno bisogno di parlare Ben cominciò le manovre di rianimazione aiutato da Semir.
Semir le faceva il massaggio cardiaco, mentre Ben le immetteva aria nei polmoni, quando sopra al dirupo apparve un agente della SEC.
“Ispettore Gerkhan ho fatto richiesta per un ‘ambulanza, sarà qui fra una decina di minuti”
Semir fece un cenno e continuò il massaggio guardando ogni tanto il volto del suo amico rigato dalle lacrime.
Per un attimo gli sembrò di aver accanto il piccolo Ben, quel bambino che venticinque anni prima aveva perso, dopo la madre, il suo angelo custode, l’aveva ritrovato e ora lo stava perdendo di nuovo.
Ben si stava avvicinando di nuovo alle labbra di Alexandra, quando finalmente la ragazza cominciò a tossire e a sputare acqua.
Il ragazzo delicatamente la mise a sedere e Alexandra aprì gli occhi.
“Socio io salgo , voi aspettate qui non vi muovete … fra un po’ vi tiriamo su” disse Semir pensando che fosse meglio che i due ragazzi stessero finalmente un po’ da soli.
“Ben…” sussurrò con voce roca la ragazza.
“Alex, non ti affaticare, fra un po’ arriva l’ambulanza”  rispose scostandole i capelli dal viso.
“Parla per te, io sto bene … ahia”
“Sì come no, avrai minimo tre costole rotte, un principio di annegamento e un trauma cranico … ringrazia il cielo di essere ancora viva, hai visto che volo hai fatto?” disse piangendo e ridendo in contemporanea.
“Ehi era tutto calcolato, abbiamo copiato la scena di quel vecchio film. Sei tu che non sei stato veloce, dovevi prendermi al volo …”
“Ma guarda te ! Vuoi sempre avere l’ultima parola…come quando eravamo piccoli vero?” cercò di sdrammatizzare Ben.
“Parla per te moccioso, io non sono mai stata piccola!” replicò sicura Alex.

Poco dopo Semir ridiscese accompagnato da alcuni agenti della SEC, poi con l’aiuto di una barella riportarono su Alexandra.
Ben risalì senza aiuto, ma con a fianco il suo migliore amico.
“Semir…grazie, sapevo, anzi ero certo che alla fine ci avresti trovato…”
“Ti è andata bene lo sai socio?” replicò il piccolo ispettore.
“Sì, molto bene. Ho visto la morte in faccia diverse volte in questi giorni” rispose esausto il ragazzo “Ma levami una curiosità, come ci avete trovati?”
“Alex porta il GPS del marito”
“GPS? Come del … no… non dirmi è …” balbettò Ben.
“Era … era purtroppo” disse triste Semir conoscendo il passato della ragazza.
E mentre salivano sulla BMW e si dirigevano verso l’ospedale, Semir gli raccontò del marito e del fratello di Alex, di Laura Brawn, di Suor Maria, di Helga e di suo padre Konrad.
“Cosa?” gli disse Ben non sapendo che altro dire “Mio padre ti ha dato un ceffone?”
“Sì e penso di essermelo meritato, a volte, mi comporto come se lo fossi tuo padre… anche davanti al tuo vero padre” disse un po’ arrossendo Semir.
“Questo perché mi vuoi bene, se non fosse così non mi avresti trovato” ribatté consapevole dell’affetto e dell’amicizia che li legava.
“Ho scavato nel tuo passato Ben e la cosa non mi è piaciuta affatto, mi sono sempre lamentato della mia infanzia, della mia gioventù, dando per scontato che la tua fosse stata tutta rose e viole, essendo circondato da ricchezza e prosperità …  invece …”
“Senti il passato è passato, okay socio?” e gli porse la mano in attesa del ormai famoso saluto tra i due.
“Okay socio” disse  rispondendo al saluto Semir .

Ormai era quasi mezzogiorno, Semir stava facendo compagnia in una stanza del pronto soccorso a Ben che stava sdraiato su un lettino.
Il ragazzo aveva quattro costole incrinate, una distorsione alla spalla, diverse contusioni, un labbro, uno zigomo e un’arcata sopraciliare rotti, ma tutto sommato stava bene, anche perché stava facendo il diavolo a quattro per poter andare a trovare Alex.
“Ben” disse Semir “Se continui così … vorrei dire che ti sbattono fuori, ma è quello che vuoi quindi per favore calmati”
“Va bene mi calmo, ma vorrei sapere come sta Alex…e anche Hartmut è stato … coraggioso”
“Stanno bene, Alex sta facendo dei controlli, mentre Hartmut è già a casa della madre e mi ha chiesto di dirti che gli dispiace”
“Gli dispiace? E di cosa? E’ stato geniale, come sempre. Se non l’avesse tirata per le lunghe mi avrebbero ucciso subito” ribadì secco e orgoglioso Ben.
“A proposito, vedi di comportarti bene quando vedrai il vicecommissario Mancini” lo redarguì il piccolo ispettore. 
“E chi sarebbe?” chiese curioso il ragazzo.
“Alex! Il suo vero cognome è Mancini, Fleming è quello che ha scelto per la copertura”
“Cosa?”
Ben si sentì come stordito da quella rivelazione, poi scuotendo un po’ la testa e portandosi una mano sulla fronte  aggiunse:
“Dovevo arrivarci subito, il mio istinto da poliziotto ha toppato e alla grande…”
“Temo di non arrivarci Ben” replicò perplesso Semir.
“Ian Fleming è il creatore del personaggio di James Bond, la spia più famosa, l’agente segreto per antonomasia. Alex ne è sempre stata affascinata”
“Ah, quindi il cognome che ha scelto è in onore di James Bond” rifletté Semir.
“Già e quando si accorse che avevamo le stesse iniziali. Un giorno disse che quando sarei diventato un poliziotto esibendo il tesserino avrei potuto presentarmi con  ‘My name is Jager, Ben Jager’”
Ricordando quei momenti legati alla sua infanzia, sul volto di Ben comparve un sorriso.
“E visto che doveva spacciarsi per una dottoressa…Fleming era un cognome perfetto, colui che scoprì la penicillina, si chiamava Alexander. Lei ha sempre adorato questi giochi di parole, una volta ci sarei arrivato subito, quando giocavamo alle spie o agli infiltrati lei trovava nomi assurdi. Io le dicevo che era contorta, ma ti giuro ne trovava di veramente bizzarri”
Tutto ad un tratto Ben si rabbuiò e il sorriso si spense sul suo volto.
“Che hai ora Ben?” chiese con fare affettuoso Semir.
“Sapessi quante cose orribili le ho detto. Lei mi aveva dato tutte le indicazioni, tutti gli indizi…io non l’ho capito e con lei sono stato un’autentica carogna…Le ho persino urlato in faccia che l’avrei uccisa con le mie mani se solo ne avessi avuto la possibilità”
“Ben in quei momenti si fa fatica ad essere lucidi, se poi chi ti delude è la persona che più ami,  più grande è la delusione” cercò di consolarlo l’amico.
“Lo so, ma…” balbettò Ben, la voce si stava incrinando.
“Dai vedrai che tornerà come prima, vi chiarirete e tornerete a frequentarvi” disse Semir mettendogli una mano sulla spalla.
“Vorrei tanto che tu avessi ragione socio”
I due ispettori furono interrotti dal bussare della porta e nella stanza entrò il commissario Kruger.
“Salve Jager” salutò il commissario.
“Capo è un piacere vederla”
“Anche per me”
“Capo” intervenne Semir “Li avete presi tutti?”
“Ehi aspettate, tutti chi? Ragguagliatemi” chiese Ben.
“In parole povere” disse Semir “Alex lavorava sotto copertura. Anni fa Richard ha ucciso a sangue freddo suo marito, suo fratello acquisito e ha ferito gravemente Alex…fortunatamente l’ha creduta morta, altrimenti... Sta di fatto che un giorno il dottor Becker ha scoperto che all’interno del laboratorio brevetti c’erano giri strani e quindi Alex che lo conosceva dai tempi dell’università lo ha aiutato, scoprendo la vera identità del dottor Richard. Alex quindi ha informato i suoi vecchi capi di Berlino”
“Poi un giorno Richard è venuto a conoscenza della scoperta fatta da Hartmut e volle  impossessarsi della formula” continuò la Kruger “Becker li stava per denunciare e allora lo hanno ucciso, ma gli serviva Hartmut  e così lo hanno rapito”
“Già e io” disse Ben “Sono stato rapito perché Alex si è opposta alla mia eliminazione, adducendo come scusa che potevo servigli e di fatto è stato così”
“Comunque, se ti abbiamo, anzi vi abbiamo trovato è merito suo” proseguì Semir “Ha fatto recapitare una lettera a Suor Maria indirizzata a me, una lettera a una suora non avrebbe insospettito nessuno, ha rischiato molto, ma sappiamo entrambi il perché vero socio?”
“Già” disse un po’ sornione Ben.
“Comunque l’irruzione al castello di Neuss ha accontentato tutti, noi che vi abbiamo ritrovati sani e salvi” proseguì la Kruger “Quelli del nucleo antisofisticazioni di Colonia e la narcotici di Berlino … a proposito ci hanno fatto i complimenti e sperano che in futuro ci siano altre collaborazioni”
“No grazie, ne ho prese abbastanza” disse scherzando Ben.
“Un’ultima cosa poi vado” disse la Kruger “Hanno ripescato in fondo al lago il corpo di Richard”

Passarono diverse ore  era quasi sera Semir era andato a casa su insistenza di Ben, fra un po’, gli avevano assicurato i medici, sarebbe andato a trovare Alexandra.
Finalmente arrivò il momento tanto atteso e a Ben fu dato il permesso di poter andare da Alex.
Esitò qualche istante davanti alla porta chiusa, ma poi trasse un profondo respiro, bussò ed entrò.
Con Alexandra c’era un distinto signore in giacca e cravatta che, seduto nella sedia accanto, le teneva la mano.
“Ciao Ben” disse Alex  e facendo cenno con la mano che fino a un secondo prima era nella mano dell’uomo “Avvicinati”
“Torno dopo se vuoi” disse comprensivo.
“Me ne stavo andando ispettore Jager” disse l’uomo alzandosi.
“Qui tutti conoscono il mio nome, ma io non conosco il suo …” disse cortesemente Ben avvicinandosi.
“Sono il vice procuratore Christian Baumann  ed ero il capo dell’allora ispettore Mancini, ora vice commissario”  si presentò compiaciuto l’uomo.
“Piacere” disse Ben porgendogli la mano.
“Bene ora vado, devo tornare a Berlino” e poi rivolto a Alex disse “Pensa alla mia proposta” e uscì.

Ben si sedette sulla sedia.
Non sapeva da che parte cominciare, aveva perfino quasi paura a guardarla negl’occhi, quegl’ occhi blu profondo che lo avevano fatto innamorare per la prima volta tanti anni addietro.
Alexandra vide subito che Ben era decisamente a disagio e con fare dolce disse:
“Stai bene, Ben?”
Il ragazzo alzò gli occhi e i loro sguardi si incrociarono.
Disse la prima cosa che gli venne in mente.
“Ti devo delle scuse Alex, anzi ‘le’ devo delle scuse vice commissario Mancini…caspita suona molto bene…’tecnicamente’ sei un mio superiore” disse cercando di sdrammatizzare e di alleggerire l’atmosfera, ma dentro di lui si sentiva malissimo.
Alexandra abbozzò un sorriso.
“Scuse accettate ispettore capo Jager e comunque sono un suo superiore anche senza il ‘tecnicamente’” replicò Alex cercando di stare al gioco.
“Comunque…davvero Alex, non sto scherzando…io…mi dispiace…ti ho detto tante di quelle cattiverie. In questi giorni hai cercato di starmi vicino, di proteggermi, come quando eravamo bambini. Anche se eri più piccola di me eri una specie di mamma…te lo ricordi ” disse guardandola negli occhi.
“Certo come potrei dimenticarlo” rispose Alex, sempre con dolcezza.
“Scusami Alex, con le mie parole…ti ho ferito più che …” Il ragazzo non riuscì a completare la frase, cercava di reprimere le lacrime che minacciavano di bagnargli il volto, rendendosi conto che ultimamente gli capitava spesso, specie se in presenza di Alex e la ragazza se ne accorse.
“Non c’è niente di cui scusarsi, mi dispiace solo che tu abbia sofferto e non parlo solo fisicamente” le disse con affetto.
“Il passato è passato, giusto” disse Ben parafrasando una frase che gli aveva detto Alex in più di un’occasione.
“Già” rispose lei.
“Che farai ora?” chiese quasi sussurrando, aveva paura che quello potesse essere un nuovo addio.
“Beh per prima cosa appena mi dimetteranno andremo da Suor Maria e poi non lo so”
“Quel Baumann ti ha chiesto di tornare a Berlino vero? Si vede a distanza di chilometri che gli piaci” disse il giovane abbassando di nuovo  lo sguardo.
“Già e dopo la morte di mio marito … con tatto e discrezione certo, ha sempre sperato che … insomma ci siamo capiti” replicò la ragazza.
“Quindi tornerai a Berlino …” e dentro di lui Ben si sentì morire.
“Sei geloso …” domandò alzando un sopracciglio e sorridendogli.
“Chi io? No, perché dovrei esserlo? E’ un bell’uomo, alto, palestrato, elegante, magari pure intelligente…faresti carriera, ma anche senza di lui … comunque sul serio che pensi di fare” insisté  Ben.
“Non lo so, qui a Colonia mi trovo bene e ho ritrovato una persona speciale…sono felice di averti ritrovato”

Ben non ci pensò due volte, si alzò dalla sedia, si avvicinò e la baciò delicatamente sulle labbra.
“Anche tu mi sei mancata, ma ti ho ritrovata … e sì… sono geloso, perché in fondo sono sempre quel ragazzino di otto anni che voleva buttarsi nel Reno, ma che non lo ha fatto perché ha incontrato una persona speciale” disse perdendosi nel blu dei suoi occhi.
“Ricorda Ben, io sono speciale … perché lo sei anche tu, in fondo ci siamo salvati a vicenda, e se poi il destino ci ha separati,  quel destino ci ha riuniti”
“Ora devo andare i medici mi hanno concesso solo dieci minuti …” disse un po’ dispiaciuto Ben.
“Va bene, anche perché effettivamente ho bisogno di riposare”
“Torno domani se vuoi…” propose il giovane.
“Ci conto” rispose lei.
E i due si salutarono, non prima di essersi teneramente baciati.
“Ah Ben…” lo richiamò.
“Dimmi Alex” rispose il ragazzo voltandosi, la mano sulla maniglia della porta.
“Tuo padre è venuto a trovarmi…poco prima che entrasse Christian… tu stavi facendo dei controlli…”
“Ha avuto una bella faccia tosta” disse sarcastico Ben, abbassando lo sguardo, e di nuovo si sentì incapace di guardarla negli occhi.
Si sentì nuovamente in colpa, tremendamente in colpa.
Ma ancora una volta Alexandra spiazzò il giovane poliziotto.
“Non essere arrabbiato con lui, ti vuole bene, per lui sei molto importante, lo sei sempre stato. Non portagli rancore, in fondo lo ha fatto per proteggerti, il nostro è un mestiere pericoloso, lo sai tu, lo so io e purtroppo lo sa anche lui”
“Come fai Alex…ancora adesso…insomma, ti ha allontanato da coloro che ti volevano bene, da quelli che consideravi la tua famiglia…Suor Maria, i tuoi amici …ci ha separati…” Ben non sapeva che dire.
“Ben, guardami…” le disse e il giovane fece come le aveva detto. Davanti a lui brillavano gli occhi blu più belli che avesse mai visto.
“Ti ripeto, il passato è passato…e poi fui subito adottata da una stupenda famiglia, se non fossi stata trasferita…chissà…”
Ben abbozzò un sorriso amaro, poi uscì dalla stanza con il cuore che gli batteva furioso nel petto.
Si chiuse la porta dietro alle spalle, e istintivamente chiuse gli occhi, si sentiva fisicamente e moralmente distrutto.
Lo stress, la tensione nervosa accumulati nei giorni precedenti stavano lasciando il posto ad una sensazione di spossatezza e sfinimento.
Aveva molti pensieri per la testa, voleva che Alex uscisse presto dall’ospedale, voleva andare con lei da Suor Maria, voleva rivedere la sua famiglia “adottiva”, voleva essere amato e coccolato…essere accettato per quello che era.
Fece dei profondi respiri e quando pensò di aver ritrovato un minimo di lucidità riaprì gli occhi, trovandosi di fronte la figura paterna.
Ben ebbe un attimo di esitazione.
Per il suo stato d’animo la vista del padre fu il colpo di grazia.
Un turbinio di pensieri si impossessarono della sua mente, e non erano pensieri di pace.
Una parte di lui avrebbe voluto aggredirlo, seppur verbalmente.
Avrebbe voluto dirgli quanto lo aveva fatto soffrire, gli aveva portato via l’unica persona che, dopo la morte di sua madre, gli aveva ridato la voglia di vivere, avrebbe voluto dirgli che, se non fosse stata per Alexandra, forse lui adesso non avrebbe più un figlio.
Ma poi Ben si ricordò delle parole di Alex e una parte del suo cuore gli disse che forse era giunto il momento di sotterrare, magari definitivamente l’ascia di guerra.
Sapeva che il padre aveva fatto delle scelte che a lui sembravano ingiuste sia nei confronti suoi che di Alex, ma allo stesso tempo era consapevole che aveva agito così perché a modo suo gli voleva bene e voleva proteggerlo.
Padre e figlio si guardarono negl’occhi, rimanendo in silenzio per alcuni istanti.
“Ciao papà” riuscì poi a dire semplicemente il ragazzo.
Konrad Jager gli si avvicinò.
Non disse niente, ma Ben nei suoi occhi vide tanta tristezza.
Il giovane poliziotto si avvicinò ancora e lo abbracciò.
Konrad Jager stretto nell’abbraccio del figlio cominciò a piangere.
“Ben figlio mio…perdonami…”singhiozzò.
I due restarono così in silenzio alcuni minuti.
“Ti accompagno a casa, così saluto Helga… sarà preoccupata e sarà felice di rivedermi sano e salvo…” propose poi Ben.
“Certo… e resta con noi qualche giorno…” suggerì speranzoso il padre.
Ben avrebbe voluto dire di no, ma ripensandoci bene forse quello sarebbe stato il momento giusto per ricucire i rapporti perduti col padre.

FINE.

Epilogo, Note dell’autrice e Angolino musicale: Ben farà coppia con Alex? Non lo so, lascio a voi decidere, una cosa è certa: il primo amore, si dice, non si scorda mai…Ben e il padre faranno pace? Sì, perché l’ho in qualche modo promesso a Claddaghring8 e una promessa è una promessa…
Inoltre la storia presenta alcuni riferimenti a: La sposa (dialogo tra Ben e il padre) Progetto taurus (Ben viene ‘maltrattato’ nello stesso modo) La formula ( la formula stessa) Cuore rosso (per i personaggi di Richard e Alex e la scena della caserma) Ricordi di gioventù (la frase sul saper scegliere) Occhio per occhio (Ben scomparso/rapito e Semir che indaga da solo) L’assalto (Semir trova Ben dopo averlo creduto morto) Il bambino tra le stelle (Hartmut rapito e maltrattato) Festa di compleanno (la ginocchiata in faccia, la lotta tra Ben e Victor che finisce con Ben che lo fredda)…Bene direi che sono giunta ai ringraziamenti …In particolare a voi stupendi recensori: Furia, Claddaghring, MartiAntares, Tinta, Sophie e Chlo. Ringrazio coloro che hanno incluso la storia tra le preferite/ricordate. Saluto e ringrazio ancora una volta Liviana per i nostri consueti ‘fuori onda’ ed Elisa che mi ha fatto, in un certo senso, cambiare il finale.
Ovviamente non potevo dimenticarmi di TE cara “Socia” Maty, la mia Beta, preziosa consigliera, amica e tanto ancora che qui non sto a scrivere…dimenticherei per strada tutte le virgole…TVB.
Vi saluto e vi ringrazio ancora e vi lascio (momentaneamente…) con l’ultima canzone.
Bacioni e abbracci a tutti.
ChiaraBJ.
 
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=NdYWuo9OFAw
 
 Goo Goo Dolls ‘ Iris’


E ho rinunciato per sempre a toccarti perchè so che tu mi senti in qualche modo tu sei più vicina al paradiso di quel che io sia mai stato e non voglio andare a casa ora
e tutto quello che posso assaporare è questo momento e tutto ciò che posso respirare è la tua vita perchè presto o tardi è finita e io non voglio perderti questa notte
e io non voglio che il mondo mi veda perchè non penso che la gente capirebbe quando tutto è stato fatto per essere distrutto io voglio solo che tu sappia chi sono
e tu non puoi combattere le lacrime che non stanno per arrivare o il momento della verità nelle tue bugie quando tutto sembra come nei film si tu sanguini solo per capire che ancora sei vivo io voglio solo che tu sappia chi sono…



 
 
 

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