l'ombra del cambiamento.

di Sofia s writing
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Nota dell'autore:
Una storia che può risultare molto violenta agli occhi dei lettori facilmente impressionabili, prometto di avvisarvi di contenuti forti, (se ci saranno), a inizio capitolo.
Particolarità del capitolo: le frasi tra virgolette e scritte in corsivo sono dei pensieri. (
es. ''perchè...'')
Un grande abbraccio e grazie per aver letto.

Capitolo 1.
''Cambiare è naturale''  Questa frase continuava a rigirarsi tra i pensieri di Suzanne. ''Semplice, è semplice.'' un'altra pausa. ''Se non si cambia, non si sopravvive.''. La ragazza si sedette sul letto. Continuava a ripensare alle ultime parole di Mary. ''Naturale, è naturale.''. Buttò il suo corpo all'indietro. I tanti cuscini sparsi vicino al bordo di legno la salvarono da un grave trauma cranico. Si rigirò sulla pancia e soffocò un grido nella coperta. Stringeva forte nei pugni due lati del piumone e le dita erano ormai bianche sulle nocche. ''Naturale. Naturale!'' Riuscì a calmarsi e a ricominciare a respirare normalmente solo dopo qualche minuto. Si rigirò di nuovo e ricominciò a fissare il soffitto.
- James! - Questa volta l'urlo le uscì dalla gola perfetto, unico nel suo genere, veloce e acuto. La sua voce continuò a disperdersi tra le pareti del lungo corridoio per qualche secondo. Poi la porta si spalancò ferocemente e un giovane ragazzo fece la sua entrata nella stanza. - James.- ripete la ragazza squadrando l'amico pur continuando a rimanere sdraiata. James si avvicinò mentre quella si alzava. - Credevo volevi stare sola. - la voce del ragazzo risuonò dolce e tenera. Suzanne non esitò ad abbracciarlo - é naturale. Perchè è così naturale? - riuscì a pronunciare prima di scoppiare in singhiozzi. Sentiva il leggero ma deciso tocco di James sostenerla per la vita ad accarezzarle con cautela le scapole. Il ragazzo rimaneva in silenzio. Rimasero così, ad abbracciarsi immobili, finchè la ragazza non lasciò per prima cadere le braccia. James abbassò gli occhi su di lei. - Sfogati. Ti farà solo bene. - riuscì a pronunciare prima che Suzanne riprendesse a chiudersi nel suo mondo, lasciando tutto il resto fuori. La ragazza tornò a sdraiarsi sul letto a viso in giù. Pronunciò qualche parola attraverso il tessuto del cuscino color lavanda e anche se James non comprese tutto, sapeva bene che cosa voleva Suzanne. Si alzò, lasciando la porta dietro di lui aperta, sapendo che a breve, quando l'amica si sarebbe ripresa, sarebbe scesa giù in salotto. E non si sbagliava. James passò una ventina di minuti a leggere seduto sulla poltrona verde vicino al camino. Poi il leggero suono di passi riempì il silenzio. Il ragazzo non si volse subito verso le scale. Decise di aspettare finchè non avrebbe ritrovato la figura della ragazza seduta esitante davanti a lui ma questo non accadde. Suzanne entrò in cucina e guardò rapidamente l'orologio. Tornò da James in salotto con il viso rigato da lacrime cristalline che continuavano a scenderle lungo le guance. Non muoveva nessun muscolo del viso ma continuava lo stesso a piangere. In modo silenzioso, impercettibile, se non alla vista. 
- Prendi le chiavi della macchina. - disse con appena un filo di voce. Come quando si sussurra un segreto a qualcuno. Suzanne non lasciò a James il tempo di reagire alle sue parole. Cominciava già a risalire le scale quando si volto e pronunciò un'ultima frase: - Tra venti minuti. In garage. - e quando una come Suzanne, in piena crisi isterica, ti dice cosa fare, tu non esiti. Semplicemente lo fai. 
Appena entrata in camera sua cominciò a buttare all'aria tutto ciò che le capitava sotto mano. Continuava a guardare ovunque con un solo scopo.  Stava cercando un vecchio blocco degli appunti. D'un tratto lo vide sul comodino, vicino al letto. Si precipitò in quella direzione afferrandolo velocemente. Non ebbe bisogno nemmeno di leggere una parola da esso per rendersi conto che un giorno per il viaggio che voleva intraprendere non sarebbe bastato. Irruppe nella camera di James senza bussare mentre lui si stava mettendo una maglietta verde scuro. - Prepara la borsa. Ci vorranno forse 16, 18 giorni... prendi un po' di roba. - e detto questo, tornò di nuovo in camera sua. James si rassegnò all'idea che Suzanne stesse semplicemente avendo un attacco isterico  e preparò la borsa. 
Scendendo dopo poco in garage trovò l'amica in piedi davanti all'auto, i capelli neri raccolti in qualcosa di simile ad una coda di cavallo e gli occhi azzurri intenti ad osservarlo. Aveva in mano una cartina geografica degli Stati Uniti ripiegata più volte e ai piedi una grande borsa che di solito si usa per andare in palestra. La ragazza aspettava esigente mentre lui apriva il bagagliaio e metteva dentro prima la sua borsa, e poi quella dell'amica. Suzanne aspettò vicino a lui finche chiudesse il bagagliaio e poi si voltò di scatto. - Le chiavi. - disse mostrando la mano dal palmo aperto che aspettava di ricevere il controllo sulle loro vite. James soffocò un mezzo sorriso. - Vuoi scherzare spero. Non sei in grado di metterti alla guida. Io voglio ancora vivere. Ho un futuro davanti. Non te lo lascerò frantumare in un incidente. Guido io. - il suo tono andava via via abbassandosi. - Tanto non sai dove dobbiamo andare. - fù la risposta di Suzanne, probabilmente l'aveva preparata prima. - Già... forse è ora che me lo dici, così posso smetterla di preoccuparmi e possiamo partire. - La ragazza fece cenno di no con la testa. - Allora posso restare qui. - Continuò il ragazzo.
- Mi servi. Che ti piaccia o no, tu vieni con me. - l'amica si zitti. 
- Non sei in grado di metterti alla guida.- ripetè James esausto dalla discussione. 
Con un movimento agile della mano Suzanne s'impadronì delle chiavi. Si voltò un'ultima volta verso James, prima di salire in macchina. - Guardami. 
Probabilmente se non fossero saliti in macchina quel giorno, adesso non sarebbero come sono e le loro vite avrebbero preso strade diverse. Forse dopo la fine del college non si sarebbero più rivisti. Forse James avrebbe fatto l'avvocato e Suzanne sarebbe diventata giornalista. Ma ci salirono. E la misero in moto. E partirono. Loro cambiarono il loro destino, senza rendersene conto.
Decisero di cadere, dove potevano tranquillamente volare.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Seduta sul sedile del conducente con le mani fisse sul volante e lo sguardo perso davanti a se, Suzanne cercava di immaginare un modo per cominciare una conversazione sensata. I minuti passavano e loro rimaneva nel completo silenzio. Dopo poco la voce di James si fece strada nella mente dell'amica. - Ricapitolando, - cominciò. - Noi stiamo andando chissà dove a cercare chissà cosa per chissà quanto tempo.
- Non esattamente. - disse Suzanne. - Stiamo andando chissà dove a cercare chissà cosa solo per te. Io so già di cosa ho bisogno. E il tempo che ci vorrà lo sappiamo entrambi. Te lo ho detto prima.
- Con prima intendi quando sei entrata senza permesso nella mia stanza mentre... - ma la ragazza non gli lasciò finire la frase. 
- Mentre ti stavi vestendo. Sì. - Lei tirò un lungo sospiro e si girò per qualche istante verso James. I suoi occhi erano affaticati e tristi. Probabilmente avrebbe preferito restare in silenzio per il resto del viaggio ma lui non la lasciò in pace. Il suo sguardo continuava a cercare qualcosa all'interno di Suzanne che probabilmente nemmeno lei conosceva. Lui continuava a fissarla anche quando lei si girò di nuovo verso la strada.
- Prendi la cartina. A quanto pare ci tieni proprio tanto. - Si zitti mentre James prendeva il foglio ripiegato e lo apriva davanti a sè. 
- Dimmi.
Suzanne tirò un lungo sospiro e disse ,velocemente, tutto d'un fiato: - 500 km a est, 185 km a sud e 25 km verso ovest. 
- Non sono così bravo in geografia come credi tu. - James ripiegò la cartina con calma.
Suzanne sorrise per la prima volta in quella difficile giornata. - Allora lascia stare.
Anche se James non era riuscito a calcolare il punto d'arrivo previsto da Suzanne ma poteva intuirlo. Non gli piaceva, ma cominciava comunque a desiderare il contrario. Sapeva che Suzanne era troppo testarda per tornare in dietro, e che comunque era inutile anche la minima intenzione di volerle far cambiare idea.


Nota dell'autore:
Mi spiace per il fatto che il capitolo sia così corto. Prometto di allungare i prossimi.
Scusate.
Un abbraccio Winter.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Suzanne abbassò le palpebre sospirando. - Ti prego, dì qualcosa. - disse a James. Lui le rivolse uno sguardo veloce ma attento. - Comincia con l'aprire gli occhi. Stai guidando. - Fece pesare l'ultima parola come per far notare all'amica che lui continuava a disapprovarlo, ma la lasciava fare. 
Erano da poco entrati nel Deserto Black Road, sulla route 66, in Nevada. Suzanne aveva aperto i finestrini ed il classico rumore del vento contro i vetri dell'auto in moto non lasciava a James modo di pensare. Dopo una pausa finalmente si decise a rivolgersi all'amica. - Potresti chiudere per favore? - lei non lo sentì. - Suzanne. Suzanne! - James dovette alzare la voce per attirare l'attenzione della ragazza. Lei lo guardò velocemente e eseguì gli ordini. - Come credi che andrà a finire? - gli chiese. Lui ci pensò qualche secondo. - Cosa esattamente? - la sua voce era fredda. - Forse non sei bravo in geografia ma sai cosa voglio. Sai dove stiamo andando. - fece una pausa per lasciare a James il tempo di rifletterci ma dato che lui non rispondeva continuò. - Intendo... credi che andrà tutto come prima? Ci... - la sua voce tremava. - Ci vorrà rincontrare? - Lui si girò nella sua direzione. 
- Suzanne. - disse con tono calmo, quasi sussurrando. - Suzanne, lei può pure aver sbagliato ma a chi non succede? Lei ci vuole bene. Lei vuole bene a te. - si fermò cercando di leggere le emozioni sul viso della ragazza. - Lei ha deciso di andarsene, non sei tu che l'hai mandata via. - Lei ci riflettè per qualche secondo e il silenzio tornò a regnare nell'auto.
- Non l'o mandata via io, è vero ma forse... magari se n'è andata... - James non la lasciò finire. - Mary ti vuole bene. Te ne vuole veramente. Non è andata via per colpa tua. - Lui tornò a guardare la strada mentre lacrime cristalline scendevano lentamente lungo le guance di Suzanne. Non voleva far arrabbiare James ma sentiva che dovevano chiarire. - Io...- cercò di ricominciare ma la voce le si spezzò in gola. James non la guardò. - Smettila. Ti ho già detto tutto. - il suo tono non era più calmo. Era secco, pieno di amarezza. 
Le lacrime erano tante e non lasciavano vedere chiaramente la strada a Suzanne. La ragazza cominciò a rallentare fino a fermarsi.  Non lasciava il volante e continuava a fissare la strada vuota danti a sè. Valutò l'idea di scendere e fare una pausa, andare lontano e a piedi, ma non lo fece. Rimase seduta sul sedile, con le braccia rigide e le nocche bianche. James non disse nulla. Non la guardò nemmeno. Aprì la portiera e scese, seguito a breve dall'amica. Lui fece il giro della macchina un paio di volte, come una persona che sta perdendo la pazienza, che sta per scoppiare. Suzanne rimase in piedi davanti alla portiera per non lasciar salire James al volante, nel caso ci avrebbe provato.  Dopo l'enneisimo giro attorno al veicolo lui la guardò.  - Vogliamo rimanere qui a lungo? -chiese con tono secco. Suzanne non rispose. - Perchè ti sei fermata? - chiese di nuovo lui. - Mi sono lasciato trascinare qui con te, ho cercato di consolarti, di aiutarti di farti capire che io ci tengo. Ma tu non lo vedi... tu continui a pensare a lei. - ormai stava gridando. - Pensi a colei che ti ha lasciata sola più volte, a quella che non sà mostrare i propri sentimenti per paura di essere ferita. Facendo così soffrire gli altri. - Gli occhi azzurri di Suzanne erano puntati su di lui. Il suo sguardo era gelido, cercava di penetrare nell'anima e farlo smettere. Di parlare, muoversi, respirare. Sapeva che era sbagliato pensarci ma lo faceva comunque, non voleva urlare anche lei. 
James riprese il suo monologo. - Non fare la bambina stupida, Suzanne. Sali in macchina e torniamo a casa, guardiamo un film, ci riposiamo. Lei ritornerà. Lei torna sempre. Ti ferisce, scappa e torna cercando di farsi amare. E tu continui a darle possibilità su possibilità sperando che lei un giorno cambi e la smetta. - Adesso non urlava più. -Lei non cambierà.- sapeva che queste parole facevano male, che Suzanne si sarebbe arrabbiata, l'avrebbe ignorato ma credeva che fosse l'unico modo per farla ragionare. Ma non lo era. Lei era ancora ferma davanti alla portiera, con la schiena appoggiata all'auto e le braccia incrociate. I suoi occhi erano ancora piantati su James. Non sapeva che cosa dirgli, come comportarsi. Lui era sempre quello che l'aiutava, non quello che la pugnalava improvvisamente.  Decise di fare l'unica cosa che in quel momento si fece strada nella sua mente. L'unica cosa che probabilmente lo avrebbe fatto riflettere. Aprì la portiera del conducente e con le guance ancora rigate dalle lacrime si rivolse a James. 
- Sai cosa? - fece una pausa. I suoi occhi esprimevano odio e lui fece qualche passo nella sua direzione per abbracciarla e chiederle scusa. Ma prima che lui la raggiungesse lei finì la frase. - Vaffanculo. - chiuse la portiera dell'auto e mise in moto il motore. Senza voltarsi un'altra volta dalla parte di James schiacciò il pedale del gas e partì.
Lo lasciò in mezzo al nulla, nel deserto, a sette chilometri dalla tavola calda più vicina. Capiva che non doveva, che era sbagliato ma aveva bisogno di calmarsi, di respirare. Dopo dieci minuti di riflessione in solitudine in macchina fece inversione  e tornò da lui. Lui era nell'esatto punto dove l'aveva lasciato. Abbassò il finestrino e lo squadrò. - Sali nella fottuta macchina ma dì un'altra parola e giuro che ti lascio qua. - James obbedì. 
Il loro viaggio fino alla tavola calda si svolse in silenzio. James soffoccò il desiderio di chiederle scusa, ripromettendosi di farlo più tardi. Non poteva darle un'altra opportunità per lasciarlo nel deserto. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Dopo aver mangiato Suzanne uscì  per prima dalla tavola calda, lasciando a James la piena possibilità di pagare il conto. Appoggiandosi alla vetrata tolse l'elastico dai lunghi capelli neri e cominciò a cercare qualcosa nella borsa. Quando l'amico sbatte la porta d'uscita alle proprie spalle lei aveva una sigaretta tra le labbra che era appena riuscita ad accendere. James la guardò con il suo solito sguardo penetrante.
- Non hai il diritto di guardarmi così. Non ora. - disse la ragazza in tono freddo facendo uscire lentamente del fumo sul volto di lui. James sorrise, anche se non era affatto un sorriso sincero, ne tantomeno desiderato.
- Scusa. - cominciò con intonazione stanca. - solo non sapevo che tu fumassi. - ci fù un minuto di silenzio, probabilmente perchè Suzanne non riusciva a capire cosa gli avrebbe potuto dire.
Non era una cose cominciata da molto, ma non aveva voluto dirlo a James. Fino a mez'ora prima. Adesso non le importava più.
-Già. - disse infine. -nemmeno io.
La ragazza si avviò verso la macchina occupando per prima il posto del guidatore, non curante della sigaretta ancora accesa tra le dita. La portiera fù sbattuta con tale violenza che la macchina tremò leggermente. 
Suzanne evidentemente non era dell'umore. Per i primi 20 minuti del tragitto la tranquillità in auto era terribilmente agghiacciante. Non era il solito silenzio che dava possibilità di pensare, o quello comodo, che si formava di solito tra di loro. Piuttosto era quel tipo di silenzio che cercava a tutti i costi di bloccare qualunque senso del corpo ancora in funzione, quel silenzio per colpa del quale cominciava un forte mal di testa, insomma, quello molto sgradevole.
La prima a parlare fù Suzanne. - Tu non credi di dovermi delle scuse? - chiese con fare accusatorio e la testa alta, senza la minima intenzione di essere ferita nuovamente da James.
- Non credo. - rispose lui nel tono più calmo possibile. - Ti ho soltanto detto ciò che credo di questa situazione. - un'altra, lunga, pausa s'insediò tra i due corpi. - Puoi pure lasciarmi in mezzo alla strada, se lo credi opportuno. - concluse il ragazzo. Ebbene forse non era la cosa opportuna da dire. Non adesso, non a lei. 
Suzanno tirò un lungo sospiro forzando la presa sul volante. Era frustata, ma la sua voce ed il suo respiro erano calmi.
- Non credo che io ti lascerò per strada. - disse. - ma ritengo che ci siano modi più civili per dire la propria opinione, forse senza ferire nessuno.
James sorrise nuovamente. Era un sorriso tirato, stanco ed addolorato. Gli dispiaceva terribilmente per quello che era successo a Suzanne negli ultimi tre mesi. Se ne assumeva spesso ed inutilmente la colpa, senza un motivo preciso.

Nota dell'autore:
Lo so. La lunghezza del capitolo fa, a dir poco pena. Davvero molta, molta pena. 
Vi faccio una promessa che cercherò di mantenere.
(O almeno ci proverò.)
Il prossimo capitolo sarà più lungo di 100 righe. 
Tenete conto che questo ne è lungo 27.
Un grandissimissimissimo abbraccio.

 

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