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“La vita di un uomo dura solo una
generazione, ma il suo nome vive per sempre”
[Hagakure Kikigaki, il libro del
Samurai]
-Genji-
Anno 1159, Kyoto.
Minato non era che l’ultimogenito
di Minamoto-no-Yoshitomo.
Lui lo sapeva, non avrebbe mai
avuto gli stessi privilegi dei fratelli… Ma non sapeva che cosa gli riservava il
futuro. Anche se ultimo di nove figli, il minore, ma non certo il più debole.
Tuttavia, nella famiglia, c’era un fratello… Minamoto-no-Yoritomo... Era ancora
piccolo, però, quando tutto accadde… Poco meno di un anno, quando scoppiò la
ribellione di Heiji, ove il padre e due suoi fratelli più grandi persero la
vita. Il fratello Yoritomo, ormai erede designato del Clan, fu esiliato nella
provincia di Izu. Allora il piccolo Ushiwakamaru(questo il soprannome di Minato)
venne preso sotto la custodia di Fujiwara no Jiraiya, capo del clan Fujiwara, in
un tempio sul Monte Kurama.
“C'è un modo di educare i figli
dei samurai, come conviene alla loro classe. Per prima cosa bisogna insegnare
loro a essere coraggiosi fin da bambini. Non si deve impaurirli o dir loro delle
bugie neanche per scherzo. Se si diventa paurosi da piccoli, non si guarisce per
tutta la vita. [...] Se si rimproverano troppo duramente, i bambini finiscono
col diventare timidi. [...] I bambini debbono imparare gradualmente un buon
linguaggio e la cortesia, evitando l'avarizia e l'egoismo”
[Hagakure Kikigaki, il libro del
Samurai]
Minato aveva appena compiuto
quattordici anni. Era ancora giovane, certo, ma l’educazione di un samurai
comincia sin da giovanissimi. Jiraiya non sarebbe stato suo maestro e protettore
ancora a lungo, doveva imparare a difendersi da solo.
Jiraiya: -Non ti allontanare
troppo!-
Minato: -Certo, maestro!-
Questo era Minato che se ne
andava a esplorare il mondo ‘di fuori’. Fuori dal tempio, fuori dai cancelli di
legno che lo tenevano in disparte. Immerso nel verde della foresta, osservava
affascinato la natura rigogliosa. Nel fodero, una katana di legno.
Minato: -E’ come al tempio… Ma
senza il maestro!-
Corre libero, quando
all’improvviso, si ferma: una stradina, piuttosto diroccata, portava verso la
cima del Monte Kurama. Naturalmente, Ushiwakamaru non si tirò indietro,
specialmente dopo tutte le storie che gli aveva raccontato Jiraiya:
“Alla cima di questa montagna c’è
un vecchio tengu. Odia essere infastidito, ed è impressionante, dalle
gigantesche ali corvine e le zampe da rapace. Ha la forza di mille uomini e con
un battito d’ali può creare tempeste di vento. Stai attento, se lo vedi, a non
farlo arrabbiare”
Minato estrae la spada,
piantandola tra le rocce: si sarebbe servito di essa per aiutarsi a scalare la
montagna. La terra scivolava sotto le sue mani, così come le pietre cadevano
sotto il suo peso. Qualche ramoscello sbucava dalle rocce, offrendo un’ulteriore
punto di appoggio. Infatti, in qualche minuto, il giovane samurai arrivò in
cima.
Minato: -Chissà dov’è quel
vecchio tengu…-
???: -Dici a me?-
Minato si girò, la katana stretta
in pugno: un uomo dai capelli che sembravano più la criniera di un leone, neri,
proprio come le enormi ali aperte. Muscoloso, dal fisico statuario, aria di
superiorità: era il Re dei Tengu Sojobo. Al fianco, teneva un ventaglio con
sette grandi piume rosse e una katana… Non in legno. A confronto, il giovane si
sentiva come un bambino che reggeva un patetico fuscello.
Minato: -E’… E’ lei il Re? Sembra
così…-
Sojobo: -… Giovane?-
Minato: -Ecco… Sì-
Il Re scoppiò in una fragorosa e
bonaria risata.
Sojobo: -Tu conti troppo sulle
apparenze, ragazzo-
Concluse infine, prendendo una
scatolina legata al fodero della katana, estraendone un kiseru*. Lo accese e
cominciò a fumare.
Minato: -Ehemmm… Non… Non mi
ucciderà… Vero?-
Un’altra risata.
Sojobo: -No, ragazzo! Ma cosa ti
hanno raccontato sul mio conto?-
Minato: -Il mio maestro mi ha
detto che i Tengu mangiano le persone che si avvicinano troppo-
Sojobo: -Beh, ti ha detto bene.
La maggior parte dei tengu sono dei poco di buono, sai? Ha fatto bene. Io, in
qualità di re, non mi permetterei mai di far male ad un innocente o, comunque,
un mio suddito-
Minato: -Suddito?-
Sojobo: -Sì. Questo monte è il
mio regno. Comunque… Che ci fai con quel bastoncino?-
Disse il Re, guardando perplesso
la spada di legno.
Minato: -Me l’ha data il mio
maestro per difendermi-
Sojobo: -Ma sai come usarla,
eh?-
Minato: -Devo… Darla in testa ai
nemici?-
Sojobo: -No! Che vuoi che faccia
una botta sugli elmi d’acciaio? Ti insegnerò io come maneggiare una katana. Una
VERA katana-
Detto questo, Minato si trovò
all’improvviso in un luogo totalmente differente: sull’acqua al centro di un
lago circondato da ciliegi in fiore, ma il colore predominante… Era il celeste e
il blu zaffiro.
Sojobo: -Ora ti trovi in una
dimensione che esiste solo all’interno di me. Farò comparire per te degli
avversari-
Davanti al giovane samurai
comparvero quattro tengu piuttosto animaleschi, uccelli dal corpo umano.
Sojobo: -Non verrai ferito qui.
Estrai la tua katana dalla custodia-
Con grande sorpresa, una lucente
katana brillava nel fodero. La estrasse, pronto al combattimento.
Sojobo: -Busto diritto, sguardo
in avanti, non distrarti dal nemico. E soprattutto, non sottovalutarlo mai! Può
costarti la vita. Comunque, ora, concentrati e sgombra la mente da ogni
pensiero-
Minato obbedì.
Sojobo: -Ora… Combatti. Lascia
che sia l’avversario ad agire per primo-
Un tengu si mosse a spada tratta.
Ushiwakamaru si lanciò come un felino verso il nemico e lo trafisse. Sparì.
Sojobo: -Molto bene-
Continuarono a lungo, e come ci
era andato, Minato era uscito dalla dimensione parallela. Era sera, il maestro
Jiraiya doveva essere certamente preoccupato, non era certo il caso di farlo
attendere oltre.
Sojobo: -Puoi tenere la
katana-
Minato: -Davvero?!-
Sojobo: -Sì-
Minato: -Grazie! Grazie
Maestà!-
Sojobo: -Torna anche domani.
Continueremo l’addestramento. Aspetta, ti aiuto a scendere-
Il Re cinse un braccio attorno al
petto del Minamoto e volò giù, da dove il giovane aveva cominciato
l’arrampicata.
Sojobo: -Ora vai!-
Kiseru: E’ un’antica pipa
giapponese. Fabbricata in metallo e in bambù, si usava anche come arma.
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