Desperate souls

di Sakura Hikari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One last time ***
Capitolo 2: *** L'anniversario perfetto ***
Capitolo 3: *** Is it what they call the falling in love? ***
Capitolo 4: *** Come Regina superò la sua antipatia per Robin e bevvero insieme molte Burrobirre ***
Capitolo 5: *** Elettricità ***
Capitolo 6: *** La vera versione dei fatti ***
Capitolo 7: *** Alcool e tatuaggi ***
Capitolo 8: *** Ricordi di malefatte ***
Capitolo 9: *** Mai sottovalutarmi ***
Capitolo 10: *** I could have danced all night ***
Capitolo 11: *** Guarda alla realtà delle cose ***
Capitolo 12: *** Ritorno al passato ***
Capitolo 13: *** Fase successiva ***
Capitolo 14: *** Ossessione ***
Capitolo 15: *** Profumo di libertà ***
Capitolo 16: *** Scocciatori ***
Capitolo 17: *** Se gli sguardi potessero parlare ***
Capitolo 18: *** Un uomo in carne ed ossa ***
Capitolo 19: *** Neve ***
Capitolo 20: *** Gli anni migliori sono quelli che non abbiamo vissuto ***
Capitolo 21: *** It's all coming back to me ***
Capitolo 22: *** (Brave) men in thights ***
Capitolo 23: *** Ciò che avrebbe potuto essere ***



Capitolo 1
*** One last time ***


One last time
 

Prompt di CloudyCat95: Regina doveva vederlo. Doveva assolutamente vederlo (617 parole), scritta in occasione della Drabble Event su effebì.
 

Aveva preso la sua decisione, ed era quella giusta, si ripeteva: Marian aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lei fuori dai confini di Storybrooke, e Ronald aveva bisogno della presenza del padre tanto quanto quella della madre.
Eppure Regina non riusciva a dimenticare Robin: neanche l’operazione Mangusta, a cui Henry ed Emma si stavano impegnando anima e corpo nella sua riuscita, riusciva a tenerle la mente abbastanza impegnata. Sempre più spesso l’ex-sovrana si ritirava nella sua cripta a leggere polverosi tomi di magia fino alle prime luci dell’alba, alla ricerca di quel particolare incantesimo di dislocazione. Dopo innumerevoli ricerche ed altrettanti notti insonni finalmente lo trovò, scritto in un inchiostro sbiadito su una pergamena ingiallita dal tempo.
Le servirono tutta la sua concentrazione e tutte le sue capacità magiche affinché ci riuscisse: dopo alcuni tentativi falliti, finalmente le mura della cripta svanirono intorno a lei, e Regina vide apparire un viale alberato, con bambini che strillavano e correvano da tutte la parti e genitori al rimorchio, e venditori ambulanti agli angoli; doveva trattarsi di Central Park, pensò, ricordandosi di uno dei racconti di Emma del periodo che aveva trascorso a New York.  Regina sapeva di non trovarsi realmente lì e che quella non era altro che una semplice proiezione: ma se l’incantesimo aveva funzionato a dovere, quello era il posto in cui si trovava Robin in quel momento, e lei avrebbe avuto il tempo sufficiente per vederlo.
Non dovette cercare a lungo: vide Robin allontanarsi da un chiosco con un hot dog caldo in mano non troppo distante da dove si trovava lei. Robin alzò lo sguardo ed incontrò il suo, ed un’espressione di meraviglia si dipinse sul suo volto.
“Regina?”
Sentì un moto di nostalgia al suono della sua voce, e il suo cuore accelerò i battiti. “Sì.”, confermò lei, per poi aggiungere frettolosamente. “Non sono realmente qui. Quella che vedi è una proiezione, ma il mio vero corpo si trova giù nella mia cripta a Storybrooke. Sono riuscita a compiere un incantesimo per assicurarmi che steste bene.”, concluse con un sorriso.
“Non sei cambiata.”, commentò Robin ricambiando il sorriso, avvicinandosi.
“Ebbene, come vanno le cose a New York?”, cominciò Regina, sentendo una strana agitazione nascere in lei. “Spero che vi siate sistemati bene.”
“Oh, meglio di quanto avessi previsto”, rispose Robin. “Marian è innamorata persa della città, e anche Ronald è felice. Qualche volta mi chiede di te.”, aggiunse. “Vuole sapere quando potrà rivederti.”
Regina sentì salire un groppo alla gola, ma s’impose di non cedere. “Presto. Molto presto”, disse. “Digli che non mi sono dimenticata di lui e che mi manca.”
“Lo farò”, promise Robin. “E tu, come stai?”, continuò, osservandola attentamente. Era quello sguardo, capace di scavare a fondo nella sua anima, che  Regina temeva di più, perché era in grado di indovinare quali fossero i veri sentimenti che si celavano dietro la sua maschera.
“Bene. Che dire, vado avanti; raccolgo i pezzi”, disse Regina, tentando di mantenere il controllo della sua voce. Robin fece un movimento con la mano libera per prendere la sua, ma questa vi passò attraverso; tutto ciò che sentì Regina fu un curioso formicolio.
“Te l’ho già detto: non sono realmente qui”, disse, con un sorriso triste.
“Lo so”, disse Robin, tristemente. “Ti amo Regina.”
“Lo so. E sai cosa provo per te.”, disse, senza più curarsi di dissimulare l’emozione crescente nella sua voce.
Poi percepì una vibrazione e capì che il tempo era scaduto. Il volto di Robin svanì e Regina si ritrovò a fissare le nude pareti della sua cripta. Solo allora lasciò che le lacrime sgorgassero dai suoi occhi: avevo sperato che rivederlo avrebbe reso le cose più facili, e invece adesso sentiva una nuova tristezza stringerle il cuore.



I pensieri profondi di Sakura Hikari
Inauguro una nuova raccoltina di flash-fiction, di cui le prime tre sono nate sotto promptatura durante la Drabble Event sulla pagina di effebì.
Non posso pensare a questi due senza accompagnarli a tanto (troppo) angst. Spero davvero che nella 4B Regina ritrovi il suo vero amore, ormai gli autori dovrebbero essersi stufati di farla perseguitare dalla sfiga.
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Capitolo 2
*** L'anniversario perfetto ***


L’anniversario perfetto
 


Prompt di LittleRedBird: I Charmings ed i loro disastrosi anniversari di nozze (519 parole), again, scritta in occasione della Drabble Event.
 


“Quest’anno andrà diversamente, vedrai”, promise David.
Ma Mary Margareth ci credeva poco: dopotutto, in più di trent’anni di matrimonio non erano  ancora riusciti a festeggiare un anniversario come si deve. Certo, c’era da dire che la maggior parte di quel tempo l’avevano trascorso lontani l’uno dall’altro, entrambi vittima della maledizione della Regina Cattiva. Ma anche una volta che il sortilegio era stato spezzato, lei e David non avevano avuto un attimo di pace; l’unica, vera occasione che avevano avuto per festeggiare il loro anniversario di matrimonio era stato esattamente un anno prima quando si trovavano di nuovo nella Foresta Incantata, poco prima che la minaccia di Zelena incombesse su di loro.
Nonostante tutto, Mary Margareth conservava dei bei ricordi di quella serata; per questo motivo era determinata a rendere memorabile anche questo anniversario, ormai prossimo.
Erano giorni che andava alla ricerca di un regalo che avrebbe stupito David, ma era a corto di idee; allo stesso tempo, suo marito era stato molto vago sulla scelta del dono che le avrebbe fatto e del luogo in cui avrebbero festeggiato. Avevano entrambi concordato che organizzare qualcosa in casa era fuori discussione, con Emma e Henry e Killian e tutti gli amici che avrebbero potuto farsi vivi inaspettatamente.
“Per quel giorno non ci saremo per nessuno: se arriva un’altra strega malvagia che intende maledire la città, che se la sbrighino loro”, aveva detto David con un sorriso.
Quel giorno non tardò ad arrivare, e David le fece una sorpresa dietro l’altra, a cominciare dalla colazione a letto, proseguendo con un bellissimo bouquet di fiori e con un arco nuovo di zecca. Eppure, nonostante tutte quelle bellissime sorprese, Mary Margareth percepiva che c’era qualcosa che non andava; fu solo quando si trovarono a pranzare nel parco, non lontano dal ponte dei Troll, e lei gli diede il suo regalo, che capì di cosa si trattava: quelli non erano loro due. Non era da loro mangiare sandwich e scambiarsi dei doni come una qualunque coppia di ragazzini.
Proprio mentre giungeva a questa conclusione, squillò il telefono di David. Questi esitò, ma ad un cenno della moglie, rispose: “Emma?”
Rimase in ascolto, e Mary Margareth  vide il suo viso incupirsi, per poi chiudere la chiamata bruscamente. “Non oggi, te l’avevo detto, Emma.”, e riagganciò.
“Cos’è successo?”, chiese.
“Sembra che ci sia un’emergenza giù in città.”, rispose lui. “Nulla di cui dobbiamo preoccuparci.”
“Perché no? Io dico che dovremo andare a controllare.”, ribatté con decisione, e fece per alzarsi.
David la guardò confuso. “Credevo che avresti preferito restare qui. Non avevamo deciso che, indipendentemente da qualunque cosa fosse successa in città, noi ne saremo rimasti fuori?”
Mary Margareth scosse la testa. “David, diciamoci la verità: non siamo fatti per questo genere di cose. Ammetto che staccare qualche volta e concedersi un picnic al parco sia piacevole, ma noi siamo fatti per l’avventura. È così che ci siamo conosciuti, è così che abbiamo sempre vissuto: combattiamo contro orchi e streghe malvagie, ed è in questo che ci ritroviamo. Non sei d’accordo?”
E dal sorriso che le rivolse suo marito, capì che si trovavano sulla stessa lunghezza d’onda.

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Capitolo 3
*** Is it what they call the falling in love? ***


Is it what they call the falling in love?
 
 

Prompt di Donnie TZ: Rumplestilskin spia Belle mentre legge e capisce di esserne innamorato.
Parole: 521



Rumplestilskin chiuse gli occhi, assaporando la quiete che aleggiava nel suo castello ora che la ragazza si trovava nelle sue stanze a leggere.
Lasciarle libero accesso alla biblioteca era stata un'ottima scelta, e in questo modo avrebbe evitato di rispondere a tutte le migliaia di domande che la ragazza gli poneva ogni giorno. A Rumplestilskin non piaceva Belle: era impulsiva, invadente e troppo sentimentale: anche la sua scelta di sacrificarsi in modo da salvare la sua famiglia e il suo regno, lo interpretava come un gesto avventato più che come un atto coraggioso. Belle aveva detto che in questo modo avrebbe potuto conoscere il mondo e vivere emozionanti avventure come nei suoi libri preferiti. Beata ingenuità: eccezion fatta per quando Robin Hood si era intrufolato nel castello e di quando era stata rapita dalle Regine dell'Oscuritá, non c'erano avventure ad attenderla lì, solo stanze da spazzare e biancheria da lavare.
No, a Rumplestilskin non piaceva Belle. Eppure, doveva ammettere che (in casi molto rari, ovviamente) parlare con lei non gli era del tutto spiacevole: c'era qualcosa nel suo sguardo, una luce che non aveva mai incontrato negli occhi di nessun altro che aveva conosciuto nella sua lunga esistenza ad eccezione di Bae (e lui aveva ormai oltrepassato la soglia dei trecento anni) che riusciva a metterlo a suo agio e a parlare del suo passato con più facilità di quanto credesse. Anche quando le aveva aperto le porte della biblioteca Belle gli aveva rivolto quello stesso sguardo speciale, che in qualche modo riusciva a farlo sentire più un uomo e meno la bestia che era stato in tante decadi.
L'uomo allontanò quei pensieri dalla propria mente e, quasi d'istinto, si alzò e cominciò a passeggiare. Non avrebbe saputo dire se avesse agito coscientemente o se fosse stato tutto il frutto di un impulso irrazionale, fatto sta che si ritrovò davanti alla stanza di Belle, la cui porta era rimasta un poco aperta e lasciava intravedere uno stralcio dell'interno. Spinto dalla curiosità, Rumplestilskin sbirciò dentro, sebbene si rendesse conto di quanto ciò fosse totalmente irrazionale.
La luce che scendeva dalle finestre in alto illuminava la figura di Belle, che teneva lo sguardo sul libro che teneva in grembo, totalmente assorta nella lettura. Rumplestilskin osservò affascinato i riflessi prodotti dalla luce sui capelli di Belle, le sue sopracciglia leggermente inarcate, il profilo delle sue labbra carnose. Fu allora che percepì un curioso calore invadergli il petto e un acceleramento del suo battito cardiaco; contemporaneamente, la ragazza sollevò gli occhi dal libro ed incontrò i suoi: la sensazione di essere stato colto in flagrante unita allo sguardo limpido di lei lo bloccarono sul posto e per qualche istante non fu in grado di articolare un pensiero coerente che giustificasse la sua presenza lì.
“Mi dispiace di interromperti.”, disse infine. “Spero che vada tutto bene.”
“Assolutamente.”, confermò lei, le labbra stese in un sorriso. Rumplestilskin sostenne ancora per un poco il suo sguardo, indugiando sulle diverse sfumature dei suoi occhi verdi.
“Bene.”, concluse burbero e si congedò, quello strano calore che tardava ad estinguersi.
Non credeva che, dopo tanti anni, fosse ancora capace di amare.

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Capitolo 4
*** Come Regina superò la sua antipatia per Robin e bevvero insieme molte Burrobirre ***


Come Regina superò la sua antipatia per Robin e bevvero insieme molte Burrobirre
 

Prompt di Kuma Cla: Regina/Robin, Hogwarts!AU, passaggi segreti e Burrobirre.
Parole: 479
 

A Regina Robin non era mai piaciuto: lo trovava troppo nobile, tronfio e pieno di sé, con quel suo gruppo di amici sempre al seguito e qualche frivola, urlante ragazzina del primo anno che si emozionava per una semplice strizzatina d'occhio. A volte si chiedeva come fosse possibile che condividessero la stessa Casa, Grifondoro. In più, come se non fosse abbastanza fastidioso vederlo ogni giorno in Sala Comune, adesso doveva pure sopportarne la presenza durante gli allenamenti di Quidditch, ora che Robin si era mostrato un così valente Cercatore. Ciò non faceva che avvalorare l'ipotesi secondo cui Robin provasse un qualche piacere perverso nel tormentarla ovunque lei andasse - la prova, negli ultimi allenamenti le sue prestazioni erano state scadenti, e lei ci teneva al suo posto di Cacciatrice (si annotò mentalmente di chiedere a Sydney di spedirgli "accidentalmente" un Bolide contro al prossimo allenamento). Regina allontanò dalla mente quei pensieri e si affrettò a raggiungere il terzo piano, diretta alla statua della strega gobba che nascondeva un passaggio segreto, che collegava il castello a Mielandia - il che era un'ottima cosa quando aveva bisogno di una pausa dalla valanga di compiti che l'attendeva. Non scherzavano quando dicevano che il sesto anno era il peggiore. 
Regina era convinta di essere una delle poche, o quantomeno l'unica del suo anno, a conoscere l'ubicazione esatta di ben quattro passaggi segreti: fu quindi uno shock quando, svoltato l'angolo, vide Robin emergere dalla gobba della strega con le braccia cariche di dolciumi, Burrobirra ed altre leccornie: rimasero a fissarsi per alcuni lunghi, interminabili istanti, finché Regina parlò: "Non ti facevo così sveglio da conoscere l'esistenza di questo passaggio."
"Mi dispiace di dover deludere le tue aspettative, Mills", disse Robin con un ghigno. "Comunque, potrei dirti la stessa cosa. Da quanto tempo ne sei a conoscenza?"
"Dal quarto anno.", rispose fieramente Regina. 
Robin fece una smorfia. "Principiante. Io dal terzo."
Regina aggrottò le sopracciglia, stizzita, ma l'altro, non con qualche difficoltà, alzò appena un braccio: "Pace, Mills. Che ne dici di una Burrobirra? Ho preso un bel po' di riba per quei poveretti rimasti in sala Comune, ma condivido qualcosa con te volentieri."
Regina era ancora seccata, ma accettò comunque la bottiglia che le veniva offerta. Da quel momento in poi tutto si fece confuso: Robin voleva sapere esattamente come avesse scoperto il passaggio segreto, se ve ne fossero altri e come Regina se ne serviva, Regina diede mezze risposte mentre lo interrogava a sua volta; nel frattempo, la Burrobirra era finita e Regina se ne concesse una seconda, insieme ad una Cioccorana per poi aprire un pacco di Tuttiigusti+1 e fare a gara con Robin a trovare quelle dal gusto più strano. 
Fu quando Regina si ritrovò ad asciugarsi le lacrime dal gran ridere che si rese conto che forse, dopotutto, Robin Hood non era poi il ragazzino tronfio che aveva sempre creduto.




I pensieri profondi di Sakura Hikari
Ho scoperto che Regina e Robin funzionano mille volte meglio nelle AU. Adam & Edward, take notes.
Giusto qualche chiarimento: per motivi di trama Regina, Robin e Sydney sono tutti Grifondoro, sebbene per me Regina starebbe meravigliosamente in Corvonero e Sydney è un Tassorosso al 100%.



 

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Capitolo 5
*** Elettricità ***


Elettricità
 

Prompt di Gaia: "Nel frattempo ci divertiremo". Oh, sì, lo ha visto come si sono divertiti... pensa che ormai la voglia di uccidersi a vicenda sia sfociato in altro.
Parole: 280
 

“Nel frattempo, ci divertiremo.”, disse Rumplestilskin con un sorriso mellifluo. E Hook l’aveva visto, come si erano divertiti fino a quel momento. Quello che non lo divertiva affatto era sapere che il suo cuore si trovava tra le mani dell’Oscuro – letteralmente. Era una cosa che lo infastidiva infinitamente, ma il fastidio lo sentiva dopo, quando era lontano dalla presenza di Gold– in caso contrario, Gold si premurava di spazzare via qualunque emozione indesiderata.
Hook si chiese cos’altro lo avrebbe costretto a fare, dopo aver imprigionato lo Stregone in quel maledetto Cappello: probabilmente imprigionare anche chiunque fosse stato d’intralcio ai piani dell’Oscuro, sicuramente qualcosa che potesse ferire Emma. Ma adesso non poteva soffermarsi a pensarci più di tanto, perché Gold aveva invaso il suo spazio personale e aveva già messo a punto la sua particolare influenza – qualcosa che non aveva niente a che vedere con il controllo del suo cuore. Mentre le labbra di Gold catturavano le sue, Hook si chiese quando esattamente, nel corso della loro lunga conoscenza, la voglia di uccidersi a vicenda sia sfociato in altro; forse, si era trattato di una naturale conseguenza della loro reciproca ossessione per l’altro, e per quella strana carica elettrica che entrambi avevano riconosciuto esserci tra loro due.
Ci fu un breve intrecciarsi di lingue, di cui Hook fu più succube che partecipante.
“Ti fa comodo avermi ridotto in questo stato, non è vero, Coccodrillo?”, chiese, staccandosi. “D’altronde, non è così che ti tieni stretti i tuoi cari, riducendoli a marionette? Così come con la tua mogliettina.”
L’espressione di Gold si fece dura e lo spinse via in malo modo. “Va via, pirata. E non voglio sentirti pronunciare una parola contro Belle.”




I pensieri profondi di Sakura Hikari
Ebbene sì, tra le mie varie ship figura anche la Rumple/Hook. Evviva il multishipping.
Molti la schifano o non sanno proprio di cosa stia parlando, poi finalmente ho trovato qualcuno a cui la coppia non dispiace (God bless her).


 

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Capitolo 6
*** La vera versione dei fatti ***


La vera versione dei fatti
 

Prompt di Karla: Emma/Elsa. Elsa: "Cos'è questa cosa?". Emma: "Una televisione."
E fu così che Elsa vide in tv la sua controparte "animata" E si mise a commentare tutto il film.
Bonus: Emma canta " Let it go" tutte le volte che può perché ad Elsa quella canzone proprio non piace.

Parole: 436.
 

Vedere Elsa scoprire piano piano ogni aspetto della vita di Storybrooke mette Emma di buonumore. È con lei quando Elsa osserva i vari elettrodomestici in casa e chiede a cosa servano. 
Finché non finiscono davanti alla televisione. E Henry non si ricorda di aver già visto Elsa da qualche parte. Per la precisione, in un film.
Adesso Elsa è seduta sul divano, un'espressione profondamente scettica dipinta sul viso, mentre osserva le sue "avventure" in uno schermo a 12 pollici. 
"Ma no, non è andata così!", esclama per l'ennesima volta, osservando la scena dell'incontro con la sorella nel suo castello di ghiaccio. "Né io né Anna cantavamo in quel momento. Perché avremo dovuto, poi? Ero troppo spaventata di perdere il controllo e farle del male per mettermi a cantare. E poi, da dove è uscito quel pupazzo di neve di nome Olaf?"
"È un film per bambini, Elsa.", tenta di spiegarle pazientemente Emma. "È vero, si sono presi alcune libertà nel narrare la tua storia, ma ai bambini è piaciuto molto, sai? E anche a me.", conclude, stringendole la spalla in un gesto d'incoraggiamento.
Elsa sembra ancora poco convinta ma riesce ad abbozzare un sorriso, a cui Emma risponde con uno che viene dal profondo del cuore: perché in quel momento Elsa le ricorda una vecchia versione di sé stessa, la Emma dubbiosa e scettica che aveva appena scoperto che le favole erano reali e che lei stessa era la figlia di due dei personaggi più conosciuti delle fiabe. Certo, lei non era stata la protagonista di un film o di una fiaba, ma condivideva il sentimento. 
"Potevano però risparmiarsi le canzoni.", disse Elsa, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. "Voglio dire, chi mai canterebbe il giorno del l'incoronazione della propria sorella? E la canzone che mi hanno scritto è pessima."
"Ma come?", ride Emma. "È una delle migliori!"
"Ho conservato ogni bugia, per il mondo la colpa è solo mia?", cantò Elsa, esattamente come aveva fatto la sua controparte animata poco prima, ma priva della giusta carica emotiva. "Io non avrei mai detto una cosa del genere!"
"Che importa? È una canzone bellissima, e tanto basta.", Emma scrollò le spalle. "Così non va, non sentirò... un altro no... coraggio, canta anche tu!".
Elsa alzò gli occhi al cielo e non rispose. Ma qualche giorno dopo, sarà che avrà cambiato idea, sarà che Emma proprio non riesce ad accettare l’idea che proprio ad Elsa non piaccia la sua canzone e si esibisce in una sua versione personalizzata ogni volta che può, la regina di Arendelle si aggira per casa canticchiando a bocca chiusa una ben nota melodia.



 

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Capitolo 7
*** Alcool e tatuaggi ***


Alcool e tatuaggi
 

Prompt di Holly Master: Captain Charming. Si svegliano senza alcun ricordo della notte precedente ma con il nome dell'altro tatuato addosso...
Parole: 373
 

Hook stava vivendo la peggior post sbornia della sua vita: la testa gli faceva male da impazzire, aveva un saporaccio in bocca, un insistente prurito all’avambraccio destro e, quel che era peggio, non ricordava assolutamente niente della sera precedente. Ciliegina sulla torta, si era risvegliato stravaccato sul divano insieme a David in casa sua, e il principe in quel momento stava facendo mille domande insulse a cui Killian non aveva particolarmente voglia di rispondere.
Ad un certo punto David si sollevò le maniche della camicia e scoprì con orrore che una scritta in nero adornava la sua pelle bianca.
“Cos’è questa cosa che ho addosso?”, chiese David, scioccato.
“Mi sembra abbastanza ovvio, amico. Ti sei tatuato il mio nome sul braccio.”, rispose Hook scocciato, grattandosi l’avambraccio. Quel prurito non voleva andarsene.
Un orribile presentimento gli attraversò la mente, e sollevata la manica, scoprì un tatuaggio gemello nel proprio avambraccio recante il nome di David.
“Com’è potuto accadere?”, chiese David.
“Non ne ho idea.”, rispose Hook. “Ma è ovvio che questi tatuaggi sono stati realizzati con la magia. Lo sento nella mia pelle.” E Hook conosceva una sola persona abbastanza potente da svelare la natura di quei tatuaggi a Storybrooke. Neanche venti minuti dopo, si trovarono entrambi nel negozio del signor Gold, che li osservava tranquillamente da dietro il bancone.
“È vero, questi tatuaggi sono stati creati con la magia, una magia potente. E non c’è bisogno che vi affanniate a scovare il colpevole, sono stato io a farli.”, ammise con semplicità spiazzante.
“E per quale ragione, coccodrillo?”, chiese Hook, la voce simile ad un ringhio.
“Ma miei cari, siete stati voi ad insistere!”, fu la risposta di Gold, la cui bocca si allargò in un sorriso viscido davanti alle loro espressioni stupefatte. “Vi siete presentati ieri notte nel mio negozio e avete insistito per avere quei tatuaggi, e non avete voluto ascoltare le mie proteste.”, spiegò serafico. “Consiglierei di non alzare troppo il gomito, la prossima volta che uscite a bere.”
“Beh, non ci avete provato abbastanza.”, ribatté Hook, e David mise una mano sulla sua spalla per calmarlo.
“Potete togliergli?”, domandò.
“Certamente.”, rispose Gold, ed una luce maligna si accese nei suoi occhi. “Ma sappiate che ci sarà un prezzo da pagare.”



 
I pensieri profondi di Sakura Hikari
Eeeeh no, Gold non intendeva essere pagato in natura (come direbbe lui, "Sono lusingato, ma disinteressato").

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Capitolo 8
*** Ricordi di malefatte ***


Ricordi di malefatte
 

Prompt di Ilaria: Emma/August, “Davvero da piccolo sei scappato da un pescivendolo con la barba verde?”
Parole: 247
 

“Davvero da piccolo sei scappato da un pescivendolo con la barba verde?”, domandò scettica Emma, prendendo un sorso dalla sua birra.
“Non ci credi?”, chiese August in tono offeso, inarcando un sopracciglio.
“Insomma, devi ammettere che non sei esattamente il tipico esempio della sincerità.”, ribatté Emma. “Secondo me è una balla bella e buona.”
“E invece è andata proprio così. Ero rimasto senza un soldo, ed avevo adocchiato un paio di pesche dall’aria succulenta nel banco di un fruttivendolo. Che ne potevo sapere che il pescivendolo di fronte stava guardando?”, raccontò, scuotendo la testa. “Mi ha inseguito per cinque isolati prima che riuscissi a seminarlo. Ed aveva dei bei polmoni, per riuscire a correre ed insultarmi contemporaneamente.”
Emma non poté trattenere una risata immaginando la scena.
“Ridi pure, se vuoi.”, ribatté August, sorridendo suo malgrado. Poi si ricordò di un altro particolare. “Se non fossi stato sicuro di trovarmi sulla Terra, l’avrei scambiato per Mangiafuoco.”
Emma sgranò gli occhi. “Mangiafuoco aveva la barba verde?!”
“In realtà, l’aveva di diversi colori. Un dettaglio che le storie di solito non riportano.”
Seguì una breve, piacevole pausa di silenzio, in cui entrambi sorseggiarono la loro birra. Emma spostò il proprio corpo più vicino a quello di August, e lui si accomodò per farla stare più comoda. Le prese delicatamente la mano libera e con le dita tracciò invisibili ghirigori.
“E adesso, direi che è arrivato il tuo turno, Swan. Quale altra malefatta hai compiuto di cui non sono a conoscenza?”




 

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Capitolo 9
*** Mai sottovalutarmi ***


Mai sottovalutarmi
 

Prompt di Livia: Mulan/Aurora, i suoi occhi la seguono sempre
Parole: 489
 

“Ci siamo, stiamo per arrivare al limitare della Terra dei Morti. Stammi vicina, Aurora, mi raccomando.”, disse Mulan.
“Mulan, smettila di trattarmi come una ragazzina.”, ribatté Aurora, portandosi ciò nonostante al fianco dell’amica.
Mulan sapeva di essere stata terribilmente apprensiva durante tutto il loro viaggio, ma non poteva permettersi che ad Aurora capitasse qualcosa di nuovo: certo, c’era la promessa fatta a Filippo da mantenere, ma negli ultimi tempi si era resa conto che stare lontano per troppo tempo da Aurora la rendeva inquieta. E temeva ciò che le sarebbe potuto accadere se avesse distolto lo sguardo da lei anche solo per un secondo, ma per fortuna sembrava proprio che dopo l’avventura con Cora Aurora fosse diventata più attenta e guardinga.
Adesso erano arrivate alla tappa finale del loro viaggio, ed anche la più difficile.
“Hai ancora con te un oggetto appartenuto al principe?”, domandò Mulan. Aurora annuì, ed estrasse da sotto il mantello un anello, il pegno d’amore che Filippo le aveva lasciato prima di sparire.
Mulan prese delicatamente l’anello dalla mano di Aurora, estrasse la pergamena con l’incantesimo per riportare indietro i defunti, di cui erano entrate in possesso dopo una lunga e faticosa ricerca, e cominciò a recitare la formula.
Improvvisamente si levò un coro di grida acute, ed uno Spirito apparve dal buio, vorticando minacciosa sopra le loro teste.
“Il fuoco, presto!”, esclamò Aurora, mentre Mulan snudava la sua spada. “State dietro di me, Aurora!”
Con in mano la spada e nell’altra la torcia, Mulan si preparò per affrontare la creatura. Questa provò un paio di volte a buttarsi in picchiata prima che Mulan la respingesse, poi calò colpendola alle spalle e Mulan si sentì mancare il respiro e le ginocchia cedere. Aveva perso la presa su entrambe le armi e lo Spirito stava avanzando verso di lei, veloce ed inesorabile. Se solo fosse riuscita a trovare la torcia…
Un lampo di luce, un grido acuto e Mulan vide che Aurora aveva afferrato la torcia e la stava usando per allontanare l’Ombra, in un glorioso atto di coraggio.
“Indietro! Indietro!”, gridò Aurora, incalzandolo.
La creatura tentò lo stesso trucco di prima, ma sorprendentemente Aurora fu più svelta e riuscì a colpirla. Questa lanciò un ultimo grido di dolore, e sparì.
“Ecco cosa succede a sottovalutarmi.”, esclamò Aurora soddisfatta, e Mulan fu abbastanza sicura che la battuta fosse rivolta più a lei che alla creatura che aveva appena scacciato. Accettò grata la mano che lei le porse per rialzarsi. Mulan notò che il fuoco creava interessanti riflessi sui suoi lunghi capelli ramati ed illuminava il suo viso raggiante ed i suoi occhi sembravano due stelle. Non per la prima volta, Mulan pensò che fosse bellissima.
“Sei stata magnifica, strepitosa, una vera principessa guerriera.”, disse con calore.
Aurora diede una scrollata di spalle, come se non avesse fatto niente di speciale, ma Mulan leggeva nel suo sguardo il suo compiacimento e la gratitudine per le sue parole.




 

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Capitolo 10
*** I could have danced all night ***


I could have danced all night
 

Prompt di Jordan: Cruella/Isaac, Twenties!AU, Prohibition blues.
Parole: 417
 

New York era davvero come l’aveva immaginata: le luci, i rumori, gli schiamazzi, le feste,  la vita notturna. Era tutto ciò che Isaac avesse potuto desiderare, giovane scrittore appena arrivato nella City da una piccola cittadina di campagna.
E le feste! Una volta riuscito a trovare lavoro in una piccola casa editrice, non gli ci era voluto molto con il suo naturale carisma a trovare i contatti giusti che lo indirizzassero in casa della gente che contava.
E fu ad uno di questi party esclusivi che i suoi occhi si posarono per la prima volta su Ella De Ville. Fu colpito da subito dalla sua bellezza pura, naturale, dai suoi grandi occhi innocenti e dalla sua risata, una risata bellissima.
Quando però l’aveva indicata al suo compagno, chiedendo il suo nome, quello aveva fatto un’espressione strana. “Ah, vedo che hai notato la giovane Ella. Ti consiglio di non lasciarti abbindolare, quella donna potrebbe darti del filo da torcere. Non per nulla, è soprannominata Cruella De Vil.”
Isaac era rimasto sorpreso dalla risposta, ed assolutamente contrario a credere che quella creatura angelica fosse capace anche solo della metà delle cose che il suo accompagnatore gli stava raccontando ora che il nome di Ella era stato fatto.
Mentre nella sala si diffondevano le note di Prohibition Blues, Isaac prese il coraggio a due mani ed invitò Ella a ballare, e lei accettò prorompendo in una delle sue risate argentine.
Dopo il quarto ballo, parecchi cocktail e risatine, Isaac era convinto che tutti i pettegolezzi sul conto di Ella fossero solo il frutto dell’invidia della gente.
“Non mi avete ancora detto di cosa vi occupate.”, disse Ella.
“Lavoro in un’editoria in centro, ma il  mio sogno è diventare scrittore.”, rispose Isaac.
“Uno scrittore! Ne incontro così tanti, sono i miei preferiti.”, rise Ella. Ad un tratto la presa sulla spalla di Isaac si fece più forte e la sua voce, di solito così squillante, si abbassò di un paio di ottave. “Adesso dimmi, tesoro. Hai già tra le mani qualche storia interessante? Una notizia… scandalosa?”
E ci fu qualcosa nello sguardo di Ella, una luce minacciosa, quasi folle, ma durò il tempo di un respiro, ed Isaac non avrebbe saputo dire se l’avesse visto davvero o se si fosse trattato di uno scherzo della luce.
“Scusami.”, rise lei, scuotendo la testa. “Sono proprio terribile a volte, non credi? Vieni, andiamo a sederci.”
Ancora scosso, ma ben deciso a non lasciarla, Isaac si lasciò guidare verso un paio di poltroncine vacanti. 




 

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Capitolo 11
*** Guarda alla realtà delle cose ***


Guarda alla realtà delle cose

Prompt di Piccola Ebe: Emma/August, paura del fuoco
Parole: 480
 
“Si può sapere perché sei scappato a gambe levate invece di aiutarmi?”, chiese Emma, raggiungendo August là dove era seduto. “Io ed Henry abbiamo rischiato di restare bloccati in quella casa in fiamme.”
Questo lo sa, August. Ma non poteva farci niente: ancora adesso, a distanza di anni, e malgrado adesso sia una persona in carne ed ossa, il fuoco rappresenta per lui la paura più grande.
“Mi dispiace, Emma, non sai quanto. Ma non ho potuto farlo. Io…”, si interruppe, trasse un respiro profondo. “Io ho paura del fuoco.”, ammise infine.
“Oh”, fu il commento di Emma, un lampo di comprensione negli occhi ed un’espressione dispiaciuta dipinta sui suoi bei lineamenti. “Oh no, August, scusami tu. Se l’avessi saputo…”
“… Non mi avresti chiesto di aiutarti”, concluse August, con un piccolo sorriso. “Anche che, se ci avessi riflettuto un attimo, non ti sarebbe stato di difficile capire perché io tema così tanto il fuoco.”
Emma gli rivolse un’occhiata interrogativa, le sopracciglia aggrottate, finché non capì a cosa si riferisse. “Oh no, non di nuovo con questa storia!”, esclamò esasperata.
“Non è solo una storia, Emma.”, disse August, scuotendo la testa. Perché si rifiutava di credere, dopo tutto il tempo che aveva trascorso a Storybrooke? “È reale, è questo ciò che sono, o meglio, che ero. Anche se non sono più un burattino di legno, ho sempre paura di avvicinarmi troppo alle fiamme…”
Emma si alzò di scatto, allontanandosi da lui. “August, ascoltami bene, tu non sei Pinocchio. Tu sei uno scrittore, e questo è il mondo reale, non quello descritto nel libro di Henry.”, scandì, come se parlasse ad un bambino. “Perché non la piantate di credere alle sue favole?”, continuò, allontanandosi da lui.
“Emma!”, la chiamò August, ma lei era già seduta dentro il suo Maggiolino giallo e stava mettendo in moto. Mentre osservava la macchina allontanarsi, August scagliò  un pugno contro il tronco di un albero. Quella situazione era tutta colpa sua. Se all’epoca avesse scelto di stare accanto ad Emma, invece di seguire la strada dei divertimenti e delle tentazioni, adesso le cose sarebbero state ben diverse. Emma sarebbe stata diversa: non avrebbe avuto quella luce sospettosa negli occhi, quella tendenza a tenere a distanza le persone da lei, e quell’ostinata determinazione a non vedere le cose per ciò  che erano in realtà. Quella che aveva ritrovato era sì una donna forte e dal buon cuore, ma era anche una donna che aveva sofferto durante l’infanzia, che era cresciuta senza un posto nel mondo e senza una persona che le volesse veramente bene.
Era quello il posto in cui avrebbe dovuto essere, allora. E invece, ancora una volta aveva dimostrato che di Pinocchio non ci si poteva fidare, giacché preferisce ascoltare le voci persuasive della Volpe e del Gatto invece che i saggi consigli della Fata Turchina.
August sperava solo che non fosse tornato troppo tardi.

 

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Capitolo 12
*** Ritorno al passato ***


Ritorno al passato


Prompt di Jordan Hemingway: The Great Gatsby!AU, Cruella/Isaac, green light.
Parole: 359
 

Era una serata calda, l’aria piena del rumore dei grilli e dal frullio d’ali di qualche uccello notturno. La luna splendeva già alta nel cielo, ma Isaac era ben deciso a restare sveglio, in attesa di un segno da parte di lei.
Quando l’aveva rivista l’altra sera alla festa credeva di essere vittima di un’allucinazione: ma ad una seconda, più attenta occhiata si era reso conto che si trattava davvero di Cruella, un po’ cambiata nel corso degli anni ma ancora bella e dallo sguardo forte e determinato come la ricordava. Era riuscito ad avvicinarsi a lei, sebbene fossero circondati da almeno altri venti invitati, così che non gli fu concesso di dirle subito tutto ciò che quell’insperato incontro gli aveva provocato nel cuore, non senza creare freschi pettegolezzi per orecchie indiscrete che non aspettavano altro. Ma anche così gli era bastato appena uno sguardo, ed una frase: “Quegli orecchini verdi si sposano perfettamente con la sua carnagione.”, per mandarle un messaggio che, lo sapeva, lei non avrebbe avuto difficoltà ad interpretare. Verde, come la luce che la sera baluginava oltre la baia di New York, e Isaac capiva che lei era sola a casa ed era sicuro andare a trovarla.
Ecco cosa stava facendo Isaac in quel momento, seduto da solo sul suo molo privato scrutando la costa al di là della baia: attendeva con trepidazione l’accendersi quella luce verde, che avrebbe significato che tutto era stato perdonato, che il passato non era stato sepolto e dimenticato e che potevano ancora essere felici, nonostante tutto. E perché mai non avrebbero dovuto? Lui era diventato l’uomo più ricco ed influente di tutta New York, e si sarebbe preso cura di lei. Quanto al marito di lei, il signor Gold, non era mai stato un ostacolo alla loro relazione.
Sì, non c’era alcun motivo per cui ciò che era avvenuto in passato non potesse ripetersi anche nel presente.
E così Isaac attese, un’ora dopo l’altra, uniche sue compagne in quel silenzio la luna e qualche chiatta solitaria che scivolava silenziosa sull’acqua. Finalmente, quando ormai ad oriente si accendevano le prime luci dell’alba, una piccola luce verde brillò per qualche istante.

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Capitolo 13
*** Fase successiva ***


Fase successiva


Prompt di Karla: Fem! Hook x Charming, Azzurro ha sempre immaginato i pirati come rozzi e sporchi, senza arte e né parte. Ma quando incontra la bella Fem! Hook (a te la scelta nome) deve ricredersi, ed in meglio anche.
Parole: 280


“Ammettilo dai”, disse Kallen, dandogli un pugno giocoso sulla spalla.
“Okay, va bene. Mi sono divertito.”, ammise David, prendendo poi un sorso di birra.
“E…?”
“E i pirati non sono così male, lo ammetto.”
“E per quanto riguarda la mia igiene personale?”, e Kallen fece finta di annusarsi attorno, come alla ricerca di qualche olezzo nauseante. Per quel che lo riguardava, gli unici odori nel locale erano quello di birra e dell’arrosto di montone che stavano servendo.
“Non ho sentito odori sgradevoli, perciò direi che hai superato l’esame, mia signora.”
“Io non sono una signora, principino. Devo dimostrartelo ancora una volta?”, ribatté Kallen con finta aria feroce, portando la mano (l’unica che avesse) alla spada.
“Direi che la nostra prima volta è stata sufficiente”, rise David, ricordando le spade che cozzavano l’una contro l’altra in un vicolo stretto e maleodorante. Era davvero accaduto nella stessa giornata? Sembrava fossero passati secoli da quel momento.
Non credeva che sarebbe arrivato il giorno in cui avesse dovuto rimangiarsi amaramente tutti i suoi pregiudizi sui pirati. Ed era stata nientemeno che una donna a farlo ricredere. La stessa donna che adesso lo osservava con una strana luce negli occhi e un sorrisetto che non prometteva niente di buono. “Oh, amico, la nostra prima volta deve ancora arrivare.”, disse melliflua.
“Che… come hai detto, scusa?”, domandò stupidamente David.
“A meno che non sei impaziente di passare alla fase successiva.”, disse, e gli fece l’occhiolino. A quel punto David aveva capito esattamente di cosa la piratessa stesse parlando, ma a quanto pareva il suo cervello aveva scelto proprio quel momento per, come si diceva in gergo marinesco, “abbandonare la nave”.
“Cos’è? Sei rimasto senza parole, principino?”


 
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Capitolo 14
*** Ossessione ***


Ossessione


Prompt di Miss Loki_Riddle Gold: Hook/Fem! Rumple: Tutti considerano Milah, ma la verità è che a Hook piaceva un'altra donna.
Parole: 371


Tutti credevano che fosse stata Milah il grande amore della sua vita. Ma la verità era che Milah era stato solo un divertimento durato poche notti, e il rapimento era stato pressoché un capriccio. No, la donna che gli era rimasta impressa era la sua maestra di magia, colei che era conosciuta come la Dark One. Gli era apparsa una notte sulla sua nave, sbucata letteralmente fuori dal nulla, reclamando la propria alunna. “Io e lei abbiamo fatto un patto, mi appartiene. Forse avrà creduto di essere più furba di me e di potersi tirare indietro una volta terminate le lezioni. Ma si sbaglia di grosso: non sarà libera di andarsene finché non lo dico io.”, aveva dichiarato con la sua voce viscida, cantilenante.
Ne era scaturita una discussione, sfociata in una lite ed inevitabilmente si erano ritrovati a mettere mano alle spade. O meglio, Hook aveva messo mano alla spada: l’avversaria aveva ricorso ad uno sporco trucco magico per vincere. Così, quel giorno Hook aveva perso tre cose: la donna, la mano, che gli era stata tagliata all’altezza del polso, e l’orgoglio.
Da quel giorno non si era dato più pace, aveva navigato per i sette mari per ritrovarla. Era un chiodo fisso, un tarlo che lo rodeva di giorno, mentre governava la sua neve, e la notte, quando si rinchiudeva nella sua cabina con una bottiglia di rum. Gradualmente, non si trattò più di rivendicare Milah. Non si trattava più neanche della mano che aveva perso, sostituita da un uncino. Alla fine, non gli importava più di riconquistare il proprio onore. Tutto ciò che gli importava, ormai, era rivederla.
La notte cominciò ad essere tormentato dagli incubi: la sognava emergere da un fitto banco di nebbia, con quella sua risata squillante, quella sua cadenza particolare. Non stava mai ferma: ogni volta che Killian le si avvicinava lei sfuggiva, sparendo lontano e riapparendo alle sue spalle, per poi scomparire di nuovo.
Nei sogni chiamava il suo nome, lo sbeffeggiava. Di giorno, invece, era Hook a chiamare il nome di lei (quel nome, per cui aveva penato tanto per apprenderlo), a comandare affinché apparisse davanti a lui. Ma lei non appariva mai, quasi provasse piacere nel tormentarlo, e forse era davvero così.





 
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Capitolo 15
*** Profumo di libertà ***


Profumo di libertà


Prompt di Jordan Hemingway: Hook/Fem! Charming: La principessa aveva aspettato tutta la vita un pirata con cui ridere.
Parole: 286


Quella che stava respirando era il profumo della libertà, pensò Davi. Ora non era più una principessa costretta in abiti tutti fronzoli e volants, abituata a seguire le regole e promessa ad un principe che non conosceva e non amava solo perché suo padre così aveva deciso. Ora davanti a sé si delineava la vita che aveva sempre sognato: libera di essere sé stessa e fare quello che le pare.
“Allora, come le stanno i nuovo abiti, milady?”, domandò una voce alle sue spalle.
Killian Hook. La persona che doveva ringraziare. Certo, Davi non si sarebbe mai aspettata di dover ringraziare un pirata per averla aiutata a fuggire da quell’inferno che era la vita a corte. Sorrise e fece una piroetta su se stessa. “Sono un poco larghi, ma per il momento non mi lamento. Aspetterò finché non ci fermeremo al prossimo porto e allora mi procurerò degli abiti della mia taglia.”
“E per quanto riguarda il resto? Nessun ripensamento?”, continuò.
“Assolutamente no.”, disse Davi. “La vita di corte non faceva per me.”
Infatti, lei avrebbe dovuto essere altrove, insieme a sua madre in una piccola casetta al limitare del bosco… ma anche questa nuova vita non si prospettava male.
“Devo ammetterlo”, disse Hook. “Di tutte le principesse che avrei potuto rapire, tu sei senza dubbio quella più strana. E prepotente.”
Al che, Davi gli rifilò un pugno.
“E io devo dire che, di tutti i pirati, tu sei sicuramente quello più stupido.”, rispose lei.
“Almeno ho un ottimo senso dell’umorismo, no?”, le disse, facendole l’occhiolino.
“Questo è ancora da decidere.”, disse Davi, anche se entrambi sapevano che riusciva sempre a farla ridere. “Devi ancora raccontarmi le tue meravigliose avventure, Capitano, o te ne sei scordato?”



I pensieri profondi di Sakura Hikari
Ecco cosa succede quando si partecipa ad un drabble event con giornate a tema, l'argomento è il gender bender e ti ritrovi a lambiccarti il cervello per inventarti il nome femminile per uno dei personaggi (o per entrambi, a volte). E così, il nome di David è Davi, solo per questa occasione. Tentativo goffo e poco originale, lo ammetto.





 
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Capitolo 16
*** Scocciatori ***


Scocciatori


Prompt di Tamara: Hook/Charming. HP! AU, Hook è del parere che David, il prefetto di Grifondoro, ha veramente bisogno di farsi gli affari propri.
Parole: 505


Il vento gli fischiava nelle orecchie. Killian accelerò ancora di più sulla sua scopa nuova di zecca; sentì da sotto un coro di esclamazioni ammirate da parte dei suoi compagni e percepì un piacevole calore riscaldargli il petto. Gli era sempre piaciuto volare, e non si tirava mia indietro quando si trattava di dimostrare le proprie capacità. Scese in picchiata, veloce, sentendo appena il verso sgomento di alcuni dei suoi spettatori sopra il battito accelerato del suo cuore; con una sterzata, risalì appena in tempo prima di schiantarsi al suolo, e venne premiato con un fragoroso applauso.
“Jones, cosa stai facendo?”
Abbassò lo sguardo e vide David Nolan, il prefetto di Grifondoro, dirigersi verso il gruppetto. Proprio l’ultima persona che avrebbe voluto vedere.
Anche gli altri ragazzi si erano accorti della sua presenza, ed avevano cominciato ad agitarsi; un paio tra i più codardi sgattaiolarono via.
Killian sterzò ed atterrò dolcemente a pochi metri dall’altro ragazzo. “Nolan. Che sorpresa vederti qui, anche se non posso dire che sia piacevole.”, disse sarcastico.
L’altro adesso si trovava davanti a lui, le braccia incrociate sul petto ed un’espressione severa in viso. “Si può sapere cosa state combinando voialtri? Avete almeno il permesso di stare qui?”
“Si chiama divertimento, amico. Hai presente? Ah no, scusa”, disse Jones, facendo un gesto con la mano come se si fosse appena ricordato di un dato fondamentale. “Mi ero dimenticato che questa parola non fa parte del tuo vocabolario.”
“Spiritoso, Jones.”, ribatté David, le labbra tirate in una piega dritta. “Vediamo se invece è previsto questo nel tuo vocabolario: quindici punti in meno a Serpeverde.”
“Non credo che sia così semplice amico. Serpeverde, ricordi?”, ed indicò la propria spilla verde ed argento. “Quindi non puoi togliere punti proprio a nessuno.”
“Mi dispiace, ma io credo proprio di sì. Sono un prefetto, e dovreste darmi ascolto. A meno che non preferiate vedervela con il Direttore della vostra Casa.”, replicò.
Maledizione. E con questa Killian seppe che aveva vinto. Nel limite del possibile, voleva avere a che fare il meno possibile con Rumplestilskin. Quell’uomo lo odiava, Killian aveva raccolto prove a sufficienza negli anni per affermarlo.
Schiumante di rabbia, Killian immaginò come avrebbe reagito David se gli avesse tirato un pugno; oppure se avesse estratto la bacchetta – non aveva intenzione di fargli una fattura, voleva solo di intimorirlo un po’. Magari David avrebbe raccolto la sfida, chissà. Questo sarebbe stato interessante, vedere mister perfetto finalmente scattare. I due ragazzi continuarono a guardarsi in cagnesco, l’aria tesa come una corda di violino. Chissà come avrebbe reagito David se Killian gli si fosse fatto più vicino in quel momento. Chissà come avrebbe reagito se avesse catturato quelle sue labbra stupidamente piene ed invitanti
“Ehi, Jones! Hai intenzione di raggiungerci, o tu e Nolan avete intenzione di prendervi una camera?”, gridò Peter da qualche parte dietro di loro, riportando Killian al presente.
Jones si riscosse e formulò un’ultima frase prima di andarsene: “Non finisce qui, prefetto.”
“Tremo di paura.”, fu la risposta sarcastica che gli giunse alle spalle.






 
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Capitolo 17
*** Se gli sguardi potessero parlare ***


Se gli sguardi potessero parlare


Prompt di Miss Loki_Riddle Gold: Emma/August: Era dall'inizio del pranzo che si guardavano, ma Henry si trovava sempre fra i piedi.
Parole: 396


C’era sempre stato qualcosa di strano nell’aria quando lei ed August erano vicini. Non era disagio od imbarazzo, di questo Emma ne era assolutamente sicura. Era più una sorta di irritazione, di frustrazione perché entrambi volevano far valere il proprio punto di vista e l’altro si opponeva con altrettanta determinazione; inevitabilmente, le loro conversazioni terminavano con entrambi col fiato grosso dopo ave gridato per dei buoni cinque minuti e sguardi intensi, che mandavano scintille.
Ed Emma pensò che avrebbe dovuto ricordarsi di questo fatto quando Henry aveva invitato anche August a pranzo da Granny. Sosteneva che lui si sarebbe rivelato una risorsa preziosa per la buona riuscita dell’operazione Cobra, trovantesi attualmente ad un punto morto. L’idea di Henry era di aggiornare August sugli ultimi eventi, e di rivelargli quale identità avesse assunto nel mondo reale ogni personaggio del suo libro di favole che erano riusciti ad identificare – cosa su cui Emma era ancora piuttosto scettica, a volerla dire tutta.
Emma ricordava bene di come August avesse tentato di convincerla di essere il burattino protagonista di una ben nota favola. I due non avevano parlato da allora, e la tensione nell’aria era alle stelle. L’unico ad esserne all’oscuro era ovviamente Henry, il quale voltava entusiasticamente una pagina dopo l’altra parlando a raffica. “… E così abbiamo scoperto che Jefferson in realtà è il Cappellaio Matto.”, concluse Henry, mostrandogli la foto.
“E siete riusciti a scappare dalle sue grinfie? Ho sentito che negli ultimi tempi è completamente uscito di zucca.”, concordò August.
“Quindi tu lo sapevi? Ma non mi dire.”, disse Emma in tono più acido di quanto intendesse. “Un piccolo aiuto avrebbe potuto farci comodo.”
August spostò lo sguardo verso di lei. “L’avrei fatto, se mi avessi ascoltato sin dall’inizio invece di respingermi.”
Ah, era così?
“Non sono io quella che è apparsa dal nulla in sella ad una moto con quell’aria losca.”, ribatté, senza una ragione precisa.
“Mamma, avanti. Ora è dalla nostra parte, concentriamoci su questo, okay?”, disse Henry.
Il ragazzino non si era accorto della muta conversazione fatta di sguardi che stava avvenendo tra i due, questo era certo. O forse sarebbe stato meglio definirla una battaglia a chi avrebbe incenerito prima l’altro.
Non ti credo, e non mi fido di te, diceva quello di Emma.
E invece, nel profondo sai che è così, rispondeva quello August. E sei adorabile quando ti arrabbi, aggiungeva.





 
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Capitolo 18
*** Un uomo in carne ed ossa ***


Un uomo in carne ed ossa


Prompt di Miss Loki_Riddle Gold: Emma/August: Il burattino di legno torna umano con il bacio di vero amore.
Parole: 299


August!”, gridò Emma, raggiungendo il corpo di lui steso sul marciapiede e inginocchiandosi. “Oh, fa che non sia troppo tardi, fa che non sia troppo tardi…”
Gli occhi di lui erano chiusi. Ogni centimetro del suo corpo visibile da sotto i vestiti era diventato di legno. “No… ti prego August, rispondimi! Apri gli occhi!”
Ma August non reagì. Avvicinando il viso a quello di lui Emma si accorse che non respirava. Si era trasformato nuovamente in un burattino di legno, in questo mondo senza magia dove creature come lui non potevano esistere.
Emma sentì un groppo formarsi in gola e gli occhi pizzicare. Si morse il labbro, tentando disperatamente di ricacciare indietro le lacrime.
Non ce l’aveva fatta. August ormai non respirava più. Sentì una fitta al cuore, come se fosse stata trafitta da una freccia.
Accarezzò il suo volto: sembrava sereno, come se stesse dormendo. D’istinto, Emma si chinò e baciò quelle labbra di legno.
Una lacrima le sfuggì e cadde sul volto di lui… che lentamente stava acquisendo un colorito roseo. Emma batté le palpebre, incredula. “Non posso crederci.”, soffiò.
Eppure, quella che prima era una minuscola porzione di pelle si stava via via allargando sempre di più, a macchia d’olio; il legno scomparve, cedendo il posto a pelle umana. Un uomo vero, in carne ed ossa.
August batté le palpebre un paio di volte, e i suoi occhi azzurri incontrarono quelli castano di Emma. “Alla fine ce la hai fatta.”, sussurrò, con un sorriso.
Anche Emma si rese conto di stare sorridendo, un grande sorriso di folle felicità. “Credevo di averti perso.”, disse con voce rotta dall’emozione, prendendogli il viso tra le mani e baciandolo ancora.
“Mai. Io non ti lascerò mai.”, promise August contro le sue labbra. “E grazie per aver creduto in noi, Salvatrice.”





 
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Capitolo 19
*** Neve ***


Neve


Prompt di Miss Loki_Riddle Gold: Hook/Rumple: Hook era riuscito a prendere in pieno il suo Coccodrillo con una palla di neve.
Parole: 427


Era caduta la neve a Storybrooke. Hook non l’aveva mai vista. A Neverland il tempo era sospeso in un’unica, calda giornata d’estate, e non aveva mai fatto rotta per le coste della Foresta Incantata quando le giornate si facevano più buie e fredde. Era dunque una novità per lui, e doveva ammettere che non gli dispiaceva.
Aveva osservato da lontano i giochi dei bambini, di come si lanciavano palle di neve tra di loro e costruivano bizzarre figure mettendo insieme tre palle di neve una sopra l’altra. Per curiosità, decise di ricreare una di quelle figure a sua volta. Impiegò più tempo del previsto ad accumulare abbastanza neve per formare la base del pupazzo, considerato che doveva fare tutto con una mano sola; incontrò anche qualche problema nell’issare le tre palle di neve e tenerle unite, visto che, capricciosamente, scivolavano giù ogni volta. In qualche modo riuscì a terminare quella prima, faticosa fase. A quel punto pensò a come decorarlo. I bambini di prima avevano usato una carota per il naso e dei bottoni per occhi e bocca. Lui non ne aveva. Sentendosi ispirato, staccò l’uncino e lo mise al posto del naso; come occhi mise due monete d’oro e un rametto per la bocca. Infine, gli mise addosso la sua sciarpa, e si allontanò per ammirare il risultato. Era… strano, e decisamente non somigliante a quello degli altri bambini, ma Hook non poté reprimere un sorriso compiaciuto.
“Questo è il pupazzo più ridicolo che abbia mai visto in tutta la mia esistenza.”, disse una voce alle sue spalle.
Hook si voltò e vide Rumplestilskin in piedi a meno di tre metri da lui, un sorriso sprezzante sulle labbra. Percepì il familiare guizzo di odio nel petto ogni volta che lo vedeva, e rabbia per quello che aveva appena detto. Come si permetteva a dire una cosa del genere, proprio lui? Senza pensarci, Hook si abbassò, raccolse una palla di neve con la mano e la lanciò contro la sua faccia. Ebbe il sommo piacere di vederlo allargare gli occhi sorpresi dal suo gesto, dopodiché il suo viso e i suoi capelli erano tutti bianchi di neve, e per tutte le sirene se quella non era una bella visione! Hook 
“Questa è la faccia più brutta che io abbia visto in vita mia.”, rise.
Rumple si pulì il viso indignato, lanciando sguardi di fuoco nella sua reazione.
“Sei fortunato che sia giorno e ci siano delle persone in giro, pirata. La prossima volta faremo i conti.”, sibilò, per poi allontanarsi appoggiandosi al bastone.
Hook non vedeva l’ora.





 
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Capitolo 20
*** Gli anni migliori sono quelli che non abbiamo vissuto ***


Gli anni migliori sono quelli che non abbiamo vissuto



Prompt di Sonia: Rumbelle: Saremo sempre distanti, io Apollo, tu Dafne.
Parole: 558
Note: what if in cui Belle non ha perdonato Rumplestilskin e sta ancora con Will.
Scritta durante la Week Challenge Promot 20-27 Marzo.




Quante volte lui e Belle si erano separati nel corso degli anni, perché l’aveva voluto uno dei due o perché erano stati costretti da qualcuno o qualcosa più grande di loro?
Rumplestilskin ricordava perfettamente ogni singola volta, e conservava impresse nel cuore il dolore della prima volta nella Foresta Incantata, lo shock e la confusione della seconda volta al confine di Storybrooke, il senso di nostalgia la terza volta al molo e l’ultima, quando era prigioniero della Strega Malvagia dell’Ovest. Ma ad ogni separazione, prima o poi, era giunto un ricongiungimento, non importava quanto disperata o improbabile la situazione fosse: in un modo o nell’altro Belle trovava sempre il modo di tornare da lui, come benedizione piovuta dal Cielo con il favore degli Dèi; Belle, il suo raggio di sole nell’oceano di oscurità che era la sua esistenza. Non importava quanto difficile fosse sopportare la lontananza, riaverla al suo fianco dissipava in fretta tutta la solitudine accumulatasi durante la sua assenza.
Questa volta, però, Gold sapeva che gli sarebbe stata concessa nuovamente questa grazia: questa volta Belle se n’era andata per sempre e Rumplestilskin doveva vivere con la consapevolezza di essere stato egli stesso la causa della sua sofferenza; temeva il giorno che sarebbe arrivato in cui Belle non avrebbe sopportato più di restare al suo fianco a causa della sua natura, per qualcosa che avesse detto o fatto. Eppure aveva promesso a lei e a sé stesso che questa volta sarebbe stato diverso, che questa volta avrebbero fatto le cose per bene e che più niente avrebbe potuto ostacolare la loro felicità. Dopo Baelfire, Rumple non aveva intenzione di perdere più nessuno nella sua vita.
Ma il richiamo della magia del cappello era stata troppo forte: la possibilità di liberarsi dal controllo del pugnale era stata troppo allettante per poterla ignorare. Perché se c’era qualcosa che non sarebbe mai cambiato in Rumplestilskin era il suo bisogno di appoggiarsi al potere; perché esso era l’unica cosa che lo rendeva quello che era; perché senza di esso lui tornava ad essere un codardo, e nulla, né Baelfire né tantomeno Belle, sarebbero stati capaci di farlo desistere.
E per questa sua scelta aveva perso l’unica persona capace di tenerlo ancorato alla luce, questa volta irreparabilmente, e a Gold non restava altro che osservarla da lontano, mentre raccoglieva le redini della sua vita e ricominciava insieme ad un altro, e poteva solo sperare che quel ragazzo fosse capace di renderla felice, di esaudire i suoi desideri e costruire con lei quel futuro che Rumple aveva sognato tante volte di poterle offrire, ma che adesso restava solo un sogno mai realizzatosi.
Mentre da lontano osservava Belle chiudere la libreria con Will al suo fianco, ridendo per qualcosa che lui le aveva detto, Rumple rifletté su quell’antico detto che diceva che ciò che gli Dèi donano da una parte, dall’altra tolgono. Lui evidentemente era un uomo che aveva troppo ai Loro occhi, e così gli avevano posto la scelta: o il potere e l’amore. 
E per colpa della sua avidità, lui e Belle non avrebbero mai vissuto la vita che avevano progettato insieme; sarebbero rimasti separati, come Apollo e Dafne del mito, lui a struggersi silenziosamente per lei senza tuttavia costringerla a tornare sulla propria decisione, e lei che riaggiustava i frammenti del suo cuore spezzato e trovava la forza per andare avanti.



 

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Capitolo 21
*** It's all coming back to me ***


It’s all coming back to me



Prompt di Sonia: Once upon a time, 5 season: Emma ha paura di incontrare Neal e scoprire che è ancora innamorata di lui.
Parole: 680
Note: scritta durante la Week Challenge Promot 20-27 Marzo.




Emma emise un respiro profondo e compì il primo passo sul percorso d’acqua in direzione del traghetto in attesa. Un passo dopo l’altro, facile come camminare sull’asfalto, pensò, tentando di ignorare il battito martellante del cuore nel suo petto, il respiro irregolare ed il leggero tremito alle gambe. 
Lo stava facendo per davvero, stava andando dell’Aldilà a salvare Killian. Mai in vita sua aveva compiuto un gesto particolarmente forte, determinante nei confronti non solo di Hook, ma di tutti gli altri suoi ex ragazzi. Lei era sempre stata quella meno aperta ad effusioni sentimentali o gesti romantici, senza che ciò sminuisse in alcun modo i sentimenti che provava per l’altro. 
Proprio lei, che non riusciva neanche a raccogliere il coraggio necessario per guardare in faccia l’altra persona e dire quelle tre parole senza che si sentisse mancare la voce, adesso si stava imbarcando per un viaggio nel regno dei morti dal quale non sapeva neanche se ne sarebbero riemersi; non si era soffermata a pensare a conseguenze o a definire un dettagliato piano d’azione, aveva semplice seguito ciò che le diceva l’istinto.
Era forse il pensiero di quali pericoli l’attendevano in quel regno a farle battere il cuore così forte, si chiese mentre prendeva posto nel traghetto insieme agli altri, oppure il pensiero di chi avrebbe incontrato lì? 
Emma non si era mai spinta a tanto per nessuno dei suoi precedenti fidanzati, eppure si era detta che, se soltanto avesse saputo fosse possibile, avrebbe fatto la stessa cosa per ognuno di loro: avrebbe aiutato Graham, avrebbe salvato Neal.
Ripensare a Neal le procurò una stretta al petto ed un singhiozzò minacciò di sfuggirle dalla gola. Sebbene si dicesse che ormai era riuscita a superare il dolore della sua morte ed andare avanti con la sua vita, una parte di lei la rimproverava di non aver lottato di più per riportalo indietro, almeno per Henry, in modo che potesse crescere insieme a suo padre. Non aiutava neanche ripensare a quel periodo, a quanto si era sentita scossa nel riacquistare i suoi veri ricordi e dover conciliare ciò che credeva reale con ciò che era accaduto in realtà, alla minaccia di Zelena. Neal in quel momento era risultato, paradossalmente, uno dei pochi pilastri a cui appoggiarsi.
Perché allora non aveva cercato un modo per riportarlo indietro? La risposta (benché adesso suoni vuota e insignificante persino alle sue stesse orecchie) era che forse lei e Neal non erano destinati a stare insieme: dopotutto, ogni volta che si rincontravano qualcosa andava inevitabilmente storto: l’accusa di furto; il portale per un altro mondo; la maledizione di Pan. Forse era meglio così, era meglio saperlo andato per sempre, invece che saperlo vivo da qualche parte e sperare ancora nell’ennesima occasione per loro. 
Era meglio arrendersi all’inevitabile, seppellire i propri sentimenti ed andare avanti.
Eppure, a giudicare dalla stretta nervosa allo stomaco ed al suo cuore che non voleva saperne di rallentare il ritmo dei battiti, sembrava proprio che avesse fallito miseramente. 
Non voleva ammetterlo neanche a sé stessa, perché ammetterlo lo avrebbe reso reale e lei era fatta così, meglio ignorare qualsiasi cosa avesse a che fare coi sentimenti; ma una parte di lei aveva paura della possibilità di rivederlo, di rivedere il suo sorriso dolce e rassicurante e le piccole rughe che si formavano ai lati dei suoi occhi di un marrone caldo, e capire che era ancora innamorata di lui. 
Aveva paura che, una volta che lo avrebbe rivisto, sarebbe stata colta da una tempesta di emozioni: rimorso per ciò che poteva essere e non era stato; nostalgia per i momenti che avevano condiviso insieme; felicità per riaverlo di nuovo accanto a sé; ma soprattutto, soprattutto, quell’amore genuino, ingenuo ed incondizionato che si prova una volta sola quando si ha diciott’anni e che trova il modo di non svanire, ma di crescere nel tuo cuore in modi che non ti aspettavi.
Un’unica lacrima rotolò piano lungo la guancia di Emma, mentre realizzava che non aveva bisogno
di rivedere il padre di suo figlio per sapere se era ancora innamorata di lui.
Lo sapeva già.



 

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Capitolo 22
*** (Brave) men in thights ***


(Brave) men in thights




Prompt di Aris Parcker: Captain!Charming, men in thights.
Parole: 373
Note: è orribile, ma ho volute fare un tentativo perché il prompt era troppo carino. Anche questa è stata scritta in occasione della Week Challenge Promot. La canzone è una (molto) libera rielaborazione che c’entra poco con la versione originale. Qui il link del video che ispirò tutto: 
https://www.youtube.com/watch?v=Xwr-7nkTuX4.



 
L’outfit di Hook l’aveva sempre affascinato: dal lungo cappotto di pelle nera al gilet scarlatto agli stivali alti. Ma erano soprattutto i pantaloni di pelle ad aver suscitato maggiormente la curiosità di David: quando aveva espresso ad alta voce i suoi pensieri, tuttavia, era stato prontamente corretto da Hook: “Non dei semplici pantaloni, amico, ma una calzamaglia. Come dico sempre, un uomo la indossa almeno una volta nella sua vita, ma un vero uomo la indossa sempre”.
E forse era stato perché aveva calcato su quelle due parole, ‘vero uomo’, o forse perché il modo in cui Killian aveva fatto la proposta successiva era stato troppo seducente per poterlo ignorare, o forse perché una parte di lui voleva effettivamente scoprire cosa si provava ad indossarli, fatto sta che il principe Charming si ritrovò nella cabina personale del Capitano a bordo della Jolly Rogers con indosso un paio di quelle calzamaglie nere, ad osservare la propria immagine riflessa allo specchio.
“È… diverso da come me l’ero immaginato, ma non è una brutta sensazione”, commentò infine.
“Stretti, non è vero? A quelli ci si abitua col tempo”, concordò Hook. “Ora che ci penso… ricordo una vecchia canzone marinaresca su questo tema. Spugna!”, gridò, e pochi istanti dopo la faccia spaventata del marinaio si affacciò alla porta. “Sì, Capitano?”, domandò.
“Ricordi quella vecchia canzone sulle calzamaglie? Siamo uomini in calzamaglia…”
“…Ci aggiriamo in giro per mari in cerca di battaglie”, intonò un po’ stonato Spugna, il viso più rilassato
Siamo uomini in calzamaglia”, continuò il Capitano, passando un braccio attorno alle spalle di David e l’altro, quello con l’uncino, attorno a Spugna. “Rubiamo e saccheggiamo per poi riprendere la rotta per il largo!”
“Potremo anche assomigliare a principessine, ma se ce lo farai notare ti taglieremo la gola!”
“Siamo uomini in calzamaglia, sempre in cerca di oro e avventure!”
David non conosceva le parole, ma doveva ammettere che il motivetto della canzone era accattivante e si mise a fischiettare a tempo.
Fu così che Emma li trovò qualche minuto dopo, euforici e rossi in viso per le gran risate, e la Salvatrice decise che era un momento troppo divertente per non essere immortalato, e attenta a non farsi vedere scattò un paio di foto col cellulare. 



 

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Capitolo 23
*** Ciò che avrebbe potuto essere ***


Ciò che avrebbe potuto essere




Prompt di Aris Parcker: Ouat: Emma/Neal: Neal pov: le campane con l'Empire State Building e la neve finta gli fanno sempre venire in mente il primo natale con Emma.
Parole: 707




Neal stava tornando in fretta verso il suo appartamento, il cappuccio del piumino sollevato e le mani affondate nelle tasche. Mentalmente stava ripassando la lista di cose da fare e di regali da comprare per Natale; nonostante mancassero ancora più di due settimane, a Neal piaceva prepararsi con la largo anticipo in modo da evitare il caos che si sarebbe formato due giorni prima di Natale.
Immerso in quei pensieri, non si accorse immediatamente dove lo stavano portando le sue gambe finché non sollevò lo sguardo e se lo ritrovò davanti, il monumento più famoso di New York dopo la Statua della Libertà, ergersi in tutta la sua maestosità. Neal si fermò, piegando la testa all'indietro per avere una visione migliore dell'Empire State Building: vederlo circondato dalla neve che cadeva lentamente dal cielo gli procurava sempre una curiosa sensazione di pace e grandiosità, ed un pizzico di nostalgia.
Da qualche parte le campane di una chiesa vicina cominciarono a battere le ore. Sette colpi. Neal provò una curiosa sensazione di dejà vù, e spostando lo sguardo verso l'ingresso del palazzo sentì i ricordi riemergere potenti: era proprio in quel punto che aveva trascorso il suo primo Natale con Emma. Quel giorno le campane avevano suonato la mezzanotte, per le strade c'era più gente che si stava dirigendo a casa di amici oppure alla messa di mezzanotte, e lui ed Emma si erano fermati lì vicino dietro sua insistenza, perché "per consegnarti il mio regalo speciale, c'è bisogno di un regalo speciale".
"Lo spero bene, perché sto morendo di curiosità!", aveva riso Emma. Negli ultimi tre giorni aveva provato in tutti i modi di scoprire qualcosa sul regalo che le avrebbe fatto Neal, invano. Neal era stato bravissimo nel mantenerlo un segreto.
Finalmente, davanti all'entrata, Emma, con gli occhi che le brillavano, aveva ricevuto il suo regalo, una piccola scatolina avvolta in carta rossa. L'aveva agitata vicino all'orecchio tentando di capire cosa ci fosse dentro. "Cos'è, una collana? Un braccialetto?" E poi, con un sopracciglio inarcato. "Un anello?"
"Potresti semplicemente aprire e scoprirlo", l'aveva invitata Neal.
Emma aveva cominciato a strappare la carta, ma ad un tratto la sua espressione si era incupita e si era fermata. "Non lo hai rubato, vero?"
"Assolutamente no!" Neal aveva scosso la testa. "Ci eravamo promessi di contare sulle nostre sole forze per acquistare i regali, giusto?"
"Giusto", aveva concordato Emma, rilassandosi sensibilmente. "Era per esserne sicura. E poi, tu mi hai fatto la stessa domanda."
"Ti ho già chiesto scusa per quello", aveva protestato dolcemente Neal. "Ma non capita tutti i giorni di ricevere un piumino da Benetton."
"Però sembra che ti piaccia."
"Beh, è caldissimo", Neal aveva abbassato lo sguardo sul piumino blu che indossava ed aveva sostituito il vecchio giaccone grigio. "Forza, non morivi dalla voglia di sapere cos'era?"
Senza farselo ripetere due volte, Emma si era rimessa all'opera ed aveva aperto delicatamente il coperchio. "È una chiave", aveva detto, sollevandola alla luca con espressione interrogativa.
"La chiave di una casa.", era stata la conferma di Neal.
Emma aveva sgranato gli occhi, non appena comprese cosa il suo fidanzato le stava dicendo. "Intendi dire... Tallahassee?"
"Proprio così", aveva detto Neal, ormai incapace di trattenere oltre il sorriso. "Cioè, non è ancora pronta e dovremo metterci al lavoro per renderla abitabile secondo i nostri gusti, ma... possiamo trasferirci già il prossimo mese, se vogliamo."
Emma l'aveva travolto in un abbraccio ed affondato il viso nella sua spalla. Neal aveva ricambiato l'abbraccio con trasporto, ed in quel momento si era sentito connesso a quella donna in un modo che non gli era mai capitato con nessun'altra persona, né nella Foresta Incantata, né a Neverland, né lì sulla Terra. Le emozioni che Emma provava in quel momento - gioia, stupore, speranza per il futuro- erano le stesse che provava lui nel suo cuore.
Le loro bocche si erano cercate per un bacio pieno di amore, passione e promesse, di non lasciarsi mai, di non volere che quell'attimo magico volgesse al termine.
L'attimo, però, era passato, così come erano passati più di undici anni ed Emma non era più con lui.
Con un pesante sospiro, Neal si voltò e riprese la strada di casa, avvolto nel suo piumino blu vecchio di una decade.




 

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