L'incantatore

di MystOfTheStars
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Hyuu ^^/
Ciao a tutti.

...sì lo so che avevo detto che ho esami fino a luglio e invece eccomi qui che parto con questa nuova fiction a capitoli... (invece di continuare quella già in corso...)

Ma questa cosa richiedeva di essere scritta.. perchè manca ancora molto all'uscita del prossimo capitolo di Tsubasa e, anche se questo significa un po' riposo dalle assurdità ecc, per me significa ricominciare a pensare CON TERRORE a cosa potrebbere succedere alla fine della storia... soprattutto a Kurogane e Fay...
Eccomi quindi con una what IF...? che più IF non si può - speriamo che non accada nulla del genere - basata inoltre su un mio trip mentale... e cioè:
Sappiamo tutti la storia delle anime gemelle, no? Abbiamo visto che Touya e Yukito stanno assieme in tutte le dimensioni, Ashura e Yasha anche, Arashi e Sorata pure... ma.... Kurogane e Fay provengono da mondi diversi! Da qui, mi chedo se forse nel loro incontro non ci sia qualcosa di "sbagliato"... il Fay/Yuui che conosciamo noi è davvero quello destinato a Kurogane, e viceversa?

(Nota: cercherò di parlare il meno possibile di Sakura e Shaoran in questa fiction... non perchè li voglia ignorare, ma perchè con tutti i misteri irrisolti ancora in sospeso, non ho davvero la forza di pensare a qualche ipotesi assurda a loro proposito... non vogliatemene...)

Per la serie: come potrebbe andare a finire...? Myst&TrenItalia production presenta...






*…L’incantatore…*





La morte si impossessò di Yuui troppo velocemente perché lui potesse prendere coscienza di qualcosa di più delle tenebre che improvvisamente seguirono allo scoppio di luce dell’incantesimo.

Tuttavia, se avesse potuto provare qualcosa, sicuramente gli sarebbe dispiaciuto di essere costretto ad abbandonare quella vita che aveva imparato ad amare da così breve tempo… ma solo un poco. Dare quella vita per lui – che così tante volte gliel’aveva salvata – era l’unica scelta che poteva fare in quel momento. E l’aveva fatta… Fay sarebbe stato fiero di lui.


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Tomoyo passeggiava lungo il ponte di legno dipinto, nel giardino del suo palazzo a Nihon. La primavera aveva lasciato il posto all’inizio dell’estate, ma quel giorno l’afa era attenuata da una brezza gentile, che spandeva intorno il profumo dei fiori che coloravano le aiuole e incorniciavano i vialetti ghiaiosi.
La principessa osservò la sua immagine nell’acqua del laghetto: il cielo blu circondava il suo viso increspato da piccole onde, e pesci esotici e multicolori nuotavano fuori e dentro una piccola nuvola bianco latte.
Diversi metri dietro di lei, veniva Kurogane. Bardato della sua armatura e del suo mantello nero, il ninja non sembrava affatto risentire della temperatura. A dire il vero, da quando era tornato a Nihon dal suo viaggio nelle dimensioni, sembrava che nulla potesse toccarlo: non il freddo dell’inverno, non il calore del sole estivo, non le gemme primaverili ed i boccioli che nascevano in quel giardino… non le battaglie con i nemici, che un tempo lo animavano tanto, né il conforto delle persone intorno a lui.
Quel giorno, in quella dimensione lontana, qualcosa era andato male: la fatica, forse un guasto… il suo braccio meccanico non aveva risposto bene, e il ninja si era ritrovato inerme di fronte al nemico.
Yuui gli aveva fatto da scudo con il suo corpo, ma l’incantesimo era stato troppo potente per il suo sangue di vampiro, e il suo corpo senza vita era caduto a terra, sotto lo sguardo impotente di Kurogane.
Ciò che era successo dopo, non aveva importanza. Sembrava che per lui il tempo si fosse fermato in quell’istante.

Tomoyo riprese a camminare, diretta verso il padiglione centrale, per incontrare la sorella.
Nessuno avrebbe potuto restituire Yuui a Kurogane, nessuno. E purtroppo lui lo sapeva bene.


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I punti da discutere quel giorno erano un po’ noiosi, e nel padiglione chiuso l’aria era pesante e calda. Tomoyo si ravviò i capelli e agitò il suo ventaglio colorato.
“…infine, dobbiamo pensare a cominciare i preparativi per la festa di mezza estate.” Disse il segretario, un ometto anziano e minuto vestito di uno yukata chiaro.
“Avevamo già compilato una lista con gli artisti da mandare a chiamare, se non erro.” Commentò Amaterasu, con tono vagamente annoiato.
“A questo proposito, Imperatrice, mi è giunta voce che nel nord di Nihon è arrivata una compagnia da oltreoceano. Pare sia composta da artisti incredibilmente bravi, mia Signora… prestigiatori, acrobati… stanno spopolando, al nord.”
“Davvero? – fece Amaterasu, che sembrava voler tagliare corto – Beh, allora lascio a te il compito di decidere se si tratta di artisti validi, segretario. Se ritieni che lo siano, chiamali, e sarà bello vedere uno spettacolo nuovo a palazzo, quest’anno.”
L’omino capì che quello era un congedo, si inchinò rispettosamente e uscì dal padiglione.
“Hai già deciso che cosa suonerai la sera della festa, sorella?” chiese Tomoyo all’imperatrice.
Era ormai tradizione che Amaterasu, durante i festeggiamenti, si esibisse davanti al suo popolo con la sua arpa… la bellezza del suo suono era tale, che quello era uno dei momenti più attesi della festa.
“Quasi. Mi hanno scritto una nuova melodia, e sono impaziente di provarla.” Rispose lei alzandosi. Salutò la sorella ed uscì anche lei dal padiglione.
Tomoyo si alzò a sua volta. La festa di quell’anno sarebbe stata sontuosa come al solito, ricca di musiche, danze, spettacoli e banchetti. La parte che lei apprezzava di più, personalmente, era quella dei fuochi d’artificio… e poi, era anche vagamente curiosa di vedere cosa sapevano fare questi nuovi artisti su cui si era diffusa la voce.
Sperava vivamente che una serata di gioia e festeggiamenti avrebbe potuto donare un po’ di sollievo al cuore ferito del ninja.


>>> <<<

Kurogane osservava il tramonto mentre tornava a casa.
Uno stormo di corvi si era alzato in volo e le loro ali si agitavano contro la luce rossa del sole morente, mentre le prime stelle cominciavano a splendere nel cielo ancora azzurro.
Tornava a casa, come faceva sempre. Ma non che avesse molto senso tornare a casa, per lui.
Aveva voluto fare ritorno a Nihon, con tutto se stesso, l’aveva giurato a Tomoyo ed aveva mantenuto il giuramento.
Ma tornare a casa non l’aveva mai fatto sentire così vuoto.
A che serve guadagnare qualcosa e tentare di conservarla con tutta la nostra forza, se poi ci viene strappata senza che noi possiamo fare nulla?

Si chiuse la porta alle spalle, si tolse i pesanti stivali che portava e si slacciò il mantello. Prese a togliersi l’armatura, e imprecò quando quella ferraglia spigolosa si impigliò nella stoffa nera che portava legata al polso sinistro. Tenendo su alla bell’e meglio l’armatura, per evitare che strappasse il tessuto cadendo a terra, armeggiò con la mano destra per sciogliere il nodo – era molto stretto, d’altronde, non correva certo il pericolo di bloccare la circolazione del sangue nel braccio.
Non c’era luce, nella stanza – il sole era ormai tramontato – e Kurogane si affidò al tatto per districare lentamente la stoffa dalle maglie dell’armatura.
Questa cadde a terra, ignorata, mentre Kurogane stringeva tra le dita quell’insolito bracciale.
Avrebbe dovuto prepararsi il futon, a questo punto…
Avrebbe dovuto essere felice di essere a Nihon, di nuovo…
Invece, si portò al viso la benda di Yuui. Quella benda che si era legato al polso dopo aver detto addio al suo cadavere.
All’inizio, la stoffa aveva addirittura conservato l’odore dei suoi capelli. Adesso, era logora… ma ancora legata al suo braccio.
Un improvviso dolore alla bocca dello stomaco lo costrinse a sedersi sul pavimento.
Crollò, più che sedersi.
Lo spasmo lo lasciò senza fiato, mentre un brivido gli percorreva la schiena.
Tremava, e i singhiozzi gli uscivano a stento, mentre le lacrime gli rigavano le guance.

…non ho chiesto io di incontrarti. Stavo bene anche senza di te. Ma avresti dovuto rimanere, dannazione, invece di andartene!

Strinse i pugni, le unghie gli penetrarono nella carne del palmo. Sofferenza fisica… un conforto rispetto al mostro che gli stava strappando via l’anima a morsi.

Lo stupido mago camminava accanto a lui col suo solito incedere felino, a passi lunghi e leggeri. La nebbia li circondava e la piccola polpettina bianca si divertiva alle sue spalle… “Brr.. che paura!” squittiva, imitando la sua voce. Yuui si voltava, sul suo viso compariva un sorriso rassicurante, caldo “Non temere…ci sono io vicino a te!”

Ora che non ci sei più che cosa dovrei fare, eh?!? BRUTTO IDIOTA!!!

Non doveva prendersela con lui… ma… avrebbe tanto voluto avere di fronte un’orda di oni da sterminare. Ma anche una volta sfogatosi così… sarebbe ritornato a dormire in una stanza vuota.

In quella stanza di Nihon… non ci sarebbe più stato Yuui a regalargli un pugno di buon risveglio ed un sorriso di gratitudine.

Smettila di piangere, idiota… ma i singhiozzi continuavano a scuoterlo. Kurogane si prese la testa tra le mani, mentre la stoffa dei pantaloni si intrideva delle sue lacrime.



>>> <<<


“…puoi ripetere, per favore?” la principessa non era sicura di aver sentito bene.
Il segretario la guardò e celò a malapena un sospiro. “Stavo dicendo, mia signora, che mi sono informato su quella compagnia di artisti di cui vi avevo parlato in precedenza. Pare che il loro punto forte siano i gemelli Fluorite, una coppia di giovani prestigiatori straordinari che si esibiscono in numeri che lasciano gli spettatori strabiliati. Me ne hanno parlato con così tanto entusiasmo, che ho deciso di chiamarli… Mia signora, so bene che vostra sorella l’Imperatrice è poco interessata a questi dettagli organizzativi, ma noto che anche voi non vi state porgendo attenzione… comprendo di annoiarvi con questi discorsi, ma avevo ritenuto che fosse mio dovere informarvi della mia decisione a riguardo e dei motivi che…”
“Ma certo, hai fatto benissimo, come sempre – lo interruppe Tomoyo con un cenno brusco della mano – Ora ti prego di scusarmi.”
Il segretario, rassegnato, chinò il capo in segno di deferenza, mentre la principessa spariva per i corridoi del palazzo.

Tomoyo si allontanò in fretta, ma poi rallentò il passo, mentre raggiungeva le sue stanze. Anche i pensieri che le invadevano la testa cominciarono a prendere una forma meglio definita.
… i gemelli Fluorite… Fay D Fluorite…Yuui, anzi… il mago biondo per cui Kurogane aveva perduto il braccio e… per fortuna che Kurogane era di guardia all’esterno del palazzo, adesso, e non poteva vedere il turbamento sul suo viso.
…che fosse una coincidenza…? Ma no… lo sapeva, non esistono coincidenze, a questo mondo. Solo l’INEVITABILE.

Le ancelle le servirono un calice colmo di una bevanda fresca e la osservarono preoccupate: forse la signora stava male a causa del caldo?
Tomoyo tentò di spiegare loro che era tutto a posto, e le ancelle, un po’ incerte, la lasciarono sola. Era raro vedere la principessa Tomoyo così turbata.

Si era più volte chiesta se non fosse inevitabile che Yuui morisse. Beh, era successo, e nulla poteva portare indietro il tempo e farlo tornare in vita… ma…
Chissà, forse quel mago, dopotutto, non era la persona destinata a Kurogane. Forse.
Forse… forse c’era un altro Yuui, che Kurogane avrebbe potuto incontrare, in quel mondo.
Chissà, forse il Kurogane di Yuui era morto a Valeria, ucciso dall’Imperatore folle… o da Ashura-o, a Celes.
E forse, lo Yuui destinato a Kurogane non era mai stato così distante come l’altro, che veniva da un’altra dimensione… ma aveva vissuto da qualche parte in quel mondo, ed ora era arrivato nel loro regno.

Ah, se solo avesse posseduto ancora il potere di vedere nei sogni…certo, non si pentiva affatto di avervi rinunciato. Ma adesso era così confusa… Due gemelli con lo stesso nome…
Sapeva che le coincidenze non esistevano, ma… il fatto di aver perso i suoi poteri la rendeva incerta.
Mancava meno di un mese alla festa di mezza estate… e fino ad allora, fino a quando non avesse visto con i suoi occhi i due prestigiatori, non sarebbe stata sicura di nulla.
E non ne avrebbe fatto parola con Kurogane, naturalmente…
Perché turbarlo, farlo sperare, se poi si fosse rivelato un grande equivoco?


>>> <<<



Arrivò il tanto atteso giorno della festa.
Lanterne e festoni colorati erano appesi ovunque per le strade e sulle case, l’afa era terribile ma tutti guardavano con sollievo al cielo limpido e al sole accecante: un temporale avrebbe portato un po’ di fresco ma avrebbe rovinato i preparativi e reso impossibili i fuochi d’artificio!
A palazzo, i cuochi si affaccendavano nelle cucine, una serie di camerieri in livrea si rincorrevano nei corridoi portandosi appresso scale, chiodi e attrezzi vari, le ancelle correvano fuori e dentro gli appartamenti reali portando gioielli e nastri e tutti gli animi erano pervasi da un’allegra laboriosità.
Tomoyo trattenne un sospiro, mentre osservava come le venivano acconciati i capelli. Si sentiva impaziente, ma non poteva certo darlo a vedere. Avrebbe tanto voluto poter incontrare gli artisti appena arrivati… ma non ce n’era stato il tempo. E poi, una principessa che andava a incontrare degli artisti itineranti…?
Respirò profondamente. Perdere i suoi poteri sembrava averle fatto perdere anche la sua capacità di autocontrollo.

Il banchetto si dipanò lungo la serata afosa – le portate venivano servite con una lentezza estenuante, e Tomoyo mangiava automaticamente, lo stomaco stretto dall’ansia.
La sala si fece silenziosa, mentre Amaterasu pizzicava le corde della sua arpa… ma nemmeno quelle melodie bellissime riuscirono a distrarla.
Gettava delle occhiate furtive a Kurogane, ogni tanto, ma il ninja si comportava come al solito. Al suo fianco, i suoi occhi scarlatti sondavano incessantemente la sala, tutti i suoi sensi tesi a catturare anche il minimo segnale di pericolo per l’incolumità della principessa.
Alla fine, venne il momento dello spettacolo. La sala venne sgombrata dai tavoli per fare spazio, e le persona si schierarono contro le pareti, curiose di assistervi.
Tomoyo era seduta sul suo scranno accanto a quello di Amaterasu; ai loro fianchi, entrambi vestititi di nero, stavano silenziosi Kurogane e Souma.
Il portone d’ingresso era spalancato, e da lì fece il suo ingresso un gruppo di giocolieri vestiti di colori sgargianti…
Tomoyo seguì con il cuore in gola le evoluzioni degli acrobati - non solo per il fatto di vederli eseguire numeri così difficili e potenzialmente pericolosi, ma soprattutto perché sapeva che, presto o tardi, sarebbero comparsi loro.
Ritrovò un po’ di serenità con l’incredibile esibizione di una bella ragazza che indossava una veste rosso fuoco... agitava degli enormi ventagli decorati con lingue di fuoco, da cui sprigionavano scintillanti miriadi di fiammelle. Una arrivò a posarsi sul suo kimono, ma la principessa constatò deliziata che non bruciava affatto.
Alla fine del numero, la ragazza fece esplodere il piccolo sole che aveva creato tra le mani, e scomparve in una nuvola di fumo profumato.
Il fumo azzurrino andò svanendo, e pian piano al centro della sala comparvero due figure.
Erano vestiti di seta viola scuro, un tessuto così brillante che il fuoco delle lanterne disegnava ricami cangianti sulle pieghe dei pantaloni e delle casacche dalle ampie maniche. I giovani si tenevano per mano, i capelli biondi sparsi sulle spalle, i loro occhi che scrutavano la folla… due gemelli identici.
I loro sguardi si incrociarono per un attimo, poi con le mani libere tracciarono velocemente un cerchio di luce attorno ai loro corpi.
Il cuore di Tomoyo saltò diversi battiti, ed immediatamente si voltò verso Kurogane. Il ninja era impietrito al suo posto, le pupille dilatate e il respiro accelerato. Accanto a lei, Amaterasu le diede un colpetto quanto più possibile discreto sul braccio… Tomoyo si ricompose immediatamente, ma impiegò un poco prima di riuscire a prestare davvero attenzioni all’esibizione dei gemelli… sentiva la folla scrosciare di applausi, e vedeva luci vorticanti sfiorare l’alto soffitto della sala.
I due tenevano in piedi un perfetto gioco di squadra: i loro incantesimi venivano generati insieme e in perfetta coordinazione.
Ad un tratto, dalle mani di uno di loro scaturì un denso fumo violaceo, che andò piano piano condensandosi in quello che alla fine divenne un uccello dal piumaggio rosso e blu. Aveva una lunga coda screziata ed una cresta di piume gli ornava il capo. Con il becco ricurvo posò un piccolo bacio sul naso del giovane che lo aveva creato, e poi planò graziosamente fino a posarsi sulla spalla dell’altro, che con un cenno del braccio lo incitò a volare in alto.
L’animale volteggiò fino al soffitto della sala, mentre i volti del pubblico lo seguivano estasiati, trattenendo il fiato… improvvisamente, spalancò le ali e sembrò ingrandirsi a dismisura… ali di fiamme fredde, trasparenti come il ghiaccio… e si gettò in picchiata verso gli scranni dell’imperatrice e della principessa.
Immediatamente, Kurogane fu di fronte a loro, la lama della Ginryu sguainata a proteggerle dall’incantesimo.
Un secondo dopo, l’uccello magico si arrestò improvvisamente di fronte alla spada: era tornato alle dimensioni normali, e sbatteva pigramente le ali mentre i suoi occhi neri osservavano curiosi l’acciaio.
“Kurogane, che ti salta in mente?” esclamò Tomoyo.
Ma il ninja non rinfoderò la lama. Tutto all’improvviso, nella sala era calato un silenzio teso.
A quel punto, il giovane dalle cui mani era scaturita la creatura alata fece alcuni passi in avanti.
“Sono estremamente rammaricato, vostre Maestà. – disse inchinandosi profondamente, mentre la sua voce rimbombava nella sala; una voce uguale a quella di Yuui… o di Fay, forse… - Non era mia intenzione minacciarvi… era solo un innocuo incantesimo.” Si giustificò rialzandosi.
Dall’altezza dello scranno, Kurogane fissò diritto in volto il mago. I suoi occhi blu ricambiarono lo sguardo, interrogativi, ma poi un sorriso scherzoso gli illuminò il volto.
Mosse piano le mani, e l’uccello si posò sulla lama della spada, ancora brandita. Osservò diritto negli occhi il ninja, e poi gli beccò dolcemente il naso. Kurogane inconsciamente agitò una mano per scacciare l’animale, che volò via in un frullo d’ali, tornando velocemente dal suo padrone.
Il ragazzo rise, e la bestia magica scomparve in una piccola esplosione.
Gli spettatori tornarono ad applaudire, divertiti, mentre i due prestigiatori si inchinavano di fronte alle loro maestà.
Kurogane tornò lentamente al proprio posto, senza smettere di fissare il giovane che aveva parlato. Quando questo si rialzò dopo l’inchino, i loro sguardi si incrociarono e il mago gli rivolse di nuovo un grande sorriso divertito.



To be continued...


Grazie per aver letto fin qui...

Commentate anche solo per dirmi che mi uccidereste per aver osato immaginare un tale scenario...

Ringrazio MUCHISSIMO Adrienne che si adoperata come beta anche stavolta, e SteelRose Alchemist caVa che al solito si è sorbita le mie allucinazioni mentali...

*fugge ad autopunirsi per la cosa che ha scritto*

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Salve ^__^
Rieccomi... e inizio ringraziando di cuore - ma di cuore davvero - tutti quelli che hanno commentato il primo capitolo di questa fiction... sia qui che sul LJ... grazie davvero!!
Vi lascio alla storia, comunque..



*...L'incantatore...*


Capitolo II




Kurogane aspettava vicino all’ingresso delle stanze della principessa. L’alba non era sorta da molto, e corridoi del palazzo erano silenziosi.
La luce del sole si faceva pian piano strada attraverso le finestre, colorando di un rosa tenue le pareti bianche. Era un’alba limpida, serena, con il sole che si alzava piano dalle colline boscose intorno al castello. Uno spettacolo che avrebbe rasserenato qualsiasi animo tormentato dal nero della notte.
Ma Kurogane aveva vegliato, nel suo turno di guardia, e le tenebre non erano qualcosa che potesse spaventarlo… erano un nemico da controllare e tenere a bada.
I suoi occhi fissi sul buio, i suoi sensi pronti a percepire il minimo rumore nell’oscurità lo avevano aiutato a tenere a bada i pensieri e le emozioni che gli si agitavano dentro.
Li aveva tenuti il più lontano possibile e non aveva cercato di farci chiarezza… c’erano solo pochi punti saldi che continuavano a tornargli in mente, e attorno a questi, un marasma di confusione…
Il mago era morto. Il giovane che era arrivato a palazzo la sera prima non era che il suo alter ego dimensionale… quanti ne avevano incontrati, nel loro viaggio? Persone che condividevano l’aspetto e l’anima, ma… che non erano le stesse.
Eppure… Kurogane aveva imparato ad essere sincero, rispetto ai suoi sentimenti. E sì, sapeva di essere sconvolto. Perché rivederselo davanti così… all’improvviso…
Osservò la porta vicino a lui. Avrebbe aspettato lì fino a che Tomoyo non fosse uscita. Non si sentiva affatto stanco, nonostante la nottata passata in bianco… e poi, non sarebbe riuscito a dormire, in ogni caso.

Ma non dovette aspettare tanto.
Sentì dei passi, al di là della parete sottile, e poi la porta si aprì lentamente, lasciando uscire una delle ancelle. Questa sobbalzò non appena vide il ninja, immobile contro la parete.
“Di’ alla principessa che voglio parlarle.” disse, secco.
L’ancella, che si stava avviando a fare una qualche commissione, annuì in fretta e ritornò dentro. Un momento dopo, era di nuovo sul corridoio, facendo cenno a Kurogane di entrare.

Il ninja entrò a passo deciso nell’anticamera.
Gli appartamenti di Tomoyo erano ancora in penombra, ma alcuni luccichii alle pareti sottolineavano la ricercatezza dell’arredamento: finissime porcellane, e due grandi specchi dalle cornici intarsiate.
La principessa gli venne incontro avvolta in una lunga veste da camera rossa, dove i ricami floreali sembravano intrecciarsi alle lunghe ciocche di capelli scuri che, sciolti, si spandevano sulla sua schiena e sul suo petto come una coltre morbida e splendente.
“Buongiorno, Kurogane.” Gli disse con un sorriso.
La miko non poteva saperlo, ma quelle erano le ultime parole che lui avrebbe voluto sentirle pronunciare, come saluto.
“Principessa Tomoyo…”
“So perché sei qui stamattina. - rispose lei annuendo – lasciami il tempo di vestirmi, e ne parleremo meglio passeggiando in giardino, finché è ancora fresco.”
Kurogane annuì e uscì ad aspettarla.
La notte prima, non aveva avuto il tempo di parlarle… Certo, non poteva mettersi a disquisire con lei finché stava seduta sul suo scranno, ma anche dopo, quando aveva cercato di chiederle qualcosa, lei lo aveva zittito con un autorevole gesto della mano. Maledizione, pensò, delle mani così piccole, eppure dei gesti che non lasciavano mai spazio a nessuna replica.

Tomoyo non ci mise molto a uscire, il che lo sorprese… solitamente, le ancelle impiegavano una vita a prepararla. Non era bravo a valutare quel tipo di cose, ma gli parve che l’acconciatura della principessa fosse meno accurata del solito, e che portasse un numero minore di gingilli tra i capelli… che avesse voluto sbrigarsi per parlare con lui?
Si avviarono verso l’uscita per il giardino interno, mentre due delle dame di compagnia, composte e silenziose, li seguivano a diversi passi di distanza.
Una volta usciti all’aperto, vennero accolti dal profumo delle foglie umide di rugiada e dal cinguettio degli uccelli. Un merlo zampettò sul vialetto davanti a loro, e sparì saltellando in un’aiuola.

Il ninja osservò apertamente la principessa, aspettando che parlasse. Ma Tomoyo sembrava avere difficoltà a trovare le parole. Alla fine, esordì con un “Sappiamo bene che tutto ciò che accade è hitsuzen.”.
Kurogane serrò le labbra. Odiava quella frase.
“Tu probabilmente vorrai chiedermi se avevo previsto qualcosa del genere… ma, come ben sai, la risposta è negativa. Non posso più vedere nei sogni, né avevo mai sognato che a palazzo sarebbero arrivati loro, Kurogane.
Ma se nulla accade per caso, a questo mondo… e non solo… allora sono certa che nemmeno quest’incontro è privo di un significato.”
Il ninja pestò il piede con troppa foga, camminando. La sapeva la storia dell’hitsuzen e compagnia bella, maledizione.. l’aveva sentita fino alla nausea. E inevitabile di qua, e non è un caso di là…
“Sarebbe troppo sperare di capirne il significato, non è così?!” fece alla fine. Ma non c’erano fastidio o rabbia nella sua voce, c’era semmai uno sfondo di frustrazione.
Se è hitsuzen, a che serve pensarci, porsi dei problemi, tentare di cambiare la situazione o anche solo di fare qualsiasi cosa…?
“Kurogane! – esclamò Tomoyo fermandosi improvvisamente, e squadrandolo per bene – Niente accade per caso… ma questo non significa che noi dobbiamo stare a guardare il corso degli eventi, e subirli passivamente! L’hitsuzen esiste solo perché esistiamo noi, le nostre scelte e le nostre azioni. Qualsiasi significato abbia ciò che accade, siamo noi a doverglielo trovare.” disse, con una certa allegria che stupì il ninja, che tutto si sentiva fuorché allegro.
“Ah… e comunque – continuò riprendendo a passeggiare – sapevo il nome dei due gemelli… anche se naturalmente non ero sicura che fossero davvero loro… che fai, ti fermi?”
Kurogane la stava guardando male, ma in due passi le fu di nuovo accanto.
“Non prendertela – continuò la principessa, sempre di buonumore – ma non me la sentivo davvero di anticipartelo… insomma, non potevo esserne certa io per prima e… non volevo darti troppi pensieri.”
“…pensieri?”
“Beh… Kurogane, come avresti passato queste ultime settimane sapendo che stavi per rivedere Yuui?”
“Quello.. insomma, uno di quei due… no, nessuno di quei due è il mago.” rispose asciutto Kurogane.
Tomoyo assentì. Forse era presto per spingere oltre il discorso…
“In ogni caso, avresti potuto controllarti un po’ meglio, ieri sera… a quel tuo gesto, le guardie stavano per scattare e arrestare quel poverino…”
Il ninja corrugò le sopracciglia, spazientito “Se volevate che mantenessi la calma, forse avreste potuto lasciarmi il tempo di prepararmi psicologicamente… e magari, per una volta, dirmi cosa stava per succedere.”
“Era un incantesimo fatto per divertire, Kurogane… non voleva certo farmi del male!”
Il ninja scosse la testa. Lo sapeva benissimo… ma non era la prima volta che vedeva quella magia, e nell’altra occasione, il mago aveva usato quell’essere alato per attaccarlo, mentre difendeva Ashura-o…Tuttavia, prima che potesse rispondere alla principessa, da qualche parte del giardino provenne una voce squillante, affatto sconosciuta, che parlava in una lingua incomprensibile.
Gli occhi del ninja, sotto il pesante elmo che portava, si incupirono.
La stessa Tomoyo sentì il cuore saltarle nel petto, ma si controllò… ed anzi, le venne un’idea.
“Kurogane… credo mi farebbe piacere parlare a tu per tu con il capocomico della compagnia… non è che potresti mandarlo a chiamare? Io lo aspetterò nelle mie stanze.” disse, sempre allegra, e senza aspettare la risposta del ninja tornò sui suoi passi.
Kurogane la osservò allontanarsi, alquanto contrariato… poteva aver perso la sua capacità di vedere nei sogni, ma sicuramente aveva conservato quella di agire in modo imprevedibile e misterioso.

Il ninja proseguì svogliatamente lungo il viale. Un ordine della principessa era un ordine, anche se proveniva da un capriccio del momento, ma ciò non cambiava il fatto che sapeva chi si celava dietro ai cespugli fioriti di quel giardino, e che lui non aveva nessuna voglia di incontrarlo e di parlargli.

La voce tornò a squillare, più vicina. Sembrava allegro.
Ma stavolta Kurogane udì anche un’altra voce. Più profonda, ma molto delicata e musicale. Il tono era pacato, ma il ninja ne riconobbe immediatamente il timbro… istintivamente, aveva di nuovo messo mano all’elsa della spada, ma si trattenne.
No, quell’Ashura non aveva sicuramente compiuto stragi né era in procinto di strangolare il mago o di cercare di farsi uccidere da lui… lo sapeva… razionalmente, ne era consapevole. Ma nella sua mente quella voce si legava indissolubilmente alla parola nemico.
“Kurogane!” esclamò Souma raggiungendolo silenziosamente alle spalle. La ninja gli si fermò accanto. “La principessa Tomoyo mi ha detto che avrei dovuto accompagnare una persona alle sue stanze… e che avrei dovuto venire con te.”
Kurogane annuì brusco e riprese a camminare. Prima si era fermato senza rendersene conto.

Finalmente, i due ninja svoltarono l’ennesimo di quel giardino labirintico, e si trovarono davanti ad un piccolo laghetto su di cui passava inarcandosi un grazioso ponte di legno intarsiato.
Il sole si era alzato, e le piccole onde che increspavano l’acqua, create dalla brezza mattutina, sembravano tante frammentate linee di luce.
Sul ponte, Ashura e Yuui – sì, perché nel suo cervello quelle due figure erano indissolubilmente legate a quei nomi – stavano osservando la superficie del laghetto, e si voltarono immediatamente quando sentirono i passi dei due ninja sulla ghiaia del viale.
Il ragazzo biondo si staccò immediatamente dal parapetto a cui era appoggiato, ed esclamò “E’ il cagnone rabbioso!!” correndo a rifugiarsi dietro Ashura, che lo aveva redarguito con lo sguardo.
Kurogane aggrottò le sopracciglia, mentre sentiva un vago nervosismo pervaderlo.. gli sembravano secoli che non provava quell’irritazione così.. così.. fastidiosa… e quel cretino non solo gli aveva dato del “cagnone rabbioso”, ma aveva parlato apposta nella lingua di Nihon perché lui potesse capirlo.
“Buongiorno, signori. Stiamo cercando il capocomico della compagnia.” esordì con garbo Souma, rivolta ad Ashura, ignorando tranquillamente l’espressione scavolata sul viso del compagno.
“Buongiorno a voi! Il capocomico… beh, sono io in persona.”
“La principessa Tomoyo gradirebbe parlarle… vorrebbe seguirmi fino alle sue stanze?”
“Ma certamente.” annuì Ashura con un sorriso tranquillo. Si allontanò insieme a Souma, dopo aver fatto un breve cenno al giovane mago.
Il ragazzo lo osservò allontanarsi con uno sguardo eccessivamente preoccupato, poi rivolse un sorriso smagliante a Kurogane, che non si era mosso e aveva sempre un’espressione piuttosto arrabbiata.
Bene – pensò il ninja, racimolando quel poco di calma che gli era rimasta, come preparandosi ad un combattimento – era ovvio che Tomoyo voleva solo quello – metterlo a tu per tu con il mago… no, il suo alter ego… insomma, chiunque fosse… beh, se era questo che lei voleva, l’avrebbe fatto.
“Non te la sarai mica presa perché ti ho chiamato cagnone, vero?” fece quello tutto giulivo, saltando a sedere sul parapetto del ponte.
In ogni caso, era sorprendente la somiglianza… no… erano proprio uguali…
“E’ che ieri sera mi hai davvero ricordato un grosso cane da guardia che si mette ad abbaiare per un nonnulla!”
…parlava con un accento strano… i suoi occhi celesti lo osservavano da sotto la frangia spettinata… due occhi azzurri… no, in fondo, gli somigliava soltanto.
“Parli, oltre ad abbaiare?” chiese con aria perplessa, piegando la testa da un lato.
“Piantala di paragonarmi ad un cane.” Fu la secca risposta.
“Aww… beh, hai un nome?”
“Sì, ma preferisco non dirtelo.”
“…mmh… allora potrei chiamarti Fido…?”
“E smettila! Non occorre che tu mi chiami in alcun modo.” odiava, odiava il fatto di ritrovarsi davanti quell’idiota che sembrava divertirsi. Perché no, lui non si stava divertendo nemmeno un po’.
“Tu, piuttosto… sei Fay o Yuui?”
Il giovane lo guardò sorpreso, ma si esibì subito in una mezza linguaccia.
“Segreto! – annunciò, divertito ma anche un po’ seccato – Dovresti saperlo che non è prudente rivelare il proprio vero nome al primo che capita, no? E poi, nemmeno tu mi hai detto il tuo, signor cane!”
Kurogane lo osservò, scontroso. A quell’occhiataccia, il biondino sembrò raddolcirsi.
“Però… non so, tu chi preferisci che sia, io?” ammiccò.
Kurogane sentì che qualcosa, in un’imprecisata parte del suo essere, andava in frantumi.

Chi preferirei che fossi tu…?

Ma al suo solito, reagì con un moto di stizza. Doveva essere Yuui. Non credeva che anche il fratello gemello dell’idiota potesse essere così antipatico.
“Mmh.. anche se in effetti sono un po’ ingiusto, in questo… - continuò l’altro ammiccando – in fondo io conosco il tuo nome.”
Allo sguardo minaccioso del ninja, il ragazzo biondo rispose con un’alzata di spalle “La tua principessa ti ha richiamato, l’altra sera… ti chiami Kurogane, giusto?”
“Tsk.” Fu l’unica risposta del guerriero, che si voltò a guardare il lago.
Il biondino lo osservò con aria interdetta. “Sembri un po’ stressato, sai? Hai fatto troppi turni di guardia extra a causa dei festeggiamenti…?”
“Ma non dire idiozie. E’ che la gente come te mi da sui nervi.”
La replica arrivò dopo qualche attimo. “Oh.. mi dispiace.” Il ragazzo scivolò giù dal parapetto e cominciò ad avviarsi con passo silenzioso lungo le assi del ponte.
“E adesso dove te ne vai?!” esclamò Kurogane, sorpreso. Il tono dell’altro era sembrato davvero dispiaciuto.
“Beh, ti dò fastidio, no? Tolgo il disturbo.” fece l’altro, incerto. Il sorriso canzonatorio gli era sparito dal viso.
Kurogane respirò a fondo. Tomoyo gli avrebbe fatto la ramanzina se avesse saputo che aveva fatto andare via il giovane per la sua scortesia. “Sei Yuui, forse?”
Come se n’era andato, il sorriso riapparve sul volto del ragazzo come una fiamma, mentre accennava due passi di danza verso il ninja “Che importa, scusa? Non riusciresti a distinguerci… però puoi chiamarmi Yuui, se vuoi! Magari sono proprio Yuui, ehehe!”
Kurogane tentò di ignorare l’arrabbiatura. Un dialogo normale, era questo quello a cui doveva mirare. Anche se sicuramente l’arte della conversazione non era una cosa in cui eccelleva.
“Quell’incantesimo di ieri… è magia vera, non è così? Non è una semplice illusione.”
Di nuovo, Yuui – beh, in ogni caso, nella mente del ninja quel viso si associava indissolubilmente a quel nome… tanto valeva chiamarlo così, no…? – sembrò stupito dalla sua affermazione.
“Già, magia pura. Ma non era affatto pericolosa, in ogni caso… non userei mai un incantesimo rischioso durante uno spettacolo, credimi!” rispose con foga… un po’ eccessiva.
Kurogane lo osservò. I suoi occhi rossi, così fissi nei suoi, sembrarono fare impressione all’altro, che subito distolse lo sguardo, mentre un sorriso furbo tornava a regnargli sul viso.
Con un piroetta, batté le mani e l’uccello di fuoco della sera prima si materializzò improvvisamente sopra la sua testa.
“E’ una fenice!” esclamò mentre questa gli si posava sulla mano.
Le piume sembravano ardere di un fuoco interno, composte da filamenti che sembravano altrettante lingue di fiamma.
“E’ dello stesso scarlatto dei tuoi occhi!” disse Yuui, che per un momento si era ritrovato ad osservare il bagliore che quelle piume riflettevano nelle iridi del ninja.
Fece volare l’uccello sul laghetto “E’ una creatura magnifica, no? Così aggraziata eppure maestosa… ma anche così fragile…” mosse le mani e la fenice si tuffò verso la superficie del lago. Sfiorò appena l’acqua, e svanì in uno sbuffo di fumo, generando una serie di piccole onde.
“Ma sai… il bello della fenice, è che rinasce ogni volta!” rise, voltandosi.
Kurogane seguì il suo sguardo e vide che l’uccello era dietro di loro, appollaiato sul parapetto, intento a lisciarsi le penne.
Lo sguardo del ninja si incupì per l’ennesima volta. Quello non era un essere vivente, era una magia, solo per questo poteva spegnersi e riaccendersi così. Una vita vera, invece…


>>> <<<


…una vita vera non è un’illusione, e non la si riporta indietro con la magia.
Yuui lo sapeva, eppure quei giochetti con gli incantesimi gli piacevano comunque.
Entrò nella stanza che condivideva con Fay. Il suo gemello era seduto alla finestra, e osservava fuori con aria assorta.
“Ho incontrato un tipo un po’ strano, prima… sai, voleva sapere chi ero. Ha pure indovinato che sono Yuui. Ma tanto non importa, no?”
Si avvicinò a Fay e lo abbracciò, e poggiò il volto sulla sua spalla “Può credere quello che vuole… ma non può distinguerci…”
Una mano di Fay si alzò ad accarezzare i capelli del fratello… perché loro due erano una persona sola, e niente li avrebbe divisi.




*...to be continued...*




Bene... ehm.. sì, comunque, riguardo a ciò.. un po' di tempo fa, avevo chiesto su un forum che cosa ne pensavano di questa possibilità... ovvero del fatto che esistessero un Nihon!Yuui nonchè un Valeria!Kurogane... mi era stato risposto che Yuko, (ma non ricordo il capitolo) dice che esistono delle "anime uniche" e probabilmente Kurogane e Fay appartengono alla categoria.. però, non è che venga detto chiaramente...

..e no, non stavo dimenticando i ringraziamenti per Adrienne <3333

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


…ehm… salve… qualche tempo che non aggiorno, eh..?

Dunque… per chi leggesse ancora questa storia… riassunto delle puntate precedenti (che poi sono solo due).

Siamo a Nihon, dopo un’ipotetica fine di Tsubasa. Nel combattimento contro FWR, Fay/Yuui (il nostro mago, insomma) si sacrifica per salvare la vita di Kurogane.
A Nihon si tiene, come tutti gli anni, una festa in onore dell’estate, e al castello arrivano vari artisti per dare spettacolo; tra di loro c’è un gruppo il cui capocomico è nientemeno che Ashura-o (o meglio, la sua controparte dimensionale del mondo di Nihon) e tra i componenti del gruppo ci sono Yuui e Fay, che usano la magia per intrattenere.
Nonostante Tomoyo-Hime pensi che questo incontro potrebbe risollevare il ninja dall’angst in cui è piombato dopo la morte del mago, Kurogane è sì scioccato dalla “ricomparsa” dell’altro, ma anche molto, molto cauto…

 

 

 

*…l'incantatore…*

Capitolo III

 

 

 

Il sole scintillava nel mezzo del cielo terso. Nel palazzo, accanto alle stalle, in un riquadro di terra battuta delimitato da una sottile staccionata, qualcuno sollevava nuvole di polvere rossa, che vorticavano, spostate dai suoi movimenti frenetici.
Kurogane si stava allenando. Il suo mantello ed il suo elmo giacevano accatastati vicino allo steccato, mentre il metallo della Ginryu e quello del suo braccio meccanico splendevano al sole pomeridiano.
Per un guerriero come lui, l’allenamento regolare era un bisogno primario come il cibo o il sonno.
Inoltre, allenarsi assorbiva tutte le sue energie, mentali e fisiche… un ninja doveva essere in grado di concentrarsi alla perfezione, lasciando da parte tutti i pensieri che non riguardassero la presa sulla katana, i movimenti dell’avversario di fronte.. tutti i pensieri estranei..
… certo …e lui era un fallimento come ninja, quel giorno.
Si fermò e rimise la Ginryu nel fodero. Era stato tentato di farlo con stizza, ma prendersela non l’avrebbe aiutato a ritrovare la concentrazione.
“Woah, ma complimenti!” esclamò qualcuno alle sue spalle. Qualcuno che lui aveva sentito arrivare.. e per questo si era distratto.
Voltandosi, incrociò lo sguardo del biondo e questo si profuse in un lungo applauso di approvazione
“E’ bello starti a vedere! Fai delle cose molto… molto artistiche, con quella spada!”
Lo valutò un attimo. Doveva trattarsi di Yuui… lo stesso che aveva incontrato quella mattina. Il fratello stava accanto a lui, e a sua volta lo fissava con due occhi di un blu intenso. Ma il suo sguardo era distante, annoiato.
“Si chiama katana. E questo è un allenamento.” rispose, secco.
“Katana.. beh.. davvero spettacolare, Kuroninja!!”
Una vena prese a pulsare intensamente sulla fronte del guerriero… già gli era difficile concentrarsi da sé, e se poi quello ci si metteva di nuovo…
“PIANTALA con questi nomi assurdi!”
“Ahahah, non prendertela, ma è più forte di me!”
“Mi chiedo che diamine ci sia di così divertente!” ringhiò il ninja avvicinandosi a grandi passi verso lo steccato dove Yuui si stava appoggiando con fare pigro.
“Eheh, perché te la prendi così tanto, ad esempio! Insomma, un guerriero non dovrebbe avere un po’ di flemma?”
“Ma te la faccio vedere io la flemma!” sbottò brandendo la Ginryu.
“E’ un invito a combattere?”
Prima che Kurogane potesse ribattere, Yuui aveva saltato la staccionata ed era in piedi di fronte a lui.
“Yuui… non credo che…” fece a quel punto Fay, allungando una mano a toccare il braccio del fratello, e gettando a Kurogane uno sguardo diffidente.
“Nah, tranquillo! Aiutare un ninja ad allenarsi è un passatempo più che nobile, non credi?”
Senza aspettare che il guerriero rispondesse, Yuui indietreggiò, fissando negli occhi il suo avversario. Fece qualche metro a passi lunghi, misurati. Kurogane lo squadrò attentamente: aveva un’aria giocherellona ma anche determinata.
“A te la prima mossa, Kuroninja!” incoraggiò il biondo.
Kurogane strinse l’elsa della katana, sempre soppesandolo. “Niente armi?”
Yuui ammiccò “Macchè armi! Dai, attaccami!”
Stufo, il ninja non se lo fece ripetere due volte. La lama dell’arma balenò, ma, come si era aspettato, Yuui la schivò con un salto, e si portò a fianco del ninja.
La Ginryu roteò con un movimento splendidamente fluido, nuovamente diretta sul bersaglio. Di nuovo, il giovane si spostò, fulmineo ma con grazia, finendo alle spalle del ninja.
Questo si voltò di scatto, e l’acciaio formò un bagliore ricurvo mentre tagliava l’aria dall’alto verso il basso.
“Non devi mica uccidermi davvero, Kuroguerriero!” rise l’altro gettandosi all’indietro.
“Lo farò, se non contrattacchi!”
“Aww, come sei frettoloso!” replicò Yuui, abbassandosi repentinamente mentre la lama gli sibilava a poca distanza dalle punte dei capelli biondi.
Battè le mani, e una piccola cascata di scintille gli scaturì tra le dita.
“Ma che diamine…!” esclamò Kurogane mentre le luci gli danzavano attorno al volto, coprendogli la vista.
“Sono un mago, eh! Con cosa ti aspettavi che contrattaccassi?!” ridacchiò Yuui battendogli con una mano sulla spalla.
La katana vorticò da quella parte, ma il mago era già distante.
“Combatti lealmente, idiota!” sbottò frustrato il ninja. Quelle maledette luci non solo gli offuscavano la vista, ma gli impedivano persino di concentrarsi sugli altri sensi – cosa che era tranquillamente in grado di fare, abituato com’era a combattere anche in condizioni di scarsa visibilità…
“Come sei scontroso.” Le luci improvvisamente sparirono, e Kurogane lanciò un’occhiataccia al ragazzo.
Yuui era appollaiato sul bordo del pozzo vicino alle stalle, e si stava atteggiando ad un falso broncio, che divenne un sorriso sornione non appena i loro sguardi si unirono.
Il ninja si accorse di un certo tramestio alle sue spalle, e si voltò: accanto alla staccionata che delimitava l’area di allenamento, si era formata una piccola folla di spettatori. Vicino a Fay, qualche ninja si era fermato ad osservare lo scontro. Per un lungo, scomodo istante, Kurogane ebbe l’impressione che quei soldati non fossero incuriositi soltanto dallo svolgersi dell’allenamento.
“Se non vuoi combattere sul serio, vattene.” disse, secco, tornando a rivolgersi a Yuui. Non sarebbe stata una novità, per il mago, fare una cosa del genere.
Ma il ragazzo scese dal pozzo “Hai ragione, Kuroninja.” rispose, serio. Nella sua mano destra era comparsa improvvisamente una lama di luce fredda. Il mago la osservò per qualche istante, come a considerare il risultato.
“Non so come si combatte con una spada, ma ci posso provare!” disse, e un attimo dopo partì all’attacco.
Kurogane parò con facilità, ma quando contrattaccò anche Yuui deviò la sua katana con grazia. Come c’era da aspettarsi, il mago sapeva perfettamente come tenere in mano una spada…
Lo scambio di colpi andò avanti  “Allora, come sto andando?!”
“…manchi di forza!”
Il ninja accennò un mezzo sorriso. La spada magica di Yuui aveva una consistenza strana, cedevole eppure solida… la sentiva attraverso il metallo della sua Ginryu… gli ci era voluto un po’ per capire come fare, ma…
Modificò l’inclinazione della sua katana, e questa tornò a fendere l’aria con mortale precisione:  incontrò l’altra arma e ne tagliò a metà la lama.
La spada esplose in tante scintille, e quando riaprì gli occhi, semiaccecato dall’intenso bagliore,  Yuui si ritrovò a terra, in mezzo alla polvere, la punta della Ginryu così vicina alla sua gola che poteva sentire sulla pelle il freddo del metallo.
“…beh, mi arrendo!” disse sorridente, alzando le mani.
Troneggiante di fronte al mago inerme, Kurogane inarcò un sopracciglio. Le pupille erano ridotte a due fessure nel rosso acceso delle sue iridi.
“Ah, davvero?” la lama si avvicinò, ma il mago non si spostò. Guardava il ninja negli occhi. Un piccolo puntino scarlatto sulla pelle bianca del suo collo comparve non appena la spada si ritrasse.
Yuui osservava il volto di Kurogane. Non aveva potuto fare a meno di notare che nei suoi occhi era passata un’espressione malinconica.. dispiacere?
“Ehi! Ma che fai?!” esclamò Fay, allarmato.
Un secondo dopo, Kurogane rimetteva la Ginryu nel fodero.
“La prossima volta prova con una spada vera.” 
Yuui si rialzò, spolverandosi i vestiti. “Ma se non ne ho mai usata una, scusa. Ho tirato a indovinare!”
Kurogane sbuffò, voltandogli la schiena.
“..ehi, Kuroninja! Allenami tu!”
L’altro lo guardò interdetto.
“Ma piantala, Yuui! Andiamo!” fece Fay sporgendosi dallo steccato. Yuui gli lanciò un’occhiataccia, come per zittirlo, e tornò ad osservare Kurogane con aria speranzosa.
Il ninja si asciugò il sudore dalla fronte.
...che farsa era questa? Il mago che gli chiedeva lezioni di katana?!
“… e perché diamine dovrei farlo?!”
“Non so che fare, finché rimaniamo qui a palazzo… e poi, così posso esserti più utile nel prossimo allenamento, no?” il sorriso che gli era comparso sul viso era così sfacciato che perfino il mago sembrò pentirsene.
“… l’arte della katana non si può imparare per passatempo.”
“E chi l’ha chiamato passatempo? Ora che sono qui e ho la possibilità di farlo... e poi, potrebbe tornarmi utile. Meglio so combattere, meglio posso difendere quello che devo difendere!” ammiccò Yuui.
Kurogane lo fissò per un lungo istante. Cosa aveva da difendere questo mago?

 

>>> <<<

 

Ashura attraversava il parco del palazzo a passi misurati e lenti. Era già pomeriggio inoltrato, anche se il caldo non accennava ad alleggerire la sua morsa. Se non altro, gli appartamenti reali erano ombreggiati e freschi, ed era stato servito un pranzo leggero accompagnato da bevande raffinate e dissetanti. La corte di Nihon era veramente un luogo accogliente, pensò, trovando conforto in quella constatazione.
La conversazione con la principessa Tomoyo era durata più a lungo del previsto, ma non lo aveva colto del tutto impreparato… del resto, lui possedeva il potere di vedere nei sogni. E, in parte, sapeva già quello che ella gli aveva appena narrato.
Naturalmente, sognare qualcosa e poi sentirsi dire lo stesso nella realtà era ben differente, se non altro perché i sogni poteva tenerli per sé, mentre la realtà avrebbe dovuto per forza condividerla con gli altri...soprattutto se i fatti li riguardavano in prima persona.
La Hime non aveva più la capacità di leggere nei sogni, ma l’intuito e la perspicacia non le mancavano certamente. Ora che sapeva nel dettaglio tutto quanto, doveva parlare con Yuui. Anche se non era sicuro di quanto gli avrebbe detto… di quanto sarebbe stato bene che il ragazzo sapesse… 

Seguendo le indicazioni che gentilmente la ninja dalla pelle scura gli aveva fornito, arrivò in vista delle stalle. Tra i cespugli, in lontananza, gli apparve uno dei due gemelli.. Fay, che gli voltava la schiena e, appoggiato ad un recinto di legno, stava osservando qualcosa.
Appena superò il salice le cui fronde gli impedivano la vista, rallentò il passo.

Yuui era vicino al ninja che avevano incontrato quella mattina. Avevano delle spade in mano, sembrava che stessero facendo degli esercizi… improvvisamente, Yuui stuzzicò l’altro con la punta della sua arma, e questo gli urlò addosso minacciandolo con la katana. Il giovane rise e saltellò all’indietro come ad evitare un attacco.
Ashura si avvicinò lentamente. Nemmeno Fay si era accorto di lui… Yuui doveva essere davvero concentrato su quello che stava facendo...
“Ashura, signore!” esclamò improvvisamente. Nello scappare dal ninja, si era voltato e l’aveva visto arrivare.
Il volto dell’uomo si rasserenò, vedendo i visi dei due gemelli che lo guardavano con aspettativa. Oltre, il ninja lo scrutava con aria corrucciata, ma questo non lo preoccupò particolarmente.
“Oh, non vi volevo interrompere… vi prego, continuate.” commentò facendo un gesto con la mano.
“Ci chiedevamo dove fossi finito.” disse Fay.
“Ho goduto della splendida ospitalità della signora di questo palazzo.” rispose, sorridendo alla volta di Kurogane, che tuttavia lo ricambiò aggrottando maggiormente le sopracciglia.
“Ora, credo che andrò a riposarmi nella mia stanza.”
Yuui fece per andare da lui, ma Ashura si affrettò ad alzare una mano per fermarlo “Ma no, rimani qui. Verrà Fay con me, non ti preoccupare. A più tardi.”
Si congedò con un lieve cenno del capo e se ne andò, seguito immediatamente da Fay, che si voltò un momento a salutare il fratello. Yuui e Kurogane rimasero a guardarli mentre sparivano alla vista.
E così, Tomoyo aveva trattenuto il capocomico fino ad allora… conoscendola, il ninja immaginava che in tutto quel tempo non si era limitata a mostrarli il palazzo e a fargli i complimenti per lo spettacolo della sera prima.

Ashura si risolse a non voltarsi indietro. Dopotutto, poteva parlare a Yuui anche più tardi. Come si sarebbe dovuto aspettare, le cose avevano già preso una chiara direzione… sia che il mago sapesse, sia che rimanesse all’oscuro di tutto.

“Allora… insomma, non puoi tenere le braccia così rigide! Piegale, diamine! …. Ma non in questo modo!”
“Oh, non sei per nulla un maestro paziente! Fammi vedere come devo fare!”
Kurogane sbuffò. “Sta’ fermo. Si fa così.”
Si avvicinò a Yuui e gli passò un braccio dietro la schiena, sovrapponendo le sue mani a quelle del mago sull’elsa di legno.
“Segui il mio movimento.” disse, perentorio, le sue labbra a poca distanza dall’orecchio destro del mago.
Mentre il respiro – con sua grande sorpresa – gli si fermava, Yuui prese improvvisamente coscienza del fatto che erano soli nel campo di allenamento. Loro due, mentre l’afa del pomeriggio li avvolgeva, e la polvere copriva i loro stivali.
La mano destra del ninja, stretta sul dorso della sua, era calda; quella sinistra, metallica, appena tiepida *… guardò l’elsa della spada: le sue dita erano sparite nella presa di Kurogane.
Sentiva il metallo della sua armatura sbattere lievemente contro le sue scapole, l’acciaio liscio e asciutto del braccio sinistro aderire alla pelle del suo, mentre il guerriero gli faceva muovere lentamente l’arma.
Durò il tempo di quattro, cinque respiri del ninja (poteva contarli perché li sentiva sulla nuca – respiri lenti e controllati; si stupì scoprendo che il suo cuore aveva evidentemente deciso di fare una gara di velocità con loro, superandoli immediatamente con la velocità dei suoi battiti), poi le sue mani lasciarono improvvisamente la presa.
“Non è affatto difficile.” commentò aspro il guerriero, allontanandosi di un passo. Un passo fatto di fretta.
Yuui non era sicuro di ricordarsi quello che gli aveva appena mostrato. Guardò l’altro in faccia, con uno sguardo perso nelle iridi azzurre “…dici? A me è sembrato di sì.”
Kurogane distolse in fretta gli occhi, prima che si soffermassero un attimo di troppo in quelli del mago, un poco nascosti da sottili ciocche di capelli sudati, o sulla sua bocca dalle labbra semichiuse.
“Se trovi difficile questo, voglio proprio vedere come troverai il resto…”
…il resto?! Per un momento, Yuui immaginò di sentire il viso del ninja che si avvicinava al suo, il suo respiro che sfiorava la sua guancia, il calore delle sue labbra a poca distanza dal suo collo…
“… ma no, Kuroninja! Ma che cosa dici! Ecco, guarda qui!” ridacchiò imbarazzato, riportando improvvisamente sguardo e concentrazione sulla spada di legno che aveva tra le mani.
Sperava solo che il guerriero attribuisse il rossore delle sue guance al caldo e al movimento fisico…

 

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Il sole stava tramontando. Kurogane e Yuui sedevano appoggiando la schiena alla pietra fresca del pozzo, che proiettava a terra un’ombra scura e rettangolare. Tra di loro stava il secchio dell’acqua, ormai semivuoto.
Il ninja sedeva a gambe incrociate, come al suo solito, lo sguardo calmo che si aggirava sull’ambiente attorno a loro.
Si stavano riposando dopo l’allenamento, mentre il tramonto cominciava a rinfrescare l’aria e nugoli di moscerini uscivano dalle fronde delle piante del giardino. L’atmosfera era rilassata… che strano, pensò Yuui. In fondo, aveva incontrato quel ninja nemmeno un giorno prima, eppure adesso erano seduti lì, tranquilli, dopo aver passato insieme un pomeriggio intero. Era come se… se si conoscessero già, forse. Questo lo metteva stranamente a suo agio - anche se sapeva bene di non poter abbassare la guardia più di tanto.
Così, senza particolare ragione, si sentì in vena di porgli una domanda che lo accompagnava da tutto il pomeriggio, da quando, cioè, aveva visto il ninja senza il pesante mantello che era solito indossare.
“…ma senti… quel braccio… è interamente di metallo, non è così?”
Kurogane annuì
“Sai, non mi è mai capitato di vedere una cosa del genere, in nessuno dei posti che ho visto.”
“Per forza. Viene da un altro mondo.”
Yuui lo guardò di sottecchi. Un altro mondo? …stava forse facendo dell’ironia? Ma il viso del ninja era serio come al solito, e il mago decise di sorvolare.
“L’hai perso in combattimento?”
“Me lo sono tagliato di mia spontanea volontà.”
Questa volta Yuui spalancò gli occhi. Stava per sfuggirgli un’esclamazione di sorpresa, ma si trattenne ed abbassò lo sguardo. C’erano cose che si potevano chiedere, anche se con discrezione, e c’erano argomenti che era meglio non sondare. E poi, per l’appunto, aveva incontrato quel ninja appena un giorno prima: non aveva certo diritto di curiosare nel suo passato. Anche perché non voleva che, in seguito, fosse l’altro ad indagare sul suo.
Ma fu Kurogane a continuare: “Perdere questo braccio mi ha permesso di ritrovare una cosa molto più importante.”
“Un braccio, in cambio di qualcos’altro? Beh… come si dice, ogni cosa ha un suo prezzo.” commentò Yuui. Un’elementare legge della magia… elementare e fondamentale.
“Anche se certe cose non si possono ottenere, nonostante si sia disposti a tutto pur di averle.” disse ancora il ninja, voltandosi a guardare l’altro in faccia. Yuui sentì il cuore sobbalzare a quello sguardo. Le pupille rosse erano penetranti, piene di domande e sospetti, ma c’era un fondo di solitudine, in quegli occhi… come se volessero trapassare i suoi e rubare tutto quello che vi si trovava dietro.
“…la vita di qualcuno a cui tieni, ad esempio.” finì.
Yuui deglutì a vuoto. Dove voleva arrivare?!
“Ehi, devo dire che dei vari paesi che ho visitato questo Nihon è il più strano di tutti… continuo a vedere cose incredibili! – esclamò divertito (o almeno, così suonava la sua voce) – Braccia che vengono da altri mondi… ma devo dire che la cosa più strana sei tu, Kuroninja, che te ne vieni fuori con questi discorsi!”
Questo sbuffò, spazientito “Ma siete tutti così voi maghi?!”
“Noi? Hai conosciuto altri maghi?” fece Yuui sorridente. La conversazione poteva ancora prendere pieghe pericolose.
Kurogane si voltò e tornò a guardare il cielo che si arrossava, sopra i tetti del palazzo. “Beh, era più un idiota che non un mago.”
“Un po’ come me, insomma.”


 

>>> <<<

 

I passi di Kurogane rimbombarono sul legno delle scale che portavano al giardino. Lo aspettava un’altra notte praticamente insonne… almeno, così si aspettava. Stava andando a sostituire una sentinella di guardia; se non altro, avrebbe fatto qualcosa di utile.
Avrebbe potuto tentare di porre qualche domanda a Yuui, prima. Ma del resto, perché farlo? Lo aveva incontrato appena un giorno prima. Era vero, quei suoi occhi azzurri avevano lo stesso sguardo di quelli del mago nel primo momento in cui si erano incontrati… occhi le cui palpebre si abbassavano, mentre fingeva di sorridere. Erano anche occhi troppo grandi per nascondere tutte le bugie e le cose non dette.
Il cielo notturno era terso, conteso dalla luna e dalle stelle. Appese qua e là a dei pali di legno, splendevano file di piccole lanterne da cui emanava un tenue chiarore, che faceva risplendere d’argento le foglie e gli steli d’erba. Soffiava un tenue venticello, le luci si muovevano e facevano danzare le ombre delle fronde sul sentiero percorso dal ninja.

I suoi passi lo avevano portato in una ben determinata direzione: tra le frasche dei cespugli fioriti gli apparvero ben presto Yuui e Fay, che avevano scostato i rami flessuosi di un piccolo salice, per osservare la danza che le lucciole stavano facendo attorno al suo tronco.
Ridevano sottovoce, e anche se il ninja non poteva capire le loro parole – un po’ per la distanza, un po’ perché parlavano una lingua sconosciuta – Yuui gli sembrava felice. Teneva per mano il gemello, e scherzavano insieme.
Vedere il mago aggirarsi sui sentieri di quel giardino, fermarsi ad annusare il profumo di un bocciolo, vederlo sorridere, il volto incorniciato dai rami verdi di un salice… non era questo che aveva voluto?
Non è il mago, non è il mago…
Ma maledizione, se solo il suo viso non fosse stato lo stesso! Se solo la sua voce non avesse avuto la stessa inflessione canzonatoria! Se almeno non gli avesse affibbiato quegli stupidi nomignoli anche lui…se si fosse tenuto a distanza! 

Si voltò e tornò all’interno del palazzo. Non voleva disturbare i due fratelli… sapeva quanto avrebbe contato, per il mago, poter passare anche solo un momento così con il suo gemello.

 Yuui si rilassò visibilmente non appena lo sentì allontanarsi. Un momento dopo, si voltò, ma il mantello nero del ninja era già sparito alla vista.
“Mi dispiace di averti lasciato solo, questo pomeriggio, Fay… - commentò, aumentando considerevolmente la presa sulla mano del fratello, anche se questo non sembrò accorgersene - …ma la verità è che oggi… mi sono davvero divertito. Ma non prendertela per questo…”
Non lo guardò in faccia. Sapeva che gli occhi di Fay erano fissi sui rami dell’albero, immobili.

 

 

>>> <<<

 

 

*= in realtà non so se forse il metallo, scaldato dal sole (anche se non è proprio a picco) forse dovrebbe essere più caldo della pelle umana…? Però c’è anche il movimento, che al braccio normale da calore, mentre non ne dà a quello artificiale… *confusa sulle nozioni di fisica*

Mi scuso nuovamente per il ritardo negli aggiornamenti, ma vorrei comunque ribadire che sia questa fiction che "all'ombra del castello nel cielo" verranno senz'altro portate a termine... ho solo una vita un po' incasinata! :D
In ogni caso per chi volesse darci un'occhiata ho comunque prodotto cose kurofayose e potete vederle sulla my pagina di Deviant Art, e più specificamente sulla gallery dedicata al pairing!

Chu chu!

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


*...l'incantatore...* 

capitolo IV

 

 

Il giardino del palazzo di Nihon seguì Yuui fin dentro i suoi sogni. La luce delle lampade sospese sui vialetti era cangiante, e nei suoi bagliori gli angoli e le piante che circondavano il ragazzo svanivano silenziosamente, rimpiazzate da nuovi rami e cespugli.
C’era un profumo intenso e dolcissimo di fiori… Yuui era incantato dalla flora rigogliosa e curata di quel giardino splendido. La brezza era tiepida, e il ragazzo poggiò le dita sulla corteccia tiepida di un grande ciliegio. Nel sogno, le foglie verdi dell’estate si erano colorate di un rosa chiaro; il vento ne fece cadere qualcuna sui capelli… ma no, non erano foglie, erano petali, petali morbidissimi.
Ne sentì uno posarglisi sul viso, e chiuse gli occhi per assaporarne la leggerezza sulla palpebra, come un bacio posato a fior di labbra…
…era un sogno, perché non era certo di sapere cosa si provasse a ricevere un bacio su una palpebra.

Il profumo cambiò improvvisamente in un forte odore di resina. Il petalo svanì, portato via da una folata di aria gelida.
Yuui riaprì gli occhi. C’era una abete coperto di neve, accanto a lui, adesso.
La neve era ovunque, perfino sotto i suoi piedi scalzi, ma non aveva freddo… anche se era consapevole del fatto che avrebbe dovuto averne. …era come se il piccolo bacio del petalo stesse irradiando calore dal suo viso in tutto il suo essere.
(lol Yuui è a Narnia NdA)
Attorno a lui e all’abete era tutto bianco… bianco perché nevicava fitto fitto. Tutto era silenzioso e l’unico odore era quello della resina e del gelo.
Poteva essere un posto qualsiasi dei luoghi dove era cresciuto lui, un posto qualsiasi durante una qualsiasi giornata invernale. Si voltò a cercare Fay – di certo il fratello stava già preparando le palle di neve… ma dietro a lui c’era ancora solo la tormenta.

Poi, una figura apparve all’improvviso, materializzandosi quasi dalla nevicata stessa. Era vestito di un mantello candido - Yuui non avrebbe saputo dire se il candore era dato dalla stoffa o dalla neve che lo aveva ricoperto tutto.
Alzò un mano avvolta in un guanto nero, e le sue dita sottili alzarono il bordo del cappuccio che gli nascondeva il viso.
Fay…! Pensò immediatamente Yuui quando vide le ciocche di capelli biondo cenere che gli ricoprivano la fronte, e i contorni del suo viso che erano identici ai suoi. Gli si avvicinò e gli scostò quei ciuffi morbidi dal volto, finché non si specchiò letteralmente nelle iridi turchesi dell’altro.
“…Fay? Che vestiti strani indossi?”
Il nuovo arrivato abbassò lo sguardo e scosse lievemente la testa in segno di diniego. Sotto i capelli fatti ondeggiare dal movimento, il suo viso cambiò: al posto dell’occhio sinistro, apparve una cicatrice profonda, e l’iride del destro si infiammò di un intenso color dorato.
Yuui si ritrasse improvvisamente, e i fiocchi di neve avvolsero lo sconosciuto, che fissò il suo unico occhio sul giovane.
Il suo sguardo esprimeva qualcosa che poteva essere a metà tra il rammarico e la speranza, mentre si portava le mani al petto. Sotto le sue dita, qualcosa brillò, e un momento dopo tra le sue mani c’era quella che a Yuui sembrò una fiamma di luce blu. La neve vorticò intensamente attorno ad essa, finché non si formò una spessa crosta di ghiaccio a intrappolarla.
…una piccola stalattite, mentre la luce del fuoco al suo interno pulsava sempre più fiocamente…
Le mani di Yuui si protesero verso quelle dell’altro senza che lui ne avesse l’intenzione, e ora la fiamma ghiacciata era poggiata sui suoi palmi nudi.
Al di là della semi-trasparenza del ghaccio, la luce non ardeva più, c’era solo nero.
E tuttavia non era fredda… il giovane avvicinò il viso per scrutare al suo interno, e la luce riprese improvvisamente a pulsare, irradiandosi dal ghiaccio che si sciolse immediatamente, sgocciolando tra le sue dita. Ma quella che liberò non era una fiamma, bensì una piuma. Una piuma con nitidi segni violacei che ne solcavano la peluria bianca. Un simbolo… con la consapevolezza improvvisa e tipica dei sogni, Yuui seppe che quello non era che il disegno stilizzato delle ali di una fenice. …forse quella era una piccola piuma di fenice, appena rinata dalle sue ceneri…?
Alzò gli occhi per chiedere allo sconosciuto, ma quello che vide fu solo un fugace sorriso sul suo volto, e poi la sua figura si smaterializzò in una delle impetuose folate di vento e neve che lo avvolgevano.
Ancora impegnato a cercare di ritrovare l’altro in mezzo al bianco vorticante, non si accorse che la piuma si era sollevata, e che stava penetrando nel suo petto. Sentì sprigionarsi un calore fortissimo, tutto all’improvviso, e prima che potesse accorgersi di quello che stava accadendo, il suo corpo sprofondò nella coltre di neve che ricopriva il suolo…

 

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Quando si svegliò, era accaldato. Si accorse di aver scalciato via le lenzuola, durante il sonno.
Era appena l’alba, e Fay era immobile nel futon accanto al suo.
…si sentiva come se avesse dovuto provare un gran mal di testa, ma non si sentiva male. Doveva aver sognato molto, quella notte. Aveva l’impressione di aver sognato a lungo del ninja… di lui e di Kurogane…ma non ricordava assolutamente che cosa.
Si fece aria con la mano; sentiva caldo anche se l’aria della prima mattina di Nihon era fresca.
Improvvisamente, rivide davanti agli occhi il volto sfigurato dello sconosciuto che gli era apparso in mezzo alle raffiche di neve. Non poteva fare a meno di provare un terrificante sentimento di nostalgia, a ripensarci… una cicatrice così profonda su un volto identico al suo… che gli ricordava così tanto il gemello…
Automaticamente, si voltò verso Fay, ma il suo viso era intonso, gli occhi chiusi e i capelli sparsi sul cuscino.

Si alzò e gattonò fino a lui, per stringergli una mano fra le sue.
Lo aveva fatto tante volte, ma quella mattina quel gesto consueto non gli diede le emozioni che gli dava solitamente. Avrebbe potuto svegliarlo e parlargli del sogno… ma all’idea di vedere di nuovo quegli occhi turchesi provò una forte sensazione di disagio.
In fretta, ripose la mano di Fay sul suo petto, e si alzò, indossando il più velocemente possibile lo yukata che gli avevano dato a palazzo.
Si sentiva come nel suo petto stessero vorticando insieme petali di ciliegio e fiocchi di neve gelida.
Camminò a passi lenti e controllati lungo il corridoio, verso la stanza di Ashura. Ancora prima che le sue nocche sfiorassero l’intelaiatura di legno della porta, la voce calma dell’uomo lo invitò ad entrare.

La camera era in penombra, le tende erano semichiuse a filtrare la fioca luce del sole nascente.
Ashura si era già alzato, anche lui adorno delle vesti che erano state messe a loro disposizione a palazzo. Un motivo di draghi viola si snodava sulla seta del suo yukata, e i suoi capelli corvini appena pettinati scintillavano sulle sue spalle.
“Buongiorno.” gli sorrise.
“Buongiorno, Ashura, signore.”
“…hai fatto un sogno?”
Non era insolito che Yuui si precipitasse nelle stanze di Ashura anche nel bel mezzo della notte. Ashura era il suo mentore nell’apprendimento della magia, ed era un sognatore. Forse non tutti i sogni avevano un significato, e certo Yuui non era uno yumemi, che poteva vedere il futuro o ricevere la conoscenza attraverso i sogni, ma la sua curiosità lo spingeva sempre a consultarsi con Ashura non appena qualche visione insolita turbava il suo sonno.
“Un sogno… beh… a dire il vero, sono stati tanti sogni…” Cominciò a raccontare del giardino e dell’improvvisa tormenta di neve che lo aveva avvolto, dell’incontro che aveva fatto, e della piuma di fenice. Ma poi si fermò. Dopo che gli era sembrato di svenire nella neve, il sogno era continuato… era come se tutte le immagini della notte, condensate in lui, accalcate l’una sull’altra, premessero per uscire, senza riuscirci.
“…però sono sicuro che nel sogno c’entrasse anche Kurogane, il ninja.”
Ashura aveva ascoltato attentamente. Alla fine, sorrise.
“Sai, credo proprio che la persona più adatta a cui chiedere a proposito di questo sogno non sia io, ma qualcun altro.”
Yuui lo guardò con aspettativa.
“…intendo la principessa Tomoyo.”
Il giovane sporse il labbro inferiore, pensieroso.
“…la Hime del palazzo… ma non credo che acconsentirà a parlare con una sorta di giocoliere come me… non di una cosa come questa.”
“Credi che la principessa riterrebbe il tuo sogno una cosa futile?” chiese Ashura, aprendo le tende.
“…i sogni non sono una cosa futile. Ma forse una principessa non ha tempo da dedicare ai sogni di uno come me.”
Ashura gli sorrise. Il suo classico sorriso che significava tu sai che io so di cosa parlo e che se dico una cosa non la dico a vanvera.
“Io credo proprio che se proverai a parlarle, la troverai più che disponibile ad ascoltarti.”
L’aria dubbiosa non aveva abbandonato il volto di Yuui, ma del resto conosceva Ashura ormai da anni, e, di conseguenza, avrebbe provato.
“…ricorda una cosa, però. Quello che potresti ascoltare rischia di andare ben al di là di quanto immagini.”
Già sulla soglia della stanza, Yuui si voltò di nuovo a guardarlo. I suoi occhi azzurri furono attraversati da un breve lampo di preoccupazione, ben presto sostituito da un sorriso.
“La mia vita è già andata ben oltre rispetto a quello che avrei potuto aspettarmi. Non credo sarà un problema.”
Ashura annuì, mentre sentiva i passi dell’altro dirigersi di nuovo verso la sua stanza.
Aveva fatto un sogno anche lui, ma avrebbe potuto aspettare ancora un po’ a parlargliene. Almeno per quel giorno.

 

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Quando i componenti della compagnia di artisti si ritrovarono a fare colazione nella stanza a loro riservata per i pasti, Yuui si sedette al primo posto libero, senza curarsi troppo di chi aveva vicino.
Inizialmente, non prestò particolare attenzione al cibo, ma se ne pentì immediatamente, non appena il riso crollò impietosamente nel piattino della salsa, schizzandogli il tessuto dello yukata.
Yuui cancellò la macchia con un veloce gesto delle dita. Il cibo di Nihon era passabile, ma mangiarlo con quei bastoncini che usavano loro era l’impresa più ardua mai sperimentata. Anche se doveva dire di essere migliorato abbastanza, nei mesi che aveva passato in quel paese.
Ma bastava calare l’attenzione, e le bacchette erano pronte a tradirti.

“Sei ancora un po’ addormentato, stamattina?” chiese qualcuno che si era appena seduto accanto a lui
“A dire il vero no, sono sveglio da prima dell’alba… ma queste bacchettine continuano a ribellarsi alle mie dita.”
La donna gli sorrise maternamente. I suoi capelli avevano lo stesso colore delle fiamme che faceva scaturire tra le sue mani delicate, una chioma che incorniciava un viso delicato e talvolta malizioso.
“Eppure sembri un po’ perso nei tuoi pensieri.” replicò lei, strizzandogli l’occhio.
Yuui sorrise. Karen era forse l’unica persona con cui si sentiva a suo agio, parlando. L’unica a cui poteva aprire il cuore, oltre ad Ashura, naturalmente.
“E’ che ho fatto un sogno strano, questa notte.”
“E non ne hai parlato con Ashura?” chiese lei cominciando a mangiare.
“Sì, ma ha detto che non è a lui che devo rivolgermi per capire il suo significato…”
“…e?” lo incoraggiò.
“…dovrei parlarne con la principessa del palazzo, ma quando ho chiesto di lei mi è stato risposto che sarà lontana dal palazzo per tutta la giornata.”
Karen sorrise di nuovo. Era strano vedere Yuui impaziente per qualcosa… ma era una stravaganza davvero benvenuta e salutare.
“Il sogno non cambierà di qui a domani mattina. E in più, avrai del tempo per rifletterci per conto tuo. La signora del palazzo sembra una persona accogliente e gentile, vedrai che accetterà di parlarti molto volentieri.”
Yuui annuì “Lo ha detto Ashura, che ci ha conversato così a lungo, ieri.”
Karen annuì. E improvvisamente si chiese se quell’impeto di salutare curiosità del giovane non lo avrebbe portato a scontrarsi con qualcosa di scomodo.
Prima che Yuui si alzasse, gli passò affettuosamente una mano tra i capelli.

 

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Poco dopo colazione, Yuui tornò al campo di allenamento e non fu sorpreso di trovarci lì il ninja.
Per una volta, non gli era stato ordinato di scortare la principessa nella sua uscita, (e Kurogane non se n’era meravigliato, sapeva ormai bene il perché), quindi avrebbe passato la giornata ad allenarsi.
Il guerriero non si stupì nemmeno quando vide arrivare il biondino saltellando lungo il sentiero.
Del resto, avrebbe potuto scegliere di occuparsi della manutenzione delle armi, o di supervisionare le sentinelle, o di andare in esplorazione. Invece era tornato ad allenarsi. Tsk.

La giornata di allenamento passò in fretta, sorprendentemente in fretta. Alla presenza di Kurogane, l’ansia che aveva colto Yuui a causa del sogno era svanita improvvisamente, rimpiazzata da un sensazione di appagamento. Perfino le farfalle nel suo stomaco si erano calmate.
L’unica cosa strana era che, ogni tanto, fissando il ninja, aveva come l’impressione che la sua sagoma si sovrapponesse alle immagini che gli dovevano essere apparse in sogno. Ma era tutto fuorché una sensazione spiacevole…
Di nuovo, si avvicinò il tramonto, e i due si fermarono a riposare.
Yuui inspirò profondamente l’aria serale, ancora afosa e umida. E ripensò ancora al sogno.
“Cade mai, qui, la neve?”
“D’inverno, sì.” rispose l’altro, intento a mettere in ordine gli oggetti che avevano usato.
“Questo giardino è davvero splendido, Kurosama… sai, qui a Nihon ci sono un sacco di piante che non avevo mai visto prima! E tutte così fiorite e rigogliose!”
Improvvisamente, a Kurogane venne in mente Celes, e le sue sterminate distese di bianco.
“Tu vieni da un paese freddo, non è così?”
“Ah, sì! Beh, è facile da indovinare, no? E’ una paese piuttosto freddo, e anche piuttosto lontano… - rispose Yuui, dondolandosi sulla staccionata dove si era seduto – Ma i fiori ci sono anche lì, solo che non ce ne sono così tanti, e non così profumati.”
“E quanto è distante?”
“Mmh.. non saprei! Da me, almeno un paio d’anni…”
“Due anni?”
“Siamo artisti girovaghi. Esibirci e farci conoscere in nuovi posti è il nostro mestiere! Prima di arrivare qui, ne abbiamo girati, di posti!” sorrise.
“Credevo che anche gli artisti ambulanti avessero un posto dove tornare.”
“Beh, non tutti, magari.” gli occhi rossi del ninja dardeggiarono su Yuui, ma il sorriso del ragazzo si era congelato.
“Se non hai una casa, cos’è che vuoi proteggere con la tua spada?” continuò allora.
Il sorriso sulle labbra di Yuui si tese impercettibilmente, o così Kurogane credette di vedere… ma aveva visto così tanti sorrisi su un volto uguale al suo, che sapeva di non sbagliarsi
“Se avessi qualcosa da proteggere a tutti i costi, e volessi tenerlo segreto, non andresti a dirlo in giro, no?”
Il ninja non gli staccò gli occhi di dosso. Sentiva l’urgenza di penetrare il muro di ghiaccio di quegli occhi azzurri…
“Hyuuuu! Yuui! La cena sarà servita tra poco!” Fay apparve improvvisamente dal sentiero del giardino, gesticolando alla volta del fratello.
“Ah, si è fatto tardi! Grazie per gli insegnamenti di oggi!” esclamò Yuui, saltando giù dallo steccato per correre incontro al gemello.
Kurogane li osservò sparire, e si accinse a rimettere a posto la spada da allenamento che avevano usato. Era presto, per la cena.

 

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Dopo cena, Yuui approfittò della stanza da bagno del palazzo e trovò rifugio nelle volute di vapore che si alzavano dall’acqua bollente della vasca.
Anche quella sera, sarebbe uscito volentieri ad osservare le bellissime lucciole che giocavano a nascondino tra le foglie dei cespugli… ma lui sarebbe venuto a cercarlo, e gli avrebbe fatto altre domande.
Non lo spaventava il fatto di per sé, ma gli faceva male sapere di non potergli rispondere onestamente. E questo era assurdo… era abituato a nascondere la verità, perché mai mentire a quell’uomo gli avrebbe dovuto dare fastidio? E del resto, perché mai avrebbe dovuto rispondergli sinceramente? A lui, che sarebbe mai importato?

Avvolto nel tessuto fresco dello yukata pulito, si stava dirigendo verso la sua stanza, quando incrociò Ashura.
“Signore?”
“Yuui, prepara le tue cose. Domattina partiremo.”
Il giovane lo guardò senza capire. “Di già?”
…ma non aveva ancora parlato del sogno alla principessa… e poi…
“Anch’io ho fatto un sogno, stanotte. E non saremo al sicuro, se rimaniamo qui ancora a lungo… abbiamo dato nell’occhio. Non faticheranno a rimettersi sulle nostre tracce. Domani partiremo.” il tono di Ashura era calmo e fermo, come al suo solito.
“Certo, signore.” Yuui chinò la testa.
Dovevano andare, e il suo posto era al fianco del suo signore Ashura. Per difenderlo.
Egli sorrise e augurò la buonanotte.

Yuui faticò a prendere sonno, quella sera. Avrebbe tanto voluto che qualcuno gli spiegasse… mai un sogno gli era sembrato così reale… e quella piuma… era certo che era da essa che si erano sprigionate tutte le immagini che ancora non vedeva nitidamente, ma che sentiva premere dall’interno del suo petto, insistenti.
…ma non potevano rimanere lì. E se Ashura pensava che occorresse partire domani, così avrebbero fatto.
Prima di addormentarsi, si soffermò a pensare che il guerriero, quel giorno, era stato un po’ più gentile nell’allenamento.
Sarà un timidone, quel Kuroninja, pensò con un piccolo sorriso sulle labbra.

 

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 Poco prima che la notte cedesse il posto al giorno, tuttavia, sul palazzo si abbattè una tempesta estiva di forza spropositata. Il gruppo di artisti era pronto alla partenza, ma al messaggio di Ashura, che comunicava con rammarico alle loro altezze che sarebbero partiti di lì a poco, la risposta perentoria era stata che non si sarebbero certo potuti muovere, con quel tempo; che ogni spostamento sarebbe stato pericoloso, con quelle condizioni atmosferiche…

Ashura ascoltava il vento soffiare impetuoso, e pensò che era davvero inevitabile che Yuui ascoltasse quella storia.

Yuui si avviò di buona lena alle stanze della principessa. Era leggermente in ansia, ma di certo non lo dava a vedere. Era soprattutto curioso.
La principessa Tomoyo lo accolse con un sorriso, e lui, inchinatosi al suo cospetto, le sorrise a sua volta. Un momento dopo, le ancelle della principessa chiudevano le porte della sala alle sue spalle.

 

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Quando si riaprirono, il giovane ne uscì a capo chino.
La storia che Tomoyo gli aveva appena raccontato si stagliava nitida nella sua mente, lasciando solo buio al suo intorno.

Le fronde delle piante del giardino erano piegate e sferzate dal vento e dalla pioggia. Non sapeva dove fosse Kurogane, e improvvisamente si sentiva gelare. Raggiunse in fretta la sua stanza, e si chiuse lì fino a che non arrivò l’ora di cena.

Sembrava che il suo sogno combaciasse con le immagini che la narrazione della principessa aveva evocato in lui.
…una spiegazione lampante a tanti dei quesiti che si era posto in quegli ultimi giorni.
…altrimenti, perché mai qualcuno avrebbe dovuto interessarsi a lui?

 

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L’aria era fredda e pungente; il temporale aveva lasciato il cielo terso e il laghetto era un piccolo frammento di cielo in mezzo alle piante del giardino… si poteva distinguere dove finivano le sponde buie e cominciava l’acqua perché questa brillava del riflesso delle stelle.
La luce del quarto di luna che si affacciava sopra i tetti del palazzo era tenue, ma Yuui distingueva benissimo la sagoma del ninja appoggiato al parapetto di legno. Il vento era ancora forte e faceva svolazzare il suo mantello.
Camminò silenzioso fino a raggiungerlo e si appoggiò al parapetto, accanto a lui.
“Più lo guardo, più mi rendo conto che è davvero un bellissimo giardino, questo. - disse dopo un po’ – Peccato, non poterci vivere.”
Kurogane non rispose, ma si voltò a guardarlo.
“E’ il tuo turno di guardia?”
Il ninja scosse la testa “No. Ma non riuscivo a dormire.”
Yuui sporse il labbro inferiore con aria vagamente canzonatoria “Ooh…poverino! Paura del temporale? Ma adesso è tutto finito!”
Kurogane non reagì con stizza. Osservò l’altro per qualche istante ancora e poi tornò a voltarsi  e ad osservare il timido riflesso della luce delle stelle.
“E tu che ci fai qui?”
“Oh, nemmeno io riuscivo a dormire. Beh, domani partiamo e… insomma, le partenze mi rendono sempre un po’ nervoso.”
…partenze… Kurogane ripensò al mago, alla curiosità che sprizzava non appena giungevano in un nuovo mondo… un entusiasmo che serviva a mascherare il suo nervosismo.
Questo Yuui non lo nascondeva, almeno.
“Anche se, visto il venticello che tira, non credo che passeggiare qua fuori mi concilierà il sonno…”
“E tuo fratello? Riesce a dormire bene, lui?” fece Kurogane togliendosi il mantello.
“…lui? Oh, sì. Dorme meravigliosamente, mio fratello… Beh, sai, nel paese da cui veniamo non sono rare le tempeste. Questo vento non è nulla, in confronto…”
Kurogane osservò scettico l’altro, ma non chiese nulla.
“Ah… questo sì che è freddo, invece!” esclamò Yuui. Aveva sfiorato il braccio sinistro del ninja: il metallo, a contatto con l’aria notturna, era diventato gelido.
Lo prese tra le mani e lo soppesò.
“La persona per cui hai dato questo braccio era fortunata…”
Kurogane attese un attimo prima di rispondere “…non credo che lui avrebbe mai parlato di fortuna.”
“Beh, avere accanto una persona disposta a sacrificare così tanto per un altro…”
Yuui gli strinse la mano artificiale tra le sue.
Cadde il silenzio, e le stelle arrivarono a spostare visibilmente il loro riflesso nello specchio d’acqua, prima che Yuui parlasse di nuovo.
“Ho sentito la tua storia… so che forse non vuoi parlarne, ma… beh, mi ha fatto piacere ascoltarla. Anche se un po’ mi è dispiaciuto che non sia stato tu, a raccontarmela. Tutte le cose che ti sono successe, le persone che hai incontrato, i mondi che hai visitato… incredibile… oh, senti, ora sì è un po’ riscaldata.” disse riappoggiando la mano artificiale sul parapetto.
Kurogane se la sfiorò con la destra: il metallo era tiepido, grazie al calore delle mani di Yuui.
Il ninja pensò che la cosa avrebbe dovuto urtarlo. Che, in fondo, non voleva che il ragazzo sapesse del suo passato… perché questo significava mettere anche lui di fronte ai suoi ricordi… sì, come se li avesse lasciati alle spalle… ma se lui sapeva, era un altro discorso…
“Era un viaggio che forse avrei preferito non affrontare. Ma era inevitabile.”
Eppure non se la prese. Le sue sensazioni erano ovattate, come se a provarle fosse qualcun altro. Se quello davanti a lui non era quel mago, forse nemmeno lui era più sé stesso… forse quel passato non lo riguardava.
Al suo fianco, sentì l’altro deglutire e sospirare “Io non sono il tuo Yuui, però. Ho viaggiato, ma non attraverso i mondi. Non sono quello per cui hai dato questo braccio, e… non lo posso sostituire, Kurogane.”
Il ninja si voltò a guardarlo, ma l’altro abbassò gli occhi… forse Yuui si sarebbe aspettato – forse avrebbe sperato – una sfuriata, qualcosa che cominciasse con un “Ma piantala di dire idiozie!” ma non arrivò. Del resto, Yuui sapeva di avere ragione.
Perché mai, sennò, un tipo burbero come quel guerriero gli si era avvicinato senza nemmeno conoscerlo? O meglio, perché mai gli si era avvicinato come se lo conoscesse da sempre?
“Domani mattina partiremo presto… tenterò di dormire. Buona notte, Kurogane.” Si congedò.
Sparì in fretta nel buio del sentiero.


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Nota: ormai è chiaro come lo Yuui di questa storia sia ben diverso da quello che conoscevamo. Innanzitutto, nella mia testa questo Yuui è leggermente più giovane di quello che vediamo nel manga – nella mia idea, qui ha meno di vent’anni – inoltre, nonostante si intuisca che il suo passato nasconde eventi tristi, è cresciuto in un contesto che è riuscito a dargli amore, anche se non si può parlare di famiglia vera e propria.

Questa sua maggiore infantilità rispetto all’originale è dovuta anche a questo, al fatto di essere circondato da persone che gli vogliono bene. Cosa che lo Yuui originale non si è nemmeno mai sognato.

Sono contenta di aver scritto questo capitolo.. finalmente cominciano a essere introdotti altri personaggi! 

Ringrazio infinitissimamentissimamente Adrienne per il lavoro di beta, che svolge al meglio nonostante le avversità tecnologiche... :(

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Nota: premetto che sono consapevole del fatto che non aggiorno da secoli. Ma per chiunque segua la fiction... la scriverò tutta ^^ anche se molto, molto lentamente..

Oh, e grazie innanzitutto ad Adrienne perchè mi punzecchia e vuole gli spoiler XD e alle persone che leggono e commentano questa storia.

Questo capitolo lo dedico a Neera aka Reiko, che ha sofferto tanto prima di vederlo pubblicato! (sì, ho visto la data dell'ultimo aggiornamento e sono colpevole...)





*...l'incantatore...*

capitolo V





Il giardino sembrava vuoto e silenzioso.
Era una contraddizione, perché il sole splendeva e tutto era un tripudio di vita, tra i canti degli uccelli, lo stormire delle fronde, il ronzare degli insetti.
Ma da quando gli artisti girovaghi se n’erano andati, era come se fosse venuto meno il suo senso dell’udito.
Una musica cessata all’improvviso.
Era quel tipo di armonia della cui esistenza ci si accorge solo nel momento in cui svanisce.
Kurogane non aveva mai pensato che Yuui fosse circondato da una musica – non aveva mai razionalizzato una simile considerazione.
Eppure, ora che se n’era andato, queste note si erano spente. E dalla loro assenza, era risalito al loro aleggiare nell’aria, tra i rami di quel giardino: quelle note avevano preceduto Yuui prima del suo arrivo vicino al campo di allenamento, e si erano soffermate attorno a loro nei momenti di riposo all’ombra del pozzo.
In quegli ultimi giorni, per il ninja era stato come riguadagnare un senso – una sorta di percezione fisica, una scossa che percorreva il lato del suo corpo dalla parte dove l’altro gli si avvicinava.
Una bussola interna che avvertiva e segnalava la sua presenza, quando era nei pressi.
Ora, il segnale era lontano.
Era come aver perso nuovamente una parte del suo corpo.

***

La carovana degli artisti girovaghi procedeva lungo la strada ghiaiosa, costellata di pozzanghere. Normalmente, gli zoccoli dei cavalli e le ruote del carro, con il loro movimento, avrebbero sollevato una nuvola di polvere, ma il terriccio umido rimaneva incollato a terra, plasmandosi docilmente nelle impronte dei viaggiatori.


Il numero dei componenti della carovana era consistentemente diminuito, dopo che avevano lasciato il palazzo dell’Imperatrice. Per l’evento, Ashura aveva assoldato anche alcuni artisti del luogo – era la prima volta che si ritrovavano a dare spettacolo davanti a un pubblico così importante a Nihon, e il capocomico aveva ritenuto più saggio non rischiare di sfigurare, incrementando il loro numero con altri acrobati.
Ma questi erano stati licenziati immediatamente dopo la partenza: dovevano muoversi in fretta, e, per farlo, dovevano essere in pochi. Inoltre, Ashura-o non voleva certo coinvolgere estranei nei loro problemi, anche perché non si poteva mai sapere chi si nascondesse dietro l’allegra facciata di un saltimbanco.


Erano rimasti in sette.
Karen, che cavalcava in testa alla comitiva, il viso dallo sguardo dolce contornato da boccoli dello stesso colore delle fiamme che scaturivano dai suoi eleganti incantesimi di fuoco.
Accanto a lei Karura, i capelli argentei legati sulla nuca, il viso fiero e il mento diritto, alto, mentre osservava sicura la strada davanti a lei.
Insieme a loro viaggiava anche la sorella di Karura, la piccola Karyoubinga, una bambina dalle eccezionali doti canore, la cui salute era purtroppo molto instabile: per questo, si esibiva assai raramente. Durante gli spostamenti, la piccola sedeva sempre sul carro dei bagagli e dell’attrezzatura, accanto ad Ashura-o, dove poteva riposare e dormire.
Karura, sorella estremamente protettiva e preoccupata del benessere della piccola, non avrebbe mai scelto di farle intraprendere un simile viaggio, se solo le circostanze che le avevano spinte a farlo non fossero state così gravi.
Un uccello andò a posarsi sulla spalla della donna dai capelli argentei; aveva lunghe penne bianche e nere, e un collo arcuato, potente quanto grazioso: Garuda. Agli spettatori, era presentato semplicemente come un bell’animale ammaestrato, in grado di fare i numeri più impensabili al comando della sua padrona, ma era molto più di questo. Durante il viaggio, sorvegliava la carovana dall’alto, andando in ricognizione per loro lungo il tratto di strada che dovevano percorrere, avvertendoli nel caso di pericoli o agguati. Karura aveva saputo creare un’intesa perfetta con l’uccello, e i due sembravano legati da un filo invisibile.
Con la sua grande esperienza in fatto di volatili, la donna era stata di grande aiuto a Yuui nel perfezionamento dell’incantesimo della fenice, e l’aspetto del suo animale magico era in buona parte ispirato alla magnificenza di Garuda.


Dietro il carro, a formare una solitaria retroguardia, veniva un uomo dai capelli castano chiaro, un volto gentile: Seichiiro era un maestro delle magie che comandavano il vento, e i suoi numeri includevano improvvisi mulinelli d’aria, che, opportunamente combinati al fuoco di Karen, diventavano aggraziate danze e caroselli di fiamme e scintille sospese nel vuoto… ma le folate del suo vento potevano diventare improvvisamente taglienti come lame invisibili, imprevedibili nella direzione e devastanti nella potenza.
Aveva un modo di fare sempre premuroso e gentile, anche se ogni tanto i suoi pensieri sembravano volare indietro, alla casa lontana dove aveva lasciato moglie e figlia.


Forse non erano una vera e propria compagnia di artisti girovaghi, ma il loro travestimento stava funzionando bene. Era anche piacevole.
Erano i primi a perdersi nei loro spettacoli, come se i loro poteri fossero finalizzati soltanto a quello, a divertire un pubblico deliziato e plaudente. Era piacevole crederci: era uno dei poteri della magia, riuscire a trasportare lontano dalla realtà perfino il suo stesso creatore - che tuttavia doveva essere sempre pronto a tornare indietro, senza esitazioni.


A fianco del carro condotto da Ashura, Fay e Yuui viaggiavano sulla stessa cavalcatura, un alto destriero bianco.
La principessa Tomoyo era stata molto generosa nel fornire alla compagnia i cavalli per il viaggio, in modo tale che ce ne fossero a sufficienza anche per dare il cambio agli animali, una volta che fossero stati troppo stanchi.
Eppure i due fratelli montavano lo stesso cavallo, che non sembrava risentire della fatica di trasportare due cavalieri.
Yuui manovrava le briglie con una certa noncuranza, in maniera quasi automatica, i pensieri persi tra le sponde tristi e infide che erano abituati a percorrere da molto tempo e le nuove correnti che li avevano sfiorati solo in quegli ultimi giorni.
Inoltre, Ashura-o aveva detto che erano di nuovo in fuga. Che li stavano inseguendo ancora.
Sospirò, ma strinse le briglie più saldamente; avrebbe avuto bisogno di un àncora - si sentiva ogni giorno di più come una piccola scialuppa in balia di onde sempre più alte e scure. Ma non ce l’aveva, non ce l’aveva.

***

Accadde qualche giorno dopo; la compagnia viaggiava verso sud a velocità sostenuta – per lo meno, la più sostenuta che potesse permettersi viste le dimensioni e la composizione.
Si avvicinava il tramonto, e la strada proseguiva in mezzo alle colline brulle, senza dar segno di incrociare centri abitati. C’era tempo, prima che facesse buio, ma ci avrebbero messo un po’ a montare l’accampamento, visto che dovevano pernottare all’aperto.
Così, non appena trovarono un luogo che sembrava adatto, decisero di accamparsi.
Vicino al carro venne acceso un fuoco da campo, e cucinarono una cena piuttosto frugale, mentre alcuni si recavano in fretta e furia a fare scorta di legname per il fuoco.
La serata era limpida e così sembrava sarebbe stata anche la notte.


Yuui si raggomitolò nel suo giaciglio osservando le stelle oltre i rami degli alberi sopra di lui.
Il palazzo della principessa gentile e del ninja scontroso era sempre più lontano, a nord. Yuui chiuse gli occhi, per non vedere quelle stelle ed impedire a se stesso di chiedersi se risplendevano allo stesso modo anche tra le fronde degli alberi di quel giardino… e se, per caso, lui non fosse ancora lì, ad osservarne il riflesso nelle acque scure del laghetto.


Ben presto, la stanchezza ebbe la meglio sui pensieri, e il giovane si lasciò trasportare nel mondo dei sogni come dalla lenta risacca della marea.
Ma il riposo dei viaggiatori, quella notte, non era destinato a durare a lungo.
Yuui spalancò gli occhi, svegliandosi di soprassalto, nello stesso istante in cui Fay – gli occhi fissi sulle tenebre che permeavano il bosco vicino al loro accampamento, si chinava su di lui, silenzioso, per avvertirlo.
Una mezza dozzina di uomini, forse qualcuno di meno. Dovevano aver notato la presenza delle donne, e ne avevano dedotto che la superiorità numerica del gruppo di artisti girovaghi non sarebbe stata un problema.
Yuui non poté impedire che un sorriso leggermente amaro gli inarcasse gli angoli della bocca. Avrebbero pagato caro quell’errore di valutazione.
Sentì un cambiamento nel respiro di Karen, che dormiva a poca distanza da lui, segno che anche lei si era svegliata.
Usò un piccolo incantesimo per accertarsi che tutti fossero all’erta, e così era.
Fay si alzò per andare ad avvertire Ashura-o (non ve n’era bisogno, di fatto, perché era già sveglio, ma faceva parte della strategia): in quel momento, rendendosi conto che le loro prede si erano accorte della loro presenza, gli aggressori uscirono allo scoperto, slanciandosi fuori dagli alberi all’improvviso, pur di non perdere il vantaggio della sorpresa.


Balzarono in piedi, e Yuui attivò l’incantesimo in cui quelli erano già incappati avvicinandosi troppo all’accampamento: sulla fronte di ciascuno degli uomini comparve un marchio luminoso.
Quelli rallentarono la carica, sorpresi e perfettamente visibili nel buio della notte, e quando tornarono a posare gli occhi sull’accampamento, trovarono che i suoi componenti avevano formato un cerchio difensivo intorno al carro dove dormivano Ashura-o e Karyoubinga.


Furono Karen e Seichiiro a scagliargli addosso i loro incantesimi, e gli assalitori osservarono allibiti e improvvisamente tremanti di paura la barriera fatta di fuoco e vento che li circondava, sorta dal nulla, eppure rovente e sibilante.
Un momento dopo, piombarono a terra, immobilizzati da una magia di Yuui.
Seichiiro e Karen lasciarono svanire i loro incantesimi, mentre si avvicinavano assieme a Yuui ai malcapitati, osservandoli con un certo sospetto attraverso la cortina di fuoco e vento che andava rapidamente dissolvendosi.
“Avete sprecato la vostra magia, con questi. Non sembrano molto più che comuni banditi.” Commentò inespressivo Ashura-o, raggiungendoli.
Si avvicinò ad uno dei prigionieri, inginocchiandosi accanto a lui, e Yuui allentò leggermente il suo incantesimo, così da lasciare che l’uomo fosse in grado di parlare.
“Vi manda qualcuno?” chiese nella lingua di Nihon.
Per un attimo, prima che pronunciasse quella frase, gli occhi di Ashura-o brillarono di magia.
Il malvivente fece per scuotere vigorosamente la testa, ma, non riuscendoci, si lasciò sfuggire un mugolio che somigliava ad un “no, signore”.
Era sinceramente spaventato.
Ashura sorrise con fare rassicurante, tornando a rivolgersi agli altri.
“Sono solo dei malviventi di strada. Non avrebbero mandato gente così sprovveduta nemmeno per testarci… In ogni caso, non gli farà male passare la notte così. Avranno del tempo per riflettere.”
Aggiunse usando nuovamente la lingua del luogo.
Questo suggeriva che i poteri di Ashura avrebbero avuto una qualche influenza sui sogni che i banditi avrebbero fatto quella notte. Sempre che fossero riusciti ad addormentarsi.

***

“Sembrava un po’ più giovane, ma sempre idiota uguale.” commentò Kurogane. O forse era lui ad essere invecchiato, nel frattempo.
Tomoyo sorrise, osservando distrattamente gli uccelli che svolazzavano tra le fronde degli alberi. Ovviamente, non era quella la risposta che si aspettava alla sua domanda.

Negli ultimi tempi, constatò Kurogane, camminare nel giardino del palazzo portava quasi sempre a sgradevoli conversazioni.
Cominciava ad odiarli, quei vialetti.
Dal silenzio della principessa, tuttavia, capì che la risposta non era sufficiente, e che lei stava ancora aspettando.
“Mi è sembrato che nascondesse qualcosa” disse alla fine.
Tomoyo annuì lentamente. Ashura-o e la sua compagnia di artisti girovaghi erano molto più di quello che lasciavano apparire.
“Di cosa pensi che si tratti?”
“E come accidenti faccio a saperlo?! Non si riesce a capire mai nulla fino a che non è troppo tardi, con quell’idiota!” Kurogane si rese conto di quello che aveva appena detto, e si incupì ancora di più.
Tomoyo aspettò che gli passasse l’impeto di rabbia, prima di parlare.
“Kurogane, pensi che se non avessi mai incontrato lo Yuui di Valeria saresti riuscito a capirlo comunque?”
“Non ne ho idea.”
Kurogane incrociò le braccia con un gesto nervoso. Avrebbe reagito allo stesso modo a quell’incantesimo, se non l’avesse già visto in azione a Celes?
I loro occhi si sarebbero incontrati comunque?
L’idiota sarebbe comunque riuscito a trovare una scusa per chiamarlo “Kurobau” o con qualsiasi altro stupido nomignolo?!
Anche Tomoyo sembrava persa nelle sue meditazioni. “Però forse non saresti stato tanto pronto a recepire i suoi segnali, non credi?” la principessa si voltò verso il ninja con un sorriso dolce ad incresparle le labbra.
“Chissà, anche questo Yuui potrebbe aver bisogno di una mano da parte tua… magari non in senso letterale, questa volta!” ridacchiò lei, mentre Kurogane la fulminava con un’occhiataccia.
“Cosa diamine vorresti dire?”
“Che se niente accade per caso, ci sarà sicuramente un senso nel vostro incontro.”
“E cosa dovrei fare? Rincorrerlo e fargli da balia?”
Tomoyo lo guardò, sempre sorridente, ma con gli occhi seri.
“E’ questo che senti di voler fare?”
Kurogane aggrottò le sopracciglia.
“E a che scopo?” Questo Yuui aveva qualcuno con cui stare. Questo Ashura-o non sembrava affatto in preda alla follia. Il mago non sembrava solo. “Il mio posto è qui.” Commentò pacato ma con decisione.
Tomoyo annuì lentamente, mentre il sorriso tornava ad estendersi agli occhi.
“Il tempo non smette mai di apportare cambiamenti…” disse, quasi tra sé e sé.
Nonostante avesse dei presentimenti piuttosto chiari riguardo alla situazione, non poter conoscere il futuro l’aveva privata delle certezze. Ma da questo vuoto sentiva nascere una forte curiosità, ed anche una buona dose di speranza.

Amaterasu guardava in silenzio il giardino dalle finestre delle sue stanze.
Aveva osservato il comportamento di Kurogane, in quegli ultimi tempi.
Generalmente, era difficile che il ninja lasciasse trapelare i suoi sentimenti – a meno che non si trattasse dell’esaltazione per un’imminente battaglia – ma per chi lo conosceva bene, il disagio ed il contrasto di emozioni del suo animo si erano rivelati evidenti, in quel periodo.
E la stessa Amaterasu non poteva fare a meno di sentirsene coinvolta.
Souma la raggiunse presso la finestra.
“Siete preoccupata per Kurogane?”
Amaterasu annuì, gli occhi sempre fissi sul giardino.
“Ha sofferto così tanto. Ricordi quando lo incontrammo per la prima volta?”
Souma annuì. Nella mente di entrambe il ricordo era ben vivido: un ragazzino con il viso sconvolto dall’orrore e dalla follia che il dolore aveva causato, coperto di sangue, gli occhi dilatati tinti di un rosso demoniaco. La forza con cui stringeva il cadavere dilaniato della madre e la katana del padre, nell’altra mano.
Allora, Tomoyo l’aveva salvato dai demoni che si erano impadroniti di lui. Era stato soprattutto grazie alla principessa, se il guerriero aveva potuto a sua volta essere in grado di aiutare anche i suoi compagni, di dare amore a chi ne aveva ricevuto così poco.
“Vederlo così mi fa sentire impotente. E’ così ingiusto. Nemmeno i miei poteri di Imperatrice possono nulla, contro il suo dolore. Nemmeno la mia musica.”
Souma le prese la mano. “La principessa Tomoyo ha fiducia che il futuro potrà migliorare le cose.”
Amaterasu voltò verso di lei i suoi grandi occhi celesti, sorridendole. “E io ho fiducia in mia sorella. Ma la fiducia nel domani non basta a cancellare il dolore del presente.”
Racchiuse la mano scura della ninja tra le sue dita candide.
Scrutando le iridi ambrate di Souma, poteva intuire cosa significasse rimanere soli in un mondo dove la persona amata aveva smesso di esistere.
“Se tu dovessi andartene, non credo sarei in grado di resistere all’impulso di seguirti.”
Souma la guardò sorpresa, ma poi sorrise quasi maternamente, posando l’altra mano su quelle dell’Imperatrice.
“Avete un compito molto importante da svolgere, qui. Non dovreste comportarvi impulsivamente.”
Amaterasu sbuffò, sporgendo leggermente il labbro inferiore, facendo prendere alla sua piccola bocca una piega quasi imbronciata.
“I miei sentimenti e il mio ruolo politico vanno in direzioni troppo diverse. Vedi di non mettermi nella posizione di dover scegliere… - tornò seria, un sorriso appena accennato e un’espressione decisa negli occhi – Non morire senza di me.” disse in tono che non ammetteva repliche.
Souma sorrise mestamente, mentre acconsentiva, chinandosi a baciarla.

***

Il viaggio della compagnia di artisti proseguiva.
Yuui osservava il paesaggio scorrergli accanto con un distacco che a tratti si tingeva di nostalgia.
Nostalgia senza senso, perché quell’armonia che aveva ascoltato come da dietro una porta chiusa, quel tepore avvertito come mettendosi addosso una coperta o un indumento ancora tiepido del calore altrui, era qualcosa che lui non aveva mai posseduto, né desiderato razionalmente di avere.
Del resto, nessuno avrebbe davvero ricavato nulla di buono dallo stargli accanto. Quindi… perché mai aveva anche solo inconsciamente desiderato che qualcuno si interessasse a lui? Che qualcuno gli si volesse avvicinare?
Era meglio che il paesaggio scorresse via ai suoi lati, e che lui si limitasse ad osservarlo. Era bello così, il paesaggio.
Lontano, senza di lui.

***continua***

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