Action, this night!

di Rowena
(/viewuser.php?uid=1880)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La grande notte ***
Capitolo 2: *** L'alba del giorno dopo ***



Capitolo 1
*** La grande notte ***


Note: Avviso ai deboli di cuore: questa storia presenta un pairing bizzarro... Volete sapere quale? Ebbene sì, Sirius/Rita. No, non sono impazzita! Né ho divorziato da Sirius, il mio grande amore potteriano... Dunque, è nato tutto da un giochino a domande sui personaggi del Potterverse su un forum e a me è toccato inventare un intermezzo narrativo perché Rita arrivasse a deflorare Sirius. La domanda del test prevedeva queste esatte parole, giuro. Inventare una sintesi per una possibile storia... Peccato che giocavano con me Alektos e Ladyhawke, che mi hanno subito ricattata a scrivere questa storia malsana (rido).
La dedico a loro, in particolare a Lady, che l'ha attesa con trepidazione per un sacco di tempo. Vuole essere anche un mio regalo di compleanno posticipato, auguri polla!
L'avevo pensata a capitolo unico, ma alla fine è diventata molto ma molto più lunga di quanto avevo preventivata e mi è sembrato (su consiglio di Ale, grazie polla!) il caso di tagliare. Ecco a voi la prima metà, sulle note di un gruppo a caso, i Queen...


La tua mente dolcezza è un luogo desolato
Vivere nella tua mente è vivere in uno spazio desolato
La tua mente viene da una corsa spietata
Ma c'è un pulsare di battito cardiaco
Che continua a pompare
Come un juke-box che suona lo stesso disco incantato
O una radio all'angolo che continua a urlare
Ho la sensazione che proprio non se ne vuole andare
Che il mondo mi stia usando

[Queen, Action This Day]

Hogwarts sembrava caduta nel caos, in una notte ben lontana da felicità, gloria e fortuna che si aspettavano per la serata di chiusura del Torneo Tremaghi.
La folla accorsa per assistere alla terza prova era scemata rapidamente, cercando rifugio lontano dal castello, e perfino il Ministro aveva abbandonato il campo rifiutando anche solo la possibilità di verificare la storia raccontata dal giovane Potter.
Il caro Cornelius, tuttavia, era riuscito a fare la propria parte: Crouch Junior era stato condotto ad Azkaban, ormai senz’anima e incapace di avvalorare le parole di Silente.
Presto il Preside si sarebbe trovato a spiegare a tutti i suoi ragazzi cosa era avvenuto nel labirinto, fronteggiare la stampa, tentare di convincere Caramell a credere al ritorno di Voldemort…
Era stanco: iniziava a sentire la vecchiaia sulle sue spalle e i compiti ingrati toccavano come sempre a lui. Si fermò sulla porta dell’infermeria, cercando con lo sguardo un ragazzo addormentato tra i letti del salone.
«Harry?» Domandò piano a Madama Chips, che gli era andata incontro.
«Sta dormendo, adesso. La seconda dose di Pozione ha fatto il suo lavoro». Rispose l’infermiera con semplicità, indicando un letto poco distante, il solo con le tende tirate.
Harry Potter dormiva vegliato da molte persone: i suoi migliori amici non si spostavano dal suo capezzale, e così la signora Weasley con Bill. Poco distante stava in piedi Sirius, che non toglieva gli occhi di dosso dal suo figlioccio.
«Povero ragazzo, che situazione tremenda…» mormorò Molly, passandosi una mano sugli occhi.
Silente annuì gravemente. «E il peggio deve ancora venire».
Tutti i presenti fissarono il Ragazzo Sopravvissuto, che riposava ignaro di tutto sotto l’effetto di un potente sonnifero.
«Albus, fuori c’è quella pazza scatenata di Rita Skeeter, che pretende di intervistare seduta stante Harry per avere la sua versione dei fatti di questa notte» sospirò Minerva affacciandosi sulla porta dell’infermeria. «Sono riuscita a farla rimanere al portone, ma non credo che si lascerà cacciare via».
La giornalista si stava conquistando l’odio di tutti i presenti che ancora avevano un minimo di rispetto per lei, compresa la signora Weasley, che qualche mese prima aveva letto quasi con orrore un suo articolo su un possibile affetto sentimentale tra Harry e Hermione, prendendo le sue parole per oro colato.
Per quanto riguardava Sirius, quella donna meritava la morte da molto tempo, ricordando il periodo in cui aveva piantonato le celle in cui erano stati richiusi tutti i maghi arrestati per possibile collaborazione con Voldemort in attesa di un processo. E i condannati a vita che non si meritavano nemmeno una sentenza, come lui. La sua voce al di là delle sbarre che lo implorava per avere un intervista era un ricordo davvero spiacevole, che lo faceva ribollire di rabbia.
Toccava a Silente, tuttavia, decidere cosa fare: Hogwarts era il suo regno ed era compito suo decidere come comportarsi con gli ospiti del castello, per quanto fossero sgraditi.
«Le hai ricordato che, per quanto sia grave la situazione, continuano a valere le restrizioni che abbiamo imposto?» La voce del Preside si era mantenuta calma ed educata, ma tutti i presenti non ebbero difficoltà a riconoscere un discreto fastidio nell’intonazione.
La donna scosse il capo, irritata quanto lui. «Non ha voluto ascoltarmi e, da quel che ho visto, non si fermerà davanti a nulla».
«Ci mancava anche questa scocciatura, con tutti i problemi che dobbiamo già affrontare».
«Qualcuno dovrebbe allontanarla, così che non disturbi ancora: non ho ascoltato tutti i vostri discorsi, ma penso che abbiate troppe cose di cui occuparvi prima che faccia giorno per badare anche a quella strega», suggerì Hermione strofinandosi gli occhi per il sonno. «Io avrei un piano, però...» Un profondo sbadiglio le impedì di finire: era troppo stanca, poverina, per continuare la frase. Silente le concesse un sorriso benevolo, prima di mettersi a pensare.
«Qualcuno di noi dovrebbe distrarla, così da permettere agli altri di continuare a svolgere i compiti assegnati loro: onestamente non sono tranquillo con quella testarda reporter appostata appena oltre il mio portone».
«Nessuno lo sarebbe al tuo posto, Albus, ma non ti seguo: tutti noi, perfino quel traditore di Piton», e qui il Malocchio originale si trattenne dall’accompagnare il nome da molti aggettivi coloriti a una occhiataccia del vecchio amico, «insomma, abbiamo da fare; ci andrei io, ma un occhio magico e la gamba di legno non sortirebbero grande attrazione, temo. Inoltre, quella pazza aveva preso di mira anche me, la scorsa primavera, tentando di convincermi a tracciare un profilo di quanto fosse peggiorata la mia paranoia. Ci credereste?»
Nessuno rispose, temendo la reazione del vecchio Auror.
«Inoltre», aggiunse la signora Weasley, «sono sicura che quella donna non si lascerà distrarre da una persona che sa vicina a Harry. Le si possono attribuire molti difetti, ma certo non è stupida».
L’osservazione era sensata: anche lo stesso Silente avrebbe avuto problemi a mandarla via poiché, conoscendo l’affetto che l’anziano Preside provava per il Ragazzo Sopravvissuto, Rita non si sarebbe lasciata cacciare senza creare altri problemi.
No, a occuparsi di lei doveva essere una persona sconosciuta, che apparentemente non aveva interessi per proteggere dagli artigli laccati della giornalista il giovane Potter. Albus sembrava non avere idee, purtroppo, quando il suo sguardo si posò su Sirius, che stava rimuginando qualcosa senza badare alla conversazione in corso.
Silente iniziò a riflettere, iniziando a vedere uno spiraglio. «Forse, se un mago sconosciuto l’avvicinasse per caso, colpito da lei, e le offrisse qualcosa da bere…»
Black si rese conto di cosa stava succedendo. «No. Qualunque cosa tu abbia in mente, no». Il Preside sapeva essere inquietante, quando si metteva a pensare, e quella strana espressione che gli stava dedicando non prometteva nulla di buono.
«Non crederai che possa funzionare: avanti, sono il ricercato numero uno del mondo magico! Come è possibile che non se ne renda conto?»
«Proprio perché è un piano così assurdo funzionerà, te lo assicuro. E poi è notte, e se domani mattina sguscerai via abbastanza in fretta non avrà possibilità di riconoscerti».
«Non credo che sia così facile da raggirare…» la voce di Sirius si spense in un istante, allibito a quanto gli toccava ascoltare. «Un momento: domani mattina? Perché diavolo dovrei rimanere lì fino a domani mattina?»
Stava diventando leggermente isterico, malgrado il suo pallido tentativo di mantenere il controllo; perché Silente gli stava facendo questo? Non ne aveva già passate a sufficienza nel corso della sua vita?
Albus lo fissò ancora, con aria più supplichevole però, e in quel momento Sirius si sentì fregato: il Preside gliene aveva lasciate correre troppe per non acconsentire ad aiutarlo. Era il solo, fortunatamente, che riusciva a forzare i suoi infimi sensi di colpa, e senza neanche aver bisogno di parlare.
«Ti prego, non farmi questo» pigolò tentando un salvataggio della propria persona in extremis.
Minerva ebbe pietà di lui e cercò di fargli sembrare l’ostico compito meno terribile. «Vedila come un’occasione, Sirius. Sei stato tanto tempo da solo… Può essere divertente, no?»
La reclusione a vita ad Azkaban non era mai sembrata tanto dolce e piacevole a Sirius Black.


L’aula di Pozioni era buia e fredda perfino alla fine di giugno: nel sotterraneo era rimasto tutto molto simile ai tempi in cui un giovane Grifondoro non troppo amante della materia seguiva le lezioni del professor Lumacorno, ad eccezione della figura umana che stava riordinando alcune ampolle su uno scaffale polveroso.
«Che vuoi?»
Il quasi quarantenne Sirius Black sobbalzò dalla sorpresa: per fortuna era lui che si trasformava in un cane dai sensi sopraffini, e non quel barbagianni di Piton! «Come facevi a sapere che ero io?»
Il professore di Pozioni si voltò, esibendo il suo solito sorrisetto beffardo.
«Non racconto certo a te i miei segreti. Allora, Black, che stai cercando nel mio studio?»
Il ricercato si sedette stancamente, ancora indeciso sul da farsi: il compito che gli era stato assegnato era davvero ingrato, e aveva bisogno di ricordarsi che lo faceva per Harry per trattenersi da una nuova fuga. «Hai un beverone torcibudella che mi faccia rincretinire abbastanza da compiere l’impresa? Da sobrio non posso farcela».
«Questo lo dici tu, Black. Piuttosto, credo dovresti preoccuparti di ben altro problema, nella tua situazione», ammiccò Piton muovendo un dito della mano destra, prima di rimettersi a riordinare le ampolle sugli scaffali. «Del resto, è passato parecchio tempo da quando ti divertivi qui a Hogwarts, se non mi sbaglio».
Sirius lo fissò con odio, senza trovare nulla di altrettanto maligno da rispondere. Per Merlino, stava perdendo colpi! Azkaban si faceva sentire, ancora, perfino nella sua capacità di prendersela con il prossimo. E dire che Piton era un bersaglio così facile…
«Quanto sei divertente, Mocciosus; mi era mancato questo tuo spiccato senso dell’umorismo, in prigione. Allora, racconta un po’ che superalcolici nascondi in questa spelonca».
Severus sembrava restio a condividere i suoi tesori con il suo nemico giurato di gioventù. «Tutto quello che serve a sopportare quegli inetti dei miei studenti, in realtà; spiegami, però, perché dovrei dividere le mie scorte segrete con te».
Sirius era oltraggiato: ma in tempi difficili come quelli che stavano vivendo non si doveva condividere tutto? Con la sceneggiata a cui li aveva costretti Silente poco prima, oltretutto… Gli aveva perfino stretto la mano, non meritava ora una ricompensa? «Potresti andarci tu a sistemare la piattola, se sei così egoista» buttò lì, certo di non riuscire a salvarsi per così poco.
Come dare torto a Mocciosus? Lui stesso, nei panni unticci del vecchio rivale, non avrebbe accettato lo scambio per nulla al mondo.
Infatti l’altro rispose secco: «Preferisco affrontare l’Oscuro Signore e il suo seguito. Cosa che dovrò fare davvero tra poco».
Ancora deciso a non rassegnarsi, Sirius tentò la carta dell’accusa di vigliaccheria: con James aveva funzionato per anni, quello si sarebbe dichiarato pazzo d’amore per la McGranitt pur di non farsi dare del codardo!
«Fifone», sibilò.
«Idiota». Risposta altrettanto decisa e cattiva. Nulla da fare, non ci era cascato.
Quasi vent’anni sembravano essere passati invano, in quel momento, ma almeno i due non avevano messo mano alle bacchette per sfidarsi a duello.
«Allora, cosa mi offri?» Ripeté Sirius iniziando a spazientirsi: non bastavano dodici anni di prigione immeritata, o quello passato alla macchia, vivendo come un cane randagio per le strade del mondo, no! Ora doveva perfino sacrificarsi per quell’ingrata missione.
«Quanto vuoi essere sobrio?» Domandò Piton sospirando, ormai consapevole che non sarebbe riuscito a salvare gli spiriti.
«Temo che nemmeno annegando nell’alcool puro riuscirò a dimenticare completamente cosa mi attende. Dimmi che mi sbaglio, per favore», supplicò Sirius, ormai rassegnato, senza però ottenere risposta. «Il tuo silenzio è molto rassicurante».
Non c’era davvero speranza.

Purtroppo, Rita era appostata subito all’esterno del portone principale. Sirius maledì l’attaccamento professionale di quella vipera e si buttò sulle spalle il Mantello dell’Invisibilità che il vero Alastor Moody gli aveva infine prestato dopo mille rassicurazioni.
Dannazione, quell’Auror era anche taccagno, oltre che paranoico! Non era tanto normale pretendere il giuramento sulla sua testa e su parti ben più delicate del suo corpo per riavere un vecchio Mantello logoro dopo aver passato quasi un anno rinchiuso in un baule.
Sempre maledicendo Malocchio, fissò attentamente lo sguardo sulla strega, per rimanere basito se non disgustato: falsa, innaturale, ridicolmente costruita nel folle tentativo di sembrare avvenente.
Non sapeva cosa lo infastidiva di più, se la ridicola acconciatura o gli artigli sicuramente fasulli dipinti di rosso, per non parlare della strana piega artificiale delle sue sopracciglia.
La penna magica color verde acido si agitava in maniera quasi isterica tra le sue lunghe dita, probabilmente condividendo il bisogno febbrile della donna di scrivere un altro po’ di bugie e maldicenze.
No, decisamente Rita Skeeter non corrispondeva al suo ideale di donna. Era già un personaggio gretto e per nulla attraente da giovane, quando bazzicava per celle e tribunali alla ricerca di nuovi scoop, come Vita in diretta da Azkaban, I rimorsi di un pluriomicida e molti altri sulla falsariga, ma negli anni era notevolmente peggiorata nel tentativo di sembrare insensibile allo scorrere del tempo.
Avvolto nella stoffa impalpabile del Mantello, il mago vagliò ancora tutte le possibilità che aveva di fronte: in fondo, Silente aveva coperto la sua fuga, sebbene ancora non avesse agito per scagionarlo dalle accuse che pendevano sul capo del ricercato, e Harry era tutto ciò che rimaneva della sua amata famiglia, insieme a Remus.
Sospirò piano, controllandosi perché la strega pedante non si accorgesse della sua presenza; non aveva scelte di fronte a sé, se non andare fino in fondo. Si allontanò un poco dal portone, così che la Skeeter non avesse dubbi sul suo arrivo improvviso, e si mostrò alla luce della Luna.
Silente aveva preteso di lavarlo, in una tinozza adatta a fare il bucato per di più, e a sistemargli un poco barba e capelli in modo che Rita non collegasse all’istante il suo volto con il mago più pericoloso in circolazione.
Beh, si disse Sirius, almeno dopo questa notte cercheranno qualcuno più pericoloso di me.
Fece un bel respiro, pregando Merlino e Morgana di avere pietà di lui, e si rese visibile non appena gli sembrò di essere in un punto abbastanza distante da poter essere creduto; dal campo di Quidditch ancora arrivavano segnali di caos e confusione e le grida disperate dei signori Diggory, che vegliavano il corpo del figlio in una tenda poco distante.
Bello sfondo per quel genere d’approccio, oh sì. Come se la situazione non fosse tragica solo per il gramo incarico ricevuto.
Si sentiva perduto: tentare di circuire una strega – e che strega! – in un momento simile gli sembrava davvero fuori luogo. Avrebbe trovato qualunque scusa pur di salvarsi, perciò decise di mettersi all’opera prima che il suo senso di auto-conservazione lo portasse a fuggire lontano.
L’alcol che Piton gli aveva messo davanti e lui aveva trangugiato forse cominciava a fare effetto: sì, vista così, nella quasi totale oscurità, forse Rita sembrava quasi una persona interessante. Quasi.
Forse, cercando di confonderla con una delle tante ragazze con cui se l’era spassata in gioventù, la situazione sarebbe sembrata meno tragica. Aveva la mente abbastanza annebbiata per immaginarsi di tutto, ormai.
Si avvicinò in silenzio, per sfruttare l’effetto sorpresa e cercare di ammutolire la strega: era una missione impossibile già in partenza, conoscendo il soggetto, ma tanto valeva provare. E poi trovare un modo indolore di farla tacere per il resto della notte, magari una bella mattonata in testa, sì!
Indolore per se stesso, ovviamente, mica per quel mostro travestito da donna: in fondo, Silente non aveva mica specificato come doveva intrattenerla. Poteva nasconderla nella Foresta Proibita, magari gli Schiopodi Cosi, i nuovi cuccioletti di Hagrid, avrebbero fatto il resto…
Azione, Sirius! Si disse il mago più baldanzoso che mai: ora che aveva ideato un piano che non lo vedeva come agnello sacrificale, era pronto a giocarsi il tutto per tutto.
«L’hanno chiusa fuori, signorina?» attaccò con la voce più profonda e suadente che gli riuscì: i lunghi anni di silenzio forzato gliel’avevano resa più roca, cosa che in quel momento poteva rivelarsi molto utile. «È tipico di Albus Silente non avere alcun riguardo per la stampa».
Prima regola per far capitolare una donna, anche trattandosi di Rita Skeeter, era adularla con credibilità, Felpato non avrebbe mai potuto dimenticare questa fondamentale verità, neanche in quasi quindici anni di prigionia.
Incredibile ma vero, funzionò: Rita, che stava cercando un sistema per introdursi nel castello, si voltò di scatto, forse più per la paura delle conseguenze che per altro; le bastò guardare il mago appena arrivato – Sirius rabbrividì a quella lunga e attenta occhiata scrutatrice – per tranquillizzarsi.
Era il momento di sfoderare il proprio valore di sciupafemmine e usare la mossa Mano nei capelli numero uno, la preferita di James.
Il suo migliore amico si sarebbe rivoltato nella tomba, ne era sicuro, visto lo scopo per cui metteva in pratica la sua arte di seduttore, ma in fondo era per una buona causa. Lo sperava almeno.
Se non altro, assistere per anni al pavoneggiarsi di Potter-Il-Cercatore-Più-Fantastico-Della-Storia finalmente pagava in qualche modo. Doveva solo farle abbassare la guardia e colpirla, per poi andare a scolarsi un goccetto dopo l’altro da Aberforth fino a dimenticare il pericolo corso.
Povero Sirius, era così soddisfatto di sé da non accorgersi del largo sorriso che si era lentamente disegnato sul volto di Rita. «Ma noi non ci conosciamo?» domandò lei.
Davvero non l’aveva riconosciuto? L’uomo ghignò tra sé e sé, fiero del proprio fascino assassino. «Non di persona, sfortunatamente, ma sono un grande fan del suo lavoro». Come no, vecchia befana: già chiamarti signorina è un complimento esagerato! «Penso che la sua determinazione per rendere nota la verità su certi personaggi della nostra società che godono di una fama immeritata sia davvero encomiabile».
La stava sparando troppo grossa? Di certo aveva battuto il suo storico record di bugie in una sola volta, con le stupidaggini che si era appena inventato.
Troppo gongolante per la propria astuzia, tuttavia, Sirius non si era ancora accorto della strana luce che brillava negli occhi della giornalista che, piano piano, gli si stava avvicinando sempre di più.
Il piano funzionava, il piano funzionava… Preso com’era a complimentarsi con sé stesso, la Skeeter fu libera di abbrancarlo per un gomito e prenderlo a braccetto senza resistenza, mettendosi poi a ridacchiare tutta soddisfatta.
Troppo tardi Sirius cercò di liberarsi, visto che la strega lo stava già trascinando verso la Testa di Porco, così come troppo tardi arrivarono gli strepiti e i tentativi per fermarla: Rita sembrava come animata da una forza sovraumana. «Dato che lei è un mio grande fan, perché non continuiamo la conversazione davanti a un bel drink? Adoro le persone che amano parlare di me!»
Forse c’era ancora spazio per farla ubriacare e salvarsi in extremis, forse.
«Ma ma ma.. Io veramente non posso fermarmi a lungo, la notte è lunga e io dovrei…» Stava iniziando a balbettare, disperato, vedendo la luce in fondo al tunnel in cui era stato spintonato da Silente allontanarsi sempre di più.
Rita lo strattonò ancora, costringendolo ad entrare: «Esatto, la notte è lunga. Siamo qui, noi due, soli, in un momento difficile vista la gravità degli eventi di questa sera; cosa può avere di meglio da fare che godersi l’occasione?»
Un sacco d’impegni, sicuramente, a cominciare da un bello shampoo a quel corvo unto di Piton. Sirius scoccò un’occhiata disperata al barista perché, se non altro, rendesse la… cosa meno atroce possibile.
Una radio consunta suonava in un angolo, lanciando dal suo altoparlante vecchio di secoli una canzone lenta e cupa, che in quel momento risuonò come un lamento funebre.
Sentendosi un bambolotto senza via d’uscita, il mago capitolò: era perduto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'alba del giorno dopo ***


Era quasi l’alba, ormai, quando una sagoma magra e scarna riuscì finalmente a entrare a Hogwarts, sotto lo sguardo pietoso di una comprensiva e preoccupata Minerva McGranitt, stremata per la notte insonne.
Sirius Black arrancava in pessime condizioni, e tuttavia, una volta entrato nel castello, ebbe la lucidità necessaria per trasformarsi in cane prima che un qualsiasi studente potesse notarlo e dare l’allarme.
Aveva bisogno d’aiuto, decisamente: recarsi verso l’infermeria era fuori discussione, almeno non senza mettere in agitazione Harry ed essere costretto a raccontare la verità al figlioccio, e non aveva alcuna intenzione di andare a rifugiarsi nello studio di Silente. Il vecchio gli doveva un enorme favore, pensò, e tuttavia non sarebbe tornato a elemosinare aiuto da lui tanto presto, nemmeno se avesse potuto far revocare tutte le accuse che pendevano sulla sua testa.
Al momento di prendere le scale che portavano ai sotterranei, tuttavia, Sirius si domandò se la recente esperienza non avesse terminato il lavoro di Azkaban, eliminando quel poco di ragione che gli era rimasto. Non aveva scelta, però: sentiva il bisogno disperato di parlare con qualcuno, e Mocciosus era il solo con una vita talmente dissestata da trovarsi essere costretto ad ascoltarlo.
Severus Piton stava pulendo il bancone di legno scuro, lo stesso su cui era solito trattare tutti gli ingredienti necessari per le sue pozioni, con uno straccio di tela che sembrava aver giorni migliori.
«Spiacente, non sono ammessi animali qui. A meno che non servano organi freschi, sai: un fegato di cane può sempre servire, soprattutto se ancora caldo». Disse il professore di pozioni senza nemmeno alzare lo sguardo. I suoi poteri paranormali erano sempre più inquietanti.
Con due balzi, l’animale nero si portò di fronte all’eterno avversario, dall’altro lato del tavolo, e riprese sembianze umane.
«Sei gentile ed ospitale come sempre, noto. Versami qualcosa, piuttosto».
Piton sbuffò, rendendosi conto che ignorarlo e basta sarebbe stato impossibile. «Questo non è un locale, Black: se vuoi un drink, vai a cercarlo da Madama Rosmerta, è probabile che caschi ancora ai tuoi piedi al primo frivolo complimento, come quando eravamo ragazzi».
Ricordi di gioventù s’intromisero tra loro, riportandoli ai quindici anni e a un pomeriggio nevoso passato a Hogsmeade; i Malandrini tenevano spettacolo ai Tre Manici di Scopa, neanche a dirlo, e un giovane Severus se ne stava a un tavolo in angolo, nel tentativo di isolarsi dal baccano che i quattro Grifondoro provocavano.
Sirius sogghignò, sempre felice di ripensare ai bei vecchi tempi; recuperò uno sgabello da un angolo della stanza e si accomodò, deciso a portare avanti il discorso.
«Sei invidioso perché io riuscivo ad avere tutte le Burrobirra di questo mondo senza tirare fuori un solo Zellino, mentre tu hai sempre dovuto pagare. O forse erano le risatine di Rosmerta a infastidirti? Eri geloso, per caso?» Domandò con un sorriso sornione, grattandosi un orecchio con la punta delle dita; le abitudini canine erano difficili da ignorare, ormai.
Il professore di Pozioni scrollò le spalle, infastidito da simili insinuazioni. «Se una donna è tanto idiota da farsi prendere in giro da uno come te, non merita considerazione. Piuttosto, com’è andato il tuo appuntamento?»
Incapace di rispondere, Sirius rabbrividì, mentre l’altro mago riprendeva a pulire il pianale con aria decisamente soddisfatta, deciso a far sparire anche la più piccola macchia.
Il ricercato si accorse solo in quel momento, mentre stava vagando con lo sguardo per cercare un buon argomento con cui sviare la conversazione, di quale noioso compito si stava occupando l’eterno rivale e rimase a fissarlo, stupito. «Non so se te l’hanno mai detto, ma ho una notizia per te: questi lavori si possono ovviare con la magia».
«Questa è la differenza basilare tra te e me: tu sei un lavativo, mentre io preferisco non impigrirmi, svolgendo a mano queste piccole faccende, senza usare un solo incantesimo. Non amo abusare dei miei poteri anche per le questioni più insignificanti».
Eh, perché lui era più bravo, più perfetto, più intelligente… «Certo, come dici tu. In quel marasma dei tuoi scaffali c’è anche qualcosa per farmi dimenticare la notte appena trascorsa?» Chiese maleducatamente Sirius, scocciato da quelle chiacchiere insensate e dai costanti tentativi di Mocciosus per risultare il migliore dei due.
Piton, d’altra parte, prese fiato per iniziare a spiegare il perfetto e preciso sistema di catalogazione di Pozioni, filtri, ingredienti e distillati che aveva adottato fin da quando era stato assunto, ma rinunciò prima ancora di pronunciare una sillaba: Black era troppo ottuso, secondo il suo giudizio, per comprendere una simile prova di genio. Decise, invece, di continuare ad indagare su ciò che era avvenuto tra il ricercato numero uno del mondo magico e la giornalista più insopportabile che si fosse mai vista.
La curiosità lo stava divorando, così come la sensazione che presto avrebbe conosciuto un segreto che gli avrebbe permesso di ricattare il vecchio rivale. «È stata una serata così pessima?»
Felpato sapeva di non essere in compagnia di una persona degna di fiducia, così come non gli era difficile immaginare che nel giro di dieci minuti si sarebbe pentito di aver aperto bocca; aveva decisamente bisogno di sfogarsi, però, e visto che Mocciosus era la sola persona nei paraggi…
«La prossima volta io affronto Voldemort e tutti i suoi allegri amici e tu vai a divertirti con quella…» Sirius non riuscì nemmeno a terminare la frase, troppo preso a rabbrividire al ricordo di ciò che gli era capitato. «Ti giuro che io ho avuto un sacco di donne, anche con pretese strane, ma questa davvero le batte tutte. Credo che chiamerò la protezione animali per cercare conforto, oppure mi costituirò e tornerò ad Azkaban».
Messo là, appollaiato su uno sgabello e con l’aria di un vero derelitto, Black sembrava più comico e attaccabile che mai. Il professore di pozioni stiracchiò le labbra sottili in un sorriso ben poco amichevole: «Il solito melodrammatico. Cambierai mai, Black?»
Per nulla colpito, Sirius scrollò le spalle. Mai, mai sarebbe diventato un’altra persona: ci aveva provato chi aveva deciso per la sua condanna ad Azkaban, e i Dissennatori erano quasi riusciti ad annullare la sua coscienza, eppure era ancora lo stesso mago di sempre. Se non l’aveva cambiato l’esperienza di quella notte, nulla poteva! «Potrei farti la stessa domanda, credo» ribatté con voce piatta, stanco di quel battibecco; all’improvviso voleva andarsene, chiedere a Remus asilo per qualche giorno e dormire, dormire, dormire. «Allora, hai la pozione che ti ho chiesto? Così posso andarmene e lasciarti a giocare alla sguattera».
«L’ho finita, mi dispiace», replicò Piton incrociando due dita dietro la schiena. «Per il tempo necessario a distillarla di nuovo, purtroppo, il ricordo sarà troppo radicato nel tuo subconscio; ti consiglierei un incantesimo Obliviatore, a questo punto».
Nel vedere il pozionista tirare fuori la bacchetta, Sirius fece un balzo indietro, spaventato; certo il ghigno che incurvava il volto del mago era ben altro che rassicurante. «Non sono così pazzo da affidarmi a te per un problema simile, Mocciosus, perciò torna a lustrare il tuo tavolaccio: non ti lascerò manipolare i miei ricordi, anche a costo di tenermi stretti quelli drammatici di ieri notte!»
E con quella declamazione da palcoscenico, Sirius si ritrasformò in cane e corse via, diretto al confine della barriera magica che impediva di Smaterializzarsi; non l’avrebbe mai confessato, ma aveva un bisogno incredibile di coccole e di cioccolato.
«Peccato» sibilò Severus Piton, prima di mettersi a ridacchiare. Anche un mago come lui aveva bisogno di divertirsi, ogni tanto.

Nel frattempo, il preside di Hogwarts scendeva lungo il sentiero in direzione del villaggio; si fermò un attimo, ormai sulla soglia della Testa di Porco, per osservare l’alba. Un attimo prezioso di serenità dopo una notte d’inferno; per fortuna tutti avevano fatto la loro parte, così da rendergli il compito meno gravoso.
C’era ancora così tanto da fare… «Allora, vuoi rimanere ancora lì fuori a meditare sull’immensità dell’infinito o ti decidi ad entrare?»
La voce burbera del fratello minore riscosse il mago riportandolo alla realtà. «Sto ancora cercando di svegliarmi, a dir la verità: come mai questa chiamata improvvisa?»
Aberforth si strinse nelle spalle, agitando uno strofinaccio lurido in direzione di Albus. «Vieni dentro, ho bisogno del tuo aiuto».
Accidenti. Il maggiore dei due ubbidì aggiustandosi gli occhiali a mezzaluna sul naso: suo fratello era maledettamente orgoglioso, in genere, e non gli aveva mai chiesto una mano se non per quella questione degli esperimenti sulla capra… Doveva essere successo qualcosa di grave, se si abbassava a tanto.
Merlino, com’era presto! Non aveva più l’età per simili levatacce. «Hai un po’ di caffè?»
«Meglio, fidati» rispose burbero Aberforth, mettendogli davanti un calice sottile in cui ribolliva uno strano intruglio vischioso e nero. Indeciso, Albus decise di prendere tempo, chiedendo di nuovo per che genere di questione era stato convocato via camino.
La risposta fu quantomeno singolare. «Le mie caprette sono scappate questa notte e da solo non riuscirò mai a stanarle tutte: prega che siano tutte sane e salve o non sarò tanto tenero».
Albus Silente aveva vissuto una vita straordinariamente lunga e aveva visto ogni genere di cose, assurde e stravaganti che fossero, eppure quella mattina rimase spiazzato dalle parole di suo fratello.
«E per quale motivo sarebbe colpa mia?» chiese temendo già la risposta.
«Vedi, questa notte ho avuto due strani clienti: una giornalista pazza e un poveraccio che ha dovuto… Come dire, intrattenerla?» chiese il gestore del pub, sfoderando un sorriso sarcastico. «Neanche a farlo apposta, era la stessa giornalista che tu avevi allontanato dalla scuola e che tu desideravi tenere lontana da Harry Potter. Ne sai qualcosa?»
«Oh, ma certo. Andiamo, una passeggiata farà più che bene a due vecchietti come noi» rispose Albus in fretta prima di sentire altro. Trattenne a stento una risata al pensiero di Sirius intrappolato in una camera polverosa della Testa di Porco con una così poco piacevole compagnia, cercando di mantenere un contegno.
«Vecchietto sarai tu, forse» mugugnò Aberforth prima di servirsi un goccio e buttarlo giù tutto d’un fiato. «Andiamo, su».
Era una coppia davvero particolare, ben vestito seppure stravagante il maggiore dei due, sporco e mal tenuto l’altro; non vi era nessuno a guardarli, nella fresca mattina scozzese.
«Non ho capito, però, come avrebbero fatto Sirius e Rita a far scappare le tue capre» disse pacato Albus richiamando con un Incantesimo di Appello una delle cinque bestiole che brucavano il prato al limitare della Foresta Proibita.
Il fratello sbuffò, mettendosi a rincorrere un altro degli animali in maniera più babbana. «Non hai idea dei rumori che sono arrivati dalla loro camera. Betsie si è innervosita e ha rotto il recinto, e le altre l’hanno seguita subito. Quel povero ragazzo, non lo invidio neanche un po’».
Silente era dello stesso parere, e tuttavia si compiaceva per aver trovato una soluzione accettabile al problema Skeeter: Harry ancora dormiva tranquillo, riposandosi dopo la notte terribile che aveva vissuto.
Forse rimuginando su quanto poteva essere invasata la più temuta giornalista del mondo magico, forse rabbrividendo al pensiero di cosa doveva aver patito il povero Sirius, i due uomini continuarono il loro lavoro in silenzio: aveva appena finito e Albus stava già muovendo la bacchetta per spedire nel cortile dietro al pub del fratello le cinque evase, quando un grosso cane nero si tuffò tra di loro e disperse nuovamente le capre abbaiando a più non posso.
Aberforth tentò di cacciarlo, ma riuscì solo a farsi gettare a terra dalla bestiaccia.
«Ma che… Sirius!» gridò il preside, incerto se ridere o sgridare il colpevole.
Senza neanche guardare l’anziano mago, il cane riprese a correre all’impazzata: con quello che aveva subito, almeno quella piccola vendetta gli era dovuta, oh sì.
 



Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=295984