La bellezza tenta i ladri più dell'oro

di Balla sulle nuvole
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo: A nulla l'uomo rinuncia con più fatica che a un vizio, e pochi vizi sono così ostinati come quello di cui è vittima il ladro. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Chi spontaneamente, senza esservi costretto, si comporta con giustizia, non sarà infelice, né mai lo coglierà totale rovina. ***
Capitolo 3: *** Il ladro crede che tutti siano come lui e ci rimane quando non è così ***
Capitolo 4: *** L’occasione fa l’uomo ladro, ma l’occasione altrui può farlo derubato. ***
Capitolo 5: *** Quando il ladro risponde alle domande tappatevi le orecchie, altrimenti persino il significato della domanda stessa verrà distorto dalle sue parole ***
Capitolo 6: *** Corteggiare qualcuno vuol dire inseguirlo finché questo non si lascia prendere, è come giocare a guardie e ladri. ***



Capitolo 1
*** prologo: A nulla l'uomo rinuncia con più fatica che a un vizio, e pochi vizi sono così ostinati come quello di cui è vittima il ladro. ***


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Prologo:

A nulla l'uomo rinuncia con più fatica che a un vizio, e pochi vizi sono così ostinati come quello di cui è vittima il ladro.
 



Kise Ryota odiava i postumi del dopo sbornia.
Le fitte alla testa appena sopra la tempia destra, il palato impastato e la nausea dovuta allo stomaco in rivolta non si addicevano per niente ad un bel ragazzo come lui, erano decisamente più adatti ai comuni mortali.
Eppure, quando quella mattina aveva spalancato gli occhi, le sue condizioni erano pessime: si sentiva molto più vicino ad un straccio per i pavimenti piuttosto che a un Dio greco e per poco non aveva vomitato sul suo bel pigiama giallo canarino.
Tutta colpa di una bottiglia, o forse tre, di Champagne buttata giù coi colleghi per festeggiare l’ultimo servizio fotografico della campagna pubblicitaria.
Dopotutto, d’ora in avanti,  il suo volto poteva tranquillamente essere ammirato da tutti  sugli autobus e i grattaceli pubblicitari del Giappone, una svolta importante nella sua carriera da modello che meritava più di un brindisi.
Innervosito da quello stato di  malessere corrugò la fronte, sfiorando leggermente il punto preciso in cui un trapano elettrico stava martellando senza alcun ritegno all'interno del suo cranio.
“ Maledizione” biascicò appena con quella dannata lingua secca e disidratata. “Devo bere”.
Dopo vari traballanti e maldestri tentativi, finalmente riuscì ad alzarsi barcollando pericolosamente verso la cucina alla ricerca della bottiglia di Coca cola che era sicuro di aver comprato qualche giorno prima.
La mandibola gli si spalancò autonomamente quando, aperta la porta, si trovò d’innanzi ad un altro uomo, intento a scolare fino all'ultima goccia la bibita tanto agognata.
Daiki Aomine se ne stava malamente appoggiato al ripiano della cucina, le spalle rilassate ed un’espressione annoiata sul viso dai tratti duri.
Portava una semplice maglietta blu, abbinata al colore dei capelli e degli occhi, che risaltava sulla pelle ambrata  e dei jeans dal cavallo basso.
“ Aominecchi che ci fai in casa mia a quest’ora del mattino?” domandò il padrone di casa sbattendo più volte le palpebre per l’incredulità.
Aomine si sgranchì le articolazioni come un gatto prima di lanciargli la solita occhiata strafottente “ a quanto pare Akashi mi ha scambiato per la tua balia ”.
Il biondo si morsicò il labbro superiore con nervosismo, “non capisco” si lagnò infine dirigendosi verso il frigorifero per bere qualcosa. “ E comunque io non ho bisogno di una balia”.
“ E allora rispondi al telefono, così mi eviti certe scocciature” lo rimproverò il compagno, col solito tono menefreghista.
Kise sgranò gli occhi, di che telefonata stava parlando? Teneva sempre sotto controlla il loro telefono, dopotutto King Red poteva contattarli da un momento all'altro ed era certo di non aver ricevuto nessuna chiamata.
Forse però con l’alcool in circolo si era distratto e non l’aveva sentito, maledetto Champagne.
Aomine sbuffò, riportandolo alla realtà, “ invece di fare quella faccia idiota vai a vestirti, sono stufo d’aspettare”.
Ryota annuì appena, la testa aveva deciso d’iniziare a giragli neanche stesse giocando al girotondo, proprio in quel momento.
“ In effetti sono stanco anch'io d’aspettare, dall'ultimo colpo sono passati quasi quattro mesi” disse cercando di rimandare il momento in cui avrebbe dovuto muovere un muscolo qualsiasi.
Ricordava ancora ogni minimo particolare del giorno in cui era entrato a far parte della Kiseki no sedai: sei ragazzi che  possedevano abilità straordinarie, particolari, le abilita perfette per un ladro alla Lupin.
Era stato Akashi in persona a contattarlo, il famoso King Red di cui tutti i giornali parlavano, dopo aver visto il suo potenziale.
Ed era sempre sotto la guida dell’algido boss che era diventato  Yellow mime, il mimo, il mago dei camuffamenti: non c’era voce che non potesse imitare alla perfezione.
Daichi sorrise, dando una spinta al compagno, “ speriamo che questa volta sia più difficile, voglio divertirmi almeno un po”.
“ Aominecchi” lo  sgridò Kise mentre cercava di sistemare i capelli, quella mattina stranamente ribelli, dietro le orecchie .
“ Che vuoi? Se non ti muovi da solo non lamentarti se ti spingo”.
“Aominecchi”.
Aomine sbuffò di nuovo, fulminandolo con lo sguardo “ che vuoi ancora?”
“ sto per vomitare”.
Daiki sgranò gli occhi “ sei davvero un idiota”.
 
 
 
 



Angolo del’’autrice folle:
 
Erano anni che non avevo ispirazione per una long, ad essere onesti non sono molto brava a gestirle, però quest’idea non vuole saperne di lasciarmi andare.
Quindi ho dovuto scrivere il prologo e una volta acceso il pc anche il primo capitolo rivendicava d’essere scritto ecc.
Perciò di questo passo spero di riuscire ad aggiornare almeno una volta al mese, se non di più.
L’idea mi è venuta grazie ad una fan art che ha ispirano un sogno e l’amore per i film di Ocean’s Ileven/Twelve /Thirteen.
Nel prossimo capitolo ci sarà Yukio e sarà più lungo e  la storia inizierà.
Spero che l'idea e il prologo non siano orribili e di non essere caduta nel oc, in tal caso ditemelo.
Le recensioni sono sempre gradite.
Buon Natale in ritardo
Mary

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Chi spontaneamente, senza esservi costretto, si comporta con giustizia, non sarà infelice, né mai lo coglierà totale rovina. ***


Capitolo 1:

Chi spontaneamente, senza esservi costretto, si comporta con giustizia, non sarà infelice, né mai lo coglierà totale rovina.

 

 

“ Lo sai, sei l’unico che non si lamenta o alza gli occhi al cielo mentre archivia le pratiche”.
Kasamatsu sussultò appena, era così concentrato sul verbale dell’ultimo caso che non l’aveva nemmeno sentito arrivare.
A giudicare dal sorriso divertito, però, Moriyama doveva essere li da parecchio ad osservarlo mentre diligentemente compilava i moduli fino all’ultimo dettaglio con quella calligrafia perfettamente leggibile e precisa da primo della classe.
“ E tu, a quanto pare, sei l’unico che si diverte a guardarmi mentre lo faccio” commentò a metà tra il rassegnato e lo scocciato, riprendendo la solita algida compostezza.
Moriyama  ghignò divertito, accomodandosi con grazia eccessiva sul’unica e malconcia sedia al di là della scrivania, perfettamente di fronte al collega.
“ Lo sai, farei qualunque cosa pur di cazzeggiare in una giornata monotona come questa.  Sono uno sbirro da ronda dopotutto è questo che conquista le ragazze non il topo d’ufficio” disse con tranquillità, dondolando il peso del corpo sulle gambe posteriori.
Kasamatsu lo fulminò con lo sguardo, se c’era qualcosa che non tollerava erano i perdigiorno, per questo certe volte proprio non riusciva a capire come Moriyama fosse diventato suo amico, non che coinquilino.
Dopotutto era sempre stato uno svogliato donnaiolo, un ragazzo che amava l’azione e sembrava allergico alla burocrazia, allo studio e all’ordine, il suo esatto opposto.
Rassegnato  mosse più volte le spalle per sgranchirle, passandosi una mano dietro al collo. “Così facendo arriverai di nuovo a fine mese con la scrivania sommersa di cartelle e io non ti aiuterò, inoltre sbirro lo dicono i criminali non chi porta l’uniforme”.
“Bhe, se quello che si dice in giro è vero è molto probabile che non avrai  più il tempo per aiutarmi, che tu lo voglia o no” disse il collega, studiandolo attentamente per poi continuare una volta colto lo stupore sul viso dell’interlocutore “ non ne sai nulla? Vedi cosa succede a starsene rintanati qui dentro a lavorare? Comunque visto che sono gentile te lo dico, gira voce che qualcuno qui verrà promosso e visto che il capo mi ha mandato a chiamarti credo di sapere a chi toccherà, sei uno sbirro fortunato”.
Yukio sgranò gli occhi, balzando in piedi. “ Il capo vuole vedermi e tu me lo dici solo ora idiota!” ringhiò dandogli uno scappellotto.
Moriyama  scrollò le spalle noncurante: com’era possibile che di tutto il discorso l’amico avesse sentito solamente quello? Della promozione sembrava non importargliene.
Kasamatsu  si aggiustò la cravatta perfettamente annodata prima d’uscire in fretta e furia dall’ufficio, fare aspettare il capo non era da lui.
“Stupido d’un Moriyama”.
 
****************
 
 
La testa gli pulsava ancora quando le porte dell’ascensore si aprirono, col solito rumore metallico, davanti alla porta dell’appartamento di Akashi.
Istintivamente corrugò la fronte per il dolore, in bocca sentiva ancora il sapore della bile.
Al suo fianco Aomine sorrideva divertito, vedere l’amico in quello stato col viso pallido  e le labbra tirate in una smorfia non ben definita,  era per lui una vera e propria novità.
Soprattutto visto l’impegno con cui Kise cercava ogni volta di emulare la perfezione.
Un atteggiamento che aveva del tutto accantonato quando poco prima si era precipitato il più velocemente possibile verso il gabinetto e, Daiki ne era sicuro, l’immagine del biondino che abbracciava il water  non l’avrebbe mai dimenticata.
 “ Se ti viene ancora da vomitare potresti farlo sulle scarpe di Midorima, sarebbe divertente”  lo prese in giro ghignando senza contegno mentre immaginava l’espressione di Shintaro in quella circostanza.
Al solo pensiero Kise tremò per la paura: con Midorima era meglio non scherzare o per lo meno se proprio lo si voleva fare, perché niente era più divertente che prendere in giro lo tsundere del gruppo, bisognava ricordarsi di non superare mai certi limiti.
Limiti che Aomine adorava mettere alla prova, un passatempo come un altro per combattere la noia di cui soffriva.
La monotonia e la quotidianità erano per lui insopportabili, lo ingabbiavano e ai suoi occhi non avevano il minimo interesse.
Per questo chi non lo conosceva lo giudicava superficiale, arrogante e anche un po’ svogliato.
Quando qualcosa invece lo divertiva, quando l’adrenalina gli scorreva nelle vene e poteva liberare tutto il suo potenziale senza trattenersi tornava bambino, un briccone pronto a sconvolgere il mondo.
“ Midorimacchi mi ucciderebbe” commentò Ryota, dandosi una sistemata ai capelli.
Aomine ghignò di nuovo prima d’aprire la porta di getto, entrambi sapevano che non c’era bisogno di bussare quando venivano convocati perché l’imperatore li stava già aspettando.
“ Quello sarebbe ancora più divertente” disse, facendogli  l’occhiolino, per poi dirigersi verso il salotto.
C’era un solo aggettivo per descrivere l’attico di Akashi: enorme.
Le pareti candide e la luce intensa che entrava dal balcone accentuavano ancora di più le dimensioni del soggiorno mentre l’arredamento che seguiva rigidamente le regole del feng shui trasmetteva a chi entrava un illusorio senso di pace e serenità mascherando abilmente la solitudine del padrone di casa.
Quella, Kise la sentiva ogni volta che guardava l’impressionante tavolo in mogano e finemente decorato, troppo lungo per una persona sola.
Immaginava Akashi col piatto davanti circondato da sedie vuote che i suoi genitori non avevano praticamente mai riempito, lo vedeva attorniato dal silenzio e da quel candore opprimente che ogni volta gli toglieva il respiro.
Un’ immagine che dal vivo non aveva mai visto e di cui l’amico non aveva mai fatto parola e che però gli pesava sul cuore.
Per contro la vista che si poteva ammirare dalla balconata, che occupava una parete intera, era incredibile.
Dall’alto la città appariva infinita, magica e bellissima, uno spettacolo capace di far sentire un uomo il re del mondo.
Ed era proprio lì, comodamente seduti sui futon che gli altri compagni li stavano aspettando, sorseggiando dell’ottimo the al gelsomino.
“Finalmente siete arrivati” li salutò serrando la mascella Midorima, aspettare non gli era mai piaciuto.
Aomine  si lasciò cadere sull’unico futon libero. “ Non abitiamo tutti in questo quartiere sai!”.
Kise gli sorrise grato,  dopotutto la colpa era sua, Daiki non c’entrava nulla. “Scusate, stavo lavorando” mentì allargando il sorriso.
Le bugie gli venivano naturali, non c’era nulla nei tratti del suo volto o nel linguaggio non verbale che potesse smascherarle, era completamente in grado di controllare il suo corpo.
Akashi lo inchiodò con lo sguardo, regalandogli un sorriso freddo ed autoritario, niente poteva ingannarlo. “ Vedi che non capiti mai più, quando io chiamo non c’è nulla di più importante, nulla”.
Kise annuì, stringendosi nelle spalle come un bambino e  guardandosi intorno per evitare gli occhi bicromati  del compagno. Fu così che si accorse di una cosa: intorno al tavolino c’erano solamente cinque persone.
“ Dov’è Kurokocchi?”
“ Già dov’è Tetsu?” gli fece eco Aomine, allungando le mani verso il vassoio quasi vuoto dei biscotti e guadagnandosi così un occhiataccia da Murasakibara.
“ Tetsuya  è già al lavoro” rispose  enigmatico Akashi conquistando così l’attenzione di tutti i presenti.
“ Prima di parlare di questo  abbiamo un altro argomento d’affrontare.
L’ultimo fallimento nelle indagine da parte del nostro caro ispettore Hyuga non è piaciuto per niente ai suoi superiori  e così è stato ridimensionato, ora è un semplice poliziotto.  Dopotutto chi perde non merita nessuna gloria, anzi.
Ma la cosa importante per noi  è che ora abbiamo un nuovo detective alle calcagna, Yukio Kasamatsu.
Un tipo in gamba, retto, uno che non si tira mai indietro e per niente stupido, un tipo che potrebbe esserci d’intralcio.”
Midorima sollevò le sopracciglia sorpreso, sistemandosi  meglio gli occhiali rettangolari sul naso,  Akashi non aveva mai dato importanza a nessuno dei detective che da anni cercavano d’incastrarli, solitamente  si divertiva  a giocare con loro, lasciando indizi fasulli e sbeffeggiandoli nell’ombra.
“ Stai forse dicendo che questo tipo potrebbe rovinare i nostri piani?” chiese perplesso, scrutando l’amico alla ricerca di risposte.
L’ imperatore lo guardò divertito, prima di passare la mano sul bordo del futon con noncuranza. “ Non essere stupido Shintaro, nessuno può fermarci. Semplicemente questa volta forse non abbiamo a che fare con un completo imbecille, diciamo che ci divertiremo di più.”
Aomine  rise, allungando le gambe sopra al tavolino oramai vuoto. “Direi che è proprio quello che ci voleva, anche se l’unico che può incastrarmi sono io non sarebbe male avere un avversario che almeno  mi diverta”.
“ Basta che per colpa sua non mi tocchi correre più del solito” brontolò Murasakibara dopo aver sbadigliato,  una volta finito il cibo per lui quelle riunioni erano del tutto prive d’attrattiva.
Akashi sollevò un dito per richiamare il silenzio, non c’era bisogno di nient’altro per farli tacere tutti quanti all’istante.
“ Non trovo giusto  però che sia solo lui  ad indagare su di noi. Vuole sapere tutto, chi siamo, cosa facciamo, dove viviamo, che mangiamo…ebbene credo sia ora di giocare anche noi ai detective.”
Sogghignò appena  quando i compagni lo guardarono stupiti,  come tanti piccoli soldatini che non capivano, non sapevano, dove il loro comandante li stesse mandando, ma che ubbidienti aspettavano silenziosi  in attesa di ordini precisi.
L’ordine però era solamente per uno di loro e non tardò ad arrivare, perentorio e senza possibilità di replica come sempre.
“ Voglio che t’intrufoli nella vita del nostro apprendista Sherlock Holmes…Kise”.
 
 
****************
 
 
“Non ti mentirò, è un’indagine difficile e tediosa ma per me nonostante la tua giovane età tu sei l’uomo giusto.”
 Erano già passati dieci minuti, forse anche di più, da quando l’ispettore capo gli aveva consegnato le pratiche del caso, annunciandogli la promozione precedentemente proclamata da Moriyama, e Kasamatsu non si era mosso d’un millimetro.
Era rimasto li, a scrutare con attenzione gli appunti mentre la mente sembrava galleggiare lontano, in un universo fuori dalla sua portata.
Dall’altra parte della scrivania il superiore lo osservava sconcertato, ripetendo con enfasi quanto Yukio fosse perfetto e pronto per quel lavoro.
La verità però il giovane detective la conosceva bene, da quell’indagine dipendeva la sua carriera.
Acciuffare quei delinquenti sicuramente l’avrebbe portato in cima: fama, promozioni, un ufficio ai piani alti.
Fallire però voleva dire rimanere  per sempre inchiodato alla seggiola con montagne di pratiche e la propria credibilità macchiata per il resto della vita.
Kasamatsu chiuse di scatto la cartella, c’erano dei ladri là fuori che da anni infrangevano la legge per quello che sembrava puro diletto e questo per lui era sufficiente.
Era diventato detective per punire i colpevoli e proteggere gli innocenti, la carriera
non  gli era mai importata. “ Farò del mio meglio, grazie per la fiducia.”
 
 
 
 

Angolo dell'autrice folle:

Ce l'ho fatta, ho aggiornato in tempi brevissimi.
Ne sono orgogliosa.
Amo scrivere di Yukio, è uno dei miei personaggi preferiti.
E amo  far interagire la Kiseki no sedai, anche se ho una fottxx paura di cadere nell'oc.
Sopratutto con Akashi perchè non lo conosco ancora così tanto, sia nel manga che nell'anime non l'ho ancora incontrato tantissimo. 
Perciò se l'ho fatto fatemelo sapere che mi impegnerò per migliorarlo.
Le recensioni sono sempre ben accette.
Ringrazio le due anime pie che hanno messo questa long nelle seguite, spero il capitolo vi sia piaciuto.
Ah, i titoli sono auforismi che parlano di legge e ladri, mi piaceva l'idea.
Detto questo vi lascio con la fantastica consapevolezza che mancano 2 giorni, oramai quasi 1 alla terza stagione di Knb, non sto più nella pelle.
Un bacio
Mary

 

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Capitolo 3
*** Il ladro crede che tutti siano come lui e ci rimane quando non è così ***


 
Capitolo 2:

Il ladro crede che tutti siano come lui e ci rimane quando non è così:

 
 
Kasamatsu  non poteva credere di  aver ceduto così facilmente alla richiesta dell’amico.
Senza dubbio Moriyama sapeva essere davvero insistente, per non dire asfissiante, quando ci si metteva, se poi in aggiunta al mare di suppliche piegava il labbro inferiore imitando alla perfezione un cucciolo di cane  intento ad impietosire il padrone, dirgli di no era impossibile.
Di solito però Yukio protestava animatamente prima di cedere, cercando di non cadere nel tranello di quelle labbra imploranti. Non accettava mai subito, lottava con coraggio dando vita ad una solida opposizione che tuttavia la maggior parte delle volte era destinata a fallire.
Era il tipo di persona che andava messo all’angolo: bisognava costringerlo prima di sentirlo pronunciare un semplice si.
Per questa ragione non riusciva proprio a capacitarsi dell’ assurda situazione che stava vivendo.
 Quella mattina, dopo aver parlato con il capo, era tornato nel suo ufficio dove il collega lo stava aspettando ancora intento a dondolarsi sulla sedia e, non appena Yukio l’aveva messo al corrente dei fatti, era  balzato in piedi urlando un sovreccitato “ stasera si festeggia”.
E lui stupidamente, ancora stordito per la promozione, aveva annuito.
Era bastato quel semplice gesto a condurlo nel primo bar che avevano trovato una volta lasciata la centrale. Un pub di quart’ordine dall’aria losca, dove l’odore di fumo impregnava qualunque cosa, persino i tovaglioli.
Un posto dove normalmente non si sarebbe fermato nemmeno per allacciarsi le scarpe, figuriamoci per bere qualcosa.
“ Ecco perché non dico mai di si” brontolò scoraggiato, fulminando  con lo sguardo l’amico intento a chiacchierare animatamente col barista.
Se ne stava comodamente seduto su  uno sgabello dall’aria consunta, le gambe a penzoloni e l’ennesimo boccale di birra tra le mani.
Kasamatsu  sentì un’ondata di nervoso risalirgli la colonna vertebrale, indignato serrò maggiormente la presa intorno al bicchiere ancora pieno che gli stava dinnanzi.
Non c’ era nessun motivo per cui Moriyama  non potesse bere,  non era nemmeno in servizio. Tuttavia vedendolo in quelle condizioni Yukio l’avrebbe volentieri preso a calci fino a casa.
Loro dovevano dare il buon esempio ai civili: ubriacarsi e starnazzare in un postaccio del genere non era ammissibile.
“ E-eehi Yuukioo,  vieni qui che brindiamo alla tua promozione” urlò con tutto il fiato che aveva in gola il collega, un sorriso ebete stampato in faccia.
Kasamatsu sbuffò indignato, c’era un limite a tutto ed inoltre lui non era mai stato  molto paziente.
Senza indugiare oltre scrocchiò accuratamente le dita, poi con la solita compostezza raggiunse  il bancone  a passo di marcia, il pugno pronto ad agire.
Moriyama accusò il colpo senza nemmeno lamentarsi: col tempo si era abituato all’irritabilità del coinquilino e anche alle sue sberle, ai calci e ai pugni.
“ Tu devi imparare a divertirti, dovresti proprio lasciarti andare ogni tanto” lo rimproverò bonariamente, allungandogli un boccale.
Yukio lo colpì di nuovo con uno scappellotto. “ Non ho nessuna intenzione di bere e ora ce ne andiamo”.
“ Non possiamo, il mio bicchiere è ancora pieno”.
“ E allora datti una mossa, anche se per me hai già bevuto abbastanza”.
Yoshitaka  ghignò. “ Io direi che è giunto il momento di trovarci due belle ragazze”. Poi dopo avergli fatto l’occhiolino aggiunse: “ due belle ragazze per me e un giovanotto appetibile per te”.
Kasamatsu arrossì fino alla punta delle orecchie: “ sei davvero un’idiota”.
Aveva capito di essere gay a quindici anni, tuttavia per colpa del suo carattere riservato e un po’ impettito non aveva mai fatto un vero e proprio coming out.
Non perché si vergognasse o altro della sua sessualità, difatti quando Moriyama gli aveva chiesto conferma riguardo alle sue preferenze non aveva avuto nessun problema ad annuire, semplicemente non ne aveva mai sentito il bisogno.
Non si era mai innamorato, l’amore per lui era un campo sconosciuto in cui si sentiva particolarmente a disagio.
Quindi se nella sua vita fino a quel momento non c’era mai stato nessuno, mettersi a nudo davanti al mondo era del tutto superfluo ed inutile.
“ Ora muoviti che voglio tornare a casa” tuonò, o per meglio dire ringhiò, col tono  di chi non ammetteva repliche, prima di dargli le spalle e tornare al tavolo.
Con sua grande sorpresa lo trovò occupato.
Sulla sedia che poco prima occupava se ne stava tranquillamente seduto un ragazzo. Il ragazzo più bello che avesse mai visto.
I capelli erano perfettamente in ordine e di un biondo talmente intenso da risultare quasi accecante nell’oscurità del locale. I lineamenti del viso erano ben pronunciati risultando mascolini e delicati allo stesso tempo mentre la pelle era semplicemente perfetta.
Non c’erano imprecisioni in quel volto ne tanto meno, all’apparenza, sembravano essercene  sul resto del corpo. Un fisico muscoloso, alto e ben proporzionato come quello d’un atleta professionista.
Lo sconosciuto accennò un sorriso,  sistemandosi meglio le maniche del cardigan ocra che indossava. “ Mi dispiace per averti rubato il posto ma non mi andava di sedermi da solo”.
Yukio sussultò, era talmente concentrato a fissare ogni dettaglio di quel ragazzo da non accorgersi  dell’imbarazzante situazione: era rimasto fermo immobile davanti al tavolino con gli occhi sgranati ed una stupida espressione di sorpresa.
Deglutì, cercando di trasmettere la solita sicurezza, si accomodò di fronte allo sconosciuto. “Capisco,  però credo che prima avresti dovuto chiedermi se potevi sederti ”.
Non era mai stato molto bravo  ad interagire con gli altri: introverso com’era  certe volte socializzare era una vera e propria tortura.
Al nuovo interlocutore però pareva non importare.
“ Oramai è andata così.  Io mi chiamo Ryota Kise,  ho ventitre anni, sono nato il 18 giugno e sono del segno dei gemelli. Lavoro come modello e nel tempo libero amo tantissimo giocare a basket, cantare al karaoke ed andare al cinema…”
 Yukio spalancò la bocca incredulo: quel ragazzo era un vero e proprio vulcano di parole che sembrava non volerne proprio sapere di spegnersi.
Difatti, ignaro dello sgomento del detective, Kise continuava a cianciare del più e del meno, passando da un argomento all’altro senza il minimo problema.
Doveva sembrare il più naturale possibile agli occhi dell’ispettore, un ragazzo limpido, cristallino che parlava di sé senza problemi ne peli sulla lingua.
Uno di cui potersi fidare che non dava l’impressione di nascondere uno o più scheletri nell’armadio e su cui forse era meglio indagare.
“ Ma ora dimmi qualcosa di te”  lo incitò, regalandogli un sorriso smagliante d’incoraggiamento.
Kasamatsu tossì appena per schiarirsi la voce, si sentiva stranamente nervoso: tutta quella perfezione ed espansività lo mettevano a disagio.
“ Non vedo perché dovrei?”.
Kise rise chinando il capo di lato per far risaltare il suo profilo migliore. “Per educazione potresti almeno dirmi come ti chiami?”
“Mi chiamo Yukio Kasamatsu e sono un ispettore” rispose snervato il detective, nessuno poteva insinuare che fosse maleducato, figuriamoci un perfetto sconosciuto .
“Non riesco proprio ad immaginarti  con addosso un trench beige ed il cappello coordinato” commentò Kise, facendogli l’occhiolino.
“ Che?”
“ Be è quella la storica uniforme di Zenigata, l’unico ispettore che conosco”
Yukio corrugò la fronte, torturandosi le mani.
Tutta quella discussione era assurda o per meglio dire tutta la serata lo era stata.
“Quello è un cartone” disse, sottolineando l’ovvio.
Kise scoppiò a ridere. “ Lo so ma è l’unico ispettore che conosco a parte Holmes ma sono sicuro che tu non fumi la pipa, vero?”
“ Non ho mai fumato una sigaretta in vita mia”.
Ryota annuì, Akashi aveva descritto il loro nuovo Zazà come  un uomo retto, un aggettivo che calzava alla perfezione addosso al giovane che aveva di fronte.
L’aveva studiato con la massima attenzione fin da quando aveva messo piede in quella bettola, un posto davvero disgustoso in cui il detective sembra un pesce fuor d’acqua, e ne era rimasto colpito.
Yukio era un esemplare in via d’estinzione o per lo meno lo era nel suo mondo: fatto d’apparenza, denaro e potere non aveva mai visto nessuno con una tale integrità morale.
La poteva scorgere in quegli occhi azzurri, limpidi e privi di menzogne,  dalla postura perfetta e leggermente tesa di chi non sa’ rilassarsi, lasciarsi andare e dall’espressione seria, troppo matura per i suoi venticinque  anni.
Il completo grigio perfettamente stirato e la cravatta annodata con precisione erano le ciliegine sulla torta.
In lui c’erano il rigore di un uomo educato con sani principi e allo stesso tempo l’ingenuità di chi crede ancora nel bene.
Un innocenza con cui Kise non riusciva a fare i conti, si sentiva spaesato e desideroso di sporcare un po’ quel candore.
 “Io invece fumo” disse con forza, quasi stesse confessando ad una bambino che Babbo Natale non esiste.
L'altro l’osservò stupido, tanta veemenza era del tutto ingiustificata.
“ Be, ognuno fa quello che vuole, dopotutto fumare non è illegale e se vuoi intossicarti i polmoni sei liberissimo di farlo”.
Kise spalancò la bocca indignato. “ Tu sei proprio un santarellino, non è vero?”
Kasamatsu sbatté le palpebre più volte,  cosa diavolo voleva quel tipo da lui? Chi era per permettersi di riempirlo di domande, giudicarlo e parlargli come se si conoscessero?
Stava per ringhiargli contro una bella risposta con la speranza di troncare definitivamente la conversazione quando un tonfo alle sue spalle glielo impedì: Moriyama era caduto dallo sgabello.
“ Imbecille” commentò aspramente alzandosi in piedi, poi lanciando un ultima occhiata a Kise aggiunse “devo andare”.
Mentre lo osservava andare via con in spalla l’amico, Ryota agguantò il cellulare digitando in tutta fretta uno dei pochi numeri che conosceva a memoria.
“ Red, qui è Yellow…è andato tutto come previsto, domani possiamo procedere col piano” mormorò soddisfatto non appena la voce di Akashi gli giunse alle orecchie, poi agganciò.
Stranamente in quel momento aveva proprio voglia di una sigaretta, anche se lui in realtà non aveva mai fumato.
 
****************
 
 
Trascinare Moriyama fino a casa era stata una vera e propria impresa, non solo non collaborava ma teneva le gambe molli  aggrappandosi a lui a peso morto.
“ Domani questa me la paghi” continuava a ripetergli Yukio, mentre cercava di fargli salire le  sette rampe di scale che portavano finalmente al loro appartamento.
Moriyama ridacchiò. “ E dai che hai conosciuto anche un bel biondino” biascicò  divertito.
Kasamatsu non lo degnò nemmeno di una risposta.
Certo Kise Ryota era bello da togliere il fiato, questo non poteva negarlo,  ma era anche l’individuo più fastidioso  ed assurdo che avesse mai avuto la sfortuna d’incontrare, forse anche più di Yoshitaka.
“ Yukio  ho fame, appena arriviamo mi prepari qualcosa?”.
Il ragazzo si passò una mano sul volto con rassegnazione. “Ok, forse non è più fastidioso di quest’idiota” commentò fra sé e sé. 

 
 
 Angolo dell'autrice folle:

E finalmente sono riuscita a finire il secondo capitolo, scrivere del loro incontro è stato bellissimo.
Troppi Feels.
Poi più vado avanti con questa long più amo Yukio.
Zazà ovviamente è il nomignolo che Lupin da a Zenigata e che qui calza a pennello per il nostro d'ispettore.
Detto questo spero che il capitolo vi piaccia e  che vi strappi un sorriso perchè sorridere è importante.
Ringrazio  Rota e Mughetto nella neve per aver recensto questa storia e chi la segue, grazie!
Mi impegnerò per aggiornare il prima possibile.
Un bacio
Mary



 
 

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Capitolo 4
*** L’occasione fa l’uomo ladro, ma l’occasione altrui può farlo derubato. ***


 

Capitolo 3:

L’occasione fa l’uomo ladro, ma l’occasione altrui può farlo derubato.
 
 


Kuroko  stiracchiò le membra ancora intorpidite dal sonno. Era sveglio da parecchio tempo eppure il suo corpo sembrava non volerne proprio sapere d’attivarsi completamente.
Inoltre la condizione di totale immobilità in cui si trovava non lo aiutava per niente, anzi  più le lancette dell’orologio segnavano il trascorrere dei minuti più le palpebre diventavano pesanti.
Era fermo in piedi come un palanchino tra l’entourage, circondato da un silenzio  glaciale interrotto solamente dai clic della macchina fotografica.
Gli occhi di tutti erano intenti ad osservare i modelli assumere pose sempre più assurde.
A parte il fotografo nessuno fiatava, nessuno si muoveva. Eppure sui loro volti era evidente una febbrile eccitazione.
Erano tutti in estasi, tutti a parte lui che a quel mondo di bellezza ed apparenza non era per nulla interessato.
Per un attimo, un solo attimo, si sentì in colpa. Non era difficile  immaginare con nitidezza le urla isteriche e il caos che la sparizione dei gioielli avrebbero scaturito in quella sala, mentre  lo sconforto rubava il posto alla gioia.
Non era il suo primo furto e non si era mai fatto scrupoli durate un colpo, questa volta però le motivazioni  alla base  non gli piacevano.
Di solito la Kiseki no Sedai eseguiva furti in pompa magna, con piani elaborati e l’adrenalina che scorreva nelle vene.
Quello che stava per fare invece era talmente facile da essere noioso e, certamente, se non ci fosse stato un piano più grande, un secondo fine dietro a tutto quello, Akashi non glielo avrebbe mai chiesto. Stava agendo per un capriccio del loro imperatore.
Ciò nonostante avrebbe dato il massimo come sempre, lavorare senza impegno non era da lui.
Si era infiltrato nello staff senza nessun problema, inoltre nessuno pareva averlo notato ne gli aveva rivolto la parola.
Tutti quei riflettori, brillantini e  i vestiti eccessivamente vistosi, costituivano l’habitat perfetto per le ombre come lui.
Era invisibile senza dover usare alcun trucco.
Annoiato lanciò un’occhiata veloce all’orologio: era ora di andare in scena.
Difatti, proprio in quel momento, la voce  del fotografo annunciò il cambio d’abiti, mentre un assistente gli  tamponava la nuca con un fazzoletto color lilla.
Come bravi soldatini i modelli adagiarono con cura i gioielli  nella teca dirigendosi  poi chiacchierando verso i truccatori.
Tutt’intorno le persone avevano iniziato a correre di qua e di là come uno sciame impazzito.
I capelli fuori posto ed il mascara leggermente sbavato erano molto più importanti degli  Swarovski dimenticati a se stessi.
Kuroko avanzò lentamente tra la folla e senza fare il minimo rumore raggiunse l’obbiettivo.
Con circospezione  scrutò minuziosamente l’intera sala: nessuno lo stava guardando.
Proprio come aveva detto Yellow.
Con calma estrasse il sacco di tela che teneva ben nascosto sotto la giacca azzurra ed indossò la maschera ed i guanti.
Rassegnato iniziò ad arraffare un anello maledicendo mentalmente Akashi e quel piano così grezzo e stando ben attento a non lasciare tracce.
E’  come rubare le caramelle a un bambino durante uno spettacolo di marionette pensò rattristato.
Poi, come d’accordo, diede il segnale facendo roteare più volte tra le mani l’ultima collana.
Immediatamente qualcuno iniziò a gridare a pieni polmoni “ al ladro, al ladro”  “Sta rubando i gioielli”.
In mezzo alla sala Kise  continuava a sgolarsi, l’indice teso contro di lui.
Sotto la maschera l’espressione di Kuroko non mutò minimamente mentre incrociava lo sguardo dell’amico.
Il mimo ha fatto il suo dovere, ora Green dammi la notte  fece in tempo a pensare prima d’essere inghiottito dalle tenebre.
Un corto circuito aveva tolto la luce in tutto il palazzo.
 
 
 
***********************
 
 
Scusate se questa volta non abbiamo avvisato.
 E’ stato un po’ maleducato da parte nostra e ci dispiace ma non abbiamo resistito. Ci tenevamo veramente tanto a presentarci al nostro nuovo ispettore.
Buona caccia Detective, perdonaci se non ti  auguriamo il successo.
E ricorda che la prossima volta non saremo più così buoni.
Kiseki no Sedai.
 
Kasamatsu non riusciva a staccare gli occhi dal foglietto che stringeva avidamente tra le mani.
L’aveva trovato per terra durante il sopraluogo, quando aveva scrutato minuziosamente ed inutilmente ogni piastrella alla ricerca di indizi.
La Kiseki non lasciava tracce, non era mai capitato e lui non  ci aveva sperato nemmeno per un momento di scoprirne qualcuna.
Era troppo intelligente per illudersi a quel modo, tuttavia il protocollo andava rispettato.
Poi ovviamente sapeva di trovare nascosto da qualche parte il bigliettino da visita che i ladri amavano gettare durante la fuga.
Più lo leggeva più la rabbia si impadroniva di lui.
Certo aveva  analizzato attentamente ogni missiva che il suo predecessore aveva trovato sui luoghi delle rapine, dedicando particolare attenzione a quelli che  i ladri inviavano al detective per informarlo del prossimo colpo.
Erano tutti molto simili: scritti al computer su carta bianca, al plurale ed intrisi di sarcasmo e arroganza.
Per questo era preparato al tono di superiorità che infarciva quelle righe ma sapere che quelle parole erano rivolte direttamente a lui e a lui soltanto, era tutta un’altra storia.
Se c’era qualcosa che non tollerava era proprio che qualcuno gli mancasse di rispetto.
“ Vi prenderò” ringhiò deponendo il foglietto nell’apposita busta di plastica. “Eccome se vi prenderò” “ Stupidi, boriosi, arroganti vi darò la caccia finché non sarete dietro alle sbarre”.
Con le orecchie arrossate dall’ira, respirò a pieni polmoni più volte per ritrovare la calma.
Poi, taccuino alla mano, si preparò mentalmente per interrogare il testimone chiave. Uno dei modelli era riuscito a vedere perfettamente uno dei componenti della banda, un colpo di fortuna che non era mai accaduto e di cui Yukio sentiva di dover ringraziare i suoi antenati.
 “C’è  una stanza o  un posto dove posso svolgere gli  interrogatori senza interferenze? ” domandò allo stilista che lo tallonava fin da quando era arrivato.
L’uomo annuì, indicandogli lo stanzino dei truccatori visto che per l’angoscia non riusciva ancora a parlare.
Queste persone sono troppo teatrali pensò l’ispettore, ricordando le urla nevrotiche che l’avevano accolto al suo arrivo.
“ Vammi a chiamare il testimone ” ordinò ad uno dei suoi sottoposti prima di incamminarsi  a sua volta.
Si era appena sfilato i guanti in lattice ed accomodato su una sedia, cercando di evitare le decine di specchi che lo circondavano, quando una voce melodiosa lo fece sussultare.
“ Quindi è questa la tua divisa. Devo dire che è molto più sexy di quella di Zenigata”.
Sulla porta, con addosso solamente dei pantaloni bianchi decisamente troppo attillati  c’era il ragazzo che aveva conosciuto qualche sera prima: Kise Ryota.
Kasamatsu per un pelo non cadde dalla sedia, la bocca spalancata per l’incredulità.
Era già la seconda volta che quel tale lo lasciava di stucco comparendogli  davanti all’improvviso e di certo non ce ne sarebbe stata una terza.
“Cosa diavolo ci fai tu qui?” disse riprendendo la sua compostezza.
Kise sorrise, passandosi una mano tra i capelli “ Sono il tuo testimone”.
 
 
 
 
Note dell’Autrice folle ( questa volta terribilmente lunghe):
 
Innanzitutto mi scuso per il ritardo.
Purtroppo ho avuto qualche problema di salute e non sono riuscita a scrivere in questi giorni, ci ho provato ma ho miseramente fallito.
Oggi però con l’aiuto di mia sorella, santa donna,  che ha scritto sotto dettatura sono riuscita a finire almeno una parte di quello che volevo succedesse in questo capito. 
Meglio di niente e comunque qualcosa succede.  Così ho deciso di non farvi aspettare altro e di pubblicare e lasciare il resto degli avvenimenti per la prossima volta.
L’idea dell’entourage che non degna di uno sguardo i gioielli mentre vengono rubati l’ho presa da un episodio di Ugly Betty.
Come sempre un grazie ha chi ha recensito, messo tra le ricordate/ preferite/seguite questa storia.
Spero di riprendermi al più presto e gettarmi a capofitto nella scrittura dell’interrogatorio.
Un bacio
Mary

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Capitolo 5
*** Quando il ladro risponde alle domande tappatevi le orecchie, altrimenti persino il significato della domanda stessa verrà distorto dalle sue parole ***



Capitolo 4:

Quando il ladro risponde alle domande tappatevi le orecchie, altrimenti persino il significato della domanda stessa verrà distorto dalle sue parole:



 
 

“Tu?” domandò l’ispettore incredulo.
Non poteva crederci, o meglio non voleva farlo.
Dopotutto era  impossibile che tra le milioni di persone che abitavano Tokio,  il suo testimone fosse proprio quel ragazzo.
Era assurdo, eppure sembrava proprio che le cose stessero così.
Da qualche parte, in un universo parallelo, un Dio o forse uno spirito si sta divertendo alle mie spalle pensò irritato.
Kise allargò il sorriso che gli era rimasto incollato in faccia da quando era comparso sull’uscio della porta. “ Non sei contento? Almeno possiamo continuare la conversazione dell’altra sera”.
Poi, senza aspettare nessuna risposta o istruzione, si accomodò con disinvoltura sulla morbida sedia che aveva occupato poco prima per essere truccato.
Kasamatsu lo fulminò con lo sguardo e si schiarì la voce con un colpo di tosse.
“ Si metta qualcosa addosso per favore”  disse cercando di mantenere un tono distaccato e professionale per mascherare la vergogna.
Il modello scoppiò a ridere. “ Non dirmi che ti metto in imbarazzo? E poi perché ora mi dai del lei?”.
Yukio si passò una mano sul viso, massaggiandosi le tempie. “ Questo è un interrogatorio quindi per favore si vesta e cerchi di collaborare”.
“Agli ordini detective” commentò Kise, indossando con calma l’accappatoio che aveva trovato appeso alle sue spalle. “ Penso che questo, tra i vestiti che ci sono qui, sia quello che mi copre di più, o preferisci che mi metta qualcos’altro?”
Il detective lo ignorò. Voleva concludere quello scambio di battute il più velocemente possibile.
“ Mi dica nei  minimi dettagli quello che ha visto”.
“ Vediamo un po’… da dove potrei iniziare?” domandò il biondo col solo scopo d’innervosire ulteriormente il suo interlocutore.
Kasamatsu  gli lanciò un’ultima occhiata d’avvertimento. “Dall’inizio”
“ Allora” cominciò a raccontare Ryota, ruotando il collo per farlo scrocchiare. “Direi che l’inizio è quando il fotografo ha annunciato la pausa.
Ne avevo proprio bisogno,  non ce la facevo più.  Per questo sono stato il primo a togliermi il collier  che portavo al collo e a dirigermi qui, esattamente su questa sedia. Avevo i capelli fuori posto e poi ovviamente c’era il cambio d’abito così l’entourage mi ha praticamente trascinato e  ho dimenticato la mia bottiglietta  sul set. Di norma non ci avrei badato, posso aspettare qualche minuto per un goccio d’acqua, oggi però mi serviva perché volevo prendere la pastiglia per il mal di testa. E’ da questa mattina che mi scoppia e lavorare in certe condizioni è un’agonia.  Quindi sono andato a prenderla. Non ho chiamato un assistente perché visto come stavo non vedevo l’ora d’allontanarmi dalla bolgia dei camerini e prendere un po’ d’aria.”
 Kise parlava a briglia sciolta, con la stessa parlantina  che aveva esibito qualche sera prima al bar.
Kasamatsu lo ascoltava senza interrompere. Aveva imparato che durante gli interrogatori le informazioni più importanti si rivelavano lasciando le persone libere di parlare, di dire tutto quello che veniva loro in mente.
Ovviamente se l’interrogato apriva bocca senza bisogno di un sollecito.
“ All’inizio non ci ho fatto caso, dopotutto di solito nessuno bada ai gioielli durante il cambio d’abito, e poi ero indaffarato a prendere l’antidolorifico.  Mentre stavo deglutendo però, per puro caso, ho alzato lo sguardo verso la teca e la maschera che il ladro indossava ha catturato la mia attenzione.
Una maschera davvero bellissima: da gatto, fatta a mano,  la tintura azzurra sembrava quasi un acquarello.
Non era un modello da quattro soldi, ma direi una di quelle  antiche, costose ed estremamente lavorate nei minimi dettagli.
Lo so perché nel mio lavoro, ogni tanto, mi capita di posare con delle maschere e quindi, oramai, so riconoscerne una preziosa da una comprata ad una bancarella.
Comunque  non ho capito subito cosa stesse facendo, poi ho visto il sacco che stringeva tra le mani e ho urlato in automatico. Ho dato l’allarme e subito le luci si sono spente, buio totale”.
Yukio annuì, la penna che scorreva sulle pagine immacolate del taccuino.
“ C’è qualcos’altro che l’ha colpito del ladro? Oltre la maschera?”
Kise chiuse gli occhi, fingendo di riflettere.
Sono un attore nato pensò orgoglioso.
 “ Fisicamente direi che era molto più basso di me, e ad occhio e croce anche di te. Magrolino, piccolo ed asciutto.  Sembrava sicuro di se ma allo stesso tempo sull’attenti, pronto a cogliere ogni minimo rumore.
Inoltre era completamente vestito d’azzurro. Per il resto non saprei: non ho avuto abbastanza tempo e la mia attenzione è stata catturata dalla maschera.”
“Capisco” commentò l’investigatore, addolcendo un po’ il tono della voce.
Dopotutto  Ryota si stava comportando davvero bene. Aveva raccontato l’intera vicenda perfettamente, senza divagare e con precisione.
Stava collaborando e Yukio gli era grato per questo, per un attimo aveva pensato al peggio, di non riuscire a  combinare nulla, buttando via l’intero interrogatorio, visto la strafottenza del giovane modello che l’aveva sorpreso e fatto ricredere completamente.
Forse non è così immaturo come pensavo. Forse c’è di più dietro a quest’idiota.
 “ E prima della pausa non ricordi di averlo visto da qualche parte? Magari tra l’entourage ? Un ragazzo completamente vestito d’azzurro salta agli occhi”  chiese, giocherellando con la biro.
“ Finalmente mi ridai del tu. Comunque non saprei, ero abbagliato dai flash e concentrato sul lavoro, poi avevo quel cavolo di mal di testa. Dovresti chiederlo ai parrucchieri o ai truccatori, sono sempre attenti a queste cose” rispose Kise, stiracchiando le braccia verso l’alto come un gatto.
Non importa a chi chiedi, Kurokocchi è un ombra e nessuno può vederlo se lui non vuole. Figuriamoci quei pagliacci sempre troppo presi ad ammirare noi modelli come se fossimo dei  pensò divertito, gli occhi fissi sull’ispettore che cercava in ogni modo di non incrociare il suo sguardo.
“ Lo farò sicuramente”.
Ryota scoppiò a ridere. “ L’ho capito subito che sei un uomo diligente”.
“ Mi stai prendendo in giro?” chiese Yukio dubbioso. Con Moriyama  gli succedeva spesso di non capire i velati punzecchiamenti del amico, soprattutto quando l’oggetto delle derisioni era lui.
“ Per niente…Questa volta però sono stato bravo anch’io, vero ispettore?” mormorò divertito Kise, sporgendosi in avanti per accorciare le distanze.
Yukio deglutì imbarazzato, sentiva le guance tingersi di rosso. Cosa diavolo passava per la mente di quel ragazzo?
“ Sei stato bravo” borbottò a disagio, cercando di concentrare la sua attenzione sul block-notes  che gli stava davanti, fallendo miseramente.
Kise  gli sorrise lascivo. “ Quindi mi merito una ricompensa: una bella cenetta andrà benissimo. A che ora passi a prendermi?”.
Kasamatsu sgranò gli occhi: quel tipo aveva la brutta abitudine di sorprenderlo ogni volta.
“ Io veramente non…”.
Stava per disdire il tutto, quando una ragazza spalancò la porta dello stanzino: in mano teneva ben tre cellulari e un palmare, mentre tra le orecchie spuntava l’asticella di un microfono portatile.
“ Kise, dobbiamo andare.” Tuono imperiosa, con l’aria di chi non ammetteva repliche nemmeno da un poliziotto.
Il ragazzo annuì,  poi velocemente sfilò la biro dalla mano del detective e scarabocchiò qualcosa sul taccuino.
“ Ci vediamo dopo Zazà”  salutò allegramente, seguendo la ragazza che trafficava dietro al palmare.
Yukio sbatté le palpebre più volte. Era successo tutto così velocemente da lasciarlo inebetito.
L’unica cosa certa in quel momento e che risaltava tra i suoi appunti era l’indirizzo del modello ed un  altro semplice messaggio che non gli lasciava scelta: ti spetto lì per le 20.00.
 


********************
 
 
 
Kuroko se ne stava comodamente seduto su una seggiola del solito fast food, tra le mani un bicchiere di frullato alla vaniglia: il suo preferito.
Aveva consegnato la refurtiva ad Aomine subito dopo il colpo: come programmato l’amico  l’ aveva aspettato qualche isolato più in là rispetto al luogo del furto con la macchina accesa pronta per la fuga.
Quindi, dopo che tutto era andato a buon fine e i suoi servigi non erano più richiesti, aveva deciso di premiarsi come al solito, concedendosi un po’ di riposo e qualche frappé.
In silenzio, assaporando quel dolce premio di cui andava ghiotto, osservava con  attenzione le persone che lo circondavano.
Da quando era diventato l’ombra della Kiseki no sedai, aveva preso l’abitudine d’analizzare i passanti.
Capire l’animo umano era fondamentale per un illusionista e ancora di più per un ladro.
Ben presto la sua attenzione  venne attirata da un giovane coi capelli rossi che gironzolava  tra i tavoli sovrappensiero.
O almeno così voleva far credere agli altri, mentre le sue mani si muovevano agili da una borsa all’altra rubando i portafogli.
Kuroko sembrava l’unico ad essersene accorto in quel via vai di gente.
E’ bravo. Sceglie solamente quelli che hanno già pagato e che quindi si accorgeranno del furto una volta lontani si stupì, continuando ad ammirare il ladruncolo all’opera.
Soddisfatto del suo bottino, il ladro acquistò un numero esorbitante di hamburger.  Poi con passo deciso si diresse al tavolo dove stava  Tetsuya e con la grazia di un pachiderma si sedette sulla seggiola che gli stava di fronte.
Non mi ha notato pensò l’altro ragazzo, senza rancore ma divertito dalla strana situazione. Be, dopotutto è ancora un novellino e certe volte anche i miei compagni fanno fatica a vedermi. Ad Akashi non piacerà ma…
“ Vorresti diventare un vero ladro?” chiese a voce abbastanza bassa da essere udito solamente dal suo interlocutore.
Kagami Taiga sobbalzò sorpreso, rischiando seriamente di  strozzarsi col panino che stava divorando.
Non poteva ancora saperlo, ma quello era solo il primo di una lunga serie di spaventi che avrebbe avuto per colpa di Kuroko.

 
 
 





 Note dell’autrice folle:
 
Mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo.
Ultimamente ho ritrovato la serenità mentre scrivo e questo è fantastico.
Sull’interrogatorio non ho molto da dire, sperò di non aver fallito nell’impresa ma sono abbastanza soddisfatta.
Riguardo all’arrivo di Kagami sentivo il bisogno di un po’ di KagaKuro e così finalmente taiga ha fatto la sua comparsa.
Piano, piano compariranno anche Takao, Momoi e Himuro.
Perché anche se la long è una KagaKuro mi piace che ci siano tutte le mie otp, anche se sicuramente non saprò gestirle.
Ringrazio le due fantastiche ragazze che hanno recensito e chi ha messo questa storia tra le seguite/preferite/ ricordate.
Mi rendete davvero felice.
Al prossimo capitolo
Un bacio ed una chiacchiera di carnevale
Mary


 
 

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Capitolo 6
*** Corteggiare qualcuno vuol dire inseguirlo finché questo non si lascia prendere, è come giocare a guardie e ladri. ***



Corteggiare qualcuno vuol dire inseguirlo finché questo non si lascia prendere, è come giocare a guardie e ladri.
 
 
 
Kasamatsu tamburellò nervosamente con le dita sul volante, il rombo del vecchio motore sovrastava la voce del dj alla radio, martellandogli nelle orecchie.
Era uscito di casa in perfetto orario, dopo essersi svestito e rivestito un’infinità di volte in preda all’indecisione, aveva seguito le indicazioni del navigatore fino a casa del modello, parcheggiato con una manovra secca, lanciato un’ultima occhiata all’orologio  e tirato il freno a mano con un po’ troppa forza, lasciando la macchina accesa.
Non aveva girato la chiave sperando nella puntualità dell’ altro ragazzo, o almeno così  sì era detto. In realtà, mentre i minuti scorrevano veloci, la voglia d’inserire la retro e scappare era sempre più forte.
Che cosa ci faceva davanti a quel lussuoso edificio ancora non riusciva a spiegarselo. Doveva essere impazzito? O forse le troppe responsabilità gli avevano dato alla testa?
Impossibile. Lui era nato responsabile, lo era sempre stato e non gli era mai pesato, neppure una volta.
Eppure, sicuramente, se l’andare per bar con Moriyama non era da lui, uscire con un semisconosciuto era del tutto impensabile per Yukio.
Ciò nonostante, non solo non aveva strappato la pagine con l’invito dal suo taccuino, ma si era addirittura presentato.
Sono qui solamente perché ho delle domande da fargli sul caso pensò, deglutendo. Ripeteva quella frase, come una filastrocca, da quando aveva lasciato il garage, cercando di tranquillizzarsi e dare un senso logico alle sua azioni.
Era ancora assorto nei suoi pensieri, quando Kise spalancò la portiera del passeggero, accomodandosi velocemente sul sedile.
“Ciao. Scusa il ritardo, di solito non lo sono, ma, col casino che è successo, non mi lasciavano più andare.  Poi avevo proprio bisogno di una bella doccia e ho perso la cognizione del tempo” snocciolò tutto d’un fiato, regalandogli un sorriso a trentadue denti.
Kasamatsu si limitò ad annuire, schiacciando il pedale dell’acceleratore pronto a partire.
Sentiva gli occhi del modello puntati su di lui, lo stava squadrando da capo a piedi mettendolo in  imbarazzo. La voglia di scappare era sempre più forte, mentre quegli occhi lo scansionavano senza pudore.
Non fare il bambino,  si disse, sei un uomo, un uomo di legge per giunta.
“ Dove vuoi andare?” chiese, cercando di sembrare il più naturale possibile, riprendendo il controllo di sé.
Senza distogliere lo sguardo, Kise, abbassò il finestrino, permettendo ad una piacevole folata di vento di scompigliargli un po’ i capelli. “Lascio scegliere a te, ispettore”.
Yukio  gli lanciò un’occhiata con la coda dell’occhio, stando ben attento a non farsi scoprire.
Al contrario di lui, il biondo era completamente rilassato. Teneva le mani sulle gambe, la schiena molle  e sorrideva allegro e spensierato come un bambino.
Bastò questo a fare in modo che, piano, piano, l’agitazione che provava scemasse, fino a scomparire. Dopotutto se Kise era tranquillo come poteva lui, un detective, avere le ginocchia molli e la gola secca?
 “ Ho in mente un posto” disse spingendo con più forza sull’acceleratore.
Ryota annuì.  “ Amo questa canzone”  trillò con entusiasmo, alzando al massimo il volume della radio ed iniziando a cantare. “Non vuoi provare? Prendi la mia mano e corri, corri, corri con me”.
Kasamatsu scosse il capo incredulo, contro ogni aspettativa però, questa volta stava sorridendo.
 
 
Kise aveva cantato ininterrottamente per tutto il viaggio, dimostrandosi perfettamente intonato: un perfetto idol.
Poi, una volta entrati nel ristorante, si era prodigato in una serie infinita di complimenti sul posto: trovava le  tovaglie bianche terribilmente eleganti,  i lampadari  in vetro perfetti nella loro semplicità e gli arazzi alle pareti piacevolmente allegri.
Kasamatsu faticava a stare dietro a quella esagerata euforia, per questo, quando finalmente si ritrovarono seduti al tavolo, si sentì sollevato.
Senza troppe cerimonie agguantò il menù, lo stomaco gli si contraeva dalla fame.
“ Questo posto mi piace, complimenti per la scelta detective” si congratulò il modello. Tutti gli aggettivi che aveva elencato senza sosta da quando avevano messo piede lì dentro non erano abbastanza per lui.
Yukio annuì, era troppo concentrato sul cibo per badare alla parlantina del compagno che rincarò la dose.
“Sai devo ammettere che, anche se per poco, ho avuto paura che non saresti venuto”. 
Il detective distolse immediatamente l’attenzione dai primi, non si aspettava una tale confessione da un ragazzo che sembrava così sicuro di sé.
“ Come mai?” domandò.
Kise sì passò una mano tra i capelli “ beh, non mi sembri il tipo di persona  che va a cena fuori con qualcuno appena incontrato”.
“ Difatti non lo sono. Ammetto che fino all’ultimo ero convinto di non venire” confessò il moro,  spiattellando la verità senza problemi.
Ryota sgranò gli occhi. Non era abituato alla sincerità, all’onesta e ancora meno alle persone che rispondevano alle domande senza giri di parole o alludendole.
Il modo di fare di Yukio era una piacevole novità per lui , se da un lato lo disarmava e scioccava dall’altro lo affascinava, arrivando quasi a rispettarlo.
E’ molto più difficile essere onesti che mentire.
Scioccato si diede un pizzicotto sulla coscia, mascherando il dolore. Doveva tornare alla realtà, pensare certe cose non era da lui.
Il suo talento era nato dalle bugie, si nutriva con esse e le diffondeva.
 Dopotutto stava mentendo anche in quel momento, mentre sorrideva a quell’uomo che a conti fatti rappresentava il suo opposto in tutto.
Non era un sorriso sincero, eppure gli sembrava che lo fosse. Incrociando gli occhi dell’ispettore si sentiva  a suo agio, si sentiva…
Sto confondendo la verità con le mie stesse bugie,  tutto questo è solo un gioco pensò irritato prima di rigirare la domanda che gli era appena stata fatta. “Come mai?”
“ Perché sono veramente il tipo di persona che non fa certe cose”.
Kise sogghignò, giocherellando distrattamente con le bacchette. “ Allora perché sei venuto?”
Kasamatsu sospirò, a quella domanda non sapeva rispondere. “ Non lo so’”.
“ Forse vuoi essere quel tipo o forse il motivo sono io” lo prese in giro il biondino, facendogli l’occhiolino.
Yukio alzò gli occhi al cielo per poi fulminarlo. Sicuramente la seconda ipotesi era una cavolata, lui non era il genere di ragazzo che correva dietro al primo bel faccino che vedeva, nemmeno se quello, in  qualche modo, lo faceva sentire a proprio agio,  domande imbarazzanti a parte.
Forse però voglio veramente essere quell’uomo, forse sto impazzendo veramente.
Davanti all’espressione pensierosa e scioccata che aveva, Kise scoppiò a ridere senza controllo.
“ I perché e i per come non sono importanti, ciò che conta è che sei qui e di questo ne sono felice. Ora però pensiamo solamente a divertirci e a riempirci la pancia, per argomenti così seri e profondi c’è tempo”.
Per tutta risposta,  Yukio recuperò il menù che gli era scivolato di mano durante la conversazione. “ Qui fanno degli ottimi temaki”.
 
 
 
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 L’archetto si muoveva con maestria sulle corde tese del violino,  producendo una sequela di note irruente  che rompevano con forza il silenzio dell’appartamento.
Akashi  teneva gli occhi chiusi, immerso completamente nella musica e nei movimenti che doveva eseguire per portare a termine perfettamente la sinfonia.
Tutto intorno regnava il buio, nessuno spiraglio di luce riusciva a penetrare attraverso le tende tirate. Suonare  immerso nelle tenebre era da sempre l’unico momento in cui il suo animo tormentato riusciva a rilassarsi.
Doveva solo concentrarsi sulle note, lasciando la mente libera dal resto.
Per poco poteva accantonare: la solitudine che fin da piccolo sentiva marchiata a fuoco sulla pelle e che nonostante l’assidua presenza dei suoi amici non voleva saperne di lasciarlo, le aspettative dei suoi  algidi genitori, i piani per la Kiseki e l’obbligo che aveva fin dalla nascita di essere perfetto in ogni campo, di essere l’imperatore.
Aveva appena portato a termine la cavalcata delle valchirie, uno dei suoi pezzi preferiti, quando un raggio di sole gli investì gli occhi.
Sorpreso li aprì, incrociando lo sguardo inespressivo di Kuroko che lentamente applaudiva alla sua performance.
“ Tetsuya” lo salutò dolcemente, appoggiando il violino  sull’apposito ripiano che stava alla sua destra. “ Non mi aspettavo una tua visita, anche se ovviamente sei sempre il ben venuto”.
Kuroko  non batte ciglio, accomodandosi con compostezza su un futon. “ Mi dispiace averti interrotto, mi piace sentirti suonare, sei davvero bravo Akashi-kun. Però devo parlarti di una cosa...”.
 Il rumore della porta che veniva spalancata e di una serie di passi impazienti  che si dirigevano verso di loro gli bloccò le parole sulla punta della lingua, impedendogli di continuare.
Akashi si girò per accogliere il nuovo arrivato, convinto di vedersi comparire  davanti Daiki, l’unico tra di loro ad essere così irruento.
La bocca gli si spalancò per la sorpresa, quando invece della capigliatura blu scuro dell’amico  ne vide una rossa.
Nel salotto di casa sua era appena entrato un estraneo: alto e muscoloso come Aomine, con le sopracciglia biforcute ed uno sguardo determinato ed aggressivo, in preda all’impazienza.
Akashi lo squadrò accuratamente, non gli era mai capitato di ricevere qualcuno al di fuori della  Kiseki  e ancor meno che qualcosa lo sorprendesse. Andava sempre tutto secondo i suoi piani, senza alcuna sbavatura.
Lo sconosciuto lo salutò con rapido gesto della mano, concentrandosi su Tetsuya. “ Scusa ma non ce la facevo più ad aspettare”.
Kuroko lo affiancò, scuotendo il capo rassegnato. “ Lui è Kagami Taiga, credo che possa essere il nostro settimo uomo”.
L’imperatore lo guardò confuso, si era dimenticato che se qualcuno poteva stupirlo, quello era proprio Tetsuya.
Dopotutto nessuno, nemmeno lui, poteva vedere come si muovono, pensano ed agiscono le ombre.
 
 
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Kasamatsu tirò il freno a mano.
Si sentiva la pancia gonfia, in procinto di scoppiare e la testa leggermente pesante a causa di quel bicchierino di sake che Kise l’aveva convinto a bere.
Tutto sommato la serata era trascorsa piacevolmente: si erano abbuffati di temaki, avevano chiacchierato o meglio il modello, ritrovata la sua parlantina, l’aveva tempestato di domande, aneddoti sulla sua vita e qualche commento sull’attualità mentre lui si limitava ad annuire ed intervenire di tanto in tanto, concentrandosi per non perdere il filo del discorso.
Poi si erano divisi equamente il conto, ed erano ritornati al punto di partenza: davanti al portone del modello.
Kasamatsu  percepiva ancora gli occhi di Kise puntati su di lui, questa volta però aveva l’impressione che il ragazzo stesse cercando di comunicargli qualcosa.
“ Alla fine non ti ho fatto nessuna domanda riguardo alla rapina” disse, sovrappensiero, tanto per rompere il silenzio che si era creato non appena era entrato nel parcheggio.
Ryota rise “ puoi sempre farmele la prossima volta”.
Yukio lo guardò incerto, per un attimo pensò di non aver capito ma gli occhi carichi d’aspettativa del compagno non lasciavano dubbi. “ la prossima volta?”
“ Esattamente”  rispose il modello, passandosi una mano nei capelli. “ Sono stato bene stasera e mi piacerebbe rivederti. Sai, le uniche persone che frequento lavorano nel mio settore e…bhe diciamo che non sono questo granché: sono egocentrici, snob, falsi, di poco spessore. Sono come la moda gli impone di essere, dei manichini. Tu sei diverso, Yukio. Sei sincero, retto, interessante, coi piedi per terra e…io ho paura di diventare come loro, di perdermi. Per questo vorrei che diventassimo amici, tu che ne pensi?”
Prima di poter anche solo riflettere sulla questione, Kasamatsu gli rispose, stupendosi un attimo dopo di quel che aveva fatto.
Durante la cena Kise gli aveva mostrato un lato del suo carattere che non gli dispiaceva, non era solo un egocentrico idiota a quanto pareva.
Era stato bene, si era sentito a suo agio e forse un po’ più sciolto del solito, inoltre con quelle parole, il biondino si era messo a nudo, mostrando le sue paure. Era stato onesto e Yukio premiava sempre l’onestà.
“ Credo che possiamo provarci. Si, penso proprio che possiamo essere amici”.
 
 
Note dell’autrice folle:

Finalmente sono riuscita a finire questo capitolo, mi mancava l’ultimo pezzo da giorni e non vedevo l'ora di scriverlo.
Beh, come primo appuntamento non è stato molto romantico, ma siamo solo all'inizio e Kasamatsu ha bisogno di tempo per lasciarsi andare e, al momento, anche Kise visto che è in lotta con la sua parte bugiarda, e soprattutto con quella reale.
Non ho descritto l’appuntamento per intero perché mi sembrava noioso raccontare ogni passo, e  soprattutto perchè mi piace l’idea di lasciare un po’ d’immaginazione al lettore.
La canzone che canta Kise è Run with me degli SHINee, non chiedetemi perché, non lo so. Detto questo ringrazio come sempre chi ha recensito e anche chi segue silenziosamente. Grazie, siete fantastiche.

Un bacio, spero di aggiornare al più presto

Mary



 

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