Online

di athazagorafobia
(/viewuser.php?uid=637592)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Aprirsi ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 9: *** Chiusura ***



Capitolo 1
*** Aprirsi ***


Aprirsi

 
- Ma sei una ragazza? –
Rimasi interdetta a quella domanda, talmente ovvia mi sembrava la risposta, ma solo in quel momento mi resi conto che nella  mia auto descrizione non avevo scritto una cosa così importante.
- Sì, sono una ragazza –
- Ti va di conoscerci meglio? –
La prima cosa che pensai furono le parole dei miei professori, genitori o comunque gente adulta che continuamente diceva che bisognava stare attenti con gli  sconosciuti, non ci si può fidare, soprattutto delle persone che si nascondono dietro un computer.
- Incontrarci su FB tipo, ti va ? –
Riflettei, ma ero stanca di seguire delle puntigliose regole che avevo dentro di me, non era sbagliato infondo conoscere nuove persone e io avevo voglia di rischiare una volta tanto.
- Ok, come ti chiami ? -
Cercai il suo profilo quindi, comodi i social network , potevo scoprire qualsiasi cosa di lui in pochissimo tempo, o perlomeno ciò che lui voleva far vedere alla gente.
Francesco Limoni, appunto, contraddetta fin da subito, nulla faceva capire di lui, nessun indizio solo delle foto di quando era piccolo che escludevano la possibilità che fosse un hacker o qualsiasi cosa simile.
Era apposto, era simpatico, sveglio; andava così bene  che iniziai a pensare che quella sbagliata fossi io. Non era una novità nei miei pensieri.
Alta quel tanto che bastava, ma fin troppo per non farsi notare tra le amiche, come se non bastassero i tratti fisici : i lunghi capelli neri, il naso a patata e gli occhi a mandorla.  Il suo corpo urlava “ Cinese” da tutte le parti.
Se era razzista ?
E lui intanto dal gioco chiedeva perché non lo aggiungevo.
Volevo spiegarglielo il perché.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** CAPITOLO 1 ***


CAPITOLO 1

 
- Come fai a dire che sono dolce? -
- Linda dice che sei dolce -
- Oh. Non sono dolce ; solo con le persone a cui tengo e che accettano come sono, o con quelle con cui non mi vergogno di me stessa. Ti fidi di Linda?  -
-Perché dovresti vergognarti di te stessa? –
Ecco saltava a piè pari le mie domande.
Non sapevo se volevo che lo sapesse, forse perché non lo sapevo neanche io.
- Lunga storia –
- Spiegamela  -
- Niente, ho paura di parlare con le persone. Ho paura di starci male, che non mi apprezzino. Ho paura di tutto questo perché il fatto che i miei genitori non mi volessero, mi ha fatto sempre credere di valere meno degli altri, ed è brutto quando sai di non essere abbastanza. -
 
Ecco. Era ormai qualche mese che ci scrivevamo. Io e Francesco. 
Lui era un ragazzo pasta , pronto a combattere per i propri ideali, per cambiare il mondo.
Io ero una ragazza polpetta : cercavo di omologarmi alle altre persone pur tentando di essere speciale in un modo o nell’altro.
Lui un semplice ragazzo del Sud, che usciva con un sacco di ragazze e a volte se le sbatteva; nichilista ed egocentrico, come voleva far sembrare.
Io una del centro Italia,  adottata da una famiglia italiana e reduce da una famiglia cinese troppo attaccata agli idealismi per avere una figlia femmina; insicura e cinica, come volevo sembrare.
Ci scrivevamo per passare il tempo, o per scrivere e basta.
Lui scriveva per passare il tempo.
Perché era divertito da quella strana ragazza che si comportava in un modo così scontroso con lui, quasi volesse dissimularsi dalle altre che conosceva e con cui giocava; o questo almeno è quello che credeva io.
Io scrivevo per sentirmi qualcuno, per potermi aprire come non avevo fatto con nessuno;, per poter parlare liberamente delle persone che odiavo. Senza sentirmi in colpa, ma anzi quasi amata.
Potevo sfogarmi prima con uno e poi con l’altro, perché difatti dopo poco tempo si erano aggiunti Linda, una mia carissima amica, e Andrea , un suo compagno di classe alle conversazioni.
Certo parlavamo ancora singoli a volte ma il gruppo mi faceva sentire meno scoperta.
 
Finii di scrivere su Whatsapp e attesi la sua risposta con impazienza.
Dire che attesi a lungo è riduttivo ed è una bugia, mi addormentai semplicemente.
 
- Non mi caghi mai -
- Ti sto cagando ora -
- Dopo che te l’ho detto io -
- Semplice casualità -
- Sein sein -
- Che ? -
- Nulla . Mi fai sentire la voce ? -
- E’ brutta -
- Anche la mia -
 
- Contento? -
- Sì. Non è brutta, anzi -
- E’ un po troppo caramellosa, ma va bene lo stesso. Mandala tu ora  -
- Va bene -
 
- Hai un sacco l’accento del Sud -
- Lo conosci? -
- Non so se ricordi faccio di cognome Bari -
- E che c’entra? Io di cognome faccio Limoni, ma non è detto che mi piacciano -
 
Era l’unico a farmi ridere,  involontariamente.
Nelle web mi chiedeva spesso perché ridevo sempre.
Solo che non potevo dirgli  “rido solo quando sono felice”.
Perché sarebbe arrivato alla conclusione : “sono sempre felice con te” .
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CAPITOLO 2 ***


CAPITOLO 2

 
  
 
“Era questa la fregatura con lui.
Riuscivamo a non chiamarci,
a non scriverci,
a non cercarci.
Riuscivamo a non sentirci per settimane,
a volte per mesi.
Riuscivamo per qualche tempo ad
ignorarci alla perfezione.
Non so come, non so perché.
Ma era uno di quei rapporti “vorrei stare con te,
ma non te lo dimostro troppo”.
E giuro non ce l’avevo con lui.
Ce l’avevo con me perché al suo ritorno io mi facevo trovare.
Mi trovava esattamente dove mi aveva lasciata.
C’è forse fregatura peggio di questa?”
 
- Elena -
Bastarono quelle parole.
Dopo aver ignorato tutti gli sguardi, o meglio i non sguardi di quei giorni .
 Non sembrava dispiaciuta, ma neanche contenta o allegra come ero io.  Eppure dovevo avergli trasmesso almeno una qualche sensazione simile alle mia .
 
Bastarono quelle parole per zittirmi. Bastò quella parola, con quel tono di voce e quell’espressione per far ritornare tutti i dubbi , quelli che avevo ignorato e tralasciato presa dal momento.
Elisa mi guardò preoccupata.
- Lo dico per te  . Lo dico perché sono preoccupata per te . E lo so che ora tu sei felice.  Ma ho paura che ti illuda .-
Elisa aveva ragione.
Era quasi un anno che ci conoscevamo.
Per lui ero rimasta un passatempo.
Per me era diventato come l’ossigeno.
Aspettavo in ogni momento che mi scrivesse ; mi addormentavo sperando di sognarlo e appena aperti gli occhi andavo a leggere il suo messaggio di buona notte della sera prima .
Ma Elisa aveva torto.
In ogni messaggio che leggevo, anche se presa dalla contentezza del momento, riuscivo a sentire la distanza.
Riuscivo ad immaginare le otto ore di viaggio che avremmo dovuto fare per incontrarci, anche solo una volta.
Le risate che donava ai propri amici e alle persone che vedeva tutti i giorni.
I baci che dava alla ragazza .
Io non ero felice.
Lui me ne parlava sempre . Di quanto erano fragili le ragazze, e di come si divertiva a prenderle in giro, ad andarci un momento prima e poi a lasciarle.
Mi parlava di Rita, quella con cui stava, di come gli fosse sempre andata dietro, e di come non gli importasse che andasse anche con le altre.
Mi parlava di quando si amavano e un momento dopo mi chiedeva di spogliarmi, giusto per farlo eccitare un po’.
E io lì presa dal fatto dedicava un po’ della sua giornata a scrivermi ridevo e gli rispondevo di no, non notando quanto fosse macabra la sua richiesta.
Non notando che come tutte le altre gli morivo dietro.
Chissà se se ne era accorto che gli morivo dietro.
Chissà se se ne era accorto che io nel mio mondo non ci sapevo stare; che con lui mi sentivo viva, sentivo di contare qualcosa.
Lui mi sfidava, mi faceva mettere in dubbio la mia vita, le mie convinzioni.
Eppure lui mi feriva, o meglio lasciavo che la situazione mi ferisse.
 
Elisa mi guardava.
Non sapeva cosa mi passasse per la testa.
Sapeva solo dei miei pensieri per quel ragazzo.
Oh, quei pensieri li sapeva tutti .
Le raccontavo di ogni volta che mi scriveva, di quanto fossi felice.
Di quanto fossi triste lo capiva.
- Hai ragione. Dovrei smetterla .-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** CAPITOLO 3 ***


CAPITOLO 3

 
“Ai miei amici.
Alle persone che mi amano
e che mi hanno amato davvero.
Non siamo fatti per stare da soli
ma nemmeno per stare con chiunque .”
 
 
- Facciamo la web ? -
Dolore, felicità, tristezza.
- Non ti stanchi mai ? -
- No -
Tristezza, e il cuore fa male.
- Facciamo basta ? -
- Basta cioè questa volta e basta? -
- Basta cioè basta -
- Va bene -
 
Era finita così .
 
- E’ finita con Fra -
Elisa mi guardò un po’ sconcertata e arricciò i lunghi capelli biondi .
- Così drasticamente ? - Mi scrutava, aspettando che tirassi tutto fuori, che il vulcano che era in me scoppiasse e le dicesse tutto, cosa che succedeva quando ero arrabbiata e felice, ma ero semplicemente triste - E a te va bene ? -
Ho fatto tutto io lo sai . L’ho lasciato andare e io sono rimasta indietro . Ci stavo solo male.
- Era la cosa migliore no ? -
Elena fa sempre la cosa migliore; non sbaglia con le persone.
Non posso permettermi di sbagliare, non posso permettere che qualcun altro mi lasci, che qualcuno mi odi.
- Non ha neanche provato a trattenermi .
 Volevo che lo facesse, volevo che mi dicesse che ero importante per lui  e che non avrebbe accettato nessuna scusa . Ero anche io un gioco -
- Elena . Lo so dirai che sono una stronza, visto che ora sto con la persona che amo e che quindi non posso capire ciò che provi; ma io lo so quanto ci tieni. Il problema è che lui ha già la sua vita a 500 km di distanza da te -
Era bella Elisa, coi capelli castano chiaro, che adesso secondo le mode erano diventati biondi e marroni. Con la risata facile e il suo voler dire sempre la verità . Eppure riusciva sempre a non ferire nessuno.
 Ero sempre stata attaccata a lei, era come una sorella.
 
Dall’altra parte c’era Valeria, capelli corti e neri, occhi grandi e puri.
Lei non chiedeva mai niente, ma dava tutto ciò che poteva. Intelligente, sveglia, ma soprattutto buona, anche se a volte un po’ acida.
- E’ finita con Fra -
E questa volta ero tranquilla. Glielo dissi come un dato di fatto, senza rendermi conto che non lo avevo ancora assimilato del tutto.
- No , no . Io questo non lo accetto .- Mi guardava come se volesse uccidermi, come se non mi capisse. -Allora Ele al diavolo i giramenti di testa. Perché per ogni piccola cosa dovete farvi tutte queste pippe mentali? Santo Cielo ! Stavi bene quando parlavi con lui ! Eri felice . Ti faceva stare bene . Perché dovresti rinunciare a tutto questo? -
Senza rendermi conto che neanche io l’avevo accettato.
- Non ci stavo bene -
- Ne sei sicura ? -
- Sì -
- Allora va bene -
Con Valeria era più difficile ; sarebbe stata dalla mia parte qualsiasi decisione avrei preso, ma non ne sarebbe stata per forza d’accordo.  Si fidava di ciò che dicevo - ma raramente guardava dietro le parole, solo per controllare che stessi bene- ma non di ciò che facevo.
 
Dire che pensai poco quel giorno è un eufemismo .
Ma la notte arriva in fretta e i pensieri scompaiono con lei .
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CAPITOLO 4 ***


 

CAPITOLO 4


“Dovremo solo accettare che,
quando qualcuno non si fa sentire,
è perché non vuole.
E dovremo lasciare perdere.”
 
Sapete quando pensate troppo a qualcosa e dimenticate tutto il resto ?
Quando pensate troppo a qualcuno e dimenticate tutti gli altri?
Ecco era andata così. Pensando a Francesco avevo lasciato tutto e tutti . Quando non parlavo con lui, parlavo di lui agli altri.
Ora che era finita me ne resi conto.
Ora che era finita avevo bisogno di qualcuno che mi riempisse quel vuoto, di qualcuno che mi stesse vicino.
 
- Ciao-
- Hey -
- Come va? -
- Bene, te? -
- Insomma -
- Che è successo? -
- Tanti fattori di cose -
- E parla -
- Beh nulla di straordinaria importanza . Ho smesso di parlare con Fra. -
- Perché ? -
- Boh ; forse perché probabilmente non ci vedremo mai -
- E quindi ? -
- E’ una cosa complicata .  A differenza di te con lui è più difficile parlare; alla fine il discorso cade sempre sul fare la webcam ed io non voglio.
Non credo che un’amicizia si basi su questo.
Io gli voglio un casino di bene, ma non lo trovavo giusto -
Non credo che un amore si basi su questo.
- In che senso? Spiegati -
- Beh sai che lui deve farsi almeno due seghe al giorno per essere contento no? E mi chiedeva di aiutarlo. Io naturalmente gli dicevo sempre di no, ma lui oltre a questo non dice altro. Forse è il suo modo di comunicare, ma non il mio .-
- Ma perché non ci parli ? -
- Gliel’ho già detto un casino di volte -
- E lui ? -
-  Che io sono troppo timida -
- E’ fatto così, tu prova ad incazzarti -
- Non dirgli niente -
- Si va bene . Tu incazzati -
- Per quello non mi sembra il caso . Non ho il diritto di arrabbiarmi per questo con lui . E poi che gli dico? -
- Quello che vuoi -
 
Davvero non ci riuscivo a non  pensare a lui.
E l’unica persona che mi riempiva senza lui era Andrea.
Andrea, che andava in classe con lui, che ascoltava le sue parole.
Andrea, che si comportava con me come un fratello, che mi voleva bene e cercava di comprendermi.
Andrea, che da quando aveva la ragazza mi scriveva sempre più raramente e a monosillabi.
E comunque lui c’era.
Incazzati
Andrea non sapeva di ciò che provavo per Fra.
Mi ero dovuta inventare tutto nella conversazione.
Ma assomigliava così tanto alla realtà….
Incazzati
No, adesso basta. O viene lui o la facciamo finita.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** CAPITOLO 5 ***


CAPITOLO 5

 
 
“Non credo alle persone fatte a posta per stare insieme,
ne ai momenti giusti.
Credo alle persone che fanno di tutto per esserci,
l’una per l’altra.
Anche nel momento sbagliato.
Non penso che esistano le anime gemelle,
quelle destinate a trovarsi.
Ma sono convinta che ci sono anime che,
da quando si incontrano,
si sentono a tal punto da non smettere più di cercarsi.”
 
 
Sembrava facile capite ?
Svegliarsi la mattina presto e pensare subito allo studio, alla scuola.
Avevo scelto un bel momento dopotutto, prima delle vacanze di pasqua, quando i compiti si accumulano e i professori pretendono di più.
Era facile svegliarsi, ripassare, leggere e poi incamminarsi per prendere la corriera.
Salire, senza ancora aver parlato con nessuno, e sorridere all’arrivo di Elisa, che giungeva tutta trafelata e con i capelli scompigliati, con il suo ritardo cronico.
Era ancora più facile tirare fuori dallo zaino il libro di greco e morirci dentro, con tutte le regole che ancora non capivo e delle eta al posto dell’epsilon .
Il difficile non arrivava se non quando mi stancavo di guardare delle parole senza neanche vederle, e allora osservavo la vita fuori dal finestrino.
Che vita poi ! Solo macchine che correvano opposte alla nostra e la nostra campagna verde e gialla.
Solo  quando si arrivava in città il paesaggio mutava .
Venti minuti prima di arrivare in città.
Venti minuti a pensare ciò che non dovevo pensare.
7.32 Ora si sveglia.
7.35 Ora guarda il cellulare.
Ritirare fuori il libro e riosservarlo, prendere le cuffiette .
Alla prima fermata tutti scendono.
Il pazzo della mia piccola cittadina urla - Se non avete voglia non venite!  -
Alla seconda fermata i ragazzi dello scientifico e qualche badante si avviano verso il corso.
Il pazzo continua ad urlare.
La corriera arriva alla stazione e il pazzo scende.
200 metri e poi la fermata del liceo classico, lo Stadio.
Prendo lo zaino, e scendo.
Alessia si avvicina ad Elisa e si mettono a chiacchierare .
Affretto il passo ed entro a scuola e successivamente mi avvicino alla nostra classe.
Appoggio lo zaino e l’aula lentamente si popola.
Sembra quasi che nessuno mi veda.
Si smette di esistere quando si è tristi ?
 
Si smette di esistere quando si è tristi?
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** CAPITOLO 6 ***


CAPITOLO 5
                                                                              

 
Il cinque è il mio numero preferito.
Il cinque rimbalza su e giù e si trova sempre in mezzo.
E’ facile la tabellina del cinque : cinque, dieci ,quindici, venti…
Il cinque non è un bel voto da prendere a scuola. Ma si può rimediare.
 
Il quattro è bello.
Il quattro si accosta perfettamente al mio nome. Lo dicono i maghi.
Già il quattro è il numero fortunato di tutte le ragazze che si chiamano Elena.
Il quattro non è il mio numero fortunato.
Il mio numero fortunato è il cinque.
Il colore fortunato delle ragazze che si chiamano Elena è il giallo.
Il giallo sta bene con la mia pelle. Ci dice. La mia pelle è gialla.
Il verde non sta bene con la mia pelle.
Il mio colore preferito è il verde bosco.
 
Da bambini è importante sapere qual è il numero/colore/animale preferito dei tuoi amici.
E’ importante perché vuoi sapere tutto di loro. Vuoi sapere a cosa tengono e se ciò corrisponde a ciò che tieni tu.
Da grandi si perde questo bisogno di sapere.
C’è meno amore. Ma l’amore è più forte.
 
A Elisa piace il bianco.
A Valeria piace l'azzurro .
A Linda piace il verde acqua.
 
Riesco a ricordare poco della mia vera mamma.
Della mia vera famiglia.
Solo lunghi capelli neri che circondano un viso che non conosco.
Una grande casa e delle scale.
L’odore dei ravioli al vapore e le dolci mani che ripiegano l’impasto.
Macchine da cucire.
Molto grigio.
- Perché non sono lì con voi ? -
Le domande ricorrono spesso.
E le risposte si affacciano spaventosamente nella mia mente.
Avevo tre anni quando l’assistenza sociale mi venne a prendere all’asilo.
Ricordo perfettamente che stavo disegnando il ritratto del mio papà e avevo il pennarello rosa tra le mani.
Una signora dai capelli grigi e bianchi entrò nella classe, mi prese la mano e mi portò via.
Piansi per tutto il viaggio in macchina.
- Perché non avete fatto di tutto per tenermi ?-
- Perché non mi avete cercato poi ? -
- Perché non mi avete avuto abbastanza bene ?-
 
Ragionarci serviva e non serviva.
Riuscivo ad arrivare solamente alla conclusione che ero una cattiva bambina, forse piangevo troppo e urlavo durante la notte.
Forse picchiavo mio fratello e rompevo tutto ciò che avevamo.
Forse la colpa era della mia testa un po’ malata che di comportamenti strani ne attua ancora.
Ragionarci serviva perché rispondevo in parte alle mie domande, anche con semplici ipotesi.
Ragionarci non serviva perché le risposte che mi davo mi facevano solo male.
 
Il cinque è il mio numero preferito.
Il verde bosco è il mio colore preferito.
Mi chiamo Elena ed è il nome che mi hanno dato i miei veri genitori.
Il giallo e il quattro sono elementi che si associano al nome Elena.
Ma io non sono limitata da ciò che è il mio nome.
La mia faccia.
Solo a volte me ne rendo conto.
A me può piacere anche il verde.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** CAPITOLO 7 ***


CAPITOLO 7

 
Si smette di esistere quando si è tristi ?
 
- La risposta è no -
- Che ? - domando sconcertata .
- Non si smette di esistere, ma si smette di sorridere -
Sorrido a Valeria, che con la sua dolcezza aveva capito che in quell’ultimo periodo avevo bisogno di qualcuno che mi facesse sentire viva.
Mi stava accanto.
Rispondeva alle mie ripetitive chiamate senza senso, ai miei abbracci continui, e al mio bisogno di sentirmi bene.
La risposta è no, me l’aveva detto a parole e l’aveva dimostrato coi fatti.
 
Andavo avanti.
Tentavo di sopravvivere alle giornate.
Ma lo dicono su FB, ask, tumbrl, fonti a cui dobbiamo affidarci perché la nostra testa è basata su questo :  sopravvivere non è vivere.
 
Ero uscita anche momentaneamente dal gioco che ci aveva fatto incontrare.
Mi ero messa a scrivere . Mi ero messa a scrivere per poter catalogare i fatti e rifletterci su.
Per Elisa pensavo troppo.
- Affidati all’istinto -  era ciò che diceva con gli occhi castani ogni volta che mi rivolgeva lo sguardo -Buttati -
Per me stessa pensavo poco.
Passavo tutto il giorno facendo finta di pensare.
Non lo facevo.
Oscuravo la mente.
E invece le parole sulla tastiera scendevano da sole, dimostravano gli avvenimenti come erano accaduti realmente.
Potevo giudicarli, come se quella ragazza non fossi realmente io.
 
Andava bene, andavo avanti.
Tentato di sopravvivere alle giornate.
 
- Ele -
Il destino, fato o come vogliate chiamarlo mi stava prendendo per il culo.
- Fra -
- Come va ? -
Francesco mi stava prendendo per il culo.
- Bene, tu ? -
- Lo stesso -
- Che hai fatto di bello ? -
- Scopato -
Chiunque fosse mi stava decisamente prendendo per il culo .
 
Ero incerta se chiederglielo o no.
Mi interessava davvero.
Iniziai a pensare alle risposte che poteva darmi.
Rosso ? Sì, mi sembrava un tipo da rosso: il tipico colore da ragazzo dispotico e sicuro di sé.
Blu ? No, troppo banale e tranquillo come colore.
Nero. Vestiva spesso di nero nelle foto che aveva su FB , ma non aveva  il carattere di qualcuno a cui piace il nero : sacrificio e abnegazione.
Il suo colore preferito doveva essere il rosso.
 
- Qual è il tuo colore preferito? -
- Come mai questa domanda ? Comunque il verde -
 
Ok, come faceva ogni volta a spiazzarmi con le sue risposte?
Mi preparavo ad ogni tipo di risposta e lui cosa faceva ? Mi rispondeva con l’unica che non avevo considerato.
Forse era per questo che lo amavo.
Perché era l’unico capace di sorprendermi. Capace di rendere completamente nulli i miei ragionamenti complicati.
Era l’unico che mi spiazzava completamente.
 
Anche il mio colore preferito era il verde .
Chissà che tipo di verde amava :  verde oliva, verde acceso, verde prato, verde fosforescente , verde acqua del mare sporca, o chissà verde bosco ?
 
-Ottimo-
- Tanto -
- Qualcosa che mi possa interessare di più ? -
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Chiusura ***


Chiusura

Non sono arrabbiata perchè non sono riuscita a dare il massimo.
Sono arrabbiata perchè il massimo l'ho dato.
E non è stato sufficente.

Si dice che le persone cambino, ed è così : le persone cambiano.
Il cambiamento è letteralmente l’unica costante di tutta la scienza : l’energia, la materia, cambiano completamente; si trasformano.
E’ il fatto che le persone cerchino di non cambiare che è innaturale, il modo in cui si aggrappino alle cose invece di lasciarle essere ciò che sono.
Il modo in cui ci aggrappiamo ai vecchi ricordi invece di farcene di nuovi.

Il modo con cui avevo fatto leggere la mia storia a Francesco era strano, particolare, semplicemente non da me.
C’era stato un momento pieno di angoscia quando gli avevo mandato il file, che era continuato per tutta le sera e per tutta la notte.
Questo momento d'angoscia raggiunse l'apice il giorno dopo. Nel vedere che l'aveva letto (dannato FB)  e mi stava scrivendo.
Scrivendo che, poi ?
La tensione accumulata, la paura e il coraggio. Non ci voleva coraggio a leggere la sua risposta?
La delusione.
La delusione nel vedere che era tutta una stupidaggine per lui.
La delusione nel notare che avevo sperato troppo e sapere che avevo sbagliato.
Il dolore nel vedere che lui non mi amava.
La rabbia.
La tristezza.
La rabbia.
La consapevolezza.
La tristezza.
La calma.
La consapevolezza.

Forse era tutto finito lì.
Forse potevo ricominciare da lì.
Era uno di quei momenti in cui ti dici “non si torna più indietro”.

La domanda era : E ora?



ANGOLO AUTRICE
Delusi dal finale? Beh essendo un’autobiografia potrebbe esserci un seguito ;)
Grazie per chi mi ha seguito, specialmente alla mia carissima piuma fantasma che se non avete capito è la mia adorabile “ Valeria”
- atha

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2576459