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di piumetta8
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Rincasare ed essere accolta dalla grande cornice che decora la parete color tortora dell'atrio è sempre un colpo al cuore per Nora.

È un ritratto di famiglia. Di una famiglia che sorride affiatata da un passato, in fin dei conti, non troppo remoto.

Di una famiglia sfasciata dalle incomprensioni, dai litigi, dalle difficilissime prove dalle quali non è riuscita ad uscire unita come prima.

Nora ha deciso di mantenere quella cornice in bella vista nonostante la separazione da Marco, nonostante lei e suo marito vivano ormai distanti e si parlino soltanto attraverso avvocati e nelle aule di tribunali, con toni certamente non concilianti.

C'è un qualcosa in quella foto scattata al mare appena tre anni fa che le suscita, contemporaneamente, tenerezza e disperazione: è il sorriso di suo figlio.

E fa male sapere che non rivedrà più quel sorriso pieno ad illuminare la vita di Valentino, sapere di non essere in grado di ridargli quella grande fetta di spensieratezza che la lunga malattia e le complicate cure gli hanno tolto per sempre.

Sospira, togliendosi il soprabito. Poi si stampa in faccia la migliore espressione di ottimismo che le riesce.

"Vale sono tornata."

Nessuna risposta. Il soggiorno è deserto, fatta eccezione per i silenziosi pesci che sguazzano nell'acquario (una vecchia passione di Marco). Nora pensa che deve cambiare al più presto l'acqua alle piccole bestiole mentre dà loro del mangime e poi si sposta in cucina dove trova i piatti sporchi nel lavello e lo stesso disordine che vi ha lasciato stamattina prima di uscire di fretta.

Un po' delusa e un po' irritata si spinge di nuovo in corridoio. Esita un momento prima di bussare alla porta della camera di suo figlio.

Non è per nulla contenta dell'inerzia in cui Valentino trascina le sue giornate ma sa che ci vorrà del tempo, sa che deve restargli accanto ed avere pazienza.

La stanza del ragazzo è in penombra. I libri di scuola sparsi alla rinfusa sulla scrivania e la massiccia sedia a rotelle accostata al letto nel quale giace il giovane.

"Non ti sei alzato per niente, tesoro?"

Chiede dolcemente Nora, passandogli una mano nei capelli ancora cortissimi ma che, finalmente, stanno ricrescendo.

"Non ne avevo voglia."

Risponde Valentino con voce piatta.

"Hai fatto un po' di compiti?"

"No."

"Hai fatto qualche esercizio? Sai che il dottore vuole che tu ti sforzi un pochino di più, vero?"

E lo vorrei anche io. Pensa senza dir niente.

"No mamma. Odio quella maledetta protesi, te lo avrò detto un milione di volte. È fastidiosissima e mi sento un cretino quando sono costretto a camminare su quel pezzo di plastica."

"Vale..."

"Lasciami in pace!"

Scatta, voltandosi dall'altra parte e tirandosi le coperte fin sopra il mento.

Nora sospira e cerca di mantenere un tono accondiscendente insistendo, allo stesso tempo, perché suo figlio esca da questo stato di torpore.

"Non vorrai passare tutte le vacanze e il resto della tua vita tappato in casa, vero?"

Lui non risponde.

"Ho incontrato Federico e Luca oggi in centro. Mi hanno detto che stanno organizzando una rimpatriata tra vecchi compagni. Ovviamente saranno felici se vorrai unirti a loro."

"Non ci vado. Non voglio vedere nessuno."

"Vale ti rendi conto che stai diventando un emarginato? Da quando sei tornato dall'ospedale sei cambiato. Avevi un sacco di amici e mentre eri lontano mi ripetevi sempre quanto ti mancassero e quanto desiderassi rivederli. Quando, finalmente, hai avuto l'opportunità di riabbracciarli li hai allontanati da te."

"Le cose cambiano."

"No se per noi sono importanti davvero. Tu puoi ancora ridere insieme ai tuoi amici, uscire con loro a mangiare una pizza o andare al cinema. Le cose non sono cambiate molto in fin dei conti, no?"

Quello che voleva suonare come un inno di speranza e di incoraggiamento finisce, invece, per irritare Valentino.

Poggiandosi sui gomiti si solleva e si districa dalle coperte lasciando scoperta la sua unica gamba.

"A parte questo piccolo particolare, vero?"

Fa ironico indicando il moncone al posto della gamba amputata.

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Capitolo 2
*** 2 ***


L'appartamento di Marco è un tipico ambiente da single: disordine stratosferico e poca attenzione ai particolari. Del resto passa così poco tempo in casa che è inutile preoccuparsi di mantenere un certo decoro.

E di certo che quel caos si presentasse agli occhi della sua quasi ex-moglie è l'ultimo dei suoi pensieri.

"Nora! Come mai da queste parti?"

L'accoglie stupito quando va ad aprirle la porta.

"Dobbiamo parlare!"

Fa la donna con quel suo sorriso malinconico e quel tono greve, quasi di rimprovero, che le ha visto spesso da quando Valentino si è ammalato.

"Entra. Ho l'aereo tra qualche ora ma possiamo trovare il tempo per prendere un caffè insieme!"

Si dimostra cordiale Marco, finendo di annodarsi la cravatta.

È strano trovarsi seduti a pochi centimetri di distanza senza litigare.

"Allora c'è qualche cavillo burocratico da sistemare?"

Chiede l'uomo mettendo la caffettiera sul gas. In realtà sugli accordi della separazione sono stati abbastanza concordi: Valentino rimarrà a vivere insieme a sua madre e potrà vedere il padre ogni qualvolta ne avrà voglia, oltre ai giorni che spettano a Marco per legge.

Nora scuote lievemente la testa accarezzando una tazzina di ceramica.

"Bene. Sono felice che sia tutto a posto: sai non ci capisco molto tra clausole e tutta quella roba da firmare. In fondo l'avvocato sei tu!"

Nora non si sforza di capire se debba interpretarla come una battuta o come una stilettata.

"Sono venuta a parlarti di nostro figlio. Sta iniziando davvero a preoccuparmi."

"Suvvia Nora non ingigantire sempre le cose. Ci vuole tempo perché Vale torni quello di prima, ce lo hanno detto praticamente tutti i dottori!"

Minimizza Marco versando le zollette nel caffè prima di servirlo alla sua ospite.

"Tu non mi prendi mai sul serio, vero? Come può tornare quello di prima? Gli hanno amputato una gamba ; ha perso, da poco, un amico e sta affrontando la separazione dei suoi genitori. Credi davvero che stia bene?"

Marco guarda sua moglie e poi il sorriso scompare dal suo viso.

"No, certo che non sta bene. Credi che non lo sappia che sia un momento terribile per nostro figlio? Ma Vale è forte, vedrai che supererà tutto!"

Stizzita Nora si alza, recuperando il soprabito.

"A volte la sola forza non basta, Marco. Vale ha bisogno di aiuto, ha bisogno di te..."

"Va bene parlerò con lui appena tornerò dal mio viaggio di lavoro!"

"No, questa volta non sarà così semplice. Non puoi aggrapparti sempre alla scusa del lavoro e scappare quando le cose si fanno complicate. Questa volta non sarai un semplice spettatore della sofferenza di tuo figlio, questa volta lo aiuterai ad affrontarla e a superarla. Voglio che Vale venga a stare per un po' di giorni con te!"

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Capitolo 3
*** 3 ***


Già il fatto di essere stato costretto ad usare l'ascensore per raggiungere l'attico in cui vive suo padre ha infastidito Valentino, mettendolo, ancora una volta, difronte ai suoi limiti.

Un tempo lui e Marco avrebbero fatto a gara, gradino dopo gradino, a chi arrivasse per primo alla meta. Ora, però, sono solo ricordi dolorosi che nessuno dei due vuole rinvangare.

Marco deposita sul pavimento il borsone con i vestiti del figlio mentre Valentino appoggiandosi ai braccioli della sua sedia a rotelle fissa in basso, con aria colpevole.

"Mi dispiace di esserti d'impiccio. Ma ha fatto tutto lei, ha deciso tutto la mamma. Io non ci volevo venire a stare qui!"

Stupito dai pensieri del ragazzo, Marco si accoccola alla sua altezza.

"Vale non sei di nessun disturbo qui. Devo essere stato proprio un mostro ultimamente se non vuoi passare nemmeno un paio di giorni insieme a tuo padre."

"No, ecco...io...Il fatto è che ti sei perso troppi momenti importanti ultimamente. Ci sono state tante volte durante le quali ti volevo al mio fianco e tu non c'eri."

Questa è la verità e Marco non può dire nulla per giustificarsi. Forse solo il lavoro è l'unica scusante per discolparsi.

"Lo so di essere stato un padre assente. Ma non potevo rischiare di perdere il lavoro, ho dovuto ricoprire anche doppi turni. Sai le tue cure costano."

Si pente immediatamente di aver aggiunto quell'ultima frase. Appena gli occhi dispiaciuti di Valentino incrociano i suoi.

"Ricordi quando avevi ancora tempo per me? Quando mi portavi a visitare i musei le domeniche? Mi mancano quei giorni. Allora non avevi paura di me, di ciò che sono diventato papà. Allora sapevi divertirti insieme a me!"

"Perché dici che ho paura di te, Vale?"

"Oh andiamo papà, non sono stupido. Non ti ho trovato appena mi sono risvegliato con una gamba in meno. Non sei venuto con me alla prima seduta di fisioterapia: allora ho singhiozzato tra le braccia di uno sconosciuto e non di mio padre. Anche l'uomo più impegnato del mondo sarebbe stato accanto a suo figlio in momenti come quelli!"

Marco sorride. Un sorriso amaro.

"Perdonami Vale. Possiamo provare ora ad andare d'accordo come un tempo. Ti va?"

Ma il ragazzo gira la sua sedia a rotelle e sbotta:

"Non potremmo più essere come un tempo!"

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Capitolo 4
*** 4 ***


Marco fa scorrere il mouse sull'icona del desktop e salva un importante documento a cui ha lavorato per giorni.

Certo lavorare da casa è un dispendio di energie incommensurabili ma la serenità di suo figlio vale questo ed altri sacrifici. Toglie gli occhiali, stacca gli occhi stanchi dal monitor e li stropiccia per riposarli.

È davvero esausto e, sicuramente, una bella dormita lo ristorerà e lo rigenererà.

Prima di sdraiarsi sul divano letto decide di controllare suo figlio. Gli ha ceduto la sua stanza per queste notti in cui resterà a dormire da lui e vuole accertarsi che il ragazzo abbia un sonno tranquillo.

Socchiude appena la porta e si accorge che le preoccupazioni di Nora non sono fisime infondate: Valentino parla nel sonno, si dimena, ansima.

Marco si precipita accanto al letto e nota immediatamente che suo figlio è tutto sudato. Lo scuote leggermente.

"Vale, Vale tesoro. Svegliati."

"No, no andate via. Va via."

Si agita il ragazzo per poi aprire gli occhi di colpo, affannando. Si trova addosso gli occhi apprensivi di suo padre.

"Era solo un incubo. È tutto passato!"

Cerca di rassicurarlo l'uomo prendendogli una mano. Valentino volta la testa sul cuscino e copiose lacrime iniziano a rigargli le gote.

"Non passerà mai papà. È tutto vero, è tutto vero..."

Si sfoga allungando una mano e dando un poderoso spintone alla carrozzina sistemata vicino al letto.

Marco non chiede nulla dell'incubo. Può solo immaginare ma ha capito tutto.

Mette una mano sotto le spalle del ragazzo e lo aiuta a sollevarsi.

"Vieni qui piccolo mio. Andrà tutto bene."

Lo culla dolcemente lasciandolo piangere.

"Io non ce le faccio ad essere sempre forte, papà. Perdonami ma in questo momento voglio solo piangere."

"Piangi piccolo mio. Il tuo papà e qui."

E lo stringe ancora più forte a se, carezzandogli la testa.

Nora ha ragione: suo figlio non può farcela da solo. E forse non basteranno né lui, né sua madre a far tornare il sorriso a Valentino.

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Capitolo 5
*** 5 ***


La notte ha ceduto il passo ad un cielo dalle sfumature gialle e rosse e il mare azzurro grigiastro lambisce le coste con quel suo ondeggiare calmo.

La spiaggia è deserta se non fosse per quella figura di ragazzino piegata in due sulla riva sassosa. Vale lo avvicina esitante: è stranissimo camminare di nuovo, lasciare due orme sulla sabbia.

"Ti senti bene?"

Lo sconosciuto si volta lasciandolo di sasso.

"Davide?"

Vale allunga una mano come a volersi sincerarsi che sia fatto davvero di carne e di ossa ma la ritira appena la figura inizia a parlare.

"E che cavolo sembra che hai visto un fantasma! Che giornata moscia e che mortorio questa spiaggia. Va be che anche a te per depressione, ultimamente, non ti batte nessuno."

Vale si siede sulla battigia, le onde che gli sfiorano i piedi.

"Il fatto è che...Mi manca tutto questo!"

Davide si lascia cadere bocconi affianco all'amico.

"E credi che a me non manchi anche questo e molto di più? Eppure non spreco il mio tempo come fai tu!"

Vale lo guarda stranito.

"Tu non hai più un tempo!"

"Elementare Watson! Che battuta del cavolo! Non puoi continuare a macerarti nel ricordo di ciò che hai perso, devi pensare a ciò che hai e saperlo apprezzare."

"Non ho più una gamba, non ho più una famiglia. Di cosa dovrei essere contento?"

"Hai una madre, un padre, degli amici fantastici. E hai una vita..."

Per un po' il rumore placido delle onde copre tutto il resto, poi Davide si alza di scatto e afferra l'altro trascinandolo con sé.

"Oh senti Mister Allegria cosa fate da queste parti per ammazzare la noia?"

Vale si guarda intorno alla ricerca di qualcosa poi addita una tavola lunga e stretta.

"Planiamo sulle onde!"

La addita con un sorriso euforico.

"Tu sei fuori di testa. Io non ci vengo ad affogare insieme a te!"

Davide punta i piedi e incrocia le braccia rifiutando categoricamente.

"Dai vieni fifone. Ti insegno io!"

Vale lo afferra per un braccio senza tanti complimenti e lo trascina nella sua corsa sfrenata verso le onde.

"Vale fermati. Vale..."


"Vale tesoro svegliati!"

Una mano premuta dolcemente contro il suo petto e l'altra che gli accarezzano la gota pallida lo ridestano che già il sole, rotondo, riscalda ed illumina tutto.

"Papà!"

Mormora Vale con la voce ancora impastata dal sonno, portando una mano a schermarsi gli occhi dalla luce che irradia la stanza, fastidiosa.

Nonostante si sia trattato solo di un sogno avverte una confortante sensazione di benessere.

"Ma che ore sono?"

" È abbastanza tardi. Ho preferito lasciarti dormire dopo la tua notte un po' tormentata."

Tutto il dolore che il sogno aveva attutito lo rinveste di getto: la gamba-fantasma, la sedia a rotelle, la malattia, il divorzio...Tutto lo fa risprofondare in quel buco nero dal quale fatica ad intravedere uno spiraglio di luce.

"A proposito della scorsa notte..."

Marco gli mette un dito sulla bocca.

"Me ne parlerai quando sarai pronto, va bene? Ora però devi alzarti e prepararti: ha chiamato la mamma e sembra che abbiano anticipato il nostro appuntamento!"

E basta quella sola notizia a rendere, di nuovo nero, quel sole che splende in cielo.

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Capitolo 6
*** 6 ***


L'odore salmastro e il rosa acceso delle grandi brattee della buganvillea sono i tratti salienti dell'estate esplosa in tutti i suoi colori, sapori ed odori.

Dal terrazzo che affaccia sulla città e sul mare a Leo sembra quasi di essere partecipe di quella vita dalla quale, a causa della malattia, è emarginato da troppo tempo.

Non si aspettava di certo di trovarvi qualcun altro a quest'ora. Dopotutto non gli dispiace e, sorridente come sempre, spinge la sua carrozzina per affiancare l'altro.

"Ti manchiamo già così tanto che non vedevi l'ora di tornare in questo postaccio?"

Sapere che Leo c'è, rivederlo, da una sorta di sicurezza a Vale, facendolo sentire quasi protetto.

"Leo! Sono qui per un controllo e per continuare la fisioterapia."

Per un po' nessuno dei due parla e si limitano a fissare la linea d'orizzonte del mare.

"Allora com'è la vita fuori di prigione? Scommetto che ti diverti da matti insieme ai tuoi amici...Hai fatto un casino perché volevi rivederli!"

Leo cerca di essere il più sciolto possibile eppure a Vale non sfugge quella sottile nota recriminatoria. In fondo è proprio per quell'incomprensione, per quel sentirsi poco importante da parte di Leo e per quella voglia di normalità di Vale, se sono venuti alle mani pochi mesi fa.

E proprio per quegli amici Leo lo ha accusato di essere pronto a rinnegare le amicizie nate in ospedale, la loro, quella con gli altri Braccialetti.

"La vita fuori di qui non è esattamente come me l'ero immaginata"

Vale inizia a raccontare, a parlare lentamente.

"Forse pensavo che tornare indietro, tornare a casa, significasse tornare alla mia precedente vita."

Per la prima volta lo ammette a voce alta e una parte delle tensioni e dei rimpianti, si allenta e lui si sente più leggero.

"Non è stato così?"

"No Leo. Tornare a casa ha significato prendere atto che le cose sono cambiate per sempre!"


/***** *****

Grazie a chi segue la storia. A chi l'ha inserita tra le preferite, seguite e ricordate.

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Capitolo 7
*** 7 ***


Per la prima volta, da tempo immemorabile, si risveglia sorridente, positivo. Come se una calma buona abbia scacciato, senza un'apparente motivo, la negatività delle ultime settimane.

Forse è stato il sognare Davide.

Forse l'incontro con Leo.

Forse la chiacchierata che ha avuto con suo padre - un confronto schietto e sincero- mentre tornavano a casa.

Forse è stata la combinazione azzeccata di tutte le cose insieme ma Vale, finalmente, si risente il ragazzo forte e coraggioso pronto ad affrontare la vita e a non sfuggirla più.

Mentre resta a letto qualche minuto in più per svegliarsi completamente, anziché recriminare pensa a cose belle delle quali credeva di non avere più desiderio.

Magari potrà telefonare a qualcuno dei "vecchi" amici, chiedere come stanno, tastare il terreno e sapere se hanno voglia davvero di rivederlo.

E poi gli è tornata voglia, una voglia matta, di andare al mare anche per starsene, semplicemente, seduto sulla battigia.

L'odore fragrante dei cornetti alla marmellata appena scaldati al microonde stuzzica il suo appetito e lo convince ad alzarsi. Spinge la carrozzina fin nel vano della cucina appena in tempo per assistere ad una scena insolita: suo padre, con annesso grembiule annodato, che prepara la colazione. Per lui.

"Potrei sempre scattarti una foto e inviarla a tutti quelli con cui lavori per convincerli che sei più abile come cuoco che a concludere affari!"

Sentire quel tono canzonatorio, una frase che suo figlio non si concedeva da tanto, stupisce e rende felice Marco. Tuttavia non vuole mettere a disagio il ragazzo.

"Sei troppo onesto per ricattarmi, Vale!"

Stando al gioco, Vale prende il cellulare che aveva in tasca e inizia a cercare l'applicazione per le foto.

"Tu dici?"

"Va bene, va bene forse ti ho sottovalutato! Posso corromperti con un delizioso cornetto acquistato in panetteria e che il sottoscritto ha riscaldato a regola d'arte?"

"Beh se mi lusinghi a questo modo, mi vedo costretto a cedere!"

Sorride e di slancio, suo padre si avvicina, gli si accoccola accanto e gli fa una carezza sulla guancia.

" È bello rivederti così!"

Il momento intenso è stemperato dal suono del campanello. Marco esita un attimo, indeciso se aprire, incerto a come reagirà Vale se alla porta dovesse presentarsi un estraneo al quale rivelare il suo handicap.

Il ragazzo pare accorgersi di quell'incertezza.

"Vai tranquillo papà! Sarà sicuramente la mamma: passava a riprendermi questa mattina!"

"Magari la inviteremo a fare colazione con noi!"

Marco gli strizza l'occhio complice e poi, dimentico di osservare dallo spioncino, apre di colpo e una donna elegante, curvosa, giovane e scic gli salta al collo.

"Sorpresa amore mio! Sono tornata prima dal mio viaggio a Londra e ho pensato di farti un'improvvisata. Potremmo coccolarci a giornata."

Marco resta immobile come una statua di sale, timoroso nel voltarsi e scorgere la reazione di suo figlio.

"Virginia non adesso. Non sono solo!"

Dice più imbarazzato che mai. La giovane donna spia oltre le spalle dell'uomo e i suoi occhi curiosi incrociano quelli allibiti di Vale.

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Capitolo 8
*** 8 ***


Non ci sono stati troppi intoppi nel prendere l'autobus, a parte il vedersi costretto a chiedere l'aiuto dell'autista per salire e un cagnesco "E lei cos'ha da guardare" con cui ha messo a tacere lo sguardo invadente e impietosito di una signora tutta profumata e imbellettata.

Molto più difficile è stato restare lucidi, riuscire a seminare suo padre che ha cercato di andargli dietro dopo che Vale gli ha rivolto uno sdegnato "Ti odio".

Non ha con sé neppure il cellulare il che, in questo momento, è un bene perché non vuole parlare con nessuno.

Non vuole sentire le stupide giustificazioni di suo padre.

Non vuole credere a sua madre che gli dirà che tuto andrà a posto. Non più.

Nella sfortuna, è stato fortunato nel ritrovarsi in tasca alcuni spiccioli che sono serviti a fare il biglietto e in questo viaggio di quasi due ore ha cercato di pensare razionalmente, ha cercato un nesso tra tutte le disgrazie che stanno distruggendo la sua vita ma ciò è servito solo a metterlo ancor di più di cattivo umore.

Quando, finalmente, raggiunge la sua fermata e il gentile autista lo aiuta a scendere dal mezzo Vale si rende conto che dovrà farsi più di due chilometri spingendo a braccia la sua carrozzina.

"Coraggio!"

Si dice prima di affrontare l'estenuante impresa. Non piove ma non sa se il sole che cala a picco sia peggio che bagnarsi con un po' d'acqua.

Quando, finalmente, scorge un grande capannone con diverse auto ammaccate, rottami, telai e carrozzerie che occupano tutto lo spiazzale esterno crede di assistere ad un miraggio.

Le braccia, ormai, gli fanno malissimo ma facendo un ultimo sforzo Vale copre l'ultimo tratto del tragitto.

Toni sta lavorando sotto un auto sollevata con il cric quando si sente chiamare.

"Se sei della polizia ti giuro che non sto commettendo nessun crimine. Non vorrai arrestarmi perché ho una chiave inglese in mano?"

Si mette sulla difensiva il Furbo, sospettando un'ispezione a sorpresa, venendo fuori tutto unto di grassi e oli.

La sua preoccupazione si tramuta in un largo sorriso.

"Vale! Questa sì che è una sorpresa. Ma perché non mi hai avvisato che passavi a salutarmi: ti avrei preparato un accoglienza con i fiocchi! Nonno, nonno vieni a vedere chi c'è!"

Ormai saltella su un piede e poi su un altro euforico. Vale cerca di frenare tutto quell'entusiasmo perché è lì per chiedergli un grosso favore.

Osservandolo meglio, Toni nota che è tutto sudato e ha il viso su una tonalità bluastra.

"Ma ti senti bene?"

"Non lo so. Io...Io ho bisogno di stare un po' di tempo da te, Toni!"

Rivela, più agitato di prima, per poi afflosciarsi sulla sedia e svenire tra le braccia del nonno di Toni che si è avvicinato a vedere cosa stia accadendo.

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Capitolo 9
*** 9 ***


"Vai a prendere un lenzuolo, immergilo in acqua fredda e portamelo immediatamente!"

Toni è corso come una scheggia per eseguire l'ordine repentino certo che suo nonno sappia il fatto suo e abbia già capito cos'abbia causato quel mancamento in Vale.

Dal canto suo, quando finalmente riprende conoscenza, Vale ha la mente intorpidita e un profondo malessere lo fa sentire da cani.

"Ti senti meglio ragazzo? Giù, resta sdraiato."

Sorride affabile il nonno di Toni avvolgendolo nel lenzuolo umido che, Toni gli ha prontamente porto. Quella trovata dà un immediato benessere a Vale.

"Cosa mi è successo?"

"Pare che oggi avessi intenzione di diventare un polletto arrosto. Te ne sei andato in giro sotto il solleone per ore, senza bere, senza fermarti...Credevi di essere il divino Apollo?"

Parte in quarta Toni che, anche se suo nonno non glielo ha spiegato direttamente, ha capito a cosa sia dovuto il malore dell'amico.

"Si è trattato di un colpo di calore!"

Spiega con un termine più preciso l'anziano uomo. Vale si volta, facendo scivolare la borsa di ghiaccio che gli hanno applicato sulla testa.

"Mi dispiace di essere stato così imprudente ma avevo fretta di arrivare. Quando si scappa non ci si può fermare..."

Toni incrocia le braccia e gli destina un'occhiata indagatoria.

"E da chi stavi scappando?"

Il solo ricordarlo pungola la rabbia di Vale. Si arpiona con le dita al lenzuolo bagnato.

"Da quel bugiardo di mio padre!"

Il nonno fa un cenno a Toni per fargli intendere che non è il caso di approfondire adesso o di far agitare l'altro.

"Vale noi siamo ben felici di poterti dare una mano, soprattutto dopo quello che tu e tua madre avete fatto per farci restare insieme."

"Ma non potete tenermi con voi? È questo che vuole dirmi, signore?"

"Ma hai la febbre davvero alta e non me la sento di farti correre dei rischi."

"No, per favore, non mi porti in ospedale. Mi sento già meglio!"

"Deve vederti un dottore e anche subito. Decidi: o ti accompagno io o chiamo i tuoi genitori!"

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Capitolo 10
*** 10 ***


Non è stato difficile per Toni riunire i Braccialetti: Leo e Rocco si trovavano già sul posto e a Cris è bastato un sms perché, uscita da scuola, con il suo motorino imboccasse la strada per l'ospedale anziché quella par casa.

Il loro motto è sempre stato quello dei moschettieri, quel "tutti per uno..." che li porta ad essere ancora uniti e compatti quando uno di loro è in difficoltà. Sembrava difficile mantenere consolidato questo legame al di fuori dell'ospedale che li ha fatti conoscere e diventare amici ma, per il momento, ci stanno riuscendo piuttosto bene.

Vale non trova il coraggio di guardare nessuno dei quattro. Non ha voglia di sbottonarsi completamente, di condividere le sue fragilità perché, nonostante nessuno possa capirlo meglio degli amici, ha paura di essere biasimato.

Rocco gli sorride dolcemente quasi abbia capito che, per il momento, a Vale basta sapere che loro ci sono.

Toni, ancora provato per la tensione e l'arrivo in ospedale dopo il compromesso accettato da Vale, pensa ad una barzelletta, ad una battuta per risollevare il morale di tutti ma le sue labbra restano incollate.

Cris esita prima di sfiorare con una carezza la mano del suo ex ragazzo - in fondo non si è ancora perdonata perché, con i suoi dubbi, ha creato quel triangolo dal quale, inevitabilmente, qualcuno è uscito con il cuore spezzato. Poi si decide a chiedere, ad insistere.

"Vuoi parlare con noi? Dirci cosa ti tormenta?"

Vale tentenna: fare l'orgoglioso, tenersi tutto dentro, di certo non lo aiuterà a star meglio. Con gli occhi cerca Leo, quasi certo di poter trovare maggior comprensione nel leader.

Leo, appoggiato allo stipite della finestra, dietro a Cris lo incoraggia a parlare.

"Guarda che il silenzio è il grido più forte. Se non vuoi dire niente a noi di là ci sono i tuoi genitori. Vuoi che li chiami?"

Vale scuote energicamente la testa. Non è ancora pronto ad un confronto con loro, non è ancora pronto ad accettare che anche l'ultimo pilastro che sorreggeva la sua famiglia è crollato.

"Non ci parlo con quel vigliacco di mio padre!"

Recrimina con astio.

"Beh per dare del codardo al proprio padre significa che ha fatto qualcosa di davvero grosso!"

Ipotizza Toni. Prima che aggiunga altro Vale lo ferma.

"Si è trovato un'altra donna e non ha avuto nemmeno l'onestà, il coraggio di dirmelo. Per un po' di giorni ha giocato a fare con me il papà perfetto finché quella non si è presentata alla sua porta...Non glielo perdonerò mai!"

Seguono attimi di silenzio in cui nessuno degli amici trova le parole adatte da aggiungere per consolarlo, poi Leo si avvicina.

"Tuo padre sarà anche un vigliacco ma perdonarlo sarebbe da coraggiosi!"

Vale adesso ha un nodo in gola: quasi che non ce la faccia più a contenere tutte le delusioni e le disillusioni.

"Sono stufo di dover sempre cercare di capire gli altri, di doverli perdonare se con me hanno una mancanza, se mi guardano strano solo perché sono diverso da loro..."

Quell'ultima recriminazione insinua un dubbio in Cris.

"Vale ma tu stai così solo per questa situazione del cavolo con tuo padre o c'è dell'altro?"

Colto in flagrante il ragazzo non risponde. Ci pensa Leo a chiarire i suoi sentimenti.

"Hai una gran rabbia dentro in questo momento, lo so. Vorresti spaccare il mondo quando ti alzi ogni mattina, quando indossi quella protesi, quando zoppichi per i corridoi di scuola e i tuoi compagni ti destinano quegli sguardi di pietà che fanno anche più male della gamba che non c'è più..."

Vale ha le lacrime agli occhi riconoscendosi in quella descrizione.

"Come si fa Leo? Come si fa a fregarsene e ad andare avanti quando l'unica cosa che si vuole è tornare indietro?"

"Si accetta e ci si accetta, Vale. Perché, anche se ti sembrerà una frase fatta, noi non siamo il nostro corpo, noi siamo molto di più. A me c'è voluto molto tempo per capirlo, presto sarà comprensibile anche a te!"

Conclude con la voce rotta per poi abbracciare l'amico. Un abbraccio al quale, senza remore, si uniscono anche Toni, Rocco e Cris.

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Capitolo 11
*** 11 ***


Nora resta con le mani incrociate e lo sguardo perso oltre i lastroni sui quali battono, con cadenza veloce, gocce di pioggia grosse come chicchi di grandine, oltre il mare grigio, oltre quella tristezza ed impotenza che sente dentro.

Il temporale è scoppiato improvviso e fragoroso e sembra la cornice adatta per questa giornata.

Vale, seduto sul suo lettino d'ospedale, fissa sua madre in silenzio. Le parole bloccate in gola, le paure impigliate nel cuore.

Alla fine ha accettato, ha voluto che solo sua madre gli stia accanto. Com'è sempre stato.

Celando la stanchezza e la debolezza dietro un sorriso ostentato, Nora si volta verso suo figlio.

"Dovrai restare qui per un po' di giorni!"

Com'era prevedibile Vale risponde con un'espressione contrariata.

"Ma perché? Io mi sento bene, ho preso solo una stupida insolazione..."

Nora si avvicina, si siede sulla sponda del letto e allunga la mano a cercare quella del ragazzo.

"Solo per precauzione!"

Lui, scostandosi, risponde con un sorriso beffardo.

"E certo, solo perché, come al solito, io mi merito un trattamento diverso dagli altri. Fosse successo a qualcuno che sta lì fuori non fareste tutti questi drammi!"

Nora ormai si è abituata a quel tono tagliente e accusatorio, recriminatorio e di disapprovazione totale.

Non ne può più di questa impasse, di questo vortice nero dal quale suo figlio non riesce, e forse, non vuole uscire.


"Basta Vale! Stai distruggendo la tua vita con questo chiuderti in te stesso, con questo allontanare chi ti vuole bene, con questa voglia di rivalsa che hai verso me e tuo padre!"

Quello sfogo, inatteso quanto appassionato, colpisce Vale come uno schiaffo in pieno volto. Sgrana gli occhi un po' perché colto di sorpresa, un po' perché non si aspettava che sua madre gli sbattesse la verità in faccia in maniera tanto drastica.

"Tu lo sapevi?"

Chiede con voce dura, sottendendo una curiosità sgradevole ma sulla quale vuole fare chiarezza. Sua madre sa a cosa Vale si riferisca.

"Sì, intuivo qualcosa ma non ho mai chiesto direttamente. Tuo padre è un uomo libero, può rifarsi una vita con chi vuole!"

Dice con voce neutra. Con una rassegnazione e una passività che fa infuriare Vale.

"Non ne aveva il diritto. Non aveva il diritto di portarsi a letto un'altra invece di cercare di salvare la sua famiglia, non aveva il diritto di illudermi, di tenermi all'oscuro di tutto e farmi scoprire il fatto compiuto in una maniera tanto ignobile. Io avevo bisogno di lui mamma, ho bisogno di lui..."

Non riesce più a frenare le lacrime e a Nora non resta altro che attirarselo a sé e stringerlo forte, forte.

"Ci sono io Vale!"

Sussurra stampandogli un bacio tra i capelli.

"Hai me e hai loro!"

Il ragazzo si stacca dall'abbraccio per capire che Leo, Toni, Rocco e Cris sono rimasti, sono in corridoio e ora gli mostrano i polsi da dietro il vetro interno.

"Vuoi andare dai tuoi amici?"

Nora avvicina la sedia a rotelle per aiutare il figlio a spostarsi ma lui la blocca.

"No mamma. Puoi prendere la mia protesi? Credo sia arrivato il momento di farmici un giro!"

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Capitolo 12
*** 12 ***


"È successo!"

L'essenziale giustificazione di Marco stona, non convince, e l'occhiata che gli destina Vale è coriacea proprio come le foglie degli alberi sotto i quali si trovano.

Alla fine il confronto è stato inevitabile e padre e figlio si sono ritrovati in quello che è un po' il loro posto tra gli ulivi secolari dai frutti a drupa.

"Anche questo è capitato! Che vuoi farci...È la vita!"

Replica asciutto il ragazzo, sostenendosi contro il grosso tronco intrecciato, battendo un colpo vuoto sulla sua gamba metallica.

Non è stato tutto deciso dal caso, lo sanno bene entrambi ma prima che Marco possa ampliare la sua discolpa, il figlio sbotta.

" Tu potevi scegliere papà e hai scelto lei. Hai scelto lei su mille cose più importanti. Hai scelto una scappatella invece di provare a salvare il tuo matrimonio. Hai scelto lei e non me!"

Si leva un sassolino dietro l'altro dalla scarpa, con il cuore che si fa sempre più leggero e il tono di voce sempre più coraggioso. Marco allunga una mano cercando di frenare tutte le accuse che Vale gli rovescia addosso, cercando di non farsi tramortire da quella verità sottesa dalle mancanze ingigantite che suo figlio gli sta rinfacciando.

"Vale come puoi solo pensare che io preferisca una mezza sconosciuta a mio figlio? Non immaginerai che durante le mie assenze ero a spassarmela con Virginia?"

Per un momento il ragazzo gli volta le spalle, nasconde le lacrime di mortificazione che gli girano negli occhi e si ostina a fissare lontano, verso il mare, verso l'orizzonte.

"Eppure non c'eri mai mentre stavo male! Da qualche parte dovevi essere...Ma non con me!"

Scandisce lentamente Vale quasi calibrando il peso di quei ricordi dolorosi. Marco si avvicina, e vincendo la resistenza delle spalle contratte di Vale, lo costringe a voltarsi perché si è finalmente deciso a parlare schietto.

"Non c'ero perché sono un vigliacco, Vale. Io non ho la forza che avete tu e la mamma...Non sapevo come gestire la tua malattia, non sapevo come gestirti. Rifuggire da tutto il dolore che ci circondava mi è sembrata la strada più semplice...E più sbagliata!"

Vale è sbigottito: è la prima volta, dopo anni, che suo padre ammette di aver avuto paura. Ammette di non essere stato all'altezza.

Per un bel pezzo Vale se ne resta zitto ad assimilare quella rivelazione, a cercare uno spiraglio per tentare di perdonare suo padre.

"Sai un po' speravo che succedesse come nei film, che tu tornassi con la mamma. Che tornassimo ad essere una famiglia!"

Riprende poi, con la mano appoggiata al tronco e la voce sommessa.

"Il mondo degli adulti è così complicato, Vale!"

"Me lo ripete spesso anche mamma. E io avevo promesso che da grande non sarei mai stato uno di quelli che nascondono la testa sotto la sabbia per non affrontare i problemi!"

Ricorda rendendosi, improvvisamente conto, di quanto si rispecchi in quella descrizione il Vale degli ultimi tempi.

"La ami?"

La successiva domanda arriva inattesa e brusca e coglie Marco impreparato.

"Non lo so Vale: è presto per dirlo. Dopo tutti gli eventi che ci hanno travolto ho bisogno di tempo per elaborare, per capire, per guardarmi dentro e chiarire con me stesso!"

La mano cerca quella di Vale e la serra in una stretta a tenaglia.

"Puoi aspettarmi Vale? Solo per un altro po'...Te lo giuro!"

Il ragazzo abbassa lo sguardo sulle loro mani strette, teme tutte le future delusioni che suo padre gli darà, e cerca di glissare.

"È quasi ora di cena! Devo rientrare."

Scioglie la stretta, si stacca dall'ulivo e si incammina verso l'ospedale.

"Posso accompagnarti?"

Marco resta, incerto, un passo dietro a lui. Vale si ferma e lo aspetta.

"Sì!"

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Capitolo 13
*** 13 ***


Quelle quotidiane telefonate sono il modo in cui il padre di Leo cerca di sopperire alle sue mancanze, di mettersi la coscienza apposto.

Il ragazzo ha chiuso anche questa sera con le solite frasi abitudinarie e di circostanza e con quel sorriso di rassegnazione che solo Asia è brava ad indovinare.

Sua sorella, però, è andata via da un pezzo, dacché l'orario di visita è terminato e Leo si ritrova immerso nel silenzio di quella camera d'ospedale che lo ha imprigionato ormai da quasi venti mesi, che ha visto entrare ed uscire tanti altri pazienti, potenziali amici, quasi fosse stato un porto di mare.

Tutti se ne vanno prima che Leo abbia il tempo di conoscerli, di scoprirsi, di affezionarsi. Tutti guariscono sottolineando la sorte avversa, decisamente scalognata, di Leo che sembra non doversi rimettere mai più in salute.

Tutti se ne sono andati troppo presto...Tutti tranne uno.

Leo sospira, appoggiandosi contro il cuscino, cercando di sincronizzare la musica nel suo ipod che lo aiuti ad addormentarsi. È qualcos'altro, anzi qualcun altro, a distrarlo però.

Si raddrizza e punta lo sguardo verso la figura malferma sulla soglia della stanza.

"Vieni!"

Dice perentorio. Vale non se lo fa ripetere: sostenendosi alla parete, appoggiandosi al cabinet, raggiunge una sedia posta tra i due letti e, a fatica, vi si lascia cadere.

"Posso restare un po' con te? Non riesco a dormire e tanti brutti pensieri mi assillano..."

Confida Vale con sincerità con quella sua tipica insicurezza che scioglie il cuore di Leo. Annuisce lentamente.

"Resta. Anche io stasera mi sento un po' solo. Sembrerà strano ma stavo pensando a mio padre. A quando tornava a casa, durante i periodi di congedo, ed arrivava con la sua uniforme decorata di medaglie e io lo rassomigliavo ad una foglia gigante. Pensavo ai giochi che facevamo in giardino, quando d'estate rinfrescava me ed Asia spruzzandoci con la sonda, alle scorpacciate di pane e cioccolata che ci concedeva all'insaputa di nostra madre..."

La voce di Leo è sommessa mentre racconta, mentre mostra a Vale un pezzetto di lui che non ha mai condiviso con nessuno.

Questa fiducia, questo senso di sicurezza e di garanzia, convincono il restio Vale ad affidare all'amico anche il suo passato.

"Mio padre mi portava per musei quasi tutte le domeniche. Non era noioso, aspettavo i weekend esclusivamente per averlo tutto per me per due giorni interi. Mi ricordo che mi comprava sempre il gelato, che fosse estate o inverno, e le ore passate a giocare, instancabili, nel parco..."

Il sorriso di Vale si incupisce e i suoi occhi velati quasi ignorano la mano di Leo protesa sul suo braccio.

"Tutto è cambiato quado mi hanno diagnosticato il tumore alla tibia. Era come se lui non si ritenesse adeguato a combattere il mostro al mio fianco e piano, piano si è allontanato. Mi ha lasciato a combattere da solo."

Leo annuisce e l'altro cerca di palesare un sorriso più convinto benché il suo cuore non trovi nulla di gradevole nel ricordare.

"E quando sono tornato a casa lui non c'era. Se n'era andato e non tornerà."

Conclude. Prima che Leo possa dire qualcosa, Vale nota il disordine sul letto vuoto: qualche libro, un mucchietto di t-shirt e pantaloni di pigiama, e altre cianfrusaglie che non si sforza di identificare.

"Com'è il tuo nuovo compagno di stanza?"

Si rivolge a Leo con tono cospiratore, ingoiando la delusione per il fatto che l'amico non sia solo, che, gioco forza, non possano stare insieme ancora per un po'.

Leo si stringe nelle spalle perché ha indovinato il rammarico di Vale.

"Bah...Non parla, non russa, non rompe...E non si vede! Praticamente è un fantasma!"

All'occhiata confusa e stranita di Vale risponde con una risata di cuore.

"Quella è tutta roba mia, Vale! Mi sono preso tutta la suite ma se vuoi possiamo spostare tutto. Solo per questa notte, sia chiaro!"

Era quello di cui l'amico aveva bisogno. Di cui avevano bisogno entrambi: di ritrovarsi vicini ed uniti come non mai.

"Ti ho invidiato, lo sai?"

Confessa all'improvviso Leo quando entrambi sono sdraiati nei propri letti e le luci al neon emettono ormai un flebile bagliore. Una penombra che rende più spavaldo Leo.

"E perché?"

"Perché tu avevi vinto, Vale. Perché quell'odore di disinfettante e di candeggina non ti sarebbe rimasto addosso per sempre, perché quando venivi a trovarmi eri intriso di quel profumo di chi viene da fuori. Profumavi di libertà!"

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Capitolo 14
*** 14 ***


Uscire dall'ospedale è sempre un gran sollievo.

Vale ha una marcia in più e si sente meno impreparato dell'altra volta ad affrontare di petto le difficoltà fuori da quell'alcova dove tanto ha perso ma tanto ha anche avuto.

La conversazione a cuore aperto con Leo, la consapevolezza di non essere solo come pensava, gli hanno ridato l'energia per combattere.

Lascia che sua madre gli passi una mano attorno alla vita e si avviano così, abbracciati ed uniti come sempre. Le attenzioni premurose di Nora non lo disturbano.

Lo spiazza assolutamente, invece, trovare nei parcheggi anche l'auto di suo padre.

"Io torno a casa con la mamma!"

Chiarisce sostenuto e l'arrendevolezza di Marco a quell'ovvietà fa quasi pentire Vale di essere stato troppo duro.

"Io e papà vorremo dirti qualcosa. Vieni, sediamoci un momento."

Il ruolo di paciere di Nora funziona e l'intera famiglia prende posto su una panchina, tra gli ulivi secolari.

"Io e papà ne abbiamo parlato..."

Esordisce Nora con quel tono vago di chi sta per sganciare una bomba.

"Ah adesso vi parlate? Senza avvocati di mezzo..."

Vale non si risparmia quella frecciatina. Quel tono mordace che usa per difendersi, per vendicare la rabbia dovuta a un divorzio che ancora fatica ad accettare.

"Vale, io e la mamma abbiamo qualcosa di molto importante in comune. Qualcuno a cui teniamo più delle nostre stesse vite..."

Marco continua il discorso interrotto di Nora cercando col figlio un contatto fisico. Si deve però limitare a poggiare la sua mano sul braccio contratto di Vale.

Troppi giri di parole, troppi concetti presi alla larga...Il ragazzo si insospettisce.

"No. Non ci vado da un altro psicologo."

Quella terapia di supporto non gli è servita quando il suo male è andato verso la soluzione più drastica e non vuole altri medici nella sua vita.

"Non è questo che abbiano deciso tesoro. Crediamo però che ti farebbe bene allontanarti un po' da casa, da noi."

È un'opportunità. Un'occasione per analizzare davvero la situazione, per cercare di accettarla, per riscattarsi.

"Certo, una bella vacanza: è proprio quello che mi ci vuole!"

Fa ironico Vale, conscio delle immense difficoltà nello stare da solo.

Nora sorride.

"Potresti tornare dal tuo amico. Il signor Cerasi si è detto onoratissimo di poterti ospitare per qualche settimana e saldare così quel fantomatico debito che crede di avere con me!"

Vale è senza parole. Non si aspettava proprio una soluzione del genere.

"Grazie mamma."

Sussurra, lasciandosi abbracciare da lei. Poi si stacca e fissa un attimo Marco rimasto in disparte prima di sciogliersi, finalmente, anche in quelle braccia che così poche volte lo hanno sorretto.

"Grazie papà."

Tocca a Marco vincere quel nodo che ha in gola ed esortarlo:

"Adesso vai. Toni ti aspetta nell'atrio."

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Capitolo 15
*** 15 ***


Per la prima volta Vale non è contrariato nel dover prendere l'ascensore per arrivare all'ultimo piano, anzi usa più che volentieri quell'escamotage per arrivare più in fretta.

I primi giorni di settembre, caldi e asciutti, pieni di contrasti, non sono soltanto l'addio all'estate e ad un periodo difficilissimo, ma anche il preludio a qualcosa di nuovo.

A una nuova stagione alla quale Vale non vuole più sottrarsi. È pronto per tornare a scuola, è pronto per aprire il suo cuore ai genitori, è pronto a riprendersi la sua vita.

Le settimane trascorse insieme a Toni, tra risate frivole e divertenti incidenti domestici, gli hanno fatto bene e ha scoperto di riuscire ancora nell'impresa più ardua: sa ancora ridere, sa ancora divertirsi.


Quando sente le chiavi girare nella toppa- ne ha dato un mazzo a Vale perché quella è anche casa sua- Marco si precipita ad accogliere suo figlio con un sorriso orgoglioso, estremamente fiero di vederlo lì in piedi, di fronte a lui. Quasi più alto di lui.

"Andiamo? La mamma ci aspetta!"

Sono solo poche parole eppure ribollono di una ritrovata armonia, di una dimenticata complicità.

Virginia è solo un momento di sbandamento, un errore lontano. Un tabù superato.

"Aspetta Vale!"

Prima di prendere la giacca, Marco ferma con una mano sul petto il ragazzo. Poi gli sventola sotto il naso due biglietti.

"Pensavo che potremmo andare al museo insieme, questa domenica!"

Come un tempo. Più uniti che in passato.

L'abbraccio che arriva, travolgente ed entusiasta, come risposta vale più di mille risposte affermative.


Nora li aspetta seduta su una panchina, nei pressi dell'imbarcadero, con lo sguardo coperto dagli occhiali scuri fisso sul mare.

Si sente pervadere da una calorosa sensazione di gratitudine, di affetto, mentre scorge i suoi uomini avanzare verso di lei.

Tra lei e Marco c'è stato una specie di riavvicinamento e le carte del divorzio sono state bloccate. Nessuno dei due però vuole fare le cose di fretta, vogliono prendersi il tempo necessario per capire se riprovarci è la cosa giusta.

Vale, che ha intuito qualcosa, fa finta di niente ma tifa spudoratamente perché i suoi genitori ritornino insieme.

Nora si alza e va loro incontro. Saluta con un sorriso suo marito e poi prende a braccetto Vale.

"Vi va un gelato?"

Vale esita un secondo: ha scorto uno scorcio di paesaggio veramente magnifico e lo addita tirando fuori la sua macchina fotografica digitale.

"Possiamo andare lì?"

I genitori lo guardano interrogativi.

"Facciamo una foto tutti e tre? Credo sia ora di sostituire quella cornice che abbiamo nell'atrio di casa!"

Di sostituire quel passato desueto e ormai superato e di guardare avanti.


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Grazie infinite a chi ha letto, commentato, inserito la storia tra le preferite.

Ho tante altre idee...Spero di riuscire a concretizzarle presto!

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