The invisible world

di mengo1904
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Vidi la luce e sprofondai nell'oscurità. ***
Capitolo 3: *** Flashback ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ines De Luca, semplice ragazza newyorkese, si ritrova catapultata in un una realtà sovrannaturale.
Ines è una ragazza dai semplici gusti, ha una vita felice ed è circondata da persone fantastiche che le vogliono bene. Ma tutto ciò in qui crede li viene tolto quando si ritrova a correre verso una meta a lei sconosciuta.

Tutto ciò in qui credeva, tutto ciò che aveva visto, imparato e scoperto, non era vero, o almeno non lo era in parte.
 Ines scopre un'altra parte di lei, dei poteri ereditati dai suoi genitori, anche se lei non sa chi siano.

Crede di aver trovato la realtà quando viene portata in un campo dove una stirpe di semidei  la aspetta con ansia, ma purtroppo scopre di aver avuto di nuovo torto quando altri mezzosangue la reclamano come una di loro.
Ines deve scoprire di chi far parte. Deve scoprire quale sangue scorre nelle sue vene, se di Dio o di Angelo. Solo il futuro potrà dirlo, nel frattempo una minaccia incombe sulla vita di tutti, un nemico che tutti i gli abitanti della Terra  hanno in comune sta risorgendo e dovranno unirsi per sconfiggerlo.

Semidei, cacciatori, sottomondo, mistyc, divergenti e molti altri si incontreranno e chissà, tra litigi, nuovi amori, piccoli complotti e risate riusciranno a salvare la Terra.

 Nuove scoperte, nuovi mondi, nuove persone, animali e creature mistiche che nessuno avrebbe mai immaginato che esistessero, un nuovo viaggio che riserverà molti copi di scena.

Questa è la Terra: il risultato di una grande unione.

 
 
 
 
 
*angelo autrice*
Hey!
Eccovi il prologo della mia seconda storia!
Spero che vi piaccia anche se non c’è scritto molto più di quello che già sapete.
Se avete consigli, critiche, o anche domande (visto che non ho spiegato molto bene) potete mandarmi un messaggio o semplicemente recensire la storia.
Grazie mille per aver letto !

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Capitolo 2
*** Vidi la luce e sprofondai nell'oscurità. ***


Le strade deserte di New York erano umide e buie di notte.
L’aria fredda mi graffiava il viso e mi faceva lacrimare gli occhi ormai ignari di cosa avevano attorno.
Il vicolo era illuminato solo dalla luce della luna riflessa nelle pozze d’acqua piovana in qui affondavano i miei piedi.
Avevo perso il sentiero di casa ormai da molto.
Stavo correndo senza freno consapevole che se mi fossi fermata lui mi avrebbe raggiunto. Pian piano sentivo i suoi passi goffi diminuire sempre di più, iniziai a sperare di poterlo seminare veramente quando, subito dopo una curva, mi ritrovai la strada sbarrata da un muro.
Ero spalle contro cemento, con un graffio sul braccio che sentivo pulsare irrefrenabilmente, le gambe che stavano per cedere, il sudore che appiccicava i capelli al mio collo, e lui era davanti a me, mi squadrava con sguardo feroce mentre faceva quei pochi passi per far cancellare la distanza fra me e il muro.
Sentivo il cuore battere contro il mio petto. Volevo solo correre via di li e fingere che tutto quello non fosse stato reale.
Quando fece un altro passo venimmo abbagliati da una forte luce. Poi i miei occhi non riuscirono più a stare aperti, e svenni. Sprofondai nell’oscurità nel momento stesso in cui vidi la luce.
 
Fui svegliata da uno spiffero d’aria fredda che mi volò in viso.
Le mie palpebre erano pesanti e dopo vari tentativi riuscii ad aprire gli occhi.
La prima cosa che vidi fù il cielo, aveva poche nuvole ed il sole splendeva lucente tra codeste.
Mi accorsi che mi trovavo in mezzo a quello che mi sembrò un bosco infinito, pieno di alberi giganti e erba che emanava freschezza ad ogni respiro
Ero stesa all’ombra di un enorme pino. Iniziai a riflettere sull’evento della sera precedente ma i ricordi erano offuscati.
 Ricordavo l’umidità sulla mia pelle, il suono sordo di un ringhio, il dolore e poi una luce, la mia mente non riuscì ad andare otre.
Volsi subito la mia attenzione al braccio aspettandomi di vedere una ferita infettata e cosparsa di sangue secco, ma trovai solo una cicatrice, bianca come il latte, che tracciava una linea tra il mio gomito e la mia spalla.
Ancora stordita dall’accaduto cercai di alzarmi in piedi aggrappandomi pian piano al tronco d’albero li vicino.
Quando riuscii ad alzarmi però sentii una voce lontana e subito dopo dei passi si qualcuno che si avvicinava.
"Hey aspetta! Non puoi essere così freddolosa hai avuto una bella nottata e devi riposare!"
"Posso andare a casa, nel mio letto, sotto le coperte, al caldo." dissi con fare ovvio.
"Ormai è troppo tardi per tornare indietro. Dobbiamo continuare per di qua e arrivare al campo prima di essere attaccati un’altra volta!"
Lo fissai per poco, un po’ sospettosa su quel ragazzo. Aveva dei capelli arruffati e macchie d’olio ovunque, poteva sembrare un tipo strano vista anche la luce nei suoi occhi ma emanava anche un qualcosa che trasmetteva sicurezza.
"Ma tu chi sei?" chiesi dopo poco.
"Mi chiamo Leo, e non so se ti ricordi la mia eroica impresa di ieri sera ma sappi che ti ho salvato la vita." disse con fare altezzoso.
"Ma è impossibile." iniziai. "Io non sono in pericolo, non lo sono mai stata e sono abbastanza sicura che nessuno vuole uccidermi, non ho  fatto niente di male!" e di questo ne ero sicura.
"Sono sicuro che tu non abbia fatto niente di male, non è colpa tua. Ma i mostri se la prendono con chiunque non sia del tutto umano."
"Con questo cosa intendi dire?"
"Che sicuramente quel mostro ti ha attaccato perché ha sentito l’odore del tuo sangue." poi continuò "Senti, lo so che questo ti può sembrare assurdo ma è  così. Tu non sei del tutto umana, sei una mezzosangue. Come me, come tantissime persone, solo che tu non lo sapevi. Ora però ti devi fidare di me, ti porterò in un posto sicuro,  è una promessa."

Poi con fare gentile mi porse la mano che accettai un po’ titubante e dopo di che ci incamminammo per una piccola stradina nel bosco.



*Angolo autrice*
Lo so, è cortissimo e che fa schifo. Era da tanto che tenevo questo capitolo da una parte, senza guardarlo mai, senza mai continuarlo, ma d'altra parte non sapevo cosa scriverci, così oggi ho avuto la forza di pubblicarlo evedere cosa ne pensate.
Premetto fin da subito le il prossimo capitolo sarà più lungo di questo e con un filo logico, perchè si, questo primo capitolo a parer mio fa onco.
Spero comunque che mi diciate i vostri pensieri su di esso e mi possiate consigliare, sperando anche che i venga la giusta ispirazione per continuarlo.

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Flashback ***


Più andammo avanti e più il sole si faceva limpido nel cielo. Ad ogni passo che compivamo una foglia si spezzava al solo contatto con le nostre scarpe.
Era autunno inoltrato ormai, e nonostante il leggero calore fornito dai raggi solari il vento freddo del nord muoveva le foglie ad ogni folata congelando il sangue nelle vene come se potesse con così poca forza entrare sotto pelle ed arrivare fin nel profondo.
Non avevo idea di che razza di posto fosse il campo di cui Leo aveva parlato, non avevo idea di quanto dovessi camminare ancora, non sapevo cosa fosse successo la sera prima. Ero all’insaputa di molte cose, fin troppe, e questo non va bene.
Sembrava che fosse capitato tutto all’improvviso, in un istante.

Le bambine dormivano già, avevo portato la cucciola nella sua culla e quella più grande nel suo letto. Aspettavo solo che i genitori rientrassero da quella cena con il sindaco della quale si erano vantati per settimane, così avrei ricevuto i miei soldi e me ne sarei potuta tornare a casa.
La televisione trasmetteva i soliti programmi. Andavo avanti con i canali ed in ognuno di essi era in onda una di quelle strane serie tv che la gente ama tanto. Ognuna molto simile all’altra, come se fossero collegate tra loro dalla loro storia.
Ridicolo, pensai. Guardare quelle cose come se fosse veramente possibile che accadessero; storie d’amore, attività paranormali, mondi futuristici o addirittura quelle serie tv che parlano di vampiri, lupi mannari e qualsiasi altro coso per metà umano che sia mai stato inventato.
Strabiliante però come la mente dell’uomo può aver visto tutte queste cose. Può averle inventate, così di punto in bianco. E come poi? Avere carta bianca e poter inventare qualsiasi cosa partendo da zero? Come può essere possibile?
Ma cosa più importante: perché l’uomo ha bisogno di tutto questo? Parlo dell’inventare, non oggetti ma storie. Credo che le persone lo facciano per rifugiarsi in un altro mondo, dove ha un'altra vita completamente opposta alla sua. Un mondo dove sta bene nonostante sappia che è tutto frutto dell’immaginazione. E’ un modo per ingannare la mente.

Cambiai di nuovo canale, anche la pubblicità mi sarebbe andata bene. Ma non trovai quella, sul sesto canale della televisione veniva trasmesso il telegiornale. Decisi di non cambiare nuovamente, anche se solitamente non lo guardavo.
C’era una donna dietro la scrivania, aveva dei fogli in mano e parlava senza sosta. Lo scarso volume della tv non mi fece capire bene cosa stava dicendo, fortunatamente dopo poco iniziarono a riprodursi nelle immagini.
All’inizio non era bene chiaro, era una distesa d’acqua, il mare, o un fiume forse. L’immagine era sfuocata ma poco più sotto si potevano vedere dei rifiuti. No, non rifiuti. Resti. Ma di cosa?
Una struttura forse, oppure una barca.
La giornalista continuava a parlare a vanvera ma ormai non mi concentravo più sulle sue parole, ma anzi sulla piccola striscia infondo, proprio sotto all’immagine. Lessi.
Crollato il ponte di Brooklyn. New York in caos!
Susseguita subito dopo da un'altra immagine, più chiara sta volta.
Raffigurava la stessa distesa d’acqua di prima, ma la scena era stata fotografata da più lontano, così da vedere l’intero ponte ormai quasi a pezzi e sott’acqua.
Alzai di poco il volume incuriosita dall’evento.
“Cinque sono le vittime del disastro avvenuto oggi a Brooklyn, ventisette i feriti che non si sanno ancora spiegare l’origine della distruzione del ponte.
Credevano che il crollo fosse stato causato da una bomba, un attacco terroristico forse, ma i presenti giurano di non aver sentito scoppi, dicono infatti che il ponte abbia iniziato ad inclinarsi lentamente tanto che la maggior parte delle persone hanno abbandonato la struttura molto prima che codesta si sia spezzata definitivamente.
In corso le indagini sul come e sul perché della tragedia a New York.”
La porta si aprì facendo entrare la signora e il signor Darwey, leggermente brilli e eleganti con l’aria di chi ha bisogno di andare a letto e farsi una dormita fino alle tre del pomeriggio.
“Buonasera Ines, spero che le bambine abbiano fatto le brave con te.” Disse il signor Darwey slacciandosi la costosa cravatta dal collo.
“Certamente. Dormono entrambe come angioletti nei propri letti.”
“Perfetto allora! Io vado a dormire caro, indossare questi tacchi è una tortura! Tu paga la babysitter e poi raggiungimi di sopra!” disse Lily Darwey. Poi ammiccò al marito e salì le scale che portavano alla camera da letto.
Lui le fece un leggero sorriso e tirò fuori il portafogli.
Mi alzai dal divano e rimisi le mie poche cose in borsa. Indossai la mia felpa e mi avvicinai all’uomo che subito mi porse i dollari che mi doveva. Ringraziai, salutai e uscii dall’appartamento.

Non avrei mai pensato che potesse succedere una cosa simile. Il ponte di Brooklyn, crollato. Così, di punto in bianco. Senza nessuna spiegazione.
Mi sistemai il cappuccio in testa ed iniziai a camminare verso casa.
Anche se i signori Darwey vivevano in un area molto frequentata non c’erano molte persone per strada. Era tardi e l’aria era umida, aveva già piovuto nel pomeriggio e sicuramente lo avrebbe fatto pure la notte.
Stavo passando davanti ad un vicolo quando sentii un ringhio. Feci qualche passo indietro e mi accostai per guardare nella rientranza buia.
Non vidi molto all’inizio, era tarda notte, e i lampioni non arrivavano ad illuminare fin lì. Poi però due occhi grandi e gialli si aprirono, stavano fissando proprio me. Era come se quell’essere stesse dormendo, appostato dove nessuno lo avrebbe visto, e al mio passaggio si fosso svegliato, suscitando in lui una scarica di adrenalina e in me di terrore.
Vedevo solo quegli occhi gialli, fissi su di me, che pian piano si alzavano sempre più su, fino ad arrivare alla mia stessa altezza. Sentii un altro ringhio e feci qualche passo indietro. Iniziò a venirmi contro lentamente, una zampa enorme sbucò fuori dall’ombra. Un atro ringhio ancora e mi misi a correre più velocemente possibili verso casa mia.

E adesso invece mi trovavo lì. In un qualsiasi bosco, con una persona che non conosco, camminando verso una meta a me sconosciuta.
Leo non parlava più, sembrava che avesse capito che ero un po’ scombussolata per quel che era successo. Meglio così, infondo non avevo voglia di parlare.
“Hey, ci siamo quasi” disse Leo facendo spuntare un enorme sorriso. Probabilmente anche lui era stanco di camminare.
Camminammo ancora per un centinaio di metri, poi finalmente iniziai a vedere un arco, un enorme arco di pietra. In cima erano incise delle parole. Ma non riuscii a decifrarle.

*Angolo autrice*

Rieccomi finalmente con un nuovo capitolo tutto per voi!
Mi scuso per il mio enorme ritardo, mi dispiace tanto!
Comunque, come promesso questo capitolo è più lungo di quello precedente, spero che lo apprezziate!
Alla prossima!

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