Red Moon 2

di Giorgia_Farah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Compleanno di Gioiella ***
Capitolo 2: *** Un amico ritrovato ***
Capitolo 3: *** Non l'ho dimenticato ***
Capitolo 4: *** Il favore ***
Capitolo 5: *** Lo sconosciuto ***
Capitolo 6: *** Il Tabù ***
Capitolo 7: *** I rinforzi ***
Capitolo 8: *** Speranza ***
Capitolo 9: *** Accoglienza ***



Capitolo 1
*** Compleanno di Gioiella ***


Mi sembrava essermi appena addormentata quando mi svegliai, il venticello faceva rumore fra le mura glaciali del castello, il respiro di Alucard era lieve; come sempre ero la prima a svegliarmi puntualmente tra i due. Era una condanna. Mi coprii con la coperta fino alla testa, infastidita dalla luce del fuoco acceso nel camino. Fuori nevicava, sarebbe stato un giorno memorabile quello di Gioiella, solo al pensarlo mi fece sorridere.

Il materasso sprofondò appena al peso di Alucard: si era svegliato. A quel punto mi scoprii la testa per prepararmi al contatto delle sue labbra contro le mie.

“Buona sera, amore’’, mormorò.

“Buona sera’’

Mi baciò dalla spalla fino al palmo della mano e poi di nuovo fino alla spalla. Risi sotto i baffi. “Controllati’’

Rise. “È difficile, sai, soprattutto quando sono di buon umore’’

“È da due anni che sto insieme a te e ancora mi ci devo fare l’abitudine. Non finisci mai di stupirmi’’

Mi baciò il mento. “Ti amo ’’

“Ormai sai già la risposta’’

Ma baciò la gola. “Fammela capire, allora’’

Risi divertita sotto il bacio di Alucard, non molto presto si posò sopra di me dopo varie carezze e baci a non finire, mi sollevò la gonna della vestaglia da notte ed ebbi un brivido di piacere. Mi sollevò appena, da sotto le coperte, la gamba destra per accarezzarmela, tracciò con la punta del naso una scia sopra la mia gola prima di baciarla. Respirai il suo profumo, desidererai che quell’attimo non finisse mai.

Solo quando sentii un rumore provenire da un’altra stanza del nostro corridoio mi irrigidii, ma Alucard non finì. Solo quando la porta si aprii si scostò da me.

La bambina graziosa saltò sul letto con la grazia di una ballerina, ci sorrise e spalancò le braccia. “Buona sera!!!”, esclamò con la voce cristallina più bella che avessi mai sentito. Gioiella: ogni giorno che cresceva diventava sempre più bella, i tratti simili ai miei sempre più precisi e perfetti, gli occhi verdi di Alucard gli erano ancora rimasti, i miei invece erano ritornati rossi- quando avevo sete od ero arrabbiata- mentre i suoi capelli erano lunghi fino alla vita, mossi e leggeri, era una folta chioma che gli copriva sia la schiena che le spalle.

“Ciao, tesoro’’, rispose Alucard accarezzandole la manina.

Lei incominciò a saltellare. “C’è la neve, c’è la neve! Avete visto?’’

“Sì, vuoi andare a giocare fuori?”, chiesi mentre mi alzai dal letto.

“Sì’’, rispose saltando alta fino a toccare il soffitto con le dita. Non appena atterrò il padre batté le mani e la strinse a se, sussurrandole: “Brava, la mia principessa”

Li guardai fiera, quel giorno non poteva essere che bello: lo sentivo. Gioiella era la nostra felicità, ebbe le stesse precocità che io ebbi da piccola: disse la parola “mamma” a soli nove mesi, prima che compisse un anno sapeva già camminare, era astuta e vispa, intelligente come il padre. Da me aveva preso l’amore verso la famiglia, l’affetto che dimostrava, ma dalle sue gesta e comportamento c’era anche qualcosa di umano: la fissa che mia madre e Jessica gli aveva messo sulla testa. Che disgrazia! Però…l’importante è che piacesse alla bambina.

I miei amici erano sempre al mio fianco, la mia nuova natura non era sembrata così orribile perfino a loro. Anzi: ero sempre la stessa per tutti, a parte i sensi molto sviluppati. Ora lavoravo insieme a mia madre: tre volte a settimana facevamo i turni di notte nel nostro nuovo “centro di bellezza”, perfino Jessica lavorava con noi, e per lei era dedicato metà appartamento per stilista. In parte se ne occupava anche mamma, soprattutto negli abiti da sposa.

Hendrik e Jessica si erano fidanzati un anno fa, due settimane fa finalmente Mattew ebbe la sfacciata fortuna di comprare un anello per Lilly e due giorni dopo erano fidanzati. Ora tutti si aspettavano che Alucard mi portasse all’altare, ma noi preferivamo aspettare ancora un po’. Sotto sotto però capivo che Alucard ci stava pensando negli ultimi mesi di farmi la classica proposta.

Per quanto a Louis….

“Mamma! Andiamo!’’, mi anticipò Gioiella, presentandosi nella camera già preparata, o meglio: l’aveva preparata Alucard, interrompendo i miei pensieri.

Alla svelta, quando la bambina uscii mi sfilai la vestaglia rimanendo solo con reggiseno e mutandine. Non incrociai lo sguardo di Alucard che mi stava osservando dalla testa ai piedi, mi misi i jeans blu scuri a vita alta, camicetta color panna con una maglia di cotone nera, sandali col tacco di pelle nere e un foulard marrone scurissimo con piccoli brillanti incastonati alla stoffa. Da quando avevamo aperto il centro, io e mamma avevamo risparmiato così tanto che non avevamo mai perso l’occasione di compraci qualcosina. Consuelo non era da meno.

Prima che potessi chiudere la porta, Alucard mi cinse la vita baciandomi ripetutamene il collo.

“Non vedo l’ora che sia giorno’’

Sbuffai. “E io non vedo l’ora che inizi la festa così posso stare il più lontano possibile da te ’’, dissi dandogli uno strattone per liberarmi dalla sua presa ferrea. Lui fece un passo indietro quando gli feci male e scoppiò a ridere. Gli lanciai un bacio e corsi verso mia figlia che si era già avvicinata al portone. Drakon la teneva in braccio, indossava un cappotto lungo fino alle ginocchia di pelle marrone.

“Dove vai, nonno?’’, chiese Gioiella, mentre gli dava una carezza sulla guancia liscia.

“Da nonna Kate, devo parlarle di una cosa, però tu non mi seguire’’, gli ordinò un po’ severo mentre i suoi occhi diffondevano amore.

“Tranquillo papà, la controllo io’’, dissi appena gli fui accanto.

Lui mi cinse la vita con il braccio libero per stringermi a se, mi scoccò un bacio sulla guancia. “Ci vediamo verso le nove’’

“Sì, salutami mamma, li aspettiamo tutti qui’’

“Papà non viene?’’, chiese Gioiella mentre guardava dietro le spalle del nonno.

“Papà si deve vestire per raggiungere il nonno’’, risposi prendendola in braccio.

Mi guardò corrugando la fronte. “Non viene a giocare?’’

“No, tesoro. Deve andare col nonno, è importante’’

“Ma dopo viene a giocare con la neve?’’

“Dopo verrà a giocare quanto vuoi’’

I suoi occhi si illuminarono. “Anche zia Consuelo?’’

“Sì, anche loro’’

“Bene donne, io vado ’’, annunciò Drakon e ci salutò con un bacio sulla fronte prima di scomparire. La porta cigolò appena quando si aprii. Gioiella spalancò le braccia e mi strinse il collo. “Mamma, non posso andare col babbo?’’, chiese implorante. Quando alzò lo sguardò i suoi occhi verdi mangiarono i miei, lo sguardo simile ad un cagnolino abbandonato.

Risi sotto i baffi: conosco i miei polli. Una volta si era azzardata di raggiungere mia madre verso casa per scoprire cosa avesse fatto di regalo ad Alucard il giorno del suo compleanno, scoperto questo andò a comunicarlo subito al padre. Non la sgridammo, eravamo solo strabiliati, io più di tutti: l’avevo lasciata con Consuelo a giocare di giorno sapendo che non sarebbero state attente e un’ora dopo si erano allontanate dal castello.

“No, tesoro. Questa volta ti terrò stretta a me. Ricorda che dopo dobbiamo andare a comprare qualcosa da nonna’’

“Andiamo al tuo centro?’’

“Sì, devo prendere una cosa ’’

“Sì!’’, mi abbracciò di nuovo e mi riempì di baci il collo. Quando sentii una fitta sulla pelle strinsi le labbra per trattenere un urlo. Lo faceva poco ma specialmente con il padre, soprattutto quando aveva tanta sete, non era per dispetto solo per necessità: quando voleva trattenere una sete incontrollabile beveva un pizzico del mio sangue, aiutava a placare la sete per tre giorni al massimo.

Sorseggiò due volte e poi si staccò di me, le sue labbra erano sporche di sangue, i sangue dei vampiri era freddo certe volte glaciale e duro, difficile da succhiare, si riscaldava e scorreva soltanto quando l’immortale era al contatto con qualcosa di caldo- in questo caso era Gioiella- oppure aveva bevuto sangue caldo. Stavamo però attenti alla sua sete, a differenza di Alucard che da piccolo ne beveva a strapiombo, cercavamo di mantenere un equilibrio giusto tra il sangue e il cibo umano, aveva imparato a cacciare le prede del padre anche se lo trovavo ingiusto; quanto a me ero sempre andata a cacciare a Boscosenzafine. Dopotutto per rinforzarmi l’energia Alucard mi mandava sempre uno o due bicchieri di sangue umano prima di mettermi a dormire. Non ci mancava niente, insomma.

“Babbo!”, esclamò Gioiella non appena Alucard mi fu dietro le spalle interrompendo i mei pensieri. Sobbalzai dalla sorpresa, girandomi verso di lui, porgendogli la bambina visto che già la guardava con ammirazione. Lo vidi baciarla per tre volte e lei scese verso il suo collo per ripetere quello che aveva fatto a me, fortunatamente lui si irrigidì soltanto perché abituato ai morsi della figlia.

Tre secondi dopo quando si staccò dal padre l’impronta del morso si deteriorò all’istante come sicuramente successe anche a me: le ferite dei vampiri scompaiono un secondo, ammesso che non sia fuoco, un paletto, e oggetti di chiesa come l’acqua santa o la croce.

“Ci vediamo fra un’ora’’, disse baciandomi, fu un bacio caldo pieno e perfetto.

“Va bene’’, presi Gioiella e lasciai che il padre gli spettinò i capelli prima di sparire. Si udii una risata e poi il silenzio.

Rimanemmo sole, a passo da umano la portai fuori. La neve aveva praticamente riempito il cortile, c’erano ancora delicati fiocchi di neve che scendevano dalle nuvole, formavano un mantello color latte che coprivano il cielo. La densa stesa bianca era alta diciassette centimetri, il mio piede sprofondava nella neve. Fui scossa dalla preoccupazione quando Gioiella aveva già raggiunto il centro del cortile e si era tuffata nella neve per formare un angioletto. Lei era ancora umana, e poteva rischiare di ammalarsi. Soffocata da tal pensiero corsi per avvicinarmi a lei, mi levai il foulard che aveva al collo e lo misi sul suo anche se aveva già una sciarpa. Il suo naso e le guance erano già rosse dal freddo ma per fortuna il padre l’aveva coperta per bene quella notte. Se non fossero state per le luci che Drakon aveva messo intorno alle colonne e sopra all’arco del castello delle ghirlande illuminate da lucciole a quest’ora gli invitati non avrebbero visto più in là del loro naso, ad eccezione per Gioiella che aveva la vista un po’ più sviluppata degli altri umani: sapeva semplicemente allungarla a dieci chilometri, non era chiara, fine come la mia e il padre. Riusciva a sentire i bisbigli e i sussurri di chi le stava vicino ma non più lontano di tre chilometri ed era meno veloce di me. Infondo tutti questo sviluppo si sarebbe approfondito solo quando per lei sarebbe stato il momento di trasformarsi.

Agli alberi che percorrevano la stradicciola era stata aggiunta il tipico decoro del compleanno di Alucard, quell’addobbo mi faceva tornare indietro del tempo. Era incredibile che erano passati di già tre anni, ero diventata mamma di una splendida bambina, fidanzata di un bellissimo vampiro, ero una nuova me, e la mia vita era più bella. Sembrava solo ieri che avevo diciott’anni, attratta del mio fratellastro senza neanche sapere il perché, che combattivo per l’amore del mio ex-fidanzato e quello di Alucard, ne avevo passate tante ma n’era valsa la pena.

Strinsi a me Gioiella mentre guardavo affascinata il cortile. “Sai, amore, questo fa ricordare tanta cose alla mamma ’’, le sussurrai nell’orecchia.

Mi guardò interessata. “Che?’’

Ritornai a guardami intorno. “Quando conobbi il papà, e quante ne abbiamo passate prima di dirci che ci amavamo’’

“E come hai conosciuto babbo?’’

Sorrisi, avevo ricordo appena sfuocato di quella notte. “Si era presentato al mio diciottesimo compleanno’’

“E perché?’’

“Perché mi voleva fare una sorpresa’’

Mi accarezzò la guancia per farmi vedere un ricordo di un mese fa: mi faceva vedere io ed Alucard che ci baciavamo. “No, lui ancora non mi amava, ma mi conosceva’’, risposi quando capii quello che mi voleva dire.

“Ma come faceva a conoscerti?’’

“Be’….credo che il nonno Drakon gli avesse parlato di me quando il papà aveva deciso di trasferirsi da lui ’’

“Oh! E così che aveva iniziato a conoscerti?’’

“Sì’’, sorrisi, sviando però il fatto che all’inizio pensavo che fosse il mio fratellastro. Entrambi avevamo tralasciato a nostra figlia quella parte, avevamo deciso di rivelargliela non appena fosse adolescente.

La presi poi per mano e ci incamminammo verso l’uscita. “Andiamo dalla nonna? Devo prendere qualcosa’’

Lei mi saltò fra le braccia. “Sì’’

Scattai da un razzò sollevando la neve dietro le spalle come polvere, ero più veloce della mia vita passata, era più eccitante, i piedi quasi non li sentivo come il terreno. Sembrava che volassi. Un minuto dopo eravamo arrivati al nostro centro. Il tetto era bianco di neve come il balcone.

Dietro le luci erano accese, un’ombra si incamminava sicura nella stanza, aprii la porta e la campanella sopra le nostre teste suonò, rischiusi piano la porta e premetti la mano contro le mura per trovare il tasto che cercavo. Accesi la luce.

“Oh, siete arrivate!”, disse mamma non appena si alzò da sotto la tavola di legno di quercia. Ci venne in contro e ci abbracciò.

“Nonna!”, la salutò la bambina tendendogli le braccia.

“La mia nipotina, vieni qui!’’, la prese e la riempì di baci mentre la piccola rideva di gioia.

“Da quando sei qui?”, chiesi quando mamma aveva messo per terra la sua nipotina.

“Da quasi un quarto d’ora’’, disse sollevando le spalle.

“Mi dispiace che ti ho fatto aspettare tanto’’, dissi mettendo le chiavi sulla tasca.

Lei vece un movimento con la mano. “Non essere permalosa, dovevo solo sistemare l’appartamento, pulirlo, eccetera’’, disse sospirando. Poi mi fece l’occhiolino.

Io mi guardai attorno, avevamo deciso di allestire l’appartamento in caratteri orientali, i colori delle muri rispecchiavano un luogo primo di pace, calore e relax, c’era il profumo della natura. Ad entrambe era sempre piaciuto quell’allestimento, e sembrava che grazie a questo i clienti di Solemville andavano a ruba. Stavamo poi conquistando tutto il villaggio con i trattamenti che riuscivano alla perfezione, presto saremmo apparse sui giornali.

“Mamma, posso andare a vedere i vestiti che ha fatto zia Jessica?’’, chiese Gioiella quando si avvicinò alla scala posta alla parte sinistra della stanza, aveva già salito un gradino.

“Va bene, però non rompere niente. Guardare ma non toccare’’, gli ordinai.

“Sì’’, e si diresse con passi felino verso il piano superiore. Io intanto avevo incrociato le dita dietro la schiena.

Mamma rise sotto i baffi quando se ne accorse. “Mi dai da pensare, Alexia. Ti fidi di tua figlia e ora hai paura che possa far cadere un vaso? Abbiamo abbastanza soldi per comprare tutto’’, disse dirigendosi verso il tavolo.

La seguii. “Non voglio che….’’, tacqui un attimo, poi ricordare che non poteva sentirci. “Lei è diversa da tutte le altre bambine’’

Alzò le occhi al cielo. “Lo so, lo so, ma è sicura di se. Basta lamentarsi, ‘sta sera deve essere importante’’

Sorrisi. “Già, mi sembra impossibile che già compie due anni’’

“Come vola il tempo, eh?’’, si abbassò e aprii un cassetto, non sbirciai ma sentii il rumore della carta scontrarsi contro il legno, sfregandolo contro e poi il cassetto si chiuse. La sua mano sorreggeva una bustina di cartone bianca, un fiocchettino rosa lo chiudeva nel mezzo, e poi lo porse a me.

“Vi raggiungerò mezz’ora dopo ’’, mi sussurrò facendomi un’altra volta l’occhiolino.

“E Drakon ti ha parlato’’

“Sì, mi ha aiutato a sistemare il casino che prima c’era qui dentro’’. Si vede dai suoi occhi sognanti, anche non avevano smesso di amarsi.

“Bene’’, le baciai la guancia e corsi al piano superiore per prendere Gioiella.

Uscimmo dall’appartamento in fretta e furia. Girando lo sguardo verso sinistra mi accorsi della macchina di Hendrik parcheggiata accanto al fianco dell’abitazione.

“Che cos’è’?’’, chiese la bambina notando la bustina che tenevo in mano.

“Una sorpresa’’, risposi ammiccando.

Nelle sue labbra sbocciò il familiare sorriso di Alucard e mi baciò la mia mano che teneva stretta. Di sorpresa mi misi in ginocchio sulla neve ghiacciata e gli sorrisi. “Salta in sella, cowboy!”, la invitai con un cenno alla schiena.

Il suo sorriso si allargò di più, adorava starmi sulla schiena mentre correvo, corse verso di me e mi saltò su prima che partii a correre.

Questa volta rallentai la corsa per ammirare le luci di Solemville, a metà strada decidemmo di camminare mano nella mano, sul marciapiede saltellava felice schizzando tra una spiedata e l’altra la neve davanti a lei, e canticchiammo un canzone che ci aveva imparato Alucard.

“Mamma, presto mi farò una amico ’’, disse dopo dieci minuti di canto.

La guardai accigliata. “Hai visto qualcosa nel tuo futuro?’’

“Sì’’

“E quanti amici ti vuoi fare?’’

“Mi basta solo uno, di già ho zia Consuelo e poi le sue altre amiche’’

“Oh! E sai come si chiama questo nuovo amico?’’

“No’’, rispose prontamente. Avrei voluto continuare dato l’interessamento ma l’argomento finì lì, dopotutto ne avrei parlato la prossima notte di questo. Quella sera volevo che fosse tutta sua. Perfetta come la voleva lei.

Arrivati a casa incontrammo Drakon nella cucina che preparava alcune cose sfiziose per il compleanno. Mi unii anche io, anche se il cibo umano non mi attraeva più, mentre la bambina restò a guardare le lingue di fuoco del camino.

“Sei un bravo cuoco, non smetterlo mai di dirlo papà’’, gli complimentai.

Lui mi strinse a se e mi baciò la guancia. “Grazie, tesoro. Devo dire che anche tu non sei da meno, per quante volte ti ho visto cucinare’’

Alzai i pollici. “Merito di mamma, se ha insegnato ad una creatura ibrida tra l’umano e il vampiro come me scommetto che nessuno ha la batte neppure se insegna ad un vampiro come te ’’

“Sai quante volte le ho lasciato fare prima che mi abituassi al cibo?’’

Risi. “Ne dubito, un mese’’

“Un mese e una settimana, precisamente’’

Scoppiai a ridere. “Accidenti, che disgrazia’’

“Per te è facile, ci sei nata tra genitori umani’’, si lamentò per poi facendomi l’occhiolino. Scoppiammo a ridere e ritornammo a riempire i piatti di cibo. Quella sera però Gioiella doveva dare un piccolo sacrificio: niente sangue.

Pochi minuti dopo bussarono al portone. Solo io e Drakon la sentimmo, Gioiella guardava tra le finestre i fiocchi di neve che cadevano. Pian piano mi diressi verso la porta lasciando Drakon con la piccola.

C’erano tutti: Consuelo, Hendrik, Kate, Mattew, Lilly, Jessica e Hora. Tutti mi abbracciarono e mi diedero un po’ di buste che tenevano in mano, erano veramente tante. Che cosa gli avevano fatto questa volta? L’ultimo della fila era il mio fidanzato.

“Accidenti, gente! Avete fatte la rivoluzione con queste borse’’

Scoppiarono a ridere. “Per la principessa è importante regali speciali’’, disse Lilly.

“A proposito, dov’è?’’, chiese Hora allungando la testa per vedere dietro le mie spalle.

“Si trova in cucina, intenta a contare i fiocchi di neve, fate piano quando entrate. Voglio che sia una sorpresa’’

“Faremo del nostro meglio!’’, rispose Jessica ammiccando.

Entrarono in silenzio, quello che sembrava passi silenziosi da umani, e raggiunsi Alucard lasciando che mi cingesse, io sembravo goffa con tre buste per ogni mano; non appena entrammo Gioiella si era messa ad aiutare il nonno con il cibo.

“SORPRESA!!! BUON COMPLEANNO GIOIELLA!!!”, urlammo in coro, sollevando le buste e corremmo verso la bambina.

Gli occhi verdi di Gioiella si erano illuminati e incominciò a saltellare per la gioia. Consuelo la raggiunse e la sollevò da terra per farle poi un girotondo su se stessa. Si baciarono sulle guance.

“Buon compleanno Gioia’’, urlò spalancando le braccia.

“Grazie zia, grazie!’’, disse lei saltellando mentre teneva le mani della piccola zia.

“Ehi! La Gioia di Redmoon!’’, la salutò Mattew sollevandola da terra e facendola sollevare appena per l’aria per riprenderla sulle mani.

“Zio Mattew!’’, rise lei.

Per lei tutti i miei amici d’infanzia erano tutti suoi “zii”, erano tutti la sua famiglia.

“Ehi! Venite, la cena si fredda’’, si intromise Alucard stringendo le labbra per trattenere una risata.

“Uh! Pop-corn, la vita non avrebbe senso senza i pop-corn’’, disse Hora alzando le braccia, ma non appena vidi l’espressione di Jessica si pentii di quello che ebbe detto. “Ehm…volevo dire. La vita non avrebbe senso senza di te, amore’’, precisò con un sorriso di scusa.

Jessica si calmò e gli baciò le labbra. Ci piegammo in due dalle risate, data la comicità di come aveva parlato.

Poi ci sedemmo tutti a tavola. La festeggiata si trovava a capotavola, io e Alucard ai suoi lati. Incominciammo a parlare di scuola visto che Consuelo aveva appena iniziato la prima media, fra qualche mese sarebbe stato il suo undicesimo compleanno, e incominciai a preoccuparmi sapendo che prima o poi anche Gioiella avrebbe iniziato ad andare a scuola.

“Pensi che Gioiella riuscirà a farsi nuovi amici?’’, mi chiese Jessica.

“Penso che è abbastanza intelligente a superare tutto. Infondo, ci sto ancora pensando di inscriverla a scuola, dato che ha molta difficoltà di adattarsi al sangue umano ’’

“Alucard la porta a caccia di sangue umano?’’

“Alcune volte, maggiormente beve il sangue animale, e specialmente quello del padre’’

“E in cosa consiste?’’, chiese Lilly particolarmente interessata alla discussione.

“Per noi è come un modo per controllare la nostra sete. Il sangue del vampiro di mantiene in forze massimo una settimana senza aver bisogno di bere. Ho pensato di fargliene bere tot volte che andrà a scuola, ma non posso far dissanguinare sia me che il mio fidanzato. Sono molto a disagio su come impararle a controllarsi’’

“Te la caverai, ne sono certa’’, mi incoraggiò Jess stringendomi la mano.

Anche se tenevo a cuore la sua tenerezza, avevo comunque paura per mia figlia, non sapevo quanto sarebbe stata in grado di controllarsi, quanto avrebbe scoperto il mondo. Dopotutto c’era anche da prendere in considerazione la consapevolezza che era più intelligente degli altri bambini, più potente e sviluppata psichicamente. Quindi se saltava la scuola non era di certo un problema, c’era poi anche Drakon e Alucard che potevano insegnarle tutto, infondo il mio fidanzato accoglieva di buon grado la possibilità di fare da insegnante a nostra figlia dato che nella storia lui c’era nato.

Continuammo a parlare di scuola, mentre Gioiella giocava con la piccola zia. Mi sentii sollevata sapendo che aveva bevuto abbastanza sangue da noi per conservare la sua brama di sete. In quei tempi avevo compreso quanta sete provasse Alucard da piccolo vedendo nostra figlia crescere. E più cresceva più richiedeva continuamente sangue.

Ma Alucard non sembrò preoccuparsene perché sapeva la vera natura di sua figlia, perché sfortunatamente c’era passato anche lui, quindi sapeva come prenderla. Io che ancora ero un Mezzosangue non capivo molto a pieno la loro continua brama di sete, non erano come me che potevo resistere anche un giorno o due senza bere dato che nella mia mezza vita passata mi avevano imparato a tenere a bada la sete. Sinceramente, una parte di me soffriva sapendo che non ero in grado di captare raramente in fabbisogno di mia figlia. Da un’altra parte mi consolava l’idea che Alucard era sempre lì ad aiutarmi per provvedere.

Finito di mangiare Gioiella corse a scartare i regali. Fecero vestiti di tutti i generi e colori, sembrava i regali per una principessa, e quante volte Gioiella mi faceva vedere questo e quell’altro abito per quanto era felice. Presto la sala si riempì di coriandoli e fili di stoffa colorati, io e Alucard giocammo per qualche tempo con nostra figlia, facemmo una piccola sfilata facendole indossare i vestiti regalati e scattando avvolte qualche foto come ricordo.

Ormai la mia vita era per sempre, infondo però da mesi mi turbava un pensiero: saremo riusciti a vivere per sempre felici. Infondo, la felicità non era per sempre. Guardavo mia figlia sorridere, giocare con la piccola zia, eppure avevo il timore che quel sorriso non lo avrei visto più fra molto tempo. Come madre, dovevo stare attenta ai suoi errori, era una grande responsabilità ed una nuova esperienza. Ecco perché, ogni volta che rimanevo sole io e lei, mi sentivo come una cerva allerta, attenta per sentire quando e dove prima o poi il cacciatore si sarebbe avvicinato.

Tre anni fa avrei pensato che ora ogni momento brutto avrebbe cessato di essere perché possedevo la gioia più desiderata in questo mondo, poi due anni dopo la terra cominciò a tremare: da quel lontano annuncio nel giornale, prima della festa da ballo di fine anno, le notizie su morsi e licantropi si diffuse su tutta la Terra, nel Regno di Lupus c’erano continuamente ribellioni ed uccisioni, come il mio vecchio aveva previsto. Fu così  costretto a far visita ai suoi pelosi amici, io ed Alucard purtroppo non potevamo accompagnarlo perché dovevamo badare alla bambina, e tre mesi dopo che ritornò la situazione sembrò essersi placata. Ma non per molto, lo sentivo dentro le ossa.

Non ne avevo mai parlato con Alucard, temendo che questo avrebbe distrutto la sua felicità, ma sentivo che qualcosa nella nostra vita sarebbe cambiato. Mi preoccupavo oltretutto delle sue visioni, diceva di una amico che sarebbe apparso molto presto, e in più quella antica sensazione di disagio e paura che mi dominava ogni qual volta che la vedevo dormire.

Le braccia di Alucard mi distrassero da ogni pensiero e ritornai a sorridere vedendo nostra figlia che faceva ogni posa di stilista mentre i miei amici gli facevano migliaia di foto. La festa durò fino a tarda notte, tutti furono così stanchi che quando uscirono dal portone sembravano dei barcollanti ubriachi. Soltanto i miei genitori si trattennero per qualche minuto, poi salutammo anche loro.

A braccetto, ritornai con il mio compagno nella sala da pranzo dove Gioiella si stava mettendo le due scarpette nuove di pelle luccicante nera, dei piccoli jeans e una camicetta bianca. Dopo venni io ad aiutarla per mettergli un maglioncino di lana marrone, nonostante la sua tenera età era già brava anche vestirsi da sola.

“Avrei voluto che non se ne andassero’’, mi sussurrò quando mi attorcigliò le braccia al collo. “Perché loro vanno a dormire così presto, mamma?’’

Alucard ed io ci guardammo. “Be’….perchè gli umani dormono in un ora diversa dalla nostra’’

“Ma come mai agli umani battono il cuore così lento?’’

“Perché loro….sanno sopravvivere anche con poca energia nel sangue’’

“Perché allora il mio cuore batte veloce?’’

“Perché tu un giorno diventerai come noi…ed è per questo che il cuore ti batte così veloce: si sta preparando per farti diventare più forte’’

C’eravamo seduti su una delle sedie, Alucard stava mettendo apposto la tavola piena di bicchieri e piatti vuoti, intanto però ci stava guardando.

“Anche tu eri come me da piccola?’’

Si poteva dire di sì, anche io ero forte come lei, il cuore mi batteva all’impazzata, ed la mia intelligenza era sviluppata in modo precoce. “Sì, ero come te’’

“E quando sei diventata come papà?’’

Sentii il sorriso di Alucard quando pronunciò la parola “papà”. Lo guardai, infatti ci stava guardando dolcemente. “Quando tu sei nata, perché la mamma stava molto male’’

Gioiella pronunciò un sorrisetto, lo stesso sorriso incantevole ereditato dal padre, e mi accarezzò la fronte. Poi ricordai il mio viso da umana che lei ha visto in migliaia di foto, e di quando ero bambina, oppure l’ultimo mio momento da mezza-vampira.

“Non te ne sei mai dimenticata, vero?’’, chiesi alla bambina.

La piccola scosse la testa. “No, mai. Eri bellissima mamma ’’

Le strinsi forte a me. “Tu sei la più bella, gioiellino mio”, sussurrai, baciandole teneramente il collo.

Poi sciolse l’abbraccio. “Mamma, cosa sono i Sanguemisti?’’

La guardai sconcertata. “Chi te lo ha detto questa cosa’’

“Il nonno Drakon. Ha detto che una volta eri un Sanguemisto, ma allora come potevi essere uguale a me?’’

Io e Alucard ci guardammo disorientati. Perché papà aveva fatto questo? Era troppo piccola per sapere tutto, nonostante fosse già molto intelligente per capire tutto. Ma era ingiusto fargli capire talmente cose il più presto possibile.

Il padre gli si fece subito vicino, la prese in braccio e la sedette sopra le sue gambe. “Che cosa ti ha detto il nonno, Gioia?’’

“Mi ha detto che i vampiri non sono tutti uguali. Cioè che sono vampiri ma ci sono razze diverse, che sono nati e procreati in modo diverso. Ma non mi ha detto tutto con precisione’’

Ci guardammo di nuovo. “E quando te lo ha detto tesoro?’’

“Questa mattina, quando io non riuscivo a dormire’’

“Non ti ha detto nient’altro?’’, chiese il padre, ancor più tenero.

“No, babbo’’

Avevamo promesso a Drakon che ne avremmo parlato io e Alucard su queste cose, tempo fa, eravamo d’accordo. Forse riteneva giusto rivelarle qualcosina, ma non senza il mio permesso.

“Scusa, mamma. Sei triste?’’, chiese Gioiella, improvvisamente dispiaciuta. Infatti, non avevo una bella espressione.

Ritornai subito a sorriderle. “Non ti preoccupare, tesoro. La mamma sta bene’’, le accarezzai dolcemente il viso.

Lei passò tra le braccia di Alucard alle mie. “Non mi arrabbio se mi devi dire qualcosa. Andiamo fuori? Ho visto che vuoi fare una passeggiata insieme a me’’

Ormai era diventata talmente vispa da lasciarmi di stucco. Ero prona per uscire, infondo, e gli avrei raccontato quello che di opportuno doveva sapere. La strinsi forte e mi alzai dalla sedia insieme al mio fidanzato.

“Davvero vuoi uscire, non prenderai freddo?’’, chiesi.

“Ormai hai deciso’’, ribatte felice, sicura che più di tanto non avrei insistito.

Alucard mi strinse a se. “Andate, metterò io apposto qui. Parlerò con mio padre quando sarà di ritorno’’

Sorpresa, non mi ero accorta che se n’era andato. “Dov’è?’’

“A caccia, fa anche un piccolo controllo ai confini di Solemville’’

“Okay”, lo baciai dolcemente e lasciai che accarezzasse a nostra figlia sulla guancia.

Poi sfrecciammo verso il portone. Di colpo mi fermai, desiderando con tutta me stessa quel terribile mal di pancia che tanti anni fa mi faceva capire quando ero nervosa o impaurita.

“Che c’è mamma?’’, chiese Gioiella fra le mie braccia.

La guardai con devozione. “Quante cose devi sapere, Gioia. Eppure sei così piccola’’

“Non ti preoccupare mammina, accetterò tutto’’, mi accarezzò la guancia.

“La mamma si preoccupa soltanto di te’’

“Non ti devi preoccupare, ti dico. Presto sarò una vampira come te e babbo: saprò cavarmela da sola’’

Sorrisi malinconica, pensando a quella sensazione d’angoscia e terrore che provai quando la mia vita da mezza-umana incominciò a cambiare radicalmente. Chiusi la porta e sfrecciai fuori dal castello, mettendo mia figlia dietro la schiena.

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Capitolo 2
*** Un amico ritrovato ***


Capitolo 3

Grazie a Gioiella, seppi quando fu il momento adatto per andare a far visita a Louis: ci avviammo un sabato sera, quando naturalmente Jennifer era occupata con il lavoro. La casetta aera graziosa, naturalmente riconobbi i gusti romantici di Jennifer, ma a parte sapere che la casa purtroppo era stata costruita grazie alla sua incessabile fantasia, era comunque molto bella. Era semplice ma dava una bella impressione.

Tenevo Gioiella in braccio, studiavamo la meravigliosa casa davanti a noi: io con meraviglia e Gioiella con naturalezza. Ringraziai il cielo d'aver trovato il modo di intrattenere Alucard con Consuelo in modo che avrei avuto la libertà di arrivare fin lì solo con mia figlia.

“Sicura che zia Consy è in grado di intrattenere il babbo con la scusa dei compiti?”, mi chiese mia figlia.

Sorrisi vittoriosa. “Fidati, Gioia, quando tua zia decide di essere testarda con i compiti di storia, sarà molto difficile per tuo padre far entrare nella testa di quella ragazza cosa successe durante la primo guerra mondiale”

Risi sotto i baffi, e Gioiella scese tra le mie braccia. Aprì il cancelletto e mi prese la mano. “Posso giocare con Federico quando tu e zio parlate?”, mi chiese.

La porta della casetta si aprì, e non feci in tempo a risponderle che vidi un grazioso bambino correre verso Gioiella. La chiamò per nome. Era Federico, lo riconobbi subito dalla somiglianza con il padre, ma gli occhi erano quelli della madre. Chiunque avrebbe detto che era davvero suo figlio, bellissimo come il padre, aveva perfino il suo stesso sorriso, che un tempo amai. E pensare che sognavo anche di avere un figlio da lui, entrambi lo avevamo deciso, ma fu solo un sogno...solo un ricordo.

“Ciao Gioiella, voi giocare?”, chiese Federico prendendola per mano.

Gioiella sorrise. “Si, lo avevi previsto”

Nelle labbra di Federico spuntò il sorriso di suo padre. “Mi devi spiegare tutto del tuo potere. Come fai?”, poi si rivolse e me, e il sorriso non gli svanì. Nonostante fossi un mostro, ormai, e i miei occhi fossero rossi a causa del dolce odore del bimbo, non indietreggiò di un passo.

“Adesso mio padre esce, signora, mi ha chiesto se può restare con noi a cena”, perfino la gentilezza era di suo padre. Mi chiesi cosa avesse preso dalla madre.

“Grazie, Francesco, ma preferirei non essere di troppo disturbo. Fra poco arriverà tua madre?”

“No, la mamma ha due giorni di lavoro continuato, non può venire qui oggi, ritorna domani pomeriggio”

“Capisco”, trattenni il sorriso trionfante che avrei voluto fare.

“Posso giocare con sua figlia?”

“Certo, Federico”, poi mi rivolsi a mia figlia. “Mi raccomando, tesoro, stai attenta. Non fargli del male”

Mi fece l'occhiolino. “Tranquilla mamma, lui è il mio migliore amico”

Corsero nel giardino, sotto una casa da legno e iniziarono a bisbigliare. Non origliai la conversazione, erano soltanto bambini che parlavano di cose da bambini, quindi mi sedetti su una panchina di pietra e mi misi a guardare il cielo, aspettando.

Dentro la casa udivo un respiro profondo, un cuore che batteva veloce, qualcuno si schiariva la gola, riconobbi tutti i genti familiari di Luois, poi i suoi passi si avvicinarono alla porta, più di avvicinava più riuscì a sentire il suo odore dolce e sfizioso che tanto mi era mancato.

E involontariamente mi alzai dalla panchina, nello stesso tempo lo vidi aprire e chiudere la porta. Non era cambiato, certo, ma si era fatto crescere un pochino la barba, i capelli raccolti con un elastico, indossava pantaloni di seta leggera e una maglia a maniche corte. Le mani erano dentro le tasche e camminava un po' goffamente.

Ebbi un tuffo al cuore quando me lo trovai davanti, dimenticai perfino di mia figlia e il suo nuovo compagno di giochi.

“Ciao”, mi salutò, con un sorriso.

Ricambiai il gesto. “Ciao”

“Da quanto tempo”

“Sì, ne è passato di tempo...”, quella fu la prima volta che una conversazione con lui riuscì goffa e imbarazzante. Entrambi eravamo nervosi, non sapevamo cosa dirci.

“Non sei affatto cambiata”

Alzai un sopracciglio. “Avrei dovuto?”, mi sembra ovvio.

Rise. “Giusto, non sei più una mezza-vampira”

“Purtroppo no”

Mi cinse le spalle con un braccio. Al primo tocco sobbalzai. “Che c'è? Hai paura di me?”, mi stuzzicò.

Ora lo riconoscevo. “No....voglio solo essere sicura che...non perdo il controllo, ecco tutto”

“Ti conosco, non mi faresti mai del male. Su, entra, ti mostro la casa...”

“Che tua moglie ha fatto”, conclusi io.

Mi guardò sbigottito. “Come fai a saperlo?”

“Si vede, i gusti di Jennifer sono praticamente riconoscibili”

Scoppiammo a ridere, erano passati solo sei anni, invece a sembrava essere durata una vita intera da quando non sentii più la sua risata.

“Vero, Jennifer è sempre Jennifer. Dai, vieni, ti ho preparato il tuo sangue preferito”

Alla parola magica, iniziò a pizzicarmi la gola. “Sangue di cervo?”

“Certo, non me lo sono dimenticato”

Mi mostrò la casa, ancora più bella dall'esterno, mi mostrò la camera da letto del figlio, e le foto del matrimonio e del battesimo di Federico dove avrei dovuto parteciparvi anche io. Mi raccontò quanto fosse stato emozionante la nascita di Federico, e come in teoria il rapporto con Jennifer stia andando “bene”. Insomma c'era da aspettarselo che prima o poi la viperella avrebbe iniziato a fare a modo suo con menefreghismo riguardo alla sua famiglia.

“Ho pensato di divorziare”, disse tutto d'un botto.

Ecco il terzo capitolo ^_^ Mi scuso per avervi fatto aspettare tanto, ero inondata di impegni e non ho potuto andare avanti con la storia.
Bacioni a tutti e buon anno!!!! 
Spero vi piaccia!, Bacioni da Giorgia!

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Capitolo 3
*** Non l'ho dimenticato ***


Capitolo 2
Quella sera per me fu impossibile dormire, nonostante il mio corpo lo richiedesse, ero l'unica tra gli immortali presenti in quel castello, che quel giorno rimasi ad occhi aperti. Ripensavo e ripensavo a mille volta della chiacchierata tra me e Gioiella dopo il suo compleanno: gli dissi della mia natura, gli spiegai le varie razze dei vampiri presenti in quel pianeta, fu talmente curiosa che per l'intera notte restammo fuori casa.

Poi ci un momento, un momento in cui avrei voluto soffermarmi più allungo, che disse:

“Un giorno troverò una persona importate”

ricordai la l'occhiata interrogativa che la lanciai, il suo volto sincero, era così sicura di se da non lasciare dubbi: aveva intravisto un avvenimento futuro.

“Sì, mamma, io troverò una persona importante, e tu ritroverai una persona che credevi ti avesse dimenticato”

Sapevo che avrei capito, ma qualcosa nella mia testa mi diceva che dovevo sapere subito. La portai a dormire, stanca dopo una giornata così importante, mi accoccolai tra le braccia di Alucard e come chiusi gli occhi, vidi subito buio.

Una mano interruppe i miei pensieri, sfiorandomi la spalla.

“Che succede amore? Tutto bene?”

Era impossibile nascondere la verità con lui. “Penso a quello che mi ha detto Gioiella, un mese fa...dopo la festa. Mi disse che avrebbe conosciuto una persona speciale, e io avrei rivisto qualcuno che pensavo mi avesse dimenticato”

Si accigliò. “Chi pensi che fosse? Nessuno ti ha mai dimenticato, sei la vampira più importante di tutta Solemville e forse anche oltre”

“Non lo so...”, ma poi... “Louis”, la mia bocca si mosse da sola.

Alucard mi strinse a se e mi accarezzò la guancia, in modo possessivo. Non si era ancora dimenticato quei giorni, di tanto tempo fa, in cui era costretto a starmi lontano perché Louis diceva di amarmi con l'inganno. Eppoi quei giorni in cui mi costringeva ad abortire Gioiella, anche se non era il solo, avevano reso Alucard più protettivo verso di me e furioso il mio vecchio amico.

Poi lui scomparve, non vide più Gioiella e me dall'ultima volta che c'eravamo salutati, dopo la mia trasformazione. Erano passati solo tre anni, ma a me sembrava essere durata un'eternità. Chissà se anche lui pensava a me ora, chissà se fosse diventato un padre buono e premuroso, chissà se il figlio che ha partorito Jennifer fosse uguale al padre.

Provai una fitta dentro, rimproverandomi di non essermi ricordata di lui tempo fa, ero sempre stata distratta dalla crescita di mia figlia da lasciare una persona nel dimenticatoio. Erano passati tre anni, e in tre anni sarebbe potuto capitare di tutto: poteva essersi trasferito lontano, oppure non gli importava più niente di me, forse provava paura di ricontrarmi, o c'era anche la probabilità che la sua moglie-vipera lo tenesse sempre d'occhio da non concedergli il tempo di venire a Redmoon.

“È un vecchio amico, se veramente ci tenesse a noi, sarebbe già arrivato, Alì”, rispose Alucard dolcemente, ma la piccola nota di fredezza non riuscì a sfuggirmi.

“Che dici Alucard? Pensavo che ormai voi due eravate amici?”

sogghignò. “Eravamo, giusto, hai usato il tempo esatto. Alexia, se n'è andato, non gli importa più niente di noi”

Rimasi sulla difensivi. “Tu che ne sai? Può d'arsi che Jennifer...”

“Alexia, amore, perché pensi a lui? Se davvero amava Gioiella come uno zio, se davvero aveva deciso di far parte della vita nostra figlia, perché non è qui?”

“Io...forse devo andare a cercarlo”

alzò un sopracciglio. “Adesso?”

“No, ma ho intenzione. Alucard, non capisci? È un mio amico”

Storse le labbra. “Dimentichi quello che ti ha fatto?”

Anche se la mia vita da vampira ha rubato alla mia mente alcuni ricordi, quelli forti e orribili era impossibile non dimenticarseli. “No, ancora non l'ho dimenticato, ma in passato gli avevo dato una chance”

Sospirò. “Lascia solo che venga con te”

Sbuffai. “Non c'è bisogno che mi stai vicino ogni volta che vado in posto sconosciuto o che ha previsto nostra figlia. So cavarmela benissimo anche da sola, papà dice che sono in grado di controllarmi abbastanza bene”

Stava per ribattere qualcosa ma alla fine cedette. “Ti preferivo di più quando eri mezza umana, la vita da vampira ti ha reso troppo ribelle, amore”

Mi morsi il labbro. “Se ribelle intendi quando sono con te in questa stanza, ti posso comprendere”

Sorrise. “No, per questo tipo di momento ci vorrebbe un altro aggettivo del tipo: selvaggia”

Lo afferrai a velocità sovrumana, tanto veloce che non mi accorsi d'averlo scaraventato contro la parete, gli saltai addosso, mi afferrò e rise, ed incominciammo a baciarci, stando attenti a non svegliare chi dormiva tranquillamente.

Il giorno dopo era perfettamente scuro da non vedere più in la del mio naso, si sapeva ormai, che all'uscita dei due famosi vampiri di Redmoon portavano dietro dietro le loro spalle – se la situazione lo richiedeva- una lunga scia di nebbia e nuvoloni che coprivano il cielo.

Ero a casa, dai miei genitori, ad aiutare mamma a piantare alcune pianti e fiori nei vasi di terra cotta o nel giardino. Consuelo e Gioiella erano andate al parco, accompagnate da Drakon, papà e Alucard erano dentro casa a guardarsi un po' di televisione.

“Triste ma vero, da quando Alucard ha iniziato a far parte di questa famiglia ha scoperto la passione per il calcio, ed è contro la mia squadra”, tenni il broncio.

Mamma scoppiò a ridere, e con un gesto di mani accompagnò l'acqua sopra i suoi palmi verso la terra secca dentro il vaso. “E con ciò? Solo perché state insieme non significa che deve per forza votare per Occhiodifalco”

storsi le labbra. “Lo preferivo di più quando era all'antica e non ne sapeva niente di televisione”

Lui sorriso, di sicuro ascoltava anche me, e mi lanciò un'occhiata dolce da squagliarsi, mi fece l'occhiolino e ritornò a guardare mio padre. Se avessi ancora avuto la possibilità di arrossire, lo avrei fatto volentieri.

“Si deve sempre stare al passo con la modernità, cara, chi lo vorrebbe altrimenti uno all'antica?”

“Eppure io mi sono innamorata di uno del medioevo, mamma”

fece spallucce. “Ognuno a i suoi gusti”

“E poi ti ricordo che anche tu in precedenza ti eri innamorata di una creatura millenaria e passa”

Sentii Alucard ridere sotto i baffi, per poco non lo feci anche io.

Mamma sorrise. “E ripensandoci bene non fu un grande errore, insomma, infondo infondo mi ero fidanzata con un bellimbusto famoso”,ammiccò.

Gli diedi una leggera -si fa per dire- pacca sulla spalla. “Mamma!”, esclamai. E scoppiammo a ridere.

“E pensare che una volta eravate fratelli”, aggiunse.

Questo era un colpo basso. “Eravamo, ora le cose sono cambiate”

presi il vaso e lo mi allontanai dalla veranda di casa, dove mi avvicinai ad un albero di fico e vi posai il vaso, mamma poi bagnò la terra con l'acqua; ne diede alcune gocce anche all'albero accanto a noi.

“Lo so tesoro”, disse posando una mano sopra la mia spalla. “Ma per quanto vuoi tenerlo nascosto a Gioiella?”, insistette.

Sapevo dove voleva arrivare. Capivo che per lei era strano sapere che mi ero accoppiata con un figlio adottato da mio padre ma per me non lo era, nonostante fosse contenta che finalmente avessi trovato la mia anima gemella.

“È ancora troppo piccola per capire...”

“Piccola? Quello che vedi esternamente non lo è internamente, Alì. Tu puoi vederla come una neonata, ma dentro ha la stessa furbizia che avevi te da bambina, tesoro. Capirà”

sbuffia. “Io la vedo sempre come la mia bambina, quando sarà più grande...”

“E' già grande, tesoro”, mi accarezzò la testa.

Che mi piaccia o no, aveva ragione, ma era difficile ammetterlo. “Ho paura mamma, ho paura di come si comporterà dopo. Si arrabbierà?”

“E' tua figlia, l'hai accudita con tanto amore e affetto insieme ad Alucard, cosa che non mi sarei mai aspettata, lei capirà tutto”

“Non è facile”, la abbracciai.

“Lo so Alì, neanche per me è stato facile ammettere che non eri la figlia di Hendrik”

“Quella era tutt'altra cosa”

“Ma dopotutto siamo uguali, abbiamo sacrificato la vita entrambe per mandare avanti un tesoro che valeva la pena lasciar vivere, nonostante tutti ci supplicavano di non mandare avanti la gravidanza. Capirà, Alì”

Annui. Ebbi l'impulso di dire qualcosa ma fui interrotta dai passi veloci di mia figlia. Senza aspettare sul posto le andai incontro e ci trovammo ad un chilometro di lontananza dal parco giochi; Gioiella mi vide e mi saltò sulle braccia sorridendomi.

“Che c'è Gioia?”

“Mamma, mi hai sentita?”, era felice. Felice come una pasqua, come il giorno del suo compleanno, come quello di Natale. Eppure c'era qualcosa ancor di più che la rendeva allegra. E tanto.

“Sì, amore. La mamma sente tutto”

“Ho trovato il bambino!”, squittì. Ora anche Drakon e Consuelo, sulle braccia di mio padre, c'avevano raggiunte.

Non badai a loro, guardai mia figlia confusa. “Il bambino?”

“Sì, il bambino speciale. E c'era vicino a lui un'altra persona, ma più grande, più grande del nonno”

In quell'istante avrei voluto provare lo stesso dolore allo stomaco che provavano gli umani.

“Parli di quell'uomo che credevo mi avesse dimenticato?”. Louis.

“Sì, lui mi ha vista e mi ha salutata, ha detto di conoscermi. Io lo conosco, mamma”

Louis, sì, era lui. Non c'era dubbio. Il mio vecchio amico era ancora qui, non se n'era andato, era qui, e mi cercava.

“Sì, amore, lo conosci”, risposi senza accorgermi con c'era stata nessuna domanda.

Ed ecco che la sua manina premette contro la mia guancia, e un tuffo verso il passato: tre anni fa, sentivo il pianto stordito di un neonato, vedevo offuscato, Alucard che supplicava ad Louis di portare fuori la mia bambina. Rividi il viso spaventato di Luois e mi venne un groppo in gola. Chissà se era rimasto uguale da come lo avevo visto l'ultima volta, chissà se si era tagliato i capelli lunghi che mi piacevano tanto...

“Sei triste mamma?”, mi chiese improvvisamente mia figlia, allontanandomi improvvisamente la mano. Mi risvegliai da quello strano stato di sonno.

“No, piccola mia”, le baciai tante volte la fronte, felice che mi avesse dato quella splendida notizia.

Rise e mi rimise dinuovo la mano sulla guancia. Vidi Louis, nel presente, sempre bellissimo, non era cambiato, ma decisamente un po' magro sul viso. Guardava fisso l'obbiettivo che avrebbe dovuto essere mia figlia, io osservavo con i suoi occhi, sorrideva.

“Ciao, Gioiella”, disse la voce lontana di Louis. Sembrava così veritiera che per poco non gli risposi.

“Ciao, zio”, rispose Gioiella, prontamente convinta di quello che diceva.

“Ti sei ricordata da me?”, adesso di era inginocchiato davanti a mia figlia.

“Si, zio”

Luois sorrise. “Dove sta mamma?”

“Parla con la nonna”

“La nonna e il nonno come stanno?”

“Bene, anche nonno Drakon sta bene perchè lui è un vampiro”

Louis trattenne una risatina, e prese dolcemente la mano di mia figlia. “Lo so che Drakon sta sempre bene. E anche mamma tua sta bene, giusto? Puoi fare un favore a tuo zio? Vai dalla mamma e dille se può venire a farmi visita un giorno così tu puoi giocare con Federico”

“Perché non ci vai tu, zio?”

Si grattò la testa, nervoso. “Perché la mamma forse è arrabbiata come e zio non vuole litigare con tua mamma. Vuoi farmi questo favore, Gioia?”

“Sì, zio”, disse, saltellando.

“Brava, bambolina”, gli diede un bacio sulla guancia, sorrise e il suo viso svanì come fumo, insieme al ricordo. Scossi la testa e guardai mia figlia.

“Poi lui se n'è andato e io sono venuta da te”, rispose infine.

“Avrei voluto parlargli, ma non appena mi ha visto è andato via prendendosi con se il figlio e allora ho capito che era inutile fermarlo quando puoi tranquillamente andare tu a fargli visita”, aggiunse Drakon.

C'erano tante domande che avrei voluto chiedere a mio padre: com'era diventato Federico, se assomigliava al padre, se il bambino sapeva chi era Gioiella e se in futuro avesse trattato bene mia figlia se veramente era lui quel bambino speciale di cui la piccola mi aveva parlato.

“Mamma, quando andiamo da zio Louis?”, chiese puntualmente Gioia, distraendomi dai pensieri.

Le sorrisi. “Presto, molto presto”, promisi. E fu come se la felicità di mia figlia l'avesse trasmessa anche a me.

Quando ritornammo a Redmoon, avrei avuto molto di cui discutere con il mio fidanzato.

“Non puoi aspettare, insomma sarà occupato con quella serpe di sua moglie”, insistette, una volta aver messo Gioiella a letto. Eravamo nella sala da pranzo, Alucard era seduto e beveva l'ultima goccia di sangue rimasta nel bicchiere, io assorta nei miei ricordi di molto tempo fa.

“Alexa, mi ascolti?”

“Cosa?”, mi voltai verso di lui.

“Vuoi veramente andare da lui?”

“Sì, perchè?”

“Non puoi aspettare?”

“Alucard, di che ti preoccupi? É un mio amico”

“Un amico molto distaccato visto che in tre anni non ha messo piede al castello”

“Avrà avuto i suoi motivi. Adesso so solo che mi cercava e voglio vederlo”

Lui sfrecciò dalla sedia fino a me, me lo trovai dietro che mi cingeva la vita. “Non andare, ti prego”

Sbuffai. “Io ci vado, mi fido di lui, non riuscirai mai rinchiudermi qui neanche se mi supplichi con la semplice scusa: ho sonno”

Rise sotto i baffi. “Be'....era la prima che mi venisse in mente, adesso”

Lo guardai dritto in volto, decisa. “Alucard, no”

“Aspetta almeno qualche anno”, mi sussurrò. Baciandomi poi sotto l'orecchio.

“No”

“Qualche mese?”, un altro bacio.

“No”

“Qualche settimana?”

“Alucard...”

“Qualche giorno?”...

“Vuoi qualche calcio nel fondo-schiena?”

Scoppiò a ridere. “Andiamo, amore. Cosa vuoi che sia qualche giorno?”

“Molto, mio dolce fidanzatino; ho già aspettato tre anni per vederlo, non voglio aspettare ancora”

“Ma se la tua voglia di vederlo è così grande, perché non ci sei andata prima?”

“Perché sapevo che tu ti inventavi le stesse scuse come stai facendo in questo preciso momento”

Sorse le labbra. “Beccato”

“Cosa c'è, Alucard? Hai paura che mi farà del male?”

scosse la testa. “No, è che...”, poi ci ripensò. “Niente, lascia perdere”

“Cosa?”

“Niente, Alì, ho pensato ha una cosa stupida”

“Voglio saperla, Alucard, anche se sia stupida”

strinse le labbra, poi rispose tutto d'un fiato. “Ho paura che riuscirà ad allontanarti da me”

trattenni l'impulso di scoppiare a ridere. “Secondo te dopo che ho rischiato la vita pur di averti, tu hai spetta più di un secolo per avermi, abbiamo fatto una splendida figlia, hai avuto il coraggio di salvarmi la vita, e stiamo insieme da più di un anno, io ho tanto coraggio da separarmi così facilmente da te?”

Sorrise, soddisfatto. “No”

“Certo che no, non lo farei mai”

E ci baciammo. “Non mi abbandonare mai”, mi sussurrò.

“Sarei disposta perfino a oltrepassare le porte dell'Inferno pur di starti accanto”

“Fino alla morte?”

Guardai fuori dalla finestra, il cielo era pulito, milioni di stelle coprivano il cielo come velo brillante, eppure riecco quella sensazione strana che da tanto tempo era il mio allarme personale.

Guardai Alucard, mi venne l'impulso di proteggere tutti.

“Fino alla morte”, e nemmeno la morte sarebbe riuscita a separare il nostro eterno amore.

Ci abbracciammo e poi tornammo nella nostra stanza, mi addormentai stretta a lui, nonostante fosse notte. Tra i due solo lui rimase sveglio. Chissà e cosa stava pensando, e forse anche lui aveva intuito la mia stessa intuizione. Infondo eravamo ormai genitori, quando c'è una piccola creatura in pericolo, si può avvertire di tutto. Anche qualcosa di invisibile ma che presto si rivelerà pericolosa.

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Capitolo 4
*** Il favore ***


“Ho pensato di divorziare”, disse tutto d'un botto.

Sputai il sangue che rischiò di strozzarmi, sporcando il tavolo di legno. “Cosa?”, poi guardai il tavolo. “Scusa”

Rise. “Tranquilla, anche io avrei fatto la stessa cosa se mi avessi detto che tu e...”

“Ma non sarebbe mai accaduto...”

“Già”, si alzò e prese una spugna bagnata per levare via il sangue. “Cosa è successo? Pensavo che tu e Jennifer vi amavate''

Riuscì a malapena a sorridermi, vedevo chiaramente la scintilla di tristezza nei suoi occhi. “Amavamo: hai usato il verbo giusto. Dovevo datti retta all'ora, sapevo dentro di me che Jennifer sapeva essere crudele con chiunque ma da come mi amava pensavo che non lo avrebbe mai fatto come me”

“Mi dispiace tanto, Louis, non sai quanto”, gli strinsi la mano per rassicurarlo. Chi se lo aspettava? Era caduto nella trappola del topo.

Ci fu un lungo silenzio, riempito di tristezza e disperazione, avrei voluto parlare ma non sapevo cosa dire. Ero veramente colta di sorpresa; mi chiesi alla fine se Gioiella lo aveva visto e aveva deciso di non parlarmene. In un certo senso le ero grata: aveva lasciato che questa conversazione fosse restata privata.

Fu un attimo di buio poi i suoi occhi ritornarono vivi di gioia. Mi strinse a sua volta la mano. Dimenticai com'era calda la sua mano, come era dolce il suo profumo, come era stato bello averlo accanto.

“Non ti preoccupare, c'era da aspettarselo. Ma io ero così cocciuto che non volevo rendermene conto''

“Tutti siamo cocciuti a diciotto anni''

“Non tutti direi”, disse ammiccando.

Sorrisi di rimando. “In parte, si può dire che ero furba”, poi mi accorsi che le nostre mani si erano strette troppo allungo e lentamente sciolsi la stretta e strinsi le braccia al petto.

Strinse le labbra. “Se divorzieremo....ho pensato di venire da voi”

Mi crollò il mondo a dosso. Di certo, ero diventata più pallida di quanto non lo fossi già stata. Venire a Redmoon? COSA?? E Alucard come l'avrebbe presa? Non bene, questo è certo. Oltretutto, non potevo neanche rifiutare, era un mio vecchio amico.

“Louis, mi stai chiedendo un favore enorme”, risposi indecisa. “Ma vedrò cosa posso fare”

E per il resto della giornata avremmo parlato del più e del meno, ritornando come ai vecchi tempi. Gli raccontai dello sviluppo precoce di Gioiella, del suo potere, di quanto fosse simile a me e a Alucard. Ogni tanto mi fermavo a guardare mia figlia che giocava allegra con Federico. Sentivo che fra loro sarebbe nata una bella amicizia.

Tutto andò diversamente al castello, purtroppo, quando dovetti dire della situazione di Louis ad Alucard.

“No, assolutamente no!”, ruggì.

Alzai gli occhi al cielo. “Ma, Alucard, è un nostro amico!”, ribattei io.

Era un bene che Gioiella fosse andata a dormire quel giorno, altrimenti non so come avesse potuto sopportare la nostra litigata. Avevo sempre promesso a me stessa che nostra figlia avrebbe sempre veduto suo padre e sua mamma felici in modo da vedere sempre il suo sorriso sulle labbra.

Mi trafisse con lo sguardo. “Il tuo, non il mio”

“Sta per divorziare...”

“E allora? Poteva pensarci due volte invece di andare con quella cagna di Jennifer”

“Ma...”

“Niente ma. Lui non ci entra il questo castello, punto”, ruggì, si sedette sul letto e si spogliò. “Questa è casa mia, e non voglio che qualcun altro si intrometta nella nostra vita. Specialemente se quel qualcuno è Louis. Capisco che ci ha aiutato molto tre anni fa, ma quello che mi sta chiedendo adesso è troppo. Sono serio, Alì, o si trova un'altra casa o il peggio è per lui. Non ci deve mettere neanche piede in questo castello”

Rimasi trafitta, come se mi avesse infilzato una lama al petto, talmente orribili erano le sue parole che avrei voluto scappare via.

Mentre ero ancora in piedi, lui si era già messo sotto le coperte, voltandosi verso di me. “Vieni”, ordinò dolce. Ma io non mi mossi.

“No, vado a mangiare. Non ho sonno”, risposi fredda. Girai i tacchi e mi fiondai fuori dal castello. Non volli sapere come avesse preso il mio rifiuto, specialmente non mi importava, doveva solo capire che mi aveva spaventata. Mai avevo visto un Alucard arrabbiato come quella volta, dopo tre anni che stavamo insieme. Corsi a Boscosenzafine, lì dove potevo essere me stessa, lì dove potevo ritornare la diciottenne Alexia Kennedy di una volta, lì dove pensavo solo a me e liberavo ogni pensiero più orrendo per poi sfogarlo con la caccia.

Se avrei potuto piangere lo avrei fatto volentieri, ma avevo il viso talmente di pietra che ne uscì mai una piccola lacrima. C'erano delle volte in cui avrei preferito ritornare quello che ero in passato. Ma al passato non si più mai ritornare.

Era la prima volta che litigavo in quel modo con il mo fidanzato, ritornata al castello mi distesi in silenzio sul letto dando le spalle al corpo addormentato di Alucard. Un secondo dopo sentii il suo peso farsi più vicino a me, e poi ecco le braccia che mi strinsero a lui. Non lo allontanai, ero così follemente innamorata di lui: anche se ero arrabbiata, per me era un colpo davvero doloroso non avvicinarmi più all'uomo che amavo.

Non ritornammo più a parlare sull'argomento di Louis.


Ecco il quarto capitolo della storia. Mi scuso con tutti per avervi fatto aspettare :-( ...in questi giorni ho sempre avuto poco tempo ^_^
Buona lettura! E buon 2015!

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Capitolo 5
*** Lo sconosciuto ***


Era una di quelle giornate nevose e fredde da rinchiudesi dentro casa ( per gli umani) ma per me non faceva ne caldo ne freddo, la stessa faccenda valeva per la piccola creaturina che si divertiva a scavare nella neve, Gioiella era in compagnia con Garret. Da quando è nata, Garret si era addolcito di più, tanto da venire al castello per farci visita. Era la prima volta che usciva dal bosco, non si era mai visto un puma nel castello.

Ci trovammo nel bosco senza fine, Garret aiutava con i duri artigli a scavare nella neve insieme a mia figlia. Non sapevo cosa cercavano, ma mi divertiva guardarli felici e spensierati. Io ero sopra un ramo di un albero, il vento gelato mi scostava i capelli, era piacevole....ormai c'ero abituata al freddo glaciale dell'inverno di avere sempre la sensibilità del naso. Forse non valeva ugualmente per mia figlia dato che quel giorno l'avevo coperta di lana fino alla punta del naso.

Un ora dopo lo scavo si trasformò in una vera lotta contro palle di neve dato che iniziò il puma azzardatamente a tirare neve contro il visetto di mia figlia. Il povero animale, non avendo dita da afferrare bene la neve, si limitò a tirare zampate verso Gioiella senza prendere mai la mira esatta. Gioiella, al canto suo, era un'esperta dato che Alucard e Drakon ci giocavano sempre con lei quando c'era la neve: era diventata un'esperta.

“Gioiella, fai piano con Garret”, le ordinai da sopra l'albero.

Lei mi guardò, il visetto appena arrossato dalla neve. “Va bene, mamma”, e così ubbidì, lanciando poco violento le palle di neve all'animale. Ma lo prendeva comunque.

Povero angelo, chissà quanto sentiva freddo. Stetti per scendere giù dall'albero ma Gioiella mi fermò subito: “Non ti preoccupare, mamma, sto bene. Sento caldo”

Sorrisi, sollevata. Aveva visto nel futuro. Poi era anche probabile che correndo e smuovendosi un po' le venisse caldo. Ritornai seduta sul ramo, appoggiando la testa sul tronco e chiudendo gli occhi. I rumori si proiettarono al mio udito riempiendomi la mente: voci di persone che conversavano, ridevano, scherzavano, piangevano, urlavano...passi di mille uomini e donne che viaggiavano lungo le strade, animali e bambini. Tutto era pieno di vita a Solemville, come tre anni fa, tutto era allegro e vitale, e terribilmente familiare.

Mi persi in quei rumori, distinguendoli da persona o da oggetto, giocando con le voci, ridendo ad alcune barzellette che un omone gigante si scambiava con i propri amici. Poi il mio udito si avventurò lungo l'entrata del castello, dove vi sentii il silenzio, i passi veloce e scattanti di Alucard un secondo dopo che vagava per le camere tenebrose di Redmoon, e il respiro così lieve da essere assente di papà dentro la bara.

L'udito si proiettò ancora verso valle, poco meno distante da Bosco senza fine, e fu lì che la mia attenzione fu catturata da nuovi rumori. Strani, non di animali, ma repentini e minacciosi, allontanava le bestie spaventata lungo la sua corsa fulminea.

Era un vampiro.

Spalancai gli occhi e mi lanciai nel vuoto. Mi proiettai davanti a Garret che aveva in groppa mia figlia e mi volsi verso la natura, scrutandola minacciosa.

“Cosa c'è, Alì?”, mi chiese Garret.

Il vampiro svoltò verso destra, volsi lo sguardo verso la mia destra. “Lo senti anche tu?”, dissi lanciando un'occhiata rapida all'animale. Gioiella, dietro di noi, restava zitta. Il cuoricino iniziò a martellarle ancora più forte nel silenzio tombale da farlo vibrare come onde sonore attraverso l'infinità della flora invernale.

Ecco, i passi repentini del vampiro si fermarono, udii le sue narici spalancarsi e annusare l'aria, tre secondi dopo riprese la corsa più veloce e scattante di prima.

Il mio respiro si fermò: stava venendo dritto verso di noi. Aveva sentito Gioiella.

Furtiva, mi misi in posa d'attacco, mostrando i canini, dentro di me un ribollimento profondo che iniziò a crescere per uscire dalla gola. Cinque secondi dopo i passi si fecero più vicini, talmente vicini al mio udito che mi sembrava corrermi accanto.

“Ora lo sento”, ruggì il puma, in posa di attacco pure lui.

“Preparati”, ordinai tra i denti, presi tra le mani Gioiella e me la misi di fianco. “Resta qui, tesoro”, ordinai. Se avessi avuto il cuore, a quest'ora avrebbe martellato feroce per la paura di perdere la mia creaturina.

“Proteggi Gioiella”, dissi iniziando a correre lungo la radura.

Tre....................due.....................................uno.........................................…..........................................................…....................................................................................…......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

Il mio corpo freddo si scontrò con quello duro e potente di un uomo, come un rinoceronte contro un altro rinoceronte. Lo buttai a terra, ma lui si alzò con maestria. Era alto, magro, biondo con occhi azzurri. Due occhi grandi e rossi. Era uno della mia razza. Ma in quel momento poco importava.

“Chi sei tu? Cosa vuoi?”, ruggì. Sempre in posa di attacco.

Il ragazzo si limitò a ruggirmi contro e si lanciò verso di me, mi mancò per un soffio e di nuovo rieccolo per riattaccare. Questa volta iniziò la vera lotta: zanne contro zanne, denti contro denti, ruggiti contro ruggiti, talmente potenti e violenti da far volare gli uccelli fuori dagli alberi verso il cielo.

Non so per quanto la lotta durò, forse minuti, poi il ragazzo si voltò verso la radura e scattò. Impaurita lo seguii, lì c'era mia figlia. Se la prendeva sarebbe morta.

Ed eccomi alla radura, Garret era già corso verso il vampiro e lo aveva steso, gli graffiò il viso ma per lui fu come una carezza. Il vampiro di rimando gli stritolò l'osso della zampa. Il povero animale lanciò un grido di dolore.

“Garret, no!!!”, tuonai.

Il vampiro si volse a guardare me, allarmato, gli venivo in contro, poi Gioiella. E da lì sparì.

Allora in un nano secondo mi proiettai vicino a mia figlia, prendendola in braccio, mentre lei versava lacrime di coccodrillo, e poi eccolo il ragazzo a dieci metri di distanza da noi, come un toro inferocito, un nano secondo non lo vedemmo più allora capii che voleva la guerra dura. Dentro il mio corpo iniziò a scorrere una corrente d'aria fresca e limpida, che necessitava di uscire, iniziò a crescere a crescere fino a non tollerarla più dentro il mio essere e espandei lo scudo verso l'esterno, combaciando perfettamente nello stesso momento in cui il vampiro si era avvicinato a noi con un salto, minacciando con i canini di avventarsi contro mia figlia. Lo scudo rimbalzò su di lui e lo scaraventò contro il tronco di un albero così potente che lo piegò.

“Attenta mamma, lui non ha nessun potere, ma è potente lo stesso”, mi avvisò mia figlia. Era chiaro che riuscì a scrutare dentro di lui per vedere quale potere avesse, non trovando nessuna forza alcuna.

“Tieniti stretta a me, tesoro, non mi lasciare”, le ordinai, non trasmettendole nessuna nota di dolcezza purtroppo. Mai lei ubbidi e si strinse più forte a me.

Garret cercò di balzare addosso al vampiro una volta che si fu rialzato, ma venne scaraventato anche lui contro un albero. Lo tramortì e dalla neve non si alzò più. Gioiella scoppiò a piangere.

Ora il vampiro era a pochi metri da noi, dalle mani feci uscire raggi solari e bianchi che poi gettai addosso al vampiro facendolo crollare molte più volte addosso alla vegetazione, poi si limitava a schivarlo. Per i vampiri, il potere della vita, è come il sole d'estate: non si possono avvicinare, perché loro stessi non sono vita.

Ma facendo sempre così mi limitavo soltanto a tenerlo lontano e non a sconfiggerlo. Poi si fece più vispo in modo da capire i punti su cui gettavo lo scudo, e in modo da proiettarsi sempre di meno in un punto così in pochi secondi che iniziai a non mirarlo più bene.

Il suo viso di fece vicino al mio, alzò il braccio e mi diede un pugno da farmi volare all'aria. Caddi sopra un albero, i rami mi graffiarono la faccia e con equilibrio nella caduta appoggiai i piedi bel a terra.

Mi accorsi subito che mia figlia non era fra le mie braccia. Corsi alla radura, di nuovo sola, e trovai mia figlia nella neve, cercava di rialzarsi ma sprofondava nel velo bianco, mentre il vampiro le si avvicinava minaccioso. Fu questioni di attimi che mi immaginai la morte di mia figlia, non potevo fare niente, ero bloccata e impaurita.

Fu questioni di attimi e vidi il vampiro piegarsi in due dal dolore, urlare al vento dalla disperazione, avvolto in un fumo nero, mi voltai sorpresa verso sinistra: c'era Alucard. Diede un rapido sguardo verso di me da farmi sciogliere dal calore, mi fece l'occhiolino e indicò con la testa nostra figlia, mentre lui teneva occupato il vampiro.

Eccomi poi accanto a mia figlia, strinsi forte il suo corpicino al mio e controllai che non si fosse fatta male. Era intera, non aveva ne graffi ne ferita, stava bene. Tirai un sospiro di sollievo, mentre lei in lacrime mi stringeva il collo e appoggiava la testa sopra la mia spalla.

Il silenzio era ancora riempito degli urli disperati del vampiro. Poi feci anche io il mio compito: scaraventai i raggi di luce contro di lui e lo gettai molto più lontano possibile dalla radura. Alucard non perse tempo nel seguirlo, mentre io mi accorsi di Drakon vicino al corpo inerte di Garret.

“Sta bene, dobbiamo solo portarlo a Redmoon”, ci rassicurò.

 

“Non sono riuscito a prenderlo. Non appena atterrò corse verso il Mare violento del bosco per non uscirne più”, rivelò Alucard non appena entrò nel salone del castello. C'eravamo tutti riuniti lì, perfino mamma e suo marito erano corsi verso di noi. Avevo tra le braccia Gioiella, appisolata dopo l'evento orribile che le tocco assistere.

“Cosa ti ha detto?”, chiese Drakon.

“Un secondo prima di gettarsi, disse: “La pagherete. Morirete!”. Era chiaro che si era infuriato per bene”

“Perché morirete?”, chiesi confusa al mio fidanzato.

“Forse lo avete spaventato”, aggiunse mamma.

“O forse abbiamo impedito che uccidesse Gioiella”, aggiunse Garret, ripresosi dopo la batosta. Drakon le aveva fasciato la zampa rotta.

“Qualche minuto prima che iniziasse a lottare contro di me, aveva udito il cuore di Gioiella e sentito il suo odore”

Alucard ringhiò furioso. “Ora starà creando un gruppo per venire a cercarla. Ah! Ma se provano a toccare mia figlia, si pentiranno di essere stati creati!”

Papà gli diede una carezza sulla spalla. “Calmo, Alucard, può darsi che non era solamente a caccia. Ci deve essere per forza qualcosa”

“Non so cosa potrebbe comportare questa faccenda, ma sono solo al corrente di una fenomenale scoperta: mi ha rotto la zampa proprio quando quattro anni fa l'aveva rotta Alexia”, ci interruppe Garret.

La stanza si riempì di risate.

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Il Tabù ***


“Come stai?”, mi chiese Garret attraversando la mia stanza col passo zoppicante. Lo guardai e subito fui invasa dalla tristezza: vederlo con una zampa fasciata e che a malapena riusciva a mantenersi in piedi, era per me un dolore terribile al cuore morto.

Era da una settimana che non avevamo più notizie di quello sconosciuto, Alucard e Drakon avevano setacciato tutta Solemville per cercare di acciuffarlo, ma sembrava essere scomparso nel nulla. Dopotutto l'acqua faceva sempre il suo effetto: bastava gettarsi nel mare o in un fiume per far in modo che il bagnato potesse coprire l'odore del corpo.

“No, sono preoccupata”, risposi, facendo al puma un indicazione con la mano verso il letto.

Lui si sdraiò nel grande materasso e tirò un sospiro profondo. “Non ti devi preoccupare, lo troveranno”

“Non è così semplice scovare un vampiro”

“A cosa pensi”

“A quello che aveva intenzione di fare con mia figlia”, gli accarezzai la folta pelliccia.

“Pensi che voleva ucciderla?”

Il mio fidanzato e Drakon fecero eruzione nella stanza. “Non lo abbiamo trovato neanche stavolta”, si lamentò Alucard sbattendo il pungo verso la scrivania. Le cornici rimbalzarono e ricaddero sul mobile a causa della forte scontro della mano di lui.

“E adesso cosa facciamo?”, chiese Garret.

“Non posso stare qui ad aspettare, ogni secondo sembra divenire più pericoloso”, dissi alzandomi dal letto. “Divento pazza se non faccio qualcosa”, aggiunsi.

“Domani perlustreremo meglio il territorio, Alì, non temere”, mi consolò Drakon, abbracciandomi.

“No, avete fatto già abbastanza. Ora tocca a me, lasciate che faccio io stavolta da controllore. Voi dovete riposare”

“Quando Garret starà meglio potete girare intorno ai confini di Solemville ma per ora nessuno di voi donne si deve muovere da qui”

Strinsi i denti, cercando di trattenere le urla che volevo rivolgergli. “Papà non capisci, qui si gioca il destino di mia figlia, non posso starmene qui immobile”

“Forse vorranno ucciderla”, ribatté Alucard.

Mi pietrificai, guardando il vuoto, nel volto c'era un espressione di orrore e paura. Mia figlia era tutta la mia vita, se l'avrebbero uccisa non avrei avuto più nessun motivo per vivere. Quelle immagini mi causò un forte dolore al ventre, come se quegli squarci della trasformazione di tre anni fa si rigenerasse dentro di me. Papà fece segno ad Alucard di calmarsi.

“No, qui non verrà ucciso nessuno e nessuno si ferirà. Dobbiamo garantire sicurezza alla vostra piccina, ora più che mai, ho come il presentimento che quel vampiro abbia un piano per distruggerla”

“O distruggerli”, dissi improvvisamente senza pensare.

Un pensiero certo e vivido si catapultò nella mia mente come un getto d'acqua. I miei occhi scintillarono dalla certezza....Sì, non poteva essere altrimenti. Nel silenzio impaziente, guardai Alucard e Drakon.

“Non capite. Vogliono distruggerci”, dissi.

Papà si accigliò. “Cara, è impossibile, dopo che aveva messo occhi a tua figlia”

“E se prima ha intenzione di distruggere noi e poi lei. Infondo eravamo noi a proteggerla”

Alucard di avvicinò a me, accarezzandomi il braccio. “Che cos'hai in mente, amore?”

Strinsi le labbra, e mi proiettai verso il corridoio. Un secondo dopo mi seguirono anche i due vampiri, Garret rimase nella stanza, ormai certo che più di un passo non avrebbe riuscito a farlo. Sbuffò e si rilassò nel letto. In teoria avrei dovuto ridere, ma quello non era il caso.

“Lo sconosciuto ha visto....ha sentito il cuore di Gioiella battere veloce, giusto?”

“Sì”, mi fecero eco i due vampiri. Sfrecciammo lungo il corridoio verso un portone. Qui mi fermai e mi volsi a guardare Alucard e mio padre.

“E se quello che ha visto non era stato nostra figlia, ma qualcos'altro?”

Allora anche loro gli si accesero gli occhi di una speranza: avevano capito. Drakon guardò suo figlio e poi si volse a me:

“Bambini neonati”, mormorò stupefatto.

“Ha pensato che si trattava di una bambina trasformata in una vampira”

“Probabilmente aveva pensato che l'avevo trasformata io”, incalzai.

Aprii il portone dove si stendeva davanti a noi l'enorme stanza della biblioteca. “Dobbiamo trovare qualcosa che riguarda Gioiella”, ci sparpagliammo per la biblioteca e leggemmo libri su libri. Un'ora dopo ecco che ci ritrovammo seduti su un tavolo.

“Ho letto che generi di razze come tua figlia vengono scambiati facilmente per bambini trasformati”

“Sì, mi ricordo come sono. Me lo ha spiegato Alucard il primo giorno che ci siamo incontrati”, era un ricordo sfuocato, ma ricordai facilmente le sue parole. Alucard si volse verso di me e mi sorrise, ci stringemmo la mano.

“I bambini immortali sono il risultato della trasformazione del bambino in vampiro. Questo vampiri diventano squisitamente belli, tanto che al loro aspetto non si può resistere, ma come il loro corpo non cambia neanche la loro mente evolve. Essendo anche forti come vampiri adulti, possono sterminare villaggi e non è possibile insegnar loro la segretezza della loro natura. Per questo motivo la pratica di creare bambini immortali è stata abortita. E chi disubbidisce alle regole verrà punito.....con la morte”, spiegai ripetendo le stesse identiche parole di quel lontano giorno in cui eravamo seduti ad ascoltare il suo racconto.

“Tua figlia è in serio pericolo, se davvero il vampiro ha pensato che tu l'abbia trasformata, allora state pronti che si verificherà una lotta con sangue”

Una lotta col sangue, e questo che temevo. “Uccidono per vietare che questa pazzia non sia mandata avanti, voglio uccidere Gioiella”, aggiunse Alucard spaventato.

“Cosa pensano? Che i bambini trasformati siano il loro pericoloso tabù? Bé hanno sbagliato di grosso, perché non permetterò che mia figlia venga uccisa per uno stupido errore”, sbottai.

“E allora cosa pensi di fare?”, chiese il mio fidanzato stringendomi ancor di più la mano.

Nella stanza irruppe un lamento, dei singhiozzi, e sentimmo odore di lacrime. Gioiella. Ci proiettammo tutti verso l'entrata dove c'era mia figlia ce piangeva. La afferrai e le asciugai teneramente le guancie.

“Ehi, ehi. Cos'hai, amore?”, chiesi baciandole la fronte.

Suo padre gli prese la manina. “Hai fatto un incubo?”, aggiunse sorridendole.

La bambina fece “sì” con la testa, mentre il labbro gli tremava. “Scusate, scusatemi tanto”, singhiozzò.

“No, amore, di cosa di devi scusare?”, aveva capito grazie all'incubo. “Tu sei il nostro dono più prezioso, e non lasceremo che quell'uomo cattivo ci prenda”

“Non dovrà toccare la mai bambina”, aggiunse Alucard prendendola in braccio e facendole fare un salto in aria per poi riprenderla.

“Che cosa hai sognato Gioia?”, chiese poi il nonno.

“Ci sono tanti vampiri come voi, fa freddo in quel posto. E poi loro vengono con lo sguardo che mi mette paura. Poi vedo voi e me, con altre persone come i nonni e gli amici di nonno e papà”

Io, Alucard e Drakon ci scambiammo uno sguardo sorpreso: Gioiella non sapeva niente dei parenti di Drakon e Alucard perché non quegli anni non avevano potuto venir a farci visita.

“Poi, tesoro? Raccontaci”, la spronai cercando di non apparire impaziente.

“Ci sono anche i lupi”

Oh, no. I lupi no.

“I capi dei uomini malvagi sono cinque: Kevin, Buio, Aristocle, Omer e Ulfred”

“Non ci posso credere”, mormorò Drakon sconvolto, mettendosi una mano nella fronte.

Lo guardammo, confusi e spaventati. “Che c'è, papà?”, chiesi.

“Sono i capi supremi dei vampiri, coloro che controllano tutto, quelli che fanno rispettare le regole in tutto il mondo vampiresco. Se vedono che c'è un problema lo risolvono, ma in rari casi a qualcuno viene risparmiata la vita”

“E vengono, nonno”

“Cosa?”, chiesi, quasi urlai.

“Sì, mamma, fra un mese”

Il mondo mi cascò addosso, questo significava che ci avevano dato tempo per vivere insieme a mia figlia per poi distruggerci? Avrei dovuto vivere per un mese per poi dire per sempre addio alla mia famiglia, a Alucard e a mia figlia? Cosa avrebbe fatto mamma senza di me, e Consuelo? Louis come avrebbe reagito? Io sarei morta così inaspettatamente per colpa di cinque giudici di vampiri, mi sarei aspettata una vita eterna felice insieme a mia figlia invece la nostra morte aveva una data. Fra un mese.

Era finita, ormai, eravamo condannati a morte per un banale errore. Non avrei più rivisto Gioiella, non l'avrei più vista crescere, vedere quando si sarebbe innamorata, e stare accanto a Consuelo. Consuelo, la mia sorellina, aveva ancora bisogno di me, nonostante fosse cresciuta di qualche anno. Non potevo lasciare la mia lupacchiotta.

“Che vogliamo fare?”, chiese Drakon e si volse a guardare me, un secondo dopo Alucard e Gioiella fecero lo stesso.

Strinsi i pungi, mentre onde di rabbia mi facevano tremare il corpo.

“Chiamiamo rinforzi”, guardai Alucard con occhi rossi. Annuirono. Vogliono la guerra, e guerra sia.

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** I rinforzi ***


La nostra era la “ Terra dei vampiri e dominatori”. Più che “dominatori” eravamo persone normali: mortali, innocenti, con poteri psichici, sentimentali, e materiali. Era la Nazione più strana di tutte le altre: due vampiri contro- tre vampiri e mezzo se vogliamo precisare- una centinai e più di persone con poteri soprannaturali; ed era la più piccola. La nostra Terra era onestamente chiamata “Terra della Magia”: comprendeva Solemville (la terra del sole, dove vi abito io. Tre decenni fa vi abitavano tutti i vampiri in un unica famiglia e Solemville era una grande città finché quest’ultimi non ebbero la strana idea di avventurarsi fra le altre terre e Solemville divenne un paesino piccolo di solo due persone oscure), Skyland ( una piccola città sul cielo grazie ai carichi di terre che si elevano in alto come se ci fosse la forza di gravità; le persone della luce erano simile a noi- anzi uguale a noi- dato che quella città era sorella della stessa Solemville; in comune avevano i nostri poteri, ma la maggior parte erano quelli dell’aria. I loro rivali erano Mutaforma: decidevano loro come cambiare aspetto: da animale a uomo o uomo ad animale), Oceania ( una terra sottomarina il loro paese è protetto da una bolla gigantesca, Creature marine della Luce come: sirene, e Creature delle Tenebre come il mostro della palude), Landeland (era la terra del deserto, le Creature della Luce che vi abitano sono fate, le Creature delle Tenebre sono draghi), Boscosempreverde (dove gli ereditari abitavano o sulla terra o sugli alberi; era la Terra degli gnomi e orchi. Certi gnomi abitavano sugli alberi, certi sul suolo, agli orchi era più comodo il terreno), Magusland (terra dei maghi e streghe malefiche), e poi c’era Lupus ( il nome di sicuro vi sembrerà familiare ad un animale: era la Terra dei Licantropi: creature solitarie, le uniche ereditarie in quella nazione. Noi di Solemville la chiamavamo “La terra di Nessuno’’. A parte di qualcuno. E la storia di come mio padre creò un patto con quelle creature divenne leggenda. Ancora oggi se ne parla). Il nostro sostegno era dato dal re e la regina del nostro mondo, si parlava poco di loro ma erano molto amati. Purtroppo Solemville era un paese molto distante dal loro palazzo e le notizie arrivavano tardi. Era stato grazie a loro che si creò la quiete tra Creature della Luce e delle Tenebre.

“Pensi che sia necessario?”, ribatté mamma. “Non sono sull'idea che ci sia uno spargimento di sangue”

Avevo raccontato tutto alla mia famiglia, eravamo riuniti nel salotto di casa dei miei genitori, perfino Louis ne era venuto al corrente. C'eravamo tutti: io, mamma, Drakon, Alucard, Hendrik, Louis, Federico, Consuelo, Gioiella, Jessica, Hora, Mattew, Lily.

“Cosa hai visto, Gioiella?”, chiese Consuelo mentre teneva la nipotina in braccio.

“Ho visto che degli uomini cattivi verranno qui fra un mese. Vogliono far del male a mamma e a papà, e questo non deve succedere”, rispose lei.

“Si tratta dei cinque capi più potenti del regno vampiresco, coloro che dettano le norme per rendere il nostro mondo più stabile, per non creare guerre o rivoluzioni fra vampiri. Sono i migliori amici del Re e della Regina della Terra della Magia. Il vampiro ha visto in Gioiella un banale errore. Pensa che Alexia l'abbia trasformata in vampira e di sicuro ha avvertito “I Cinque” per vendicarsi di noi. Voleva uccidere Gioiella”

“Ma...non si può risolvere in un altro modo?”, chiese Lily.

Mi strinsi nelle spalle. “Non permetterò che faccia del male alla mia famiglia, non ho paura di loro, so combattere, da piccola mi facevo aiutare sempre da Garret nel Boscosenzafine in modo che lui potesse addestrarmi”

“Pensi veramente che vogliono combattere?”, mi domandò Hendrik, mentre abbracciava il corpo tremante di mia madre.

“Papà, ci sono molte probabilità che vengono da noi per creare un mare di sangue”, risposi io, ormai prossima ad un attacco di rabbia. Non volevano capire o non capivano che rischiavano la vita. Se si sarebbe trasformata in una lotta di sangue, dovevamo condurli il più lontano da Solemville.

“Vengono per uccidere”, incalzò Alucard.

Silenzio, un silenzio pieno di terrore e paura, riuscivo a leggere nelle scintille di tristezza dei miei amici e familiari che quel giorno nessuno avrebbe dormito dentro le loro case. Jessica e Hora si strinsero la mano, Lily e Mattew si abbracciarono. Era un dolore così grande vederli impauriti, mai mi sarei sognata che fossimo arrivati fino a quel punto.

“Non permetterò che vi facciano del male”, aggiunsi, guardandoli.

Annuirono, e mi sorrisero dolcemente.

“D'accordo io ci sto”, aggiunse Louis alzandosi dalla sedia. “Combatterò, non temo i vampiri”

Alucard rise. “Come fai a credere che questi non si tratta di vampiri innocenti come me?”

“Credimi, Alucard, li conosco”

Gli lanciò uno sguardo di sfida. “Davvero? Cosa ti fa credere che questi siano diversi da noi, li ho conosciuti io i vampiri e ti garantisco che non siamo tutti uguali. Ci sono quelli che sanno amare e quelli che pensano solo ad uccidere. E “I Cinque”, credimi, pensano solo e soltanto ad uccidere. Loro hanno sempre sete di vendetta”

“Fammi combattere, Alucard, ho il potere che li devasterà. E scommetto che vi sarò di grande aiuto durante la battaglia”

Infatti non aveva torto: aveva il potere del fuoco e questo significava che con un solo getto poteva bruciare un intera sfilata di vampiri in un colpo solo. Ci serviva il suo aiuto, infondo.

Anche Alucard fu vinto dalle parole di Louis, ma provò comunque lo stesso ribrezzo che era presente nello sguardo.

Lo squadrò dalla testa ai piedi, poi.... “Va bene. Combatti. Ma se uno di noi muore, ti giuro che farai anche tu la stessa fine”

Mamma si alzò. “Anche noi combattiamo”

Sbiancai. Così come Drakon e Hendrik, tutti potevano combattere ma mai mia madre. Stavo per perderla una volta non avrei rischiato di perderla di nuovo. Mi proiettai davanti a lei.

“No, mamma, tu non puoi”

“Sei pazza, Kate, hai la minima idea che ti uccideranno non appena sentiranno il tuo odore?”, le urlò contro Hendrik spaventato.

“Non posso lasciare che mia figlia muoia. Ho anche io un potere e potrei congelarli e tramortirli....”

“Kate, ti prego, non tu. L'unica cosa che voglio è che le mie due donne siano al sicuro”, aggiunse Drakon in difesa del marito di mamma, accarezzare teneramente la sua mano.

“Una volta ti avrei detto di sì senza esitare Drakon, ma qui c'è in repentaglio la vita di nostra figlia e di Gioiella. Ricordati che sono sua madre, e una madre fa sempre di tutto pur che viva il proprio figlio”

Così come io volevo vedere la mia Gioia vivere sana e felice.

“Anche io sono con voi”, aggiunse Mattew con Lily. “Così come me”, finì la sua fidanzata.

“Lo stesso vale per noi”, dissero l'altra coppia di fidanzatini.

Hendrik ci guardò uno per uno. “Siamo tutti con voi, combattiamo”

Forse anche tutta Solemville si sarebbe schierata dalla nostra parte. E allora non avremmo più esitato a fermarli.

 

“Avvolte desidero che tutto questo fosse solo un brutto incubo”, aggiunse mamma nel silenzio della stanza. Eravamo ancora in piedi, lei non riusciva a dormire dopo che apprese la notizia. Piuttosto comprensibile dato che entrambe eravamo preoccupate per le vite della propria figlia.

“Non sai quanto lo desidero anche io, mamma”

Era stanca dal sonno, ma la paura la faceva rimanere sveglia, fra le mani teneva un bicchiere di cioccolata calda. Restai con lei per tutta la giornata capendo che aveva bisogno di me per stare più sicura.

Gli occhi erano circondate da occhiaie e borse. “Dimmi che non mi lascerai mai, tesoro. L'unica cosa che non voglio è perderti”

Mi tremò il labbro, le strinsi la mano. “Non mi perderai”, le baciai il dorso. “Non ti lascerò mai, quel giorno, starò accanto a te”

Mi sorrise speranzosa, anche se la consapevolezza che saremo morte entrambe divorava quel sentimento bellissimo che speravamo entrambi fosse rimasto a brillare sui nostri volti.

 

Il giorno dopo....Ops, scusate, la notte dopo ci riunimmo tutti all'entrata. Alucard e Drakon ci vennero a prendere, Gioiella mi saltò subito nelle braccia quando mi vide, Consuelo intanto stava facendo le valige.

“Che bello, andiamo a incontrare i parenti dei nuovi amici”, esaltò lei.

Almeno quella gioia scintillante nei suoi occhi, mi diede un pizzico di felicità. “Prometti che sarai composta”

“Si, si, mamma. Loro non ci faranno del male, e io sarò molto brava con loro”

“Bene”

Finì di fare la valigia e Drakon me la prese. “Sei pronta?”

Guardai mamma, vicino a suo marito, parlavano con Alucard. Gli stava dicendo le varie tappe che avremmo percorso una volta partiti.

“Credi che in un mese riusciremo a convincere tutti?”, chiesi.

Sospirò. “Credo che in un mese riusciremo perfino ad addestrarli”, mi accarezzò la guancia. “Non ti preoccupare, tesoro. Ce la faremo”

Guardai Gioia e le sorrisi, guardai mio padre ed annuii. Non volevo far vedere a mia figlia che ero preoccupata.

Lei scese e corse fuori con la zia. Andarono in giardino e consumarono quel piccolo momento di svago prima di partire.

Alucard e Drakon tranquillizzarono i miei, mentre io svuotavo tutta la stanza per riempire i ricordi dentro la valigia. Tra le mille cianfrusaglie

trovai l'antico diario di Alucard, quel libro piccolo e vuoto che usò per comunicare la sua presenza vicina alla mia. Oppure la sua collana che mi regalò al mio diciottesimo compleanno, il vestito blu che indossai quello stesso giorno, la spilla di mia madre che mi regalò, la collana di Louis che una volta era stato il mio regalo di fidanzamento.

E poi nel comodino posavano le cornici che rappresentavano la mia famiglia. Presi quella che rappresentava Alucard e Gioiella quando aveva poco più di un anno, accanto c'era anche quella mia quando avevo dodici anni, avevo fra le braccia Consuelo, e mamma che mi posava teneramente le mani sulle spalle con accanto suo marito.

Tutti ricordi che sarebbero stati destinati a scomparire, quei volti non li avrei più rivisti, e Gioiella non avrebbe più avuto una madre, proprio come Kate non avrebbe più avuto me. Tutta la mia seconda vita sarebbe finita, la mia vita da vampira l'avrei vissuta per tre anni e un mese. Era orribile, mi sarei aspettata un futuro eternamente felice......Invece tutto stava per finire.

Cosa avrebbe fatto Gioiella senza di me? Cosa gli avrebbero fatto? Quanti si sarebbero salvati, e quanti morti? Alucard sarebbe sopravvissuto o lo avrei perso per sempre? E Drakon lo avrebbero bruciato?

“Alexia?”, mi chiamò una voce proveniente dalla porta.

Ma io non lo ascoltai, seduta sul letto, ero in balia dei miei più orribili pensieri. Alucard si sedette accanto a me, quando osservò le cornici che avevo fra le mani capì: mi strinse a se accarezzandomi dolcemente la testa. Scoppiai a piangere, ma di lacrime non ne uscì nemmeno una. E lui prese a cullarmi come faceva una volta. Tanti anni fa.

“Lo so, amore, lo so che fa male”, mi mormorò. “Ma non bisogna più guardare al passato, ormai, pensiamo al futuro. Pensiamo alla nostra Gioia”

Quell'ultima frase mi diede la forza di rilassarmi e gettare via l'espressione di malinconia. Misi le cornici nella valigia e la chiusi. “Hai ragione”, dissi mentre appoggiavo a terra la valigia. “Scusami”

Per tutta risposta mi strinse a se e mi baciò. “Tesoro mio, ce la faremo, vedrai. Andrà tutto bene”

Sorrisi, ma non riuscii a provare nessun sentimento positivo, nemmeno a quella consolazione al sapore di miele.

“Ti amo”, mormorai.

“Ti amo anche io”

Uscimmo dalla stanza in silenzio, io fui l'ultima a gettare uno sguardo malinconico alla camera spoglia prima di spegnere la luce, ci incamminammo verso l'uscita dove c'era Drakon e Consuelo che ci aspettava.

Alla soglia della porta, mamma mi fermò. “Ma...deve proprio venire anche lei?”

Ci voltammo verso la dodicenne di mia sorella, ammisi un sorriso quando colsi negli occhietti scintille di eccitazione. “Sai come è fatta Consuelo, infondo è tua figlia, non può stare senza la sua nipotina. E...credo che questo vale anche per mia figlia”

Stette per ribattere ma poi ci ripensò. Si limitò a bracciarmi. “Buona fortuna, e prenditi cura di lei, mi raccomando”

“Sì, non ti preoccupare, fra dieci giorni saremo di ritorno. Glie l'hai mandata la lettera a zia Rebecca?”

Annuii. “Proprio questa mattina. Dovrà riceverla entro domani”

“Bene”

Mi abbracciò un'altra volta. “Ti voglio bene, tesoro. Per l'amor del cielo, state attenti”

“Non ti preoccupare, mamma”, le baciai la guancia e in fine mi proiettai vicino al mio fidanzato.

Gioiella saltò sulle mie spalle, così come Consuelo fece con Drakon. Guardai per l'ultima volta verso casa: mamma e Hendrik ci salutarono. Sorrisi a loro, e un secondo dopo ero a sfrecciare lungo la via. Lontano dalla casa, lontano dal paesino, lontano da Solemville.

Un senso di inquietudine mi pervase quando compresi che era la prima volta che mi allontanavo dalla mia città natale.

“Dove siamo diretti, con precisione?”, chiesi ad Alucard che manteneva il passo accanto a me.

“Verso un posto dove abitano alcuni amici di Drakon”

I miei occhi scintillarono dalla gioia. “Da Eclissi?”, chiesi tutta emozionata.

“No”, rispose Drako, molto più avanti di noi. “Da Lupus”, aggiunse in fine.

Avrei voluto fermarmi, gelata dall'emozione, invece fui costretta a stare al pari con la corsa. “Cosa?!”, tuonai.

Quello era l'ultimo posto che avrei voluto visitare. Lupus: o meglio chiamata “La terra di nessuno”, dove Alucard fu morso da quei stupidi licantropi puzzolenti, dove di sicuro era la nostra prima tappa.

“Mamma, non ti ricordi che ti avevo detto che ci sarebbero stati i lupi?”, chiese mia figlia, mentre il vento violento le smorzava le parole.

Ora ricordai. E questo significava che per un mese intero avrei condiviso con i licantropi. La situazione stava diventando..........puzzolente.


Una nuova avventura per Alexia e la sua famiglia. Pensate che Gioia riuscirà a sopravvivere? Drakon riuscirà a convincere i suoi amici licantropi?
E sopratutto......Aleia riuscirà a diventare una loro amica? 
Bacioni e alla prossima!!!!

 

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Capitolo 8
*** Speranza ***


A passo umano il viaggio sarebbe durato tre giorni, ma per me era durato un giorno e mezzo , alla fine, quando sia mia figlia che Consuelo avevano desiderato un po' di riposo, Drakon decise di trascorrere la giornata in un albergo. Non distava molto da Lupus, era proprio vicino al confine.

“Stanza 24”, ripose la voce profonda dell'uomo cicciottello che stava in segreteria, dopo averci dato le chiavi.

Giolla già dormiva tra la mie braccia, era un angioletto, mi teneva stretto il collo ed ogni tanto mormorava. Mi chiesi mille volte cosa stesse sognando, ma per la sua privacy non origliai i suoi pensieri. Era da quasi un anno che non spiavo i suoi sogni, solo quando lei lo richiedeva.

La stanza era ben appartata, di lusso, letto matrimoniale, a caratteri occidentali, le pareti calde e di color marrone davano al luogo un aspetto accogliente.

Appoggiai Gioiella nel letto, le levai piano le scarpe e la coprii.

Consuelo, in silenzio, disfò le valigie e corse in bagno a lavarsi i denti. Colsi sin da quando Drakon l'aveva appoggiata a terra ch'era stremata, i suoi occhi semi chiusi dalla stanchezza. Non appena entrò sotto le coperte, sprofondò in un sonno profondo.

“Erano tanto stanche sin da quando eravamo partiti”, aggiunse Drakon, seduto sulla poltrona, a guardare i visi rilassati delle due bambine.

“Forse era meglio lasciarle a casa”, ribattei, incantata ad osservare mia figlia.

Alucard appoggiò una mano alla mia spalla. “Abbiamo fatto la cosa giusta, amore, se uno dei vampiri avrebbe deciso di ritornare a Solemville....non c'avrebbe messo molto a trovare Gioia e ucciderla. Perfino i tuoi genitori sarebbero stati in pericolo”

Annuii, infondo aveva ragione: era meglio occuparsi delle bambine, portandole con noi, piuttosto che lasciarle in mani umane. Se non fossero venute era come condannarle a morte.

Scrutando il cielo stellato oltre la portafinestra, mi proiettai verso il balcone, mi misi a guardare la luna.

Nel silenzio notturno, colsi i passi di Alucard. Mi strinse la mano. “A cosa pensi?”

“A tutto: a Gioiella, a Lupus, ai miei genitori, ai vampiri che hanno deciso di distruggerci la vita”

Il mio fidanzato mi prese il viso tra le mani. “No, amore, non pensare che ci rovinerà. Non si arriverà a questo”

“E allora come mai ho la sensazione che ti perderò per sempre?”, lacrime immaginarie mi rigarono il viso, coperto da un'espressione sconvolta.

Lui mi strinse a se e mi cullò. “Non mi perderai, te lo prometto. Farò di tutto per non lasciarti mai, tesoro”

“Se penso di aver vissuto tutto questo solo per poi morire, è come uno spreco. Come possono cinque vampiri decidere del nostro futuro? Non è giusto!”

“Lo so, amore, lo so. Ma noi glie lo impediremo, stanne certa, i nostri amici sapranno aiutarci. Io e Drakon abbiamo pensato di chiamare anche i parenti sparsi nelle zone della terra”

Sollevai il viso per guardarlo, impietrita. “Non puoi costringere i tuoi parenti a combattere”

“Non si arriverà ad uno scontro, Alì, verranno per testimoniare. Più siamo meglio è, e non ci faranno niente. Ma se davvero si arriverà ad uno scontro, noi saremo pronti, cominciamo da domani l'allenamento”

“Ma...”

“Niente ma. Non ti devi preoccupare, ho anni di esperienza, insieme a Drakon, perfino lui sa come combattere dato che tanti anni fa è stato un guerriero”

La certezza che mio padre poteva aiutarci, dato che veramente era un esperto di guerra, mi sciolse quel barlume di paura che mi pesava nelle spalle. Appoggiai rilassata la testa contro il petto di lui, rimasi a guardare la luna.

“Pensi che....”, lo guardai di nuovo, speranzosa. “Pensi che acconsentiranno? Ci aiuteranno?”

Un lato della sua bocca si curvò a mo' di sorrisetto compiaciuto. “Sono amici di Drakon, si sono giurati aiuto e fedeltà eterna. Ci aiuteranno, vedrai. Non insisteranno due volte, combatteranno”

Al solo pensare che il pomeriggio seguente avrei incontrato gli storici licantropi che stipularono un patto col vampiro più famoso del mondo, mi percosse un brivido d'eccitazione. Seguito poi da una scintilla di speranza. Se lo diceva Alucard che avrebbero acconsentito, allora state pur certi che aveva detto la verità.

 

Il pomeriggio non era mai stato così nuvoloso e tetro come quel giorno, forse era l'abitudine di vivere sempre col sole sulla testa, lasciammo l'albergo in piena mattinata, quando il sole non era ancora sorto oltre la valle, le bambine salirono in sella e sfrecciammo verso la meta.

Il confine era circondato da alberi, un po' come Boscosenzafine, solo che oltre quel muro naturale si estendeva una prateria spettrale:

la campagna si mostrava come un campo di battaglia, dappertutto era bruciato e nero della fuliggine, un disastro che fece perdere quella speranza anche al più ottimista di noi vampiri.

Mi persi in quel regno nero e tetro, Gioiella nascose il proprio visino impaurito contro il mio collo, l'aria puzzava di fumo, qualche briciolo di cenere svolazzava nel vento freddo. Sembrava il Regno dei Morti.

“Sembra ci sia stata una guerra”, disse mia sorella, i suoi occhi erano due fessure.

“Ma che è successo?”, chiesi, confusa, guardando Alucard.

“Ti ricordi quando ti avevo detto che i licantropi sono creature che non trovano mai la pace?”

“Si”

Indicò la distesa nera davanti a noi. “Ecco la dimostrazione”

Rimasi qualche secondo a pensarci, poi capii. “Vuoi dire che possono anche farsi la guerra contro la propria razza?”

“Avvolte, quando non si rispetta un patto o una norma, sì”, mi rispose Drakon senza togliere gli occhi dal panorama.

“E adesso cosa facciamo?”, chiese Consuelo, scrutandoci uno per uno con lo sguardo.

“Andiamo alla ricerca dei nostri cuccioli”, rispose Alucard, si piegò in avanti e un attimo dopo era sparito.

A malavoglia, mi toccò seguirlo con Drakon dietro alle mie spalle. In silenzio, percorremmo la valle deserta, mai ci fu un pezzo di campo in cui potei cogliere il colore verde della natura. Era come se tutto il territorio fosse un campo di guerra: case distrutte o abbandonate, campi oscuri con erba secca, c'era un silenzio da mettere i brividi che solo i grilli lo spezzavano al nostro passaggio; poi dopo mezz'ora di corsa nel nulla i miei occhi captarono in lontananza una macchia.

Mi fermai, accentuando il grado visivo. Sì, non mi sbagliavo, era veramente una piccola macchia verdognola. “Alucard, Drakon!”, subito i due vampiri si proiettarono al mio fianco. “Lo vedete anche voi?”, chiesi indicando il punto, accanto a noi.

Eravamo in una piccola salita, dove la terra si alzava per mirare meglio il paesaggio. Dopo pochi attimi capii che eravamo al centro della Terra dei Licantropi, come se quell'enorme macchia verde fosse il cuore di tutto.

“Sì, siamo arrivati”, aggiunse Drakon, senza esitare, svoltammo verso destra verso il cuore di Lupus.

La voglia di esplorare non fece altro che farmi correre ancor più forte, tanto che fui la prima che vi entrò, e tutto era paragonabile a Boscosenzafine: la stessa armonia, lo stesso verde, lo stesso ritmo sonoro di uccelli e animali che percorrevano la natura. Era lì che si concentrava la vita di tutto, di certo un posto così bellissimo non poteva essere toccato dalla guerra tra lupo e lupo.

“Questo posto è bellissimo!”, esclamò Gioiella, che si era affacciata a guardare la foresta.

Scese dalle mie spalle correndo verso sinistra. Impaurita, dovetti raggiungerla, mentre gli altri erano imbambolati ad ammirare la natura.

“Aspetta, Gioia!”, urlai. La raggiunsi che stava guardando una coccinella camminare su una foglia di cespuglio. Rimasi a guardarla tranquilla, appoggiando la schiena contro un tronco di albero, ascoltando col tempo i passi della mia famiglia ( se solo si sarebbero allontanati, li avremmo raggiunti), invece anche Consuelo con i due vampiri si mise ad ammirare e giocare rimanendo sempre nelle vicinanze.

Era tutto così tranquillo, da rilassarmi...............................

Troppo tranquillo.....................................................................

Fin troppo, anzi........................................................................

Uno scalpiccio provenuto in lontananza mi fece scattare in piedi, come una cerva sente il cacciatore, e restai sull'attenti. Gioiella giocava ancora con una farfalla, saltellava e rideva.

Un altro scalpiccio più forzato, questa volta seguito da respiri profondi e rauchi....un ribollimento, un ruggito. Lo colsi, a venti metri di distanza, tra due alberi secolari, c'era un cespuglio alto più di due uomini, dietro la vegetazione fitta colsi due luccichii fiondarsi nei miei occhi. L'aria si fece di un odore dolciastro e nauseabondo da far arricciare il naso.

“Alexia”, mi chiamò Alucard che si era avvicinato a me.

“Sssh!”, esclamai, toccandogli il braccio. Un secondo dopo, come me, anche Drakon e Consuelo rimasero impietriti.

Gioiella intanto non aveva ancora concepito la gravità della situazione, la farfalla si avvicinò al cespuglio oscuro e la bambina si fermò, scrutando anche lei oltre le foglioline.

Come una scossa di energia, mi proiettai accanto a mia figlia e la misi dietro di me. Mi piegai allo stesso tempo in avanti per guardare meglio le due scintille finché non colsi oltre da quelle due iridi marrone intenso.

Il respiro si fermò, voltandomi verso gli occhi incuriositi della mia famiglia. “Tutti via! Tutti via!”

I loro occhi sgranati dalla paura.

“E' un licantropo!”, esclamai.

Presi Gioiella che nel frattempo aveva lanciato un urlo. Un ruggito dietro le spalle fece tremare la vegetazione, gli uccelli sopra le chiome degli alberi volarono via, la terra tremò ad una pressione pesante che cadde dietro di me, poi una cosa nera che intravidi a malapena mi graffiò il fianco facendomi volare in aria.

Sbattei violentemente contro un albero, qualcuno urlò, e l'enorme creatura nera si prestò ai miei piedi spalancando le fauci. 

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Capitolo 9
*** Accoglienza ***


Ringhi mi rimbombavano nelle orecchie come presagio di morte, se non mi sarei allontanata da lì avrei per sempre detto addio a quelli che amavo. Mi misi, una volta atterrata, in posa d'attacco, i ruggiti dell'animale era eco dei miei.

I suoi occhi bruciavano di rabbia, all'inizio l'enorme statura e la sua folta pelliccia nera lo fece scambiare per un orso.

“Fermo”, urlò Consuelo cercando di sfuggire alla stretta di Drakon.

Gioiella era nelle braccia di suo padre e mi guardava con gli occhi sgranati dall'orrore.

“Gunnar, è tutto apposto”, lo consolò Drakon mentre gli accarezzava la sua enorme spalla. Come faceva a non provare paura? Io avevo una fifa che me la facevo sotto. “Lei è mia figlia, Alexia, te la ricordi? Ve ne avevo sempre parlato”, aggiunse lui.

Da come disse il mio nome, il ringhio dell'animale cessò, l'acqua dei suoi occhi spensero le fiamme e l'iride gli scintillò. Allo stesso tempo anche i miei muscoli si rilassarono, e ritornai in posa normale. La pelliccia nera del presunto Gunnar si abbassò e i possenti muscoli si rilassarono, rimase qualche secondo a studiarmi con lo sguardo passando anche al viso di mio padre, quando il silenzio si fece troppo imbarazzante vidi il lupo abbassare la schiena e le zampe anteriori formando un regale inchino.

Nello stesso istante capì: ero la figlia del loro più famoso amico, del vampiro più importante di tutti i tempi, quindi se mio padre era ben parlato in tutti i territori della terra....questo faceva di me la figlia di una leggenda.

“Ehm....non è necessario”, dissi imbarazzata al lupo che rimaneva immobile. Gunnar.

Un secondo dopo si rialzò. Era alto, forse due persone, aveva gli occhi marroni color nocciola, occhi umani. Si poteva capire a distanza la differenza di un lupo e un licantropo: la statura e gli occhi.

Gunnar rimase a guardarmi, gli occhi mi ammiravano come un uomo ammira la sua donna. Oh, quanto avrei preferito arrossire. E premetto che stavo rivolgendo la parola ad un licantropo che prima aveva cercato di farmi fuori.

Drakon gli posò di nuovo la mano sulla spalla. “Fedele amico, dov'è Crono?”, chiese mio padre.

Il lupo voltò il muso verso Drakon e poi alla foreste dove pian piano riuscivo ad udire ritmi veloci ed indistinti. Venivano da tutte le parti, ci circondavano, ed erano molti, pesanti e....puzzolenti.

Uno, due, venti lupi di ogni genere di colore scuro si affacciarono oltre la fitta vegetazione. Era grossi, enormi, non ringhiavano come mi aspettavo. Peccato, questo significava niente scarica di adrenalina.

Il più grosso, da quello che notai, era bianco con qualche sfumatura di grigio, i suoi occhi erano color del ghiaccio. Era Crono. Guardò mio padre poi me, si avvicinò a passi da gigante e mi rivolse lo stesso inchino di Gunnar, due secondo dopo anche gli altri lupi lo accompagnarono con la mossa.

Okay, adesso ero molto imbarazzata. Crono, una volta alzato il muso, saltò così alto da sfiorarmi la testa per poi scomparire dietro un cespuglio. Rimanemmo in silenzio, ascoltando lo strappo e l'ululato straziante che si sparse in tutto il territorio, una frazione di secondo dopo l'ululato si trasformò in un urlo umano. Tre secondi esatti dallo stesso cespuglio spuntò un uomo muscoloso, sulla trentina, alto più di me, lo sguardo serio: di uno che voleva prendere a pungi qualcuno. La statura diritta, la camminata seria, il suo volto, lo faceva riconoscere tra tutti gli altri come il capo del clan. Non si poteva non notarlo.

Crono, mi prese la mano e mi baciò il palmo. “E' un piacere conoscerti, Alexia, Drakon ci ha parlato molto di te”

“Ehm...è un ….è un piacere anche per me”

“Crono”, lo chiamò Drakon mentre spalancava le braccia.

Ora Gioiella corse da me, seguita da sua zia, che si mise al mio fianco, stringendomi il braccio.

“Drakon, vecchio amico mio”, aggiunse il capo, abbracciando mio padre.

“Tre anni sono passati...e già non mi sembra che il tempo sia corso così in fretta, mi sembra ancora ieri che vi ho salutato per l'ultima volta”

“Come vedi, la tua presenza è ben accolta”, Crono gli sorrise, i suoi occhi ridevano. Era chiaro che i due erano felici di rivedersi, la cosa trasmetteva talmente tanta allegria da far sorridere anche a me. “Ma mi scuso per la seconda volta dell'errore di Gunnar, non aveva riconosciuto tua figlia. Dai tuoi racconti sembrava un po' diversa”

“Sì, ed è per questo che sono venuto qui”, mormorò stringendo poi le labbra.

Crono si accigliò.

Dietro di noi strappi e urla spezzarono le parole di mio padre facendolo tacere, venti uomini muscolosi e belli ci circondarono subito dopo essere usciti dalla trasformazione. Gunnar, quello che prima mi aveva attaccata, era simile al capo, presumibile che si trattasse del figlio, solo che lui aveva i capelli ricci e neri, gli occhi marroni color nocciola e le labbra carnose e precise, era bellissimo, il suo sorriso che mi rivolse dopo era bellissimo.

“Perdonatemi per prima, Alexia”, sussurrò. Aveva un non so che di fanciullo nel suo volto da farmi sentire mamma per la seconda volta.

Ricambiai il sorriso. “Non ti preoccupare Gunnar, piacere di conoscerti”

“Anche per me”, aggiunse, abbassando appena lo sguardo, imbarazzato. Poi si volse verso i nostri padri.

Papà mi guardava. “Vieni, Alexia”, mi invitò con la mano tesa. Ubbidii, portandomi dietro le due bambine. Papà mi cinse le spalle col braccio. “Lei non è più come vi raccontavo prima, per un semplice motivo: è stata trasformata”

L'aria si riempì di brusii e mormori fra licantropo e licantropo. “Ma....questo è impossibile!”, aggiunse Gunnar venendoci in contro.

Consuelo, intimorita, si scansò appena da lui, scontrandosi contro di me.

“E' una bugia!”, urlò qualcun altro.

“Non può essere!”

“Non esistono mezzi vampiri trasformati”

“Non può essere, non si è mai vista una cosa simile”

“Forse ci stanno mentendo”

“SILENZIO!!!”, ruggii io rivolgendomi al gruppo. Non sopportavo che si dicesse cosi: forse meritavo di essere morta, di non aver mai visto mia figlia perchè me lo meritavo? Era un male se il mio fidanzato mi aveva trasformata? No. “Ero una mezza-vampira e sono sopravvissuta. Dopo essermi....”, deglutii, era imbarazzante quello che stavo per dire e cambiai subito sinonimo “...accoppiata con Alucard....”

“E' un incesto!”, urlò sbalordito Crono.

“Lasciala parlare”, intervenne mio padre, calmo.

“Noi ci amiamo, da quando ho saputo che io, e solo io, ero la figlia di Drakon, e il mio amore verso Alucard era puro come qualsiasi alto innamorato, e lui ricambiava, non vedevo per quale ragione non potevamo stare insieme. Certo, all'inizio c'erano stati esitazioni da parte dei miei genitori, volevano farmi cambiare idea, ma quando hanno capito che non mi sarei separata da lui mi hanno capita. Non mi vergogno per quello che ho fatto. E ne sono orgogliosa”

Silenzio, tutti erano impietriti con le orecchie diritte.....metaforicamente parlando, gli occhi dei ragazzi guardavano prima me poi Alucard.

Detto ciò, lui mi affiancò e mi strinse la mano: un gesto di ringraziamento. In seguito, prese lui la parola.

“Ci siamo amati, ci siamo fidanzati, e dal nostro amore è nata nostra figlia”, con la mano libera indicò Gioia al mio fianco. La bambina corse verso il padre, lui l'abbracciò mostrandola a tutti. Nello stesso instante, i visi immobili dei ragazzi impallidirono. “Un abominio, un tabù, una cosa da disfarsene immediatamente, direte voi. Invece no, non è come pensate, lei non è una bambina immortale. Mai ci saremo sognati, io ed Alexia, di distruggere la vita di un bambino umano, ed è successo che una mezza-vampira era rimasta in cinta di me: vampiro. Ma come? Non biasimo quello che state pensando, perché lo leggo nei vostri occhi, anche voi vi state porgendo le stesse domande che m'ero fatto io tanti anni fa. Eppure la nostra pazienza ottenne risultato: era molto semplice: una mezza-vampira conserva sempre quel 50% del suo essere umano che la accompagnerà per tutta la vita, l'altro 50% del suo essere è un vampiro e cioè immortale. Nella sua parte umana, come se la paragonassi ad un umano normale, era praticamente trasformabile anche grazie al suo ciclo che di solito le vampire tende a non avere. E così crebbe Gioiella, aiutammo a nutrire sia lei che la madre, era stata dura a causa del metabolismo che cambiava della bambina dentro il grembo materno, ma alla fine riuscimmo a trovare un equilibrio di nutrimento per entrambe, presto scoprimmo anche il potere della piccola, e molte altre cose. Il parto fu la svolta decisiva, la bambina si faceva largo tra il grembo materno per uscire da Alexia, la trasformai appena in tempo che la morte me la portasse via, dopo che Gioiella è uscita. Per due anni siamo vissuti in pace, avendo l'onore di assistere alla crescita e allo sviluppo precoce di nostra figlia, poi un intruso ci distrusse il futuro: un vampiro captò l'odore della mia fidanzata e di mia figlia, quando le trovò scambiò quest'ultima per una bambina immortale e pensiamo che avesse avuto la sfacciataggine di andare dai “Cinque” per testimoniare quello che aveva visto. Di rimando, “I Cinque” hanno creduto alle parole del vampiro e ora stanno venendo a prenderci. Vogliono distruggerci sia me e Alexia che nostra figlia e tutto il resto della famiglia”

Sospiri e sguardi persi nel vuoto erano l'unica cosa che si muovevano in quelle statue calde. Stavano pensando, riflettevano, cercavano di capire.

Accese in me uno scintillo di speranza.

“Non vi chiedo la morte, vorrei che veniate con noi, a Redmoon, e testimoniaste quello che avete visto e udito in questo giorno. Ma....se davvero si arriverà ad uno scontro...”

“Si può arrivare ad una guerra?”, chiese uno. Uno giovane e con i capelli castano chiari, spettinati. Non per questo gli stava bene.

“Sì, se “I Cinque” non vogliono darci ascolto. Ma la cosa fondamentale per noi è che ci crediate e che vi schierate dalla nostra parte. Ovviamente, non è un obbligo, a voi la scelta”

Ed ecco quel silenzio che mi faceva chiudere la bocca dello stomaco, mi mandava il mondo a rotoli, era come se dovesse accadere qualcosa di negativo. Due minuti dopo, durati un'eternità, Crono mise le braccia intorno alle nostre spalle, ci guardò con un sorriso che sapeva di felicità e amore.

“Venite, avremo molte cose di cui parlare”, si volse a mia figlia e non esitò un momento per prenderla in braccio. “Siamo felici che tu sia qui, Gioiella, è un vero piacere sapere che la generazione di Drakon si prolungherà in eterno”, poi mi guardò. “E tu, Alexia”, mi accarezzò la spalla.

“Tu sei la protettrice di Solemville, in te vedo il coraggio e la tenacia di tuo padre. Tu e Drakon siete una cosa sola, voi siete i protettori del mondo, uniti siete in grado di cambiare il futuro. Non dimenticarlo mai. Assomigli così tanto a tuo padre, presto i libri e la storia parleranno anche di te. Presto anche tu diverrai leggenda”

Furono parole che colpivano il cuore, che rimodellavano l'animo e facevano sorridere perfino gli occhi. Non mi sembrava vero d'essere vissuta ventuno anni per farmi sentire questo. Non mi sentivo degna, ho fatto solo quello che mi diceva il cuore, in tutta la mia vita ho amato e cercato di proteggere le persone che amo, ne ho passate tante, eppure mi sembrava che in quei casini la causa ero sempre stata io. Come questo: aver partorito una splendida bambina che prima o poi sarebbe stata scambiata per una immortale. Tutto partiva da me. Io, io, la causa ero io.

Era impossibile! Nah, non sarei mai stata una leggenda.

 

 

 

 

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