Here, there and everywhere

di Oh_darling_beatles
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** She's Leaving Home ***
Capitolo 2: *** Help! ***
Capitolo 3: *** I’m Looking Through You/ Flying ***
Capitolo 4: *** You won’t see me ***
Capitolo 5: *** Tell Me What You See ***
Capitolo 6: *** Girl ***
Capitolo 7: *** A Hard Day's Night ***



Capitolo 1
*** She's Leaving Home ***


“Era difficile ammetterlo ma quest’anno era stata davvero dura resistere. Un solo anno in una nuova scuola era stato in grado di distruggermi, e non solo mentalmente ma anche fisicamente.  Non sono mai stata brava ad intraprendere nuove amicizie e di certo dover affrontare un anno esclusivamente con gente nuova non poteva far altro che farmi diventare claustrofobica. Tra ragazzi che mi prendevano in giro e ragazzi che semplicemente mi evitavano, avevo deciso di lasciar perdere e optare per il metodo ‘Meglio soli, che male accompagnati’. Il mio principale obiettivo era resistere finché potevo, sperando fosse stato il più possibile. Certo, un anno di scuola non poteva uccidere, ma tutto quello che era successo prima si.”

“Hey Nat, dimmi che tua madre sta scherzando!” la voce allarmata di Chris irrompe in camera mia fin dalla porta d’ ingresso. Spengo velocemente il computer e mi dirigo verso le scale. Tentativo inutile, lei è già arrivata davanti alla porta della mia camera.

“Chris ti prego calmati e soprattutto respira adesso.”  Non l’avevo mai vista così agitata, il viso rosso e il respiro tutt’altro che regolare.

“Cos’è questa storia? Tua madre dice che parti, dove andrai? Con chi starai? E per quanto tempo poi? Non sarai stata così pazza da prendere questa decisione vero?!”

“In verità… si. Ma cerca di capirmi, insomma, avevo tutte le mie buone ragioni… e soprattutto non avevo motivi per restare”

“Ed io? Non sono un valido motivo? O forse non sono abbastanza, capisco..” dice lei con le lacrime che le rigavano il volto e la voce rauca e graffiata.Ops, pessima mossa cretina, beh parlare infondo non era mai stato il mio forte.

“Tu saresti stata un validissimo motivo per restare, solo non posso… cerca di capirmi!”

“No, in realtà non capisco! Non me lo hai mai permesso, il tuo passato preferisci tenertelo ben stretto!”

“Sai che non posso, o meglio vorrei ma..”

“Ma niente, Nat! Sono stanca di questa storia, và via e cerca di essere felice laggiù.. ovunque tu stia andando!” dice gesticolando con le mani tremanti.

“Chris, aspetta posso spiegarti!” Inutile, la porte della mia camera era già sbattuta dietro alla sua sparizione, mi sorprende che non sia venuta giù.  Ecco, adesso le cose iniziavano a complicarsi, c’era da aspettarselo insomma. Una cosa bella e due brutte, ovvio. Ma adesso che neanche Chris riesce a capire i miei motivi, la partenza inizia a pesarmi.  Mi sarei dovuta aspettare anche questo!
Chris era un’amica, la sola in realtà, forse l’ unico motivo per il quale avevo superato indenne quell’anno scolastico, e l’unico motivo per il quale la partenza sembrava la via peggiore da prendere. Mmm si stava già insidiando in me il pensiero di quel sentiero, il cielo grigio, il temporale in lontananza, vecchi rami striminziti e secchi che oscurano il cielo, la nebbia che inizia ad infittirsi e.. BASTA! Sto già partendo con il piede sbagliato! E di questo passo non sarei proprio partita.

Decido di chiamare Chris, magari risponde e capisce di aver preso conclusioni affrettate. Invece no, il telefono è staccato, a volte proprio non la capisco! Ecco perché siamo amiche. Prendo le chiavi ed esco di casa salutando distrattamente mia madre.
Chris poteva essere andata solo in un posto, un parco poco fuori dal paese con al centro un tipico locale anni ’50 con un Juke Box che trasmetteva solo rock ‘n roll, lo amavamo per questo. Si chiamava ‘Peggy Sue’ e solitamente trascorrevamo i pomeriggi lì. Attraverso il viale alberato ed entro, perlustro attentamente ogni angolo, ma lei non c’è. Brutto segno, se l’era presa davvero parecchio. Di certo però non potevo obbligarla a capirmi, sarei partita e le avrei dato del tempo, forse con la calma e la mia assenza avrebbe risistemato i suoi pensieri.

Mancava solo l’insonnia a torturarmi. Stesa sul mio letto e con gli occhi chiusi riflettevo un po’ sul mio viaggio: allora, sicuramente c’erano più motivi per partire che per restare, questo era poco ma sicuro. Beh mi sarei fatta bastare quei motivi e sarei partita. Sul comodino il biglietto dell’aereo sembrava volesse intimorirmi, ma non lo avrebbe fatto.. non questa volta!

Non so quanto avevo dormito, l’importante è che ora sono sveglia. La valigia è già vicino allo zerbino che aspetta solo di essere posizionata in macchina. Vado in bagno, mi lavo i denti e infilo i vestiti che avevo accuratamente preparato sulla sedia della mia camera. Scendo le scale di corsa, afferro le chiavi e il biglietto e mi affaccio in cucina per salutare mia madre.

“Divertiti a… dov’è che vai?” dice lei in preda ad un vuoto di memoria.

“Liverpool mamma, sto andando a Liverpool!”


NOTE: Bene bene, questa è la mia prima fanfiction quindi vi prego... non uccidetemi ;)
Purtroppo è il primo capitolo e quindi non è poi così entusiasmante, dovevo pur trovare un modo per far iniziare questa storia!
Non so quanto uscirà bene,
scrivo i capitoli giorno per giorno, seguendo le ispirazioni. Speriamo bene!
Mi piacerebbe comunque ricevere qualche vostra recensione, per consigli, appunti o semplicemente per farmi sapere cosa ve ne pare, e ovviamente accetto anche le critiche magari non totalmente crudeli :') grazie mille!
Oh_darling_beatles
        

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Capitolo 2
*** Help! ***


“Mi spiace signorina, non può portarla con sé.”

“COSA? Non starà scherzando vero?!”

“No signorina, è la verità. Può portare solo un bagaglio a mano..”

“BAGAGLIO A MANO?! Ma questo è uno STRUMENTO DI VITA!”

Giuro che stavo per dare di matto, potrebbero rispedirmi a casa mia, denunciarmi per una qualunque cosa, ma no, non possono impedirmi di portare la mia chitarra con me! Devo escogitare un piano, e anche subito! Potrei schivare i controllori, farmi strada tra i presunti passeggeri, spintonare le hostess e…

“Lasci passare la signorina!” Un ragazzo con i capelli scuri, un caschetto incolto e gli occhi altrettanto scuri interviene con voce autoritaria e con un perfetto inglese, tranne per il particolare accento, carino devo ammettere. L’accento intendo.

“Come scusi?” sento esclamare il controllore sorpreso.
Beh insomma c’era da aspettarselo! Un ragazzino di si e no diciassette anni, con una camicia bianca lasciata con noncuranza fuori da un paio di jeans scuri, gli aveva appena dato degli ordini… insomma ero leggermente sconvolta anche io. Il tempo di girarsi e anche il temibile controllore ammutolisce per poi iniziare a balbettare qualcosa tipo:

“Oh si mi scusi, non avevo capito che la signorina fosse con lei…”

Wow, can che abbaia non morde insomma! Ma… aspetta, io sarei con lui?! Io non lo conosco nemmeno! Magari è un rapinatore, un delinquente, uno stupratore! Sentendo improvvisamente il pericolo invadere la mia ‘preziosa’ vita cerco di filarmela, sempre senza dare nell’occhio e soprattutto senza ringraziare questo presunto ragazzo, o magari è un maniaco… chi lo conosce! Prendo la chitarra, faccio qualche goffo passo indietro, mi volto e…

“Come sta signorina?” Grazie Dio, davvero grazie mille! Proprio ora che avevo deciso di scappare senza dare nell’occhio e finalmente partire, sento una mano poggiarsi sulla mia spalla. Un brivido caldo mi percorre la schiena facendo quasi bruciare il punto sul quale è delicatamente poggiata la mano del ragazzo.

“Se la smettete di chiamarmi signorina, bene grazie!” borbotto inaspettatamente, sorprendendomi di me e della mia improvvisa maleducazione.

“Come ha detto?” chiede lui divertito.

“Oh no niente, dicevo solo che sto bene grazie. Beh, se non fosse stato per lei avrei già preso a pugni il controllore, quindi devo ammettere che mi ha evitato qualche mese di carcere” dico girandomi verso di lui e sorridendo.

“Sono contento di esserle stato d’aiuto allora, si-gno-ri-na” dice ridendo e scandendo fin troppo bene quell’ultima parola con il suo strano accento “Posso sapere il suo nome?”

Mmm poteva saperlo? Infondo quel ragazzo fino ad adesso mi aveva soltanto aiutato e se non fosse stato per lui, ora la mia chitarra sarebbe stata sequestrata da quel simpatico tizio in divisa… ma NO! Cosa mi prendeva?! Il tempo mi aveva insegnato che fidarsi delle persone non porta mai a niente di buono, ed ora cosa faccio? Decido improvvisamente di fidarmi del primo sconosciuto che incontro in aeroporto? Però ripensandoci mi aveva salvato la chitarra e.. No, non potevo essere così cretina e ricadere di nuovo, per l’ennesima volta, nella stessa e stupida trappola! Decido di no, avrei aspettato ancora un po’ per le confidenze, anzi avrei aspettato molto, moltissimo:
 
“Visto che ad avermi salvato la vita è stato lei, vorrei prima sapere il nome del mio salvatore..” dico per guadagnare tempo e permettere al mio cervello di trovare una scusa abbastanza plausibile.

“E va bene ottima mossa, glielo concedo, io sono Geo… Jonathan ! Mi chiamo Jonathan!” Strano, è una mia impressione o ha esitato pronunciando il suo nome?

Osservo attentamente il suo volto, sembra nervoso ma non vuole darlo a vedere. I muscoli  del volto sono tesi e gli occhi si muovono fulminei dal mio volto fino alle sue mani, che si stavano torturando a vicenda “Ora è il tuo turno!” dice alzando lo sguardo, sorridendomi e passando dal lei al tu.

Ancora persa nei lineamenti del suo volto, dimentico per un istante la domanda e mi ritrovo a fissare dubbiosa la punta delle mie scarpe. Quando improvvisamente  vedo le mani del ragazzo sventolare davanti ai miei occhi, come per richiamare la mia attenzione. Sollevo lo sguardo con cautela e mi soffermo ancora sul suo viso: i due occhi color nocciola sono circondati da delle lievi occhiaie violacee, ma sembrano quasi scomparire dietro all’enorme sorriso e al bizzaro taglio di capelli, che lasciava ricadere alcuni indomabili ciuffi sulla fronte del ragazzo, lo stesso ragazzo che ora mi guardava con aria confusa… starà pensando che sono pazza, sicuro.

“Mi chiamo… Gabriella” dico buttando lì il primo nome che mi era venuto in mente.

Ma aspetta… quella che ha sulla spalla è una chitarra?!                                                                               Nemmeno il tempo di riletterci che mi pone subito la domanda seguente..

“Allora Gabriella, dov’è che sei diretta di bello? Sembri la tipica ragazzina ribelle, che scappa di casa con un paio di vestiti e la chitarra in spalla.. non sarai mica una fuggiasca?” dice sorridendomi.                                          
Mmm… perspicace il ragazzo! E poi se non sbaglio.. lui sembra avere il mio stesso aspetto, quindi!

“Sarà.. ma per quanto ne so, sono tutti a conoscenza della mia partenza. Diciamo solo che sto cercando di staccare dalle mie responsabilità, sono alla ricerca della pace” dico ridendo. Già.. la pace. Chissà se l’avrei trovato prima o poi nella mia vita questo tanto agognato stato d’animo..

“Sembra interessante, e dove la staresti cercando questa pace dei sensi, Gabriella?” mi chiede lui sinceramente interessato.

 “A Liverpool. Non so se conosci, una piccola città di porto vicino..”

“Si si, la conosco eccome e credo proprio che saremo costretti a condividere il viaggio. Io vivo lì!”

Ah ecco! Avessi saputo, gli avrei detto il mio vero nome…








NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti, sono finalmente ritornata con il secondo capitolo di questa long! Finalmente qualcosa si è mosso e la giovane Nat si è imbattuta in un certo "Jonathan"! Chissà cosa succederà grazie a questa misteriosa conoscenza.. e inoltre nel prossimo capitolo ci sarà una sorpresina.. e ho detto tutto! Spero di essere riuscita a mettere in pratica tutti i buoni consigli che mi avete dato nelle recensioni dello scorso capitolo, e spero, in qualche modo, di essere stata all'altezza delle vostre aspettative :)
Inoltre ringrazio ancora tutti coloro che hanno recensito, ma soprattutto vorrei ricevere ancora vostri suggerimenti e/o critiche anche su questo capitolo!
A presto con il terzo ;)
Oh_darling_beatles

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Capitolo 3
*** I’m Looking Through You/ Flying ***


Parla George

“Oh mio Dio, guarda! Di questo passo perderemo il volo… CORRI!”

O almeno queste erano le ultime parole che mi sentii dire, o meglio urlare, prima di vedere quella strana ragazza correre verso le piste dell’aeroporto.  Dovevo ammetterlo, era alquanto singolare. E pensare che inizialmente stavo quasi per lasciarla lì a discutere con quel  controllore, non per egoismo certo, diciamo solo che non è mio solito salvare fanciulle in pericolo… ecco tutto. Però non avevo mai visto una ragazzina così diversa, si ragazzina è più che corretto, avrà massimo sedici anni e non più; rimane il fatto che nonostante questo, durante la discussione con quell’uomo, sembrava così matura e responsabile, come se non volesse scomporsi troppo. E ancora più strano era che lo spirito di ribellione non le mancava, si vedeva lontano un miglio! E allora perché non usarlo? Perché continuare a trattenersi?  Non era forse quella l’età più bella per vivere e sperimentare?                                                                                                                                                          
“FORZA JONATHAN, NON VORRAI RIMANERE BLOCCATO QUI?!”

Altro piccolo dettaglio, le avevo mentito riguardo il mio nome. Non so esattamente il perché di questa, molto poco innocente, bugia.. forse per paura. Certo non potevo presentarmi dicendo “Hey piacere sono George Harrison, sai quello dei Beatles”, no ovviamente NO! Eppure non mi aveva riconosciuto nemmeno vedendomi, ma forse non siamo poi così famosi da queste parti , siamo a malapena conosciuti in Inghilterra.. figuriamoci in Italia! E pensare che per un attimo, quando mi ha guardato negli occhi per quell’interminabile manciata di secondi ho pensato -Questa qui ora mi riconosce, si mette a urlare qualcosa tipo “ODDIO, UNO DEI BEATLES!” e mi salta addosso- invece no, si era limitata a sorridermi con viso innocente, quasi da bambina insicura. Ed io le avevo mentito così spudoratamente, sono un mostro!

“Eilà, ti sei incantato?” mi chiede mentre mi guarda un po’ confusa, ma allo stesso tempo divertita.

Quasi mi viene da sorridere… gli occhi innocenti e timidi, che quasi fuggono gli sguardi altrui (se questo fosse in qualche modo possibile) contrastano fortemente con la voce sicura e decisa di chi nella vita ne ha passate tante e non si lascia abbindolare facilmente.

“Houston, abbiamo un problema” dice ridendo e agitando le mani davanti al mio volto.

 “N-no no, ero solo sovrappensiero..” rispondo tentennando e accennando un lieve sorriso.

Era in imbarazzo, si vedeva ma cercava di nasconderlo abbassando gli occhi.                                                        Ok.. se non ci muoviamo, o meglio non mi muovo, rischiamo seriamente di rimanere qui. Non che mi dispiaccia, affatto! Ma… il lavoro, il gruppo, i ragazzi, Brian che rompe le scatole, il contratto con il Cavern e così via! Allora prendo il cappello di paglia e gli occhiali da sole, rigorosamente neri, e li indosso; non posso permettermi di andare in giro così, come se nulla fosse. Magari lei non mi ha riconosciuto ma.. meglio evitare spiacevoli incidenti.

“Bel cappello, anche se..”

“Anche se… cosa?” rispondo perplesso.

“Non ti ci immaginavo” dice irrompendo in una fragorosa risata.
“Tu non immagini un sacco di cose..” aggiungo prima di prenderle la mano e tirarla sull’aereo.

Attraversiamo lo stretto corridoio e raggiungiamo gli ultimi posti, i più comodi e riservati secondo me. Nel frattempo sistemiamo le chitarre e i bagagli per poi concordare i posti.

“Corridoio o finestrino?” le chiedo con gentilezza.

“Oh no, decidi tu!”

“Bene, allora io corridoio…?” dico tentennando.

“Sembrava più una domanda che una risposta.. a me sta bene!” mi dice sorridendomi.

“E se non fosse stato così?”

“L’avrei accettato ugualmente”    

“Ed io come faccio a sapere la tua vera preferenza?” dico guardandola con fare dubbioso.

“Non la saprai mai..” mi risponde con aria divertita, come se fosse scontato.

Prendiamo posto ed inizio ad ascoltare distrattamente la voce della hostess, che alternata a quella del pilota, illustra le varie misure di sicurezza. Poi mi volto verso la ragazza, intenta ad osservare fuori dal finestrino ancora prima del decollo. Credo proprio di aver indovinato , sulla scelta del posto..                                                                               Le  ultime parole sulle cinture di sicurezza e le mascherine situate sopra le nostre teste, e l’aereo parte.

“Bello vero?” le chiedo prima di voltarmi verso di lei. Mi guarda come se non avesse capito la domanda “Il cielo, le nuvole, sono belli.. vero?”

Si volta una seconda volta verso il finestrino, “Molto…” mi dice prima di girarsi e guardarmi, forse per la prima volta, negli occhi.

Questa volta sono io a non riuscire a sostenere lo sguardo e abbasso velocemente gli occhi, un po’ come un bambino indifeso… sì un bambino di ben diciotto anni.

“Allora… vedo che suoni, che musica ascolti?” chiedo, con la speranza che non abbia notato il mio imbarazzo.

“Sai, credo che qui non arrivi veramente la buona musica prodotta all’estero. In Italia conosciamo soltanto gli italiani!” dice con enfasi e sollevando le braccia in cielo a mò di dimostrazione “però io amo il rock’n’roll, ed è una vera sfortuna, visto che dove vivo io sembra quasi non esistere!”

“Se è così sconosciuto lì da te, com’è che te ne sei innamorata?”

“C’è un piccolo locale fuori paese. Si chiama ‘Peggy Sue’. Io ed una mia amica ci andiamo spesso, è magico… Tutto sembra così diverso lì dentro, un po’ mi ricorda i vecchi locali anni ’50 americani.” Ride “All’interno le luci sono basse, tanto che perfino il chiacchiericcio della gente sembra abbassarsi insieme ad esse, per lasciare spazio alla musica che, solitamente, sovrasta sul resto dei rumori che caratterizzano l’ambiente. Sul muro sono sistemati tre bellissimi quadri: Elvis Presley, Buddy Holly e Chuck  Berry. Non puoi immaginare che spettacolo…” fa una breve pausa “Ma la cosa più bella nel locale è il Juke Box. Se ne sta in un angolo, tutto solo, e ad ogni monetina che viene inserita, diffonde una dolce musica. Il rock’n’roll. Inutile dire che balliamo ogni volta!” conclude continuando a sorridere con aria sognante.

“Mi sorprende che la tua amica non sia qui con te, adesso… ”

“Si non le piace l’inglese!” mi risponde senza nemmeno darmi il tempo di finire la domanda. Risposta  troppo fredda  e dura, visto il soggetto della frase. Eppure dalla sua descrizione sembravano così inseparabili…

Un trillo improvviso mi strattona via dai miei, già docili e fragili, pensieri e mi fa sobbalzare. Solo dopo qualche secondo realizzo che è il mio cellulare a star suonando, proprio nella tasca dei miei jeans. Non volevo rispondere ma dovevo farlo. Prendo il mio lettore e lo porgo alla ragazza seduta al mio fianco, facendole segno di ascoltare le canzoni nella playlist. Non so perché, ho solo sentito il bisogno di farlo.

Nel frattempo mi alzo e mi dirigo verso il bagno per poter discutere senza disturbare e soprattutto per non far insospettire Gabriella.                                                                               Gabriella, davvero uno strano nome.. o forse sono io che non ne ho incontrate tante di Gabrielle nella mia vita. Arrivo in bagno, prendo il cellulare. Rispondo.

“Pronto? Chi è?... Ah ciao John!”

                                                                                           ≈≈≈≈≈≈

Parla Nat

Seduta al mio posto, quello verso il finestrino (ovvero quello che preferivo da sempre, o almeno dal mio primo volo) e con un lettore poggiato sulle gambe. Beh non avevo altra soluzione. Prendo l’oggettino e inizio a girarmelo tra le mani, intenta ad ammirarne la bellezza, quasi in contemplazione. Amo la musica, quasi più di ogni altra cosa, anzi MOLTO più di qualunque altra cosa. Ogni volta che mi ritrovo qualcosa del genere nelle mani finisco per incantarmi ed entrare in una specie di trans, dalla durata di cinque minuti almeno; ma stavolta sarà diverso, reagirò! Infilo le cuffie, noto il piccolo tasto sul lato sinistro e lo premo con cautela, quasi ridendo della mia esagerata delicatezza.  Una dolce musica inizia ad insinuarsi nelle mie orecchie:

"In spite of all the danger
In spite of all that may be
I'll do anything for you
Anything you want me to
If you'll be true to me"


Gli occhi chiusi, la testa completamente abbandonata sul sedile e la mente completamente abbandonata a quelle parole. Difficile che mi piaccia una canzone al primo ascolto, ma credo che questa sarà la perfetta eccezione alla regola. Molto dolce, ma la voce del ragazzo è tormentata, quasi struggente.

"In spite of all the heartache
That you may cause me
I'll do anything for you
Anything you want me to
If you'll be true to me"


Le parole sono forti, difficili forse, ma pronunciate con una decisione che lascia ben poco spazio all’incertezza, dev’essere davvero una ragazza fortunata quella a cui è dedicata la canzone. La invidio, nonostante non conosca lei e tantomeno il gruppo che ha realizzato questo meraviglioso capolavoro, questo piccolo gioiello.

"I'll look after you
Like I've never done before
I'll keep all the others
From knocking at your door"


Prendo il lettore e lo illumino, nella speranza di conoscere il gruppo in questione: ‘The Quarrymen’, che strano nome, ma devo ammettere che fa un certo effetto.                                                                                  Tolgo le cuffie e noto che Jonathan non è ancora ritornato. Infilo il piccolo lettore nella tasca dei miei jeans e mi avvio verso il bagno. Apro la porta e noto con un po’ di tristezza le dimensioni del bagno: piccolo e stretto. Non sono claustrofobica ma.. percepisco i posti piccoli come gabbie asfissianti, è più forte di me.  Mi avvicino al lavandino, apro l’acqua, mi sciacquo abbondantemente il viso e mi blocco di scatto. Jonathan è nel bagno di fianco e sento le sue parole provenire proprio da dietro il muro a cui fino a poco fa ero poggiata.

“No John, ti dico di no! Scordatelo che noi ci mettiamo a scrivere una canzone per quelli lì… ma, a malapena abbiamo tempo per noi stessi, credi veramente di poter scrivere una canzone per gli Stones?! E cosa dice Paul eh?”

Un attimo di silenzio invade la stanza.

“Okay okay, senti John, se voi ci state… io ci sto! E dì a Ringo che i biscotti sono MIEI” ride pronunciando le ultime parole.

Esco dal bagno e mi trovo Jonathan di fronte. La sua espressione stupita è quasi buffa, ma per un attimo mi sono sentita in colpa per aver ascoltato quel breve stralcio di conversazione.

“Sai.. stavo parlando con un amico di Liverpool, lui.. è un po’ preoccupato..” mi dice agitato.

“Fa niente” gli dico sorridendo e voltandomi per tornare al mio posto, l’aereo avrebbe iniziato la fase di atterraggio da lì a poco. Prima però mi volto ancora una volta verso di lui e gli porgo il lettore che tenevo accuratamente nella mia mano destra.

“Bella la prima, quella lì dei ‘Quarrymen’!” sorrido e torno a sedere.








Note dell'autrice:
Ciao ciao lettori, finalmente sono riuscita a concludere questo capitolo ed ora eccomi qui!
Come avrete notato, ho deciso di allungare i capitoli, un pò perchè mi piace di più e un pò perchè pensavo vi avrebbe fatto piacere leggere qualcosina in più dopo una "dura" settimana di attesa ;)
Spero vi sia piaciuta anche la mia sorpresina: ho sempre pensato che raccontare la storia sotto più punti di vista, completasse, in qualche modo, il quadro generale della situazione... ed ecco qui che compare Geo :3
E così la giovane Nat sta per atterrare sul suolo inglese... chissà che impressione le farà la città di Liverpool, ma soprattutto chissà che cosa penserà dei suoi abitanti ;)
Mi raccomando... recensite! Fa sempre piacere capire se si è sulla buona strada e soprattutto perchè voglio continuare a migliorarmi, non tanto per me, ma per voi che dovete subire ciò che scrivo xD
Spero di ricevere opinioni,
With love,
Oh_darling_beatles

P.S. dimentico ogni volta di dire che -I personaggi di questa storia non mi appartengono, a parte quelli creati dalla mia mente (Nat, Chris, ecc..) e ricordo che nessuno degli avvenimenti da me raccontati è avvenuto veramente (ERA BONUU)- finalmente ce l'ho fatta-

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Capitolo 4
*** You won’t see me ***


“Benvenuti a Liverpool e grazie per aver scelto di volare con noi”  la voce della hostess  usa le mie orecchie per penetrare fin nella mia mente, intenta a sognare qualcosa, che una volta sveglia non avrei ricordato.

“Sveglia Gabriella!” ancora assonnata mi chiedo chi è questa Gabriella, finché non realizzo che sono io o, per meglio dire, la mia copertura. Nel frattempo Jonathan continua a scuotermi per un braccio e così decido di abbandonare l’idea di restare lì a dormire per iniziare a riprendermi poco a poco.

“Siamo già arrivati?” chiedo con uno sbadiglio e gli occhi semichiusi, a mò di talpa.

“Si, BENVENUTA A LIVERPOOL!” mi urla nelle orecchie allargando le braccia, come se fosse una guida turistica, magari una guida un po’ rincoglionita…

“Grazie grazie” dico con la voce ancora impastata dal sonno e con al seguito un altro grande sbadiglio.
Mi alzo, per miracolo, e mi dirigo verso i bagagli. Prendo delicatamente la chitarra e la poggio su una spalla, poi prendo la valigia color pesca e la tiro goffamente con la mano libera fin fuori dall’aereo.                         
Piove, è estate ma piove! Certo ero pronta a questo tipo di clima, ma forse non abbastanza. Mi accorgo che anche Jonathan è uscito dall’aereo con i suoi bagagli e mi guarda con aria divertita. Tutta colpa dell’espressione che mi si è disegnata sul volto.

“Ma come fai ad essere così tranquilla? Mi aspettavo un’espressione più drammatica alla vista di tutta quest’acqua!” mi dice sorpreso.

“Amo la pioggia” replico io rivolgendo il volto al cielo e cacciando la lingua, come per metterla a completa disposizione dell’acqua che piano piano scendeva e mi bagnava i capelli.

“Forza, andiamo via di qui! Altrimenti con quei capelli così bagnati ti ammalerai, e sarà colpa mia!” ride.

“Ma dai, sono pure corti! Ci metto due secondi ad asciugarli.” rido anch’io.

“Si si va bene. Ma ora andiamo via lo stesso!” ribadisce con voce ferma e tono autoritario.

“SI SERGENTE!” rispondo portandomi la mano sulla fronte per poi lanciarla verso il basso di scatto.

Così usciamo correndo dall’aeroporto e ci dirigiamo verso la sola macchina parcheggiata sul lato opposto della strada. Ed ecco che il mio amore per la meccanica prende il sopravvento.

“Ossignore! Ma quella è una Aston Martin!” grido come una cretina in mezzo alla strada, precisamente con la bocca aperta e gli occhi sbarrati.

Jonathan intanto era già salito e mi urlava “Corri dentro!” come un dannato, ma guarda quanta fretta ‘sto ragazzo!
In compenso, per tutto il viaggio non avevamo spiccicato parola, ci limitavamo a guardare la strada e a cambiare stazione radio, tranne per un breve lasso di tempo in cui il nostro amore per la musica tradì quel silenzio.

“Ma guarda… questa è la canzone sul tuo lettore! Si, quella lì dei Quarrymen!” non riuscii a trattenermi dal dire.

“Vedo che ti ha proprio colpito eh?”

“Da morire! E poi il cantante ha una voce così.. così.. ahh me lo sposerei!” esclamai ridendo.

“Tu sposeresti Joh… ehm quello lì?!” iniziò a ridere “E soltanto per la voce?!” non riuscì più a trattenersi e scoppiò in lacrime.

“Ufff e stavo scherzando” dissi ridendo a mia volta e lasciandomi trascinare di nuovo da quella voce dolce e suadente.

Ecco, queste erano le poche parole che ci scambiammo durante tutto il percorso, per il resto… il vuoto. Nonostante questo, ora sono costretta a rompere questo strano e imbarazzante silenzio, rendendolo ancora più imbarazzante di quanto non sia. Eppure qualcosa dovevo pur dirla, altrimenti come ci sarei arrivata al mio hotel?

 “Ehm.. il mio hotel è a Nord del paese, se non mi puoi accompagnare fa niente, posso anche raggiungerlo a piedi e..” inizio a blaterare in cerca delle parole giuste.

“Ma nemmeno per sogno! Tu non scendi da questa macchina..” oddio vuole rapirmi “se non davanti alla porta del tuo hotel! Ma hai visto come piove?” okay okay, lui non era un maniaco ed io dovevo smetterla di preoccuparmi, messaggio ricevuto!

“Va bene, allora grazie.” rispondo con un filo di voce.

Pochi minuti e siamo già parcheggiati di fronte al mio hotel. Si, pochi minuti… se lui correva come un pazzo! Faccio per scendere ma mi blocca e mi porge un bigliettino di carta bianca. Lo apro e leggo un indirizzo.

“Questo è il mio indirizzo, per qualsiasi cosa..” e mi indica il biglietto.    
    
“Grazie mille” sorrido e mi volto, per poi scomparire dietro la porta dell’hotel, mentre la Aston Martin bianca si allontana sgommando.

Spingo l’enorme porta ed entro nell’hotel. Sola: una parola che, a dir la verità, mi è sempre risultata tanto stupida ma che solo ora, sembra nascondere molto più sconforto di quanto pensassi. Non ci avevo mai fatto caso, ma dopo aver condiviso il viaggio con quel ragazzo ora mi sento sola. Cerco in qualche modo di scacciar via quel pensiero dalla mente e mi dirigo con passo svelto verso l’appartamento, con la chiave ben stretta nella mano destra, pronta ad aprire la porta e vogliosa di lasciarmi andare sul letto. Infilo la chiave nella serratura, spalanco quella sottile lastra di legno, che mi separa dalla mia umile dimora, e tutte le mie speranze crollano inevitabilmente. Un corridoio stretto-e- piccolo, bene proprio quello che mi serviva!

Tralasciando questo, non sembra poi così male. Le due pareti laterali sono bianche e su ognuna di esse si aprono due porte di legno chiaro, in un piccolo angolo è sistemato un comodino che accoglie su di sé una lampada e un posacenere, nonostante io non sia una fumatrice… magari per gli ospiti. La parete di fronte a me ospita una sola porta che, molto probabilmente, porterà ad un piccolo giardinetto tipico inglese. Accendo la lampada nell’angolo e mi dirigo nella prima stanza  a destra. Davanti a me si apre una cucina, piccola e modesta, con al centro un tavolino rotondo sempre di legno chiaro, pareti ancora rigorosamente bianche. Mi toccherà appendere qualche quadro.

Esco dalla cucina e mi infilo nella porta accanto. Un incantevole salotto, più grande della cucina e, grazie all’ampia finestra di fonte a me, anche molto illuminato. Le tende celesti con ricami bianchi incorniciano la suddetta finestra che occupa quasi totalmente la parete. Al centro vi è un piccolo tavolino rettangolare con un servizio da tè accompagnato da due divanetti di un celeste tenue, per richiamare le tende. La parete sinistra è coperta da una grande libreria, per adesso vuota. Fin da piccola sognavo di averne una simile, forse perché richiamano così tanto le calde e accoglienti biblioteche. Perciò non credo sarà difficile riempirla di meravigliosi libri.

Esco soddisfatta dal salotto e mi precipito nella stanza di fronte: il bagno. Piccolo sì, ma molto meglio di quello sull’aereo. Stavolta le pareti sono ricoperte da piccole piastrelle celesti, e almeno la doccia sembra essere decente.

 Esco dal bagno e inizio a pregustare il fatidico momento di gloria: la camera da letto! Entro e… davvero niente male! Sulla sinistra vi è un grande letto matrimoniale, con le lenzuola bianche e la coperta celeste con piccoli fiori lilla. Ai lati del letto vi sono due comodini, piccoli ma capienti, molto probabilmente dello stesso legno del tavolo in cucina. Di fronte al letto, un modesto armadio di legno bianco, decorato al centro da due piccole margherite bianche. E infine in un angolo una poltroncina rosa salmone, molto stile anni ’20, mi piace! Piccolo dettaglio, sulla parete in cui vi è la porta è appeso un grande specchio con bordature dorate… peccato che io non ci tenga così tanto a vedere la mia stupida immagine riflessa in un vetro.

Improvvisamente ricordo la porta di fronte all’ingresso, non avevo ancora visto il giardino! Mi precipito come una campionessa di formula uno per il corridoio, rischiando perfino di inciampare nel filo della lampada, ma arrivata davanti alla porta bianca mi blocco. Perché vedere tutta la casa in poco più di venti minuti, quando posso lasciarmi quella piccola sorpresa per il giorno dopo? Infondo che sarà mai? Un piccolo giardinetto con qualche pianta e la statua di un nano… certo che sono proprio strana, ma anche i nani da giardino non scherzano!

Decido di fare dietro-front e tornare in camera da letto. Noto con stanchezza le valigie poggiate sul letto e mi capacito del fatto che toccherà a me disfarle. Si vede proprio che è la prima volta che vado a vivere da sola e per di più all’estero, sono sempre stata una ragazza indipendente, molto sulle sue, ma a volte è facile pensare di aver fatto il passo più lungo della gamba. Nonostante ciò, ormai il passo era fatto. 
                                 
Prendo la valigia fra le braccia e la apro, iniziando a sistemare alcuni dei vestiti nell’armadio e mettendo gli asciugamani in bagno. Quando finalmente la valigia è disfatta e l’armadio è per metà pieno, mi dirigo verso la custodia della chitarra. Voglio sistemarla esattamente sulla poltrona anni ‘20 della mia camera, e poi dite che non sono perfezionista. Apro la custodia sperando di rivedere la mia chitarra acustica di legno chiaro con il bordo e il manico scuro e invece mi ritrovo una Rickenbacker dalle tonalità rossicce… UNA RICKENBACKER! Rimango immobile per almeno una decina di secondi ad ammirare quell’oggetto sacro, solo dopo mi rendo conto che: se quella non è la mia chitarra, allora sarà sicuramente quella di Jonathan.. infondo non mi sorprende, dopo aver visto quell’Aston Martin, una chitarra così costosa non può di certo impressionarmi, o forse si... Richiudo la custodia con cautela e prendo il bigliettino che conservavo in tasca, avrei restituito quella chitarra in un modo o nell’altro e mi sarei ripresa la mia.

Esco dall’albergo e apro l’ombrello. Ormai è buio, ma la pioggia non aveva neppure pensato di cessare da quando ero arrivata, ovvero da stamattina. L’indirizzo che ho fra le mani non è molto lontano da qui, o almeno questo era quello che la vecchietta nella reception mi aveva fatto credere.

Cammino a passi lenti cercando di nascondere la chitarra sotto al mio ombrello e restandone fuori quasi del tutto. Giro l’angolo e mi sento improvvisamente strattonare all’indietro. Cado rovinosamente in una pozzanghera, macchiando di fango i jeans e la maniche della felpa, alzo gli occhi e osservo il motivo della mia caduta, un ragazzo dalla figura slanciata e con i capelli appiccicati sulla fronte, ora fermo davanti a me.
Socchiudo gli occhi nella speranza di vedere qualcosa in più nonostante la pioggia che batte insistentemente sull’asfalto, ma ogni tentativo risulta vano. Abbasso lo sguardo arresa e mi accorgo della chitarra, poggiata a terra poco più lontano. Mi alzo goffamente e la riprendo fra le braccia, quando quella surreale immobilità viene interrotta da un’auto che attraversa la strada. I due fanali illuminano il vicolo, quasi accecandomi e rischiarando la figura al mio fianco. Due grandi occhi verdi risplendono a contatto con quella forte luce e mi guardano impauriti, prima che il proprietario scappi via e giri l’angolo, lasciandomi sola e immobile sotto il frenetico scroscio della pioggia.








SPAZIO AUTRICE
Buongiorno lettori,
come potete vedere sono tornata con un nuovo capitolo, che a mio avviso, ha un pò scombinato le idee all'ingenua Nat. Chissà se riuscirà a cavarselatutta sola a Liverpool, o se non riuscirà a distinguere gli amici dai nemici... per il resto non posso anticiparvi niente *fa la linguaccia al computer :p
Continuo ad aspettare le recensioni (MOLTO GRADITE xD), se non si fosse capito!
Buona lettura,
Oh_darling_beatles                                                                                                                                                
 

                                                            
                                                             

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Capitolo 5
*** Tell Me What You See ***


I piedi sono piantati al suolo, le mani ben strette intorno alla custodia della Rickenbacker. L’immobilità in questo momento sembra regnare su tutta la stradina, e se da un lato questa tranquillità mi rassicura, dall’altro mi spaventa. Rimango ancora ferma per qualche secondo, contemplando le goccioline d’acqua che precipitano dalla punta dei miei capelli corti fino al marciapiede sconnesso.

Poco fa qualcosa, o più propriamente qualcuno, mi aveva letteralmente scaraventata per terra. La cosa non avrebbe dovuto spaventarmi, poteva anche trattarsi di una persona in ritardo ad un appuntamento, ma la luce di quegli occhi continuava ad invadermi la mente e le iridi stesse. L’adrenalina che avevo provato vedendoli, scorre ancora sotto la mia pelle, provocandomi tanti piccoli brividi. Ma forse questi ultimi erano causati dalla forte pioggia, che via via andava aumentando.

Velocizzo il passo, più per l’incolumità della chitarra che per quella della mia salute, e dopo pochi isolati raggiungo l’indirizzo scritto sul foglietto, ormai tutto sgualcito. Mi avvicino al campanello di una bellissima casa e premo il bottoncino. Le note che fino a poco fa provenivano dalla finestra illuminata cessano e dei passi svogliati si trascinano sul pavimento. La porta si apre.

“Bene bene, chi abbiamo qui?” un  ragazzo che non conosco, in pigiama (cosa alquanto imbarazzante), mi squadra con un sorrisetto prepotente stampato sul volto. Ancora in imbarazzo, inizio a valutare l’ipotesi di scappare piuttosto che dire qualcosa, ma il ragazzo mi precede.

“George, c’è un pulcino bagnato davanti la porta di casa tua, ne sai qualcosa?” dice, stavolta però rivolto all’interno della casa.

“E che diamine John! Non riesci nemmeno ad andare ad aprire una porta?!” finalmente riconosco la voce e il curioso accento di Jonathan e riesco a sentire i suoi passi che si avvicinano lungo il corridoio. Tiro un lungo sospiro di sollievo, la mia tensione comincia lentamente ad allentarsi. Ma, perché quel ragazzo lo aveva appena chiamato George?

“Gabriella? Cosa ci fai qui?” mi chiede sorpreso.

“Emm… veramente credo di avere la tua chitarra” rispondo con un filo di voce porgendogli la custodia.

“Vedi George? Tanta preoccupazione per niente! Avresti almeno potuto aiutarmi con la canzone per il nuovo album, non credi?” dice lo sconosciuto passandosi le mani fra i capelli ramati e poggiando tutto il peso del corpo sullo stipite della porta.

“Cerca di fare finta di niente” dice Jonathan indicandomi l’altro ragazzo “Piuttosto vieni dentro! Dopo questa tua passeggiatina sotto la pioggia, meriti una buona tazza di the”

Accetto volentieri l’invito, nonostante sia già abbastanza tardi, e seguo i due ragazzi lungo il corridoio. Nel frattempo Jonathan si allontana, forse per andare in cucina, e sussurra al ragazzo misterioso di accompagnarmi in salotto. Lì finalmente mi siedo sul divano di fronte al camino, nel vano tentativo di asciugarmi un po’ e di provare anche solo un assaggio di calore sulla mia pelle gelida.

Il ragazzo con i capelli ramati si siede al mio fianco e, con estrema lentezza, prende le sigarette poggiate sul tavolino. Ne estrae una dal pacchetto e la accende. La accompagna avidamente alle labbra sottili, dalla sua bocca iniziano ad uscire tante piccole nuvolette di fumo.     
                      
“Vuoi?” mi chiede porgendomi la sigaretta, ma io rifiuto con un più che energico segno del capo.

“Sono John, John Lennon”  dice porgendomi la mano.

“Nathalie Bennet, ma puoi semplicemente chiamarmi Nat” aggiungo stringendogliela.

“Nathalie, Gabriella…” mi ricorda lui cacciando fuori un’altra nuvoletta di fumo. Infondo me lo meritavo, avevo mentito spudoratamente a Jonathan riguardo il mio vero nome ma, per quanto avevo capito, era stato lui a mentirmi per primo. Certo non era una giustificazione però…

“George, Jonathan!” rispondo allora con decisione, per difendermi da quell’accusa o solo per nascondermi dallo sguardo inquisitorio di John.

Il ragazzo si alza e si avvicina al caminetto. Poggia un’ultima volta la sigaretta fra le labbra e ne butta la rimanenza fra le fiamme. Prende fra le mani una fotografia incorniciata e inconsapevolmente si perde nelle sue sfumature.
Incuriosita mi avvicino e scruto l’immagine da dietro le sue spalle: erano John e George, stavano suonando in un locale piccolo e affollato, dall’aria claustrofobica. Prima che possa fare una qualsiasi domanda, John mi precede ancora, proprio come all’ingresso.

“E’ stato costretto a mentirti… già da un po’ di mesi siamo obbligati a nasconderci. Non pensavo che la fama comportasse anche questo”

Solo ora mi porge la fotografia e così inizio ad osservarla meglio, cercando di cogliere finanche i più minimi particolari. Sono in quattro i ragazzi sul palco: due chitarristi, un bassista e un batterista. Guardando meglio quest’ultimo, non posso fare a meno di notare il logo impresso sulla grancassa.

“I Beatles?” chiedo, forse in cerca di risposte o forse soltanto incuriosita dalle quattro figure che dominavano il palco con così tanta audacia.

“Si i Beatles, ma non da molto in realtà. Prima eravamo i Quarry Man” risponde accendendosi un’altra sigaretta.

“Vuoi dirmi che, la canzone sul lettore di George è… vostra?” chiedo incapace di trattenere l’entusiasmo, ma soprattutto lo stupore.

“Si, lo è” stavolta è George a parlare. Deve aver ascoltato tutta la conversazione, ma solo ora esce dalla cucina con un pacco di biscotti in una mano ed una teiera nell’altra. “E lui è il ragazzo che avresti voluto sposare” aggiunge indicando John e scoppiando a ridere, sul punto di lasciar cadere il vassoio per terra.

“Hey hey ragazzi frenate! Io sarei fidanzato con Cyn!” dice John osservandoci confuso. Intanto inizio a ridere anch’io, al ricordo del viaggio dall’aeroporto al mio appartamento, tutta colpa della mia affermazione avventata!

“Saresti?! Tu SEI fidanzato con Cynthia!” dice George continuando a ridere, ma stavolta poggiando il vassoio sul tavolo per sicurezza.

John sbuffa in risposta all’affermazione dell’amico e ridendo si dirige verso la stanza accanto, lasciando me e George da soli.

“Allora, Nathalie” dice scandendo il mio nome con estrema precisione “credo che dovremmo presentarci di nuovo, e stavolta cerchiamo di essere sinceri, va bene? Io sono George Harrison e, da quello che avrai capito, suono con quel tipo lì” conclude sorridendo e indicando la stanza nella quale era da poco scomparso John.

“E va bene, io sono Nathalie Bennet e, per quanto lo voglia, non sono tanto abile con le chitarre da avere una Rickenbacker, piuttosto dov’è la mia…”

“Chitarra?” conclude John spuntando da dietro la porta della stanza affianco e con la mia chitarra sulle spalle.

“Si, esatto” dico imbarazzata.

“La sai suonare questa qui?” dice porgendomi delicatamente lo strumento con la mano destra.

“Beh sai… diciamo che me la cavo, ecco” rispondo con voce flebile afferrando la chitarra e poggiandola su una spalla.

Sapevo, anzi no sentivo, che John mi avrebbe chiesto una, anche solo breve, dimostrazione. Purtroppo però io non avrei potuto accontentarlo per alcune ragioni. Ragioni che non avrei nemmeno potuto raccontare, e forse neanche voluto…

“Bene, riusciremo a suonare qualcosa insieme un giorno” afferma con tono convinto e accennando un sorriso. Detto questo John prende la Rickenbacker di George e inizia a strimpellare qualche nota a caso.

Tanta preoccupazione per niente. John mi aveva evitato un bel problema…

“Scusa George, ma ora credo proprio che andrò a casa.. sai si è fatto un po’ tardi e, è stato bello conoscervi veramente” dico scandendo pesantemente l’ultima parola.

“Questo vale anche per me, milady” dice George inginocchiandosi di fronte a me “anzi avrei una richiesta da farvi milady..” aggiunge sorridendomi beffardo.

“Beh, così in ginocchio.. dovrei avere paura?” dico ridendo imbarazzata.

“Mmm forse si” dice ridendo a sua volta e guardandomi negli occhi “ti andrebbe di venire a vederci suonare al Cavern domani sera?”
 







SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutti, scusatemi l'enorme ritardo. Purtroppo l'inizio della scuola, oltre ad avermi devastato, mi ha anche portato via le idee. Per fortuna dopo un pò di tempo l'ispirazione mi ha trovata!
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia e comunque... io, con davanti a me George in ginocchio, non avrei esitato nemmeno un secondo ad accettare l'invito, e voi?
Se gradite la storia (oppure no) fatemelo sapere! Fanno sempre piacere nuove opinioni :D
Con affetto,
Oh_darling_beatles

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Capitolo 6
*** Girl ***


Non avrei mai creduto di essere capace di una cosa del genere, eppure il giorno prima avevo accettato l’invito di George come se niente fosse. Ma dov’era finita la Nathalie lucida, quella con almeno un minimo di buonsenso? Sicuramente quella persona era scomparsa la sera prima, ma ora tornava a farsi sentire prepotentemente, forse come mai prima d’ora. Insomma cosa mi era preso? Quel locale sarebbe stato pieno di gente stasera, sarebbe diventato claustrofobicamente piccolo ed io sarei rimasta sola per tutta la serata.

Mi volto su un fianco e guardo l’orologio sul comodino, sono già le otto ed io sono ancora in jeans e maglietta stesa sul letto, sfatto da stamattina. George o John sarebbero passati a prendermi fra mezz’ora, ma i miei capelli in disordine affermano decisamente il contrario. Devo fare qualcosa, qualsiasi cosa.

Mi butto giù dal letto e mi dirigo in cucina. Magari, una volta arrivato George, avrei potuto fingermi malata nonostante le mie scarsa abilità recitative. Ma pensandoci, mentirgli di nuovo non sembra esattamente una buona idea. Mi sposto nel corridoio e afferro il telefono, avrei potuto chiamarlo e rifiutare gentilmente l’invito, dicendo che i locali affollati non fanno per me. Compongo il numero ma è tutto inutile, il telefono è staccato.

Ancora sovrappensiero, sussulto al suono del campanello. Ma.. com’è possibile? Manca ancora mezz’ora, non può essere George! Mi catapulto in camera e afferro un pettine, tentando inutilmente di dare una forma ai miei capelli, e afferro una giacca dalla sedia. Raggiungo la porta correndo e riprendendo fiato giro la maniglia.

“O mio Dio! Cosa ci fai ancora in pigiama? Non vorrai venire al Cavern così vero?!”

Rimango per un attimo immobile, pensando sia all’insulto rivolto alla mia comoda tenuta, sia alla presenza di una ragazza bionda e ben vestita davanti la porta di casa mia.

“Scusami ma.. tu chi saresti?” chiedo ancora sconvolta.

“Ah è vero, perdona la mia dimenticanza. Sono Cynthia, la fidanzata di John, ma puoi benissimo chiamarmi Cyn!” dice rivolgendomi uno dei più ampi sorrisi che io abbia mai visto.

“Io sono Nathalie, ma se preferisci puoi chiamarmi Nat” rispondo cercando di risultare il meno sorpresa possibile. Non sembra per niente il tipo di John, non la avrei mai immaginata così, eppure… sarà il potere della bionde!

“Allora, non vorrai seriamente venire a vedere i ragazzi in questo stato, giusto?”

“No, solo pensavo di non venire affatto.. non sono esattamente in splendida forma” dico cercando di rimanere vaga.

“Rinunci ai Beatles così facilmente?! Non è da tutti, anzi non è da nessuno! Le ragazze ucciderebbero per essere al tuo posto..” dice pensierosa “Comunque George e John avevano previsto anche questa possibilità ed è per questo che mi hanno chiesto di trascinarti fin lì a qualunque costo.. sai, sono una tipa tosta” conclude sorridendo.

“Beh.. anch’io!” affermo decisa, incrociando le braccia.

“Allora vorrà dire che andremo molto d’accordo! Ora però mostrami i tuoi vestiti, così posso scegliere il più carino e nel frattempo tu potrai farti una bella doccia rilassante” e si rivolge sistematicamente verso il mio armadio.

“I-io in realtà non ho molti vestiti. Sai, non mi stanno bene per niente, quindi credo sia meglio evitare” dico sorridendo imbarazzata.

A quelle parole la ragazza bionda si dirige verso l’ingresso e prende una grande scatola che aveva lasciato vicino alla porta.

“George mi ha chiesto di darti questo… peccato però, volevo curiosare un po’ tra i tuoi vestiti” dice ridacchiando.

Mi porge così la scatola bianca, dalla forma rettangolare ed io rimango a fissarla per una manciata di secondi. Tutto questo disturbo per me non sarebbe dovuto essere necessario.

“Allora dai, vai a provarlo che abbiamo solo un quarto d’ora di tempo. E poi dovremo pensare anche al trucco e ai capelli, su su” mi dice gesticolando con le mani.

Al suono di quelle parole entro nel bagno e chiudo la porta alle mie spalle. In preda alla curiosità apro la scatola e afferro la stoffa al suo interno. Delicatamente porto il vestito davanti alla mia figura e mi sistemo davanti allo specchio: i pois sembrano danzare sulla stoffa, le spalline ricadono leggere sulle mie spalle e una grossa cintura mi cinge sotto il seno. La gonna, rigorosamente a campana, arriva fin sopra il ginocchio, lasciando scoperta la pelle pallida delle gambe. Un vestito così lo avevo visto soltanto nei miei film preferiti.
                                                              
                                                                            ***
 
Non credo di aver mai visto così tanta gente racchiusa in un posto tanto stretto, e soprattutto così tante ragazzine eccitate, che fremono già alla sola idea di vedere i famosissimi Beatles, così famosi che io non li avevo mai sentiti prima d’ora. Certo è che John e George sono due ragazzi davvero carini, ma non vedo il bisogno di agitarsi tanto, anzi di norma io non vedo mai il bisogno di agitarsi tanto per un ragazzo. Nonostante ciò non posso ancora giudicarle, infondo non conosco gli altri due componenti, se non di spalle, nella fotografia a casa di George…

“Forza Nat, vieni con me” mi dice Cynthia sottovoce prima di afferrarmi per un braccio e trascinarmi fuori dal locale.

“Hey, ma dove stiamo andando?” dico aggiustandomi il vestito fin troppo corto.

“Dai ragazzi… ho una voglia matta di vedere Johnny!” mi risponde, e a quel nomignolo cerco con tutte le mie forze di soffocare una risata, senza riuscirci. Prima che Cyn  potesse però contestare la mia risatina, una voce la chiama da lontano. è John.

“O mio Dio!” esclama John osservandomi con un sopracciglio alzato e il sorriso beffardo.

“Delicato come sempre Lennon!” dico ridendo e abbassandomi nuovamente la gonna del vestito.

Allora John mi afferra prepotentemente per i fianchi e mi avvicina a sé. Con estrema lentezza porta le sue labbra umide vicino al mio orecchio e mi sussurra in tono seducente “Sei uno schianto, piccola”

Quando però si accorge della troppa vicinanza e della mia mano destra che stava per stamparsi sulla sua faccia, si allontana sorridendo ed io con lui.

“Cyn mi aveva avvisata riguardo a te” dico ridendo “Comunque, per quanto riguarda il mio stato, è tutto merito della tua ragazza” concludo imbarazzata.

Così John afferra Cynthia e la trascina su di sé per poi coinvolgerla in un bacio dannatamente appassionato, così appassionato che mi sento subito fuori luogo.

Per fortuna poco dopo trovo George e mi avvio verso di lui, lasciando John e Cyn da soli. Arrivata alle sue spalle cerco di richiamare la sua attenzione picchiettando sul suo braccio, ed evidentemente ci riesco visto il risultato. Ora infatti mi guarda a bocca aperta con un’espressione di piena sorpresa sul volto.

“Sei bellissima” dice prendendomi la mano e facendomi fare una giravolta.

“Sarà merito del vestito!” cerco di dire abbassando lo sguardo.

“Io dico di no” ribatte prendendo una ciocca dei miei cappelli e rigirandosela tra le dita.

“Beh George… non ci presenti la ragazza italiana?!” dice improvvisamente una figura da lontano, che ora si sta incamminando verso di noi.

George si avvicina a me. “Pronta a conoscere gli altri due Beatles?” mi sussurra vicino all’orecchio.

Beh se sono pronta non lo so nemmeno io… non voglio ritrovarmi come quelle ragazzine che si dimenano nel locale, ma alla fine il più è fatto! Infondo conosco John, e solo per questo sarei già dovuta essere abbastanza sconvolta, quindi possiamo dire che si, sono pronta…

“Bene Nat, lui è Ringo!” dice guardandomi “Ringo, lei è Nathalie”
Stringo la mano piena di anelli al ragazzo e sorrido.

“Parli l’inglese vero?!” mi dice allarmato “Perché io non conosco nemmeno una parola in italiano!”

“Certo, certo” dico io ridendo e tentando di imitare il più possibile lo stile Watson.
Tutti scoppiano a ridere, persino John e Cyn che ora si sono avvicinati a noi.

“Senti George” dice Ringo “ora dovremmo andare a prepararci, mancano pochi minuti al concerto"

“Oh si è vero, solo che la compagnia di belle ragazze mi disorienta” dice sorridendo a me e a Cynthia, seguito subito dopo da una frecciatina di John e un suo colpo sulla spalla.

“Hey amico calmati, stavo solo scherzando!” dice di nuovo, stavolta però rivolto a John.

Cynthia si avvicina a me e fa per trascinarmi verso l’entrata del locale, ma io mi blocco per un momento.

“Hey aspettate, voi non eravate in  quattro? Dov’è l’altro Beatle?” chiedo agli altri tre perplessa.

“Ah già… sicuramente la principessa si starà ancora preparando!” mi risponde John sorridendo premuroso.

“Principessa?” chiedo io sottovoce a Cynthia.

“Già, questa sarà dura da capire..” risponde Cyn soffocando una risata e tirandomi definitivamente verso il locale, ormai stracolmo di gente.






SPAZIO AUTRICE:
Ciao a tutti lettori,
nonostante la scuola, gli impegni e quindi la mancanza di tempo, non posso fare a meno di continuare a scrivere i nuovi capitoli di questa long. Spero che questo nuovo aggiornamento vi piaccia e mi raccomando fatemi sapere ;)
Finalmente Nathalie si avvicina a conoscere tutti e quattro i Beatles... ma non aggiungo altro!
Quindi alla prossima e non dimenticate di recensire!
A presto,
Oh_darling

 

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Capitolo 7
*** A Hard Day's Night ***


"Allora Nat, cosa ne pensi?" mi chiede Cynthia avvicinandosi e scandendo bene le parole, colpa della musica ancora troppo alta.

"Beh Cynthia, penso che questa gonna sia scomoda, e terribilmente corta!" le confido ridendo.

"Ah beh, mi spiace signorina ma dovrai continuare ad indossarla, almeno in mia presenza" ammette colpevole "E poi, quello che tu definiresti uno stupido straccio, sta attirando l'attenzione di un sacco di bei ragazzi!"

"Ah, ma davvero?" chiedo ridendo "E chi sarebbero questi poveri sprovveduti?"

"Paul McCartney, ad esempio..." dice sottovoce, avvicinandosi al mio orecchio.

Per un attimo mi irrigidisco e Cynthia, notandolo, si lascia sfuggire una risatina compiaciuta. Dev'essere proprio soddisfatta di sé per aver provocato questa mia evidente reazione.

"M-McCartney dici? Il bassista?" chiedo sottovoce, cercando di non fare notizia già alla mia prima uscita.

"Già, non ti ha tolto gli occhi di dosso da quando sei arrivata!" dice dandomi una leggera gomitata sul braccio.

"Say Cyn, io non credo che..." cerco di spiegare completamente in imbarazzo quando qualcosa, o meglio, qualcuno mi interrompe.

"Heilà ragazze, di cosa state parlando?" si intromette John poggiandoci un braccio sulle spalle "Di noi per caso?"

"In realtà, parlavamo di ceretta. Ti interessa per caso?" dice Cynthia irrompendo in una fragorosa risata.

John assume la faccia più disgustata che gli riesce. Poi, come per vendicarsi, prende Cynthia per mano e le fa fare una spericolata piroetta.

"Lo sai che ti amo, vero?" dice attirandola a sé, ad un soffio dalle sue labbra.

"Wow! Parole dolci dal grande John Lennon, dovrei preoccuparmi?" risponde la bionda causando una maliziosa risata del compagno.

Poi John si volta verso di me, come se improvvisamente si fossero ricordati della mia presenza. Uno strano sorriso furbesco si appropria del suo volto e per un attimo credo di avere veramente paura.

"Vieni con me!" dice prendendomi per un braccio e strattonandomi via.

"Cosa diavolo... John, ma dove mi stai portando?" chiedo cercando di stare al passo e facendo segnali di aiuto a Cynthia.

Quest'ultima però mi guarda da lontano, senza fare nulla, e continua a sorridere complice. Brutto segno...
John nel frattempo continua a correre, spintona gente a desta e a sinistra e di tanto in tanto si volta, per assicurarsi che non mi sia persa durante il tragitto. Poi improvvisamente, o meglio finalmente, John si ferma.

"Paul, lei è Natalie" lo sento dire sorridendo alla figura al suo fianco, appena raggiunta.

"Natalie, lui è Paul McCartney" e si rivolge verso di me, strizzando un occhio.

O mio Dio, non può averlo fatto! Mi ha praticamente dato in pasto agli squali ed io ora... cosa devo fare? Calmarmi, calmarmi e basta... almeno sarebbe una buona soluzione! Ma nemmeno il tempo di guardare il volto della figura davanti a me che, presa dal panico, corro via, abbandonando i due senza una spiegazione.

"Ma ti pare il modo?" sento dire, ormai in lontananza, dal ragazzo di nome Paul molto probabilmente nei confronti di John.

Ok, credo proprio di aver combinato un bel casino stavolta... ma la sua voce è così bella, ed io non credo di meritare una voce così.
 

Racconta Paul

"Lasciate fare a me, vado a parlarle" interviene Cynthia preoccupata.

"No, vado io" dico con sicurezza "Infondo è a causa mia che è scappata"

"Ma io... credo sia stata colpa di una mia confidenza" ammette nuovamente la ragazza abbassando lo sguardo.

"Non importa" le dico cercando di confortarla "Me ne occupo io"

Così mi faccio coraggio e mi dirigo verso l'uscita, spintonando qua e là coppie di ragazzi che ballano allegramente e che si chiedono curiosi cosa ci possa fare il bassista del gruppo da solo tra la folla. Finalmente raggiungo l'uscita e subito vengo travolto dal freddo pungente. Sfrego le mani e mi stringo forte nel giubbotto di pelle nera.

"E' stata davvero imprudente a non prendere con sé una giacca" sussurro fra me e me, preoccupato per quella giovane ragazza.

"L'ho presa invece" risponde una voce alle mie spalle.

La ragazza è seduta per terra, la schiena poggiata sul muro del locale, le ginocchia raccolte al petto e le mani strette nella leggera giacca.

"Sai, mi dispiace per prima, io non volevo scappare così e..." cerca di dire con sicurezza, quando piccole e limpide lacrime le rigano il volto contro la sua volontà. Io la interrompo subito.

"Vieni con me,ti porto a casa" dico prendendola dolcemente per mano e facendola salire in macchina. Poi mi dirigo dal lato opposto, salgo anch'io e metto in moto.

Non posso credere di averlo fatto veramente.





Spazio tutto per me:
Ciao ciao lettori, finalmente dopo una lunga pausa sono tornata!
Allora, Paul e Natalie si incontrano... hallelujah! Nel prossimo capitolo se ne vedranno delle belle *^*
Anyway... vorrei ringraziare vivamente foREVer01 che ha recensito lo scorso capitolo, dandomi la forza necessaria per continuare:3
Mi raccomando, le opinioni ed i consigli sono ben accetti!
A presto,
Oh_darling
                                                                                       

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