Sussurri in piena notte

di FinnAndTera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Facile da ricordare ***
Capitolo 2: *** Impossibilità nascoste ***
Capitolo 3: *** È solo che non lo ricorda molto bene ***
Capitolo 4: *** Sotto gli abeti amore fu ***



Capitolo 1
*** Facile da ricordare ***


 
Facile da ricordare
(Havoc/Sheska)


La dinamica più o meno la conosceva – o almeno la ricordava benissimo in teoria -, il problema stava in tutto il resto, tipo il come, il come e ancora il come. Come fosse finita fra le braccia del Tenente Havoc, per esempio, costituiva un problema di gigantesche dimensioni, un problema che avrebbe dovuto risolvere più o meno in quel preciso istante, soprattutto perché – no, in realtà non sapeva nemmeno il perché. I grandi occhiali le permettevano di vedere tutto – mica aveva intenzione di toglierle anche quelli, vero? – e forse chiudere gli occhi sarebbe stata la soluzione ad ogni preoccupazione. D’altronde il buio le era sempre piaciuto, leggeva sempre di notte con poca luce e sua madre tanti anni prima le diceva che sarebbe diventata una talpa. Però Sheska non era una diventata una talpa, ormai era un topo da biblioteca, un topo da biblioteca dell’esercito al profumo di nicotina.
«Posso?»
«Co-cosa?»             
Havoc fece un cenno esplicativo con la testa e Sheska ritornò a domandarsi come e perché e “Cosa faccio ora?". Come poteva essere così bello e perché lei si trovava lì, fra cuscini e fogli che non riusciva neanche a leggere?
«Io non so fare niente, quindi penso che tu possa».
Sheska passò una mano fra i ciuffi biondi del Tenente per poi poggiargli una mano sul fianco – seriamente?
«Già, forse hai ragione». Havoc si avvicinò un po’ di più alle sue labbra e a disagio le disse: «È che con te mi sento stupido».
Poi le tolse gli occhiali e li posò su uno dei fogli lì vicino e il resto fu una cosa veramente tanto stupida e meravigliosamente facile da ricordare.


Note d'autrice: raccolta eterogenea di drabble, flash e one-shot su qualsiasi personaggio o pairing mi voglia bene - perché io voglio bene a tutti, sono loro che non vogliono bene a me. *sad face* Siano lodate le drabble night, ecco. Questa flash in particolare è uscita di sua spontanea volontà appena ho letto il prompt "prima volta" e boom, eccoli qua. 



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Capitolo 2
*** Impossibilità nascoste ***



Autore: FinnAndTera
Titolo: Impossibilità nascoste
Fandom: Full Metal Alchemist
Prompt: Obbligo: devono comparire le parole "sempre" e "mai".
Personaggi: Jean Havoc/ Sheska

Impossibilità nascoste


Aveva sempre cercato l'ideale, ma non aveva mai trovato la vera felicità.
Aveva provato ad approcciare una bionda da urlo, aveva corteggiato per tanto tempo la graziosa fioraia in centro, aveva addirittura iniziato una relazione stabile con la sorella di un suo amico, o almeno prima che questa lo lasciasse con una stupida scusa come avevano fatto tutte le altre. Il nome della collega infermiera, poi, era meglio non nominarlo proprio.
«Ancora sotto quell'albero?»
«Sì, un altro due di picche, a quanto pare».
Un altro. Sempre un altro, mai un finalmente.
Il problema del Tenente Havoc stava nel fatto che aveva sempre amato donne impossibili – o che volevano l'impossibile -, senza mai accorgersi che ci sono impossibilità più ideali di altre e che spesso si nascondono dietro impossibilità impensabili, fuori dal mondo, e a volte dietro un paio di occhiali da talpa.
«Il Tenente Havoc non se lo merita».
«Ha ragione, Sheska, ma Havoc è fatto così, si innamora sempre della persona sbagliata».
Il problema del Tenente Havoc, in sostanza, stava nel fatto che era un incommensurabile cretino. Il suo impossibile, impensabile e segreto cretino.



 

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Capitolo 3
*** È solo che non lo ricorda molto bene ***



È solo che non lo ricorda molto bene


«È solo che non me lo ricordo molto bene».
Elicia si sente un mostro quando pronuncia queste parole. Le accompagna sempre con un sorriso di scuse, quasi come se fosse davvero colpa sua.
«Sì, hai ragione, in fondo avevi solo tre anni...» è la frase di circostanza che tutti le ripetono in continuazione, ricordandole che lei un padre l'ha avuto, un padre forte ed eroico, un padre che però lei continua a non ricordare bene, perché l'ombra di un sorriso, per quanto bella possa essere, non crea un'immagine precisa. Elicia suo padre non lo ricorda e gli chiede perdono ogni volta che ci pensa.
«Un mazzo di fiori, per cortesia».
Il fioraio all'angolo del cimitero ormai la conosce meglio di chiunque altro. Compra fiori gialli e rossi da almeno quindici anni e piano piano quegli occhi stanchi di vedere la gente così triste hanno visto anche il gesto di una bimba allegra e amata da tutti perdere di significato.
Elicia porta i fiori a suo padre ogni dieci giorni, li posa sulla tomba e resta a guardare la sua foto per qualche minuto. Era bello suo padre, ma lei non ha preso quasi nulla da lui. Forse solo la fossetta al lato sinistro della bocca, ma anche di quello dubita fortemente.
Quando lo guarda in uniforme, dritto nella posa da militare, Elicia non riesce a non odiarlo almeno un poco. Si sente un'ingrata, un'egoista, perché sa che lui ha combattuto per proteggerla, per salvare il mondo da quel pericolo di cui lei non ha mai chiesto nulla a nessuno e che tutti si sentivano e si sentono ancora oggi in obbligo di raccontarle, ma lei quei fiori gialli e rossi è come se li portasse ad uno sconosciuto. Una storia non fa un uomo, una foto non fa suo padre.
È solo che Elicia non lo ricorda molto bene.






 

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Capitolo 4
*** Sotto gli abeti amore fu ***


Note: minuscola cosina per augurare buon Natale - in ritardo, but. È che mi mancava il fandom e il rewatch di questi giorni non aiuta.
Prompt: vischio.


Sotto gli abeti amore fu


«Non arrossisca, la prego, che poi arrossisco anche io. Sì, un uomo duro come me che arrossisce, non lo dica in giro. Non deve sentirsi obbligata, sul serio, questa è solo una sciocca e piacevole tradizione che affonda le sue radici nel, beh, insomma, lei lo saprà sicuramente meglio di me. Non ho alcuna intenzione di importunarla, signorina. Continui pure per la sua strada».
«Non posso camminare se lei mi sta davanti, Signor Tenente Havoc».
«Senza signore. Ma se vuole anche senza tenente».
«Va bene, la prossima volta che la incontrerò farò più attenzione».
«Perfetto. Bene. Buona serata!»
«A lei! Ci vediamo, oppure no, non lo so!»
Aveva un bel sorriso. Occhi grandi ed espressivi, sotto gli enormi occhiali. L'aveva incrociata spesso negli ultimi tempi e l'aveva sempre trovata impegnata nel suo lavoro, tuttavia disponibile e gentile. Gli aveva detto anche bravo, una volta. Le aveva portato le pratiche ordinate di quel caso sulla ventiseiesima che lui e Falman avevano risolto insieme – il primo caso dopo aver riacquistato in pieno il controllo delle gambe – e lei si era complimentata per l'ottimo lavoro. Ora che ci pensava, l'aveva vista anche alla festa di compleanno di Edward, insieme alla signora Hughes. Aveva un bel vestito, anche se non era molto scollato. Le faceva un bel didietro, però. Ma da quando in quando lui pensava così tanto? Quello era uno dei pochi casi in cui doveva essere stupido e avventato e molto Jean Havoc e lui invece se ne stava lì a pensare e a ricordare cose.
«Signorina Sheska, mi scusi!» gridò tutto ad un tratto dall'altra parte del corridoio. «Non so se c'entrino qualcosa i folletti o, che so, i grilli, ma volevo augurarle buon anno dal più profondo del cuore».
«Grazie, Signor Tenen...»
La baciò, un po' in fretta a dire il vero. Sheska ovviamente arrossì e lui la seguì a ruota libera – maledetta pelle chiara, così difficile da mascherare.
«Signor Tenente Havoc, grazie. Davvero, apprezzo molto. Però sento di doverle dire che quello di prima non era vischio, ma un semplice rametto di abete. Sapete, in un edificio del genere sarebbe sconveniente piazzare del vischio».
«Ah» rispose Havoc dopo qualche secondo, imbarazzato. «Mi creda signorina Sheska: io ero proprio sicuro di aver visto del vischio, accanto a lei!»

 

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