I'd Always Choose You

di Relie Diadamat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Red Pendragon ***
Capitolo 2: *** Sin Together ***
Capitolo 3: *** You&Me...And Him ***
Capitolo 4: *** My Remedy And My Poison ***
Capitolo 5: *** Golden And Blue ***
Capitolo 6: *** I Love You ***
Capitolo 7: *** I'd Always Choose You ***



Capitolo 1
*** Red Pendragon ***


 I. Red Pendragon


Rosso.
Rosso come la passione, come il sangue che pulsa nelle vene. Come l’amore, l’irrazionalità.
Quante parole potevano nascondersi dietro una sola, si ritrovò a pensare Morgana. Lasciò incurvare lievemente le labbra in un sorriso, mentre riprendeva ad ammirarsi allo specchio.
Le sue labbra, carnose e decisamente sensuali, avevano lo stesso colore del sangue.
Le cose più belle erano di colore rosso, di questo ne era sicura. Il rosso era anche il colore del divieto ed era risaputo che la mente umana era irrazionalmente propensa verso qualcosa di negato, di proibito.
Forse era per questo motivo che aveva scelto di indossare quel vestito. Le delineava perfettamente tutte le forme, in una tal maniera che ella stessa definì divina.
Sì, il rosso era decisamente il colore adatto per quella serata.
A palazzo vi era infatti una festa indetta dal re, Uther Pendragon, che per giunta era anche diventato suo padre adottivo da ormai molti anni. Non c’erano molte cose di quell’uomo che Morgana ritenesse sane, giuste, qualificabili. Non vi era quasi nessun aspetto di quel re che meritasse nota,stima e ammirazione.
La giovane ricalcò mentalmente quella parola: quasi.
Sì, perché tra le poche cose buone che quell’uomo avesse fatto, tra le poche cose degne di nota, c’era lui: Arthur Pendragon.
Possedeva il fisico tipico di un cavaliere, maledettamente aitante. I suoi occhi riflettevano l’immensità dell’oceano, gelido e tremendamente profondo. Forse anche troppo per Morgana.
I capelli quasi dorati gli ricadevano perfettamente sulla fronte. Camminava dritto, con la testa sempre in avanti. Mai l’aveva visto col capo basso come conseguenza ad una sua azione.
Era alto abbastanza da non sminuirsi quando si affiancava alla figura paterna.
Arthur era un perfetto ibrido tra la passione ed il divieto.
Ma da quando Arthur aveva smesso di essere un completo idiota ed era diventato il re che aveva sempre sognato per Camelot?
 « Vedrete che vi noterà subito. »  la voce della sua serva fedele riempiva la stanza in silenzio. Ginevra, dopo averla aiutata con i preparativi, si portò le braccia lungo i fianchi, ricongiungendo le mani tra loro, intrecciando le dita « Siete incantevole. »
Morgana si lasciò scappare un sorrisetto di autocompiacimento, dopo essersi accuratamente guardata allo specchio. I capelli erano raccolti, lasciando ricadere solo alcune ciocche arricciate lungo il viso; Gwen, aveva decisamente fatto del suo meglio. La premura con cui la sua serva si accingeva a prendersi cura di lei, le colmava il cuore. Era una delle pochissime persone per cui, si ripeteva, valesse la pena di vivere a Camelot.
 
*
 
Era ora di fare il suo ingresso nella sala.
Si stava incamminando verso la porta spalancata, che dava libero accesso al banchetto e già poteva ascoltare una mescolanza di voci dare vita a quelle mura fredde del castello; ad illuminare la stanza vi erano candelabri sparsi per tutta la sala.
Dame di corte e cavalieri parlavano tra di loro; alcuni cavalieri talvolta mettevano in atto un misero corteggiamento, spesso non di buon esito.
La ragazze si voltavano, ridevano alle loro lusinghe e davano ai cavalieri del folle.
I servi erano un po’ sparsi per tutta la sala, servendo da bere o del cibo agli innumerevoli commensali, in quel momento tutti dritti sulle loro gambe, distribuiti per tutta la stanza.
Morgana sentì il calore della stanza scaldarle le spalle lasciate scoperte, era un’appagante sensazione.
Camminava dritta, con la testa rivolta in avanti, ad evitare qualsiasi sguardo indesiderato. Sentì addirittura un uomo far cascare il proprio boccale d’acqua sul pavimento, appena gli passò vicino.
A Morgana di quelle bizzarre e banali attenzioni poco importava. Dinanzi a sé, dove il suo sguardo osava orientarsi, c’era lui.
Quei perfetti fili d’oro che si ritrovava per capelli ad incoronargli il volto, erano di un contrasto affascinante con gli occhi incredibilmente azzurri, che brillavano di una luce tutta loro.
Continuavano inesorabili i suoi passi lenti e decisi, con una meta ben precisa disegnata nella sua mente: Arthur Pendragon.
Lui si voltò distratto, intravedendola dapprima come la coda dell’occhio, per poi fissare il suo sguardo su di lei sussurrando un flebile “ Divina misericordia. “
La bellezza di Morgana lo accecava, gli faceva perdere il senno. Creava il caos nella sua testa, ma non lo avrebbe mai dato a vedere. Non le avrebbe dato tale soddisfazione senza essere certo di avere qualcosa in cambio.
L’odore di cedro che emanava fece capolinea nelle sue narici, lasciando così che arrivasse fin dentro al cervello.
La ragazza si accostò di fronte a lui, liberando un sorriso compiaciuto da quella sua espressione di meraviglia. Lasciarlo così, disarmato con la sua sola bellezza era per lei una vittoria più che sufficiente.
«  Divina, esatto. Non avrei trovato aggettivo migliore per definirmi. »
Morgana amava stuzzicarlo in quel modo, solo per il gusto di vedere come avrebbe reagito. Vide così il principe di Camelot, rispondere alla spiccata elevazione che la ragazza aveva della sua figura, con un sorriso beffardo, maledettamente bello. Perché toglieva il fiato anche se era un idiota?
Il ragazzo irrigidì la schiena, sporgendo lievemente il capo verso il suo volto « La tua serva ha tutta la mia comprensione. Le ci saranno volute intere ore per renderti così presentabile. »
Morgana inarcò le sopracciglia, lasciando il ragazzo senza alcuna difesa, iniziando ad emettere suoni con un tono sensuale « Allora ammetti di essere abbagliato dalla mia bellezza. »
Lo vide storcere lo sguardo per afferrare un calice colmo di vino rosso e avvicinarselo alla bocca. Aveva sorseggiato velocemente una misera parte del liquido per poi affrettare il suo sguardo verso la ragazza « Affermo che ci siano volute ore per ottenere questo risultato. »
Un sorriso sarcastico si disegnò sul volto del ragazzo, facendo ribollire a Morgana il sangue fino al cervello. Aveva chiaramente osato dirle che aveva bisogno di ore intere per poter essere presentabile? No, questa Arthur Pendragon non poteva passarla liscia. Si sforzò di sorridere, con tutta la falsità di cui era capace. Afferrò in fretta un calice tra le mani e con un gesto stizzito lasciò ricadere tutto il vino sul corpo del ragazzo. Cosa avrebbe fatto adesso il bel principe, per giunta alla sua festa, con i vestiti impregnati di vino? Ciò che Morgana voleva che facesse: la figura dell’idiota.
Lo vide sgranare gli occhi e puntarli prontamente sul suo vestito rovinato, ancora con le braccia sospese a mezz’aria da quando aveva sentito il liquido sui suoi vestiti regali « Sei pazza?! »
Sorrise compiaciuta, issando il calice contro il suo, ancora pieno a mezz’aria in segno di brindisi « Goditi la festa, Arthur. »
Vide il panico farsi spazio sul suo volto e la cosa non poteva che farla sorridere. Quell’arrogante finalmente aveva avuto la lezione che meritava. Lo sentì gridare disperatamente il nome del suo servitore, che accorse non appena il suo nome fu pronunciato ad un volume così alto da far girare quasi tutti i presenti della sala.
Morgana non poteva crederci di aver messo così in ridicolo Arthur davanti a tutti, era davvero fiera di sé. Poteva morire appagata. Vide un giovane ragazzo farsi spazio tra la folla fino a fermarsi al fianco del principe. Non riuscendo a capire perfettamente cosa fare rimase impalato ad aspettare ordini, cosa che ad Arthur servì per farlo spazientire « Merlin, cosa stai facendo lì impalato! »
Il ragazzo si scosse, rimanendo incollato al suo posto, mostrando più attenzione al suo padrone. Aveva la maglia impregnata di vino e questo, Merlin lo sapeva bene, era una bella seccatura per il principe « Sì, la tolgo subito! »
Si era avvicinato ad Arthur con l’intento di togliergli la maglia, ma il giovane abbassò di scatto le braccia ammonendolo con lo sguardo « Merlin, siamo nel bel mezzo di una festa, non posso togliermi la maglia, davanti a tutti! »
Solo allora Merlin lasciò che il suo sguardo incontrasse la figura di Morgana. Che era divertita dalla scena si evinceva facilmente dalla sua risata liberatoria e dalla soddisfazione che poteva intravedere dal suo sguardo. Era dannatamente bella, tanto da togliere il fiato.
Fin dal primo giorno che l’aveva vista aveva avvertito il suo cuore accelerare all’istante, con un bumbumbum incontrollato.
«  Non sai togliertela da solo? Hai bisogno di qualcuno che lo faccia per te? »
Morgana non demordeva, non la smetteva di infierire. Arthur la guardò con aria di sfida e con la solita arroganza firmata Pendragon, avvicinandosi di qualche centimetro alla ragazza «  Anche tu sai pettinarti da sola, eppure mi risulta che sia sempre Ginevra a farlo per te. »
Questo non lo doveva dire. Morgana sentì la sua mano fare uno scatto fulminio, mentre serrava forte le labbra con fare indispettito; un ceffone a quello sbruffone non gliel’avrebbe tolto nessuno. Si represse all’istante quando notò la figura di Uther prendere vita al suo fianco, mentre lei si costringeva a sembrare estranea a quanto stesse succedendo.
«  Siete qui… ma cosa? Arthur cosa hai fatto alla maglia? » lo sguardo autoritario e rigido di Uther bastò a far impallidire all’istante il giovane principe. Morgana sapeva quanto per il ragazzo fosse importante l’opinione di suo padre e quanto, lottasse per non deluderlo.
«  Che figura mi farai fare! Vai subito a toglierti quella roba di dosso! »  il re digrignava i denti davanti ad un Arthur alquanto spaesato che incontrò lo sguardo soddisfatto di quella strega. Rideva da sotto i baffi e Morgana non avrebbe di certo cercato di nasconderlo. Quella era la sua vittoria e voleva godersela come meglio poteva.
Vide il principe incrociare il suo sguardo, quasi a dirle “ Hai vinto la battaglia, ma non la guerra. “  per poi allontanarsi seguito dal suo servitore, del tutto indispettito. Un mantello rosso svolazzava alle sue spalle.
Rosso, ricalcò Morgana nella sua mente.
Quel colore li avrebbe uniti, forse per sempre.
*
 
Morgana stava camminando per le stanze ormai silenziose del castello per tornare nelle sue stanze quando sentì un rumore attrarre la sua attenzione. Si affacciò alla porta di legno semiaperta, scorgendo una figura di spalle « Merlin… »
Il ragazzo sobbalzò al sol pensiero di essere osservato, distogliendo immediatamente lo sguardo dalla maglia fra le sue mani e posizionarlo sul volto indagatorio di Morgana, ricomponendosi « Mia signora… »
La castellana lasciò scorrere lo sguardo lungo le sue mani che trattenevano saldamente quella che riconobbe essere la camicia fradicia di Arthur. Analizzò mentalmente gli eventi, traendo la conclusione che il principe avesse ordinato tutto stizzito al suo servo di lavargliela il prima possibile.
« E’ tardi, va’ a letto. »
Il ragazzo sorrise timidamente, ricordandole con un gesto della mano della maglia « Appena mi sarà possibile. »
Lo aveva visto rivoltarsi, intento a lavare quella maglia impregnata di vino mentre Morgana si decise ad avvicinarsi lentamente a lui, accostandosi al suo fianco « Arthur è proprio un gradasso. Penso che non riuscirei a sfiorarlo, neanche per soffocarlo. »
La ragazza aveva udito l’accenno della risata di Merlin, prima che si voltasse a guardarla « Hanno inventato il vino per questo. »
Sorrise divertita, abbassando lievemente il capo, forse anche arrossendo per un secondo. Aveva lasciato indugiare il suo sguardo per qualche secondo sulle sue dita, prima di riportarlo sul volto del ragazzo.
 Forse quella era stata la prima volta, da quando quel ragazzo lavorava a corte, che Morgana lo avesse guardato negli occhi. Erano incredibili, forse anche magnetici. Occhi così dovrebbero essere illegali o sparsi per il mondo. Non seppe dirsi il perché ma le infondevano calore ed al tempo stesso, sentiva che le nascondevano qualcosa.
Sentì la voce di Ginevra cercarla, preoccupata. Distolse lo sguardo dal ragazzo, aprendo lievemente la bocca per riprendere fiato « Sarà meglio che vada. »
Lo vide annuire, mentre lei si incamminava verso la porta, per aprirla lievemente. Era sicuro che se ne fosse già andata quando la sentì parlare « Buona notte. »
Lui le sorrise di rimando fino a guardare la figura di Morgana uscire dalla stanza e richiudersi la porta alle spalle.
Sospirò sommessamente.
Sollevò la maglia quel tanto necessario per averla alla stessa altezza degli occhi. Era tardi ed aveva sonno, non avrebbe perso tempo a lavarla.
Recitò una frase nella lingua antica, mentre i suoi occhi si tingevano d’oro.
Sorrise soddisfatto, la macchia era sparita. Guardò di sottecchi la stanza.
L’odore di Morgana ancora no.

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Capitolo 2
*** Sin Together ***


II. Sin Together

La dolce luce del mattino illuminava già la sua stanza e lei, nel suo enorme e comodissimo letto da principessa, aveva indugiato ancora per qualche minuto. Ginevra adorava viziarla e, se le chiedeva di rimanere ancora un po’ avvolta nel calore delle coperte, la sua serva sorrideva intenerita muovendo dei passi verso la porta.
Quando schiuse lievemente gli occhi però, fu costretta dalla luce che filtrava dalla finestra a richiuderli con forza. Si rigirò lentamente nel lato opposto del letto, mentre poteva sentire il rumore che proveniva dallo spaziale del castello. Non tutti potevano permettersi quel lusso come lei e molti infatti erano già pronti a sbrigare le loro mansioni.
Si decise ad alzarsi dal letto, rabbrividendo appena fu a contatto col pavimento freddo. Non seppe dirsi nemmeno cosa la portò a guardare fuori dalla finestra. Fatto stava che lo aveva fatto. Per un secondo lasciò che tutta l’aria le entrasse dalle narici a grandi inspiri, per poi godersi la vita che scorreva a Camelot dalla sua finestra.
Poi le capitò di guardarlo, distrattamente, senza che nemmeno lo volesse. I suoi occhi lo avevano trovato senza che nemmeno il suo cervello avesse chiesto loro di cercarlo. Arthur camminava con le spalle dritte, come un vero cavaliere. Lo sguardo dritto in avanti, con i capelli mossi lievemente dal vento. Aveva un’ampiezza di spalle perfetta, delle braccia forti, un petto duro su cui ogni donna avrebbe voluto adagiarsi.
Sorrise a quel pensiero senza neanche rendersene conto.
Si stava sicuramente dirigendo all’allenamento. D’improvviso il suo sorriso scomparve, quasi per magia.
Il suo sguardo aveva incontrato la fievole figura del giovane servitore del principe. Era sempre lì, al fianco di Arthur. Non si somigliavano per niente.
Arthur aveva un fisico perfetto, il fisico del giusto cavaliere, Merlin no. Era magro, forse avrebbe dovuto mangiare di più. O forse lo era solo perché tutto ciò che mangiava riusciva a bruciarlo grazie ai faticosi compiti che il principe gli propinava.
I suoi capelli erano corvini, neri come la pece. Doveva ammettere che quando erano arruffati gli stavano particolarmente bene. Ma… gli occhi.
Erano quelli ad averla stregata. Erano terribilmente stupendi. Indescrivibili. Sapeva solo che quando lo guardava negli occhi, quello era il momento esatto in cui si perdeva nella loro profondità.
Occhi così, nascondevano qualcosa, se lo sentiva.
Proprio in quel momento, mentre stava pensando a lui, per ironia della sorte, lo vide voltarsi verso la sua finestra. Morgana indietreggiò presa da un’ansia a lei sconosciuta. Da lì non l’avrebbe di certo vista, sperava.
Perché si era spostata?
Le sembrava piuttosto ovvio: era in vestaglia!
Era per quello.
 
*

 
Arthur aveva già impugnato la sua spada, facendola rigirare abilmente tra le mani. Doveva reclutare nuovi cavalieri, ma a quanto pare nessuno sembrava essere alla sua altezza « Pronto a perdere? »
Merlin ormai si era abituato alla spudorata arroganza del principe che ormai ad ogni sua insinuazione riusciva a mantenere un atteggiamento distaccato. Forse era un asino reale, ma fatto stava che nessuno era mai riuscito a metterlo fuori combattimento.
Il cavaliere avanzò verso il principe, mentre si affrettava a fare la prima mossa. Prevedibile fu per Merlin vedere Arthur parare facilmente il colpo con la lama del sua spada e riuscire a metterlo abilmente K.O. con poche mosse.
«E’ facile vincere contro chi non è alla tua altezza.»
Una voce si era fatta spazio nel mezzo del combattimento. I presenti si voltarono all’unisono e fu per tutti una sorpresa ritrovarsi la pupilla del re dritta in piedi, con una spada tra le mani. Era avvolta da un’armatura fatta solo ed esclusivamente per lei, che le delineava perfettamente tutte le forme.
Morgana vide il principe avanzare a passi svelti verso di lei, serrando lievemente i pugni «Morgana, per l’amore del cielo, cosa ci fai vestita in questa maniera?»
La ragazza fece roteare con abilità la spada nella mano destra, per poi lasciarla ricadere con maestria in quella sinistra «Ti sfido a duello, mi sembra ovvio.»
«Non combatterò contro una donna.»
Arthur si era tirato indietro, sorridendo divertito a quella malsana idea della sorellastra. La osservò inarcare un sopracciglio, sorridendo in modo ammaliante «Hai paura, Pendragon?»
Il principe si morse il labbro inferiore, spostando con movimenti veloci del piede piccoli sassolini. Rialzò lo sguardo da terra fino ad incontrare quello di Morgana. Lasciò che le sue labbra si incurvassero in un sorriso, prima di rigirarsi la spada tra le mani ed avanzare verso la ragazza. Fu quest’ultima
ad iniziare il combattimento con un colpo di spada che Arthur schivò abilmente. Morgana era una donna, ma combatteva mille volte meglio di molti uomini che aveva avuto modo di conoscere. Era abile, ma non abbastanza per il principe, che riuscì a schivare e parare tutti i suoi colpi.
D’un tratto le loro spade si incrociarono, colmando lo spazio vuoto tra i loro visi. Per un momento, un momento soltanto, Arthur lasciò ricadere il suo sguardo sulle labbra rosse della ragazza. Un brivido gli percorse improvvisamente la schiena; non gli era mai capitato di pensare realmente a Morgana in quel senso. L’aveva sempre vista come una sorta di sorella, ma quel giorno le cose erano cambiate. Con un gesto secco le sfilò la spada dalle mani, posizionando la sua dietro la schiena di lei, stringendola a sé.
Gli occhi di Morgana erano sbarrati dallo stupore, non si sarebbe mai aspettata una reazione simile dal principe di Camelot. Sentiva il suo corpo entrare in contatto con quello del ragazzo, mentre i loro nasi quasi si toccavano. Un qualcosa di sconosciuto teneva legati i loro sguardi, come se fosse impossibile per loro distoglierlo dagli occhi dell’altro.
Morgana fu tentata da quella vicinanza, tentata nel peccare, nel posare le sue labbra su quelle del ragazzo. Schiuse lievemente la bocca, mentre sapeva di avere fisso su di sé lo sguardo di Arthur, mentre sentiva la presa allentarsi. Ad un passo dalla bocca, la pupilla del re ribaltò la situazione, riuscendo a liberarsi dalla presa del ragazzo e soffiargli la spada dalle mani; spada che ora stava sfiorando il petto di Arthur.
Il principe sorrise alla mossa di Morgana. Era una ragazza bellissima e lo sapeva, ed aveva giocato al meglio la sua carta. Per un solo istante si chiese, se mai un giorno sarebbe riuscito a vincerla. La luce negli occhi di Morgana non mentiva.
Forse aveva tutti i mezzi a sua disposizione per poter vincere quella guerra, Arthur ne era sicuro.
«E’ inutile Arthur, tanto vinco sempre io.»
 
*
 
Camminava lungo il corridoio ripensando a quello che era successo qualche ora prima. Era stato davvero difficile per lei resistere alla tentazione di baciarlo, che poi c’erano tante persone a guardarla poco importava: erano in molti a volerla vedere in sposa ad Arthur.
A quel pensiero sentì un tintinnio dal pavimento. Stava torturando la sua collana da così tanto tempo da non rendersene neanche conto di averla aperta. Adesso era lì, sul pavimento, ad un passo dai suoi piedi. Si chinò per riprenderla quando sentì una voce invitarla ad alzarsi «Lasciate, ci penso io.»
Merlin si era catapultato ai suoi piedi per prenderle la collana. Lei, che fino a qualche secondo prima era rimasta china sentì le proprie ginocchia sfiorare il corpo del ragazzo. Si alzò repentina e lui fece lo stesso reggendo tra le mani la collana « Permettete? »
Un po’ spaesata Morgana si voltò, portandosi i capelli su un solo lato, aspettando che il servo le riagganciasse la collana al collo. Merlin invece rimase immobile per una frazione di secondo. Era dannatamente vicino all’incavo del suo collo, così vicino che sentì il cuore fare un triplo salto mortale. La castellana sussultò interiormente quando sentì le mani del ragazzo sfiorarle la pelle per riagganciare la collana, dopo di che si voltò incrociando il suo sguardo «Grazie Merlin.»
Lo vide sorriderle, per poi portarsi una mano dietro la nuca e riabbassarla dopo un brevissimo lasso di tempo «E’ stato un piacere.»
La ragazza corrugò la forte divertita, mentre lo vide fare uno scatto repentino con lo sguardo  «No, cioè… uhm, è un piacere servirvi.»
Il sorriso che aveva stampato sul viso scomparve improvvisamente. Si ricordò che a guardare l’allenamento di Arthur c’era anche lui. Morgana non seppe dirsi il perché ma si sentì improvvisamente a disagio. Forse perché era il servo del principe, la persona a lui più vicina o forse perché non aveva mai sentito dire da parte sua che sarebbe una regina stupenda al fianco di Arthur.
Quel ragazzo era strano, era diverso da tutti gli altri. C’era qualcosa in lui, che nessun altro aveva. Morgana ne era sicura.
«Sei diverso Merlin. C’è qualcosa in te che ti rende diverso da tutti.»
La gola del ragazzo si fece improvvisamente secca: nessuno avrebbe dovuto scoprire il suo segreto, oppure avrebbe anche potuto dire addio alla sua testa «Cerco solo di fare il mio lavoro.»
Si era mosso dalla sua posizione passandole accanto, quando sentì la mano di Morgana sul suo braccio impedirgli di andare via «Nessuno mi ha mai guardato in quel modo.»
Deglutì a forza. Morgana non era solo bella, era anche la pupilla del re, era come una figlia per lui e accettare i suoi sentimenti verso quella ragazza voleva dire affermare di essere un mago: dire addio alla sua testa.
Si sforzò di sembrare estraneo alle sue parole «Non capisco di cosa parliate.»
«Alla festa, ti ho visto. Mi hai guardato per tutta la sera.»
Merlino voleva fermarla, giustificarsi, smentire le sue parole, ma la vide improvvisamente cambiare espressione «Di’ ad Arthur, che la smettesse di mettere delle sentinelle a sorvegliarmi e che per la prima volta si comportasse da uomo.»
La vide mollare la presa dopo avergli mostrato uno sguardo gelido per poi camminare impettita lungo il corridoio. Restò lì ad osservarla mentre i capelli le ricadevano morbidamente lungo la schiena ed aspettò che il suo cuore riprendesse un battito regolare. Morgana non sapeva nulla.
Però per un momento ci aveva sperato, aveva sperato di peccare con lei.
*

Morgana era stanca, forse quella notte sarebbe anche riuscita a chiudere occhio. Soffriva di incubi, era davvero una cosa seccante. Si svegliava in preda alla disperazione ed ormai i rimedi di Gaius, il medico di corte non servivano quasi più a nulla.
Si stava affrettando verso le sue stanze quando si sentì tirare per un braccio. Arthur l’aveva attirata a sé, guardandola fisso negli occhi con uno sguardo decisamente suadente «Hai barato.»
Morgana sorrise divertita restando al gioco, avvicinandosi lievemente al ragazzo «E questo non è un gesto da vero cavaliere.»
Arthur sorrise ammaliante, lasciandole scorrere una mano lungo la schiena attirandosela a sé «Io non perdo mai Morgana.»
La sorellastra stava per parlare evidentemente voleva metterlo a tacere, ma quella volta toccò a lei zittirsi, quando sentì le labbra del principe sulle sue. Fu lento, delicato. Morgana aveva paura di perdersi in quel bacio. Il cuore iniziò a batterle così forte nella gabbia toracica che ebbe paura potesse uscirle dal petto. Non si staccò. Non lo avrebbe mai fatto. Schiuse lievemente la bocca offrendo il libero accesso al principe.
Era peccato.
Non avrebbero dovuto spingersi oltre, ma ai due amanti poco importava.
Arthur la sollevò con le braccia, mentre lei cingeva il perimetro del suo bacino con le gambe, aggrappandosi a lui. Il principe si diresse verso la porta, aprendola al meglio che poté, catapultandosi nella stanza, dove l’avrebbe spinta contro il muro.
Sentì Morgana sfilargli con un gesto repentino la camicia da dosso, mentre lui ricadde sul letto.
La castellana si mosse lievemente su di lui, smettendo di baciarlo solo per un istante, per avvicinare la sua bocca al suo orecchio «Vinco sempre io, Arthur Pendragon.»

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Capitolo 3
*** You&Me...And Him ***


III. You&Me…And Him


I giorni dopo quella notte sembravano passare troppo velocemente per Morgana.
Insieme ad Arthur, aveva deciso di non dire a nessuno della loro relazione, facendola rimanere segreta. Che senso avrebbe dire a qualcuno che loro due si amavano? Per Morgana quello era un sentimento che riguardava solo loro due, nessun altro. E in fondo doveva ammettere che la paura di essere scoperti rendeva il tutto più eccitante.
Morgana si divertiva nel lanciare al principe sguardi ammaliatori mentre erano seduti a tavola in presenza di Uther, ignaro delle loro notti di passione e dei mille baci che si scambiavano appena fossero lontani dagli sguardi indiscreti del popolo, del re, di tutti. Il giovane in tutta risposta storceva il viso per l’imprudenza della ragazza, distraendosi così ai discorsi del padre che, prontamente, gli rimproverava di non essere attento.
Quella sera si erano dati appuntamento nella sala del trono a tarda notte, quando tutti ormai erano consenzienti vittime nelle braccia di Morfeo. E così anche lei, pensò Morgana, sarebbe stata vittima consenziente dell’amore del principe.
Era sgattaiolata dalla sua stanza come una ladra, con passo felpato. Camminò cauta per i corridoi lunghi e freddi del castello, illuminati solo dall’ardente luce delle torce. Passò accanto ad una di queste, e ne sentì il calore sfiorarle la pelle. La castellana si sentì come quelle fiamme, viva e in continuo mutamento. Ogni giorno con Arthur era una nuova avventura. La loro.
Aprì delicatamente la porta che affacciava all’immensa sala del trono. Un sorriso le si disegnò sul volto quando notò Arthur, le spalle contro il muro e braccia incrociate al petto, ad aspettarla.
Il volto del principe si illuminò appena la vide. Aveva indosso la sua vestaglia color panna, candida, che le delineava perfettamente ogni forma. Si staccò immediatamente dalla parete, mentre la ragazza gli andò incontro. Mentre la guardava avanzare verso di lui, poteva notare il riflesso della notte sul suo volto, che le donava un’aria quasi angelica…quasi.
Un bacio. Non vi era un modo migliore per salutarsi, pensò Morgana. Sorrise distaccando lievemente le sue labbra da quelle peccaminose del ragazzo, cercando con lo sguardo i suoi occhi. Ripensò per un secondo a quella folle notte d’amore. Morgana aveva perso il candore con quel ragazzo che ora le cingeva forte la vita con le mani, quel ragazzo che un giorno sarebbe diventato il re di tutta Camelot. Il suo re.
« Sei bellissima. » sentì la voce del principe rimbombarle in tutto il corpo, anche nelle vene se possibile, mentre lievemente le scostava una ciocca ribelle dal volto.
Morgana pensò di perdersi in quei meravigliosi occhi oceano, splendenti anche di notte, senza che vi fosse luce. Sorrise maliziosa tanto quanto bastava per togliere il fiato al principe che la vide avvicinarsi, col viso sempre più vicino al suo « Lo so. »
La castellana suggellò quelle parole con un bacio intenso, proprio come il loro amore.
Una voce improvvisa catturò l’attenzione dei due fratellastri, mentre furtivamente interruppero il loro prezioso attimo d’intimità. Morgana sentì il cuore accelerarle in modo innaturale nel petto, mentre con gli occhi sbarrati cercava riparo in Arthur. Quest’ultimo riprese fiato quando riconobbe la voce di un cavaliere nel corridoio, probabilmente stava facendo il suo giro notturno. Erano al sicuro, almeno per il momento.
« E’ solo la guardia che sta facendo il suo giro, non c’è nulla di cui preoccuparsi. »  il principe rassicurò la ragazza, mentre le carezzava lievemente un braccio, tenendola stretta.
« Sarebbe stupendo potersi baciare anche alla luce del sole però, ritagliando un attimo solo per noi. »
Morgana non aveva intenzione di divulgare ai quattro venti la sua storia con Arthur, ma non voleva nemmeno poter passare con lui solo cinque minuti al giorno. Doveva assolutamente assaporare il gusto che aveva stare un’intera giornata da sola con lui, lontana da tutti « Partiamo, andiamo via. Solo per un giorno, lontano da tutto e da tutti! » gli occhi di Morgana brillavano di luce propria, mentre il sorriso che aveva in volto tradiva un’aria sognatrice.
Il principe sembrava essere tentato da quelle parole, ma sapeva che sarebbe stato sciocco fuggire in quella maniera, solo per il gusto di stare insieme. A Camelot c’erano delle priorità ed andavano rispettate « Morgana, non possiamo andarcene via in questo modo. Solleveremo il caos a Camelot ed io non posso permettere che questo succeda. »
La pupilla del re si ricompose, allontanandosi lievemente dal ragazzo, divincolandosi dalla sua presa. Corrugò la fronte assumendo un tono d’accusa « Quindi per te Camelot verrebbe prima di tutto, prima di me! »
« Morgana, per favore… »
La ragazza lo ammonì, alzando il tono di voce senza neanche accorgersene « No, la verità è che tu hai paura di quello che tuo padre potrebbe dire. Tu hai paura del giudizio di tuo padre! E’ così che vorrai governare il tuo regno, basandoti sulle opinioni degli altri? »
Lo guardava fisso negli occhi, quasi a volerlo disarmare solo col suo sguardo. Morgana però non notò alcun cedimento da parte del principe e così decise di voltargli le spalle, mentre scuoteva la testa. Se quel ragazzo non era capace di scegliere tra lei e il padre, tanto valeva finirla lì. Cosa sarebbe successo se Uther non avesse approvato la loro relazione? Arthur avrebbe mandato tutto all’aria solo per paura del giudizio paterno e questo Morgana non poteva reggerlo.
Fece per allontanarsi quando si sentì prendere per un braccio, magari non era ancora tutto perduto « Non ho detto che non voglio trascorrere una giornata da solo con te. »
Le labbra di Morgana s’incurvarono in un sorriso compiaciuto. Aveva avuto la meglio sul principe, ancora una volta. Doveva proprio ammettere che le piaceva il potere che aveva su di lui. Si voltò piano, nascondendo il suo sorriso, chiedendo con una mossa del capo di spiegarsi meglio.
Arthur la guardò con la sua solita sicurezza stampata negli occhi « Domani mattina, alle nove, recati fuori dalle mura del castello. Ti aspetterò lì. »

*
 
Morgana quella mattina presto si era recata nella sala reale, dove Uther, seduto a capo tavola era evidentemente sovrappensiero. La ragazza si fece largo tra le due guardie che sguainavano le spade, incrociandole a mezz’aria, impedendo a chiunque il passaggio che fu ovviamente concesso alla pupilla del re.
Riuscì a persuadere Uther nel farla uscire da sola, a cavalcare per un lasso di tempo necessario per schiarirsi la mente. Aveva inventato infatti di aver rivisto il volto di suo padre, Gorlois, in sogno e che ciò l’avesse destabilizzata. Aveva dunque bisogno della sua privacy per ritrovare la serenità nella sua mente. Inizialmente il re era contrario, ma di fronte alle parole disperate di Morgana che lo pregavano di capirla, proprio come un padre avesse fatto con sua figlia, si convinse seppur contrario all’idea di lasciarla andare.
Così facendo Morgana si incamminò verso le mura del castello, proprio come deciso con Arthur la notte precedente. Era di un leggero ritardo, ma si sa, che ogni dama che si rispetti deve far attendere il suo cavaliere. Mentre si avviava fuori alle mura del castello, sentì un’adrenalina crescere sempre di più in lei, fino a farle tremare quasi le gambe. Non si era mai sentita così prima d’ora, ma la eccitava l’idea di avere il principe tutto per sé.
Appena arrivata a destinazione si ricompose, quei pensieri non sarebbero mai stati ovvi per Arthur. Tutta l’allegria della ragazza si spense all’istante, proprio quando notò che al fianco del principe, retto in piedi accanto al cavallo, vi era il suo servitore.

*
 
Morgana sembrò essere imbronciata per tutto il tragitto, anche perché stando in sella al suo cavallo bianco, non aveva degnato neanche di uno sguardo il principe, che iniziò a spazientirsi del muso lungo della sorellastra.
Merlin da parta sua, se ne stava il più possibile in disparte tra i due, appena dietro il cavallo immacolato della pupilla del re. Osservava di sottecchi i loro atteggiamenti, mentre iniziava davvero a sentirsi a disagio. D’improvviso sentì lo sguardo di Morgana su di sé e questo bloccò la sua lieve risata all’ennesimo sbuffo di Arthur. Lo aveva praticamente incenerito con lo sguardo e il mago, suo malgrado, ritirò lo sguardo abbassandolo sulla criniera nera del suo cavallo, lasciando scomparire la lieve curva del sorriso sul suo volto.
La castellana si era voltata a guardarlo, sì, perché stava pensando a come sia potuto venire in mente ad Arthur di portarlo con sé. Insomma, non voleva essere vista da nessuno, figurarsi da Merlin!
La verità è che non riusciva ad inquadrarsi loro tre nella stessa scena… insomma lei, Arthur …e Merlin. Stonava anche solo a pensarlo.
« Morgana si può sapere cosa ti prende? »  la poca pazienza del principe si fece sentire. Spazientito la guardò in volto, cercando al più presto la risposta che gli spettava.
« Pensavo dovessimo restare da soli! »  tagliò corto la ragazza, ignorando lo sguardo perplesso di Arthur. Evidentemente non si era posto il suo stesso problema quando si preparavano a partire.
Lo vide corrugare la fronte come se Morgana avesse detto una cosa del tutto scostante dal loro discorso, cosa che fece non poco salire il sangue al cervello alla ragazza « Ma siamo soli! »
La sorellastra fermò di sasso l’andatura lenta del cavallo, così da poter ottenere la totale attenzione del ragazzo. Probabilmente quei piccoli sobbalzi provocati dall’equino gli avevano offuscato la mente « Soli? »
Il servo del principe incrinò la testa verso il verde manto del terriccio, mentre aveva di conseguenza fermato il suo cavallo. Era sicuro di avere nuovamente gli occhi di Morgana puntati nella sua direzione.
Ne ebbe la conferma quando sentì la voce sconcertata di Arthur, per quella preoccupazione della sorellastra, farsi spazio nel silenzio della foresta «  Ma è Merlin! »
Morgana diede un leggero colpo col piede al fianco del cavallo che iniziò a muoversi in avanti, più veloce di prima, allontanandosi nella foresta « Allora goditi da solo la cavalcata, Arthur. »
Il principe tentò di richiamarla, ma fu del tutto inutile, ormai la sagoma di Morgana era ormai lontana dal punto in cui il suo cavallo era fermo. Sentì la rabbia impossessarsi del suo corpo, perché quella ragazza non poteva semplicemente accontentarsi?
Se le sarebbe successo qualcosa Uther l’avrebbe fatto impiccare e in fondo, non se lo sarebbe perdonato neanche lui per quanto potesse negarlo in quel momento. Si voltò verso il suo servo, cercando forse l’appoggio che gli serviva. Voleva almeno sentirsi dire che aveva ragione.
Merlin, sentito chiamato in causa dallo sguardo stupefatto di Arthur dal comportamento di Morgana, alzò le spalle con noncuranza « Magari preferiva Gwen. »
«  Merlin…»  il principe aveva iniziato a scandire lentamente ogni lettera del suo nome, voltando il cavallo nella direzione dove la ragazza era scomparsa qualche minuto prima « Sta’ zitto. »

*
 
Perché era scappata in quel modo? Perché Arthur era un completo idiota. Avrebbero potuto stare da soli, lontano da tutti e invece si era portato dietro il suo servo. Non era possibile, non era concepibile. Sconfiggere dei mostri insieme come l’Afank ci stava, ma baciarsi mentre Merlin li guardava era un altro canto.
No, non ce l’avrebbe mai fatta. Perché? Perché no, punto. Non aveva senso.
Era scesa da cavallo, decidendosi così a sedersi su un tronco abbattuto. Lasciò scorrere il suo sguardo lungo la superficie lignea per poi farlo ricadere tra i mille alberi che contornavano quel posto. La luce filtrava lieve tra quei tronchi, traversando le foglie verdi delle chiome alte. Era talmente persa in quel panorama che neanche si accorse di un piccolo insetto che si avvicinava a lei. Morgana era distratta, ripensava a quell’imbecille del suo fratellastro che forse la stava già cercando sbraitando il suo nome ad un volume così alto da spaventare tutti gli animali della foresta.
Sorrise beffarda a quel pensiero finché non si sentì pungere la mano. Si voltò subito con una smorfia dolorante in volto, levandosi quell’orrido insetto nero dalla sua mano.
Si era alzata d’istinto dal tronco, guardandosi intorno, cercando di ritrovare la figura del suo cavallo. D’improvviso sentì girare la testa, le sembrò che la foresta avesse iniziato a girare in un vortice creato dal nulla, mentre piano la sua vista si annebbiava. Cadde a terra dopo neanche una frazione di secondo. Per una frazione di secondo, prima che diventasse tutto nero…aveva rivisto il suo volto.

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Capitolo 4
*** My Remedy And My Poison ***


My Remedy and My Poison

Era successo esattamente ciò che non doveva accadere. Arthur era riuscito a trovare Morgana nella foresta, ma avvertì una fitta allo stomaco quando realizzò che la ragazza era incosciente, priva di sensi, stesa sull’erba umida.
La issò con delicatezza, per poi adagiarla sulla sella del suo cavallo. Dovevano ritornare al palazzo il prima possibile, Gaius avrebbe sicuramente saputo cosa fare.
*
Il principe spalancò con un irruenza la porta che dava allo studio del medico, seguito da un impacciato e preoccupato Merlin. Il medico sobbalzò al rumore violento della porta contro la parete, tanto da fargli rovesciare qualche goccia della provetta tra le sue mani sul pavimento scuro e gelido. Gli bastò dare un’occhiata alla scena che si ritrovava dinanzi per capire che non era nulla di buono « Cosa è successo? »
Arthur irato con Morgana, con sé stesso per quello che era successo, riuscì solo a farfugliare delle frasi tentando di respirare in maniera regolare « L’abbiamo trovata in questo stato. »
Il medico si mosse preoccupato, facendo segno con la mano al principe di adagiare la ragazza sul suo letto, mentre si affrettava a riporre la provetta sul tavolo e dirigersi verso di loro « Adagiatela sul letto. »
Iniziò ad esaminare la castellana accuratamente. Gaius era un ottimo medico, Arthur lo sapeva bene, ma questa consapevolezza non bastò a farlo sentire più sereno. Era impazientito, anche se cercava di mantenere la calma incrociando le braccia al petto « Allora? Cos’ha? »
Merlin osservava il suo mentore, ritto in piedi con le mani lungo i fianchi, dietro la figura del principe. Aspettava con ansia repressa una parola del medico, volendo scoprire quanto prima la gravità della cosa. Il ragazzo si fidava di Gaius. Era la persona più saggia e sapiente che avesse mai conosciuto. Vedeva trapelare sapienza ovunque, dalle rughe in volto, sino ai lunghi capelli bianchi che gli ricadevano fino all’altezza delle spalle. Si fidava di quell’uomo e sentiva un senso di protezione al suo fianco. Gaius era anche l’unico a sapere il suo segreto.
Il medico mosse il capo verso il principe, guardandolo con sguardo incredulo e preoccupato « Lady Morgana è stata avvelenata. »
Merlin alzò repentino lo sguardo da terra puntandolo sul volto del suo mentore, sperando magari di aver capito male. Lo sguardo che il medico gli dedicò però non fece altro che affermare la sua preoccupazione. Arthur al suono di quelle parole abbassò il capo, non avendo il coraggio di incrociare la figura di Morgana sdraiata, nel sudicio letto nelle stanze del medico. Si sentì improvvisamente in colpa per quanto fosse successo, ripensando che forse era stata tutta colpa sua se la sorellastra era in quello stato. Avrebbero dovuto rimanere a Camelot, senza fare inutili sciocchezze.
Serrò la mascella tenendo lo sguardo basso e le mani incrociate contro il petto « Non c’è niente che tu possa fare? »
Il medico si raddrizzò, quel tanto che la sua veneranda età potesse permettergli per poi proseguire ostentatamente pacato « Farò tutto ciò che è in mio potere, mio signore. »
Il principe si mosse dal suo posto, uscendo dalla stanza a capo basso, serrando le mani in pugni. Avrebbe dovuto affrontare anche l’ira incontrollata di suo padre che molto probabilmente l’avrebbe disdegnato se solo avesse saputo il motivo della loro fuga da Camelot.
Quella, era assolutamente la giornata peggiore che Arthur avesse mai conosciuto.
*
Quando il principe fu ormai lontano dalle stanze del medico, Merlin si decise ad aprire bocca « Credete di avere un rimedio a tutto questo? »
Gaius armeggiava con le sue pozioni, cercando in vano qualche rimedio adatto per la figliastra del re « Il veleno assunto da Morgana è molto potente. Deve essere stata morsa da una creatura che non rientra nella norma. »
Il mago sollevò il capo verso il suo mentore, quasi come folgorato da un’illuminazione divina  « Una creatura magica. »
Il medico lasciò che il suo sguardo diventasse velato dalla preoccupazione, bassando lievemente il capo « Temo di sì. »
A quel punto Merlin vide tutto più semplice e rassicurante: in quel tempo passato a Camelot aveva imparato che la magia andava sconfitta con la magia e con nessun’altra arma o antidoto e, si dava il caso che lui fosse un mago « Potremmo usare la magia! »
Il servo del principe si era avvicinato di colpo al mentore, quasi come se quella vicinanza potesse influire nella sua scelta. La risposta di Gaius fu però ben diversa da quella che si aspettava, lo vide infatti incrociare il suo sguardo con fare austero, come se stesse osservando un completo idiota « Sei forse impazzito?! »
Merlin non era impazzito.
Si voltò a guardare la figliastra del re stesa sul letto del suo mentore, con un particolare pallore al viso. Non poteva nemmeno immaginare quanto stesse soffrendo in quel momento. Non poteva vederla in quella condizione, non se lui poteva aiutarla. Non l’avrebbe lasciata morire, non l’avrebbe permesso « Io posso salvarla, Gaius. Dovreste lasciarmi tentare! »
L’anziano rimase con lo sguardo fisso negli occhi del ragazzo per un tempo a Merlin indefinito. Stava riflettendo sulla decisione da prendere, era evidente. Il giovane mago sostenne lo sguardo del mentore, mettendo prova di tutta la sua caparbietà cosa che a Gaius non sfuggì. Distolse lo sguardo dal ragazzo, riprendendo con tono pacato « Consulta il libro che ti ho regalato, ma fa’ in fretta! »
*
Merlin stava sfogliando energicamente ogni pagina di quel maledettissimo libro, leggendo sommariamente ogni parola fin quando Gaius non lo rimproverò di essere troppo precipitoso e gli consigliò di ricontrollare meglio le pagine precedenti.
Il ragazzo era sicuro di aver visto e controllato più che bene ogni singola parola delle pagine antecedenti non trovandoci però alcuna traccia di un possibile rimedio all’avvelenamento di Lady Morgana. Iniziò a sentire una scossa dentro di sé, avvertendo un’improvvisa ansia crescere dentro di lui: se non si fosse dato una mossa il più presto possibile, l’avrebbe persa.
I pensieri del ragazzo vennero interrotti dall’improvviso spalancarsi della porta; drizzò il capo in avanti e non appena colse la figura di Uther si affrettò a richiudere il libro, con le mani tremanti: la magia a Camelot era proibita e se solo il re avesse scoperto il suo segreto lo avrebbe fatto bruciare vivo, magari con Gaius a farlo compagnia siccome lo aveva nascosto tutto quel tempo.
Per sua fortuna il sovrano sembrò non curarsene e corse preoccupato ai margini del letto, accanto alla figura morente della figliastra. Le prese una mano, stringendola con disperazione nelle sue, per poi portarsela in volto accarezzandone il palmo con la sua guancia.
Il modo in cui Uther fosse devastato da quella notizia sorprese non poco il giovane mago che pensava al cuore del sovrano come una roccia grezza; a quanto pareva le uniche persone in grado di far sciogliere il cuore gelido del re erano solo due: suo figlio e la sua figliastra.
Ne era davvero fin troppo legato per essere solo suo padre adottivo, si ritrovò a pensare Merlin o molto probabilmente era solo più umano di quel che credeva.
« Gaius, hai trovato una cura? » il re non aveva smosso lo sguardo dal viso pallido della figliastra. Ne osservava l’ancor presente seppur lento respirare.
« Sto facendo il possibile, Sire. » fu la risposta pronta del medico di corte che intanto aveva ripreso ad osservare di sottecchi il servo del principe. Merlin in quel momento comprese cosa poteva realmente fare: c’era un’unica persona o per meglio dire, un’unica creatura alla quale poteva rivolgersi per ottenere l’aiuto necessario, il Drago.
Uther sfiorò piano le onde nere che si erano adagiate sul cuscino, carezzando piano il viso di Morgana. Il sol pensiero di perderla lo tormentava e non riusciva più a tenersi tutto quel fardello dentro, così si decise a parlare «  Morgana è mia figlia. »
Gli sguardi attoniti del medico e del servo dissero più di quanto qualsiasi imprecazione avesse mai potuto esprimere. I sentimenti di Uther sembravano finalmente più chiari agli occhi del mago seppur gli appariva ancora distorta tutta la situazione. Morgana era di poco più grande di Arthur, questo voleva dunque dire che il re aveva tradito sua moglie con un’altra donna.
La voce del sovrano era diventata rigida e autoritaria, mentre si rialzava dalla sua posizione e avanzava minaccioso verso i due « E questo Arthur non lo dovrà mai sapere. » lo sguardo di Uther si concentrò maggiormente su quello del servo che sobbalzò al pensiero di essere reso così sotto mira dal re.
Terminata quella frase, il re girò sui tacchi, beando della sua assenza i presenti nella stanza, rimasti del tutto sconcertati.
Merlin, quando ebbe realizzando a pieno la situazione si ritrovò a pensare al principe e a come avrebbe mai preso quella notizia, se mai l’avesse saputa. Non sarebbe stato più libero di amare Morgana. Rabbrividì per un secondo accorgendosi che, non gli dispiaceva più di tanto. Cacciò immediatamente quei pensieri dalla mente, mentre si sbrigava a dirigersi nei sotterranei, dove avrebbe chiesto consiglio al Drago.
*
Arthur aspettò che le stanze del medico fossero deserte per entrarci. Gaius era andato a rifornirsi di erbe, mentre Merlin sembrò essersi volatilizzato come d’incanto. Accanto al letto, dove Morgana vi era adagiata, vi era la sua fedele serva. Quest’ultima appena notò la presenza del principe si alzò di scatto rivolgendogli un inchino. Arthur non sembrò farci caso, il suo sguardo era rivolto principalmente sulla figura della sorellastra « Sto io con lei…puoi andare. » il principe prese posto nello spazio del letto che Ginevra aveva lasciato libero.
La serva seppur indecisa fu costretta a lasciare solo il principe con la sua padrona, così uscì dalla stanza dopo averli riservato un altro rigoroso inchino.
Arthur lasciò che il suo sguardo incrociasse le labbra schiuse di Morgana che ormai avevano perso il loro naturale colore acceso. Non poté far a meno di sentirsi responsabile di tutto quello. Costrinse i suoi occhi a guardarla con insistenza per un’ultima volta, a bearsi di averla tutta sua ancora per una volta. Giurò su se stesso che non l’avrebbe mai più guardata in quel modo.
Fece ricadere morbidamente le sue mani sulle sue gote, lasciandole ricadere fino alla curva del mento, ripromettendosi di toccarla in quel modo solo per quell’ultima volta. Sfiorò col pollice le sue labbra, riscoprendo un brivido corrergli lungo la schiena e ripensando a quanti baci avrebbe potuto rubarle giorni addietro, baci che mai più le avrebbe offerto.
Prima che i suoi occhi potessero appesantirsi dall’emozione si sporse lievemente sul suo corpo inerme, poggiando le sue labbra su quelle secche e incolore della ragazza. Quello, sarebbe stato l’ultimo bacio di cui si sarebbe beato. L’ultima traccia del suo amore che Arthur avrebbe portato con sé.
Il principe decise di alzarsi dal letto, muovendo piccoli passi verso la porta per poi fermarsi a metà percorso. In cuor suo non avrebbe mai voluto prendere quella decisione, ma si convinse che quella fosse la cosa giusta da fare. Aveva ascoltato ogni parola detta da suo padre in quella misera stanza che da quel giorno in poi avrebbe odiato. Era rimasto ad ascoltare, fuori dalla porta cercando in vano il coraggio di entrare, ma quando sentì Uther proferire tali parole restò immobilizzato. La rabbia avrebbe avuto il sopravvento su di lui se non fosse stato innamorato di Morgana. Sentì invece il mondo crollargli addosso, mentre avvertì il bisogno di evadere da quel posto, rigettando tutta la sua frustrazione in allenamento, magari.
Arthur si smosse dal centro della stanza raggiungendo finalmente la porta che aprì all’istante. Morgana era sua sorella e lui non avrebbe mai più potuto amarla. Vinto da quella convinzione chiuse la porta alle sue spalle per incamminarsi altrove.
*
Merlin rientrò di corsa nelle stanze dove Gaius stava vegliando sulla figlia del re « Come sta? » il ragazzo si era avvicinato alla figura del suo mentore, preoccupato che avesse fatto troppo tardi.
Il medico suo malgrado, si era alzato dalla sua posizione ricurva su una sedia ai margini del letto, prestando massima attenzione al ragazzo « Non possiamo più indugiare a lungo. »
Il servo del principe annuì quasi come un automa, posizionandosi dinanzi al letto, appena dopo che Gaius si fosse alzato e gli avesse lasciato lo spazio necessario per effettuare l’incantesimo.
Merlin chiamò a sé tutte le sue forze interiori. Era di fronte alla figliastra del re, Morgana e lei stava apparentemente dormendo su quel che era il letto del suo mentore. Stava per usare la magia su di lei, per salvarla. Non avrebbe di certo esitato più a lungo, piuttosto sperava di non sbagliare.
Posò la sua mano destra sul cuore della ragazza, sovrapponendone quella sinistra, premendo con forza. Chiuse gli occhi mentre sentì le pupille vibrare febbrilmente sotto le palpebre abbassate.
Sentiva il, seppur debole, battito cardiaco di Morgana: evidentemente il veleno era quasi riuscito a svolgere il suo compito.
A quell’idea si adirò al sol pensiero di poterla perdere, così iniziò a recitare, sempre più ad alta voce, un incantesimo nella lingua dell’Antica Religione.
Le palpebre della pupilla del re, iniziarono a muoversi, a sollevarsi quasi istintivamente, ma la ragazza non era cosciente. Ebbe un fremito improvviso che la portò a sussultare mentre le sue labbra tornarono rosse come sempre e la sua pelle riprendeva il suo regolare candore.
Merlin aprì istintivamente gli occhi, sperando che la sua magia avesse fatto effetto e quando vide il corpo della figliastra del re rilassarsi sul letto del suo mentore, ne ebbe la conferma. Morgana era salva.
 
*
 
Sua sorella si era appena svegliata.
Sua sorella adesso stava meglio.
Sua sorella lo stava guardando mentre percorreva a capo basso il corridoio.
Sua sorella lo aveva fermato e gli aveva sorriso d’istinto, con quell’aria sognante che la tradiva e che Arthur aveva sempre amato. Lo aveva abbracciato d’istinto ma lui non si era mosso.
Morgana si sentì mancare, come se avesse compreso che qualcosa non andava. Il principe non l’aveva stretta forte fra le sue braccia, non sembrava neanche tanto felice di vederla, quasi come se per tutto quel tempo non fosse stata in bilico tra la vita e la morte.
Aveva aggrottato la fronte, del tutto spiazzata da quella sua reazione: non si era minimamente immaginata di vederlo piangere dalla commozione, quelle cose non appartenevano al carattere orgoglioso del principe, ma si aspettava quanto meno una reazione più dignitosa del sentimento che provava nei suoi confronti « Si può sapere cos’hai? »
« Niente » le aveva risposto secco, voltando lievemente il capo in avanti.
La ragazza l’aveva fermato, costringendolo a guardarla negli occhi « Arthur, non sono Uther e quindi capisco quando menti. Cosa ti è successo? »
Il principe ci aveva pensato spesso in quelle ultime ore da quando aveva saputo che Morgana si era risvegliata. Aveva pensato a come affrontare quella situazione, a darne un senso siccome per lui non ne aveva. Voleva dirle la verità, ma qualcosa lo frenò.
La castellana si sentì trafiggere dallo sguardo duro del principe « Abbiamo sbagliato, Morgana. Ci siamo comportati da due incoscienti ed io non posso perdonarmi di quel che ti è successo. »
« Abbiamo sbagliato? Per te la nostra relazione è un errore dunque! » la ragazza era irata, non poteva credere di aver udito per davvero quelle parole da Arthur. Sentì qualcosa dentro di sé spezzarsi e questo la faceva imbestialire ancora di più. Il principe doveva essere chiaramente impazzito!
« Sì. »
Quelle parole ferirono il cuore di Morgana quanto una spada affilata, dritto nel petto. Come poteva Arthur affermare quelle cose? Non era vero, stava mentendo. Lei sapeva che il principe era innamorato di lei e Morgana era innamorata nella stessa maniera di Arthur.
Era sicura che stesse scherzando, ma non vide accenno di sorriso sul volto del ragazzo, così iniziò a preoccuparsi per davvero. Lei, Morgana figlia di Gorlois, aveva paura. Paura di perdere. Perdere lui.
Lo fermò per il polso vendendo che stava iniziando ad allontanarsi, ma fu tutto inutile. Il principe si dimenò dalla sua presa, fino a liberarsi. Era riuscito a dirle uno stupido e misero “ Mi dispiace” per poi voltarle le spalle ed incamminarsi.
Quella volta Morgana non tentò nemmeno di fermarlo. Sentì gli occhi pizzicarle fastidiosamente, improvvisamente inceppati di lacrime. Si voltò frettolosamente, con uno scatto repentino, mantenendosi il vestito verde che aveva, tra le mani, per non cadere. Vedeva il nulla di fronte a sé, riusciva solo a sentire l’eco delle parole di Arthur nella sua mente.
Non poteva essere vero, avrebbe voluto sparire.
Aprì d’impeto la porta che dava accesso alle sue stanze e la richiuse con violenza alle sue spalle. Sentiva un groppo alla gola, era sicura di non riuscirsi a contenere ancora per molto e quegli occhi erano diventati davvero troppo pesanti. Cercò di indirizzare lo sguardo verso l’alto, impedendo alle lacrime di fuoriuscire.
Era guarita miracolosamente da un avvelenamento, ma Arthur aveva rovinato tutto.
Sentì una lacrima rigarle il viso, mentre si affrettò ad arrestare il suo corso con la mano destra, stizzita.
Il veleno era ancora in circolazione nel suo corpo, poteva sentirlo scorrere nelle vene e rallentare i battiti del suo cuore, ma sfortunatamente non c’era rimedio per quel male, non c’era rimedio al veleno di poche parole che avevano irrimediabilmente spezzato il suo cuore.

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Capitolo 5
*** Golden And Blue ***


V.Golden And Blue 


Erano passati giorni dalla volta in cui Arthur le aveva spezzato il cuore. Morgana aveva deciso che nessuno, a maggior ragione un completo idiota regale, poteva farla soffrire.
Gli incubi erano senz’altro aumentati, questo la castellana doveva ammetterlo, ma sicuramente non era colpa del principe. Il troppo stress, sì. Quello era sicuramente un motivo consono per perdere il sonno o renderlo indigesto.
La figliastra del re continuava ad avere un comportamento normale con tutti quelli che conosceva: servi, cavalieri, perfino con Uther. Con Arthur le cose erano abbastanza diverse. Lo evitava volutamente e se lo guardava negli occhi era solo per incenerirlo col pensiero.
Tutto questo avvenne solo dopo che Morgana avesse deciso che evitare il suo sguardo sia sinonimo di debolezza e, orgogliosa com’era, non avrebbe mai lasciato tale vittoria all’idiota reale. No, l’avrebbe sconfitto man mano, sostenendo il suo atteggiamento finché non sarebbe crollato ai suoi piedi, strisciando ed implorando perdono.
Quel giorno si trovava nella cittadella, nel cuore del mercato beata dalla compagnia della sua fedele serva, Gwen.
In quei giorni, quando anche gl’incubi erano aumentati, iniziò a sentirsi piuttosto strana, come se qualcosa in lei non andasse.
Si erano affiancate ad una bancarella di stoffe, dove Ginevra stava accuratamente scegliendo quelle più idonee per la tessitura di un abito adatto alla sua signora, quando Morgana avvertì un urlo glaciale sovrastare perfino il chiacchiericcio delle persone presenti al mercato.
Un uomo, stringeva in un pugno i capelli di una ragazza, chinata a terra mentre piangeva esasperata. Erano popolani, lo si evinceva dai vestiti malconci e trasandati, sbiaditi.
La ragazza aveva la pelle sporca e piena di lividi e non la smetteva di urlare e piangere disperata. Chiedeva disperatamente aiuto, anche se aveva lo sguardo perennemente posato sul pavimento.
Gli occhi di buona parte dei presenti si catapultò su quella scena, non reagendo come Morgana si aspettava. Sembravano tutti inorriditi, ma per nulla intenzionati ad agire, intervenire.
L’uomo trascinò la donna ad alzarsi tirandola per i capelli, provocandole un dolore inaudito tradito da un urlo spezzato dalle lacrime.
« Bisogna che qualcuno intervenga! » la castellana non era riuscita a trattenere il suo disappunto, rivolgendosi alla sua serva.
« Non c’è niente che si possa fare, my Lady. » l’uomo della bancarella di stoffe doveva averla sentita, siccome si rivolse a lei con una particolare pacatezza « Quella donna è stata accusata di adulterio, la pena è la fustigazione. »
La pupilla del re sgranò gli occhi a quella risposta, riscoprendosi improvvisamente disgustata dal comportamento di quell’uomo: era sempre stata solita pensare al tradimento come un atto vile, ma non se riguardasse l’amore. L’amore è passione, irrazionalità. L’amore non ammette limiti né mezze misure. L’amore, Morgana ne era fermamente convinta, porta a fare cose stupide.
Non poteva assistere a quella scena, non poteva vedere un secondo in più il pugno di quell’uomo ferire violentemente il volto della donna, sfregiandoglielo. Colpirla violentemente con i calci all’addome. Quella donna, sembrava non avesse più diritto ad una dignità.
La rabbia si impossessò del suo corpo. Quell’uomo le aveva ricordato Arthur: grazie a lui si era sentita proprio come quella donna, ferita e spogliata di ogni orgoglio. Lei che con i suoi occhi lo intimava a fermarsi e lui, che con un colpo violento la metteva al tappeto.
Sentì la mascella serrarsi meccanicamente, mentre fissava il suo sguardo sull’uomo. C’era un’ascia poco distante, riposta sulla parete del vecchio fabbro, quasi come trofeo. Avrebbe tanto voluto che gli mozzasse la testa in quel preciso istante, ricadendo sul suo collo come per magia.
Durò un secondo. Morgana sentì gli occhi tremarle, arderle come tizzoni ardenti. I suoi occhi divennero dello stesso colore dell’oro, ma di questo nessuno sembrò accorgersene. Come desiderato dalla figliastra del re, l’ascia sembrò cadere, mentre il fascio di ferro che la teneva salda cedette la presa. La lama affilata cadde esattamente sulla spalla dell’uomo, provocandone un dolore immane.
La scena sembrò agghiacciante. L’uomo aveva ormai mollato la presa ai capelli crespi della ragazza e si era costretto in ginocchio, piegato dal dolore.
Morgana boccheggiò, cercando il fiato che ormai aveva del tutto perso. Era stata lei, ne era sicura.
Sentì la stretta della sua serva sul suo braccio. Ginevra, come lei, non tollerava simili scene di sangue.
« Un medico! C’è bisogno di un medico!» qualcuno si era catapultato sull’uomo per aiutarlo.
Morgana sudò freddo, mentre desiderava di non essere mai uscita dal castello.
 
*
 
L’uomo fu portato d’urgenza nelle stanze di Gaius, sotto le indicazioni di Morgana. Voleva che quell’incubo finisse il prima possibile, e il medico di corte era la sua unica speranza: l’aveva guarita da un avvelenamento potente dopo tutto!
Non sembrò una ferita grave, di fatti Gaius era riuscito a medicarlo nel meglio possibile, ma la figliastra del re non poté che sentirsi a disagio, come se da un momento all’altro qualcuno l’avesse incolpata. Sudava freddo ed aveva le mani tremanti. Sentiva di poter dare nell’occhio, ma era anche risaputo che le donne avessero un animo gentile e propenso ad agitarsi alla vista del male, così cercò di non curarsene.
Solo uno sguardo sentì fisso su di lei, due occhi che ormai aveva imparato a riconoscere. Il servo del principe la stava guardando, ma non appena incrociò lo sguardo lo vide voltarsi, come se non volesse farle intendere che la stesse guardando da tempo.
Morgana si ritrovò a corrugare la fronte per un brevissimo lasso di tempo. Ora era lei a guardare lui e si ritrovò a navigare nel suo inconscio, mentre un grosso punto interrogativo si creava nella sua mente. Era stato lui, Merlin, l’ultima cosa che vide prima che diventasse tutto buio.
Solo il suo volto, i suoi occhi azzurri come il cielo e poi il nulla, il nero più totale.

*
 
L’uomo era salvo, ma quel peso stava diventando opprimente per Morgana, doveva dire la verità a qualcuno, stava impazzendo. Un altro incubo aveva contribuito a spossarla.
Incurante di avere indosso solo la sua vestaglia bianca, scese dal suo letto con impeto, correndo lungo i freddi corridoi, illuminati solo dalle torce.
La figliastra del re era sopraffatta dalla paura, paura di essere una persona sbagliata, almeno per le leggi di quel regno. Morgana non aveva mai reputato la magia come qualcosa di malvagio, e chi la possedeva non poteva esserne incolpato.
Ma Uther la pensava diversamente.
La sua corsa fu arrestata da qualcosa, per meglio dire qualcuno, contro il quale aveva sbattuto. Una blusa blu si figurò dinanzi ai suoi occhi, mentre si accorgeva di avere il polso legato in una mano.
« State bene, My Lady?  » Merlin slegò piano le sue mani affusolate dal suo polso, quasi imbarazzato da quel contatto.
Morgana rimase a guardarlo dapprima spaesata, quel ragazzo continuava ad avere uno strano effetto su di lei. Stava correndo in quel corridoio per cercare qualcuno al quale dire tutto, tutta la verità. Il fatto di essere caduta nelle braccia del servo del principe, non poteva che essere una cosa positiva – finalmente- si ritrovò a pensare.
« Dobbiamo parlare! »
Stavolta fu Morgana a stringergli il braccio con le sue mani gelide e indiscutibilmente signorili. L’aveva trascinato nella prima stanza che le si era parata dinanzi, e solo dopo essersi assicurata che fossero soli si decise a parlare « Sono stata io. » aveva detto guardandolo fisso negli occhi « Ho ferito io quell’uomo, con la magia! »
Lo vide sgranare gli occhi ed impallidirsi all’istante. La figliastra del re non era stupida, sapeva benissimo che pericolo stava correndo nel dirgli quelle cose, ma lei si fidava di Merlin, ed era sicura che non l’avrebbe mai tradita. Suo malgrado, quella reazione la infastidì « Ho la magia Merlin, ed ho paura! »
Lo ritrovò a boccheggiare senza emettere una sola parola. Forse aveva sbagliato a fidarsi di lui?
Sentì la voce di Arthur reclamare la presenza del suo servo ed il cuore di Morgana iniziò a battere in maniera sconsiderata. Non osava neanche immaginarsi cosa le sarebbe successo se l’avesse detto al principe, che avrebbe dovuto amarla e che, la castellana sapeva benissimo, ne era ancora innamorata.
Lo fissò con insistenza, quasi a scongiurare il suo silenzio, ma Merlin non rispose come avrebbe desiderato lei. Lo vide invece voltarsi e raggiungere le stanze reali, lasciandola sola e del tutto impaurita.
Non le rimase che sperare, in preda al panico, che quel servo non la tradisse vuotando il sacco ad Arthur, il principe di Camelot… Un vuoto momentaneo prese vita alla bocca dello stomaco; il suo principe, ripensò con malincuore ricordando giorni passati.
 
*
 
Morgana era attanagliata dall’ansia.
E se il servo avesse parlato? Se Merlin non l’avesse protetta come sperava?
Non poteva più rimanersene seduta sulla sedia della sua stanza a guardarsi allo specchio, doveva sapere, avere certezze.
Ginevra non era ancora al suo servizio, come prevedeva il suo orario lavorativo, e questo valeva per la maggior parte dei servi. Era mattina presto, forse fin troppo, ma la castellana era fuori controllo. La sua mente era indomabile, stava scivolando in una crisi di nervi.
Si alzò repentina dalla sua sedia e al diavolo l’etichetta di corte, uscì impetuosa dalla sua porta, con passo deciso e veloce, ancora in vestaglia da notte, verso le stanze del medico di corte.
Molto probabilmente Gaius si sarebbe piombato su di lei propinandole una nuova pozione per tenere a bada lo stress ma, ne era sicura, l’avrebbe rifiutata. Aveva bisogno di Merlin, dovevano parlare.
Aprì la porta con impeto, tanto che per un attimo si chiese se non fosse stata davvero troppo precipitosa, ma la sua mente si paralizzò di colpo. I piedi sembrarono inchiodarsi al suolo e le gambe le fremevano sicuramente. Avvertì il cuore accelerare di botto mentre i suoi occhi si sgranarono d’istinto.
Dell’acqua stava fluttuando nell’aria. Era ricaduta sul pavimento non appena la sua presenza nella stanza fu avvertita.
Sentiva il cuore tamburellarle pesantemente nel petto, mentre si fece coraggio a guardarlo negli occhi. Li aveva visti passare dall’azzurro al dorato, cavolo!
S’irrigidì di colpo, capendo improvvisamente di essere al sicuro: non era l’unica a doversi nascondere.
« Non è come sembra! » la voce incerta di Merlin tradiva un assurdo tentativo di arrampicarsi sullo specchio migliore del reame, senza successo.
Morgana finalmente sentì la fortuna girare dalla sua parte. Forse non sarebbe stato così angosciante quel fardello, se condiviso.

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Capitolo 6
*** I Love You ***


VI. I Love You 


Erano passati mesi da quando Morgana aveva scoperto il segreto di Merlin, e da quel giorno lo aveva obbligato – ricattandolo – di insegnarle tutto ciò che sapeva sulla magia.
Avevano concordato di incontrarsi a notte fonda, quando ormai Ginevra non era più al servizio della sua padrona e Merlin del principe, fuori dalle mura del castello, nella foresta.
Per Merlin non era di certo un pericolo, ormai era abituato a salvaguardare la sua incolumità grazie ad incantesimi, ma per la figliastra del re era tutto più diverso. La sua magia si era manifestata da sola, senza che lei ne fosse cosciente e non sapeva proprio come potesse usarla.
Per questo motivo, Morgana stessa, aveva deciso che avrebbero trovato un altro posto più sicuro. Le stanze della ragazza erano da escludere, siccome a volte le guardie erano solite sorvegliarle; anche quelle del servo erano da escludere siccome le condivideva con Gaius.
« Ho trovato!  » il servo sembrò essere illuminato da un improvviso lampo di genio, mentre la figliastra del re rimase scettica alle sue parole. Aspettava che parlasse per zittirlo, siccome le sue non erano mai delle buone idee.
Ma il servo non parlò. Si mosse di qualche passo, per poi voltarsi verso la ragazza, avvolta in un candido abito viola e con i capelli sciolti in mille onde nere che le ricavano sulla schiena e sul petto. Si era ormai abituato a sentirsi se stesso con lei, sentiva di non doversi più nascondere…si sentiva legato a quella ragazza come a nessun’altro prima d’ora « Vi fidate di me?  »
Morgana guardò la pallida mano, rovinata dal duro lavoro, che il ragazzo le porse.
Forse era una stupida, ma qualcosa dentro di lei continuava a ripeterle di potersi fidare del servo. I loro occhi si tingevano d’oro allo stesso modo, avevano entrambi capelli corvini e pelle diafana, ed entrambi stavano nascondendo se stessi per aver salva la vita.
Strinse forte la mano di Merlin nella sua, lasciandosi trascinare ovunque avesse voluto.
 
Tre giorni dopo…
 
Morgana continuava a fissare la sua immagine riflessa allo specchio, mentre la sua serva era indaffarata a riordinarle la stanza.
Ripensava ai giorni trascorsi con Merlin, ai mille incantesimi che le stava imparando e alla gioia infinita che provava quando riusciva a recitarne uno, con successo.
Non tutto andava così bene però. Quando il Sole sorgeva ed illuminava tutta Camelot, lei ritornava ad essere la figliastra del re. Per tutti era bella, ricca e non le mancava niente…ma si sbagliavano.
 Morgana guardò fisso il riflesso dei suoi occhi verdi nello specchio. Si sentiva in gabbia, prigioniera di se stessa.
Chiuse gli occhi per un attimo, cercando la pace e la serenità che sentiva sempre più lontano. Cosa sarebbe successo se il popolo di Camelot avesse scoperto la sua vera natura?
Immaginò la figura di Uther, sul balcone che dava alla piazza, dare l’ordine di accendere il fuoco. S’immagino legata ad un palo, disperata, cercando invano di liberarsi e scongiurare il re di fermare l’esecuzione.
Il cuore le si fermò di colpo.
Accanto alla figura autoritaria e sadica del re, aveva scorto quella slanciata e aitante del giovane principe. Aveva lo sguardo fisso su di lei, ma sapeva che era uno sguardo vuoto il suo. Morgana piangeva, scongiurava chiunque di salvarla, ma nemmeno Arthur l’aiuto. Uther fece segnò di procedere e in un attimo si sentì bruciata dal fuoco, lanciando un urlo straziante. Solo in quel momento, il principe abbassò lo sguardo, mentre lei bruciava tra le fiamme.
« Mia signora?  »
La figliastra del re riaprì repentina gli occhi, accorgendosi di aver immaginato tutto. Sentiva le gambe tremarle e la voce rauca « Sto bene. » si affrettò a rispondere alla sua serva che stava ripetendo il suo nome per la terza volta, non avendo una risposta.« Ho solo bisogno di un po’ d’aria.  »
Morgana fuggì dalla sua stanza regalando un mezzo sorriso a Ginevra. Non stava affatto bene, l’aria non le serviva a niente. Quello che aveva visto era tutto frutto della sua mente, ma era sicura che sarebbe potuto diventare realtà.
Sentì gli occhi inumidirsi. Arthur non aveva saputo amarla e non l’avrebbe mai salvata.
 
*
 
« Portami via da qui.  »    
La figliastra del re aveva raggiunto il servo del principe che camminava lungo il corridoio con l’armatura tra le mani, molto probabilmente da lucidare. Lo aveva spinto contro la parete, in un angolo per non essere vista. Sperava che lui potesse capirla, che potesse aiutarla « Portami via da Camelot, ti prego.  »
Merlin la guardò sconcertato, mentre il cuore iniziò a tamburellargli incessantemente nel petto. Non poteva portarla via da Camelot, Uther l’avrebbe di certo fatto giustiziare « Morgana, Camelot è la vostra casa.  »
« No.  » aveva detto secca, guardandolo disperatamente negli occhi, sperando che potesse capirla. Si fidava di lui, vedeva in quel servo l’unica persona che potesse capirla davvero, l’unica che forse, avrebbe potuto amarla per quello che era « Casa è dove ti senti al sicuro ed io qui mi sento in gabbia!  »
Merlin aveva perso le parole. Non sapeva cosa dire se non che si sentiva esattamente come lei: anche lui si nascondeva da tutti, anche lui si sentiva in gabbia in quel posto, anche lui avrebbe voluto starsene al sicuro.
« Vieni via con me.  » Morgana lo stava pregando con lo sguardo. Aveva gli occhi lucidi e la voce quasi provata, ma non avrebbe mai ceduto. Quella donna possedeva la grazia e la bellezza di una rosa, ma la forza e la resistenza di una roccia. Il mondo, a persone come lei, sembrava non ferirle mentre invece morivano dentro.
Merlin fu tentato nel dirle “ Andrei ovunque, anche all’inferno se vorresti. ” ma quelle parole morirono esattamente dove nacquero: nella sua testa. Merlin aveva un destino da compiere, era scritto nelle stelle. Quel destino era proteggere Arthur e nessun altro.
Si liberò dalla stretta della ragazza, abbassando lo sguardo. Sapeva che l’avrebbe delusa, ma non aveva altra scelta « Il mio posto è qui, a Camelot. » le aveva detto prima di allontanarsi, senza guardarla negli occhi.
Le stelle avevano a disposizione un cielo intero, eppure in nessun angolo, nemmeno nel più remoto, vi era scritto un futuro con Morgana. Il firmamento non aveva contemplato quella possibilità e per questo, Merlin lo sapeva, avrebbe dovuto cedere all’idea di non amarla e non essere felice come desiderava.
 
*
 
Quella notte Morgana si trovava nelle sue stanze, stesa nel suo letto con gli occhi aperti. Non sarebbe corsa da Merlin sgattaiolando fuori dalla sua stanza per raggiungerlo, non l’avrebbe più fatto.
Quel ragazzo l’aveva abbandonata, lasciandola al suo destino. Continuava a chiedersi perché tutti gli uomini di cui si fidava finivano per ferirla e abbandonarla. Forse, c’era veramente qualcosa di sbagliato in lei…
Si scosse dai suoi pensieri quando sentì bussare alla porta. Corrugò la fronte non capendo chi potesse essere, mentre si alzava dal suo morbido e invitante letto per aprire la porta.
Inarcò le sopracciglia dalla meraviglia, per un attimo felice di vederlo, per poi rispondere in tono seccato « Non dovresti essere qui.  »
 Vide il servo del principe, con una bandana rossa al collo, torturarsi le mani, prima di trovare il coraggio necessario per risponderle « Voi si, questo è il vostro posto… »
Una smorfia di dissenso si disegnò sul volto di Morgana, che fece per chiudere la porta « Se sei venuto qui per questo, allora puoi anche andartene.  »
Pensava di averlo zittito, ma con sua grande sorpresa vide Merlin fare pressione con palmo della mano sulla porta di legno, impedendole di chiudersi « Non sono qui per questo. » aveva detto indirizzando i suoi occhi azzurri in quelli smeraldo della castellana.
Lo guardò a sua volta negli occhi, curiosa di sapere le sue intensioni.
Sussultò quando sentì la bandana rossa poggiarsi sui suoi occhi, mentre dolcemente Merlin gliela legava dietro la nuca. Il cuore aveva iniziato a batterle in modo strano, ad un ritmo che ella stessa non aveva mai avvertito prima d’ora. Si lasciò trascinare dal ragazzo fin fuori la soglia della sua stanza per poi bloccarsi di colpo, fermando così anche il passo del mago « Dove stiamo andando?  »
Merlin si voltò a guardarla, era davvero buffa. Cercava di mantenere un tono autoritario, mentre l’emozione l’aveva tradita. Merlin sapeva che era piacevolmente sorpresa del suo ritorno. Morgana era orgogliosa quasi quanto bella e non avrebbe mai accettato così in fretta delle scuse, ma lui conosceva i suoi punti deboli ormai. In quei mesi aveva imparato a conoscerla bene « Fidatevi di me.  »
La castellana sentì il cuore accelerare, e la sua mano fremere, mentre un sorriso comparve sul suo volto. Decise di fare ciò che il cuore le suggerì. Si lasciò guidare dal ragazzo, ovunque fosse andato, con l’unica certezza di avere stretta tra le sue dita gelide la sua mano calda.

*
 
Quando Merlin le tolse la bandana dagli occhi si ritrovò ad aggrottare la fronte. Il calore che continuava a sentire sulla pelle le aveva dato la certezza che si trovassero ancora nel castello, ma non si aspettava di ritrovarsi nel corridoio che dava alla sala del trono. Si guardò furtivamente intorno, notando tutte le guardie stese al suolo, dormienti. Un sorrisetto beffardo le si disegnò in volto, sicuramente era opera di Merlin e della sua magia.
Sentì la mano del ragazzo scivolare via dalla sua stretta, erano chiaramente arrivati a destinazione. Morgana era sempre più confusa, continuava a non capirci niente.
Vide il ragazzo chinarsi per sfilarsi gli stivali e restare a piedi nudi sul pavimento gelido. La castellana aggrottò la fronte « Cosa stai facendo?!  »
« Mi tolgo gli stivali. » aveva semplicemente risposto scrollando le spalle « Dovete togliervi le scarpe anche voi, altrimenti vi farete male.  »
Morgana alzò un sopracciglio, riluttante alla sola idea di dover camminare a piedi scalzi senza alcun motivo sensato « Non ne ho alcuna intenzione!  »
« Come volete.  »
La castellana vide il servo avanzare lungo il corridoio senza mai voltarsi. Che avesse dato di matto? Lo chiamò più e più volte ma lui non diede cenno di fermarsi « Merlin, ti ordino di fermarti!  »
Non l’ascoltò, e per dispetto accelerò il passo. La ragazza sbuffò, non capendo le intenzioni di quel goffo servo, portandosi le mani sui fianchi « Merlin!  »
Nulla. Il ragazzo stava ormai svoltando l’angolo che dava alla rampa di scale. Seccata dall’essere totalmente ignorata, la ragazza si decise a muoversi svelta verso di lui, ma per ironia della sorte lo vide correre giù per le scale. Morgana iniziava davvero a sospettare che tutto il lavoro che Arthur gli propinava avrebbe finito col farlo diventare matto, ma non pensava a questo punto.
Accelerò il passo a sua volta, fino ad iniziare a correre giù per le scale ad una distanza di venti centimetri dal giovane mago. Subito dopo l’ultima grata di scale, quando pensava di averlo finalmente raggiunto inciampò, ritrovandosi con la pancia schiacciata contro il pavimento freddo.
Il servo aveva continuato la sua corsa, lasciandola stesa al suolo. Arrabbiata si mise a sedere, guardando stizzita le sue scomode scarpette. Una stupida costrizione sociale, si ritrovò a pensare. Se le sfilò una ad una, ritrovandosi più comoda nell’inseguire quella specie di servo.
« Merlin! Merlin, fermati!  »
Erano ormai fuori dal castello, nel cortile. Nella corsa i lunghi capelli di Morgana, scivolavano indietro, sollevandosi dolcemente. Sentiva il cuore fracassarle la cassa toracica, ma era un dolore piacevole. Si sentiva libera, senza nessuna sbarra, senza nessun limite.
Aumentò la velocità più che poté, fino a ritrovarsi al fianco del ragazzo che si era voltato a guardarla. Le stava sorridendo, seppur stremato dalla corsa e lei, senza saperne il motivo, gli sorrise di rimando. Era felice, questa era l’unica cosa che sapeva.
Senza neanche accorgersene, inciampò nuovamente, ma stavolta si tenne stretta a Merlin, facendolo cadere a sua volta. Aveva il fiato corto dall’affanno, ma non riusciva a non ridere ripensando all’immaturità di una corsa a piedi scalzi nel cuore della notte.
Per un secondo, un secondo soltanto, sdraiati a terra in quel cortile, i loro occhi s’incontrarono. Azzurro e verde. Cielo e smeraldo. Oro e oro.
Il richiamo di una guardia li destò, facendoli piombare in piedi. Corsero in direzione delle stalle, convinti che lì non li avrebbero trovati.
Era la cosa più stupida che avesse mai fatto, Morgana ne era sicura. Merlin le faceva bene, sapeva sempre come farla sorridere…se solo avesse deciso di partire con lei, tutto sarebbe stato perfetto.
Ansimava stremata dalla corsa, tenendosi poggiata contro una staccionata col viso troppo vicino a quello del servo, ancora occhi negli occhi. Quando l’affanno si fu fermato sentì il cuore bloccarsi di colpo.
Merlin si era avvicinato incerto, poggiando tremanti le sue labbra su quelle della figliastra del re.
Morgana si ritrasse d’istinto, sgranando gli occhi per lo stupore. Nella sua mente c’era il nulla, mentre il suo cuore sembrò come paralizzato. Vide il servo riaprire gli occhi leggermente socchiusi, mentre le labbra rimasero schiuse.
La castellana indietreggiò, voltandosi nella parte opposta. Non aveva baciato nessun uomo oltre Arthur, non aveva mai amato qualcun altro oltre il principe. Vinta da questa convinzione si affrettò a raggiungere l’enorme porta di legno.
« Morgana, scusa! »
A quelle parole gli occhi di Morgana s’inumidirono, mentre qualcosa dentro di lei prendeva vita. Si voltò di scatto verso di ragazzo, ancora impalato accanto alla staccionata, con lo sguardo basso.
Aveva giurato a se stessa di non porsi limiti, e non l’avrebbe fatto neanche quella volta. Gli corse incontro, fino a incontrare le sue labbra nelle quali sembrò morirci. Con Merlin poteva essere se stessa e quella sera lo era.
Con la lingua gli carezzò il palato, mentre sentiva le mani del mago carezzare il viso.
Di colpo si staccò, distanziandosi leggermente dal ragazzo. Fissò piano il suo corpo, fino a sentire le sue pupille vibrare. Come per magia, la giacca di pelle che Merlin aveva indosso ricadde dolcemente sul pavimento della stalla. Poi toccò alla blusa blu. Si avvicinò al servo, lasciandosi sfilare con loro contatto visivo la vestaglia di dosso, per poi costringerlo a sedersi.
Si spogliarono con lo sguardo. Si sederono l’uno sull’altro, tenendosi avvinghiati, baciandosi con foga. Quella notte era solo loro.

*
 
Quando tutte le loro forze furono consumate Morgana cadde in un sonno profondo, per la prima volta in vita sua priva di incubi. Merlin rimase sveglio, restando lì a fissarla per un tempo indecifrato. Accarezzò con lo sguardo la sua pelle nuda, mentre un brivido gli percorreva la schiena.
La rivestì così come l’ebbe spogliata, con i suoi occhi, tinti d’oro.
Insicuro che la ragazza stesse davvero dormendo, le carezzò delicatamente le lunghe onde nere accanto al viso « Ti amo. » aveva sussurrato piano, sicuro che non potesse sentirlo, ma certo di averlo detto per davvero.
Se la caricò tra le braccia, facendo attenzione a non svegliarla. La riportò nelle sue stanze, stendendola sul letto e rimboccandole le coperte, scaldandole con la sua magia. Morgana era perennemente fredda e necessitava perennemente di sentire il calore carezzarle la pelle.
Uscì così dalle sue stanze, allontanandosi lungo il corridoio felice come mai in vita sua; non riuscì a cogliere però la figura di Arthur che, furtivamente, si stava dirigendo nelle stanze della sorellastra.

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Capitolo 7
*** I'd Always Choose You ***


Note d'autrice: ci siamo. E' arrivato il fatidico giorno: questo è l'ultimo capitolo della storia. Sono molto fiera, anche se rammaricata da una parte per i numerosi errori, ma comunque molto fiera.
Ringrazio LordMerlin, Lindamary e Giorgia XX per aver recensito questa mia storia. MartyMars, il_gatto_e_la_volpe per averla aggiunta nelle seguite. _CaptainJackSparrow_ per averla aggiunta addirittura nelle preferite. Vi ADORO!
Spero di non deludere le aspettative di nessuno.
Ringrazio comunque tutti coloro che hanno letto la storia in silenzio, a tutti coloro che la leggeranno.
Vi invito come sempre a lasciarmi il vostro parere, mi farebbe davvero piacere.
Detto questo...
Buon finale :)


VII. I’d Always Choose You 



Morgana si sentì chiamare nel sonno, senza però riuscire a capire chi fosse. Schiuse piano gli occhi vedendo dapprima ombrato.
La figura del suo mago dai capelli corvini iniziò a farsi più nitida e questo la portò a sorridere, senza neanche volerlo. Ma quando la sua vista fu del tutto nitida, si accorse che a guardarla non c’era Merlin, ma due occhi profondi, dello stesso colore dell’oceano. Lì accanto al suo letto c’era Arthur.
« Che ci fai qui?!  » la ragazza si era alzata repentina, mettendosi a sedere, portandosi le lenzuola sul petto, data la trasparenza della sua vestaglia.
Arthur rimase un tantino infastidito da quella sua sciocca reazione: non era mica entrato di soppiatto nella sua stanza per violentarla!
« Potresti non urlare come una donna in travaglio, per favore? »
L’arroganza per la casta Pendragon sembrava un marchio di fabbrica. Era entrato senza permesso, a notte fonda nelle sue stanze, dopo mesi di silenzio e si permetteva anche di snobbare il suo comportamento. Quel ragazzo era impossibile.
« Potresti uscire immediatamente dalla mie stanze, per favore? » Morgana aveva indicato col suo sguardo la porta dinanzi a sé, con un falso sorriso stampato in volto, che subito scomparve.
Il principe si ricompose, alzandosi ritto in piedi con le mani fisse sui fianchi « Non puoi ordinarmi cosa fare. Io sono il principe di Camelot! »
« Non ti sto dando ordini Arthur, ti sto solo chiedendo di uscire dalle mie stanze. » rimarcò la ragazza, con un sorriso beffardo in volto. Adorava contraddirlo, amava osservare come il principe s’imbestialiva nell’essere corretto.
Ma non vi fu risposta.
Un silenzio glaciale si era gettato su di loro, quasi da far rodere Morgana fino al midollo. Quel silenzio era straziante, fastidioso.
Decise di girarsi dall’altro lato del letto, stendendosi nuovamente, per poi poggiare la testa sui morbini cuscini immacolati. Se dovevano restare in silenzio, tanto valeva che tornasse a dormire.
« Non avrei mai dovuto lasciarti.  » il principe parlò quasi sussurrando, con voce malferma « Mi è mancato tutto quello che eravamo, ma ancor di più mi è mancato quello che avremmo potuto essere stando insieme.  »
Morgana, stesa nel suo letto, col viso perso nel vuoto rimase immobile, mentre il suo cuore sembrava un trotterellare di mille zoccoli in una foresta immensa. Aveva la bocca schiusa dallo stupore, mentre i suoi occhi si rigiravano da destra a sinistra, cercando di cogliere ogni segnale possibile che non si trattasse di un sogno.
 « Sposami. » aveva detto infine, con voce certa senza alcun inflessione nella sua voce, sicuro che la sorellastra lo stesse ancora ascoltando.
Solo in quel momento, Morgana si voltò verso Arthur. Il cuore era praticamente impazzito e aveva paura di poterci restare secca. In quel momento si accorse che era tutto reale, che il principe le aveva veramente chiesto di diventare sua moglie.
Adesso, era lei a dover scegliere.
 
*
 
Quando Merlin vide la porta aprirsi dinanzi a sé, non poté far altro che sorridere alla visione della sua allieva preferita. Morgana entrò nella stanza con movimenti lenti, il capo inizialmente abbassato.
Aveva indosso il suo abito migliore, il suo preferito. Era bellissima, pensò Merlin.
La castellana voltò lo sguardo sul viso del sorridente mago, che si stava affrettando a preparare la sua sacca da viaggio. Morgana si sentì così in difficoltà per un attimo: Merlin aveva deciso di partire, voleva andare via da Camelot, con lei.
Esuberante con non mai le si avvicinò indossando la sua sacca, aveva un sorriso da far invidia a chiunque « Possiamo partire quando vuoi, dimmi solo dove vuoi andare ed io ti ci porterò. »
La giovane strega non aveva mai alzato lo sguardo su di lui, fino a quel momento. Rivide nei suoi occhi azzurri la sua immagine riflessa e si odiò per un momento « Arthur mi ha chiesto di sposarlo. » aveva annunciato con voce malferma.
Vide il volto del mago corrugarsi, mentre l’euforia era chiaramente svanita, come per magia. Morgana aspettò qualche minuto prima di trovare la forza di proseguire, sapeva che Merlin pendeva dalle sue labbra  « Ed io ho detto sì. »
Merlin sentì gli occhi inumidirsi, il cuore spezzarsi. Non poteva dire sul serio, ma era sicuro che la figliastra del re non avrebbe mai mentito a lui in quel modo. Era dunque tutto vero, lei stava per sposarsi con un uomo che non era lui. L’uomo che avrebbe dovuto proteggere a causa del suo destino e al quale si era anche irrimediabilmente affezionato.
Morgana osservò il suo mago, per un frangente di secondo che le sembrò infinito. Dirglielo le spezzò il cuore, temeva una sua reazione. Le avrebbe urlato in faccia, l’avrebbe colpita con la sua magia o addirittura avrebbe confessato il suo segreto a tutti…ma Merlin non fece niente di tutto questo. Vide le sue labbra tremare e gli occhi gonfiarsi di lacrime. Rimase immobile, mentre le lacrime iniziarono a rigargli le guance.
Non ebbe il coraggio di dire nulla, si limitò ad abbassare il capo, sperando magari che le sue lacrime e i suoi singhiozzi diventassero muti.
« Io avrei scelto te. Avrei sempre scelto te. » il mago le proferì quelle parole cercando di calmare i singhiozzi.
Quelle parole colpirono in pieno il petto di Morgana, disarmandola. Lei aveva scelto di sposare Arthur, ma non riusciva a vedere la sua vita senza Merlin. Il suo cuore batteva incessantemente, pesantemente, inesorabilmente per due persone. Contemporaneamente.
Lasciò che il servo le passò accanto, senza guardarla neanche per un secondo. Non l’avrebbe perdonata e questo era certo, ma Morgana non era sicura di poter vivere senza lui al suo fianco. Nonostante tutto, lo lasciò andare senza seguirlo. La sua decisione l’aveva presa ed ora doveva beccarsi le conseguenze.

*
 
Il vecchio Uther sembrò essere inizialmente contrario alla proposta di matrimonio che Arthur aveva fatto alla sua figliastra, ma in fin dei conti si disse che un incesto era una cosa comune e che vedere la corona rimanere salda sulla testa dei Pendragon e non su altre estranee, era una cosa positiva.
Il matrimonio si sarebbe tenuto a breve.
Nella sua stanza, invece, Morgana aveva il viso abbattuto, mentre ripensava all’espressione di Merlin quando lei gli aveva detto del matrimonio. Non riusciva a toglierselo dalla testa.
« Mia signora, qualcosa vi turba? » la voce calda e gentile di Gwen la riportò nel mondo reale, sfuggendo dai suoi pensieri.
La vide sedersi accanto a lei, sul suo bel lettone, mentre la guardava con i suoi occhi gentili. Aveva bisogno di dire la verità a qualcuno, oppure sarebbe morta dalla pazzia  « Io amo Arthur. Ho sempre sognato di diventare la sua regina, ma…  »  fece una pausa, cercando accuratamente le parole giuste  « Ma non riesco a togliermi dalla testa un altro uomo. »
« L’amore rende liberi. Vi libera la mente, ma riempie il cuore. L’amore ci fa credere di aver trovato il nostro posto nel mondo e ci fa sorridere senza che noi lo vogliamo. E’ normale pensare di poter amare due persone, ma credetemi è impossibile. L’amore, quello vero, può toccarci solo una volta e si capisce di averlo trovato quando si è certi di essere nel posto giusto, quando non si ha più voglia di voltarsi indietro. » Ginevra carezzò dolcemente il dorso pallido della mano della sua padrona, per poi alzarsi e scomparire dalla stanza.

*
 
Quello era il fatidico giorno.
In tutto quel tempo Morgana era stata come assente, senza capire cosa stesse realmente accadendo. Si convinse infine di amare Arthur, gli aveva dato la sua parola. Non aveva più parlato con Merlin da quel giorno; lo vedeva solo quelle poche volte che era al servizio della corte e lei era nei paraggi.
Una volta, la più brutta e detestabile, le capitò di ritrovarselo faccia a faccia, nelle stanze di Arthur mentre lei era in vestaglia e il principe era uscito dal divisorio mezzo nudo. Si sentì morire nel vedere lo sguardo affranto di Merlin, che subito si affrettò nelle sue faccende.
Le porte si erano spalancate e Morgana poté vedere dinanzi a sé il trono ed Arthur ritto in piedi ad aspettarla in fondo alla sala. I più fedeli servi, cavalieri, erano disposti in due file, lasciando lo spazio al centro necessario alla futura principessa per passare.
Il cuore sembrò esploderle dal petto ad ogni suo passo.
Si voltò diverse volte per scorgere lo sguardo di Merlin, ma non lo vide, neanche al fianco di Gaius.
Solo in quel momento, quando ormai la sua futura sposa gli era già di fronte, poté avvertire che qualcosa non andava. Se lo sentì.
Non la vide sorridere quando si fermò al suo fianco ed iniziò la cerimonia. Morgana era ansiosa, le mani tremanti ed il corpo rigido. Sperava che da un momento all’altro Merlin sarebbe sbucato dalla porta principale, urlando di fermare la cerimonia, portandola via con sé. Ma questo non successe.
Avrebbe dovuto aspettare che il solito rituale fosse finito, prima di baciare colui che sarebbe diventato il suo sposo, ma non resistette. Doveva sapere. Incurante dei presenti poggiò le sue labbra su quelle del principe, che sussultò all’istante, come il resto dei presenti.
Morgana si staccò piano da lui, notando di aver avuto gli occhi aperti per tutto il tempo. In quel momento ebbe la conferma dei suoi sentimenti. Se si ama, il bacio, quel solo bacio ti trasporta, non c’è motivo di avere gli occhi aperti.
« No. » sentì dire al principe, meravigliandosi come il resto dei presenti. La guardò, come se avesse già capito tutto e si allontanò dalla sala.
Dapprima la sorellastra ne rimase sconcertata, ma poi un sorriso le si disegnò in volto. Non si curò dei richiami di un Uther sconcertato e contrariato, né tanto meno delle esclamazioni di stupore delle mille persone presenti nella sala.
Morgana iniziò a correre, ovunque nel castello, cercando di poter trovare il suo mago.
Inciampò lungo il tragitto. Si guardò stizzita le sue scarpe e le tolse bruscamente. Riprese a correre più veloce, fino ad arrivare nelle stalle, doveva aveva trascorso la notte più bella della sua vita.
Lo vide ritto nella stanza, che carezzava un cavallo e non appena la vide la sua fronte si corrugò. Ne sorrise compiaciuta e gli corse incontro posando le sue labbra su quelle del servo.
 Sorrise felice come mai « Avrei sempre scelto te, Merlin. »

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