Squadra antimafia - 16 anni dopo

di titty_93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vendetta ***
Capitolo 2: *** Portami via da qui ***
Capitolo 3: *** Carmen ***
Capitolo 4: *** Se quella lì entra nella tua vita, tu esci dalla mia ***
Capitolo 5: *** Perdonami ***
Capitolo 6: *** Chi sei? ***
Capitolo 7: *** Senza nessuna pietà ***
Capitolo 8: *** Un giorno mai dimenticato ***
Capitolo 9: *** Alleanze pericolose ***
Capitolo 10: *** Il primo bacio ***
Capitolo 11: *** Un piano (quasi) perfetto ***
Capitolo 12: *** Mamma ***
Capitolo 13: *** Niente e nessuno ci separerà ***
Capitolo 14: *** Un fantasma ***
Capitolo 15: *** La famiglia Ragno ***
Capitolo 16: *** Lo deve sapere ***
Capitolo 17: *** Un mafioso p1 ***
Capitolo 18: *** Un mafioso p2 ***
Capitolo 19: *** Rosy vs Lara ***
Capitolo 20: *** Tu sei mia ***
Capitolo 21: *** Dov'è mio figlio? ***
Capitolo 22: *** Un altra persona ***
Capitolo 23: *** Il ritorno della Regina di Palermo ***
Capitolo 24: *** Prime scoperte e primi colpevoli ***
Capitolo 25: *** Indelebile ***
Capitolo 26: *** Fallo dolcemente ***
Capitolo 27: *** Difesa ***
Capitolo 28: *** Incapace di amare? ***
Capitolo 29: *** Faccia a faccia ***
Capitolo 30: *** Tutta la verità ***
Capitolo 31: *** Una realtà sconvolgente ***
Capitolo 32: *** La vendetta di Leonardo ***
Capitolo 33: *** La vendetta di Carmen ***
Capitolo 34: *** In ostaggio ***
Capitolo 35: *** Tra le fiamme p.1 ***
Capitolo 36: *** Tra le fiamme p.2 ***
Capitolo 37: *** Come un figlio ***
Capitolo 38: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 39: *** Scelte difficili ***
Capitolo 40: *** Una notte soltanto ***
Capitolo 41: *** Legàmi ***
Capitolo 42: *** La resa dei conti ***
Capitolo 43: *** Io ti aspetto ***
Capitolo 44: *** Un altra vita ***
Capitolo 45: *** Epilogo : Il processo(+ Ringraziamenti) ***



Capitolo 1
*** Vendetta ***


1.Vendetta
 
16 anni. Erano passati 16 anni da quel giorno orribile che cambiò per sempre la vita di tutti quelli che gli volevano bene...


Di altezza media,fisico asciutto, capelli castani chiari che cambiavano di colore a seconda del tempo come suo padre, gli occhi grandi e scuri come sua madre. 
Una sete di vendetta così grande che era diventata il suo unico obiettivo nella viita. Una vita che l'aveva visto costretto a nascondersi, a fuggire dalla sua terra d'origine, in un altro stato.Lontano da tutti. Lontano dagli affetti più cari.
Era diventato uomo troppo presto con un infanza difficile da cancellare. 
Era furbo, scaltro,intelligente, sapeva usare un arma meglio di chiunque altro. Doveva tutto a un ottimo maestro : Filippo De Silva.
Loeonardo si esercitava, come ogni giorno, a sparare. Questa volta era senza protezioni. Le bottiglie di vetro distavano così lontano da lui che quasi non le vedeva. Le prese in pieno tutte e cinque.
Per un attimo aveva immaginato che dietro ad esse si nascondessero delle facce, dei volti. 
Le colpì con una sicurezza e una freddezza fuori dal comune, e quando si frantumarano per terra con un rumore assordante, percepì una sensazione di vittoria,ma che non era mai abbastanza.
L'applauso di un uomo che proveniva da lontano lo fece distrarre dai suoi pensieri. Si voltò da lontano per capire chi fosse a spiarlo. 
Il sole accecante gli abbagliava la vista. Non riusciva a distinguere bene la sagoma,ma quando essa si avvicinò, un sorriso sarsastico apparì sul volto del ragazzo.
"Bravo".
Era l'uomo in cui Leo aveva riposto tutta la sua ammirazione. Era il suo punto di riferimento, la sua ancora di salvezza. Per Leo non era soltanto un maestro, era un uomo esemplare, un esempio da seguire.
Aveva fatto del male a tantissime persone e uccise altrettante,di questo Leo ne era consapevole. Ma è bastato quel gesto, quel piccolo gesto per farlo sembrare migliore ai suoi occhi. Gli aveva salvato la vita. Aveva salvato la vita di un bambino. E non finirà mai di ringraziarlo abbastanza.
Si guardavano in silenzio, con aria di sfida. De Silva era invecchiato, i capelli e il baffo erano quasi tutti ricoperti di bianco,ma continuava ad avere la stessa forza di un tempo.
"Allora me lo dici che minchia sei venuto a fare?O vuoi continuare a stare zitto?" disse mentre gesticolava con la pistola ancora in mano.
Leonardo non aveva riunciato a parlare la sua lingua nonostante si trovasse in un piccolo paese in provincia di San Pietroburgo. Era comunque sempre stato circondato da picciotti siciliani, il russo non riusciva proprio a parlarlo.
"Tra pochi giorni compi 21 anni ed io ho voluto farti un regalo in anticipo".
Il ragazzo si stupì di questa cosa, De Silva non era certo il tipo che andava in giro a comprare regali.
Estrapolò dalla tasca un cofanetto piccolo. Leo glielo strappò di mano.
Lo aprì. Era una carta d'intentità e un passaporto. Sopra vi era incisa la sua foto e accanto un nome sconosciuto : Antonio Candela.
E fu allora che capì tutto. Era arrivato il momento che Leo aspettava da tutta una vita, da qual giorno in cui mise piede nel gelido continente russo.
Sorrise.
"E' certo che chi ha scritto questo nome, ha avuto tanta fantasia.Antonio. Un nome come tutti gli altri".
"L'80 % di persone in Sicilia ha questo nome e questo cognome. Più gente c'è e meno possibilità hai che i poliziotti possano arrivare alla tua vera identità".
"Capisco,ma spiegami meglio".
"Leo.Leo.Leo" disse De Silva girando attorno al ragazzo "sei un uomo ormai. Non sei più un bambino. Sai sparare,sai difenderti,hai tutte le carte in regola per ritornare a Catania".
"E cosa dovrei fare di preciso?".
"C'è una nuova famiglia mafiosa che vuole impossessarsi dei territori siciliani e pian piano ci stanno riuscendo. Si chiamano i Ragno, stanno mettendo le mani dappertutto e sono catanesi".
"Si,ma io come entro in gioco?".
"Tua madre,abbiamo bisogno di tua madre".
A Leo venne un colpo al cuore. Col tempo aveva imparato a tenere a bada le emozioni e a non esporle troppo,ma quando si parlava di sua madre, non riusciva a soffocarle.
Ci pensava continuamente a lei, ai sacrifici che aveva fatto per fargli vivere una vita migliore. Lontano dalla mafia.
"Non possiamo rischiare che dei catanesi di merda possano regnare sulla regione Sicilia. Ho bisogno di tua madre. Ho bisogno della vecchia regina di Palermo senza scrupoli,fa comodo a tutti tenerla rinchiusa al manicomio,ma non a noi. Devi andare da lei. Tu sei la nostra unica speranza".
"Perchè l'Abate e non i Ragno?" chiese Leo.
"Te l'ho detto. Perchè sono dei catanesi di merda".
"Avanti Filippo a te non te ne fotte una minchia di che città sono. Nemmeno siciliano sei, tutto questo amore per un terreno che non è nemmeno tuo".
De Silva si stava letteralmente stancando delle continue domande del ragazzo e lo prese per il collo della camicia.
"Perchè così posso entrare in gioco io! Tua madre mi deve qualcosa".
Leonardo gli tolse subito le mani che aveva sul suo corpo.
"Va bene. Non c'è bisogno che ti arrabbi, a Catania vado".
Leonardo si voltò dall'altra parte, percorse la via che portava alla sua casetta che condivideva con dei picciotti. Camminava con un aria soddisfatta di chi presto avrà quello per cui ha sempre lottato : vendetta!

PS. E' da un bel po che mi è venuta in mente questa storia, mi è uscita così,di getto tant'è che ho già pronti 5 capitoli xD. Vi chiedo di essere clementi perchè è stato davvero difficile immedesimarsi in un personaggo così tormentato. La storia è comunque il continuo di squadra 5. Ho in mente parecchi colpi di scena, spero di aver fatto pochi errori (in tal caso fatemeli notare ehh) . Aspetto le vostre opinioni poi aggiorno *-* . 
Ahh un altra cosuccia : non sono siciliana,ma napoletana quindi scusate in anticipo se sbaglio a scrivere qualche parolina in dialetto. 
Baci,baci,baci.

 

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Capitolo 2
*** Portami via da qui ***


2.Portami via da qui
 

"Un altra chiamata dall'ospedale psichiatrico".
Esordì Palladino, entrando bruscamente nell'ufficio del suo superiore, Domenico Calcaterra. 
Era sempre chiuso lì dentro, in quelle quattro mura,a leggere e ad impegnarsi solo ed esclusivamente per il suo lavoro.Aveva impiegato questi 16 anni in una lotta continua contro la mafia. La sua vita si era annullata. Ed era come se non gli fosse rimasto nient'altro che questo. Non aveva una vita privata, non era legato a nessuna donna. Con Lara viveva una strana relazione, non c'era amore,non c'era passione, soltanto sesso. Lei lo sapeva anche se faceva finta di non capirlo solo per stargli accanto. La verità è che non riusciva a provare per nessun altra ciò che sentiva per Rosy. Gli era entrata dentro e non era riuscito a cancellarla,nemmeno dopo 16 anni.
Dopo l'affermazione del suo amico Palladino, Domenico lasciò tutte le scartoffie che aveva tra le mani e si alzò di scatto.
Temeva che qualcosa di brutto sarebbe successo a Rosy prima o poi. Aveva attentato troppe volte alla sua stessa vita e solo al pensiero che questa volta aveva fatto c'entro, lo rabbrividiva.
"Ha tentato di nuovo il suicidio".
Alla parola tentato, l'ispettore tirò un sospiro di sollievo.
"Vado subito da lei".
"Ma abbiamo degli elementi importanti".
Domenico non ascoltò le parole del suo collega e prese la giacca dall'attaccapanni mentre raggiungeva la macchina, di corsa,aveva incrociato lo sguardo di Lara e giura di averla sentita bisbigliare "di nuovo l'Abate!".
Arrivò all'ospedale in tempi record e varcò quel corridoio così familiare ai suoi occhi e purtroppo così frequente.
Incontrò lo psichiatra Angelucci che ormai la seguiva e insieme si recarono in una piccola aula per discuterne.
"Questa volta ci è andata molto vicina,si è tagliata con un chiodo. Probabilmente è stata lei stessa ad estrapolarlo dallo sportello del suo armadietto".
"Dove cazzo stava la poliziotta di turno quando è successo?".
Calcaterra sbattè forte i pugni sulla scrivania ed alzò la voce.
"Si calmi ispettore, si è trattato solo di un attimo di distrazione".
"Che sarebbe costato la vita a Rosy!" continuò lui "posso vederla?".
Più che una domanda suonava come un ordine.
Il dottor Angelucci annuì.


Ogni volta che entrava in quella stanza, era una pura sofferenza per lui. Vedere la sua Rosy indifesa, in quello stato,stesa su un letto con le fasce ai polsi era un dolore che non riusciva a descrivere.
Si avvicinò pian piano a lei cercando di trattenere le lacrime,lei era voltata dall'altra parte,ma qualcosa dentro di lui gli diceva che aveva gli occhi aperti...e non sbagliava.
Quando Domenico la guardò dritto negli occhi,potè osservare che lei non lo stava guardando. Fissava solamente un punto lontano:il vuoto assoluto.
L'uomo le prese una mano,massaggiando il punto in cui erano state messe le fasce come per alleggerirgli il dolore. Ma Domenico sapeva bene che non era questo il vero dolore di Rosy. Quello era un dolore che non si poteva curare col tempo, nemmeno con le migliori medicine di questo mondo : aveva perso suo figlio, qualsiasi altro tipo di sofferenza fisica sarebbe stata una passeggiata al confronto.
"L'hai fatto per l'ennesima volta e per l'ennesima volta io non ho mosso un dito per impedirlo" riuscì a dire l'uomo,emozionato con un filo di voce.
Rosy come al solito non rispondeva, era immobile, assente mentre Domenico cercava di strapparla via da quel suo mondo strano in cui lei faceva parte.
"Sai che quando squilla il telefono della Duomo cerco di non rispondere mai?Lo faccio fare ai miei colleghi perchè ho paura di sentirmi dire dall'altra parte qualcosa di brutto legato alla tua salute. Mi fa sempre lo stesso effetto anche se sono passati tanti anni".
Domenico accarezzò la guancia di Rosy con un tocco delicato ma allo stesso tempo profondo. Per lui era bella anche così : col viso pallido, qualche rughetta nel viso.
La donna che un tempo era la spietata mafiosa, sembrava rispondere ai comandi. Abbassò gli occhi e lacrimando si abbandonò al suo tocco.
"Mi senti Rosy?Sono io,Domenico".
Rosy gli sorrise e questa volta Domenico percepì il suo sguardo intenso.Lo fissava dritto negli occhi e non guardava un punto di non ritorno. Per un attimo pensava di aver ritrovato la donna di un tempo.
"Ci sei?" gli domandò avvicinandosi.
Rosy annuì e con le dita attraversò il viso di Domenico.
L'uomo sentì le mani di lei sulla fronte,sugli occhi,sul naso e infine sulla bocca,poi scivolarono via.
"Portami.Via.Da.Quì" erano le prime parole che la donna diceva dopo tanto tempo. Era una richiesta d'aiuto,e Mimmo si sentì impotente di fronte a ciò perchè sapeva di non poter far nulla al riguardo.
"Non posso lo sai, quì sei al sicuro invece lì fuori possono farti del male".
"Devo andare da mio figlio. Leo è qui. Io devo riabbracciarlo".
Mimmo dovette faticare tanto per riuscire a non emozionarsi. Aveva di fronte a lei una donna distrutta a cui avevano rubato l'affetto più grande.
Il rumore di un aereo fece sobbalzare Rosy dal letto, Calcaterra si sorprese di questa sua reazione, di solito non si muoveva di un centimetro.
La seguì verso l'angolo della stanza. Guardava la piccola finestra in alto con le sbarre e alzò il dito dell'indice indicando l'aereo che passava.
"E' lì".


Ringrazio le persone che mi hanno appoggiato nel mio primo capitolo. Nel prossimo assisteremo all'entrata di un nuovo personaggio che in qualche modo, avrà a che fare con Leonardo. Starete a vedere =;) .

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Capitolo 3
*** Carmen ***


3.Carmen


Leo era in viaggio sul traghetto che l'avrebbe portato dritto al porto siciliano. Sentiva già il profumo della sua terra, del suo mare, del sole cocente che gli era mancato così tanto.
Indossava una camicetta,un jeans e degli occhiali da sole. Era diventato davvero un bel ragazzo, a San Pietroburgo aveva fatto stragi di cuori. Andava a letto con qualsiasi ragazza che gli piaceva,ma non si legò a nessuna. Mettere su famiglia non era di certo nei suoi piani, ormai viveva solo di altro. A distrarlo mentre guardava il mare fu un ragazzo che gridava.
"Giornali,giornali".
Un ragazzino appena maggiorenne vendeva dei giornali,forse lo faceva per professione. Leo ne prese uno e gli diede 2 euro come mancia.
Si sedette su di una sedia e iniziò a sfogliarlo,ma a colpirlo nel profondo fu un articolo posto in prima pagina.
Leo tolse gli occhiali da sole sperando che avesse letto male. 
"VERONICA COLOMBO LIBERA : LA POLITICA CORROTTA HA SCONTATO LA SUA PENA DOPO 16 ANNI DI GALERA".
Ebbe una strana reazione. Non sapeva se gioirne in quanto sarebbe riuscito più facilmente ad attuare la sua vendetta oppure rattristarsi perchè questo voleva dire incontrarla per le strade di Catania.
Gli salì il cuore in gola, una fitta allo stomaco lo rese immobile,pietrificato. Nonostante tutti questi anni, sentiva ancora l'odore della terra umida sopra ai suoi occhi, lo straccio in cui era avvolto macchiato di sangue e una ferita profonda al pancino, un dolore troppo forte per un bambino.
La rabbia lo accecava, non si accorse nemmeno di aver stropicciato il foglio del giornale tra la sua mano, se non fosse stato per una ragazza...
"Che fai prima lo paghi 2 euro e poi lo stracci?".
Leo sollevò gli occhi. Davanti a lui c'era una ragazza adolescente molto carina,acqua e sapone, capelli ricci scurissimi così come i suoi occhi.
Egli non esitò a rispondergli a malo modo "E a te che minchia te ne fotte?".
La giovane donna si risentì e le sbattè in faccia un gran complimento "Stronzo!".

"Scusa sono stato un cafone prima!".
Erano passati pochi minuti. Leo non era di certo il tipo che andava in giro a chiedere perdono,ma in questa circostanza quasi ne sentì l'esigenza. 
Aveva preso di mira una ragazzina che non c'entrava nulla con il mondo crudele e così le scuse gli uscirono spontanee.
La ragazza non si arrabbiò poi più di tanto ed accettò le sue scuse,invitandolo a sedersi accanto a lei.
"Mi chiamo Carmen" le uscì di getto.
Leo allungò la mano "Piacere io sono Tony" esitò per un attimo,stava per riferirgli il suo vero nome e pensava chissà quante volte gli sarebbe capitato.
"Come mai qui?" chiese la ragazza.
"Vacanze" rispose mentendo Leo "Tu?".
"Idem!Sono siciliana anche se l'accento non è proprio marcato. Vivo e studio a Milano con degli zii, mio padre ha uno strano concetto della Sicilia!".
"In che senso?".
"Pensa che tutti siano mafiosi!".
Leo sorrise.
"E cu è tuo padre per dire questo?".
"E' un poliziotto dell'antimafia!".
A questa risposta quasi gli andava di traverso il caffè. 
"Tutto bene?".
Leo annuì continuando a tossire.
"Sei solo?".
Carmen continuava a fargli domande, probabilmente era affascinata dal ragazzo.
"Si, tu?".
"Beh no, sono minorenne. Viaggio con un amica!".
Aveva goduto di una straordinaria compagnia, nonostante Carmela avesse 16 anni sembrava già una ragazza vissuta, con la testa sulle spalle.
Arrivati a destinazione quasi ne dispiacque lasciarla.Lei gli scrisse il suo numero di telefono su un foglietto e lo mise nella valigia di Leonardo.


La casa che condivideva con Andrea e Gennaro, due picciotti fidati, era meno grande rispetto quella in Russia,ma a lui non importava.
Gli interessava di essere ritornato nella sua terra. 
Andrea,uno dei suoi due coinquilini di 35 anni, alto moro e carino, si avvicinò a lui con un aria strana.
"Abbiamo un problema!".
"Che tipo di problema?" domandò subito l'altro ragazzo sbuffando.
"L'hanno beccato!".
"Ma chi?" esordì Leo, incitandolo a farlo parlare.
"La talpa che avevamo nella polizia.L'unica cosa di cui possiamo essere sicuri è che non parlerà. Ha 5 figli!".
"Ma è lo stesso un problema, se non abbiamo spie all'interno della questura dell'antimafia, risulterà difficile muoverci!" parlò Gennaro.
"E che minchia lo chiedete a fare a me?Eh?Volete che mi travesta da poliziotto?" chiese ironicamente Leo.
"No!Questo mai però abbiamo bisogno di qualcuno che possa indicarci gli spostamenti, le indagini degli sbirri".
E fu in quel punto che a Leonardo venne in mente quella ragazza. La figlia del poliziotto. Gli avrebbe fatto comodo averla tra i piedi usandola come una pedina nelle sue mani, un giocattolo. Ci pensò,ma era più che certo che non sarebbe riuscito a portare a termine un piano così meschino.
"Mi sa che allora dovremo aspettare parecchio prima di agire" la buttò lì Andrea mentre accendeva una sigaretta.
Ma Leonardino aveva già aspettato troppo tempo. Non poteva mollare proprio ora che era ad un passo dalla sua vendetta. E così rimase in un bivio, cosa scegliere di fare? Rischiare di far passare mesi prima di trovare qualcuno che sotto minacce avrebbe accettato di fare la spia oppure andare verso l'altra rotta, quella più facile,ma allo stesso tempo più crudele : illudere una bambina di 16 anni.
Rimase qualche minuto in silenzio poi a malincuore fece la sua scelta.
"Ho trovato io il modo di avvicinarmi alla polizia".

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Capitolo 4
*** Se quella lì entra nella tua vita, tu esci dalla mia ***


4.Se quella lì entra nella tua vita, tu esci dalla mia


Pelato,con un accenno di barba sul viso, di circa 50 anni. Calcaterra lo interrogava cercando di capire quale terribile minaccia ci fosse dietro ad un uomo che per mesi con un falso nome ed un falso atteggiamento aveva ingannato la polizia di Catania.
"Avanti Leonardi!Ti abbiamo colto in flagrante con dei tabulati telefonici che parlano chiaro e un computer portatile. Giulio Leonardi, è questo il tuo vero nome e non Federico Scarcella".
L'uomo nonostante le pressioni dell'ispettore, non cedeva e fino alla fine cercò di negare di non aver nulla a che fare con la mafia....o forse faceva in modo di negarlo a se stesso.
"Voglio un avvocato!".
La solita frase che dicevano tutti gli indiziati perchè non trovavano il modo di affrontare la verità.
"Ce l'avrai e dovrai tenertelo stretto per tanto tempo. Quando Pietra?".
Domenico si rivolse al suo collega nonché suo amico fidato. Era uguale ad allora, soltanto la barba lunga e qualche ruga sul viso lo avevano cambiato. Per il resto, l'atteggiamento era rimasto lo stesso.
"20 anni!".
"20 anni" ripeté Calcaterra.
"Dimmi chi stai proteggendo" si avvicinò all'uomo con aria quasi di sfida, appoggiando i gomiti sul banco e sporgendosi in avanti. Adesso erano occhi contro occhi. Giulio non resse il confronto, lo sguardo dell'ispettore lo intimidiva.
"La mia famiglia" lasciò trapelare l'uomo con un filo di voce e lo sguardo rivolto verso terra.
"E tu credi che essere complice di un clan mafioso, non metta in pericolo la tua famiglia?".
"Ispettò, ho 5 figli e un nipotino picciriddu, non parlerò, neanche se mi cavassero gli occhi".
"E tu pensi che comportandoti in questo modo, non li metterai in difficoltà?Eh! Saranno sempre costretti a fare conti con la mafia,ad avere rapporti con la criminalità,a fuggire dalla giustizia quando invece basterebbe che dalla tua bocca uscisse un solo nome. Io ti proteggerò Leonardi,mettendoti in un programma di protezione che durerà poco perchè li sbatteremo in galera. La tua testimonianza li inchioderà e solamente a quel punto potrai essere certo di avergli offerto un futuro migliore!".
Calcaterra parlò in un modo così convincente che il signor Giulio stava quasi per cedere, poi ricordò i suoi 5 figli, il suo nipotino. Se doverli proteggere vuol dire passare una vita in galera,l'avrebbe fatto!Si sarebbe sacrificato per loro.
"Se io parlo, i miei figli un futuro non ce l'avranno più!".
Sempre la stessa storia, Calcaterra impulsivamente scappò da quell'aula degli interrogatori sbattendo la porta.
Non ne poteva più di stare a sentire le solite ramanzine, di uomini che si piegano di fronte alla mafia, che non fanno nulla per combatterla.
Era sicuro che da lì a poco sarebbe scoppiata una nuova guerra di mafia e questo voleva dire altri morti,altri innocenti coinvolti.
Lara Colombo lo vide isolarsi nel suo ufficio e decise di andargli a parlare.
"Come va?Ti abbiamo ascoltato mentre interrogavi quell'uomo".
"Già,sono stato un maleducato".
La vice-ispettore si appoggiò sulla scrivania.
"Non è per questo".
Si avvicinò ancor di più fino a sfiorare le labbra dell'uomo che rimasero immobili.
"Domani mia sorella uscirà dalla galera" la butto giù così Lara, tutto d'un fiato.
Calcaterra indietreggiò. Emozioni contrastanti dominavano in lui, non sapeva se essere arrabbiato,deluso...
La donna percepì la strana reazione dell'uomo e continuò a parlare cercando in qualche modo di tutelare sua sorella "ha scontato la sua pena".
"Per quanto mi riguarda,16 anni dietro le sbarre sono troppo pochi per un crimine così grande".
"Senti io lo capisco che in qualche modo questa notizia ti abbia scosso, ma ha pagato credimi. Tutte le volte che la andavo a trovare non ha fatto altro che sbattermi in faccia quanto sia pentita per lo schifo che ha commesso.E' vero, ha sbagliato,ma in fondo non ha ucciso nessuno".
La tranquillità che poco prima aveva accompagnato Domenico, scomparve non appena ascoltò quelle parole dalla sua collega.
Le prese il viso tra le mani,stringendogli le guance, quasi la faceva male.
"Se quella lì entra nella tua vita, tu esci dalla mia!".
"Perchè mi hai mai permesso di entrare nella tua vita eh? In questi anni non hai fatto altro che portarmi a letto, usandomi come valvola di sfogo. Te lo lasciato fare perchè Dio solo sa il grande sentimento che mi lega a te. Mi sono sforzata di capirti. Di capire tutte le volte che mentre facevamo l'amore mi chiamavi con il suo nome. Di capire tutti i tuoi incubi,i tuoi sbalzi d'umore mentre tu non hai fatto altro che giudicarmi. Giudicare le mie scelte. Giudicare la mia famiglia. Giudicare mia sorella quando tu non mi hai mai permesso di farlo con l'Abate".
"Non metterle sullo stesso piano".
"E perchè? Eh? L'Abate è un assassina, ha ammazzato centinaia di persone a sangue freddo, ha ucciso il padre di suo figlio".
"Si, ma non avrebbe mai fatto del male ad un bambino!".
"Quando ti ficcherai in quella testa dura che mia sorella non ha ammazzato Leonardo?".
"L'ha rapito. Ha permesso che Achille Ferro si mettesse tra di loro. L'ha seppellito!Ed ora guardami negli occhi" Domenico le mise di nuovo la mani sul viso " e dimmi che lei non è stata la responsabile di tutto".
"Non avresti mai reagito così se lì sotto ci fosse stato un bambino qualunque e non il figlio di Rosy Abate".
I toni erano accesi, ormai il loro rapporto era arrivato agli sgoccioli. E Veronica Colombo non fu altro che un pretesto per dirsi chiaramente cosa pensassero l'uno dell'altra.
Domenico reagì d'istinto. Come aveva sempre fatto nella sua vita, permise che la sua mano schiaffeggiasse il volto di quella donna che per lui non era altro che una collega con la quale aveva condiviso del banalissimo sesso.
Lara si massaggiò la guancia ferita, ma non fu quel gesto che la portò alle lacrime bensì la consapevolezza che tra loro non ci sarebbe più stato nemmeno un rapporto fisico. L'aveva perso. Per sempre.
"Questo ti costerà caro".
Furono le sue ultime parole prima di uscire dall'ufficio di Domenico sbattendo la porta.
L'uiomo rimase all'ibbito dal suo comportamento, come si era permesso di mettere le mani addosso su una donna. E la cosa peggiore era che non se n'era nemmeno pentito.
Si sentì svuotato,ma la verità è che quando si parlava di Leonardino e di Rosy, lui perdeva le staffe.
Pietrangeli entrò di soprassalto senza nemmeno bussare con delle carte in mano.
"Ma che gli hai fatto?E' uscita dalla questura senza chiedere il permesso".
"Andiamo su" rispose l'ispettore mentre prendeva il giubotto dall'attacapanni "ho bisogno di distrarmi un pò tanto tra poco c'è la pausa. Andiamo a fare una passeggiata".
Gli avrebbe confidato tutto, la loro amicizia era solida, basata sulla fiducia. Avevano istaurato un bel rapporto, e pensava chissà come avrebbe reagito il suo collega dopo avergli raccontato tutto.

Ho voluto descrivere i rapporti tra i vari protagonisti prima di entrare nel vivo della storia. Nel prossimo capitolo scopriremo chi è il "famoso" padre di Carmen :)
Grazie di vero cuore a chi legge e recensisce sempre ogni capitolo,siete meravigliosi *-*. 
p.s non so se riuscirò ad aggiornare domani ^^

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Capitolo 5
*** Perdonami ***


5.Perdonami



Carmen era in anticipo. Era arrivata prima all'appuntamento con Leonardo. Quest'ultimo la vide da lontano, era nervosa, Leo lo percepì dai suoi movimenti rapidi. Faceva avanti e indietro per tutto il giardino "Avventura" e poi si risedeva su una panchina.
L'aveva chiamata il giorno prima, fingendo di aver voglia di scambiare due chiacchiere con una che conosceva bene Catania. 
La osservò per un attimo prima di intervenire. Tirò un forte sospiro ed andò dritto dritto verso il suo piano.
"Hei" Leo gli posò una mano sulla spalla e lei si voltò sobbalzando "non ti volevo spaventare".
"No, non mi hai spaventata tranquillo".
"Aspetti da molto?".
"No, sono venuta io in anticipo,non ti preoccupare".
"Andiamo su, portami in giro".
La ragazza sorrise e lo fece anche lui, ma a differenza di lei, quello era un sorriso forzato.
Chiacchierarono molto. Andarono in giro per Catania visitando i posto più belli. Poi si fermarono a bere qualcosa ad un bar, a Leo non dispiacque per niente la sua compagnia.
"Beh tu sai tutto di me,io di te so praticamente nulla" disse lei mentre sorseggiava un caffè.
"E che vuoi sapere?".
"Ad esempio chi sono i tuoi genitori oppure se hai una fidanzata".
"Non sono fidanzato".
"E i tuoi genitori?".
"Sono morti" rispose seccamente.
"Oh mi dispiace" disse lei dispiaciuta.
"Tranquilla".
"Minchia" sbottò lei all'improvviso.
Carmen divenne d'un tratto rossa di viso e le si leggeva un leggero timore negli occhi.
"Che succede?" chiese il ragazzo cercando di seguire lo sguardo di lei.
"Non voltarti!".
"Ma che caz..".
Il ragazzo quasi stava per girarsi,ma Carmen lo fermò bloccandogli il viso.Si guardarono dritto negli occhi. E fu la prima volta che Leo la vide davvero per quella che è : una bella ragazza!.
Vide quanto il suo viso rispecchi a pieno la tipica donna siciliana : occhi scuri come le tenebre, i capelli altrettanto scuri e ricci, il nasino perfetto e le labbra carnose. Leo le osservò per un attimo poi ritornò in se, spazzando via quell'atmosfera strana che si era creata.
"Ma che c'è?".
"C'è che mio padre è a pochi metri da noi con il suo superiore,se mi vede con te sono fottuta!".
Il ragazzo sorrise. Per un attimo aveva temuto il peggio.
"Che minchia ridi!"
"E quindi?Non stiamo facendo nulla di male".
"Sei uno sconosciuto. Non ti ha mai visto, inizierà a farti il terzo grado".
"Tipico di uno sbirro".
"Oh no" Carmen si mise una mano in faccia "ci ha visti!Viene verso di noi".
Senza rendersene conto, il padre di Carmen rese tutto più facile a Leo : prima sarebbe entrato nella vita di quella ragazza e prima avrebbe messo in atto il suo piano.
Sentì che dietro di lui i passi di due uomini si avvicinavano piano piano.
"Carmen che ci fai qui?".
Leo ascoltò la voce dell'uomo senza voltarsi.
"Ti presento un mio amico, papà lui è Tony. Tony ti presento il vice- ispettore capo Sandro Pietrangeli!".
Leo sbiancò. Ritornò indietro di qualche anno. C'era qualcosa di familiare in quel nome e probabilmente aveva anche visto l'uomo,ma era troppo piccolo per ricordarselo.
Di scatto si alzò dalla sedia e lo vide. Ricambiò la stretta di mano, poi dovette sedersi di nuovo per non perdere l'equilibro perchè da lontano intravide una figura che era stata molto importante nella sua vita.
Era Domenico Calcaterra.
Di lui invece, non si era dimenticato nonostante fossero passati 16 anni dall'ultima volta che lo vide. Non si era dimenticato dell'affetto che gli dimostrava,dell'amore che ogni volta trapelava dai suoi occhi mente parlava di sua mamma. Non si era dimenticato di quando andava a trovarlo puntualmente ogni lunedì. Non si era dimenticato di quella volta che rischiò la vita per impedire che lui venisse rapito. E non dimenticò quel giocattolo : lo sceriffo ammazza cattivi.
Leo guardava l'ispettore con la coda dell'occhio, non ascoltava nemmeno quello che Carmen e suo padre si dicevano, tutto sembrò passare in secondo piano.
Anche Domenico lo guardò per un istante,ma quando lo fece automaticamente Leo abbassò gli occhi.
Non poteva rischiare che lui lo riconoscesse nonostante la voglia di riabbracciarlo fosse tanta.
Un emozione troppo grande invase la sua anima ed ebbe una voglia irrefrenabile di piangere. Le lacrime quasi stavano per uscire dai suoi occhi, e per impedire di versarle davanti a loro, scappò via, inventando una scusa.
"Si è fatto tardi, devo scappare. Arrivederci".
Fuggì via a gambe levate,corse più veloce che poteva. Intraprese un vicolo ceco. Appoggiò la schiena al muro e inarcò il viso guardando verso l'alto. 
Le lacrime non tardarono ad arrivare.Prima una, poi due,tre,quattro e infine non riuscì più a contarle.La vista gli si annebbiò. Mise una mano sulla bocca per impedire che i suoi singhiozzi arrivassero la dove era scappato "Perdonami,perdonami" sussurrò a se stesso. Pianse. Pianse fin quando il corpo avrebbe retto. Pianse perchè arrabbiato con se stesso, perchè non aveva ancora imparato bene a tenersi le emozioni per se e pianse forse perchè aveva capito di essersi immischiato in una faccenda più grande di lui.

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Capitolo 6
*** Chi sei? ***


6.Chi sei?

 
Il viso di quel ragazzo sconosciuto fu preda degli incubi di Calcaterra. Lo sognò una notte soltanto e gli bastò per capire che dentro di se qualcosa di strano stava per succedergli. 
Si svegliò tutto sudato emanando un urlo. Accanto a lui nessuno. Nessuno occupava l'altra metà del suo letto. Forse fu allora che egli capì di sentire la mancanza di una figura femminile accanto a se. Questa volta non ci sarebbe stata Lara a cullarlo, facendolo sentire a sicuro.
Si precipitò verso la cucina a bere un bicchiere d'acqua ghiacciata sperando che anche i suoi brutti pensieri si congelassero.
Poi fu la volta del bagno, si sciacquò la faccia. Davanti allo specchio vide una figura sofferente,con le borse sotto agli occhi e invecchiato troppo presto.
"Chi sei ragazzino?Chi sei?".
Domenico era uno intuitivo. Uno che gli bastava guardare negli occhi delle persone per capire se fossero colpevoli o innocenti. E non si sbagliava mai. Ma gli occhi di quel ragazzo che lo perseguitava, non riusciva a decifrarli. Non riusciva a capire che cosa ci poteva tenere nascosto dietro. Eppure giurava di averlo già visto da qualche altra parte, era così familiare a lui.
Andò a lavoro più presto del solito, Pietrangeli era già in questura.
"Che hai fatto?Sei caduto dal letto?" chiese Pietra.
"Io? E tu invece?".
"Ho litigato con Anna e con mia figlia. Non le sopporto più".
Calcaterra sorrise, provava una sorta di invidia verso l'amico che aveva avuto la fortuna di avere una famiglia tutta sua.
"A che proposito?".
"Carmen! Dice che con il mio comportamento rischia di rimanere zitella a vita,ma che ci posso fare io se ci siamo trovati al posto sbagliato nel momento sbagliato?".
"Si riferisce a quel ragazzo vero?Com'è che si chiama?" domandò Calcaterra guardandolo negli occhi.
"Antonio Candela. Incensurato.Ha vissuto per un periodo di tempo qui a Catania poi i suoi genitori sono morti in un incidente stradale e si è trasferito con dei parenti a San Pietroburgo".
"Cazzo Sandro! Sei peggio della CIA!".
"E cosa credi che ci sia venuto a fare di prima mattina qui?E' mia figlia Mimmo, devo sapere chi frequenta".
"Si,ma così rischi davvero di allontanare tutti i suoi ragazzi".
"Ha solo 16 anni Mimmo, è più forte di me! Sono geloso!".
"Anche io lo sarei stato" esordì il superiore. Pensava alla sua piccola Sofia, a come sarebbe cresciuta e probabilmente avrebbe imposto lo stesso comportamento di Sandro. Per proteggerla.
Pietra gli appoggiò una mano sulla spalla mente Lara entrò dalla porta d'ingresso con aria sbattutta.
"Buongiorno" disse senza nemmeno guardarli in faccia. Camminava in modo veloce, i suoi capelli raccolti da una coda di cavallo si muovevano a seconda dei suoi passi. Poi si chiuse in ufficio.
"Dovresti chiederle scusa" sussurrò ad un orecchio Sandro.
"Lo so".
"Quella lì" poi si avvicinò ancor di più a lui evitando di non farsi sentire "potrebbe farti rapporto lo sai?".
Domenico annuì "si, adesso vado da lei. Non è per questo che lo faccio. Sono stato tutta la notte a pensarci. Mi sento uno stronzo per quello che ho fatto!".
"Si, uno stronzo!" ribadì l'amico sorridendo.
E Calcaterra lo fece, mettendo da parte l'orgoglio. 
"Posso?" chiese prima di varcare la soglia dell'ufficio. Lara era seduta dietro alla sua cattedra,e senza muovere ciglia lo rispose.
"Tanto sei già entrato".
Domenico si avvicinò a lei, appoggiando la gamba sul tavolo,lei rimase lì seduta.
"Volevo chiederti scusa per ieri. Non era mia intenzione, perdonami!".
La vice-ispettore guardò il suo superiore negli occhi. Col tempo aveva imparato a conoscerlo.
"No. Non ti perdono e sai perchè?" si alzò dalla sedia e andò vicino a lui "perchè queste non sono scuse sincere. Se tornassi indietro, lo rifaresti. Non è così?".
"No!" rispose seccato l'uomo. Probabilmente se tornasse indietro le ridirebbe tutte quelle cose,ma lo schiaffo se lo sarebbe risparmiato.
"Minchia pure bugiardo sei diventato".
Domenico sbuffò, litigare con quella donna era una vera tortura per lui. Poi pensò a Sandro, a quelle parole e per impedire di venire cacciato dalla polizia, dal suo lavoro che era l'unica cosa che lo rendeva vivo, la colpì sul suo punto debole. L'attirò a se e senza ulteriori movimenti, la baciò. All'inizio lei indietreggiò poi non pote sottrarsi alle sue labbra, a quello che provava mentre era con lui. Le loro lingue si intrecciarono tra loro. Quella di Domenico entrò prepotentemente nella bocca di Lara,lei continuò il suo gioco e così si ritrovarono a pomiciare in un aula di una questura.
"E questo?" riuscì a dire Lara tra un bacio e l'altro.
"Nulla" fu l'unica risposta che lui ebbe il coraggio di darle mentre continuava a baciarla con passione.
Lei decise poi di staccarsi definitivamente da lui, voltandosi dall'altra parte. 
"Calcaterra tu giochi sporco!".
"A te questo gioco piace".
Calcaterra si avvicinò di nuovo alla sua collega che fingeva di essere interessata a guardare dalla finestra. Era davanti a lei. La teneva stretta per la vita e anche lui, guardò da sopra la città in cui aveva vissuto gli anni più terribili e forse anche più belli della sua vita. Un ragazzo che camminava attirò la sua attenzione: jeans,maglione,occhiali da sole. Per un attimo gli era sembrato di intravedere quel ragazzino seduto al bar con Carmen,la figlia del suo amico-collega. Lo fissava attento e mentre egli alzò il volto al cielo, capì che i tratti del viso non erano poi gli stessi anzi era completamente un altra persona. Cosa gli stava succedendo. Quasi senza volerlo, Tony era il centro dei suoi pensieri dal giorno precedente ad oggi. Si abbandonò su di una sedia posta li vicino e rimase in silenzio. Lara lo scrutava quasi come se volesse leggerlo negli occhi,ma non ci riusciva: quello era un dono di Calcaterra.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, il prossimo arriverà lunedì. In questo week-end sarò impegnata. Buon fine settimana =)

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Capitolo 7
*** Senza nessuna pietà ***


7.Senza nessuna pietà

 
Aveva trascorso l'intera nottata come un vagabondo per i vicoli di Catania. Camminava con aria sicura,ma allo stesso tempo pensierosa. Pensava all'incontro con Domenico, l'uomo che gli aveva fatto praticamente da padre nei suoi primi 5 anni di vita. Non ebbe nemmeno la voglia di rispondere al cellulare che da una mezz'oretta squillava a vuoto. Doveva essere Carmen e ne ebbe la conferma quando sul display comparvero le 5 chiamate perse più un suo sms, si sedette su di una panchina e lo lesse "Se non vuoi più parlarmi ti capisco. E' complicato essere amica della figlia di uno sbirro. Contattami tu se ne avrai voglia, baci". L'osservò per un po poi ripose nuovamente il cellulare nella tasca dei jeans. 
Intanto erano già le 5 del mattino. Rientrò nella sua casetta in punta di piedi. Sul divano d'ingresso non c'erano ne Andrea ne Gennaro. Probabilmente si erano addormentati entrambi nel lettone matrimoniale nell'altra camera. Leonardo si adagiò li e chiuse gli occhi cercando di addormentarsi, ma non appena lo fece ritornò a immaginare il viso di Calcaterra e Carmen. Ormai aveva capito quale sentimento dominava in lui : era il senso di colpa. 

Il casino che facevano i due coinquilini di Leonardo, lo fecero svegliare di soprassalto. Si strizzò gli occhi e davanti a lui una bella ragazza era alle prese con i fornelli mentre Andrea e Genny dietro di lei facevano apprezzamenti molto volgari.
"Che succede qui?" ebbi il coraggio di dire ancora assonnato.
"Il nostro amico si è svegliato. Prendi questi e vattinne" parlò Andrea gettando in faccia alla donna delle banconote di carta.
La bella ragazza alta e scura di pelle non ci mise molto a radunare le sue cose e ad andare via.
"Ma che minchia fate andate a puttane? Potrebbe essere rischioso" disse Leo con tono arrabbiato.
"Guarda che a queste basta dare 50 euro in più e non parlano nemmeno sotto tortura" intervenne Genny in difesa di Andrea.
"Anche tu hai fatto le ore piccole. Cos'è? La picciridda ci ha dato dentro?". 
Leo scosse la testa sorridendo "no".
"C'è che ti vedo strano Leo, non è che ti dispiace?Che inizia a provare pena per lei?".
"Ma che cazzo dici Andrea".
"E io invece penso di si. Vedi di non scombinare i piani di De Silva altrimenti saranno cazzi amari. E poi devo ricordarti che nessuno ha avuto pietà per te quando ti hanno sparato in faccia e provato a seppellirti mentre eri ancora vivo".
A Leonardo gli salì il sangue al cervello. Iniziò ad incazzarsi e sfogò tutta la sua rabbia contro quel ragazzo. Lo spinse in faccia al muro e gli strinse il collo "Non ti permettere più di parlare di fatti che non ti riguardano u capisti! Io non ho pietà di NESSUNO, di NESSUNO!".
L'altro ragazzo in preda al panico cercò di portare Leo dalla sua parte "finitela vi prego. Leoooo così lo ammazzi!".
Leonardo lasciò la presa ancora incredulo di quello che stava per fare. L'avrebbe ucciso se non fosse stato per Genny. Avrebbe ucciso un suo compagno, solo perchè si era permesso di parlare del suo passato, terribile che viveva ancora nel suo presente.
"Ma che ti è preso?" domandò Andrea mentre si massaggiava il collo.
"Niente".
Leonardo andò subito a farsi una bella doccia fredda, tirò un pugno alle piastrelle,ma non si fece male. Si abbandonò al tocco freddo dell'acqua gelata mentre il cellulare sul lavandino iniziò a squillare. Non era Carmen. Uscì in fretta dalla doccia,prese un asciugamano e la mise in vita,ma non riuscì a prendere la chiamata. Era un numero sconosciuto.
"Cazzo, è De Silva!".
Quel giorno non ne aveva combinata una giusta.Avrebbe voluto scaraventare per terra quel telefonino,ma non poteva farlo, quello era l'unico contatto che aveva con il suo capo.  La chiamata comunque non tardò ad arrivare. Era seduto sulla sedia,si era appena vestito, aveva ancora i capelli bagnati e aspettava con ansia lo squillo del telefono che per fortuna arrivò. Rispose al primo squillo.
"Ragazzo devi essere più veloce".
Leo aveva ragione. La voce era quella di De Silva.
"Filippo" riuscì a dire con un filo di voce mentre i suoi compagni lo guardavano curiosi "dimmi tutto".
"Hanno incominciato ad ammazzare" si riferiva agli uomini dei Ragno "dobbiamo intervenire. SUBITO!".Leonardo dovette allontanare il cellulare dall'orecchio poichè le urla del suo capo l'aveva urtato i timpani. "Andrea mi disse che avevi trovato il modo per trarre alcune informazioni dalla polizia. Ma queste informazioni non sono mai arrivate! Che cazzo stai facendo Leonardo? Ti sei arreso? Non vuoi più combattere?".
"Ma che minchia stai dicendo Filippo. Non ho mai smesso di combattere e se chiudi sta cazzo di telefonata te lo dimostrerò!".
"Va bene!".
Fu Leo a porre fine alla chiamata. Ne fece un altra. Chiamò Carmen. Lontano dagli occhi indiscreti dei suoi due picciotti. Con una sigaretta in mano, aveva ripreso a fumare dal nervoso. 
"Tony sei tu?" dall'altra parte la ragazza sorrideva, Leo lo percepì dal tono di voce.
"Si sugno io. Sono stato un maleducato ieri e che ho avuto un malore improvviso e non volevo farti preoccupare. Chissà cosa avrà pensato tuo padre".
"Ma non ha pensato niente tranquillo. Non ci ha nemmeno fatto caso".
"Ti va di uscire oggi?Per sdebitarmi del mio comportamento?"
"Non posso. I miei mi hanno proibito di uscire".
"E perchè?".
"C'è stato un conflitto a fuoco poco fa, mio padre dice che è l'inizio di una nuova guerra,ma esagera. Sempre sbirro è".
Leo gettò di sasso la sigaretta che aveva tra le dita "Ah si?Non ne sapevo nulla. Chi è morto?".
"Mah..mio padre non mi parla molto del suo lavoro. Dice solo che era una brava persona, un impiegato e che probabilmente non si è prestato a pagare il pizzo a dei mafiosi".
"Sai che ti dico Carmen?Che ho una voglia matta di vederti. Ti dispiace se vengo a casa tua? Così chiedo scusa a tuo padre e chissà magari si fiderà di me e ti lascerà uscire".
Carmen era felice, sorrideva "si va bene. Arriva da me verso le 7, mio padre finisce il turno a quell'ora!".
E puntuale come un orologio svizzero, Leonardo bussò alla porta di casa Pietrangeli. Ad aprirgli fu una donna molto carina, dai lineamenti del viso capì subito che si trattava della madre di Carmen.
"Buonasera signora".
"No, chiamami semplicemente Anna".
La casa era molto carina, piccola,ma accogliente. Tutta posta su di un piano. Leo si accomodò nel soggiorno e Carmen arrivò subito dalla cucina.
"Benvenuto a casa mia Tony" disse mentre regalava un bacio sulla guancia al ragazzo. Si sedette di fianco a lui.
"Allora Tony desideri del thé, caffè".
"Un caffè va più che bene grazie".
Proprio in quell'istante si sentì il rumore della porta che si spalancava. Leo si alzò dal divano come segno di rispetto per accogliere l'uomo di casa, Sandro con un aria stanca e affaticata andò subito a baciare la sua adorata mogliettina.Lo vide proprio mentre l'abbracciava "Ah...abbiamo ospiti" riuscì a dire.
"Si, papà. Tony è venuto qui per scusarsi".
"Si in effetti sono stato molto maled..." Leo non riuscì a finire la frase perchè Sandro non gliela fece finire. 
"Tranquillo dai" disse mentre diede una pacca sulla spalla al ragazzo "capita a tutti. Siete giovani".
Anche Sandro si accomodò sul divano del salotto insieme agli altri per prendersi il caffè.
Leonardo sembrava proprio il tipico ragazzo per bene, educato, rispettoso, con dei valori, uno di quelle persone che aveva avuto un infanzia normale. Era tutta apparenza. Leo aveva imparato a fingere benissimo, nessuno mai si sarebbe accorto dell'odio che si era insediato dentro di lui e mentre sorseggiava il caffè non pote far altro che guardarsi intorno, con un sorriso nascosto, appena accennato sul suo viso, un sorriso di chi aveva la situazione sotto controllo poi guardò con la coda dell'occhio la ragazza di fianco a lui :la sua prossima preda, la sua prossima vittima.....

Mi dispiace non aver aggiornato ieri, ma non ero dell'umore adatto purtroppo.....
Il prossimo capitolo sarà su Domenico e Rosy, vi consiglio di non perderlo per nessun motivo xD. Detto questo grazie ancora a tutti quelli che leggono e recensiscono sempre *-* . Alla prossima (spero domani =) )

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Capitolo 8
*** Un giorno mai dimenticato ***


8.Un giorno mai dimenticato


Il sole era entrato prepotentemente nella stanza di Domenico Calcaterra che dormiva beato sul suo solito letto vuoto, gli accarezzava le guance provocando un leggero fastidio al viso tant'è che dovette svegliarsi. Prese il suo solito caffè e lo sorseggiò dinanzi alla finestra,ammirando il cielo che era di un azzurro spettacolare. Ma quel giorno di spettacolare non aveva nulla, gli portava solo malinconia e dolore perchè oggi quel piccolo bambino ucciso senza pietà dalla mafia avrebbe compiuto 21 anni. Mimmo chiuse gli occhi e provò ad immaginare cosa avrebbe fatto se Leo fosse li. Gli avrebbe comprato una macchina raccomandado di andare piano, di non fare casini ora che era diventato maggiorenne a tutti gli effetti. Un sorriso triste comparì sul suo volto, non pianse, ne aveva versate troppe di lacrime. Da quell'aprile 2013 non smise di festeggiare quel compleanno. Come ogni anno portava alla tomba di Leo dei fiori freschi. Parlava a quella piccola fotografia sperando che egli potesse ascoltarlo. Domenico non era mai stato molto credente, ma da quando Leonardino morì, iniziò a sperare realmente, con tutto se stesso, che la sua anima non fosse intrappolata in quella piccola bara bianca. Quest'anno però pensò di fare un regalo alla mamma di quel bambino che aveva rinchiuso il suo dolore dentro di se, nel suo piccolo mondo. Domenico chiamò la questura raccomandando ai suoi poliziotti di fiducia di chiamarlo solo se strettamente necessario.  Prese la macchina e andò dritto verso l'ospedale psichiatrico. 
Il dottore Angelucci nonchè dirigente dell'ospedale non aspettava di certo la visita dell'ispettore.
"Dottor Calcaterra come mai qui?" chiese il medico.
"Voglio che mi faccia un piccolo favore".
"Riguarda l'Abate vero?".
Domenico annuì "Voglio che la lasci uscire per questo giorno soltanto".
"Cosa?" il dottore rimase incredulo dinanzi a tale richiesta.
"Voglio portarla al cimitero sulla tomba di suo figlio. Voglio che lei lo stenta più vicino che mai".
"Ma neanche per sogno" l'uomo iniziò ad alterarsi sbattendo i pugni sulla cattedra "non sappiamo come reagirà. Potrebbe avere una forte reazione, sarà un pericolo per la signora e per lei stesso".
"Guardi dottore che non sono venuto qui per chiedergli il permesso,ma soltanto per informarla. E poi ci penso io a me stesso".
"Lei è pazzo!" Il dottore non conosceva bene l'ispettore,ma l'aveva inquadrato bene. Sapeva chi era, e che avrebbe smosso l'intero ospedale per arrivare al suo obiettivo. Doveva arrendersi, tanto non lo avrebbe fatto mai cambiare idea "ed ha la testa dura. Dirò alla guardia di turno di prendersi un caffè".
Domenico sorrise quando la persona che aveva davanti a se, si spiegò per prendere le chiavi della 116. 
Rosy stava scrivendo sul muro. Non fece caso nemmeno al rumore della porta spalancata. Mimmo le andò vicino circondandola con le braccia da dietro "cosa scrivi?".
Rosy non smetteva di scrivere. Lui guardò attentamente la parete e con il pennarello nero la donna scrisse "+ 21" . Domenico tirò un forte sospiro e fece voltare la donna così che i suoi occhi guardassero attentamente quelli di lei. 
"Rosy" disse l'uomo accarezzandole la guancia "vuoi venire con me?".
"Mi porti da Leo?".
Quando l'ispettore annuì gli occhi della donna d'un tratto si illuminarono. Sorridevano,ma allo stesso tempo erano anche tristi. Rosy intrecciò la sua mano in quella di lui ed uscirono da quell'ospedale psichiatrico sotto gli occhi del dottor Angelucci che mai nei suoi 30 anni di carriera, aveva assistito ad una scena simile. Si recarono in macchina. Domenico guidava, lei lo guardava con la coda dell'occhio mentre si mordicchiava le unghie consumate. Era ansiosa, nervosa,ma le bastava guardare gli occhi verde smeraldo del suo sbirro per tranquillizzarsi. Domenico ogni tanto le lanciava un occhiata e gli accarezzava i capelli.
Erano arrivati in meno di 15 minuti. Mimmo fermò la macchina e prima di scendere volle essere sicuro al 100% di quello che stava per fare "Sei pronta Rosy?" le chiese di una dolcezza infinita e quando la donna fece sì con la testa lui le propose di scendere.
Camminavano attaccati come due calamite, lui le appoggiò la mano sulla spalla e lei si abbandonò sul suo petto. 
Non appena Rosy riconobbe il posto ne rimase scioccata "Ma questa non è casa tua. Dove siamo Domenico?Perchè mi hai portato in questo posto?".
"Vieni qui" Domenico la portò dritto verso la tomba di suo figlio senza mai lasciarle la mano. Rosy la ritrasse. 
"Povero piccolo, somiglia molto a Leo non trovi?".
Domenico si passò una mano tra i capelli, capendo di aver avuto un idea pessima a portare una madre sulla tomba del proprio figlio.
"Ho avuto una cattiva idea a portarti qui, andiamocene dai" disse Domenico.
Rosy scosse la testa ed iniziò ad agitarsi. Forse aveva ragione il dottore. Forse non era ancora pronta ad accettare la realtà. Che stupido. Una madre non accetterà mai di aver perso un figlio.
"Tu pensi che mio figlio stia li,ma non è vero. Non è vero. E sai perchè? Perchè Leo è vivo!!E tu devi cercarlo, hai capito?Hai capito?". 
La donna urlava picchiando con i pugni il petto di Domenico. Quest'ultimo la bloccò per le spalle e l'abbracciò come quando in quel terribile giorno sulla spiaggia, scoprirono insieme il triste destino di Leonardino.
Mimmo suggellò il dolore di Rosy con un lieve bacio sulle labbra. Con questo gesto voleva trasmetterle tutto il suo amore e cercare di alleviarle il dolore. Rosy ricambiò,ma non smise di singhiozzare. Poi fu lei stessa ad abbracciarlo, stringendolo a se. Aveva gli occhi chiusi così da assaporare ogni minima emozione con più intensità.Non appena li aprì restando sempre abbracciata a Domenico, vide da lontano un ragazzo che non appena incontrò il suo sguardo, si nascose dietro ad un albero. Un incrocio di sguardi che durò una frazione di secondo, ma che rimase impresso nella mente della donna. Forse era tutta una sua immaginazione, un allucinazione, o forse c'era davvero una persona dietro a quell'albero. Rosy voleva esserne sicura.
"Leonardo, è li. Guarda Domenico" prese la faccia dell'uomo con le mani stringendogli le guance e lo costrinse a guardare dall'altra parte.
"Rosy non c'è nessuno".
"C'era invece, ti dico che c'era!!" si allontanò subito da lui. 
Corse velocemente nonostante le forze l'abbandonassero sempre più, aveva ancora il camice dell'ospedale bianco addosso, per la fretta non era riuscita nemmeno a cambiarsi. Quella piccola distanza sembrava infinita poi finalmente arrivò vicino a quell'albero. Domenico aveva ragione : li non c'era nessuno. Inciampò su di un ramo e crollò a terra in ginocchio. Domenico arrivò subito dopo di lei e l'aiutò a rialzarsi.
"Domenico, ti dico che c'era. C'era davvero qualcuno li". Rosy cercava in tutti i modi di giustificare il suo atteggiamento impedendo che lui la potesse definire "pazza".
Domenico le credeva. Credeva davvero che gli occhi di lei avessero visto la figura di un ragazzo cresciuto, somigliante a Leo. Ma era tutto frutto della sua mente. 
"Va bene,ma adesso andiamo".
Mimmo allungò la mano, ma ella si rifiutò di prendersela.
"Si, ma prima mi devi promettere una cosa".
"Tutto quello che vuoi Rosy".
"Voglio che non smetti mai di cercare la verità".
"Te lo prometto!"  
E solo adesso Rosy si sentì libera di affidare completamente la sua mano a lui. Aveva riposto tutta la sua fiducia e tutta se stessa a Calcaterra, l'unica persona che le era rimasta in questa terribile vita messa a dura prova parecchie volte. Arrivò in macchina e non appena appoggiò la testa sul sedile, si abbandonò al sonno.
Domenico non potè far altro che ammirarla tra un semaforo e l'altro. Quando dormiva sembrava così serena, chiunque sarebbe passato di li e l'avesse vista, non avrebbe minimamente immaginato l'angoscia che questa donna aveva dovuto coltivare dentro di se dopo le innumerevoli coltellate che la vita le aveva regalato. Si sentiva un egoista, aveva un tremendo senso di colpa dentro di se per averla fatta soffrire di nuovo. Il suo intento no era di certo questo. Voleva farla sentire libera. Libera di dire tutto ciò che sente a lui e alla foto del bambino, ma non avrebbe dovuto portarla li...come gli era venuto in mente. Calcaterra non se lo perdonerà mai!!!


"Stavi per mandare tutto a puttane!Ti ha visto!"
Gennaro rimproverò Leonardino per quello che precedentemente aveva assistito. Leo si tolse gli occhiali da sole e gli diede leggeri schiaffi sul viso sorridendo "E' passato troppo tempo".
Se li rimise di nuovo. Rimasero entrambi immobili, Genny non smetteva di fissarlo neanche per un secondo.
"Ma che minchia guardi?" domandò il ragazzo, percependo lo sguardo di lui.
"E' da un paio di minuti che penso...ma cosa ci si prova a stare sulla propria tomba?".


Ringrazio sempre tutti quelli che leggono e recensiscono sempre la mia storia, in particolare la mia amica proviamoci che mi stimola ancor di più a scrivere e a postare :) .Il prossimo capitolo,non so quando arriverà penso tra un paio di giorni circa, sarà importante perchè si parlerà di Veronica Colombo e di una nuova allenza.......basta, ho già detto troppo ;) . Alla prossima!!

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Capitolo 9
*** Alleanze pericolose ***


9.Alleanze pericolose


Carmen si rivelò una fonte eccezionale. Aveva riferito lei a Leonardino che Calcaterra, quel giorno, sarebbe andato al cimitero a portare dei fiori alla tomba del bambino, ma di una cosa non era stato avvisato : che con lui ci sarebbe andata anche Rosy Abate, la spietata mafiosa, sua madre!! Leo non riuscì a cancellare quegli occhi spenti dal dolore e dalla sofferenza. Non li guardò da quel maledetto giorno che venne rapito e non sentì la sua voce da quando lei al telefono, gli riferì le sue ultime parole "la mamma ti vuole più bene di tutto!". Leo rimase steso sul divano a torso nudo e con la sigaretta tra le dita. Prese un giornale sperando di distrarre i suoi pensieri, ma ogni articolo parlava di lei, Veronica Colombo. Era tra le pagine di una rivista di cronaca nera, strappò proprio il foglio in cui c'era fotografata la sua faccia che non dimenticherà mai. Fece di quel foglio mille pezzettini di carta e li gettò con rabbia sul pavimento di casa sua e parlò con essi "farai la stessa fine Colombo!".


Dall'altra parte della città viveva una donna che per colpa di un terribile crimine, era costretta a rimanere braccata in casa nonostante la libertà dopo 16 anni. Veronica Colombo passava le sue intere giornate a mangiare, a fumare e a dormire. Non voleva uscire di casa per timore di incontrare qualcuno che gli avrebbe sputato in faccia la triste realtà in cui era stata coinvolta. In carcere era stata per tutto il tempo in isolamento, senza mai vedere nessuno. Era stato un vero e proprio calvario e lo era anche adesso che non poteva godere a pieno di questa libertà. Non la condivideva con nessuno, nemmeno con sua sorella Lara che ogni tanto l'andava a trovare, ma il loro rapporto ormai si era inclinato. Parlavano e discutevano freddamente come due perfette estranee. Come se nelle vene non scorresse più lo stesso sangue. Pensava a quando tempo prima era riuscita a tirare su un partito, ad essere amata e rispettata da tutti perchè lei era la coraggiosa che combatteva la mafia. Se non fosse stato per quell'incontro con Achille Ferro sotto casa sua, non si sarebbe mai trovata in questa assurda situazione. Avrebbe ricevuto i soldi dell'Abate, e consegnato suo figlio e nessuno mai si sarebbe accorto di nulla...invece adesso si ritrovava a guardarsi allo specchio senza più riconoscersi. Chi è questa donna?Che posto occupa in questo mondo?. Erano domande che continuava a porsi, ma nessuno poteva degnarsi di risponderle, nemmeno la sua coscienza.  Veronica avrebbe dato qualsiasi cosa pur di ritornare quella che era un tempo...
Dormiva come un sasso quando ad un certo punto un rumore assordante la fece raddrizzare nel letto. Era il rumore di un vetro andato in frantumi. La Colombo intuì che si trattasse della finestra nell'altra stanza. Con aria coraggiosa decise di affrontare il pericolo, capì subito che non poteva trattarsi di un ladro..chi andrebbe a rubare nella casa di una ex mafiosa?. Si avvicinò alla finestra della cucina, in effetti si era rotta, e qualcuno era entrato. Dal cassetto delle posate prese un coltello così da difendersi semmai le avessero fatto del male. Accese la luce, e un ombra dietro di lei sfumava, passando nell'altra camera.
"Chi sei? Fatti vedere! Non c'hai coglioni!" urlava mascherando tutta la sua paura che ormai si era insediata dentro di lei.
Un altro rumore provenne dalla stanza da letto. La porta si chiuse dall'interno , ma ella trovò il coraggio di aprirla. Una sagoma di una persona vestita di nero le comparve davanti agli occhi. Non appena accese la luce, quella persona si avvicinò sempre più a lei. Sembrava un ragazzo giovane dagli occhi marroni. Gli si poteva vedere solo questo perchè il viso era coperto da un passamontagna nero. 
"Ccchee vuoi?" Veronica tremava come una foglia agitando davanti a se il coltello che aveva tra le mani.
"Sono tornato!"  rispose lo sconosciuto con una risata diabolica. L'uomo si avvicinò sempre di più a lei e dal suo mantello estrapolò un fazzoletto sporco di sangue. Veronica era prigioniera, non riusciva più a muoversi.
"No,no. Ti prego no. Ti prego. Noooooooooooooooo".
Veronica si svegliò urlando, con la fronte sudata e la paura ancora impregnata addosso. Era solo un incubo, ne aveva avuti parecchi, ma quest ultimo era più terrificante degli altri. Corse subito a farsi una doccia sperando che quel terribile sogno potesse lasciare i suoi pensieri.
Indossò l'accappatoio e mise l'asciugamano tra i capelli poi andò dritta verso la camera da letto a vestirsi, ma una strana donna era seduta sulla sedia dinanzi al letto. Veronica sobbalzò spaventandosi anche per colpa di quell'incubo che era ancora dentro di lei.
La donna era molto carina, sulla trentina, bruna con gli occhi chiari. Aveva le gambe divaricate e le braccia conserte. Portava l'indice sulle labbra come per dirle di non urlare.
"Chi sei?Come hai fatto ad entrare?".
La ragazza agitò tra le mani un mazzo di chiavi.
"Ma sono le chiavi di casa mia. Come ce le hai avute?".
"Una settimana fa sono venuti gli addetti all' Enel, erano dei malfattori".
Veronica ricordò l'episodio, in effetti notò qualcosa di sinistro verso quei dipendenti.
"Ma che vuoi da me?" disse allontanandosi sempre più da quella strana donna.
"Si vede che non esci tanto e non leggi nemmeno i giornali altrimenti mi avresti riconosciuta".
"Perchè sei famosa?" domandò Veronica ironicamente.
"In un certo senso".
"Senti mi stai stancando, ora chiamo la polizia!".
La donna sorrise.
"Che minchia ridi!".
"Sei coraggiosa e in gamba, noi abbiamo bisogno di tipe come te".
"Noi chi?".
"Sono l'unica donna della stirpe dei Ragno. Ti dice qualcosa?".
I Ragno. La nuova famiglia mafiosa. Lara gliene parlava ogni tanto, ma Veronica questa volta non volle star a sentire. Ne aveva avuto abbastanza di mafiosi, aveva pagato amaramente l' alleanza con Achille Ferro.
"Vattene. Non so cosa tu voglia da me e non mi interessa. Non voglio più fare affare con i mafiosi capito?".
"Tranquilla nessuno mai scoprirà niente, vogliamo solo che ci passi delle informazioni tutto qui".
"Quale informazioni?".
"Informazioni dalla polizia. Hai una sorella che è una sbirra".
"Non si fiderà di me dopo tutto quello che è successo tempo fa".
"Allora trova in modo no?".
"No. Ti prego vattene da qui, dimenticherò tutto".
"Non hai altra scelta Colombo. Guardati. Vivi come un animale in gabbia, io posso essere l'unica tua alternativa per un futuro migliore".
"E vorresti offrirmelo tu un futuro migliore?E come?Fammi sentire".
"I piccioli" disse Rachele facendo toccare il pollice con l'indice "possiamo darteli tanti. Così tanti che potresti rifarti una nuova vita fuori da questo paese, con un altra identità. Riprenderai in mano la vita che ti è stata tolta".
Veronica era una donna che aveva sempre ottenuto ciò che voleva : soldi e potere e senza essi ora si sentiva persa.Proprio per questo iniziò a tentennare. In fondo non dovrà far del male a nessuno, le toccherà soltanto parlare.Guardò la foto che aveva di sua sorella sul comodino scattata tantissimi anni fa. Erano entrambe sorridenti, e i suoi occhi erano così tremendamente puliti. Come potrà guardarla in faccia, per l'ennesima volta, e far finta di niente?.
"Tranquilla lei non verrà in nessun modo coinvolta, se accetterai".
Paroloni. Veronica non le credeva, come poteva. Come poteva fidarsi delle parole di una mafiosa. Lara era l'unica persona a non averla mai giudicata ed era anche l'unica persona con cui aveva un legame di sangue. Non poteva ferirla di nuovo. Non ora che iniziavano ad avere un rapporto civile, ma rifletté bene alle parole di Rachele...se accetterai...disse.
"No, non puoi minacciarmi" la Colombo a stento trattenne le lacrime.
"Purtroppo chi entra a far parte di questo mondo, non se ne esce più. Sarà in qualche modo sempre legato ad esso. Per sempre.Che fai Colombo. Prendere o lasciare?".
Veronica si sentì messa alle strette, ma la sua fu una scelta ovvia,scontata. Avrebbe aiutato la famiglia Ragno nei suoi loschi affari primo perchè c'era in gioco la vita di Lara, secondo perchè c'era in gioco la SUA di vita!
"Va bene" riuscì a dire con un filo di voce.
La giovane donna sorrise, appoggiò sul letto un telefono cellulare "Ti chiameremo noi. Vedi di non fare minchiate perchè noi ti controlliamo". Appoggiò un dito sull'occhio.
"In che senso?Avete istallato delle cimici? Rispondi!".
"Si, ma non provare a cercarle".
Rachele si avvicinò al comodino e con un movimento rapido delle mani fece cadere la foto delle sorelle Colombo incastrata da una cornice argentata. Era un segno evidente di minaccia. Avrebbe fatto del male a Lara...la mafiosa dopodiché le voltò le spalle e scomparve.
Veronica si piegò a raccoglierne i cocci andati in frantumi rendendosi conto che anche la sua anima e la sua dignità si erano frantumati in mille pezzi.

Ringrazio come sempre tutti e mi scuso per il ritardo, ma volevo che arrivassero più recensioni al precedente capitolo. So che magari potrà sembrarvi un po incasinata la trama, ma questa nuova alleanza sarà quasi fondamentale nel corso della storia. Spero comunque di non annoiarvi ^^ Il prossimo capitolo che arriverà a breve, non so di preciso, sarà molto carino con protagonista Tony alias Leonardo e Carmen. Baci!

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Capitolo 10
*** Il primo bacio ***


10.Il primo bacio

Leonardo aveva dato nuovamente appuntamento a Carmen nel giardino "Avventura". Questa volta era lui che l'aspettava. L'aspettava insieme all'ansia, al nervosismo. Leonardo odiava aspettare. Ogni tanto si passava una mano tra i capelli scompigliandosi il ciuffo ribelle e riprese a fumare. Erano state gettate per terra già due sigarette e ne aveva accesa un altra. Pensava a quando sarebbe spuntata dietro ad un albero,raggiante come sempre. Con il suo solito sorriso da furbetta, accompagnata dal leggero rossore al viso e la sua ingenuità. Poi pensava a come avrebbe dovuto parlarle. Doveva stare attento a non far prevalere l'istinto. Doveva essere perfetto, il ragazzo perfetto che tutte le ragazze vorrebbero al proprio fianco. 
Carmen arrivò dopo circa 15 minuti di ritardo. Ed arrivò come un uragano dietro di lui riuscendogli a coprire gli occhi con una mano.
"Scusa,scusa,scusa".
Leonardo si voltò incontrando gli occhi di lei, in un altra circostanza, con un altra ragazza, sarebbe andato via già da un bel pezzo, ma ora lui doveva smettere di essere Leonardo per essere Tony. Il ragazzino giusto per Carmen. E quindi si limitò a dire "scuse accettate" con un sorriso finto.
"Ehi non sapevo che fumassi".
"Fumo ogni tanto non è che" e non riuscì a continuare la frase perchè mentre egli agitava la sigaretta tra le mani, Carmen gliel'ha strappò gettandola a terra e calpestandola sotto ai suoi piedi. Leo rimase scioccato da tutto ciò.
"Quando stai con me evita" disse lei ironicamente, ma Leonardo non aveva mai preso ordini da nessuno e questo gesto lo infastidì molto tant'è che glielo si leggeva in faccia.
"Che c'è?Non pensavo di ferirti".
"No e che non sono abituato a farmi comandare".
"Vabbe, dimentica l'accaduto e andiamo a farci una passeggiata".
Carmen intrecciò la sua mano in quella di lui e Leonardo ricambiò stranito. Passeggiarono insieme, poi si fermarono a pranzare in un McDonald. Ad un certo punto i comportamenti di Leonardo non erano più forzati o finti. Se le ricambiava un sorriso o faceva qualche stupida battutina gli veniva dal cuore e questa cosa iniziava a spaventarlo. Carmen era dolce e carina. Sicuramente non meritava tutto ciò che Leo le stava facendo, era soltanto una sua vittima, una ragazza pulita che non aveva niente a che vedere con il suo mondo sporco, ma Leonardo aveva giurato a se stesso di non fermarsi davanti al primo ostacolo, di portare al termine il suo piano senza che i sensi di colpa lo divorassero anche se a volte ci sono cose che non si possono controllare. Ogni tanto la fissava guardandola e non prestava attenzione a ciò che gli diceva.
"A volte pare che vivi in un mondo tutto tuo" gli disse Carmen mordicchiando il panino con l'hamburger.
"In che senso scusa".
"Nel senso che a volte sfuggi, ti distrai, a cosa pensi?".
"A niente penso, a niente".
"Ti conosco da poco Tony e quindi non voglio essere invadente, ma se c'hai qualcosa che ti fa star male puoi parlarmene tranquillamente. Siamo amico no?".
Carmen gli appoggiò la mano sulla sua accarezzandola, massaggiandola. Leo quasi ebbe paura della strana sensazione che gli arrivò dritto nel petto e scacciò di impulso via la sua mano.
"Che c'è?" chiese la ragazza temendo di aver fatto qualcosa di sbagliato.
"Niente" si limitò a dire. 
Poi pensò a come cambiare discorso. In fondo era li con lei per un suo sporco piano e non per chiacchierare o fare smancerie.
"Poi non mi hai detto come mai tuo padre ti ha lasciato uscire".
"Infatti è strano, non ha tentennato nemmeno un po quando gli ho detto che mi vedevo con te. Inizia a fidarsi. E' stata una mossa giusta venire a casa mia quel pomeriggio".
Leo sorrise. Era questo che voleva.
"Hai saputo qualche altra cosa a proposito della guerra?".
"Ah si quasi dimenticavo" Carmen ingoiò l'ultimo boccone e iniziò a parlare avvicinandosi a lui molto silenziosamente "i Ragno li conosci no?Quella nuova famiglia mafiosa. Stanno occupando tutti i territori di Catania, si stanno comprando tutto. Terre, appalti, gente onesta. La squadra di mio padre vuole incastrarli, ma non possono perchè non ci sono prove a loro sfavore.Hanno le spalle coperte a quanto pare".
"Bene" sussurrò a se stesso Leonardo. Erano comunque informazioni che già conosceva.
Proprio in quel momento il suo cellulare squillò. Leo lo prese dalla tasca, era un numero sconosciuto. Sconosciuto = De Silva. Si allontanò da Carmen "Scusa, vado a rispondere".
Andò dritto verso il bagno e lontano da occhi indiscreti rispose alla chiamata "Sei tu?" 
"Si ragazzo".
"Che minchia mi chiami a fare?".
"Perchè hai da fare?Dove sei?".
"Al McDonald".
"Lo so".
"Allora che cazzo me lo chiedi...aspetta...ma come lo sai?Sei a Catania?".
"Si. Sono a due passi da te. Ti ho visto con quella ragazza mora. E' lei l'informatrice?E' lei la figlia di Pietrangeli?".
"Si".
"Carina vero?".
"De Silva non c'ho tempo. Dimmi cosa minchia vuoi".
"Voglio sapere che t'ha detto".
"Quella picciridda non sa nulla, mi ha detto le stesse cose che mi hai detto te".
"E cioè?".
"Che l'antimafia vuole incastrare i Ragno e che si stanno impadronendo di tutto".
"Vabbe già il fatto che te ne parli vuol dire tanto. Si fida di te, ma per far sì che si fidi del tutto così da renderti partecipe delle sue confidenze, dovresti andare oltre. Conquistala. Rubale il cuore. Sai come son fatte le donne no?Non c'è bisogno che te lo spieghi".
"Ok. Farò quello che mi dici, ma continui a spiarmi?".
"Non lo so. Ora vattene su. Ci vediamo stasera".
De Silva chiuse la chiamata. Leonardo tirò un sospiro e uscì da quel bagno con un piano ben preciso.
"Potevi dirmelo" disse Carmen con una tristezza infinita sul viso.
"Ma cosa?".
"Che hai una ragazza".
Leonardo sorrise "non sono fidanzato".
"Ah si?E allora chi era?".
"Un amico" rispose Leo ridendo.
"Che minchia ridi eh?".
Carmen si alzò di scatto dal tavolo e si diresse dritta verso l'uscita. Si era arrabbiata. Era gelosa. Piccolo passo avanti. Leonardo si precipitò prima a pagare ignorando la fila e si avvicinò a Carmen che ormai era fuori.
"Carmen aspetta".
Leo la raggiunse presto e si mise davanti a lei, prendendola per le spalle "l'hai detto stesso tu no?Siamo solo amici".
"Amici una minchia!" gli urlò in faccia.
Leonardo aveva una voglia matta di ridere, ma si controllò. Si controllò perchè Tony non avrebbe mai riso in quella circostanza. Tony l'avrebbe detta belle parole dicendole di ignorare altre ragazze perchè non aveva occhi che per lei. Ma Leo di frasi fatte e di discorsi lunghi non era capace di farne così si limitò a fare ciò che lui avrebbe fatto in questo momento. Si avvicinò al viso della ragazza così bello, così semplice, acqua e sapone con un filo di trucco soltanto. Con le guance leggermente arrossate per l'imbarazzo e gli occhi pieni d'amore. Le prese il viso tra le mani ed era ad un centimetro dalle sue labbra carnose. Carmen socchiuse gli occhi, ma all'ultimo fu lei stessa a distruggere ciò che di bello stava per accadere. Si voltò dall'altra parte e Leonardo non capì quel suo rifiuto. Si sentì quasi offeso da ciò, ma perchè? Perchè iniziava a sentirsi male al pensiero di aver ricevuto un rifiuto se lei faceva parte di un piano meschino studiato a tavolino? Orgoglio maschile?.
"Vedi Tony. Io non so come dirtelo, mi vergogno".
Carmen non lo guardava in faccia, temeva di essere derisa da lui.
"Dirmi cosa?".
Lei finalmente ebbe il coraggio di voltarsi "Io non ho mai...".
E a quel punto Leo capì tutto. Carmen non aveva mai baciato nessuno.Cosa doveva mai aspettarsi da una ragazza di 16 anni che viveva all'estero nutrendosi solamente di studio con una famiglia che non gli regalava nemmeno un briciolo di libertà? Per il ragazzo questo fu un colpo basso. Per la prima volta nella sua vita non sapeva come comportarsi. Era in un bivio, ma doveva farlo. Doveva piegarsi a tale brutalità. 
Leo le sorrise, ma non ero un sorriso beffardo o divertito, ma un sorriso leggero. Vero. 
Si avvicinò a lei, fregandosene di quanto detto precedentemente e la baciò. Fu un bacio lento, passionale, estremamente dolce e Leo era pronto a giurare a se stesso di non averne mai ricevuto uno più bello.


Grazie sempre e comunque a tutti quelli che recensiscono ed hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate! E già tanto per me leggere tutte queste recensioni *-* (siamo arrivati a 19, grazie tante davvero).
Abbiamo assistito a un Leonardo un po cattivello, ma come avete già capito, inizierà anche a voler bene a Carmen che sarà davvero importante nella storia. Non perdete assolutamente il prossimo capitolo perchè succederà una cosa (vi anticipo riguarda Rosy) che sarà il fulcro della mia fanfiction ;).
p.s non voglio farmi pubblicità, ma se volete potete mettere un mi piace nella mia pagina fb dedicata a sam!!
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Capitolo 11
*** Un piano (quasi) perfetto ***


11. Un piano (quasi) perfetto

Era lì. Ad un passo da lei. Sdraiata sul letto. Dormiva beata con i suoi soliti capelli lunghi e mossi. Non era cambiata molto. Non era invecchiata nonostante fossero passati 16 anni, i segni accentuati erano solamente sui polsi, coperti da una fasciatura bianca. Segni evidenti di una madre che ha sofferto troppo per la perdita di suo figlio. Leonardo la guardava e attendeva con ansia il suo risveglio,a quando l'avrebbe guardata negli occhi dicendole "Sono io, il tuo bambino".

12 ore prima
Leonardo e suoi due coinquilini si prestavano ad ascoltare attenti al discordo di De Silva.
"Allora avete capito? Arrivate vicino all'ospedale psichiatrico, completamente a volto coperto. Aspettate che la guardia di turno dia il cambio ad un altro e lo beccate fuori dagli occhi indiscreti delle telecamere. Lo spaventate, lo prendete e lo fate sedere in macchina. Dopodichè gli riferite con toni minacciosi, di disattivare tutte le telecamere all'interno dell'ospedale e di darvi le chiavi della 116. Poi entrate e mi rapite l'Abate prestando molta attenzione, chiaro?".
"Chiarissimo" risposero i tre in coro ed uscirono per andare dritto verso il piano.
Accostarono la macchina vicino all'ospedale psichiatrico dove per 16 anni era ricoverata Rosy Abate. Leonardo aveva aspettato fin troppo questo momento e quei minuti sembravano interminabili. Si mise il passamontagna nero dove solo gli occhi,il naso e la bocca vi erano scoperti. Genny e Andrea lo seguirono e anche loro ormai erano a volto coperto. Erano le 23 quando la guardia di turno uscì dal cancello principale della clinica. Leo gettò di getto la sigaretta fuori dal finestrino ed aspettò che i suoi due compagni rientravano insieme a quell'uomo. Muniti di pistola si avvicinarono a lui. Leo li osservava da lontano. La guardia tremava come una foglia e non ci volle poi tanto a convincerlo a sedersi in macchina.
"Che...che...che...volete?".
Leo si voltò dall'altra parte per guardarlo negli occhi.
"Non ti facciamo niente. Voglio soltanto che adesso tu vai la dove lavori e disattivi tutte le telecamere u capisti. E poi mi serve la chiave di una stanza, la 116!".
L'uomo in preda alla paura tentennò agitando la testa "non posso. Non so farlo.Non ho accesso agli archivi".
"E che minchia di guardia sei?Eh?".
Genny le piantò la pistola alla tempia e l'uomo si agitò ancor di più. Leo era sereno, sicuro che prima o poi lo convincerà.
"Il mio amico sta per perdere le staffe, ma io voglio un po ragionare. Come ti chiami?".
"Antonio De Pace".
Leo sorrise, quel nome ormai lo perseguitava.
"C'hai moglie?Figli?".
Antonio iniziò ancor di più ad agitarsi, a sudare e ad avere paura.
"No, non fategli del male vi prego".
"Allora se non vuoi che gli facciamo del male, fa quello che ti dico va bene?".
La guardia annuì.
"VA BENE?" domandò urlando Leo.
"Si,si,si" bisbigliò l'uomo.
"Bravo allora vai".
"Ora? Ho finito il turno adesso. Come faccio. Mi scopriranno".
"Inventa una scusa imbecille!" urlò ancor di più Genny.
"Va bene.Va bene.E dopo?"
"Dopo rimani il cancello aperto,ritorni qua a darci le chiavi e ti lasceremo tranquillo" disse Leo.
Antonio uscì dall'auto, ma prima Leo gli lanciò un occhiata "vedi di non fare minchiate altrimenti stermineremo la tua famiglia".
Aspettarono circa mezz'ora poi videro uscire la guardia che lentamente si avvicinò alla macchina di Leo. 
"E' tutto apposto potete andare" disse l'uomo ancora impaurito lanciando le chiavi addosso a Leo.
"Bene".
Leonardo gli diede piccoli schiaffetti sul viso, ma era troppo vicino a lui. Vicinanza che costò la vita a quel povero poliziotto perchè l'uomo, se pur impaurito ebbe una forte arrabbiatura e curiosità nel scoprire chi fossero quei ragazzi che avevano minacciato la sua famiglia. Quindi con un movimento rapido delle mani gli tolse il passamontagna dalla faccia. Lo guardò dritto negli occhi e fu l'ultima cosa che vide perchè da dietro Genny gli sparò un colpo secco alla schiena. Antonio si accasciò a terra sotto lo sguardo di Leo ricco di angoscia e di tristezza. 
"Che minchia hai fatto?" 
Leonardo urlò in faccia a Genny scuotendolo per le spalle.
"Ti ha visto in faccia!".
Una scusa banale, stupida, detta così per dire per giustificare un omicidio. Una scusa a cui Leo aveva assistito in prima persona, 16 anni fa.
"Ragazzi ammunì. Abbiamo un piano da portare a termine e dobbiamo fare in fretta prima che si accorgano di questo" intervenne Andrea indicando il corpo della guardia ormai morente.
"Allora ci resti tu a farlo compagnia" disse Leo rivolgendosi a Genny dopo essersi rimesso il passamontagna.
"Cazzo!!!Va bene. Andate su, presto!!".
Finalmente Leo e Andrea entrarono nella struttura ospedaliera.Era pieno di guardie, ma con astuzia i due riuscirono a evitarli. Poi finalmente arrivarono nella stanza 116 e fu proprio Leo per prima ad aprire la porta.
La vide mentre dormiva. La osservava con le lacrime agli occhi perchè ora poteva piangere, poteva nascondere le lacrime dietro a quel maledetto passamontagna nero così da non passare per uno debole davanti agli occhi del suo picciotto.
Genny si avvicinò cauto a Rosy per non svegliarla e stava per prenderla in braccio.
"Che minchia fai!" rimproverò sottovoce Leo. Perchè questa volta voleva essere lui ad abbracciarla, a tenerla stretta a se anche se per pochi istanti. Voleva sentire il suo profumo, costatare se era rimasto quello buono di un tempo. Voleva osservare la sua pelle, ogni minimo dettaglio della sua mamma.
E così fece. Con un braccio le circondò le ginocchia, con un altro le reggeva la testa.
"Non si sveglia perchè sta imbottita di farmaci, sta piena di lassativi" disse Andrea bisbigliando.
Ma Leonardo non lo ascoltava, era così attento a guardare Rosy. I lineamenti del viso erano gli stessi e non aveva nemmeno una piccola rughetta. Era bella. 
Riprese poi a camminare stringendola a se più forte che poteva. Andrea gli stava dietro per coprirlo perchè ormai aveva capito che lui era soltanto diretto a guardare la sua mamma. Chiunque fosse passato di li non lo avrebbe visto.
Camminò per tutto il corridoio con Rosy in braccio, con la speranza di non imbucare mai l'uscita, con la speranza che non arrivasse mai il momento in cui si dovrà staccare da lei. Le appoggiò la guancia sulla sua, e odiò quel maledetto pezzo di stoffa che aveva in testa perchè le impediva di accarezzare completamente la sua pelle e si avvicinò al suo orecchio.
"Sono tornato, mamma!" riuscì a dirle soltanto questo perchè ormai le sue lacrime avevano invaso il suo viso e la sua anima.

Non vorrei essere ripetitiva,ma continuerò all'infinito a ringraziarvi. Senza di voi non avrei avuto quella spinta che mi porta ad andare avanti nella storia. Vorrei fare un ringraziamento speciale a Martina che non è iscritta su EFP, ma che mi fa i complimenti in prvt su facebook. Sei carinissima *-*.
Non perdetevi assolutamente  il prossimo capitolo (arriverà dopo il week-end) perchè sarà molto emozionante ci provo dato che assisteremo al ritrovo di Rosy e Leo *.* 
Ricordandovi la mia pagina facebook : https://www.facebook.com/squadraantimafiamania?ref=hl
Buon fine settimana lettori,
baci.

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Capitolo 12
*** Mamma ***


12.Mamma
 
Rosy si ritrovò ad osservare un soffitto sconosciuto. Le pareti erano bianche e la stanza piccola e buia, poteva essere quella dell'ospedale, ma lei l'aveva osservata per così tanto tempo che non pote credere di ritrovarsi ancora li. Ma come ci era arrivata in quel posto?Chi era stato? Rosy proprio non se lo ricordava. Ricordava soltanto di un infermiera e di aver preso delle gocce, come ogni sera. Si alzò da quel letto dove chissà da quanto tempo avrà dormito e dava schiaffi pesanti al muro.
"EHIIIIIIIIIII,C'è QUALCUNOOOOOO??" iniziò ad urlare.
Un ragazzo si precipitò da lei. Rosy l'osservava, ma proprio non lo conosceva. Era carino,giovane,alto, occhi chiari, capelli scuri. Involontariamente si allontanò da lui sedendosi sul letto e rannicchiandosi a se stessa. Si sentiva sola e indifesa con uno sconosciuto di fronte che forse le farà soltanto del male.
"L'Abate si è svegliata!" gridò l'uomo e Rosy non riusciva ancora a capire. Dopo di che il ragazzo andò via e ne entrò un altro.
Rosy restò li impalata a guardare lui, osservava attentamente ogni minimo particolare di quel ragazzo anche se solo gli occhi vi erano scoperti. Inarcò il viso ed entrò dritta in quegli occhi scuri e profondi. Li studiava, gli penetravano dritto nel cuore e lui glielo permetteva. Permetteva che gli occhi di lei scavassero nell'immensità del suo sguardo. E Rosy quasi si rivide in essi. Si rivide in quegli occhi infiniti pieni di tristezza,di rancore, di odio, ma anche di tanta gioia, di nostalgia, di debolezza. 
Egli si scoprì completamente il viso, togliendosi il passamontagna così da renderle le cose più facili senza dover parlare. Perchè Leonardo non riusciva a trovare le parole giuste per spiegarle. Per spiegarle che il ragazzo che Rosy aveva di fronte non era altro che suo figlio cresciuto. Che non era morto in quel maledettissimo conflitto a fuoco. Che non era stato seppellito sull'Etna, ma che era vivo ed era proprio ad un passo da lei.
Rosy continuava a guardarlo, immobilizzata, aveva già capito. Perchè il legame che una madre ha con un figlio è un qualcosa di speciale. Di indistruttibile. Di indelebile. L'avrebbe riconosciuto anche in mezzo ad un milione di persone. Ma non volle avvicinarsi a lui per toccarlo perchè la paura di essere prigioniera di un sogno la tormentava. La tormentava il risveglio, e di ritrovarsi nuovamente intrappolata in una stanza cupa e buia. Ma dovette trovarlo presto il coraggio perchè il rimpianto di non averlo toccato nemmeno in un maledetto sogno poteva perseguitarla per tutta la vita.
Scese dal letto, con passi lenti, ma decisi. Non gli staccava gli occhi di dosso e quando arrivò ad un centimetro da lui, allungò un braccio e gli accarezzò la guancia. Lo fece piano,delicatamente,dolcemente e chiuse gli occhi perchè ormai era sicura di riaprirli e di non trovarci più nessuno di fronte a se. Ma non successe. Continuava ad esserci. Ad essere li con lei. E quando lo scoprì riaprendo gli occhi riuscì solamente a dire "Sto impazzendo per davvero".
Leonardo aveva la vista annebbiata per quelle lacrime non versate, per le parole non dette, per i troppi silenzi. La guardò e vide in quello sguardo una persona sofferta, addolorata, confusa. Si limitò a baciarle la mano che non aveva smesso di accarezzare la sua guancia. 
"No. Non stai impazzendo. Sono io. Leonardino, mamma".
Rosy scoppiò in una vale di lacrime, singhiozzando. Era un pianto di felicità. Un pianto di una donna che non desiderava altro che riabbracciare suo figlio. Un pianto colmo d'amore che a Leo colpì profondamente. L'attirò a se per abbracciarla e quando i loro corpi si incastrarono, entrambi percepirono la voglia di non staccarsi più. Il desiderio di voler restare così per tutta la vita.
Rosy continuava a piangere bagnando la camicia di Leo e Leo fece lo stesso con il suo camice bianco.
-
Domenico e la sua squadra si erano precipitati nella clinica dove era stata ricoverata Rosy Abate. Un uomo per terra e delle telecamere disattivate erano un tipico scenario da rapimento.
Mimmo era deluso, arrabbiato con se stesso per non esserci stato. Per non aver impedito tutto questo e soprattutto perchè non era nemmeno riuscito a chiederle scusa dopo l'ultima volta. Interrogò il primario, il dottor Angelucci, e si chiedeva come poteva essere successa una cosa del genere, senza che nessuno si fosse accorto di nulla.
"Ci dicono che è una guardia, si chiama Antonio De Pace".
Leoni interruppe il colloquio che l'ispettore stava facendo con il dottore e quest'ultimo dentro di se, non pote far altro che ringraziarla perchè le continue domande di Calcaterra lo umiliavano.
"L'hanno minacciato. Gli hanno fatto prendere le chiavi della stanza di Rosy, l'hanno fatto disattivare le telecamere. E tutto questo in silenzio, di sera, in una delle cliniche più prestigiose d'Italia!Ma dico io...CHE CAZZO DI POLIZIOTTI AVETE QUI EH?".
"Basta ispettore, basta!" il dottore iniziò a ribellarsi "lei lo sa meglio di me che quando c'è in giro la mafia tutto è possibile!".
"Ma vaffanculo va" gli disse in faccia Domenico prima di uscire da quello studio e incrociare la sua collega Lara Colombo.
"Ehi Domenico. Domenico. Guardami. Guardami. Smettila, hai capito?Sei un poliziotto, dovresti dare l'esempio. Un uomo di famiglia è morto, assassinato. Con un colpo dritto alla schiena senza pietà e a te sembra quasi che non importi nulla. T'interessa soltanto sapere dov'è l'Abate in questo momento".
Lara lo prese in contropiede, aveva lo sguardo pieno di rancore e di gelosia, ma aveva ragione. In questo momento Domenico aveva perso di vista il suo obiettivo, quello di dare giustizia ad un uomo ucciso per mano della mafia.
"Hai ragione".
"E che quando si parla dell'Abate tu perdi le staffe, non sei lucido. Devi esserlo però per il bene della squadra".
Domenico annuì e andò vicino al corpo della guardia ormai coperto da un lenzuolo bianco. Scrutò bene la scena guardandosi intorno per riuscire a far emergere un piccolo particolare che l'avrebbe portato a quei rapitori. E lo trovò. Per terra, in mezzo ai tanti cespugli vi era un mozzicone di sigaretta.
"Guardate qui" urlò Domenico a degli esperti li vicino " fate analizzare quella sigaretta e forse possiamo risalire al nome di quel bastardo".
Anche il resto della squadra ancora in ospedale, era attenta a capire cosa mai fosse successo e un particolare sconcertante li fece rabbrividire. Sciuto arrivò dal suo capo col fiatone, e la curiosità negli occhi.
"Dottore deve vedere assolutamente una cosa".
"Sciuto ma che?".
"Non parli la prego, lo veda con i suoi occhi".
Domenico seguì il collega velocemente che lo portò dritto verso l'intera squadra. Erano in una stanza, tutti a cerchio guardando il monitor di un computer fisso.
"Siediti" gli disse Lara indicando la sedia vuota "Non so se l'ha fatto apposta oppure l'ha dimenticato, ma quella guardia, Antonio De Pace, ha rimasto una telecamera accesa".
"Cosa?" chiese principalmente a se stesso Domenico. E nel profondo del cuore lo ringraziava poichè aveva facilitato le indagini.
"E ancora non ha visto nulla" disse ironicamente Pietrangeli.
"Allora?Cosa aspettate?Fatemi vedere. Su".
Palla incontrò due tasti della testiera e presto le immagini di quella sera comparvero sul monitor. L'immagine era sfocata e lontana, ma si vedevano benissimo due ragazzi a volto coperto portar via una donna.
"Eccoli ispettore, è l'Abate" disse Francesca.
Domenico li osservava. Osservava di più uno dei due perchè la teneva stretta tra le braccia. 
"Rapitori un po troppo affettuosi direi" parlò Sandro dopo aver incrociato lo sguardo determinato di Calcaterra.
Li osservava ancora, osservava quel ragazzo come la reggeva, come la teneva stretta a se e guardava l'altro ragazzo che voltava la faccia a destra e a sinistra per paura di essere notato. Poi rimase fisso ad esaminare un particolare. L'uomo che aveva Rosy in braccio si avvicinò piano al suo orecchio sussurrandole qualcosa. 
"Aspetta Palla. Palla torna indietro".
E Gaetano tornò indietro di qualche secondo.
"Ingrandisci qui".
Domenico si sporse in avanti avvicinando ancor di più il viso a quel televisore. 
"Ritorna indietro".
Domenico vide muovere le labbra di quel ragazzo, le diceva una frase che non riusciva bene a capire, ma l'ultima parola la seppe notare.
"Mamma.Le dice mamma!".
"No, impossibile" intervenne Lara.
"E allora mettiti un paio di occhiali. Ritorna indietro Palla!".
E Palla, Sandro, Sciuto, Francesca e Lara dovettero dargli ragione perchè le labbra si muovevano per dare voce a quella parola speciale.
"Minchia c'ha ragione" riuscì a dire Palla.
"E' vero, ma l'Abate non ha figli!" disse Sandro.
"Ne aveva uno" rispose tristemente Mimmo.
"Tutto questo non ha senso".
Lara si mise entrambi le mani tra i capelli proprio non riusciva a capire tutto questo "e se fosse tutto un piano dell'Abate?Per farci uscire pazzi a tutti?E se avesse escogitato lei a tavolino tutto questo?".
"Ma che cazzo dici Lara" Domenico si alzò di scatto dalla sedia, arrabbiato più che mai "l'Abate,come la chiami tu, non avrebbe avuto nemmeno la forza di pensarlo un piano. Parli così perchè tu non l'hai vista, non sai in quale stato era!".
"Calcaterra c'ha ragione però non possiamo far finta di nulla davanti a questo" ripete in continuazione Sandro "siamo di fronte a dei squilibrati?A dei malati mentali?".
"Non lo so, non credo. Uno con problemi mentali non avrebbe organizzato tutto così perfettamente con lucidità".
"E allora prova a dare una spiegazione a tutto questo!".
"Te la darò una spiegazione Lara, te la darò. Anche perchè giù nel cortile ho trovato un mozzicone di sigaretta che secondo me appartiene proprio a uno di questi due".

E rieccoci con un nuovo capitolo. Devo dire che è stato un po difficile scrivere su carta un momento molto emozionte che ho sperato e sognato da tanto *.* .Ammetto che ad un certo punto mi sono anche emozionata scrivendo di Rosy e Leo perchè me li sono immaginati davanti ai miei occhi..se anche voi avete provato lo stesso leggendo, vuol dire che ho fatto un buon lavoro ;) altrimenti AMEN xD. Ringrazio sempre e comunque tutti quelli che leggono la mia storia e che mi fanno i complimenti in privato su facebook: vi adoro *-* . Nel prossimo capitolo verrà ancor di più approfondito il rapporto madre-figlio :) ,
a prestissimo :)


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Capitolo 13
*** Niente e nessuno ci separerà ***


13. Niente e nessuno ci separerà
 
Rosy rimase abbracciata a suo figlio per un bel po. Senza parlare. Senza dire nulla. Stando in silenzio. Non le importava cosa o chi l'avesse salvato. Non le importava di sapere il perchè fosse ritornato da lei solo dopo 16 anni. Le importava solamente di stringerlo a se per ripagare tutti quegli anni in cui era convinta di non rivederlo mai più. Sentì le sue braccia forte e possenti. Sentì quanto fosse cresciuto. Quanto fosse diventato un uomo. Non lo baciava, non lo accarezzava. Voleva soltanto sentire il suo profumo e trasmettergli così tutto l'amore che in questi anni aveva voluto regalargli. Non pensava a nulla. Non pensava a cosa mai l'avesse spinto a ritornare. Non pensava al perchè avesse messo in atto un rapimento per rivederla. E per Leonardo fu lo stesso. Sentire il calore del suo corpo mischiarsi con il suo,il profumo dei suoi capelli incastrarsi nel suo viso, la voglia matta di restare così per sempre...all'infinito.
Fu Leonardo a svincolarsi dall'abbraccio. Lo fece lentamente. Dolcemente. Le prese il viso tra le mani e con il pollice tentò di asciugarle le lacrime. La guardò negli occhi. Quegli occhi che prima erano spenti adesso sembravano essere riempiti non solo di pianto, ma di gioia e felicità. Sembrava fragile. Piccola. Indifesa. Non era più la donna forte e senza scrupoli di un tempo. Non era più la regina di Palermo. Leonardo non guardò una mafiosa, una criminale, ma una madre! Una madre che nella vita aveva subito mille sofferenze e l'ultima, quella più atroce, l'aveva fatta diventare ciò che è adesso.
"E' un miracolo" disse lei ancora singhiozzando. Era l'unica spiegazione che poteva dare a tutto questo.
"No, non lo è". Leonardo accennò un sorriso "so che può sembrarti anormale e sei confusa ma quando troverò le forze ti spiegherò tutto".
"Come hai fatto?Come hai fatto a salvarti?".
Rosy aveva bisogno di saperlo. Voleva guardare negli occhi la persona che l'aveva salvato e ringraziarlo fino alla morte per aver impedito a un bambino di 5 anni, una morte certa. Ebbe subito la risposta. Perchè una voce non tanto distante da lei parlò "sono stato io!".
Sull'uscio della porta Rosy riconobbe quell'uomo. Era De Silva. Rimase imbambolata a guardarlo, in quel momento gli avrebbe fatto 1000 domande, ma nessuna uscì poi dalla sua bocca. Si limitò ad andargli vicino. Si inginocchiò davanti a lui e gli strinse le gambe. Alzò la testa incontrando l'espressione seria e sorpresa dell'uomo. "Grazie.Grazie.Grazie" ripetè.
Filippo si liberò dalla sua stratta scuotendo la gamba così da farla cadere a terra "Che cazzo fai. Non so cosa farmene della tua gratitudine e della tua pietà. Alzati. FORZA!" urlò mentre con la forza, la prese per un braccio costringendola a rimanere dritta davanti a lui.
"Che vuoi da me?".
Rosy ebbe un attimo di lucidità. Capì di essere stata coinvolta in una grossa faccenda. Traffico di droga? Giri d'affari loschi? 
"Voglio che ritorni ad essere la Regina di Palermo!".
L'Abate sorrideva "non ho più la forza di lottare De Silva, voglio solo stare con mio figlio".
"Beh allora tornerai da dove sei venuta".
Ritornare da dove sei venuta? Voleva dire rimettere piede in quell'ospedale psichiatrico, circondati da pazzi.
"Leonardo non me lo permetterà".
"Io non ne sarei così sicuro".
La donna si voltò verso suo figlio, ma non incrociò il suo sguardo perchè era rivolto verso il basso. 
"Mi stai minacciando De Silva?".
 "Si!"..."convincila tu" disse l'uomo riferendosi a Leo. Dopodiché uscì e chiuse la porta così da permettere che i due si parlassero.
"Cos'ha in mente quel bastardo?".
"Senti mamma io ti prometto che riavremo la vita che ci è stata tolta. Riavremo il tempo che abbiamo passato separati, ma prima dobbiamo fare delle cose perchè io glielo devo. Glielo devo capisci?".
Leo le parlò dolcemente prendendole le mani e a quel punto Rosy dovette cedere. Dovette cedere perchè questo era l'unico modo per tenersi vicino suo figlio. Per controllarlo. Per proteggerlo, come non aveva fatto 16 anni fa. Gli occhi di lei tornarono a luccicare perchè dalla bocca di suo figlio risuonò la parola più dolce di questo mondo.
"Mi hai chiamato mamma".
"E' giusto che ti chiami così..o no?".
Leo ebbe paura. Paura di aver detto qualcosa di sbagliato.
"E' più che giusto amore" riuscì a dire. L'abbracciò di nuovo. Con più intensità. Con più forza e non si limitò a fare solo questo, ma a baciarlo, a toccarlo...convinta ormai che non fosse più vittima di un sogno.
"Si però non voglio che ti metti nei guai. Devi stare lontano da quell'uomo Leo, il più lontano possibile".
"Quell'uomo mi ha cresciuto. Male o bene che sia, ma mi ha cresciuto. Lo conosco come conosco me stesso".
"E qui ti sbagli perchè quando si tratta di Filippo De Silva non devi mai dare nulla per scontato".
"Io non mi fido di nessuno".
"E fai bene, tu ti fidare solamente di te stesso e della tua mamma".
Rosy gli accarezzò nuovamente il viso quando suo figlio annuì.
"Come ha fatto a salvarti?".
E Leonardo incominciò a raccontare. A raccontare di quando lui era soltanto svenuto sull'Etna prima che Veronica Colombo lo sotterrava. Quando nominò quella donna gli occhi di Leonardo cambiarono sfumatura, erano cupi e bui, erano profondi e Rosy che era la madre, capì che l'odio si era insediato in lui. 
"Tu non lo fai solo per De Silva, tu sei venuto qua per vendicarti. E' vero?".
Leonardo annuì e sorrise, non poteva nasconderle nulla ormai. "Si, voglio ammazzarla".
"La vendetta, il rancore, il senso di giustizia non ti porterà indietro tutti quegli anni che hai trascorso lontano da qui".
"Puoi parlare anche fino a domani, non mi convincerai a cambiare idea. Sono venuto qui con uno scopo ben preciso e non voglio sapere il tuo parere, non mi interessa".
"E invece devi ascoltarmi" Rosy lo costrinse a guardarlo negli occhi "quando ti vedo mi sembra di rivedere me un po di tempo fa. Quando rimasi sola perchè iniziarono ad ammazzarmi il marito. E poi i fratelli. Eravamo una bella famiglia, ma ci è stata distrutta. Ed io decisi di intraprendere la strada della vendetta. Dell'odio e divenni quello che poi sono diventata : una mafiosa!!Io non avevo altra scelta, ma tu si. Puoi scegliere. Scegli di andartene, lontano da questa città".
"Ci ho vissuto troppo poco tempo qua, non posso andarmene. Non ora".
Leo prese una sigaretta dal comodino e se l'accese. Andò fuori al giardino per fumarsela. Ripensò alle parole della mamma, conosceva perfettamente tutta la sua vita dai giornali e dalle parole di De Silva, ma non percepì la stessa sua situazione.
Rosy arrivò un attimo dopo, abbracciandosi dal freddo.
"So che è difficile e che hai passato degli anni tremendi, ma adesso ci sono io con te e giuro che stavolta niente e nessuno ci separerà".
Leo appoggiò la testa sulla spalla di lei, annuendo a ciò che sua madre gli aveva appena detto. E si liberò da tutto ciò di cui sentiva. Continuando a raccontare.Le disse di quando era un bambino e invece di andare a scuola gli insegnavano a sparare. Le disse di aver capito troppo presto il perchè doveva nascondersi, il perchè Achille Ferro l'aveva sparato guardandolo in faccia. E le disse di quella volta quando fece 18 anni e si sentì dire da De silva chi era sua madre. Una criminale, un assassina, una mafiosa, ma anche una donna forte, testarda, coraggiosa, furba che aveva ucciso Ivan di meo, l'uomo che amava,  per una vendetta d'amore.
Rosy l'ascoltò senza fiatare perchè adesso era lui ad aver bisogno di sfogarsi. Pensò a quanto avrà sofferto avendo avuto un infanzia difficile. Ascoltò il suo bambino e vide che i suoi occhi non si liberarono da un pianto liberatorio, forse ne aveva versate già troppe di lacrime o forse le lacrime di lei bastavano per entrambi.

Vi ringrazio sempre e comunque per il sostegno e per spingermi sempre di più a continuare la storia. Il prossimo capitolo, che sarà incentrato su Domenico e le indagini su Rosy, penso che arriverà alla fine della settimana prossima :( . Mi dispiace,ma ho alcuni problemini e per questo non riesco ad aggiornare :) .Vi adoro <3. Un abbraccio speciale a chi segue la storia tramite facebook e mi fa tanti complimenti in privato *-*.

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Capitolo 14
*** Un fantasma ***


14. Un fantasma
 
Domenico Calcaterra aveva trascorso la notte guardando il soffitto. L'aveva trascorsa insieme all'ansia e alla paura. L'ansia di voler scoprire presto quel nome e la paura che fosse successo qualcosa di grave a Rosy. Accanto a lui Lara Colombo dormiva beata, serena, la invidiava. Invidiava la sua tranquillità con cui gestiva il suo lavoro. Era stata lei a fermarsi da lui perchè lui gliel'aveva chiesto, non con le parole, ma con i gesti, con gli occhi. Non avevano fatto l'amore -o meglio sesso- non avevano fatto nulla. Avevano soltanto dormito e basta. Lei aveva dormito. Lui no. Mimmo si girava e rigirava nel letto e quando si mise seduto, Lara si svegliò.
"Che c'è?" chiese ancora assonata raggiungendolo.
"Niente, dormi, non volevo svegliarti".
"Troppo tardi" intervenne lei sorridendo -"sai che puoi dirmi tutto"- continuò appoggiando la testa sulla sua spalla.
"Non capiresti comunque" rispose lui alzandosi dal letto.
Lara Colombo lo osservava mentre indossava una maglia e capì di avere davanti un uomo disperato perchè aveva perso per l'ennesima volta, la donna che amava. Avrebbe tanto voluto che quell'amore fosse stato rivolto a lei. Quante volte era arrivata ad invidiare l'Abate, quante volte avrebbe voluto essere al suo posto, quante volte avrebbe voluto essere lei! E Lara si malediva per questo. Come poteva essere gelosa di una mafiosa?Di una donna che aveva ucciso il padre di suo figlio?Di una donna che nella vita aveva perso l'amore più grande?. Poi pensò a Calcaterra e tutto sembrava essere giustificato. Perchè l'amava. E si convinse di non aver lottato abbastanza per questo amore. Ma Lara aveva la forza di lottare per un amore sapendo che non verrà mai corrisposto? Il suo cuore rispose per lei, le rispose di si. E volle cominciare da qui. Da ora. Ora che l'Abate non c'era e qualcun altra doveva prendere il suo posto....
Si alzò dal letto convinta di trovarlo sotto la doccia e invece era li. Sul divano a guardare la foto che ritraeva Rosy e suo figlio felici tantissimi anni fa. Si appoggiò davanti alla porta senza intervenire, con le lacrime agli occhi. Capì che nemmeno con le migliori intenzioni di questo mondo sarebbe riuscita a rubargli il cuore...perchè quel cuore se pur sbagliando, apparteneva già ad un altra. A Rosalia Abate.
Lara tornò indietro raccogliendo le sue cose, prese la sua borsa, il suo giubbotto di pelle, si fece una coda di cavallo e scappò via. Lontano da lui. Calcaterra la fermò quando si accorse che stava andando via così, senza avvertire.
"Che fai te ne vai?".
"Si" rispose lei con un mezzo sorriso. E aprì la porta uscendo.
Domenico aveva già capito. Sapeva perfettamente perchè lei stesse scappando via, perchè l'aveva visto per tutta la notte con il pensiero fisso su di lei. Perchè aveva capito che nella vita di Mimmo nessun'altra donna potrebbe occupare il posto di Rosy. 
Mimmo si fece presto una doccia e andò a lavoro. Palla e Sciuto era già seduti sulle loro rispettive scrivanie.
"Buongiorno capo" disse il primo rivolgendosi a Calcaterra.
"Buongiorno" rispose, poi continuò -"sono arrivati i risultati dalla scientifica?"-.
"Non ancora".
"Chissà quanto cazzo ci metteranno".
"Ansioso Calcaterra?" ribattè Pietrangeli non appena lo vide.
"Un po".
"Eccoli....cazzo!!" sbottò Palladino non appena lesse i risultati dal suo pc.
"Che succede Palla?" domandò il capo.
"Questa storia finirà per sfinirci".
"Perchè?".
"Perchè è tutto così strano...qui risulta...risulta che quella sigaretta non appartiene a nessuno".
"Ma che cazzo stai dicendo Palla?".
"Vedi ci sono solamente dei piccoli spazi e questo sta a significare che quel ragazzo vive con un altra identità. Non è registrato. Non ha documenti. Passaporti".
"Oppure li ha, ma con un nome fasullo".
"Stiamo cercando un fantasma?" intervenne Sandro.
"Si. Dobbiamo scoprirlo e dobbiamo essere lucidi".
Domenico radunò tutta la sua squadra dinanzi alla lavagnetta della caserma. Al centro c'era nuovamente la fotografia di Rosy, alla sua destra Leonardo e a sinistra due punti di domanda. Più giù c'era la famiglia Ragno al completo : i coniugi Rodolfo e Angelina Ragno ;e i suoi tre figli: Saro Ragno (il primo), Pasquale (il secondo) e Rachele (l'ultima) .Poi in fondo cerchiata, c'era la foto di De Silva,  non erano riusciti a trovarlo nonostante le assidue indagini degli ultimi anni.
"Secondo voi qual'è stata la causa che ha spinto al rapimento dell'Abate?" domandò Domenico che per la prima volta, non era arrivato a nessuna conclusione -"i soldi lo escludiamo. Non c'ha più un euro"-.
"Per vendetta?" domandò Lara.
"Può essere. E poi perchè uno dei due l'ha chiamata mamma?".
"Perchè forse Rosy ha un altro figlio, uno che non ha riconosciuto quando era giovane" ribadì Lara.
"Non credo, me ne avrebbe parlato. E poi perchè non farle visita normalmente?Perchè è stato necessario inscenare un rapimento?".
"Minchia Calcaterra non lo so!Non ho idea. Ma forse questo non è importante".
"Ah si?E allora cos'è importante?".
"Vaffanculo". 
Lara Colombo fuggì via nuovamente da quell'aula. Perchè ancora una volta Domenico era focalizzato su di lei, su di una mafiosa. Voleva ritrovarla. Era solamente questo il suo unico obiettivo.E non ritrovare quei criminali che avevano ucciso a tradimento un uomo, una guardia, come loro. E questo Lara non riusciva a sopportarlo.
Sciuto, il suo amico di sempre, arrivò per consolarla.
"Che succede dottoressa?".
"Niente".
"Con me può parlare".
"Guarda che non ho nulla da dirti".
"E io penso proprio di si invece, vedrà che quando si sarà sfogata, le sembrerà tutto migliore".
"Migliore?Migliore di che? Non cambieranno le cose. Calcaterra non cambierà!!Continuerà a darle la caccia con la sola ed unica speranza di ritrovarla, riabbracciarla. Mi faccio schifo da sola lo sai?".
"Perchè?".
"Perchè mi sono innamorata di uno che ha perso la testa per una mafiosa".
"Anche io a volte me lo chiedo..come sia stato possibile che il dottore abbia perso la testa per una mafiosa. Poi ripenso a Nunzia, te la ricordi no?" Lara annuì -"e penso che mi sono innamorato di lei senza neanche sapere chi fosse realmente, non mi importava. E' successo tutto così, per caso"-.
"Lo stai giustificando Sciuto?".
"No, le sto solo dicendo che come lei non ha deciso di innamorarsi di lui, anche lui non ha deciso di innamorarsi dell'Abate".
"Non è vero. Poteva evitarlo".
"Certe cose non si evitano, succedono e basta. E lei deve accettarlo altrimenti questo avrà delle ripercussioni sul suo lavoro e lei è troppo una brava poliziotta per distrarsi".
"Devo accettarlo. Devo accettarlo" continuava a dire a se stessa mentre si passava una mano sulla fronte.
"Si. Lei è giovane. E' bella e sono sicuro che troverà un uomo migliore di Calcaterra e quando arriverà si farà una bella risata ripensando a tutto questo".
"Ok. Ok. Devo concentrarmi sul mio lavoro e smetterla di pensare solo a me stessa".
"Brava dottoressa, brava".
Sciuto l'abbracciò e Domenico dall'altra parte del vetro li vide. Era li già da un bel po. Aveva sentito tutto. Si dispiaceva per Lara, ma questo lo aiutò a capire quanto realmente lui tenesse a Rosy. Perchè anche le persone più lontane a lui avevano capito del grande sentimento che lo legava a lei. Il pensiero che fosse lontana, chissà dove, nelle mani di un pazzo furioso, di uno che aveva calcolato tutto...anche la sigaretta era messa li a caso perchè tanto nessuno sarebbe risalito all'identità dello sconosciuto. Il solo pensiero che lei fosse in pericolo, dopo tutto quello che aveva passato, lo tormentava. Farà di tutto pur di ritrovarla anche a costo di mettere sottosopra la città di Catania.

Rieccomi - in anticipo per giunta. No, la verità è che domani sono impeganta, devo andare ad una festa, quindi ho pensato di aggiornare adesso e non farvi rimanere su due piedi fino alla prossima settimana xD. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Vi prego non siate crudeli con la Colombo =( , giustificatela ogni tanto :) . Il prossimo capitolo sarà tutto su Veronica Colombo che inizierà la sua complicità con i Ragno. Sarà molto carino :) . Purtroppo lo posterò la prossima settimana, ma non so dirvi di preciso quando, mi dispiace. Detto questo ringrazio sempre tutti quanti, per i complimenti che mi regalate anche su facebook. E chi ha la mia storia tra le preferite/ricordate/seguite!!!
Baci e buon fine settimana.
Ricordando la mia page facebook : 
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Capitolo 15
*** La famiglia Ragno ***


15. La famiglia Ragno
 
Tubino nero, scarpe col tacco nero, chignon quasi perfetto. Veronica Colombo era pronta. Era pronta ad affrontare questa nuova avventura, aveva paura, ma la sua paura veniva presto spazzata via dalla voglia di potere che le divorava l'anima. L'auto dei Ragno era appena arrivata, puntuale alle 21. Avrebbe fatto questa riunione d'affari con la consapevolezza di riuscire ad emergere finalmente! 
Prima di uscire, mentre si metteva il cappotto diede un occhiata alla fotografia sul comodino. Le due sorelle Colombo erano divise da una rottura del vetro posta proprio in mezzo a loro due. Veronica osservava la foto con un pizzico di rammarico, ma non si pentiva di quello che stava facendo. Perchè la sete di potere era più forte di un legame di sangue..
Uscì con la coda tra le gambe, con la fortuna che in quella giornata piovosa, nessuno l'avesse vista sedersi in un auto di lusso. Diede ordine all'uomo davanti di sfrecciar via il prima possibile e nel giro di mezz'ora arrivarono a destinazione.
L'auto imbucò un cancello che si aprì automaticamente dopodiché gentilmente, l'autista le aprì la portiera e le fece segno di continuare da sola. Arrivò alla porta d'ingresso, bussò e mentre aspettava ansiosa che qualcuno dall'altra parte l'aprisse non pote far altro che osservare. I Ragno avevano costruito un impero. Abitavano in una villa. Il giardino era bellissimo ricoperto di verde ovunque. 
La porta presto si spalancò e una donna che aveva tutta l'aria di essere la cameriera, la fece accomodare con estrema dolcezza e le fece sbarazzare del cappotto. Veronica diede velocemente un occhiata a ciò che le circondava. Era appena entrata in un salone immenso, una scala a chioccola alla sua sinistra e un divano al centro. Davanti a lei tre porte e alla sua destra c'e ne era un altra. Proprio da quella porta uscì un ragazzo che arrivò davanti a lei allargando le braccia -" Veronica Colombo!Che piacere ". 
L'uomo era sorridente. Doveva avere per lo più 40 anni. Era bello. Alto, capelli castani chiari e gli occhi di un azzurro spettacolare. Doveva essere il fratello di Rachele. Dopodiché le prese la mano e la baciò. Veronica vide in quel gesto un estrema delicatezza e galanteria tant'è che si imbarazzò.
"Benvenuta Veronica, vedo che hai conosciuto mio fratello Saro" - arrivò spavalda Rachele, chiudendo alle sue spalle la stessa porta di prima.
"Il piacere è tutto mio" - continuò Saro, guardando negli occhi la sua nuova alleata in affari.
"Vabbhe non perdiamoci in formalità, ammunì".
Veronica venne indirizzata a varcare una porta. Era una stanza abbastanza piccola, ma riusciva ad accogliere ben dieci persone. Li squadrò uno ad uno. Erano tutti maschi, la maggior parte non più giovani. Erano tutti in piedi davanti a lei e Veronica si sentì piena e sicura di se dinanzi a tutto questo rispetto. L'unica donna avanzò verso di lei e Rachele la presentò - "lei è mia madre. Angelina".
Veronica le strinse la mano. La donna era più giovare rispetto agli uomini che aveva di fronte. Era di gran classe, i suoi capelli erano castano chiaro e i suoi occhi color nocciola.
"Mentre lui è mio padre, Rodolfo!". 
Rodolfo era più grande della moglie. Si poteva vedere dai capelli e la barba appena accennata, bianca. Gli occhi era dello stesso colore ereditato da Rachele e Saro : azzurri!!
Veronica si accomodò su una sedia messa lì apposta per lei e iniziò a sentire i loro discorsi.
Uno di loro estrasse dalla sua valigetta una mappa e la distese per bene sul tavolo. Vi era disegnata la città di Catania. Delle zone erano evidenziate di rosso, altre di blu.
"Domani ci occuperemo di questo casale" - disse l'uomo indicando una parte blu.
Dopo averli sentiti, scrutati e osservati per bene, Veronica decise di interagire con loro mettendo in chiaro delle cose.
"Scusate se mi intrometto, ma io qui che ci sono venuta a fare? E qual'è il mio compito di preciso?Non l'ho ancora capito".
"Tu ti devi limitare a fare ciò che ti ho detto la volta scorsa" - rispose Rachele che si avvicinò alla donna.
"La spia?".
"Brava".
"La vedi questa?" - disse mentre nella sua mano ondeggiava un minuscolo oggetto nero - " è una cimice. La devi riuscire a mettere nel cellulare di tua sorella.Quella che usa per il lavoro così sapremo gli spostamenti degli sbirri".
Veronica inizialmente tentennò poi prese tra le mani la cimice e la pose nella sua borsetta avvolta in un fazzoletto di carta.
"Dopo mi libererete la casa di queste?" - domandò Veronica guardando quel minuscolo oggetto.
"Ok. Soltanto quando avrai finito il lavoro".
"E dopo?Dopo io a che servo?".
"Ci servirai Colombo, tranquilla".
Veronica annuì e continuò ad ascoltare. Nonostante non si fidasse ciecamente di loro, ammirava come si comportavano in società. Erano rispettati e ammirati da tutti riuscendo perfettamente ad interagire con la gente comune senza destare sospetti. Erano furbi, scaltri e attenti ad ogni minimo particolare. Erano spietati, ambiziosi e non si fermavano davanti a nulla. Erano della sua stessa pasta. E solo allora non si pentì di ciò che avrebbe fatto.
La riunione finì presto e Veronica dopo aver salutato tutti, si avviò alla porta accompagnata dai padroni di casa mentre la cameriera le consegnava il cappotto. Le sfuggì un occhiata verso il divano, c'era seduto un ragazzo con una gamba sull'altra e la guardava in un modo strano.
"Quello è Paky, il nostro fratellino.Pasquale su, saluta la Colombo".
Pasquale si alzò ed arrivò faccia a faccia con la donna. Veronica a momenti si sentiva crollare il mondo sotto ai piedi perchè quello sguardo era di un uomo che la stava odiando.
Per tagliare la tensione, fece lei il primo passo ed allungò la mano, ma egli non la calcolò di striscio. La osservò per un attimo poi le sbattè in faccia un sorriso sarcastico dopodichè andò via, rifiutando di stringerla.
Veronica era piena di rabbia, ma dovette contenersi perchè non doveva farsi vedere debole agli occhi degli altri.
"Ma che fai?Sei un maleducato!" - suo fratello maggiore lo raggiunse prima che Pasquale iniziava a salire le scale del piano di sopra.
"E perchè?Perchè non le ho stretto la mano forse?Io non mi faccio nemmeno sfiorare da una che anni fa ha fatto del male ad un picciriddo".
Pasquale Ragno era diverso dagli altri componenti della famiglia. Era quello più lucido, più giustiziere. Aveva da poco divorziato da sua moglie e aveva una figlia di soli 7 anni e forse fu proprio l'amore paterno a farlo parlare così " dopo la famiglia. I picciriddi sono sacri per me!Nuddu li deve toccare, nuddu".
Veronica si morse il labbro dal nervoso, stava per scoppiare. Non si sarebbe più tenuta dentro la voglia di rispondere a quel ragazzino insolente che dinanzi a tante persone, l'aveva infangata in questa maniera.
"Io non ho ucciso nessuno Pasquale. Achille Ferro ha ammazzato un bambino e l'ha pagata. Anche io ho pagato sai? Mi sono fatta 16 anni di galera  per un crimine che tutti al mio posto avrebbero commesso. Compreso tu che fai tanto il giustiziere. Cosa avresti fatto se ti avessero minacciato il futuro?Tutto quello che ti sei conquistato?QUESTO!" - diceva mentre indicava la casa- "te lo dico io: avresti piegato anche tu la testa e saresti sceso a patti con quel bruto di Achille Ferro".
Pasquale sorrideva, ma era arrabbiato. Avrebbe voluto gridare di NO, che non avrebbe mai seppellito un bambino in un buco, ma non poteva farlo perchè la sua famiglia lo stava guardando e avrebbe pagato amaramente il suo disprezzo verso quella donna.
"Ma come fate a fidarvi di lei eh?Ha fatto del male ad un anima innocente per niente, pensate a cosa farebbe a voi se qualcosa andasse storto".
"Abbiamo fatto capire già le nostre intenzioni alla Colombo e siamo stati abbastanza chiari" - rispose Rachele in difesa di Veronica.
"Si, e voi tutti invece?Voi tutti siete chiari con me?Siete sinceri". Veronica si riferiva ai membri di quell'aula, a quelli che avevano assistito alla riunione a questo brutto spettacolo - " almeno quel ragazzo è stato sincero. Anche voi la pensate come lui?Anche voi pensate che io sia un assassina di bambini?Eh?Rispondete!". Aveva completamente perso il lume della ragione, cercava di non gridare per non sembrare maleducata, ma i suoi toni rimanevano comunque accesi. Gli uomini di fronte a lei non risposero, si limitarono a tentennare un NO con la testa ed abbassarono gli sguardi. Li aveva intimiditi tutti quanti.
Veronica sorrise, poi Saro l'accompagnò alla porta -"per sdebitarmi vorrei accompagnarti io a casa".
"No, non serve grazie, chiamo un taxi".
"Insisto".
"Ok".
Dopo aver lanciato un occhiataccia a quella gente, Veronica mise piede in un auto di lusso e Saro l'accompagnò a casa. Durante il tragitto non aveva proferito parola, così prima di varcare la soglia della porta d'ingresso, Saro si fermò con la macchina.
"Grazie per tutto" - disse Veronica prima di aprire la portiera.
"Aspetta Veronica prima che tu vada ci tenevo a dirti che sei una grande donna. Sei riuscita a far chiudere il becco a tutti i membri della riunione, e l'hai fatto con classe...mi dispiace per mio fratello, è un maleducato ed anche la pecora nera della famiglia. Ti chiedo scusa a suo nome".
"Va bene, accetto le scuse, ma devo dire che non è stato un bello spettacolo".
"Chissà da quanto tempo non avevi a che fare con queste discussioni"- disse Saro mentre appoggiava la mano sul suo viso.
"Ma che fai ci provi?" - domandò Veronica, voltando il viso dall'altra parte.
"Spudoratamente" - rispose.
"Ma lo sai quanti anni ho io? 50!".
"Ed io ne ho 45!Non ci trovo nulla di strano".
Veronica sorrise. Forse avrebbe fatto bene ad accettare la corte di Saro perchè avrebbe potuto costatare da vicino i movimenti di quella famiglia così strana e furba. Senza contare che le farebbe comodo avere qualcuno dalla sua parte, che per una volta non la farebbe sentire più da sola. Perchè Veronica adesso aveva bisogno di qualcuno al suo fianco, qualcuno che occupasse l'altra metà del suo letto, e Saro sarebbe stato il pretendente perfetto. Era un uomo potente e rispettato, sedere a suo fianco l'avrebbe portata al vertice del potere. 
Saro si avvicinò piano per baciarla, convinto di un rifiuto, ma all'ultimo fu proprio lei a gettarsi sulle sue labbra. Fu piacevolmente sorpreso di questo. 
"Devi disattivare le cimici in casa" - disse Veronica tra un bacio e l'altro.
Saro si fermò per sorridere - "Rachele l'ha fatto apposta. Non è vero che ha istallato delle telecamerine, te l'ha fatto credere semplicemente perchè voleva che tu non facessi passi falsi".
Veronica si fermò per un attimo, poi sorrise anche lei. Continuarono a baciarsi, a toccarsi e quando varcarono la soglia di casa, si gettarono sul letto e fecero sesso, Veronica era contenta,ma il suo piano andava ben oltre il piacere.


*Rullo di tamburiiiiiiiii* XD. Finalmente sono riuscita a postare. Per chi non lo sapesse, ho problemi con il pc (penso che sia partito per un bel viaggetto)Il tecnico dovrà venire a giorni, e per questo ho presto un computer vecchissimo che avevo conservato. Va lentissimo, ma meglio di niente noh?...E' stato complicato riscrivere tutto anche perchè ci avevo messo tanto impegno =(, era mooooolto meglio di questo qua che ho scritto adesso. Non sono per niente soddisfatta -.- . Comunque ritornando alla storia: non mi avete giustificato Lara, quindi non giustificatemi nemmeno la sorella -.-....Veronica è veramente subdola, e senza dignità. Vi do il permesso di offenderla va................ Il prossimo capitolo NON potete non leggerlo perchè Rosy e Leo affronteranno l'argomento DOMENICO! Vi lascio all'immaginazione *sono diabolica lo so*. Spero di aggiornare la settimana prossima =).
Ricordandovi la mia pagina facebook dedicata squadra antimafia : https://www.facebook.com/squadraantimafiamania

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Capitolo 16
*** Lo deve sapere ***


16. Lo deve sapere

Rosy era in piedi. Osservava suo figlio mentre dormiva, ogni tanto l'accarezzava i capelli dolcemente così da non farlo svegliare. Soltanto quando aveva gli occhi chiusi e il viso rilassato riconosceva in lui il bambino di un tempo perchè non appena quegli occhi si aprivano e la guardavano non riusciva a trovarci altro che ODIO. A volte Rosy aveva quasi terrore di guardarlo per più di qualche minuto, automaticamente abbassava lo sguardo, la intimidiva, la metteva paura. Era rimasta tutta la notte sveglia perchè la sua mente iniziò a vagare fuori da quella casa, arrivando dritto verso un uomo forte dagli occhi color smeraldo. Aveva pensato a Domenico. E il senso di colpa si impadroniva di lei. Perchè lui doveva saperlo. Doveva sapere che Leo era vivo e doveva essere lei stessa a dirglielo. Perchè insieme l'avevano cresciuto, insieme avevano fatto di tutto per trovarlo quando venne rapito, insieme avevano sofferto per la sua perdita e insieme dovevano condividere la felicità di averlo ritrovato. Rosy doveva dirglielo a Leo. Doveva! 
Leonardo si svegliò con gli occhi di sua madre puntati addosso. 
"Ti sei svegliato finalmente dormiglione" - gli disse mentre si alzò dal letto.
"Buongiorno" - rispose Leo e liberandosi dalle coperte. Si stiracchiò un po, poi andò verso il frigo.
"Gli altri?"- chiese.
"De Silva è nel suo nascondiglio e i tuoi coinquilini sono andati in giro, si sono svegliati all'alba".
"Saranno andati in cerca di mignotte" - rispose Leo tra un sorso di latte e l'altro.
"Uno di loro ha dimenticato il cellulare".
"Deve essere Andrea, è un imbranato".
"A proposito di cellulare" - intervenne Rosy prendendo tra le mani il Nokia di suo figlio - "ha squillato fino all'esasperazione stamattina. Stavo per gettarlo via".
Leonardo terminò di bere il latte. Tra tutto quello che gli era capitato aveva perso di vista Carmen. L'aveva completamente rimossa dalla sua mente.
"Cazzo, è Carmen".
"Si così, c'era scritto sul display. Chi è? Una tua complice?" - chiese Rosy incuriosita.
Leonardo sorrise a quella domanda. Perchè era esattamente il contrario. Lei era la vittima. Non riuscì a spiegarle tutto poichè il cellulare tornò a squillare nuovamente. Leo rispose subito.
"Finalmente ti sei degnato di rispondere" - la voce di Carmen era un mix tra l'arrabbiatura e la delusione.
"Buongiorno anche a te Carmen".
"Non sdrammatizzare. Ti sto chiamando da stamattina, che fine hai fatto?".
"Ti ho già detto che sono in cerca di lavoro, non ci ho proprio pensato, scusa".
"Se questo ti distrae da me allora non cercarlo!".
Carmen riattaccò il telefono in faccia. Leonardo rimase qualche secondo in silenzio. Una ragazzina minorenne si era permessa di mancargli di rispetto. Era furioso.
"Problemi?" - domandò Rosy notando dalla faccia di suo figlio che qualcosa non andava.
"Ha riattaccato quella bottana!!".
Rosy sorrise -" adesso me lo dici chi è?".
"Non so se ti farebbe piacere saperlo".
"Dai, su, parla".
"E' la figlia di Pietrangeli va bene?La sto usando per ricevere delle notizia dalla polizia, va bene così?".
Leonardo prese una sigaretta e se l'accese. Rosy rimase a guardarlo quasi con disgusto, come poteva fare questo ad una brava ragazza? Era diventato così spietato?
"Stai attento. Se suo padre lo scopre ti taglia la gola".
"So badare a me stesso". Leonardo iniziò ad agitarsi e con lui anche la sigaretta che aveva tra le dita e pensò ad alta voce-"una ragazza di 16 anni si è permessa di sbattermi il telefono in faccia!!".
Rosy rimase ancora più stupita. Era minorenne!
"Minchia Leo, è una picciridda!".
"Ma vaffanculo lo so meglio di te quanti anni ha".
"Leo ma che è successo tra di voi?".
"Niente. Non ci sono andato a letto se è questo che vuoi sapere. Ci siamo dati semplicemente un bacio, e a quanto pare sarà l'ultimo".
Rosy provò quasi pena per quella ragazza. Non la conosceva, ma era un anima candida e innocente. Perchè mai Leo si era abbassato a farle tutto questo?Perchè si prendeva gioco di una ragazzina di soli 16 anni, che non era ancora a conoscenza del mondo che le circondava? Rosy ebbe l'istinto di difenderla perchè tanti anni fa anche lei fu vittima di uno scherzo simile, ritrovandosi ad odiare l'uomo che le aveva fatto provare un sentimento per poi scoprire che era frutto di un inganno. 
"Se è come dici tu allora perchè ti sei arrabbiato così tanto?".
"Perchè non può permettersi di trattarmi così!".
"Dai Leo è normale che si comporti così. Pensa che tu l'abbia abbandonata".
Ma a Leonardo non andava proprio di discutere e corse in giardino a fumarsi quella sigaretta. Rosy lo guardava. L'uomo che suo figlio era diventato non le piaceva per niente. Doveva fermarlo prima che lui potesse fare qualcosa di cui pentirsene. E l'unico uomo in grado di farlo ragionare poteva essere soltanto Domenico. Capì di doverlo contattare di nascosto perchè suo figlio non le avrebbe mai permesso di parlare a qualcuno del suo piano. Così si fermò un attimo a pensare, a come fare per mettersi in contatto con lui. Si trovò per caso ad osservare il cellulare di Andrea, che era sul tavolo. Rosy tentennò un pochino poi decise di farlo. Decise di volerlo chiamare. Leonardo era ancora fuori in giardino ad aspirare fumo, ma la sigaretta era quasi finita. Aveva poco tempo. Con una velocità immediata, prese in mano il Samsung del suo coinquilino e compose il numero. Rosy pregò sottovoce. Pregò che Domenico avesse lo stesso numero di un tempo e quando gli squilli iniziarono ad entrare nelle sue orecchie, ebbe la conferma che il numero era rimasto sempre lo stesso. 
Rosy appoggiò la testa sulla parete e smise di guardare Leonardo. Gli squilli aumentarono e Domenico non rispondeva. Soltanto al decimo squillo, forse l'ultimo, una risposta arrivò dall'altra parte del cellulare.
"Pronto?".
Rosy venne percorsa da un miscuglio di emozioni, lo stomaco era in subbuglio, tant'è che non riuscì a parlare. E proprio mentre tirò un sospiro di sollievo pronta per rispondere, qualcuno gli strappò il telefono dalle mani. Leonardo era in piedi davanti a lei. L'emozione di risentire Domenico la distrasse dall'obiettivo di sorvegliare Leonardo. Era così forte quel sentimento in lei?
"Che cazzo volevi fare?" - domandò Leo, che era già incavolato di suo per la lite con Carmen.
"Io..io...volevo" - Rosy cercava in tutti i modi di non apparire vulnerabile e di trovare qualche scusa, ma Leo la bruciò sul tempo.
"Stavi provando a chiamare gli sbirri vero?".
"No!".
"Guardami mamma" - Leo avvicinò il suo viso a quella di sua madre - "in questo mondo hai soltanto lui. Domenico Calcaterra. Solo a lui potevi chiamare. Vuoi mandare tutto a puttane, mammina?".
Il tono con cui le parlava a lei non piaceva per niente. Rosy si sentì messa sotto pressione dal suo stesso figlio. E quando lei si sentiva così poteva dire o fare cose di cui si sarebbe pentita, così decise di mantenere la calma e di parlare a Leo con franchezza.
"Si è vero. Volevo chiamare Calcaterra. Il senso di colpa mi sta divorando. Io, io, io devo dirgli che sei vivo. Che non sei stato seppellito in un cumulo di macerie. Lui sta soffrendo Leo, io non posso fargli questo. Glielo devo capisci?".
Rosy scosse suo figlio con le braccia, ma da lui non ricevette nessuna risposta. Rimase con lo sguardo fisso a guardare il pavimento. Possibile che Rosy non riusciva a trovare in lui un briciolo di compassione verso l'uomo che era stato presente nei suoi primi 5 anni di vita?. 
Rosy continuò a parlare, forse riferendogli delle cose, sarebbe riuscita a convincerlo.
"Come fai a rimanere impassibile?Lui ti ha fatto da padre, ti ha cresciuto insieme a Claudia. Ti ricordi di Claudia si?" - Leo annuì leggermente.
Rosy iniziò lacrimare e fermò il viso di suo figlio all'altezza dei suoi occhi, solo ascoltando le sue profonde parole forse poteva arrivare ad un compromesso.
"Ti dirò delle cose che probabilmente ti faranno del male, ma devi saperle" - E Rosy iniziò a raccontare - "quando sei stato rapito, Domenico ha fatto di tutto e dico di tutto pur di trovarti. Ha rischiato la pelle e ha messo a repentaglio la sua carriera con le indagini non autorizzate. E quando insieme scoprimmo il tuo triste destino, lui mi ha impedito di continuare a sparare a vuoto così da non coinvolgere altri innocenti. Mi ha tenuto stretta tra le sue braccia e lui stesso con la morte nel cuore, mi ha consegnata in un ospedale psichiatrico. Un giorno mi fece una promessa....quella di trovare il vero colpevole di tutto e la mantenne. Riuscì ad arrivare a Veronica Colombo. Sull'Etna mentre quella donna mi puntava una pistola alla tempia, lui era pronto a farsi l'ergastolo se quel grilletto avesse sparato su di me. Mi ha protetta. Sempre. Ed è riuscito a cambiarmi. A cambiare me capisci?Una mafiosa che viveva solo per il gusto di ammazzare la gente. E poi non mi ha mai lasciata sola. In questi 16 anni non mi ha mai dimenticata. E' venuto sempre a trovarmi, e a starmi vicino quando provavo ad ammazzarmi nonostante io non gli parlavo neppure. Non ha mai preteso nulla da me, ma questa volta voglio fare io qualcosa per lui. Voglio dimostrargli che oltre le guerre, i piani che ci siamo imposti, la vendetta, c'è lui sopra di tutto. E tu devi darmi quel cellulare perchè altrimenti giuro che riuscirò ad arrivare a lui lo stesso".
Rosy aveva urlato nonostante la tristezza. Leonardo la guardava con compassione. Era rimasto inerme davanti a quelle parole. Non la cacciò via perchè forse lei aveva ragione. Forse lui aveva il diritto di sapere che lui fosse vivo. Così allungò la mano, ponendole il cellulare di Andrea. Rosy sorrise, si sentì soddisfatta. Lei non era mai stata brava con le parole, ma per il bene suo e di Domenico era riuscita a scavare nel più profondo della sua anima e a parlare col cuore.
"Non una parole sulle indagini" - disse solo questo, mentre si appoggiava sul letto immerso in mille pensieri.
Rosy ricompose il numero. Questa volta Domenico non tardò a rispondere - "Pronto" - disse. Ma Rosy ancora non riusciva a trovare la forza di far uscire qualche parola dalla sua bocca.
"Mi dici chi cazzo sei o giuro che ti faccio intercettare".
Rosy sorrise dinanzi a questa affermazione e rispose - "sbrirro"...riuscì solamente a dire.
Leonardo non faceva altro che guardarla. Osservare i suoi movimenti, e gli occhi di sua madre che prima sembravano spenti, adesso si erano illuminati.
"Rosy, sei tu?".
"Si".
"Ma come...come...".
"Lascia parlare me, non ho tanto tempo. Devo parlarti da vicino. Questa notte all'una fatti trovare nel garage, quello vicino alla tua questura. Devo dirti delle cose".
"Ma Rosy, dimmi".
"Basta parlare Domenico e fa quello che ti ho detto".
Rosy terminò la chiamata rimanendo ancora con il cellulare in mano e il sorriso stampato sulle labbra.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. E' da tanto che volevo parlare di Domenico dal punto di vista di Leo e Rosy....il prossimo capitolo sarà un po particolare con l'incontro tra Mimmo e Rosy...
Ringrazio sempre le persone che recensiscono, quella che la seguono su facebook e che hanno inserito la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate!
A presto <3


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Capitolo 17
*** Un mafioso p1 ***


17. Un mafioso p1

 
Una donna dal volto coperto intrappolato in un cappuccio di una felpa, si avvicinò piano a Domenico. Rosy era arrivata in anticipo in quel garage abbandonato e dimenticato dal resto del paese. Era abbastanza buio, ma c'era la luce necessaria per riuscire a vedersi in faccia. Quando Rosy scoprì il viso e vide Calcaterra con lo sguardo solo riservato a lei, decise di non fare ulteriori passi e di guardarlo un altro po. Si osservarono da lontano, si scrutavano, immergendosi per pochi istanti l'uno negli occhi dell'altro. Assaporarono ogni attimo di questo momento. I loro corpi erano molto distanti, ma i loro cuori riuscivano addirittura a sfiorarsi. 
Uno dei due doveva fare il primo passo, e abbattere quel muro invisibile che si era creato tra loro. E a questo ci pensò Domenico, avvinandosi a lei e senza dire niente la strinse forse tra le sue braccia. Perchè adesso la paura di averla persa, e che le avessero fatto del male faceva parte soltanto di un ricordo lontano. E Rosy percepì tutto il suo affetto, la sua premura perchè loro due non avevano bisogno di parole, ma solamente di piccoli gesti per capirsi.
Fu Rosy a staccarsi per prima non perchè la vicinanza di Domenico non le facesse piacere, ma perchè era arrivata lì per uno scopo ben preciso. Prima avrebbe parlato e prima si sarebbe liberata di questo senso di colpa.
"Che ti hanno fatto"- le chiese Domenico accarezzandole la guancia. 
"Niente Domenico" - rispose Rosy.
"Come hai fatto a scappare da quei rapitori?Cosa vogliono da te?"- continuava a dire sorpreso guardandola negli occhi.
E fu a quel punto che Rosy decise di dover parlare. Doveva trovare la forza e il coraggio di dirgli di Leonardo. Doveva combattere contro se stessa per trovare le parole giuste per farlo, in modo che Domenico non ne uscisse scosso. Si liberò delle mani di Domenico che con dolcezza le riempiva il viso e sviò lo sguardo da lui. Solo così sarebbe riuscita a parlare. Senza che quegli occhi verde smeraldo la distrassero.
"E' cresciuto" - iniziò a dire con voce tremolante e decisa - "è diventato un uomo. E' forte. E' bello. Con i capelli che cambiano di colore al secondo del clima, con quel taglio sbarazzino. Ha degli occhi magnetici color nocciola come i miei e ti giuro che quando li guardo vedo una parte di me". 
Domenico spalancò gli occhi incredulo e sorpreso da quello che aveva appena udito. Continuava a non capire nulla di quello che gli stava succedendo.
"Cosa?" - domandò.
"Leonardo!" - rispose Rosy tirando un grosso respiro e prendendo le mani di lui. Ora che gli aveva detto come stavano le cose poteva guardarlo in faccia ed essere risucchiata in quel verde smeraldo.
"Ma...ma...Rosy tu hai smesso di prendere i medicinali. Devi ritornare in clinica prima che la situazione peggiori".
Domenico era convinto che Rosy avesse avuto una nuova allucinazione e che a procurargliela fu l'allontanamento dalla struttura psichiatrica.
"Calcaterra guardami" -gli strinse una mano sulla faccia così da costringerlo a guardarla - "mi conosci meglio di chiunque altro. Se mento. Se sto male. Se sto impazzento. Se sto bene. Lo capisci soltanto da un mio sguardo. Rivedi in me la stessa donna che ero poco prima del rapimento?".
Domenico accennò un no con la testa. Perchè era vero. Gli occhi di Rosy non erano più spenti e vuoti, erano spalancati. Erano due occhi che regalavano la gioia di vivere. Quella gioia che in questi 16 anni Mimmo non aveva più visto. Così si ritrovò a crederle, a fidarsi di lei, delle sue parole, ma soprattutto di quegli occhi sinceri. Leonardo era vivo! Ed era stato lui stesso a rapirla. Ecco perchè uno dei due l'aveva chiamata "mamma". Tutto adesso ebbe un senso , ma Domenico non pensava alle indagini, ma a quel bambino ormai cresciuto, chissà dove, chissà con chi.
"L'unica cosa che mi faceva stare male era l'idea di mio figlio sotto terra. Ma adesso che è qua, con me, non ho più un motivo per non stare bene".
"Come, come è successo?Non è possibile" - Domenico si appoggiò ad una macchina perchè credeva di mollare la presa da un momento all'altro e ritrovarsi per terra.
"De Silva!" - riuscì a dirgli Rosy.
"De Silva?Che cazzo c'entra De Silva?".
"Era un amico di Africanez. Ha seguito tutto dalla Russia e quando ha capito che le cose si stavano mettendo male è tornato in Sicilia. Ha seguito da lontano la Colombo e Achille Ferro e si è ritrovato sull'Etna. Ha salvato lui mio figlio dalle macerie".
"Ma la scientifica...la scientifica aveva identificato il corpo bruciato di Leo!".
"Quello era solo un cumulo di terra. De Silva ha corrotto tutti".
"Bastardo!". 
Mimmo diede un pugno a quel rottame. Non si preoccupò del sangue che fuoriusciva dalle nocche perchè la voglia di ammazzare quell'uomo prevaleva sul dolore. Come aveva potuto salvare un bambino e non riportarlo dalla sua mamma? Dai suoi cari? Facendo continuare a credere a tutti che fosse morto?. Solo allora capì la vera natura di quell'uomo. De Silva non era un mafioso, ma un mostro. 
"Calmati Calcaterra" - disse Rosy disperata cercando di controllare gli impulsi dello sbirro.
"Perchè?Perchè l'ha fatto?" - domandò prendendo Rosy per le spalle.
"Non lo so".
"Cos'è diventato Leonardo?".
Domenico aveva paura della risposta. Filippo non aveva di certo l'istinto paterno e dentro di lui sperava con tutto il cuore che Leonardo non fosse diventato come lui.
"De Silva non ha cresciuto un bambino, ma ha addestrato un soldato".
"Che cazzo vuol dire Rosy?Che Leo, il mio Leo è diventato..".
"Un mafioso" - sussurrò Rosy con gli occhi pieni di lacrime - "ma siamo ancora in tempo Domenico".
"Tutti i nostri sforzi per riuscire a salvarlo da quel mondo sono andati a finire nel cesso".
"Domenico...Domenico...aspetta...tu devi pensare solo che Leo è vivo adesso. Al resto ci ripenseremo poi ok?".
"Ma come fai...ah certo...tu sei fiera di lui vero?Perchè è diventato uno come te!".
"Non ci provare Calcaterra. Io ho fatto di tutto e dico di tutto per allontanarlo da me, dal mio sporco mondo, ma purtroppo adesso è così e non ci possiamo fare niente".
"Hai ragione scusa" - Domenico si voltò dandole le spalle e si mise una mano tra i capelli, poi si girò di nuovo verso di lei - "Cos'ha in mente?".
"Non lo so. Ma a me sembra che abbia le idee chiare. Vuole aiutare De Silva in qualcosa di grosso, ma io ancora non lo so di preciso cosa. E poi vuole arrivare a lei".
"Veronica Colombo!".
"Si!".
"Portami da lui Rosy".
Domenico le parlava con gli occhi disperati colmi d'amore, ma Rosy doveva sottrarsi nel guardarlo altrimenti avrebbe ceduto. Non poteva mettere a rischio la fiducia di suo figlio e rischiare così, di perderlo di nuovo. Suo figlio veniva prima di tutto!
"Non posso Calcaterra".
"No Rosy, ti prego, devo vederlo. Ho bisogno di vederlo".
"Minchia lo so" - disse urlando in una valle di lacrime - " lo so!Ma non posso altrimenti potrei perderlo e questo non riuscirei a sopportarlo. Lo so che è difficile, ma non posso!".
"Allora perchè mi hai fatto venire qui? Eh?".
"Perchè avevi tutto il diritto di sapere la verità. Perchè tu sei stato male con la stessa intensità con cui sono stata male io".
"NO!Tu hai voluto solo ripulirti la coscienza".
"Non parlarmi così ti prego. Ho rischiato venendo qui lo sai, come ho rischiato nel chiamarti. Non avrei fatto tutto questo per niente".
"Allora dimostramelo".
"Minchia cocciuto sei! Ti ho detto che non posso. Non rendere le cose ancor più difficili".
Calcaterra era disperato. Sfinito. Avrebbe voluto rompere qualsiasi cosa che le capitasse tra le mani e così se la prese con Rosy. La prese per le spalle e le fece incontrare il muro con la schiena. 
"Dimmi almeno come si fa chiamare".
"Non lo so!" - continuò mentendo Rosy - "e poi non si fa vedere in giro".
Rosy non aveva mai visto Calcaterra così furioso nemmeno quando tanti anni prima lei era andata a casa sua in cerca di vendetta per Claudia e nemmeno quando capì che Veronica Colombo, una quasi sindaco, fosse coinvolta nel rapimento di Leo. Adesso soltanto lei poteva riuscire a tranquillizzarlo, solo lei. E gli doveva anche questo. Gli appoggiò una mano sul viso e gli accarezzò la guancia. Domenico chiuse gli occhi abbandonandosi a quella carezza leggera e una lacrima bagnò il suo viso. Rosy si avvicinò ad essa e la raccolse con le labbra. Lei sorrise perchè una cosa così dolce non l'aveva fatta mai per nessuno, non era nel suo carattere. Soltanto quando Mimmo aprì gli occhi lo vide. Vide quel splendido sorriso. 
"Pensavo di non vederlo mai più".
"Cosa?".
"Quel bel sorriso stampato sulle tue labbra".

...continua...

E anche questo capitolo è andato. Lo so che può sembrarvi un po confuso, e magari che tra i nostri due protagonisti si passa troppo facilmente da un estremo all'altro, ma loro due sono un po così no? E' con il tempo nulla è cambiato *-*
Il prossimo capitolo che arriverà -come di solito- la prossima settimana, sarà il continuo di questo. Dato che era lunghissimo l'ho diviso in due parti ^^ .Ci sarà anche un po di azione ^^
Vi ricordo la mia pagina facebook dedicata a squadra antimafia https://www.facebook.com/squadraantimafiamania !Nella pagina sto inserendo man mano, anche i volti dei nostri protagonisti ^^ , dateci un occhiata e fatemi sapere un parere al riguardo ;).

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Capitolo 18
*** Un mafioso p2 ***


18. Un mafioso p2
"Pensavo di non vederlo mai più".
"Cosa?".
"Quel bel sorriso stampato sulle tue labbra".

Rosy sorrise ancora di più. Quel complimento forse la imbarazzò un po troppo. Forse nemmeno se lo meritava. Forse non meritava di sorridere dopo tutto quello che le era successo e che continuava a succederle. Si sentì mossa da un altro senso di colpa...suo figlio era diventato un criminale e lei se la sorrideva. E lui lo capì. Lo percepì. Percepì che il suo complimento anche se gli era venuto d'istinto, era fuori luogo e allora continuò a parlarle di Leo.
"Come dovremo muoverci adesso?" - disse Domenico in un impeto di lucidità - "mi sento impotente, cazzo!".
"Anche io. Soprattutto perchè non so esattamente cosa vogliono. Cosa vuole De Silva da Leo".
A Rosy sfuggì un particolare che forse poteva essere importante per le indagini - "i Ragno!Li avevo dimenticati".
"Che cazzo c'entra la famiglia Ragno?".
"Leonardo vuole prendere il loro posto. Vuole riusciure a fare affari con la mafia ed uscirsene pulito...vuol far parte di cosa nostra Domenico".
"Non ci credo!" - ribatté l'uomo passandosi nuovamente le mani tra i capelli.
"Forse è proprio questo il suo obiettivo principale...perchè non ci ho pensato prima...lui vuole una rivincita. Vuole riprendersi una rivincita dopo il torto che ha subito".
"Perchè dovrebbe farlo?".
"Perchè lui c'è l'ha con il mondo intero".
"Questo è soltanto la conseguenza di quello che gli è successo.Ti parla mai del suo passato?".
"Si, me ne ha parlato solo una volta. Avresti dovuto vederlo Domenico, lui non era dispiaciuto per non aver avuto un infanzia normale, per non essere cresciuto con i suoi genitori, ma era arrabbiato. Arrabbiato con il mondo intero, e forse c'è l'ha pure con me, ma non ha il coraggio di dirmelo".
A Rosy vennero di nuovo gli occhi lucidi e voleva nascondersi perchè provava vergogna nel farsi vedere così davanti a lui, ma lui lo apprezzò. E quindi fece nascondere il suo viso nel petto. Rosy lo strinse forte. Premette il naso nel suo giaccone di pelle e ne ispirò l'odore. Quell'eccitante profumo. Quell'odore che le provocò brividi sul corpo. 
Domenico non sapeva come gestirla. Era totalmente diversa. Quella donna che aveva di fronte non era più la stessa persona di un tempo. Non era più la mafiosa senza scrupoli. Sembrava solamente una donna impaurita,che aveva bisogno di essere rassicurata, una donna fragile che aveva solo timore di perdere nuovamente suo figlio.
"Rosy" - disse lui prendendola il viso tra le mani - "tutto questo può diventare pericoloso. Dobbiamo tenerci in contatto".
"E come? Leonardo non mi lascerà venir via un altra volta".
"In questo devi essere brava tu. Prendilo" - Domenico le consegnò il suo cellulare - "mi chiamerai da qui".
"Ed io come faccio a chiamarti?Che minchia dirai ai tuoi colleghi?".
"Ai miei colleghi dirò di averlo perso..io intanto mi compro un nuovo cellulare con una nuova scheda. Ti mando un messaggio da li.Poi quando avrai delle novità mi chiamerai".
Rosy annuì.
"Stai attenta, mi raccomando".
"Ma tu credi di star a parlare con una ragazzina inesperta?Sono Rosy Abate. La donna che ti è sfuggita per anni!" - rispose lei provocandolo e accennando un lieve sorriso.
"No, sei diversa. Sei cambiata" - Mimmo invece divenne serio.
"Sono cambiata grazie a te Domenico, tu mi hai resa una persona migliore".
Calcaterra reagì d'istinto. Si gettò sulle sue labbra. Quelle dolci e grandi labbra che per anni gli erano sfuggite. Lei si tirò indietro, stuzzicandolo e gli regalò un nuovo sorriso.
"Che c'è?" - chiese lui diverito.
"E che mi sembra strano, a te non ti pare?".
"Cosa?".
"Guarda dove siamo Domenico".
Domenico si guardò attorno e in effetti anche a lui sfuggì un sorriso. Erano in un garage abbandonato...quel posto era una persecuzione. E così si ritrovarono a sorridere, insieme, all'unisono ripensando a quell'episodio di anni prima che li aveva visti complici, completi, uniti dallo stesso dolore, dalla stessa rabbia, dalla stessa violenza, ma anche dallo stesso sentimento...l'amore!
Si sfiorarono leggermente le labbra anche se per Rosy e Domenico, quello di certo non era il momento giusto. Ma d'altronde quando ci sarebbe stato un momento giusto per due come loro?Due persone che per anni avevano coltivato un amore sbagliato. Eppure così vero, così intenso, così vivo che neanche il tempo era stato in grado di rimuoverlo in quei due cuori cocciuti. 
Erano lì. 16 anni dopo. A guardarsi negli occhi e a sfiorarsi come se fosse il primo giorno perchè quell'amore mai dimenticato era ancora lì. Tra loro due. Un amore suggellato da un legame ancora più intenso...quello di un figlio. 
Continuarono a baciarsi, le loro lingue ripresero a giocare, a stuzzicarsi, a volersi! 
"Dio quanto ti ho desiderata in questi anni" - disse Domenico tra un bacio e l'altro. 
Ma qualcosa li costrinse a fermarsi. Un rumore. L'idea che qualcuno era entrato in quel garage abbandonato li portò all'agitazione più totale. Domenico istintivamente prese Rosy per le spalle a la costrinse a rifugiarsi dietro ad un rottame di una macchina scassata.
"Ti hanno seguito?" - chiese Domenico con un filo di voce, facendo attenzione a non farsi sentire.
"No, ma che dici. Leo era d'accordo con me. Forse hanno seguito a te".
"No, è impossibile!".
Rosy mise il pollice sulle labbra di Calcaterra per incitarlo a stare zitto perchè un altro rumore si fece strada in quelle quattro mura - "dobbiamo uscire di qui. Prima che ci vedano, che mi vedano".
I loro visi erano a pochi centimetri l'uno dall'altro, tanto da poterne sentire il respiro. La mano di Rosy scivolò presto via da quella bocca e poi fu proprio lei a prendere l'iniziativa. Lo baciò velocemente, con passione, con violenza quasi come se la sua lingua volesse provare a toccare la parte più profonda di lui. A Domenico non bastarono quei pochi secondi di baci, voleva di più, ma non poteva. Non proprio adesso che correvano il rischio di essere scoperti.
"Vai prima tu. Vai" - disse Rosy un attimo dopo averlo baciato.
"No".
"Domenico non possiamo uscire insieme e quindi uscirai prima tu".
"Esci prima tu che ti guardo le spalle".
"Minchia Domenico, fidati di me, vai prima tu su! Se c'è qualcuno nascosto si focalizzerà a vedere te. Ed è meglio che vedano te che me! Corri. Forza".
Rosy lo spinse e allora Domenico non poté far altro che obbedire. Tanto non avrebbe avuto altra scelta. Tanto Rosy vinceva sempre....
Lei intanto lo guardava imbucare il cancello d'uscita, allungando leggermente il viso. Si aspettava che qualcuno lo seguisse e invece niente. A quanto pare non c'era nessuno li, ma qualcosa dentro di lei, quell'istinto che spesso l'aveva dominata, le diceva di stare attenta. Ed aveva ragione. Perchè la sagoma di una persona comparve in quel garage e stava proprio per imbucare anche lei l'uscita. Rosy era agitata, ma voleva andare fino in fondo. Quindi estrasse dalla felpa la pistola e per un attimo ringraziò Leonardo per averle imposto di prenderla. Rimise il cappuccio e con passi lenti, si avvicinò a quella sagoma. Ogni tanto si fermava per nascondersi perchè quella persona sembrava voltarsi, ma quando lo faceva, Rosy non aveva tempo per guardarla in faccia.  Quando riuscì ad arrivare a pochi centimetri da essa, Rosy sorrise. Dei capelli lunghi e mossi le inondarono gli occhi e impugnò l'arma proprio dritto alla testa della donna...
"Hai finito di giocare a nascondino?LARA COLOMBO?".

Di nuovo qui! Innanzitutto mi dispiace dover aggiornare solamente una volta a settimana, ma ho tanti impegni ultimamente :( . Il prossimo capitolo lo sto scrivendo. Doveva essere già pronto, ma alla fine ho cancellato tutto perchè qualcosa non mi convinceva u.u . Mi sono molto divertita a descrivere un po di "azione" . Mancava nella storia! Nel prossimo ce ne sarà ancora di più...un faccia a faccia violento tra le due belle donzelle xD.
Grazie sempre a tutti quelli che mi leggono, che mi fanno in complimenti e che mi seguono nella mia pagine facebook : https://www.facebook.com/squadraantimafiamania

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Capitolo 19
*** Rosy vs Lara ***


Prima di scrivere ci tenevo a dirvi che questo capitolo contiene alcune scene di violenza....niente di che ovviamente eh.Non vi aspettate chissà cosa ;). E solo per avvertire chi odia particolarmente questo genere di cose :).Buona lettura!
 
19  Rosy vs Lara

Lara si voltò lentamente così da far credere a Rosy di essere una pedina nelle sue mani, ma non appena i loro occhi si incrociarono, con un gesto veloce e deciso impugnò anch'essa l'arma contro Rosy Abate. E così si ritrovarono faccia a faccia con due pistole vicinissime l'una all'altra.
"Brava. Sei proprio una sbirra!" - disse Rosy accennando un sorriso e senza aver nessun tipo di paura - "che c'è?Adesso ti metti pure a seguirlo?".
"Non provocarmi Abate. Adesso ho io il coltello dalla parte del manico, butta la pistola".
Rosy sorrise ancora e inaspettatamente per la nemica, gettò atterra l'arma e la lanciò il più lontano possibile dai loro occhi.
"Avanti. Premi quel grilletto" - Rosy si avvicinò a testa alta dinanzi alla pistola di Lara - "ma tanto non lo farai mai".
"E cosa ti fa essere così sicura?".
"Calcaterra" - rispose sicura di se, inclinando leggermente la testa da un lato - "se mi ammazzi, te lo fai nemico per sempre!".
La prese in contropiede. Lara voleva ammazzarla per davvero, così da mettere finalmente la parola fine a tutto lo scompiglio che quella donna aveva prococato a lei e all'uomo che amava. Ma dovette resistere all'impulso di farlo perchè se lo facesse, Calcaterra non glielo perdonerebbe mai e il loro rapporto si complicherebbe ancor di più. Così la donna iniziò ad agitarsi, tant'è che le iniziava a tremarle la mano in cui aveva la pistola.
"Ho fatto bingo" - disse Rosy vedendo lo stato pietoso di Lara - "ora mi lasci andare e tutto è bene quel che finisce bene".
Rosy le diede una pacca sulla spalla e stava per voltarsi e andarsene via quando uno sparo la bloccò - "FERMA!" - urlava Lara Colombo che aveva fatto un buco sulla tettoia.
"Cos'altro vuoi da me?".
"Voglio che lo lasci in pace...che smetti di gironzolargli intorno, ma non capisci?Lo stai consumando".
"Guarda Colombo che se Calcaterra non ti vuole non è mica colpa mia. Se per tutti questi anni non sei riuscita a tenertelo stretto fatti due domande e datti delle risposte".
"Io t'ammazzo!".
Lara la prese per le spalle e la gettò con violenza sul muro. Ora Rosy non aveva via di scampo. La punta della pistola premeva sulla sua tempia e il corpo era praticamente schiacciato dal suo peso.
"Avanti. Dilla tutta. Mi vuoi ammazzare perchè sono un tuo nemico?Perchè sono una mafiosa?Perchè ho seminato morte? O perchè mi ritieni responsabile del fatto che Calcaterra non ti ami?".
"Io t'ammazzo e basta!".
"Se è per la prima te lo lascio pure fare, ma se vuoi farlo perchè mi vedi come una rivale allora no cara Colombo...il fatto che tu sia una sbirra non ti da il diritto di uccidere chiunque ti stia sulle balle".
"Smettila!Smettila".
Lara urlava e tolse la sicura. Avrebbe premuto quel grilletto solo per il gusto di farlo. Per il gusto di vincere. Di vincere finalmente su Rosy Abate, la mafiosa che era sfuggita a tutti. E soprattutto perchè la riteneva responsabile dei suoi fallimenti nella vita.
"Sei peggio di tua sorella".
Rosy aveva paura. Per la prima volta pensava di morire, e quindi doveva dirle tutto ciò che il suo cervello le dicesse di fare, tanto sarebbe stata l'ultima.....
"Tu mia sorella non la devi nemmeno nominare".
"E perchè?Guarda che tua sorella è come me. E' una mafiosa. Una criminale. E un giorno gliel'ha faranno pagare per tutto il male che ha fatto".
In un attimo di lucidità Lara riflettè sulle parole di Rosy. Sull'ultima frase in particolare. E ne dedusse che forse Veronica Colombo era in pericolo e così l'istinto di ammazzarla non prevalse più su di lei.
"Chi?".
"Chi cosa?" - domandò Rosy ancora con un aria sorridente nonostante le minacce e una pistola puntata. 
A quel punto Lara arrabbiata più che mai, le diede uno schiaffo usando la pistola, forte, così forte che Rosy sbattè a terra e il sangue iniziò a colarle dalla bocca. 
"Cu è?" - le disse Lara sedendosi a terra e prendendola per i capelli in modo da costringere a guardarla in faccia.
Rosy sorrise di nuovo. Nascondeva la sua paura, il suo dolore, dietro a quel sorriso. Era addolorata, e forse si sentì svenire perchè il suo corpo ancora non era pronto a tanta brutalità. Era ancora fragile dopo tutte le cure subite e i digiuni degli ultimi anni. Ma di forza ne aveva aquisita tanta ultimamente, non quella fisica, ma quella mentale. Perchè la sua unica debolezza era il pensiero di suo figlio nel cielo, ma ora che era vivo, non aveva più motivo di non reagire. Così si avvicinò ancor di più al viso della poliziotta e le sputò in faccia, perchè Rosalia Abate non si piegava di fronte a nulla.
Lara si asciugò con una mano la guancia macchiata di sangue. Questa volta aveva oltre passato il limite. L'umiliazione che Lara Colombo provava in quel momento era troppa, avrebbe fatto qualcosa di grave di li a poco..l'avrebbe fatto. La prese nuovamente per i capelli, quella volta ancora più forte, la strattonava e Rosy si aggrappò a quella mano che premeva sulla sua nuca.
"Dimmi chi è? Dimmi chi è che vuole farla pagare a mia sorella. Dimmi con chi sei alleata. Non te lo ripeterò un altra volta!".
Rosy iniziava a lacrimare per il dolore, da lì a poco avrebbe abbandonato le sue forze e sarebbe svenuta. Ma qualcosa dentro di lei la costrinse a reagire. A ritornare combattiva. L'idea che suo figlio poteva rimanere solo a combattere il mondo intero, la fece rinsavire. Aprì leggermente gli occhi che poco a poco stavano per schiudersi e sferrò un calcio alla donna all'altezza dell'addome. La scaraventò lontano da lei e ne approfittò per riprendersi la pistola. Per fortuna la trovò a pochi passi da lei, ritornò indietro e la puntò sulla fronte della nemica che intanto era finita distesa a terra e con l'arma lontano dalla sua mano. Questa volta fu Rosy ad avere il controllo della situazione,mettendosi a cavalcioni su di lei.
"L'hai voluta tu!" - disse Rosy mentre tolse la sicura a avvicinò l'arma sulla pancia della donna - " mi dispiace".
Avrebbe sparato. Perchè la sua vita e quella di suo figlio potevano essere rovinate per sempre se quella donna avesse riportato Rosy in questura. Stava per premere il grilletto, sarebbe bastato un colpo. Uno solo. Ne sarebbe bastato uno soltanto, ma un urlo da lontano le impedì di farlo.
"NO. ROSY, NOOOO!" - Calcaterra era rientrato nel garage. Con il fiatone di chi aveva corso velocemente. E il cuore a mille.
Rosy non si voltò nemmeno per guardarlo perchè troppo impegnata a premere un grilleto.
"CHE CAZZO VUOI FARE ROSY!" - Domenico si avvicinò alle due donne. Lara aveva il volto di chi sprigionava tanta paura, mentre a Rosy la vedeva di spalle. Era sopra di lei - "Se l'ammazzi ti dovrò portare con me".
Rosy a quel punto si voltò. Domenico la osservò. Gli occhi erano lucidi, pieni di terrore e dolore. I capelli mossi e lunghi erano in disordine, e poi aveva una ferita profonda al labbro inferiore. Calcaterra si adagiò sulle ginocchia e allungò la mano. Per l'ennesima volta Rosy fu stregata da quegli occhi magnetici color verde. Perchè quella sfumatura sembrava che parlasse. Le diceva di stare attenta. Di non macchiarsi di un altro omicidio, che questa volta non sarebbe riuscita a superarlo. Perchè lei adesso era cambiata. Portava dentro di se il peso di tutte quelle vittime morte a causa sua e un ulteriore tassello avrebbe contribuito a sentirsi ancora più terribile. Così porse la pistola in mano al poliziotto. Si alzò da terra e senza guardare la sua nemica in faccia sfrecciò via come un auto da corsa. Prima di oltrepassare il cancello d'uscita però si voltò un ultima volta e incontrò il sorriso di Calcaterra. Questa volta era fiero di lei, ne era sicura. Anche lei accennò un sorriso. Un sorriso che gli diceva "grazie" . Grazie per averla salvata un altra volta.
Lara si rimise presto in piedi ripulendosi da un po di polvere che aveva incontrato durante la colluttazione con Rosy e solo quando quest'ultima scomparì dalla sua vista, Domenico le degnò di uno sguardo.
"Grazie" - disse la donna, ma l'ispettore non volle risponderle.
"Che cosa ti è saltato in mente eh?Mettersi a litigare qua dentro come due cretine".
"Come hai fatto a trovarmi?".
"Ho visto la tua moto a pochi chilometri da qui ed ho intuito che eri con lei. Perchè mi hai seguito? Non devi più farlo Lara!!!Mi da fastidio,hai capito?" - Domenico iniziò ad urlare. Questa situazione iniziava ad irritarlo.
"Ho capito che qualcosa non andava dall'ultima telefonata che hai ricevuto oggi. Minchia. Lo sapevo che era lei. A proposito. Perchè l'hai fatta scappare?Mi stava per ammazzare!".
"Dopo quest'incontro con Rosy sono cambiate molte cose Lara. Ho dovuto farla scappare perchè c'è in gioco la vita di una persona. Una persona per me molto importante" - Domenico accennò un sorriso alla fine del discorso ripensando a Leonardino.
"Chi?".
"Leonardo" - riuscì a dire Domenico. Forse spiegandole la situazione avrebbe smesso di giudicarlo.
Lara rideva -"come scusa?".
"Il figlio di Rosy è vivo ed è tornato per vendicarsi".
"E tu credi alle parole di una povera pazza fuggita dal manicomio?".
"Io la conosco meglio di chiunque altro Lara. Lei potrebbe mentirmi su tutto. Su tutto. Ma sul bambino no. Non su Leo".
"Beh...io non le credo".
"Non le credi perchè non hai visto quello che ho visto io".
"E che minchia hai visto tu eh?La luce?".
"Ho visto in tutti questi anni una donna distrutta dal dolore. Una donna ferita, una donna che si sentiva in colpa. Una colpa immensa che la stava assorbendo giorno dopo giorno, che la stava consumando. E poi lo rivista qua con degli occhi diversi. Accesi. Con degli occhi che emanavo felicità, gioia. Rosy non può aver finto perchè non si può mentire su una cosa che tocca il profondo di voi donne : un figlio!".
"Ma non capisci Calcaterra. Ma c'hai i prosciutti sugli occhi?Quella la ti sta raccontando delle barzellette e tu che continui a crederle. Per quanto la faccenda mi rattrista. Leonardino è morto. Ed è stato seppellito sull'Etna. La scientifica il giorno stesso ci ha dati i risultati".
"Tu puoi continuare a parlare all'infinito, ma Rosy mi ha dato delle spiegazioni abbastanza dettagliate da farmi credere che è vero ciò che dice. E tu. Insieme alla mia squadra dovete aiutarmi a ritrovarlo. Io devo trovarlo!".
Lara si passò una mano tra i capelli mentre pensava che forse lo sbirro che aveva davanti era stato vittima di un sortilegio di una strega che aveva le sembianza di una mafiosa. Perchè continuava a crederle dopo tutto quello che aveva fatto a dei poveri innocenti e soprattutto dopo tutte le cose che aveva fatto a lui?Perchè continuava a proteggerla?Perchè? Perchè forse soltanto il cuore di un uomo innamorato si comportava così. E Lara questa volta non riuscì a restare inerme davanti a tutto questo. Perchè adesso non voleva più sentire parlare l'uomo che aveva davanti.
"Mi credi se ti dico che tua sorella è in pericolo?" - le disse Domenico facendola voltare.
"Ne parleremo domani".
E Lara andò via subito. Senza nemmeno fargli un accenno di saluto. Forse davvero sua sorella era in pericolo. Forse l'Abate aveva detto la verità, ma adesso non le importava. Voleva solamente scappar via da tutto. Da Rosy. Da Calcaterra. Da sua sorella e forse anche da se Stessa!

Lara Colombo al rogo tra 3.2.1. xD Scherzo..non oso immaginare i vostri commentini che saranno abbastanza cattivelli su questo personaggio ahah XD bene bene XD.
Ammetto che questo capitolo l'ho scritto e riscritto una marea di volte perchè non mi convinceva...perchè prima avevo pensato ad una cosa, poi ad un altra, poi ad un altra ancora. E poi mi è uscito questo qua e mi sono detta che forse è andata bene così. Sono abbastanza soddisfatta direi :) . Spero che lo siate anche voi.....Grazie infinitamente a tutti quelli che mi danno il sostegno e la forza di continuare..ai soliti che mi fanno i complimenti su fb e a quelli che hanno la mia storia tra le preferite/ricordate/seguite! Il prossimo capitolo (che verrà la prossima settimana) sarà incentrato nuovamente su Leonardo. Un bacione gigante! Seguitemi anche su facebook ;) -> https://www.facebook.com/squadraantimafiamania

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Capitolo 20
*** Tu sei mia ***


20. tu sei mia

Leonardo si era svegliato all'alba. Non aveva più dormito dopo aver sentito sua madre rientrare a casa alle 3 del mattino. Non si era fatto vedere da lei con gli occhi aperti, non voleva sentire i suoi discorsi. Voleva soltanto rimanere chiuso in quel suo piccolo mondo in cui nessuno sarebbe mai riuscito a farne parte...Nemmeno sua madre! 
Ripensò alle sua parole, ai suoi gesti, ai suoi occhi che erano lucidi mentre gli parlava. Gli raccontò di quella terribile tragedia avvenuta tanti anni prima che condizionò la vita di tutti, in primis quella di lui. Ormai non riusciva più a trovare un briciolo di emozione dentro di se, non provava amore, affetto, sembrava quasi indifferente alle richieste di sua madre, e tutto questo accadeva perchè lui dalla vita, non aveva ricevuto altro che pugnalate alle spalle. Nessuno mai gli aveva fatto capire cosa fosse l'amore, come si manifestasse. Un solo, piccolo, minuscolo, ricordo sbiadito di ciò risaliva a quando era piccolissimo. Piccolissimo a tal punto da averlo rimosso. De Silva lo aveva praticamente costretto a fare quella vita perchè era troppo piccolo per ribellarsi, per opporsi a quell'uomo così prepotente. Aveva imparato da lui molte cose, sapeva sparare, schivare i colpi, ammaestrare un coltello ed era anche bravo con le mani. Ma non gli aveva insegnato nient'altro. Forse non voleva neanche legarsi con una persona a tal punto da sembrare debole, perchè per lui dimostrare sentimenti era segno di debolezza. Piangere, mostrare affetto, esprimere a parole delle emozioni, era segno di debolezza perchè questo gli avevano insegnato...
Leonardo si alzò presto dal letto e chiamò De Silva. L'uomo nascosto chissà dove lo rimproverava perchè la loro missione sarebbe andata in frantumi da li a poco perchè Leonardo non era stato in grado nemmeno di tenersi stretto una ragazzina. E allora si sentì ferito, deluso da se stesso. Uscì dal quel covo vestendo i panni di Tony e andò alla ricerca di Carmen. L'avrebbe cercata per tutta Catania se fosse stato necessario. Si fermò in una stradina, era uno dei posti che lei frequentava. 
Si nascose dietro un muretto e la vide. Distava lontano da lui, ma il suono della sua dolce risata poteva udirla anche da la. Non era sola. Con lei c'erano due ragazzini, uno le cingeva la vita con le braccia e l'altro le parlava. Gettò via la sigaretta che aveva tra le mani, non preoccupandosi nemmeno che ci fosse ancora del fumo da ispirare. Osservò quella scena e una strana sensazione si fece strada dentro di lui. Era arrabbiato, ma allo stesso tempo preoccupato. Ma preoccupato per cosa di specifico? E poi loro sorridevano. Sorridevano e sorridevano. 
Che minchia avevano da ridere?
Leonardo reagì d'istinto. Attraversò la strada e si precipitò da Carmen.
"Ve la rubo soltanto un secondo" - disse mentre la prese per un braccio e la portò dietro ad un vico.
"Ma sei pazzo? Lassami stari" - rispose Carmen alzando la voce e cercando di liberarsi da quella stretta, ma non ci riusciva. Era troppo forte.
"Non urlare" - ribattè Leo poggiandole una mano sulla bocca - "ora mi stai a sentire".
Carmen non voleva sentirlo parlare, voleva soltanto fuggire e non saperne più nulla di quel ragazzo, anche se le aveva già rubato il cuore.Quindi gli morse la mano, quella che premeva sulle sue labbra. 
Leonardo se la guardò, quella stupida ragazzina gli aveva fatto veramente male - "cazzo".
Carmen corse, ma si fece beccare presto perchè imbucò un vicolo ceco.
"Non hai via di scampo" - disse lui con uno strano sorriso sulle labbra.
"Che vuoi da me?".
"Vedo che non hai perso tempo. Non ti facevo la tipa da avere due ragazzi contemporaneamente".
Carmen si avvicinò a lui sputandole tutto ciò che sentiva dentro -"non osare parlarmi così. E poi anche se fosse...io e te non stiamo insieme. Io e te non siamo nenti".
Leonardo sorrise. Ma non era un sorriso di uno che si divertiva. Era un sorriso di chi era arrabbiato, furioso.
"Vuoi fare tanto la brava ragazza, ma la verità è che hai voluto sperimentare anche con altri il tuo primo bacio".
Quelle parole furono esagerate tanto da far avere a Carmen una reazione inaspettata. Gli diede uno schiaffo. Forte. Così forte che Leo si ritrovò a guardare il lato opposto. Si massaggiò la guancia ferita. Mai nessuno aveva osato toccarlo, non lo permetteva a nessuno e chi lo faceva veniva ripagato con la stessa moneta. Leo la guardò negli occhi, la ragazza era sorpresa da quel gesto. Forse voleva chiedergli scusa, voleva fargli capire che quelle parole le avevano fatto solo del male per questo aveva reagito così. Ma Leonardo non la fece parlare. 
Questa volta lasciò da parte Tony, proprio non riusciva a comportarsi diversamente. Ebbe l'impulso di scaraventarsi su di lei, ma si trattenne....chissà perchè.
Si avvicinò ancora di più a lei, a passi lenti, ma decisi. Avevano il viso a pochi centimetri l'uno dall'altra, Leonardo glielo strinse, forte, tanto forte, troppo!
Carmen gli osservò gli occhi. Quegli occhi che non sapeva bene decifrare, adesso avevano cambiato sfumatura, addirittura colore, sembravano gli occhi di un altra persona. Gli occhi di un uomo feroce, quasi cattivo e per la prima volta Carmen ebbe paura. Chi era realmente quel ragazzo?. Non si mosse perchè la paura di essere ferita era tanta. 
"TU.SEI.MIA" - le disse.
Leonardo fu mosso dall'istinto. Un insolito istinto a cui non era abituato. Questa situazione sembrava dominarlo e a lui questa cosa non piaceva, non ne era abituato. Perchè era sempre stato lui a dominare le sue emozioni, ma questa volta fu il contrario. E lo spaventò. Non doveva mai più reagire così, e soprattutto non doveva mai perdere il controllo e permettersi di farsi guidare dall'istinto. Lui doveva solo recitare una parte. Una parte difficile che non gli si addiceva. Far finta di essere il ragazzo modello, senza grilli per la testa, che combatte per i suoi principi, i suoi valori. E adesso tutti i suoi sforzi per apparire così furono gettati in un cassonetto. Perchè un ragazzo che le aveva parlato in quel modo, che adesso le stringeva il viso tra le mani e con gli occhi da cattivo, non poteva avere l'aria di un bravo ragazzo. L'aveva persa. L'unica consapevolezza che c'era in lui. Aveva perso l'unico approccio per il suo piano. L'unica via d'uscita pulita. Ma aveva perso anche il suo sorriso. Le sue labbra. Il suo sapore. Leonardo non riusciva proprio a capire il perchè pensasse quelle cose. Perchè mai nella sua vita aveva fatto conti con questo sentimento...soltanto aver sfiorato l'idea lo rabbrividiva.
"Io non sono di tua proprietà. Non sono di nessuno e tanto meno di uno come te" - Carmen parlò con un briciolo di lucidità. Ebbe il coraggio di rispondergli nonostante quegli occhi scuri la guardassero come se volessero ucciderla. 
Leonardo indietreggiò. Non si aspettava una risposta del genere da lei. Da una ragazza che nella vita non si era mai approcciata a nessun ragazzo. Era abbastanza matura, forse più matura di lui. 
Carmen si massaggiava le guance infuocate e per fortuna non notò nessun graffio, altrimenti come l'avrebbe spiegato a suo padre. E nemmeno cercò di fuggire via perchè non poteva. Non ci riusciva. E Leonardo fu sorpreso anche di questo. Qualunque altra donna al suo posto sarebbe scappata via, veloce, con la speranza di non aver più a che fare con un tipo del genere e invece era li e Leo lo apprezzò. 
"Non so cosa mi sia preso" -  Leo parlò guardando in basso, non osò nemmeno sfiorarle gli occhi. Le stava chiedendo scusa. Anche se non lo diceva apertamente perchè lui non era mai stato bravo con le parole. 
"Chi sei realmente Tony?"-gli rispose Carmen mantenendo sempre le distanze.- "Il ragazzo dolce che ha voluto per forza conoscere mio padre o quello freddo e furioso che ho conosciuto ora?".
"Nessuno è perfetto Carmen". 
Leonardo non seppe risponderla, perchè quella domanda se la poneva anche lui ogni tanto. E per l'ennesima volta Carmen dovette decifrare quelle sue parole, scoprire cosa mai ci fosse dietro. Era difficile, ma forse era arrivata ad una conclusione. Tony era entrambi. Come due facce di una stessa medaglia e a lei piacevano tutte e due.
"Scommetto che tu sia migliore di così" - questa volta si avvicinò a lui. Gli accarezzò dolcemente la guancia e come per magia, gli occhi di Tony ritornarono ad essere più luminosi, spazzando via quelle tenebre che si erano impossessati di lui soltanto un attimo prima. Lei sorrise e le battè forte il cuore. Una sensazione anche a lei sconosciuta. Forse se lui gli faceva questo effetto probabilmente non era poi una così cattiva persona. Avvicinò le sue labbra a quelle di lui perchè un desiderio folle di baciarlo si impadroniva di lei. E diede retta a quell'istinto irrefrenabile che prima non l'aveva fatta scappare via. Lo baciò teneramente. La sua lingua si fece spazio nelle sue labbra e Leonardo iniziò quel gioco infinito. Le poggiò le mani sulla sua nuca mentre Carmen lo teneva stretto per la schiena. E quel bacio così diverso dal primo, non fu soltanto un semplice contatto tra le labbra di due persone dato che andò ben oltre un semplice gesto fisico perchè ormai, racchiudeva un sentimento profondo...
Dopo aver preso un istante per respirare Carmen lo abbracciò forte - "non ti conosco per niente eppure sento che di te mi posso fidare".
Leonardo ebbe una stretta al cuore, forse avrebbe dovuto risponderla, ma si limitò a stringerla ancora più forte. La baciò di nuovo. Ancora. E ancora. Sentiva di non averne mai abbastanza, voleva di più.

Leonardino. Leonardino. Ci sta dentro con tutte le scarpe xD. Il prossimo capitolo continuerà(che sarà la settimana prossima) a seguire questo filo con una bella chiacchierata tra madre e figlio ;).Alle prossima e grazie a tutti i miei lettori che mi seguono assiduamente! Cliccate qui se volete -> https://www.facebook.com/squadraantimafiamania
p.s le parole in dialetto siciliano le ho cercate su internet (e mi sono pure divertita xd) quindi se c'è qualche parolina sbagliata, fatemelo notare :)

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Capitolo 21
*** Dov'è mio figlio? ***


21. Dov'è mio figlio?
 
Leonardo entrò in punta di piedi in quel covo, si gettò sul divano e Rosy lo vide. Era stato lontano da casa quasi tutto il giorno, si era chiesta dove fosse stato tutto quel tempo, con chi. Non era preoccupata perchè sapeva che suo figlio era così bravo a badare a se stesso. Aspettava. Aspettava un cenno da parte sua. Aspettava che lui le dicesse - mamma cosa ti ha detto Mimmo? Come stava? -  e invece niente ancora. Sembrava quasi che la faccenda non gli preoccupasse. Aveva nascosto il cellulare di Domenico-che per fortuna non aveva subito nessun graffio- sotto al suo letto. Avrebbe protetto quel cellulare come avrebbe protetto suo figlio. Perchè una semplice chiamata l'avrebbe potuta aiutare.
Leonardo era sul divano con una mano appoggiata sulla fronte. Sua madre era ad un passo da lui. Aveva l'aria stanca, forse non aveva dormito e poi una ferita alle labbra.
"Che hai fatto lì?".
"Niente, un piccolo scambio di opinioni con una sbirra" - disse sorridendo pensando alla litigata feroce avuta con Lara.
Leo si rimise presto in piedi - "cosa?Una sbirra?".
"Lara Colombo ha seguito Calcaterra".
"Maledetta bottana!" - disse Leo prendendo a calci una sedia lì vicino - "le hai detto di me?".
"No, no che sei pazzo. No. Solo a Mimmo".
Rosy l'aveva fatto apposta nel nominarlo per avere una reazione da suo figlio.
"Come stava?" - Leonardo prese una sigaretta e se l'accese. Guardò fuori a quella piccola finestra per non incontrare nuovamente gli occhi di sua madre.
"Sorpreso".
"Ora che ti sei libera da questo peso possiamo procedere con i piani. Tra poco verrà Filippo a farci visita, spero che non mi faccia una testa così".
Rosy rimase nuovamente sorpresa, ma no forse delusa dal comportamento di suo figlio. Si aspettava qualcosa che non era arrivato. Si aspettava che l'abbracciasse, che volesse sentire ogni minimo particolare della reazione di Domenico. I discorsi fatti, le parole dette. E invece si era limitato a dire due semplici parole -come stai - , fregandosene dei sentimenti di un uomo che aveva riscoperto un figlio. Perchè per Leo, Mimmo non era altro che suo padre. Come definire se no un uomo che l'aveva cresciuto con tanto amore, proteggendolo da ogni male. Di questo Rosy ne aveva la certezza. Ma a quanto pare non era la stessa cosa per suo figlio che adesso aveva l'esigenza di chiamare De Silva. Rosy sorrise dal nervosismo.
"Ma come fai?" - chiese al ragazzo che aveva davanti.
"Come fai cosa?".
"Lo sai...a far finta di niente. Io spero con tutta me stessa che tu stai soltanto fingendo di fregarti di tutto e di tutti perchè altrimenti sei veramente diventato un uomo senza cuore".
"Sono diventato ciò che la vita mi ha fatto diventare. Non ho scelto io di crescere in Russia con un mafioso".
 "E' vero, ma perchè non abbandoni tutto?Tutto il casino in cui ti sei mischiato?".
Leonardo sorrise - "e arrendermi proprio ora? MAI!Non lo farò mai mamma, ne per te e ne per nessun altro hai capito?".
"Devi farlo per te stesso Leo, perchè altrimenti vivrai una vita piena di rimpianti...come la sto vivendo io".
"Ma proprio tu mi fai la morale?La regina di Palermo mi fa la morale. Ma non lo capisci che io sono come te, siamo uguali mamma, e sono sicuro che se fossi cresciuto con te sarei diventato esattamente come sono adesso".
A Rosy cadde una lacrima. Forse Leo aveva ragione, ma di sicuro le avrebbe insegnato a voler bene a Domenico, di non portargli rancore.
"Che tu ce l'hai con me lo posso pure capire, ma Domenico. Lui non c'entra. Non si merita quello che gli stai facendo. Non si merita un trattamento del genere visto che con te si è sempre comportato come un padre".
Leonardo si voltò di scatto verso sua madre e gettò nel posacenere la sigaretta che aveva tra le dita  - "io un padre ce l'avevo, ma me l'hai ammazzato. Magari se non l'avessi fatto a quest'ora non staremo qui a parlare".
"E' un rimorso che mi porto dentro da anni. Io ci penso sempre a quello che ho fatto e non ne vado fiera. E' stato un errore. Ed è proprio per questo che ti chiedo di smetterla con le vendette, con l'odio perchè finirai col far del male alle persone che vuoi bene, come al tempo ho fatto io".
"Non m'importa dei tuoi discorsi".
"E non t'importa nemmeno di quella ragazza? Di Carmen?".
"No".
"Non ti credo. E sai perchè? Perchè quando sei entrato da quella porta e mi hai guardato per un istante ho percepito una strana luce, sei stata con lei vero?E l'ho capito senza neanche che tu me lo dicessi".
"Si. Sono stata con lei, ma non me ne fotte una minchia. La sto solo usando e quando non mi servirà più la butterò via come si fa con le puttane".
"Non ci posso credere, non posso credere che mio figlio parli così. Non è questa la vita che avrei voluto per te".
"Ripeti sempre le stesse cose, mi stai stancando. Basta. Non ne voglio più parlare".
Leonardo andò verso il giardino. Aveva proprio bisogno di una boccata d'aria. In quella stanza insieme a sua madre aveva perso l'ossigeno. Il respiro. Perchè forse l'aveva colpito nel suo punto debole parlandogli della sua vita in Russia. Ma Leo non pensava minimamente alle parole di sua madre, forse all'apparenza poteva sembrare così. Forse nel più profondo del suo cuore un po di tristezza per Domenico e Carmen la provava. Ci pensò un auto che arrivava da lontano a fargli smettere di pensare. De Silva chiuse la portiera con violenza. Leonardo non ne dedusse niente di buono da quello sguardo. 
"Andiamo dentro. Devo parlare da solo con voi" - disse riferendosi a Leo, Genny e Andrea. Per uno strano motivo non volevano rendere partecipe Rosy. La donna quindi rimase in casa e dalla finestra del giardino osservava la scena. I quattro erano troppo lontani per ascoltarne la voce, ma dai gesti si capiva che stavano discutendo di qualcosa di grosso. De Silva sembrava parlare e urlare solamente con Leonardo che ogni tanto annuiva oppure scuoteva la testa. Gesticolavano, urlavano, Rosy dovette resistere all'impulso di andare vicino a loro e interromperli, ma alla fine decise di chiudersi a guscio sul divano. Controllò il cellulare in fretta, prima che gli altri rientrassero. C'erano due messaggi. Di Calcaterra. In uno c'erano scritto questo è il mio nuovo numero, non esitare a chiamarmi per qualsiasi cosa seguito da 10 cifre che Rosy memorizzò in rubrica. Ma fu l'altro messaggio a destare la sua attenzione mi dispiace , diceva. Rosy alzò gli occhi al cielo cercando di non pensarci, ma era inutile perchè quelle due parole potevano racchiudere mille significati. Mi dispiace aver perso tutti questi anni a rincorrere De Silva quando avrei dovuto controllare meglio le analisi di quelle ceneri; Mi dispiace aver sprecato del tempo tra le indagini e colpi di pistola quando avrei dovuto starti più vicino ;  Mi dispiace di averti fatto credere a tutti i costi che tuo figlio sia morto quando in realtà era vivo, coccolato da personi feroci ; Mi dispiace per quello che continui a subire ; Mi dispiace per il disprezzo che tuo figlio nutre nei tuoi confronti ; Mi dispiace per te ; Mi dispiace di non esserti accanto ancora una volta a combattere la battaglia più importante di tutte : quella di salvare tuo figlio!
Rosy nascose quella lacrima che prepotentemente voleva a tutti i costi scendere dal suo viso e nascose nuovamente il cellulare sotto al letto anche perchè Leo stava facendo ritorno a casa, da solo!
"Che vi siete detti?" - chiese la donna - " e perchè quelli restano fuori?" - continuò indicando la finestra.
"Perchè ho bisogno di parlarti a quattrocchi come madre e figlio!".
"Problemi?" - Rosy iniziava a preoccuparsi. Perchè tanto mistero? Leonardo prese una sedia si sedette proprio di fronte a lei. Prese le sue mani e le intrecciò tra le sue.
"Le cose non vanno affatto bene. I Ragno sono sempre più potenti e noi non possiamo competere con gente così forte. Non abbiamo uomini, siamo soli. Siamo solo io e De Silva. O meglio lo eravamo fino a quando non sei arrivata tu" - il ragazzo continuò il suo discorso vagando con lo sguardo perso nel vuoto - "conosci il proverbio tieniti stretto gli amici, ma ancor di più i nemici?".
Rosy annuì.
"Per far sì che eliminiamo i Ragno non dobbiamo metterceli contro, ma allearci con loro. Fingere di essere interessati ai loro affari. Solo così potremo annientarli".
"E io cosa c'entro?".
"Abbiamo bisogno di te. Abbiamo bisogno della Regina di Palermo. Abbiamo bisogno della donna forte che eri mamma".
Rosy rimase turbata da tutto ciò e lasciò le mani di Leonardo alzandosi dal divano e passandosi ogni tanto una mano tra i capelli - "io temo di non riuscire più a ritornare la donna che ero 16 anni fa".
"Mamma se chiedo aiuto a te è perchè io non posso espormi, perchè se gli sbirri mi vedono sono fritto!".
"Tu non puoi chiedere a me una cosa del genere".
"Pensaci mamma, sei la nostra ancora di salvezza".
"NON POSSO!" - disse Rosy in un impeto di follia -"Leonardo hai idea del rischio in cui mi esponi? Hai idea se si accorgono che mio figlio è vivo, che lo tengo nascosto?Che vuole prendere il loro posto?":
"Mamma avanti, fidati di me! Non correrai nessun rischio, io sarò i tuoi occhi e le tue orecchie. Ti seguirò ovunque, non lascerò che ti accada niente di male. Te lo prometto".
"Non è della mia vita che mi preoccupo, ma della tua. Se a me accade qualcosa chi ci pensa a te dopo?".
"Io so badare a me stesso!! E poi te l'ho detto no? Io farò in modo che non ti succeda niente. E poi cosa sono tutti questi scrupoli, non ti ricordi com'eri tempo fa?".
"Io non sono più quella donna".
"Avanti mamma dovrai soltanto vestirti bene, nasconderti e andare da quelli. Dire che sei interessata ai loro affari, che hai escogitato tu stessa la fuga dall'ospedale, e che vuoi ritornare ai vertici".
"E se loro non accetteranno?".
"Lo faranno e sai perchè? Perchè non si può dire di no a Rosalia Abate".
A Rosy le parve di essere stata risucchiata in un incubo terribile. Aveva le mani legate ormai, era obbligata a rispondere di si a quella richiesta insolita di suo figlio. Perchè non aveva altra scelta, doveva piegarsi in questo gioco crudele che sarebbe stato per certo la sua rovina. Doveva farlo perchè non avrebbe potuto superare la perdita di Leonardo un altra volta. Non voleva che lui smettesse di regalarle fiducia. E quindi accettò, anche se il suo obiettivo non era di certo la vendetta e il denaro, di quello non ne aveva più l'esigenza, ma di tenere a bada suo figlio e condurre lei stessa il gioco, contando su Domenico che avrebbe contattato da lì a poco e porre fine a tutto questo.
"Va bene" - disse ormai rassegnata -"ma adesso voglio parlare con De Silva".
"Certo" - esclamò Leonardo con il sorriso sulle labbra e dopo aver baciato sua madre sulla fronte, chiamò De Silva.
L'uomo alto e anche un po invecchiato entrò spavaldo da quella porta e con la stessa spavalderia, Rosy gli corse incontro dandogli uno schiaffo bello forte sul viso.
"Ma ti sei rincoglionita?" - chiese Filippo resistendo dalla voglia di farle del male.
"Dov'è mio figlio?" - rispose lei con un altra domanda. 
"Ma stai bene Rosy? Sta fuori!".
"Ti ho detto DOV'è MIO FIGLIO?" - continuò Rosy senza ascoltarlo con la voce alta e tremolante - "dov'è quel bambino che ho lasciato in quell' aereoporto? DOV'è PEZZO DI CANAGLIA?DOVE STA?".
De Silva ebbe paura. La donna che si scaraventò su di lui picchiandogli la schiena, era sconvolta e arrabbiata. Ma cosa si celava esattamente dietro alle parole di Rosy? De Silva non scavò di certo a fondo, ma si fermò alla superficie.
"Dov'è quel ragazzino dolce e pieno di sogni?Cosa l' hai fatto diventare?".
Filippo stufo del comportamento dell'Abate la prese per i polsi costringendola a stare ferma - "Ma perchè ti ribelli così tanto? E' come te, come me. E' un mafioso".
"No, è un MOSTRO! Tu l'hai trasformato in un MOSTRO!!Ed io giuro che te la farò pagare per tutto il male che hai causato BASTARDO!".
Detto questo Rosy spinta dalla rabbia e da quell'istinto che ormai aveva accantonato da anni, si scaraventò contro quell'uomo ribellandosi, ma De Silva nuovamente stufo di essere umiliato, aprì un cassetto e prese una siringa.
"Che minchia stai facendo" - Rosy cercò di divincolarsi a tutti i costi, ma quell'uomo era troppo forte per lei e in men che non si dica affondò l'ago nel suo braccio. Bastarono pochi secondi e Rosy si accasciò a terra perdendo completamente i sensi, sorretta dalle braccia e dallo sguardo di suo figlio.

Ma quante ne dovrà ancora subire Rosy? Vi do il permesso di insultarmi xD. Stiamo entrando nel vivo della storia, Rosy ritornerà se pur con fatica, ad essere la Regina di Palermo. Presto andrà a far visita ai Ragno, ma prima vedremo come si stanno svolgendo le indagini di Domenico ;) . Con le feste pasquali non so esattamente quando posterò, purtroppo non so darvi una data precisa, ma spero di trovare un briciolo di tempo per dedicarmi a voi ;) .Grazie mille per l'affetto con cui mi seguite, so che le recensioni sono pochine, ma le visualizzazioni sono tante, spero che mi seguono in molti ;) . Bacini!!!E Buona Pasqua ;).

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Capitolo 22
*** Un altra persona ***


22. Un altra persona

Domenico Calcaterra non aveva dormito di nuovo. Aspettava l'alba per correre nel suo ufficio e comunicare ai suoi colleghi tutto quello che era successo, che stava per succedere e che succederà. Si alzò dal letto e guardò dritto verso la finestra osservando il cielo coperto di nubi che in tutti questi anni si era ritrovato a fissare. Cercava in mezzo a quelle nuvole un varco di luce, un accenno, una stella, un puntino in quell'infinito che le facesse ricordare il viso, gli occhi, la voce di quello scricciolo biondo. Adesso invece, tutto sembrava essere diverso, quel cielo aveva smesso di essere il centro della sua attenzione perchè Leonardo era vivo. E Domenico doveva reagire, smetterla di starsene a fissare una finestra e di combattere. Cercare dentro di lui quell'istinto per le indagini che parecchi anni fa non si era mai smentito. Si fece una doccia fredda, si vestì rapidamente e mandò un messaggio copia-incolla ai suoi colleghi. Per fortuna aveva salvato i loro numeri telefonici in una rubrica sul comodino per le emergenze.
Uscì presto, l'aria era molto fresca nonostante si stesse per affacciare l'estate. Raggiunse rapidamente il suo ufficio e di li a poco anche gli altri poliziotti. La maggior parte erano tutti assonnati. Come darli torto il loro capo li aveva chiamati alle 7 del mattino. Parlò presto, anche se all'appello mancava Lara, ma lei di cose già ne sapeva. Calcaterra faceva avanti e indietro per tutta la sua piccola aula. Non riusciva proprio a trovare le parole esatte per spiegare a tutti loro che in quegli anni aveva rimpianto un bambino che non era mai morto. Ma ebbe un idea. Raggiunse la lavagna con tutti i pregiudicati e tolse la foto col punto interrogativo posto di fianco a Rosy e la sostituì con l'immagine di Leonardo bambino.
"Che vuol dire?" - trovò il coraggio di dire Francesca. 
"Quello che avete visto" - Calcaterra alzò le braccia guardando negli occhi ognuno di loro.
"Io non capisco" - continuò interdetto Sandro.
"Nemmeno io capivo, ma adesso tutto sembra avere un senso".
In quell'istante Lara varcò la porta di quella stanza e dopo ricevuto il buongiorno, iniziò ad aiutare Calcaterra a trovare le parole giuste - "L'Abate sostiene che è stato suo figlio a rapirla, che è vivo".
"Come, come scusa?" - solo allora Sandro sembrava essersi svegliato del tutto. Gli occhi grandi e spalancati cercavano di capirci qualcosa.
"Ieri ho incontrato Rosy" - iniziò a dire Domenico - "e mi ha detto delle cose".
"Si è messo d'accordo di nuovo con quella mafiosa, dottore?" - intervenì arrabbiato Gaetano.
"No, Gaetano, non è questo il punto. Il punto è un altro : Leonardo è vivo ed è tornato a Catania per un solo, unico scopo : la vendetta!" - disse l'ultima parola con amarezza, anzi no con disprezzo.
"Ma che...non ci credo! E' impossibile. Voi eravate proprio sul posto, il sangue, la scientifica. Mi dispiace, ma proprio non riesco a credere alle parole di una mafiosa" - le parole di Sandro delusero Calcaterra.
"Proprio tu no! Sei stato tu ad accompagnarmi nella struttura psichiatrica in tutti questi anni ed hai visto lo stato pietoso in cui stava Rosy. Non può avermi mentito, non può averlo fatto. Non su suo figlio".
"Io capisco Dottore, ma lei capisca noi la prego. Fino a ieri andavamo al cimitero a portargli dei fiori ed ora di punto in bianco mi viene a dire che quel bambino è vivo. Non è mica una cosa da niente".
"Lo so, ha fatto lo stesso effetto anche a me. Ma pensateci bene. Chi avrebbe l'interesse di rapire una donna inferma, che non riesce nemmeno a tenersi in piedi? E soprattutto chi avrebbe interesse a chiamarla mamma?".
"Nessuno! Ma chi c'è dietro di lui?".
"De Silva".
"Cazzo" - Palladino diede un calcio ad una sedia li vicino - "vorrei proprio averlo qui davanti quell'essere schifoso".
"Vi prego non facciamoci prendere dal panico e siamo lucidi. Ho bisogno di tutta la mia squadra, ho bisogno di voi. Perchè so che se restiamo uniti e decisi troveremo quel ragazzo e con lui anche De Silva. Dobbiamo farlo cazzo! Impiegare tutte le nostre energie su questo caso perchè stavolta se lo becchiamo a quell'infame, ci marcirà dentro alla galera. Dovrà rispondere al reato di sottrazione di minori e nessuno, nemmeno il miglior avvocato di questo mondo, riuscirà a salvarlo da una pena certa".
"Come ci muoviamo?".
"Aspetta Palla, prima di pianificare tutto ho bisogno di sapere se siete con me, e poi parlerò con il questore per l'autorizzazione".
"Siamo con lei dottore" - risposero tutti a coro. Solo una persona rimase in dispiarte senza fiatare.
"Lara tu?".
Lara annuì perchè questa era l'unica cosa da fare.
"Allora sono in contatto con Rosy, lei è il punto fondamentale delle nostre indagini. Mi chiamerà e mi metterà a corrente di tutto. Ha con se il mio cellulare, purtroppo in quell'aggeggio c'è istallata una cosa per cui è impossibile essere intercettati".
"Ancora una volta il destino di tutti è nelle mani di quella" - Lara continuava a non essere pienamente convinta di dover collaborare con una pluriomicida, ma Calcaterra mise le cose in chiaro.
"Lara tu a me servi e poi c'è di mezzo tua sorella. Te ne avrei parlato più tardi, ma visto che ti devo convincere di restare con noi , te la dirò adesso".
"Dimmi su".
"Voglio chiedere una scorta per Veronica Colombo".
"Cosa?" - esclamarono tutti in coro.
"La sua vita è in pericolo, ma non lo faccio per lei che sia chiaro. Penso che tenendola sotto controllo potremo risalire a Leonardino. Per questo ho bisogno di te Lara!".
"Va bene".
"Ma non parlarle in nessun modo di Leo, non voglio che possa fare passi falsi ok?".
"Signor sì".
"No Lara forse non ci siamo capiti, devi giurarmelo!".
"Te lo giuro" - Lara rispose alzando la mano sinistra e mettendo l'altra sul cuore, come si faceva da bambini.
"Rosy mi ha anche parlato di una famiglia mafiosa che ci sta alle calcagne da parecchio. Eravamo sospettosi su di loro, ma a quanto pare avevamo ragione, sono mafiosi!".
"I Ragno?" - domandò Lara.
"Si" - rispose Calcaterra disegnando un cerchio intorno alle foto di tutti i componenti di quella famiglia -"e Leonardo vuole prendere il loro posto".
"Che?"
"Quello che hai sentito Sandro, Leo è diventato ciò che non volevo mai diventasse".
"Un mafioso" - sussurrò la Colombo tra se e se, ma il suo pensiero lo fece ad alta voce e se accorse solo quando il suo capo le rivolse un occhiata tutt'altro che tranquilla.
"E come ci muoviamo adesso?Che intenda fare dottore?" - continuò Sciuto, anch'egli sconvolto.
"Inanzitutto dobbiamo recarci in aereoporto dando un occhiata a tutte le telecamere di sicurezza dell'interno. Dobbiamo farci dare tutti i filmati da una settimana insomma il periodo in cui hanno rapito Rosy. Magari De Silva è riuscito a passare proprio perchè con lui c'era un ragazzo pulito, incensurato, Leo".
"E se facciamo un buco nell'acqua dottore?".
"Leoni dobbiamo provarci almeno. Perchè di Leonardo non sappiamo nulla. So solo che ha gli occhi scuri e i capelli castani, non posso mettermi a controllare tutti i giovani ragazzi di Catania che hanno questi requisiti. E' impossibile!".
"Caspita..se almeno si sapesse il nome con cui si fa chiamare".
"Palla, Rosy sostiene di non esserne a conoscenza".
"E dice una minchiata! Io non ci credo che non lo sa. Andiamo Domenico sa dei suoi piani e non sa un nome e un cognome" - si infastidì Lara.
"Anche io sono un po titubante su questo. La farò parlare e se lo sa dovrà dirmelo".
All'improvviso il rumore di una risata sconvolse gli equilibri in quell'aula. Era Pietrangeli.
"Che cazzo ridi?" - intervenì Mimmo.
"Niente Mimmo penso che quel ragazzino ci ha preso a tutti per il culo...Pensa a quanti soldi hai buttato comprando i fiori sulla sua tomba".
Domenico non sorrise, ma come poteva Sandro sdrammatizzare su una faccenda così complicata? Che toccava il più profondo del suo cuore? Ma infondo lo ringraziò perchè un ricordo si fece spazio nella sua mente. Perchè quel giorno speciale in cui Mimmo prese Rosy dall'ospedale per portarla al cimitero, lei continuava a ripetergli di aver visto Leonardo....Forse non era un allucinazione.
"Cazzo" - Domenico sbattè con violenza i pugni sul tavolo.
"Mimmo scusami non volevo offenderti".
"Andiamo al cimitero, forse qualcuno ha visto".
"Al cimitero? Domenico?".
"Si. Si. Sandro cazzo. Il giorno che abbiamo fatto visita a Leonardino, Rosy sosteneva di averlo visto dietro ad un albero. Era convinta mentre io stupido, pensavo fosse una delle sue solite allucinazioni".
"E se lo è stata davvero?".
"Non lo so, ma dobbiamo vedere se qualcuno l'ha visto. Magari se siamo fortunati possiamo avere un identikit più preciso di quel ragazzo. Andiamo Sandro".
Calcaterra e il suo collega si misero in macchina, alla guida c'era proprio l'ispettore. Era preoccupato molto, ma anche un po sollevato, se qualcuno avesse visto Leonardo sarebbe bastato un semplice identikit a smascherarlo. Sandro era accanto a lui, percorsero tutto il tragitto senza parlare. Perchè cosa mai avrebbe potuto dirgli? Era stato scosso dapprima lui con questa notizia, l'unico sollievo per lui era che neanche le parole più giuste di questo mondo sarebbero state in grado di sollevargli il morale. Arrivarono presto. Scesero dalla macchina e incontrarono il custode del cimitero.
"Salve" - salutò per prima Domenico.
L'uomo anziano con un leggero accenno di barba e i capelli ricoperti di bianco si voltò e rispose al saluto - "è venuto di nuovo a trovare quel picciriddu?".
"No. Questa volta sono venuto per lavoro. Ho bisogno di lei per alcune indagini?".
"Di me? Guardi che io sono un uomo apposto, pulito".
"No, no. Non la riguarda direttamente. Lei ricorda l'ultima volta che sono venuto qui? Ero in compagnia di una donna che ha praticamente delirato".
"E come potrei dimenticare quel giorno. E' stato un martirio per me vedere una madre così disperata per la morte del suo figliolo".
"Bene. Quel giorno ha visto per caso un ragazzo aggirarsi nei dintorni? Alto, carino, con capelli chiari e occhi scuri?".
"Mi dispiace ispettore, ma ho poca memoria. E' passato quanto? Un mese? E poi se avrei notato qualcosa di strano glielo avrei riferito direttamente in questura".
"La prego si concentri, è di vitale importanza. Magari qualche movimento sospetto attorno alla tomba di Leonardo?".
"Adesso che ci penso si! C'erano due ragazzi che non ho mai visto, guardare la foto di quel picciriddu".
"Due? Ne è sicuro?".
"Si, si erano due adolescenti. Uno di loro due aveva gli occhiali".
"Me li potrebbe descrivere?".
"Uno dei due si. Era molto carino con degli occhi magnetici color azzurro come il cielo".
"E l'altro?Si focalizzi sull'altro".
"L'altro invece no. Aveva gli occhiali e un cappello in testa".
"Dannazione!" - esplose Calcaterra in un impeto di rabbia.
In poco tempo portarono l'uomo in questura, ma nessun particolare colse quel giardiniere su Leonardo. L'identikit completo fu rivolto solamente all'altro ragazzo. Carino, probabilmente più piccolo di Leo.
"E' un complice, magari è stato lui ad aiutare a rapire l'Abate" - disse Lara vedendo Domenico concentrato su quelle fotografie.
"Si". 
Domenico diede una risposta secca senza indugiare ulteriormente perchè adesso i suoi pensieri andavano dritto a quel ragazzo cresciuto da uomini mafiosi. Ed un altro pensiero si fece spazio dentro di lui, Leonardo era diventato sicuramente un uomo senza scrupoli. Perchè solo così si poteva definire un ragazzo che vedendo una madre distrutta dal dolore, non era stato capace di andarle incontro, per abbracciarla, anche solo per un istante. Mandando al diavolo i piani, le vendette. In quel cimitero Leonardo aveva dimostrato di voler portare avanti i suoi progetti a tutti i costi, al di sopra di tutto, senza soffermarsi nemmeno sull'amore di una madre e soprattutto quello sul suo di amore. Sempre se era rimasto un briciolo di amore nel cuore di quel ragazzo. E Domenico ancora una volta si sentì impotente di fronte a questo perchè un senso di colpa si impadronì di lui. Istintivamente tolse la foto di Leonardo che lo ritraeva bambino, con ancora gli occhi grandi e pieni di speranza, dalla lavagnetta. La prese tra le dita e prima di strapparla in mille pezzi le diede un ultima occhiata.
"Ma che fai Domenico?" - Lara si stava chiedendo il perchè di quel gesto.
"Non è rimasto più niente di quel bambino, niente".

Povero Calcaterra =( . Mi dispiace che questo capitolo sia arrivato così tardi, ma tra tutte queste festività non ho proprio avuto tempo di scrivere =(. Spero che l'attesa comunque sia stata ripagata. Per scusarmi vi anticipo qualcosa sul prossimo capitolo che si chiamerà "il ritorno della regina di Palermo" ....penso che si sia già capito tutto xD. (i miei titoli banali -.-) . Grazie a tutti coloro che mi seguono, mettete un mi piace anche sulla mia pagina di facebook riguardo squadra antimafia https://www.facebook.com/squadraantimafiamania

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Capitolo 23
*** Il ritorno della Regina di Palermo ***


23. Il ritorno della Regina di Palermo

Rosy si svegliò di soprassalto. Aveva dormito tanto, ma non si sentiva pienamente riposata e avvertiva un leggero fastidio, un formicolio sul braccio. Se lo toccò istintivamente, e poi ricordò. De Silva le aveva iniettato qualcosa, magari un tranquillante, difatti crollò qualche secondo dopo aver ricevuto la puntura. Si sistemò una ciocca di capelli che in modo impertinente cadeva sopra i suoi occhi. Andò nell'altra stanza. Sul letto vi erano riposti una giacca nera, una camicia bianca, un pantalone nero e decoltè nere. Osservò tutto per bene, ma non riuscì a capire come mai c'era quella roba distesa per bene sul letto. Leonardo arrivò subito con un sorriso sul volto, sembrava quasi sereno -" buongiorno mamma, anzi buon pomeriggio" - disse accarezzando il suo viso. Rosy sorrise appena, e si lasciò trasportare dall'emozione di essere accarezzata dolcemente da suo figlio. Era questo il Leonardo che le era mancato, non certo quello di ieri sera. Perchè ieri Leonardo aveva assistito ad una scena orribile, ma non fece nulla per impedirla.
"Ma quanto ho dormito?" - Rosy si scostò leggermente da quel tocco e guardò l'orologio, erano le 16 in punto. Caspita. Aveva dormito tantissimo. Sarà stato l'effetto di quella siringa.
"Tanto".
"Ah per via di quella siringa! Che mi ha iniettato De Silva?".
"Un tranquillante. Niente di pesante tranquilla".
"E tu eri li a guardarlo mentre lo faceva".
"No, sono arrivato un attimo dopo. Lui già ti aveva iniettato quel farmaco".
"E se voleva avvelenarmi?Drogarmi? Non potevi saperlo".
"Mamma non ricominciamo. E' impossibile. Io non lo avrei permesso".
"Non so cosa saresti capace di fare pur di far filar liscio il tuo piano".
Leonardo sbuffò e riprese a fumare - "senti mamma. Mi sono svegliato bene, sereno, tranquillo, rilassato. Non vorrei rovinarmi la giornata con le tue solite paranoie".
Rosy cambiò argomento, proprio non ne aveva voglia di discutere con suo figlio - "Cosa sono questi vestiti?".
"Sono i tuoi. Li ho presi io in centro. Devi indossalo stasera, hai un impegno con i Ragno".
"Cosa?Cosa?Cosa? Adesso vi mettete anche a fare progetti su di me? E se non mi va di andare da quelli stasera? Senti bene Leonardo, io non mi faccio comandare da nessuno".
Leonardo rideva e agitava la sigaretta tra le dita - "finalmente ti riconosco mammina".
"Guarda che io non sto scherzando Leo. Io non mi faccio usare così da voi perchè è questo che state facendo. Mi state usando. De Silva. Tu. Mi avete preso dall'ospedale soltanto perchè vi faccio comodo".
"Tu non sai niente".
"Cosa dovrei sapere? Avanti Leonardo parla, ti prego parla. Dimmi che pensi, quello che provi".
Leonardo esitò un attimo. Per un momento ebbe l'impulso di far uscire dalla sua bocca delle parole carine e dolci nei confronti di sua madre, ma per l'ennesima volta quele parole rimasero in gola e non ebbero più voglia di uscire.
"Penso solo che dobbiamo affrettarci, l'incontro è per le 19 e tu devi essere preparata".

Qualche ora dopo.......
Rosy si osservò allo specchio. Era da tanto che non si vedeva così, così bella! Era completamente una donna di classe, i capelli erano raccolti in una coda di cavallo non proprio precisa, e poi mise anche un leggero trucco sugli occhi. Prima di uscire da quella stanza cupa e buia e farsi vedere dagli altri, prese da sotto al suo letto il cellulare di Domenico. E lo nascose in un taschino della borsetta che le aveva dato suo figlio. Quando entrò in cucina tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di lei. Andrea e Genny smisero di cucinare per osservarla, De Silva rideva e forse fece leggermente un passo indietro a tanti anni prima, Leonardo anche sorrideva, ed era un sorriso di un uomo orgoglioso di sua madre. 
"Che c'è non avete mai visto una femmina?" - domandò Rosy con il suo solito modo di esprimersi marcando l'accento siciliano.
Andrea e Genny fecero finta di tossire e ritornarono alle faccende.
"Sei bellissima mamma" - Leo si avvicinò a sua mamma. Rosy si aspettava un bacio sulla guancia, sulla fronte e invece no. Le prese una mano e appoggiò le sue labbra proprio lì. Quante volte aveva ricevuto questo bacio. Era un segno mafioso, di rispetto verso il capo, il boss. Rosy istintivamente ritirò la mano, perchè quel gesto non se lo sentiva più addosso, non le apparteneva più. Leonardo non fece poi caso a questo perchè era più concentrato a farle gli ultimi avvertimenti. Dopo di che uscì via, prese la moto che De Silva le aveva prestato e corse alla villa dei Ragno. 
Rimase un po fuori alla villa prima di suonare quel campanello. Tante idee le frullavano per la testa, prima di tutte quella di riuscire a recitare bene la parte della donna d'affari. Una parte che le si addiceva a pennello se non fosse stata colpita negli anni da alcuni eventi che le avevano stravolto la vita. Ma perchè era così angosciata? Perchè era così preoccupata? Tante volte aveva messo a rischio se stessa intromettendosi in affari loschi e prendendo in giro gli altri, ma mai come ora si sentiva fuori posto. Era come se fosse stata costretta a far parte di un mondo che ormai non le apparteneva più.
Allora strinse forte la borsetta tra le mani e fece quello che doveva fare. La famiglia mafiosa l'accorsero molto bene, entrò in una specie di studio quello che le dava più filo da torcere era il primogenito che iniziava a farle il terzo grado. Probabilmente aveva capito qualcosa....
"Sai quando ci siamo ritrovati di fronte ad un uomo come Filippo De Silva che per me è un mito, è riuscito a lottare ed andare avanti nonostante la malattia, a fuggire dagli sbirri e a scampare dalla morte un milione di volte, non ho potuto far altro che donargli la mia ammirazione, ma quando mi ha riferito che tu eri ritornata nel mondo della criminalità ho dubitato e anche parecchio. Sta cosa mi puzza Abate. Perchè hai aspettato 16 anni?".
"Sono stata male, non ti nascondo questo. E questo male me lo sono portato dentro troppo tempo. Il corso degli eventi mi hanno fatto capire che l'unico modo per appianare questo dolore è quello che Leo possa essere fiero di me, ovunque lui sia".
"Quindi hai pianificato tu la fuga dall'ospedale? Quando l'ho letta sui giornali sono rimasto praticamente scioccato".
"Si, ho aspettato un po di tempo prima di agire. Ho aspettato che le guardie di turno diminuissero".
"Conoscendo il tuo trascorso e considerando il fatto che non ti sei mai fatta beccare dagli sbirri forse ti posso pure credere".
"E su cosa non mi credi esattamente?".
"Non riesco a capire se sei venuta qui a farmi la guerra o ad allearti con me".
"Te l'ho già spiegato Saro! Io sono sola, non ho nessuno, soltanto un piccolo aiuto da un uomo che non può apparire davanti alla gente. E visto che siete l'unica famiglia che al momento regna in Sicilia ho voluto rivolgermi a voi".
Saro si voltò un attimo prendendo un po di vino sul tavolo e versandolo in un bicchiere - "La Regina di Palermo...vuole regnare anche a Catania"- disse accennando un sorriso furbo.
"Insieme a voi" - ribattè subito Rosy che trappò dalle mani il bicchiere a Saro.
"C'è soltanto un piccolo problema, perchè io ho già chi mi può aiutare".
"E cu è? E' qualcuno forse migliore di me?".
"Non ti sopravvalutare Abate, perchè questa persona ha più fama di te".
"Addirittura".
"Si, è una tua vecchia amica....Veronica Colombo".
Rosy tossì e resistette all'impulso di sputare il vino per terra - "come?",
"Attenta Rosy" - fece Saro rubando a sua volta il bicchiere a Rosy.
"Ho sbagliato a venire qui. Da voi. Pensavo di aver a che fare con uomini d'onore e invece scopro che fate affari con bestie, con ladri di bambini".
"Cara signora Abate noi qui siamo persone d'onore" - la giovane Rachele si introdusse nel discorso avvicinandosi alla donna. Si sentiva toccata nel profondo e nelle sue iridi appariva un po di rabbia -"ma quando si tratta di business, di affari, di potere, non ci si ferma davanti a nulla".
Rosy le sorrise in faccia. E adesso non le importava cosa avesse detto Leo o De Silva, ma non voleva allearsi con Veronica. Preferirebbe ritornare all'ospedale psichiatrico piuttosto. 
"Allora come ho già detto ho sbagliato, scusate" - prese la borsetta e stava per andarsene, ma Saro la bloccò.
"Dammi un buon motivo per mandare via lei e tenermi te".
Rosy sorrise nuovamente e le ritornò in mente una frase che le aveva detto suo figlio il giorno prima - "perchè sono Rosalia Abate" - disse e chiudendo la porta. 
Rosy uscì via da quella villa. Senza salutare perchè quelle persone non meritavano nemmeno il suo saluto. Aveva sbagliato a dare retta a suo figlio. Doveva fermarsi e contraddirlo e invece....DI una cosa era sicura, i Ragno l'avrebbero richiamata mandando via Veronica. Perchè adesso lei aveva la situazione in pugno. Fece una mossa astuta, ma giusta. Prima di arrivare al punto in cui avrebbe dovuto incontrare Leo, si fermò. Prese il cellulare dalla borsa e compose il numero di Calcaterra.
"Adesso ti fotto io Veronica Colombo" - disse tra se e se con una voglia matta di riuscire ad incastrarla...
"Rosy?" - chiese titubante Domenico. Forse non si aspettava una chiamata così presto.
"Si, proprio io. Ho tra le mani qualcosa che protesti sfruttare a tuo favore".
"Cosa?Dove sei?".
"Fuori alla villa dei Ragno".
"Che cazzo ci fai la?".
"E' una storia lunga. E non te ne deve importare. Questi qui stanno facendo affari con quella minchiona della Colombo".
"Cosa?" - urlò Domenico dall'altra parte della città.
"Quello che hai sentito sbirro. A quella stronza non sono serviti 16 anni di galera. Vuole i piccioli, lu potere, e ha chiesto l'aiuto di quella famiglia".
"Ma sei sicura di questo Rosy?".
"Che c'è sbirro, adesso non ti fidi più di me?" - Rosy fece di impulso quella domanda con un briciolo di umorismo, e anche un po di paura. La paura che dall'altra parte Calcaterra le potesse dire di no, ma pensandoci perchè Calcaterra le dovrebbe dire di si? Se in tutti questi anni lei aveva fatto di tutto pur non conquistarla la fiducia? 
"Io mi fido di te Rosy!" - ma Domenico nonostante il passato, nonostante gli ultimi eventi riusciva ancora a fidarsi completamente di lei. Perchè c'era quell'istinto nascosto che continuava a dirgli di poter mettere nelle mani di lei il suo equilibrio,la sua felicità. E non stava parlando solamente di indagini, ma della vita. Calcaterra avrebbe messo la sua vita nelle mani di Rosy. 
E lei non fece altro che sorridere come una bambinetta di 15 anni perchè adesso poteva farlo. Adesso poteva nasconderlo perchè non c'era quello sguardo penetrante che la guardava. Doveva risponderlo, minchia se doveva. E trovò il coraggio di dirglielo anche lei - "anche io mi fido di te anche se sei uno sbirro". Dall'altro lato Domenico rideva, perchè lei riusciva perfettamente a sdrammatizzare ogni frase seria e sentita. 
"Allora se ti fidi di me dimmi come si fa chiamare Leonardino".
Rosy ebbe un colpo al cuore. Aveva appena sentito dall'altra parte delle belle parole nei suoi confronti, e anche lei aveva fatto lo stesso. Le parole spesso dovevano essere accompagnate dai fatti e Rosy doveva dimostrargli tutta la fiducia che aveva in lui, voleva sputare quel nome e cognome a tutti i costi, ma proprio non poteva. Perchè c'era un altra persona a cui aveva gridato fiducia, e quella persona veniva al di sopra di tutto. 
"Non lo so Calcaterra. Non me lo vuole dire" - Rosy mentì e mai si era sentita così male per aver raccontato una bugia. Quante ne aveva dette in passato? Eppure questa bruciava in lei più di tutte le altre. 
"Riuscirò a farti gridare questo nome Rosy, costi quel che costi".
Domenico aveva capito e Rosy si sentiva una stupida ad aver immaginato solo per un istante che un uomo astuto come Calcaterra le potesse credere. Ma a fregarla non furono gli indizi, le prove, ma la sua voce così insicura con un accenno di rabbia e poi quel leggero balbettio, Domenico la conosceva meglio di chiunque altro. 
"Adesso devo scappare ci risentiamo sbirro".
"Va bene, ciao Rosy" - la donna percepì le sue ultime parole insieme ad un sospiro breve come una voglia matta da non staccarsi mai più da quel telefono. Rosy sarebbe stata ore ed ore ad ascoltare la sua voce, ma doveva proprio andare, non poteva rischiare di nuovo che Leonardo la beccasse. Riagganciò, ma rimase ancora con il cellulare attaccato all'orecchio e disse le sue ultime parole anche se ormai dall'altra parte non c'era più nessuno ad ascoltarle - "Ho tanta voglia di risentirti di nuovo".

Recoooord!!Sono riuscita ad aggiornare due volte in una settimana haha...ma non abituatevi ehh scherzo ovviamente ;) . Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, il prossimo lo sto scrivendo e temo di non potervi dare nessun anticipazione dato che nemmeno io so bene cosa scrivere, ma sicuramente cercherò di smascherare Veronica!! Un bacione gigante a tutti quelli che leggono la mia storia, siete pochini, ma buoni!!
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Capitolo 24
*** Prime scoperte e primi colpevoli ***


24. Prime scoperte e primi colpevoli

Lara Colombo andava avanti e indietro per tutta la sala principale della questura, agitando i suoi lunghi capelli ricci, incredula di ciò che aveva appena sentito da Domenico -"Non è possibile, non può essere successo di nuovo" - ribadiva lanciando le sue solite occhiate al collega e riferendosi al coinvolgimento di Veronica nella famiglia Ragno.
"Rosy non aveva nessun motivo per mentire".
"Magari lo fa per vendicarsi".
"E' da un po che Rosy non pensa più alle vendette".
"E allora come ho potuto non accorgermene, mi reputo una brava poliziotta,intuitiva. E' impossibile".
Calcaterra si avvicinò a lei bloccandola, facendola stare ferma. Era agitata ed aveva gli occhi lucidi, lui voleva calmarla -"tua sorella è molto brava a mentire e ce l'ha dimostrato. Non siamo noi a dover farci una colpa, ma le persone come lei".
"E se non è vero?Ti prego non diamo conclusioni affrettate".
"Facciamo una cosa, non dirle niente. L'assegniamo la scorta, vedi come reagisce e magari con questa la seguiamo".
"E se non è vero? E se questa volta la stanno infangando? Se davvero non c'entra nulla?".
"E allora me la prenderò con Rosy, ma non succederà. Io mi fido di lei!".
Lara Colombo scoppiò in una valle di lacrime. Perchè questa situazione non le permetteva di rimanere lucida e razionale.
"E' strano sai?" - disse guardando nuovamente il suo capo negli occhi - "l'odio che traspare nei tuoi occhi non appena parli di mia sorella e l'amore che emanano quando parli di Rosy".
Domenico si sentiva in colpa nei suoi confronti, ma certe sensazioni non riusciva proprio a tenersele dentro. Era un libro aperto ormai, tutti avevano capito. Avevano capito l'odio profondo che provava verso la donna che la riteneva responsabile del cambiamento di Leonardo, e nello stesso tempo l'amore verso una donna che è riuscita a lottare, a rialzarsi nonostante le enormi batoste che la vita le aveva riservato. A Domenico dispiaceva tanto esternare tutto ciò davanti agli occhi di una brava poliziotta che nel frattempo era diventata succube dell'immagine di una mafiosa. E quindi non più obiettiva.
"Eppure sembra quasi che stiamo parlando di due persone uguali. Fatte della stessa pasta". 
"Ne abbiamo già discusso Lara. Sai come la penso, ma se proprio vuoi te lo ridico".
"E a che servirebbe, tu non cambieresti mai idea, MAI!".
Lara fece per andarsene, abbandonando lo studio del suo superiore, ma egli la bloccò. La strattonò leggermente e dalla tasca posteriore dei jeans cadde il cellulare della poliziotta. Si era aperto a metà, con la batteria scaraventata un po più lontana. 
"Hai visto cosa hai fatto?" - urlò Lara raccogliendo i cocci di quel telefonino, ma per terra, accanto alla batteria c'era un aggeggio piccolino, di colore nero. La donna alzò gli occhi e Calcaterra spalancò quella sua sfumatura di verde smeraldo. Domenico aveva capito. Quell'oggetto doveva essere per forza una cimice,una microspia e chi poteva avercela messa se non Veronica Colombo?.
La Colombo la tenne tra le mani, osservandola, sperando che fosse soltanto un altro piccolo pezzo sgretolato del cellulare e invece aveva capito anche lei.
"Alzati su" - Domenico le diede una mano, lei la raccolse e si mise su. 
"E' stata lei. E' tutto vero minchia. E' tutto vero" - la donna era accecata dalla rabbia. Avrebbe preso sua sorella per riempirla di botte e calmare così quel vuoto che si era insidiato dentro di lei.
"Spero che non abbiano potuto sentire niente".
"No. Io questo telefono lo uso soltanto per le emergenze".
"Adesso tua sorella è veramente in pericolo. Se scoprono che abbiamo tolto la cimice se la prenderanno con lei. Quindi portala qua e facciamola parlare, anzi la fate parlare. Io vi osserverò attraverso il vetro, non ci voglio più avere a che fare con lei".
Lara andò via di corsa verso la casa di sua sorella mentre Domenico non riusciva a non pensare a quella donna. Era nuovamente coinvolta in affari loschi, quei 16 anni di galera non le erano bastati e forse non basteranno 100 di persone come lei. Sporche. Marce. Le persone come Veronica Colombo erano il cancro di una splendida terra, macchiata da gente senza scrupoli. 
La poliziotta arrivò presto e con lei sua sorella, Calcaterra decise di non parlare in quell'interrogatorio perchè guardarla di nuovo in faccia faceva riaffiorare brutti ricordi in lui. Ricordi che col tempo si erano assopiti e che adesso ritornavano a galla di nuovo. Osservava la scena attraverso il vetro. Veronica Colombo circondata da poliziotti che facevano di tutto per farle sputare un nome, un maledettissimo nome. Guardava i suoi gesti, ogni tanto scuoteva la testa, non parlava, non diceva nulla, faceva la finta tonta...come 16 prima. E Domenico questa volta lasciò da parte le sue emozioni, tirò un forte respiro ed entrò nell'aula. Senza bussare facendo arrabbiare i presenti.
"Senti Colombo, ho combattuto contro me stesso pur di non ritrovarmi quella tua brutta faccia di fronte. Ma tu mi rendi le cose difficili. Ti conviene parlare".
"Ma questo minaccia dottore, che minchia di poliziotto eh?" - rispose in modo provocatorio al dottor Licata.
"Calcaterra non renda lei le cose difficili a noi, la prego".
"A questa servono le maniere forti, mi bastano solamente 5 minuti e crollerà".
Licata sapeva di perdere con Calcaterra così lo incitò a farlo parlare. Si mise di fronte a quella donna che nel corso degli anni non aveva dimenticato. Con i gomiti appoggiati al tavolo, e gli occhi infuocati.
"Parla" - diceva mentre si porgeva ancor più in avanti.
"Con questo non c'entro niente".
"E questa chi l'ha messa eh Colombo?" - chiese estrapolando dalla tasca la piccola cimice - "il fantasma?".
"Cos'è?"- rispose con un altra domanda la donna, fingendo di non sapere nulla.
"Una cimice e guarda caso era proprio istallata nel cellulare di tua sorella. Hai le ore contate Colombo. Se vuoi andartene fallo, quella è la porta, ma stanne certa che non appena quelli scopriranno che la cimice è in mano nostra, ti faranno fuori!".
Veronica era visibilmente impaurita, forse doveva cedere, forse aveva ragione Calcaterra......
"Io non so di cosa state parlando".
"Ancora con questa storia. Non ti crede più nessuno, non riesci a convincere nemmeno te stessa!".
"Senti Calcaterra a te che minchia te ne fotte della mia vita eh?".
"Niente. Anzi se ti ammazzano mi fanno pure un piacere, ma purtroppo ci servi perchè devi fare quel nome e perchè c'è in gioco la vita di una persona a noi cara" - urlò l'uomo più arrabbiato che mai e battendo i pugni sulla cattedra che divideva entrambi - "se non vuoi farlo per te stessa, fallo per tua sorella. E' l'unica persona che ti ama e che ti amerà perchè mai più nessuno si avvicinerà alla tua sporca coscienza".
"Io non sono venuta qui per farmi insultare da te, me ne vado".
Veronica stava per andarsene ma le parole dell'ispettore la fecero bloccare - "Vattene. Vattene. E saresti un pasto per la famiglia Ragno. Avanti Colombo, ci tieni troppo alla tua cazzo di vita per buttarla via così".
"Voglio parlare solo con mia sorella" - la donna aveva finalmente ceduto perchè adesso non aveva più nessun altra scelta. Il p.m e gli altri raccolsero la sua richiesta restando in disparte a guardare quella scena dietro al vetro. 
"Era mattina presto, dopo l'ennesimo incubo decisi di farmi una doccia fredda e quando  uscii dal bagno una donna vi era seduta su una sedia accanto al mio letto".
"Chi era?".
"Rachele Ragno! Mi ha minacciata ed è vero. Ha detto che se non collaboravo con lei avrebbe fatto del male a tia".
"E dovrei crederti Veronica?".
"Si. La foto di noi due sul comodino. E' stata lei a romperla".
"Cosa ti ha detto di preciso?".
"Niente di più perchè lei poi mi doveva chiamare per metterci d'accordo sull'incontro".
"Minchia Veronica, dovevi venire da me. Perchè non lo hai fatto?".
"Avevo paura".
"Mente" - disse Calcaterra rientrando in modo spavaldo nell'aula - "se i Ragno ti hanno chiesto di allearti con loro, ti hanno offerto qualcosa".
"Domenico" - lo rimproverò Lara.
"Lara è vero quello che dice, ma non ha accettato la collaborazione per paura, ma per convenienza!".
"Veronica dimmi che non è come dice" - Lara la strattonò per le braccia - "dimmelo!!Avanti!".
"Cosa ti hanno offerto Colombo?".
"Piccioli" - rispose Veronica piangendo - "ho accettato solo per rifarmi una nuova vita da un altra parte. Dove non cammino per strada e la gente resiste nello sputarmi in faccia".
"Guarda Colombo che anche chiamandoti Giovanna o Francesca, rimarrai sempre una donna sporca, ricordatelo!".
Domenico abbandonò definitivamente l'aula. E la questura. Prese il giubbotto e uscì di corsa. Sandro lo seguì. Intanto continuava l'interrogatorio.......
"E ora che ne sarà di me?" - continuava a dire Veronica. Ormai aveva perso ogni tipo di appoggio, aveva perso tutti. I Ragno, sua sorella. Era rimasta sola, e non voleva crederci.
"Ti metteranno una scorta perchè dobbiamo arrivare ad una persona".
"E dopo?".
"Non lo so. Hai deciso di collaborare,  magari ti metteranno in un programma di protezione".
"Io dietro le sbarre non ci torno".
"Dovevi pensarci prima". 
"L'ho fatto per te" - la donna cercava in tutti i modi un contatto con la sorella, ma ciò non avveniva - "solo per te".
"Avresti fatto la cosa giusta se fossi venuta da me a parlare e invece mi hai dimostrato per l'ennesima volta che non vuoi cambiare. Calcaterra ha ragione : quelle come te così attaccate al potere, non cambieranno mai. Adesso parla con loro, digli dell'incontro, io non ci voglio parlare più con te! Mai più".
Anche Lara abbandonò tutto. Si chiuse in una stanza e Sciuto le stette vicino, raccogliendo le sue lacrime. Anche Veronica piangeva perchè erano volate via tutte le sue certezze, per lei era la fine. Era finito il suo gioco di potere, la sua dignità, la sua forza. Era svanito tutto...e per colpa sua!

Dall'altra parte della città anche qualcuno scoprì la notizia che Veronica Colombo era stata presa dalla polizia - "cazzo" - sbottò Leonardo, con le mani tra i capelli e gli occhi fuori dalle orbite.
"Cos'è successo?" - Rosy andò in suo soccorso.
"Ho appena finito di parlare con Carmen, hanno preso la Colombo, capisci mamma?Quella li era alleata con i Ragno ed io ce l'avevo in pugno. Era ad un passo da me. Maledetti. Se scopro chi è stato a denunciarla, non so che minchia gli faccio".
Rosy si sentì sollevata da una parte, ma anche piena di sensi di colpa dall'altra. Aveva mentito a suo figlio, anche se per una giusta causa, ma aveva mentito. 
"Vedi il lato positivo" - disse lei cercando di mascherare i suoi sensi di colpa.
"E c'è un lato positivo?".
"Si! Abbiamo via libera adesso, se Veronica è fuori dai piedi, i Ragno non avranno nessun altra scelta e chiameranno me!".

Questo capitolo non mi convince per niente, non so perchè >.< , ma ho deciso di postarlo comunque perchè non ho proprio tempo di rileggere e cambiare qualcosa uffi :( . Spero sia soltanto una mia impressione!!  Nel prossimo capitolo ritroveremo la mia coppia preferita Leo e Carmen *_* , l'ingenua ragazza farà qualche scoperta? (Cattiva muahah)
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Capitolo 25
*** Indelebile ***


25. Indelebile

Rosy e suo figlio aspettavano la telefonata da Saro Ragno che sembrare non arrivare mai, ma un altra proveniente dal cellulare di Leo fece sobbalzare entrambi.
"Deve essere Carmen" - disse il ragazzo prima di rispondere.
"Pronto".
"Ehi ciao".
"Ciao Carmen, buongiorno".
Leonardo sorrise e lo fece ingenuamente senza neanche accorgersi che sua madre lo stesse fissando. Rosy lo stava studiando, solamente quando si parlava di quella ragazzina acquistava quel velo di freschezza e serenità che Rosy non riusciva più a vedere in lui. E solo allora Rosy riconobbe quel bambino perso in quel maledetto aereoporto.
"Sai oggi i miei non ci sono a casa, tornano domani.... Mia madre era libera e mio padre ha ottenuto un permesso anche se si è ammazzato con il suo capo, e volevo chiederti, ecco.... Se ti va di venire stasera da me, cucino io" - Carmen disse tutto d'un fiato altrimenti non ne sarebbe stata più capace.
"Va bene" - rispose lui senza rifletterci su.
In poco tempo riagganciò e Rosy l'aveva guardato per tutto il tempo. Era sul divano. 
"Beh che c'è?" - domandò lui vedendo che sua madre non gli toglieva gli occhi di dosso.
"C'è che siete carini".
"Non è come credi, già te l'ho detto. Carmen la sto solo usando" - ed ecco ritornato il solito ragazzo di sempre, freddo e distaccato - "mi ha proposto di andare da lei stasera. Ho accettato, ma penso di non poter andare".
"E perchè?".
"Perchè altrimenti tu che fai qui da sola?".
"Non scappo Leo".
"Lo so, ma non mi fido a lasciarti da sola con quei due" - disse poi riferendosi a Genny e Andrea. Rosy sorrise istintivamente. La stava forse proteggendo? Da cosa? Lei era diventata così vulnerabile ai suoi occhi? Leonardo aveva forse dimenticato la donna che era un tempo?.
"Io so benissimo cavarmela da sola!" - rispose avvicinandosi a lui.
"E se quelli chiamano quando non ci sono?".
"Tranquillo figliolo, io li conosci ai tipi come quelli. Si fanno desiderare!".
Leonardo annuì e poi si avvicinò ad una finestra fingendo di essere interessato al panorama che aveva di fronte , ma egli non voleva guardare il cielo. Quello era solo un modo per distrarsi dal mondo, da quegli occhi color nocciola. Prese una sigaretta e fece un grosso sospiro prima di dirglielo - "stavo pensando che forse potresti andare da Domenico!".
A Rosy quasi mancò il respiro, sembrava sorpresa da quella proposta, ma finse di non aver provato nessuna emozione - "e perchè mai?".
"Penso che voi avete bisogno di un po di tempo per parlare, per stare un po da soli".
Ma Leo non sapeva che quel tempo loro due se lo stavano già rubando tramite quelle piccole e brevi telefonate. Rosy si sentì in colpa, mentire a suo figlio non era certo nei suoi piani.
Leonardo si voltò e la guardò, aveva gli occhi rivolti verso il basso e un aria strana.
"Che c'è?".
"Niente".
"Pensaci mamma eh?".
Rosy annuì e si rimise di nuovo sul divano mandando fuori ossigeno dalla sua bocca quando Leo percorse la via di quell'altra stanza. Pensò a quel cellulare che giaceva proprio sotto a quel letto, forse doveva prenderlo e gettarlo, forse sarebbe meglio per tutti, ma non ci riusciva. Calcaterra era l'unico sistema per riuscire a non mettere Leo nei guai.....

un paio di ore dopo.
"Bello sei" - disse Rosy vedendo Leonardo uscire dalla sua camera con una camicia blu , un paio di jeans, e la gelatina nei capelli. Andò dritto verso suo figlio prendendogli la guancia tra il pollice e l'indice. 
"Smettila mamma" - Leo gli tolse subito le mani da dosso, ma riuscì a sorridere un po anche lui.
Rosy accompagnò Leo alla porta, ma mentre egli uscì si sentì dire - "Mi raccomando pensa a quello che ti ho detto prima!".
Anche Carmen era molto carina, aveva addosso un vestitino rosso che lasciava le ginocchia scoperte e accentuava un po di quelle curve da donna.
"Wow" - esclamò Leonardo non appena vide la tavola apparecchiata con due immense candele nei lati che davano luce alla stanza - "potevi dirmi che era una cena romantica magari mi sarei vestito in modo più adeguato".
Carmen sorrise e si gettò subito sulle sua labbra, ma lui si distaccò quasi subito - "finiscila altrimenti non ceniamo". Sorrisero entrambi,  Carmen aveva ordinato due pizze una birra per lui e una coca per lei. Dopo aver cenato si gettarono entrambi sul divano.
"E' strano sai?" - disse lei mentre si accovacciava sul petto di lui - "non ti conosco bene, non so niente di te eppure sento di potermi fidare di te".
Leonardo fece un sorriso forzato, se solo lei sapesse che le stava mentendo, non solo sul suo vero nome, ma anche sulle sue origini, su chi era realmente. Sul suo passato. La strinse forte a se e sentì un senso di colpa invadergli l'anima, prima mai si era sentito così.
"Raccontami qualcosa di te" - riuscì a dire Carmen guardandolo dritto negli occhi, ma lui cercò di sviare lo sguardo. Perchè doveva inventarsi qualcosa. Magari avesse potuto dirgli quello che gli era successo in questa triste vita e invece si limitò a dire - "la mia vita non è tanto interessante. Tu invece? Sei figlia unica vedo..".
"No. Ho un fratello molto più grande di me che vive a Milano, mio padre non ha un bel rapporto con lui".
"A Milano? Non eri li fino a poco fa?".
"Si, ma non ci siamo mai incontrati, un vago ricordo c'è l'ho di quando ero picciridda".
"E cosa fa li?".
"E' un poliziotto. Non si occupa di mafia, ma di cose più leggere".
"Una famiglia di sbirri".
"Già".
Carmen continuava a fissare Tony e lui se ne accorse - "che c'è?".
"Niente e che mai nella vita avrei immaginato di piacere a qualcuno come te".
"In che senso?".
"Non lo so, sei molto più grande di me,  sei bello, potresti avere tutte le donne di questo mondo ed hai scelto proprio me...perchè?".
"Smettila di sottovalutarti Carmen, se sto qui con te un motivo ci sarà".
Tony accarezzò lentamente una guancia di Carmen e lei chiuse gli occhi per assaporare ancora di più quel tocco delle sue mani, poi si avvicinò alle sue labbra e si scambiarono baci lunghi, intensi, colmi di sentimenti poi lui scorse piano sul suo collo e lei si abbandonò di nuovo, il suo cuore raggiunse battiti irregolari, cavolo, temeva che sarebbe scoppiato da un momento all'altro dal suo petto. Lei poi si fermò e appoggiò le labbra sull'orecchio di lui - "voglio fare l'amore con te" - disse. Ed era una supplica, una verità. Tony si bloccò all'istante come se avesse assistito ad colpo di pistola. Non poteva spingersi così oltre, non poteva. Doveva fermare l'istinto, le sue emozioni. Se solo ci fosse un pulsante per bloccare tutto questo...
Tony la guardò - "Carmen non sai quello che dici" - si alzò di scatto dal divano dando le spalle a lei e si mise entrambi le mani nei capelli.
"Lo so invece, voglio essere la tua ragazza in tutto e per tutto. Tony, io non ho mai desiderato così tanto un ragazzo in vita mia, mai". 
Carmen lo raggiunse subito e gli toccò le spalle, lui si voltò - "ma non mi conosci ancora del tutto. Non sai nulla di me".
"So che quando sei con me, sei premuroso, attento, gentile, buono e questo mi basta Tony".
"Non posso" - disse lui, ma lei non mollava la presa. Si avvicinò ancor di più e cominciò a baciargli il collo. Perchè anche lei percepiva il desiderio che si era acceso in lui, ma per qualche strana ragione a lei sconosciuta, Tony non voleva spingersi oltre. Carmen non si domandò il perchè, quella sera sarebbe stata la più importante della sua vita e non voleva rovinarla con le sue solite domende paranoiche. 
Tony voleva a tutti i costi scostarsi da lei, allontanarla anche malamente, ma non ci riusciva perchè anche il suo desiderio era forte, forse più forte di lei.
"Io non riesco a fermarlo" - e questa volta lui rispose ai baci di lei, cominciando a toccarle ogni centimetro della sua pelle, li dove mai nessuno era riuscito ad arrivare. L'appoggiò al muro e le sfilò il vestitino. Carmen indossava biancheria intima e Tony si soffermò su uno dei reggiseni poi la prese in braccio e l'appoggiò delicatamente sul divano. Lui era sopra di lei e scese lentamente tracciando baci dappertutto, lei seguiva i suoi momenti accarezzando e tirando leggermente i suoi capelli. Poi Tony risalì e Carmen gli sbottonò la camicia, in modo a dir poco impacciato. Tony sorrise appena e rese tutto un po più facile strappandosela di dosso e così anche la camicia raggiunse il pavimento. Lei lo accarezzò la schiena mentre lui continuava a baciarla con passione, desiderio, poi gli accarezzò la pancia e scese giù pronta a liberarlo anche dai jeans, ma sentì qualcosa di ruvido sotto alle sue mani. Tony ebbe un sussulto e Carmen guardò esattamente il punto in cui lo aveva toccato. Era una cicatrice. Una cicatrice profonda. Un taglio che iniziava da sotto l'ombelico e chissà dove finiva. Tony la guardò. Voleva far finta di nulla, ma anche lui aveva capito. Si fermarono entrambi per respirare, ma lei era cambiata. Era triste.
"Che hai fatto qui?" - domandò lei.
"Appendicite" - rispose lui mentendo, era la prima cosa che gli venne in mente.
"Anche io sono stata operata da piccola, ma non ho una cicatrice così visibile".
"Che fai non mi credi?".
La magia che si era creata prima, si sperse per aria ed entrambi lo percepirono.
"No, è così...Tony è troppo visibile. Cosa ti hanno fatto?".
"Ti ho detto niente" - Tony iniziò ad  urlare e si alzò dal divano raccogliendo la camicia - "è stato uno sbaglio dei dottori".
"Ok, ok, va bene. Ma adesso dove stai andando?".
"E' stato tutto uno sbaglio Carmen, non dovevo accettare il tuo invito e tanto meno fare quelle cose con te".
"Tony non andartene ti prego, ho rovinato tutto lo so".
"No. Io stavo rovinando tutto".
Dopo aver chiuso l'ultimo bottone Tony andò verso la porta, e Carmen lo seguì tirandolo per un braccio - " lasciami Carmen, è per il tuo bene".
"Non posso lasciarti andare".
Carmen si appoggiò alla porta con l'intento di non farlo uscire da casa - "Tu non te ne vai capito?".
"Carmen fammi passare, non costringermi ad usare la forza ti prego. Voglio portare con me il nostro ultimo ricordo di noi". 
"Che minchia stai dicendo? Non ci vedremo più? No. Tony". 
Carmen iniziò a piangere e Tony si sentì tremendamente in colpa, voleva piangere anche lui, ma resistette. Trovò un modo per andarsene via, ed era crudele. 
"E va bene, forse hai ragione tu. E' stata una pazzia".
Carmen sorrise appena e si lanciò addosso a lui, si baciarono lentamente. Un bacio dove vi era soltanto un solo unico ingrediente, l'amore. Lo seppero entrambi, ma quello che Carmen non sapeva era che sarebbe stato l'ultimo perchè Tony approfittò della distrazione di lei e aprì la maniglia della porta sprofondando fuori.
"MALEDETTO BASTARDO" - urlò lei. Voleva rincorrerlo, ma era quasi nuda e poi scomparì già dalla sua vista - "TONYYYYYYYYYYYYY. NON PUOI FARMI QUESTO, IO TI AMO CAPITO? TI AMO!".
Leo si appoggiò ad un albero non tanto distante dalla casa. Sentì le urla di Carmen e non seppe se sorridere di felicità o piangere per la disperazione. Fece entrambe le cose. 
Un altra volta il suo passato si era intromesso nel suo presente, forse era una maledizione, forse era il suo destino non riuscire mai ad essere felice e questa volta era stata una cicatrice ad intrufolarsi permettendo di rovinare un atmosfera fantastica. Un semplice segno di chi gli aveva fatto tanto male anni e anni prima. 
Una cicatrice visibile, INDELEBILE che non si sarebbe mai cancellata dal suo corpo, mai, neanche tra cent'anni. 


Allora ragazzi per prima cosa vi devo delle scuse. Sono stata quasi 3 mesi senza pc, per questo non ho potuto aggiornare la mia storia. Quando l'ho riavuto ho cercato in tutti modi possibili di occupare il mio tempo libero scrivendo. Spero che l'astinenza non abbia peggiorato la mia scrittura :S . E spero anche che questo capitolo vi sia piaciuto. Il prossimo sarà tutto interamente dedicato a Domenico e Rosy! A proposito secondo voi cosa farà quest'ultima??? Vi chiedo un altro po di pazienza perchè lo sto scrivendo adesso ^^. Bacioni e seguitemi sulla mia pagina fb di squadra antimafia sempre aggiornata http://https://www.facebook.com/squadraantimafiamania?ref=tn_tnmn

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Capitolo 26
*** Fallo dolcemente ***


26.Fallo dolcemente

"Stavo pensando che forse potresti andare da Domenico!" - quella frase continuava a ripiombare nella testa di Rosy. Nemmeno le tante sigarette che si era fumata, erano riuscire a distrarla.  Nel frattempo era già sera, i due coinquilini non erano ancora rientrati e Leonardo chissà quando farà ritorno. Rosy era sola, per l'ennesima volta sola. Le ritornò in mente quando era prigioniera in quella struttura psichiatrica dove era circondata da persone vestite di bianco e dalle foto del suo bambino attaccate alle pareti. Si era sentita  come se fosse stata rinchiusa in una sorta di tunnel senza uscita, quelle rare volte in cui si affacciava un piccolo spiraglio di luce era per via di due occhi chiari e una voce tremolante. Ma adesso era cambiato. Tutto era cambiato. Adesso quello spiraglio di luce poteva andare a riprenderselo e addirittura con il consenso di suo figlio!  
"Vaffanculo" - disse a volte alta mentre gettava la sigaretta nel posa cenere e usciva dalla porta nascondendosi nella sua solita felpa col cappuccio.
Rosy arrivò a casa di Calcaterra in poco tempo, per fortuna era tardi e non c'era nessuno per strada se non macchine guidate da ragazzini mezzi ubriachi.  Era vicina all'abitazione, nessun campanello, la porta era chiusa, le finestre anche. Il cielo era grigio e tra non molto sicuramente ci sarebbe stata la pioggia. Quindi prese un sassolino che distava a pochi passi da lei e centrò in pieno il vetro della finestra di Calcaterra senza romperlo. 
Domenico dormiva, ma venne svegliato da un piccolo rumore ma intenso proveniente dalla finestra di fronte a lui. Prese di scatto la pistola che giaceva sotto al suo cuscino e fece attenzione ad aprirla.  La puntò verso il basso e una sagoma nera con in mano una pietra comparve sotto ai suoi occhi. Stava sognando. Non era possibile. Quella era Rosy. Sbattè le palpebre per cercare di vedere meglio, ma non era cambiato nulla. Quella donna era ancora li con le mani alzate.
"Hai il sonno leggero, sbirro" - disse sottovoce con un leggero sorriso sulle labbra.
"Rosy?" - Domenico allontanò la pistola puntata su quella donna e cercò di parlarle con un bassissimo tono di voce - "ma che cazzo ci fai qui?".
"Io veramente....Calcaterra.....non lo so perchè sono venuta qua".
Domenico era confuso, d'altronde cosa bisognava mai aspettarsi da Rosy? Sorrise. Perchè era ritornata la donna di prima con i pregi e con i difetti, con le tante certezze mai date. Era una donna imprevedibile. Allora d'istinto aprì la porta di casa sua, uscì andandola incontro senza nemmeno aver avuto il tempo di mettersi una maglietta. Piccole e lente goccie di pioggia scendevano su di lui, ma a questo Domenico diede poca importanza.
"Rosy adesso non te ne vai" - la raggiunse subito e la prese per un braccio - "almeno non prima di avermi detto cosa cazzo sei venuta a fare qui!".
Rosy lo scrutò con lo sguardo poi scese giù, era quasi nudo, indossava solamente il pantalone di una tuta - "eri con una donna vero?".
"Ma che dici Rosy. No! E non cercare di cambiare discorso. Come cazzo sei venuta fin qua? Ma non ti rendi conto del pericolo che avresti potresti correre se qualcuno ti avesse seguita? E se si accorgono che non sei in stanza?".
"Infatti sto per andare".
"Rosy non puoi fare così".
"E' stato Leo. Leo ha capito. Ha capito tutto minchia".
"Non ti sto capendo Rosy".
"Leo mi ha consigliato di venire da te".
"Cosa?".
"Si, è stato in grado di capirmi soltanto tramite i miei gesti, i miei sguardi".
"Cosa devo capire Rosy? Perchè sei venuta qua?".
"E tu perchè minchia me lo chiedi se già conosci la risposta?".
Ed era vero. Calcaterra aveva già capito. Già da quando l'aveva vista in piedi sotto casa sua circondata dal nulla. Voleva soltanto sentirselo dire una volta tanto. E lei lo disse, gli parlò tramite quegli occhi color nocciola che riuscivano a fare più di lunghi discorsi fatti di parole. Si parlavano così, solamente guardandosi, si facevano domande e risposte, discorsi lunghissimi tramite quell'incrocio di sguardi. Poi questo bastò ad entrambi. Domenico prese l'iniziativa baciandola, forte, con passione, quasi facendola male perchè aveva bisogno di assaggiare ogni minima parte di lei. Lei ricambiò infilando le dita nei suoi riccioli bruni che adesso erano bagnati dalla pioggia. Entrambi si bagnarono in poco tempo, poi lui la prese in braccio continuando  a baciare le sue labbra. La portò in casa e appoggiò Rosy sul letto. Le sfilò la felpa e si soffermò ad ammirare quel corpo bellissimo che gli era tanto mancato in tutti questi anni. Poi risali ed iniziò a baciarle il collo - "Calcaterra" - sussurrò lei toccandogli il torace. Domenico si fermò un attimo e la paura di un suo rifiuto poteva farlo impazzire - "fallo dolcemente" - disse. E Dio solo sapeva con quanta forza era riuscita a dire tutto questo. Perchè quelle due parole le disse tutto d'un fiato e vennero dritte dal cuore. Perchè lei adesso aveva bisogno di ricevere amore, quell'amore che in tutti questi anni le era stato negato. E forse non se lo meritava neppure, ma per una volta voleva lasciarsi guidare dall'istinto, dalle emozioni, dai sentimenti. 
Domenico sorrise per aver pensato solo un istante di averla potuta perderla di nuovo e accontentò la richiesta di Rosy. E lo fece più per se stesso che per lei. Perchè anche lui aveva bisogno di fare l'amore per una volta con la donna che aveva desiderato con tutto se stesso per sedici lunghissimi anni. 
Rosy continuava ad accarezzargli la schiena mente lui scendeva, più giu e le sfilò lentamente pantalone e slip. Stuzzicò il suo piacere poi anche lui si liberò dei vestiti che raggiunsero presto il pavimento. Entrò dentro di lei con una dolcezza infinita, straziante, che faceva paura. 
Si muovevano all'unisono, i loro corpi sembravano perfettamente combaciare l'uno con l'altro, si toccavano e si baciavano con tanta tenerezza, con tanto amore, il sentimento più pericoloso.
Quando entrambi raggiunsero il piacere Mimmo prese Rosy tra le braccia e la fece accovacciare sul suo petto nudo. Si mise comoda e in quella posizione lei poteva udire i battiti del cuore di lui che sembrava quasi scoppiare fuori dal petto. E Domenico le accarezzava la testa e ogni tanto le dava alcuni bacini. 
"Sembra quasi che tutti questi anni non siano mai passati. E' tutto rimasto come allora, ed  è incredibile" - disse lui con un tono sorpreso.
Rosy non disse niente, aveva parlato fin troppo, si limitò ad annuire.
"Se solo ripenso a come stavi fino a qualche mese fa. Cazzo Rosy, ogni volta che venivo a trovarti in clinica il mio cuore si sbriciolava. E chissà come ti sei sentita in quei momenti".
"Stavo male Calcaterra, io non lo so come mi sentivo. E' come se la mia vita si fosse fermata, come se fossi rimasta sospesa in un bivio senza uscita".
"Riuscivi a sentirmi?".
"A volte si, a volte no".
"E cosa..." - Rosy lo interruppe appoggiando due dita sue labbra - "shhh sbirro, basta parlare di cose tristi, ti prego".
Domenico  baciò le sue dita e un sorriso furbo si fece strada tra le sue labbra.
"Parliamo di cose serie allora" - disse con ironia mentre si metteva sopra di lei incastrando le mani sopra la sua testa - "tu sei gelosa".
"Pfff...io...ma che minchia dici Calcaterra?".
"E allora perchè mi hai chiesto se ero con una donna?".
"Così...per sapere".
"Bugiarda" - rispose lui mentre iniziò a farle il solletico. Ricorda di non averlo mai fatto a nessuna donna e vedere Rosy sorridere così tanto sotto di lui, gli si riempì il cuore di gioia.
"Smettila Calcaterra" - diceva mentre si dimenava sotto di lui. Poi lo squillo di un cellulare fece irrigidire entrambi. 
"Scusami un attimo, può essere urgente". Domenico si rimise i boxer e rispose alla telefonata raggiungendo la finestra.
Rosy annuì incastrando le sue solite unghia in bocca. Poi vedendo Domenico parlare, le venne in mente una cosa. 
"Minchia" - urlò a se stessa e si alzò di scatto dal letto, col cuore in gola, si rivestì velocemente e Calcaterra la vide che stava per varcare la soglia della porta di casa.
"Aspetta Sciuto, ti richiamo" - riagganciò subito - "che cazzo succede?".
"Domenico, ho dimenticato il tuo cellulare, minchia!".
"Cosa?".
"Il tuo cellulare, non c'è l'ho qui con me. Se Leonardo o qualcuno....".
"Non arrivare a conclusione affrettate. Ora vai, prendi quel cazzo di cellulare e mi richiami. Ok?".
Era incredibile il modo con cui lui riusciva a tranquillizzarla solamente scambiandole uno sguardo pieno d'amore. Rosy lo guardò per un ultima volta poi aprì la porta e stava per andarsene, ma qualcosa la fermò. Si voltò e gli diede un leggero bacio sulle labbra. Domenico le accarezzò una guancia - "mi chiedo quando finirà tutto questo" - disse infine lei, con gli occhi socchiusi abbandonati al suo tocco delle sue mani. E si riferiva a quel sentimento che ormai era evidente, che cresceva sempre di più giorno dopo giorno dentro di lei e forse anche dentro di lui.
"Non finirà mai".

Anche questo capitolo è andato. Ammetto che non ne sono molto soddisfatta, forse manca qualcosa....ma l'ho scritto e riscritto talmente tante volte che non mi andava più di modificarlo xD...Spero che vi siano piaciuti i nostri due protagonisti in una veste diversa, più "dolce" *-* . Il prossimo capitolo spero di postarlo la settimana prossima perchè tra mare, palestra e uscite, a volte non trovo molto tempo da dedicare alla storia :( . Vi lascio con le mie solite anticipazioni : qualcuno troverà il cellulare di Rosy ;) .

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Capitolo 27
*** Difesa ***


27. Difesa
 
Era quasi l'alba e Rosy lottava contro le sue stesse forze correndo a più non posso, ma allo stesso tempo cercando di nascondersi dai passanti. Doveva rientrare il più presto possibile in quel covo. Sperava di non trovarci nessuno, ne i suoi due coinquilini, ne De Silva e tanto meno Leo. Si era guadagnata la sua fiducia in tutto questo tempo e morirebbe se suo figlio le facesse del male. Non fisicamente, lui non ne sarebbe mai stato capace, ma psicologicamente, con le parole. 
E quando finalmente arrivò in quel posto, esitò un attimo prima di aprire la porta per paura di chi avrebbe potuto trovarci. Fece un grosso sospiro di sollievo, ed entrò.
Lo scenario non era esattamente quello che Rosy avrebbe sperato di vedere, c'era un uomo seduto ai piedi del suo letto che agitava tra le mani il suo samsung, era Filippo De Silva.
Rosy non si fece prendere dalla paura, la mascherò come era solito fare. De Silva gli si avvicinò piano e Rosy intredeggiava fin quando la sua schiena non toccò la parete.
"Volevi fottermi, Abate?" - disse lui ad un centimetro del suo collo.
Rosy lo spinse via con tutta la forza che possedeva - "stammi lontano bastardo! Non so di cosa tu stia parlando".
De Silva sorrise, ed era quel sorriso misto di rabbia, di presa in giro.... - "di questo!" - continuò a dire agitando il cellulare - "ce l'avevi sotto al tuo letto. Volevi nasconderlo. Con chi parlavi? Con chi ti sei messa in contatto? Voglio sentirmelo dire dalla tua splendida bocca se hai le palle!!".
"Ed io continuo a ripetere che non so una minchia di niente De Silva!".
"E allora vediamo se questa ti farà parlare".
Filippo estrasse dalla tasca dei jeans una pistola e la puntò dritta al viso di Rosy - "è con Calcaterra che ti tieni in contatto vero? Quel poliziotto ci rovina sempre i piani".
"Non c'è bisogno di reagire così De Silva.... e poi tu che ne sai? E se è uno dei tuoi amici il traditore? Eh?".
"Andrea e Genny non lo avrebbero mai fatto e sai perchè? Perchè hanno paura, e anche tu dovresti averne in questo momento".
"Io soltanto una volta ho avuto paura in vita mia" - e si riferiva a quel giorno in cui suo figlio si perse in quell' aereoporto. 
"Non provocarmi Rosy. So essere molto vendicativo e lo sai. Dimmi con chi ti metti in contatto!".
"Apri il cellulare e lo scoprirai no?".
"Pensi che io sia un deficiente? E' scarico questo cazzo di cellulare!".
Per una volta la fortuna di Rosy era dalla sua parte, Filippo non aveva letto nulla. 
"Ti ho già detto che questo cellulare non è mio. Non lo so come minchia ci è finito sotto al mio letto".
"E allora ti sparo" - De Silva stava per premere il grilletto e Rosy era pronta a morire.....
"NOOOOOOOOOOOO!" - Leonardo era appena entrato dalla porta di casa urlando e si gettò istintivamente su De Silva allontanandolo da sua madre - "che minchia stavi facendo, PEZZO DI MERDA!!".
"Stavo per dare una lezione coi fiocchi a tua madre".
"Che minchia vuoi da lei?" - continuava a dire scuotendo le sue braccia.
"Guarda qua la tua mammina cosa aveva nascosto sotto al suo letto" - a quel punto Filippo fece vedere il telefonino a Leonardo ed egli non appena lo vide ne rimase scosso, turbato, sorpreso. Guardò sua madre, Rosy si sentì messa sotto pressione. Suo figlio parlava con lo sguardo esattamente come faceva lei con i suoi occhi. Gli occhi di Leonardo parvero delusi, amareggiati, scuoteva leggermente la testa come per dire "che cosa hai fatto?".
Poi Leo guardò De Silva e in un attimo di lucidità decise di voler mettere lui le cose apposto una volta tanto. Doveva per forza inventarsi qualcosa, difendere sua madre nonostante tutto..
"Quel cellulare è mio Filippo!" - esclamò accennando un finto sorriso sulle labbra.
"Non prendermi per il culo!".
"Non ti sto prendendo per il culo!".
"E per che cosa ti serve? Sentiamo..".
"Carmen".
"Per chiamare Carmen con l'altro cellulare".
"Ho cambiato scheda ok? Ogni tanto bisogna farlo per non essere intercettati!".
"E dovevi comprarti tutto l'apparecchio?".
"Miinchia De Silva!! Se ti sto dicendo che l'ho comprato è perchè l'ho comprato".
"Perchè lo tenevi nascosto allora?".
"Perchè quei due se lo sarebbero venduti per pochi spicci per comprarsi quella monnezza" - riferendosi alla cocaina.
"E perchè nasconderlo sotto al letto di tua madre?".
"Perchè è l'unico posto dove nessuno avrebbe controllato".
Leonardo sapeva tener testa. Non balbettava ne ci pensava più di tanto a controbattere. Se non sapesse la verità, Rosy lo avrebbe creduto, era così bravo a rigirare la frittata.
"Però adesso queste tue domande mi stanno leggermente stancando!!" - Leonardo prese l'accendino e si portò la sigaretta in bocca - "ma che minchia eri venuto a fare qui?".
"Devo dirti alcune cose. Lascio per ora da parte l'argomento cellulare perchè ho bisogno di dirti delle cose estremamente importanti".
Rosy restò sul divano ad ascoltare tutto senza fiatare.
"Cos'è successo?".
"I ragno Leo, non chiamano".
"Mamma disse che alcune famiglie si fanno desiderare e non chiamano presto per non mostrarsi deboli agli occhi dell'alleato".
"E penso che tua madre adesso si sbagli. E' passato troppo tempo".
"De Silva a cosa stai pensando?" - domandò Rosy accennando qualche passo.
"Ci sono due persone in ballo su cui i Ragno tentano di contare. Una è la Colombo e un altra sei tu!".
"Che scoperta" - disse Rosy ironicamente.
"Ma non capisci? Se quelli non chiamato noi vuol dire che aspettano la Colombo".
"E perchè minchia dovrebbero aspettarla? Quella stronza non ha nulla da offrirgli" - ribattè Leonardo.
"Non ne sono poi così sicuro".
"Che minchia intendi fare!".
Filippo avanzò lentamente verso Leonardo, gli mise entrambe le braccia sulle spalle, lo guardò fisso negli occhi - "è arrivato il momento di agire piccolo grande uomo. E' arrivato il momento che tanto hai atteso per 16 lunghissimi anni".
"Cosa stai per fare Leo?" - domandò sempre più preoccupata Rosy.
"Rapire Veronica Colombo".

Scusate per questo schifosissimo capitolo oltretutto anche breve. Ma non ho potuto fare di meglio, sul serio. Abbiamo visto però Leonardo difendere sua madre nonostante gli abbia dato modo di non fidarsi più! Questa è una piccola, piccolissima dimostrazione di Leo.  Il prossimo capitolo continuerà su questa linea, Rosy spronerà suo figlio e lo vedremo in una veste totalmente diversa, quasi fragile! Vi lascio con alcune domandine che sicuramente vi starete ponendo, adesso cosa farà Rosy con il cellulare? De Silva ha ragione riguardo Veronica?E se così fosse, cosa avrà promesso ai Ragno? Leonardo riuscirà a rapirla? Ne capiremo di più nel prossimo capitolo. A presto ;)

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Capitolo 28
*** Incapace di amare? ***


28. Incapace di amare?

Leonardo respirò faticosamente, portandosi una mano al petto. Stava veramente arrivando? Stava riuscendo finalmente a compiere la sua vendetta? Eppure perchè non riusciva a compiacersi di questo? Perchè restava in silenzio, appoggiato con la testa al muro, e con una sensazione strana nel petto?. 
Riuscì a chiedere solamente a De Silva di lasciarlo da solo, anche se solo non era. Con lei c'era sua madre. Rosy lo stava osservando, suo figlio era strano, troppo strano.
Decise di avvicinarsi a lui e mentre tentava un contatto con lui egli la respinse - "tu non toccarmi" - disse alzando l'indice, ma non c'era nessun tono minaccioso nella sua voce.
"Grazie" - ribadì Rosy. E si riferiva a quando poco fa lui era riuscito a difenderla. Ad evitare una strage - "se non fosse stato per te".
"ZITTA!ZITTA! DEVI STARE ZITTA" - Rosy non terminò la frase. Leonardo adesso aveva cambiato atteggiamento, era arrabbiato - "parlavi con Mimmo vero?Che cosa gli hai detto?Che cosa sa?".
"Niente. Non gli ho detto niente, altrimenti sarebbe già venuto qui a prenderti".
"Mi spieghi perchè lo hai fatto?".
"Per proteggerti. Calcaterra era l'unico modo che avevo per proteggerti".
"Io non ho bisogno di essere protetto, non voglio essere protetto".
"E invece si tesoro".
Rosy tentò nuovamente un approccio, ma Leonardo glielo negò di nuovo.
"Sono stato uno stupido. Ti ho addirittura suggerito di andare da lui perchè ero convinto che avessi bisogno di lui e invece voi chissà da quanto di vedevate di nascosto".
"Questo non è vero Leo. Devi credermi".
"E come faccio a crederti adesso? Spiegamelo!".
"Non l'ho fatto solo per questo" - Rosy avrebbe voluto dire di avere bisogno di lui, ma quelle parole non arrivarono alla sua bocca.
"Dammi il cellulare dai" - Leo allungò le braccia e con difficoltà sua madre glielo ripose tra le mani. Avrebbe distrutto quel cellulare , almeno questo era quello che pensava Rosy, e sbagliò. Leonardo aprì un cassetto del comodino, estrapolò un carica batteria probabilmente era uno dei due ragazzi, lo mise in corrente e attaccò il cavo usb al telefono. Poi lo accese.
"Che stai facendo?"  - chiese Rosy stranita.
"Ti do l'oppurtunità di dirgli addio" - dopodiché Leo uscì fuori con un pacchetto di sigarette in mano. Era triste, e chissà per cosa. Rosy lo guardò dalla finestra. Lo vide sedersi su una panchina poco distante dalla loro abitazione dopodiché scalciò via alcuni sassi mentre fumava e intrecciava le sue mani tra i capelli. Avrebbe voluto capirci di più, ma si mise nei suoi panni : magari voleva starsene da solo. Lei era così, esattamente come lui. Quando si parlava di sentimenti, di emozioni, doveva tenerle per se.
Chiamò Domenico, egli rispose al secondo squillo - "Rosy! Finalmente! Sono rimasto in pena per tutto questo tempo".
Calcaterra sembrò tirare un sospiro di sollievo.
"Non dobbiamo più sentirci sbirro".
"E perchè? E' successo qualcosa?".
"De Silva ha scoperto tutto".
"Come? Cazzo!!! Ma quindi....".
"Leonardo si è intromesso intentando una storiella, a quanto pare quel minchione se le bevuta".
"Ti ha protetto, Rosy" - sentì un accenno di sorriso da parte di Domenico - " e ti ha anche permesso di telefonarmi! Tuo figlio sta cambiando".
Lei ne era convinta di questo, anzi veramente era sempre stata convinta che Leo non fosse la sua fotocopia di una volta, era solamente giovane e impulsivo. Non era un mafioso. Non era come quelle brutte persone con cui Rosy aveva avuto a che fare anni prima. E con questi piccoli, piccolissimi gesti lui lo stava dimostrando. E magari non se ne rendeva conto.
"Mio figlio è stato sempre quello che è. Quello che vuole far vedere al mondo, è solamente una facciata".
"Dov'è adesso?".
"E' fuori. Lo vedo da qui".
"Devi convincerlo a non fare cazzate".
"Tu saresti stato l'unica persona  in grado di fermarlo".
"Non dire cazzate Rosy".
"Senti Domenico" - Leonardo era ancora fuori, seduto sulla panchina e lei poteva ancora parlare - "non ho molto tempo. Leo a breve sarà qui. Devi assolutamente rafforzare le guardie a casa della Colombo. Leo vuole agire e poi un altra cosa, quella li deve avere un asso nella manica forse...".
Rosy smise di parlare perchè suo figlio era ad un passo da lei, sconvolto, forse arrabbiato. Le strappò il cellulare e circondò l'aggeggio in una mano per non far sentire nulla a Domenico.
"Mi sono fidato di nuovo di te! Che sciocco!".
Leonardo avvicinò il telefonino all'orecchio. Senti dall'altra parte Mimmo urlare il nome di Rosy.
"No, Leonardo!" - rispose Leo.
Dall'altra parte ci fu un silenzio. Un silenzio che quasi faceva rumore da entrambi le parti. Silenzi che pesavano più di mille parole. Silenzi ai quali non si poteva e non si voleva rispondere. Silenzi così pieni di parole che nessuno mai ascolterà...
"Leonardino ascoltami" - Domenico ebbe il coraggio di spezzare quel silenzio, e la sua voce era quasi tremolante, insicura, lui non era mai stato così.
Leo bloccò la frase sul nascere - "Leonardino non esiste più. Addio Mimmo" - chiuse la telefonata. I suoi occhi che prima lanciavo grida di odio adesso sembravano essere incupiti, tristi. Erano lucidi. Ruppe il cellulare in mille pezzi, facendo volare per terra il carica batteria e spezzò la scheda. Il cellulare si stava graffiando sotto al suo piede sinistro, ma questo non bastava. Continuò a calciarlo, sempre più forte.
"Leo basta. Si è rotto, fermati" - Rosy lo prese per le spalle, ma non riuscì a fermarlo.
"Sei arrabbiato? Smettila!!".
"Arrabbiato?" - Leo si fermò un istante e incrociò gli occhi della madre - "No!!Io sono incazzato, furioso. E vuoi sapere il perchè? Perchè la mia mamma mi mente. Perchè io non riesco più a mentire. Perchè la possibilità di vedere compiere la mia vendetta sembra essere sempre più lontano da me".
"Non è vero" - Rosy gli andò vicino e gli prese il viso tra le mani - "sei arrabbiato. Incazzato. Furioso, perchè stai soffrendo. E chi soffre ama. Tu stai amando, Leo".
"Ma che minchia dici? Io non sono capace di amare!".
"Ma che minchia dici tu? Lo fai. Oggi giorno. Senza rendertene conto. Ami tua madre, ami Calcaterra che anche se non dai a vedere, lo reputi come un padre e soprattutto ami quella ragazza, Carmen".
"Non è vero! Non è vero!" - Leo si liberò dalla stretta di sua madre dandogli le spalle e si passò una mano tra i capelli - "io non amo. Io non so amare".
"Hai finalmente capito che la vendetta non è l'unica cosa fondamentale nella tua vita. Che ci sono altre piorità prima".
"Io non posso permettermi distrazioni, non posso".
"Leo" - Rosy andò nuovamente di fronte a lui -" devi dirmi cosa minchia è successo stanotte, perchè sei strano".
"Nente".
"Non dire minchiate".
"Zitta! Devi stare zitta!!".
"Cosa vuoi fare adesso?".
"Ammazzare Veronica Colombo e scappare da questo posto, devo andarmene da qui. Non posso più vivere a Catania!".
"Che cazzo dici? Tu non vai da nessuna parte".
"E invece si mammina".
Rosy lo vide prendere il cellulare e chiamare qualcuno - "devi procurarmi una divisa da sbirro... si si ... hai capito bene.... non te ne deve fottere a tia di che minchia devo farci..... non m'interessa!! Se proprio devi ammazza qualcuno, ma devi procurarmi 'sta minchia di divisa" - dopodiché riagganciò.
"Dai Leo, è sbagliato tutto questo".
"Proprio tu non puoi dirmi cos'è giusto o sbagliato".
"E invece si. Parlo con esperienza, io mi rivedo in te. Ma solo quando ero giovane e ingenua. Non entrare in questo giro, ti prego, non diventare un mafioso". Leonardo sorrise appena prendendo una sigaretta - " perchè la mafia mi ha derubato della cosa più importante della mia vita : l'amore di mio figlio! Non voglio che accada questo anche a te".
Rosy urlò, ma Leo sembrava non ascoltare. Prese il giubbotto, scomparì in quel covo e chiuse la porta.... a chiave.
"Non puoi rinchiudermi qua dentro!!!" - diceva mentre dava piccoli pugni alla porta. Si precipitò alla finestra, era chiusa. E a quanto pare era rotta perchè si apriva solo dall'esterno - "LEOOOO!!! Non fare cazzate, ti prego" - continuava a dire urlando. Suo figlio attraversava il perimetro della campagnia, e sembrava non prestare minimante attenzione alle sue parole.

Ahi, ahi, ahi Leonardo è troppo impulsivo!!Non riesce ad accettare il suo cambiamento. Che cosa farà adesso? Andrà da Veronica? Cosa le fara? Lo scopriremo nel prossimo capitolo ;).
Passate nella mia pagina fb dedicata a squadra antimafia : con tante anticipazioni sulla nuova serie -> https://www.facebook.com/squadraantimafiamania?ref=hl&ref_type=bookmark
p.s credo di aggiornare tra due settimane! Mi dispiace, ma c'è di mezzo il ferragosto, il mare, le uscite, e non ho proprio tempo >.< . E poi volevo agevolare anche alcune persone che sono in vacanza e che non possono seguire la mia storia, così al ritorno non avranno molto da recuperare!!! Buon ferragosto a tutte/i =P.

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Capitolo 29
*** Faccia a faccia ***


29. Faccia a faccia
 
Correva. Correva. Correva. Fin quando non ebbe più fiato nei polmoni, si fermò appoggiandosi ad un albero per aspettare la chiamata di Andrea, l'amico a cui aveva imposto di procurargli una divisa da poliziotto. Arrivò presto, ma il numero segnato sul display del telefonino era quello di De Silva.
"Che minchia vuoi?".
"Leo stai facendo una cazzata!! Andrea mi ha appena chiamato".
"Spione del cazzo".
"Ha fatto bene invece a riferirmelo. Non siamo ancora pronti, dobbiamo procedere con prudenza, bisogna avere tra le mani un piano perfetto.... non puoi rischiare che la polizia ti scopra altrimenti siamo fottuti. LO CAPISCI?".
"Filippo? Io ho già aspettato abbastanza! Adesso ti devi solo fidare di me e di quello che mi hai insegnato".
Riagganciò subito poi richiamò Andrea - "senti spione della minchia. Se non mi procuri questa cazzo di divisa ti cancello dalla faccia della terra. CHIARO?".
"Va bene Leonardo, stai calmo. Faccio presto, dove ci incontriamo?".
"In piazza Duomo".
"In mezzo alla gente?".
"Si. Destiamo meno sospetti. Poi andiamo in quella casa abbandonata che tu ci hai fornito".
 
Intanto nel covo di De Silva...
Rosy doveva fermarlo. Doveva fermare suo figlio da un possibile futuro mafioso. Se avesse cominciato ad uccidere, non si sarebbe più fermato. Come era successo a lei. E quindi doveva andare da Domenico, e dirgli dei piani di Leonardo. E non importava se questo avrebbe messo a rischio tutti i progetti di Leo e il loro rapporto, almeno lo sapeva al sicuro.
Per fortuna Rosy non era legata, ma la porta della casa era di legno massiccio e non avrebbe mai riuscito a buttarla giù. L'unica speranza era quella di scappare attraverso la piccola finestra chiusa dall'esterno. Era costruita con il doppio vetro, dopo vari colpetti con il gomito non riuscì a romperla. Prese una sedia e la lanciò fuori, forte, più forte che poteva. E il vetro andò in mille pezzi. 
"Si, cazzo, si!" - si passò una mano tra i capelli e riuscì a passare in quella piccola fessura senza farsi neanche un graffio. 
Non era incappucciata. Potevano riconoscerla subito, ogni tanto si lasciava coprire il viso dalla sua cascata di capelli lunghi e ricci. Arrivò alla stradina principale e quindi a casa di Calcaterra molto presto. Bussò alla porta con violenza. Domenico aprì la porta, e rimase pietrificato da quella visita.
"Forse sto per fare la cazzata più grande della vita mia, ma devo farlo per il suo bene" - diceva lei con il corpo piegato, le mani tra le ginocchia e il fiato corto - "devi andare subito da Veronica Colombo, Leonardo è andato li".
Domenico sembrava aver perso l'uso della voce, adesso era ancora più scosso. Sbarrò i suoi occhi verde smeraldo e in un attimo di lucidità afferrò il cellulare.
Avvertì la sua squadra.
"Ammunì allora".
"No, tu rimani qua".
"Cosa? Non ci pensare neppure a tagliarmi fuori sbirro!".
Domenico la prese per le spalle, quasi facendola male - "se la mia squadra ti vede, pensa ad arrestarti e non a Leo. Non dobbiamo avere distrazioni. Mi stai facendo perdere tempo".
Mimmo andò via, ma Rosy lo prese per le spalle - "ti prego Calcaterra, non permettere a nessuno di fargli del male".
"Puoi giurarci" - rispose e stava per chiudere la porta alle sue spalle, ma quell'istinto che sempre l'aveva dominato, lo fece fermare un attimo. Indietreggiò ed allungò le braccia per accogliere il corpo freddo e piccolo di quella madre impaurita. Restarono così per poco tempo, poi Domenico fece un passo indietro e prima di andare via baciò la fronte di Rosy.
-
Leonardo si guardava allo specchio. E non era sicuro che l'immagine che traspariva di fronte a lui, gli piacesse. Quella uniforme blu gli calzava alla perfezione. Ma non era quello che gli infastidiva, bensì lo sguardo che aveva. Non sapeva bene decifrare cosa ci fosse dietro a quegli occhi finti color celesti. Traspariva un mix strano di sentimenti : odio, vendetta, freddezza, ma anche dolore, rabbia. 
"Allora Leonardo, sei pronto adesso?" - domandò Andrea.
"Io nato pronto sono" - rispose.
Prese un passamontagna e lo introdusse in una tasta, servirà per quando avrà di faccia quella donna.  Uscì da quella casetta abbandonata e prima di aver ricevuto un buona fortuna dal suo amico, si precipitò in mezzo alla strada. In apparenza sembrava un tipico poliziotto perfetto, sorrise beffardo pensando che quella divisa non gli apparteneva minimamente. Si voltò un attimo, forse aveva intravisto una persona seguirlo, ma probabilmente era soltanto il timore di essere visto da qualcuno di sua conoscenza.
La casa di Veronica Colombo era circondata da guardie che facevano avanti e indietro. Ce n'erano due fuori alla porta principale. Non appena uno dei due lo vide gli si avvicinò, e il cuore di Leonardo si fermò di un battito.
"Finalmente sei arrivato a darmi il turno, ci hai messo tanto".
Questo era veramente un colpo di fortuna - pensò Leo che sospirò appena e finse di essere una persona serena - "scusatemi, davvero".
"Ma sei nuovo? Non ti ho mai visto?" - domandò l'altro con uno strano sguardo sospettoso.
"Si" - Leonardo rispose deciso e si nascose appena sotto a quel cappello da sbirro, cercando di nascondere i suoi occhi che per via di due lentine colorate, erano diventati azzurri.
 Leonardo e il poliziotto numero 2 rimasero fuori alla porta d'ingresso. Il ragazzo doveva trovare il modo per entrare in casa, rapire Veronica e passare per l'uscita secondaria.
"Senti io vado a controllare dentro" - la buttò li Leo. 
"Ci sono altre guardie all'interno. Strano che non lo sapessi".
Minchia. Questa non ci voleva. Ma Leonardo sapeva come uscirsene.
"Era un modo per dirti che devo andare a pisciare".
Al poliziotto scappò una risata rumorosa dopo di che incintò il ragazzo ad andare dentro.
Varcata la soglia d'ingresso, egli salutò con un gesto della mano altre due guardie. Poi si fece guidare dall'istinto. Ogni passo che faceva era un passo verso quello che aveva sperato di fare da tanti anni. Si fermò appoggiando un braccio ad una porta aperta. Veronica Colombo era seduta sul letto, di spalle, a leggere un giornale. Leonardo riuscì a vederle solamente i capelli scuri semi raccolti accennati da qualche capello bianco. 
Leo andò avanti. Procedette lentamente, con passi sicuri, senza fare il minimo rumore. Si mise in testa il passamontagna e avvicinò le labbra nascoste da quella stoffa nera, ad un suo orecchio. La donna sobbalzò dalla sorpresa - "è arrivata la tua fine Veronica Colombo".
Veronica fece per girarsi, ma il ragazzo la bloccò - "non voltarti e vieni con me".
"Chi.." - Leonardo le tappò la bocca con una mano.
"Non parlare ne gridare altrimenti ti sparo ad una gamba. Alzati! Forza! Andiamo verso l'altra uscita".
Veronica impaurita si alzò dal letto, tremava. Sentiva premere la schiena da qualcosa, era una pistola.
"Ammunì". 
Leonardo e Veronica riuscirono a distrarre una guardia dopodichè raggiunsero un sotto scala. Veronica inciampò un paio di volte, un po per paura un po per la velocità con cui il ragazzo la stava trascinando.
Sul fondo della stanza si intravedeva uno spiraglio di luce. C'erano quasi. Era finita. Non vedeva ancora l'auto di Andrea che avrebbe dovuto aspettarlo. C'era qualcosa di strano. Allora Leonardo prese un fazzoletto dalla tasca, era già preparato con una sostanza strana che avrebbe fatto perdere i sensi alla Colombo. Veronica all'inizio si oppose resistenza poi il medicinale fece effetto, crollando addosso sul corpo esile del giovane ragazzo. Nonostante il disgusto, Leo la prese sulle spalle e si diresse verso l'uscita. 
Leo si guardò attorno, ad aspettarlo non c'era l'auto di Andrea. Tutto era deserto. Un po di vento spostava leggermente alcune foglie di alberi, quel silenzio era inquietante.
Gli passò per la testa una strana idea. Veronica Colombo era svenuta, priva di sensi, e se l'avesse uccisa li? Bastava un colpo soltanto. E avrebbe ottenuto la sua vendetta. Torturarla a cosa sarebbe servito infondo? A prolungarle solamente un po di più la vita?.
Avvicinò quindi la pistola sulla schiena quando un urlo lo fece bloccare - "Non farlo ti prego".
Calcaterra era di fronte a lui, con la pistola abbassata. Attorno a lui si formarono una cerchia di poliziotti in azione. Erano vicini. L'uno contro l'altra.
Domenico lo guardò negli occhi e credette di farlo per la prima volta.
"Ti prego Leonardino, abbassa la pistola. Consegnami Veronica e ricominciamo da capo" - il tono con cui parlava Calcaterra sembrò addolcire anche il ragazzo che nascose le lacrime sotto al passamontagna.
"NO" - urlò Leo in un impeto di follia - "se ti avvicini l'ammazzo. Ammazzo tutti" - diceva mentre puntava la pistola agli uomini che aveva di fronte.
Domenico mise le mani avanti voltandosi un attimo- "non sparate per nessuna ragione al mondo, chiaro?".
"Calmati Leo, ti prego" - Domenico si avvicinava sempre di più a Leonardo. A quello che aveva ritenuto sempre suo figlio per tutti questi anni. L'aveva rimpianto, sognato, desiderato per troppo tempo. Ed adesso l'aveva li di fronte, ad un passo da lui. 
Era cambiato. Un altra persona. Ma in quella finta sfumatura azzurra Domenico, giurò di riconoscere quel bambino che giocava con lui, in quella casa protetta.
"Io non mi calmo una minchia fin quando non l'avrò portata fuori da qui".
"Non condannarti ad una vita d'inferno. Fermati finchè sei tempo".
"Non posso. Non avvicinarti. Se ti avvicini ammazzo lei e anche uno dei tuoi!".
"Non ne saresti capace".
"Vuoi vedere?".
Leonardo stava per dare il colpo di grazia a Veronica, ma qualcun altro decise di aprire il fuoco. Proveniva da un auto, a guidarla c'era De Silva. Alcuni uomini caddero atterra.
"Avanti vieni" - urlò Filippo e in poco tempo Leonardo con in braccio Veronica lo raggiunse.
"Non sparate!!!!!" - gridava Domenico.
"Arrivederci" - rispose Leonardo mentre l'auto sfrecciò presto via.
 
Rieccomi dopo più di due settimane xD. Penso che siamo arrivati a metà della storia più o meno. Leonardo anche se con grande difficoltà, è riuscita a rapire Veronica Colombo. Adesso secondo voi..cosa le farà? E poi Domenico capirà che Leonardo non è altro che l'amico di Carmen? Il 30 capitolo vi aspetta la settimana prossima!!! 

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Capitolo 30
*** Tutta la verità ***


30. Tutta la verità
Leonardo non faceva altro che pensare all'incontro con Domenico mentre legava Veronica ad una sedia. Non dimenticherà mai lo sguardo che aveva perchè era quello di uomo disperato, disposto a tutto pur di portare dalla sua parte una persona a cui voleva bene. Ma per l'ennesima volta Leo aveva rinunciato a quell'aiuto che forse gli sarebbe servito a non commettere un altro errore. ..

Domenico non riusciva ad essere tranquillo. Come poteva? In pochi mesi la sua vita era stata messa a soqquadro. Aveva ritrovato un figlio creduto morto per tanti anni, scoperto che egli era stato cresciuto in mezzo ai mafiosi e che aveva coinvolto la madre nei suoi loschi affari. E adesso? Ce l'aveva avuto davanti. Per pochi istanti, pochissimi. Aveva percepito in quello sguardo tanto odio, ma anche tanta paura e chissà per cosa nello specifico.
Per l'ennesima volta si sentì un fallito, perchè aveva permesso a De Silva di portarsi via Leonardo per l'ennesima volta e non aveva impedito la morte di alcuni suoi colleghi. Quando arrivarono in caserma, Licata lo rimproverò. Rimproverò tutta la squadra, ma Mimmo nemmeno diede ascolto a quelle parole. Poi Lara provò a consolarlo, a far svanire almeno un briciolo di quel dolore che si era insediato dentro di lui, mascherando un po la paura di aver perso sua sorella. Ma Calcaterra non aveva bisogno di questo. Non aveva bisogno di lei. In quel momento dove tutto quello che gli circondava sembrava privo di senso, l'unica cosa sensata da fare era andare a casa sua. Da Rosy. Perchè era di questo che lui aveva bisogno ora.
Lasciò tutto com'era. Le scartoffie, le parole di Pulvirenti e della sua squadra per correre via.  E mentre percorreva la solita stradina deserta, la speranza che lei fosse scappata aumentava sempre di più. Aprì la porta con le chiavi. L'appartamento era vuoto. Si provò a voltare più e più volte sperando di trovare ancora li quella piccola donna e invece non c'era. Si sdraiò sul letto e il rumore dell'acqua si fece strada nelle sue orecchie. Sorrise. Rosy non era scappata, forse era sotto la doccia. Andò nel bagno ed effettivamente delle curve morbide messe li al posto giusto, nascoste dietro ad una tenda semi-trasparente, attiravano la sua attenzione. Domenico non si fece vedere e mentre si spogliava non faceva rumore. Aprì la tenda velocemente tant'è che Rosy sobbalzò voltandosi, e si trovò Calcaterra a pochi centrimenti dal suo viso. 
"Calcater" - Domenico le coprì la bocca con una mano. Evitò di farla parlare. Non voleva parlare. Magari lo farà domani, o più tardi le chiarirà tutto, le racconterà cos'era successo, ma adesso no. Adesso voleva soltanto trovare conforto tra le sue braccia. Allora la baciò forte, con violenza, con una passione irrefrenabile. Rosy non si staccò dalle sue labbra, ricambiò quello scambio intenso di lingue fameliche che si cercavano senza mai trovarsi. 
Domenico scivolò dentro di lei prepotentemente e Rosy si trovò a sbattere più volte la schiena sulle piastrelle del bagno.  E lei da quei movimenti intuì che qualcosa di strano era successo, questo era forse l'unico modo che avevano di comunicare.
Quando entrambi raggiunsero il piacere, i loro corpi crollarono sulla superficie della vasca mentre il forte getto dell'acqua gelata scorreva sulle loro teste.
Domenico abbracciò Rosy con una spalla ed ella si voltò verso di lui - "mi dici che minchia è successo?".
"Si, ma usciamo da qui".
Entrambi si asciugarono e vestirono in fretta. Si appoggiarono sul letto e Domenico iniziò a raccontarle tutto. 
"Me lo sono fatto scappare di nuovo capisci, cazzo? Era davanti a me cazzo. E sono sicuro che se non fosse entrato in scena De Silva, lui sarebbe crollato".
Rosy si mise entrambi le mani nel capelli quasi tirandoli. Aveva riperso suo figlio. Questo era troppo - "che minchia facciamo adesso?".
"Adesso è tutto nelle tue mani Rosy".
"In che senso scusa?".
"Devi venire in caserma con me e dire tutta la verità!".
"Cosa? Io non so una minchia Domenico, credimi".
"Lo so" - Domenico le prese entrambe le mani - "ma se inizi a fare dei nomi, a raccontare ai miei superiori tutto quello che ha fatto tuo figlio, forse lo ritroveremo più facilmente. Dobbiamo sbrigarci Rosy, perchè questa volta voglio arrivare in tempo. Non permettere che tuo figlio marcisca in gelera, aiutami cazzo. Aiutami".
"Mi stai chiedendo di tradire Leo?".
"No, ti sto chiedendo di aiutararlo".
"No. Non posso farlo! Non posso minchia, io non posso" - Rosy era disperata, ormai le lacrime uscivano fuori dagli occhi da sole con l'invano tentativo di rigettarle indietro.
"Si che puoi invece. DEVI. Hai dimostrato già una volta di collaborare per proteggere la vita di Leo ricordi? Adesso devi rifarlo per la stessa identita causa".
Rosy annuì piangendo e uscì insieme a Domenico. Durante il tragitto in auto si asciugò tutte le lacrime versate, almeno davanti agli sbirri non voleva farsi vedere debole e indifesa, doveva ritornare ad essere la donna forte di un tempo, Rosy Abate. 
Quando arrivarono in questura, tutti gli occhi dei poliziotti erano puntati su loro due. Rosy continuava a tenere lo sguardo basso mentre Domenico cercava di rassicurare i colleghi con gli occhi. Arrivarono di fronte a Lara che arricciò la fronte e rimase pietrificata. 
"Voglio tutta la mia squadra nel mio ufficio. ORA" - Domenico parlò ai suoi amici con il suo inconfondibile tono professionale. Sandro, Palladino, Francesca, Lara, Sciuto seguirono alla lettera le parole del capo mentre anche Pulvirenti e Licata facevano ritorno.
"Adesso ci siamo proprio tutti" - iniziò a dire Domenico che intanto, fece accomodare Rosy su una sedia dietro la sua scrivania.
"Allora dottor Calcaterra, ci dice cosa si fa Rosy Abate qui? Con lei?".
"E' difficile da spiegare dottor Pulvirenti, così come lo è parlare con voi altri" - rispose guardando la squadra - "Rosy è venuta qui perchè vuole riabbracciare suo figlio e per farlo è disposta a tutto.... Anche a collaborare con la polizia".
"Cosa?" - sbottò Lara con un sorriso accennato sul volto - "è inconcepibile. E se ci mente? In fondo non sappiamo bene le cose come stanno. Se c'è lei dietro tutto questo? No. Io non mi fido".
Rosy cercò in tutti i modi di trattenere la calma, ma proprio non riusciva a non risponderle. Se poi ci si metteva anche quel briciolo di gelosia che provava verso di lei -"Senti bella sbirra" - diceva mentre sbilanciava il corpo in avanti e appoggiava le mani sul tavolo - "se sono venuta qua, a chiedervi aiuto, è soltanto perchè non voglio che mio figlio commetta qualche pazzia messo sotto pressione da De Silva. E poi, io e te, abbiamo un obiettivo comune : riportare sana e salva Veronica Colombo. Non che io tenga alla sua vita che sia chiaro, ma non voglio che mio figlio si sporchi le mani con una stronza fallita".
"Non ti permettere, infondo voi siete della stessa razza".
"Adesso basta!!!" - Licata sbattè i pugni sulla scrivania ed entrambe le donne restarono in silenzio - "i conflitti personali li risolvete al di fuori di qui. CHIARO?".
Rosy e Lara annuirono.
"Allora Abate, invece di litigare con il vice-ispettore-capo perchè non inizia a parlare?".
Rosy guardò Domenico e si fece forza tramite quel verde smeraldo - "quando mio figlio mi ha rapita, io ero ancora sotto shoc, ma  è bastato poco per riprendermi. Mi è bastato sapere che Leonardo era vivo. Ha vissuto in Russia con Filippo De Silva, lui è il suo complice".
"Perchè hanno voluto rapirla esattamente?".
"Leonardo voleva vedermi, voleva vedere la sua mamma. C'è questo dietro tutta sta facciata mentre De Silva mi ha usata, anzi ci ha usato. Ha usato mio figlio per i suoi affari. Lo conosciamo no? Il potere.... Mi ha mandato dai Ragno".
"Quindi lei ci conferma che quella famiglia è...".
"Si giudice Pulvirenti. Sono dei mafiosi molto ricchi che si sono costruiti il loro impero facendo del male alla povera gente".
"La sua testimonianza sarà fondamentale per sbatterli dentro!! E dove vi nascondevate?".
"In una specie di covo, una casa abbandonata, si trova di fronte ad una chiesa chiusa da secoli. Li gli sbirri non fanno controllo".
"Bene" - intervenì Domenico, che non aspettava altro di farle questa domanda - " adesso Rosy, ci devi dire la cosa più importante, quella che ci aiuterà a trovare Leo. Come si chiama? Come si fa chiamare?".
Rosy non era del tutto sicura di fare quel nome, non era sicura di niente. Si fidava solo delle parole di Domenico e questo bastava per farla parlare. Guardò un attimo Pietrangeli. Era invecchiato, impassibile, immobile, forse la paternità l'aveva cambiato, se solo sapesse... 
"Che c'è?" - domandò l'uomo intimorito da quello sguardo su di lui.
"Può uscire un attimo lui?".
"Io? E perchè?".
"Dopo lo capirai".
"Ma questa ci sta pigliando per il culo non lo vedete" - continuava Lara incazzata.
"Dottor Pulvierenti, se Sandro Pietrangeli non esce di qua, io non faccio quel nome".
"Avanti Pietrangeli, esca per favore".
"Ma tu guarda" - disse Pietra prima di chiudere la porta convinto di essere stata vittima di uno stupidissimo scherzo.
"Avanti Rosy, adesso non hai più scuse" - Domenico si avvicinò a lei, inginocchiandosi e prendendole le mani. Quel gesto forse fu visto sbagliato dagli occhi degli altri e invece era l'unica cosa giusta da fare in quel momento...
Rosy lo guardò negli occhi e mentre una lacrima le rigò il viso sputò quel nome - "Antonio Candela".
Domenico non riusciva a crederci. Come aveva potuto avercelo avuto davanti agli occhi e non accorgersi di nulla? In effetti qualcosa di familiare in quello sguardo l'aveva captato. Aveva sognato tante notte il volto di quel piccolo uomo, ma mai avrebbe immaginato che il ragazzo che stesse cercando insistentemente fosse proprio lui, l'amico di Carmen, la figlia di Sandro. Sandro. Come glielo dirà adesso? Dovrà legarlo ad una sedia per non farlo esplodere di rabbia. D'altronde come dargli torto.
"Calcaterra dì qualcosa ti prego" - disse Rosy vedendo Domenico tapparsi la bocca con le mani mentre guardava al di fuori della finestra.
"E' entrato nella vita di una ragazzina innocente con il solo scopo di estrorcerle delle informazioni. L'ha usata!".
"NO. NO. Questo non è vero te lo posso assicurare. Minchia se te lo posso assicurare. Ci tiene davvero a quella ragazza, la ama. E forse è proprio per questo che vuole portare al termine questo suo piano il più presto possibile. Perchè vuole fuggire. Fuggire da chi gli vuole bene. Perchè ha paura di quello che prova".
"Tutto questo è veramente assurdo" - continuò Lara intromettendosi.
"Fatemi capire attentamente" - iniziò a parlare Pulvirenti ignorando le parole della Colombo -"questo ragazzo, Leonardo Abate, si è servito della figlia di Pietrangeli per sapere meglio i nostri spostamenti?".
"Si, inizialmente era così giudice"  - rispose Rosy.
"Che figlio di puttana" - la buttò li d'istinto Palladino senza nemmeno pensarci.
"Ben detto collega" . 
Le parole di Lara fecero infuriare Rosy che non riuscì a contenere la rabbia - "adesso però mi hai rotto la minchia".
"FINITELA!! BASTA!!" - urlò di nuovo il questo Licata - " Vice-ispettore esca immediatamente dall'aula. Anzi. Fatelo tutti. Calcaterra trovi il modo giusto per parlare con Pietrangeli".
"E Rosy?" - domandò Domenico preoccupandosi di dove la porteranno.
"Starà qui per un po, almeno fin quando non troveremo suo figlio e la Colombo".
Si salutarono con una breve occhiata e un accenno di sorriso stampato sulle labbra. 
Finirà tutto questo Rosy, presto finirà.

TRENTESIMO CAPITOLO!! Credevo di non arrivarci neppure quando ho deciso di postare i primi capitoli, grazie! Se ci saranno degli errori perdonatemi, ma non ho avuto tempo di rileggerlo =( .Adesso finalmente tutto viene a galla. Rosy ha detto quel nome soltanto per il bene di suo figlio, nel prossimo capitolo continueremo su questa linea con il ritorno di Carmen. Adesso però Calcaterra troverà le parole giuste per spiegare al suo collega che Leonardo non è altro che il primo ragazzo di Carmen?Che è stato a casa sua? Vi anticipo che la reazione di Pietrangeli sarà molto forte ;).
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Capitolo 31
*** Una realtà sconvolgente ***


31. Una realtà sconvolgente

Domenico si aggirava nell'aula del suo ufficio vagabondando con le mani in tasca e lo sguardo perso nel vuoto. Pensava alle parole giuste da dire non al suo collega, ma al suo amico, a Pietra. A lui era toccato un compito davvero difficile, e in un momento difficile. Aveva appena scoperto di aver avuto Leonardo a pochi passi da lui e di non averlo riconosciuto e adesso doveva riferirglielo al suo amico.
Pietrangeli entrò nella stanza con il suo solito viso simpatico, accennato da un piccolo sorriso che faceva risaltare ancor di più la barba troppo lunga. 
"Sono usciti tutti. Sono tutti qui fuori. Mi dici che cazzo sta succedendo?".
Mimmo non parlò ancora. Fece accomodare Sandro su una sedia mentre lui si appoggiava alla scrivania. 
"Rosy ha parlato. Ha detto tutto, Sandro".
"Ah bene. Ed io che pensavo che quella volesse mandarmi via per un capriccio o per prendere tempo".
"Ha fatto la cosa giusta nel mandarti via perchè conoscendoti, avresti dato di matto".
"E perchè?".
Calcaterra si passò le mani tra i capelli e strizzando gli occhi affermò - "Leonardo lo abbiamo già conosciuto Sandro".
"Davvero?".
"Si, e tu più di me".
"Mimmo o parli chiaro o mi incazzo davvero".
"Promettimi che non farai cazzate".
"Mi stai facendo preoccupare".
"PROMETTIMELO!".
"Ok. Ma dimmi".
"Me l'hai promesso" - disse Domenico poi trovò finalmente il coraggio di dirgli - "Leonardo si chiama Antonio Candela ed è l'amico di tua figlia".
Sandro rimase scosso. Senza parlare, abbassò lo sguardo e quando lo rialzò Calcaterra non ne dedusse nulla di buono - "quell'Antonio Candela? Tony? Non è possibile".
"Si invece lo è".
"Quel porco ha messo le mani addosso a mia figlia. Mia figlia sta piangendo da giorni per quel ragazzo. Mia figlia si è innamorata di lui. Mia figlia si è innamorata...del figlio di Rosy Abate!!! Rosy Abate. Io l'ammazzo!!".
Domenico non riuscì a calmare la sua furia. Sandro fuggì di corsa da quell'ufficio in un batter d'occhio, sbattendo la porta. Cercò Rosy, e quando la trovò gli strinse una mano sul collo, premendo. Sempre di più. Più forte. Domenico provò ad allontanare quella mano, ma egli non mollava e la sua presa divenne sempre più possente. 
"Io t'ammazzo. Stavolta giuro che t'ammazzo".
"Così non risolverai niente Pietrangeli" - riuscì a dire Rosy mentre tossiva con un filo di voce.
"Spero di trovare tuo figlio, così ammazzo anche lui".
"Smettila Sandro!!! SMETTILA CAZZO!!" - urlò Calcaterra mentre spinse il corpo di Pietrangeli a terra. Sandro cadde senza farsi male. Rosy tossiva e si accarezzava la gola, un po arrossata.
"Così non risolverai nente...tu devi solamente proteggere tua figlia e basta".
"E da chi? Da quello stronzo mafioso di tuo figlio?".
Domenico voleva rispondergli, ma capì che in quel momento ogni parola di Sandro era dettata dalla rabbia quindi non si intromise semplicemnte lo teneva fermo per impedire che facesse del male a Rosy.
"No. Da quello stronzo mafioso di De Silva e di chi gli sta intorno. Pensaci sbirro. Carmen e Leonardo si tenevano in contatto e anche loro lo sanno. Sanno tutto. Il numero di cellulare di tua figlia, dove abita".
"Fatela smettere di parlare. Vi prego".
"Sandro, Rosy ha ragione. Arrabbiarti non servirà a niente, dobbiamo solamente proteggere Carmen adesso e poi quando sarai più calmo vorrei andare da lei".
Pietrangeli sembrava non aver sentito nulla di ciò - "tu hai permesso tutto questo. Hai permesso che mia figlia si intromettesse nelle vostre vite schifose. E' solo una bambina" - disse con tono minaccioso e puntando il dito su Rosy.
"Io non ti do torto, ma devi sapere una cosa. Mio figlio davvero ci vuole bene a tua figlia. E' anche grazie a lei che è cambiato, soprattutto grazie a lei".
"Abbiamo visto com'è cambiato... Abbiamo visto".
Dopodichè Sandro lasciò la presa di Domenico e andò via, prima però scaraventò una sedia per terra facendo un rumore assordante.
"Vai da lui. Fallo ragionare e aiutate quella povera ragazza!" - affermò Rosy. Poi si fece mettere le manette da un poliziotto e prima che Calcaterra andò via, una piccola carezza le sfiorò sul viso. 
Calcaterra raggiunse il suo collega e decise di guidare lui. Guardava Pietrangeli. Non era mai stato così silenzioso come adesso. Quando entrarono in casa Anna non c'era, era a lavoro mentre Carmen doveva essere nella sua stanza. Sandro si precipitò da lei mentre Domenico seppur dietro di lui, restava in disparte. Carmen incrociò i due poliziotti in corridoio. Era raggiante, solare, come il suo solito, anche se dietro tutto questo si nascondeva una ragazza delusa dal suo primo amore. 
"Buon pomeriggio" - disse lei salutando entrambi con un bacio sulla guancia - "che brutta cera che avete. Sembra quasi che avete visto un fantasma".
"Carmen ti dobbiamo parlare" - trovò il coraggio di dire suo padre.
"E' successo qualcosa?" - domandò la ragazza un po impaurita.
"Sandro se vuoi io vado via" - intervenne Calcaterra.
"No Mimmo, tu sei molto più bravo di me con le parole. Resta".
"Allora mi dite cosa sta succedendo?".
"Sediamoci".
"Ok papà. Allora? Vi decidete a parlare?".
"Piccola mia" - Sandro prese le mani di sua figlia - "ricordi quel tuo amico. Tony?".
"Oddio gli è successo qualcosa?" - Carmen sobbalzò in piedi, aveva le mani sul petto.
"No. No. Ascolta tuo padre".
"Carmen,abbiamo bisogno di sapere cosa ti ha riferito quel ragazzo".
"Io non dico una minchia fin quando non mi dite cos'è successo".
"Non parlare così!!!!".
"Va bene scusa. Mi ha detto che i suoi genitori sono morti in un incidente, tu stesso hai controllato".
"Si, ma ti faceva delle domande?".
"No".
"Delle domande sulla polizia? Ti ha mai chiesto di Veronica Colombo?".
"No....Si!!! L'altro giorno gli ho detto che aveva la scorta, ma cosa c'entra lui in tutto questo?".
"Carmen, quel ragazzo non è chi dice di essere".
"E allora chi è?".
"Tony ti ha mentito. Tony una madre c'è l'ha, ed è Rosy Abate".
Carmen sbiancò. Rimise insieme tutti i tasselli. La prima volta che l'aveva incontrato sul traghetto lui stava leggendo un articolo su Veronica Colombo per questo lo stropicciò. La sua insistenza nel volerla vedere a tutti i costi, dicendo di volerle bene. I discorsi mai fatti sulla sua infanzia. La cicatrice, quel taglio profondo dalla pancia in giù.
"Leonardo" - disse con voce tremolante e lo sguardo perso nel vuoto - "quel bambino ucciso senza pietà da un mafioso. Quella storia terribile che mi hai raccontato qualche anno fa che ha cambiato le vite di molte persone tra cui la TUA" - Carmen indicò Domenico.
"Ma non è possibile. E'...morto! Non ci credo".
"Leonardo non è morto Carmen, è stato custodito da dei mafiosi in Russia".
"Adesso abbiamo bisogno di te più che mai. Perchè se Leo fa del male a Veronica, è spacciato per sempre" - intervenenne Domenico.
"Tony....Leo...ha con se Veronica Colombo?".
"Si, l'ha rapita".
La giovane ragazza pianse. Era delusa, amareggiata, terrorizzata. 
"TU mi chiedi di aiutarlo?" - domandò a Calcaterra - "quell'uomo mi ha usata e tu mi chiedi di aiutarlo?".
"Lo so che è difficile per te accettare tutto questo, sei così giovane, ma se hai amato Tony, sai che anche lui ti ha voluto bene almeno un po".
"Mi ha raccontato solo balle. Che faccia quello che vuole. Io non aiuto nessuno. E sai perchè tutto questo è successo? Sai di chi è la colpa? Soltanto di papà" - Carmen si voltò verso Sandro - "del tuo lavoro! Mamma ti ha sempre chiesto di mollare e invece no. Adesso capisco Marco. Adesso capisco mio fratello. E' andato via perchè tu non l'hai saputo proteggere" - la ragazza spinse suo padre e picchiettò il suo torace - "per quanto tempo ancora la tua divisa si intrometterà nelle nostre vite? EH? RISPONDI!!".
Sandro non rispose, ma accolse sua figlia tra le braccia. Domenico si allontanò  da loro vedendo la scena da lontano. Nonostante il dolore, e l'infinita tristezza nelle parole di Carmen, lui li invidiava. 

Capitolo un po straziante XD. Giustificate la rabbia di Sandro!! Nel prossimo vedremo finalmente cosa Leonardo farà a Veronica...una piccola anticipazione: Veronica ha un asso nella manica provate a fantasticare su cosa sia! =) . A presto e buona puntata per stasera :P.
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Capitolo 32
*** La vendetta di Leonardo ***


32. La vendetta di Leonardo

" Te l'avevo detto che era una cazzata! Te l'avevo detto. Ma tu hai fatto di testa tua!" - continuava a dire De Silva gironzolando per la stanza - "avevi il volto scoperto all'inizio. Ti  hanno visto, ci scopriranno e verremo fottuti. BRAVO! E' questo che ti ho insegnato?".
"FINISCILA FILIPPO!!!! Abbiamo la Colombo, vedremo cosa ha promesso ai Ragno e poi l'ammazzo. Chiaro?".
"E poi quel cazzuto di Andrea si è fatto beccare all'uscita di quella casa. Se non fossi arrivato io...".
"Ma adesso siamo qua. Ed è l'unica cosa importante".
"Ho chiamato tua madre, ma non risponde".
"Oh no" - Leo si mise una mano tra i capelli in quel suo ciuffo color castano chiaro.
"Hai visto? Hai tutti contro adesso".
"Ti ho detto che non me ne fotte".
"Per fortuna qui siamo al sicuro, nessuno ci ha visti".
Leonardo andò a fumarsi una sigaretta in attesa del risveglio di Veronica. Per una strana ragione quello era l'ultimo dei suoi pensieri. La sua mente, il suo cuore sembravano girovagare per un labirinto dove l'unica via d'uscita era Domenico e Carmen. Pensava a loro due più di tutti. Pensava a Domenico. A come era quasi riuscito a convincerlo di lasciar perdere e magari se non fosse arrivato De Silva, avrebbe scelto di consegnarsi. Guardò un punto lontano e immaginò cosa stesse accadendo in questura. Sua madre sarebbe andata di corsa da Calcaterra perchè si fidava di lui e le avrebbe detto tutto. E a sua volta anche a Carmen. Quella ragazzina pura e innocente in poco tempo, l'aveva conquistato. Ma forse era stato meglio così. Meglio per lei sapere chi Tony fosse realmente. Meglio saperlo adesso. Perchè un giorno dimenticherà tutto e finirà con l'innamorarsi di una persona che la merita, una brava persona. Non come lui. Lui non avrebbe potuto offrirgli niente se non una vita in costante pericolo. Eppure questa stupida idea sembrava ferirlo.
De Silva si avvicinò a lui dandogli un leggero colpetto sulla spalla - "si è svegliata la puttana".
"Bene. Allora vado".
"In bocca al lupo figliolo".
"Che crepi sto lupo" - Leo gettò la sigaretta tra l'erba ed entrò in casa. 
La donna era posta al centro della camera da letto su una sedia, completamente legata e la bocca imbavagliata. Si dimenava, faceva piccoli movimenti inutili con la testa sperando di liberarsi. 
"Ferma Colombo" - disse Leonardo forte e sicuro, ma dentro di se tremava come una foglia. 
Veronica continuava a lamentarsi poi il ragazzo strappò con forza lo shock con cui aveva aderito fino e poco fa alla sua bocca.
"Ahi" - la donna lanciò un urlo disperato e poco dopo le cadde una lacrima - "chi cazzo sei? Fatti vedere se c'hai le PALLE! FATTI VEDERE!!".
Leonardo non rispondeva.
"AIUTOOO".
"Colombo puoi urlare fino all'ultima briciola della tua voce, ma non servirà a niente. Sei in un posto isolato, deserto, dove nessuno ti sentirà".
"Se questo è soltanto un brutto scherzo, vi prego di finirla presto".
"Ma c'hai paura? No perchè questo è soltanto l'inizio".
"Che volete da me?? Che minchia volete?".
"Il tuo sangue!!! Vediamo se mi riconosci".
Leonardo tolse la benda dagli occhi di Veronica così che lei potesse guardarlo dritto nello sguardo. All'inizio lei li chiuse per aver visto la luce dopo essere stata rinchiusa nel buio.
"Guardami" - il ragazzo premette la mano sulla sua guancia .
"Ma non lo so chi sei? Chi minchia sei?".
"Guarda bene...Negli occhi!".
"Ma io non ti conosco".
"Allora ti racconto una storia".
Leonardo prese una sigaretta e la portò sulla labbra dopodichè la accese... - "C'era una volta una donna adulta, forte, determinata che voleva  scalare la vetta più alta del potere. Un obiettivo, un desiderio troppo possente tant'è che per raggiungerlo dovette scendere a patti con la mafia : Rapire un bambino, assistere alla sua uccisione, seppellirlo. E non muovere un fottuto dito per impedirlo".
"Hai letto i giornali?".
"No, ho vissuto la faccenda in prima persona".
Leonardo si avvicinò al volto di Veronica - "Non è possibile".
Veronica lo riconobbe adesso, quella sfumatura marroncina l'aveva già vista, col tempo forse si era marcata, indurita, perchè ora non era più lo sguardo di un bambino indifeso, ma di un uomo adulto freddo e spietato che era pronto per la sua vendetta. 
"Si invece".
"Eri...Eri morto!".
"Certo che no stronza!! Respiravo ancora quando ero tra le tue braccia e tu lo sapevi e mi hai seppellito VIVO!!".
"Io non ci credo che sei il figlio dell'Abate, NON CI CREDO!Chi ti ha salvato?Com'è successo?".
"Filippo De Silva l'ha fatto e mi ha portato in Russia, ma non me ne fotte una minchia di rispondere alle tue domande" - Leonardo a quel punto accecato dalla rabbia prese la sigaretta e l'appoggiò sul braccio di Veronica. La donna urlò, ma questo non fermò l'ira di Leonardo - "Per colpa tua e della tua fottuta carriera politica, io sono cresciuto senza una madre e un padre".
"Cos'è? In Russia ti hanno dimenticato di insegnarti l'educazione? Che non lo sai che non si fa del male ad una donna?".
"A te invece non hanno mai insegnato che non si fa del male ad un bambino?".
Veronica strizzò gli occhi e schiuse la bocca, la bruciatura al braccio la faceva soffrire -"Ammazzami allora se è quello che vuoi" - diceva lei sottovoce - "ma fallo presto".
Leonardo tolse quella sigaretta ormai spenta sulla pelle della donna -"Eh no cara ex sindaco della minchia, così è troppo facile. Ti farò patire le pene dell'inferno e rimpiangerai quel giorno in cui non ti sei accorta che ero vivo mentre mi scavavi la fossa".
Veronica stordita dal dolore provocatole poco prima, chinò la testa e non appena la rialzò si accese in lei un barlume di speranza.
"Che cazzo hai da ridere?" - Leonardo le strattonò i capelli.
"Io c'ho qualcosa di tuo, non mi puoi uccidere".
"E che cosa avresti Colombo?" - sorrise appena Leo.
"I tuoi piccioli. I piccioli di tua madre".
"Ma che dici? Sii più chiara".
"Quelli che tua madre rubò a Mezzanotte, quelli usati per pagarti il riscatto".
"Ma mi pigli per uno scemo? Ti sembro uno scemo io? Quei soldi tu e quello stronzo di Achille Ferro, li avete investiti in quel partito della minchia".
"No... solo una parte, la mia parte soltanto è stata investita, gli altri 50 milioni di euro no".
"E dove starebbero questi 50 milioni di euro?" - il ragazzo rideva. Non credeva ad una sola parola di quella donna. 
"E no, così è troppo facile" - rispose Veronica imitando le parole di Leo dette poco prima.
Il ragazzo si avvicinò di nuovo e le strinse le guance con una mano - "non sei nelle condizioni di scegliere, Veronica Colombo. E poi pensi che io sia nato ieri? Se davvero quei soldi ci fossero, tu ti saresti pagata il miglior avvocato, avresti chiamato mezza Sicilia a testimoniare, e non ti saresti fatta 16 anni di galera".
"Io non ci sono potuta arrivare a quei soldi. Achille Ferro è morto prima di dirmi come accedervi".
"E che vuoi che me ne faccia di quei piccioli? Eh? Con quelli non si può cancellare il passato. Adesso ho davanti a me la donna che mi ha obbligato a vivere una vita che non volevo...Tu per me vali più di una miniera d'oro".
"Pensaci ragazzo, pensaci. E' vero, non puoi cambiare il passato, ma potresti modificare il futuro. Potresti ricostruirti la vita che ti è stata rubata, far fare la signora a tua madre che per tanto tempo è stata rinchiusa in un manicomio. Potresti rifarti una vita con una giovane ragazza che ti piace, garantirle un futuro".
"Basta. Smettila di frignare. Non ti credo. Mi stai dicendo un mucchio di menzogne".
Leo lasciò un attimo la presa di Veronica e si voltò un attimo a pensare. Forse la donna aveva ragione, forse quei soldi esistevano davvero, forse era proprio questo che aveva offerto ai Ragno : 50 milioni di euro. A quel punto allora prese una pistola, la caricò e la puntò dritto verso la donna. 
"E' questo che hai offerto alla famiglia Ragno?".
"Si, ma tu come fai a sapere che...".
"Lo so e basta!! Dimmi dove sono depositati quei soldi".
"Prima voglio che tu mi prometta una cosa".
"Io non ti prometto una minchia. DIMMI DOVE SONO QUEI MALEDETTI SOLDI!!!".
"No!".
Leonardo allora sparò puntando dritto ad una sua gamba. Veronica emanò un urlo. 
"Io non scherzo Colombo!!!!! Se non mi dici dove stanno quei soldi, ti costringerò a restare una vita intera su una sedia a rotelle. E questo mi darebbe più soddisfazione della tua morte!".
La donna stava per parlare, ma Leo la fermò un attimo prima - " vedi di dirmi la verità altrimenti tua sorella pagherà per te".
"Sono depositati in una cassaforte di una banca svizzera. Il numero è 656 e si apre con una combinazione che solo Achille Ferro conosceva. Un solo tentativo fallito e ti ritroverai la polizia addosso".
Leonardo le iniettò una siringa, lo stesso medicinale che aveva usato prima sotto casa sua. Così la donna si accasciò subito, un po per il dolore, un po per l'effetto della medicina. 
 Doveva chiamare De Silva, così avrebbe trovato qualcuno e insieme saranno andati a prendere quei soldi. Non era sicuro di quello che stava per fare. Forse era meglio finirla così dando il colpo di grazia a Veronica e al suo passato però c'era una voce dentro di lui che gli diceva di non farlo, di non macchiarsi di un crimine, perchè nonostante tutto il male che la donna di fronte a lui gli aveva recato, non riusciva ad ammazzarla e quella dei soldi era soltanto una scusa per non premere il grilletto.

Inanzitutto ringrazio tutti voi visto che siamo arrivati a +50 recensioni!!Forse per voi sarà poco, ma per me è già tanto credetemi, senza il vostro supporto probabilmente sarei arrivata solo ai primi capitoli XD. Ci tenevo a dirvi che nel capitolo avete sicuramente trovato errori come il "ma mi" oppure "però ma" che insieme come sappiamo, non ci stanno, ma è fatto apposta XD cioè quando si parla in dialetto e soprattutto il siciliano, spesso si dice :). Allora passiamo al capitolo : Leonardo ha ferito Veronica, ma non l'ha uccisa. L'asso nella manica che più volte ho citato, erano proprio quei soldi. Ma sarà vero? Oppure la donna si è inventata tutto? Il prossimo vedremo una Carmen completamente diversa infatti ho intitolato il capitolo : "La vendetta di Carmen"....sbizzarritevi con la fantasia ;). Manca poco alla fine comunque :).
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Capitolo 33
*** La vendetta di Carmen ***


33. La vendetta di Carmen 

Carmen era appena stata in questura a rispondere agli interrogatori di Calcaterra. Aveva raccontato tutto, anche i dettagli più intimi della sua storia con Tony...o meglio Leo. Perchè tanto ormai il ricordo di ciò che era stato, si era già sporcato. Ma una cosa non la disse, non disse che un giorno passeggiando per le vie di Catania, vide Leo nervoso parlare dietro il tronco di un albero e poco dopo imboccare una stradina semi deserta. Lo aveva seguito e lo vide entrare in una casa abbandonata, e quando uscì era vestito da poliziotto. Carmen rimase un po scossa, ma non diede tanto importanza a tutto questo perchè con la vita di quel ragazzo, lei non aveva più nulla di cui spartire. Ma adesso si. Adesso che lei aveva saputo tutta la verità, aveva messo bene in chiaro i punti della situazione. 
In questura disse a suo padre che andava a casa, di non seguirla perchè voleva stare da sola. Ma la solitudine di Carmen non fece altro che peggiorare il suo stato d'animo perchè in quella casa tutto sembrava parlare di Tony, l'unico ragazzo a cui aveva veramente donato il cuore. Ma come aveva potuto fargli del male così? Come aveva potuto coinvolgerla nei suoi piani e prendersi gioco di lei? Di una ragazzina inesperta lusingata da quelle piccole attenzioni? Carmen non trovò nessuna risposta a quelle domande, forse soltanto una : lui era un mafioso. E i mafiosi erano  persone prive di scrupoli che non pensavano al bene degli altri, almeno questo era quello che suo padre gli aveva insegnato. Eppure Carmen era pronta a giurare che in quello sguardo ci aveva visto qualcosa di bello, ci aveva visto amore. Ma forse anche quello era soltanto una recita.
E fu allora che Carmen pensò di fare una cosa. Una cosa che andava contro tutti i suoi principi, contro ogni valore : meditare vendetta. Come una furia andò dritta nella camera dei suoi genitori e aprì l'armadio di suo padre. Dietro degli scatoloni c'era un cassetto, la ragazza cercò le chiavi e quando le trovò, davanti ai suoi occhi c'era l'arma che avrebbe puntato il corpo di Leonardo. La prese in mano, non l'aveva mai vista così da vicino se non dentro la tasca dei jeans di suo padre. La nascose sotto la maglietta e prima di uscire, si diede un attimo un occhiata allo specchio : la ragazza ingenua e inesperta era sparita, dando spazio ad una nuova persona. Adesso aveva gli occhi colmi di odio, sbavati per via del pianto e arrossati. Mise in testa il cappuccio della sua felpa e uscì facendo finta di niente. Fece lo stesso percorso che aveva intrapreso Leonardo quel giorno, perchè secondo lei era in quella casa abbandonata che si nascondeva. 
Dopo quasi un ora di cammino, arrivò proprio di fronte all'abitazione. Dai vetri opachi di una finestra si intravedeva una figura maschile aggirarsi per la casa, con in mano un cellulare e l'aria nervosa. Si avvicinò ancor di più senza farsi vedere, e l'uomo era proprio quella persona che l'aveva spezzato il cuore.
Prese in mano la pistola e andò vicino alla porta d'ingresso. Era di legno, ma non quel legno massiccio magari dandole uno spintone, si sarebbe subito aperta. Carmen si allontanò un attimo e sprigionò tutta la forza in una sua gamba e così la porta si spalancò! La ragazza puntò l'arma davanti all'obiettivo mentre Leo impaurito si voltò. 
"Leonardo Abate" - pronunciò la ragazza con un filo di voce.
Leo capì e alzò di scatto le braccia. 
Aveva gli occhi sbarrati, mai aveva pensato di portare tanto squilibro in quella ragazza tanto  da fargli puntare una pistola contro di lui.
"Carmen" - disse senza fiato - "abbassa quella pistola! Potresti farti del male. Non sai usarla".
"Ah no? Troppe volte l'ho vista in mano a mio padre. Guarda che basta togliere la sicura" - e così fece - "e BOOM....ne basta uno!".
"C-come mi hai fatto a trovare?".
"Niente domande Leonardo, niente domande".
Carmen si avvicinò appena al ragazzo - "lo so che ti ho fatto star male, che ti ho fatto soffrire, ma ammazzarmi ti porterà soltanto altro dolore".
"Che ne sai tu? Eh? Tu non sai una minchia. Non sai cosa minchia mi può far bene e cosa mi può far stare male. Perchè non hai nemmeno una volta provato a conoscermi, hai messo il tuo sporco piano davanti ai miei baci, alle mie carezze, ai miei discorsi. Ti sei approfittato di me. Cazzo. Stavo per fare l'amore con te!!!!".
"Calmati Carmen. Forse non mi crederai. Ma non è vero quello che dici perchè quando stavo con te il mio passato me lo lasciavo alle spalle. In quei baci, in quelle carezze, in quei discorsi io ci ho messo soltanto AMORE".
"Sei un bugiardo. Continui a mentire soltanto per salvarti il culo perchè sai che alla fine io t'ammazzo. HAI CAPITO?".
"Carmen ti prego. Io lo so che ti ho fatto soffrire, ma non è come credi. Te lo giuro".
"Tu non sai cosa vuol dire per una ragazza di 16 anni , credere di aver trovato l'amore di un ragazzo per bene. Bello. Più grande di me. E da un giorno all'altro scoprire che  questo ragazzo non esiste. Che è figlio di una pluriomocida, che è un mafioso, che mi ha solo ricoperto di bugie, e che mi ha usata per un piano squallidissimo" - Carmen aveva  lottato contro tutte le sue forze per non piangere, per non farsi apparire debole nuovamente,ma adesso non riuscì più a calmarsi e le lacrime vennero giù senza nemmeno accorgersene.
"Tu non puoi minimamente immaginare quello ho dovuto passare io in tutti questi anni...Tu non sai cosa ho dovuto subire. Non potrai mai saperlo, come potresti. Sei cresciuta con l'amore di due genitori perfetti, rispettabili. Non sai cosa può provare un bambino rapito, portato via con la forza mentre è con la sua mamma. Credere di essere soltanto vittima di uno stupido scherzo che tra poco giungerà a termine. Non sai per un bambino cosa vuol dire trovarsi imbavagliato nel bagagliaio di una macchina e vedere in faccia l'uomo che ti spara. Non sai perchè l'ha fatto, non te ne fotte perchè a prevalere era il dolore. D'altronde mica può essere una gioia trovarsi una pollottola conficcata nel tuo pancino, nel pancino di un maschietto alto nemmeno un metro...   " - Leonardo stava continuando a parlare con le lacrime agli occhi, ma Carmen lo fermò.
"Le tue parole non hanno valore per me". Bugiarda. Perchè quelle parole Carmen probabilmente non le dimenticherà per tutta la sua vita. Perchè adesso in lei era sparita la rabbia, il dolore, l'odio per far spazio alla pena. Pena per quel povero bambino di 5 anni vittima di un sistema mafioso, che lo aveva visto solo e indifeso contro chi gli faceva del male. Ma come poteva al mondo esistere tanta cattiveria? Carmen proprio non seppe rispondersi. Guardò Leonardo spogliarsi di tutto quello che suo padre e Calcaterra le avevano raccontato. Guardò un uomo che forse per la prima volta nella sua vita si rivelava fragile e solo, con il viso rivolto al soffitto per non piangere. E si convinse che probabilmente quella persona che aveva di fianco, era soltanto un uomo che non aveva mai ricevuto amore. 
Ma Leonardo continuò il suo racconto - "E poi svegliarsi e trovarsi d'un tratto in un altra città con gente che non fa altro che ammazzare dalla mattina alla sera. Sono cresciuto a pane e odio con un solo unico obiettivo : vendicarmi. Così sono ritornato in Sicilia, ed ho incontrato te : tu hai sconvolto tutti i miei piani".
Carmen continuava a piangere e anche negli occhi di Leonardo scese una lacrima. La ragazza la vide, e rivide l'uomo di cui era innamorata. Perchè forse era vero ciò che gli diceva. Perchè in fondo si può mentire con la bocca, con i gesti, ma con gli occhi no, con gli occhi non si poteva mentire. Così abbassò lentamente la pistola che presto raggiunse il pavimento con un rumore assordante e restarono un po di tempo così...Immergendosi presto l'uno negli occhi dell'altro. Tentarono un avvicinamento, ma un lamento proveniente dall'altra camera, fece distrarre Carmen. 
La ragazza non disse una parole e Leonardo non fermò la curiosità di lei mentre andava nell'altra stanza. 
Una donna, legata, ferita, si lamentava su una sedia. Guardava Carmen impaurita o forse la implorava. Era lei. Era proprio Veronica Colombo : la causa di ogni male di Leonardo. Era tutta colpa sua se egli era diventato un mafioso. Era tutta colpa sua se Carmen era stata ferita nel cuore. Guardò appena il sangue che le scorreva da una gamba, voleva vomitare, ma resistette. Si voltò verso Leo - "Tu?" - disse con un filo di voce. Leonardo, Tony, era stato proprio lui a spararle? Veramente quel ragazzo che aveva davanti era capace di fare questo? E chissà cos'altro ancora per ottenere ciò che voleva...
Carmen scosse un po la testa ed uscì dalla camera inseguita da Leonardo. Si avvicinò alla porta.
"Carmen aspetta ti prego" - Leo l'afferrò per le spalle con degli occhi...occhi...teneri. L'accolse in un abbraccio tanto voluto, aspettato. Un abbraccio disperato, pieno di sentimento. Carmen si fece cullare immergendo la testa sul suo petto, stava singhiozzando. Leonardo non riuscì a farla smettere di piangere nonostante in quell'abbraccio ci investì tutto il suo cuore.
Carmen trovò il coraggio di allontanarsi - "Dici di volermi bene...DIMOSTRALO!"- disse guardandolo dritto negli occhi con la speranza di riscire nel suo intento - "libera la Colombo e consegnati alla polizia".


E' durata veramente poco la pazzia di Carmen XD. Lo so che vi ho lasciato sul più bello, ma un po di suspance ci vuole no?? Cosa farà Leonardo messo alle stette da Carmen? Vi anticipo che poi faranno irruzione alcune persone.....la squadra o altri cattivi?? Lo scopriremo presto ;). p.s buona visione per la puntata di stasera!!!
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Capitolo 34
*** In ostaggio ***


34. In ostaggio

"Tutto farei per te! TUTTO! Ma non puoi chiedermi questo, cazzo" - Leonardo diede un calcio ad una sedia li vicino - "NON PUOI. E' da una vita che aspetto questo momento".
Carmen abbassò lo sguardo. Quella risposta se l'aspettava, ma lei volle tentare il tutto e per tutto quindi gli andò vicino accarezzandogli il collo - "ma ci pensi? Potremo ricominciare tutto daccapo. Non andrai in galera. I giudici terranno conto di quanto hai passato e sarai un uomo libero in tutti i sensi. Tony" - Carmen alzò lo sguardo - "Leonardo! Ti sto offrendo una possibilità. Una possibilità per cancellare tutto il male che mi hai fatto e ricominciare insieme, noi due. Contro tutti e tutti".
Leo era combattuto. Da una parte ciò per cui aveva lottato con tutte le sue forze fin da bambino, e dall'altra tutto ciò di cui aveva bisogno. Forse veramente una piccola parte di se era stato convinto da quelle parole. Da quel quanto amore. Da questa graziosa fanciulla che era pronta a mettere da parte tutti i torti subiti pur di stare con lui. Leonardo con il cuore aveva già scelto, ma con la mente no. Lasciò cadere piano le mani di Carmen dal suo volto e le baciò le nocche. La ragazza intuì, aveva già capito. Si voltò per andare via, ma venne fermata dalle parole di Leonardo - "andrai dalla polizia?".
"No" - una risposta secca e inaspettata - "l'unica vittima di questo sistema sono io. Già tanto mi avete messo in mezzo. Questa volta scelgo di tenermi fuori. Questa volta scelgo io".
Carmen aprì la porta, ma fu costretta ad indietreggiare perchè un esercito di uomini le puntavano pistole addosso. Corse riparo dietro le spalle forti e possenti di Leonardo.
"Chi minchia siete?" - chiese Leo spaventato più per la ragazza che per se stesso.
"Volevi fotterci?"- disse uno di loro.
Carmen nascosta dal corpo di Leonardo si piegò lentamente e senza farsi vedere, prese la pistola che aveva poco prima gettata a terra. E la passò tra le mani di Leonardo che aveva dietro la schiena molto lentamente.
"Chi minchia siete?".
"La famiglia a cui volevi fottere il podio. Piacere Saro Ragno" - dichiarò il ragazzo ridendo.
"Piacere mio : Leonardo Abate" - e sparò. Un colpo dritto nel petto e l'uomo non riuscì più a reggersi in piede.
Leo e la ragazza raggiunsero la stanza in cui vi era Veronica Colombo mentre quegli scagnozzi inveivano su di loro sparando a tutta forza. I due si appoggiarono alla parete e chiusero la porta alle loro spalle - "SE BUTTATE GIU' LA PORTA, NON VEDETE UNA MINCHIA DI UN SOLDO PERCHE' AMMAZZO VERONICA, CHIARO?".
 I Ragno sembravano non sparare più e Leonardo iniziò a sussurrare qualcosa a Carmen- "Vai in bagno. Dietro a delle piastrelle vi è nascosta una porta, un uscita secondaria, prendila! E chiama Calcaterra".
"No. Tu vieni con me".
"Non posso con lei ancora qui" - disse Leo indicando Veronica -"VAI".
Carmen dopo un po diede ascolto alle parole di Leo e prima di raggiungere la porta del bagno, gli lasciò un bacio sulle labbra.

Poco dopo in questura.....
Calcaterra ritornò di nuovo del suo ufficio. Vi trovò Rosy ammanettata sul divanetto di fronte alla sua scrivania.
"Ti hanno abbandonata qui perchè hai fatto impazzire mezzo commissariato?" - chiese l'uomo sorridendo.
"Calcaterra non sono in vena di scherzi" - Domenico annuì e si avvicinò a lei liberandola dalla manette. Si sedette accanto a lei.
"Lo troveremo tuo figlio" - Mimmo l'accarezzò leggermente la guancia mentre Rosy sviò lo sguardo.
"E' la stessa cosa che mi dicesti 16 anni fa".
"Questa volta è diverso Rosy. Questa volta è Leonardo che non vuole farsi trovare, nessuna minaccia incombe su di lui".
"Quando c'è di mezzo De Silva non bisogna dare nulla per scontato, Domenico".
L'ispettore accolse tra le braccia la sua donna. Visto che non riusciva a consolarla con le parole, bisognava provare a farlo con i gesti e quale gesto migliore di un abbraccio potrà mai riuscire a rassicurarla? Anche Rosy si affidò a quell'abbraccio. Nella vita Rosy non si era mai fidata di nessuno, ma questa volta volle provarci.
Ad interrompere quell'atmosfera quasi magina che si era creata in un ufficio di una caserma fu Sandro che entrò dalla porta come una furia.
"Mia figlia è scomparsa!".
Domenico si alzò di scatto dal divano - "Sandro spiegati meglio. Era qui poco fa".
"Io non mi spiego un cazzo con lei qui".
Rosy sbuffò e consegnò i suoi polsi a Calcaterra. L'uomo non le mise le manette - "Lei rimani qui. E' coinvolta nelle indagini almeno quanto noi".
"Senti Mimmo, a me già sta scoppiando il cervello, fa come cazzo ti pare".
"Dimmi tutto".
"Sono arrivato a casa e lei non c'era. Ha portato con se la mia pistola".
"Cosa? Ma ne sei sicuro?".
"Sicurissimo".
"Sandro, mi sa che tua figlia non ci ha raccontato tutto".
"Tu credi che possa...".
"Uccidere? Lo escludo! Ha portato con se il cellulare?".
"No, l'ha rimasto a casa".
"Di male in peggio. Adesso le persone da cercare sono due".
"Che cosa stai insinuando Mimmo? Che se la situazione peggiora è colpa di Carmen adesso? Tutto questo casino è successo soltanto per via di suo figlio" - continuò arrabbiato Sandro, puntando il dito su Rosy.
"Adesso basta" - Rosy era riuscita a non emettere una parola, ma adesso si era stancata di subire - "è inutile dare colpe adesso. E' successo. Purtroppo nessuno sa spostare le lancette dell'orologio all'indietro quindi adesso basta litigare e continua a fare il tuo fottuto lavoro".
Rosy si avvicinò ancor di più a Sandro - "Pietrangeli io e te stiamo sulla stessa barca. Io voglio trovare mio figlio e tu vuoi trovare la tua".
"Rosy ha ragione cazzo! Dobbiamo trovarli, presto!! E per farlo c'è solo una persona in grado di aiutarci, Andrea! Lo farò parlare con le buone o con le cattive".
Prelevarono Andrea dalla cella provvisoria in cui vi era stato in questo poco tempo. Il ragazzo venne subito sbattuto nell'ufficio di Calcaterra. Adesso era sotto interrogatorio da lui.
Domenico si alzò le maniche della maglietta e si sedette di fronte al giovane ragazzo. Lo guardò dritto negli occhi per un po, poi il ragazzino non resse quello sguardo intimidatorio e abbassò gli occhi.
"Dimmi dove sta Leonardo o ti lascio libero" - iniziò Domenico con il suo solito tono minaccioso per niente adatto al ruolo da poliziotto.
Andrea perplessi rialzò lo sguardo : "come scusa?".
"Ti lascio libero! Così i tuoi amici credono che tu hai parlato e ti ammazzano. Semplice".
"Sbirro di merda" - disse il ragazzo sottovoce, ma quelle parole furono anche sentite da Domenico. E subito dopo lo prese per il collo, ma senza indugiare più di tanto.
"Non ti permettere!! O parli o davvero ti do in pasto ai cani. Ti conviene stare in galera.  A te la scelta".

Nella casa abbandonata...
Leonardo era in preda al panico, ma non tremava dalla paura perchè era sicuro delle sue capacità e il pensiero di Carmen libera lo rasserenava. Adesso poteva agire senza preoccuparsi di proteggere la ragazza. O almeno fin quando....
"Leonardo!! Esci da quella porta" - urlò un fantoccio dei Ragno dall'altra parte - "ti conviene uscire. Ho con te la tua bella amichetta".
"Ah pure bugiardi siete. La mia amica è scappata, è andata a chiamare gli sbirri. Tra poco sarete rinchiusi tutti dentro un buco".
"Non ci credi. Allora ascolta. Parla bedda mia, parla".
Carmen singhiozzando riuscì a proferire parola - "mi hanno presa per davvero scusa".
Era vero. Tutto vero. Carmen non era riuscita a scappare. Era prigioniera tra le braccia di un pericoloso mafioso. Adesso Leo doveva escogitare qualcosa e alla svelta.
Così slegò presto Veronica e la fece alzare - "adesso fai quello che dico io" - le raccomandò dopo di che uscì dalla stanza con la donna sotto mira e la punta della pistola premuta sulla schiena.
Leonardo si sentì morire dentro non appena vide Carmen fragile, tremare di paura con una pistola attaccata alla tempia, cercò di non guardarla molto altrimenti si sarebbe distratto. Rivolse lo sguardo all'uomo che l'aveva sotto tiro - "E' lei che volete! Volete la Colombo. Ve la do, però voi lasciate la ragazza".
"Ti sbagli Abate, noi non vogliamo la Colombo, vogliamo i suoi piccoli e questo può dircelo tranquillamente adesso. Una bocca ce l'ha".
"Ti sbagli tu Ragno, questa non apre bocca fin quando non glielo ordino io!!".
L'uomo di fronte ebbe un espressione ancor più arrabbiata, furiosa, Leonardo temeva per la vita di Carmen. Ma l'avrebbe salvata, a qualsiasi costo.

Scusate per avervi fatto aspettare così tanto ma ultimamente sono impegnatissima =( . Mi dispiace lasciarvi così! Adesso cosa farà Leonardo? Riuscirà a salvare Carmen? E che fine farà Veronica? Scapperà con i Ragno? Domenico riuscirà a far parlare Andrea? Tutte le risposte a queste domande nel prossimo capitolo! Vi garantisco che ci sto già lavorando perchè dovrà essere spettacolare per quello che ho in mente ;).
Grazie di cuore a tutti quelli che mi seguono e che non perdono neanche un capitolo, GRAZIE!!!
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Capitolo 35
*** Tra le fiamme p.1 ***


35. Tra le fiamme p.1

I due ostaggi tremavano. Sia Veronica che Carmen temevano per il loro futuro. Tra non molto si decidevano le loro sorti. Erano l'una di fronte all'altra. Carmen la guardò un attimo negli occhi. Ci lesse la sua stessa paura. Era incredibile se non impossibile per lei che una donna ridotta in questo stato, con questo timore così grande, possa essere stata l'artefice di un atrocità come rapire e permettere di ammazzare un bambino. 
"Allora facciamo una cosa. Al mio tre le lasciamo entrambe ok?" - parlò l'uomo di cui non si conosceva il nome.
"Si, ma non fare minchiate!" - rispose Leo.
"Uno" - iniziò a contare l'uomo.
"Due" - continuò Leonardo.
"TRE" .
Leonardo si sbarazzò della Colombo gettandola per terra di malo modo così come aveva fatto l'altra persona con Carmen. Le due donne si ritrovarono vicinissime faccia a faccia. E Leonardo corse dalla sua ragazza. Si inginocchiò e la prese tra le braccia, baciandole la testa.
"Prima che la faccio parlare" - intervenì guardando Veronica - "voglio sapere chi minchia è stato che mi ha tradito. Come avete fatto a trovarmi?".
"Lo saprai a tempo debito! Adesso parla, Veronica. Dimmi dove sono depositati quei piccioli".
La donna che a malapena riusciva a reggersi in piedi per via della gamba insanguinata, guardò Leonardo prima di parlare, il ragazzo annuì e lei incominciò il discorso.
"Sono in una banca svizzera. Dentro ad una cassaforte. Il numero è 656, ma è impossibile accedervi".
"Come impossibile!! Perchè?".
"Non lo so. Io ci ho provato, ma si apre con una combinazione che solo Achille Ferro.." - e Veronica si accasciò al suolo. Non era morta, ma svenuta. Era ferita e aveva perso molto sangue.
Veronica Colombo aveva parlato. I Ragno erano in tanti e Leonardo capì di essere in serio pericolo adesso perchè lui e Carmen erano i testimoni di tutto questo. Loro avevano visto tutto. Sapevano tutto. 
"Ammazzate solo me vi prego" - disse in un attimo di lucidità con le lacrime agli occhi. Carmen lo sguardo spaesato.
"Sedetevi" - commentò uno di loro. 
Uno degli scagnozzi dei Ragno prese due sedie. Le mise vicino. Carmen e Leonardo presero posto. I due erano messi schiena contro schiena. Il ragazzo non capì le loro intenzioni poi tutto apparve più chiaro.
L'altro prese una corda e legò prima i polsi di Carmen alla sedia poi fece la stessa cosa con le caviglie. Così in breve tempo, si trovarono entrambi legati, immobili. E non opposero resistenza perchè una piccola esitazione sarebbe stato un errore vitale per loro. 
"Io vorrei solo sapere chi è il bastardo che mi ha sputtanato".
I Ragno e la sua banda con la Colombo sotto braccio, uscirono dalla casa con aria di vittoria per far spazio ad un altro uomo che stava entrando da quella porta in punta di piedi. Leonardo alzò piano lo sguardo e lo riconobbe subito. Era De silva! L'uomo che nel passato l'aveva salvato e adesso condannato a morte. Non ci volle molto a capire. Era stato lui a tradirlo, c'era lui dietro tutto questo. Rosy, sua madre, aveva sempre avuto ragione :  De silva l'aveva solo usato. Aveva fatto leva sulla sensibilità di Leo per arrivare ai suoi obiettivi, servendosi di lui...
"Brutto figlio di puttana" - a quel punto Leonardo non fermò il suo nervosismo e scaricò tutto su quell'uomo meschino.  Si dimenava sulla sedia sperando al più presto che quelle corde si rompessero per scaraventarsi su Filippo e picchiarlo fino alla morte.
"Qual'è stata la prima cosa che ti ho insegnato?" - domandò l'uomo con freddezza nello sguardo.
Leonardo non ci pensò tanto - "non fidarti mai di nessuno".
"E infatti! Hai sbagliato a fidarti di me Leonardo, mi dispiace".
"Mi dispiace una minchia!! PERCHE'?".
"I Ragno sono potenti. Conoscono finanzieri, informatici, imprenditori, possono arrivare prima a quei soldi".
"Io li maledico. Maledico quei soldi. Maledico chi ce li avrà perchè sono soldi costruiti sulla pelle di un bambino!!!".
"Ma saranno sempre piccioli" - continuò De Silva imitando la cadenza siciliana - "Prima di andarmene però voglio farti un regalo, un ultimo regalo... Guarda".
Filippo prese tra le braccia Veronica Colombo ormai muribonda e la gettò atterra. Prese la pistola, la caricò, e le sparò un colpo soltanto nell'addome. Carmen saltò dalla sedia, aveva riconosciuto il rumore dello sparo, e capì anche chi fosse stato colpito. Fu contenta di non aver visto la scena davanti ai suoi occhi perchè di spalle, non lo avrebbe sopportato. Non avrebbe sopportato altra violenza.
Leonardo chiuse per un attimo gli occhi e quando li riaprì Filippo era già sull'uscio della porta -"Come cazzo li avete legati? Tra poco questi si libereranno" - domandò a uno della banda. Poi si avvicinò nuovamente a Leo e annodò meglio la corda legata ai suoi polsi.
"Mi fai schifo!!" - gridò Leonardo per l'ultima volta mentre lo guardava negli occhi. Poi gli sputò in faccia. Filippo si passò una mano sulla guancia e proseguì fino all'ingresso. 
Gli uomini dei Ragno arrivarono con grosse bottiglie in mano. In poco tempo circondarono la casa di un liquido maleodorante, era benzina.
"Oh. Che minchia fate? Che minchia fate? Ci volete bruciare? Filippo? Salva lei almeno cazzo!! Salvala!".
"Lei sa troppe cose. Tu l'hai coinvolta. E tu ne paghi le conseguenze".
"No. Merda. No. Ti prego Filippo".
De silva non si fece convincere nemmeno un po dalla disperazione di Leo.  Arrivò alla porta principale, prese un fiammifero, lo accede e lo gettò a terra.
La casa si circondò di fiamme e quei pochi oggetti presero presto fuoco. Veronica per prima prese fuoco. Leonardo guardò per un attimo quel corpo bruciare tra le fiamme e pensò che tra non molto, anche loro due finiranno così. Leonardo cercava di slegarsi, ma non ci riusciva.
"E' inutile Leonardo. Moriremo. Qui" - disse con angoscia Carmen.
"No! Noi non moriremo così. Tu non morirai così. Te lo...".
"Non promettere se sai di non mantenere".
"Mi dispiace. Minchia se mi dispiace. Dovevo proteggerti, non coinvolgerti. Non me lo perdonerò mai".
"Ho caldo. Sento troppo caldo".
"Carmen? Carmen?".
"Si" - rispose dopo un po la ragazza.
"Parlami. Non arrenderti così. Tieni gli occhi aperti. Raccontami un po di te. Parlami di cose belle".
"L'unica cosa bella che ho avuto dalla mia vita sei stato tu".
A Leonardo scese una lacrima, nonostante Carmen fosse in pericolo per colpa sua, la ragazza spendeva ancora belle parole per lui.
"La prima volta che ti ho visto ho pensato : ma come minchia se la tira questo!".
Sorrisero un po entrambi.
"Poi hai incominciato a corteggiarmi, a chiamarmi. Mi sono chiesta cosa avessi di così tanto speciale per essere al centro dei pensieri di un ragazzo più grande. Che poteva avere milioni di donne più mature di me, più esperte. E perchè tra tante ha scelto proprio me! Poi ho incominciato a fidarmi di te, delle tue parole, dei tuoi occhi. Ero pronta anche a concedermi a te, a fare l'amore con te. Poi è arrivata la mazzata! Quando ho scoperto che mi avevi solo usata, sono stata così male che mai avrei immaginato di poter provare tanto dolore. E quando sono arrivata qua, volevo davvero ammazzarti, ma non ci sono riuscita. E sai perchè? Perchè ho capito di essermi innamorata di un bravo ragazzo. Perchè dietro a questa facciata di uomo mafioso, ho capito che si nascondeva davvero quel Tony che ho conosciuto".
"Mi dispiace. Ora dovresti soltanto odiarmi".
"No. Sai qual'è la cosa positiva di tutto questo?" - Carmen iniziò a tossire e a non scandire bene le parole - "che siamo insieme. Che moriremo insieme. E che nessuno dei due dovrà vivere con la sofferenza di essere lontano dall'altro".
Leonardo non parlò. Lui era sempre stato un tipo di poche parole. Ormai le guance erano completamente inondate di lacrime, non aveva mai così pianto in tutta la sua vita. 
"Carmen?" - chiamò la ragazza sperando che lei rispondesse - "CARMEN?".
"Si?" - rispose dopo un po.
"Cosa vorresti sentirti dire adesso?".
Carmen tossì. L'odore di bruciato arrivò presto alle sue narici. La respirazione cominciò a rallentare. Stava quasi per perdere i sensi - "Ti amo" - disse a Leonardo come risposta alla sua domanda e perchè quelle due paroline le sentiva da dentro al cuore.
Leonardo anche iniziò a respirare con fatica. Quelle sarebbero state le sue ultime parole e senza pensarci più di tanto le disse anche lui -" e allora ti amo".
Sussurrò appena quelle due parole più per accontentare se stesso che Carmen. Perchè stava quasi per mollare la presa. Tutto era finito. E non poteva andarsene da questo mondo prima di esclamare in una stanza grigia e calda, tutto l'amore che aveva provato per la sua ragazza.
Carmen fu la prima a svenire. E Leonardo lo percepì dai suoi singhiozzi che d'improvviso cessarono. Il ragazzo si maledì per questo. Per aver ricevuto l'ennesimo castigo di sentir morire per prima la donna che ama. 

Preparati i fazzoletti?? Vabbeh...ho diviso il capitolo in due parti perchè troppo lungo! Non voglio anticiparvi nulla perchè vi rovinerei la sorpresa. Vi lascio semplicemente con alcune domande : Leonardo si salverà da solo o verrà salvato da qualcuno? Carmen morirà?... Alla prossima gente =).
p.s grazie immensamente per i complimenti e per le tante recensioni che mi scrivere. Mando un saluto speciale a tutti quelli che mi scrivono in privato sulla mia pagina riempiendomi di complimenti, grazie tante!!
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Capitolo 36
*** Tra le fiamme p.2 ***


36. Tra le fiamme p.2
Proprio mentre i suoi muscoli si stavano indebolendo sempre di più e la sua testa stava per accasciarsi definitivamente, Leonardo ebbe un flashback, una specie di visione del suo passato tormentato. 
L'episodio raccontava di un ragazzino di 12 anni. Fuori al giardino protetto di De Silva, Leonardo avanzava tra i cespugli per nascondersi dalle grinfie di uno scherzo, di un gioco, architettato proprio da Filippo.
Quando trovò il nascondiglio perfetto dietro ad una siepe, un sorriso gli arricchì il volto perchè era riuscito ad incastrarlo. Non fu così perchè dopo pochi minuti, quegli occhi terrificanti e la risata famelica di quell'uomo, gli arrivò a due millimetri dalla faccia. Leonardino sussultò.
"Sei proprio una frana a nasconderti. Se continui così, quando tornerai a Catania, e dovrai nasconderti, non ci metteranno poi tanto a trovarti".
Leonardo annuì poi venne preso per il braccio e portato al centro su di una sedia in mezzo al prato verde.
"Spero che almeno questo riuscirò ad insegnartelo" - De Silva estrapolò da una delle sue tasche una corda. Legò i piccoli polsi di quel fanciullo all'indietro, ignaro di cosa potessero fargli. Li legò entrambi molto stretti, quasi a bloccargli la circolazione del sangue. Ma Leonardo era abituato... Era abituato a questo e a tanto altro.
"E adesso liberati" - Filippo lo lasciò li da solo. In mezzo a quel verde che di speranza gli ricordava ben poco. 
Il bambino urlava mentre si alzò - "E come faccio eh? E' troppo stretto".
"Non lamentarti Leonardino. Un nodo soltanto ti ho fatto. Riuscirai a slegarti. E' facile! Ricorda : l'intelligenza è la miglior arma di combattimento, nel nostro mondo".

-
"Figlio di puttana!!" - esclamò Leonardo ridendo e  urlando con tutta la voce che aveva in corpo. Rimase un attimo lucido nonostante stesse quasi per perdere i sensi. Ricordò lo stesso identico nodo che lo costrinse a cingere entrambi i polsi molti anni prima. De silva l'aveva fatto apposta. Aveva dato lui stesso l'ultima controllatina alla corda per far sì che si liberasse da solo.
Riuscì a liberarsi presto le braccia, non ebbe nemmeno il tempo di massaggiarsi la parte ferita che continuò ad inveire contro le caviglie. Le fiamme intanto avanzavano sempre più vicino a lui. Leonardo tossiva, ma non poteva mollare adesso, non ora. Cercò di trattenere il respiro mentre si avvicinava a Carmen. Guardò per un attimo il viso di quella povera ragazza. Era spento, silenzioso e inerme. Ma Leonardo continuava a sentire dentro di se che ella era ancora viva. Le accarezzò leggermente le guance ed arrivò anche alle corde della ragazza dopodichè la prese in braccio. Avanzò con passi lenti, le gambe erano sempre più deboli, non riusciva più a reggersi in piedi e per di più aveva tutto il peso di Carmen tra le braccia. Poteva uscirsene da solo, e così oltrepassare meglio le fiamme, ne sarebbe uscito vivo. Ma senza di lei non poteva andare da nessuna parte. O moriranno insieme o vivranno insieme. 
Non seppe da dove acquistò tutta quella forza nei muscoli per sorreggerla, ma forse la voglia di sopravvivere prevalse sulla forza fisica. Leonardo stava ancora respirando un ingente quantità di fumo. Adesso doveva solo fuggire di li e tutto sarebbe finito. Cercò di evitare gli oggetti che presero fuoco e oltrepassò il corpo di di Veronica ormai ridotto in un cumulo di macerie, con una pizzico di tristezza. Era arrivata ad odiarla a tal punto da volerla vedere morire per mano sua, e adesso che si era liberato di lei seppur non per conto suo, non riuscì a non provare un briciolo di amarezza verso quella donna. Ma forse la vita l'aveva in qualche modo ripagata del male che gli aveva fatto, morendo lentamente nel peggiore dei modi. Sedici anni fa Achille Ferro le ordinò di sbarazzarsi del corpicino di Leo per farlo prendere fuoco, ma la donna riuscì solamente a seppellirlo. E adesso tutto gli si era rivoltato contro. Adesso era lei a bruciare....
Non vide il corpo di Saro Ragno che prima era stato colpito da lui. Forse si era già carbonizzato o forse De silva e i suoi uomini erano riusciti a portarlo in salvo.
Leonardo scappò più in fretta che poteva in quella casa, oltrepassò la soglia. 
Respirò finalmente aria pulita, era circondato da odore di foglie appassite. Riuscì ad arrivare a pochi metri dall'abitazione. Poi si voltò un attimo e vide quella casa bruciare del tutto. 
Adesso era realmente tutto finito. Da li in poi sarebbe cambiato tutto. Leonardo sarebbe cambiato. Riprenderà i rapporti con sua madre e Domenico, chiederà perdono a Carmen e ai suoi genitori, riprenderà a vivere. Perchè una parte di Leonardo era morta anch'essa tra le fiamme. Il suo passato terribile, la sua sete di vendetta, erano morti assieme a quella donna artefice del suo destino crudele.
Il ragazzo si ritrovò presto in ginocchio, le gambe non resistettero più. Aveva ancora tra le braccia il corpo di Carmen, lo cullò ancora per un po. Le scostò una ciocca di capelli bagnati dal volto e le prese il volto tra le mani. Baciò una sua guancia poi cadde all'indietro, quel rosso fuoco che ancora gli accecava gli occhi, fu l'ultima cosa che vide.

Aggiorno nonostante la febbre (che palleee ohh).Scusate per il capitolo abbastanza breve, ma forse dovevo equilibrare meglio i due capitoli XD. Spero che vi sia piaciuto lo stesso =)...e vi ringrazio per le +60 recensioni, per me è un traguardo importantissimo *-*....Vi anticipo che nel prossimo capitolo assisteremo al risveglio di Leonardo e parlerà con una persona molto vicina a lui : Rosy o Domenico? Carmen si sveglierà? De silva è riuscito a fuggire coi Ragno? Lo scopriremo presto =).
p.s passate nella mia pagina fb dedicata a sam! Con tutte le news sulla sesta e settima serie -> https://www.facebook.com/squadraantimafiamania

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Capitolo 37
*** Come un figlio ***


37. Come un figlio

Quando Leonardo aprì gli occhi si accorse subito di essere in un letto d'ospedale. Non riusciva a parlare perchè la sua bocca era chiusa da una mascherina, il braccio tenuto fermo da una flebo. Alzò l'altro e si tolse l'apparecchio che circondava le sue labbra. Spostò lo sguardo e vide sua madre seduta su di una sedia, appoggiata con la testa sulla parete, stava dormendo. Leonardo si mosse un po, ma gli uscì un lamento. E sua madre si svegliò.
Rosy rivide finalmente suo figlio vivo e vegeto. Si avvicinò a lui dandogli leggere carezze con le lacrime agli occhi.
"Ti sei svegliato figlio mio, ti sei svegliato" - cominciò a sbaciucchiarselo tutto proprio come quando era un bambino con le guance paffutelle.
"Carmen" - riuscì a dire Leonardo dopo aver ricordato tutto l'accaduto - "Carmen. Come sta?".
"Bene sta".
"Io voglio vederla" - affermò prima di scaraventare le lenzuola e cercando di mettersi in piedi.
"No. Sei ancora moribondo!" - Rosy riuscì a fermarlo - "E poi per ora è meglio che stai lontano da lei. Suo padre ha voluto a tutti costi trasferirla in un altro reparto. Non vuole nemmeno sentire il tuo nome".
"Ma lei come sta?".
"Mmm ti ho detto bene sta! Si è svegliata prima di te, l'ho saputo qualche ora fa".
Leonardo tirò un sospiro di sollievo. Sperava e sapeva che in cuor suo fosse viva, ma averla vista in quello stato così debole, gli fu sorto qualche dubbio.
"E tu? Tu come stai?".
"Mi sento bene mamma".
"Ho creduto di poterti perdere di nuovo, questa volta giuro che non sarei riuscita a sopravvivere".
"Mi dispiace, mi dispiace".
Leonardo baciò le mani di sua madre. 
"Non è stata colpa tua".
"Come avete fatto a trovarmi?".
"Il tuo amico con cui facevi gli affari, Andrea! Calcaterra se le tenuto per ore sotto interrogatorio, poi è crollato".
"Domenico" - sospirò appena. Doveva parlare con lui il più presto possibile, chiedergli scusa per tutti i casini che aveva combinato.
"E' andato a prendere un caffè con Pietrangeli, è rimasto qua con me per tutta la notte".
"Io devo vederlo mamma" - suonava come una supplica. Leonardo teneva ancora le mani di sua mamma strette tra le proprie. Rosy alzò lo sguardo e attraverso il vetro dell'ospedale incontrò gli occhi di Domenico indeciso se varcare la soglia della porta o rimanere li in disparte a godersi quell'incontro tra una madre e un figlio.
Rosy baciò le guance di Leonardo e seppur con dispiacere, sciolse l'intreccio tra le mani  che la vedeva legata a suo figlio e uscì fuori dalla stanza.
Leonardo li vide parlare per poi abbracciarsi, sorrise appena e dopo un po vide entrare Domenico. Sua madre rinunciava di stare con lui per dar spazio al chiarimento che vedeva protagonisti in fondo, un padre e un figlio.
Domenico avanzò lento e si sedette sulla sedia dove prima era seduta Rosy. Si passò le dita sulla barba appena accentuata su cui spuntava qualche capello bianco, e gettò la testa all'indietro. Osservava ogni minimo particolare di quel ragazzo. Ogni tipo di lineamento : Il visto tondo, le guance piene, gli occhi marroni, il nasino perfetto. Si chiedeva come diavolo ebbe fatto quella giornata in piazza, a non riconoscerlo. Era identico a lei, a sua madre.
Domenico era nervoso, non sapeva come iniziare il discorso, Leonardo lo guardava con lo sguardo basso, non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi. Perchè sapeva di averlo ferito, e adesso che aveva capito il dolore che gli aveva recato,  si sentì male al pensiero che Mimmo non fosse stato fiero di lui.
"Mi dispiace Mimmo, ti giuro che mi dispiace" - Leonardo ruppe il silenzio che divenne imbarazzante. Avrebbe voluto dirgli tante, tantissime altre cose, ma lui non era bravo con le parole esattamente come sua madre. Preferiva starsene zitto e dimostrarle le cose piuttosto che discuterne per ore e ore - "non volevo deluderti. Era l'ultima cosa che volevo fare, minchia!".
"Sta zitto!" - Domenico si sbilanciò in avanti, quell'affermazione non era dettata dalla rabbia - "sta zitto e abbracciami".
Leo sorrise appena e fu il primo ad allargare le braccia. Il corpo ancora gli procurava delle fille, ma il dolore fisico veniva ben ripagato da una stretta forte e sincera. Quanto lo aveva desiderato in tutti questi anni, quanto tempo era stato a rimpiangere tutti quei momenti in cui era un bambino circondato dall'affetto di un uomo che era stato come un padre per lui. Adesso però non erano più semplici ricordi, adesso era tutto reale. 
Rosy dall'altra parte del vetro rimase a vedere tutta quanta la scena con le braccia conserte. Era commossa perchè finalmente i due uomini più importanti della sua vita si erano chiariti abbattendo ogni tipo di barriera con un abbraccio.
"Mi dispiace per essermi fermato all'apparenza cazzo! Mi dispiace di non averti cercato" -  si rimproverava Domenico lasciandosi andare ancora di più tra braccia di Leonardo.
"Tu non potevi sapere Mimmo!" - affermò Leo che dopo essere stato stretto così intensamente emanò un piccolo lamento.
Domenico lasciò per un attimo le braccia di Leo - " Devi prenderli. Deve prendere De Silva, i Ragno. Devi farlo minchia! Non voglio che altre persone possano andarci di mezzo, non voglio che facciano del male più a nessuno".
"La mia squadra se ne sta occupando. Sono andati in quella banca Svizzera, ma non c'era traccia di nessuno".
"Sono riusciti ad accadere a quei piccioli?".
"Si, ma ci sono posti di blocco dappertutto. Abbiamo radunato i miglior poliziotti che esistano, questa volta li fottiamo noi Leonardino!".
"Lo spero" - il ragazzo tenne lo sguardo basso - " e adesso cosa mi succederà? Andrò in galera?".
"No. I giudici terranno conto del tuo passato".
"Ma ho fatto affari con la mafia Domenico, ero loro complice".
"Eri costretto a farlo".
"Non è vero! Io volevo vendicarmi".
"Ci stai aiutando tu a prenderli. Non ti succederà niente. Devi stare tranquillo".
"Ci sarà un processo?".
"Si, ma questo avverrà tra un po di tempo. Devi solo pensare a rimetterti adesso. E cercare di recuperare il tempo perduto".
Domenico gli accarezzò la guancia e Leonardo chiuse leggermente gli occhi - "io ti voglio bene lo sai?"- riuscì a dire con un leggero imbarazzo.
"Anche io ti voglio bene. Ti voglio bene come un figlio".
"Ed io te ne voglio come un padre".
Un infermiera entrò proprio in quel momento - "adesso però basta eh? Vi ho concesso anche fin troppo tempo. Il ragazzo deve riposare".
"Ma io sto bene".
"Si, ma dovremo fare altri accertamenti e per farli bisogna che tu stia in forze".
"Va bene dottoressa" - Domenico si alzò e prima di uscire baciò la fronte di Leonardo.
Rosy era nella sala d'attesa a prendersi un caffè in una di quelle solite macchinette.
"Ne vuoi un po?"- chiese con strafottenza non appena vide Calcaterra.
"No. Mi agita".
Rosy si sedette vicino a lui - "com'è andata con Leo?".
Domenico sorrise.
"Che minchia ridi?".
"Lo sai no?".
"Ma sapere cosa?".
"Cosa ci siamo detti, che abbiamo fatto...Tu eri li!".
Rosy fece finta di tossire per poi bere un sorso di quel caffè dal gusto orribile - "minchia, fa schifo!!".
"Non cercare di cambiare discorso" - disse Domenico strappandole dalle mani il bicchierino .
Rosy fece per alzarsi sbuffando, ma lui la trattenne per un braccio - "Minchia Domenico non"....e le sue parole vennero interrotte da un bacio.
Domenico ne aveva proprio bisogno. Così come ne aveva bisogno Rosy. Ne avevano bisogno entrambi.  Avevano bisogno di quel contatto perchè solamente così si trasmettevano conforto e forza. Si baciarono in un modo molto passionale, con un intensità da far paura mischiata alla felicità di essersi finalmente ritrovati e di aver ritrovato loro figlio. E poco importava se dimostravano tutto ciò di fronte a gli occhi di alcuni sconosciuti che passavano di li per caso, in uno dei posti più brutti del mondo.
"Sono contento che sei ritornata ad essere quella di prima" - disse Domenico non appena schiuse le labbra. E si riferiva al suo atteggiamento di poco fa : strafottente, con quella corazza da donna forte che cercava puntualmente di costruirsi, tentando di far credere al mondo intero di fregarsi di tutti e di tutto.
"Ti sbagli Domenico, io non sarò mai più quella di prima".
Rosy questa volta andò via per davvero, lontana dagli occhi magnetici di Domenico. Andò nuovamente da suo figlio con le mani appoggiate sul vetro che li separava. Lo vide che si stiracchiava dall'altro lato per poi abbandonarsi al riposo. Rosy si convinse che di tutto quello che era successo a suo figlio, era solamente dipeso  da lei. Era tutta colpa sua. Della sua vita da mafiosa. Dagli sbagli commessi nel passato e adesso ne stava pagando le conseguenze, ad uno ad uno. Leonardo aveva subìto tanto, e stava subendo anche ora che era in un letto d'ospedale. 
Rosy d'ora in poi cambierà. Sarà un altra persona. Con altre idee. Altri principi. Sarà un ottima madre. E lo farà solo per suo figlio...

Scusate sempre per il ritardo, come sempre non ho molto tempo da dedicare alla storia purtroppo uffi... spero vi sia piaciuta la chiacchierata tra Mimmo e Leo. Sicuramente ora che Leonardo è uscito allo scoperto, avrò più tempo da dedicarmi a Domenico e Rosy. Non voglio anticiparvi nulla anche perchè non manca molto alla fine e non vorrei rovinarvi la sorpresa. Vi lascio però con alcune domande : Rosy riuscirà a cambiare? Il rapporto con Domenico si evolverà? Leonardo troverà un po di tempo per rivedere Carmen? E soprattutto De silva e i cattivi riusciranno a scappare oppure la squadra li incastrerà una volta e per tutte?

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Capitolo 38
*** Ritrovarsi ***


38. Ritrovarsi

Era stato già fin troppo tempo in ospedale, Leonardo non voleva più rimanerci in quel letto. La quietudine e la tranquillità non erano proprio fatti per lui che era sempre in movimento. E poi si sentiva bene, stranamente bene, le fitte alla schiena erano completamente scomparse e riusciva a respirare tranquillamente. Per fortuna dai continui accertamenti non era emerso nulla di grave : era in perfetta forma. 
Intanto era già sera. Sembravano passate 50 ore e non 24. Aveva pregato sua madre e Domenico di andare a riposarsi, erano sfiniti e alla fine la sua testardaggine ebbe la meglio. Quando scoprì le coperte ed ammirò il cielo scuro, solamente un pensiero di fece strada in lui :  Carmen. Doveva vederla, anche solo per un istante, per un attimo, anche da lontano, si sarebbe accontentato. Sentiva quella strana morsa al petto, come se gli mancasse un pezzo, doveva vederla... Ad ogni costo!
Si voltò un attimo e un infermiera entrò in stanza con la cena tra le mani - "Che ci fai in piedi? Rimettiti a letto su"- ma il ragazzo sembrava non ascoltarla -"Ragazzo! Tu si che sai come far perdere la pazienza ad un santo".
Leonardo sorrise. In effetti era da quando si era svegliato che tormentava quella povera infermiera, non dandole ascolto ogni qualvolta che lo imponeva di non stressarsi.
Infine obbedì e si mise seduto sul letto mentre la donna un po adulta, con i capelli raccolti in una coda di cavallo e gli occhi blu, sistemava il vassoio con i piatti sul comodino. Leonardo le bloccò un braccio - "Lei mi può aiutare" - disse incontrando il suo sguardo.
La donna inizialmente si rabbuiò sentendo la morsa sul braccio farsi sempre più stretta.
"Io? Cosa vuoi?" - domandò senza alcun timore.
"Ho bisogno di sapere una cosa e so che lei mi aiuterà".
"Non mettermi in difficoltà".
"Non lo farò! Ho bisogno di scoprire solamente in che numero di stanza riposa una paziente".
La donna liberò il suo braccio - "non posso rivelarti nulla, mi dispiace".
"Carmela Pietrangeli! La prego. Io devo vederla".
"Perchè?".
"Perchè ne ho bisogno. Ma mi guardi, sono inoffensivo. Non potrei mai far del male a nessuno".
L'infermiera abbassò gli occhi. Quel ragazzo le trasmetteva sincerità, forse l'avrebbe aiutato o forse sarà meglio salvaguardare il suo lavoro. Dopo aver sistemato la cena andò via, ma prima di uscire le parole di Leonardo la bloccarono - "grazie" - si sentì dire e un sorriso le apparì in viso.
Passò poco tempo. L'infermiera ritornò in stanza - "Dai vieni. Ti ci accompagno io" - disse e Leo non riuscirà a ringraziarla abbastanza.
"Non serve, la ringrazio".
"E invece si. Qui fuori ci sono le guardie e poi dirò ai miei colleghi che dovranno farti un altra visita medica".
"Grazie. Lei è la mia salvezza".
Leonardo credette davvero che quella donna fosse un angelo. Nessun altro al posto suo l'avrebbe aiutato. Ma forse l'infermiera colse la profonda voglia di ritrovare quella ragazza nei suoi occhi e non poté resistere alla tentazione di aiutarlo.
Si avviarono insieme in corridoio, presero l'ascensore ed arrivarono al piano di sopra. La donna si fermò davanti alla 230, e Leonardo capì.
"Ti aspetto qui forza, fai presto però eh?".
Leonardo annuì e sorrise.
Carmen era distesa sul letto girata sul fianco dall'altro lato, forse dormiva o forse no. Leo la raggiunse e si mise di fronte a lei. Dormiva. Era così bella, una creatura celeste. Leonardo si domandò come ebbe fatto a trascinarla fin qui, dentro un mondo crudele, era arrivata persino a puntargli una pistola...Ma forse quella era un altra persona, un altro Leonardo.

A casa di Calcaterra
Rosy e Domenico avevano varcato la soglia della porta d'ingresso per poi gettarsi sul divano. Erano sfiniti. Avevano dormito -dormito si fa per dire- male in ospedale. Si voltarono a guardarsi per un istante. Sorrisero appena entrambi. Ne avevano passate tante, era anche passato tanto tempo, troppi anni che li aveva visti separati dalle circostanze, ma pur sempre uniti da un legame mai spezzato. Ora erano li così vicini immergendosi l'uno negli occhi dell'altro. Quegli occhi erano stati testimoni di tanta crudeltà, insieme avevano condiviso tanto dolore,quello più forte riguardava Leonardino. Ma adesso Leonardo era vivo, con la certezza che mai più nessuno l'avrebbe fatto del male. Quindi non c'era più nemmeno un motivo per cui soffrire. Ora Domenico e Rosy volevano concedersi un po di tempo per loro, ne avevamo bisogno.
Rosy prese l'iniziativa sedendosi sul letto per poi mettersi a cavalcioni su Domenico, si tolse la maglia gettandola per aria e si slacciò presto anche il reggiseno. Scese lentamente e toccò le labbra di Domenico baciandole con intensità, con passione. Lui rispose subito al bacio mentre con le mani esplorava la sua schiena e le sbottonava i jeans. Rosy si sollevò giusto il tempo di sbarazzarsi dei pantaloni mentre Calcaterra invertì le posizioni. Incominciò a baciarle le guance poi scese giù stuzzicando i suoi seni mentre lei portava le mani tra i suoi capelli. Tracciò scia di baci dappertutto come per impossessarsi di ogni centimetro del suo corpo, Rosy si sentì bene, per la prima volta dopo tanto tempo si sentiva viva e in un attimo di estasi mentre Domenico le liberò anche degli slip, credette quasi di svenire per il battito accelerato e il fiato corto. Ma queste emozioni, queste sensazioni, non erano altro che un sentimento sbocciato già da tempo, ma che solo adesso riusciva a vivere a pieno. Rosy ebbe paura e si fermò per un attimo osservando un punto impreciso. Domenico non capì perchè lei stesse reagendo così però poi infine fu la stessa Rosy ad abbandonarsi alle emozioni stringendo forte a se il collo di Domenico e permettendo a lui di entrare dentro di lei, dentro la sua vita!

In ospedale
Leonardo non sapeva bene se svegliare Carmen o lasciarla dormire. Voleva andare via lasciandola dormire un altro poco, le diede una leggera carezza sulla guancia poi si sbilanciò in avanti e sfiorò appena le labbra. 
Carmen strizzò gli occhi proprio mentre Leonardo stava per andare via.
"Tony" - sussurrò appena Carmen ancora immersa nel sonno.
Leo chiuse gli occhi appoggiando la fronte sulla porta - "Leo?! Non mi ci abituerò mai" - disse Carmen accennando un sorriso.
Leonardo si voltò e vide che lei si metteva seduta sul letto -"sei proprio tu" - Carmen si sbarazzò presto delle lenzuola e corse tra le sue braccia. Leo inizialmente tentennò poi la strinse anche lui forte a se ispirando il profumo dei suoi capelli, della sua pelle. Quanto gli era mancata.
"Dovresti metterti a letto".
"NO! Ho temuto di perderti" - disse poi Carmen baciandolo sulle guance - "ma come hai fatto a trovarmi?".
"E' una lunga storia" - rispose ridendo Leo, ripensando a quella brava infermiera che quasi rischiava il lavoro per aiutarlo.
Carmen continuò a parlare con gli occhi lucidi "nessuno ha voluto farmi sapere tu come stavi. Mio padre nemmeno vuole sentire il tuo nome. Stavo per impazzire".
"Anche per me è stato lo stesso. Questi giorni lontano da te mi sono sembrati eterni".
"Perchè ci sta succedendo questo".
"La risposta è una sola Carmen : ci siamo innamorati!".
Carmen sorrise poi Leonardo la prese in braccio e l'appoggiò delicatamente sul letto.
"Non molli mai tu eh?" - disse lei riferendosi a quando poco prima le aveva raccomandato di ritornare a letto.
"Mai...Mai" - rispose, ma si riferiva a tutt'altro.
Carmen a quel punto si sbilanciò in avanti e appoggiò le labbra alle sue. Quel contatto era troppo, troppo breve per entrambi e quindi Leo ne approfittò per approfondire quel tocco. Le lingue intrecciate si muovevano con estrema lentezza, Leonardo con fare esperto esplorava l'interno della sua bocca, mentre Carmen ancora impacciata dovette soltanto abbandonarsi ai suoi ritmi, gettando entrambe le mani intorno al collo mentre quelle di Leonardo restarono ferme sulle guance di lei.
Un rumore li bloccò. Si voltarono entrambi. Sandro era appena entrato da quella porta insieme all'infermiera che aveva uno sguardo da cane bastonato.
Adesso sono proprio nella merda - pensò Leonardo.

Grazie per il sostegno e scusate se sono spesso in ritardo, ma non ho tantissimo tempo libero in questo periodo. Manca sempre meno al finale(anche se ci saranno ancora un po di capitoli), ma tranquilli vi avviserò prima quando sarà l'ultimo capitolo. 
Vi lascio con alcune domande : Sandro riuscirà a contenere la sua rabbia? Leonardo reagirà in malo modo? Rosy riuscirà ad abbandonarsi totalmente alle emozioni?.

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Capitolo 39
*** Scelte difficili ***


39. Scelte difficili
 
Pietrangeli non riuscì a contenere più la rabbia e si avvicinò a Leonardo a passi svelti con le mani racchiuse in un pugno. Era veramente infuriato. Carmen giurò di non averlo mai visto così. 
Entrambi i ragazzi alzarono le mani come per giustificarsi dell'accaduto - "Papà,calma eh?" -riuscì a bisbigliare sottovoce Carmen.
"Io non mi calmo per un  cazzo!!" - rispose Sandro sempre più arrabbiato, e lo era ancora di più quando vide la schiena di sua figlia circondata da un braccio di Leo.
"Tieni lontano le tue luride mani sporche da mafioso addosso a mia figlia!".
Pietrangeli strinse forte il collo della maglietta di Leonardo costringendolo a rimettersi in piedi. L'infermiera voleva riuscire a fermare tutto questo - "Si calmi la prego, siamo in un ospedale. E poi il ragazzo è ancora in convalescenza".
Sandro lasciò la presa e si voltò verso la donna - "è stata lei vero? Avevo disposto l'ordine di non lasciarlo varcare quella porta".
"No. Lei non c'entra" - rispose Leonardo prendendo le sue difese -"l'ho cercata io in ogni stanza dell'ospedale e alla fine l'ho trovata".
"Papà, Leonardo voleva soltanto sapere come stavo, solo questo".
"Con te facciamo i conti dopo. Tu vieni di la. Noi due dobbiamo parlare".
Carmen non capì le vere intenzioni di suo padre. Cosa vorrà mai dire a Leonardo? Il ragazzo non ebbe timore e affrontò la situazione, obbedendo agli ordini di quell'uomo che infondo voleva soltanto il bene di sua figlia.
I due si allontanarono presto dalla stanza per poi raggiungerne un altra, in un posto appartato lontano da occhi indiscreti.
"Dottor Pientrageli, avanti" - iniziò a dire Leonardo alzando le braccia -"mi dica tutto quello che le passa per la testa, magari più tardi si sentirà meglio".
"Non chiamarmi dottore" - rispose lui con il pollice alzato- "Che intenzioni hai con mia figlia? Non credi di averla già presa in giro abbastanza?".
"Io non l'ho presa in giro. Mai. Forse all'inizio poi qualcosa è cambiato".
"Cosa?".
"Questo non devo venire a dirlo a lei".
"Ah...Adesso fa pure il risentito. Guarda che quello incazzato sono io!! Non voglio più che ti avvicini a lei. Hai fatto troppo del male e se le vuoi almeno un po di bene allora devi lasciarla andare. Ma che futuro può avere insieme a te? Insieme ad uno che ha come madre una mafiosa? Cosa potresti offrirgli? Carmen è così giovane. Deve crescere, sbagliare, deve costruirsi un futuro, studiare, diventare qualcuno e tutte queste cose non potrà mai farle con te al suo fianco. Mia figlia deve allontanarsi da te e l'unico modo è lasciarla tornare a Milano, e solamente tu hai il potere di convincerla".
Leonardo ci aveva già pensato a tutto questo. Sandro sbagliò a credere che lui fosse andato da lei con lo scopo di attirarla a se. Di prometterle un futuro insieme. Magari questa scelta le costerà caro, ma Sandro aveva ragione : Carmen doveva stare lontano da lui. E lo farà soltanto per il suo bene. 
"Mi hai capito?" - continuò il poliziotto che vedendo il ragazzo muto, si avvicinò scuotendolo leggermente per le spalle.
Leo si ribellò e lo guardò dritto negli occhi - "è proprio quello che ho intenzione di fare".
Sandro spalancò gli occhi sorpreso, colto alla sprovvista da quelle parole. Aveva sentito bene?
"Come scusa?".
"Ha sentito bene. Io non voglio assolutamente che sua figlia rimpianga gli anni più belli dell'adolescenza. Lei deve vivere serenamente e fare tutto quello che al tempo non ho potuto fare io. Carmen deve avere un adolescenza normale, non come la mia" - concluse con rammarico.
"Non è che mi stai mentendo? Io li conosco a quelli come te. Promettono, promettono e poi non mantengono. Magari starai già pianificando qualcosa per allontanarla da me. Non mi fido di te".
"Lei adesso solo condizionato è! Mi senta un po'" - gli disse avvicinandosi fin troppo al suo viso -"non si fida di me per quello che ho combinato o per il cognome che porto? Perchè sono il figlio di Rosy Abate?".
"Non provare a dirlo di nuovo! Perchè quando eri un bambino sono stato il primo a non avere pregiudizi e a difendere tutta la tua situazione".
In effetti Leonardo ancora ricordava quelle poche volte in cui Sandro veniva a trovarlo nella casa protetta a Catania, insieme a Domenico. Ci giocava anche con lui e gli era risultato addirittura simpatico.
"Lei non mi perdonerà mai vero?" - domandò Leo, ma questa volta il suo tono non era intimidatorio.
"No" - rispose subito Pietrangeli senza giri di parole - "ma non mi aspettavo queste tue risposte".
"Io adesso ho bisogno di starmene da solo, di riprendere in mano la mia vita, riallacciare il rapporto con mia madre, costruirne uno con Mimmo, e Carmen da me non potrà avere la giusta attenzione che merita. Finiremo col distruggere il legame stupendo che si è creato tra di noi. E' ultima cosa che vorrei fare in questo momento, mi creda".
Sandro all'inizio non credette ai suoi discorsi, ma quegli occhi così tristi gli sembravano così sinceri quindi annuì - "Bene" - disse andando verso la porta -"allora sai cosa fare no?Vai da lei,dici che è finita e le consigli di ritornare a Milano".
"No, no , no. Se lei pensa che io vada da Carmen raccontandole un mucchio di frottole, si sbaglia di grosso. Ho commesso già una volta questo errore e ne abbiamo sofferto, anche tanto".
"E quindi cosa hai intenzione di fare?".
Leonardo alzò l'indice della mano destra- "un giorno soltanto. Mi dia un giorno, l'ultimo giorno da passare con sua figlia".
"COSA?" - urlò Sandro dalla sorpresa - "non se ne parla nemmeno.  Non ti devi più avvicinare a lei!".
"Io non so più cosa fare per far sì che lei si fidi di me. Io non voglio fare del male a Carmen, come glielo devo dire?".
Il poliziotto sbuffò pensando di essersi immischiato in una brutta faccenda. Ma doveva fare una scelta, il futuro di sua figlia era nelle sue mani. Cosa fare? Concedere a quell'individuo di vedere Carmen, anche se per l'ultima volta , o rischiare che sua figlia soffra pensando che l'uomo che amava l'aveva presa nuovamente in giro?

-
Rosy si era svegliata per prima. Era ancora notte, le lancette dell'orologio della sveglia segnavano le 2.40. Avrà dormito si e no 2-3 ore. Domenico accanto a lei era ancora tra le braccia di Morfeo con il viso schiacciato dal cuscino circondato dalle braccia. Le scappò un sorriso non appena lo vide, si infilò la maglia di lui che riusciva a  coprirla quasi fin le ginocchia, aveva un urgenza irrefrenabile di fumare, doveva scaricare un po di quella tensione che si era accumulata dentro di lei, ma Calcaterra non fumava e quindi si limitò ad appoggiare la fronte sul vetro della finestra osservando le palazzine che aveva di fronte, ma l'attenzione non era proprio verso di esse, si ritrovò a pensare a quello che era successo stanotte e quanto si sentiva una stupida a provare queste cose così forti a quell'età. Un po se ne vergognava, e poi pensava a suo figlio, a Leonardo, al suo futuro, quando presto si rimetterà e lei dovrà tornare in carcere. Dentro di se si era ripromessa di non abbandonarlo più, di riuscire a vivere a suo fianco e rimediare a tutti questi anni trascorsi senza di lui, e quindi c'era soltanto una soluzione a tutto questo. Doveva collaborare. Fare la pentita e magari con l'aiuto di Domenico, potranno inserirla in un programma di protezione assieme a suo figlio. Questa scelta molto dolorosa per lei perchè andava contro ai suoi principi, ma una madre è disposta a tutto per l'amore del proprio figlio.
Qualcuno le circondò presto i fianchi con le braccia, Domenico si era appena svegliato e Rosy sobbalzò per un istante.
"Non è proprio un bel paesaggio" - disse ironico il poliziotto riuscendole a baciare una guancia.
"Sempre meglio che vedere un paio di sbarre" - rispose fredda,con lo sguardo fisso nel vuoto. 
Lui la fece voltare così che i loro occhi si potessero incrociare - "che succede?".
Rosy abbassò gli occhi e scosse leggermente la testa.
"A cosa pensi?" - domandò ancora avvicinandosi ancora di più a quegli occhioni color nocciola.
"Un po a tutto".
"Quello che ci è successo è un emozione bellissima e non devi sentirti in colpa. Io lo volevo, tu lo volevi".
"Lo so...E che...Calcaterra noi abbiamo una certa età".
Domenico bloccò sul nascere il discorso di Rosy appoggiando due dita sulle sue labbra - "Shh..Non dirlo neanche per scherzo. Non esiste un età per abbandonarsi ai sentimenti. Rosy io ti ho cercato per così tanto tempo, ti ho cercato così tanto che quando finalmente ti ho avuta tra le mie braccia temevo di perderti di nuovo. Non accadrà più".
Rosy alzò lo sguardo e dentro di lei ancora si fece strada quel nodo alla gola e la morsa allo stomaco. Domenico era così dolce con lei che credette di non meritarselo. Lui l'abbracciò forte e Rosy premette il viso sul suo petto nudo. Respirò il suo odore, ascoltò i battiti del suo cuore poi se ne liberò.
"Ma c'è dell'altro vero?" - chiese poi lui vedendola ancora immersa tra i pensieri -"Leo?".
"Calcaterra io voglio stare con mio figlio. Ho bisogno di lui e minchia!!...Io mi sento di essere anche un po egoista perchè pare quasi che io stia pensando solamente a me stessa, ma lo desidero accanto a me".
"Non è egoismo, sei solamente una madre che rivuole suo figlio e per farlo sei disposto a tutto vero?".
"Si, Domenico, a tutto sono disposta! Ho deciso! E questo mi sembra il momento giusto per parlartene...Io" - Rosy emise un forte sospiro. Quanto le costava dire quelle parole - "Voglio collaborare."

Ebbene si! Sia Leo che Rosy hanno fatto una scelta, ma sarà quella giusta? Vi aspetto al prossimo capito mentre mi date un vostro parere sulla domanda che vi ho posto ^^. Del prossimo capitolo non voglio anticiparvi nulla tranne che assisteremo a una bella chiacchiera tra Mimmo e Leo. A presto. Grazie di tutto! Vi adoro!
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Capitolo 40
*** Una notte soltanto ***


40. Una notte soltanto
Leonardo e Carmen vennero dimessi dall'ospedale nello stesso giorno. Mentre il ragazzo preparava le sue cose fu interrotto dall'arrivo di Domenico.
"Ehi. Andiamo" - disse il poliziotto aiutandolo con quella piccola borsa contenente pochi vestiti - "vieni a stare da me poi si vedrà".
"Grazie Mimmo per tutto quello che stai facendo per me, non me lo merito".
"Non dirlo neanche per scherzo".
"Mamma?" 
"E' qui fuori. Adesso la riaccompagnano in carcere".
Leonardo abbassò gli occhi colmi di tristezza, adesso che l'aveva appena ritrovata doveva rinunciare a lei, di nuovo.
"Posso salutarla?".
"Si certo".
Domenico uscì dalla stanza parlando con alcuni suoi colleghi e togliendo le manette a Rosy poi rientrò in stanza.
Si abbracciarono forte, Rosy gli massaggiò i capelli mentre lo ricopriva di baci -"durerà poco vedrai. Molto presto staremo insieme, te le prometto!".
Leonardo annuì lasciandosi coinvolgere ancora di più da quell'abbraccio. Poi si staccarono e Rosy gli accarezzò le guance.
"Che vuoi dire?" - chiese Leo adesso che aveva prestato attenzione alle sue ultime parole.
"Non vorrei ancora parlartene per non illuderti".
"Va bene. Me lo hai promesso. A presto".
Leo lasciò le mani di sua madre con rammarico e gli occhi leggermente annebbiati mentre la vedeva consegnare i polsi e andar via con dei poliziotti prima però, vide Domenico accompagnarla con un leggero bacio sulle labbra.
Arrivati all'appartamento Leonardo si distese subito sul letto. Era stanco, in quei giorni all'ospedale non aveva per niente dormito un po perchè scomodo un po per i troppi pensieri.
"Carino qui" - disse poi guardando il soffitto.
"Si".
"Mimmo?".
"Si?".
"Raccontami delle indagini".
"Non te ne ho parlato prima perchè non volevo stressarti" - iniziò a dire Domenico avvicinandosi a lui -"la squadra ha preso tutti all'aereoporto svizzero".
"Minchia" - sbottò Leonardo pieno di entusiasmo, ma vide Domenico abbozzare un sorriso forzato - "perchè questo non mi sembra che ti renda felice?".
"Perchè c'è un particolare".
"Cosa?".
"De Silva ci è sfuggito di nuovo ed ha portato con se i soldi".
"Coosa?" - Leonardo si mise entrambi le mani tra i capelli sorpreso da quella notizia - "ma come minchia è stato possibile?".
"Quando c'è di mezzo quel figlio di puttana tutto è possibile".
"Vorrà vendicarsi di me, lo conosco, sono di nuovo in pericolo cazzo".
"Tranquillo, non gli conviene poi così tanto avvicinarsi nuovamente a te. Alcuni poliziotti ti sorveglieranno qui fuori, ma credo sia inutile perchè lui penserà solamente a nascondersi adesso,o a fuggire con tutto quel denaro e poi infondo tu non gli hai fatto niente, perchè vorrà vendicarsi?".
"Perchè adesso sto dalla vostra parte".
"Non ti succederà niente, te lo prometto".
Un altra promessa. Leo ricordò quella fatta poco prima da sua madre.
"Cos'ha in mente mamma? Stamattina mi ha detto che tra poco staremo insieme, a cosa alludeva?".
"Ha deciso di collaborare e molto probabilmente la inseriremo in un programma di protezione, con te!".
Leonardo ne fu felice - "E tu?".
"Io verrò con voi!".
"Cosa? Mimmo non è detto che resteremo qui in Sicilia, tu qui hai il tuo lavoro, i tuoi amici".
"Se non ho voi non ho nulla!".
"E di me invece? Com'è possibile che non sono stato arrestato? Sono complice di mafiosi, dell'omicidio di quel povero poliziotto fuori alla clinica di mia madre, ho aiutato mia madre a infiltrarsi tra i Ragno".
"Non sei un assassino ne un mafioso. Il giudice ha tenuto conto del tuo passato, ma presto ci sarà un processo".
"Potranno condannarmi?".
"No, ma tu sarai il testimone chiava per incastrare i Russi, i Ragno che sono già stati presi e De silva se lo troveremo".
Leo tirò un forte sospiro, una responsabilità troppo grande per lui. Un altro motivo per tener lontano Carmen. 
"Quando ho parlato con l'infermiera per rassicurarmi della tua salute mi ha detto che hai avuto un acceso diverbio con Pietra".
"Si però poi alla fine ci siamo calmati".
"Cos'è successo di preciso?".
"Diciamo che ho fatto irruzione nella camera di sua figlia, mi sono fatto sgamare come un ladro cotto in flagrante. Io lo giustifico sai? In fondo è solamente un padre disperato".
"Sei pazzo di lei!".
"Più o meno come lo siete tu e mia madre".
Domenico sorrise appena, sembrava quasi imbarazzato, non era da lui.
"Vi ho visto in questi giorni in ospedale, il modo in cui vi guardate, i piccoli gesti, vi amate da pazzi".
"Ehi furbetto non cambiare discorso" - lo interruppe Domenico accarezzandogli i capelli -"stavamo parlando di Carmen".
"Non c'è proprio niente da dire" - Leonardo si alzò dal letto sviando il discorso e cercando disperatamente con lo sguardo un pacchetto di sigarette. Era proprio uguale a sua madre. Domenico glielo porse, le aveva comprate apposta, ma nel momento in cui stava per offrirgliene una, il poliziotto si tirò indietro - "non se non mi racconti tutto quello che è successo!".
Leo annuì e si portò una sigaretta in bocca prima di accenderla - "finirà. Tra noi due finirà, smetteremo di vederci".
"E questo chi l'ha deciso? Pietra? Carmen?".
"No. L'ho deciso io".
"Ma perchè Leo?".
"Deve starmi lontano e basta. Con me non può avere una vita tranquilla, guardati intorno Mimmo, siamo circondati da poliziotti continuamente. Non voglio questo per lei, non se lo merita, è così giovane. La convincerò a ritornare a Milano, li ricomincerà e mi dimenticherà".
"E tu? Sei proprio sicuro che tu la dimenticherai?".
"Io, io, io, io ho sempre pensato solamente a me stesso e guarda dove sono arrivato. Per una volta voglio fare una cosa buona e per farlo ho bisogno almeno di un po di tempo per parlarle, tempo che suo padre non mi concederà mai".
"Posso aiutarti io in questo. Parlerò con Sandro".
"Grazie, ma temo sia inutile".
"Tu non sai di cosa è capace il dottor Domenico Calcaterra pur di ottenere una cosa".
Leo sorrise -"Oh si certo che lo so"- continuò riferendosi a sua madre. Come era riuscita a cambiarla, e lo capì già dalla prima volta che si svegliò accanto a lui dopo averla portava via dalla clinica psichiatrica.
Domenico ebbe una chiamata e poi uscì, Leonardo si ritrovò nuovamente solo in una casa sconosciuta, ma stavolta sentiva che era diverso. Stavolta era al sicuro. Si sentiva protetto come non gli succedeva da tanto, ma si sentiva in gabbia. Voleva evadere, andare per strada, stare in mezzo alla gente, stava per farlo, ma il timore che potesse dare un ulteriore preoccupazione a Domenico, lo frenò un attimo. Si fumò un altra sigaretta e guardò oltre la finestra. Il cielo si era colorato di nero, e piccole gocce d'acqua macchiarono il vetro. Che triste la pioggia pensò. In Russia pioveva spesso e faceva tanto freddo, ma col tempo si era abituato a quel clima. Stavolta però un raggio di sole si faceva strada tra una goccia e l'altra. Un miraggio? Un varco di luce? A Leonardo parve di vedere una figura attraverso quella piazza, una sagoma, sembrava proprio lei...Impossibile! Stava sognando, adesso aveva anche le visioni! Chiuse per un attimo gli occhi, ma quella persona era ancora li e quando essa si tolse il cappuccio dalla testa, non ebbe dubbi. Era Carmen. Leonardo si precipitò alla porta andandogli incontro, incurante della pioggia che lo stava bagnando tutto. Arrivò vicino a lei. Non era un miraggio. Non era un sogno. Non era illusione. Era realtà! Leo allungò un braccio assicurandosi davvero che lei fosse li e quando lei strinse forte le mani tra le sue, ne ebbe la certezza. Leonardo le accarezzò le guance levandole alcune ciocche bagnate dalla fronte - "sei scappata?".
"No" - rispose Carmen chiudendo gli occhi e assecondando la carezza sulla sua guancia- "è venuto Calcaterra a casa e non so cosa gli abbia detto. Mio padre è venuto in camera mia e mi ha permesso di venire da te. Una notte soltanto - mi ha detto!".
Leonardo capì. Pietrangeli gli aveva concesso una notte per parlare con Carmen, per dirle tutto, ma una notte soltanto basterà? Forse non basterà una vita intera....
"So tutto" - intervenne Carmen indietreggiando appena.
"Su cosa?".
"Ieri in ospedale. Quello che tu e mio padre vi siete detti in quella camera. Vi ho spiato".
Leonardo rimase spiazzato, e lo fu ancor di più quando Carmen continuò con gli occhi lucidi - "e io sono d'accordo".
Entrambi annuirono appena con un sorriso che in realtà nascondeva una tristezza infinita. Leo prese per un braccio Carmen e la trascinò in casa sotto gli occhi dei poliziotti di guardia impassibili a guardare la scena. 
La ragazza iniziò a tremare e a starnutire, forse aveva preso troppa pioggia. I vestiti erano completamenti bagnati. Leo andò a prendere un asciugamano e l'appoggiò sul letto mentre si tolse la maglia. Si avvicinò sempre di più a Carmen fin quando non accorciò le distanze con baci dolci, ma allo stesso tempo passionali. Presto anche la felpa e la maglia della ragazza raggiunsero il pavimento. Poi lui iniziò a sfiorare con le labbra ogni centimetro della sua pelle fredda,scese giù mentre Carmen intrufolava le mani tra i suoi capelli. Si fermò all'ombelico poi sbottonò i jeans, Carmen si sfilò anche le scarpe fin quando non rimase in intimo. Stranamente non si sentiva in imbarazzo, di Leonardo si fidava ciecamente ormai e questa fiducia che provava verso di lui non seppe nemmeno lei da dove proveniva perchè nonostante le enormi bugie, lei continuava ad affidarsi a lui. 
Mentre continuavano a baciarsi intrecciando prepotentemente le loro lingue, Leo le slacciò il reggiseno. Carmen era completamente nuda ora, il ragazzo fece un passo indietro per ammirarla, non aveva mai visto una donna più bella prima d'ora. Senza smetterla di guardarla prese l'asciugamano e l'avvolse nel suo corpo. Leonardo l'abbracciò con tutta la forza possibile sperando che quegli attimi, quei momenti potessero durare all'infinito mentre Carmen si fece cullare appoggiandosi sul suo petto nudo, aspirando il suo profumo. E fu proprio lei con un movimento brusco e inaspettato a liberarsi da quell'asciugamano ritornando ad essere nuda sotto ai suoi occhi. Ripresero a baciarsi mentre si toccano con mani sempre più bisognose di sfiorarsi, di stringersi, di accarezzarsi. Lui la prese in braccio e la stese sul letto, si appoggiava sui gomiti per evitare di schiacciarla con il peso del suo corpo.
"Leonardo" - Carmen si fermò un attimo a guardarlo. Alcune ciocche di capelli ancora bagnati gocciolavano sul suo viso. Leo per un attimo temette il peggio. Credeva che Carmen si sarebbe fermata - "io ho paura".
La prese il viso tra le mani e avvicinò le labbra all'orecchio di lei - "ti confesso una cosa" - sussurrò - "ho paura anch'io".
Carmen annuì sorridendo per fermare quella tensione che cresceva sempre di più tra loro - "Lasciati andare piccola mia"- sussurrò di nuovo e questa volta la bocca cercò il collo, i suoi seni, arrivando a sfiorarle l'intimità, li dove mai nessuno si era posato.
La giovane ragazza ansimava, ad occhi chiusi, assecondando i suoi movimenti poi egli risalì cercando l'approvazione di quello che stava per fare, nel suo sguardo. Arrivò subito. Leonardo percepì nei suoi occhi la stessa voglia che lui aveva di lei. E quindi entrò dolcemente dentro di lei riuscendo a catturare ogni piccola fitta con baci rubati. 
Leo era estremamente dolce, e Carmen si concesse a lui perchè lo voleva. Lo desiderava. Lo amava. Non si era mai sentita così prima d'ora. Non si era mai sentita così...Così piena! Una sensazione travolgente e dolorosa allo stesso tempo. E lo fu ancora più quando Leonardo aumentò i ritmi dei suoi movimenti, non faceva male perchè bastava guardarlo per un attimo e tutte le brutte sensazioni svanivano nel nulla. 
"Ti amo" - disse lui tra un sospiro e l'altro.
"Ti amo anche io" - sussurrò lei.
Si amavano. E solo allora lo dimostrarono a pieno mentre erano l'uno nel corpo dell'altro. Accogliendo gli stessi respiri, gli stessi ritmi, le carezze, i baci. Domani? Al domani nessuno dei due ci stava pensando perchè il presente era così bello da poter essere rovinato da pensieri inopportuni sul futuro. Entrambi sapevano che quel futuro insieme non sarebbe arrivato mai, ma vollero pensare che forse il futuro era proprio adesso. 
Carmen era felice e lo era anche Leonardo, alla stessa maniera, per aver fatto sua la donna che ama.

Se vi ho fatto leggermente commuovere allora sono riuscita a centrare l'obiettivo ahah...scherzo dai!XD. La decisione è stata presa purtroppo, da entrambi. Al prossimo capitolo assisteremo a un momento dolce tra Carmen e Leo....solo questo posso anticiparvi. Come pensate di De Silva a piede libero?
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Capitolo 41
*** Legàmi ***


41. Legami

Carmen era accoccolata tra le braccia di Leo che le accarezzava le braccia provocandole  piccoli brividi.
"E' stata la serata più bella della mia vita" - disse lui dopo aver regalato un leggero bacio sulle braccia.
"Bugiardo!" - rispose Carmen - "sarai stato con centinaia di donne prima di me".
"Ma non ho mai fatto l'amore con loro".
La ragazza si voltò un attimo cercando la sua bocca e baciandola appena - "e poi non ne ho avute così tante. Ma per chi minchia mi hai preso?" - continuò scherzando a fior di labbra. Sorrisero entrambi. Dopo di che lei divenne triste - "che ne sarà di noi, Leonardo? Come faremo a dimenticare tutto questo?".
"Oh tesoro, ma io non ti chiedo di dimenticare, ma di farti forza proprio sull'amore che proviamo per ricominciare".
"Sarà difficile".
"Appunto. Difficile, non impossibile".
Carmen annuì leggermente mascherando la tristezza che aveva ormai invaso la sua anima - "vorrei tenerti stretta tra le mie braccia per il resto dei miei giorni, ma è meglio se ci rivestiamo. Potrebbe ritornare Mimmo da un momento all'altro e non mi sembra il caso di farci trovare così".
Lei annuì e prese i suoi vestiti indossandoli in fretta. Era arrivato il momento di andare adesso. Carmen non voleva lasciarlo, come poteva con tutto quello che era successo. Si fermò un attimo, in silenzio, seduta sul letto, ma venne presto raggiunta da Leo. In ginocchio e la guardò togliendole alcune ciocche ribelli dal viso. Voleva trasmetterle tanta forza attraverso lo sguardo, ma lei continuava a tenere gli occhi abbassati.
"Abbracciami ti prego" - disse lei allungando le braccia e accogliendo il viso di Leo sul suo seno.
"Non ci rivedremo mai più vero?"- chiese la ragazza guardando un punto fisso di fronte a lei.
"Ci sarà il processo e temo che dovrai venire anche tu a testimoniare".
"No. Io intendevo... E' l'ultima volta che staremo così?".
"Non è detto, ma non voglio illuderti. Per adesso si!".
Carmen lo strinse ancora di più. Non voleva piangere, non doveva, dopo tutto quello che era successo. Si faceva forza da sola, pensando ai bei momenti trascorsi insieme a lui e chissà magari un giorno potrà riviverli di nuovo. Ma ora c'erano altre priorità. Leonardo doveva costruire il rapporto con i suoi genitori e Carmen doveva riprendere a studiare. Riprendendo a frequentarsi correvano il rischio di mandare tutto all'aria, di trascurarsi e avrebbero finito col litigare o peggio ancora, avrebbero smesso di amarsi. E questo non se lo potevano permettere. Magari si ritroveranno quando entrambi saranno più maturi, con meno situazioni problematiche alle spalle. E saranno più spensierati, più determinati ad affrontare Sandro e tutti coloro che non potranno vedere di buon occhio questa relazione.
"Ti accompagno" - Leonardo si staccò per prima prendendo il giubbotto.
"No, vado da sola. Non vorrei far infuriare mio padre. E' già tanto che ha acconsentito a tutto questo".
"Sicura sei?".
"Si".
Leo l'accompagnò alla porta - "in settimana prenderò l'aereo diretto per Milano. Verrai a salutarmi?".
"Non lo so Carmen, sarà più difficile dopo".
"Allora questo è il nostro addio?".
"Si".
Si abbracciarono di nuovo e si baciarono con passione, forse, per l'ultima volta.

-
Qualche ora dopo in carcere
Rosy era sdraiata su quel letto scomodo, l'aveva dimenticato. Aveva dimenticato quanto fosse terribile vivere li dentro. Con persone che la guardavano dalla testa ai piedi, con disgusto, ma senza parlare, per paura che quell' indone mafiosa potesse uscire da dentro di lei. Con la fame che prepotentemente la assaliva per poi cibarsi di ciò che si preparavano da soli. Con le docce in comune, posto in cui alcuni ne approfittavano per minacciare o per vendicarsi brutalmente. Adesso però c'era qualcosa  di strano dentro di lei, sentiva che quello non era più il suo posto giusto. Forse era la voglia di condividere le giornate con suo figlio e anche con Domenico, che le assaliva la determinazione di voler uscire al più presto da li. In quel posto dove lei adesso si sentiva fuori luogo. Aveva deciso di collaborare, di parlare, di fare la pentita, e anche se aveva tradito tutti i suoi principi di mafiosa, nulla poteva essere lontanamente paragonabile di riavere con se le persone che ama.
E proprio mentre fantasticava su quella vita che da li a poco, avrebbe cambiato tutto, sentì aprire la porta della cella. Era una poliziotta.
"Abate" - urlò la donna con toni rigidi -"c'è una visita per lei".
Rosy si alzò, era sorpresa. Solamente ieri era stata portata li. 
Venne presa per un braccio e portata in quella stanza dove si accoglievano i propri cari. Quando un altra porta presto si aprì vide suo figlio seduto dall'altra parte del lunghissimo tavolo. Procedette lentamente poi si sedette di fronte a lui.
"Che ci fai qui tesoro?".
Leonardo allungò le mani e accolse quelle di sua madre tra le sue.
"Volevo vederti".
"E' successo qualcosa?" - chiese lei vedendo la tristezza nei suoi occhi.
"Niente di grave, davvero".
"Lo conosco quello sguardo. C'entra Carmen vero?".
"Minchia" - sbottò il ragazzo sorridendo leggermente - "non ti si può tenere nascosto nulla!".
Rosy sorrise appena. Aveva imparato a leggere nei suoi occhi dal primo giorno in cui l'aveva visto in quel covo abbandonato proprio come Domenico aveva saputo leggere nei suoi.
"Io e lei abbiamo preso una decisione. Una decisione sofferta per entrambi".
"Di cosa si tratta?".
"L'ho convinta a partire, a ritornare a Milano, a riprendere gli studi che per colpa mia ha trascurato".
"Ma perchè Leo?".
"Perchè è giusto così. E' giusto che lei si rifaccia una vita, lontano da me, e poi magari quando sarà più matura, sceglierà se avermi al suo fianco".
"Mi dispiace" ...Furono le uniche due parole che Rosy riuscì a dirgli. Come poteva dare consigli. Lei? Proprio lei che nella vita aveva sbagliato tutto.
"Io ho bisogno che tu mi stia vicino. Minchia. Fa più male di quanto pensassi".
Ma Rosy non riusciva nemmeno a confortarlo. Perchè nella sua vita nessuno aveva avuto bisogno di un suo abbraccio, di una sua carezza. Ed era come se tra se stessa e un altra persona si fosse creato un muro invisibile che ogni tanto, si alzava. Sempre di più. E sembrava insormontabile per lei. Solamente Domenico era riuscito ad abbatterlo, ad abbattere tutte le sue barriere. Perchè lui era forte, una forza che bastava per entrambi. Leonardo invece, era così debole e da solo non basterà per andare oltre a quel muro. 
"Leo, ma perchè sei venuto da me?" - chiese lei con la speranza che lui andasse presto via correndo tra le braccia di chi potesse ascoltarlo.
"Io non lo so, mamma. E' stato l'istinto a guidarmi qui da te. Forse, forse perchè io e te siamo uguali. E solamente tu sei in grado di capirmi adesso".
"Non dire così. Io e te non siamo uguali".
"E invece si, mamma!".
"Tu hai ereditato solo la parte buona di me".
Leonardo sorrise per un attimo - "ti sei tradita da sola".
Rosy scosse la testa, come per dire - in che senso?-.
"Finalmente hai ammesso che c'è una parte buona dentro di te".
"Adesso non cambiare discorso, ragazzo!".
"Mi aiuterà a non pensarci".
"Cosa vuoi fare? Io non ti capisco!".
"Non lo so. Io devo lasciare andar via Carmen, mamma. Minchia se devo. Non posso permettere che lei trascuri la sua vita per seguirmi ovunque mi manderanno. Non sarebbe giusto".
"Ma il tuo cuore non ne vuole sapere".
Leonardo scosse la testa. 
Rosy doveva far qualcosa, non poteva vedere suo figlio in quello stato. Per qualche strana ragione, Leo aveva bisogno di lei. Della sua mamma. Adesso doveva abbattere lei quel muro che si era creato tra lei e suo figlio. E sarà difficile, ma dovrà farlo. Per il bene del suo figliolo.
"Vorrei tanto abbracciarti" - disse istintivamente e vedendo che pian piano, quella barriera stava per sgretolarsi. 
"Ma non si può".
"E chi minchia te l'ha detto".
Si voltò verso la poliziotta di turno, che stava assistendo al discorso. La donna scosse la testa.
"La prego. Un minuto soltanto".
"Non posso" - rispose la donna fissando un punto lontano,e non guardandola negli occhi.
"Un secondo".
"Ho detto che non posso" - sbottò a bassa voce, ma questa volta gli sguardi si incrociarono -"se lo vedono gli altri detenuti, succede il caos. Ed io non posso perdere il lavoro".
"Ma adesso non c'è nessuno! La prego. Siamo entrambi in buona fede".
La poliziotta roteò gli occhi ben sapendo di non riuscire a vincere questa battaglia - "E va bene però non appena sento arrivare qualcuno, vi ordinerò di staccarvi e voi dovrete farlo. Okay?".
Rosy annuì per poi raggiungere presto l'altra estremità del tavolo. Accolse suo figlio tra le braccia, abbracciandolo più forte che poteva e finalmente quel muro che non sembrava poi così insormontabile, era caduto. Questa volta aveva bisogno anche lei di Leonardo. Aveva bisogno di sentire il profumo di suo figlio, di annusarlo fino a smettere di respirare, ma durò poco perchè la guardia li distaccò ferocemente in vista di una nuova visita.
Rosy venne presa nuovamente per il braccio da quella donna, vedendo sempre farsi più lontano il viso di Leo. 
"Ce la farai a superare tutto questo. Te lo prometto" - gridò. Leonardo le sorrise, prese il giubbotto e fu il primo ad andare via. 
Quando Rosy venne sbattuta nuovamente in cella, e la poliziotta chiuse a chiavi la cella , le parlò- "Mi dispiace, ma questo è il pezzo da pagare per aver infranto la legge".
Leo non si pentì minimamente di essere andato da sua madre in carcere, anche se averla vista in quello stavo gli aveva fatto male. Magari non ero riuscito nel suo intento di schiarirsi ogni dubbio, ma almeno gli era stato vicino. E Dio solo da quanto si fosse sforzata sua mamma, di essersi aperta così tanto con lui. Aveva proprio bisogno del suo abbraccio che gli aveva trasmesso tanta forza. Con lei al suo fianco, era sicuro di superare tutte quelle volte in cui sentirà la mancanza di Carmen.
Camminò per le vie di Catania con le mani in tasca e ricordando quel momento. Arrivò presto a casa di Domenico, ma stranamente le guardie di turno non c'erano fuori alla porta. Se ne accorse solamente adesso Leo, forse erano andati a farsi un giro. Ogni tanto Domenico li lasciava liberi per una pausa. Leonardo iniziò a tremare, aprì lentamente la porta di casa che stranamente era aperta. Varcò la soglia di casa con estrema lentezza, vide da lontano, appoggiato ad un tavolo un bigliettino "Ho avuto una chiamata urgente Leonardino, scappo in questura. Domenico!". Il tempo di voltarsi di scatto e intravide nella penombra un uomo puntargli la pistola, non c'erano dubbi, era De Silva.

Spero che il dialogo tra Rosy e suo figlio vi sia piaciuto, e anche l'ultima parte con un po di suspance! Vi ringrazio per il sostegno e ci tenevo a dirvi (così vi preparate psicologicamente xD) che il prossimo capitolo sarà il terzultimo poi ci sarà l'epilogo finale ;). Ho voluto terminare la storia perchè secondo me, sono andata anche troppo oltre visto che la trama principale era il cambiamento di Leo e poi non mi piace allungare il brodo quindi reputo giusto un finale degno di questo nome :).Ed è proprio per questo che non vorrei tralasciare nessun anticipazione così vi godete ancora di più questi ultimi capitoli. Se proprio volete saperlo, basta farne un cenno nelle recensioni  =). Grazie ancora <3.
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Capitolo 42
*** La resa dei conti ***


42. La resa dei conti
 
"Che minchia ci fai qui De silva?" - domandò Leonardo con un pizzico di paura mescolata alla rabbia verso quell'uomo che sembrava voler diventare il peggiore dei suoi incubi, una persecuzione, forse la punizione per quel poco di male che aveva commesso.
Cercava di allontanarsi da quella pistola il più possibile toccando poi la schiena con il pianerottolo della cucina. Filippo con sorpresa abbassò l'arma e alzò l'altra mano contenente una valigia di metallo. Probabilmente c'erano quei maledetti soldi.
"Voglio regalarti un altra possibilità" - De silva allungò il braccio porgendo quell'oggetto a Leonardo che istintivamente deviò lo sguardo.
"Che minchia ti serve?".
"Un piccolo aiutino".
"Per cosa?".
"Per fuggire da questo cazzo di paese".
"Hai la tua fortuna a portata di mano, io non ti servo per una minchia".
"Ho bisogno che tu venga con me e mi aiuti a oltrepassare il confine senza che io venga scoperto".
"Cosa??".
"Tu puoi tranquillamente andare in giro senza che la polizia ti stia dietro. Pretendo che tu mi faccia procurare carta d'identità e passaporto falsi".
"Ma io non lo so chi minchia fa queste cose".
"Di questo non ti devi preoccupare piccolo mio" - aggiunse facendogli una carezza - "ti ci mando io da un tizio che ti procurerà tutto".
Un altra volta. Un altra volta Leonardo venne risucchiato in quel vortice maligno, un vicolo, un labirinto senza uscita. Aveva promesso a se stesso di non scendere mai più a patti con la mafia, e doveva mantenerla quella promessa, doveva ribellarsi, come da poco tempo a questa parte Domenico gli aveva insegnato di fare. E come non fece tanti anni prima. Perchè se ne pentirà. Finirà col pentirsi di aiutare quell'uomo e i sensi di colpa aumenteranno sempre di più. 
"NO!" - urlò Leonardo con tutta la voce che aveva - "non faccio una minchia di quello che mi hai chiesto. Non ti aiuterò".
Filippo rimase sorpreso -"ricordati che ti ho salvata la vita...Per ben due volte".
"Per quanto tempo ancora oserai rinfacciarmi di avermi salvato la vita?" - Leo lo spinse via con tutte le forze che aveva -"io non te l'ho chiesto! E poi l'ultima volta me l'hai messa tu in pericolo, la vita! Hai costretto me e una ragazzina innocente a vedere come i nostri corpi man mano si bruciassero".
"Non ti permettere più di parlarmi così. Adesso fai quello che ti ho chiesto".
"Questa volta no. Questa volta decido io. Non sono più un bambino, non sono più una marionetta nelle tue mani, non puoi manovrarmi a tuo piacimento. Sono cresciuto. Sono un uomo ed io dico basta! Esci dalla mia vita! Non tormentarmi più. Se lo farai adesso sono anche disposto a mentire e dire che non ti ho mai visto, ma vattene!".
"No! Ora vieni con me" - De silva trascinò per il braccio Leonardo fino alla porta di casa, ma il ragazzo riuscì a liberarsi - "in questa storia ci siamo infilati insieme e insieme ne dovremo uscire. O ci salviamo tutti e due o andiamo a fondo tutti e due".
"Io non ho collaborato con te per prendere quei soldi, il mio unico obiettivo era quello di trovare Veronica Colombo che mi ha costretto a vivere una vita di merda assieme a te!".
Filippo a quel punto, forse preso dalla disperazione perchè per la prima volta nella sua vita si vedeva spaesato, senza nessun appoggio e forse senza una via d'uscita, prese la pistola e la puntò nuovamente di fronte al ragazzo.
"Non parli più adesso? Non mi offendi più? Andiamo".
"Io non ci vengo con tia, mi hai tradito e continuerai a farlo perchè è nella tua natura. Questa volta non mi allontanerai dai miei cari, hai capito? Piuttosto preferisco che m'ammazzi!!".
Qualcuno aprì la porta con violenza sbattendola. Era Domenico che presto si scagliò contro De silva. 
"Finalmente ti ho trovato lurido bastardo!!" - urlò Calcaterra. Era armato anche lui. Presto entrambi finirono a terra con una colluttazione senza fine. Leonardo voleva riuscire a fermarli, a fermare tanto meno la furia di Filippo, ma i loro corpi roteavano così velocemente sul pavimento che Leonardo ebbe paura di saltare addosso a Domenico.
"Scappa Leonardo! Scappa cazzo!"- riuscì a dire tra un pugno e l'altro Mimmo.
Ma Leonardo non poteva lasciarlo li. Con quale coraggio? Lasciare li l'uomo che l'aveva sempre trattato come un padre, nelle mani di un folle, di uno psicopatico mafioso. In giro non c'erano telefoni, l'unico era nella tasca dei pantaloni del poliziotto quindi non poteva neanche avvertire la Duomo. Che fare adesso? I due per terra si sferravano pugni, calci, forse moriranno entrambi. Leo ebbe un blocco,un attacco di panico, rimase fermo, immobile, per qualche strana ragione non riusciva ad intervenire. I muscoli sembravano essersi paralizzati. Non rispondevano. Era completamente inerme, ma doveva trovare quella forza nascosta dentro di se per intervenire, non poteva lasciare Domenico ad un triste destino.
Non seppe da dove trovò il coraggio per reagire, ma con un movimento veloce prese le pistola che sfuggì dalle mani di Domenico e la prese tra le mani. Puntò per terra. I due continuavano a rotolare sul pavimento. Leonardo doveva sparare, doveva mettere lui fine a tutto questo. Ma farlo costerà tanto. E se sbaglierà? Se quella pistola colpirà Mimmo? Non se lo sarebbe mai perdonato. Ma doveva provarci, ed era arrivato proprio ora il momento di mettere in atto quegli insegnamenti ricevuti da Filippo e che adesso, gli si ritorcevano contro. Allungò le braccia, puntò sul corpo di Mimmo e non appena vide che De silva fu sopra di esso, con occhi lucidi, fermi, quasi freddi, una freddezza disarmante, sparò.
Istintivamente chiuse entrambi gli occhi, la paura di aver colpito la persona sbagliata lo faceva impazzire. Aprì lentamente uno e poi anche l'altro. Tirò un sospiro di sollievo quando vide De silva coprire il corpo di Domenico con una ferita visibile alla schiena, dalla quale iniziava a fuoriuscire un enorme quantità di sangue.
Domenico si alzò presto e abbracciò Leonardo - "è tutto finito tesoro. Adesso è tutto finito"- sospirò cullandolo tra le braccia come se fosse un bambino.
Leonardo non aveva mai sparato a nessuno prima d'ora, si era limitato solamente a colpire delle figure di carta o delle bottigliette di vetro. Non ne andò fiero di averlo fatto, non si sentiva forte per questo, ma un senso di libertà gli invadeva l'anima. Si era liberato di Filippo De silva e soprattutto aveva salvato la vita di Calcaterra. 
"L'ho ammazzato Domenico?" - chiese poi.
"Non lo so".
Fu Domenico ad avvicinarsi al suo corpo e premere due dita sul polso sinistro - "è ancora vivo. Avviso la Duomo e chiamo un ambulanza".
Leonardo annuì e vide l'uomo a terra tossire appena per poi girarsi con la schiena rivolta verso il pavimento. L'istinto lo portò ad andargli vicino.  Si inginocchiò accanto a lui. Non se lo seppe spiegare neanche a se stesso, ma Leo non provava neanche un po di pena per lui. Era così sbagliato?
Filippo poi allungò il braccio e strinse la mano del ragazzo. Aveva il viso pallido, gli occhi socchiusi, e la bocca che sputava sangue.
"Com'è strano il destino" - riuscì a dire con un filo di voce De silva -"io ti salvo la vita e tu me la togli".
Leo capì le sue intenzione. Gli diceva tutte quelle cose per cercare di farlo sentire in colpa, ma egli non si era pentito neanche per un istante di premere quel grilletto. Se tornasse indietro lo rifarebbe altre cento volte perchè era servito a salvare Domenico.
"Tu la vita non me l'hai salvata" - riprese a dire il ragazzo con ancora la stretta di Filippo forte e possente -" me l'hai resa un inferno!".
Filippo sorrise appena sputando un altro po di sangue - "ed è proprio li che ci rincontreremo...All'inferno!" - aggiunse per poi svenire o morire questo Leo non lo seppe perchè con quelle ultime parole, Leo lasciò andar via le mani di Filippo tra le sue e si precipitò fuori alla porta per prendere una boccata d'aria. Vide Domenico camminare da una parte e l'altra mentre parlava a telefono per poi voltarsi e vedere il volto di Leo quasi sconvolto.
"Non provarci nemmeno a sentirti in colpa" - disse il poliziotto dopo aver riagganciato la telefonata alla Duomo -"l'hai fatto soltanto per salvarmi la vita e in un certo senso hai salvato anche la tua".
Si abbracciarono di nuovo, ma questa volta Leo incominciò a piangere sporcandogli la camicia bianca - "l'ho ucciso io Mimmo? L'ho ucciso io!".
Dopo un po di tempo arrivò sia la squadra che l'ambulanza. Filippo era ancora vivo, ma le probabilità che si possa riprendere, erano veramente poche.  La Duomo lo stava interrogando. Leonardo raccontò tutto. Dal principio. Perchè adesso non aveva più la scusa di trovarsi in ospedale per non parlare. Adesso sputò tutto. Sin dal principio. Da quando venne rapito dall'età di 5 anni fino ad allora. E lo fece con una leggera amarezza, tristezza, perchè rivivere quei ricordi era molto doloroso per lui, ma sentiva di dover rimediare in qualche modo per essersi comportato, a quei tempi, come un vendicatore, un assassino, un mafioso!
E solo allora, dopo aver ritrovato l'affetto di sua mamma, di Mimmo e aver conquistato quello di Carmen, capì che quel mondo in cui era stato catapultato era sbagliato. Era un mondo di violenza, di maltrattamenti, di vendetta, di ingiustizie, di crudeltà. Un mondo a cui forse non era mai appartenuto realmente. Perchè l'amore dei propri cari era molto, molto più forte della sete di potere. 
Domenico lo guardava ed era fiero di lui, del suo cambiamento, per aver consegnato in mano all'antimafia elementi importanti che grazie alla sua testimonianza, riuscirà ad incastrare anche uomini insospettabili. 
Dopo aver parlato a lungo, Leonardo uscì dalla porta di casa sua, allungò le braccia ed ispirò a pieni polmoni un aria che sentiva pulita perchè lui adesso si era liberato di tutto ciò che di cattivo si era insediato dentro di lui. E forse anche lui, in cuor suo, era fiero di se stesso.

Ci siamo liberati di De silva pepepepepe XD. Spero vi sia piaciuto questo capitolo dove Leo è stato l'unico protagonista! Vi aspetto al prossimo capitolo che sarà il penultimo (non proprio perchè come vi ho anticipato ci sarà un epilogo finale dove vorrei aggiungere anche dei ringraziamenti). Non vi darò nuovamente nessun anticipazione, se volete saperlo basta chiederlo nelle recensioni =). 
Vi ringrazio come sempre del supporto, mi dispiace tanto che la storia sta svolgendo a termine =( , ma forse è anche giusto così =).
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Capitolo 43
*** Io ti aspetto ***


43. Io ti aspetto
 
Oggi era  un giorno triste per Leonardo. Tra qualche ora Carmen si imbarcherà al porto e lascerà la Sicilia, non solo la sua terra ma anche l'uomo che amava. Leo non andrà a salutarla, sarà troppo difficile dirsi addio dopo tutto quello che era accaduto tra loro due. Dopo i baci, le carezze, le parole piene d'affetto, dopo aver fatto l'amore. Leonardo non rimpiangerà nulla dei momenti trascorsi con lei sin dal principio fino all'ultimo istante in cui l'aveva tenuta tra le braccia. Non rimpiangerà neanche di aver commesso l'errore di tradirla, ingannarla, fingendosi un altra persona perchè probabilmente non sarebbe arrivato a volerle così tanto bene, ad amarla. Più di qualsiasi altra cosa. Più di se stesso, a tal punto da rinunciare a lei pur di vederla felice e realizzata. Non gli era mai capitato prima d'ora di affezionarsi così tanto ad una donna, in Russia aveva avuto vari incontri intimi con alcune ragazze del posto, ma mai nessuna era riuscito a rubargli il cuore, perchè forse un cuore neanche credeva di averlo all'epoca. 
Domenico era appena entrato in stanza, era mattina, aveva trascorso l'intera nottata in commissariato, a risistemare le ultime faccende. Era sfinito. Si gettò sul letto con le braccia sotto la testa e vide Leonardo guardare oltre la finestra.
"Tutto bene in Duomo?" - chiese poi il ragazzo con lo sguardo ancora fisso sul cielo.
"Si. Il questore si è congratulato con me, con te, per quello che hai detto. Tra poco si deciderà il nostro futuro ragazzo" - aggiunse andandogli vicino e colpendolo sulla spalla - "tra non molto sapremo il posto preciso".
"Alla fine sei riuscito a metterci insieme".
"Si. Se volessi riuscirei anche a spostare una montagna intera" - disse ridendo Calcaterra.
"E l'hai spostata eccome la montagna! Ma come minchia hai fatto a convincere Sandro a lasciar venire Carmen da me?".
"E' un segreto" - rispose ridendo Calcaterra. Era di buon umore o forse cercava di rallegrare Leo. Gli portò una stecca di sigarette, le aveva comprare apposta per lui.
"Grazie Mimmo, mi servivano" - Leo le aprì subito e ne accese una. 
Aspirò quel fumo e anche un po di quella tensione che si era accumulata dentro di lui.
"Allora hai proprio deciso Mimmo, vieni con noi?".
"Si".
"Anche se volessi non riuscirei a farti cambiare idea. Sei di una testardaggine".
"Senti chi parla".
"Mia madre lo sa?".
"No".
"Conoscendola, non la prenderà bene. Ma forse pian piano si abituerà alla tua presenza".
"Già" - sospirò appena Domenico.
"Ieri sono andato da lei".
"Ah si? Come mai?".
Leo fece spallucce - "così. Volevo vederla".
"Okay. Ho capito. Non ne vuoi parlare. Segreti tra madre e figlio"..
Leonardo sorrise appena poi si rabbuiò - "centra lei vero?".
"Si, ma non vorrei parlarne scusa".
"E invece dovresti. Sei ancora in tempo Leo".
Il ragazzo si voltò e gli puntò un dito -"non dirlo neanche per scherzo. Lei deve partire. Di questo ne sono sicuro".
"Non riesci a lasciarla andare".
"No".
"Io ti parlo per esperienza e ti consiglio di...".
Leonardo spense la sigaretta e parlò interrompendo il discorso di Calcaterra - "so già cosa stai per dirmi. La tua storia con mia madre non è lontanamente paragonabile alla mia con Carmen, io devo lasciarla partire...Magari chissà....In un futuro ci rincontreremo".
"Ma tu questo glielo hai detto questo?".
"No".
"Beh allora hai 30 minuti di tempo per farlo".
"Volendo non riuscirei ad arrivare in tempo".
"E chi te l'ha detto? Vieni con me".
Domenico prese per braccio Leo e lo fece accomondare con violenza in macchina. Prese la sirena, l'appoggiò sul tettuccio dell'auto e partì.
"Tu sei pazzo, se lo scoprono i tuoi".
"Non lo scopriranno e risparmiati il fiato per parlare con la tua ragazza".
Leo sorrise e pensò alle parole da dire a Carmen. Non voleva fermarla perchè sapeva per certo che farla partire sarebbe stata la cosa più giusta da fare. Non voleva dirle addio, ma soltanto un arrivederci perchè loro si rincontreranno, di questo ne era sicuro.
C'erano migliaia di persone disperse in quel porto, Domenico e Leo si diedero da fare per cercare il traghetto giusto diretto a Civitavecchia.
"Eccolo, è li!" - urlò Domenico indicando quello più lontano. 
Leonardo lanciò un sorriso di speranza verso Mimmo e partì alla ricerca disperata di Carmen. Si sperse in mezzo alla folla di persone che stavano per imbarcarsi. Alcuni volevano fermarlo, altri lo lasciavano passare. In mezzo a tutte quelle persone, in mezzo a tutte quelle valigie sarebbe stato impossibile individuare la sua Carmen. Si fermò un istante girandosi attorno, lei non c'era. Forse non si era ancora imbarcata, forse era già nel traghetto. Tornò indietro e proprio mentre si voltò vide Sandro. Cazzo. Veniva verso di lui, sembrava furioso. Lo prese per il braccio e lo trascinò via dalla folla.
"Che cazzo ci fai qui? Non la lascerai partire vero?" - chiese con fare arrabbiato.
"Non voglio fermarla, ma soltanto parlare con lei".
"Hai avuto una nottata intera per dirle tutto. Hai già sprecato tutto il tuo tempo che avevi a disposizione, mi dispiace".
"La prego, mi dica dove sta".
"Non mi fido di te".
"Non voglio fermarla ho detto e mi deve credere minchia!" - Leo si passò entrambi le mani tra i capelli poi vide Domenico da lontano che si avvicinava sempre di più a loro - "ma di lui ti devi fidare" - aggiunse indicando Domenico.
"Sto per fare una cazzata, Carmen è allo sportello per fare gli ultimi controlli, siamo in ritardo. Vai, prima che me ne penta".
Leo lo ringraziò e prima gli diede un leggero bacio sulla guancia. Corse più veloce che poteva, doveva trovarla a costo di mettere a soqquadro l'intero porto. Doveva dirle tutto. 
Poi la vide da lontano, raggiante come sempre, con aria sorpresa mentre trascinava un trolley.
"Che ci fai qui?".
Prima di parlare, di aprire bocca, di trovare le parole giuste si lanciò sulle labbra e dedicarle il più dolce dei baci - "Leonardo, così mi confondi. Che ci fai qui?" - sospirò lei con ancora le bocche appiccicate.
"Devo parlarti".
"Ormai è troppo tardi Leonardo! Ho preparato le valigie, fatto i biglietti".
"No. Lasciami parlare ti prego" - disse prendendole il viso tra le mani - "tu partirai, ma prima devi ascoltarmi".
Le parole di Leo questa volta uscirono senza far fativa, non gli morivano in gola, sputò tutto quello che aveva da dire guardandola negli occhi -"io t'aspetto" - iniziò a dire mentre Carmen lo guardava ancora più confusa di prima -" che siano 10 giorni. 10 settimane. 10 mesi. 10 anni... Io ti aspetto".
"Ma è una pazzia!".
"Il destino ci riserverà un altra opportunità, ne sono sicuro".
"Come fai ad esserne così certo?".
"Perchè il nostro è amore vero, Carmen! E quando c'è di mezzo questo sentimento così forte niente e nessuno potrà impedirci un futuro insieme".
"Non puoi chiedermi questo" - Carmen sviò lo sguardo lasciando cadere le mani di Leo dal suo viso - "aspettarti? Non posso stare ogni santo giorno ad aspettarti. Ad aspetto un tuo segnale, un tuo messaggio. Io non ce la faccio".
"Quando pensi di non farcela, quando pensi che tutto è perduto, quando perderai la speranza che noi due un giorno staremo insieme, io ti dico... Pensa a due persone. Pensa a Rosy Abate e Domenico Calcaterra. Pensa al loro amore che è nato sotto ad una cattiva stella, in mezzo alla sofferenza, al male, alle pallottole, ai conflitti a fuoco. E pensa che si sono amati, ma si sono persi per poi ritrovarsi dopo 16 anni. Più forti di prima. Dovresti guardarli adesso : si desiderano, si cercano, si vogliono, si amano come il primo giorno! Il destino ha riservato al loro amore una seconda opportunità e succederà anche a noi. Quando saremo più sicuri, più maturi, con meno problemi alle spalle, e potremo viverci a pieno questa nostra relazione. Affrontare le mille persone che ci daranno contro, come tuo padre. E magari in quest' asso di tempo in cui saremo separati, troveremo altre persone, altri amori, è normale no? Ma arriverà quel giorno in cui io e te staremo insieme. E sarà bellissimo!".
Numerose lacrime uscirono dagli occhi di Carmen e Leo le asciugò tutte. Il suo discorso la commosse tanto tant'è che si affidò a lui in un abbraccio, l'ultimo. Ispirò il suo profumo, lo sfiorò per l'ultima volta. Chiusero entrambi i ragazzi gli occhi per assaporare ancora di più l'intensità di quell'abbraccio. Poi ci fu un bacio casto sulle labbra e una voce proveniente da lontano, li fermò. Era arrivato il momento di andare. Carmen doveva salire su quel traghetto. Senza dire nulla, sarebbe stato troppo doloroso, si presero per mano e man mano che la ragazza proseguiva al lato apposto le loro mani intrecciate, si allontanarono, sempre di più, fin quando non si lasciarono definitivamente. Carmen proseguì in avanti, guardandosi ogni tanto indietro e vedendo Leonardo stare fermo, in mezzo alla gente che lo spingeva. 
Si voltò per l'ultima volta, la voce rotta di Carmen lo chiamò - "Leonardo Abate" - disse urlando. Anche Leo si voltò a guardarla - "anche io ti aspetto" - concluse. E un sorriso splendido riempì i visi di entrambi. Questa volta in Carmen si era accesa una speranza e Leo lo percepì seppur da lontano.
Dovette andar via anche lui, indietreggiò, poi vide il traghetto partire. E solamente allora, quando Carmen non poté guardarlo, iniziò a piangere guardando il cielo che stamattina, stranamente, era ricoperto di nuvoloni bianchi. Forse perchè anche quell'azzurro infinito era stato testimone di quest' amore interrotto per via delle circostanze. A Leonardo restava solamente la consolazione che un giorno, non tanto lontano, loro due potranno viversi come una coppia normale.
Una pacca sulla spalla lo distrasse un attimo, pensò subito a Domenico, ma quando si voltò, rimase sorpreso. Era Sandro. Leo si asciugò presto le lacrime e sbuffò, convinto che quell'uomo troverà un altra scusa per litigare con lui, anche se di litigare Leo non aveva proprio voglia. E invece Pietrangeli non parlò, lo osservava, e in un modo strano. Fu Leo a rompere quel silenzio imbarazzante - "Lei non mi perdonerà mai, vero?" - domandò.
"No!" - esclamò freddamente e con sicurezza l'uomo - "ma ti ringrazio per averla salvata" - aggiunse con un mezzo sorriso. Poi andò via e dietro di lui comparve Calcaterra. Era stato in disparte per tutto il tempo a guardarsi due scene, la prima con Carmen, la seconda con il suo amico. Egli gli andò vicino e l'abbracciò - "sono fiero di te. Hai dimostrato una maturità incredibile Leo. Avevi tutte le carte in mano per fermare Carmen e non lo hai fatto.  Hai voluto mettere in primo piano i suoi bisogni e poi sono sicuro che così, hai acquistato la fiducia di Sandro. Approverà la vostra relazione, un giorno".
"Spero che quel giorno non sarà tanto lontano" - ribadì Leo sciogliendosi da quell'abbraccio.
"No infatti".
"E tu che ne sai? Ne parli con così tanta certezza".
Entrambi si erano avvicinati ad un bar, tra poco avrebbero preso la colazione -"mi hanno appena chiamato dalla magistratura. Il programma di protezione che comprende voi due insieme, è stato accettato".
"Ma questo già si sapeva, no?".
"Quello che non sai è che vi -anzi ci- manderanno a Rozzano".
"E dove minchia è?" - chiese Leo con aria confusa mentre sorseggiava un caffè.
"E' una piccola località in provincia di Milano!".
A Leonardo quasi andò di traverso il caffè. Tossì. Ma allo stesso tempo era contento, questo doveva essere un segno. Forse alle parole che lui aveva detto in precedenza, ci aveva creduto davvero. Forse davvero esisteva un destino, una seconda opportunità. Forse anche ad uno come lui, era concesso di essere felice.

(Penultimo capitolo ngueeeeeee....)A parte gli scherzi, spero che vi sia piaciuto tutto l'addio tormentato di Leo e Carmen a cui sono particolarmente affezionata *-*. Ma infine non tutto sembra essere perduto. Il prossimo capitolo che sarà l'ultimo, (vi avevo detto che non vi avrei dato più alcun anticipazione, ma credo che in questo caso sia opportuno dirvi almeno di cosa si parlerà) credo che sarà più lungo del solito e forse ci metterò anche un po più di tempo per postarlo, ma mi ci vorrei dedicare anima e corpo. Ho in mente tantissime cose, tra cui una sorpresa che credo, sarà inaspettata. Si parlerà del percorso di Leo e approfondiremo tutti i rapporti tra cui quello di Rosy e Domenico. 
P.s la città di Rozzano esiste veramente, ho cercato in giro qualche città vicino Milano e mi è uscita questa XD. 
(Se proprio non riesco ad aggiornare prima di Natale vi auguro in anticipo buone, buone feste *-* <3)
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Capitolo 44
*** Un altra vita ***


44. Un altra vita

Domenico adesso sentiva di star per chiudere un capitolo della sua vita e magari quell'altro che si aprirà sarà migliore di quello vissuto fino ad adesso. E non saprà ancora se quello  che lo aspetterà sarà un futuro meraviglioso, ma sicuramente era certo del cambiamento. Cambieranno molte cose dal momento in cui prenderà il traghetto per poi partire per Rozzano. Insieme a Leonardo, suo figlio ritrovato e Rosy, la sua Rosy. Forse la convivenza insieme non sarà perfetta, forse ci saranno dei problemi, ma il primo passo adesso sarà dirlo a Rosy. Lei che ancora ne era all'oscuro...ed era per questo che Domenico la stava aspettando nella sala interrogatori. Aveva chiesto ad alcuni poliziotti del carcere di farli mettere in disparte e di dargli un po di tempo in più rispetto ai soliti 30 minuti. 
Quando Rosy varcò la soglia della stanza, era accompagnata da una poliziotta che  dopo averla tolto le manette, andò via. A Calcaterra parve illuminarsi il viso alla vista di lei, al contrario suo. Era strana. Pallida. Il volto sfinito, stanco. Forse era stata male...Forse...
"Come stai?" - chiese lui vedendola.
"Bene sto" - rispose lei con la sua solita strafottenza e nascondendo chissà che cosa.
"No che non stai bene" - Domenico cercò di prenderle le mani, ma lei si scansava fin quando la determinazione e la testardaggine di lui vinsero su quella di lei riuscendo a stringerle -"dimmi quel che cazzo che c'hai".
"Minchia Calcaterra ma ti devo raccontare tutto quello che minchia mi succede, eh?".
"Si" - continuò lui preoccupato mentre con una mano si massaggiava i capelli - "se ti hanno fatto qualcosa, se qualcuno ti ha minacciata o".
"Basta Calcaterra, è una cosa mia! Personale! Non mi vi da di dirtela, okay?" - Rosy lo interruppe in modo brusco alzando i toni.
"Almeno dimmi se mi devo preoccupare o no?".
"E' una cosa da donna va bene? E' imbarazzante" - Rosy abbassò lo sguardo. Forse quello che le succedeva non era nulla di grava, ma Domenico doveva saperlo altrimenti non ci avrebbe più dormito la notte.
"Cioè?" - chiese ancora insistendo.
"Ma Calcaterra" - aggiunse lei con rimprovero.
"Dimmelo cazzo, dimmelo!".
"Ho un ritardo. Non ho più il ciclo. Sto entrando in menopausa va bene? E questo mi comporta strani sintomi... Stanchezza, nausa, eccetera, eccetera, eccetera".
Domenico sorrise, forse per sollievo o per burlarsi un po di Rosy per averla vista in imbarazzo forse per la prima volta in tutta la sua vita.
"Ma che minchia ti ridi, che?" - Rosy si staccò dalle sua mani e raggiunse la porta. Stava per andarsene, ma venne fermata proprio da lui.
"Scusami non volevo ridere di te, e che proprio non pensavo di...Insomma...Per un attimo mi sono sentito morire pensando che ti fosse successo qualcosa".
Domenico l'abbracciò e lei non resistette. Non poteva respingerlo. Lo aveva tanto desiderato in questi giorni - "e che per una donna è come una vergogna. Vuol dire che sto diventando vecchia Domenico".
Domenico sorrise di nuovo  -"tu sarai una stra figa anche a 90 anni".
Rosy gli diede un pugno nel petto e cambiò discorso - "piuttosto tu, perchè sei venuto da me? Avevi da dirmi qualcosa?".
"Si, ma adesso siediti".
Domenico riprese ad essere serio, non sapeva da dove cominciare, tirò un sospiro di sollievo poi cominciò a parlare - "hanno accettato il programma di protezione che vede te e Leo insieme in una casa protetta".
A Rosy le si illuminò il volto, si vedeva dagli occhi che era felice perchè stare con suo figlio era la cosa a cui maggiormente teneva di più.
"A Rozzano" - continuò lui,ma Rosy lo fermò.
"Non me ne fotte una minchia dov'è questo posto, anche se fosse il più sperduto del mondo, sarà un posto perfetto perchè starò con mio figlio".
"Non è questo Rosy...Io vengo con voi!" - ecco finalmente l'aveva detto e tutto d'un fiato. Dall'espressione di lei sorpresa, Domenico ne dedusse che forse non aveva ancora capito nulla.
"Ah si? E per quanto tempo conti di rimanere?".
"Per sempre!".
A Rosy mancò quasi il respiro, aveva sentito bene?.
"Ma Domenico che minchia dici? Ti trasferisci da noi?".
"Si".
"E il tuo lavoro? I tuoi amici? La tua terra? Abbandoni tutto per ... per".
"Per te!" - disse lui terminando la sua frase.
"Tu non sei lucido in questo momento sbirro, non puoi farlo, minchia!".
"Si invece, perchè voglio stare con te e se l'unico modo per averti è trasferirmi in un altra città, allora io mi trasferisco".
"Stai sbagliando tutto. Vuoi andare via per inseguire un sogno Calcaterra. Perchè la vita che vuoi avere con me solamente un sogno resterà. Perchè la realtà è un altra. La realtà è che tu continui ad essere un poliziotto ed io una mafiosa".
"Non sei più una mafiosa".
"Ah già vero...Sono una pentita. Una traditrice. Un infame. O peggio. Non sono nente!".
"Smettila Rosy cazzo" - Domenico iniziò ad alterarsi, proprio non riusciva a sentirsi dire quelle cose - "puoi dirmi quel che cazzo ti pare, ma la mia decisione è appena stata presa!".
"E che minchia farai li eh?".
"Continuerò a fare il poliziotto, mi faccio solamente trasferire. Proprio da quelle parte c'è una questura e molto probabilmente andrò li. Non mi occuperò più di antimafia perchè i miei obiettivi erano quelli di incastrare tutti i maggior esponenti della mafia. E con De silva in ospedale, i Russi e i Ragno presi, penso che non c'è più bisogno che io continui qui. E poi a quale prezzo? Stare lontano da te, da Leo".
Rosy continuava a non credere a tutto quello che le sue orecchie avevano appena sentito. Si sentì onorata, lusingata da quelle parole. Sentirsi dire da Calcaterra che stava abbandonando tutto e tutti per vivere insieme a lei, a suo figlio, forse non ne valeva la pena perchè una vita con lei sarà estremamente difficile. Aveva paura. Un immensa paura che lui un giorno potesse accorgersi di essersene pentito e lei starà male, e non voleva più soffrire.
"Tanto ho deciso, non cambierò idea" - aggiunse infine lui continuando a vedere una Rosy sorpresa, senza paura, tormentarsi le unghie e tenendo lo sguardo basso.
Poi alzò gli occhi, incrociò quelli di Domenico e forse la paura di un futuro fallimento era ben lontano alla vista di quello smeraldo. 
"Quando partiamo?" - nuovamente Rosy cambiò discorso. Sicuramente non si aspettava tutto questo, non voleva di certo questo per lui però era contenta. Qualcosa dentro di lei era cambiato dal momento in cui capì di avere al suo fianco il suo Domenico in questa nuova avventura. E voleva mascherarlo nonostante i suoi occhi continuavano a trasmettere altro.
"Tra una settimana esatta".
"Calcaterra...Prima di partire vorrei fare una cosa".
"Cosa?".
"Vorrei avere un permesso. Una giornata da passare con mio figlio, vorrei portarlo in un posto!".
"Dove?".
"Minchia Calcaterra, per una volta fidati di me. Non scappo".
"Lo so che non scappi, ma era così per sapere".
"A Palermo d'accordo?Si può fare o no?" - chiese indisponente.
"Vedrò di accontentarti".
Il tempo era scaduto, Domenico vide l'orologio e si alzò andandogli vicino e abbracciandola. 
"Grazie" - riuscì a dirgli lei baciandolo.
"Tanto lo so che sei contenta" - disse lui a fior di labbra. Poi si staccarono. Quella era l'ultima volta in cui si sarebbero visti dietro alle sbarre.

Sei giorni dopo....
Domenico era riuscito ad ottenere quel permesso richiesto da Rosy, chissà cosa aveva in mente. Forse voleva salutare la città di Catania a modo suo, insieme a suo figlio. Questo si chiedeva Leonardo mentre l'aspettava fuori dal carcere. 
"Mamma" - esclamò appena la vide, abbandonando la sigaretta che aveva tra le dita e gettandosi tra le sue braccia.
"Figlio mio! Come stai?".
"Bene, e tu? Minchia come sei pallida!".
"Bene sto, tranquillo devi essere".
"Dove andiamo?".
"In un posto...Sai che a me non piace tanto parlare".
"E certo che lo so, anche io sono così" - sorrise, andando a braccetto insieme a lei. Finalmente potevano passeggiare liberi, nonostante la guardia di turno li seguisse circospetta. Presero un pullman ed arrivarono nel centro di Palermo. Camminarono molto poi intrapresero una via molto conosciuta da Rosy, ma sconosciuta per Leo. C'era un cancello all'ingresso e una stretta strada che conduceva proprio....Al cimitero!.
"Minchia che felicità" - esclamò Leonardo sdrammatizzando un po, ancora confuso su quello che la madre aveva intenzione di fare.
"Vieni qui" - Rosy lo prese per mano, come quando era un bambino.
Calpestava i piedi in quell'erba sempre verde che di speranza aveva ben poco poi si fermarono. Rosy si fermò. E di conseguenza anche lui. Vide quella serie di tombe dove compariva spesso il cognome Abate.
"Vedi" - disse Rosy con punta di tristezza nella voce - "quelli sono mia mamma e mio papà. Ho avuto la fortuna di conoscerli poco perchè me li hanno strappati via troppo presto".
Leonardo la vide allungare una mano e accarezzare quelle due figure che aveva di fronte.
"Invece questo è il mio fratello maggiore, Nardo! Era il mio eroe, è stato lui a crescermi. Quando è andato via, io non c'ho visto più. E' stato proprio la sua perdita a farmi diventare quella che poi sono diventata. Loro invece sono Vito e Carmine... Oh Carmine. Lui non c'entrava niente con questo mondo. Si è trovato in mezzo per sbaglio e proprio per sbaglio me l'hanno ammazzato. Ricordo ancora l'urlo straziante che mi uscì dall'anima quando lo vidi a terra pieno di sangue".
Leo le accarezzò la schiena, un semplice gesto per farle capire che lui c'era. Ma non disse niente, non voleva interromperla.E soprattutto lui aveva bisogno di sentirsi dire quelle cose, lui voleva sapere della vita passata di sua madre e questa volta non attraverso ai giornali o dalla voce compiaciuta di De Silva!
Rosy camminò ancora un altro po inseguito da suo figlio che lo conduceva per mano. Si fermarono di nuovo, di fronte a loro questa volta, c'era la foto di una poliziotta, di una donna speciale, che era stata fondamentale nella vita di entrambi : Claudia Mares!
A Rosy questa volta uscì una lacrima - "la morte dei miei genitori, dei miei fratelli, nulla è stato paragonabile al dolore di quando Claudia Mares ha deciso di perdere la vita davanti ai miei occhi, per salvare la mia".
Leo  l'abbracciò forte, si ricordava a malapena di quella donna, ma dai racconti di De silva ne emergeva una gran bella persona -"mi sono portata il peso di questo per tanto, tantissimo tempo. Una poliziotta, una donna ammirata da tutti, che ha messo a repentaglio la sua carriera, tutto, per salvare la vita di una mafiosa".
"Ma tu credi davvero che la Mares avesse deciso di salvare la vita di una donna così? Se l'ha fatto, se ha rischiato, è solamente perchè ha creduto in te,in quello che saresti potuta diventare. Ha creduto nel tuo cambiamento".
"Io credo che l'abbia fatto solamente perchè mi voleva bene, un bene che io non mi sono mai meritato".
"Non è vero! Anche tu l'hai voluta bene, no? A modo tuo glielo hai dimostrato".
"Lo pensi davvero?".
"Si, altrimenti non si spiegherebbe questo" - e Leonardo allungò le braccia!
"Con lei è sepolta la figlia di Calcaterra, Sofia, Claudia era quasi al nono mese di gravidanza quando morì. Io lo so che può sembrare che lui se lo sia dimenticato, ma sono sicura che Calcaterra ci pensa ogni giorno alla sua bambina".
Leonardo accennò un sorriso triste. Domenico le aveva sempre parlato delle sofferenze di Rosy, ma la verità era che anche lui nella sua vita aveva trascorso dei momenti bruttissimi, sofferenti, che mai dimenticherà . Un giorno magari sarà lui stesso a raccontarglielo.
"Ma non è ancora finita figliolo" - disse Rosy vedendo suo figlio pronto ad uscire dal cimitero - "vieni" - la donna allungò il braccio che venne presa da Leo, intrecciando ancor di più la mano nella sua.
Arrivarono di fronte ad un altra foto, a Leo iniziarono ad uscire qualche lacrima quando i suoi occhi incrociarono quelli di Ivan di Meo, suo padre. Si inginocchiò di fronte a quello sguardo regalandogli una lieve carezza sperando che potesse sentirla dal cielo. Quando egli si voltò un attimo, vide sua madre tenere lo sguardo in alto, forse cercava di non piangere. Sapeva che questo per lei era costato tanto, e che l'aveva fatto solamente per il bene di suo figlio.
"Le sue ceneri sono dispersi in mare" - inziò a dire poi aggiunse - "ucciderlo è stato l'errore più grande della mia vita, ma averlo conosciuto è stata la cosa più bella che mi potesse capitare perchè mi ha dato te!".
"Lui com'era?" - domandò Leonardo quasi non facendo caso alle sue ultime parole.
"Io sono la persona meno indicata per dirti cose belle di lui però posso descrivertelo come una persone coraggiosa, che lottava per i suoi principi, i suoi valori".
"Mi somiglia" - riuscì a dire Leo con un filo di voce vedendo il colore dei capelli e il viso paffutello simile a lui.
"Un po" - disse Rosy appoggiando una mano sulla sua spalla per poi farlo alzare e abbracciarlo con tutta l'amore che poteva donare. Ma c'era qualcosa di più in quella stretta, qualcosa di strano, e Leo lo percepì quando sentì rallentarsi sempre di più la stretta al suo collo per poi vedere il corpo di sua madre scivolare tra le sue braccia. Rosy stava per perdere l'equilibrio, Leo si spaventò.
"Mamma? Tutto bene?" - chiese picchiettandole le guance e vedendo gli occhi di lei appannarsi. Dio, quanto era pallida.
"Perdonami" - aggiunse lei per poi chiudere gli occhi mentre suo figlio cercava, invano di rianimarla....

In questura
Domenico stava mettendo a posto alcune carte quando sentì la porta spalancarsi e la squadra riunita nel suo ufficio.
"Problemi?" - chiese il vicequestore.
"Allora sicuro sei?" - domandò Lara Colombo, riferendosi al trasferimento.
"Si, Lara. Mi mancherete" - Domenico allungò le braccia per poi accogliere tutti i suoi colleghi, amici, compagni di avventura. Quante ne aveva passate con loro. Non li dimenticherà mai.
Quella cerchia di abbracci sinceri venne presto interrotta da una chiamata proveniente dal cellulare di Domenico. Era un numero sconosciuto.
"Mimmo? Mimmo? Corri subito all'ospedale di Palermo. Mamma si è sentita male, ti prego arriva subito".
Domenico guardò di sottecchi i suoi colleghi salutandoli in modo distratto, freddo, veloce, prese la macchina e guidò dritto verso Palermo. Trasgredì molti semafori e guidava molto veloce. Doveva arrivare presto li, non poteva credere che possa essere successo qualcosa a Rosy, non ci voleva minimamente pensare. Quando arrivò all'ospedale, si precipitò subito al pronto soccorso. Leonardo era seduto su di una sedia. Non appena si videro, si abbracciarono forte.
"Cos'è successo?".
"Non lo so Mimmo, era tra le mie braccia quando è svenuta. Ho avuto tanta paura" - Domenico cercò di rassicurarlo al meglio, ma la verità era che lui non era sereno affatto.
"Adesso ci penso io, okay?" - il poliziotto stava per entrare nella stanza indicata da Leo, ma proprio mentre la sua mano era sulla maniglia, qualcun altro dall'interno spalancò la porta. Davanti a lui c'era una persona abbastanza adulta con il camice bianco, era un dottore.
"Dottor Terzi" - disse vedendo l'insegna sul petto sinistro - "mi dica quello che sta succedendo la prego".
Il dottore sorrise appena. Ma perchè cavolo rideva? Gli propose di sedersi un attimo - "ho urgentemente bisogno di parlare con il marito, compagno, fidanzato".
"Sono io mi dica".
"Vede, la vostra donna è in dolce attesa, è incinta signore".
A Domenico quasi mancò il respiro, la terra sotto ai piedi. Mille sensazioni si mescolavano dentro di lui, era passato da una preoccupazione infinita alla felicità assoluta. Non riusciva a crederci. Queste emozioni sembrava non riuscire a gestirle e per un attimo sentì di capire Rosy quando diceva di provare delle cose così forti da non riuscire ad esternarle. 
"Dottore ma lei ne è sicuro?" - chiese inconsciamente.
"E certo che si, sono un dottore, anzi più precisamente : un ginecologo".
"Ma Rosy era in menopausa".
"E quello che credeva lei, invece il ritardo era dovuto alla gravidanza".
"Di quante settimane è?".
"Tre settimane. Ma io vorrei dirle alcune cose".
"Ci sono problemi?".
"No, però visto l'età avanzata della signora, la gravidanza potrebbe essere un po a rischio, quindi io le consiglio di farle fare dei controllo più spesso, di non farla stressare, ma non si preoccupi perchè per ora procede tutto bene".
"E come faccio ad essere tranquillo? Noi avevamo progettato una partenza".
"Ed io le propongo di farlo adesso, di partire il prima possibile dato che il feto non si è ancora del tutto sviluppato e quindi sicuramente non ci saranno complicazioni".
"Lei lo sa?".
"Si, lo ha saputo. Se vuole può entrare" - il dottore gli diede una pacca sulla spalla dopo di che andò via.
Mimmo si voltò un attimo e vide Leonardo inerme con gli occhi lucidi  e il viso sorpreso. Corse ad abbracciarlo - "ehi avrai un fratellino" .
"O una sorellina" - ribattè il ragazzo stringendolo ancora più forte a se - "però adesso vai".
Quando Domenico aprì la porta della stanza, vide Rosy voltata dall'altra parte del letto, non degnandosi nemmeno di guardare chi fosse entrato. Ma lei aveva già intuito.
"Rosy" - disse lui con un filo di voce avvicinandosi - "Rosy" - aggiunse accarezzandola e non riuscendo a proferire parola. Era così...Così...Confuso. Ecco, confuso era la parola giusta. Non sapeva se gioire della notizia o preoccuparsi per quello che dopo aveva detto il dottore, ma l'uomo sentiva dentro di se una sensazione di sollievo, di serenità che stava a significare che andrà tutto bene e doveva dimostrarlo anche alla sua Rosy.
"Un altro figlio Calcaterra" - iniziò a dire lei voltandosi questa volta e guardandolo nella profondità dei suoi occhi verdi - "metterò un altra creautura sulla faccia della terra privandogli di una vita normale".
"Questa volta sarà diverso, te lo prometto" - aggiunse lui baciandole la fronte.
"E certo perchè ci sei tu".
"No!" - esclamò deciso Calcaterra - "perchè tu sei diversa. Te lo leggo nello sguardo. E sarai una madre perfetta".
"Ma che minchia dici? Ma se non ne ho nemmeno riconosciuti i sintomi. Era meglio la menopausa".
"Non dirlo neanche per scherzo" - la interruppe Domenico appoggiandole l'indice sulle labbra.
"Ho così tanta paura Domenico, è successo tutto così rapidamente". 
Rosy lo accolse tra le sue braccia forzando sempre di più gli arti affinchè potesse scomparire dentro di lui.
"La vita ci ha regalato un altra opportunità, e dopo tutto quello che abbiamo passato in questi 17 anni credo che un po di felicità ce la meritiamo. Soprattutto tu".

Leonardo li osservava da fuori come un guardone, dalla porta spalancata che Domenico forse, aveva dimenticato di chiudere. E lo faceva come se stesse guardando qualcosa di proibito, di sbagliato, ma era così bello. Era così bello vedere due persone che si amavano come loro. Che dopo mille avversità alla fine erano riusciti a coronare il loro sogno amore, interrotto purtroppo da delle persone malvagie, per poi fortunatamente, riprendersi.
Leonardo sapeva benissimo che quei due non saranno affatto dei genitori perfetti, ma saprà che Domenico sarà come un padre per lui e che Rosy riuscirà a dimostrargli sempre di più, giorno dopo giorno, quell'affetto materno che tanto gli era mancato in questi anni. E quindi saranno dei genitori perfetti per lui. Poco importa dei giudizi della gente. Non se ne preoccuperà minimamente poichè sarà impegnato a cercare in tutti modi possibili di conquistare la fiducia di entrambi e di essere un buon fratello maggiore per il nascituro. Avrà finalmente quella famiglia che tanto aveva bramato, sognato, sin da bambino. E tutto questo succederà domani, quando prenderanno tutti insieme quel traghetto che li porterà verso una nuova meta, una nuova città, un altra vita
****THE END****

E siamo arrivati alla fine di questa storia. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e credo sia la giusta conclusione di questo percorso. Non avrei voluto essere banale, ma so che un po lo sono stata scrivendo un finale felice per Rosy e Domenico che ho sperato con tutto il cuore, succedesse anche nella fiction... Ma non è finita ancora perchè ci sarà l'ultimissimo capitolo che sarà un po diverso da tutti gli altri poichè assisteremo al processo....E poi basta, perchè sotto all'epilogo ci sarà un bello spazietto dedicato ai ringraziamenti.
Bacioni grandi! Vi aspetto presto =).
Ah quasi dimenticavo : BUONE FESTE!

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Capitolo 45
*** Epilogo : Il processo(+ Ringraziamenti) ***


45. Epilogo : il processo

Si erano ritrovati tutti fuori al tribunale quella mattina. L'udienza era fissata tra 30 minuti esatti, ne approfittarono per starsene un po insieme, a parlare. Domenico era stato il primo a mettere piede accompagnato dalla sua Rosy a cui non aveva lasciato la mano intrecciata alla sua nemmeno per un attimo. Erano passati già 2 mesi dall'ultima volta che avevano lasciato Catania per sempre. Rosy aveva provato un accenno di nostalgia per la sua terra, ma come al solito mascherava tutto con la sua finta strafottenza. Sandro e Carmen erano arrivati da poco, entrambi erano molto preoccupati perchè la ragazza doveva testimoniare. Lei era tesa almeno quanto suo padre all'idea di affrontare l'udienza e gli sguardi puntati tutti su di lei. Ma non aveva timore di nulla perchè sa di dover raccontare solamente tutta la verità. Anche la squadra c'era tutta. Tutti erano li con l'intento di vedere De silva condannato ad una pena massima. C'erano tutti, tutti, tranne Leonardo. Quel giorno decise di non affrontare tutto questo, era ancora presto per lui, gli mancava quel pizzico di coraggio in più, ma non si sentiva un codardo perchè tanto la sua testimonianza non era fondamentale. Le accuse erano già dì per se gravissime nei confronti dell' imputato. 
Non appena Carmen si accorse della sua assenza andò da Domenico.
"Leo?" - chiese sbirciando intorno con la speranza di averlo perso di vista.
"Non c'è. E' ancora troppo presto per lui" - rispose l'uomo dandole una leggera carezza sulla guancia.
La ragazza non era delusa di questo, ma sentiva l'esigenza di vederlo dopo questi mesi che li avevano visti separati. Si sentì anche leggermente egoista. Ma tanto era inutile disperarsi, Leonardo non c'era quindi con lo sguardo basso ritornò vicino a suo padre, infilandosi sotto il suo braccio e appoggiandoci la testa aspettando che qualcuno aprisse quella porta per poter entrare nell'aula.
"Ci è rimasta malissimo" - disse Rosy guardando Calcaterra e riferendosi alla reazione di Carmen.
"Già, ma le passerà vedrai" - aggiunse lui continuandola a tenerla forte a se e toccando la pancia di lei appena pronunciata.
"Come procede la gravidanza dolcezze?"- intervenne Palladino con la sua solita aria simpatica.
"Una meraviglia Palla" - rispose Domenico mentre tutta la squadra si strinse in un cerchio intorno ai due fidanzati, ma c'era una persona a lui sconosciuta tra loro, quando egli lo vide, Sciuto procedette con le presentazioni.
"Lui è il tuo sostituto Calcaterra. Si chiama Davide Tempofosco. Il nostro vice-questore nonchè amico mooolto intimo di Lara" - si lasciò sfuggire Vito sotto lo sguardo intimidatorio di entrambi.
Domenico era contento di questo, felice, che anche Lara avesse trovato forse, l'amore. La guardò per un attimo e nei suoi occhi non traspariva più nessun tipo di rancore verso di lui e soprattutto verso la sua fidanzata. Si. Aveva ufficialmente trovato anche lei l'amore.
Le chiacchiere vennero presto interrotte dal rumore del portone principale che si apriva. Era arrivato il momento. Tutti tirarono un sospiro di sollievo e si accomodarono nell'aula. 
Entrò presto l'imputato ovvero Filippo De Silva con le manette al polso e la sua sfacciataggine che si leggeva nel suo volto. Mise piede anche il giudice Pulvirenti e dopo averli fatti accomodati iniziò. Il giudice elencò tutte le accuse di Filippo, erano davvero tante. Questa volta non se la caverà con una pena minima.
"Il mio imputato" - cominciò a parlare l'avvocato difensore dell'uomo, dopo che il magistrato gli diede la parola  -"ha commesso un po di omicidi in passato, è vero. Ma ultimamente si è dimostrato un brav'uomo, è cambiato, e tutte le accuse rivolte verso di lui e fatte da questi, sono campate in aria. Non c'è nemmeno una prova, una piccola prova che Filippo abbia sottratto, rubato, un bambino. Perchè nessuno ha assistito personalmente alla scena. E soprattutto non abbiamo la benchè minima prova che Leonardo Abate esista realmente".
In aula tutti rimasero sorpresi, ma Calcaterra si alzò furioso e urlò - "abbiamo DNA, testimonianze di tutti coloro che l'hanno visto aggirarsi in ospedale, in altri luoghi".
"La smetta Dottore" - intervenne Pulvirenti martellando sul tavolo - "io non le ho dato la parola".
"Scusiamolo giudice, ma chi lo dice che questa persona è viva? Un test che come sappiamo da anni, può anche venire falsificato o delle persone che possono giurare anche il falso purchè possano trovare un motivo per condannare il mio assistito. Queste persone c'è l'hanno personalmente con Filippo De silva e trovo che ci sia un accanimento morboso verso di lui. E poi giudice, perchè mai questa persona, questo Leonardo Abate, non si è presentato? Lo dico io! Perchè questo ragazzo è un attore, una finta persona che ha preso le sembianze di un Abate per poter condannare il mio assistito".
"Ma finitela, finitela. Pezzo di merda ma come fai a difendere una persona così? Se credete che Leo sia vivo allora perchè non aprite la sua bara bianca? Ci troverete il nulla perchè quel bambino non è morto!" - riprese ad urlare Calcaterra.
"Dottor Calcaterra, un altra sfuriata e la caccio dall'aula chiaro?".
"Torniamo a noi signor giudice. Il corpo di quel bambino è stato bruciato, carbonizzato dall'ex sindaco Veronica Colombo. Ed è normale che nella bara ci siano deposti soltanto piccoli granelli di polvere".
Questo era veramente troppo. Il processo si faceva più duro del previsto, Domenico aveva sottovalutato l'intelligenza di De silva. Ma tutto potrebbe cambiare con l'arrivo di Leonardo, quindi istintivamente senza chiedere permesso uscì fuori e prese il cellulare chiamando Leo.
Intanto nell'aula era stata chiamata a testimoniare Carmen.
"Giuro di dire la verità, nient'altro che la verità" - iniziò poi procedette con le domande del giudice e degli avvocati di entrambi le parti.
"Lei sostiene di aver assistito all'omicidio di Veronica Colombo" - cominciò l'avvocato del diavolo.
"Si".
"Ed è pronta a giurare di aver visto sparare il mio assistito alla donna?".
"Si".
"Allora signor giudice, entrambi i ragazzi erano legati e imbavagliati su sedie diverse e secondo il punto di vista del mio assistito, Carmen era in una prospettiva per cui non ha potuto vedere con i suoi occhi chi fosse stato a sparare la Colombo".
Diamine, era vero. La ragazza era girata dall'altro lato.
"Ma io ho sentito lo sparo. Quella donna è morta".
"E certo che è morta con la differenza che a premere il grilletto sia stato uno dei Ragno e non il mio assistito che per altro non aveva alcun motivo di ammazzarla visto la complicità con lei".
Carmen era sconvolta. In questo modo non potè aiutare Leonardo.
"La mia assistita ha personalmente conosciuto Leonardo Abate" - intervenne l'avvocato di famiglia.
"Si".
"Ovvio, ma si faceva chiamare Antonio Candela. Un nome e cognome registrato all'anagrafe e poi chiediamo, in che rapporti era con lui?".
"Eravamo amici".
"Signorina ha giurato".
"Eravamo innamorati. Fidanzati" - sbottò.
"E quindi questa testimonianza non vale granchè".
"Ma signor giudice!!! Antonio... Leonardo si è finto un altra persona per avvicinarsi a me e quindi alla polizia per ottenere la sua vendetta. Era ossessionato da Veronica Colombo, ma nel corso del tempo è cambiato, si è rivelato una persona buona. Filippo de silva non è stato altro che un viscido che si è preso gioco di un bambino, di un ragazzino, per poterlo raggirare e raggiungere i suoi scopi. Quell'uomo è malvagio e merita di pagare" - Carmen disse tutto d'un fiato senza fermarsi e urlando.
"Ma giudice mica crederà alla storia del cattivo ragazzo che incontra la fatina buona per poi cambiare? Se il mio assistito è giudicato un mafioso allora anche Leonardo Abate lo è visto che è stato complice di tutte le sue malefatte, sempre se esista".
"Senta avvocato, lei mi sta leggermente scassando la minchia! Mio figlio è vivo e vegeto" - intervenne Rosy Abate che era restata in silenzio per troppo tempo. Dalla tasca estrapolò una fotografia, ed era proprio di Leo scattata pochi giorni prima - "guardalo! Hai ancora il coraggio di dirmi che questo non è mio figlio? Guardalo ti ho detto".
"Signor Abate, la prego, non dia spettacolo e si segga".
Rosy obbedì e solo allora Domenico fece ritorno in aula. In silenzio, tornò a sedersi vicino  a Rosy. 
"Dove minchia sei andato?" - chiese lei silenziosamente.
"A chiamare tuo figlio, ma non ne vuole sapere di venire. Qui si mette male Rosy".
"Lo so, minchia!".
Passò un po di tempo dove vennero chiamati a testimoniare il resto della squadra, forse un ora o forse due.
"La corte si ritira. Ritorneremo tra mezz'ora circa" - concluse il giudice che stava abbandonando l'aula. Domenico gli andò vicino.
"Giudice Pulvirenti, andrà male vero? De silva verrà condannato solo per i delitti del passato?".
"Per ora si".
"Mi dica cosa posso fare per cambiare la situazione".
"Solamente il ragazzo potrebbe mettere una parola fine a tutto questo. Basterebbe che egli venisse qui per poi fargli fare qui da noi un prelievo di DNA. Solo così. Mi dispiace Dottor Calcaterra" - disse per poi andarsene.

Mezz'ora dopo.
"La corte di assisi di Catania, visti i codici penali , dichiara l'imputato Filippo de silva".
In quelle parole dette dal giudice tutti vi riponevano un barlume di speranza, ma egli non riuscì a terminare il discorso poichè le porte del tribunale si spalancarono dando accesso ad un ragazzo, tutti si volarono a guardarlo. Era Leonardo. Come ebbe fatto a venire restò un mistero. Si incamminò verso la corte, guardando in un punto fermo e di sottecchi le persone invitate a quel processo. Vide nella squadra della Duomo occhi sorpresi, e in quelli di Carmen tanta ammirazione. La ragazza trattenne i suoi impulsi di correre da lui per abbracciarlo forte, si limitò a sorridergli mentre Leo le fece un occhiolino. Vide sua madre orgogliosa di lui e Domenico tirare un sospiro di sollievo.
Arrivò di fronte al giudice che lo guardava sorpreso.
"Prego" - disse poi il giudice ignorando la maleducazione e le regole scritte del processo, ed indicando a Leo la strada verso un recinto di legno, il banco dei testimoni.
"Ma Giudice, il processo si era concluso, non può farlo continuare e dare parola a questo qui".
"Zitto avvocato, qui decido io" - ribattè Pulvirenti mentre un sorriso si faceva strada nel volto di Leo.
Guardare gli altri e soprattutto De silva da quella prospettiva era strano, il giovane cacciò via le ansie, le paure, doveva farcela, perchè doveva fare giustizia per lui e per gli altri che ne verranno.
"Proceda" - lo incitò il magistrato.
E dopo aver fatto il rito del giuramento iniziò a parlare - "Mi chiamo Leonardo Abate, e questa è la mia storia.....".

 
Ringraziamenti.
E' davvero finita =( . Spero che questo finale vi sia piaciuto, mi scuso in anticipo se ho sbagliato qualcosa nell'ambito processuale, se volete, potete correggermi ^^.
E poi...Che dirvi....questa storia è veramente nata per caso nella mia mente dopo la fine di squadra antimafia 5. Ho sempre saputo ,dalla puntata 5x05, che Leo era morto e mi sono immaginata un ipotetico futuro per lui. Mi sono chiesta "cosa sarebbe successo se Leo fosse stato davvero salvato da De silva e portato via, in Russia?". Anche perchè non mi è andata proprio giù la sua morte, io ci sono rimasta malissimo, ogni volta che riguardo la 5 stagione con Leo piango a dirotto =( ... Vabbeh E da qui comunque è iniziato tutto.... Ho scritto i primissimi capitoli in pochissimo tempo perchè avevo la trama ben incentrata in testa. Ma nulla sarebbe continuato senza la vostra costante lettura e le recensioni sempre carine. Per me è stato un bel traguardo arrivare fino alla fine, dopo il fallimento della mia prima storia originale XD. Mai avrei creduto di concluderla ed arrivare fino al capitolo 45. Insieme a questa storia ho pianto, sorriso, a volte mi sono sforzata di scrivere, altre invece è venuto tutto così naturale. Alcuni di voi me l'hanno chiesto, e mi sembra giusto rispondervi..NON CI SARA' UN CONTINUO! Non per  mancanza di tempo o altro, ma proprio perchè ho impostato la trama in un modo per cui non ci potrebbe essere un continuo, e poi mi andava di scrivere un finale felice =).
Ringrazio tutte voi per avermi supportato e per aver reso tutto più bello. In particolar modo la mia lettrice numero 1 : proviamoci, ovvero la mia amica Alice *-*. Mi hai recensito dal primissimo capitolo, senza mai stancarti e so che lo hai fatto perchè la mia storia ti ha coinvolto realmente e non per ricambiare le mie recensioni alla tua fan fiction. Grazie di tutto, probabilmente senza i tuoi preziosi complimenti non sarei arrivata fin qui... E poi tutte le altre, siete state fantastiche <3 : 
Anita_00 - Puffola_Laly - Cesca91 - SarahC_ - piccola07 - Kopf - samxever - giuggi22 - giulilove01 - MarySunbearm (spero di avervi ricordate tutte XD)
Non vado comunque via dal sito, scrivere mi piace moltissimo, ho in cantiere una storia  originale che mi frulla per la testa da un po(non c'entra con la fiction) , quindi magari...Quando ne sarò sicura, la posterò. E poi non si può mai sapere nella vita, forse continuerò ad inventare storielle su squadra antimafia ;).
Alla prossima,
si spera. Tanti. Tanti. Tantissimi. Baci!!


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