Per una freccia girata all'insù

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Maledetta freccia ***
Capitolo 2: *** Acqua di Lete ***
Capitolo 3: *** Inferis ***
Capitolo 4: *** Perduti per sempre ***



Capitolo 1
*** Maledetta freccia ***


Estrasse il mazzo dalla tasca, cercando la chiave dell’appartamento con un lieve tintinnio, che riecheggiò nel silenzio tombale del corridoio.
Buttò un’occhiata all’orologio e sospirò sfregandosi gli occhi con pollice e indice nel vedere che erano le cinque del mattino.
Era esausto!
Era esausto e aveva appena cinque ore di pace prima che lei arrivasse.
Cinque ore o poco più di sonno assicurato prima che l’aspirapolvere, la lavatrice o la sua fastidiosa voce rovinassero il suo idillio, svegliandolo.
Girò la chiave nella toppa ed entrò in casa, voltandosi a controllare che nessuna freccia fosse caduta fuori dalla faretra di pelle nera che portava a tracolla prima di chiudere la porta e dirigersi in camera.
Posò dardi e balestra nell’anta dell’armadio munita di chiave e si tolse la giacca di pelle lasciandola cadere a terra, infischiandosene dei commenti che non avrebbe mancato di lanciargli per il suo ostinato disordine, per poi schiantarsi a peso morto sul letto, a pancia in giù, ancora vestito, eccezion fatta per le scarpe.
Era stata una serata particolarmente stancante.
In realtà gli ultimi mesi erano stati particolarmente stancanti.
Sapeva di non potersi davvero lamentare, in fondo la decisione era stata solo sua, presa contro il consiglio del resto della famiglia e in particolare di sua madre, che ancora disapprovava apertamente la sua scelta.
Aveva preteso che andasse quanto meno a vivere in un luogo consono al suo status, ai piani alti di un bel condominio, in un quartiere esclusivo, compromesso che aveva accettato di buon grado e che si era a conti fatti rivelato utile, poiché il suo alloggio risultava coerente con la vita da figlio di papà che fingeva di condurre.
Incapace di cucinare alcunché, pigro nel tenere la casa in ordine, abituato in apparenza a dormire tutto il giorno, nessuno sapeva che il suo lavoro, quello vero, poteva svolgerlo solo di notte da quando aveva deciso di mischiarsi con i comuni mortali.
Se qualche condomino lo beccava a rientrare all’alba, dava per scontato che fosse di ritorno da una notte di bagordi.
D’altro canto, chi mai avrebbe potuto immaginare che il ragazzo ricco e biondo, arrivato dal nulla alcuni mesi prima, fosse in realtà una divinità?!
La gente non credeva più in quelle cose, relegate a miti e leggende senza  nemmeno il beneficio del dubbio, ma la verità era ben diversa.
Soprattutto perché lui non era una divinità qualunque.
No, lui era il dio dell’amore.
A lui il difficile e troppo spesso ingrato compito di scovare gli spiriti affini e farli trovare affinché potessero fondersi in una cosa sola.
Ma aveva dovuto rassegnarsi all’evidenza che l’affinità non bastava e si era stufato di vedere sempre più spesso l’effimero amore che le sue frecce provocavano sgretolarsi in mancanza di qualcosa di più solido alla base, spezzando cuori e causando sofferenza.
Si era insomma rassegnato alla diceria dell’anima gemella, ad accettare che per ogni creatura umana esistesse una sola ed unica perfetta metà, che aspettava solo di ricongiungersi al proprio pezzo mancante, riuscendoci raramente, senza il suo aiuto.
Ma dall’alto della loro divina sede, l’isola nel cielo di Skypeia, era difficile comprendere le dinamiche delle relazioni mortali e stabilire con certezza assoluta chi andava legato a chi.
Per questo la decisione che pochi prima di lui avevano preso, senza tuttavia mai pentirsene, di mischiarsi agli umani per conoscerli più da vicino, con tutti i pro e i contro che questa scelta comportava.
E di certo il contro più palese era proprio la deteriorabilità del fisico umano.
Sebbene non avesse perso né l’immortalità né la giovinezza eterna, il suo corpo necessitava di nutrimento e riposo, attività, il mangiare e il dormire, che a Skypeia erano sempre state dei banali passatempi e nient’altro.
Ecco perché aveva avuto bisogno di qualcuno che si occupasse della casa e di cucinargli dei pasti sostanziosi e degni di tale nome.
Ammetteva una certa mancanza di praticità ma il vero problema era la stanchezza.
Dopo avere trascorso alcune ore al pomeriggio a studiare e sorvegliare i propri bersagli e l’intera nottata a giocare al Cupido urbano, era sinceramente troppo spossato per occuparsi di alcunché.
Era uno sporco lavoro, il suo, ma qualcuno doveva pur farlo.
Peccato però che ad occhi esterni apparisse come un nullafacente che viveva sulle spalle dei ricchissimi genitori, di cui nessuno sapeva niente e che non si erano mai visti.
E peccato soprattutto che la giovane ragazza che doveva essere solo la sua colf ma a conti fatti gli faceva da governante - per non usare il termine balia come faceva lei - non si limitasse a pensarlo ma cogliesse ogni occasione buona per farglielo notare.
Era una lotta continua con lei, un litigare costante che cessava solo quando smettevano di essere nella stessa stanza insieme e che impediva a Sabo di recuperare pienamente le proprie energie.
L’idea di licenziarla e cercare qualcuno di più discreto e meno polemico non lo aveva mai nemmeno sfiorato perché semplicemente gli mancava il tempo.
Era di gran lunga preferibile e più pratico sopportarla qualche mezz’ora al giorno, prima di tornare a dormire o andare a farsi una doccia rigenerante, senza contare che ormai Koala aveva preso il giro e avevano una loro routine.
Una smorfia gli fece contrarre il viso quando ricordò che parte di quella routine implicava che di lì a poche ore sarebbe arrivata distruggendo la sua pace.
Prese un profondo respiro per rilassarsi, consapevole che doveva approfittarne per dormire più ore possibili e, con suo grande sollievo, si addormentò immediatamente.
 

 
§
 

Con le mani sui fianchi lo osservò qualche istante, per poi sospirare e mandare gli occhi al cielo.
Più che una donna delle pulizie/cuoca gli sembrava di essere una via di mezzo tra una baby-sitter e la madre single di un adolescente problematico.
Cos’aveva mai fatto di male?!
Quando aveva accettato il lavoro nessuno le aveva detto che avrebbe dovuto occuparsi anche di Sabo oltre che della sua casa, la quale verteva costantemente in uno stato di crescente entropia, dandole sempre parecchio da fare nonostante andasse lì tutti i giorni.
Ma anche se adesso sapeva come stavano le cose, un impiego così, non lo poteva certo lasciare.
I soldi le servivano per vivere e quel ragazzo la pagava più che bene, senza contare che l’aveva messa in regola.
Su certi lussi non ci si poteva mica sputare sopra.
Un suono cavernoso la riscosse dalle sue riflessioni e gli fece rimettere a fuoco il viso del biondo, spiaccicato per metà sul materasso del letto ancora fatto, la bocca mezza aperta con un rivolo di bava che usciva dall’angolo e la bolla al naso che seguiva il ritmo del suo russare.
-Molto sexy davvero- commentò Koala, tra il sarcastico e lo schifato, dando poi una rapida occhiata in giro.
Sbuffò nell’individuare la sua giacca di pelle nera abbandonata al centro della camera da letto, che pareva un monolocale tanto era grande.
Santo Roger, cosa gli costava mai appenderla nell’armadio?! O sbatterla sulla sedia della scrivania almeno!
Calcando i passi sul parquet, si avvicinò e la raccolse, scrollandola e battendola appena con la mano per ripulirla un po’ da terra e polvere.
Fece per girarsi verso l’armadio e metterla al suo posto che un verso inarticolato la fece arrestare.
Si focalizzò sul padrone di casa, che aveva preso a mugugnare nel sonno, e rilasciò l’ennesimo sospiro.
Con sacra pazienza, che non sapeva neppure lei da dove venisse, si avvicinò a lui, abbandonando la giacca di pelle di fianco alle sue gambe e sedendosi sul materasso dal lato verso cui aveva il viso girato.
Con delicatezza, resistendo per miracolo all’impulso di prenderlo a ceffoni, posò una mano affusolata in mezzo alle sue solide scapole, prendendolo a scuoterlo sempre più energicamente.
-Sabo! Ehi, Sabo! Sabo!!!-
-Eh?! CosaCome?!?- biascicò tirandosi su di scatto, gli occhi appannati e i capelli in disordine.
Si guardò intorno confuso, mettendo lentamente a fuoco, per poi concentrarsi su Koala.
-Oh. Sei tu- commentò neutro, ancora visibilmente assonnato.
-Già! Sono io! Che fortuna eh?!- reagì ironica la castana, alzandosi in piedi e avvicinandosi alla porta per tornare di là -Ti consiglio di farti una doccia, il pranzo è quasi pronto!- lo avvisò, girandosi verso di lui che si accigliò, osservandola con occhi cisposi e interrogativi.
-Ma che ore sono?!-
-Le due, principino! Ti ho lasciato dormire, avevi delle occhiaie che nemmeno Dracula…- mormorò, avviandosi verso l’altra metà dell’attico.
Sabo la osservò allontanarsi, con le sopracciglia ancora aggrottate ma sorpreso da quella rara gentilezza.
Di solito non si faceva scrupoli a tirarlo giù dal letto nei modi più pittoreschi, dando anche l’impressione di goderci a volte.
Passandosi una mano sul viso e portandola poi a scompigliarsi le ciocche bionde e mosse, si diresse verso il bagno privato, annesso alla camera.
Koala intanto assaggiava con aria critica il sugo per le tagliatelle, aggiungendo ancora un po’ di sale.
Si domandava perché facesse così.
In realtà se lo domandava sempre più spesso e questo perché più lo conosceva e più si rendeva conto del suo potenziale.
Era evidente che si trattasse di un ragazzo intelligente e, a suo modo, dolce e responsabile.
Sarebbe potuto essere molto più del ricco rampollo di alta società, dedito solo all’alcool e alle serate in discoteca.
Perché nonostante non lo avesse mai trovato una sola volta sbronzo o in compagnia di qualche squinzia eccessivamente truccata, rimorchiata chissà dove, tutto faceva sospettare che quello fosse il suo passatempo prediletto.
E d’altra parte Koala sapeva che la colpa era del suo bel faccino e dei soldi che chiaramente non gli mancavano.
Un mix deleterio.
Per quanto avesse imparato ad accettare di buon grado l’atteggiamento un po’ viziato e pigro di Sabo, grazie alla sua innata pazienza, non riusciva proprio a impedirsi di farglielo notare ogni qualvolta ne aveva occasione.
E in fondo sapeva che se lo meritava.
Non capiva come si potesse essere tanto sprovveduti a 25 anni e meno ancora lo tollerava.
Spense il fuoco sotto alla padella, tornando nella camera del ragazzo per capire a che punto fosse con la toilette e l’occhio le cadde sulla giacca di pelle che lei stessa aveva posato sul letto.
L’afferrò spostandosi verso l’armadio, mentre da dentro il bagno lo scroscio dell’acqua l’avvisava che Sabo era ancora sotto la doccia, e, senza rendersene conto, avvolse per sbaglio la mano intorno alla maniglia dell’anta tutta a destra, quella che di solito era chiusa a chiave.
Già, di solito.
Non avvertì nessuna resistenza nel tirare verso di sé e sgranò gli occhi quando, riportata la propria attenzione sul contenuto di quel vano del mobile, si ritrovò a fissare una balestra e una faretra colma di frecce, tutto rigorosamente nero.
Aggrottò le sopracciglia, perplessa e accigliata, studiando quell’insolita e inaspettata attrezzatura.
Non aveva mai saputo che Sabo tirasse con l’arco!
Allungò una mano ad accarezzare le piume di una freccia, che sembravano essere state rubate a un cigno nero tanto erano morbide e lucenti, e uno strano formicolio le attraversò il braccio.
Come guidata da una forza superiore, fu il suo turno di lasciar cadere la giacca a terra, mentre estraeva la balestra dall’armadio, sorreggendola con entrambe le mani e puntandola davanti a sé.
Con estrema delicatezza, estrasse una freccia dalla faretra e caricò l’arma, portando poi l’occhio sul mirino e provando a immaginare che sensazione desse scoccare il colpo.
Respirava impercettibilmente, conscia dell’assurdità della situazione, senza riuscire a spiegarsi perché lo stesse facendo ma senza comunque riuscire a impedirselo.
Si rendeva conto della pericolosità di ciò che stava facendo e se Sabo l’avesse beccata…
-Che stai facendo?!-
La voce sconvolta del biondo riecheggiò nella stanza, facendola voltare di scatto e sobbalzare simultaneamente.
Con sommo orrore, vide la freccia fendere l’aria, scagliandosi dritta contro Sabo, diretta al suo pettorale.
Accadde tutto molto in fretta.
Istintivamente Koala mollò la balestra portando entrambi le mani alla bocca e indietreggiando mentre il dardo andava a segno, colpendo in pieno Sabo sul letto del cuore, senza tuttavia trafiggerlo ma dissolvendosi nell’aria sotto lo sguardo incredulo e terrorizzato della castana.
Sabo indietreggiò come se avesse comunque accusato il colpo e chiuse gli occhi per un attimo, mentre un capogiro gli faceva perdere l’equilibrio, che riuscì subito a riguadagnare.
Sbatté le palpebre rapidamente, deglutendo poi a fatica mentre portava lo sguardo su Koala, una strana luce negli occhi blu.
-K-Koala…- la chiamò a fatica -Ascolta c’è una cosa che devi sapere…- si fermò respirando a fondo, alla ricerca di tutto il suo autocontrollo mentre suo malgrado muoveva un passo verso di lei.
Per quanto sconvolta e pietrificata da quello che stava accadendo, la ragazza non poté impedirsi di indietreggiare di un passo ancora, sussultando di nuovo, quando avvertì una puntura improvvisa all’altezza della spalla.
Si girò di scatto, portando una mano sulla zona offesa, e realizzò di essersi punta con una freccia che, per un qualche motivo, era girata all’insù, mentre una scarica elettrica l’attraversava, facendole girare tutto, e uno strano calore si diffondeva in lei.
Cosa stava succedendo?!
-Che hai?!- domandò Sabo, insolitamente preoccupato e dolce.
Una scarica di eccitazione le percorse la schiena all’udire la sua voce calda e sussurrata, mandandola in tilt e facendole sgranare gli occhi, mentre il cuore prendeva a scalpitare nel suo petto.
-Mi sono punta!- esclamò ancora girata verso la faretra.
-Merda!-
Si voltò verso di lui a quell’imprecazione e la sensazione che l’attraversò la lasciò senza fiato.
Lo sapeva da sempre che Sabo era bello, d’altra parte non era cieca.
Ma perché improvvisamente si sentiva completa e al sicuro nel trovarsi nella stessa stanza con lui?!
Perché provava l’impulso di correre tra le sue braccia?!
Perché non riusciva a staccare gli occhi da lui, perdendosi?!
-Sabo- lo chiamò, pronunciando il suo nome come se fosse la parola più bella del mondo -Cosa… cosa sta succedendo?!- domandò confusa, bisognosa di risposta e assurdamente consapevole che solo lui e nessun altro avrebbe potuto rassicurarla.
Si rese conto che voleva annullare qualsiasi distanza, annegare nelle sue braccia solide e rassicuranti, assaggiare la sua pelle leggermente abbronzata, sentire le sue labbra marchiarle la pelle.
Lo voleva ma non era semplice desiderio carnale.
Il cuore le batteva a mille, la testa girava e lei era felice, felice e appagata per il solo fatto di trovarsi nella stessa stanza con lui.
Era come se… come se… lo amasse?!?
-Koala io… ti devo dire una cosa…- mormorò mentre continuavano ad avanzare l’uno verso l’altra, lentamente ma inesorabilmente, entrambi ormai rassegnati a soccombere.
-D-dimmi- lo incitò, a corto di fiato e annuendo.
-Io…- esordì, ma l’aroma di cocco della castana lo investì in pieno, facendogli perdere del tutto il controllo sul proprio corpo.
Smettendo di lottare inutilmente contro quell’attrazione così potente, si avventarono l’uno sull’altra, rubandosi il respiro a vicenda.
Nessuno dei due registrò come si ritrovarono a fare l’amore sul letto, perdendosi e prendendosi completamente.
Seppero solo che era stato l’amplesso più bello che avessero mai vissuto, quando crollarono sudati ed esausti l’una nelle braccia dell’altro.
E che, di certo, non sarebbe stato l’ultimo. 

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Capitolo 2
*** Acqua di Lete ***


E no, non era stato l’ultimo.
Era stato solo l’inizio di una sconvolgente e passionale relazione.
Quando erano vicini era inutile tentare di resistere e, d’altra parte, non riuscivano a stare lontani, tanto che Koala aveva finito per trasferirsi lì nel giro di una settimana.
I primi tempi non aveva fatto che vivere tra le lenzuola, annullandosi a vicenda.
La parte razionale di Koala ogni tanto le riportava alla mente l’episodio delle frecce, ricordandole che non era normale innamorarsi così, nel giro di pochi secondi, di una persona che si conosce a malapena e che per giunta si trattava di Sabo, quel Sabo che passava tutte le notti a fare baldoria e tutto il giorno a dormire.
Ma bastava che le labbra di lui si posassero sul suo collo o che la guardasse negli occhi per farla cadere sempre e comunque nella sua rete, impedendole di pensare, portandola a desiderarlo come l’aria nei polmoni.
Senza contare che ora la notte Sabo la passava con lei e di giorno non dormiva affatto.
Sì, Sabo non assolveva più al suo divino compito, incapace di riemergere da Koala, desideroso di avere una vita normale con la ragazza che amava, nonostante fosse consapevole che si trattava solo dell’effimero effetto dei propri dardi.
E Koala, inizialmente, aveva pensato più volte di troncare, non sentendosi bene in una relazione che era tutto senso e libido, rendendosi conto che ora anche lei viveva sulle spalle dei probabilmente ignari genitori di lui, ma ogni volta aveva finito con il concludere che non sarebbe mai potuta essere felice senza Sabo, che perderlo l’avrebbe distrutta.
Per fortuna le cose erano poi andate migliorando, avevano cominciato ad avere un rapporto normale, ad uscire e andare al cinema, a conoscersi meglio, trovandosi più affini di quanto avrebbero potuto sospettare.
Entrambi avevano cercato un lavoro e in un baleno erano passati tre mesi.
Koala aveva smesso di pensare a come tutto era cominciato e mai le era passato per la testa di chiedere a Sabo una spiegazione, perché non chiedeva altro che essere sua.
Sì, le cose erano andate a gonfie vele, fino a due settimane prima.
Fino a quel maledetto giorno di due settimane prima in cui si era svegliata trovando il letto e l’armadio vuoti e un biglietto di Sabo che la lasciava senza nemmeno una spiegazione.
Aveva pianto tutto il suo dolore, tutte le sue lacrime, devastata da una sofferenza che, dopo quindici giorni, ancora non accennava a scemare.
Le aveva scritto di restare pure lì, che ora l’attico era suo e lei lì era rimasta, nella vana speranza che un giorno sarebbe tornato, nel patetico bisogno di qualcosa che la tenesse legata a lui.
Lo aveva cercato ovunque, in lungo e in largo per tutta la città, ma Sabo sembrava svanito nel nulla e lei si stava lentamente spegnendo.
Viveva immersa nell’apatia più totale, dalla quale si riscuoteva solo nelle ore lavorative, consapevole di non poter perdere quell’impiego, ma nella quale ricadeva subito dopo.
E proprio  in quell’apatia si trovava avvolta mentre infilava le chiavi nella toppa e girava per sbloccare la serratura, il cuore che già doleva per la speranza mai sopita ma già infranta di trovarlo lì ad aspettarla.
Fu con immenso stupore che si accorse che la porta era aperta ma, razionale e pratica com’era, non si illuse nemmeno per un attimo, mettendosi invece in allerta.
C’era qualcuno in casa e poteva benissimo trattarsi di un ladro. 
Silenziosa e cauta scivolò nell’appartamento, tendendo le orecchie e respirando impercettibilmente.
Si guardò intorno sospettosa, assumendo un’espressione perplessa nel focalizzarsi sul disastro di stoviglie e ceramica infranta che decorava il pavimento della cucina, chiedendosi cosa mai avessero pensato di trovare di prezioso in quella stanza.
Poi una presenza alle sue spalle la fece immobilizzare e trattenere il fiato.
Attese di sentire la canna di una pistola posarsi sulla sua nuca ma niente.
Girò appena il viso di un quarto individuando un ombra e decise di giocarsi il tutto e per tutto.
Con un movimento rapido e deciso si girò fendendo l’aria con una gamba e mandando a segno un micidiale calcio nello stomaco dello scassinatore, che emise un mugugno inarticolato, sputacchiando qua e là mentre veniva scaraventato contro il muro.
Sotto lo sguardo basito di Koala, Cora, il dirimpettaio muto di Sabo, rovinò a terra perdendo gli occhiali da sole e rivelando un occhio stranamente truccato e l’altro no. 
-Oh santo cielo! Cora!!!- esclamò la ragazza portando entrambi le mani alla bocca prima di precipitarsi verso di lui per aiutarlo a rialzarsi.
Per quanto apparisse strambo e inquietante, con il viso truccato alla Joker e il cappotto di piume nere, dal quale per una qualche strana ragione non si separava mai, nonostante fosse di pessimo gusto, Cora non aveva mai fatto male ad una mosca.
-Stai bene?!- chiese in apprensione mentre lo aiutava a mettersi seduto.
-Che botta! Sei una Furia, ragazzina!-
Se le leggi fisiche lo avessero consentito, la mascella di Koala sarebbe precipitata a terra.
Sgranò gli occhi fino a quasi farli saltare fuori dalle orbite mentre indietreggiava come scottata.
-Tu parli!- esclamò, sconvolta.
Cora spalancò gli occhi a sua volta, risucchiandosi le labbra all’interno della bocca e scuotendo il capo.
Koala lo osservò accigliandosi nel vederlo negare con il capo e si portò le mani ai fianchi prima di sbottare.
-Andiamo non essere ridicolo! Ti ho appena sentito parlare!!!-
-È stata una tua impressione!- disse portando poi subito una mano alla bocca per tapparla e imprecando contro se stesso.
La ragazza lo guardò incredula.
Ma che, la prendeva in giro?!
-Cora… perché hai sempre finto di essere muto?!-
Il biondo la osservò da sotto il suo ridicolo cappuccio con i cuoricini attaccati prima di prendere un respiro e decidersi a comportarsi da adulto.
-Perché ogni volta che apro bocca faccio qualche danno!- ammise, spostandosi verso la poltrona -Ah, scusa per la cucina, volevo farmi una tazza di the…-
Koala lo osservò attonita.
-Ma figurati- commentò atona, incrociando le braccia sotto il seno -Posso sapere ora come mai ti sei introdotto qui?-
Cora le lanciò un’occhiata di sottecchi prima di accendersi una sigaretta, estraendo pacchetto e accendino dal taschino della camicia rosa pallido che portava sopra i jeans.
-Sono qui per parlare con te… di Sabo- disse con più tatto possibile, attento alla sua reazione.
Reazione che gli fece strabuzzare gli occhi perché si era aspettato di tutto, che lo cacciasse, che si mettesse a piangere, che si limitasse a distogliere lo sguardo ma non che si avventasse su di lui prendendolo a manate sulla spalla come stava facendo.
-Ehi calma! Calma!!!- protestò, cercando di sottrarsi ai suoi schiaffi.
-Razza di imbecille, ti sei dato fuoco al cappotto!!!- sbraitò la castana, continuando a soffocare le fiamme a mani nude, fino a ridurle a una piccola nuvoletta di fumo grigio accompagnata da un penetrante odore di bruciato.
-Oh!- fece sorpreso Cora, voltandosi a esaminare la colonnina di fumo che saliva verso il soffitto -Grazie!- esclamò poi, sorridendole entusiasta, mentre lei lo osservava basita, prendendo posto di fronte a lui e chiedendosi come avesse fatto a non ammazzarsi prima dal momento che viveva da solo.
Si lasciò cadere pesantemente sul divano di fronte alla poltrona, passandosi una mano sul viso, mentre il dolore tornava a impossessarsi pienamente di lei.
-Io non… non voglio parlare di… lui- ammise, deglutendo a fatica, incapace di pronunciare il suo nome.
-Ma c’è una cosa importante che devi sapere!- insistette, facendole sollevare uno sguardo umido su di sé -So che farai fatica a crederci ma vedi, il fatto è che Sabo, in realtà, è un dio!- disse, facendole strabuzzare gli occhi.
Ma cosa…
Se era uno scherzo, era di pessimo gusto!
-Cora non è affatto divertente!- affermò gelida, indurendo lo sguardo.
-Non sto scherzando Koala! È il dio dell’amore! Dico sul serio!-
A quelle parole la ragazza sobbalzò, mentre un pezzo del puzzle nella sua testa andava finalmente a posto.
-Le frecce…- mormorò, quasi più a se stessa che a lui.
Aveva senso.
Per quanto assurdo e surreale, aveva assolutamente senso.
Tornò a concentrarsi sul proprio interlocutore, trovandolo che le sorrideva incoraggiante.
-Tu… come fai a…-
-Perché sono un dio anche io ovviamente!- esclamò entusiasta prima di sgranare gli occhi alle sue stesse parole -Questo non dovevo dirtelo. Okay, fingi di non avere sentito va bene?! Allora il punto è questo. Quando alcuni mesi fa vi siete punti, vi siete innamorati perché le frecce di Sabo altro non sono che i dardi dell’amore, tutto chiaro?!-
-No!!!- esclamò furibonda, scattando in piedi e stringendo i pugni, gli occhi inondati di lacrime.
No!
Non voleva starlo a sentire, non ci voleva credere!
Non poteva essere stato tutto solo frutto di un incantesimo o roba del genere!
Non era possibile, quello che sentiva era così… vero!
-Koala, calmati ti prego!- la invitò pacato e affettuoso, notando che aveva preso a tremare impercettibilmente.
Ricacciando le lacrime indietro  e il nodo che aveva in gola giù, la ragazza tornò a sedersi lentamente senza perdere il contatto visivo con il biondo.
-Ora, lui se n’è andato ma non lo ha fatto per cattiveria. Semplicemente non potevate stare insieme ma non per colpa sua! Non devi biasimarlo!-
Una lacrima sfuggì al controllo di Koala, graffiandole le guancia e trovando subito un suo dito ad asciugarla rapidamente.
Determinata, puntò i proprio occhi in quelli del biondo.
-Tu sai dov’è?- domandò con un filo di voce, cercando di non suonare disperata.
-Sì certo! Volevo dire no! Non ne ho idea! Zero totale!-
-Cora! Ti prego, dimmi dov’è, ho bisogno di vederlo!-
-Koala io non…-
-Ti prego! Ti scongiuro!- ripeté la voce che si incrinava sempre più.
Provò una fitta al cuore a vederla così distrutta e si accorse appena in tempo che stava per cedere alla sua richiesta.
-Non posso dirtelo Koala!- affermò, secco -Anche perché lui ha bevuto l’acqua di Lete, non si ricorda più di te!- aggiunse, prima di riuscire a frenarsi e dandosi una manata sulla bocca mentre lei sgranava gli occhi all’inverosimile.
-Stai mentendo- mormorò, scioccata.
Non era possibile!
-No mi spiace. È la verità-
Koala si alzò in piedi mentre le lacrime rompevano gli argini, spostandosi rapidamente verso la finestra, la mano premuta sulla bocca per soffocare inutilmente i singhiozzi, il corpo scosso dai tremiti.
Si concesse solo qualche secondo per sfogarsi prima di imporsi la calma.
Quando la sentì respirare a fondo, Cora, che l’aveva tenuta d’occhio tutto il tempo, si alzò e le si avvicinò, mentre lei si girava a guardarlo, asciugandosi le guance a palmi pieni.
-Quindi sei venuto a dirmi questo?- domandò con voce incerta e malferma.
Cora scosse la testa, lo sguardo serio e grave.
-Sono venuto anche per questo- affermò, estraendo una bottiglietta minuscola dalla tasca del suo appariscente cappotto, contenente giusto un sorso di un liquido trasparente che sembrava acqua.
-Cos’è?- domandò assottigliando lo sguardo ancora lucido.
-Acqua di Lete- spiegò il biondo -Per farti dimenticare e smettere di soffrire per un amore impossibile-
Con mani tremanti  Koala prese l’ampolla che Cora le stava tendendo e la stappò, le narici improvvisamente invase da un odore fortemente stordente, come fosse stata tequila, ma completamente diverso dall’alcool.
Avvicinò il collo della bottiglia alle labbra con una lentezza quasi insopportabile.
Doveva solo bere quel sorso d’acqua e avrebbe smesso di stare male.
Niente più dolore.
Niente più ricordi.
Un pensiero la colpì, facendole aggrottare le sopracciglia e abbassare il braccio.
-Hai detto che non è colpa sua- mormorò, concentrandosi nuovamente su Cora.
Non era una domanda ma, a conferma della sua asserzione, il biondo annuì.
-E di chi è allora?!-
Un improvviso lampo di collera accese le iridi dell’uomo che serrò la mascella, indurendo il profilo.
-Hancock!- mormorò furente -Quella ficcanaso di sua madre! La dea della bellezza! Quando ha saputo di voi si è messa a fare le sue solite scenate! “Il mio bambino con una comune mortale! Dovrà passare sul mio cadavere prima di mischiarsi a una plebea!”- esclamò con tono melodrammatico mentre, sotto lo sguardo attonito di Koala, inarcava la schiena all’indietro, un dito puntato contro di lei e l’altra mano sul fianco -Lei fa sempre così!- si spiegò poi, dopo essersi raddrizzato -Comunque, poi vi ha trovati e una sera lo ha minacciato di prendersela con te se non ti lasciava, di pietrificarti! È una tale megera! Non mi stupirei nemmeno se cercasse di recuperare i ricordi di Sabo per distruggerli definitivamente!- concluse, parlando a se stesso, inconsapevole di averlo detto ad alta voce.
Si girò di nuovo verso di lei, concludendo la sua filippica e rivolgendole un incoraggiante sorriso.
-Dai su! Bevi!-
Koala si riscosse e accostò nuovamente la bottiglietta alle labbra, mentre il suo cervello lavorava febbrile.
Sua madre lo aveva minacciato.
Se n’era andato per proteggerla.
“Non mi stupirei nemmeno se cercasse di recuperare i ricordi di Sabo per distruggerli definitivamente”.
“Non mi stupirei nemmeno se cercasse di recuperare i ricordi di Sabo”.
“Recuperare i ricordi di Sabo”.
Non era tutto perduto!
Abbassò lo sguardo sul contenitore di vetro che aveva in mano.
Sarebbe bastato inclinare appena la testa all’indietro e sarebbe tutto finito.
Niente più dolore.
Niente più ricordi.
Niente più Sabo.
Una fitta insopportabile la trapassò da parte a parte a quel pensiero, aiutandola a prendere la sua decisione.
Senza dire niente, prima che Cora potesse intervenire, le dita delicate e affusolate di Koala mollarono la presa, lasciando andare la bottiglietta che si frantumò sul parquet con un tintinnio cristallino, sotto lo sguardo sconvolto di Cora, i cui occhi fuoriuscirono dalle orbite allungandosi verso i cocci di vetro mentre le gocce di acqua di Lete evaporavano in pochi secondi.
-Ma che hai fatto?!?!?- esclamò l’uomo buttandosi in ginocchio e prendendo in mano un paio di cocci, cercando stupidamente di rimetterli insieme -Era l’ultima ampolla!!! Cosa ti è preso?!?-
Koala si accovacciò di fronte a lui e gli prese una mano, stringendola nella propria, facendogli sollevare lo sguardo su di sé.
-Io non voglio dimenticare- affermò, seria e determinata -Io voglio riportarlo da me-
Cora sgranò gli occhi un istante a quelle parole, prima di aprirsi in un ghigno complice.
Annuì, mentre si rimettevano in piedi.
-Allora dobbiamo andare a fare un giro al bar!- affermò, facendole corrugare le sopracciglia -Forza su! Andiamo!- la incitò avviandosi verso la porta.
Koala si affrettò dietro di lui, recuperando la giacca e il suo inseparabile cappellino rosso e seguendolo nel corridoio, diretti agli ascensori.
-Ehi!- lo chiamò, affiancandolo, mentre lui inforcava i suoi inseparabili occhiali da sole -E tu che divinità sei?!-
Cora ghignò senza voltarsi.
-Ma il messaggero degli dei ovviamente!-
Anche Koala sorrise, miracolosamente, dopo due settimane di sole lacrime, mentre un’idea la colpiva.
-E quindi questo cappotto è una moderna versione dei sandali con le ali?! Ti permette tipo di spostarti superveloce e cose così?!- chiese, curiosa e lievemente euforica, per quanto il suo stato glielo permettesse.
Il biondo si voltò a guardarla perplesso.
-No! Questo lo uso perché è cool!- affermò, con convinzione, facendole sgranare appena gli occhi.
Lo osservò qualche istante per capire se la stesse prendendo in giro ma, disgraziatamente, dovette concludere che era tragicamente serio.
-Oooookay!- fu il suo condiscendente commento, mentre si allungava per premere il bottone e chiamare l’ascensore. 



Angolo dei ringraziamenti: 
Salve a tutti! 
Sì ho deciso di tornare al vecchio metodo perchè il tempo è davvero tiranno e ho visto che se non faccio così almeno per le long finisce che non rispondo più alle recensioni. 
Inizio col ringraziare tutti quelli che seguono questa storia silenziosamente. 
Pandiva: Non lo so come mi è venuta in mente, è palese che sono malata ma di certo il mio amore per la mitologia e per la SaboKoala mi ha aiutato. 
Luna: Eh sì, è rimasto fregato e di brutto anche! Spero che il seguito non ti deluda. 
Cat: Ma se mi dici che ti stai appassionando alle SaboKoala io gongolo e di brutto anche! E anche io adoro la mitologia! Batti cinque!!!
Emy: Tu non finirai mai di stupirmi per l'entusiasmo che metti nel seguirmi, anche se conosci già la storia! 
Grazie di cuore per le recensioni! 
Un bacio. 
Piper.
 

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Capitolo 3
*** Inferis ***


-Cora! La vuoi smettere?!-
Da dieci minuti buoni premeva il naso contro la vetrina di quel bar dall’aria piuttosto tetra, “Inferis”.
Cosa strana, Koala non lo aveva mai visto prima in vita sua.
-Ma è nuovo?!- domandò assottigliando lo sguardo sull’insegna del locale.
-No! È solo invisibile ai mortali-
La ragazza si girò a guardarlo, perplessa.
-Perché ora lo vedo?!-
-Perché sei con me e ho rimosso la barriera per te! Andiamo!-
Si accigliò nel sentire che Cora gli sfilava il cappellino e gli infilava in testa qualcos’altro.
Ma che diavolo…
Strabuzzò gli occhi quando, focalizzandosi sul proprio riflesso, riconobbe la cuffietta di Cora sulla propria testa.
Si girò verso il biondo in tempo per vederlo infilarsi il suo capellino rosso.
-Cora?!- lo chiamò, mantenendo la calma -Cosa stai facendo?!-
-È per te! Ci vuole un minimo di dissimulazione!- affermò solenne, controllando il proprio riflesso prima di annuire soddisfatto e muoversi per entrare nel locale.
Ma non riuscì a terminare il primo passo verso la porta che qualcosa lo strattonò all’indietro.
Koala lo aveva afferrato per il cappotto e ora lo fissava a pochi centimetri, dritta sulle punte dei piedi.
-Ridammi il mio cappello prima di sformarmelo e riprenditi questo coso ridicolo se non vuoi un altro calcio come quello di prima!- disse, scandendo bene parola per parola.
Cora strabuzzò gli occhi al ricordo del colpo micidiale che il suo stomaco aveva ricevuto e si sbrigò a sfilarsi il cappello, mentre lei gli ficcava in testa la cuffia storta, con una delle due cordicelle che terminavano con un cuore a penzolargli davanti alla faccia, e poi si dirigeva a passo sicuro per entrare nel bar.
-Comunque dovresti avere più rispetto per lo stile altrui!- le fece notare, imbronciato, mentre la seguiva dentro.
Il campanello tintinnò al loro ingresso, facendo voltare verso di loro giusto un paio di avventori che non gli accordarono molta attenzione una volta riconosciuto Cora.
Koala si guardò intorno, studiando la stramba e assortita clientela di quel posto.
Erano tutti tizi piuttosto inquietanti, alcuni avevano una strana fisionomia, in un angolo tre vecchiette lavoravano a maglia chiacchierando ma il soggetto che più di tutti attirò l’attenzione di Koala fu una ragazza che sorseggiava un cappuccino sola ad un tavolo poco distante dall’entrata.
Aveva lunghi capelli verdi e un sorriso materno e inquietante al tempo stesso sul viso ma ciò che fece sobbalzare appena la castana fu rendersi conto che al posto delle braccia aveva due candide ali, con le quali tuttavia non sembrava in difficoltà a maneggiare la tazza.
-Ciao Monet!- la salutò Cora con un mezzo inchino, inciampando e rischiando di rovinare a terra.
La donna-uccello emise una piccola risata.
-Buongiorno Cora-san- soffiò, sensuale.
Koala intanto si era persa ad osservare anche lo strano arredamento del locale.
Nonostante la penombra era zeppo di piante fiorite, molte della quali sembravano avere le proprie radici nel muro e nel pavimento, per quando sembrasse impossibile.
Come facevano a essere così rigogliose nonostante la scarsità della luce?!
Stava ancora riflettendo su quello strano fenomeno che un movimento dietro al bancone attirò la sua attenzione e sollevò lo sguardo in tempo per vedere una giovane ragazza che doveva avere all’incirca la sua età uscire dalla porta sul retro e avvicinarsi con un radioso sorriso.
Era bionda, capelli corti come lei e grandi occhi nocciola dallo sguardo dolce.
-Cora-san!- esclamò con voce cristallina, facendo rapida il giro per abbracciarlo.
-Margaret! Come stai?!- domandò il biondo, stringendola forte.
-Bene e tu?! Vedo che sei qui con un’ospite!- mormorò, girandosi a guardarla con dolcezza.
-Infatti! Dobbiamo parlare con voi, ma forse è meglio andare sul retro!- spiegò velocemente Cora, con un modo di fare degno di una spia russa.
Margaret annuì senza esitazione.
-Seguitemi!- li invitò, tornando al di là del bancone e procedendo verso il retro del bar.
Titubante, Koala superò la porta di ferro che divideva i due locali e sussultò nel trovarsi in un ambiente asettico, simile a un archivio, con scaffalature di metallo lungo le pareti, alcune delle quali piene di cofanetti.
Di scorte di alcolici e pacchi di caffè non c’era traccia.
Seduto a una scrivania anch’essa di metallo, un grosso tomo aperto davanti a sé e un lupo accucciato ai suoi piedi, c’era un ragazzo moro, totalmente assorbito dalla lettura.
Vicino al volume su cui era concentrato era posato un cappello con visiera dalla strana fantasia maculata.
Cora avanzò nella stanza, dietro a Margaret ma, quando Koala si mosse per non restare indietro, il lupo prese a ringhiare, alzandosi in piedi e facendo sollevare di scatto la testa al suo padrone.
Nonostante l’espressione non lasciasse trasparire nulla Koala si sentì trapassare dallo sguardo glaciale che le iridi grigio-blu dell’uomo trasmettevano dietro le lenti degli occhiali da vista.
Un ghigno sghembo si disegnò sul suo volto, addolcendo appena la sua espressione, quando si focalizzò su Cora.
Togliendo gli occhiali si alzò dal tavolo e si avvicinò al biondo, tendendo il braccio verso di lui.
-Cora-san- mormorò , mentre si stringevano la mano con tanto di pacca sulla spalla, e a Koala tanto bastò per capire che, chiunque fosse, quel ragazzo nutriva un profondo rispetto e ammirazione nei confronti del biondo.
-Come stai Law?!- chiese Cora, come un padre al figlio.
-Bene- annuì convinto -Tu? Chi è la ragazza?- chiese sempre pacato, indicandola con un cenno del capo.
-Ecco…- cominciò Cora, portando una mano alla nuca e facendo sollevare un sopracciglio a Law che si girò verso Margaret, la quale si strinse nelle spalle -Lei è Koala!- ammise infine allargandosi in un sorriso, mentre Law sgranava gli occhi, scioccato e Margaret si girava di scatto a guardarla, facendola indietreggiare.
-Quella Koala?!- domandò la donna.
-Cosa ci fa qui?- domandò Law, glaciale quanto il suo sguardo.
La castana prese il coraggio a quattro mani avanzando di un passo.
-Sono qui per i ricordi di Sabo!- esclamò decisa, lasciandoli senza parole.
Un sorriso sadico e alquanto inquietante increspò le labbra di Law che si girò verso l’amico.
-E lei come fa a saperlo?- chiese, con finta calma.
-Beh ecco… temo di averle detto qualcosina in più di quanto avevamo concordato!- ammise sorridendo.
-Dannazione Cora!- reagì il moro –Cosa c’era di così difficile in “va da lei e falle bere l’acqua di Lete”?! Era così semplice!-
Koala si sentì tirare di lato e si focalizzò nuovamente su Margaret che l’aveva afferrata  per un polso a fatta spostare dalla traiettoria dei due uomini.
-Non vorrei mai si mettessero a lottare!- le spiegò, con tranquillità.
-Che cosa?!- domandò la ragazza, sgranando gli occhi.
-Oh non è detto! Non capita quasi mai ma capita ancora meno spesso che Law perda la sua totale impassibilità quindi…-
-… davvero innamorata secondo me! Diamole questa possibilità!- stava concludendo il biondo, indicando il punto in cui Koala si trovava fino a poco prima.
-Ehm… sono qui!- alzò una mano per farsi vedere e i due si girarono verso lei e Margaret.
Law la fissò per un tempo indefinito.
-Mi spiace ma la mia risposta è no- affermò lapidario, facendo sussultare la ragazza e sgranare gli occhi a Cora.
Con occhi dardeggianti si girò verso il ragazzo.
-Sei in combutta con Hancock?!- domandò, l’ira nella sua voce palpabile, guadagnandosi uno sguardo omicida dal moro.
-Io faccio solo quello che mi è stato chiesto da Sabo. A differenza tua. Lui voleva solo che lei dimenticasse non che si immischiasse in queste cose. Così la metti più in pericolo di quanto non fosse in precedenza-
-Sabo voleva che io mi dimenticassi di lui?!- intervenne Koala, prima che Cora potesse ribattere.
-Per non farti soffrire! Lo stesso motivo per cui anche lui ha bevuto l’acqua di Lete!- spiegò affettuosamente Margaret, senza riuscire a cancellare l’espressione sconvolta dagli occhi indaco della ragazza.
Un lieve tremito la scosse, mentre prendeva a negare con la testa.
-No! No! Io non ci sto! Io non voglio dimenticare! Anche se non potessi più averlo indietro preferirei soffrire che dimenticarmi di lui! Ma non è giusto! È stata un’aberrazione, basta il capriccio di una donna per separare due persone?!-
-Il capriccio di una dea- la corresse Law, zittendola per un attimo.
Koala sostenne il suo sguardo con fierezza prima di prendere fiato di nuovo.
-Non mi fa paura! Sono pronta anche a sfidare l’inferno per lui!- affermò, facendo sussultare Law e Margaret che non poterono impedirsi di cercarsi con gli occhi, mentre il silenzio tornava a regnare sovrano.
-Allora?!- intervenne Cora dopo qualche istante -Non è eccezionale?!-
Margaret si girò verso il biondo, sorridendo e annuendo, prima di dirigersi sicura verso uno degli scaffali e afferrare saldamene un cofanetto.
-Margaret?- la chiamò Law, severo -Cosa stai facendo? Non puoi…-
-Ti ricordi come ti sei sentito il giorno che sono venuti a prendermi per riportarmi a Skypeia?!- lo interruppe, girandosi a fronteggiarlo -Perché io mi ricordo benissimo come mi sono sentita!-
-Sì, me lo ricordo- disse dopo alcuni secondi -Ma mi ricordo anche meglio come mi sono sentito quando ti ho vista inerme e senza vita dopo che hai mangiato il melograno davanti a Dragon-san-
-Quello che non sei mai riuscito a capire è che per me sarebbe stato infinitamente meglio morire provando a restare al tuo fianco che vivere senza di te! E per lei è lo stesso! Cora ha visto giusto con noi, perché non dovrebbe essere altrettanto per loro?!- proseguì sicura, tenendo caparbiamente testa a Law che deglutì a fatica a quelle parole.
-Cora-san farebbe meglio a parlare meno- mormorò, lanciandogli un’occhiataccia.
-Senza di lui non avrei mai saputo del melograno e ora non sarei qui con te!-
-Devi ammettere che ha ragione, Law!- intervenne il biondo, compiaciuto.
-Falla finita! È quasi morta grazie alla tua geniale trovata!- gli rispose trucidandolo con gli occhi e perdendo di nuovo la calma per un attimo.
Cora cadde in ginocchio come se lo avesse colpito un proiettile.
-Non dire così!!!-
-Law!- lo chiamò di nuovo Margaret facendolo focalizzare ancora su di sé -Ti prego!-
Tre paia di occhi puntarono il moro, mentre i loro proprietari trattenevano il fiato.
Koala non aveva mai provato un sollievo simile a quello che prese a scorrerle nelle vene quando vide il ghigno storto di poco prima disegnarsi nuovamente sul volto di Law.
Sorrise insieme a Margaret, che si girò verso di lei, avvicinandosi e tendendogli il cofanetto.
-Qui ci sono i ricordi di Sabo. Quando qualcuno perde un ricordo questo si trasforma in una specie di gas colorato. Per riacquistarli Sabo deve inalarli, capisci cosa intendo?! Fino all’ultima particella! Se dovessero disperdersi nell’aria non potrà recuperarli mai più- spiegò osservandola attentamente, per accertarsi che avesse capito bene.
Koala annuì, mente deglutiva pesantemente e prendeva con delicatezza il cofanetto dalle mani di Margaret.
-Sai dov’è?!- domandò Cora a Law, facendolo annuire.
-Amazon Lily. Ma stai attenta a Hancock- aggiunse puntando le iridi grigie su Koala -È più pericolosa e determinata di quanto possa apparire-
Per l’ennesima volta la castana annuì, mentre Cora si incamminava estraendo una sigaretta e ghignando un po’ sadico.
-Andiamo a fare quello che dobbiamo fare- affermò con voce ferma.
-Cora- lo richiamò atono Law.
-Mmh?!- si girò l’uomo, con sguardo interrogativo.
-Il cappotto-
Lo osservarono prendersi a manate da solo per spegnere le piume che si erano incendiate e bruciavano lentamente, sospirando e mandando gli occhi al cielo.
Margaret rimase immobile a fissare la porta per un po’ dopo che Koala se la richiuse alle spalle, persa nelle proprie riflessione dalle quali le rassicuranti braccia del suo uomo la risvegliarono, circondandola da dietro.
-Che hai?- le domandò, con una dolcezza inusuale, che riservava solo per lei, stortando appena la bocca per poterle baciare la tempia, mentre lei si aggrappava con entrambi le mani al suo avambraccio.
-Ha detto la mia stessa frase. La frase che ho detto a Dragon-san prima di mangiare il melograno-
-Lo so- mormorò Law, sfregando il naso contro la sua guancia e facendole chiudere gli occhi, rilassata -Vedrai che ce la faranno a ritrovarsi-
-Lo spero- sussurrò la ragazza riaprendo gli occhi, velati di preoccupazione -Lo spero proprio- 




Angolo dei ringraziamenti:
Buonsalve gente!!! Eccomi con il terzo capitolo e i dovuti ringraziamenti!
Pandiva: No ma dai!!! Quale ansia su! Io pubblico puntuale! Comunque grazie come sempre cara, le tue recensioni mi fanno davvero divertire un mondo! :*
Ilaria D Piece: Oh un'altra appassionata della mitologia greca!!! ** Che bello!!! Sono felice che la storia ti incuriosisca! Grazie mille di cuore! 
Emy: Oh il tuo adorato Cora... Ah no scusa! Non era quello che dovevo dire! Io non so come fai tu a rileggere sempre tutto con questo entusiasmo ogni volta! Ma sia come sia grazie davvero!! 
Cat: Sappi che ho adorato scrivere di loro due assieme! Davvero! Grazie davvero per la recensione e sì, Cora che imita Hancock è veramente uno spasso da immaginare, condivido!! 

Bene, direi che è tutto e ci sentiamo al prossimo aggiornamento! 
Baci. 
Piper. 


 

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Capitolo 4
*** Perduti per sempre ***


Amazon Lily si trovava nel punto più alto di Raftel.
Era a metà tra un parco botanico e una piccola foresta che si estendeva su una collina, dove la gente amava andare per perdersi nei propri pensieri e rilassarsi in mezzo al verde.
Ma la ragazza con il cappellino rosso che incedeva sicura e determinata con una scatola di legno sotto braccio non aveva l’aria di essere lì per rilassarsi.
I suoi occhi dardeggianti sembravano pronti a incenerire chiunque avesse avuto l’ardire di ostacolare la sua avanzata e per fortuna quel giorno e a quell’ora Amazon Lily era praticamente deserta.
-Koala! Attenta al cofanet… Koala!!!-
Il tizio biondo dietro di lei continuava a chiamarla e a dirle di fare attenzione ogni volta che vedeva la confezione di legno oscillare per un passo marcato con troppa forza, senza rendersi conto che stava rischiando la vita.
Per fortuna Koala era troppo intenta a guardarsi intorno per prestare attenzione agli ammonimenti di Cora.
-Cora-san credo le sia chiaro che deve stare attenta- gli fece notare Monet, parlando con quella sua voce dolce e inquietante al tempo stesso.
Aveva voluto accompagnarli e, dopo l’iniziale sconvolgimento di Koala nel constatare che una volta uscita dall’Inferis le zampe e le ali si erano trasformate in arti umani, i due le avevano raccontato un po’ per uno dei recenti avvenimenti e di cosa si apprestavano a fare.
Con un materno sorriso, Monet osservava la ragazza avanzare sicura in mezzo alla vegetazione rigogliosa, scansando piante e rami, osservando in ogni anfratto alla ricerca di Sabo.
Capì che lo aveva trovato, quando la vide immobilizzarsi e irrigidirsi, trattenendo il fiato.
-Credo che ci siamo- mormorò rivolta a Cora, che schizzò con gli occhi verso Koala appena in tempo per vederla mettersi a correre verso Sabo.
Nonostante le lacrime di felicità che le offuscavano la vista, teneva gli occhi puntati su di lui, seduto sotto un’imponente e nodosa quercia, la schiena appoggiata al tronco e lo sguardo perso nel vuoto.
Sembrava triste, svuotato, l’ombra di se stesso, se ne rese conto, Koala, anche da quella distanza.
Accelerò, impaziente di vederlo sorridere di nuovo, di venire stretta tra le sue braccia, di vedere ancora i suoi occhi guardarla innamorati.
Accelerò sotto lo sguardo felice di Cora e Monet, che si erano fermati ai margini del piccolo spiazzo dove sorgeva la quercia e osservavano Koala correre come due genitori che osservassero il proprio figlio  muovere i primi passi.
Fu un movimento tra la vegetazione, ai margini del loro campo visivo, a farli voltare di scatto mentre trattenevano il fiato.
Non si vedeva nulla e non si sentiva alcun rumore ma bastò l’istinto per capire cosa stava succedendo.
Come se si fossero messi d’accordo, Cora scattò come un fulmine dietro a Koala, mentre Monet si librava in aria nella direzione opposta, per individuarla tra i cespugli.
Il biondo l’aveva quasi raggiunta, pronta a pararsi di fronte a lei e farle da scudo se necessario, quando una maledetta radice che fuoriusciva dal terreno lo fece inciampare e rovinare a terra.
Bocconi, sollevò la testa assistendo come a rallentatore a ciò che avvenne nell’arco di pochissimi istanti.
Un freccia scoccata dal mezzo della boscaglia raggiunse Koala colpendola alla scapola sinistra e trapassandola da parte a parte con precisione millimetrica, senza ucciderla ma facendola bloccare di botto.
Il braccio della ragazza smise di stringere il cofanetto contro il suo costato, lasciandolo precipitare a terra dove rimbalzò un paio di volte prima di aprirsi e, sotto lo sguardo attonito e impotente di Cora e Monet, disperdere nell’aria i ricordi di Sabo, sotto forma di una nuvoletta blu cobalto che si dissolse in un secondo.
Tremante, Cora si puntellò a terra per rimettersi in piedi, mentre Monet lo affiancava, spostandosi a mezz’aria, gli occhi di entrambi puntati su Koala.
La ragazza era ancora immobile a pochi metri da Sabo, confusa e stordita da qualcosa che non sapeva identificare.
Sbatté le palpebre guardandosi intorno, riconoscendo il parco di Amazon Lily, domandandosi cosa ci facesse lì e come ci fosse arrivata.
Poco distante da lei, seduto tra l’erba all’ombra di un quercia, un ragazzo biondo, che non aveva mai visto prima, la osservava con occhi vacui almeno quanto i suoi.
Nell’incrociare quelle iridi blu e opache, Koala avvertì una strana scossa, realizzando empaticamente che entrambi condividevano quella strana sensazione di mancanza, come un vuoto all’altezza del cuore.
E per quanto avrebbe avuto senso fermarsi lì con lui, alla ricerca di un po’ di reciproco sostegno, quel dolore che pulsava al centro del suo petto le fece desiderare di andare subito a casa.
Indifferente il ragazzo distolse lo sguardo da lei, appurato che non la conosceva, mentre lei gli voltava le spalle e si avviava per andarsene.
-Koala!- la chiamò Cora in preda all’agitazione -Ma che fai?! Non puoi andartene, Sabo è lì! Prova a parlarci!-
Ma Koala lo fissava con occhi spenti, corrugando le sopracciglia e scrutandolo.
-Ci… Ci consociamo?- domandò debolmente, facendo sgranare gli occhi al biondo.
Ma cosa…
Sconvolto la guardò allontanarsi, non ricevendo risposta, per poi tornare a focalizzarsi su Monet che, del tutto ignorata da Sabo, si era spostata di qualche passo, chinandosi a raccogliere la freccia che aveva trapassato il petto di Koala.
Sottilissima, flessibile e bianca, sembrava quasi un filo d’erba.
Con sguardo grave la verde si girò verso Cora, che trattenne il fiato, conscio che stavano per arrivare cattive notizie.
-Dardo dell’insensibilità- mormorò con un filo di voce Monet.
-Che… che significa?- chiese il biondo, non certo di volerlo davvero sapere.
-Non è più in grado di ricordare le persone a cui tiene. E più tiene a loro meno possibilità ha di ricordarle. Le ha tolto qualsiasi possibilità di ricordarsi di lui-
Cora prese a tremare leggermente mentre spostava lo sguardo dal dardo, tra le mani di Monet, al cofanetto ormai irrimediabilmente vuoto tra l’erba a Sabo che, distrutto e svuotato, fissava il nulla assoluto, incapace di reagire a qualsivoglia stimolo.
La rabbia gli montò dentro, mentre si girava furente e terribile verso il punto in cui la vegetazione si infittiva.
-Hancock!- mormorò fuori di sé prima di precipitarsi tra i cespugli senza che Monet riuscisse a fermarlo.
 

 
§
 

Aveva quasi raggiunto l’uscita del parco ma non era riuscita ad andarsene.
Quella sensazione come se le avessero strappato qualcosa direttamente dal petto con il dolore che ne conseguiva, quel sentirsi a metà, la stava torturando, provocandole un male anche fisico che le impediva di proseguire.
Lasciò libero sfogo alle lacrime che traballavano sulla punta delle sue ciglia e precipitavano sulle sue guance arrossate e sulle labbra gonfie, mentre si sedeva su una panchina, il corpo scosso da tremiti che cercava inutilmente di contenere abbracciandosi da sola.
Soffriva indicibilmente e non sapeva nemmeno per cosa.
Portò una mano ad asciugare malferma la guancia, mentre tirava su con il naso, maledicendosi per essere uscita senza borsa.
Una mano spuntò dal nulla sotto il suo naso, tendendole un fazzolettino.
Colta alla sprovvista osservò dapprima il pezzo di carta soffice e bianca e poi colei che glielo stava offrendo.
Non si era accorta che su quella panchina ci fosse già seduto qualcuno, nella fattispecie una ragazza più grande di lei ma giovane, con capelli neri e grandi occhi azzurri e materni, che la osservavano dolci e incoraggianti.
Accettò il fazzoletto riuscendo a ringraziarla solo con un cenno del capo, incapace di parlare.
Si soffiò sonoramente il naso, notando che teneva un libro aperto sulle gambe e al collo un ciondolo a forma di civetta.
-È interessante?!- chiese dopo qualche istante, sperando che fare un po’ di conversazione la aiutasse a lenire in parte il dolore.
-Abbastanza- rispose con un etereo sorriso la donna -È un libro sulla memoria-
Koala ebbe un lieve sussulto a quelle parole.
-E cosa…- si fermò per deglutire -… cosa dice?!-
-Dice che le cose davvero importanti non si dimenticano mai- le disse, allungando una mano ad asciugare una nuova lacrima con la dolcezza di una madre -Che c’è sempre un modo per recuperare ciò che conta davvero-
 

 
***
 

Non era una bella scena a cui assistere, quell’uomo grande e grosso che trascinava per un braccio una donna bellissima e urlante.
Eppure nessuno dei passanti pensò nemmeno per un istante che ci fosse una maltrattamento in corso.
L’aspetto di quella donna, il suo abbigliamento, il suo atteggiamento melodrammatico la etichettavano come pazza isterica anche ad occhi estranei e la presenza dell’altra donna, che camminava pacata e serafica dietro di loro era un’ulteriore conferma che niente di allarmante stava effettivamente accadendo.
Così nessuno si soffermò più di tanto su quel piccolo siparietto tragico e nessuno fece caso all’improvviso cessare delle urla una volta che il terzetto ebbe svoltato l’angolo e Hancock fu scaraventata senza troppi complimenti oltre la porta dell’Inferis, seguita a ruota da un’immancabilmente serena Monet, tornata al suo aspetto originario, e da uno spaventoso, tanto era furibondo, Cora.
Il biondo si guardò intorno quasi ringhiando, intimando ai pochi avventori di lasciare subito il bar, ordine che nessuno si fece ripetere, ubbidendo prontamente, eccezion fatta per quelle  tre impiccione e pettegole delle Parche che rimasero ferme nel loro angolino a fare la calza, odorando che c’era puzza di litigio nell’aria.
Rendendosi conto di dove si trovava Hancock si calmò per un istante, al solo scopo di raccogliere tutta la sua rabbia e cambiare il bersaglio su cui scaricarla.
-Law! Vieni fuori!- intimò, autoritaria come sempre.
Uscendo dal retro senza fretta, il dio degli inferi e la sua consorte fecero la loro apparizione, il primo impassibile, la seconda fiera e contrariata da una presenza tanto indesiderata nel proprio locale.
-Ma bene! Eccoli qua! E così la tua dolce mogliettina ha pensato bene di mettersi contro di me e aiutare quella mortale a riprendersi mio figlio! Se riprovi a mettermi i bastoni tra le ruote…- disse tremando di rabbia e caricando di disprezzo la parola “mortale”.
Law si spostò lateralmente in modo da pararsi di fronte a Margaret, guardando truce colei che aveva appena osato minacciare la sua donna.
Poi un ghigno bastardo spuntò sul suo volto.
-Dovresti rilassarti Hancock, così ti vengono le rughe-
La dea della bellezza sgranò gli occhi profondi e blu, oltraggiata da quelle parole e, gettata la testa all’indietro, inarcata la schiena e puntato l’indice contro la coppia, diede il via alla scenetta a cui ormai tutti si erano abituati.
-A me le rughe non verranno mai perché io...-
-Sei bellissima- mormorano atoni e all’unisono tutti i presenti, Parche comprese.
-…sono bellissima!- concluse prima di raddrizzarsi e fronteggiare nuovamente la coppia infernale -E comunque chi ti ha dato il permesso di maneggiare liberamente i ricordi di mio figlio, ragazzina?!-
-Io le ho dato il permesso! Ti ricordo che i ricordi persi con l’acqua di Lete sono sotto la mia giurisdizione e sono libero di farne ciò che voglio- intervenne ancor Law, terribile e quasi indemoniato.
Hancock ammutolì, resistendo all’impulso di gonfiare le guance come una bambina capricciosa, prima di rilassarsi e concedersi un maligno sorriso.
-Oh beh…- cominciò esaminandosi le unghie -…Nessun problema! Tanto sono andati perduti, volatilizzati per sempre!- cantilenò quasi, con un gesto svolazzante della mano.
Alle sue spalle Law sentì Margaret irrigidirsi e trattenere il fiato a quell’affermazione.
-Che è successo?- domandò, cercando Cora con lo sguardo e trovandolo demoralizzato e avvilito su uno degli sgabelli vicini al bancone.
-Ha colpito Koala con un dardo dell’insensibilità e le ha fatto cadere il cofanetto prima che fosse abbastanza vicina a Sabo- spiegò Monet, facendoli voltare verso di sé, scioccati.
Margaret portò una mano alla bocca, più sconvolta che mai.
-Pensavate di potermi fregare vero?! Mi spiace ma avete scommesso contro la divinità sbagliata! Nessuno può osare sfidarmi e sperare di vincere contro di me perché io…- ripeté, mettendosi nuovamente in posa e facendo sospirare e mandare gli occhi al cielo a tutti quanti -… sono… bellis… OUCH!!!-
Senza riuscire a opporsi si ritrovò strattonata all’indietro da Cora, che l’aveva afferrata di capelli, in un moto di ira allo stato puro.
La guardò con occhi lampeggianti, riuscendo a farle perdere almeno un po’ della sua fastidiosa arroganza.
-Tu pensi che sia tutto un gioco vero?! Lo sai cosa hai fatto oggi?! Hai rovinato per sempre la vita di quei due ragazzi! Li hai condannati all’infelicità!!! Tu non sei una dea, sei un… un mostro, un’arpia!!!-
-Ehi!!!- protestò Monet, incrociando le ali sotto il seno.
-Senza offesa per te ovviamente, Monet!- aggiunse il biondo, facendola sorridere -Tuo figlio è diventato l’ombra di se stesso nel caso tu non te ne fossi accorta! E per causa tua ora non potrà mai più tornare quello di un tempo!!!- concluse, fuori di sé.
Hancock aprì la bocca per ribattere ma il suono del campanello la interruppe.
Serio e terribile, il volto parzialmente coperto da un tatuaggio e gli occhi fiammeggianti, il padre degli dei fece il suo ingresso, facendo trattenere il fiato a tutti qualche istante.
-Dragon-san- lo chiamò Margaret, con una nuova speranza negli occhi mentre avanzava nel locale senza una parola, guardandosi intorno e soffermandosi su Cora e Hancock.
-Robin mi ha raccontato cos’è successo- mormorò, fissando intensamente la donna -Hai passato il segno Hancock-
La donna sgranò gli occhi indignata.
Come si permetteva?!
-È di mio figlio che stiamo parlan…-
-Hai colpito una mortale. Sei venuta meno a una delle regole più importanti per vivere in mezzo a loro-
-A me non è mai importato di vivere in mezzo alla plebaglia!-
-Il che è un problema perché ho dato l’ordine di lasciare Skypeia proprio oggi- affermò, facendo corrugare le sopracciglia e Law e Cora -È ridicolo continuare con questa farsa. Noi a questo mondo non serviamo più. A partire da oggi saremo liberi di scegliere una vita mortale oppure l’immortalità ma comunque sia questo luogo diventerà la nostra casa. Non provare a ribattere!- bloccò sul nascere la protesta di Hancock -Sono più di sei mesi che tuo figlio non assolve ai suoi doveri. Pensi forse che la gente abbia smesso di innamorarsi per questo? Non è così. Ripeto, noi a questo mondo non serviamo più. Ho preso la mia decisione ormai. E ora dammi l’arco- concluse, tendendo il braccio verso la mora che lo guardò incredula e boccheggiando.
-Cos… che…-
-Devo prendere provvedimenti. Dammi l’arco- ripeté con un tono che non ammetteva repliche.
Riluttante e furibonda Hancock consegnò la propria arma nelle mani di Dragon, incrociando poi le braccia al petto, imbronciata.
-Non so cosa ti aspetti che io faccia per passare il tempo-
Dragon ghignò sghembo e sadico.
-Puoi sempre imparare a lavorare a maglia- le disse facendola indignare ancora di più e salutando poi con un cenno del capo qualcuno oltre la spalla della donna, che si girò per intercettare le tre Parche che agitavano le mani nella loro direzione, sghignazzando a più non posso.
-Dragon-san!- agitato e fremente, Cora si avvicinò al moro -I ricordi di Sabo e Koala…- cominciò ma l’espressione di Dragon gli fece morire le parole in gola.
-Mi dispiace, per quello ormai è tardi. Non posso fare nulla per loro. I loro ricordi sono perduti per sempre-
 

 
§
 

Era tutto inutile!
Non riusciva a dormire!
Camminando meccanicamente era giunta lì, ai piedi di quel condominio in quel quartiere esclusivo dove era impossibile che vivesse eppure il portiere l’aveva salutata e, sebbene perplesso, aveva risposto alla sua richiesta di indicarle il piano del proprio appartamento con una parola che aveva fatto sbigottire ancora di più lei.
Com’era possibile che vivesse nell’attico di quel palazzo?!
Ma era così esausta che, appurato che le chiavi che aveva in tasca aprivano effettivamente la porta di quel super appartamento, aveva smesso di farsi domande o stupirsi.
Accettando di buon grado quell’assurda situazione aveva constatato che viveva lì da sola dalla presenza dei suoi soli vestiti nell’armadio, non aveva cenato e, infilatasi la sua sottoveste lilla, era andata a dormire, bisognosa di riposo, finché non si era svegliata nel cuore della notte senza più riuscire a prendere sonno.
E ora non era più tanto il bisogno di dormire quanto il fatto che solo nel sonno quel dolore e quella sensazione di vuoto sembravano lasciarla in pace.
Rigirandosi un’ultima volta tra le lenzuola e tirandosi su a sedere, si passò una mano sul volto e si guardò intorno, sconsolata.
Si bloccò a metà panoramica, tornando rapidamente su un dettaglio che, per qualche ragione, l’aveva colpita.
L’anta di estrema destra dell’armadio che occupava l’intera parete era socchiusa e, assottigliando  lo sguardo e scrutando nella penombra, notò che qualcosa spuntava dalla fessura.
Sembravano delle piume nere.
Incuriosita, si alzò e avvicinò al vano del mobile, aprendo l’anta con cautela.
Sgranò gli occhi nel riconoscere una faretra e una balestra, tutto nero, frecce comprese, mentre una strana sensazione si impadroniva di lei.
Allungò una mano a sfiorare l’arma, con la netta sensazione di stare rivivendo qualcosa di già vissuto, e, non appena i polpastrelli entrarono in contatto con la fibra di carbonio di cui era fatta, un formicolio le percorse il braccio.
Come guidata da una forza superiore imbracciò la balestra, estrasse un dardo dalla faretra, facendo scorrere le dita sulle piume morbide e scure, e lo incoccò, portando poi il mirino all’altezza dell’occhio.
Si girò di un quarto alla ricerca di una maggiore visuale, ritrovandosi a fissare la porta del bagno.
Improvvisamente, un’immagine prese forma nella sua testa e con l’occhio della mente vide la freccia librarsi nell’aria e dirigersi verso il petto di un ragazzo biondo che riusciva a visualizzare quasi fosse stato lì, vero e concreto di fronte a lei.
Trattenne il fiato quando si rese conto che si trattava del ragazzo biondo che aveva visto quel pomeriggio ad Amazon Lily.
Un capogiro la colse, obbligandola ad abbassare l’arma e a cercare sostengo contro l’armadio.
Cosa le stava succedendo?!
Posò gli occhi sul letto e in un attimo, un mare di ricordi che mai aveva saputo di possedere le invase la testa.
Si vide seduta su quel letto a scuotere quello stesso ragazzo per svegliarlo e poi si vide sdraiata sotto di lui, persa in lui, mentre facevano l’amore.
A occhi sgranati, sentì che la voragine al centro del petto si stava lentamente richiudendo.
Abbandonata la balestra a terra, di diresse scalza nel salotto, alla ricerca di nuovi stimoli per aiutare i ricordi.
Si vide discutere con lui, in piedi davanti alla finestre e poi si vide di spalle a guardare fuori, abbandonata tra le sue braccia che la cingevano da dietro.
Si vide cucinare ai fornelli della cucina a vista e poi si vide seduta alla penisola con lui, che ridevano e scherzavano, dividendosi una pizza.
Attimi di vita.
Pezzi mancanti del puzzle.
Chiuse gli occhi rischiando di perdere l’equilibrio, mentre i ricordi vorticavano nella sua testa, ognuno alla ricerca del proprio alloggio, abbandonandosi completamente.
In un attimo tutto fu chiaro e spalancò gli occhi sconvolta, una sola parola sulle sue labbra.
-Sabo-
Lo disse in un sussurro quasi impercettibile, parlando con il buio che la circondava.
Sabo aveva perso la memoria.
Doveva trovarlo, doveva parlare con lui, subito, immediatamente.
Senza perdere tempo infilò al volo un paio di stivali al ginocchio e la sua giacca di pelle, precipitandosi poi verso la porta.
La spalancò decisa ma quello che vide la fece immobilizzare dopo un lieve sussulto.
Sgranò gli occhi non riuscendo a credere a ciò che vedeva e sbatté le palpebre un paio di volte per accertarsi che non fosse frutto della sua immaginazione.
E un indicibile sollievo prese a scorrerle nelle vene quando comprese che non era un miraggio, che Sabo era veramente lì, di fronte a lei, il braccio piegato ad angolo retto e la mano chiusa a pugno pronto a bussare, il respiro affannato tanto quanto lei.
-Koala-
Non la stava chiamando, era evidente che stesse solo pronunciando il suo nome per il piacere di farlo e il suo cuore perse svariati battiti ma riprese subito a pompare al doppio della velocità quando, senza esitazione, Sabo le circondò il viso con le mani, baciandola con disperazione e chiudendosi la porta alle spalle con un calcio.
Si aggrappò a lui, persa e abbandonata, lasciandosi portare in camera, inebriandosi del suo odore e del suo sapore, mentre tutti i ricordi andavano al proprio posto e una nuova consapevolezza si faceva strada in lei.
“C’è sempre un modo per recuperare ciò che conta davvero. Le cose davvero importanti non si dimenticano mai”
Si rese conto in quel momento che il fatto di essersi punti con i dardi aveva solo velocizzato qualcosa che era comunque destinato a succedere.
Perché si sentiva troppo completa e giusta tra le sue braccia, erano destinati a trovarsi, si sarebbero innamorati comunque prima o poi.
Erano anime gemelle, il dio e la mortale.
Solo per questo erano riusciti a ricordarsi l’uno dell’altra nonostante tutto.
Quando la depositò sul letto, sovrastandola, la maggior parte degli indumenti erano già disseminati per la stanza.
Solo i boxer di Sabo e la sottoveste di Koala persistevano addosso ai loro proprietari e i due si stavano già adoperando per porre rimedio a quella situazione che l’attenzione di Sabo fu attratta dalla balestra abbandonata a terra.
Un pensiero lo colpì mentre Koala lo baciava sul mento e, seppur con una certa riluttanza, si staccò da lei.
-Dammi solo un secondo- le sussurrò, prendendola in contropiede.
Lo guardò uscire dalla stanza e rientrarvi poco dopo con un capiente secchio e un accendino.
Sotto lo sguardo attento della castana, Sabo recuperò balestra e faretra, depositandole nel secchio per poi aprire la finestra e piazzare il tutto sul terrazzo prima di dare fuoco alle piume che ornavano il retro dei dardi.
Non stette a guardare la sua vecchia arma prendere fuoco ma rientrò subito, deciso a occuparsi della propria donna, mentre da fuori i riflessi rossastri e aranciati dell’improvvisato falò davano alla stanza un’atmosfera surreale.
Salì sul letto e le posò una mano a palmo pieno sulla guancia, guardandola intensamente negli occhi.
-Non pensare mai che io ti ami perché quella freccia mi ha colpito- disse sicuro e sensuale come non mai.
Koala sorrise, al colmo dell’emozione, prima di avventarsi sulle sue labbra e trascinarlo giù, sopra di sé.
Mentre le loro labbra danzavano in perfetto sincronia e le loro mani si esploravano come se fosse la loro prima volta, Koala si rese conto che non lo aveva mai pensato.
Si rese conto che non stavano semplicemente facendo l’amore.
Si rese conto che, su quel letto, lei e Sabo erano due perfette metà che tornavano finalmente a formare un solo intero.



Angolo dei ringraziamenti:
E siamo giunti alla fine anche di questa storia! 
Spero vi sia piaciuta e vi abbia fatto sorridere ed emozionare almeno un po'. 
Ringrazio tutti coloro che l'hanno letta e soprattutto Pandiva, Luna, Ilaria D Piece, Emy e Cat
Emy, grazie davvero per il tuo costante sostegno. 
Cat, non sai quanto mi hai fatta felice con la tua ultima recensione e il fatto che "Sei semi di melograno" ti sia rimasta così impressa. 
Grazie di cuore a tutti! Alla prossima! 
Piper. 

 

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