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di J85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I protagonisti ***
Capitolo 2: *** Comincia il gioco! ***
Capitolo 3: *** Non cadere giù ***
Capitolo 4: *** Una specie di fotocopia ***
Capitolo 5: *** La scelta di dividersi ***
Capitolo 6: *** Divisi ***
Capitolo 7: *** Bisogni naturali ***
Capitolo 8: *** Claustrofobia ***
Capitolo 9: *** L'armata degli scheletri ***
Capitolo 10: *** La discesa ***
Capitolo 11: *** Divieto ai bagnanti ***
Capitolo 12: *** Il labirinto ***
Capitolo 13: *** Ci risiamo ***
Capitolo 14: *** Sogni d'oro ***
Capitolo 15: *** Lame rotanti ***
Capitolo 16: *** Come scacchi ***
Capitolo 17: *** Corsa e nuoto ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** I protagonisti ***


CAPITOLO 1

“I protagonisti”

 

 

 

 

“Allora posso elencarglieli?”.

“Assolutamente”.

 

 

 

Cognome: Orsi

Nome: Tommaso

Data di nascita: 28 luglio

Professione: Calciatore

Statura: 1 e 80

Capelli: Neri

Occhi: Neri

 

 

Cognome: Silvestri

Nome: Sara

Data di nascita: 29 maggio

Professione: Avventuriera

Statura: 1 e 65

Capelli: Biondi

Occhi: Castani

 

 

Cognome: Lupo

Nome: Andrea

Data di nascita: 6 febbraio

Professione: Ladro

Statura: 1 e 83

Capelli: Neri

Occhi: Castani

 

 

Cognome: Santucci

Nome: Roberto

Data di nascita: 26 marzo

Professione: Poliziotto

Statura: 1 e 90

Capelli: Neri

Occhi: Neri

 

 

Cognome: Wilson

Nome: Carla

Data di nascita: 28 novembre

Professione: Infermiera

Statura: 1 e 58

Capelli: Biondi

Occhi: Verdi

 

 

Cognome: Sarti

Nome: Simone

Data di nascita: 7 luglio

Professione: Militare

Statura: 1 e 83

Capelli: Castani

Occhi: Verdi

 

 

Cognome: Noro

Nome: Stefano

Data di nascita: 5 aprile

Professione: Scienziato

Statura: 1 e 67

Capelli: Neri

Occhi: Castani

 

 

Cognome: Simone

Nome: Rosa

Data di nascita: 7 marzo

Professione: Attrice

Statura: 1 e 65

Capelli: Castani

Occhi: Castani

 

 

Cognome: Sciullo

Nome: Marco

Data di nascita: 1 aprile

Professione: Imprenditore

Statura: 1 e 78

Capelli: Neri

Occhi: Azzurri

 

 

Cognome: Testa

Nome: Oscar

Data di nascita: 3 novembre

Professione: Politico

Statura: 1 e 82

Capelli: Brizzolati

Occhi: Castani

 

 

 

“Dunque sono tutti qui?”.

“Esatto”.

“Bene. Allora procediamo”.

 

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Capitolo 2
*** Comincia il gioco! ***


CAPITOLO 2

“Comincia il gioco!”

 

 

 

Metallo.

Tutto intorno a loro era fatto, almeno superficialmente, di metallo. Dieci figure erano sdraiate in terra apparentemente svenute. Sette uomini e tre donne immersi in un sonno senza sogni.

Il primo a ridestarsi fu Tommaso Orsi, giovane promessa del calcio italiano, “Oddio… che ore sono?”.

Appena si rese conto di non essere nella sua camera da letto, o in quella di un albergo, cominciò ad indagare sull’ambiente tutto intorno a lui “Che posto è questo?”

“Sembra quasi il set di qualche film di fantascienza!” esclamò una voce alle sue spalle.

Il ragazzo si girò e vide Rosa Simone, attrice emergente e molto promettente, del cinema italiano.

“Ehi, io ti ho già visto?!”

“Penso tu non sia l’unico…” rispose in tono ironico la ragazza.

“Sembra che siamo dentro un enorme scatola di metallo…” osservò una terza voce.

I due si girarono verso quest’ultima e videro Oscar Testa, politico che aveva fatto tanto per il suo paese nei tempi passati, fino a meritarsi una lauta pensione.

I tre colsero l’occasione per presentarsi in maniera più adeguata, nonostante la situazione irreale in cui erano finiti quando sentirono degli spari.

Nella direzione da cui provenivano vi era Andrea Lupo, il migliore, o per lo meno così lui credeva, ladro di tutta la penisola che, per la prima volta nella sua vita, provava la terribile sensazione di essere imprigionato e senza una via d’uscita.

I tre non sapevano come comportarsi per far smettere l’uomo. Per fortuna in loro soccorso venne un secondo individuo.

“Getta quella pistola!”.

A quell’ordine perentorio, Andrea si girò e vide un volto che non gli era del tutto sconosciuto. Infatti aveva davanti a sé Roberto Santucci, finito spesso nelle cronache della stampa nazionale per aver sventato molte rapine e aver scoperto tanti traffici illeciti.

“Sì… hai ragione! In fondo era del tutto inutile che continuassi…” approvò l’idea senza tanti problemi.

Ora in gioco c’erano cinque persone che, una volta rivelate le loro identità, ricominciarono ad osservare l’ambiente circostante.

“Grazie ragazzo, ma non mi serve più la tua copertura” suggerì Roberto ad un angolo buio dell’enorme stanza, dove non sembrava ci fossero ulteriori presenze.

“Sì signore!” a parlare, in un tono tipicamente militare, era stato un ragazzo dall’aspetto molto giovane, ma con indosso un’uniforme militare: il suo nome era Simone Sarti, giovane soldato dell’esercito nostrano.

Presentatosi  anche lui al gruppo di persone che si era formato, si unì ad esse nella ricerca di una qualche uscita da quel posto che in lui non creava quella soggezione che creava in altri.

Tornati nel posto in cui erano presenti altre persone prive di conoscenza, trovarono ad aspettarli una giovane ragazza dai capelli biondi che appena li vide esclamò risollevata “Meno male! Qualcuno di vivo c’è allora!”

Questa si presentò come Sara Silvestri, di professione avventuriera.

In terra c’erano ancora tre corpi, sicuramente in vita visto  alzarsi ed abbassarsi del loro torace ritmato dal respiro.

La stanza in cui erano prigionieri aveva una forma ad anello per cui, chiunque avesse fatto il suo intero giro, si sarebbe ritrovato inevitabilmente al punto di partenza. Nonostante fosse completamente ricoperta di ferro, non vi era presenza di pulsanti, leve o qualsiasi altro marchingegno che facesse attivare un sistema con lo scopo, almeno nelle speranze dei reclusi, di poterli condurre verso l’uscita da quel tremendo incubo in cui attualmente si trovavano.

Il risveglio successivo fu quello di Carla Wilson, una dottoressa italo-americana che si mise subito a controllare lo stato di salute dei presenti, compresi i dormienti.

L’attesa era snervante per i ragazzi, che cominciavano a dare segni di nervosismo per il mancato sviluppo della situazione.

“Ma insomma! Mi potete dire cosa ci facciamo qua dentro?!” esplose di colpo Andrea.

A questa reazione improvvisa il tutore dell’ordine ed il soldato avevano, quasi contemporaneamente, puntato le loro armi verso il delinquente.

“Calmati Lupo! Se lo sapessimo pensi che staremmo qui a perdere ulteriore tempo?” gli rispose nel modo più diplomatico possibile Roberto.

“Magari è uno scherzo…” si azzardò a suggerire Tommaso.

“Se lo è, è uno scherzo che non mi fa ridere per niente!” disse seccata Sara, mentre continuava a perlustrare la stanza alla ricerca di uno spiraglio, anche misero.

Mentre ascoltava gli altri scambiarsi opinioni differenti sulla questione, Oscar cercava di individuare quale dei suoi nemici politici potesse aver organizzato quel piano diabolico, se davvero fosse stato uno di loro ovviamente.

“Ehi venite! Se ne sta svegliando un altro!” avvertì tutti sbrigativamente la dottoressa Wilson.

Il ragazzo che si destò era il giovane rampollo di una delle famiglie più famose, ricche e potenti, della penisola: il suo nome era Marco Sciullo.

“Diamine! Che posto è mai questo?” furono le sue prime parole, denotando un particolare difetto di pronuncia conosciuto come erre moscia.

“Alzati lentamente sennò rischi dei forti giramenti di testa” furono le premure della bionda Carla.

Fatte anche in questo caso le presentazioni e, una volta che i ragazzi appresero che anche l’ultimo acquisto di quella variegata compagnia era all’oscuro di chi fosse il loro guardiano, cominciarono mano a mano a sedersi, esausti, nel freddo pavimento della loro sinistra prigione.

Due minuti, cinque, dieci, venti, mezzora, un’ora, due, dieci, venti… nessuno sapeva quanto tempo era passato da quando uno degli inquilini avesse emesso anche un lieve suono dalla propria bocca, l’atmosfera era diventata davvero insopportabile dentro quella specie di bunker ed i ragazzi stavano perdendo anche le ultime residue speranze di salvezza.

“Ehi… ma questo signore è uno scienziato…” informò ad alta voce la dottoressa mentre osservava il cartellino che era attaccato all’uniforme bianca dell’uomo, l’ultimo rimasto privo di conoscenza. Di certo la giovane donna non pensava che, la sua affermazione, avrebbe creato una tale reazione nel comportamento delle altre persone presenti.

il primo fu Andrea Lupo, mentre si accendeva una sigaretta “Magari lui sa dove ci troviamo…” e, mentre gli altri cominciavano segretamente ad appoggiare l’intuizione del ladro, quest’ultimo si fiondò rapidamente sull’interessato e cominciò a tempestarlo di calci, nella speranza che quel metodo rude, ma spesso efficace, potesse farlo ridestare.

“Fermati subito Lupo!” disse Sarti puntandogli contro il fucile militare che portava con sé, finché dovette desistere dal suo progetto, poiché un’altra persona si era unita al singolare pestaggio…

“Forza! Che fate lì? Venite ad aiutarci!” incoraggiò i presenti Sara impegnata, sempre di più, nel tirare pedate contro il corpo carente di altezza dello sfortunato.

“Ma è davvero obbligatorio usare questo metodo?” chiese, più a sé stesso che agli altri, Orsi.

“Signorina cosa sta facendo? Si calmi…” provò ad intervenire a difesa del disgraziato Testa.

La cosa incredibile però si rilevò essere la totale mancanza di reazioni da parte dello scienziato sdraiato a terra.

“Forse con lui hanno usato una maggiore dose di sonnifero rispetto a noi altri…” pensò Carla, nel cercare una risposta logica per quello strano fenomeno di estraniazione dal mondo esterno.

Alla fine qualcuno si decise ad intervenire: “Calmati Sara!” le ordinò Rosa mentre la portava via aiutata da Tommaso mentre Roberto, con le spalle ben coperte da Simone, rimuoveva fisicamente Andrea senza dire una parola.

“Che primitivi! Cosa ci vorrà mai a ridestare un povero cristiano!” affermò sicuro di sé il giovane Sciullo, mentre si avvicinava alla persona e cominciava a colpirgli il volto con leggeri schiaffi dicendo “Su, si svegli signore… signore mi sente… mi faccia questo favore… si è svegliato?”.

Vedendo che questo suo metodo non stava dando i frutti sperati, inconsciamente i suoi schiaffi stavano diventando sempre più veloci e violenti.

“Penso che così possa bastare…” gli disse Carla, mentre con la mano sinistra fermava la sua dall’infierire ulteriori colpi.

“Oh… sì, certo!” concordò il giovane, una volta accortosi del suo incedere aggressivo.

Ad un tratto, un rumore di schiocco metallico venne udito in tutta l’enorme stanza.

“Cos’è stato?” domandò leggermente spaventato Testa.

“Sembrava un rumore metallico…” provò a rispondere Santucci.

“Ma davvero? Che scoperta…” ironizzò Lupo.

“Non sei nella posizione di fare commenti ironici Lupo!” gli ricordò freddamente Sarti.

“Non sarà mica un ingranaggio che si è attivato?” ipotizzò terribilmente preoccupata Silvestri.

“Ci mancherebbe solo questa…” commentò, mettendosi una mano sulla bocca, Rosa.

Mentre tutti si guardavano intorno, per notare anche solo il minimo cambiamento in quel freddo ambiente in cui si erano risvegliati, alle spalle della dottoressa Wilson qualcosa si muoveva…

“Mmmmmm…” fu lo strano verso che spaventò la giovane ragazza, che attirò subito i suoi nuovi compagni con un potente urlo.

“Aaaaaaahhhhhhhh!!!!!!!!!”.

In men che non si dica, la cosa che aveva emesso quello strano verso aveva puntato contro di sé ben tre armi da fuoco. Rispettivamente quelle di: Roberto Santucci, Alessandro Lupo e Simone Sarti.

Con un grande sospiro di sollievo, al posto di chi sa quale strano essere mai visto sulla faccia della terra, i ragazzi si trovarono davanti lo scienziato che, poco prima, avevano malmenato in tutti i modi possibili.

Il tizio che si era appena risvegliato, forse proprio a causa del rumore metallico, si stava tranquillamente stiracchiando le membra.

L’uomo di scienza si presentò come Stefano Noro, inventore privato dalla brillante mente ma, allo stesso tempo, totalmente all’oscuro del curioso progetto in cui stavano rinchiusi dentro.

Inutile aggiungere che, dopo quest’ultima novità, il morale dei ragazzi era pesantemente a terra, portando il lunghissimo momento di silenzio che era calato su questa compagnia, composta da elementi di derivazioni differenti.

Ognuna delle menti dei personaggi era impegnata nel pensare agli appuntamenti a cui erano costretti, non per loro volontà, a rinunciare: Tommaso pensava ai vari allenamenti e partite a cui non poteva partecipare, Sara aveva un sacco di progetti che non le permettevano assolutamente di rimanere rinchiusa per ulteriore tempo lì dentro, Andrea pensava a come l’avrebbe presa la sua banda della sua fuga improvvisa, Roberto si preoccupava della sicurezza della propria città ora che lui era impegnato in questa assurda faccenda, Carla aveva sulla coscienza tutti i suoi fedeli pazienti che trovavano chiuso il suo studio, Simone era più che altro rammaricato di non riuscire ad evadere da quella immensa trappola dopo tutti gli esercizi fatti sul campo, Stefano aveva lasciato il suo laboratorio totalmente alla portata della sua nipotina, Rosa poteva apprezzare quel posto solamente se si fosse trattato di un vero set cinematografico, Marco aveva la sua famiglia che non gli permetteva di essere mai stato in difficoltà come questa ed infine Oscar, il più anziano, era rammaricato per i suoi colleghi politici che venivano regolarmente a chiedergli consiglio per le scelte da prendere.

“Forza ragazzi non possiamo abbatterci così!”.

Tutti si voltarono verso quel folle che voleva, in tutti i modi, risollevare il loro morale: Orsi.

“Sì, è vero, la situazione è delle più assurde ma una via d’uscita ci deve essere per forza…” e, detto questo, li guardò uno ad uno per verificare una loro eventuale reazione.

Dopo aver riflettuto su quelle parole, Sara si alzò di scatto “Ma sì, hai ragione! Io non posso più permettermi di restare qui a girarmi i pollici!”.

“In fondo, è che come se fosse un film” esclamò in maniera rassicurata Rosa, mentre si alzava anch’essa.

“Un’uscita ci deve essere sicuramente!” disse sicuro di sé Simone, con la speranza che tornava ad ardere in lui.

“Non c’è riuscita Alcatraz a fermarmi, figurati questa sciocchezza…” informò gli altri Andrea, con un ghigno beffardo sul volto.

Mentre anche il resto del gruppo si decise a rialzarsi, Oscar era così felice di vedere dei giovani con grandi aspettative.

Stefano richiamò l’attenzione di tutti su un particolare “Ma quella non è una porta?” indicando una parte della parete metallica che aveva, in effetti, tutte le sembianze di una via di collegamento con un ipotetico altro scompartimento.

“Sembrerebbe di sì…” aggiunse Carla.

“Cerchiamo di aprirla, forza ragazzi!” esortò tutti quanti Roberto.

Dopo quelle parole tutti e dieci i personaggi si avventarono contro la probabile uscita cercando, nei modi più svariati possibili, di sfondarla.

Il primo tentativo fu quello, piuttosto avventato, di Lupo che cominciò a sparargli contro, cercando di danneggiare la serratura e, allo stesso tempo, non curante dei proiettili che ci rimbalzavano sopra, per poi tornare pericolosamente indietro.

“Ma sei pazzo! Vuoi ammazzarci tutti?” riuscì a fermarlo Santucci.

Il maestro dei ladri non riuscì neanche ad aprire la bocca per controbattere, che già altri stavano mettendo in atto il loro stratagemma.

“Ferme ragazze! Il vostro tentativo è del tutto inutile!” tentò di persuadere le due giovani donne a desistere Sarti.

Dopo altri due o tre dei loro personali tentativi, consistenti in dei semplici ma pur violenti calci, Silvestri e la Simone si placarono insoddisfatte.

“Lasciate fare a me!”.

Tutti si voltarono verso Tommaso pronto alla rincorsa, praticamente come se dovesse battere un calcio di rigore, e scagliò il suo potentissimo destro contro la porta.

L’unico risultato fu, ovviamente, che il calciatore si dovette far medicare dalla paziente dottoressa.

Mentre ciò avveniva, tutti si fermarono ad osservare un altro di loro. Infatti, era già un po’ di tempo che Noro osservava meticolosamente la porta e la parete su cui era posta sperando, come tutti, di trovare l’interruttore di apertura di quell’ostacolo.

Alla fine di questa operazione, l’uomo di scienza si girò verso i compagni e concluse “Mi dispiace ma non ci capisco niente…”.

“Oddio! Rimarremo qui per sempre!” esclamò quasi in preda alle lacrime Sciullo.

Il pensiero di tutti era esattamente lo stesso e la rassegnazione era di nuovo comparsa in tutta la truppa.

“Eppure la cosa è strana…”cominciò uno dei suoi ragionamenti ad alta voce Testa, mentre gli altri si girarono verso di lui “anche se accettiamo il caso di essere stati rapiti, qualcuno si dovrebbe comunque presentare per metterci a corrente di tutto quello che è successo… anche solo per dirci che si sono impegnati nell’informare le nostre famiglie!”

“Oh sì, la famiglia…” disse contrariata Sara.

“Per chi ce l’ha una famiglia…” affermò tristemente e sottovoce Simone.

“E magari avvisare anche il mio agente…” suggerì seccata Rosa.

“O il mister…” si aggiunse Tommaso.

“Per il riscatto non ci sarebbero problemi, visto che pagherebbero tutto quanto i miei!” si vantò inutilmente Marco.

“Anche i miei pazienti che troveranno chiuso il mio ambulatorio” non riuscì a trattenere le lacrime la giovane Carla.

“Ora basta!” e tutti si voltarono verso l’urlatore “È mai possibile che non ci sia nessuno che ci stia osservando in questo momento!” urlò ancora Andrea.

“Ora calmati Lupo…” lo invitò al silenzio, con ben poca convinzione, Roberto.

Nonostante quest’ultima sfuriata, gli orecchi di tutti erano tesi nel captare il minimo segno di risposta da parte di qualcuno.

Silenzio.

“È inutile, sembra proprio che non ci sia…”

non fece in tempo a finire la frase Stefano che, all’improvviso, una voce tuonò da degli altoparlanti invisibili alla vista dei ragazzi: “SCUSATE PER L’ATTESA SIGNORI, ORA POTETE ENTRARE…”

“Cos’era?” chiese, con poca fiducia verso la risposta degli altri, Sara.

“Chi ha parlato?” domandò Tommaso.

“Dal tono sembra che ci siano degli altoparlanti nascosti in questa stanza…” osservò in maniera molto spicciola Noro.

“Questo vuol dire che i nostri sequestratori sono ottimamente organizzati!” concluse Sarti.

“Benissimo, mi ci mancava anche questa!” protestò in maniera piuttosto plateale la giovane Rosa.

Con un forte rumore la porta si aprì in un battito di ciglia, lasciando stupefatti i presenti, memori di tutte le loro precedenti iniziative di scasso.

“VI PREGHIAMO DI PROSEGUIRE, GRAZIE” la misteriosa e tecnologica voce si era di nuovo fatta sentire.

“Io invece non mi muovo di qui!” ribatté a muso duro la Simone.

“Giusto! Perché dovremmo sottostare agli ordini di una voce metallica?” si appoggiò alla protesta Lupo.

“Forse perché è l’unica cosa da fare…” ipotizzò Sciullo.

“Io proporrei di seguire le indicazioni della voce” suggerì timidamente Wilson.

“Certo, ci sono alte possibilità che si tratti di una trappola…” espose il problema Sarti.

“Ma finché rimaniamo qui non lo sapremo mai!” concluse Santucci.

“Una decisione va comunque presa… due sono le ipotesi: 1) rimaniamo qui e controlliamo di cima a fondo se, in questa prigione, c’è una via di fuga oppure 2) prendiamo quella che c’è stata indicata da una voce contraffatta… a voi le conclusioni, signori” l’esposizione di Testa mise a tacere qualsiasi ulteriore protesta sulla piega che aveva preso la situazione.

Dopo un attimo di pausa, qualcuno si decise a muovere i primi passi.

“Io vado!” informò la comitiva Silvestri.

Fatti appena due passi, la bionda venne fermata e afferrata per un polso.

“Aspetta un secondo! Se dobbiamo prendere una decisione, la prenderemo tutti insieme!” tentò di dissuaderla Orsi.

Durante tutto questo scambio di opinioni, Noro si era disinteressato totalmente dei vari discorsi per concentrarsi unicamente sull’apertura che si era venuta a creare.

Alla fine, anche gli altri se ne accorsero ed aspettarono, fiduciosi, un suo intervento.

“Esaminandola rapidamente, non mi sembra ci sia un alto grado di pericolosità…” tentò di rilassare gli animi lo scienziato.

Tra le dieci persone, sette uomini e tre donne, a prendere la decisione finale fu un undicesimo soggetto: il loro carceriere.

Da dei buchi minuscoli, ma quantitativamente elevati, cominciò a fuoriuscire un minaccioso gas di colore verdognolo e, accortisi in tempo del pericolo che comportava rimanere lì dentro, gli occupanti evacuarono velocemente verso la porta.

La loro avventura era appena iniziata!

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Capitolo 3
*** Non cadere giù ***


CAPITOLO 3

“Non cadere giù”

 

 

 

La porta si richiuse appena tutti e dieci i personaggi la oltrepassarono, facendo entrare nella nuova stanza anche qualche lieve quantità, quindi innocua, di quel gas non meglio identificato.

“Anf… Per fortuna si è anche richiusa… anf…” constatò tra gli affanni Stefano, che era stato l’ultimo ad essere entrato ed ora stava riprendendo fiato buttato contro una parete.

“State tutti bene?” la voce di Simone uscì leggermente camuffata, visto che indossava una maschera anti-gas presente nel suo equipaggiamento.

“Ehi tu! Cosa aspettavi a dirci che avevi quelle cose con te?” si rigirò Andrea, avvicinandosi minacciosamente al militare.

“Mi dispiace ma questa tuta è equipaggiata solamente per una persona” rispose in maniera tempestiva l’altro.

“Il giovane dice il vero. E poi non penso che, anche se fosse stato equipaggiato per più persone, sarebbero bastate per tutti noi!” difese il ragazzo il più anziano Oscar.

“Tutto apposto?” si sincerò della salute degli altri Carla, una sua deformazione professionale.

“Sì, tutto ok!” rispose alle attenzioni della donna Tommaso che, con il busto piegato in avanti, riprendeva il controllo di sé, nonostante avesse fatto solo pochi metri di corsa, cosa che in partita non erano nulla ma lì, in quella situazione…

La più seccata rimaneva comunque Rosa “Guarda in che situazione mi dovevo ritrovare! Proprio ora che le cose cominciavano a girare per il verso giusto…”.

A fare da spettatrice a questo personale spettacolo vi era Sara che, in silenzio, ammirava le indiscusse doti naturali recitative che dimostrava la giovane.

Poi però non la vide più…

Pensando di essere ancora sotto shock per la situazione assurda in cui si trovava, la bionda rimase un attimo allibita, per poi essere risvegliata da l’urlo di uno dei suoi nuovi compagni.

“Oh mio dio! Rosa è caduta giù!”

Ad esclamare quell’avvertimento infantile, ma quanto mai appropriato, era stato Marco, secondo spettatore della pantomima messa in atto dall’attrice emergente.

Un po’ tutte le figure presenti in quella stanza si mossero verso il luogo dell’accaduto. Fu la più robusta di tutte e, nonostante questo, la più veloce, ad affacciarsi nel vuoto per trovare tracce, anche minime, della compagna dispersa.

“ROSA!!!!!!!!!!” urlò Roberto, non appena tuffatosi sull’orlo del precipizio.

Con gradita sorpresa del poliziotto la trovò attaccata, anche se solo con la mano sinistra, al bordo del pavimento metallico che terminava improvvisamente.

“Aiutami Roberto!” lo supplicò la ragazza.

“Ok, però te non cadere giù….” ironizzò tranquillamente l’uomo mentre tirava su, senza particolare sforzo, il corpo esile e sensuale dell’artista.

“Io… ti ringrazio…” disse quasi con un filo di voce la giovane artista.

“Tranquilla, è il mio lavoro!” la informò Roberto ed intanto pensò “E poi ne ho approfittato per palparla un pochino…”

“Tutto a posto Rosa? Senti male da qualche parte?” le chiedeva premurosa Carla.

“No, sto bene, davvero!” tranquillizzò tutti l’interessata.

“Comunque il problema persiste… come faremo ad attraversare questa stanza?” tornò sull’argomento Testa.

“C’è solo un modo…” si fece avanti Sarti, con una strana attrezzatura militare tra le mani.

Questo congegno, che ricordava molto un piccolo bazooka, sparò ben due colpi, uno rivolto all’indietro e uno in davanti. Due piccoli ma potenti cunei d’acciaio legati ad una robusta corda si andarono a conficcare nei due muri uno di fronte all’altro.

Successivamente il giovane soldato si lasciò andare nel vuoto, aggrappato sempre alla sua arma e, in brevissimo tempo, raggiunse l’altro lato della stanza, con l’apparecchiatura che resse tranquillamente il peso del ragazzo.

“Chi è il prossimo?” urlò per farsi meglio sentire dagli altri, mentre rimandava indietro l’attrezzo grazie ad una specie di funzione di scivolamento al contrario, con la corda che rimaneva comunque tesa e pronta per un’altra persona.

“Oh… beh, io passo, andate pure prima voi” si tolse subito dalla lista dei prossimi temerari Stefano.

“Ma come può pretendere che ci riusciamo tutti?” polemizzò Marco.

Mentre la discussione si stava animando nel gruppo, dei nove rimasti nel lato d’entrata della stanza, una delle donne si era allontanata tempo prima e ora stava ritornando con buone nuove.

“Non importa stare a fare i marine, il pavimento continua per tutto quel lato fino alla parte opposta” disse Sara, indicando il lato che si trovava alla loro sinistra.

“Cosa?!” fu più o meno l’esclamazione dei rimanenti membri della compagnia, i quali subito andarono a constatare personalmente l’informazione di Sara.

“Benissimo! Ci si vede babbei!” salutò tutti Lupo che, in pochissimo tempo, fu dall’altra parte della stanza.

“Beh…” rivolta agli altri con sguardo furbo Silvestri esclamò “chi arriva per ultimo paga da bere!” e anche lei percorse tutto il tragitto velocemente, prendendolo come un semplice gioco infantile.

“In fondo è come fare un allenamento…” disse, più agli altri che a sé stesso, Orsi che si incammino verso la meta con un incedere più tranquillo dei precedenti, ma anche con uno stile di corsa perfetto.

A questo punto erano rimasti solo in cinque dall’altra parte mentre, in quella opposta, Sarti disattivava il suo dispositivo commentando a bassa voce “Fate un po’ come vi pare…”.

Quindi, a prendere in mano le redini della situazione, ci pensò il tutore della legge “Bene! Ora tocca a noi attraversare la stanza dunque state tutti dietro a me e proseguite con calma, ci siamo intesi?”.

Il resto del gruppo rispose affermativamente e, infine, incominciarono la processione quando, lo stesso Santucci, li interrupe subito “Scusatemi! Rosa, tu è meglio che mi stai davanti…” propose rivolto alla giovane donna.

“Senti ti ho già ringraziato ampliamente per prima, ora non esagerare!” gli rispose seccata lei.

“Dai avanti, non fare la bambina…” insistette lui.

Prima che la discussione degenerasse Oscar si avvicinò alla Simone e le disse “So come si sente attualmente signorina ma, per favore, faccia come dice. In questo momento ci servono uomini come lui se vogliamo uscire vivi da questo inferno…”.

Rosa rifletté molto prima di dare la sua risposta “E va bene, andiamo…”.

Risolti questi ultimi inconvenienti, la truppa comincio la sua traversata della stanza.

Tutto finalmente sembrava andare per il verso giusto fino a che, quasi a metà del percorso, si verificò il primo scivolone, fortunatamente senza tragiche conseguenze, da parte del giovane calciatore Tommaso Orsi.

“Merda!” esclamò durante l’azione.

Il cuore di tutti sobbalzò.

“Cavolo! Non capisco cosa c’è che non va…” s’interrogò ad alta voce Tommaso.

“Come non lo capisci?” esclamò Stefano, sorpreso dell’ignoranza dello sportivo “Guardati le scarpe, giovane!”.

Il ragazzo seguì il consiglio e vide che aveva ai piedi le sue classiche calzature da gioco compresi, ovviamente, i tacchetti che gli procuravano tale difficoltà nel tenere l’equilibrio.

Poi diede un’occhiata a tutto il suo vestiario e riconobbe subito il completo da partita della sua squadra , il Team 2000.

“Tutto a posto Tommy?” gli domandò Carla.

“Sì, tutto ok Carla!” fu la risposta.

“Tutto questo è molto strano… ” cominciò una nuova osservazione Oscar “ora che me lo fate notare, siamo tutti vestiti con i nostri abiti professionali, nonostante alcuni siano alquanto indecenti…” concluse il politico, con un chiaro riferimento ai jeans a vita bassa indossati da Sara.

“Se ti fanno tanto schifo, perché continui a guardarli allora?!” gli inveì contro la biondina.

“Forza gente che siete quasi arrivati!” li riportò all’ordine Simone, che stava cominciando a spazientirsi per il troppo tempo che impiegavano nell’impresa.

Quando ormai erano arrivati a tre quarti del percorso, l’umore di tutti si stava via via rialzando e ciò permise a Roberto un’ironica osservazione “Però Andrea… te la cavi bene in questo esercizio fisico…”.

L’altro rispose “Credi che un professionista del furto come me non abbia mai affrontato una “serena passeggiata” sul cornicione del suo “benefattore”…”.

“In effetti il ragionamento torna” pensò il tutore della legge e poi, sempre più in vena di scherzi, chiese “Tutto bene lì davanti, Rosa?”.

“Oddio! Ma cosa ho fatto per meritarmi tutto questo…” imprecò a bassa voce la giovane attrice.

Nello stesso tempo, c’era invece chi pregava il suo dio affinché lo facesse uscire totalmente incolume da quest’impresa: si trattava del giovane rampollo Marco Sciullo.

Finalmente la comitiva iniziava a giungere al termine del complicato percorso. Il primo ad arrivare fu Andrea Lupo che aggiunse, beandosi quasi con Sarti, “Tutto troppo facile!”.

Poi, nell’ordine: Rosa Simone, Roberto Santucci, Sara Silvestri, Oscar Testa, Stefano Noro, Tommaso Orsi, Carla Wilson ed infine Marco Sciullo.

Quest’ultimo stava proseguendo a brevi ma rapidi passi laterali, tenendo gli occhi saldamente chiusi e continuando a borbottare, con la sua erre moscia particolarmente accentuata, frasi composte da preghiere sincere, maledizioni solenni e ricordi della sua infanzia. Tale era l’impegno del ragazzo che non si accorse di aver ormai superato il tratto pericoloso del percorso ma, nonostante ciò, proseguiva insicuro e costante nella sua camminata, finché non fu riportato alla dura realtà dalla voce e le mani sulle sue spalle di Carla. Ovviamente arrivò anche il più classico e violento degli scossoni da parte dell’affarista che, per una frazione di secondo, si domandò come potesse la dottoressa del gruppo stargli dietro la schiena, noncurante degli spuntoni d’acciaio disseminati in quasi tutto il pavimento sottostante.

Dunque tutto il gruppo al completo, sano e salvo, era ora nell’altro versante dell’enorme stanza metallica, con davanti a loro una nuova porta grigia, che avevano subito imparato a considerare come unica via per andare avanti e sperare.

“Ok, possiamo proseguire!” esclamò Andrea, dopo una rapida ma attenta perlustrazione visiva di tutte le superfici presenti.

“Ehi! Aspetta un attimo!” lo richiamò Roberto afferrandolo per quel polso che poche manette erano riuscite a bloccare.

“Cosa vuoi fare sbirro?” più che una domanda era un avvertimento da parte del novello ladro gentiluomo.

Ma prima che il tutore dell’ordine potesse rispondere, lo anticipò Rosa “Dove pensi di andare, Lupo?”.

“Verso la libertà” rispose ironicamente lui, mentre si accendeva una nuova sigaretta.

“Ma perché? Voi volete ancora proseguire?” chiese sull’orlo del panico Stefano.

“Perché te intendi rimanere qui a vita?!” proruppe il ladro.

“Ovviamene no, ma…” tentò di scusarsi l’esperto di scienza.

“Calma ragazzi! Se cominciamo a litigare tra noi non facciamo di certo il bene della squadra…” tentò di ripristinare la quiete Tommaso.

“Ma perché invece non ti fai venire in mente qualche bella trovata per farci uscire di qui, tiracalci!” sbraitò ancora più violentemente Sara verso il giovane.

“Ehi biondina, cercavo solo di mantenere la calma!” fu la secca risposta del ragazzo.

La situazione si fece immediatamente pericolosa, con tanti piccoli falò tra il gruppo pronto ad eruttare come il più potente dei vulcani. Con la sola Carla intenta a placare gli animi girando tra le varie persone, come la pallina di un flipper che sta raccattando un sacco di punti.

Chi, in mezzo a questo marasma totale, sembrava, incredibilmente, in uno stato praticamente catatonico si alzò da terra e diede sfogo ai suoi pensieri, che in quel momento rasentavano la malattia mentale “Follia! Tutto questo è solo follia! Io sono l’ultimo erede della famiglia Sciullo! Una delle famiglie più influenti d’Italia! Ed ora mi trovo in questo schifo di labirinto insieme a semplici plebei, che non trovano di meglio da fare che abbaiare uno contro l’altro!”.

Il caos stava per prendere definitivamente possesso del gruppo quando, il componente più anziano, dimostrò la propria saggezza.

“Signori, vi prego! Signori, vi prego! Non degeneriamo più del dovuto la nostra convivenza! Ebbene il caso, o qualcos’altro, ha riservato per noi oggi questa difficile prova. Ma se ci arrendiamo adesso la daremo solo vinta ai nostri carcerieri. Io propongo di proseguire, visto che, restando qui, ci sono alte probabilità che anche questa stanza venga riempita di gas come la precedente”.

“Confermo la presenza di fessure sulle pareti identiche a quelle della prima stanza!” sentenziò tempestivamente Simone, facendosi scappare addirittura un saluto militare.

Detto questo, tutti girarono le proprie teste per accertarsi della veridicità dell’ultima dichiarazione del giovane militare.

“Mmm, è proprio vero…” sogghignò Santucci.

“Cosa?” chiese, digrignando i denti, Rosa.

“Ha ragione la mia amica Maria che dice sempre: Mai perdersi nel ritmo del caos!”.

“Immagino che questa Maria sia la più sexy delle tue colleghe…” lanciò una frecciatina ironica sempre Rosa.

“A dir la verità no, Maria è un travestito di colore che lavora in un night club” rispose nella maniera più seria lo sbirro.

La giovane attrice, per un attimo, emise una risata ironica, per poi interromperla al persistere della faccia seria di Roberto.

Ora tutte le teste presenti erano rivolte verso il tutore dell’ordine, con delle espressioni in volto ancora più sorprese delle precedenti.

Dopo attimi di silenzio, Oscar riprese “Beh… tornando alla questione precedente, io suggerisco caldamente di lasciare anche questa stanza e proseguire il nostro cammino: Chi è della mia stessa opinione?” chiese infine mentre squadrava con lo sguardo tutti i soggetti davanti a lui.

“Proseguiamo, è la cosa migliore!” appoggiò l’idea Tommaso.

“Sì, vi prego, voglio tornare a casa!” implorò Marco.

“Sono con voi, ragazzi” provò un timido sorriso Carla.

“Beh, se tanto anche questa stanza verrà riempita di gas…” si unì Stefano.

“Sono pienamente d’accordo con lei, signore!” rispose Simone.

“Ok” tagliò corto Sara.

“Andiamo allora?” chiese impaziente Rosa.

“Certo!” le rispose Roberto.

“Forza! Non perdiamo tempo in altri preamboli!” scosse infine tutti Andrea.

Il gruppo stava ormai incamminandosi verso l’uscita dalla stanza quando si udì una voce.

“EBBENE VIAGGIATORI SIETE ORDUNQUE ARRIVATI ALLA VOSTRA DECISIONE FINALE?”.

“Ancora quella voce…” osservò esasperato Noro.

“Senti amore, ne abbiamo piene le scatole di questo tuo gioco idiota e vogliamo tutti uscire di qui per tornare a casa!” spiegò la situazione psicologica del gruppo, in maniera alquanto rude, Silvestri.

“Già!” confermò Rosa Simone.

“Sì!” disse con, ancora visibili, tracce di lacrime recenti che gli solcavano le guance, Sciullo.

“Ma si può sapere da dove viene questa voce?” chiese Orsi.

“Non vi è traccia di altoparlanti né sulle pareti né sul soffitto” concluse dopo ricerca visiva Sarti.

“Lasciate perdere questa voce e proseguiamo!” spronò tutti Santucci che oltrepassò per primo la porta per la terza stanza, seguito in breve tempo da tutto il resto della combriccola.

 

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Capitolo 4
*** Una specie di fotocopia ***


CAPITOLO 4

“Una specie di fotocopia”

 

 

 

Come nella stanza precedente, anche in questa la porta si chiuse ermeticamente appena i dieci personaggi furono fisicamente presenti in essa. E subito fu grande la sorpresa nei presenti nel constatare l’enorme somiglianza tra le due stanze.

“Accidenti…” iniziò Noro.

“Avverto una classica sensazione di deja-vù” osservò in maniera signorile, un po’ rovinata dalla sua erre moscia, Sciullo, momentaneamente ripresosi dallo shock conseguente l’inizio di questa assurda avventura.

“Sarà come dici te, Marco, ma a me sembra proprio una specie di fotocopia della stanza di prima!” tagliò corto Silvestri, che mal sopportava i modi signorili in generale.

In effetti anch’essa presentava spuntoni di puro acciaio disseminati per quasi tutta la pavimentazione della stanza. Dall’altro lato della stanza vi era una lunga pedana sospesa ed attaccata al muro, identica a quella su cui si posavano i venti piedi. Ciò che preoccupava di più erano le differenze: La totale assenza di un margine laterale, che in precedenza aveva permesso loro di proseguire più o meno tranquillamente fino all’attuale stanza, la differenza di altezza delle due pedane parallele, con quella da raggiungere di 4 o 5 metri inferiori a quella attualmente occupata, ma, soprattutto, la presenza di una larga sbarra d’acciaio che, correndo parallela alle due pedane, andava a delineare la metà quasi esatta della stanza, se fosse stata vista dall’alto paragonandola alla figura geometrica del quadrato.

Altra differenza che saltava subito all’occhio, proseguendo nel paragone tra i due ambienti, era l’ampiezza alquanto ridotta del luogo dove ora si stava svolgendo l’azione. Con un buon salto, preceduto da una soddisfacente rincorsa, si poteva essere sufficientemente sicuri di impattare nel freddo acciaio della pedana di fronte, e proseguire così il cammino.

Però c’era la sbarra…

“Figliolo, credo che in questa situazione ci tornerà utile l’attrezzatura che hai precedentemente mostrato a noi” espose il suo piano sul da farsi Testa, mettendo una mano sulla spalla destra di Sarti.

“Vuol dire il doppio rampino riavvolgibile, signore?” chiese con il solito tono militare il ragazzo.

“Immagino proprio di sì” gli rispose Oscar, dondolando la testa e sorridendogli garbatamente.

“Al diavolo! Basta un buon salto e possiamo tranquillamente passare oltre!” sbottò Lupo, apprestandosi ad eseguire l’azione atletica da lui appena descritta.

“Ma prego, accomodati” disse Santucci, invitandolo ironicamente a proseguire.

“No, per favore ragazzi!” li supplicò a desistere nei loro intenti Wilson “Come medico e come vostra compagna in questa odissea, vi proibisco assolutamente di effettuare tali gesti, che vi potrebbero portare anche alla morte!” con gli occhi visibilmente lucidi dopo quest’ultima affermazione.

Anche lo stesso Andrea fu toccato nel suo intimo da questa parole. Per un attimo rimase immobile con lo sguardo rivolto a Carla. Poi, un’occhiata veloce al suo rivale Roberto e, infine, nuovamente verso Carla. Ma nella sua natura c’era grande allergia nei confronti delle regole e degli ordini, anche se si trattavano di consigli sinceri da parte di una giovane donna medico.

Si voltò rapidamente, tre rapide falcate ed era nel vuoto. Tutto attorno a lui era avvolto dal rallentato “No!” urlato da uno o più membri del gruppo che si era lasciato alle spalle. la gamba sinistra ben distesa in avanti mentre la destra all’indietro. La barra non fu neanche sfiorata.

Dopo un rapido capitombolo, il ladro si ritrovò semi inginocchiato dall’altra parte della stanza.

Rosa si tolse le dita affusolate dagli occhi ed esclamò felice “Oh mio dio! Ce l’ha fatta!”.

Mentre poco alla volta tutto il resto della comitiva si riprendeva dal rischio appena occorso al loro compagno, quest’ultimo, rimessosi in posizione eretta, urlò agli altri “Visto? Che vi dicevo! È un gioco da ragazzi!” con uno smagliante sorriso e un leggero tremolio alle gambe.

“Quel tipo non è apposto!” osservò verbalmente Noro, riprendendo a sua insaputa il medesimo pensiero dei suoi compagni presenti lì con lui.

“Questa volta è troppo!”

I nostri eroi stavano ancora osservando Lupo, che continuava a vantarsi della sua impresa dall’altra lato della sala, non prestando la giusta attenzione a quest’ultima affermazione. Si girarono quando ormai Santucci aveva già preso la giusta rincorsa e stava scattando verso il margine.

“No ferm…” tentò di urlare qualcuno dei rimanenti otto ma il poliziotto era ormai andato.

Il salto fu di certo meno spettacolare del precedente, visto la maggiore massa muscolare presente nel corpo di Roberto rispetto a quello di Andrea, l’asta fu leggermente sfiorata e l’uomo ricadde nello stesso piano dell’altro quasi a piedi uniti. Neanche il tempo di far riprendere dall’incredulità il criminale che Roberto gli era subito addosso, afferrandolo per il bavero della giacca verde “Ti avverto Lupo! La prossima volta che tenti anche solo un’altra bravata come questa, sarò io stesso a buttarti di sotto!”.

Dall’altra parte della stanza l’atmosfera era di certo meno furiosa.

“Bene figliolo, prepara la tua attrezzatura…” consigliò Testa al giovane Sarti, che stava già iniziando la procedura di accensione del doppio rampino riavvolgibile.

Mentre gli altri pensavo già al proprio turno di utilizzo del macchinario, uno di loro era rimasto immobile nel contemplare l’asta. Qualcosa nella sua testa lo stava convincendo a dimostrare di non essere affatto inferiore, atleticamente parlando, ai suoi due compagni che stavano risolvendo le divergenze tra di loro sull’altro margine della stanza.

“Bene signori, ascoltate bene quello che ho da dirvi: Questo congegno, datomi in dotazione dall’esercito italiano, può sostenere tranquillamente il peso standard relativo a due persone. Quindi sarò io stesso a scortarvi da questo all’altro lato della stanza. Voi non dovete fare altro che affidarvi completamente a me, sono stato chiaro?” spiegò Simone alle persone attorno a lui. Tutte tranne una.

Orsi infatti si stava dirigendo verso la porta da cui avevano lasciato la precedente stanza, accompagnando ogni suo passo dal ticchettio che facevano i tacchetti da gioco sul pavimento metallico della struttura. Sara fu la prima ad accorgersene e, con lo sguardo, catturò subito il numero dieci sulle spalle del ragazzo che si stava allontanando dal gruppo di persone. Poi il ragazzo si girò.

La rincorsa fu nettamente più lunga rispetto alle due precedenti, ma lo stile del salto fu davvero impeccabile. Simile a quello di Lupo ma con uno stacco aereo nettamente superiore. La giovane Silvestri rimase letteralmente rapita dallo splendido gesto atletico. Addirittura le era sembrato quasi che, mentre Tommaso era in volo, sulla sua larga schiena fossero spuntate le ali bianche e candide di un angelo. L’atterraggio fu nettamente peggio dei precedenti.

Il giovane inizialmente ricadde a piedi uniti sull’acciaio, simile a come appena svolto da Roberto, però gli stessi tacchetti furono beffardi, facendo cadere all’indietro il trequartista che si ritrovò, dopo un urlo di terrore collettivo emanato dalla parte di stanza che aveva appena lasciato, completamente disteso sul pavimento freddo della seconda piattaforma, con solo la testa lasciata penzoloni nel vuoto.

“Ma cosa volevi dimostrare, scemo?” si chiese mentalmente Sara, mentre osservava Santucci e Lupo che aiutavano Orsi a rialzarsi.

“Bene!” riprese la parola seccato Simone “Se ora nessun’altro vuole fare lo scavezzacollo, vorrei sapere chi è il primo di voi che devo portare dall’altra parte?” intanto, stava puntando l’arma verso un punto sicuro in cui far conficcare il rampino portante. Ma proprio mentre stava per esercitare pressione del proprio indice sul grilletto, s’interruppe bruscamente dall’allarmante urlò di Sciullo “Oh mio dio! Ne è partito un altro!” e tutti si rivoltarono verso il margine proprio mentre Sara saltava nel vuoto.

Questa volta però il salto era davvero pessimo. La giovane bionda stava cadendo quasi completamente sotto l’asta metallica. In molti temettero di perdere la prima persona del loro gruppo, ma poi videro le mani della ragazza afferrare saldamente l’asta.

La giovane stava dando a tutti presenti un saggio esemplare di ginnastica artistica, in particolare stava eseguendo la specialità della sbarra che, in ambito olimpico, è una specialità esclusivamente maschile.

Uno, due, tre volteggi e poi Silvestri si lanciò versò i tre maschi che fecero appena in tempo a scostarsi per permettere il completo atterraggio della ragazza.

Anche lei ce l’aveva fatta.

“Beh, chi altro vuole provare?!” chiese più che mai seccato Sarti, guardando in cagnesco le persone rimaste vicino a lui.

“Direi che ora può bastare…” azzardò una risposta Stefano.

“Bene, tanto meglio!” si tranquillizzò un attimo Simone, mentre prendeva nuovamente la mira con il suo equipaggiamento e, questo volta, il colpo partì. I due rampini si conficcarono perfettamente nell’acciaio delle due pareti, constatato anche dai quattro al di là della sbarra.

“Dunque… chi è il primo?” domandò il soldato.

“Comincio io!” rispose risoluta Carla, che si presentò con il viso di un rosso infernale, i grandi occhi lucidi sul limite del pianto a dirotto ed i lunghi capelli ricci e biondi sconvolti nella sua testa, a rispecchiare pienamente il suo attuale stato d’animo.

L’attraversata fu rapida e tranquilla, con i due ragazzi che sollevarono leggermente i piedi nel momento in cui passarono sopra all’asta metallica, con la Wilson che non emise neppure un urletto da quanto era concentrata sulle sue prossime mosse. Infatti, appena poggiati i piedi sul pavimento del secondo ripiano, si diresse rapidamente verso Sara, la quale rimase sorpresa da questa personale iniziativa da parte della donna medico, e la colpì con un violentissimo schiaffo.

Pure Sarti rimase lì per lì sorpreso dall’ultima azione di Carla, che però non terminò qui. Infatti ella proseguì verso Tommaso ed anche a lui fu riservato lo stesso trattamento. Poi toccò a Roberto ed un altro sonoro ceffone. Infine arrivò il turno di Andrea, che poteva tranquillamente evitarlo visto l’esperienza appena provata dagli altri tre, ma rimase letteralmente impietrito davanti alla tenacia della giovane donna. Ed anche a lui fu malmenata una guancia, facendo così cadere per terra la sigaretta che stava consumando.

“Non azzardatevi più a farmi provare queste paure!” ordinò glaciale Carla, guardando i quattro colpevoli con occhi da tigre e avvertendoli con un dito accusatore ad uno ad uno.

Loro non dissero una parola. Né una scusa e nemmeno qualcosa a loro discolpa. Sarti fece immediatamente ritorno nell’altra sponda, forse per evitare qualche terribile predica a lui rivolta.

Anche gli altri quattro membri erano muti davanti a ciò che era appena accaduto. Lo stesso Marco Sciullo, il secondo ad essere portato da Sarti da un’estremità all’altra, era sconvolto dal repentino cambiamento di carattere avvenuto in Carla, di certo dovuto a quella situazione di alta tensione emotiva.

Chi invece non riuscì a rimanere concentrato sul fatto appena avvenuto, per mantenere la calma e non pensare alla traversata che stava facendo sopra una fitta schiera di spuntoni d’acciaio, fu Stefano Noro. Il buon scienziato infatti, nel bel mezzo del suo cammino, lasciò involontariamente sfuggire un’emanazione rumorosa, ed alquanto maleodorante, dal suo largo fondoschiena.

“Oh diamine! Perdonami ragazzo…” provò a scusarsi con il soldato.

“Non si preoccupi signore!” stemperò l’imbarazzo l’altro che però, una volta lasciato Stefano con gli altri otto, per un breve tratto del percorso di ritorno, si avvalse dell’utilizzo della sua personale maschera antigas.

Il penultimo turno era riservato a Rosa Simone che, appena Sarti fu ritornato nella sua sponda, chiese, mentre utilizzava la mano destra a mo’ di pinzetta per tenere chiuso il naso e la mano sinistra come ventaglio per scacciare via l’odore “Puffff… ma che cos’è questa puzza?”.

“Sorvoliamo, signorina!” fu la rapida risposta del ragazzo visibilmente imbarazzato.

Anche in questo caso, la traversata fu rapida e tranquilla. Le gambe tenute leggermente arcuate per evitare di sbattere i piedi contro l’asta, ed anche la giovane e carina attrice era arrivata a destinazione.

Ormai gli otto aspettavano soltanto l’arrivo di Oscar, stemperando l’aria tesa che si era venuta a creare precedentemente parlottando tra di loro.

“Bene signore, lei è l’ultimo!” disse Simone, appena poggiati i piedi per l’ultima volta sul pavimento argentato della prima piattaforma.

“Andiamo figliolo!” lo invitò cordialmente Testa.

Il primo tratto era ormai alle spalle, anche questa volta l’asta fu facilmente superata. Poi qualcosa questa volta non andò per il verso giusto.

L’attrezzatura militare stava rispondendo positivamente, nonostante l’utilizzo continuo negli ultimi minuti con ben cinque traversate, le quali avevano fisionomie e pesi corporei differenti l’uno dall’altro, a parte la presenza costante di Simone Sarti. A destare preoccupazioni era il cavo metallico che serviva da percorso all’intero apparecchio, in particolare si trattava della porzione di cavo corrispondente ai metri tra l’asta e la seconda rampa. La situazione si aggravava sempre di più: il cavo si stava rapidamente sfilacciando.

L’unica speranza a questo punto era che il simil bazooka, che fungeva da appiglio per entrambi i corpi sospesi nel vuoto, facesse in tempo a superare il punto in cui di lì a poco la corda si sarebbe irrimediabilmente spezzata. In entrambi i casi la caduta delle due persone era praticamente certa, però un conto era cadere sul duro e freddo acciaio della rampa ed un altro sugli acuminati spuntoni metallici.

Per gli otto impotenti spettatori c’era solo la possibilità di pregare.

Erano rimasti solo due, forse tre, piccoli cavetti che prima formavano l’apparentemente robusto cavo di ferro, però l’arma proseguiva celermente e i due uomini attaccati sotto di essa sudavano freddo.

La fortuna aiutò ancora i nostri dieci eroi. Il punto di rottura fu passato e tutti per un attimo tirarono un sospiro di sollievo. Ma poi il cavo cedette. Gli otto sul ripiano urlarono di orrore e rabbia avvicinandosi ai loro due sfortunati compagni, arrivando quasi al limite del margine della pedana.

I due vennero lanciati violentemente come un yo-yo sulla dura parete metallica, per poi ricadere scompostamente sul pavimento sottostante.

La prima ad accorrere fu Rosa.

“Ragazzi state bene? Mi sentite?” provò a scuoterli la giovane.

“Ferma Rosa!” l’ammonì Stefano mentre accorreva con gli altri.

“Indietro, fatemi spazio!” ordinò repentina Wilson, che si mise a controlla i due corpi esanimi.

Poi Simone aprì gli occhi. “Affermativo signori! Sto bene…”

Carla fu la prima a sorridere a quella conferma ed abbracciò rapidamente il ragazzo, per poi concentrarsi sul brizzolato che stava sdraiato accanto a lui, anzi quasi sopra di lui.

Gli mise due dita sul collo. Il cuore batteva. Era vivo. Provò a chiamarlo “Oscar… Oscar… stai bene? Riesci a sentirmi?”.

Il più anziano del gruppo non dava ancora segni di ripresa. Tutti cominciarono a preoccuparsi: Tommaso Orsi, Sara Silvestri, Andrea Lupo, Roberto Santucci, la più preoccupata di tutti Carla Wilson, un ancora sdraiato Simone Sarti, Stefano Noro e Rosa Simone.

Alla fine, gli occhi del politico si decisero ad aprirsi.

Buttò uno sguardo a tutti quanti erano attorno a lui, piegati sulle ginocchia per stargli più vicino possibile, con uno sguardo quasi assonnato, come se fino ad allora avesse dormito per ore ed ore. Poi piegò la bocca in un dolce sorriso e parlò a voce bassa “È un piacere vedere che state tutti bene, ragazzi”.

“Bentornato fra noi” stemperò gli animi Andrea.

“Come sta, signor Testa?” chiese Marco.

“Faccia piano ora quando si rialza” gli suggerì Tommaso.

Mentre Rosa cercava di ricacciare le lacrime dagli angoli dei suoi occhi, Roberto aiutò Simone a rimettersi in posizione eretta

“Tutto ok soldato?” gli chiese ironico.

“Affermativo, signore!” Rispose l’altro, facendosi scappare per la prima volta un riso.

“Ehi Simone! Non andare via che, appena ho terminato le dovute cure su Oscar, voglio controllare anche te!” lo richiamo all’ordine Wilson, ironica anch’essa.

“Oh per Diana! Dove sono i miei occhiali?” chiese visibilmente preoccupato Testa.

“Sono qua Oscar. Aspetta che te li porto” gli rispose Noro, andando a raccogliere i robusti occhiali dell’esponente politico che, nella dinamica del brutto incidente appena capitato a lui e Sarti, erano volati qualche metro più in là del gruppetto di persone.

“Cavolo! Si sono rotti qui sull’angolo…” osservò tristemente Stefano, indicandogli l’angolo danneggiato della lente sinistra.

“Merda! E te sei triste per un paio di occhiali?” lo riprese decisa Silvestri.

“Non ti preoccupare Noro, anche questi occhiali avevano la loro età” lo rassicurò Oscar, mentre li riprendeva dallo scienziato ed osservava il danno che avevano subito.

Poi, dopo un cerotto sul gomito messogli da Carla, anche Oscar Testa poté, con l’aiuto di Marco e Tommaso, rialzarsi e tornare a camminare.

“Certo che questa gente non ha molta fantasia…” osservò la giovane Rosa, mentre contemplava il paesaggio con le braccia incrociate al seno.

“Fantasia o no, io ne ho abbastanza di questo posto!” disse con tono alquanto seccato Roberto, appena rialzatosi e spostatosi al fianco dell’attrice.

“Ehi professore… ma è possibile che non ci sia il modo di uscire da qui?!” aggredì verbalmente Noro, la bionda Sara.

“Beh… ecco… io…” provò ad articolare una risposta decente lo scienziato, mentre Marco si avvicinava a Lupo.

“Potrebbe anche tornaci utile la tua esperienza in queste situazioni…” tentò un dialogo il giovane miliardario.

“Certo, se avessi con me tutti i miei ferri del mestiere! Ma, purtroppo, mi è stato concesso solo il minimo indispensabile. Insomma gente, sei tratta comunque di acciaio pieno!” ricordò agli altri il delinquente, battendo con le nocche della mano sinistra contro il muro della stanza.

“È inutile che ricominciamo a litigare, possibile che ancora non l’avete capito?” cercò subito di quietare gli animi Carla.

“L’unica cosa che rimane da fare è…” venne bruscamente interrotto Orsi.

“SIETE PREGATI DI PROSEGUIRE NELLA SUCCESSIVA STANZA, GRAZIE!”

“Di nuovo quella voce…” osservò Oscar cercando la fonte di tale attività parlata.

“Ma così facciamo solo il loro gioco!” protestò Sara, mentre la porta si apriva silenziosamente.

“Al momento non ci resta altro da fare che proseguire, come vogliono loro” spiegò alla ragazza Simone.

“Può darsi che alla fine saremo liberi!” diede un po’ di speranza ai compagni Marco.

“Beh non ci rimane molto tempo…” disse Roberto mente, con lo sguardo, notava che il solito gas verde cominciava a fuoriuscire dai fori sulle pareti.

“Presto! Presto! Via di qui!” urlò frettolosamente Stefano, con la bocca coperta dalla suo camice bianco.

In breve tempo, tutti e dieci i componenti lasciarono la stanza. Dopo ciò, la porta si richiuse e le luci si spensero.

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Capitolo 5
*** La scelta di dividersi ***


CAPITOLO 5

“La scelta di dividersi”

 

 

 

Il deja-vù non si ripeté. La stanza era forse più ristretta rispetto alla precedente e di spuntoni nemmeno l’ombra. Anzi, a dirla tutta, questa nuova stanza non sembravano presentare particolari pericoli. Se non fosse per le cinque sfere.

Infatti, davanti alle dieci persone che abbiamo imparato a conoscere, vi erano 5 enormi sfere, completamente trasparenti e sistemate in apposite conche che ne evitavano il rotolamento.

“Dove siamo finiti ora? In un flipper?” chiese sarcastico Lupo.

Mentre anche gli altri si guardavano intorno, Silvestri rispose “No, non credo proprio. In un flipper ci dovrebbero essere solo 3 palle”.

Se non altro questo intervento comico riuscì a portare un po’ di ilarità nel gruppo, però il mistero rappresentato dalle cinque enormi sfere trasparenti rimaneva.

“Chissà cosa si sono inventati questa volta…” esclamò, ancora vittima dell’ilarità, Stefano.

“Se fossero più piccole le potrei usare per allenarmi un po’…” osservò Tommaso.

“Oddio ma quando finirà questa follia” ci fu un repentino cambiamento di umore in Sciullo, che ora si disperava con le mani sul volto.

“Se non altro pare che ho un po’ di tempo per controllare le pareti…” constatò quasi sottovoce Andrea, che si mise subito all’opera, mentre fumava la sua sigaretta di ordinanza.

“Devo riconoscere che si tratta di un ambiente ben congeniato!” disse Simone mentre continuava ad ispezionare con lo sguardo tutto l’ambiente circostante.

“Infatti! E sembrerebbe che si tratti di un nostro nemico in comune, anche se non riesco proprio a capire di chi si tratti…” continuò Roberto, scuotendo la testa mentre seguiva i suoi pensieri a braccia incrociate sul petto.

“Ah ma andiamo! Certo, sono la prima a riconoscere che nel mio mondo ci sia tanta gelosia, soprattutto fra noi attrici, ma arrivare a questo lo dubito molto!” respinse subito l’ipotesi del complotto comune Rosa.

“Rosa ha ragione, se per esempio fosse stato qualche presidente di una mia squadra avversaria, avrebbe sicuramente speso meno nell’acquistare il mio cartellino!” appoggiò il pensiero della Simone, Orsi.

“Io ho sempre cercato di fare del bene alla gente, perché ora qualcuno vorrebbe il mio male?” spiegò Wilson, visibilmente sconvolta dall’ipotesi balenata da Santucci.

“Io la penso come Carla. Pure io faccio un lavoro utile alla comunità e dubito che qualche collega, geloso del mio talento, posso arrivare a tanto” disse Stefano alzando le spalle.

“Personalmente di nemici ne ho tanti ma non credo che siano in grado di architettare tutta questa struttura…” rimase nel vago Sara.

Il vecchio Oscar Testa rimase colpito dal fatto di trovarsi nella medesima situazione della giovane donna bionda.

“Figuriamoci! La mia famiglia è rispettata e temuta da tutti! Non converrebbe a nessuno rapire l’ultimo erede della famiglia Sciullo!” tagliò corto Marco, sempre caratterizzato dalla sua erre moscia.

Nel contempo Roberto annuì a tutte le varie situazioni esposte poi, girandosi verso Andrea, lo richiamò “E tu Lupo? Hai qualche nemico?”.

“Sì, i tuoi colleghi!” rispose rapidamente l’uomo.

“Direi che l’ipotesi nemico comune è definitivamente da scartare, signore” fu la conclusione finale enunciata da Simone Sarti.

In silenzio, tutti e dieci confermarono la totale bocciatura dell’ipotesi formulata da Roberto Santucci.

“No, mi dispiace, ma non posso proprio accettare che esista una persona così malvagia da desideri la mia personale sofferenza…” cercava l’autoconvinzione a bassa voce Carla Wilson.

Gli altri furono attirati dal bisbiglio della dottoressa. Lei se ne accorse e, con un sorriso dolce degno di una principessa, continuò il suo ragionamento a voce nettamente più alta, rivolta a tutti “Sapete recentemente sono stata in missione in Ruanda, per la Croce Rossa chiaramente, e se c’è un sentimento di cui avevo perso memoria era l’odio.”

“Posso immaginare come sono fieri i tuoi familiari, sapendoti in giro per il mondo a fare del bene a gente che, dalla vita, ha ricevuto realmente poco” si complimentò con lei Oscar Testa, poggiandole una mano paterna sulla spalla.

“Beh… dovete sapere che sono orfana e non ho molto tempo da dedicare ai rapporti affettivi…” spiegò intimidita, un po’ dalla sua situazione familiare ed anche dal fatto di non aver potuto assaporare a pieno il complimento dell’onorevole.

“Oddio! Perdoni il mio errore, signorina” cercò di scusarsi Oscar.

Carla non voleva assolutamente demoralizzare ancora di più i suoi nuovi conoscenti e subito cercò di sviare il discorso “E voi che progetti avevate prima di finire qua dentro?” chiese accompagnando il tutto dal suo solito sorriso.

“Personalmente il mio unico progetto era continuare la mia vita da politico anziano, passando molta parte del mio tempo in parlamento, assordando le mie stanche orecchie con le urla dei miei colleghi, per poi la sera tornare a casa da mia moglie, speranzoso di aver fatto del bene per il mio paese” il primo a rispondere fu proprio Testa.

“Bene e voi altri?” continuò Carla, passando il suo sguardo sugli altri individui attorno a lei.

“Ah beh io ho appena terminato di interpretare un film horror, sapete una cosa di possessioni demoniache e simili. Riconosco che non è il massimo tra i generi cinematografici ma per me è comunque la prima parte da protagonista!” disse Rosa Simone, fiera di poter parlare del suo lavoro davanti alle telecamere.

“Mpf… film horror, per favore!” denigrò platealmente la risposta di Rosa, Marco Sciullo.

“Cosa?” chiese sorpresa della reazione la giovane attrice.

“È un genere di film che ho sempre considerato spazzatura. Per quanto mi riguarda ho appena terminati i lavori di restauro della mia piscina nella mia villa in campagna, ho recentemente acquistato una nuova Lamborghini per la mia collezione personale e le industrie della mia famiglia continuano la propria produzione in maniera eccellente. Ma tanto è inutile che scenda nei particolari con gente come voi…” concluse il ragazzo.

Il gruppo stava per scagliarsi verso il giovane yuppie ma il tenente maggiore Simone Sarti proseguì nel rapporto della vita prima del loro incontro “Io ho appena portato a termine una missione militare in Afghanistan, ripulendo una base operativa di una cellula terroristica islamica ed evitando vittime tra i civili innocenti del posto, signorina Wilson!” la dizione militare proprio non voleva abbandonare Simone nel suo modo di parlare.

“Beh, ognuno ha il suo modo di difendere la pace. E tu Stefano?” Carla s’interessò allo scienziato.

“Non avendo il fisico, e l’altezza, adatti per praticare degli sport, ho preferito dedicarmi allo studio scientifico. Impegnare le mie conoscenze su nuovi progetti da realizzare. E poi ho a mia disposizione una delle migliori equipe del mondo” rispose Stefano Noro.

“Io invece ho sempre amato il calcio, fin da piccolo, e attualmente con la mia squadra, il Team 2000, siamo ancora in corsa per il campionato, oltre che per la coppa nazionale. In più ho recentemente esordito in nazionale e non posso certo rinunciare ai miei sogni proprio ora!” intervenne Tommaso Orsi, che di certo era il primo della compagnia a non aver rinunciato nel credere in una loro fuga.

“Però! Complimenti!” gli sorrise Wilson che poi si girò verso l’altra bionda del gruppo “Sara?”.

“Oh andiamo Carla! Si può sapere a cosa ti serve sapere tutte queste cose?” protestò la giovane.

“Beh almeno può esserci utile per fidarci l’uno dell’altro” provò a spiegarle lei.

“Eh va bene! Diciamo che, per tutta una serie di avvenimenti che non starò qui a spiegare, ho deciso di cambiare decisamente la mia vita, girando il mondo alla ricerca sempre di qualche avventura. Inutile dire che la situazione in cui mi trovo ora mi sta appassionando sempre di più” concluse con un ghigno beffardo la ragazza.

“Ci fa piacere sapere questo, Sara, ma io preferirei di più cercare di uscire da questa gigantesca trappola” la richiamò Roberto.

“Bene, allora perché non ti dai da fare, Roberto, dimostra di essere il tutore dell’ordine!” cercò la polemica Sara.

In un attimo fu subito caos. Ognuno cominciò ad inveire contro l’altro, in particolare la rivalità tra Roberto e Sara. Fu la stessa Carla a cercare di placare gli animi.

“CALMI RAGAZZI CALMI!” quest’ultimo grido fu particolarmente elevato e riuscì ad attirare nuovamente l’attenzione dei presenti “Uff… te Andrea che ci racconti dei tuoi progetti?” chiese la giovane, mentre cercava di riprendere il tono naturale della sua voce.

Tutto il gruppo seguì l’esempio dell’infermiera e si voltò verso il ladro.

“Perché mai dovrei rivelare i miei piani proprio a voi?” rispose sbrigativo Andrea Lupo, che, nel mentre, continuava la sua ispezioni dei muri della stanza.

Di nuovo caos.

Questa volta Carla non si prodigò a far cessare la confusione ma, forse a causa della risposta sgarbata ottenuta da Lupo, prese parte a tale confusione. E fu proprio grazie a questa che una porta segreta, in una parete ancora non ispezionata da Andrea, si aprì in tutta calma, senza che nessuna delle dieci persone presenti là dentro se ne potesse minimamente accorgere. La stanza si rivelò più simile ad uno sgabuzzino che ad un nuovo settore della costruzione in metallo. Lo spazio infatti era appena sufficiente per poter ospitare una persona. Ed in effetti una persona era già presente al suo interno.

Mentre ancora la confusione regnava sovrana su tutta la stanza, la creatura robotica iniziò a muoversi. Il suo corpo era formato, almeno apparentemente, dal medesimo metallo utilizzato per tutta la costruzione. Il corpo del robot riproduceva fedelmente l’aspetto di una donna umana adulta, seni e fianchi compresi, senza però soffermarsi su dettagli più intimi. I capelli invece erano un unico componente che, partendole ovviamente dalla sommità del capo, le raggiungeva la schiena poco sotto le spalle, di un metallo più chiaro rispetto al resto. La bocca era poco più che socchiusa e senza possibilità di mobilità, mentre gli occhi non presentavano pupille ma una luce bluastra al loro interno.

L’essere arrivò, senza ancora destare l’attenzione di nessuno, a pochi metri dal capannello di persone, quando improvvisamente, cominciò il suo dialogo “Benvenuti signori e signore!”

La voce era molto soave e serena, a parte qualche lieve tonalità metallica, e gli altri riconobbero subito che non si trattavi di alcuna delle loro personali voci.

“Oh misericordia!” esclamò Oscar appena vide la creatura.

Carla emise un grido di terrore, ma ancora più forte fu quello lanciato da Rosa, degna del miglior film horror di serie B. Un altro grido venne da Marco, molto poco virile. Mentre Sara e Tommaso arretrarono di qualche passo dalla donna metallica, Andrea, Roberto e Simone avevano già impugnato le proprie armi.

Chi, a differenza di tutti, rimase estasiato di fronte all’accaduto, era Stefano. Nei suoi occhi si leggeva chiaramente un’ammirazione verso l’essere che aveva davanti. Infatti, con grande sorpresa degli altri, lo scienziato si stava incamminando verso il robot.

“Stefano che cazzo stai facendo? Allontanati da lì!” lo esortò Santucci.

“Signor Noro si sposti dalla linea di tiro!” aggiunse Sarti.

“Ah… che idiota!” ruggì Lupo.

Ma niente da fare, Stefano continuava ad avanzare verso la signora metallica.

“Per l’amor del cielo Stefano cosa fai? Torna indietro!” gli urlò Carla e lui, in effetti, si fermò.

Tutti e nove gli spettatori rimasero con il fiato sospeso, e le armi ancora rivolte verso l’umanoide. Lo scienziato d’un tratto si voltò e, con un enorme sorriso stampato sul volto, spiegò agli altri “Sapete gente… una delle mie ultime passioni è proprio la robotica!”.

Questa volta era l’imbarazzo a tenere immobili gli altri nove.

“Ma cosa sta dicendo?” sbottò Sara.

“Ad una prima analisi, comunque, non mi pare di scorgere elementi o accessori che possano essere riconducibili all’utilizzo offensivo” disse Sarti.

“Oh mio dio! E questo sarebbe uno dei migliori cervelli del nostro paese…” si depresse Sciullo.

“Prego signori e signore, vogliate prendere posto dentro le qui presenti sfere” il robot era tornato a parlare e, questa volta, aveva inoltre azionato il braccio per indicare le gigantesche sfere trasparenti di cui, per via degli ultimi avvenimenti, i nostri avevano quasi dimenticato l’esistenza.

“E continua a parlare!” notò Tommaso.

“E noi dovremmo salire su quelle cose?!” aggiunse Rosa, non molto favorevole a quest’ultima possibilità.

“Vi ricordo che vi è un limite massimo di due persone per sfera” continuò la robot.

“Beh sì, in effetti le sfere sono cinque” constatò Oscar.

“Ehi! Aspettate un attimo! Non avrete mica intenzione di dare retta a questa cosa?” urlò contro gli altri Roberto.

“Oh no! Non ci penso nemmeno!” gli rispose Andrea.

“Io non mi muovo di qui!” dichiarò Silvestri.

“No, mi dispiace” si rifiutò anche Orsi.

“Questa creazione è davvero stupefacente!” esclamò Noro mentre analizzava la struttura dell’androide, toccando anche il materiale di cui era composta.

“Oddio Stefano non lo toccare!” lo supplicò Wilson.

“Se entro breve non lascerete tutti questa stanza, essa sarà riempita di gas velenoso!” l’informò impassibile la donna robot.

Dopo quanto detto, Oscar cercò sostegno negli altri “Direi che non abbiamo altra scelta…”.

“Oh signore! Non ne posso più!” ripiombava in una sua crisi Sciullo, che si lasciò afflosciare a terra.

“Quindi ora bisogna decidere le coppie?” chiese, mentre rasentava il panico, la Simone.

“A meno che queste sfere non tornino indietro e, alla fine, prendiamo tutti la stessa…” cominciò Sara.

“Negativo!” la interrupe subito la creatura robotica.

“Fantastica anche questa funzione vocale!” continuava nel suo elogio generale del prodotto Stefano.

“Come intendete procedere con la scelta degli accoppiamenti?” chiese Simone, che aveva ormai riposto la sua arma.

“Di certo ogni donna dovrà essere affiancata da un uomo…” sentenziò subito Santucci.

“Oh bene! Pensi che non siamo in grado di badare a noi stesse, tesoro?” polemizzò ancora Sara.

“In effetti non ne vedo proprio il motivo, e poi nessuna di loro tre è il mio tipo…” ironizzò Lupo.

“Tanto meglio!” replicò secca Rosa.

“No, vi prego, non rimettetevi a litigare…” supplicò, sull’orlo delle lacrime, Carla.

“Certo potevano farla anche più bassa…” evidenziò Stefano mentre cercava, stando sulle punte dei piedi, di osservare cosa vi era nel capo dell’androide.

“Bene, ho formato personalmente le coppie per ogni sfera e sono: Tommaso Orsi e Andrea Lupo, Marco Sciullo e Simone Sarti, Rosa Simone e Roberto Santucci, Sara Silvestri e Oscar Testa ed infine Carla Wilson e Stefano Noro” annunciò freddamente l’organismo robotico.

“Perfetto, mi è toccato il campione del calcio!” sentenziò ironico Andrea.

“Per fortuna sono con una persona preparata per queste evenienze” si tranquillizzò Marco.

“Mi comincia a stare simpatica questa robot…” disse sorridendo Roberto, guardando nel contempo Rosa.

“Ma davvero volete fare come vuole lei?” chiese allarmata Sara.

“Ha anche un programma di scelta casuale allora…” proseguiva nella sua ricerca Stefano.

“Mi dispiace ma io non ci sto!” dichiarò subito Tommaso.

“Io non ho alcun problema, qualsiasi persona mi venga affiancata” informò gli altri Simone.

“No! No! No! Mi rifiuto di entrare là dentro con questa persona!” sbraitò Rosa, indicando con il dito Roberto.

“Signorina non mi sembra il caso di protestare ulteriormente…” provò la via del dialogo cortese Oscar.

“Ok Stefano, ora che sappiamo quali sono le coppie smettila di toccare quella cosa!” insistette Carla, come una madre anche troppo premurosa.

“Queste sono le coppie, signori e signore. Entro dieci secondi questa stanza comincerà ad essere riempita con gas velenoso. Sta a voi scegliere il vostro destino” terminò le sue comunicazioni l’umanoide.

“Altre domande?” chiese ironico Santucci, squadrando con lo sguardo le altre nove persone lì con lui.

Ognuno si mosse verso una sfera, accompagnato dal proprio partner temporaneo. Le sfere aprirono una parte della loro rotondità, per permettere alle persone di prendere posto dentro di esse. Al loro interno presentavano infatti due sedili affiancati, provenienti direttamente dal pavimento fisso interno. Una volta che tutti i componenti del gruppo furono al loro interno, le gigantesche sfere trasparenti si richiusero, pronte a partire.

“Sia chiaro ragazzino, non sono qui per fare da baby-sitter a nessuno!” mise subito le cose in chiaro Andrea nei confronti di Tommaso.

“E chi ha bisogno di essere difeso da un delinquente del tuo genere!” gli rispose prontamente Tommaso.

“Mi raccomando soldato, fai il tuo dovere al massimo delle tue possibilità!” più che un ordine, sembrava un grande favore richiesto da Marco.

“Non si preoccupi, signore” rispose nel suo stile Simone.

“Bene tesoro, reggiti forte!” disse Roberto alla sua compagna.

“Crepa!” fu l’augurio di rimando da parte di Rosa.

“Spero signorina che, questa convivenza, ci sia d’aiuto per comprenderci di più” si augurò Oscar.

“Infondo non abbiamo altra scelta…” si dimostrò comprensiva Sara.

“Allora Stefano, per qualsiasi cosa, avvertimi senza avere premure, capito?” puntualizzò al suo compagno Carla.

“Se avessi avuto più tempo per analizzarla meglio…” si lamentò, quasi sull’orlo delle lacrime, Stefano, mentre osservava il robot femminile che li osservava.

In pochi minuti, tutte le sfere lasciarono le loro postazioni, con solamente uno strato superficiale che rotolava, seguendo un percorso definito da una corsia in lieve pendenza sul pavimento. Gli occhi della robot si spensero mentre la stanza si riempiva di gas verde.

 

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Capitolo 6
*** Divisi ***


CAPITOLO 6

“Divisi”

 

 

 

L’ambiente tutto attorno a loro roteava come quando si è sotto effetto di alcolici, eppure essi rimanevano tranquillamente seduti, sempre con la testa verso l’alto e i piedi ben fissati al pavimento. Ovviamene il suddetto ambiente non si discostava molto da quello visto finora: tunnel larghi il giusto per far passare senza intoppi l’enorme sfera, con qualche neon ad illuminare il tutto. Ogni tanto il percorso era alternato da discese e salite e, per tutte e cinque le coppie, aveva un termine comune: si apriva una porta ad ante scorrevoli da ambo le parti e, una volta entrata, la sfera terminava il proprio moto in conche identiche a quella lasciata alla partenza.

 

“Siamo arrivati!” osservò Andrea, mente saltava via dal sedile ed usciva da quel particolare mezzo di trasporto.

“Io mi chiedo dove saranno finiti gli altri…” chiese preoccupato Tommaso.

“Di certo non qui. Di altri percorsi come quello della nostra sfera non ne vedo spuntare dai muri, quindi ci si deva arrangiare da noi, bimbo!” gli rispose con una frecciatina finale Lupo.

“Ma piantala! Con gente come te non voglio avere niente a che fare!” gli urlò contro Orsi.

Il ladro stava per controbattere quando la sua attenzione, insieme a quella del calciatore, venne catturata da un rumore che si stava facendo via via sempre più forte. Non era certo facile capire a pieno da cosa esso derivasse, ma di certo era prodotto da più oggetti insieme.

In effetti, osservando attentamente la stanza, di altri percorsi identici a quello appena effettuato dalla sfera gigante, non vi era traccia ma, i muri metallici della struttura, presentavano comunque delle identiche porte formate da due ante simmetriche. Quando il rumore che traspariva dalle pareti si fece più intenso che mai, le porte si decisero a schiudersi.

“Merda! E quelli che diavolo sono?” chiese Andrea mentre aguzzava la vista su degli oggetti che, in gran numero, stavano rotolando dentro la stanza.

“Sembrano proprio… palloni!” gli rispose entusiasta Tommaso Orsi.

Infatti, gli oggetti che avevano appena fatta la loro comparsa, ricordavano direttamente tali oggetti di svago, se non che presentassero una lieve peluria sulla propria superficie.

“Non saranno mica pericolosi?” fu il quesito dello sportivo.

“Beh nel dubbio direi di tornare nella sfera” concluse l’altro che balzò subito verso la dichiarata meta, per trovarla chiusa davanti a sé.

“E dai apriti stronza!” la minacciava inutilmente il delinquente, battendogli contro entrambi i pugni per poi, visto che questa attività fisica non portava alcun risultato, passare alle maniere forti estraendo la propria pistola e sparando un colpo. Questo atto fece sobbalzare e poi voltare verso il proprio compagno Tommaso, ma la pallottola appena sparata rimbalzò sul vetro della sfera e schizzò via.

“Ma che stai facendo?” interrogò il suo compagno dal grilletto facile, Tommaso.

“Niente da fare, siamo chiusi fuori” spiegò tranquillamente l’uomo, riponendo l’arma da fuoco e accendendosi una sigaretta.

Le palle, che avevano come ulteriore particolarità di essere multicolori, si avvicinavano sempre di più ai due e, in particolare, una rossa sgargiante era a pochi metri dal capitano del Team 2000. Il giovane seguì l’istinto e calciò via di destro la possibile minaccia da lui.

“Non è esplosa…” osservò nella sua mente Andrea mentre Tommaso gli ripeteva la domanda “Cosa facciamo adesso?”. Poi dipinse sul suo volto un sorriso beffardo.

“Beh bimbo, come dicono in America…” balzò nuovamente sul freddo pavimento di metallo “calcia qualche culo!” e, detto questo, cominciò a colpire con i propri piedi ogni globo gli capitava a tiro.

“Fantastico!” esclamò Tommaso che non se lo fece ripetere due volte.

Davvero strano a vedersi ma questa punizione, o inizialmente presunta tale, stava diventando un vero e proprio divertimento per i due uomini tanto che, qualche volta, Tommaso evidenziava le proprie prodezze atletiche con frasi del tipo “Guarda Andrea! Sia di destro che di sinistro! E pure di tacco!”

 

“Grazie al cielo siamo arrivati!” esclamò finalmente Sciullo, che stava letteralmente sudando freddo finché la sfera non si fermò definitivamente.

“È tutto ok, signore?”si accertò dello stato di salute del compagno, Sarti.

“Sì soldato, ma ora usciamo immediatamente da questo affare!” rispose Marco scappando via dalla sfera gigantesca.

“Signore non sia così avventato nelle sue azioni! Non si dimentichi che siamo comunque in un territorio ostile” lo ammonì Simone.

“Mi sembra che finora minacce vere e proprie non siano visibili, soldato…” spiegò il giovane imprenditore dalla evidente erre moscia, mentre dava un’occhiata a tutto l’ambiente. Una stanza nettamente più ristretta rispetto a quella in cui erano impegnati Andrea e Tommaso e, soprattutto, con un'unica porta ancora chiusa al momento ma che, di lì a breve, si aprì completamente.

Solo allora fu udibile un rumore ben più chiaro rispetto al precedente. Si trattava senza alcun dubbio di passi. Passi davvero molto pesanti.

Marco Sciullo era rimasto atterrito da tutto ciò, mentre Simone Sarti estraeva il suo fucile da combattimento. Poi un’ombra a poco a poco li sovrastò. Avevano davanti a loro niente meno che un enorme uomo verde. Superava abbondantemente i 2 metri ed il fisico era ben scolpito sulla pelle di color verde scuro. L’unica cosa che gli copriva il corpo massiccio erano dei calzoncini marroni, posti ovviamente attorno alla zona del bacino.

“Oh mio dio! Ma questo è Hulk?!” fu sorpreso dalla minacciosa apparizione Marco.

“Qualunque cosa sia, prepariamoci alla battaglia!” avvertì il compagno Simone, mentre caricava il fucile.

“Battaglia? Nelle battaglie che faccio io non sono previste le armi!” polemizzò Sciullo.

“Bene allora sia pronto ad imparare!” tagliò corto il tenente maggiore Sarti che esplose un colpo verso l’essere.

Lo sparo era andato perfettamente a segno: all’altezza del cuore.

Stranamente il proiettile era rimasto conficcato e ben visibile nella pelle del mostro.

“Ma che cosa?” esclamò Simone, sorpreso dalla resistenza dell’energumeno, quando quest’ultimo emise un forte e terrificante urlo alzando le braccia al cielo metallico.

Dopo questo, la creatura si mosse a grandi passi verso il soldato che, preso per la prima volta alla sprovvista, cercava di ricaricare il più velocemente possibile la sua arma, ma l’avversario gli era già addosso. Il giovane alzò la testa per vedere con i propri occhi impauriti, memori di tante vittime, l’orco prendergli violentemente dalle mani il fucile e, con una facilità davvero mostruosa, spezzarglielo in due pezzi, ormai certo che a lui sarebbe stata riservata la medesima fine. Quando qualcosa attirò l’attenzione della creatura. Essa si girò e vide Marco Sciullo conficcargli con entrambe le mani un coltello, davvero di pregevole fattura, sul fianco.

Il ragazzo ansimando chiese all’altro “Tutto bene, soldato?”.

“Sì signore, ma ora scappi via! Questo è un nemico davvero troppo forte!” gli urlò Simone.

Lui seguì il consiglio ed indietreggiò di qualche passo per vedere il mostro che, mossa l’enorme testa per visualizzare dov’era conficcato il coltello, lo estrasse senza alcuna smorfie di dolore e lo lanciò via nella stanza. Poi sembrò ignorare la sua possibile vittima e si diresse verso la sfera, mentre Sarti, approfittando di ciò, raggiunse Sciullo. La stanza non proponeva alcuna via di fuga, visto che la stessa porta da cui era entrata la cosa si era rapidamente richiusa alle sue spalle.

Il mostro, una volta raggiunta la sfera, la prese ai lati con le sue enormi mani e, questa volta forse con un po’ di fatica, la sollevò sopra il suo capo, voltandosi nel contempo nuovamente verso i due.

A lunghi passi era ormai davanti a loro con la sfera che, ben sollevata sopra di lui, era pronta ad essere scagliata. I due ragazzi, quasi coetanei, sapevano che la loro breve vita stava per essere terminata in quell’assurdo luogo dove, senza alcuna possibilità di scelta, si erano ritrovati.

 

“Sei preoccupata tesoro?” chiese Roberto, mentre la sfera viaggiava ancora nel suo tracciato obbligatorio.

“Stai zitto!” fu la risposta di Rosa.

Una porta si spalancò davanti a loro e la sfera terminò il suo moto sulla ormai classica conca.

“Ehi piccola…” Roberto cercò di afferrare la ragazza mentre, quest’ultima, era scappata via da dentro la sfera appena aveva potuto “Questo tuo comportamento non è utile, visto che siamo entrambi intrappolati in questo casino!”.

“Ascoltami bene Roberto, non ho alcuna voglia di essere protetta da una persona che lo fa solamente per poi magari finire a letto con me!” gli gridò addosso la giovane attrice.

“Eh no! Questo non puoi dirlo… ok, ho visto qualche tuo film, ma cerco di proteggerti solamente perché è il mio dovere come poliziotto! Beh, se poi può nascere qualcosa, non mi dispiacerebbe affatto…” la controbatté lui, sorridendogli malizioso.

Lei scosse il capo guardando il pavimento poi, rialzando la testa, lo guardò con occhi che, ammirandoli soltanto su pellicola, non avrebbero incantato così tanto e gli disse “Se vuoi amarmi qui…” indicando con l’indice della mano destra la lampo dei jeans “Devi prima amarmi qui” mettendosi una mano poco sopra il seno sinistro.

Roberto rimase immobile nell’ammirare la giovane donna che aveva di fronte, quando un lieve ronzio gli fece alzare lo sguardo davanti a sé. La parete metallica presentava una parte di un emisfero che, lentamente ma costantemente, si stava aprendo e, una volta terminata l’operazione, presentò alla coppia un emisfero leggermente più ridotto quasi esclusivamente di colore bianco, con l’eccezione di un cerchio nero che si trovava al centro di esso. Mentre erano ancora sorpresi dell’accaduto, i due notarono che il cerchio scuro si mosse per andarsi a posizionare in linea d’aria di fronte ai due umani. In realtà a muoversi era stato lo stesso emisfero, Rosa e Roberto scoprirono presto di avere di fronte una riproduzione gigantesca di un occhio umano.

“Ma cos’è? “Ai confini della realtà”?” osservò ironico Santucci.

“Magari! Non mi dispiacerebbe interpretare qualche telefilm di fantascienza…” gli rispose ironica anche lei.

Al centro del cerchio nero cominciò a brillare un ulteriore cerchio, più piccolo e di colore rosso e, mentre i due continuavano ancora la propria osservazione, partì da esso un raggio laser che, nella sua traiettoria diretta, sfiorò la gamba destra di Rosa Simone poco sotto il ginocchio dal lato esterno, provocando l’immediata bruciatura dei pantaloni.

“Ah!” gridò istintivamente la ragazza.

“Oh no, Rosa! Sei ferita?” domandò immediatamente Roberto Santucci, soccorrendola.

La signorina Simone stette per un attimo in silenzio, nel quale il tutore dell’ordine si accertò che l’unico danno era stato riportato dagli indumenti della giovane ragazza, poi, con le lacrime che gli rigavano le soffici guance, esplose “Brutto bastardo hai rovinato i miei jeans!”.

Ma l’occhio non sembrò assolutamente dispiaciuto dell’accaduto, allora Roberto decise che era il loro turno di attaccare. Sfoderò la pistola e, con gran rapidità, prese la mira e sparò. L’occhio s’illuminò nuovamente, questa volta l’obbiettivo era la pallottola stessa appena sparatagli contro. Il raggio colpi pienamente il proiettile di cui, in pochi attimi, non rimase che una minuscola pozzanghera grigia bollente nel pavimento della stanza.

“Qui qualcuno ci vuole morti, Rosa…” spiegò l’uomo alla ragazza, mentre abbassava impotente l’arma da tiro.

“Aspetta Roby, possiamo sempre nasconderci dietro la sfera…” propose Rosa senza farsi prendere dal panico.

Ma, come se qualcuno li avesse sentito, il loro particolare mezzo di trasporto riprese il suo cammino di ritorno, mentre la porta si richiuse dietro di essa.

I due si voltarono verso la sfera fuggitiva per poi, una volta sparita la loro unica speranza di salvezza, tornare a fissare il loro destino. Che in questo caso aveva le sembianze di un enorme occhio che riprendeva a brillare minacciosamente.

 

La sfera si fermò e i due scesero.

“Niente di nuovo. Ancora un’altra stupida… stanza… di… metallo” osservò Sara, scandendo bene l’ultima parte della frase.

“Non che le mie aspettative fossero tanto diverse…” cercò di tranquillizzarla Oscar.

“Beh personalmente ne ho piene le scatole di questo stupido gioco idiota!” la bionda non si calmava.

“Signorina, immagino che tutti noi non sopportiamo più questa nuova e, per quanto mi riguarda almeno, inedita situazione in cui ci troviamo coinvolti” proseguì nella sua opera Testa.

I due allora cominciarono a guardarsi attorno, nel timore che nuove minacce sarebbero apparse all’improvviso. Ma tutto era calmo.

Passarono qualche minuto con la situazione sempre identica e Silvestri decise di rilassarsi un po’, andandosi a stiracchiare con la schiena appoggiata alla grande sfera. Osservava la persona con molti anni in più di lei e, ripensando al passato, sorrise rivelando “Sai… io avevo un ragazzo che si chiamava Oscar…”.

L’esperto politico si voltò verso di lei e disse “Ne sono onorato, signorina. Anche se, devo ammettere, mi sembra davvero un nome particolare su un ragazzo giovane. Ora non ha più rapporti con lui?”

“Ah beh… ecco…” farfugliò Sara, sorpresa della curiosità dell’onorevole, quando si bloccò sentendo un suono metallico.

Anche Oscar si voltò verso il resto della stanza dove, in molte parti del pavimento, si cominciarono ad aprire delle specie di botole, le quali servivano per l’entrata di nuove minacce.

Queste creature, oltre ad essere in numero nettamente maggiore, erano forse anche più inquietanti rispetto all’enorme uomo verde di prima. Si trattava infatti di scheletri umani armati da spade, elmi e scudi visibilmente arrugginiti. I loro occhi rossi erano tutti rivolti verso la sfortunata coppia.

“E questi da dove vengono fuori?” chiese Sara, che si era rimessa in posizione eretta, pronta a difendere la propria vita.

“Non saprei signorina, spero solo che non sia giunta infine l’apocalisse” accennò una risposta uno spaventato Oscar.

“Magari sono solo infuriati della propria dieta…” ci scherzò su Sara che iniziò a tirar calci a destra e sinistra, mandando in pezzi molti scheletri guerrieri che, dalla loro, non avevano certo la resistenza fisica.

Oscar Testa, dal canto suo, era riuscito ad appropriarsi di una spada e di uno scudo e, come un gladiatore veterano, si faceva onore abbattendo più scheletri possibili. Purtroppo però, gli avversari cominciarono ad essere davvero troppi per loro due.

“Sara cerca di resistere il più possibile. Questi demoni continuano ad aumentare sempre più!” gridò alla giovane donna l’anziano uomo.

La ragazza si voltò un istante verso Oscar che, ormai, era completamente circondato da quei mostri, ma questo fu per lei una rischiosa disattenzione. Di fatti, uno dei suoi avversari riuscì quasi a sfiorarle il collo, riuscendo solo a tagliarle parte della maglia, da cui ora si riusciva ad intravedere la spallina del reggiseno.

“Brutti figli di puttana!” urlò con tutto il suo fiato Sara Silvestri.

 

“Non credevo che qualcuno fosse così avanti per quanto riguarda la scienza robotica! Insomma Carla, hai visto anche te quella donna robot poco fa: movimenti del corpo decisamente molto fluidi, capacità di interagire con le persone attraverso l’emissione vocale, nessuna alimentazione esterna tramite cavi o simili, un ottimo cervello elettronico e poi… vabbe’, devo riconoscere che era dotata anche di una più che ottima riproduzione del corpo umano femminile…” conclamò Stefano, in piena eccitazione.

“Non capisco Stefano come puoi essere così entusiasta di una tale macchina infernale!” sbottò violentemente Carla.

“Beh sai, fa parte del mio lavoro, Carla… diciamo deformazione professionale” le sorrise l’uomo.

“Io spero solo che gli altri stiano e bene e che, il prima possibile, riusciamo ad uscire da questa orrenda struttura!” disse spazientita la dottoressa.

La sfera intanto stava rotolando verso l’entrata di una stanza dove, al suo interno, faceva bella mostra di sé un enorme console. I due scesero e andarono diretti verso tutti quei pulsanti. Notarono subito che, sopra di essi, vi erano quattro enormi schermi, dentro cui riconobbero subito delle figure ormai familiari a loro. Nel primo display Tommaso e Andrea erano sommersi fino ormai alle ginocchia da strane palle pelose, nel secondo Marco e Simone se la vedevano con un gigantesco uomo muscoloso che presentava un particolare colorito verde, nel terzo Rosa e Roberto erano di fronte ad un enorme occhio che riusciva ad emanare un potente raggio laser ed infine, nel quarto ed ultimo schermo, Sara e Oscar erano circondati da scheletri armati come cavalieri. La prima cosa che i due appresero è che, purtroppo per loro, non stavano sognando ma che i propri nuovi compagni erano realmente in difficoltà contro l’assurdo.

“Oh dio misericordioso! Cosa sta succedendo?” esclamò Wilson, sull’orlo delle lacrime.

“Sono i nostri amici, Carla, e sono nei casini!” gli spiegò Noro, continuando ad assistere impotente allo spettacolo.

“È una prova! Non avete ancora capito stolti, è una prova!”

La voce che aveva appena parlato non apparteneva né a Carla Wilson né a Stefano Noro e, accortisi subito di questa particolarità, i due si voltarono, visibilmente preoccupati di ciò che sarebbero andati ad affrontare.

Un vecchio, con la barba ed i capelli bianchi spettinati, vestito solo di stracci ed appoggiato ad un bastone di metallo era dietro di loro. Entrambi cacciarono un acuto grido di spavento, forse addirittura Stefano ne emise uno ancora più acuto di quello della terrorizzata Carla.

La donna però riprese coscienza di sé e domandò al terzo soggetto “Chi sei te?”.

“Non è il momento per queste domande, sciocchi! Pensate piuttosto a salvare i vostri compagni!” li redarguì l’anziano.

“E come possiamo fare?” chiese Noro, tremante e con le lacrime sul viso.

“Vi è un tasto blu sulla tastiera?” rispose con una domanda il vecchio.

“Ma come sarebbe a dire un tasto blu? Eri qui prima di noi e non l’hai cercato?” lo aggredì anche fisicamente l’uomo di scienza.

“Non capisci Stefano…” lo bloccò Carla, indicandogli poi gli le pupille dello sconosciuto “Questo pover’uomo è cieco”.

“Oh… mi scusi…”porse delle timidi scuse Stefano che poi, ricordandosi dei suoi amici in difficoltà e delle domanda del vecchio, si voltò di scatto verso la tastiera e, dopo una rapida ricerca visiva, indicò un punto della console gridando “Ecco il bottone!”.

Il pulsante era in effetti di colore blu scuro ma presentava un problema logistico: si trovava infatti sulla sommità della gargantuesca tastiera, ed arrivarci non era di certo impresa semplice. Inoltre, tutti e tre i presenti non presentavano, nelle proprie caratteristiche, un’altezza ragguardevole.

“Tiratemi su che vado a premerlo!” ordinò improvvisamente Noro.

“Aspetta Stefano, non è meglio che vada io, dato che sono più leggera…” cercò di convincerlo Wilson.

“No Carla, potrebbe essere pericoloso. Forza, aiutatemi a salire” Stefano era più che mai convinto di quello che faceva.

Né Carla né tantomeno il vecchio opposero ulteriori obbiezioni e, seppur con molta fatica, riuscirono ad issare Stefano sul piano inclinato della tastiera, mentre quest’ultimo si sosteneva ad essa aggrappandosi alle fila di tasti presenti. Nonostante fosse quasi del tutto sdraiato sopra di essa, non riusciva ancora a raggiungere il tasto specifico.

“Ancora una spinta e ci sono!” urlò ai suoi aiutanti sotto di lui.

I due, il cieco aiutato anche dalla dottoressa, presero posto ognuno vicino alle suole delle scarpe di Noro e spinsero con quanta forza avevano ancora in corpo. Il tasto fu premuto.

Il flusso dei palloni pelosi smise, il mostro verde si bloccò con la sfera gigante tenuta dalle sue possenti braccia sopra di lui, l’occhio si spense richiudendosi e gli scheletri armati seguirono la stessa sorte del mostro.

Dopo un attimo di riposo, ad occhi chiusi ed ansimante come se avesse affrontato una maratona, Stefano si lasciò scivolare giù ed atterrò morbidamente sul pavimento metallico.

Dopo qualche attimo, qualcosa tornò a balenargli in testa ed iniziò a parlare “A proposito, cos’era quella faccenda della prova, ve…” ma s’interruppe perché l’anziano, a cui voleva rivolgere questa domanda, non era più tra loro. Scomparso.

 

Nel mentre, in tutte e i cinque le stanze, si aprirono delle uscite e le cinque coppie si avviarono verso di esse: Tommaso e Andrea portandosi con loro qualche palla pelosa, Marco andandosi a riprendere il suo coltello di famiglia, Rosa lamentandosi ancora dei suoi jeans rovinati, Sara lamentandosi della sua maglietta tagliata e Stefano e Carla chiedendosi dove potesse essere scomparso il loro reale salvatore.

 

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Capitolo 7
*** Bisogni naturali ***


CAPITOLO 7

“Bisogni naturali”

 

 

 

“Ci siete tutti ragazzi? State tutti bene?” esordì immediatamente Carla.

Qualcuno articolò anche una lieve risposta ma, per il resto, tutti avevano la testa rivolta alle proprie avventure appena concluse.

“Ehi! Da dove vengono tutte queste palle, Lupo?” chiese ironico Roberto.

“Fottiti!” fu la sintetica risposta di Andrea, che si apprestava ad accendere l’ennesima sigaretta.

“Cielo! Cosa hai fatto alla tua maglia, Sara?” constatò Rosa, riuscendo difficilmente a trattenere una risata.

“Perché te ai tuoi jeans? Cosa fai? Vendi moda?” rispose la bionda, sorridendo sinceramente alla quasi coetanea.

Nel mentre, Marco nascose rapidamente alla vista degli altri il suo particolare cimelio di famiglia, assicurandosi ad uno ad uno che nessuno dei presenti avesse notato la letale arma da taglio.

“Non vi è nulla di disonorevole nel prendersi delle precauzioni per la propria difesa personale, signore” lo rassicurò la persona che gli stava a fianco, Simone Sarti.

Il giovane rampollo fu inizialmente sorpreso dell’interessamento del militare alle sue faccende personali, per poi sorridergli cordialmente, effettuando anche un lieve inchino con il capo.

“È straordinario gente, guardate! Stiamo camminando sull’…” e prima che Stefano riuscisse a terminare la frase, tutto il gruppo si era ormai accorto di avere i propri piedi su niente meno che erba naturale.

“Non sembra sintetica…” confermò Tommaso, abbassandosi per toccarla ed osservarla meglio.

“Guardate ai lati signori, è uno spettacolo incredibile…” invitò Oscar, che rimase allibito davanti a tutto ciò. Alle due lunghe estremità della stanza vi erano infatti degli alberi, ordinati diligentemente in fila fino alla parete di fondo. “Non posso credere che siano riusciti a far coesistere in maniera così poetica natura e tecnologia”.

Dopo qualche attimo di silenzio, l’incanto fu rotto proprio da uno membro della compagnia.

“Io, piuttosto che pensare alla poesia, mi terrei in guardia per la minaccia che dovremo affrontare questa volta!” tagliò corto Lupo.

“Ma come fai ogni volta ad essere così romantico…” osservò sarcastica Silvestri.

“Lupo non ha tutti i torti, ormai la musica l’abbiamo imparata…” fu d’accordo Santucci, mentre estraeva la sua pistola dalla fondina.

“Oh per l’amor di dio! Per quanto ancora andrà avanti questa storia!” dicendo questo, Carla si accasciò in ginocchio per terra, cominciando ad essere esausta di tutte quelle nuove esperienze.

“E neppure sappiamo ancora chi ci sta facendo tutto questo…” aggiunse Orsi.

“Gente vi confermo che anche gli alberi sono del tutto naturali!” informò entusiasta Noro che, precedentemente, si era defilato dalla combriccola per osservare più attentamente le forme di vita vegetale presenti nel posto.

“Non che la cosa mi faccia stare meglio rispetto a prima…” altro sarcasmo da parte della giovane Simone.

“Pensa ai tuoi jeans e vedrai che starai meglio…” punzecchio l’attrice, Sara.

“Che stronza! Smettila di ricordarmelo!” fu la risposta.

“Ma è possibile che voi donne non pensiate ad altro che ai vostri vestiti rovinati!” sbottò d’improvviso Roberto.

“Calmati Roby, siamo tutti molto sotto pressione” Tommaso cercò di tranquillizzare il tutore dell’ordine, mentre le due ragazze erano rimaste sorprese dalle ultime insinuazioni dell’uomo.

“Per favore gente, possiamo evitare l’ennesimo inutile litigio fra di noi…” ma la richiesta di Oscar rischiava di cadere nel vuoto.

“SILENZIO!”.

Tutti si voltarono verso il membro di loro che aveva urlato.

“Percepisco uno strano rumore…” spiegò Simone, mentre si concentrava per meglio identificare questo nuovo suono.

Era come lo sbattere di qualcosa, qualcosa di estremamente leggero, e proveniva da tutto intorno la stanza. Poi cominciarono ad aprirsi dei passaggi nella parti più alte delle pareti. Qualcosa cominciò ad entrare dentro. Il nome scientifico è chiroptera. Pipistrelli.

“Oh mio dio che schifo!” fu l’immediata reazione di Rosa.

“Cercate di difendervi come meglio potette!” suggerì Sarti, mentre caricava il suo fucile.

“Bene, arrivano!” fu entusiasta Lupo, pronto a riceverli anche lui con la sua arma da fuoco in mano.

“Fate attenzione!” urlò anche Roberto, mentre sparava il suo primo colpo che andò regolarmente a bersaglio.

“Merda! Possibile che anch’io non possa avere una pistola!” imprecò Orsi.

“Difenditi con quello che puoi, figliolo!” suggerì l’anziano Testa, mentre cercava di allontanare alcuni di quei volatili usando la sua giacca, come per scacciare le mosche dal pic-nic.

“Giusto!” si convinse tra sé e sé il centrocampista che saltò e, una volta in aria, colpì in rovesciata uno dei mammiferi volanti mandandolo a sbattere contro un altro, ed un altro ancora, creando una piccola ma utile reazione a catena.

“Per la famiglia!” Sciullo estrasse nuovamente il suo coltello e si scagliò prepotentemente verso i suoi avversari, tagliando nettamente la testa alla sua prima vittima.

“Sara!” fu l’urlo di terrore rivolto alla ragazza dalla povera Rosa Simone, ormai ridotta in posizione fetale sopra l’erba verde della stanza.

La bionda cercò di elaborare un piano, cosa davvero ardua sia per il continuo attacco delle nottole, che per l’enorme confusione di suoni che i loro versi e lo sbattere delle loro ali creava, rendendo davvero complicato la ricerca di concentrazione. Ma ecco che la giovane avventuriera trovò, sotto gli ormai noti alberi, un ramo, abbastanza grande da poter essere utilizzato come arma contundente per andare a salvare la giovane star. E così anche la Silvestri era entrata in azione.

Lo scontro proseguiva e il dispiego di energie era davvero notevole.

“Colleghi, quanti munizioni vi sono rimaste?” S’informava Santucci.

“Non molte, agente!” rispose Sarti.

Poi il poliziotto voltò il capo verso la sua nemesi.

“Idem!” la fece breve Lupo.

“Cazzo! Qua non resisteremo ancora a lungo…” pensò Roberto.

Durante tutto questo, Carla Wilson era rimasta nella sua posizione inginocchiata, riparandosi la testa dentro il camice da lavoro. Invece Stefano Noro aveva tentato la fuga attraverso le fila di alberi, ma la soluzione si era rivelata vantaggiosa solamente per tenere in attività fisica le sue membra, ormai abituate alla vita sedentaria.

“Continua a stare giù Rosa!” le consigliava Sara, mentre fendeva nell’aria il ramo che si era precedentemente procurato.

“Sì Sara, tranquilla!” accolse positivamente il suggerimento la signorina Simone.

Poi la ragazza sollevò leggermente il capo per osservare la situazione attuale dei suoi compagni e fu un attimo. Un pipistrello che stava volando basso, oppure stava precipitando, le sfiorò la guancia sinistra. Cominciò ad uscire il sangue.

“Ah! Mi hanno ferita!” gridò mentre, una volta toccatasi con la mano la guancia offesa, osservava il sangue tingergli le dita affusolate.

Tutti si voltarono verso di lei: Silvestri sentiva già dentro di sé il rammarico per non averla protetta adeguatamente, Tommaso ancora in volo dopo una sua nuova acrobazia sportiva, i tre tiratori con davanti ad essi una vera e propria trincea formata dai cadaveri delle piccole bestie e la stessa Wilson che era riemersa dal suo camice.

“Tranquilla Rosa, ora vengo a curarti!” cercò di rassicurarla Carla, mentre cominciava ad avvicinarglisi, procedendo a carponi.

Poi avvenne un netto cambiamento.

Gli stessi pipistrelli tornarono a librarsi in volo, sempre più in alto, fino a scomparire negli stessi passaggi da cui erano entrati precedentemente. I tre tiratori, nel frattempo, avevano proseguito a sparare verso i volatili, per poi anche loro placarsi nel momento in cui avevano assodato la definitiva ritirata di quelle bestiacce.

“Ma che diavolo? Sono andati via?” chiese la conferma agli altri Tommaso.

“Sembra di sì…” accennò Roberto, con lo sguardo però sempre rivolto verso l’alto.

“Ehi soldato, hai per caso degli altri rampioni?” domando Andrea avvicinandosi a Sarti.

“Negativo signore. E poi dubito che potrebbero tornarci realmente utili, signore” rispose Simone.

“E perché?”

“Si stanno richiudendo”.

Lupo seguì l’invito dell’altro e rimirò verso l’alto della stanza, dove i passaggi di forma rettangolare si stavano richiudendo.

“Merda! Ma è possibile che non ci sia modo di uscirne?!” imprecò il ladro, calciando l’aria.

“Vieni cara, fatti medicare…” invitò Carla la ragazza ferita, portandosela a sé mentre gli afferrava una spalla.

“Ora quegli schifosi bastardi mi hanno rovinato la carriera!” imprecò la giovane attrice con le lacrime che solcavano le sue guance, su una delle quali era presente la ferita provocata poco prima.

“Ma no! Tranquilla ragazza, è solo un taglietto, davvero!” la rincuorava Wilson, mentre le tamponava la suddetta ferita con un batuffolo di cotone.

“Al limite ti affideranno le parti della ragazza orrendamente sfigurata…” ci ironizzò su Sara.

“Fottiti!” tagliò breve la Simone.

“Hai solo dei cerotti con te, Carla?” chiese Noro.

“Sì Stefano, qualche cerotto e poco più” rispose lei mentre ne apponeva uno sulla lesione.

“Oddio tutto ciò non è possibile…” ricominciò un’ormai sua tipica crisi Marco, caratterizzata ancora dalla sua altrettanto tipica erre moscia.

“Forza giovane! Ormai è chiaro che non possiamo arrenderci! Anche se non sappiamo ancora chi abbia creato tutto questo…” cercò di rianimarlo Testa.

“Di certo qualcuno che non ci vuole morti…” esordì Roberto.

“E come fai ad esserne così sicuro?” gli chiese Stefano, sudato e con il fiatone dovuto alla fuga disperata per la salvezza della sua vita.

“Perché sennò ci avrebbe fatto uccidere dai suoi topi volanti!” rispose a muso duro Santucci.

“Io… credo che ci sia anche dell’altro…” s’intromise timidamente Tommaso, mentre si apprestava a raccogliere una carcassa di quegli animali.

“Cosa?” chiese delucidazioni immediate Lupo.

“Guarda Stefano!” disse, mentre si avvicinava all’interessato “Te di certo sei il più adatto per queste cose”.

Il piccolo cadavere che aveva in mano si presentava con la testa completamente assente e, nell’apertura creatasi, dei componenti informatici.

Stefano inizialmente, pensando a cosa poteva trovarci dentro la cavità di quel corpicino, aveva assunto una faccia schifata per poi, in un attimo, tramutarla in una straordinaria espressione di gaiezza. “Ma è fantastico!”.

“Cosa c’è di così fantastico?” chiese seccata Rosa che sfoggiava il suo nuovo cerotto.

“È davvero incredibile! Sono… sono dei robot!” il povero scienziato era sull’orlo delle lacrime di gioia.

“Ancora dei robot?” constatò ormai disilluso Andrea, incrociando le mani dietro la testa.

“Non sapevo che si potessero acquistare così facilmente…” spiegò Sciullo, con in mente magari qualcuno della concorrenza sul suo campo professionale.

“S’INFORMANO I GENTILI CLIENTI CHE AD ESSI SARÀ CONCESSA L’OPPORTUNITÀ DI RIPOSARE PER NON PIÙ DI 12 ORE IN QUESTA STANZA, GRAZIE”.

“Ci prende pure per il culo quella voce del cazzo!” si espresse alquanto volgarmente Silvestri.

“12 ore… qualcuno di voi ha un orologio?” chiese il poliziotto.

Ognuno allora cominciò a controllare nelle proprie braccia, qualcuno anche nelle tasche, ma la risposta fu all’unanime negativa.

“A me hanno preso pure il cellulare…” informò ormai rassegnata la bionda Sara.

“Pure a me” aggiunse Rosa.

“Peccato! Almeno potevi darmi il tuo numero…” le sorrise Roberto, mentre lei fece la classica faccia seccata

“Che idiota!” mise il pensiero della ragazza in parole, il fuorilegge.

“E poi… non so voi gente, ma io sto morendo di fame!” sbottò Noro, mentre il suo stomaco stava effettuando un continuo di lamenti supplichevoli.

“In effetti è un po’ che siamo qua dentro e, con tutta la fatica che abbiamo fatto finora, la fame è più che naturale” aggiunse la Wilson.

“Per il nutrimento non ci sono problemi, guardate sugli alberi”.

Tutti seguirono il consiglio di Simone e, scrutandoli, su di essi videro, a fare bella mostra tra i rami e le foglie: mele, pere, pesche, albicocche e ciliegie. Praticamente il meglio che si poteva trovare tra gli alberi da frutto era lì davanti alla comitiva di persone. L’entusiasmo tornò improvvisamente ad animare tutto il gruppo, che si espresse con urla di soddisfazione e approvazione.

“Ma saranno veri?” bloccò tutti i suoi compagni con questo quesito Marco Sciullo.

Il dubbio tornò brevemente nel gruppo, che però reagì immediatamente.

“Tranquilli, assaggio io per primo!” scosse gli altri Andrea, afferrando al volo una ciliegia e assaggiandola.

“È buona?” cercò d’informarsi nel più breve tempo possibile Stefano Noro.

“Più buona di quelle del supermercato!” concluse il ladro strizzando l’occhio, sorridendo e levando il pollice in su.

Al gruppo non importava sapere altro e, rapidamente, le persone più atletiche della combriccola, cioè Tommaso Orsi, Sara Silvestri, lo stesso Andrea Lupo e Simone Sarti, si arrampicarono su ciascuno degli alberi presenti lì dentro, mentre quelli rimasti a terra afferravano il più possibile dei frutti che gli venivano lanciati dall’alto.

“Sono davvero squisite!” reclamizzò Noro, mentre ne ingurgitava anche due o tre alla volta.

“E poi non fanno neppure ingrassare!” disse una sorridente Rosa Simone, ormai dimentica della sua lieve ferita al volto.

“Senti giovane, guarda se mi trovi anche qualche albicocca berbero…” esclamò ironico Oscar Testa a Tommaso, mentre quest’ultimo scendeva da un tronco e ne stava per salire un altro.

“Ah beh signore, non saprei come fare, il marchio sopra non ce l’hanno” rispose Orsi, che forse aveva preso troppo seriamente la richiesta del politico.

La compagine era riuscita finalmente ad accontentare uno dei bisogni naturali che si era fatto sempre più insistente tra di loro. A dir la verità furono due i bisogni soddisfatti dato che, in piena democrazia, fu scelto un angolo del fabbricato da adibire a toilet ufficiale. Ora però si faceva strada un terzo bisogno naturale, forse proprio a causa dell’abbuffata fruttifera che avevano appena compiuto le dieci persone presenti: il sonno.

Mentre già a qualcuno la palpebra cominciava a calare inesorabilmente, le luci, presenti in gran numero sul soffitto, cominciarono ad affievolirsi fino a che, man mano, furono completamente spente.

“Non c’è che dire, questa volta il nostro ospite si è rivelato davvero molto cortese” osservò Oscar, mentre controllava i suddetti impianti d’illuminazione.

“Che vada al diavolo quel bastardo!” chiuse il discorso Sara.

“Per ora, Rosa, ti conviene tenere ancora il cerotto però, già da quando ci sveglieremo, te lo potrai togliere tranquillamente” Wilson diede le ultime spiegazioni alla ragazza che le dormiva accanto.

“Ok, grazie di tutto Carla!” la ringraziò per tutta la sua gentilezza dimostrata, la Simone.

“Ed io che pensavo mi volessi tenere un po’ di compagnia…” Tornò all’attacco della vip Roberto, ma quest’ultima non gli diede corda.

Mentre tutti i membri del gruppo si erano appisolati, Tommaso si era finalmente tolto le sue scomode scarpette da calcio e Stefano stava effettuando una delle peggiori russate possibili, tanto da venire allontanato temporaneamente dal gruppo. Il solo Lupo continuava ad esaminare le fredde pareti metalliche della struttura, sempre alla continua ricerca di un qualche spiraglio per la libertà. Per poi al fine arrendersi anche lui tra le braccia di Morfeo.

 

Di certo qualche ora era passata quando le luci cominciarono a riaccendersi, seppur in maniera graduale. Del gruppo nessuno parve farci caso, molto probabilmente erano ancora tutti addormentati. Poi cominciò a risuonare in tutto il fondo una fedele riproduzione del canto di un gallo. Ad esso i ragazzi cominciarono a reagire.

“Oddio, ma che cos’è?” chiese a qualcuno dei presenti Marco, mentre si riparava con il braccio dalla nuova luce che inondava la stanza.

“A quanto pare il nostro ospite è provvisto anche di senso dell’umorismo…” rispose Oscar, rimettendosi sul naso gli occhiali leggermente rovinati, che si era tolto prima del riposo.

Un po’ tutti i presenti cominciarono finalmente ad alzarsi.

“Oh merda! Pensate che riutilizzeranno il gas?” domandò spaventato Tommaso che si alzò di scatto.

“Beh sì, è molto probabile…” dichiarò Andrea, che già si trovava in posizione eretta.

“Forza Sara alzati! Che tra poco ci sparano contro il gas!” provava a scuotere l’altra giovane ragazza della compagnia, Rosa.

“Mmmm… dai… aspetta…”biascicava ancora nel dormiveglia la bionda.

Ormai la porta di uscita si era aperta e qualcuno del gruppo si era già incamminato. Dunque Roberto decise di prendere di peso la ragazza e portarla con se nella camera successiva. Per Stefano invece fu usato direttamente un calcio di Lupo per ridestarlo e portarlo via con loro. Furono talmente rapidi e decisi nell’abbandonare la stanza poco prima occupata, che neanche si accorsero se dai fori dei muri usciva effettivamente il gas verde.

 

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Capitolo 8
*** Claustrofobia ***


CAPITOLO 8

“Claustrofobia”

 

 

 

“E anche questa è fatta!” esclamò ghignando Andrea, mentre in bocca teneva la sua ultima sigaretta.

Tutti si girarono verso il fuorilegge tra lo stupito ed il divertito, ma solo una controbatté.

“Ooooh… mi fa piacere che qualcuno qui si stia divertendo, perché io invece ne ho le scatole piene!” proruppe Rosa Simone.

“Dai calmati tesoro…” cercò di tranquillizzarla Roberto, nel tentativo anche di abbracciare il suo corpo sensuale.

“Non ti azzardare a chiamarmi tes…” cominciò la giovane attrice, ma venne subito interrotta da un altro membro della banda.

“Gente guardate qua!” urlò Stefano.

Tutto il resto della combriccola si girò ad osservare. Sulla parete vicina alla porta da cui erano entrati vi era un lungo scaffale, anch’esso di metallo, con sopra svariate cose. Vi si poteva trovare infatti: munizioni per tutte le armi in possesso del gruppo, sigarette della marca nazionale preferite da Lupo, nuove scarpette da calcio della misura precisa che calzava Orsi, bendaggi, cerotti, alcol e cotone utili per i medicamenti della Wilson, dei make-up portatili e, addirittura, un nuovo paio di occhiali identici a quelli danneggiati di Testa.

“È aperto il mercato gente! Cazzo le avevo appena finite!” esclamò Andrea, mentre si avventava sui pacchetti di sigarette.

“Hanno pensato anche alle mie scarpette…”osservò Tommaso sorpreso.

“E pure ai miei occhiali, perdiana!” disse Oscar, mentre se li provava.

“Niente roba da mangiare però…” ammise sconsolato Noro.

“Ma se ti sei ingozzato come un maiale nella precedente stanza!” lo rimproverò apertamente Sciullo.

“Bene così!” constatò sorridente Carla, mentre cercava di inserire più roba possibile dentro le tasche della sua uniforme bianca.

Simone Sarti, come fecero chiaramente anche Roberto Santucci e Andrea Lupo, si rifornì di munizioni e, una volta terminato, si accorse subito di una presenza in quella stanza, avvertendo gli altri “Signori, osservate cosa abbiamo di fronte”.

Di nuovo l’intera troupe si voltò verso chi di loro aveva parlato e seguirono il consiglio.

Su una terza parete della sala, estremamente più ridotta rispetto alle precedenti, vi era un enorme colonna che, partendo dal pavimento, arrivava dritta e lineare verso il soffitto, congiungendosi ad esso. Su di essa vi era la chiara possibilità di apertura in due ante ben distinte. Tutto questo faceva ricollegare nettamente ad un…

“Ascensore…”

Nuovamente tutti a voltarsi verso l’individuo che aveva emesso tale parola.

“Insomma, a me pare proprio un ascensore…” disse timidamente Tommaso.

“Beh in effetti lo ricorda molto…” osservò più attentamente Noro.

“Quindi vuol dire che questa struttura ha pure un secondo piano…” concluse Sara, che poco prima si era infilata in tasca uno di quei make-up precedenti.

D’improvviso, emettendo solamente un lieve sibilo, lo scaffale scomparve dentro il muro metallico in cui era fissato. Poi una voce parlò “SIETE PREGATI DI UTILIZZARE IL PRESENTE ASCENSORE, VI RICORDIAMO CHE LA SUA PORTATA MASSIMA È DI UNA SOLA PERSONA PER VOLTA, GRAZIE”.

“Noto che sta diventando sempre più cortese nei nostri riguardi…” ironizzò Oscar.

“Inoltre non penso abbiamo a nostra disposizione molto tempo, quei bastardi sono anche qui!” commentò Lupo, indicando con la canna della pistola le solite piccole aperture sui muri.

“Bene, vado prima io!” decise l’attrice avviandosi rapidamente verso il congegno.

“Aspetta Rosa, potrebbe invece essere una trappola!” la bloccò, anche fisicamente, il poliziotto.

“Fino ad ora però la voce non ci ha mai mentito…” osservò il calciatore.

“Purtroppo le nostre vite sono nelle sue mani…” si rattristò la dottoressa.

“FIGLI DI PUTTANA NE HO PIENE LE PALLE DI QUESTO GIOCO SCHIFOSO!” esplose la bionda avventuriera, sferrando un calcio alla parete.

“Fermati ragazza così non cambi nulla!” la richiamò il politico.

“Niente da fare, le pareti sono compatte come le altre” espose la situazione il ladro, gettando a terra la cicca.

“Non resta che obbedire…” concluse il soldato, non facendo trapelare alcun tipo di emozione. Mentre, accanto a lui, il giovane affarista non riusciva a mascherare dei turbamenti interiori.

“Beh, se non altro, potremo intanto aprirlo per osservarne anche l’interno…” propose lo scienziato.

“Credo sia la mossa più giusta da fare” concordò Sarti.

Il corpulento uomo di scienza si avvicinò titubante al pulsante rosso e quadrato presente alla sinistra della probabile apertura. Lo schiacciò. Per poi scappare subito dietro al corpo perfettamente allenato di Roberto. Le due ante si aprirono in maniera quasi del tutto silenziosa. Il suo interno era decisamente identico ad un normale ascensore: una luce accesa integrata al soffitto e un grande specchio sulla parete che ti trovavi immediatamente di fronte quando vi entravi dentro. il tutto su di una base di due metri di larghezza per uno di profondità. Su tutte le superfici verticali era però totalmente assente un qualsiasi quadrante di scelta dei piani da raggiungere. Ovviamente tale decisione non doveva essere presa dal gruppo.

“Tutto normale sembrerebbe…” azzardò Roberto, cercando la conferma di Simone, che arrivò con un lieve dondolio del capo.

“Bene, allora comincio io!” ritentò la fuga Rosa.

“Aspetta, è meglio che fai andare prima me” fu nuovamente bloccata, questa volta da Lupo.

“E perché scusa?”

“Potrebbero esserci dei pericoli lassù”

“So cavarmela da sola, grazie!”

“Ne dubito…”

“Perché? Invece affidarci ad un delinquente come te sarebbe meglio?”

“Calma gente, non possiamo polemizzare anche su queste cose. Già la situazione mi pare sia abbastanza assurda. Lupo, per favore, fai andare prima la ragazza. In fondo lei l’ha dichiarato per prima…” portò i due nuovamente alla ragione il diplomatico Oscar Testa.

“Ok, ma fai attenzione tesoro…” l’avvertì Santucci, mentre stava entrando.

La giovane donna si voltò verso il resto della compagnia. Tutti con gli sguardi tesi verso di lei, come su un palcoscenico.

Le porte cominciarono a chiudersi quando la sua coetanea bionda la salutò “In bocca al lupo, Rosa!”.

Le due ragazze fecero appena in tempo a sorridersi quando le due ante si riunirono.

 

Ora era sola. L’ascensore pareva realmente innalzarsi, però la tensione la faceva rimanere perfettamente immobile, come un artista da strada mente imita una statua. Ma lei non era certo quel genere di artista e, per stemperare la tensione fino alla fermata del marchingegno, decise di rifarsi un po’ il trucco del suo viso grazioso, utilizzando il make-up precedentemente preso ed aiutandosi con lo specchio che aveva alle spalle. poi l’ascensore si fermò e la porta si riaprì.

 

Le altre nove persone erano tutte in attesa. Guardando istintivamente verso l’alto e con l’orecchio ben teso.

“Per ora strani rumori non ne fa…” si azzardò a discorrere Tommaso.

“State tranquilli, starà sicuramente bene la nostra Rosa!” provò a stemperare gli animi Carla, anche se visibilmente in ansia pure in lei.

“Infatti… poi, nonostante tutto, è in gamba la ragazza!” la assecondò Sara Silvestri.

Poi, il lieve rumore che avevano sentito subito dopo la chiusura degli sportelli, tornò ben udibile e, dopo qualche attimo, l’ascensore si riaprì. Con nessuno al suo interno.

Il silenzio piombò sul gruppo. Il meccanismo aveva allora davvero funzionato?

“Ok, tocca a me adesso!” ripartì Lupo, che in un attimo fu dentro la cabina.

Tutti ancora in silenzio ad osservarlo. Lui gli sorrise e disse “Ci si vede su!” e poi l’entrata si chiuse nuovamente.

“Bene! Direi proprio che funziona a dovere, e senza nemmeno spingere più il bottone di chiamata…” osservò Noro.

Ancora un po’ di silenzio.

“Chi va dopo?” chiese la Wilson.

“Vado io!” rispose sicuro Orsi.

“Bene” gli sorrise il medico.

Di nuovo il silenzio padrone.

L’ascensore tornò ed il giovane atleta percorse i pochi metri che lo distanziavano dall’entrata, sottolineando il tutto con l’onnipresente ticchettio dei tacchetti presenti sotto la suola delle proprie calzature, per poi sparire al suo interno.

“A quanto pare, il nostro carceriere non è in vena di scherzi oggi…” provò a fare il simpatico Roberto, cercando anche la collaborazione dei compagni. Ed intanto Marco stava letteralmente sudando freddo.

 

Le porte alla fine si riaprirono ma il ragazzo vide solo buio davanti a sé.

“Benvenuto Tommaso!”

Una voce maschile lo spaventò e, subito, lui si girò di scatto verso la fonte di quella emanazione vocale. Lì riconobbe subito Andrea Lupo, con le braccia incrociate al petto, e Rosa Simone, con le mani incrociate dietro, all’altezza del fondoschiena, che le sorrideva.

“Dimenticato di pagare la bolletta…” ironizzò sulla situazione di oscurità totale in cui si era trovato assieme a due dei suoi compagni.

 

Nuovo giro di salita per le persone presenti nella stanza sottostante.

“Chi va ora?” chiese di nuovo Carla.

Per qualche attimo nessuno rispose.

“Bene… vado io!” si decise infine Sciullo, sempre più madido di sudore, con un passo stentato, quasi zoppicante.

“Tutto a posto figliolo?” si preoccupò Testa.

“Sì tranquilli… tutto bene…” accennò una risposta rimanendo di spalle mentre le porte si richiudevano dietro di lui.

“Non sta affatto bene…” disse la Wilson scuotendo la testa.

“Il soggetto presenta un chiaro indebolimento psichico, dovuto con molta probabilità alla situazione del tutto nuova in cui si è venuto a trovare attualmente” Spiegò, con pieno uso di termini tecnici, agli altri Sarti.

All’improvviso, un forte rumore. Qualcosa questa volta non aveva funzionato.

“Che cos’è stato?” Domandò visibilmente preoccupata Silvestri.

“Proveniva dall’ascensore!” rispose Noro.

“Merda!” sottolineò Santucci.

 

“Stai tranquillo, calmati, sta andando tutto bene, abbi un po’ di contegno, calmo, tranquillo, risistemati un po’, coraggio…” tutte parole che turbinavano nella mente del giovane imprenditore. Il suo animo stava risentendo parecchio di qualcosa. Il battito del cuore era accelerato come non era stato mai in quella assurda avventura. Le gocce di sudore continuavano a scendere dalla sua chioma sul suo viso, composto ora esclusivamente da muscoli tesi al massimo. Il suo punto debole stava riemergendo.

Se non altro tutto procedeva correttamente. L’ascensore stava procedendo tranquillamente verso la sua meta. Bastava solo tranquillizzarsi e restare calmi. Poi il rumore, il lieve traballio e la cabina si blocca. Ora è finita, la claustrofobia ha vinto!

 

“Cos’era quel rumore?” chiese Rosa.

Anche al piano superiore la tragedia era stata percepita perfettamente.

“Proveniva dall’ascensore o sbaglio?” ipotizzò Tommaso.

“Merda!” sottolineò Andrea.

 

“Cazzo! Qualcosa non va all’ascensore!” concluse Roberto, che si fiondò verso la porta.

“Oh mio dio…” esclamò Carla, che questa volta rischiava seriamente lo svenimento.

“Forse pigiando questo bottone!” martellò di colpi con l’indice sinistro il suddetto pulsante un alquanto nervoso Stefano.

Mentre Roberto cominciò a colpire la porta con violenti pugni dati come martellate, usando come fulcro i propri gomiti, urlava “MARCO! COSA STA SUCCENDENDO? MARCO RISPONDI!”

“Calma gente così non si risolve nulla!” urlò anche Oscar.

Intanto Simone provava freneticamente a cercare la soluzione, cercando di osservare attentamente tutto l’impianto, o frugando in tutta la sua uniforme militare. Purtroppo però la risposta era negativa.

 

Dentro l’infernale cabina il ragazzo era accasciato al suolo, con la sola schiena che si reggeva appoggiata alla parete, il viso lucente del proprio sudore, gli occhi sbarrati pieni di terrore ed il labbro che traballava sempre più.

“AIUTATEMI VI PREGO! SOFFRO DI CLAUSTROFOBIA! NON RESTITO! QUA LA STANZA MI STA VENENDO TUTTA CONTRO! AIUTO RAGAZZI! VI SUPPLICO!”

 

Intanto, nel piano di sopra.

Andrea cercava di appoggiare bene l’orecchio alla porta, per capire cosa stava realmente succedendo lì dentro. “Chi diavolo c’è lì dentro? Cosa sta succedendo? Cazzo rispondi!”

“Eppure ci deve essere un modo… forse schiacciando qua…” pensava ad alta voce Rosa quando premette un pulsante quadrato e rosso identico a quello del piano inferiore, e l’entrata si aprì.

 

Dentro l’ascensore, ormai in preda al delirio, Marco Sciullo si ricordò del cimelio di famiglia e lo estrasse. La soluzione era davvero solo quella.

 

Il fuorilegge si affacciò nel vuoto e vide la parte superiore della cabina ferma, tornò dentro e spiegò “L’ascensore è bloccato, devo andare laggiù a vedere chi è che si sta agitando tanto”.

“Ma saranno più di venti metri, non vorrai mica saltarci sopra?” lo interruppe la Simone “E poi l’ascensore, a causa del tuo atterraggio, potrebbe cedere d’un colpo”.

L’uomo si fermò ed analizzò le parole della ragazza. La giovane aveva decisamente ragione.

“Usiamo questa!” disse Orsi con in mano una corda avvoltolata.

“Dove l’hai trovata?” gli chiesero all’unisono gli altri due.

“Era lì attaccata al muro” rispose il ragazzo puntando il dito verso una sporgenza presente nella parete.

“Bene, io mi calo e voi mi reggete” spiegò rapidamente il piano Andrea, slegando la corda e dandone un capo a Tommaso.

“Ma ce la possiamo fare?” chiese sempre più spaventata Rosa.

“Certo!” rispose con un mezzo sorriso Lupo, mentre si legava attorno al busto la corda, e poi cominciò a scendere.

Tommaso teneva la corda tesa, lasciandone poco alla volta, ma subito si accorse che le sue calzature non erano proprio l’ideale per quella attività fisica “Merda con questi tacchetti scivolo! Rosa aiutami a toglierle!”.

Subito Rosa si inginocchiò davanti al giovane campione e lanciò via le scarpette dai piedi di Orsi.

“Aspetta ti aiuto!” e così dicendo gli si mise davanti per aiutarlo con la fune ma subito “AH!” era per terra ed in un attimo si rialzò maledicendo “Schifoso tacco 15” calciando via le sue calzature eleganti viola.

Andrea Lupo arrivò a rapidi balzelli sul tetto della cabina, trovando subito l’apertura da utilizzare nei casi di emergenza. Come per l’appunto era decisamente quello.

Afferrò bene la maniglia e cominciò a tirare in su con tutte le forze che aveva. Intanto, all’interno, la lama del coltello, di proprietà da generazioni della famiglia Sciullo, era sempre più vicina alla gola del più giovane rampollo di questa rispettabile dinastia. La punta aveva già toccato, perforandola appena, la pelle del collo del ragazzo, quando parte del soffitto venne via.

“Tutto bene qua dentro? ...anf” chiese ansimante per lo sforzo Andrea.

In un attimo, Marco nascose dietro di sé il suo cimelio, con una rapidità che sorprese un maestro di riflessi come Andrea Lupo.

“Venga signor Sciullo che la porto fuori da qui!” lo rassicurò, porgendogli la mano dall’alto.

Rapidamente, il giovane imprenditore si rialzò ricomponendo, oltre ai suoi vestiti, anche il suo atteggiamento “Bene, procediamo…”.

Detto questo, afferrò le apparentemente esili, ma in realtà forti, spalle del suo salvatore, ed insieme cominciarono ad uscire fuori dalla scatola metallica. Marco reagì bene al passo d’andatura dell’altro e, in breve, erano quasi arrivati all’apertura che dava sul piano superiore. Poi il meccanismo ricominciò la sua marcia.

Sciullo si voltò, inizialmente quasi non curante, dietro di sé, per poi rigirarsi rapidamente verso Lupo ed urlargli “MUOVITI CHE È RIPARTITO!” arrotando ancora di più la sua erre moscia.

I loro balzi ora si erano fatti più rapidi possibili. Sopra di loro, Tommaso e Rosa tenevano la fune più tesa possibile, pensando ai due compagni in difficoltà. Marco scivolò ma, fortunatamente, riuscirono entrambi a mettersi in salvo, con l’ascensore che, una volta arrivato a destinazione, aprì normalmente la porta d’uscita.

Dopo molti minuti di silenzio, il resto del gruppo, che era rimasto al piano inferiore, decise di fidarsi comunque dell’apparecchiatura presente, richiamando l’ascensore a loro.

Per i restanti sei membri del gruppo la salita procedette senza ulteriori intoppi. Ad uno ad uno, mentre raggiungevano il nuovo piano, veniva riepilogata la situazione che si era venuta a creare pochi attimi prima. Quando anche l’ultima delle persone si riunì agli altri, le luci si accesero.

 

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Capitolo 9
*** L'armata degli scheletri ***


CAPITOLO 9

“L’armata degli scheletri”

 

 

 

Quando anche l’ultima delle persone si riunì agli altri, le luci si accesero.

In molti del gruppo di certo avrebbero preferito che rimanessero spente.

Davanti ai loro occhi infatti si presentò una visione sia assurda che, al tempo stesso, terrificante. Ad aspettarli, nell’enorme stanza metallica, vi era una vera e proprio armata di combattenti. La macabra particolarità della cosa è che, tale armata, era composta esclusivamente da scheletri umani. Erano ben eretti sulle loro gambe e presentavano un inquietante colorito metallico. Ovviamente si trattava di altri automi ostili nei loro confronti.

“Per la miseria…” esclamò Oscar.

“Si ricomincia…” preannunciò Roberto mentre caricava la sua magnum.

“Ma guarda chi si rivede… dove avete messe le vostre spade?” ghignò Sara.

“Ricordano un po’ “Terminator”, vero?” chiese divertito agli altri Andrea.

“Sono sempre più estasiato!” informò il resto della compagnia Stefano, mentre guardava con occhi spalancati quegli ultimi ritrovati dell’alta tecnologia.

“State pronti a riceverli!” ordinò Simone, che già ne aveva sottotiro uno.

Come ad ubbidire al suo ordine, gli scheletri si fecero avanti, facendo subito notare ai loro avversari che non brillavano certo per grande velocità.

“Sono anche troppo lenti…” osservò per l’appunto Tommaso che, seccato forse da ciò, partì rapido verso uno di questi e, con un potente calcio destro, gli stacco di netto una gamba.

La battaglia finalmente ebbe inizio.

A quanto pare, però, qualcosa era sicuramente cambiata nel gruppo. Infatti affrontavano questi nuovi rivali con maggior sicurezza, nonché sfrontatezza, dei precedenti. Praticamente sembrava che questa volta si divertissero nell’affrontarli.

“Stia dietro di me, signora Wilson” il soldato Sarti si prese la responsabilità di proteggere l’unico medico del gruppo, mentre, con il suo fucile, non sbagliava un colpo.

“Ti ringrazio Simone… Tommaso stai attento a fare quelle cose!” redarguì Carla, con un fare decisamente troppo materno, il giovane calciatore, che era entrato violentemente in scivolata su uno dei robot.

Orsi però non era l’unico che assestava ottimi calci contro i loro corpi artificiali, anche Silvestri si esibiva in un’ottima serie di calci a varia altezza contro gli scheletri.

“Forza gente, che mi sto solo riscaldando!” aizzava contro di sé i propri avversari la biondina quando, d’improvviso, sentì alle sue spalle un rumore di rottura metallica. Si girò e vide cadere per terra uno di quei robot con conficcata nella nuca, una delle scarpe di Rosa.

“Invece di fare la scema, guardati anche le spalle, tesoro…” la punzecchiò la giovane attrice.

L’altra ricontrollò un attimo la scarpetta della ragazza e le rispose “Mi sembravi troppo alta di quando sei in tv…”.

“Stronza!” chiuse così la conversazione la Simone.

Intanto “il Predatore”, come veniva soprannominato dai suoi colleghi in polizia, Roberto Santucci continuava a fare fuoco, evitando di tanto in tanto le incursioni di Andrea Lupo, il quale si rivelava più mobile di lui nell’affrontare a mano armata i nemici.

“Che stai facendo, Noro?” chiese d’improvviso.

Lo scienziato si trovava inginocchiato accanto ad uno di quei mostri, osservandolo attentamente “Sto studiando questi prodotti, di certo da qualche parte devono avere un interruttore o qualcosa di simile…”.

“Ah, bene!” gli rispose l’altro.

Infine anche Marco Sciullo si era unito alla sfida e, con il suo fidato coltello, cercava di tagliare più fili possibili, soprattutto tra quelli che erano presenti nei colli degli androidi.

Purtroppo, chi si trovava in grosse difficoltà, data la molta differenza d’età con i suoi compagni, era Oscar che, in breve, si trovò circondato da una decina di scheletri.

“OSCAR!!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlò Carla, attirando l’attenzione degli altri verso il politico.

Qualcuno dei robot aveva già le proprie mani metalliche su di lui, quando cominciarono ad essere bersaglio del fuoco incrociato di tre ottimi cecchini come Andrea, Roberto e Simone. Tutti e tre così in gamba che nessuno pensò minimamente che l’incolumità di Testa fosse in pericolo, per via delle loro pallottole. Uno degli ultimi sopravvissuti fu eliminato da Sciullo che, da dietro, gli tagliò di netto la gola, facendone fuoriuscire sia un non meglio identificato liquido che scintille dai cavi spezzati.

Nel mentre, Tommaso si era talmente appassionato all’azione che ora utilizzava le teste degli umanoidi, come pallone, per colpire gli altri in pieno petto. In più, alla fine di ogni suo attacco ben riuscito, gridava anche “GOOOOOOOOOOOOLLLLLLLLLLLLLLL!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”.

Inoltre proseguiva il fantastico siparietto tra Rosa e Sara.

“Guarda Rosa, hai un nuovo fan per un autografo!” le indicava la bionda, mentre sferrava un calcio alto sulla testa di un robot.

“Eh no, bastardi! Nessuno toccherà più il mio corpo per suo scopi personali!” dichiarò la ragazza mentre, con il suo letale tacco, sfigurava un viso scheletrico.

Anche Lupo era nel pieno dell’euforia, mentre sterminava gli androidi, divertendosi anche a lanciare per aria la sua pistola, per poi riprenderla al volo ed accoppare un altro nemico. Facendo anche citazioni cinematografiche come “Vieni con me, se vuoi vivere!”.

Mentre le ricerche di Noro proseguivano, quest’ultimo esclamò “Eureka!”.

Gli altri si voltarono brevemente verso di lui, che intanto continuava a smanettare sul corpo metallico, e spiegava “L’interruttore generale di questi corpi si trova dentro la loro cassa toracica, è stato molto più semplice di quello che pensavo…”.

Oscar Testa, che aveva seguito attentamente le parole dello scienziato, si avvicinò lentamente ad uno dei robot, che era rimasto senza braccia e senza gambe, chiedendogli “Tu permetti?”

Una volta detto questo inserì, con cautela, la mano dentro il suo torace, trovando a tatto un pulsante e pigiandolo immediatamente. La testa dell’organismo metallico crollò di colpo a terra, senza dare più alcun segno di attività.

“Perfetto! Grazie Noro della notizia!” ringraziò il compare, Testa. Poi si sentì afferrare la spalla da una mano.

“AAAAAAAAHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!”urlò con un enorme scossone.

“Sono io, Oscar, tranquillo. Volevo solo vedere se stavi bene dopo l’aggressione di prima” lo rassicurò subito Wilson.

“Oh, perdonami Carla. Sì, tranquilla, sto bene. Questa specie di mostri li ho già affrontati con Sara, quando ci siamo divisi in quelle sfere giganti…” spiegò il politico alla dottoressa.

“Davvero?” rimase sorpresa la giovane donna.

“Questo vuol dire che i nostri carcerari hanno poca fantasia…” s’intromise nella conversazione, tra uno sparo e l’altro, Andrea Lupo. Il quale dava sempre della rapide occhiate a destra e a sinistra, per controllare davvero tutta la situazione. Proprio in una di queste sue ispezioni visive, dopo un’iniziale non curanza, tornò subito a controllare alla sua sinistra e notò la presenza di tubi che, uscendo per qualche metro dal muro della stanza, infine vi rientravano per non uscirci più.

“Fantastico!” esclamò, per poi raggiungere velocemente uno di questi tubi ed arrampicarvisi sopra,  potendo così sparare meglio sull’esercito degli scheletri metallici.

Nonostante questa sua ottima nuova trovata tattica, si accorse ben presto di una nuova grave deficienza.

“Gente, sto finendo le munizioni!” informò Santucci.

“Mi trovo nella sua stessa situazione, signore!” proseguì Sarti.

Nel trambusto generale, nessuno notò che, dalla parete destra, era comparso uno scaffale segreto con dentro le munizioni tanto agognate.

“Ehi! Qua dentro c’è qualcosa…”urlò agli altri Rosa.

“Cosa?” gli chiese Roberto.

“Munizioni!” gli rispose festante lei.

Al quella sola parola, i tre cecchini del gruppo si precipitarono verso di lei per rifornirsi all’istante. Si avvicinò anche Sara che notò un’altra cosa.

“Ehi Tommy, c’è anche un nuovo paio di scarpette per te!” urlò verso il calciatore, l’avventuriera.

“Bene, queste qua ormai sono finite!” gli rispose l’altro mentre, in semirovesciata, staccava di netto la testa ad un androide.

“Per te invece, tesoro, di scarpette non ce n’è…” sorrise sarcastica alla Simone.

“Stronza!” concluse nuovamente la conversazione la mora.

Nel frattempo, l’anziano assessore Oscar Testa non era certo stato con le mani in mano e, poco alla volta, era riuscito a tirar su una trincea molto funzionale, costruita con le varie carcasse degli organismi robotici ormai fuori uso.

“Ecco signorina… anf… ora io e lei dovremmo essere decisamente più al sicuro… anf… di prima” disse con un po’ d’affanno a Carla Wilson.

“La ringrazio, professor Testa, però eviti di fare certi sforzi… scusi ma è deformazione professionale” e, detto questo, gli sorrise.

La battaglia ormai aveva raggiunto la sua fine. Il numero degli scheletri metallici era drasticamente diminuito e, la parte più attiva del gruppo, cominciava a subire la naturale stanchezza.

“Ne vedete muovere ancora qualcuno?” chiese al resto della comitiva, Roberto.

“Sembrano terminati…” azzardò una risposta, Sara.

Marco era quello più esausto di tutti ma, nonostante questo, si affrettava a rimettere al sicuro il suo coltello di famiglia, mentre Tommaso si accasciava al suolo per verificare il pessimo stato dei suoi piedi, pieni di escoriazioni.

“Tommaso come stai? Ma è possibile che devi sempre prendere a calci qualsiasi cosa che incontri!” arrivò il rimprovero di Carla al giovane calciatore.

“Scusa Carla…” rispose a testa bassa l’altro.

“Bene… proseguiamo?” sorrise al gruppo Rosa.

“Cosa sono quelli?” domandò ad alta voce Stefano, indicando la parte della sala non ancora raggiunta dai nostri.

Tutti si voltarono e videro due pali che spuntavano dal pavimento, uno a pochi metri dall’altro, perfettamente paralleli tra loro.

Le dieci persone li raggiunsero in pochi secondi, notando subito la porta d’uscita da quella stanza.

“Ricordano i pali dell’albero della cuccagna…” ironizzò Oscar.

“Beh, io non sono qui per giocare. Andiamo avanti e basta!” sbottò Andrea, che si diresse convinto verso l’uscita. Quest’ultima rimase perfettamente chiusa.

“Ma che cazzo?!” imprecò il ladro, analizzando con lo sguardo tutta la superficie dell’uscio, nella ricerca di un valido motivo per la mancata apertura.

“Non si apre?” chiese ingenuamente Sciullo.

“A te cosa sembra?” gli rispose ironica, ma anche seccata, Silvestri.

“E ora come si procede?” domandò Testa.

La risposta non si fece attendere. Arrivò sotto forma di un’artificiale voce metallica.

“BENE GENTE, PER APRIRE QUESTA PORTA DOVRETE PREMERE I DUE PULSANTI ROSSI SITUATI SU QUESTA PARETE, ESATTAMENTE ALL’ALTEZZA DELLA SOMMITÀ DELLE DUE PERTICHE”.

“Ma che gran…” Rosa fu però interrotta sul più bello.

“ED INOLTRE DOVETE ANCHE DARVI UNA MOSSA!”

Appena terminata la voce, infatti, i minuscoli buchi, presenti nelle restanti pareti della stanza, cominciarono a rigettare il solito gas verde.

“Ok gente, chi va? A parte Lupo…” di fatti Santucci notò subito che, il suo rivale, era già di fronte ad uno dei due pali.

“Con il suo permesso, commissario” si fece avanti Sarti.

“Bene, vai pure Simone!” gli rispose l’uomo.

Entrambi i prescelti erano di fronte alle due pertiche e, una volta che Wilson disse loro “Mi raccomando, fate attenzione!”, cominciarono la scalata.

Entrambi se la cavavano molto bene e, con grande rapidità, avevo raggiunto quasi la metà del percorso. Poi però ci fu un nuovo imprevisto: i due pali, infatti, cominciarono a scomparire nel pavimento metallico.

“Cosa?” esclamò Andrea.

“Maledizione!” fece altrettanto Simone.

“I pali scendono giù!” urlò Rosa, alquanto preoccupata.

La cima delle due aste era ormai molto più in basso rispetto ai due bottoni da premere.

“Provate a saltare!” suggerì Orsi.

Il militare ed il fuorilegge rifletterono sulla proposta dell’atleta. Presero una decisione: con un grande sforzo, erano nel vuoto.

La gente sotto di loro trattenne il fiato, mentre i due raggiungevano in volo la parete metallica. Purtroppo l’unico risultato fu che entrambi sbatterono violentemente contro la suddetta parete e poi precipitarono a terra.

Subito gli altri li raggiunsero.

“Simone, Andrea, state bene?” iniziò la Wilson.

“Siamo finiti!” si arrese Noro.

“Aspettate! Guardate i pali!” richiamò l’attenzione di tutti Silvestri.

Inaspettatamente, i pali stavano tornando alla loro posizione originale, fuoriuscendo dal proprio buco nel piano di metallo.

“C’è ancora una possibilità allora!” esclamò raggiante, più per la tensione che per altro, Sciullo.

“Questa volta però dovrete essere rapidissimi!” ordinò involontariamente loro Roberto Santucci.

“Perché non ci provi te, trippone?!” gli rispose a tono Andrea Lupo.

Il membro delle forze dell’ordine sorvolò sulla provocazione.

“Io ho un’idea: Dobbiamo raggiungere il prima possibile la cima del palo, salirci sopra e saltare, con una sola gamba, verso il pulsante” espose rapidamente il piano, Simone Sarti.

“Ci sto!” concordò con lui Lupo.

“Presto signori, il tempo non è a nostro vantaggio” suggerì Oscar Testa, che tornò nuovamente a voltarsi, per controllare il preoccupante avanzamento della letale nebbiolina verde.

Una volta che i due pali metallici terminarono la propria crescita, i due erano nuovamente di fronte ad essi. Questa volta scattarono ancora più rapidamente della precedente, con i loro corpi che, sebbene ben ancorati alle pertiche, sembravano sfiorarle appena. Le due semplici strutture erano già rientrate per un buon pezzo nel pavimento, quando i due uomini si trovarono, in equilibrio su di una gamba sola, nel piccolo cerchio che ne terminava la salita. Insieme, quasi in perfetta sincronia, si abbassarono sull’unica gamba di appoggio e balzarono in avanti. Tenendo le braccia ben tese in avanti, entrambi premettero i pulsanti di apertura della porta. Concludendo il tutto con un buon atterraggio a terra, aiutati anche dallo stesso muro su cui scivolarono docilmente  per tutta la fase discendente.

“Ce l’avete fatta ragazzi!” Tommaso fu il primo a complimentarsi con loro, nonostante ancora claudicante per la precedente battaglia, alle cui ferite Carla aveva provato a porre rimedio alla meglio.

“Posticipiamo i complimenti a dopo, ora pensiamo ad uscire di qui!” invitò tutti Roberto.

I dieci componenti uscirono rapidamente dalla porta che, come da aspettativa, si era aperta una volta premuti i due pulsanti, con il gas che, questa volta, era seriamente giunto vicino a loro, creando il panico su gente come Stefano Noro e Marco Sciullo.

 

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Capitolo 10
*** La discesa ***


CAPITOLO 10

“La discesa”

 

 

 

“Questa volta si scende, gente…” esclamò verso gli altri Roberto.

Tutti allora si affacciarono per scrutare minuziosamente il nuovo paesaggio che avevano di fronte. Apparentemente, non si presentava una situazione particolarmente ostica. Vi erano presenti nella stanza, infatti, solamente delle pedane in fila l’una dopo l’altra in ordine decrescenta di altezza, da formare in pratica una scaletta che portava ad una nuova porta metallica, situata a stretto contatto con il suolo dell’edificio.

“Oh signore! Non ce la faccio più ad andare avanti…” sbuffò stremato Marco, appoggiandosi con la schiena al muro.

Sentito questo, Tommaso gli si avvicinò deciso “Ma dai Marco! Questa volta non mi sembra che sia complicato come le altre stanze…”.

SDENG!

Senza neanche far terminare la frase al giovane calciatore, cominciarono a piovere dal soffitto enormi presse, della grandezza identica alle pedane stesse, che si andavano ad appoggiare violentemente su di esse.

“Non mi sembra che sia complicata come le altre…” Rosa squadrò maligniamente Orsi, citando con fare polemico le sue ultime parole.

“Per Diana!” esclamò Oscar.

Dopo attimi di silenzio, fu Sara a pronunciarsi “Però c’è una possibilità!”

“Cosa?” chiese interrogativamente Stefano.

Andrea si portò davanti a tutti gli altri “la biondina ha ragione, le presse scendono giù in maniera sequenziale, quindi c’è abbastanza tempo per scendere da una all’altra senza rimanere schiacciati”.

“Richiederà molta sincronizzazione” Confermò Simone.

“Ed immagino che, anche questa volta, non ci siano possibilità per tornare indietro…” si rassegnò Carla.

“Quelle non ci sono mai state” la corresse Santucci.

I dieci però rimanevano immobili nell’attesa che qualcuno di loro facesse il primo passo.

“Ok, si va!” spezzò l’immobilità Lupo.

“Aspetta…” tentò di frenarlo Wilson.

“Non si può aspettare, Carla! Vedi tutti quei buchi?” e, dicendo questo, Silvestri gli indicò i vari fori presenti nella parete “Sono già pronti ad aprirsi ad ogni nostra minima perdità di tempo”.

“Bene, io vado!” e subito il ladro saltò sulla prima pedana, appena la pressa sopra di essa gli permise un comodo atterraggio sul piano.

Da come egli eseguì il tutto, tutte le azioni ripetitive da compiere non sembravano certo di una difficoltà mostruosa. In un attimo, fu il primo a raggiugere la porta successiva.

Tutti, in un certo senso, erano ora rincuorati dalle reali possibilità di farcela.

Il secondo ad avanzare fu Sarti che, subito dopo, si voltò verso gli altri “Mi raccomando gente, aspettate sempre che la pressa sia ad un’altezza adeguata per permettervi di effettuare un salto giusto per un atterraggio altrettanto giusto”.

Detto questo, il soldato effettuò la sua discesa, anche lui senza particolari sbavature.

“In effetti, non sembra particolarmente difficile…” ipotizzò la Simone.

“E poi può essere un ottimo esercizio per farti rimanere in forma!” gli sorrise strizzandogli l’occhio Sara, sorriso che fu ricambiato dall’altra ragazza.

“Sì… penso… decisamente… di farcela…” avanzò, ancora titubante, Sciullo.

“Tranquillo figliolo, aspetta di essere abbastanza sicuro prima di scendere da quassù” cercò di tranquillizzarlo l’anziano Testa, mettendogli una mano rassicurante sulla spalla sinistra.

Poi fu lo stesso politico a raggiungere la prima pedana, con l’incessante rumore delle presse che continuava a fare da sfondo musicale al tutto. Certamente non fu un esecuzione limpida come le due precedenti, ma, la serenità con cui l’onorovole svolse il tutto, fece sembrare che le stesse presse giganti rallentassero il proprio corso, per permettere alla persona di eseguire al meglio la propria discesa, in particolare nei suoi atterraggi ogni tanto un po’ claudicanti.

“Avanti il prossimo!” sorrise ai componenti rimasti Roberto.

“Io penso… di non essere ancora pronto” declinò momentaneamente l’invito Marco.

Il poliziotto squadrò dubbioso il giovane yuppie, per poi concentrasi sulla nuova figura che lo raggiungeva.

“Vado io!” dichiarò sicura di sé Sara.

“Mi raccomando fai atten…” ma Carla non riuscì a terminare la frase che la ragazza era già partita.

La giovane procedeva in maniera apparentemente anche troppo affrettata, arrivando sulle rampe con estrema leggerezza, per poi balzare subito in piedi per procedere al salto successivo. A metà del percorso si voltò per osservare il punto di partenza, in particolare Rosa Simone, per poi, subito dopo, eseguire addirittura una ruota e proseguire il percorso.

“Che stronza!” commentò a bassa voce la mora.

Alla fine, anche Silvestri raggiunse gli altri alla nuova porta.

“Complimenti Sara, bella prova!” si complimentò Lupo, dandogli il cinque per poi accendersi una sigaretta.

“Brava figliola. Certo semmai potevi evitare di fare la ruota…” la richiamò Testa, ma lei fece spallucce.

Al punto di partenza si aspettava il prossimo volontario.

“Ancora non pronto?” chiese Santucci a Sciullo.

Il ragazzo dondolò negativamente il capo.

“Bene. Tesoro, se non ce la fai, posso venire io con te…” consigliò l’uomo avvicinandosi alla vip.

“Tesoro… perché piuttosto non pensi a lei?” indicandogli, con un movimento della testa, la dottoressa che gli stava accanto.

Roberto si girò verso la Wilson, che lo fissava con uno sguardo speranzoso ed impaurito allo stesso tempo.

“E va bene, Carla… è il nostro turno ora!” l’abbracciò tenendola tutta stretta a sé, aiutato anche dalla grande differenza di altezza tra i due.

“Ti ringrazio Roberto! Scusami per tutte le preoccupazioni che sto dando a te e agli altri del gruppo” si scusò lei, quasi sull’orlo delle lacrime.

“Non ci pensare nemmeno, Carla! Sei la prima a preoccuparsi per tutti noi. Il minimo che possiamo fare per te è aiutarti ad uscire da questo incubo!” la rassicurò il commissario, mentre insieme stavano per procedere al primo salto.

Purtroppo, data la suddetta differenza di altezza, il salto non venne perfettamente coordinato, data anche la diversità di falcata fra i due.

Appena scesi sulla prima pedana, Roberto escogitò subito una soluzione rapida “Carla, aggrappati forte a me!”

“Cosa?” chiese dubbiosa la donna.

“Fidati!”

Subito il medico si aggrappò a lui, tenendogli le gambe attorno alla vita, ironicamente in stile “koala”.

Tutto il procedimento del percorso, portò quasi all’ilarità gli altri membri del gruppo. Che però constatarono l’efficacia di tale metodo.

“Ottima soluzione, signore!” si complimentò Simone.

“Grazie Simone” rispose Santucci.

“Tutto a posto, Carla?” chiese Oscar.

“Sì Oscar, tutto bene” confermò Wilson.

Terminata anche questa discesa Tommaso, che era rimasto un po’ in disparte del gruppo che doveva ancora effettuarla, pensava che era giunto il suo momento, anche se qualcosa ancora non lo convinceva.

Intanto Noro si avvicinò a Marco dicendogli “Senti Marco, dato che prima o poi toccherà anche a noi scendere giù, se non vogliamo essere uccisi dal gas verde, perché non ci sproniamo a vicenda e scendiamo insieme le piattaforme?”.

“Tu dici?” domandò, con un barlume di speranza negli occhi, il giovane imprenditore, i cui capelli, una volta ben impomatati, erano ora tutti scombinati.

“Beh, in due potremo farci più coraggio!” rispose determinato Stefano.

L’altro lo guardò con profonda ammirazione e poi esclamò “Ok, andiamo!”.

I due si portarono a qualche metro dall’orlo della rampa, poi portarono un braccio ognuno sulle spalle dell’altro ed infine lo scienziato cominciò ad urlare:

“1… 2… 3… VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”

I due presero la rincorsa e saltarono giù nella prima pedana, quando la prima pressa era all’inizio della sua risalita verso il soffitto.

“1… 2… 3… VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”

“1… 2… 3… VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”

“1… 2… 3… VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”

“1… 2… 3… VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”

A poco a poco, la coppia terminò la sua discesa verso la maggior parte del gruppo, questa volta provocando delle vere e proprie risate a tutti, colpiti ironicamente dalle loro smorfie sulle facce e dalle urla disperate, che li avevano contraddistinti durante ogni salto del percorso.

“Ottima tecnica gente… ahahahahahahahahahahah!” scoppiò in una nuova risata Sara.

Il duetto continuava a rimanere ancora unito in un abbraccio disperato.

“A parte gli scherzi, complimenti figlioli, ce l’avete fatta!” si congratulò Oscar.

“È tutto a posto? Stefano? Marco?” chiese immediatamente Carla.

“Forza che mancano gli ultimi due!” incoraggiò Roberto.

“Speriamo…” aggiunse Andrea.

I due giovani rimasti continuavano a scrutare gli altri in assoluto silenzio.

“Bene… vado io, Rosa” decise Tommaso.

“Come vuoi, Tommy”.

Il giovane atleta, dopo una breve rincorsa, spicco il volo per poi ricadere sulla prima piattaforma. Tutto andò bene, nonostante le scarpe con i tacchetti non fossero proprio l’ideale per quel tipo di attività. Nell’atterraggio del secondo salto, Orsi perse per un attimo l’equilibrio, senza però cadere a terra. Il terzo salto, per il quale forse il ragazzo attese anche troppo, dato che la pressa stava quasi terminando la sua risalita al soffitto, non andò bene ed il giovane, appena toccata la superficie della pedana con i tacchetti, scivolò, ritrovandosi con la schiena sul freddo pavimento metallico. Intanto il meccanismo sopra di lui era pronto a ridiscendere.

“Oh no!” sussurrò Rosa, con gli occhi spalancati sulla scena.

Gli altri espressero la loro preoccupazione per il compagno con esclamazioni più colorite.

Il calciatore, riaperti gli occhi, vide la pressa cominciare la sua folle corsa contro di lui. Le cose si stavano mettendo decisamente male. Con l’ultimo sforzo, dato che i piedi gli erano tornati a sanguinare, con la mano destra si afferrò all’orlo del piano e si lanciò di sotto. La pressa fece il suo solito frastuono d’impatto. La caduta fu di quasi 4 metri e, negli ultimi istanti in volo, Tommaso portò avanti il braccio, forse in un gesto protettivo, con l’unico risultato di atterrarci pesantemente sopra.

Dopo qualche attimo di sbigottimento, le altre persone cominciarono a raggiungere il caduto, chiamando a gran voce il suo nome, ma il ragazzo non sembrava dare segni di vita.

Carla continuava a ripetere, quasi in maniera psicotica “Stai bene Tommaso? Stai bene Tommaso? Stai bene Tommaso?” con le lacrime che tornavano a solcargli il volto.

Poi Orsi aprì gli occhi, urlando per il gran dolore che sentiva al braccio.

“È rotto?” chiese Testa a Wilson.

La dottoressa, ripresa un po’ di lucidità, controllò e trasse una conclusione “No, dovrebbe essere solo lussato”.

“Hai rischiato molto, ragazzo” lo ammonì Roberto.

“Ci hai fatto prendere un colpo!” esclamò Stefano.

“Forza, che ti tiro su” lo informò Simone, mentre lo aiutava a rimettersi in piedi.

“Come ti senti, Tommaso?” domandò Marco.

“Bene Marco, ho solo un gran male al braccio” gli rispose l’altro, tenendo la mano in salute sul braccio offeso.

Mentre tutti tornavo a dirigersi verso la porta, Sara stava già controllando la sua coetanea lassù, impietrita e con ancora tutto il percorso da effettuare.

“Ora Rosa cosa farà?” sembrò quasi leggerla nel pensiero Andrea.

Il gruppo tornò a guardare verso l’alto.

La giovane attrice era rimasta davvero shockata da quanto appena successo a Tommaso, rimanendo in silenzio a guardare le presse che cadevano e risalivano sul soffitto.

“Forza Rosa! Non pensare a quello che è appena successo!” gli urlò Santucci.

“Dai che stiamo tutti aspettando solo te!” lo imitò Silvestri.

Tutto il resto del gruppo iniziò allora ad incitarla a gran voce.

Lei tornò ad acquisire un po’ di calma, sentendo le voci dei suoi compagni tutte per lei. Come prima cosa, si tolse le scarpe con il tacco che aveva ai piedi. Poi si mise a respirare profondamente, fece qualche passo indietro, per avere un po’ di rincorsa, attese che la pressa cominciasse la sua salita, per avere abbastanza spazio verticale per il balzo, ed infine saltò. Tutto andò bene e, dal basso, il gruppo esultò e continuò ad incitare la ragazza. Ad ogni piattaforma che superava, Rosa si sentiva più tranquilla e vedeva i suoi nuovi amici sempre più vicini. Finché non li raggiunse.

“Ce ne hai messo di tempo!” la punzecchiò Sara.

“Stai zitta, stronza!” le rispose l’altra. Poi entrambe si abbracciarono.

“Brava piccola, ce l’hai fatta!” si complimentò anche Roberto.

“Ora bisognerà trovare il modo di medicare Tommaso” espresse la sua opinione Sarti.

A queste ultime parole, la comitiva sentì distintamente un rumore provenire dalla parete della stanza e si voltarono verso di esso. Dal muro si era appena aperto un cassetto segreto, il gruppo si avvicinò per vedere cosa contenesse. Dentro vi era un particolare tipo di fasciatura che la Wilson riconobbe subito “È una fasciatura a triangolo, l’ideale per poterti tenere il braccio al collo, Tommy!”.

“Beh se non altro sono stati gentili…” si azzardò Sciullo, con il suo ormai noto difetto di pronuncia.

Sara, a questo punto, andò verso la porta e cominciò a sbraitare “Cosa c’è, figlio di puttana? Ti piace così tanto prenderci per il culo?!”.

“Calmati Sara!” le urlò contro Roberto.

“Ti serve una mano, Carla?” chiese premuroso Noro.

“No, grazie Stefano. È semplicissimo mettere questo tipo di fasciature”.

“Il percorso si sta facendo sempre più pericoloso, mi chiedo a cosa punti il nostro nemico…” ragionò ad alta voce Simone.

“Di certo possiamo ormai essere certi che, chiunque sia, non ci vuole uccidere” aggiunse Testa.

“Beh questo, vecchio, non è mai detto…” sentenziò Lupo.

“Eh no! Io sono disposto a dare tutto quello che ho, piuttosto che morire!” sbottò prepotentemente Marco.

“Oh beh, certo! Per te è facile parlare così!” cominciò a polemizzare Sara.

“Figurati! Con le poche comparsate che ho fatto finora, non ho potuto certo mettermi da parte nulla” si unì alla Silvestri, la Simone.

Intanto che il resto del gruppo cominciava nuovamente ad urlarsi addosso, Carla controllava nuovamente se la fasciatura sul braccio infortunato di Tommaso reggesse o meno, quasi in maniera maniacale.

“Tranquilla, così va più che bene, il dolore al braccio poi mi è già diminuito!” la tranquillizzò l’interessato.

“Bene. Scusami ma fa parte del mio carattere essere così apprensiva” gli rispose, con un dolce sorriso, la Wilson.

Intanto Noro si era messo davanti alla porta e, anche per evitare che i toni della discussione, che stava andando avanti già da qualche minuto, si alzassero eccessivamente, disse a tutti “Scusate se v’interrompo, ma perché la porta non si apre?”.

A questo quesito, tutto il gruppo si riversò verso l’uscita.

“Come? Non si apre?” chiese, senza particolari speranze di risposta, Santucci.

“Forse non siamo tutti presenti…” si azzardò Noro.

“Ma certo che ci siamo tutti, cazzo!” Sciullo stava per cominciare una delle sue ormai classiche crisi di nervi.

“Forse va premuto qualcosa da qualche parte…” ipotizzò Orsi.

“Negativo, non vedo alcun tipo di pulsanti o simili” gli rispose sbrigativamente Sarti.

“Oddio ragazzi, guardate!” richiamò l’attenzione di tutti Carla, indicando i buchi delle pareti che si stavano aprendo, sbuffando fuori il gas verde.

“Apriti, porca troia!” imprecò volgarmente Sara, mentre prendeva a calci un’anta.

“Oh signore! Ma cos’altro si aspettano da noi…” esclamò Oscar, guardando verso il soffitto.

Intanto la nebbia verdognola era sempre più attorno a loro.

“Forse dobbiamo bussa…” ma Andrea non riuscì a terminare la frase, dato che tutta la squadra sparì, inghiottita dal pavimento della stanza.

 

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Capitolo 11
*** Divieto ai bagnanti ***


CAPITOLO 11

“Divieto ai bagnanti”

 

 

 

La discesa nel buio fu relativamente breve poi, tutte e otto le persone interessate, finalmente atterrarono. Lo scienziato del gruppo sentì qualcosa insinuarsi pericolosamente dentro la sua bocca. Di getto, risputò tutto subito “Ma questa… è sabbia!”.

Sfortunatamente fu l’unico della comitiva ad atterrare di faccia, mentre Andrea apostrofava il tutto con un “Ma che diavolo?”.

“Finalmente possiamo concederci un po’ di relax!” sospirò felice Rosa.

“Io mi butto, ragazzi!” urlò Sara, mentre si dirigeva in quella che sembrava in tutto e per tutto dell’acqua limpida, essendosi già tolta la maglietta leggermente strappata e proseguendo praticamente in reggiseno.

“Fermati, ragazza!” Simone la bloccò con un braccio teso che, inavvertitamente, gli andò a premere il seno destro.

“Ma che vuoi, maiale?!” chiese spiegazioni la bionda.

“Ehi guardate! Ma quello è…” iniziò Tommaso.

“Uno squalo!” concluse terrorizzato Marco.

“A dir la verità, sono due” aggiunse Roberto, indicando con il dito una nuova minaccia.

“E guardate là! Ce n’è un altro!” constatò Oscar.

“Tre squali!?” fece il riepilogo della situazione, Carla.

“E l’uscita è proprio oltre questa distesa d’acqua” informò il resto della squadra Sarti che, intanto, stava controllando il tutto con un binocolo militare.

“Perfetto! Ora qui come ce la caviamo?” chiese spazientita la giovane attrice.

“Di certo la possibilità di farsela a nuoto è da escludere subito” sottolineò Orsi.

“Inoltre, almeno parlando personalmente, dovrei rivedere alquanto il mio stile di nuoto…” informò Testa che, in pratica, non sapeva nuotare.

“Gente! Qua c’è della legna ammonticellata…” chiamò a raccolta gli altri, Noro.

“Questo vuol dire che il nostro carceriere ci concede, se non altro, un po’ di tempo…” ipotizzò Santucci.

Intanto Lupo si dilettava a tirare dei sassi, trovati tra la rena sottile di quella particolare spiaggia, contro i pescecani.

“Smettila Andrea! Non vorrai mica che vengano qui!” lo ammonì spaventata Wilson.

“Mica sono dei mammiferi! Stai tranquilla, Carla” la tranquillizzò Silvestri.

“Guardate! Le luci della stanza cominciano ad affievolirsi!” notò alzando la testa Sciullo.

“Ecco a cosa serve la legna…” puntualizzò il poliziotto.

“Inoltre abbiamo anche quello della palma qui dietro” fece notare Sarti.

Tutti gli altri si voltarono e, subito, notarono l’albero che sovrastava tutta l’isoletta.

“Ma questo vuol dire che c’è anche qualche noce di cocco?” domandò interessata la dottoressa.

“Sì, qualcuna mi sembra che ci sia… chi le va a prendere?” chiese la Simone.

“Ci andrei io, se non fossi così malridotto…” disse sommesso il calciatore.

“Tranquilli, ci vado io!” disse il ladro, mentre si avviava all’impresa.

“Fai attenzione Andrea” lo richiamò il politico.

Ma il fuorilegge era già quasi arrivato alla cima dell’albero. Una volta raggiunta, iniziò a staccarne i frutti e a gettarli verso il basso. Nel frattempo, il militare si apprestava a raccoglierli per poi, successivamente, cominciare ad aprirli nel modo più corretto possibile, grazie anche al suo coltello militare dell’equipaggiamento.

“Mi è sempre piaciuto il cocco!” affermò felice Carla.

“In effetti, comincio ad avere un po’ fame…” aggiunse Stefano, mentre cercava di mascherare al meglio il brontolio del suo stomaco.

Nel mentre, Simone sorseggiava del latte di cocco direttamente da uno degli occhi della noce che aveva forato, Roberto cominciava ad offrire scaglie del frutto alle signore del gruppo ed Andrea si lasciava scivolare dal tronco fino al suolo.

Intanto Sara, che si era nel frattempo rivestita, osservava il tranquillo nuotare dei loro guardiani acquatici “Però non sono tanto grossi come squali…” osservò, rivolgendosi al giovane che aveva accanto.

“Ma saranno comunque pericolosi, immagino…” gli suggerì Tommaso.

Marco, che aveva anche aiutato Simone ad aprire il cocco, utilizzando il proprio coltello personale, fece notare “Ora per la legna servirebbe un accendino…” dando un’occhiata a Lupo, l’unico fumatore della banda.

Ma quest’ultimo non sembrava interessato ad aiutare ulteriormente i suoi compagni. Al che Rosa gli si fece vicina.

“Per favore, Andrea, puoi accendere il fuoco?” gli domandò cortesemente la ragazza, terminando il tutto con il suo straordinario sorriso, che stava cominciando a contraddistinguerla tra i vari vip, o presunti tali, italiani.

Ovviamente il ricercato, con quest’ultimo colpo finale, capitolò.

“Sai Rosa… la ferita… non ti si nota quasi più sul tuo viso…” osservò timidamente Sciullo.

“Ti ringrazio Marco” fu la risposta di lei, accompagnata da un altro dei suoi suddetti sorrisi.

“Bene, cari colleghi, dato che le luci sono ormai spente, che ne dite di approfittare di questa lieta pausa per conoscersi meglio, raccontando un po’ le nostre storie, le nostre vicende, i nostri interessi…” propose Oscar.

“Ah… io passo!” si tirò subito fuori il ladro, che intanto si era riappropriato del suo accendino e si stava accendendo una nuova sigaretta.

“Invece potrebbe essere un’ottima idea per passare un po’ il tempo!” appoggiò l’idea del politico, Carla.

“Chissà per quanto tempo potremmo stare su questa isoletta?” si domandò Tommaso.

“Aspettate un attimo… ma da dove farà sbucare il gas, questa volta?” fece notare Stefano.

In effetti, oltre al fatto che erano parecchio lontani dalle pareti metalliche che delimitavano quella nuova stanza. Queste stesse pareti sembravano non presentare alcun tipo di apertura, neppure minima, e, per una buona parte, erano sommerse dall’acqua.

“Allora! Chi comincia con le curiosità?” spezzò il silenzio Rosa.

“Perché non proprio te, signorina bella? Quali sono le tue grandi ambizioni da artista? Semmai usciremo vivi da qui dentro…” la punzecchiò, com’era ormai solito fare, Sara.

“Beh, come penso sia ovvio, mi piacerebbe sfondare nel mondo del cinema, anche perché, per ora, ho fatto solo qualche comparsata televisiva e pubblicitaria, più qualche ospitata in tv…”.

Tutti, chi più chi meno, annuirono alle parole della giovane attrice.

“Piuttosto…” s’intromise Marco “noi, bene o male, siamo tutti delle celebrità… ma te, signorina, perché sei qui?” rivolgendosi a Silvestri.

“Dunque… diciamo che non è la prima cosa strana che mi capita nella vita…” rispose enigmatica la ragazza bionda “Diciamo che sono tipo una Miss Avventura!”.

Dopo quest’ultima uscita, era di nuovo piombato il silenzio nel gruppo. E nuovamente fu la giovane Simone ad interromperlo “Oscar, sono curiosa, qual è il tuo film preferito?” chiese rivolgendosi al più anziano della compagnia.

“Beh figliola, forse mi prenderai per un rimbambito, appena sentirai la risposta, comunque, la mia pellicola preferita è “Bambi” della Walt Disney” rispose, in maniera del tutto seria, Testa.

Tutti rimasero sorpresi da ciò.

“Ora io ho una domanda per Lupo” alzò la mano come a scuola, Tommaso, che si era sdraiato sulla calda sabbia per dare un po’ di riposo al suo fisico martoriato “Vorrei sapere quante persone siete nella tua squadra… cioè, nel tuo gruppo… cioè… insomma quanti siete?”.

L’interessato fece un mezzo sorriso “Sono certo che questa informazione non interessa solo te” esclamò, guardando di sfuggita Santucci “Comunque direi in tre, quattro compreso me: Daniele, Gabriele e Federica, la donna più affascinante del mondo!” tutti si stupirono a quelle parole “Ovviamente siamo tutti e quattro ricercati!” concluse Andrea.

“Ora ho una domanda per te, soldato, come mai ti trovi qui con noi, invece di essere in qualche zona di guerra o simile? Sai anch’io, prima di entrare in polizia, venivo dal mondo militare” riprese il discorso, Roberto.

“Prima di ritrovarmi qui con voi, avevo chiesto la licenza temporanea per fare rientro in Italia per…” e qui il militare ebbe un attimo di esitazione “diciamo motivi personali…”.

“Tipo?” incalzò la sua omonima nel cognome.

“Beh, per un ragazza, ma non vi dirò né il suo nome né il suo cognome, per motivi di segretezza…”.

“Questo ci dimostra che l’amore è forte sia dalla parte della legge che contro la legge” rise compiaciuto Oscar.

“Il tuo animale preferito, Carla?” domandò improvvisamente Noro.

“Ma che razza di domanda è?” commentò ad alta voce Sciullo.

“Beh è tanto per fare conversazione…” si giustificò lo scienziato.

“I gatti, Stefano” gli rispose cordialmente la dottoressa “Invece te, a quanto ho capito, t’interessi di robotica…”.

“Infatti! Vedi, il mio sogno è quello un giorno di poter costruire, diciamo, una donna robot” si confessò lui.

“Immagino per fare cosa…” ironizzò in maniera perfida il ladro.

“Ehi!” lo richiamò il diretto interessato.

“Ora sta a te, Marco…” iniziò Roberto, guardando dritto negli occhi il giovane imprenditore “Che tipo di attività svolge veramente la tua famiglia?”.

“Ecco noi… in verità…” il respiro in lui cominciava a farsi pesante, con qualche gocciolina di sudore che gli scendeva sulla fronte “noi alleviamo ostriche”.

“Ostriche?”.

“Sì, ostriche!” confermò, pronunciandolo esclusivamente con la erre moscia.

La comitiva era sempre più basita dalle curiosità che i loro stessi membri snocciolavano via via.

“Aspettate un attimo! Ora tocca anche a Tommaso dire la sua! Tommy la tua squa…” ma Silvestri s’interruppe subito, appena vide il giovane calciatore completamente addormentato sulla spiaggia.

“Povero ragazzo, è di certo quello che ha subito più danni di tutti noi” decretò Wilson, sorridendo nel vederlo così tranquillo tra le braccia di Morfeo.

Di fatti, sull’isoletta artificiale era ormai calata totalmente la notte, artificiale anch’essa, mentre, nonostante la poca ma intensa luce che emetteva il fuoco, tutto il resto del gruppo seguiva l’esempio di Orsi.

 

Durante la notte, comunque, c’era un membro della comitiva che doveva togliersi la sua curiosità.

“Ehi, Tommy! Tommy! Sei sveglio?” urlò sottovoce.

“Mmmmh… che succede Sara?”.

“Volevo chiederti, qual è la tua squadra preferita?”.

Lì per lì il calciatore fu sorpreso da questa improvvisa domanda “Italiana o in generale?”.

“In generale”.

“Il Barcellona”.

“Ah… ok, grazie. Buonanotte Tommy”.

“Buonanotte Sara”.

 

La mattina successiva, se proprio così vogliamo chiamarla, il gruppo si era ridestato con tutta la calma e la serenità che, inconsciamente, quella nuova stanza suggeriva. Chi più e chi meno si erano tutti alleggeriti dei propri abiti e, nel mentre, stavano consumando una deliziosa colazione a base di cocco.

“Ma non sembra anche a voi che l’isola si sia rimpicciolita?” questionò Rosa, mentre continuava il suo pasto.

Tutti smisero di masticare. I più suscettibili cominciarono ad inquietarsi.

“Cosa?!” urlò Stefano con la bocca piena.

“In effetti, sembrava anche a me che ci fosse meno spiaggia rispetto a ieri” aggiunse Roberto.

“Oddio, che cosa sta succedendo?!” chiese preoccupata Carla.

È il modo che i nostri carcerieri hanno per dirci di muoverci…” concluse Andrea.

“Beh, allora cerchiamo il più velocemente possibile un modo per andar via di qui!” sbraitò, già in piena crisi, Marco.

“E con gli squali come la mettiamo? Io poi non sono ancora in piena forma…” ricordò a tutti Tommaso, che stava ancora sdraiato sulla rena.

“Speriamo almeno non ne siano arrivati degli altri…” disse Oscar, mentre scrutava il mare artificiale.

“Negativo! Sono ancora tre esemplari, signore!” rispose risoluto Simone.

“Se non altro, c’è una buona notizia…” si consolò Sara, mentre giocava con la sabbia.

“AAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

Quell’urlo improvviso allarmò tutti quanti. Subito i nostri controllarono se erano tutti presenti, ma mancava una persona all’appello: Stefano Noro.

Immediatamente tutti scattarono verso la direzione da cui era provenuto quel grido, anche lo stesso Orsi ancora claudicante. Sarti fece subito mente locale e si ricordò che tutti e tre gli squali erano presente e ben visibili dalla loro postazione.

Il primo ad arrivare fu Santucci, il quale notò lo scienziato che si rotolava a terra dal dolore, tenendosi con le mani il piede destro.

“Che è successo, Stefano?” domandò allarmato Sciullo, da dietro il poliziotto.

“Ho battuto il ditone del piede!” rispose lui, con il volto ancora camuffato in una maschera di dolore.

Silvestri non resistette e scoppiò a ridere. Intanto Wilson cercava di “prestare i primi soccorsi all’infortunato”.

Tutti tirarono un sospiro di sollievo, quando Tommaso notò qualcosa “E quella cos’è? È su quella che hai battuto, Stefano?”.

L’interpellato controllò velocemente l’oggetto in questione ed annuì.

“Cosa diamine è?” s’interrogò Testa.

Ad un primo esame visivo, sembravano semplicemente due tronchi, legati tra loro, che spuntavano da una duna di sabbia. Poi a Lupo venne un’illuminazione “Forza, aiutatemi a scavare!” e lui stesso si mise subito all’opera.

Nonostante vi fosse qualcuno che ancora non aveva pienamente intuito, ognuno diede una mano per il completamento dell’operazione. Una volta terminata, tutto fu chiaro. I sette uomini e le tre donne trovarono davanti a loro una zattera di legno di ottima fattura.

“Perfetto! Ora sappiamo con cosa andare via da qui!” disse raggiante Rosa.

“E i remi?” chiese Marco.

“Possiamo usare quei tronchi lì!” rispose Roberto, indicando dei tronchi giusti per l’occorrenza.

“E gli squali?” domandò, ancora più angustiata, Carla.

“Per quello, vi ricordo che abbiamo dalla nostra parte tre ottimi cecchini…” rimembrò Oscar, mentre i tre citati si gonfiarono di fierezza.

“Ok, allora portiamola di là!” diede il via al trasporto del natante, Orsi.

 

“Dove sono finiti i pescecani?!” esclamò Roberto.

“Sono andati più al largo, signore! Sembra che, in un certo senso, abbiano intuito qualcosa…” rispose quasi incredulo il militare.

“Bene! Allora… voi due della “coppia che scoppia” remerete…” iniziò il ladro, parlando di Sciullo e Noro “noi tre spareremo e voi… cercate di non farvi mangiare!” concluse con un sorrisetto beffardo.

“Stronzo!” lo apostrofò subito la Simone.

“Guarda, pezzo di merda, che sono capace anch’io di remare, non ci vuole di certo una laurea…” fu la risposta immediata di Silvestri.

“Beh, fate un po’ come vi pare allora!” terminò la discussione Lupo, accendendosi una sigaretta.

Alla fine però i ruoli furono quelli designati dal fuorilegge e la zattera prese, piano piano, il suo cammino. I predatori marini si fecero vedere solamente a quasi metà del percorso effettuato. I tre uomini armati iniziarono subito la sparatoria ma, dopo pochi secondi, si accorsero subito che qualcosa non andava.

“I proiettili non gli fanno niente, signore!” urlò Simone.

“Cazzo! Nemmeno sanguinano, quegli stronzi!” imprecò Roberto.

“Che siano anche questi dei robot?” ipotizzò allora Andrea.

“Dei robot? Fantastico!” a Stefano cominciarono a brillare gli occhi e, ormai tutto concentrato nello scorgere se, attraverso i fori scavati dai bussolotti, si vedeva qualcosa, smise completamente di remare.

“Ah, fanculo! Levati!” sbottò Sara, spingendo via Noro e cominciando a remare di buona lena, tanto da dare la carica anche al suo “collega” affarista.

Intanto, le tre minacce animali si erano fatte sempre più vicine all’improvvisata imbarcazione. Fino a che uno dei  tre addentò una parte di essa. Le urla delle ragazze riempì l’aria ma, fortunatamente, tutti si erano fatti da parte, appena in tempo dal non perdere per sempre alcuna parte del loro corpo. Intanto, i tre armati provarono anche con il fuoco ravvicinato, ma il risultato fu il solito: le pallottole o si conficcano nella pelle grigiastra della bestia o ci rimbalzavano contro. Alla fine, il pescecane ebbe ragione della zattera e portò via parte del natante.

Poi Oscar ebbe un sussulto “Signori, provate a mirare all’occhio!”.

I tre non se lo fecero ripetere due volte: un bersaglio a testa e tre colpi perfetti. I mostri questa volta sembrarono aver subito il colpo e si allontanarono dalla zattera che ormai, priva di una buona parte, cominciava a sbilanciarsi verso quell’altra, dato anche  il peso della gente su di essa.

“Gente! Dovete buttarvi e nuotare più velocemente possibile verso l’uscita! Noi tre vi copriremo le spalle!” ordinò Santucci alla compagnia.

“Ce la fai, Tommy?” domandò Wilson.

“Tranquilla, Carla, ce la faccio! ” le rispose rassicurante Orsi.

Alla fine, tutti parteciparono a questa disperata gara di nuoto per la vita. I tre cecchini utilizzavano uno stile a dorso, per meglio tenere sotto controllo la posizione dei loro nemici acquatici. La porta si aprì subito quando la prima di loro, Sara, la raggiunse e si tirò su per aiutare, uno ad uno, chi veniva dopo di lei. Quando anche l’ultimo di loro, Roberto, che ancora cercava di individuare la posizione degli squali, apparentemente del tutto volatilizzati, li raggiunse, la porta si chiuse dietro di loro. Esso era il segnale ufficiale che erano ancora tutti vivi.

 

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Capitolo 12
*** Il labirinto ***


CAPITOLO 12

“Il labirinto”

 

 

 

La prima cosa che notarono i nostri era che, nella nuova stanza in cui erano appena entrati, non c’era presenza alcuna di acqua. Si era tornati alla classica sala anonima metallica. La particolarità di questa stanza era però ciò che presentava al suo interno: una particolare struttura, anch’essa in metallo, definita dai più con il termine labirinto.

“Oh mio dio! Cos’hanno messo lì in mezzo?” chiese, già preoccupata, Rosa.

“Sembra in tutto e per tutto un labirinto, signorina” le rispose Oscar.

“Bene, ci mancava anche questa!” cominciò a lamentarsi Marco.

“Io non li sopporto nemmeno quando sono nella settimana enigmistica…” ironizzò Sara.

“Beh, è sempre meglio degli squali, non trovate?” sottolineò giustamente Tommaso.

“Non vi preoccupate gente! Basterà che seguiate il mio istinto!” e detto questo Stefano partì alla carica.

Gli altri nove gli andarono dietro fiduciosi ed entrarono nel complesso. Subito nell’ingresso trovarono due via ad attenderli. Noro imboccò deciso quella di sinistra. Dopo un lieve zigzagare, presero un corridoio che li portò verso il muro esterno. Costretti solamente a voltare verso destro proseguirono e, in un attimo, la loro guida scomparì.

“Cos’è successo?” chiese Simone dalle retrovie dato che, in quei cunicoli, in più di due affiancati non si poteva passare.

“Tutto bene, Stefano?” domandò Carla allo scienziato, che si trovava sdraiato prono a terra, con le gambe sollevate da una grande sfera d’acciaio.

“Sì Carla… ahi… questa sfera mi è venuta addosso…”.

“Mi sembrava tutto troppo semplice…” osservò sfiduciato Orsi.

“Forza Stefano, non è nulla. Proseguiamo!” lo esortò convinta Silvestri.

La compagine dunque proseguì la marcia. Prima a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra e dopo ancora a sinistra. Proseguendo per qualche metro, si trovarono con due nuovi sbocchi alla loro sinistra.

“Dato che dovremmo essere ancora verso l’esterno del labirinto, io direi di andare verso destra. Non penso che, tornando a sinistra, andremo da alcuna parte…” spiegò la situazione Testa.

Dopo attimi di indecisione, Santucci ordinò “Vai a controllare, soldato”.

“Sì signore!” obbedì fedelmente Sarti.

L’ufficiale si affacciò appena dallo stipite del muro, per poi ritrarsi rapidamente e lasciar andare la sfera a sbattere contro la parete.

“Bene, è deciso! Tutti a destra!” ripartì come un fulmine Stefano “Lo sento! Siamo vicini all’uscita, gente!”.

Una volta girato subito e nuovamente a destra… vicolo cieco.

“Cosa?” allo stesso capofila crollò il mondo addosso.

“Seguiamo il tuo istinto avevi detto…” lo canzonò Andrea, mentre si accendeva una delle sue sigarette.

“Oh per la miseria! Possibile che non riusciate nemmeno a risolvere un giochetto da bambini come questo!” sbottò improvvisamente Marco.

“Sai che ti dico Sciullo… ne ho davvero piene le scatole di quella tua erre moscia!” gli tuonò contro Roberto, andandogli pericolosamente molto vicino.

“State calmi, ragazzi! È inutile metterci a scannare tra di noi!” tentò di separarli Rosa.

“E ora che facciamo?” chiese sconsolato Tommaso.

“C’è solo una cosa da fare…” rispose tranquilla Sara “Io direi di tornare indietro, non vi pare?”.

E così fece l’intero gruppo. Dopo breve, facendo a ritroso tutto il tragitto percorso, ritornarono esattamente al punto di partenza.

“Però!”notò subito Rosa “non hanno perso tempo a chiudere la porta!” catturando l’attenzione di tutto sull’entrata, ora chiusa ermeticamente, del labirinto in cui si trovavano dentro.

“Ok… abbiamo visto che andando a sinistra non si va da nessuna parte, quindi andiamo a destra!” ricapitolò il tutto Santucci, prima che qualcuno andasse nel panico.

E così fecero, ma subito si trovarono di fronte ad un incrocio a T.

Dopo altri attimi di indecisione, fu Silvestri a prendere l’iniziativa “Secondo me, a destra non si va da nessuna parte…” e, mentre si avviava verso tale direzione, ordinò “Voi aspettatemi qui!”.

Il gruppo non si mosse e, dopo aver sentito l’ormai familiare rumore della sfera d’acciaio che colpiva il muro metallico, udirono “Sì, avevo ragione!”.

Dopo poco, la stessa biondina dagli occhi castani rientrò alla base.

A questo punto, la compagine andò a sinistra e, dopo una lieve virata a manca, svoltarono a destra e si trovarono con un nuovo corridoio ed un entrata subito sulla destra.

“Bene, questa volta vado io in perlustrazione…” si offrì volontaria Wilson che, dopo poco, ritornò “Altro vicolo cieco… però arredato bene! Potrebbe venirci fuori un bel bilocale!” ci scherzò su la dottoressa. Quindi tutti in avanti, per poi girare a destra, andare brevemente a zig-zag e trovarsi di fronte un nuovo androne, con l’immancabile globo che puntava dritto verso di loro. Con sorpresa di tutti, il ladro dalla giacca verde puntò la sua arma contro la stessa e fece fuoco. La pallottola rilasciata rimbalzò pericolosamente su di essa. Intanto gli altri si precipitarono indietro per evitare l’urto, che la sfera subì contro il tramezzo.

Subito il poliziotto afferrò per il bavero il suo antagonista “Che cazzo avevi in mente Lupo?! Mettersi a sparare in un ambiente chiuso!”.

“Valeva la pena tentare…” si giustificò l’altro, con un sorrisetto beffardo sul viso.

“Se solo fossi a posto al posto con il piede, la calcerei via io…” sussurrò il capitano del Team 2000, che aveva sempre il braccio legato al collo, anche se ancora piuttosto bagnato dalla precedente avventura.

“Sì, come no…” lo canzonò Sara.

Dunque il gruppo riprese il cammino e, dopo aver svoltato una volta a sinistra, una volta a destra, poi nuovamente a sinistra ed infine nuovamente a destra, si trovarono con due sbocchi, uno di fianco all’altro.

Rosa, che si trovava a capo della comitiva, avanzò verso di essi proponendo “Forse dovremmo divider…” ma non fece in tempo a terminare l’idea che fu abbrancata di peso da Roberto, prima che una nuova sfera le finisse addosso.

“Stai attenta, Rosa!” la rimproverò il poliziotto.

“Grazie…” l’attrice espresse la sua gratitudine a capo chino. Una volta di nuovo a terra, superò l’enorme biglia, che si era fermata schiantandosi contro il muro, per raggiungere il secondo sbocco, da cui, momentaneamente, non era uscito niente. Una volta lì, la morettina sventolò un piede all’imbocco dell’entrata, per poi ritirarlo subito indietro. Non accadde nulla. A questo punto si affacciò con il suo viso grazioso per sincerarsi che si trattava dell’ennesimo vicolo cieco. Una volta avutone la conferma, la banda decise di proseguire nel corridoio da cui era sbucata la sfera. Il povero Stefano Noro, che oltre ad essere il più basso era anche il più corpulento, riuscì a malapena a passare tra la suddetta sfera ed il muro.

La truppa quindi, proseguendo nella sua marcia, passò ad un altro corridoio sulla destra quando, improvvisamente, il militare si bloccò.

“Signori, aspettate un attimo…”.

Tutti si fermarono e si girarono verso di lui.

“Cosa succede, figliolo?” domandò preoccupato Testa.

“Ho sentito un rumore…” rispose enigmatico Sarti.

“Oh ti prego Simone, non dire cazzate! Già sto combattendo terribilmente contro la mia claustrofobia, ti prego, cerchiamo di uscire il prima possibile di qui ed alla svelta!” lo rimproverò un estremamente sudato Sciullo.

“Però, ora che ci faccio caso, lo sento anch’io uno strano brusio…” intervenne Silvestri.

“Hai ragione Sara…” l’appoggiò Orsi.

“Sembra che venga da dietro questa parete” spiegò Noro, indicando il muro alla loro destra.

Tutti allora appoggiarono l’orecchio alla superficie verticale. Udirono qualcosa.

“Cos’era?” chiese Wilson.

“Sembrava uno… starnuto!” rispose perplesso Santucci.

“Che bastardi! Sono al di là di questo muro!” sbottò Lupo, impugnando subito la sua pistola.

“Fermo Lupo! Non fare cazzate!” lo bloccò subito il tutore dell’ordine.

“Che stronzi! Quello era proprio uno starnuto!” imprecò Sara calciando il muro, facendosi più male che bene.

“Ascoltate ora… quel ronzio si è fermato” informò gli altri, Tommaso.

“Chissà cosa stanno facendo?” domandò visibilmente spaventato Marco.

“Ci tengono sotto controllo, magari con qualche telecamera nascosta” ipotizzò Simone controllando, nel frattempo, tutto l’ambiente attorno a loro.

“POTETE PROSEGUIRE”.

La voce dagli altoparlanti tornò a farsi sentire dopo un po’ di tempo, mandando su tutte le furie Andrea.

“Brutti bastardi! Fattevi vedere, se avete le palle!” urlò contro il nulla.

“Personalmente signori proporrei di proseguire, dato che, ahimè, non vedo altre soluzioni all’orizzonte” riportò tutti alla calma, Oscar.

Il gruppo seguì rassegnato il consiglio e proseguì la sua marcia quando, dopo poco, si trovò ad un nuovo bivio, con il corridoio che proseguiva in avanti ed una nuova apertura a sinistra.

“Ed ora?” domandò al resto della comitiva, Rosa.

Dopo qualche attimo di silenzio, fu Tommaso a rispondere “Potremmo fare come hai proposto te poco fa…”.

“E cioè?”.

“Dividerci in due gruppi”.

“Va bene, però bisogna che, in entrambi i gruppi, ci sia almeno un componente che abbia un buon senso dell’orientamento” sentenziò Roberto.

“Io sono a sua disposizione, signore!” affermò Sarti.

“Bene e l’altro… Lupo, ci riesci a fare una cosa giusta, almeno una volta?”.

“Ci proverò…” rispose alla provocazione ghignando.

“Sentite… per formare i gruppi, potremmo fare la conta?” propose, non certo in maniera scherzosa, Stefano.

Alla fine, tutti appoggiarono l’idea e, dopo aver ultimato la divisione, i due gruppi erano: con il militare, Noro, Wilson, Simone e Silvestri mentre, con il ladro, vi erano i restanti Orsi, Santucci, Sciullo e Testa.

“Bene! Noi andiamo per di qua!” ordinò il soldato mentre si avviava, seguito dal suo gruppo, verso lo sbocco sulla sinistra.

“Aspettate un attimo…” li interrupe subito il poliziotto.

“Cosa c’è ora?” domandò seccata Sara.

“Perché tutte le donne sono nel suo gruppo?”.

Tutti alzarono gli occhi al cielo.

“Dai Roberto! Non puoi pensare a queste cose proprio ora! Cerchiamo di uscire il prima possibile di qui e basta! Fallo almeno per Marco…” lo riprese Tommaso, effettuando l’ultima parte del discorso sottovoce.

E così si divisero per la seconda volta.

 

“…Ma è possibile che quello scemo non pensi ad altro?!” continuò la sua polemica Rosa, mentre la sua combriccola proseguiva tra i corridoi metallici.

“Che ci vuoi fare tesoro, è pur sempre un uomo…” le diede corda Sara, mentre Carla riusciva a stento a trattenere le risate.

“Beh… senza offesa, Simone e Stefano…”.

“Oh no, tranquilla, non c’è problema” disse lo scienziato, mentre il ragazzo che era a capo del gruppo nemmeno rispose.

Intanto, ad un nuovo incrocio a T, la via verso destra era subito interrotta da l’ennesimo muro metallico.

Proseguendo verso l’unico percorso possibile, evitando chiaramente una nuova sfera d’acciaio, i soggetti arrivarono alla conclusione del loro viaggio.

“Purtroppo, devo constatare l’esito negativo di questa spedizione” prese nota freddamente Sarti.

“Se non altro, speriamo che ai nostri compagni sia andata meglio…” cercò di rasserenare i presenti, Carla.

“Oh sì certo, senza dubbio, con quello scemo a capo…” sottolineò la situazione Rosa.

 

“…Secondo me l’ha fatto apposta Stefano, di proporre la conta per fare le squadre…” continuò la sua polemica Santucci.

“Basta Roberto! È da quando ci siamo divisi che non fai altro che lamentarti!” sbottò alla fine Orsi.

“In effetti, signor Santucci, anch’io speravo che questa sua discussione terminasse…” lo richiamò anche lo stesso Testa.

Intanto Lupo proseguiva nel suo percorso in testa al gruppo, quando si fermò esclamando “Oh cazzo!”.

“Che succede ora?” domandò Tommaso.

“Un nuovo bivio!” gli rispose Marco.

Per un po’, nessuno della compagine prese l’iniziativa. Alla fine fu Andrea a rompere l’incertezza “Io torno indietro a richiamare gli altri” e, detto questo, si avviò al punto in cui avevano diviso la compagnia.

Tra quelli rimasti ad aspettare, il giovane calciatore era l’unico che, nonostante i suoi infortuni, non riusciva a restare fermo in attesa e, anche per ammazzare un po’ il tempo, sbirciò nel passaggio alla loro destra. Immediatamente notò qualcosa d’incoraggiante “Ehi, guardate! Non vi sembra che, da sopra queste pareti, provenga una luce più intensa?”.

Gli altri, accorsi subito alla sua chiamata, notarono anch’essi questa particolarità.

“In effetti…” constatò Oscar.

“Potrebbe davvero essere l’uscita!” esclamò, finalmente entusiasta, Sciullo.

Intanto, anche l’altro gruppetto si era riunito a loro e subito furono informati della loro scoperta.

“Beh allora direi di andare subito qua a destra!” propose immediatamente Sara.

“Ma questa volta non ci dividiamo?” chiese Rosa.

“E perché mai? Siamo vicini all’uscita, finalmente!” la riprese, anche troppo energicamente, Marco.

“Ok, andiamo allora!” suonò la carica Roberto.

Dopo aver zigzagato un po’, trovarono alla loro sinistra un lungo corridoio, senza presenza alcuna di sfere o quant’altro e, alla fine di esso, la luce che si faceva notevolmente più invitante. Senza pensarci un attimo, la squadra affrettò sempre di più il passo, arrivando al termine del rettilineo, da cui la luce proveniva più luminosa, in piena corsa, anche da parte di infortunati e gente fuori forma, per poi svoltare a tutta velocità a sinistra. Qui arrivò la brusca frenata.

Un enorme globo, di certo più grande dei precedenti, rotolava sempre più minaccioso verso di loro. In un attimo, il gruppo fece dietrofront, scappando il più velocemente possibile verso la salvezza dietro l’angolo, con anche qualcuna/o che urlava a squarciagola. Questa volta, il boato del tonfo, tra la sfera ed il muro, fu talmente forte che in molti si tapparono le orecchie con le mani.

Sara riuscì a malapena a scorgere che, al termine dello stesso corridoio in cui avevano riposte tante speranze, vi era nuovamente una solida parete d’acciaio.

“Niente da fare, altro vicolo cieco” informò gli altri.

Tutti accettarono in silenzio il verdetto. Tommaso si era accasciato al suolo con i suoi piedi ancora più doloranti.

“Tommy stai bene?” chiese con la solita preoccupazione materna Carla.

“Sì, Carla, mi basterà riposare un attimo” le rispose il ragazzo, mentre si toglieva gli scarpini.

“Oh signore! Ancora non siamo usciti di qui…” rischiava nuovamente la crisi, Marco.

“Personalmente, però, ritengo che la luce sia un buon segnale. A questo punto, ipotizzo che dobbiamo solamente tornare indietro ed imboccare l’altra strada” spiegò con entusiasmo Oscar.

“Anf… sì però… anf… devo ammettere che… anf… anch’io devo un attimo… anf… rifiatare… anf” appoggiò il piano del politico, Stefano.

“Bene. Te tutto a posto, Rosa?” domandò Roberto.

“Certo, e non vedo l’ora di uscire di qui!” rispose seccata la giovane attrice.

Il gruppo, dato che non sembrava creare problemi ai loro carcerieri, prese ancora qualche minuto di riposo. Una volta che lo stesso Orsi tornò in posizione eretta, la compagine riprese il proprio viaggio.

“Forza soldato, facci strada!” punzecchiò Lupo.

Sarti, per un attimo, rimase perplesso “Sì signore…”.

L’andatura della squadra era la più blanda che avevano adottato da quando erano entrati in quel labirinto.

Tommaso era sempre più zoppicante, Sara e Rosa procedevano di pari passo una fianco all’altra, Simone apriva la fila mentre Andrea la chiudeva, Roberto controllava di tanto in tanto le pareti dei cunicoli, anche Stefano controllava le superfici metalliche presenti ma con una certa ammirazione, Carla invece era di continuo a controllare il procedere di ognuno dei suoi compagni, Marco continuava a sudare freddo ed infine Oscar sembrava il più rilassato dei presenti. Una volta raggiunto il punto di ritrovo scelto in precedenza, proseguirono diretti verso la via a sinistra. Nessuno ormai fiatava più. Prima una svolta a sinistra, poi a destra, poi nuovamente a destra, sinistra, destra, ancora destra. Una rapida occhiata ad un vicolo cieco a fianco del corridoio da cui erano venuti. Ancora destra e sinistra per arrivare ad un lungo rettilineo con a fianco uno che correva parallelo ad esso.

“Questa volta vado io a dare un’occhiata!” affermò sicuro di se Noro.

Il tozzo personaggio si affaccio appena all’ingresso, per poi ritirare via velocemente il capo e lasciare che l’ennesimo globo metallico finisse la sua corsa contro il tramezzo.

“Niente di che neanche qui…”.

La loro luce guida si faceva sempre più intensa e, dopo un lieve dirottamento sulla destra ed una svolta a sinistra, la compagnia si fermò. Un rumore, divenuto ormai molto familiare, annunciò l’ultima sfera che, una volta superata li portava diritti verso un déjà vu: alla fine del tragitto, la luce che proveniva da destra.

“Questa volta ci siamo davvero!” assicurò Roberto, che nel mentre affrettava il passo.

E così fecero anche gli altri. In un attimo, raggiunsero il termine del rettilineo e svoltarono a destra. Subito riconobbero la porta di entrata/uscita della stanza.

“Speriamo che non sia il punto di partenza…” disse allarmato Sciullo.

Tutti, per un attimo, si preoccuparono con lui. Poi le ante scivolarono dentro la parete, così come il timore scivolò via dai dieci membri del gruppo.

Era proprio l’arrivo del loro intricato percorso.

 

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Capitolo 13
*** Ci risiamo ***


CAPITOLO 13

“Ci risiamo”

 

 

 

“In quest’ultima prova, francamente, mi sono proprio divertita!” esclamò tutta sorridente Sara.

“Oh certo! Perché non torniamo indietro a ri…” ma la risposta di Rosa si troncò improvvisamente, appena vide la stanza in cui erano entrati.

“Eppure tutto questo mi ricorda qualcosa…” disse ironicamente Andrea.

La stanza, infatti, presentava delle identiche pedane metalliche, questa volta ordinate in maniera crescente di altezza, del terz’ultimo ambiente che avevano visitato.

“Dunque ora ci tocca risalire” osservò Oscar.

“Gente, temo che questa volta dovrete darmi una mano” constatò timidamente Tommaso.

“Tranquillo ragazzo” lo rassicurò Stefano “vorrà dire che ti unirai alla nostra allegra combriccola!” concluse mettendo una mano sulla spalla di Marco.

“Grazie”.

“Bene! Anche questa volta, toccherà a me andare per primo” esclamò il ladro con le mani in tasca.

“Se non te la senti, puoi sempre rimanere da questa parte…” gli propose ironico il poliziotto.

“Col cazzo!” rispose secco Lupo, mentre spiccava il salto.

“Ragazzi…” cercò di attirare l’attenzione Carla, mentre i piedi del fuorilegge avevano appena toccato il piano lucido della rampa.

Poi quest’ultima discese giù a gran velocità. Il movimento che tutti e dieci i presenti pensavano fosse svolto dalla pressa superiore, fu invece effettuato dal ripiano inferiore, con l’uomo che fluttuava senza gravità qualche centimetro sopra di essa. Poi la discesa terminò. I nove al di sopra erano ancora tutti sconvolti.

“Lupo, tutto bene?” urlò preoccupato Simone.

Nessuna risposta.

“Che dite? Sarà morto?” domandò non pensandoci Silvestri.

Una voce si levò dal basso “Non ancora!”.

“Oh grazie a dio!” sbuffò sollevato Sciullo.

Anche il volto di Santucci si rilassò, per poi corrucciarsi nuovamente “Che costa stavi dicendo, Carla?”.

La Wilson rimase inizialmente sorpresa, per poi riprendere il filo del discorso “Ah, giusto! Guardate là!” indicando con il dito “Ci sono delle scale”.

Il gruppo constatò la veridicità delle parole della dottoressa.

“Dunque questa volta sembra più semplice del previsto…” azzardò la promettente attrice.

“Beh, allora partiamo!” sentenziò il calciatore ferito.

“Si appoggi a me” ordinò il soldato, una volta vista l’andatura zoppicante dell’atleta.

Il gruppo scese tranquillamente i gradini, con Stefano che, forse a causa della tensione accumulata, rischiò di precipitare fino al pavimento sottostante.

“Comunque è strano che sia tutto così semplice…” espose il suo dubbio Sara.

“In effetti, signori, è meglio se rimaniamo con gli occhi ben aperti” consigliò saggiamente Oscar.

Una volta ripresa la marcia, il decimo membro si riunì alla combriccola “Però! Ve la siete presa con calma!”.

“Stai zitto, Lupo!” lo richiamò, senza mezzi termini, Santucci.

Nella compagnia si tenevano vicini il più stretto possibile gli uni agli altri, stando più cauti possibili ad ogni passo che effettuavano.

“Oh merda!”.

Tutti si voltarono verso chi aveva appena imprecato.

“Che succede, Marco?” chiese preoccupata Carla.

“Non so ma… temo di… di aver pestato qualcosa che non dovevo pestare…”.

A quelle parole, quasi balbettate, la squadra abbassò lo sguardo per vedere, con sinistra sorpresa, una delle mattonelle metalliche situata più in basso delle altre.

“Oddio gente prepariamoci…” esclamò, in piena crisi, Noro.

Come da preavviso, qualcosa cominciò ad accadere. Nella porzione di pavimento subito di fronte alla decina di persone, si aprirono dei fori con un diametro di cinque centimetri. I membri del gruppo allungarono all’unisono il collo, come rapiti da una preoccupante curiosità. Dopo una breve attesa, da essi emersero dei minacciosi spuntoni d’acciaio, tutti ovviamente ben appuntiti.

Qualche secondo di silenzio avvolse la comitiva.

“Tutto qua?” domandò perplessa Silvestri.

“Ma perché? Vorresti qualcosa di peggio!?” le urlò contro Rosa.

“Figurati! Ho affrontato cose ben peggiori!” affermò spavaldo Andrea.

“Come la galera?” fu la frecciatina lanciata da Roberto.

Mentre i due sembravano riprendere il battibecco tra di loro, o anche peggio, il povero Sciullo stava, nel frattempo, ringraziando animatamente il cielo.

“Purtroppo, signori, ho come la sensazione che non sarà l’unico trabocchetto che incontreremo” esclamò preoccupato il politico.

“Dovremo essere pronti a tutto…” aggiunse lo scienziato.

“Al diavolo! Voi potete pure procedere con il vostro passo, magari finché non avrete il gas verde addosso, io vi precedo!” proruppe il ladro, staccandosi dalla comitiva.

“Aspetta Andrea…” tentò di fermarlo il medico donna.

“Ma lascialo andare, Carla” la bloccò seccato il poliziotto.

Improvvisamente, si udì un potente tonfo.

“Cos’è stato?” domandò, con gli occhi ben spalancati, l’attrice.

La ragazza bionda accanto a lei, indicandoglielo con il dito, le rispose “Penso sia stato il delinquente nella fossa”.

Di fatti, tutti gli altri constatarono l’improvvisa apertura sul pavimento in cui era caduto Andrea Lupo.

“Questa volta non sono stato io!” si discolpò immediatamente il giovane imprenditore.

“Scusatemi…”.

Subito tutti a voltarsi verso lo scusante.

Il calciatore si scusò rammaricato “Temo di essere stato io…”.

“Scusate anche me” aggiunse il soldato “è stato un errore mio”.

“Se non altro ci siamo liberati di Lupo!” sentenziò Santucci.

“Ti piacerebbe, sbirro!” urlò una voce dal sottosuolo.

“Sembra stare bene, allora” ipotizzò Wilson.

I nove si avvicinarono all’orlo della fossa.

Sotto di loro, il criminale li scrutava dal basso “Guardate che, se mi date una mano, non è squalifica!”.

“Per fortuna non è neanche tanto fonda…” osservò l’attrice.

“Abbia un attimo di pazienza che la facciamo uscire di lì” lo informò il politico.

Fu allora che Sarti, forse per riparare al proprio presunto errore, decise di mettersi in azione, lanciando una corda che aveva attaccata alla cintura.

“Afferri questa, signore”.

“Ma dove le tieni tutte queste cose?” chiese stupita Sara.

“Vuoi una mano?” domandò Stefano.

E fu così che, grazie anche all’aiuto dello scienziato e, sebbene più disinteressato, di Roberto, il gruppo tornò a riabbracciare il suo decimo membro.

“Grazie gente… bene, proseguiamo!” riprese l’uomo appena recuperato.

“Sicuro di stare bene, Andrea?” chiese immediatamente Carla.

“Sì sì, tranquilla”.

“Certo che, a questo punto, conveniva di più rifare il percorso lì sopra” ironizzò, ma neanche tanto, Marco.

“A me non sarebbe dispiaciuto…” aggiunse Silvestri.

“Al diavolo! Ormai siamo qui, quindi proseguiamo per di qua!”  tagliò corto Lupo.

“Francamente, non ce l’avrei proprio fatta ad affrontare un’altra volta quel percorso” confessò il calciatore infortunato.

“Di fatti, signori, non pensiamoci più” consigliò Testa.

Dopo qualche passo, la giovane Simone notò qualcosa di particolare davanti a loro “E quella che cos’è?”.

“Sembrerebbe una catena proveniente dal soffitto” cercò di darle una risposta, Santucci.

“Io di certo non la tiro per vedere che succede!” esclamò Sciullo.

“Penso che sia consigliabile per tutto il nostro plotone che nessuno, e sottolineo nessuno, prenda tale iniziativa” ordinò Sarti.

“Scusate… ma avete detto di tirarla o no, questa?”.

Questa frase fece gelare a tutti il sangue nelle vene.

Una volta diretto i proprio sguardi verso Noro, compresero il dramma.

“Oh merda! Scusate gente…” tentò di redimersi il colpevole.

Un’inquietante gorgoglio salì dalla parete a loro vicino, tra un clangore metallico e l’altro. I tre armati si prepararono a colpire, lasciando Orsi appoggiato al più anziano della compagnia.

Di colpo, il rumore sospetto sembrò estinguersi. Successivamente, sembrò ce ne fosse uno molto più leggero. Finché Rosa Simone non si ritrovò bagnata, da capo a piedi, da un getto d’acqua proveniente dall’alto.

SPLASH!

Tutti si voltarono verso di lei, con i tre di prima già pronti allo sparo.

“CAZZO!” sbraitò la ragazza fradicia.

In molti iniziarono a reggere con difficoltà le risate spontanee.

“Rosa… tutto bene?” azzardò Carla Wilson.

“Perdonami” bisbigliò appena Stefano Noro.

“Speriamo almeno che sia acqua…” ironizzò Sara Silvestri, prima di scoppiare in una fragorosa risata.

Mentre la giovane attrice imprecava in tutte le lingue possibili, Roberto Santucci notò le trasparenze venutesi a creare nella sua maglietta “Però! Devo dire che ti preferisco così, Rosa!”.

“Fanculo, brutto porco!” fu la risposta immediata da parte di lei.

“Ma che ti lamenti? Ti sei soltanto bagnata un po’…” la rimproverò Marco.

“Ma possibile che non ci sia niente con cui asciugarti?” chiese Carla.

“Aspettate!” richiamò l’attenzione di tutti Stefano “Qua si è aperto qualcosa…” indicando un vano che si era creato sulla parete.

Il più rapido nell’andare a controllare fu Andrea.

“Però, non c’è che dire, con te sono stati gentili…” constatò lui, mentre tirava fuori da esso un insperato asciugamano.

Lo stupore era visibile nel volto di tutti.

“Ma si può sapere a che gioco stanno giocando?” domandò, più perplesso che mai, Tommaso.

“Se non altro, ciò significa che, quasi sicuramente, non ci vogliono morti” concluse freddamente Simone, al suo fianco.

“Una ben magra consolazione, signori…” aggiunse rattristato Oscar.

La bionda si avvicinò alla vittima di quel particolare gavettone “Tutto bene, tesoro?”.

“Sì, per quanto possa valere…” le rispose l’altra, con ancora parte del volto coperto dall’asciugamano passatole dal ladro “Immagino in che stato sia il mio viso dopo questo…” disse, accompagnando il tutto con una  risata cristallina.

“Io continuo a preferirti così!” insistette Roberto.

“E basta!” fu l’urlo all’unisono del gruppo.

“Ok, allora procediamo!” tagliò corto, irritato da quella reazione collettiva, il poliziotto.

Dunque i dieci ripartirono, ancora più vicini alla possibile uscita.

“Mi dispiace dover essere un peso per te, Simone” si scusò amareggiato il calciatore.

“Non si preoccupi, non mi perdonerei mai di aver lasciato dietro un membro della mia squadra” lo rassicurò il militare.

“Ti capisco!” concluse l’infortunato.

“E quello ora cos’è?” urlò Sara.

Di fronte alla comitiva vi era una costruzione davvero singolare: pareva in tutto e per tutto un piccolo ponte ad arco, nonostante non vi fosse alcuna ulteriore fossa da superare, grazie al suo ausilio.

“Ah io ci rinunciò a capirci qualcosa!” sbottò l’attrice.

“Però sembra essere ben costruito” osservava scrupolosamente lo scienziato.

“Forse c’è il rischio che ci sia un’altra apertura del pavimento…” ipotizzò il giovane imprenditore.

“Non resta che verificare. Ci pensi te, Lupo?” domandò sarcastico Santucci.

La risposta non si fece attendere “Fottiti, sbirro!”.

“Calmatevi ragazzi!” li richiamò spazientita la dottoressa.

“E se, piuttosto, più semplicemente passiamo sopra al ponte?” propose il politico.

“Insomma, qualcosa dovremo pur fare! Volete di nuovo ritrovarvi a scappare dal gas verde?” spronò tutto il gruppo Rosa Simone.

“Io un’altra volta nella fossa non ci vado!” esclamò Andrea Lupo, mentre si avviava verso il ponticello.

Gli altri nove rimasero tutti con il fiato sospeso, mentre quest’ultimo tentennava nel poggiare il primo passo sulle assi di legno della struttura. Appoggiata appena la punta del piede destro, sembrò non esserci alcun cambiamento all’ambiente. A poco a poco, appoggiò tutta la pianta, fino a premerci contro completamente anche il tallone. Tutto rimase immutato.

“Pare che non succeda nulla…” osservò Stefano Noro, proseguendo la sua attenta analisi visiva.

“Non sembra ci siano pericoli…” concordò il criminale.

“Al diavolo! Ora ci passo anch’io!” ruppe gli indugi Sara Silvestri.

Due furono i richiami alla sua sfrontatezza: uno da parte di Carla Wilson con un “Aspetta Sara!” e l’altro, proveniente da Oscar Testa, con un “Fai attenzione, figliola”.

Nel contempo, Rosa Simone la apostrofò con un “Scema!”.

In un attimo, i due erano già dall’altra parte del ponticello, incitando gli altri a fare altrettanto.

“Allora, chi va?” domandò perplesso Marco Sciullo.

Con un impercettibile sguardo d’intesa, fu la volta della coppia Simone Sarti-Tommaso Orsi di compiere la traversata.

“A questo punto” esordì Roberto Santucci “non ci sono altre trappole di cui temere, possiamo andare!”.

Con lui, anche i restanti passarono sopra alle solide assi di legno per percorrere quell’arco che, essi stessi, ipotizzavano evitargli ulteriori cadute nel vuoto.

“Ma poi, ci sarà stata davvero una nuova fossa?” chiese al gruppo Tommaso.

“Non dubitare mai delle tue scelte, giovane, l’importante è che la nostra compagnia sia ancora in marcia” gli rispose Oscar.

“Ci siamo, gente!” urlò euforica Rosa, indicando con il dito le scale dell’uscita, ormai prossime.

Immediatamente, la giovane attrice affrettò il passo per anticipare gli altri.

Roberto tentò di frenarla “Aspetta Rosa non…” ma non fece in tempo.

Il tacco delle eleganti scarpe della moretta premetterò eccessivamente su di una mattonella.

Uno spazio si aprì nella parete.

“State tutti pronti!” sembrò ordinare Simone.

Ma ciò che si proiettò dalla fessura fu appena percettibile ad occhio umano. In un secondo scarso, ora davanti alla compagnia si stagliava un muro alto più di due metri.

“Sembrava troppo facile…” ripiombò nello sconforto Marco.

“Oh cazzo, Rosa! Ma è possibile che crei solo problemi a tutti!” imprecò Sara.

Dopo questa provocazione, le due giovani donne venirono quasi alle mani, con la povera Carla a tentare di far da paciere.

“Ci si vede, stronzi!”.

A richiamare l’attenzione del gruppo, preso più che mai dalla lotta tutta femminile, fu la voce di Andrea che, aiutandosi con un balzo contro il muro metallico da cui era comparsa la muraglia, riuscì facilmente a scavalcarlo e passare oltre.

Tutti rimasero perplessi, finché non si udì una voce.

“Allora venite o no?”.

“Lupo ha ragione, signori! Quel muro non mi pare poi così complesso da superare!” si rinvigorì il politico.

Silvestri, una volta lasciata la presa ben salda sui capelli della Simone, non se lo fece ripetere due volte. Presa una lunga rincorsa, scattò verso l’ostacolo e, con un balzo felino, riuscì ad afferrarne appena la cima. Dopo fu un gioco da ragazzi tirarsi su ed atterrare dietro.

“Bene! Vediamo di fare un buon gioco di squadra!” detto questo, Santucci imitò il gesto atletico di Sara, rimanendo però, una volta scavallata la cima, qualche secondo a cavalcioni della barriera.

“Forza gente! Che non sappiamo quanto tempo abbiamo!” esortò gli altri sette, porgendo a loro le sue robuste braccia come aiuto supplementare.

Prima fu mandato Orsi, che cercò di trattenere i suoi lamenti di dolore. Dopo fu la volta di Testa, che ringraziò gentilmente il tutore dell’ordine per l’aiuto. Poi toccò a Noro, seguito a ruota da Sciullo. Tra le ultime due donne, Wilson tentò inutilmente di dare precedenza a Rosa che, essendo l’ultima a salire, omaggiò Roberto di una dolce carezza sul viso.

“È andata anche questa!” esultò Sara, mentre saliva le scale che conducevano alla porta chiusa.

“Certo! Io ne ho anche approfittato per farmi una doccia!” ci scherzò su l’artista della recitazione.

“Per questa volta non dirò nulla…” bisbigliò quasi il poliziotto.

“In fin dei conti, l’importante è che nessuno di noi si sia fatto male” aggiunse saggia la dottoressa.

“Infatti! Quei tuffi nel vuoto, per me, sono normale routine” le rispose il ladro.

Una volta che il calciatore infortunato, sempre aiutato nella deambulazione dal soldato, ebbe raggiunto gli altri di fronte all’uscita, la lastra si mosse per farli procedere alla successiva stanza.

 

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Capitolo 14
*** Sogni d'oro ***


CAPITOLO 14

“Sogni d’oro”

 

 

 

La stanza dove erano appena entrati era notevolmente più piccola rispetto alle precedenti. Sembrava fatta apposta per una decina di persone e non di più.

“Siamo finiti in un loculo?” ironizzò sarcastico Andrea mentre, come gli altri, osservava le pareti tutte attorno.

In sua risposta, dagli ormai tristemente conosciuti buchi sulle pareti, iniziò a fuoriuscire il letale gas verde. Il gruppo andò nel panico.

Marco Sciullo batteva violentemente le mani contro la porta, che ormai si era richiusa alle loro spalle, gridando “Aprite! Vi prego!”.

Tutti cercarono di tamponarsi le proprie vie respiratorie, inutilmente. Sette uomini e tre donne caddero in un sonno profondo.

 

Sara sognò un volto che non vedeva da tanto.

“Oscar! Ciao amore, come stai?” gli corse felice tra le braccia.

I due si baciarono appassionatamente.

“Io bene e tu, tesoro?” le domandò il giovane, appena staccatosi dalle sue labbra.

“Benissimo, ora che sei qui con me!” la bionda era al settimo cielo “E gli altri come stanno?”.

“Stanno tutti bene. Sai ti stavano aspettando per…” ma le sue parole vennero bloccate da una nuova voce.

“Fai presto a dimenticare le persone che davvero hai amato, Sara!”.

Lei si voltò e vide un altro ragazzo, vestito con un logoro impermeabile marrone, che la fissava furioso.

“B-Bruno! C-Che ci fai tu qui?”.

“È un piacere rivederti anche per me, biondina! Guarda dove ti ho portato…” le disse, indicandogli un punto da guardare.

La ragazza si girò verso di esso e vide un lugubre ed oscuro fabbricato aziendale.

 

Tommaso sognò i suoi compagni dell’oratorio impegnati, insieme a lui, nella più classica delle loro illimitate partite.

“Tom” richiamò l’attenzione dell’attaccante, uno di loro “C’è della gente che vuole parlarti”

Il giovane, sorpreso, si diresse verso la coppia di persone, entrambe vestite in maniera molto elegante.

“È lei il signor Orsi? Piacere di conoscerla. Noi siamo degli osservatori del Futbol Club Barcelona e siamo qui per proporle un contratto con la nostra squadra”.

“Sul serio?” chiese allibito l’interessato.

“Assolutamente! Se vuole può firmare il contratto anche subito. Così poi partiamo direttamente per la Catalogna”.

In un attimo, il calciatore si trovò ad indossare la gloriosa maglia blaugrana, inserendosi alla perfezione nel loro stile di gioco, denominato “Tiqui-Taqua”. Grazie a ciò vinse anche il Pallone d’Oro.

Come giusta conseguenza, fu convocato in nazionale, tra le congratulazioni di quella che doveva essere la sua compagna di vita.

“Mi raccomando, ti affido le sorti della squadra!” lo spronò il C.T., mettendogli personalmente la fascia di capitano al braccio.

In una combattuta finale contro la Germania, con lo stadio gremito fino all’inverosimile, riuscirà infine ad alzare al cielo la Coppa del Mondo.

 

Andrea sognò di sudare freddo, sotto un passamontagna nero, mentre metteva tutta la sua concentrazione nel disinnesco di un allarme antifurto. Dopo minuti che sembravano ore, la moltitudine di sottili raggi laser rossi si spense all’unisono.

“Fiu…” tirò un sospiro di sollievo il ladro.

“Eh bravo il mio Lupo!”.

A causa di quella voce improvvisa, l’interessato sobbalzò vistosamente. Di scatto si voltò, trovandosi davanti una bellezza mozzafiato, dai folti capelli ramati e il seno estremamente prosperoso.

Rimasto notevolmente colpito da lei, il fuorilegge si tolse l’indumento dal viso “Che ci fai qui, Federica?”.

“Ma come? È da tanto che non mi vedi e mi accogli così freddamente?” s’incupì lei.

“Beh, se non altro, vedo che sei ancora in forma” disse l’uomo, indugiando con lo sguardo sul suo generoso decolleté.

“Certo, cucciolone! Sennò dove potrei mettere questo bel diamante?” lo provocò, mostrandogli il suo stesso prezioso obiettivo e, come anticipatogli, infilandoselo trai suoi seni sodi.

“Non preferiresti metterci qualcos’altro, tra quelle tue boccione?” le propose il delinquente, sempre più eccitato.

“Mmmm… magari un’altra volta. Ora è meglio che alzi le mani, invece”.

“Eh? Cosa? Perché?”.

Improvvisamente, l’allarme si mise a risuonare rumorosamente. Nel giro di qualche secondo, tutto il salone fu pieno di poliziotti.

“Metti le mani in alto, Lupo!” Ordinò urlando l’agente Roberto Santucci.

Mentre obbediva alle forze dell’ordine, Andrea apostrofò Federica Minieri con un “Brutta puttana!”.

 

Roberto sognò, a differenza della sua nemesi, tutta un’altra ambientazione. Era infatti al giorno del suo promozione ad agente di polizia.

“Congratulazioni, signor Santucci!” diceva entusiasta il suo superiore, mentre gli stringeva vigorosamente la mano.

“È un onore, signore!” rispose fiero il neo sbirro.

“Questa se l’è davvero meritata!” sentenziò il maestro di cerimonie, mentre gli consegnava l’arma d’ordinanza.

Per festeggiare, l’uomo si recò al bar gay dove aveva alcune conoscenza, assolutamente solo a livello platonico.

“Dai Robertuccio... fai come fanno i cowboy!” lo invitava un'euforica Maria.

L’interpellato, divertito egli stesso, fece roteare la pistola sul suo dito indice, facendo perno con l’occhiello del grilletto. Tale azione fece urlare di giubilo tutti i travestiti e transessuali presenti nel locale. Senza che il piedipiatti se ne accorgesse, un uomo di colore gli si fece vicino.

“Mr. Santucci, noi la vogliamo nella nostra squadra” gli rivelò il tipo, con un forte accento americano.

A capo della sua nuova squadra internazionale, l’italiano si trovò subito a dover salvare, da una banda di terroristi, una sua connazionale: la giovane attrice Rosa Simone.

Con un’azione furtiva, tutti i malviventi furono arrestati.

Infine, l’agente speciale andò a liberare l’ostaggio “Sei salva ora, Rosa!”.

“Oh grazie, Roberto!” la donna gli si gettò tra le braccia in lacrime “Non sai che paura di morire ho avuto! Come potrò mai sdebitarmi?”.

“Beh…” l’uomo ci pensò un po’ su “che ne dici se, intanto, mi fai palpare un po’ questo tuo bel seno!”.

“Porco!” lo schiaffeggiò violentemente al volto l’artista.

In pochi attimi, il nostro eroe si trovò di colpo accusato di molestie sessuali ai danni di una personalità del mondo dello spettacolo. Ciò provocò la sua incarcerazione immediata, con molti detenuti pronti a fargli la festa.

 

Rosa sognò di essere al giorno di presentazione nella sua vecchia scuola di cinema, ben lontana da cellule terroristiche e poliziotti maniaci.

“Ciao a tutti! Io mi chiamo Alessandro Ania!” esordì un giovane nelle sue vicinanze “Sono qui perché, dato che pratico da molti anni il karate, pensavo di lavorare come stuntman e poi, grazie al vostro corso di recitazione, poter diventare un vero e proprio attore di film sulle arti marziali”.

In effetti, come notò anche l’interessata, quel ragazzo aveva davvero un bel fisico.

“Buonasera a tutti” Proseguì un altro ragazzo “Mi chiamo Nicola Coralli e sono appena rientrato da sei mesi di studio alla Scuola d’Arte di New York. Perciò, spero di poter mettere la mia preziosa esperienza a vostra completa disposizione”.

La Simone, nonostante seguisse l’esempio di tutti ed applaudisse, rimase particolarmente schifata dalla spocchiosità dell’ultima persona che aveva appena parlato.

“S-salve a t-tutti…” iniziò una ragazza  con cui, poco prima, la stessa Rosa aveva chiacchierato, nell’attesa che fossero tutti convocati nell’aula magna “I-il mio n-nome è Francesca Masini e-e sono qui perché il mio sogno è sempre stato quello di recitare. Anche se sono molto emozionata e riconosco di aver molte lezioni di dizione da fare...” confessò, sorridendo timidamente, queste ultime parole.

Per tutto il tempo della sua presentazione, quest’ultima aveva tenuto le dita di entrambe le mani strette, come quasi a strozzarle, sugli orli delle maniche della sua maglietta celeste.

Poi fu finalmente il turno della nostra protagonista.

“Buonasera a tutti! Io sono Rosa Simone e diventerò una stella!” proruppe la giovane, creando tutto attorno a sé una luce ultraterrena che la illuminava radiosa.

Scattò un’enorme standing ovation da parte di tutti i presenti.

 

Carla sognò di essere tranquilla nel suo appartamento. Fuori dalla finestra la pioggia batteva ritmicamente sul vetro, mentre lei si scaldava le mani afferrando saldamente una tazza piena di cioccolata calda. Nell’attesa, si fissò a guardare le foto dei suoi parenti inglesi attaccate con una calamita al frigorifero.

Di colpo, il suo gatto saltò sul tavolino accanto al quale era seduta la donna, facendola sobbalzare dallo spavento.

“Ah! Sei tu, micio…” sospirò lei.

Il felino, come per risponderle, miagolò dolcemente.

La giovane sbuffò “Uff… non sopporto proprio le giornate piovose!”.

“A me invece non dispiacciono affatto!”.

L’infermiera sgranò gli occhi, per comprendere meglio da dove fosse provenuta quella voce improvvisa. Eppure era certa di essere sola in casa.

“C-Chi ha parlato?”.

“Secondo te, chi può essere stato?”.

Wilson scattò indietro con la sedia, il più lontano possibile dal ripiano dove, con uno sguardo flemmatico, il micio la osservava tranquillo.

“T-Te s-sai parlare?” tentò un nuovo approccio l’umana.

“Certo. Tutti quelli della mia banda lo sanno fare”.

“D-Di che banda stai parlando?”.

“Della mia. Ci facciamo chiamare, anche se con poca originalità, I Gatti. E siamo ben quarantaquattro”.

Carla rimase un attimo perplessa.

“Ma mi stai prendendo in giro?”.

“Affatto! Se vuoi ti posso raccontare tutta la nostra storia…”

“Perché no! Tanto non ho niente da fare al momento”.

“Benissimo! Gradisci per caso un topolino?”.

 

Simone sognò di essere nuovamente nella base militare che, da almeno cinque anni, lo ospitava. Gli era appena stato comunicato che un suo collega, Carlo Vullo, lo stava cercando con una certa urgenza, molto probabilmente per assegnarli una nuova rischiosa missione in qualche parte del globo.

“Soldato Sarti, benvenuto” lo accolse il biondo ufficiale.

“Mi ha fatto chiamare, Signore?” chiese subito il nuovo arrivato.

“Affermativo. Ho scelto lei per una missione con un alto livello di rischio”.

“Di che si tratta, Signore?”.

“In sintesi, nelle prossime settimane dovrà occuparsi della protezione di un soggetto, la cui morte potrebbe mettere in pericolo la sicurezza nazionale, che ora si trova esattamente alle sue spalle” nel dire queste ultime parole, il militare indicò all’altro di voltarsi.

Sarti, molto sorpreso dal non aver nemmeno percepito la presenza di una terza persona nella stanza, rimase sbigottito da ciò che si trovò davanti. Una ragazzina, circa sui 15-16 anni, di chiare origini asiatiche, che stava tranquillamente trafficando con il suo cellulare.

La scena si ripeté.

“Soldato Sarti, benvenuto” lo accolse nuovamente il biondo ufficiale.

“Mi ha fatto chiamare, Signore?” chiese nuovamente il nuovo arrivato.

“Affermativo. Ho scelto lei per una missione con un alto livello di rischio”.

“Aspetti un attimo… un’altra missione?”.

“Affermativo. Lei è il nostro uomo migliore”.

“Di che si tratta, Signore?”.

“In sintesi, abbiamo appena ultimato la progettazione della più completa tuta mimetica che potesse essere mai creata. Perciò, vogliamo che ora sia lei a testarla. Trova l’equipaggiamento attaccato al muro alle sue spalle”.

Sarti si voltò, trovandosi davanti l’enorme costume di una mascotte da parco giochi, nello specifico un'inquietante talpa antropomorfa.

 

Stefano sognò la realizzazione del suo più grande desiderio.

Dopo ore nel più tetro dei laboratori scientifici che si possa immaginare, l’uomo urlò “Ce l’ho fatta!”.

Sdraiata su di un tavolo, vi era una donna con un corpo pressoché perfetto. Ad una più attenta osservazione, però, ci si accorgeva che la sua pelle aveva un che di artificiale.

“Perfetto! Unità Marialis, attivati!” ordinò serio lo scienziato.

Non accadde nulla. Noro rimase immobile ad attendere.

Spazientito, ripeté l’ordine “Unità Marialis, attivati!”.

L’androide spalancò di colpo gli occhi, prendendo quasi in contropiede lo stesso creatore. Rapidamente si mise a sedere sul tavolo.

L’ometto le si fece vicino “M-Mi senti, Marialis?”.

Come se si fosse appena accorto della sua presenza, il cyborg si girò di scatto verso di lui.

“Sai chi sono io, vero?”.

Lei ruotava il viso, tenendo sempre le pupille fisse sull’essere umano.

“Sei uno stronzo?”.

La persona appena offesa rimase allibita.

“N-No io sono Stefano, cioè il dottor Noro, il tuo creatore” cercò di correggerla.

Il robot continuava ad osservarlo senza proferire altre parole. Improvvisamente, gli si lanciò contro, abbracciandolo forte.

“Dottore sei il mio eroe!”.

Il dottore si godé felicemente quell’abbraccio, nonostante il corpo femminile di Marialis non fosse stato caratterizzato fin nei minimi dettagli.

 

Oscar sognò di essere tornato all’università di medicina, dove aveva trascorso i primi anni successivi al diploma, prima di scegliere la vita politica. In un attimo, lo scenario mutò in una gigantesca tavola rotonda. Seduta attorno ad essa, vi era tutta una serie di personaggi, uno più assurdo dell’altro.

“Il governo ci tratta tutti come automi!” esclamò un robot.

“Preghiamo per le loro anime” invitò un prete.

“E perché dovremo? Ci stanno dissanguando!” protestò un vampiro.

“E ora che cominciamo a fare la parte dei leoni!” sentenziò un uomo, caratterizzato proprio della faccia di un leone.

“Ai miei tempi, certe cose non capitavano” ricordò un anziano, vestito con l’inconfondibile uniforme da gerarca nazista.

“Signori, vi prego, uno alla volta!” s’intromise Testa “Possibile che troviate le energie soltanto per protestare? Dovreste, invece, utilizzare tutte le vostre forze per cercare di cambiare questo mondo che non va”.

“Perché allora non ci dai una mano tu?” gli domandò una donna con i capelli, gli occhi, il rossetto ed il vestito scollato tutti del medesimo colore: rosso fuoco.

“Sono contento che me lo abbia chiesto, signorina. Ebbene, io sono pronto a schierarmi con qualsiasi giovane volenteroso, che abbia inoltre le giuste idee”.

La signora, come reazione a quelle parole, gli sorrise smagliante e, aprendo le proprie braccia, s’infuocò e spiccò il volo.

 

Il sogno di Marco era decisamente il peggiore, soprattutto per lui medesimo. L’imprenditore era totalmente avvolto dall’oscurità.

“Aiuto!” urlava disperato “Vi prego, aiutatemi ad uscire di qui!”.

Ogni tanto, ad illuminare brevemente il buio, comparivano dei lampi di luce azzurrognola.

“Aiuto! Aiuto! Aiu…”.

Alla fine, in suo soccorso, arrivò un calcio sferratogli da Lupo.

“Idiota! Ti decidi a svegliarti?”.

“Fermati Andrea!” lo allontanò Wilson “Come stai Marco? Hai avuto un incubo?”.

“Decisamente” le rispose un ancora assonnato Sciullo.

“Questa francamente non l’ho capita…” esclamò Silvestri.

“Io spero solo che non ci abbiano fatto nulla mentre eravamo addormentati” esclamò Rosa.

“Comunque sia andata, preparatevi perché ci dobbiamo muovere” ordinò Santucci, mentre insieme agli altri nove attendeva il termine dell’apertura della porta.

 

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Capitolo 15
*** Lame rotanti ***


CAPITOLO 15

“Lame rotanti”

 

 

 

“… Però, Lupo, non trovo per niente corretto come mi ha trattato poco fa!” proseguiva nella sua pur giusta lamentela Sciullo, arrotando tutte le erre presenti nel discorso.

“Che ci vuoi fare, non ti decidevi a svegliarti…” si giustificò il ladro.

“Comunque Marco ha ragione. Ci sono modi e modi per risvegliare una persona!” si unì al battibecco Wilson.

“Ah! Non rompetemi le palle!” tagliò corto l’incriminato.

Nel frattempo, Rosa era ancora intenta nel controllare minuziosamente tutto il suo giovane corpo.

Roberto se ne accorse e le si avvicinò “Tranquilla, tesoro. Finché ci sono io, sarò l’unico che potrà toglierti i vestiti di dosso!”.

“Porco!” gli rispose l’attrice.

“Ora vediamo cosa si sono inventati…” esclamò Sara, mentre osservava la nuova stanza in cui erano entrati.

Delle fessure, lunghe all’incirca un metro ciascuna, procedevano verso l’uscita esattamente parallele le une alle altre. Nella parete all’altra estremità, vi erano altre fessure perfettamente identiche alle prime.

“Decisamente sospetti quei buchi…” osservò concentrato Simone.

“In effetti, non promettono niente di buono” confermò Stefano.

“Vorrà dire che procederemo tenendo sempre gli occhi aperti, come abbiamo fatto finora” concluse Oscar.

Fatti pochi passi, la comitiva comprese a cosa servivano tali aperture. Da esse, improvvisamente, iniziarono ad essere sparate fuori delle seghe circolari che, procedendo in posizione orizzontale, come se seguissero un percorso invisibile, terminavano la propria corsa letale scomparendo nelle fessure di fronte.

“Mia madre lo diceva sempre: Troppe seghe fanno male!” ironizzò un comunque sorpreso Lupo.

“Questa era davvero una pessima battuta!” protestò seccato Orsi.

“Forse hai detto così perché sei un esperto in queste cose…” insistette Silvestri.

“Ora basta! Non perdiamoci in certe cazzate!” richiamò tutti all’ordine il poliziotto.

“E ora come procediamo?” domandò preoccupata Rosa.

“Personalmente, proporrei di proseguire mantenendoci al centro della stanza” consigliò il militare.

“Simone ha ragione. Se notate bene, c’è molto tempo tra un lancio e l’altro. Dovremmo facilmente farcela a passare indenni” fece notare lo scienziato.

“Ma Tommaso con il suo piede ce la farà?” si preoccupò la dottoressa.

“Tranquilla Carla, per me non ci sono problemi” le rispose tranquillo il calciatore.

Santucci fece un passo avanti “Allora, procediamo!”.

Il gruppo partì all’unisono e, una volta presa la giusta tempistica, onde evitare l’arma volante, riuscirono a superare la prima di quelle minacce mortali.

“E una è andata!” esultò festante Sara.

“Ne mancano ancora quattro” ricordò un già sudato Marco.

“Ah! Io mi sto annoiando…” proruppe Andrea “Voi, se volete, perdete pure tempo, io procedo del mio passo!”.

“Fermati, Lupo!” lo bloccò Roberto.

“Perché? Che succede?” chiese sobbalzando Carla.

“E’ tutto troppo semplice…” bisbigliò quasi Sarti.

“Già… scusate un attimo, gente, ma non sembra anche a voi che la prossima vada leggermente più veloce?” domandò sospetto Tommaso.

Effettivamente, la seconda raffica di seghe aveva un marcia che, anche se non in maniera esagerata, procedeva più rapidamente della precedente.

“Non ditemi che sarà così fino a laggiù?” esclamò Stefano indicando, nel contempo, la porta da raggiungere.

“Certo che non sanno più che inventarsi!” ironizzò sarcastica Sara.

“È solo questione di velocizzare un po’ il passo” tagliò corto Andrea.

“Che stronzo! Pensi che per tutti sia così facile?” gli inveì contro Rosa.

“Ora però diamoci tutti una calmata! Non è obbligatorio che passiamo tutti insieme! Appena ve la sentirete, fate un bel salto in avanti e superate l’ostacolo!” consigliò un Roberto più convinto che mai.

“Sì signore!” rispose serio Simone.

I dieci si misero, tutti allineati, a pochi centimetri dal traffico volante.

“Chi va per primo?” chiese Carla.

Senza proferir parola, il ladro scattò in avanti, evitando facilmente le lame rotanti.

“Che sbruffone!” lo apostrofò Marco.

“Ok, l’idiota è andato avanti da sé. Noi però dobbiamo organizzarci: Simone, te la senti di controllare Tommaso e Marco?” cercava di progettare il tutto, Santucci.

“Non c’è problema, signore” acconsentì Sarti.

“E per quanto riguarda Oscar?” questionò la mora del gruppo.

“Non si preoccupi, signorina, saprò badare a me stesso” la tranquillizzò Testa.

“Sei sicuro?” si aggiunse Silvestri “Non c’è niente di male se qualcuno ti dà una mano”.

“Tranquilla Sara, nella vita ho superato prove ben peggiori” proseguì il politico.

“Bene. Dato che è tutto deciso, quando volete, possiamo procedere” sentenziò il poliziotto.

“Senti Stefano…” richiamò la sua attenzione Sciullo.

“Dimmi”.

“Te la senti di andare da solo?”.

“Certo, non c’è problema”.

Il militare, sapendo di dover scortare due persone con sé, si mise il più vicino possibile alla bocca di fuoco. Facendo così, era certo di avere il maggior tempo possibile per passare dall’altra parte.

Nonostante ciò, la prima a partire fu Sara. Appena riatterrata dopo il salto, si mise subito ad incitare i compagni.

“Forza ragazzi! Tanto le seghe vanno ancora lente!”.

“Pronti?” il soldato mise gli altri due sugli attenti.

Con un clangore metallico, la sega circolare fu sparata in avanti. Il trio, appena essa fu ad una distanza di sicurezza, accelerarono a passi brevi ma rapidi. Finirono il tutto con un’esultanza spropositata.

Man mano che vedeva i suoi amici passare, Rosa s’innervosiva sempre più.

Roberto le si accostò “Vuoi che ti accompagni?”.

“No! No! Ce la faccio da sola!” le urlò contro la giovane.

L’agente non insistette e attese in silenzio.

Sempre più sottopressione, l’attrice partì di colpo, con i denti metallici che le sfiorarono appena le punte dei lunghi capelli. Tutti gli altri trattennero il fiato.

“Per la miseria, ce l’ha fatta!” esclamò appena Noro.

D’un tratto, lo stupore negli occhi dello scienziato si tramutò in determinazione. Appena vistosi superare dall’arma volante, scattò come mai aveva fatto in vita sua, emettendo contemporaneamente un urlo belluino.

Fermatosi dopo pochi metri con il fiatone, tutti lo applaudirono come se avesse vinto una gara di corsa.

“Bene signori, i prossimi siamo noi!” annunciò Oscar.

“Eccola che arriva!” preannunciò il tutore dell’ordine.

Di fatti, una nuova sega circolare fu lanciata. Sibilando nell’aria, proseguì in tutto il suo percorso, procedendo ad una velocità moderata, tanto da permettere ai tre rimasti di raggiungere i propri compagni.

“Ora arriva il difficile…” sentenziò Tommaso, osservando la nuova frequenza di sparo, più elevata rispetto alla precedente.

“Mi trovo a condividere il tuo pensiero, figliolo” concordò un visibilmente preoccupato Oscar.

“Possibile che non ci sia un altro modo per andare avanti?” domandò disperata Rosa.

“Negativo. Ho controllato ogni variabile possibile” informò il resto del gruppo, Simone.

“Non ci resta che proseguire come abbiamo fatto finora” concluse Roberto “Sicuro di farcela da solo, Oscar?”.

“Probabilmente sì” gli rispose il politico.

“M-Magari Simone può dare una mano a te invece che a me…” propose, con ben poca convinzione, un sudato Marco.

“Oppure ti posso aiutare io” aggiunse Sara.

“Signori!” alzò la voce l’uomo che, normalmente, era conosciuto per la sua pacatezza “Non perdiamo ulteriore tempo e proseguiamo il nostro cammino!”.

“Giuste parole, vecchio!” esclamò Andrea che, con un balzo, si mise nuovamente davanti agli altri.

“Aspettaci Lupo!” gli urlò contro Carla.

“Che persona schifosa!” sussurrò irritato Sciullo.

“Bene gente! come prima, quando vi sentite pronti, saltate!” ricordò un convinto Santucci.

Era palese che la prossima a saltare doveva essere ancora Silvestri.

“Quello stronzo di Andrea pensa di essere il fenomeno della compagnia!” pensava tra sé, mentre partiva con la rincorsa. Anche lei superò facilmente l’ostacolo.

Appena arrivata dall’altra parte, dopo aver lanciato un’occhiataccia al fuorilegge, si mise immediatamente a tifare per i suoi compagni.

“A quanto pare la velocità di esecuzione è aumentata tanto da, in alcuni casi, presentare ben due seghe in volo” Sarti informava le due persone che aveva sottobraccio.

“Penso di poter dare ancora un po’” si autoconvinceva Orsi.

“Anche perché” aggiunse l’imprenditore “indietro non possiamo tornare”.

Appena sparato un nuovo colpo, i tre non si dissero nemmeno nulla e, in un lampo, proseguirono più rapidamente che poterono, il calciatore saltellando appena su una gamba sola.

Una volta al sicuro, Marco si lasciò cadere stremato al suolo.

“Forza ragazzi che potete farcela!” la bionda spronava i componenti della compagnia a raggiungerli.

“Forse farebbero bene a rimanere dove sono…” rifletteva Andrea, mentre osservava preoccupato la scia quasi continua di seghe lanciate dalle aperture successive.

Testa respirava affannosamente. Le lenti dei suoi occhiali riflettevano quei cerchi seghettati che passavano a qualche centimetro da lui. Di certo avrebbe preferito che qualcosa di spiacevole capitasse a lui, piuttosto che ad uno di quei nove giovani con cui, per un diabolico scherzo del destino, si era trovato a vivere un’avventura inquietante.

Fatto il primo passo, le sue eleganti scarpe in pelle lo tradirono. La suola scivolò sul pavimento metallico e l’anziano rischiò di perdere l’equilibrio. Vedendosi minacciato da un’altra lama dentata, si tuffò quanto prima in avanti, ma troppo lentamente.

Le maniche sinistre del suo soprabito e della camicia sotto di esso si stracciarono e, all’istante, il suo braccio iniziò a sanguinare.

A nulla valse il grido disperato di Wilson, a pochi passi da lui. D’istinto, la dottoressa si buttò sul ferito, mentre una nuova sega, l’altra era finita rumorosamente a terra, puntava dritta verso di lei.

Ad evitare una nuova vittima fu l’intervento dell’attrice che, con grande slancio, si gettò contro il suo addome, facendole cadere entrambe dall’altra parte.

Gli altri erano tutti ammutoliti.

“Oh cazzo! Oscar stai bene?” urlò come un matto Roberto, furioso per non aver fatto in tempo a salvare l’amico.

“Signore ti prego!” pregava, con le lacrime agli occhi, Noro.

Tutto il resto della compagine si avvicinò a l’uomo a terra.

“Oscar! Oscar!” ripeteva come un’ossessa Sara, nel pieno di un pianto a dirotto.

A quel punto intervenne Carla “Fermi! Fermi! Non stategli tutti addosso!”.

“Puoi fare qualcosa per lui? Ti servono dei medicinali, Carla?” le domandò frenetico Simone.

“Certo! Mi servirebbero dell’alcol per disinfettare la ferita, delle garze sterili per coprirla e dei cerotti per tenere fermo il tutto”.

“Hai qualcosa con te, Simo?” chiese fiducioso Tommaso, appoggiato alla spalla di Marco.

“Negativo, purtroppo”.

“Cazzo! Non possiamo lasciarlo così!” imprecò disperata Rosa.

“Intanto usa questa per tamponare la ferita!” ordinò repentino il poliziotto che, non notato da nessuno, aveva attraversato anch’egli l’ostacolo, mente porgeva la sua maglietta alla dottoressa.

“Per ora dovrebbe funzionare…” acconsentì il medico, mentre eseguiva quando dettogli dal tutore dell’ordine, rimasto a petto nudo.

“S-Scusate…” tentò di attirare l’attenzione Stefano, anche lui dal loro lato.

Gli altri si voltarono inferociti verso di lui.

“S-scusate ma lì, nel muro, si è aperto come una specie di cassetto”.

Tutti i presenti si voltarono dove gli stava indicando lo scienziato. Con passo titubante, il baffuto si avvicinò al compartimento segreto. Affacciatovisi appena, con mano tremante, andò a raccogliere quanto vi era contenuto.

“È… è la roba che avevi richiesto!” esclamò guardando Carla.

“Davvero?” domandò sorpreso Sciullo.

“Portali qua, sbrigati!” sbottò impazientita Wilson.

Il corpo sovrappeso dell’uomo di scienza trotterellò più rapido possibile verso la donna di medicina.

Una volta in possesso dei suoi attrezzi del mestiere, la dottoressa si mise all’opera sul ferito nel più totale silenzio. Troppo silenzio.

Il primo ad accorgersene fu Simone Sarti “Le seghe si sono fermate!”.

Gli altri, escluse le due persone a terra, si guardarono tutti attorno.

“Il soldatino ha ragione” osservò Andrea Lupo, mentre si accendeva una nuova sigaretta.

“Ma com’è possibile?” si chiedeva Marco Sciullo.

Fu allora che Sara Silvestri ebbe uno spaventoso attacco d’ira “Che figlio di puttana! Ma che cazzo di carceriere sei? Eh? Fai di tutto per ucciderci e poi, invece, eviti che ci scappi il morto?!”.

“Calmati Sara!” cercava di farla tornare in sé Tommaso Orsi.

“Fate silenzio! Che sennò distraete Carla!” richiamò la coppia Stefano Noro.

Fu invece Rosa Simone che, senza dire una parola, andò semplicemente ad abbracciare la sua quasi coetanea bionda.

“Sembra che si stia risvegliando!” esclamò Roberto Santucci.

Il povero Oscar Testa aprì leggermente gli occhi.

“Oh signore…” bisbigliò appena tra le labbra.

“A che punto sei, Carla?”chiese impaziente lo scienziato.

“Ho finito. Fortunatamente, si trattava soltanto di una ferita di striscio. Basterebbe che ora si riposasse un po’” concluse Carla Wilson.

“Non credo che avremo questo privilegio” sentenziò il ladro.

“Purtroppo temo che Lupo abbia ragione. Nessuno ci assicura che, tra breve, non inizino a riempire questa stanza con il gas verde” ipotizzò secco il poliziotto.

“Non hanno rispetto nemmeno di un anziano ferito, questi bastardi!” sbottò rabbioso il calciatore.

“Ora sto meglio…” riprese a parlare la persona appena medicata “Basta che mi diate una mano a rialzarmi”.

Ad esaudire questo suo desiderio furono il soldato e l’uomo a torso nudo.

“Grazie per tutto, signori” ringraziò l’infortunato.

“Certo è strano…” si mise a riflettere l’attrice “Anche quando mi sono ferita io, quella volta dei pipistrelli meccanici, hanno subito smesso di torturarci”.

“Sì vede che a questi stronzi gli serviamo vivi!” disse il fuorilegge.

“Comunque sia state tranquilli…” la dottoressa rivolse un dolce sorriso a tutti i presenti “ci sarò sempre io a rimettervi in sesto”.

“Benissimo! Allora non abbiamo niente di cui preoccuparci!” le rispose Roberto.

Mentre l’entusiasmo riprendeva vigore nel gruppo, la porta verso cui essi erano diretti si aprì.

 

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Capitolo 16
*** Come scacchi ***


CAPITOLO 16

“Come scacchi”

 

 

 

“Non dovresti alzarti, Oscar” si raccomandava il più possibile la dottoressa.

“Non preoccuparti Carla” la tranquillizzò il politico “E poi non abbiamo altra scelta”.

“E se invece ci rifiutassimo di proseguire?” propose improvvisamente l’attrice.

“Non credo sia una buona idea…” osservò lo scienziato.

“Ma ormai abbiamo capito che non ci vogliono morti. Forse il gas verde non è nemmeno nocivo” insistette la ragazza.

“Di questo non possiamo esserne certi” la richiamò il poliziotto “Inoltre, chi ti dice che poi non sia tutta una finta per ucciderci tra poco?”.

“Anch’io sono d’accordo nel proseguire” informò il calciatore.

“Cerchiamo di deciderci in fretta, gente!” sbottò l’imprenditore, sempre più nervoso.

“Io dico di andare. Tanto, se ci fermiamo qui, facciamo solo il loro gioco” scelse la giovane bionda.

Alla fine, i dieci proseguirono verso la porta. Appena attraversatola, si trovarono in un’altra stanza metallica che però, a differenza delle precedenti, presentava una pavimentazione davvero curiosa: essa era infatti formata da mattonelle quadrate alcune di colore bianco, altre di colore nero.

“Pare un’enorme scacchiera” osservò un sofferente Oscar.

“In effetti è totalmente differente a quelle in cui siamo stati finora” aggiunse Tommaso.

“Ed è anche troppo calma…” pensò ad alta voce Rosa mentre, con scatti veloci del capo, osservava minuziosamente tutto l’ambiente.

“Fate attenzione a dove vi muovete” consigliò agli altri Carla.

“Al diavolo! Se rimaniamo tutti fermi qui, ci moriremo di sicuro!” sbottò, stufato, Andrea.

Fino ad allora, c’era un preciso particolare che aveva catturato la curiosità di Sara: la stessa pavimentazione della sala disegnava, nella zona adiacente all’entrata, un rettangolo composto esclusivamente da piastrelle bianche. D’un tratto gli balenò in mente un sospetto.

“Aspetta un attimo, Lupo!” urlò all’uomo che stava avanzando.

Come sopra ad una tastiera giocattolo, la mattonella su cui il fuorilegge ebbe messo piede s’illuminò.

“C-Cosa hai fatto, Lupo?” gli domandò Stefano, bloccato dalla paura.

L’individuo con la giacca verde si guardava preoccupato tutto attorno. Improvvisamente, udì un lieve rumore provenire dal soffitto sopra di lui. Alzato lo sguardo, vide crearsi un’apertura esattamente perpendicolare a dove si trovava. Appena vide qualcosa venir fuori da essa, si tuffò lateralmente con un balzo felino. Qualcosa si andò a schiantare contro il pavimento.

Gli altri nove, rimasti con il fiato sospeso tutto il tempo, videro formarsi una minuscola nebbiolina nel luogo dell’impatto, creata dalla polvere emanata dalla mattonella spezzata.

“Lupo stai bene? Rispondimi!” gridò come un matto Simone.

L’interpellato non si mosse di un millimetro.

Wilson aveva nuovamente le lacrime agli occhi “Lupo, ti prego, rispondi!”.

A riaccendere le speranze fu l’improvviso tossicchiare dell’uomo a terra.

“Tutto bene. Lupo?” gli domandò Santucci.

L’altro tossì ancora, per poi riprendere finalmente fiato “Sì. O almeno lo spero”.

“Guardate!” richiamò l’attenzione di tutti Sciullo.

I presenti fissarono il punto indicatogli dal loro compagno, scoprendo finalmente cosa aveva attentato alla vita del ladro: Una sfera d’acciaio chiodata, fissata a sua volta ad una catena proveniente dal soffitto.

“Ma questi sono pazzi!” sbottò, mettendosi le mani nei capelli, Noro.

“Vogliono davvero vederci morti!” sbraitò collerica la ragazza dai capelli corvini.

“Aspettate un attimo!” esclamò Orsi mentre, nel contempo, sembrava seguire un suo preciso ragionamento “Lupo, ti ricordi su quale mattonella hai messo piede?”.

“Non so, una di quelle”.

“Almeno ti ricordi il colore?”.

“Ricordo che si era illuminata. Ma… direi fosse una delle nere”.

“Anche a me sembra che fosse una di quelle nere!” si aggiunse Wilson.

“Stai pensando che…” iniziò il discorso Roberto.

“Esatto!” proseguì Tommaso “Credo che le mattonelle nere attivino delle trappole!”.

“Ecco perché, dove ora ci troviamo noi, sono tutte mattonelle bianche!” concluse Sara.

Gli altri nove controllarono la veridicità della parole espresse dalla bionda.

“Dunque…” spezzò il silenzio che si era venuto a creare, Santucci “basta solo che stiamo attenti a dove mettiamo i piedi e tutto andrà bene”.

“Sì signore!” gli fece eco zelante Sarti.

“Comunque, grazie per avermi avvertiti per tempo!” sbraitò contro i suoi compagni Lupo.

“Finché muore gente come te, a noi sta più che bene!” gli rispose, alquanto irritato, Sciullo, sorprendendo tutte le persone presenti con lui.

“C-Calmati figliolo…” cercò di placare la sua ira il più anziano del gruppo.

“Allora…” riprese il discorso Noro “abbiamo detto le mattonelle nere, giusto?”.

“Così sembra…” gli confermò, seppur dubbiosa, Rosa.

Nonostante ciò, nessuno dei nove si schiodava da davanti all’ingresso. Nemmeno il ladro, con le sue due scarpe ben piantate su due mattonelle chiare, sembrava voler muovere un muscolo.

“Uno di noi dovrà pur partire!” spronò i compagni uno spazientito Orsi.

“Vuoi cominciare te? Accomodati pure!” controbatté Silvestri.

“Cerchiamo di mantenere la calma, signori” proseguì nella sua opera di placare gli animi Testa “Farò io il primo passo”.

Tutti, compreso Andrea, trattennero il fiato, finché la suola del politico non raggiunse la superficie della mattonella.

“Ha ragione Oscar. Vado anch’io!” e così il calciatore, anch’egli claudicante, iniziò nell’attraversata della stanza.

A poco a poco, tutti e dieci i componenti della compagnia si mossero, spostandosi da un riquadro scuro all’altro, più lentamente ed accuratamente possibile.

“Mi raccomando ragazzi: fate attenzione!” ripeteva ogni due-tre secondi una tesissima Carla.

Dopo minuti interminabili, la maggior parte del gruppo era ormai a metà del percorso. Sara Silvestri, essendo una dei pochi ancora in ottima salute, era qualche metro avanti al resto di loro. Cercava di mantenere la più totale concentrazione, ormai del tutto dimentica della sua maglietta rovinata.

“Aiuto!”.

Quel grido disperato proveniva da un traballante Stefano Noro. Forse esagerando con la sua limitata falcata, ora si trovava nel rischio di premere una mattonella proibita.

Con una rapidità quasi disumana, frutto di anni di allenamento militare, Simone Sarti riuscì, con il collo del suo piede sinistro, a fornire un temporaneo appoggio alla pianta del piede dello scienziato e, nel contempo, agganciandosi con un braccio alle sue ampie spalle, ad evitare che uno di loro, o entrambi, finissero sul pavimento.

Il tutto avvenne in una manciata di secondi. Una volta compreso tutto l’accaduto, il calciatore si complimentò con il soldato “Bravo Simone!”.

La ragazza bionda, con la gamba in aria, seguì preoccupata tutta l’azione. Una volta constato che nessuno si era fatto male, si rilassò. Assieme a lei, però, si rilassò anche l’arto inferiore che, senza qualcuno a guidarlo in maniera saggia, si appoggiò su un rettangolo nero.

Una specie di sibilo, udito anche poco prima l’incidente di Andrea Lupo, mise subito i presenti in allerta.

“Merda!” imprecò disperata la colpevole.

“Preparatevi al peggio, gente!” avvertì il resto del gruppo Roberto Santucci.

Per qualche istante, non sembrò verificarsi alcun cambiamento dell’ambiente. D’un tratto, dalla parete nelle vicinanze di Sara, si aprì una fessura.

“Cos’è questo odore?” domandò ai presenti Rosa.

“Sembrerebbe…” Marco annusò bene l’aria “Ma questo è kerosene!”.

Appena udite le ultime parole del giovane imprenditore, accompagnate dalla sua classica erre moscia, la ragazza si acquattò il più possibile al pavimento, appoggiando le mani su due mattonelle sicure.

Anticipato da un breve ruggito, dall’apertura creatasi spuntò una lingua di fuoco che, nel suo tragitto aereo, si trovava a pochi millimetri dai capelli della sfortunata.

Nel giro di qualche secondo, la vampata si estinse.

“Oh cazzo!” sbraitò la giovane, ancora a terra.

“Sara, come stai? Tutto bene?” le urlò una Wilson vicina alle lacrime.

Tutta la compagnia prese a chiamarla ad alta voce.

“Sto… bene…” disse a bassa voce la bionda.

“Grazie al cielo!” sospirò tranquillizzata l’attrice.

“Ce la fai ad alzarti?” le chiese il poliziotto.

“Penso di sì…” le rispose appena lei.

Dopo aver effettuato qualche respiro profondo, l’avventuriera lentamente si rimise in posizione eretta.

“Bentornata fra noi!” la canzonò Lupo.

“S-Scusami Sara…” balbettò Noro colpevole, secondo lui, di aver distratto la donna, provocando così una minaccia che poteva seriamente costarle la vita.

“Tranquillo Stefano, sto bene” lo rassicurò lei.

“Ce la fai a proseguire?” le domandò Sarti.

“Sì sì, tranquilli. Sto bene”.

“Chiunque sia il nostro carceriere, sono certa che è un gran figlio di puttana!” sbottò rabbiosa la loro moretta.

“Appena usciremo di qui, le pagherà tutte!” esclamò il calciatore.

“Calmatevi tutti!” cacciò un forte urlo Roberto “Cerchiamo intanto di uscire di qui, dato che siamo vicini alla meta”.

Tranquillizzati leggermente gli animi, la squadra seguì il consiglio del tutore dell’ordine.

“È incredibile come, man mano che proseguiamo, queste stanze diventino sempre più complesse!” osservò, quasi estasiato, Stefano.

Carla s’incupì di colpo “Come fai ad essere così entusiasta per queste cose, io proprio non lo capisco!”.

In risposta a ciò, l’uomo di scienza iniziò ad elencare tutte le varie migliorie che, certe tecnologie, avevano portato alla vita di tutti i giorni, appoggiato anche da Oscar.

“Certo!” li interruppe bruscamente Sara “Per non parlare poi che, quelle tecnologie, stavano per ammazzarmi!”.

Quest’ultimo intervento fece tacere definitivamente il tizio tarchiato.

“E se invece ci rifiutassimo di andare avanti?” propose nuovamente Rosa.

“Di nuovo?” cercò di non darle spago Roberto.

“Beh potremmo davvero fermarci ed aspettare. Tanto siamo ormai sicuri che, chiunque abbia organizzato tutto ciò, non ci vuole morti. E, inoltre, sono certa che quel gas verde non sia poi così letale”.

“Il tuo ragionamento potrebbe esser anche corretto,” controbatté Simone “però rimane comunque troppo rischioso da attuare, soprattutto nel caso in cui esso si rivelasse errato”.

“Io non me la sento di rischiare!” aggiunse Marco.

“Magari non vuole che muoiano determinate persone. Forse stanno facendo delle scommesse su di noi o altro” ipotizzò Andrea, mentre si accendeva una sigaretta.

“Oddio! Sarebbe davvero sconcertante come situazione” sottolineò Testa.

Tenendosi in contatto con i loro scambi di opinione, i dieci erano ormai prossimi all’uscita da quello scompartimento.

“… io comunque continuo a pensarla così!” concluse la signorina Simone, piccata.

“Va bene, Rosa. Ma per ora dobbiamo andare avanti” la sostenne Wilson, che di certo non voleva più vedere qualcuna di quelle persone rischiare nuovamente la vita.

“Che cosa c’è lì davanti?” domandò pensieroso Orsi, mentre osservava un punto preciso del pavimento.

Di fatti, di fronte a loro, vi era una lunga fila di piastrelle nere, messa come a far da barriera, qualche metro davanti alla porta da raggiungere.

“Forse cercano un ultimo disperato attacco” ipotizzò Sciullo.

“Non sembra particolarmente difficile da superare…” osservò un Andrea comunque sospettoso.

“Non possiamo comunque fidarci, visto cos’è successo finora” ricordò Santucci.

Tralasciando questo nuovo posizionamento, le discusse mattonelle non presentavano variazione, né di forma né di lunghezza, rispetto alle altre.

Dopo averle scrutate minuziosamente, Tommaso esclamò “Non credo di avere alcun problema nel superarle da me. Te come sei messo, Oscar?”.

“Non evidenzio alcuna difficoltà” gli rispose l’anziano.

“Allora? Che facciamo? Andiamo oltre?” domandava impaziente Rosa.

“Non vedo perché no!” esclamò Roberto.

“Queste situazioni mi stressano ogni attimo ancora di più!” disse tra i denti Marco.

I dieci erano allineati davanti a quel muro invisibile. Di fronte a loro, come ad allettarli ulteriormente, vi era una nuova distesa di mattonelle bianche, come quella presente all’entrata della stanza.

“Ok, vado avanti io!” si caricò Simone che, a testa alta, superò con le sue lunghe leve l’ostacolo.

Dovuto alla tensione, ai presenti inizialmente sembrò mancare la terra da sotto ai piedi. Poi si accorsero che quella sensazione corrispondeva alla realtà. In un attimo, si trovarono ammassati l’uno contro l’altro dentro una fossa comparsa dal pavimento.

 

Mentre una voce anonima si lamentava sommessamente, colui che aveva fatto scattare quell’ennesima trappola, a gran fatica, rialzò lentamente il busto.

“S-State tutti bene?”.

L’ammasso di carne umana che era con lui, a poco a poco, si stava dividendo nei vari individui che lo formava.

“Cazzo!” imprecò Sara “questa volta dove abbiamo sbagliato?”.

“Temo che, in questo caso, nessuno di noi abbia commesso un errore” ipotizzò Oscar, mentre si toccava l’addome ferito.

“E allora come mai ci hanno fatto questo?” domandò stizzita Rosa.

“Forse perché volevano complicarci ancora di più il percorso” esclamò Roberto, finalmente tornato in posizione eretta.

“Certo! Siccome fino ad ora era stato tutto troppo semplice…” ironizzò polemico Marco.

Il più basso del gruppo, Stefano, guardava in alto “E ora come facciamo a tornare lassù?”.

“Saranno almeno tre metri di altezza” aggiunse Carla.

“Potrebbe essere piuttosto complicato… anche per me…” sentenziò Andrea.

“Allora siamo proprio nei casini!”sbuffò Silvestri.

Lo sconforto stava di nuovo serpeggiando tra i membri del gruppo.

Da un po’ di tempo, la giovane attrice stava squadrando tutta l’intera situazione in cui erano, letteralmente, precipitati.

“Potremo metterci l’uno sopra all’altro, tipo piramide umana…”.

“L’idea è decisamente interessante, signorina, ma temo che molti di noi non reggerebbero, anche solo a livello prettamente fisico” la frenò Testa.

A tali parole, lo stesso Orsi osservava la condizione dei suoi piedi feriti.

“Quelli messi peggio li potremmo mettere subito in cima. Almeno, una volta su, potrebbero aiutare gli altri a scalare”.

“Il piano potrebbe funzionare…” appoggiò l’iniziativa Noro.

“Ma, allo stesso tempo, ci potrebbero essere delle complicazioni!” controbatté infuriato Sciullo.

“Comunque, è l’unica possibilità che abbiamo!” gli urlò contro Rosa “E penso che Roberto dovrebbe stare alla base della piramide, dato che è il più robusto di noi…”.

“Ti ringrazio per la fiducia, tesoro” le ammiccò Santucci.

“Bene, facciamolo!” concluse Sarti.

Sotto a tutti, ben piazzato con i piedi per terra, vi era appunto il poliziotto. Sopra di lui, il soldato, anch’egli in possesso di un fisico ben allenato. Come terzo componente, che doveva fungere da ultimo gradino per la libertà, fu messo lo scienziato dato che, dopo un’ultima analisi, era l’unico uomo in buona forma, tolto Lupo di cui nessuno si fidava.

Il primo a salire fu il politico che, nonostante ciò gli costasse gran fatica, riuscì a giungere in breve tempo sul pavimento sovrastante.

Grazie a quel primo test, tutti avevano constatato che il piano funzionava. Come prossimo scalatore, toccò al calciatore.

Mentre raggiungeva il tutore dell’ordine, però, come un lampo, scattò il ladro che, con enorme rapidità e altrettanta leggerezza, raggiunse il più anziano della comitiva.

“Avanti gente! io starò quassù a darvi una mano nel tirarvi su!” tutti erano ancora scettici “Forza! Fidatevi di me!” insistette lui.

Dopo ciò, riprese il suo turno lo sportivo e, proprio come promesso dal fuorilegge, quest’ultimo aiutò l’infortunato nel farlo procedere con l’ultimo passo.

In seguito toccò a Rosa, spronata da Roberto, a Marco, ancora polemico per quella scelta azzardata, a Carla, che subito si precipitò a controllare lo stato di salute dei presenti, ed infine a Sara che, con lo strofinamento involontario del suo seno sulla nuca di Stefano, ne provocò una leggera eccitazione.

Ora era il momento dei tre che si erano “sacrificati” per aiutare gli altri.

Noro fu il più semplice da tirar su, grazie alle forze congiunte di Andrea e Marco.

“Ce la fa a reggermi ancora, signore?” chiese un affaticato Simone.

“Tranquillo, sono una roccia!” fu la risposta dell’interessato.

Saputo ciò, il militare fletté le gambe, i cui piedi poggiavano sulle larghe spalle del poliziotto e, spiccando un gran balzo, riuscì ad aggrapparsi con le mani al margine del pavimento. Immediatamente, in suo soccorso, arrivarono il ladro e l’imprenditore.

“Ed ora con Roby come facciamo?” domandò perplessa Silvestri.

“Io avrei un’idea” esordì il ricercato “Però tutti voi dovrete fidarvi di me”.

Una volta spiegato il da farsi, Lupo si sdraiò in posizione prona sul pavimento, il più vicino possibile al margine della fossa. Gli altri si avvicinarono alle sue gambe, tenendogliele più ferme possibile. Fatto ciò, l’uomo scivolò lentamente sulle mattonelle. Avendo ormai la maggior parte del suo corpo nel vuoto, le sue speranze erano riposte sulla forza della gente al di sopra di lui. Constatando la sua mancata caduta in verticale, riuscì a concentrarsi sull’allungarsi il più possibile verso Roberto. Una volta che i due si furono strette saldamente le mani, il gioco era fatto.

Appena l’ultimo membro del gruppo ebbe raggiunto gli altri, la porta si aprì come da programma.

 

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Capitolo 17
*** Corsa e nuoto ***


CAPITOLO 17

“Corsa e nuoto”

 

 

 

“… Solo con la collaborazione possiamo andare avanti” concluse il suo pensiero Oscar, mentre tutto il gruppo era entrato nella nuova stanza.

Tommaso diede una rapida occhiata all’ambiente “Questa sembra più grande del…” purtroppo il suo pensiero fu interrotto da una violenta pallonata che, come un potente pugno, lo colpì in pieno volto.

“Siamo sotto attacco!” urlò Simone, sfoderando immediatamente la sua arma da fuoco.

“Aspettate un attimo…” richiamò l’attenzione Rosa “sono solo dei palloni”.

Ad una più attenta osservazione si poteva facilmente notare che, affacciato da un’apertura nella parete, vi era un piccolo cannone, dalla cui bocca partì una nuova raffica di sfere.

I dieci si difesero come meglio poterono da quel singolare assedio.

“Sembra assurdo ma, questa prova, è la peggiore che ci sia capitata da quando siamo qua dentro!” esclamò Stefano, mentre una palla lo andava a colpire sulla sua ampia testa.

“Eppure ci deve essere un modo per fermarlo!” sbottò imbestialita Sara.

“Ci vorrebbe qualcosa per tappare quel coso!” appoggiò la sua idea, Carla.

Il capo di Andrea scattava da una parte all’altra del suo collo, cercando disperatamente qualcosa con cui mettere in atto quel piano improvvisato. Poi tornò a fissare l’arma del soldato.

“Perché non provi con quel fucile, Simone”.

La stessa compagnia di persone si mise a fissare il possibile oggetto risolutore.

Il militare fissò l’unico di cui rispettava gli ordini, Roberto.

“Ha ragione Lupo. Può essere la nostra unica possibilità”.

“Sbrigati Simone!” gli sbraitò contro Marco che, fin da subito, teneva fisse le sue braccia incrociate davanti al volto.

L’interessato mosse i suoi primi passi verso l’obiettivo. Accortosi di ciò, il cannone focalizzò la sua mira verso colui che si stava avvicinando minacciosamente. Quest’ultimo respingeva le pallonate usando la sua arma come fosse una racchetta da tennis.

“Fai attenzione, Simone” udì a malapena la voce della dottoressa.

“Forza figliolo!” lo spronò mentalmente il politico.

Rosa, invece, preferì l’incoraggiamento verbale “Dai Simone, che ci sei quasi!”.

Ormai i palloni lo colpivano come una pioggia torrenziale ma lui, abituato a situazioni ben più pericolose, raggiunse la bocca da fuoco.

Aspettando l’attimo esatto in cui la raffica si placava, con una rapida mossa infilò l’arma dentro il buco, facendovi penetrare tutto il calcio.

Subito si allontanò rapidamente per evitare che essa, a causa della spinta delle particolari munizioni che era andata a bloccare, non schizzasse via come il tappo di una bottiglia. Fortunatamente, non successe nulla del genere.

“Eh bravo il nostro Simo!” esultò felice Silvestri.

“Tutte queste palle e non poterne calciare neanche una…” sospirò triste Orsi.

“Pensavano di fermarci con così poco…” fece inspiegabilmente lo spavaldo Noro.

“Che dite, proseguiamo?” domandò ironica l’attrice, mentre si stava già incamminando.

Sarti si riunì al gruppo, affiancando Santucci per comunicargli ”Missione eseguita, signore” concludendo il tutto con un sincero sorriso.

“Ottimo lavoro, soldato!” fu la risposta.

Il gruppo riprese la propria marcia dentro quell’enorme stanza metallica. Il loro procedere fu però interrotto poco dopo da un particolare stile di pavimentazione, a loro recentemente noto.

“Ma stiamo scherzando?!” esclamò sorpresa Sara “Di nuovo con queste mattonelle?”.

Tutti i presenti fissavano inebetiti il pavimento davanti a loro.

Lo scienziato si avvicinò all’imprenditore per sussurrargli all’orecchio “Erano quelle nere da evitare, giusto?”.

“Sì, sempre che usino lo stesso criterio della stanza precedente…” gli rispose un dubbioso Sciullo.

“E se ci fosse di nuovo una botola?” ipotizzò Wilson.

“Dovremo affrontarla come abbiamo fatto prima” le diede una risposta il calciatore.

Nonostante ciò, nessuno si azzardava ad effettuare il primo passo.

“Perché, come prima, non vai avanti te, Lupo?” propose il poliziotto, divertito.

“Fanculo sbirro!” sbottò il fuorilegge “Perché invece non ci provi te, eh?”.

Alla fine, fu nuovamente il militare a precedere il resto della comitiva “L’unica cosa certa, al momento, è di utilizzare le mattonelle bianche”.

Come se andasse al rallentatore, appoggiò leggermente la punta del piede a terra. Poi, a poco a poco, tutta la pianta dello stivale. Non accadde nulla.

“Pare che vada tutto bene…” azzardò Testa.

“Ok, vado anch’io!” partì convinta Rosa.

Una volta al limite del tratto pavimentato in bianco e nero, la giovane donna ripeté esattamente le stesse mosse del soldato. Il risultato fu il medesimo.

“Bene, dai!” esclamò dopo un sospiro di sollievo Sara “possiamo andare tutti!”.

Gli altri, anche i più claudicanti, procedettero in quella particolare attraversata, con l’attrice che era già più avanti di loro.

“Mi raccomando…” esordì il tutore dell’ordine “Metteteci tutto il tempo che volete, ma siate certi di mettere i vostri piedi sopra una mattonella bianca”.

“Meno male che ce l’hai detto te…” lo sfotté il ladro.

“Vedi che mi ricordavo bene!” parlava a bassa voce Noro “le mattonelle bianche!”.

“Con calma… con calma… con calma…” ripeteva sistematicamente, più a sé che agli altri, Carla.

Improvvisamente, un suono stridulo s’insinuò nell’aria. Il panico s’impossessò del gruppo.

“Chi è stato?” urlò isterica Rosa Simone che, nel frattempo, aveva raggiunto l’altra sponda.

“Oh cazzo!” si sentì un imprecazione anonima.

Tutti all’unisono si voltarono verso Marco Sciullo.

Quest’ultimo tentò di scusarsi “Mi sembrava fosse bianca…”.

I più lesti presero dunque ad osservare, ciclicamente, il pavimento, le pareti ed il soffitto.

“Sembra tutto calmo…” osservò Simone Sarti, nonostante rimanesse sempre all’erta.

Passò ancora qualche minuto, nella più totale immobilità generale.

“Forse ci stanno prendendo per il culo?” ipotizzò Sara Silvestri, continuando a squadrarsi tutt’attorno.

“Cerchi di moderare i termini, signorina” la richiamò il più anziano della squadra.

“Che facciamo, allora?” riprese Stefano Noro “Andiamo avanti?”.

Per tutto il tempo, Roberto Santucci era rimasto in silenzio, con la mano ben salda sulla sua pistola d’ordinanza.

“A questo punto, mi sorge un dubbio…” disse.

Tornato a rilassare il proprio corpo, iniziò a camminare con noncuranza.

“Fermo Roberto!” lo richiamò con un urlo la dottoressa.

Con qualche passo, aveva già pestato una decina di piastrelle scure. Tutte, una volta premute, emettevano il loro caratteristico suono, illuminandosi al contempo. Dopo di ciò, però, non accadeva assolutamente niente.

“Ci hanno fregato! Quei bastardi ci hanno fregato!” proruppe stizzito Tommaso Orsi.

Tra le proteste generali, il gruppo aveva superato quella nuova difficoltà senza danni, in una maniera decisamente insperata.

“Anche questa è andata!” esultò rasserenata l’attrice.

“Arrivati a questo punto” concettualizzò Roberto “cercano di colpirci anche solo con semplici attacchi di stress mentale”.

“Non hanno proprio pietà per noi!” sottolineò il più stressato di tutti, Marco.

“E nemmeno per i miei piedi” ricordò uno zoppicante Tommaso che, di tanto in tanto, si appoggiava alle spalle di Simone.

“Abbiamo tutti i nostri acciacchi, figliolo” aggiunse Oscar.

“E questo cos’è?” richiamò l’attenzione di tutti la giovane bionda.

Essa stava picchiettando, con la punta del piede destro, su una nuova tipologia di pavimento che, con gran sorpresa, s’infossava con esso.

“Sembrerebbe gomma” ipotizzò Stefano.

“Perfetto! Una nuova trappola!” sentenziò l’altra bionda.

“Magari è innocuo come quello prima” azzardò Andrea, mentre lo controllava egli stesso con il piede.

Il gruppo si era nuovamente fermato.

“Cari compagni” esordì il più anziano “non possiamo fare altro che proseguire, come abbiamo fatto finora” concluse, facendo il primo passo.

Tutti seguirono il suo esempio.

“Per i miei piedi è pure confortevole” constatò il calciatore.

“Forse ci vogliono concedere un po’ di relax…” ironizzò, con un sorriso finale, Silvestri.

“Io ancora non mi fido…” polemizzò ancora Sciullo.

Come fosse stato un brutto presagio, il suolo iniziò a muoversi, facendo deambulare all’indietro tutti i presenti sopra di esso.

“Ma che diavolo?” imprecò Lupo.

“Questo è… un tapis roulant!” esclamò sorpresa più che mai la moretta.

Di colpo, tutti quelli che avevano già effettuato qualche passo sopra di esso, furono rispediti indietro.

“Ora pretendono pure che facciamo un po’ di ginnastica?” ci scherzò su Santucci, tenendo le braccia larghe e le mani appoggiate lateralmente alla sua vita.

“Beh, male non potrà farci” sottolineò Wilson.

“Certo ci è capitato nella nostra peggior situazione: molti di noi sono infortunati, altri non hanno un grande stato di forma fisica…” spiegò Sarti, fissando per un attimo Noro, mentre concludeva il suo pensiero.

“Cosa vorresti dire?” sbraitò l’uomo di scienza, in evidente sovrappeso.

Improvvisamente, l’attrice partì, cominciando ad attraversare quel nuovo ostacolo “Per me non è un problema, ho passato ore sopra questi cosi per avere questo fisico”.

Il calciatore fissava in silenzio la sua quasi coetanea “A questo punto, devo cercare anch’io di rimettermi a correre”.

Detto ciò, iniziò ad aumentare la frequenza dei passi. Ma i suoi piedi infortunati non lo ressero. Finito sdraiato sopra il rullante, tornò dove era partito.

“Forse dovremo cercare di aiutare i più bisognosi…” propose il giovane imprenditore.

“Bene. Allora Simone tu occupati di Tommaso, io penso ad Oscar” ordinò il poliziotto.

“Sì signore!” rispose il militare.

“Ma quanto gli piace dare ordini…” sussurrò appena il ladro.

I nove si prepararono per questa improvvisata corsa di allenamento, mentre Rosa li aspettava di già dall’altra parte, riprendendo fiato.

Una volta partiti, come da previsione, i quattro personaggi, accoppiati a due a due, erano in netto ritardo. Nella medesima situazione, questa volta per cause da imputare esclusivamente a lui soltanto, vi era pure Stefano. Nel contempo, Lupo stava ormai raggiungendo il traguardo.

“Dai su! Forza ragazzi!” li incitava l’attrice.

Anche Silvestri, spronata forse da colei che sentiva sia come amica che come rivale, riuscì a raggiungere il pavimento immobile.

“Anf… ricordatevi di inspirare con il naso… anf… e di espirare dalla bocca… anf” Wilson cercava, nonostante il forte fiatone, di dare i suoi consigli medici ai compagni.

Approfittando della potenza muscolare delle sue braccia, Roberto, riusciva quasi a tenere sollevato il più anziano del gruppo che, nonostante fosse alto quanto lui, era decisamente meno fisicato.

Per quanto riguarda l’altro accoppiamento, sia Simone che il claudicante Tommaso cercavano di offrire la medesima prestazione. Ma, ancora una volta, i piedi malmessi dell’atleta cedettero.

Mentre entrambi si accovacciarono al suolo, Sarti si avvicinò all’orecchio di Orsi.

“Ti chiedo un favore Tommaso: Impegnati ancora una volta, come sono certo sai fare, così possiamo superare questo nuovo ostacolo, e raggiungere gli altri per, speriamo, riposare”.

Il volto del centrocampista era contratto dal dolore “D’accordo!”.

Dopo appena qualche secondo, la coppia si rialzò e, con una velocità inaspettata, riuscirono ad unirsi nuovamente a tutti gli altri. Tutti tranne uno.

Stefano Noro, sudato come se stesse correndo ad una maratona, stava perdendo la  sua sfida con la macchina.

“Non ci credo!” esclamò Andrea Lupo “Come fa a rimanere lì?”.

“Ehi gente!” richiamò l’attenzione di tutti Rosa Simone “Guardate qua!”.

Tutti si voltarono dall’altra parte, trovandosi davanti una lunga piscina, fortunatamente allungata non nella direzione che dovevano seguire loro.

“Una bella nuotata è proprio ciò che serve alle mie stanche ossa” disse un sollevato Oscar Testa.

“E per quello sfigato cosa facciamo?” chiese al gruppo Sara Silvestri, indicando con il pollice lo scienziato, ancora impegnato con la corsa sul tapis roulant.

“Ci penso io!” urlò Marco Sciullo, scattando a soccorrere l’amico.

Con questo importante aiuto, i dieci erano di nuovo tutti insieme.

“Proprio quello che mi serve: una bella piscina rilassante!” esclamò entusiasta il calciatore.

“Sicuro di farcela da solo?” gli domandò il soldato.

“Certo! L’acqua annullerà il mio peso e farà riposare i miei piedi” gli spiegò lo sportivo.

D’un tratto, un pensiero illuminò lo sguardo del tutore dell’ordine.

“Se volete, ragazze, potete anche togliervi qualche vestito, per effettuare meglio la nuotata…”.

La risposta della giovane attrice fu “Porco!”.

“Col cazzo che lascio i miei vestiti qui!” aggiunse la bionda.

“Cos’è? Avete paura che ve li rubino?” le sfotté l’esperto in queste attività.

Ancora una volta senza proferir parola, l’imprenditore si tuffò in acqua, cogliendo tutto il gruppo di sorpresa.

“Bene, signori” riprese parola il politico “Possiamo entrare in acqua anche noi”.

Quasi tutti, a parte gli infortunati, si tuffarono in bello stile. L’unico che esagerò fu lo scienziato che, preso da una strana euforia, si buttò a bomba.

“Era proprio necessario tutto questo casino?” lo richiamo stizzita Rosa.

“Rilassati Rosa” le consigliò il calciatore.

“Come siamo acide…” la canzonò Sara.

“Scusatemi” parlò, una volta tornato a galla, Stefano “Ma ci voleva proprio una bella nuotata!”.

“In effetti, è strano che ci concedano tutto questo relax…” pensò ad alta voce Roberto.

“Forse si stanno stufando anche loro” ipotizzò Andrea, mentre nuotava a dorso “Oppure presto ci faranno secchi…”.

Queste ultime parole fecero rabbrividire il resto della squadra.

“Possiamo provare a pensare positivo?” esclamò stizzita Carla.

Detto ciò, la dottoressa fu investita da un grosso schizzo d’acqua.

“Ha ragione Carla” disse l’altra bionda della comitiva, autrice di quello scherzo “Ed io conosco un bel modo per farci tranquillizzare tutti…”.

Nel giro di qualche secondo, tutti i membri iniziarono a spruzzarsi addosso più acqua possibile. Lo stesso Oscar, la persona più vecchia del gruppo, si divertiva a prender parte a quel gioco infantile. Roberto cercava di bagnare il più possibile Rosa, nella speranza di osservare più trasparenza possibile nella sua maglietta bianca. Wilson si presa la sua vendetta su Silvestri, mentre anche Andrea e Marco parevano liberi da ogni cattivo pensiero. Il più confusionario si confermò Stefano, riuscendo a schizzare più gente possibile. Anche Tommaso si dimenticò dei suoi infortuni.

Dopo un lazzo imprecisato di tempo, la fatica, seppur condivisa con la gioia, prese possesso dei sette uomini e delle tre donne.

Sara, mentre riprendeva fiato, si mise ad osservare freneticamente il soffitto, come alla ricerca di qualcosa “Ancora nessun richiamo?”.

“Davvero strano…” concordò la moretta.

“In ogni caso, ci conviene uscire dall’acqua” propose un guardingo Simone.

“Hai ragione, Simone. Meglio non tirare troppo la corda…” aggiunse Roberto.

“Se non altro abbiamo dove sistemarci!” informò gli altri Marco con la sua erre moscia, indicandogli un punto davanti a lui.

Tutti si voltarono e videro esattamente dieci sedie, ben saldate al pavimento, disposte tutte attorno ad un tavola dalla forma rotonda.

“Almeno potremo rifiatare un momento” ipotizzò un affaticato Orsi.

Con grande lentezza, la compagnia uscì dalla piscina per accomodarsi in quell’improvvisato posto di ritrovo.

I dieci attesero lì per delle ore, venendo riforniti di cibo e, per quanto riguarda Lupo, di sigarette, trovati dentro ai soliti vani comparsi, come per magia, dalle pareti metalliche della stanza.

Improvvisamente la porta di uscita, situata a qualche metro da loro, si aprì, travolgendoli con una luce accecante.

 

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


CAPITOLO 18

“Epilogo”

 

 

 

Le pupille dei dieci dovevano ancora abituarsi a quell’enorme fonte luminosa quando, improvvisamente, udirono una sguaiata voce femminile urlare.

“… E finalmente riusciamo a conoscere i nostri fantastici concorrenti!”.

A poco a poco, la loro vista iniziò ad adattarsi alla luce, facendoli trovare di fronte ad un nuovo muro. Qualche secondo ancora e si accorsero che questa volta la parete era di tutt’altro genere, rispetto alle precedenti. Carne ed ossa avevano sostituito il freddo acciaio.

La voce di poco prima tornò a parlare “Benvenuti ragazzi! So che ancora dovrete riprendervi da questo piccolo shock…”.

La platea di persone applaudiva sempre più rumorosamente.

“M-ma dove siamo?” sillabò una spaesata, come il resto del gruppo, Sara.

“Bene signori, è giunto il momento di svelarvi l’arcano…” finalmente a quella stridula voce fu associato un volto.

Una donna che, nonostante tutti i trucchetti televisivi possibili, dimostrava i suoi più che quarant’anni, capelli castani con meches biondi, occhi pieni di mascara, labbra gonfie di natura alquanto sospetta e seni del medesimo aspetto.

“L-Lei chi è?” chiese timidamente Stefano, colpito da quel fascino tutto abbondante.

A dargli risposta ci pensò una alquanto sorpresa Rosa “Sbaglio o lei è Barbara Pantano?”.

“Esatto, mia cara!” strillò esaltata l’interessata “Sono felice di essere riconosciuta da una giovane e bella artista come te,  così piena di talento!”.

“Scusi un momento…” richiamò l’attenzione di tutti Roberto “Ci può spiegare cosa sta succedendo qui?”.

“Oh, giusto!” esclamò lei, con una faccia così falsamente colpevole “Scusate questa mia mancanza. Dunque, signori, sono lieta di annunciarvi che, voi dieci, siete stati i primi concorrenti del più innovativo reality show che si potesse creare”.

“Prego?” fece Marco, con gli occhi ancora sgranati dallo stupore.

“In parole povere, voi avete preso parte ad un programma televisivo intitolato “Box” dove, come avete potuto appurare in prima persona, dieci personaggi famosi, totalmente all’oscuro di tutto, vengono presi e messi dentro ad una complessa struttura di stanze, al cui interno si possono trovare le più disparate prove da superare per raggiungere, infine, il simbolico traguardo rappresentato dal nostro studio”.

“Mi perdoni, signora” si fece avanti Oscar, il quale stava seriamente rischiando di perdere la sua proverbiale calma “Tutto ciò è avvenuto senza il nostro consenso?”.

“Non mi dia della signora che sennò mi fa sentire più vecchia di quanto in realtà sono…” risatina sarcastica “Comunque, per rispondere alla tua domanda, in effetti non abbiamo avuto ufficialmente il vostro consenso per iscritto ma, e di questo vi posso assicurare, i vostri familiari erano costantemente informati del vostro stato di salute, anche solo guardando le nostre puntate settimanali…”.

Ancora più infuriata si presentò Carla “Senta, a proposito della nostra salute, ma non eravate preoccupati che, dato le vostre, come le ha chiamate lei, “prove”, qualcuno di noi potesse farsi decisamente male?”.

“Di questo potevate stare tranquilli. Tutti i nostri marchingegni, compresi i vari droni utilizzati, erano sempre costantemente tenuti sotto controllo dai nostri preparatissimi tecnici presenti in regia” assicurò la presentatrice, indicandogli svogliatamente l’ipotetica direzione della sala dei bottoni.

“E per quanto riguarda il gas verde?” insistette Simone.

“Era assolutamente innocuo”.

I partecipanti caddero in uno shockato mutismo.

“M-Ma tutto ciò” prese parola Tommaso “a cosa c’ha portato?”.

“Ti ringrazio dell’osservazione” riprese la parola la presentatrice “perché, finalmente, è giunto il momento tanto atteso della serata: La premiazione!”.

Uno sfolgorio di luci e suoni accolse quella così roboante presentazione.

“Premiazione?” domandò dubbioso Andrea.

“Esatto! Poiché, data la vostra straordinaria tenacia, nonché il vostro perfetto gioco di squadra, ognuno di voi riceverà in premio un’incredibile occasione da prendere al volo!”.

La compagine era sempre più allibita, vedendo quella donna così esaltata e, nel contempo, tutto quel chiassoso pubblico che le andava fedelmente dietro.

“Dunque direi di cominciare dalla mia affascinante collega…” detto ciò, Barbara si avvicinò alla giovane attrice.

“Rosa Simone” riprese la donna “il tuo premio consiste in…”.

La ragazza la fissava come se lei stessa fosse sospesa nel vuoto.

“La parte di protagonista del film “La chiesa insanguinata”, del regista Jobe Cunniven e di prossima produzione!”.

L’artista rimase inizialmente spiazzata “Sul serio?”.

“Assolutamente! Complimenti cara” le rispose con falsa gioia.

Gli altri non sapevano se applaudire, come stava facendo la massa anonima nella platea, o chiedere ulteriori delucidazioni alla signora Pantano.

Quest’ultima, conclusa l’acclamazione del pubblico, riprese il suo show “Ed ora direi di passare ad un baldo giovane…” spostandosi vicina alla sportivo del gruppo.

“Caro Tommaso” esordì, appoggiandogli una mano delicata sulla spalla “ci dispiace per il tuo infortunio ma, credimi, ciò che sto per dirti ti farà scomparire tutto il dolore che senti”.

Il calciatore che, essendo ancora claudicante, continuava ad appoggiarsi al militare, la fissava stranito.

“Infatti il tuo premio è…” altri secondi di studiata suspense “Un contratto da professionista con il Lecce Calcio!”.

Tra i nuovi schiamazzi generali il centrocampista riuscì appena a bisbigliare “C-Come? Il Lecce? Soltanto il Lecce?”.

“Temo si stia superando il limite…” tentò di opporsi inutilmente il politico.

“Ma con l’infortunio come farà?” aggiunse la dottoressa.

Di fatti la presentatrice riprese ad interpretare la sua professione “Ma ora direi di spostarci verso il vero fusto del gruppo e, inoltre, il mio preferito! Inutile che lo nasconda…”.

Il poliziotto si trovò improvvisamente a fissare il suo sguardo suadente mentre lei, con le sue generose forme, cercava di strusciarsi il più possibile sul suo corpo statutario.

“B-Beh…” riuscì a proferir parola lui “Se non altro, hai gusto per gli uomini”.

L’arrapata emise una risata insopportabile.

“Per te, caro il mio omaccione, ho qualcosa di davvero fantastico…” riprese Barbara, leccandosi appena le labbra con la punta della lingua “una collaborazione di un anno con l’International Police, noto corpo di polizia riconosciuto seriamente a livello internazionale!”.

Questa volta, il frastuono fu tale che le pareti dello studio sembrarono vibrare.

“Sono proprio curioso di vedere cosa possono darmi che io non abbia già” una volta uscito da quell’incubo, la superbia si era di nuovo impossessata del giovane imprenditore.

“Io spero proprio che mi mettano a lavorare in qualche laboratorio di robotica” gli confessò all’orecchio lo scienziato eccitato.

La presentatrice sorrideva ed applaudiva come se fosse sotto effetto di stupefacenti.

Dopo aver ripetuto due o tre volte la parola “Fantastico” riprese la premiazione “Dopo questa, direi che possiamo passare a colui che è considerato la tua vera e propria nemesi…”.

Qualcosa questa volta non funzionò. Improvvisamente, Barbara Pantano, con occhi sbarrati da matta, cercava da tutte le parti il soggetto in questione.

“D-D-Dov’è andato?” poi, rivolgendosi al pubblico “Scusate un attimo signori, c-credo si sia verificato un incidente tecnico…”.

Anche le persone uscite da quella diabolica struttura sembrarono inizialmente preoccupati da tale scomparsa ma, allo stesso tempo, conoscevano anche troppo bene il fuorilegge.

“Scusate, signori” la donna di spettacolo si rivolse proprio a loro nove “Dov’è andato Andrea? Non era anche lui qui con voi?”.

Gli interessati si trincerarono in un assoluto silenzio.

“Io so dov’è andato”.

Con uno scatto del capo, reso evidente dallo spostamento della folta chioma laccata, la presentatrice fissò il punto da cui era provenuta quella voce.

Con un ghigno beffardo, Sara le diede la risposta “Penso sia andato a cambiare canale…”.

 

In camera di regia, gli occupanti erano nel caos più totale. Tutti alla spasmodica ricerca del soggetto, utilizzando le svariate telecamere presenti nello studio televisivo.

“Dov’è finito quello stronzo” urlò uno.

“Cercatelo! Cercatelo!” ribatté un altro.

Anche se appena udibile, lo scricchiolio del tamburo di una pistola caricato fece zittire chiunque.

Il ricercato era proprio davanti a loro, con la pistola puntata contro di essi.

“Chi è il regista?” urlò ai presenti l’uomo con la giacca verde.

Questi ultimi, evitando qualsiasi atto di coraggio, indicarono all’istante una persona seduta davanti a quell’enorme distesa di monitor. Lui, con le cuffie ancora in testa, aveva la mascella che tremava dal terrore.

“Complimenti… con questo schifo vincerai di sicuro un premio!”

BANG.

 

 

 

SI STANNO VERIFICANDO DEI PROBLEMI TECNICI

CI SCUSIAMO PER IL DISAGIO

 

 

 

FINE

 

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