The promise I should keep

di TheDarkLightInsideMe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I ***
Capitolo 2: *** Atto II ***
Capitolo 3: *** Atto III ***



Capitolo 1
*** Atto I ***


Atto I

 

La ragazzina dai capelli e gli occhi di ghiaccio li vide arrivare, nascosta dietro una colonna. Erano due: lo gnomo Ido, una leggenda vivente anche lì sotto il mare, e un bambino dai curiosi occhi viola e capelli blu notte. Dalle orecchie leggermente a punta ogni dubbio si dissolse: quel ragazzino era un mezzelfo, l’ultimo evidentemente, il nipote dei mitici Nihal e Sennar.
Si acquattò dietro una colonna bianca mentre Ondine li accoglieva calorosamente e li accompagnava nelle proprie stanze.
Prima di entrare nella sua, il mezzelfo si voltò un attimo, guardandosi attorno, e poi soffermò il proprio sguardo sulla porta dietro cui lei era nascosta.
Senza sapere bene perché, la ragazza arrossì e si ritrasse a quello sguardo che, lei lo sapeva, celava molto dolore.
Quando il bambino –si chiamava San, se ben si ricordava –si fu chiuso la porta alle spalle, lei si allontanò tra i corridoi del palazzo.
Era tutto così bianco e monotono, laggiù, non era posto per lei. Lei amava l’azione, le missioni, i giochi, tutte cose che lì sotto non poteva permettersi. A scappare ci aveva provato, una volta, ma l’avevano riacciuffata prima che raggiungesse il tunnel sottomarino.
Così come era noioso fare sempre le stesse cose, così era noioso il fatto che nessuno di quelli di Sopra venisse mai laggiù. La ragazzina non sapeva quando aveva iniziato, e probabilmente non gliene importava nemmeno, ma da qualche anno si era messa in testa di spiare Ondine e di sapere qualcosa in più su di lei, sul Mondo Emerso, su quelli di Sopra. Poi Ondine aveva ricevuto quella lettera da parte di Ido che la avvisava del suo imminente arrivo, e le cose si erano fatte più interessanti.
Con l’agilità di un gatto riuscì ad intrufolarsi, come sempre, nella biblioteca. Andò nella sezione di mitologia e prese un grosso tomo che l’avrebbe tenuta occupata fino a sera inoltrata. Parlava degli elfi, dei loro dei, di storie e guerre accadute centinaia di anni prima, che nessuno ormai può sapere se sono avvenute per davvero o se sono frutto dell’immaginazione di qualcuno.
Come previsto, rimase seduta a terra a leggere fin quando gli occhi non le bruciarono per la scarsa presenza di luce. Quindi fece per uscire dall’abitazione della contessa, quando una mano le si poggiò su una spalla. Si voltò di scatto: c’era solo una persona di cui non riusciva a sentire i passi, e quella persona era Ido, il suo idolo, il suo faro di speranza.
<< Cosa ci fai qui a quest’ora? >> le chiese lo gnomo, ma lei farfugliò mille scuse e si liberò dalla sua presa, correndo a casa. Per la prima volta nelle sue varie “missioni”, qualcuno l’aveva scoperta.
 

I giorni successivi si susseguirono monotoni: San usciva raramente dalla sua camera, Ido e Ondine si rintanavano nello studio di lei, dove la ragazzina non poteva ascoltare i loro discorsi.
Poi, dopo circa dieci giorni, la ragazza decise che sarebbe stato più divertente rimanere in biblioteca tutta la giornata, piuttosto che tentare di capire quello che lo gnomo e la contessa si dicevano.
Rapida e silenziosa, a notte fonda entrò nella biblioteca e si chiuse il pesante portone alle spalle. Si avviò verso la sezione che le interessava, quando lo vide.
Seduto per terra, con in mano un tomo enorme color nero pece. San.
La ragazza sussultò alla vista del libro proibito tra le mani del mezzelfo, mentre lui continuava a leggere assorto.
<< S-San?! >>
Solo sentendo il proprio nome il ragazzino alzò la testa e, quando si ritrovò davanti ad una sua coetanea che lo osservava sbigottito, si rimmerse nella lettura.
Lei continuò a guardarlo a bocca aperta e occhi sgranati per un po’, chiedendosi se il bambino che aveva davanti sapesse davvero leggere i libri in elfico o se si divertiva ad osservare quella rune così particolari. Sperò la seconda.
<< È perché sono un mezzelfo? >>
La domanda spiazzò la ragazza. << Come, scusa? >>
<< È perché sono un mezzelfo che continui a fissarmi? >>
<< San, ti rendi anche solo minimamente conto di quello che stai facendo? >>
Lui le fissò addosso gli occhi curiosi. << Sto leggendo. E dunque? >>
<< Stai leggendo un libro proibito! Non avresti dovuto neppure tirarlo fuori dallo scaffale! >>
<< Vorrei sapere il nome di colei che mi sta facendo la predica, prima di prestare attenzione a ciò che dice. >>
Diplomatico, pensò la ragazza, acido ma diplomatico. E come biasimarlo dopo tutto quello che ha passato?
<< Mi chiamo Chara. Ora posso intimarti di posare immediatamente quel libro? >>
Il mezzelfo sospirò, chiudendo finalmente il tomo che aveva in mano e posandolo sullo scaffale da cui l’aveva preso.
Chara lo osservò compiere quei gesti con naturalezza, fu quasi affascinata dai movimenti fluidi del mezzelfo. Poi strizzò gli occhi, colta in fallo da se stessa.
<< Sei un mago, vero? >>
A quella domanda San si irrigidì << U-un mago, dici? No, non mi reputo un mago, io… >>
<< Eppure sai fare degli incantesimi, no? E sei bravo con gli incantesimi di guarigione! >>
Il mezzelfo distolse lo sguardo, rivolgendolo agli scaffali accanto a sé. << Come fai a sapere tutto questo? >>
<< Ho origliato le conversazioni di Ido e Ondine, prima che si rintanassero nello studio della contessa. >> affermò Chara, con una punta di orgoglio nella voce.
<< Quindi sei una spia?! >> un tremolio di preoccupazione attraversò la voce di San, ripensando alle spie della Gilda.
<< Calma, calma: c’è differenza tra lo spiare e l’essere una spia. Io lo faccio perché mi sento portata per questi lavori di segretezza, ma ti assicuro che non ho cattive intenzioni! >> spiegò la ragazzina, tentando di rendere il discorso il più semplice possibile.
Un brivido percorse lo stesso la schiena del mezzelfo. << E come faccio a sapere di potermi fidare di te? Non potresti essere un sicario della Gilda? >>
Chara sorrise leggermente ma con sincerità, e quelle parole le sfuggirono rapide dalle labbra: << È questa la cosa bella dei legami, no? Non puoi mai sapere se una persona di cui ti fidavi ti tradirà. Però se lo fa, imparerai una grande lezione dalla vita. >>
San ci mise qualche istante a metabolizzare il discorso e a capirne il significato, però poi alla fine si voltò di nuovo a guardare la ragazza, lasciandosi scappare un sorrisino.
<< Ah, e comunque anch’io so usare la magia, e anche discretamente bene. Potrei aiutarti. >>
Gli occhi di San si illuminarono << Sì, te ne prego! Con Quar non mi trovo per niente: è noioso, pesante e non mi fa provare gli incantesimi! >>
<< Va bene, va bene. Verrò di notte a bussare alla tua camera, e ripeterò il suono tre volte. >>
<< Perfetto! Grazie, Chara! >>
Quel “grazie” a Chara non occorreva, dato che già il fatto che San le destinasse quello sguardo ammirato la riempiva d’orgoglio.
Andarono avanti così per diversi giorni, quasi una settimana dal loro primo incontro.
Poi San iniziò a farsi sempre più cupo e silenzioso, e a passare sempre più tempo in biblioteca a leggere quei grossi volumi neri che l’attiravano così tanto. Dopo quattro giorni, Chara ruppe il ghiaccio:
<< Oh, dannazione! Questo che sto tentando di insegnarti è un incantesimo che ha bisogno di concentrazione, tu non puoi startene con la testa fra le nuvole! Non conosco le storie che leggi, e forse è meglio così, ma se è a quello che pensi durante le mie lezioni, allora devi dimenticartele! >>
La ramanzina, anche se fatta a bassa voce, colpì nel segno, e San fu costretto a parlare:
<< È che oggi ho litigato con Ido. Tu non ritieni che sia inutile rimanere qui sotto con le mano in mano? Che dovremmo andare di Sopra e combattere ancora? >>
La ragazza dagli occhi di ghiaccio lo trafisse con lo sguardo. << Non provarci nemmeno a tornare da solo di Sopra, San! Ti conosco, anche se relativamente poco, e so che è una cosa che tu faresti. Quindi toglitelo dalla testa, mezzelfo! >>
<< Ma che cosa avete tutti, dannazione! >> esplose San, e neppure Ido sarebbe riuscito a fermare il fiume di parole che gli scorreva fra le labbra pallide. << Vi siete coalizzati contro di me? Avete deciso che non sono abbastanza e che devo essere sacrificato? Perché mi fate questo? Perché mi negate la ragione che ho? Solo perché è pericoloso, non vuol dire che non vale la pena provarci! Io ho steso un drago, un maledettissimo drago, con la mia stramaledetta magia! E allora perché non mi lasciate libero di andare a distruggere la Gilda!? >>
<< Coalizzati contro di te?! Che devi essere sacrificato?! Negare che tu abbia ragione?! Ma in che razza di mondo vivi tu, in quello delle tue amate storie proibite? Tutto ciò che è successo negli ultimi tempi, compreso il tuo arrivo qui, è stato per proteggere te e la tua vita, lo capisci o no? >> lacrime di rabbia scesero lungo le guance della ragazza. << E per la cronaca, se io credessi che tu non sia abbastanza, credi che ti aiuterei con la magia? Che fuggirei da mio padre e dalle sue stupidissime regole per venire qui ogni santa notte per aiutarti? Tu di me sai solo il nome, San, io invece di te so molto più di quanto immagini. Forse un giorno ti spiegherò la mia storia, forse un giorno verrò di Sopra, ma per ora non posso fare né l’uno e né l’altro. Così come io devo aspettare per seguire i miei sogni, così tu devi aspettare prima di aprire bocca! >>
<< Cosa puoi saperne tu di me? >> le urla del mezzelfo si facevano sempre più forti, tentavano di sovrastare la voce della ragazza fregandosene di poter svegliare altre persone o di attirare le guardie che giravano per il corridoio. << Conosci il mio dolore? Hai mai vissuto con la consapevolezza di tutto ciò che è successo alla tua famiglia è colpa tua? Hai mai avuto la sensazione di essere ritenuto da tutti inutile e di non poter fare nulla nelle circostanze in cui ti trovi? E allora stai zitta, maledizione! >>
Chara si limitò a stringere i pugni per non farsi prendere dall’ira accecante cui aveva sempre cercato di sfuggire, e forse anche perché non c’era nulla con cui controbattere le parole taglienti del mezzelfo se non con un “e invece lo so” che non le uscì dalle labbra.
Quindi si avviò verso l’uscio della camera, nascondendo il viso tra i capelli bianco-argentati.
<< Non lo fare, San, ti prego… >> sussurrò, prima di aprire la porta e scomparire nel buio dei corridoi del palazzo.
 
Come al solito, la ragazza tornò a casa di soppiatto e riuscì a non farsi vedere dal padre.
Silenziosamente, strisciò lungo le pareti fino alla sua camera e aprì la porta cercando di fare il minor rumore possibile.
Ma quando imparerai a farti i fattacci tuoi, eh, Chara? Quando imparerai che aiutare gli altri non è un tuo problema? Si ripeté, svestendosi e mettendosi a letto.
Una parte di lei voleva addormentarsi e possibilmente non svegliarsi mai più, un’altra era furente di rabbia verso San e un’altra ancora disprezzava se stessa per il modo in cui si stava comportando da quando lo aveva incontrato: le lezioni di notte, il disubbidire a suo padre, il fare tutto di nascosto.
Alla fine, combattuta fra quale parte di sé stare a sentire, Chara rimase sveglia fino alle prime luci dell’alba, quando realizzò che non sarebbe mai riuscita a chiudere occhio.
Aveva bisogno di sapere, aveva bisogno di capire perché il suo cuore pulsasse così tanto alla sola vista o al solo pensiero di quegli occhi viola ametista, e perché aveva pianto più dopo aver litigato col mezzelfo che dopo i litigi con suo padre.
La risposta le arrivò quando si alzò dal letto, come una folgorante rivelazione cui ormai aveva iniziato a credere:
Perché noi siamo due esseri identici, ecco perché. Perché, nonostante tutto, lui è l’unico amico che io abbia. Perché anche io, come lui, all’inizio andavo in biblioteca solo per leggere i libri proibiti.
Si rinfilò i suoi amati abiti maschili, che non la impacciavano nei movimenti e la aiutavano ad essere silenziosa, e si diresse verso il palazzo della contessa, come ogni mattina. Ma stavolta non aveva intenzione di origliare nessuna conversazione.
 
San si era appena svegliato, che qualcuno bussò alla porta della sua camera.
Era stato sveglio quasi fino all’alba, tra i singhiozzi che seguivano le lacrime che lui aveva definito di rabbia, e non era riuscito neppure ad avere sogni tranquilli.
La persona che era fuori la porta dovette bussare altre tre volte prima che il mezzelfo si decidesse a rispondere e ad invitarlo, chiunque fosse, ad entrare.
<< Mi dispiace per stanotte. >>
San sentì quelle parole prima di riuscire a mettere a fuoco il viso di chi parlava e si alzò in piedi.
<< Chara… >>
<< Sono stata un’idiota. >> lo interruppe lei. << Una grande, grandissima idiota. Quello che succede a te non sono affari miei, non dovrei neppure conoscerti, in realtà. Eppure sono qui e ti sto chiedendo di perdonarmi. E di perdonare te stesso, principalmente. San, tutto quello che è accaduto non è colpa tua, tu non hai fatto niente di sbagliato per meritarti tutto ciò. Sei solo… sei solo stato un po’ sfortunato, tutto qui. E sappi che se vuoi parlare con qualcuno, beh, credo di essere la persona adatta. Anche se probabilmente tu adesso mi odi, e dopo quella ramanzina è comprensibile, e magari adesso userai l’incantesimo del volare per farmi tornare a casa, nella mia camera, oppure mi farai comparire nell’oceano pur di allontanarmi, o ancora… >>
Il mezzelfo la strinse a sé, facendola rabbrividire per un attimo. Da quanto tempo non la abbracciavano? Tanto, troppo, e se ne accorse solo allora. Il cuore le cominciò a battere più veloce nel petto.
<< L’unico stupido qui sono io, e lo sai. Ho parlato senza pensarci, ho accusato te e gli altri di cose che ovviamente non avete fatto, e non sai quanto ho pianto stanotte per questo. E, Chara, >> San chiuse gli occhi umidi, mentre le sue guance prendevano colore. << io non voglio che tu ti allontani da me, capito? >>
<< Tranquillo, mezzelfo, non me ne vado. >> gli rispose la ragazza, scompigliandogli i capelli più di quanto non lo fossero già.
In quel momento Ido entrò nella stanza, per controllare se San stesse bene, e richiuse subito la porta, sorridendo: al ragazzo un po’ di vicinanza da parte di una sua coetanea non avrebbe potuto che giovare.






Angolo autrice:
Ebbene, rieccomi qui con questa fanfic piuttosto breve (e no, non è finita qui). È impossibile, non riesco davvero a restare lontana da questo fandom per più di qualche giorno (o ora).
Coomunque, ho letteralmente sognato questa fanfiction, quindi mi piacerebbe sapere cosa ne pensate :D e sì, San è ovunque e dovunque XD Spero di non averlo fatto troppo OOC; se sì ditemelo, per favore.
Aspetto anche qualche recensione, positiva o negativa che sia. :)
Allora a presto, "MondoEmersiani",

DarkLi
ght

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Capitolo 2
*** Atto II ***


Atto II

 


San aveva continuato ad andare a lezione da Quar, ma principalmente imparava la magia da Chara, alternando a quelle lezioni i sempre più rari allenamenti con la spada con Ido e delle ore intere passate in biblioteca a leggere libri proibiti, nonostante la ragazza glielo vietasse. Ma stiamo parlando di San, che dei divieti se ne fregava altamente sin da piccolo.
Andò avanti così per tre giorni o poco più, mentre i due ragazzi si affezionavano l’un l’altro (e Quar assegnava punizioni sempre più dure al mezzelfo, pur di farlo studiare).
Ma gli dei avevano già programmato il suo destino, e questo non prevedeva di certo che lui avesse legami con persone che avevano seguito la strada della redenzione.
Venne dunque il giorno in cui tutto cambiò.
All’apparenza sembrava un giorno normalissimo, di quelli che passano rapidi e senza lasciare nei ricordi traccia di sé.
Poi, però, i sogni di Chara si fecero irrequieti, e la ragazza cominciò ad agitarsi sotto le coperte.
 
La prima cosa che saltava all’occhio erano le pareti annerite dal fuoco ormai inesistente; poi, quattro corpi a terra: due bruciati, uno trafitto da parte a parte da una spada e l’ultimo agonizzante a terra per le bruciature. Dai loro abiti, nonostante avessero usato un incantesimo di camuffamento per la pelle e il viso, si intuiva facilmente che fossero Assassini della Gilda.
Al centro della stanza c’era un quinto corpo, diverso dagli altri e dagli occhi chiusi: quello di una ragazzina dai capelli e gli occhi bianchi come la neve. Era stata colta da tre coltelli da lancio.
Uno gnomo stava chiedendo ad un ragazzo se stesse bene, ma lui era troppo scosso per rispondere. Continuava a cantilenare qualcosa di incomprensibile, mentre lacrime amare gli scendevano lungo le gote.
Dal corpo della ragazza si levò un fascio di luce, finché anche la visuale dell’osservatore esterno non si fece bianca.
Da tutt’altra parte, in quello stesso istante, nasceva un cucciolo di viverna.
 
Chara si alzò ricoperta da un velo di sudore, e si accorse con estremo dolore che metà mattina era appena passata.
Si diresse rapida verso la cucina, fece silenziosamente colazione e si recò verso il palazzo della contessa Ondine, come tutti i giorni. E come tutti i giorni si fermò davanti ad un enorme portone che conduceva ad una sorta di aula. Era lì che il vecchio mago Quar teneva le sue lezioni.
<< San, dannazione, adesso mi hai davvero stufato! >> un’esclamazione si levò dall’interno della stanza, facendo sobbalzare la spia. << Mai una volta che io ti trovi attento! Per punizione non solo dovrai ricopiare gli scritti elfici che trovi sulle pergamene che ti ho dato prima, ma in più ti vieto l’accesso alla biblioteca per una settimana! >>
<< Ma non è giusto! >> il mezzelfo continuava a stare sulla difensiva, tentando di far tornare Quar sui suoi passi, ma non c’era verso.
<< Esci fuori, per oggi concludiamo. >> gli disse poi il mago, e ci mancò poco che, uscendo, non notasse la figura nera appiattita contro l’angolo del corridoio.
San comparve sulla soglia qualche istante dopo, tenendo la testa bassa e probabilmente cercando di contenersi dal non colpire Quar con una formula proibita (principalmente per non far infuriare Ido e Chara, non per altro. Quel vecchio rugoso poteva anche crepare).
Chara gli venne incontro furtivamente, ma lui ormai ci aveva fatto l’abitudine e riconosceva la cadenza dei suoi passi.
<< Ti rendi conto? Un’intera settimana! Io gliela farò pagare, te lo giuro! Ahia! >> esclamò poi, quando la ragazza gli tirò un orecchio. Era, in un certo senso, il loro segno per avvisare l’altro di fare silenzio o di non spingersi troppo in là.
<< Tu non la fai pagare proprio a nessuno, mezzelfo. Ora io e te andiamo in camera tua e ti insegno gli ultimi due incantesimi che conosco. Quello non te l’ha proibito, no? >>
San annuì e seguì l’amica –era da poco che iniziava a considerarla così– nella propria stanza. Quando c’era anche lei, quel buco in cui dormiva sembrava molto più vivo.
Chara, invece, non si sentiva per niente a suo agio là dentro: lei aveva bisogno di stare all’aria aperta, di muoversi, di giocare, oppure si sentiva come oppressa. Certo, la vicinanza di San la faceva stare relativamente meglio, però…
Per tutta la mattinata, la ragazza si occupò di distrarre San da ciò che accadeva nel suo mondo, di Sopra, e non si può dire che non ci riuscì.
Nel pomeriggio decisero di andare in giro per il palazzo, resistendo miracolosamente alla tentazione di entrare nell’enorme biblioteca e riuscendo a non farsi beccare da nessuno, tantomeno da Ido (ma tanto lui ormai si era abituato a vederli insieme).
Verso sera tornarono nei pressi della stanza di San, esausti dalla giornata passata a gironzolare per il castello, ma allo stesso tempo più che felici per essersi divertiti così tanto.
Dopo cena (il mezzelfo era obbligato a cenare con Ido ed Ondine, e quindi a lasciare Chara per un po’) si rividero davanti alla camera del ragazzo.
<< Sono… sono stato molto bene con te, oggi. >> affermò lui a testa bassa. << Se prima ero esasperato dalla prospettiva di rimanere quaggiù, senza fare niente, adesso sono felice come non lo sono mai stato. E lo devo a te. >> aggiunse poi sottovoce, come se si vergognasse di essere stato, una volta tanto, sincero con sé stesso e con chi gli era vicino.
La ragazza rise di gusto, vedendo le guance pallide dell’amico colorarsi a poco a poco. << È a questo che servono gli amici, no? A sostenerti nel momento del bisogno, sempre. >>
<< E… tu resteresti con me per sempre, Chara? >>
La ragazza fu presa alla sprovvista da quella domanda e smise subito di ridere. Dovette pensare molto a cosa dire, perché rimase in silenzio per parecchio tempo. << Sai che non è possibile. >> affermò poi, incatenando il suo sguardo a quello di San. << Apparteniamo a mondi diversi, e poi io… >>
<< Vorrei che tu venissi con me di Sopra. >>
Chara era rimasta completamente spiazzata, continuava ad aprire e chiudere la bocca spasmodicamente senza mai sapere che dire.
D’altronde, quello di visitare il Mondo di Sopra era sempre stato il suo sogno, ed ora aveva l’opportunità di inseguirlo, per altro con l’unica persona di cui si fosse mai fidata! Era tentata più che mai di abbandonare tutto e tutti e di seguire il mezzelfo nel suo ritorno in patria, anche a costo di pedinarlo di nascosto, se necessario.
Dall’altro lato, però, la realtà e la ragione bussavano alla porta della sua mente: che avrebbe fatto con suo padre? Di certo non poteva abbandonarlo così all’improvviso! E poi, forse era troppo piccola per andarsene, forse non ne valeva la pena, forse quel mondo sottomarino era davvero la sua casa, il luogo in cui sarebbe dovuta crescere per sempre.
<< San, non puoi chiedermi di abbandonare il mio mondo e la mia famiglia così all’improvviso. >> disse la ragazza, con un tono forse un po’ troppo duro per la situazione in cui i due si trovavano.
Il mezzelfo si irrigidì all’istante, prendendo poi a guardare la ragazza di sottecchi. Diciamo pure che con quello aveva ricevuto il suo primo due di picche.
<< Pensavo che andare di Sopra fosse il tuo sogno! >>
<< Certo che lo è, te l’ho detto! >>
<< E allora perché adesso… >>
<< Ti ripeto che non posso abbandonare così la mia famiglia! >>
<< Da quello che ho capito tu odi la tua famiglia, quindi dimmi la verità, Chara! >>
<< È questa la verità, dannazione, San! Tu non puoi capire, tu neanche ce l’hai una famiglia! >>
Il mezzelfo sgranò gli occhi, facendoli sembrare ancora più grandi e profondi di quanto non fossero già. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, e Chara se ne rese conto troppo tardi.
<< Tu… >> sibilò il ragazzo, con un tono di voce minaccioso che non gli apparteneva, o meglio, non ancora. << … tu ti illudi di sapere tutto di me, di conoscere la mia storia e il mio passato, di condividere anche solo minimamente con me il mio dolore, ma ti sbagli! Tu non sai cosa ho provato la notte in cui i miei genitori sono stati assassinati, o la notte in cui Ido mi ha salvato da quell’Assassino della Gilda, o ancora quando sono arrivato qui! Tu non sai assolutamente nulla di me, e ne abbiamo già parlato! Credi sia stato semplice vivere quelle esperienze, credi sia semplice tuttora conviverci?! Sappi che non lo è per niente, che sto annegando nell’ossessione di vendicare coloro che la Gilda degli Assassini ha ucciso! E questo, in particolare, tu non lo puoi capire, perché tu non hai perso nessuno! >>
Chara lo guardò con gli occhi lucidi, sull’orlo delle lacrime. Anche lei aveva perso qualcuno, anni addietro, anche se non l’aveva rivelato al mezzelfo.
Sua madre se n’era andata –anzi, l’aveva abbandonata– quando aveva soli quattro anni. Suo padre non aveva resistito ed era diventato ciò che Chara odiava, ma allo stesso tempo era l’unica persona alla quale lei tenesse. O, almeno, lo era stato fino all’arrivo di San.
Ed ora era proprio quel ragazzino di due anni più piccolo ad urlarle di andarsene, di lasciarlo in pace, di non volerla vedere mai più.
<< San, io… >>
<< No, non voglio sentire più una parola da te! Vattene! >>
Non c’era verso di farlo ragionare, se non lasciarlo solo per un po’, come era già accaduto giorni prima. Mentre usciva dalla camera a passo misurato, però, l’idea che qualcosa sarebbe andato diversamente dalla volta precedente fece capolino nella testa della ragazza.
E fu in quel momento, mentre camminava silenziosa verso l’uscita del castello di Ondine, che scorse con la coda dell’occhio quattro ombre correre rapide e silenziose nel buio.












Angolo autrice.


Allora, che ne pensate? Bel finale capitolo? Dai, voglio sapere che cosa ne pensate di questo San dodicenne e di questa Chara (non mi sono ispirata a Chandra, giuro! XD) così... così Chara XD
Ok, scusatemi, sono stanchissima e la prima settimana di scuola è stata da suicidio. Perdonatemi, ma almeno fatemi sapere che ve ne pare!
Ah, e grazie per aver letto!
A presto (se sopravvivo),


DarkLight

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Capitolo 3
*** Atto III ***


Atto III

 


Chara corse dietro a quelle persone di nascosto, senza far accorgere loro della sua presenza. Forse avrebbe dovuto urlare, richiamare le guardie, avvertire Ondine e Ido che di sicuro stavano dormendo o forse discutevano ancora, nonostante l’ora, su ciò che avrebbero fatto nelle rimanenti settimane in cui sarebbero stati sotto al mare. Eppure la voce le rimaneva ferma in gola, senza il coraggio di uscire fuori.
Stavolta me la posso cavare da sola, stavolta me la devo cavare da sola.
Gli Assassini della Gilda –chi altri avrebbe potuto muoversi con tanta rapidità tra quei corridoi senza fare alcun rumore?– la seminarono con facilità, svoltando più volte e facendole perdere il senso dell’orientamento. Però non era difficile intuire dove stessero andando.
La ragazza si mise a correre il più velocemente possibile, sperando di arrivare prima che fosse troppo tardi. Se non ci fosse riuscita non se lo sarebbe mai perdonato.
Era buffo quanto il destino di un mondo su cui aveva sentito solo leggende ora dipendesse da lei e dalla sua corsa contro il tempo. D’altra parte, di certo San avrebbe avuto il sonno leggero, quella notte, a causa del loro litigio.
La porta le si presentò davanti all’improvviso, risvegliandola dai suoi pensieri: era spalancata, accanto ad essa giaceva il cadavere dell’uomo che era di guardia e dall’interno provenivano urla disumane. Tutto, in quella stanza, stava bruciando.
Non appena le fiamme si estinsero, Chara si catapultò dentro, alla ricerca di San. Lo ritrovò che fissava i corpi di due Assassini riversi a terra, immobili.
<< San! San, stai bene? >> la ragazza tentò di scuoterlo, ma l’unica reazione del mezzelfo fu di alzare la testa e fissarla spaventato negli occhi. Con tutto quel fumo che ancora aleggiava nella camera nonostante la finestra fosse aperta, però, si riuscivano a stento a vedere l’un l’altra.
Fu un fruscio a risvegliare i sensi di Chara e a farle dare le spalle al ragazzo, e con esso la certezza di aver visto più di due persone aggirarsi per il castello.
<< Chara! >>
Il primo colpo arrivò alla spalla sinistra, mancando di poco il cuore.
Il secondo, subito dopo, la prese al ventre.
Il terzo coltello le si conficcò dritto al centro del petto.
Chara cadde riversa a terra, venendo accompagnata nella caduta dalle braccia del mezzelfo. Il fumo si era ormai disperso del tutto.
Era stata una donna a lanciare i coltelli, una donna che adesso combatteva per la vita contro Ido, una donna destinata a perdere lo scontro. Ma questo a San non poteva interessare di meno.
Si inginocchiò accanto all’amica, ponendole le mani luminose di una luce benefica sul petto e sul ventre. Quasi quasi stava peggio lui che Chara, dopotutto.
<< San… >> no, niente, non voleva alzare la testa dalle sue ferite. Come doveva fargli capire la realtà senza essere troppo dura? << San, smettila e guardami, per piacere! >>
Il mezzelfo alzò gli occhi lucidi sul volto della ragazza, soffermandosi sul sorriso rassegnato che aveva sulle labbra.
<< Ecco. Ora, per favore, lascia perdere l’incantesimo e ascoltami. >>
<< Non posso farlo, tu… tu moriresti… >> balbettò San, gli occhi sgranati e l’intero corpo che gli tremava per lo sforzo mentale di rimanere presente a sé davanti a tutto quel sangue.
<< È temporalmente impossibile che tu riesca a guarire tutte e tre le mie ferite prima che io muoia dissanguata, lo sai, vero? L’ho sognato, stanotte, questo momento. >> fece la ragazza, spostando una delle mani del mezzelfo via dal suo corpo, e San si accorse solo grazie a quel gelido contatto che ormai non c’era più nulla da fare.
<< Mi stai dicendo che devo restare qui, fermo, a guardarti morire?! >> strepitò lui nonostante sapesse che fosse inutile, e difatti Chara era irremovibile.
<< Devi farmi una promessa, San. Devi promettermi che non ti lascerai influenzare dal sentimento di vendetta che ti aleggia nel cuore, che seguirai sempre la via del bene e che smetterai di praticare la magia proibita. Se tu andassi al covo della Gilda degli Assassini ora, San, il mio gesto sarebbe del tutto inutile. Ti prego, giurami che manterrai questa promessa… >>
Il mezzelfo rimase per un attimo immobile, senza neppure respirare. Poi prese la sua decisione:
<< Sì, te lo giuro sulla mia anima, Chara. >>
Il sorriso della ragazza si allargò di un millimetro in più. << Grazie, San. Grazie di tutto. Ti voglio bene. >> le scappò poi, al diavolo la maschera di freddezza che s’era costruita. Gli prese una mano fra le sue, poi chiuse lentamente gli occhi.
Non era facile rimanere coscienti dopo tutto questo, ma San si forzò al massimo. Lo doveva fare per Chara. Lo doveva fare per se stesso.
Alle sue spalle, una voce bassa e stanca lo chiamava preoccupato. Ido. Lo gnomo l’aveva salvato per l’ennesima volta, sia dai pericoli materiali che da sé. Ma non era più la stessa cosa, e San se n’era accorto. Stare fermo, stare nelle retrovie per tanti anni e ora nascondersi nel Mondo Sommerso con la scusa di proteggere l’ultimo mezzelfo; più che tutte le ferite di guerra, più dell’occhio mancante, era questo che lo aveva rovinato.
Però rimaneva comunque il suo salvatore, rimaneva comunque una persona a cui doveva molto, nonostante tutto, e lui continuava a volergli bene.
Dopo tanto tempo, San e Ido si riabbracciarono, ma stavolta in mezzo ai cadaveri.
Quella fu la notte decisiva per la risoluzione della guerra del Mondo Emerso, anche se forse voi tutti lettori lo sapete già. Ma magari non ci avete fatto caso, e quindi ve lo ricorderò io: quella fu la notte in cui San condannò il suo mondo e in particolare Ido, ma allo stesso tempo diede a tutti i protagonisti della trilogia delle Guerre l’opportunità di concludere la faccenda una volta per tutte.
Ma non fu per niente una decisione facile, la sua, nonostante gli occhi vuoti di sua madre e quelli chiusi di Chara lo perseguitassero ogni volta che chiudeva gli occhi e gli chiedevano di vendicarli e quasi lo incolpavano. Perché lui sapeva che era colpa sua, che la sua strada era costeggiata di morti.
Quella notte, prima di alzarsi per andare dal prigioniero e liberarlo, San si chiese se la sua amica, dall’aldilà, l’avrebbe mai perdonato per quello che avrebbe fatto.
“Te lo giuro sulla mia anima, Chara” aveva detto. Ma tanto l’anima l’aveva venduta al Male da tempo, da quella prima volta che aveva aperto un libro di magia proibita.
Silenzioso come sempre –e come lei gli aveva insegnato– si avvicinò alla guardia dietro la porta e sussurrò la formula dell’incantesimo del sonno. Poi scese nei sotterranei, chiedendo mentalmente scusa a Chara. Perché San sapeva che quello sarebbe stato solo il primo dei punti del giuramento fattole che avrebbe infranto.






Agolino autrice.


E così finisce. Mi spiace, ma non sono riuscita a fare un finale alternativo, quella frase mi tentava troppo e un ulteriore finale che mi era venuto in mente stonava in grande stile. Quindi anche questa fanfiction si conclude qui...
Spero di risentirvi tutti presto, con il seguito di "Tre ragazze, due mondi, un destino". Grazie a tutti per aver letto e recensito, dandomi la forza di continuare (no, davvero, le vostre opinioni contano DAVVERO molto! Non è ironico anche se può sembrarlo!)
Ora mi dileguo, prima di iniziare a scrivere un angolino più lungo del capitolo (vi chiedo perdono anche per questo). Ci sentiamo! Un abbraccio grande quanto Zalenia a tutti,


DarkLight

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