I don't wanna lose you, again

di KingOfGold
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** He's back ***
Capitolo 2: *** That wasn't supposed to happen ***
Capitolo 3: *** Kiss of shame ***
Capitolo 4: *** My world was falling apart ***
Capitolo 5: *** Leaving in three weeks ***
Capitolo 6: *** Impulsive ***



Capitolo 1
*** He's back ***


1.

Il sole batteva forte su Los Angeles. Cat era in casa, a preparare sloppy waffles. Ad un tratto Sam sbucò e si mise bella comoda sul divano. Aveva i capelli in ordine, una maglietta con su il simbolo del dollaro, dei jeans blu mare e delle converse ai piedi. 
- Sento un odore familiare! - esclamò la bionda voltandosi verso Cat.
- Sloppy waffles! - urlò ancora. 
- Già. È mezza mattinata che mi preoccupo di prepararli - disse Cat regolando la temperatura del fuoco che il fornello emanava.
- È un'occasione speciale?
- Perché deve per forza essere un'occasione speciale? No!
- Oookay.

Ad un tratto qualcuno suonò il campanello. Sam rimase sul divano e accese la televisione. Cat la guardò sbalordita, abbandonò l'angolo cottura e si apprestò ad aprire la porta. 
- Perché in fondo quella più vicina ero io - borbottò.
Quando aprì la porta vide che c'era Dice alla porta. - Entra pure - disse gentilmente.

Aveva un cappello nero che sovrastava i suoi capelli riccioluti, una maglia d'altrettanto colore, dei jeans scuri e delle comode scarpe color blu notte.
- Salve ragazze! - esclamò allegro il ragazzino.
- Che mi dici di nuovo? - conversò Sam, col telecomando in mano intenta a cambiare canale.
- Ehm, non molto. Ho preso 8 al compito di inglese, ho un nuovo cliente per voi e per finire, - riprese fiato - Freddie viene qui a Los Angeles!
Sam sembrò non dar molta importanza alle sue parole, poi realizzò. Per la sorpresa lanciò un urlo talmente improvviso che non fu l'unica cosa ad essere lanciata: il telecomando le scivolò dalle mani e volò nella padella dove gli sloppy waffles cuocevano.
- Ci avevo messo ore a far uscire questi cosi perfettamente, Sam! 
- Ho mangiato noccioline al fango, dei waffle a forma di telecomando non mi scandalizzeranno più di tanto - ironizzò la bionda.

Dice rise di gusto. - Perché mai dovrebbe venire in questa casa, comunque?

- Ho detto a Los Angeles. Non qui dentro. E comunque ha vinto un contest online. Poteva scegliere tra quattro città. Parigi, Dublino, Tokyo e Los Angeles.
Sam lo guardò stranita. - E ha scelto questa città? Perché mai?!
Dice e Cat si guardarono complici e risero all'unisono. Sam alzò un sopracciglio. 
- Forse ha scelto questa città perché la differenza con le altre è che nelle altre non ci sei tu. - spiegò Dice, alzandosi in piedi per dare una mano a Cat nel ripulire la pasta di waffle caduta sul pavimento.
- E poi siete una sorta di migliori amici! - esclamò la rossa.
- L'ultima volta che è venuto qua c'è stato molto imbarazzo. Non voglio che si ripeta ancora.

Dice e Cat si misero in piedi e la guardarono come se stesse dicendo una cosa fuori dal mondo. Messi belli dritti, Sam notò come Dice stesse superando velocemente l'amica in altezza e probabilmente mancava poco perché superasse anche la stessa bionda.

- Non dire cavolate, Sam. Vi comportavate normalmente, come se tu non te ne fossi mai andata da Seattle - disse Cat.
- Sei così snervante quando usi il cervello. Quasi quasi ti preferisco senza.
Cat rise, poi realizzò e mise il broncio. Dice rise a sua volta e si buttò sul divano di nuovo. 
- Anyway, verrà entro stasera. È probabile che arrivi in ritardo, ha detto che la madre lo sta riempiendo di medicinali contro il vomito e giubotti antiproiettili in caso di presunte sparatorie.

Sam sorrise. Se la ricordava, Marissa Benson. La considerava una palla al piede, una rompiscatole tremenda, perfettina e una fan scatenata della sicurezza. Tutto il contrario della sua, di madre, che vedeva sì e no una volta ogni tre mesi e conosceva la parola rischio ma non la parola sicurezza. Forse è proprio da lei che Sam ha preso i suoi modi di fare spericolati e improvvisi.
La sua suoneria la riportò alla realtà. Era un numero a lei sconosciuto. Rispose e la persona dall'altra parte si rivelò essere un padre che voleva sapere quando poteva lasciare a lei e Cat il suo piccolo combinaguai. Sam gli lasciò campo libero, quindi sarebbe potuto venire in qualsiasi momento della giornata. Tranne di notte e prima delle dieci di mattina, specificò però.

- Bene, entro stasera arriverà pure un bimbo rompiscatole.
- Sam! - la rimproverò Cat.
- Volevo dire vivace - si corresse allora.
Sam e Cat, le super fantastiche e spumeggianti babysitter avevano da occuparsi dei bambini quasi ogni giorno. Perlomeno, Cat se ne occupava e Sam finiva di mangiare i tacos del pomeriggio prima. 
Cat buttò la pasta di waffle nella spazzatura.
- Perché l'hai fatto?
- Fatto cosa?
- Buttato la pasta di waffle nell'immondizia.
- Sai com'è, è caduta per terra. - le spiegò.
Sam spalancò la bocca. - Ti ho detto che ho mangiato noccioline al fango! Cos'è in confronto a dell'impasto per terra?

Dice rise. - Beh, ragazze. Io devo andare. Mamma mi fa le braciole. Ci vediamo nel pomeriggio!
Dopo queste parole e i saluti, aprì la porta e si diresse al suo appartamento.

///

A pranzo finito, Sam si accarezzò la pancia. - Hai fatto un ottimo lavoro con gli sloppy waffles. Ti sono usciti meglio dell'ultima volta.
- L'ultima volta me li hai fatti bruciare!
- Sì, e ti ho perdonata - borbottò Sam. Cat le lanciò un'occhiataccia e poi guardò il cellulare.
- Ehi, oggi è domenica!
- Che perspicacia - le disse Sam, cercando di acchiappare le briciole di waffle ancora nel piatto.
- Dobbiamo andare a fare shopping con mia nonna.
Sam la guardò seccata. - Ma Cat... - fece seccata.
- Una promessa è una promessa - le ricordò la rossa.
- Le promesse non sono fatte per essere rispettate! - mise il broncio Sam.
- Che sarà mai! Non è mica così noiosa mia nonna. Anzi, si sa divertire!

///

Il pomeriggio passò. Erano circa le otto e Sam e Cat erano tornate dallo shopping. Fortunatamente il padre con il bambino non erano ancora venuti, altrimenti, apriti cielo! Già in precedenza era accaduto: una signora si era lamentata perché aveva aspettato un'ora e mezza prima che Sam e Cat fossero arrivate ad aprire da dentro. Ma aprirono da fuori, infatti erano andate ad una fiera dello zucchero filato su consiglio della rossa.
Cat aprì la porta girando la chiave nella serratura e ne entrarono lei, una Sam piuttosto seccata e alterata e la nonna di Cat che sprizzava gioia da ogni poro.
- E vi ho raccontato quando nel 1988, con una mia amica ho fatto ribellare tutto il quartiere ai supermercati che vendevano prodotti scadenti a prezzi fuori dal mondo?
- Solo tredici volte dalla settimana scorsa ad oggi - rispose Sam scocciata.
Cat le tirò una gomitata sul braccio e la zittì.

- Vi annoio?
- Ma che dici! Mi piace stare con te e adoro le tue storie! Ogni volta ne salta fuori un'altra nuova! - esclamò Cat avvolgendo le braccia attorno al suo collo abbracciandola.

Sam stette zitta, ma voleva dirle dal profondo del cuore che sua nonna le ricordava un canale televisivo che trasmetteva solo repliche.

Alla fine la signora se ne andò e arrivò il bambino accompagnato da suo padre, che si rivelò essere più monello di quanto Cat avesse pensato. Aveva imbrattato tutti i mobili della cucina con il sugo degli spaghetti, che per poco aveva più tra i capelli che nello stomaco.
Sam non era messa meglio: aveva sugo ovunque sulla sua maglietta e sulla guancia si ritrovava due piccoli spaghetti. A Cat non si notava il sugo tra i capelli solo perché i suoi capelli erano dello stesso colore, ma sulla maglia bianca e sul viso erano più che evidenti.
Arrivò anche Dice e per lui furono guai: il bambino vide in lui un amico con cui giocare a lancio di cibo e il ragazzo dai capelli ricci si vide tirare più polpette in faccia.

Ad un tratto suonarono al campanello. Dice andò ad aprire perché le altre due erano impegnate a togliere la spillatrice di mano al bambino. 
- Ehi Dice! Tua madre mi ha detto che eri qua. Non vedevo l'ora di vederti!
E detto questo l'abbracciò. 
Sam voltata dall'altra parte chiese chi fosse stato a suonare al campanello. L'incognito si avvicinò a lei e le poggiò una mano sulla spalla. Lei conosceva quella presa, quel calore.
Si girò verso di lui e sorrise imbarazzata: conciati così tutti lo sarebbero stati. I due si abbracciarono e continuarono a sorridere guardandosi fissi negli occhi.

Era Freddie.

#SPAZIOAUTORE

Salve! Sono nuovo nella sezione (e a dirla tutta, anche sul sito).
Questa storia non so come mi è venuta, ma ero ispirato e l'ho buttata su carta. O meglio, su word.
Spero di aver fatto un buon lavoro; sarà una ff divisa in più capitoli. Per adesso non so quanti, ma dovrebbero essere più di cinque.
Spero lasciate qualche commento e magari se c'è qualche svista fatemela notare.
Ciao! 

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Capitolo 2
*** That wasn't supposed to happen ***


2.

Sam era entusiasta nel risentire quelle braccia muscolose stringere il suo più esile corpo fortemente, per un'ennesima volta. Non voleva ammetterlo, ma il ragazzo le era mancato più di qualsiasi cosa al mondo e la sua scura voce da ormai un uomo altrettanto.
Freddie era incantato dagli occhi di lei: blu e profondi come il fondo dell'oceano, gli riportavano alla memoria le volte che si baciavano e si guardavano intensamente negli occhi, come se stessero comunicando attraverso il loro uso. 
Sam si tolse di faccia quei fili di spaghetti che le erano rimasti attaccati dopo la battaglia con il, testuali parole, rompiscatole.
Dice si avvicinò a Cat e le sussurrò in un orecchio: - Ma che stanno facendo? 
Cat non si voltò verso di lui. - Si guardano! - se urlare un sussurro è una cosa sensata allora lei l'aveva appena fatto.

- Cat! - esclamò Freddie, abbracciando anche lei. Erano diventati buoni amici quella volta che lui era venuto a Los Angeles, tempo prima.
- Ehi! - ricambiò la ragazza. - O meglio, ahi - rise.
- Scusa - le disse imbarazzato - Sono così felice di vedervi! -
- Anch'io - affermò Sam, poi notò i due amici dietro Freddie e si corresse con un anche noi.
Per un momento ci fu silenzio. Fu sempre la bionda a rompere il ghiaccio.
- Perciò... - iniziò, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio - Mi hanno detto che hai vinto un concorso. Perché hai scelto Los Angeles? - domandò, tenendo lo sguardo fisso su Dice e spostandolo su Freddie solo alla fine.
Lui la guardò aggrottando la frotte: una domanda a cui la risposta era talmente ovvia se la sarebbe aspettata da una come Cat, non da Sam. - Magari perché ci sei tu qui? - Lei sorrise. - E Dice e Cat... - aggiunse dopo un attimo di silenzio.

- Mi state annoiando! - esclamò una voce che fece voltare tutti. - Ah già, tu. Freddie, - disse Sam voltandosi verso di lui - questo è Norman - concluse, pronunciando quel nome piuttosto seccata.
- Non sembra un bambino vivace - affermò Freddie. 
Sam, Cat e Dice lo guardarono con la bocca spalancata. Cosa pensava, che avessero sugo e spaghetti ovunque solo per moda?

///

Freddie prese un tovagliolo bianco e si pulì il viso. Anche lui era stata una vittima della battaglia di cibo. Per la manche numero due in realtà era stato proprio il primo ad essere preso di mira.
Quando arrivò il padre del ragazzino e se ne andarono, tutti tirarono un respiro di sollievo.
- E voi...fate questo tutti i giorni? - domandò Freddie massaggiandosi con due dita la fronte.
- Non sempre è così. In alcuni giorni ce ne sono capitati di peggiori, di bambini e...bambine - spiegò Sam, prendendo fiato all'ultima parola.
- Inutile che fai così, anche tu eri un bamb... ehm, una bambina vivace - si corregge.
- Ah, ah - finse. Freddie sorrise.
Dice si alzò in piedi. - Bene! Adesso che ci siamo liberati di quel nanetto, pronti per girare?! - esclamò uscendo la piccola videocamera dalla tasca della felpa. 
No!Ma ci hai visto? e Perché? volarono nell'aria. 
- Una e due, andatevi a cambiare - ordinò a Sam e Cat. - E tu Freddie, devi sapere che ho procurato uno spazio pubblicitario per le mie amiche in TV. Perciò gireremo un video che tra qualche giorno andrà in onda, praticamente - spiegò.
- Ma sono quasi le undici! Devo andare a letto perché domani mattina ho scuola - si lamentò Cat. 
- Che pizza - borbottò Sam.
- Quindi vado a dormire. Buonanotte - detto ciò se ne andò in stanza.

Dice se ne andò una decina di minuti dopo. Anche a lui toccava andare a scuola, per quanto gli fosse "antipatica".
Freddie rimase con Sam per un po' di più. Parlarono di tutto e di più in quei pochi minuti. Sam faticava ad ascoltarlo e soprattutto a rimanere sveglia. Aveva un sonno incredibile.

- Sì, e poi mia madre mi ha perquisito peggio di quanto succede negli aeroporti, non puoi immagi... - non finì la frase: la bionda si era addormentata e aveva poggiato la testa sulla spalla del ragazzo. Freddie sorrise, una volta era ricapitato, e per un caso del destino era proprio su quel divano, quando era venuto la prima volta. 
Passarono un paio di minuti di silenzio, lui la fissava: sembrava piuttosto dolce, rispetto alla rude persona che la gente che non la conosceva avrebbe potuto considerarla.

Freddie fece attenzione a non svegliarla e la sdraiò sul divano. Poi la prese e se la mise delicatamente in braccio, a mo' di sposa. Si diresse verso la stanza dove dormiva e aprì con altrettanta cautezza la porta. Cat era girata dall'altra parte, le coperte le coprivano tutto tranne la testa e probabilmente già era nel mondo dei sogni. Freddie si avvicinò all'altro letto e rimosse le lenzuola. Poi sdraiò Sam sul letto e la coprì con dolcezza. Le sistemò il cuscino e poi si allontanò, andandosi a mettere all'angolo della porta; la guardò per un'ultima volta e se ne andò dalla stanza e dalla casa.

///

Sam si svegliò tra le coperte beatamente. Erano le dieci del mattino, Cat era a scuola da un'ora e mezza e Dice lo stesso. A lei invece toccava andare a trovare sua zia in carcere. C'era stata troppe volte in quel posto, e non solo da visitatrice.
Si levò la maglietta sporca della sera prima e realizzò che per trovarsi a letto e avere gli stessi indumenti, Freddie l'ha dovuta mettere lì da sé.
Si tolse poi i jeans blu, i calzini e la biancheria intima. Si fece una doccia veloce, si allacciò il reggiseno e infilò le mutande, e si mise questa volta una felpa rossa con scritto LMFAO in blu, dei jeans neri e le stesse converse del giorno prima.
Si asciugò e pettinò i capelli, prese la sua calza ripiena di burro in caso di attacchi di pazzi in prigione, se la infilò nella tasca della felpa ed uscì di casa.

///

- Vado a casa di Sam e Cat per chiedere una cosa a Sam. Torno tra poco, ok? - domandò Freddie a Dice, che era appena tornato da scuola. Freddie si era sistemato a casa dell'amico e Dice non poteva dire di non esserne felice.
- Ok, a dopo - rispose il piccoletto.
Freddie prese la giacca e si apprestò ad uscire. Si diresse all'appartamento che si trovava a pochi metri di distanza, forse una decina; suonò il campanello e ad aprire fu Cat.
- Ehi, Cat. C'è Sam per caso?
- No, è in prigione.
- Cosa?! È stata di nuovo arrestata? - domandò Freddie incredulo.
- Ah? No, no! Per sua zia.
Freddie annuì e si guardò attorno. - Va bene. Dovevo dirle una cosa ma passerò dopo.
- Anche a me serviva mi desse una mano. Non si accende la videocamera.
- Ti posso aiutare io. Non deve essere tanto difficile.

Cat sorrise e si avvicinò al tavolino. Freddie entrò e chiuse la porta.
- Ecco. Guarda, non si accende - gli disse, schiacciando il tasto sul lato.
Freddie le lanciò uno sguardo confuso. - Sì, dovresti...schiacciare il tasto con "On".
Cat lo premette e si accese. - ...Ah. 
- Mettila sul mobile, così non sarà né troppo lontana né troppo vicina per riprendervi.
Fece quanto detto. Mise la videocamera sul mobile accanto alla TV e, dato che si era aperta quando aveva schiacciato ON, cercò di spegnere l'aggeggio schiacciando tutti i tasti che trovava.
- Senti, adesso come si spe...

La ragazza non riuscì a finire la frase che inciampò distrattamente nella gamba del tavolino. Con le mani fece per aggrapparsi alle spalle di Freddie che fu preso alla sprovvista, poi chiuse gli occhi con la paura di cadere e questa volta inciampò in un bacio.

Ad un tratto la porta si spalancò e venne rivelata la figura di Dice, che non fece in tempo ad aprire la bocca per proferire parola in quanto assistì al momento di dolcezza non previsto da nemmeno il più bravo dei veggenti.
Fece un passo indietro e chiuse la porta senza creare rumore, poi si appoggiò al muro con bocca spalancata per quanto aveva visto. - Devo dirlo a Sam - sussurrò.
Cat e Freddie si staccarono ed entrambi avevano gli occhi sgranati. 

- È meglio che io vada - disse velocemente lui, allontandosi da Cat e aprendo la porta. Dice scappò via in un batter d'occhio.
- Aspetta, non volevo...
Non finì la frase che Freddie aveva già sbattuto la porta. Ma doveva sapere, che Cat non voleva succedesse tutto quello.
Prese quella (per lei) complicatissima videocamera e la sbatté sul divano. L'unica cosa positiva della faccenda era che almeno facendo così riuscì a spegnere la causa di tutto.

Cat l'osservò richiudersi e si sedette. - Cavolo! - esclamò lei, nascondendosi il volto tra le mani.

#SPAZIOAUTORE

Eeeeccomi qui! Scusate per l'attesa. Ma come ho già detto rispondendo alle recensioni, la scuola mi prende tanto, troppo tempo.
Ecco il secondo capitolo. Kiss. Tra le due più inimmaginabili persone del crossover.
riCAPITOLando per chi si annoiava a leggere il capitolo: c'è Cat che bacia Freddie non volendo, Freddie non si sa cosa vuole, Dice sa tutto di loro due anche se in maniera sbagliata e ora lo vuole dire a Sam.
Grazie per le recensioni dello scorso capitolo! Sono felice che l'inizio della storia vi sia piaciuto e ora spero anche il continuo!

Ciao!
 

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Capitolo 3
*** Kiss of shame ***



3.

Cat era estremamente nervosa, e la sua ansia aumentava col passare dei minuti. Osservava l'orologio da muro, e le lancette le sembravano fisse, il tempo lo stesso, senza rendersi conto del suo effettivo scorrere. Ad un tratto, cominciò a mordicchiarsi le unghie, e lei lo faceva poco, se non mai. Non riusciva a credere che le sue labbra avessero incontrato per una coincidenza quasi impressionante quelle di Freddie, l'ex fidanzato di Sam, che al contempo era la sua migliore amica. Lei la conosceva bene: se l'avesse scoperto, l'avrebbe come minimo fatta a pezzi e gettato le sue membra nel cassonetto più vicino. E quell'immagine non faceva altro che rimbalzarle come una molla nella mente, disordinando tutti i suoi pensieri e facendole perdere la ragione. Poi si ricordò come tutta quella faccenda non fosse neanche colpa sua: non aveva sfiorato le labbra di Freddie di proposito, volontariamente. Era inciampata. 
Era inciampata. Forse Sam avrebbe giustificato così la sua imminente morte. Cat si tirò uno schiaffetto sulle guance, che assunsero una colorazione meno smunta. Non poteva permettere al suo cervello di trasformare tutte le sue parole in armi di distruzione letale a favore di Sam. Poi pensò di nuovo a Freddie, che idea si sarebbe fatto di lei, dopo quel bacio? Poi si chiese se gli fosse piaciuto, ma eliminò questa riflessione superflua dalla sua testolina, scuotendola come se avesse pensato la cosa più strana del mondo.
Sentì il suo nome essere pronunciato, e pose lo sguardo alla porta, quasi con sorpresa perché distratta dai suoi pensieri, cercando di far passare in secondo piano i sentimenti di tristezza e di confusione dopo ciò che era successo poche ore prima.

Dice le si mise davanti, l'espressione sconcertata che aveva quando aveva visto Freddie e Cat baciarsi era scomparsa, lasciando spazio a quella di sempre, un misto di felicità e curiosità. Cat afferrò la videocamera e la strinse tra le mani come se lei fosse un bambino è quella fosse la sua dose giornaliera di dolciumi. Dice accennò un sorriso; lui era a conoscenza di tutto e se la ragazza pensava di poterlo ingannare si sbagliava di grosso. Si sedette affianco a lei, sistemando il cuscino dietro la sua schiena e poggiando i piedi sul tavolino dinanzi al divano. Poi si voltò verso l'amica di una vita e le disse, con un tono che a primo impatto poteva sembrare diabolico: - Che cosa cerchi di nascondermi? 
Cat spalancò gli occhi e poi li rivolse al soffitto, tentando di apparire estranea alla più complicata delle situazioni. - Cosa intendi dire? - si sentì dire il riccioluto, che notò come la voce di Cat fosse più acuta del solito.
- In mano. Hai qualcosa, te ne sei accorta vero? - le parole di Dice erano intrise di sarcasmo e di scherno. L'avrebbero notato tutti, ma lei non è tutti e quindi è ancora ignara delle indirette prese in giro dell'amico. Come se non fosse abbastanza, rispose con un no secco.
- Dai, basta giocare, Cat. Vi ho visti, sai, baciarvi. 
Lei cominciò a toccarsi i capelli, a giocarci, ad attorcigliarseli, creando nodi un po' ovunque.
Sapeva che doveva smettere di fingere e chiese, sconsolata, come l'avesse saputo.
- Sono passato quattro ore fa. Ho aperto la porta e beh, posso dire che non è stato un bello spettacolo.
Cat lo guardò male, come confusa. - Sono inciampata, è durato sì e no un secondo e mi vieni a dire che è stato raccapricciante?
- Sei inciampata? Sul serio?
- Non mi credi? Questa videocamera purtroppo ha ripreso tutto a mia insaputa!
Dice visionò il video, e non c'era traccia di alcuna caduta, di alcun bacio accidentale. Solo 
di un bacio autentico, che sembrava voluto da entrambi. Il più giovane alzò un sopracciglio, e le ridiede la videocamera. - Deve aver registrato solo quella parte - si giustificò la rossa, con la fronte corrugata in un'espressione colma di rabbia. Dice non ebbe tempo di rispondere che lei lo supplicò di eliminare quel breve filmato.
- Quindi non hai intenzione di dirlo a Sam? Sei matta o solo scema? - sbottò quindi.
- Mi ucciderebbe, lo sai - cercò di difendersi Cat, imbronciata - non glielo dirò neanche sul letto di morte - affermò poi, causando in Dice uno sguardo disgustato.
- E se lo venisse a sapere da un'altra persona?
- Non crederai mica di dirglielo, vero? - domandò con una nota di tristezza, che si trasformò poi in una profonda delusione quando l'altro esitò a rispondere, limitandosi ad un sospiro.
- Già si prende gioco di me adesso, pensi che si calmerà quando scoprirà che io sapevo già tutto e non le ho detto niente? - l'interrogativo postole dal ragazzino la fece riflettere, ma non rispose e si alzò in piedi con la digitale in mano, porgendogliela, supplicandolo di eliminare il video al suo posto perché incapace anche solo di accendere il tutto.
Dice sbuffò e le prese la videocamera dalle dita in maniera svogliata, e l'accese. Ad un tratto la maniglia della porta si abbassò. Quest'ultima si spalancò e mostrò la figura di Sam con un'espressione abbastanza soddisfatta. Cat, nonostante la sua gracilità, tolse violentemente l'aggeggio dalle mani di Dice e lo tirò dalla porta del retro, che per fortuna era aperta. Un tonfo abbastanza rumoroso si sentì quando la videocamera andò a schiantarsi contro un bidone in alluminio, che si rovesciò a terra.
Sam aggrottò le sopracciglia e cominciò a sfilarsi le scarpe. - C'è bisogno che chieda perché hai tirato via qualcosa o me lo dirai da sola?
Cat ritornò ad attorcigliarsi i capelli. Dice intervenì in suo soccorso. - Era pollo andato a male. Era scaduto un mese fa.
- Ma sei impazzita? Quante volte ti ho detto che a meno che non siano passati 6 mesi e un giorno dalla data di scadenza non devi buttare nulla? - affermò Sam come se fosse stato commesso il più grave dei reati giuridici.
- Avrei potuto mangiarlo, che tristezza - dichiarò poi, senza vergogna.
Cat si scusò per l'accaduto e Sam si rintanò nella sua stanza. Quando vide che se n'era andata, abbracciò Dice come fosse uno di quei peluche da regalare alle bambine di cinque anni. Lo ringraziò per averla difesa, e per aver pensato che avrebbe detto qualcosa a Sam. Forse avrebbe dovuto capirlo da sé, e si chiese perché mai avesse pensato che una persona che conosce da anni se non da sempre, avrebbe dovuto tradire la sua fiducia.
- Nessuno ha mai detto che non lo farò.
Questa frase pronunciata da Dice diede una risposta al suo dubbio: lui era quel tipo di persona difficile da distogliere dalle sue ideologie e dalle sue scelte, e se diceva una cosa quella e solo quella poteva essere buona.
Cat lo scongiurò ancora e a quel punto Dice disse che se non gliel'avesse rivelato lui, l'avrebbe fatto lei stessa, se prima non l'avesse scoperto da sola. A quel punto Cat l'abbracciò nuovamente, realizzando che per un'intera notte aveva la possibilità di scegliere la maniera più adatta per raccontare l'accaduto alla sua migliore amica. Poi, però, le venne in mente che sarebbe stata una lunga nottata e sbuffò.
Dice sorrise, lui era così, voleva giustizia e giustizia doveva esser fatta.
La giornata si concluse con un bel film, forse troppo elaborato per loro due, e con il riccioluto che lasciò le fatidiche 24 ore di tempo a Cat e se ne andò. A quel punto si mise comoda sul divano, e cominciò a scervellarsi. 

Dopo essere sparito per ore, passate in giro per la città con amici di vecchia data che come Sam si erano trasferiti a Los Angeles, Freddie era quasi arrivato a casa, o meglio, a casa di Dice. Era felice di aver trovato un luogo in cui sistemarsi durante la sua permanenza nella città degli angeli, ma, al momento, non era quello che gli importava di più se non quello che fosse successo con Cat. Eppure a lui non le piaceva. Non aveva mai pensato a Cat in altro modo che un amica. Lo preoccupava come avrebbe potuto reagire Sam. E anche per questo trovò una giustifica adatta, ossia che Sam non era più la sua ragazza, ma come Cat, una semplice amica. 
Era arrivato a casa. All'ingresso si tolse le scarpe per evitare di fare rumore e svegliare qualcuno. Nell'oscurità, riconducibile al suo stesso umore in quel momento, si recò a piedi scalzi nella stanza di Dice, dove dormiva anche lui stesso. Sbirciò che Dice stesse effettivamente dormendo, e, sollevando le coperte, lo vide dormire come un angelo. Lo ricoprì per bene accennando un sorriso e andò a farsi una doccia per schiarirsi le idee, mentre Dice aprì gli occhi rivelando uno sguardo alquanto pensieroso.

Sam uscì dalla stanza, e, dopo aver dato un'occhiata all'interno del frigo, dichiarò ad alta voce che sarebbe andata alla ricerca di quel pollo, che non voleva andasse sprecato. Cat si limitò a pronunciare un debole 'ok', e l'altra uscì dal retro, dove lasciava riposare la sua motocicletta, o meglio il suo gioiello. La porta si socchiuse, e solo in quel momento Cat mise a fuoco la situazione. Non ebbe neanche il tempo di saltare in piedi che Sam ritornò in casa con ferocia, domandando con voce minacciosa: - Cosa diamine è questo?
Cat guardò l'oggetto che stringeva forte nella mano, una videocamera, che, forse perché il fato volesse prendersi gioco di lei, mostrava un'istantanea del bacio della discordia.



#SPAZIOAUTORE

Scusate l'assenza, ma è incredibile come da gennaio 2015 sia arrivato ad aggiornare a fine maggio 2016. Ecco il terzo capitolo. Sam, nonostante i tentativi di Cat, è riuscita a scoprire tutto. Come la prenderà? ;)

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Capitolo 4
*** My world was falling apart ***


4.

Freddie, dopo una doccia rinfrescante, si coprì con un accappatoio color blu notte che gli arrivava appena sotto le ginocchia. Forse sua madre avrebbe dovuto mettergli nella valigia quello della sua età, o meglio della sua stazza, ma magari per distrazione Marissa aveva infilato nel bagaglio l'accappatoio che usava qualche anno prima, quando con Carly e Sam era a Seattle, e beatamente registravano una puntata del loro live show. Si vestì e si passò un asciugamano sui capelli, tentando di asciugarli al meglio, e mentre lo faceva usciva dal bagno, recandosi nella stanza sua e di Dice. Il pavimento era gelato sotto i piedi, nonostante la giornata di sole tipica del clima di Los Angeles. Appena arrivò in camera, vi trovò l'amico che l'aveva ospitato seduto sul proprio letto, la chioma arruffata e la maglietta a righe del pigiama privata dell'uso dei due unici bottoni. Per un attimo sobbalzò, non aspettandosi di trovare l'amico sveglio a quell'ora, ma poi si ricompose, e disse, con una voce medio-bassa: - Dice, che ci fai sveglio?
A quel punto il ragazzino riccioluto rispose, con voce quasi amareggiata, di non avere molto sonno, e a quel punto Freddie si sedette sul suo letto, facendo attenzione a non schiacciargli i piedi. - Come mai? - domandò, innocente, forse con l'unica colpa di essere troppo curioso.
- Vi ho visti - esordì - te e Cat, ieri pomeriggio.

Le sopracciglia di Freddie si sollevarono in uno scatto impercettibile, e il più piccolo notò come il suo corpo fu percorso da un brivido. Se già tra lui e Cat aveva immaginato una sorta di imbarazzo, con Dice a conoscenza di tutto le cose non potevano che peggiorare, rifletté.
- Vi baciavate - continuò, e sul suo volto comparve un accenno di sorriso, che poi lasciò spazio ad un'espressione indifferente, quasi stanca.
- Sì, Dice, ma...
- Hai capito il ragazzo! Son due giorni che sta qui e già ha fatto conquiste - esclamò, sembrando quasi entusiasta per la situazione, quando dentro di sé, non lo era minimamente. Freddie fu costretto a fermarlo da conclusioni affrettate con un semplice "ti sbagli".
- È stato un errore, un tremendo errore - si sentì dunque dire, e a quel punto, senza darlo a vedere, si risollevò. - Che intendi per errore?
- È stato un bacio accidentale. Adesso sono stanco, però. Ne parliamo domattina, va bene?
Dice annuì lievemente, e si stese nuovamente mentre Freddie si spostava nel suo letto, che era giusto affianco. Lo guardò mentre si liberava dell'asciugamano che aveva appresso. Si coprì poi fino al petto e lo salutò nuovamente. Una volta giratosi, Dice fece lo stesso, puntando gli occhi sulla sveglia, su cui, a caratteri cubitali, era segnata l'una e un quarto. Rimase per qualche minuto a pensare su tutto quello che era successo, sulla sua decisione di ospitare Freddie, sul loro rapporto, sul bacio, sull'amicizia dei quattro, sui suoi stessi comportamenti, su quello che aveva sbagliato e su quello che aveva paura di dire. Ma erano troppi pensieri, troppi punti interrogativi a cui rispondere in un'unica notte, ma soprattutto troppi per esseri risolti da un sedicenne ancora immaturo. Lo sapeva anche lui, e con quest'ultima riflessione non poté far altro che assopirsi e riporre i suoi dubbi nel cassetto.

Se i due ragazzi si erano addormentati, non molto lontano le ragazze discutevano in maniera animata. Dopo che Sam aveva lasciato la parola a Cat, quest'ultima non aveva fatto altro che lanciarsi in uno sproloquio contenente tutto ciò che era successo, il motivo e le sue scuse. Ma a Sam sembrava non bastare. Infatti era ancora infuriata, e se non stringeva più in mano la videocamera era perché l'aveva gettata via a calci dalla porta, riducendola però prima in pezzi informi. - Almeno adesso non c'è più il video - pensò ad alta voce la rossa, e questo portò l'altra a lanciarle un'occhiataccia.
Quando Sam ritornò a proferire parola, le prime che pronunciò furono: - Perché a me?
A quel punto Cat la guardò stranita. - Che intendi? - chiese quindi, mentre Sam prendeva posto affianco a lei sul divano.
- Perché non posso lasciarti da sola per andare a trovare i miei cari in prigione senza che tu combini guai? - le rispose con un altro interrogativo.
- Sam, ti giuro che mi dispiace, ma nessuno dei due l'ha voluto. Quindi basta rimuginarci su.
Dopo quelle parole la bionda la guardò negli occhi, e capì che diceva il vero, sapeva che era così, e le si riempirono gli occhi di lacrime, che però non vollero uscire, ma dare alla ragazza un aspetto dolce e vulnerabile che non aveva quasi mai avuto. 
Cat continuò a parlare, spiegando ancora l'accaduto forse per la quinta volta, ma Sam la fermò, dicendole: - Ti credo.
- E allora perché sei arrabbiata? - ribatté, non riuscendosi a spiegare l'espressione dell'amica.
- Sono arrabbiata con me stessa - affermò dunque, ma l'altra non le riconobbe colpe.
Una lacrima scese finalmente, facendosi strada sulla guancia sinistra e finendo in prossimità del mento, e fu in quell'istante che abbassò lo sguardo, sentendosi esposta.
- Tu non lo capirai, ma io sì... - disse Sam, e Cat accennò un sorriso triste.
- Sei ancora innamorata di Freddie - dedusse invece, e ci prese in pieno. - È così?
Non rispose direttamente. Sentiva in sé una marea di sentimenti contrastanti, alcuni dettati dal cuore, altri dall'abitudine. Era passato abbastanza tempo dall'ultima volta che Freddie e Sam si erano visti, e questo l'aveva portata a credere che ciò che c'era tra i due fosse ormai acqua passata. Ma quando, sporca come non mai, si era ritrovata davanti l'amico di una vita, sapeva che tutto era in procinto di cambiare. Ma sapeva che ci sarebbe stata la possibilità che a Freddie non importasse più niente di lei, se non come semplice amica. Forse era quello, quando aveva visto la scena del bacio, che l'aveva seccata maggiormente: scoprire che lui era andato avanti, che ormai si era lasciato il passato alle spalle. Ma per lei, in soli due giorni, capì che non fosse così. Lei non ce l'aveva fatta. Ciò che era ormai stato l'ha trascinata nuovamente con sé, senza darle possibilità di combattere come usualmente faceva.
Il silenzio tombale fu rotto dalla voce della stessa Sam. - Ci siamo lasciati perché la nostra relazione non funzionava. Litigavamo in continuazione, non eravamo mai d'accordo, semplicemente non sembravamo fatti per stare insieme. E lo accettai. Entrambi lo facemmo. Poi è tornato qualche tempo fa, e le cose erano così imbarazzanti e strane tra di noi, che capii che era veramente finita - esordì, con voce spezzata da lievi singhiozzi.
- Ma non era così - intuì Cat, e dopo pochi attimi l'altra ripeté le stesse parole, risollevando lo sguardo e abbozzò un sorriso.
- Quando è arrivato a Los Angeles, l'altro giorno, ero così felice... Finalmente avrei potuto rivederlo, e forse avrei potuto cambiare le cose tra di noi. Mi ha abbracciata, ed ero al settimo cielo nel sentire le sue braccia stringermi, nel sentirlo proteggermi.  Quando mi sono addormentata parlando con lui sul divano, ho sognato che mi teneva stretta a sé, girando tutto il mondo, e quando ero esausta, mi metteva a letto. Svegliandomi, mi ritrovai proprio lì. 
Si fermò per qualche istante e notò che Cat la stava guardando meravigliata, come se le venisse raccontata una favola.
- Quando ho visto il vostro bacio mi sono sentita cadere il mondo addosso. L'hai visto anche tu, com'ero ridotta, no? Pronta a rompere tutto. Furiosa. Come ora, d'altronde. Sono così arrabbiata con me stessa, con la mia testa, con il mio cuore... Perché non importa cosa succeda, ma sarò comunque legata a Freddie. Freddie Benson, lo stesso ragazzino odioso della scuola che si è trasformato in uomo forte e virile, di cui ancora oggi sono innamorata.
Sam venne abbracciata da Cat, e la ringraziò, un po' per l'abbraccio, ma maggiormente per il conforto che le stava dando, nonostante non l'avesse mai trattata nel migliore dei modi. 

Domenica. Tutto quello a cui  Dice poteva pensare una volta sveglio alle otto e mezza di mattina fu domenica. Si rigirò dall'altra parte e vide un letto disordinato, con le coperte piegate su un lato, ma non vi era traccia di Freddie. Si mise seduto e si grattò la testa, sbadigliando. Spostò le coperte e si infilò le ciabatte. Si diresse poi verso la cucina per un bicchiere d'acqua e vi trovò l'ospite intento a preparare la colazione, dei semplici cereali in scodella dove figurava accanto un cartone di latte. - Buongiorno - salutò Freddie - tua madre ha affidato a me tutta la situazione. È andata ad una convention a Tokyo, e tornerà tra due settimane. Ti manda tanti baci - spiegò poi, con una voce quasi derisoria nell'ultima frase.
- Quindi cereali stamattina eh?
Freddie fece spallucce. - Sono stato colto di sorpresa, se avessi saputo prima della partenza di tua madre avrei fatto una colazione con i fiocchi degna dei film americani.
A quell'affermazione Dice rise e si mise seduto a tavola, seguito a ruota da Freddie. 
- Per quanto riguarda quel che è successo ieri...
Dice lo fermò con la mano, e gli disse che non c'era bisogno che gli spiegasse tutto, ma gli pose un'unica e importante domanda: - So tutto, amico! Io e Cat ne abbiamo già parlato... L'unica cosa che voglio sapere è se ti è piaciuto, quel bacio. 
- Perché me lo chiedi? - chiese confuso. 
- Perché non voglio che né Sam né Cat si illudano. Sono mie amiche, te lo ricordi, vero?
Dice sentì il veleno che accompagnava le sue stesse parole, ed era sicuro che anche Freddie aveva avvertito quella sensazione di scherno.
- Me lo ricordo, ficcanaso - sorrise - e ho capito che quel bacio mi è indifferente. Non posso farmi condizionare la vita da uno stupido bacio dato per errore. Cat è una bella ragazza, ma non sono innamorato di lei.
- E di chi allora?
- Credo che questo proprio non ti riguardi - affermò Freddie, il quale, avendo finito di fare colazione, si mise in piedi e scompigliò i capelli al minore.
Sul viso di Dice ci fu posto per un debole sorriso in risposta a quel gesto. Quando lo vide allontanarsi, si alzò anche lui, e, mettendo le scodelle a lavare, con lo stesso sorriso, disse in un sussurro appena percebile: - Non lo vuoi proprio capire, eh, amico mio?

#SPAZIOAUTORE

Innanzitutto buon estate a tutti. Mi dispiace veramente tanto come il fandom di Sam & Cat su EFP si sia come dileguato, perché aveva del vero potenziale...
Vorrei ringraziare koccy per la recensione che ha lasciato nello scorso capitolo.
Spero che questo vi piaccia; finalmente Sam ha espresso tutto ciò che sente nei confronti di Freddie, anche se alla persona sbagliata, e Dice ottiene la conferma che a Freddie non piace Cat. Ma cosa starà passando per la testa dell'adolescente? 
Al prossimo capitolo :)

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Capitolo 5
*** Leaving in three weeks ***


5.

- Vai da Freddie oggi?
Sam si svegliò tutt'altro che beatamente tra le coperte del suo letto, che la proteggevano dai raggi solari che penetravano dalla finestra illuminando l'intera camera. Quella voce, che capì subito appartenesse a Cat, la stava perseguitando da cinque minuti, uno più uno meno, e come se non bastasse con la solita frase, chiedendosi se fosse un disco rotto più che una persona umana. Si mise seduta, spostandosi i capelli dal viso, e vide Cat rivolgerle uno dei sorrisi più ampi che avesse mai fatto. In quell'esatto momento si pentì di aver rivelato i suoi sentimenti ad una persona così, realizzando che non avrebbe più smesso di parlarne finché non ci fosse stato una degna continuazione, come fosse una sorta di soap opera.
- Non credo di esserne in grado - rispose agli assillamenti, stringendo le ginocchia al petto - penso sia meglio rimanere a casa a badare ai bambini.
- Ma oggi è domenica - ribatté a quel punto la rossa.
- Sì, e lo era anche una settimana fa, ma questo non ha impedito a delle casalinghe frustrate di accollarci tre gemelli -
Il lavoro di babysitter si poteva dire che l'avesse stancata a sufficienza, arrivava al punto di chiedersi chi gliel'avesse fatto fare. Si ricordava ancora quella volta in cui prima di accogliere un bambino accompagnato dalla madre si era messa una maglietta con scritto "Mine is the worst job ever", ossia "Il mio è il peggior lavoro di sempre", e la donna ha afferrato il figlio e se l'è portato via appena aperta la porta.
- Senti e se mi occupassi io di chiunque arrivi?
La buon svegliata rise di gusto. - Ma chi, tu? Dici sul serio o è un'inside joke che non riesco a comprendere per qualche strano motivo?
- Dico davvero. Tu vai a parlare con Freddie, e io testo le mie abilità da babysitter gestendo tutto da sola. Potrebbe essere una buona idea.
Sul viso di Sam comparve un sorrisetto compiaciuto. - Devo dire che è una proposta allettante. E credo che accetterò.
- Benissimo, adesso tu vai dal tuo amico e io mi preparo psicologicamente - esordì spingendola fino all'uscio. - A dopo.
Le sbatté la porta in faccia, prima di sentire suonare il campanello. La riaprì, e vide Sam con uno sguardo tra l'assonnato e l'impassibile. 
- Che dici, dovrò pur lavarmi prima di andarmene? - domandò, anche se una vera risposta a quella domanda non la voleva.
- Oh, hai ragione. Beh, in questo caso puoi entrare. Ma poi vai a fare una bella chiacchierata con il tuo amichetto per poi tornare a casa e raccontarmi ogni singola cosa che è successa.
- Mi pare giusto.

Freddie stava rifacendosi il letto quando all'improvviso qualcuno suonò il campanello, costringendolo ad allontanarsi da ciò che stava facendo. Quando aprì la porta vide davanti a sé Sam, con una maglia a pipistrello nera e degli shorts di jeans. Delle converse rigorosamente nere andavano a completare quella combinazione di indumenti.
Ciao. Fu quella l'unica cosa che uscì dalla bocca di lui, diventato altamente nervoso, e sudando freddo. Poi, per rompere il ghiaccio, che sembrava quasi inespugnabile, affermò con una vena scherzosa: - Sai che sono le 10, giusto? Pensavo che la domenica fosse sacra per te, e temo tu possa aver contratto la febbre.
- Mi dispiace, niente febbre - ridacchiò Sam, superandolo. Arrivò in prossimità del divano e vide Dice in cucina dedito a riempirsi un bicchiere d'acqua, per cui lo salutò con un cenno della mano, dopodiché si sedette comoda e alzò lo sguardo a Freddie, che portava le mani ai fianchi e aveva un sorriso da ebete sul viso di cui non riusciva a liberarsi.
- Allora... - disse lo stesso, facendo un respiro profondo.
- Io so tutto. So quel che è successo con Cat e ho chiarito con lei, quindi non ti preoccupare.
Freddie tirò un sospiro di sollievo, e si mise seduto accanto alla ragazza, portando il piede sotto la coscia sinistra. 
- E allora perché sei qui? - chiese allora, sentendo qualcosa di grande dietro l'angolo.
- Per fare qualche chiacchiera.
- Qualche chiacchiera? Del tipo?
- Ascolta. Sai che io sono quel genere di ragazza che non parla spesso di ciò che sente, però ho capito in questi pochi giorni che sei qui, che mi sei mancato tanto e non penso che questo sia dovuto ad una semplice amicizia...
Sam abbassò lo sguardo sulle sue mani, che sfregava puntualmente sulle ginocchia. 
- Io... credo che...
Freddie si accorse di star balbettando quasi immediatamente, e allora l'altra gli domandò, fissandolo negli occhi scuri: - Che cosa cerchi di dirmi?
Non rispose a quella domanda, anzi lo fece, ma in una maniera diversa: le mise una mano sulla guancia, con il pollice sulle fossette, e si avvicinò progressivamente alle sue labbra, lasciandovi la morbidezza e il sapore delle proprie; le loro lingue si cercarono, si incontravano e poi di nuovo in un loop che sembrava infinito. Spostò la mano sulla spalla, facendola scendere sempre più giù... e cessò tutto lì, quando si ricordò di non essere solo con Sam, ma con un adolescente in preda agli ormoni che li fissava dal bancone della cucina.
Dice si spostò da lì, e passando dietro il divano, disse imbarazzato: - Va bene, vi lascio ai cavoli vostri.
Freddie notò come il suo tono fosse debole, quasi rattristato, e si chiese se Sam avesse avvertito la stessa sensazione. Ma quel pensiero venne spazzato via quando uscì di casa, e soprattutto davanti a quella situazione delicata. 
- Questo era quello che volevo dirti - disse semplicemente, tenendo la sua mano sul rossore della guancia di Sam.
- Credo di essermi innamorata di te ancora una volta, Freddie.
Si guardarono per qualche istante, prima che quell'attimo fosse interrotto dalla voce imponente dello stesso. 
- Non puoi dirmi questo...
Vide la sua fronte aggrottarsi, poi le sue mani esitare per un momento tra i suoi capelli.
- Che intendi? - lo interrogò, con un tono misto tra arrabbiato e confuso.
- Anch'io provo qualcosa per te... Ma tra tre settimane torno a casa, e passerà un altro anno prima di incontrarci ancora una volta.
- Perché dovresti andartene?! - sbottò la bionda, sbattendo le mani sul braccio del divano e poi sulla sua stessa gamba. - Sei appena arrivato!
- Finisce il mio soggiorno qui, ricordi? Ho vinto un contest per arrivare da voi.
- Ma se ti stabilisci da Dice, scusa? - propose innocentemente.
- Non funziona proprio così. Ho un biglietto per tornare a Seattle, ed è valido fino al 27 marzo. Se non lo uso, rimarrò bloccato per sempre qui, e io non ho soldi abbastanza per vivere per altri 60 anni. E se te lo chiedi, mia madre non permetterà mai che io mi stabilisca qui sapendo che ci sei tu. Senza offesa naturalmente, sai com'è fatta.
- Puoi farti assumere, no? E potrai rimanere qui da Dice perché sai di essere il suo punto di riferimento, giusto? - lo riempì ancora di domande, infilandoci roba a vanvera, ma che per non sa neanche quale ragione gli sembrarono totalmente sensate.
- Io il suo punto di riferimento? E anche se fosse dovrei lasciare il mio lavoro a Seattle ed è il lavoro migliore che io abbia mai avuto - rivelò, con il tono di voce sempre più in procinto di calare e spegnersi per sempre.
- Va bene, Freddie... Ho capito. Non vuoi rimanere qui. Ma avrei preferito che tu me lo dicessi piuttosto che baciarmi - disse Sam stringendo le braccia al petto.
- Non è che non voglio rimanere, è che non posso rimanere! So che ci sei tu qui ed è anche una sola ottima ragione per rimanere qui, ma non sono pronto.
- Ma immagino tu sia pronto a perdermi un'altra volta.

#SPAZIOAUTORE

Ed eccovi il capitolo 5. Spero non sia una completa schifezza.
Finalmente Sam e Freddie parlano dopo quel che è successo ma quando avviene succede un disastro. 
Mi domando anch'io come andranno a finire le cose.
Al prossimo capitolo!
 

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Capitolo 6
*** Impulsive ***


6.

Freddie la guardò come se dalla sua bocca stessero uscendo un sacco di stupidaggini. Come poteva anche solo pensare che quel bacio non era voluto? Cosa lo avrebbe altrimenti spinto ad esprimere l'amore che provava per lei? Non era affatto il tipo che illudeva le ragazze, e quello che lei stava osando insinuare un po' lo feriva. Però non poteva certo discutere per questo, d'altronde era lui quello che aveva sganciato la bomba della partenza, e sarebbe stato lui a far soffrire l'altra, non viceversa. 
- Non sono pronto a perderti perché non ti perderò. Ascolta, troverò una soluzione... Te lo prometto. Hai ragione.
Vide il volto di Sam non cambiare espressione. Era un misto di rabbia e confusione.
- Non voglio avere ragione. Mi piacerebbe che tu voglia effettivamente rimanere qui, non perché te lo chiedo io! Ragiona con la tua testa.
C'era una qualsiasi cosa che potesse dire senza che venisse conseguentemente contraddetto? Forse avrebbe dovuto avere più tatto innanzitutto.
- Lo voglio davvero. Voglio stare con te, Sam...
Solo a questo punto si sciolse e l'abbracciò forte, quasi facendogli perdere il respiro. Adorava quando lo faceva, anche se certe volte egli stesso aveva pensato che prima o poi avrebbe dovuto rimanerci secco con uno di quegli abbracci, un giorno...
- Devo solo parlare con mia madre, poi Dice, poi girare per dei negozi alla ricerca di un lavoro... Sarà impegnativo, ma ce la metterò tutta.
Sam sorrise, socchiudendo gli occhi e tenendogli le braccia strette al collo. Era felice.
- Potrei stare da te in alternativa.
A quel punto sgranò gli occhi e si staccò dall'abbraccio. - Anche no - rispose seccamente la bionda - hai idea di quanto aumenterebbero l'affitto con una terza persona in casa? Perlomeno mille dollari in più. E non voglio pagare più di quanto sia necessario. Preferirei risparmiare per le ali di pollo, o per la pasta per waffles.
Freddie si lasciò scappare una risata. - Va bene, allora è deciso, chiederò a Dice.

Quando lo venne a sapere, il riccioluto si sentì al settimo cielo. Sarebbe rimasto lì per chissà quanto tempo! Era così felice che avrebbe potuto gridarlo a tutto il mondo senza vergogna. Davanti a Freddie però, tentò di mascherare il più possibile le sue emozioni, limitandosi ad un unico "va bene" e stabilendo delle piccole condizioni per la convivenza. Ebbene sì.
Quando il più grande scese al piano di sotto e Dice rimase solo, quest'ultimo non poté che ripensare alla sua reazione esagerata. Si sentiva così confuso in quei giorni, come se stesse sperimentando nuove sensazioni, nuovi pensieri. Uno di questi riguardava proprio Freddie. Era dal suo arrivo a Los Angeles che Dice non smetteva che pensare a lui. Non solo come un compagno di stanza, ma i suoi pensieri andavano oltre, tanto che a tratti credeva di provare dei sentimenti per lui, che eventualmente non sarebbero mai stati ricambiati, ma che lui sentiva nel profondo del suo cuore, e diventavano sempre più forti e più prorompenti. Aveva paura di essersi innamorato. Non necessariamente di Freddie, ma di un ragazzo. Era spaventato per le emozioni che provava nei confronti del suo stesso sesso. Sul momento lo rendevano felice, lo eccitavano anche, ma col passare del tempo, rimuginandovi, lo rattristavano e lo intimorivano, come se essere innamorati del proprio genere fosse una condanna a morte all'essere single, o una condanna all'essere costantemente scherniti.
Ecco perché si era mostrato così curioso al bacio di Freddie e Cat: perché non voleva che qualcuno si avvicinasse a lui. Ma a cosa serviva la gelosia quando evidentemente lui era comunque innamorato di un'altra ragazza, e quest'ultima si era rivelata essere proprio Sam? Come poteva parlargli dei sentimenti che provava, quando era ovvio che l'avrebbe solo respinto e/o canzonato?
Di punto in bianco Freddie ritornò in stanza, Sam era andata via e i due erano completamente soli in casa. Dice aveva le mani che tremavano e il batticuore aumentò ancora di più quando Freddie si spogliò della maglia per andare a rinfrescarsi con una doccia. Sentiva come se fosse in dovere di contemplargli i muscoli delle braccia e gli addominali ben definiti, e farlo gli dava una sensazione di benessere. Dannazione, pensò, alzando gli occhi al cielo.
Si fece coraggio e prima che Freddie chiudesse la porta del bagno dietro la sua figura lo fermò, lo fece voltare e in quel momento gli occhi di uno si riflettevano in quelli dell'altro. Il più grande era confuso tanto quanto lo risultava Dice, che oltre allo stordimento sentiva il suo corpo attraverso da una scarica di adrenalina, la stessa che gli diede l'impulso di fracassare le proprie labbra sulle sue in un semplice bacio a stampo. Quando si unirono si sentiva così potente, indistruttibile. Eppure quando si staccarono bastarono pochi secondi a farlo rinsavire e renderlo vulnerabile e sull'orlo di una crisi di panico.
Freddie era anche lui scioccato, forse non aveva ancora realizzato quello che era appena successo, o magari semplicemente non voleva.
Dice abbassò subito lo sguardo, fissandosi le scarpe. Pensò che grazie a quel bacio non ci sarebbe stato neanche bisogno di uscire allo scoperto, ormai era completamente palese. Quando finalmente Freddie scrollò la testa, scoprì nei suoi occhi un'ondata di rabbia pronta ad esplodere. Quale persona eterosessuale sarebbe entusiasta di un bacio rubato dal proprio sesso? Sicuramente quell'individuo non era lui.
Difatti, fu questione di pochi secondi prima che Freddie afferrasse Dice per il collo e lo sbattesse con la schiena contro il muro. Questo gli fece male, ma non più delle parole poco carine che gli furono attribuite dopo. Se inizialmente riteneva che Freddie avesse ragione nello sbottare così, gli bastarono un paio di offese per essere fermamente convinto del contrario. Non sarebbe stato più civile avere una semplice conversazione amichevole?
- Cosa diamine ti è passato per la mente? Sei diventato matto?
Dice non sapeva cosa rispondere. - Credo di essere gay.
- E questo ti permette di baciarmi?! Non potevi sfogarti su un video porno?
Il tono di Freddie era decisamente troppo alto. Non lo aveva mai sentito urlare così, o riferirsi a lui in questo modo. Lasciò la presa sul collo e lo spinse sul letto. 
- Hai appena tredici anni e io ne ho venti, cosa pensavi di fare?
- Ne ho quasi quindici, in realtà.
Freddie gli lanciò un'occhiataccia che lo riazzittì nuovamente. - Adesso sì che sto bene con me stesso. Ho baciato un quindicenne, evviva!
Non gli piacque il suo sarcasmo, né tanto meno era grato di quel tono di superiorità. Perché se la stava prendendo tanto? Appunto perché era un quindicenne avrebbe dovuto lasciar perdere. Era eterosessuale e perfino fidanzato, di cosa si lamentava?
Mentre Dice faceva degli sproloqui mentali riguardo quanto era successo, Freddie sembrò accorgersene e lo mise a tacere. In che modo? Con un altro bacio.

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