Vaolin

di Darko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Nella foresta ***
Capitolo 3: *** Uno strano risveglio ***
Capitolo 4: *** Un macabro ritorno ***
Capitolo 5: *** Da che parte stai? ***
Capitolo 6: *** Rudimenti, Consiglio, guerra ***
Capitolo 7: *** La linea del fuoco ***
Capitolo 8: *** Tamburi nella notte ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
PROLOGO





Al tempo degli Elfi Iperborei, creature semidivine che regnavano molto prima dei padri dei nostri nonni, nulla era impossibile, a parte che qualcosa turbasse il perfetto equilibrio che regnava. Eppure quando uno di loro, Karukt, cominciò ad accumulare potere oltre ogni limite consentito, gli Elfi lo cacciarono dalle loro foreste. Karukt, meditando vendetta, cominciò a corrompere alcuni tra gli Elfi, perlopiù suoi simili, che passarono dalla sua parte meritandosi il titolo di Deplorevoli. Così attaccò gli Elfi Iperborei, distruggendo il perfetto equilibrio che regnava fra di loro. Da quel momento gli Elfi Iperborei non esistettero più, turbati dagli Elfi Deplorevoli. Dopo questa Era, detta Iperborea, di decadenza totale, si passò all’Era corrente, conosciuta come l’Era Samildar. Ma Karukt, il re degli Elfi Deplorevoli, ebbe un figlio che chiamò Durkaan.

*

 Era dalla primavera scorsa che si attendeva questo momento, cioè da quando Gilarnol di Edamon aveva rivendicato il trono degli Elfi a Delorean, sposando la regina Karali di Umanol. La regina stava per donare un erede al regno. La sua gravidanza aveva passato la metà del suo percorso da un mese, e quel giorno stava cavalcando Hulu Bergulam, la sua cavalla, addentrandosi nella Foresta Sacra. Lei non temeva le leggende dei draghi, sapeva che non esistevano più dalla Undam Hytreda, la Grande Caccia che le creature che abitavano Delorean diedero ai draghi, credendoli creature pericolose. Fin da quando era bambina amava immergersi nella contemplazione di quel meraviglioso angolo di mondo, conosceva ogni albero, ogni fiore, e a volte le capitava di scambiare parole e cantare con le piante della foresta, e dentro al suo cuore sentiva che esse rispondevano. Non riusciva a comprendere quelle emozioni, ma quando ne scoprì il segreto smise di cercare parole in quelle ondate di emozioni e cominciò ad avvertirvi stati d’animo che le piante condividevano con lei.
Mentre tornava al passato con la mente arrivò alle rovine del Santuario degli Alti Druidi, degli Elfi autoesiliati che cercarono la pace interiore lontano dalle distrazioni della vita in società. Lasciò pascolare Hulu Bergulam come soleva fare e si avviò verso una radice che aveva invaso la sala del Santuario. Ma non appena entrò ci fu un lampo di luce accecante dai riflessi azzurri e verdognoli che la colpì in pieno petto e la sollevò da terra. Avvertiva una strana sensazione di trasporto e le sembrava di vivere questo evento all’infuori del suo corpo: in mezzo alla luce apparve un lupo e una voce parlò:

 Dal cielo oscuro verrà una luce,
Dalle foreste del nord alle lande lontane,
Che risveglierà il mondo dal suo sonno truce,
Con la sua purezza immane.

Non esisterà più la paura,
Tornerà la speranza ormai creduta perduta,
Come tuono scaccerà la notte scura,
E verso il buio avanzerà risoluta.

Darà in dono il Potere all’Eletto,
La sua mente pura, il suo cuore saldo,
La sua mano decisa, il suo onore corretto,
Uno spirito giusto di animo caldo.







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Capitolo 2
*** Nella foresta ***


1.Nella foresta
1.
Nella foresta
    






“Ci sono delle giornate che cominciano nel migliore dei modi, in cui ti senti imbattibile e onnipotente. Ti svegli e il sole ha appena cominciato la sua ascesa, ti aspetta una giornata meravigliosa in cui nulla potrebbe andare storto”. Vaolin stava pensando, vagando con l’immaginazione nei meandri della fantasia, come in ogni momento del suo tempo libero, ad epiche battaglie, agli eroi e alla magia, alle foreste magiche e alle montagne mistiche. Mentre stava ancora fantasticando sua madre lo chiamò per la colazione distruggendo le sue fantasie. Ancora un po’ assonnato si alzò dal letto, si diresse verso il bagno e si lavò il viso nel bacile di pietra. L’acqua era gelida e sussultò quando si portò le mani colme d’acqua al viso, poi guardò la sua immagine riflessa nel bacile: il suo viso era affusolato, aveva capelli castani che sua madre aveva costretto a tagliare, ma la cosa che più lo affascinava di sé erano gli occhi. Erano verde smeraldo con dei riflessi ambrati. Una volta aveva visto un vecchio incappucciato, un viandante che transitava per il paese che molti paragonavano ai leggendari elfi poiché era snello e molto agile; quando vide il ragazzo spalancò gli occhi, e dopo un momento di interdizione, disse qualcosa in una strana lingua, poi riprese il suo viaggio ad un passo più sostenuto.
Vaolin non conosceva il significato di quelle parole e così nemmeno il resto del paese, alcuni sostenevano che fosse elfico e così per un certo periodo cominciarono ad osservare Vaolin in modo diverso ogni volta che lo incontravano, in preda ad una specie di strana superstizione, nonostante credessero che gli elfi fossero creature mitiche e inesistenti. Poi ancora una volta sua madre interruppe il corso dei suoi pensieri.
–Vaolin! Sbrigati o tuo padre e tuo fratello non ti lasceranno che le briciole!-
Quando sentì la voce della madre capì quanto avesse fame. Scese le scale a due a due e si precipitò in cucina. SBAMM! Vaolin si ritrovò a gambe all’aria e avvertì una sensazione di umido sui vestiti.
-Quante volte ti ho detto di stare attento all’acqua in fondo alle scale! Vaolin, sei sempre il solito distratto.-
Si alzò e sentì suo fratello Durin che sghignazzava:-Sei il solito fesso!-
-Smettila Durin!- ribatté Vaolin.
-Piantatela voi due!- e poi rivolta al marito:-Quando verrà Shawn a sistemare quel condotto?-
-Quando smaltirà il lavoro- rispose Yan.
-Speriamo presto, altrimenti quel baccalà finirà a gambe all’aria un’altra volta!-disse Durin ridendo forte. Vaolin si limitò a lanciargli un’occhiata che l’avrebbe ucciso se ne avesse avuto la capacità.
Durin aveva cinque anni più di lui e accompagnava loro padre a caccia e a pesca. Aveva ventuno anni ed era il suo quinto anno da adulto riconosciuto, anche Vaolin presto sarebbe diventato un adulto, in primavera, quando avrebbe compiuto sedici anni.
Vaolin voleva molto bene a suo fratello Durin, e Durin a lui, ma quando faceva così era proprio odioso. Tutti i giorni, quando Durin tornava a casa dal lavoro per il pranzo, Vaolin aspettava che finisse di mangiare e poi prendeva due spade di legno che suo padre aveva intagliato per addestrarlo nell’arte della scherma, e correva incontro a Durin agitando le spade. Nonostante Durin fosse sfinito dalla mattinata di lavoro, anziché riposarsi, accettava sempre le sfide di Vaolin e lo batteva sempre; a volte prendeva il suo arco da caccia e faceva tirare al fratellino qualche freccia.
Durante una di queste sessioni di tiro al bersaglio Durin, che stava ammirando i pregevoli tiri del fratello, gli disse:
-Sei bravo a tirare, e non avresti problemi a colpire un cervo in corsa da duecentocinquanta piedi. Ma, nell’infuriare della battaglia, riusciresti a tirare così bene?-
-Non so- rispose Vaolin.
-Incocca una freccia-
Vaolin eseguì l’ordine. –Ora concentrati sul tuo bersaglio- disse Durin. Cosiddetto si avvicinò e mentre Vaolin stava per tirare, gli soffiò nell’orecchio facendolo completamente sussultare e, come aveva previsto, la freccia mancò il bersaglio e andò a finire nella foresta.
-Valla a riprendere. Io devo tornare a lavorare- disse Durin –Fai in fretta o la mamma si preoccuperà-
Detto ciò si avviò verso il villaggio e Vaolin andò a cercare la freccia.
La notte era già calata, poiché era inverno, e ormai il giorno era arrivato all’ora sesta del pomeriggio e la luna illuminava già la foresta nonostante fosse così presto. Ricordandosi la direzione e l’altezza del tiro, studiò una traiettoria che la freccia avrebbe potuto compiere e cominciò a cercarla. Avanzando nel fitto sottobosco si rese conto di averla perduta, ma mentre si stava districando da un cespuglio di rovi, vide alla sua destra un baluginio argenteo. La freccia era conficcata nel tronco di un tasso, le aveva spezzato la corteccia e si era piantata per metà della sua lunghezza nel morbido legno dell’albero. “Però, gran bel tiro!” pensò Vaolin. Si avvicinò all’albero e provò ad estrarla, ma dopo molti tentativi si rese conto che era inutile, la punta era troppo in profondità. Allora estrasse il suo pugnale e cominciò a scavare il legno di tasso; dopo un buon lavoro riuscì ad estrarla senza danni e la infilò nella tracolla di cuoio.
Recuperata la freccia, si avviò verso casa e stava già pensando a cosa gli avesse preparato sua madre e pregustava in bocca il sapore del pranzo, ma un movimento alla sua destra interruppe bruscamente i suoi pensieri. Si girò di scatto pronto a tutto, e scrutò la foresta, ma non vide nulla.
Riavviandosi per il sentiero si sentiva osservato, è una sensazione stranissima, una specie di quinto senso e mezzo, che non sbaglia mai. Aveva sentito da suo padre che quella foresta era abitata da animali feroci, e a ricordarsene fremette di paura, non avrebbe potuto opporre resistenza ad un orso adulto o ad un cinghiale armato solamente del suo pugnale. “Se solo mi fossi portato anche l’arco di Durin. Avrei potuto abbatterli da lontano evitando lo scontro fisico” pensò tristemente Vaolin.
Poi d’un tratto riconobbe ancora una volta quel movimento, questa volta alla sua sinistra. Però, quando si girò per la seconda volta, lo vide. Non era un orso o un cinghiale, e nemmeno, come aveva sperato, un uomo.
Era un lupo.
La bestia era enorme, arrivava alle costole inferiori di Vaolin e le sue zampe erano proporzionate alla mole maestosa dell’animale. Era appollaiato su un tronco caduto che sovrastava un enorme masso. Il suo manto era per la quasi integrità grigio, ma aveva delle sfumature nere su testa, schiena e coda; in tutta quella dimostrazione di maestosità la cosa che si impresse maggiormente nella memoria di Vaolin furono i suoi occhi: verdi, identici a quelli del ragazzo.
Mentre Vaolin fissava al tempo stesso ammirato e impaurito quello sguardo fiero e orgoglioso, si sentiva tremare le gambe, e provava un terrore che non aveva mai provato fino ad allora. Trovò in ogni modo la forza di estrarre il suo pugnale.
Provò ad indietreggiare, ma il lupo balzò e in un attimo gli fu addosso e, mentre stava per spiccare l’ultimo balzo verso la sua preda, Vaolin si accorse che non aveva spalancato le fauci e che l’espressione dell’animale pareva paradossalmente posata.
Il lupo aumentò la sua velocità e lo investì in pieno, ma incredibilmente, non ci fu nessun impatto, bensì una fortissima e accecante esplosione di luce verde. Vaolin si sentì mancare le forze e mentre stava cadendo notò con stupore che il lupo non c’era più, scomparso, dissolto nel nulla.
Poi si accasciò al suolo privo di sensi.


Vaolin rimase svenuto per quel tanto che bastasse da non ricordarsi dove fosse o cosa fosse successo. Questi furono i suoi pensieri quando si alzò dal suo morbido letto di muschio, cominciò ad aprire gli occhi strizzandoli contro il riverbero del sole, che era ormai al suo declino e quando finalmente riuscì a svegliarsi completamente, nonostante il suo intontimento e giramento di testa, si accorse che la schiena gli duoleva da matti, esaminò la zolla di terra da cui si era appena alzato e scorse una grossa radice sulla quale doveva essere caduto.
Ripensò a quella sua strana avventura, anche se ormai dubitava della veridicità di quell’accaduto e si era convinto sempre di più che fosse stato soltanto un sogno. Ad un certo punto il filo dei suoi pensieri fu interrotto da un altro subitaneo e sicuramente di priorità maggiore: era passato quasi un giorno! I suoi genitori e Durin sarebbero dovuti essere molto preoccupati e ormai avrebbero già cominciato a cercarlo nei dintorni del villaggio; un secondo pensiero che gli passò per la testa gli annunciò che erano passate ventiquattro ore da quando non aveva toccato cibo, e ora al posto dello stomaco aveva una morsa che si stringeva sempre di più a mano a mano che il tempo passava, tormentandolo con continui crampi.
Decise di incamminarsi verso casa, conosceva molto bene la foresta vicino al villaggio, però continuando a camminare si accorse gradualmente di troppe differenze rispetto alla foresta che conosceva, dopo qualche tempo si avvide definitivamente che quella non era la foresta nella quale si era inoltrato il giorno prima e prese coscienza che si era perso. Il ragazzo fu colto da disperazione e si portò le mani al volto, come poteva essere possibile? Quella storia aveva dell’incredibile, perché doveva capitare proprio a lui? Pensando ciò si incamminò e continuò a camminare in preda al panico finché non svenne nuovamente, due ore dopo, provato dalla stanchezza e dalla fame. L’ultima cosa di cui ebbe coscienza furono due braccia che lo sollevavano da terra.      

Durin corse all’interno della casa e cominciò ad urlare, Vaolin era sparito, nessuno lo aveva più visto nei dintorni del villaggio dal giorno precedente e ormai era in preda al panico. Chiamò a gran voce i suoi genitori, ma dalla grande e silenziosa fattoria non giunse alcuna risposta. Allora corse in paese continuando a ripetere a se stesso che era colpa sua, che non avrebbe dovuto lasciarlo andare da solo nella foresta. Continuava a struggersi quando incrociò sua madre che stava tornando dal mercato. Quando la donna vide che il figlio era trafelato dalla corsa e i suoi occhi erano in preda alla disperazione, gli chiese: - Durin! Cosa è accaduto?-
-Vaolin….foresta…sparito- però non riuscì a dire altro perché non aveva fiato; dopo essersi preso qualche attimo di riposo, si calmò e disse alla madre:- Vaolin è sparito. L’ho mandato a recuperare la freccia che aveva tirato ieri sera e da allora non l’ha più visto nessuno. Ma…- aggiunse poi vedendo che la madre non lo degnava di uno sguardo ed aveva ripreso a camminare senza che fosse accaduto niente. Non riusciva a spiegarsi una reazione simile, ma ci pensò subito la madre:- Non urlare, non attirare l’attenzione e seguimi senza fare commenti di alcuna sorta, intesi?-
-Si – disse Durin, anche se era ancora scioccato.
Seguì la madre fino a casa, e quando arrivarono notò che il padre era preoccupato quanto lui, si avvicinò a sua moglie e disse: -E’ andato nella foresta, vero?-
-Si- rispose Durin.
-Sapevo che sarebbe dovuto succedere prima o poi- disse Yan rassegnandosi.
Queste ultime parole colpirono Durin come un martello su una lastra di vetro.

Vaolin sentiva gli uccelli intonare le loro melodie del mattino, ma non riusciva a capire se stava sognando o se erano reali, sentì una breve conversazione sommessa che si interruppe quando aprì gli occhi, forse perché i loro fautori non volevano essere sentiti. Strizzò gli occhi per la luce e gemendo, si alzò a sedere. Per la seconda volta in un giorno -o forse due?- ignorava dove si trovasse. Era sdraiato su un morbido letto, davanti a lui si stendeva un paesaggio montano incantevole che poteva osservare dalle bifore di marmo e pietra che ornavano la stanza. Tutta la valle era cosparsa di vegetazione di ogni tipo e su uno dei suoi versanti si trovava una città, non molto grande ma abbastanza da essere definita tale, che risplendeva del bianco marmo di cui le sue costruzioni era composta. A completare tutto il favoloso scorcio di natura c’era una cascata stretta, ma molto alta che si gettava nel lago sottostante la sua stanza senza il minimo rumore. Tutta la scena aveva un che di surreale e Vaolin ne rimase totalmente rapito. In quel momento non stava più pensando a niente, non gli importava dove fosse o chi ve lo avesse portato, voleva solamente restare lì seduto a osservare quella parte di paradiso e pensò che avrebbe potuto stare lì in contemplazione per ore.
Ad un certo punto, però, il suo attento esame fu interrotto da una voce:
-Anche tu, come gli altri del resto, sei stato rapito dai nostri paesaggi. Essi hanno una sorta di magico potere che incatena gli occhi di colui che li scorge per la prima volta, io non ho potuto provare questa sensazione poiché sono nato tra queste valli e crescendo vi ho fatto l’abitudine-
-Ma tu chi sei?- chiese Vaolin –Dove ci troviamo?-
-Io non ho nome, ma se preferisci appellarti alla inconsueta usanza degli abitanti di questo mondo di chiamare per nome ogni persona o cosa, potrai chiamarmi Wildarin Guhntar, che nella lingua corrente significa il Saggio della Foresta- detto ciò, il vecchio rivolse al ragazzo un sorriso raggiante. Solo allora Vaolin si accorse di quanto fosse vecchio, l’unica cosa nel suo aspetto che aveva mantenuto vigore erano i suoi occhi grigi che risplendevano tra le rughe del suo volto. Questo era molto affusolato, le rughe coprivano la maggior parte della sua superficie e sotto i lunghi e fluenti capelli argentati si facevano spazio due orecchie lunghe e con le estremità appuntite.
Vaolin aveva sentito parlare degli elfi, di loro dicevano che erano creature incredibili, agili e maestri nelle arti. Dicevano anche che tra loro non esistessero le donne e che gli artigiani decantassero i materiali direttamente dalla natura cantandole melodie magiche. Aveva sentito dire che fossero degli abili maghi e che praticassero la padronanza degli elementali e l’uso delle armi celesti. Vaolin, naturalmente, non aveva la minima idea di cosa fossero gli elementali e che differenza ci fosse tra delle armi comuni e le cosiddette armi celesti. Non sapeva nemmeno che di lì a poco la sua vita sarebbe cambiata per sempre.   

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Capitolo 3
*** Uno strano risveglio ***


1.Nella foresta
2.
Uno strano risveglio








Vaolin era ancora un po’ assonnato e non era sicuro di aver compreso perfettamente quello che il vecchio gli aveva detto. Nonostante questo, aveva avuto un improvviso trauma da questa strana avventura che si prolungava e che, ne era sicuro, doveva avere in serbo per lui altri risvolti molto interessanti. Dapprima, confuso, si limitò ad accertarsi che tutto fosse vero, con il metodo più antico del mondo, strofinandosi più volte gli occhi e dandosi un pizzicotto. Dopo essersi accertato che anche il dolore era reale si sdraiò di nuovo sul letto. Il vecchio rise, una risata argentina e fluente che assomigliava tanto a un campanellino: -E’ normale che ti senti così spaesato, mio giovane Atalir, questa è una terra per te sconosciuta e al tuo risveglio non ti aspettavi certo di vedere me!-
-Come mi hai chiamato?- chiese il ragazzo.
-Nella lingua corrente non esiste un termine adatto per questa parola. Forse allievo, o colui che impara dal proprio maestro- il vecchio lo guardò sempre più sorridente.
-E di che lingua fa parte? Non l’ho mai sentito nominare-
-Lo credo bene. Sarebbe molto strano se tu l’avessi sentita nominare- fece una pausa –E’ elfico-
-Non è possibile! Gli Elfi non esistono! Non sono mai esistiti, sono creature leggendarie…- il ragazzo aveva subito accantonato l’ipotesi che quello che il vecchio aveva detto potesse essere minimamente veritiera.
-Questo è il problema dei giovani. Non riescono ad aprire gli occhi finchè l’evidenza non li apre loro definitivamente. Cosa credi che sia io?- poi continuando a sorridere e squadrando il ragazzo –Cosa credi di essere tu?-
Vaolin si girò di scatto verso lo specchio in fondo alla stanza e si guardò a lungo. Anche lui aveva un fisico slanciato e affusolato come quello del vecchio e, solamente ora ci aveva fatto caso, sotto i suoi capelli neri si intravedevano due orecchie a punta. In effetti, tutti al paese lo consideravano superstiziosamente un elfo, ma nessuno ci aveva mai dato molto peso.
-E allora, se gli Elfi esistono, esiste anche la magia?- chiese il ragazzo rivolto all’elfo.
-Certamente ragazzo mio, ma è l’arte più complessa, arcana e mistica di questo mondo, seconda solamente alla padronanza degli elementali-
-Elementali…Vorrei saperne di più. Per quale scopo li manipolate?-
-Non ora, ogni cosa a suo tempo. Tra le virtù del nostro popolo vi è anche la pazienza. Imparerai questo ed altro-
-Io? Potrò usare la magia e dominare gli elementali?-
-Certo- rispose il vecchio raggiante –Sei qui per questo-
-Ma io non sono…io non posso…come farò, non credevo nemmeno che queste cose esistessero- davanti alla titubanza del ragazzo il vecchio, sempre più divertito, disse: -Bene, dubitare di sé stessi evita la strada della tracotanza e della superbia, ma conduce a quella dell’insicurezza. Dovrai essere deciso ma non affidarti mai completamente al tuo istinto e al tuo impulso. Capito?-
-Si- disse il ragazzo ora più risoluto.
-Se non vuoi più riposare puoi andare a mangiare, troverai sicuramente qualcosa nelle cucine- disse il vecchio -Rizlan ti guiderà- e cosiddetto emise un fischio acuto ma non sgradevole, anzi melodioso, e subito dalla porta entrò un altro elfo, sicuramente Rizlan, che lo riverì in modo davvero bizzarro: tenne l’indice e il medio sinistro uniti e se li baciò e li portò alla fronte, poi unì le mani in senso contrario e le fece compiere un cerchio davanti a lui, infine si portò le braccia lungo i fianchi e si inchinò.
“Non so veramente niente di questo mondo” pensò Vaolin.
   

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Capitolo 4
*** Un macabro ritorno ***


1.Nella foresta
3.
Un macabro ritorno



Da quando era entrato nella foresta erano passati ormai sette giorni e Vaolin cominciava a provare nostalgia per la sua famiglia. Anche se Guhntar gli era molto simpatico e provava per lui una profondissima stima, voleva parlargli su quando sarebbe potuto tornare a casa dalla sua famiglia. Nonostante ciò era ansioso di conoscere di più su quella storia incredibile, capire in che cosa consistesse l’addestramento di cui gli aveva parlato il suo maestro e voleva informazioni sulle tecniche magiche e di combattimento degli Elfi.
I suoi dubbi si dissiparono come nuvole dopo una tempesta perché Guhntar un giorno gli si avvicinò e gli disse piano:
-Tornerai al tuo paese- e prima che il ragazzo potesse ribattere qualsiasi cosa aggiunse -Senza commentare!- Il suo tono era pacato ma non ammetteva repliche.
Non era giusto. Vaolin era frustrato per non poter fare niente a ciò che stava accadendo ma si limitò ad abbassare la testa e ad annuire.
Dopo un paio d’ore, mentre stava preparandosi per il viaggio entrò una guardia che gli comunicò:
-Sei pronto?- Vaolin annuì mestamente all’elfo, che vedendolo dubbioso disse: -Avrai una scorta di otto elfi. E’ un grande onore, perché o ti ritengono molto importante o molto pericoloso-
Vaolin si limitò a mormorare qualcosa. Il ragazzo era profondamente dispiaciuto. Non si era ancora abituato al mondo degli Elfi che già ne veniva espulso, ma la cosa più frustrante era che non sapeva il motivo.
Pensando a questo Vaolin finì di preparare lo zaino e si incamminò insieme alla guardia verso la strada principale che conduceva all’esterno della città. Osservando le alte torri munite di tetti spioventi e finestre ogivali Vaolin chiese alla guardia: -Come si chiama questo posto? E’ molto lontano dal mio villaggio?-
-Mi dispiace, ma queste sono informazioni che non puoi avere- tagliò corto l’elfo.
-Ma…- cominciò il ragazzo, poi accorgendosi che sarebbe stato vano cercare di estorcere informazioni all’elfo, si zittì fino a quando non raggiunsero un gruppo di sette elfi sotto al cancello.
La mia scorta. Pensò amaramente Vaolin. Quando videro arrivare il ragazzo si irrigidirono, e scattarono sull’attenti quando videro il loro capitano. Ad un suo cenno portarono un cavallo a Vaolin e montarono sui propri caricando viveri e altri bagagli necessari al viaggio. Il cavallo di Vaolin era della statura giusta per lui, era un morello fiero e sapeva che lo avrebbe tenuto in groppa anche cadendo da una rupe. Si avvicinò ai suoi occhi liquidi, lo guardò per un istante, poi protese la mano verso il suo muso. Il cavallo allungò la testa e permise al ragazzo di accarezzargli il collo.
-Io…io non so cavalcare- disse Vaolin al capitano.
L’elfo gli fece un cenno e gli insegnò a tenere le redini, a colpire il cavallo con i talloni, e infine a montare in sella.
Così partirono in nove per la strada maestra e Guhntar, che era rimasto isolato dietro una finestra, mormorò: -Peccato-

Erano ormai arrivati nei pressi di una città, ma Vaolin era stato bendato e il suo cavallo era trainato da un altro; pensava che questo fosse un metodo sicuro per non fargli vedere le loro città ma non sapeva perché. Ogni volta che parlava le sue parole si perdevano nel silenzio delle guardie che non reagivano in alcun modo, tanto che sembrava che Vaolin non fosse nemmeno fra loro. A un certo punto Vaolin, non sopportando più il fatto di essere ignorato, legato e bendato, provò a liberarsi le mani dalle corde che gli erano legate ai polsi. Nel preciso istante in cui si mosse sentì un lieve fruscio e poi un dolore accecante nella parte bassa della nuca. Prima di perdere i sensi pensò E’ la terza volta in pochi giorni. Poi il mondo si oscurò.

Quando si svegliò Vaolin notò che la foresta cominciava a diradarsi lasciando intravedere qualche breve sprazzo di sole. Era chiaro che erano prossimi ad uscire nelle pianure. Vaolin sapeva ben poco di quei luoghi, non essendo mai uscito da un raggio massimo di dieci leghe dal suo villaggio, ma li conosceva come inospitali, battuti da continui venti e scarsi di alta vegetazione.
-Percorreremo l’Eiatos Varli fino al lago Zarnal, stando molto attenti ad evitare Tornalziona, da lì seguiremo le sponde del lago e ti lasceremo libero al fiume Kamenar- disse il capitano rivolto a Vaolin che si limitò ad annuire –Ah! Dimenticavo. Ora possiamo anche sbendarti- e cosiddetto liberò finalmente il ragazzo.  

Quando si misero in viaggio Vaolin assaporò veramente la sua ritrovata libertà. Ora poteva guardare il mondo con i suoi occhi e non attraverso quelli del capitano e si sentiva molto meglio. Con questa sensazione percorse decine di leghe senza quasi accorgersene, montando l’accampamento di notte e smontandolo al mattino. Quando arrivarono all’altura che sovrastava Tornalziona Vaolin vide un gran polverone che si alzava dalla strada maestra, quando si accorse di cos’era quello che lo aveva causato rimase a bocca aperta. Migliaia e migliaia di soldati marciavano a ranghi serrati fuori dal cancello principale della città e gli arcieri sulle mura li salutavano alzando stendardi scarlatti. Vaolin era rimasto impietrito, non aveva mai visto un esercito così grande, o meglio, non aveva mai visto un esercito! Mentre osservava la colonna si accorse delle loro armature: i soldati, sopra la maglia di anelli di ferro, portavano una tunica cremisi che gli arrivava sopra le ginocchia, sulle quali avevano delle ginocchiere laminate. Sulle spalle portavano spalliere rinforzate. Inoltre erano dotati di un elmo, due gambali, due guanti di maglia, una spada, una lancia e uno scudo.
-Re Dusan si è mosso su grande scala- commentò una guardia.
-Già- rispose il capitano –Ad ogni modo faremmo meglio ad evitare la città, anche se siamo alleati con Dusan la comparsa di otto elfi getterebbe curiosità e forse panico nelle file dei soldati. Gran parte dei quali non ha mai visto uno di noi-
Allora una guardia afferrò la spalla del capitano e gli sussurrò all’orecchio –Capitano non dovresti parlare così liberamente, ricorda che abbiamo un prigioniero con noi-
-Lyrian, non preoccuparti di questo, ci penserò a tempo debito-
Anche se la conversazione si era svolta con un tono molto basso, Vaolin riuscì a distinguere le parole dei due elfi.
Rimasero sull’altura finchè l’ultimo soldato scomparve tra gli alberi, e approfittando del polverone sollevato dal passo cadenzato delle truppe si avviarono e attraversarono al galoppo la pianura di Tornalziona, evitandola facilmente con l’aiuto di alberi e rocce che erano sparsi per le colline.
Quando arrivarono al lago Zarnal Vaolin era spossato, ma gli elfi non mostravano segni di stanchezza e non parevano minimamente affaticati. Anche se era una missione, gli elfi trovarono il tempo di suonare e cantare melodiosi poemi imparati dai loro padri. Proprio per questo avevano scelto una radura isolata e circondata dagli alberi, in questo modo erano liberi di cantare e suonare senza correre il rischio di essere sentiti da qualcuno. Infatti dopo aver consumato un pasto frugale a base di verdure e frutta, contornate da uno strano liquido argenteo di cui Vaolin andava pazzo, intonarono favolose melodie che accompagnarono Vaolin fino al mondo dei sogni.

Vaolin fu svegliato da un corno d’ottone, che riecheggiò nella valle con grande frastuono, gli elfi si voltarono e quando sentirono altri sette corni suonare dopo il primo: -Otto corni! Maledizione…otto corni! Di chi saran…- cominciò a dire il capitano, ma fu interrotto dall’assalto di una quarantina di elfi e dal grido di Lyrian che, colto dallo stupore esclamò: -Durkaan è qua! Correte! Corr…- non finì mai la frase, perché mezza dozzina di frecce gli trapassarono il petto orgoglioso e cadde, gli occhi sbarrati dal gelo della morte, riverso nel suo sangue.
Una delle guardie prese il cavallo di Lyrian e lo legò al proprio, poi cominciò a scagliare frecce sui nemici. Vaolin sfoderò l’arco e mirò all’elfo più vicino. Quando le frecce gli si avvicinarono con una torsione del busto riuscì ad afferrarle con la mano destra, non riuscì però ad evitare la terza che gli si conficcò dritta nel cuore. Il capitano era impegnato contro sei nemici e la sua spada tracciava un disegno argenteo che fluttuava fra le armature dei nemici e ne incideva la carne. Al termine della sua danza la spada ne aveva uccisi cinque e ferito gravemente uno, che implorava pietà al feroce guerriero. –Mai!- urlò. E decapitò il nemico. Vaolin aveva brandito la spada di Lyrian e aveva osservato la morte delle sue guardie, erano rimasti solamente il capitano e tre soldati degli iniziali otto membri. Combatterono con valore e uccisero più di venti nemici, alla fine esausti e costretti con le spalle alle rocce, dovettero stringersi e combattere fino all’ultima goccia di sangue. Caddero in tre, ma il capitano lottò come un disperato e riuscì ad uccidere tre dei suoi nemici, poi qualcuno gli ferì la spalla e cadde in ginocchio, lasciando la spada. Una figura si avvicinò a lui e disse:
-Myrid! Fratello mio! Non sai che gioia rivederti, peccato che sia in condizioni così- fece una pausa palesemente falsa per cercare il termine adatto –spiacevoli!-
Il capitano alzò la testa verso suo fratello e i suoi occhi erano colmi di lacrime: –Fartil… Rimarrai per sempre la vergogna della nostra famiglia-
Allora Fartil scoppiò in una risata malvagia pervasa dall’odio e alzando la spada disse: -Salutami nostro padre, caro fratellino- la spada disegnò una scia nell’aria e terminò la sua corsa nel cuore del capitano delle guardie degli Elfi. L’elfo cadde e rivolgendo gli occhi alla natura esalò l’ultimo respiro.
Vaolin era rimasto impietrito dall’intera scena e, anche se terrorizzato, riuscì a trovare la forza di sfuggire ai nemici. Infatti il ragazzo gli aveva chiaramente sentiti dire che avvertivano la sua presenza e che bisognava stanarlo e portarlo all’imperatore.
La sua fuga fu disperata, nella notte, al chiaro di luna, Vaolin evitava ogni ombra che potesse essergli ostile. Poi, all’alba, quando non sentì più il bisbigliare degli elfi e il loro lieve passo, si accorse di essere arrivato a poche leghe dal suo paese. Ancora un piccolo sforzo e potrò riabbracciare la mia famiglia pensò Vaolin, infatti non voleva credere a quello che gli aveva detto Guhntar.

Il suo desiderio dovette aspettare poco, perché giunse a Wicklou in poche ore, ma quando sentì uno strano odore di bruciato e vide il fumo levarsi dalle case dai tetti di paglia, la su disperazione lo sopraffece e pianse amaramente.
Corse a casa e restò impietrito.
Sua madre Kyria e suo padre Yan erano stati appesi a due pali differenti, i loro corpi erano stati bruciati e sfregiati da molti fendenti di spada. Poco discosto giaceva Durin, con un moncone di freccia che gli sporgeva dalla spalla sinistra e il ventre aperto da un micidiale colpo d’ascia. Il suo corpo inerte era disteso sopra il suo sangue e dietro di lui si innalzava una macabra pila di corpi.
Era solo.
L’unico rimasto.
Vaolin cadde in ginocchio senza che una lacrima gli lasciò gli occhi.
Era pervaso dall’ira, i suoi occhi lampeggiavano odio e i suoi capelli si muovevano e si contorcevano come serpenti.
Ma non c’era un filo di vento in tutta la valle.


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Capitolo 5
*** Da che parte stai? ***


1.Nella foresta
5.
Rudimenti, Consiglio, guerra







Dopo un buon bagno ristoratore Vaolin tornò nella sua camera da letto. Era arredata magnificamente: un comodo letto si trovava al centro esatto della stanza, ai muri erano appesi diversi arazzi e a far luce, incastonate nel muro, vi erano due splendidi finestroni di vetro incorniciati con legno massello. Entrò e vide che su un tavolino c’erano una pila di vestiti e un biglietto. Vaolin si avvicinò e prese in mano la pergamena:

Ora che sei un cortigiano di Tornalziona, devi essere vestito come uno di loro. I tuoi vecchi vestiti sono in lavanderia, ti verranno consegnati quando saranno pronti. Ricorda che dovrai indossare la divisa da cortigiano al cospetto del re e in tutti i palazzi regali.
Alina

Solo allora il ragazzo si accorse della pila di vestiti, la stese sul letto e la esaminò. Vi erano un paio di pantaloni amaranto scuro, un cinturone nero con fibbia dorata, una camicia bianca a manica larga, un paio di ottimi stivali neri e una blusa smanicata rossa bordata d’oro con un leone rampante dorato sulla schiena.
Si trattano bene qui. Vaolin si infilò i vestiti e uscì dalla stanza. Scese gli scaloni e giunse al portone, lo aprì e il sole lo investì in faccia. Era nel cortile interno del palazzo e Alina gli corse incontro. Era una ragazzina, avrà avuto al massimo quindici anni, ma era bellissima, con i biondi capelli e gli occhi verdissimi. Vaolin ne era rimasto rapito quando l’aveva vista nel palazzo del re e aveva perso il fiato quando lo aveva preso per mano per accompagnarlo fuori. Ora la contemplava e non si accorgeva nemmeno di cosa dicesse tanto era rapito da quello spettacolo.
Allora ti va di andare a fare un giro per la città?-
-Sicuro– rispose Vaolin.
La ragazza lo accompagnò per tutta la città, gli fece visitare tutti i negozi, di armi, mobili, alimentari e ogni altra sorta. Passarono in mezzo al mercato e Alina gli spiegò che c’era tutti i giorni eccetto la domenica; Vaolin notò che la città era molto ben tenuta, nessuna sporcizia in terra, tutte le strade in ottime condizioni e i palazzi sistemati ordinatamente. Passarono così una meravigliosa mattinata. Quando erano nei pressi della piazza centrale, giunse un messaggero che salutò Vaolin:
-Sei convocato da lord Kyrion al campo di addestramento. Mi ha detto di portarti là immediatamente-
-Ho capito. Verrò con te-
Poi si girò verso Alina, infelice di non poter passare ancora un po’ di tempo con lei.
-Vai cosa stai aspettando?- disse lei.
-Niente. Allora ci vediamo-
Così detto si allontanò; Alina rimase a guardarlo ma poi:
- Vaolin!-
- Che c’è?- rispose il ragazzo.
Alina esitò parecchio, spostando lo sguardo dall’araldo al ragazzo:
- Niente - si girò e corse via.
Vaolin rimase stupito, ma poi seguì l’uomo fino al campo di addestramento.

Il campo di addestramento era in cima ad una collina sopra Tornalziona, era una grandissima piazza d’armi, dove qualche migliaio di uomini si allenavano singolarmente nel corpo a corpo e nel tiro al bersaglio, oppure in blocco provando manovre tattiche.
Vaolin fu condotto dal fabbro che gli consegnò una spada e uno scudo. La spada qualche tempo indietro doveva essere una splendida spada, che pochi guerrieri si sarebbero potuti permettere, ma ora era un ferrovecchio smangiato dalla ruggine. Lo scudo era un solido disco di legno e cuoio rinforzato con borchie di ferro.
Dopo aver ricevuto le armi venne scortato fino a dove si trovava lord Kyrion. 
Il capitano lo accolse a braccia aperte e lo salutò:
Eccoti finalmente! Ora possiamo cominciare-
Così detto lo prese per una spalla e lo trascinò verso il campo.
- Va bene, ora siamo pronti. Impugna la spada –
Vaolin si mise in posizione  con la spada nella sinistra.
- No, no, no! Così non va! Devi mettere il piede destro in avanti in modo che il tuo colpo di sinistro sia più potente -
- Così? – chiese Vaolin
- Si. Perfetto. Ora prova a copiare i miei movimenti –
Il capitano cominciò a muoversi ed eseguì semplici mosse, che però a Vaolin riuscirono difficilissime.
- Uhm! Va bene, ma puoi fare di meglio –
Il capitano continuò a mostrare a Vaolin come muoversi, l’allenamento durò fino a sera e alla fine, Vaolin sfinito si appoggiò al palo che sorreggeva i fantocci.
Il capitano gli si avvicinò e disse: - Per oggi può bastare. Domani ti aspetto alla stessa ora –
Vaolin annuì e i due si salutarono.

Passarono settimane intense, quasi tutte le giornate erano occupate dall’allenamento, le serate erano in compagnia della splendida Alina, gratificanti e ristoratrici. Vaolin imparò ad usare ottimamente la spada. Sapeva combattere, anche se non al livello dei soldati di Dusan. Le sue braccia si erano irrobustite e aveva imparato ad usare anche la mano destra, Kyrion aveva insistito perché Vaolin sapesse utilizzare entrambe le mani in caso di emergenza.
Erano ormai trascorsi due mesi quando Lord Kyrion partì. Una grossa attività di Waddlar era stata segnalata dagli avamposti lungo il lago Zarnal, all’incirca tremila unità, forse di più. Dusan non poteva disporre per Kyrion più di duemila uomini, ma questi erano tutti cavalieri pesanti, e Dusan aveva fiducia nelle capacità di Lord Kyrion. Partirono all’alba.
Intanto Durin si era ripreso, già da qualche settimana aveva seguito la riabilitazione dalle ferite, e poi aveva seguito l’addestramento da soldato. Tutti i soldati di Dusan erano cavalieri, fanti e arcieri. La loro specializzazione era scelta in base alle loro capacità. Di conseguenza Durin era un perfetto eclettico soldato di Tornalziona.
Dopo qualche settimana Kyrion tornò. La visione del suo esercito distrutto, gettò sgomento nella folla che lo aspettava dentro le mura. Come poi spiegò al re, Durkaan era intervenuto e avevano messo in seria difficoltà i suoi uomini, solo la conformazione del terreno pianeggiante e la superiorità tattica dei suoi riuscirono a sconfiggere il nemico, impreparato dal punto di vista tattico. Comunque la brutta notizia era che Durkaan aveva un nuovo e numeroso alleato, i Waddlar.
Dusan indisse immediatamente un consiglio di guerra. Vaolin riuscì a farsi immettere nel consiglio come paggetto e ascoltò le decisioni.
Il re esordì – Signori Consiglieri, il problema è grave, molto grave per tutto il nostro regno e per i nostri alleati – fece una pausa per essere sicuro che le sue parole avrebbero fatto presa – Durkaan si è alleato con i Waddlar.
Un mormorio, poi un vero e proprio chiasso, si alzò dalla tavola dodecagonale, ogni consigliere stava provando a dire il suo parere e ne risultava un trambusto infernale. Dusan li guardò innervosendosi sempre di più, aspettando e aspettando. Quando il baccano fu insopportabile si avvicinò all’orecchio di un paggio e gli disse qualcosa. Questi uscì e ritornò poco dopo con un enorme corno di avorio, argento e oro.
Il re lo mise alla bocca.
Un imponente, roboante, terrificante boato investì tutti i presenti che si accasciarono e si zittirono in pochi attimi. 
Quando ci fu assoluto silenzio il re li guardò compiaciuto. Vaolin era sconvolto, quando si tolse le mani dalle orecchie e riaprì gli occhi, notò che gli enormi lampadari oscillavano ancora.
 - Questo era il corno di Gyrgaix il Nero, il potente sire di Karhar’dom; questo suono terrificante sbaragliava eserciti. Io sono stato costretto ad usarlo con un consiglio!- la seconda parte del discorso fu urlata dal re in modo che tutti i presenti capissero che non stava scherzando. Tutti i consiglieri si rimisero composti ai propri posti.
 - Ora dove eravamo rimasti? Quindi Lord…BASTA!!!- un mormorio spinse il re a sfilare la lunga spada e a sbattrla ripetutamente sul tavolo con il piatto in modo da provocare un rumore stridente.
Poi proseguì: - Mai. Mai nella mia vita ho dovuto sfoderare un simile gesto di stizza per affermare la mia autorità! Il re deve essere rispettato dal suo popolo allo stesso modo in cui egli rispetta il proprio popolo! Signori, abbiamo una guerra da gestire. Non è questo l’atteggiamento adatto! Vi state comportando da immaturi! Se non sarete capaci di sostenere un argomento in maniera civile, vi imporrò di abbandonare la sala. Intesi? –
Dopo questa sfuriata i partecipanti vennero a più miti consigli e tutto si svolse perfettamente fino allo scioglimento ufficiale. Una nuova imponente spedizione sarebbe partita per Cimrotin, una città dove si temeva un attacco da parte dei Waddlar. Questa volta però, le truppe erano composte di fanti e arcieri perché Cimrotin era una gran rocca difficile da espugnare. Quindi i soldati sarebbero stati al sicuro all’interno delle mura.
La guerra era cominciata.   

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Capitolo 6
*** Rudimenti, Consiglio, guerra ***


5. Rudimenti, Consiglio, guerra
5.
Rudimenti, Consiglio, guerra

Dopo un buon bagno ristoratore Vaolin tornò nella sua camera da letto. Era arredata magnificamente: un comodo letto si trovava al centro esatto della stanza, ai muri erano appesi diversi arazzi e a far luce, incastonate nel muro, vi erano due splendidi finestroni di vetro incorniciati con legno massello. Entrò e vide che su un tavolino c’erano una pila di vestiti e un biglietto. Vaolin si avvicinò e prese in mano la pergamena:

Ora che sei un cortigiano di Tornalziona, devi essere vestito come uno di loro. I tuoi vecchi vestiti sono in lavanderia, ti verranno consegnati quando saranno pronti. Ricorda che dovrai indossare la divisa da cortigiano al cospetto del re e in tutti i palazzi regali.
Alina

Solo allora il ragazzo si accorse della pila di vestiti, la stese sul letto e la esaminò. Vi erano un paio di pantaloni amaranto scuro, un cinturone nero con fibbia dorata, una camicia bianca a manica larga, un paio di ottimi stivali neri e una blusa smanicata rossa bordata d’oro con un leone rampante dorato sulla schiena.
Si trattano bene qui. Vaolin si infilò i vestiti e uscì dalla stanza. Scese gli scaloni e giunse al portone, lo aprì e il sole lo investì in faccia. Era nel cortile interno del palazzo e Alina gli corse incontro. Era una ragazzina, avrà avuto al massimo quindici anni, ma era bellissima, con i biondi capelli e gli occhi verdissimi. Vaolin ne era rimasto rapito quando l’aveva vista nel palazzo del re e aveva perso il fiato quando lo aveva preso per mano per accompagnarlo fuori. Ora la contemplava e non si accorgeva nemmeno di cosa dicesse tanto era rapito da quello spettacolo.
Allora ti va di andare a fare un giro per la città?-
-Sicuro– rispose Vaolin.
La ragazza lo accompagnò per tutta la città, gli fece visitare tutti i negozi, di armi, mobili, alimentari e ogni altra sorta. Passarono in mezzo al mercato e Alina gli spiegò che c’era tutti i giorni eccetto la domenica; Vaolin notò che la città era molto ben tenuta, nessuna sporcizia in terra, tutte le strade in ottime condizioni e i palazzi sistemati ordinatamente. Passarono così una meravigliosa mattinata. Quando erano nei pressi della piazza centrale, giunse un messaggero che salutò Vaolin:
-Sei convocato da lord Kyrion al campo di addestramento. Mi ha detto di portarti là immediatamente-
-Ho capito. Verrò con te-
Poi si girò verso Alina, infelice di non poter passare ancora un po’ di tempo con lei.
-Vai cosa stai aspettando?- disse lei.
-Niente. Allora ci vediamo-
Così detto si allontanò; Alina rimase a guardarlo ma poi:
- Vaolin!-
- Che c’è?- rispose il ragazzo.
Alina esitò parecchio, spostando lo sguardo dall’araldo al ragazzo:
- Niente - si girò e corse via.
Vaolin rimase stupito, ma poi seguì l’uomo fino al campo di addestramento.

Il campo di addestramento era in cima ad una collina sopra Tornalziona, era una grandissima piazza d’armi, dove qualche migliaio di uomini si allenavano singolarmente nel corpo a corpo e nel tiro al bersaglio, oppure in blocco provando manovre tattiche.
Vaolin fu condotto dal fabbro che gli consegnò una spada e uno scudo. La spada qualche tempo indietro doveva essere una splendida spada, che pochi guerrieri si sarebbero potuti permettere, ma ora era un ferrovecchio smangiato dalla ruggine. Lo scudo era un solido disco di legno e cuoio rinforzato con borchie di ferro.
Dopo aver ricevuto le armi venne scortato fino a dove si trovava lord Kyrion.  
Il capitano lo accolse a braccia aperte e lo salutò:
Eccoti finalmente! Ora possiamo cominciare-
Così detto lo prese per una spalla e lo trascinò verso il campo.
- Va bene, ora siamo pronti. Impugna la spada –
Vaolin si mise in posizione  con la spada nella sinistra.
- No, no, no! Così non va! Devi mettere il piede destro in avanti in modo che il tuo colpo di sinistro sia più potente -
- Così? – chiese Vaolin
- Si. Perfetto. Ora prova a copiare i miei movimenti –
Il capitano cominciò a muoversi ed eseguì semplici mosse, che però a Vaolin riuscirono difficilissime.
- Uhm! Va bene, ma puoi fare di meglio –
Il capitano continuò a mostrare a Vaolin come muoversi, l’allenamento durò fino a sera e alla fine, Vaolin sfinito si appoggiò al palo che sorreggeva i fantocci.
Il capitano gli si avvicinò e disse: - Per oggi può bastare. Domani ti aspetto alla stessa ora –
Vaolin annuì e i due si salutarono.

Passarono settimane intense, quasi tutte le giornate erano occupate dall’allenamento, le serate erano in compagnia della splendida Alina, gratificanti e ristoratrici. Vaolin imparò ad usare ottimamente la spada. Sapeva combattere, anche se non al livello dei soldati di Dusan. Le sue braccia si erano irrobustite e aveva imparato ad usare anche la mano destra, Kyrion aveva insistito perché Vaolin sapesse utilizzare entrambe le mani in caso di emergenza.
Erano ormai trascorsi due mesi quando Lord Kyrion partì. Una grossa attività di Waddlar era stata segnalata dagli avamposti lungo il lago Zarnal, all’incirca tremila unità, forse di più. Dusan non poteva disporre per Kyrion più di duemila uomini, ma questi erano tutti cavalieri pesanti, e Dusan aveva fiducia nelle capacità di Lord Kyrion. Partirono all’alba.
Intanto Durin si era ripreso, già da qualche settimana aveva seguito la riabilitazione dalle ferite, e poi aveva seguito l’addestramento da soldato. Tutti i soldati di Dusan erano cavalieri, fanti e arcieri. La loro specializzazione era scelta in base alle loro capacità. Di conseguenza Durin era un perfetto eclettico soldato di Tornalziona.
Dopo qualche settimana Kyrion tornò. La visione del suo esercito distrutto, gettò sgomento nella folla che lo aspettava dentro le mura. Come poi spiegò al re, Durkaan era intervenuto e avevano messo in seria difficoltà i suoi uomini, solo la conformazione del terreno pianeggiante e la superiorità tattica dei suoi riuscirono a sconfiggere il nemico, impreparato dal punto di vista tattico. Comunque la brutta notizia era che Durkaan aveva un nuovo e numeroso alleato, i Waddlar.
Dusan indisse immediatamente un consiglio di guerra. Vaolin riuscì a farsi immettere nel consiglio come paggetto e ascoltò le decisioni.
Il re esordì – Signori Consiglieri, il problema è grave, molto grave per tutto il nostro regno e per i nostri alleati – fece una pausa per essere sicuro che le sue parole avrebbero fatto presa – Durkaan si è alleato con i Waddlar.
Un mormorio, poi un vero e proprio chiasso, si alzò dalla tavola dodecagonale, ogni consigliere stava provando a dire il suo parere e ne risultava un trambusto infernale. Dusan li guardò innervosendosi sempre di più, aspettando e aspettando. Quando il baccano fu insopportabile si avvicinò all’orecchio di un paggio e gli disse qualcosa. Questi uscì e ritornò poco dopo con un enorme corno di avorio, argento e oro.
Il re lo mise alla bocca.
Un imponente, roboante, terrificante boato investì tutti i presenti che si accasciarono e si zittirono in pochi attimi.  
Quando ci fu assoluto silenzio il re li guardò compiaciuto. Vaolin era sconvolto, quando si tolse le mani dalle orecchie e riaprì gli occhi, notò che gli enormi lampadari oscillavano ancora.
 - Questo era il corno di Gyrgaix il Nero, il potente sire di Karhar’dom; questo suono terrificante sbaragliava eserciti. Io sono stato costretto ad usarlo con un consiglio!- la seconda parte del discorso fu urlata dal re in modo che tutti i presenti capissero che non stava scherzando. Tutti i consiglieri si rimisero composti ai propri posti.
 - Ora dove eravamo rimasti? Quindi Lord…BASTA!!!- un mormorio spinse il re a sfilare la lunga spada e a sbattrla ripetutamente sul tavolo con il piatto in modo da provocare un rumore stridente.
Poi proseguì: - Mai. Mai nella mia vita ho dovuto sfoderare un simile gesto di stizza per affermare la mia autorità! Il re deve essere rispettato dal suo popolo allo stesso modo in cui egli rispetta il proprio popolo! Signori, abbiamo una guerra da gestire. Non è questo l’atteggiamento adatto! Vi state comportando da immaturi! Se non sarete capaci di sostenere un argomento in maniera civile, vi imporrò di abbandonare la sala. Intesi? –
Dopo questa sfuriata i partecipanti vennero a più miti consigli e tutto si svolse perfettamente fino allo scioglimento ufficiale. Una nuova imponente spedizione sarebbe partita per Cimrotin, una città dove si temeva un attacco da parte dei Waddlar. Questa volta però, le truppe erano composte di fanti e arcieri perché Cimrotin era una gran rocca difficile da espugnare. Quindi i soldati sarebbero stati al sicuro all’interno delle mura.
La guerra era cominciata.   

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Capitolo 7
*** La linea del fuoco ***


6.La linea del fuoco
6.
La linea del fuoco.


Una figura ammantata di rosso, sotto la pioggia di Tornalziona, saliva gli scalini del palazzo. Le due guardie all’ingresso lo fermarono e la figura si tolse il cappuccio.
 - Sarete contenti di avermi fatto bagnare i capelli –
 - Scusi Capitano Kyrion, ma la procedura è uguale per tutti – disse il soldato e poi cominciò a perquisirlo.
 - Mi dispiace ma ci deve consegnare le armi E’ la…–
 - La procedura, lo so! Ero venuto di notte nella speranza di non incontrarvi. Comunque molto bene soldato. Qual è il tuo nome? –
Il fante scattò sull’attenti e disse : - Koradion, figlio di Koramiat –
 - E sotto chi servi? –
 - Sotto di lei signore. Dodicesimo battaglione Criniera –
 - Molto bene mi ricorderò di te. Ah, dimenticavo. Dì al tuo amico che è sospeso per tre mesi –
Koradion fece un cenno col capo e si portò il braccio sinistro alla spalla destra nel classico saluto militare. Infatti l’altro soldato si era addormentato e pendeva indecorosamente attaccato alla colonna.
Lord Kyrion aprì le porte e raggiunse la sala del trono.
Il re non era seduto, ma guardava il temporale fuori dall’enorme finestra che dava verso i Denti del Drago, la catena montuosa ad ovest che gli Elfi chiamano Derek Dratisa. Si girò lentamente verso il nuovo arrivato:
 - Perché vuoi portarlo con te? –
 - Perché è pronto. E’ giunto il momento che sappiamo se abbiamo visto giusto –
 - Non ho intenzione di negartelo. Ma, fa attenzione –
 - Grazie Sire – Lord Kyrion fece per allontanarsi ma si fermò.
 - C’è qualcosa che non va? – chiese il re.
 - E Durin? –
 - Perché vuoi anche lui? –
 - Mi ricorda me da giovane. Inoltre è un grande guerriero, è così giovane. Diventerà un gran capitano –
 - Lo so. Come vuoi. Te lo concedo –
 - Grazie Sire – ripetè Lord Kyrion e uscì dal palazzo.     

I preparativi erano stati apportati alla lunga colonna di seimila soldati che si era radunata nella piazza d’armi. Vaolin aveva ricevuto due giorni prima la convocazione ufficiale per mezzo di un araldo, esattamente il giorno del suo sedicesimo compleanno. Alina aprì la porta e gli si gettò fra le braccia piangendo. – Hai saputo, eh? – disse Vaolin.
 - Non te ne andare! Morirai, come farò senza di te? –
 - Calmati ora – prese la ragazza e le sollevò il viso, asciugandole le lacrime.
 - Oh Vaolin. Ti prego, non te ne andare –
 - Ma devo. Lord Kyrion conta su di me –
 - Perché? Perché voi uomini siete cosi orgogliosi? –
 - Non capisco. Perché ti disperi così? – chiese il ragazzo.
 - Ma non l’hai ancora capito? Ogni volta che ti vedo sono felice, mi basta sapere che siamo nella stessa città per essere in pace col mondo! –
 - Oh – Vaolin, non sapeva così dire, sentiva solo un incessante, martellante desiderio di baciarla.
La ragazza sprofondò il viso sulla spalla del ragazzo. Vaolin glielo sollevò di nuovo, ma questa volta la baciò. Rimasero così per un po’ di tempo. Quando si staccarono, Alina aprì gli occhi e si sedette sul letto, con il volto tra le mani. Vaolin si mise accanto a lei e le cinse una spalla con le braccia. Poi la lasciò sfogare finchè non gli cadde tra le braccia addormentata.
Si alzò e senza far rumore uscì dalla stanza con il suo bagaglio.
La gelida aria notturna e le sferzate di pioggia ghiacciata lo tennero sveglio mentre aspettava Kyrion. Infatti il capitano aveva detto che sarebbe passato a chiamarlo prima di andare al cancello. Fuori dalla sua stanza, che aveva anche un’uscita direttamente sulla via maestra, c’era un grosso lampione che illuminava la porta. Lord Kyrion sbucò e con lui c’era anche Durin, armato.
Il capitano anticipò eventuali incomprensioni: - Anche lui partirà –
Cosiddetto porse le briglie del cavallo che era stato assegnato a Vaolin, che sapeva si chiamava Djulan, al felicissimo ragazzo. Montò in sella e fu portato all’armeria. Scelse una spada in base alla sua tempratura e al suo filo. Fece per allungare le mani sull’armatura base dei soldati, quando Kyrion lo bloccò.
 - Vieni – disse – la tua armatura è di qua – lo portò in uno stanzino. La prima cosa che lo attirò fu lo scudo. Complessi intarsi di metalli di diverso colore si intersecavano a formare un leone rampante, circondato da decorazioni floreali. Il tutto risplendeva di una innaturale luce argentea, che abbagliò il ragazzo. Prese in mano il manufatto ed esplorò l’interno metallico, fasciato di legno, spessi strati di cuoio e borchie di ferro. Poi passò al corpo dell’armatura. I pezzi di colore argenteo erano gli schinieri, le spalliere e l’elmo. Quest’ultimo aveva un pennacchio rosso sopra una protuberanza a punta, che ricadeva sulle spalle. Gli altri pezzi richiamavano le decorazioni dello scudo. Il giustacuore era invece di una colorazione oro, sulla quale risaltava un leone rampante scarlatto. La cotta di maglia era appena stata lucidata e gli anelli risplendevano. Infine, mentre Kyrion cominciava a caricare i pezzi su Djulan, Vaolin mise le mani sul cinturone. Era nero con una rilucente fibbia dorata, e all’interno della fibbia si trovava l’ennesimo leone rosso; dal  cinturone pendeva il fodero, anch’esso nero, con le rifiniture in argento.
- Ma la spada? Non ne vedo – chiese Vaolin.
Al che, Kyrion aprì un lembo del mantello ed estrasse un involucro di pelle, di forma affusolata, e lo porse a Vaolin.
Il ragazzo sentì subito la leggerezza e la perfetta tempratura della spada, era bilanciata alla perfezione. La estrasse con un suono metallico e la fece volteggiare, tagliando l’aria. Ad ogni fendente l’aria si lamentava, ferita da quell’arma.
- E’…E’…formidabile! – esclamò il ragazzo incredulo.
- Un regalo personale di Re Dusan per gli ospiti. – E per te, Durin…-
Condusse l’altro giovane dall’altra parte della stanza, consegnandogli una spada di altrettanto pregevole fattura. Anche il fratello la provò e ringraziò il capitano.
- Bene. Siamo pronti; possiamo andare – il capitano guidò i due nella gelida notte e accompagnarono i cavalli fino alla piazza d’armi, dove due o tremila uomini erano già presenti e pronti a partire. Lord Kyrion sfilò fra i fieri guerrieri di Tornalziona, salutandone parecchi e distribuendo anche svariate pacche sulle spalle. Quasi tutti i soldati guardavano i due fratelli, nuovi arrivati tra le fila del dodicesimo battaglione Criniera, quello comandato dal capitano Kyrion. Dopo un’ora e dopo l’arrivo di tutti i carri per le vettovaglie, le provviste, i mezzi di soccorso per Cimrotin e le frecce, la colonna si mise in marcia verso il cancello principale in un silenzio surreale. L’unico suono fu quello dei corni dell’avanguardia che annunciavano alle sentinelle di aprire il cancello. Prima qualche voce, poi un rullo di tamburi per scandire il tempo ai sollevatori e infine uno stridere di cardini annunciarono l’apertura del cancello principale, che rivelò ai soldati la fredda accoglienza della brughiera che circondava Tornalziona.

Erano tutto il giorno che marciavano e Vaolin cominciava ad accusare i primi reumatismi visto che, nonostante sapesse governare perfettamente un cavallo, non era abituato a starvi in groppa per più di qualche ora. Ormai il plotone al quale aveva assegnato Durin lo aveva accettato per il suo carattere semplice e onesto, e anche per la sua predisposizione a trangugiare alcol come un bue senza stramazzare a terra. Invece Vaolin era stato assegnato al plotone di guardia di Kyrion, di modo che il capitano potesse sempre averlo sott’occhio, data la sua inesperienza dovuta alla giovane età.      
Era notte quando una delle pattuglie di esploratori venne a fare rapporto a Kyrion, riferivano che prima dell’alba sarebbero arrivati a Cimrotin e il capitano cominciava già a predisporre l’entrata nella città. Ma, arrivati nella vallata che precedeva Cimrotin, Vaolin vide una lunga, interminabile striscia lucente sulla cresta della collina, che serpeggiava veloce e sfavillava di mille luci arancioni.
- Che cos’è? – chiese a Lord Kyrion.
- Waddlar, e spero niente elfi. Quelli sono i nemici. La linea dei nemici che portano le torce di notte, quella è la linea del fuoco -   

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Capitolo 8
*** Tamburi nella notte ***


7.Tamburi nella notte
7.
Tamburi nella notte







Vaolin continuava a guardare i soldati lungo la collina, senza rendersi conto che Kyrion aveva cominciato ad impartire ordini ai suoi sottoposti. Si risvegliò soltanto quando un cavallo nitrì vicino a Djulan, facendolo impennare; il ragazzo riuscì a tenere per poco l’equilibrio, calmando subito il suo sauro. Guardò in direzione di Kyrion e il capitano gli fece segno di seguirlo. Quando gli si affiancarono gli annunciò:
- Non possiamo caricare. La maggior parte dell’esercito è composta di fanteria e con così pochi cavalieri sarebbe un inutile spreco di vite, inoltre il terreno non è adatto ad una carica di cavalleria. Lo capisci? -
Vaolin annuì e fra sé e sé pensò: Mi sta istruendo!
- Cavalca con me – disse il capitano e spronò Zara, il suo gigantesco cavallo da guerra, piantandogli gli speroni nei fianchi e lasciando un’impercettibile traccia di sangue sul suo manto bianco. Zara scattò in avanti, seguito da Djulan e da cinquecento cavalieri, in formazione a cuneo.
- Dobbiamo impedirgli di chiudere quel valico, altrimenti saremo tagliati fuori!- urlò Kyrion indicando i nemici che stavano risalendo la collina.
Roteò la spada sopra la testa e continuò: - Cavalieri! Sguainate le spade!-
Con uno stridente rumore metallico Vaolin sentì cinquecento spade uscire all’unisono dai foderi. Estrasse la sua. Continuava a dirsi di stare tranquillo, di calmarsi, ma l’ansia era troppa; anche se era da parecchio tempo che si addestrava a questo momento, tutto il peso dell’angoscia rischiò di schiacciarlo. Sentì un crescente rombo nelle orecchie e fu solamente con gli occhi che vide Kyrion far volare la testa al primo guerriero Waddlar.
Poi il rombo cessò di colpo e un silenzio innaturale durò finchè Djulan non calpestò cinque o sei soldati. L’infuriare della battaglia gli invase le orecchie e capì di poter comandare le sue membra. Rimanendo in sella al suo sauro, si alzò sulle staffe e tranciò la spalla di un Waddlar, poi si girò appena in tempo a parare un’ascia con lo scudo. La potenza del colpo gli intorpidì il braccio e con il destro uccise l’aggressore.
A quel punto sentì la voce di Kyrion sopra il frastuono: -Non fermate la carica! Continuate fino alla valle!-
Vaolin allora fece piazza pulita intorno a sé, in modo da poter lanciare Djulan e continuò a menare fendenti a chi gli si avvicinasse mantenendosi a distanza per poter continuare la corsa. Tutti i cavalieri lo imitarono.
Quando sbucarono nella valle Kyrion richiamò a sé i suoi cavalieri e diede ordine di suonare un corno ad un suo vicino. Le note scandirono il comando dell’inversione divisa e quindi metà cavalieri girarono a destra e metà a sinistra. Si ricongiunsero mentre Kyrion gridava: - Non hanno archi! Non temete, è solo l’avanguardia, annientiamoli!-
Lo stolto capitano Waddlar, sottovalutando la potenza della cavalleria, lanciò i suoi guerrieri allo scoperto della valle, in leggera discesa.
Perfetto pensò Vaolin, e guardando il ghigno feroce sul volto di Kyrion capì che anche il capitano stava pensando la stessa cosa.
I cavalieri si compattarono al suono del corno e, rinfoderate le spade, abbassarono le lance sui Waddlar ringhianti. Fu un massacro e finita la carica i cavalieri sguainarono le spade e finirono i superstiti alla prima ondata.
Dopo la vittoria Kyrion si avvicinò: -Perfetto, il grosso non attacca. Preferiscono puntare sulla città. Stupidi- si tolse l’elmo: -Hakal! Thorad!- chiamò.
Due uomini arrivarono al galoppo. Kyrion disse a Thorad: - Galoppa fino a Tornalziona, fila come il vento e torna con diecimila uomini. Ne avremo bisogno, e se il re obbietta chiedigli se preferisce perdere una città così importante. L’uomo con il corno lo raggiunse a cavallo portandosi il braccio al petto-
Thorad si battè il petto e girò il cavallo, verso ovest. Po il capitano guardò l’altro uomo:
- Suona il corno. Fa che Garulf ti senta-
Hakal si battè di nuovo il petto e cavalcando verso il crinale estrasse un corno molto più grande del primo. Una nota. Tre boati. Quattro volte le spade sugli scudi. Centinaia di corni. Migliaia di passi cadenzati.
L’esercito era in marcia e dopo due giorni arrivò sotto l’entrata ovest di Cimrotin. I cancelli si aprirono e i soldati furono acclamati dai difensori. Mentre entravano in città Vaolin notò che la città era protetta da tre cinte murarie, la più esterna era imponente, riluceva del grigio della pietra arenaria ricca in quella zona ed aveva un cancello di pesantissimo ferro, aveva una torre ogni cinquecento metri di mura e quattro attorno al cancello principale; quelli secondari ne avevano solo due. La seconda cinta era ancora più imponente della prima con quattro accessi a quella esterna protette da altrettanti possenti torrioni. L’ultima cinta non era imponente come le prima due, ma poteva resistere benissimo ad un assedio ed era dotata della rocca, la fortezza della città, dove potevano stanziarsi più di tremila uomini. Era una città difficile da prendere.
Kyrion smontò da cavallo e così i suoi cavalieri.

La sera era scesa su Cimrotin e le sentinelle notarono il bagliore dei fuochi in lontananza.
-Sulle mura!- ordinò Kyrion agli arcieri. Duemila soldati salirono le scale e rinforzarono notevolmente la guarnigione di soli mille uomini. Incordarono gli archi e incoccarono le frecce; Kyrion si stupì della coordinazione perfetta dei suoi uomini. Poi ordinò ad una parte della fanteria di rinforzare gli argini interni, e al grosso dell’esercito di prendere un arco e di salire sulle mura. Gli arcieri appollaiati come corvi erano ora cinquemila. Vaolin era salito sulle mura impugnando il suo arco di tasso, con la faretra carica di frecce a tracolla. Quello che notò subito fu l’innaturale silenzio che avvolgeva la valle e le colline circostanti, interrotto soltanto da qualche brusio dei soldati, ormai pronti, e dai rari scoppiettii del fuoco e dei pentoloni di pece.
Poi svariati corni spezzarono l’atmosfera irreale e la prima linea dei nemici spuntò dall’ultima collina, cominciando ad invadere la valle. I ruggiti risuonarono nell’oscurità e sotto la fitta coltre di nebbia che si stava alzando dalla terra tuonarono enormi tamburi di guerra.
Vaolin rabbrividì guardando le scale e gli arieti avanzare verso il cancello esterno. Ad un tratto però i nemici si fermarono, a circa una lega di distanza, fuori dalla portata di archi, baliste e catapulte.
- Thorad dovrebbe essere arrivato stamane a Tornalziona. Entro l’alba dovremmo avere i nostri diecimila rinforzi.- disse Kyrion a Vaolin osservando i cinquantamila Waddlar schierati sotto di loro.
- Spero – aggiunse con un filo di voce.
Era nervoso, mortalmente nervoso, le sue mani stavano stritolando il bordo delle mura tra una merlatura e l’altra e le sue mani erano bianche, i tendini scoperti. Poi mollò la presa, abbandonò le mani lungo i fianchi, chiuse gli occhi e respirò. Una, due, tre volte. Quando si fu calmato riaprì gli occhi e prendendo Vaolin per una spalla gli disse:
- Se i miei calcoli sono esatti dovremmo riuscire a resistere fino all’arrivo di Thorad con i suoi diecimila cavalieri; altrimenti moriremo –
La tranquillità con cui elencò le due possibilità, vita o morte, spaventarono Vaolin e lo fecero pensare che il capitano avesse visto molte battaglie. Studiò i suoi movimenti quando infilò l’elmo, incordò l’arco, lo rimise in spalla, posò lo scudo e sguainò la spada. La sua voce tuonò, potente:
- Cimrotin! Siamo in guerra! Lo siamo sempre stati grazie ai luridi esseri striscianti che vi guardano dal basso, ma ora hanno deciso di scendere in campo aperto e sfidarci! Sono tanti è vero, ma noi siamo uomini di Rhodian!-
I soldati batterono le lance a terra con un frastuono metallico.
- Non temiamo né la morte, né il dolore, né la paura!- lance su pietra.
- Tutti quanti moriremo un giorno, verrà per tutti non vi illudete! E vi dico una cosa, se per noi il giorno è arrivato non possiamo farci niente. Possiamo solo chiudere gli occhi e portare via con noi quanti più possiamo di questi bastardi!-
I colpi sulla pietra aumentarono fino a diventare unisoni.
- Ora vi chiedo, combattete per me! Combattete per re Dusan! Combattete per Rhodian!-
Gli uomini esultarono feroci, pronti a combattere. I tamburi e i corni iniziarono la cacofonia.
- Archi!- urlò Kyrion.
Tutti gli uomini impugnarono gli archi.
Vaolin al suo fianco lo osservò ammaliato:
- Sei un grande comandante-
- Cerco di fare quello che posso – si voltò e gli rivolse un sorriso.
- Combatti con me, Vaolin –
- Con piacere capitano! –
Vaolin si girò per prendere l’arco e nel farlo si accorse che Durin era al suo fianco, lo sguardo truce.
- Fratello, oggi è il giorno in cui io e te vendicheremo nostro padre, nostra madre e i nostri amici. Oggi è giorno di morte, ma io non ho intenzione di morire. Tu? –
- Nemmeno – posò una mano sulla spalla e si infilò l’elmo.
I Waddlar erano schierati, assetati di sangue. Migliaia di ruggiti, corni e tamburi.
La battaglia era cominciata.
Mentre i nemici si lanciavano contro le mura armati di scale Kyrion gridò:
- Incoccare! –
E i soldati incoccarono.
- Fermi! –
I Waddlar erano a trecento metri.  
- Fermi! –
Duecento metri.
-Fermi! –
Cento.
- Tirate!- l’ultimo urlo lo prosciugò e migliaia di corde scattarono nello stesso istante; cinquemila frecce andarono a segno, lasciando altrettanti morti e feriti.
- Tirate a volontà! – tutti gli arcieri continuarono a vomitare frecce sugli assalitori, che cercavano di arrampicarsi sulle mura.
- Le scale! – una voce gridò mentre decine di scale si alzavano, abbattendo i merletti e ancorandosi ai bordi.
Centinaia di Waddlar cominciarono ad arrampicarsi come insetti sulle scale invadendo le mura.
- Spade! – urlò Kyrion, gli uomini più vicini alle scale sguainarono le lame e le fecero scintillare alla luce tenue della luna. La battaglia divenne una frammentazione di scontri a piccoli gruppi, dove la superiorità tecnica degli uomini di Kyrion risultava decisiva. Vaolin sentì Durin urlare, e poi un rumore liquido. Si girò e vide il fratello affondare la spada nel ventre di un Waddlar e girare il polso per squarciarglielo. Anche Vaolin estrasse la spada, meravigliandosi ancora una volta della sua leggerezza. Si dovette però svegliare subito dalla sua contemplazione perché i Waddlar caricavano. Puntò i piedi, con la spada in posizione di difesa. Il primo cerco di travolgerlo e di sopraffarlo con il fisico, Vaolin sfruttò questo difetto e scartò di lato, colpendo la schiena scoperta del nemico. Il secondo fu più cauto, portandosi la spada di fronte al petto affrontò il ragazzo. Vaolin saggiò la sua difesa con un fendente e il Waddlar parò in alto; era senza scudo. Bene pensò Vaolin; si lanciò fintando un affondo e chinandosi in avanti e il nemico reagì come aveva voluto: cercò di colpire il fianco scoperto. Vaolin sollevò lo scudo ed impegnò la sua spada quel tanto che bastava per trafiggerlo. Affrontò il terzo, dotato di scudo, con un’abilità sorprendente: si lanciò con tutta la forza scudo contro scudo e quando l’impatto fece allontanare le due protezioni, fece passare la spada tra scudo e scudo di fronte a sé e torcendo il polso riuscì ad affondare la lama nella parte morbida dell’armatura sotto l’ascella. Si girò riprendendo fiato e notò, durante quel periodo di pausa,  che le scale erano fissate con degli anelli, nelle quali passava una corda. Con grande meraviglia il ragazzo vide che la corda apparteneva ad un arpione che permetteva alla scala di appoggiarsi al muro.   
La sua mente lavorò in fretta ed aspettò che su una delle scale ci fosse un bel numero di Waddlar. Saggiò una freccia, mirò e scoccò. La freccia tracciò una traiettoria perfetta rasentando il muro e passò dentro l’anello, tranciando la corda. La scala tremò e lentamente si sbilanciò all’indietro, trascinando con sé gli assalitori e lasciando uno spazio vuoto dove precipitò. Kyrion guardò Vaolin incredulo e gridò, sopra al frastuono:
-Mirate agli anelli! Mirate agli anelli! – col passare del tempo le scale vennero abbattute una ad una e i Waddlar ripiegarono sugli arieti.
Le macchine da assedio avanzarono inesorabile, sospinte da molte braccia. Quando il primo fu sotto il cancello un tamburo cominciò a scandire il tempo e il gigantesco rostro alla testa della macchina rimbombò contro il metallo del portone. Kyrion urlava ordini e una parte dei difensori si riversò nelle torri sopra il cancello principale.
- Tirate sugli arieti! – urlò un capitano degli arcieri.
Una pioggia di frecce rimbalzò inerme sulle tettoie delle macchine.
- Pece! – al comando di Kyrion uno dei calderoni fu svuotato sugli assalitori. La pece bollente si sparse a terra ustionano i nemici.
- Frecce incendiarie! – un gruppo di arcieri accese le proprie frecce in un braciere e tirarono alla pece, creando un cerchio di fuoco attorno agli arieti. Kyrion pareva soddisfatto.
La battaglia proseguiva: sulle mura si combatteva con le spade; gli arcieri sfoltivano i gruppi di assalitori; i genieri erano impegnati con la pece e le baliste.
Dei rumori secchi di corde che schioccavano e legno che crepitava allarmarono Vaolin. Il ragazzo si girò, osservando con terrore gigantesche macchine da assedio, dalle quali pendevano dei massi allacciati a delle corde.
- Kyrion! Cosa sono quelli? –
Il capitano si girò e, terrorizzato, osservò le macchine, lanciando una sonora imprecazione.
- Hanno costruito dei trabucchi! Maledizione, ci apriranno come ostriche! –
Non fece in tempo a finire la frase che uno dei trabucchi era stato azionato: la testa pendette in avanti e, con la rincorsa, fece oscillare il masso lanciandolo a tutta velocità contro le mura. Uno schianto terrificante fece oscillare le mura ed un pezzo di merlatura cadde all’interno della prima cinta. I soldati si ammutolirono, osservando quello spettacolo terrificante. Le altre cinque si azionarono contemporaneamente e Vaolin fece giusto in tempo a sentire Kyrion mormorare:
- E’ finita –
Un solo terrificante boato scaraventò la parte alta delle mura all’interno della prima cerchia ed aprì una breccia; i Waddlar entrarono trionfanti.
- Ripiegare! Ripiegare! – i soldati abbandonarono la prima cinta e si piazzarono a difesa della seconda. Durin giaceva però a terra, svenuto dopo la caduta. Vaolin lo vide e cominciò a correre verso il fratello svenuto. Oltrepassò due archi e calò come un gatto giù da una rampa di scale, sopra un gruppo di Waddlar; cominciò a roteare la spada cercando di creare un po’ di spazio attorno a Durin e cominciò a lottare contro i Waddlar; la sua grazia nei movimenti e la potenza dei suoi attacchi stupirono Kyrion, che solo dopo qualche secondo si accorse della gravità della situazione e, radunato un manipolo di uomini, si lanciò in soccorso dei ragazzi. Uccisero parecchi Waddlar, finchè non riuscirono ad aprirsi un varco verso la seconda cinta muraria, dove trascinarono Durin, che si riprese poco dopo e riprese subito posto.
Intanto la battaglia si inaspriva e i Waddlar avevano preso parecchia fiducia.
Sembrava finita.
No. Era l’alba.
Il sole spuntò da dietro la collina illuminando le punte delle lance.
Leoni dorati in campo rosso sventolavano ovunque.
Il corno di Gyrgaix il Nero tuonò, squarciando l’aria con il suo rombo.
Rhodian era arrivata.  

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