Growl – A dark shadow has woken up inside of me

di Rota
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** *Intro* ***
Capitolo 2: *** *1* – Listen carefully ***
Capitolo 3: *** *2* – I feel the sensation, I feel it at once ***
Capitolo 4: *** *3* – You’re the one that makes me crazy ***
Capitolo 5: *** *4* – Before the big full moon comes out ***
Capitolo 6: *** *5* – Sparks fly in my eyes as I look at you ***
Capitolo 7: *** *6* – The hidden thing within me has opened its eyes now ***
Capitolo 8: *** *7* – If you don’t back away ***
Capitolo 9: *** *8* – I’m already a fool ***
Capitolo 10: *** *9* – Let’s erase everyone one by one except us ***
Capitolo 11: *** *10* – If you need [me], change me ***
Capitolo 12: *** *11* – I want to hide you inside my embrace (I’m so serious) ***



Capitolo 1
*** *Intro* ***


*Nickname: Rota
*Titolo storia: Growl – A dark shadow has woken up inside of me
*Fandom: Kuroko no Basket
*Personaggi: Himuro Tatsuya, Kagami Taiga, Murasakibara Atsushi, (citati) Un po' tutti
*Rating: Arancione/ Rosso
*Avvertimenti: AU, Yaoi, What if...?, AOB!Verse
*Generi: Romantico, Angst
*Credits: “Growl”/”Wolf” EXO, ovviamente in inglese :D
*Note dell'autore/autrice: Qualcuno/qualcosa mi ha introdotto al mondo AOB e io ormai ci sguazzo. O ci tento.
Questa fic farebbe, e dico farebbe perché non ho idea se porterò avanti la cosa essendo io un po' in rotta con Kurobas, dicevo farebbe parte di un ciclo di fic, più o meno della stessa lunghezza. Il punto di partenza quindi è uguale, hanno solo delle tempistiche diverse e particolari un attimo differenti. Tuttavia, fanno parte dello stesso ciclo narrativo, e i protagonisti sono gli stessi; si differenziano essenzialmente per la coppia di cui parlano :D
Inizio con una MuraMuro, perché loro sono OTP e io li amo tanto.
Un appunto. Qui Taiga e Tatsuya sono “legalmente fratelli”, vale a dire che hanno lo stesso cognome, Himuro. Una cosina piccola, niente di che :D (L)
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Growl*

-

A dark shadow has woken up inside of me

 

 

 

*Intro*

 

 

 

La natura trova sempre il suo personale equilibrio, in qualsiasi contesto e secondo regole tutte sue, che non si allineano a mere questioni di sopravvivenza di una razza di esseri come tutti gli altri. Non si piega al desiderio altrui, né ne segue l'entusiasta onda per poi infrangersi in limiti artificiali, ma sconfinata ed egoista si espande ovunque possa occupare spazio e pretende per sé l'assoluto protagonismo di ogni circostanza.
Che si tratti di deserto o la crepa marittima più profonda dove neppure un filtro di luce osa rimbalzare sulle rocce lisce, lei rimane immutata nell'essenza totalizzante e totalitaria per lasciare quel piccolo frangente di possibilità che è la vita. L'espressione non la tocca, e neppure la distruzione, e non la sfiora l'idea della relatività.
Esistono ancora esseri immersi in questa realtà che non hanno dimenticato e non ergono, in difesa inutile e debole, a scudo la propria indifferenza o la propria distrazione – le nere macchine e i fucili sputa-fuoco, i lunghi camini borbottanti e le strade sterili di duro granulo chiaro non sono serviti a sottomettere all'ingordigia qualcosa di così grande e eterno, né ad alterarlo in alcun modo. Esistono ancora, e come all'inizio di ogni cosa corrono lungo lande coperte di bianca nere, sul terreno scuro delle terre che si confondono e mischiano con ghiacci perenni, nati assieme alla conta dei giorni. Ululano, con voce che porta il ricordo di mille avi e mille storie antiche, inni sacri alla luna e nenie per i tramonti che si chiudono in mari di sangue, ogni volta. La loro stessa presenza ricorda, all'empirica essenza del mondo, una spiritualità ancestrale che non ha padroni viventi ma che indomita vive come la Natura stessa e non conosce padrone e non conosce catena al quale sottomettersi, fieri del proprio orgoglio e di ogni singola cellula che forma, assieme al tutto, il creato.
Il tempo dei lupi non si è ancora estinto. Il tempo dei canti al cielo e delle veglie notturne, occhi di fuoco nella notte e nel giorno, non è ancora deceduto.
Come il lupo solitario, lontano da ogni possibile branco – pelo rossiccio talmente scuro da ricordare il porpora, o il sangue profondo proveniente direttamente dalle viscere. Lupo sperso, nel bosco fitto di una terra che concede persino allo smarrimento una via di redenzione, nascosto tra rocce dure e spigolose senza anima e senza spirito fisico. Lupo sempre, grande quanto può essere un orso e dotato della stessa famelica voglia di ogni cosa tranne che di sé medesimo. Lupo chiamato, dai pochi esseri umani che osano vivendo in quella zona mescolare il proprio destino a quello della totalità del tutto, “Gerbera della neve” o “Murasakibara”.

 

 

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Capitolo 2
*** *1* – Listen carefully ***


*1*

Listen carefully

 

 

 

Quando persino la piccola Takao, con occhi spalancati più per meraviglia che per reale preoccupazione, alza testa e sguardo verso di loro distraendosi da uno dei suoi preziosi libri, Tatsuya crede sia il caso di dire qualcosa al fratello.
-Taiga, stringi forte il naso. Sta ancora uscendo sangue.
Il ragazzo davanti a lui si pronuncia nell'ennesimo verso di irritazione e fa un gesto con la mano libera, penzolante lungo il fianco destro, per poi stringere le due dita già attorno al naso con rinnovata forza. Guarda in alto, vero il soffitto, cercando di fermare il flusso rosso che lo sta ancora sporcando; sulla spalla, è poggiata la mano di Tatsuya, che lo guida con sempre meno pazienza e sempre più decisione. Anche volendo, lui ha ben altri problemi che la preoccupazione della curiosità dei suoi compagni di classe.
Nella piccola scuola, si conoscono tutti – e tutti, quindi, sanno quando irascibile e provocabile sia Taiga. Non capita troppo spesso, ma già qualche volta il più giovane degli Himuro ha dovuto raccoglierne quello che rimaneva dopo uno scontro o una rissa con Hanamiya e i suoi amichetti, che tanto sono bravi di parole quanto ad alzare le mani sul prossimo. Lui è troppo intelligente per lasciarsi coinvolgere da quelle questioni, ma non abbastanza indifferente da rimanere estraneo alla sofferenza del fratello minore. Taiga non gli chiede mai aiuto o di essere suo complice, nelle avventure pericolose che intraprende con tanta baldanza, e lui non gli chiede mai spiegazione dei suoi gesti: si limita a dirgli quanto è stupido nei momenti di maggior sconforto, lì dove sa di avere la possibilità di essere ascoltato.
C'è un parlottare davvero animato, sulle bocche degli studenti così come anche sulle bocche di molti adulti lì presenti, quando la coppia esce dall'edificio. C'è da scommettere che, almeno per un paio di giorni, il naso gocciolante di Taiga e la sua faccia rossa quanto i capelli sarà un ottimo motivo di pettegolezzo, tra le ragazze della scuola – più o meno come l'occhio nero pesto di Makoto o il fianco dolorante di Yamazaki.
Tatsuya sistema la borsa di lui sulla propria spalla e cammina dritto, in avanti, spingendo il fratello con più energia. Taiga quasi inciampa nei propri piedi, preso alla sprovvista, ma recupera in tempo e riesce a prendere il suo ritmo.
Solo un ragazzo alza la mano in saluto, quando gli capitano vicino. Fermo addosso a una stampella di sostegno, Kiyoshi saluta più Taiga che Tatsuya, e il sorriso che prima aveva raffreddato di preoccupazione la sua espressione poi diviene di semplice e sincera contentezza. Il ragazzo con i capelli fulvi risponde un po' stordito, con le sopracciglia ancora aggrottate in un'esplicitazione di forte disagio. Non li trattiene e loro proseguono senza neppure rallentare.
La strada dalla scuola all'ambulatorio non è molta – per un ragazzo normale di costituzione non troppo atletica, un estremo del villaggio dista dall'altro neanche due ore di passeggiata, e questo circoscrive ogni possibile distanza. Il piccolo casolare di legno, però, rimane un poco fuori rispetto alle case abitative del resto della comunità, isolato da un bel cornicione di sottile neve e una stradina ormai nascosta alla vista da tempo, che qualcuno ricorda essere stata fatta di mattonelle lisce e scure. Lo stivale di Taiga produce un suono di cartone calpestato, appena collide con la matassa candida, e così fa anche quello di Tatsuya. Sorpassano il cartello dipinto da poco di fresco, annusando il tipico odore della vernice colorata.
“Ambulatorio Imayoshi – per tutte le tipologie d'animale”. Suona, come sempre, ironico e sarcastico, nel pieno sentimento e nella piena inclinazione del suo artefice.
Dopo quella piccola scaletta in legno, che sopraeleva il pavimento del casolare dal freddo terreno dell'Alaska, si può aprire una porta che da a un interno piccolo ma ordinato, asettico e con un odore marcato di medicinali ma pulito in ogni sua parte, dove ben sono mostrati medicinali di ogni tipo, sia per animali sia per uomini. E di solito anche, seduto sopra il suo sgabello preferito al lato del lettino per i pazienti, il proprietario dell'ambulatorio, occhiali e sorriso smagliante sempre sul viso.
-Oh, i due Himuro. Non vi stancate di venire sempre qui?
Spiacevole e insinuante – se Taiga è del carattere giusto per lasciarsi sorprendere, Tatsuya non è dello stesso avviso e risponde, dopo aver spinto il fratello in avanti, alla cortesia dell'uomo con un sorriso del tutto simile al suo.
-Alcuni nostri compagni hanno pensato che fosse interessante uno scambio di opinioni nel retro della scuola.
L'altro fa finta di ridere e si alza appena per recuperare un paio di guanti bianchi e non ancora usati. Li infila velocemente alle mani, con poche e rapide mosse d'abitudine che lo rendono pronto in meno di cinque secondi. Il lungo camice dondola appena, senza provocare alcun rumore, a ogni passo che fa.
E i suoi capelli neri sembrano davvero l'unica macchia scura in mezzo a tutto quello.
-Spero allora che quantomeno l'oggetto di una tale animata chiacchierata sia stato interessante.
Si rivolge a Taiga con lo sguardo, direttamente, mentre gli indica con il movimento di una mano il lettino dove si deve accomodare. Sarebbe abbastanza alto da permettergli di vederlo senza altro aiuto, ma ha bisogno che rimanga perfettamente fermo mentre gli guarda il viso.
Il ragazzo si accorge di essere stato preso in considerazione e si avvicina al dottore, prendendo il posto sopra il materassino sottile.
-Moltissimo.
Non si toglie di dosso neanche il cappotto, per evitare di sporcarlo di sangue.
Imayoshi deve prendergli i polsi e stringere appena perché l'altro si fidi di essere guidato – e quindi di allontanare le dita dal proprio viso.
-Lascia andare, ci penso io.
Per quanto sia disturbante e irritante, Shoichi sa fare il proprio lavoro con cura e precisione, e non per scrupolo morale ma per la propria integrità di unico medico nel giro di sessanta chilometri quadrati circa non lo lascerebbe mai andare con il naso così tanto storto.
Lo pulisce sulle guance in particolar modo, su buona parte della bocca e anche sul mento, prima di posare le dita alla base del naso e fare un movimento rapido e secco, che fa ringhiare Taiga e che lo riporta con la giusta conformazione facciale.
Sorride soddisfatto, lasciandolo andare.
-Ora è tutto a posto. Cerca solo di non dare più testate ai muri, la prossima volta. Loro si faranno anche male, ma tu ti rovini la poca bellezza che hai sul viso.
Taiga fa qualche smorfia, sentendo ancora dolore per tutto il capo. Non osa toccarsi il viso, ma si accorge che quello che era storto è tornato al suo posto – il dolore sopra la bocca si è molto affievolito.
-Grazie.
Imayoshi lo guarda ancora e prende a tastargli più meno delicatamente il viso, alla ricerca di qualche altra botta o qualcosa di peggio. Taiga fa diverse smorfie, anche se nessuna di quelle esprime abbastanza dolore da allarmare il dottore
Non lo guarda neanche negli occhi, mentre scende al suo collo.
-Avete una vitalità che farebbe invidia a chiunque, voi ragazzi. Eppure, vedendo come siete conciati dopo un semplice diverbio, c'è quasi da dirsi che troppa vivacità fa male alla salute.
Gli fa cenno di spogliarsi, e senza dargli alcun aiuto lo guarda mentre si toglie la parte superiore del vestiario. Nota alcuni segni sulle braccia e uno particolarmente brutto sulla spalla; quando tocca, non sente niente fuori posto e si tranquillizza.
-Gli avventati, in natura, sono quelli che più di tutti muoiono giovani.
Sorride, e definitivamente si allontana dal suo paziente ancora pesto e abbattuto, come potrebbe esserlo un cagnolino troppo cresciuto con un sacco di sensi di colpa addosso.
-Posso offrirvi qualcosa da bere? Ho appena fatto riscaldare l'acqua per il tè.

 

-Perché non siete rimasti dal dottor Imayoshi a prendere il tè?
La donna ferma la propria mano sul piatto pieno di schiuma profumata e lo guarda con tanto d'occhi. Lei è sinceramente meravigliata, anche il ragazzo lo è ma per ben altre ragioni. Trattiene uno sbuffo all'evidente e palese innocenza eccessiva di lei.
Ogni tanto, sembra che quello più grande sia proprio lui.
-Alex, saresti felice di rimanere nella tana del lupo a condividere il pasto con lui?
La vede con la coda dell'occhio scuotere la testa e i lunghi capelli biondi. No, decisamente non ha compreso la situazione.
-Voi ragazzi siete sempre troppo esagerati, quell'uomo è amabile.
-Posso dire che hai uno strano concetto di “amabile”.
-Tu e tuo fratello siete amabili, per esempio.
-Siamo uguali a quell'uomo quindi, per te?
-Ovviamente no. Voi siete amabili e adorabili!
Sorride, tanto, come è capace solo lei di sorridere. E di coglierlo impreparato con un bel bacio sulla guancia, che gli scalda il cuore e il viso.
-E tutti per me!
Tatsuya sente una normale felicità, dentro di sé. Sa bene, come lo sanno anche gli altri due abitanti della casa, che quello non è un agglomerato comunemente chiamato “famiglia”, anche se ognuno di loro in modo ostinato e perpetuo appiccica quella definizione precisa alla relazione e ai sentimenti che li uniscono.
Alex potrà non essere loro madre naturale, ma è l'unico adulto che li abbia presi sotto il suo tetto, all'interno di quella piccola comunità di asiatici importati. Ha diviso la propria felicità con la loro e ha investito il proprio futuro in quelli dei due piccoli, senza chiedere neppure l'affetto o la riconoscenza in cambio, come farebbe un vero genitore.
Anche tra di loro, Tatsuya e Taiga sentono di non poter fare a meno l'uno dell'altro in termini non di dipendenza reciproca ma a livello di completezza sentimentale, come se la sola esistenza dell'altro fosse sufficiente per un equilibrio di pace e di serenità. Quello che, a lungo andare, hanno saputo chiamare rapporto fraterno.
Quelle quattro mura e mezza, quelle tre anime abbandonate ma non prive di consistenza, in definitiva, sono tutto ciò di cui hanno davvero bisogno.
Un rumore improvviso, proveniente dall'esterno, fa alzare lo sguardo di Tatsuya dal lavandino. Non vede niente di preciso, guarda nel vuoto e sembra essere interessato a qualche particolare inconsistenza, come pulviscolo danzante.
-La cena di stasera era ottima, devo dire a taiga di rifarla più spesso.
Non presta l'attenzione dovuta a quelle parole allegre e gentili, mosse dopo aver dato uno sguardo dietro, verso la sala dove c'è la televisione e il più giovane del gruppo troppo preso da un telefilm per pensare ad altro: si limita a fare un suono con le labbra mentre focalizza qualcosa fuori dalla finestra.
-Uhm.
Alex lo nota con facilità – e in un collegamento errato, lo riconduce a cosa è successo durante il giorno. Ha un sorriso dolce, quando lo richiama a sé.
-Qualcosa non va, Tatsuya?
-Oh? No, penso di essere solo un po' stanco.
-Prenderti cura di tuo fratello è dura, vero?
-Non così tanto, in realtà.
-Sei un bravo ragazzo.
A un certo punto gli prende la spugna di mano, e con un colpo di spalla lo spinge via, gentilmente.
-Vai, qui finisco io.
Lui è quasi tentato di resistere, a quel punto, ma un altro rumore gli arriva alle orecchie e lui non può proprio rimanervi indifferente.
-Grazie.

 

Deve fare qualche passo dentro la boscaglia fuori da casa per sentirlo chiaramente: poco più in là, nascosto meglio nella notte e nelle sue ombre, c'è qualcuno che lo attende.
Il maggiore degli Himuro cammina sicuro tra i cespugli bassi e i tronchi degli alberi, calpestando una via già battuta diverse volte e che non ha bisogno di definizione precisa per essere familiare e conosciuta. Sa dove è posto ogni sasso e ogni ramo di traverso, sa quando inclinare la testa è quando è opportuno muoversi di lato per non dover strisciare la pelle dei fianchi contro la roccia ruvida.
Si stringe nel maglioncino attillato che ha addosso, rimproverandosi in un momento di non aver avuto la pazienza di prendere la giacca prima di precipitarsi fuori di casa, inseguendo quel rumore.
Un sospiro pesante lo raggiunge – è vicino, davvero molto vicino. Lui, in un gesto un po' nervoso, sistema il ciuffo che ha davanti all'occhio, e procede dopo qualche secondo di silenzio totale. Le sterpaglie, secche per colpa della stagione e della poca pioggia, sporcano la neve non sciolta, marrone di terra e verde di muschio. Scivola quasi sopra un fungo cresciuto da poco, ma riesce a rimanere in piedi grazie all'estremità sporgente di un albero.
Sente un altro sospiro pesante, e si volta ancora nel buio della notte alla ricerca della sua fonte. Cammina indietro, fissando lo sguardo in un punto. Sorride, quando da dietro un masso scorge una forma allungata che riesce a riconoscere bene – e subito si fa avanti un viso appuntito, un naso appena umido e peli ispidi ovunque.
Il lupo è attento, sia con gli occhi che con le orecchie, e sembra non aver la minima intenzione di attaccarlo. Tatsuya rimane sempre stupido di quanto possa essere grande quella bestia, nonostante lui sia cresciuto dalla prima volta che si sono incontrati e si sia alzato di più di mezzo metro.
Il ragazzo sa di “Gerbera delle nevi” o semplicemente “Murasakibara”, come lo chiama la comunità Inuit della zona, che è un lupo solitario abbandonato da tanto tempo dal suo branco, che vive in una zona ristretta della foresta e che, per quanto sia grosso, difficilmente risulta aggressivo.
Alza la mano verso di lui, come ogni volta che si incontrano, piano e senza movimenti bruschi. L'animale lo annusa con un altro profondo respiro, lo riconosce e si allunga verso di lui sporgendo tutto il collo; muove la coda di lato, quasi scodinzolando, e sembra piuttosto felice di aver ritrovato il suo amico. Le dita del ragazzo scorrono dal muso alla testa, per poi scivolare sul mento e cominciare a grattare. Il muso di quello preme contro la sua spalla, lasciandogli libero accesso a qualsiasi luogo voglia raggiungere, in piena e totale fiducia. Sa che se osasse andare oltre, dove il lupo stesso non gli ha mai permesso di andare, varcherebbe il confine di fiducia e reciproco rispetto che hanno instaurato, osando qualcosa che non può assolutamente fare: questa è l'unica clausola a cui deve sottostare, nonostante gli anni di conoscenza e reciproco contatto.
Il pelo del lupo è caldo, per quanto ispido, e i suoni che si arrampicano dalla sua gola sono di gioia sincera, senza alcuna ipocrisia. Le zampe forti, per quanto armate di minacciosi artiglio, sono come tronchi solidi, che ispirano possanza e forza, che toccano l'animo di Tatsuya in un modo diverso da quello fisico ma ugualmente profondo e incisivo.
Lui è un altro elemento di quel mondo tanto caro a Tatsuya. Strano e particolare universo, ma non per questo meno irrinunciabile.
Resta a godere della sua compagnia quasi un'ora, prima di ritrovarsi a sbadigliare senza quasi rendersene conto. Il lupo lo accompagna per un tratto, spingendogli il muso contro la schiena di tanto in tanto, non per fretta ma per gioco – lo lascia però al confine della boscaglia più fitta, per non scoprire la propria presenza alla luce di quel guscio di luna che è ancora in cielo.
Il ragazzo si avvia al rientro da solo, con ancora l'odore del lupo addosso e una sensazione nuova di pace nel cuore.

 

 

 

I’m warning you just in case (listen carefully)
It’s dangerous now (so dangerous)
Stop provoking me (there’s going to be trouble)
I don’t even know myself

 

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Capitolo 3
*** *2* – I feel the sensation, I feel it at once ***


*2*

I feel the sensation, I feel it at once

 

 

 

 

Nakatani lo ferma con un gesto sbrigativo della mano, in modo che il ragazzo lo raggiunga al lato del corridoio, esattamente davanti alla sala degli insegnanti. Il maggiore degli Himuro deve scansare qualche studente ancora mezzo addormentato, il bidone della spazzatura che il bidello solertemente spinge e finalmente riesce ad arrivare a destinazione – lasciato il fratello da solo presso l'armadietto e il lucchetto difettoso con il quale litiga ogni singola mattina. Forse è il sonno che si annida alla base della sua nuca, forse anche che quella mattina la sua ciambella è stata mangiata per sbaglio da un Taiga troppo assonnato per rendersi conto di star facendo il bis, ma gli serve che il professore sventoli un foglio davanti al suo naso per capire il motivo per cui è stato richiamato: il suo ultimo compito di inglese.
C'è una nota di biasimo persino nella prima sillaba che l'uomo pronuncia, quando gli è finalmente vicino e lo può sentire chiaramente.
-Himuro- kun, dobbiamo parlare.
L'ultimo anno di scuola comporta non poche conseguenze, per tutti loro. Tatsuya non ha mai pensato davvero a cosa fare del proprio futuro, così preso da problemi reali circa la sua piccola realtà da non considerare null'altro. Ha compagni di classe che vogliono semplicemente abbandonare gli studi, qualcuno che pensa di andare in un'altra città per accontentarsi di una laurea quantomeno dignitosa, c'è persino chi pensa di trasferirsi nelle grandi città dell'America o del Canada per intraprendere una carriera da sogni.
Lui non ha neppure un progetto preciso in testa, e non sa davvero cosa rispondere alle domande sempre più frequenti dei professori e dei genitori di pochi amici. Alex stessa, per quanto bene si trattenga, si è lasciata scappare dubbi a riguardo che lui non ha potuto in nessun modo calmare o annullare. Quando lui pensa a sé un domani incerto, si ritrova nella foresta a camminare senza sosta, con la pioggia a rendergli pesanti i capelli e il muschio sotto la pianta dei piedi: un sogno dai contorni incerti, che non ha senso d'essere o di spiegazioni.
Eppure, in tutto questo, ha voti più che decenti, di sicuro utili da poter giustificare una qualche sorta di ambizione. Nakatani è un uomo saggio e buono, ma ancora non riesce a credere che un ragazzo come Tatsuya, con la concreta possibilità di realizzarsi al di fuori di un villaggio sperduto tra la neve, non possieda alcun progetto per il proprio avvenire – e come qualcuno che si prende il carico dell'ansia e dell'apprensione, desidera spronare quella giovane vita su una qualsiasi strada perché la possa percorrere fino alla fine e raggiungere una discreta ma piena soddisfazione personale.
Il ragazzo abbassa gli occhi, mentre l'uomo parla ancora e ancora. Non ha parola con cui fermarlo, quindi fa vagare lo sguardo senza meta, per aggrapparsi anche solo a un barlume di idea da poter pronunciare. E tra gli studenti che ancora si muovono lungo il corridoio da un armadietto all'altro, tra gli insegnanti e altro personale scolastico, riconosce innanzitutto una stampella di metallo e il ragazzo che vi è appoggiato contro.
Suo fratello pure, che parla con complicità e calma a Kiyoshi Teppei.

 

L'apprensione e l'ansia di Tatsuya nascono, per lo più, da una mancanza di certezze che lo rende instabile emotivamente.
La più forte paura della sua vita, così come il più grande dolore che abbia mai sentito, riguarda un periodo dei suoi quindici anni, durante una primavera come quella che sta vivendo in questi giorni.
Suo fratello era uscito una mattina per andare a pescare, in un tempo dove la cacciagione e la pesca, per tutta la zona, era davvero scarsa. Alex gli aveva raccomandato ogni sorta di attenzione, che le belve stesse e i grandi cacciatori erano molto affamati e si stavano sempre più avvicinando ai confini degli esseri umani, il fratello lo stesso; Taiga aveva rassicurato entrambi su quanto fosse assennato e quanto conoscesse la natura di cui faceva intrinsecamente parte.
Non lo videro per più di un mese, e l'unica traccia di lui che era rimasta era un giubbotto pesante con la spalla strappata e piena di sangue. Tatsuya ricorda di aver perso la capacità di piangere quelle notti, da tanto si era prosciugato gli occhi.
Taiga tornò un giorno, tutto da solo, con pochi vestiti addosso e quasi dieci chili in meno: la natura, così come l'aveva rapito, l'aveva anche restituito alla sua famiglia grata e riconoscente. Prese a mangiare carne più del solito, a essere vorace come mai era stato e a soffrire di una strana insonnia – tuttavia, il cambiamento più vistoso lo ebbe il maggiore, a livello di carattere.
Tra Tatsuya e Taiga, quello veramente irascibile è sempre stato lui. Non lo mostra come il fratello minore, pronto all'energica dimostrazione di sdegno ogni secondo della propria vita: il sentimento vivo che lo coglie sempre e che agita tutto il suo intero corpo è qualcosa che serpeggia inesorabile sotto pelle e lo priva di ogni controllo.
Taiga è buono, non possiede la minima malizia né la mai davvero posseduta. Tatsuya pensa di poter arrivare a compiere tutto il necessario per ottenere ciò che vuole, vendetta inclusa.
Per questo lato del suo carattere che è emerso, non può fare a meno di pensare che il buon Kiyoshi nasconda qualcosa assieme a suo fratello – non che sia evidente, perché né Taiga né Teppei sono due persone sfrontate, sfacciate o che sentano la necessità di gridare a chiunque i propri segreti. Per lui, basta vedere quel legame sottinteso, quel rapporto di fiducia reciproca quasi fedele e assoluta nato senza ragione in concomitanza con la sparizione di Taiga per dubitare davvero della sincerità del minore.
La cosa stessa lo ferisce molto, e se da un lato non può ammettere che Taiga lo tradisca con quello che per lui è un perfetto sconosciuto dall'altro lato non può e non vuole neanche pensare che il suo presentimento sia sbagliato.
Kiyoshi è legato in qualche modo a quei giorni in cui Taiga è scomparso da casa, lo sa con certezza assoluta. E non può pensare di perdonargli questa cosa, per nulla al mondo, né di rimanere impassibile di fronte a lui.

 

-Sono felice che oggi non ci siano corsi pomeridiani! Possiamo rilassarci!
Taiga stira le braccia al cielo, dopo più di sette ore di lezione, e sembra davvero molto felice mentre pronuncia quelle parole, per quanto stanco. Lo zaino sulle sue spalle è mezzo aperto e fa vedere tutti i libri che sono contenuti dentro – Tatsuya si allunga verso la sua schiena e glielo chiude, quasi disattento.
-Hai tutto il fine settimana per farlo, Taiga. Pensa piuttosto allo studio.
L'altro sbuffa al suo tono quasi apprensivo, come se stesse ripetendo un copione già sentito altre mille volte. Il maggiore non è mai stato originale, e men che meno il minore con le sue lamentele.
-Studio, studio... tu pensi sempre allo studio, Tatsuya, mai a divertirti!
Gonfia le guance, mentre camminando si dirige verso l'uscita dell'edificio. Qualcuno corre, vicino a lui, e Taiga risponde con una smorfia di disprezzo alle boccaccie sgradevoli di Hanamiya.
-Diventerai un adulto noioso.
Escono all'aria aperta, respirando profondamente l'aperto. Un brivido di sottile piacere scuote tutta la persona di Tatsuya, che si prende una pausa in quella generica frenesia di libertà. C'è un cielo che preannuncia neve o pioggia, al di là delle cime degli alberi, e gonfie nuvole chiare occupano gran parte dell'orizzonte. L'odore di bagnato dei giorni scorsi è ancora più pregnante.
Facendo un passo in avanti, si accorge che il fratello è rimasto indietro, e allora si volta a guardarlo.
-Andiamo? Dobbiamo tornare a casa.
Quello, incantato, viene preso alla sprovvista.
-Ah, oggi no. Vado con Kiyoshi.
Tatsuya segue la direzione in cui prima Taiga guardava, e scorse senza problemi la figura immobile quanto sorridente del giovane Teppei. La fitta di un sentimento non ben preciso gli fa irrigidire le meningi.
-Mi ha chiesto di accompagnarlo a casa, e siccome domani non abbiamo scuola ho detto di sì. Lo dici tu ad Alex?
Quando però torna a rivolgersi a Taiga, sorride nella maniera più gentile possibile.
-Certo, non c'è problema.
Lo vede schizzare via con un gran sorriso, velocemente. Alza la mano, per salutare entrambi quando già sono abbastanza lontani.
-Cercate di non divertirvi troppo.

 

Il maggiore degli Himuro non si stranisce quando la coppia procede nel proprio cammino verso la prima parte del bosco: molte case di quel villaggio sono immerse nel verde, più o meno fitto, quindi non c'è per nulla meraviglia in questo. Continua a seguirli da lontano, con la discrezione di cui è capace, nel silenzio più assoluto; d'altronde, la velocità di uno zoppo è tale da non porre alcun problema a riguardo, e sembra che Taiga gli rivolga abbastanza premura da non obbligarlo ad aumentare in modo improprio il ritmo del passo.
Il ragazzo comincia a insospettirsi quando la coppia lascia la strada battuta e si inoltra direttamente nel bosco, lì dove nessun uomo ha tracciato un percorso e dove sembra che solo le bestie osino avventurarsi senza alcun tipo di protezione o scorta. Continuano ad avanzare tranquilli e senza fretta, Tatsuya con loro; solo Kiyoshi parla, di tanto in tanto, facendo una battuta a cui Taiga non osa ribattere o che gli da troppo imbarazzo per essere presa in considerazione.
Si fa sempre più buio, e la sera comincia a prendere il suo posto in cielo.
Tatsuya ad un certo punto li vede fermarsi vicino a un albero, puntando qualcosa. Taiga lascia per terra, in mezzo alla distesa marrone di aghi di pino, i due zaini che ha mantenuto tutto il tempo sulle proprie spalle, facendo quindi scattare una trappola per grosse bestie e facendo penzolare vuota e ormai inutilizzabile una sorta di rete da un albero non troppo basso. Impreca, anche, e scalcia il vuoto con evidente rabbia – tra tutto il suo parlare animato, Tatsuya riconosce solo una parola: “bracconieri”.
Persino lui ne ha sentito parlare, dagli uomini del posto, perché pare che alcuni cacciatori inuit abbiano trovato carcasse di lupi e altri animali sparsi per il bosco, senza che né carne né pelle delle povere bestie siano stati usati. Gli inuit non hanno mai sospettato degli abitanti del posto, convivendo con loro in pacifica e rispettata armonia, ma tutti sono stati ben avvisati circa le parole dure che il capo- villaggio Kasamatsu ha detto a riguardo. Un tale crimine, perché di quello si tratta per tutti loro, ha un ben preciso colpevole e quindi anche una ben precisa punizione, e non interessa di che razza o di che etnia quello sia. Nelle sue parole non è stato così minaccioso, ma ha lasciato intendere che non sarebbe rimasto con le mani in mano a lungo.
Tatsuya prova per tutto quello una sensazione di rabbia e di forte disagio. Non ha mai pensato agli animali come qualcosa di troppo estraneo alla natura animale, né troppo distante: come i colori rosso e giallo, tutti loro sono forme semplicemente diverse del medesimo concetto.
Non credeva neanche possibile, però, che suo fratello fosse così personalmente interessato alla faccenda – gli viene il dubbio che sia questo che lo intrattiene, da qualche settimana a questa parte, con il suo amico, e quasi gli cresce il rimorso per ogni sospetto provato nei loro confronti.
Quando la coppia decide di procedere, la tentazione di lasciarli andare e tornare indietro è piuttosto forte e quasi vi cede. La sua incertezza dura poco, solo qualche secondo per ricordarsi della sfiducia che nutre nei confronti di Kiyoshi e del suo ruolo nella vita del fratello minore.
A quel punto, però, Teppei si alza sulle proprie gambe, tenendo in mano la stampella senza appoggiarvisi sopra. Continua a zoppicare, ma riesce a camminare perfettamente senza bisogno di niente. Punta una direzione precisa per qualche attimo, come farebbe un cane che ha fiutato una pista particolare e cerca di individuarla quanto più dettagliatamente possibile. Fa un cenno a Taiga e assieme, all'improvviso, iniziano a correre lontano.
Il fratello maggiore è preso totalmente alla sprovvista da questo, tanto che esce dal proprio nascondiglio senza pensare alle conseguenze – ma i due sono lontano e non si accorgono neanche di lui, né voltano lo sguardo nella sua direzione. Allora comincia a correre a propria volta, cercando di percorrere la stessa loro strada.

 

Avanza, avanza senza in realtà vedere poi molto, inoltrandosi nella foresta più di quanto ha in precedenza previsto. Entra in un'area del bosco che non conosce e non ha mai visto, perdendo totalmente le tracce della coppia che stava inseguendo; si ritrova quindi fermo, ai piedi di una piccola discesa, a guardarsi attorno senza alcun punto di riferimento.
Alle prime gocce di pioggia, alza gli occhi al cielo: totalmente grigio. Cerca un riparo con gli occhi, ma quello che ottiene è l'eco di uno sparo non troppo distante che gli fa voltare la testa di scatto.
Qualcosa corre nella sua direzione e lo supera in un balzo senza dargli troppo peso: un animale spaventato. Seguono altri spari, distintamente più vicini del primo.
Tatsuya viene preso dalla paura e corre lontano, nel tentativo di allontanarsi dagli spari ora alle sue spalle. Non fa caso ai rumori attorno a sé, occupato più che altro a mettere distanza da quel punto imprecisato della foresta e la sua persona.
Uno sparo vicino, davvero molto vicino: si blocca contro un tronco, per riprendere fiato e orientamento. Vede, da dietro il suo riparo, una bestia pelosa non distinta, assomigliante forse a un lupo ma non così tanto, uscire da un cespuglio piuttosto grosso e avanzare in avanti di gran furia, sotto la pioggia battente – e nella direzione in cui è sparita quella sentire poi l'urlo terrorizzato di un uomo e altri spari. Silenzio, quindi, e tuoni tra le nuvole.

 

Le gambe gli stanno tremando ancora, e il fango che gli si è appiccicato addosso quando ha strisciato per terra, nella confusione più totale, sta diventando sempre più freddo e pesante.
Capisce poco e vede ancora meno.
Non sente più né spari né ululati, ma la paura gli suggerisce che sia più merito dei lampi e dei tuoni che di una loro improbabile assenza. I suoi piedi affondano nella poltiglia di terra e di neve che ricopre il suolo della boscaglia, e va a sbattere contro diversi ostacoli prima di riuscire a procedere di diversi metri.
Alla fine inciampa in un tronco spezzato e sbanda fino a non trovare più niente sotto la propria suola – non rotola ma scivola di peso sul collo liscio di un burrone, fino a compattare contro delle dure rocce e lì fermarsi, come impossibilitato a esprimere con urla o grida il proprio dolore. Si appoggia a dei rovi pieni di spine, cercando di issarsi per liberare la gamba incastrata, ma anche quando riesce a tirare sente solo l'osso spezzato e i nervi impazziti.
Un ringhio ben conosciuto gli fa alzare lo sguardo, e quando si volta verso la massa nera che lo sovrasta viene aiutato da un fulmine che corpo e muso del lupo.
Le fauci di Murasakibara si ritrovano a un fiato di distanza dal suo viso.

 

 

 

I feel the sensation; I feel it at once
I’ll take you in one mouthful like cheese
I take in [your] scent, scrutinize [your] color
I’ll eat you up with more refine than [drinking] wine
Ah, but the strength in my toenail weakens, so my appetite yeah is gone


 

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Capitolo 4
*** *3* – You’re the one that makes me crazy ***


*3*

You’re the one that makes me crazy

 

 

 

Murasakibara apre la bocca non all'improvviso – è come se Tatsuya avesse sempre previsto quel momento come assolutamente normale e naturale, quasi fosse la sola e unica soluzione finale di quel rapporto strano e fuori da ogni possibile regola. Tuttavia volge lo sguardo lo stesso, per non vedere dove il lupo affonda i denti nella sua spalla, dove comincia a tirare e tirare ancora, cercando con ogni probabilità di strappare la carne.
È un animale, dopotutto: una bestia che si comporta solo come tale. Tatsuya sente più dolore che mortificazione, e non riesce a non urlare. Murasakibara si ritrae, con uno scatto, e rimane incerto a qualche distanza da lui, guardandolo perplesso. Il ragazzo allora capisce, dalla posa delle sue orecchie e dallo sguardo calmo e poco agitato l'assenza di qualcosa che ha dato per scontato.
L'animale impiega qualche secondo e lo morde di nuovo, stringendo con più forza; l'altro poggia le mani sul suo muso, cercando in qualche modo di farlo allontanare da sé ma senza in alcun modo riuscirci.
La bestia tira per quanto può, con le zampe anteriore puntate. La sua intelligenza gli rende palese l'inutilità del tentativo, e questo lo porta a lasciare la presa per una seconda volta. Si alza dritto, guardando meglio le pietre che impediscono al ragazzo di muoversi, balza sopra il più grosso e lo aggira sparendo dalla vista di lui.
Tatsuya si tiene la spalla ferita, colpito ovunque ancora dalla pioggia battente e accasciandosi mezzo svenuto contro la parete liscia del burrone, cercando di riprendere fiato. Non riesce obiettivamente a pensare a niente, con il freddo che morde con più forza di Murasakibara.
Il masso che gli tiene il piede fermo trema, si inclina e poi viene spostato, lasciandolo quindi libero di scivolare ancora un po' e arrivare al fondo del burrone senza che ponga la minima resistenza. Il lupo, una volta spinto in là il masso, torna vicino a lui e lo prende un'ultima volta, più maglia che carne tra i denti.
Lo trascina pian piano, senza apparente fretta, mentre lui perde coscienza con il viso ormai nel fango.

 

Si ritrova ad aprire gli occhi per colpa del dolore sparso per tutto il corpo e qualcosa di duro contro il retro del capo. Quando tenta di muoversi, le sue braccia e le sue gambe sono rigide, fredde e immobili in una posa scomoda e strana. Non riesce a muovere la spalla, rigida come potrebbe esserlo un masso, né la gamba destra.
Geme, ad alta voce, e tenta di focalizzare il soffitto del posto dove si trova. Roccia bagnata.
Guarda di lato e nota la stessa cosa – nel medesimo secondo, gli torna il senso dell'olfatto, che gli conferma l'idea stessa di grotta umida e bagnata dopo una notte di pioggia intensa.
Ipotizza sia la tana di Murasakibara, specialmente dalle ossa bianchissime che riesce a inquadrare in un angolo non troppo lontano da sé.
Strizza gli occhi, dolorante per una fitta alle meningi. Riesce a ricordarsi poco della giornata precedente, a parte la pioggia, il fango e il dolore. E gli spari che lo hanno reso folle di paura, come tutti gli altri animali del bosco.
Pian piano, oltre il mal di testa, arrivano anche i ricordi e quindi tutti i quesiti del caso specifico.
Il primo tra tutti riguarda suo fratello Taiga e l'improvvisa sparizione in compagnia del suo amico, nel cuore di un bosco che lui non conosce. Il secondo, il motivo preciso della presenza dei bracconieri: la dimensione e la fattezza della trappola che ha visto gli suggerisce che non è una preda piccola, ciò che cerca, e sinceramente si chiede cosa possa vivere in quei luoghi di così appetibile e grosso, orsi a parte. Il terzo e ultimo, riguarda Murasakibara e la sua apparente incolumità – spalla e gamba a parte.
Con il braccio che ancora riesce a muovere, tenta di appoggiarsi alla parete della grotta per issarsi a sedere; non riesce a fare né l'una né l'altra cosa, e rimane sul terreno morbido di acqua senza riuscire a fare proprio niente.
Riprende il proprio controllo respirando piano, constatando che in quelle condizioni non può fare davvero nulla. Pensa che tutta quella confusione non gli fa bene, e anzi peggiora le sue condizioni: la prima cosa da fare è provvedere alle sue ferite, nel modo migliore possibile.
Quindi si spoglia, con una mano, lentamente ma senza fermarsi; quando arriva il momento di togliere il tessuto strappato dalla ferita ancora aperta, lavata dalla pioggia della sera precedente, il dolore gli manda diverse fitte e lui deve farsi forza per riuscire nel proprio intento. Per quanto può vedere, nota una ferita definita e senza infezioni, ancora pulsante ma dall'aspetto abbastanza sano da non essere preoccupante. Alza il busto, poggiandosi con quella stessa mano sul suolo; guardando in basso, non nota nessuna piega strana della gamba, quindi presume che l'osso non sia propriamente rotto. Quando però cerca di muovere le dita, il piede non risponde nella maniera più assoluta, e anzi il dolore si fa intenso e gli toglie ogni altra voglia di riprovarci.
A quel punto, se continuasse a rimanere solo arriverebbe a provare qualcosa di simile allo sconforto, ma un rumore pesante lo fa sobbalzare e gli prende qualsiasi attenzione. Murasakibara lo osserva dall'entrata della grotta, con qualcosa tra le fauci non ben identificato.

 

Non sa come interpretare la cosa.
Continua a guardare quel coniglio senza più testa, caldo di sangue vivo, che Murasakibara ha lasciato appena distante da lui per poi sederglisi accanto e fissarlo. Non ha idea se questo gesto sia, nel significato dei lupi, sinonimo di qualcosa di preciso, o semplicemente un dono verso quello che lui considera un ospite. O finamai un tentativo di procurargli del cibo in assenza di altro da poter fare.
Il ragazzo non riesce ad alzare gli occhi da quella povera bestiola pelosa. Sente lo sguardo del lupo sopra il capo, l'attesa che lui sta vivendo secondo dopo secondo circa i suoi gesti e la sua probabile riconoscenza, ma non sa assolutamente come muoversi o fare.
Murasakibara fa uno sbuffo con la bocca un poco aperta, e Tatsuya quasi rischia di guardarlo negli occhi – si trattiene appena in tempo, pur muovendo il capo.
Decide di prendere il coniglio con la mano, avvicinandolo a sé. Non sarebbe la prima volta che mangia qualcosa di crudo e appena cacciato, gli è capitato di seguire i cacciatori del suo villaggio oppure della comunità inuit nelle loro cacce di stagione, eppure capisce quanto il senso di quello sia ben diverso.
Per esempio, non ha mai visto una testa mozzata da denti di lupo, né ha mai neanche potuto immaginare quale sia il sapore della saliva di animali simili.
Alza finalmente gli occhi, e si ritrova come immaginato lo sguardo di Murasakibara puntato addosso, calmo e paziente. Ha come l'impressione che in realtà non gli stia mettendo alcuna fretta, senza alcun pensiero circa la sua salute e il suo stato. È presente, accanto a lui, e consapevole che lui sia vivo e che continuerà a esserlo.
È come se avesse un'intelligenza senziente, difficilmente paragonabile a quella animale.
Colpito da questo pensiero, Tatsuya decide di mangiare il suo pasto.

 

Murasakibara non è una bestia particolarmente vivace, per quanto sempre attiva alla ricerca di cibo facile. Lo dimostra il modo con cui si muove attorno al ragazzo e gironzoli sempre in prossimità della propria tana, senza mai allontanarsi troppo, e da come rimane tranquillo in sua compagnia – non che abbia qualcosa da temere da un ragazzo disarmato e senza possibilità di muoversi, ma è come se di principio non lo consideri neppure una minaccia.
Il maggiore degli Himuro passa ben presto la fase del proprio disagio, nei confronti della bestia, cercando di fare appello a tutti i ricordi che lo legano all'esemplare gigante di lupo.
La prima volta, era alto mezzo metro in meno, e Murasakibara sembrava così gigantesco da avere la possibilità di mangiarlo in un solo boccone. L'animale non è cambiato, e benché la prospettiva da cui lo guarda ora sia un poco migliorata, le sue dimensioni rimangono sempre e comunque più che notevoli. Lo aveva visto all'improvviso, troppo vicino per potersi girare come se nulla fosse e andarsene pian piano; il lupo, però, lo aveva annusato e studiato, senza trovare in lui una fonte di cibo commestibile che potesse interessarlo. Di quell'incontro così particolare, il ragazzo ricorda bene l'impressione che lo sguardo dell'animale gli aveva lasciato: maestoso, possente, forte e indomabile. Si era sentito attratto da tutto quello, per quanto fosse fin troppo ben cosciente della sua pericolosità.
Per questo lo aveva cercato, la seconda volta, trovando un'occasione più o meno improvvisa di avvicinamento eccessivo. Il lupo non l'aveva trovato né sgradevole né opportuno, e dopo qualche volta aveva ricambiato l'interesse con curiosità, avvicinandolo per primo egli stesso. Tatsuya si è sempre chiesto cosa lo avesse attratto, di lui, e anche in quel momento è un quesito a cui non sa in alcun modo rispondere.
Però rimane comoda e morbida la possibilità di dormire contro il pelo caldo, soffice quanto basta, di Murasakibara, durante la notte – questo, almeno, ha la capacità di farlo rilassare a sufficienza per prendere sonno e dimenticarsi per qualche ora del dolore che gli gonfia tutto il corpo. O venire leccato in faccia dalla sua lunga lingua ruvida.

 

Si sveglia, più o meno nel bel mezzo della notte, per il dolore forte alla gamba e il corpo appoggiato per la parte superiore al ventre dell'animale.
Ingoia aria, cercando di non cedere alla paura e alla sofferenza quel tanto da procurarsi da solo un attacco di panico. L'ultima volta che ha dato uno sguardo alle proprie condizioni, ed è sicuro che non siano passate che poche ore, non destavano grande preoccupazione. Forse ha sottovalutato la sporcizia, o qualsiasi altra cosa che non è riuscito a prevedere con le sue elementari conoscenze mediche.
L'unica sensibilità che ha al polpaccio è quella del dolore, che lo stringe fino a propagarsi oltre il bacino. Cerca di muovere l'arto come può, nel tentativo di smuovere qualcosa, eppure ciò che ottiene è solo un'altra fitta che lo fa gemere.
Murasakibara lo sente e si sveglia, alzando il collo e guardandolo in faccia. La sua è, chiaramente, preoccupazione, e Tatsuya ne sarebbe anche toccato se non stesse soffrendo così tanto. L'animale lo fissa per diverso tempo, aspettandosi di vederlo fare qualcosa di diverso da gemere contro la sua pancia – il ragazzo lo delude, e rantolando non si muove proprio per niente. Allora sporge il muso contro di lui, appoggiando il proprio zigomo contro il suo petto e appiattendo le orecchie in un gesto di non aggressione.
Tatsuya temporeggia, non capendo bene cosa l'altro voglia da lui. Lo stringe, quindi, abbracciandogli il collo con entrambe le braccia, per quanto la spalla glielo permetta. Il lupo non gli ha mai permesso di toccarlo a quel modo così intimo, sente il suo desiderio di conforto scaldargli il cuore e il petto. Non sa, poi, se sia la calma dovuta a quel nuovo contatto o qualcosa di diverso ad acquietargli anche il dolore alla gamba, ma si ritrova a chiudere gli occhi placidamente e ad addormentarsi contro di lui.
Ha sentito diverse volte gli abitanti del posto ciarlare di leggende riguardando i lupi e le loro stirpi, come esseri millenari e fantastici alla strega di draghi e robaccia simile. Gli inuit hanno sempre insistito molto riguardo l'anima di quelle magiche creature: spiriti della foresta, espressione più pura della sua essenza, che per il loro sacro compito possono assumere, come falchi, alci e orsi, tutte le forme dovute – persino quella degradante degli esseri umani.
Il lupo fa un verso di consolazione, nei suoi confronti, come se gli stesse davvero dicendo di non preoccuparsi di nulla che rimarrà lì, con lui. Il ragazzo pensa, in un ultimo sprazzo di ragionevolezza, che qualsiasi cosa Murasakibara sia, è davvero contento di averlo incontrato e di aver instaurato quel legame con lui.
Grato, ben oltre quella che gli esseri umani chiamano “amicizia”.

 

Murasakibara si sveglia ben prima di quanto faccia il suo umano amico. Alza la testa e il collo, percependo un odore che non ha mai sentito prima ma che, chiaramente, identifica come qualcosa che non è un coniglio, non è un daino e tanto meno è un orso.
Il branco di lupo che abita la zona confinante alla sua.
Non spreca neanche un solo attimo del suo tempo a chiedersi la ragione di una cosa del genere: si alza, lasciando che il ragazzo scivoli più o meno lentamente a terra, e con passo lesto si avvicina all'entrata della sua tana, puntando in avanti il proprio muso.
Il primo di quelli ad arrivare è un lupo piuttosto massiccio, dal pelo rosso della stessa gradazione delle castagne acerbe. Ringhia, le orecchie abbassate e il muso tutto raggrinzito – è venuto lì con l'esplicita intenzione di attaccare il padrone del posto, senza altra possibilità.
L'invasore avanza fino a un certo punto, tenendo una discreta distanza. Aspetta i propri compagni, che avanzano zampettando tutt'attorno, e l'alpha del suo branco: un pezzo di neve con quattro gambe e degli occhi azzurrissimi, dall'aria molto meno minacciosa del suo compagno.
Abbaia il primo, abbaia il secondo e anche il terzo, ringhiano indistintamente nella sua direzione; Murasakibara li guarda tutti, senza palesare in qualche modo coinvolgimento dalle loro provocazioni e dalla loro rabbia. Ma quando uno di quelli avanza di un passo, lo squadra con un'espressione talmente rabbiosa da farlo indietreggiare subito, con la coda tra le gambe. E comincia a rispondere quando il lupo rossiccio avanza, non intimorito dai suoi ringhi. L'alpha lo segue qualche passo indietro, come se non lo volesse lasciare andare.
Quando il lupo rosso abbaia, Murasakibara risponde: il suo urlo riecheggia tutt'attorno, scuotendo le fronde degli alberi delle vicinanze e facendo scappare uccelli e altri animaletti dalla paura – la roccia, la terra stessa trema, sotto le loro zampe. Il suo avversario ne rimane impressionato per qualche secondo, mentre l'alpha candido non si smuove di un solo centimetro né mostra segno di turbamento.
Il branco si stringe attorno a Murasakibara, un passo alla volta. Il lupo gigante ringhia in ogni possibile direzione, quando scorge un movimento più inopportuno degli altri, rendendosi finalmente conto del reale pericolo che sta vivendo; non toglie gli occhi di dosso alla coppia che si trova davanti, individuando in quella il suo vero avversario. Urla di nuovo, facendosi davvero minaccioso nello sguardo e nella posa, e arrivando a occupare gran parte dell'entrata alla sua tana: non ha la minima intenzione di far passare, vivo, nessuno da lì.
Il lupo rossiccio sarebbe pronto al balzo, a quel punto, quando qualcosa li interrompe e cattura la loro attenzione, zittendo ogni aggressività. Il proiettile vomitato da uno sparo veloce colpisce di striscio il fianco dell'alpha bianco, andandosi quindi a scontrare contro la roccia chiara.

 

 

My sights become dark
When you stare at me
The sound of your breathing
You’re the one that makes me crazy


 

 

 

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Capitolo 5
*** *4* – Before the big full moon comes out ***


*4*

Before the big full moon comes out

 

 

 

Il muso di tutti, così come lo sguardo, è indirizzato verso l'ammasso informe di colore e arbusti che è la foresta attorno a loro, più o meno precisamente lungo la direzione da cui è arrivato lo sparo. C'è decisamente sorpresa, in tutti loro, e incapacità di comprendere cosa stia accadendo davvero.
L'alpha bianco è quello che torna in sé per primo, degno del proprio ruolo di comando, e abbaia al suo gruppo qualcosa nel linguaggio particolare che li unisce a comprensione immediata: chi ha la prontezza di ascoltarlo subito, comincia ad arretrare.
Parte un secondo sparo, mancando un lupo piccolo di colore nero – questo guaisce, e guarda smarrito il suo alpha in attesa di ordini. Ordini che non arrivano subito, ma dopo che il lupo rossiccio urla in direzione della foresta e tutti hanno una scossa tale da muoversi con più decisione.
Il gruppo, quindi, comincia davvero a correre, e già qualcuno di loro si è immerso negli alberi fitti del bosco, senza più lasciare traccia visiva di sé. Il lupo rossiccio carica in avanti, sordo a ogni possibile richiamo, e dalla convinzione del suo passo sembra aver visto qualcosa. Parte un altro colpo, due e tre e quattro, ma lo colpiscono solo di striscio. Viene affiancato dall'alpha bianco e da un altro lupo nero che, rinunciando a richiamarlo, pensano bene di non lasciarlo solo al suo destino. E questo, ovviamente, gli salva la vita in un sacco di modi.
Murasakibara rientra nella propria tana, in maniera del tutto istintiva, colpendo con il fianco qualcosa che rotola in avanti. Strisciando contro la roccia per quanto può e ignorando il dolore alla gamba vinto dall'adrenalina, il più grande degli Himuro si affaccia dalla bocca della tana prima che il gigantesco lupo lo possa anche solo notare, attratto dalla confusione e dal rumore degli spari. Sente qualcuno urlare, in seguito a un ringhio ben marcato di un lupo rabbioso, e una raffica di spari si intensifica per poi spegnersi totalmente.
Qualcuno chiama chiaramente un nome, preciso seppur pieno di terrore.
-Hanamiya!
Tatsuya lo vede, ritto sopra una roccia, mezzo nascosto tra gli alberi, e per quanto sia distante, riconoscerebbe quel viso e quell'espressione tra mille altre. Ha il fucile in mano, Makoto, e quando lui riemerge dalla tana del lupo ne punta la bocca nella sua direzione. Non ha la minima esitazione a sparargli contro, cogliendo lui e tutti gli altri di sorpresa – la voce che chiedeva aiuto, intanto, si è risolta in un cumulo di carne strappata e di bocche lorde di sangue. Ed esplode un nuovo dolore al fianco che lo disorienta all'improvviso e lo fa cadere di schianto, colpendo forte la testa contro il suolo duro.
È il rumore del tonfo che fa girare di scatto la testa di Murasakibara, che pare smarrito totalmente e sorpreso come non lo è stato neanche qualche minuto prima. Hanamiya, distante, carica un nuovo colpo con il suo fucile, ignorando i propri pochi compagni che scappando lo chiamano, i lupi che gli sono vicini e la concreta possibilità di finire ucciso a propria volta da quel branco di animali rabbiosi. Ha già un piede all'indietro, pronto allo scatto, e un coltello lungo nella cintura facilmente estraibile per difendersi da un possibile corpo a corpo; da quella posizione, non gli sfugge il movimento delle spalle di Murasakibara, che si piegano in avanti e all'improvviso si rimpiccioliscono, raggiungendo una conformazione simile a quella umana. C'è il rumore di più strappi, ovattati per colpa della posizione lontana, e le ossa si modificano con lentezza e la pelle fa cadere una quantità di pelo scuro come se fosse scuoiato da una mano invisibile, lasciando coperto solo lungo la schiena e le varie terminazioni. Le zampe diventano arti e terminazioni precise, mani e piedi grossissimi ma indubbiamente umani. Coda e orecchie a punta si proporzionano nella misura necessaria, divenendo accessori mobili.
Hanamiya viene di nuovo chiamato, e questa volta fugge all'interno della foresta con un passo più che veloce.
Là in basso, Atsushi si avvicina al suo Himuro senza neanche osare toccarlo, con uno sguardo così tanto preoccupato quasi stesse fissando l'espressione stessa della morte. Allunga una mano piena ancora di artigli e di pelo, e Tatsuya risponde con un sospiro profondo, senza dubbio dolorante, con gli occhi chiusi e l'espressione corrucciata. Quando alza le palpebre, scopre un'ombra che non gli è per niente familiare, e per istinto si spaventa ancora di più – chiama sottovoce, o quanto meno ci prova, il proprio amico lupo, facendo ruotare gli occhi verso dove crede che sia, senza però trovare nulla. Atsushi sporge il collo verso il suo viso e apre la bocca, in una simulazione di parola che però non esce e non ha suono. Ci riprova, e gli esce qualcosa di soffocato e grattante.
-Q-qui...
Tatsuya lo guarda fisso, con sempre meno coscienza nello sguardo. Si accorge, finalmente, dei suoi occhi, e se ne sente incredibilmente attratto. Lo riconosce, alla fine, e la paura è nulla.
-S-on o q-qui...
Tatsuya accenna un sorriso, prima di svenire di nuovo.

 

Atsushi sente avvicinarsi qualcuno, al suo essere umano, e d'istinto ringhia, incattivendo lo sguardo con cui si rivolge al proprio avversario. L'alpha bianco si ferma, tranquillo come sempre è stato, e lo guarda senza alcun timore: i suoi occhi mascherano la sorpresa che lo ha preso, poco prima, nel rendersi a sua volta conto della creatura che si ritrova davanti. O meglio, dell'individuo.
China il collo verso il basso, abbassando le orecchie – le sue spalle hanno uno spasmo, il suo pelo candido trema prima di cadere in larga parte, e con molta più facilità e meno dolore la sua forma assume connotazione quasi del tutto umana.
Tetsuya si avvicina a Atsushi con le mani ben in vista e un passo sicuro per quanto lento.
-Amico mio, quell'essere umano ha bisogno di cure. Se rimane qui con te, è quasi certo che ne morirà.
Atsushi, per tutta risposta, si mette davanti al corpo privo di forze del più grande degli Himuro, in un atto istintivamente protettivo: gli altri lupi del branco si sono avvicinati a loro, e per quanto non mostrino più segni di aggressività per lui rimangono nemici, specialmente ora che il ragazzo è fuori dalla sua tana e in evidente pericolo. Tetsuya non addolcisce il tono ma anche non fa alcun altro passo, verso di lui, cercando un confronto pacifico piuttosto che l'imposizione.
La vita di quell'essere umano importa anche a lui, ed è questo che vuole comunicare all'altro.
-Atsushi- kun, Tatsuya ha bisogno di cure. Il mio branco gliene può dare.
Non servono parole per capire quanto il ragazzo dai capelli viola sta esprimendo, con la sua espressione sorpresa. Incomprensione e smarrimento. Tetsuya non è neanche sicuro che l'abbia riconosciuto, dopo tutti quegli anni di lontananza – lui, certo, si è stupido di rivederlo vivo e cosciente, così tanto legato a qualcuno piuttosto che al proprio spirito, e sa che il momento di simili considerazioni non è propriamente quello.
Si avvicina ancora, entrando in un perimetro che Atsushi considera il proprio spazio vitale: l'altro torna a ringhiare, e quindi lui si ferma.
-Atsushi- kun, vogliamo solo salvare Himuro- kun. Tu lo capisci?
Non si avvicina più al ragazzo, ma si avvicina a quello che prima è stato lupo. Pian piano, arriva a posargli la mano sul corpo nudo, all'altezza della spalla.
-Lo capisci, Atsushi- kun?
Atsushi non scatta, non lo colpisce né lo aggredisce, e cessa anche lentamente i proprio ringhi gutturali. Gli prende la mano con la propria, in un gesto di piena consapevolezza.
-Ku...
Tetsuya aspetta, con la dovuta calma, che Atsushi lo riconosca pienamente.
-K-u o k... ko.
Quindi sorride, e gli fa un gesto di assenso con la testa.

 

Atsushi non fa toccare Tatsuya a nessuno, nel tragitto tra la propria tana e la tana del branco del Seirin: lo tiene saldamente in braccio, muovendosi sulle proprie gambe quanto più in fretta possibile. Ringhia un paio di volte a Kagami, il lupo rossiccio, perché è quello che con più insistenza e con più apprensione si avvicina al suo essere umano, e a lui non piace per niente la cosa – Kagami non rinuncia, per questo, e anche se non ostacola il suo cammino ne segue ogni singola mossa, particolarmente attento al corpo senza coscienza di suo fratello.
Arrivano quindi, dopo mezza giornata, in una porzione di bosco dove crescono solo pini secolari, nascosta nel cuore del bosco dove gli esseri umani non capitano neanche per sbaglio. Una parete rocciosa, bucherellata da una serie di più o meno piccole grotte, si affaccia nell'angolo rumoroso dove un ruscello dall'acqua cristallina saltella sopra le rocce lisce e produce un rumore rilassante e continuo. Muschio gonfio si espande ovunque, così come il cinguettio vivace di mille uccelli tranquilli.
Lì si fermano, finalmente.

 

Quando Tatsuya si risveglia, non del tutto cosciente, non riesce a riconoscere l'ambiente in cui è stato posto sdraiato – c'è del morbido, sotto la sua schiena e il suo capo, e appena accenna il movimento sente lo sgretolarsi di fogliame secco. Del calore gli colpisce il fianco destro, ma non saprebbe a cosa attribuirlo con precisione.
Prova distintamente dolore ovunque, e la cosa non gli piace.
-Calmo. Devi rimanere calmo.
Una carezza leggera lo sfiora lungo la guancia, facendogli quindi trovare un'ombra su cui focalizzarsi con intenzione piena. Riconosce dei capelli scuri e due orecchie dal pelo castano. Anche due occhi, poi, quando riesce a mettere a fuoco, e un sorriso conosciuto.
La voce morbida continua, assieme al tocco al viso.
-Non ti agitare. Andrà tutto a posto.
Gli rimane impressa l'immagine di Kiyoshi Teppei fino a che non perde di nuovo coscienza.

 

Atsushi guarda male Taiga, per lui troppo vicino al più grande degli Himuro. Ora che hanno preso più o meno tutti forma umana, non si sente più la minaccia verso se stesso ma la sente ancora verso il suo personale essere umano; ne prova evidente fastidio, e non lo nasconde per niente.
Kuroko ha dovuto rassicurarlo circa le buone intenzioni di Teppei, prima che gli permettesse di avvicinarsi, ed è stata più la preoccupazione che una reale fiducia a convincerlo. In quel momento, lui è ancora seduto accanto a Tatsuya, e il suo sonno gli pare decisamente più tranquillo. Lo rassicura, anche se non riesce proprio a provare la minima gratitudine.
-Vedrai che fra qualche giorno starà di nuovo bene.
L'alpha gli si è di nuovo avvicinato, senza mostrare insicurezza: tiene un coniglio appena cotto nella mano che gli porge, e non sembra aver intenzione di muoversi di lì. Atsushi recupera il cibo e lo mangia senza rispondergli in alcun modo. Quel luogo gli è estraneo, in ogni sua componente.
Lasciando il fuoco acceso alle proprie spalle, Tetsuya si siede non troppo distante da Atsushi, studiandolo con poca discrezione.
I componenti della Kiseki, essendo tutti Lupi Originari, difficilmente prendevano forma umana, anche quando il loro branco era unito sotto la direzione di Akashi. Ricorda vagamente i tempi andati, ma tutte le immagini belle che lo legano al passato sono di corse fatte nelle ore notturne e battute di caccia protratte per giorni, posti nuovi inesplorati e praterie percorse a gran velocità – nessuna attività umana che potesse loro interessare. Lui stesso poche volte prima della separazione del branco si è trasformato, e solo ultimamente, da quando ha conosciuto il suo Kagami, ha avuto la necessità di una tale forma.
Con enorme tristezza, non credeva possibile che uno come Murasakibara, che nel tradimento di Akashi e nella separazione del branco aveva smarrito se stesso e ogni possibile ritegno morale, potesse ritrovare qualcosa che lo facesse riemergere dal marasma di pazzia puramente animale in cui era caduto. Lui si è costruito un branco, in quei tre anni, Murasakibara si è rintanato in uno spazio ristretto e ha fatto solo ciò che occorreva alla sua forma di sopravvivere: mangiare e dormire.
Vederlo di nuovo così è una felicità immensa e una preoccupazione al medesimo tempo.
Lo lascia mangiare tranquillo, senza interromperlo, e solo quando ha finito prova a interrogarlo. È passato più di un giorno da quando lui e il più grande degli Himuro sono arrivati alla tana, e pensa di dover in qualche modo fare chiarezza nei confronti del suo branco.
-Cosa è successo a Tatsuya? Come mai si è fatto male?
Atsushi lo guarda con occhi grandi, esprimendo consapevolezza: ha ben inteso cosa l'altro gli ha chiesto, ma la voce rimane ancorata alla base della sua gola. Dopo tutto quel tempo, gli è difficile ogni cosa.
-B-burro- ne...
Esala un profondo sospiro, e non ha bisogno di altre parole per esprimersi.
-È caduto in un burrone?
Atsushi scuote la testa in un gesto di assenso. A questo punto, non ha neanche più voglia di provare a parlare, se la risposta è così breve da essere soltanto una sillaba. Guarda il suo essere umano quando questi, preso da un proprio sogno, muove appena quando di sano c'è nel proprio corpo bofonchiando appena qualcosa. La sua preoccupazione svanisce subito, ma il suo sguardo non lo abbandona.
-Tu lo hai salvato?
Scuote ancora la testa, senza neanche guardare il proprio interlocutore.
-Lo volevi mangiare?
A questa domanda, quasi ringhia – alza la voce, per sottolineare il concetto.
-N-o.
Tetsuya non sobbalza e rimane fermo ad ascoltarlo, con incredibile pazienza. Lo vede muovere anche una mano verso il ragazzo e prendergli il fianco, per stringerlo a sé, in un gesto di totale possesso.
-Lui è-è mio o.
Tetsuya non ha la minima idea di come Atsushi sia riuscito a legarsi in tal modo a qualcuno, specialmente a un essere umano, ma in cuor suo ne è davvero felice.
Ha imparato per esperienza a non classificare a priori una creatura vivente: uomo o lupo, è soltanto la volontà di ognuno a determinarne il destino e il posto nel mondo. Ha visto lupi crudeli come esseri umani dall'immane purezza, ha dovuto uccidere cacciatori e ha assistito alla morte di compagni dagli arti amputati dalle trappole dei bracconieri. La vita e la realtà è così varia da non poter permettere alcun pregiudizio di sorta, in nessun caso.
Spera soltanto che quel legame tanto prezioso non venga mai tranciato, perché lo percepisce come l'unico in grado di far mantenere il senno al suo amico.
Tuttavia, prima che se ne renda conto, qualcun altro si è avvicinato a loro.
-Cosa dovrebbe significare che è tuo?
Taiga Himuro, che in forma di lupo viene chiamato da tutti loro Kagami, non vuole proprio nascondere il proprio disagio e il proprio disappunto. Non perché ha una parte umana che lo rende più instabile, ma per quel legame di sangue che lo unisce all'ospite infortunato.
Atsushi ringhia, e Tetsuya è costretto ad alzarsi per allontanare il proprio compagno.
-Taiga, seguimi per favore.
Taiga si lascia guidare via, pur lanciando uno sguardo decisamente non benevolo nei confronti dell'altro lupo. Non è ancora riuscito ad avvicinarsi al fratello, e questo gli da molto fastidio.
Ascolta il suo alpha quando questo gli parla, lasciando intendere qualcosa di decisamente più grande che una stupida questione di possesso.
-Atsushi fa fatica a esprimersi, è difficile comunicare concetti complessi per lui.
Lupi e umani sono dissimili solo per la considerazione che hanno verso certi concetti, tra cui anche quello di reciproco legame e affetto. Taiga conosce questa differenza, perché quando è stato morso da Tetsuya già era stato istruito su tutti i possibili significati del caso. E proprio per questo, non riesce a stare tranquillo.
Tetsuya lo riporta all'ordine come può, cercando di rassicurarlo sulla mancanza di ogni pericolo.
-Tuo fratello sta bene, non ti devi preoccupare.
Lui, alla fine, è quasi costretto a credergli, e mentre Atsushi si stringe maggiormente al più grande degli Himuro, lui scalcia via con un gesto irritato le ossa di un altro coniglio spolpato.

 

 

 

Hey bite tight and then shake, shake ‘til you lose your mind.
Hey do it in a style you’ve never tried.
Before the big full moon comes out, do away with it.

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Capitolo 6
*** *5* – Sparks fly in my eyes as I look at you ***


*5*

Sparks fly in my eyes as I look at you

 

 

 

Respira profondamente, appena prima di aprire gli occhi condotto alla veglia dal gocciolare ritmicamente regolato di gocce d'acqua che cadono poco distante dal suo orecchio. C'è una luce soffusa che striscia tra le ombre del soffitto della grotta bassa, e una linea di umidità appena trasparente che corre, come una venatura o una cicatrice, tra le pieghe della roccia.
Tatsuya sente dolore in misura molto minore di quanto abbia sentito negli ultimi quattro giorni, e questo lo incita a guardarsi attorno con un certo coraggio.
Accanto a lui, sdraiato per la maggior parte oltre il bordo del fogliame dove lui è riposto, c'è la figura massiccia del lupo mannaro che ha riconosciuto prima essere Murasakibara. È addormentato, posizionato di fianco, in un sonno rilassato che lo fa sembrare tanto un bambino troppo cresciuto. Lo intenerisce molto, quello che vede, e gli fa allungare una mano verso il suo viso. Quando gli prende una ciocca di capelli porpora, un occhio della grande bestia si apre e lo fissa – prima sul dito, poi sul viso. Tatsuya ricorda l'attimo di smarrimento, la prima volta che ha ricambiato quello sguardo, e ora si chiede come sia stato possibile per lui non riconoscerlo subito. Atsushi non accenna il minimo movimento e si lascia accarezzare con docilità e tranquillità, chiudendo poi la palpebra che ha aperto.

 

Lasciato l'amico, Tatsuya guarda per bene anche il resto della tana, strisciando appena in avanti.
Quel luogo non è neanche la metà della tana di Murasakibara, né per profondità né per ampiezza, ma di sicuro presenta un aspetto molto meno minaccioso e trascurato, quasi fosse stata preparata apposta per lui.
Sente diversi rumori provenienti dall'esterno, l'acqua innanzitutto e la natura che si esprime tranquilla, poi anche il passo di qualcuno. Un ragazzo dai capelli lunghi, su tutta la parte anteriore del viso, due occhi larghi e tranquilli, si affaccia alla bocca della grotta e lo vede seduto sul proprio giaciglio – arretra di due passi e senza dire nulla muove entrambe le grandi braccia, per richiamare l'attenzione di qualcuno.
Subito si avvicina qualcuno di rosso e, stranamente, anche vestito.
-Grazie, Mitobe.
Prima ancora di vederlo, Tatsuya riconosce suo fratello dalla voce – è un tuffo al cuore quello che lo prende quando gli si presenta davanti la sua persona, preoccupata e in ansia. Non osa avvicinarsi troppo, non per paura di Atsushi ma per ben altro, qualcosa che ha a che fare soltanto con il proprio consanguineo.
Tocca al maggiore dei due stabilire il primo contatto, seppur appena duro nella voce.
-Taiga.
Quello si acquatta veloce e cammina come a quattro zampe, per avvicinarsi a lui. Ha ancora le orecchie rossicce tra i capelli, una coda ben dritta che fuoriesce dai pantaloni corti. Non sembra patire il freddo, con il pelo che lo ricopre, e quando lo può ben guardare in faccia nota che nessuno dei suoi tratti somatici è in qualche modo alterato.
Quello rimane suo fratello, in tutto e per tutto.
-S-sono contento che tu stia bene, Tatsuya!
È la prima cosa che gli dice, e l'altro è sicuro della sua sincerità. Non riesce ancora a parlare, ritrovandosi a fare i conti all'improvviso con tutto il peso di quella nuova realtà: il suo sguardo si fissa sulle dita dotate di unghie ricurve e nere, e denota un certo tipo di preoccupazione. Il minore lo nota, e fa come per nascondere le proprie mani.
-Non ti preoccupare, non sono pericoloso.
Non gli crede, così come non è disposto a credergli per niente. Taiga sa che dovrà essere il più sincero possibile, con lui, perché l'altro si convinca a fidarsi nuovamente. Non che abbia intenzione di mentirgli o di tenergli qualcosa nascosto, a quel punto, ma ristabilire un contatto con una persona tanto intima rimane comunque difficile, e anche lui si sente molto a disagio davanti agli occhi del fratello. Se l'esistenza dei Lupi è sempre stata tenuta in discrezione, un motivo c'è di sicuro.
Tatsuya ancora lo squadra, prima di decidere quale sia la prima domanda che ha intenzione di rivolgergli. Lui non tiene gli occhi bassi, ma ancora non si arrischia a guardarlo in faccia – è più interessato alla sua gamba, totalmente sgonfia anche se ben rossa.
-Cosa sei, di preciso?
-Io sono un Lupo.
-Un lupo mannaro, intendi?
-Così ci chiamano gli esseri umani. Noi ci definiamo semplicemente Lupi.
Muove le orecchie, e il maggiore capta quel piccolo movimento. Qualcun altro si affaccia alla bocca della piccola grotta, senza tuttavia avanzare anche di poco. Arrivano due spettatori silenziosi, che non danno alcun fastidio né all'uno né all'altro.
-Anche Kiyoshi Teppei è come te?
-Sì, anche lui lo è. Fa parte del mio stesso branco.
-È per quello che siete tanto uniti?
-Noi del branco siamo tutti uniti, per merito del nostro alpha.
-Intendi il lupo bianco?
-Kuroko in forma di Lupo, Tetsuya in forma umana.
-Avete due nomi?
-Per distinguere le nostre due forme di essere.
-Anche tu hai due nomi?
-Io sono Kagami, quando sono Lupo!
-Che fantasia...
Tatsuya non sa se essere più irritato da quel barlume di felicità che l'altro ha usato per denominare se stesso oppure per tutta quanta la situazione. C'è una parte di lui che sente quel enorme segreto un grosso oltraggio alla propria persona e alla propria fiducia, da parte di Taiga, e il suo orgoglio gli suggerisce prepotentemente di darle adito. L'atteggiamento del fratello, davanti a lui, non è remissivo, ma sente il peso della sua disapprovazione.
C'è ancora qualcosa che li divide, e non è più ciò che si potrebbe definire verità.
-Come hai fatto a diventare... quello che sei?
-Un Lupo mi ha morso tre anni fa. Da allora sono un Lupo.
-È stato uno del tuo branco?
Taiga alza lo sguardo per un solo secondo, piuttosto triste – ed è per questo sguardo che la parte più irritata di Tatsuya viene zittita in modo definitiva, per quell'autentico dolore che vede nell'ombra del suo occhio. Può vedere la solitudine, la disperazione, la difficoltà di dover rendere conto a una natura improntata nel proprio spirito che è nata da un abuso e non spontaneamente. Il fratello maggiore è toccato, da tutto quello, in modo autentico.
-No, nessuno di loro. Kuroko mi ha insegnato molte cose, sull'essere Lupo, mi ha salvato quando ero allo sbando, non mi avrebbe mai fatto del male.
Lo guarda finalmente in faccia, con un certo orgoglio.
-Lui è il mio alpha.
Spunta un sorriso spontaneo, sulle labbra del fratello maggiore, e per questo Taiga inizia istintivamente a scodinzolare. Arrischia anche ad avvicinarsi a lui, ma qualcosa si muove e li fa tendere all'improvviso.
Con un solo occhio aperto, Atsushi piega in avanti il busto e abbraccia la vita del più grande degli Himuro con le sue lunghe e muscolose braccia, finendo per appoggiare la testa sopra le sue cosce. Guarda di tralice Taiga, anche se non emette alcun suono nella sua direzione – e quando Tatsuya lo accarezza piano in testa chiude anche l'unica palpebra che ha aperto, docile e tranquillo.
-Murasakibara fa parte del vostro branco?
-No, lui è un Lupo solitario, non fa parte di nessun branco. Specialmente non del nostro.
Il maggiore sorride all'espressione infastidita del minore, ritrovando un briciolo della vecchia complicità che li ha uniti anzitempo.
Sapere quella parte del fratello lo ha aiutato di sicuro a capire molto di lui, per quanto lo abbia caricato di responsabilità. Si sente leggero, e ancora più legato a Taiga; percepisce il suo desiderio di proteggerlo più forte di prima, e sa che asseconderà questo capriccio egoista.
-Hai intenzione di far diventare un lupo mannaro anche me?
-No.
-Alex lo sa?
Scuote la testa, triste, abbassa le orecchie e smette di scodinzolare.
-No.
Si avvicina ancora, riuscendo senza altri problemi a sederglisi accanto. Tetsuya può guardarlo meglio, sia nelle sue componenti da Lupo sia in quello che gli rimane di umano: la forma e l'essenza.
Trova quel connubio davvero affascinante, per quanto particolare. E ha un moto di tristezza.
-Mi dispiace, Taiga.
-Per cosa?
-Per averti lasciato solo per tutto questo tempo.
Lo vede spalancare gli occhi, toccato. Ci vuole poco, però, che si sciolga in mille lacrime, e si appoggi alla sua spalla per continuare a singhiozzare, finalmente libero e non più solo.

 

Qualcuno si mantiene ancora a debita distanza, da quel gigante con il colore improbabile dei capelli, ma la maggior parte del branco del Seirin gli rimane vicino senza troppa preoccupazione: Tetsuya, il loro alpha, mostra tranquillità nel mangiare davanti ai suoi occhi, senza la minima traccia di preoccupazione addosso.
Hyuuga Junpei, lontano, sbuffa mentre seguita a mangiare il salmone che ha personalmente pescato, solo qualche ora prima, e accanto a lui Kiyoshi sorride pacifico e mezzo sdraiato, con la gamba storta rilassata sul suolo – gli fa compagnia, come ha detto esplicitamente quando lo ha raggiunto, per non lasciarlo solo e isolato, mentre il resto del gruppo rimane a scaldarsi attorno alle fiamme vive e accese del fuoco.
Da quelle parti, la sera scende presto, e nessuno di loro è così ben coperto da sfidare temerariamente la temperatura dell'artico; inoltre, Tatsuya non ha pelo a disposizione per proteggersi dal freddo e dall'umidità, e nessuno di loro lo lascerebbe morire assiderato dopo quello che è stato fatto per recuperarlo e curargli le ferite. In quel momento, si ritrova a mangiare seduto tra le gambe di Atsushi, con gli occhi di tutti puntati addosso: è la prima volta che si mostra sveglio al branco, e questo desta non poca curiosità.
Lo hanno interrogato, ponendogli anche domande decisamente assurde. Qualcuno di quei Lupi non ha mai visto un umano vero e completo in vita sua, ne è rimasto affascinato.
Quanti anni hai. Quanto veloce riesci a correre. Cosa mangi di solito. Cosa fai nella vita per procacciarti del cibo. Se hai un alpha o un omega per te. O anche un branco, ovviamente di soli uomini. Riesci a camminare sulle tue zampe anteriori. Cose normali, dopotutto, e che avvicinano nel concetto e nel concreto due razze non così dissimili come l'apparenza potrebbe sembrare.
Tatsuya non chiede nulla, se non qualche cosa non troppo indiscreta, e Tetsuya è felice di rispondere a nome di tutti. Il ragazzo sente, percepisce in modo molto istintivo per quanto distinto, la sottile linea di potere che differenza il capobranco dal resto dei Lupi. Kuroko non si impone con la forza, ma con un carisma e un'autorevolezza che gli sono propri, e questo è davvero evidente.
Lo sguardo di Tatsuya, ad un certo punto, scappa per sbaglio verso la coppia a loro distante. Teppei ha finito il proprio cibo, e sembra tentare un approccio più intimo e morbido verso il compagno, che continua a rifiutarlo con imitazione di morsi e ringhi ogni volta.
Torna a guardare Tetsuya.
-Ma quindi... vi trasformate quando c'è la luna piena o cose del genere?
-È una condizione permanente, la nostra. La luna influenza solo determinati comportamenti o determinati avvenimenti.
Tatsuya lo guarda senza davvero capire.
-Per esempio?
-L'accoppiamento. O la stagione degli amori.
Qualcuno diventa rosso, dietro di lui, non solo sui capelli e nel pelo delle orecchie, ma per tutta quanta la superficie cutanea del viso – Taiga non lo guarda neanche, e questa è una risposta più che comprensibile.
Non vuole in alcun modo immaginare come sia, per lui, rimanere influenzato in qualcosa di così profondo e intimo. Non si ricorda la volta in cui hanno parlato di questioni del genere, presi da una realtà in cui il sentimento romantico non è mai stato davvero necessario.
Eppure, vederlo ora, mentre lancia occhiatine piuttosto equivoche al suo alpha privo di ogni imbarazzo e pudore, è come se gli stesse rivelando un mondo che Tatsuya non sentiva la necessità di scoprire.
Si ritrova in imbarazzo come l'altro, all'improvviso.
-Solo quello?
-No, è solo un esempio.

 

La mano di Atsushi ha una presa forte, sul suo ventre; non pesa, non grava, ma la sensazione che da è che non si smuoverà da lì per nulla al mondo. Il più grande degli Himuro non ha intenzione di forzarlo, in qualche modo, e si limita ad accarezzarne il dorso con le sue dita sottili e leggere – sembra che Atsushi gradisca, dai bassi gorgoglii che lancia dalla bocca contro la sua spalla.
Sente il suo respiro sulla pelle del collo, il battito del suo cuore contro la schiena. Si sente così tanto a suo agio che potrebbe, chiudendo placidamente gli occhi, addormentarsi lì senza il minimo sforzo, al sicuro e protetto da ogni cosa.
Atsushi non ha parlato quasi per niente, durante tutta la sera – ma lo ha stretto la seconda volta che un brivido di freddo gli ha scosso la schiena, ed è più caldo del fuoco anche da sopra i vestiti.
Muove la testa, facendo un suono strano e gutturale; lui alza la mano al suo viso e gli accarezza la guancia, in un gesto che gli viene del tutto spontaneo. Si china di lato, per riuscire a guardarlo: ha i lineamenti marcati, la mascella un poco sporgente e due occhi grandi come quelli di un bambino ed espressivi come pochi. Sembra così placido, nell'espressione, che non gli pare neanche sia proprio quello che lo sta stringendo in quel preciso istante in modo tanto possessivo. Forse è la sua presenza, ma il solo pensiero lo metterebbe in imbarazzo e non vuole realizzarlo coscientemente.
Come umano, come Tatsuya, sente la necessità di parlargli per definire determinate cose. Percepisce, come sempre, la forza che li lega, ora come quando Atsushi era Lupo. Gli sfuggono le parole precise, però, per definire quello che c'è tra di loro, e se non riesce a trovare nelle parole di lui la verità che gli serve ha l'impressione che non la troverà da nessuna parte.
Seguita ad accarezzarlo sul viso, anche quando Atsushi fa finta di morderlo all'orecchio. Ride, leggero.
-Io sono tuo, quindi?
Inizia con una domanda semplice, che non sottintende niente. Atsushi piega la testa in avanti, in una semplice risposta affermativa.
-Cosa significa questo, per te?
Sbatte le palpebre, senza capire dove stia l'incomprensione. In quei giorni ha ricominciato a parlare bene e in modo comprensibile, anche se le parole gli escono sempre molto lentamente e sembrano quasi essere prodotte dall'esalazione di una gola troppo vecchia. Non fa un bell'effetto, ma entrambi sanno quanto sia necessario.
-Sei mio.
L'altro sorride ancora, comprensivo e paziente.
-Anche Taiga è mio fratello. Alex mia madre. Tu cosa sei, per me?
Al nome del fratello, Atsushi lo stringe: rimane sempre una punta di gelosia consapevole, in lui, che lo porta a odiare quel qualcuno con cui il suo essere umano è irrimediabilmente legato.
Ma per lui il concetto di legame vero e proprio ha anche altre mille sfumature, ed è sua convinzione che ben c'è qualcosa di più forte di un semplice legame di sangue: un legame voluto, cercato, che unisce per l'eternità.
-Io sono tuo. Sono il tuo Lupo.
Atsushi non è stupido, e per quanto l'altro non lo dica in modo sgarbato, è chiaro che non abbia capito.
-Sono... una parte della tua anima.
-Perché?
-Hai... ballato con me sotto la luna... nessun uomo lo avrebbe fatto.
Questo lo fa arrossire e abbassare gli occhi, imbarazzato e ha disagio. Lo ricorda bene, anche se sono passati quasi due anni. La sua mente lo ha catalogato come uno dei tanti episodi che hanno unito lui e Murasakibara, nulla di più – forse perché legato a un momento molto triste della sua vita, e quindi non propriamente collegato a eventi positivi.
Taiga era isterico da giorni, a casa, rispondeva male a lui e Alex, era inquieto in modo strano e nessuno dei due riusciva a calmarlo; è stata la prima volta, e anche unica, in cui lui ha dato un pugno al fratello, ed è stato così umiliante e mortificante da obbligarlo a scappare via.
Quella sera, come altre, venne trovato da Murasakibara, e insieme diedero un saluto alla luna piena.
A pensarci ancora una volta, è più che imbarazzante.
Sente le dita di Atsushi prendergli il mento e indirizzarlo di lato, in modo che torni a guardarlo in faccia.
-I tuoi occhi hanno incontrato... i miei e abbiamo ballato... assieme.
Corruccia l'espressione, un poco contrariato. Non lo vuole ammettere, ma in realtà quello sguardo, quella convinzione, quella mano e quel calore, quegli occhi e quel tutto sarebbero un motivo sufficiente.
-Questo per te basta?
Atsushi lo bacia, all'improvviso, e questo fa fermare il tempo in quell'istante.
-Non lo senti?
Non capisce molto la convinzione del suo tono e la placida, tranquilla ovvietà con cui l'altro si esprime: dalle sue parole, sembra tutto così semplice, e tutto così complicato allo stesso tempo.
Sente il cuore battere, sia il proprio che il suo.
-Non c'è morso che ci... unisce, eppure il tuo cuore risponde al... mio.
Ha ragione, Atsushi ha pienamente ragione. Le dita di lui gli stringono il viso, e ancora la bocca gli si avvicina.
-Non lo senti?
C'è un poco di pudore consapevole, a quel punto, perché la ragione non può abbandonarsi totalmente senza pretendere almeno una minima parte. Atsushi, però, non lo ascolta.
-A-aspett-

 

 

 

A dark shadow has woken up inside of me
Sparks fly in my eyes as I look at you
Everyone step away from her (step away)

 

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Capitolo 7
*** *6* – The hidden thing within me has opened its eyes now ***


*6*

The hidden thing within me has opened its eyes now

 


 

Ha le labbra morbide – Tatsuya finalmente registra questo particolare, e i suoi nervi impazziscono di più, per quanto gli sembri impossibile. Anche la lingua è morbida, e calda, e ha un sapore molto simile alla carne dura che hanno mangiato non più di un'ora prima. C'è un sacco di saliva e rumori umidi quando Atsushi si mette a succhiare qualcosa, che sia la sua intera bocca o soltanto una piccola parte; non riesce più a parlare né a esprimersi in alcun modo. Ha la testa leggera e pesante, le braccia intrappolate tra il proprio corpo e quello di lui, l'unico occhio che riesce a vedere al di là della frangia ormai sporca e lercia spalancato oltre ogni dire.
Il viso rosso e il respiro spezzato.
Se quello è soltanto un bacio, non osa immaginare il resto, tra imbarazzo e disagio.
La mano di Atsushi che gli tiene fermo il mento scende al suo collo e graffia appena, alla ricerca della pelle nuda; l'altra semplicemente stringe il fianco, perché lui possa avvicinarsi e non tentare di scappare. Ma a quel punto, con la sua lingua che esplora ogni anfratto più recondito della bocca e della gola, gli sarebbe difficile persino il pensiero della separazione, men che mai riuscire ad attuarlo.
Cerca di respirare, contro il suo viso. Prende fiato spalancando le labbra, e Atsushi ne approfitta per trovare una nuova angolazione al loro bacio. Si capisce da come si muove che non l'ha mai fatto prima di quel momento, a differenza di Tatsuya: è soffocante, energico, imperante, e non sa come dare senso alle sue movenze.
Eppure, riempie ogni cosa, specialmente i pensieri e le sensazioni.
Ingoia saliva. Sente le dita di lui cercarlo e intrecciarsi alle proprie, alla fine trova anche la forza di volontà di rispondergli senza farlo sembrare sottomesso o impacciato – Atsushi se ne rende conto, con il suo sguardo che pare come illuminarsi.
Si spinge contro il suo viso: il Lupo risponde.

 

-Non può rimanere qui ancora a lungo.
Nove giorni, da quando Tatsuya si è perso nella foresta. Cinque da quando è con il branco del Seirin.
Kuroko Tetsuya, formato Lupo o formato uomo che sia, non ha mai conservato la discrezione del tergiversare, e si è sempre espresso in modo molto diretto, specialmente al suo omega, causando non pochi episodi pieni di imbarazzo e ira. Kagami Taiga, formato Lupo o formato uomo, sa mantenere il proprio spirito indomito nonostante la scortesia dell'altro, senza calibrare necessariamente la propria gentilezza a seconda dell'umore altrui: una coppia formata da due individui singoli, non da due metà complementari.
Tetsuya sa riconoscere i cambiamenti d'umore in tutti i suoi gesti e in tutte le sue espressioni facciali – in particolar modo quando non crede di ricevere la dovuta attenzione.
-Tuo fratello deve tornare con gli esseri umani.
L'altro mugugna appena, continuando a guardare la grotta dove Tatsuya e Atsushi si sono ritirati, dopo aver lasciato che tutti potessero ammirare il loro intenso scambio di opinioni. È nervoso, parecchio.
-Lo so.
-È pericoloso che rimanga qui, per lui prima che per noi.
Gli scappa un tono eccessivamente alto e rabbioso, quando lo guarda in viso.
-Lo so, ho detto!
Un momento di silenzio, anche tra di loro, e il più alto viene colorato di imbarazzo sulle guance. Non perché è l'alpha, ma perché c'è stato dell'evidente sgarbo nelle sue parole. Abbassa gli occhi, con la coda che ancora frusta l'aria dietro di lui.
Tetsuya lo trascina fuori dal suo stato con poca gentilezza.
-Cosa ti preoccupa, Taiga?
-Murasakibara.
-Atsushi- kun non farà del male a tuo fratello.
Lo guarda di nuovo, con rabbia sottile. Ha le orecchie basse e rughe attorno alla bocca, come un lupo che trattiene a stento un latrato minaccioso. C'è qualcosa di molto passionale, sempre, in lui, e se da una parte quella è una delle cose che più attrae Kuroko dall'altra crea non pochi problemi di comunicazione con Tetsuya.
-Tu sei un Lupo, hai una concezione ben diversa del pericolo! Tatsuya è in pericolo fintanto che rimane con lui! Come faccio a non pensare che gli può fare del male in ogni momento?
Comincia a gesticolare, preso dalla propria stessa foga.
-Potrebbe graffiarlo! Morderlo! Fargli qualunque cosa!
-Non è così avventato.
-Come fai a dirlo? Come fai a dire che quello che vedi è l'Atsushi che tu ricordi?
Lo sguardo del capobranco si scurisce, prendendo la precisa forma della severità. Non che non riesca ad ammettere per sé qualcosa come l'errore di giudizio, ma crede di conoscere abbastanza bene il compagno da non rivolgergli troppi timori di sorta.
-I suoi occhi sono sempre gli stessi.
-Ti basta questo per fidarti?
-Sì, mi basta questo.
La sua sicurezza si scontra con quella di Taiga, e non è una questione di ruolo o di predominanza quella che fa piegare le spalle del ragazzo con i capelli rossi e lo fa rannicchiare a terra, perso.
-Non può essere così semplice.
La sua, più che altro, è vera preoccupazione: lui ha un fratello da perdere, qualcosa di concreto che non può essere in alcun modo sostituito. E per quanto si fidi di Tetsuya, non può mettere a tacere tutti i propri sentimenti semplicemente per altruismo o amore.
Tetsuya smette di guardare le sue orecchie rassegnate, fissando un punto imprecisato della bocca della grotta di Tatsuya e Atsushi.
-Quello che a me preoccupa è se è disposto a lasciarlo andare.
Avanza di un passo e incrocia le braccia al petto, pensieroso.
-Non ho idea di cosa pensi a riguardo, ma di sicuro non può seguire Tatsuya- kun al villaggio degli uomini. Farglielo capire sarà un grosso problema.
Qualcuno ulula, lontano – Koganei, ancora appoggiato al ventre di Mitobe, alza le orecchie in aria, cercando di riconoscere il fautore di un tale canto senza luna. Ma lui è troppo giovane, troppo piccolo e inesperto per riconoscere la voce sicura e scura di Aomine.
Murasakibara, invece, risponde al suo richiamo, con un lamento lento e prolungato.

 

Tatsuya si sveglia per la prima volta tra le braccia di Atsushi, morbido sotto il capo. Piega le labbra contro la sua pelle in un sorriso calmo, prima di ricordare l'ultima attività che li ha visti entrambi coscienti – non cambia espressione, ma trattiene qualche secondo in più il proprio fiato.
Si è sorpreso, più di ogni altra cosa, della mancanza di imbarazzo da parte dell'altro, ma è un'osservazione che non è stata accompagnata da alcun tipo di disagio.
Il dolore alla spalla è stato circoscritto in una zona precisa, una volta divenuto meno intenso. Il fianco, invece, gli fa decisamente male ogni volta che si muove, ma Kiyoshi gli ha detto che le strane erbe che è costretto a ingerire a ogni passo velocizzano la cicatrizzazione e fanno assorbire meglio il colpo. Quelle sono amare, senza ombra di dubbio, pur essendo tanto efficaci.
Scivola fuori l'abbraccio del Lupo ancora addormentato, strisciando quasi per terra. Il rumore di foglie smosse non lo sveglia, e questo è un bene. Arriva a appoggiarsi alla parete della roccia con una mano, cercando di bilanciarsi per prendere equilibrio; si appoggia prima di tutto alla gamba sana, facendo leva su quella e riuscendo ad alzarsi dopo un paio di tentativi. Quando è in piedi, con la schiena quasi del tutto appoggiata alla parete, comincia pian piano a bilanciare il peso anche sulla gamba lesa. Quella risponde con una fitta di dolore meno intenso di quello aspettato. Tatsuya fa un passo rapido, sempre appoggiato alla superficie rocciosa, e gli riesce non troppo difficile. Per la felicità che lo prende, ne fa subito un altro, ma si sbilancia troppo e quasi cade per terra.
Con più attenzione, riesce a uscire dalla piccola grotta da solo senza più inciampare.
Fuori, accanto alla cenere rimasta del focolare, trova già sveglio Junpei, che lo guarda con un cipiglio decisamente scocciato prima di capire esattamente cosa stia facendo. Poi gli guarda la gamba e quindi capisce: gli si avvicina con velocità, per sostenerlo.
-Attento! Non dovresti già sforzare la tua gamba.
Lo prende per la spalla buona, aiutandolo tanto a camminare. Appena sollevato a quel modo, Tatsuya trova più facile avanzare e non sente tutto quel dolore.
Il suo viso è tutto un sorriso.
Il Lupo lo conduce vicino a un tronco, con l'intenzione di farlo sedere lì e non farlo muovere più, ma prima di arrivarci qualcuno nota che sono svegli e si avvicina.
-Tatsuya!
La coppia si volta quando Taiga è già ben vicino – ha gli occhi spalancati, non si capisce bene se per preoccupazione o semplice meraviglia. Tocca appena la vita del fratello, forse per paura di vederlo infrangersi da un momento all'altro, oppure che quello non sia reale.
Il maggiore muove la gamba davanti a lui, arrivando persino a far ruotare il piede senza troppo sforzo.
-Sto guarendo.

 

Quella mattina, il maggiore degli Himuro mastica con più convinzione le erbe fresche che è riuscito a rimediare. Kiyoshi lo guarda con una certa soddisfazione, mentre non fa più quelle brutte facce e i suoi denti si colorano di un verde quasi giallo.
Più di lui, è stato Junpei quello a pensare al fatto che, magari, le medicine adatte a un Lupo potessero essere pericolose per un essere umano, quando la prima volta Teppei è tornato dalla sua perlustrazione del bosco e ha ricoperto ogni singola ferita di quel ragazzo con un composto verdastro di tre erbe diverse e la saliva del compagno. Kiyoshi non ha mai pensato di avere dubbi a riguardo, è stato molto fortunato ad avere ragione anche quella volta.
Da quando è diventato zoppo e quindi ha perso il titolo di capobranco del Seirin, ha avuto un sacco di tempo e molta meno preoccupazione in corpo per poter studiare approfonditamente le proprietà delle mille erbe che la loro foresta offre. Ha potuto provvedere ai vari mal di pancia che Koganei, mangiando ogni cosa dall'aspetto vagamente commestibile, si procura quasi ogni giorno, o anche ai vari mal di testa di Kagami che, preso dalla sua foga e dalla sua vitalità, ancora non capisce che da uno scontro tra la sua testa e il tronco di un albero ne esce peggio lui.
Un Lupo non è fragile e debole come potrebbe esserlo un animale normale, ha un potere rigenerante in grado di tenerlo fuori pericolo per la maggior parte degli incidenti, e ben pochi punti deboli. Argento a parte.
Eppure, Kiyoshi crede che una vita condotta con più consapevole, senza quello sprezzo totale del pericolo che divide gli avventati dai veramente coraggiosi, sarebbe più degna per tutti loro. Non che il suo carattere lo allontani troppo da zuffe o battute di caccia particolarmente truculente, ma di sicuro aiutare la natura a fare il suo corso non è una cosa da ritenersi troppo malvagia.
Guarda tutte le ferite del ragazzo, una dopo l'altra. La soddisfazione palese sul suo viso dovrebbe essere quantomeno indice del risultato raggiunto, e l'altro se ne accorge subito: ha lo stesso sguardo felice del dottor Imayoshi, e si chiede se non sia qualcosa che accomuna i medicanti di tutte le razze.
-Fra quanto potrò tornare a camminare?
Kiyoshi fa il gesto di dargli una pacca, forte e tutta allegra, sulla spalla, ma lì vicino c'è Junpei che intercetta la cosa e gli impedisce di fare un'altra terribile sciocchezza.
-Meno di un mese e sarai come nuovo!
L'essere umano si illumina più di prima, continuando a masticare qualcosa che ormai non c'è più neppure nella sua bocca. Ne ha ancora una buona scorta da dargli, anche se con ogni probabilità dovrà andare di nuovo nella foresta a prenderne un altro poco perché lo conservi anche per i giorni futuri. Troppe volte al giorno di quella roba alternerebbero in modo non sano già il metabolismo di un Lupo, lui non è così sciocco da scommettere sulle vite altrui.
-Come mai la tua ferita non è guarita?
La domanda di lui lo coglie all'improvviso, decisamente impreparato. Tatsuya indica la sua gamba, quella che è zoppa in maniera evidente.
Teppei abbassa lo sguardo, muovendo appena il proprio arto – diventa un po' triste, nell'espressione, ricordando cose davvero molto poco piacevoli.
-Il danno che ho io è decisamente più grave di quello che hai tu. Se riesco a camminare, è già un miracolo.
Aggiunge un semplice dettaglio, allo sguardo neutro del suo interlocutore.
-Avrei potuto perdere totalmente la gamba.
Tatsuya si sorprende, anche se di poco e per poco. Si è sempre figurato, per una questione di vicinanza, quali siano le dinamiche precise della vita di un lupo, anche se ancora fa fatica ad applicarle a qualcosa di così simile all'essere umano come può esserlo Kiyoshi.
Immagina, a ragione, una battaglia o una lotta particolarmente accesa, e stupisce Teppei con una domanda parecchio scomoda.
-Chi lo ha fatto?
Lui ha cominciato già a ridere, in evidente imbarazzo.
-Non è importante che tu lo sap-
Lo interrompe Junpei, suo compagno da così tanto tempo da sapere tutto di lui – e da ricordare ogni cosa, piacevole o spiacevole che sia, soprattutto il rancore e i compagni caduti.
-Murasakibara.

 

Torna nella propria grotta e Atsushi dorme ancora. Viene lasciato solo con lui da Junpei, che prima di sparire lancia un'occhiata davvero brutta all'enorme Lupo disteso a terra; lo saluta con un sorriso, e si avvicina all'altro.
Gli si siede accanto, poggiando una mano sulla sua spalla per svegliarlo.
-Atsushi. Atsushi, devi aprire gli occhi.
Il Lupo non si muove neanche un poco, e neppure il tono del maggiore degli Himuro diventa più duro, anzi: ha quasi un fare materno, di sicuro assai accomodante.
-Atsushi, non fare i capricci.
Si muove solo per stringersi in posizione fetale, inglobandolo in una sorta di abbraccio inconsapevole. Tatsuya sbuffa e gli accarezza il viso.
-Atsushi, svegliati.
Finalmente apre un occhio, fissandolo.
-Non ho voglia.
Sorride, davvero divertito. Continua ad accarezzargli il viso, senza fermarsi.
-Devi farlo lo stesso, anche se non ne hai voglia.
L'altro si lamenta e nasconde il viso tra i lembi sporchi dei suoi vestiti. Muove le orecchie con fare annoiato, ma altri movimenti non ne compie, almeno non prima di cominciare a scodinzolare.
Tatsuya lo troverebbe alquanto tenero, se non avesse un grave peso sul cuore.
-Tu conservi i ricordi di quando diventi Murasakibara, giusto?
La voce di lui arriva ovattata.
-Sì.
-Ricordi proprio tutto tutto?
C'è una pausa evidente, prima della nuova risposta.
-Non proprio tutto tutto.
-Cosa non ricordi?
Il Lupo si stringe a lui, con la pretesa anche di palesare un sonno leggero che lo liberi dalla responsabilità di qualsiasi ulteriore risposta.
-Atsushi?
Silenzio ancora, e pian piano la sensazione di completa soddisfazione della sera prima lascia il cuore e la mente del ragazzo umano.

 

***

 

Makoto passa lo straccio liscio un'altra volta, lungo la canna del proprio fucile. La cura con cui muove le dita è dettata da anni di esperienza e preparazione, le stesse che lo hanno aiutato a scegliere le pallottole giuste per la propria preda.
Piombo puro, due centimetri di diametro: neanche un orso riuscirebbe a uscirne indenne, men che mai dei lupi un poco cresciuti.
Qualcuno fa scattare il manico, punta l'occhio nel mirino e mima il gesto dello sparo. Manca solo l'eco dell'esplosione e la preda agonizzante sul terreno, dopo è tutto così preciso da sembrare reale. Qualcuno sorride, lui gli risponde prontamente.
Da quando suo padre è mancato, lui ha sempre cercato una risposta per la sua perdita. Ferite di quella profondità e di quelle dimensioni non potevano, di certo, avere origine prettamente animale.
Quanto si sbagliava, Makoto – quanto è ridicolo ora il pensiero del suo sbaglio, nella stessa mente.
Sempre bestie sono, sempre prede e futuri trofei per il proprio orgoglio.
Posato il panno, toglie la sicura con un piccolo click. Attorno a lui, gli uomini che ha scelto per la battuta di caccia gli si avvicinano appena, attendendo ordini.
Pare quasi un branco di lupi, a vedere i loro sguardi.
-Andiamo!

 

 

 

 

I’ve fallen for this irresistible

Powerful feeling and I’ve let go [of myself]
I like simplicity
The hidden thing within me has opened its eyes now

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Capitolo 8
*** *7* – If you don’t back away ***


*7*

If you don’t back away

 




 

Murasakibara corre tra le dune bianche di neve.
Non lo ferma il freddo, non lo ferma il ghiaccio su cui scivola, non lo ferma il terreno duro pieno di sassi né l'odore della proprietà precisa di un territorio. Corre senza volontà, per scaldare il fiato che ha nei polmoni e per sentire il vento tra le pieghe del pelo cupamente rosso.
Spezza i rami bassi degli alberi scuri al suo passaggio, con il capo e con le spalle, non si cura neppure del terrore che espande tra le piccole anime degli animaletti del luogo – una lepre salta fuori a un mucchio di rovi, per poi sparire alla vista con neanche l'eco dei suoi passi accelerati.
La furia è qualcosa di ben diverso da ciò che è racchiuso nel suo sguardo: totale assenza, mancanza di contatto con la realtà. E forse fa più paura quello che tutto il resto.
Non mostra interesse, e torna a guardare in avanti.
Il bosco si apre in una radura candida, che termina su un fiume coperto di ghiaccio. Le sue zampe fanno tremare il sottile strato, una crepa profonda si apre non troppo distante da lui e comincia a rendere incerto tutto.
Sente non troppo lontano qualcuno ululare: la luna non si smuove a pietà, come mai ha fatto, e rimane impassibile al centro del loro cielo. Non la guarda, disprezzando quell'astro come non ha mai disprezzato davvero nessuno, e la sensazione di astio come quella di smarrimento è tutto ciò che lo lega, in quel preciso istante, alla realtà fittizia di cui sono pieni i suoi occhi. È una sensazione che lo accompagna da quando la realtà è diventata troppo dura, troppo brutta per poterci davvero pensare, e tutto ciò che gli rimane in corpo è un dolore angosciante che necessita, in ogni modo e in ogni caso, di trovare giustificazione.
Ringhia, e nel scuotere la gola sente nel rigurgito il sapore di sangue fresco. Non di coniglio, non di cervo, non di orso; di Lupo.
Lui odia la luna, ma c'è chi ancora crede che possa dispensare bontà e buon futuro, che una volta raccolte le speranze di tutti ascolti i loro lamenti, ne sia custode e non ne sia indifferente.
Stupidi, stolti. Chi odia di più, sono proprio i Lupi che cantano a orecchi basse.
Ne ha trovati alcuni, sul proprio passaggio, quella stessa sera.
Tanti, piccoli e spauriti, come un branco di conigli colto alla sprovvista. È stato il loro sangue ad avergli bagnato i denti, il loro sangue che lui ha bevuto. Qualcuno lo ha morso, ha provato a rispondere alla sua rabbia cieca e alla sua forza, ma lui non ha neanche percepito – ha sentito però le ossa della gamba del capobranco spezzarsi, nella sua bocca, in maniera davvero distinta, e tutte le loro urla di agonia.
Ringhia, come quel Lupo ulula.
Tocca di nuovo la terra piena di sassi, e continua la sua folle corsa.

 

***

 

Atsushi non è molto contento di quello che vede, in quel momento. O forse lo è, da qualche parte nel suo cuore e nel suo animo, e riesce a nasconderlo fin troppo bene dietro un'espressione a dir poco scocciata.
Il viso del più grande degli Himuro esprime una ferma convinzione più che vero dolore, per quanto il piede infermo non riesca ancora a reggere il peso del ragazzo per più di qualche secondo. Il fratello minore, distante neanche mezzo passo da lui, lo guarda e lo scruta come se dovesse cadere a pezzi da un momento all'altro, con un'apprensione tale che si può chiaramente vedere in tutta la sua postura. Anche chi del branco è rimasto dalla battuta di caccia osserva, in modo più o meno partecipe, a quegli abbozzi di passi l'uno dietro l'altro dell'ospite umano, i cui inciampi e i cui successi sono accompagnati da piccoli sbuffi e da poco sonore esclamazioni, in ogni singolo caso.
Kiyoshi accompagna da dietro la passeggiata, con gli occhi puntati sulle ginocchia e sulle caviglie – senza Kuroko nei paraggi, è lui che diventa responsabile del gruppo lezioso, per quanto poca fatica questo gli costi.
Alla fine, quando Tatsuya si accascia di nuovo contro le spalle di Taiga, non è tanto preoccupazione quella che rivolge alla coppia.
-Per ora penso che necessiti dell'aiuto di un bastone. Lo accompagneremo ai bordi della foresta, da lì potrà anche proseguire da solo.
I fratelli sorridono, l'uno verso l'altro.
Atsushi si ricorda, per l'ennesima volta, come non abbia visto l'espressione di Tatsuya per l'intera mattinata, dalla veglia fino a quel momento. E certo non gli piace per niente.

 

-Tornerai al villaggio degli uomini?
Lo ha avvicinato lui, senza aspettare che Taiga o Hyuuga si allontanassero dalla sua persona. Il fratello in particolar modo lo guarda male, iniziando a muovere la coda ricoperta di pelo rossiccio – Tatsuya alza la mano per richiamare la sua attenzione, e con un cenno della testa cerca di calmarlo e di portarlo un poco alla ragione; ottiene qualcosa, anche se lo guarda mentre se ne va abbastanza scocciato e con le spalle palesemente tese.
Atsushi guarda solo lui, e pare addirittura più alto del solito. Non gli da una bella sensazione, sente quasi il disagio sotto pelle. Tuttavia, gli sorride dolce, senza troppo lasciarsi impressionare.
-Sì, direi di sì. È quello il mio posto.
Muove la coda, piano, e appare con un'espressione tra l'incredulo e l'incuriosito. C'è qualcosa, nella sua testa e nel suo pensiero, che non trova risposta o motivazione.
Più che ostilità, è fastidio ciò che ombreggia i suoi occhi, proprio verso la loro fine. Fa per allungare la mano, ma basta che Tatsuya lo guardi perché lui perda la voglia di muoversi.
-Non vuoi... rimanere?
Il ragazzo lo guarda in viso, per quanto può. Nota del movimento attorno a loro, e anche se non è del tutto invasivo rimane presente e un poco pressante. Del fogliame viene calpestato, e produce un suono secco di superfici che si frantumano.
-Non posso. Sarei solo un peso per tutti.
Atsushi si corruccia, come farebbe un bambino troppo cresciuto di fronte alle obiezioni del genitore davanti a uno dei suoi tanti capricci.
-Torneremo nella mia tana... solo io e te.
-Sarei un peso anche per te, Atsushi.
Ora qualcosa nella sua voce comincia a incrinarsi, pian piano. Qualcosa di simile all'insoddisfazione, anche se più profonda e schietta – Tatsuya mantiene la calma di fronte a lui, per quanto una mano sia andata a stringere il tessuto ancora morbido della maglia che ha addosso.
-Non è vero.
-Sì, lo è.
Trattiene un sospiro di fronte a lui, per evitare di metterlo di fronte a certi suoi sentimenti: ha l'impressione di non riuscire a comunicare come dovrebbe, proprio a lui, l'ansia che lo ha preso da quella mattina, di sicuro non in modo diretto e del tutto veritiero.
Poi, di certo non ha intenzione di rimanere sporco di fango ancora a lungo, e questo desiderio nessun capriccio glielo può togliere o negare.
-Anche senza più ferite, dovresti proteggermi e darmi da mangiare. Io non posso mangiare le stesse cose che mangi tu, e non so difendermi dalle bestie che ci sono nel bosco.
-Posso fare... entrambe le cose. Senza problemi.
-La vita nel bosco è qualcosa a cui non sono abituato. Ci sono mille cose che non conosco e che potrebbero non solo farmi del male, ma anche uccidermi.
Atsushi allunga le mani e lo tocca, leggero, sul profilo – percepisce chiaramente il brivido che coglie, in un attimo, l'intero corpo del più vecchio degli Himuro, e la cosa non gli piace per niente.
Qualcosa, ancora, nella sua voce si modifica, e ora si avvicina più a una muta richiesta di vicinanza.
-Ti insegno io tutto ciò che serve.
Quel ragazzo ha addosso l'odore della paura, che non è buono, non è buono affatto.
E per quanto sorrida, per quanto gli sia davanti fermo e immobile, per quanto lo guardi, non ha ancora capito che non può nascondergli nulla.
-Atsushi, io e te siamo diversi per troppe cose.
Questa volta è Tatsuya ad allungare la mano verso di lui, per accarezzarlo. È freddo, e per nulla piacevole.
Atsushi vuole il suo Tatsuya, quello che gli piace tanto.
-Tornerò nel bosco a farti compagnia, come sempre ho fatto...
Lo guarda male, e il ragazzo percepisce distintamente una vena di ostilità in lui.
-Perché allora sei rimasto qui... così tanto a lungo? Perché non siamo tornati alla mia... tana?
-Perché il branco di mio fratello mi ha aiutato a guarire.
-Lo avrei fatto anche io!
Alza la voce, di poco ma lo fa. Sui bordi della bocca ci sono delle piccole pieghe, uguali a quelle che stanno sul muso di ogni lupo. La smorfia che ora ha lui le demarca, e fa un poco impressione.
Tatsuya non si fa ancora impressionare, e vince la tentazione di fare un passo indietro.
-Nella tua grotta avrei aspettato di guarire da solo.
Il ragazzo cerca di ammorbidire la voce, per quanto può.
-Atsushi, io ti sono davvero grato per avermi salvato la vita. Senza di te, sarei morto in quel burrone. Ma questo non tog-
Ma viene interrotto da un ruggito che scuote anche gli altri Lupi presenti.
-Non mi interessa la tua gratitudine, non la voglio.
Scuote il capo, le braccia e le spalle. Fa qualche passo, indietro e attorno a lui, come se lo stesse braccando per attaccarlo. Ha la coda che si muove impazzita, e le orecchie tra i capelli distese all'indietro.
-Non me ne faccio assolutamente niente.
Lo vede stringersi e lo sente freddo, tanto da ferirlo più di qualsiasi ghiaccio.
-Cosa ti interessa, allora?
-Io voglio te.
-Perché?
-Te l'ho già detto.
C'è una punta di disprezzo che gli fa male, a quel punto, nelle parole di lui – e se avesse anche più calma in corpo, forse capirebbe che è più una provocazione che altro, senza pensare a chissà quale dimostrazione di odio nei suoi confronti.
L'uno e l'altro hanno paura, per motivi diversi.
E certo Tatsuya non è per niente controllato quando infierisce con qualcosa che è solo un suo pensiero e nessun ragionamento pensato e logico: la differenza nata dall'incomprensione è fittizia esattamente come la loro lontananza, in quel momento più che mai.
-Forse un Lupo intende in modo diverso il significato di un legame, ma per me non è una cosa così istintiva e così ormonale. Abbiamo condiviso dei bei momenti, so di essere attratto da te, ma non credo che questo basti a sancire nulla di profondo.
Atsushi ora grida, pieno di rabbia e di frustrazione. Lo prende per le spalle, incurante del dolore di lui e della smorfia quasi di ribrezzo che si lascia sfuggire ritrovandoselo con il viso troppo vicino.
-La stupidità umana è troppo grande! Anche tu sei uno di quelli che non capisce... finché non ha prove concrete ed evidenti! Sei cieco, come tutti gli esseri umani!
Lo scuote, potendolo fare, con le sue mani grandissime, donandogli la precisa sensazione sgradevole di essere totalmente impotente di fronte a lui.
-Te lo farò sentire, allora!
Lo morde sulla spalla ferita, del morso che unisce le anime dei Lupi.

 

Percepire attraverso la ferita anche l'intenzione offensiva dell'altro non è per nulla piacevole: fa esplodere ogni cosa, nella sua mente, come se niente avesse più senso o importanza se non quello specifico sentimento. E quando si fa dell'odio altrui il proprio mondo, anche se solo per un attimo o se solo per un singolo istante, poco può salvare da un assoluto rosso e spaventoso.
Dura poco, l'atto in sé. Atsushi lo tocca con quelle zanne da Lupo, penetra la carne della sua spalla in modo così improvviso che nessuno dei presenti riesce a reagire prontamente; la vecchia ferita non del tutto guarita torna a pulsare, più dolorosamente di prima, e gli sembra di avere uno squarcio in quel punto come non ne ha mai avuto prima.
Tatsuya si accascia a terra, con la spalla alzata. Guarda il viso dell'altro allontanarsi, con il mento e le guance rossi di sangue – del suo sangue: riconoscerlo e capirlo contrae di paura e terrore lo stomaco, aggiungendo dolore al dolore.
Sente caldo colare, su tutto il petto, e la percezione di ogni cosa si azzera. Percepisce ma non sente suo fratello avvicinarsi con un ringhio, veloce, e i ruggiti degli altri Lupi.
Il suo capo ciondola in avanti, con la volontà annebbiata. Diversi sussulti lo scuotono appena, non sa dire se per colpa del suo cuore impazzito o per altro.
Lo sente arrivare piano, confondendolo con la sensazione di calore del sangue che scivola sulla sua pelle. Una sensazione diversa, che parte da quella spalla e lo irradia tutto. Non è più dolore, anche se provoca lo stesso fastidio pungente.
Si accorge di non aver respirato per tutto quel tempo: è come prendere un sospiro profondo, che riempie di ossigeno ogni cosa. Specialmente il cervello.
E gli occhi. E il naso. E la bocca. E le orecchie. E tutta la pelle.
Febbre e frenesia, una scossa elettrica che supera il suo stesso concetto di estasi – rimane per neppure un istante e non è afferrabile, ma sa che è avvenuto.
Quando alza di nuovo lo sguardo, ingoiando la saliva depositata sotto la sua lingua, il mondo gli si rivela come qualcosa di cambiato. Più particolari che stimolano il suo cervello, più dettagli specifici.
Lo capisce anche senza che nessuno glielo spieghi, a quel punto. Sa di non essere un Lupo, perché la sua forma fisica non muta né l'essere nel suo intimo, rimanendo integro almeno in parte.
Atsushi lo guarda, dopo aver calciato via Taiga con un ringhio rabbioso. E come Tatsuya ha qualcosa di suo, lui ha qualcosa dell'altro.
Non è più niente di uguale, non c'è niente di replicabile o che vagamente gli possa assomigliare. Sa di appartenergli come appartiene alla vita, da quel momento in poi.

 

Atsushi, però, non ha previsto una cosa.
Nel momento della condivisione, tutto del partner diventa più intenso: sentimenti, finalità, intenzioni, e anche paure. Così, quando procede verso Tatsuya di qualche passo, per tornare a toccarlo come ha fatto prima, la realtà della sua paura e del suo disagio quasi lo schiaffa in viso e tenta in ogni modo di allontanarlo.
Il maggiore degli Himuro non ha cambiato il proprio cuore, in quel frangente, e si è rivelato di carattere più forte del destino imposto.
Questo, al Lupo, fa male. Tanto male da portarlo alla ragione, e a fargli capire la gravità del suo gesto: il ragazzo non lo guarda ancora, oltre il muro di ghiaccio freddo che ha eretto a propria protezione.
Ringhia e urla, tra la disperazione e la paura – sa che l'altro la sente, fin troppo bene.
E per orgoglio e per vergogna, Atsushi si volta e Murasakibara scappa via.

 

If you don’t back away then

I don’t care if you get hurt


 

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Capitolo 9
*** *8* – I’m already a fool ***


*8*

I’m already a fool

 

 

 

La coda di Junpei frusta l'aria per l'ennesima volta quando, tra le sue mani, i bastoni per accendere il fuoco si spezzano e non producono alcuna scintilla. Pare proprio che anche quella sera mangeranno coniglio crudo.
Il Lupo ringhia, si alza di scatto e calcia lontano qualche pietra, con il pelo tutto gonfio di rabbia e irritazione profonda. Ha lo sguardo che scatta in ogni direzione e non riesce a fermarsi in un solo posto. Gli artigli sono sfoderati contro il nulla, pronti però allo scatto.
Teppei pensa che sia il caso di dare sfogo a un'ira del genere.
-Questo è un grosso guaio.
Non lo guarda ancora, continua a muoversi in cerchio come se stesse braccando qualcosa – l'adrenalina è nella stessa quantità, nel suo sangue, non scema in ogni caso.
-Quell'idiota di Murasakibara! Cos'aveva in mente?
-È probabile che non sapesse cosa stesse facendo.
L'altro si gira veloce nella sua direzione, guardandolo male.
-No, non è probabile: è certo!
Indica verso la grotta dove il ragazzo è stato riposto, ancora in preda alle convulsioni. Nessuno di loro aveva visto un essere umano morso, Taiga si era legato a Kuroko in maniera discreta e molto meno plateale, quindi non aveva dato mostra di sé.
-Ora quel ragazzo avrà pure un altro problema!
-Taiga lo ha capito?
-Certo che lo ha capito! Mica è così cretino!
Ringhia, e Teppei non gli dice nulla a riguardo: rimane paziente a guardarlo, come se stessero parlando in modo normale. Sono solo due modi diversi di manifestare preoccupazione.
Tra le mani di Teppei, d'altronde, viene formata freccia acuminata quanto inutile; il Lupo la butta via, sospirando ancora e muovendo le orecchie nell'aria, cercando di captare qualcosa.
Niente, assolutamente niente.
-Non possiamo permettergli di andare da Atsushi. Si ammazzerebbero a vicenda.
Junpei impreca, forte.
-Che situazione di merda!
C'è un ululato, lontano, che loro non riconoscono né sentono davvero. Aomine segue tutto, da lontano, e corre sulla neve bassa ai confini del territorio del Seirin, veloce come un razzo: avvertirà chi di dovere degli ultimi sviluppi e del ritorno di un folle e disorientato Murasakibara in quelle lande silenziose.
Altro ringhio, che si infrange contro le rocce lisce.
-Dov'è finito Kuroko? Perché non torna?
-Non ti arrabbiare con chi non c'è. Sembri ancora più isterico.
Junpei si rivolge con ulteriore stizza al compagno, gli si avvicina e fa quasi per toccarlo – il Legame che li unisce permette loro di comunicare anche oltre la fisicità, oltre le parole e oltre i gesti. Se Teppei riesce a non lasciarsi impressionare dal suo compagno non è solo per carattere, ma perché non ha permesso al Legame di annullarlo per l'altro: questo è, d'altronde, il segreto per quel qualcosa che aspira alla perfezione e all'immortalità sentimentale.
Si alza dal suo posto e gli va incontro, con le braccia larghe.
-Conosco dei calmanti. Non sono tanta roba, ma almeno fanno effetto.
-Non calmerà la febbre del ragazzo!
-Ma aiuterà a vincerla.
C'è un momento in cui quasi Junpei si ritira, con le orecchie basse e la coda tirata. Teppei non lo tocca, lo guarda in silenzio con mezzo sorriso rassegnato sulle labbra.
Calma i loro battiti, e li porta a una ragione calma e posata, per quanto frustrante.
-È l'unica cosa che noi possiamo fare.

 

Trema, anche quando apre gli occhi e si ritrova di nuovo a fissare il soffitto di roccia della grotta bassa. Non è dolore, quello che lo scuote, ma qualcosa che lo impregna di un'esigenza estrema. Sente qualcosa mancargli, e non sa neanche cosa.
Accanto a lui, nota un'ombra conosciuta.
-Cosa mi sta succedendo?
Taiga lo scruta ancora, riconoscendo in lui qualcosa di già visto e analizzato. È comunque chiaro che sta per parlare di qualcosa che non gli piace affatto – sia dai mormorii che si lascia scappare, sia dagli sbuffi che dalle occhiate di tralice.
Non lo tocca, ma non lo lascia da solo neanche un istante.
-Tu e Murasakibara avete condiviso il sangue.
Tatsuya non comprende, affatto. Tenta di alzarsi a sedere, scoprendo che non ci riesce: deve aiutarlo Taiga prima che cada di schianto contro il fogliame che gli fa da giaciglio, e non è una bella sensazione.
-Quindi?
-Quindi siete Legati.
Il fratello più piccolo capisce di non essersi spiegato. Il problema è che neanche lui sa bene come farlo, essendo nato umano. Kuroko, a tempo debito, aveva usato parole precise, concetti così estremamente romantici e intimi e personali che non riuscirebbe a ripeterli neanche volendo. Per quel ricordo, diventa rosso senza motivo apparente e abbassa lo sguardo.
Farfuglia anche qualcosa, giusto per non farsi fissare da un tremante Tatsuya e basta.
-Due parti della stessa anima, due molecole dello stesso atomo, quelle robe lì!
Il fratello maggiore ricorda come Atsushi abbia cercato di spiegargli un concetto simile, non più di qualche giorno prima. Non avrebbe mai creduto che potesse risolversi così, e non è tanto il dolore o la rabbia, quando la sorpresa. Quello che nessuno dei due sa, di molto importante, è che se il desiderio non è reciproco, il Legame non si crea – e basterebbe questo particolare per risolvere tutto.
Taiga decide che il silenzio, a quel punto, è davvero troppo pesante.
-È indissolubile.
L'altro si guarda intorno, come alla ricerca di qualcosa: le parole del fratello ora come ora non sono tanto utili, e vuole risolvere alcune faccende con ciò che gli interessa.
E fargli un sacco di domande.
-Dov'è Atsushi?
Il tono dell'altro si fa più duro, decisamente.
-È scappato via.
Lo scuote senza troppa forza, attento più che altro alla sua spalla e a non fargli troppo male.
-Tatsuya, torneremo presto a casa. Domani stesso! Non ti devi preoccupare!
-Atsushi deve dirmi qualcosa.
-Murasakibara non c'è, ora.
-No, tu non capisc-
Scoppia, quasi, preso dalla propria foga.
-Capisco benissimo! Devi calmarti!
Torna a guardarlo in viso, e questo lo calma davvero tanto.
Ricorda di aver avuto reazioni simili, se non più violente. Certo la cosa varia da soggetto a soggetto, e crede che anche gli altri Lupi abbiano avuto certi medesimi atteggiamenti ma diversissime reazioni.
Lui ha ululato, diverse notti, almeno finché Kuroko ha avuto la pazienza di stargli accanto.
È ancora rosso in viso.
-Sono gli ormoni che hai in corpo. Hai la febbre, è una cosa nuova per te.
-Tu sei Legato a qualcuno?
Più rosso in viso – anche Tatsuya si vergogna, a quel punto, a continuare il discorso.
-Sì.
-Passa in fretta?
-Non passa mai.
Lo guarda in silenzio, come se gli avesse appena rivelato una verità importante che lui ha sempre ignorato. Fissa il vuoto, abbassando gli occhi, e porta in modo istintivo la mano alla spalla morsa, lì dove ora il sangue di Lupo ha formato una grossa e perlacea cicatrice.
Il suo tono è, inaspettatamente, carico di aspettativa placida.
-Sarò per sempre legato a lui?
Taiga si sorprende della cosa, e trattiene il respiro.
Teme di aver capito.
-Tatsuya, ma tu...
Alza le orecchie, senza finire il discorso, e non si rende conto di aver drizzato la coda con cui termina la propria schiena. Anche gli altri Lupi sono sull'attenti, percependo con il naso qualcosa di nuovo che non hanno mai sentito prima.
Tatsuya sente poco l'imprecazione di Junpei, ma chiaramente le poche parole dopo.
-I bracconieri! Sono qui!

 

Uno sparo scuote la foresta appena risvegliatasi.
Aggrappato al pelo di suo fratello con entrambe le mani, Tatsuya sente l'aria sferzargli la pelle nuda del viso e spettinargli brutalmente i capelli. Ha gli occhi chiusi, non vede proprio niente – ma è forse grazie alla sua sensibilità resa più acuta dal morso di Atsushi che sente ciò che gli sta attorno, sia con il naso sia con l'udito.
La paura e l'ansia dei suoi compagni, prima di tutto. Si rende conto lui stesso di quanto poco stiano andando veloci, per esseri con zampe lunghe come quelle, e sa che non è propriamente colpa sua: Kagami lo regge perfettamente, non mostra alcun tipo di fastidio per il suo peso che gli grava sulla schiena, e il fratello ammira profondamente la forza fisica di cui è dotato, nella forma di Lupo.
La zampa di Kiyoshi, però, non può compiere determinati sforzi. Non come farebbe un Lupo normale, almeno, e per quanto lui si impegni a mantenere un certo tipo di ritmo, risulta in modo evidente forzato.
Seguono altri spari, dietro di loro.
Tra gli alberi dall'odore di resina ghiacciata e di gocce di acqua fredda, compaiono macchie di colore che sono gli animali in fuga. Fischia, in cielo, un piccolo falco scuro, che scruta con strana attenzione ciò che avviene a terra.
Sul terreno, troppe grosse impronte. Junpei, che apre la via, cerca di inoltrarsi nella foresta più che può, ricordando un altro possibile rifugio a pochi chilometri da quel preciso punto – anche se vicino alle tane degli orsi, davvero, non avrebbe mai voluto inoltrarsi.
Spera nella fortuna, in quel momento, e nella buona sorte che ha arriso loro negli ultimi tempi.
Maledice ogni cosa del creato quando sente uno sparo più vicino.
Kiyoshi può ben difendersi da solo, per quanto zoppo, ma rischia comunque di avere la peggio se gli avversari sono più di uno; Kagami ha il fratello da proteggere, e di certo non può agire come al solito, in modo energico; lui è un buon combattente, ma tutti gli spari che ha sentito e l'odore inspiegabile di essere umano nella zona gli suggeriscono che di avversari non ce ne siano pochi e che è meglio attuare una strategia difensiva, più che offensiva.
Fintanto che Kuroko non li raggiunge, assieme a Koganei e Mitobe, questo è il piano.
C'è una raffica di spari improvvisa, e quasi Kagami cade nel volgere la testa all'indietro, abbastanza sorpreso dall'avvenimento. Junpei ringhia, e comunica con i compagni in modo telepatico.
-Dobbiamo sbrigarci, venite!
Fa diversi metri in avanti, aspettandosi che gli altri gli vengano dietro.
Da una parete rocciosa piuttosto alta, spicca il balzo e atterra sul terreno morbido, pulito dalla neve. Lo fanno anche gli altri due, appena dopo.
Il Lupo non scorge niente al proprio fianco, e questo gli è fatale: una pallottola, grossa, lo colpisce alla zampa, piegando quella e facendolo inciampare fino a farlo schiantare a terra. Una volta con il muso tra il muschio verde, gli arriva nel fianco un'altra pallottola, che lo fa gemere e lo immobilizza per il dolore improvviso. Kagami e Kiyoshi si fermano subito quando lo vedono a terra, guardandosi attorno allarmati.
Ora li vedono, nascosti tra i cespugli e dietro i tronchi degli alberi: li hanno circondati.
Qualcosa colpisce anche Kagami, che si alza sulle zampe posteriori e ringhia più forte che può. Tatsuya si aggrappa al suo pelo e riesce a non cadere a terra, in quei pochi secondi.
Cade anche lui, però, con le spalle smosse da convulsioni e diversi ansimi irregolari: la pallottola conteneva tranquillizzante.
Si fanno esplicitamente avanti, quattro di loro, lasciando gli altri nascosti nell'ombra, con i fucili puntati su Kagami e su Hyuuga. Kiyoshi ringhia, con le orecchie abbassate, ma non sa chi puntare e cosa fare per non mettere in pericolo i suoi compagni. A quanto sembra, le ferite di Hyuuga faticano a guarire, e solo questo è in grado di farlo preoccupare davvero.
Hanno teso loro un'imboscata.
Uno dei cacciatori punta, e fa quasi il gesto di sparare – un ruggito che scuote, meglio del colpo di un cannone, ogni cosa, lo blocca e lo paralizza come il misero essere umano che realmente è.
Kuroko balza in alto e si piazza davanti al suo branco, candido e perfetto come la neve. Koganei e Mitobe, però, non di vedono.
Questo sembra soddisfare i cacciatori, che mantengono la posizione ma smettono di avanzare verso di loro. Kagami, a terra, percepisce l'arrivo di uno nuovo, di loro, contro cui punta ogni rabbia e ogni ostilità.
A Tatsuya bastano poche sue parole per riconoscerlo, nella persona e nelle intenzioni.
-Ci si incontra di nuovo, Himuro.

 

-Hanamiya?
Sorpreso, allibito, terrorizzato: Tatsuya non sa scegliere cosa provare, in quel momento, perché tutto gli sembra così assurdo che non riesce a pensare.
Eppure l'altro sorride, masticando qualcosa come una gomma, e zampetta su stivali morbidi e scuri brandendo la sua arma decisamente minacciosa. Il ghigno inconfondibile, il tono canzonatorio e quella sicurezza strafottente lo identificano come realmente lui.
-Sorpreso, Himuro Tatsuya?
-Cosa fai tu, qui?
Quasi gli ride in faccia, mentre lo prende in giro. Lui non è per niente sorpreso, e non nasconde questa sua ulteriore superiorità.
-Io? Io proteggo il mio villaggio, il mio paese e la mia nazione da brutali bestie assassine mangia uomini. In cambio della loro testa e delle buone pellicce da vendere sul mercato.
Gli fa il verso, dopo essersi espresso in quel tono quasi melodrammatico, e lo indica con la canna lunga del proprio fucile – palesa una finta sorpresa e una finta curiosità, che non esistono neanche in una singola cellula del suo corpo.
-Tu cosa fai, qui?
Kagami ringhia, accanto a Tatsuya, e il ragazzo fa l'errore di abbassare un solo istante gli occhi per guardare il Lupo dal pelo rossiccio. Si alza sui propri piedi quasi tremando, facendo un singolo passo nella direzione dell'altro ragazzo.
-Hanamiya, tu devi fermarti. Questi non sono lupi normali, questi son-
Lo zittisce il fratello, che gli strilla nella mente.
-Lo sa benissimo cosa siamo!
Dalle reazioni degli altri cacciatori, sembra che tutti abbiano sentito le sue parole. Sono sorpresi, ma non più di tanto: con ogni evidenza, Makoto Hanamiya ha spiegato loro diverse cose, come il doversi aspettare diversi particolari strani.
Non considera Kagami e neppure il maggiore degli Himuro. Il suo interesse è ben altro, e lo punta sfacciatamente.
-Tu sei il capobranco, vero? Sei piccoletto.
Kuroko lo guarda senza esprimersi in nessun gesto.
-Hai un odore familiare, umano.
-Mio padre è stato ucciso da uno di voi, durante una battuta di caccia.
Fa una faccia strana, una smorfia con la lingua, e si piega in avanti per avvicinare il proprio viso al muso del Lupo bianco, in un evidente segno di sfida.
-E ora mi prenderò la mia vendetta.
Prima ancora che Kuroko o gli altri capiscano davvero quello che ha detto, dal suo fucile parte un colpo, indirizzato al fianco di Kagami. Kuroko allora ringhia e fa per balzare in avanti, quando una raffica di spari immobilizza a terra lui, Hyuuga e Kiyoshi – per la prima volta, Tatsuya vede il suo manto candido sporcarsi di rosso, ed è una delle visioni più terribili che conserverà nel cuore da quel momento in avanti.
Hanamiya ride forte, mentre i suoi compagni ricaricano le proprie armi, uno dopo l'altro.
-La prima volta sono stato sprovveduto, ma poi mi sono preparato. Non potrò uccidervi con una sola pallottola, ma posso farvi abbastanza male da rendervi innocui.
Parte un altro colpo, e Kiyoshi guaisce forte.
-Visto?
Kuroko si rialza a fatica, molto lento, davanti ai suoi occhi. Lo affronta con coraggio e determinazione, quell'orgoglio degli esseri nobili il cui animo non è mai stato sporcato dall'ingordigia o dall'invidia. E si comporta da capobranco.
-Se è un lupo che vuoi, allora prendi me.
Per un paio di secondi Hanamiya fa finta di prendere in considerazione la sua proposta – e in effetti è allettante, perché avere un Lupo vivo nelle proprie mani è rimunerativo esattamente tanto come averlo morto, senza la difficoltà dell'uccisione in mezzo. Ma Makoto non è quel tipo di persona da scegliere la via più semplice, quando c'è di mezzo il dolore altrui.
-Oh, il tuo gesto è tanto nobile, signor capobranco. Ma io penso di aver un conto in sospeso con il più piccolo degli Himuro.
Guarda il Lupo rossiccio, con evidente gola.
-Non è vero, Taiga?
Gli punta addosso il fucile, e comincia a sparare senza fermarsi.

 

The one who’s stolen my entire heart
I am only a healthy sacrifice.
I’m already a fool. A goddess like you.
The owner who’s to pull out all of my teeth
I am only a faithful slave.

 


 

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Capitolo 10
*** *9* – Let’s erase everyone one by one except us ***


*9*

Let’s erase everyone one by one except us

 

 

 

Già in condizioni normali Tatsuya sarebbe toccato dalla scena davanti ai suoi occhi: non gli sfuggono certi particolari come l'odore della polvere da sparo e quella del sangue, men che mai i versi di dolore dei Lupi e le smorfie degli uomini che li circondano. Con la febbre che ha addosso, però, sembra tutto così intensificato che quasi impazzisce.
Si stende all'improvviso sul corpo martoriato di suo fratello, nel tentativo di proteggerlo.
-Basta! Ti prego, basta!
Hanamiya si ferma, di fronte a quella manifestazione d'intenti, e lo guarda abbastanza incuriosito. Non lo aveva previsto.
-Mi preghi, Himuro?
L'altro ragazzo alza il viso dal pelo rossiccio di Kagami, guardandolo con un'espressione non pensata, carica di pietà e di tragedia. Come in nessuna circostanza, Tatsuya non si sente in grado di salvare con le proprie forze il fratello, ed è una cosa frustrante e terribile.
-Smettila di fargli del male. Non merita tanto odio.
Sente il lamento di Kagami vibrare per tutta la cassa toracica, allo stesso lento ritmo del respiro affannoso – gli fa male, tantissimo. Evita però di abbassare lo sguardo, mantenendo il contatto visivo con il suo interlocutore umano.
Se Hanamiya abbassa la propria arma, invece, è per deriderlo un'altra volta, compiaciuto.
-Proprio tu lo dici, Himuro? Tu che hai sempre visto, sempre assistito, sempre guardato da lontano?
Anni e anni a passare a litigare e a picchiarsi con pugni e calci. Tatsuya è ben consapevole che suo fratello e Makoto si rivolgono odio genuino, non infantile quanto emotivo, istintivo. Con le ultime forze, si aggrappa a ciò che gli rimane di umano, o ciò che ha la pretesa di essere tale: la morale.
Non piega lo sguardo all'odio, ma nel tono gli sfugge notevole disprezzo.
-Quale infame risolve piccole e stupide faccende di scuola con le armi?
Hyuuga tenta di alzarsi, ma uno dei cacciatori lo punta in modo diretto e l'unica cosa che il Lupo può fare è guardarlo carico d'odio.
Hanamiya volta le spalle a tutti loro, agitando in aria il suo fucile.
-Tuo fratello, non solo è una testa di cazzo, che sempre deve mettere becco dove non deve, ma pure esprime opinioni che non interessano a nessuno e che nessuno vuole sentire. Crede di essere il paladino della giustizia e non sta mai al suo posto. È un animale, in tutto e per tutto.
Fa una pausa piena di melodramma, mentre le ferite dei Lupi si chiudono pian piano, facendo uscire dalla pelle spessa i bossoli dei proiettili.
-Tu banalizzi l'odio, ed è questo il tuo grande errore. Il branco di queste bestie ha morso a morte mio padre, riducendolo peggio di un colabrodo. Io ho visto quel che restava del suo cadavere, non era un bello spettacolo.
Il più grande degli Himuro urla, a quel punto. Non capisce la logica, non capisce la frenesia dell'altro – non comprende il motivo di una fame del genere.
-Ma anche tuo padre cacciava, come te!
Hanamiya si volta, di nuovo, a guardarlo. Sembra spiritato, niente di normale: non l'ha mai visto così, e teme che quello sia il suo vero io.
-E nella caccia vige un semplice concetto: occhio per occhio. Mi riprendo la vita che era mia, attraverso tutti loro.
Indica i Lupi uno a uno. La canna del suo fucile, però, si ferma proprio sul maggiore degli Himuro.
-E dato che sei così tanto partecipe del loro dolore, ti riserverò il grande privilegio di far loro compagnia.
Sorride, contento.
-Non avevo mai cacciato esseri umani.
La paura diventa rabbia, come quella del branco di Lupi. È Kagami ad abbaiare, alzatosi sulle proprie zampe anteriori.
-Sei soltanto una bestia!
Gli ride davanti al muso, senza alcun pudore.
-Detto da te, è meglio di un complimento.
Un rumore proveniente della ricetrasmittente lo ferma prima che possa fare qualsiasi altra cosa. E con un'espressione immutata, Hanamiya si avvicina alla bocca l'apparecchio per chiedere quali siano le novità. Ci sono pochi rumori poco distinti, l'apertura di una comunicazione piuttosto difficile. Makoto ripete un nome, chiedendo una seconda volta notizie con un tono leggermente più scocciato.
Quello che sentono tutti, specificatamente, ammutolisce ogni possibile altro rumore.
-C'è n'è un altr-
Poi il segnale viene bruscamente interrotto.

 

Non se ne rende conto, ma quando Makoto torna a guardarli lentamente Tatsuya trattiene il respiro. Il cacciatore si rende conto di aver sprecato anche fin troppo tempo: non ha più voglia di giocare.
Punta il fucile alla testa di Kagami e spara un colpo – il Lupo si accascia dopo un rantolo angosciante, e non si muove più da lì.
Il più grande degli Himuro urla, come Kuroko ringhia con tutta la propria forza e il proprio dolore. Lui che è Legato a Kagami sente, più di ogni altra cosa, quella nuova e terribile sensazione. Fa per balzare addosso al cacciatore, quando qualcosa lo ferma sul posto e gli fa sgranare gli occhi.
In quel momento, dietro alla schiena di Hanamiya, c'è qualcosa che cattura l'attenzione di tutti. Uno dei suoi compagni grida, e ancor prima che il cacciatore possa girarsi completamente, quello stesso ragazzo viene balzato via da una zampata potente, che lo fa sbattere e rimbalzare sulle rocce con forza inaudita.
Murasakibara ringhia, ancora più forte di Kuroko. Entro qualche secondo, gli arrivano addosso cinque pallottole contemporaneamente, che però paiono non fargli nulla. Il suo muso rimane puntato verso Makoto, e da lì non si schioda.
Nel panico generale, Hyuuga riesce ad alzarsi e a farsi vicino a Kiyoshi, finalmente in piedi. Kuroko si avvicina ai due fratelli, e prende tra i denti il braccio di Tatsuya, per allontanarlo da Kagami. La resistenza del ragazzo, dettata anche dal dolore che ha sentito benissimo nel proprio intimo come sul corpo di Murasakibara, gli fa perdere secondi preziosi, e mentre l'altra coppia di Lupi riesce ad allontanarsi in fretta loro rimangono lì fino a che Makoto non punta il fucile addosso proprio a Tatsuya. Il cacciatore grida, al di sopra degli spari.
-Io so chi sei, Murasakibara. Ti ho visto diventare uomo, proprio con i miei occhi.
Gli spari si zittiscono, permettendogli così di parlare in modo più chiaro.
-Tu sei un Lupo, non muori con una pallottola, anche se è una di queste. Ma il tuo amichetto, la fidanzatina che ti piace così tanto, con uno di questi schiatta in pochi minuti.
Murasakibara guarda l'arma tra le sue mani, con un odio fin troppo intenso.
-Vuoi davvero vedere se sei più veloce tu ad ammazzare me o lo sono io ad ammazzare Himuro?
Il Lupo guarda Tatsuya, per primo: vede l'espressione terrorizzata nei suoi occhi, la ferita alla spalla ancora fresca, il corpo debilitato. Guarda anche Kagami immobile a terra, e Kuroko con i denti stretti attorno al braccio del ragazzo – con la testa, lui gli fa cenno di calmarsi, che non gli è davvero possibile risolvere la questione a quel modo.
Guarda ancora Tatsuya, prima di decidersi davvero. Sente la sua paura, dentro, e nascosto tra il terrore e il dolore anche qualcosa che non si aspetta e che lo calma e lo riempie: una goccia di felicità nel rivederlo lì, per lui. C'è rabbia, ma niente che lo allontani a priori.
È ciò di cui ha bisogno.
L'intensità del suo ringhio si calma, le sue zampe anteriori si piantano in un punto e lui lo guarda, con i suoi occhi grandi.
-Lascia andare il ragazzo, cacciatore.
È minaccioso, rabbioso e dispotico, non sembra davvero disposto a trattare, quanto piuttosto a comandare qualcosa di molto preciso. Più o meno come Hanamiya, che non perde quella succulenta occasione per canzonare anche lui.
-Ora che mi serve per impedirti di uccidermi brutalmente? Ah, non penso proprio!
Ha il suo prezioso ostaggio, e non intende rinunciarci per nulla al mondo. Non ha intenzione di salvaguardare la vita dei suoi compagni, e questo loro lo capiscono in quel momento più che mai, ma alla propria ci tiene abbastanza.
Il Lupo guarda il suo umano ancora, prima di tornare a rivolgersi a lui.
-Se io non ti uccido, lo lascerai vivo?
-Questo dipende.
-Da cosa?
Himuro urla, fin troppo consapevole di quanto il cacciatore stia mentendo e di quanto stia cercando di raggirare il suo Lupo. Non c'è speranza da disperdere, in quel momento.
-Atsushi, non credere a niente di quello che dice! Lui vuole uccidere Kuroko! Vuole ucciderci tutti!
Makoto lo guarda male, infastidito dal suo strillare; il Lupo ringhia, infastidito anche lui ma dalla sua stessa presenza. Il cacciatore imbraccia meglio il proprio fucile, divenendo serio e vagamente credibile all'improvviso.
-Se prendi il posto di Himuro, lo lascerò in vita.
Il Lupo impiega poco a rispondere a questa proposta.
Il dolore è condiviso, ma la vita è indipendente: se lui soffre, Himuro soffre, però se lui solo muore, Tatsuya può rimanere vivo – ed è questo che conta.
-E sia.
Non c'è neanche il primo sparo, solo Hanamiya che cade a terra, con la testa aperta in due, riversa il proprio cervello sulla pietra chiara.

 

***

 

-Lo hai preso?
-Sembra di sì.
-È morto?
-Se l'ho preso, significa che è morto.
-Che sta succedendo, ora?
-Il resto del branco è tornato di gran carriera e sta massacrando i cacciatori.
-Kuroko?
-Sta benone. Ha staccato a morsi il braccio di uno proprio adesso.
-Kagami?
-È ancora disteso a terra, ma non credo che ci resterà ancora per molto. Pare stiano usando pallottole di piombo.
-Che idioti!
-Anche io ne ho usata una di piombo.
-Ma tu non dovevi uccidere un Lupo!
-Beh, ora è fatta. Tutto si è risolto per il meglio. Torniamo a casa?
-La morte di quei cacciatori per te è il meglio? L'ho sempre detto che sei strano.
-Con quello che poteva succedere, questo di sicuro è il meglio. Nessuno dovrebbe voler uccidere qualcuno o qualcosa senza essere pronto a venir ucciso a propria volta. Hanamiya non ha sbagliato, è stato solo sfortunato.
Imayoshi stira le proprie braccia dopo aver riposto binocolo e mirino nelle tasche della propria divisa mimetica. Si sgranchisce i muscoli, restati fermi per tutto il tempo dell'appostamento: avere sotto di sé suolo duro non è per niente comodo.
Il Lupo dal manto nero scuro, dai profondi riflessi blu, gli apre la via svogliatamente.
-Ho fame.
Il medico colpisce il suo Lupo amorevolmente sul fianco, facendogli una sorta di carezza dolce.
-Ho tutto il cibo che ti occorre per raggiungere la soddisfazione, non ti preoccupare.

 

***

 

Kuroko alza il muso e ulula a lungo, con gli occhi socchiusi. I Lupi del Seirin seguono il loro capobranco, imitandone il gesto e sentendo il suo sentimento dentro i loro cuori. Si alza, pian piano, anche Kagami, e si unisce al gruppo.
Tatsuya ha le mani schiacciate al viso, per impedirsi di vedere. Si è rannicchiato in un angolo, cercando di isolarsi da ogni cosa che stesse accadendo – ma ha visto ciò che Murasakibara ha visto, ha sentito ciò che Murasakibara ha sentito, ha percepito ciò che Murasakibara ha percepito. Sentire sulla lingua la sensazione della carne molle che viene strappata è qualcosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
Si alza quando percepisce calma, nell'animo dell'altro, e cerca di guardare il minimo indispensabile per terra, giusto per non calpestare cose morte o intestini rosa. Li nota, con la coda dell'occhio, e questo questo gli basta.
Arriva davanti al Lupo gigantesco tenendosi il braccio ferito con la mano, per scaricare il proprio nervosismo e il tremore del ventre. Lo guarda dritto, senza abbassare lo sguardo.
-Dove sei stato?
Il Lupo non risponde, muovendo soltanto le orecchie. Non si smuove neanche qualcosa nel suo animo, e questo innervosisce di più Tatsuya, che viene spinto a ripetersi.
-Dove?
-Ho corso. Non lo so di preciso.
-Perché sei corso via?
Ancora niente, Tatsuya lo riprende con pazienza.
-Atsushi?
-Quando sono Lupo, il mio nome è Murasakibara.
Orgoglio, almeno una punta. Il ragazzo deve trattenere a forza un sospiro di impazienza, di fronte a lui, prima di palesare troppo il proprio nervosismo. Non lo ha ancora perdonato, alla fine.
-Perché sei corso via, Murasakibara?
Impiega qualche minuto, il Lupo, a rispondere.
-Mi sono sentito rifiutato.
Fa qualche passo indietro, piegando il muso in avanti. Tatsuya lo sente, distintamente.
-Ho avuto paura. Come l'hai sentita tu.
Lo sente davvero, Tatsuya, e questo gli fa rabbia, lo irrita e lo spinge a percorrere quella poca distanza tra lui e il Lupo rosso. Lo colpisce sul muso, con pugni che non gli possono fare male.
Ha quasi le lacrime agli occhi.
-Sei uno stupido. Un enorme, grossissimo stupido!
Si sfoga per diversi minuti, sente qualcosa come mortificazione pizzicargli un angolo del petto, e sa che è un sentimento improntato – del Lupo, davvero. Quando finalmente riesce a smettere di colpirlo, prende il suo muso per i lati e lo costringe a guardarlo.
-Rispondi alle mie domande.
Per l'ennesimo temporeggiare dell'altro, ricorda ciò che vuole sapere.
-Cosa ti interessa di me e cosa non ricordi del tuo passato?
Sta per parlare, quando interviene Kuroko da dietro di loro. Parla con calma, il pelo appena macchiato di rosso e l'espressione serena, pacifica, come se non stesse parlando del proprio passato terribile.
-Una volta, io, Murasakibara e altri quattro Lupi eravamo uniti in un unico branco. Eravamo tutti compagni e fratelli. Ci ha separati un evento violento, che ci ha privato di un branco e di ogni punto di riferimento. Siamo stati a lungo al limite della pazzia, tutti noi. Murasakibara è diventato un Lupo solitario che vagava come un demone per queste lande.
Interviene anche Kiyoshi, e pare quasi sorridere.
-Che non si ricordi tutto quello che è successo, penso sia quasi normale.
Lui non porta rancore, né mai potrebbe provarlo.
Tatsuya torna a guardare il suo Lupo, con un tono più basso di prima ma ugualmente irato.
-È così?
Il Lupo annuisce, con le orecchie basse.
-Cosa ti ha permesso di tornare in te, allora?
Lo guarda, e quello già dovrebbe essere una risposta soddisfacente – Tatsuya però si rifiuta di lasciargliela vinta, di permettergli di cavarsela a quel modo. Ha un orgoglio e una vanità da soddisfare, e non ha intenzione di rinunciarci.
-Dillo, lo voglio sentire.
Murasakibara alza il muso, liberandosi dalla presa di lui; solo per un secondo, soltanto per quel secondo che il ragazzo impiega a prenderlo tra le braccia e nascondere il proprio viso nel suo pelo.
-Tu.
-Sei un'idiota.
-Mi odi?
-Idiota, stupidissimo idiota!
-Mi odi?
-No, razza di cretino. Non potrei.
Lo muove, in alto e in basso. Torna a sentire caldo, anche in quella pretesa di stizza che ormai non è più niente se non cocciutaggine.
-Siamo Legati, no?
Si incontrano, non con le parole ma con l'anima. Felicità vera, appagante.
-Tu mi vuoi?
-Tu mi vuoi?
Alza il muso velocemente e lo lecca, per tutta la faccia – sta scodinzolando, palesemente.
-Tu sei mio. Ti ho scelto come tu mi hai scelto. Per questo siamo Legati.
Tatsuya lo colpisce un'ultima volta, sorridendogli in modo aperto.
Non l'ha perdonato del tutto, e questo lo sanno entrambi. Dovrà cercare e ricercare il perdono, da quel momento in poi, ma ha anche capito che questo non li separa e non impedisce il reciproco desiderio. Rimane quella l'unica realtà loro, e niente può cambiarla.
-Questa è una risposta.

 

 

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Paused as if only you and I exist here

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Capitolo 11
*** *10* – If you need [me], change me ***


*10*

If you need [me], change me

 

 

 

Tatsuya corre tra le dune bianche di neve.
Non lo ferma il freddo, non lo ferma il ghiaccio su cui le suole delle sue scarpe scivolano, non lo ferma il terreno duro pieno di sassi né l'odore sempre più pungente di foresta. Corre senza volontà, per scaldare il fiato che ha nei polmoni e per sentire il vento tra le pieghe del pelo cupamente rosso.
Si piega contro i rami bassi degli alberi scuri, con il corpo e con le spalle, non si cura del terrore che espande tra le piccole anime degli animaletti del luogo – una lepre salta fuori a un mucchio di rovi, per poi sparire alla vista con neanche l'eco dei suoi passi accelerati.
La furia è qualcosa di ben diverso da ciò che è racchiuso nel suo sguardo: totale assenza, rifiuto di un qualsiasi contatto con la realtà. E forse fa più paura quello che tutto il resto.
Cerca di non mostra interesse, e torna a guardare in avanti.
Gli duole la mano stretta a pugno, la sola che ha ancora l'impressione della durezza della guancia di Taiga. Picchiare qualcuno è così difficile e doloroso, si chiede in un istante di pazzia come suo fratello e quell'idiota di Hanamiya riescano a farlo quasi ogni giorno. Decide che non lo vuole sapere, come non vuole più sapere niente di Taiga. Anche la rabbia fa male, eppure non riesce a smettere di provarla.
Il più grande degli Himuro sa il motivo di tanta agitazione, nel suo cuore: crede però più nel proprio orgoglio che nella validità di una vera soluzione, e questo lo ferma in un solo punto e in un sol frangente. Piangerebbe di stizza e di paura assieme se solo non fosse così impegnato a respirare.
Riesce a fermare i suoi passi, finalmente – si piega sulle ginocchia e recupera tutto il fiato che ha disperso. Si accorge di tremare e questo gli fa nascere un sorriso, triste, sulle labbra.
C'è una bella luna piena, in cielo. Bianca di latte, contornata da mille sogni opalescenti. Tatsuya la guarda un attimo, gli pare così eterna e immobile e meravigliosa, non indifferente a tutto ma superiore, intoccabile e imperscrutabile.
Ha un pensiero bello, da rivolgerle, seguito subito da un altro. Sente l'aria freddissima pizzicargli le guance, e quindi anche la necessità di scaldarsi e di fare qualcosa; paradossalmente, sente l'urgenza di consumare la vita, in qualche modo.
Un ruscello lento, sopravvissuto alla neve e al primo autunno, picchia diverse gocce grosse sopra sassi nascosti nell'ombra: quello è il ritmo. Ma basta anche chiudere gli occhi per trovare scie nel buio, colori accennati e accompagnamenti debole. Tatsuya pensa che la luna sappia cogliere l'eleganza delle cose anche nei dettagli, e che non abbia bisogno di alcuna esplosione esplicita per rimanere scossa.
Si muove, nei primi passi. Agita anche le braccia coperte da un solo maglione, e comincia a sentirsi già meglio.
È la stessa luna che gli rivela l'arrivo di un altro ospite, lì tra l'erba verde di riposo. Muso lungo e dimensioni di una collina, orecchie dritte e il naso attento a ogni cosa. Il ragazzo guarda in alto, negli occhi chiari di Murasakibara.
Ha vissuto abbastanza a contatto con la natura per sapere come funzionano certe cose, e che l'esigenza come l'occasione vengono sedotte molto abilmente dalla fame. Lo sa, ma in quel momento non gli interessa: torna a muoversi come prima, brusco o meno a seconda del gesto dovuto, mentre il grande Lupo lo fissa, piuttosto incuriosito. E brilla, la luna, accesasi di passione e di vita, comunicando ai suoi fedeli una delle tante verità nascoste del creato.
Quando l'animale balza, non lo fa per saltargli addosso o azzannarlo. Ritmo dei suoi piedi e melodia nel fiato – parole che lui non può dire ma che Tatsuya sente lo stesso.
Quello che si crea piace a entrambi, moltissimo.

 

***

 

Alex si alza piano, dalla sedia della cucina, con ancora tra le labbra l'unico boccone che è riuscita a portare alla bocca e quindi a masticare, per ben cinque lunghi minuti: dovrà buttare via un altro piatto pieno di cibo, anche quel giorno. Nel sollevare e spostare la mano, compie un gesto troppo veloce e brusco, rovesciando quindi il bicchiere sul tavolo e poi sul pavimento. L'acqua contenuta prima al suo interno bagna la superficie di legno e sgocciola infrangendosi sulle piastrelle lucide.
La donna guarda il tutto passivamente, senza alcuna reazione. Neppure il rumore del vetro infranto l'ha spaventata più di tanto né l'ha fatta sobbalzare. Porta i piedi nudi, ma non ha paura di ferirsi con i cocci di vetro.
La verità è che non sente più molto. Che siano i propri bisogni o reazioni del mondo esterno, si sgretolano nel nulla attorno a lei, privi di reale importanza. Non sente neanche più il freddo, come le prime giornate – persino il telefono ha smesso di squillare, ad un certo punto, e lei si è chiesta se qualcuno dei suoi colleghi di lavoro, oltre alla premura di lasciarla sola nella propria attesa, abbia pensato anche alla ragione di un tale comportamento.
Ma quello è un paese piccolo, tutti sanno certe cose subito: di certo, la sparizione di due ragazzi non è una novità ma anche un pettegolezzo papabile, in un luogo dove la morte risulta novità.
Non vuole pensarci, non più.
Prende da un cassetto un sacchetto di carta, cominciando a raccogliere il vetro da terra. Non fa troppa attenzione e con uno di quelli si taglia un dito, aprendosi una sottile linea rossa sul polpastrello dell'indice destro. Continua, dopo averlo guardato.
Ha pensato, spesso a dir la verità, a come il proprio affetto in realtà fosse in qualche modo privo di significato. Certi avvenimenti, come quello, fanno pesare la mancanza di un legame di sangue, perché quasi risulta una sorta di vanità personale e del tutto egoista nel tenere salde certe convinzioni. Quelli che chiama figli non le devono nulla, e non tanto come essere umano ma anche come genitore: lei, d'altronde, non è quasi nulla, per loro.
Sono pensieri terribili, questo lo sa anche lei, che le capitano in mente quando si ritrova sola e a dover affrontare un problema più grosso del previsto. Taiga la prima volta, ora Taiga e anche Tatsuya: di fronte a un avvenimento simile, come a un possibile e forte rifiuto, non crede di aver la possibilità di tenerli legati a sé, perché non le appartengono davvero. Loro sono buoni e non le rinfacciano questa sua mancanza di fondo, ma nel cuore della donna alberga questa terribile consapevolezza e paura.
Anche di fronte alla morte, arriverebbe a pensare di essere soltanto un'ipocrita, che ha agito per il proprio desiderio di fare del bene e di dare amore piuttosto che la spinta stessa di quel preciso sentimento.
Dopo aver buttato il vetro nella spazzatura, recupera una coperta calda e se ne avvolge la spalle, raggiunge il divano e si siede, in silenzio. Non accende la televisione, non ascolta la musica: attende e basta, perché altro non può fare.
La luce del giorno sta morendo, assieme al sole. Sente il rumore di una certa parte di natura che si prepara a dormire, e il bambino dei vicini che rientra a casa con la sua bicicletta chiassosa.
Chiude gli occhi, per qualche istante, e tutto ciò che vede è soltanto buio e tenebra. Apre gli occhi, e si ricorda per sbaglio che sono almeno tre giorni che non guarda fuori dalla propria finestra, in attesa dell'arrivo di qualcuno. Temporeggia giusto un paio di minuti, il tempo per chiedersi se valga la pena sentire ancora il cuore che brucia di tristezza oppure no.
Gira la testa, e vede il bosco lontano. E anche qualcosa che cammina nella sua direzione.
Si avvicina al vetro e riconosce un ragazzo zoppo e uno dai capelli rosso fuoco. Trattiene il fiato, anche quando la sua mano trova la maniglia della porta – gli occhi sono puntati verso l'esterno e non lasciano neanche un secondo l'oggetto della propria visione, temendo quasi che possa sparire da un momento all'altro.
Con i piedi nudi, sulla veranda, chiama forte il loro nomi: due braccia si alzano, e il suono del proprio nome riechieggia forte.
Sono tornati da lei.
Alex lascia ogni paranoia indietro, quando si mette a correre nell'erba e nella neve. Espelle ogni angoscia con lacrime salate, ogni paura stupida con quel respiro contaminato di troppo ossigeno consumato in una casa chiusa.
Loro sono sporchi e puzzolenti, vestiti a malapena. Riescono a stritolarla lo stesso quando lei li raggiunge e li trattiene nelle proprie sottili braccia.
Li bacia, mille e mille volte; tocca i loro capelli e le loro teste, ha la necessità di sentire i loro cuori e la loro voce, dopo tutto quel silenzio. Ripetono l'uno i nomi dell'altro, senza molto senso, e ogni tanto scappa qualche insulto e qualche risata assieme.
“Mai più”, dicono. “Mai più”, promettono. Si fa fatica a pronunciare qualsiasi altra cosa e a rimembrare rancore o tristezza.
Alex si ricorda il perché ancora e ancora hanno l'esigenza di chiamarsi famiglia: godere di quella felicità che toglie ogni fiato, tutti assieme, tutti e tre solamente. Si ricorda, anche, che è l'unico modo possibile per cui tutto vada bene, per loro.

 

***

 

La normalità è diventata strana: Tatsuya lo pensa quando si ferma a respirare un attimo, in mezzo alla strada che lo conduce alla scuola sua e di suo fratello.
Taiga è corso in avanti, incontro a Kiyoshi, e senza accorgersene lo ha lasciato indietro – non da troppo peso alla cosa, e anzi ricambia il sorriso del ragazzo quando vede che quello si rivolge anche a lui, pur da lontano. Nessun altro lo nota, in mezzo al correre dei ragazzi in ritardo e di genitori frettolosi. Il vociare assonnato del mattino è così diverso dal cincischiare dei piccoli fringuelli mattinieri, così come il rumore di automobili differisce di molto dallo scorrere veloce ed energico dei fiumi profondi. Una cosa è l'eccezione e l'altra è la regola: serviva conoscere entrambe per capirne il valore, l'esperienza per dare importanza a ogni dettaglio.
Il ragazzo si sistema meglio lo zaino sulle proprie spalle, afferrando la maniglia della propria stampella riprendendo a camminare. L'edificio scolastico gli pare di fattezza così dura, allo sguardo, ma non è una sensazione negativa. I suoi sensi sono diventati più acuti, e contestualizzano meglio determinati particolari più di quanto non abbia mai fatto l'abitudine. Ogni oggetto, ogni persona e ogni animale ha un'identità unica, inglobata in quel creato che ora comunica con lui.
Respira forte, due o tre volte – qualcuno lo urta correndo e quasi lo fa cadere, senza voltarsi a guardarlo o scusarsi. Importa anche quello relativamente.
Per un attimo pensa a Murasakibara e alla sua possibile reazione di fronte a una cosa del genere. Ride tra sé e sé all'immagine di un gigantesco Atsushi che ferma qualcuno e gli intima di fare più attenzione. Sarebbe strano vederlo vestito, più che vederlo interagire con qualcuno che non sia lui o qualche altro Lupo. E da un certo punto di vista, gli piacerebbe anche vedere cosa potrebbe succedere spargendo un po' di terrore, con quella figura così insolita al proprio fianco.
Entrando a scuola, gradino dopo gradino, sente in maniera distratta qualcuno parlottare a proposito di Hanamiya e dei suoi cinque giorni di assenza dal villaggio; pare davvero che nessuno sapesse del suo hobby della caccia, tanto meno quello meno legale. Kuroko non ha voluto dirgli cosa ne avrebbe fatto del cadavere, come non gli ha detto di cosa avrebbe fatto del cadaveri di tutti gli altri cacciatori pervenuti: meno sa, più è protetto dalla curiosità altrui.
Ma anche se qualcosa di lui fosse recuperato, non pensa troverebbe opportuno andare al suo funerale né rivolgere alla sua anima pensieri di buon augurio. Sarebbe così ipocrita che persino lui vorrebbe evitare. E poi ha già visto abbastanza cadaveri perché la sensazione gli basti per tutta la durata della sua vita, non cercherà altre occasioni per assistervi.
Lungo il corridoio, nota qualcuno di conosciuto che muove il braccio e la mano cercando di catturare la sua attenzione. Si muove quanto più veloce la sua condizione gli permette, ben disposto e con un sorriso, verso il professore Nakatani.
-Himuro- kun.
L'uomo sorride in modo sincero, non ha proprio l'odore di qualcuno capace di mentire così a viso aperto, di fronte a un proprio studente.
-Come stai?
Tatsuya, d'altronde, ormai non ha neanche più motivo di sentirsi in soggezione davanti a lui.
-Sto bene, grazie. Oggi sarà una giornata piuttosto leggera, quindi sono più tranquillo.
L'uomo è stato uno dei pochi, all'interno del villaggio, che si è sinceramente preoccupato della sua scomparsa, il mese prima. Il ragazzo lo sa grazie ad Alex, ma anche nel proprio cuore lo ha potuto intuire da sé appena visto in viso: la sottile felicità di chi non ha perso non una persona cara ma una persona vicina e conosciuta gli viene palesata con gentilezza discreta.
Con una persona del genere, è anche facile aprirsi.
-Io le devo dire una cosa, professore.
-Sì?
-A proposito di quello che abbiamo detto l'ultima volta.
-Oh, hai pensato a qualcosa?
-Ho pensato al mio futuro.
-E cosa hai concluso?
Tatsuya abbassa qualche attimo lo sguardo, riuscendo a notare suo fratello all'angolo opposto del corridoio. Li sta guardando, e smette di essere visibilmente ansioso quando il maggiore gli ricambia lo sguardo. Se avesse la coda, in quel momento, si metterebbe ancora a scodinzolare, e sarebbe così tenero e carino.
-Non so ancora di preciso cosa sarò, ma ora credo di sapere cosa non voglio essere e dove non voglio stare.
L'uomo è felice e non lo nasconde.
-Credo che sia già un buon punto di partenza. Tu sei giovane, anche, e hai tutte le possibilità per un avvenire radioso.
-Grazie.
Suona la campanella, poco sopra la loro testa, e il movimento attorno a loro si fa improvvisamente più concitato di prima.
-Ora vai, che le lezioni iniziano.

 

-Tatsuya- kun! Finite le tue pastiglie?
Ora che l'olfatto, più di tutti gli altri sensi, è diventato così sensibile, entrare in quel posto che sa così tanto di pulito e di alcool disinfettante è quasi una tortura. Taiga è rimasto fuori, per cura di suo fratello maggiore, e si risparmia tutto quello – lui non è in grado di nascondere smorfie o disgusto, al contrario di lui.
Cerca comunque di rimanere vicino all'entrata, per poter scappare via velocemente.
-Pare proprio di sì.
-Oh, il tempo passa tanto in fretta. Se ne consumi così tante in così poco tempo, ne dovrò ordinare altre presto.
L'uomo si alza dalla sua preziosa e costosissima sedia e va a prelevare da uno dei suoi mille armadi gli antidolorifici che servono al suo paziente.
-La ringrazio.
Quando, più di una settimana prima, il ragazzo gli è stato portato davanti, il medico ha fatto il suo lavoro senza scomporsi minimamente, per nulla impressionato dallo stato del suo fisico e delle sue ferite. Per una volta, neppure lui ha avuto da ridire sui suoi modi freddi e insinuanti, abbastanza carico di gratitudine da soprassedere ai suoi modi poco tranquillizzanti.
Nel prendere la scatoletta dalle sue mani, Tatsuya cerca di ricordare la sensazione provata allora, ma ci riesce a malapena. È sul punto di andarsene, senza una parola di più, quando l'altro lo ferma.
-Non hai sentito dolori strani, in questi giorni?
-No, nessun dolore strano.
-Il tuo piede come sta?
-Cammino.
Aggiunge subito, onde evitare ulteriori domande e ulteriori problemi.
-Ma non mi sforzo troppo.
-Ne sono contento.
Il ragazzo è già girato verso la porta, quando l'uomo lo ferma ancora.
-Il fianco di tuo fratello non ha problemi, vero?
-No, nessun problema.
Tatsuya, però, si blocca in quel preciso passo, con l'ingresso già aperto. La fretta non gli ha impedito di cogliere un particolare per nulla irrilevante – non osa volgersi del tutto verso il medico, ma ragiona per qualche secondo di silenzio.
Il sangue di Taiga è migliore di qualsiasi medicina, perché a differenza di quello del fratello maggiore, che è appena mescolato con quello di Lupo, è abbastanza puro da poter provvedere a se stesso e a donargli un potere rigenerante piuttosto efficace. Tanto che la sera del ritorno il fratello minore non aveva alcun tipo di ferita.
Shoichi sorride tranquillo, di fronte alla faccia sorridente di Tatsuya.
-A lei piace la caccia, Imayoshi- san?
-Abbastanza. Secondo il concetto della pulizia, almeno. Non mi permetterei mai di cacciare il capobranco di una mandria di bufali. Ma se ci sono bestie nocive per il sistema, è giusto che tutta la comunità si adoperi per sradicare il problema alla radice.
Si sistema meglio gli occhiali sul naso, nascondendo meglio il proprio sguardo.
-È così che funziona, in natura.
C'è un bottone, alla fine del camice candido del medico, che lascia aperto l'abito – e una maglia dal collo abbastanza largo da poter permettere la vista di un pezzo di pelle bianchissimo e segnato dall'orma precisa di alcuni denti, vicino alla spalla.
Tatsuya non ha bisogno d'altro.
-Buona giornata, Imayoshi- san.
-Salutami tua madre e tuo fratello, Tatsuya- kun.

 

 

 

That yellow moon teases me, that I can’t have you.
‘But you’re only a rough beast.’
If you’re going to say that kind of thing, get lost. If you need [me], change me.
I can never let her go.

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Capitolo 12
*** *11* – I want to hide you inside my embrace (I’m so serious) ***


*11*

I want to hide you inside my embrace (I’m so serious)


 


 


 

Tatsuya sa quanto sia difficile per Atsushi essere non fisicamente vicino a lui e non poterlo vedere con i propri occhi in ogni istante e in ogni respiro: percepisce distintamente il suo dolore, nell'intimo del petto, e il bisogno e la necessità di annullare il tempo e lo spazio per stargli vicino.
Atsushi, d'altra parte, sente i sentimenti della sua controparte in una rassicurante presenza di calore che scorre lungo tutto il tempo quando, anche da lontano e anche in mezzo alle altre persone, pensa a lui – ed è quasi sempre, a dire il vero.
Non hanno potuto rinunciare alle proprie vite né sacrificarsi l'uno per l'altro o viceversa, perché una simile forzatura non solo sarebbe stata dolorosa ma anche artificiale e avrebbe contaminato di rabbia e insoddisfazione il loro rapporto. Murasakibara ha imparato a capirlo e a rispettarlo, mentre il più grande degli Himuro non ha più preteso quella totale indipendenza da lui che è fin troppo simile alla distanza.
Tutte le volte che possono, si incontrano. Si scordano le differenze che distinguono il mondo dei Lupi e il mondo degli uomini, rimangono solo due esseri Legati e basta. Questo ha permesso alla tenerezza di addolcire ogni loro gesto, e non solo all'esigenza di prendere il controllo di ogni bacio ma anche alla gentilezza, al calore, al desiderio vero. Sono entrambi guida l'uno per l'altro, entrambi passione, entrambi amore.
Tatsuya non è riuscito a dirlo ad Alex. Nella propria avventura, ha trovato il vero significato e la vera profondità del sentimento che lo lega alla madre, così come ha trovato il vero senso del Legame che lo connette al suo Lupo – i due rapporti non sono paragonabili tra di loro, ma capirne la differenza lo ha arricchito di una nuova verità e lo ha condotto a nuove conclusioni. È orgoglioso della propria umanità, eppure rimane affascinato e profondamente toccato dallo spirito animale e infinitamente meravigliato. Sospetta che la donna abbia intuito qualcosa, per quanto non si sia arrischiata mai di fare domande: il ragazzo crede che intuire senza indiscrezione sia, d'altronde, il vero compito di ogni genitore. Quando sarà il momento, se mai questo verrà e sarà assolutamente necessario, le spiegherà il vero significato della cicatrice che ha sulla spalla.
Per ora, tutto va bene così.

 

***

 

Un vecchio guardiacaccia ormai non più in vita ha lasciato, verso i confini del bosco, un capanno dei propri attrezzi. È stato molto utile ai loro incontri, specialmente quando Tatsuya si è reso conto quanto scomodo sia poggiare, in certi contesti, la schiena contro la dura e nuda roccia, o anche solo le ginocchia e le mani.
Raggiungerlo è facile, da casa Himuro: una passeggiata di venti minuti circa verso nord-ovest, al di là di una piccola collina di massi dalla forma stranamente ad arco. La piccola struttura è grande abbastanza da far distendere Atsushi per lungo, ma non grande così tanto da farlo muovere troppo. E per quanto il Lupo possa lamentarsi a riguardo, per il momento è l'unica soluzione possibile e accettabile per entrambi loro.

 

Tatsuya si scrolla di dosso il freddo dell'inverno muovendo le spalle veloce, e con il viso ancora nascosto sotto due strati di sciarpa prende la maniglia gelida tra le dita – l'anta dell'ingresso è già socchiusa, e questo gli suggerisce la presenza fisica e concreta del proprio amante nel piccolo abitacolo.
Quando apre, in effetti, lo vede avvolto da una delle tante coperte che si è premunito di portare anzitempo, con le gambe pelose tutte fuori e le dita dei piedi che si muovono nell'aria fredda. Il ragazzo sorride ed entra, mentre Atsushi scodinzola sotto i suoi occhi.
L'avvicinarsi del plenilunio lo rende ancora più sensibile e ansioso: non gli lascia neppure il tempo di accendere la lampada sopra le loro teste che lo abbraccia, subito, e schiacciandolo contro il proprio petto cerca la sua bocca con le labbra. L'odore che ha addosso è quello di sempre, pungente e profondo, che gli arriva direttamente al cervello e lo rende instabile nelle proprie convinzioni e nei propri stessi pensieri.
Tatsuya tenta di replicare qualcosa, scappando alla sua lingua umida un paio di volte, ma si scioglie come neve al sole quando il Lupo riesce alla fine a baciarlo, tra mugugni soddisfatti e respiri più profondi; muove le labbra contro le sue, schiacciandosi per quanto può e arrivando in fondo alla sua bocca fin dove arrivo. Sente, persino al di sotto dei vestiti spessi, le sue dita cercarlo e stringerlo, polpastrelli o unghie acuminate. Per Atsushi lui è morbido e tenero, glielo ha detto una delle prime volte, e gli da sempre una sensazione molto piacevole al tatto e allo spirito tutto.
Il ragazzo si toglie di scatto i guanti scuri dalle dita per affondare quelle tra i suoi capelli morbidi, coinvolto da un'esigenza dello stesso tipo; Atsushi apprezza particolarmente: inizia a succhiargli la lingua, senza troppa forza. Una volta gli ha detto che gli piace persino il sapore della sua saliva, e per quanto strano sia il solo pensiero è in quei momenti che il ragazzo si sente totalmente attratto dall'altro e ogni cosa gradita diventa fonte di imbarazzo ed eccitazione assieme, motivo di interesse reciproco.
Riesce a separarsi dalla sua bocca per prendere un respiro più profondo, con il viso già rosso per la mancanza concreta di ossigeno e molto altro ancora. Il naso di lui si intrufola sotto la sua sciarpa mentre le dita lunghe gliela sfilano, senza troppa grazia, in modo tale che le labbra e i denti possano giocare con la pelle del collo: Atsushi ha capito che il suo ragazzo lo gradisce molto, quindi non perde occasione di farlo tremare contro di sé.
Le mani di Tatsuya, invece, vanno alle spalle del Lupo, prodigano carezze sui muscoli delle sue braccia e della sua schiena, lo graffiano quando si spinge un po' troppo oltre per colpa della foga e gli fa male, senza volerlo. Ancora di più lo fa quando Atsushi lo lecca e gli mordicchia l'orecchio, facendogli solletico.
Tatsuya si spoglia da solo, pezzo dopo pezzo. Il Lupo non riesce davvero a calibrare la propria forza e lasciargli quantomeno integri i vestiti che ha addosso, più occupato a riempirsi il naso del suo odore e la bocca del suo sapore. Ogni pezzo di pelle che il ragazzo si denuda, viene leccato e toccato dall'altro per tanti, tanti minuti – fino a che Tatsuya non è rosso e tremante in ogni angolo della sua persona, molle con ogni nervo, che mugugna parole senza senso e senza precisa conformazione.
Le spalle e le braccia, per prime. Atsushi ama ripercorre con la lingua i contorni della cicatrice del morso che li Lega, più volte, e lasciarsi diversi succhiotti tutti attorno: è convinto che in quel preciso pezzo Tatsuya sia più sensibile che in altre parti, e quindi insiste per quanto può. Tatsuya gli bacia il profilo del viso, accompagnando in quel modo i suoi movimenti.
In secondo luogo, appena riesce a liberarsi dalla sua presa quel poco che basta, Tatsuya si priva dei vari strati di maglia, così da arrivare a petto nudo. Di solito, la cosa è molto lenta e quindi anche lunga, perché ad Atsushi non piace separarsi troppo da lui, quindi gli prende il viso e lo morde sulle labbra, baciandolo come può. Non gli piace neanche che l'altro scappi o faccia finta di farlo, mentre lo bacia, e si corruccia all'espressione divertita del ragazzo, che gioca quasi con lui: lo riprende tra le proprie grandi mani e, tenendolo fermo, lo lecca su tutto il viso e su tutto il collo. Il respiro di lui accelera di molto, divenendo a tratti irregolare.
Quando poi la bocca del Lupo scende al petto nudo, trova molta più pelle su cui lavorare. Quindi morde e lecca con maggior impeto, si ferma sulle scapole appena sporgenti e sulla pancia piatta, morbida, lasciando impronte del proprio desiderio – mai sangue profondo e mai cicatrici non necessarie, su quel corpo morbido. Lecca anche i capezzoli, non di rado, perché quando lo fa Tatsuya gli stringe le spalle e si colora di rosso sul viso, imbarazzato e sensibile; questo piace molto al Lupo. Succhia anche, quando non ha molta fretta, e si prodiga di fare più rumore possibile. Tatsuya dopo un po' comincia a dirgli di smetterla, che non è necessario tutto quello, e lui, se non avesse la bocca piena, gli risponderebbe che sì invece, è davvero necessario, è necessario a lui sentirlo così caldo e tremante, è necessario che lui abbandoni ogni espressione artificiale per sentire solo il piacere che gli da, è necessario che perda il controllo delle mani e non sappia neppure se lo sta accarezzando o graffiando o entrambe le cose assieme.
Come in quel momento.
Il ragazzo mormora piano, mangiando i proprio stessi capelli scuri. Atsushi chiude le gambe sotto di lui, incrociandole e facendolo sedere sopra le proprie cosce; lo lascia andare, e torna a baciargli la bocca, sempre vorace – l'altro risponde con nuova energia alla sua fame, e lo stringe stretto stretto. Mugugna e geme, e questo lo eccita da morire.
Per Tatsuya non è molto difficile sentire, in particolar modo a livello fisico, l'eccitazione del Lupo. Atsushi non è discreto, in nessuna delle cose che fa, men che mai nell'esprimere determinate cose – il suo fisico, d'altra parte, neppure, e le dimensioni di certo aiutano, così come la nudità in cui sempre versa. Ora che il ragazzo sa come trarne piacere per sé e per l'amante, non gli fa più paura, tutt'altro: trattiene il fiato, contro di lui, e freme di aspettativa.
Le mani di Atsushi scendono lungo la sua schiena e lo marchiano sulla pelle bianchissima, arrivando poi a toccargli i glutei da sopra i pantaloni. Il Lupo ringhia basso mentre lo tocca, palesando la propria insoddisfazione. Anche Tatsuya lo tocca, all'altezza dell'inguine e anche più in basso, con dita non proprio salde; questo rallenta l'altro, ma rende anche il suo respiro pesante.
Come sempre, togliere i pantaloni è particolarmente difficile. Sia per Atsushi, che lo trattiene in possibile modo e non lo lascia andare, sia per l'esiguo effettivo spazio tra di loro e attorno – al buio, poi, dove non si sa se un braccio sporto andrà a cozzare contro una falce arrugginita oppure una pala di metallo è ancora peggio.
Quando il Lupo sente il suo bacino nudo, lo stringe quasi di più. Inizia a toccarlo sulle gambe e a premergli addosso, confusamente. Tatsuya allora prende una delle sue mani e la alza al viso, portandosi quindi due dita alla bocca e facendole entrare oltre le labbra; quando sono abbastanza bagnate di saliva, o quando Atsushi non è più capace di portare pazienza, la mano scende di nuovo al suo sedere e lo penetra di colpo, facendolo sobbalzare.
Le prime volte è stato molto doloroso e molto faticoso, per entrambi. Le dimensioni del Lupo hanno fatto più paura che altro, specialmente perché la sua inesperienza le ha rese più pericolose di quanto già non fossero di loro. Ma ora sanno come goderne, in ogni possibile senso.
Atsushi usa le due dita per allargarlo, oltre che per penetrarlo più profondamente possibile. Sembra quasi stia scavando nel suo corpo caldo, e questa sua insistenza genera una serie di gemiti più acuti di prima: Tatsuya si regge a malapena sulle ginocchia e deve appoggiarsi a suo petto per non cadere in qualche modo. Il ragazzo lo bacia il mento, gioca con i ciuffi chiari dei suoi capelli e lo graffia, con il sedere che si sporge istintivamente all'indietro. Quando è abbastanza pronto, si allunga nel buio oltre il corpo del Lupo, ricordando un improbabile luogo che ora non riesce a vedere; cerca una forma precisa, con le mani e le dita che fremono, e dopo aver trovato un martello e una scatola di chiodi vecchi almeno di tre anni trova quello che sta cercando e lo prende, con notevole fretta.
Per quanto riesce a guardare, nota che il lubrificante è a malapena sufficiente per quello che deve fare. L'idea di una maggiore frizione in quella circostanza non lo spaventa più di molto, ma sa anche quanto in più dovrà faticare per non provare dolore. Atsushi inserisce un altro dito, a tradimento, e lui strilla e lo picchia, pieno di imbarazzo; il Lupo si fa perdonare con un bacio profondo, che gli ruba il respiro per diversi secondi.
Gli prende con la mano libera il sesso, per quanto gli riesce. Atsushi gradisce molto la sua mano calda, liscia, su ogni parte del corpo – e anche quella volta interrompe il loro bacio solo per dirgli quanto gli piace che lo tocchi a quel modo e quanto lo faccia eccitare. Non ha vergogna alcuna, nel palesare il suo desiderio nei suoi confronti, e Tatsuya non sa se è per stupidità o serietà o ancora qualcosa di diverso. Sa solo che con una mano è difficile fare qualcosa di davvero efficacie, poiché le dimensioni del Lupo sono tali da rendere appena complesse certe pratiche amatorie.
Lo sente tremare, però, quando gli versa il liquido freddo sopra il sesso mentre ancora continua a muovere la mano. Lo sparge quanto meglio può con le dita, specialmente sul glande e attorno a quello, scendendo per quanto necessario e per quanto gli è permesso. Anche il Lupo si rende conto della minore quantità di lubrificante, e mentre guarda in basso gli chiede se vada bene così o se vuole fare qualcosa di diverso, per quella volta.
È per motivi come quelli che Tatsuya sente di amarlo davvero, senza sentimenti artificiali legati a mere questione di ormoni. La prima volta è stata un errore di entrambi, e Atsushi non è scappato a questa responsabilità: la cura con cui lo prepara è uno dei tanti segni di questo.
Scuote la testa, allora, e gli allontana la mano dal sedere. Gli spinge le spalle indietro, perché inclini il petto ed esponga il bacino. Quando lo guarda, così eretto, gli sale un brivido lungo la schiena; si alza sulle ginocchia e piega il bacino, mentre conduce con le dita il glande di lui alla propria apertura.
Atsushi lascia che si muova da solo, dapprima, in modo che il suo sesso gli entri dentro secondo i suoi ritmi e senza fargli alcun male. Rimanere fermo in quelle condizioni è sì difficile, ma anche necessario: tutto il piacere che se ne ricava, poi, è mille volte superiore, e quindi mille volte gratificante e soddisfacente. Tatsuya non scappa da lui, mai realmente lo ha fatto, e sentire in realtà come riesce a vincere la paura di tutto quel dolore per unirsi anche fisicamente a lui è qualcosa che lo riempie di gioia.
Lo accarezza in viso, gentile, mentre lui si gode quei tre secondi di totale pienezza. Rimane immobile a tremare sopra di lui, con il cuore impazzito, così da lasciare al Lupo la possibilità di toccarlo ancora dove più vuole. Quando apre di nuovo gli occhi li ha liquidi e persi, meravigliosi – gli alza la frangia scura, per vederlo meglio, e l'altro non protesta in alcun modo. È tutto rosso, con le labbra gonfie e le guance piene di ansimi.
Si muove lui, prima piano, per riuscire a prendere tutte le misure necessarie. Sente la mancanza del lubrificante necessario, ma pare che non gli creai alcun disagio, anzi. Si abitua abbastanza in fretta e comincia a muoversi con un ritmo preciso, le mani che si appoggiano alle sue spalle.
Atsushi guarda il suo bacino alzarsi e abbassarsi, sempre meno piano. Vede il proprio sesso uscire ed entrare dentro il suo corpo, e la visione accompagna la sensazione di caldo sempre maggiore, che aumenta ancora quando gli prende il sesso mezzo gonfio e lo masturba veloce.
Tatsuya lo chiama, senza regolare né il volume né l'intensità della voce, e il proprio nome sulle sue labbra è quella cosa meravigliosa che è capace di fargli perdere totalmente il controllo. Si alza a sedere e lo abbraccia, stretto, baciandogli tutto ciò che di lui riesce a raggiungere, e una volta riuscito a prendergli la bocca ingoia tutti i suoi gemiti senza lasciarsene scappare neanche uno.
Si muove dentro il suo corpo, con le gambe di lui che gli abbracciano la vita. Lo sente avvampare e cambiare la temperatura, arrivando a essere così caldo che quasi lo fa sciogliere.
È sciolto, dentro, e non ha più forma. È sciolto anche Tatsuya, completamente, e assume la forma dei suoi desideri.
Il Legame è capace di mescolare le loro essenze, facendo di due una sola cosa per qualche attimo perfetto e permettendo loro di condividere la gioia, il piacere e il desiderio – ciò che unisce all'infinito.
La percezione dell'odore e del sapore, del contatto fisico che parte dai polpastrelli sensibili, si mescola a tutto ciò e porta la concretezza sensoriale a qualcosa di puramente spirituale, dandogli una connotazione veritiera e palpabile che la definisce nella propria precisa realtà.
Atsushi lascia la sua bocca per sentirlo urlare di piacere, vicinissimo al suo orecchio. Lo ama e lo adora, tanto.
Raggiungono l'orgasmo così, l'uno guidato dall'altro, ancora stretti e ansimanti.
Perfetti.

 

 

So nobody can look at you (when you smile)
I want to hide you inside my embrace (I’m so serious)
The stares that are after you
Wakes up inside me
There’s a harsh storm

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