Scacco Matto Alla Regina

di Therry_1984
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ansia dell'attesa ***
Capitolo 2: *** Il giorno delle sorprese ***
Capitolo 3: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 4: *** Non finisce qui (Seguito Cap. 2) ***
Capitolo 5: *** La dichiarazione di Mick (Seguito Cap. 4) ***
Capitolo 6: *** Il reggiseno della discordia (Seguito Cap. 4) ***
Capitolo 7: *** Tra uomo e detective (Seguito Cap. 6) ***
Capitolo 8: *** L'affascinante sconosciuto (Seguito Cap. 5) ***
Capitolo 9: *** Svanita nel nulla (Seguito Cap. 7) ***
Capitolo 10: *** Il cosiddetto Piano Saeko (Seguito Cap. 9) ***
Capitolo 11: *** Noi dobbiamo parlare (Seguito Cap. 8 e 9) ***
Capitolo 12: *** Non mi puoi abbandonare così (Seguito Cap. 11) ***
Capitolo 13: *** Il ragazzo del kebab (Seguito Cap. 12) ***
Capitolo 14: *** Corpi freddi (Seguito Cap. 12) ***
Capitolo 15: *** Nel regno di Reika (Seguito Cap. 14) ***
Capitolo 16: *** La profezia della cartomante (Seguito Cap. 15) ***
Capitolo 17: *** L'obiettivo primario di Saeko (Seguito Cap. 16) ***
Capitolo 18: *** Confessioni sulla spiaggia (Seguito Cap. 17) ***
Capitolo 19: *** Come se fossi un amico (Seguito Cap. 13) ***
Capitolo 20: *** L'ira di Hideyuki (Seguito Cap. 18) ***
Capitolo 21: *** Abbraccio fraterno (Seguito Cap. 19 e 20) ***
Capitolo 22: *** Togliersi ogni singolo dubbio (Seguito Cap. 20) ***
Capitolo 23: *** Shinjuku non ci abbandona (Seguito Cap. 21 e 22) ***
Capitolo 24: *** Come se non ci fosse un domani (Seguito Cap. 5) ***



Capitolo 1
*** L'ansia dell'attesa ***


Cap. 1 - L'ANSIA DELL'ATTESA

31 Marzo, ore 7:00
Kaori - Mick

Il latte caldo che usciva dal microonde, quell'atmosfera rilassante di casa, il profumo delle rose che le aveva fatto recapitare Hideyuki per il suo compleanno proprio quella mattina, non riuscivano a farla rilassare ed a farle assaporare appieno quel giorno. Perchè lui mancava, perchè il proprio telefono non suonava e perchè nemmeno un timido tiepido informale messaggio non compariva sul display dell'Iphone. "Per Dio!" Si ritrovò ad imprecare la giovane donna dai capelli rossi. " E' il mio trentesimo compleanno, come diavolo fai a non ricordarti! Ci vogliono tre secondi per scrivere sei dannate lettere... A U G U R I... non ci vuole un'ora!" L'ansia la stava consumando.

E più pensava e più si sentiva stupida per ritrovarsi lì come un'adolescente ad elemosinare un po' di attenzione e di amore. Scostò con rabbia la sua tazza preferita, che le aveva portato lui quando era andato negli Stati Uniti per una missione... che poi, tra l'altro, le era stato detto, quasi forse per sbaglio, che l'aveva scelta lei. Quella intelligentissima elegantissima e fighissima gatta morta sua partner di lavoro al dipartimento di Shinjuku. La detestava, la odiava, l'avrebbe uccisa, strozzata, strangolata, annegata... solo perchè lei passava tutto il giorno con lui a lavorare su casi di omicidio. "Saeko Nogami, ma con quei tacchi altissimi mai una volta che cadi e ti rompi il femore e stai a casa in malattia!" Imprecò Kaori contro la partner di lavoro del suo ragazzo che, secondo lei, gli faceva il filo. Certo che, non è che ci fosse una ragazza nel raggio di dieci chilometri che non trovasse affascinante e dannatamente sexy Ryo Saeba.

Era il più meraviglioso esemplare maschio che faceva impazzire gli ormoni di ogni donna sana di mente sulla faccia della terra. E, nonostante questo, con tutte le donne che poteva avere, aveva scelto proprio lei: la sorella del suo migliore amico. Ryo ed Hideyuki erano amici da tempo immemore poichè sin da piccoli abitavano nello stesso quartiere ma soprattutto nello stesso palazzone, vicini di casa nello stesso pianerottolo. La madre di Ryo era rimasta vedova poichè suo marito, uno dei poliziotti migliori del dipartimento di polizia di Shinjuku, era rimasto ucciso durante una rapina.

Quando era accaduto il fatto, il partner di lavoro del padre di Ryo era il padre di Saeko che poi, dopo quell'evento era stato promosso e nel tempo era salito di grado fino ad occupare il posto attuale di commissario. Ryo aveva deciso di entrare in polizia per trovare l'assassino di suo padre, colui che aveva premuto il grilletto quel maledetto giorno che gli aveva cambiato la vita per sempre. Era successo poco prima del suo quindicesimo compleanno. Si trattava di una banda di farabutti, sconosciuti alle autorità locali, che aveva tentato il grande colpo alla Shinjuku National Bank, solo che qualcosa era andato storto poichè i malviventi si erano visti costretti a prendere degli ostaggi. La trattativa era andata avanti per ore, finchè Akira Saeba, abile negoziatore, si era esposto in prima persona entrando dentro la banca da solo. Tutte le telecamere erano state oscurate dai rapinatori che avevano fatto uscire tutti gli ostaggi dopo che il Saeba era entrato ed era rimasto lui da solo col capo della banda, di cui non erano riusciti a sapere il nome.

Erano in cinque.

Mentre perlustravano il perimetro dell'edificio, due dei malviventi erano rimasti uccisi sotto i colpi degli uomini della SWAT Giapponese. Uno era rimasto ferito gravemente e quindi portato via ma era morto in ambulanza. Il quarto era stato torturato a lungo nella prigione di massima sicurezza ma aveva detto che avrebbe preferito morire così piuttosto che rivelare il nome del suo capo. E non l'aveva ancora fatto. Il loro capo era l'unico che era riuscito a scappare ed era quello che era rimasto con l'ostaggio. La polizia aveva messo a disposizione il denaro e l'aveva lasciato scappare tramite le fognature poichè lasciasse in vita quel poliziotto invece tutti gli sforzi erano stati vani. Aveva registrato la voce del padre di Ryo facendo credere che fosse ancora vivo e l'aveva fatto parlare al telefono con la polizia là fuori. Ma poi aveva chiesto un'ora per poter essere lasciato libero di scappare. Dopo quel tempo erano entrati nell'edificio ed avevano trovato il padre di Ryo senza vita, legato e giustiziato con un colpo alla tempia, seduto in uno sgabiozzo dei wc all'interno del bagno per dipendenti della banca.

Dopo essere entrato in polizia ed effettivamente nel dipartimento di suo padre, aveva aperto il fascicolo relativo alla sua morte ed aveva preso visione di tutta la documentazione. Foto di come l'avevano trovato, comprese. Da lì gli era montata una grandissima rabbia e nata la sua sete di vendetta: trovare il bastardo che gli aveva fatto questo. Ripensò Kaori a quello che gli aveva raccontato Hideyuki di quello che era successo a quel tempo, quasi vent'anni prima.

La suoneria del suo cellulare la riportò alla realtà. "Evvai si è ricordato!" Ma quando vide il numero della casa di riposo "Villa dei Cigliegi" in cui lavorava da otto mesi come infermiera, l'entusiasmo si spense sul nascere. La voce calma e pacata del suo collega Mick Angel, che a stento riusciva a nascondere sul posto di lavoro il suo sentimento per lei, fece capolino alla cornetta:

- Ciao Kaori, scusa se ti disturbo, ma è un'emergenza. - Disse gentile l'uomo. - Spero niente di così grave... - Ribattè Kaori. - Insomma, Hashimoto stavolta si è espresso... sapevamo che prima o poi sarebbe accaduto, no? -

- Uffa... - Sospirò Kaori con stupore e con dispiacere. - Ha slogato il polso a Miki mentre cercava di dargli la terapia. Ultimamente è più aggressivo del solito... non so se sia per il fatto che la moglie non viene più a fargli visita da quando il figlio è ritornato a casa dopo il divorzio. O chi lo sa, magari è sto caldo che li fa impazzire tutti. -

- O magari è più semplicemente la sua malattia che sta peggiorando, tu che dici?! - Gli rispose con un filo di ironia Kaori. - E quindi, in conclusione, a che ora devo venire? Miki come sta? -

- Vieni per le 11, tra poco arriverà sua sorella Kasumi che la accompagnerà in pronto soccorso. -

- Hai avvisato Umibozu? - Chiese Kaori a Mick, Hayato Ijuin era il loro coordinatore infermieristico. - Lui ed Hideyuki sono ad un corso di aggiornamento di tutte le strutture in un centro congressi sulla baia. Beh scusa, ma tuo fratello non ti ha detto niente? - Chiese Mick, un'infermiere che prima di approdare lì aveva lavorato dieci anni in pronto soccorso ed altri dieci in assistenza domiciliare, che era sempre informato su tutto e tutti, ma soprattutto era il braccio destro del coordinatore Umibozu ed, in sua assenza, ne faceva le veci. Mentre invece Hideyuki, il fratellastro di Kaori, poichè la ragazza era nata dal secondo matrimonio del Makimura dopo la morte della prima moglie per cancro, era il coordinatore amministrativo e legale della casa di riposo. Lei ed Hideyuki avendo sempre vissuto insieme erano in ottimi rapporti e si consideravano come veri fratelli.

- Mick, per favore, già faccio fatica a ricordarmi i miei impegni, figuriamoci quelli di Maki?! -

- Va beh, allora ti aspetto. Grazie di aver anticipato il turno del pomeriggio. A buon rendere... - Disse Mick prima di chiudere la conversazione.

Kaori rimase perplessa. "A buon rendere..." Detto con un certo tono, sarcastico, allusorio. Chissà cosa aveva in mente. Il pensiero di Ryo che non le aveva fatto gli auguri di compleanno si perse nei meandri dell'emergenza del momento. Aveva circa un'ora per prepararsi qualcosa da mangiare da portarsi sul lavoro, fare una doccia ed essere lucida e carica almeno fino alla sette di quel pomeriggio.

Un lungo lunghissimo pomeriggio.

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Capitolo 2
*** Il giorno delle sorprese ***


Cap. 2 - IL GIORNO DELLE SORPRESE

31 Marzo, ore 19:00
Kaori - Mick - Saeko - Ryo

Quando la casacca della divisa bianca scivolò sul pavimento dello spogliatoio, in fondo non era andata poi così male al lavoro. Si disse Kaori mentre si stava svestendo. Si tolse, con molta lentezza, anche i pantaloni facendoli scendere in modo quasi sensuale sul pavimento. In quel momento, si immaginò di fare una specie di streaptease a Ryo in una delle loro serate romantiche, già, chissà quando. Questo era il problema. In più ci si era messo anche il suo telefono.

Batteria scarica a metà pomeriggio. Quindi non aveva saputo se Ryo effettivamente l'aveva chiamata per farle gli auguri. In completo intimo bordeau con le rose di pizzo disegnate, uno dei suoi preferiti poichè era stato il primo regalo di Ryo, attraversò quella piccola stanza piena di armadietti grigi di metallo con su scritto, su ognuno di essi, la targhetta col nome di chi lavorava lì dentro. Lo fece scendere anche quello sul pavimento dello spogliatoio in modo distratto.

Aveva lasciato inserita la chiave della porta dello spogliatoio che dava sul corridoio a piano terra nella serratura fuori e non si era chiusa dentro poichè sapeva che a quell'ora non c'era nessuno a parte i due operatori socio sanitari che lavoravano ai piani superiori aspettando la loro turnista della notte. Scavalcò a piedi nudi il completo intimo lasciato prima dello spazio che divideva la stanza degli spogliatoio con quella dove si trovava la toilette: sanitari, lavandini ed una piccola doccia. Chiuse la porta senza usare la chiave, appoggiò il bagno doccia alla mandorla sulla mensolina di vetro posta sopra al lavandino e, tutta nuda, vide riflessa l'immagine che le rimandava lo specchio.

Si passò una mano sul collo, sul petto e poi sui seni socchiudendo gli occhi pensando a quando lo faceva Ryo prima di fare la doccia insieme. Ripensò a quei momenti, ormai rari, però impressi nella sua mente come fossero accaduti il giorno prima. Immersa in questo limbo ovattato si infilò sotto la doccia afferrando il bagno schiuma. Aspettò che l'acqua diventasse abbastanza calda per rilassarsi e lasciarsi andare completamente.

Dopo pochi minuti, con l'accappatoio lasciato su una sedia di fronte ai sanitari si coprì asciugandosi. Aprì la porta del bagno ritornando poi di fronte al suo armadietto per mettersi i vestiti puliti quando, scavalcando in automatico il completo intimo che pensava di avere lasciato sul pavimento, notò che proprio lì non c'era nulla. Per un attimo pensò, distratta come era di solito, di averlo lasciato attaccato all'attacapanni dove aveva riposto i suoi vestiti. Proseguì lentamente verso di esso e lo cercò per un paio di minuti.

Ma niente. Era rosso bordeau su un pavimento fra il grigio ed il giallo ocra. "Come faceva a non essere più lì!" Si chiese convulsamente prima che un'ondata di panico la assalisse. Kaori non sapeva cosa provare in quel momento. Qualcuno, che non aveva nemmeno sentito entrare, le aveva rubato il completo intimo lasciato sul pavimento per nemmeno dieci minuti. E non sapeva se essere più terrorizzata per il furto o per il fatto che non aveva sentito alcun rumore.

La prima cosa che le venne da pensare era chiamare Ryo. Ma cosa avrebbe potuto dirgli: "Amore, mi hanno rubato il completo intimo mentre mi spogliavo a lavorare?" Già faceva fatica a ricordarsi di farle gli auguri, figuriamoci di andarle in soccorso per una banalità di quel calibro. Sospirò. Si rivestì con i vestiti puliti senza ovviamente l'intimo sotto.

Uscì dalla porta principale della struttura ricordandosi di non farsi venire il panico e di andare a casa a riflettere con calma. Forse avrebbe dovuto lasciar perdere e metterci una pietra sopra. Magari ricordarsi di chiudere le porte quando si cambiava al lavoro, non era una brutta cosa. All'improvviso si sentì afferrare da dietro. Cacciò subito un urlo disperato.

"Era l'uomo di prima, era ancora lì. Oh mio Dio, mi vuole uccidere!" I pensieri più letali le si accavallavano uno contro l'altro. Ma quando si voltò vide lo sguardo amorevole di Mick che le esclamò tutto d'un fiato:

- Sooooorpresa!!! Auguri collega! - Porgendole davanti un muffin al cioccolato con una candelina sopra. Kaori si riprese dallo spavento pensando che evidentemente non era ancora il suo momento della dipartita al creatore. L'abbraccio del collega la sommerse.

- Mahhh da quanto sei qui? - Chiese lei.

- Sono arrivato adesso sperando che ci fossi ancora. Ero passato prima di sopra ma Mariko mi ha detto che eri andata giù a cambiarti da poco. Altrimenti ti avrei aspettato a casa. - Disse l'uomo con un'aria quasi euforica anche se notò che Kaori era più sullo spaventato che sul compiaciuto.

- E... quando sei arrivato non hai visto nessuno andarsene? - Chiese la donna.

- Mh, no. Perchè? - Chiese lui accigliato. Kaori rimase un attimo sulle sue meditando se dirgli dell'accaduto oppure no. Poi alla fine decise di soprassedere.

- No, niente... ah scusa non ti ho ringraziato ancora. Bella sorpresa. Proprio non me la aspettavo. -

- Beh ovvio no, se no che sorpresa è? - Un piccolo bacio giunse alla guancia dell'uomo.

- Sei sempre così carino tu. - Disse Kaori sorridendogli.

- Sì lo so, grazie. Comunque dai, andiamo che ho prenotato in un bel posticino sul porto. -

- Quindi questa era la ricompensa per aver anticipato il mio turno? - Chiese la donna quasi con aria maliziosa.

- No, tesoro... la ricompensa deve ancora arrivare... -

*** *** ***

- Ma cosa hai oggi? Sei sempre attaccato al telefono!? Guarda che siamo in servizio! - Disse Saeko a Ryo.

- Oggi è il compleanno di Kaori, non sono ancora riuscito a farle gli auguri! Mi ucciderà! E comunque quella benedetta donna non si ricorda mai di ricaricare il cellulare! E' tutto il pomeriggio che è spento! - Sbuffò Ryo.

L'auto rossa di Saeko parcheggiò nella piazzola di un ristorantino vicino al porto. Avevano avuto una soffiata che l'uomo, noto imprenditore del quartiere, che seguivano nell'ultima indagine avrebbe cenato lì con una donna che era collegata alla yakuza. Avevano prenotato un tavolo dietro ad un separè floreale, al di là del quale, ci sarebbe stato il tavolo dei due. Si erano vestiti casual-eleganti e dovevano sembrare una coppia come tutte le altre che cenavano a lume di candela, ma, in realtà, il loro compito era di cogliere le informazioni su quello che si dicevano i due riuscendo a mettere una microspia in una decorazione floreale che divideva i due tavoli.

- Metti via quell'iphone e datti una mossa! - Imperò Saeko infastidita dal fatto che Ryo pensasse più al compleanno della sua fidanzata che alla missione. Era da tempo che lavoravano insieme e non aveva ancora capito come mai un uomo così stesse con quella Kaori che di splendido non aveva proprio nulla. Non la conosceva di persona, l'aveva vista solo una volta di sfuggita quando era venuta in dipartimento a dare una cosa a Ryo. Si era sempre fatta un mare di castelli su come fosse di aspetto la donna che si poteva vantare di essere fidanzata con Ryo Saeba e, quando l'aveva intravista era rimasta delusa.

Pensava molto più bella, molto più appariscente, molto più... invece era una banalissima ragazza normale. La cosa positiva era che passando più tempo con lui avrebbe avuto modo di capire come una così fosse riuscita a mettergli il cappio al collo ma quando era sul lavoro lui non parlava mai della sua vita privata. Sapeva solo che Kaori era la sorella del suo migliore amico e che erano finiti insieme in modo graduale, conoscendosi da tanti anni.

E questo era un punto a suo sfavore. Disse Saeko. Forse la cena a lume di candela, anche se sotto copertura, avrebbe potuto aprire una breccia nel suo cuore o, per lo meno, attrarlo dal punto di vista fisico. Poteva essere una possibilità anche se non è che ci sperasse più di tanto. Anche se non lo dimostrava molto sembrava essere molto devoto e molto innamorato della sua ragazza.

Saeko era una che quando voleva ottenere qualcosa la otteneva. E se si metteva in testa che voleva lui, ce l'avrebbe fatta. Anche a costo di passare sopra a qualche cadavere. Soprattutto quello della sua principale rivale.

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Capitolo 3
*** L'inizio della fine ***


Cap. 3 - L'INIZIO DELLA FINE

31 Marzo, ore 19:30
Eichi - Mizuki


Il segno del livido attorno al collo era ben evidente. Si era premunito di indossare dei guanti neri, fra i più comuni sul mercato, comprati alcuni mesi prima in un negozietto da quattro soldi nei sobborghi di Shinjuku.

Niente di rintracciabile, insomma.

I capelli lunghi e neri della donna le cadevano sulle spalle, appoggiati come souvenirs su un mobile antico. L'aveva presa alla sprovvista, di schiena, quando ormai aveva infilato la chiave nella toppa per entrare. L'aveva sorvegliata per alcune settimane e sapeva quanto lei fosse abitudinaria perciò era riuscito ad agire indisturbato ed a fare delle foto su tutti i suoi spostamenti. La guardò ancora. Guardò ancora quel corpo senza vita steso sul pavimento del soggiorno.

"Nessun segno di effrazione, nessun segno di collutazione, la vittima ha aperto al suo aggressore e probabilmente lo conosceva. Gli ha dato le spalle, senza preoccuparsene e lui l'ha strangolata da dietro."

Questo è quello che avrebbero detto i detectives appena visto il cadavere della giovane donna.

La prese in braccio, attento a non lasciare traccia alcuna, la spogliò e la rivestì con il completo intimo rosso bordeau mettendo quello della donna in una busta nelle proprie tasche. Sicuramente il medico legale avrebbe fissato l'ora della morte fra le cinque e trenta e le sette e trenta di quel pomeriggio. Un orario perfettamente compatibile con quello di Mick Angel che non aveva un alibi per quel lasso di tempo dato che dopo aver finito il turno di lavoro era rientrato nella propria abitazione in cui dimoravano lui ed il suo cane di mezza taglia, un simpatico meticcio di nome Mokkori.

E dato che i cani non parlavano ancora, non avrebbe avuto nessun testimone che avrebbe potuto accertare di essere con lui in quell'orario.

Successivamente si mise a ridere fra sè e sè."Chissà che faccia avrebbe fatto l'imperturbabile, a quanto si narrava in Dipartimento, Ryo Saeba quando avrebbe visto sul cadavere della fidanzata del collega della sua ragazza, il completo intimo che lui aveva regalato a Kaori."

L'aveva saputo dal diario che aveva letto di nascosto a casa della donna. Sperava che indossare quel completino sexy in quel giorno particolare, le potesse portare fortuna... magari una cena a lume di candela con risvolti post-prandiali piccanti.

Da sbellicarsi dalle risate. Pensò l'uomo mentre lasciava l'appartamento della donna appena uccisa.

In quel palazzo abitavano giovani coppie che rientravano solo la sera tardi, single che passavano la maggior parte del tempo al lavoro ed una dirimpettaia della vittima che era anziana, ci vedeva e sentiva pochissimo. Si era informato sul fatto che la vecchietta avesse paura degli eventuali malviventi e che quindi stava rintanata in casa il più possibile e si faceva gli affari propri.

Chiuse la porta con le chiavi e uscì dall'appartamento. La prossima tappa sarebbe stata appoggiare il mazzo di chiavi della donna sulla ciotola d'ingresso all'entrata della abitazione del suo fidanzato e poi per quella sera si sarebbe dato al relax.

Progettato per mesi, finalmente l'inizio della fine si sarebbe potuto compiere e lui avrebbe avuto la sua personale vendetta. Costasse quello che costasse. Verso il figlio dell'uomo che gli aveva portato via suo padre per sempre nella sparatoria davanti alla banca, vent'anni prima. Gli avevano telefonato troppo tardi, quando ormai lui se ne era già andato dentro a quella ambulanza. E lui non era nemmeno riuscito a dargli l'ultimo saluto. Sapeva che suo padre non era un santo, ma purtroppo si era dovuto vendere in quel modo all'organizzazione per riuscire a portare a casa quattro soldi per la sua famiglia. E saldare il debito che incombeva su di loro. Con la Union Teope o pagavi con la vita o ti sottomettevi lavorando per loro.

Il padre di Ryo aveva premuto quel grilletto prima di offrirsi come principale ostaggio e negoziatore. Ryo Saeba avrebbe dovuto soffrire tanto quanto lui aveva patito perdendo suo padre. Le immagini delle telecamere dei giornalisti che riprendevano la rapina in diretta, le avevano viste tutto il paese.

Nessuno pensava però che in quel momento, si stava portando via un padre al proprio figlio, una persona amata. Ma Ryo Saeba l'avrebbe scoperto molto presto, cosa significava perdere una persona amata.

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Capitolo 4
*** Non finisce qui (Seguito Cap. 2) ***


Cap. 4 - NON FINISCE QUI (Seguito Cap. 2)

31 Marzo, ore 19:40
Kaori - Mick - Saeko - Ryo


Il display sul cruscotto segnava le diciannove e quaranta, notò Kaori mentre si sedeva sul sedile dell'auto molto comodo e tirata evidentemente a lucido. Di per sè la situazione attuale poteva sembrare molto interessante: dolce soffice e goloso muffin appena trangugiato, spento la candelina con espressione di un desiderio, seduta in auto con un figo fotonico che la stava accompagnando in un bel ristorantino.

Peccato che non fosse il suo fidanzato, peccato che intuisse da sempre la sua attrazione maschile su di lei, peccato che, a quanto ne sapeva, le sembrava che Mick avesse una ragazza e, peccato ancora, che lei non avesse il suo completino intimo addosso.

Ciò significava niente reggiseno ma, soprattutto, niente mutandine. Ciò che aveva a disposizione in quel momento erano: una gonna di cotone con fiori colorati, una maglia a maniche a tre quarti molto attillata ed una giacchetta primaverile. Non che ci volesse molto dato che da poco era iniziata la primavera, ma non avere la sua certezza attaccata alla pelle, le faceva venire un certo nervosismo congenito.

Guardò di sbieco Mick mentre stava facendo manovra per dirigersi sulla strada principale e, solo allora, notò quanto, senza la divisa da infermiere, fosse veramente affascinante. Di solito sul lavoro queste cose non si notavano eppure lì seduti in auto mentre andavano in un ristorante, meglio, mentre lui la stava portando in un ristorante, tutto assumeva quasi un significato di appuntamento.

E la cosa assurda era che erano entrambi impegnati con persone diverse. Questo particolare faceva sembrare tutto come una fuga da amanti. Pensò Kaori. Ciò le dispiaceva perchè forse avrebbe dovuto dire di no, che lei non andava a cena con un collega dato che aveva un fidanzato. Eppure, nel suo più profondo, questa cosa la eccitava parecchio e le sembrava come di appendere sul portone del dipartimento di polizia un cartello grande come una casa con su scritto: "Stupido coglione, tu non ti ricordi nemmeno di farmi gli auguri mentre il mio collega figo mi porta fuori a cena, fottiti!"

Rise fra sè e sè per questo pensiero vendicativo, quando Mick si voltò verso di lei dicendo:

- Perchè ridi da sola? - Chiese curioso.

- No, niente... pensavo a cose mie, ma... e dimmi, come mai ti è venuta in mente questa idea? Avevo capito bene o no, ma non è che magari la tua ragazza è gelosa? - Chiese Kaori giusto per mettere un attimo le distanze per la serie: "Vengo fuori a cena con te ma non ti aspettare un dopo cena."

Lui la fissò perplesso e, come sanno benissimo fare gli uomini, contrasse la mascella e minimizzò con un:

- Non preoccuparti, l'idillio fra noi è finito da un pezzo. Quando subentra la routine, il rapporto diventa più da amici che da fidanzati. - Rispose lui laconico. Kaori deglutì anche se, da donna, non riusciva a capire se lui l'aveva già lasciata o se la stava lasciando o aveva intenzione di farlo e non glielo aveva ancora comunicato.

Gli uomini sono così. Poche parole, anzi, silenzio e azioni che non ti lasciano molto da pensare che quando un uomo si distacca col cuore, si capisce subito che poi punta la sua attenzione verso altri lidi. Si disse Kaori. Infatti se avesse amato ancora la sua ragazza, non gli sarebbe nemmeno potuto venire in mente di fare a lei una sorpresa e di portarla fuori a cena. Lei. Proprio lei, una collega. Non si portano fuori a cena le colleghe, a meno che non sia una cena fra un numero di persone superiore a due ed inferiore a dieci o venti. Di sesso misto, per la precisione. Riflettè contrariata l'infermiera.

- Mi dispiace tanto. Era molto che stavate insieme? - Chiese la ragazza dai capelli rossi. Lui la guardò con quello sguardo tipico maschile del: "Smetti di fare domande a cui non voglio rispondere". Infatti le accennò un pallido sorriso e le disse, cambiando discorso:

- Sai dove ti voglio portare? - Tenendo le mani strette sul volante. Era chiaro che non aveva alcuna intenzione di parlare del suo rapporto sentimentale, così Kaori battè in ritirata ed evitò ulteriori domande, seguendo il suo discorso:

- No, non so. Ma qualsiasi posto mi andrà bene, ho una fame!?! - Gli disse toccandosi e strofinandosi la pancia. Lui la guardò compiaciuto e Kaorì notò che i suoi occhi azzurro ghiaccio era più propensi ad osservare la scollatura del suo vestito che il suo gesto quasi infantile.

Lo sentì inspirare ed espirare profondamente come se stesse mandando giù un rospo pazzesco. Lo vide muoversi leggermente col bacino facendo la mossa di sedersi meglio sul sedile. Conosceva quel movimento. Lo aveva visto fare alcune volte a Ryo ed, a meno che non gli vibrasse il cellulare in tasca, era un chiaro segno che qualcosa, o meglio, qualcuno si era appena svegliato sotto la cintura dei jeans attillati di colore grigio che gli fasciavano le gambe come una seconda pelle.

Kaori gli riferì quello che era successo al lavoro quel pomeriggio, giusto per raggelare l'ormone maschile. Nulla di importante da segnalare, e Mick le raccontò di come era successo l'incidente di Miki con quel paziente aggressivo affetto da Alzheimer.

Così, parlando, giunsero al ristorante in questione: "La baia dei lupi" situato vicino al porto.

Scese prima Mick accorrendo ad aprire la portiera alla sua collega con un gesto galante che sorprese Kaori di quanto, effettivamente, lo conoscesse quasi esclusivamente dal punto di vista lavorativo e poco personale. A braccetto raggiunsero l'entrata del ristorante che da fuori non sembrava molto grande.

Il cameriere, vestito in giacca cravatta e pettorina, indicò loro il tavolo ed i due cominciarono a sistemarsi.

Kaori notò che nonostante conoscesse Shinjuku da una vita, ignorasse la presenza di questa autentica perla di eleganza in mezzo al gran numero di osterie di bassa lega per pescatori, e purtroppo, per piccoli spacciatori, che si trovavano dalle parti del molo. Era raffinato, elegante ma non eccessivamente da prima classe. C'erano circa una decina di coppie sedute a vari tavoli, due o tre gruppi di famiglie con bambini al seguito, alcuni tavoli vuoti ed altri con persone che o aspettavano qualcuno o stavano ordinando il menù.

- Molto carino. - Gli disse con aria compiaciuta.

- Sono contento che ti piaccia, dai. Volevo farti una piccola sorpresa. Solo che un regalo, dato che non è che ci conosciamo bene, mi sembrava azzardato, però ho pensato che una cena si gradisce sempre. Tanto più che ti sono debitore per tutti i favori che mi hai fatto a lavorare questo mese. - Rispose Mick mentre il cameriere si avvicinava per chiedere cosa volessero ordinare.

- Buonasera signori, cosa gradireste per cena? Menù di pesce, immagino. - Asserì l'uomo e mentre Mick ordinava per entrambi per cominciare, un antipasto misto caldo e freddo, e si informava sulla qualità di vino migliore da abbinare, Kaori intanto si guardava attorno.

Non le importava cosa il suo collega ordinasse, se il cameriere non si dava una mossa avrebbe inghiottito tutte e sette le miniconfezioni di grissini sul tavolo. Forse anche la ciotola che li conteneva in ceramica, se non fosse stato abbastanza.

I due infermieri erano seduti ad un piccolo tavolo rotondo quasi al centro della sala e dalla sua posizione poteva vedere benissimo l'entrata del locale mentre Mick invece era girato di spalle.

Mentre Mick ed il cameriere si accordavano sulle portate successive, l'attenzione di Kaori cadde sull'entrata di una donna con un vestito lungo nero mozzafiato, a dir poco, fantasticamente seducente. Tacco alto e pochette in mano, Lady Eleganza stava avanzando ma girata momentaneamente di spalle rispetto a Kaori.

Fu un attimo.

La donna avanzò sul tappetino blu presso l'ingresso fermandosi davanti alla postazione del maitre che, davanti ad un piccolo bancone, prendeva le prenotazioni. Il vestito era scollato completamente sulla schiena, quasi peggio del davanti.

Ma la cosa sorprendente era che l'uomo che teneva nell'altra mano libera dalla pochette, quasi irriconoscibile in quel lungo abito elegantissimo nero con cravatta grigio scura abbinata, era... Ryo!

Il-suo-Ryo.

G E L O.

Freddo intenso e penetrante che si ha quando la temperatura minima è uguale o inferiore a 0 °C. Quattro lettere che semplicemente rendevano l'idea del momento di catastrofe che stava provando la sua anima ed il suo cuore in quell'istante. Il termine clinico appropriato, per lei che era un'infermiera, e che descriveva perfettamente la situazione, sarebbe stato "angina pectors".

Dolore al torace, o retrosternale, provocato dall'insufficiente ossigenazione del muscolo cardiaco a causa di una transitoria diminuzione del flusso sanguigno attraverso le arterie coronarie.

Ok, il concetto era chiaro. Si disse la donna, mentre tutto intorno sembrava che non esistesse e che non avesse importanza. Il cameriere li lasciò momentaneamente e Mick posò il suo sguardo su di lei. Non riuscì a finire la frase:

- Allora Kaori ti va bene il men... - Che l'espressione della donna lo bloccò. Era pallida, sudata, sembrava quasi sul punto di svenire.

- Kaori? Ehi! Che succede? - Chiese lui preoccupato. Ma la donna sembrava non reagire ad alcuno stimolo, come quando hai davanti un paziente critico e ti devi decidere in poco tempo a chiamare i soccorsi. Guardò le iridi nocciola di Kaori che puntavano verso le sue spalle e d'istinto si voltò.

Quello che lui vide fu solo una coppia di giovani come loro, molto eleganti, che stavano entrando nella sala da pranzo e si chiese quale fosse il problema. La sua espressione sul viso fece rispondere Kaori senza che il suo collega aggiungesse altro.

- E'... è... - Balbettò lei. - Il mio ragazzo... e... -

Mick trasalì quasi nello stesso momento in cui Ryo, sentendosi osservato da poco lontano, da un paio di occhi curiosi, voltò lo sguardo verso la fantomatica fonte di ammirazione.

E tutto avrebbe voluto vedere tranne Kaori seduta a quel tavolo con un uomo che non era lui.

Lampi di fuoco, fulmini e saette si concentrarono ipoteticamente in quel tranquillo, fino ad allora, locale e prima di scatenare l'inferno e tirare fuori la propria Magnum ritenne opportuno, in uno sprazzo di lucidità improvvisa, di andare a chiedere spiegazioni.

Non puoi scomodare il medico legale se non hai un cadavere. Si disse ironico. Prima... il cadavere del biondino. E poi... il medico legale. Così ignorò Saeko per un attimo e fece uno slalom speciale fra i tavoli per raggiungere la loro postazione il più in fretta possibile.

Mick, nonostante fosse molto svelto di comprendonio e dopo anni in unità operativa di emergenza, non riuscì a catalizzare il pericolo in tempo sufficientemente possibile per mettersi in salvo dallo sguardo assassino che di lì a poco sarebbe piombato su di loro come una spada di Damocle.

Tre o quattro secondi al massimo, e poi giunse il momento implacabile. Mick si disse che l'incontro con l'uomo con la falce, quando sarebbe stata la sua ora, sarebbe stato sicuramente molto più soft che vedersi piombare addosso quell'energumeno con intenzioni da killer seriale.

Lo sguardo di Ryo era, come dire, furioso? Nettamente, un eufemismo. La squadrò dall'alto al basso, dalla cima dei capelli fino a quello che riusciva a vedere con lei seduta con le gambe sotto il tavolo. La prima diagnosi che emerse dai raggi x era che lei non portasse il reggiseno come suo solito.

Orde di pensieri impropri e di natura letale, interrogativi da detective, e supposizioni al limite dell'incredibile e dell'indicibile, gli affollarono la mente non lasciandogli scampo. Pezzi di puzzle che si univano e si disfavano. Brandelli di carne umana che di lì a poco sarebbero volati ma, prima che riuscisse ad aprire bocca, lei lo precedette con altrettanto sguardo furioso ed infuocato:

- Non guardarmi così! Tu! Cosa ci fai... qui... con lei!?! Vestito così elegante! - Non era una domanda, era un'affermazione. E Ryo sapeva che quello sarebbe stato solo l'inizio della fine.

Sapeva quanto Kaori gli frantumasse le palle sul fatto che la sua collega non aspettasse altro che l'occasione buona per sedurlo e portarselo a letto. Ma non le aveva mai dato peso più di tanto, sbandierando che, anche se lei ci avesse provato, avrebbe trovato la sua implacabile fedeltà ad annientare ogni tentativo molesto. Ma, la situazione al momento era piuttosto ambigua, dato che, non era riuscito ad informare Kaori in tempo che quella sera non avrebbero potuto festeggiare il suo compleanno insieme perchè sarebbe dovuto andare sotto copertura in un ristorante vicino al porto per spiare un tizio.

Con Saeko. Facendo finta di essere una normale coppia che cenava a lume di candela. Ok, non era il massimo da dire alla propria ragazza gelosa. Sgrunt. Sospirò di frustrazione. Ma sapeva anche rimpallare con discreta eleganza. A volte Kaori lo chiamava, "Mr. Rivoltafrittata".

- Uhm, potrei dirti la stessa cosa. - Asserì secco. Kaori si ritrasse per un attimo guardando Mick che, intelligentemente, si alzò dal tavolo in due nano secondi lasciandogli il posto.

- Forse è meglio che voi due vi chiariate su questo enorme equivoco. - Riuscì a dire Mick in uno sprazzo di lucidità ma le mani di Ryo arrivarono prima. Il suo istinto animale aveva parlato. E quando parla l'istinto animale di Ryo, c'è da mettersi ai ripari. In men che non si dica, Mick si vide alzare quasi di cinquanta centimetri da terra e sbattere con violenza contro una colonna del locale che si trovava proprio lì accanto. Kaori soffocò un:

- Gesù. - Portandosi una mano al petto.

La bestia Saebiana aveva tirato fuori il meglio di sè, come al solito. L'istinto primordiale, da vero maschio testosteronico, aveva gridato un "Chi va là!" al proprio terreno violato da uno straniero. Se non fosse stata una scena reale, Kaori, che amava i film d'azione, avrebbe trangugiato con gusto i suoi popcorn ed elogiato a gran voce lo sceneggiatore.

A pochi passi lì dietro, Saeko era senza parole. Aveva intuito vagamente cosa stesse accadendo nel momento in cui aveva riconosciuto Kaori seduta ad un tavolo con un uomo. Che non era Ryo.

In quel momento Mick reagì lanciandogli un pugno di tutto rispetto e centrando Ryo sulla guancia sinistra. Il detective accusò il colpo ma con un gesto fulmineo afferrò le manette attaccate sul retro della sua cintura e lo ammanettò al volo con una non-chalance incredibile:

- Ti dichiaro in arresto per oltraggio a pubblico ufficiale. - Gli disse in tono secco ed implacabile. Ed aggiunse: - Lurido pezzo di merda. - Con grande soddisfazione.

Kaori era senza parole. Guardando la scena che si era svolta in nemmeno cinque minuti davanti ai suoi occhi. E mentre la "bestia sanguinaria" trascinava il povero Mick fuori dal locale, come quei felini che avvinghiano un pezzo di carcassa e se la trascinano nella propria tana, si voltò indietro guardando Kaori con un misto di rabbia, odio e delusione.

Lei capì benissimo cosa significava quello sguardo.

"Come hai potuto tradirmi...?"

Afferrò la borsetta e li seguì mentre Saeko vide che l'uomo che dovevano seguire era arrivato e fece cenno a Ryo che lei sarebbe rimasta, almeno per completare la missione... visto che lui aveva mandato tutto a puttane. Così, un ghigno malefico non lo risparmiò:

- Dopo facciamo i conti, io e te. -

Kaori la oltrepassò lanciandole uno sguardo a dir poco rovente. Si lasciò sfuggire un:

- Non finisce qui. Stronza. - Rivolto a Saeko che capì con un decimo di ritardo cosa la donna intendesse.

Usciti finalmente fuori dal locale sotto, ovviamente, gli sguardi attoniti dei presenti, Mick si divincolò dalla presa stretta delle manette ma Ryo aveva più forza di lui e lo sbattè con forza sul cruscotto della prima auto che trovò a portata di mano, per la serie come si fa con i veri criminali. Un fiotto di sangue ed un bel ciocco netto fece intendere a tutti e tre che Mick avrebbe dovuto fare un salto in ortopedia per il setto nasale sbrandellato su quel dannato cofano.

- Ma che diavolo ti è preso, pezzo di imbecille! - Urlò Kaori, una volta che i tre rimasero soli nel parcheggio.

- A me!!! E tu, che cazzo fai con questo biondino insulso... mezza nuda... a cena fuori!!! - Gridò Ryo in modo glaciale con quel tono sprezzante che solo lui sapeva avere nei momenti di ira.

Kaori capì che lui aveva notato che lei non indossava la biancheria intima. A Ryo non sfuggiva nulla, ormai avrebbe dovuto saperlo. Però, nonostante questo, gli piazzò uno schiaffo poderoso sulla guancia destra, il cui suono rieccheggiò come un sibilo di una sirena di una porta-aerei isolata in mezzo all'oceano.

Dopo di che, tra i tre protagonisti, calò il silenzio finchè vennero interrotti solo dalla radio della polizia situata all'interno della Porsche rossa di Saeko, parcheggiata accanto all'auto in cui Ryo aveva smaciullato il naso di Mick, e con la quale erano giunti al ristorante. Una voce metallica e frammentaria richiamò la loro attenzione:

"Drago Rosso da Centrale, mi sentite?" Ryo mollò la presa di Mick, piegato a novanta e dolorante sul cofano di quell'auto anonima, e sapendo che il biondino non si sarebbe mosso di certo, allungò il braccio dentro la "bambina" di Saeko per prendere la ricetrasmittente.

"Drago Rosso a Centrale, sono Ryo, vi sento forte e chiaro." Disse mentre la punta di rabbia convulsa man mano si placava. Urgeva al più presto una sigaretta. Si disse.

"Segnalazione di un 649. Donna sui trent'anni trovata strangolata nel suo appartamento al 149 interno 4 della Yasukuni-dori. Andate voi?"

"Affermativo. Vado solo, mandate medico legale e cavalleria. Passo e chiudo a Centrale." Rispose l'uomo con tono sicuro. Innumerevoli volte aveva detto quella frase. Il medico legale era la sorella di Saeko, Reika, e sarebbe giunta con la cosiddetta "cavalleria" che consisteva nel camioncino degli uomini della polizia scientifica che avrebbero esaminato la scena del crimine.

Quello che aveva detto la voce metallica fece venire a Mick un capogiro e vomitò seduta stante anche l'anima che non aveva.

Kaori fu subito da lui e, fra i singhiozzi e le lacrime lui riuscì a dire:

- E' l'indirizzo della mia ragazza, Mizuki Takedo. - Ryo vivisezionò Kaori con sguardo indecifrabile.

Lei alzò le mani in segno di difesa come per dirgli: "Io non sapevo niente." Ryo scuotè la testa come se non le credesse fino in fondo. Poi le imperò:

- Portalo in pronto soccorso. Io vado sulla scena del crimine. - Kaori registrò l'informazione senza aggiungere altro. Vide poi Ryo salire sulla Porsche di Saeko e sgommare via a tutta birra.

Lei osservò Mick e lo abbracciò guidandolo verso la sua berlina grigia con mille sentimenti che le palpitavano nel cuore. Che cosa sarebbe successo adesso?

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Capitolo 5
*** La dichiarazione di Mick (Seguito Cap. 4) ***


Cap. 5 - LA DICHIARAZIONE DI MICK (Seguito Cap. 4)

31 Marzo, ore 20:30
Kaori - Mick


Fece per aiutarlo a salire ma lui la scostò con gentilezza dicendo:

- Non ti preoccupare Kaori, faccio da solo. Aiutami solo quando mi vedrai moribondo col sondino nasogastrico ed un catetere vescicale. - Le disse con una punta di ironia l'infermiere che, anche in una situazione simile, riusciva a mantenere il suo innato sarcasmo nascondendo molto bene il dolore provocato dal poliziotto irruento e geloso. Kaori fece come aveva detto e salì dalla parte del passeggero senza smettere di osservarlo preoccupata.

Mick chiuse la portiera, mise in moto e senza girarsi per guardarla ma tenendo gli occhi fissi sul volante e davanti a lui, disse:

- Lo so che sei preoccupata per me, ma fidati sto bene. Sinceramente non potrei nemmeno biasimare il tuo ragazzo, forse al suo posto avrei reagito anche io così. - E solo finito la frase, si voltò verso di lei.

- Mah, non so, è una testa calda quello lì. - Rispose perplessa.

- Eppure sei riuscita a domarlo bene in tutti questi anni o sbaglio? - Chiese lui.

- Seh, domarlo, e chi lo doma quello!? Fa sempre ciò che vuole, quando vuole e se ne frega degli altri. Prima parla il suo istinto e poi il suo cervello. Anche se tutto sommato, è una brava persona... quando si impegna... - Disse Kaori scuotendo la testa.

- Il problema però è un altro. - Asserì Kaori.

- E sarebbe? - Chiese Mick distratto.

- Come che sarebbe? Che ti serve un buon avvocato! Dopo anni con un poliziotto so bene come funzionano queste cose, sai? Sei il principale sospettato di omicidio, e per giunta della tua ragazza. Come mai non ti vedo così preoccupato o dispiaciuto, non capisco? - Chiese Kaori un po' sconcertata.

- Certo che sono dispiaciuto, che ti credi! Ma so anche di essere innocente. Non avevo nessun motivo di ucciderla, anche perchè come ti ho già detto sarebbe stata questione di settimane e la nostra relazione era già concretamente finita, dovevamo solo ammetterlo. Non avevamo ancora parlato perchè ultimamente ci vedevamo poco ma la rottura era già nell'aria. Quando manca il sentimento od uno dei due è innamorato di qualcun'altro, è chiaro che i rapporti finiscono. Ma so di avere la coscienza a posto. - Raccontò Mick mentre si immetteva nel parcheggio del pronto soccorso più vicino.

- Beh, magari sarai anche innocente ma per dimostrarlo devi avere un alibi per l'orario che il medico legale fisserà per il delitto. - Asserì Kaori, al che, quasi offeso, Mick voltò lo sguardo verso di lei con fare serio.

- Ero a casa col mio cane prima di venire al lavoro a farti una sorpresa. E non ho niente da dichiarare nè da nascondere. Finito il turno di lavoro a mezzogiorno sono rientrato a casa, mi sono preparato da mangiare, mi sono messo sul divano a guardare un film, mi sono addormentato e poi ho pensato così dal nulla di farti questa sorpresa. -

- Queste sono le cose che dovrai dire a Ryo od ad uno dei suoi quando ti interrogheranno. Se non già in pronto soccorso, immagino subito dopo. E, comunque, ti serve un avvocato. - Ripetè Kaori mentre apriva il portafoglio per cercare il biglietto da visita che un'amica di Kasumi, sorella minore della sua collega infermiera Miki e proprietaria di un bar in centro a Shinjuku chiamato Cat's Eye, le aveva dato così da diffondere a chi ne avesse bisogno quando una sua vecchia compagna di scuola, Kazue Natori, avvocato, si era recata al bar a salutarla.

- E tu hai qualche suggerimento? - Chiese Mick.

- Sì, guarda, l'ho trovato. E' un'amica della sorella di Miki. Lei ti potrà dare il supporto legale che sicuramente ti servirà. Si chiama Kazue Natori, oltre che molto brava, è anche molto bella. - Disse Kaori mentre Mick la guardava in tralice.

- Kaori, io ho già una persona nel cuore. - Scandì bene lui continuando a fissarla come per dire "Sono innamorato di te, se non te ne sei ancora accorta!?". La donna percepì il messaggio ed evitò in tutti i modi di diventare rossa come una peperona. Doveva far finta di niente perchè se lui avesse detto che era innamorato di lei, Ryo l'avrebbe preso come un valido movente per cacciarlo in prigione a vita.

"Infermiere insospettabile strangola la fidanzata con cui stava per chiudere la relazione perchè innamorato di una collega."

Si immaginava già, Kaori, i titoloni dei giornali. Non voleva assolutamente essere coinvolta, nonostante sapesse che Ryo od i suoi colleghi avrebbero fatto il quarto grado anche a lei, sicuramente l'indomani, in quanto persona vicina al presunto assassino. Doveva assolutamente tutelarsi in qualche modo, nella peggiore delle ipotesi avrebbe anche potuto essere accusata di essere complice; però credeva nell'innocenza di Mick, ci credeva davvero. Si disse che l'avrebbe accompagnato in pronto soccorso, avrebbe aspettato che avesse fatto i raggi per decidere se quel pirla del suo ragazzo gli aveva frantumato il setto nasale e poi si sarebbe recata a casa perchè era distrutta.

I due aspettavano in sala d'aspetto con un codice verde in attesa di andare in radiologia. Nel frattempo Mick aveva scritto un messaggio a sorella per informarla sui fatti.

Nel momento in cui la sorella si precipitava in pronto soccorso, Mick fu chiamato a fare i raggi e suggerì a Kaori di andare a casa poichè sua sorella sarebbe stata con lui.

Così Kaori lo salutò, anche se con una certa apprensione e molto dispiaciuta, e si recò fuori dall'edificio per chiamare un taxi che la riportasse al suo appartamento.

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Capitolo 6
*** Il reggiseno della discordia (Seguito Cap. 4) ***


Cap. 6 - IL REGGISENO DELLA DISCORDIA (Seguito Cap. 4)

31 Marzo, ore 20:55
Ryo - Reika


Erano quasi le nove di sera del giorno più brutto della sua vita dopo quello in cui era morto suo padre, pensò il detective. E più affondava il piede sul pedale dell'acceleratore e più si sentiva soffocare. "La bambina" di Saeko andava a velocità pazzesca, si disse. Altro che la sua Mini rossa, ridotta in fin di vita, in riparazione dal meccanico dopo l'ultimo inseguimento roccambolesco di alcuni giorni prima.

Una boccata di ossigeno ed una di nicotina e dritto così fino all'indirizzo segnalato. La sua mente si era atrofizzata a forza di pensare. Non aveva abbastanza neuroni come una donna da far sobbalzare centomila pensieri tutti in una volta. La stessa fatica di avere cinque orgasmi insieme.

Una risata fredda, sguaiata e forzata, rieccheggiò nel piccolo abitacolo della due posti. Si sentì gelido dentro, forse ancora più gelido di quando guardava un cadavere ipotizzando come si fosse ridotto così. Era solo un urlo disperato, di angoscia, quello che proveniva dal proprio cuore, quello a cui i suoi occhi non volevano credere.

Era quando il dubbio di un presunto tradimento si affacciava sulla porta di una relazione che lui pensava consolidata da anni, che faceva più male che vederseli scopare brutalmente davanti agli occhi in una squallida stanza di un motel a ore. Probabilmente avrebbe sofferto di meno.

Eppure ogni fibra del suo corpo era lì a suggerirgli che quello era solo un grande grandissimo equivoco e che a tutto ci sarebbe stata una spiegazione, una minima miserrima giustificazione a quello che aveva passato nell'ultima mezzora.

Non riusciva ancora a crederci. Dieci anni volati giù per il cesso quando i suoi occhi avevano registrato l'immagine di Kaori a cena con quel tipo. Che, specificando, conoscendo l'onestà e la solidità di principi della sua ragazza, non riusciva a capire un gesto del genere.

Come erano arrivati a quel punto? Cosa era successo? Forse la colpa era la sua? Sempre al lavoro, Saeko di qua, Saeko di là, omicidi e centrale, in giro sempre per strada dalla mattina alla sera con rientri ad orari imprecisati ed improponibili. Il cellulare spento, lui che sapeva che lei ci teneva tanto agli auguri di compleanno, lui che non era riuscito a farglieli e nemmeno a comprarle uno straccio di regalo.

Perchè? Omicidi, strada, cadaveri, chiamate, rapporti e scene del crimine.

Loro che non si erano sentiti per tutto il giorno e poi... tac... la becca a cena fuori con un uomo, probabilmente il suo collega di cui a volte gli aveva parlato. Ma lui la era stata a sentire?

Uhm, no.

Le volte che lei gli parlava del suo lavoro, di cosa faceva, che situazioni assurde viveva a lavorare, quanta fatica e quanto stress pativa. Lui, la stava a sentire?

Uhm, direi di no.

"E così raccogli quello che semini, inutile testa di cazzo." Si disse biasimandosi.

Forse lui l'aveva portata a cena così senza che lei se lo aspettasse. Beh, poteva essere un'ipotesi dato che non le sembrava vestita da andare fuori a cena in un localino del genere in cui tutti erano in ghingheri. Però non si spiegava l'assenza di biancheria intima per una come lei che fuori dal letto era Missis Pudicità fatta persona.

Il suo istinto da detective gli suggeriva che un tassello del puzzle non era al suo posto.

Però, come avrebbe detto Saeko, citando il suo adorato Sherlock Holmes, lei che era molto più concreta ed empirica di lui, ecco perchè facevano un'ottima coppia sul lavoro:

"Eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità."

Lui vagava di intuizioni e d'istinto allo stato brado, lei si atteneva ai fatti ed alle prove. Combinate insieme queste qualità ne tiravano fuori una coppia perfetta.

Sul lavoro.

Per quanto adorasse Saeko non l'avrebbe mai voluta avere come compagna. Aveva un caratteraccio. Forse simile al suo. Nonostante esteticamente fosse il top, non era mai successo niente fra loro, anche se molte volte, soprattutto all'inizio, era stato tentato, perchè aveva un fisico mozzafiato ma la sua fedeltà a Kaori non era mai stata intaccata.

Fino a quel momento avrebbe potuto mettere la mano sul fuoco che la cosa sarebbe stata reciproca ma, dopo quella sera, non gli riusciva di pensarla così. Il tarlo del dubbio si era insinuato ed era peggio un dannato tarlo che una certezza assoluta. Era stata come una coltellata in piena giugulare, una roba di quelle che speri di morire subito piuttosto che rimanere un vegetale per sempre.

Non c'era niente di peggio per un uomo di vedersi minare il territorio in quel modo.

Aveva capito che non c'era ostilità da parte del collega di Kaori nei suoi confronti, prima che gli spaccasse il setto nasale sul cofano di una macchina. Ehm, va beh. Magari stavano solo cenando fra colleghi... già, in quel locale, da soli, la sera del compleanno di Kaori.

Cena fra colleghi, le chiamano così adesso? Insomma non riusciva a spiegarsi il perchè. Che poi, come Saeko diceva sempre in certune occasioni: "Non ci vuole un genio di Harvard che ti sfodera un algoritmo per capire cose che, anche il più analfabeta dei contadini, intuisce al primo colpo!"

Quando non era una pazza isterica single depressa, sapeva tirare fuori anche qualche battuta di simpatico sarcasmo.

"Trascura la tua donna e lei si troverà un altro che la inviterà a giocare al bravo chirurgo al posto tuo."

Respirò profondamente e prima di scendere dall'auto, si fece un'altra sigaretta. "Cristo santo, che serata di merda!" Si disse sconsolato poi, parcheggiato vicino all'auto di altri colleghi, si incamminò verso l'entrata del condominio in questione.

Come un lampo di fulmine si ricordò che il collega di Kaori aveva detto che la donna si chiamava Mizuki Takedo ed era la sua ragazza. La parte di detective che possedeva la sua anima rientrò nella propria sede abituale cacciando via l'altra faccia da uomo ferito nel proprio orgoglio da un presunto rivale in amore.

Giunse così all'interno indicato e vide già i ragazzi di Reika che stavano lavorando sulla scena del crimine. Lei era piegata sul cadavere della giovane ragazza. Lo sentì arrivare e lo guardò. Avrebbe riconosciuto i suoi passi anche ad occhi chiusi:

- Buonasera... caspita, hai un aspetto orribile. Hai scotennato qualche poveretto prima di venire qui? - Chiese lei, con sarcasmo, ignorando quello che era avvenuto al ristorante.

Ryo la guardò con un sorrisetto sbieco senza rispondere ma dicendo solo:

- Cosa abbiamo? Dimmi qualcosa che non so già, a parte il suo nome. - A quel punto Reika si alzò in piedi togliendosi dalla posizione in cui era e mostrandogli come era stata trovata la vittima da un'amica, poco tempo prima.

Quando Reika gli mostrò interamente il corpo così come era stato trovato, Ryo sbiancò. Reika si disse che non aveva mai visto Ryo impallidire così tanto da quando lo conosceva e lavorava con sua sorella.

- Ehi, che hai visto un fantasma?! - Esclamò la donna quasi irritata poichè non riusciva a capire. Quando lo vide riprendersi sentì solo una voce gelida che diceva:

- Fai analizzare quel reggiseno. Subito. - Gli ordinò implacabile.

- Starai scherzando vero? Non so se ti ricordi la prassi, ma di solito parto dal corpo della persona. - Rispose lei con sarcasmo. Che fretta c'era di esaminare subito il reggiseno quando era stata strangolata? E ribadì di nuovo:

- Il reggiseno è l'ultimo dei miei problemi. -

- Peccato che sia il primo dei miei. - Rispose lui con una voce così rabbiosa che mai gli aveva sentito prima di allora e prima di andarsene in fretta e furia senza nemmeno analizzare nè la vittima nè la scena del crimine, lo sentì solo dire:

- Voglio il rapporto sulle eventuali impronte trovate su quel cazzo di reggiseno domattina presto sulla mia scrivania. - Imperò da grande capo.

- Fottiti Ryo! Non ci pensare proprio. - Poi lo vide tornare indietro e guardarla con espressione omicida:

- Fai quello che ti ho detto altrimenti ti ritroverai a vivisezionare ranocchie e locuste nel giardino botanico del Doc. Ti è più chiaro? - E sgattaiolò via veloce come era arrivato.

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Capitolo 7
*** Tra uomo e detective (Seguito Cap. 6) ***


Cap. 7 - TRA UOMO E DETECTIVE (Seguito Cap. 6)

31 Marzo, ore 21:30
Ryo


L'aggressività verbale riservata a quella povera anima di Reika, che non c'entrava nulla, faceva solo da sfondo e da specchio al profondo disagio provato in quel momento. Una cosa inimmaginabile. Vedere il primo regalo che lui le aveva fatto risalente a nove anni prima su una donna trovata cadavere, fidanzata del collega infermiere di Kaori che sembrava facesse il filo alla sua ragazza. E... che li aveva beccati fuori a cena nel giorno del trentesimo compleanno di lei quando lui non era nemmeno riuscito a mandarle un messaggio di auguri.

Corse a perdifiato come faceva negli inseguimenti per uscire a prendere più aria possibile fuori da quell'immobile. Mentre percorreva tre gradini alla volta in discesa, non si fermò di certo a salutare i colleghi che salivano e che gli facevano un cenno del capo, l'unica cosa che voleva fare era uscire.

Uscire. Uscire. Uscire.

Appena raggiunse il piano terra, girò l'angolo di quell'edificio e la sua bile si riversò in un tratto buio vicino ad un bidone dell'immondizia, rifugio di un paio di cani randagi. Tutto quello che aveva dentro venne fuori in pochi minuti ed, insieme, lacrime di disperazione.

Proprio quando nessuno poteva vederlo, lì, da solo, si appoggiò al muro di schiena e si accovacciò come un bambino indifeso alla ricerca di un posto in cui nascondersi dalla dura realtà del momento.

Con le mani fra i capelli soffocò un grido disperato per paura che lo sentissero ed in fretta tirò fuori una sigaretta. Una dopo l'altra. Rimanendo nell'oscurità concreta e simbolica. Quando il pacchetto di sigarette fu esaurito, decise che era ora di riprendere in mano la propria vita e la situazione in generale.

Avrebbe dovuto agire, ed in fretta per non cadere nell'alienazione dell'oblio. Doveva ritornare detective ed analizzare i fatti nel modo in cui si erano presentati. Doveva decidere chi gli poteva dare le risposte giuste od, almeno, che riuscivano a dare un senso a quel autentico pasticcio.

Perchè se la cena fra Mick e Kaori poteva essere una cosa su cui soprassedere, l'uccisione della fidanzata di Mick ed il ritrovamento del reggiseno che lui aveva regalato a Kaori non poteva essere una coincidenza. Perchè lui non glielo aveva regalato recentemente, bensì nove anni prima quando ancora Kaori non lavorava in quella casa di riposo e non conosceva Mick.

C'era anche una piccola parentesi a cui si rifiutava di dare ascolto. Cioè che Mick e Kaori avessero una relazione da tempo a lui imprecisato, che lei avesse lasciato quel reggiseno da lui o che, peggio ancora, non le piacesse, e lo avesse regalato a lui che lo avesse poi donato alla Takedo. Un'ipotesi remota ma totalmente plausibile che non poteva non essere presa in considerazione. Anche perchè ultimamente lui e Kaori non si vedevano molto, impegnati al lavoro con turni che non coincidevano, e che lei avesse potuto rivolgere i suoi dolci occhi altrove, beh, non poteva di certo essere escluso a priori.

Ad ogni modo c'era qualcosa che non aveva senso, un tassello del puzzle che mancava ed aveva come la netta sensazione di essere stato coinvolto in qualcosa di molto più grande di lui. Ma aveva bisogno di pensare, così, asciugandosi le labbra sporche di vomito, riprese in mano la situazione e risalì sull'auto di Saeko per potere delineare un piano di azione.

Di solito, sparare al suo poligono personale lo aiutava a rilassarsi ed a ricavare una strategia di guerra plausibile. Perchè di guerra si parlava. Prima di perdere il senno totalmente e lasciarsi andare ad atti sconsiderati, già al ristorante e fuori aveva dato pieno sfoggio al suo istinto animale, avrebbe dovuto elaborare una pista da seguire.

Una delle priorità era sicuramente parlare con Mick prima, per via del cadavere trovato, di cui sicuramente sarebbe stato il primo sospettato e forse già Kaori, conoscendola, gli avrebbe dato indicazioni utili su come trovarsi un valido avvocato che lo potesse salvare dall'ergastolo. La seconda priorità sarebbe stato parlare con Kaori e chiarirsi: quel completo intimo rosso bordeau sulla scena del crimine stonava un casino ed anche lei, prima o poi, sarebbe stata chiamata a rispondere di questa cosa.

Poi, come da prassi, ci sarebbe stato da interrogare le persone vicine alla vittima ed al presunto assassino: parenti stretti di Mick, colleghi di lavoro, nel qual caso Hideyuki ed Umibozu, vari ed eventuali. Ma bisognava andare in fondo alla verità, perchè non ci avrebbe dormito la notte finchè l'angolo più nascosto del suo cuore non avrebbe gioito del fatto che il suo istinto doveva per forza avere ragione: Kaori non l'aveva mai tradito. Lo doveva dimostrare, soprattutto a se stesso, per non far crollare la sua ingombrante autostima come uomo ma anche come detective.

E poi lo doveva a loro, perchè il prossimo Natale, il giorno del loro decimo anniversario, avrebbe voluto chiederle di sposarlo e tutto sarebbe stato magico così come se lo era sempre sognato nei suoi più intimi pensieri. Un lieto fine da fiaba come avrebbe sempre voluto.

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Capitolo 8
*** L'affascinante sconosciuto (Seguito Cap. 5) ***


Cap. 8 - L'AFFASCINANTE SCONOSCIUTO (Seguito Cap. 5)

31 Marzo, ore 22:00
Kaori - Patrick


L'orologio sul display del taxi segnava le dieci di sera in punto. Dopo che il tassista le aprì la portiera, si sedette comodamente e, con un insano cinismo, gli disse di portarla all'indirizzo di casa sua. Sospirò e sbattè la portiera come per sentire il rumore di quelle ultime due ore che scivolavano via dalla sua persona.

C'è un limite, prima o poi, che ogni essere umano deve decidere di tracciare come confine della propria sanità mentale e lei, quel limite, l'aveva raggiunto quella sera. Era egoistico pensare che volesse rimanere un po' da sola per riprendersi? Lontano da tutti, col cellulare morto, che quasi quasi era una fortuna. Da sola, nel silenzio di quell'abitacolo decisamente sudicio, con un tassista che poteva assomigliare ad un serial killer. Ma alla fine che importava?

Aveva fame, cazzo. Le gambe non la reggevano più, gli occhi non mettevano più nulla a fuoco, si sentiva in procinto di svenire. Con una pesantezza morale addosso di tutto ciò che era successo che le sembrava di avere una corda al collo che stringeva. Lo sguardo della persona che più amava era stato impietoso su di sè: era stata come una coltellata vederlo dubitare della sua fedeltà e della sua onestà come donna e come fidanzata. Ma in realtà, agli occhi di un esterno, che diamine avrebbe potuto pensare? Se non che la sera del proprio compleanno era a cena con un altro senza biancheria intima? Ma sopprattutto... il suo reggiseno, quello che Ryo le aveva regalato nove anni prima, che diavolo di fine aveva fatto? Era sicura di esserselo tolto prima della doccia e che nessuno, o meglio chi lo sa, era entrato per rubarglielo. Su questo però aveva qualche dubbio.

E poi quello che era successo al ristorante? Meglio non pensarci. Si disse Kaori.

Guardando fuori dal finestrino, osservando la gente in strada e le auto, si ricordò che, poco lontano prima di giungere a casa propria, c'era un take away di un kebabbaro che sfornava dei panini squisiti e tutto quello che voleva in quel momento era quello. Così disse al tassista di fermarsi accostando che aveva cambiato idea. Pagò la sua corsa e scese percorrendo a piedi la strada che la separava dall'agognata meta-cibo.

Si stava bene fuori, si disse fra sè. Lei che per lavoro stava sempre rinchiusa dentro quattro mura, ora stava riscoprendo il piacere di una passeggiata notturna nella sua amata città. Ed era come sentirsi libera, veramente. Non aveva persone intorno che le facevano richieste o la chiamavano in continuazione, ma solo gente che passeggiava e che di lei se ne fregava. E poteva non pensare a nulla. Percorse così alcuni metri osservando le vetrine di abbigliamento con le luci accese ma a negozi chiusi e pensò che era una vita che non andava a fare shopping. Era tanto che non vedeva Eriko, nonostante l'amica le chiedesse sempre di trovarsi dieci minuti per un caffè o una serata per un aperitivo.

Così non poteva andare, era diventata praticamente solo casa e lavoro, con Ryo che ultimamente vedeva poco perchè era sempre impegnato con i casi da seguire, con quella stronza di Saeko che era lì che pendeva dalle sue labbra. Kaori era sicura che se le si fosse presentata l'occasione, la detective si sarebbe fatta avanti col suo Ryo senza troppi scrupoli.

Quando si avvicinò al take away notò che era in piena attività, c'erano molti clienti, nonostante non fosse proprio ora di cena usuale ed i tavolini fuori erano quasi tutti pieni. Entrò e dopo pochi minuti uscì con il suo kebab pieno di salsa piccante e cipolla ed una lattina di coca cola bella fresca.

Si guardò attorno e vide che c'era una sola sedia libera in un tavolino da due di cui una era occupata da un ragazzo solitario che si stava gustando il suo panino. Osservò quella postazione a lungo indecisa se raggiungere la sua abitazione mangiando oppure se essere così sfacciata da chiedergli se potesse sedersi lì accanto a lui.

Evidentemente il ragazzo, sentendosi osservato ed intuendo i suoi pensieri, alzò lo sguardo verso di lei e le disse:

- Puoi sederti, sai. Sono da solo. Non ti disturberò. - Aggiungendo un sorriso rassicurante. Kaori non ci pensò due volte e con cautela si avvicinò.

- Grazie mille. - Rispose e si accomodò a sedere. Si sentiva un po' osservata da lui ma forse era normale.

L'uomo, non giapponese, sicuramente americano, cosa non rara in una metropoli come Tokyo e sopprattutto Shinjuku, sempre piena di uomini d'affari, era vestito con una tuta da ginnastica di una buona marca, quella dei pugili, pantaloni lunghi di felpa, maglia a maniche corte che si intuiva sotto la felpa grigia abbinata al resto ed al colore delle scarpe Nike vecchio modello con la virgola giallo fosforescente.

I minuti successivi li passarono in silenzio, Kaori che si finiva il suo panino e l'uomo che, finito di mangiare, si beveva a sorsi la sua Pepsi ed intanto guardava il suo cellulare scrivendo messaggi o chi sa altro.

Nel momento in cui lui finì di bere e Kaori terminò di cenare e di bere anche lei, l'uomo senza dirle nulla si alzò sparecchiando davanti a sè e caricando sul proprio vassoio anche la carta del panino e la lattina finita di Kaori. La donna ci rimase di stucco ma piacevolmente sorpresa.

- Ma figurati, non devi. - Gli disse con un sorriso.

- Tanto lo devo fare anche per me. Voi donne dite sempre che la cavalleria è morta, vorrei dimostrare ad una di voi, il contrario. - Disse lui sorridendo e Kaori notò i suoi capelli biondi brizzolati ed i suoi occhi verde smeraldo quasi ipnotizzanti. La prima cosa che pensò era che le sembrasse impossibile che uno così fosse single e si passasse la serata da solo a mangiare un panino in un kebab del centro. Lei le sorrise:

- Io non lo penso che la cavalleria sia morta. Ci sono uomini e uomini così come ci sono donne e donne. Per esempio io adoro i film d'azione dove ci sono le sparatorie o quelle dei super eroi ma questo non mi fa meno donna delle altre. - Rispose lei convinta.

L'uomo era rimasto a mezz'aria col vassoio ed era come vedersi davanti non la solita donnina principessa da salvare ma una che sapeva il fatto suo ed in quel momento lui si illuminò piacevolmente di trovarne una fuori dal coro. Portò la sporcizia nel bidone a pochi passi e si avvicinò a lei.

- Piacere, io sono Patrick. - Le tese la mano.

- Kaori, piacere di conoscerti. - E si strinsero la mano.

Rimasero un attimo in silenzio come se uno si aspettasse che l'altro decidesse qualcosa. L'uomo così prese in mano la situazione:

- Ti va di fare due passi per mandare giù questo mattone? - Le chiese lui riferendosi al fatto di dover digerire alle dieci e mezza un panino così tanto farcito. Kaori rimase un attimo sulle sue chiedendosi se fosse la scelta giusta passeggiare con un completo sconosciuto a tarda serata ma il suo viso ed il suo comportamento era rassicurante. Sapeva che si sarebbe potuto trattare di un malintenzionato, ma in quel momento aveva solo bisogno di leggerezza e di spensieratezza.

- Ok, va bene, però non troppo lontano. - Così l'uomo mise al suo posto la sedia dove si era seduto avvicinandola al tavolo e percorsero un po' di strada a piedi attorniati dalle luci delle insegne, dalla frenesia dei locali di Shinjuku e, dopo cinque minuti, senza dire nulla, Kaori decise di interrompere il silenzio:

- Non sei di qui, vero? - Chiese la donna.

- No, sono originario di Chicago ma mi sono trasferito qui da un paio d'anni circa per lavoro. - Rispose l'uomo al suo fianco. Kaori non aveva intenzione di chiedergli altre cose, ok, avrebbe voluto, lo trovava molto interessante ed attraente e le sarebbe piaciuto indovinare che mestiere faceva. Ma non era la serata adatta da infognarsi ancora di più nelle beghe. Pensò.

- E tu invece abiti nei dintorni? - Chiese lui.

- Sì, poco distante da qui. - Rispose lei. E lui:

- Sai, non vorrei sembrarti molesto, ma non so perchè hai la faccia di una che ha avuto una brutta giornata. - Sentenziò lui, il suo sesto senso aveva parlato. Che diavolo ci faceva una così bella ragazza tutta sola a ridursi a mangiare un panino alle dieci e mezza di sera invece che essere a casa col proprio fidanzato? Si chiese l'uomo. Anche se pensò che lei si sarebbe potuta fare la stessa domanda su di lui. Kaori lo guardò sorpresa e per sdrammatizzare la situazione disse:

- Fai per caso l'indovino di mestiere? - E si misero a ridere entrambi.

- No, peccato però. Non sarebbe un brutto lavoro. - Ribattè lui decidendo di rimanere sul vago. Avrebbe voluto saperne di più su quella meravigliosa fanciulla ma era chiaro che lei voleva rimanere sul superficiale e non poteva nemmeno darle torto. Si erano appena conosciuti.

- Non sono d'accordo. Sarebbe orribile. Pensa se tu dovessi sapere in anticipo cosa ti succederà fra qualche istante o fra qualche ora? Vorresti davvero sapere di che morte devi morire? - Chiese Kaori.

L'uomo riflettè che in effetti era una domanda intelligente. Quello che a lui sarebbe capitato fra un'ora era sicuramente aprire la cartelletta che aveva lasciato sul tavolo del suo studio a casa propria del caso di cui si sarebbe dovuto occupare a breve come avvocato dell'accusa nel processo contro Michael Angel, un infermiere di una casa di riposo sospettato di aver strangolato la propria fidanzata.

Il procuratore suo capo glielo aveva affidato poco prima di uscire dal proprio ufficio. Patrick Darcy sperava di passare un tranquillo weekend a casa di sua sorella con le nipotine invece l'ennesimo caso di omicidio aveva bussato alla sua porta. Il suo capo gli aveva detto solo di cosa si trattava a grandi linee e che aveva circa una settimana di tempo per prepararsi dato che il martedì successivo, il 7 aprile, ci sarebbe stata la prima udienza in cui le parti avverse si conoscevano e si buttavano giù le prime richieste.

- Uhm, che begli argomenti, cosa è l'effetto del kebab alla cipolla che hai mangiato? - Chiese l'uomo ridendo. Ma vide Kaori diventare rossa come una peonia e dire:

- Oddio, si sente tanto che ho l'alito che puzza?! - Affermò lei preoccupata mentre l'uomo se la sogghignava e poi, in modo serio, disse:

- Non c'è niente di più sexy che vedere una donna che si mangia un hamburger alla cipolla con l'entusiasmo che ci hai messo tu poco fa. - Kaori rimase senza parole. Era un complimento?

Così gli disse un'altra battuta e trovarono una panchina su cui sedersi poco distante dall'abitazione di Kaori. Parlarono dell'eterna guerra dei sessi, dei film d'azione, che trovarono essere loro comune passione e si persero in chiacchiere fino a notte tarda.

- Hai detto che ti piacciono i film apocalittici catastrofici, vero? - Chiese lui.

- Sì, ma non ho mai nessuno con cui andarli a vedere al cinema perchè non piacciono nè a mio fratello, nè alla mia migliore amica e nemmeno al mio fidanzato. - Disse Kaori imbronciata. Senza accorgersene era la prima volta che nominava di avere un ragazzo. Era buio e la luce del lampione vicino a loro illuminava il volto dell'uomo solo in parte. Patrick aveva sperato fino all'ultimo che lei fosse single ma era ovvio che una ragazza così carina e con così tanto carisma doveva già essere territorio di qualcun altro.

- Proprio questo giovedì esce "Le luci dell'alba", ne fan un gran parlare sai. Lo danno come favorito per i Golden Globes sul genere action-horror. C'è anche quell'attore famoso che fa strappare i capelli a tutte le donne, non mi ricordo il nome. - Disse lui con entusiasmo aspettandosi che lei capisse che quello voleva prendere la sfumatura di un invito al cinema.

- Sì ho sentito, ho visto il trailer, fantastico. Ci avevo fatto un pensierino però non mi ricordo che turno faccio a lavorare. - Disse Kaori, non poteva nemmeno consultare l'agenda sul suo telefono perchè era morto letteralmente. A volte non sapeva spiegarsi da sola se le cose non le voleva vedere o faceva finta di non vederle o proprio in quel momento voleva solo pensare a se stessa.

Patrick era titubante dentro di sè sul da farsi. O la invitava adesso o non c'erano speranze di poterla rivedere. Così estrasse dalla tasca interna una penna e scrisse il proprio numero di cellulare personale, non quello del lavoro, dietro allo scontrino del panino del kebabbaro e glielo porse mentre si alzava in piedi dalla panchina.

- Tienilo, se ti va di farci un pensierino su quel film, sai come trovarmi. Ora è tardi, devo andare, buonanotte. - Kaori venne colta di sorpresa, più o meno, ma in cuor suo era molto felice. Mise lo scontrino nella tasca interna della sua borsa. Finalmente qualcuno che amava i film che piacevano a lei e che non gli avrebbe fatto storie per andarli a vedere. L'uomo la attraeva ma per il momento rimaneva solo un'amico. Si salutarono e lei camminò circa una decina di minuti a piedi per raggiungere il proprio appartamento.


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Capitolo 9
*** Svanita nel nulla (Seguito Cap. 7) ***


Cap. 9 - SVANITA NEL NULLA (Seguito Cap. 7)

1 Aprile, ore 00:15
Ryo - Mick


Mezzanotte ed un quarto. Erano passate poco più di due ore da quando Ryo aveva sfogato tutte le sue frustrazioni con la sua buona cara vecchia Python, compagna di mille avventure all'interno del proprio poligono personale situato in una delle tante stanze del suo immobile di mattorni rossi, ed era quindi pronto ad affrontare la realtà.

Così si recò in cucina e mise su il caffè, l'ultima sigaretta del pacchetto e provò a telefonare a Kaori sul cellulare che risultava ancora spento. Provò a lasciare un messaggio sulla segreteria del telefono di casa per scusarsi di quanto era successo e dicendole che le doveva parlare al più presto.

Credendo che fosse ancora al pronto soccorso col suo collega, varcò l'uscio della propria porta per dirigersi là quando il cellulare gli suonò.

- Pronto? Kaori sei tu? - Chiese Ryo.

- No, sono Maki. Sono con Umibozu. Mick è al pronto soccorso, mi ha chiamato e mi ha detto tutto. Che cavolo hai combinato!?!!! - Gli urlò Hideyuki al telefono. - Sei un imbecille!!! -

- Piano con i complimenti, Makimura. Io avrò anche agito d'istinto, ma la situazione è molto peggiore di quanto puoi immaginare. C'è pure un cadavere di mezzo. - Rispose Ryo.

E Hideyuki gli disse:

- Stiamo andando da lui per vedere quanti danni hai fatto, pezzo di idiota! Sarà meglio che vai a casa di Kaori per vedere quanti giorni hai rimasto da vivere... ! -

- Come a casa da Kaori? Le ho appena lasciato un messaggio in segreteria, non è di certo a casa se no mi avrebbe risposto. - Disse Ryo con un filo di apprensione.

- Mick ha detto che Kaori è andata a casa con un taxi nel momento in cui è arrivata sua sorella in pronto soccorso. Sicuramente è passata un'oretta. - Aggiunse Umibozu.

- Magari sarà andata da Miki. - Suggerì Ryo.

- Da Miki non c'è perchè l'ho chiamata poco fa per chiederle come sta dato che ha avuto un incidente sul lavoro stamattina. E' da sua sorella Kasumi e Kaori non è con loro. - Concluse Umibozu.

- Come sarebbe a dire... e dove diavolo è andata a quest'ora!!! - Cominciò a preoccuparsi Ryo. - Adesso verifico, poi vi faccio sapere. - E chiuse subito la comunicazione.

Hideyuki aveva appena parcheggiato l'auto nei pressi del pronto soccorso e guardò Umibozu con aria preoccupata:

- Si può sapere che succede?! - L'uomo lo guardò con espressione triste.

- Kaori è sparita. Ryo dice che a casa non c'è. Dove sarà finita? Ha detto che farà un giro di telefonate e ci farà sapere. -

Davanti alla scalinata esterna d'entrata del suo palazzone di mattoni rossi, premette leggermente il pulsante di fine conversazione sul suo Iphone rimanendo immobile nel buio della notte. Continuava a fissare quel telefono come se gli potesse dare le risposte che cercava ma che in quel momento non trovava.

Dov'era finita Kaori?

Un silenzio assordante tutto intorno a lui che faceva vagare la mente da tutte le parti senza una direzione precisa. C'era qualcosa di estremamente inquietante in tutta quella situazione, come se, all'improvviso, una voragine si fosse aperta sotto i suoi piedi e lui stesse precipitando senza un perchè. Sapeva che le cose accadevano spesso all'improvviso, ma non gli sembrava un vero improvviso, piuttosto, un momento voluto con precisione. Una sequenza di eventi ben studiata e forse non dal destino, ma da qualcuno che avesse fatto coincidere tutto quello che era successo quel pomeriggio.

In un dannatissimo pomeriggio tutto si era frantumato. E sembrava che tutto fosse collegato.

Il compleanno di Kaori, lui che non riusciva a contattarla per il cellulare spento, lui che non era riuscito a farle gli auguri, lui che poi se la ritrovava a cena con un altro nello stesso ristorante in cui con Saeko quella sera sarebbe dovuto andare sotto copertura.

Questa serie di eventi era davvero casuale?

Aveva perso le staffe col collega di Kaori e volendo la cosa poteva anche finire lì. Invece, casualmente dopo mezz'ora, si scopriva che quell'uomo sembrava sospettato dell'omicidio della sua ragazza. Per non parlare del reggiseno trovato sulla donna morta che era quello che lui aveva regalato a Kaori nove anni prima quando ancora lei non lavorava in quella casa di riposo e non conosceva Mick.

Come potevano tante cose coincidere così nello stesso momento.

E, alla fine, Kaori che non si trovava.

Forse Kaori, col cellulare spento, dopo essere uscita dal pronto soccorso, l'ultimo posto dove l'avevano vista, si era recata da qualche parte in città o il tassista l'aveva accompagnata a casa?

Magari si era fermata a mangiare in qualche tavola calda o bar prima di recarsi a casa, questo poteva essere possibile. Pensò. O magari si era fermata altrove, forse a casa di qualche amica ma dubitava fortemente che dopo una giornata simile e così stressante potesse infilarsi in qualche casa tranne che sul proprio divano. Meditò Ryo conoscendola.

Così c'erano due strade da scegliere: o Kaori si era fermata da qualche parte a mangiare portata dal tassista oppure a casa della sua amica forse per sfogarsi. Solo che prima di allarmare Eriko, avrebbe dovuto fare una sola cosa: trovare il taxi su cui era salita e parlare con l'autista dato che a casa non c'era e ci avrebbe messo più tempo a recarsi a casa di lei, dal posto in cui si trovava era molto distante, piuttosto che fermarsi in centrale e fare qualche telefonata.

Prima chiamò in centrale con un'idea che gli balenava nella testa. Chiamare il protagonista di cotanta sventura e farsi dare delle risposte.

- Centrale di Polizia, buona sera? - Gli rispose una voce familiare, Tokishi addetto al centralino.

- Tokishi, sono Ryo, rintracciami il numero di cellulare di Mick Angel, sospettato per un omicidio avvenuto in serata ed ora in ospedale. Richiamami fra dieci minuti quando hai tutte le informazioni. - Disse Ryo al telefono mentre l'altro gli rispondeva che avrebbe fatto quanto detto.

I dieci minuti di attesa più lunghi di tutta la sua vita. Seduto sui gradini esterni del suo palazzone con il cellulare in mano.

Dopo poco tempo il centralinista gli passò il numero di telefono di Mick e lo chiamò, immaginando che forse l'avrebbe mandato a quel paese:

- Pronto, parlo con Mick Angel? - Chiese il poliziotto.

- Sì sono io, chi parla? - Rispose l'infermiere e Ryo attese un attimo prima di parlare perchè doveva trovare il modo adatto per non farsi sbattere il telefono in faccia, così tutto d'un fiato disse:

- Lo stronzo che le ha spaccato il naso ma ho un problema: Kaori è sparita. - Poi respirò profondamente cercando di immaginare come si dovesse sentire l'altro all'altro capo del filo. Mick attese poi rispose:

- Kaori ha chiamato un taxi per ritornare a casa. - Rispose Mick capendo che forse gli improperi e le minacce di denuncia in quel momento non servivano. La voce dell'uomo al telefono sembrava molto stanca e molto apprensiva.

- Sai dirmi, scusa ti do del tu poi mi farò perdonare, esattamente quando? - Chiese Ryo inserendo un minimo di scuse sperando che l'uomo capisse.

- Accetto le scuse, data la mia posizione, comunque... quando... non so... scusami ma non capisco, cosa significa che Kaori è sparita? - Chiese Mick con una certa apprensione che non sfuggì a sua sorella lì accanto a lui, intuendo che lui, quella donna che aveva visto prima, ce l'avesse veramente a cuore. I due avevano già incontrato i colleghi di Mick giunti per sapere come stava e stavano mangiando qualcosa al bar dell'ospedale.

- Il telefono è spento ed a casa non risponde, ho provato più volte. Forse non si è fatta portare a casa dal taxi. - Asserì Ryo.

- Ah. - Sospirò Mick. - Eppure lei mi aveva detto che era stanca e che sarebbe andata a casa. Però, considerando che con il bel casino che hai combinato non ha cenato e veniva direttamente dal lavoro, magari si è fermata da qualche parte a cenare. - Rispose l'infermiere a cui l'apprensione stava salendo per la sorte della sua collega.

- L'ho pensato anche io che forse si è fermata a mangiare. Forse se riuscissi a rintracciare il taxi su cui è salita, potrei chiamare la compagnia e farmi dire il nome dell'autista. Per questo che mi serve l'ora precisa, almeno approssimativa. Non ci saranno dieci mila taxi che hanno ricevuto una chiamata per farsi portare dal pronto soccorso in qualsiasi altro posto, no? - Chiese Ryo con Mick che all'improvviso da rivale in amore si era trasformato in utile collaboratore.

- No, infatti, guarda ti posso solo dire che saranno state, ripensandoci bene, pochissimo dopo le dieci di sera perchè quando mia sorella è giunta qui, Kaori ha chiamato il taxi e dopo dieci minuti, l'ho visto al di là della vetrata. Il tassista era un uomo anziano. Egli ha parcheggiato dinnanzi all'entrata, è sceso, le ha aperto la portiera, si sono parlati per pochi secondi ed è salita. - Descrisse bene Mick la scena. .

- Ti ricordi di aver visto le quattro cifre di riconoscimento del numero del taxi sulla portiera dell'auto? - Chiese Ryo.

- No, mi spiace, non ci ho fatto caso. - Rispose Mick dispiaciuto.

- Capisco, e sapresti farmi almeno una descrizione del tassista? -

- Beh, quella un po' sì. Le luci esterne dell'entrata del pronto soccorso era abbastanza luminose. Avrà avuto fra i sessanta ed i settant'anni, visibilmente un po' trasandato, forse poteva essere anche più giovane ma sicuramente ne dimostrava di più. Un po' claudicante ma senza bastone. Scarponcini marroni logori e malandati, pantaloni scuri, maglia a righe orizzontali bianche e blu che dentro di me ho pensato che assomigliasse ad un vecchio marinaio o gondoliere. Capelli lunghi fra il bianco sporco ed il marroncino raccolti in una coda malfatta, barba e baffi poco curati. - Concluse Mick con grande soddisfazione di Ryo:

- Wow, me l'hai descritto perfettamente. Ma come fai ad aver notato tutte quelle cose? Di solito una persona comune non ci fa caso. -

- Noi infermieri abbiamo l'occhio clinico sulle persone appena le vediamo, siamo abituati ad osservare i pazienti per capirne segni e sintomi, per cui forse è un processo inconscio. Anche se, ti devo dire la verità, appena l'ho visto scendere ed aprire la portiera a Kaori, sono stato un po' in apprensione perchè dalla faccia non mi sembrava un tipo estremamente rassicurante. - Rispose Mick.

- Grazie, mi sei stato di grande aiuto, forse la tua posizione potrebbe essere alleggerita da questa collaborazione, però come sicuramente ti avrà detto Kaori conoscendomi, avrai bisogno di un bravo avvocato perchè la tua situazione non è delle migliori. Ascolta, adesso chiamo dei miei colleghi che ti aspettano al tuo appartamento. Staranno con te tutta la notte e poi domani mattina ti accompagneranno in centrale dove ci sarà il tuo interrogatorio. Tu sai, vero, che sei sospettato di omicidio? -

- Sì, Kaori mi ha preannunciato cosa accadrà. - Rispose Mick rassegnato e consapevole di ciò che avrebbe stravolto la sua vita di lì a poco.

- Brava, la mia piccolina. - Aggiunse Ryo quasi inconsciamente soddisfatto di quello che aveva fatto Kaori.

Questa frase colpì Mick molto più di qualsiasi freccia puntata al cuore. Lo sapeva che Kaori aveva un fidanzato, solo che non lo aveva mai incontrato prima di quel momento funesto. Forse non vedendolo mai fisicamente si era illuso che lei fosse in qualche modo libera dato che comunque aveva accettato il suo invito a cena fuori. Ma le chiacchiere stavano a zero: la collega di cui si era innamorato non era single. Forse Kaori aveva accettato il suo invito a cena come segno di amicizia e gentilezza. E Mick non poteva non ignorare che Kaori avesse capito il suo sentimento verso di lei.

Ed ora si era scontrato personalmente con lui. Ad un primo esame: il maschio alfa che tutte le donne avrebbero voluto avere. E stavano insieme da dieci anni a quanto gli sembrava aver capito una volta. In cuor suo aveva sempre sperato e pensato che il decennale fidanzato di Kaori, amico del suo superiore coordinatore di struttura, nonchè fratello della donna, fosse una personcina insignificante senza fascino, ma pur sempre un poliziotto, di quelli che vedi una volta e ti chiedi quale donna potrà mai avere al suo fianco uno così. Invece no, la realtà era ben diversa. Anche se lui era un uomo, non ci voleva di certo un genio per capire quanto la bellezza e la prestanza fisica di Ryo Saeba fosse chiaramente oggettiva a qualsiasi occhio umano anche maschile.

Si sentiva già sconfitto dentro: perchè Kaori avrebbe dovuto mai preferire un Mick Angel quando stava con Zeus in persona? Però perchè lei aveva comunque accettato il suo invito a cena sapendo di avere un ragazzo? Aveva per caso qualche speranza con lei? E, da come comunque Kaori aveva parlato di Ryo, non è che per certi versi ne fosse estremamente soddisfatta del suo comportamento. Mick si chiese se mai in una occasione remota, sarebbe riuscito ad aprire un varco e fare naufragare la loro decennale relazione. Però, se se stavano insieme da così tanto tempo, un motivo che li legava ci doveva di certo essere. La voce di Ryo lo riportò alla realtà quando lo sentì congedarsi:

- Grazie di tutto, ti aggiornerò domani quando verrai in centrale per l'interrogatorio. - E poi chiuse la comunicazione.

In realtà un'altra cosa avrebbe voluto chiedergli: "In che rapporto stavano lui e Kaori?" Dopo che aveva detto l'ultima frase, a Ryo era sembrato che Mick non ne fosse rimasto indifferente. Quello che il poliziotto aveva detto era un compiacimento inconscio per il comportamento impeccabile e generoso avuto dalla sua donna, ma aveva anche lo scopo di ribadire il suo territorio se il biondino faccia d'angelo non l'avesse ancora capito: Kaori Makimura era proprietà di Ryo Saeba.

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Capitolo 10
*** Il cosiddetto Piano Saeko (Seguito Cap. 9) ***


Cap. 10 - IL COSIDDETTO "PIANO SAEKO" (Seguito Cap. 9)

1 Aprile, ore 00:30
Ryo - Saeko


Successivamente, un pelo più sollevato dopo aver parlato con l'infermiere, chiamò Saeko per spiegarle brevemente quanto accaduto. Tralasciando la parte del mistero del reggiseno. Di quello avrebbe pensato a dirglielo di persona poichè la questione era molto delicata e personale. Infine lei aggiunse:

- Ed ora cosa pensi di fare? - Chiese Saeko a Ryo nel cuore della notte.

- Verrò in centrale a fare qualche telefonata all'agenzia di taxi per capire se Kaori è stata portata direttamente a casa od altrove. - Rispose infine.

Saeko non sapeva quale mossa più afferrata fosse da fare per lei in quel momento: aiutare Ryo a trovare Kaori, gettandosi la zappa sui piedi da sola, però era inevitabile non poter far finta di niente che lui non avesse una fidanzata, anche se al momento scomparsa; oppure fare di tutto per riportarlo sulla retta via dell'indagine di omicidio e minimizzare sulla scomparsa, forse volontaria, della sua ragazza. Poi, per riuscire a salvare capra e cavoli, cioè riuscire a farsi vedere preoccupata ed amica di Ryo e fingendo che le importasse di Kaori quando in realtà avrebbe voluto scomparisse dalla faccia della terra, decise di optare per il piano "S". Il cosiddetto "Piano Saeko": l'intuizione geniale dell'ultimo secondo, come la chiamava Ryo, che spesso sul lavoro era stata loro utile.

- Fai così invece... - Gli propose. - Vai a vedere se Kaori è nel suo appartamento, io mi recherò all'agenzia dei taxi e mi farò rintracciare l'autista della descrizione di Mick che sicuramente è del turno notturno. Dopo di che, ci ritroviamo qui in centrale fra due ore e vediamo cosa è saltato fuori. -

Ryo ci pensò un po' su e concluse che non era una cattiva idea, nonostante la sua apprensione per la sorte di Kaori, bisognava procedere con giudizio ed organizzazione. Ci voleva un piano. Se Kaori magari era passata a trovare una sua amica e si faceva i cavoli suoi senza per forza doverlo avvertire, come spesso lui faceva con lei, non era necessario smobilitare mezzo mondo per fare la figura dei pirla dopo.

Invece se Kaori magari non era a casa, ci rimaneva in contemporanea solo la risposta dell'agenzia dei taxi che Saeko gli avrebbe fornito. Infine Saeko aggiunse:

- In ogni caso, l'interrogatorio di Mick domattina lo farò io, potrebbero farti delle storie per quanto è successo al ristorante e tu saresti troppo coinvolto. - Asserì lei, nonostante lui avesse potuto brontolare sapeva benissimo che lei aveva ragione.

- Quindi prendi tu in mano le indagini? Non sto esplodendo di gioia. - Disse lui.

- Beh ufficialmente sì, altrimenti se Mick fosse eventualmente colpevole potrebbero invalidarti le prove che raccogli perchè sei troppo coinvolto. Questo non vuol dire che non puoi partecipare. L'omicidio è comunque concreto, per stavolta sarai il mio secondo. Ti rassegnerai, per una volta tanto, no, a stare in seconda fila? - Gli chiese scherzando.

- Ok, ma solo perchè voglio che si risolva in fretta il caso. Però degli interrogatori ai suoi colleghi mi posso occupare. - Le propose.

- No, Ryo, sei troppo coinvolto, un qualsiasi buon avvocato potrebbe invalidarti la testimonianza. L'unica persona a cui tu non sei legato direttamente è la vittima, quindi tu seguirai il filone di indagine di scoprire se la ragazza oltre a Mick aveva qualcun altro che avrebbe potuto farle del male così potrai seguire la seconda pista e nessuno potrà dire che tu ce l'avevi con lui e che lo vuoi mettere dentro per forza. Potresti cominciare con l'amica della vittima che l'ha trovata uccisa. E poi la scena al ristorante sembrava assolutamente un litigio fra due galli che si contendono la stessa pollastra. Avresti almeno cinquanta testimoni a tuo sfavore. Te spulcia la vita di Mizuki Takedo escludendo Mick come omicida, io seguirò invece quella di Mick come colpevole, poi vedremo cosa ne salta fuori. - Concluse Saeko, lo salutò e mise giù la cornetta.

Osservò, seduta alla sua scrivania del suo ufficio in centrale, difronte a quello di Ryo, lo schermo del computer e poi pensò che, in cuor suo, se un angelo del paradiso avrebbe deciso di fare scomparire Kaori, lei ne sarebbe stata solo contenta. Con Kaori fuori dalle scatole, col passare del tempo, Ryo sarebbe stato tutto suo.

Rintracciò velocemente da un programma apposta in loro dotazione l'indirizzo della sede dei taxi di Shinjuku, sarebbe passata a casa a cambiarsi d'abito e poi si sarebbe recata lì.

E se il tassista le avesse detto che aveva portato Kaori a casa, Saeko avrebbe trovato un modo a lei congeniale per dare a Ryo un'altra versione: era quasi sicura dentro di sè che la donna non fosse a casa poichè altrimenti al telefono avrebbe risposto.

C'era qualcosa che non quadrava in tutta la storia che Ryo le aveva raccontato al telefono e lei l'avrebbe sfruttata a suo vantaggio per farsi spazio nel suo cuore.

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Capitolo 11
*** Noi dobbiamo parlare (Seguito Cap. 8 e 9) ***


Cap. 11 - NOI DOBBIAMO PARLARE (Seguito Cap. 8 e 9)

1 Aprile, ore 01:35
Ryo - Kaori


Era da poco passata l'una e mezza di notte.

Quando salì sul pianerottolo accendendo la luce del corridoio, davanti alla sua porta, seduto sullo zerbino fuori casa, un uomo a gambe incrociate e spogliato di quel abito elegante ma con i soliti vestiti casual-sportivi la guardava in tralice.

Il suo sguardo era... indefinibile. Fra il preoccupato e l'incazzato. Si guardarono a lungo quasi come due duellanti che aspettano che l'avversario estragga la sua arma per dare inizio al combattimento.

In quel momento le venne in mente la domanda che aveva fatto a quel ragazzo di poco prima:

"...Vorresti davvero sapere di che morte devi morire...?" Un po' di ironia ci voleva guardando gli occhi penetranti di Ryo con quell'aura così incazzata, ma che però il suo corpo trasudava quasi calma piatta. Ma Kaori sapeva che dentro lui stava bollendo rabbia maltrattenuta.

L'uomo si alzò in piedi quasi sovrastandola con la sua mole mentre lei si accingeva ad aprire la porta di casa. Fortunatamente era sana e salva. Si disse l'uomo sospirando di sollievo. Poi però non riuscì a non pensare al fatto che per ritrovarla avrebbe smobilitato mezzo mondo pensandola già in pericolo quando lei, invece tranquillissima, si faceva i cazzi propri in giro. E dall'odore che amanavano i suoi vestiti si capiva che era stata a prendersi un kebab. L'odore di curry misto a cipolla e salsa piccante erano ottimi indizi. Ok, andiamo avanti, si disse. Si ricompose e tirò fuori tutta la propria serietà misto ad ignoranza:

- Noi dobbiamo parlare. - Le tre parole dette col tono più inquietante che lei gli avesse mai sentito pronunciare da quando stavano insieme nonostante avessero litigato più volte nel corso di nove anni per vari motivi, che poi alla fine riconducevano tutti al suo lavoro da poliziotto.

- Avrò bisogno di un avvocato?! - Chiese lei quasi con ironia mentre apriva la porta ed entravano. E lei lo guardava in tralice per intuire i suoi pensieri. Ryo non le rispose neppure in quel momento ma quando furono nel salotto di Kaori lui le fece cenno di sedersi in modo poco gentile dicendo:

- Se fossi in te farei poco la spiritosa. Sei in un mare di merda, Makimura. -

Quando la chiamava con il cognome era... davvero... un brutto, bruttissimo segno.

Si voltò a guardarlo per capire che intenzioni avrebbe avuto nei prossimi minuti mentre lui si sedeva comodamente nel divano di Kaori a tre posti con penisola tenendo un certo distacco sia fisico che emotivo. Questo era inevitabile non notarlo. Alcuni minuti di silenzio intercorsero mentre lui si guardava attorno cercando di non esplodere subito e lei appoggiava la borsa in cucina e si toglieva le scarpe camminando a piedi nudi come amava fare. Si recò poi in cucina che non era separata dal salotto ed aprendo il frigo disse a gran voce:

- La vuoi una birra fresca? - Gli chiese Kaori e lui anche se avrebbe voluto dirle di tutto capì che forse un tacito momento di tregua non era male. Stavano insieme da nove anni, non avrebbe potuto e voluto mandare tutto alla malora nel giro di dieci minuti.

- Sì grazie. Hai anche qualcosa da mangiare? - Chiese Ryo. Il tono che percepì Kaori fu che lui era calmo. Sì ma, non per molto.

- Un panino col prosciutto ed un po' di gelato. - Rispose lei che immaginava che nemmeno lui avesse cenato.

- Va bene. - Rispose lui. Non sapeva come ma essere lì con lei lo faceva sentire un po' più rilassato. Alla fine ultimamente non si vedevano molto. L'ultima volta che avevano passato una serata insieme risaliva alla settimana precedente prima dell'incarico con Saeko in cui la sua Mini era andata quasi in reparto rianimazione. Poi aggiunse:

- Con un po' di ritardo... auguri. - Disse lui serio. E mentre lei giungeva con il piatto in mano del panino un po' riscaldato e la birra su un vassoio, le rispose:

- Vuoi che ti mandi a fanculo subito o dopo che hai digerito? - Disse lei seria. Ma Ryo decise di non rispondere e si alzò dal divano per prendere dalle sue mani il vassoio e aggiunse:

- Vai a farti una doccia, non ti ci si sta vicino con quell'odore. - Sprezzante come sempre, la guerra era cominciata. Si disse Kaori. Aveva ragione, aveva bisogno di una doccia, le ultime ore erano state terribili. E mentre lei gli lanciava uno sguardo infuocato, lui ribattè:

- Non ti preoccupare, non vado via. Resterò al tuo capezzale, Makimura. - Lo disse serio con cattiveria ma era ovvio che in quel momento non poteva che non essere così. Però Kaori pensò che ad ogni modo era sollevata: finalmente erano insieme. Anche se fra poco si sarebbero azzannati ma erano di nuovo "Ryo e Kaori", con le loro battute di spirito al limite dell'ignoranza. Pensava di averlo perso invece era ancora il suo Ryo che nonostante tutto quello che era successo era lì a discutere con lei. Forse se non ci avesse tenuto davvero non l'avrebbe aspettata rincasare.

Dopo dieci minuti lei tornò in salotto docciata, vestita e con la biancheria intima pulita sotto. Viva-Dio! Lui intanto aveva lavato il piatto usato e messo a gocciolare nel lavello. Le andò incontro, molto più rilassato, la prese di peso, la strinse a sè talmente forte che quasi Kaori non riusciva a respirare e le diede un bacio mozzafiato di quelli che ti fanno credere che resterai sempre emotivamente dipendente da un uomo così dannatamente passionale. In un orecchio le sussurrò:

- Mi dispiace di tutto. - Le disse stringendola e nascondendo il viso nell'incavo del suo. Poi si staccò. Lei lo guardò sognante ma poi lo sguardo di lui si fece subito scuro spezzando l'armonia.

- Kaori, dobbiamo parlare. - Una fitta di gelo le percorse il cuore ma si disse che era necessario.

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Capitolo 12
*** Non mi puoi abbandonare così (Seguito Cap. 11) ***


Cap. 12 - NON MI PUOI ABBANDONARE COSI' (Seguito Cap. 11)
1 Aprile, ore 01:45
Ryo - Kaori


- Io posso capire che tu sia furioso perchè ero a cena con un uomo che non eri tu, ma quello che è successo dopo è stato assolutamente incredibile. Ti sei comportato come un animale, ti rendi conto!? - Lo rimproverò Kaori mentre lo fissava negli occhi. Lui non aveva abbassato lo sguardo, era consapevole che lei in parte aveva ragione ma non avrebbe voluto dargliela vinta. Così si alzò cercando di smaltire un po' la rabbia e facendo due passi nel salotto per riordinare le idee. Kaori conosceva quell'atteggiamento, era il suo modo di fare per prendere tempo.

- Ok, Kaori. In parte potresti anche avere ragione, sicuramente un po' mi ha dato fastidio trovarti lì, ma tu non puoi immaginare cosa è successo dopo. - Le disse lui fermandosi in piedi ed osservandola dall'alto al basso.

- No, non posso immaginare cosa sia successo dopo. Ah, scusa, hai sfracassato il naso del mio collega su un cofano di un'auto come una bestia, l'hai trattato come l'ultimo dei serial killer ed io ho passato la mia serata, per inciso, la serata del mio compleanno, al pronto soccorso. Se proprio proprio vogliamo dirla tutta. Con una persona che adesso sarà accusata di omicidio, e, per quanto può valere, sono sicura che Mick non può aver commesso una cosa così terribile. - Disse Kaori.

- E tu come fai ad esserne sicura. Siete molto intimi? Vi conoscete così bene? - Chiese Ryo con una punta di gelosia che non scappò a Kaori.

- Siamo colleghi, spesso lavoriamo insieme. Non è di certo il mio migliore amico ma ci metterei la mano sul fuoco che è una persona onesta e leale. - Cercò di convincerlo Kaori volendo ribattere a ciò che lui aveva detto. Non aveva voglia di litigare ancora per gelosia.

- La nostra posizione si aggrava, Kaori. Per questa tua vicinanza con l'accusato, e per questa mia vicinanza con te, dovrò passare il caso a Saeko poichè io potrei essere troppo coinvolto e tu, come ben sai, verrai sicuramente interrogata. - Disse Ryo ora risiedendosi di fronte a lei.

- Io non ho nulla da nascondere. - Asserì lei con forza.

- Sei proprio sicura? Tu mi potresti giurare qui ed ora che tu e Mick Angel non avete una relazione fuori dal lavoro.... - Non finì la frase che Kaori gli arrivò con uno schiaffo sulla guancia in segno di sdegno.

- Come puoi solo pensare una cosa così!!! Dopo tutti gli anni che stiamo insieme e che mi conosci!!! - Kaori urlava, il suo volto era paonazzo dalla rabbia ma Ryo si massaggiò la guancia ferita cercando di mantenere la calma come avrebbe fatto in qualsiasi altro caso.

- E quindi come mi puoi spiegare che il reggiseno che io ti regalai nove anni fa era sul cadavere della vittima, cioè della fidanzata di Mick? - Chiese lui con estrema calma.

In quel momento Kaori si bloccò come se il regista di un film avesse fatto un fermo immagine.

- Non è possibile?!?! - Disse lei con un filo di voce. - Non ho avuto il tempo di dirti che me l'hanno rubato. Lo indossavo durante il lavoro oggi pomeriggio, poi alla fine mi sono andata a fare una doccia e quando sono uscita era sparito, per quello era senza biancheria intima. Poi si è presentato Mick all'uscita e mi ha fatto questa sorpresa di portarmi a cena. -

Ryo la ascoltava con una tranquillità apparente ma dentro era molto confuso. I fatti non tornavano, tutto quello che Kaori stava dicendo era assolutamente assurdo. Era completamente sicuro della onestà della sua ragazza, ma una parte di sè non era sicura di credere davvero a quella versione dei fatti. Kaori notò che lui la guardava perplesso. Si chinò su di lui in ginocchio e gli prese le mani nelle sue:

- Dimmi che mi credi ti prego, non ti sto mentendo, non ti ho mai mentito. - Lo supplicò mentre in un attimo i suoi occhi neri come la notte passavano da lei al pavimento ad un punto indefinibile della stanza.

- Kaori... - La sua voce era un sussurro ma la donna poteva intuire, guardandolo, la sua indecisione.

- Io posso essere sicuro della tua onestà perchè ti conosco da tanti anni ma capisci anche tu che, razionalmente, questa storia fa acqua da tutte le parti. - Ryo fece per alzarsi in piedi dalla sua posizione seduta sul divano ma Kaori cercò di trattenerlo.

- Per Dio, Ryo non mi puoi abbandonare così! - Urlò Kaori scossa dal pianto, calde lacrime le scendevano sul viso. La donna si accasciò quasi a terra fra i singhiozzi. Ryo si alzò prendendo le distanze.

- Finchè questa vicenda non si sarà chiarita, bisogna che non ci vediamo per un po'. - Disse Ryo col cuore a pezzi.

Kaori alzò lo sguardo come per capire se davvero le sue orecchie avevano sentito bene.

- Non stai dicendo sul serio, vero? - Chiese di nuovo la donna.

- Kaori, non pensare che io voglia questo ma se non lo faccio io lo faranno gli altri, lo faranno i miei colleghi, lo farà la polizia, io potrei essere considerato non credibile, e tu complice di un omicidio. Quando mi sono recato nell'appartamento della vittima, quando ho visto il tuo reggiseno sulla vittima, prova ad immaginare come mi sono sentito!!! Il primo regalo che io ti feci nove anni fa!!! E tu ora mi vieni a dire che te l'hanno rubato oggi pomeriggio, prima che Mick venisse a portarti a cena, prima che a pochi isolati trovassimo la sua ragazza strangolata. Ti rendi conto!!!!! - Le urlò Ryo.

Si guardarono per attimi interminabili e poi tra loro crollò il silenzio. La parte di uomo che la amava sapeva che lei era innocente, che non c'entrava nulla con tutto quel casino, ma il reggiseno sulla vittima non era di certo una bella cosa. La parte di detective che albergava nel suo cuore credeva che una spiegazione plausibile ci dovesse essere, ma se fosse capitato a qualcuno a lui sconosciuto, non avrebbe creduto ad una sola parola.

Kaori capiva la situazione, ma sapeva di essere innocente. Sapeva, o forse credeva, in cuor suo che Mick lo fosse. Come poteva essere così carino e per bene ed essere poi in un'altra situazione un assassino? Si chiese Kaori. Poi si alzò in piedi, con uno sprazzo di lucidità e risoluta nella sua posizione. Le chiacchiere stavano a zero: Ryo stava dubitando della sua buona fede. L'uomo che credeva l'amasse più di ogni altra cosa, l'uomo che lei si aspettava che rimanesse per sempre al suo fianco, stava mettendo in dubbio la sua buona fede. Così gli disse:

- Se credi che io sia minimamente coinvolta in questo pasticcio, nonostante tutte le prove siano contro di me, nonostante io dimostrerò la mia innocenza ed estraneità all'accaduto, se solo una piccola parte di te pensa che io ti nasconda qualcosa, prendi la porta ed esci. - Ryo a quelle parole rimase molto scosso, glielo si poteva leggere in faccia.

- Kaori... cerca di capire. Se tutto questo fosse successo a qualcun altro, io sarei pronto a puntargli il dito contro senza nessuna esitazione perchè le prove sono inconfutabili. Io in questo momento non riesco ad essere obiettivo ed oggettivo perchè sono troppo coinvolto. - Le disse avvicinandosi e cercando di abbracciarla, ma lei si ritrasse. Lui rimase con le mani a mezz'aria.

- Mi stai trattando come... non so come... tu capisci che per quanto ti ami la tua posizione è sfavorevole. Se non avessi trovato quel reggiseno sulla vittima. Come ha fatto ad essere lì! - Esclamò lui che non riusciva a venirne a capo.

- Non lo so, Ryo, ti ho detto che me l'hanno rubato mentre ero sotto la doccia. Sono pronta a giurare sulla testa di mio fratello. Ma quello che prevale in te è la tua indole da poliziotto e scommetto che ti chiedi cosa penserà Saeko di te o i tuoi colleghi se mi sostieni o ti schieri dalla mia parte, non è vero!? - Disse Kaori con tono allusivo. Voleva dirgli fino in fondo quello che pensava. Adesso, quella mentecatta di Saeko, se fino ad allora non avrebbe potuto mettere le grinfie su di lui, con questo casino, se lo sarebbe portato via come una tigre che agguanta il suo pezzo di gazzella dopo mesi di astinenza.

- Che diavolo c'entra Saeko! - Ribattè Ryo infastidito. Ma Kaori non mollò la presa.

- Oh, la difendi ora? Ora che la tua fidanzata potrebbe avere bisogno del tuo aiuto, tu difendi quella gattamorta che è da anni che ti vuole portare a letto ma non ha ancora trovato una scusa valida e credibile per attirarti!!!! - Urlò Kaori disperata.

- Ma tu sei pazza!!!! Tu sei proprio fuori!!! - Urlò Ryo con disprezzo e con rabbia. Non capiva perchè Kaori volesse metterla in mezzo quando la reale situazione di omicidio era ben più grave.

- Ci avrei giurato che l'avresti difesa. - Asserì lei come una sentenza. Ryo non sapeva se darle corda in quel senso o ribattere qualcosa di sensato. Non voleva litigare ancora con lei. Era consapevole che in quel momento era come se la stesse abbandonando.

- Io non provo niente per Saeko e non credo nemmeno che lei provi qualcosa per me. - Disse lui per rassicurarla anche se sul fatto che Saeko non provasse qualcosa per lui, sapeva benissimo che non era proprio così.

- Comunque Kaori, non mi sembra il momento di tirare fuori queste inutilità da gelosia ingiustificata quando: primo, il tuo collega è accusato di omicidio; secondo, il reggiseno con il tuo dna è stato ritrovato sul cadavere di una donna strangolata; e, terzo, quando la donna strangolata è la fidanzata del tuo collega. Passerò il resto della settimana ad interrogare tutti quelli che vi sono vicini ed a capire come sono andati i fatti. Ti pregherei solo di capire che per i prossimi giorni io e te dovremmo drasticamente limitare i contatti, poi, quando tutto si sarà risolto ci prenderemo una lunga lunghissima vacanza lontano da tutti e da tutto. Soppratutto dal mio lavoro che tanto odi. - Rispose l'uomo con tutta la calma che aveva in corpo, capiva come si poteva sentire Kaori e mettendosi nei suoi panni non avrebbe potuto biasimarla.

Kaori si sentì un po' più sollevata perchè in fondo la sua spiegazione razionale era assolutamente valida. Avrebbe potuto rischiare e rimetterci il lavoro. Suo fratello avrebbe potuto sospenderla dal servizio fin quando le cose non si fossero chiarite. Di questo ne era quasi sicura. Così si avvicinò a lui e gli diede un bacio sulla guancia e gli disse:

- E' tardi, vai... ho capito quello che vuoi dire. - Si guardarono a lungo prima di salutarsi.

L'ultima cosa che lui le disse fu:

- Sappi che non ti abbandono. Porta pazienza, sono sicuro che sei innocente, ma la legge non fa eccezione nè per me e nè per noi. -

Chiusa la porta alle sue spalle, Kaori si accasciò al portone e finalmente liberò tutte le sue lacrime, i suoi singhiozzi e tutto ciò che aveva in corpo. Si sentiva molto sola, anche se sapeva che lui aveva ragione ed era razionalmente giusto quello che aveva detto... però lei si sentiva abbandonata. La sua mente continuava a pensare e pensare. Però c'era una cosa da dire, un pensiero che non riusciva ad abbandonarla: se lui l'avesse amata davvero sarebbe dovuto stare dalla sua parte. In una ipotesi di realtà utopica se lei fosse stata al suo posto, avrebbe consegnato il distintivo, si sarebbe anche licenziata se fosse stato necessario e gli sarebbe stata vicino da "civile" e non da poliziotta. Non l'avrebbe abbandonata al suo destino perchè il diminuire i contatti o tagliarli drasticamente, nella sua testa, era come lasciarla.

Si sentiva così stremata, così confusa, consapevole che non avrebbe potuto biasimare del tutto la scelta di Ryo ma consapevole che lui ne avrebbe potuto fare un'altra: restarle vicino.

E ci avrebbe giurato sulla testa di Hideyuki che quella serpe di Saeko ci avrebbe goduto e non poco.

Si alzò lentamente col cuore a pezzi decisa ad andarsi a riposare, ma prima doveva attaccare il cellulare al caricabatterie. Si recò doveva aveva lasciato la borsa e lo trovò. Lo mise sotto carica ma lo accese e vi trovò una decina di chiamate di suo fratello, un paio di Umibozu, ed un messaggio di Mick che le chiedeva dove si trovava. Richiamò i primi due e lasciò stare Mick. Hideyuki, come già lei si aspettava, le aveva appena detto che avrebbe preso due nuovi infermieri per sostituire lei e Mick temporaneamente finchè la loro posizione giuridica non si sarebbe chiarita e che sarebbe stata una buona occasione per prendersi un po' di tempo per se stessa e comunque immaginava che i poliziotti avrebbero sicuramente impegnato i giorni a seguire ad interrogarla o a tenerla impegnata.

Hideyuki le disse che una poliziotta l'aveva già contattato per avere la sua testimonianza su come fossero lei e Mick come persone in quanto loro superiore al lavoro ed avevano chiesto la stessa cosa ad Umibozu, però le aveva assicurato che sia lui, che Umibozu che gli altri colleghi erano tutti dalla loro parte ed Hideyuki le aveva detto: "Ti farò avere il miglior avvocato della città, non ti preoccupare, ne verremo fuori insieme, sorellina, so che sei innocente!"

Quelle parole l'avevano confortata, perchè Ryo non le aveva detto altrettanto invece di abbandonarla?

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Capitolo 13
*** Il ragazzo del kebab (Seguito Cap. 12) ***


Cap. 13 - IL RAGAZZO DEL KEBAB (Seguito Cap. 12)

1 Aprile, ore 02:45
Kaori - Patrick


Erano appena passate le 02:45 del mattino ed aveva bisogno di dormire, così scivolò sotto le coperte ripensando alla giornata appena trascorsa. Era sicura che ne sarebbe venuta fuori ed a testa alta. Questo pensiero la rafforzò come non mai. Poi, prima di spegnere la luce, si ricordò del ragazzo del takeaway. Lui le aveva lasciato il suo numero e sarebbe stato scortese non scrivergli nemmeno un messaggio.

Sì, ok, si disse Kaori, non era sicuramente il momento, ma aveva bisogno di sentire un amico. Forse. O la parvenza di esso. Così andò a recuperare il numero del ragazzo scritto dietro allo scontrino e gli inviò un messaggio:

"Ciao, sono Kaori, la ragazza del kebab."

La donna non si aspettava di certo che avesse il telefono acceso a quell'ora, invece, dopo pochi istanti ,un numero di cellulare a lei sconosciuto la stava ricontattando.

Aveva deciso di rispondere a quel grido di appello, a quella chiamata, nel cuore della notte. Dal primo momento che l'aveva vista aveva capito che loro due sarebbero stati legati.

C'era da farsi qualche domanda sul rapporto fra lei ed il suo fidanzato se a quell'ora lei lo cercava e Darcy sapeva che sicuramente un certo interesse da parte della ragazza non se l'era di certo sognato.

Le carte sul caso che avrebbe dovuto seguire lo stavano annoiando a morte, aveva appena letto due righe iniziali e già non ne poteva più. Si sentiva come la sera prima dell'esame orale per diventare avvocato e tutto quello che avrebbe voluto era non stare a fissare quella roba che probabilmente nel suo subconscio sapeva ma che una strana voce gli diceva di continuare a ripassare perchè "non si sa mai cosa ti possano chiedere" mentre invece la testa era da tutt'altra parte. A suo tempo si trattava della rottura quasi imminente con la sua tipa del momento, quei segnali che ti mandano sempre le donne ma tu sei troppo impegnato a fare altro ed ignorare e poi quando meno te lo aspetti, accade l'irreparabile.

La sua indole da avvocato gli suggeriva di analizzare i fatti: non quelli dell'imminente processo ma quelli riguardanti la meravigliosa donna che aveva incontrato quella sera. Quel tuffo al cuore che non sentiva da molto, nel momento meno opportuno era saltato fuori con la potenza di un ciclone.

Si erano appena conosciuti, lei era fidanzata ma alle tre di notte quasi gli scriveva un messaggio dopo che lui le aveva lasciato il suo numero di telefono: cosa voleva dire questo? Così compose il suo numero.

- Ciao, scusa se ti disturbo. Ho visto il tuo messaggio. - Le disse contento che lei l'avesse ricontattato.

- Ciao... - Fu tutto quello che sentì, poi un paio di singhiozzi ed un pianto a dirotto.

Kaori non si riusciva a trattenersi. Aveva bisogno di sentire un amico, una persona che poco prima le aveva timidamente dimostrato che teneva a lei. Sapeva quanto questo fosse sbagliato perchè lei un ragazzo ce l'aveva ma al momento era come se non ci fosse, peggio, come se fosse un nemico.

- Oh, mio Dio, Kaori sei in pericolo? Vuoi che venga da te? Sei nei guai? - Chiese lui apprensivo. Non sapeva esattamente cosa fosse successo, praticamente non la conosceva nemmeno ma ogni fibra del suo corpo gli stava gridando "vai da lei!".

Kaori non si riusciva a spiegare cosa stesse facendo, l'unica cosa che sapeva era che era al telefono con lui e piangeva come una disperata e non riusciva a fermarsi.

- Dimmi dove sei che ti vengo a prendere! - Urlò lui con il cuore in gola. Lei reagì come se quasi non fosse la sua voce a parlare e gli comunicò l'indirizzo di casa sua.

- Arrivo subito! Resta dove sei? Non sei ferita, vero? -

- No, no, sto bene. - Cercò di tranquillizzarlo lei.

- Oddio, bene bene non mi sembra. Resta in linea finchè non arrivo, vuoi che ti chiami un'ambulanza od una pattuglia di Polizia? - Richiese lui pensando che fosse in chissà quale situazione.

A quelle parole, Kaori quasi fece un sorriso sarcastico ed una battuta fuori luogo le uscì senza volerlo.

- Oh ti prego...!?! Un poliziotto è l'ultima persona che vorrei vedere in questo momento. -

Darcy non capì ma tuttavia si rilassò pensando che forse era solo uno sfogo, che forse lei voleva solo qualcuno che si prendesse cura di lei, e che forse se l'aveva vista ad uno squallido takeaway di sera senza il suo fidanzato, un motivo sicuramente c'era. Si disse solo che lui sarebbe stato lì, incurante di ciò che sarebbe successo in futuro. Incurante di chi fosse stato il suo fidanzato, non gli importava.

Nessuno sano di mente avrebbe osato mettersi contro un procuratore distrettuale.

- Fra dieci minuti sono da te. - Le disse e sgattaiolò via dal suo appartamento così come era vestito.

Nella furia di prendere su il telefono dal tavolo, non si accorse che un foglio del dossier che aveva appena cominciato a leggere ed i cui fogli erano sparsi sul tavolo, finì distrattamente sotto il mobile a fianco del tavolo lasciando solo un piccolo lembo bianco appena visibile e mimetizzato sul pavimento liscio color crema del soggiorno.

Era la pagina cinque che riguardava Kaori Makimura e che lui non aveva ancora avuto il tempo di visionare. Perciò non avrebbe potuto immaginare in che guaio si sarebbe cacciato di lì a poche ore.

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Capitolo 14
*** Corpi freddi (Seguito Cap. 12) ***


Cap. 14 - CORPI FREDDI (Seguito Cap. 12)

1 Aprile, ore 02:55
Ryo - Reika


Quando si chiuse la porta dietro di sè, il suo orologio da polso segnava quasi le tre di mattina.

Ryo sentì come un vuoto avvolgerlo lentamente perchè era come se tra di loro si fosse spezzato qualcosa che forse non sarebbe tornato più come prima. Lo sguardo lacerato dal dolore della sua fidanzata racchiudeva solo una parte dello sdegno verso di lui che egli stesso sapeva che lei in quel momento provava. Perchè, in fin dei conti, è come se la stesse abbandonando e cercando di salvare la carriera.

Poco importava se le sue erano buone intenzioni ma avrebbe potuto seguire un'altra strada. Quella del "mollo tutto per starti accanto perchè così fa una persona che ama l'altra", solo che una parte di sè non l'aveva presa in considerazione.

Era brutto pensare che non si fidasse fino in fondo di lei? Perchè? Perchè non si fidava della persona che più l'amava al mondo? Perchè c'era un maledetto grillo dentro di sè che lo punzecchiava dicendogli di rimettere in discussione dieci anni di storia d'amore? Si era stancato di lei? Erano veramente in crisi? Era bastato un caso di omicidio per metterlo così in una situazione terribile?

Era molto chiaro che avrebbe potuto agire diversamente.

Un uomo innamorato l'avrebbe fatto.

Il punto era proprio questo. Non aveva considerato che se il suo desiderio più grande sarebbe stato sposarla significava prometterle di starle vicino nella buona e nella cattiva sorte. Perchè è quando le cose brutte accadono si vede se uno c'è e fa la differenza. Avrebbe potuto tornare indietro, abbracciarla e dirle che era un idiota. Invece nessun pensiero di questo genere gli stava balenando nella mente.

Bastava fare qualche passo e ritornare indietro. Invece i suoi passi frettolosi si stavano affrettando a raggiungere la Centrale di Polizia, l'unico posto che riusciva a donargli pace in quel momento.

Riprendere se stesso. Due tiri in sala poligono, una sigaretta, una birra e tutto si sarebbe sistemato, almeno il casino nella sua testa.

Arrivato là dopo circa una decina di minuti, non fece in tempo ad appoggiare le chiavi sulla sua scrivania che il suo cellulare cominciò a squillare. In cuor suo sperò che fosse Kaori invece era Reika, il medico legale:

- Ciao Ryo, ho urgenza che mi raggiungi qui in obitorio. Ho lavorato fino a quest'ora perchè alcune cose non mi tornavano: il dna trovato sul reggiseno della vittima non è il suo ma è di un'altra donna. Come è possibile? -

A quelle parole Ryo sentì un brivido gelato percorrergli su tutta la schiena, come un fulmine che ti prende in pieno e scarica la sua energia a terra. I fatti presto sarebbero venuti a galla, tanto valeva rivelare la verità. Quel reggiseno era in realtà di Kaori. Se non l'avesse detto l'avrebbero potuto accusare di complicità in omicidio e di non aver rivelato fino in fondo quello che sapeva.

La fine della sua carriera.

La prima cosa che pensò e per cui in quel momento aveva ansia.

Non per la sorte di Kaori. Così gelido rispose:

- Sono in Centrale, arrivo subito. Ti devo parlare di una cosa. - E chiuse la comunicazione.

Reika rimase per la seconda volta molto sorpresa dal comportamento di Ryo per ben due occasioni in poche ore ed il suo intuito le diceva che sicuramente c'era qualcosa che lo turbava profondamente.

Di solito lui non era mai ansioso, anzi era famoso per essere un tipo imperturbabile, ma in quel momento sembrava che una verità scomoda lo stesse aspettando.

Riguardò i fogli delle analisi che aveva fatto ed era sicura che qualcosa di lì a poco sarebbe cambiato.

Quando poi lo vide arrivare nel suo laboratorio trafelato come mai era stato fino a quel momento, capì che nel suo cuore qualcosa si era spezzato.

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Capitolo 15
*** Nel regno di Reika (Seguito Cap. 14) ***


Cap. 15 - NEL REGNO DI REIKA (Seguito Cap. 14)

1 Aprile, ore 03:30
Ryo - Reika


Appena lo vide giungere nel suo regno, la prima cosa che pensò, fu che Ryo avesse avuto dei momenti migliori di quello. Era innegabile che qualcosa lo stesse sconvolgendo, in fondo, era un banale caso di omicidio, niente altro, se non fosse per il fatto che sapeva che la vittima era la fidanzata di un collega di Kaori, donna per la quale aveva sempre provato una profonda simpatia ma anche un po' di invidia per essersi accaparrata già da anni colui, al quale mezzo dipartimento di polizia femminile faceva la posta, per prima sua sorella Saeko.

Reika lo sapeva che Saeko era segretamente innamorata di Ryo, non glielo aveva mai detto di persona ma era chiaro che certi sguardi quando li vedeva insieme erano pressochè inequivocabili, da parte della donna, ovviamente. Secondo lei, Ryo non se ne era accorto di certo.

Erano quasi le tre e mezza di mattina, erano abituati per il lavoro che facevano a raggiungere soglie di sopportazione di avvicendamento dei ritmi sonno-veglia al limite della indecenza e Reika dopo la quarta tazza di caffè appena consumata, si era detta che per ora poteva bastare.

- Cosa mi dovevi dire? - Chiese lui impaziente, lei lo ignorò, facendo finta di tirarsela, poi caricò la grinta:

- Allora, prima di tutto, ti devi scusare con me per come mi hai trattato sulla scena del crimine davanti ai miei sottoposti! - Ruggì Reika con sguardo fermo e deciso.

Ryo abbassò gli occhi vinto dalla stanchezza e dalla evidenza dei fatti, si mise a posto il ciuffo dei capelli come se quel gesto servisse a ravvivare il suo animo distrutto e le disse:

- Perdonami, è un momentaccio. - Poi scostò uno degli sgabelli lì accanto e si sedette come se il peso del mondo fosse sulle sue spalle. Reika indietreggiò capendo che avrebbe dovuto liberarlo da quel fardello. Si avvicinò a lui che stava fissando il pavimento a testa bassa e gli mise una mano sulla spalla:

- Mi racconti cosa è successo, non ti ho mai visto così sconvolto prima d'ora. - Così prese un altro sgabello e lo mise vicino a quello dell'uomo ed aggiunse: - Sputa il rospo, si vede che ce l'hai lì e non ti lascia stare. -

Così lui le fece un breve riassunto di quello che era successo in quelle ultime ore, non tralasciando nessun dettaglio. In fondo, Reika, prima di fare il medico legale, aveva preso una laurea in psicologia ed una specializzazione in psicologia criminale, sapeva fare i profili degli assassini seriali studiandone il modus operandi così come di capire gli amici nel momento del bisogno.

Man mano che Ryo parlava, sul volto di Reika si avvicendavano varie espressioni fra la pietà, lo stupore, lo sgomento e la sorpresa. Adesso aveva capito perchè Ryo aveva così l'animo devastato. Così alla fine del racconto, prima che lei potesse dire qualcosa, lui aggiunse:

- E dulcis in fundo, quello che mi hai detto al telefono, no? Quello per cui mi avresti chiamato qui. L'anticipazione te la do io: quel reggiseno è di Kaori. - Bomba sparata, disastro imminente.

Ryo guardò l'espressione sul volto di Reika e gli sembrò indecifrabile.

- Come scusa?!?!? - Esclamò la donna.

Così Ryo le raccontò anche di quello che si erano detti nel dettaglio con Kaori riguardo il fatto che le avevano rubato il reggiseno la sera prima sul posto di lavoro e che lo stesso reggiseno era stato trovato da Reika sulla vittima che giaceva poco distante da loro su quella barella fredda.

Reika sentì i battiti del suo cuore fermarsi per qualche attimo. Poi ritornò calma fredda e lucida.

- Tu sai vero che questa informazione è molto riservata e se tu non la rendi pubblica potrebbe costarti la carriera sia a te ma anche a me! - Gli disse Reika preoccupata.

- Sei molto carina, a dirmi cose che so già... tu sai quanto ci tengo al mio lavoro, è tutto per me... - Sorrise lui per non disperarsi ulteriormente.

Quando Reika udì quelle parole "il lavoro è tutto per me" capì come mai, invece di essere lì con lei, non fosse con Kaori a confortarla. Così si ritrovò a pensare a quanti invidiassero Kaori per essere la fidanzata di quel figo atomico. Ma che forse tutte quante non considerassero cosa potesse significare stare con uno così che, nel momento del bisogno anteponeva il suo lavoro alla vita privata. E come fosse difficile stare con uno che, alle tre del mattino, invece di trovarsi nel tuo letto, fosse piantonato in un obitorio con una donna che, seppur amica, era pur sempre una gran bella donna.

- E cosa intendi fare? Io posso ritardare l'identificazione del dna poichè al momento non ho un profilo con cui compararlo. So solo che non è di Mizuki Takedo. Ma tu sai che questa cosa verrà presto fuori. Saeko cosa ne pensa? - Chiese la donna.

- Non so in che parte del mondo stia Saeko in questo momento. Ma la conosco abbastanza bene per sapere che perseguirebbe legalmente anche vostro padre se avesse il vago sospetto che fosse colpevole. Ed è quello che farei anche io, se ce l'avessi ancora ovviamente... se in qualche modo riterrà Kaori colpevole o anche solo coinvolta, o anche se si tratti di Mick che è il primo sospettato, non si tirerà di certo indietro. - Concluse Ryo con amarezza. Conosceva molto bene Saeko ed il suo senso di giustizia. "Colpevole fino a prova contraria!" Era il suo motto.

- Sarà meglio che vi parliate al più presto. Chi è di voi a capo dell'indagine? - Chiese Reika.

- Ci è capitato per caso. Però per ora io visto che sono stato chiamato per primo sulla scena del crimine. - Rispose Ryo. Quello era un momento in cui la sua anima fredda e glaciale da poliziotto tardava a farsi sentire. Aveva bisogno di lucidità e sicurezza e trattare quel caso come se non fosse coinvolto. Reika sembrò intercettare quel pensiero:

- Lascia il caso, Ryo. Fallo tu prima che te lo impongano dall'alto. Il collega della tua ragazza sta per essere indagato per omicidio. Hai passato dei momenti migliori...?!?! - Aggiunse Reika col suo solito sarcasmo. Cosa che gli strappò un pallido sorriso. Fece per alzarsi ed uscire non prima di aver chiesto a Reika di fargli dare un'occhiata al corpo inerme della donna uccisa.

- Non vedo il movente. Perchè strangolarla? Non capisco come quel reggiseno sia finito su di lei. Kaori dice che glielo hanno rubato dallo spogliatoio. E poi, caso strano, capita proprio sulla fidanzata del suo collega. - Parlò ad alta voce Ryo perplesso ma Reika lo corresse:

- Ex fidanzato. I colleghi della scientifica hanno parlato con la vicina di casa della vittima ed hanno detto che il ragazzo biondo che tempo prima vedevano spesso, è qualche mese che non lo vedono più. Sembra o che fossero in crisi o che si fossero lasciati. Comunque terrò l'informazione del reggiseno per me finchè non mi presenteranno un riscontro oggettivo o la motivazione per fare una comparazione del dna della vittima con quello di Kaori. Possiamo anche dire che volendo tu non puoi ricordare tutti i colori dei reggiseni della tua fidanzata, vero? - Disse Reika per tirargli su il morale.

- Va beh, va beh, mettiamola così. Te ne sono grato per l'aiuto che mi stai dando, almeno per ora. -

- Siamo amici, no? - Disse lei sorridendo. - E con Kaori come hai deciso di fare? -

- Le ho parlato prima ed ha ragione sul fatto che mi sarei potuto comportare meglio. Di fatto l'ho abbandonata. C'è poco da girarci intorno. La verità è che non so cosa fare. E' la prima volta che mi capita. - Ammise lui, amaramente.

- Dai chiamala per scusarti! Subito! Qui! Davanti a me, se non sai cosa dire ti suggerisco!? - Rise Reika per incoraggiarlo. Ryo così guardò il cellulare, vide un paio di chiamate perse di Saeko ma la ignorò.

- Pronto, Kaori... - Disse al cellulare.

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Capitolo 16
*** La profezia della cartomante (Seguito Cap. 15) ***


Cap. 16 - LA PROFEZIA DELLA CARTOMANTE (Seguito Cap. 15)

1 Aprile, ore 03:45
Kaori - Ryo - Saeko


Sentì qualche rumore di fondo, sentì Kaori parlare con qualcuno. Una voce maschile che non conosceva. Forse Kaori aveva preso in mano il telefono ma non aveva ancora risposto.

- Pronto, Ryo... - Rispose lei. La sua voce gli sembrava molto più calma e serena di come l'aveva lasciata.

- Kaori, mi senti? Ma dove sei? Con chi sei? Chi è quella voce maschile che sento? - Chiese lui subito preso dal panico. Eppure quando l'aveva lasciata a casa sua era in lacrime, ma sopprattutto da sola.

- Niente, Ryo, è un amico. Cosa volevi dirmi più di quanto tu non abbia già fatto con i tuoi gelidi gesti!? - Lo affrontò lei molto arrabbiata.

- Un amico a quest'ora?! Ma chi cazzo è!? - Ruggì l'uomo infuriato e geloso. Ma non ebbe il tempo di pensare o dire altro poichè l'altra persona chiuse la comunicazione.

In quel momento nell'obitorio di Reika calò il gelo. Si guardarono entrambi come spaesati. La donna non osò fiatare. E prima che potesse respirare, l'uomo era già fuggito dal suo locale.

Nel corridoio del primo piano incrociò Saeko, a quell'ora il Commissariato era quasi deserto. Saeko vide che Ryo era furioso e voleva fuggire via ma si mise in mezzo per impedirgli di oltrepassare.

- Ryo! Ti ho chiamato più volte! Dobbiamo parlare! E' una cosa seria! - Ribattè la donna. Le notizie circolavano in fretta, e lei si era già messa in moto, aveva già chiamato il fratello di Kaori per avere le prime informazioni.

Certamente che quello che stava succedendo le dispiaceva, nessuno avrebbe voluto trovarsi in una situazione simile, ma era inutile dire che, sicuramente, quella era una succosa opportunità per far dividere la coppia d'oro. Una parte di lei si sentiva leggermente - leggermente - meschina perchè Kaori non versava di certo in una buona situazione, il suo collega sarebbe stato indagato etc etc... ma l'amore che lei in quegli anni aveva sotterrato apparentemente per Ryo, stava venendo fuori a poco a poco.

Nella testa di Saeko si succedevano mille pensieri. Ma quello che più la sconvolgeva era che circa un mese prima si era ritrovata a fare un giro in un luna park fuori Shinjuku, mentre stava seguendo un caso e si era intrufolata nella tenda di una cartomante.

Saeko era una donna di scienza e di indizi, di deduzioni e di fatti, ma non di magia. Si ricordava ancora come, in quella atmosfera così cupa e misteriosa, l'anziana signora l'avesse guardata con circospezione ed, ancora prima che si avvicinasse al tavolo, le aveva detto:

"Leggo i tuoi pensieri e capisco che sei scettica. Ma se ti avvicini potrò rivelarti una cosa molto importante che accadrà nella tua vita. La svolta che hai sempre aspettato."

Saeko nella sua testa già si era fatta prendere dal panico, per il semplice motivo che, a quelle cose, non ci credeva ma sembrava che la maga le stesse leggendo nel pensiero. Così, con molta cautela si era seduta davanti alla donna, la quale aveva posato le carte dei tarocchi ed aveva fatto pescare Saeko.

Le aveva detto che il lavoro procedeva bene, che in amore vedeva molta paura a dichiarare i suoi sentimenti e che, in qualche modo, il lavoro e l'amore erano mischiati. Ma la cosa che l'aveva impressionata di più era stata che l'ultima carta, che la maga le aveva mostrato, era stata quella dell'Appeso.

La cartomante le aveva detto che quella carta, non a caso era saltata fuori per ultima, ma indicava ciò che sarebbe successo in futuro. E che sarebbe stato il suo destino e quello di una persona molto vicina a lei. La carta dell'appeso simboleggiava "il sacrificio", una condizioni sfavorevole che rende necessarie delle rinunce per raggiungere un obiettivo e che la poliziotta avrebbe dovuto superare delle prove difficili.

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Capitolo 17
*** L'obiettivo primario di Saeko (Seguito Cap. 16) ***


Cap. 17 - L'OBIETTIVO PRIMARIO DI SAEKO (Seguito Cap. 16)

1 Aprile, ore 04:00
Ryo - Saeko


Lì per lì Saeko non aveva capito bene a cosa la maga si riferisse, ma dopo quello che era successo in quella giornata tutto le appariva più chiaro. La maga le aveva anche detto che lei si sarebbe trovata in una situazione sfavorevole ma avrebbe saputo tramutarla in una a suo vantaggio. Ma le aveva anche detto che, conoscendo la sua indole molto arrivista, ci sarebbe stato un sacrificio molto importante con la propria coscienza che Saeko avrebbe dovuto fare per raggiungere il suo - aveva detto - obiettivo primario.

- Saeko! - Disse Ryo con sorpresa. La donna gli si parò davanti senza lasciargli tregua, guardandolo dritto negli occhi come solo lei sapeva fare. Ryo fu preso come da una scossa e diresse lo sguardo altrove.

C'erano solo loro due in quel dannato corridoio.

- Sono la tua partner, voglio sapere perchè non rispondi e che diavolo mi stai nascondendo! - Gli disse lei severamente ma anche con sguardo amorevole.

Ryo la guardò dritto negli occhi. Quel momento per lei fu quasi indecifrabile, gli lesse tante cose dentro.

- Ok, parliamo, ma non qui. Vieni a casa mia. - Disse lui risoluto. Lei non proferì parola.

Era raro che Ryo le dicesse di andare a casa sua, potevano tranquillamente parlare nel suo ufficio. Perchè tanto mistero? Si chiese Saeko. Sapeva che l'indagine che avrebbero dovuto affrontare sarebbe stata delicata per via del coinvolgimento del suo partner.

Ad ogni modo, anche lei in realtà doveva dargli una comunicazione: suo padre, il Commissario di Polizia, aveva deciso di "metterlo in panchina" per un po', data la situazione, ma dato che egli sarebbe dovuto partire per un viaggio di lavoro in Europa, aveva assegnato a Saeko, il dovere di comunicarlo al proprio partner.

Saeko aveva già la lettera di sospensione momentanea dal lavoro ed il divieto di partecipare alle indagini sul "caso Mick Angel" e non aveva ancora pensato a come dirglielo. L'avrebbe presa male, si disse Saeko. Lo sapeva che Ryo non si sarebbe accontentato di starsene alla larga senza sapere ma soprattutto senza fare nulla. In realtà Saeko aveva anche previsto "il piano B" in cui l'avrebbe fatto partecipare in modo ufficioso.

Salirono nell'auto della donna ma la fece guidare a lui. Non si parlarono neppure. Solo al primo semaforo lui disse:

- Tuo padre... mi ha sospeso dall'incarico, vero? - Lei lo guardò con quella faccia indecifrabile per cui sapeva che era impossibile mentirgli.

- Ryo... - Accennò lei con timore. Lo sguardo di lui era impenetrabile. Spinse il piede sull'acceleratore. E se spingevi il piede sull'acceleratore di una Porsche poteva raggiungere i 100 km/h nel giro di pochi secondi.

Saeko vide che la strada che stava prendendo non era per casa sua, ma lui mise la freccia a destra e virò per la tangenziale che avrebbe portato alla strada che costeggiava il mare. Lo guardò come per chiedergli spiegazioni. Lui non mosse un muscolo del viso, aveva gli occhi che guardavano diritto verso la strada. Saeko cominciò ad avere paura per la propria incolumità: era arrivato a 140 km/h. Solo la sua voce virile, calda e sensuale risuonò nel piccolo abitacolo:

- La spiaggia è l'unico posto in cui non ci sono nè telecamere nè microspie. -

A Saeko bastò come spiegazione. In un'altra circostanza poteva quasi avere la parvenza di una fuga romantica.

- Vorrà dire che guarderemo l'alba, dato l'orario. - Cercò lei di dire per sdrammatizzare.

- Guarderemo la mia fine... in prospettiva... - Rispose lui con un filo di voce.

- Non ti sembra di esagerare? - Chiese lei. - La situazione non è delle migliori, ma ne verremo fuori. Abbiamo rischiato la vita per cose ben più gravi. - Aggiunse.

- Davvero? Più gravi di perdere la mia carriera e la donna con cui sto da quasi dieci anni... non so... dimmi tu... - Rispose lui con ironia.

Il cuore di Saeko perse un battito. Avrebbe dovuto essere dispiaciuta e disperata invece una punta di contentezza sulla seconda affermazione la fece sentire meschina. Meschina ma assolutamente felice. Ryo e Kaori erano in crisi, era ufficiale. Ryo non pronunciava mai parole per niente. Sentiva il tarlo del gongolo che apriva una bottiglia di spumante con i calici alzati. Avrebbe dovuto darsi un contegno. Almeno fingere dispiacere, per Dio.

Ed ora capì cosa significava la profezia della maga. Forse, si disse, avrebbe potuto dare una mano al destino. Il suo destino.

Al suo obiettivo primario.

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Capitolo 18
*** Confessioni sulla spiaggia (Seguito Cap. 17) ***


Cap. 18 - CONFESSIONI SULLA SPIAGGIA (Seguito Cap. 17)

1 Aprile, ore 05:00
Ryo - Saeko


Erano entrambi seduti sulla spiaggia fredda, in silenzio, che osservavano le prime luci dell'alba. Era da circa una buona mezz'ora che nessuno dei due aveva voluto proferir parola. Saeko sentiva dentro di lei che qualcosa sarebbe cambiato, nel bene o nel male. Aspettava che Ryo dicesse qualcosa. Invece se ne stava muto con una sigaretta accesa in bocca a scrutare il mare inondato dai colori passionali e coinvolgenti di quell'ora. Non c'era anima viva oltre a loro sulla spiaggia. E si sentivano come i sopravvissuti di una catastrofe naturale.

Sulla baia di Shinjuku le luci arancioni del sole che sorgeva e lo spettacolo incantevole della natura ammagliavano gli occhi dei due presenti. Saeko guardava quel viso virile, quegli occhi che non vedevano il letto da almeno ventiquattro ore, le occhiaie e le rughe di espressione che lo rendevano l'uomo più affascinante che avesse mai conosciuto.

Era per caso un delitto fare pensieri sconci su un figo del genere? Tutte le poliziotte al dipartimento avevano pensieri sconci su uno così. Doveva per forza sentirsi una merda, si disse Saeko, se era contenta che tra lui e Kaori le cose non andassero e finalmente lei avrebbe potuto avere la sua opportunità? Era così terribile dover sacrificare la voce onesta della propria coscienza che le stava impedendo di creare un piano diabolico per attrarlo a sè in modo definitivo? La donna sospirò ma poi si spostò dalla posizione seduta in cui era, a piedi nudi sulla sabbia. E decise di parlare:

- Ne verrai fuori, Ryo, da questa situazione... io ti sarò accanto. - Disse lei con un filo di voce.

Lui staccò la sigaretta dalla bocca e la guardò con lo sguardo cupo:

- Non si tratta di questo. - Disse lui amaramente. - Mi sono comportato nel modo in cui non avrei mai voluto. Io che millanto di soccorrere sempre i bisognosi, ora che Kaori potrebbe davvero passare della grane, io... ecco... ho pensato solo a me. Alla mia carriera, capisci? E' la prima cosa a cui ho pensato. Non ho pensato a lei che sicuramente non è in una buona posizione. Mi sento male. Sarebbe stato peggio se l'avessi tradita con un'altra donna. Sto dubitando della sua buona fede. E questo non me lo perdonerò mai. - Concluse lui.

Una lacrima solitaria gli scese dall'angolo dell'occhio destro, solcando la guancia che Saeko poteva vedere in quel momento. Non era sicura che fosse veramente una lacrima, c'era solo un'ombra, qualcosa che si muoveva. Lei non aveva mai visto Ryo piangere in tutti quegli anni. Pensava che lui le lacrime quasi non le avesse. Invece, in quel momento, il suo cuore era spezzato. Che avrebbe dovuto fare? Si chiese Saeko. Tenere le distanze o correre ad abbracciarlo? Perchè poi, parliamone, stava pensando ad un'altra donna che non era lei. Improvvisamente il suo intuito le venne in aiuto e rimase ferma dove era:

- E' Mick che è nei guai, non Kaori... sicuramente non è in una buona posizione ma... insomma, non capisco. - Gli disse la poliziotta. Così lui spense la sigaretta sulla sabbia e le fece un breve riassunto di quello che era successo nella giornata, aggiungendo il fatto che il reggiseno di Kaori era stato ritrovato sul cadavere della donna.

Ryo le spiegò che era per quel motivo che si trovava da Reika in obitorio a quell'ora tarda e che, comunque, era meglio dirlo subito prima che lo scoprissero per altre vie, sia lei che gli altri suoi colleghi.

Saeko non lo interruppe durante il discorso, ma dentro di lei un'ondata malsana di allegria la pervase.

La maga allora ci aveva visto bene.

- Allora, Ryo... che dire? - Disse lei infine cercando di mantenere la calma. Il suo alter ego avrebbe potuto svestirsi e ballare nuda sulla spiaggia per la contentezza. Ma ci voleva contegno. Una parvenza di serietà, oggettività. - Sono senza parole. Ma tu pensi che Kaori sia davvero coinvolta? Che lei e Mick abbiano una storia? -

Ok, si disse. Era il suo momento. L'occasione per insinuare il dubbio era arrivata. Perchè solo i dubbi distruggevano le storie d'amore. Ed il suo obiettivo primario era lì. Si disse Saeko.

Doveva mantenere un certo distacco ma coinvolgimento nello stesso modo. Pensa, Saeko, è la tua occasione. Si continuava a ripetere la donna.

- Nessuno ti può fornire le prove che Kaori e Mick abbiano o abbiano avuto una storia. Intanto è chiaramente oggettivo che cenavano insieme in un ristorante e che era altrettanto un caso che noi fossimo lì. Se non ci fossimo stati? Devi attenerti ai fatti, ok. - Proseguì Saeko.

I fatti erano che il dubbio che quei due avessero una relazione era sempre più probabile. Avete mai visto l'orgoglio di un uomo, un maschio alfa, divorato dalla sensazione di essere tradito e con una fidanzata su cui avrebbe scommesso tutto ciò che di più caro aveva, indagata per omicidio? I pensieri di Ryo si affollavano come un'emorragia che non si riesce a placare e le emorragie, si sa, portano alla morte.

Si sdraiò completamente sulla sabbia, sospirando, come se il peso delle sorti dell'umanità fosse tutto sulle proprie spalle, indeciso al momento se arrendersi o lottare. L'amore o la carriera? Salvare capra e cavoli o farsi scivolare tutto via? Si chiese l'uomo.

Lui che era sempre stato un tipo d'azione, uno che al primo intoppo caricava la Python e partiva all'avventura, spesso senza un piano, confidando nelle proprie capacità e sangue freddo che, in qualche modo ce l'avrebbe sempre fatta, perchè non poteva essere così anche ora? Perchè in quel momento si sentiva così vulnerabile? Perchè la situazione non era sotto il suo solito controllo? Perchè aveva permesso alle cose che gli sfuggissero di mano? Forse, se in quel periodo, fosse stato più vicino a Kaori tutto questo non sarebbe accaduto. Mick non avrebbe avuto modo di portarla fuori a cena perchè l'avrebbe fatto lui, non si sarebbe comportato come un animale spaccandogli il muso su un cofano. Eccetera eccetera.

Non si accorse quasi nemmeno, se non all'ultimo momento che Saeko gli si era sdraiata vicino e gli stava accarezzando i capelli con dolcezza. Sì, effettivamente capì che non era il momento, ma era tutto quello di cui aveva bisogno. Che qualcuno fosse lì accanto a lui e gli dicesse che ce l'avrebbe fatta e che sarebbe andato tutto a posto.

Che lui, quale "risolutore" che era, avrebbe fatto ricombaciare tutti i pezzi. Stettero così in silenzio, a respirare l'aria pulita del mare mentre la brezza avvolgeva i loro corpi e le loro anime. Sentì un bacio sulla guancia. Soffice, tenero, come quello di una madre ad un figlio prima della buonanotte.

Non si girò per ricambiare. Ci stava un casino, sarebbe stato un bel gesto, ma non era il momento.

L'istinto di Saeko aveva deciso di osare. Con garbo. A metà strada fra la comprensione e l'amicizia. A metà strada fra un amore soffocato ed uno che grida di venir fuori. Come un bambino che vuol nascere a tutti i costi. Come la pioggia che rompe gli argini di un fiume. Era un momento delicato, si disse Saeko. Una sola cosa fuori posto e sarebbe tutto finito, tutto frainteso. Ryo in quel momento non aveva bisogno di amore e nemmeno di sesso, ma di un metodo per venire fuori da quella situazione.

Ryo aveva bisogno di un piano. Una di quelle cose che si programmano prima di entrare in azione e salvare gli amici in difficoltà. Il trucco stava nel dare all'uomo quello di cui gli serviva in quel momento. Se uno sta morendo di sete in pieno deserto, gli serve più un bicchiere d'acqua che una donna seminuda pronta a fare sesso. E questo Saeko, lo sapeva. Una parte di lei sapeva che quella situazione poteva essere portata a suo vantaggio. Doveva solo capire come.

- Ryo, ascoltami, dobbiamo comportarci come se questo fosse un caso che non riguardasse te. Tu lo sai che non puoi partecipare ufficialmente alle indagini ma dato che mio padre per un po' non sarà in Giappone, possiamo muoverci un po' meglio. L'importante è che non ti fai vedere in Commissariato. Ormai la notizia che sei stato esonerato e che sei fuori dai giochi è di dominio pubblico. Ho bisogno che mi consegni pistola e distintivo. Tu lo sai, è la prassi. Devi tenerti a debita distanza da Kaori almeno finchè le cose non si saranno risolte un po' e non si sarà capito che parte ha Mick in tutto questo. Lo so che è doloroso, ma è necessario. - Concluse Saeko con calma. Lei lo sapeva che lui era un tipo istintivo ma in questa situazione c'era poco da agire in modo avventato. Saeko sapeva che nonostante lui fosse una "testa calda", sapeva anche essere razionale.

- Lo so, hai ragione, grazie. - Disse lui appoggiandogli una mano sulla sua. - Grazie che ci sei. -

Seduti a gambe incrociate uno di fianco all'altra, si guardarono con amicizia e complicità.

- Sono la tua partner, Ryo. I problemi tuoi, sono anche problemi miei. - Aggiunse lei.

Nemmeno nelle migliori serie tv sentimentali ci sciorinano certe frasi ad effetto. Saeko era orgogliosa. La parola "partner" si usava come compagna di lavoro ma in quel caso - sfumatura che aveva notato solo lei - poteva anche assumere toni leggermente diversi.

Ryo le diede pistola e distintivo.

- Sono un uomo libero, ora. - Disse lui scherzando mentre si alzava da quella posizione.

- Mi piace il tuo spirito, bisogna prenderla così. Però adesso abbiamo bisogno di dormire. Ti riporto a casa. Ti chiamo io quando ho delle novità. Per il resto, stattene buono e non fare del casino. -

- Mh, io che non faccio del casino? Sarà difficile... - Si guardarono per un attimo come due complici e poi salirono in auto.

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Capitolo 19
*** Come se fossi un amico (Seguito Cap. 13) ***


Cap. 19 - COME SE FOSSI UN AMICO (Seguito Cap. 13)

1 Aprile, ore 03:45
Kaori - Patrick


Darcy, nel cuore della notte, si trovava a casa di una quasi completa sconosciuta da circa dieci minuti e, già aveva capito, in che rapporti stava con il suo ragazzo. Lei gli aveva appena chiuso il telefono in faccia alle tre di mattina. Aveva assistito alla scena molto perplesso.

Kaori lo guardò come svuotata. Lanciò il cellulare sul divano senza proferire parola con molto disprezzo. Si sedette sulla poltrona prendendosi la testa fra le mani e scoppiando in una crisi di pianto.

- Perdonami! - Disse a Darcy. - Grazie che sei venuto. Sono una stupida. Non ti ho nemmeno offerto niente, non sai praticamente niente di me e sei qui alle tre di mattina a consolarmi. -

Lui la guardò intenerito, si accovacciò in ginocchio accanto a lei e l'avvolse in un abbraccio molto tenero. Sentì il suo tremito, il suo profumo alla vaniglia, la sua vulnerabilità e la sua disperazione. Avrebbe tanto voluto baciarla, fare l'amore con lei, ma non gli sembrava il caso e si limitò a stringerla forte. Continuando a chiedersi "perchè il suo ragazzo non era lì con lei?".

Kaori alzò lo sguardo, si incrociarono a pochi millimetri l'una dall'altro, alla luce del giorno.

Si tirò su con la schiena per riprendere in mano la sua dignità. Fu solo un sussurro:

- Grazie, Patrick. Ma ora ti devo delle spiegazioni. - Disse lei diventando più seria e scostandosi da lui.

Si allontanò lievemente e gli porse le mano: - Ok, ricominciamo da capo. Patrick Darcy, molto piacere. -

Lei gli allungò la mano: - Kaori Makimura. Sono in un casino memorabile. Adesso ti spiego. Non è che conosceresti un buon avvocato per difendermi? Il nome di una valida l'ho già dato al mio collega Michael Angel. - Disse lei tutto di un fiato.

Darcy, stupito e sbiancato, fece un passo indietro. "No, non era possibile... non poteva essere così sfortunato nella sua vita." Kaori notò il suo cambiamento e stava per dirgli qualcosa.

- Non ti volevo spaventare. Non mi conosci nemmeno e io già ti chiedo di nuovo aiuto. -

Vide l'uomo passarsi una mano dietro ai capelli, cercando di trovare una soluzione. Kaori era in attesa.

- Non sono spaventato. Ci siamo incontrati per caso dal kebabbaro ma io... vedi... come lavoro... cioè... non so come dirtelo... - Continuò lui quasi balbettando.

- Dirmi che cosa? Sei un serial killer!? - Quasi rise Kaori. Ormai da quella giornata, poteva aspettarsi di tutto.

- Prima di venire da te, cioè quando mi hai chiamato, stavo consultando delle carte per il mio prossimo lavoro ... sono l'avvocato di accusa nel caso contro Michael Angel. Di lavoro faccio il procuratore distrettuale. Ecco questo è molto peggio che essere un serial killer. Sei per caso la collega di Mick? Quella Kaori? -

Tra di loro calò il silenzio per qualche secondo che sembrò una eternità. Poi Kaori si riprese:

- Cioè mi stai dicendo che ci siamo conosciuti per caso? - Lo guardò la donna attonita e stupita.

- Sì... non ero ancora arrivato a leggere tutto il dossier. Forse mi mancava proprio la pagina dove c'era scritto il tuo nome. Però. Parliamoci chiaro. Non ti voglio perdere come persona. Mi sei sembrata subito simpatica. Non è che dobbiamo sbandierare il fatto che ci conosciamo. Perchè legalmente potrebbe essere un problema. Tu capisci vero? E comunque io, fuori dal lavoro, frequento chi mi pare. - Ci tenne a dirlo.

- Ascolta, vado di là a prendere un po' di gelato. Ho bisogno di qualcosa di dolce. Così, già che ci sei ti racconto tutto. Anche io provo la stessa cosa per te. Mi sei sembrato subito simpatico. Però capisco la tua posizione. - Riflettè Kaori mentre andava in cucina a prendere il gelato, molto dispiaciuta per il fatto ma non si sarebbe fatta scoraggiare da questo.

Insieme avrebbero trovato una soluzione. Ora che aveva perso Ryo. Non avrebbe voluto perdere anche Patrick, anche solo come amico.

- Sediamoci dai. Raccontami tutto come se fossi un amico. In realtà io sono qui per questo. -

Passò circa mezz'ora in cui Kaori descrivette tutti i particolari di quella terribile giornata mentre Patrick ascoltava con molta attenzione facendosi qualche appunto e pensando che quella ragazza meravigliosa non l'avrebbe voluta perdere. Sapeva che era innocente, da ogni fibra del suo corpo lo sentiva.

Eppure ci volevano prove e così gli balenò questa idea:

- Senti, Kaori... io ci ho pensato. Io non posso essere tuo amico e nel frattempo essere l'avvocato di accusa di Mick Angel... ma posso lasciare l'incarico ad un mio collega e prenderti come mia assistita. Anche a te servirà un ottimo avvocato. Ed io sono uno dei migliori. - Concluse con un sorrisetto.

Kaori rimase stupita. Le stava davvero dando una mano?

- Dici sul serio? E come fai col tuo capo? Non si arrabbierà se lasci l'incarico? Qualcuno si chiederà come mai. - Chiese la donna preoccupata, non avrebbe voluto metterlo nei guai. Ma la risposta che le diede la rasserenò molto:

- C'era un mio collega che voleva il caso, glielo passo a lui. Tra l'altro mi ha dato il dossier ieri sera, non ho ancora messo la firma ufficiale che accetto. Più tardi chiamo Luke e glielo dico. Tu hai la priorità in questo momento. - E le fece un sorriso così tenero e dolce che la fece sciogliere.

Ma senza avvicinarsi a lei, si congedò e dopo averla salutata con un abbraccio uscì dall'appartamento di Kaori senza prima averle confermato che si sarebbero risentiti in giornata per i dettagli del caso e per cominciare a lavorarci sopra.

Soddisfatto, molto soddisfatto.

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Capitolo 20
*** L'ira di Hideyuki (Seguito Cap. 18) ***


Cap. 20 - L'IRA DI HIDEYUKI (Seguito Cap. 18)

1 Aprile, ore 14:00
Ryo - Hideyuki - Umibozu


Dopo aver dormito quel tanto che serviva per essere di nuovo presentabile, Ryo decise di recarsi per un consiglio dal suo migliore amico, quello che sempre l'aveva consigliato bene con la sua saggezza e con i suoi modi di fare ragionevoli, cioè Hideyuki, il fratellastro di Kaori, a cui la donna era molto legata.

L'uomo gli aveva dato la conferma telefonica di essere a casa e che da lui ci sarebbe stato anche Umibozu. Suonò sapendo che l'amico l'avrebbe accolto come solo lui sapeva fare.

- Ah, eccoti. Entra pure. Ci stiamo prendendo un caffè con Umibozu. Mentre decidiamo il da farsi. Mi sembrava strano che non ti fossi ancora fatto sentire. - Gli disse facendolo entrare in casa.

Attraversarono il salotto, sempre ben ordinato, dalla donna di servizio dell'amico ed entrarono in cucina.

Lì seduto, Hayato Ijuin, conosciuto come Umibozu, era già al quindicesimo pasticcino e sembrava si volesse finire tutto il vassoio prima di "togliere le tende".

- Vi conoscete già, vero? - Chiese Ryo ad Hideyuki. - Lui è il capo di Kaori. - I due si strinsero la mano.

Ma quando Ryo udì il nome di Kaori, si sentì come pugnalato allo stomaco. La prima pugnalata di una lunga serie. Si chiese quanto la donna avesse detto al fratello dei fatti appena avvenuti, ma presto l'avrebbe imparato. Hideyuki si mise a fare un caffè anche a lui, mentre Ryo si sedette di fronte al pelato dagli occhiali scuri. Fu il Makimura a parlare per primo:

- Come ci siamo arrivati a questa situazione lo sappiamo... ma mi sfugge qualche dettaglio. Kaori mi ha parlato, ha detto che ti sei comportato male col suo collega, cioè col nostro collega. Mi racconti come sono andate le cose? - Chiese a Ryo mentre gli porgeva il caffè caldo fumante.

Di quello che era successo veramente ne era al corrente poichè la sorella l'aveva informato di ogni particolare, ma voleva sentire la versione di Ryo se era simile alla sua. E in quel caso, se ucciderlo con le sue stesse mani.

Ryo cominciò a grattarsi la testa e poi disse, come quasi fosse una cosa comica:

- Vuoi la parte in cui sono stato preso dalla gelosia ed ho scaraventato Mick sul cofano di un'auto ammanettandolo... o quella in cui ho scoperto dell'omicidio della sua fidanzata? - Ironizzò il poliziotto.

Umibozu, che non conosceva molto Ryo ma aveva saputo da Hideyuki che tipo fosse e lavorando con Kaori qualche cosa in quei mesi si era fatta sfuggire su di lui, chiese:

- Una versione concisa, diretta e soprattutto veritiera. Per colpa di questo casino devo assumere due nuovi infermieri nel giro di due o tre giorni al massimo e la cosa non mi piace per niente. Mick e Kaori sono molto bravi, è stato un trauma sapere quello che è successo e sapere che sono nel mirino della polizia mi addolora tantissimo. Io lo so che entrambi sono estranei a questa vicenda. - Concluse l'uomo.

Sull'ultima frase detta dal responsabile infermieristico di Kaori, Ryo non aveva proferito parola. Nessun cenno del capo, nessuna emozione, nessuna espressione.

Hideyuki stava asciugando un piattino dinnanzi al lavello però non aveva smesso di guardare Ryo in tralice per studiarne le reazioni. Sapeva cosa si erano detti lui e Kaori e voleva constatare se nel frattempo lui, magari ripensandoci, si era schierato totalmente dalla parte della donna e non si era fatto prendere dai suoi soliti dubbi.

Dopo che Ryo la sera prima aveva lasciato l'appartamento di Kaori, la donna gli aveva telefonato raccontandogli cosa era successo fra di loro e, mentre Kaori ribadiva più volte il concetto che Ryo l'aveva abbandonata anteponendo la sua carriera e prendendo le distanze, Hideyuki l'aveva rassicurata sul fatto che tutto ciò fosse assolutamente impossibile e che probabilmente lei aveva capito male.

Invece Hideyuki si dovette ricredere sul fatto che Kaori aveva assolutamente ragione. Mentre Ryo faceva un riassunto verbale dei fatti accaduti, li stava raccontando come se nè lui nè Kaori fossero i protagonisti di questa vicenda. Va bene che Umibozu gli aveva detto di fare un racconto conciso, ma più il poliziotto parlava e più Hideyuki poteva notare con quanto distacco emotivo Ryo parlava di ciò che era avvenuto.

Come se la cosa non lo riguardasse minimamente. Dovette ammettere, Hideyuki. Ripensando poi anche alle parole che gli aveva detto Kaori sul fatto che tutta questa vicenda sarebbe stato un piatto succulento per la sua eterna rivale in amore, la collega di Ryo, che Kaori non sopportava.

I tre fecero qualche commento generico sulla vicenda finchè Umibozu disse:

- Questa storia è veramente la più assurda che io abbia mai sentito ma sono sicuro che sia Kaori che Mick sono puliti e che sicuramente è una macchinazione di qualcuno per metterli nei guai. -

Ma a quel punto Ryo non riuscì a non dire niente, il suo intervento fin da subito, ancor prima che aprisse bocca, sembrava voler dare contro ad Umibozu:

- Ma quale macchinazione? I fatti parlano chiaro. Quei due erano a cena fuori insieme, hanno trovato la fidanzata di lui strangolata. Ma vi sembra normale che queste cose siano accadute proprio a Mick? E voi che dite di conoscerlo davvero. In quale mondo un uomo ed una donna si recano in uno dei ristoranti più prestigiosi della città se non hanno una storia? Gli omicidi a scopo di gelosia o vendetta sono all'ordine del giorno. Non siamo neanche noi immuni da certe cose! Voi che dite di conoscere tanto entrambi come brave persone! - Sbottò Ryo, non rendendosi pienamente conto del significato delle parole appena pronunciate.

A quel punto ad Hideyuki, conosciuto per la sua proverbiale pacatezza d'animo e tranquillità emotiva, si tolse con calma gli occhiali e si parò di fronte a Ryo che era seduto sulla sedia ma scostato dal tavolo. Ryo lo fissò con fare interrogativo:

- Non riesco a capire da che parte stai, Ryo... - Disse Hideyuki tranquillamente come se avesse fatto una semplice domanda. Invece per Ryo aveva fatto "la domanda". Tra i sensi di colpa, i dubbi, i fatti e quello che sentiva il suo cuore in quel momento, il poliziotto era confuso ed infatti tardava a rispondere.

Umibozu alzò un sopracciglio con sorpresa. La risposta era facile. Tutti sapevano che quei due erano innocenti e che Mick non sarebbe mai stato un assassino. Sapeva che con la sua fidanzata le cose non andavano più bene ma sicuramente non avrebbe avuto nessun motivo per ucciderla. E mentre Ryo era con lo sguardo perso nel vuoto in chissà quale dimensione, Hideyuki lo scrutò più intensamente andandogli quasi a pochi centimetri dal viso.

- Come mai non rispondi? Tu che hai sempre la risposta pronta in ogni occasione? Dubiti per caso della buona fede di Kaori? - Chiese Hideyuki in modo conciso e con tono accelerato. Si sentiva distrutto nel vedere di persona che quello che gli aveva detto Kaori era vero.

Umibozu capì che l'atmosfera si stava per scaldare, lavorava da tanti anni con Hideuki alla casa di riposo "Villa dei Cigliegi" e non l'aveva mai visto così agitato, con quel tono deciso, pronto a tagliare la testa al fidanzato di sua sorella in pochi secondi. Così, dato che si sentiva di troppo in quella piccola cucina e che gli animi stavano per prendere fuoco, decise di alzarsi e mise sul tavolo un bigliettino da visita per distogliere l'attenzione:

- Scusatemi, ma ora devo andare. Ti lascio il numero di uno degli avvocati migliori della città, chiamalo entro stasera, potrebbe esserti di aiuto. - Lo sguardo incavolato di Hideyuki si rilassò andando ad abbracciare il suo sottoposto e collega:

- Grazie Umibozu, mi sei stato di grande aiuto ma mi arrangio da solo. Kaori... - Disse rivolgendosi a Ryo e calcando molto il concetto: - ... E' innocente e ne uscirà come tale. Che tu lo voglia o no. - Ed accompagnò Umibozu alla porta.

Ryo che conosceva Hideyuki da tanto, sapeva che questa cosa l'aveva fatto infuriare e che adesso ne avrebbe subito le conseguenze. Quando infatti Hideyuki tornò in cucina non gli risparmiò nulla:

- Mi fai schifo, Kaori aveva ragione. Per correre dietro alla tua carriera ed a quella sgualdrina della tua collega, stai mettendo in discussione dieci anni di relazione fra di voi. Sei proprio un coglione! - Lo ferì Hideyuki. Ryo sapeva che il suo migliore amico ce l'aveva con lui, d'altra parte chissà cosa gli aveva raccontato Kaori. Ma una sorta di spirito vendicativo gli salì in corpo e non riuscì a fermarlo:

- Tutte queste belle considerazioni sul mio lavoro e sulla mia collega, te le ha suggerite lei? - Asserì riferito al fatto che era Kaori che non poteva vedere Saeko. Ribattè con astio. Ma Hideyuki si avvicinò minacciosamente a lui puntandogli il dito contro e dicendo cose che non pensava, ma che in quel momento erano necessarie:

- Stai veramente difendendo Saeko per abbandonare Kaori al suo destino! Ti rendi conto che la stai moralmente lasciando dopo dieci anni insieme? Mi chiedo come fai a dormire sonni tranquilli e far sopravvivere la tua coscienza... più stai con Saeko più diventi squallido come lei. - Ryo guardò altrove, non se la sentiva di dover ribattere ma non riusciva a capire come loro due ce l'avessero con Saeko che in quel momento lo stava solo aiutando.

- E' l'unica persona amica che ho in questo momento, dato che anche tu mi stai voltando le spalle. Nessuno di voi due, nè tu nè tua sorella riuscite a capire in che cavolo di casino sono invischiato! - Esclamò Ryo.

- Oh, poverino, davvero... l'unica amica che hai... sono commosso... te la scopi anche per suggellare questa rinnovata fratellanza amicale? - Esplose Hideyuki con furiosa ironia.

Lui non si era mai comportato così perchè mai ce ne era stato bisogno. Ma la situazione era decisamente sfuggita di mano. Nessuno l'aveva fatto mai arrabbiare così tanto. L'uomo che diceva di amare sua sorella da quasi dieci anni la stava abbandonando nel momento del bisogno e questa cosa Hideyuki non poteva metterla da nessuna parte.

Un pugno ben assestato arrivò sulla guancia dell'uomo con le urla di Ryo che risuonavano in tutta la casa dopo aver sferrato il pugno:

- Come cazzo ti permetti di dire una cosa simile!!! Tu non sai come mi sento io! Mi hanno anche sollevato dall'incarico! Ho dovuto consegnare pistola e distintivo e mi hanno tagliato fuori dalle indagini! Se non avessi beccato la tua cara sorellina a cena col suo collega... e... per la cronaca, l'ho chiamata questa mattina prestissimo e sai che mi ha sbattuto il telefono in faccia e... lo vuoi sapere che c'era anche un uomo in casa sua! Un fantomatico "amico" alle quattro di mattina! Tu che la vuoi sempre difendere dalla brutture del mondo come se fosse un angelo immacolato! Ti informo che, Kaori Makimura, è molto più sveglia di quello che credi! E ti vorrei anche dire che mentre noi la sera appena trascorsa la cercavamo in lungo ed in largo perchè non sapevamo dove fosse, lei si era fermata a mangiare un kebab chissà con chi... - Esplose Ryo in tutto il suo fervore, era al culmine della rabbia.

Hideyuki si riprese dal colpo. Ma non era davvero la sua guancia ad essere ferita. Era il suo animo sinceramente scioccato dall'ultima notizia che Ryo gli aveva dato. Non pensava Kaori capace di una cosa simile. Ma non avrebbe dato la soddisfazione a Ryo di cedere:

- Esci dalla mia casa. Fuori! Subito! E non farti più vedere finchè non avrai riacquistato il senno. - Sentenziò l'uomo spingendo l'altro verso l'uscita e sbattendo la porta di casa.

Dopo di che Hideyuki, una volta solo, compose il numero di Kaori: voleva delle spiegazioni su quanto Ryo gli aveva detto. Davvero si trovava a casa con uno sconosciuto alle quattro di mattina?

Mentre Ryo, uscito dal radar di Hideyuki, ripensò a quello che aveva detto. Ci era andato giù pesante. Però, prima di ritornare a casa a leccarsi le ferite, sarebbe passato da uno dei suoi locali preferiti, un night club per gay e bisex gestito da una sua amica travestito, di nome Erika.

Lei aveva gli agganci giusti per indagare sottobanco su quello che poteva essere successo il pomeriggio prima in riferimento all'omicidio di quella donna.

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Capitolo 21
*** Abbraccio fraterno (Seguito Cap. 19 e 20) ***


Cap. 21 - ABBRACCIO FRATERNO (Seguito Cap. 19 e 20)

1 Aprile, ore 15:30
Kaori - Hideyuki


Il suono insistente del suo cellulare la svegliò come se fosse stata in un letargo profondo, anzi profondissimo. Si era coricata circa alle quattro di mattina dopo che Patrick Darcy aveva lasciato il suo appartamento almeno con una buona notizia: le avrebbe fatto da avvocato difensore.

Forse un angelo lassù aveva visto la sua disperazione dandole una chance. Il casino era enorme, agli occhi di tutti avrebbe potuto sembrare colpevole. Tutto quello che era successo nelle ultime ventiquattro ore era assolutamente folle. Pensò Kaori. Sembrava quasi il piano diabolico di qualcuno o una deleteria maledizione contro di lei. Che aveva fatto di male nella vita? Si era sempre comportata bene, faceva l'infermiera, aiutava il prossimo se serviva, faceva beneficienza qualche volta. Mah.

Si stroppicciò gli occhi come fanno i bambini, sicuramente non aveva bisogno di pensare ad andare a lavorare dato che suo fratello l'aveva sospesa, sia lei che Mick, in attesa che le cose si chiarissero. Sapeva di essere innocente, quindi - a parte doverlo dimostrare agli altri - ora aveva tutto il tempo libero del mondo... finchè ovviamente non si sarebbe scatenato di nuovo il dramma.

Perchè Kaori sapeva che sarebbe successo.

Il primo suono del cellulare lo ignorò. Quando guardò sul display che ore fossero, si accorse che erano le tre di pomeriggio. Ah, però. Aveva dormito parecchio.

Richiamò suo fratello che non lo sentiva dalla sera prima che Darcy arrivasse a casa sua: gli raccontò come erano andate le cose con Ryo tralasciando al momento del suo nuovo amico.

Non fece in tempo a dirgli nulla perchè Hideyuki le disse che di lì a poco sarebbe arrivato a casa sua per "parlare a quattrocchi".

Kaori rise tra sè e sè. Tutte le volte che suo fratello diceva così tirava aria di bufera.

Stavolta almeno era giustificabile. Neanche dieci minuti e suonò il campanello del suo appartamento.

Ancora pseudo spettinata ed in pigiama raccolse le ultime sane energie della giornata, quelle delle ultime ore di sonno e si apprestò - lei sapeva - a subire il primo processo. Di suo fratello.

Mister Razionalità avrebbe voluto avere delle risposte. Una specie di detective mancato. Quello per cui "due più due fa sempre quattro e non tre e mezzo".

- Buongiorno. - Esordì davanti alla porta.

- Buongiorno un cazzo. - Rispose Kaori ridendo. Per non disperarsi, ovviamente. Poi lui le porse in un sacchettino i pasticcini rimasti salvi dalla ingordigia di Umibozu.

- Sì, lo so. Ho saputo. Ma tu, cara sorellina, ti sei persa il pezzo forte del coglione di poche ore fa. -

Entrò lui con un sorriso facendosi strada. Kaori alzò un sopracciglio. "Ryo aveva combinato altri casini?" Si chiese. Quando Hideyuki parlava del "coglione" era il secondo nome che aveva dato a Ryo.

Lo fece accomodare in cucina e le chiese se voleva un caffè.

- No grazie, sono già abbastanza agitato. Ryo si è presentato a casa mia prima, c'era anche Umibozu. L'ho cacciato dopo che mi ha detto che non crede alla tua innocenza. - Disse tutto d'un fiato. - Già mi avevi raccontato della vostra litigata, ma sentirmelo dire così è stato come se mi avessero ucciso in diretta. - Disse lui affranto.

- Dillo con me. Sicuramente questa sarà l'occasione buone in cui Miss Perfezione cercherà di portarselo nel suo nascondiglio segreto. Quale momento migliore della titolare fuori gioco. - Disse Kaori mangiando un pasticcino.

- Siediti. Ora. Mi devi raccontare delle cose. - Le ordinò Hideyuki non con troppa gentilezza che fece trasalire Kaori. "Ok... via col processo!" Ma Hideyuki non la lasciò finire:

- Il coglione, un'ora fa era a casa mia. C'era anche Umi, abbiamo discusso perchè purtroppo non sta dalla tua parte. Non solo. Ti sta accusando di tramare contro Saeko e, che mentre ti stavamo cercando ieri sera, tu te la stavi spassando con un uomo. Mi ha parlato di un kebab e di un tizio alle quattro di mattina a casa tua. E' vero? -

Kaori abbassò lo sguardo.

- Sì e no, non del tutto, non me la stavo spassando. Non è come pensi. - Disse affranta.

Perchè diavolo doveva dare tutte ste spiegazioni di dove cazzo era lei e con chi, visto che lo stronzo se ne era fregato totalmente? Chissà che cosa aveva raccontato ad Hideyuki. Suo fratello stava aspettando una risposta.

Così lei gli raccontò tutto per filo e per segno, senza non prima farsi raccontare nel dettaglio del suo scontro con Ryo a casa. Finito il racconto, Hideyuki si sentì più sollevato.

- Ti sei vendicata, eh? Con Ryo intendo. - Le sorrise.

- Certo, cosa pensava che stessi a casa a piangere? Patrick mi ha proposto di farmi da avvocato difensore. Avrei piacere che lo conoscessi, mi è sembrata una brava persona. - Disse lei.

Mentre Hideyuki pensava chissà quanto questo tizio si era già "fatto prendere" da sua sorella per aver mollato il posto da accusa contro Mick per difenderla. Ma alla fine, meglio così.

- Chiamalo. Digli che avrei piacere di incontrarlo. Per parlare fra di noi a tre. So che anche Mick credo sta provvedendo per un avvocato difensore. - Le disse Hideyuki. - Umibozu mi aveva proposto una sua conoscenza, ma ho già visto che ti sei arrangiata da sola, sorellina. -

- E' stato davvero un puro caso. Meglio così. Ora lo chiamo. -

Così Kaori chiamò Darcy e lui le disse che aveva già formalizzato il suo incarico da suo difensore e ceduto il posto dell'accusa di Mick ad un suo collega. Le disse che aveva già acquisito le prove della polizia e che il medico legale aveva già depositato il proprio verbale e che avrebbero dovuto parlare della questione del reggiseno e di tante altre cose.

Dopo aver chiuso con lui, disse ad Hideyki:

- Fra un paio d'ore al massimo Patrick viene qui. Resta qui intanto. Avrò bisogno di te. -

E Hideyuki la strinse in un abbraccio fraterno.

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Capitolo 22
*** Togliersi ogni singolo dubbio (Seguito Cap. 20) ***


Cap. 22 - TOGLIERSI OGNI SINGOLO DUBBIO (Seguito Cap. 20)

1 Aprile, ore 15:30
Ryo - Erika


Dopo circa un'ora Ryo uscì da casa di Hideyuki più infuriato di prima perchè non riusciva a tenere a freno la lingua, non riusciva nemmeno a tenere a freno le mani ed ancora meno la sua confusione più totale. Quella inadeguatezza che non aveva mai provato prima nel non sapere risolvere quella situazione, il senso di colpa che lo attanagliava quasi come se fosse una morsa, lo facevano sentire come in un tunnel senza fine.

Se in spiaggia con Saeko aveva avuto la minima sensazione di avere un po' di conforto, a casa di Hideyuki si era nuovamente scatenato il dramma. Si disse. Aveva ragione Saeko quando diceva che se ne doveva stare zitto e buono a casa, più andava in giro e più commetteva del danno.

In quei casi, si disse, c'era un solo posto che lo facesse sentire al sicuro: il locale della sua amica trans Erika. Che poi, avrebbe potuto anche prendere l'occasione per chiedere un po' in giro se qualcuno conoscesse qualche dettaglio di quella assurda storia.

Prima fra tutti: quel dannato reggiseno di Kaori, come aveva fatto ad essere sulla scena del crimine?

Quando l'aveva incontrata con Mick al ristorante nemmeno lo portava.

Poi all'improvviso gli vennero in mente le parole di quel Umibozu:

"Questa storia è veramente la più assurda che io abbia mai sentito ma sono sicuro che sia Kaori che Mick sono puliti e che sicuramente è una macchinazione di qualcuno per metterli nei guai."

Effettivamente, pensò Ryo, perchè aveva scartato a prescindere questa ipotesi? I fatti avvenuti erano veramente troppo macchinosi e poco sensati. Perchè diavolo l'aveva escluso?! Eppure una parte del suo cervello razionale gli suggeriva tutt'altro.

Quindi l'unica soluzione era procedere per due strade: sicuramente la polizia avrebbe affrontato la questione come se "Mick e Kaori fossero colpevoli" mentre lui, ora che era libero dal servizio, anche se possedeva ancora la sua Python personale, avrebbe potuto indagare sul fronte "Mick e Kaori innocenti, macchinazione di qualcuno".

Tutto ciò era veramente, ma stra-veramente assurdo. Continuava a ripetersi. Però valeva la pena di andare fino in fondo a quella questione. Avrebbe fatto credere a tutti che era contro Kaori, perchè forse era l'ipotesi più plausibile da prendere, il suo lavoro era tutto ed una parte di lui credeva veramente a quello che aveva detto in casa di Hideyuki. Però quel 5% che mancava, l'ipotesi più improbabile in cui riteneva Mick e Kaori completamente estranei alla cosa, avrebbe dovuto vagliarla.

E non per Kaori e nè per Hideyuki ma per se stesso: per dare pace alla sua anima, per togliere ogni singolo dubbio del fatto che non avrebbe potuto credere di essere stato dieci anni con una donna senza conoscerla davvero. Che lei l'avrebbe potuto tradire. Che lei era coinvolta in questo omicidio.

Questo no, non avrebbe potuto vivere col dubbio.

Entrò quindi nel locale di Erika, era poco affollato a quell'ora.

Quando la donna lo vide trascinarsi al bancone con quella faccia dilaniata, senza dire nulla, gli allungò una birra chiara, lui le fece un mezzo sorriso.

- Ho saputo cosa è successo. - Gli disse avvicinandosi vicino al suo volto. - Mi dispiace tantissimo. - Aggiunse con una mano sul suo braccio. Lui alzò lo sguardo guardandola dritta negli occhi e poi si scombinò i capelli neri corvini.

- Dovevo immaginarmelo che a Shinjuku non sfugge nulla. - Sorrisero insieme.

- Tu sai. Se possiamo fare qualcosa, io ed i ragazzi del quartiere... quando vuoi. -

- Proprio questo infatti. Ti do un nome, Michael Angel, il collega di Kaori. Scoprimi tutto quello che sai su di lui. Vita morte miracoli, che taglia di calzini porta, a che ora va a letto la sera. Devo capire. -

Ritornò serio Ryo. Erika continuò:

- Non hanno una relazione. E' impossibile. - Aggiunse il trans come per rassicurarlo. Ryo in quel momento lo guardò spaesato:

- Non mi riferivo a quello, sai. - Ma lei ribattè:

- Tu ti riferisci sempre a tutto. Dammi il nome anche della ragazza uccisa, vedremo quello che Shinjuku riesce a fare per il nostro Ryo. - E gli fece l'occhiolino. - Domani torna qui a quest'ora. -

Lui finì la sua birra e poi uscì dal locale.

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Capitolo 23
*** Shinjuku non ci abbandona (Seguito Cap. 21 e 22) ***


Cap. 23 - SHINJUKU NON CI ABBANDONA (Seguito Cap. 21 e 22)

1 Aprile, ore 15:45
Ryo - Kaori - Hideyuki


Nel frattempo gli sembrò giusto, nonostante Saeko avesse detto il contrario, chiamare Kaori per scusarsi.

Così fece il suo numero. Kaori aveva appena chiuso il telefono con Darcy e Hideyuki era al suo fianco.

Quando vide il nome di Ryo sul display del cellulare, le montò una rabbia assurda. Stettero lei e suo fratello a fissare quel monitor che squillava ma poi Kaori chiuse la chiamata senza rispondere.

Dopo pochi istanti però ricevette un messaggio da lui:

"Ti capisco. Hai tutte le ragioni. Perdonami. Non posso parlare o chiamarti o venire da te. Devo starne fuori ma tu sai che non ne starò fuori davvero. Shinjuku non ci abbandona. A presto."

Kaori guardò suo fratello. Una valanga di emozioni la pervasero. Lui si stava scusando. Lui non la stava abbandonando. Ma non poteva fare altro. Capì che lui non si sarebbe rassegnato. Hideyuki la guardò con tenerezza mentre si lanciava fra le sue braccia in un pianto disperato. E gli uscì un:

- Il coglione ha riacquistato il senno. Non ti preoccupare, Kaori. Sono sicura che non può fare altrimenti ma vedrai che i suoi amici del quartiere indagheranno. Ne usciremo puliti. - Le disse mentre accarezzava i suoi capelli rossi con tenerezza.

- Ne sono sicura. - E non smise si continuare ad abbracciarlo.

Nel frattempo sarebbero andati avanti con l'iter giudiziario. In attesa che Darcy più tardi si recasse da loro per parlare del caso come aveva detto.

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Capitolo 24
*** Come se non ci fosse un domani (Seguito Cap. 5) ***


Cap. 24 - COME SE NON CI FOSSE UN DOMANI (Seguito Cap. 5)

1 Aprile, ore 15:45
Mick - Rose Mary


Era circa le tre e tre quarti del pomeriggio del giorno dopo che gli aveva cambiato la vita per sempre.

Mick ancora rintanato nel letto matrimoniale del suo appartamento che fissava il soffitto con quella espressione di "come se non ci fosse un domani". Non sapeva se disperarsi, se ridere o se piangere. Se lamentarsi sempre perchè la sua routine era piatta e tutti i giorni erano uguali, e non capiva cosa l'aveva portato a quella situazione.

Sinceramente, forse, era meglio stare nel buio più assoluto.

Ripercorse mentalmente tutti gli eventi del giorno prima e si maledisse in un certo senso quando ripensò al fatto che, aver detto la settimana prima a Mizuki che per lui le cose erano cambiate e non provava più gli stessi sentimenti di un tempo, e per questo si erano un po' allontanati, forse l'aveva portata a quel destino infausto. Non sapeva cosa pensare, se sentirsi in colpa poichè aveva finalmente capito che se hai nel cuore una tua collega o ami profondamente qualcuno anche se non sei ricambiato, non puoi continuare a fingere di stare in una relazione che ti è stretta. Oppure si chiedeva se avesse dovuto fare finta di niente, alla sua età quasi sulla soglia dei quaranta, a continuare con la sua storia normale piatta e fondamentalmente non sgradevole con un lieto fine di convivenza o di matrimonio abbastanza scontato.

Ma le cose erano andate diversamente e quello che gli aveva fatto capire che non avrebbe potuto continuare con lei, era quando lei all'inizio del mese di marzo aveva cominciato a fare discorsi sui figli e sognare sul fatto di come sarebbe stata la loro famiglia. Lui sapeva di non essere pronto per questo ed un po' glielo aveva fatto capire, lei non si era arrabbiata ma era rimasta molto delusa.

Lei si aspettava da lui entusiasmo per una possibile idea di famiglia invece Mick dopo averci pensato a lungo, questo lieto fine non lo vedeva affatto e tutto ciò che vedevano i suoi occhi erano o meglio, sentivano, gli ormoni ribollire alla vista di Kaori.

Ecco, con lei avrebbe fatto qualsiasi cosa. Figli, famiglia, viaggi, esperienze strane. Peccato che lei fosse fidanzata con una persona che diceva sempre di amare anche se c'era poco per via del suo lavoro. La collega di lui sembrava avergli messo addosso gli artigli come a volte le era sfuggito dire a Kaori e se prima non l'aveva vista, la famosa "maledetta Saeko", dopo quella sera era inevitabile pensare che poi la sua collega non avesse così tutti i torti.

L'aveva vista con i suoi occhi quella donna fisicamente pazzesca che quella sera si era atteggiata come fidanzata del famoso Saeba ed era normale pensare che Kaori fosse gelosa. Lui le avrebbe dato il mondo, se solo lei gli avesse fatto un cenno del capo, invece...

Sentì bussare alla sua porta.

- Ti ho portato qualcosa di caldo. - Gli disse sua sorella Rose Mary che era giunta in suo soccorso, e poi aggiunse:

- Ho una cosa importante da dirti e su questo sarò ferrea. - Continuò lei con sguardo fermo e deciso tanto che Mick mai l'aveva vista così:

- Cosa vuoi dire, scusa? Mi spaventi. - Sussurrò quasi lui. E lei continuò:

- Quel poliziotto, quel maledetto animale, avrà quello che si merita per averti ridotto così. - Sentenziò lei.

- Guarda, senti lascia stare, se ti spiego meglio, capirai... - Cercò lui di calmarla, ma lei gli appoggiò la tazza di the sul comodino e disse:

- Ho intenzione di sporgere denuncia per abuso di potere contro Ryo Saeba. Fra poco verrà qui una poliziotta per raccogliere la mia deposizione. - Concluse la donna bionda.

Mick la guardò senza parole, forse il suo respiro si era fermato. Kaori non glielo avrebbe mai perdonato.


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