l'ultima cena

di ivomarianini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ludovica ***
Capitolo 2: *** Un ospite indigesto ***
Capitolo 3: *** I nodi vengono al pettine ***
Capitolo 4: *** Una tragica mattinata ***
Capitolo 5: *** Confronto in un interno ***
Capitolo 6: *** Una rivelazione imprevista ***
Capitolo 7: *** Tregua di sangue ***
Capitolo 8: *** Accerchiato ***
Capitolo 9: *** Vittima di se stesso ***
Capitolo 10: *** All'ultimo istante ***



Capitolo 1
*** ludovica ***


“Non vi sentite bene mamma? Volete un bicchiere d’acqua?”
L’anziana donna aggrottò le sopracciglia, indispettita da quella domanda. Non le era mai garbato che la nuora la chiamasse in quel modo, non era sua madre in fin dei conti!
“Solo un capogiro, non preoccuparti” rispose acida. “Piuttosto, hai provveduto a tutto per stasera? Sai quanto mio figlio tenga a questa cena”

La giovane donna sorrise.
“Certamente mamma, la servitù è stata istruita a dovere, andrà tutto a meraviglia”
Ludovica Sansovini sospirò. Settantacinque anni portati magnificamente, conservava ancora intatto il fascino di quando, in gioventù, si diceva facesse strage di cuori nei salotti bene della città. I candidi capelli raccolti in una crocchia, così come gli occhiali ormai indispensabili, non avevano affatto sminuito tale fascino. Attrice teatrale di grande talento, aveva saputo fondere le proprie capacità artistiche con una sorta di alone misterioso che ancora la circondava. Considerata una libertina dalla maggior parte delle persone,  il suo matrimonio con il conte Tarcisio Pontevichi Corzani aveva destato grande scalpore. 
Proprietario terriero tra i più facoltosi dell’epoca, era stato anche il suo più accanito sostenitore. Ovunque la sua professione la portasse, lui era sempre presente, rigorosamente in prima fila. La sua, fu una corte serrata e mai doma, sorda ad ogni diceria di popolo. La ricopriva di regali costosi e omaggi floreali, consapevole di quanto lei amasse i fiori. Parecchio infastidita da quell’assedio incessante aveva, col tempo, imparato ad apprezzare tutte quelle attenzioni. 
Sino a quando, al termine di una tournée trionfale a Parigi, non le aveva chiesto espressamente di sposarlo. Pur non amandolo, Ludovica aveva accettato. Gli voleva bene e lo stimava, su questo non aveva dubbi. Forse, col tempo, avrebbe potuto imparare, chissà. Ma le dicerie non cessarono anzi, si intensificarono. Persino Tarcisio, un uomo buono e ben voluto da tutti, ne fu contagiato soffrendone parecchio. Tuttavia, accettò le voci sui presunti tradimenti della moglie con umiltà, troppo angosciato dalla paura di perderla. La nascita di Duccio, un paio d’anni dopo le nozze, parve riportare una parvenza di tranquillità in famiglia anche se, i più maligni, ironizzarono a lungo sulla paternità del primogenito.

Ginevra guardò con affetto e un pizzico d’invidia la suocera. Pur essendo essa stessa una bella donna, aveva sempre pensato che non sarebbe mai stata in grado d’eguagliarne lo charme e il carisma. Persino nel giorno del proprio matrimonio con Duccio, celebrato un quarto di secolo prima nella cappella privata della tenuta, la splendida cinquantenne Ludovica era riuscita ad catturare l’attenzione degli invitati, arrivando ad oscurare la sposa stessa. Negli anni però, Ginevra aveva avuto modo di apprezzarla ed amarla. Aveva capito che, dietro quella scorza apparentemente dura, si celava un animo gentile e altruista. Un cambiamento sostanziale accentuatosi quando il conte, esperto cavallerizzo, era tragicamente mancato per un’accidentale quanto banale caduta. Da allora, le voci su presunti amanti andarono lentamente scemando. Ludovica infatti, si rinchiuse nella tenuta occupandosi esclusivamente dell’educazione di Duccio.

Ginevra si alzò.
“Vado a dare le ultime istruzioni mamma. Se avete bisogno chiamate Elena, sta sistemando alcune cose nella stanza accanto” Come fosse stata evocata, la governante entrò proprio in quel momento.
“Chiedo scusa signora, ma avrei bisogno di parlarvi” disse senza tanti preamboli. Ludovica strinse i braccioli sino a farsi sbiancare le nocche.
“Non perderai mai il vizio di entrare senza bussare vero?” esclamò petulante. Elena guardò Ginevra alzando gli occhi al cielo. Poco meno di un metro e cinquanta, ciò che madre natura le aveva negato in altezza, aveva ben pensato di compensare in larghezza. La divisa le tirava in più parti, portandola in continuazione a sistemarsi gonna e camicetta. Al loro servizio da moltissimo tempo, era considerata come una di famiglia, e come tale si comportava.
“Giornata storta oggi a quanto pare” rispose altrettanto sgarbatamente “Potrebbe lasciarci soli signorina Ginevra?”
La donna sorrise, per nulla irritata da quel nomignolo che la governante si ostinava ad usare nei suoi confronti. Per lei restava sempre e comunque la signorina Ginevra, nonostante il matrimonio e la nascita di due gemelli ormai adulti.
“Stavo giusto andandomene Elena, appena hai terminato con la signora raggiungimi in cucina, dobbiamo verificare gli ultimi dettagli”
Non appena rimasero sole, la governante si avvicinò rapidamente alla poltrona.
“Augusto mi preoccupa Ludovica” solo lei, di tutta la servitù, poteva permettersi di chiamarla per nome.
“Da qualche giorno il nostro maggiordomo è strano. Sembra che abbia sempre la testa tra le nuvole, non è da lui”
Ludovica si alzò. La vecchiaia non aveva per nulla intaccato il suo portamento, elegante ed impostato come fosse perennemente in scena.
“Che diavolo stai dicendo Elena. Spiegati meglio”

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Capitolo 2
*** Un ospite indigesto ***


Duccio Pontevichi-Corzani si aggirò nello studio come un’anima in pena. Guardando per l’ennesima volta l’orologio, si chiese se stesse davvero facendo la cosa giusta. In quel momento, un discreto bussare lo fece voltare di scatto, i nervi tesi sino allo spasimo. Chiedo scusa signor conte. E’ appena arrivato il signor Fortis, l’ho fatto accomodare in salone” Ritto sulla soglia, Augusto attese paziente la risposta del nobile. Coetaneo di Ludovica, il maggiordomo si trovava al servizio della famiglia da tempo immemorabile. Alto e segaligno, il trascorrere degli anni l’aveva leggermente incurvato, non impedendogli però di mantenere un portamento dignitoso. Grazie Augusto. Avvisa il nostro ospite che sarò da lui tra una decina di minuti” Silenzioso, così com’era arrivato, il maggiordomo richiuse la porta lasciandolo solo. Tornando dietro la scrivania, Duccio ripensò alla discussione avuta la sera prima con la moglie e la madre. Pur non essendo del tutto convinta, Ginevra l’aveva sostenuto e incoraggiato. Non così poteva dirsi per Ludovica. Tenuta volutamente all’oscuro dal figlio, era letteralmente inorridita una volta venuta a conoscenza delle reali condizioni della tenuta. Tuo padre si rivolterà nella tomba!” aveva inveito tremante di collera. Tutto il suo lavoro, tutta la fatica. Non riesco a credere che tu voglia svendere la nostra casa a un…un…” non era riuscita a terminare. I singhiozzi l’avevano scossa sino alle viscere, tanto da costringere Ginevra a farla stendere.

Roso dal rimorso, Duccio era rimasto sveglio tutta la notte. Come poteva spiegarle che la tenuta stava morendo? Oppresso dai debiti, aveva cercato in tutti i modi di salvare il salvabile, una sfida ìmpari. Da qualche tempo, l’industria toglieva sistematicamente uomini e risorse all’agricoltura, sino a quel momento vera e unica fonte di sostentamento. Contadini e lavoranti, attratti dalle città in espansione e dai facili guadagni, si licenziavano a ritmo ormai frenetico. L’unica soluzione possibile, seppur dolorosa, era quella di vendere. Sempre ammesso di trovare qualcuno disposto a comprare. E Duccio l’aveva trovato. Giacomo Fortis aveva trent’anni, ed era un imprenditore molto noto nella zona. Intelligente e scaltro, aveva fatto del rame la propria ragione di vita. La sua azienda appariva florida e in continua espansione, gli introiti sempre più cospicui. E stava facendo una corte serrata a Sofia, la figlia di Duccio. Una prospettiva sgradevole. La possibilità che quell’individuo sarebbe potuto diventare suo genero lo angustiava non poco. Ma senza il suo aiuto, quale futuro attendeva la famiglia? Accompagnato da quei pensieri nefasti, si alzò per andare incontro al proprio destino.

Non riesco proprio a capire cosa ti attragga in quel pinguino vestito a festa" Rosso in viso, Anacleto fissò risoluto la sorella. Non fosse stato per il sesso, sarebbe stato impossibile distinguerli. Gemelli, dalla nonna materna avevano ereditato i lineamenti fini ed i capelli biondo rossiccio. Come non avesse udito, Sofia continuò a spazzolarseli davanti allo specchio. Inoltre è un arrivista senza scrupoli, non t’importa nulla il fatto che ci stia comprando per pochi luridi denari?” A quelle parole, la giovane sbatté con violenza la spazzola sul ripiano. E tu chi sei per dire questo. Siete solo invidiosi del suo successo e del suo fascino. E non ci compra per pochi denari!” Anacleto allargò le braccia sconsolato. Vederla così presa da quell’opportunista lo mandava in bestia Va bene, avremo modo di parlarne ancora. Ma adesso sbrighiamoci, la cena sarà quasi pronta”

Dopo aver avvisato Fortis dell’imminente arrivo del conte, Augusto si recò in cucina. Pierre, il cuoco, non s’accorse della sua presenza sinché non gli fu alle spalle. Dov’è Elena?” disse facendolo sussultare. Maledizione Augusto, ti sembra il modo? Per poco non mi facevi rovesciare tutto!” Il maggiordomo stirò le labbra in un timido sorriso. Hai ragione, scusami Pierre. Ma questa situazione ci rende tutti nervosi. A che punto sei?” Il cuoco depose la padella e lo guardò fisso negli occhi. Parla per te Augusto. Qua l’unico nervoso sembri tu, e stai facendo agitare anche gli altri, si può sapere cosa ti prende?” Il maggiordomo restò a lungo in silenzio, indeciso se parlare o meno. Voi non capite. Tu, Elena, la contessina Sofia e il conte stesso” disse infine. Solamente Ludovica sembra aver ben compreso le intenzioni di quell’uomo. Ovvero sfasciare la famiglia!” Pierre rimase stupito da quello sfogo inaspettato. Ma di cosa ti preoccupi. Lo stesso conte ha assicurato che per noi non ci saranno problemi. Fortis non licenzierà nessuno, continueremo a lavorare capisci?” Augusto scosse il capo. Tu, e tutti gli altri, non immaginate di cosa possa essere capace quell’uomo. Ho anche tentato di avvertire il conte, ma sembra che nessuno voglia ascoltarmi”

Improvvisamente, la porta si aprì. Ginevra, la mano sulla maniglia, li squadrò entrambi ” E di cosa sarebbe capace Augusto?” 

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Capitolo 3
*** I nodi vengono al pettine ***


Seduto a capotavola, Duccio osservò attentamente i commensali. Ginevra, alla sua destra, sembrava combattere una lotta persa in partenza col tovagliolo. La discussione con Augusto l’aveva messa di cattivo umore. Il vecchio maggiordomo infatti, non aveva voluto dar seguito alle parole pronunciate in cucina, lasciandola dubbiosa e ancor più perplessa. Al suo fianco, pallida da far paura, Ludovica teneva lo sguardo fisso sul piatto. Dall’altro lato del tavolo, Fortis conversava a bassa voce con Sofia mentre Anacleto, scuro in volto, si accaniva tenacemente contro un pezzo di pane. Oltre a Fortis, era presente un altro invitato, il dottor Achilli. E proprio il medico, amico del conte da tempo immemore, sembrava essere l’unico immune dalla palpabile tensione che aleggiava nell’aria. Leggermente scostati, Augusto ed Elena attendevano solamente un cenno di Duccio. L’espressione del maggiordomo appariva del tutto neutra. Al contrario, la donna, mostrava chiari segni di nervosismo.

Se tutto è pronto Elena, potete servire” disse finalmente il conte. Celermente, la governante sparì dietro la porta che portava direttamente in cucina. In contemporanea, Augusto si avvicinò al tavolo col carrello dei vini. Se posso consigliare, proporrei…” disse prendendo una bottiglia. Mi scuserete signor conte. L’aperitivo era squisito, ma in fatto di vini credo d’intendermene non poco” Fortis, scusandosi con Sofia, si portò rapidamente a fianco del carrello. Mi stupisco di voi Augusto, questo vino è decisamente inadatto alle pietanze che stanno per arrivare. La signorina Sofia mi stava appunto informando in questo senso” Avvampando, il maggiordomo cercò lo sguardo di Duccio che, immobile, rimase in silenzio. Non importa signore, fate pure se volete. In cucina avranno sicuramente bisogno di me” Non appena Augusto ebbe lasciato la stanza, Ludovica si alzò barcollando. Ma come vi permettete!” sibilò all’indirizzo di Fortis. Non è ancora casa vostra, ma vi comportate come se foste già il padrone! Siete un essere viscido e nauseante, mi fate ribrezzo!” Alzandosi a sua volta, Duccio le si portò accanto.  Mamma vi prego. Il signor Fortis si è solo offerto di scegliere il vino” La donna lo fulminò con lo sguardo, ignorandolo. Accompagnami nella mia stanza Ginevra, mi è passato l’appetito” disse invece rivolgendosi alla nuora. Tra il silenzio generale, lasciarono il salone. Silenzio che venne infranto dalla voce contrariata di Fortis.

Mi dispiace signor conte, non intendevo certo provocare una cosa simile” Decisamente imbarazzato, Duccio scosse il capo. Vi chiedo scusa signor Fortis, mia madre è anziana e non ha ancora ben compreso la situazione” Sorridendo, il giovane imprenditore tornò al proprio posto. Non vi preoccupate signor conte, vi capisco. Vostra figlia mi aveva accennato qualcosa a tal proposito” Sofia sorrise a denti stretti, cercando di evitare lo sguardo del padre. Credo sia meglio che vada a dare un’occhiata alla signora” Il dottor Achilli, pulendosi le labbra col tovagliolo, si alzò dal tavolo “Vi chiedo scusa” In quel momento la porta della cucina si aprì. Elena, seguita da Augusto, introdusse un carrello colmo di vivande. Ne ho abbastanza anch’io di questa farsa…scusatemi” Lasciando tutti a bocca aperta, Anacleto scostò la sedia con violenza. Sei una stupida Sofia, ti pentirai amaramente di tutto questo” disse passando accanto alla sorella. La giovane lo fissò esterefatta, incapace di replicare. Impietrito, Duccio osservò il figlio lasciare la sala. Augusto ed Elena, immobili, si voltarono verso di lui rimanendo in attesa. A questo punto…” intervenne Fortis “Penso sia inutile proseguire signor conte. Sinceramente è passato l’appetito pure a me. Avremo modo di riparlarne” disse abbastanza seccato. Duccio si alzò appoggiando le braccia sul tavolo. Vi ho invitato per un motivo ben preciso signor Fortis. Vi chiedo scusa per ciò che è accaduto, ma vi prego di restare. La villa ha diverse stanze a disposizione degli ospiti. Domani, dopo una buona dormita, sono certo che potremo riparlarne con calma” Fortis annuì. Come volete signor conte. Ma se entro domani non concludiamo, sarò costretto a guardarmi altrove”

In cucina, Augusto si sedette al tavolo, lo sguardo perso nel vuoto. Quell’uomo è un vero bifolco…” disse Elena liberando il carrello. Non riesco a credere che il conte possa assecondarlo in maniera tanto evidente!” Pierre, il cuoco, guardò sconsolato le proprie prelibatezze nemmeno toccate. Se inizia così, non è una bella cosa” disse prendendo una pentola. Ho tentato ancora di prendere in disparte il conte” disse improvvisamente Augusto. Ma è stato tutto inutile. Ormai è convinto di ciò che sta facendo” In quel momento la porta si aprì nuovamente. Ginevra, chiaramente adirata, la richiuse con forza. Portandosi direttamente di fronte al maggiordomo, lo affrontò decisa Adesso voi mi direte ciò che sapete sul conto di quell’uomo. E ricordate che non tollero le menzogne!”

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Capitolo 4
*** Una tragica mattinata ***


Era ormai mezzanotte passata quando Ginevra, furiosa oltre ogni limite, tornò nel salone. Ad attenderla, quasi avesse avuto sentore di qualcosa, solamente il marito. La serata aveva lasciato segni evidenti sul volto del conte. Pallido e tirato, attese in silenzio che la moglie lo raggiungesse. Ti ho incoraggiato, sostenuto e difeso quando tua madre cercava di ostacolarti in questa pazzia. Pur essendo all’oscuro di chi fosse veramente Fortis, ti ha sempre pregato di lasciar perdere. Probabilmente un sesto senso le diceva quanto imprudente eri e sei tuttora” disse in tono freddo e apparentemente mite. La calma prima della tempesta. Hai parlato con Augusto vero?” rispose altrettanto pacato. E comunque Fortis resta sempre la nostra ultima speranza. Sembra essersi davvero innamorato della tenuta”

A quel punto Ginevra esplose. Voi uomini ragionate solo ed esclusivamente attraverso il denaro, oltre non riuscite proprio a vedere vero?” sbottò astiosa. Quell’individuo, oltre ad averti offerto una miseria, mira a una cosa sola, non l’hai ancora capito?” Ginevra, ti prego io…” La donna lo zittì con un gesto. Sofia sembra adorarlo. Ho cercato di parlarle ma la conosci bene, quando si mette in testa una cosa non ci sono ragioni che tengano! E quell’uomo la vuole Duccio, sono terrorizzata” Nel sentir nominare la figlia, il conte strinse i braccioli sino a farsi sbiancare le nocche. Mio Dio Ginevra! Mi stai forse accusando di voler gettare nostra figlia tra le braccia di Fortis esclusivamente per mero interesse?” disse alzando la voce. Non dire sciocchezze! Ma avresti dovuto ascoltare Augusto quando voleva metterti in guardia da lui maledizione!” Duccio la fissò a bocca aperta. Non l’aveva mai vista così adirata e indignata. Non ho mai voluto ascoltarlo perché sapevo già ciò che voleva dirmi. Pensi forse che non mi sia informato prima? Fortis vive molto lontano da noi, pochi sono a conoscenza dei fatti che lo videro coinvolto più di cinque anni fa. Non riesco a capire come possa, Augusto, sapere tutte queste cose” Ginevra lo guardò dubbiosa.

Perché ha un lontano parente che vive nella stessa città di Fortis. E guarda caso si tratta del padre della giovane di cui s’era invaghito, e che è stata trovata orrendamente mutilata. Le voci dicono che abbia osato rifiutare le sue avance, il resto dovresti saperlo” Duccio la fissò a lungo. Era completamente all’oscuro dell’esistenza di questo parente, tanto meno che fosse il padre di quella sventurataE nonostante questo sei ancora deciso a trattare con lui? Non riesco a crederci!” proseguì Ginevra incalzandolo. Il conte si alzò iniziando a passeggiare per il salone, le mani allacciate dietro la schiena. Fortis è stato ampiamente assolto da quell’accusa infamante. Ad ogni modo parlerò con nostra figlia se proprio ci tieni. Ma, se è veramente innamorata di lui, non vedo cosa possiamo farci, ne tu ne io. Per ciò che riguarda la tenuta non cambio assolutamente idea. Fortis è l’unico che si è fatto avanti, e tra poco i creditori mi saranno addosso come belve assetate di sangue. Mi dispiace Ginevra. E adesso sarebbe meglio andare a dormire, è stata una giornata veramente faticosa” Cercando di reprimere la rabbia, la donna si alzò a sua volta. Bene, ma dovrai farlo senza di me Duccio. E temo che non sarà solo per questa notte”

Il mattino seguente, di buon ora, Elena salì le scale che portavano al piano superiore. Il conte le aveva lasciato istruzioni ben precise circa l’ora in cui chiamarlo. La casa era silenziosa. In lontananza, si udiva solamente il tintinnio delle posate in cucina, anche Pierre era già al lavoro. Percorso il lungo corridoio che portava alla stanza padronale, la governante bussò discretamente alla porta. Dopo aver atteso qualche istante provò ancora, questa volta con più energia. Nessuna risposta dall’altra parte, strano. Il conte aveva sempre avuto il sonno leggero, più volte le era capitato di trovarlo già in piedi e vestito di tutto punto. Un campanello d’allarme le risuonò nella mente. La sera precedente l’aveva visto provato e teso sino allo spasimo, che si fosse sentito male? Senza indugiare oltre, spinse la maniglia ed entrò. Per fortuna, a differenza di altri componenti della famiglia, non aveva la pessima abitudine di chiudere a chiave. La stanza era in penombra. La prima, timida luce del mattino stava filtrando attraverso le persiane semi aperte. Avvicinandosi al letto matrimoniale, notò con stupore che era occupato da una sola persona. Sempre più preoccupata, si portò verso la finestra principale spalancandola, quindi si voltò.

Ciò che vide, le sarebbe rimasto impresso a lungo nella memoria. Coperto sino alla vita dal lenzuolo, il conte giaceva in un lago di sangue. La ferita alla gola, orrenda e del tutto simile ad una seconda ghignante bocca, gli attraversava il viso da un orecchio all’altro. Gli occhi, spalancati e vitrei, sembravano fissare un punto imprecisato sulla parete. Elena urlò con tutto il fiato che aveva in gola, quindi svenne.

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Capitolo 5
*** Confronto in un interno ***


Erano trascorse circa tre ore da quando, dopo i consueti rilievi, il cadavere del conte era stato trasferito all’obitorio. Al centro del salone, il commissario Adinolfi ripose l’orologio da taschino all’interno del panciotto. Accigliato e per nulla convinto di ciò che aveva appena sentito, il corpulento poliziotto si rivolse ai presenti. Pur comprendendo quanto possiate essere addolorati per questa tragedia, vi sono tuttavia alcuni particolari che vorrei chiarire singolarmente con ciascuno di voi. E per questo motivo tornerò nel pomeriggio inoltrato signori. Per il momento, nessuno di voi è trattenuto naturalmente, ma vi sarei grato se non lasciaste la villa sino al mio ritorno”

Non appena il commissario se ne fu andato, nel salone il silenzio perdurò ancora per alcuni lunghissimi minuti. Sul divano, il viso rigato di lacrime, Sofia strinse a se la madre. Lo sguardo perso nel vuoto, Ginevra non aveva smesso un istante di torturarsi le dita delle mani, sfilandosi in continuazione l’anello nuziale. Sprofondato in poltrona, lo sguardo truce, Anacleto stava fissando Fortis, immobile dall’altra parte della sala. L’imprenditore appariva stanco e stressato, le borse sotto gli occhi parlavano da sole. Accanto alla porta della cucina, più curvo del solito, Augusto sembrava combattere una personale battaglia interiore. Pierre, al suo fianco, appariva terrorizzato. L’altro divano era occupato da Ludovica ed Elena. La governante, sempre premurosa, aveva cercato a più riprese di consolare l’anziana donna. Ma quest’ultima, le ginocchia unite in una posa rigida e dignitosa, si era sempre scostata allontanandola infastidita. Non si dovrebbe mai sopravvivere a un figlio” disse alzandosi di colpo. Sul suo volto, pur segnato dall’enormità e dalla gravità del momento, nemmeno una lacrima. Solo fredda determinazione. Nessuno, nella sala, osò fiatare. La donna che solo la sera prima aveva abbandonato la tavola fremente di rabbia, era solo un pallido ricordo. Non avrò pace sino a che il responsabile di questo orrendo delitto non verrà smascherato. Ma vi sono cose altrettanto urgenti da sistemare, e non intendo attendere oltre”

Vi chiedo scusa nonna” intervenne Anacleto. Non credo sia il momento opportuno per parlare di affari, se così vogliamo chiamarli. Mio padre è stato barbaramente assassinato e…” A quelle parole, i singhiozzi di Sofia aumentarono d’intensità e lo stesso Anacleto, pur con una certa fatica, cercò di proseguire. E a detta del commissario, il colpevole potrebbe trovarsi ancora tra di noi” voltandosi senza indugio in direzione di Fortis. L’imprenditore, sino a quel momento silenzioso, si fece avanti con veemenza. Questa è un’accusa che non intendo tollerare ragazzo! Se non me ne vado da questa casa, è unicamente per il rispetto che porto verso la memoria di vostro padre, non certo perché mi è stato ordinato da quel poliziotto. Non ho nulla da nascondere, se è questo che intendete con le vostre velate insinuazioni. Perché avrei dovuto fare una cosa simile? Datemi un solo motivo, uno soltanto” esclamò furibondo.

Basta!” Ludovica, lo sguardo scolpito nella pietra, riportò l’attenzione su di se. Non riesco ancora a concepire che qualcuno, dei presenti, possa essersi reso responsabile di una cosa simile. Ma intendo rispettare la volontà del commissario. Nessuno lascerà questa casa sino al suo ritorno” disse osservandoli uno ad uno.

Per ciò che riguarda la tenuta signor Fortis, vi posso già anticipare che non se ne farà nulla. Qualsiasi cosa abbiate concordato con mio figlio, ritenetela annullata” Colto di sorpresa da quella dichiarazione, l’industriale cercò con lo sguardo Sofia. La ragazza, ancora abbracciata alla madre non se ne accorse anzi, fu la stessa Ginevra a intervenire. Mamma, siamo tutti sconvolti e vi comprendo. Ma vediamo di non prendere decisioni affrettate, avremo tutto il tempo per discuterne” Voltandosi di scatto verso la nuora, Ludovica l’incenerì con lo sguardo.Non ammetto ulteriori discussioni Ginevra. So con certezza che, in caso di morte prematura, Duccio ha lasciato scritto che solo io posso disporre della tenuta, nessun altro. Ti prego dunque di non insistere, la mia decisione l’ho già presa e non intendo cambiarla”

Erano quasi le cinque del pomeriggio quando il commissario ritornò alla villa. Precedendolo verso il salone, Elena non poté fare a meno di stare zitta. In questa casa vivono persone del tutto rispettabili signor commissario. Non è tra di loro che troverete l’assassino” Adinolfi non rispose subito ma, poco prima che la governante abbassasse la maniglia della porta, le poggiò una mano sul braccio. Fossi in voi non ne sarei così certa” rispose sibillino. Abbiamo controllato entrambi gli ingressi, sia il principale che quello sul retro, solitamente ben sprangati, come voi stessa avete confermato. Ebbene, non abbiamo notato alcun segno d’effrazione. Mi dispiace deludervi, ma l’assassino del signor conte è ancora dentro questa casa. E intendo smascherarlo al più presto”

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Capitolo 6
*** Una rivelazione imprevista ***


Quello che mi avete appena detto è molto grave. Si tratta di accuse pesanti e che necessiterebbero di prove inconfutabili. Voi sareste in grado di produrle?”

Augusto scosse mestamente il capo.

Purtroppo no. Significherebbe solamente la mia parola contro la sua, e ciò è tutto dire. L’unica persona che potrebbe confermarlo, la stessa che mi ha rivelato queste cose, è misteriosamente sparita nel nulla. Strana coincidenza vero?”

Il commissario Adinolfi si grattò il mento pensieroso. Quando il maggiordomo, tra lo stupore generale, si era offerto di potergli parlare per primo, non aveva avuto esitazioni. Che il vecchio servitore sapesse molto più di ciò che aveva rivelato durante il primo informale interrogatorio, gli era apparso lampante sin da subito.

Vi ringrazio per queste informazioni Augusto. Per il momento potete accomodarvi con gli altri. Solo una gentilezza, dite per cortesia alla signorina Sofia che intendo parlarle”

Parzialmente deluso da quel congedo frettoloso e privo di ulteriori spiegazioni, il maggiordomo lasciò la stanza.

 

Che Fortis fosse una persona in vista non rappresentava certo un mistero per nessuno. Cinico stratega e abile manipolatore, tra le proprie amicizie annoverava persone importanti e tutte sistemate in posti chiave. Pur essendo stato scagionato da una vicenda torbida e mai del tutto chiarita, le parole del vecchio maggiordomo si erano installate nel cervello del commissario come erba infestante.

Altro che accuse pesanti. Quelle di Augusto, se suffragate da prove tangibili, avrebbero spalancato le porte del carcere a vita per lo spregiudicato imprenditore. Un conto era essere sospettati di omicidio, un altro quello di aver stroncato due vite in una. Secondo il racconto del maggiordomo, dopo aver ricevuto più volte il rifiuto della giovane di cui si era invaghito, pazzo di rabbia Fortis avrebbe deciso di passare alle maniere forti. Con l’aiuto di un complice, l’avrebbe rapita e abusato di lei per una notte intera, minacciandola a più riprese se avesse avuto la sfrontatezza di denunciarlo. Quando, un paio di mesi più tardi, la poveretta si era presentata dicendo di aspettare un figlio, Fortis sarebbe andato completamente fuori di testa. Il resto era tutto scritto nei verbali dell’epoca. La ragazza era stata ritrovata in un fossato, orrendamente mutilata e quasi irriconoscibile. Nessuno, tra inquirenti e medico legale, aveva ritenuto opportuno effettuare l’autopsia.

Quasi si dispiacque di non essere in possesso di quelle prove. Ma si trovava li per un altro motivo, e per quello stesso motivo avrebbe inchiodato l’assassino del conte.

 

Quando il maggiordomo rientrò nel salone, tutti gli sguardi si posarono su di lui. Augusto non lasciò trapelare nulla, limitandosi a fare ciò che gli era stato chiesto. Sofia, pur titubante per dover lasciare la madre, si avviò stancamente verso lo studio.

Il commissario ebbe una stretta al cuore quando la giovane, gli occhi gonfi di pianto, gli si presentò davanti.

Comprendo ciò che state passando signorina, ma come penso possiate capire, è necessario che io ascolti tutti. Solamente in questo modo potrò togliermi ogni dubbio e arrestare la persona che ha barbaramente ucciso vostro padre”

Sofia si soffiò il naso con energia, quindi annuì.

Non vi preoccupate commissario” disse in un sussurro.

Chiedete pure ciò che volete, sono a vostra disposizione”

L’interrogatorio della giovane si rivelò molto breve. Adinolfi si limitò a chiederle se, negli ultimi tempi, il padre le avesse confidato qualcosa, in particolare di temere per la propria vita.

Sofia aveva scosso il capo risoluta.

Tutti eravamo al corrente della situazione ma mio padre, per non farci preoccupare ulteriormente, ha sempre cercato di sdrammatizzare. No commissario, non credo che temesse qualcosa di così terribile. E anche l’avesse fatto, credo che noi saremmo stati gli ultimi a venirne a conoscenza”

Congedandola, il poliziotto le chiese di mandare nello studio il fratello.

Ha un carattere impulsivo e a volte appare sfrontato…”

disse la ragazza prima di lasciare la stanza.

…ma possiede anche un cuore d’oro commissario, siate indulgente con lui”

Dopo averla rassicurata, in attesa dell’arrivo di Anacleto, si lasciò andare contro lo schienale.

L’assenza prolungata gli era servita per verificare alcune cose. Ormai, come già aveva anticipato a Elena, era quasi sicuro che l’assassino si trovasse tra le persone presenti nel salone. E appunto per quel motivo non aveva lasciato nulla al caso. Diversi agenti, dislocati al di fuori della tenuta, tenevano sotto controllo la villa. Nessuno avrebbe potuto andarsene senza essere visto.

 

E fu proprio uno di questi agenti che, in quello stesso istante, fermò un uomo dinanzi all’entrata.

Sono il dottor Achilli…” disse quest’ultimo mostrando un documento alla flebile luce di un lampione.

Ho importanti comunicazioni per il commissario Adinolfi”

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Capitolo 7
*** Tregua di sangue ***


<> Anacleto fissò il commissario con decisione <> rispose Adinolfi <Le sue parole furono interrotte da un discreto bussare. Facendo capolino dalla soglia, Elena fissò i due uomini con aria contrita <Anacleto s’alzò di scatto <> lo rassicurò Elena. Il poliziotto diede un’occhiata all’orologio da tasca. Tra poco sarebbe stata ora di cena, ma dubitava fortemente che qualcuno avesse voglia di mangiare. Nonostante questo, dopo le parole della governante decise di accogliere parzialmente la richiesta di Anacleto. <Quando la donna ebbe lasciato la stanza, si rivolse nuovamente ad Anacleto<Anacleto lo fissò dubbioso, ma non replicò <>

Dopo che Ludovica e Ginevra ebbero lasciato il salone, Sofia si avvicinò a Fortis. L’uomo, scuro in volto, sembrava intento a tormentarsi un polsino della camicia <> disse la ragazza. Cercando di non lasciar trapelare l’angoscia che la stava opprimendo, gli posò una mano sul braccio <> rispose Fortis guardandola negli occhi <Fu in quel momento che Anacleto, arrivando dallo studio, li informò della decisione del commissario <> proseguì quindi cercando di non incrociare lo sguardo della sorella <> La donna annuì <<Detto questo, lasciò il salone senza voltarsi. E così fecero Augusto e Pierre che, seguiti da Elena, sparirono in cucina <> disse Sofia alzandosi <> esplose Fortis una volta che furono rimasti soli <> disse addolcendo il tono. La giovane lo guardò per un lungo istante <Fortis avrebbe voluto fermarla, parlare ancora con lei. Quel tocco sul braccio l’aveva galvanizzato, illudendolo oltre misura. Rimasto solo, guardò la pendola nell’angolo. Erano le venti. Una mezz’ora più tardi, dopo aver bussato, il dottor Achilli si affacciò nello studio <> chiese subito Adinolfi <Il poliziotto annuì, quindi lo invitò a sedersi <>

Ludovica aprì lentamente le palpebre. La stanza era completamente al buio. Solamente una flebile luce, proveniente dall’esterno, la tagliava da parte a parte come una lama sottile. Sentì freddo. Era come se qualcuno, molto vicino, le stesse alitando addosso ghiaccio puro. Tirandosi la coperta sopra il mento, cercò a tentoni la lampada sul comodino. Nulla. Era sparita. Qualcuno l’aveva tolta e…

Una mano, gelida e decisa, le si posò sulle labbra premendo con forza. Pur debole, e con la forza della disperazione, iniziò a scalciare e a graffiare. Ma il corpo dell’uomo non si mosse di un millimetro, aumentando di contro la pressione. Poi fu solo buio.

 

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Capitolo 8
*** Accerchiato ***


Dopo aver congedato il dottor Achilli, il commissario si lasciò andare sulla poltrona. Premendosi le tempie con le dita, cercò di mettere ordine in quella situazione. Nonostante fossero trascorsi diversi anni, ciò che aveva appena sentito l’aveva lasciato oltremodo pensieroso. Se quello che il medico gli aveva rivelato corrispondeva a verità, la posizione di qualcuno si sarebbe fatta molto pesante. Ma ora, era giunto il momento di tornare nel salone. Quando varcò la soglia, diede una rapida occhiata per vedere se fossero tutti presenti. In particolare, il suo sguardo si soffermò su Fortis. Sempre più scuro in volto, l’industriale sembrava sul punto di esplodere.

Non vedo la contessa Ludovica” disse Adinolfi rivolgendosi a Ginevra Non è stata molto bene, è proprio necessario disturbarla a quest’ora?” rispose la donna. Adinolfi allargò le braccia in un gesto dispiaciuto Temo proprio che lo sia signora. Ma vi assicuro che si tratterà di una cosa breve, avete la mia parola” Sollecita, Elena si avviò verso la porta No, vado io…” la fermò Ginevra alzandosi Prepara del caffè piuttosto, credo ne abbiamo tutti bisogno” Detto questo lasciò la sala mentre la governante, seguita da Pierre, si recò in cucina. In un angolo, Sofia e Anacleto parlottavano a bassa voce mentre Augusto, ritto accanto alla finestra, stava facendo altrettanto col dottor Achilli.

Conoscevate bene il dottor Cortinovis signor Fortis?” disse il commissario con estrema calma. L’imprenditore si voltò di colpo, il volto simile alla pietra. Augusto, improvvisamente attento, smise di parlare col dottor Achilli che, di contro, parve essere a disagio Ho molti conoscenti tra i medici commissario, perché questa domanda?” A quel punto, il maggiordomo si fece avanti minaccioso Certo che lo conoscevi maledetto! Era il medico che…”

L’urlo gelò il sangue nelle vene a tutti. E fu proprio Adinolfi il primo a reagire. Lanciandosi verso la porta, salì a grandi falcate le scale che portavano al piano superiore. Quando giunse dinanzi alla camera di Ludovica, quasi si scontrò con Ginevra che ne stava uscendo. La donna, gli occhi fuori dalle orbite, si aggrappò con forza alla sua giacca Lu…Ludo…è…è…” fu tutto quello che riuscì a dire, quindi si afflosciò a terra svenuta. In quel momento, seguito da tutti gli altri, Anacleto si precipitò verso di loro Fatela stendere…” disse Adinolfi Ma cosa…cosa…” gridò Sofia aiutando il fratello a sollevare la madre. Il dottor Achilli, oltrepassando Augusto ed Elena, prese una boccetta di sali dalla tasca della giacca Che sta succedendo” Fortis, appena arrivato, venne ignorato da tutti Ora entrerò nella stanza. Che a nessuno venga in mente di seguirmi, chiaro?” ordinò il commissario in tono perentorio. Quando ne uscì, pochi minuti più tardi, tutti i volti esprimevano la medesima domanda La contessa è morta…” disse senza tanti preamboli “…soffocata”

L’atmosfera, nel salone, appariva decisamente cambiata. Il commissario, dopo i primi concitati istanti, aveva richiamato gli agenti posizionandoli all’interno della casa. Nonostante la debolezza, e le proteste del dottor Achilli, Ginevra aveva rifiutato di rimanere in camera Mi stenderò sul divano” aveva detto con piglio deciso Ma voglio che poniate fine a questo supplizio commissario, lo esigo” Sofia, sempre più pallida, stringeva convulsamente il braccio del fratello. La morte della nonna sembrava averla completamente annientata. Anacleto, da parte sua, parve aver perso di colpo la baldanza sino a quel momento mostrata. Elena e Pierre, accanto alla porta della cucina, tenevano la testa china, silenziosi. Augusto, poco distante, continuava a fissare insistentemente Fortis Finitela di guardarmi a quel modo!” sbottò improvvisamente l’imprenditore. I lineamenti trasfigurati dall’ira, avanzò di qualche passo verso il maggiordomo Non ho dimenticato le vostre accuse prima che…”

Silenzio!” Tutti si voltarono in direzione del commissario. Guadagnando il centro della sala, Adinolfi scrutò a lungo ognuno dei presenti, quindi si soffermò su uno di loro in particolare 

Non avrei mai pensato che sareste potuto arrivare a tanto. Ma forse, la contessa aveva scoperto le vostre vere mire vero? Me ne dolgo. Se ci avessi pensato prima, probabilmente sarebbe ancora viva”

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Capitolo 9
*** Vittima di se stesso ***


“Signor Pontevichi Corzani, vi dichiaro in arresto per gli omicidi di vostro padre e vostra nonna, nonché di quello di Francesca Confalonieri, la povera ragazza ritrovata mutilata alcuni anni or sono. Inoltre, sospetto che abbiate fatto lo stesso col dottor Cortinovis, scomparso e mai ritrovato” disse il commissario puntando il dito contro Anacleto. Sofia, come colpita da un fulmine, ritrasse il braccio allontanandosi dal fratello. Coricata sul divano, Ginevra fissò il figlio con espressione indecifrabile. Nell’angolo, Elena si portò una mano alla bocca cercando di soffocare un gemito. Augusto sbarrò gli occhi mentre Fortis rimase imperturbabile “State prendendo un granchio gigantesco commissario! Come vi permettete di dire una cosa simile?” rispose il giovane alzandosi di colpo. Prontamente, un paio degli agenti presenti si portarono al suo fianco “Vi consiglio di restare calmo signore. Ormai non avete più via d’uscita” Alzandosi a sua volta, Ginevra si portò dinanzi al commissario fronteggiandolo “Ciò che avete appena affermato è gravissimo commissario. Esigo delle spiegazioni” Adinolfi sorrise rattristato. Non sarebbe stato affatto semplice spiegarle che, il proprio figlio, aveva assassinato il padre e la nonna per mero interesse “Vostro figlio è oberato dai debiti signora. Dovuti al gioco d’azzardo” Anacleto sbiancò in volto a quelle parole. Afflosciandosi sulla poltrona, lasciò che il commissario continuasse.

“Tutti i sospetti, sino a questo momento, sembravano concentrarsi sul signor Fortis” proseguì il commissario. L’imprenditore serrò la mascella, ma rimase in silenzio “Sin dal primo istante, Augusto ha cercato di mettermi in guardia circa la sua presunta immoralità. Ma il dottor Achilli, mi ha rivelato alcuni particolari che hanno contribuito a rimettere insieme tutti gli elementi” Avvicinandosi a Fortis, Adinolfi lo fissò serio “Ma voi non siete scagionato del tutto mio caro signore. Perché voi sapevate vero?” La sicurezza del giovane industriale parve vacillare. Osservando i presenti, cercò lo sguardo di Sofia “Il conte aveva deciso di non vendere” disse con un filo di voce. Quelle parole, echeggiarono nella stanza come secche frustate “Poco prima che si ritirasse, venne nella mia camera a comunicarmelo. Disse di provare dei sensi di colpa verso la famiglia, in particolare per la madre. Io tentai di convincerlo, ma fu tutto inutile” Il commissario lo incalzò “E voi andaste subito a riferirlo ad Anacleto vero?” Fortis attese qualche istante prima di rispondere “Si. Ho dovuto farlo, mi aveva minacciato e…e…” si bloccò di colpo, incapace di proseguire. Fu il commissario a farlo per lui “E non potevate denunciarlo, visto che eravate d’accordo” Il silenzio che ne seguì sembrò abbassare la temperatura di una decina di gradi “Io…io non capisco, spiegatevi vi prego”  in preda ai singhiozzi, Sofia si avvicinò al poliziotto “Vostro fratello si era innamorato di Francesca signorina. Un amore mai corrisposto che, però, l’ossessionava in modo quasi maniacale. Voleva quella donna a tutti i costi, ed è strano che voi non ne abbiate mai saputo nulla” La ragazza fissò Anacleto, quindi scosse la testa. “Sapevo che spesso andava in quella città. A volte restava lontano anche qualche giorno, ma non mi ha mai parlato di questa Francesca” Il commissario annuì “La cosa non mi sorprende. Perché in quella città, vostro fratello vi si recava per giocare. Non è vero signor Pontevichi-Corzani?” Sempre più pallido, il giovane non rispose.

“Ed è li che ha conosciuto Francesca, figlia di un conoscente di Augusto e vostra vicina di casa signor Fortis, dico bene?” L’imprenditore non disse nulla, limitandosi a un cenno del capo “E il dottor Cortinovis cosa centra in tutto questo, mi chiederete” proseguì Adinolfi imperterrito. Mettendosi di fronte ad Anacleto, congiunse le mani dietro la schiena “Volete mostrarmi il vostro braccio sinistro signore?” Il giovane lo fissò stralunato quindi, come in trance, sollevò la manica della giacca. Una vistosa cicatrice, lunga una decina di centimetri, partiva dal polso per terminare all’altezza del gomito “Conoscevate il dottor Cortinovis perché ve l’aveva presentato Fortis vero?” disse il commissario alternando lo sguardo tra i due “Ed è da lui che, dopo aver barbaramente trucidato Francesca, vi siete recato per farvi curare. Giocare con i coltelli può risultare molto pericoloso, specialmente quando si è in preda all’ira” Quello che accadde negli attimi seguenti lasciò tutti di stucco. Dopo essersi abbassato la manica della giacca, più veloce di qualsiasi possibile intervento, Anacleto infilò la mano all’interno della giacca stessa. Un piccolo revolver, di color nero opaco, comparve quasi per magia nel suo palmo. I due agenti, colti di sorpresa, tardarono un secondo di troppo. Lo stesso commissario, pur lanciandosi prontamente verso di lui, non poté impedire che premesse il grilletto.

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Capitolo 10
*** All'ultimo istante ***


Le urla di Sofia ed Elena si fusero in un’unica voce per tutto il salone. Ginevra, alla vista della testa del figlio che esplodeva, si accasciò sul divano priva di sensi. Fortis colse l’occasione al volo. Gettandosi sull’arma caduta a terra, se ne impadronì rapidamente anticipando uno degli agenti. Alle spalle di tutti, il dottor Achilli si lanciò verso di lui in un disperato tentativo che, per sua sfortuna, segnò la propria fine. Il colpo lo centrò in pieno petto, facendolo stramazzare a terra in un lago di sangue. Pierre, paralizzato dal terrore, rimase immobile mentre il commissario, scostandosi dal corpo senza vita di Anacleto, estrasse a sua volta la rivoltella “Buttatela a terra…subito!” esclamò puntandola verso l’imprenditore. Velocissimo, Fortis si portò alle spalle di Elena e Sofia. Afferrando la giovane per il collo, le puntò la canna alla tempia “Non vi consiglio di provarci commissario, non esiterei un attimo a premere nuovamente il grilletto” Lentamente, Adinolfi abbassò il braccio, subito imitato dai due agenti che, nel frattempo, avevano estratto le loro armi “Bene. Ora io uscirò da questa casa e che a nessuno di voi venga in mente di seguirmi”  proseguì Fortis muovendosi a ritroso verso l’ingresso.

La porta che dava sulla cucina si richiuse lentamente. Appoggiandosi ad essa, Augusto chiuse gli occhi respirando a fondo. Durante quelle concitate fasi, era infatti riuscito a defilarsi senza essere notato. Inorridito da ciò che aveva appena udito, ripensò ai momenti trascorsi con Anacleto. Il pensiero che dietro quel ragazzo, si celasse un assassino spietato e senza scrupoli, l’aveva annichilito. Ma non era il momento di abbandonarsi a ricordi e recriminazioni varie, doveva agire. Ormai appariva chiaro che Fortis, come ampiamente ricostruito dal commissario, fosse a conoscenza di tutto. E l’omicidio del dottor Achilli gli aveva tolto ogni dubbio. Quel maledetto non avrebbe esitato ad uccidere anche Sofia, di questo ne era assolutamente certo. Doveva fare qualcosa, e senza perdere altro tempo prezioso. Dopo essersi guardato intorno per un istante, puntò con decisione verso il cassetto in cui venivano custoditi i coltelli. Scelse quello più grande, quello che Pierre solitamente utilizzava per tagliare grossi pezzi di carne. Uscendo dalla porta che dava sul retro, percorse tutto il perimetro della casa sino all’ingresso principale. Con il coltello ben saldo nella mano destra, si appiattì contro il muro rimanendo in attesa.

Terrorizzata e tremante, Sofia si lasciò trascinare verso l’ingresso. Lo shock del gesto di Anacleto le aveva tolto ogni forza residua. L’ultima immagine che vide, prima di essere trasportata all’esterno, fu il volto cadaverico della madre riverso sul divano “Sei la mia assicurazione sulla vita Sofia. Non avrei mai voluto arrivare a tanto, ma è stato tuo padre a dare il via a tutto questo” La giovane, fissandolo inebetita, scosse la testa con forza “Non nominare mio padre maledetto! Lui…lui…”  con una forza che nemmeno lei sospettava ancora di avere, iniziò a tempestarlo di pugni. Sorpreso da quella reazione inaspettata, Fortis abbassò la rivoltella cercando, non senza fatica, di difendersi da quella scarica improvvisa “Finiscila!” esclamò infine torcendole un braccio dietro la schiena “Non è certo colpa mia se tuo fratello era un pazzo scatenato oltre che un accanito giocatore. Io ero la sua ultima speranza, riesci a capirlo questo?” Le forze l’abbandonarono del tutto. Afflosciandosi a terra, Sofia iniziò a singhiozzare convulsamente. In quel momento, la porta si aprì di nuovo. Il commissario fece un passo in avanti, disarmato “Non avete nessuna possibilità Fortis, e lo sapete bene. Cercate di non aggravare la vostra situazione ma, sopratutto, non fatele del male. Lei non centra nulla” L’imprenditore sembrò non averlo nemmeno udito. Inginocchiandosi accanto a Sofia, le puntò ancora l’arma contro “Adesso noi ce ne andremo commissario. E vale lo stesso discorso di poco fa. Se provate a seguirci, vi giuro che l’ammazzo. Rientrate in casa…svelto!” Non fece però in tempo a rialzarsi. Qualcuno, alle sue spalle, lo investì con la forza di una locomotiva. Prontamente, il commissario si gettò verso Sofia mentre Augusto, forte della sorpresa, vibrò un fendente al polso che teneva la rivoltella. Urlando di dolore, Fortis ruzzolò insieme al proprio aggressore sin in fondo ai gradini che portavano alla veranda. Nonostante la differenza d’età, il vecchio maggiordomo riuscì a tenerlo sotto di se, la lama puntata alla gola “Tu hai armato la mano di Anacleto, tu l’hai trasformato in un assassino…”  disse col fiato corto “Non meriti di vivere” Trattenendolo con la mano sinistra, alzò il coltello.

“Non farlo Augusto, ti supplico. Non trasformarti anche tu in un assassino” Sofia, pallida da far paura, si avvicinò ai due stesi a terra. Il commissario non fece nulla per trattenerla. Allungando una mano verso il maggiordomo, rimase in attesa che l’afferrasse.

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