Lo strano caso di Giacomo e Aid

di Ragazza_pigra
(/viewuser.php?uid=785786)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Storia di una macchinetta ***
Capitolo 2: *** Alla ricerca di Aid ***
Capitolo 3: *** Giacomo era proprio tranquillo ***



Capitolo 1
*** Storia di una macchinetta ***


Nell'ala est del liceo, al terzo piano, c'è un distributore automatico di bevande, ammaccato dai calci degli studenti disperati perché il resto non era stato erogato, tappezzato da avvisi scolastici strappati, macchiato da caffè rovesciati per il disappunto arrecato dal forte sapore di cetriolo, unto da mani sporche di olio delle patatine. 
"Hai mai notato quella macchinetta, Simone?" 
"Sì. È la più vecchia dell'istituto. Si favoleggia non dia resto perché ancora impostata sui sesterzi." 
Francesca alzò il mento: "Nella mia mente è legata a una storia molto strana." 
"Di che si tratta, Fra?" 
"Ero appena entrata a scuola, perché fuori diluviava. Erano le sette e trenta, e mancava mezz'ora al suono della campana. I corridoi che imboccai per dirigermi verso la classe erano deserti, meno una bidella che mi rincorse brandendo una scopa per tutto il pianterreno perché avevo, parole sue, le scarpe ridotte a un'indecente tana di batteri patogeni. Mentre camminavo per questo stesso corridoio scorsi due figure: una era un ragazzo tarchiato, circa del terzo anno, che procedeva spedito; l'altra una ragazzina di prima che si affrettava per un corridoio traverso con il viso nascosto da un libro e in mano una merendina. Come era prevedibile i due si scontrarono: alla ragazza cadde di mano la brioche e lui la calpestò, con sadico piacere nel vedere lo spettacolo ripugnante e orrendo dell'incarto scricchiolare e strapparsi, della marmellata che si spargeva a terra in una pozza rosso ciliegia, come se nulla fosse. Io mi avvicinai e lo afferrai per un braccio.
Lentamente lo feci voltare verso di me, e per un attimo, nello specchiarmi nei suoi sprezzanti occhi azzurri, ebbi la visione di quegli stessi occhi che mi guardavano con affetto. Ma fu solo un attimo. Nel frattempo attorno alla ragazzina si era formato un gruppetto di adolescenti, amiche di lei, che iniziarono a lanciare invocazioni a Erodoto, a Omero e a Dante, affinché il colpevole prendesse un voto insufficiente. L'interessato stava nel mezzo degli sguardi carichi d'odio che gli venivano lanciati, e con un tono derisorio si offrì di ripagare la colazione alla ragazza. Senza attendere una risposta condusse il folto gruppo davanti a questa macchinetta. Avvicinò la mano alla tasca piena di borchie e catenelle e con un gesto rapido e preciso, quasi da prestigiatore, come un insegnante che soddisfatto tira fuori un dado per sorteggiare le interrogazioni, ne tirò fuori nientemeno che un portafoglio di pelle. Sussultai: lo riconobbi subito come quello di una persona a me ben nota, che ora non posso nominare. Con i soldi estratti da questo borsellino pagò una nuova brioche alla ragazza. "
" Accidenti! Con che marmellata?"
"Fragola."
"No! La peggiore! Si favoleggia non abbia neanche una minima percentuale di fragola. Se gliel'ha offerta deve essere davvero cattivo: un simile attentato alla salute della ragazza..."
"Vedo che la pensi come me. Infatti questo ragazzo è secondo me una persona con cui nessuno avrebbe dovuto avere a che fare, tantomeno non il proprietario del portafoglio, un ragazzo che conosco veramente bene. Suppongo si tratti di un ricatto. Questa persona paga per qualche errore commesso, qualche fatto compromettente, qualche foto imbarazzante..." 
"Tipo quella con te vestita da fata turchina?"
"Tu non hai mai visto quella foto. L'hai cancellata..."
"In realtà no, l'ho ancora. Però tornando a noi... Voglio chiederti solo una cosa, Fra: il nome del supposto ricattatore." 
"Mmm... Non vedo che male ci sia nel dirtelo. Aid. Si presentò così, di lui non so altro. " 
"Hide? Come 'nascosto' in inglese?" 
"No, no. Come ho detto: a, i, d. Me lo ha sillabato lui stesso. Il mio intuito mi suggerisce sia un soprannome."
"Il tuo intuito deve andare in pensione, lo sai. Ma che tipo era?"
"Non so descriverlo... Dava comunque la sensazione di qualcuno di sgradito, nonostante non lo conoscessi. "
"Aid? Allora so chi è l'altro, e la cosa mi inquieta molto. "
"Simo, so che può darti fastidio, ma ti chiedo di promettermi di non parlarmene più. Mi dispiace aver tirato in ballo questa faccenda, che non mi riguarda e potrebbe rovinare chi sai tu." 
"Hai la mia parola, Fra."

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Alla ricerca di Aid ***


Quel pomeriggio Simone tornò a casa di umore cupo, e dopo aver studiato prese i fogli contenenti le richieste per fare le chiavi delle macchinette. Per chi non lo sapesse, le chiavette in questione sono dei dispositivi su cui si possono depositare piccole somme di denaro, da spendere appunto in merendine e caffè: per fare ciò basta infatti inserirle nella macchinetta. Essendo Simone il rappresentante di classe toccava a lui ritirare richieste e soldi. Guardò sull'elenco, dove lui stesso aveva scritto chiaramente: "Giacomo: vuole tenere tessera in comune con amico, Aid. " Era una cosa perfettamente fattibile: molti fratelli tenevano una chiavetta in comune. Il fatto che lui ne volesse una in comune con un amico era una cosa bizzarra, ma Simone era abituato alle piccole pazzie dell'amico. L'ultima volta gli aveva proposto un'incredibile teoria circa gli effetti del caffè delle macchinette mischiato a delle sostanze contenute in dei muffin... O forse erano brioche. Comunque, adesso che Francesca gli aveva raccontato della macchinetta, le cose sembravano iniziare a prendere forma... Si trattava di un ricatto. Ma Giacomo non era il tipo da farsi fotografie vestito da fata turchina... O sì? 

Il giorno dopo, a scuola, decise di raccontare tutto a Lorenzo. Lorenzo era uno delle poche persone che Simone frequentava. Si erano conosciuti alle medie, e il loro legame nonostante fossero passati numerosi anni non era cambiato. Erano sempre stati molto in confidenza, nonostante all'apparenza sembrassero due persone molto diverse. Dopo una breve conversazione generica e vuota circa compiti e verifiche, Simone decise di toccare l'argomento scottante. 
"Credo, Lori" iniziò " che noi due siamo i più cari amici di Giacomo."
Lorenzo abbassò lo sguardo a terra. 
" Lo ero tanto tempo fa... In prima eravamo amici per la pelle. Poi, beh, si cresce, abbiamo smesso di frequentarci... Ormai siamo in terza... Abbiamo cambiato giro di amici. "
" Hai mai incontrato un certo Aid? Deve essere un suo caro amico... Hanno addirittura una chiavetta delle macchinette in comune..." Lorenzo sorrise all'espressione preoccupata dell'amico. 
" Che come è noto è un grande simbolo di amicizia... Simo, cosa c'entra? Saranno fatti sui. Non vedo dove sia il problema. Comunque non ti so dire... Non ci frequentiamo più come una volta."
Simone tornò a casa insoddisfatto e turbato. La faccenda del calpestatore di merendine lo inquietava sempre di più. Quella notte dormì poco e male: il suo sonno era turbato da sadici personaggi che offrivano merendine malsane, facendo immensi roghi nelle piazze di Kinder Bueno sotto una bandiera con una svastica in campo rosso fragola, e parlavano storpiando le "D" e accentuando le "K" e le "T" . 
Al mattino, mentre spalmava la nutella sul pane, decise che vedere la faccia del misterioso Aid avrebbe potuto aiutarlo a dare una motivazione all'accaduto, e a sostituire il fantomatico adolescente dei suoi incubi con una persona reale e tangibile. All'intervallo, invece di dedicarsi al febbrile ripasso degli appunti per la verifica sul nazismo dell'ora successiva, si piazzò davanti alla malmessa macchinetta a tenere d'occhio il viavai degli studenti davanti a essa. Gli unici che tentarono invano di bere il caffè comprato lì furono due studenti di prima, che non sapevano della cattiva fama del distributore, e che si allontanarono indignati dopo aver sputacchiato il liquido puzzolente erogato dall'apparecchio. Con il terzo cliente Simone ebbe maggior fortuna: visto di schiena era un ragazzo sedicenne, basso e robusto, completamente vestito di nero. Indossava una maglia dei Metallica, dei jeans a vita bassa neri e borchiati, e delle Nike nere. I capelli erano scurissimi e rasati quasi a zero. Sui posi avena numerosi braccialetti di pelle nera, pieni di borchie. Riconobbe il suo uomo quando questi sfoderò il portafoglio, che Simone identificò immediatamente come quello di Giacomo. Prese un profondo respiro e si avvicinò.
"Sei Aid, vero?"
Il ragazzo, con un balzo insospettato per uno di tale stazza, si tirò indietro, con il respiro affannato. La paura fu solo momentanea: in un attimo si riscosse e passandosi la mano tra i capelli rispose freddamente: "Sì, sono io. Cosa vuoi?"
" So che conosci bene Giacomo: sono un suo caro amico, Simone. "
" Non ho idea di dove sia, ora come ora." Poi aggiunse, d'improvviso: "Come fai a conoscermi?" Per tutto il tempo aveva tenuto la testa bassa. Simone fu colto dal pensiero che avrebbe potuto avere lo stesso volto di Giacomo, e, se avessero continuato il dialogo così, avrebbe potuto non accorgersene. Rise di sé. Quindi decise di essere esplicito.
"Puoi farmi un favore? Vorrei vederti in faccia."
Aid parve esitare un attimo, poi, d'impulso, si voltò verso l'interlocutore con aria di sfida. Incastonati sotto sopracciglia spesse e nere vi erano due occhi di un azzurro intenso. 
"Come fai a conoscermi?" Ripeté, seccato. 
"Dalle descrizioni... Abbiamo amici in comune. Giacomo, per esempio. " Rispose Simone, vago. 
" Lui non ti ha mai detto nulla! " sbottò Aid irato " non credevo tu mi potessi mentire." 
Simone guardò Aid incredulo. Questi scoppiò in una risata selvaggia, e si allontanò.
Per qualche minuto Simone rimase lì impalato, fortemente stranito. Quell'incontro non gli aveva giovato affatto, e lo aveva lasciato più perplesso di prima. 
Tornato in classe dopo l'intervallo, non smise di pensare all'incontro fatto. Continuava a lanciare occhiate di sbieco a Giacomo, nel banco davanti al suo, che sembrava seguire la lezione tranquillamente, e non sembrava inquietato da ricatti o litigi. Simone entro la fine della spiegazione sui monomi decise che avrebbe parlato a Giacomo del suo supposto amico.
ANGOLO AUTRICE
Scusate se ho impiegato così tanto ad aggiornare, ma sono stata molto presa dalla scuola. Per i prossimi capitoli sarò più rapida... Promesso! Comunque mi piacerebbe sapere, ora che avete letto anche il secondo capitolo, cosa ne pensate della storia, della trama, del mio stile... Grazie! Ciao, e alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Giacomo era proprio tranquillo ***


All'uscita, facendosi largo tra studenti che accendevano le sigarette sulle scale, quasi avessero trascorso la giornata solo per poter accendere quella Marlboro, che correvano verso il bar, che come zombie sostavano davanti alle macchinette alla disperata ricerca di un caffè, che ripetevano le declinazioni greche, Simone riuscì a arrivare accanto a Giacomo, che davanti al cancello salutava educatamente la prof di latino. Vedendo arrivare Simone, sul suo viso si accese un largo e caldo sorriso, nonostante si fossero visti pochi minuti prima. Era un ragazzo alto e ben fatto, uno sportivo, dal carattere socievole e cordiale. Aveva il raro dono di farsi apprezzare da chiunque, e di ottenere subito la simpatia di tutti, compresa quella dell'introverso Simone. 
" Volevo parlarti della tua richiesta della chiavetta, Giacomo." 
"Ti vedo molto preoccupato circa la mia richiesta, ma mi pare più che fattibile. Non c'è nulla che lo vieti, ma tu resti dubbioso" fece scherzosamente Giacomo, sorridendo al tono grave dell'amico. 
"Non approvo questa tua scelta in campo di amici, Giacomo. Ho saputo qualcosa circa Aid..."
Giacomo sbiancò, e nei suoi occhi azzurri passò un lampo scuro. 
"Non voglio sapere altro. Basta, avevamo deciso di non parlarne più. " fece brusco Giacomo. 
"Ho sentito cose spiacevoli... "
"Basta. Fidati di me, e non chiedermene più." 
" Giacomo, di me ti puoi fidare. Parlamene."
"No Simone. Non è una cosa da cui si può uscire a parole... Mi fido di te, lo sai. Ma non mi puoi aiutare. "
Simone stava per insistere, quando Giacomo riprese: "Ti dirò una cosa: posso liberarmi di Aid in qualunque momento io voglia. " 

Cristina se ne stava sdraiata sul letto, a fissare il soffitto e sentire musica con l'iPod. Sua madre non sarebbe tornata che fra tre ore, e aveva tutto il tempo per ascoltare il nuovo album del suo gruppo preferito. Poi avrebbe ripassato greco. Opzione classificata in "varie ed eventuali". Mentre tamburellava le dita sul muro, i suoi pensieri vagavano sull'incontro fatto quella mattina, all'intervallo. 
Girellava come al solito per la scuola con alcune sue amiche, e mentre parlavano animatamente un ragazzo le oltrepasso in fretta, urtandole e facendola cadere. 
"Ehi!" 
Il ragazzo si fermò di botto e si voltò. Aveva l'età di Cristina, dei capelli cortissimi e scuri, ed era completamente vestito di nero. Fece per aiutarla, ma Cristina rifiutò la sua mano e si alzò da sola. Si sentiva quegli occhi azzurri puntati addosso, ed era un po' a disagio. 
"Scusa Cristina" fece lui, sorridendo. "Ero di fretta..." 
Cristina sgranò gli occhi.
"Come sai come mi chiamo?"
Il ragazzo le lanciò uno sguardo confuso, poi si corrucciò. 
Cristina arrossì. "Scusa, non ricordo di averti ma visto... Come ti chiami?"
"Aid" rispose, laconico. 

ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti voi, e inoltre grazie per aver letto i primi tre capitoli di questo racconto! 
La storia è ancora in cantiere, per così dire, i capitoli successivi a questo sono appena abbozzati. Vorrei quindi chiedere di avere un vostro parere, anche negativo, sulla storia, cosa ne pensate e se ci sono delle osservazioni da fare sul mio modo di scrivere, sui caratteri dei personaggi e sullo spazio che gli ho dedicato. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2928479