Fauves - the world is ending

di Smemo92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***



Capitolo 1
*** I ***



“Succede.
Uno si fa dei sogni, roba sua, intima, e poi la vita non ci sta a giocarci insieme, e te li smonta, un attimo, una frase, e tutto si disfa.
Succede.
Mica per altro che vivere è un mestiere gramo.
Tocca rassegnarsi.
Non ha gratitudine, la vita, se capite cosa voglio dire.
Gratitudine.”
 
Oceano mare, Alessandro Baricco
 
 
 
Voleva uccidersi.
Voleva morire.
Avrebbe davvero voluto farlo.
Quel dolore era così straziante, così insopportabile.
Le lacerava l’anima.
Come poteva un semplice essere umano sopravvivere a un dolore tale?
Come poteva andare avanti?
Non poteva.
Non poteva.
Lei non ci riusciva.
E così arrancava, si trascinava, lentamente.
Cercando di passare inosservata.
Pregando che ogni rantolo forzato fosse l’ultimo, mentre la polvere si attaccava al suo corpo sudato, ai suoi vestiti stracciati, ai suoi capelli scompigliati.
Non trovava pace in nessun luogo, non si sentiva al sicuro, nemmeno nei sogni.
Appena chiudeva gli occhi, vedeva.
Li vedeva.
 
 
 
 
 
-Usopp!! Corri!! Vieni a vedere che pesce ho pescato!!-
-Wohaaaa!! E’ enorme!-
-Tsk! Non è niente in confronto al pesce che catturai al Lago dei Giganti! Vedete, erano anni che infestava quelle acque, rendendo impossibile la pesca, ma io, con la mia incredibile forza, l’ho catturato, ottenendo l’eterna riconoscenza da parte del re e di tutta la popolazione!-
-Ohhh.. sei fantastico, Usopp!!-
 
 
 
 
 
Tossì, in mancanza d’aria. Anche respirare ormai era un peso.
Da quanto non mangiava? Ogni giorno la vista era sempre più appannata, sempre più confusa.
Le sue forze svanivano pian piano.
E sapeva che era in pericolo. Di sicuro erano sulle sue tracce.
Avrebbe dovuto trovare un riparo.
Avrebbe dovuto tentare di salvarsi.
Ma non ce la faceva.
Voleva solo morire il prima possibile.




 

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Capitolo 2
*** II ***


 
 
Si allungò, le mani a coppa, e bevve un piccolo sorso d’acqua. Non di più.
La sua gola, il suo fisico, reclamavano cibo, ma soprattutto acqua.
Era masochista. Voleva morire, sì, ma non era capace di darsi il colpo di grazia. Era una codarda.
Per questo stava tentando di morire di stenti.
Si guardò nel riflesso limpido: il viso pallido, scavato, le occhiaie profonde.
Decise che poteva permettersi di bere un altro sorso d’acqua. Allungò le mani, immergendole, percependone subito la freschezza, che dava sollievo alle sue braccia fiacche, stanche, provate e sfinite.
Tutto in lei era sfinito. Sfibrato. Consumato.
Si riguardò, cercando i suoi occhi, vuoti, spenti, senza riconoscersi.
 
 
 
 
 
-Nami-swaaaaan!! Ti ho portato una bevanda fresca e dissetante, non vorrei mai che questo sole ti facesse male!-
-Grazie, Sanji. Sei sempre molto gentile.-
-Oh, Nami-swan, sei sempre così dolce e premurosa nei miei confronti.. E questo è per te, Robin-chan. Anche tu sei la luce dei miei occhi.. Oh, cosa farei senza di voi, miei dee..-
-Grazie, cuoco.-
-Sì, certo Sanji, ora sparisci. Non vedi che sto leggendo?!-
 
 
 
 
 
Una smorfia le trasfigurò il viso. Continuavano a venirle in mente, non riusciva a toglierseli dalla testa.
D’altronde, come poteva?
Come poteva dimenticare la sua famiglia?
Riprese a camminare, in silenzio. Vagabonda.
Aveva perso la cognizione del tempo, ormai.
Quanto tempo era passato? Per quanto ancora sarebbe andata avanti così?
Ma avrebbe resistito.. Non si sarebbe fatta trovare.
Aveva giurato che se doveva morire, sarebbe morta non certo in mano loro.


 

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Capitolo 3
*** III ***


 
 


Era stanca. Erano giorni che non mangiava, non beveva, non si fermava. Non dormiva.
Dormire ormai era impossibile. Appena chiudeva gli occhi, li vedeva.
E non riusciva a sopportarlo.
E se si addormentava, gli incubi le affollavano la mente, il cuore, l’anima.
E si svegliava terrorizzata, con ancora più voglia di smettere di vivere.
 
 
 
 
 
-Brutta strozzina! Non ti restituirò un centesimo!-
-Troglodito buzzurro che non sei altro! Ma come ti permetti! Il tuo debito verrà triplicato, se continui così!-
-Tsk! Non farò mai quello che mi dici, strega!-
-Scommettiamo?!-
-Yohohoho.. Nami, cara, posso disturbarvi? Sai, mi stavo chiedendo.. non è che mi mostreresti le tue mutandine?-
-Non vedi che sono occupata al momento, maniaco depravato?! Ehi, tu! Dove stai scappando! Non abbiamo finito!-
-Ad allenarmi..-
-Oh.. andate al diavolo, tutti quanti!!-
 
 
 
 
 
Lacrime secche le scesero sul volto sporco e incavato.
Aveva ancora la forza di piangere?
Come era possibile?
Non ce la faceva più..
Ma poi ricordava lei.
Sua madre, che aveva fatto di tutto, le aveva dato tutto, perché continuasse a vivere.
Perché non smettesse di lottare e di credere nei suoi sogni.
Ma ora che non aveva più niente, ora che tutto le era stato strappato via.. Come poteva credere ancora in qualcosa?
Questo mondo le sembrava così ingiusto, e sbagliato.. E meschino, e crudele, e orribile..
Come poteva restare lì? Tanto valeva sperare esistesse il paradiso, dove avrebbe rivisto tutti.
Ma lo sapeva, che sarebbe finita all’inferno.


Che poi, era molto diverso dalla realtà?




 

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Capitolo 4
*** IV ***


 

 
Aprì lentamente gli occhi.
Quando si era addormentata?
Si guardò intorno, c’era buio.
Probabilmente la stanchezza e le ferite l’avevano fatta svenire.
Il suo stomaco brontolò. Probabilmente anche la fame aveva contribuito a farla cadere in un limbo senza sogni.
Stranamente non li aveva sognati.
Che stesse già cominciando a dimenticarli? Il panico l’assalì.
No, era impossibile. Non li avrebbe mai dimenticati.
Il loro ricordo era tutto ciò che le era rimasto. Non avrebbe mai dimenticato.
 
 
 
 
 
-Testa di cavolo, smettila di dormire e dammi una mano!-
-Ahi! Ma ti sembra il modo di trattarmi?! Vai a lavare i piatti, cuoco da strapazzo!-
-Come mi hai chiamato?! Vieni qui e prova a ripeterlo, se ne hai il coraggio!-
-Ti accontento subito!-
-Basta, voi due! E’ mai possibile che continuiate a litigare?! Sempre?! Sanji, fila in cucina!-
-Subito, mia adorata!-
-E tu, Zoro, vai a dargli una mano! Smettila di girarti i pollici!-
-Uff..-
 
 
-Ihih..-
-Ehi, sorella, per cosa ridi?-
-No, niente. Le solite scene, Franky..-
-Ah.. Sono davvero super, non credi? Sniff.. Sniff.. che bella ciurma che abbiamo!-
-Già..-
 
 
 
 
 
Aveva iniziato a piovere.
Doveva trovarsi un riparo, ma non sapeva dove andare.
Ed era troppo stanca, anche solo per alzarsi.
Si riappoggiò al muro, in quel vicolo lercio, cercando con il mantello di ripararsi il più possibile.
Chiuse gli occhi, sperando di addormentarsi.
Ogni volta che si svegliava stava sempre peggio, logorata dai morsi della fame, ferita, sola, abbandonata.
Ma anche dormire le faceva paura.
Prima di svenire, si chiese soltanto per quanto ancora avrebbe dovuto protrarsi la sua agonia.



 

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Capitolo 5
*** V ***


 
 

Sentiva i suoi sensi atrofizzati.
Non riusciva più a percepire il mondo intorno a sé, per quanto si ripromettesse di stare sempre all’erta.
Le sembrava tutto così distante, e offuscato.. Nebbia.. Solo nebbia intorno a sé..
 
 
 
 
 
-Sorellona! Guarda! Ti piace questo vestito? Che ne dici?-
-E’ bellissimo. Ma credo ti stia meglio quello bianco, slancia di più la tua figura.-
-Lo penso anche io!!-
 
 
 
 
 
Si sentiva soffocare.. perché le mancava l’aria?
Aveva bisogno d’aria, e invece non riusciva a respirare..
Voleva tossire, muoversi, alzarsi.. Svegliarsi.. Ma non riusciva ad aprire nemmeno gli occhi..
 
 
 
 
 
-Allora, vi piace la mia nuova invenzione?-
-E’ fantastica, Franky!!-
-Woooah!! E’ davvero SUPERRRRR!-
 
 
 
 
 
Basta.. Basta.. Voleva svegliarsi..
Sentiva caldo, caldo dappertutto.. Le sembrava di essere in una scatola chiusa, che si rimpiccioliva sempre più..
Stava morendo?
 
 
 
 
 
-Ehi, vieni subito qui tu! Devo controllare le tue ferite!-
-Sto benissimo.. Sono guarito ormai..-
-Ehi! Dove stai andando?! Ti ho detto che DEVI STARE A RIPOSO! Io sono il dottore, io stabilisco quando ti sei ripreso!-
 
 
 
 
 
Cominciò ad ansimare. Voleva davvero morire? Farla finita?
Non ne era più tanto sicura.
Doveva aprire gli occhi.. doveva svegliarsi.. doveva farlo per loro, per lei..
 
 
 
 
 
-Usopp! Fa’ il cavaliere, precedimi! Sii uomo! Anzi, sii un pirata di tutto rispetto!-
-Ma che pirata e pirata! Qui stiamo andando al macello! Dovremmo darcela a gambe levate, e lo sai anche tu, che hai paura quanto me!-
-Non è vero! Tu sei un codardo! E adesso ti faccio vedere io! Io non ho paura di niente!-
 
 
 
 
 
Aveva paura. Aveva una grandissima paura di morire.
Era una vigliacca.
Sentiva che era arrivata la sua ora, aveva fatto di tutto per arrivarci, ma ora..
Era davvero questa la sua fine? Era davvero giusto che finisse così?
Con i suoi sogni infranti, con il suo cuore spezzato.. Non c’era più modo di risolvere le cose?
Non poteva. Non poteva lasciarsi andare.
Con uno sforzo enorme aprì gli occhi, sentendosi sudata e tremante.
Cercò di guardarsi intorno, di distinguere qualche rumore, ma la vista era appannata.
La febbre inoltre le aveva fatto venire mal di testa, e faticava a ricordare dov’era, a sentire il mondo intorno a sé.
Non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscita a restare sveglia prima di crollare di nuovo. Questa volta forse per sempre.
No, non doveva andare così. Cercò di chiamare aiuto, ma solo un gemito spezzato e roco le uscì dalla gola.
Voleva vivere, dannazione! E lei non riusciva a chiamare aiuto.. Era troppo debole.. Ma non voleva darsi per vinta.. Non poteva..

Qualcosa si mosse. Un’ombra più scura, nella nebbia della sua visuale.
Cercò di metterla a fuoco, di alzare le braccia, proteggersi, nascondersi..
Un paio di braccia forti la sollevarono, mentre lei tentava di ribellarsi, di scappare.
E intanto dalla sua gola uscivano dei rantolii spenti, insignificanti.
Doveva fare qualcosa.. Doveva scappare! Ma era stanca, e non riusciva più a vedere niente ormai..

Si stava spegnendo.
 
Socchiuse le labbra per parlare, dire qualcosa, ma non ci riuscì.
Stava ormai perdendo coscienza, quando gli sembrò di udire una voce.

Ma non capì nulla, avvolta dal buio.
 
 





 

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Capitolo 6
*** VI ***


 




 
-Usopp, Brook, prendete Yuki e portatela nel bosco! Ci vediamo sulla riva, vi raggiungeremo con la nave!
Franky, Chopper, andate a prendere la nave e andate sotto il promontorio, ci vedremo là!
Sanji, Robin: seguite Rufy e fate in modo che non faccia qualcosa di sconsiderato.. vedete di tornare interi, ci vediamo al promontorio!
Zoro, tu invece verrai con me!-
-Dove andiamo, scusa? Perché non andiamo a dare una mano agli altri?-
-E’ semplice! Innanzitutto se la caveranno benissimo da soli, non hanno certo bisogno di noi per sconfiggere qualche plotone della Marina e dei rozzi buzzurri di second’ordine.. e poi noi dobbiamo fare una cosa molto importante: dobbiamo recuperare la mappa di Yuki e anche il tesoro che è rinchiuso nel palazzo! Di sicuro ci saranno un sacco di berry!-
-Ma io a che ti servo, allora? Non sai farlo da sola?-
-E chi trascina le monete, secondo te? Io ho un corpo troppo gracile per sopportare un peso simile! E ora muoviamoci! E vedi di non perderti!-
-.. Strega!-
 
 
 
 
 
-Dove diavolo sono Rufy e gli altri?! Avrebbero dovuto essere qui già da un bel pezzo!-
-Avranno avuto qualche grattacapo..- sospirò Franky, mentre si guardava attentamente intorno per vedere se qualcuno li stava inseguendo.
-Usopp e Brook ci staranno aspettando con Yuki sulla riva! E sono indifesi!- esclamò Chopper, con le lacrime agli occhi. Non si sarebbe perdonato se a Yuki fosse successo qualcosa.. si era affezionato tantissimo a lei.
-Chopper ha ragione! Facciamo così: andiamo alla riva, prenderemo Yuki e gli altri e poi torneremo qui a recuperare il Capitano, Sanji e Robin.-
 
 
 
 
 
-Yuki!!- Chopper si precipitò accanto a lei, cercando di capire se era stata colpita da qualche ferita mortale.
La ragazza aprì piano gli occhi nocciola, che subito le si riempirono di lacrime.
-Mi.. mi dispiace..- disse con voce tremula, il respiro spezzato dal dolore e dalla fatica di parlare, mentre gli altri si avvicinavano –Hanno provato a difendermi.. Ma erano in troppi.. E.. potenti..- sospirò, triste.
-Non preoccuparti, Yuki, ora ci pensiamo noi. Torniamo al promontorio, dal Capitano, poi penseremo al da farsi. Chopper, tu pensa a Yuki.-
-Non so come hanno fatto.. Ma.. li hanno presi.. li hanno presi tutti.. E hanno detto che torneranno.. Per voi..- la ragazza, scossa e fisicamente debilitata, si accasciò tra le braccia di Chopper, svenuta.
 
 
 
 
 
Se li erano ritrovati davanti all’improvviso, in quella stradina buia e nascosta.
Erano avvolti da mantelli, non si riusciva a vederne le fattezze, causa anche l’oscurità.
A Nami si era gelato il sangue nelle vene, quando li aveva individuati. Fortunatamente Yuki era al sicuro, alla locanda.
Zoro aveva già sguainato le spade, all’erta. Davanti a loro ce n’erano solo tre, ma sapeva che erano circondati.
-Dove sono i nostri compagni?- chiese, furibondo. Odiava chi attaccava alle spalle, all’oscuro, senza nemmeno farsi riconoscere.
-Morti..- disse una voce strascicata, che si confuse nel vento, senza che i Mugiwara potessero capire chi aveva parlato.
-Come se bastasse la vostra parola a fermarci..- continuò lo spadaccino, all’erta.
Le tre figure non parlarono, ma l’aria si fece fredda all’improvviso.
Qualcosa cadde dal cielo con un tonfo sordo, senza che potessero capire cosa fosse.
Rotolò piano verso i piedi di Zoro, quasi il terreno fosse stato in pendenza.
Zoro abbassò gli occhi, un istante. Poi strinse i denti e le mani sulle else delle spade, che sbiancarono d’un botto.
Nami gridò, tappandosi la bocca subito dopo, cadendo in ginocchio.
Chopper, inorridito, pianse lacrime silenziose senza nemmeno accorgersene. Incredulo.
Franky, furioso, fece un passo avanti.
-Chi siete?! E cosa volete da noi?!-
-Noi siamo le ultime persone con cui parlerete nella vostra inutile vita..-
-La pagherete cara.- disse Zoro, il tono di voce basso e pieno di odio e rabbia, prima di andare all’attacco.
Per terra, spettatrice invisibile, stava con lo sguardo sbarrato e il viso contratto in una smorfia di dolore la testa di Sanji.
 
 
 
 
 
Li chiamavano Fauves. Le Belve.
Assassini di professione, se gli veniva affidato un compito potevi essere certo che lo avrebbero portato a termine, nel più breve tempo possibile e in modo silenzioso e ineccepibile.
Nessuno sfuggiva alla loro morsa, per quanto si potesse scappare, prima o poi finivi nella loro trappola, e allora non c’era più scampo.
Rapidi e silenziosi, si muovevano nell’oscurità come la falce della morte.
Nessuno sapeva come morivano le vittime: semplicemente, sparivano. Se si era fortunati, i cadaveri venivano ritrovati dopo mesi e mesi, in isole distanti dall’ultimo luogo in cui erano stati, molto spesso in putrefazione e quasi irriconoscibili.
Le Fauves agivano nel buio, nell’oscurità. Nessuno li conosceva, nessuno sapeva chi ne fosse a capo, chi li gestiva.
Nessuno doveva sapere della loro esistenza.
Se la gente comune avesse saputo, sarebbe stata presa dal terrore, per i loro metodi così poco consoni alla legge, e avrebbe cominciato a dubitare della giustizia stessa.
In pochi, pochissimi, sapevano della loro esistenza.
La maggior parte di essi erano uomini ormai morti e sepolti, uccisi dalle Belve stesse, ma che all’inizio erano riusciti a scappare, facendo dilagare così qualche informazione, magari a qualche scettico amico che offriva loro asilo. 
Ma mai, mai qualcuno era stato in grado di sfuggire alla loro ricerca.
Erano l’arma letale del Governo Mondiale.


















Note dell'autrice

Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto. I capitoli stanno per cambiare, e capirete buona parte di quanto successo in passato.
Colgo l'occasione per augurarvi un buon Natale (in ritardo) e un buon nuovo anno :)
A presto,

Smemo





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Capitolo 7
*** VII ***


 
 





La guardava. Erano giorni che, quando poteva, la osservava.
Erano giorni che la vedeva dormire, stremata, malata, sfinita.
La febbre non era ancora passata del tutto, e alcune delle ferite rimaste aperte si erano infettate.
Ogni tanto andava a controllare come stesse, o se si fosse ripresa grazie alle sue cure.
Doveva stare attento, non aveva idea di che reazione potesse avere una volta sveglia.
Doveva solo aspettare. A volte la vedeva, presa da un incubo, agitarsi ansimante, senza riuscire a svegliarsi.
Come se non volesse svegliarsi.
Come se volesse lasciarsi andare, una volta per tutte.
 
 
 
 
 
Il primo a cadere fu Franky.
Chopper non avrebbe saputo spiegare come poteva essere successo.
Erano circondati, erano veloci, abili, potenti. Faticavano a tenergli testa, anche Zoro era in difficoltà.
In più c’era Nami, che era in evidente stato di shock.
Certo, si era alzata, stava combattendo con loro.. ma Chopper, che era quello che le era più vicino, la vedeva: gli occhi vitrei, persi, si muoveva come un automa, reagiva per istinto di sopravvivenza, senza badare davvero a quello che le stava intorno.
E, in mezzo a quella confusione, aveva fatto appena in tempo a vedere un braccio di Franky volare non molto distante da lui.
Cercò il suo amico di metallo, individuandolo a terra.
Incapace di gridare, incapace ormai di dire qualsiasi cosa da quando aveva iniziato a piangere –e ancora, non aveva smesso del tutto, ogni tanto i suoi occhi si appannavano, al pensiero di lui e degli altri. Ecco, non riusciva nemmeno a chiamarli per nome-.
E, un istante dopo, era sparito.
Lo avevano portato via, e lui non era nemmeno riuscito a fare qualcosa per fermarli.
-Zoro!!- chiamò, individuandolo a diversi metri di distanza.
Quello aveva la bandana in testa, lo sguardo impenetrabile, duro, omicida.
Ma anche se sembrava non avesse sentito il richiamo, in realtà aveva sentito e visto tutto.
Fece un salto, avvicinandosi alla renna.
-Chopper! Prendi Nami e scappa! Scappa il più lontano possibile e nascondetevi, io vi coprirò!-
Nami sembrò risvegliarsi, a quelle parole.
-Co.. Cosa? No! Zoro, non puoi restare qui! Ti.. ti.. Prenderanno anche te!- finì, incapace di pronunciare il suo timore ad alta voce.
Non poteva perdere anche lui.
Non riusciva a pensarci, ma non poteva permettergli di fare un sacrificio tale per cercare di salvar loro la vita. Il suo sguardo cadde sul viso di Sanji, paralizzandola istantaneamente. Non era sicura che il sangue stesse correndo al cervello, o che il suo cuore battesse ancora.
-Nami!!- la chiamò Zoro, furioso. Chopper continuava a piangere, ma era rimasto in silenzio. I nemici li stavano scrutando, silenziosi, ma aveva l’impressione che si stessero facendo beffe di loro. Sapeva che non avevano molte altre possibilità.. uno di loro doveva sacrificarsi. –Guardami!!- la pregò Zoro.
La rossa alzò lo sguardo incredulo verso lo spadaccino, rendendosi conto che non l’avrebbe mai ascoltata. Non l’aveva mai fatto, perché iniziare ora?
-Nami, devi andartene da qui! Devi sopravvivere! Io.. io sono certo che Rufy non è morto! E nemmeno gli altri!
Tu sei l’unica che può salvarli, sei l’unica che può capire dove sono. Sono sicuro che ci troverai, Nami.- disse, il volto estremamente serio.
Nami cominciò a piangere, avrebbe voluto tanto dirgli che se Sanji era morto, e se anche Franky lo era, probabilmente lo erano anche tutti gli altri.. ma non ebbe il coraggio di distruggere la sua ultima illusione, che gli dava la forza per combattere ancora contro tutti quegli strani esseri incredibilmente potenti.
Aprì la bocca tremante, ma non poté aggiungere nulla, perché Chopper la prese in braccio.
-Io credo in voi.. Ora andate!- esclamò Zoro, prima di lanciarsi contro gli avversari.
 
 
 
 
 
-Stai scherzando, spero. Vuoi forse dirmi che te la sei lasciata scappare? E’ sparita sotto il tuo naso?!-
-Sì, signore.- fece l’altro, sottomesso.
-Stupido! Ti ho affidato un compito.. e l’ho affidato solo a te perché non era difficile.. Oramai era rimasta solo lei, debole, indifesa e traumatizzata, tu dovevi solo finire il lavoro.. E’ mai possibile che tu sia un incapace?! Dov’è la tua professionalità?!-
-Mi dispiace, signore. Non si ripeterà più.-
-Certo che non si ripeterà più! Perché non ne avrai più possibilità!- fece un sorriso strano, un ghigno quasi malefico –Ma deciderò più tardi la tua punizione! Devi capire che per quanto chi ci sfugge è innocuo, noi non lasciamo mai un lavoro incompiuto.. E’ questione di principio. Portiamo sempre a termine il lavoro assegnatoci.-
-Certo, signore. Infatti, se volesse darmene la possibilità, mi occuperò io stesso di rimediare a questo errore..-
-No! Hai fatto abbastanza danni.. Ora va’, devo pensare. E devo trovare una soluzione. Ma tu sai che non accetto errori.. Intanto ti crogiolerai nell’atroce sentimento del dubbio. Sarà divertente, vedrai.- ghignò, malvagio, mentre l’altro usciva.








 

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